IU N Î LI ÙÌ Librarp of the Musenm COMPARATIVE ZOOLOGY, AT HARVARD COLLEGE, CAMBRIDGE, MASS. Tounded by private subscription, in 1961. DO —9°T°T"-—"<— No. 275 Men. 1199 - GlMoag IE./88) Li DA "Re, Hgto ANNUARIO DELLA — n INOCIETA DEL NATURALISTI L } : 1N MODENA ANNO VI. REDAZIONE del Segretario della Società PAOLO BONIZZI MODENA TIPOGRAFIA GADBDI GIÀ SOLIANI Sm 1872 L’ annuario si vende presso Enuigi Bussadori Librajo sotto il Portico del Collegio in Modena. Per la Germania, la Francia, e l’ Inghilterra dirirgersi in Torino alla Libreria Loescher, Via Carlo Alberto N.° 3. Presidenza della Società per l’ anno sociale ASTA -72 —==RE=- Presidente onorario Pros. GIOVANNI CANESTRINI Presidente Cav. Dott. CARLO BONI Vice-Presidente Cav. Pror. DOMENICO RAGONA Segretario Pror. Dort. PAOLO BONIZZI V. Segretario Cassiere Pror, Dott. ANNIBALE RICCÒ ELENCO DEI SOCI i dir =rmr7= Soci onortri ‘è Bellucci Prof. Giuseppe Perugia Cartailhac Dott. P. E. Tolosa Ciofalo Prof. Saverio Termini-Imerese De Notaris Prof. Giuseppe Genova Denza Prof. Francesco Moncalieri De Siebold Prof. Carlo Monaco Diamilla Muller Ing. D. Firenze Garricou Dott. Felice Luchon Gastaldi Prof. Bortolameo Torino Hauer Francesco Vienna Hyrtl Prof. Giuseppe Vienna Mantegazza Prof. Paolo Firenze Moleschott Prof. Jacopo Torino Nardo. Dott. Gio. Domenico Venezia Panceri Prof. Paolo Napoli Parnisetti Prof. Pietro Alessandria Preudhomme de Borre A. Bruxelles Schiff Prof. Maurizio Firenze Secchi Prof. P. Angelo Roma Sella Comm. Quintino Roma Serpieri Prof. Angelo Urbino Vogt Prof. Carlo Ginevra | Volpicelli Prof. Paolo Roma Virechow Prof. Rodolfo Berlino Soci ordinari (4) Atti Prof. Augusto Persiceto Baschieri Prof. Antonio Bezzi Prof. Cav. Giovanni Bergonzi Dott. Giuseppe Milano (1) IV. B. I soci in cui non è indicata la città di loro dimora hanno residenza in Modena. Boni Dott. Cav. Carlo Bonizzi Prof. Paolo Businelli Prof. Francesco Carruceio Prof. Antonio Casali Prof, Tomaso Casali Cesare Reggio-Emilia Casarini Prof. Giuseppe Cassoli Conte Carlo Celi Prof. Cav. Ettore Coppi Dott. Francesco Costa Giani Giuseppe Crespellani Avv. Arsenio Cuoghi Costantini Antonio Di Blasi Andrea Palermo Doderlein Prof. Cav. Pietro Palermo Ferretti Don Antonio Scandiano Gaddi Ing. Dott. Alfonso Gambari Prof. Luigi Venezia . Generali Prof. Giovanni Milano Generali Dott. Francesco Ghiselli Prof. Antonio Gibellini Egidio Gilocchi Francesco Correggio Grimelli Prof. Cav. Geminiano Grosoli Dott. Giustiniano Carpi | Guaitoli Dott. Luigi Carpi Lodi Capitano Ing. Giovanni Roma Magicra Ruggero Magiera Dott. Alfonso Carpi Magnani Dott. Francesco Reggio-Emilia Malagoli Dott. Teobaldo Marastoni Vincenzo + Mazzetti Don Giuseppe Menafoglio marchese Paolo Morselli Enrico Nasi Dott. Luigi Orsoni Prof. Francesco Messina Pieroni Prof. Pietro Bisceglie Plessi Dott. Alessandro Vignola Puglia Prof. Cav. Alessandro VI Puglia Prof. Giuseppe Ragona Prof. Cav. Domenico Riccò Prof. Annibale Rossi Foglia Dott. Remigio Correggio Sacerdoti Cav. Dott. Giacomo Salimbeni Conte Cav. Leonardo Serrini Dott. Benedetto Reggio-Emilia Severi Dott. Domenico Bologna Spagnolini Prof. Alessandro Stohr Ing. Emilio Grotte presso Girgenti “ Strobel Prof. Pellegrino Parma Vaccà Prof. Cav. Luigi Vimercati Conte Ing. Guido Firenze Zoboli Dott. Ing. Paolo Soci corrispondenti Calegari Dott. Massimiliano Padova De Betta Cav. Edoardo Verona Falconio Prof. Stefano Napoli Lombardini Prof, Luigi Pisa Oreste Prof. Cav. Pietro Milano Ninni Dott. Alessandro Venezia Vietti Dott. Enrico Milano S'ILATLU'TLO I DELLA SOCIE ASD INA VINITIR AVS IDE Rit MODA Approvato nell’ Adunanza del 26 marzo 1865 ArticoLo |. La Società dei Naturalisti in Modena ha lo scopo di pro- muovere lo studio delle Scienze naturali nel senso più lato, e nei loro rapporti pratici ed iniziare pari Società nelle altre città dell’ Emilia per fonderle poi tutte in una più vasta Associazione che potrà aver per titolo: Società dei Naturalisti dell’ Emilia. VII ArticoLo Il. I mezzi per raggiungere lo scopo suddetto sono: 4. Adunanze a periodi regolari. Esse sono pubbliche. I soli Socì potranno fare per se c per altri comunicazioni e prender parte alle discussioni. 2. istituzione di uua biblioteca.di Scienze naturali a se- conda dei mezzi sociali. 8. Raccolta di oggetti naturali è industriali della provincia. 4. Studi pratici dei prodotti e fenomeni naturali‘ della provincia per mezzo di commissioni. . 5. Lezioni popolari di Scienze naturali. Pubblicazione di un Annuario. . ArticoLo Ill. Tutti i lavori leiti e tutte le comunicazioni fatte nelle Adu- nanze saranno pubblicati per sunto o per intero, purchè l’autore vacconsenta e dietro il voto di una Commissione speciale no- minata dal Presidente nella stessa Adunanza. ArticoLo IV. La Società consta di Socì ordinari, di Socì corrispondenti ed onorari. Socì ordinarì sono quelli che nella prima adunanza dichiararono di volerlo essere od aderirono allo Statuto appro- vato nella adunanza del 26 marzo 4865 entro il termine di un mese, ed anche quelli che furono in seguito e saranno in avve- nire presentati da tre Soci. Per proposta di un Socio ed approvazione a maggioranza di voti della Società si nomineranno dei Socì corrispondenti ed onorarî fra gli Scienziati che dimorano fuori dell’ Emilia. ll numere dei Socî ordinarî e corrispondenti è illimitato. ArticoLo V. LI La Società è retta da un Presidente, da un Vicepresidente da un Segretario e da un Vicesegretario. Il Presidente convoca e presiede le Adunanze, dirige le discussioni e nomina le commissioni. Egli rappresenta la Società. Il Vicepresidente sostituisce il Presidente quando questi sia impedito nelle sue funzioni, VII Il Segretario tiene i processi verbali delle Adunanze man- tiene le corrispondenze d’accordo col Presidente e coordina i lavori per la stampa dell’ Annuario. Il Vicesegretario sostituisce il Segretario quando questi fosse impedito, ed ha la gestione economica della Società. La Presidenza stabilirà il Regolamento interno. ArticoLo VI. Queste cariche sono formate dalla Società a maggioranza di veti e durano un anno. Esse possono essere riconfermate. ArticoLo VII. L’anno Sociale incomincia col 4 aprile. ArticoLo VIII. CI Il fondo Sociale è stabilito: 1. Dalla tassa annua di Lire dodici pagate dai Socì ordinari. 2. Dalla tassa ‘annua di Lire cinque pagate dai Socì cor- rispondenti. 3. Dalla vendita dell’ Annuario. ArticoLo IX. Ogni Socio ha diritto di una copia dell’ Annuario. ArtIcoLo X. Ogni Socio può ritirarsi dalla Società in fine dell’ anno previa dichiarazione di tre mesi. ArtIcoLO XI. Dato il caso dello scioglimento della Società dei Naturalisti di Modena, quanto essa possiede diverrà proprietà del Municipio. Si riguarderà sciolta quando ridotta a dieci Soc questi dichiarino espressamente lo scioglimento. ArticoLo XII. Nella previsione della formazione della Società dei Natura- listi dell’ Emilia, i membri componenti la Presidenza della Società di Modena stabiliranno d’ accordo colle Commissioni delle altre città lo Statuto generale. MEMORIE ORIGINALI SUL MODO DI CALCOLARE L'AZIONE DEL CALORE SUI VEGETALI DEL DOTT. ANNIBADR RIECÒ Assistente nella R. Specola di Modena NE GUT al E indubitato che il calore è il principale agente e stimo- latore delle funzioni fisiologiche dei vegetali, anzi quest’ è la base dell’applicazione delle temperature artificiali per modi- ficare ad arbitrio le epoche in cui esse hanno luogo e la loro energia; ma non è ancora ben stabilito quale sia la legge matematica che collega le fasi della vita delle piante colla quantità di calore ricevuto, e forse non si arriverà mai.a de- terminarla rigorosamente. Infatti egli è chiaro che un’ espres- sione o funzione matematica del calore non può dare la misura esatta del lavoro che si compie in una macchina così compli- cata come è il vegetale, tanto più che un tale lavorìo interno si effettua, non solo in virtù del calore, ma ancora colla coope- razione dell’ umidità, della luce, fors’ anche dell’ elettricità ec. Però le formole potranno far dipendere il grado di sviluppo di una pianta dalla temperatura che ha subito, con tanta maggior approssimazione, quanto più giustamente l’ ipotesi che esse esprimono, interpreta il modo di agire del calore sui vegetali. Varie sono le teorie proposte dagli autori a quest’ intento. Boussingault presentò come mezzo di misura la somma delle temperature medie dei giorni compresi in un dato pe- riodo di vegetazione, ossia il prodotto della temperatura me- dia del periodo per il numero dei giorni di cuì si compone: per es. ad Upsala la vegetazione dell’ orzo dura dal 28 aprile al 20 agosto, cioè 114 giorni, la temperatura media dei. quali è 43,° 94; la quantità di calore necessario, addunque, sarebbe di 114. X 13.0 94 =4539.° 1 2 Quetelet da osservazioni fatte nei sei anni 1839-44, dedusse che meglio corrispondeva allo scopo, l’ ipotesi che il calore agisca come una forza viva, cosicchè il suo effetto venga mi- surato dalla somma dei quadrati delle temperature medie del periodo di vegetazione. Babinet ha proposto un metodo di calcolo fondato sull’ opi- nione che |’ azione della temperatura sia della natura di quella delle forze continue, onde si dovrebbe calcolarla col prodotto della intensità per il quadrato del tempo. Fritsch determina le costanti di vegetazione colla somma delle temperature medie diurne, partendo dal 4.° di gennaio. Hoffman ha trovato recentemente che la somma dei mas- simi diurni d’ insolazione, pure a partire dal 4.° di gennaio, è con notevole esattezza proporzionale allo sviluppo delle piante. Ora il metodo di Boussingault ( opportunamente modificato come sì dirà in seguito) è corroborato dall’ osservazione e dal- l’esperienza meglio che tutti gli altri; inoltre poi è il più semplice e comodo per il calcolo e permette di utilizzare le tante e preziose osservazioni meteorologiche che già si tro-. vano in possesso della scienza. Altrettanto non si può dire de- gli altri. II metodo di Quetelet non trovò che uno scarso appoggio nell’ esperienza, agnello di Babinet non ne ebbe alcuno. La mo- dificazione portata da Fritsch al modo di valutare le tempera- ture di Boussingault, consistente nel cominciare la somma delle medie dal 4.° gennaio, non può avere ( come vedremo in se- guito ) un’ applicazione generale e sicura, ed infatti egli stesso mostra di non esserne completamente soddisfatto, perocchè dichiara che il problema che ora ci occupa non è ancora risolto. (4) lì nuovo metodo di Hoffman, quantunque abbia dato pei periodi di vegetazione di certe piante, somme assai bene con- cordanti nei diversi anni, in un medesimo luogo, ha però bi- sogno di una conferma in più vasta scala, coll’ applicazione di esso a luoghi differenti; sarebbe inoltre necessario di trovare il modo di rendere comparabili le osservazioni fatte col ter- mometro esposto al sole, le quali danno risultati assai diversi secondo Îo strumento usato ed il modo di esposizione. Si ag- giunga poi che il sistema di Hoffman potrà forse essere utile (1) Zeitschrift der Qesterreichisce Gesselschaft fir Meteorologie. Vol. V 3 per l’ avvenire, quando si sia raccolto un buon cumulo di ap- posite osservazioni, fatte con strumenti adatti e comparabili, ma non può essere applicato ad osservazioni dell’ insolazione già fatte, le quali mancano nel maggior numero delle stazioni o furono eseguite con mezzi e cli assal svariati. Gioverà pertanto |’ attenersi, almen per ora, all’ uso della somma delle temperature medie, per stabilire una relazione fra il calore ricevuto dalle piante ed il grado del loro sviluppo. Ma se in massima si deve ammettere che nei vegetali la vita proceda in ragione dceila somma di calore ricevuta, non deesi però ritenere che tale proporzionalità sussista per qualunque grado di temperatura: havvi un limite, vario nelle diverse piante, sotto al quale essa deve per necessità. seompa- rire, perocchè le temperature a quello inferiori non hanno azione alcuna fisiologica, non valendo esse a far avanzare lo sviluppo del vegetale e tantu meno poi a farlo retrogradare, come si viene a supporre quando, per esempio, si calcolano temperature negative, le quali unite alle positive, le diminui- scono di un valore eguale al loro proprio, quasichè la loro azione fosse capace di distraggere l’ effetto che sulla pianta produssero le temperature positive (1). (1) La seguente tavola estratta dalla Géog. Bot. del De Candolle da questo limite o minimo di temperatura utile per diverse specie di vegetali. a 3 == TESI SOON SIMS TE (>) Z| LIMITI ESTREMI IN EUROPA |o &S| Somma , P, PS E. 3| a partire SPECIE eran n i - "dal o Paesi Latitudine Sl ramo (o) o o Orzi (Hordei spec.). a Norvegia 70 5 1250 Aquilegia vulgaris... . | vw Id. 63. 1]2 3 1960 Radiolà linoides ..... a Id. 63 6 1000 Rhamnus Frangula. ...| 1 Id. 62 172 a 63| 5 a 7 {1980 a 1815 Fraxinus excelsior....| 1 Id. 62 172 5 1980 Ilex Acquifolium. .... il Id. 62 174 7 1850 Fagus sylvatica. . .... 1 Id. 60 172 5 2500 Dentaria bulbifera . ... | v Id. 60 8 2100 Malva moscata . ..... Vv Svezia 59 7 2189 Hutchinsia petre. .... a Id 59 29 2450 ? Evonymus europeaus . 1 | Norvegia orient. |59g 5 ) Alyssum calicimum. . . a Scozia orientale |57 6 Dianthus carthusianorum v Russia 55 6 Saponaria vaccaria. a Prussia 54 12 7 Sedum Cepea. ...... a Olanda 55 7 VITA, SIE IS AMBO SAC 9RO 1 Germania 52 114 10 MIS 5 0 pred olo orde a dI 15 Campanula Erinus . ‘| a |Francia occident. 47 125 Chamarops humilis ... | 1 Nizza 45 215 19 Atractylis cancellata... | a Id. 45 273 d Mesembryanthemum nodif.| a Dalmazia 45 9 Succoria balearica . . a Sardegna IAT: 17? Dattero (per frutti), Il 59 Spagna 4 La necessità di eliminare le basse temperature è dimo- strata da Alf. de Candolle nella sua Géographie Botanique in modo assai convincente e confortato dall’ appoggio di fatti in- concussi, risultanti dallo studio dei limiti che la temperatura impone all’ estensione delle specie vegetali. i Ed invero imaginiamo, come dice Martins (4), un vegetale il quale abbia comminciata la sua vita allorquando la tempe- ratura si innalzò fino a zero e che quindi sia pervenuto ad un certo stadio di sviluppo con una data temperatura posi- tiva; se poscia sopraverrà un grado di calore inferiore allo zero o negativo, la vegetazione non potrà retrocedere, il ramo non rientrerà nella gemma ed il germe nel seme, ma solo gli organi della pianta sospenderanno le loro funzioni, ad essa re- sterà come in letargo, finchè crescendo: di nuovo la tempera- tura, giunga a zero cd allora, o poco dopo la pianta (se pure quelle basse temperature non avranno alterati i suoi tessuti ), se ne gioverà risvegliandosi e ricominciando le sue evoluzioni vitali, e su di essa in nessun modo avranno influito le tempe- rature negative. Quel che si è detto per il limite zero deve ripetersi ancora per gli altri limiti (2). I cereali, ad esempio cominciano a_ ve- getare a 6°, quindi il frumento seminato in autunno procede nel suo accrescimento finché trova temperature superiori a 6°, colto dai rigori dell’ inverno, cade in letargia, dalla quale non è riscosso che dai tepori della primavera superiori a quel limite, ed allora riprende il suo sviluppo dal punto al quale si era arrestato nell’ autunno; onde le temperature negative dell’ in- verno (talora di valore numerico più grande delle positive e superiori al limite prima ricevute) non guastano il già fatto col rimandare allo stato di embrione la giovine pianticella, nè tampoco impediscono o sceinano l'azione delle successive alte temperature. Dunque pei cereali non debbonsi in alcun modo (1) Martins Voyage en Scandinavie. (2) Alf. De Candolle dice che quando si tratti di un limite superiore allo zero, l’ errore chc si commette valutando gradi inferiori a quel tal limite è minore, perchè. «... les quantités de chaleur inutile ne sont pas soutraites pour calcùler les moyennes, comme on le fait ordinairement pour le dégrès au dessous de 0°, ce qui diminuit déja l erreur de moi- tiè » Ma è chiaro che si cade in un errore di eguale entità, tanto coll’ag- giungere che col sottrarre una quantità che dovrebbe considerarsi come nulla. 5 computare i gradi di calore inferiori a 6°, poichè su di essi non ha influenza ne la loro natura positiva o negativa, nè la loro frequenza o scarsezza. Insomma i vegetali debbonsi riguardare anzichè termometri che salgono e scendono in proporzione della temperatura, piut- tosto come macchine nelle quali il lavoro è in ragione dell’ e- nergia del motore, solo però, quando sia superiore ad un certo limite d’ intensità minima, necessaria per vincere l’ inerzia della macchina stessa, 0 gli attriti od altre resistenze. | S. IL Ammessa la nullità delle temperature negative ed anche delle inferiori alla iniziale di vegetazione, chiaro apparisce, che venendo esse inglobate assieme colle superiori nel calcolo delle medie ordinarie, queste riescono inapplicabili alle questioni di biologia vegetale, ed infatti il De Candolle ha constatata la inettitudine di esse medie a dar ragione della circoscrizione delle aree occupate dalle specie vegetali nelle varie regioni, mentre viene spiegata mirabilmente dalle medie ottenute consi- derando eguali a zero i gradi di temperatura incapaci di agire sulle piante. Ora il calcolo di quest ultime medie non si può istituire direttamente ed esattamente, che quando la temperatura sia data dalle indicazioni continue dei termometri registratori, le quali permettono di eliminare tutte le temperature inferiori al limite, sottrarre questo dalle altre e prendere dei residui la somma e quindi la media. Anche dalla media ordinaria si può ricavare quella a par- tire dal limite o minimo di temperatura utile, ma solo quando la temperatura in tutto il giorno sia rimasta sopra al detto li- mite, poichè allora basterà detrarre dalla media il limite: ed invero ciò equivale a sottrarlo da tutte le indicazioni di tem- peratura e poi fare la media dei residui. Quando in un deter- minato giorno la temperatura discese sotto il limite, il detto metodo di calcolo non è applicabile, giacchè il sottrarre dalla media il limite, come si disse, equivale a sottrarlo da tutte le temperature orarie e poscia prendere la media dei resti; ora fra quelle temperature essendovene delle inferiori al limite alcuni di quei residui saranno negativi e nel prenderne la me- dia, andranno a diminuire i positivi, mentre abbiam stabilito 6 che le temperature minori del limite si debbano considerare come prive d’ azione, epperciò eguali al limite e quindi le loro differenza da esso coine zero, epperciò incapace di produrre aumento 0 diminuzione nei valori positivi. Frattanto ì termometri registratori sono, relativamente, stru- menti moderni e di una diffusione ancor limitata, per il loro costo e complicazione, mentre di tanti c tanti luoghi si deter- ‘ minarono e si determinano le medie col metodo ordinario, delle quali sarebbe assai vantaggioso il trarre. partito per la Botanica e l’ Agricoltura, tanto più, perchè elaborate con grande diligenza e studio dei Meteorologi. Si doveva dunque pensare a qualche artificio onde dalle medie in uso ricavare quelle purgate dalle temperature inutili. (4) (1) Volendo esprimere col linguaggio analitico le principali fra. Ie teorie accennate, si chiami g il numero dei giorni necessari ad una pianta per giungere ad un certo stadio del suo sviluppo t, t,t,-.-tg le temperature medie di ciascun giorno T la media delle precedenti, ossia la media de! periodo di g giorni L’ azione dei calore sulla piauta sarà misurata 4) secondo Boussingauli da tf, +0, +fy+...fe 2297 DA NaiQuetelel da t° +12 +19 +... 1° 3) » Babinet da 9g? 7 Il De Candolle prendendo in calcolo il limite di temperatura iniziale, che indica con. î, dà corrispondentemente alle precedenti, le seguenti espressioni dog e=s9) 2) ..-9g (T_-1?)? 3)... 9g (T—-i) Ma è chiaro che, per le considerazioni fatte, queste formole non valgono che per il caso in cui durante tutto il giorno la temperatura fu superiore al limite è. Inoltre poi alla (2) si dovrebbe sostituire (MEM Sf «(te t)? perché essendo I(T_-1)=(h_i)t(t ei). (fe) 7 A questo scopo non può soddisfare completamente 1’ espe- diente semplice e generale proposto da Fritsch, di trascurare tutte le temperature avvenute inanzi al 1° di Gennaio, comin- ciando da questo giorno la somma delle medie; perocchè questa data non può essere fissa, ma è varia, e dovrebbe stabilirsi per i singoli climi; inoltre non sì può mai essere certi di elimi- nare così tutte le temperature inutili, potendosene verificare anche dopo quell’ enoca, mentre non sarà sempre trascurabile la somma delle lemperature utili avvenute prima di quel giorno: a Modena, per es. nel dicembre 1869 la somma delle medie delle temperature positive giunse a 108° non è poi g(T-i)=(i,-i)}+(t,—i)} +... +(fe i)? come si suppone nell’ indicata formola (2) Lo stesso autore dice potersi determinare col calcolo il valore di è temperatura iniziale, osservando in una pianta degli sviluppi successivi eguali (des developpements successifs égaux ) prima per un tempo 9 ed una temperatura 7, poi per un tempo g' ed una temperatura 7"; tradu- cendo in equazione le azioni del calore, che dovranno essere eguali nei due casi, ne ricava il valore di î secondo le diverse teorie. Anche alle formole così ottenute si debbono applicare le osservazioni superiori, ed ancora si potrà notare che è ben difficile, fors° anche impossibile di determinare degli sviluppi successivi eguali in una pianta, poichè non avvi mezzo sicuro di misurarli; parmi che piuttosto si dovrebbe notare il tempo impiegato ed il calore ricevuto da piante della stessa specie, che contemporaneamente si trovino in condizioni differenti di temperatura, durante una certa fase della icro vegetazione, per es. dalla fioritura alla fruttificazione: avver- tendo però, che durante un tale intervailo il minimo di temperatura non si sia mai abbassato sotto al limite. Allora secondo la teoria di Boussin- gault, modificata dal De Candolle, la quantità di calore ricevuta nei diversi casi sarebbe i g'(T'— Mag T'—-i)=9'"( TU_i) dalle due prime di queste espressioni si ricaverebbe ed analoghi valori si avrebbero, combinando le altre a due a due, il medio di tutti darebbe il valore di è. i SG. HM. 4 Media delle temperature utili dedoita delle medie ordinarie. Il De Candolle suggerisce il seguente metodo: si trovi il giorno dell’ anno in cui la media ordinaria raggiunge il valore del limite di temperatura iniziale di una certa pianta ed il dì in cui ricade sotto di esso, poi si faccia l’addizione di tutte le medie diurne diminuite del limite, comprese fra quelle due e- \poche, il risultato è prossimamente la somma delle medie di temperatura uiile. Questo metodo ha il grande pregio di essere semplicissimo, ma presenta poi notevoli inconvenienti, che ne rendono l’ ap- prossimazione assai debole. Infatti rappresenti la curva della F. 1 l'andamento della temperatura presso a quell’ epoca in cui sì verificano temperature inutili e sia #è' la retta rappre- sentante l’ altezza del limite. Se nel giorno a la temperatura media passa sotto al limite e nel giorno 6 si rialza sopra di esso, tutte le temperature che hanno avuto luogo nell’intervallo a b verranno trascurate; ora in causa della variazione diurna, fra esse ve ne sono delle utili, come quelle indicate dagli ar- chi m,n,p, per cui questo metodo da valori più piccoli dei veri (1). Ed infatti, avendo determinato, mediante le indicazioni del termometro registratore del R. Osservatorio Meteorologico di Modena, le vere medie a partire dai limiti 0°, 4°, 2°... 10° (1) Il De Candolle ammette che queste temperature utili trascurate siano compensate dalle inutili che hanno luogo all’ epoca e dopo del passaggio della media pel limite; è facile il dimostrare che ciò non si ve- rifica, perocchè se nel giorno è la media eguagliò il limite, ciò vuol dire che le temperature in quel giorno di tanto furono superiori ad esso, di quanto furono inferiori, per cui anche in questo dì e negli analoghi vi saranno state temperature utili trasandate: giacchè considerando il limite come punto iniziale o come zero. le medie che hanno un valore eguale ad esso, vengono annullate. Questo è poi evidente neì caso del limite 0°, pel quale; col metodo in discorso non si calcolano tulte \le temperature positive dell’intervallo a è, e nel giorno è e nei vicini si ritiene che la temperatura utile sia stata zero mentre in virtù dell’ escursione diurna avranno avuto luogo delle temperalure negative, ma ancora certamente altrettante temperature positive, perchè si abbia avuto una media zero. Cosicchè invece d’ esservi compenso, vi è invece cumolo di errori. Queste osservazioni sono confermate dalla differenza risultante fra il calcolo e l’ osservazione nell’esempio arrecato appresso. 9 per l’ inverno 1869-70 (V. le Tavole in fine), ho trovato che la somma delle medie diurne delle temperature superiori a 0° fu di 252.° 18 usando il metodo di De Candolle si ha invece 198.° 78 per cui Î Calcolo — osservazione =— 53.° 40 Errore al certo non trascurabile, poichè è di più che ‘ della vera somma. Si aggiungerà poi, che questo metodo non è applicabile con «sicurezza che all’ anno medio di parecchi, nel quale le medie diurne vanno regolarmente crescendo e decrescendo, mentre in un anno particolare (e specialmente nei climi incostanti) le medie, passano sopra e sotto al limite più volte, il che rende assai difficile il determinare giustamente i giorni di passaggio a e b, più sopra accennati. $. IV. 2. Medie di temperatura utile ricavata dai massimi e minimi. Un’ altro artificio assai semplice è usato dal De Candolle, particolarmente per il limite zero, il quale consiste nel pren- dere il massimo ed il minimo medio mensile, considerando come nulli quei massimi e quei minimi particolari che sono sotto al limite: la semisomma di tali massimi e minimi medii, dà la media mensile di temperatura utile. È facilè il riconoscere che un tale metodo deve dare un errore in più assai notevole. Quando il massimo sia inferiore al limite, è chiaro che lo sarà anche il minimo, e quindi è giusta | eliminazione di entrambi, così pure quando il mi- nimo m (Fig. 2) sia eguale al limite dd" escludendolo, la metà del massimo (la quale corrispoude alla semisomma del mas- simo col minimo eguale a zero), in quel giorno darà la media, di temperatura utile, perocehè si sa che la media non è altro che 1 altezza del rettangolo cabd che cquivale all’ area caMmbd, la quale da la somma di tutte le ordinate o tem- perature effettuatesi sopra ad #7. Ma se in un dato giorno il massimo M fu maggiore del limite <èe' (F.3) ed'il minimo m minore, la metà del massimo dà un valore maggiore della media di temperatura a partire dell'iniziale è" poichè egli è evidente, che il rettangolo cadd sarebbe maggiore dell’ area 10 c Me che contiene tutte le temperature utili. Coll’ accennato metodo di calcolo il risultato che si ottiene è viziato dal cu- molo degli errori di quei giorni in cui la temperatura fu sopra e sotto al limite, perocchè con esso metodo non si fa altro che eseguire in complesso per tutto il mese le opera- zioni indicate nei diversi casi suddetti, e siecome tutti gli er- rori sono nello stesso senso, ossia in più, così non. potrà .es-' servi compensazione e la media ottenwa peccherà in eccesso. Ciò appunto si verifica nell'inverno 1869-70 pel quale confron- tando il prodotto delle medie delle temperature superiori allo zero pel numero dei giorni del mese, colla somma delle vere medie delle temperature positive, si ottiene Calcolata Osservata G-0 Dicembre 449.° 86 108.° 00 + 414.° 86 Gennaio 60. 04 38. 40 +21. 61 Febbraio. 445. 24 405. 78 + 9. 43 Inverno 295. 08 9252. 48 + 42. 90 SHAV. 3. Medie di temperatura utile calcolata culla equazione della curoa diurna. Ogni fenomeno periodico, e quindi anche la temperatura, può essere rappresentato colla nota formola di Bessel t=zx+ysen(a+h)+2zsen(P+2h)+osen(y+3h)... ove ! = temperatura di qualsivoglia istante h= istante assegnato, convertito in arco x= temperatura media a, 0, y .... archi costanti Y, Z; @ .... coefficienti costanti. Se si prendano solo due termini, si ottiene l’ equazione (1) t=x4ysen(a4+-h) j 11 colla quale De-Candolle propone di. calcolare Îe temperature di ciascun ora, e quindi operare sovra di esse, come si disse farsi per le indicazioni di, un termometro registratore o per osservazioni orarie dirette. Coll esposta formola si attribuisce alla temperatura un an- damento più regolare del vero, cioè secondo una sinussoide o curva dei seni quale è rappresentata nella. F. 4: il massimo M ed il minimo #, sempre si troverebbero con un intervallo di 42 ore, ed essi, e le temperature intorno ai medesimi, simme- trieamente disterebbero della media T 7. Ciò si verifica solo approssimativamente, epperciò nella formola di Bessel sono aggiunti gli altri termini, i quali avendo un periodo 2, 3, 4... volte più breve modificano e correggono il valore dato dai due primi. Sia M la temperatura massima e 7 la media di un certo giorno, dovendo sen(a +) divenire massimo, sarà M= T+y sen 90° onde y=zM-T e prendendo per ora del massimo 3*= 45°, si porrà pertanto nell’ equazione (1) ci M_ Ta 450 esi avrà (Q)t=zT+(M_-T)sen(45°-+h) colla quale si ottiene la temperatura t di qualunque istante % ( espresso in arco) del giorno che ha per media 7 e per massimo ‘/M, al quale però, quando mancasse si potrebbe sosti- tire |P osservazione di 3% o di quell’ora in cui secondo la stagione avviene il massimo. Analogamente si potrebbe far uso del minimo m e si avrebbe m=T=ysen 90° y=zT-m t=T-(Taem)sen(45° 4h) 12 Quando si cerchi la media delle temperature superiori al- l’ iniziale di vegetazione, calcolate con questa formola le tem- perature orarie, (il che non è piccolo lavoro ), si detrarrà il limite < da quelle che ne sono superiori e si prenderà la media dei residui ottenui, tralasciando le temperature infe- riori al limite. S. II Dall’ esposto risulta a mio parere che i metodi 4° e 2° offrono un’ approssimazione troppo debole, ed il 3° che è assai preciso per il proposito di cui si tratta, è eccessivamente la- borioso. Queste considerazioni ed il convincimento che di molto vantaggio sarebbe per la Meteorologia Botanica ed Agraria il poter determinare la somma di temperatura utile, con un me- todo facile e pronto, utilizzando le osservazioni e le medie di temperatura ordinaria m’ indussero ad occuparmi di questo problema ed ora espongo i risultati delle mie ricerche. S. VI Semplificazione del 3° metodo. Per quel che si disse, è chiaro che la somma di tutti i gradi di colore sorpassanti |’ iniziale ge (F. 4) in un certo giorno è data dall’ arca del segmento 2=pMqg. Potendosi » Jaf « coll’ integrale n) ; ydx sttenere l’area & p Mq k', se da questa si levi il rettangolo 4pg4', resterà il detto segmento, onde sarà A ; z=f l ydx—kpqk 13 e sostituendo per x ed y i corrispondenti valori, come si fece . per l’ equazione (2) ed indicando con î la temperatura iniziale k k' gl istanti in cui ha luogo la temperatura ? sarà s=/(T+- T)sen(45° +1)) dh(k'—k)i r= Si dh+(M— ui sen (45-+h)dh—(k'—k)i 180° considerando che 4'=4180°—%, ed introducendo R°= ì TL si ha integrando x X490 Mi P)eosk— (#7) IT per cui la media sarà se ora nell’ equazione (2) ... t=T+(M-T)sen(45°+h) sì pone è in luogo di #, e X ascissa corrispondente all’ istante in cui ha luogo la temperatura ? in luogo di (45° +4), sarà i-T M_-T e k=zarc. sen ( 2 i sen k = 14 per cui sarà i-T Ù = POSATE k== { Leto Li ( )= k'—k=480—2k=180 —2are. sen nuen)= 2 (ie Ure. COS M la qual formola dà il tempo in cui la temperatura si conservò superiore al limite ?, onde sostituendo nell’ equazione prima trovata (a), sarà (9) 1=0. 31831 (M — T) sen A — 0.00556(1— 7) A. Usando il minimo wm si otterrebbe analogamente. (9) t=0.31831(T—m)sen A—0.00556(i- T)A T=-i A=ar0.c0s ( ) T=-m Nella formola (5) si potrebbe sostituire a sen A il suo va- lore dato da senA= an | {Ea e nella (8°) il valore dato da sen A =VA— cost 4 iù ali — m ma nell’atto pratico ciò non sarebbe utile, perchè il valore di sen A sì presenta spontaneamerte nelle tavole trigonometriche, ’, A ASI DES nel cercarvi arc. sen (1) oppure arc. sen ZLI M=- TT) PP Tm 15 Le formole (5) e (27) danno addunque la media di tempe- ratura superiore ad un certo limite #, espresso mediante la media ed il massimo ovvero il minimo, senza che occorra calcolare tutte le temperature orarie. Ma queste formole oltre che sono alquanto complicate, ri- posano affatto sull’ ipotesi dell’ andamento della temperatura secondo la curva deî seni, il che talvolta si verifica per brevi tratti, ma quasi mai per tulto il giorno. S. VIL =» Per la ricerca del modo di evitare gli inconvenienti indi- cati nel $. precedente, giova di distinguere il caso in cui il limite è è superiore alla media 7, e quello in cuì ne è infe- riore. Nel primo caso di é> 7. il segmento 2 (F. 4), che dà la somma delle temperature utili, corrisponde ad un arco minore della metà della curva diurna, il quale arco certamente di poco potrà differire dali’ arco di sinussoide la cui ordinata massima coincide col massimo M. Inolire l’area del segmento 2, sì potrà ritenere eguale a quella del segmento parabolico che ha per diametro la detta ordinata, e per saetta M /=M—i e per corda pg; intervallo in cui ia temperatura fu superiore al limite, iminore di 480°, Ed invero confrontando fra loro segmenti di sinussoide, di diverse corde coi corrispondenti di . parabola si ha Corde | A di Differenza Parabolici | Sinussoidici ) Ai 40° 0. 0284 0. 0280 0. 004 60° | 0.0935 0.0934 | 00004 90° 0. 3067 0:3035 0 0-0032 420° 0. 6984 0.6848..—0.0433 180° 2. 0945 2.0000 0. 0945 | nin meri rnne__ _c___n_r__________—___—mm& 16 I numeri di questa tavola sono i cocfficienti del prodotto Q costante A° r, in cui pio 20508 raggio espresso in gradi, IT r=MT, saetta del segmento di corda =480°. Vediamo quale possa essere |’ errore portato dalle condi- zioni le più sfavorevoli. Sia in un certo giorno |’ escursione 3 $ M_-m o - termica=M—m=12°, sarà r = Mt eni = 6°. Sousti- tuendo questi valori si avrà per errore massimo nella media di tutte le temperature superiori alla media erdinaria, in causa dello scambio dei segmenti ,__0. 0945X 180 Ù CI‘ ANA OIVIY024 t.360 x o minore di 44, di grado, epperciò condonabile. Ammessa la sostituzione del segmento parabolico al sinus- soidico, determiniamo le dimensioni del primo; per quel che sì disse prima sarà la corda i-T M_-T pq=2arc. cos che esprime la durata delle temperature sopra al limite è, e la freccia MI=M—i, onde sarà 525 (M—i)2arc. cos ( pol, e la media sopra al limite è ESSE i = 0.0037 (M—i) arc. cos( li peri>T M-T forimola che serve per tutti i casi in cui il limite è superiore alla media ordinaria. Quando il limite sia inferiore alla media 7 come in è, è/ (F. 4) allora l’area che esprime la somma delle temperature utili diviene è, TM p'+q' 7' î' maggiore del segmento che cor- 17 risponde alla metà della sinussoide, ossia che ha per corda 180°; ma allora l area parabolica di troppo si allontana da quella della sinussoide. Per ovviare a questo, si rifletterà che è la detta area | i, TMHp'+q'T'i, =OTMm TO +p'mq'—0 i, 3,0! e siccome l’area della curva diurna è eguale al rettangolo che ha per altezza la media, sarà i i, T Mp+q' Ti OTTO" —- 0i,0,0'+p' mq =2') = 360° x T—- 360° xd + X' e la media delle temperature superiori alla iniziale è, i, x ie= PE i T Jaar e per un calcolo analogo al precedente 29f i-M (ii ) È ta==ic D i i pie, =( 360 ) arc. cos To” fa î Il e= 0.0037 (î—-m)arc.cos ( —. )- T=i per i) i n © o) © (77) Sol © SÌ dd © E Sullo o. 8 © ILE ce e SNSdE ° i Tp (SI CS (0) A gd pe Ai iù (©) uni DS (©) A SM= o è o © ZL 5 = o B (9 (er) © < L=] paro Paint = Pi Mii z =) o IO) S D (7 & (<>) (>) 220 ce = S Z = 5 È (SO) (= NI |î Sx 0 (co) > DD = o) =, a — DI D_ — bi c CS) Sgt 3 © | 3 $ Sue (= PGE SOCI = (=) ° (c») © 2° (>) Lesa (3) © SÌ (6) = 19 Applicando le formole I e II ad un giorno individuato, in generale gli errori sono più grandi in causa delle aberrazioni che può contenere !a curva diurna, però P approssimazione è ‘è sempre soddisfacente. Ciò si riscontra dalle unite tavole in cui si confrontano i risultati ottenuti con quelle, ai valori rica- vati direttamente dalle indicazioni del termometro registratore per l’ inverno 1869-70 in Modena, pei limiti 0.9 4.° 2.°....40.° Come riassunto si ha: Dicembre Errore inedio 0.° 409 massimo — 0.° 72 Gennaio oa « 0. 058 « 0. 43 Febbraio « « 0. 039 « 0. 37 Inverno « « 0. 069 a 0. 72 Questi errori sono di eguale, se non minore, entità di quelli che si commettono, calcolando la media ordinaria con poche osservazioni mediante le formole a tal uopo proposte. Infatti indicando con 4. 2. 3.... le osservazioni fatte nelle cor- rispondenti ore e con M il massimo e con m il minimo di temperatura, si ha Ja media ordinaria data da: (4) 1) Si A conpun errore medio di — 0.° 38 2) (SE di (Schouw) oa 3) e ORTO È OA 4) SLI (KAmtz) a « — 0. 44 5) Cin (Cantoni) C “« — 0. 4 6) Tit (Ragona) c « +0. 02 Anzi a proposito di ciò si deve notare che nelle formole I e II, le temperature medie ordinarie T non sono le vere pro- priamente, come quelle che si ricavano da 24 annotazioni orarie dol termografo {e come si è fatto nell’ esempio che porgono le tavole, onde riconoscer |’ errore dovuto alle formole ), ma (1) Supplemento alla Meteo. Italiana 1869, Prof. Gio, Cantoni. 20 quelle medie che vengono fornite da alcuna delle indicate for- mole 4. 2. 3...., epperciò affette dal corrispondente errore, il quale pertanto si unirà a quelio proprio delle formole I e Il; però si osserverà che essendo quest’ ultimo prevalentemente posi- tivo, se si farà uso per determinare 7 di alcune delle 4. 2. 3... che danno un errore negativo ( come è del maggior numero di esse ) vi sarà spesso compensazione. In ogni caso poi la grandezza dell’ errore complessivo, secondo la teoria dei mi- nimi quadrati (trascurando la debolissima influenza che il pic- îi-T colo errore della media 7 produce nel valore di ua pure di lì viene dato per le diverse formole 1. 2. 3... da: A) E=|/ (0.907) +(0.° 38)? = 0,° 3864 2) «=y/ (0. 07):+(0. 20)}=0. 2449 3) «=I/(0. 07)? +(0. 16) =0. 4746 4) «=7(0. 07) +(0. 44) =0. 41304 5) «=y/(0. 07)? +(0. 41): =0. 1304 6) «=j/ (0. 07): +(0. 02): =0. 0728 Considerato il leggero aumento che viene portato agli er- rori delle formole 4. 2. 3.... le quali vengono accettate in Me- teorologia, è da ritenersi che un’ egual venia debba concedersi alle formole I e II, e che la media dei gradi di temperature superiori al limite dato da queste abbiano, pres’ a poco la stessa approssimazione delle medie ordinarie. Non tacerò di una deformità che in qualche raro caso si manifesta nelle tavole che fanno seguito, ed è che talvolta la media per un certo limite è minore della seguente la quale è valutata a partire da un limite più alto, mentre rimanendo al disopra dell’ ultimo limite un minor numero di gradi di tem- peratura, dovrebbe essere al contrario |’ ultima media minore . della preeedente. | Queste medie difettose s’ incontrano il 3 Dicembre pei limiti 2° a 46 a « 3 ad 292 a « « 8 a 9 7 Gennaio CNANICI 2 a8 27 sempre nel passaggio da un limite inferiore ad uno superiore alle medie ordinarie, ossia appunto quando si cambia la for- mola II colla formola I, le quali si riferiscono a segmenti cal- colati l’ uno col massimo |’ altro col minimo e quindi diversi, perchè in generale la media non è esattamente equidistante dagli estremi di temperatura massima e minima (1). Dal com- binarsi degli errori delle due formole con una particolare di- sposizione dei segni e della grandezza loro, nasce questa disconti- nuità nel decrescimento -delle medie all’ innalzarsi del limite. Le formole I e H si possono rendere algebriche, ricorrendo alla serie che rappresenta l’ arco x in funzione del coseno. x=90°— R° ( COSX + coste __1.3cosìx EA ASINI), ove quando ; . i= T i i> T sì mette cose = ZSC M-T e quando tT Il... t=0.0037 (i=m)| 900— tt (+4 ) er ‘perte o 1t..=0. 0037 M| 90'— Re (+5 )| per T0 Quando non fossero dati che il massimo M ed il minimo w, Mam si assume T = mani Nel caso di i=0 le due prime formole prendono una forma speciale assai semplice. I t=0.0037 MX arc. cos (=) per T<0 M_-m M M Ilt=0,0037m X arc. wi _£ na 2) + 5 ti per T>o nelle altre due formole in cui non occorre |’ uso di funzioni __M+m M=-m S. VIII trascendenti, sì farà cc, = Volendo portare nelle formole I e II una notevole sempli- cità e prontezza di calcolo (la quale per l’uso cui sono desti- nate è del massimo interesse ), e con lievissima diminuzione d’ esattezza si potrà calcolare anche la durata della tempera- tura sopra al limite, ritenendo che la curva diurna ( F. 4) si componga di due archi parabolici, aventi il vertice, l’ uno nel massimo M e |’ altro nel minimo m. Ora nella parabola le ascisse stanno fra loro come i qua- drati delle ordinate onde sarà MT,:MI::(T0):(pq) Me T,imrrî::480.:(pg)? da cui —=180 pre: Pg x 25 che dà l° intervallo di tempo in cui la temperatura fu supe- riore al limite è. E i area del segmento o somma delle tem- perature utili sarà espressa da e per le considerazioni precedenti M..eeli/(î-mf_p_; 3 T=-m Le quali per #=0 divengono po Il, = RO) 3%. TEM che se si assuma 7 = Mr si avrà per > T perigeo per TO0 2 = SA) 1. t= o. ama j/ Mi o) peri>7 Il... e20.4744 ST Mamo. di Mari an per î< 7 I e 0. ATA LI = E ] pai i Mx per a=0, T0 Queste formole contengono l’errore in più di cui sono affette quelle del $. precedente, proveniente da ciò che a parità di corda e saetta il segmento parabolico è maggiore del sinus- soidico (V. $. VII) ed inoltre si aggiunge 1’ altro errore, pure in eccesso, che deriva dal calcolare l’ intervallo pg 0 p'g', in cui la temperatura resta superiore o inferiore al limite, come eguale alla corda della parabola, la quale è maggiore di quella dell’ arco di sinussoide a cui si è sostituito completamente l'arco parabolico. Però 1’ errore totale è ancora assai piccolo. Infatti istituendo il medesimo confronto che si fece al S. VII si ha Media delle temperature | Limite superiori al limite Differenza 1) Calcolata | Osservata 6° 0.° 77 i 0.° 61 0.° 46 | | Qube Le precedenti formole danno tutte errori positivi prevalenti, poichè di tal natura è l’ errore che si commette sostituendo il ‘segmento parabolico al sinussoidico; è possibile di trovare una formola, anche più semplice, la quale dia valori abbastanza pros- simi al vero (quantunque risulti da un prineipio meno rigo- 25 roso che le altre), introducendo nella sua costruzione una compensazione all’ errore suddetto. Si supponga che la temperatura durante il giorno abbia andamento della spezzata 7M0m T' (F. 4); V intervallo durante il quale essa si conservò superiore al limite # sarà dato dalla proporzione M_-T:M—i::480°:p,g, e quindi M_— i P,q,j= Se 7 LI LI Si 9 LI che sarà minore del vero; ora siccome n saetta X corda è maggiore dell’ area del segmento sinussoidico, sostituendo al secondo fattore un altro alquanto minore, si otterrà in molti casi un valore più vicino alla nominata area; mettendo perciò P,9, in luogo di pq, ed essendo la saetta M=i, si avrà per espressione del segmento 5 360° (M_—i) ig Ma e la media delle temperatura utili sarà data da: per i> 7 LI Meg per i< 7 per i>T Il iii de per i< 7 e quando sia i=0 Le: ic3 pia per TO0 po, (o per To Se con queste formole si fanno gli stessi confronti che al S. VII si ha Differenza Calcolata | Osservata | 0.° 65 | 0.° 64 + 0.° 04 [ose aan Limite superiori al limite 0. 04 0. 06 — 0. 02 IT) 3. 24 3. 29 —0. 05 0 | 4.00, f. 07 I — 0. 07 EZIO LISTE III IE AI Gli errori negativi ora sono in prevalenza, ma però sono minori di quelli ottenuti colle formole meno semplici del $. pre- cedente e per la loro poca entità sono trascurabili nell’ uso al quale sono distinti i valori che si cercano. CX. Nel finire accennerò ad un’ altra applicazione che forse non è priva d’ interesse, alla quale si prestano ancora le for- mole date. È noto che la temperatura media durante l’ anno, ha un andamento simile al diurno, vale a dire, Ja curva che 27 rappresenta il succedersi delle altezze delle medie diurne nel- l’anno, è analoga alla curva che rappresenta le temperature orarie (p. es.) nel giorno, per cui si potranno applicare alla curva annua tutte le considerazioni che si fecero sulla curva diurna e quindi varranno anche Îe stesse formole, per ricerche ana- loghe alle precedenti. - Così si otterrà in arco l’’ intervallo Z in cui la temperatura media diurna restò sopra un dato grado è, indicando con MU. . la media massima dell’ anno (7108 PARVE « minima « RAS « annua espresso colle formole I=2arc. cos = dl per i>7 I=—2arc. cos Di + 360° per î<7 e volendolo espresso in giorni: I=2,0278 arc. cos = 4 per i> 7 di 0278 ( 180° — arc. cos a ) per i< 7 trovato quest’ intervallo, se si conosca la data della media mas- sima e della minima, (siccome queste dividono assai prossi- mamente per! mezzo quell’intervallo) si avranno tosto i due giorni dell’ anno in cui la media è eguale ad un certo grado assegnato di temperatura. Così pure si potrà avere la media annua delle medie diurne a partire da un certo limite colle formole I e Il del $. Vil. Questa media moltiplicata per 365 dà la somma delle medie diurne sopra un determinato grado, ossia la somma di calore secondo il metodo di De-Candolle ($ II), la qual somma si ottiene così conoscendo solo la massima e minima temperatura media nell’ anno e la media annua, potendosi però anche sostituire a questa (quando mancasse) la semi- somma delle due precedenti. 28 Confrontando i valori ottenuti così col calcolo con quelli dati dalle medie diurne regolarizzate per il periodo 1833-62 a Bruxelles (4) e per il periodo 1862-66 a Washington (2) si ha Somma delle S temp. medie su-| © sup. al limite periori al limite E Calcol. | Osserv. Calcol. |Osserv.| _& —=——r———c———————————*+e+t—-F._**vu«---—-.:té6a@laelte_tade.-| | | I A4°| Bruxelles | 427 | 1298 |{—4| 444°; 596°|+ 48° © Giorni in cui la = mp» ia f E Luogo femp. media fu 5 Differenza | | Di 249 | 254 | — 2| 2092 | 2444 |— 23 160*| Washington | 4159 | 452 | — 2] 1549 | 1609 |— 40 |» P) 341 I 304 | + si 704% | 7457 |— 93 | LTT RIN ISIS CECHI SIN EI SR rr VA È poi chiaro che a questi usi, possono servire ancora le altre formole del $. VIM e S. IX, quantunque con minor esat- tezza. i (1) Memoire sur ia temperature de |’ air à Bruxelles. Par Ern. Que- teret, 1867. (2) Astronomical and Meteorological observations made at the United States Naval observatory during the year 1866. Washington 1868. * Gradi di Farenheit. SE E a Ep MEDIE DELLE TEMPERATURE SUPERIORI AL LIMITI 0° 1° 2° 3°,,,.40° Dicembre 1S69 s | nedio 0 i | 2 6) 4 | A | 10 5 ordinarie a "oi c|]o]|c-o|c|o]|c-o c|o|c-o|c|o]|c-o c|o|c-o|c o |c-o c|o|c-o c o |c-o c o |c-0] c|o c-o| c o |c-o 1 3.70] 370570 — |270270 — 1 89/4 80h 0 09) 4 25) 0 95 032/034 097 0 d4| 0 04 001) 0 05 | | | 29Î 427427127] — |037|052] 004 | | 5| 209209209 — |A 20/148) 002/0600 74|— 044] A 44 049 065071028 0450537015 024012004 008 | 4| 446] 446 i 46 — fo6o 055 005054049 035047007) 040 | | | 5] 320] 320320 — {220220 — {420120 — {030032 0 02 | | G| 394] 393 9%) — {29291 — [4911 91 — {0 96) 097 001) 088/049 039042022 020042005) 006 7] 409409409 — {5309309 — {209209 — {144440} 001] 04704) 005025015) 0 08 | | 8| 204] 204/204 — {105/105} 000040) 035) 005] 0 05] 0.04|— 001 | | | 9] 498/4198198} — {102/104 00%0 33) 0 46|— 0 43 | 10 5959/59) — 1291291 — {19191 — {090 97- 005] 025 055— 010 | I | 11 3 50] 5 50 5 50 — {4 5o| 450] — {350350 — {250|a50o| — |a50 450) — | 050] 0 50 | 12/5 52/(5 52] 5 52) — {452 452) — |3 52/352) — [259/252 — [1 52/452] — {o 52052 | | 3] 58515835831 — | 485 — |5383|383] — {285/285 — {200200 — [1494149 — |o5Sooszol — |o44 041 | | 14 | 5.75] 5 75] 575} — f&75| #75 — |{375|375} — {275275} — {476/175 oo 402/41 03.— 001] 092/050 042) 047027) 020) 045| 0 40) 005 iù 5 S5j 0 955 3 55 — {2551 255] — {135|135} — |050/052-— 0029045) 006) 007 | | | | (if 37937237) — |2 272] — |172|4 72) — {0 90] 096.— 006] 0 91] 0 49 0420 47029 0 18[ 045) 009) 006 | | | | I7] 344|3 44544 244 244 — |A 414] 114 — |038|021] 047 | | | | | 18Î 496] 4 96/496) — {396/396 — {296296 — |4 99 201 00941 271 335|— 0 06) 1 16] 0851 033] 0 67049 048/0300235) 00700500 001 0 4874871487) — |5 587 — |2g71287] — {4 90] 188) 009 449) 4 20— 0 01 097] 075) 024] 0 51/059] 0424047044) 005 | 20] 485] 4831483 — {38353831 — |2%35|2835] — {483|4183] — |{403| 106 003] 055/047 006 041350 06| 007 | I! 2I 3 55] 5 55| 5 55 455453} — |353|353] — {2552551 — |4153|4155 — |054| 033/-—- 001 22] 8958951895) — [79317951 — {6931693 — [595595 — [495495 — [395395] — |295| 296— 0 04] 216] 2 53.— 0 17 4 52| 4 75|— 0 25] 1 58| 1 16 049] 408 074) 057 25] 6 65] 665 665) — {5 65|5 65 — {4654651 — |365|3 65) — {266266 000) 187170) 047124080 0440534020 031] 043003) 010 | 24] 402407402 — {302302 — |4102/102] — | 409411 002 0 48| 0 55— 007] 0 11) 0 15;-— 0 04 | | 25] 341 3 44/34) — [{2%1/2%1 — JA 444 — |o65| 060, 005022021) 001 26] 4 96] 4 96/1 96) — {098/098} — [072/037] 035] 027|042 043 002/001) 0014 27] 410740741071 — |0290534— 0 03 28 |. 074] 0 840 85|— 0 01f 4 11 039) 0720 65| 0 24 044029 0410) 049005) 002) 005 29] 0025072040 052022040) 012 50 |- 4 54| 0 06| 0 06 | 5A I 4 59 | 27 65|27 65/27 65 18 03|17 95) 0 d0j10 87/10 65] 0 22} 5 90| 4 89) 4 01] 269/183) o go) 106 0841) 055) 024 010) 044 | 47 47|KT LT 4T NT 37 4T\5T 4T| . — |27 4727 471 — |184218 03) 0 ODI Sio SI] 0 40] 6 66| 5 86} 080] 2 88 205) 085] 1 05) 075) 030) 020044 006 Li 25 2095 49/52 88) 0 31|26 414125 35) 0 79f18 9il18 12] 0 79ji4 44/4 o4| 0 37] 9 89) 9 91|— 0 02] 6 45) 633) 042 4 193 76 045] 267/255 044] 4 65/1 78-— 0415] 1 58/1 16] 042]41 08074) 057 = Sj 98 52/008 3illo8 00) 03181 668077) 0 89/57 2556 24 4 01/58 45/36 96) 4 47/25 8922 GB) 1 24/14 4711270) 4 47|7 51 589) 4 4-|3 72/5 28) 044/4851 92— 007/1384 46 0 42/1 08 071] + 037 Poli | , N. B. Allorchè i valori € ed O si sono ottenuti senza l’uso delle formole (per essere la temperatura minima maggiore del limite ), nella colonna C—0 trovasi un tratto —, quando invece col calcolo si ebbe un valore eguale all'osservato, nella colonna C—0 vi è 0 00 } = è ja ’ Ù v MEDIE DELLE TEMPERATURE SUPERIORI AI LIMITI 0° 1° 2° 3°,,..40° Gennajo 1870 0 o CO zo 4° go 0) T) a È A 3 | nese | D (I? Ì | 3 si | e i | È di dl | 8 9 [| 10 IE o |c-o|]c|o0 co] e o |c-o]|c | o |c-o0 c|o c-0|c]0]cwo] c]0]c-0] e o [cwo|c o |c-0|]c|o co] c | 0 [co 1|- 2.290 22/0 25-- 005] 001 002 0 01 2{- 107 5| 084149447 009089068 021045038 005 042045— 001 il 028099083) 046059 058 001007005 002 il- 0411057055 0029/056020) 0464007004 005 il 4464 24/428 004065] 068— 008 084] 054 020046009) 007 7 209209202 — | 4064441 0050 420 66— 0240431032 04] 011040 001 8Î 409425422 ooij064 059 005055050 025048040 008 9| 474] 4 74) 4 74) -— |076 074 002044) 045-— 004 sol 24162461 246 — T4 20/427 007|056072— 046 0480 24 005 ul s+osf408 408) 000325323 00225243 04219) 4 64 030145420 023072085 041] 054046 019008 047- 0 09 12 079146428 0418/126078) 048078050 028/040 026 044045 007, 006 | 453/4704700 — |4431/145 — [085085] — [069069] — |o44o44 4| 401426446 040| 072/074 002049 040 009020042 008 ii] 080/407 405 002065048 045) 021048 0083 i6| 227/2272927 — |4 401 s1|- 041] 079095 046| 074 0 54 0200350251 042008004 004 i7| 185/1854851 — {405 4108- 005098] 060 0358/054054 023020044 00900000 00 18] 4354544 39— 005|078|085— 005) 0 351029 006 008] 005) 005 19] 249249242 — |i 4214 — |057/043| 044047008) 009 \ 20| 4194241120 001055057 048042005) 007 gif adi 1661 — |072/075- 003044 0341] 04800800) 00% 22] 450| 430430 — {049/049 000037049 048/003 002) 003 25] 1428/428128] — |o4%4|os44 000027044 046 2% 457457457 — |055|065|— 010/0341026 005002002) 000 2 |- 013| 087047 040042026 046044006 005 26 |-- 4 56| 049 0 141 005 27|- 2.84| 005 005) 004 28 |- 257] 0 45] 0410 0 03 29 |- 4 591049 015) 006 50 |- 0 06| 4 08| 4 08 000] 0 80/070, 040) 04057] 004045] 045 5 | 058| 429429 000099085 046056048 008/0235025 008005 004- 001 23] s79lta 354 49) 044594567) 027/2752641 049407085 02204|040 001 E È| 46 87|18 64/8 381 0 26|t2 A714 571 060| 7 69) 6 68| 1 Ot[ & 765 69| 4 07| 225] 1 75 0 50| 0 84 087.— 0 06) 0 34) 0 46|- 01200810 47— 0 09 $S|- 2/78 9/58/8851 055| 44411442 029/247|4 78 069054046 005003] 004— 001 so SE] 49 85|59 55158 40| 0 9522 5224 56 4 4o|t2 89441 07/4 82| 6 54500) 454259 189 050081|087— 0060 540 46/— 049 0.08 0 47— 0 09 3 3 È MEDIE DELLE. TEMPERATURE SUPERIORI AT LIMITI 0° 1° 2° 3°,,..10° _ Febbrajo 1870 | Medie ordinarie 0 04] 0 04 — 047 IU 01 11 > » S 2 DI LI DI > où Mb LUIS» I RCoitore= SS ISS] IIIEZSIZIOS (=) Ss [ue ===] 22 ANO = I IAA © (=K=] 05 0 6 2 4 85 (Ù 5) 5 6 (O) (i MSAN SANTE] LS sl (A NINFA) Sd 0 WS 5 01 WA 9 >» MN 9 » = NOS aa ludi=M ===) LALA n TUOI asro WaW>POOOM IIIISSII IS DINI INWO s@ 19 Gt (3 (22) LI LO Mm mae e moowo E IS Nd (=) i È IN = — 10 dI WIN Mw | (elei=-X=-1-) TAOLCM>- = 0a 9 WD meo =- È» Oh » re 0 MD == MO o) n C , 05 005 LITIO N00 OI LI VI COSCE a Ag DI PINA NNOWE [MAM (IO) TAI LI SUENSSSR | | [RGISICION Mw SD Mw | [Sac cao Wav Somme decad. | e:° CES 2 00 = o = wo vo (ok=) = = 00 = ° © - c mensile Somma ALCUNE CENERALITÀ INTORNO LA FAUNA SICULA DI VERTEBRATI PER PIETRO DODERLEIN Direttore del Museo di Zoologia ed Anatomia comparata nella R. Università di Palermo (*) zx Soliecitato giornì sono da alcuni egregi Colleghi a trattenere questo illustre Consesso con qualche lettura scientifica relativa agli attuali miei studii, non seppi trascegliere argomento più interessante di quello che ne viene offerto dalla Fauna terre- stre e marina dello stesso bel paese che ne accoglie. — Pro- fondo ammiratore di questo classico suolo ove il sentimento della natura potente si desta nell’ animo del filosofo-naturalista, e lo invita suo malgrado allo studio dei molteplici esseri che lo circondano, io mi proverò tracciare di volo. nell’ odierna seduta un prospetto generale e sinottico delle varie specie di vertebrati che vivono in Sicilia, accennandone sommariamente la distribuzione geografica, ed i rapporti che le vincolano al clima, ed alle condizioni topografiche dell’ Isola, nella lusinga che questo primo tentativo possa dar adito ad un lavoro più completo e ragionato, e valga a promuovere nella svegliata gioventù siciliana l’amore e la coltura di questi ameni ed utili studii. Nel limitato cerchio entro cui la convenienza m’ impone di ristringermi, io non verrò certamente esponendo cose che (*) La presente memoria, salvo alcune poche recenti aggiunte, venne letta dall’ autore nell’ adunanza del Consiglio di perfezionamento in Pa- lermo del 18 Marzo 1866, come risulta dai verbali della seduta stessa, e comunque fosse accettata dai Socii per far parte degli Atti del relativo Giornale, non venne peranco pubblicata, e ciò pel desiderio espresso dallo stesso autore di potervi fare ulteriori aggiunte e rettificazioni, ne- cessitate dal progredire delle scienze e dalle ulteriori sue ricerche. 30 a Voi intelligenti abitatori di queste ridenti contrade riescano nuove od ignorate, ma vi annetterò alcune poche e più gene- rali considerazioni intorno la Fauna della Sicilia dedotte dai giornalieri miei studii, e basate principalmente sulle raccolte zoologiche che stò allestendo per il Museo della R. Università di Palermo, e sui dati che mi vennero profferti dalle opere degli illustri naturalisti nazionali ed esteri che mi precedettero in questo difficile compito. — Ricordare adunque ai Nazionali le ricchezze zoologiche del loro paese, ed offrire agli Esteri un documento possibilmente esatto e più recente sul complesso della Fauna Sicula, ecco lo scopo che mi sono prefisso in questo qualsiasi tentativo. CLASSE DEI MAMMIFERI La Fauna delia Sicilia come universalmente è noto, è una delle più ricche e più svariate dell’ intera Europa. — Il mite clima, la varia configurazione del suolo, la molteplice e rigo- gliosa vegetazione, la prossimità a vasti Continenti, tutto con- corse ad informarla, ad arricchérla. — E per vero in poche regioni del vecchio continente natura accumulò tania copia di naturali bellezze quante ne impartì alla Sicilia; a pochi paesi essa accordò condizioni più favorevoli alla vita ed alla prospe- rità degli animali che vi fanno soggiorno di quanto ne largì a questo suolo. « Noi abbiamo quì un’ Isola, diceva testè un « illustre oratore, animata da un sele ardente sotto un bel a cielo azzurro, che partecipa per la prossimità all’ Africa « delle condizioni de’ climi caldi, e per !’ ‘elevazione de’ suoi « monti di quelle de’ climi freddi; » Ond’ è che richiamati da condizioni cotanto diverse ed influenti vi concorsero a do- vizia gli animali e ne arriechirono la Fauna con clementi al- irettanto svariati, quanto interessanti. — Se non che di mezzo a tanta copia di esseri animati che ne popolano il suolo, e le acque, ogni singola classe vi offre talune particolarità caratte- ristiche e speciali che non mi sembra vano di ricordare. E prendendo le messe dalla classe de’ MAMMIFERI noi tro- viamo In Sicilia una serie non soverchiamente numerosa di specie viventi, quale appunto si addice ad un paese eminente- mente insulare. — Imperocchè delle 248 specie di Mammiferi che abitano 1’ intera Europa, e delle 92 specie che vivono in dl Ttalia essà non ne possiede di ben accertate che una sessantina circa. Numerosissima fra queste vi è la serie de’ CHIROTTERI, € degli InsettIvorI. Nè ciò sembra strano; sia perchè quest’ or- dine di animali, in opposizione alle leggi generali di riparti zione zoologica, raggiunge il massimo suo sviluppo nella zona temperata boreale, anzichè nella torrida ed intertropricale; sia perchè natura in corrispondenza della molteplice serie di in- setti che prodigò alla Sicilia, volle del pari accrescervi il nu- mero degli animali che loro fossero infesti, onde infrenarne la soverchia propagazione, e ripristinarvi il perduto equilibrio. Ed è perciò che nel solo ordine de’ CHIROTTERI vi si ri- scontrano 45, a 46 specie di pipistrelli più comuni, oltre a 4, o 5 più rare che in vano si cercherebbe di trovar riunite nelle contrade più settentrionali d’ Europa. — Fra cotali specie no- tasi il gigantesco Dysopes Cestonii (Dinops) Savi, indigeno dei paesi caldi, ma diffuso altresì dall’ una all’ altra estremità del- ? Italia; due specie di Orecchiardi il Plecotus auritus Cuv. e I’ affinissimo Plecotus brevimanus Jenyns; parecchi Chirotterì della famiglia de’ Vespertilioni, fra cui il Vespertilio murinus Lin. il Vesp. Daubentonii Leisl., forse il Nattereri Bp. cd il Mystacinus Leisl.; indi il Vesperugo pipistrellus Lin.; V. Kuhli Natt., V. marginatus Tem. V. Alcythoe Bp.i Vesperus serotinus Gm. V. discolor Natter, nonchè i meridionali loro compagni Vesperus Savi Bp., V. Bonaparti Savi, V. Leucippe Bp., V. Aristippe Bp., alcuni de’ quali ritenuti forse giustamente per semplici varietà del discolor; cui si trovano associati con meno frequenza il Rhinolophus ferrum-equinum Leach e I’ hippocrepis Bp., il Comastes Capaccini Fitz., il Miniopierus Schreibersi Fitz. ( Vespertilio Ursini del Bp.), e l’ africano Nycteris hispidus Rafin. non peranco accertato in tutta l’ isola; non essendo |’ Atalapha Sicula del Rafinesque, giusta il Fit- zinger, che un semplice sinonimo o varietà del Vesperugo Aleythoe Bp. i Non così svariata è la siciliana famiglia degli InsETTIvORI pedigradi o terrestri ; poichè in luogo delle numerose specie che vivono nell’ Europa e nell’ Italia centrale, vi si rinvengono appena il comune Aiccio d’ Europa (Erinaceus Europeus Lin.), il vispo Sorice-ragno (Crocidura aranea Selys), l’esile Pachiura etrusca Bp., ed incertamente la Talpa europea Lin., unica- 32 mente circoscritta, giusta il Galvagni, ad un breve raggio della regione Etnea. La famiglia de’ CARNivoRrI indigeni riesce alquanto più rieca di specie. Notissimi fra questi sono il Lupo (Canis lupus Lin.) colle molteplici sue varietà, alcune delle quali sorte per ibri- dismo con femmine del can pastore; la Volpe gialla e nera (Canis culpes Lin. et Canis melanogaster Bp.) V ultima delle quali più frequente ne’ paesi meridionali, fra le quali s’ inesta uno parietà intermedia di tinta fuliginosa pressochè uniforme, ehe pone giustamente in dubbio la distinzione specifica delle due precedenti sostenute da taluni autori. Fra la numerosa schiera di Cani importati in Sicilia dai eacciatori, e dai zoofili indigeni, spicca per caratteri propri il Canis Etnoeus illustrato dal Galvagni. Esso vive tuttora nel circondario di Aci-Reale, e di Bronte presso Catania, ove, ad onta del giornalieri incrociamenti che subisce con razze affini. serba tuttavia un tipo bastantemente caratteristico e speciale. Accanto a questi si schierano in ordine scientifico la vispa Donnola ( Mustela vulgaris Lin.) la cui varietà aldipede s’ attaglia grandemente per caratteri colla corrispondente Mu- stela Boccamela Cetti della Sardegna; la Martora ( Martes vulgaris Bp.) abitatrice delle regioni nemerose interne del- I’ Isola, che sola surroga in Sicilia la Puzzola e la più sociale Faina del Continente; l africano Furetto ( Pitorius furo Guv.), che si eleva in buon numero in domesticità dagli appassionati cacciatori de’ conigli; la Zonfra (Lutra vulgaris Lin.) flagello delle peschiere, fraudoientemente insediatasi in questi ultimi anni presso i pantani di Gatania, ed i Laghi di Lentini e di Terranova. E fra i Feliîni il Gatto selvaggio ( Felis catus fe- rus Lin.) dal corpo e dalla coda anellata di bruno, evidente degenerazione di una varietà domestica inselvatichita, che seb- bene abiti d’ ordinario i boschi dell’ interno, si lascia talvolta cogliere anche fra i dirupi del vicino Monte Pellegrino, attrat- - tovi dalle copiose schiere di conigli che spaziano per la sotto- stante R. Villa Favorita; ed incertamente una specie minore di Lince (Felis pardina Selys ) che il Selys ed il Minà altre volte annunziarono esistente nelle Madonie ed în Calabria, co- munque da lungo tempo sparita dal rimanente dell’ Italia. Fra i RopirorI Siculi primeggia per mole ed importanza zoologica | /strice ( Hystrix cistata Lin. ), specie abbastanza frequente nelle caverne della regione montuosa, ove, del pari 33 che negli Abruzzi e nella vicina Calabria, attinge talvolta note- voli dimensioni. A questi tien dietro il Lepre ( Lepus timidus Lin.) di razza alquanto minore del suo protipo continentale, ma che offre una speciale varietà a pelo più fulvo nelle con- trade meridionali ed orientali della Sicilia; cui s’atterga il comunissimo Coniglio ( Lepus cuniculus Lin. ) straordinaria- mente diffuso nelle campagne e negli incolti di tutta |’ Isola, non meno che in certe isolette circostanti, ove riprese quasi sempre la tinta grigia ed il primitivo suo carattere selvaggio. — Abitano pure a dovizia i boschi, meno propensi ad ammas- sare provvigioni invernali de’ congeneri continentali, il nouta- bile Ghiro ( Myoxus glis Schr.) dalla coda ricciuta, 1 elegante Topo quercino ( Myoxus mitela Cuv.) e più raramente il vez- zosissimo Moscardino ( Myoxus acellanarius Cuv. ) Scorrono il suolo della Sicilia e vi devastano le derrate e le masserizie una numerosa serie di topi, già da tempo importati dalle orientali contrade, quali sono il Ratto delle Chiaviche ( Mus decumanus Pall. ), il Ratto a pancia bianca ( Mus Ale- xrandrinus Geoffr.) che per | aspra guerra che muove alla specie nera o de’'yranaî (Mus tectonum Savi) sembra volerlesi ovunque sostituire nella depradazione degli orti e delle case; e da ultimo l’ originario Topolino casereccio ( Mus musculus Lin. ) che si propaga ed infesta a tutte le elevazioni i campi ed i fabbricati. Tutte queste specie e piucchè mai il decuma- nus vi offrono delle varietà albine, alcune delle quali si alle- vano artificialmente per vezzo da privati speculatori. — Anche le campagne ed i boschi della Sicilia hanno i loro topi distrut- tori, fra quali giova ricordare il preponderante Topo de’ boschi ( Mus syloaticus Lin.) ( Musculus dichrurus Rafin.), il Topo minore (Mus minutus Lin.), il Topo arvale (Arvicola Savi Bp.), e certamente il ratto d’ acqua ( Arvicola amphibius Lin.) ab- bondantemente diffuso ne’ pantani delle provincie meridionali. Addivenendo ai PacHIDERMI, s’ asconde tuttora ne’ boschi di Castrogiovanni e di Fiumedinisi qualche raro Cignale ( Sus scrofa Lin.) stipite forse non immaginario nè remoto delle antiche razze indigene dell’ Isola; spenti essendo del tutto i numerosi Elefanti, Ippopotami, Rinoceronti ecc. che popolavano I Isola nelle antiche epoche geologiche. Fra le specie che | Uomo assoggettò al suo dominio, la Sicilia nutre pure valenti razze di Cacalli, talune delle quali gia celebrate ne’ giuochi olimpici, ed altre importate forse in 9 e? d4 i maggior numero dai successivi dominatori Cartaginesi, Arabi, Romani, Svevi, Normanni che si. disputarono il possesso del- l’ Isola; cui fanno fpiù umile corteggio il vispo Asinello dal celere passo, colie encomiate sue razze di Modica e di Pantel- leria, ed il robusto Mulo che vi rivaleggia per forza e bella proporzione di membra colle vantate razze dell’ Andalusia e de’ Pirenei. 1 i Quale rappresentante Siciliano dell'Ordine de’ RUMINANTI s’ab- branca tuttora per le alte cime de’ monti, e perì boschi qualche raro Capriolo ( Capreolus vuigaris Lin.) isfuggito alla vigi- lanza di arditi cacciatori, mentre poche coppie di Vaini ( Cer- vus dama Lin.) si raccolgono tuttavia in aleune riserve feudali, ultimo avanzo delle splendide caccie che vi tenevano un dì gli opulenti Signorotti dell’ Isola. Molte e pregiate maundre di Buoi pascolano per le campa- gne di Sicilia. Il Toro però che vi è indigeno e che in genere s’ intitola di Razza Sciclicana o Modicense, diversifica per tinta più scura del manto e per notevole proporzione di corpo e di corna delle comuni razze d’ Italia; per cui utilmente vi sur- roga, nel traino di pesanti rotabili, il tarchiato buffalo della Toscana. —- Numerosi vi sono pure gli armenti di Pecore dal lungo ma grossolano vello, cui si frammette sovente un’ altra razza barbaresca dalla pingue coda, ancor meno apprezzata della precedente; e più numerose ancora e più utili si assie- pano sulle scoscese balze de’ monti innumerevoli branchi di Capre segnalate per l'ottimo latte e per lo squisito sapor delle carni. La razza indigena però anche di questa specie va gra- datamente subendo vantaggiose modificazioni per | intervento di una acerata razza Maltese più lattiera, introdottavi dagli . odierni agricoltori, dacchè vani riuscirono i tentativi d’ incro- ciamento colle razze d’ Angora e d’ Egitto che si mostrarono insofferenti delle locali condizioni del clima. (1) (1) Alcuni cacciatori indigeni pretendono che sui monti più centrali della Sicilia esista una specie di Capra selvaggia, fondandosi in ciò sulla voce volgare Capria o Crapîa con cui i paesani dinotano cotali animali. Posso però accertare, dietro le più accurate ricerche istituite anche sul luogo, che il Capria de’ Siciliani non altro è che il comune Capriolo. a corna rette, cilindriche un po’ ramose in sull’ apice, ( Cervus capreolus Lin.,) ne già il preteso Capro selvaggio ( Capra Aegagrus Lin.) a corna ricurve posteriormente ed un po’ nodose, che non esiste punto in Sicilia. dò Anche i! mare di Sicilia va tributando alla Classe de’ Mam- miferi un largo contingente di specie. Oltre il comune Vitello marino ( Phoca vitulina Lin.) e la Foca pezzata ( Pelasgius monachus term.) appartenenti all’ ordine de’ PinnIiPEDI age- volmente si lasciano predare nelle numerose ‘Tonnare sicule il delfino comune (Delphinus delphis Lin.) il delfino soffiatore o maggiore ( Delphinus tursio Bonnet) il raro delphinus Philippi Cocco, il Marsuino comune ( Phocaena communis Cuv. ), l affine Marsuino del Risso ( Phocaena globiceps Cuv. var. Rissoana) tutti opportunamente utilizzati dai locali pesca- tori nell’ estrazione dell’ olio; mentre sospinti dalle invernali procelle veggonsi a quando a quando incagliare nelle arenose spiagge dell’ Isola il Capo-d’ Olio ( Physeter macrocephalus Lin.) I° /pperodonte (Hipperodon Desmarestii Ris.), il Rorcallo minore ( Balenopterus musculus Lin.), V Oxipterus Mongitori del Rafinesque e qualche altro fra gli immani cetacei che spa- ziano per il vasto mare. Che se elevandoci a più ampie vedute vorremo porre a confronto | attuale Fauna de’ Mammiferi Siciliani con quella che vi campeggiò nelle ultime epoche fgeologiche, lorchè 1’ Isola era percorsa da numerose torme di belve terrestri, potremo dedurne altre interessanti considerazioni che ne completeranno la storia zoologica. Da queste indagini verremo infatti a co- noscere : 1.° Che nell’ Epoca quaternaria o diluviana, lorchè avvenne I’ eccidio di codeste belve, la Sicilia era verisimilmente con- nessa col grandi Continenti eireostanti, giacchè atteso la limi tata estensione de’ suoi confini, non avrebbe potuto alirimenti dale accesso ne nutrire tanta copia di giganteschi animali, quanta ne stà accumulata nei depositi ossei delle sue caverne. 2.° Che, oltre alla svariata serie de’ suoi montì vulcanici e calcarei, essa doveva possedere estesissime lande, paludi, laghi, fiumi, sole località ove potessero opportunamente ripararsi e prosperare i numerosi Ippopotami che costituivano la massima parte della sua Fauna quaternaria. 3.° Ch’ essa, nell’ Epoca suddetta, doveva essere dominata da un clima assai più caldo, e più confacente all’ organizza- zione ed alle abitudini di codesti animalacci, periodo evidente- mente susseguito da una era glaciale, che li esterminò tutti, e che lasciò ovunque sul suolo e nel mare Siculo indubbie traccie del suo passaggio. 36 4.° Che fra i due vasti continenti che accerchiano la Sicilia sembra che nell’ Epoca predetta essa a preferenza si connet- tesse col continente Africano, comprovandolo tanto la manifesta circolazione e continuità degli strati pliocenici sottomarini che intercedono fra le due regioni, e vi formano i. noti banchi dell’ Appentura, e di Medina, quanto perchè, dietro i recenti studii delle faune fossili terziarie d’ Europa si potè constatare che gli avanzi fossili inclusi nelle caverne e nelle breccie ossee delle Isole del Mediterraneo ( Sicilia, Corsica, Sardegna, Malta, Creta ecc.) si conguagliano in massima parte colle corrispon- denti specie fossili del continente Africano, mentre diversificano del tutto dalle contemporanee specie dell’ Europa continentale. — Ed invero fra le prime si riscontrano avanzi dell’ Elephas meridionalis, antiquus. Armeniacus, Africanus. dell’ Hippo- potamus Petlandi, della Myena crocuta, dell’ Ursus arctos, del Cervus Elaphus, laddove vi mancano tutti i Rinocerunti, l’ Elephas primigenius ( Mammouth) l Hippopotamus major, il Mastodon arvenensis, il Mastodon Borsoni, Y Ursus spaeleus che sono specie contemporanee e proprie del Continente Eu- ropeo. Perlocchè giusta una bella idea svolta dal mio collega Prof. Gemellaro in una recente pubblica conferenza tenuta in questa Università, parrebbe che sul finire dell’ Epoca terziaria plio- cena siasi ingenerata sull’ antico continente una dupplice cor- rente inversa di fenomeni glaciali (dispersione di trovanti er- ratici, alluvioni diluviane, emigrazioni di belve ecc.) una delle quali correnti avrebbe preso le mosse dal Centro dell’ Afrieana dell’ Atlante, mentre |’ altra si sarebbe dipartita dalla catena catena delle Alpi; di modo che le Belve Europee, fuggendo i fe- nomeni glaciali delle Alpi, sarebbero venute a perire nelle valli e nelle pianure mohili della Toscana, mentre le belve Africane si sarebbero inoltrate inversamente sino agli estremi lidi set- tentrionali della Sicilia, e delle Isole del Mediterraneo, e vi avrebbero trovato la loro tomba. (4) Ignoro pertanto se codesta ardita ed ingegnosa ipotesi potrà reggere nella sua interezza all'osservazione ed alla sana cri- tica, sò di certo ch’ essa appaga grandemente 1° imaginazione, e concorre in modo altrettanto semplice che naturale ad ispie- (1) Vedi per lo sviluppo di questa idea le mie illustrazioni alla Carta Geologica del Modenese, Articolo Terreni quaternari. 97 sare i molteplici fenomeni geologici che si annodano al periodo diluviano; quali sono la dispersione radiante di trovanti e dei detriti erratici, l’ eccidio delle belve plioceniche, |’ ingente ac- catastamento de loro avanzi nelle caverne e nelle breccie ossee delle due regioni, ed il notevole sviluppo de’ ghiacciai e delle morenne de’ monti più elevati del vecchio continente; fenomeni tutti che colle altre Ipotesi non ottennero sin’ ora una piena e convincente soluzione. ( Continua ) SUI PRINCIPALI FENOMENI DELLE VARIAZIONI BIUGNE DEL CALORE ATNOSFERICO DEL SIG. PROF. CAV. DOMENICO RAGONA Se Ho — Sistema di calcolo usate. Nena memoria intitolata Descrizione dell’ Igroiermografo del R, Osservatorio di Modena (A), ho fatto conoseere le varie parti di questo importante apparecchio. Le modificazioni che furono posteriormente in esso introdotie, relativamente al con- gegno, trovansi inserite nell’ Appendice della stessa memoria, e nell’ altra, in seguito pubblicata, col titolo Descrizione della nuova finestra meteorologica del R. Osservatorio di Mo- dena (2). Cennerò qui Ie modificazioni che l’uso dello strumento, dopo pochi mesi dal suo impianto, mi hanno fatto conoscere indispensabili, riguardo al calcolo delle osservazioni, cioè alla conversione dei gradi della scala arbitraria dell’ apparecchio, in veri gradi termometrici. Riserbo ad altra occasione un esteso ragguaglio di tutto ciò che si riferisce all’ umidità relativa. Per la conversione dei gradi arbitrari. G, in gradi termo- metrici 7, ho fatto uso primitivamente della formula È \ T=0,034130. G=0, 0020334. G? (i) V. Annuario della Società dei Naturalisli di Modena. Anno V. (2) Vi Memorie della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Mo- dena vol. XII. i somministrata, col metodo dei minimi quadrati, da una lunga serie di confronti esposti nella surriferita memoria. L’ uso di questa formula era agevolato da apposita tavola ausiliaria. Questo metodo era molto semplice e pronto, giacchè stabilita una volta la corrispondenza, i gradi leggevansi come in un termometro ordinario. Ben presto però ho ritrovato, che in questo modo se vi è nei medì mensuali un accordo soddisfa- centissimo con le quantità direttamente csservate, avvengono nei singoli valori diurni diserepanze, ora in più ed ora in meno, che sono talvolta rilevanti, quantunque nella maggior parte dei casi prossimamente comprese tra i limiti di quelle che d’ ordinario riscontransi nei termometri registratori. Per avere un’ idea di ciò, basterà consultare una tavola compilata dal Prof. Jelinek, contenente per le ore IX, Îil, XXI di Mag- gio 4869 (il solo mese, primo dell’ uso dello strumento, da me calcolato con la formola soprariferita ), il confronto dei ri- sultati dell’ Igrotermografo, pubblicati nella memoria anzidetta, con le osservazioni dirette inserite nei Bullettini della Meteo- rologia Italiana, tavola che trovasi im calce di una memoria letta dal .Jelinek nella seduta del giorno 44 Novembre 1869 della Accademia delle scienze di Vienna ( Sitz. ber. LX). Anzi fa d’ uopo considerare, che le differenze tra 1 osservazione di- retta e l’Igrotermografo, contenute nello scritto del Jelinek, non tenendovisi conto di alcune avvertenze, che saranno più sotto specificate, relative ai confronti, debbonsi riguardare come prese nei casi più sfavorevoli. i Abbandonato questo metodo, ho adottato in Giugno 4869 quetio di determinare giorno per giorno il coefficiente da usare per le riduzioni. Chiamando: T una temperatura cognita, G il grado che vi corrisponde nell’ Igrotermografo, T' una temperatura «a determinarsi, G' il grado corrispondente, si ha T'=T+A(G'-G) Questo coefficiente A è dato dalla equazione T_-T N AAA] G'- G 40 A tale oggetto tutte le osservazioni termometriche eseguite in un giorno si dividevano in due gruppi, e dal confronto del primo ( 7. G.) col secondo ( 7 G.'), ricavavasi il valore di A. Ecco taluni ragguagli sulla determinazione dei gradi arbi- trarî G. Rappresentino neila fig. 4.* i ed # i due indici del- l Igrotermografo, e sia V— V' una linea oraria della carta av- volta intorno al cilindro. L’ indice i descriverebbe |? arco cir- colare AaA' e |’ indice è | arco circolare 2'08. Siano i due indici perpendicolari alla linea oraria V-— V'’, e con le estremità ove trovansi i martelletti giacenti sulla medesima, come è rap- presentato in A e 2 nella fig. 4.° È chiaro che in questa po- sizione i segni 4 e £ fatti dagli indici sulla carta, denotano la temperatura e l’ umidità nell’ istante V. Se però in questo istante |’ indice è non si trova in CA ma in Ca, e l'indice d' non si trova in CB ma in C'ò, è evidente che in qnesto caso i punti a e d fatti dagli indici su!la carta, indicano la tempe- ratura e l’ umidità nell’ istante V. Supponghiamo che precisa- mente in questo istante si faccia un punto in £, tirando il martelletto a molla, ( descritto nelle antecedenti memorie ) an- nesso all’ Igrotermografo. Quando si svolge la carta dal cilin- dro, il punto P è sempre nettamente distinto sulla medesima. Facendo uso di una riga metallica R, fig. 2°, che ha due cur- vature circolari eguali ad AA' e B B', e nel mezzo una pro- minenza P ad angolo acuto, è chiaro che mettendo esatta- mente in coincidenza l'indice P della riga (fig. 2°), col punto P della carta ( fig. 4°), facendo scorrere il lapis lungo le due curve della riga, i segni a e b incontrati dai due archi circo- lari descritti sulla carta col lapis, sono precisamente l° umidità e la temperatura che corrispondono all’ ora V. Se dunque nell’ istante di una osservazione termometrica qualunque, tirando il martelletto si fa il punto P, quando si svolge la carta trovasi immediatamente, applicando la riga, l’ elemento della curva termometrica diurna #t che corrisponde a questa osservazione, o in altri, termini, determinasi esatta- mente il relativo grado arbitrario G. I gradi arbitrari litografati sulla carta, sono lineette equi- distanti e sottili, parallele alle direzioni CA4, € 5, ossia per- pendicolari alle linee orarie V— V'. Il grado G è la posizione numerica della lineetta su cuì trovasi il punto a. Per facilitare le letture G, le lineette sono numerate di 40 in 40, e le divi- sioni crescono da 0 a 40 a 20 ecc. giusta la direzione che 4I segue l’ indice aumentando la temperatura. Se la lincetta su cui trovasi a è la 25° a partire dallo zero, sarà G—=25. I de- cimi delle divisioni si valutano a stima. Dividendo le osservazioni termometriche diurne in due gruppi, uno dei quali ha in medio la temperatura 7 e il grado arbitrario G, e l altro la temperatura 7' e il grado ar- bitrario G', si ha tutto in pronto per determinare il coefficiente A. È questo il processo di calcolo per più mesi adottato. Successivamente |’ esperienza pose in chiaro la necessità di un ulteriore perfezionamento. Ho ritrovato diffatti che il valore del coefficiente A non è costante in un giorno. Quando la temperatura và dal minimo al massimo, è alquanto più piccolo di quello che corrisponde all’ inverso passaggio. In conseguenza di ciò abbandonai questo metodo, e ia terza serie delle mie osservazioni termografiche è calcolata con due coefficienti diurni. Le sette osservazioni ordinarie si dividevano in tre gruppi. Uno centrale, di tre osservazioni, che corrispondeva prossimamente all’ epoca del massimo, con ia temperatura 7' e il grado G, e gli altri due, ciascuno di due osservazioni, uno eon la temperatura £ e il grado g anteriore, e l’altro con la temperatura é e il grado g' posteriore all’ epoca del mas- simo. În questo modo ottenevansi i coefficienti ALT G_—g A'= T_- (e G_g' che adoperavansi il primo per la parte della curva anteriore al massimo diurno, e l’ altro per la parte della curva posteriore al medesimo. Questo metodo fu anche abbandonato posteriormente, per- chè ho ritrovato che in ogni curva isolatamente erano bene rappresentate le temperature, ma talvolta avveniva qualche in- certezza nelia corrispondenza e continuità degli estremi di due curve adjacenti. Può aversi una prova di ciò, ponendo mente nel seguente paragrafo alle differenze tra 1’ osservazione ed il caicoio, nell’ ora 42 (mezzanotte ) fine delle curve diurne, e nell’ ora 13 (4% del mattino) principio delle curve diurne, in quei mesi che furono calcolati con questo metodo. 42 Dopo questa esposizione storica, farò menzione del processo di calcolo ora stabilmente adottato, processo che risolve nel miglior modo il problema. Come ho detto altre volte, è a mezzanotte che si rinnova la carta avvolta intorno al cilindro. Dopo alquanti minuti (non più di 10 o 45) si legge il termo- metro esterno, e per mezzo del martelletto si segna il punto corrispondente della curva termometrica, per determinare il relativo grado arbitrario. Chiamerò questa prima osservazione XII. Il medio. delle osservazioni XX e XXI, paragonato con I osservazione XIlI', fornisce il coefficiente per le prime otto ore della curva. I medio dì HIT e IV, paragonato col medio di XX e XXI somministra il coefficiente per le otto ore che se- guono. Finalmente il medio di IH e IV, paragonato con È? o0s- servazione XII, dà il coefficiente che si adopera per le ultime otto ore della curva. Si intende che i medi in discorso! sono relativi così al valore termometrico, come al grado arbitrario corrispondente. In questo modo la curva è divisa in tre. parti eguali ( nella prima trovasi il minimo e nella seconda il mas- simo ), che calcolansi con tre coefficienti diversi. Restano le osservazioni 0 e IX, che si adoperano pei confronti indipen- denti dalle quantità da cui si sono ricavati i coefficienti, e che sono i confronti veramente utili, e che solamente sono atti a somministrare una giusta îdea sulla bontà dello strumento e sulla esatiezza del calcolo. Bisogna osservare che il processo di calcolo ora descritto è quello che si adopera abitualmente, e che può chiamarsi me- toco normale. Vi sono però dei giorni eccezionali, in cui si verificano grandi commozioni atmosferiche, e perciò forti alte- razioni della carva normale, e allora il metodo si modifica al quanto, facendo uso di più di tre coefficienti, e mettendo an- che in calcolo le osservazioni 0 e IX. Ciò avviene molto di rado. Questo metodo dà risuitati molto soddisfacenti, e toglie dei tutto |’ inconveniente della incertezza, che davano i metodi antecedenti ,. nella continuità di due curve adjacenti (reso ostensibile, come si è detto, dai valori Cale. — Oss. contenuti nel seguente paragrafo ) (1), e perciò deve riguardarsi come definitivo. Ì (4) Siccome nelle tavole del S. seguente i valori orari sono il medio di due mesi, che sono nella maggior parte dei casi calcolati con due me- todi differenti, il vantaggio ottenuto con l ultimo sistema di calcolo non riesce sempre visibile in esse tavole. 45 Prima di dare un esempio numerico del calcolo delle curve, reputo indispensabile qualche altra avvertenza relativamente ai confronti e ai punti di riferenza. Suppongo che il lettore abbia conoscenza del meccanismo dell’ Igrotermografo, specificato nella descrizione già pubblicata di questo strumento. Le curve non risultano da una serie di puntini, ma propriamente da una successione di piccolissimi tratti rettilinei. (Vedi la fig. 4°, ove però i tratt neri elementari della curva sono for- temente esagerati, per la migliore intelligenza del testo ). Questi tratti distano cinque minuti l uno dall’ altro. Durante il tempo impiegato a descrivere ogni tratto nero clementare della curva, l’ indice non obbedisce alla temperatura, perchè trovasi sotto la pressione del corrispondente arco di acciajo. Quindi ogni tratto indica la temperatura che compete all’ istante iniziale della pressione. Cessata quest ultima, |’ indice obbedisce nuova- mente all’ azione della temperatura. Se sino al principio della successiva pressione la temperatura non cambia, il tratto che vien dopo conserva la stessa posizione relativamente aile divi- sioni arbitrarie, come si vede nella fig. 48 pei tratti a, d, c. Però la temperatura può sperimentare una piccola variazione durante la pressione ic, cioè dopo |’ istante iniziale di tale pressione (variazione che non produce effetto sull’ istrumento finchè 1’ arco preme sull’ indice ), ovvero dopo il termine della pressione c. In questi due casi il tratto d che vien dopo, cam- bia posizione relativamente alice divisioni arbitrarie. Quando, per ia determinazione dei confronti e dei punti di riferenza, sì tirano con la riga sopradescritta AR, fig. 2%, le curve fidu- ciali, queste ultime possono incontrare i tratti neri elementari in più guise. Se |’ incontro avviene in # nel principio del tratto nero, fig. 4°, non vi è correzione a fare, come del pari non vi è correzione se lÌ’ incontro avviene in » e p, restando invariabile la posizione dei due tratti successivi 6 e c. Ma se i due tratti successivi c e d sono spostati relativamente alle divisioni, bisogna tirare a mano libera una lineetta tra i due principi dei tratti e e d. Se la curva fiduciale è in q il grado G è relativo al punto o. Se essa è in r il grado G corri- sponde al punto £. Quantunque queste avvertenze siano ecces- sivamente mninute, non ho voluto ometterle, per esporre tutte le particolarità relative al calcolo delle osservazioni in discorso. Da ciò che si è esposto ricavasi, che un sicuro criterio sui risultati non può mai ottenersi dal confronto delle ordinarie hh osservazioni termometriche, (pubblicate nei Bullettini della Meteorologia Italiana ), coi valori somministrati dall’ igroter- mografo per l’ ora medesima. Difatti il confronio ammette la contemporaneità della osservazione, col punto che suila carta dello strumento corrisponde all’ ora data. Non essendovi que- sta precisa contemporaneità, possono riscontrarsi sensibili differenze nelle occasioni di fasi ascendentì o discendenti. Estratta la carta dal cilindro girante, si prendono immediata- mente per le temperature corrispondenti alle varie ore del giorno è punti della curva diurna che intersecano le linee orarie. Per esempio la temperatura dell’ora IV è data dal punto è? fig. 3%, quella dell’ ora V dal punto # ece. La lun- ghezza considerevole degli indici, e il meccanismo ( descritto nelle antecedenti memorie ) che spesso li riconduce alla dire- zione normale alle linee orarie, permettono questa semplifica- zione, che fa immediatamente determinare i gradi G corri- spondenti alle varie ore del giorno. Se nell’ istante della let- tura del termometro a 4% |’ indice trovasi in a, quantunque il punto a sia vicinissimo al purto £, essendovi nella curva una forte inflessione, vi deve essere una sensibile differenza tra l'osservazione diretta e il valore dell’ Igrotermografo, mentre per 5° vi è perfetta corrispondenza tra le due indicazioni a', 1’, essendo quel tratto della curva perpendicolare alla linea oraria. Perlochè le ordinarie osservazioni termometriche, pubblicate nei fascicoli della Meteorologia Italiana, rigorosamente debbono compararsi coì rilievi determinati in ogni osservazione per wezzo dei punti di riferenza P, fig. 4°, che imprime il mar- telletto nell’ istante dell’ osservazione, come appunto si è fatto nella tavola dei confronti in fine di questo paragrafo. Appena rinnovate a mezzanotte le carte delle due parti del Meteorografo, nel corso della notte medesima si fa il calcolo delle curve, e le carte non si conservano se prima tutti i va- lori non sono esattamente calcolati e controllati per ciasenna delle 24 ore, e pronti per le stampe. in quesito modo si sono raccolti finora in questo R. Osservatorio, i risultati automatici di cinque anni di osservazioni barometriche, anemometriche e udometriche, e di due anni di osservazioni termometriche e psicrometriche, materiali molto importanti per la bontà degli strumenti, e per la cara posta nel calcolo delle curve, calcolo eseguito senza dilazione, mentre sono ancor fresche le impres- sioni sullo stato meteorologico del giorno, e su qualche spe- \ 45 - ciale e temporanea avvertenza relativa all’ uso degli strumenti. ll calcolo delle curve del Meteorografo, occupa in medio ogni notte da 2* 4 a 3 ore. Do qui un esempio, tolto a caso, di tutt il processo dei calcoletti delle curve termometriche. Esempio. Il giorno 29 Aprile 1874 |’ Igrotermografo sommiristrò, Ore Gradi Ore Gradi arbitrarì arbitrari G G 43 296 4 454 14 294 9 460 45 278 3 469 46 270 4 470 47 272 5 462 48 324 6 454 49 345 7 432 20 383 8 410 2A 400 TIRO) 384 22 4AÀ 40 369 23 4927 41 346 0 439 49 329 I confronti eseguiti il giorno medesimo furono i seguenti, Confronti Ore Temper. Gradi avbitrari SI i (1) 12 45 407 298 (HI) 20 30 461 388 (HI) 3 30 204 468 (IV) 12 0 128 329 Nella temperatura e nei gradi arbitrarì per brevità ho tolto il punto, scrivendo 107 invece di 40. 7 (gr. cent.) 298 invece di 29. 8 (gr. arb. ) 46 Per la determinazione dei tre coefficienti si ha dunque: E perciò pel calcolo delle temperature: 43 14 19 46 17 18 49 20 AGA — 407 2 e 02000) 388 — 298 00 204 — 464 i ai (153, 468 — 388 Veri 204 — 4128 — 0.547 408 — 329 407 + (296 — 298) 0 107 + ( 294 — 298 107 + (278 — 298 ) 0 )0 107 +(270 — 298 ) 107 + (272 — 298) 0 107 + (324 — 298) 107 + (345 — 298) 107 + ( 383 — 298) 161 + ( 400 — 388) 161 + ( 4i4 — 388) 161 +(427— 388) 161 + (489 — 383) 4161 + (454 — 388) 1641 + (460 — 388) 161 + (469 — 388) 464 +(470— 388) 128 +(462— 329) 0 128 + (432 — 329) 4298 +(410— 329) 128 +(384— 329) 128 + (369 — 329 ) 428 + (346 — 329 ) ) —= 106 =(03 == I05 00 —=N000 ascii 0)/| x == 03 0I60R=2R5 06 IT=M58 0 537 = 167 0 537 = 473 0 537 = 4182 0 537 = 488 0 537 = 195 0.537 = 200 0 537 = 204 01537=209 0 547 = 201 0 547 —=495 0 547 = 4184 0547 = 472 0 547 = 4156 0 547 = 450 0 547 = 137 128 + (329 — 329) 0 547 = 428 47 Nel giorno medesimo le sette osservazioni ordinarie del R. Osservatorio somministrarono Ore Temp. Gradi Riduzioni Diff. oss. arb. 8% matt. 456 377 407+(377—298)06 —=454 +02 9* matt. 467 400 4641+(400—388)0537=467 00 mezzodì . 187 436 461-+(436 — 388)0537 =487 00 8% sera 206 467 4641 +(467 — 388) 0537 203 +03 4 sera 202 470 A64 +(470— 388)0537—= 205 —03 9 sera. 156 381 428-+(384—329)0547—=156 00 mezzan. 128 329 41284-(329 — 329) 0547 =4128 00 Il confronto (li) è il medio di 8% matt. e 9% matt. Il con- frento (II) è il medio di 3% sera e 4° sera. | confronti (1)= XII e (IV) = XII risultano da una sola osservazione. Le ore mezzodì e 9% sera, che non entrano nei confronti, coin- cidono nell’ osservazione diretta e nell’ Igrotermografo. È questo il metodo che invariabilmente si adopera giorno per giorno pel calcolo delle curve. Si semplifica grandemente, scrivendo in tesia del foglio, dopo la determinazione dei co- efficienti, i multipli dei medesimi da 4 a 9. Per esempio pel 3.° coefficiente : 947 4094 A64A 2188 2735 3282 3829 4376 4923 © dd I O Uda W po > 48 e perciò per le ore 8 e 9: 410 384 399 329 84 52 4376 9735 547 1094 44307 28444 198 428 472 156 Do termine a questo $. con due considerazioni relative al- P uso del termometro registratore. La prima riguarda i coeffi- cienti. Non potendo, per ragioni di spazio, pubblicare i coeffi- cienti giorno per giorno, inserisco i medi decadici dei mede- simi per l’ ultimo bimestre da 20 Marzo a 20 Maggio 4874. A A' A' 4874 Marzo 38 decade 6375 5507 6323 Aprile 4° « 4494 5709 5905 a DS AMNIC 6034 5309 6604 « 3° ci 5355 5343 6006 Maggio 4% « 5595 9452 5765 a DAMA 65924 5884 6225 Medio war 5812 5612 6133 Si vede che il coefficiente più variabile è il primo, a cui corrisponde il minimo, e il coefficiente più costante il secondo, a cui corrisponde il massimo. Scorgesi ancora che il terzo coefficiente, che corrisponde a un pericdo di abbassamento di temperatura, è il più grande. Questo specchietto convalida la necessità di adoperare giornalmente + valori dei coefficienti, che sono proprì alle speciali condizioni meteorologiche del giorno, La seconda considerazione riguarda’ errore probabile di un rilievo isolato del termometro registratore. 49 La tavola seguente contiene 1 valori somministrati per le ore 0 e IX dall’ Igrotermografo, da 20 Marzo a 20 Maggio 4874, comparati coi valori contemporaneamente osservati col termo- metro a mercurio. Si è sopra esposto in qual modo si ottiene la contemporaneità delle indicazioni, condizione indispensabile per un esatto confronto. Sono escluse le alire ore di osserva- zione, perchè, come si è detto, si adoperano pel calcolo dei coefficienti, mentre le ore 0 e IX sono totalmente indipendenti dal medesimo. Questa tavola di confronti è esposta con la massima scrupolosità, riferendovisi integralmente tutti i valori, nessuno eccettuato, anche in quei casi in cui per le forti com- mozioni atmosferiche, o per altra ragione, era quasi indicata l’ esclusione. 1 giorni a cui corrisponde una linea di puntini, sono quelli nei quali fu indispensabile fare uso delle ore 0 e IX pel calcolo dei coefficienti, ovvero in cui nell’ istante della 0s- servazione il segno col martelletto si dimenticò o riuscì molto indistinto. Non deve esitarsi a riguardare le differenze otte- nute, come il minimo di quel che può aversi dai termometri registratori metallici. Per essere cerii di ciò basterà consul- tare, nella tavola seguente, le d:fferenze relative al termometro registratore di Berna, che ho tolto dalla memoria sopracitata del Prof. Jelinek. Differenze più piccole sembra che siano impossibili nei termometri registratori metallici. È evidente poi che un limite nel numero dei coefficienti è indispensabile, perchè diversamente si perde quasi il vantaggio dell’ apparec- chio automatico, e si è astretti a eseguire durante il giorno un gran numero di osservazioni termometriche equidistanti. 50 Tavola LO MODENA (1871) BERNA (41867) XIX 5 ii - gen. | apr-[lugl.| ott. 5 1}—07|--06|/+40|4-07 : 2f4-06)+-09/+42|/—04 | Ii4+43/+04 — 00 +04 i 4i-+-03|/+05/+24/+-09 -+04|+-02|—03 +02|+-02|—04 -14|+05|/—02 +10/+-04|+-04 — 03|+-02|—03 -+06|+21|—06 — 07|4+-01|-—03 4|--08| 00|--02 -+01|—02|+-08 A|+40|+40|—A44 -04|-+-03|—40 — 04| 00|/—09 +03|--08|—05 3| —02|—02|+-09 -+-03|+-03|—02 5|+-08|—07|—02 — 04|\+-08|—03 00|,—03|—03 +17) 00|+02 +285|/+04|—A44 —03| 00/04 +01|--05|—09 —01|+24/—03 -+-02|+-02|4+-09 » |2C +-05|+09|—03 - {30f-+-09/—07|4+-44|—40 i —06|—05 145|-03 187 00 207|—01 Segue la Vavola I. 5I BERNA (41867) MoDENA (1871) "tion n]: | 427 nni | XIX (T-R) 52 Caleolando (come in caso simile si è fatto da altri meteoro- logisti) l’ errore probabile, si trova che esso è in Berna (un solo eoefficiente diurno ): Gennajo 0 48 Aprile 0 54 Luglio 0 60 Ottobre 0 42 mentre per Modena (tre coefficienti diurni ) è: Però non bisogna dimenticare, che a tutto rigore la ricerca dell’ errore probabile non è esattamente applicabile a questo problema, e che il numero delle osservazioni è diverso nelle due stazioni. Finalmente la media differenza è per Modena Una metà almeno di queste quantità deve attribuirsi alla incertezza nella lettura del termometro a mercurio. Per ciò che riguarda le differenze, contenute in quest’ ul- tima tavola, tra |’ osservazione diretta e |’ Igrotermografo, fa d’ uopo considerare le seguenti due circostanze da me in più occasioni indubbiamente avvertite. A. Le differenze che superano due o tre decimi di grado, appartengono, senza eccezioni, ai casi in cui la linea fiduciale passa tra due tratti adjacenti considerevolmente spostati (vedi fig. 4°), casi in cui necessariamente deve esistere qualche piccola incertezza nel valore di G. 2. Le medesime corrispondono per lo più ad epoche di forti commozioni atmosferiche. Le differenze tra le indicazioni della spirale, e quelle del termometro esterno, non debbono recar meraviglia conside- rando che i due strumenti sono di natura diversa, e che quantunque molto vicini non sono nel medesimo punto del vuoto della finestra meteorologica. Quel che interessa è il ri- cavare le leggi del calore atmosferico non da due o più stru- 55 menti promiscuamente, ma da un solo di essi. Non so poi comprendere su qual fondamento sono basate le due accuse poste inpanzi dal Theorell contro i termometri mettallicì (4). Una di esse riguarda la difficoltà della applicazione dei termo- metri metallici, principalmente nei climi rigorosi, essendo poco protette le loro parti più sensibili. Chi ha letto la de- scrizione dell’ Igrotermografo del R. Osservatorio di Modena, e quella della nuova finestra meteorologica, ( ambidue accompa- gnate dalle corrispondenti figure ), ha potuto osservare che niuna parte sensibile dell’ apparecchio è in Modena poco pro- tetta, e che un piccolo morsettino a snodo, che è il solo pezzo del congegno di trasmissione che resta sempre esposto nella finestra meteorologica, è circondato da una borsa di sot- tile tela incerata. Nè mero vaga ed insussistente è |’ altra ac- cusa, cioè che la temperatura dei termometri metallici non di- pende unicamente da quella deli’ aria, ma ancora dal calore raggiante a cui possono essere esposti. Questo inconveniente, se pure esiste ( cioè se non è interamente distrutto dalla ac- curata disposizione ed esposizione degli strumenti dentro il vuoto della finestra meteorologica ), deve più risentirsi pel termometro ‘ordinario anzichè per la spira metallica, rivestita completamente di vernice nefa, e in ogni sua parte sfornita di lucentezza metallica. : ( Continua ) (1) V. Description d’ un meteorographe enregistreur construit par M. A. G. Theorell. Upsal 1868. COMUNICAZIONI — ott -— INDUSTRIA LOCALE — Calce Idraulica, comu- nicazione di C. BonI. Nei interesse dell’ industria locale credo opportuno dare pub- blicità all’ analisi di una pietra calcarea che esiste in Pujanelio Comune di Castelvetro, nel luogo detto /o Sciano. Da quest’ analisi eseguita dal Chiar. Prof. Antonielli nella Stazione Agraria di Modena si rileva potersi ricavare da quella roccia una buonissima calce idraulica, applicabile a svariati usi. Rendendone note le qualità, più facilmenente verrà sti- molata l’ industria ad usufruttarla, estendendone l’uso e 1’ ap- plicazione. ANALISI AGQUafit e grammi 4.985. 1.985. Parte indisciolta dall’ acido cloridico diluito (argilla) « 28.525. 28.525. Parte disciolta dall’ acido cloridico diluito . . . e 69.490. In cui si determinano: 4.° Carbonato calcico . . « 61.339. DIS id. magnesico . CI 2.250. 3.° Ossidi alluminico e fer- PICO IRA CI 5.470. grammi. 99,269. Componenti non determi- \ nati e perdita . . . . « 0.734. Cl" ee — Totale grammi 400.000. 400.000. 55 Osservazioni. — La determinazione dell’ acido carbonico si è fatta colla calcinazione e coll’ apparecchio di Mohr. Si determinarono pure separatamente la calce e la magnesia nello sciolto cloridrico, tanto del caleare crudo come del cal- cinato. Il Direttore della Stazione Agraria di Modena ETTORE CELI 56 APICOLTURA — Di alcune cognizioni degli an- tichi intorno alla storia naturale dell’ Ape, . comunicazione di P. BoNnIZZI. Non vha dubbio che anche presso i Greci la coltivazione deli’ ape non fosse tenuta in pregio. Eliano nel suo libro Della natura degli animali paria degli apicultori e ci fa conoscere molte cognizioni che si avevano in quei tempi. intorno alla storia naturale del melifero insetto. Egli, difatti, tiene parola della regina, che chiama il loro re, dei fuchi, delle operaje e di vari loro costumi. Ecco alcuni brani tradotti dall’ originale. « Delle api immuni da lavoro » ( Della natura degli animali Lib. I. Cap. 40). « Anche nelle api sono alcune inoperose. Non però « simili ai fuchi nel loro modo: imperocchè non guastano i « favi ne insidiano al mele, ma si nutrono dai fiori anch’ esse « volando e regolandosi come le altre. Che se sono inerti in « quanto alla produzione e importazione del mele, non sone « però affatto inoperose. Chè talune di esse portano al re « l’acqua e alle più vecchie che assistono il re e furono scelte « alla difesa di lu). Altre poi delle inoperose stesse {hanno il « compito di portar fuori le api morte imperocchè devono « avere mondi i favi e non ci tollerano dentro un’ ape morta. « Anche di notte fanno la scolta e custodiscono come una pic- « cola città l’edifizio dei favi. » L'opinione espressa da Eliano che vi siano le operaje pei lavori esterni e quelle pei lavori interni è stata condivisa an- che da alcuni apicultori moderni e si è anzi creduto che vi siano le api cerajuole, le nutrici, le sentinelle, le ventilatrici, le raccoglitrici ecc; ma è provato che la stessa ape, secondo l’ età e il bisogno del momento, si assume diversi uffici. Le api giovani si dedicano ai lavori interni fino al diecisettesimo giorno, e talora fino al diecinovesimo, dopo la\loro nascita, poscia cominciano a raccogliere. « Dell’ età delle api » (Ivi, Lib. I. cap. 44). « L'età delle « api altri riconoscerà a questo modo. Quelle dello stesso « anno sono splendenti e somigliano all’ olio nel colore. Le by « più vecchie poi sono ruvide a vedersi e toccarsi e si vedono « rugose per la vecchiaja. Sono poi più pratiche e più abili « avendole ammaestrate il tempo nel meleficio. Sono anche a profetesse sicchè predicono le pioggie e il freddo; e quando « Congetturano che siano per venire, o separatamente o in- « sieme non stendono il voio lontano dali’ alveare, ma volano « intorno e stanno come alla porta. Da ciò gli apicultori ar- « guendo avvisano i contadini del prossimo arrivo di una pro- e cella. Temono poi le api non tanto il cio: quanto la « molta pioggia e le nevicate. » Da ciò possiamo inferire che le api erano tenute dagli an- tichi riparate dalle intemperie e curate meglio di quello che non abbiamo fatto noi per lo passato; e gli apicoltori di al- lora dovevano conoscere benissimo il grave danno che reca alle poveri api il lasciare che l’ alveare si bagni continuamente colle pioggie e che nella stagione invernale vi si fermi sopra la neve, come purtroppo ho visto avvenire negli alveari de’nostri villici. « Della premura delle api verso il loro re » (Ivi, Libro 5 Cap. 40). « Il re delle api è pacifico e mansueto e senza sti- « molo. Quando avvenga che le lasci, lo seguono e lo perse- « guono come disertore del principato. Lo cercano poi all’ odo- « rato in modo indicibile e lo trovano dietro l'odore che « emana da lui e lo riconducono alla regia. » RIVISTE BIBLIOGRAFIA = \ INTORNO ALLA LUCE EMANATA DAL GRASSO — Nota del Prof. PaoLOo PANCERI (Estratto dal Rendiconto della R. Accademia di scienze fisi- che e matematiche di Napoli). Doo una serie di osservazioni e di studi intorno alla na- tura della sostanza che rende fosforescenti gli animali morti, l’autore afferma in massima che « il grasso alloraquando è in « preda a lenta ossidazione e si verifichino speciali circostanze « può essere fonte di luce in natura. » i Ecco una di quelle scoperte che ci svelano di muovo nel Prof. Panceri il naturalista sommo. | Torna utilissimo dare qualche cenno delle osservazioni che lo posero in grado di stabilire la sua asserzione. Osservando il Trachypterus iris (4), il quale di giorno sembrava un na- stro splendidissimo d’ argento e nell’ oscurità somigliava ad una spada infocata, notò che certe parti del corpo ove la cute è aderente all’ osso, le membrane interradiali e del bulbo del- l'occhio non erano lucenti; vide che tagliate e spremute le carni, al contatto dell’ aria si facevano vieppiù a lucicare, ed aperta la cavità del corpo si vennero poco a poco ad illumi- nare i visceri, fra i quali le falangi delle appendici pancreatiche, in modo da potere in una camera oscura leggere uno stam- pato. Eseguendo la dissezione, le mani, gli scalpelli, i lini, il tavolo, tutto era illuminato, mentre fluiva dalle carni e dall’ad- dome un liquido corrente a somiglianza di metallo fuso e che vieppiù si accendeva cadendo sul pavimento. Raccolta e allun- gata una parte di tale liquido con acqua di mare, questa si illuminò tutta quanta e lasciato il liquido in quiete, il giorno dopo tutta la sostanza fosforescente era venuta a galla. Fu al- (4) Pesce che annoveriamo nell’ ordine degli Haplopteri e nelle fami- glie dei Trachypterini. 59 lora che il Panceri osservando al microscopio la detta sostanza e ricorrendo eziandio alla ricerca chimica, s’ accorse che altro non era che grasso. L’ acqua dolce e l’ alcool estinguevano tosto quella luce fosforescente, ed esponendo le carni del trachittero, quelle di altri pesci ed anche dei cefalopodi in vasi chiusi, ovvero nell’acido carbonico, si facevano oscure, mentre nell’os- sigeno addivenivono più splendenti. Con tali osservazioni ed esperimenti |’ autore conobbe che il grasso si fa sede dell'emissione di luce negli animali morti, sia questo grasso o sottocutaneo, come per lo più nei pesci, o quello che compenetra le ossa, ovvero quello del peritoneo, solo che il processo di ossidazione sia favorito dal contatto deli’ aria. Br Il chiarissimo autore ci previene anche col rispondere a una domanda facile a insorgere, e che a me pure balenò nella mente appena lessi la sua scoperta, cioè a dire se sia possibile promuovere il movimento luminoso nel grasso là dove non suole manifestarsi naturalmente. La risposta però è negativa attesochè le esperienze da lui fatte onde avere fosforescente il grasso di majale misto alle carni, ovvero il cervello, o il grasso semplice non gli diedero verun risultato. Finalmente pone sott’ occhio, che, secondo le osservazioni di Kolliker e di Schultze la sostanza dell’ organo luminoso della lucciola è albuminoide, così può dirsi che sono due gli ordini di sostanze atte .a svolgere luce animale; e che i feno- meni di fosforescenza animale non essendo accompagnati da aumento di temperatura è a credersi che il movimento lumi- noso sostitusca il calorifico. Pertanto, colla scoperta del Prof. Panceri può la scienza registrare delle fondate conoscenze intorno alla natura della sostanza lucente e al fatto della fosforescenza animale di cui finora pochissimi si erano occupati, e proviamo la maggior soddisfazione nel potere ora, dietro gli studi di questo esimio naturalista italiano, dare giuste spiegazioni di un fenomeno la di cui natura sembrava avvolto in tanto mistero. 60 INTORNO A DUKE PENNATULARII — Nota del Prof. PAoLO PANCERI ( Estrutto dal Rendiconto delle R. Accademia di scienze fisiche e mate- matiche ). I primo è il Kophobelemnon stelliferum che per la prima volta viene trovato nel Mediterraneo, l’ altro pennatulario è una Virgularia nuova nel golfo di Napoli e che | autore non ha potuto riferirla alla V. multifora di Kner ovvero alla V. juncea, in causa di esser subito morta e caduta in gran parte in li- quame. SA NOTE ZOOLOGICHE — Del Prof. GrovannI CANE- STRINI. (Estratto dagli Atti dell’ Istituto Veneto). (Pre sono le scoperte ittiologiche fatte quest’ anno dal Canestrini e pubblicate in diverse note. In una di queste intorno ai Lofobranchi adriatici ( Estr. dal vol. XVI, Ser. III degli Atti dell’ Istituto Veneto ) spiega in modo assai soddisfacente come in essi avvenga un accoppiamento suî generis, il quale avrebbe il solo ed unice scopo di far passare le ova dall’ ovario della femmina nel sacco ovigero del maschio. Dimostra che gli ippocampi allo stato embrionale non hanno rostro pro- tratto, dal che si vede che gli organi straordinariamente svi- luppati, assumano tale straordinario sviluppo solo in età avan- zata, come lo ebbe a dimostrare anche nel Daciylopterus vo- litans, in cni le pinne pettorali sviluppate normalmente nei giovani, solo più tardi assumono una straordinaria dimensione. L’ autore, ha poi fatto la notabile scoperta che gli ippocampi mentre allo stato adulto sono privi di pinna caudale, allo stato embrionale possiedono una pinna caudale precisamente come la possedeva l’ ippocampo fossile terziario, ossia il Ca- lamostoma breviculum, Ag. del monte Bolca. 64 Prova inoltre che il genere Nerophis dipende dal genere Sygnatus e ciò anche per le osservazioni di Fries, e che il genere Hippocampus dipende dal genere Calamostoma. Enumera e stabilisce delle buone ed esatte diagnosi delle 42 specie di Lofobranchi che secondo le sue osservazioni vi- vono nell’ Adriatico, rendendo così un importantissimo servizio all’ Ittiologia col districare la sinonimia di quest’ ordine in cui regnava grande confusione. Le dodici specie sono: 2 del ge- nere Hippocampus: H. gutiulatus, H. brevivostris; 2 di Sipho nostomus; Siph. Rondeletii, Siph. typhle; 6 Syngnathus: S. te- nuirostris, S. rubescens, S. taenionotus, S. abaster, S. Agassizi, S. brevirostris; 2 di Nerophis: N. maculata, N. ophidion. ‘ Una bella ed importante scoperta per | Ittiologia fu quella che l’ autore mi comunicò ‘ai primi di maggio scorso, cioè a dire, la scoperta del maschio delle cobitis taenia e che pub- blicò in una nota inserita nella Rivista scientifico-industriale del Vimercati ( Fascicolo III, pag. 74). Io feci subito racco- gliere un centinajo d’ individui di questa specie per osservare se fra essi trovassi qualche maschio e per notare i caratteri della pinna pettorale maschile asseganti dal Canestrini; e infatti, se le mie osservazioni sono esatte, notai alcuni individui con tali caratteri, e credo anche di potere asserire che l’unghia ascellare maschile è sempre sviluppatissima, mentre nelle femmine non raggiunge mai considerevole sviluppo, oppure è rudimentale e spesso mancante affatto. La scoperta del maschio di questa specie ha sciolto tutti i dubbi e tolte di mezzo tutte le ipotesi vaghe che potevano ancora sorgere ignorando la generazione di questo vertebrato. Finalmente in un’ aitra nota sul Proboscistoma del Sac- cardo (1) dopo di aver dimostrato, che gli animaletti determi- nati per la specie Proboscistoma pellucens altro non sono che larve di diptero, e forse trattasi della Corethra plumicornis Meig. ovvero della €. /lavîcans, conchiude doversi sopprimere il genere Proboscistoma perchè fu stabilito sopra una forma larvale del genere Corethra fra i dipteri. (4) V. Cenni storico-naturali intorno agli animaletti entomostracei viventi nella Provincia di Treviso. 62 SULLA RIPRODUZIONE DEGLI AXOLOTL DEL MESSICO avvenuta nel laboratorio di Anatomia comparata nella R. Università di Roma. Nota del. Prof. LeonE DE SANCTIS. (Estratto dalla sessione VI, Atti della R. Accademia dei Lincei ). În questa nota il chiar.mo Prof. De Sanctis comunica i risul- tati finora ottenuti nell’ acclimatazione in Italia degli Axolotl che sono anfibi provenienti dal Messico e propri di quelle contrade. Le osservazioui fatte in proposito sono interessanti perchè trattasi di una nuova acclimatazione e di animali che possono adoperarsi come sostanza alimentare. AI Messico vengono vol- garmente chiamati pesci e sono venduti sui mercati come un pesce delicato. Importantissime sono poi le osservazioni sugli axolotl sotto il punto di vista scientifico. Il De Sanctis per riuscire nell’ intento di allevarli a normale grandezza ha ideato un apparecchio per metterli in condizioni che abbiano acqua sempre rinovata ed un sufficiente alimento. ‘Tale apparecchio offre anche il vantaggio, per le osservazioni scientifiche, di ve-. dere tutto ciò che avviene negli animali senza produrre ad essì aleuna molestia. P. BonNIZzI 65 Riassunto delle Osservazioni Meteorologiche fatte nel R. Osservatorio di Modena (Metri 65 sul livello del Baia) CE Shuanek STA, ESSEN (CANTON CROSSE TEMI i [Banonerao — — 700 1 mm. I IN GR, CENT. TRbIohE Z Oscil- TE 9 || Mas- | Mi- | Me- | laz. || Mas- | Mi- | Me- | laz. |Varia- {j 2 | simo|nimo| dio Sata (RODO nimo| dio |diur-||Media]zione {{ na na diurn. Hi Inm. | mm. | mm. | mm. | 0 0 0. o. | mm. | mm. 1 .|52. 2 (50. 2 |50. 09) 2. 0 |27. 2 [16. 5 |22. 24/10. 7 |12. 95| 2. 02 2 (50. A (45. 7 |46. 45) 4. 4 127. 6 | 9.9 (20. 22/17. 7 |10. 95) 2. 76]/f 5 |48. 0 |45..6 |46. 28] 2. 4 |[20. 2 | 9. 7 (44. 62/10. 5 || 8. 47) 1. 54]l 4 UW49.1 (44. 6 |43. 20) 4. 5 [120.2 | 9. 0 14. 51/11. 2 Il 6. 661 0. 15/8 5 DL. 5 (48.5 [50. 85) 5. 0 20. 6 | 9. 2 (16. 02/41. 4 || 6. 54| 0. 18. |} 6 |52. A (50. 4 |51. 84| 4. 7 |[24. 6 | 9. 9 (16. 19/44. 7 || 6. 35) 1. 16/4 752. 5 [50. 4 |50. 60) 2. 1 (25. 0 (10. 9 15. 28/12. 1 || 7. 49 0. 75.|l 8 [bA. 5 |49. 2 |51. 59) 2.4 |18. 8 (10. 4 |15. 05] 8. 4 || S. 24|:0. 24|j Ri 9 |54. 0 51. 0 53. 55) 3. 0 |22. 1 [ii. 8 (16. 16/10. 3 || 8. 00| 0. 32h i 40/54. 1 (52. 35 \559. 49| 1. 8 |22. 5 (il. 5 (16. 65/14. 2 || 7. 68| 1. 06 11 |55. 5 |52. 4 |5o. 418/ 41. 4 |23. 5 |14. 7 |19. 6011. 6 || 6. 62 1. 22|i 19 (55. 9 54. 8 [55. 01] 2.4 125. 7 (13. 8 |24. 44|11..9 || 7. 84) 0. 48|ì 15 [sa d (02. 7 |54. (54) 4. 8 (26. 7 (14. 5 |24. 58|12. 2 || 8. 52) 4. 820 14 [|b0. 7 |54. 4 [56. 40) 2. 5 (28. 2 [I4. 9 (22. 65/15. 5 10. 44) 0. 49} 15 |57. 4 |55. 9 |56. 69| 4. 2 (27. 2 (15. 4 (23. 04/14. 8 |H0. 63) 1. 13/5 16 57. 1 |55. 8 (56. 56) 1. 5 (28. 8 (16. 4 (24. 20/42. 4 |14. 78 0..77|î 17.56. S |54. 4 (55. 19| 2. 4 |29. 2 (16. 4 [25. 54/12. 8 12. 55| 0. 45 {g 18 (56. 5 [52. 5 |59. 14] 4. 0 |128. 4 |16. 6 (21. 98/14. 5 |13. 00| 6. 24|h 19 |5o. 2 |50. 9 (52. 70) 2. 5 |25. 2 45. 4 |22. 42/10. 4 || 7. 76| 0. 26% 90 |5o. 2 (54. A (54. 42) 2. 1 |27. 2 (14. 0 (22. 42/45. 2 || 8. 02) 1. 20 91 51. 4 |43. 9 [51. 26) 2. 5 |26. 8:12. 7 |19. 60/14. 4 || 9. 22| 0. 57 22 |bo. 4 51. 5 (55. 58) 4 2 |26. 2 (15. 9 [21. 75/42. 5 || 8. 65| 0. 30 25.57. 2 (59. 4 |56. 62 1. 8 27. 8 (17. 0 |24. 06/10. 8 || 8. 93| 2. 97 24 |D7. 2 54. 6 |54. 55| 2. 6 |28. 5 [15. 9 (21. 86/12. 6 |A. 92) 0. 04 25. 55. 0 (47. 7 |48. 52) 7. 5 |22. 6 (44. 6 (18. 11) 8. 0 |14. 96| 5. 64 26. (152. 7 (47.7 (54. 82) 5. 0 (22. 4 (10. 3 |16. 44|12. 4 || 8. 52| 2. 753 27 |55. 5 |51. 6 |34. 89) 4. 7 22. 4 (12. 4 (18. 35/10. 0 || 5. 59| 0.-09 28 52. 6 /50. 3 (50. 97] 2. 5 (25. 2 |15. 0 |24. 54|i10. 2 || 5. 50| 1. 80 29 152. 6 (49. 7 (52. 62] 2. 9 (28. 1 (15. 9 (25. 84142. 2 || 7. 30) 1. 66 30. (56. 5 (52. 6 (560. 06] 5. 9 |29, 4 |17. 9 |24. 48|14. 6 || S. 96| 1. SO 64 Riassunto delle Osservazioni Meteorologiche fatte nel R. Osservatorio di Modena IAT 65 sul livello del Mare, — flusno ASTI. (Rca | peo vendo ‘ona | i = ] S 6 «DOS | 2, i Max.=100| del vento !£ p 5 Zlo3=| STE ro isa dal _ cir —[ozlz2 ||| SSIS 9 Varia- | 2 2|f 8 S_;|es]|ej|a_ © |Media] zione | Mass. (Media || & EEs|OsZonz |LE5 dium.| ENG | (0) (0) Kil. | Kil. | mm. mm. 1 66. 0/1 .3 2078951 Na 59 NR 29 |15. 90||E Bello 2 ||64. 7 |15. 6 29 |13. 8 || 3. 50 40 || 2. 99|S0: |[[Nuv 3 (80. 3 [25.0 145 (10, 2 || 1. 85/| 3. 7 95 || 3. 12[NE. ||Pioy 4 |55. 3 | 5. 0 16240 anzi ZA 22 Il 4. 23|SO. IINuv x b0.53|36| 24/982 4|.. 10 NE. |lcop 6 46. 7 |13. 6 16| 7.8 || 4. 66... 42 SO. {[Nuv Tato MD 26 (10. 3 || 3. 34. . 25 0. |Nuv. 8 65. 0 | 5. 5 117.8. 2. 478. 7 45 || 5. 45|SO. ||Cop. 9 59.74. 0 16 |-6..3.| 3. 415) 4. 2 18 || 4. 42/0. |Nuv. 10 |55. 7 (16. 0 28 |13. 5 || 4. 09 2. 4 29 NE. [[Nuv. 44 [59.7 | 35. 6 44 | 8.7 || 5. 40|| 3. 8 42 SO. {Bello 12 43.35 | 1. 4 15 | 6.2 4. 80) 2. 6 40 SO. |[Bello 13 44.7 | 1.6 12]9.5 || 5. 95 4. 5 20 NO. |[Nuv. 44 |52. 5. 1.0 14| 9.25. 43) 3. 7 17 N. |Nebb 45 [51.3 | 2.4 19) 7.8 || 4. 943. 2 17 E. |Lucid 16 |b9o.7| 7.53 16| 7.85. 02/2.9 15 NE. |Lucid. 47 (61.0 | 5.7 28 |12. 8 || 4. 56 0. 9 55 N. |[Bello 18 [(66. 7 (27. 4 50 |10. 5 || 5. S4jl . . 22 || 5. 44|[NE. |[Nebb 19 [59.3 | 2.7 40 |16. 0 || 5. 84|| 5. 4 15 || 5. 50||SO. |[Nuv. 20 |42. 0 |14. 7 290 OO RIZZA 00 42 SO. |[Nùv. 24 56. 7 [10. 4 12. 6.24. 27 5. 6 15 NE. |[Bello 29 (46.3 | 4. 6 114.0 4. 25 5. 1 15 NO. |Bello 25 41. 7 |21. 6 14|7.3 | 5. 5a 3. 2 15 NE. ||Bello 24 |[65. 3 [14 7 19 (11. 0. 5. 58... dÒ NE. ||Bello 25 [78.0 (416. 3 DIO N25 65 || 5. 74|[NE. ||Piov. 26 ||61. 7 (25. 4 15) 9.0 NEO O 52 || 1. 04|S. |MNuy. 27 |36.5 | 6. 5 14| 9.2 SOLE 7 SO. |Nuv 28 30. 0.| 4. 7 16 |10. 2 || 7. 24 6. 1 b) NO. ||Beilo 29 (34.7 /5.0 11|9.5 || 5. 08 4. 7 6) NO. ||Bello 30 [39.7 | 7.6 935.25. 525. 2 10 NO. |lBello Med.||52. 95] 9. 3 || 18.2 | 9. 56/4. 242 4. 2 || 15. 0|45. 74 Amuario della Soc. dei Nat.in Modena, Anno VI Tav. L Riccò, Medie pei vegetali OK D k 180 K, rp Feo iso: 4 Lit. A, Cappelli, Modena. m di ì 5 Ù ' 7 x { x 2. i 7 c ’ 5 ae î 4 x ‘ ° =; “ P : fl 1 EV i s | H 3 A S i ae . N y di G H ) > =; ci ; ‘ x ci - È, x 2 7 î) NENORIE ORIGINALI ALGUNE CENERALITÀ INTORNO LA FAUNA SICULA DE VERTEDRATI PER IL CAV. PROF. PIETRO DODERLEIN Direttore del Museo di Zoologia ed Anatomia comparata nella R. Università di Palermo ( Continuazione V. pag. 29) CLASSE DEGLI UCCELLI M. che dirò io delle condizioni vitali che reggono l’ Avifauna della Sicilia, come segnalare le particolarità che richiamano in questa magica regione un sì copioso uumero di pennuti abi- tatori dell’aria, che la natura, ad avvivare ad abbellire viep- più le incantevoli sue prospettive, sembra avervi a preferenza posto e concentrato ! Gettata la Sicilia a mò di ponte paturale attraverso il Me- diterraneo a congiungere |’ Africa coll’ Europa meridionale, lambita da triplice mare (1’ Adriatico, il Jonio, il Tirreno, ) che confondendo le loro onde le recano a tributo molteplici specie di pesci, di crostacei, di molluschi, di radiali, abellita da una perenne e rigogliosa vegetazione, rallegrata da un cielo per lo più sereno ed intensamente azzurro, da un clima dolce e temperato, essa realizza un’ avifauna che ben poche regioni d’ Europa hanno il vanto di possedere! — Ed invero qual paese mai d’ Europa nelle epoche di passaggio offre un più Vivo e più attraente spettacolo di quelle svariate torme di uc- celli emigranti, che per successive famiglie ordinatamente l’at- traversano da una all’ altra estremità? Quale contrada, se pur si eccettui la vicina Sardegna, durante la cruda stagione si mostra più doviziosamente popolata di specie terrestri ed acquatiche, che vi trovano un sicuro rifugio contro i geli e le procelle delle nordiche latitudini ?- Mentre i laghi, i pantanelli di Catania, di Lentini, di Siracusa, di Tofranlilo di Mazzara formicolano d’ innumerevoli branchi di uccelli acquatici, per cui al detto di illustre scienziato, in poche settimane vi si po- trebbe allestire una ricca collezione ornitologica, mentre negli ampi seni e porti del suo litorale s’ accalcano numerosi stuoli di uccelli acquatici gran volatori, sulle erte pendici delle cal- caree sue montagne, sull’ondoso suolo delle sue provincie me- b) 66 ridionali, nel cavo seno infine delle vetuste sue caverne, hanno stanza elette famiglie di uccelli propri e sedentari che aggiun- gono novello pregio alle ricchezze naturali di questo vago cen- tone d’ Italia, e ne rendono vieppiù gradito il soggiorno al naturalista, ed al cacciatore. Ma questi pochi cenni, che ne porgono una superficialissima idea di ciò che sia l’ Avifauna della Sicilia, troveranno un più adequato sviluppo nelle opere dei valenti scienziati che mi precedettero in codeste geniali indagini, e forse anco in un lavoro di confronto fra gli uccelli indigeni dell’ Italia centrale e della Sicilia che mi accinsi a pubblicare nel Giornale delle scienze naturali ed economiche di Palermo (4) lavoro che fa- cendo risortire le differenze zoologiche che intercedono fra queste due regioni, addimostra quanto maggiormente la Sicilia, sotto questo riguardo, venne favoreggiata dalla natura in confronto delle regioni centrali e settentrionali d’ Europa. Tuttavia per non lasciare al tutto insoluto l’ argomento, mi limiterò qui a segnalare alcune più notevoli specie di uccelli che abitano o frequentano quest’ Isola, soffermandomi di pre- ferenza sulle specie proprie e sedentarie, e sulle migranti rare ed avventizie, come più interessanti a conoscersi, ed atte a dar un'idea sommaria dell’ Avifauna di codesta regione; men- tre rinvierò per le migratorie regolari ed irregolari alle notizie inserite nell’ Operetta ornitologica sovracitata. Laonde prendendo le mosse dagli. Uccelli RapAc1 perma- nenti e semistazionari farovvi notare 3 specie di Avvoltoj, il Comune ( Vultur fulous occidentalis Schl. ) il raro Avpoltojo nero ( Vultur monachus Lin.) ed il temuto Vorratore degli agnelli ( (ipaetes barbatus occidentalis Schel. ) i quali tutti al pari degli individui di Sardegna partecipano dei caratteri della razza Occidentale. — A questi tengono dietro varie specie di Aquile fra cui la Reale ( Aquila fulca Lin. ), la Gridatrice ( Aquila clanga Vicill) quella del Bonelli ( Aquila Bonelli La Mar.) e più raramente |’ Aquila di mare (Halioetus albicilla Leach ). — Alle Aquile maggiori scientificamente s’ attergano fra gli Uccelli stazionari il Falco pescatore ( Pandion Nluviatilis Savign. ), la comune Pojana o falco cappone ( Buteo vulgaris Bechst), il Nibbio (Milvus regalis Bris.), il Fulcone reale (Falco (1) Avifauna del Modenese e della Sicilia per Pietro Doderlein, Fasci= coli tre, Palermo in 4.° per Francesco Lao. 1869-71. Estratto dal Giornale di scienze Naturali ed Economiche vol. V, VI, VII, 67 ‘peregrinus Bris.), il Gheppio ( Falco tinnunculus Lin.), l’af- fine Falco Grillajo (Falco cenchris), taivolta la Storela (Acùi- piter nisus Pail. ), e certamente il Falcone capuccino ( Circus aemginosus Bechst), e l’Albanella reale (Circus cyaneus Boic), che sono i più accerimi nemici che s’ abbia il polto sultano ed i numerosi uccelli acquatici che abitano i pantani ed i laghi delle provincie orientali e meridionali dell’ Isola. Stazionarie vi sono pure varie specie di Gufi, fra cui il Reale ( Bubo maximus Charlet), il Mezzanu ( Aegolius otus K. Bl.), l Allocco seleagyio (Ulula aluco Bris.), il Barbagianni ( Strix flammea Lin. ), la Civetta meridionale ( Noctua minor Bris.), ad esclusione del modesto Asiolo ( Scops Aldrocandi Ray), e dell’ Al/locco di palude (Aegolius brachyotus Forster), che imprendono in primavera una limitata emigrazione. Fra gli uccelli semistazionari deggiono pure annoverarsi i Corvi tutti, toltone 1’ emigrante Frugilego ( Corvus frugilegus Lin.), e principalmente la Mulacchia ( Corvus monedula Lin.), che s’ assiepa in torme numerosissime sui campanili e sulle vetuste torri delle Sicule Città, non meno che l’ affine Gazza ciarliera ( Pica caudata Ray), la stizzosa Ghiandaia (Garrulus glandarius Vicill ) ed il domesticatissimo Corovettino dal becco lungo arancione ( Fregilus graculus Cuv.) che sembra rim- piazzare in tutta l’ Isola il non men famigliare Gracchio Al- pino (Phyrrocorax alpinus Vicill.) del vicino continente. — ‘A questi fanno coda il Peciotto ( Sitta cinerea Wyllugb. ), il Rampicchino ( Certhia familiaris Tem.), due o tre specie di Pichi fra cui il Rosso maggiore ( Picus mejor Lin. ), il Pic- chio minimo ( Picus minor Lin. } che più di frequente s' ac- centrano a nidificare nelle regioni nemorose dell’ Isola. Alla categoria degli Uccelli permanenti o semistazionari di Sicilia vanno pure ascritti lo Storno nero (Sturnus wnicolor La Marm.) esteso a tutta la zona interna e meridionale del- Isola ed assai ben distinto per costumi, e per caratteri dal- P emigrante Stornello volcare ; il Tordo acquajolo ( Cinclus acquaticus Beekst ), il notissimo Merlo ( Turdus merula Lin.) il vagheggiato Passero soliturio ( Petrocincla cyanea K. Blas), e fra i becelufini l'elegante Steacino (Pratincole rubetra Koch.), il Sallinpalo moro (Pratincola rubicola Koch.), la Passera sco- pajola ( Accentor modularis Rechst.), la Capinera minore (Currucax melanocephalu Bore), forse la Sterpazzola di Pro- venza ( Melizophitus procincialis Yenyus ), e certamente la Cistajola comune ( Schoenicoia cisticula Mas. ), e la Siteia del 68 Cetti ( Certia Cettîà La Marm.) che dal fundo de’ cannetì .in cui sta ascosa tende emulare per amenità di canto, l’ emigrante Usignolo. Il fertile suolo di Sicilia porge pure stabile dimora ai mi- nimi fra gli uccelli d’ Europa; ond’è che vi troviamo abba- stanza copiosi il grosso ed il piccolo Luè ( Phillopneuste tro- chilus Brehm, e Phuyllop. rufa Bp.), i due vezzosi Regoli (Re- gulus cristatus Charlet, e Regulus ignicapillus Licht. ), ed il minutissimo Scricciolo ( Troglodytes paroulus Licht. ), che sebbene ibernante per costumi, mon teme tuttavia disporre l’ esilissimo suo nido fra le dirupate balze de’ monti litorali. Fra i ConirostRI sedentari noteremo per primo la vispa Cingallegra ( Parus major Lin.), la Cincia minore ( Parus caeruleus Lin.), più raramente la Romagnola (Parus ater Lin.), non meno che la Cincia bigia ( Poecile comunis Gerb.), e la Codona ( Orites caudatus Gray ); e ne’ terreni acqui:rinosi il grazioso Basettino ( Panurus biarmicus Koch), ed il Paschet- tone ( Aegithalus pendulinus Boie). — S° aggirano pnre a torme innumerevoli per le stoppie, e per i campi arati la me- lodiosa Calandra (Melanocorypha calandra Boie ), la solinga Cappellaccia ( Galerida cristata Boie), la delicata. totavilla ( Alauda arborea Lin. ); e ne’ frutteti delle regioni basse, l'as- sordante Strilozzo (Cynchramus miliarius Bris-), lo Zigolo nero ( Emberiza cirlus Lin.), il Zigolo de’ prati ( Emberiza Cia Lin.), l'Ortolano di palude (Schoenicola pyrrhulvides Bp.) che vi sono tutti indigeni e piuttosto comuni. —.Aleggia pres- sochè ovunque per ì tetti delle case cittadine e rurali la Pas- sera sarda (Passer Salicicolus Vieill), che forse esclusivamente vi rappresenta le non meno copiose Pussere domestiche e Ci- salpine del Continente; cui fanno riscontro in aleune campagne la Passera villereccia ( Passer montanus Bp.), e la lagia (Pas- ser petronius Degland ). Addivenendo all’ ordine de’ GALLINACEI noterò per primo 8 specie di Colombi selvaggi ( Columba palumbus Lin., Colum- ba oenas Lin., Columba licia Bris.) che, comunque soggette a temporaria emigrazione, vivono però in copiose torme nidificanti ne’ boschi interni, o nelle profonde grotte litorali dell’ Isola. — Piucchè mai diffusa ne’ monti centrali s' annida fra le aride balze la Coturnice greca ( Perdix graeca Bris. ), unico rappresentante Siciliano della svariata serie di Pernicidi che vivono in Europa, dacchè la smodata persecuzione de’cac- 69 ciotori. vi ha ormai sterminato il vaghissimo Francolino ( Francolinus vulgaris Stepl.) che pochi anni addietro vi era indigeno e comune. Rapida scorre per le incolte pianure meridionali la delicata Ottarda minore (Otis tetrax Lin.) ed a lei s'attaglia per certa analogia di costumi e di soggiorno l’ Occhione ( Oedic- nemus crepitans Tem.), non meno che la Quaglia tridattile od andalusica ( Turnix sylvatica Bp.), solitaria abitatrice degli criceti meridionali dell’ Isola; irreperibili essendovi il di d’ oggi le contrastate Grandole (Pterocles alchata et arenaria) che un tempo frequentavano le arenose spiagge di Mazzara e di Terranova. E quasi che a pareggio di tanta copia di leggiadri uccelli terrestri natura volesse adornarne anche i laghi ed i terreni paludosi dell’ Isola, assegnò loro il magnifico Pollo sultano (Porphirio antiquorum Bp.), il Germano reale (Anas boschas Lin. ), il vago Fistione dal ciuffo ( Branta ruffina Boie ), il Moriglione crestato (fuligula cristata Steph.), i 3 Suassi cioè il crestato ( Podiceps cristatus Lin.), l orecchiuto ( Podi- ceps auritus Lath.), ed il minore ( Podiceps minor Law ), i quali tutti vi compiono le loro cove e ne popolano in ogni tempo più o meno copiosamente le acque; mentre sui deserti scogli ed isolotti circostanti si raccolgono a nidificare i due corvi marini (Phalacrocorax carho, et Phalacrocorax Desma= resti Payr ), varie specie di Zerle ( Larus fuscus, melanoce- phalus, gelastes, Audowini ), altrettante Sterne ( Sterna can- tiaca, anglica, minuta, leucoptera), non meno che la rin- ghiosa procellaria ( Thalassidroma pelagica ), cui non induce a disertare il natio scoglietto l’ imperversare di violenti pro- celle. Desioso d’ evitare il tedio che arrecherebbe in una seduta accademica lunghe discussioni intorno la comparsa delle specie migranti che di raro o per accidentalità* pervengono in Sicilia, avvisai di porgerne qui un semplice ‘elenco, distinguendovi però le specie che appartengono alla zona meridionale, e tro- vano modo di varcare dalla vicina Africa, dalle settentrionali che vi pervengono per sviamento di rotta, o perchè ricacciate da straordinarie intemperie e geli delle nordiche latitudini; rin- viando per le particolarità che loro si riferiscono ai corrispon- denti articoli della mia Avifauna del Modenese e della Sicilia, 70 Fra le specie meridionali che più raramente pervengono in Sicilia vanno ricordate principalmente le seguenti. Falco lanarius ( Tanypterus Licht. a sacer Bris. Milous niger Bris. Circus cinerarius Cuv. «e pallidus Sykes. Orylophus glandarius Bp. Erythrospiza githaginea Bp. Emberiza coesia Cretsch. « meelanocephala Scope Anthus rufogularis Brelim. Budytes melanocephala Savi. Pastor roseus Tem. Saxicola leucura Grev. Curruca conspicillata Boie. Melizophilus sardus La Marm. Calamoherpe palustris Boie, Amnicola melanopogon Gerbe. Lusciniopsis luscinioides Savi. Hirundo rufula Tem. Cursorius isabellinus Mey. Charadrius cantianus Lath. Huematopus ostrolegus Lin. Limosa rufa Bris. Pelidna Temmincki Boie. «e platyrrhinca Tem. Ciconia nigra Lin. Ardea Bubulcus Lin. (A. rus- sata Verany ). Platalea leucorodia Lin. Recurvirostra avocetta Lin. Phaenicopterus roseus Pall. Fulica cristata Grev. Phalacrocorax pygmaeus Pall, Pelecanus onocrotalus Lin. Larus gelastes. Licht. a Audovini Payr. Sterna caspia Pall. a leucopareja Nat. a affinis Rupp Cygnus musicus Bechst. » Bewricki Yarell. Chenalopex aegyptiaca Bp. A queste conviene aggiungere le specie seguenti che sono tuttavia incerte, sia perchè non accertate in questi ultimi tem- pi, o perchè supposte esistervi per imperfette osservazioni. Falco Eleonora Gené. Elanus melanopterus Leach. Bubo ascalaphus Savi. Lanius meridionalis. Tem. (manca di certo ). Corvus corone Lin. Picus medius Lin. (mancante). Merops Savigny Viell, ( man- canile ). Parnopia locustella Blas. (man- cante ). Calamodyta acquatica Lath. Calumoherpe palustris Boie. Hyppolais olivetorum Gerbe. Aedon galaciodes Rose. Alauda bifasciata Licht. a Duponti Viell. Emberiza Lesbia Tem. Fringilla citrinella Lin. Linota montium Bp. ( man- cante ). Otis. houbara Grev. ( man- Cante ). Pterocles alchata Lin. « arenaria Tem. Perdix rubra Bris. cante ). Peraix petrosa Law. ( man- cante ). Chetusia gregaria Bp. ( man- Anthropoides virgo Viell. Balearicu pavonina Lach. VA Larus atricilla Lin. (mancante) Adelarus leucophthalmus Licht. Aydroclelidon hybrida Gray. Come pure le seguenti specie le quali, giusta una recente comunicazione fattami dal Celebre Ornitologico e viaggiatore Theod. von Heuglin, potrebbero forse per accurate ricerche rinvenirsi in Sicilia, Falco barbarus Savign. Saxicola leucomela Pall. Buteo desertoruni Viell. Crateropus pycnonotus Heugl. Milous parassilicus Lath. Emberiza sahara De Vaill, Hyppolais pallida Hengl. e (striolata Ecetsm.) Dryomoeca inquieta Rupp. Centropus senegalensis. Licht. e gracilis Rupp. Turtur senegalensis. Gray Curruca nana Gray. Gallinuta Allesi già trovata a Saxicola saltatrix Gray. Lucca ecc. A contraposto delle precedenti specie fra gh uccelli rari od avventizi che in Sicilia talvolta pervengono dal settentrione si devono registrare le specie seguenti. Buteo lagopus Less. Tringa canutus Lin. Picus martius Lin. Puffinus anglorum Ray. a piridis Lin. Lestris pomarinus Tem. Nuciphraga caryocatactes Bris. Sterna anglica Mont. Tychodroma muraria Sllig. Anser ferus Steph. Turdus torquatus Lin. « albifrons Bechst. Fringilla montifringilta Lin. = Vulpanser rutila Pall. Pyrrhula vulgaris Tem. Erimistura leucocephala Bp. Carpodacus erythrinus Pall. Fuligula nyroca Stieph. ( Fr. incerta Ris. ) Mergus merganser Lin. jav. Loxia curcirostra Lin. Podiceps rubricollis Lath. Accentor Alpinus Rechst. «a cornutus Latb. Sylvia orphea Tem. Colymbus septentrionalis Lin. Anthus Richardi Viell. Alca torda Lin. Otis tarda Lin. Fratercula artica Viell. ccc. Riassumendo pertanto i dati che ci vengono profferti dal complesso dell’ ornitologia Sicula, risulta in genere che delle 580 specie che giusta lo Selater compongono l’ Avifauna Eu- ropea, e delle 400 circa che |’ Ialia ha proprie. e comuni col rimanente dell’ Europa, la Sicilia ne annovera non meno di 305. Di queste 35 sono stazionarie e permanenti in tutte le stagioni, 45 semisedentarie, 69 migratorie ibernanti, 37 mi- gratorie estive e nidificanti, 37 di semplice passaggio, 36 di 72 passo incostante od irregolare, altrettante di avventizie e più. rare, 8 affatto accidentali, rimanendone altre 30, non calcolaie, di dubbia ed incerta comparsa, Quanto ai corrollarii che emergono dal confronto dell’ Avi- fauna Sicula con quelle d’ altre contrade d’ Europa, indipen- dentemente da alcune particolarità meno importanti che le as- sidue ricerche tendono sempre più a chiarire, si può ritenere in genere: 4.° Che 1° Avifauna, Sicula come quella d’ ogni altra regione terrestre, di mezzo ad uno scarso numero di specie rigorosa- mente proprie e locali, comprende molti e preponderanti ele- menti ornitologici spettanti alle regioni circonvicine. 2.° Ch’ essa, mentre conserva in genere i caratteri fonda- mentali dell’ Ornitologia Europea, se ne distingue al tempo stesso in quanto che, per la condizione insulare della Sicilia e per la sua prossimità al continente Africano, comprende non poche specie esenzialimente meridionali ed Africane. 3.° Che fra le stesse specie che sono comuni alla Sicilia ed all’ Europa continentale, un buon numero sono estive e nidificanti in quest ultima regione, e viceversa ibernanti o di semplice passaggio in Sicilia. 4.9 Che fra tutte le sezioni in cui si scinde |’ Avifauna Eu- ropea, la Sicula offre maggiore correlazione, nè già piena conformità, coll’ Avifauna Sarda, parteggiando inoltre come quella del carattere delle Occidentali anzichè deile Orientali faune d’ Europa; e ciò per essere entrambe queste regioni dominate da analoghe condizioni climatologiche e topografiche, e comprese nella estrema zona meridionale della regione Pale- artica, che lo Sclater constatò nella distribuzione geografica degli animali d’ Europa. Addivenendo ora alla speciale distribuzione degli uccelli nell’ interno dell’ Isola, mi sembra poterne trarre alcune altre utili considerazioni. Ed invero la Sicilia considerata nelle locali sue condizioni di altimetria, di clima, di vegetazione, e giusta le idee già professate dal chiarissimo nostro collega Prof. Inzenga, può essere opportunamente ripartita in tre principali zone o re- gioni. — În una regione cioè centrale ed eminentemente montuosa che comprende i monti più elevati, e quelli princi- palmente che olirepassano i 500 m. d’ altezza, fra i quali pri- meggia quale colosso eccezionale il grandioso Mongibello, 759 che forma un centro o regione particolare tutta a se. — In una seconda zona intermedia detta Mezzalina dall’ Inzenga, costituita da tutti i monti che si elevano da 200 a 500 inetri, la quale circuendo la zona centrale e costituendo anzi ΰ im- palcatura fondamentale dell’ Isola, ne occupa la massima parte. — Ed in una terza zona litorale o marina cireumambiente, rappresentata dalle pianure, dalli valli e dai colli che in ge- nere non superano i 200 metrì d’ elevazione; zona che in rap- porto zoologico può ancora essere suddivisa in una zona estrema o litorale, ed in una più interna ed inframontuna. Era quindi naturale che queste tre zone dappoichè presenta- vano caratteri fisici e fitograficì propri e distinti, e quindi condizioni zoologiche e vitali diverse, dovessero in corrispon- denza possedere una popolazione animale speciale ed egual- mente distinta. Così la zona centrale che comprende una serie di alte montagne in parte nude in parte rivestite di boschi d° alto fusto, atteso che in temipo invernale è dominata da un clima oltremodo rigido e ricoperta pel corso di 4, 5 mesi di dense nevi, non è abitata in cotale stagione che da poche specie di uccelli rapaci maggiori; laddove in tempo d’ estate per la mite sua temperatura, l’ abbondanza de’ pascoli, la frequenza e pe- rennità delle font, la dominante solitudine, viene generalmeute prescielta sì dalle specie semisedentarie che migratorie per compiervi le loro cove. La seconda zona in parte boschiva ed in parte coltivata, nella quale prosperano del pari i cereali, la vite, il castagno, la quercia, ci porge anche dal lato zoologico sì in tempo estivo che invernale una media proporzione e frequenza di uccelli; senonchè in confronto delle altre, essa è quella ove più di sovente convengono a nidificare alcune specie migratorie più rare ed interessanti. 1 La terza zona litorale o marina, regione fecondissima, ove alignano l’ ulivo, gli agrumeti, gli orti, i fichi d’ India, i som- macchi, e che nel tempo stesso è vastamente interseccata da laghi, da estuari, da frutticeti e da colline rivestite di cisti e di eriche, è la zona ove in tempo invernale troviamo a prefe- renza accumulate le numerose coorti di uccelli ibernanti; mentre che per la predominante siccità cui sottostà in tempo estivo riesce pressochè deserta e priva di volatili. — In essa però deesi eccettuare l’ estremo lembo marino, e la parte 7h pantanosa e lacustre, ove anche in cotale stagione concorrono e si riproducono in buon numero parecchie specie di uccelli marini ed acquatici. L'importanza scientifica offerta dalla Sicilia nel campo Or- nitologico ci viene altresi attestata dalle seguenti considera- zioni. — È noto di fatto che questa Isola, stante la sua posi- zione trasversale sul Mediterraneo ed intermedio fra 1° Africa e l’ Europa, forma un ponte naturale fra queste due regioni; ponte del quale si prevalgono opportunamente gli uccelli mi- gratori per raggiungere in primavera le latitudini settentrio- nali d’ Europa più confacenti alla loro riproduzione, e per re- trocedere in autunno al mezzodì. — D’ onde ne risulta clie sotto questo aspetto essa costituisce una vera stazione Urnito- logica, o a dir meglio un eccellente Osservatorio per consta- tare il graduato e successivo passaggio degli Uccelli migranti. Questo passaggio di fatto vi si compie con tale ordine e con tanta regolarità che nè |’ opposizione de’ venti, nè i tra- balzi delle stagioni, nè l’ imperversare delle tempeste giunge mai ad arrestare od invertire. Così per quanto spetta agli uc- celli acquatici e riparoli che giungono in primavera dall’ Africa, ì primi a presentarsi perfino in Febbrajo sono le Oche, le Anatre maggiori, indi le minori, le Ridenne; più iardi appa- riscono le Grù, gli Arioni, i Chiurli grossi e piccoli, i Mi- gnatai. le Beccaccie di mare, indi le Gambette, i piccoli Pi- rieri, i Piovanelli, i cavalieri, ed infine i Voltapietre, le Squa- tarole, i Croccoloni, e le Silvie palustri, le quali ultime vi si soffermano in buon numero a nidificare. — Nello stesso tempo altre specie si succedono nelle pianure e sugli altipiani litorali. Così mentre se ne dipartono le numerose specie di tordi, di allodole, di zigoli, di fringuelli che vi passarono |’ inverno, vi sì veggono successivamente arrivare le Bondini, gli Stor- nelli, le calandrelle, le sassujole, i Calendri campestri, poi le legioni delle quaglie, accompagnate più tardi fdai Calcabotti, dai Torcicolli, dalle Uppupe, dalle Tortore, dai Cucculi, dai Rigogoli, dalle Sitvie, dalle Balie, cui tengono dietro i Gruc- cioni,}lle Gazze marine, i Balestrucci, i Rondoni neri e bianchi e finalmente le coorti de' Falchi pecchiajoli che chiudono per solito la scena ed il passo primaverile. La stessa regola ha luogo in tempo d’ autunno, ma con un ordine inverso, talchè le specie clie ultime transitarono in primavera sono in genere le prime a ricomparire nella sta- 75 gione autunnale, e ciò con tanta regolarità e graduazione che si può sovente designare il giorno in cui faranno comparsa le singole specie, e come si operò co’ fiori, stabilire anche cogli uccelli una sorta di calendario regolatore ed Ornito- logico. 1 Questo argomento, o Signori, ch’ io sfiorai appena nel- l’ odierna seduta, convenientemente svolto ed avvalorato di con- fronti colle date d’ anno e di nidificazione degli Uccelli nelle alte regioni d’ Europa, potrebbe porre in chiaro tante altre mira- bili leggi naturali, apparentemente casuali od inutili, che reg- gono questa misteriosa fase della vita degli animali. — Ed in- vero sia che il graduato e successivo ripasso degli uccelli nor- dici venga promosso dal rapido abbassarsi iella temperatura, dal predominio de’ venti settentrionali, dalla crescente violenza delle burrasche autunnali, dalla graduata sparizione degli in- setti e de’ semi necessari al loro sostentamento, sia che si trovi predisposto nelle regioni intermedie e meridionali dallo ridestarsi della sopita vegetazione, dalla maturazione delle frutta e de’ semi, dal decrescente calore estivo, o che più giu- stamente proceda da quel misterioso istinto, che a supplire l'intelligenza regola anche quegli animali minimi i loro più importanti atti, questo passaggio è certo che costituisce un imponente fenomeno naturale, che convince lo scienziato che lutto quaggiù, cospira, s’° aggruppa, s’ intreccia, s° annoda per istabilire e conservare quell’ incrollabile equilibrio fra gli es- seri organizzati, che nella sua specialità è un fatto non men bello e sorprendente di. quello che coordina ne’ cieli l’ armo- nia degli astri. ( Continua) I SUI PRINCIPALI FENOMENI DELLE VARIAZIONI D'URN& DEL CALORE ATMOSSERICO DEL SIG. PROF. CAV. DOMENICO RAGONA Vedi pag. 38 S, II. — Osservazioni e formule. Ciancio recentemente un biennio dell’ uso dell’ igrotermo- grafo (da Giugno 1869 a Maggio 4874 ), non ho voluto pri- varmi del piacere di pubblicare il risultato dei rilievi orari dell’ apparecchio, in tale intervallo ottenuti. È evidente che questi primi risultati devono risentire | effetto delle diverse modificazioni, superiormente accennate, nel metodo di calco- lare i rilievi, prima di giungere al processo deffinitivo. Non ho creduio conveniente di abbandonare per questo una lunga serie di valori, con massima cura e diligenza raccolti, e non ho avuto il coraggio di rifare una enorme quantità di calco- letti e riduzioni. Ho osservato che le alterazioni e oscillazioni provenienti da questa causa, influiscono: principalmente sugli estremi delle curve medie (che sono in principio | ora XIII ossia 4% mattina, e infine | ora XII ossia mezzanotte ), e che fortunatamente non producono effetto in quelle parti delle curve che corrispondono alle ore deì medì e a quelle dei massimi e minimi, la cui determinazione forma oggetto prin- cipale di questo scritto. Avrei potuto, seguendo esempî imita- Dilissimi, con artifici specia'i di interpolazione, e aggruppando opportunamente i valori, regolarizzare l'andamento delle quan- tità relative al principio e alla fine delle medie curve diurne. Non ho voluto però dipartirmi dall’ abitudine, di lasciare i dati delle osservazioni scrupolosamente inalterati ed intatti. In quanto alle formule periodiche, che rappresentano l insieme delle osservazioni, esse piegansi troppo esattamente alle varie inflessioni della curva osservata, sia che provengano dal fatto della natura, sia che provengano da errori accidentali o da difetti di metodo, per potere sperare che regolarizzino com- pletamente l’ andamento complessivo della curva. La tavola infine di questo $. contiene, per ciascun mese dell’anno, nella colonna osservazione, i risultati genuini ed ori- ginali del termometro registratore, ossia il medio aritmetico dei due mesi corrispondenti del biennio. 77 La medesima tavola contiene, nella colonna calcolo, i valori orariî calcolati con la formola Bessellidna T=zu+w Sen(U + H) +" Sen(U" +2H) + u" Sen(U"+3H) + u"" Sen ( U"4 HB) In questa formula # è l’angolo orario contato a partire da mezzodì. Nella tavola seguente vi sono i valori di w, w', w”, D', U" etc. da me calcolati per ciascun mese dell’ anno. Et Mesi au le i u"" U" | uu | gi | | | | | | | Gennajo —0 094 | 4 5268 | 38°48'3 | 0 5724 20° 28’ 2 | 0 1545 24°47'4 | 0 0397 93° 2’ 1 Febbrajo 2 844 | A_ 8823 32 458 | 0 5762 48 52 5 | 0 1346 82 31 9/0 0872 | 149 38 4 Marzo 8 098 | 2 6086 39 74 | 0 7083 80 80 | 0 2218 | 446 229 | 0 41133 | 182 43 9 no Aprile 413 427 | 3 9862 46 52 | 0 4605 65 33 7 | 0 4267 | 194 26 4| 0 41323 | 259 145 È Maggio 47 940 | 4 4881 49 49 3 | 0 3047 | 137 58 2 | 0 5438 | 221 89] 0141686 | 332 57 2 fe Giugno 20 693 | 3 5506 48 26 0 | 0 0658 | 264 700 4313 | 486 00] 0 2963 | 330 59 1 È Luglio 25 155 | 4 1216 46 34 9 | 0 0485 | 1464 3 3 | 0 4981 | 485 441 | 0 3442 | 312 422 S Agosto 29 438 | 3 4874 43 36 7 | 0 2671 | 345 06 | 0 5471 | 176 21 0 | 0 3300 | 305 43 3 | Settembre | 18 984 | 3 6548 43 27 40 5858 41 39 0 | 0 4154 | 484 14 9 | 0 2452 | 251 280 Ottobre 12 637 | 2 8739 42 533 | 0 7629 29 32 5 | 0 2843 | 140 39|0 1069 | 249 19 1 Novembre 7 303 | 4 8509 34 11 4| 0 6057 21 143 | 0 2007 56 41 9 0 0270 | 103 44 2 a Dicembre 2 392 0 8871 36 129 | 0 4443 15 57 8 0 1683 341 220 0 0888 | 341 41 3 79 Esaminando questa tavola, saltano agli occhi le seguenti annotazioni. A) valori angolari U', U", U", U"" crescono dall’ in- verno all’ estate. 2) I coefficienti w', wu", wu", «"" sono successivamente de- crescenti. 8 ) La costante «, quantunque relativa a un solo biennio, rappresenta con sufliciente approssimazione la temperatura media di Modena. Per le quattro stagioni il medio valore di « è il seguente gr. cent. Inv. A 744 Prim. 13 455 Est. 22 762 Aut. 412 975 Anno 19 654 4)! coefficienti vw «" etc. hanno in medio, per le quattro stagioni, i seguenti valori u! u! uu! ul!!! Inv. A 43214 0 5310 0 1525 0 07419 Prim. 3 6945 0 4942 0 3974 O 1384 Est. 3 7198 O 41274 0 4922 0 3235 Aut. 2 7932 0 6515 0 3000 0 4264 Anno 29098 == 04502 03355 04650 Per w u" u"" i massimi sono in estate e i minimi in in- verno, ma per «” il minimo è in estate e il massimo in au- tunno. 1 coefficienti w" e «"” hanno valori prossimi in prima- vera ed autunno, dippiù negli ultimi tre coefficienti il valore aunuo è molto vicino a quello di primavera. 5) Esaminando i valori dei coefficienti e delle costanti angolari, corrispondenti a diverse stazioni, si vede che esistono in essi notevoli discrepanze. Probabilmente influiscono sui medesimi il numero degli anni di osservazione, i dati di cui 80 si fa uso {per csempio se osservazioni orarie, se biorarie), ete. la latitudine delle stazioni, le loro altezze sul livello del mare, e altri elementi da determinarsi. Sarebbe certamente un bel tema di un lavoro meteorologico quello della ricerca della legge che seguono i valori in discorso in varie condizioni di osservazione e di calcolo, giacchè determinata una volta questa legge, riuscirebbe facile stabilire in tesi generale 1° andamento diurno della temperatura, in qualunque regione della terra. Per dare un’ idea della variabilità di questi elementi, riferisco il valore di U' relativo al mese di Luglio, determinato da esperti meteorologisti per varie stazioni. VaLore DI U' in LucLio giusta diversi calcoli Rio Janeiro 22° 40' Praga 4A 49 Leith 44 14 Modena 46 35 Roma 49 47 .- Ginevra 50 42 Pietroburgo 50 45 Barnaul 50 46 Winterinsel 50 58 Madras 5A 40 Kremsmiister 5I 26 Fort Franklin DA DI Toronto 52 40 Catherinenburg 52 12 Brusselles 53 8 l'revaudrum 59 23 Drontheim 55 34 Frankfort-Arsenal 560 42 Mublbausen 50 50 Christiania 56 53 Greenwich DI03 Salzuflen 57 48 Nerischinsk 58 9 S. Bernardo 60 0 Melville 60 3i Boothiofelix 62 5 31 VaLore DI U in Luccio giusta diversi calcoli Matotschkin 64° 46 Plymouth 65 5 Bombay 65 45 Padova 65 23 Apenrade 66 35 Ingloolik 70 3 Karische Pforte 73 4 Novaja Semlja 79 57 Port Bowen 86 24 Si avverta che nella tavcla seguente le temperature sono espresse in gradi e centesimi di grado, sopprimendo gli inter- valli ed i punti. Per esempio 363 significa 3. 63 ecc. Tavola III. | Febbrajo Dicembre Gennajo O] 340) 344/004] 147] 4123/—006] 424| 419/+-002 1 | 363| 360/+-0038f 474| 4744-0038] 472| 474/— 002 2| 387| 382/4005) 201| 193/008} 500| 498 |+-002 3] 376| 379/—003] 197] 199.—00% 540| 508|+002 4| 344) 349/—005] 169| 482/—048| 504) 503 |—002 5 | 308| 304/4004 4127) 420/4+007] 473| 481|—008 6 | 284| 282/004] 080) 078/4009) 428) 415 + 009 7| 265) 262/4003] 033| 034|+009 373| 370/+003 8| 249) 248/+001|-006/—-003|—003} 820| 324|— 004 9 | 229) 235 /— 006/036 --034|--009} 277| 284 |— 007 I 10 | 207| 208 |—004|-—057|—-057| 000 245| 239/4006 I 14 | 499) 191 |+-004}—-073 |-076 |+-003] 248| 247 |+001 42 | 187] 173/+ 044/088 |-089/4+ 004 4194) 493 |4-004 43 | 4192| 207 /—045|401|-100|— 001} 175| 476 |—004 44 | 495| 4197|—002/-4112/_108/—004 164} 169 |—005 45 | 493| 488/4005417 /-4146 |— 004] 159| 157 |+-002 46 | A85| 484 /+-004|-419 |-4124/4-005) 152| 446 (+ 006 47 | 475| 176/—001/-423/—124/+001] 135| 435| 000 48 | 467) A74|—004|-130/—429/—001] 448| 449 |—006 A9 | 462) 464/—002|-436|—434|— 005] 404 | 405 |—004 20] 460| 156 |+-004[—130|—134 [4004] 448| 408 |+-040 21 | 4691 167 |+-002/-098|—104/+006] 173| 4176 —003 29 | 498) 498 000j—038|-038| 000) 256| 257|—001 23 | 248| 252|—004] 040) 042/—002f 346 349 /—003 83 Segue li Tavola III. [mr ___-=<%xl EEE CE EI Marzo Aprile Maggio CONDITI W0ON => SI CS (©) (cr) do CS (—) (Cp) (ep) (=) (—) SI Sì (©») (0.0) ©) = (ep) o) n“ S4 Segue la Tavola IIL. Giugno | Luglio Agosto Re ‘fio s. s2/ (Ss [Se] ica (20 te Suisse SISSA Ma 0 | 2309 | 2314 | — 005] 2786 | 2793 |—012| 2454 | 2462 |— 008 A | 2363 | 2374 | —041] 2846 | 2354 |—008| 2515 | 2522 | — 007 2 1 2400 | 2390 |+ 040] 2896 | 2389 |+ 007] 2573 | 2560 |+ 013 3 | 2410 | 2402 |+008|] 2916 | 2902 \+-014] 2604 | 2604 |+-003 4 | 2398 | 2404 |— 006] 2903 | 2909 | — 006 2602 | 2609 |— 007 5 | 2375 | 2332 |— 007] 2869 | 2879 |— 040! 2575 | 2582 |— 007 6 | 2340 | 2341 |— 004f 2822 | 2826 (—004 7 | 2276 | 2269 (+ 007] 2752 | 2740 | +042 8 | 2169 | 2165 |+-004] 2643 | 2636 |+ 007 9 | 2030 | 2033 |— 003] 2496 | 2500 |— 004 40 {4896 | 1904 | — 0081 2345 | 2364 |— 0416 44 | 4842 | 14324 |—009j 2238 | 2243 | —C05 42 | 4787 | 1754 |+-033! 2496 | 2158 |+-038 13 {1794 | 4847 |— 023] 2498 | 2927 |—029 A4 {A790 | 1788 |+ 002] 2194 | 2194 |+-003 45 | 1752 | 1756 |(—004j 2456 | 2450 |+-006 ‘46 {4745 | 41724 | — 006} 2404 | 2444 |— 040 47 |A745 | 1698 +-047] 2090 | 2082 |+ 008 48 | 4783 | 1792 |— 009] 2456 | 2147 |+-009 49 [1905 | 4909 |—004| 2296 | 2803 |— 007 20 | 2036 | 2036 | 000] 2460 | 2476 | — 046 24 | 2139 | 2435 |+- 004] 2595 | 2582 |+ 043 22 {2207 | 2208 |— 004] 2680 | 2677 |+-003 23 | 2257 | 2254 |+- 006] 2734 | 2728 |+ 006 85 Segue la Tavola III. Settembre O BED, 2 i =) S S 0 i 2162 | 2470 | —— 008 A | 2246 | 2254 |— 045 2 f 2274 | 2266 |-+-005 3 | 2304 | 2284 |+ 023 4 | 9293 | 2281 |+012 5 | 2233 | 2242 |— 009 6 | 24143 | 2453 |— 040 742044 | 2048 004 8 {1948 | 1948) 000 9 {4857 | 1858 |-- 0014 AO BA771 | 4771 000 44 4703 | 4745 | —-042 42 {1 14665 | 16641 |+-004 43 14656 | 4668 |— 0412 44 {1A653 | A644 | +04 45 | 1628 | 1606 (+-022 46 | 45/6 | 4574 |+002 17 | 1528 | 4545|. 047 48 { 4529 | 4529 000 49 | 1607 | 4584 [+ 023 20 {1746 | 1763 | 0417 21 |1900) 4924 |—024 22 $ 2024 | 2040 |+-044 23 f 2405 | 2097 |4- 008 | I Calcol. 1505 1562 ) 1595 i 1599 {1573 | 1549 | 1448 1374 i 12992 4} 1245 (1147 : 1099 11077 i 1080 ;} 1089 \1081 j 1049 711006 954 i 1008 i 1086 14199 4349 44924 Ottobre i Osserv. 1503 4562 1592 1599 4580 1520 1438 1373 4294 1220 1454 41092 41057 4444 1092 1065 1037 4024 998 994 | Differ. + 002 000 + 003 000 — 007 — 004 + 040 — 002 — 002 — 005 — 004 + 007 + 020 — 034 — 003 + 016 + 012 — 045 — 044 + 044 + 007 — 006 — 006 + 004 | Calcol. i Novembre 876 872 938 | 933 966 | 1964 962 970 935 | 939 896 | 888 853 | 354 809 | 843 766 | 768 726) 726 639 | 686 658 | 659 634| 630 618) 623 644 | 646 606 | 602 600 | 592 586 | 590 569 | 576 559 | 561 574 | 560 6417| 616 694| 701 ASS 792: 86 S. ERI. — Ore critiche termometriche. Sulle formule del $. antecedente, coi soliti processi di dif- ferenziazione, si sono ricavati i ‘seguenti elementi; 1 ora del minimo 2 ora del massimo 3. ora del medio del mattino 4 ora del medio della sera 5 differenza tra il massimo e il minimo in tempo 6 differenza tra il massimo e il minimo in gradi centigradi di temperatura. Queste quantità sono tutte contenute nella tavola seguente, e vi ho posto di rincontro le quantità analoghe relative a Praga, desumendole da un iavoro del Prof. Jelinek, che è il più completo ed esatto che io conosca sullo stesso argo- mento. 87 ‘l'avola IV. 656 OJOTF 906 0JO6E LIV OVEG 8IG 0jGGI 906 OJLYE LIE Oj7O7 196 0/96S 697 O|61S GT OJTI9 OGT O/OTS VARO (dqA 6 0jG6S 856 OITLE LV 0|856 766 0|90G (GI) (#3) (ET) (a)-(c)g — (4) ro. ==--ce n I 01699 0188 0/969 0j86 OILIZ 0j09 0IG9L 0/68 0877 0jF9 0|0SE 0|6V O|EGG 0|86 OISIL O|EE O|L6L 0/GG 0|889 0/89 0|96£ 0/86 0|099 0|7G 0|9€8 088 01984 0/69 0/669 O/OT OjSOG 0/68 01697 0/09 | (61) (61) EuSpoTl euepogiieuapo7ii euepogi Gra) % “A1OJU] È VICI 6 GIJC9 8 ELIO7 OI (13 AZIONI 9TI9E 4 LILG 9 97 L GIILI 8 7II8L 6 tel) (49 E1oY €197 GIOI TI EUITE GIIO6 8 GHUI 8 97/07 4 (31) eo, VI (01) SRI o EBWApogyi euOpoTnI en *UI]AI OTTEAIUT (6) (8) ‘pow 6 W'pow , TOP BIO TOP BIO = GIO DIÒ (4) (9) ‘uso ‘18 ui Pera [op 0 | suorsmosg MIOLnDAAcEaOaRnRLAII (5) estig ieuwoponi 88 3 [sz 2190 Li 6G © |Eb 8184 21 67 E |OL 9184 9I EV E [FO LIIZ 9I 16 © ÎLI 6186 81 LI G |E9 6181 61 €0 & |C6 8108 8I GG © |L6 LVOL LI G9 6 ÎLV LIEE LI GI E |IP LISO LI 69 € [L9 914 9I EL € J0G 91|£G 9] 9 7 |60 91Er SY 00 € [68 9180 LI G9 © [GI 8189 LI EF G |I6 8IGS SI EE 3 |L6 819% 61 (7) eseIg (6) (€) euopo]i| eSeig SE 19 cuumny QeISH] BIQACWILIK CUIDAU] QI quod QIQUIOAON 2100 QJqui?nas 01505Y onSNT 0uUSnIr 01558] a[iady OZICH ofe1qgoJ ofcuuog (1) IUOISEIS °) 189 88 Per un solo biennio di osservazioni è veramente mirabile la consistenza dei risultati ottenuti per Modena, risultati che per sommi capi verrò qui successivamente esponendo. 4. Dall’ inverno all’ estate 1’ ora del minimo si avvicina a mezzanotte, mentre contemporaneamente |’ ora del massimo si allontana da mezzodì. 2. Le più grandi variazionî succedono nell’ ora del minimo. Dallo inverno all’ estate l istante del minimo varia di 2* 257, mentre l’ istante del massimo varia di soli 38 minuti. Dippiù la differenza col medio annuo è, pel min. pel max. h _m h mn Inv. + 1 23 — 0 22 Prim. — 0 4 + 015 Est. — AL A + 046 Aut. + 024 — 0 9 3. È degna di attenzione la vicinanza delle quantità relative a Praga ed a Modena. . ( 5° 26' 25" a Nord di Modena. Praga trovasi 329 36 ad Est di Modena. Queste distanze angolari sono di piccolissimo effetto relatì- vamente all’ andamento medio della temperatura. L’ ora media annuale del massimo è uguale in Modena e Praga, e nell’ ora media annuale del minimo vi è solamente la differenza di 43 minuti. In generale il minimo avviene in Modena alquanto dopo che in Praga. Però la differenza è variabile, e I’ ora del minimo è in estate la medesima nei due luoghi, perchè l’ estate è quella stagione che tende a uguagliare i climi in Europa. Nelle stagioni intermedie, primavera ed autunno, è uguale il ritardo di Modena relativamente a Praga. In ri- guardo al massimo, esso avviene in inverno prima in Praga e poi in Modena, e al contrario in estate prima in Modena e poi in Praga. Ecco le differenze in minuti. 89 Mop. - PRA. minimo massimo Inv. + 11 ‘+ 13 Prim. + 20 — 17 Est. — 1 — 20 Aut. + 21 + 28 4. Passando dalla considerazione dei tempi a quella delle escursioni medie della temperatura, si vede che in generale esse sono in Modena alquanto maggiori che in Praga. Però la differenza (sempre inferiore a un grado centigrado ) è varia- bile, Essa è quasi nulla in estate, ed è uguale in primavera ed autunno. Mop. - PrA. Escursioni Inv. + 08 gr. cent. Prim. +09 Est. +- 01 Aut. +09 5. La colonna 44 contiene l’ intervallo in ore tra la mi- nima e la massima temperatura, intervallo che succede sempre di giorno. Nella colonna 12 vi è I’ intervallo ( che in massima parte verificasi di notte ) tra la massima e la minima tempe- ratura. L’ intervallo tra la minima e la massima temperatura cresce dall’ inverno all’ estate. Il suo valore annuo è uguale così in Modena come in Praga. È notevole la circostanza che in estate, stagione in cui nelle due stazioni verificansi uguali valori per |’ ora del minimo e per |’ escursione della tempera- tura, avviene nelle due stazioni la massima differenza relati- vamente allo intervallo tra la minima e la massima tempera- tura. Al contrario in inverno questo intervallo è quasi uguale in Modena e Praga. 6. Gli intervalli tra la minima e la massima temperatura sono molto prossimamente proporzionali alle lunghezze dei giorni. Si ha diffatti, 90 Rapporti Inv. 0 78 Prim. 077 Est. 070 Aut. 0 78 Come si vede il rapporto non è esattamente costante, e la maggior discrepanza di esso in estate, non dee riguardarsi come effetto accidentale dello scarso numero delle osserva- zioni. La proporzionalità tra le lunghezze dei giorni e gli in- tervalli in discorso, e quella tra le lunghezze dei giorni e le escursioni della temperatura, che sino a pochi anni fa ritene- vansi come indubitate, si è trovato recentemente che non sono esatte e complete, giacchè sù tali clementi influiscono varie condizioni atmosferiche, tra cui {la forza del vento e I’ umidità, e principalmente lo stato del cielo. Comparando molti anni di osservazione di Modena e Bru- xelles, ho ritrovato i seguenti valori pei rapporti tra le lun- ghezze dei giorni c le escursioni diurne della temperatura ( non quelle contenute nella colonna 7 della tavola antecedente, che sono medie e che indico col segno «, ma le escursioni effettive che chiamerò e ). Modena Bruxelles Inv. 0 56 0 55 Prim. 0 64 0 61 Est. 0 64 0 62 Aut. 0 62 0 61 Scorgesi in questo specchietto, che fa differenza del rap- porto in estate ed in inverno, esiste così in Bruxelles come in Modena. Ulteriori notizie sù questo argomento t'ovansi nella mia memoria Sulla temperatura normale di Bologna. Come risultato medio può ritenersi, che in Modena il rapporto è per le escursioni medie w 0 49, per le escursioni effettive 0 61, e per gli intervalli dal minimo al massimo 0 76. 7. Nell’ intervallo dal minimo al massimo (col. 14) la temperatura si innalza, e si accresce precisamente di un nu- 9I mero di gradi uguale alla escursione diurna ( col. 7). Divi- dendo quindi |’ escursione per l’ intervallo, si ottiene ciò che chiamo quota di riscaldamento, ossia la quantità di calore che in medio compete a ciascuna ora ‘dell’ intervallo, suppo- nendo uniforme i innalzamento. Per esempio in Giugno si passa dal minimo al massimo in 40° 46 e in questo intervallo la temperatura cresce di 6. 9, la quota di riscaldamento è dunque 0 66 perchè 40. 46 X 0. 66 = 6. 9. Nell’ intervallo dal massimo al minimo (col. 42 ) la tempe- ratura si abbassa, e dividendo |’ escursione per tale intervallo si ottiene ciò che chiamo la quota del raffreddamento. Per esempio in Luglio la temperatura passa in 43% 58 dal mas- simo al minimo abbassandosi di 8 3. La quota di raffredda- mento è 0 611 perchè 13 58 x 0 6411 = 8 3. Osservando le colonne (13) e (44) si vede, che così le quote dî riscaldamento come quelle di raffreddamento crescono dall’ inverno al- l’ estate. La quota di riscaldamento è sempre maggiore di quella corrispondente di raffreddamento, ossia in ciascuna ora del primo intervallo la temperatura si alza più di quanto si abbassa in ciascuna ora del secondo intervallo. La differenza delle due quote corrispondenti è minima in estate e massima in autunno. Non voglio tralasciare di riferire un ravvicinamento che sembrami molto importante. I numeri della colonna 14 pos- sono rappresentare le proporzioni dell’ irraggiamento terrestre nei varî mesi dell’ auno. Il Quetelet da una lunga serie di osservazioni eseguite con |’ Actinometro di Herschel ricavò le proporzioni dell’ irraggiamento solare nei vari mesi. Metto di rincontro, per le quattro stagicni, i numeri ottenuti dall’ Igro- termografo di Modena e dall’ Actinometro di Bruxelles, facendo . uguale a 1 il numero relativo all’ inverno. Modena Bruxelles Inv. 04198 = 1 94129 Prim. 0 554 = 2 798 8 9 — 100; Est. 0 544 = 2 747 24 53 = 2 690 Aut. 0 390 = 1 970 17 80 — 41 952 I numeri sono molto vicini, e perciò può stabilirsi che intensità della irradiazione solare di giorno, è uguale alla intensità delia irradiazione terrestre di notte. 92 8. Nelle colonne 8 e 9 della tavola 4.* trovansi le ore (somministrate dalle formole del $. antecedente), nelle quali la temperatura è uguale alla media diurna, elementi pei quali non ho potuto procurarmi le quantità corrispondenti di Praga. Per un solo biennio di osservazioni è mirabile I’ andamento di questi valori. La tavola mostra che | ora del secondo medio, il medio cioè della sera, presenta una piccola variazione nel corso del- l’anno, mentre al contrario il primo medio, cioè il mattutino, varia considerevolmente. In termine medio la temperatura è in Modena uguale alla media a 9* 237 del mattino, e ad 8° 35” della sera. La differenza col medio annuo è nelle quattro stagioni la seguente. 4.° Medio 2.° Medio E | h m h m Inv. +17 — 0 7 Prim. — 0 34 — 0 6 Est. — 0 53 + 043 Aut. + 0 46 00 Insomma osservando in Modena in tutto l’anno una sola volta al giorno, a 8° vi della sera, si può esser certi di rac- cogliere la vera temperatura media. 9. Passerò adesso al confronto delle principali quantità della tavola 4.° con le ore del nascere e del tramonto del Sole, e con le temperature corrispondenti. I due seguenti spec- chietti contengono tali confronti per la temperatura minima. Differenza tra l’ ora del minimo e quella del nascere del Sole. + se il minimo precede il Nas. © î h Dicembre — 0 04 Genna]o + 0 46 Febbrajo — 041 Marzo — 0 09 Aprile + 0 45 Maggio + 0 53 Giugno — 0 23 Luglio — 0 25 93 Differenza tra l’ ora del minimo e quella del nascere del Sole. + se il minimo precede il Nas. h Agosto — AI Settembre + 0 26 Ottobre + 0 55 Novembre + 030 Inv. + 0414 Prim. + 0 30 . Est. — 020 Aut. + 0 37 Anno + 044 Differenza tra la temperatura del Nascere del Sole e la temp. min. + se la temp. Nas. ©) è superiore alla temp. min. Dicembre + 0 04 gr. cent. Gennajo 0 02 Febbrajo 0 02 Marzo 0 01 Aprile OANI Maggio 0 17 Giugno 0 00 Luglio 0 08 Agosto 0 00 Settembre 0 04 Ottobre 045 Novembre + 0 03 Inv. + 0 02 Prim. + 040 Est. + 0 03 Aut. + 0 06 Anno + 0 05 Il primo di essi mostra che realmente, come stabilisce il Lamont, l’ ora della temperatura minima coincide con quella 94 del nascere del Sole. In inverno il minimo precede un poco il nascere del Sole, e in estate lo segue un poco. Ma in termine medio, la differenza tra il nascere del Sole e 1’ ora del minimo non è che di soli 8 minuti. Il secondo specchietto mostra poi che è impercettibile la differenza: tra la tempera- tura minima e quella corrispondente al nascere del Sole. Dun- que chi osserva in Modena il termometro nell’ istante del na- scere del Sole, può esser sicuro di raccogliere la vera tempe- ratura minima. Lo stesso però non avviene relativamente al massimo e al tramonto del Sole, come apparisce dai due se- guenti specchietti. Differenza tra l’ ora del massimo e quella del tramonto © h Dicembre + 2 18 Gennajo 220 Febbrajo 2 18 Marzo 2 81 Aprile 3 94 Maggio 4 47 Giugno IVZITÀ Luglio 4 49 Agosto 3 57 Settembre 3 02 Ottobre 2 84 Novembre + 2 38 Inv. + 2 19 Prim. 3 54 Est. 4 28 Aut. 2575 Anno + 3 18 Differenza tra la temperatura del tramonto @ e la temp. Max, \ Dicembre — 0 57 gr, cent. Gennajo 0 55 Febbrajo 0 46 Marzo 1 08 ‘Aprile 2 18 Maggio 2 76 95 Differenza tra la temperatura del tramonto @) e la temp. max. Giugno — 2 412 gr. cent. Luglio 2928 Agosto 1 44 Settembre 1 88 Ottobre 4 14 Novembre — 0 60 Inv. — 0 53 Prim. 2 01 Est. 41 94 Aut: CONVOI Anno — 41 42 Dal primo di essi si scorge, che mentre in inverno il mas- simo succede 2° 447 prima del tramonto, in estate esso av- viene a 4% 47” prima del tramonto. Il secondo ci fa conoscere che mentre in inverno la temperatura del massimo è supe- riore di mezzo grado a quella del tramonto, in estate lo è di circa due gradi. 10. Le formule fondamentali della Astronomia sferica ci fanno conoscere a colpo d'occhio, se nell istante del minimo il Sole trovasi al di sopra o al di sotto dell’ orizzonte. Difatti pel minimo |’ angolo orario è o nel 3.° quadrante (da 12% a 18%) o nel 4.° quadrante (da 418% a 24*). Si indichi con d la declinazione. t l angolo orario. @ la latitudine. h V altezza. Quando la declinazione è australe (da 24 Sett. a 24 Marzo) per è nel 3.2 quad. Sen. h è sempre negativo, e Ren oei 4,9 quad. Sen. » è negativo allorchè Cos. t Tang. è < Tang. P Quando la declinazione è boreale (da 21 Marzo a 21 Sett.) per # nel 3.° quad. Sen. » è negativo allorchè Cos. t Tang. è i du 96 e per £ nel 4.° quad. Sen. h è sempre positivo. Cos. h è in tutti i casi positivo. Calcolando le quantità contenute nella tav. 4.8 per l’ inverno (con la declinazione corrispondente al mezzo di Gennajo), e per l’ estate (con la declinazione corrispondente al mezzo di Luglio ) sì ottiene: Per l'istante del minimo Altezza © Azzimut. ©) Inv. — 2° b4' 2 296° 54' 7 Est. + 2 34 6 242 3 4 Per l’ istante del massimo Altezza © Azzimut. (©) Inv. + 15° 50' 6 36° 39' 7 Est. + 44 48 A 75 07 AD UN MEDICO-CONDOTTO DI CAMPAGNA Lettere BEL PROT. FRANCESCO BUSINELLI O rav= Motto: Yitam doi qui lucem. LETTERA PRIMA Mio carissimo Collega! pa VAT di buon grado |’ invito da Voi fattomi, nella vostra ultima lettera, di esporre in succinto le norme principali per la cura delle più frequenti malattie d’ occhi, e di quelle spe- cialmente che in parte per trascuratezza dei malati, in parte per volgari pregiudizj; o per non essere riconosciute dal me- dico, 0 infine per una cura inopportuna, conducono tanti po- veri infelici ad una irrimediabile cecità. Veramente confesso che ho ‘esitato alquanto prima di de- terminarmi a scrivere direi quasi delle lezioni popolari su questo grave argomento, ma da un lato i vostri amichevoli eccitamenti, dall’ altro aleuni fatti sui quali parlerò in appresso m’ indussero a seguire il vostro consiglio. D’ altronde le piaghe croniehe si curano meglio cauterizzandole che nascondendole onde il malato stesso non le veda; e ciò che vale per le piaghe fisiche può dirsi delle piaghe sociali. Con una modestia che vi onora Voi mi scrivete che dalle mie consultazioni scritte in varie circostanze avete imparato a riconoscere e curare certe ottalmie che prima vi passavano inosservate oppure erano da voi confuse con affezioni di mi- nore importanza; € soggiungete che « pressochè tutti i me- (*) N. B. Di queste lettere scientifico-popolari. verranno tirati esemplari separati che si troveranno in vendita presso il tipografo Gaddi (antica ditta Soliani ) di rimpetto al Duomo al prezzo di Cent. 20 ciascheduna,. {4 T| 98 dici condotti che studiarono in altri tempi sî trovano nella stessa vostra condizione, in difetto cicè di sufficienti cogni- zioni teoriche e pratiche non solo per poter curare razional- mente le malattie d' occhi, ma per riconoscere quelle che esi- gono un trattamento speciale, tale da non potersi fare che in una Clinica oculistica fornita dei mezzi ed istrumenti necessa- rîi. » -- E da queste premesse Voi venite alla conclusione che « non potendosi costringere il medico d’ età un po’ avan- zata a tornare alla scuola in Ospitale ove troverebbe anche una Clinica oculistica che al suo tempo non esisteva, in vista delia tremenda responsabilità che pur pesa sopra il medico condotto, questo essere noleggiato dal Comune verso scarsa retribuzione per correre tutto il giorno da un casolare all’ al- tro per esercitarvi una specie d’ enciclopedia medica, nulla di meglio potessero fare gl’ insegnanti delle Cliniche Universi- tarie.che pubblicare di quando in quando degli opuscoli sulle nuove scoperte della scienza per norma dei colleghi lontani. » Fin qui ho citate le stesse vostre parole. Qualcuno potrebbe rispondervi « Non esistono forse giornali medici nei quali si registrano tutti i nuovi trovati dei varii rami di questa scienza? E non dovrebbe ogni medico esercente essere associato ad uno o più periodici, e segnatamente a qualcuno che tratta della specialità in cui il medico stesso crede d’ essere più de- bole ? » — Ma a quel tale voi replichereste che un giornale non basta. — Ed io ve Il’ accordo, e soggiungo che non ba- stano nemmeno gli opuscoli, e meno lettere come sono le mie. Ferò se non bastano ciò non vuol dire che siano affatto inutili. Il medico che volesse tenersi in corrente oggidì colla scienza dovrepbe o possedere una biblioteca medica moderna, ed avere il tempo di meditare sui nuovi trattati, ovvero rasse- gnarsi di quando in quando a ridivenir studente. — Non vi spaventate di questa parola che mi sfuggì quasi a caso. Il medico che torna studente non si vede ordinariamente fra noì, ma in Germania la cosa è ben diversa. Se visitate i grandi Ospitali e le migliori Cliniche Voi vi troverete fra gli allievi anche dei medici di 40, 50 anni. venuti da lontano in congedo per alcuni mesi a prendere (non solo dai vecchi professori, ma da giovani assistenti ) dei corsi di lezioni sopra certe ma- lattie, o frequentare le visite quotidiane ... Ma torniamo in Italia e sopratutto al nostro argomento. Vi ho detto più sopra 3 99 che oltre al vostro amichevole eccitamento e più ch’ esso mi mosse a scrivere queste pagine un fatto spiacevolissimo che pur troppo si verifica assai di frequente, il vedere cioè pre- sentarsi al mio Dispensario oftalmico dei ciechi (provenienti da questa ed anche da altre provincie) nei quali nulla fu fatto di quanto era indicato per prevenire o curare a tempo la malattia, ovvero sì fece peggio, si prescrissero in buona fede sostanze atte a peggiorarla. Nè crediate ch’ io esageri, o che presti sovverchia fede alle deposizioni dei malati. Potrei citar nomi, ricette, consulti... ma basti sul delicato argomento, sul quale tirerei un velo se la mia scuola non fosse pubblica per legge. — Volevo dirvi soltanto che pubblicando questa mia corrispondenza a voi diretta, mediante un giornale scien- tifico di questa provincia, nutro la speranza che possa più fa- cilmente cadere anche nelle mani di qualche nostro disgra- ziato collega confinato fra i monti o nelle valli; ed invogliarlo a leggere con attenzione certe norme che intendo tracciare nelle lettere che verrò indirizzandovi, norme che potranno servirgli in qualche caso onde evitare fatali spropositi, dannosi alla sua riputazione, senza parlare dei maggiori danni che ne soffre il povero paziente che perde un organo così prezioso, così necessario, ceme è quello della vista. Oh vi assicuro, caro Collega, che molte volte provai un senso di profondo dolore nel vedere delle persone giovani e robuste già cieche presentarsi fiduciose alla mia Clinica im- plorando un soccorso, quando non ce’ era più tempo di pre- starlo. — Figuratevi un bambino di pochi giorni, la consola- zione dei genitori, che da loro vi viene portato colle cornee già distrutte dalla congiunticile purulenta dei neonati; ov- vero un padre di famiglia che forse sotto gli cechi d’ un me- dico curante perdette per gradi la vista in causa di glaucoma lentamente progredito, ina non conosciuto, od infine una sposa le cui pupille si chiusero per cherato-îrite, 0 peggio ancora i cui occhi divennero atrofici per lenta coroîdite. — Eccovi delle persone cieche per sempre, colpite dalla più terribile di- sgrazia forse che siavi sulla terra. — Ebbene Voi vi sentite commesso e pensate che almeno si saranno tentati tutti i mezzi per prevenire un esito sì infausto. Interrogate le per- sone interessate e vi sentirete forse a rispondere nel primo caso a cagion d’ esempio: « il nostro medico ci ha detto che è soltanto un po’ di riscaldo, una cosa da nulla!! — Ma 100 cosa vi ha ordinato? — Acqua di sambuco!!!» — Il secondo il glaucomatoso, interrogato sui pareri avuti risponderà forse « il Dottore A. mi ha detto che è un po’ di debolezza di vista dipendente dall’ età » — ovvero « il Dottor B. mi assi- curò che mi venivano le cataratie e che era meglio che aspet- tassi fino a tanto che non vedo più nulla per venir poi a farmi operare. Così una terza persona acciecata da una irite o da una coroidite, ovvero da un ascesso della cornea prodotto da una resta di spica di frumento infissa nell’ occhio e che non si tentò nemmeno di estrarre a tempo, vi giurerà che jil suo medico ha detto che era un colpo di sole, oppure un reuma alla testa e che ordinò un pediluvio, od una mosca di Milano, o peggio ancora che la toccò tre volte colla pietra e cose simili. Non parlo qui dei rimedi suggeriti dalla superstizione del volgo, o dalle vecchierelle di campagna o dai medici... delle anime, o dai farmacisti, giacchè gli errori di profani non pos- sono formar argomento di questa nostra corrispondenza, e mi limito a riportarvi le frasi direi così stereotipate che escono dalla ibocca di alcunì nostri colleghi (è voglio sperare sien pochi) i quali piuttostochè confessare di non capirne nulla sacrificano gli occh; del cliente e la propria riputazione (non dico la loro coscienza perchè mi sembra che non ne abbiano) e dormono tuttavia i loro sonni tranquilli senza ombra di rimorso. — Ora domando io a Voi, a Voi che avete cuore e mente, che avete la nobile franchezza di ripetermi, questa malattia non l’ avevo mai veduta 0 mai studiata; come si fa in presenza di fatti simili a mantenere la fredda calma d’ un fatalista orien- tale per rispondere al povero cieco che vì sta dinanzi, e che forse si lagna degli uomini dell’ arte, nei quali avea tanta fiducia ; « Voi avete torto di lamentarvi; il vostro medico vi curava egregiamente; la colpa della vòstra disgrazia sarete stato Voi Slesso... ecc. » So bene che vi sono degli uomini i quali per stare in buone con tutti, sacrificando spesso la verità, lodano sempre tutto e tutti, od almeno credono di essere destri difendendo in pubblico ad ogni costo i colleghi, salvo poi a far loro la guerra dietro le spalle; ma io, vedete, non appartengo a nes- suna setta nè politica, nè sociale, penso col mio cervello che sarà quel che sarà e parlo come penso, o tutt’ al più taccio. D’ altra parte come si potrebbe davanti agli studenti ed ai colleghi in una pubblica scuola, giustificare degli errori mani- 101 festi di diagnosi e di cura nel momento stesso in cui sopra altro ammalato si dimostrò come sia facile la stessa diagnosi, ed ovvia la cura? L'insegnante che così operasse cadrebbe, lo credo, nella più ridicola contraddizione, tradirebbe la mis- sione affidatagii, perderebbe il diritto alla stima dei suoi col- leghi ed allievi. — Da quanto vi dissi finora Voi avrete com- preso, mio buon collego, che bene spesso, se nun al cospetto dei pazienti, certo coi miei studenti ho dovuto deplorare lo stato miserando in cui si trova il servizio sanitario delle cam- pagne ed anche di molte piccole città per ciò che risguarda la specialità oculistica. — È giusto però ch'io aggiunga che, a mio credere, la cagione di tali deplorevoli condizioni non tanto deve ricercarsi nella intelligenza e buona volontà dei medici, quanto nella imperfezione degli studii clinici sotto il cessato governo il quale non aveva provveduto agli inse- gnamenti pratici speciali, e nella grettezza di molte ammipi- strazioni comunali, che per una malintesa economia, con grave danno della salute degli amministrati, mettono il povero medico- condotto nelia impossibilità di esser migliore di quello ch’ è in generale lasciandolo privo dei mezzi necessari per tenersi in corrente col progresso della scienza da lui professata, sebbene da esso si esigano dei servigi maggiori di quanto un solo uomo possa prestarne. — Perciò v hanno dei mediei chirurghi condotti che non sono provveduti nè di libri, nè di strumenti, nè di quant’ altro può occorrere per le diagnosi, le cure, le opera- zioni. — E supponete pure che un medico coscienzioso, come siete voi per es., stimando di far cosa degna di lode dicesse un giorno ai consiglieri del Comune: « Signori, sono dodici o quindici anni ch’ io faccio da medico, chirurgo, ostetrico, ocu- lista, dentista, vaccinatore ecc. ecc. in questo paese. Or bene in questo intervallo di tempo (tutti questi rami di scienza hanno progredito assai, vi sono delle scoperte, delle invenzioni nuove, de’ strumenti perfezionati e via dicendo. Ebbene tutte queste novità utilissime potrei facilmente impararle a conoscere a servirmene a vostro vantaggio se mi accordaste poche centi- naja di lire e un permesso di mezz’ anno, od almeno d’ un trimestre per recarmi alle Cliniche universitarie per frequen- tare le lezioni, vedere i metodi ecc. » — Cosa credete Voi che risponderebbe il consiglio comunale? Io lo immagino, ma non voglio dirlo. Certo è che quel medico arrischierebbe, in premio delle sua onesta schiettezza e filantropia, di perdere ipso facto quel meschino stipendio annuo e di trovarsi fra 45 giorni 102 come suol dirsi sulla strada, perchè reo confesso d’ incapacità nell’ arte sua. E non mancherebbero i concorrenti pronti ad offrirsi al- Comune; vantando i propri meriti e titoli, e brigando in tutti i modi. — Da questo deplorevolissimo stato di cose ne deriva che il medico anche onesto si rassegna a continuare nella sua posizione che non è nè soddisfacente per lui stesso né utile pel pubblico. In fine, dice taluno, fo” abbastanza per la paga che mi danno; ripetendo in certo modo il motto d’ un pittore burlone il quale chiamato da un parroco a lavorare in una chiesa per dipingervi a vilissimo prezzo santi e madonne tirò giù in fretta orribili ceffi ed allorquando il prete si laguò del meschino lavoro rispose: « Pater, qualis pagatio, talîis picluratio. » E per farla finita per oggi con questo mio preambolo, che può servir d’introduzione ed anche di scusa alle tre o quattro lettere che vi manderò in seguito, vi dirò soltanto che in esse intendo trattare appunto di quelle affezioni oculari che più sopra citai quali esempi di malattie in generale mal curate dai medici meno istruiti neila specialità oculistica, cioè 4.° della ottalmia contagiosa dei neonati. — 2.° delle ir.fiammazioniì della cornea trasparente e dell’ iride. — 3.° del glaucoma (od ot- talmia artritica dei vecchi autori). — Vi avverto però fin d’ora che, convinto come sono della necessità di render popolare la scienza per estirpare i vecchi pregiudizi, dovrò cercare per quanto è possibile «di serivere in modo da essere inteso anehe dai nou medici e se è fattibile anehe dalle donne, poichè Voi sapete che le donne in fatto di medicina credono di saperla lunga, anzi dipende spesso da quatiro o sei vecchie d’ un vil- laggio la riputazione ( presso il volgo ) del povero medico. Dovendo adunque servirmi d’ uno stile in gran parte popo- lare, voi troverete qua c là sacrificata la nomenclatura tecnica ed il rigore scientifico alla necessità della chiarezza, al bisogno della semplicità. Credetemi intanto quale con tutta stima ed amicizia mi protesto Modena, settembre 1874 Vostro Collega F. B- 105 Riassunto delle Osservazioni Meteorologiche fatte nei R. Osservatorio di Modena (Meiri 65 sul livello del mere) — Luglio 1S71, i -_ [Basonerao — 700 mm — 700 mm. lorda iN GR. CENT.|| TENSIONE > |) || Oscil- I Oscil-| ‘2P. acqueo Hi il S || Mas- | Mi- | Me- | laz. || Mas- | Mi- | Me- | laz. |Varia- | © || simo | nimo| dio |diur-]| simo | nimo| dio |diur-.| Media] zione fi na | na | diurn. mm. | mm. | mm. |mm. || 0. 0. 0. | o. | mm. | mm. 4 |57. 8 (55. 9 156. 78| 1. 9 (29. 2 (17. 9 [25. 06/11. 3 10. 76) 3. 21 2 56. 6 [53. 9 (54. 55] 2. 7 [30. 8 (13. 8/26. 20/12. 0 |135. 97] 2. 84 3 54. 5 [51.9 [54. 57| 2. 6 |28. 8 18. 7 |24. 82/10. 1 |11. 13] 0. 50 4 159, 0 |54. 5 |58. 86| 4. 7 |[29. 2 (18. 7 [64. 58/10. 5 II10. 65| 0. 38 5 |599. 5 |56. 2 (57. 23) 5. 1 [29. 2 (19. 0 |25. 27/10. 2 |10. 25) 0. 93 6 61. 2 (56. 5 |60. 69) 4. 9 (50. 2 [15. 5 (25. 71/14. 7 || 9. 32| 1. 77 7 |61. 8 58. 8 159. 66] 5. 0 |28. 0 [15. 0 (25. 57/13. 0 || 7. 56| 2. 22 8 59. 5 156. 3 |57. 92] 5. 0 |29. 8 [18. 8 (25. 87/11. 0 || 9. 77] 2. 416 9 [58. 2 (56. 9 (57. 68| 4. 3 [31. 0 |20. 6 |26. 91/10. 4 11. 93] 0. 68 10 [57. 1 [55. 8 |53. 67| 5. 5 (52. 4 [21. 2 [28. 56/14. 2 (11. 25) 1. 80|l fi |54. 0 (48. 9 (49. 89] 5. 1 33. 6 (21. 3 (26. 91/12. 5 || 9. 45) 0. 54|j 12 [55. 5 |47. 8 |55. 26/ 7. 7 [29. 0 {16. 9 [25. 89/12. 4 || 8. 91) 0. 18|d 15 57. 8 [55. 8 [57. 86| 2. 0 [27. 6 [15. 5 [25. 14/12. 1 || 9. 09 0. 32/8 14 [53. 5 [56. 35 |58. 00) 2. 2 (29. 7 |i7. 0 (24. 55/12. 7 || 9. 44/ 0. 621! 15 [58. 3 [56. 9 (58. 57| 1. 4 [29. 2 [18. 8 [25. 74/10. 4 |10. 03] 0. 09: 16 (58. 9 (57. 0 |58. 4A| 1.9 (52. 4 (21. i |27. 82/414. 5 [10. 12| 4. 51 17 |58. 7 |57. 2 |57. 92| 1. 5 [l55. 4 [20. 8 (28. 46/12. 6 il. 453] 1. 58 18 (57. 4 (54. 6 [55. 26| 2. 8 ||354. 7 [25. 9 [29. 99/10, 8 (15. 01] 1. 14 19 |54. 7 (54. 2 [52. 62] 3. 5 ||56. 6 |22. 9 |50. 37/13. 7 {14. 15] 0. 02 20 |53. 2 [47.9 (49. 9015. 3 |56. 2 (24. 1 |50. 23/12. 1 |l4. 15| 0. 27 21 (54. 4 (49. 5 |54. 55) 4. 9 (51. 5 |19. 7 |25. 83/11. 6 [15. 86] 0. 05 22 [5v. 6 (53. 7 (54. 59| 1. 9 [31. 0 20. 5 |26. 97/10. 3 [15. O| 4. dI 25 [54. 4 [50. 8 (51. 62) 3. 6 |32. 6 (20. 8 (27. 47/141. 8 [15. 45 5. 61 24 (51. 1 |47. 4 (48. 14) 5.7 [51. 8 (22. 0 [27. 55] 9.8 | 9. 81) 2. 01 25 ||47. 2 |44. 5 |47. 08) 2. 7 [(29. 8 (15. 8 /25. 14/14. 0 || 7. 84] 4. 58 26 (50. 7 (46. 9 (51. 22) 5. 8 (30. 5 (16. 9 (25. 73/13. 6 || 9. 59| 41. 48 27 (55. 3 [51. 0 (55. 49| 4. 3 ||52. 0 |21. 2 [27. 25/10. 8 |10. 86) 3. 93 28 (57. 6 [55. 0 (57. 55| 2. 6 31. 8 |21. 9 (27. 42) 9. 9 |14. 79] A. 02 29 |58. 1 155. 5 |55. 61) 2. 6 |{32. 7 120. 0/27. 55]12. 7 |13. 77) 0. 63 30 (55. 5 |50. 9 (52. 45| 4. 4 (152. 9 (20. 0 (27. 05/12. 9 {13. 414| 4. 41 SA 04. 9 |50. 7 (54. 79] 4. 2 |52. 4 (17. 6 |25. 11/14. 8 || 9. 05| 1. 44 Med.|56. 3 |53. 0 |55. 10] 3. 34|31 419. 4 (26. 59/11. 8 [I1. 23 4. 48 104 Riassunto delle Osservazioni. Meteorologiche fatte nel R. Osservatorio di Modena (Metri 63 sul livello del niare) — Luglio 1871. | Umipita” | VeLoc. ORAR.|| , = 5 | 3 S SIA 2 iMax.—4100| del vento {faz #lo-l|fsg|£|o85 5 ozlzslsl(ga ZE = Varia- | Pi 2 SUE osizije_e © |Media; zione || Mass. Media|| & RE IS 2 iaia ei] È < | = > S| (0) (0) Kil. | Kil. || mm. mm Ai ZAR DOS 10 | 3. 2 || 4. 66 6..1 15 E Bello 2 [57.0 | 9. 5 ANO IGN ZA NO 22 E. [Bello 9 47.7|0. 4 19 | 7.8 || 6. 54/2. 5 10 SO. [[Cop- 4, (47.3 | 4. 6 413 4.55. 961 3. 9 10 SO. [Bello 5 42.7 | 6. 6 20 |i14. 5. || 6. 695.5 |. 15 NE. ||Bello 6 149. 3 (13. 0.) 20 (8.505. 47... A7 NE. [Nuv. 756.3 | 4.7 15 | 6.7 | 6. 20) 6. 0] 7 E. ||Bello 84.0 | 5.7 15 | 5.5 || 5. 94] 6. 5 b) E. [Bello 9.46. 7|7.0 13 6.7|16.54|5.3 || 12 SO, |[Bello 40 59. 7| 2.0 ANI MSSSONI NO N52 47 10 E. ||Lucid. 11 (57,.7|6.0 a ...|| 8. 65]| 4. 7 27 INE. |Nuv. 12 (45.7 | 0.0 15 [7.70 6. 48] 7. 5 40 NO. |[Bello 15 |45.7 | 0.7 19 ASSI ROLEZO MAO h) NE. |[Bello 14 (43.0 | 1. 5 18) 9.0] 6. 009.9 42 E. [Bello 15 MI. 7| 4. 4 15 | 9. 3.|| 6. 09 8. 8 40 NE. |[Bello 16 (57.5 | 5. 4 853.2] 6. 98) 8. 9 5 NE. ||Bello 47 40.7 | 1. 5 15 | 6.5 || 6. 68) 7. 8 | 7 NE. |Lucid. 18.42. 0| 4.5 44 4.76. 549.51 7 NE. |[Lucid. 19 (46.5 | 1.0 45 | 6.5 || 6. 9 6. 5 15 NE. [Lucid. 20 45. 3/12. 0 16. | 4.4 7. 50| 4. 5 -410 INO. ||Lucid. 24 (57.3 | 4.0 SI SS ESE NAZ NE. [Nuv. 2253 3|47| 418|.-.|5.69...| 12 NE. [Bello 25 (58. 0 |25. 0 16 |40. 8.|| 5. 05 9.3 | 15 NE. ||Bello 24 (35.0|2 0 IT SI PELIGNA NE. |Piov. 25 (53.35 | 4. 7 56 (10. 2| 6. 44/11. 4} bj SO. |Nuv. 26 58. 0 | 3. 7 11 [10.7 || 6. 59|9.3| 7 SO. |[Bello QI ZA. 7 015.0 AU ORISA E ISTRON 6) . « * ||Bello 28 [|56. 7 | 4.7 41 | 6.5 || 4. 56] 6.8) 12/0. 50/0. |Bello 29 (52. 0.| 2. 5 18) 4.5 || 6. 43 3. 4 15 NE. ||Bello 50.49. 7 (11. 7 207. 5.6. 225. 5 15 0. {Bello dd [538.0 | 4. 3 19 | 1.5 || 6. di 4. © 7 0. ||Bello Med.|44. 815.0 || 16.4 | 7. î4| 6. 22) 6. 2 14 || 0. 50 SUI PRINCIPALI FENOMENI DELLE VARIAZIONI DIURNE DSL: CALORE ATMOSFERICO DEL SIG. PROF. CAV. DOMENICO RAGONA — ate Vedi pag. 76 So 1Y. — Riduzione al medio delle PA OLE, Una delle più immediate applicazioni dei valori sommini- strati dall’ Igrotermografo, è quella della riduzione al medio delle 24 ore. Ho esposto nella tavola 5.°, le differenze di ciascuna ora isolata, col medio delle 24 ore, e inoltre la differenza col me- dio medesimo dei risultati delle principali combinazioni bino- mie o polinomie in vari tempi adoperate o proposte. Alle ore autimeridiane sì è aggiunto il 12. ( Segue la Tavola V. ) | 106 e 00 S ) 69 4 529 4 596 4 246 3 222 2 844 2 447 2 792 3 148Î = 708 2 224 2 508 2 440 A 444 0 294/-— 0 065| 0 309 0 780 Medio 4 440 2 208 2 821 4 931 4 490. 2977 2 256 1 748 sn III 1kK.TTI.YITSTSTSTSST. NICE [DS23MTC===n 117 Questa tavola si presta alla soluzione di molti importanti problemi, nei quali non posso entrare per ora, giacehè li ri- metto alla trattazione complessiva dei vari elementi meteoro- logici osservati nello stesso periodo. (4) Nell’ Osservatorio del Collegio Romano le osservazioni si fanno quattro volte al giorno, nelle ore XIX. 0. II. IX. Il Padre Secchi, riconoscendo che il medio aritmetico di queste quattro ore non dà il medio valore diurno, riferisce una speciale cor- rezione (che dice aver tolto dalle opere dal professor Dove), che adopera mese per mese per ottenere il medio delie 24 ore. Nel quadro seguente vi è il confronto della correzione adottata dal P. Secchi, che indicheremo con la lettera D, con la cor- rezione, segnata , che risulta dal biennio dei rilievi dell’ Igro- termografo di Modena. D. R. Dicembre — — 0 53 — 0 33 Gennaio — 0 56 — 0 48 Febbraio — 0 88 — 0 45 Marzo — 0 63 — 0 55 Aprile — 072 —-—0% Maggio — 0 73 — 41 23 Giugno — 0 80 — 0 95 Luglio — 078 — 141 Agosto — 0 88 — 0 82 Settembre — 0 80 — 0 75 Ottobre — 0 82 — 0 65 Novembre — 0 63 — 0 52 Come si vede le correzioni D ed R sono dello stesso se- gno, di più le differenze R — D sembrano sottoposte a una legge speciale, perchè sono positive in inverno ed autunno, e - negative in primavera ed estate. R-D Inverno + 024 Primavera — 0 21 Estate — 0 44 Autunno + 044 (1) V. Appendice nota A. 118 Do termine a questo $. con una osservazione riguardante le differenze coi medi diurni delle ore più calde e più fredde nei mesi più caldi e più freddi dell’ anno. Dalia Tavola 2° ricavasi, che giusta i risultati dell’ Igroter- mografo, in Gennaio la temperatura dell’ ora più fredda è più vicina al medio diurno di quel che lo sia la temperatura del- lora più calda, e che al contrario in Luglio il medio diurno è più vicino alla temperatura dell’ora più calda, di quel che lo sia la temperatura dell’ora più fredda. Lo stesso risultato ho osservato in altre stazioni d’Italia. Di più dalla mia me- moria Sulla temperatura normale ai Bologna ricavasi, che in inverno la curva del medio è più vicina a quella del minimo, mentre in estate la curva del medio è più vicina a quella del massimo. Ho creduto pregio dell’ opera registrare in un qua-. dro, tutti i valori delle differenze in discorso che ho potuto raccogliere. | | | dAO(] IL è YL 6 06 79 0 CY VS 0G S9[[PssnAg = JOIA 8 E EC LV 4 89 0 AT, GG 06 now A|q = NOUIPF | 86 3 LO Vi y LL 0 Op 9I S 0g Sed] VAO(] €8 E GO 7 Cha LI VW 96 TI 6 87 UIPUNN d9|[OYH 66 © GE C 96 I 880 8 I 6 8 J9)SUNUISUIITY 1039849) | Gr E | 06 | 891 160 | Or 67 Ly uosneyjynjy 9A0g 06 79 G OL I GLI € SF 87 LV FINqz|es INOWR1U.|q IG E 68 e 0G F CO I 019 GI 9 GIAQUIL) INOWUEIUB]d 07 © VO © 86 I 80 I 99 0G GY OpJBulog UEs ZU Y yL 6 8L 6 IG Y Go I CGS II Ve Gy BAOPB 3 iS i FO E €6 7 80 6 GV GG OI 66 VY RUOPOK 9A0(] 08 6 GL 6 LL V 97 | Vo 6L — 66 Gy 0)UO.I0], 9AO(] 68 6 90 7 8L 6 LL V GG GY VASO 07 BUIOY A0(] 68 € Go 65 6 L8 V 0G #7 1/40 107 SIBUEL 9AO( GI € VI 6 OY © 09 V ON GL = LG 66€ CH]PPel 9A0( 88 G 841 6 07 € 69 G 96 9IF yG 66 CUMO] VAO(]J 8G K Ve V G9 7 VOSE 06 88 86 GG UNDO[e) aio gno Sisto oe Sese rela 9G 8I Aequog Wu o.ls[|eH OL 6 LO 6 L6 V 08 7 6I 08 y SEIPEN AO] I EI 6 L9 V ! GE 96 6 | 0 oll 168 | UUNIPUCA.JS], “Tepieo nid Eppouj nd Ep[jeo nid Eppaaj nid . reo do {p_| ss0 dali » «ep de Sb Sh w ‘soy — AUOLVIODIVI) OUINIP OUINIP | : ‘910g + IH900] o1peu j00 EzueIeyI(g OIpaur ]oo ezueragig UI9IL) Bp ONENT ojeutO) n SPA HIA BIOAGL 120 Segue la Tavola VII. SERRE VII ILE co pe | Longitudine | _— Gennaio — Luglio Latitudine i {ene I LuocHi + Bore. da go sa e oto CALCOLATORE — Austr. o "dell ora | dell ora | dell ora | dell ora n Oce. più fredda Î più calda più fredda più calda | Nertscliinsk, | 5I 48. 119 2i | 2 07 2 87 | 3 76 IE70 mi Dove Greenwich 51 29 0 È 0 93 ro 28 274 3 04 Dove Leith ES = 047. | 074 9 927 2 08 Kaemtz Gottinga 5A 39 9 56 145 2 03 3 92 4 09 Kaemtz Halle 5A 30 AI 57 0 72 A 17 3 82 3 54 Kaemtz Salzuflen 52 5 8 40 072 | 1 01 9 39 2 36 Hallstròom Utrecht 52 5 Di 0 66 A 02 2 97 2 64 Dove Barnaul 53 20 83 27 1 25 2 34 4 74 4 25 Dove Apenrade 55 3 9 25 0 50 Ù 78 2 50 2 27 Hallstròom Makerstoun 55 35 — 2831 0 78 A_7A 279 2 54 Dove Katharinenburg 56 50 60 34 0 88 A 50 4 28 3 58 Dove Sitcha 57 3 224 35 0 52 0 95 295 2 31 Dove Christiania 59 55 40 48 0 54 A 04 2 64 2 2 Hansteen Pietroburgo 59 57 30 48 0 59 0 68 2 57 2 63 Napiersky Helsingfors 60 41 24 57 0 43 0 79 2 45 2 28 | Dove Frankfort Arsenal — — > 2 31 3 02 3 84 3% Dove Drontheim 63 26 10 23 0 52 0 80 Oz, 3 20 Munster Boothia Felix 69 59 — 92 I 0 11 0 15 1 78 A 86 Hallstròm Karische Pforte 70 36 57 47 0 30 0 60 A 38 A 04 Hallstròm Matosckin Schar 73 19 de 57 20 0 12 | 0 31 41 20 I A 08 Hallstròm 121 Questa tavola somministra il risultato molto notevole; che mentre in tutte le 40 stazioni in esso calendate, senza una sola eccezione, si verifica la prima legge, cioè che nel mese più freddo dell’ anno la temperatura dell’ ora più fredda è più vicina al medio relativamente a quella dell’ ora più calda, la seconda legge soffre al contrario moltissime eccezioni. Essa verificasi 23 volte, ma di questi 23 casi un terzo circa risulta da quasi uguali allontanamenti in Luglio tra le temperature delle ore più calde e più fredde c il medio diurno. Per esempio in Kremsmunster si ha 2.35 e 2.33, in Salzuflen 2.39 e 2.36. ecc. Converrebbe rieercare quali condizioni di esposizione e di al- tezza, influiscono a determinare le anomalie in questa legge elimatologica. Ss Vo — Movimenti termometrici straordinarii. Sarebbe impresa molto lunga e scabrosa la minuta disa- «mina di tutti ì casi particolari che presentano le curve ter- CI n mometriche diurne. E pure è questo il solo mezzo per poter giungere a stabilire qualche legge generale e fondamentale . sull'andamento delle temperature terrestfi, mettendo di rin- contro alle manifestazioni termometriche, quelle contemporanee degli altri elementi meteorologici, e sottoponendo ad attenta prescrutazione e a severa critica, le più piccole inflessioni, e le più minute influenze. Dovendo trascurare per ora una cir- costanziata monografia su questo argomento (che rimetto ad altro tempo, e a più ampia raecolta di documenti), mi limito a riferire taluni pochi casi che mi sembrano meritevoli di altenzione. Le alterazioni nell’andamento normale della temperatura si manifestano in due modi, con lo spostamento delle ore dei massimi e minimi, e coi forti e improvvisi aumenti o de- crementi di temperatura. Influiscono principalmente sulla temperatura la direzione e forza del vento, sebbene questa influenza cambia nelle diverse stagioni ( sembra esser minima in primavera), e nelle diverse direzioni del vento. Nei giorni 20 e 24 Marzo 1870 il vento fu sempre di E o NÉ e spirò impetuosamente per più ore di seguito. (1 venti la cui velocità oraria è di 30 e più kilo- metri, sono per Modena i più impetuosi e di forza straordi- naria ). Frattanto l’ andamento della temperatura fu prossima- 40 . 122 mente normale, come dimostra il seguente specchietto. (In esso e intuiti gli altri di questo $., mancano i punti. Per esempio per la temperatura 3% significa 3 gradi centigradi e 2 decimi di grado. Per la pressione atmosferica oltre ai punti manca ancora il 700, p. e. 513 indica 751 millimetri e 3- decimi di millimetro. L'umidità relativa è non in centesimi ma in mille- simi di saturazione ). Ora Temp. Vel. ora del vento d Kil. 4870 Marzo 20 13 32 14 44 28 16 45 24 15 16 24 13 47 18 13 5 18 18 13 5 49 23 105 20 57 75 24 74 9) 22 85 4 23 94 25 0 104 25 4 108 35 * 2 444 45 3 443 45 4 4414 4 5 406 4 6 99 715 7 73 19 5 8 57 28 5 9 52 29 5 10 47 30 5 14 44 54 5 » Marzo 24 12 40 325 13 43 32 44 39 27 15 36 24 16 32 24 17 28 49 5 48 24 139 125 Ora Temp. Vel. ora del vento i Kil.i 1870 Marzo 24 20 28 40 2A 44 . 410 292 59 75 23 74 65 0 86 55 Le variazioni della umidità relativa sono sempre in ragione inversa di.quelle della temperatura, sebbene talvolta (sembra che ciò accada principalmente in estate ), i due elementi pro- cedono indipendentemente l’ uno dall’ altro. Eccone un esempio relativo al giorno 25 Gingno 4870. L'andamento della tempe- ratura fu regolare, mentre l’ umidità relativa variò fra 18% e 10% di 68 gradi igrometrici. Ora Temp. Umidità 4870 Giugno 25. 43 190 942 Al 190. 944 15 190 918 46 190 916 47 190 925 18 _ 186 955 49 4194 954 20 204 898 24 228 797 22 242 725 23 244 700 0 257 665 A 271 567 2 271 549 3 274 552 4 278 552 - h) 276 557 6 270 595 7 244 596 8 233. 024 9 248 321 10 196 285 AI 159 652 12 158 684 124 1 Si vede che le variazioni dell’ umidità furono forti ed irre- golari, e che la grande inflessione della curva igrometrica tra le 8° e le 411% fu inavvertita dal termometro. Ecco l’ enumerazione di taluni casi particolari di movimenti termometrici straordinari, avvenuti nel nostro biennio. 6 Agosto 1870. i (©) o .1 |Velocità|g 2 RR e i vento |2# der | L) 13 54 3 248) 782 8 SO 44 541 2 217) 782 10. 415 5A 2 216 755 8 16 SZ 766 75 47 4 41 24 1 755 7 48/5413) .040200752 4 10 5420 2504 595 35 | SO 20| 549] 237) 684 13 NO | Coperto di | 524) 244 739 18 5 Coperto 22) 522) 198) 84 13 5 | NO 23 | 522) 490) 885 9 SO 0 526| 491) 883 65 Coperto L| 523 | 24 4 774 5) 2 52 4 250) 667 45 | SO 3| 524) 241) 595 35/|O | Nebbioso 4| 54 6| 238) 560 45 Nebbioso DI 6512 23 2 | 580 5 6 54 2) 231 589 4 5 7) 542 22 4 604 55 8 54 6 24 4 615 5 9] 520) 209] 648 55 Bello | 40| 522) 206) 648 6 41 522) 203) 668 7 42/52/0202 |752 11 3 Bello Il giorno 6 Agosto 4870 il termometro alzò di 3,°9 tra 18% e 49°, mentre contemporaneamente l’ umidità diminuiva di 45°,7. Non si osservò alterazione seusibile nella \pressione atmosferica. Però dopo le 19* il termometro invece di conti- nuare ad alzare tornò indietro, e la diminuzione di tempera- tura durò sino a 28%. L’ abbassamento da 19 a 23 fu di 6°4, a cui corrispose un’ alzamento di 29. 0 nella umidità relativa. Contemporaneamente la forza del vento cresceva di intensità, | 125 e mentre esso volgeva da SO a NO cadde la pioggia a 24* 44 per la durata di un’ ora. Questo acquazzone estivo con venti occidentali, fu dunque preceduto da un’improvviso aumento di temperatura, di corta durata, e in questo giorno l’ura del minimo fu quella del massimo. 14 Agosto 1870. Il giorno 41 Agosto 1870 il termometro alzò di 4°2 tra 48% e 19” e continuò ad alzare sino alle 3%, cioè anche al di là dell'ora ordinaria del massimo. Però tra le 5% e le 6% ab- bassò di 5°,7 mentre ‘il vento volgendosi per più di 480° di orizzonte, passava da SO ad E, e in mezzo a tuoni fragorosi rovesciossi a 3% ‘4 unagipioggia dirotta. Questo acquazzone estivo con venti orientali fu accompagnato da abbassamento ° Press. | Tempe-| Umid. Velocità SE) Stato Ora atmosf. | ratura |relativ del |2>| del cielo È ra [relativa| vento (2 e n°) 43 52 8 16 8 697 42 SO 44 52 8 46 7 694 14 5 45 52 6 16 4 690 85 46 52 4 45 7 690 65 17 52 5 45 4 690 65 18 52 4 145 9 690 4 5 49 52 5 20 4 650. 4 d 20 52 5 22 3 565 92 Nebbioso 21 52 7 22 9 B54 4 Nebbioso | 29 | 527) 238) 524 4 5 23 52 6 2 A 547 35 0 52 5 24 8 49% 3 5 Lucido 4 52 3 25 5 475 3 5 2 520) 261 462 Di 3 541 9 26 6 451 6 SO | Bello 4 54 Db 27 1 423 5 N Bello 5 54 3 27 3 446 75 |E | 6| 514| 26) 604 | 95 | 7) 545) 199] 650 | 405 I 8 519 191 699 14 | 9 51 9| 490) 703 115 |E Nuvolo | 40| 54 9| 192] 738 | 135 |SO | M| BASI 492) 735 | 435 | 192 541 7 49 2 736 10 5 |SO | Lucido | | | | | | 126 barometrico. Comparando il giorno 11 Agosto col giorno 6 del mese medesimo, deducesi che la differenza dei temporali estivi antimeridiani e pomeridiani consiste in ciò, che nei primi ve- rificasi un minimo fra due massimi, quasi equidistanti dal mi- nimo (che corrisponde prossimamente all’ ora del temporale ), mentre nei secondi ciò non avviene, perchè è rapido l’ abbas- mento anteriore e lentissimo l’ innalzamento posteriore. In ge- nerale i temporali estivi sono tutti accompagnati da forte e improvviso abbassamento di temperatura. Eccone qualche esempio. 4 Giugno 4874. f. U. h n 4 0 26 3 49 4 40 26 3 49 2 20 26 0 50 4 30 25 0 hh 2 40 QUA 39 8 4 50 20 4 46 9 2 Giugno 1874. T. U. b 2 40 28 2 37 7 20 28 2 38 7 30 27 4 43 5 40 27 0 50 4 2 50 2 5 49 4 3 0 259 477 26 Giugno 1871. AE U A mA 6 50 18.9 52 3 7 0 A7 8 58 0 410 46 7 65 0 20 12 2 720 30 412 80 0 127 Appena cessato il temporale, la temperatura salisce di nuovo. In modo che se il iemporale è molto corto, la sua presenza è segnata nella curva termometrica da un’ affossamento corrispon- dente al tempo in cui imperversò. Se tutt'altra indicazione mancasse, basterebbero questi affossamenti delle curve estive, a farci conoscere gli acquazzoni, accompagnati da tuoni, da vento forte e non di rado da grandine, che sogliono avvenire in estate principalmente nelle ore pomeridiane. Che la pioggia sia una delle cause principali e più immediate delle alterazioni dell’ andamento normale della temperatura, è provato da molte osservazioni. Ne porge un’ esempio il giorno 16 Ottobre 4870. 46 Ottobre 4870. (©) Press. | Tempe-| Umid. Velocità = S| Stato Ora atmosf. | ratura |relativa del (È > del cielo vento (Qi | 13 50 4 ANS 9A 4415 | NE A 49 5 45.7 947 4415 | SO 15 48 4 15 6 945 42 NE 16 47 6 15 4 947 12 5 17 46 9 15 0 947 40 48 46 3 49 9 94 6 19 40 6 428 Uh 4b 5 20 46 7 428 | 94 7 Pioggia 2A 47°9 42 7 926 14 5 Pioggia 929 47 2 127 929 14 5 25 47 8 412 4 928 45 5 | NE 0| 487) 424| 926 | 445 |NO| Pioggia 4 49 4 42 2 926 40 NO 2 49 3 12 4 925 4105 |0 6) 50 0 12 9 898 > 1595 |S Coperto 4| 504 143 4 779 16 S Oscuro 5 50 4 135 0 749 46 SE 6 50 5 129 694 | 455 7 50 8 12 0 725 13 5 | SE 8 DA 3 AA A 749 465 |E 9] 524| 4109) 758 | 18 SE|Bello | 40 | 52 6 105) 755 IL 5 44 55 0 10 8 675 10 5 12 5354 10 8 668 8 SE | Lucido 128 Il minimo fu trasportato sino a un'ora pomeridiana, e tre ore dopo avvenne il massimo. Si vede ancora che la pioggia diminuisce le oscillazioni diurne della temperatura. L’ eccessiva umidità produce lo stesso effetto. È anche notevole in questo giorno l’ andamento della umidità relativa, il cui minimo fu a mezzanotte, ora in cui l’ umidità è d’ ordinario in aumento. In questo giorno il vento fu intenso, con rotazione in senso inverso, e urti tra la corrente equatoreale e la polare. Que- st’ ultima fu accompagnata da molta pioggia {27”” 60), e da barometro basso. Come rovesciavasi la pioggia, il barometro alzava, e l'innalzamento si fece più sensibile quando il SE sottentrò deffinitivamente al NO. Col SE diminuì considerevol- mente l’ umidità relativa. i 44 Novembre 1870. 9° -1 | Velocità y = Press. | Tempe-| Umid. So) Stato Ora |simosf. | ratura |relotiva| 3 (È =) del cielo vento (Q= 2, PEZZO gup 15 54 5 4 6 955 95)0 44 BI 0) 45 937 8 45 50 4 4 5 937 75 46 49 6 h 5 939 7 17 489 | 45 939 8 18 48 4 4 4 94A 8 49 | 480) 40 949 6 20 | 477 40 955 dd Nebbioso 21 /4700/00309 957 4 Nebbioso 22 | 46 6 4 0 955 55/0 23 | 464 40 955 75 NO O0| 457]| 44 | 955 8 O | Pioggia 4 449 | 46 955 10 2 4h A 4 6 955 42 5 3| 456] 46 955 43 Coperto hb| 455) 47 | 945 13 5 Oscuro b) 434| 46 | 942 19 6 439| 49 942 24 5 7\ 544 2055 944 27 5 8 450| 58 944 26 (0) 9|] 458 62 926 18 SO | Oscuro 40) 462) 65 896 95 |S 14 46 8 6 5 929 75 | NO 42| 470] 65 924 95 | NO| Coperto 129 Nel giorno 14 Novembre 1870 vi fu un considerevole spo- stamento del massimo. Il giorno cominciò normalmente per andamento della temperatura, ma l’ atmosfera era molto neb- biosa, e l'umidità relativa vicina al massimo. Due giorni pri- ma vi erano state forti burrasche con tuoni, e di notte con acqua gelata. In vari luoghi della Provincia vi furono in quel torno grossi temporali, e sulla montagna, e principalmente a Pavullo, copiose nevicate. In Modena il giorno 44 spirava l’ O con sufficiente energia, e vi fu una piccola pioggia accompagnata da barometro basso. Dopo la pioggia, e crescendo |’ intensità del vento, il barometro cominciò ad alzare, e principalmente quando il vento da O volse a SO e NO. Il massimo termome- trico fu alle 44% della sera, c il minimo igrometrico alle 10°. 25 Novembre 4870. WET REST . | Press. | Tempe-| Umid. Velocità SS Stato Ora Gimosf. Vrsuira | relitiva I, == ‘del cielo pini: vento Qi 13 62 4 95 942 5) NE Ah 6419 95 942 5105) 45 62 1 95 949 DE 16 62 2 95 942 3 A7 62 2 95 942 5 18 62 2 95 94h 55 E 19 62 4 5) 9 944 4 S 20 62 6 8.9 944 2 Nebbioso 21 62 8 88 945 25 Nebbioso 29 65 0 88 945 3 23 65 0 89 945 25 O0| 627 95 942 25 Nebbiosn 4 627 | 100 944 3 2 627 | 100 9A4A 3 Al ONG IO 941 3 -|S | Coperto 4 62 9 96 94 35/0 Oscuro b) 65 4 96 957 3 5 6 62 9 96 955 5] 7 65 A 96 935 305 8 63 2 94, 954 4 OSO MOI 954 4 d Coperto 40 65 6 8 4 954 kb 5 14 63 6 84 955 4 42 65 4 84 955 3 (0) Oscuro 130 26 Novembre 1870. Se Press. | Tempe-| Umid. Velocità S S| Stato Ora atmosf. | ratura |relativa del 2 > del cielo I vento |(QF so 43 63 3 88 954 25/0 14| 63 5 88| 95% 3.5 15 63 2 88 955 4 416 63 2 88 955 4 A7 630) 88 955 55 18 62 8 88). 955 8 (0) 49 62 8 88 955 95|NE 20| 628 88) 955 AA |E | Coperto 2A | 629 88) 957 10 Coperto SO MN63N0 90) 955 85|E 23 | 633 95) 955 95 | NE 0| 627 96) 952 14 NE | Coperto A 62 4 98) 949 10 E 2 62 2 98 949 9 NE 3 64.7 10 3 945 41 Oscuro 4 64 7 103 | 944 13 5 Oscuro 5| 616| 403) 944 14 6 64 4 10 2 944 13 5 n) 641 4 402| 944 165 {NE 8 60 7 1002) 944 A8B5|E Oscuro | o| so6| 102) 94 | 145|E 40 60 2 40 2 944 135 | NE A4 59 9 40 2 942 18 E i 42| 598 10 3 942 99 E Oscuro l' giorni 25 e 26 Novembre 4870, possono somministrare una chiara idea di quella specie di ristagno atmosferico che produce in Modena Ì’ eccessiva umidità (principalmente in No- vembre), e che in qualche modo è anche indipendente dalla direzione e forza del vento. In questi csi avvengono variazioni molto piccole negli elementi meteorologi, e frequenti soste nei medesimi. Per esempio il giorno 25 Novembre la temperatura fu stazionaria da 135% a 48%, da 20* a 23%, da 5% a 7%, e da 40% a 42?. L'indomani la temperatura fu stazionaria, per 9 ore di seguito, da 138% a 24* quantunque il vento sì fosse volto da 0 a NE e ad E, e avesse a 24" quadruplicato la sua velocità relativamente 151 alle 43*. Contemporaneamente la bassa atmosfera era piena di | densissima nebbia, e avveniva lentamente una specie di distil- lazione di gocce acquee sensibile al pluviometro. Più tardi re- | stando le condizioni medesime della bassa atmosfera, la tempe- I ratura fu stazionaria per 40 ore di seguito da 3° a 42, e il solo barometro, abbassando nello stesso intervallo di circa 2 mil- limetri, risentì l effetto della forza e permanenza dci venti orientali. A Dicembre 1870. ©) Press. | Tempe-| Umid. Velocità SS) Stato SI ast cento ida MESE] a ativa| vento (S| © cielo e n=} ni 13 57 9 52) 9 14 E 14 57 9 5 2 889 10 45 | 578 52) 870 9 16) 57 5 5A 866 105 |E A7| 575 50) 840 43 5 | NE 18) 575 4 3 795 416 5 19) 57 5 44 TIA 13 5 20 | (579 49 769 18 5 Coperto 2 | 582 41) 769 24 Coperto 29 | 58 6 4 3 710 27 9 93| 584| 44| 479 | O) 58.4 49) 488 200 Nuvolo | RU ‘5759 40) 442 225 | NE 9 |: (57.3 40) 394 24 E ! 3| 570 40)| 384 50 Nuvolo | AO o4| 393 285 |E | Nuvolo | 5| 569 27) 412 | 22 |NE 6 56 9 29 452 17 NE 7) 572 22 468 455 |E I 8| 576 20 492 21 NE | 9) 579 17) 498 34 5 Nuvolo 410| 58 4 12) 465 38 5 | MA | 586 8| 422 | 265|NE 12| 587 4| 402 175 |E | Nuvolo | Vi sono talvolta onde atmosferiche; che precedono grandi | caldî o grandi freddi, che agiscono così intensamente da ma- | scherare del tutto i massimi e minimi diurni. Queste onde 152 accadono di rado. perchè anche nelle epoche eccezionali di freddo e di caldo, vi è sempre un qualche indizio dei massimi e minimi. Un esempio di tali onde rarissime, ce |’ offre il giorno A Dicembre 4874. Nello specchietto al medesimo relativo si scorge, che la temperatura andò successivamente diminuendo dal principio alla fine del giorno, senza alcun vestigio di mas- simi e minimi. Scorgesi ancora che il barometro non risenti quasi gli effetti della enorme escursione di 52 7 nella umidità relativa. A questa onda successero freddi intensi, e copiose nevicate. Si osservi che queste ultime sono quasi sempre pre- cedute, prima da caldo eccezionale accompagnato da grande umidità, e poi da abbassamento successivo di temperatura, ac- compagnato da siccità. È impossibile non vedere in ciò l’ effetto di correnti aeree ascendenti, che trasportano il vapore acqueo nelle alte regioni dell’ atmosfera, ove preso dal freddo intenso subitamente si accumula e si condensa, e cade in forma di fiocchi di neve. Questo giuoco delle correnti ascendenti è degno di attenzione, e massime nei mesi invernali deve mettersi in seria considerazione, per ciò che riguarda le nevicate e le grandi variazioni atmosferiche. Relativamente a tali correnti non sarà inutile ricordare, che |’ esistenza di esse sembra essere dimo- mostrata evidentemente, tra le altre cose, dai seguenti confronti. Ho diviso le stazioni meteorologiche dell’ Italia superiore e centrale in due grandi classi. La prima di stazioni alte, con la inedia altezza di 389 metri sul livello del mare, e la seconda di stazioni basse, con la media altezza di 62 metri. Pigliando per medio di quattro anni di osservazioni, |’ umidità relativa corrispondente a queste due stazioni ipotetiche, trovai che l'umidità delle stazioni alle è in inverno minore e in estate maggiore di quella delle stazioni basse. Ecco i risultati ottenuti: 1866 - 69. Stazioni Inverno Estate Inv-Est. Basse 80028005678 04 29/05 Alte 75 24 08 20 + 17 04 Alt.-Bas. — 507 + 41 47 — 6 54 153 99 Dicembre 4870. (©) Press. | Tempe-| Umid. Veloor S| Stato Ora tmosf.| ri elativ e del cielo atmosf.| ratura [relativa | vento 5=| € 143| 392) 39| 942 | 41415 |NE 44 39 5 39 939 7 N 15 39 6 47 941 6 16 39 3 A 4 941 5 47 39 3 13 944 4 18 39 4 41 94î 3 19 39 5 4 0 944 3 20.| 39 5 10) 941 3 5 Oscuro 2A 40 0 9| 934 3 Neve 22 40 2 9 905 A 5 93 40 2 4 0 840 ,Ì 0, 398 130 788 3 Coperto 4 39 3 i 2 776 45 2| 392 8| 779 3 5 20 R3908 8 782 25 Nuvolo 4 39 2 6 784 25) Bello 5) 396 4. 797 55 6 39 5 3 840 7 5 7 39 3 0 826 ko) 8 399|- 3 838. 10 \ VSS ST) 854 44 5 Bello 10 99 4| — 13 8604 42 4K 4092| — 16 867 AA N 42 402 | — 48 867 10 E Bello Un’ altro esempio di temperatura successivamente decre- scente da un capo all’altro del giorno, si ebbe il 22 Dicembre 1870. Il massimo e il minimo avvennero ai due estremi, però vi fu un piccolo indizio dell'onda diurna. Questo forte abbas- samento termometrico di 5,7 avvenne spirando il N, ed essendo molto basso il barometro, che cominciò ad alzare quando il vento da N passò ad £. Il giorno 22 cadde un po’ di neve. L’indimani la nevicata fu copiosissima. 134 48 Gennajo 4874 Toe Ora | P'ess. Tempe-| Umid. VEDRA S S|, Stato atmosf. | ratura | relativa ‘_ [= 7| del cielo vento 23 = so vr] 13 | 466| — 8) 856 44 (0) 44 469| -412)| 856 85|S0 45 46 6 | —A4 4 856 205|)0 16) 454|— 7) 856 25 5 | SE 47 449| 4414 3597 49 SE 48 45 9 4 8 896 405 | NO 49 45 3 4A A 854 55 NO 20| 456| 40 857 75|SO | Pioggia 24 | 46 6 44) 860 75 | NO | Coperto 22 | 467 23) 863 415 (0) 23 46 2 44 394 4195 |S O0| 46 4 72) 826 13 5 Bello A 46 4 79 798 10 5 2 45 9 78 798 413 S 3| 466 DE TIOO 16 5 |SO | Bello 4| 468 66 749 16 NO | Bello 5 47 A 4 5 752 13 S 6| 477 SON ez02 85 | NO 7 48 2 5| 753 55 8| 4838|-+ 4 753 6 NO | 0| 495|— 2| 756 | 9 |O | Bello 40| 497|— 9) 756 99 14 498| -25 758 85 12) 496| —28| 758 650 | Nebbioso | 135 49 Gennajo 1874 ©) Press. | Tempe-| Umid. een Risi Stato Ora |atmosf. | ratura |relativa| d0" |E "| del cielo 1 vento |Qa e n°) 13 495| —3 6 833 45|0 44 497 | —42 840 8 S 15 492, -4 2 843 11 NE 46 4833 | -4 1 843 405 {E 17 473|-3 9 846 42 E 18 469| —3 7 846 45 5 | SE 49 465 | +14 4 839 47 5 20| 459 34 334 17 Nuvolo 24 454 54 805 48 5 Nuvolo 29 43 8 6 6 758 27 23 43 A 78 752 709 0| 444 74 752 15 SE | Pioggia A 44 2 64 759, 65 | NO 9 441 3 7A 792 95|NO O MIO 65) 752 125 {SE | Nuvolo 4 4A 8 60| 752 40 SO | Nuvolo 5 44 6 56 752 13 S 6 42 A De 752 416 SO 7 43 2 2 A 75992. 105|0 | SOMA NOI 759 75 | 9Q| 448| 44| 755 85 Bello | 40 45 6 9 755 709) 44 45 6 8 755 85 42 46041) + 3 755 8 0 Bello Accadono non di rado in inverno dei forti e improvvisi aumenti di temperatura, che sono in rmmediata relazione coi cambiamenti della direzione del vento. Un’ esempio di questo fenomeno si ha nei due giorni 18 e 49 Gennajo 4874. l due diametri dell’ orizzonte che si tagliano ad angolo retto, NE-SO, SE-NO, presentano effetti diversi nel cozzo ed incontro dei venti che in ciascuno di essi spiecansi dagli estremi. (4) Le due correnti NE e SO, accompagnate da forti variazioni barometriche, e talvolta (massime In Aprile ed Ot- (1) V. Appendice Nota B. 156 tobre) da apparizioni più o meno sensibili di aurore boreali, non producono effetti termometrici così spiccati, come quelli che si verificano nell’ urto delle due correnti SE e NO. Proba- bilmente anche le circostanze topografiche influiscono a produrre questo effetto. Il giorno 18 da 16% a 17% la temperatura si accrebbe di 4,° 8 venendo ad urtare il SE col NO. L’indimani da 18% a 19% aumentò di 5° 4. e anche avvenne il medesimo incontro di venti. Il barometro nei giorni 48 e 19 Gennajo era molto basso. Nel primo giorno vi furono 5, e nel secondo 8 mill. di variazione. In ambidue i giorni i venti occidentali tendevano ad alzare, e gli orientali ad abbassare il barometro. 47 Maggio 41874. 2} ele 2% | Galva | s|5g/2>=s55|/ss|Sele=/+=32) Galva | Stato 5855/8337 .52|253:2 È nometro | del cielo sE o =P>s 2|=-- alia (1) 13|54 541 9| 973/19 NE 14|51 541 9) 974/14 15/54 411 9| 971/42 5 16/54 3/41 9) 974/13 5 17/50 9|141 9| 974|15 0 65 18/50 541 9) 974/16 0 78 19/50 3/42 0| 974/18 5 0 9% 20/49 4/12 0| 975/22 1 84/-— 08/--55 0| Oscuro 24/49 41/412 41) 973/24 0 26— 0 6/93 0| Oscuro 92/48 5|12 4| 973/23 5 0 43 23/48 2/42 4| 970/22 0 39 0147 2|12 41) 970/25 013— 02) GO Oscuro 1/45 8/42 A4| 974/31 5 2/44 4/12 3| 974/34 5 0 39 3/43 5/42 3| 973/34 +60) GO Oscuro 4142 9/42 3| 976/30 5 +34 5|-50 0, Oscuro 5142 3/12 4. 970/21 5| NE 6/42 2/12 2| 957/20 5| NO |0 65 7142 8/11 9| 938/27 O (2 20 8/44 7|14 6) 932|28 | 945 8|11 2) 934/22 5 0 26|+ 4 2\—-44 | Oscuro 10/46 314 4| 99513 0 13 ì 14|46 4 A Ki 5 Nuvolo (1) O. significa oscillazioni. G. 0. grandi oscillazioni. 137 Il giorno 17 Maggio 1871 offre un notevole esempio di movimenti termometriei anormali, e della mutua influenza dei varì elementi meteorologici. Il barometro si abbassò di 9”? 3 da 13 a 6, € poi si inalzò di 4.2” 3 da 6 a 12. Nella temperatura non vi fu minimo mattutino. Essa rimase stazionaria per molte ore, e il suo massimo fu poco discosto dal minimo barometrico. Anche l’ umidità fu quasi stazionaria per tutto il governo, e dopo il massimo termometrico e il minimo barometrico cominciò a diminuire, e calava ancora di nette, in ore nelle quali d’ ordinario si accresce. Il vento NÉ era impetuosissimo, e la sua massima forza precesse un poco i punti di regresso sopra specificati del barometro, del termometro e dell’igrometro. Il barometro abbassò coi venti orientali, e alzò con gli occidentali. La colonna 7.* dello specchietto antecedente contiene la pioggia caduta, giusta le indi- cazioni dell’udometrografo. La massima pioggia avvenne in pros- simità al cambiamento di direzione del vento ( già sufficiente- mente diminuito di intensità ), e al gruppo dei regressi anzidetti. L’ elettricità atmosferica fu negativa per una metà circa del giorno, mentre la pioggia cadeva lentamente, ma in vicinanza all’ epoca dei cambiamenti sopracennati diventò positiva ed intensa. Le correnti telluriche indicate dal galvanometro (col. 9.) furono sempre discendenti. A. mezzodi e a 3% sera le oscilla- zioni dell'ago galvanometrico furono così ampie ed energiche, che non potè segnarsi una precisa indicazione dell’ ago. Se Vi. — Variazioni della temperatura. Le tre quantità diurne che si considerano come elementi caratteristici della temperatura in una data stazione. massima minima e media, si ricavano d’ordinario da tre diversi stru- menti, e perciò non sono tra loro paragonabili. Anche mettendo la massima diligenza nel confrontare per lungo tratto ciascuno del tre strumenti con un buon campione, determinandone Îa correzione individuale, e curando di coliocarli nella maggior vicinanza possibile, non si può mai sperare di ottenere indì- cazioni rigorosamente comparabili. | tre strumenti hanno spe- ciali tendenze di assorbimento e di radiazione, e dippiù non potendo essere compenetrati nel medesimo punto delle spazio, sono toccati da diversi strati atmosferici, e non possono essere rigorosamente sottoposti alle influenze medesime. Vi è una considerevole differenza tra i massimi e minimi barometrici e termometrici, in relazione agli APPAFECohI regi- 158 stratori. Se per mezzo di apposito strumento si determinano isolatamente i massimi e minimi barometrici, essi procedono di accordo coi valori somministrati dalle curve del barometro registratore. Però per la temperatura avvengono notevoli di- screpanze tra le indicazioni dei termometri a massima e mi- nima, e quelle del termometro registratore. ; Se ammettiamo, come deve ammettersi, che i valori mas- sini e minimi diurni devono attribuirsi alle stesse influenze che determinano le varie fasi della temperatura nelle diverse ore del giorno, e in coacervo la temperatura media diurna, come vi è corrispondenza (dentro ì limiti sopra specificati) tra la temperatura osservata nel termometro esterno in up’ istante qualunque, e quella contemporaneamente indicata dalla curva termografica, così vi dovrebbe essere corrispondenze tra ) va- lori massimi e minimi diurni dati dai termometri a massima e minima, e quelli somministrati dalla curva del termometro registratore. Ora questa corrispondenza mai si verifica, e le differenze giungono talvolta a un pajo di gradi. Quindi reputo fermamente, che non si procede con la dovuta esattezza, com- parando i massimi e minimi ottenuti per mezzo dei termometri a max. e min. con ie quantità somministrate dal termometro ester- no, e ricavando il valore medio diurno da una formula iv cui entrano promiscuamente quantità ricavate dai tre strumenti. In prova di ciò inserisco i valori massimi e minimi tratti dalle curve dello Igrotermografo, per dieci decadi consecutive da 20 Marzo a 30 Giugno 4874, comparati coi valori contemporaneamente rica- vati dai termometri a massima e minima. Si noti che a ciascu- no dei due termometri si applica una speciale correzione, de- sunta da lunghi ed esatti confronti col termometro campione. La disposizione dei termometri nella finestra meteorologica di questo R. Osservatorio è conosciuta, essendosene già pubbli- cata la descrizione con le relative figure. il iermometro a mas- simi e il termometro esterno sono a mercurio, il termometro a minimi è ad etere amilico. Tutti i bulbi sono cilindrici, oriz- zontali nei termometri a max. e min., verticale nel termometro esterno. Î tre termometri sono collocati pel medesimo piano verticale, distante 60 centimetri dal bordo esterno della finestra. Il termometro a max. è ad ovest ed il termometro a min. ad est del termometro esterno. Quest’ ultimo dista 32 centimetri dal termometro a max. e 61 dal termometro a min. nella di- rezione orizzontale, e 33 centimetri da ambidue nella direzione verticale. Tali distanze sono relative al mezzo dei bulbi. N 0 _ e_06€e @d_—111t11lEéééééEtEheeiIeEENE rmoae too 950 PINNA MO MMI NLILSMOnDOIBAanneHALSI SA wa co i << SAnnMONOnNMAne MO IONICA OMOIOS ii SODO 0O0kISqq DL «Je DO SO _ DOSI DI (sie) C: PEELIFAFFPAFFPPPFH PEPFPPPPTT+HFHHHHHtHtt4#4 9 NULLI O-oce< (3) iS deeeeR E sERReEReSee RENIELIEERAT 00 + GI 0 DINI DLE NILTIFINNOTCNOSOSOSCSILTIAIO € GC Curssetu O TIININCONTONA 09 SO Mono lì Mn DOM NL0ONN S ‘duo J SINNI NI ISIN CSIUUIIIZATIIZI INDIA A A 119904 /WIOL] soa NnPEnnoLAANNIACNLTITNSCONI TONI o e ulisseul N OIL OD TCMLOL NOMEN NOIOSI LASA 0 ‘duaJ — UAN e Ia CNN INCI = LU in] CINE CORI GITE EI RZ LIETI PIOVE TIT CITI AE NEI ERI PRCIITDI > SCI IIZI I ZRE SIIILI SRI II CEN ARE TI E IENE O TE — > OSS Tavola IX. Vi | V OSSErv. pentadi 407 370 962) 4 4100 943) A 300 ALDI A 449 075) 4 251 932) 1 063 | | calcol. pentadi A i 1 4 A V Data Genn.34 Febb. 1 2 1297 5 5 6 1/09 7 8 9 1544 12 1612 17 1703 22 1792) 27 Marzo 4 \' OSSEFV. 0 | giorni 857 0 860 A 1 1 2 lo (Re |a sd fasi hdi e Ra 212 282 446 670 894 662 235 442 080 609 642 403 350 072 940 >| 1 27844 V OSSErv. pentadi A 4481 1 0971 1 485/41 I V ealcol. pentadi 1830. 1970 2070 2184 2309 2460 Segue la Tavola IX. 147 V V V | V | V Data |osserv.losserv | caleol.! Data. |osserv.|osserv. giorni | pentadi| pentadi giorni | pentadi [| Marzo 2 | 0 686 Aprile 41 | 1 097 5 | 0 999 2| A 435 4 | 0 948) C 9404 2634 3 | A469| 4A 292 5b| 0792 4| 4A 155 6 14 275 5 | 4 308 74 584 6 | 1 695 8|4 484 7A 667 9 | 1 393) 1 375/i 2835 8 |A 504| 4 819 40 | 4 331 92027 141 | A _ 284 40 | 2 204 42 | 0 955 14 |A 348 A3 |A 349 42 0 945 44 | A 439 1 489/14 3060 43 | 0 982| 4 344 15 | 0 945 44 | 1 660 16 | A 286 45 | 1 654 A7T | A 559 46 | A 479 18 | 4 4155 47 | 1 638 49 | 4A 984) 4 540|1 3340 18 | 4 354 A 446 20 | 4 957 49 | 1 085 24 |A 049 20 | A 675 22 | 4 089 21 | 2 343 23 | 4 340 99) | 21981 24 | A 645) 41 36Î/141 3577 25 | 2 068| 41 884 25 | A 479 24 | 41 657 20 | 1 284 25 | 1 108 27 | 0 986 260 | 4 024 28 | 0 824 SU 1 179] 29 | A 427) A 125\1 3859 928 | 1 534| 4 440 30 | 1 448 29 | 41 468 34 | 1 298 30 | 1 546 RAD II E V calcol. pentadi A 4454 A 4440 1 4724 A 4994 1 5237 A 5449 148 | Data Magg. £ 2 3 4 5 6 7 3 9 40 44 12 13 14 19 16 17 48 19 20 V OSserv. giorn! = |a e e jo No sà 2 pla ped i a e è a Ri a tm fi i e ea 687 454 Segue la Tavola IX. V OSSserv. pentadi vl calcol. pentadi 1 5766 A 5866 DI 5924 4 5941 A_5924 Data V OSSErv. giorni 590 353 226 195 434 328 786 439 708 935 NO == = NO 9 = a MO > > > (N) (19) a i i n dI (©) QI V Osserv. pentadi 1 760 439 445 932 V calcol. pentadi A 5872 1 5799 214 5708 { 5608 Segue la Tavola IX. 149 V V V | V V Data |osserv.\osserv.| calcol.f Data |osserv.| osserv. giorni | pentadi; pentadi oa Giug.30 | 4 358 Lug. 30 | 1 493 Lug. 1 | 1 557 34 | A 275 2|4 164) 1 26401 5347/Ago. A | 4 324 3|41 407 2 3 742 4 |A 356 34 879 5|41 384 4 |A 549 64 362 5B|A 654 7A 247 A 3241 5242 6|2 8 | 1 457 7|3 196 9A 520 8/2 029 40|4 327 9 |4 454 44 |A 464 40 | 2 809 A2 | A 343| 41 372|1 5483 41 | 2 929| 4 949 43 |A 044 4129 | 4 333 A4| A 684 13 | 4 070 AB | 4 694 ALA 377 416 | 4 453 15 | 41 780 47 | 4A 454) A 325/4 5440 16 | 4 670) 1 5835 A8 | 1 027 A7 |A 492 149 | 1 306 48 | 4_ 354 20 | 4 502 19 | 0 988 9 | 41 455 20 | 4 405 29 | 4 054| 4 280|4 5442 2A | 4A 120) 1 367 23 | 4 158 22 | 4 465 24 | 1 300) 93 | 2 4156 | 25 | 1 028 2a | 1 779 | 26 | 41 022 25 | 4 404 27 | A 652 4 384/14 5095 26 | 4 O44| A 342 98 | i 775 27 | 1 343 29 | 4 448 28 | 4 470 calcol. n pentadi ! 4 Lal 5086 4A 5059 A 5030 A 4980 A 4902 150 V Data 'osserv. giorni Ago. 29 | A 605 50 | 2 120 3120207 Sett. 41| 1 561 2/4 049 30/0/1773 4 |A 482 5| 41 459 6| 4 483 7A 374 8/1 297 90 943 10 | 0 927 44 | 41 286 A2| 1 4604 43 | 1 169 A4| A 076 415 | 0 999 46 | 4 150 A7| A 847 48 | 2 293 19 | 2 085 20 | 4 437 24 |A 434 22 | A 888 | 25 | 4 506 94 | 1 454 25 | 41 3410 26 | 4 444 27 | A 344 Segue la Tavola IX. V OSSErv. pentadi V caleol. pentadi 1 7021 4794 4 4194 A 802 1 4649 1 4467 A 4245 1 3992 dA 3706 Data V OSServ. giorni 185 209 169 947 209 fia — da n a 748 625 i © sd i =» o) (9) O > > a dI 9 [ai V OSSErv. pentadi A | 136) 285) 079 135 448 V calcol. pentadi d 1 1 1 1 3395 3069 2735 2400 vi 1777 Segue la Tavola IX. V V V V Data. |osserv.losserv.icalcol.î Data |osserv. giorni | pentadi| pentadi giorni Ott. 28 | 1 246 Nov. 27 | 0 849 29 | 0 699 28 | 1 004 30 | 0 709) 0 983/14 1504 29 | 0 964 31 | 4 109 30 | 1 294 Nov. 1 | 1 454 Dic. 41 | 1 409 2| 4 043 20 845 3/4 419 3|0 729 © _.4| t 178) 4 075|4 4264 4|0 877 5|4 032 5|0 780 6|0 932 610912 7|1 344 7|1 449 | 8 |A 538 8 |A 209 9 | A 521) 1 584/41 4067 9|0 955 40 | 4 781 40 | 1 320 41 | 4 756 41| 1 099 42 | 1 297 192 | 0 850 13 | 1 066 13 | 1 050 44 | 4 245) 4 138/41 0913 44 | 4 231 15 | 1 184 A5 | 1 085 16 | 0 899 16 | 0 628 17 18 6. 17 | 0 679 18 | 4 354 48 | 0 944 19 | 0 928] 1 0754 0806 49 | 0 782 20.| 0 951 20 | 0 635 21/0 987 240 978 | 22] 41 070 99. 1 570 | 23 | 4 037 | 23 | A 537 24 | 0 990) 1 027|1 dn 2 | 0 995 25 | 4 450 25 | 0 964 | 26 | 0 886 26 |A 022 SE Te 27 | 1 097 | 28 | 1 226 29 | 4 294 30 | 0 994 34 | 0 964 151 caleol. pentadi osserv. pentadi 1 103|A 0722 0 8291 0738 1 206/14 0787 0 9691 0864 0 803|1 0960 4A 2184 : 4 145/4 Ò 152 4. L'espressione generale della variazione V della tempe- ratura è la seguente V = 14.3487 + 0.24897 Sen ( 283° 47' 46" + M) + 0.02294 Sen ( 294 40 40 +#2M) + ‘004292 Sen ( 65 25 7 +3M). che è l'equazione di una curva a un massimo e un minimo. Questa formula è ricavata da 73 valori pentadici (4). 2. La formula somministra per l'epoca della massima va- riazione di temperatura il 23 Maggio, e per quella della mi- nima variazione di temperatura il 29 Novembre. Queste due epoche singolari ( di opposta deciinazione solare ) da niun me- teorologista per quanto mi sappia avvertite sinora, sono con- sentanee alle nostre più ovvie impressioni sulla temperatura. Difatti il mese di Maggio è quello in cui riescono più sensibili le variazioni di temperatura, e gli eccessivi calori o eccessivi freddi che in esso non di rado si sperimentano, inanno dato origine a molte discussioni ed ipotesi. Ii mese di Novembre è poi quello dell’aria stagnante e della permanenza delle tempe- rature. 3. Da una formula da me calcolata sopra il settennio in discorso, per la determinazione provvisoria della temperatura normale di Modena, ricavasi che la data della massima tem- peratura è in Modena ii 27 Luglio, e quella della minima temperatura il 42 Genna)o. Ravvicinando queste due date alle precedenti, si perviene al notevole risultato, che igglue solstizi sono intermedîì alle epoche di massima e minima variazione da un lato, e di massima e minima temperatura dall’ altro. E precisamente il solstizio di estate avviene 33 giorni dopo la massima variazione, e altrettanti prima della massima temperatura. Il solstizio di inverno accade poi 22 giorni dopo la minima variazione, e altrettanti prima della mi- nima temperatura. Insomma le epoche critiche annuali dei due estremi termici, sono regolarmente aggruppate intorno ai solstizì. Il solstizio di estate è nel mezzo dell’ intervallo tra la massima variazione e la massima temperatura, eil solstizio di inverno è anche nel mezzo dell’ intervallo tra la minima variazione e la minima temperatura. (1) Vedi 1° Appendice in fine. Nota €. 153 4. La medesima formula generale delle variazioni V ci fa conoscere, che le epoche delle medie variazioni di temperatura sono il 23 Marzo e il 28 Settembre, cioè prossimamente i giorni dei due equinozi. 5. Le epoche relative alle variazioni della temperatura, sono sempre in precedenza riguardo a quelle concernenti i valori assoluti. Il primo medio della temperatura succede 22 giorni dopo il primo medio della variazione. La temperatura massima 66 giorni dopo la variazione massima. li secondo medio della temperatura 19 giorni dopo il secondo medio della variazione. La temperatura minima 44 giorni dopo la variazione minima. 6. La variazione massima succede 62 giorni dopo il primo medio della variazione, e la variazione minima altrettanti dopo il secondo medio della variazione. L'intervallo tra il secondo e il primo medio è, per le variazioni 190 giorni, e per la tem- peratura 187 giorni, cioè presso a poco uguale. 7. Le variazioni minime e massime stanno fra loro nel rap- porto come 100 a 149. Ne meno importanti dei risultati medì, sono quelli delle massime variazioni. Nel quadro seguente sono annotate le più grandi variazioni della temperatura media in due giorni con- secutivi, negli 84 mesi del settennio, tenendo conto del segno. 18 154 Genn:jo | Febbra]o Marzo Aprile Maggi Giugno = cezenna Max. Data Max. | Data 8 Max. | Data Max. | Data Max. Data ; Max. | Data fnicnzi | 1864 14-5 000/14 a 15j—3 000| 4 a 5044 144130 a 54j—5 417) 6 a 7/7 S64 3a 4j_4 640/27 a 28 65 Η9 250/28 a 29+3 875|17 a 18}/—6 823/19 a 200+-5 053) 9 a 40142 547/24 a 2 —6 31713 a 4 66 143 5164 a 244 320/26 a 27/—2 896) 7 a Si—7 493/20 a 24[+4 988/25 a 2614-4 084) 9 a 10 67 1-4 477/15 a 16/—4 860/27 a 28/+% 497/19 a 20/—7 237/21 a 22j—% 603/21 a 99 —6 017/14 a 15 68 142 667) 2a 8Î-44 648112 a 413j—3 313/23 a 24}—7 104| 9 a 40/3 327/113 a f 149 267/23 a 24 69 1-4 087 9 a 10/—4 030! 6 a 7i—4 077490 201—4 327130 a dl—% 966/31 a di—4 075! 9 a 40 70 E 056/25 a 26(—5 4417 6 a 714 760|43 a 14—D 106/27 a i 426/25 a 2 sue a 8 Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre Anni ar Max. | Data { Max. | Data | Max. | Data | Max. | Data | Max. | Data | Max. | Data (ee eee recinti cs Do emne] RAI DETTO [ormai |] 1864 La 543/13 a 14j—9 417310 a d1j—4 ste a 49—3 550) 2a 3|j—4 4154 5a 6/3 07710 a dl 65.4 057/23 a 24/—4 178) 6 a 7f—4 320/12 a 13j+4 293/17 a 418(—2 230/18 a 49/—4 040) 7 a_8 66 |—3 487/18 a 49j—6 218/10 a 14f—6 BIO|17 a 48:—2 070] 6 a_7|—3 79317 a 18j/—2 47445 a 46 67 |—4 910/27 a 28/—% 577/27 a 28j/—4 980/24 a 25f—4 866) 3 a 4|/—3 526) 2a 3|—0 99749 a 20 68 [4-5 200/30 a 81j—3 817/29 a 30/+3 784/26 a 27[—5 060/27 a 28|--3 450] 7 a _ 8/4 597 9 a 10 69 143 200/20 a 211400800 a 41/—6 663/24 a 22/—5 643/17 a 18}—6 507/10 a 4li—4 887/22 a 23 70 |—4 484/46 a 1754 997| 2a 3j—3 987/18 a da 850/10 a 41|—4 717/30 a tes 913/25 a 26 ISO: eeEeleeeJ-6ÒETT,TX, Massima variazione assoluta della temperatura media tra due giorni consecutivi nel settegitio) — 10.08 da 10 a 11 Agosto 1869. 155 8. Le variazioni positive sono 18 e le negative 66, cioè le une stanno alle altre nel rapporto come 4 a 3.67. Dunque le cause che abbassano repentinamente la temperatura, sono più frequenti di quelle ehe repentinamente l’ innalzano. Però il rapporto è diverso nelle diverse stagioni, come dimostra il se- guente specchietto. Stagioni Variazioni Variazioni Rapporti positive negative Inverno 7 4h 2 00 Primavera b) 46 3 20 Estate 4 47 lb 25 Autunno 2 19 9 50 Anno 48 66 3 67 E perciò è in inverno che sono più numerosi i casi di repentini innalzamenti di temperatura, e in autunno che avven- gono in maggior quantità i casi di repentini abbassamenti. 9. Le massime variazioni sono così distribuite relativamente ai varî giorni del mese. iran? 4 Da 16 a 47 4 » DRD N) 4 'AZIOAS 5 » DN A 3 » 48 » 49 4 » RR 05) den DO 020) 4 » DI o 4 vi 0200 IRA 2 » 6» 7 b) NI I 4 » ARGO 4 DOO a DI 4 » 8°» 9 0 DI 2 io 3 » 9 » 10 6 DA no 0 1 » TORNA 6 IZ A) 4 AA o 0 AZIO MEDI PAZ 2) DL CADI, DES 2 DIO Zi OS 6 » 15 » 414 3 DTS A » 414 » 45 2 aL 29 i0 1 » 45 » 46 2 » 830 » 831 4 Dodo Pol 1 Î giorni in cui le massime variazioni della temperatura avvengono in maggior numero, sono dunque da 9 a 40, da 40 a di, e da 27 a 28. 156 l 10. Vi sono delle date singolari nelle quali per lo stesso mese due o tre volte ( in sette casi ) è avvenuta una massima yariazione di temperatura. Queste date sono le seguenti: Per Febbrajo Daron sara Nel 1869 e 70 Marzo o 19 » 20 » 1865,67 e 69 Aprile » SI AZIO » 1865 e 68 Maggio » 24 » 22 » 4865 e 67 Id. DINO 00 » 41866 e 70 Giugno O AO » 4866 e 69 Agosto » A40 » di » 4864,66 e 69 Settembre » 48 » 19 » 4864 e 70 Ottobre DOMA 5 PAS » 4865 e 69 È degna di attenzione la circostanza, che per Agosto la data prevalente delle massime variazioni di temperatura, coincide con quella della ricorrenza periodica delie stelle cadenti. Siccome la conoscenza delle ore effettive della massima e minima temperatura diurna, è un’elemento molto importante non solo in meteorologia, ina ancora per gli usi medici, inse- risco quì per disteso il primo biennio delle relative annota- zioni, tratte dalle curve del mio termometro registratore (1). Alle ore antimeridiane è aggiunto il 12. Il bienno si estende da Luglio 1869 a Giugno 1874, vi manca però totalmente il mese di Maggio 4870. | vuoti che si riscontrano in queste tavole dipendono da tre cagioni, cioè da qualche accidentale dimenticanza della annotazione, dall’ essersi esclusi quei giorni in cui il massimo e il minimo trovansi agli estremi della curva, ossia in cui la temperatura è, in via eccezionale, progressiva- mente crescente o decrescente, infine dall’ essersi ancora esclusi tutti i casi in cui il segno non era distintamente visibile. Quindi questi vuoti se diminuiscono un poco il numero delle osservazioni, assicurano |’ esattezza di quelle che riferisconsi. Il minimo mattutino avviene inmancabilmente ogni giorno, (1) Le ore accidentali dei massimi e minimi termometrici diurni, da più mesi sono inserite quotidianamente nel bullettino meteorologico che questo AR, Osservatorio pubblica nel Giornale di Modena. Per quanto mi sappia il solo Osservatorio della Università di Upsal, pubblica regolarmente nel suo Bulleltino mensuale, le ore accidentali delle temperature massime e minime. 157 e gencralmente ad esso corrisponde la più piecola tempera- tura diurna. Però in conseguenza di speciali anoinalie, talvolta nelle ore pomeridiane la temperatura si abbassa anche al di- sotto di quella del minimo mattutino. Questo abbassamento avviene in due modi. O è progressivo sino alla fine della curva, ossia sino alla mezzanotte. Ovvero dopo l’ abbassamento sero- tino, la temperatura si rialza dì nuovo, come suole principal-. mente avvenire in estate, in occasione di corti temporali e acquazzoni (vedi 26 Giugno 4874 ), e in questo caso è indi- cata l'ora del secondo minimo. Nella tavola seguente la prima colonna di ciascun mese è la data, la seconda l’ora in cui è avvenuta la temperatura minima, e la terza l'ora in cuì si è osservata la temperatura massima. 158 Luglio 1869. hi en 4| 47 26 2) 18 39 3| 47 29 4| 47 49 Db NIS,(22 6| 17 29 7| —— — 8 9 17 26 10| 17 19 14| 17 37 (O ia 13| 47 46 A4| 18 14 15| 17 0 stes SLaUTIMITITIWE = | sd su) | | | SUVA Ma Tavola XX. 29 {13 A Wei yosto 1869. (09) moss e | VadiasamItasbRlorPr WII Settembre 1869. 159 Segue la Tavola X. Ottobre 1869. | Novembre 4869. | Dicembre 1869. h m h m h m hm h m h m 1| 18 23 4 94 1930| 3 6Ji|— — | — — Bidio9 4 29 | 2) 48 48 9° WON2) 44 6 3 3 48 47 4134349 0 0 48 | 3| 20 dA 2.9 4| 49 45 3 22 | 4| 19 48 24604 2A 0|—- — 5 — — | — — | bj 15 54 2541 {9 — — | — 6| 19 42| 2 19 6 491 A52|6|1424| 4 18 7418 2 248 | 7| 19 18 3270002) 20 6 2 40 8| 19 15 4 48 | 8 49 45 242|}8 — — |—- 9149 G| 350|9 1925) 25091849) 6 19 10| 18 45 3 25 JIO| 419 25 2 48 {t0| 44 10 8 45 44| 413 45 3-41 [id 20 18 | 93 20 MI 2019) — — 19) 48 46 RI LO IZIONNO 327012) — — | — — 13| 13 29 38 0 J15) 48 54 240 3] —- — | — 14| 18 20 4 48 {A& 419 36 2 42 |14| 20 50 39 15| 19 44 3 41 {15 20 4159 2 55 JI5| 19 47 2.6 16| 19 34 2 57 {16 20 40 2 27 M6| 15 15 1 45 47| 49 45 5 25.J17| 47 30 3 48 [47 23 0 9 48 18| 20 29 0 42 j18| 20 57 i 33 [18] — — 9 BI 19) 21 45 ASOLO 1937 5 5I I19| 20 0 2 18 20| 20 54 6 26 [20 20 36 33 |20| 48 28 5 06 21] 18 49 1 44 {21 16 46 4 54 121) 44 6 DI 22) 16 45 D 390/2221 6 9 MA4129120. DI LO GI 25] 19 5I 4 21 [23) 20 58 3 37 [25] 24 49 2 34 24 20 44 3 52 {24| — --- | — — [24 49 39 2 45 25] 18 34 4 42 |2b| 22 39 7 50 [25] 406 40 4 0 261 419 30 3 42 |26| 20 45 2 14 |26| 21 38 | — — 27), — — 36 127) 20 43 4 0127 834] — — 928) 22 59 4 6 123 — — 5 6 |28| 21 48 4 40 29] 48 49 2 7 |29 16 0 4 54 129 — — |— — d0| — — 2 49 130] 19 59 3 47 |30| 48 36 240 34) 19 3 2 4 BI| — — JT — 160 Segue lì Tavola X. Gennajo 1870. | Febbrajo 4870. I Marzo 4870. kh m hm hm h m h | A, m 4 249 i 86 #8 de i 2 — — 254 | 2 20 44 HERE A 52 dl — — 2 54 #3] 49 2 421383) 20 3 2 52 4| 19 37 8 46 | 4| 47 24 245 | 4| 49 45) — — 5 20 81 2 36 | 0) 49 27 A 43 j 5| 20 383 A 57 6 — — | 3415649 54 | 4 464 6] 19 21 | 3 dl 7, — — | 52979 —| — — #7) .2044|%3 0 8| 20 26 SIA: 32135 | — — 8| 18 29 ò ‘0 9 —- — 93 353] 919 40| 3 27:19) 19 45 3 25 10| 416 49 5 44 |10| 19 52 3 22 I{0) 18 54 | 2 45 4AlA| — — 1 3 Al 20 45 418 {11419 4 2 16 12 — — 3 44 JA2| 48 412 A_6 12 48 6) 345 43} — — | — — 113) 16 35 0 45 413) 18 48 | 3 52 14| 21 4 3 26 [A4| 15 7 3 46 J14| 19 55 | 2 36 1D| — — 2 42 |1D) 19 34 4 28 M15| 19 24 2 49 16, — — 342 {d6, — — | 0 0 fa16| 49 36 3 4A 17| 21 46 4 4 WA7| 24 24. 0 BI |17] 48 40 3 54 48| 20 40 3 21 J18| 19 36 | 4 30 fI8| 18 438 1 37 19 — — 3 45 {19 2a 5) 445 {19 17 43 3 44 20) 24 45 | — — {20| 19 52 | 4 46 [20 18 34 3 4 2 — — | 415 [21 1980) 1 22 [24] 1915) 1 27 22) 19 30 5 222 — — | 0 6 |22) 18 39 2 DI 235) 24 48 4 4 123) 18 55 4 45 [23| 15 84 0 27 23) 20 410 3 49 |24) 20 80 A 57.124) — — | —_ 24 21 23 4 6 |25| 18 49 4 52 |25| 18 45 2 48 25) 20 42 DIVANI |26 — — | 23 15 [26) 17 45 i 48 26) 20 0 30 1271 — — 0 55 |-7| 43 44 0 15 2720 0 O lis (es 228 MS MOMO 28| 49 2 2 36 {29 29) 18 35 240 29) 47 42 2 36 {30 80| 48 40 | 5 413 30) 49 47 | 2 55 [34 34| 146 25) 4 40 Mn ir eovi. ere e 161 Segue la Tavola X. Aprile 1870. | Maggio 4870. | Giugno 4870. | hon kh m 1| 14847) 3 424 il —|—- 2 47 57 5 5912 2- —|T— 8| 48 18 4 4|òd 5 A727|—- — 4 AT AMA 4241 | 4 (4 16 45 30 5, 18 48 257 45 | Dl 18 45 3 40 ol agi4| 34516 (6| 2130) 345 714749 42447 Zi 43022 5 0 8| 148 48] 34688 8 15 80 | 3 50 9 48 42 2339 19 16 39 JO 10| — — 5 9 [10 I40| 17 26 0 5I iii — — | 4 52 Il {4| 46 50 1 40 12/47 0 2 36 {12 12] 46 50 | 3 42 13) 48 6 3 47 [13 413| 17 20 40083, 14| 418 25 0 45 JI4 44 46 33 | .4 30 15) 18 40 3 24 {15 15) 416 359 ONSÙ 16| 18 9] 3 37 #16 16| 17 3 4146 A7| 17 50 9 5A 117 | 17| 16 DA O 13| 47 41 3 36 |48 13) 46 13 5 58 419| 17 48 3 43 {19 419| 47 5 AI 40 20| 17 56 3 42 |20 20] 46 48 3 45 24 47 49 5 43 424 94/417 0 LT 22) 18 38 5 58 122 122) 16 54 0 24 23| 17 39! 3 42 123 (23) — — 4 30 24| — — | — 124 24| 46 30 1 45 26) 15 45 A 45 |25 25) 47 40 3 30 26| 17 43 2 39 {26 26| 17 6 | 4 0 27\— — | —T— — |27 27| 416 42 3 18 28) 20 37 A 17 {28 23) 16 30 5 80 29) 48 15 3 24 |29 29 17.5 3 22 30 30 30| 46 0 2 54 | di 14 162 Segue la Tavola X. Luglio 4870. | Agosto 1870. | Settembre 4870. h m h m hm h m | À m } m A| 45 45 A 501 — — 3 25 | 4l 18 0 3 30 21 17 30 2.0] 2) 47 42 4 47 | 2 47 50 1 57 3| 16 30 4 043) 47 50 2 20 | 3| 48 0 4 0 4 46 36 3 22 | 4| 17 30 4 0} 4| 48 410 30 0) 416 36 5 15 | DI 47 45 4 0 | 5) 48 33 245 6| 46 28 1 48 6 1735| 3 0-6 418 0 3 45 7| 16 45 3 30 | 7| 17 50 4 3 | 7 48 50 3 30 8| 17 0 4 048) 5 45 0 418 | 8| — — 3 30 9 —-——-|T—- [9 —— 5 45 f 9 48 0 5 15 ) 3 3 {10| 47 30 4 0 j40| 47 45 3 35 3 45 {141 17 39 4 47 MA 17 56 0.5 — — J12 18 0) 4 7 #12) 20 412 A 52 0 35 J13| 47 48 | 1 39 113) 48 30 3 415 130 |14 48 36) 334/14 1730) 2 22 3 15 {45 417 25 5 37 {AD| 18 38 o 49 3 56 M6 20 ll 4 48 [16] 18 0 3 48 4 3 {47 13 0 5 97 {47| 17 52 20 4 6 |A8| 17 52 A 22 {18 146 0 3 20 257 |A9| — — A 52 JA9| 49 24 | 23 48 8 0 [20| 19 45 2 42 |20| 18 30 3 AGTI 4 45 21 — — | — — 24) 48 30 5 58 4 43 122 47 40 | 4 25 [22] 48 415 4 24 3 15 {23| 48 0 2 40 {23| 418 18 297 2 40 {24 — — 2 30 [24] 48 33 | 3 0 4 0 [29] 48 10 3 30 |25| 487 4 0 3 30 [26] 18 45 4 357 |26| 46 40 2 45 A 30 [27] 24 24 5 0 527| 46 45 2 50 2 52 |28| 17 45 1 48 |28| 48 20 3 42 , 0 44 [29] 46 0 4 729 48 9 3 24 3 25 130| 180 2 37 |30| 46 17 1.0 4 27 |{34| 19 0 SI) | 165 Segue la Tavola X. Ottobre 1870.- | Novembre 41870. I Dicembre 1870. hm 4 4 h 18 0| 086 | dj 18 52 A 74 -—-|- 248 40] 0 45 | 2 49 5 | 22 40] 2 20 52 | 4 45 3| 18 37 9045 | 348 0 10022 3) 20227) 2 45 4| 48 40 2 0|4| 4930] 2 044 47 7| 83 30 5) 18 15 9429 d0/M 12025 06] 20/408 200. 6| 18 10) 3 454 6) 2042] 2 7{6|— — | 3 0 718 45|) 3 0|7|17 52 257 J7— —|—-—- 8| 17 45 040f 8/49 0) 4 018 / — — | 83 45 9 - — i 409 418 7 A 529 20 52| 6 0 10) 17 40) 0 25 [10] 49 35 | 3 0 [io 20 22 A 45 AÎ| 413 42 2 45 fA4| 22 0) 235 [AI 20 15 1 15 421 48 30] 5 0 [12 — — | — — 12) 47 80] 2 30 13) 13 22 41 22 fl5l — — | 4 37 j13| 20 0)| 3 0 44| 47 45 5 45 M4| 24 5 | 40 40 fi4 — — |— — 15} 49 0) 3 28 as] 20 30| 240 M5| — — | — 16) 1 0) 4 0 fi6l 48 30 | 3 40 lb] 21 30) 2 0 47| 49 0| 4 87 jJ17) 18 30 | 23 0 117] 20 45 | 2 35 18] 19 45 | 3 42 Ja8| 49 30 | 23 37 [48| 22 0] 245. It A 45 [49 43 18 | 5 57 {49 48 0) 2 0 20] 49 40 | 3 15 {20 15 O| 3 37 [20] 46 45 | 5 45 24] 19 40 | 3 45 [21] 24 30) 3 40 {21] 20 45 3 50 22) 18 25 5 15 {22 20 49 1 45 122 — — 0 415 25, 17 15 4 0 [23| 19 0) 250 [253 — — |— — 24| 419 30 1 40 {2449 30 | 2 0 24] — — 215 25) 43 45 2 42 [25] 24 15) 0 45 [25| 46 30 | 7 45 26| 19 6 Trino Sea i 27145 15 | 057 R7| — — | — 17] — 20 28| 19 0 241228) 20 0) 5 40 128) 22 80 | 2 45 291 49 3| 24229 20 7) 0 20 [29 — 20 90| 19 0) 2 0 30] 22 45 1 30 130 — — | 23 50 | 2 50 34] — — | 2 22 164 Segue la Tavola X. Gennajo 1871. | Febbrajo 1874 | Marzo 4871. aero DT TT TO IC hm h m h m | h m h m 4| 20 45 050 {4A — — | — — { d1| 49 0) 23 45 2) 20 30 250202000 3 042) 20 30 3 30 3 — — |- 2 043| 48 0 3 451 3| 419 30 3 37 4| — — 2 0] 4 49 30 0 40 | 4 19 30 4 45 5| 20 0 2 7|5 — — 20.1 5 10 45 2 30 6| 18 37 2 06 —- —|— — | 60] 19 37 4 30 77—-—|-=-|7—-—-|—- ={7|49 0 2 50 8| 49 45 A 30 | 8| 20 30 330 | 8| 19 0 A 45 9) 20 30 | 40 415 | 9| 48 30 222 9| 18 30 0 50 101 — — | — — |J10| 20 45 4 0 {10 49 0 4 30 {l| — — 0 041 — — 3 30 {ll| 18 0 30) 12| 46 30 A 30 12] 49 0 3 0 {12) 49 50 CASOTI 13) 21 0 2 0 {13| 49 51 2 45 {13| 17 37 3 30 14 — — | — — f4| 19 30 3 30 {14| 18 0 2 30 415) 19 30 0 15 {15) 18 30 5 15 [A15| 16 0 2 59 4161 17 0 3 0 J{6] 18 45 4 0 46) 49 0 | 23 49 17\ 17 0 4 5 J17| 19 405 3 45 117) 21 0 2052 18| 45 15 045 {18} — —- | — — fI8| 24 30 4 0 19) 45 30 | 23 7 {ida —- — |— — {419/19 0 4 0 20 — — 0 45 120) — — | — — |20| 18 45 0 30 9 — — | — — [24] — — | — — [24] 18 43 30 22) 20 45 5 30 [22] 417 30 | 2 30 {22 19 52 4 AD 251 241 0 4 22 {23 49 30 4 45 123| 18 30 1 52 24 19 0 O 0 [24| 19 45 3 50 |24| 18 45 3 49 25) 16 30 3 02959) — — | — — j29| 18 25 20 26] 20 30 | 44 0 o 49 25 2 30 |26| 419 0 4 0 27) 24 0] 23 7 J27| 19 30 5. 830 j27| 19 30 2 45 28| — — 3 028 19 0 3 0 [28] 17 56 4 0 29 24 0) 3 0 {29 29 20 0| 0 50 30| — — | — — {30 30| 49 0 4 0 i 49 0 3 45 |34 34| — — 3 45 DD 90 NI Sì) tue 0h ND SO) SI lriwWmWsva | nowvsassl wverwol | wWanoBaaswa NI O 00 LD Ut DIN > io ro | = 10 | s=o | noto vw | = | w = 0a = | (IO 09 LI WI a MO ho WI DS WI NI Pe GI NI E i © DO VI LI > NO 10 10 10 wo | IST: | | iow= 166 Esaminando la tavola antecedente si scorge, che in un mese sono considerevoli le differenze tra le ore in cui avvengono i massimi e minimi. In Novembre 1870 il minimo, che il giorno 20 si era verificato a 3% mattina, il giorno 30 avvenne a 40% 457 mattina, e in quest ultimo giorno accadde un secondo minimo nelle ore pomeridiane. Nello stesso mese il massimo, che il giorno 2 si era verificato a 10% 40" mattina, il giorno 14 avvenne a 10% 402 sera. Nel mese medesimo il minimo e il massimo farono distanti di 4* 307 il giorno 17, e di 4° 77 il giorno 18. In ambidue questi giorni il massimo accadde nelle ore antimeridiane. Finalmente nello stesso mese di No- vembre 4870, il giorno 26 il termometro fu quasi stazionario in tutto il giorno. In Marzo 4874 il minimo si è verificato a 43 mattina il giorno 15, e a 0% 307 sera il giorno 18, e il mas- simo a 4% 45” sera il giorno 4, e più volte a 44% 45” mattina. in Giugno 4874 il minimo è avvenuto più volte a 4% 307 mat- tina, e il giorno 26, in conseguenza di un forte temporale con vento pioggia e grandine, a 7" 36% sera (2), e il massimo si è verificato a 44% mattina il giorno 18, e a 4% 30” sera il giorno DIIMMECCA EC Un considerevole progresso della meteorologia, e uno spe- ciale desideratum della medesima, consisterebbe nel formare, dopo una lunga serie di osservazioni, Je curve diurne me- die dei singoli giorni dell’anno. Dall'esame e discussione delle medesime si dedurrebbero molti importanti principi, che sono mascherati e quasi: annullati dai medì mensuali. Uno di essi è, per esempio, ii seguente. La temperatura minima diver- sifica sostanzialmente dalla massima, relativamente alle condi- “zioni e ai caratteri cor quali si manifestano. La temperatura massima forma una elevazione presso che regolare della curva diurna, in modo ehe prima e dopo del massimo, che è al punto più culminante del sollevamento, le temperature sono quasi simmetricamente disposte. Lo stesso però non sì verifica per la temperatura minima. L’ abbassamento anteriore avviene lentamente, e quando la temperatura è giunta al minimo va- lore, in un tratto considerevolmente sì solleva e rialza. Insomma il minimo, che è nel punto più basso della depressione della curva, è preceduto da un’abbassamento molto lento, e seguito da una elevazione rapida forte ed immediata. Si è veduto che i cambiamenti diurni della temperatura possono valutarsi în tre modi. (2) V. il giornale Zl Panaro 27 Giugno 1871. 167 A. Differenza dei medîì diurni tra due giorni consecutivi, metodo che ho qui esaminato minutamente. 2. Escursioni effettive della temperatura, che sono le diffe- renze tra i massimi e minimi diurni osservati, e che indico col segno e. 3. Escursioni medie della temperatura, che sono le diffe- renze tra i massimi e minimi diurni medì (vedi tav. 4.* co- lonna 7), e che indico col segno w. Tratterò brevemente delle relazioni che esistono tra queste tre quantità. Se nella formula V sopra riferita si vogliono le quantità mensuali, basta mettere per M i seguenti valori: M (0) 4 Gennajo 15 47 26 Febbrajo 44 23 01 Marzo ESA Aprile 103 33 70 Maggio 133 38 63 Giugno 163 © 43 56 Luglio 193 43 49 Agosto 224 23 01 Settembre 994.27 94 Ottobre 284 32 88 Novembre — 344 37 81 Dicembre 344 492 74 Eseguita la sostituzione nella formula V trovasi: Mesi V. ossia diff. dei medì diurni tra due giorni cONSECULIVI. Genna]o 1° 1574 Febbrajo A 2123 Marzo 1 3157 Aprile | 1 4860 Maggio 1 5906 Giugno A 5638 Luglio 1 5146 Agosto A 5029 Settembre 1 4223 Ottobre A 2335 Novembre 1 0876 Dicembre 41 0900 168 Dividendo per queste quantità le escursioni medie » con- tenute nella tav. 4.° col. 7.° si ottengono i seguenti rapporti. Gennajo 2 938 Febbrajo 3 332 Marzo 4 256 Aprile 5 454, Maggio 5 847 Giugno 4 442 Luglio 5 480 Agosto 4 724 Settembre 5 484 Ottobre 5 026 Novembre 3 770 Dicembre 2 110 Medio 4 407 Per regolarizzare l’ andamento di questi rapporti, può farsi. uso di un’artifizio usato dai moderni meteorologisti, che con- siste nel prendere per ciascun mese il medio di un gruppo di cinque valori, come è indicato nel seguente specchietto. n=) ans Novembre 3 770 .° TO S Ss Dicembre 2 110 . ST.2 Gennajo 2 938 98 Febbrajo 3 382 = SS Marzo 4 256 5 me Aprile 5 45I | LEE Maggio 5 847 | ren ioMe Giugno 4 442 2529 Luglio o 480 = Agosto 4 724 o 35 Settembre 5 484 Z 9 Ottobre 5 0926 S Novembre 3 770 Dicembre 2 440 Gennajo 2 938 Febbrajo 3 382 . Eseguite queste operazioni, ritrovansi i valori dello spec- chietto che segue, ai quali ho aggiunto lateralmente una co- lonna contenente i rapporti calcolati con la formula an TV 059 169 di cui si parlerà poco appresso. L V Calcolato Gennajo 3 294 3 320 Febbrajo 3 627 3 747 Marzo 4 375 4 ATA Aprile 4 670 4 655 Maggio 5 089 5 448 Giugno d 183 o 432 Luglio 5 4189 5 405 Agosto 9 025 5 473 Settembre 4 897 4 709 Ottobre 4 2283 4 179 Novembre 3 ‘866 3 657 Dicembre 3 445 3 349 Medio 4 407 4 407 Cioè questo rapporto è massimo nel mese più caldo del- l’anno, e minimo nel mese più freddo. Da nove anni di osservazioni dei termometri a massima e minima, eseguite le debite correzioni, ho ricavato i seguenti valori mensuali delle escursioni effettive. Gennajo 5 064 Febbrajo 5 778 Marzo 6 842 Aprile 3 861 Maggio 8 306 Giugno 9 164 Luglio 9 706 Agosto 9 496 Settembre 8 636 Ottobre 6 839 Novembre 5 295 Dicembre 5 214 Medio 7 470 45 170 Si ha dunque in medio 4 40 Le RR a) Ve pago 9 NI Questa formula dà risultati soddisfacenti, come può vedersi > c CJ . - & nello specchietto antecedente, che contiene i valori di Vv. Non bisogna però dimenticare, che essa proviene da elementi molto disparati, e perciò deve riguardarsì come provvisoria, finchè non crescerà il numero delle osservazioni. È notevole che il rap- porto 0 59, è lo stesso da me trovato nel 1865 tra le lunghezze dei giorni, e le escursioni effettive e in Modena ( V. Bullettino Meteorologico del R. Osservatorio di Modena Vol. 2 pag. 60). MEMORIE ORIGINALI LE VALVE DELL’ UNIO NELLA TERRAMARA DEL MONTALE MEMORIA DEL DOTT. CARLO BONI DI MODENA __o— Li presenza di numerose valve dì molluschi del genere Unio nella terramara a palafitta del Montale, fatto che si riproduce in tutte o quasi tutte le terremare del Modenese, può viva- mente eccitare la curiosità del naturalista, in ispecial modo poichè alcuni investigatori supposero che le valve dell Unio rappresentino uno fra i residui delle vivande che gli antichi offerivano sul rogo ai trapassati, oppure gli avanzi della cena funebre imbandita ai congiunti, od infine qualche emblema domesticu, occorrente nel rito della sepoltura dell’ estinto. Mi è nata brama di esaminare se, da una causa ben più semplice, da un fatto naturale, potesse ricavarsi la spiegazione dell’ origine di questi cimiteri dell’ Tinio, ricercando se le condizioni del terreno pantanoso od acquitrinoso in cui sembra dovessero esistere le palafitte, non fossero per caso le condi- zioni più propizie richieste, perchè ivi prosperasse in vita una colonia di questi bivalvi, le quali, come è noto, si piacciono esclusivamente nei fondi melmosi delle acque dolci. Da prima osserverò che io non ho alcuna valida ragione da opporre all'opinione che fossero offerte le Unio ai mani del defunto, che certamente non le avrebbe assaggiate, essendo cosa' puramente di rite; ma invece debbo notare in quanto all’avere servito una tale vivanda alla cena funebre dei con- giunti (i quali solevano fore onore aì cibi imbanditi) che il mollusco dell’ TYmio è un’ esecrabile pietanza, gastronomica- mente parlando non mangiabile, imperocchè esse siano coriacee e di un gusto estremamente scipito. 172 Quanto poi all’ avere le suddette valve servito come orna- mento del morto od emblema di qualche sua prerogativa, parmi non inutile l’ osservazione che non sono rare nelle ter- remare le conchiglie fossili o viventi e quasi tutte marine, le quali mostrano di aver servito d’ ornamento, ma salve poche eccezioni sono tutte ad arte perforate, come all’ uopo di infilarle a forma di collana o d’ amuleto, se si eccettuino i dentalium ed i vermetus i quali naturalmente perforati, non abbisogna- vano di ulteriore traforo; mentre v ha di singolare che le valve dell’ TImio mai non si trovano perforate. Nel supposto adunque che le terremare sieno avanzo dei roghi, e se le valve di queste conchiglie avessero subita I’ azione del fuoco, od almeno del calore moderato delle ceneri calde, locchè non sarebbe mancato di avvenire specialmente se fossero state gettate sul rogo, desse sarebbero rimaste cal- cinate almeno in qualche parte; e pertanto, nè nelle terremare nè nelle collezioni che ho viste, ho finora rinvenuti campioni dell Unio, nè di verun altro mollusco ‘con traccie di calci- nazione, e solo qualche raro caso di decomposizione, forse da attribuirsi ad una speciale natura del terriccio in cui giaceva. Quasi tutte le moltissime valve che si incontrano sono ancora sonore alla percussione e nell’ interno vagamente margaritaceo- iridescenti come lo sono in vita; esse hanno solamente per- duta l’ epidermide verdastra esterna che essendo di natura to- talmente organica si decompone in qualsiasi caso di seppelli- mento del mollusco. Di più ho voluto esperimentalmente convincermi della faci- lità ehe presentano queste valve alla calcinazione per mezzo del fuoco. E perciò ho sottoposta la valva dell’ WUmio vivente all’azione della fiamma di una candela, dalla quale è stata im- mediatamente calcinata eon crepitazione o screpolamento, lo stesso avvenne tenendola sospesa sui carboni accesi di legno dolce; altra valva immersa nelle ceneri calde e private accura- tamente d’ ogni bragia, rimase calcinata in meno di un minuto primo. Le medesime esperienze praticate sulle valve del- l Unio estratte dalte terremare hanno dato identici ri- sultati. Le valve dunque dell’ W mio nelle terremare non hanno subita |’ azione del calore, ma rimasero nello stato naturale, e contengono ognora i principi organici e minerali quasi identiei a quelli che avevano durante la loro vita. 175 Ho osservato inoltre che gli avanzi di questi molluschi variano: nelle dimensioui dal grande al piccolo în guisa da potersi ritenere che vi siano rappresentati tutti gli stadj della loro vita, come appunto deve accadere laddove sia la tomba di una intera ‘tribù d’ animali; e mon pertanto generalmente le valve maggiori non raggiungono una dimensione uguale a quella che acquistano attualmente nelle nostre acque dolci. Se quindi dovesse ammettersi che queste valve dell Unio sieno gli avanzi di animali inati e vissuti nelle acque del ba- cino stesso della terremara, potrebbe supporsi che o la som- mersione del bacino’ fosse ricorrente, per cui i molluschi ab- biano avuto a morirvi per mancanza d’ acqua, prima di es- sere invecchiati, o piuttosto che la composizione chimica e fisica dell’acqua contenente gli ammassi di terramara e quindi molteplici principi, mon fosse propizia al loro completo svi- luppo, od anche ne fosse procurata di spesso meccanicamente e parzialmente la morte pell’ avvicendarsi del getto di ma- teriali. Non può far caso l’ introduzione della prima Wnio nel bacino, se pure non voglia ammettersi che fosse importata coila introduzione delle acque correnti, per gli appositi con- dotti, riscontrati di recente dal chiar. Chierici nelle terremare del Reggiano, imperocchè io stesso fui tostimonio dell’ inva- sione di colonie di questi molluschi in alcuni bacini formati nella costruzione delle strade ferrate, e poscia impaludati pel ristagno delle acque di pioggia, e non aventi veruna commu- nicazione con condotti d’ acqua, nel quale caso conviene sup- porre che il germe de’ molluschi fosse diffuso dagli uccelli acquatici, lordi del pantano sollevato colle zampe da lontani luoghi palustri. i Le valve dell’TWUnio giacciono nelle terremare disse- minate irregolarmente un po’ per tutto, e non è frequente il trovarne riunite a gruppi molto numerosi, quantunque però ciò accada talvolta: le valve sono sempre disunite per la na- turale decomposizio e dei legamenti, e forse anche pel grave peso dei sopraposti materiali: quantunque sia rarissimo rinve- nirle schiacciate come dovrebbero essere oggetti sì fragili, se l’ uomo avesse camminato ed operato e maggiormente vis- suto immediatamente sopra ai cumuli di terramara. da notare che la proporzione numerica dei gusci del- l Unio con quelli di altri molluschi anche terrestri, che 174 son pure fra noi comunissimi è assai rilevante e può dirsi che ll Unio stia come il cento all’ uno in confronto cogli altri generi di molluschi: e ehe sembra inoltre, se ulteriori indagini nol disdicano, rinvenirsi l {umnio di preferenza sul lembo dei monticelli e non nel loro centro, e talora frammiste a carboni ed a rottami di stoviglie spesso semifuse dall’ ar- dente calore sofferto; e pur sempre la conchiglia si presenta mar- garitacea e naturale. Ciò varrebbe a confermare la supposizi ne che gli oggetti ed il terriccio venissero a deporsi nell'acqua, dove andavano a spegnersi i carboni, che a me sembrano veri carboni e non ligniti come taluno suppose. Di ciò ne dà maggior prova l'avere osservato parecchie volte al fondo de’cocci di stoviglie, depositata una pellicola di sedimento di melma finissima, come accade appunto laddove lentamente si depone il limo più fino, che sta sospeso nell'acqua, se vi si lasci un discreto periodo di calma. E così la quantità dei carboni ehe sono per lo più dis- seminati nella terramara come le steile nel cielo, e non a mucchi. ne dà indizio essere essi stati spenti nell’acqua, o sof- focati nel terricio, giacchè il carbone acceso e lasciato’ tran- quillo fra le ceneri, spesso, se non sempre si risolve in cenere. Queste mie poche osservazioni, benchè imperfette, prese in esame ed accertate, potranno forse dare. un qualche indizio della verità, sulla esistenza o no delle palafitte, e sull’ uso delle medesime presso gli antichi popoli che le formarono, se vogliansi collegare in un solo concetto i fatti archeologi coi naturali. 175 Riassunto delle Osservazioni Meteorologiche fatte nel R. Osservatorio di Modena (Metri 65 sul livello del PAIA = ne aesto. ASTE, 1 [Bssonemno — — 700 noi ra TURA IN GR. CENT. TRONI I - Vap. acqueo |) Oscil-|| Oscil-|| Mas- | Mi- | Me- | laz. | Mas- | Mi- | Me- | laz. | Varia-} simo | nimo| dio. |diur-| simo | nimo| dio |diur-}Media|zione fi na na diurn.Ii | Î mm. | mm. | mm. | mm. 0. 0. 0. o. || mm. | mm. 1.|B7. 7155. 4/57. 50| 2. 327. 2/15. 3/22. 2514. 87. 61) 0. 89 9.57. 8/55. 6/56. 572. 2/28. 216. 1/23. 42/12. dll 8. 54| 3. 52 5.56. 552. 7/52. 85) 5. 8/29. S[I7. 4/24. 71/12. 4/12. 05) 5. 30 4 |52. 4/50. 53/541. 87 1. 850. 6/15. 9/24. 46/44. 70 8. 22) 1. 85 5 (55. Oi. 41/56. 43) 4. 8/28. 3/14. 7/17. 40/13. 610. 07) 4. 12 6 |58. 4/56. 0/59. 02) 2. 4/26. 4/15. 4/22. Sali. 0) 8. 95 0. 59Il 760. 0/57. 4|58. 58) 2. 6/26. 4/15. 9/22. 21/40. 5) 9. 54 4. 27 8.58. 0/55. 7/56. 95) 2. 3/28. 0/17. 8/24. 16/10. 2/10. 60) 4. 44 9 56. 3/55. 0/56. 48) 4. 8/98. 6/19. 41/24. 79) 9. ZII. 01) 0, 50 57. 0|54. 856. 17| 2. 2/29. G|17. 6/24. 41/12. Q|10. 54) 2. 40]] De ESA SA ZO N20 (27 3180 92125) OA 20 91159 58. 5056. 4/57. 78) 2. 427. 2/19. 2/22. 28/ 8. Oj\IZ. 29) 0. sli DZ. 7/55. 2/56. 55] 2. 529. 5/19. 0/24. 52/10. 4/4. 60) 2. 25 56. 5/53. S|5%. SI| 2. 7/29. 9/20. 5/25. 94/9. 4/12. 55) 41. 441|h 54. 4/52. 3/54. 15) 2. 151. 6/20. 5/26. 59/11. sa|l1. 24) 0. 95 54. 9/52. 0/55. 54| 2. 9/50. 2/48. 4/25. 57/42. 412. 19| 1. 51 54. 0/51. 9/55. 50] 2. 41|25. 4|i7. 9/22. 75) 7. Silio. 50) 1. 608 bo. 8/52. 1/55. 65] 3. 729. 6/20. 0/25. 47] 9. 6jlli. S4| 41. 47} 56. 4/52. 857. 09) 3. 651. 218. 7/25. 46/12. 3|13. 52| 1. 04 60. 9/57. 7/60. 57] 3. 2/28. 2/18. 0/24. TI/10. 2/12. 54| 2. 18/8 61. 3|58. 4/59. 75) 2. 929. B/I7. 4/24. 84/12. Adlli0. 15) 0. 96] 59. 4/57. 5/57. 62) 1. 928. 9/17. 7/24. 2511. 2/11. 09| 0. 47/j 57. 2/54. 4/56. 145) 3. 4/30. 0/19. 8/25. 95|10. 2)|10. 62) 1. 24 57. 9/55. 4/58. 29 2. 534. 4/20: 3/26. 94/14. 4/11. 86) 0. 19 59. 6/57. 7/59. Sil 1. 952. 2/20. 6/26. SO|11. 6|12. 06) 0. 49 59. 556. (9/57. 61| 2. 659. 1/22. 4/29. 05/44. Ollit. 57 0. 48) 59. 6/56. 5/60. 02] 3. 1/52. 8/17. 8/25. 40/15. 0|/12. 05] 3. 92 62. 0/60. 0/61. 85) 2 025. 4/45. 1/20. 13/40. 2 8. 15) 0. 86 69. 361. 0/65. 06| 2. 3/24. 2/42. 9/20. 08/11. 5) 7. 27) 0. 661 65. 7/62. S|65. 90] 4. 4/25. 2/14. 3/20. 73/10. 4) 7. 95] 0. 14; 64. 1|62. 1|63. 68 2. 0/96. 214. 3/21. 78/11. 9) 8. 08) 3. 22/5 5s. 20/55. 06/57. 43| 2. 54/28. 44/17. 68/25. 74/10. SI/10, S4| 1. 40 | | 176 Riassunto delle Osservazioni Meteorologiche fatte nel R. Osservatorio di Modena (eni 65 sul livello del Date, — Agosto 1871. | oo Tn omar] SOR s | 3 à DE | = Max. = 100] del vento l £ pa3 loTclfg|£E|o035 e ——_———_———_oz[za(5]||g > RISE | Varia- “2S|ES|S:;|2Z|2|2=_s ©. |Media| zione || Mfass. ;[Media||&, EE|Osizo z (ZE i | È È 5 | i | > | S. (0) (0) Kil. | Kil. || mm. mm 4 |59. 5] 1.7 18 (10. 0] 5. 24] 4. ® b) NE. ||Lucid 2 41. 0|12. 7 16 | 9. 2 6. 55) 6. 1 7 NE. {Bello 3 |b9. 7/17. 4 25 (10. 3] 3. Ss 6. 5 40 NE. {Bello 4 ||56. 3/52. 4 || 22 |i12. 0| 7. 275. 6 6) 0. |Nuv 3 68. 7|22. 7 Di 25002 398 oe 37 (26. 27/0. |[Nuv. 6 |46. 012.0 435 | 7. 0/5. 29 6. Sl 47 O. |[Bello 748. 00.5 12 | 5. 25. 25] 4. 8/40 O. {Bello 8 |48. 3) 0. 4 14.| 6. 2 5. 52 5. O 40 O. |Nebb 9 |48. 7/1. 4 18 (10. 25. 50/2. 6) 412 NE. [Bello 10 ||47. 3/22. 4 10 | 7. 5 9. 582. 6 142 NE. {[Nebb 11 (69. 7) 2. 6 457. 74. 02... 40 NO. ||Cop 12 (72. 3) 8.0 15 (10. 3) 2. 76| 2. 41 50 || 5. 27[NO. |[Cob 13 64. 5/14. 3 179. 73. 841. S| 22 NE. ||Bello 14 (50. 5) 6. 6 10/5. 9] 4. 74/4. 0) 20 O. ||Bello 15 |45. 7/15. 5 14 (7.005. 970. 7] 12 0. |Bello 46 |59. 0| 0. 7 18 (10. 2) 4. 42. . 20 NE. |[Nuv 47 59. 710.4 13/6. 23. 66|...| 4170. 24ln. cop 18 |40. 5|14. 7 15 | 5. 8 4. 655. 6| 45 SO. |[Bello 19 |64. 0| 8. 5 18 | 8. 2/3. 84 0. 0) 63 || 4. 28|NE. [Bello 920 |b5. 7/11. 7 188. 75. 810. 3 20 NE. {Bello 24 |\44. 0) 6. 0 15 | 5. 9 4.924. S| 17 NE. |[Bello 292 |50. 0| 6. 5 16 | 7. 9 4. 76 .. 10 NE. ||Bello 23 |43. 7) 2.0 12 | 6. 5 4. 91. 5 10 NE. |[Bello 24 (45. 71.6 12 | 4. 5 5. 38/2. 7) 45 NE. {Bello 2 (47. 3) 7.3 15.| 7. 5 5. 68/2. 5 bj NE. ||Bello 26 |40. 011.3) 176. 0|6. 44/2 41 5 NE, |Bello 27 51. 31 35. 6 54 |M. Sb: 6103. 222 NE. |[Bello 928 |47. 7/5. 4 191130 05, ASI 12 || 0. 48|[NE. ||[Bello 29 (44. 3 0. 0 416 | 7. Oj 4. 47138. 6 b) NE. ||Bello 50 |44. 5| 1.5 15 | 5. 5) 4. 948. 9 7 NE. |[Nebb 54 |43. 0/16. 0 1435. S| 4. 547. 1 b) NE. |[Bello Med.|50. 54| 8. 5 |16.26 | 7. 86|| 4. 87] 5. 7] 16.9 ||54. Si MEMORIE ORIGINALI SU! PRINCIPALI FENOMENI DELLE: VARIAZIONI DIURNE: DEL CALORE ATMOSFERICO DEL SIG. PROF. CAV. DOMENICO RAGONA ( Vedi pag. 105) APPENDICE. NOTA A. Tra i 72 mesi contenuti nell’ antecedente tabella, uno dei più notevoli per le vicende della temperatura fu il Dicembre del 1870. In esso avennero due epoche singolari di caldo straordinario e di freddo straerdinario, a poco intervallo ? una dall'altra. IT primo fu in Modena di 44.4, e fu preceduto dalla caida corrente equatoreale di SO Nelle varie stazioni Italiane si manifestò come segue: 46 47 48 49 20 24 Rama Casale Torino Biella Aosta Chieti Velletri Alessandria Moncalieri Mondovi Jesi Vicenza Milano Pavia Ancona Fadova Brescia Firenze Guastalla Siena Mantova Urbino Reggio-Emilia Perugia Modena Napoli Bologna San Remo Catanzaro Livorno Genova Palermo 46 178 Sette giorni dopo avvenne un freddo eccessivo, che fu in Modena di — 42.6, e fu preceduto dalla fredda corrente polare di NE. Nelle stazioni Italiane si verificò alle seguenti date: 24 25 26 27 Venezia Mondovi Aosta Moncalieri Ancona Pavia Brescia Guastalla Mantova Vicenza Padova Udine Reggio-Emilia Modena Bologna Firenze Napoli Genova Chioggia È notevole che il freddo di Dicembre 1870 fu in Modena più intenso che in Aosta e altri luoghi della Italia settentrio- nale, e che tra tutte le stazioni meteorologiche Italiane, il mas- simo freddo avvenne in Vicenza e Padova. Nei due mesi seguenti, Gennajo e Febbrajo 1874, il massimo freddo in tutta l’ Italia centrale fu in Modena. In generale, per ciò che riguarda la propagazione dei grandi freddi e dei grandi caldi, fa d’ uopo osservare che questa ricerca è molto intralciata e complessa nelle stazioni meteorologiche Italiane, per la piccola estensione territo- riale (relativamente all’ ampiezza del fenomeno), e la forma speciale della penisola, indipendentemente dagli errori ed equi- voci che possono accadere per la cattiva esposizione dei ter- mometri a max. e min., per la diversa loro altezza sul suolo, per la negligenza delle correzioni degli istrumenti ecc. Ciò non ostante è comprovato dall’ insieme dei fatti il prin: cipio da me stabilito nel 4870, che in Italia il caldo eccessivo sì propaga da O ad £, edil freddo eccessivo in contraria dire- zione, principio che era stato molto prima, per l’intera Europa, 179 determinato dal Prof. Dove, locchè. non era a mia conoscenza nel 4870. Vedi Maestri £’ Zialia economica nel 1870 ( Notizie climatologiche ) Il Panaro ( giornale di Modena ) 19 Maggio 1871. Dove Ueber lang andauernde Winterkàlte inshesondere die im Winter con 4870-74 ( Nei rendiconti della fR. Acca- demia delle scienze di Berlino, Maggio 4871). Un'altro. prin- cipio da me stabilito nel 1870, e che è ugualmente di accordo con ciò che molto prima s'era determinato dal Prof. Dove per l'Europa centrale, è il seguente: Le linee isoterme di esiate sono in Italia quasi perpendi- colari alla direzione che hanno le linee isoterme di inverno, Toechè nelle Notizie climatologiche sopracitate fu da ine spe- cificato, e anche rappresentato da apposita figura (che è quella di num. 4) a linee rosse punteggiate ed intere. 180 NOTA B. A partire da Agosto 1871 si è iniziato in questo R. Osser- vatorio uno studio speciale sulle relazioni tra la direzione del vento e la pioggia. Dò qui brevemente alcuni ragguagli su questo importante argomento, relativi all'autunno del 4874 ( Sett.-Nov.) In tutti i temporali qui avvenuti in tale epoca, accompagnati, con diversa proporzione ed intensità, da abbassamento barometrico, vento forte, tuoni, cielo oscuro, esaltamento elettrico, deposizione di pioggia (che talvolta non è caduta localmente ma sì è ro- vesciata a pochi Kilometri di distanza, osservandosi allora in Modena sensibili cariche di elettricità negativa all’ elettrometro atmosferico ) ecc. ecc. si è costantemente verificato, che essi sono stati preceduti o seguiti dal cambio della corrente po- lare con la corrente equatoreale o all’inverso. Questo fatto è senza eccezione. Sembra che ie due correnti in contraria dire- zione, una delle quali (SO) porta i vapori, mentre | alura (NZ) li condensa, si muovano ad altezza variabile lungo il loro corso, che la pioggia cada in quel luogo ove prossimamente è uguale l'altezza delle due correnti, ove perciò l'urto è diretto, e ove anche avvengono altre speciali condizioni determinanti il rovesciamento della pioggia, e che a certa distanza da questo luogo si appercepiscono gli effetti del temporale, producendosi a secco taluni dei fenomeni sopra menzionati, e tanto più intensa- mente quanto più piccola è la distanza dal luogo anzidetto. Si ha un’esempio di ciò nel temporale dei giorno 11 Settembre 1874, che ho descritto in una nota inserita nel giornale /! Panaro (Sa- - bato 46 Settembre 1874 ), che produsse una copiosa caduta di pioggia non in Modena ma in Sassuolo, a 16 Kilometri di distanza rettilinea da Modena. Se ne ha un altro esempio nel temporale del 18 Settembre 1871, che ugualmente non produsse pioggia in Modena, ma in molti punti del territorio provinciale, come si argomentò dalla elettricità negativa che manifestò |’ elettrometro a 4* pm.,e dall’ingrossamento dei canali e dei fiumi. Il vento che era di NÉ passò ed £, indi a SZ, poi a S, e finalmente rimase a SO. Questi cambiamenti dal NÉ al SO furono molto rapidi, e durante i medesimi la velocità oraria passò da 6 a 22 181 Kilometri. Se ne ebbe anche una conferma l'indomani 419 Settembre. Verso sera il cielo cominciò ad annuvolarsi, e lu- minosi baleni ( massime dopo le 40%) brillavano sul basso orizzonte nella direzione NINZ. L'aria si rinfrescò considere- volmente, e tutto indicava l’esistenza di temporali all’ ingiro. ll vento che da più ore spirava da SO, verso la mezzanotte cambiò in NZ. Il giorno 24 Settembre il cielo fu per tutto il giorno coperto, e talvolta oscuro. Caddero in Modena poche goccie di pioggia, ma tutto indicava che vi erano forti tempo- porali a non molta distanza. Il vento cambiò da NE a SO non rapidamente, ma con molia Jentezza. Passò prima a S, poi a NO, direzione in cui rimase per più ore, verso le 41% sera final- mente divenne SO. Il giorno 26 Settembre, dopo aver regnato per lungo tempo il SO, sempre con successivo abbassamento del barometto, il vento fece le seguenti variazioni. Passò in senso retrogrado dal SO al SÉ. Essendo al SE cominciò il movimento in senso diretto, passando da SZ al diametralmente opposio NO, dal NO a N&, e allora si rovesciò la pioggia, accompagnata da tuoni e baleni. Indi passò da NE a S£, e compito il giro diretto da S£ si ridusse nuovamente a SO. Il barometro in questi successivi cambiamenti del vento, fece forti e svariate oscillazioni, che lungo qui sarebbe il descrivere. Il giorno 3 Ottobre 4874 il vento prima indietreggiò passando da Qa S, e da Sa SÉ. In SE avvenne il cambiamento di direzione, c il vento passò da SE a S, da Sa SO, da SO a NO, da NO a NE. Ul cambiamento da SO al diametralmente opposto NÉ avvenne in 4° 40”. Soffiando il NÉ cadde la piog- gia. Quest ultima cominciò 1 20” dopo che il vento spirava da N£. L'indomani, 4 Ottobre, il vento passò da SO a NE, anehe nei senso diretto, e con due fermate a NO e a N. Col NE non vi fu pioggia, ma cielo coperto e aria fresca. Il giorno seguente, 5 Ottobre, il vento passò direttamente da NÉ a SO. La pioggia cominciò due ore prima e finì un'ora dopo del passaggio, ma la maggior quantità della pioggia cadde mentre spirava il NZ. Rappresentando con 40 la pioggia caduta col SO, quella rovesciata col NÉ fu 44. Durante il passaggio dal NE al SO il barometro abbassò rapidamente di un millimetro, ma dopo pochi minuti ritornò allo stato di prima. Dai fatti qui esposti, e da altri osservati nell’ autunno del 1871, deri- vano le seguenti due leggi, che naturalmente meritano confer- 1382 ma, e che potrebbero essere speciali a questa epoca dell’ anno e alle condizioni del luogo. 4. Quando il movimento da retrogrado passa a diretto, il cambiamento nella maggior parte dei casi avviene al SZ. 2. La pioggia cade in totalità o in massima parte, quando il vento è fissato nella direzione NÉ. In modo che se il vento passa da SO a NE, la pioggia segue il passaggio, e lo pre- cede se il vento passa da NÉ a SO. Si è parlato nel testo del fatto da me osservato, dei gravi sconcerti termometrici che accompagnano | urto delle due correnti aeree S £ e N O. Nell’ autunno del 1871 ho riscontrato un’ ampia conferma di ciò. ll giorno 12 Novembre 4874 in cui avvenne tale incontro, la tewperatura prima rimase sta- zionaria alcune ore, poi repentinamente tanto si acerebbe che da 419% a 20? passò da 75 a 145. Il massimo non avvenne nelle ore pomeridiane, ma a 25% 452. Dopo il massimo la tem- peratura gradatamente diminuiva, ma trascorse appena le 7° cominciò a risalire, e da 6% a 9* passò da 67 a 102. L’ umi- dità che trovavasi al massimo di saturazione, da 19% a 23% passò da 96 a 64, e questa diminuzione di umidità, unita allo straordinario aumento di temperatura avvenuto nelle ore sero-. tine, produsse l’ indimani una pioggia copiosa accompagnata da granellini di grandine e neve (vedi S. V). Nei giorni an- tecedenti, nei quali più volte era avvenuto l'urto del NÉ col SO ja temperatura non ne risentì l’ effetto, e non uscì dallo stato quasi stagnante, ossia di lentissinia variazione, che è predomi- nante in Novembre (vedi $. VI). Trattando dei fenomeni osservati nell’ autunno del 4874, stimo conveniente rimandare i lettori a varie annotazioni rela- tive ai medesimi, da me pubblicate nel Giornale il Panaro (56916 22 Sett. 3 28 Ott. 539 11 15 16 181930 Nov.) ag- giungendovi qualche ragguaglio che non è contenuto in tali annotazioni. Oltre alle Aurore Boreali avvenute in Novem- bre 1871 da me segnalate, ii P. Denza ne annunzia ( nella Gazzetta Piemontese del 29) una osservata la sera del 23 a Volpeglino presso Tortona. Questa non fù veduta in Modena, ma la sera medesima sì notarono straordinarie agitazioni nel mio Galvanometro Atmosferico, che si rinnovarono frequente- mente, a riprese, sino al giorno 30. Ciò conferma, con molti altri fatti (come ho dimostrato in più occasioni), l’ importanza 183 ed il pregio di questo strumento per l’ indicazione delle Aurore Boreali anche non visibili localmente. i Nell’ autunno del 1871 ho cominciato a raccogliere e pub- blicare le osservazioni eseguite nelle stazioni pluviometriche da me istituite nella Provincia di Modena, per incarico del Consiglio Provinciale. Riferisco da ultimo'talune annotazioni relative a queste osservazioni, non contenute tra quelle già pubblicate. i. Accadono non di rade in autunno, e principalmente in Novembre, dei giorni nei quali in Modena la bassa atmosfera è straordinariamente nebbinsa, al punto che succede come una lenta distillazione di gocce acquee, raccogliendosi al pluviometro sensibili quantità di nebbia sciolta. Ho osservato che quando ciò avviene, cadono contemporaneamente piogge copiosissime nelle stazioni collocate in montagna. 2. Le osservazioni in discorso sono molto adatte a mettere in chiaro i fenomeni che. accompagnano i temporali estivi. Si ‘vede apertamente, per esempio, il carattere di estremo localiz- zamento dei medesimi. A 21 Giugno 1871 si intesero in Mo- dena pochi tuoni cupi e lontani, ma non cadde pioggia, che mancò altresì nelle altre stazioni della Provincia, eccettuandone Mirandola ove ne caddero 33 millimetri. Tralascio molti altri esempî. La stessa distribuzione della pioggia nei temporali estivi, ci fa conoscere il centro dei medesimi, che deve tro- varsi evidentemente ove la pioggia è più copiosa, mentre i luoghi ove contemporaneamente essa è piccolissinia, debbono trovarsi agli estremi del nembo. A 5 Agosto 1871 il centro delle nubi temporalesche era in pianura, ed esse lambivano la montagna, perchè vi farono 26 mill. in Modena, 26 in Miran- dola, 22 in Carpi, e solamente 7 in Sestola. A 17 Agosto 1871 al contrario il centro era sulla montagna, e gli estremi lembi sulla pianura, perchè vi furono 26 in Sestola, e soltanto 6 in Mirandola, e meno di t in Modena. 3. È degna di attenzione la circostanza, che vi sono delle condizioni metecrologicie predominanti in tutto il territorio provinciale, senza alcun riguardo alla estrema disparità delle | condizioni topografiche. Per esempio in Luglio 1871, la pioggia mancò completamente così in Sestola come in Modena. Nel- l’anno 1870, memorabile per la specialità dello stato udome- trico, in Zocca e ia Modena cadde in Luglio prossimamente 184 la stessa pioggia (46 in Zocca, 40 in Modena). Il mese se- guente fu piovosissimo, e nella stessa proporzione in queste due disparate località (149 in Zocca, (52 in Modena). Nel Set- tembre cheîvenne dopo ritornò la scarsezza della pioggia, e del pari nella stessa proporzione in questi due luoghi (6 in Zocca, 4 in Modena). 4. È anche un'importante ossservazione quella che riguarda la distribuzione della neve nel territorio provinciale. La neve naturalmente è prima a comparire nelle stazioni di montagna. Come gradatamente si va abbassando la temperatura, la neve propagasi verso la pianura. restando sempre più copiosa quella che cade in montagna. Però se l abbassamento di temperatura è straordinario, se il freddo diviene eccessivo anche in pia- nura, allora la deposizione della neve si rende uniforme così sull’alta montagna come sulla bassa pianura. In Dicembre 1870 il freddo giunse in Modena a 13 gradi sotto lo zero. Il giorno 6 Dicembre caddero in Modena 21 cent. di neve e 25 in Zocca. Dal 23 al 26 ne caddero 68 cent. in Modena e .60 in Zocca. 5. La condizione più fondamentale c precipua, relativamente alla distribuzione della pioggia, è la direzione del vento. Il si- gnor de Pointearrè assicura che per la stessa direzione del vento, il rapporto tra le quantità di acqua cadute in due punti diversi, è presso a poco costante, principalmente se è due punti sono poco lontani. (Bull. A. SF. IX 113). Per con- statare questa proprietà nelle nostre stazioni, bisogna non solo aspettare che si accresca il numero delle osservazioni, ma an- cora che sia più esteso il metodo, in varie stazioni già invalso, di indicare per ogni pioggia la contemporanea direzione del vento. Prendendo i rapporti tra le somme mensuali, si può ammettere in qualche modo, che siano compensate nel medio le disuguaglianze di direzione. Ecco i dati che ho potuto rac- cogliere per Settembre ed Ottobre. Lo specchietto contiene le piogge delle varie stazioni, riguardando per unità quella ca- duta in Modena, ed escludendo completamente tutti i’casi di neve. ——_ | 185 Settembre Ottobre Stazioni TA Ma: 1870 1871 1870 1871 Mirandola — 4 190|— — O Gli Finale — —| 590 |— — 0 712 Carpi 280890 NR20725 30749 Nonantola — — ORESTE 0 931 Sassuolo — — 8038 | — — 9923 Vignola LOI Se 0 633 1 407 Zocca 195074 == 183888|— — Pavullo Cr Montefiorino ignicna 92, e Se Sestola —_: — 9 115 432 | Pievepelago —.a | ag Piano dei lagotti | — — | — I — — | Del resto è evidente, che trattandosi di una istituzione re- centissima, le deduzioni che ora si traggono debbono riguar- darsi come generalmente immature. Però le stazioni pluvio- metriche provinciali, sono certamente destinate a farci acquistare molte utili conoscenze non solo sullo stato udometrico della Provincia, ma ancora sulla meteorologia in generale. 136 NOTA ©. La formula Besseliana pei fenomeni periodici è F=T + X Sen(A+M)- Y Sen(B+2M)+ Z Sen(C+3M)+ ecc. cioè P=T-+X Sen A CosMa4- X Cos A Sen M + Y Sen B CosîM + Y Cos B Sen2M +Z Sen € Cos3M + Z Cos € Sen3M ecc. ecc. Facendo qT 2.00 X Sen A =y X CosA=zz YSenB=o Y CosB=u ZSenCz=t ZiCosiC = sara F=zx + Cos M + z Sen M + 0 Cos 2M + u Sen 29M + i Cos 38M + 0 Sen 3M «+ ecc. Si osservi che nella maggior parte dei casì i termini di quarto ordine posseno trascurarsi senza errore sensibile. Il Prof. Plantamour fu il primo a pubblicare i valori di log Cos M log Sen M ecc., per le 73 pentadi dell’anno. Comme je n’ ai pu trouver (egli dice) ces données dans aucune ouvrage, Jai pensé qu'il ne serait pas inutile de les publier, afin d’ éviter aux savanis, qui entreprendraient des recherches analogues la peine et la perte de temps qu’exige ce calcul. ( Des anomalies de la température observées i Genéce: nelle Memorie della Società di Fisica e di Storia Naturale di Ginevra Vol. XIX). Per completare ! utilità della pubblicazione del Prof. Plantamour, ho calcolato per ciascuna pentade ‘il logarit- mo della somma 4 + Cos M + Sen M + Cos 2M «+ Sen 20 + Cos 3M + Sen 3M 187 cioè della somma (che indicherò con la lettera S) dei coeffi- cienti di x, y, z, ecc. Questo logaritmo è, come è noto, molto vantaggioso in pratica, e può dirsi indispensabile pel controllo dei calcoli, e per facilitarne e accertarne i risultamenti (Vedi l’esposizione del metodo generale del Prof. Encke sui minimi quadrati nel Gior. Ast. e Met. che da me si pubblicava in Pa- lermo anno 1855 Vol. 4. pag. 302). Nel quadro seguente ho riunito il valore di log S. da me calcolato per ogni pentade, e il valore dell’ angolo M# (pubbli- cato dal Prof. Plantamour per le sole pentadi) per ciascun giorno dell’ anno. Essendo la cireonferenza divisa in 360 gradi e l’anno comune in 365 giorni, la quota di arco che corrisponde ad un giorno è 00 260 _ 59! 178082 365 che corrisponde per un’ora a 2' 465753. Il punto iniziale degli angoli è arbitrario. Se si prende per principio la mezzanotte sarà Giorni dell’anno IS ) mezzanotte 0 000 4 mezzodì FOR mezzanotte O 5948 2 mezzodi (28, (2) mezzanotte 4 5830 3 mezzodì 2 2A 3) mezzanotte 2 5753 ecc. ece. ecc. ece. Se si prende per principio le 8* 35” del mattino, allora le quantità angolari (4), (2), (8), ecc. corrispondono a 8% 35” della sera, cioè all'ora che in tutto l’anno, con piccole e trascura- bili oscillazioni, somministra la temperatura media diurna (Vedi tav. IV col. 9). 188 (cD) ail8 23 E Coca n°) 44 2 CN 3153 49 4 5ì 5 6 6 i AE 9l 9 10) 40 UT 129 12 13) 13 A4| 44 15| 45 16j 16 47| 47 A8| 18 19| 19 20) 20 24) 2A 29 22 93) 23 2 24 251 25 5) 26 27|_27 28/3728 5 M { N. pr. d. pent. j 6 Quadro A 0 667401 0: 694681 0 70300] 0 70181 0 68846] È È i a Febbrajo i Giorni j del mese | (vo) M j N. pr: d. pent. ai © Ja mM 0 66287! 0 624661 189 Segue il Quadro A DIO E 9 E FIENSR: 2A = ® Di Ss]. M n 5 M | Log. S 303 î za È =] la Do Zi 61|2 2) 59° 40 27 2 1| 89° 45 62 6213 3| 60 39 45 (2 9) 90 44 79 653 4| 64 38 63/43 < 3| 94 43 97/497 44746 64| 5] 62 387 81 4| 92 18 45 65| 6| 63 36 99 5 95 192 38 661 7) 64 36 46 6| 94 44 SI 67| 3| 65 3554 | 795 40 68 68| 9| 66 34 5214 8| 96 9 86/208 81425 69) 40| 67 33 70 9197 9 04 70| 44| 68 32 88 410 98 8 22 71) 42) 69 32 05 1499 7 40 72 4370 34 23 12/100 6 57 73| 44 74 30 44|45 151101 5 75|21|9-29688 74) 15| 72 29 59 44102 4 98 75) 461 73 28 77 45408 4414 76) A7| 74 27 95 46404 3 29 77) 48| 75 27 42 47405. 2 47) 78| 49 76 26 306 18106 A 64/299 58309 79) 2077 25 48 191107 0 82) © 80| 21 78 24 66 90108 0 00 gi] 22) 79 93 84 924408 39 48 82| 25) 80 923 0I| 29/109 58 36 85) 24/81 22 1917 23440 57 53/239 77677 84 25 82 2i 37 24444 56 71 85| 26| 83 20 55 25|142 55 89 86) 27| 84 49 753 26/143. 55 07 87| 28/85 48 90 27/444 54 25 | 88|- 29 86° 18 08/18/38 40824018), 28/115 53 42/24/9 91492 891530) 87 47 26 149229146 52 60 90.34 88 46 44| | 120 =30|117 54 78 190 M . Segue il Quadro A. foci) Giorni dell’ anno (9 p) se Ss D D ig sl fo” Zi Giorni del mese | 1280 454 152 153 154 155 | 156 Di 157 2610 08397/158 125Î0 04431 I ace DE 464 162 | 464 165 166 167 168 169 15223 171 472 9/0 155154753 | 174 (175 176 i RE 180|5 3010 13777 170, 199| 160) DI Giugno NW0O0aaTOaOIHJIAODOS OS 41 29) 47 10 09902 (Y 03625) 339 94419Ì Ì Î 9 81234! 3519 GI74A| 369 23375 Segue il Quadro A. iorni ( ciel mese | 2 G 1140 42 I 38455 9 RAS 9 | 228 299 230 231 232 30/207° 31/208 1|209 22410 3241 41212 . 53/213 6 7 o] Agosto 244 2415 2/246 9/247 40/218 44|219 412/220 43/221 44|229 415/223 16/224 417|225 48/226 19/227 20|228 24 |229 99|230 23/281 84|252 95|233 o 261234 5 27/235 28/256 43/8 13053 44,9 24299 4519 55775 114619 74943 4719 37227 43/9 95149 192 Segue il Quadro A 3 E De 5 aAGIiS® na EE|S È 8515 E M. |5| Log i SIE M. |s| Log.S ve So È, | ici Cho s T 2 = È 244| 29237 42 58 274 08|266 47 67 Ù 242) 30/238 44 5A 272) 929/267 46 85 243] 34/239 10 68/4919 995595273| 30/268 46 03/55|8 92942 244|£ 4240 9836) | 2742 4269 45 24 245 2244 9 04] j275|2 2|270 44 88 246|© 31242 822) | 276|= 3|274 43 56 247|3 4|248 7 40 977|9 4l272 42 74 2148|9 51244 6 57|50/0 00898j278| 5|273 44 92|56/9 42525 249| 61245 5 75) | 279 61274 44 40 1 250| 7|246 4 93 2801 7/275 40 27 954| 8|247 441 984 8|276 39 45 999) 9248. (98.29. 282) 9277 38 68| | 255) 10/249. 2 47/5119 99047283] 140/278 37 84/5719 79748 254| 14250 1 64) | 284) 44|279 36 99 n 255| 42/254 0 82 285) 12/280 36 46 2536| 43/252 0 00 9286) 43|284 35 54 257| 44/252 59 48| | 287| 44|282 34 52 258| 45/253 58 56/52/9 93354/288| 15/283 33 70|58/9 98994 259| 16/254 57 58 | 289 16|284 32 88 n 260| 47/255 56 74l 290) 47/285 32 05 264 18/256 55 89 291) 48/286 34 25 262| 49/257 55 07 292) 49/297 30 41 263| 20/258 54 25/53/9 32132/293) 20/288 29 59/590 41049 264| 21/259 55 42 294) 24/289 928 77 © 265| 22/260 25 60 246] 22/290 27 94 266]. 23/261 54 78 296] 23/294 27 42 267|=24|262 50 96 297) _ 24/292 26 30 268|£ 251263 50 44/54/9 60274/293]= 25/293 25 48|60/0 18676 969|Z 26/264 49 54 299 26/294 24 66 n 2703 727/208 43 49 1300/327295 93 84| ue [ 193 Segue il Quadro A 9 N. pr. d. pent. f (a) ° ua Dì . Giorni 281526 57 53 29/327 56 74|67|9 39410 ) 328 55 89 n 329 55 07] Novembre Dicembre l 95[65/0 08455]353| 49/3547 40 27/74|0 53956 4 AA n |354| 20/348 359 45 529 355| 24/549 58 65 29/5294 2 47 pri 92213550 37 81 | j597 23|554 56 99 0 82/66|9 891701358] 24/552 56 0) 49439 329| 2 25/324 0 00 » 1959 25/553 555 330|S 26/324 59 48): [560 261554 34 3, | i 361) 27355 55 70) | rese mrsreeerresi960|-2 081366 32-88 1365) È 29/557 52 05/75/0 57164 564|S 30/558 31 25 56515 34/559 50 44 17 194 - Nel problema inverso, cioè quando data la formula si deb- bono stabilire i valori pentadici calcolati, evidentemente si può risparmiare una metà del calcolo, giacchè dopo la pentade 37 ricorrono le stesse funzioni trigonometriche. La corrispondenza è la seguente ASS Aces Ae VAR 75 10... 64 419. . 55 ORTO ENZO 4A4.. 65 20... 54 29... 45 SOUZA 12.. 62 Eos 30... 44 ‘070 45 .. 64 22. . 52 9A .. 43 : 14... 60 QI DONO . 68 45... 59 QU .. 50 33... 4A . 67 16... 58 25, . 49 54 .. 40 . 66 IZ (57 26... 48 55. 39 . 65 18. . 56 gio vr] 56 .. 58 o 00 NI Sì Stub dI DD Dì No, Nelle colonne A e B è uguale il segno di Cos M, Cos 2M, Cos 3.M, e contrario il segno di Sen MM, Sen 2M, Sen 5 M. Calcolati i valori pentadici, per ottenere quelli relativi ai singoli giorni dell’ anno, non bisogna eseguire calcoli speciali, poten- dosi ricavare i medesimi dalla interpolazione sino alla seconda differenza. Chiamando @ una data pentadica qualunque ( per esempio il giorno 25 Settembre per la 54° pentade) e f(@) il valore che vi corrisponde, a' la data pentadica che segue immediatamente e f(a'):1 valore che vi corrisponde, si ha pel giorno a +4... f(a +4)=f(« )+02|4- 042] pel giorno a +2../(c +2)=/{c)+04|M-031)| pel giorno a —2..((a'—2)=/(a')-04{(1)+05 0] pel giorno a'—1../(a—1)=/(a)-02|#+040)] La seconda differenza (2) trovasi nella medesima linea oriz- zontale con f(a), e la seconda differenza (2) trovasi nella ‘medesima linea orizzontale con f(a'). La prima differenza (4) è comune alle quattro interpolazioni, e trovasi intermedia alle due linee f(a) e f(a'). 195 Sarebbe desiderabile che 1 meteorologisti si accordino nel- l’ adottare il sistema pentadico generalmente, e questo adottato nel valutare le pentadi con lo stesso punto di partenza, c con uniformità di numero progressivo. Le quantità esposte nel quadro antecedente, corrispondono al sistema proposto da Dove, e seguito da Plantamour e dai più insigni meteorolo- gisti. Adottando un altro sistema, si incorre nello inconve- niente di presentare elementi non comparabili con quelli delle più riputate collezioni moderne: Indipendentemente da queste considerazioni, è molto difettoso un sistema pentadico che veggo seguito in talune odicrne pubblicazioni meteorologiche, che consiste nel far cominciare le pentadi sempre dal primo giorno del mese (dividendo | anno in 72 pentadi ). In questo modo la sesta pentade mensuale è di sei giorni nei mesi di 34 giorni, e di tre o quattro giorni in Febbrajo, e perciò nella maggior parte dei casi non è una vera pentade, incon- veniente che co! sistema del Prof. Dove succede solamente ogni quattro anni, e per la sola pentade di num. 12 (25 Febb- i Mar), che negli anni bisestili necessariamente deve essere di sei giorni. Il valore delia costante angolare relativa alle singole pen- tadi, è il medio aritmetico dei cinque valori cioè corrisponde al mezzo della pentade. Per esempio In somma dei cinque valori delia prima pentade è 42° 49' 73 che divisa per 5 dà 2° 27’ 95 che è il valore del giorno 3, e la costante angolare della pri- ma pentade. E così la somma dei trentuno valori di Gennaio è 473° 55' 06 che divisa per 34 dà 45°47’'26 che è il valore del giorno 16, e la costante angolare di Gennajo ecc. ecc. Pei singoli mesi il valore di M è il seguente Genna]o 15 47 26 Febbrajo 4h 25 04 Marzo 73 28 77 Aprile 105 33 70 Maggio 133 58 63 Giugno 163 45 56 (5) Luglio 195 48 49 Agosto 29423001 Settembre 204 927 94 Ottobre 284 32 88 Novembre 344 37 81 Dicembre 944 42 74 196 Se il calcolo intraprendesi non sui 73 valori pentadici, ma sui 12 valori mensuali, bisogna fare uso delle costanti angolari contenute in quest'ultimo quadro. Il calcolu però riuscirebbe molto lungo, perchè si perde il vantaggio della ricorrenza delle funzioni trigonometriche, ricorrenza che avviene quando l’an- golo M è un'aliquota della circonferenza. Or pei valori men- (o) suali si avrebbe Di = 30° e perciò per Gennajo 15 Febbrajo 45 Marzo 75 Aprile 105 Maggio 135 Giugno 165 (C) Luglio 195 Agosto 225 Settembre 255 Ottobre 285 Novembre 345 Dicembre 345 Tra queste quantità e quelle contenute nel quadro £ esi- stono le differenze seguenti Gennajo - 0 4796 Febbrajo +0 36 99 Marzo + 4 31 23 Aprile + 41 26 30 Maggio + 1 2 37 Giugno +4 46 44 (D) Luglio + f 44 5I Agosto +0 36 99 Settembre + 0 32 06 Ottobre + 0 27 412 Novembre + 0 22 49 Dicembre + 0 47 26 Allorchè trattasi di eseguire il calcolo sui 42 medi men- sualìi, volendo stabilire una formula rigorosamente comparabile coi valori M contenuti nel quadro (A), e nello stesso tempo fruire della agevolazione che si ottiene dalle funzioni periodi- camente ricorrenti, bisogna ridurre il sistema (2) al sistema (€), Ener] ent... 197 locchè si può ottenere per mezzo di apposita interpolazione. Quest’ ultima procede dal basso in alto pel solo mese di Gen- najo, e dall’ alto in basso per gli altri undici mesi. Eseguendo il calcolo trovansi i seguenti valori per le formule di interpo- lazione. Gennajo f.(a) — 0 009408 [o 0 495296 |@-o sor] Febbrajo Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre + 0021188 + 0 050545 + 0 047813 + 0 045082 + 0 0425594 + 0 058930 + 0 020494 + 004 7762 + 0 015025 + 0012294 + 0 009408 — 0 489406 — 0 474727 — 0476095 — 0 477459 — 0 473524 — 0 4380510 — 0 489755 — 0 494119 — 0 492487 — 0 495855 — 0 495296 + 0 340396 + 0350182 + 0349274 + 0348564 . + 0 347450 + 0 346527 + 0340165 + 0 339254 + 0 538342 + 0 537454 + 0336469 (E) In questo quadro (4), (2), (5), indicano le iprime, seconde e terze differenze. Si abbiano per esempio i seguenti medi termometrici mensuali Gennajo 0 835 Luglio 24 659 Febbra]o 4 332 Agosto 22 9A Marzo 7 644 Settembre 204164 Aprile 45 755 Ottobre 45 092 Maggio 18 672 Novembre 7 296 Giugno 24 470 Dicembre 3 340 24 659 22 906 20 059 12 994 7 257 5 305 Settembre Ottobre Novembre Dicembre Luglio Agosto 0 358 4 59% 7945 44 005 18 825 241 634 Gennajo Febbrajo Marzo Aprile Maggio Giugno 198 che debbonsi riguardare come appartenenti al sistema (2). Per ridurli al sistema (C) si fa uso delle formule di interpo- lazione (E), e ricavasi fi _——_—_—_—_——_ __——___________mRNMKZZZCTCCCCKKTKKKM@«E_.RE—----;ééE ET ET E È I 2 {n°} a Quadro E° SHE Ea Spe = = = S| Mesi È % È = Sa Sa a SE Sn o 2 dz 23 cà SES né SS S SS = asc MIO WI 3 © f Gennajo 9 90494 9 £1300 9 93793 |9 69897 |9 34919 19 8B4LILI (0 09940 o E | Febbrajo |9 84949 |9 84949 |» n |0 00000 9 84949n9 84949 |0 53329 ? Go] Marzo [9 41300 |9 98494 |) 93753n9 69897 |9 84949n9 34949n9 64787 © KAprile |9 41300n9 9849% |9 93753n9 69897n9 84949 |9 84949n|9 53288 doni [n°j —_—m_______m ———— CZ 1 | Maggio [9 84949n8 8499 | co n (0 00000n9 84949 19 84949 (0 15051 ‘ © | Giugno _|9 98494n/9 41300 (9 93753 19 69397n9 84049n9 84049 (9 81882 = ‘ | Luglio |9 98494n9 41300n|9 93753 |9 69897 |9 84949n|9 84949n19 43605n 2 G | Agosto |9 84949n9 64949n n |0 00000 |9 34949 19 84949n9 76775 97 [Settembre9 41300n|9 9849%n9 93753n9 69897 |9 84949 19 84949 |9 91561 | o S [Ottobre |9 41300 19 98494n9 93753n9 69897n|9 84949n9 84949 |0 _03064n S = | Novembre? 84949 |9 84949n| co n |0 00000n)9 84949n|9 84949n(0 15051n 2 - | Dicembre|9 98494 |9 41300n|9 93753 |9_69897n9 84949 |9 84949n|0 31662 (©) Sa D > Sis & È —._ 199 È raccomandabile, allorchè si fà il calcolo sui dodici valori mensuali, perequare i coefficienti in questo modo ottenuti, giusta le formule stabilite dal Prof. Schiaparelli ( Effemeridi Astronomiche di Milano anno 1867 Appendice). Forse tutte queste precauzioni e avvertenze sono o troppo miticolose, o in più casi superflue, però in generale non è mai fuor di luogo e eccessiva |’ esattezza e rigorosità dei procedimenti, principalmente allorchè si dispone di una buona e accurata serie di osservazioni. ALCUNE CENERALITÀ INTORNO LA FAUNA SICULA DE VERTEBRATI PER IL CAV. PROF. PIETRO DODERLEIN Direttore del Museo di Zoologia ed Anatomia comparata nella R. Università di Palermo ( Continuazione V. pag. 65) CLASSE DE’ RETTILI E DE’ BATRACI La Fauna erpetologica della Sicilia quanto a copia non sembra possa tenere il paragone con quella del Continente Europeo, poichè delle 92 specie di Rettili e di Batraci che annovera l’ intera - Europa e delle 60 che l’Italia ha proprie comuni con altre regioni, essa non possiede di ben accertate che sole 33 o 54 permanenti, e 2, o 3 accidentali; le altre citate dal Rafinesque, dal Sava, e dai Minà essendo specie dubbie e nominali o semplici varietà delle precedenti. — Strano risultato invero per una regione dominata da un clima così caldo, che per ciò solo dovrebbe essere più doviziosamente popolata di rettili della stessa. Italia continentale. Perlocchc, ponendo a calcolo anche fa sua condizione d’ Isola, si ha ra- gione di sospettare che questa classe di animali non siavi stata a sufficienza studiata, e che altre specie restino tuttora a scuo- prire e dimostrare. Valendoci pertanto delle nozioni raccolte sin quì dagli egregi naturalisti indigeni ed esteri che illustrarono }’ Erpetologia Si- cula (1), e di quelle ch’io stesso potei avvertire nelle mie escur- (1) Fra gli autori che avvantaggiarono in qualche modo la Sicula Er- petologia devono ricordarsi Capani, Mongitore, Rafinesque, Recupero, Genè Schlegel, Bonaparte, Bilson, Dumeril, Calcara, Sava, Minà. 1 primi due ricordano alcune specie più note dell’ Isola. Rafinesque ne diede un elenco in cui figurano 15 sp. nuove e parecchie duplicate di altre note in pre- cedenza. I successivi scienziati rettificarono ne’ loro trattati talune di co- . tali indicazioni, mentre il Minà in un suo Prospetto degli studì di Erpe- tologia Sicula. Palermo, 1865 riassunse i lavori precedenti, e diede un catalogo de’ Rettili delle Madonie. Di tutte queste pubblicazioni mi valsi all’ opportunità nella compilazione del presente scritto. 201 sioni scientifiche e cigenetiche, accennerò le principali specie di Rettili sin quì note che vivono in Sicilia, e quelie in partico- lare che mi venne fatio di raccogliere pel Museo di questa R. Università, riservandomi di parlare delle altre a mano a mano potranno esservi scoperte e determinate. Prendendo le mosse dall’ Ordine dei RerTILI CHELONIANI che per essere meglio organizzati degli altri siedono a capo dell’ in- tera serie, ricorderò per primo fra le Chersitî la comune testug- gine terrestre (‘Testudo Graca Lin.) (1) Tartuca di terra de’ Sici- liani, abbondantissima in tutto il littorale ed in particolare ne’ bo- schetti delle provincie meridionali, ove, amante com’ è del caldo, suole talvolta rinvenirsi immobile sul margine delle pub- bliche vie nelle più cocenti ore del giorno. — Ad essa accede eventualmente la Testuggine moresca ( Testudo mauritanica Dand.) Tartuca rialî (Sicii.), non già indigena, ma importatavi sovente dai marinai reduci dalle vicine coste Africane. Fra le Tartarughe palustri od Eloditî ricorderò come ca- ratteristica di tutta l’Europa,.e della Sicilia, la Testuggine d’acqua dolce { Emys lutaria Merr., Cistudo Europea Gray) (2) Tartuca di sciumi de’ Siciliani, che si propaga in gran copia ne’ pantani di Catania, nel biviere di Lentini, e ne’ laghi in- terni dell’ Isola, non avendo prove che l’ orientale Terrapene Caspica Bp. esista ne’ stagni presso Mezzojuso, ove taluno disse averla rinvenuta. Fra le Tartarughe marine o Talassiti riesce abbastanza comune in Sicilia la Chelonia Chaouana Swerg ex Daud, Tar- tuca di mart (Sicil.), (3) unica rappresentante Mediterranea delle pregevoli tartarughe scagliose che vivono nel vasto Oceano. Molti individui della quale concorrono in tempo di primavera ne’ seni marini della Sicilie e delle sue Isole minori a deporre i preziosi germi di loro successione, ma che i pescatori del luogo sogliono. più comunemente cogliere allorchè addormen- tate galleggiano supine sulla superficie de’ vicini mari. — Alla Chelonia comune accede la rara Sfargide lira ( Sphargis coriacea Gray) Tartarucuni (Sic) (4) più volte presa nelle (1) Zestudo Graeca Lin. anche del Rafinesque. (2) Hydrone lutaria, ed Hydrone orbicularis del Rafinesque. (5) Careita nasuta Rafinesque. (4) Chelonia lutaria Rafinesque. 43 202 varie tonnare dell’ Isola, ed anche di recente ne’ paraggi di Messina (1). i Trapassando dai Cheloni all’orpinE DE’ SAURI, farovvi no- tare da prima il Coccodrillo nilotico ( Coccodrillus Niloticus Daud), Cuncutrigliu (Sic), 4, 5 individui del quale giusta le cronache del Paese apparvero ne’ tempi andati in varie parti dell’ Isola; due cioè nelle acque del Papireto, e del Garaffello presso Palermo (2), un altro ne’ contorni di' Messina, ed altri ancora nel fiume Amenano presso Catania (3). — Comunque questi animali sieno dotati di ottitni mezzi di natazione, e possano secondando le ricorrenti escrescenze del Nilo discendere sino altefsue foci, è però dubbioso se realmente abbiano potuto avventurarsi in alto mare, e raggiungere le coste della Sicilia. Su tal fatto verte tuttora incerta questione; da- poichè parecchi serittori Siciliani opinano che codesti animali vi sieno stati importati da navigatori indigeni; altri, credono che vi pervenissero attraversando l’ interposto mare; altri an- cora, sulla falsa supposizione che i fiumi di Sicilia avessero una sotterranea comunicazione col Nilo, sostengono che per quella via vi sì sieno fatti strada (4), ed altri infine, fra quali il benemerito nostro Socio Prof. Inzenga, atto quanto altri mai a giudicare delle condizioni naturali del Patrio suolo, ritengono che la maggior parte di questi rettili sieno stati appo- sitamente recati dagli Arabi al tempo della loro dominazione, e che vi fossero tenuti in custodia in artificrali recinti presso le ioro moschee per quella sorta di culto tradizionale che l’ araba nazione professava a codestì animali. A tal fine 1’ esimio (1) Quest’ ultimo esemplare insignito dell immaginario nome di Chilo- miamite venne dai pubblici giornali di Messina spacciato come proveniente dal Mar Rosso, attraverso l’istmo di Suez!! (2) Minà Prospetto degli Studi di Erpetologia in Sicilia p. 6. (3) Minà I. c. (4) Era cotanto accreditata nel secolo passato l'idea di una sotterranea comunicazione de’ fiumi Siciliani col Nilo, che gli Accademici ed i Poeti indigeni la celebrarono ne’ loro scritti. Laonde il Baronio riporta in proposito del fiume Papireto il seguente distico del celebre Antonio Ve- neziano: « Me Nilus genuit. nome fecere Papyri « Qui fueram salo, sum modo Lympha solo. Ed altrove 1’ Eredia: « Ed io che dall’ Egitto il corso prendo « I miei papiri a voi sacrati rendo. Mongitore Sicil, Ricercata T. II p. 167. 203 Prof. fà osservare che il rinvenimento de’ Coccodrilli in Sicilia non ebbe già luogo sulle costiere meridionali dell Isola più prossime all’ Africa, ma a Messina, a Palermo, luoghi ove particolarmente era insediata l’antica potenza di questa nazione. — Ma qua- lunque ne sia la provenienza, è certo che noi tutti vedemmo pochi anni or sono un informe spoglia impagiiata di questo rettile starsi appesa in un ambiente sotterraneo presso la fonte del Papireto, che s’ ebbe poi il nome di fonte del Coccodrillo. Il rinvenimento di questo rettile, avvenuto nell’ Età di Pietro Rè d'Aragona, venne attestato da parecchi scrittori contempo- ranei e successivi, e particolarmente da Don Vincenzo di Gio- vanni nel suo Palermo ristorato, da Don Carlo Ventimiglia in una sua lettera a Fabio Colonna, e dal Marchese Villabianea ne’ suoi commentarii storici mss. esistenti nella Biblioteca Comu- nale di Palermo (4). ; Proseguendo l’ enumerazione dei rettili Siciliani, di quelli ip particolare deil’ ordine de’ Sauri faccio notare che delle varie specie di Lacertini indigeni d’ Italia, la Sicilia non ne pos- siede di ben accertate che il Ramarro verde, il Ramarro oc- chiuto, la Lucertola de’ muri, la Lucertola Taurica, la Lucertola agile, e forse qualche altra citata dal Rafinesque ma non pe- ranco convalidata da ricerche posteriori. ll Ramarro verde (Lacerta viridis Lin) (2). Lacertuni, o Vannuzu (Sic), è comune per ogni dove, e offre parecchie beile varietà, fra cui la maculosa, la mento-cerulea, la cerulescens, la dilineata o Sicula ecc. — Ai Ramarro tien dietro una specie se non identica almeno molto affine alla Lacerta occellata Daud che vive secondo il Sava ed il Minà alle falde dell’ Etna. — Lo stesso può dirsi della Lacerta de’ muri ( Podargis muralis Wagl. ) Serpa de’ muri (Sic) (3) che colle molteplici sue tinte e Varietà scorre fe campagne, e s’affaccia su tutte le costiere soleggiate dell’ Isola; alla quale meno frequentemente s’ associa la Podargis Taurica Bp., e secondo il Sava ed il Bibron la La- certa Stirpium Daud (Lacerta agilis Menen) nelle regioni più elevate e rocciose dell’ Etna. (1) Il Mongitore nota pure nella Sicilia ricercata, che a tempi suoi la spoglia d’ un coccodrillo stava appesa al tetto di una stanza contigua alla Chiesa di S. Giov. Battista, ed un’altra pelle pendeva sotto la volta della vicina chiesa dei SS. Cosmo e Damiano. (Mongitore 1. c. T. Il. p. 168. (2) Lacerta chloranta del Raf. (5) Lacerta serpa, sicula, pucina, olivacca del Raf. 204 La Sicilia nutre eziandio parecchie specie di Sauri al tutto proprie de’ paesi meridionali. Tali sono ln Tarantola di rocca ( Ascalabotes mauritanicus Bp. Gecco Fasciculatus Daud ) (1) Tignusu dî rocca de’ Siciliani, che s’aggira in copioso numero per le regioni montuose dell’ Isola, e per le circostante Isolette minori. Tali pure il Tarantolino di casa ( Emidaciylus verru- culatus Daud) (2) Tignusu di casa (Sic), brutto ma inocuo animaletto che s’ interna nelle abitazioni, ed impune scorre i soffitti e le levigate pareti delle stanze in busca d’ insetti e di ragni, Tali sono pure fra ì Sauri Scincondiani il Gonfilo oc- chiuto ( Gongylus ocellatus Wagl.) (3) Tiru de’ Siciliani; e la Cecella o luscengola fienarola ( Seps Calcides Cuv.) (4) Cicigna, Serpuzza, Scindicaloru degli indigeni, colle sue va- rietà lineata et concolor, che agile serpeggia e s’ avvolge fra erbe de’ prati. — A queste specie conviene aggiungere come avventizio qualche raro Camaleonte (Chamaleon Africanus Cuv), erroneamente qualificato dal Grohmann col nome di Siculus, due individui del quale vennero colti anni addietro presso Palermo e presso Catania, accidentalmente portativi fra legnami dalle barche reduci dalle coste Africane. Venendo all’ ordine degli Orrmps notiamo esistere in Sicilia un buon numero di Serpi inocue. Fra queste largamente vi si trova diffuso il Milordo o Bastoniere ( Zameris viridiflapus Wagl,) (5) Scurzuni (Sic), colle note sue varietà Carbona- ria, variegata. Gli succede in frequenza il Saettone od Angiò (Calopeltis flavescens Bp-Coluber Aesculapii Schaw nec Lin), (6) che raggiunge notevoli dimensioni; ed alquanto più raramente il Colubro lacertino (Calopeltis Mompesulanus Bp. o lacerti- nus,) ed il leggiadro Colubro leopardino ( Calopetis leopardi- nus Fils.) (7) che vive altresì nella estrema parte meridionale dell’ Italia. Del pari numerosi vi sono il Corrione- Elaphs qua- drilineata) Pastura-vacche (de’ Sic.), (8) ed il Serpentello li- (1) Gecus cyanodacitylus Raf. (2) Gecus gecottus (Daud.) Raf. (3) Scincus tirus Raf, Scixacs algirus, et Tiliququs (Daud.) Raf. (4) Calci Chalcides vulgaris (Daud.) Raf. (5) Coluber xanthurus et melanopud Raf. (6) Coluber Aesculapii (Lin.) Raf, (7) Coluber viperinus. Raf. (3) Coluber elaphis (Lin.) Raf. Questa medesima specie nella piana di Catania porta il nome volgare di Scanna-vacche o di Succhia ed attinge notevoli dimensioni, 205 scio (Zacholus austriacus Wagl.) (4) contrasegnato dagli isolani col singolar nome di Sparti-matrimoniu, del quale il corri- spondente Colubder friccioli Metaxà, che pur vi esiste, non è forse che una semplice varietà adulta. —_—Addentrandoci nella famiglia degli O/idi Sincrateriani di Dumeril e Bibron, vi rinveremo ie due note discie d’ acqua dolce, cioè la Natrice del Collaro ( Tropidonotus natrix Schleg. Natrix torquata Gesn. Bp.) (2) Sbedina de’ Sicitiani, e 1’ affine Natrice viperina ( Tropidonotus viperinus Schl. Natrix Gabina Bp.) (3) Guisina de’ Siciliani, che cella sua varietà Sicula guizza in numero straordinario d’individei per ie acque de’ pan- tani di Catania, e per i fiumi meridionali deli’ sola, insidiando a ranocchi, ed agli insetti acquatici. Îientre non vi vennero pe- ranco riscontrati il RAinechis scalaris Bn. ( Aenodon Ifichaelesti Schleg ), il Pseudopus serpentinus Kerrem, e la Thyria Dahli Fitz. della Dalmazia, che il clima e la posizione geografica della Sicilia farebbero supporre esservi indigeni. Delle serpi venefiche la Sicilia ne conta due snecie la Vi- pera meridionale cioè ( Vipera aspis Schleg.) (4) Vipera, 0 Bifera (Sic), che si propaga abbondantemente ne’ siti aridi e sassossi dell’Isola, e. vi forma talvolta deile pcrigliose congreghe, che metton paura agli stessi pastori; e la vipera dal corno (Vipera -ammodytes Latris) (5) Asparu (Sic), specie ia più venefica del continente Europeo, che in Sigilia trovasi fortu- natamente confinata in una limitata zona verso Capo Dassaro, e la punta meridionale dell’ Isola. Toccando infine i BatRAcI Anuri faccio notare che in Si- cilia numerosissimo prospera in tutti gli stagni, estuarii, e pan- tani il Discoglosso Siculo ( Discoglossus pictus Otto) (6) Giurana di passa (Sic), il quale con parecchie belle varietà vi rimpiazza quasi esciusivamente la comune Rana mangereccia del Continente ( Rana esculenta Lin) Giurana di sciumi (Sic), alteso che questa si trova unicamente confinata ne’ pantani di Catania in aleune acque delle Provincie meridionali, e secondo Minà anche in quelle de' Monti Nebrodiani. (1) Coluber pustulaius Raf. (2) Coluber natriv (Lin.) Raf. (3) Vigera rissena? Raf. (4) Vipera berus et Redi. (Daud.) Raf. (5) Vipera ammodites (Daud.) Raf. (6) Zanaria esculenta Raf. in comune colla specie mangereccia» [ 206 A queste accedono più raramente la Rana rossa ( Rana temporaria Lin) (4), la vaga Ranganella d’ albero ( Hyla ar- borea o viridis Laur) Giurana d’arvolu (Sic), e dubbiosamente il Rospo ululone o montanaro ( Bombinator igneus Laur.) che il Sava dice esser indigeno delle pendici dell’ Etna; e cer- tamente il rosso smeraldino ( Bufo ciridis Laur.) ‘2) Buffa virdi o stizziata (Sic), non meno che la comune Botta (Bufo vulgaris Laur.) (3) Buffa niura e zicagna (Sic) che vi rag- giunsero straordinarie dimensioni; del quale ultimo il corri- spondente Rospo delle palme ( Bufo palmarum Cuv.), giusta Dumeril e Bibron, non sarebbe che una semplice varietà locale. I Batraci urodeli o codati della Sicilia ci danno per primo la Salamandra terrestre ( Salamandra maculosa Laur.) (4) colle sue due varietà nera e pezzata, che talvolta s’ incontra ne’ boschi centrali dell’ Isola; e dubbiosamente la Salamandra acquatica ( Triton cristatus Laur.) (5) che il Rafinesque ed il Sava asseriscono esistere nelle pozzanghere dell’ Etna; cui s'aggiunge ancor più incertamente il Proteo anguino ( Proteus anguinus Laur.), citato dal Davy in alcuni laghi delle profonde grotte dell’ Isola, ma non peranco constatatovi da ulteriori os- servazioni. Verun rettile od avanzo dì esso venne sin qui scoperto nelle breccie ossee, e nei terreni pliocenici e quaternarii della Sicilia; circostanza però che non ne autorizza ad escluderne la presenza, tanto più che qualche dente di Sauro venne ritratto dalle marne bianche mioceniche di Pachino ed alquante vertebre dell’ £mys Europea dai terreni terziari presso Girgeuti; fossili che si con- servano nella bella raccolta paleontologica del Museo mineralo- gico di questa Università; se nonchè tale circostanza ci toglie il mezzo di chiarire i vincoli che congiungono l’attuale Fauna Erpetologica con quella de’ tempi geologici. La Fauna Erpetologica di Sicilia ci porge una novella prova essersi l’ originaria ripartizione degli animali sulla terra effet- tuata per famiglie, e per specie affini vicendevolmente rappre- sentantisi, strettamente d’altronde accomodate alle condizioni cli- matologiche e topografiche delle singole regioni. — Le specie (4) Ranaria temporaria Raf. (2) Batracus postulatus Raf. (5) Batracus bufo, fuscus, spinosus Raf. (4) Satamandra vulgaris (Daud.) Raf. (5) Salamandra palustris (Daud.) Raf. 207 di fatto che la compongono, attesa la ristretta loro facoltà loco- motrice, improntano, in un co’ vegetabili, co’ molluschi terrestri, e co’ mammiferi, di un carattere tutto speciale il suolo di quest’Isola, e vi realizzano una Fauna erpetologica intermedia fra |’ Europea e l’Africana. Laonde giusta le leggi generali di Geo- grafia zoologia, noi vi troviamo una serie di specie, tanto apparte- nenti alla zona settentrionale, quanto alla meridionale di Europa, ed inoltre una sotto-fauna distinta ed indipendente, costituita da alcune specie che non si riscontrano ne’ paesi circonvicini. Ciò emerge in particolare dal confronto della popolazione erpetologica della Sicilia con quella della vicina Sardegna. Queste due regioni che, come vedemmo nel precedente articolo, ap- palesano cotanta affinità zoologica rapporto alla Classe degli uccelli, altrettanto differiscono riguardo a quella dei rettili, e degli altri animali sedentari. In Sardegna diffatti vive il Pistiglione Sardignolo ( Philo- dactylus hemiedrus od Europeus Genè), la Saurina del Fitzinger ( Notopholis Fitzingeri Bp.), il Colubro a ferro di cavallo (Co- luber Hippocrepis Wagl.), la Natrice del Cetti (Natrix Cetti Bp.), il Ranocchio Sardo ( Biscoglossus Sardus Bp. ), il Geotritone del Savi, ( Geotriton fuscus Bp.), l Emprotto Capo - piatto (Emproctus platycephalus Otih.), ia Salamandra moncherina ( Salamandra caspica Savi), e vi mancano tutte le vipere e i rettili velenosi. Per converso in Sicilia abitano la Lacerta viridis, la Lacerta occellata, la Podargis Taurica, il Celopeltis Mon- spessulanus, il Celopeltis leopardinus, il Zacholus Austriacus, la Natrix torquata, la Vipera aspis, la Vipera ammodytes, la Rana temporaria, il Discoglossus pictus che non si rinven- gono punto in Sardegna. — Alcuni di cotali rettili si possono realmente considerare quali specie affini e rappresentanti, e forse anche quali semplici varietà procedenti da un medesimo ceppo, gradatamente modificate nell’abito e ne’ loro caratteri esterni per lungo soggiorno in diversa regione; ma altri ed in maggior numero sono assolutamente speciali e distinti. Una differenza ancor maggiore emerge dal confronto dell’ Er- petologia Sicula coll’Africana, ove eccettuando un certo numero di rettili ordinari, comuni a varie regioni ed isole del Mediter- raneo, la massima parte delle specie ne è assolutamente distinta. — Così è che sulle vicine coste dell’ Africa settentrionale si riscon- trano viventi, la Testudo mauritanica Daud., l Emys Sigritz Dum, il Camaleon vulgaris Cuv, lo Sfenodactylus mauritanicus 208 Guich, il Varranus arenarius Dum, l' Agama coloniorum Daud, l’ Uromastis acanthurus Dum, il Tropidosaurus algirus Fitz, la Lacerta perspicillata Dum, V Eremias pardalis Dum, il Trogonophis Wiegmanni Kaup, il Plestiodon Aldrovandi Dum, Bibron, il Macropotodon mauritanicus Dum, | Echidna Mau- ritanica Dum, il Bufo pantherinus Boie, l’ Emproctus Ru- sconiî Genè, il Triton nebulosus Guichenot, che non esistono punto in Sicilia, ma vivono in parte soltanto in alcune regioni meridionali della Spagna, attestandovi la pristina e non re- mota connessione dei due continenti; laddove manca all’ Africa la massima parte de’ rettili Siciliani, non meno cioè di 15, a 16 specie. Assai meno notevole è la differenza che intercede fra la Fauna erpetologica Sicuia e quella delle coste meridionali del- l’Italia continentale. Quivi le specie caratteristiche meridionali si rinvengono nella Calabria, e nella estrema parte meridionale della Penisola, (Gallipoli, Otranto, Reggio); ma esse gradata- mente si diradano col procedere verso le regioni centrali, € svaniscono poi del tutto oltrepassata la cresta degli Apennini. Da queste osservazioni si deduce il notevole fatto geologico, che la Sicilia, la quale come vedemmo in precedenza, per la pro- miscuità delle belve fossili, e per la continuità degli strati plio- cenici sottomarini, si trovava congiugta coll’ Africa sino dai pri- mordii dell’epoca quaternaria, dovette completamente staccarsene sul principio dell’ éra Antropozoica o recente, od almeno dal tempo da cui data l'odierna distribuzione degli animali terre- stri, ed assumere, per | avvenuto avvallamento degli strati terziari interposti, le condizioni di una peniîsola. — Di fatto sembra che in tal’ epoca essa restasse temporariamente con- giunta cogli estremi lidi meridionali dell’ Itala continentale, connessione che dietro successivi e più recenti sollevementi plutonici venne poi a cessare per l’avvenuta rottura dello stretto di Messina. — Ed ecco come mercè alcuni dati zoologici oppor- tunamente studiati e chiariti, si giunge sovente a convalidare altri teoremi che ]’ assidua ‘ osservazione de’ Geologi, e dei Paleontologi seppe sorprendere e constatare sulla superficie del globo. Onde sì vera rifulge l’inveterata sentenza, che le scienze tutte si danno mano e si afforzano a vicenda nella ricerca della verità. Riassumiamo pertanto i fatti geologici, e topografici che per la Sicilia derivano da cotali riscontri. Qui abbiamo: 4.° Znsidenza 209 del mare nell’ Epoca terziaria pliocena su le parti basse interne e litorali «dell'Isola, ove presentemente stendonsi gli analoghi depositi marini: — 2.° Emersione della maggior parte di cotali depositi, sui primordi dell’epoca quaternaria e contemporanea connessione della Sicilia coi continenti circostanti, ed in parti- colare col continente Africano, (4) attestata da tutti que’ luoghi ove ì predetti terreni terziari si trovano a nudo, o sono attual- mente ricorperti da poienti banchi ciottolosi ed alluviali del- l’ epoca diluviana. — 3.° Distacco della Sicilia dall’Africa setten- trionale, avvenuta in sull’ incominciamento dell’ éra recente pro- dotta dal più o men rapido affondamento degli strati pliocenici ed alluviali interposti, e sua conversione a penisola. — 4:° Segrega- zione della stessa anche dall’ ftalia continentale per la non remota rottura dello stretto di Messina durante il corso dell’ epoca attuale e sua completa riduzione ad /sola. — Particolarità tutte che vengono a corredo, di altrettanti fenomeni geologici avvicendatisi nelle altre parti deli’ antico continente, quali sono il sollevamento de’ terreni pliocenici deli’ Apennino, l’avvallamento della pianura Lombarda, la sommersione del deserto di Sahara, la dispersione de’ massi erratici e delle alluvioni diluviali, l’ecci- dio delle belve fossili ecc. ecc. La Fauna erpetologica della Sicilia considerata relativamente alla particolare distribuzione delle specie nell’Isola, non offre circostanze oltremodo notevoli, ne una troppo manifesta diffe- renza fra provincia e provincia; ma ne dà indubbie prove di una limitazione di rettili in ordine altimetrico, dipendentemente forse dalla diversità della vegetazione, e delle condizioni fisiche e climatologiche de’ luoghi. — Cotali differenze però si mani- festano più particolarmente, per caratteri di varietà anzichè per quelli di specie, essendo che gli individui delle specie che vi sono comuni, ma che vivono sulle alture, diversificano so- vente per tinte e proporzioni di corpo da quelli delle falde, e delle basse vallate. — Di questo fatto ce ne porge ovvio esem- pio la Podargis muralis, la cui varietà grigio-terrea uniforme, e la rubriventris vive per lo più sull’ alto de’ monti, in con- fronto della verde e della dilineata che riscontrasi più spesso (1) Codesta antica connessione delle terre settentrionali dell’ Africa colla Spagna, colla Sicilia, e coll’ Italia meridionale, venne altresì soste- nuta per argomenti validissimi dai signori Forbes, Lyell, Suess, e Maurizio Wagner ( V. Lyell Encienneté de I Homme Appendice. Traduzione Francese Paris 1864 p. 32.) 210 Fal basso. Lo stesso può dirsi del Coluder viridiflavus la cui varietà nera o morata è frequente ne’ monti litorali e nelle campagne del piano, inentre la macchiettata, o giallo-verdastra assume dimensioni maggiori e tinte assai più marcate ne’ monti interni dell’ Isola. Il Sava vorebbe farci credere all’ esistenza di una Fauna erpetologica assolutamene Nordica, ed appena Italiana sui pendii dell’ Etna. Ma le dotte elucubrazioni Zoologiche di questo na- turalista, ritenute incerte anche dal Minà, non essendo state convalidate da veruno dei numerosi naturalisti che visitarono questo celebre monte, non possono essere accettate in iscienza senza ulteriori prove (1). È noto che fra tutti i vertebrati i rettili sono quelli che sopportano meno agevolmente le vicissitudini del clima e delle stagioni, per essere la termogenesi del loro sangue non solo fredda, ma cziandio variabile e strettamente vincolata alle va- riazioni termometriche dell’ atmosfera. Da qui ne viene che essi in genere preponderanno in numero di famiglie e di specie ne’ paesi caldi ed intertropieali e scemano in proporzioni nei temperati e ne’ freddi; che nelle stesse regioni da essi abitate sopportano più agevolmente un forte caldo estivo che non un mediocre freddo invernale, per cui prontamente si ricove- rano nelle loro tane ne’ tempi umidi, all’ appressarsi della notte, all’insorgere della pioggia. e de’ temporali; e che infine sog- giacciono a letargo tanto durante la fredda stagione ne” paesi della zona temperata, quanto durante la secca e la calda nelle regioni tropicali. il clima di Sicilia sebbene abbastanza mite in tempo d’inverno, riesce non pertanto infesto alla maggior parte de’ suoi rettili. Talchè vediamo questi animali, come nell’ Italia continentale, ricoverarsi sotterra, ne’ fori degli alberi, e sotto le pietre durante i 2 o 8 mesi che vi perdura la mala sta- gione, e viceversa riparare talvolta nelle fessure delle rocce sotto la potente sferza de’ raggi solari nella stagione secca ed estiva. Tuttavia non tutti i rettili siculi subiscono egualmente simili influenze, poichè parecchie specie meno delicate, quali (1) Le specie eccezionali che secondo il Sava vivrebbero sull’ Etna sono oltre alcune comuni anche al piano, la Lucerta sepium, il Coluber berus, il Bombinator packipus, il Triton Laurenti, ed alcune altre botti e salamandre non precisate: (Roberto Sava. Lucubrazioni della Flora e della Fauna Etnea Milano 1844 p. 2). 211 sono la Podargis muralis, la Lacerta viridis l Ascalabotes Mau- ritanicus anche ne’ contorni di Palermo sogliono passare l’ in- verno nelie loro tane senza cadere completamente in letargo; e si vedono poi far capolino dai loro nascondigli e bearsi ai benefici raggi del sole non sì tanto questi sorge a rallegrare le mite giornate invernali. E a noi tutti è dato del pari d’ osser- vare nelle men crude invernate anche il delicatissimo Gecco delle case starsi ranicchiato nelle fessure de’ muri senza sottostare a completo sonno. — Lo stesso avviene in Sicilia de’ ranocchi che comunemente s’appiatano nel fondo de’ fossati o si spro- fondano nel fango de’ stagni durante la fredda stagione, ma ricompariscono a galla e si stendono sulle larghe foglie delle ninfee e sugli undeggianti festoni delle trappe natanti nelle belle giornate di Dicembre e di Gennajo. La Sicilia a vero dire non trae grande vantaggio igienico e sociale dalla sua FaunagErpetologica. Quivi le rane, tranne qualche raro caso, non si mangiano, sia per la scarsezza della specie esculenta, confinata qual’ è in alcuni pochi luoghi del- l’ Isola, sia perchè il corrispondente Discoglossus pictus, che le rappresenta ne’ stagni e ne’ laghi salmastri del litorale, non offre quella delicatezza di sapore che -ha la prima, sia infine perchè la notevole copia di squisiti pesci, di crostacei, di mol- luschi, che il vicino mare tributa agli Isolani, fa sì che questi sdegnino ogni altro cibo meno appetitoso ed opportuno. Da questa norma vanno però eccettuate le Tartarughe si terrestri che marine; le prime vengono comunemente man- giate da aleune popolazioni di montagna; le seconde, tuttochè non conguagliabili per sapore colle corrispondenti specie atlan- tiche, cotante apprezzate dagli Inglesi, pure sono tuttavia usate a cibo dai pescatori, e dalle classi povere delle città; concor- rendo altresì a farle ricercare | industria Iocale, che sà oppor- ‘tunamente mettere a profitto il loro carpace coriaceo in lavori di ornamento e d’ intaglio, benchè assai men pregiati ed ele- ganti di quelli eseguiti collo scudo delle Tartarughe Oceaniche. Che se l’industria Sicula non si avvantaggia gran fatto dei “suoi rettili, ne trae invece immune profitto la stessa natura, atteso che questi animalifattivamente vi cooperano insieme alle altre classi a diradare, e limitare quella esuberante copia di insetti, e di chiocciole terrestri, onde va doviziosa quest’ Isola; copia, che senza un energico e regolare freno, renderebbesi funesta alla vegetazionefied alla stessa popolazione animale. ( Continua ) SULLA: PRESENZA DELL’ ACiDO URICO NELLA CUTE DEL BACO DA SETA Nota © DEL PROF. G. P. VLACOVICH Nelta cute del baco da seta (forse in ogni sua ctà, ma certo dal termine della seconda in poi), il derma cellulare (2) che serve di matrice alla cuticola, si presenta infàrcito di minu- tissimi granelli, che ultimamente richiamarono in particolar modo la mia attenzione. Alla presenza di quest granelli è dovuto il colore bianchiecio del derma stesso; il quale riflette vivamente i raggi luminosi, ma non li lascia passare che in quantità molto scarsa. D’ onde avviene, che, esaminandolo mi- croscopicamente a luce rifratta, le sue cellule si presentano opache e di color bruno fosco (3). Sulla natura di codesti granelli non bo trovata nessuna in- dicazione precisa nelle opere dei principali autori, che si oc- (1) La nota presente differisce per alcune piccole modificazioni ed ag- giunte da quella, che, coì titolo medesimo, si trova inserita fra gli atti dell’ Istituto veneto ( Yolume XVI, Serie III ). (2) Intendo abbracciare con questo nome tulti gli elementi cellulari sottoposti alla cuticola ( epidermide degli autori). Lo uso dunque in quel senso esteso, dato talvolta anche da Cornalia alla parola derma (Mo- nografia ecc.; pag. 96 ). (5) Il colore delle macchiette, che il baco da scta offre normalmente qua e là alla superficie esterna della sua cute, è cagionata dalla presenza d’ una sostanza colorante particclare, diffusa nello strato superficiale della cuticola. Ed è diffusa parimente nella cuticola la sostanza colorante che forma le macchie petecchiali; ma queste, al loro nascere, hanno sede precipuamente nello strato suo profondo. 215 cuparono nello studio dell’anatomia del baco da seta, o d’altri insetti (4). L’ uniforme loro grandezza e il loro contorno assai spic- cato mi trassero a supporre, che fos:ero granelli cristallini, E a confermarmi in questa congettura valse È’ esempio di al- cuni tessuti animali ( cute di amfibii e pesci), che si compor- tano rispetto alla iuce nella duplice maniera poc’ anzi esposta; tessuti che contengono dei granelli cristallini, o veramente dei cristalli di forme regolari. I granelli del derma cellulare del baco mi parvero somi- glianti a queili che s’ incontrano nei tubi Malpighiani, e nella vescichetta cecale della farfalla. Usciti dalle cellule, essi pre- sentano al pari di questi, il movimento molecolare Browniano; s’ oscurano, portando il tubo del microscopio in basso; si ri- schiarono invece, portandolo in alto. Ond’ io fui tratto a chie- dermi, se non fossero costituiti essì pure da acido urico, o da urati. Le reazioni chimiche da me istituite resero manifesto, che con tale supposizione io aveva colto nel segno. La dimostrazione perentoria di questo fatto mi venne for- nita dalla ricerca della muressida; la quale sostanza si fece agevolmente palese, trattando qualche particella del derma nella ben nota maniera (acido nitrico e ammoniaca: colora- mento rosso-porporà, che sì cangiava in violetto porpora per l’ addizione di soda o potassa ). La grande abbondanza dell’ acido urico nel tessuto soprad- detto viene attestata da questo, che basta si stacchi dal derma un minuzzolo piccolissimo, tanto da coprire la punta d’ un ago lanceolato, per ottenere distintissima la reazione della muressida. i Questo assaggio chimico prova però soltanto, che il derma cellulare del baco contiene dell’ acido urico; ma lascia indeciso tuttavia: (4) Sarà sufficiente ch’ io citi in proposito la monografia di Cornalia, e il trattato di Leydig. Quest’ ultimo autore però, in una sua memoria sul corpo grasso degli artropodi ( Ziniges ber den Fetikòrper der Arthropo- den; nell'Archivio di Reichert e Du Bois-Reymond £865, fasc. II, pag. 200), accenna, ma in via di congettura soltanto, che la sostanza granulare pro- ducente il colore bianco-giallo di alcuni bruchi, potrebbe essere costituita, o contenere dell’ acido urico, 214 a) Se l'acido vi si trovi allo stato libero, o combinato a qualche base; e quale sia la natura, in questo secondo caso, di codesta base ( potassa, soda, ammoniaca, calce, magnesia); 6) lascia pure indeciso, se | acido urico o gli urati vi si trovino in forma solida, o vi stieno invece disciolti. Considerando la poca selubilità dell’ acido urico e degli urati acidi, è ben giusto l’ inferirne, che tanto il primo quanto i secondi non potrebbero certamente essere accolu nel derma, per la massima parie almeno, tranne che iu forma solida. E poichè dalle reazioni chimiche, di cui sarà detto più sotto, risulta, che gli accennati granelii sono com- posti da qualche urato acido; è iecito il dedurre, ponendo mente in pari tempo alla grande quantità dei medesimi, ch’ essi rappresentino per intero, o quasi per intero |’ acido urico contenuto nella cute del baco. Che codesti granelli non sieno di sostanza adiposa, se ne ha Ia prova dal fatto, ch’ essi vengono rispettati e dall’ alcole e dall’ etere, tanto a freddo quanto a caldo. L’ acqua fredda o coadiuvata dal calore li discioglie, purchè la si usi in quantità piuttosto abbondante. La solubilità nell’ acqua, anche se esida o bollente, mostra già che i granelli non sono costituiti da sostanza albuminoide; giudizio che viene confermato dalia loro solubilità nell’ acido nitrico. L’acido acetico li scioglie bensi, ma lentamente assaì (5). Mentre’ essi vanno dileguantiosi, compariscono delle tavolette cristalline romboidali, o esagone; oppure dei gruppi di simili tavolette, foggiati a stella. L’ acido cloridrico scioglie del pari i granelli; ma poco dopo si formano rapidamente dei globuli dì laminette cristal- line, disposte a guisa di raggi divergenti da un punto centrale; globuli associati fra loro per lo più a due, a tre, od anche in numero maggiore. L'acido nitrico produce pure. la scomparsa dei granelli, con lo sviluppo vivace di bollicine gazose. Anche per l’ acido solforico i granelli si dileguano; ma di- luendosi in seguito | acido per assorbimento del vapore acqueo dell’ atmosfera, si precipitano dei globuli cristallini, e qua e là alcune tavolette romboidali. (5) Si eviti di usare un acido troppo concentrato. 215 Posti a contatto con una soluzione di potassa, i granelli si disciolgono per intero. Aggiungendo poscia alla preparazione dell’ acido cloridrico, si presentano dei piccoli cristalli roton- deggianti, ciottoliformi; od anche dei globuli, costituiti da cristallini variamente tra loro aggregati. i Tutte queste reazioni pongono fuori di dubbio; a) Che nei granelli sia contenuto dell’ acido urico; 6) che questo vi si trovi non già in forma libera ( solubi- lità nell’ acido acetico e cloridrico ), ma accoppiato a qualche base, per costituire degli urati acidi. Non si potrebbe dedurre però, da queste reazioni, quale sia la base a cuì l’ acido urico stia combinato, nè se ve n’ab- biano una sola o più d’ una. Non è forse inverosimile, che i granelli sieno composti, per buona parte almeno, da urato acido d’ ammoniaca; col quale giudizio non intendo escludere la presenza di altre basi. Se qualche valore può concedersi in questo caso all’ analogia, sarebbero da ricordare i granelli dei tubi Malpighiani della crisalide e della farfalla (1); non che quelli incontrati da Kéòl- liker nel tessuto adiposo della lucciola (2); dei quali tutti, vuolsi che l urato (acido) d’ ammoniaca sia il costituente unico è principale. ‘ L’accennato dubio sulla natura della base o delle basi a cui si trova combinato l’acido urico, non potrà essere risolto che mediante chimiche investigazioni, da istitoirsi valendosi d’ un materiale più abbondante di quello onde ho potuto far uso io stesso al tempo degli allevamenti della passata primavera. Gli assaggi chimici tentati con la cuticola, per ottenere la reazione della muressida, mi diedero risultati costantemente negativi. Prima della comunicazione da me fatta ali’ Istituto veneto intorno a questo argomento, le mie ricerche si erano ristrette ai bachi della 5° età soltanto. Più tardi, e propriamente nell’au- tunno or ora spirato, ebbi | occasione di esaminare altresì, (1) V. Meckel: Deutsches Archiv; Vol. II, 4816; p. 629-652 (analisi di Brugnatelli ): e ibid. Vol. IV, 1818; p. 213-215 (analisi di Wurzer ). (2) V. più sotto. Conviene avvertire però che, nella sua breve comu- nicazione, Kolliker non ha esposte le ragioni chimiche del proprio giu- dizio. 216 quantunque alla sfuggita, delle larve della 2.°, della 3.2 e della 4.22 età; come pure alcune crisalidi e aleune farfalle. In tutte le larve sopraccennate, le cellule del derma si of- frivano infarcite di urati, non altrimenti che nelle cellule analo- ghe dei bachi della 5.8 età. Nè fu diverso il risultato del- l'esame di due bacolini, che stavano compiendo ia ioro se- conda dormita. i All’ opposto, indarno li cercai negli elementi del derma cellulare delle icrisalidi e delle farfalle; perocchè nè 1’ esame microscopico, nè le reazioni microscopiche mi condussero a scoprirne la presenza. Rispetto alle crisalidi, devo notare però, che quelle da me notamizzate si trovavano già bene innnanzi nella loro meta- morfosi in farfalle. ì Dall’ esito di queste ricerche si dovrebbe argomentare, che la deposizione di urati nelle ‘cellule del derma del bombice diminuisca in alto grado, e fors’ anche del tutto, allorquando I’ uffizio di eliminarli dall’ organismo viene affidato ai tubuli Malpighiani. chili Stando infatti alle mie note, avrei qualche fondato motivo per ammettere, che i tubuli poc’ anzi ricordati non contengano in generale, nel volgere delle tre o quattro prime età del baco, che poco o nulla di uraii. Questi vi si mostrano invece in quantità mano mano crescente nella 5.°% età (1); e diven- gono poscia copiosissimi nella erisalide e nella farfalla. Ed ecco che propriamente in questi due ultiwi stadi della vita del bombice, essi mancano invece affatto nella sua cute. Da queste differenze fra ii baco dell’ un canto, la crisalide e la farfalla dall’ altra, traluce un certo antagonismo, o un vicariato d’ uffizio fra la cute e i tubuli Malpighiani, rispetto alla secrezione di certi principi; e particolarmente per quella degli urati. Resterà da indagare in qual modo i granelli di urati si dileguino dalla cute della larva, allorchè questa si tramuta in crisalide. E sarà del pari argomento assegnato a future ricerche l’investigare più esattamente, riguardo alla presenza degli urati nella cute del baco, se qualche differenza vi si scorga al \ (1) Non dissimili condizioni vennero affermate già da Verson per i bachi affetti dalla così detta /ctargia (Studi intorno alla letargia del fi- lugello $ nel giornale: La sericoltnra austriaca, 1869; N. 4, pag. 5 e 5); e più recentemente anche per il baco sano (Del filugello, A870; pag. 61). 217 tempo delle sue mute; come pure, se qualche mutazione vi accada nelle varie malattie onde suol venire afflitto (4). Qui gioverà ricordare in proposito, che, ncì sangue dei bachi sani, Stiideler (2) trovò dell’ acido urico in discreta quantità; ma che non ne rinvenne punto in quello de’ bachi infermi. Quest ultimo risultamento non può essere accettato per altro in modo assoluto, ed abbisogna forse di qualche rettifi- «cazione. Perocchè al tempo in cui furono eseguite codeste analisi (1857), era invalsa |’ opinione, oggidì generalmente ab- bandonato, che, nella dominante epidemia del filugello, una sola el eguale in tutti i casi fosse |’ infermità, che. flagella gli allevamenti. Può darsi che i bachi giudicati sani, e trasmessi a Stà- deler per analisi, si trovassero affetti veramente da atrofia pa- rassitica o corpuscolare ( pebrina ); e affetti da questo morbo soltanto, senza | ssociazione “d’ aleun altro malore; ma non sarebbe lecito |’ affermare senza più, che così fosse di fatto. Dall altro canto, se anche fosse unica e sempre eguale nella sua essenza | infermità che coglie il baco; la costituzione chimica del sangue potrebbe variare in grado non lieve, se- condo | uno o |’ altro stadio del male. Quindi è, che, ron essendosi tenuto conto, nè delle diffe- renze che, per tale rispetto, potrebbero aver luogo secondo I° indole diversa delle malattie, e secondo i varii stadii d’ una stessa affezione; i risultati delle indagini di Stàdeler perdono gran parte del loro valore; sicchè non vi si potrebbe fondare con qualche sicurezza nessuna induzione patologica (3). Non avendo io avuta | opportunità d’ esaminare, dopo queste mic osservazioni nel baco da seta, delle larve d’ altri (1) V. Lebert: Ucber die gegenwùrtig herrschende Krankeit des In- sekls der Seide. Berlin, 1858; pag. 27-50. (2) In alcune preparazioni eseguite con la cute d’ un baco alquanto corpuscoloso, l’ acido acetico ed anche 1’ acfdo cloridrico lasciarono co- stantemente insoluta una parte dei granelli delle cellule del derma. Que- sta piccola parte sarebbe stata costituita forse da acido urico libero ? (5) La differenza nella natura o nello stadio della malattia potrebbe in parte essere stata anche la cagiona dei risultati opposti, fra le analisi di Stadeler (1. c.) e quelle di Verson (Studi etc; 1. c. pag. 3), intorno alla presenza della leucina nel sangne dei bachi infermi da essi esaminati; presenza negata dal primo, affermata invece dal secondo. 49 218 insetti, e specialmente d’ altri Tepidotteri; nulla posso dire per mia propria esperienza, che concernesse almeno le specie più comuni, se ve n’ abbiano alcune ancora, nelle quali il derma cellulare della loro cute contenga dell’ acido urico o degli urati. Credo non inutile ricordare in questo luogo, che, oltre al tessuto del derma cellulare e quello ‘dei tubuli Malpighiani, havvi pure il tessuto adiposo che negl' insetti contiene talvolta degli urati. La loro psesenza vi fu notata da Leydig, in parec- chie specie (1). — Kolliker rinvenne Purato d’ ammoniaca in quello della Lampyris splendidula (2). — Io stesso mi vi abbattei in quello dell’ Acheta domestica; e in quello altresi d’ alcune farfalle del bombice del gelso, eh’ erano corpuscu- lose e petecchiate (3). i Il fatto della presenza dell’ acido urico nella cute del baco, sparge nuova luce sulla funzione della medesima, e ne meite in maggiore rilievo | importanza. Esso ci attesta, che il pro- cesso d’ ossidazione delle sostauze azotate si compie anche in questa membrana; e che essa vi prende parte in grado, a quanto sembra, non lieve. Tra i prodotti di questo lavorio chimico, quelli che ne costituiscono i termini finali e sono di più semplice composizione, escono probabilmente dail’ organi- smo del baco per traspirazione cutanea; altri, più complicati e meno solubili, sembrano depositarsi invece nel tessuto del derma. Si potrebbe dire, che la cuticola stessa sia un prodotto di eliminazione operata dal derme cellulare; il quale, inentre le serve di matrice, ne ritrae il benefizio d’ uno strato pro- lettere. i Gli urati che stanno deposti in forma solida nel derma soggiaciono essi ad. ulteriore metamorfosi per via d' ossida- zione 2 Si può credere poco verisimile che ciò avvenga, ma non sarebbe giustificato il negarlo. (1) M. c., pag. 195. Ne trovò pure nella clava delle antenne di alcuni lepidotteri diurni. (2) V. Atti dell’ Accademia di Berlino, per l’anno 1857; pag. 592. (3) V. Muove osservazioni sui corpuscoli del bombice del gelso; pag. 407. i Queste osservazioni ci additano pur esse, che gli uffici del tessuto adiposo si collegano strettamente, anche negli insetti. coll’ economia ge- nerale del processo nutritivo. (V. Poldi: /Zistologie n. Physiologie des Fettgewebcs; negli Atti deil’ Accademia di Vienna, Vol. LVII, sez. DI) 219 Nella cuticola del baco, non si giunse a scoprire finora nè pori, nè canali. Ond’'è che il passaggio dei principii, che ven- gono eliminati dalla cute, dovrebbe compiersi unicamente per la via d’ interstizi intermoleeolari, e non già per quella di pori anatomici o stomi. Malgrado la mancanza di questi ul- timi, sarebbe lecito per avventura ? ammettere, che nel baco abbia Inogo una vera respirazione cutanea, una permuta diretta tra i principii aeriformi dell’ atmosfera e quelli contenuti nei tessuti cutanei del baco? Che il processo d’ ossidazione si svolga, cioè, nella sua cute, non soltanto per dispendio dell’ ossigeno tributato alla medesima dalle trachee, ma per opera diretta di quello altresì dell’ aria circostante? Siffatto problema non po- trebbe essere risolto però in modo sieuro, che per mezzo di adatte sperienze, se mai fosse riuscibile | eseguirne. Che che ne sia, | ossidazione di principii azotati entro al tessuto cutaneo del baco, e la presenza dell’ acido urico nei suoi elementi, sono fatti che soccorrono opportuni, s' io non m’ inganno, a porgerci qualche lume intorno all’ origine delle tavolette cristalline d’ ossalato di ealce, che si formano fra la nuova e la veechia cuticola del baco, quand’ esso compie le sue mute. L'acido ossalico può considerarsi infatti, come giu- stamente osserva Lehmann (1), e fu ricordato anche da Verson (2), quale un prodotto risultante da incompleta ossi- dazione dell’ acido urico. Se non che, dovendosi ammettere, essere la respirazione, e quindi altresì |’ ossidazione, meno vivaci al tempo delle mute ; sembra che in tali periodi, appunto per la vivacità minore di quei processi, avessero a depositarsi anche nella cuticola stessa degli urati piuttosto che degli ossalati: spettando i primi ai prodotti di men elevata ossidazione a confronto dei secondi. Ma |’ apparente contraddizione si dilegua ben tosto quando si rifletta, che la combustione, appunto perchè più energica fuori del tempo delle mute, può generarvi per ultimo dei pro- dotti relativamente più ricchi d’ ossigeno, che non sia l’ acido ossalico. Ond’ è, che se anche quest ultimo vi si formi, esso potrà venir tramutato in acido carbonico; principio atto ben meglio dell’ acido ossalico ad uscire dall’ organismo del haco, per mezzo dell’ esalazione cutanea. (1) Lehrbuch der physiologischen Chemie. Ediz. 2%; vol. I, pag. 46. (2) Studi ele; I. e. pag. 5. 220 AI tempo delle mute invece, essendo |’ ossidazione più lan- guida, non reca meraviglia che i suoi prodotti si arrestino qua e là a taluno dei gradì intermedi dell’ordinario suo svolgimento, ai quali corrisponde infatti anche 1° acilo ossalico. Questo, combinandosi con la calce, darà origine allora ad un composto, che, per essere insolubile nell’ acqua, dovrà precipitarsi nel- I umore accolto per trasudamento tra la cuticola vecchia e la nuova; composto che vi si presenta veramente, in forma delle ben note tavolette cristalline di ossalato di calce. Questi fatti e queste considerazioni non mancano di qualche utilità anche rispetto alla bachicoltura pratica; restandone vie- maggiormente confermata |’ utilità dell’ abbondante ventilazione nelle camere in cui si fanno gli allevamenti; e quella del te- nere i bachi diradati sui graticci. Le quali condizioni, molto devono giovare di certo a promuovere l’attività regolare della cute. Quantunque il bombice del gelso occupi nella scala zoolo- gica un posto non poco inferiore a quelio assegnato all’ orga- nismo umano; credo lecito non di meno |’ argomentare per analogia, che, quanto si osserva nel primo, valga, entro certi limiti, anche per il secondo. Egli è ben vero, che, fra i prodotti della secrezione cutanea dell’uomo, l’ acido urico non fu sinora rinvenuto; e si può credere. perfino poco verisimile che si debba noverarlo tra quelli (1). Ma |’ eliminazione d’ una parte dei principii azotati si compie, senza dubio, anche nel nostro organismo per la via della cute (2). Or bene; quello che ii baco da seta ci offre per questo rispetto, giustificherebbe la congettura, se non altro, che nel tessuto cutaneo dell’ uomo stesso |’ ossida- zione delle sostanze azotate sia forse più vivace, ed abbia im- portanza maggiore di quanto venre finora ereduto. (1) Wolf afferma d’ averne trovato nel residuo del sudore evaporato sulla fronte d’ un calcoloso (V. Lehmann: I. c. Vol. HI, pag. 582 ). (2) Questi principii sono: l’ ammoniaca, l’urea e l’acido idrotico 0 su- dorico di Favre. .S' aggiunga, che, secondo i risultati delle analisi di An- selmino, confermati in questo anche da Favre, il sudore contiene d’ ordi- nario una piccola quantità d’ albumina. SIOTTXCYTTT NUOVE SPECIE DI OPILIONIDI ITALIANI PER GIOVANNI CANESTRINI Professore nell’ Università di Padova 1. OPILIO TARGIONI! nov. sp. (4) Il corpo è zigrinato. Esistono due denti sopramandibolari. L’ articolo femorale dei palpi è munito inferiormente di setole; il tarsale manca di raspa, ossia di una striscia nera formata da fitti granetti. I femori sono armati di dentelli. Il primo ed il secondo articolo delle mandibole portano nei maschi ciascuno un corno ben pronunciato; il secondo articolo delle mandibole stesse è verso l'estremità inferiore normalmente sviluppato e sfornito di appendici a guisa «di rami. La prominenza oculare è bassa e porta due serie di tubcrcoletti minuti, di cui ciascuno presenta all'apice una setola. La macchia filloide è distintissima nelle femine, meno distinta nei maschi; in ambedue divisa in una porzione maggiore anteriore, ed una minore posteriore. Lunghezza della femina mill. 5, 6; del maschio mill. 5, 2- Patria: Sardegna. Raccolse prof. Ad. Targioni-Tozzetti. (1) Questa specie e parecchie altre saranno illustrate negli Annali del civico Museo di Genova, anno II. 222 2. OPILIO ARGENTATUS nov. sp. ll corpo è zigrinato. Maneano i denti sopramandibolari. L'articolo femorale dei palpi è munito di setole e di scarsi granetti; il tarsale non poria alcuna raspa nè nel maschio nè nella femina. 1 femori sono cilindrici ed armati di dentelli. Le mandibole, nelle femine, portano solamente delle setole; nei maschi invece si il primo come il secondo loro articolo cuopronsi di numerosissimi e fittissimi granetti. I tubercoli sopraorbitali sono piccoli; se ne contano 6-8 in ciascuna serie; lo spazio preoculare è liscio. Il metatarso del 1° pajo di zampe, e le tibie del 3° e 4° pajo sono sfornite di granetti. La macchia filloide spicca distintissima sopra un fondo argenteo, ed è sinuosa e prolungata fino all’ apice dell’ addome; nel maschio è indistinta. I femori sono neri in ambedue i sessi. L’ articolo patellare dei palpi è ornato nei maschi di una distinta macchia nera sulla faccia interna. Lunghezza della femina mill. 7, del maschio mill. 4. Patria: Sardegna. Raccolse prof. Targioni-Tozzetti. 5. OPILIO GRANIFERUS nov. sp. Il corpo è zigrinato. Esistono due denti sopramandibolari. L’articolo femorale dei palpi porta inferiormente delle setole; il tarsale dei maschi una evidentissima raspa. I femori sono cilindrici ed armati di dentelli. Le mandibole del maschio portano dei fitti granetti, i quali mancano nella femina. | tu- bercoli sopraorbitali sono piccoli; se ne contano 6-9-in ciascuna fila; lo spazio preoculare è ricco di tubercoletti disposti in file, e portanti ciascunu una setola rigida. Il metatarso del 4° pajo di zampe, e le tibie del 3° e 4° pajo sono sfornite di granetti. La macchia filloide è appena accennata nei maschi, distin- tissima e divisa in una porzione anteriore ed una posteriore nelle femine. Nei maschi l’ articolo patellare dei palpi è ornato alla faccia interna di una macchia intensamente nera. Le zampe sono uniformemente giallastre oscure. Lunghezza della femina mill, 6, del maschio 4, 2. Patria: Toscana. 225 È affine all’Opilio vorax L. Koch., da cui differisce per minor statura, per le zampe uniformemente colorate, e per la mancanza di granuli sul metatarso I e sulle tibie II e IV. 4. HOPLITES PAVESII nov. sp. Il corpo è largo e rotondato posteriormente. La porzione patellare dei palpi non è armata di spina. Î primi quattro segmenti addominali portano superiormente ciascuno due aculei, gli ultimi tre ciascuno quattre aculei. Le zampe presentano poche ma robustissime spine, disposte in serie longitudinali. La prominenza oculare porta due serie di alte spine, 5 spine in ciascuna serie. Il corpo è giallo, con due serie longitudinali di macchie brune nel mezzo, ed altre macchie dello stesso colore. Le zampe sono brune giallastre, colle articolazioni bianche. Lunghezza della femina mill. 4, del maschio mill. 5. Patria: Gant. Ticino (race. Dott. P. Pavesi), Valtellina (racc. prof. Sordelli ), Trentino. i 5. HOPLITES LAEVIPES nov. sp. Il corpo è largo e rotondato posteriormente. La porzione patellare dei palpi non è armata di spina. I primi quattro segmenti addominali portano superiormente ciascuno due aculei, I successivi due ciascuno quattro, e l’ultimo due piccoli aculei, Le zampe, ad eccezione dei trocauteri, sono inermi, solamente zigrinate come il corpo. La preminenza oculare porta due serie di alte spina, 4-5 spine in ciascuna serie. Il corpo presenta delle macchie bian- che rotonde; le zampe sono bianche nelle articolazioni. Lunghezza della femina mill. 4. Patvia: Lugano (race. Pavesi), Lombardia (race. Sordelli), Veneto. 6. ACANTHOLOPHUS GRANULATUS nov. sp. Le mandibole sono scarsamente rivestite di setole. La por- zione tibiale dei palpi è percorsa superiormente da due. file di brevi setole; la tarsale della femina è munita inferiormente di setole, quella dei maschi porta inoltre una stretta raspa. 224 La prominenza oculare presenta due serie di alte e robuste spine. L’addome è ornato di molte serie trasversali di granetti, tutti di uguale grandezza. La macchia filloide è posteriormente confinata da una iinea retta. | palpi sono di un giallo lurido oscuro uniforme. ll ventre è bruno con macchie e striscie dorate. Dimensioni maschio femina Lunghezza del corpo 5,0 6,0 » di una zampa I pajo 14,0 42,0 DD) » » » il » 31,5 23,0 » » » » IH » 16,5 15,0 SI Vi 26,0 20,0 Patria: Lugano (racc. Pavesi). Lombardia. 7. LEIOBUNUM DORIAE nov. sp. ì femorigsono muniti di piccolissime setole e di brevi ma numerosi dentelli. Sopra la base delle mandibole esistono due brevi prominenze coniche. Il corpo è fittamente e rozzamente zigripato. Il margine anteriore del cefalotorace porta due fos- sette concoidi. Le zampe sono mediocremente lunghe. Nessuna macchia filloide. Una larga fascia gialla attraversa posterior- mente la faccia superiore dell’ addome; la faccia inferiore dell’ addome è uniformemente bianca giallastra. Dimensioni del maschio. Lunghezza del corpo. . . . . . millimetri 4,0 » di una zampa del Il pajo D 32,0 » di femore, patella e tibia insieme di una zampa II pajo iii 1041950 Patria: Genova (race. March. Giacomo Doria), Trentino. 8. LEIOBUNUM AGILE nov. sp. Le zampe sono munite solamente di minutissime setole. Sopra la base delle mandibole esistono due brevissime pro- ininenze. Îl corpo è appena percettibilmente zigrinato. H mar- 225 gine anteriore del cefalotorace porta due fossette concoidi. Le zampe sono sottili. Nessuna macchia filloide. Il corpo porta numerose macehie bianche, tra cui due del quart’ulttmo anello sono giandi. La faccia inferiore dell'addome è gialla chiara, coperta di macchiette bianche argentine. Raggiunge una iunghezza di mill. 4,8. Patria: Veneto. 9. PLATYLOPHUS RHINOCEROS nov. sp. Le zampe sono armate di robuste spine. L'articolo tarsale dei palpi è munito inferiurmente di spine. La prominenza ocu- lare porta in ciascun fato due ordini di spine (6-8 in ciascun ordine ). Nel mezzo del margine anteriore del cefalotorace esiste un’ alta spina a guisa di corno, robusta, conica, dentellata; presso di essa se ne osservano altre 3-5 assai più piccole. Il corpo è breve. La macchia filloide è fatta a modo. di croce. Patria: Monte Rosa. Il March. Giacomo Doria mi comu- nicò due esemplari di questa specie. sno COMUNICAZIONI — cd NUOVA SCOPERTA fatta dal Sig. Don ANTONIO FERRETTI, di una caverna contenente avanzi dell’ età preistorica. 5 IR, egregio nostro socio ordinario }l Sig. Don Abtonio Ferretti, ha comunicato alla Società, nella sua tornata del 14. dieembre 4874, una importante seoperta da Îni fatta a Borzano, provincia di Reggio dell'Emilia. In nessuna parte dell’ Apennino mode- nese e veggiano non si è mai conosciuto finora nessuna caverna contenente avanzi dell’ età preistorica, e fu soltanto nell'autunno scorso che il Ferretti esplorando tre caverne; di cui non è me- moria che altri abbia mai visitato, potè in una di esse rinve- nire oggetti importanti, segnatamente per lo studio dell’Archeo- logia preistorica. Le caverne visitate dal Ferretti sono note ai terrazzani e da essi volgarmente denominate; luna buco del cornale, l’altra buco dei fresco e la terza tana della Mussina. Le due prime. diee il Ferretti, sono divise in vari am- bienti di cui non mancò di prendere diligentemente le de- bite dimensioni, e di notare i aspetto che presentano e le stal- latiti ivi rinvenute; ma non fa cenno che in esse abbia scoperto nessun vestigio che indichi una abitazione preistorica. La terza caverna, posta a breve distanza dalle altre due, la così detta tana della Mussina, è appunto quelia in cui il Ferretti fece la scoperta di un buon numero di avanzi prei- storici. Egli ci partecipa che è più ampia delle precedenti; de- scrive le dimensioni degli scompartimenti in cui è divisa, le incrostazioni calcaree, i minerali ivi cristallizzati. Parla della mancanza di stallatiti nei vani più profondi dellà, caverna e della presenza di acqua che trovò nel fondo dell’ ultimo vano. Nella prima esplorazione che egli fece, trovò, superiormente, una bellissima ascia lavorata di serpentino lunga centimetri 8, 227 larga centimetri 4, grossa centimetri 2. In seguito avendo sca- vato nell’ identica posizione ove trovò la suddetta ascia, ne rinvenne un’altra simile, ma più piccola. Rinvenne pure un istrumento d’ osso, concavo da urna parte e convesso dall’ altra, terminato superiormente a punta e con un principio di foro alla base. Potè ivi raccogliere un dente di majale, delle vertebre, celle mandibole ed altre ossa di animali domestici, di cui non si cccupò finora della determinazione e molti avanzi di stoviglie manualmente e grossolanamente livorate. Per la diligenza ed attività del nostro socio, ci vennero più tardi da lui comunicate altre scoperte nel continuare gli scavi nella suddetta caverna. Trovò altre tre ascie bellissime di silice, differenti luna dal- l’altra, non che altre ascie di sasso marnoso, un osso lavurato, i soliti avanzi di stoviglie e moltissime ossa. Speriamo che ben presto il Sig. Don Ferretti vorrà pub- blicare in una estesa relazione le sue scoperte, che ora ci ha gentilmente comunicate. PaoLo BoNIzzi. 228 DEPOSITO DI SELCI lavorate a Formigine presso Modena. — Comunicazione di C. Bont. Na giorno 9 Ottobre 4874 l' IIlustrissimo Sig. Conte Luigi Gandini mi presentò diversi saggi di oggetti rinvenuti in un piccolissimo scavo da esso fatto praticare nel proprio fondo attiguo all’ amenissima sua villa di Formigine. J campioni che porgeva al mio esame erano alcune zolle di una terra nerissima e tenacissima, con qualche traccia iso- lata di carbone, diversi frammenti di stoviglie grossolane ana- loghe, per l’ impasto a quelle che si riscontrano nelle terremare; infine alcuni esilissimi coltelli di selce, e parecchie scaglie pure di selce, levate dal nucleo di primo colpo e senza vernn ritocco. Da questi primordìi si poteva argomentare che su quel terreno sia esistita un'officina dell’epoca litica, od un deposito di quelle selci lavorate di cui nella nostra provincia, non era finora conosciuto che il solo del Pescale. Di buon grado accettai il cortese invito del Proprietario di recarmi sul luogo per dare opera a maggiori investigazioni; locchè eseguii nel giorno 17 dello stesso Ottobre. Il campo nel quale fu scoperto il deposito, è fortemente ondulato, ed il deposito stesso giace in un altura, cui attual- mente scorre vicinissimo il rio Cerca dal lato di Ponente. il giacimento delle selci pare assai limitato almeno da Sud a Nord; nelia direzione Est-Ovest (non abbastanza esplorata ) potrebbe estendersi maggiormente. Sotto uno strato di terreno coltivo della potenza media di 60 centimetri, giace a forma di monticello l'ammasso di terra che contiene le selci; la terra nera che le racchiude, e che ne segna il limite è variante nello spessore, ma sembra non oltrepassare il massimo di 40 centimetri. È pure in essa che sì contengono li frammenti di stoviglie. c In breve ora, quantunque fosse grave la difficoltà di in- frangere e sminuzzare le zolle, che hanno quasi la tenacità del cuojo, ebbimo buona messe di coltellini, tutti però esilis- simi spesso fratturati e rare volte perfetti. Si rinvennero del pari molti frammenti di stoviglie, particolari per l’aspetto di 229 sofferto rotolamento, essendo quasi sempre smussati negli an- goli e di piccolissima dimensione. Non potemmo rinvenire verun avanzo d’animali ad eccezione di piccoli frusti di con- chiglie fossili, del pliocene delle vicine colline, e forse introdotti dalle alluvioni nelle frequenti fenditure che frastagliano quel terreno. In tutta la parte esplorata finora non si sono trovate freccie, e tutte le selei lavorate hanno la forma di coltelli ricavati di preferenza nelie selci rosso-brune, pochi nella grigia; hannovi fra essi due coltellini di ossidiana. Lo scavo che ha poco più di due metri quadrati d’ estensione, diede incirea 40 arnesi di selce, ed è desiderabile venga esteso, con permesso del dotto ed illustre proprietario, a tutta l’intera piccola superficie che sembra occupare. La terra nerissima in cuì si trovano i predetti oggeiti è fortemente argillosa, coll’ abbruciamento non da odore di so- stanze organiche. Contiene alcuni piccoli noduli di arenaria quasi decomposta: sottoposta ad analesi chimica, trovasi non racchiudere quasi alcuna traccia di carbone libero e dei prin- cipii organici fosforici che caratterizzano le terremare, e la nerissima tinta illude soltanto l’occhio profano, che non ravvisa essere quel colore nero totalmente dovuto all’ idrato di ferro. 250 SUL PASSAGGIO DELLO STORNO ROSEO (1), avvenuto nella scorsa primavera in vari punti del modenese. — Comunicazione del Dottor ALFONSO MAGIERA. Siete cosa di non poco utile alla scienza, che gli studiosi di Ornitologia ed i cacciatori tenessero esatta nota i passaggi delle diverse specie di uccelli e comunicassero alle Società di naturalisti ed ai periodici che trattano simili argo- menti le loro osservazioni; potrebbesi forse con tale sistema stabilire alcun che di più positivo di quanto ora conoscasi sui passaggi degli uccelli e singolarmente su quelli detti periodici, a lunghi intervalli, od accidentali senza che sia ben stabilito se periodo regolare possa fissarsi, o se sia esclusa una causa speciale a cui attribuire il passaggio piuttosto che qualificarlo accidentale, senza occuparsi di scoprire qual movente possa deter- minare il varco, la fermata, la direzione e lo scopo del viaggio. Convinto della utilità di tali memorie (che esistono in Lom bardia presso ciascuna uccellanda e ciascun cacciatore se non per amore di scienza per ambizione di caccia, e trasmettonsi di generazione in generazione nelle famiglie a tale da poter essere consultato se pur si volesse una statistica sui varchi degli uccelli) mi accingo a render eonto «el passaggio, non frequente, del Pastor roseus che si è riprodotto con certo nu- mero di individui nella scorsa primavera ia vari punti della nostra provincia. Ai 3 di Giugno fui avvertito da un colono della presenza, presso la mia abitazione in villa di Budri ione, vicino a Carpi, di alcuni uccelli ch’ ci qualificava neri e rossi della grossezza dei merli. Ciò accadde in mattino nuvoloso e sotto pioggia mi- nuta. Mi recai lungo un filare di gelsi indicatomi e vidi tre di cotali uccelli e potei ucciderne uno, che riconobbi pel Pastor roseus. }l di dopo ricomparvero alcuni di tali storni nello stesso (4) Sinonimia. = Pastor roseus (Temm.). Acridotheres roseus (Ranz.). Tur- dus roseus (Savi, Bonap., Cara). Turdus seleucis (Lin. Geml.). Sturnus roseus (scopoli). Merula rosea, seu sturnus marinus (Aldrov.). = Volgare Italiano. Storno roseo o marino; Tordo o merlo roseo = Francese. Le roselein, Lc merle coleur de rose. == Inglese. The rose coloured Thrush. == Tede- sco. Die rosenfarbige Drossel. — Vernacolo modenese. Sturnèl marèn. 251 luogo ove avevo visti i primi, ed il di 15 eravene diciotto. Non mi è però riuscito di ucciderne altri dappoichè, come erano quieti e poco diffidenti il primo giorn, altrettanto erano sel- vaggi e solleciti di allontanarsi ne’ succussivi. Il volo hanno uguale ne molto velote, allor che s’ involano descrivono un largo giro a semicerchio per tornare indi a poco al luogo abbandonato. fio potuto constatare essere essi ghiottissimi del frutto maturo del gelso e che di frequente scendono a terra dando la caccia ad insetti. Non li ho veduti assieme allo storno comune, della qual specie nessun’ individuo suol nidificare nelle vicinanze del mio casino. Si posavano sui rami dei gelsi abbastanza allo scoperto ed ivi stavano lungo tempo movendosi e come dondollandosi sulle zampe a modo dei psittaci, arruffando le penne, scuotendosi di frequente, cantando a mezza voce in modo da rammeniare il gridio monotono del Frisone (in modenese bec-dur), Fringilla Coccothraustes, Tem. allora che carta a primavera, o come suol dirsi a verso, e_ri- cordando altresì il gorgheggio di certi psiliaci a voci continuate, monotone, strisciate ma non prive di grazia. Seppi poscia dal distinto preparatore del pari che diligen- tissimo osservatore Sig. Lazzaro Tognoli, unico forse che da auni in provincia tenga esattissima nota di ciò che riflette»! passaggio degli uccelli, che altri in quel torno di tempo sono stati uccisi presso Modena, e nei conterni di Formigine, altro fu ucciso nel Carpigiano alla Certe dei Pio, ed altri furono visti a Migliarina. Il Savi dice il Pastor roseus estremamente raro in Toscana, ve ne comparvero nel freddo inverno del 1739 al Mugello, si fermarono in primavera e vi nidificarono; nel Scuembre del 1824 due giovani furon veduti nelle vicinanze di Pisa. Secondo il Salvadori la loro comparsa è accidentale in Sardegna. Il Doder- lein in quel pregievolissimo lavoro, ch’ è l Avifauna del mode- nese e della Sicilia che ora sta pubblicando, lavoro che onora altamente l’autore e sarà per essere della massima utilità per le provincie che hanno avuta la fortuna di possedere un sì dotto insegnante e diligente raccoglitore, dice che capiti ogni 7 od 8 anni nel modenese imbrancato collo storno comune. Ne fu ucciso uno presso Modena nel 1839, due nello Scandianese nel 4842, tre o quattro a Fontana ed a Saliceto ;Panaro nel 1850, più recentemente mercè ia cooperazione del Prof. Venanzio Costa, il Museo si arrichi di altri individui presi nelle visinanze di Mirandola. Nelle provincie Venete lo storno roseo è assai 252 frequente c vi passa ralvolta in bande numerose. È di acci- dentale comparsa in Sicilia, ( Doderlein opera eltata pag. 72). Il Bonizzi nel suo catalogo «degli uccelli del modenese di poes “anteriore a quello del Doderiein lo quatifica, a png. 6. nu- mero 42 d'ordine, estremamente raro. AI dire del Savi, di cui ia scienza lagna la recente perdita, paesi ove gli storni rosei o marini più abbondano sono le parti calde dell'Asia e deli’ Africa, ma secondo Retz, vivono anche nelle montagne della Lapponia, dalle quali al dir di Nilson emigrano regolarmente per passare in Filandia e in Russia. Sì nutriscono di insetti e di frutti; amano molto le ci- gliege. Frequentano gli ammassi di letame e stanno spesso intorno ai bestiami. Vanno in truppe come gli storni comuuvi, e qualche volta ancora s’ uniscono, e convivono con questi (Savi, Ornit. Toscana). La propagazione è poco nota. Si sà che nidifica nelle buche degli alberi, o delle case rovinate, e_ vi depone quattro o sei ova, ma il colore di queste non si co- nosce ( Temminck, Manuel d’ Ornithologie, Tom. I p. 488). Due coloni mi assicurarono che taluno di questi storni è stato riveduto da essi il 24 ed il 25 Luglio, giorni in cui io ero assente, sugli stessi gelsi ove si posarono i primi, ed altro individuo mi fu deito esser stato visto circa in tale data nella stessa villa di Soliera. Non bo veduto coi miei cechi, ne chi mi riferiva è naturalista, quindi vado a rilento neli’ ammettere i fatti come certi, sebbene non li ritenga improbabili; che se ciò fosse vero sarebbe indizio chie il Pastor roseus, abitante in climi disparatissimi, che già nidificò in Toscana a testimonianza del Savi, e che da noi può trovare abbondantissimo pascolo in insetti, gelsi, cigliegie ed altri frutti, nidificasse anche tra noi, a non lungi essendo comparso due volte in un’ anno ad epoche tra loro vicinissime e prossime a quella della probabile di lui covatura. Tali annotazioni, compiute il 27 Luglio, stavo per rimetterle a mezzo dell’amico Prof. Bonizzi alla Società dei naturalisti în Modena, quando avendole presso di me trattenute sino al- l Ottobre ed occorsemi di vedere più volte il lodato Sig. Lazzaro Tognoli riseppi da lui, che alla metà circa di questo mese fu preso a Freto presso Modena un giovane Pastor roseus stato da lui preparato. Questo nuovo fatto aggiunto alle considerazioni sopra esposte, ed alla memoria che resta come nello Scandianese in località detta Campo-buono anteriormente al 1834, si trovassero degli 255 storni rosei abitualmente di passaggio in ogni anno fu sempre più probabile l’ ipotesi che il Pastor roseus possa facilmente nidificare ed acclimatizzarsi anche da noi. Qualche maggiore attenzione che si portasse sopra questa specie potrebbe condurre ad accertare la presenza stabile di questo canoro nella nostra provincia. Dappoichè ho differita la consegna di questa memoria, pia- cemi aggiungere un brano del Figuier che può rendere più interessante il grazioso ospite. — Sono gli storni rosei socie- volissimi, vanno in stormi serrati a cercarsi il nutrimento, e passono la notte moltissimi insieme sullo stesso albero o sugli alberi vicini. D’ indole pacifica, allegra e fiduciosa vivono tra loro in buon’armonia e'sì accostano di frequente ai iuoghi abitati. Vanno a posarsi molto spesso sul bestiame, per beccar gli insetti che lo molestano. Si mostrano utili ausiliari del- l’uomo, sopratutto nei paesi ove abbondano le cavalette, pel grande esterminio che fanno di questi insetti, mangiando. le ucva, le larve o gli insetti perfetti. Fu un tempo in cui l'isola. di Borbone era tanto travagliata dalle cavalette, che corse ri- schio di divenire inabitabile; si ebbe l’idea di introdurvi gli storni rosci e questi uccelli si riprodussero per modo, che in pechi anni le cavalette scomparvero. Questi passeracei si abilitano benissimo alla schiavitù; in poco tempo divengono famigliari quanto gli storni comuni. Inoltre hanno come questi, la facoltà di imparare e di ripeier alcune parole e qualche grido. Per ciò in certi paesi dell’ India si allevano in gabbia. Se adunque si abituasse a nidificare da noi tale uccello non sarebbe solo una curiosità ed un’ abbellimento delle uecelliere che sì acquisterebbe, ma forse un buon cacciatore dei zabri che ci allogherebbe la propria opera a fronte di qualche ci- gliegia che noi sapessimo sacrificargli, senza troppo brontolare, e sopra tutto senza fargliela pagare colla vita o. con una schia- vitù che se comporta con rassegnazione, non ama al certo. Pel Pastor roseus sarebbe per altro ottimo consiglio rimanere nell Africa e nell’ Asia ove troverà più ospitali più grati e meno feroci quei popoli, che non i nostri coloni, cacciatori, e bam- bini, i quali a lui fiducioso tenderebbero insidie col fucile, colle reti, colle trappole, gli rapirebbero i piccoli nati o le ova, come accade ai pochi antichi ospiti e tutori che rimangono alle nostre campagne. | 20 RIVISTE e BIBLIOGRAFIA SULL’ ERMAFRODITISMO PERFETTO DELLE ANGUILLE, resoconto della comunicazione fatta, all’ Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna nella tornata delli 28 Dicembre 1871, dal Commend. Prof. G. B. ERCOLANI. Ero brevemente la scoperta, fatta nello scorso dicembre dal: chiarissimo Prof. Ercolani, dell’ermafrodismo nelle anguille, e da lui comunicata all'Accademia delle scienze dell’ Istituto di Bologna. ' Il Prof. Ercolani stava istituendo delle indagini onde, ricer- care se i corpi frangiati delle anguille sono realmente da rite- nersi per ovari, e, in caso affermativo, quale ne era lo sviluppo. Nello studio anatomico cbe a tal uopo faceva sopra anguille d’acqua dolce, riscontrò due organi che erano fino ad ora sfuggiti all'osservazione di tutti, l uno situato a destra costantemente fra l’ovario e l’ intestino, di mole minore del primo, per cui lo giudicò come un terzo corpo frangiato rudimentario, 1’ altro consistente in una ampia vescica piriforme ad esili pareti ma ricca di grasso, che dalle pareti anteriori dell’ intestino dove ha la sua base, si eleva fino alla divisione dello stomaco col- l’ intestino. L’ illustre professore ebbe la compiacenza di mostrarmi nel suo laboratorio questi organi sopra diverse anguille. Mi fece notare come le pareti della grande vescica si confusero al certo per lo passato col peritoneo, ma esaminando poi al microscopio queste pareti vi si vedono numerose celle poligonali o rotonde a seconda che sono isolate o invece stipate e vicine, per cui una tale struttura differisce affatto dal peritoneo. L’ autore potè anche confermare l’ esistenza di vere ova nei corpi frangiati, ‘mentre nel suddetto terzo corpo frangiato non vi sì trova mai un sol vestigio di ova. Queste sole osservazioni non lo indussero però a pronun- ciarsi fermamente sulla vera funzione «della grande vescica pi- 255 riforme da lui scoperta. Ma quando ebbe avute alcune anguille di mare, vide, colla più viva compiacenza, muoversi sulle pa- ‘ reti di essa vescica le cellule spermatiche, aventi la forma come di un fungo e riflettenti un lieve color ranciato. Una tale osservazione è senza dubbio concludente; la grande vescica devesi riguardare come un vero testicolo, e |’ autore ne è intimamente convinto, perchè altrimenti non sarebbe più vero che la presenza dei corpuscoli germinativi in un organo, caratterizzino tale organo per testicolo. Il terzo eorpo frangiato è il testicolo destro normalmente rudimentario, formato da un ricco reticello vascolare che con- tiene solo cellule adipose di mole maggiore nelle anguille d’acqua dolce che in quelle di mare nel mese di dicembre. Le anguille, come da lungo tempo è noto, emigrano dal- l’acqua dolce per recarsi al nare e l’ ermafrodismo non entra in azione che dietro un tale fenomeno. Lo studio anatomico, dice |’ autore, porta adunque a con- cludere che nel tempo della fecondità, nelle anguille le ova cadono nell’ addome, ove cadono pure gli spermatozoidi e così sono emesse fecondate, chè se alcune sfuggissero all'atto fecon- datore, nel tempo dell'emissione s’incoutrano di nuovo col seme che separato dalla superficie interna del testicolo, come lo è dall’ esterna, dalle areole o celle proligene del testicolo sgorga dall’ esile condotto che sbocca all’ orificio dell’ ano. Del resto l’ermafroditismo nella classe dei pesci non diventa per la scoperta Ercolani un fatto isolato, perchè riscontrasi, come già è noto ai naturalisti, nel genere Serranus (S. scriba e S. cabrilla). In questi pesci |’ ovario ha la forma di due sacchi fusiformi riuniti in dietro c confluenti in un condotto escretore comune. Nell’ angolo di riunione evvi la glandula spermatica di ben piccola dimensione. Per anomalia possono essere ermafroditi anche il pesce persico e la carpa. La scoperta dell’ esimio professore riescirà sommamente gradita nel.mondo scientifico, imperocchè si può asserire, che gli studi fatti da tanto tempo e da molti insigni naturalisti per iscoprire la generazione dell’ anguilla, non avevano dato nessun risultato soddisfacente, e la riproduzione di questo pesce rima- neva sempre un problema di difficile soluzione. PaoLo BONIZZI. 256 SULLA DISTRIBUZIONE DELLE PROTUBE- RANZE intorno al disco solare. — Memoria del P. ANGELO SECCHI. Pi la natura di questo lavoro, sembra più conveniente anzichè di farne un riassunto, di riferire i brani più interes- santi lasciando le tavole numeriche e ciò che non può essere gustato da chi non si occupa in modo speciale di quest’ ar- gomento . « Uno degli studi che si erano prefissi gli astronomi nel- I ecelisse dell’anno 1870 era quello di farsi un’ idea esatta della natura, e struttura della corona. Il tempo cattivo ha im- pedito in gran parte tale studio, ma non è stato del tutio senza frutto come in altra lettura ho fatto vedere. Le conclusioni principali che risultano dall’ esame delle osservazioni, sono queste: « Che la corona è costituita da un inviluppo gassoso emit- tente in parte luce propria, e in parte luce riflessa. Che questo. inviluppo non ha dappertutto la stessa altezza, ma che ai poli è molto più basso, e trovasi rilevato notabilmente da 10° a 60° di latitudine, dove è più alto che all’ equatore. Le regioni po - lari poi sono profondamente separate dalle altre per una di- sconuità sensibile nel perimetro della aureola..... » « Stante tal conclusione. era pregio dell’opera lo studiare se noi potessimo riuscire a riconoscere le origini di tali ine- ‘guaglianze, ovvero almeno a determinare se queste apparenze erano in relazione qualunque con fenomeni solari conosciuti di altra specie. | « Avendo io intrapreso ad altro scopo una serie di ricerche sulle protuberanze solari, mi sono accorto che il fatto della corona è strettamente connesso con le protuberanze e le fa- cole..... » \ ; « Tra le cose che ho scoperto in questo studio\vi è l’ esi- stenza nel sole di vere zone polari in cui la luce è molto meno viva che nel resto del disco, e sopratutto la sua granu- . lazione o marmorizzatura è affatto nulla. 237 « Nelle giornate serene il limite di queste zone è così netto e deciso che può segnarsi entro uno o due gradi, perchè ivi trovasi sovente una ben netta corona di facolette più vive..... » Dal complesso delle osservazioni dell’ autore riguardo alle protuberanze risulta: « 4.° Che Vemisfero australe è più ricco di pretuberanze del boreale nell’ epoca attuale. Nell’ australe si contano 400 protuberanze, e nel boreale solo 345. « 2.° Che presso l’equatore ira 0° e 40° Nord è un mi- nimo secondario numerato 43. « 5.° Che alla latitudine Sud tra 10° e 20° è n massimo principale di tutti: quotato 71. « 4.° Che nell’ emisfero Nord pure è un altro massimo principale fra 350° e 40° di latitudine con numero 58. . « 5.° Dopo questi massimi segue un minimo secondario sensibile tra i 60° e 79° nell'emisfero Nord, tra i 50° e i 60° i cui valori sono 29 e 16. « 6.° Oltre questo minimo a 40 gradi più su.si ha un altro massimo secondario ben deciso, che sta tra 70 e 80° nell’ Emi- sfero N.; e tra 60 e 70° nel Sud ed è quotato 44 al N., e 44 al Sud. « 7.° Ai poli si ha un minimo assoluto. Questo minimo è meno apparente del vero nelle cifre, perchè quivi una stessa protuberanza rimane molto tempo visibile onde figura come se fossero molte: ogni protuberanza un pò alta è visibile per tutta la sua durata, onde viene notata consecutivamente per nuova, mentre all'equatore essa non può vedersi per più di tre giorni; ora la durata al polo essendo spesso superiore a 6 giorni, bi- _ sognerà dividere almeno per metà questi numeri; per cui il minimo polare risulterà assai minore, e invece di 16 e 24 potrà fissarsi a 8 e 40. « 8.° Le altezze medie delle protuberanze presentano dei massimi e minimi analoghi ai precedenti del numero..... » « Veniamo alle facole. « Quesie hanno un andamento diverso. Esse non presen- tano che due massimi fra i 20 e 30 di latitudine. Le piccole differenze svaniranno certo in avvenire col numero maggiore delle osservazioni, perchè apparisce manifesto che le facole vanno per gruppi come le macchie. « Il minimo equatoriale è ben pronunziato. Qui manca il massimo secondario delle protuberanze. 258 « I fatti finora esposti sono così aperti che ci. spianano la via alla spiegazione di un fenomeno ben più importante, dico la forma della corona nell’Ecclissi che qui è \luogo di analiz- zare un poco. « È noto che dal 4860 in poi tutte la fotografie della co- rona hanno dato il contorno di questa aureola come formato di fasci luminosi molto più brevi presso i poli, e più lunghi a posizioni intermedie di circa 45°, talehè formano una specie di figura quadrata..... » ; « Questi massimi luminosi coincidono perfettamente coi massimi delle protuberanze, e il massimo secondario di pro- tuberanze è precisamente quello che limita le zone polari. Anzi l'andamento evidentemente curvilineo de’ getti luminosi di queste masse sembra indicare un qualche giro delia cor- rente atmosferica, tanto bruscamente ivi si voltano i contorni in curva decisa. Il minimo equatoriale è ancora ben marcato, ma si vede che esso non è in coincidenza proprio coll’ equatore, come anche vediamo nelle nostre protuberanze, e finalmente nè anche gli archi polari hanno il mezzo esatto nel polo come appunto si vede nelle nostre zone polari. Si potrebbe spingere anche più avanti l’ analogia, ma sarebbe illusoria perchè in mezzo a tanta variabilità, tale coincidenza potrebbe essere accidentale in alcuni dettagli. Ma nella massa generale ‘ciò non è amunissibile, perciò credo che i fatti dà me rilevanti ci diano una conferma che il globo solare non è cinto da una atmosfera egualmente alta e luminosa tutta all’ intorno. Che essa per un arco di circa 50° è depressa ai poli, che per altri 60° sopra e sotto l’ equatore è notabilmente rivelata, e questi massimi sono separati all'equatore da un minimo ben deciso. I mas- simi principali coincidono colla zona di attività che ci mani- festano le macchie. Colla differenza però che mentre le mani- festazioni oscure, cioè le macchie si limitano a circa 30° dal- l’equatore, le luminose, ossia le facole si estendono fino a 60.° | Di più non è impossibile che la forza actinica e l’ estensione di questa atmosfera sia diversa nelle varie parti in longitudine, rile- vandosi tanto dalle protuberanze quanto dalle macchie che le re- gioni di attività occupano solo degii spazi limitati sulla superficie dell’ astro, e perciò l’ eccentricità della corona può esser reale, come le zone polari sono realmente eccentriche ai poli. « Un altro fatto importante si rileva dalle nostre osserva- zioni relativo alla rotazione solare. Il signor Respighi avea già notato che alcune protuberanze mostravano una rotazione ai 259 poli pari a quella dell'equatore. Gravi. come dicemmo, sono le difficoltà che si incontrano in questa determinazione, ‘ma il tracciato delle nostre figure, ci fa vedere che siamo stati for- tunati abbastanza per incontrarne un caso assai favorevole al polo Sud. Ivi abbiamo una protuberanza che è stata visibile dal 25 aprile al 16 maggio, e forse può tracciarsi anche fino ai 22, ove si tenga conto che essendo essa allora nella parte posteriore del suo circolo, ci appariva appena per un piccolo segmento del suo vertice. Ma costruendo graficamente la parte tdel periodo più sicuro, si trova che essa compie il suo giro sinodico in giorni 27.2 ossia in 25.3 il giro siderale. Valore identico con quello proprio dell’ equatore..... » « Mi si permetta di accennare di volo ad altre particolarità delle protuberanze. Si è cercato da distinti astronomi se le . eruzioni solari potessero lanciare delle masse fuori del disco solare, talmente che giungesse la materia fino alla terra. Il so- spetto non è fuor di proposito quanto pare a prima vista. Infatti gli osservatori ci parlano di velocità osservate in questi getti di 400 a 500 chilometri, e fino a 300 chilometri per se- condo: ora si può calcolare che per lanciare uu corpo dalla massa solare in modo che se ne allontani per sempre basta una velocità di 610 chilometri per secondo, e se queste velo- cità fossero vere, non sarebbe impossibile che de’ getti solari potessero raggiungere la terra e dare origine alle aurore bo- reali. Il problema è dunque degno di serio studio. Su di che dirò quello che sento. « 4.° Tali velocità non sono concluse che da fenomeni molto difficili a misurare, cioè dall’ aumento di una protube- ranza, o dall’inflessione di una riga spettrale. Occorrerebbero pertanto degli elementi più precisi. « 2.° Non è ancora ben deciso se tutti i mutamenti lumi- nosi siano vere projezioni di materia o semplici mutamenti di stato come sarebbero combustioni o scariche eletiriche. Argo- menti di gran peso sembrano stabilirli veri trasporti, ma in molti casi resta dubbio il loro valore. « 3.° Data però anche tale velocità iniziale, devesi tener conto della resistenza del mezzo circostante. È infatti i getti che noi abbiamo osservati, li abbiamo sempre trovati o rica- dere sul sole, o conformarsi in nube all'altezza di 4 in 5 dia- metri terrestri. I veri getti e filamenti vivi arrivano poco più sù, Ma attesa la fugacità di tali getti non può asserirsi che sia impossibile una maggiore celerità e forza di proiezione. 240 « 4.° Arrivati i getti a conformarsi in nube cessa ogni trasporto nutabile e restano sul posto quasi stazionarii, tutto al più diffondendosi, spandendosi e illanguidendosi fino a sva- nire. Il 26 p. Maggio alle 10% vidi una nube sovrastante a 4 o 5 getti che era alta 147”. ossia 442", alle 4471 essa era alzata fino a 24””, ossia 492”, ed era affatto staccata “i disco e i getti cessati del tutto. All’ 4% non vi era più nulla. « ll vedere una tale diffusione in nube non è argomento che i getti straordinarii non possano uscire da quell’ atmo- sfera, poichè chi potrà farsi garante che maggiori esplosioni non possono aver luogo? ! fatti bene accertati ci danno già un fondamento per dire che ivi: abbiano in attività delle forze dell’ ordine necessario per tali emanazioni, e che non é im- possibile che nei parosismi più energici si riesca dal sole a lanciare materie ad assai grande lontananza, le quali senza uscire dalla sua propria sfera arrivino però a delle distanze considerabili, quali sono quelle de’ raggi osservati in certe ecclissi..... » « SECONDA COMUNICAZIONE « Nella comunicazione precedente diedi parte all’ Accademia della scoperta fatta intorno alla distribuzione delle protube- ranze, e coll’ eseinpio ‘di due rotazioni mostraiì esistere un se- condo massimo nella regione vicina ai poli, a distanza di 20° in 30° da essi. Mostrai ancora che questa zona combina ‘con quella che nella corona è sì bene decisa per li pennacchi più distinti. « Il soggetto era troppo importante per non fidarsi di due sole rotazioni, e lo stabilire più fondatamente questa legge dovrà esser lavoro di qualche anno. Ho quindi deciso di con- tinuare finchè potrò questo faticoso lavoro, e oggi stesso pre- sento le osservazioni di una terza rotazione. ln essa sì verifica a puntino quanto fu trovato nelle altre, perciò credo non esser presunzione it dire che questa è una vera legge..... » « Sulla distinzione delle protuberanze. « Fino dal principio abbiamo distinto le protuberanze in due classi; in quelle a getto e in quelle a nebulosità. Ma pro- cedendo in questo studio è necessario AUBELNE meglio questi due caratteri. 241 a Dei getti vi sono due specie. Gli uni piccoli e bassi, ma vivacissimi di una intensità luminosa straordinaria. Sono per lo più simili a fiamme vive, ma talora trovansi ferminati a filamenti duri, netti, diritti e precisi come tante punte di spada. Questi sono per lo più visibili nelle vicinanze immediate delle macchie, e contengono altre sostanze oltre l’ idrogeno. La se- conda specie è di que’ getti composti di filamenti finissimi e talora leggermente incarvati con graziosa curvatura; talvolta isolati, e talvolta uniti a 2 e 3 e fino a 4 e 5 insieme, che formono le proiuberanze usuali. Quando sono forti e violenti, si alzano normalmente all’ orlo del sole lasciando in basso tra loro degli intervalli oscuri, mentre le ioro chiome si intrecciano in mille guise, formano un reticolato difficile a decifrare, per- chè un getto incontrandosi e projettandosi sull’ altro ne nasce una confusione indescrivibile. « L'aspetto di questi getti secondo alcuni è quello di una nube, le loro forme secondo altri sono state paragunati agli alberi. Qual è la vera struttura che sta sotto tali apparenze? La struttura continua della penombra delle macchie, che fu poi da noi trovata risolubile, ci avea messo in sospetto che altrettanto potesse accadere di queste pretese nubi, e abbiamo avuto finalmente in questi ultimi giorni la prova dirò così della loro risolubilità. In queste inasse bisogna distinguere la cima superiore dal tronco e dalle ramificazioni principali; quella è realmente nubiforme; ma questi ultimi sono tutti a struttura filamentosa. La loro uniforme struttura nubiforme è un effetto della confusione prodotta dall’aria cattiva. Osservando nel mat- tino di buon ora in estate e innanzi che l’aria si guastasse, in giorni calmi e sereni, non è mai mancata la risolubilità fili- forme di quelle masse che spuntano come fasci di filamenti leggermente incurvate, e dove 5, 4 e più getti sì mostrano uniti alla cima da archi. Questi filamenti però sono diversi da quelli che vedonsi ne’ getti vivi e raggianti. Essi sono di stru- tura tenuissima e rassomigliano piuttosto que’ massi di cirri che strascinati da venti violenti si vedono talora nella nostra atmosfera clevata. I fili per lo più sorgono stretti e compatti più o meno obliquamente fino a certa altezza, giunti alla quale le cime si piegano a quanto pare per forti correnti acree ivi dominanti, e in questa altezza imitano talora la remificazione arborea. I loro strascischi sono in generale rivolti tutti nello stesso senso, e a fili paralleli, o leggermente divergenti. L'obli- 242 s quità di questi ammassi dì fili varia assai: essa è assai piccola ai poli ove i fili restano quasi varticali all’ Equatore è incerta pendendo ora da ‘un lato, ora dall’altro. Nelle medie latitudini la maggior parte è rivolta al polo, tranne presso le macchie, ove i fasci sembrano inclinarsi verso i nuclei. Alla cima ove finisce la struttura filare, si ha spesso la struttura nebulosa incerta, e ehe richiama l’idea di deboli cumuli. Questa strut tura filare si è veduta da noi spesso anche nelle nubi isolate, la cui parte inferiore è spesso disposta a fili pendenti senza arrivare a toccare la cromosfera, e rassomigliano allora a una pioggia discendente che non tocca il suolo. Questa struttura è pure confermata dalle osservazioni del sig. Tacchini, il quale ne trae argomento per negare la natura eruttiva dì tali getti. Su di ciò spettando nuove ricerche, mi contenterò qui di accen- nare che questi fatti cominciano a gettar lume sulla controversa struttura delle protuberanze..... » « Abbiamo adunque tre classi di protuberanze ben distinte, 4° quelle a getti vivi, corti e grossi, isolati e bassi e per lo più divergenti. 2° quelle a struttura filamentosa e meno vivace, enormemente più alte. ma meno lucide. 5° finalmente la strut- tura a nubi cumuliformi..... » SOPRA UN NUOVO METODO. SPETTROSCO- PICO. — Nota del P. A. SECCHI. (cio spettroscopio ordinario si vedono facilmente le pro- tuberanze del sole, ma non si può scorgere il disco che im- perfettamente ed in piccola parte. Gli astronomi da molto tempo sono alla ricerca di un mezzo che permetta l'osservazione si- multanea del disco e delle protuberanze, ma finora non vi sono riesciti che incompletamente; le sostanze assorbenti che lasciano passare solo i raggi componenti l’imagine delle pro- tuberanze di determinata refrangibilità, non soddisfano all'uopo; i vetri colorati non possono che aiutare l’azione dello spet- troscopio. | In questo strumento il fascio luminoso che passa attraverso una stretta fessura viene decomposto da una serie di prismi situati dietro di essa. Imaginando diviso il fascio luminoso. nel senso del suo spessore in tanti elementi piani infinitesimi pa- 245 ralelli agli spigoli dei prismi, è chiaro che ciascuno di tali elementi da uno spettro particolare e la sovrapposizione di tutti forma lo spettro che si vede nello spettroscopio; perciò questo sarà tanto più nitido, quanto più ristretta è la fessura; ciò da ancora ragione della purezza deilo spettro delle stelle la cui luce si può supporre formare solo raggio Ponendo ua grande prisma dinanzi all’ obiettivo di un can- nocchiale, se si osservi una stella, se ne avrà pure per il detto uno spettro assai netto, che se lo si dirige al sole si ha uno spettro impurissimo e vedersi l’imagine solare tinta dei colori dello spettro nel piano di dispersione. Ma se si fa cadere que- st' imagine sulla fessura di uno spettroscopio in modo che ad essa corrisponda l'orlo sfumato del sole presso al rosso, nel campo dello spettroscopio sì vedrà lo spettro metà scuro e metà lucido; cioè dal violetto fino al rosso sarà debole, dal rosso in giù sarà vivo, ma tollerabile all’ occhio, ed oltre alle righe dell’ idrogeno delle protuberanze, si potrà vedere nel disco le macchie se ve ne sono ivi presso. Se si allarga la fessura l’ imagine perde la sua precisione, ma può allora vedersi la forma della protuberanza come nello spettroscopio ordinario. Con questo prisma obiettivo, ossia situato dinanzi all’ obiet- tivo del cannocchiale, è dunque reso possibile il vedere con- tenaporaneamente le protuberanze- ed una sufficiente porzione del disco colle macchie che vi si trovano, il che suffraga ai voti degli astronomi. Essendo il prisma obiettivo per necessità di ondi dimen- sioni, epperciò di molto costo e di difficile maneggio, il P. Secchi pensò di surrogarlo con un prisma oculare ordinario a visione diretta situato dinanzi alla fessura, ed ha ottenuto gli stessi vantaggiosi risultati, con mezzi pertanto non straordinarii. RICERCHE SOLARI. <' Nota del P. UA. SeccHI. (A questa memoria l’ Autore combatte diverse osservazioni del Prof. Respighi su di un: articolo del Bullettino dell’ Osser- vatorio del Collegio Romano. Da questa discussione risultano affermati dal P. Secchi i seguenti fatti importantissimi. relati- vamente alla natura del sole. 244 Lo strato rosato 0 cromosfera che circonda il sole è più basso sul nucleo delie macchie ed è più alto sulle facole che d’ordinario cingono le macchie. | I getti delle protuberanze si trovano a preferenza sulle parti prossime al nueleo e nei suoi conterni, il che combina. col fatto, che il contorno dei nuelei è assai spesso formato di fa- cole e che ivi si sviluppano in copia veli rosati, assai proba- bilmente costituiti dalla materia delle protuberanze. Fra ie facole e le protuberanze avvi stretta dipendenza di causa ed effetto, cosichè la posizione delle une sull’ orlo solare può servire a predire la posizione delle altre, al loro apparire per la rotazione del sole. Le facole sporgono dalla fotosfera. Le macchie solari sono cavità piene di materie meno iumi- nose: ciò è provato dalle intaccature dell’ orlo solare quando una macchia sta su di esso; dall’ effetto prospettico ottenuto dal De la Rue osservando collo stereoscopio due fotografie di una stessa macchia presa in tempi diversi; dali’ osservazione nella penombra di correnti © getti incrociantesi e sovrappo- nentesi, come le dita delle mani sovrapposte ortogonalmente. La mancanza di getti visibili sopra ai nuclei non è una prova che essi non siano centri di emmanazioni provenienti dall’ interno, perchè i gaz possono esservi non trasperenti per più elevata temperatura od apachi per una minore, per cui non sarebbero visibili ne secondo una ne secondo Paltra di quelle due ipotesi colle quali si paò spiegare 1 oscurità della macchie, quindi solo al contorno della macchia 1 getti possono restare visibili sulle facole, appunto perchè essi non escono da grande profondità e seno piuttosto la materia della foto- sfera sconvolta e sollevata meccanicamente. Però non poche osservazioni mostrano che le facole ed i getti che precedono le macchie sono più vivi e più alti di quelle che le seguono. Potrebbe essere allora che i centri principali di eruzione fos- sero nella regione precedente della macchia e che il nero di questa derivsse da questi stessi gaz che si trovano arretrati a raffreddati per espansione o resi trasperenti dal calore interno. Nelle protuberanze foggiate a nudi mancano i \getti metal- lici, che trovansi nei getti. N A. Riccò. Srirmariò della Soc. der 4 Val. LI2 Melog Arno V/ VASI U Kagore UESEAZiOnO), lirmografichée Modes Lit ('apy elle MEMORIE ORIGINALI AD UN NED ILO-CONDOTTO 1 DI GEMPRGNA MOADASLAA Lettere BL PROF. PRANCESCO BUSINELI ( Vedi pagina 97 ) LETTERA SECONDA Collega Stimatissimo! Fedete alla fattavi promessa eccomi (sebbene tardi) a trat- tare in questa mia ‘seconda lettera dell’argomento, al quale feci breve allusione nella prima, cioè della ottalmia contagiosa dei neonati. L’ importanza del soggetto è tale. che vale ben la pena d’ occuparsene qualora si pensi che a cagione di simile ma- lattia molti bambini i quali appena avean veduto la luce; ne rimangono poi privi per tutta la vita, come i ciechi-nati o per lo meno restano imperfetti negli occhi in modo da non esser atti a veruna utile cecupazione, Tenterò dunque di descrivere il fatale corso di questa tre- menda malattia servendomi per quanto è possibile di un lin- guaggio popolare; e ciò per le ragioni che enunciaì nell’ altra ‘mia lettera del Settembre. L’ottalmia contagiosa dei neonati; ( detta anche congiun- tivite purulenta, ovvero congiuniivite blennorroica) sì manifesta ordinariamente, (per la causa di cui parlerò in appresso), fra il terzo ed il quarto giorno dopo la nascita del bambino, e raramente più tardi. Le prime alterazioni che si rimarcano negli occhi del neonato sono presso a poco le seguenti: Le palpebre, che nei primi due giorni di vita erano di aspetto naturale, in poche ore si gonfiano alquanto e la pelle sottilissima che ie ricopre si fa rossa ì più calda. Il bambino gli 21 246 apre gli occhi soltanto per metà, ovvero li tiene sempre chiusi, ed ha avversione per la luce. Provando ad aprirgli gli oechi si vede che gli orli liberi delle palpebre sono fra loro appic- cicati, come incollati, e quando si staccano in modo da lasciare scoperto il globo dell’ occhio si vede che questo è arrossato da moltissime vene assai minute che serpeggiano sulla così detta selerotica, o bianco dell’ occhio. In pari tempo si rimarca che una ‘certa quantità di cispa o muco si è raccolto fra la superficie interna delle palpebre e l’ occhio stesso. Questa ma- teria biancastra, che può farsi anche giallastra e densa come \ la marcia ed in casi più gravi perfino verdognola, va aumen- tando in quantità in modo che dopo 4-5 giorni: dall’ origine dal male basta allontanare le palpebre per vederne sgorgare un getto considerevole sulla guancia. Se a ‘quesi’ epoca si rovescia la palpebra superiore si trova che la superficie interna (congiuntiva palpebrale) è d’ un colore rosso cupo, rigonfia, in tutta la sua estensione, e che strofinata con un pannolino dà facilmente sangue. Allora anche la gonfiezza delle palpebre è massima e si estende in alto fino al sopracciglio ed in basso ‘fino al terzo superiore della guancia. Non di rado la palpebra superiore così ‘alterata sporge in basso sopra la palpebra in- feriore accavallandosi su di essa e coprendola in parte. ll bam- bino è-agitato, dorme poco, piange quando gli. si puliscono gli occhi, ovvero al solo esporlo alla luce. Nei primi giorni di malattia la parte trasparente dell’ occhio (la cornea), quando sia detersa con acqua dalla materia densa. che si forma fra le palpebre, si mostra lucida e chiara per cui attraverso di essa si vede ancora la pupilla nera, rotonda, ma un po’ ristretta. Più tardi può avvenire {e questo è appunto il pericolo unico di questa infiammazione) che la cornea si ammali anch'essa e resti poi, se non distrutta del tutto, al- meno alterata ed opaca. Diffatti la malattia, abbandonata a sè stessa, procede in ge- nerale rapidamente verso questi esiti funesti. La cornea perde la sua levigatezza e la sua trasparenza, comparisce una macchia grigiastra per lo più al centro di essa, la qual macchia copre la pupilla e poscia si estende in superficie ed in profondità. Nel periodo di poche ore può avvenire che la porzione alte- rata della cornea cominci a staccarsi dall’ occhio lasciando una perdita di sostanza, quindi un infossamento il quale non è altro che un’ulcera o piaga suppurante. Se questa distruzione 247 del tessuto della cornea procede fino allo strato più profondo di - questa membrana, allora ne nasce una vera perforazione e ne risulta un foro più o meno ampio dal quale sgorga fuori l'umore acqueo (quel liquido trasparente che trovasi in ogni occhio dlietro la cornea), in altri termini l’ occhio è scoppiato e si fa molle per la perdita di una parte del suo contenuto. Vuotan- dosi questo liquido che riempiva la cosidetta camera anteriore dell’ occhio, questa camera o spazio non esiste più, poichè la membrana colorata (od iride) viene ad addossarsi alla faccia posteriore della cornea stessa, facendo anche sporgenza attra- . verso la nuova aperiura. Allora vedesi un tumoretto di colore più oscuro ( procidenza d’ iride) circondato da un cerchio grigio ch'è appunto l’ orlo della nuova apertura, la Dot di cornea suppurante, contigua alla parte distrutta. Altre volte succede ancor di peggio. La cornea si fa bianca e molle in tuita la sua superficie, indi si stacca mortificata e lascia allo scoperto la faccia anieriore dell’ iride. Questa mem- branella di tessitura finissima e quindi poco resistente cede alla pressione delle parti interne, (lente cristallina ed umor Vitreo ) e perciò ordinariamente viene spinta all’ infuori e di- stesa per cui talora, specialmente sotto un movimento brusco, nel vagito, o durante uno starnuto può avvenire che dalla pu- pilla (ch'è appunto il foro centrale dell’iride) esca altresì la lente cristallina e perfino una parte deli’ umor vitreo, nel qual caso a malattia fipita I’ ccchio già perduto rimane impiccolito, raggrinzato, o (come dicesi scientificamente), atrofico. Che se tale esito fatale ed irrimediabile non è il più fre- quente in questa malattia, poichè non sempre l’ intiera cornea rimane distrutta, è certo però che nel maggior numero dei casi avviene una distrazione parziale alla quale tien dietro una macchia bianca (leucoma) che coprendo in parte od in tutto la pupilla, oltre al costituire una specie di deformità dell’ occhio, è di danno permanente alla vista, e perciò stesso diviene causa frequente di deviazione di un’ cechio, o strabismo. Altre volte poi la cicatrice che sì forma lentameute al posto della porzione di cornea distrutta non ha la necessaria solidità per resistere alla pressione degli umori intraoculari e quindi si lascia disten- ‘ dere e forma una prominenza grigia, o cinerea o. bleuastra (stafiloma) che rende deforme la parte anteriore dell’ occhio, la quale può assumere in certi casi tale volume da render 248 difficile od anche impossibile la chiusura delle palpebre, ren- dendo necessaria una operazione. Voi stesso, caro collega, nell’ esercizio pratico dell’arte no- stra sarete stato certo più volte testimonio di tali esiti infausti della malattia di cui parlo; come avrete visto altresi delle ot- talmie purulente di grudo più leggero guarire in pochi giorni senza lasciar traccia di sè; ciò che avviene: più di frequente qualora fino dai primi giorui si consigli e si eseguisca la cura di cui vengo a discorrere più sotto. Dalla descrizione che tentai di fare di questa fatale ma- lattia d’ occhi, voi comprendete che non v' ha alcuna difficoltà a riconoscerla. E sembra veramente incredibile che si trovino ancora dei medici i quali mostrano col fatto o di non cono- scere' l’importanza del male, o di volerne dissimulare ‘alla famiglia i pericoli e la contagiosità per un male inteso riguardo, per timore di allarmare inutilmente i genitori dei bambini ecc. Bisogna dire che se non si determina la qualità della ma- lattia (o come noi diciamo se non si fa la diagnosi) ciò dipende dalla trascuranza d’un esame minuzioso degli occhi. Vi sono dei medici che non vedono perchè non guardano, ehe non aprono glì occhi al bambino per non farlo piangere quasichè il pianto non fosse l’unico linguaggio del neouato. Il rove- sciamento delle palpebre sembra poi a taluni cosa difficilissima, anzi ne trovai di quelli che mettevano in dubbio perfino la possibilità di questa semplice manovra che nei casi ordinarii riesce a qualunque medico anche principiante. Ora è naturale che senza esaminare lo stato delle varie membrane dell’ occhio, senza informarsi sull'origine della malattia e senza studiarla non sì potrà determinarne la natura. l’importanza i pericoli ecc. E da questa colpevole ommissione quante tristi conseguenze non ne possono derivare ? Forse una macchia incancellabile nel bell’ occhio nero di un’avvenente persona. forse una perpetua ce- cità contro di cui l’arte è tuttavia impotente! E tutto questo molte volte perchè avviene? Perchè u& medico non ha avuto ia pazienza di fermarsi a visitar meglio il neonato, o perchè ebbe la debolezza di nascondere il pericolo che intravide per timore di far versare 4 lagrime alla nervosa puerpera ò perchè non ebbe il coraggio di confessare che in fatto d’occhi non ne ca- piva nulla. Ma il pericolo dissimulato non è tolto; le lagrime risparmiate il primo giorno sgergheranno centuplicate più tardi, la fama 249 del Dottore, almeno come occulista, sarà poco men che rovinata! Ma tiriamo innanzi e sopratutto non assumiamo un tuono declamatorio che mal si addice ad una conversazione famigliare com'è la nostra. Consideriamo ora le cause della malattia di cui si tratta. — La più frequente delle cause, quella che può constatarsi forse in 90 casi sopra 4100 è ... uno scolo vaginale della ma-' dre. Questo scolo (abbastanza frequente nelle gravide) potrà essere recente od antico, d° origine contagiosa (blennorragia ) od anche spontaneo (leucorrea, fiori bianchi ); ma in ogni ipotesi è certo che può dare origine nel neonato ad una ot- talmia più o meno pericolosa. — Ho detto può, non già dere, poichè è chiaro che non tutti i bambini che nascono da madre affetta da scolo vaginale contraggono la malattia; chè se ciò fosse, tali ottalmie sarebbero certo assai più frequenti (4). — La tra- smissione avviene per contatto diretto delle palpebre del bam- bino nascente coi muco della vagina materna, e ciò tanto più facilmente quanto più lentamente avviene |’ espulsione della testa dal canal a e quindi frequentemente nelle primipare e “nei parti stentati. — Ma oltre del contatto diretto ora men- zionato, Vè anche un altro modo di trasmissione, ed è quello che avviene mediante le mini sporche della puerpera o d’altre persone che toccano il neonato, o per mezzo di pannilini im- brattati. o forse anche per esalaziune vaporosa, quando il neo- nato si tenga sotto fe coperte dei ao materno od infine da occhio ad occhio. In un certo numero di casi, ch'io credo lino av- viene poi la inalattia per cause diverse, come per irritazione cagionata dall'aria, dalla luce viva, dal calore ecc., sopra gli occhi sensibilissimi del bambino, nella stessa guisa che simili ‘ potenze nocive ed altre che non conosciamo possono produrre un’ ottalmia in persone adulte, ma allora la nialattia si sviluppa ordinariamente dopo del 4.° giorno di vita e non ha un decorso così rapido e minaccioso. Veniamo alla cura. Vi dirò che non so veramente comprendere come vi sieno aneora dei meilici pratici che nell’ ottalmia dei neonati osano (1) Nella casa di maternità di Stoccolma sopra 137 neonati provenienti da madri affeite da scolo vaginale solo 20 contrassero Vottalmia purulenta. cioé 4 sopra 7; e di 184 nati da madre sana, i9 soli ebbero 1’ ottalmia, cioè uno su 48. — (Mackenzie, Paris 1856 pag. 738). 250 prescrivere le bagnature tiepide con decotto d’orzo o con acqua di sambuco, Questi emollienti non solo non giovano punto, ma sono positivamente dannosi, com’ebbi campo di verificare an- che recentemente quì in Modena, e non so nemmen dire ove i vecchi medici abbiano pescato un sinul genere di cura rovescia, perchè non trovo nè libri occulistici che ne parlino, nè vidi in alcuna scuola od ospitale oftalmico d’ Europa una tal pra- tica. Bensì leggo dovunque e vidi dappertutto usarsi con ma- nifesto e costante vantaggio un rimedio veramente sovrano, il nitrato d’ argento, ed io, come voi sapete, me ne servo conti muamente con successo spesso brillante, sempre soddisfacente. Pare incredibile che i fatti non bastino a distruggere i vecchi pregiudizi popolari contro certi nomi male applicati! Perchè un’alchimista qualunque si compiacque di battezzare col nome di pietra infernale il nitrato d’argento fuso, nè verrà forse per conseguenza che faccia sempre male e che chi applica questo eccellente rimedio (in modo conveniente ed in dose giusta) sia un uomo d'inferno? Se questo sale d’argento si fosse chiamato sale del paradiso avrebbe certo fatto - meno paura, anzi avrebbe inspirato fiducia al buon popolo. Il nitrato d’argento è dunque sempre il principale e spes- sissimo l’unico rimedio che dagli oeulisti moderni di tutte le nazioni del mondo si adopera per vincere prontamente | ottal- mia di cui parliamo. Come voi vedete, la difficoltà non sta ‘dunque nella scelta del rimedio, ma nel modo e tempo della sua applicazione, nella dose proporzionata ai varii casi ecc. E qui permettetemi di ricordare, ( non già per voi stesso che non ne avete bisogno, ma per qualcuno dei nostri meno ocu- lati colleghi) che se il nitrato d’argento ha mel corrisposto in qualche caso, ciò avvenne certamente perchè fu adoperato male a proposito ovvero in modo sconveniente al bisogno. Mi fu narrato p. e. che qualche medico in casi di ottalmoblennorrea d’un neonato adoperò addirittnra la pietra spingendola fra le palpebre appena divaricate con pericolo evidente di produrre una cauterizzazione sulla cornea che non avrebbe dovuto toc- carsi, mentre l’azione del rimedio dovrebbe esercitarsi sulla parte veramente e primitivamente malata ch’ è la congiuntiva che riveste internamente le palpebre e si riflette sul globo oculare, ma non si estende alla cornea. Altri prescrivono bensì il sale d’argento in soluzione a dose conveniente, ma ne affidano l’ applicazione alle persone chie 251 assistono il bambino. Ne avviene che queste ne versano qual- che goccia sull’occhio tenuto aperto a forza per un? istante, ma quelle goccie non vanno a bagnare il sacco della congiun- tiva, bensì gli orli palpebrali e la cornea, per cui, in minori proporzioni, v ha lo stesso pericolo cui accennai or’ ora. Adesso che vi ho parlato, forse troppo lungamente di ciò che non dovrebbe farsi, è tempo ch'io accenni brevemente a quanto reputo essenziale per combattere efficacemente ia ma- lattia in discorso. La cura naturalmente dev’ essere misurata a seconda della gravità del caso, dello stadio della malattia, e mo- dificata poi giusta fe complicazioni che possono trovarsi, — E non vi dispiaccia prima d’ogni altra cosa ch'io accenni a certe precauzioni, a certe regole pratiche che non bisogna dimen- ticare nel” cominciare un trattamento dei bambini ammalati. Dirò alineno quello che io soglio fare: — Quando mi vien portato uno di questi bimbi da visitare io m' informo anzitutto se la donna che fo tiene in braccio sia la madre, od una parente o se sia persona estranea, e ciò per re- golarmi nelle ulteriori interrogazioni e nell’ esternare il mio parere. È bene che i genitori, le madri sopratitto, non sian presenti alla prima visita ed alla medicazione, segnatamente se trattisi di persone molto’ impressionabili o soggette a con- vulsioni. Le prime ‘domande ch'io fò sui precedenti sono queste: Qual è l'età del bambino? Da quanti giorni sì mani- festarono i primi segni d'una malattia agli occhi? — Quale fu l’occhio prima affetto? Avuti questi schiarimenti passo al- l'esame diretto degli occhi. E per far ciò dispongo presso una finestra due sedie una dirimpetto all’ altra e mi metto a sedere su quella di destra in modo da avere la mia spalla destra verso la finestra. Sulla seranna di faccia siede la persona che porta il bimbo e questo viene tenuto in posizione supina colla testa appoggiata alle mie ginocchia (ricoperte da un pannolino doppio) e coi piedi rivolti al ventre della persona che Îo tiene, la quale con ambe le mani fissa le spalle del piccolo malato. Alla mia destra sì trova un bacile con acqua tiepida ed alcune pezzoline di tela fina usata, oltre ad un apparecchio per me- dicazioni. Esamino dapprima |’ cechio, sano se. uno solo è affetto, od in caso diverso quello in cui il male è più recente o si mostra: più leggero. Se dai segni esterni posso arguire che il male sia ineipiente e leggero, allontano colle dita le pal- pebre per verificare lo stato della cornea, e trovatala ancora 252 i integra, dopo aver ripulito con pezzuolina il muco raccolto fra le palpebre, le rovescio completamente e detergo la mucosa collo stesso pannolino per veder bene la superficie che come dissi, è in questi casi rossa, turgida e facilmente sauguinante. Allora se il turgore dei vasi è assai considerevole in guisa da dare alla eongiuntiva palpebrale un color rosso cupo o pavo- nazzo, faccio qualche superficialissima scarificazione, cioè delle incisioni, mediante un colteilino apposito, o in mancanza di “questo con uno dei taglienti d’ una lancetta comune, incisioni parallele al bordo libero delle palpebre, lasciandone sgorgare aleune goccie di sangne, ciò che produce subito una diminu- zione della gonfiezza. Cessato il gemizio sanguigno, ciò che si ottiene prontamente rimettendo a posto.le palpebre, cioè chiu- dendo l’ occhio, si bagna la superficie interna . delle palpebre di muovo rovesciate con una soluzione di nitrato d’argento mediante un pennellino, e quando vedo che la superficie rossa per effetto del caustico, si ricopre d’un velo bianchiccio tenuis- simo, allora con altro pennelio imbevuto d’acqua comune un po’ tiepida. lavo ripetutamente la superficie cauterizzata onde non vi rimangan residui del rimedio. Durante questa opera- zione le palpebre rovesciate restano fra loro ravvicinate in modo che la cornea è da esse coperta e quindi non è per nulla esposta all’azione del nitrato d’ argento. La dose della soluzione da me adoperata è di una parte di nitrato d’argento in 30 parti d’acqua distillata. Con questa soluzione si può ottenere un effetto minore o maggiore a seconda che si applica il pen- nello una o più volte di seguito e secondo il tempo che si lascia passare prima di far ia lavatura coll’ acqua. Vi dirò che altri oculisti invece della soluzione del nitrato d’ argento usano più volontieri un caustico solido, come sarebbe la così detta pietra mitigata, (composizione di nitrato d’ar- gento fuso insieme con nitrato di potassa in varie proporzioni) allo scopo di localizzare meglio 1! azione del caustico sulle parti che ne hanno bisogno, come pure ho veduto altri pra- tici fare le :scarificazioni dopo l’ applicazione del nitrato. per timore che la soluzione penetri nei tagli freschi ed agisca troppo profondamente e forse anche perchè credono d’ ottenere uno scolo di sangue più abbondante facendole dopo ia causti- cazione. — lo non ho ancora trovato necessario d’ imitare queste modificazioni e ve ne direi anche i motivi se ciò non mi ob- - bligassse ad entrare in questioni secondarie a scapito della 255 brevità. Se non trovo molto turgore di vasi, ra soltanto una certa copia di muco, risparmio le scarificazioni e passo diret- “tamente alla medicazione sopra descritta. Dopo l'applicazione del caustico sarebbe utile di applicare sulle palpebre una com- pressa di tela doppia imbevuta d’acqua fredda per mitigare il dolore è la momentanea gonfiezza, ma in generale trovai che i bambini necnati reagiscono assai energicamente contro la brusca impressione del freddo sulla faccia e gridano disperata- mente, per cui per solito non insisto su questo accessorio della cura. Lies La medicazione si ripete almeno una volta nelle 24 ore, in fari casi occorre di farla mattina e sera. Negl’ intervalli fra nna medicazione e l’altra è utilissimo c talvolta indispensabile di pulire gli occhi con acqua tiepida ogni ocra od anche ogni mezz'ora. Questa detersione si fa da persona intelligente aprendo moderatamente gli occhi con due dita per lasciarne uscire le mucosità raccolte nel frattempo e lasciando cadere qualche goccia d’acqua tiepida sull’ occhio da un’ pezzetto di spugna imbevuta, ovvero mediante un sottil getto d’acqua diretto op- portunamente col mezzo d’ uno schizzetto di vetro. Se gl’ in- tervalli di tempo fra una medicazione e l’altra, fossero per necessità distanti prescrivo anche un collirio astringente. Si sottintende che se è malato uno solo degli occhi bisogna aver tutti i riguardi affinchè la materia che esce dall’ ecchio affetto non venga a contatto del sano. A tal fine è opportuno che il bambino stia coricato in posizione supina col capo un po' incli- nato verso la tempia corrispondente all’ cechio affetto. Taluno usa anche in tali casi di chiudere ermeticamente I’ occhio sano coprendolo con filaccia e fasciandolo con cerrotti. Quando ho motivo di temerè che la cornea sia già ulcerata, uso ogni possibile precauzione nell’aprire a forza |’ occhio che voglio esaminare. Perciò se le palpebre sono molto. enfiate ed accavallate piuttosto che divaricarle colle dita (nel quale sforzo ‘è quasi impossibile di non premere un po’ sul giobo dell’ occhio esponendolo così al pericolo d’ una improvvisa rottura del fondo dell’ ulcera ed alla brusca uscita d’umor acqueo, d’ una piega d’iride e talvolta anche della stessa lente cristallina) piuttosto, dico, di usare le dita, mi servo degli elevatori di Desmarres, stru- menti che voi ben conoscete, applicandone per lo più uno solo sotto alla palpebra superiore per poterla meglio aprire senza comprimerla contro l’ occhio. | 254 Per potersi regolare nella eura è indispensabile di esami- nare in ogni caso ed ogni giorno lo stato delle cornee. Allorehè m° accorgo chie la trasparenza della cornea comincia ad alterarsi, o che si è già fermata un’ ulceretta, uso ogni riguardo nelle medieazioni, sia onde la soluzione caustica non vada mai a contatto della parte che minaccia distruzione di tessuto, sia evitando ogni compressione sul globo dell’ oc- chio, per le ragioni dette più sopra. Oltre a ciò in simili casi non ommetto mai di tenere la pupilla dilatata instillando nell'occhio qualche goccia ci soluzione di solfato neutro di atropina (8 centigr. in 8 gr. d’acqua) onde, se per mala sorte avvenisse la perforazione al centro, iride trovi più difficoltà a presentarsi nell’ apertura ed a fare sporgenza attraverso di essa. Che se un tale inconveniente fosse già avvenuto, e la parte fuori uscita facesse sporgenza a guisa di vescichetta tesa, non indugio a pungerla colla punta d’una lancettina apposita, od anche con un ago da cataratta, allo scopo di lasciar uscire una goccia o più d’ umor acqueo e diminuire con ciò fa tensione che oltre al recar dolore rende probabile un alterisre aumento della deformità. Nel far la puntura della vescichetta stessa bi- sogna badar bene di tener | istrumento assai obbliquo in guisa da non ispingerlo profondamente nella pupilla onde non ferire la lente, la quale all’atto dell’ uscita dell’ acqua si avanza verso la cornea. Una fasciatura deli’ occhio in questi casi non è ne- cessaria, perchè le palpebre ariche senza di ciò rimangono chiuse, anzi se dura ancora lo scolo marcioso dalla congiuntiva sarebbe dannosissimo il chiudere così, come suol dirsi, il nemico in casa. Del resto, voi comprenderete che malgrado qualunque complicazione da parte della cornca e dell’ iride non bisogna desistere dalle sopradescritte medicazioni col nitrato d’argento sciolto in acqua fino a tanto che non sia completamente ces- sato lo scolo di materia. Solo allorchè la congiantiva è dive- nuta più pallida e liscia, e quando, non essendo più agglutinate insieme le palpebre, il bambino può aprire da sè gli occhi, dico che la malattia è vinta e desisto da ulteriori medicazioni. Non vi dirò della cura delle conseguenze permanenti, come delle macchie corneali, della chiusura della pupilla, dello stafi- loma ece., perchè uscirei dall’ argomento che mi sono prefisso di trattare in questa lettera. Ma voi potreste qui rivolgermi un’altra domanda ben na- turale e perciò da me preveduta. Potreste dirmi cioè: « Se 255 quest’ ottalmia è contratta quasi sempre per contaggio, non vi sarebbe modo di prevenirla? non vi sarebbe un rimedio pre- servativo? o come noi diciamo una cuia profilattica ? » lo credo che sì. — È non esito a rispondervi che se i . medici che visitano le gravide prima ancora del travaglio, o sono chiamati all’apparire delle doglie pensassero a far ces- sare, od alineno a diminuire lo scolo vaginale rinvenuto nella gravida 0 nella partoriente, usando i noti rimedi astribgenti, credo fermamente che assai minore sarebbe il numero dei casi di ottalmia dei neonati, quindi minore anche la proporzione dei ciechi dall’ infanzia. — Per parte inia se mi trovassi nel caso di dover assistere una donna che si trovasse nelle condizioni suaccennate, ecco cosa farei. i 4.° Fino dagli ultimi giorni della gravidanza prescriverci delle injezioni frequenti entro la vagina, fatte con una soluzione d’ allume crudo, o d’ altro sale astringente, spinta fino alla bocca uterina mediante un apposito schizzetto, od irrigatore ( del quale nessuna donna maritata dovrebbe esser priva ). 2.° Avvicinandosi il momento del parto, queste injezioni le farei anche ad intervalli più brevi; p. es. ogni 2-3 quarti d'ora. 3.2 Quando, rotto il sacco delle acque, cominciasse |’ espul- sione della testa dall’orifizio uterino, sostituirei alle irrigazioni astringenti una injezione d’olio d'oliva o di mandorle dolei allo scopo di ridonare la necessaria lubricità alla superficie in- terna del canal vaginale, onde per ia secchezza di questo non venisse ritardato il passaggio della testa del nascente bambino. ‘ Allo stesso scopo potrebbe servire forse egualmente un po’ di grasso o di burro introdotto colle dita e spalmato sulla mucosa vaginale. 4.° La prima eura che presterei al neonato, dopo la reci- sione del cordone ombellicale, sarebbe quella di pulirgli ben bene gli occhi, irrigandoli con un getto finissimo d’ acqua sem- plice dapprima onde allontanare qualunque resto di mucosità dalla spaccatura delle palpebre, poi con una soluzione d'allume o di nitrato d’ argento a. piccolissima dose, spingendo questo liquido fra le palpebre stesse con uno schizzetto. Che se malgrado tutte queste precauzioni l’infezione fosse già avvenuta... e la malattia si manifestasse egualmente al 3°-4° giorno, allora almeno potrei dire d’aver fatto quanto stava in me per prevenirla. So bene che in tal caso per parte di qualche 256 donnicciuola saccente o fors’ anco di qualche zelantissimo col- lega non si mancherebbe di far eredere ai parenti che il male era invece cagionato dalle stesse precauzioni usate per preye- nirlo..., ma l’uomo conscienzioso lascia dire gli sciocchi ed i maligni e tira dritto per la sua strada, tranquillo nella propria coscienza e certo del fatto suo. Per non stancarvi troppo ‘finisco per oggi, e faccio punto su questo argomento. Nella prossima lettera vi parlerò della cornea e dell’ iride. Intanto serivetemi anche voi qualche cosa e sopratutto di- temi la vostra (per me sempre rispettabile) opinione su questo inio scritto, che si risente un po’ troppo delle interruzioni che ha subito e della fretta con cui fui costretto a terminarlo per non mancare alle mie promesse. Modena Febbrajo 1372. Il Vostro BUSINELLI. A CENNO INTORNO AI FOSSILI DI MONTESE DEI SACERDOTE 6. MAZZETTI —_—__2-0/oe_ ME: piccolo paesetto della. Provincia di Modena, e che dista da Modena stessa circa 50 Kilometri, è collocato quasi a mezza strada fra Pavullo e Porretta, e sta a cavaliere di una piccola giogaja di monti, che da Villa d’Ajano si protende in linea quasi retta sino alla serra di Moscheta. Il terreno che forma l'ossatura di questa piccola giogaja; ma particolarmente poi l'ossatura del monte, su cui s’innalza l'antica torre feudale di Montese, è in massima parte il cal- care nummulitico, più o meno compatto a norma delle loca- lità; è ordinariamente costituito di granelli di calcare spatoso, ‘di serpentino verdognolo, ed anche nero, di penoscelce, e di laminette di mica, che oltre ad un aspetto sabbioso, gli danno ancora una tinta più o meno brunastra, secondo che più o meno prevale in esso l’uno o l’altro di questi stessi elementi. Meno che a nord-ovest, ove vi si protendono sotto potentissime masse di argille scagliose, contenenti qua e là grossi blocchi dei così detto calcare o facoidi (4), il calcare nummulitico forma pur’ anche la base del monte di Montese medesimo. Se non che, mentre sul dosso di esso monte cotesto terreno sì trova per lo più allo stato di roccia compatta, e a elementi piuttosto grossolani, alla sua base il medesimo terreno si rinviene in vece allo stato marnoso, e a elementi sempre assai più fini. Però quanto alla direzione degli strati, questa è sempre la stessa, tanto pel calcare compatto, come anche pel marnoso; eccetto che gli strati di questo sì riscontrano sempre sopra posti agli strati di quello. (1) In un masso grossissimo di questo calcare, che si trova poco lungi da Montese su! letto del così detto Rio Grosso di S. Martino vi si osserva un piccolo strato, dello spessore di un decimetro circa, quasi tutto composto di frammentelli di vegetali carbonizzati; ma che però, mentre alcuni di questi sono già passati allo stato di pura lignite, altri in vece conservano ancora la natura di vero carbone. 22 258 Il calcare nummulitico poi, che stando al chiarissimo Do- derlein, segnerebbe da questa parte l’ estremo limite meridio- nale dei terreni miocenici (2), ricomparisce pur” anche nel Modenese stesso a Montecucolo: e in tutte queste località si presenta sempre diretto in media a sud-ovest, in grossi lembi divelti e staccati l'uno dall’ altro. Certamente anche solo come pietra da costruzione, il cal- care nummulitico compatto di Montese, meriterebbe sempre l’attenzione di chicchessia: ma però quello ch’ esso presenta veramente di singolare, è certo l'immensa quantità di fossili di ogni specie, ch’esso stesso racchiude nel suo interno, e che nel medesimo si riscontrano quasi sempre da per tutto in eguale abbondanza. Per altro conviene anche quì avvertire, che come lo stato di compatezza del calcare nummulitico di Montese che forma il dosso del monte, è molto diverso dallo stato di compatezza di quello che ne costituisce la base; così “non poca varietà si trova pur anche fra le specie fossili del- l'uno, e quelle dell’altro; da che, mentre sul monte si rin- vengono a profusione gli Echinodermi d’ogni fatta; ma parti- colarmente poi molti generi e specie delle due Famiglie dei Clipeastri e Spattanghi (3); alla base del medesimo si trovano in vece in copia grandissima i Gasteropodi, gli Acefali, ed anche i Cefalopidi: e tra i primi abbondano in singolar modo le Natiche, le Pirulc, le Cassis, tra i secondi le Veneri, le Telline, le Lede, le Arche; e tra i terzi il Nantilus ziezac. Di più: nel calcare nummulitico compatto di Montese, si riscon-. trano ancora moltissimi denti di pesce della famiglia degli squalidi; e massimarrente denti dell’ Oxyrina xiphodon, del- l Oxyrina astalis, dell’ Hemipristis serra, delia Lamna contor- tidens: là dove nel calcare nummulitico marnoso della stessa località, cotesti mancano quasi del tutto; meno che però in (2) Di calcare nummulitico sembra pur anche formato il monte, su cui stà il paesetto di Sassomolare: paesetto della Provincia di Bologna a est-sud di Montese, e che dista da questo stesso luogo da circa 5 Kilome- metri. Ha fossili identici, ed anche identica direzione. (5) Quasi tutti i fossili, che si trovano nel calcare nummulitico com- patto di Montese, hanno dimensioni piuttosto grandi; ma ‘particolarmente poi quelli spettanti al genere Discoidea. Di questi ne possediamo due bellissimi esemplari, ma che non sono certamente dei maggiori: eppure nel diametro della loro base, misurano in lunghezza non meno di 105.m7 per ciascuno, e in altezza non meno di 50.2» — 259 posto loro si trova in vece una quantità sterminata di Polipi, spettanti quasi tuttì sì due generi Turbinolia, e Flabellum. Ma del resto: la diversità di compatezza e di fossili di cotesto calcare, non l’ abbiamo avvertita soltanto noi stessi; giacchè la medesima cosa venne pur’ anche notata tre anni or sono dal chiarissimo Doderlein, allorehè trovandosi in Mo- dena, si compiacque visitare la nostra piccola collezione: il quale dichiarò ancora, che mentre il caleare nummulitico com- patto di Montese, e a Echinodermi, appartenea certamente al miocene inferiore, l’altro in vecc allo stato marnoso, e a Ga- storopodi, non potea all'opposto spettare che al miocene su- periore (4). Ecco quì in tanto alcuni fossili appartenenti all’ una e all’ altra varietà di un cotale terreno. Per verità essi non sono che un piccolo saggio dci moltissimi, che già raccogliemmo nel medesimo; ma però non dubitiamo punto, che anche questi soli non sicno tuttavia più che sufficienti, onde possa ciascuno farsi un'idea della loro natura, e fors’ anche della loro sin- golarità. Fossili spettanti alla varietà marnosa del Calcare nummulitico di Montese. Marginella. Fig. A.8 Fossile in cattivo stato di conserva- zione (5), in cui | unico caratiere, che più nettamente si osserva, è il margine boccale diritto, terminato da un orlo assai marcato. La sua spira è assai poco elevata, e ha circa tre giri: ond’è che noi la riferiamo al genere -Marginella, ma ip modo alquanto dubbio. Mitra Michelotti. Fig. 2.° Piccolo tipo del genere Mitra, che si avvicina assoi alla specie M. Michelotti. Distinguesi però (4) Avendo osservata la Carta geologica del ch. prof. Pietro Doderlein pubblicata testè con note illustrative (Memorie della R. Aceademia di Scienze ec. in Modena, T. XIT), ho potuto rilevare che il terreno di Mon- tese di cui qui è parola è stato ora riferito dal medesimo sig. Profess. al terreno eocene superiore. (5) Pochissimi sono i fossili, spettanti a questo terreno, che sieno in un discreto stato di conservazione: stante che una gran parte di loro conviene estrarli dalla viva roccia; ed anche quelli che si rinvengono sul terreno più sciolto, sono così friabili che quasi appena tocchi vanno in polvere. 260 da questa per non avere le strie longitudinali, o per esser anche queste assai poco visibili. Molto piccole sono ancora le sue dimensioni; da che non misura in lunghezza che 87”, e 57” in grossezza. L'ultimo suo ravvolgimento poi occupa appena 3 della sua totale lunghezza. Terebellum. Fig. 3.8 Cotesta piccola ico che in ma- niera molto dubbia riferiamo al genere ‘Terebellum, non è lunga che 117? appena, e questa stessa sua lunghezza è quasi tutta occupata dall’ ultimo suo ravvolgimento; giacchè 5”? sol- tanto formano la totale altezza della sua spira. Non la rife- riamo poi al genere Terebellum, che per la grande somiglianza che ha con questo genere di conchiglie; stante che non aven- done che un solo esemplare, e anche questo allo stato più di petrefatto, che di fossile, non possiamo nettamente distinguere i suoì caratteri principali. Cassis Variabilis. Fig. 4. Questa conchiglia si avvicina moltissimo alla C. Variabilis di Michelotti: però si distingue ‘ alquanto da essa, per avere le coste assai più frequenti e minute. Natica Mammilaris (Sism.) Fig. 5.* Fossile che appartiene indubbiamente al genere Natica: e tra le specie di queste si accosta pur’ anche molto pe’suoi caratteri alla N. Mammilaris. È di forma ovato- -compressa, e consta di 8 giri di spira, l’ultimo de’ quali è piano-convesso, e molto prolungato in basso. Pechiolia Argentea (Meneg.) Fig. 6.* Conchiglia assai più tenue e sottile delle altre Pechiole, che si sogliono ordinaria- mente trovare nei terreni plioceni. Si distingue ancora da questo nelle coste; le A sono in essa assai più fisse e fine (6). SR agi . Fig. 7.* Piccolo bivalvo trasverso-allungato, inicriocdicnie e posteriormente acuto, la cuì superficie sembra portare circa 8 lamelle trasversali. Se non che, non potendosi scoprire nessun carattere, nè generico, nè specifico, per tener totalmente nascosti nella ganga, e cardine, e impressioni mu- sculari e paleari, non ardiamo per ora di apporvi alcun nome. Fossili spettanti alla varietà compatta del medesimo terreno. Aovicula. Fig. 8.2 Piccolo fossile, di forma quasi tetragona, e che ha la superficie coperta di circa 15 coste longitudinali. (6) Da quanto ci è noto, questo è il primo fossile di tal specie, che siasi sin’ ora trovato nei terreni terziari del Modenese. 261 Il lembo del suo cardine è quasi retto e molto espanso: ma irovandosi esso però in uno stato cattivo di conservazione, c' impedisse quindi di determinarne la specie. Cardium. Fig. 9. Piccolo fossile anche questo, di forma piuttosto rombica, ed equivalve, e che ha una carena longitu- dinale, la quale dall’ umbone va sino all’angolo posteriore-infe- riore. La sua superficie poi è coperta di circa 45 coste eguali e longitudinali. Benchè cotesto fossile sia anche ben conservato, tuttavia non potendosi conoscer bene che i suoi caratteri esterni, crediamo quindi conveniente di non opporgli ancora alcun nome specifico. Terebratula Montesii. Fig. 10.8 Brachiepodo di forma quasi tetragona e molto allungato. Su la valva dorsale porta impressi due solchi assai profondi: un altro assai profondo ne porta pure nella ventrale nella sua parte mediana, con due lievi de- pressioni ai lati. Ha l'umbone della valva parimenti dorsale molto incurvato e sporgente su la ventrale. Rapporto a’ suoi caratteri interni nulla può dirsi, perchè il nostro Brachiopodo è più allo stato di petrefatto che non di fossile vero. Per altro non conviene .tacere, che mentre per alcuni suoi caratteri esterni questa Terebratula si accosterebbe molto alla T. Bipar- tita del Brocchi, le sue dimensioni in vece assai maggiori, ed i suoi solchi molto più marcati, la fanno assolutamente rite- nere d’ altra specie diversa. Anzi il chiarissimo Doderlein, che anch’ esso | osservò alquanto, lasciò intravedere che potesse appartenere ad una specie nuova: il perchè noi gli abbiamo applicato senz'altro il nome stesso della località, in cui assai frequentemente sì trova. Î sea Fig. AA.* Echinoderme della Famiglia dei Ci- dariti, che è di forma circolare, un po’concava superiormente, e inferiormente alquanto schiacciata. Ha un diametro della lunghezza di circa 70””, e in altezza ne misura circa 30.7” Dalla disposizione delle zone ambulacrarie e tubercolari, si avvicinerebbe molto all’ Orthopis Ovata del Cotteau; ma però le sue dimensioni sono assai maggiori. «e. « «+ Fig. 42.° Altro Echinoderme appartenente alla stessa Famiglia del precedente. È anch'esso di forma circolare, ma di dimensioni molto più meschine; da che non misura in diametro che circa 23””, ed in altezza appena 9.2? A che specie poi desso appartenga nol sappiamo propriamente dire. Di primo tratto, per le sue zone porifere strette e perfettamente diritte, e 262 pe suoi tubereoli imperforati, sembrerebbe appartenere al ge- nere Goniopygus; ma non che portar ornate di due file di tubercoli le dette zone porifere come il Goniopygus, il nostro echinoderme le ha invece fornite di due file di granelli serrati, come il genere Salenia. Si scosta poi anche da cotesto genere di echinodermi: poichè, mentre in questi le due fila di grossi tubercoli interamabulacrari sono a base erenulata, nel nostro fossile invece sono a base liscia. Che fosse mai desso una specie nuova ? Schisaster Canaliferus. Pig. 43.° Fossile di forma uidio subcircolare compressa, ed a placche assai irregolari. Ha la somità ambulacrania discentrata inferiormente, e tra le cui zone si osserva la mediana anteriore si lunga da giungere sino alla periferia; mentre le due laterali sono invece assai corte, e cortissime poi le due posteriori. Cotesto fossile si avvina as- saissimo allo S. Canaliferus dell’ Agazzis. È forse soltanto di forma un po’ più circolare. Fossili appartenenti ad altre località. Gorgonia. Fig. 14.2 Piccolo frammento di Gorgonia, su la cui superficie si notano vari, irregolari, e tortuosi solchi. che percorrono tutta la sua lunghezza. È di colore bianco gialliccio. Detto fossile spetta al terreno miocene superiore di Lavacchio, paese del comune di ‘Pavullo. to lo ATA Fig. 45.* Impronta di una Corolla vegetale sul calcare a Fucoidi, che si direbbe quasi di un Thragopo- gon. Essa proviene da Montespecchio, villa a 2 Kilometri circa da Montese; è ci venne gentilmente regalata dall’ ottimo nostro amico Cleto Obici, Pretore nel Mandamento di Montese me- desimo. luglans Rostrata (Schlot). Fig. 16. Noce che insieme ad altri frutti fossili, fu da noi raccolta nella marna turchina plioce- nica della Torre della Maina, villa a 43 Kilometri circa da Modena. È di dimensioni piuttosto grandi; giacchè misura in altezza da 507”, ed in grossezza 30”* per un senso, e soli 20”” per l’altro, trovandosi quivi fortemente compressa. Presenta pure un grosso endosperma legnoso, di modo che non lascia nel suo interno che una cavità relativamente assai piccola. Cotesto fossile poi è in perfetto stato di conservazione, mostrandosi soltanto appena appena carbonizzato. 265 Conclusione. — Questi dunque sono i fossili, che noi qui presentiamo, quale tenuissimo saggio dei molti, che si raccol- gono nel Caleare naummulitico di Montese (7). Come ognun vede, essi non sono stati qualificati che in maniera assai incompleta. Se non che confidiamo, che quelio che noi non abbiam potuto fare, sia per la meschinità delle nostre forze, quanto ancora per non aver potuto consultare alcuna di quelle opere conchi- liologiche che ci avrebbero alquanto illuminato, si eseguirà certo condegnamente da altri naturalisti più fortunati di noi stessi: a’ quali poi ci teniamio sin d’ ora obbligatissimi. (7) Come abbiamo gia anche superiormente indicato, oltre ai fossili quì stesso accennati, molti altri ne raccogliemmo ancora nel medesimo terreno, appartenenti non pure alle stesse famiglie e generi dei soprannomi- nati; ma ben’ anche a famiglie e generi da queste medesime non poco di- verse. Di cotesti però non ne possiamo dar qui che un semplice elenco, tanto delle une, che degli altri, non avendo sin’ ora potuto determinare con qualche sicurezza, che appena appena alcune loro specie, qui pure sotto essi notate. i 264 Fossili del Calcare nummulitico compatto di Montese oltre agl’ indicati sin quì.. GASTEROPODI EGHINIDI Fam. Turbinacei Fam. Cidariti Gen. Trochus. Gen. Magnesia. A. Trochus Cinerarius (Lin.) 4. Magnosia Decorata. (Desor.) Fam. Scalariani Fam. Clipeastri .- Pygaulus Desmoulini (Agaz.) . Echinolampas Affinis (Desmoul). 8. Discoidea Cilindrica (Desor). Gen. Scalaria 1. Scalaria Cancellata (Broc.) AO > ACEFALI Fam. Spatanghi Fam. Prectinidi Gen. Schisaster. 4. Schisaster Ovatus(Sismonda). So dina 2.» Gratelupii » ; 1 3.» Intermedius » n sia Dole A. Pecten Scabrellus (Lam.) » Cristatus (Bronn.) ZOOFITI ' Fam. Ostracei Gen. Chenendopora. 1. Chenendopora Obliquata i Gen. Ostrea. (Mich.) A. Ostrea Pusilla (Broc.) 2. Chenendopora Pocillum. (Mich.) Fam. Tubicolati Gen. /sîs. Gen. Aspergillum A. Isis Melitonensis (Goldfuss). 4. Aspergillum Vaginiferum (Lam.) Gen. Vincularia. 4. Vincularia Dubbia (Michelini). BRACHIOPODI Gen. Retopora. 4. Retopora Celulosa (Lam.) Gen. Terebratula. l Gen. Heteropora. 1. Terebratula Vitrea (Lin.) 1.Heteropora Sarculosa (Mich.) 265 Fossili del medesimo Calcare nummulitico marnoso oltre ai soprannominati nel cenno generale. GASTEROPODI |, Gen. Pleurotoma. A. Pleurotoma semimarginata Fam. Involuti 9 ì ; (ern) Gen. Conus. Gen. Ceritium. 1. Conus Puschii (Mich.) A. Ceritium Tectum (D’Orb.) » Virginalis (Bronn.) 2. » Cornuelianum ? Gen. Ancillaria. Fam. Turbinacei 1. Ancillaria Obsoleta (Broc.) 2: » Glandiformis (Lam.) Gen. Tara 1. Xenofora Deshayesi (Mich.) Gen, Cyprea. dae Cumulans (Brogn.) ‘ 1. Cyprea Affinis (Dujard.) 2.» Pirum (Gmelin) Gen. Trochus. 4. Trochus Zizifinus (Lin.) Fam. Columellari Di » »” , Gen, Ringicola. Fam. Neritacei . Ringicula Buccinea Deshay.) e Gen. Natica. Gen. Mitra. 1. Natica Canaliculata (Desh.) I. » » 2.» Epiglotina (Lam.) Fam. Purpuriferi Gen. Helicina. (Si Helicina Neritella (Lam.) Ger. Buccinum. 1. Baccinum Serraticosta (Bronn) | prim NEalasnigz,i 2 » » Dire Fim CAUSA, ; Go paia Gen. Chenopus. 1.Chenopus Pespelecani (Filip.) ACEFALI Fam. Canalifera Gen. Pyrula. Fam. Myari 4. Pirula Rusticula (Baster.) 2. » Geometra (Bors.) Gen. Corbula.. 3. » Elegans (Lam.) 1. Corbula Gibba (Olivi). 266 Fam. Mactracei Gen. Ericina . Ericina Miliaria (Lam.) » Orbicularis (Desha). Fam. Tellinidi Gen. Tellina . Tellina Donacina (Lin.) Fam. Conche Gen. Venus . Venus radiata (Broc.) D » Gen. Cardium » i » Fam. Nuculidi Gen. Leda . Leda Nitida Fam. Arcacei Gen. Limopsis . Limopsis Pigmea Gen. Arca 4. Arca Diluvii (Lam.) DIS NEICO » Fam. F'ectinidi Gen. Pecten 1. Pecten Cristatus (Bron.) ZOOFITI Gen. Turbinolia 4.Tubinolia Multiserialis (Mich). 2. » Cilindrica (Haime) 3. » Undata » 4 » Bellingerianus (Edw.) Gen. Trochociaithus 1. Trochociathus Armatus(Edw.) DI » Crassus » 3 » Rostratus Gen. Flabellum A. Flabellum Avicula (Mich.) DI » Extensum (Edw.) Gen. Deltociathus A. Deltociathus Italicus (Haime). ALCUNE GENERALITÀ INTORNO LA FAUNA SICULA DE VERTEBRATI PER IL PROF. CAV. PIETRO DODERLEIN Direttore del Museo di Zoologia ed Anatomia comparata nella R. Università di Palermo (Continuazione e fine V. pag. 200) | PARTE IV. CLASSE DE’ PESCI (1). Pic delle produzioni naturali della Sicilia senza ricordare i pesci, sarebbe quanto descrivere una primavera e. tacere . de’ fiori. — I pesci e la pesca sono idee cotanto impresse ne’ costumi, nell’indole, nelle aspirazioni della. massima parte degli abitanti di quest’ Isola, toccano così al vivo il eommercio, l’agiatezza, l'igiene delle varie classi, da non poter a meno di farne parola in una scientifica rassegna. — Valgano per- tanto codeste considerazioni ad ottenermi condono se abbu- sando del tempo e della sofferenza di questo Onorevole Consesso, io mi trattengo maggiormente su di un argomento così vitale per queste popolazioni, tanto più che sospinto da una innata propensione per tutto quanto riguarda il mare e le sue pro- duzioni, io vi volsi di preferenza i miei studj; attalchè con- fortato dall’ opportunità de’ luoghi posi ogni cura a raccogliere in questo santuario delle scienze le svariate serie di pesci che abitano le circostanti acque, ad indagarne l’ordinario sog- giorno, la frequenza, le abitudini, il modo di pescarli, le mol- toplici industrie cui danno luogo nelle singole contrade dell’ Isola, ed i vantaggi che arrecano al commercio, ed alla sociale eco- nomia. — Ed è appunto dai talune di queste svariatissime no- zioni che mi propongo tener parola nell’ odierna seduta, rin- viando le altre ad ulteriori pubblicazioni. — Tre principali fatti o particolarità zoologighe caratterizzano, a mio vedere, la Fauna Ittiologica della Sicilia. (4) Questo articolo è stato rifuso in massima parte dall’ autore nel- l’ occasione dell’ attuale pubblicazione. 268 4.° Una maggior abbondanza e varietà di specie di pesci in confronto di molti altri mari d’ Europa. 2.° Una ricorrente apparizione di alcune specie rare ed eccezionali, tanto indigene del Mediterraneo, quanto apparte- nenti alla zona Africana ed Atlantica. 5.° La non rara comparsa di individui di straordinaria di- mensione, che uguagliano talvolta il doppio, il triplo, quella degli individui normali. I. Ed invero le giornaliere pescagioni che si fanno in Sicilia hanno evidentemente dimostrato che ne’ mari circostanti si rinvengono non solo le specie pressochè tutte che abitano gli attigui mari, Adriatico, Jonico, Ligurico, in proporzione assai maggiore d’ individui, ma che vi convengono eziandio talune specie che mai o quasi mai appariscono ne’ mari limitrofi. — Di questo fatto, che emerge tanto dal riscontro de’ giornalieri mercati delle Sicule Città, quanto dalla raccolta Ittiologica di questa R. Università, si ponno avere le più convincenti prove, ponendo a confronto il catalogo delle specie Siciliane con quelli. d'altri mari Europei, redatti anche di recente dai più illustri Ittiologi del secolo. Così è che delle 643 specie di pesci marini (1) che anno- vera l’intera Europa, e delle 404 specie (2) che secondo Carlo Bonaparte vivono nei Mediterraneo e nelle sue diramazioni, 390 specie circa (3) si ritengono indigene od eventuali de’ mari della Sicilia. — Questo numero supera d’ assai le 280 specie che secondo Alberto Perugia s’ incontrano nel golfo di Trieste; le 304 che giusta il Nardo, l’ Hechel ed il Botteri abitano I’ Adriatico e le coste della Dalmazia (4); le 258 specie che il Cav. Ninni avverti ne’ mari della Venezia; le 274 che secondo Canestrini popolano il golfo di Genova; le 224 che il Guichenot rinvenne lungo le coste dell’ Algeria; le 520 che Desveaux notò lungo il litorale Atlantico, e neli’ interno della Francia; le 260 specie illustrate da Bocage, da Brito Capello, e dallo Steindac- ner sulle coste della Spagna e del Portogallo; le 2441 che (1) Sarebbero 763 colle fluviatili e lacustri giusta la Fauna Italica del Bonaparte e 870 circa giusta il Nardo. (Prospetti Sistematici ecc p. 90). (2) Sommano a 470 unitamente alle fiuviatili giusta il Bonaparte, ed a 520 secondo il Nardo nelle acque d’Italia. (3) Di queste da oltre 500 specie sono già raccolte e si conservano nel Museo di questa Università. (4) Sarebbero secondo i prospetti sistematici del Nardo 532, ma 28 di queste appartengono alla famiglia de’ Ciprinidi. 269 secondo Yarrell e Couch appartengono alle Isole Britanniche; restando le 414 specie segnalate dal Nordmann nel Mar Nero a contrassegnare la minima proporzione numerica di specie dell’ intera Fauna Ittiologica d’ Europa. Voglio ammettere che nel predetto novero di 390 specie onde vuolsi ricco il Mare di Sicilia, parecchie debbano risguar- darsi quasi semplici varietà di sesso, di età, di luogo, come opportunamente impresero a dimostrarlo alcuni recenti scien- ziati; tuttavia anche a fronte di cotale riduzione, che vale al- tresì per gli altri mari Europei, rimane in Sicilia tanta esube- ranza di specie di pesci da non ammettere confronto con verun altro mare più pescoso d’ Europa (1). Quanto alla copia degli individui onde risultano costituite le singole specie, esso è rivelantissimo in genere, massime in certi paraggi; e dà luogo in date stagioni, ed in date giornate, in quelle particolarmente che precedono qualche cambiamento di tempo o qualche burrasca di mare, a ricchissime pesche. — Basti il dire che nel solo compartimento marittimo di Palermo, che non è al certo il più ricco deil’ Isola, indipendentemente da tutte le spedizioni che si fanno nelle Ville circonvicine e nel- l'interno della Provincia, entrano in media, giusta i registri ufticiali del Municipio, da un milione ad un milione e 200 mila chilogrammi di pesci all'anno; i quali rendono da oltre 400 milla franchi di solo dazio consumo all’ Erario. comunale. — Dirò pure che il Circondario marittimo di Trapani sommi- nistra annualmente. agli abitanti delle sue coste in media un 250,000 chilogrammi di pesci all’ anno; quello di Marsala 100,000 chilogrammi circa; e quello di Messina circa due milioni e 500 milla chilogrammi all’ anno, vale a dire oltre il doppio di quello di Palermo (2). ‘ (4) Sono d’ avviso però che la Fauna Ittiologica della Sicilia possa unieamente cedere in ricchezza e proporzione numerica di specie a quella delle coste del Portogallo, e delle Isole Canarie; dapoichè oltre le specie indicate dai surriferiti autori per la prima di queste località, ed oltre quelle che vennero descritte per la seconda da Lòwe, Valentiennes, John- son, Kaup, Gunther ecc., parecchie altre devono esistervi, appartenenti alle famiglie non peranco completamente illustrate da questi esimii natu- ralisti. (2) Questi dati Statistici, calcolati sopra un decennio, mi vennero gen- tilmente comunicate dal signor Cav. Cricchio, già proprietario di tonnare, ed ora da molti anni proposto ai dazii comunali di pesca di Palermo, che li estrasse dai suoi registri e da quelli ufficiali del Municipio di questa città, 270 Come ben vedete, o Signori, codesta preziosa ricchezza Ittiologica, la Sicilia la deve principalmente alla sua posizione geografica, alla condizione insulare, alla forma, disposizione e natura delle sue coste, alla varia profondità delle acque circo- stanti, all’abbondanza e varietà dell’ alimento necessario ai pesci, alla vicinanza infine delle numerose Isole rocciose che le fanno corona. — Ed invero questa leggiadra Trinacria che sorge dall’ onde a meriggio della Penisola Italiana, nel bel mezzo del bacino Mediterraneo, lambita da tre vasti e profondi mari, cinta da scogli algosi, da Isolette miuori, fiancheggiata da coste per lo più scoscese e dirupate, da fondi svariatissimi ma pre- ponderantemente cavernosi, ove pulluîa un’ immenso numero di piccoli crostacei, di radiali, di molluschi, prediletto alimento de’ pesci, ed ove si stendono interminabili strati di fuchi, di alghe, di zostene marine, quest’ Isola, dico. offre un complesso di circostanze vitali così opportuno, da attirare a sé e favorire a dismisura lo sviluppo di una vasta Fauna Ittiologica. Provatevi o Signori in una di quelle splendide giornate che allegrano questi ameni paraggi. provatevi, adagiati in leggiero schifo, a scorrere le acque de’ vicini seni di Ficarazzi, di So- lanto, di Mondello, di Castellamare; sogguardate nel fondo delle circostanti acque, e vi scorgerete una inumerevole serie di pesci di forma, di tinta, di grandezza varia che guizza- no, che s’ inseguono, che s’ avvolgono fra I onde, e che tra- stullandosi ed insidiandosi a vicenda, risalgono a gala e ne comuovono, ed increspano la tersa superficie. — Sospingete echini la vista a più remote profondità, e le vedrete pres- sochè ovunque toapezzate di stelleridi, di attinie, di polipai, di molluschi, di conchifere /variopinte, che ne occupano o ricingono le interseccanti cavernosità; le scorgerete percorse da svariatissimi crostacei, da anellidi, da insidiosi cefalopodi, particolarità tutte- che vi daranno un’ idea quanta varietà ed esuberanza di vita si celi tuttavia ne”recessì del vostro mare ! Che se le acque adiacenti a Palermo, così di frequente solcate da navi, e da batelli d’ ogni forma e dimensione, ed incessantemente frugate da pescatori locali ed esteri, vi offrono un prospetto così confortante di vita animale, deh giudicate quanta maggior copia di esseri marini dovranno contenere i seni, le rade un po’ discoste, ove la. pesca è più regclare e più rara, ed ì pescatori meno esigenti e meno astuti! | 271 Sì o Signori i vostri mari sono fortunatamente ognora ric- chissimi di animali acquatici; e mentre gli abitanti iitorali degli altri paraggi Europei lamentano il giornaliero decremento delle loro pesche, e lo isterilimento de’ i marini, voi ve- dete i vostri abbondantemente approvigionare i mercati delle Città, porgere ‘un grato c sostanzioso alimento alle classi povere, diffondere l’ agiatezza nelle famiglie de’ pescatori, e somministrare inoltre un ingente contingente di pesci al com- mercio ed all’ esportazione verso le altre città marittime, (1) e verso paesi inframontani e discosti dal mare. Egli è questo, o Signori, uno de’ tanti benefizii che la prov- vida natura largì alla bella Sicilia, benefizio però ch’ essa po- trebbe perdere ed amaramente ripiangere un giorno, qualora i singoli Municipii e le Autorità non concorressero con savie ma severe leggi ad impedire la distruzione di quelle migliaja di pesciolini neonati che gli avidi: pescatori asportano inces- santemente dal mare colle fittissime loro reti (2). — Uno sguardo alle coste della Liguria, della Provenza, della Spagna, e vi con- vincerete a quale miserando stato d’ impoverimento le facili concessioni, e l'innosservanza delle leggi di pesca hanno con- dotto quelle un tempo floride e pescose rive (3). Ne cotale abbondanza di pesci ne’ mari della Sicilia è sol- tanto relativa alla natura de’ fondi circostanti; la forma e l'an- damento delle coste vi coopera altresì. Imperocchè mentre questa leggiadra Isola per la sua forma triangolare s’ inelina e si protende col suo angolo orientale verso r estrema punta meridionale della Penisola Italiana, e vi dà origine lo stretto di Messina, essa lascia dischiusi ai fati di questi due ampi seni o golfi, nei quali impegnandosi le torme de’ pesci che procedono (1) Giornalmente i vapori postali che salpano da Palermo per le coste del Napoletano vi arrecano molti colli di pesci freschi; ed altrettanto av- viene a Messina che somministra periodicamente anche alle piazze di Napoli e Palermo buon numero di pesci presi ne’ suoi mari. Questi pesci contornati da strati di ghiaccio, giungono in buon stato alle rispettive loro de stinazioni. (2) È un fatto veramente lagrimevole il vedere durante il corso di 7 mesi,» da Marzo a Settembre, in cui le acque del mare abbondano i pesci neonati, i pescatori del circondario di Palermo frugare con reti fittissime tutte le acque adjacenti, senza che veruna autorità sorga ad impedirlo. (5) Basta leggere l’interessante libro di Berthelot, Etudes sur les peches de la France Paris 4869 per restarne pienamente convinti, 272 dal Mar Egeo, e dal Tirreno, più agevolmente si lasciano pre- dare fra le ondose inflessioni del suo litorale. Questa circostanza fà sì che il Mar di Messina sia anche il punto più pescoso dell’ Isola, e quello ove convengono di pre- ferenza le specie più preziose, e più rare; e dirò anche ove gli scienziati sì esteri che nazionali che seppero opporiunamente riconoscere e valutare siffatta circostanza, volsero di presi le loro indagini ed i loro studj. Anche il gruppo delle Isole Eolie, che sorge a settentrione della Sicilia, è nella stessa condizione, dacchè formando queste nella loro disposizione una sorta di laberinto fra le coste della Calabria e la Sicilia, agevolmente vi trattengono le torme dei pesci viaggiatori che tentano attraversarle, e ne rendono la pesca oltremodo proficua ed abbondante. II. Il Mar di Sicilia come testè io premetteva, oltre le specie proprie e le indigene de’ mari limitrofi, fà tratto tratto mostra di un certo numero di specie in parte eccezionali e rare, ed in parte appartenenti alla Zona Africana ed Atlantica ( Algeri, Marocco, Portogallo, Canarie )., — Tali sarebbero fra le altre il gigantesco Serranus (Cerna) caninus Lowe, l’ affine Serranus tinca Cantr. (Cerna macrogenis Sassi), i leggiadri Canarii ( An- thias sacer Bp., e Callanthias peloritanus Cocco), il singolare Pomatomus telescopium Bp., il raro Hoplosthetus mediterraneus Cuv., l'elegante Sargus cervinus Lowe, |’ Oceanico Thynnus pelamis Cuv. (la Bonite de’ Francesi), i gustosi Centrolophus pompilius, et ovalis Cuv., il Caranx dentex Schn. (Selenia luna Bp.), il prezioso Luvarrus imperialis Rafin., lo squisito Ruvettus pre- tiosus Cocco, il superbo pesce Rè ( Lampris gullatus Retz. ), l’ Astrodermus coryphenoides Cuv, il Schedophilus medosopha- gus Cocco, il Tilosuru Cantraini od imperialis Bp., il Tetrapterus belone Raf., il Lophotes Cepedianus Giorna, il Saurus griseus o lacerta Cuv., l'Aulopus filamentosus Cuv., 1’ Exocetus exiliens, et volitans Lin., l’Alepidosaurrs ferox Lowe, il Chlorophtalmus Agassizii Costa, la Goniosoma argentina et denudata Rafin., il Chaulîodus setinosusus Bp-, e la numerosa serie di pesci Sternopti- chini, Scopelini, Leptocephalini illustrati dal Cocco, da Bona- parte, dal Kaup., dal Gunther; E fra i pesci Plectognati e Sela- ciani, il Tetraodon hispidus Lacep; il Balistes Capriscus Gm.. la gigantesca Mola aspera Nardo, | Echinorchinus spinosus Bp., I’ Odontaspis ferox Agas., il Scyimnus liechia Cuv., il Pristis an- tiquorum Lath., la Rhinobates Columne Bp., la Pteroplatea alta- 275 vela M. St., la Rbinoptera Marginata Cuv., cd infine la colossale dea Giorna Raf., ecc. E per vero l’esistenza di tanta copia di pesci preziosi e rari nelle acque di Sicilia è un fatto caratteristico ed oltremodo significante nella distribuzione geografica di questi animali, daechè ben pochi altri mari d’ Europa lo presentano così com- plesso ed esteso. — Cotale fenomeno a mio credere dee prin- cipalmente ripetersi dalla posizione e direzione trasversale tenuta dalla Sicilia nel centro del Mediterraneo; dapoichè mentre ‘in concorso colla Sardegna e colla Corsica essa tende a suddivi- dere il Mar Tirreno in altrettanti bacini secondari, preclude d’ altronde il passaggio ai pesci che provengono dai mari col- laterali; di guisa che je specie Africane, Atlantiche che giunsero ad attraversare lo stretto di Gibilterra, sia che rasentino le coste della Spagna e della Francia, o secondino quelle del- P Algeria e della Barberia, incontrando l impreveduto ostacolo frapposto loro dalle coste Siciliane, sono costrette a soffermarvisi, ed agirarsi nelle acque adjacenti, ed a lasciarsi più agevolmente cogliere dai vigili pescatori del luogo. Circostarze tutte cui opportunemente coaljuvano per la loro parte il clima meridio- nale, la mite temperie delle aeque, la natura de’ fondi marini, c piucchè mai l’abbondanza deile alghe, degli animali minuti, e del nutrimento conveniente ai pesci. Ad onta però dell’ imponente serie di pesci che s’ agirano ne mari della Sicilia, e delle assidue cure ch’ io posi nel rico- noscerli, e nel raccoglierli; devo tuttavia confessare che. fin’ ora non mi fu dato di notarvi veruna specie novella di qualehe entità, se pur si eccettui un magnifico Sgomberoide appartenente al genere Cybium, ben diverso dal Cybium Bonaparti Verany, e dal Cyb. Commersionii Cuv., che incappò, pochi mesi or sono, neila ton- nara di Solanto, e che ora forma uno de’ più belli ornamenti della vasta collezione Iutiologica di questa Università. — Riser- vandomi a descriverlo più accuratamente, e. a darne il disegno nel Giornale dell’ Istituto di perfezionamento di Palermo, ne porgo qui fratanto la determinazione, ed i principali caratteri distintivi (4). ‘ (1) Cybium Verany Dod. Caratteri generisi. = Corpo allungato, inn massima parte nudo, con breve corsaletto formato da esilissime scaglie; denti piuttosto robusti in ambo le mascelle, denti velutati sul vomere e. sui palatini. — 4° Dorsale 25 274 III. Addivenendo da ultimo alla ricorrente apparizione nelle acque di Sicilia di individui di straordinaria dimensione da me accennata in precedenza, sono d’ avviso ch’ essa pure dipenda dalle speciali condizioni fisiche e topografiche-de’ fondi marini circostanti. — Ed invero è cosa notissima che il Mediterraneo- mentre presso la Sicilia offre in genere una profondità rego- lare ne soverchiamente rilevante, in altri punti si approfonda fino a 2000 ed a 3000 metri, e si conforma tratto tratto in seni ed in recessi di 5 a 600 metri di profondità, oppur- tunissimi a dar ricetto a grossi e preziosi pesci. A questa fa- continua, con raggi. tutti spinosi piuttosto deboli, estesa fino alla 2.% — Una carena da ciascun lato della coda. — Varie pinnule spurie; 7 raggi branchiostegi; una vescica natatoja. Caratteri specifici — Muso allungato triangolare un po’ rostriforme. —- Bocca aperta oltre il diametro verticale dell’ occhio; sua apertura Om 20. — Denti di forma iriangolare, compressi, lievemente ricurvi in sull’ apice, disposti in una sola fila, in n° di 50 per parte in ambo le mascelle; gli anteriori più piccoli, i posteriori più ingrossati, massime verso Il’ an- golo della bocca. — Dorsali poco eievate, senza raggi protratti in fila- menti. — La linea laterale s'incurva al basso oltre la metà della prima dorsale. — Colore azzurognolo uniforme, un po’più chiaro al ventre. Peso dell’ esemplare fresco = Chilogrammi 26. ai Dimensioni = Lunghezza totale del corpo = fim, 44. Lunghezza dell’ apice delia mascella inferiore al bordo posteriore del- Y opercolo = Om 54. È Id. al diametro verticale dell’ occhio 0, 49. Altezza del corpo alla base delle pettorali 0m, 19. Id. all’ano = 0%, 48; id. in posizione intermedia Om, 24. L’ altezza stà dunque nella lunghezza come Det Lunghezza delle pettorali 0m, 15; restano perciò contenute 9 volte 4]2 nella lunghezza totale del corpo. Distanza traversale fra un’ occhio e I° altro Om, 08. Diametro dell’ orbita = 0, 025. Vertebre n.° — Notamento = D. 26 IX-X; P. 24; V. 6. FANS 10 10 Differisce dal Cybium Bonaparti e dal Commersonii per le proporzioni del corpo, del muso, delle pinne dorsali; per la forma dei denti, e prin- cipalmente per il notevole n.° dei raggi dorsali ecc. N. B. Volli intitolare l’attuale specie alla memoria del valente natu- ralista Nizzardo che illustrò con tanta scienza i cefalopodi del Mediterraneo, e che nell’ VITI Congresso degli Scienziati Italiani teuuto in Genova,: fece conoscere un’ altra specie congenere (il Cybium Bonaparti Verany ), pe- scata nel maggio 1847 nel Mar Ligustico. ( V. (Atti del Congresso sud- detto p. 495 ). E 775. vorevole circostanza s’ aggiunge altra dipendente da una maggior ampiezza relativa del bacino Mediterraneo centrale che circonda la Sicilia, in confronto delle più ristrette sue di- ramazioni collaterali, ampiezza cui d’ ordinario si consocia una maggior abbondanza e varietà di materie alimentari, e quindi una maggior nutrizione e dimensione degli animali che vi fanno dimora. Ond’ è che quei pesci che poterono sfuggire alle numerose insidie de’ loro nemici, e per lunghi anni starsi ascosi ne’ profondi recessi del Mar Tirreno, sospinti forse da un prepotente istinto di propagazione o dalla crescente loro voracità, vengono tratto tratto a sopra, e più agevolmente in- cappano ne’ moltiformi ‘ordegni tesi dagli industri pescatori locali. — E ciò è sì vero che dopo i recenti perfezionamenti arrecati in Sicilia alle arti della pesca, vi si colsero parecchie specie abitatrici delle grandi profondità, che per lo innanzi non erano mai state vedute dai più provetti pescatori del luogo. E fu invero in grazia di queste fortunate circostanze che nel corso dei 6, a 7 anni da che mi trovo in Sicilia, mi fu dato di vedere e di acquistare per il Musco un Tetrapterus belone del peso di oltre 300 Chilogrammi; un Lophius pisca- toris di 35 Kil; un Poliprion cernium di 28 Kil; un Trachinus araneus di 4 Kil; un Uranoscopus scaber di 2 Kil; un Luvarus imperialis di 72 Kil; un Tilosurus Cantraini di 5 Kil; un Be- lone acus di 2 Kil; un Labrus foestivus di 2 3 Kil; una Solea Kleini di 2 Kil; una Mola aspera di 40 Kil; (4) un Balistes ca- priscuo di 5 Kil; un Echinorbinus spinosus di 28 Kil; una Torpedo Nobiliana di 18 Kil; una Raja macrorhinca di 65 Kil; un Myliobates bovina di 120 Kil; un Trigon Thalassia di 150 Kil; un Tonno volgare la cui testa divelta dal tronto al disotto delle pettorali, ed ora ridotta a scheletro, si trovò originariamente pesare 75, Kil; e finalmente il teschio di una Cephalopter: Giorna del peso di 35 Kil, mentre l’ intero corpo raggiungeva quello di 380 Kil. Non è però a credersi che le svariate specie di pesci onde va ricco il Mare di Sicilia sieno equabilmente ripartite nelle acque circostanti. Anche quì come altrove i pesci si trovano scaglionati per famiglie, per squadre, per generi affini nelle singole regioni, giusta 1 particolari loro istinti di conservazione, (4) Il signor Cav. Cricchio mi assicura che 414 anni fà venne pescata presso l’Arenella una di queste Mole del peso di oltre 20 quintali. 276 giusta la natura e profondità de’ fondi marini, I° esposizione delle plaghe, e principalmente giusta la specialità ed abbondanza del nutrimento che lor si conviene. E voi stessi o Signori, co- munque alieni forse delle arti di pesca, sarete pur edotti che talune specie di pesci prediliggono i fondi arenosi, e le spiagge litorali, e vi si agirano fra mezzo; che altre s’ attengono ai fondi limaciosi, e vi si celano ed imergono per entro; altre amano le rive algose, i fondi rocciosi, e vi s° imboscano ed occultano nelle interposte cavità; mentre altre più agilmente organizzate si piacciano liberamente vagare per | alto mare, 0 trascorrere di seno in seno, sia per predare aliri più deboli e minuti pesci, o per deporvi i naturali germi di loro successione. Anche più decisiva è l’influenza della profondità nella topo- grafica distribuzione de’ pesci Siculi; dacchè senza evocare le suddivisioni baritmetiche proposte dal Forbes per il Mar Egeo, è abbastanza noto esservi anche in Sicilia specie che non si dipartono mai o quasi mai dalie grandi profondità marino, altre che s’ attengono alle’ acque di medio livello, ed altre ancora che non si scostano quasi mai dalle spiagge, dagli scogli, dalle baje, dai porti ecc., perlocchè a norma di cotali abitudini ven- gono comunemente distinti in pesci poriolani, di costiera, di scoglio, di fondi algosi, di acque superficiali, o medie, o pro- fonde ecc. Da quì ne viene che a norma delia maggior frequenza ap- palesata da taluni pesci a vivere in debite iocalità, gli abili pescatori sanno ove stendere le loro reti per ottenere più ab- bondanti prede, ed ove cogliere talune prelibate specie, sia per esitarle con maggior profitto nelle pubbliche solennità. 0 per fornirne le tavole de’ riechi epuloni plaudenti. Così è noto che ne’ paraggi di Catania di mezzo alle lave che anticamente fluirono dal gigautesco Mongibello, prospera una bella serie di Lairoidi, di piccoli Sciaragni, di Canari, ed in ge- nere di pesci dalle svariate e vivaci tinte. — Così presso Trapani ove predominano le saline, ed i fondi argillosi, ì Pleuronetidi, i Lofidi, i Discoboli, le Razze le Triglie, acquistano bella rinomanza e dimensione. — Così lungo le algose coste settentrionali della Trinacria, e presso le scoscese ‘isolette che le fanno corona, si colgono a preferenza buon numero di Sparoidi, di Saraci, di grossi Serrapi, di Dentici, di Tracine, di Serofani, e di pesci così detti di scoglio. — Così pure lungo le sabbionose spiagge meridionali della Sicilia sono a dovizie pescate le Boghe, le 277 Menole, i Zerri, i Latterini, i Sauri, i piccoli Selaciani ece., mentre nelle ‘’aeque’ libere alquanto discoste dalle spiagge si pescano ad esuberanza quelle svariate serie di Sgombercidi, di Gadoidi, di Clupeidi che sono la fonte principale dell’ agintezza delle popolazioni marittime del Siculo litorale, -e ehe eminen- temente coopera a togliervi quella profonda ed estrema povertà nelle classi infime delle campagne e delle città, che vigge in alcuni paesi inframontani d’ Europa. Anche prescindendo da queste norme più generali sonovi ne mari di Sicilia luoghi ove si pescano, se' non al tutto esclu- sivamente, almeno con più frequenza, talune prelibate specie, che mai o quasi mai compariscono in altri paraggi. Ond’ è che lo stretto di Messina s'ebbe antiea e meritata rinomianza per la pesca del pesce Spada, del Ruvetto prezioso, del pesce d'Ombra, (Schedophilus imedusophagus) del pesce Rè, dei gu- stosi Cicerelli (Ammodiles Siculus ), e delle numerose specie di Sternoptichini, e Scopelini illustrate dal Cocco. Questi pesci sono difatto in massima parte indigeni di quelle acque, seb- bene da due anni a questa parte i pesci, spada ed i Cicerelli sì vadano abbondantemente cogliendo anche nel Mar di Pa- lermo (1). — Uosì le coste orientali dell’ Isola ed in ispecie le acque di Catania vengono celebrate per | abbondanza del deli- zioso Rondino (Brama Ray); il canale di Taormina e di Patti per la singolare grossezza delle Bobbe e de? Cirri ( Smaris insi- diator); le acque di Aci-Reale per la copia e la prelibatezza del pesce pettine (Xirichtys novacula Bp.) e del pesce prete (Uranoscopus scaber); le isole Eolie per la frequenza e gros- sezza dei Groaghi e delle florrene; 1 Isola di Favignana di Marettimo, e quella de Cani presso le coste Africane, per la pesca dello squisito pesce Paolo o Prajo imperiale de’ Siciliani (Bentex gibbosus ivafin.); 1 canali di Mondello, i bivieri Lentini e di Terranova per la delicatezza dei Mugili, delle Spinole, delle Anguille; ed il mare infine di Levanzo e di Favignana per la straordinaria copia di Sfoglie, di Triglie, di Aragoste, di granchi, (1) Si pretende dai pescatori locali che atteso la straordinaria copia di Cicerelli che affluì negli scorsi due anni nelle acque del Circondario ma- , rittimo di Palermo, riuscisse scarsissima la contemporanea pesca de’ Tonni e delle Alelunghe; dacchè questi voraci pesci trovando un’ esca più ab- bondanie e più comoda nel mare circostante, non si curassero gran fatto di proseguire la loro rotta litorale, e d’ incappare nelle molteplici tonnare tese intorno |’ Isola. 278 e di crostacei d’ ogni qualità che affluiscono in quelle acque, e che apportate fra noi dalle barche peschereccie Trapanesi, inondano tratto tratto di pesci i mercati di questa città. Anche in rapporto alla maggiore profondità, i mari Siciliani posseggono aleune sin; golari specie di pesci che sembra natura abbia voluto altresì contradistinguere con particolari tinte oscure o sbiadite, e eon notevole dimensione. di occhi. Tali sarebbero ad esempio il Serranus Caninus Lowe (detto anche da’ Siciliani Scirenga di funnu), il Poliprion cernium Cuv., il Pomatomus telescopium Ris., l’Hoplorthetus mediterraneus Cuv., il Centro- lophus pompilus, et ovalis Cuv., il Caranx dentex Cuv., il Ru- veitus pretiosus Cocco, il Luvanus imperialis Raf., il Lophotes Cepedianus Giorna, il Tetragonurus Cuvieri Ris., l’Aulopus fila- mentosus Cuv., la Gonostoma denudata Raf., il Chlorophtaimus Agassizii Bp., LAlepocephalus rostratus Ris., il Spinax niger Bp., il Seymnus Licchia Cuv., e parecchi Sternoptichini, Bibronidi e Scopelini, che mai o quasi mai si dipartono dalle ime pro- fondità. i ‘Epperò |’ apparizione delle suddette specie non meno che la maggior o minor abbondanza d’ ogni altro pesce è altresì subordinata al tempo ed alle varie stagioni; essendo ben noto a chiunque porta amore alla pesea, che per la massima parte de’ pesci v è un epoca dell’anno in cui fanno comparsa, o si rendono più copiosi ne’ singoli mari; sia perchè in tali periodi imprendono i periodici Tio viaggi, 0 perchè sospinti dal bi- sogno di riprodursi s’ accostano in maggior numero alle coste, o perchè infine in tali stagioni ricorre per essi il tempo della nascita. Ond’ è ehe su cotali basi noi chiamiamo Zstivi i Tonni, le Alelunghe, le Palamide, i Macarelli, gli Sgomeri o bisi, i Pescispada, i Canarii, i Pesci-mola ecc., che a preferenza si pescano in tempo di primavera o di estate; Autunali le. Cori- fere, le Leccie, i Fanfari o Piloti, i Sauri, gli Strombi lacerti che più frequenti sì presentano in tempo d’ autunno; /nvernali i Rombi, le Sfoglie, i Ruvetti, le Aguglie, i pesci caponi ecc., e Comuni a tutto l’anno le Spinole, le Cernie, le Dracine, gli Serofani. i Saraci i Dentici, i Pagri le Ombine, i Mugili, i Labri, i Gobbi, i Merluzzi, i Pesci-eani, le Razze: ece. — D’ altronde chiunque ha certa contezza de’ nostri mari si sarà di leggieri avveduto che in certe epoche dell’anno e principalmente dopo la seomparsa degli individui adulti, le vicine acque di Palermo si popolano di giovinissimi Tonni, di piccole Alelunghe di Corifene 279 di Macarelli di pesci spada, di merluzzi, di sardine neonate ecc. che crescono di mese in mese sotto i nostri occhi, e che scorso certo lasso di tempo raggiungono le dimensioni normali loro assegnate dalla natura. | Circostanze tutte esattamente conosciute e valutate dagli pescatori locali che con mille stratagemmi ed ordigni sanno usufruirle e valersene alì’ opportunità. Gente indurita al trava- glio, avezza ad ogni sorta di disaggi e di pericoli, che inces- santemente ha sott occhio le più grandiose scene della natura, e che educata nel campo dell’ osservazione, ed edotta dalla propria esperienza, sa, col rozzo ma.naturale suo criterio, prati- camente distinguere le singole specie di pesci, contrassegnarle con addatti nomi vernacoli, e persino a classarli con signifi- canti epiteti a norma delle loro proprietà o dell’ abituale loro soggiorno, in pesci di solu (di scoglio), d’ arca (d’ alga) di sicca (di secca), di fangu, di rena, di sciumi, di fortuna, di ‘miuri. eppure in pesci imperiali, riali, 0 comuni giusta la loro maggior frequenza o rarità. Innanzi di passare ad altro argoinento giova ancora ch’ io tenga parola di un fatto che interessa le nostre mense e | arte culinaria. È comune |’ opinione nel volgo ed in varii paesi li- torali d’ Italia, che i pesci che vivono nell’ Adriatico sieno do- tati di un sapore più delicato di quelli che si pescano nel Mar‘ Mediterraneo. — Per quanto in genere possa essere vero questo fatto, devo fare un’eccezione rapporto ai mari della Sicilia. Ed invero posso attestare, e con me lo ponno tutti quelli che abitano od hanno vissuto alcun tempo in questIscla, che i pesci colui lungo le coste Settentrionali, Orientali ed Occiden- tali della Sicilia, sono tutti squisitissimi, e per gusto |’ uno migliore dell’ altro. Ne credo certamente siavi chi voglia. con- testare il prelibato sapore del Ruvetto, del pesce spada, del Rondino, del pesce Addotto, delle Alelunghe, delle Spinole, delle Aliciole, delle Leccie o Cerviole, non che delle pregiate Triglie, de’ Sfogli, e de’ Rombi ec. del Golfo di Trapani; per lo contrario devo confessare che le specie in genere che vivono presso le spiagge ineridionali, non offrono a mio parere quella delica- tezza di sapore che a parità di circostanze posseggono le cor- rispondenti specie delle coste settentrionali della Sicilia, del- Adriatico, e particolarmente della Dalmazia. — Se ciò dipenda, come credo, dalla natura de’ fondi roecios!, dali’ abbondanza e \ DI 250 varietà delle alghe, dalla qualità del’usuale alimento o dalle proprictà e salsedine dell’acqua marina lo decidono gli altri. Del resto anche in ciò ha certa influenza la stagione. Chi non sà che i pesci in genere, conce apparisecno in maggior nu- mero, in date epoche dell’anno, così in quelle, e massime al tempo della Frego/:, offrono un sapore più delicato. Ce lo di- cono tutto giorno i pescivendoli, che le Salpe, le Bobbe, le Menole, le Maridole, i Lanzardì, riescono abbastanza gustosi in tempo «di primavera e d’ estate lorchè sono pregni di laui e di uova, e poco n nulla in tempo «d'autunno lorehè ne sono privi. E noi tutti pure sappiamo quanto ricercate sieno le Anguille, le Morene, fe Corifene le Sfoglie durante le feste di Natale, e ia fredda stagione, e quanto poco curate in altri tempi. — Tant è che i pescatori più lesti ed avveduti degli stessi ccnsumatori, sanno opportunamente trar profitto da questa circostanza, col vendere a più caro prezzo ai buon gustai i pescì più ricercati e rari, classandoli d’ altronde, a nome della maggior o minor loro bontà, in pesci di prima, di seconda, di seconda, di terza, di quarta qualità. — Ne in ciò vollero essere da meno i vigili finanzieri, che a norma delle stabilite distinzioni, tutto che soventi erronce, colpirono, in alcune provincie d’ Italia, con dazii più elevati'i pesci delle superiori qualità, volgendo a loro profitto i pregi che la stessa natura aveva impartito a queste sue belle produzieni (1). Premesse queste generalità l'ordine logico degli argomenti richiederebbe ch'io accennassi brevemenie i nomi delle varie specie e di pesci che stabilmente, od eventualmente s° incon- trano ne’ mari di Sicilia, e ne costituiscono la rieca Fauna. — Questo vasto lavoro che cltrepasserebbe i limiti di una Acca- demica dissertazione, e farebbe venir meno la vostra benevole sofferenza, già soverchiamente protratta, io lo riservai ‘ad una ventura pubblicazione vale a dire ad un catalogo sinonimieo avvalorato di nomi vernacoli siciliani, di confronti, e di osser- vazioni, ch'io venni compilando da parecchi anni a questa parte, basato esenzialmente sulle raccolte Ittiologiche di questo (1) A Palermo il Dazio comunale di consumo s° impone indistintamente su tutti i pesci freschi, qualunque ne sia la qualità a seconda del prezzo che vigge in giornata. Vale a dire ailorchè una barca peschereccia giunge in porto ove sta ad attenderla uno sciame di pescivendoli e di riven- duggioli, si pone ad asta il pesce arrecato da questa, e stabilitone il prezzo, la Comune vi preleva sopra il 10 per cento sul valore complessivo, 281 Museo e sui giornalieri registri che col coricorso degli ottimi miei allievi e preparatori adetti a questo Stabilimento (i signori Giu- seppe Riggio, Giuseppe Modena, e Dottor Raffaele Gelarda ), si tengono di tutti i pesci che vengono portati in vendita sui mercati di questa e delle firitime città di Sicilia. — Codesto lavoro è già pronto alla stampa e verrà pubblicato nel Gior- nale dell’ Istituto di Perfezionamento di Palermo appena com- piuto quello della Fauna Ornitologica. Non pertanto per non lasciare al tutto intentato |’ argo- mento divisai di accennare qui rapidamente, e con particolare metodo di esclusione, le specie principali che vivono in questi. paraggi e particolarmente quelle che vennero già da me raccolte e riposte nel Musco Zoolagico di questa R. Università; in guisa che, in luogo di porgervi un cienco sinonimico delle specie nostrane, v'accennerò più brevemente quelie che riferite ai Cataloghi di Bonaparte, e degli altri illustri Ittiologi Italiani, fanno tuttora diffetto ai mari della Sicilia ed al nostro Museo; sia perchè non si lasciarono prendere in questi ultimi anni dai solerti pescatori locali, sia perchè non vennero da me riscontrate nei pubblici mercati di questa e d’ altre città, o perchè realmente disertarono oggidi le acque circostanti alla Sicilia. Alla qual’ opra mi accingo immediatamente: Come è noto ad ogni cultore della Zoologia, la CLASSE dei pesci, giusta i metodi Ittiologici più recenti, viene suddivisa in sei o sette maggiori gruppi detti perciò SOTTOCLASSI, cui restano subordinate altre nove SEZIONI secondarie ed una ven- tina di Orpini minori. — Queste sette principali sottoclassi vengono dinotate coi nomi I. di PNEUMOBRANCHI 0 DipNOI, II. di EPIBRANCHI 0 Gano:pEr, III. dii ELASMOBRANCHI 0 È LAGIOSTOMI, IV. di PomatoBRAaNcHI o ‘TeLeosteI, V. di LOPHOBRANCHI OD OstroperMi, VI. di MarsipoBrancHi 0 Cicrostomi, VII. di Le- PTOCARDI OD AMPHIOXI. I. Prendendo le mosse dalla prima sottoclasse, quella cioè dei Dipxor è inutile avvertire che non ne esiste specie veruna ne’ mari Europei. . II. Della susseguente sottoclasse degli EPiBRANCHI 0 GANOIDI i mari della Sicilia non ne apprestarono fin’ ora, a mia cono- scenza, che il solo Storione volgare (Acipenser Sturio Lin.), che pescasi raramente lungo il littorale di Trapani, e di Ca- | stellamare, ed un po’ più di frequente presso le spiagge meri- dionali dell’ Isola, ed all'imboccatura de’ maggiori fiumi. Qh 282 III. Nella interessante sottoclasse degli ELAsMoBRANCHI © PLa- GIOSTOMI che vi tien dietro, e nel suo primo Ordine de’ SELACIANI (Squali), mi fu dato in questi ultimi 6 anni di rinvenire ed acquistare pel Museo le specie tutte annoverate dal Bonaparte, dal Dumeril e dal Ginther come proprie del Mediterraneo, ad esclusione del Thalassorrhiuus vulpecula M. H, della Sphyrna tudes M. H, del Carcharias (Prienodon).Milberti Val., della Lamna cornubica Cuv., del Carcharodon Rondeletii M. H., e dell’ Qdon- taspis taurus M. H., che pur si pescano talvolta nei limitrofi mari; restandone affatto esclusi la selache maxima Cuv., ed il Loemargus rostratus M. H., clie sono specie Nordiche appena Atlantiche, ed incertamente l’Acanthias Ujatus Raf. M. H.; che ritengo semplice varietà della specie tipica volgare. Dell’ordine (sott’ ordine per alcuni) de’ PLAGIOSTOM Ba- ToIDEI (0 delle Razze), molte preziose specie d’ambo i sessi ci stanno dinanzi nella Raccolta del Museo, ove rimangono tuttora desiderati il Glaucostegus halavi Bp., il Glaue. corni- culus Geoffr. dell’Algeria, la Vu atra M. H., la R. Sojenia Cocco, la R. Maroccana Schn., c fa Rbinoptera marginata M. H; ta- lune delle quali specie si pescano a quando a quando anche ne’ mari della Sicilia. Veruna speeie Mediterranea manca alla nostra collezione dell’ Ordine degli HoLocePHaLI o CHimERE; e solo due dell’affine Ordine de’ PLECTOGNATI, |’ Orthagoricus truncatus Retz cioè, e l’ Ostracion nasus Lin., note aì pescatori, sebbene abbastanza rare anche nei mari di Sicilia. IV. Addivenendo alla numerosa sottoclasse de' PomATOBRANCHI O TELEOSTEI, opportunamente distinta in 5 ordini secondari (A) in ACANTHOPTERI, (B) in PHARINYOGNATI, (LL) in ANACANTHINI, (D) in Priisostomi, ed (E) in OpHIsomaTI, dobbiamo notare le se- guenti particolarità: (A) Nell’ Ordine degli AcanTHOPTERI, e nella prima sua fa- miglia de’ Percoidi, mi riuscì di raccogliere le specie tutte che vivono nel Mediterraneo, meno che il Plectropoma fasciatum Costa, il Pomatomus telescopium Ris., ed il Microicbtys Coccoi Ruppel, che pur si prendono talvolta nelle profonde acque di Messina. A compenso delle quali vantiamo tre belle e distinte specie di grossissimi Sciaragni (Merou de’ Francesi), cite per la costante differenza di caratteri. che offrono in confronto dei Ser- rani tipici, devono più giustamente essere dinotati col nome 285 generico. di Cerna, dicendoli col Bonaparte Cerna gigas Bp., Cerna tinea Cantraine ( Macrogenis Sassi), Cerna Canina Val. Della corrispondente famiglia de’ Bericidi, non mi pervenne peraneo il contrastato Berix decadactylus Cuv. deli’ Oceano, che s’avventura pur talvolta sulle coste di Spagna; e nemanco l’ Ho- plostetus mediterraneus Cuv., preso più volte lunghe le coste del Napoletano, e della provincia di Messina, ove porta il volgar nome di Bulicaru. Veruna specie manca ai mari della Sicilia, ed alla nostra collezione della famiglia de’ Trachinidi, de” Scenoidi, de’ Mullidi, de’ Gotoloricati o Cataphrceti, svanne la Trigla obscura Lin., e la Trigla gurnardus_Lin., che forse con poca frequenza s’ acco- stano a questi lidi, a meno che non siano state confuse da me e dai pescatori con qualcuna delle specie più nvte. Accedendo alla famiglia de’ Pristipomidi, ed escludendone i Menidi, che a mio parere formano una famiglia a se, avvertii ne’ marì Siciliani tutte le specie Mediterranee conosciute fin’ ora, ad eccezione del Pristipoma Benetii Lowe, della Diagramma mediterranea Guich., e del Dentex filosus Val. delle coste d’ Algeri, che non si lasciarono prendere di recente, ne’ mari di Palermo; esuberantemente compensativi del delizioso Den- tex gibbosus Rafin, che non già qual varietà, ma qual specie distintissima deve inscriversi ne’ cataloghi rettificati d° Ittiologia Europea. Esso accede non raramente anche ne’ mari della Dal- mazia, ove porta il volgar nome di Dental della Corona, scien- tifcamente interpretato dal Cantraine con quello di Dentex regalis (4). Della famiglia de’ Menidi, opportunemente divelta da quella de’ Pristipomidi, figurano nei mari Siciliani le specie Mediter- ranee tutte degli antichi generi Moena, et Smaris, ridotte a più giusti confini, compresavi la rara ina distinta Moena vomerica Cuv. Vai. ( Minula di Messina de’ Sicil. ); se pure s’ eccettuì lo (1) Cantraine, Lettera all’ Abate Appendici sul Dentale della Corona di Sebenico, inserita nell’ Esame critico della questione intorno la patria di S. Girolamo, Roma 18533. Su questo pesce disertarono pure il Reuss nell’ Isis 1852 pag. 626 che, ritenendolo specie novella, gli impose il nome di dentex Gibbiceps; poi 1’ Hechel nell’ Opera incompleta del Dott. Carrara La dal- mazia, Zara 18460 a pag. 85. — Ma sembra ch’egli fosse conosciuto anche più anticamente dagli scienziati, poiche 1’ Aldrovandi, rozzamente ma fedelmenle, lo figurò nel suo secondo libro de Piscibus a pag. 166 col nome di Synagris. 234 Smaris Maurit Bp., che non giunsi mai a convenientemente distinguere dell’ affine Smaris gracilis, a meno che non ne sia una semplice varietà di sesso o di di età. Torna inutile il notare che deila numerosa serie de’ pesci Sgomberoidi del Mediterraneo, veruna specie faccia difetto ai mari della Sicilia, e solo fi’ora restano desiderati dal nostro Museo il Cubiceps gracilis Lowe (Navarchus sulcatus De Fil.), la Seriola Rafinesqui Ris. ( Tracburus aquilus Raf. ), se pure è distinta dalla Seriola Rivoliana Cuv., il Caranx Alexandrinus o Ronchus Geoffr., il Centrolophus porosissimus Castr., il Lam- pris guttatus Retz. (1), lo Stomateus microchirus Bp. e |’ Argi- ropelecus Lemigymnus Cocco, comunque riconosciuto più giu- stamente dai recenti ittiologi per la varietà giovanissima del Zeus faber Lin.; deficienza che in parie ci viene compensata dalla presenza di superbi esemplari del Luvarus imperialis Raf., del Ruvettus pretiosus Cocco, del Centrolophus pompilus Cuv., adulto e giovane, del Centrolophus ovalis Cuv., del Schedophi- lus medusophagus Cocco, del Stromateus Fiatola Lin., del Ca- ranx dentex Bloch., delie 5 specie di Leccie, del Temnodon Sal- tator Cuv., della Pelamis unicolor, e dell’ encomiato Cybium Ve- rany Dod. ecc. La susseguente famiglia dei Fistularidi che comprende il Capros Aper Lac, ed il Centriscus scolopax Lin., è al completo ne’ mari Siciliani e nel Museo. Dei Tetragonuridi abbiamo in collezione il raro pesce sbirro (Tetragonurus Cuvieri Rif. ), ma ci manca il Notacanthus nasus Cuv., e la sua più giovane varietà Notacanthus Mediterraneus De Fil., che pur s’appresentano talvolta nelle acque del Gir- condario di Palermo. i Fra le specic della singolare famiglia dei Tenzoidi, qualora i numerosi Trachypteri, e Gymnetri, indicati dai passati autori, si riducano, come credo, ai soli Trachypierus toenia Bloch., Trachypterus Spinola Cuv., Trachypterus repandus Costa, il . Museo li possiede tutti a più doppii, o per sopramercato 5 magnifici saggi del raro Lophotes Cepidianus -Giorna, colle rispettive sue preparazioni osteologiche e splanenologiche; ai quali s'atterga la leggiadra Coepola rubescens, che vi assume talvolta una discreta dimensione; dolente di non avervi potuto cogliere fin'ora il singolarissimo Krohnius filamentosus Costa, (1) Venne pescato un esmplare di 7 Chilogrammi pochi anni or sono presso Palermo. 285 ed il Vexillifer Filippi, illustrati di recente dall’ esimio profes- sore Gasco di Napoli. La famiglia dei Xifidi, e quella de’ Mugilidi, compresovi il Mugil saliens Cuv., è al completo nelle acque di Sicilia, ed anche in collezione. — Nella affine famiglia delle Atherinidi lamentiamo la mancanza della sola Atherina Sarda Cuv.; essen- domi di recente pervenuto qualche saggio della Ath. lacustris Bp., (od hepscetus var lacustris, ) che formicola in aleune acque dolci di Sicilia. — i (B) Accennate così in iscorcio le specie di pesci che appar- tengono all’ Ordine degli Acantopteri, addiveniamo alla. succes- siva sezione od Ordine de’ PHARINGOGNATI. — In esso per primo troviamo l’ importante famiglia de’ Labrotdi coll’ avvenente suc Genere Labrus, la massima parte delie cui specie Mediterranee, ridotte a più severi limiti dal Canestrini e dal Steindachner, esistono tanto nei mari di Palerino quanto nella collezione del Museo; rimanendoci solo qualche dubbio sulia convenienza di comprendere il Labrus lineolatus'Cuv., ed il Saxorum Cuv., fra le varietà del Merula, cd il Labrus neroeus Ris., fra quelle del Labrus turdus, come opina io Steindachner, tanto ci sembrano dissimili fra loro. — Tutte pure raccogliemmo le specie dei proteiformi Crenolabri indigeni, tranne quelle specie o varietà che il Risso ed il Cocco inserissero sotto i nomi di Crenilabrus melanocercus Risso, Cren. Crysophris Ris., Cren. Chlorosochrus Ris., Cr. auratus fis. Cr. aurantiacus Cocco, che ritengo deb- bano rifondersi tutte nelle rispettive specie tipiche. — Anche gli affini Acantholabrus Couchii Cuv., e Ctenolabrus marginatus Valen., non vennero per anco da me avvertiti sul mercato di Palermo; esuberantemenie compensativi da magnifici e grossi esemplari del Pesce Leone ( Chlorichtys pavo Val.), dal delica- tissimo pesce pettine (Xirichtys noracula Bp.), e dalle note Gi- relle o Donzelle Coris julis Gunth. e Coris Gioffredi Grat, che per taluni sarebbero semplici varietà di sesso di una medesima specie — Lo Scaus erctensis Cuv., non è raro nelle acque di Sicilia, massime presso Catania e Siracusa. Frequentatissimo poi guizza ovunque nei bassi fondi circostanti il nereggiante Helia- ses chromis Hech., della successiva famiglia de’ Pomacentrinidi. . Trapassando da questa alla difficile famiglia de’ Godidi i mari di Sicilia e la nostra collezione vantano fe specie tutte illustrate dal Canestrini, toltone il Golius elongatus, a meno che non risulti, come opina il Steindachner, una varietà adulta del Gobius minutus. 286 Lo stesso può dirsi delle famiglie de’ Callionimidi, e dei Blennidi, mancandoci solo in collezione, della prima famiglia, il Callyonimus Morisonii Ris.; e della seconda il Blennius ru- briceps Cuv., il Blennius trigloides Cuv., il Blennius orpatus Swains, il Blen. Rouxi Cocco, non meno che le eorrispondenti specie Blennius (Jebiyocoris ) Basiliseus Val., Blen (Jehtyocoris) Graphicus Ris., Stellatus Ris., cirrbatus Ris., registrate dal Risso nella sua opera sull’ Europa meridionale, ed il Blennius linea- tus del Guichenot, specie tutte che meglio studiate dovranno pure accogliersi fra le varietà di quelle già riconosciute ed accolte in iscienza. — A queste tengono dietro al completo Te poche specie Mediterranee dei generi Pholis, Tripterigion, e Clinus che figurano in molteplici. esemplari e varietà anche nella nostra collezione; sconosciute restandoci però le corri- spondenti specie Lumpenus nebulosus Fries, e Zoarces viriparus Cuv., che dal Bonaparte vengono pure ascritte alla Fauna Me- diterranea, ma che ritengo non sieno proprie de’ nostri mari. Quanto all’affine famiglia dei Discoboli fa diffetto al nostro Museo e forse al Mar Siculo il Nordico Cyclopterus lumpus Lin,, segnalato dal Nardo fra pesci Dalmati; come pure ci mancarono fra i Lepidogastrini ( Goliesocidi Ginther ) il Leptopierigius pi- ger Bp., e la Mirbelia gracilis Castr.; e fra i Pediculati il Lo- phius Budegassa Spiuol., che ritengo rarissimo anche ne’ mari di Sicilia; mentre la congenere pescatrice maggiore ( Lophius piscatorius Lin.), vi è rappresentata con magnifici esemplari di tutte le età. ‘(C) L'Ordine degli AnacanTHINI il terzo che si presenta nella serie de’ pesci Teleostei, modellato in parte sull’ antica se- zione de’ Malacopterigi subbranchiali di Cuvier, è rieco di specie ne’ mari Siculi. — Delle interessanti specie che sono contenute nella prima sua famiglia de’ Gadoidi possediamo in collezione il Gadus minutus Lin., il Gadiculus argenteus Guich., il Mer- langus vernalis Ris., il Merlucius esculentus Ris., la Mora Me- diterranea Ris., la Lota elongata Ris., ia Lota lepidion Ris., 0 Jodoptera del Cocco, il Phycis blennoides Bloch., il Phycis mediterraneus la Roche, la Motella vulgaris Rond., colla note- vole sua varietà Motella maculata Costa, lamentando che i mari limitrofi ci abbiano fin’ ora negati i Gadus luscus L. (seppure è specie distinta dal minutus), il Gadus potassou Ris., ii Gadus pollachius Lin., che ritengo più Oceanici che Mediterranei, non meno che | Uraleptis Maraldi Costa, e la Strinsia tinca: Raf., 287 per essere alquanto rare nelle vicine acque di Palermo, ma che con più accurate ricerche si potranno certamente rinvenire ‘anche nei mari circonvicini. Trapassando da questa alla successiva famiglia degli Ofididi. sono tuttora desiderate dalla raccolta del Museo L° Ophidion Broussonetii Mull., Ophid Rochei Mull., ed il Preridium atrum Fil, et Verany; che per converso possiede bellissimi esemplari del Macrurus eselorhynchus Bp., del Lepidoleprus trachyrhyn- chus Rif., appartenenti alla famiglia de’ Macruridi, anche colle rispettive loro preparazioni osteologiche; non meno che pa- recchi esemplari del Fieraster acus Brilnn., e dei comunissimi Cicerelli ( Amonodytes Siculus Swaim ). A questa bella serie di pesci Mediterranei, segue sventurata- mente in collezione una inopportuna lacuna lasciatavi dalle specie della famiglia de’ Bibronidi, ed in particolare dalla Bibronia ligu- lata Cocco, dalla Peloria Heckeli Cocco, dalla Peloria Ruppelli Cocco, e dal Coccolus anectens Bp., che non potemmo per anco rinvenire nelle acque di Palermo. Accedendo infine all’ importante famiglia de’ Pleuronetidi, pressochè tutte le specie Mediterranee ci pervennero, e si con- servano nel Museo; e solo lamentiamo l’ assenza dello Schol- phthalmus unimaculatus Bp., del Pleuronectes Grohmanni Bp., del Plcuron. conspersus Canstr., e ilel Pieuron. Cynoglossus Bp., nec Lin., non meno che certa rarità, ne già una tolale mancanza della Platessa passer Bp., più Adriatica che propria delle tepide acque ciella Sicilia, (D) Poco 0 nulla mi fu dato fin’ora di notare intorno le specie Sicule appartenenti all'Ordine dei PrhisostoMI ed alla famiglia de’ Cyprinidi, chie acclude i principali pesci d’ acqua dolce, atteso la scarsezza, la poca estensione, ed importanza che hanno i fiumi in Sicilia, e la rarità con cui que’ pesci vengono portati in vendita a Palermo e nelle altre città littorali; op- portunemente surrogativi dai più gustosi e più copiosi pesci di mare — Ricorderò qui solo a tal proposito, che la Tinca vul- garis Cuv., vive abbondantissima in vari laghi ed estuarii del- l'Isola, promiscuamente al Lesbias calaritana, ( indigeno anche dei laghi di Tunisi), al Barbus plebeius, al Cottus gobio, e forse anche al Cobitis taonia Lin. — Soggiungerò pure che qualehe Trota (Truta Fario Lin.). si trova pure confinata nei corsi superiori ed inframontani dell’ Anapo, del Simeto e spe- cialmente dello Scicli presso Modica, e di qualche fiume dei 288 monti Nebrodiani; presso, le foci de’ quali indipendentemente dalle metodiche classazioni degli scienziati, s’ agirano non pochi individui del Blennius vulgaris Pollini, dell’Atherina hepsetus o lacustris, dell’ Alosa communis o ficta Cuv., unitamente a moltissime Anguille, Spinole, Mugili, e Gobi marini. — Il Ca- rasius auratus Pesce d’oro o della China, è poi comunissimo ovunque, in ispecie nelle vasche de’ giardini, mentre colle mol- teplici sue varietà si tiene anche in mostra in tersi vasi di cri- stallo, nelle botteghe degli acquajoli, durante la stagione estiva (4). Scarsa ed assai difficoltosa mi riescì pure la raccolta delle specie attinenti alla famiglia dei Salmonidi marini, degli Scopo- lidi, e degli Sternoptichidi, per non avermi potuto trattenere lungamente nelle località ove questi pesci abbondano o vivono di preferenza. — Così de’ Salmonidi mentre trovai abbastanza copiosa l’ Argentina Sphyrena ie’ fondi melmosi presso Palermo, fa tuttora diffetto alla collezione | affine Microstoma rotun- data Ris., come pure fra gli Scopedidi, il Chloropthtalmus Agas- sizii Bp-. il Lampanyctus coccodrillus Bp., et Ris., 1 Gdonto- stomus hyalinus Cocco, e la massima parte delle specie del genere Scopelus, illustrate dal Cocco. — La stessa sfortuna m’ ebbi pure nella raccolta della corrispondente famiglia degli Sternoptichidi della quale desideriamo | Argyropelecus hemi- gymnus Cocco, la Coccia ovata Ginih, i Maurolicus Powerie, amethystinus, ed attenuatus del Cocco, come pure i singolari Paralepis corregonoides ftis., e l’Alepidosaurus ferox Lowe, che pure si colgono talvolta nelle acque di Messina; a compenso de’ quali possiamo vantare magnifici esemplari del Saurus la- certa o griseus Lowe, dell’ Aulopus filamentosus Cuv., d’ ambo i sessi, della Sphyrena vulgaris Cuv. (2), del Gonostoma de- nudata, Raf., del Cauliodus setinosus Bloch., del Sudis hyalina (1) Stando ai nomi vernacoli de’ Siciliani. ed a quelli riportati dal Rafinesque de’ pesci di Sicilia, ritengo che oltre le specie suddette deb- bono entrare nelle acque dolci dell’ Isola, qualche carpa, qualche pesce persico, qualche spinarello, qualche luzzo, ed anche qualche altro Cypri- nide. Ma atteso la lontananza d’ ogni grosso fiume da Palermo, non avendo potuto occuparmi sin’ ora della sua Ittiologia Fiuviatile, non mi trovo in caso di porgere idee esatte e circonstanziate in proposito» (2) Pongo qui presso i Puralepini la Sphyrena vulgaris o Spet Cuv, per la notevole affinità che appalesa colle Peio contenute nelia famiglia de’ scopelidi, sebbene da molti autori per i suoi raggi spinosi venga ascritta all’ ordine degli Acantopteri. 239 Raf., dello Stomia boa Ris., che formano parte delle suddette famiglie. Lo stesso devo dire della susseguente famiglia degli Sgombe- resocidi, le cui specie ci pervennero tutte compresovi il raro Exocetus volitans, il Tilosuras imperialis Raf., il Belone acus Ris., ed il Sayris hians o Camperi Bp. ecc. Nella difficile famiglia dei Clupeidi ci mancano tuttora le ‘ due Alici, Engraulis meletta Cuv., ed Engralis amara Ris., che io non saprei come distinguere dalla comune Engraulis enera- sicholus; non meno che la Clupea aurita Ginther, la Clupea papalina, od atherinoide Bp., dell’ Adriatico, la Clupea. pil- chardus Val, (Clupea Sardina Cuv.; nec auet), e la Clupea Maderensis Johnson dell'Oceano; abbondantemente supplitevi dalla vera Sardella del Mediterraneo (Clupea Sprattus Lin., Raf, Briùn.), e sue varietà, e dalla laccia o Salaeca (Alosa com- munis Yarrelo ficta Cuv.). (Alosa de’ Siciliani), identica alla nota Cheppia delle acque del Pò; ritenendo d’ altronde essere la Clupsa argyrochiora Cocco, la Clup. Crysotenia Cocco, e l’aureo-vit‘ata del Swainson, semplici sinonimi della non meno abbondante Clupea Allecia Rafin., (Alacia de’ Siciliani), nota per il pessimo suo sapore, e per lo spregio in cui è tenuta anche dagli stessi pescatori (f). (E) L’ uo Ordine dei pesci Teleostei dicuilo coi nomi di OpuHisomati e di DermopTERi, abbraccia pure interessan- tissime famiglie e specie Mediterranee e Siciliane. Così nella prima sua famiglia de’ Murenidi, oltre Ia notissima Anguilla colle molteplici: sue varietà, i mari della Sicilia vantano ma- gnifici esemplari del Conger vulgaris Cuv, e del Conger niger Ris., (di cui noi pure abbiamo nel Museo esemplari della lun- ghezza di 4.? 47 e di 2.7 02 e del peso di 20 a 24 Chilogr.), cui s’attergano il Conger balearicus de la Roche (C. auratus Costa), it Conger mistax Lac., il Conger myrus Cuv., e forse il Conger polysinus Raf., che ritengo Buona specie. A_ questi (4) Ritengo che la comune sardella del Mediterraneo non costituisca che una sola specie ricinta da numerose varietà di luogo, di sesso e di età. Tuttavia anche fra stesse sardelle evvi qualche differenza impercettibile, non avvertita dall’ osservatore, che tuitavia le distingue; così é noto anche dietro avviso de’ pescatori, che le sardine tanto grandi che piccole che si pe- scano presso le coste di Sicilia, sono più dolci al sapore di quelle de’ mari più discosti. Oltre I’ influenza della località, vi concorrebbe ‘forse qualche altro carattere più costante a contradistinguerle? 290 accedono la Nettastoma melanara Raf., P Ophisurus serpens Lac., e le celebrate Murena helena Liz., et Murena unieclor La Rocche, colle numerose loro varietà di tinta e di sereziatura; mancan- doci solo in collezione il Gymnoponticus ferox Costa, l Ophi- surus remicandus Kaup., e l' Ophisurus hispanus. Belotti, che temo non sieno indigeni de’ mari della Sicilia. Addivenendo da ultimo alla famiglia de Symbranchidi no- tiamo la mancanza nella raccolta del Museo del Chlopsis bicolor Raf., del Sphagebranchus caecus Bloch., e quella di parecchie specie di Leptocephali segnalate dal Kaup., e dal Ginther come proprie del Mediterraneo: come pure quella dell’ Helmichtys punctatus Raf., e dell’Oxystomus hyalinus Raf., che non seppi rinvenire in verun luogo; deficienza tanto più sensibile in quanto che mi sembra essere d’ esse per la massima parte larve o giovani d’altri pesci noti; come avvenne di fatto cogli afli- nissimi Hyoprorus Messinensis Kéllig., Stomiasunculus barba- tus Kaup., Esunculus Costa Kaup., e Porobranchus linearis Kaup., che vennero di recente riconosciuti per giovanissimi dela Net- tastoma melanura Raf., del Stomias hoa, dell’ Alehocephalus rostratus Ris., e del Fieraster acus Guntber (4). V. Nel por termine a codesta enumerazione esclusiva dei pesci esistenti ne” marì della Sicilia, e nella collezione del no- stro Museo Zoologico, devo soggiungere che delle varie specie appartenenti alla sottoclasse dei LoPHOBRANCHI oD OSTEODERNI una parte soltanto figura nella predetta raccolta. — Così della famiglia de’ Pegasidi potemmo raccogliere il solo Hippocampus brevirostris Cuv., e V Hippocampus gutulatus Cuv., se pure questi non ne sia una ‘arietà; e di quella de’ Sygnatidi i Siphostoma tiphle Bp., Siph. viridis Ris., Siph. rotundata Mi- chael., i Syognathus acus Lin., Sygn. pelagicus Lin., i Nero- phis ophidion Bp., ed i Nerophis papacinus Ris., alcuni dei quali muniti delle loro uova. VI. Dell’ ultima sottoclasse de’ MARSIPOBRANCHI Bp. o Cr- cLostomi Cuv., rinvenni ne’ mari della Sicilia il Petromizon marinus Lin., e più raramente il Petromizon fluviatilis Lin., ( 1’ Alampia de’ Siciliani ), mancandovi a mia conoscenza la Mi- xine glutinosa, ed inccrtamente |’ Eccezionalissimo Branchio- stoma lubricum Costa, ( Lanceolatum Yarrel.) appartenente alla sottoclasse de’ LEPTOCARDI, che si raccoglie invece con qual- che abbondanza sulle arenose spiagge del Napoletano. (4) Vedi l’ opera di Gunther vol. VIII p. 144-6. 291 Applicazioni industriali. — Poche cose mi rimarrebbero a dire circa ì vantaggi che i Siciliani ritraggono dalle ricche pesche che si fanno ne’ mari circonvicini; non senza so0g- giuagere che. queste intraprese meglio guidate e più oppor- tunamente sovvenute da Capitalisti, e da società industriali, potrebbero render lueri assai più notevoli ed importanti. Anche in Sicilia, come in molte altre coste del Mediterraneo e dell’ Adriatico, si salanuo in Derili gran copia di Sardelle, di Acciughe, di Alaccie, di Sauri, e di Macarelli ecc., e si spe- discono all’ interno ed all’ estero. Ed invero lungo i litorali Orientali ed Occidentali dell’ Isola, presso Augusta, Siracusa, e nelle Isole di Marettimo, di Favignana, di Alicuri, quest’ industria è fiorentissima. i Nelle annate propizie, in cui la pesca de’ Tonni riesce co- | piosa, e supera il consumo giornaliero della popolazione, que- sti si ritagliano in grossi pezzi, si salano, si adagiano in barili, e si spediscono sul contineute ed all’ estero. — Ed in man- canza di Tonni si conciano in egual modo, le Alelunghe, i Sanguinace: va Alitterati, gli Sgomeri o Bisi, i Fanfari, le Pa- lamide ecc., tuttochè non abbiano il pregio e |’ esito delle specie precedenti; mentre le uova, il fegato, i latti, parte dello stomaco e degli intestini di questi pesci, insieme frammisti, si cuoccioio, si saltano, € si vendono al ceto basso sotto il nome di Prumunedda. — Nel paesello dell’ Arenella presso Palermo una società de’ Genovesi iniziò da pochi anni a questa parte la preparazione de’ Tonni in olio, e con discreto profitto. — Il ricavato però che si ottiene dalla pesca dei Tonni, è di “grande importanza per la Sicilia, e supera in genere quello d’ ogni altro pesce. Prova ne sieno le numerose tonnare che da tempi antichissimi si tendono annualmente intorno |’ Isola, e le leggi ed ordinanze che vi sono annesse; dappoichè ve- runa parte di questi grossi pesci viene dai pescatori assoluta- mente rigettata o-negletta. -- Così mentre i fatti, o lattumi de’ maschi si spacciano freschi ne’ mercati, le ovaja delle fem- mine si disseecano ed affumicano, e si vendono ai Salumieri ed alla popolazione durante tutto il corso dell’ annuo. — (Così dal fegato, e principalmente dal grasso che contorna l’ occhio de’ Tonni, sì ricava un olio sommamente pregiato in paese. Collo stomaco e colle intestina fresche, i cuochi sanno com- ‘ porre una vivanda nazionale complicatissima, che dicesi Capu- nata; mentre dalle carni, e dagli organi che non comportano 292 altro uso, lasciatili aleun tempo fermentare e poi bollire, si estrae altro olio più greggio, ed impuro: Qualche altra specie di pesce, si sala, e si affumica pure in date stagioni, allorchè la pesca ne è abbondante; tal fu per appunto nello scorso anno delle Menole, che pescate in grande copia, vennero immesse in barili, salate, ed inviate all’ estero. I Trappanesi sogliono talvolta intraprendere spedizioni al- I’ Isola de’ Cani, e dello Zimbaro presso le coste Africane, per predarvi il ricercato Pesce Paolo incoronato ( Dentex gibbosus Raf.) che per non potersi esitare sul luogo, viene ritagliato a pezzi, salato o cotto in gelatina, e venduto in barili sui mer- cati d’ altre città. i È troppo nota la pesca del pesce spada a Messina e le singolari arti che si adoprano a prenderlo; tuttochè oggidì molti se ne colgano pure nelle tonnare presso Palermo. Anche le carni di questo gustoso pesce, bollite o fritte, vengono dai pescatori immesse nell’ olio, entro vasi dì terra stagnati od entro barili, e poste in commercio. Talvolta allorquando il numero delle anguille, de sean i e delle morene, che si pescano in paese, o che vengono spe- dite d’altronde, sovvanza ii ‘giornaliero consumo delle Città, questi pure si salano o si affumicano, e si vendono in barili. — In alcuni pochi luoghi e solo per singole famiglie, si usa ‘ pure marinare alcuni di questi pesci, sebbene cotal modo di preparazione sia tuttora poco generalizzata in Sicilia. Un’ industria che arreca un lucro alquanto notevole ai pesca- tori ed ai pescivendoli di Palermo è quello che si ottiene dalle carni de’ pesci Selaciani. Di fatto tanto i grossi pesci cani, quanto le Razze che restano invendute sui mercati delle Città, spogliate dalla pelle, ritagliate sul luogo in grossi pezzi, si cuocciono nell’aceto, e si stipano a mezza cottura in grandi barili. La gelatina che si scioglie nel liquido ambiente, costi- pandosi col freddo, investe le carni de’ pesci e le preserva dalla corruzione, in guisa che ne risulta un cibo nutriente, di poco prezzo, ed abbastanza gradito alle popolazioni marittime ed al ceto medio delle città. Contemporaneamente dal fegato degli squali, delle Razze e d’ altri grossi pesci, si estrae | olio medicinale che surroga vantaggiosamente, e a più buon mercato, quello di Merluzzo proveniente dai banchi di Terranova. A Napoli in ispecie que- sta industria è assai ‘sviluppata, e l’ olio :che se ne ricava, 295 depurato dalle parti eterogenee, si vende limpìdissimo in tutte le farmacie delle Provincie meridionali. Le pelli di talune specie di squali e massime quelle appar- tenenti ai Generi Centrolophus, Acanthias, Spinax, Scymnus, Squatina si disseccano, e si vendono in commercio sotto il nome di Zagrè o Zagrino, e servono alla pulitura del legno. — Allo stesso scopo, ma per lavori più grossolani si conciano, e disseccano anche le pelli di parecchie specie di Razze, ed in particolare quelle della Razza scardasso (R. fullonica,) e del- la Razza stellata (R. Asterias); che sono poi ricercatissime dai fabbricatori di feltri, e dai conciatori di canape e di lino. Dalle carni infine de’ Piectognati, ed in particolare dei grossi pesci Mola o Tamburri, si ritrae colla bollitura grande quantità di Olio, che s’ invia all’estero unitamente a quello tratto dalle carni de’ Cetacei, mentre una porzione viene ado- prata anche quì nella concia delle pelli e nella fabbricazione de’ saponi. Da questi pochi cenni che raccoisi intorno le industrie pe- . schereccie della Sicilia, torna chiaro che seppure molte utili applicazioni vi sicno attivate, molte altre anche più jucrose ed importanti resterebbero a stabilirvisi per |’ opra. di avveduti Capiralisti e speculatori. — Deh! perchè non intraprendere a somiglianza delie Sita francesi di Cette, di Marsiglia la prepa- razione deile sardine, e delle acciughe in olio entro scatole di latta convenientemente sigillate ? Perchè non marinare o condire in consimile guisa tanti altri gustosissimi pesci, che sarebbero pure avidamente accolti ed apprezzati dalle popolazioni conti- mentali d’ Europa? — Perchè non attivare un regolare stabili- mento di piscicultura, o di ostricultura nelle molteplici baje, seni, ed estuari che ricingono |’ isola, luoghi magnifici, che natura stessa sembra aver voluto disporre e modellare a cotal iso 2? -- Ove trovare un luogo più adatto a queste imprese di quel magnifico Seno o Stagaone che si schiude fra Marsala e Trappani che sirappò persino agli Arabi ammiratori |’ enfa- tico nome di Porto di Dio Marsal-ANah (1). Il Canale della Brugola presso Augusta non è forse anche oggidì ferace di ec- (1) Vedi in proposito la relazione da me data alla Società di acclima- zione di Palermo, sulla possibilità di attuare una proficua cultura di ostri- che e di pesci nello stagnone di Marsala, inserita negli Atti della suddetta Società Vol. V. n.° II, Palermo, 12 1863. 294 cellenti ostriche che uguagliano se non vincono in sapore le celebri ostriche del uso del Fusaro! Sì, o Signori, in questa ridente, in questa meravigliosa Isola voi possedete tutto quanto di bello, di utile seppe creare Natura colla possente sua mano. Quivi crescono i prodotti più preziosi e più ricercati di lontani paesi, quì alligna ogni sorta di pianta, ogni più leggiadro fiore, quì la vita animale pro- rompe, trascorre, si ammanta di mille forme diverse, di mille esseri svariati si popola la massa delle acque; 1° aere, il suolo, il gare non sono che il riverbero ? imagine viva di un Eden terrestre! Che altro vi manca? Saper utilizzare i beni che esuberan- temente vi largì Iddio! Che lo spirito, l’ associazione si svoiga fra voi, rinasca la fiducia, l'amore reciproco, l’arte secondi la possente natura; l'istruzione, i intelligenza vincano l'indole ne- ghittosa del basso ceto. E voi restituirete a questa classica terra il primate scientifico ed industriale carpitole d’ altre na- zioni, voi la renderete il giardino dei giardini di natura. Palermo, a dì 6 gennajo 1872. DTT ANIDRIDI, CLI OSSIDRILI ED 1 SALI DELLA TEORIA ATOMICA OVVERO NUOVO PIANO DI GLOSSOLOGIA RAZIONALE TRORETICO-PRATICO PER ALCUNI CORPI DELLA CHIMICA INORGANICA DOTT. FRANCESCO. ONSONI Licenziato in Chimica medica e farmaceutica nel regio Ateneo pisano ecc. ecc. =— rsa Prolegomeni Un scienza che non abbia nomenclatura o che possegga una terminologia confusa non potrà mai progredire di un sol passo. Una scienza si rende popolare ed aila portata di tutti purchè la sua glossologia non rivesta ampollosità, e convenzioni infon- date. Queste sono le norme fondamentali che fin da bel prin- cipio esplichiamo. Ho d’ avvertire che tutti gli esempi che sono stati citati nelle presenti. pagine, non aspirano a riforma ma dimostrano soltanto una legge statuita sopra dei portati plau- sibili |’ edifizio dei quali propende al miglioramento della ter- iinoiogia chimica e a dimostrare patentemente le trascorse erroncità glossologiche. Sarò ben girato a chi saprà coscienzio- samente correggere tutti quei punti errati che ponno sussistere in questo lavoro e di significarmi senza ritegno quanto non è concordante colle moderne discipline della Chimica. Gli acidi ponno nomarsi partendo dal radicale alogenico, come dal radi- cale dell’ acqua. Gl’ Idrati dipartono pure la loro glossologia dal radicale alogenico dell’acqua (0 H) siccome avremo agio di osservare in seguito. Ma oltrechè significare i corpi della ehimica odierna con i radicali alogenici adotto un secondo sistema di nomenclatura che lo designo Nomenclatura atomo 296 ad atomo. Questi ed altri fatti glossologici che ci sarebbero da vifcrire subiscono in certi casi delle parve divergenze le . quali in verità non deturpano il difficile edifizio da me solle- vato, ma propendono per Io contrario ad abbellirlo ed a ren- dernelo maggiormente saldo. (Chiunque trascorra con eletta pazienza le poche pagine di questi primi appunti glossologici potrà forse convincersi che un’ cpera di tal fatta era più che utile in Italia, ed a noi italiani appunto oggi si concerne di modificare quanto è dizionario non esplicito, quanto è glossario empirico, e non consono alla scienza odierna). Nelle mie elucu- brazioni ho avuto sempre in mira di rendermi utile alla scienza, e di esprimere con massima chiarezza la composizione quanti- tativa dei corpi chimici, abbandonando in siffatta guisa ogni orma della teoria degli equivalenti, rimovendo inoltre ogni nome ‘insignificante forse creato per affaticare e confondere senza ragione la. merte de! giovane studioso. Più esplicitamente dirò: ho cercato per quanto mi era possibile di rimuovere l’ empirismo. glossologico, e di lanciare ben lungi ogni sentenza assurda e stipatà di astrattezze. L’ unico modo per ben studiare questo mal fermo tentativo di nuova glossologia, è quello di essere al corrente non scltanto della nomenclatura attuale ma eziandio delle formule e dell’ equazioni chimiche. Quello che ho potuto esaminare adottando le mie vedute di nomenclatura, è che speditamente nominiamo le più complesse formole, e dal nome enunciato senza alcun sforzo intellettivo, e senza grandi studi si ricava subitaneamente la composizione quanti- tativa del corpo che si designa. Questo fatto non si verifica colla nomenclatura che adottano i chimici odierni. La Teoria Atomica ha urgente bisogno di unajradicale riforma nella glos- sologia chimica ed i nomi che pochi anni or sono derivavono dalle vetuste teoriche, oggi non possono più sorreggersi es- sendo quasi per intero variata la scienza nostra, e con essa le formole dei corpi. Spassionatamente esaminando i novelli trat- tati di Chimica inorganica potremo verificare senza dubbio che in ogni luogo si coniano dei nomi che in verità hanno il più delle volte qualche cosa di vaporoso, e non mostrano in tutta la loro estensione uno stabile punto di partenza» Questo creare nomi senza alcuna norma scientifica, questo alambiccarsi il cervello in sentieri non praticabili non accresce la fama allo scrittore ma confonde, se debbo dire, e lo studioso e lo scien- ziato stesso. Ogni argomento che si sollevi circa al perfeziona- 297 mento di una mal ferma nomenclatura non può assolutamente essere riguardato come elementare, ma sì bene come uno dei più preziosi portati scientifici. È supponibile chè quanto sorge di nuovo intorno a glossologia chimica, sia una trave negli oc- “ chi ai seguaci di Liebig, Lavoisier, Berzelius ecc. ma è forza convenire che la Chimica odierna non può, e non deve se- guire le antiche orme, ma dee svincolarsi in tutta sua la possanza: e lasciar libere le redini al moderno progresso. Non è più da porsi in dubbio che oggi abbiamo mestieri di positivismo tanto nella vita pratica che nelle suppellettili delle scienze di osser- vazione, e una scienza progredendo in virtù dei suoi portati sperimentali deve necessariamente perfezionare la sua ‘nomen- clatura, altrimenti quali avanzamenti ulteriori potrà conseguire! Non so frattanto se col presente lavoro abbia. raggiunto lo scopo eminente di giovare alla scienza, o se mi attirai odiosità, o se fui piuttosto tacciato d’ imprudenza scombusando un tanto vespaio. La pratica sperimentale ed il razionalismo portano ‘a mostrarè con evidenza che la pluralità dei nomi usitati un tempo, attualimente non ponno più sorreggersi, ed invero gli studenti delle scienze positive hanno uopo UEGCAREO, di non mi- sconoscere questo importantissimo fatto. A che vale sapere la composizione chimica di un corpo quando con un semplice nome non si enumerano tutti i suoi differenti atomi! A che coltivare anche nello ‘stato’ odierno della scienza, certe appellazioni che odorano di pretto' alchimi- sta e di antirazionalismo! Il ‘secolo attuale è uno dei più. grandi in tutto e per tutto, poniamoci dunque all’ opera, stu- diamo, e senza dubbio giungeremo un giorno a far dei passi giganteschi. Finalmente dico: Agogno che questa’ mia frale operosità desti nel seno degli scienziati odierni il vero amore del positivismo, nella stessa guisa che 88 anni or‘sono pel mezzo di Guyton-de-Morveau e di altri valenti chimici si:po- neva un limite alle stravaganti appellazioni degli alchimisti. ;?: ORIGINE DELLA NOMENCLATURA CHIMICA Se i chimici dell’ attualità avessero continuato le ricerche sulla pietra filosofale, ed' avessero per di''più usitato ancor oggi la terminologia alchimistica, 'io dico, la chimica odierna o non sarebbe’ esistita, o non SOLE iragicte di un: sol passo. I 23 298 Asserisco con fondamento che nessuna scienza ebbe una glossologia così bizzarra ed arbitraria siccome la chimica. Dunque i primi chimici imposero ai eorpi dei nomi insi- gnificanti vaghi ed ampollosi ? Non ci vergogniamo di asserirlo se la nostra scienza surse nelle mani li gente che aspirava ad oprare prodigi, illudendo così i credenti, e adombrando col manto del misticismo ogni atto il più semplice, e naturale. Siffatto studio di cervelli fantasticanti elucubrava indefessa- mente il modo di rendere non intelligibile il linguaggio chi- mico, coniando ad ogni piè sospinto un favellare e gergo pe- culiare, una gbssalozi insipiente stipata di appellazioni pom- pose, di futilità Ie più patenti. L’ epoca degli alchimisti e i’ epoca in cui la scienza esor- diva a nascere l’appelliamo del Ferro, eil era composta di gente vulgare, di filosofi, di prestigiatori, e di dotti i quali elucu- brando sopra una campo scevro di fondamenta, tentavano con esperienze vuote di senso rinvenire un quid che noi fino adesso non potemmo risolvere. A questo punto si trovava la chimica ai tempi degli alchi- misti, quando sorse Guyton-de-Morveau nel 1782. ed afferrò l'idea felicissima di modificare radicalmente la parte glossolo- gica della chimica, e vi riuscì. A questo punto la scienza volgeva in oblio già da un se- colo le follie alchimistiche, ed esordiva a tracciare una via dovi- ziosa di fatti materiali, e di esperienze che poi dovevano ser- vire di fondamento a noi. Ecco quanto statuiva il prefato insigne chimico. Tutti quei nomi che si presentavano non consoni alla scienza e che per le loro significazioui avevano un che di ri- dicolo, dovevano completamente radiarsi e per converso sosti- tuirne altri desunti dai rispettivi elementi ch’ entravano a co- stituire ì corpi stessi. Siffattamente operando Guyton-de-Morveau raggiungeva una metà capitale, che oggi senza esagerare di iroppo tocca un’apice ed un incremento nobilissimo. Guyton-de-Morveau gettava dunque le vere fondamenta di un linguaggio scientifico, di una glossologia ragionata, (ossia creando un appellativo novello aveva sempre scopo peculiare di rivocare all’ intelligenza, l’ indole e matura fondamentale sì del corpo elementare, che decomposto. 299 A Guyton-de-Morveau si unirono Lavoisier, Foureroy e Ber- thollet (eletto stuolo di chimici francesi) i quali, unanimemente essendosi aceinti alla gran riforma, resero delebile quel sordido linguaggio, purgarono in pochi termini quella glossologia insi- piente che deturpava fin d’ allora quella chimica non peritura, che coi rapidi suoi progressi in avvenire doveva statuire i cardini fondamentali della civiltà umana, e del materiale ben- essere. Con | elucubrazione adunque di siffatto sodalizio insigne frattanto sparivano a giganteschi passi dal dizionario della chi- mica tutti quei nomi stranissimi ed allo stesso tempo mistici di cui mi faccio un dovere di suggerirne una breve lista: — Terra morta, Terra dannata, Capo morto, Arcane coral- - lino, Arcano duplicato, Verde eterno, Ente di Marte, Ente Venere, Pietra turchina, Pietra divina, Pietra infernale, Manna dei metalli, Lupo dei metalli, Sole dei metalli; Sale mirabile, Sale della scienza, Sale segreto, Sale de duobus, Spirito di sale, Lana dei filosofi, Olio di Marte, Olio di ve- triolo, Burro di Antimonio, Zucchero di Saturno, Latte di Calce, Albero di Diana ecc. Malauguratamente una buona parte di queste appellazioni e quelle che ci sarebbero da riferire, campeggiano con ostinatezza e severa inseienza presso il volgo. È pure da riprendersi come cusa incompatibilissima, cioè, il vedere molti anche dotati di certa istruzione che vogliano disconoscere i progressi di no- menclatura conservando tuti ora un linguaggio barbarissimo e non consono alle scienze che rofessano, Ora se nei trattati di farmacologia moderna questi nomi insignificanti sono enunciati, scopo dell’ autore è di mostrare la stordidezza e |’ insipienza di chi pel primo, e con manto ciarlatanesco, seppe coniarli ( alchimisti ). Lo scopo precipuo a cui mirarono Guyton-de-Morveau, La- voisier, Fouroroy e Berthollet nel sottoporre ad ‘una generale riforma la glossologia chimica, fu quello di tracciare sciente- mente le norme fondamentali per ingenerare il nome non sol- tanto dei corpi che fino allora si conoscessero, ma eziandio di tutti gli altri che potessero venire successivamente scoperti, essendo sufficiente al presente uopo di conoscere del novello corpo i componenti perchè dal nome di questi si potesse dc- durre patentemente la significazione indicativa di quello. 300 Oggi però la nomenclatura chimica incomincia a fondarsi sopra dati molto più positivi di quelli stabiliti da Guyton-de- Morveau, voglio dire, la moderna glossologia chimica è molto più razionale, e soddisfa maggiormente. Innanzi di terminare queste rapide linee sulla storia della nomenclatura chimica, non è da passare sotto silenzio la bar- bara glossologia che adottano i moderni mineralogisti la quele in verità può venire equiparata, senza timore di errare, a quella dei più vecchi alchimisti. I nomi che cito sono altrettanti controsensi che oggi pas- sano per approvati nell’ odierna scienza. Specchio d’ asino, Specchio di Maria, Specchio dell’ Incas, Oro dei gatti, Ar- gento dei gatti, Occhio di gatto, Orpimento, Spuma di mare, Lagrime .di santa Fiora, Legno di monte, Stagno di legno, Cartone di monte, Cuoio di monte ecc. ecc. ecc. Per non perderci in ulteriori discussioni terminiamo di- cendo: L' odierna scienza non ammette che dei fatti ed è per questo che mirificamente progredisce, se fortuitamente si per- desse in esperienze vaporose tutto il nostro edifizio crollerebbe e faremmo ritorno alla pietra filosofale, alla trasmutazione dei metalli. \ GLI ATOMI î Si noma atomo la più piccola particella di materia che non si può dividere, od al- meno che noi c’ immaginiamo come. invisi- bile, e si ammeite che tutta la materia sia composta .di atomi esistenti per la loro at- trazione e ripulsione. Tuttavia la parola atomo non serve che ad esprimere una no- zione convenziorale, indispensabile che noi riferiamo obbieitivamente alla materia; ma ci torna però impossibile il farci un’ idea esatta di ciò che si chiama atomo, avve- gnachè noi non sappiamo nulla nè della sua grossezza, nè della sua forma, nè della sua posizione : nessuno. l’ ha veduto. Dr. Luigi Biichner (Forza e Materia) Leucippo di Mileto visse cinque secoli prima del legislatore Cristo Gesù e può riguardarsi sicome il fondatore della Teoria - atomica. Ecco coma Diari Laerzio si ezio sulle vedute di Leuc:ppo (4). Il solo modo di rendersi conto razionalmente della esistenza, e delle provrietà della materia consiste nell’ immaginarsela come constituita di atomi solidi, e pieni fra i quali sieno degli spazi vacui, o degl’ intervalli. l corpi non sono nè il conereto o il pieno, nè pertanto la stessa materia, ma sivvero un aggregato di vuoto, e di pieno integrati insieme. Il pieno fa sì che il corpo distinguasi dallo spazio vuoto, ed il vuoto è cagione che la materia non si componga di un tutto non interrotto o continuo. £ preziosi concetti del vuoto, degli atomi, delle fortuite combinazioni, del movimento eterno della materia sono di Leucippo. Democrito fu discepolo di Leucippo e seppe divenir molto più celebre del suo mae- stro sviluppando il concetto di atomo, il concetto di materia ecc. È troppo naturale lo ammettere che la materia non sia continua in tutte le sue parti ma che consti giusta le sentenze di Lenceppo. di vuoto e di pieno: — Quali proprietà mostrano gli atomi? Gli atomi ci sfuggono ai sensi, ed ogni più piccolo corpuscolo ne debbe contenere un numero assai grande. Nel corso di fisiologia del Sig. Valentin leggiamo il seguente passo: (4) Diogene Laerzio visse 200 anni prima di Cristo e fu epicureo. 302 I microscopi più potenti non sveleranno mai agli occhi ne la forma ne la posizione delle molecole. Un grano di sale il cui gusto ci è appena percettibile contiene bilioni di gruppi di atomi che l’occhiv umano non mai giungerà a vedere. » — « Gli atomi sono non divisibili, non sappiamo ehe forma che colore, e che disposizione abbiano, ma però gli valutiamo colle bilancie quando sieno aggruppati apprezzabili. ed ingenti. Il movimento di cui fruiscono gli atomi nen gli fu comu- nicato da alcuno, nella stessa guisa che la materia fu e sarà eternamente. non avendo avuto uopo di forze superiori alle proprie per essere. Siccome patentemente potremo vedere nelle presenti pagine, gli atomi si riuniscono svariatamente, e dalle loro aggregazioni multiformi ne risultano altrettanti corpi do- tati di attributi infiniti; — Gli atomi si muovoro nel vuoto pneumatico, costruiscono l’ etere cosmico e quanto sia valu- tabile o no dalle più perfette bilancie della Fisica. Nel comune ambiente abbiano atomi a varia grossezza ora quando si rarefà in una campana, in un recipiente qualsiasi noi veniamo a sot- trare pel mezzo degli stantuffi tutti gli atomi più grossi intanto che col progredire della rarefazione si giunge in un punto che gli stantuffi della macchina pneumatica non sono più ca- paci di asportare ulteriori quantità di atomi più grossi. Voglio dire se noi attualmente siamo capaci di produrre un vuoto perfetto (stante che il pneumametro della macchina pneuma- tica c' indica la presenza di una porzione di aria che non si potrà mai sottrare colle odierne macchine) questa nostra inca- pacità si manifesta, per non possedere mezzi insufficienti onde espellere gli atomi più esigui esistenti nell’ aria atmosferica che consta nella sua formula atomica di quattro atomi di Azo- to, e di un solo atomo di Ossigeno (Az, Az, Az, Az, 0) = (Az Az, 0) + (Az, Az) quando sia pura. Inoltre a seconda del mo- do con cui si aggruppano gli atomi della stessa natura ingenerano pure effetti differenti. Così: Calore, Luce, Elettricità, Magne- tismo che constano di atomi della stessa natura ma per la loro collocazione ci mostrano fenomeni diversi. La Teoria Ato- mica è ancor giovane per potere dispiegare il complesso delle reazioni materiali che ci si schierano dinanzi ai sensi, e per mostrarci il magistero di ogni {materiale attribuito. Pur non ostante questa lodevolissima scienza che oggi assume un’ incre- mento latissimo nacque nel grembo dell'antica filosofia, nacque volevo dire per lo sforzo di un raziocinio intuitivo di uomini 305 sommi, e noi oggi non facciamo altro che applicare quanto ci tramandarono i padri delle scienze. Un dì la Teoria Ato- mica fu classata fra le scienze astratte, oggi finalmente è me- stieri por fine ai controsensi alle rapsodie e lasciare che il secolo odierno sciolga quanto per lo passato non era che una mera speculazione filosofica abbenchè razionale. Ciò che a Leucippo di Mileto, Democrito, Diogene Laerzio ete., costò puro sforzo inteliettivo per leggere nella materia i più recon- diti procedimenti, ai sapienti moderni è valso quasi un secolo di esperienze assidue, di osservazioni materiali, e di eque illa- zioni: — Che la materia sia un complesso di vuoto e di pieno ce lo attestano la Porosità, Compressibilità, Elasticità, Impene- netrabilità ete., proprietà ch’ esistettero eternamente nella ma- teria, c che non ehbero uopo di essere create da chicchessia. — Gli oggetti che ci attorniano sono dotati di attributi ster- minati e sappiamo che la Fisica, e la Chimica gli differenzia cell’ univoco appellativo di Corpi. Ogni individuo anche il più grossolano sa distinguere i corpi per gli estrinseci attributi ossia non confonde l’acqua, con la terra, il ferro col rame, il carbone colla cenere etc. ossia ogni corpo materiale verrà di- stinto non soltanto dai caratteri Fisici (densità, colore, strut- tura ete) ma eziandio dalla sostanza di cui consta. Rigorosa- mente favellando fa parola materia è usitata in senso astratto, dapoichè in natura non vivono, non esultano che corpi capaci «di emanare fenomeni complessi e non identici, — Seguendo dunque le beile idee di Leucippo il secolo attuale ha provato con massima evidenza che la materia non consta di una so- stanza continua che non è tutta di un sol pezzo come suolsi dire, ma risulta constituita di mipimissime particole insecabili. La facoltà che ha la materia di aumentare o di decrescere nel volume per le forze calorifiche, ci attesta con massima evidenza che .Leucippo di Mileto era un gran pensatore, un gran filo- sofo. — È unicamente per comodità di studio se noi asseriamo esservi in natura varie qualità di niateria, e tutta questa serie di corpi elementari che va progredendo col scoperte della chi- mica non è che il risultato di un singolo corpo, il quale de- composto in mille guise dai procedimerti naturali si veste di attributi di prerogative che soio il chimico può apprezzarli conscienziosamenie. Gli atomi. delle varie materie hanno una densità non identica, e coll’ aggregarsi che fanno creano tanto 304 i il corpo decomposto che semplice e sono dominati dall’ affi- nità e dalla coesione. I corpi indecomposti constano di uua stessa materia, e per converso i decomposti sono costruiti da varie qualità di atomi. Finalmente secondo le moderne vedute, ogni fenomeno di composizione e decomposizione, essenzial- mente dipende dal numero degli atomi ch’ escono o che en- trano nel conflitto di una qualsiasi reazione chimica. — ( Continua ) NUOVA SPECIE DI OPILIONIDE PER GIOVANNI CANESTRINI Homalenotus depressus nov. sp. ® Il corpo è depresso, posteriormente largo e rotondato. I primi quatiro segmenti addominali portano al di, sopra ciascuno due uculei, il quinto ne porta quattro diretti quasi. orizzontalmente in dietro, i successivi ne sono sforniti. Le zampe, ad eccezione delle coscie, sono inermi, solamente co- perte di grossolano zigrino. La prominenza oculare è zigrinata, sfornita di spine. Questa specie ha il corpo molto depresso, e la faccia su- periore quasi perfettamente piana. Il quinto anello dell’ addome, che porta quattro aculei quasi orizzontali, costituisce il margine del corpo, essendo gli anelli successivi collocati sotto ed un po’ innanzi al quinto anello. La "bei dell’ animale è rozza- mente zigrinata. Sopra la base delle mandibole esistono due brevi prominenze coniche. Il margine anteriore del cefalotorace porta nel mezzo un piccolo rialzo, diviso in tre parti da ‘due piccolissimi solchi. Le coscie presentano delle larghe apofisi, una ne offre la coscia del II. pajo di zampe al suo margine posteriore, un’altra quella del III. pajo al margine anteriore. Le apofisi delle coscie del I. e IV. pajo sono assai poco sviluppate. » 26 306 Dimensioni fem. Lunghenza del corpo . . . . mill. 4,0 ‘Larghezza massima del corpo. » 2,7 Lunghezza di una zampa I. pajo » 4,5 Id. IL » 8,0 Id. II. » .» 5,0 Id. IV. » » 7,0 Il dorso è bruno, cogli aculei alla base più oscuri; quelli del 2.° e 5.° articolo sono profondamente neri. Qua e là vedonsi delle macchie gialle, disposte in cinque file longitudinali, tra cui la fila di mezzo corre tra gli aculei. Il disotto è giallo, con qualche macchia bruna diffusa, e collo sterno bruno oscuro. Le zampe sono brune, ornate di anelli gialli. Il marchese Giacomo Doria raccolse alla Spezia parecchi esemplari di queste specie. Padova, 5 marzo 1872. mas. 2,5 1,6 4,0 8,8 4,0 6,0 - RELAZIONE E CONCLUSIONI SUGLI SCAVI PATTI NELLA TERRAMARE DEL MONTALE nel seitembre ASTA. DEL PROF. PAOLO BONIZZI Diverse circostanze mi hanno finora impedito di dare alle | stampe la relazione, ed alcune conclusioni, sugli scavi che furono fatti nel settembre scorso, per cura del Municipio di Modena, nella terramare del Montale, allo scopo di preparare un suffi- ciente campo di osservazione ai membri della V.2 Sessione del Congresso di Antropologia ed Archeologia preistoriche, nel giorno della loro escursione al Montale. Debbo anzi tutto esprimere i miei dovuti ringraziamenti al chiarissimo Dott. Cav. Carlo Boni Direttore del Museo Ci- vico, che ebbe la gentilezza di lasciare a mia disposizione gli oggetti tutti trovati sul luogo, alcuni dei quali ho cre- duto titile d' illustrare con tavole. Modena, 14 marzo 1872. 308 PARTE 1.° RELAZIONE Ì. POSIZIONE TOPOGRAFICA DELLA TERRAMARE. Na modenese sì conoscono attualmente diverse terramare; aleune sono al piano, altre al colle, nessuna finora si è scoperta nell’alta montagna. Mi sono note quelle di S. Ambrogio, Cit- tanova, Casinalbo, Formigine, S. Lorenzo (Castelnuovo Rangone), Montale, Nonantola e Redù tutte in pianura, Castelvetro, Gor- zano, Gajano, Montebarello e Pontenovo in collina. La terramare del Montale è posta in perfetta pianura, lungi da Modena, nella direzione sud-est, circa sette chilometri. Essa forma una specie di monticello deli’ estensione in superficie di 84 are all'incirca, su cui è situata la chiesa e la casa del par- roco della villa. I monticello si eleva dalla circostante pianura, misurando il suo punto massimo di elevatezza, di circa quattro .metrì, ed ha il perimetro quadrilatero, quasi rettangolo, i cui lati corrispondono un bel circa ai quattro puati cardinali. La terramare è chiusa tutto all’intorno (ma sul margine dell’ elevatezza ) dalla chiesa e casa suddetta al lato di mezzodi, e da una siepe agli altri tre lati; in tal modo non si ha libero accesso sulla medesima, (V. Tav. IV. fig. 4). Molte volte nella mia adolescenza, recindomi al Montale, e osservando quel monticello in mezzo ad uwua pianura mi sem- brava cosa assai strana, e mi ricordo di aver pensato più volte da che avesse potuto trarre origine. — Chi avrebbe mai detto. che esso non è altro che un cumulo di reliquie ‘di remote generazioni? 309 Il. OGGETTI TROVATI NELLA TERRAMARE ; PRIMA DEGLI SCAVI DEL SETTEMBRE 1871. Solo nell’anno 1868 si scoperse che il monticello non era altro che una terramare. lo mi portai nell’ anno ‘appresso alla nuova terramare e vidi uno scavo verso il lato ovest di circa tre metri quadrati e profondo tre metri circa. Mi furono mo- strati diversi oggetti affatto simili a quelli rinvenuti in altre. terramare. Il Boni che ha visitato più volte quello scavo ed ha eziandio acquistati gli oggetti più rari che furono ivi trovati, fu da me pregato a volermeli indicare; ed egli colla consueta sua gentilezza mi mostrò quanto io desiderava conoscere. Accennerò qui brevemente gli oggetti più importanti trovati al Montale prima degli scavi di settembre e che furono già dal Boni in parte illustrati nel libro che ha per titolo ZBoni- Generali — Terremare Modenese. 1870. Negli strati inferiori dello scavo sopra indicato fu trovato una specie di coltello o sega di selce piromica (V. Appendice del libro qui sopra citato a pag. 77 e tavola VII, fig. 1.°%). Furono trovate alcune fusaiuole conformate a foggia di pera più 0 meno allungata, le quali sono di terracotta e nell’ interno hanno una cavità rotonda (V. L e. tav. VII); non credo che in altre terrèmare modenesi se ne siano trovate delle simili. Un frammento del palio di un cervo di grande dimensione lavorato. ( V. I. e. pag. 78 e tav. VI). Un bellissimo punteruolo o spiedo, con tubo pel manico costrutto in osso. Finalmente è degno di nota uno scalpello di bronzo col manico di corno di cervo. Ho creduto bene di farlo disegnare (V. tav. V. fig. 4°) non avendone visti disegnati dei consimili nelle opere che descrivono gli oggetti trovati nelle terr: mare e che io ho potuto consultare. III. SCAVI E LORO DIMENSIONI. Era intenzione della Commissione (4) di fare un esteso scavo che attraversasse per tutta la sua lunghezza la terramare, per (1) Il Municipio di Modena nominò una commissione incaricata di pre- disporre quanto poteva occorrere per un conveniente ricevimento degli scienziati del Congresso di Bologna nel giorno che si recavano a Modena. Alcuni membri di questa commissione, cioè, il Cav. Dott. Carlo Boni, il Prof. Giovanni Generali e lo scrivente attesero soltanto alla direzione degli scavi e all'ordinamento degli oggetti trovati al Montale. 310 potere osservare in un solo spaccato verticale la sua confor- mazione; ma a ciò si oppose il proprietario e convenne mutar pensiero. Si pensò allora di scandagliare la terramare in vari punti e di praticare degli scavi in modo, da potersi formare un’ idea abbastanza esatta dell’ intiero cumulo. Furono pertanto praticati quattro scavi. Uno centrale che riuscì il più ampio, due laterali non molto discosti dal lato nord, ed uno ad ovest. Nell’ unita carta topografica (V. tav. IV. fig. 1%) abbiamo indicati questi scavi e segnati con un numero. Per maggior brevità, nel corso di questa-relazione, lo scavo centrale lo denomineremo scavo primo. Gli altri scavi segnati nella tavola 2 3 e 4 Ii denomineremo scapo secondo, terzo, quario. Lo scavo primo era di forma rettangolare, i lati di questo rettangolo erano 8 metri e 6 metri; la profondità arrivò a me- tri 4,50. Per la comoda discesa nello scavo sì fece un ampia gradinata che metteva ‘capo ad un angolo del medesimo. Lo scavo secondo era pure di forma rettangolare avente 3 metri da un lato e 4 dall'altro; discendeva fino alla pro- fondità di circa 4 metri. Pochissimi furono gli oggetti trovati in questo scavo che riuscì poco interessante per lo studio della conformazione della terramare. Del resto essendo non molto lungi dal lato nord, si notava la diminuzione della marna per lo avvicinarsi al suo limite. 7 Lo scavo terzo procedeva con miglior fortuna e veniva spesso allungato fino a che giunse della lunghezza di 7 ad 8 metri e della larghezza di 5. La profondità giunse a metri 3,80 e in qualche parte anche più di metri 4. Gran numero di corna di cervo, cocci, cec. si trovarono man mano che si procedeva a scavare e la conformazione della tarramare si PES degna di essere osservata e studiata. Lo scavo quarto fu ‘esteso fino ad uscire dal confine della terramare e raggianse una lunghezza di più di 40 metri. Era largo metri 3 circa. La lunghezza della superficie risultante dagli spaccati ver- ticali degli scavi ed esposta all'osservazione, era di metri 90. Ciò risulta dalla somma dei lati di tutti gli scavi. IV. OGGETTI TROVATI AL DISOPRA DELLA TERRAMARE. Prima di arrivare cogli scavi a trovare la vera terramare bisognava sprofondarsi nel terreno per un metro circa di terra 941 affatto simile a quella dei circostanti campi coltivati e formante il terreno vegetale. AI disotto di questo terreno e nello strato | più superficiale della vera terramare si rinvennero alcuni 0g- getti che qui accenneremo per amore di precisione. | Una fusaiuola di steatite, un cuechiaio di bronzo, un fram- mento di vaso di pietra ollare lavorato al tornio, una spranga ed un pugnale di ferro, oltre altri oggetti evidentemente di epoca recentissima. i Si rinvennero pure anche cocci ed altro che fa parte indu- bitatamente degli strati profondi della terramare, ma ciò è dovuto agli accidentali sommovimenti avvenuti per lo passato, sia per piantaggioni fatte, sia per qualsivoglia altra causa. V. GOCCI E STOVIGLIE. Grandissimo fu il numero dei cocci appartenenti a vasi di varie foggie e grandezze che si rinvennero in tutto lo spessore della Iterramare. Alcuni di essi appalesano che il vaso a cui appartenevano era di grandi dimensioni. Non do nessuna figura perchè cocci simili si trovano a dovizia designati nelle opere degli autori che si occuparono delle terramare dell’ Emi- lia. E confrontando i cocci e i manichi da noi trovati con quelli che trovarono ed illustrarono con tavole Pigorini, Strobel], Canestrini, Boni, Coppi ed altri (2) io non saprei quale di (2) Vedi le seguenti opere. Le Terremare dell’ Emilia, prima relazione di Luigi Pigorini e di Pel- legrino Strobel diretta al Sig. B. Gastaldi — Torino G. Marzorati — 41862. Avanzi preromani raccolti nelle terremare e palafitte dell’ Emilia illu- strati popolarmente per cura di P. Strobel — Fascicolo 1° — Parma, 1863. Le Terremare e le Palasitte del Parmense — seconda relazione del prof. P. Strobel e di L. Pigorini — Milano 1864. ui Boni — Notizia di alcuni oggetti trovati nelle terremare modenesi. — Modena 1865. Oggetti trovati nelle terremare del Modenese illustrati per cura del Prof, Giovanni Canestrini, prima relazione, avanzi d’ arte. = Nell’ Archivio per la Zoologia, l Anatomia e la Fisiologia, Volume IV — Fascicolo I. Aprile 1866, Modena. Oggetti trovati nelle terremare Modenesi illustrati dal prof. Giovanni Canestrini. Nell’ Annuario della Società dei Naturalisti in Modena Anno I. Modena. Tip. Vincenzi 1866. i Oggetti trovati nelle terremare modenesi, SEAUICA SÌ avanzi 312 questi pezzi potesse avere la preferenza per una illustrazione gol disegno, essendo le differenze assai piccole e quindi di poca importanza per, essere riferite in una semplice relazione quale è il presente scritto. Poche sono le stoviglie intiere o quasi intiere di nuova forma o dissimili a quelle che i nostri studiosi di terramare ci hanno nei vari loro lavori figurate. Tutto .al più potremo no- tare una specie di piede appartenente senza dubbio ad un vaso. Nessun vaso finora trovato nelle terremare del modenese ha un sostegno dì forma cilindrica scanuellato ,nel mezzo come è appunto il piede di vaso da noì trovato. VI. FUSAIUOLE. Ne abbiamo raccolte parecchie. La pasta, come at solito, è simile “ia quella delle stoviglie fine ed ordinarie. Le forme e la grandezza variano. Ve ne sono, fra le raccolte, delle coniche, ‘aleune con ornati, ed altre senza. Ne rinvenimmo una il cui contorno non è circolare ma quadrato; qualche altra simile fu trovate in altre terremare. Le fusaiuole variano per la materia i cui sono fatte. Ne raccolsi infatti una d’ambra ed un’altra di corno di cervo. Le opinioni emesse dagli autori circa l’uso di questi arnesi sono molte. Pigorini e Strobel nel loro pregiato lavoro, Le terremare e le palafitte del Parmense, seconda relazivve, così si esprimono: « chi li vuole amuleti, chi grani di collane o . « di monili, o bottoni, o pesi da veste, chi pesi da rete o fu- « saiuole, chi cosarelle da giuoco e chi finalmente oggetti « inservienti a numerare.... Crediamo che si possano conciliare « diverse di queste opinioni, perchè la differenza nelle parti, organici, del Prof. G. Canestrini. Nell’ Annuario Anno I, Società dei Nat. Modena 1866. oggetti d’arte di alta antichità recentemente scoperti nelle terre- mare modenesi del Dott. Carlo Boni, Nell’ Annuario Anno I. Società dei Natur. 1866. \ Boni, Generali — Terremare Modenesi — Modena 1870. Monografia ed Iconografia della Terracimiteriale o Terramara di Gor- zano ossia monumenti di pura Archeologia del Dott. Francesco, Coppi con Atlante di tavole 34. — Modena 1871 Crespellani Avv. Arsenio = Marne Modenesi — Modena 1870, 343 « nella finitezza, nelle dimensioni (3) delle fusaiuole indicano « palesamente che l’uso loro era pur diverso secondo appunto « quelle diversità. VII. ALTRI OGGETTI DI TERRA COTTA. Negli scavi fu grande, in proporzione, il numero di quegli oggetti di terra cotta a foggia di cilindri di altezza e di dia- metro più o meno ampio, attraversati da un canale mediano longitudinale e che sono stati ritenuti dal maggior numero degli scrittori come pesi. Che simili oggetti siano stati sospesi mediante una fune è indubitato, perchè osservando con dili- genza anche quelli da noi trovati, sì vede evidentemenete, mas- sime in qualcuno, il segno lasciato dalla fune che li teneva sospesi e che fu applicata prima che l’ oggetto acquistasse la sua completa consistenza. Il prof. Canestrini nella sua prima ‘relazione degli avanzi d’arte trovati nel modenese (V. Archivio per la Zoologia, Anat. e Fisiolog. Vol. IV, fasc. I, Aprile 4866 ) dice, parlando di questi oggetti. « Il margine del canale è quasi « sempre scannellato, la qual cosa appoggia l’ idea che questi « utensili siano stati adoperati come pesi muniti di un canale « per poterli appendere col mezzo di una ‘funicella. » Fra questi pesi qualcuno era di forma conica e perforato trasver- salmente verso il vertice. VIII. OGGETTI DI PIETRA. Furono raccolte sei od otto delle così dette pietre da fionda. È notevole l’ esattezza del solco sulla circonferenza, il quale in un esemplare è assai stretto e profondo. Si rinvennero anche diversi. ciottoli arrotondati di calcare compatto come si rinven- nero pure tante altre volte nelle verremare. Il nuniero delle macine fu piuttosto considerevole e sem- brami di averne contato una ventina di pezzi. Alcune di esse erano intiere. Non avevano tutte una stessa dimensione. Trovammo anche una pietra oblunga della lunghezza di 18 cent. levigata il cui uso potrebbe esser stato di affilare ar- nesi metallici. (3) Si aggiunga pure la differenza della materia di cui sono formate. 27 344 Finalmente accennerò un oggetto pure di pietra, il cuiì uffi- zio è certo difficile da interpretarsi. Questo oggetto è di forma quasi sferica, da una parte però gli fu levato quasi un in- tiero emisfero, cosicchè la sua forma geometrica è piuttosto di sfera a cui manca una grande calotta. Nel mezzo della facce di questa sezione e parallelamente all’ asse vi è un pro- fondo solco. ‘IX. OGGETTI Di CORNO DI CERVO 0 DI OSSA LAVORATE. Dalle osservazioni e dalle raccolte che si sono fatte nelle terremare dell’ Emilia sappiamo, che le ossa e sopratutto le corna di cervo lavorate sono abbondanti. Anche nei nostri scavi non sono stati rari i pezzi trovati di corna cervine con traccia di lavorazione. La figura 2° della Tav. V rappresenta in grandezza natu- ‘ rale un arnese di corno di cervo; peccato che manchi una piccola porzione posteriormente. A prima vista chi osserva quest’ arnese direbbe che è una scure, ma osservando in qual modo e posizione fu praticato il foro per inserirvi il manico, sì conosce subito che trattasi di una specie di zappa. Infatti il foro di forma fettangolare, lungo mm. 35, largo mm. 33 e praticato nel senso perpendicolare al piano ove giace il taglio e non a questo parallelo come lo deve essere in una scure. Le dimensioni dello strumento sono in lunghezza mm. 280 e nel senso della sua larghezza massima mm. 135. Nella Tavola suddetta fig. 3 si vede rappresentato a metà circa della grandezza naturale un ramo di corno di cervo la- vorato alla base, Taluno ha creduto che simile oggetto potesse essere una specie di martello adatto alle leggere percussioni. Io inclino a credere che in quel corno si volesse ricavare una delle così dette fusaiuole e che il lavoro sia stata interrotto. Degli altri ogetti di corno di cervo raccolto dirò breve- mente dei più notabili. Si rinvenne un pezzo evidentemente foggiato a martello e perciò fornito nel mezzo di un foro quadrilatero per |’ inser- zione del manico. Un altro ridotto a guisa di raschiatojo. Due di forma conica e cavi all’ interno. Ne citeremo anche di quelli aventi forme assai bizzarre e quindi di difficilissima interpretazione. Così abbiamo un pic- colo parallepipedo quadrato della lunghezza di mm. 5 vuote (a dI5 all’ interno e sulle quattro faccie esterne ba impresso rego- larmente in fila dei piccoli cerchictti con un punto nel mezzo. Ne abbiamo un altro della lunghezza di mm. 7 che rappre- senta un cono al cui vertice vedesi un piccolo ringonfimento sferico; nella sua parte media è attraversato perpendicolar- mente ali’ asse da un ampio foro, nell’ altro senso è pure at- traversato da parte a parte da fori più piccoli, uno sopra al- foro ampio e due sotto. Nell’ interno, è, in parte vuoto. Anche altri due oggetti. hanno la foggia di piccoli coni vucti all’ in- terno. Molji sono poi i pezzi di corno con uno o due rami per- forati alla base e con traccia più o meno manifesta del taglio che fu eseguito per separare îali pezzi dalla rimanente parte del corno a cui appartenevano. Finalmente accennerò anche un osso probabilmente di grosso rumicanie lavorato e loggiato a raschiatojo. X. OGGETTI DI BRONZO. Gli oggetti di bronzo trovati negli scavi sono: un’ giave- lotto, una lama di pugnale, una falciuola e tre. aghi crinari. Il giavelotio è lungo mm. 425. Sembra al Boni che sia di forma più moderna degii altri trovati finora, perchè la parte segnatamente in cui va inserito il manico, è foggiata a gartoccio, il che indica una maggior perfezione dell’ industria. Io posso affermare che fu trovato negli strati più superficiali del depo- sito essendomi stato consegnato nei primi giorni in cui furono intrapresi gli scavi. La lama di pugnale è lunga mm. 89. Se ne sono trovate molte altre. La falciuola è la seconda ehe finora si trovò nel modenese. La prima è della erramara di Gorzano. Lo Strobel ne descrive due trovate a Campeggine nel reggiano. La falciuola ora tro- vata al Montale ha mm. 150 di lunghezza, tenuto calcolo a un di presso di una porzione anteriore che manca; ha mm. 30 di larghezza, e nella sua superficie vediamo dei rialzi ugual- mente discosti e paralleli ai margini, e fra loro, in modo che essa superficie è divisa in tre porzioni eguali. Dei tre aghi crinari, che furono trovati durante gli scavi, il terzo fu trovato dal sig. Cav. Prof. Galdino Gardini il giorno dell’ escursione degli scienziati. Uno dei due da noi trovati è 516 lungo 95 mm., termina da una parte con due cerchietti laterali : ai quali si vede mancare superiormente il terzo. P° L’altro è di lunghezza quasi eguale, superiormente si fa un po’ fusiforme e termina con un pomello. L’ ago crinale tro- vato dal suddetto Prof. Gardini è lungo cm. 23 e termina superiormente in modo quasi simile al precedente. È uno dei più lunghi trovati nelle terremare (4). Citeremo in questo paragrafo un oggetto di qualche im- portanza, il quale benchè non sia di bronzo sta in relazione colla lavorazione di questo metallo, vale a dire, un frammento di vaso in cui si faceva la fusione del bronzo. Esso consta della porzione inferiore o fondo, e vi si osserva visibilmente l’azione intensa del fuoco e gli avanzi del bronzo liquefatto ancora aderenti al frammento. XI. AVANZI ORGANICI. Come avviene al solito in tutte le terremara, anche negli scavi del Montale trovammo non poche ossa di animali dome- stici, conchiglie e qualche avanzo vegetale. In questa relazione mi limiterò di accennare soltanto a quali animali appartengono gli avanzi trovati; e ciò per con- servare il dovuto ordine e per citare gli oggetti d’ ogni natura rinvenuti durante gli scavi. Non fa d’ uope avvertire che l’ ar- gomento sugli avanzi degli animali domestici delle terremare merita di essere trattato diffusamente, il che spero di fare in altro mio lavoro. Il maggior numero delle ossa di nomen domestici da noi raccolte sono di Cavallo, Bue e Maiale, poche quelle di Asino, Pecora e Cane. Dei mammiferi selvaggi abbiamo ossa e corna di Cerco, corna di Capriolo e denti di Cignale. Le corna di cervo ‘erano di grandi dimensioni e furono raccolte in buon numero. Non erasi ancora pensato a sottoporre le ossa delle terre- mare all’osservazione microscopica ed all’ esame chimico. Il Sig. Enrico Morselli, giovane distintissimo per ingegno e amore alle scienze naturali, ha letto testè alla Società dei Naturalisti una sua nota sull’analisi chimica e microscopica delle ossa, (4) Sappiamo che il Sig. Prof. Gardini ha fatto dono di questo oggetto al Museo di Storia Naturale dell’ Università di Ferrara. 317 nonchè di varie qualità di terra della terramare del Montale: Egli ha poi gentilmente accorisentito che i risultati de’ suoi studi vengano riferiti in questa nostra relazione. Nelle osservazioni microscopiche delle ossa non ha os- servato alcun osteoplasta, quantunque però qua e là si scor- gessero delle macchie nere che forse ne potrebbero essere i lontani rappresentanti; ma vi è molto dubbio per la loro for- ma irregolare, per la loro grandezza disuguale e per la loro disposizione tutt’ altro che uniforme. Ben distinti al contrario erano i canaletti dell’Hawers; pare però contengano in quasi tutta loro estensione una sostanza che fi rende opachi. Questa sostanza vi lascia però delle parti trasparenti, ove si notano invece dei granellini o trasparenti od opachi molto analoghi a quelli che costituiscono il fondo comune del terriccio della marna. In certi punti îi canaletti dell’ Hawers si mostravano a doppio contorno. Questi fatti provano la lenta infiltrazione degli elementi costitutivi della terremare nella compage delle ossa. Le ossa della terremare hanno generalmente una colora- zione molto bruna, un peso specifico di 2,141, sono quindi più leggere delle ossa normali, la loro consistenza è la normale ma sono però più fragili. La parte compatta di queste ossa esaminata chimicamente ha fornito gli. elementi della compo- sizione normale delle ossa, cioè, carbonato calcico, fosfati ter- rosi, fluoruro di calce, e la sostanza organica designata sotto il nome di osseina, tutto però in proporzioni alterate. Ecco la ‘loro composizione paragonata a quella della ossa normali data da Lehmann. CI Ossa del Montale Ossa normali Osscinagifli i. ic 8 30 Carbonato calcico . . .. . 24,6 8 Fosfatiiemnosi. 0... 0 00496 59 _ Fluoruro di calce... 4 Sostanze insolubili nell’ acido cloridrico e incombustibili 20 SIR Il fatto che la quantità della sostanza organica sia piuttosto elevata è un prova che le ossa non hanno subita l’azione del fuoco. i Alla profondità del suolo di metri 4,80, cioè a dire 80 cm. 518 all’ incirca entro la terramare si trovarono due ova di gallina intiere, avente il guscio ben conservato. Le conchiglie che raccogliemmo vennero determinate dal Boni e sono; alcune viventi, cioè a dire, l' Unio sinuata, Lk. che vive nei grandi fiumi del continente europeo temperato ed australe, 1 Unio pictorum Lk., e il Pectunculus violascens Lk., e delle fossili due specie. Murex trunculus L., e Murex bran- daris L. Le valve di molluschi della specie Unio pictorom erano nume- rosissime. E noi pure noteremo {come in una sua memoria ha testè notato il Boni V. pag. 171) che nessuna delle valve dell’ Unio nè di verun altro mollusco trovammo con trac- cie di subita calcinazione, laonde è fuor di dubbio. anche per le osservazioni ed esperienze del Boni stesso, che esse valve non abbiano subita 1’ azione del calore. ‘ Finalmente gli avanzi vegetali furono pochi, alquanti grani di frumento anneriti ed alcune ghiande pure annerite, ma non carbonizzate. XII. CONFORMAZIONE DELLA TERRAMARE. Dopo di aver descritti od accennati gli oggetti trovati dt- rante il lavoro degli scavi, parlerò ora della conformazione della nostra terramare. Un fatto che merita sicuramente la più grande attenzione è la quantità considerevole di legno ehe si presentò alla pro- fondità di circa metri 2,50 a metri 5. Fu facile constatare ben presto l’ esistenza di lunghe e grosse travi o tronchi d’ alberi disposti orizzontalmente. Lo stato di conservazione di queste travi era assai cattivo e perciò non era possibile estrarne dagli scavi un pezzo di una certa’ lunghezza, senza disfare fibra a fibra il legno o spapolarlo in minute parti. Mi accorsi appunto della grande quantità di legname dai molti pezzetti di legno a fi- bre ben distinte e per la massima parte giallognole che i lavora- tori gettavano dallo scavo misti alla marna. Fu allora che facendo cessare il lavoro delia vanga, il quale bruscamente guastava tutto quanto poteva essere formato da quel fracido legno, in- cominciai a raschiare con bel garbo la marna ove scorgevasi presenza di legno e pazientemente lavorando :potei osservare la disposizione originaria delle travi, oppure dei tronchi d’al- beri; ma non fu possibile di distinguere bene, se il legname 2 519 in discorso avesse ricevuto una lavorazione e perciò fossero i diversi‘ pezzi foggiati a vero parallelepipedo o a perfetti cilin- dri, oppure se la forma era quale appunto vediamo nei tron- chi d’ albero o ne’ grossi rami atterrati e puliti dalla corteccia e dalle consuete ineguaglianze. Non fu neppure possibile stabilire la lunghezza vera dei pezzi, per la ristrettezza degli scavi, la quale non lasciava scorgere ambo le loro estremità. Puossi soltanto afferriAfe=che questi legni erano disposti oriz- zontalmente, ma non irregolarmente a guisa di catasta di legna. Quelli scoperti in ciascun scavo erano per lo più fra loro pa- ralleli. La maggior parte del legno ritenemmo potesse essere olmo e quercia; ma su ciò non fu fatto uno studio diligente, dal quale potrebbe risultare probabilmente provata l’ esistenza non solo del legno d’ olmo e di quercia, ma eziandio di ro- vere, di castagno e di cerro. Strobel e Pigorini constatarono che di olmo era la maggior parte del legname usato nella palafitta di Castione, poi le quercie, i roveri e i castagni. Tutti i legni disposti orizzontalmente e rinvenuti a metri 2,50 di profondità dal suolo non si estendevano fino al fondo della terramare, perchè in questo fondo non trovammo legni ada- giati orizzontalmente, ma bensì legni piantati verticalmente, come in appresso descriverò. I legni orizzontali cessavano ad un metro al più di distanza dal fondo a cui pervenimmo. Proseguiamo a dire quanto si osservava nello scoprire la terramare in ordine alla sua conformazione. Chiunque abbia visitati gli scavi del Montale avrà sicura- mente posto attenzione ad alcuni filoni o striscie assai ben distinte sulle pareti degli scavi, ed aventi un colore più TSO della marna. Questi filoni altro nnn erano che lo spaccato verticale di strati orizzontali o quasi orizzontali esistenti in seno alla terra- mare. Prendiamo a considerarne uno dei più evidenti, quello cioè che appariva nello scavo quarto. Questa striscia o filone era alla profondità di circa metri due, aveva uno spessore di circa un decimetro, un colore giallognolo, salvo inferiormente e per quasi tutta la sua lunghezza che vedevasi segnato da una riga nerastra di pochi centimetri. Non sarebbe stato pos- sibile valutare esattamente lo strato che corrispondeva a questo filone, ma non sorpaserebbe il vero chi lo calcolasse di un decametro quadrato. In quanto alla natura della sostanza che lo componeva, possiamo affermare che la parte di colore gial- 320 lognolo era una sostanza compatta, di struttura uniforme, di poca durezza, schiacciata fra le dita si riduceva in polvere, a volte si era indotti a ritenerla legno, ma non si scorgeva poi traccia di fibra, anzi esaminando bene il residuo che la- sciava tra le dita chiaramente scorgevasi essere sostanza inor- ganica. La parte di color nerastro era alquanto più dura, spesso sembrava una specie di incrostazione sulla quale pog- giava lo strato superiore. L' analisi che ci dà il signor Morselli nella sullodata sua nota viene a confermare quanto io ho dedotto colla semplice osservazioane. Il terriccio giallo ver- dastro, egli dice, che si riscontra a strati si mostra al micro- scopio costituito da una finissima sabbia e da alcuni granelli quasi tutti trasparenti e pochissimi di opachi. In mezzo ai granelli più grossi se ne riscontrano alcuni di color giallo-ver- dastro trrsparenti e che forse saranno la cuasa della speciale colorazione del terriccio stesso. Non fu possibile constatarne la vera natura. ÎIn questo strato non si riscontrarono avanzi di fibrille vegetali. Il terriecio bruno è analogo ai precedenti, se non che, i granelli trasparenti sono in minimo numero e pre- valgono invece gli opachi, che lo formano poi in totalità in certi limitati punti ove esso si presenta totalmente nero. No- teremo ancora che sul filone in alcuni punti vedevasi un color ferruginoso che gradamente si sfumava col colore più oseuro della parte inferiore o nerastra. Infine nella parte su- periore di esso filone e di altri, ho spesso estratto dei pezzi di una sostanza biancastra che si sarebbe potuto paragonare ad una sorte di calce. Quale concetto dobbiamo formarci di questo strato e degli ‘ altri consimili? Per quanto io abbia pensato intorno alla na- iura di questi strati, confesso che non ho mai potuto per- suadermi che essi siansi formati da un complesso di circo- stanze dipendenti da mere causalità, ma è forza ammettere che simili strati sono il resto di lavori edificati sul luogo. Mi spiego. Se le terremare fossero per esempio avanzi di roghi, come fu da qualcuno sostenuto, come mai i resti di un rogo possono dar origine, in seno al cumulo, a degli strati così netti, così ben delineati, così uniformi di materia e di strut- tura 2 Imaginiamo pure che i cadaveri e insieme ai cadaveri le ossa degli animali domestici e gli oggetti tutti ehe secondo il rito venivano gettati sul rogo, fossero disposti sopra un piano orizzontale qualsivoglia, ammettiamo pure che su quello 321 stesso piano i riti compiuti"fossero molti e si sovraponessero oggetti ad oggetti, ossa ad ossa e fossero distribuiti con una certa regolarità su di nn’ ampia superficie e poscia il tutto venisse coperto con uno strato di terra. Or si domanda: col l’ andar de’ secoli questo straio di avanzi animali e di og- getti ecc., tenendo conto di tutte le decomposizioni chimiche e le alterazioni d’ ogni matura che necessariamente subiscono queste sostanze, può adivenire una stratificazione così ben de- terminata e precisa quale è appunto lo strato sopra descritto e tutti gli altri consimili? No. Tutt' al più in qualéhe raro caso la disposizione la più regolare di resti omogenei (per quanto lo possono essere i resti di un rogo) darà luogo ad una stratificazione irregolare, e se il cumulo di quei resti verrà esaminato in una sua sezione verticale, la sezione stessa , sarà un filone affatto irregolare e senza contorni delineati e precisi. lo credo, che chiunque avrà osservato quelle stratificazioni e pensato alquanto sulla loro origine, dovrà per lo meno con- cludere, che quelli erano piani artificiali, cioè a dire piani fatti dalla mano dell’ uomo e non originatisi a caso per circostanze puramente fisiche della qualità del deposito. Oltre gli strati qui descritti se ne osservavano altri ancora sulle pareti degli scavi. Alcuni si vedevano composti per la massima parte di cocci ed ossa di animali domestici, altri degli stessi oggetti ma commisti a cenere e carboni, altri infine contenevano coccì, i quali avevano sicuramente subita l’ azione del fuoco ed crano ridotti in una materia leggiera e spugnosa. Spesso la terra interposta fra strato e strato non era dello stesso colore o del colore comune della marna, talora appariva rossastra in altri punti di un color o giallognolo o cenerino o nericcio. Giova ricordare che i cocci, i carboni e le ossa quantinque si rinvenissero in abbondanza nei suddetti strati, si trovavano pure dovunque senza disposizione e regolarità alcuna (4). (4) Il Morselli, nella sua nota più vote da noi menzionata, ci dà l’ana- lisi microscopica, Sgpguita con diligenza anche dal sig. Curzio Bergonzini, del terriccio che costituisce per la massima parte il deposito mariero. Stemperato nell’acqua esso si presenta costituito da un fondo di piccolis- sima e finissima sabbia, i cui granelli sono in massima parte trasparenti, in parte anche opachi. In mezzo a questi si trovano dei granelli molto più grossi, alcuni pure trasparenti ed opachi e finalmente alcune festuche poco più grosse d’ un centes. di millim. lunghe 7 a 10 volte la loro gros- sezza, diafane e che rappresentano sicuramente minuzzoii di fibre ve- getali. I22 Alcuni degli strati quantunque disposti su di uno stesso piano erano inclinati ai piano orizzontale, ‘altri secondavano la curva di un monticello, cioè erano ondulati. L' inclinazione varia- va imperocchè gli strati s’ incontravano in alcuni casi e forma- vano un angolo. Queste differenze non impediscono, a mio avviso, di supporre che gli strati, almeno quelli disposti in un piano, fossero originariamente orizzontali e quindi i superiori paralleli agli inferiori. L' inclinazione e certe curve sono avvenute per inevitabili azioni meccaniche delle parti superiori delle terra- mare esercitate sulle inferiori. Passiamo ora a dire del suolo della terramare. La profondità dello scavo primo giunse fino a metri 4 50, e ad eguale profondità si arrrivò pure negli scapî secondo e terzo ; il quarto non fu condotto così profondo, ma fu esteso verso ponente fino al termine della terramare, come già dissi, allo scopo di rinvenire l’ argine che si scoperse già in altre. Il suolo della terramare è inferiore al piano generale delle campagne, come si è visto in altre del piano, e ciò non fa meraviglia per il fenomeno delle alluvioni. La natura del suolo è argilloso, quale è appunto la roccia che costituisce il sotto- suolo di quella località. Il pessimo stato di conservazione dei legni trovati non ha permesso di constatare |’ esistenza di un gran numero di pali piantati verticalmente sul suolo della ter- ramare, se non quando si giunse sul fondo argilloso dello scavo primo su cui vedevasi quà e là delle specie di macchie rotonde e nerastre; ma raschiando leggermente il suolo col taglio della vanga, i contorni di queste macchie sì facevano ben delineati, ed osservando attentamente la sostanza che le formava si vide manifestamente che era legno, e che quindi le apparenti macchie altro non erano che la sezione trasver- sale di legni a forma cilindrica. ‘Adunque non si poteva ormai dubitare dell’ esistenza di pali infitti verticalmente sul suolo della terramare; e conti. nuando ad esaminare diligentemente quel fondo se ne scopri- vano sempre dei nuovi fino al punto che nell’ intiera superficie di 48 metri quadrati ne contai 89 (V. Tavdlfig. 3 ). Nacque il desiderio di conoscere se simili pali si rinvenivano anche nel fondo degli altri scavi. Esaminato il fondo del secondo e del terzo scavo, ne fu dato costatarne l’ esistenza e segnata- mente in quest’ ultimo, in cui ne notammo parecchi, benchè dista dallo scavo primo. di metri 32. Tali osservazioni ci per- 323 mettono d’ inferire che in tutto il suolo di questa terramare od almeno per la massima parte esistono dei pali simili. Si volle poscia conoscere quale poteva essere stata la loro lunghezza, e a tal uopo s’° incominciò a scavare cun bel garbo tutt’ intorno alle sezioni di vari pali il terreno per isolare possibilmente la porzione che era infissa. nel suolo e con somma soddisfazione si constatò l’ altro fatto che que- sti pali terminavano a punta e precisamente nel modo che vediamo in altri pali pure trovati nel modenese, cioè a S. Am- brogio. La porzione di palo infissa nel suolo era più o ineno lunga a seconda della grossezza dei pali. Nei pali in cui fu fatta l'osservazione notammo che in generale era breve, il che ci fece concludere che il piano sul quale ci eravamo spinti collo scavare era. un poco inferiore al piano sul quale vennero in- fissi quei pali, dovendosi necessariamente ammettere che la parte infissa entro il suolo doveva essere maggiore; e infatti avevamo scavato un poco a dismisura per osservar meglio la natura fisica del suolo. Per calcolare la lunghezza dei pali non vi era altro mezzo che di osservare sulla parte inferiore delle pareti degli scavi, se si potesse scoprire qualche loro sezione longitudinale. Os- j Servammop infatti due sezioni longitudinali di pali, però al- “quanto corte. Questi due pali erano inclinati, quello che aveva la maggiore inclinazione pendeva verso nord. La brevità del tempo non ci permise di cercare con un opportuno lavoro nel seno della terramare altri pali e preparare delle sezioni longi- tudinali all’ altrui vista, se pure il pessimo stato di conserva- zion del legno, per la massima parte decomposto o infracidito, non lè abbia in gran parte scompaffé e commistò alla marna. Se non ci fu possibile di stabilire la lunghezza dei pali con quelle osservazioni, ci riescì invece facile stabilire le dimensioni approsimative del diamaeiro. Nella ‘tav. IV. fig. 2° abbiamo ap- punto rappresentate le sezioni trasversali dei pali, che rile- vammo dal vero. Hl massimo palo avrebbe un diametro di me- tri 0,34, il minore di 0,03; tutti gli altri un diametro inter- medio a queste cifre. Si\noti bene che questi numeri sono approsimativi, perchè la sezioni cerano prossime all’ estremità inferiore dei pali, cioè verso la punta. La distribuzione dei pali sul terreno, come si vede nella stessa figura, non è regolare, sono talvolta aggruppati a due, a tre, non sono quasi mai posti ad uguale distauza nè disposti 924 regolarmente o simmetricamente, solo in alcuni si nota una certa disposizione in linea retta. La terramare ha una superficie dì 84 are, cioè di 8400 metri quadrati e la superficie esposta al nostro studio era di soli 48 metri quadrati. Quindi possiamo dire che ve ne erano sicuramente di quelli disposti irregolarmente, ma non possiamo concludere che lo fossero tutti. Da scavi più ampi, segnata- mente da uno scavo che attraversasse l’ intiera terramare, si potrebbe probabilmente scoprire la distribuzione REST di molti. Oltre ai pali trovammo sul fondo una porzione di sostanza affatto simile alla stratificazione poc’ anzi descritta e considerata come un suolo; era dunque un pezzo di quel suolo caduto in fondo, e misurava tre decimetri per un lato ed uno circa dal- l’altro. (V. Tav. IV. fig, 2 ina). Non possiamo passare sotto silenzio un fatto singolare che ci sembra tuttavia difficile a spiegarsi senza fare qualche com- parazione colla conformazione di altre terremare studiate nel- l'Emilia. Ecco in che consiste. Sopra una parete dello scapo primo si osservavano le sezioni di cinque assi della lunghezza di circa un metro e mezzo. Erano inclinatgalquanto verso nord, fra loro parallel&e conservavano una distanza l’ un&Adali’ altra di circa 35 cent. (V. Tav. IV, fig. 3) Non dubitiamo che fos- sero assi, perchè la struttura del legno era manifesta, e perchè penetravano ‘assai nella terramare, ciò che non averebbe se fossero stati pali. | Un lungo strato, di quegli stessi che notammo e descri- vemmo qui sopra, attraversava a modo di secante le assi. Come spiegare il fatto? Lé'assi erano in origine o sotto 0 sopra a questo strato o suolo; se erano sotto riesce malagevole spie- gare come lo perforassero e quindi una porzione di essi si portasse al di sopra; o erano sopra e del pari è pure difficile imaginare una causa che le abbia condoite a perforare quel suolo e conservarle fra loro parallele. Poteva darsi anche il caso che queste assé fossero state piantate sopra il suolo, il quale fosse stato perforato per farle penetrare assai al di sotto. Ma quantunque questa spiegazione sembri la più semplice sta contro il fatto che nel punto ove l’asse incontrava lo strato, l’ interruzione di quest ultimo av- venne solo pel tratto della grossezza dell’ asse, nè potemino 925 notare modificazioni di sorta quali potrebbero avvenire in un piano solido in cui si facesse attraversare un asse. Lo studio delle terremare è importantissimo alla scienza, e ci fa non poca meraviglia che la nostra Deputazione di Storia Patria non si sia mai occupata di studiare questi depositi e non abbia seguito il lodevole esempio delle Deputazioni di Parma e Reggio. Per completare quanto riguarda la conformazione delle ter- ramare accennerò da ultimo all’ argine, osservato in qualcuna delle terramare dell’ Emilia, e formato di terra naturale ma smossa ed evidentemente accumulata con arte. La mancanza di tempo e l’ impossibilità in cui eravamo di eseguire degli scavi a mostro piacimento c’ impedirono di rendere |’ argine evidente alla comune osservazione. Il taglio che partiva dallo scavo quarto, condotto sull’ estremità ovest della terramare, non fu sfondato sufficentemente. Tuttavia sembrò al Ch. Prof. Chie- rici, esperto osservatore delle terremare, ed ad altri ancora, di vedere traccia dell’ argine. In questa relazione io ho esposto fedelmente i fatti, ho de- scritto od accennato quanto si è trovato negli scavi, e se qualche volta ho voluto dare una spiegazione fu sempre indi- ‘pendentemente da qualsivoglia ipotesi preconcetta. lo ho sempre cercato di spiegare il fatto fisicamente, cioè, in che modo sia avvenuto, studiando sulla natura del deposito; e se le mie spiegazioni saranno erronee, mì si dovrà provare |)’ er- roneità con altri fatti pure di natura fisica o con più per- fette ed ingegnose interpretazioni dei fatti stessi. 326 PARTE 2.* CONCLUSIONI: I. PALAFITTA DEL MONTALE. Facciamo alcuni confronti fra Ja terramare del Montale e le altre studiate nell’ Emilia. In altre due del modenese si sono trovati dei pali. Nel Museo Civico, per cura del suo doito e solerte direttore ne vediamo esposti sei in buonissimo stato di conservazione trovati a S. Ambrogio. Il maggiore è lungo metri 2, il più corto metri 4,40, il loro diametro è in media em. 20. Sono pesantissimi poichè il legno è passato allo stato di lignite, si è quindi fossilizzato. A Gorzano furono trovati nel fondo della terramare 18 pali. Hl Coppi ne da le dimensioni ( V. Monografia eee. pag. 48). Pel. diametro della sezione trasversale, che in alcunì è quadrata, in altri circolare, la massima cifra è metri 0,11, la minima metri 0 05. Per il tratto con cui si approfondavano nel suolo il numero massimo è metri 0 62, il minimo 0, 45. Nel Reggiano quattro terremare furono osservate con pali, in una il prof. Chierici ha contato entro lo spazio di 240 m. q. 124 buche di pali. ( Y. Antichità preromane ecc. pag. 9 ). Nel Parmense fu scoperta a Castione la prima palafitta nel fondo di quella terramare. Un altra venne scoperta entro il circuito delle mura della città dì Parma. ( V. la Seconda re- lazione di Strobel e Pigorini.) La terramare del Montale ha dunque analogia con altre. terremare in cui si rinvennero pali. Oltre ai pali abbiamo detto nella prima parte che si osservarono legni ed assi; ora i legni e le assi dovevano sicuramente essere in rapporto coi pali, sia perchè questi, calcolando la loro possibile lunghezza, arrivavano al punto ove esistevano quelle; sia perchè non si sa- prebbe intendere come tanti pali piantati in quel fondo non avessero qualche scopo; ma vi è tutta la probabilità che i pali sostenessero un piano orizzontale e questo piano fosse benis- simo formato dai legni orizzontalmente disposti e dale assi. | 327 Pertanto io credo di poter provare che al Montale esisteva una palafitta affatto simile a quella che il Pigorini e lo Strobel scopersero a Castione; almeno in ciò che riguarda la costru- zione coi materiali di (Gua Istituisco adunque un confronto. A Castione in mezzo ai pali e con essi confuse, or sopra or sotto ai medesimi, incontravansi le travi a prima giunta in- distinguibili daì pali, perchè il solo esame delle estremità spiegò agli osservatori suddetti la destinazione di quei pelle Noi al Montale trovammo travi, come già dissi, ad un’ al- tezza quale presumibilmente avrebbero avuto i pali interi. Le travi erano disposte orizzontalmente ma non tutte comprese . nello stesso piano, cosicchè aleune rimanevano sotto alle altre, A Castione i pali erano piantati più o meno profondamente, erano più o meno tra loro distanti, ora isolati, ora aggrup- pati. AI Montale abbiamo notato altrettanto; ma in quanto alla regolarità della loro generale distribuzione, dissi, che nulla po- tevasi concludere stante la limitata superficie studiata, Noi non siamo stati abbastanza fortunati di poter osservare le teste dei pali, nè di trovare vari gruppi di assi in posto sulle travi, come lo furono gli osservatori della palafitta di Ca- stione, che poterono constatare che |’ assito era composto di un solo strato di. assi, le quali non erano fermate sulle travi nè da chiodi, nè da vimini, nè da incastri di sorta, ma tenute ferme unicamente dal peso del sovraposto pavimentto. Al Montale si trovarono pezzi di travi o tronchi d’ alberi, o diverse assì, fra le quali alcune disposte obbliquamente; e se ha qualche valore un’osservazione negativa non trovammo ne’ chiodi, nè altro che indicasse congiunzione degli assi coi pali. Il fatto accennato nella relazione, cioè di arene assì pa- rallel&/( V. Tav. IV, fig. 83) che attraversano uno strato 0 pa- vimento, prova che queste assi erano unite in qualche maniera con quel pavimento, come infatti a Castione si vide che sul- | assito era sovraposto uno strato alto di terra sabbiosa e giallognola, una sorta di pavimento. Il pavimento non fu trovato a Castione ovunque a contatto coll’ assito; e noi pure abbiamo veduto che non solo il pavi- mento a cui erano unite quelle assi, ma anche tutti gli altri 328 consimili non si estendevano in tutta la terramare, ma soltanto per un certo tratto. La differenza più notabile fra Je due palafitte sta nel fondo sul quale furono costruite. ÎÌn Castione si scavò un bacino e dentro si costruì la palafitta, al Montale invece si formò il ba- cino con un argine, ma il fondo di esso era quello originario del piano della campagna. Ciò non toglie, a mio parere, che la costruzione coi materiali di legno non sia in gran parte fatta collo stesso disegno. Finalmente tanto a Castione quanto al Montale, al di sopra della palafitta eravi circa due metri di terramare, la quale però non aveva in entrambi i:luoghi la stessa conformazione. AI Montale cercammo invano una conformazione analoga a quella che si vede nella fig. 22 della Seconda relazione, pag. 45 cioè i cumuli di terra sabbiosa con pochi carboni, cocci ed ossa, separati tra loro dai lati da altri differenti, cioè di colore nerastro con cenere, carboni, cocci ed ossa in abbondanza. Po- trebbe però darsi che ulteriori scavi al Montale ci svelassero in alcune parti una disposizione simile. Anche le osservazioni del Boni sulle valve dell’ Unio pro- vano l’ esistenza di una palafitta al Montale. Egli ha osservato che le valve dì questi molluschi variano nelle dimensioni dal grande al piccolo in guisa da potersi ritenere che vi siano rappresentati tutti gli stadi della loro vita, Le valve sono ta- lora frammiste a carboni ed a rottami di stoviglie spesso semi- fuse dall’ ardente calore sofferto, e pur sempre si presentano naturali e col loro aspetto margaritaceo. Questi fatti provano: che le valve dell’ Unio non erano importate sul luogo dall’ uomo, e quindi fin quella stessa precisa posizione esisteva dell’ acqua; che questi molluschi trovarono la morte o per avvenuta mancanza d’ acqua, o la trovarono spésso parzialmente per l’ avvicendarsi del getto dei materiali nei quali si mescolarono i loro avanzi cioè le valve. Dai confronti e dai fatti esposti, possiamo dunque conclu- dere che in fondo alla terramare del Montale esisteva una pa- lafitta; ed avendo eziandio notata |’ analogia che passa tra questa e quella di Castione riconosciamo un’ esecuzione collo stesso disegno o sistema. » 329 II. ABITAZIONE SULLA PALAFITTA,. Altri ben più valenti di me hanno luminosamente provato che le terremare e le palafitte sono gli avanzi di stazioni di popoli antichi. Le opposizioni che si sono fatte finora a questa teoria, sono a dir vero poco serie. Chi ha sostenuto essere le terremare avanzi di roghi .o cremazioni etrusche,. galliche e romane; chi avanzi di riti religiosi, di sacrifizi, di feste, di conviti, di fabbriche d’ armi e d’ istrumenti; chi credette scòr- gere in esse gli avanzi delle inferiae romane; chi ritenne an- cora fossero magazzini di biade o luoghi di mercato ecc. ecc. Dalla storia scritta o dalle memorie storiche di qualunque genere giunte fino a noi, nulla si può dedurre di positivo e di certo intorno alla natura delle terremare. La varietà delle opinioni suriferite, di cui nessuna certamente ha prevalso o. infirmata | altra che le terremare siano state abitazioni, ce ne dà una prova. : «Chi imprende lo studio delle terremare dovrà fare delle congetture sui fatti osservati in esse, dovrà trarre i suoi argo- menti dallo studio della uatura di questi depositi; e se vorrà che le sue conclusioni siano giuste e, per quanto è possibile, esatte, dovrà sopratutto istituire dei confronti con altri depo- siti, con altri monumenti od avanzi già stati studiati in altri paesi e della cui alta antichità non si disputa più fra gli scienziati. lo dico ciò, e dichiaro di dirigere queste osservazioni a coloro a cui non garba sentirsi ripetere, che le terremare pussono essere state abitazioni di popoli, quasi che la civiltà non fosse mai progredita e gli uomini avessero sempre fabbri- cate delle case, dei palazzi e delle città per vivere come fanno al presente le generazioni incivilite. lo non trovo punto strano ed assurdo ammettere che Je prime popolazioni di queste contrade abitassero sulle palafitte, le quali furono costruite perchè il terreno era prima coperto di acqua poco profonda o poca estesa o forse stagnante; e può essere, come diee il Chierici, che racchiudessero le acque de- rivate da un vicino torrente, dentro un’ arginatura di terra o ghiaja, ed entro ad essa s’alzasse una palafitia e sul palco co- perto d’ uno strato di sabbia calcare si fabbricassero a rego- 28 390 lare distanze le capanne non murate nè intonacate, ma di legno e paglia. Tutto ciò peraltro poteva venir fatto per _ scopo di difesa. ‘precipuamente dell’uomo contro l’uomo come opina il Cane- strini. Le palafitte sono costruzioni che rimontano ad un’ epoca antichissima. Tanto nei laghi della Svizzera quanto in quelli d’ Italia si sono trovate delle palafitte, ed è oggi incontrasta- bilmente provato che sono avanzi di abitazioni lacustri. Così abbiamo avanzi di abitazioni lacustri anche in Irlanda (cran- ‘ noges ). Il celebre Virchow visitando gli scavi del Montale, disse che trovava una AO fra le terremare e i Burgwdalle della Germania i quali appartengono ai primordi dell’ epoca slava. Lo stesso autore ha inoltre scritto, che cer- tamente il modo di abitare 0 di vivere sulle terremare e sui Burgwdlle deve aver avuto la maggior rassomiglianza, dice che alcuni dei toro Burgwdlle stanno in diretta connessione colle palafitte delle terremare e persino il modo di costruzione di esse si accorda con quanto egli riferì alla Società Berlinese di Antropologia, Etnologia e Storia Primitiva, sulle palafitte di Pomerania a Lùptow, Daber e Persanzig. Gli oggetti trovati rei Burgwdlle differiscono assai da quelli trovati nelle terremare. Questo fatto ci attesta anche la differenza fra i popoli dei Burgwdille e quelli delle terremare. Laonde possiamo concludere, che le palafitte erano costruzioni assai comuni anche fra ? diversi popoli nei primordi della loro civiltà. Di Ma v' ha di più, Un gran numero di fatti ci dimostrano che sulle palafitte vissero non solo i popoli dell’ Europa nei primordi della loro civiltà, ma in tutte ie parti del mondo vi furono e vi sono tuttavia popoli che vivono sulle palafitte. i ‘ Citerò qui alcuni fatti, fra i quali diversi citati già dal chiarissimo mio amico il Pigorini, in un suo articolo le Abita- zioni palustri. ( V. Nuova Antologia, Gennajo 4370, pag. 39). In Asia incontransi case su palafitte in terra asciutta nella Concincina, nel Cambdoge e nel regno di Siam. ( V. Le Monde Illustré 9.° année 446 pag. 496 — e il Giro del\Mondo vol. |, pag. 300, 3419, 324). In parecchi luoghi dell’ Impero Chinese vi sono delle isole galleggianti, costrutte su grossi bambù, le quali sostengono delle abitazioni. L’ antica capitale dei Cosacchi del Don (Teckerkask) è costrutta sovra pali in mezzo alle acque, i P 951 In Affrica non mancano esempi di costruzioni acquatiche recenti, così nella tribù vivente sulle rive del Tsadda. (V. Tro- yon, Habitations lacustres des temps arciens et modernes, pag. 240 ). In America la città del Messico venne fondata nell acqua e sostenuta quindi da pali. Circa duemila abitazioni erano edifi- cate nell’ acqua a due leghe di Messico. Nell’ Oceania sono frequentissime le abitazioni acquatiche fra gli indigeni delle isole di Sumatra e Borneo, come eziandio alle isole di Solo, Mindinao, Caroline, Celebes ‘e di quelle di Ceram e di Labuam. {V. Dumont d’ Urville, Voyage de décou- vertes autour du monde, ed altri autori). In tutti questi luoghi trovansi abitazioni o case sostenute da pali piantati in mezzo alle acque. I Papusi della Nuova Guinea, dice il Pigorini, banno vil- ‘laggi che offrono materia al più esatto riscontro colle abita- zioni lacustri dell’ Europa. « Tra i Papusi s’ incontrano, in « nnmero stragrande, dei pali confitti verticalmente nelle acque, « a breve distanza dalla riva e disposte in tante file parallele « ad essa, i quali sostengono un impiantito poco più alto del « fior d’ acqua. Sull’ impiantito medesimo s’ innalzano delle « capanne intrecciate di pali e giunchi, e 1’ abitatore di esso « si trasporta sulle sponde quando più gli aggrada, o passando « un ponte, o tragittando sul. canotto fatto di un tronco « d’ albero. » / l In conclusione, noi vediamo. che le abitazioni fatte sopra palafitte tanto nell'acqua quanto all’ asciutto è un fatto che ha il suo riscontro presso tutti i popoli nel primo stadio della loro civiltà. Abbiamo esempi di simili costruzioni tuttora esi- stenti presso popoli viventi, abbiamo esempi di altre scom- parse, ina delle quali fa cenno la storia, abbiamo infine, altre di cui la storia scritta non può farne menzione in causa della grande antichità. Dopo queste considerazioni parmi sì debba ammettere, che la palafitta del Montale da noi descritta, sia stato un luogo di abitazione. 392 III. LE TERREMARE ERANO LUOGHI DI ABITAZIONE. Credo di poter addurre altri argomenti comprovanti che le terremare erano luoghi di abitazione. AI disopra della palafitta, come abbiamo | ‘detto, vi è un cumulo di circa due metri di terramare. Tutto questo cumolo, del quale già indicammo la sua particolare conformazione, non ha una plausibile spiegazione, se non si ammette che nello stesso luogo si proseguì ad abitare all’ asciutto. i Cessato il bisogno di costruire una palafitta, tuttavia per una naturale inclinazione dell’ uomo, le genti che vivevano già sulla medesima, oppure altre che mai fossero sopraggiunte, abitarono su quello stesso luogo. È ciò non deve recar mera- viglia, se ognuno riflette quanto sia difficilissimo anche ai giorni nostri che una città od una borgata qualuaque venga abbandonata o distrutta. Se porremo attenzione alla parte dia recente delle terre- mare, e faremo delle osservazioni procedendo dall’ alto al basso, cioè dai tempi attuali e discendendo regolarmente, noi vedremo le traccie incontrastabili di tutti i tempi storici. La terramare di Gorzano da me più volte osservata, offre un esempio evidentissimò alla mia asserzione. Uno spaccato verti- cale, che era stato praticato in essa, presentava «chiaramente i diversi periodi di sua esistenza come in un sol quadro. Supe- riormente il periodo attuale vedevasi contradistinto per esservi edificata una chiesa ed alcune piccole case; il periodo medio- evale contradistinto dalla presenza di oggeiti e scheletri; poscia il periodo della dominazione romana in cui furono trovati ogget- ti ed una edicola. ( V. Coppi. Annuario della Società dei Natur. Anno V.°) E al disotto di questi avanzi incominciava il depo- sito della vera terramare. Procedendo con quest’ ordine anche per le altre terremare la dimostrazione si completa, poichè gli oggetti che non sono in una, sono in altra, e i periodi suac- cennati si osservano più ‘o meno in tutte. Adunque nessuno può menomameate dubitare, che. risalendo fino ‘all’ epoca r'o- mana le terremare siano state successivamente abitate. Nel pe-. riodo recente vi si trova la nostra generazione, più in dietro vi fu quella del medio evo; ambedue questi periodi fecero le terremare sede di paesi, castelli, chiese e notevoli edifizi. Più indietro ancora si collocarono i coloni romani, come nota il 399 Chierici. Qui cessano i periodi in eui vi è tutta la certezza storica ed incominciano i periodì preistorici. Le prove. adotte che ia palafitta, ia quale costituisce la parte inferiore della nostra terramare, sia stata un luogo di abitazioni; le prove addotte che per molti secoli la parte su- periore sia stata successivamente sede, o in un modo o in un altro, delle varie generazioni che si sono succedute fino a noi; la conformazione propria della vera terramare da noi studiata, dimostrano chiaramente che quest’ ultima deve essere stata suecessivamente abitata. Ma abbiamo ancora dei fatti cre convalidane la nostra in- duzione. In diverse terremare dell’ Eriilia si è trovato, ma solo su- periormente, oggetti dell’ età del ferro; ecco dunque un pe- riedo più recente che si contradistingue evidentemente dall’al- tro in cui non si trovano che oggetti di bronzo. Nella terramare del Montale“ non è stato finora trovato altro metallo che il bronzo; essa dunque appartiene all’ età del bronzo e manca il periodo, in cui si collocarono e sovraposero, come avvenne in altre, le Son importatrici del ferro (5). Rammentiamo i vari pavimenti a diverse altezze e quasi paral- leli descritti nella prima parte; essi sono per me una prova del soggiorno di successive generazioni durante | età del bronzo. Se non si dovesse ammettere che questi pavimenti fos- sero stati il vero suolo di una abitazione, quanta non sarebbe la difficoltà di spiegarli altrimenti! e in quale-aperta contrad- dizione non sarebbero le spiegazioni date allo strato più infe- riore della terramare e palafitta, e agli strati superiori ove si leggono le incontrastabili traccie deil’ uomo per più secoli? A favore della teoria delle abitazioni stanno gli oggetti da lavoro e d’ industria che abbiamo descritti od accennati nella relazione. Così il martello di corno di cervo, l’ ascia o zappa de- descritte a pag. 344 e fisurata nella tavola V, fig. 22, lo scal- pello di bronzo deseriito a pag. 309 e figurato nella stessa ta- vola fig. 1°; il frammento di vaso con traccie di rame fuso, le macine ecc. sono tuiti oggetti che accennaho ad un lavoro- Molti oggetti di corno di cervo e quello sopratutto descritto a pag. 315 e figurato nella tav. V, fig. i addimostrano manife- stamenie che n luogo sì esercitava un’ industria. (5) Gli oggetti di ferro accennati alla. pag. 5414 e trovati nello strato più superficiale delle terramare non sono molti antichi, 354 Gli strati talora a monticello, talora quasi piani, di carboni con frammenti di vasi ridotti pel forte calore leggeri, spugnosi, simili a scorie, possono essere stati i luoghi di fusione dei me- talli. (V. Boni, Terremare Modenesi pag. 74 ). I frammenti di lastroni di terra -appianata, i pavimenti più volte citati di terra battuta, 1 pezzi di sostanza singili ad un intonaco ( V. pag. 320 ), ie assi, i legni, sono gli avanzi delle capanne o dimore del popolo delle terremare. Qual altra spie- gazione possiamo dare migliore, di questa ? Dai confronti che si sono faiti delle terremare coi Kjoekken- moedding della Danimarca, coi Tepe della Persia, colle Stazioni preromane della Svizzera, e recentemente coi Burgwdlle delia Germania, si è potuto concludere che tutti questi depositi sono analoghi. Chi vorrà provare che le terremare non sono abitazioni, dovrà provare che. non esiste analogia fra esse e i suddetti depositi. Ardue difficoltà ‘invero si presentano a chi volesse as- sumere un tale còmpito. NOTIZIE sopra alcuni avanzi preistorici rinvenuti nei dintorni di Termini-Imerese in Sicilia. — Comunicazione del socio onorario Prof. SAVERIO CrioraLo, letia alla Società dal Vice-Presidente Cav. Prof. DomenIco RaGoNA nella seduta or- dinaria. del:14 Marzo. Nei primi mesi del 4871 il mio amico Sac. Palumbo annun- ziavami |’ esistenza di una caverna nelle campagne di Termini, contenenti avanzi deli’ età preistorica. Mi animava a fare as- sieme delle ricerche in quei luoghi, ma | occupazione dei miei ‘studi era tale in quei momento che dovetti rifiutarne l'invito. Fu allora che da solo si accinse all’ impresa, e difatti le sue speranze non andarono tanto fallite; poichè portatosi sul luogo e fatte ie prime ricerche, ebbe ad osservare nei dintorni di quella grotia dei frammenti di mattoni e di vasi di terra cotta ‘molto abbondanti, ma appartenenti ai tempi storici. Dirimpetto la grotta ove il terreno è fortemente ondulato, appena levata superficialmente un po’ di terra, rinvenne delle schegge di armi di selce, di frammenti di stoviglie rmolto grossolane e qualche pezzetto di osso, Dentro fa grotta poi rinvenne pochis- simi oggetti. Dopo qualche tempo che il detto mio amico gentilmente mi avea presentato gli oggetti rinvenuti, volli andare io stesso a Visitare quella grotta, c rovistando assieme col Sac. Palumbo, trovammo a poca profondità un raschiatoio, due coltellini, un cuneo ed un pezzetto d’ osso acuminato da far supporre essere una punta d’ ago; oltre a vari frammenti d’ ossa appartenenti ad animali domestici. Ù In altre esplorazioni si rinvennero numerose schegge, qual- che coltellino fratturato, non che delle matrici ed altri fram- menti di stoviglie di terra grossolana. In uno di questi fram- menti di terra vi si osservano alcune linee che probabilmente pare che siano incise con qualche scheggia di selce. ® 396 La grotta esposta all’ Oriente, giace in una altura dove scorre vicino un piccolo burrone. Dessa non è tanto grande e nella maggior parte trovasi riempita di terra analoga alla vegetale alquanto sciolta di un color grigio tendente al rosso. Tralascio di dire qualche altra cosa, perchè il Sac. Palumbo mi ha promesso che ne scriverà lui una estesa relazione. Debbo inoltre qui aggiungere che nel mese di ottobre ultimo alle falde del nostro monte Euraco o S. Calogero, alla distanza di due chilometri circa dal mare, ebbi l'occasione potere osser- vare due grotte. In una: non trovai indizio aleuno di antica abitazione; nel- l’altra che è molto più grande vi rinvenni huona messe di selci, alcuni frammenti di stoviglie, ed un pezzettino di osso incrostato in una delle pareti della grotta. Tali avanzi mi fan dire con certezza essere stata questa grotta abitata nei tempi preistorici. In essa si osservano due scompariimenti. Uno a poca profondità dal suolo, ba la forma quasi rotonda. L’ altro scompartimento è più profondo e vì si scende per gradini praticati sulla stessa roccia. In fondo poi si diramano parec- chie propaggini, che si addentrano in varie direzioni, le quali sempre più restringendosi diventano impraticabili. Nel suolo vi ha uno strato di terra fangosa di un color rosso-scuro con qualche pietra angolosa. Avrei continuato ben volontieri le mie ricerche in questa caverna, ma la poca sicurezza delle nostre campagne non me l’ha permesso punto, poichè allo spesso, la grotta in parola, è visitata dali’ uomo brigante. RIVISTE © BIBLIOGRAFIA — SULA COSTILUZIONE. FISICA DEL SOLE: = Comunicazione del Prof. L. RESPIGHI. Siccome a pag. 243 (Disp. 5° e 6°) riferimmo la risposta del P. Secchi alle osservazioni fatte ad una sua memoria dal prof. Respighi in. una comunicazione, che solo ultimamente ci è pervenuta, ora ci crediamo in dovere di riassumere le ragioni per le quali il prof. Respighi daiverge dai P. Secchi, limitan- doci ad una semplice esposizione, poichè per noi il posto con- veniente è quello di spettatori nella interessante lotta fra que- ste due celebrità astronomiche, lasciando al tempo il posto di giudice in così sublime, ma altrettanto scabroso argomento d’ Astronomia Fisica. 4.9 Il rinforzarsi di certe righe spettrali sul nucleo delle macchie, non è dovuto ad assorbimento elettivo, ma alla di- minuzione della juce diffusa, per cui esse divengono visibili nel loro stato. normale, onde alcune appariscono allargate altre inalterate. 2.° Il prof. Respighi non ha decisamenie asserito che sulle macchie manchi lo strato d’ idrogeno, ma che ivi lo strato rosato è basso e regolare, e quantunque vi si possano trovare masse idrogeniche, d’. ordinario non sono luminose o lo sono solo eccezionalmente; ed infatti la riga spettrale C dell’ idrogeno per lo più si presenta nella sua normale gros- sezza e distinzione sui nuclei più, oscuri, mentre essa è inde- bolita e spesso velata sui contorni dei nuclei stessi. Inoltre allorchè si osserva una macchia presso al lembo del sole spesso si rileva l’ assottigliamento dello strato rosato, e talora delle interruzioni più o meno marcate del medesimo. 3.° Quantunque dal P. Seechi e dal maggior numero degli astronomi si ritenga che le facole sieno prominenti sulla superficie del sole, pure ciò non è ammesso dal prof. Respi- ghi, il quale dice non aversi che prove indirette del loro rilievo, e ci sembrano tali per il noto effetto che in noi pro- duce un corpo luminoso in un campo oscuro o meno luci- 538 do, dal quale ci pare che si stacchi; altrettanto averrebbe delle facole sul fondo meno risplendente della fotosfera; le irregola- rità poi che presenta |’ orlo solare quando su di esso si tro- vano delle facole, son ritenute dall’ autore come apparenze prodotte dal contrasto e dall’ irradiazione, per la quale sembra che îe facole si dilatino oltre al disco solare e quest’ illusione sarebbe rinforzata dallo stato di oscillazione nel quale trovasi ordinariamente ii bordo solare, in forza della seintillazione. 4.9 Associandosi allo Spòrer, il prof. Respighi si mette in lotta col maggior numero degli astronomi, negando 1° ipo- tesi di Wilson sulla costituzione delle macchie solari in forma d’ imbuti, affermando potersi spiegare il loro aspetto crateri- forme, colle eruzioni che avvengono tutt’ attorno ai nuclei delle macchie e non sui nuclei stessi. 5.° Sebbene le facole sieno d’ ordinario accompagnate da protuberanze, pure non si possono immedesimare con esse, poichè talora macchie ben definite e stabili sono circondate da facole, mentre vi mancano le protuberanze: |’ autore però ag- giunge che questa questione è molto ardua e richieggonsi an- cora numerose osservazioni per decideria. 6.° La spiegazione delle macchie e delle protuberanze devesi ricercare nelle continue eruzioni solari. Non osterebbe I obiezione del Secchi della conseguente esaustione interna del sole e l'aumento deli’ atmosfera esterna che non.è stato veri- ficato da chè si fecero tali osservazioni; perocchè ammettendo le condizioni della massa gazosa interna del sole come le sup- pongono Respighi e Zoilner, si avrebbe nel sole tanto gaz da rinnovare parecchie migliaia di milioni di volte Ja eromosfera, malgrado la sua enorme altezza di 8 o 9 mila kil. L’ invaria- bilità dell’ altezza di questo sirato si spiegherebbe col passaggio dell’ idrogeno allo stato oscuro 0 colla sua combinazione con- altre sostanze. 7.° Le oscillazioni dei ‘getti non sono reali spostamenti di materia, i quali dovrebbero compiersi con inconcepibile ve- locità, ma sono apparenze le quali hanno la stessa origine che la scintillazione delle stelle, nel vario potere rifrettivo delle di- verse parti della nostra aimosfera in causa dei cambiamenti di temperatura. 8.° Il prof. Respighi non ammette col P. Secchi che queste agitazioni possano essere prodotte da mutamenti di ri- frangibilità in causa del moto, perchè questi spostamenti si 339 producono in ogni senso e nen nel solo della variazione di ri- frangibilità e perchè sf dovrebbero ammettere nelle varie parti dei getti cambiamenti di enormi ed inconcepibili di velocità e direzione. 9.° Può essere che le frangie gialle che attorniano V im- magine rossa delle protuberanze e la riga gialla (D?) che ac- compagna la riga rossa (CL) provengano da un imperfetto acro- matismo dell’ obiettivo dci cannocchiali, che agirebbe come pri- sma a debole dispersione, portando sulla fessura due immugini luna gialla e 1 altra rossa od anche P una o P altra separata- mente. Però siecome egli non ha mai vista la riga gialla scom- pagnata dalla rossa, conclude, che se la riga gialla non appar- tiene all’ idrogeno deve certamente appartenere a qualche gaz che sempre gli è misto. nt 10.° Negando 1’ autore |’ identità dei getti ( protuberanza a forma di getto) molto lucidi colle facole, ne deriva che nem- ‘meno ammetie col P. Secchi, che la granulazione della super- ficie del sole sia prodotta da tanti piccoli getti o fiamme. 44.° La base della cromosfera è formata non solo d’ idro- geno, ma ancora di altri gaz incandescenti, i quali coi loro assorbimenti elettivi diminuiscono la luce intensissima ed a spettro continuo della fotosfera. 42.9 Gli studi sulle macchie solari del Scechi, del De-la- Rue, dello Spòrer ece., quantunque preziosissimi non son suffi- centi per stabilire una vera teoria sulla ‘costituzione del sole. 13.° Gli studi attuali delle protuberanze come più stret- tamente risguardanti la: struttura’ intima dei sole, debbono for- nire la chiave dei problema, e ad essi si debbono subordinare gli altri e quando occorra si dovrà ritornare alle. prime idee, qualora fossero più corcordanii coll insieme dei fatti. A. Riccò INDICE DELLE MATERIE PER NOME D'AUTORE Miemorie originali BONI C. Le valve dell’ Unio nella terramare del Montale . . Pag. 171 BONIZZI P. Relazione e Conclusioni sugli scavi fatti nella ter- ramare del Montale nel settembre A87A . ... .. » 5307 BUSINELLI F. Lettere ad un medico condotto di campagna » 97 e 245 CANEST'RINI G. Nuove specie di Opilionidi italiani .. . ... » 221 » Nuova specie di Opilionide . . . TE T00O DODERLEIN P. Alcune generalità intorno alla puma io dei Vertebrati. . - ++. » 29-65-200 e 267 MAZZETTI G. Cenno intorno ai Fosa di Moni PARE MZ ORSONI F. Le Anidridi, gli ossidrili ed i sali della teoria i atomica . . . SUS Oh) RAGONA D. Sui principali razor del le variazioni urna del calore atmosferico . . .-. .- +. + » 59-76-105 e 177 » Riassunto delle osservazioni maia ecologiche fatte nel k. Osservatorio di Modena nei mesi di Giugno, Luglio CIA GOSTORA STANNO Ri DG 105 e 175 RICCO’ A. Sul modo di calcolare l’ azione civici alone sui vege- io » 1 VLACOVICH P. Gi presenza dell’ aida urico Hiclta culo del DACO CORSE N IR 243 Comunicazioni BONI C. Deposito di selcî lavorate a Formigine presso Modena. Pag. 285 BONIZZI P. Di alcune cognizioni degli antichi intorno alla storia naturale dell’ ape . . . » 56 » Nuova scoperta falta dal Sig. Di Voto (Rerreiti l di una caverna contenente avanzi dell’ eta preistorica. » 226 .CIOFALO S. Notizie sopra alcuni avanzi preistoricì rinvenuti nei dintorni di Termini-Imerese in Sicilia. . . . » 335 MAGIERA A. Sul passaggio dello Storno roseo avvenuto nella scorsa prîmavera in vari punti del modenese . . . » 250 I42 Riviste e Billiografia BONIZZI P. Intorno alla luce emanata dal grasso. -— Nota «del Prof: P. Panceri » Intorno a due Pennatulari” = - Nota del Prof p. Pani ceri » Note Zaglogiche del an? 6. ii ini. » Sulla riproduzione degli axolotl del Messico. — Nota del Prof. L. Desanctis . ARR RE » Sull Ermafroditismo Lo dell Anguille. .— Comm. Prof. G. B. Ercolani I Ue RICCO? 4. Sulla distribuzione delle proivberanze interno h. disco solare. — Memoria:del P. Angelo Secchi. » Sopra un nuovo metodo speltroscopico. — IVota del P. A. Secchi gi AREA » Ricerche Solari. — Nota del P. A. Secchi . » Sulla costituzione fisica del Sole. — Comunicazione del Prof. L. Respighi . A_N i i È; Di PARE SANA © rivi al N Annu Si Annuario della Soc.dei Nat.in Modena, Anno VL Tav. IV. si Bonizzi, Terramare del Montale Lit. A Cappelli, Modena-. Bonizzi, Terramare del Montal Armuario della Soc. der Nat.in Modena, Armo VI Tav. V peso — anne CSI Dispensa 1.° Luglio 1871 ANNUARIO DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN. MODENA Anno VI.° REDAZIONE del Segretario della Società PAOLO BONIZZI Sommario RICCO’ — Sul modo di calcolare 1’ azione del calore sui vegetali. DODERLEIN — Alcune generalità intorno la fauna sicula dei vertebrati. RAGONA — Sui principali fenomeni delle variazioni diurnè : del calbre atmosferico, risultati di un biennio di osservazioni termo- grafiche. BONI — Calce idraulica. BONIZZI — Di alcune cognizioni degli antichi intorno alla storia naturale dell’ ape. » — Riviste e Bibliografie. RAGONA — Osservazioni meteorologiche del giugno (871. MODENA TIPOGRAFIA DI LUIGI GADDI GIA” SOLIANI 1871 D ——____—_ mm ———m —_—_—____— té St+..t==i Necrologia Nelle ore pomeridiane del 4 agosto corrente cessò di vivere dopo lunga e penosa malattia |’ illustre professore Cav. Paolo Gaddi. Non è possibile dire in breve della vita e degli studi di quest’ uomo insigne ‘per la sua vasta dottrina, per lo zelo indefesso che spiegò mai sempre nel suo insegnamento e per la costante attività nel for- mare e dirigere il Museo di Anatomia Umana che è uno dei più splendidi monumenti del suo sapere, un orna- mento magnifico della città di Modena, e |’ ammirazione dei dotti. In una prossima dispensa verrà pubblicata dal socio ordinario Prof. Giovanni Generali la biografia dell’ illustre defunto. LIBRI inviati alla Società in cambio 0 in dono A. RICCO' — Il sole — Lezione popolare — Modena 1871. G. BELLUCCI — Sull’ Ozono — Note e riflessioni — Prato 1869. @ — Avanzi dell’epoca preistorica dell’ uomo nel territorio di Terni — Milano 1870. G. VIMERCATI — Rivista scientifico - industriale del 1869 — Firenze 1870. a — Rivista scientifico - industriale \del 1870 — Firenze 1871. ARCHIVIO per. la Zoologia, l’ Anatomia e la Fisiologia j pubblicato per cura dei Professori S. Ri- chiardi e G. Canestrini — Serie II, Vol. 1 — Torino e Firenze 1869. a Serie II, Vol. II — Fascicolo 1° Marzo 1870 — Torino e Firenze 1870. SCHRIFTEN der Koniglichen Physikalisch - Oekonomischen Gesellschaft zu Kònigsberg. — Achter Jabr- gang 1867 — Erste und Zweit abtheilung — Kébnigsberg 1867. C Neunter Jahrgang — Erste und Zweit ab- theilung — KOnigsberg 1868. P. PAVESI — Nota su di un vitello mostruoso. A. PREUDHOMME DE BORRE — Note sur le Byrsax ( Bo- letophagus ) Gibbifer Wesmael e sur la place qu’ il doit occuper dans la classifica- tion actuelle de la Tribu des Bolitophagi- des — Bruxelles. BONI - GENERALI — Terremare modenesi 1870. ARCHIV fur die Naturkunde Liv-Ehst-und Kurlands — Erste Serie — Sechster Band Dorpart — 1870. | a Zweite Serie — Siebenter Band Dorpart — 1370. D. RAGONA — Descrizione della nuova finestra Meteoro- logica del R. Osservatorio di Modena — Modena 1871. ATTI della R. Accademia dei Fisiocritici di Siena, Vol. 5°- 6°-7° — Siena 1868-70. RENDICONTO delle sessioni dell’ Accademia delle scienze dell’ Istituto di Bologna — Anno Accade- mico 1869-70. Bologna 1370. (Continua) Congresso internazionale di Antropologia e di Archeologia preistoriche. =_= Nel giorno î° Ottobre prossimo si radunerà in Bologna la 5° Sessione del Congresso internazionale di Antropo- logia e di Archeologia preistoriche e re sarà presidente il Chiar.mo G. Gozzadini. 1 membri del congresso studieranno e discuteranno intorno ad importantissime questioni proposte dal Comi- lalo d’ organizzazione, quali sono: 1. L'età della pietra in Italia. 2. Le caverne delle coste del Mediterraneo, in par- ticolare della Toscana, comparate alle grotte del mezzodì della Francia. 5. Le abitazioni lacustri e le torbiere del nord del- I Italia. | 4. Analogie fra le terremare e i Kjoekkenmoeddinsg. 5. Cronologia della prima sostituzione del ferro al bronzo. i 6. Questioni craniologiche relative alle differenti razze che hanno popolato le diverse parti dell’ Italia. Si rileva anche dal programma che. il congresso. du- rerà otto giorni e che. nel giorno 53. ottobre sarà fatta una escursione a Modena per studiare le. terremare dei contorni. — Nella prossima dispensa verrà incominciata ja publi- cazione di alcune Lettere del Prof. F. Businelli ad un Medico condotto di campagna intorno alla cecità. NIRO E Prezzo cella presente dispensa L. 1. Si cende in Modena presso Luigi Bussadori Librajo, sotto il portico del Collegio. arcate ai, hd nitatitti ae ANNUARIO | DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN MODENA ANNO: VI.° 1 REDAZIONE del Segretario della Società PAOLO BONIZZI — Sommario DODERLEIN — Alcune generalità intorno Ja fauna sicnla dei vertebrati. RAGONA — Sui principali fenomeni delle variazioni diurne del calore atmosferico, risultati di un biennio di osservazioni iermo- grafiche. i BUSINELLI — Leitere ad un medico-condotto di campagna. | RAGONA — Osservazioni meteorologiche dell? agosto 1871. MODENA TIPOGRAFIA DI LUIGI GADDI GIA’ SOLIANI 1871 :@ Agosto Î871 (\6 lE POR PAT en VISSTAAT VE A LIBRI inviati alia Società in cambio 0 in dono GC. BONI — Calce Idraulica, memoria inserita nel Toma «XII delle Memorie della R. Accademia di . Scienze, Lettere ed Arti in Modena — Mo- __ dena 1371. BULLETTINO della Stazione Agraria di Modena N. 1. RIVISTA scientifico-industriale compilata da Guido Vimer- cati — Fascicolo I, II, III e IV_— Firenze 1871. RIVISTA scientifica pubblicata per cura della R. Accade- mia dei Fisiocritici — Classe delle scienze fisiche — Direttore Prof. G. Giannurri — Anno II fascicolo I, Il e III — Siena 1871. RA BULLETIN de Ja Societé Vaudoise des sciences naturelles i — Vol. X N. 69 et 64 — Lausanne — 1870 e 18780 BULLETTINO malacologico italiano — Vol. III e Vol. IV N. 1 — Pisa 1871. RENDICONTO del R. Istituto Lombardo — Serie II Vol. IV — Fascicoli, dal 1 al 14 — Milano 1871. LAND and fresh Water Shells of North America -— P. I° Pulmonata geophila By W. G. Binney aud T. Bland. — Washington 1869. ; | CATALOGUE of the orthoptera of North America By Sa- Jo muel H. Scudder — Washington 1868. VIDCUSKABELIGE Meddelelser fra lit Forening i Kjobenhavn — 1868-69-70 — Kjobenbavn. THE Indians of cape Flattery at the entrance to the strait of fuca, Washington territory By James G. Swan — Washington city 1869. VERHANDLUNGEN des naturhistorisch — medizinischen Verein zu Heidelberg — Band V — 1870. VERHANDLUNGEN der kaiserlich-k6niglichen Geologischen Reichsanstalt Jahrgang 1870 — Wien 1870. (continuo) Congresso internazionale di Antropologia e di Archeologia preistoriche — eg —- La ‘6° sessione del: Congresso internazionale di Antrc 0- pologia e di Archeologia preistoriche avrà sede nell’ anno venturo a Bruxelles sotto la presidenza dell’ illustre scienziato Homalius Dalois. | Il comitato organizzatore sarà composto dei signori Edoardo Dupont, direttore del Museo di storia naturale a Bruxelles, E. M. O. Dognée Consigliere dell’ Accademia d’ archeologia a Liège e del Barone de Meester de Rave- stein antico ministro plenipotenziario. Non devesi dimenticare che se in Italia ha avuto sede la 5° sessione del Congresso internazionale si va debitori in principal modo al Chiar.îmo Prof. Capellini il quale due anni or sono a Copenaghen si adoperò perchè fosse scelto a luogo di riunione la città di Bologna. Prezzo della presente dispensa L. 1. ; Si vende in Modena presso Luigi Bussadori Line: sotto il portico del Collegio. Se TE ANNUARIO DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN MODENA Anno VI.° REDAZIONE del Segretario della Società PAOLO BONIZZI Sommario RAGONA — Sui principali fenomeni delle variazioni diurne del calore atmosferico, risultati di un biennio di osservazioni termo- grafiche. BONI — Le Valve dell’ Unio nella Terramara del Montale. RAGONA — Osservazioni meteorologiche dell’ agosto 1871. MODENA TIPOGRAFIA DI LUIGI GADDI GIA’ SOLIANI 1871 LIBRI inviati alla Società in cambio !0 in dono ANNALES de la Société Entomologique Belge — Dal tomo 1° a Lutto il. tomo ;13.° P. PANCERI. Intorno ad un caso di sudore luminoso — Napoli — Settembre 1871. LA SARDEGNA MEDICA diretta dai professori A, naso ed E. Cugusi. — Anno IX — fascicoli da Maggio a tutto Setlembre. DENKSCHRIFT auf Christ, Erichbermann von Meyer von Carl Alfred Zittel. Minchen 1570. A. CARRUCCIO — Sulla più esatta determinazione dei caratteri della /Vemesia fodiens, Th. — Fi- renze 1871. Sunto della relazione sul movimento scientifico della Società Entomologica Italiana — 1860. Una scientifica conversazione nel R. Museo di Storia Naturale di Firenze. Nuovo Microscopio Solare e Fotografico | e compressore inventati dal Cav. F. Pacini. Cenni illustrativi — Firenze 1868. RIVISTA Scientifico-Industriale compilata da Guido Vimer- cati — Fascicoli V. VI e VII. Firenze 1871. GIORNALE delle arti e delle Industrie — Direttore A. Ma- nucci — Firenze P. M. GARIBALDI — Le stelle cadenti del Periodo di Agosto 1871 osservate in Genova — Genova 1871. 9 Stato Meteorologico della città di Genova per l’anno 1870 — Genova 1871. P. PANCERÌ — Intorno alla sede del movimento lumi- noso nelle Meduse — Napoli — 5 Agosto 1871. GAZZETTA Medico-Veierinaria compilata dal Prof. Cav. P. Oreste — (Luglio e Agosto) (Settembre «. ed Ottobre) — Milano 1871. BULLETIN de la Société Vaudoise des Sciences naturelles — sio XxX N65: 1870, BOLLETTINO del R. Comitato Geologico «d’ Italia — N. 7 e 8. N 9.e 10 — Firenze 1871. Nella prossima dispensa pubblicheremo |’ annunzio della scoperta di due nuovi depositi di oggetti delle epoche preistoriche, uno nel territorio Modenese, |° altro nel Reggiano. Ed ecco già i frutti del Congresso di Bologna, che rinvigorendo appo noi l’ ardore delle ricerche, ne accre- scerà i mezzi dello studio, ed in pari tempo Îe ricchezze scientifiche in gran parte per lo passato ignorate 0 neglette. ST [<<< <-<-r->-<--x° Prezzo delie presenti dispense L. 2. Si vende in Modena presso Luigi Bussadori Librajo, sotto il portico del Collegio. OL CSO Dispensa 5. e 6.° Novembre e Dicembre 1871 (5 ANNUARIO DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN MODENA —s ANNO VI.° REDAZIONE del Segretario della Società PAOLO BONIZZI Sommario RAGONA — Sui principali fenomeni delle variazioni diurne del calore atmosferico, risultati di un biennio di osservazioni termo- grafiche. DODERLEIN — Alcune generalità intorno la fauna sicula de? vertebrati. VLACOVICH — Sulla presenza dell’ acido urico nella cute del baco da seta. CANESTRINI — Nuove specie di Opilionidi italiani. BONIZZI — Nuova scoperta, fatta dal sig. Don Antonio Ferretti, di una caverna contenente avanzi dell’ età preistorica. BONI — Deposito di selci lavorate a Formigine presso Modena. MAGIERA — Sul passaggio dello Storno Roseo avvenuto nella scorsa primavera in vari punti del modenese. BONIZZI E RICCO? — Riviste e Bibliografia. MODENA TIPOGRAFIA DI LUIGI GADDI GIA? SOLIANI 1874 LIBRI inviati alla Società in cambio 0 in dono SCHRIFTEN der Naturforschenden Gesellschaft in Danzig. ;\ Neue folge — (6 volumi) — Danzig 1865-71. SITZUNGSBERICHTE der K6nigl. bayer. Akademie der Wis- senschaften zu Miinchen. 1868. 1. Heft I. 1I,- IL IV. 1869. I. Heft. 1. II. IM. IV. 1870. I Heft. I. I. II. IV. 1870. II. Heft. I. II. HI. IV. 1871. Heft. I. Miinchen — 1868-71. ALMANACH der Koeniglich Bayerischen Akademie der nadia fur das jabr. 1871. Miinchen. 200LOGISCHE Mittlieilungen von Dr. L. W. Schaufuss. — Dresden 1870. VERHANDLUNGEN des pnaturbistorischen Vereins — Dott. C. I. Andrà — (2 volumi) — Bonn 1870. RENDICONTO delle sessioni dell’ Accademia dell’ Istituto di i Bologna — Anno Accademico 1870-1871. — . Bologna 1871. IAHRBUCH der K. K. Geologischen Reichsanstalt — lahrgang (1871. XXI Band. — Wien 1871. — . I]. DEAN, M. D. — The gray substance of the medulla oblongata and trapezium. L. PIGORINI — Bibliografia Paleoentnologica italiana dal 1850 al 1871. Parma 1871. MITTHEILUNGEN der Anthropologischen Gesellschaft in Wien. 1. Band — Nr. 10-11-12. BULLETIN de la Société des Sciences Naturelles de Neu- chatet — Tom. IX — Premier cabier — i Neuchatel 1871. IABRBUCHER des Nassauischen Vereins fùr Naturkunde. — lahrgang XXIII und XXIV. — Wiesbaden 1369 und 1870. (Continua) ONORIFICENZE i Il chiarissimo Presidente onorario della nostra Società Prof. Giovanni Canestrini, è stato. nominato ad unanimità di voti socio estero della Società Zoologica di Londra, in sostituzione al defunto naturalista italiano Paolo Savi. Il chiarissimo Presidente effettivo Dott. Carlo Bon: fu decorato della croce di cavaliere dell’ or- dine della corona d’Italia, in benemerenza dei servigi prestati pel Congresso di Archeologia ed Antropologia preistoriche. Il segretario Prof. Paolo Bonizzi venne testè nominato socio dell’ Imperiale Reale Società Zoo- logico-Botanica di Vienna e socio della R. Acca- demia di Scienze, Lettere ed Arti in Modena. Il Vice-Segretario Dott. Ing. Annibale Riccò fu nominato socio onorario dell’ Istituto di Belle Arti delle Marche, e socio corrispondente dell’ Accade- mia Raffaello in Urbino. Prezzo delie presenti dispense L. 2. St vende in Modena presso Luigi Bussadori Librajo, sotto il portico del Collegio. ES o U\ - nn Sar Pe Dispensa are Gennajo, Febbrajo e Marzo 1872 | ANNUARIO DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN MODENA. 5 ANNO VI.® REDAZIONE del Segretario della Società PAOLO BONIZZIO Sommario BUSINELLI — Lettere ad un medico condotto di campagna. MAZZETTI — Cenno intorno ai fossili di Montese. DODERLEIN — Alcune generalità intorno la fauna sicula de? vertebrati. ORSONI — Le Anidridi, gli Ossidrili ed i Sali della teoria atomica. CANESTRINI — Nuova specie italiana di Opilionide. BONIZZI — Relazione e Conclusioni sugli scavi fatti nella terramare del Montale nel settembre 1871. CIOFALO — Notizie sopra alcuni avanzi preistorici rinvenuti nei dintorni di Termini-Imerese in Sicilia. RICCO? — Riviste e Bibliografia. HODENA TIPOGRAFIA DI LUIGI GADDI GIA? SOLIANI : 1872 (© LS o are ani ZU 3 eo AZII CAM - LIBRI inviati alia Società in cambio 0 în dono VIDENSKABELIGE Meddelelser fra Naturhistorisk Forening i Kjobenharo for Aaret 1870 — Nr. 12-28 — 1871 Nr. 1-10. RIVISTA scientifica pubblicata per cura della R. Accade- | mia de’ Fisiocritici Direttore Prof. G. Gia- nuzzi — Anno III. Fasc. IV e V. — Siena 1871. VERHANDLUNGEN der K. K. geologischen R.ichsanstald — Sitzung am 18 April 1871 — Wien. BULLETTINO dell’ Associazione dei Naturalisti e Medici per la Mutua istruzione — Gennajo e Feb- brajo N. 1 e 2. — Napoli 1871. VERHANDLUNGEN der K. K. Zoologisch-Botanischen Ge- sellschaft in Wien. Iahrgang 1870 — XX Band — Wien 1370. PANCERI — Gli organi luminosi e la luce delle Pennatule — Napoli 1871. i NAMIAS Prof. Cav. Giacinto — Esalazione ed assorbimento — Lezione popolare —- Milano Treves — 1869. » Cura del Colera — Lezione popolare — Fi- renze — 1867. D La Circolazione del Sangue — Lezione po- polare. È Comunicazione intorno all’ elettricità appli- cata alla Medicina, delta a voce, al R. Istituto i Veneto nell’ adunanza del 16 Luglio 1871. LA SARDEGNA MEDICA — Diretta dai Professori A. Car- ruccio ed E. Cugusi. — Anno IX. Fasc. 40 e 11. Ottobre e Novembre 1871. RIVISTA scientifico-industriale compilata da Guido Vimer- cati — Fascicolo VIII. Novembre 1871. SITZUNGS-BERICHTE der naturwissenschaftlichen Gesell| schaft — Isis in Dresden — Jahrgang 1871 — Mai, Inni, Iuli — Dresden 1871. IAHRBUCH der K. K. Geologischen Reichsanstalt. — Jahr- gang 1871. — XXI Band. N-5 — lIuli, A gust, Septembre. — Wien. ARCHIVIO per |’ Antropologia e la Etnologia pubblicato. dai Professori Mantegazza e Finzi — Primo volume — Fascicoli 1, 2, 3 e 4. — Firen- ze 1871. P. A. 000, — Memoria sulla Distribuzione intorno al disco solare — Roma 1871. o) — Rapporto della Commissione per la mi- sura del meridiano centrale europeo ecc. — Roma 1871. » — Ricerche solari — Nota — Roma 1871. » — Sopra un nuovo metodo speltroscopico — Nota — Roma 1871. i CATALOQUE de la Bibliotèque de la Société impériale des sciences nalurelles de Cherbourg — Première Partie — Cherbourg 1870. BULLETTINO Malacologico Italiano — Volume IV, N. 2 e 5 — Pisa 1871. ATTI della Società Italiana di scienze naturali — Volume XIV, Fascicolo I, HI, II e IV. — Milano 1871. COPPI Dott. Francesco — L’ Unio delle lerremare — Fi- renze 1871. CRESPELLANI Avv. Arsenio — Marne modenesi e Monu- menti antichi lungo la strada Claudia — Mo- . dena 1870. » .. — Appendice alle Marne modenesi — Me- moria — Modena 1871. Prezzo delie presenti dispense L. 3. Si pende in Modena presso Luigi Bussadori Librajo, sotto il portico del Collegio. SULL )Ò