HARVARD UNIVERSITY. LIBRARY OF THE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY. 39539 O yang ea CIRIE Po SEL vd ia IMITA TAO i li A Uri (6) b D COI TIPI DI GIUSEPPE BERNARDONI DI GIO. = f = 2 i Si = S 5 5 (a) = x ° > > > x a [ca] Do = ss zi 3 < ts do Fa È 2 eg S ui ( N n E 3 Psi = 7, Ra Z = = x e [xe] = SIT ® > s È IPS 9 8 LE lrn © > lo DAPIPAPARVIRIIIIIRIT A DELLA SOCIETÀ ITALIANA SCIENZE NATURALI I VOL. XIII. ANNO 1870. MILANO TIPOGRAFIA DI GIUSEPPE BERNARDONI 1870. Pic) î i) SOCIETA ITALIANA DI SCIENZE NATURALI Presidenza pel 1870. Presidente — CornaLia cav. Emitio, direttore del Museo Civico di storia naturale in Milano, via Monte Napoleone 36. Vice-Presidente —- Vila Antonio, Milano, via Sala 6. ‘ STOPPANI sac. ANTONIO, professore di geologia nel R. Isti- tuto Tecnico superiore in Milano, via dell’Annun- Segretarj ciata 2. Marinoni dott. CamiLLO, assistente al Museo Civico di storia naturale in Milano, via Giardino d. Necri GAETANO, corso P. Romana 16. SprEAFIco ing. EmiLio, via Cordusio 19. Conservatore, SorpeLLi FERDINANDO, via Bagutta 20. Vice-Conservatore, FrancescHINI rag. FELICE. Cassiere, GarcanTINI-PraTTI Giuserpe, Milano, gia Senato 14. Economo, DeLFINONI avv. GoTTARDO. TAGLIASACCHI ing. SAVERIO. GARAVAGLIA rag. ANTONIO. Visconti Ermes march. Carto. Vice Segretarj Commissione amministrativa SOCJ EFFETTIVI al principio dell’anno 1870. \ AcsaneLi rag. Fiippo, Milano. ALESSANDRI sac. prof. ANTONIO, Bergamo, ALuasia ing. ALBERTO, Milano. Anpreossi Enrico, Bergamo. Arapas cav. ANDREA, prof. di zoologia alla R. Università di Catania, Arconati-Visconti, march. Giammartino, Milano. Arnagopi Bernarpino, Milano. Arrigoni conte Oppo, Padova. Axerio Giutio, ingegnere del Corpo Reale delle Miniere, Milano, BaLestRA sac. SERAFINO, Como. Barsamo-CriveLi, nob. GiusePPE, prof. di zoologia presso la R. Uni- versità di Pavia. Baretti dott. MartINo, prof. di storia naturale all'Istituto Tecnico di Bari. Baupi pi SeLve conte FLaminio, Torino. Beccari dott. Opoarpo, Firenze. Beparipa Aronne, Vercelli. Becciato dott. FrANcESCO SECONDO, presidente della Accademia Olim- pica di Vicenza. BeLLOTTI ALESSANDRO, direttore degli studj nello Stabilimento Bosisio, Monza. BeLLottI CristoroRro, Milano. BeLLucci GiusePPE, naturalista addetto all’ (eicerzianio astronomico di Perugia. 6 ELENCO DEI SOCI EFFETTIVI BernarpI cav. FrANcESCO, direttore del Museo dei Fisio- Critici, Siena. BernarponI Fiuippo, Milano. Bernasconi sac. BaLvassare, Laglio (Como). Bernasconi ing. Giuseppe, Cosenza. | Bernasconi sac. Giuseppe, Palanzo (Como). BertoLI sac. Giovanni, canonico, Chiari (Brescia). BertoLoni Giuseppe, prof. di botanica nella R. Università di Bologna. Besana Carto, assistente di chimica all’ Istituto Tecnico di Santa Marta, Milano. Bianconi Giuseppe, prof. nella R. Università di Bologna. Biccni Cesare, direttore dell’ Orto botanico di Lucca. Bicnami ing. Ewitio, Milano. Bomgicci Luigi, prof. di mineralogia nella R. Università di Bologna. Borromeo conte Canto, Milano. Bossi ing. Gio. BatTISTA, Milano. Botti cav. ULpeRIco, Lecce (Terra d’ Otranto). BrioscHIi comm. Francesco, senatore del Regno e Direttore del Reale Istituto Tecnico superiore di Milano. i BucceLLATI sac. cav. AnTONIO, prof. all’ Università di Pavia. Bussone Giovanni, Varallo (Val-Sesia). Burti sac. AnceLO, prof. nel R. Istituto Tecnico, Milano. Buzzoni sac. Pietro, Milano (CC. SS. di Porta Romana). CALDERINI sac. Pietro, direttore del Museo di Varallo (Val-Sesia). CaLpesi Lopovico, Faenza. Canetti dott. CarLo, Milano. Cantoni GaetANO, prof. di agronomia nella scuola di applicazione per gli ingegneri, Torino. Capectini Giovanni, prof. di geologia nella R. Università di Bologna. CaprIOLI conte Tommaso, Brescia. i Cancano dott. Antonio, prof. di chimica nell’ Istituto Tecnico di Como. Carver Teoporo, prof. di botanica medica all’Istituto di studj supe- riori, Firenze. CaseLLA dott. Giuseppe, Laglio (Como). CasoraTI dott. FortuNATO, settore al Gabinetto anatomico dell’ Uni- versità di Pavia. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1870. 7 CassaneLLo dott. NicoLò prof. nel Liceo di Altamura. CastacnoLa march. BALDASSARE, Spezia. CasteLti dott. FepERICO, Livorno. Castracane-BeLMONTE-CIMA conte. ALEessANDRO, Rimini. CavaLLeri padre Giovanni, barnabita, Monza. CavaLLotTi ing. AnceLo, Milano. CavezzaLi dott. Francesco, Milano. Cerruti ing. Giovanni, Milano. Cesati barone Vincenzo, prof. di botanica alla R. Università di Napoli. Certi ing. Giovanni, Laglio (Como). CLERICI nob. Pietro, Alzate (Como). Cocchi cav. Igino, prof. di geologia al Museo di storia naturale, Fi- renze. CoLienon dott. NicoLa, prof. di meccanica nel R. Istituto Tecnico, Firenze. GoLocna avv. AcuiLce, Milano. Corucci NuccmeLti dott. PARIDE, prof. di storia naturale al Liceo di Vercelli. Conti cav. prof. Francesco, Milano. CornaggiA march. Giovanni, Como. Cornatia dott. Emiio , direttore del Museo Civico di storia naturale, - Milano, CorneLIANI ing. ANGELO, assistente all’ Istituto Tecnico superiore di Milano. Corvini dott, Lorenzo, prof. nel R. Istituto Veterinario, Milano. Cossa dott. ALFonso, preside dell’ Istituto Tecnico, Udine, Costa prof. AcHiLLe, Napoli. Crespi-ReGHIZZo sac. Giovanni, prof. nel Collegio Rotondi in Gorla . Minore (prov. di Milano). CriveLLi march. Luici, Milano. Curioni Giovanni, Milano. Curioni nob. comm. GiuLio, Milano. CurLetTi Giovanni, Milano. Curò Antonio, Bergamo. D’AcGiarpI dott. Antonio, assistente di geologia al Museo di storia naturale dell’ Università di Pisa. 7 (È ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI D'Ancona dott. CesarE, assistente di geologia nel Museo di storia naturale di Firenze. i D'Arco conte Luci, Mantova. De-Bosis ing. Francesco, Ancona. De-Castro cav. Vincenzo, Milano. Detrinoni avv. GortarDo, Milano. DerLa Rocca ing. Gino, Napoli. Dett’ Era dott. Epwonpo, Milano. DeL'Orto ing. Enrico, Milano. DeLL'Orto Userto, Milano. DeL Mavno march. Norserto, Milano. Detpino FEDERICO, ajuto di botanica al Museo di storia naturale, Fi- renze. È De-Manzoni ing. Antonto, direttore della Società Montanistica Veneta, Agordo. Denza padre Francesco, direttore dell’ Osservatorio meteorologico del R. Collegio Carlo Alberto, Moncalieri. De-Sanctis Leone, professore al Liceo principe Umberto, a Napoli. De Zicno barone cav. AcmiuLe, Padova. Di Cavour march. Ainarpo, Torino. Di Negro Giacomo, canonico, Spezia. DoLci Gran FrANcESCO, direttore d’uno stabilimento privato d’ istru- zione in Milano. Doria march. Giacomo, Genova. Doria march. MarceLLo, Genova. i Draco RAFFAELE, assistente alla R. Università dl Napoli. Dusarpin Giovanni, prof. di mineralogia e geologia nell’ Istituto Tec- nico di Genova. Diner Bernarpo, Villa Sommariva presso Tremezzo (Lago di Como). Farrmain Epwarp S. Jonn, Firenze. Fassò ing. GiusepPE, Novara. Ferrario ing. Emiio, Milano. Ferrero OrtAvIO Luci, prof. di chimica al R. Istituto Tecnico di Napoli. FeERRINI RinALDO, prof. di fisica nel R. Istituto Tecnico di Milano. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1870. 9 Foresti dott. Lopovico, assistente al Museo Geologico dell’ Università di Bologna. Forni BeLLoTTI Luicra, Monza. Franceschini rag. FeLice, Milano. Francesconi comm. Francesco , rettore del collegio della Sapienza, Perugia. Frescni GuerARDO, presidente dell’Associazione friulana, Udine. Fumacatti Canto, Milano. FunagaLLi ing. STEFANO, Milano. Garanti Antonio, prof. di agraria nel R. Istituto Tecnico, Milano. GaLLi padre BernARDO, barnabita, Lodi. GaravacLiA rag. Antonio, Milano. GarBiGLIETTI cav. AnTONIO, dottor colleggiato in medicina, Torino. GarpinI GaLpino, prof. di storia naturale all’ Università libera di Ferrara. Gancantini-PratTI Giuseppe, Milano. GarovagLio SANTO, prof. di botanica nella R. Università di Pavia. Gasco prof. LeoNE, assistente alla R. Università di Napoli. GastaLpi cav. prof. BartoLoNEO; segretario della scuola degli inge- gneri in Torino. Gavazzi cav. Giuseppe, Milano. GemeLLARO Caro Giorgio, prof. di geologia nella R. Università di Palermo. GentiLLi AMEDEO, ing. delle strade ferrate, Vienna (Austria). GentILUOMo dott, CamiLLo , direttore del giornale malacologico ita- liano, Pisa. Garorti ALessanpRro, Milano. GiacomeTTI dott. Vincenzo, Mantova. Gisetti dott. GiuserpE, assistente alla cattedra di botanica nella Re- gia Università di Pavia. Giorpano comm. FELICE, ingegnere ispettore delle miniere, Torino. Giusti Giuseppe, Milano. Gota eonte Carco, Milano. Gouin ing. Leone, Cagliari. Gramizzi ing. Massimiano, Borgo S. Donnino, 10 ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI Grancini sac. CarLo, Milano. È GuaLtERIO march. CARLO RAFFAELE, Orvieto. Guiscarpi dott. GueLieLMo, prof. di geologia nella R. Università di Napoli. i Guzzi ing. PALAMEDE, assistente all’ Istituto Tecnico superiore di Milano. Hauipay E. ALessanoro, S. Concordio di Moriano presso Lucca. Icnina padre Fiuippo , prof. di storia naturale nel collegio di Carcare (Liguria). È Inco Vincenzo prof. nel Liceo di Caltagirone (Sicilia). IsseL Arturo, Genova. KeLLer ALBERTO, Milano. KeLLER dott. AntoNIo, prof. nella R. Università, Padova. Lancia FepERICO duca di BroLo, segretario dell’Accademia di scienze e lettere di Palermo. Lascni Maurizio, Vicenza. LAzzoni conte Carto, Carrara. LawLey RoserTO, Montecchio presso Pontedera (Toscana). LeGnANI G. BATTISTA, Milano. Lessona dott. MicHeLe, prof. di zoologia alla R. Università di Torino, LicopoLi dott. GAETANO, assistente di botanica alla R. Università di Napoli. Lioy cav. PaoLo, Vicenza. LomBarpini ing. ELIA, emerito direttore delle pubbliche costruzioni di Lombardia, Senatore del regno, Milano. LurascHi ing. FeERpINANDO, Milano. LurascHi LeopoLpo, Milano. Macci dott. LeopoLDo, assistente alla cattedra di zoologia e anatomia comparata nella A. Università di Pavia. Macni-Grirri FrANcEScO, prof. di storia naturale nel R. Liceo di Cremona. Mameri ing. Antonio, Milano. Maj ing. Giovanni, Pavia. MaLFATTI BARTOLOMEO, prof. di storia antica all’ Accademia scienti- fico-letteraria di Milano. MaLinvernI ALESSIO, Quinto (Vercelli). AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1870. 4A Manzi padre MrcneLANGELO, barnabita, Lodi. Marani Giovanni, segretario alla direzione del debito pubblico, Torino. Maranconi Giucio, Pavia. MarcHi dott. Pierro, Firenze. Marcucci Emitio, dottore in scienze naturali, Firenze. Marinoni nob. CamiLLo, dottore in scienze naturali, assistente al Mu- seo Civico di Milano. Marsiti Luici, prof. di fisica nel Liceo di Pontremoli. MarteLLI ing. Giuseppe, professore all’ Istituto tecnico superiore di Milano. MartINATI dott. Pietro PaoLo, deputato al Parlamento, Verona. MartineNGo VILLAGANA contessa RacHELE, Milano. MarucLo conte Giuseppe, Messina. Masìî sac. Francesco, arciprete a Castel d’Ario (prov. di Mantova). MasseROTTI dott. Vincenzo, prof. di storia naturale, Milano. Mazzocchi ing. Luici, assistente al A. Istituto tecnico superiore di Milano. MeLLa conte CarLo ArBoRIo, Vercelli. MenecHINI Giuseppe, prof. di geologia nella R. Università di Pisa. MoerLin Ewitio, Chiasso (Svizzera). | MoLon cav. ing. Francesco, Vicenza. Moncapa Crispo CarLo, Palermo. MonpoLro conte SeBasTIANO, Milano. Montanaro CarLo, commissario del Catasto, Varallo (Novara). MonTEFINALE GABRIELE, medico, Portovenere. Mora dott. AnToNIO, Bergamo. MoragLia ing. Pietro, Milano. Mussi dott. GrusePPE, deputato al Parlamento, Milano. Necri GaeTAnO, Milano. NicoLucci cav. GiustINIANO, Isola presso Sora. Ninni conte ALESSANDRO PeRICLE, Venezia. Nocca CarLo Francesco, Pavia. Omgoni dott. Giovanni, prof. di mineralogia alla R. Università di Padova. 492 ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI Omoni STEFANIA, Padova. Orsenigo Pietro, parroco di Careno (Lago di Como). Orsini prof. AnrToNIO, senatore del Regno, Ascoli. PADULLI conte Pierro, istruttore pratico di chimica nel laboratorio della Società d’ Incoraggiamento d’arti e mestieri, Milano. Paglia sac. ENRICO, già professore nel Seminario di Mantova, Codogno. PaLmwierI dott. PARIDE, assistente alla cattedra di chimica nella R. Università di Napoli. Panceri Paoto, prof. di anatomia comparata nella R. Università di Napoli. PapPETTA avv. Giuseppe, Milano. ParLATORE Filippo, prof. di botanica al Museo di storia naturale, Firenze. Pasi dott. PeLLEGRINO, Reggio d’ Emilia. Pasini comm. Lodovico, senatore del regno, Schio. PasseRINI Giovanni, prof. di botanica nella R. Università di Parma. Pavesi ANGELO, prof. di chimica al R. Istituto Tecnico superiore di Milano. Pavesi PieTRO, prof. di storia naturale a Lugano (Svizzera). Pepicino dott. Nicota ANTONIO, prof. di botanica alla R. Istituto Tecnico di Napoli. PeRAZzI CostANTINO, ing. del corpo reale delle miniere, Torino. PerazzoLi cav. G. GaeTANO, Agogna di Borgosesia. PranzoLa Luigi, dottor in legge, Milano, PiccioLi Francesco, farmacista, Milano. Pirona dottor GiuLio ANDREA, professore di storia naturale al liceo di Udine. Porri PIETRO, prof. di storia naturale all’ Istituto Tecnico di Bergamo. Ponti Agapito, Varallo (Valsesia). PontRrEMOLI, prof. Esdra, Vercelli. Pozzi ANGELO, assistente alla cattedra di fisica al R. Istituto Tecnico di S. Marta, Milano. Pozzi dott. Giuseppe, Milano. PozzoLinI cav. GiorGio, maggiore di stato maggiore, Firenze. Prapa dott. TEopoRO, prof. di storia naturale all’ Istituto Tecnico di Pavia. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1870. 43 PrepARI ing. Faro, Palanzo (Como). Quagria BoLini CARLOTTA, Besozzo (Varese). Racusa Enrico, Palermo. RaineRI ArISTIDE , professore nel R. Istituto professionale di Modica (Sicilia). Rasserti AntoNIO, Milano. RanzoLi dott. AnprEA, conservatore del gabinetto anatomico dell’U- niversità di Pavia. Ramorino prof. Giovanni, Buenos-Aires (Repubblica Argentina). RancneT abate Giovanni, Biandronno (Varese). Regazzoni dott. Innocenzo, prof. nel R. Liceo di Como. Rasponi conte Pietro, Ravenna. RavioLi ing. Gioserre EboARDO, capitano del Genio militare, Pe- schiera. Respini dott. Francesco, Varallo (Valsesia). RisoLpI sac. Agostino, prof. nel Seminario di Milano. Ricca dott. GiusePPE, prof. d’ agronomia nel R. Istituto Tecnico di Forlì. Ricca dott. Luicr, Ponte di Legno (prov. di Brescia). RiccHIARDI SEBASTIANO, prof. di anatomia comparata nella R. Uni- versità di Bologna. 7 Ricacci Giovanni, Roma, Riva Antonio (del fu Rodolfo), Lugano (Svizzera). Riva-Pacazzi Giovanni, Milano. Rocca-SAPORITI march. APOLLINARE, Milano. Romanin dott. EmmanurLE, Padova. RonpanI CamitLo, prof. d’agraria nell'Istituto d’agronomia in Parma. RosseTTI dott. FrANcESCO, prof. di fisica all’ Università di Padova. Rostan EpoarDo, medico, Ferrero di Pinerolo. Rovasenpa Luici, Torino. Rugini GiuLio, Como. Rusconi ing. Giovanni, Domaso (Lago di Como). a SaccaRDO dott. PIERANDREA, assistente alla cattedra di botanica presso la R. Università di Padova. SALVADORI dott. TonmAso, Torino. AU ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI SaccHI ing. ARCHIMEDE, assistente all’ Istituto Tecnico superiore di Milano. SANSEVERINO conte Faustino, senatore del regno, Milano. Savosa ing. Giovanni, Milano. Sayno ing. ANTONIO, assistente all’ Istituto Tecnico superiore di Mi- lano. ScARABELLI-Gommi-FLAMINI GiusEPPE, senatore del regno, Imola. Scmrer prof. Maurizio, Firenze. ScoLa dott. Lorenzo, Milano. ScoTTI dott. GIBERTO, medico municipale, Como. SeGuENZA GiusEPPE, prof. di storia naturale nel Liceo di Messina. SELLA QuiINTINO, ing. delle miniere, deputato al Parlamento, Firenze. Sito ing. Giovanni, Lemna (Lago di Como). SiLvestRI OrAZIO, prof. di chimica, alla R. Università di Catania. Sim Emilio, dottore in scienze naturali, Serravezza. SoLERA dott. Luigi, assistente di fisiologia alla R. Università di Pavia. SorpeLLI FERDINANDO, aggiunto al Museo Civico di storia naturale di Milano. SPAGNOLINI ALESSANDRO, prof. di storia naturale nel Collegio mili- tare di Napoli. SPINELLI GIOVANNI BATTISTA, Venezia. SpPREAFICO ing. Emicio, Milano. STEFANELLI Pietro, prof. di storia naturale alla scuola magistrale di Firenze. St6HR dott. EmiLio, Firenze. StoPPANI sac. ANTONIO, prof. di geologia nel R. Istituto Tecnico superiore di Milano. STOPPANI sac. CarLo, prof. a Modica (Sicilia). StopPANI G. Maria, Milano. STROBEL PELLEGRINO, prof. di storia naturale nell'Università di Parma. STUDIATI CESARE, prof. di fisiologia nella R. Università di Pisa. TacLiasaccHI ing. SAVERIO, Milano. TaApPARONE-CANEFRI avv. CEsARE, Torino. TarameLLI Torquato, prof. di storia naturale nel R. Istituto Tec= nico, Udine. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1870. 45 Tarcioni-TozzetTi ApoLFo, prof. di zoologia al Museo di storia naturale di Firenze. TassanI dott. ALESSANDRO, consigliere sanitario, Como. Terracciano cav. NicoLa, direttore dei giardini reali a Caserta. TETTAMANZI ing. Amanzio, Milano. ToRNABENE cav. FrANcESCO, prof. di botanica nella R. Università di Catania. TornaGHI ANDREA, prof. nel Collegio Bosisio in Monza. TranquitLi Giovanni, prof. di storia naturale nel Liceo di Ascoli. Treves ing. MicneLE, Venezia. Trevisan conte Vittore, Marostica (Vicenza). TRINcHESE SALVATORE, prof. di storia naturale all’ Università dj Genova. Trompeo dott. BERNARDINO, Torino. Turati conte ErcoLe, Milano. Turati nob. Ernesto, Milano. UsoLpi pe CapeI nob. Giovanni, Milano. VeccHIO dott. AncELO, prof. al R. Istituto Tecnico di Pavia. Viconi nob. Giutio, Milano, Vita Antonio, Milano. Via Giovanni BaTtISTA, Milano, Vita VirtoRIO, Milano. Visconti conte ALronso Marra, Milano. Visconti Ermes march. CarLo, Milano. Visconte pi Moprone duca Ramonpo, Milano. VoLtA dott. ALESSANDRO, prof. nel Liceo di S. Remo (Liguria). ZinmERMANN BERNARDO, assessore di Collegio, Pietroburgo (Russia). Zosa dott. Giovanni, prof. di anatomia nella R. Università di Pavia. ZuccHi dott. CARLO, vice-presidente del consiglio sanitario a Bergamo. Numero totale dei Socj effettivi al 41° gennajo 1870, N. 301. SOCJ CORRISPONDENTI Ascnerson Paoto, addetto alla direzione dell’ Orto botanico, Berlino. Barrat, direttore del giornale 1’ Agricolture pratique, Parigi. Bocce Carto, naturalista, Zeipziger Platz 13, Berlino. Bouwè Amico, /Wieden Mittersteig, Schloessel-Gasse 394, Vienna. Darwin Carto della R. S. e G. S., Londra. Davis Giuserre BernarDo, presidente della società antropologica di Londra. Desor Epoarpo, prof. di geologia nella scuola Politecnica di Neuchàtel. Favre Acronso, professore di geologia, Ginevra. Ficuier Luci, rue Marignan 21, Parigi. Geinirz Bruwo, direttore del gabinetto mineralogico di Dresda. Gorpperrt H. R., direttore dell'Orto botanico di Breslavia. Guéin-Méxévie, rue Bonaparte, 3, Parigi. Haipincer Gucuiecno, dell’ J. R. Istituto geologico di Vienna. Haver Francesco, direttore dell’I. R. Istituto geologico di Vienna. Heer Osvatpo, prof. di botanica nel Politecnico di Zurigo. Janxsens dott. Eucenio, medico municipale , rue du Marais 42, Bru- xelles. Le Hox Enrico, prof. di geologia a Bruxelles, rue de Commerce 4A. Lory Carto, prof. di geologia alla facoltà delle scienze a Grenoble. LveL Caro, Herley Street 53, Londra. Merian, professore di geologia al Museo di storia naturale di Basilea, Micnaup Anprea Luici Gaspare, di Sainte-Foix-les-Lyons (Rhòne) Francia. Mormi.er Gasriee, S. Germain presso Parigi. Murcnison Roperico, direttore del Museo di geologia pratica, Jermin Street, Londra. ELENCO DEI SOCJ CORRISPONDENTI AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1870, 417 Picrer F. J., prof. di zoologia ed anatomia comparata dell’ Accademia di Ginevra. Piuter Luici, avv., direttore del gabinetto mineralogico di Chambery. Prancnon Giulio, professore di botanica a Mompellieri. Ranmonpi dott. Antonio, prof. di storia naturale all’ Università di Lima (Perù). Rawsay Anprea, presidente della società geologica di Londra. Mu- seum of pratical geology, Jermin Street, S. W. Senoner cav. Apotro, bibliotecario dell’I. R. Istituto geologico di Vienna, Landstrasse Hauptstrasse 88. Sommerviute Maria, nata Farfaix, Spezia. Sruper Bernarpo, professore di geologia, Berna. Vaccer, abate, professore nel Seminario di Chambery. Wacrersnausen barone Sartorivs, Gottinga. Vol. XIII. 2 SOCIETÀ SCIENTIFICHE CORRISPONDENTI al principio dell’anno 41970. ITALIA 1. R. Istituto Lombardo di scienze, lettere ed arti. — Milano. 2. Ateneo di scienze. — Milano. 5. Società d’Incoraggiamento d’arti e mestieri. — Milano. 4. Società Agraria di Lombardia. — Milano. 5. Accademia Fisio-medico statistica. — Milano. 6. R. Accademia delle scienze. —- Torino. 7. Accademia di agricoltura, commercio ed arti. — Verona. 8. Reale Istituto Veneto. — Venezia. 9. Ateneo Veneto. — Venezia. 10. Accademia Olimpica. — Vicenza. 41. Associazione agraria friulana. — Udine. 412. Società italiana delle scienze. — Modena. 13. Accademia delle scienze. — Bologna. 14, Accademia dei Georgofili. — Firenze. 18. Accademia di Fisio-Critici. — Siena. 16. Società reale delle scienze. — Napoli. 17. R. Istituto d’Incoraggiamento per le scienze naturali. — Napoli. 18. Società Economica del Principato Citeriore. — Salerno. 49. Accademia Palermitana di scienze, lettere ed arti. — Palermo. 20. Consiglio di perfezionamento. — Palermo. DELLE SOCIETÀ SCIENTIFICHE CORRISPONDENTI 19 24. Commissione reale d’agricoltura e pastorizia. — Palermo. 22. Società d’acclimazione e agricoltura. — Palermo. 25. Accademia Gioenia di scienze naturali. — Catania. 24. Società d’orticoltura del litorale a Trieste (Austria). SVIZZERA 25. Naturforschende Gesellschaft Graubundens. — Chur. 26. Institut national genevois. — Genève. 27. Societé de physique et d’histoire naturelles. — Genève. 28. Societé vaudoise de sciences naturelles. — Lausanne. 29. Societé de sciences naturelles. — Neuchàtel. 30. Naturforschende Gesellschaft. — Zuùrick. 31. Naturforschende Gesellschaft. — Basel. 32. Società Elvetica di scienze naturali. — Berna. 35. Naturforschende Gesellschaft. — Bern. GERMANIA E AUSTRIA. 34. Naturwissenschaftliche Gesellschaft. — Dresden. 35. Zoologische Gesellschaft. — Franckfurt am Mein. 36. Zoologisch-mineralogisches Verein. — Regensburg. 37. Physicalisch-medizinische Gesellschaft. — Wiirzsburg. 38. Verein fir Naturkunde. — Wiesbaden. 39. Offenbaches Verein fir Naturkunde. — Offenbach am Mein. 40. Botanisches Verein. — Berlin. 44. Verein der Freinde der Naturgeschichte. — Neubrandeburg. 492. Geologische Reichsanstalt. — Wien. 43. Geographische Gesellschaft. — Wien. 44. Zoologisch-botanische Gesellschaft. — Wien. 4%. Siebenburgisches Verein fi Naturwissenschaften. —. Her- manstadt (Transilvania). 46. Verein fùr Naturkunde. — Presburg (Ungheria). 47. Deutsche geologische Gesellschaft. — Berlin. 20 48. 49. BO. BI. b2. dI. LA db. bo. b7. 58. dI. 60. 61. 62. 653. 64. 65. 66. 67. 68. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1870. Verein fir Erdkunde. — Darmstadt. Naturforschende Gesellschaft. — Gòrlitz, Schlesische Gesellschaft fiur vaterlandische Cultur. + Breslau. Bayerische Akademie der Wissenschaften. — Miinich. Preussische Akademie der Wissenschaften. — Berlin. Physikalisch-aeconomische Geselschaft. — Kénigsberg. Naturbistorisches Verein. — Augsburg. Oesterreichisches Alpen-Verein. — Wien. K. K. Hof-Mineralien-Cabinet. — Wien. i Medizinisch-naturwissenschaftliche Gesellschaft. — Jena. SVEZIA E NORVEGIA Kongelige Norske Universitet. — Christiania. Académie royale suédoise des sciences. — Stockolm. RUSSIA Académie impériale des sciences. — S. Petersbourg. Societé impériale des naturalistes. — Moscou. BELGIO Académie royale de Belgique. — Bruxelles. Société royale de botanique de la Belgique. — lxelles-les- Bruxelles. Société malacologique de la Belgique. — Bruxelles. FRANCIA Institut de France. — Paris. Société impériale d’ Acclimatation. — Paris. Société géologique de France. — Paris. Société botanique. — Paris. 76. (RO 78. 79. 80. 81. 82. 85. 84. 85. ELENCO DELLE SOCIETÀ SCIBNTIFICHE, ECC. 21 . Société Linnéenne du Nord de la France. — Amiens (Somme). . Académie impériale des sciences, arts et lettres. — Rouen (Seine inf.) . Société impériale des sciences naturelles. — Cherbourg (Manche). . Société des sciences physiques et naturelles. — Bordeaux (Gironde). . Académie impériale de Savoie. — Chambery. . Société Florimontane. — Annecy. . Société impériale d’ agriculture, d’istoire naturelle et des arts uliles de Lyon. INGHILTERRA Royal Society. — London. Geological Society. — London. Zoological Society. — London. Geological Society. — Glascow. Literary and philosophical Society. — Manchester. Natural History Society. — Dublin. Royal phisical Society. — Edimburgh. AMERICA (Stati Uniti) Smithsonian institution. — Washington. Academy of science. — S. Louis (Missouri). Boston Society of natural history. — Boston. x È LA Vf Seduta del 30 gennajo 1870. Il Presidente apre la seduta invitando il sig. A. Villa a dar lettura di una breve memoria del socio Curòd: Della Partenogenesi fra i Lepidotteri, che verrà stampata ne- gli Atti. Il prof. Cornalia osserva come il signor Curò abbia ommesso di citare gli studi in proposito stati fatti dal De Filippi. Il socio C. Bellotti accenna come, studiando la partenogenesi nel baco da seta, si potrebbero scegliere le femmine già prima, quando sono ancora allo stato di cri- salide, onde esser poi sicuri di una perfetta esclusione dell’altro sesso; ed il conte Borromeo domanda se l’em- brione nato da uova deposte in siffatte condizioni potrà poi svilupparsi in insetto perfetto. Il prof. Cornalia ri- sponde come anche Herold non potè seguire lo sviluppo di questi embrioni che fino ad un certo punto; che per altro sarebbe utilissimo seguire la proposta del sig. Curò, e studiare la partenogenesi nei bachi da seta. In seguito lo stesso prof. Cornalia parla nuovamente della azione del cloro nella educazione dei bachi e distri- buisce alcune copie di una memoria a stampa del sig. Levi su tale argomento. Aggiunge come lo stesso signor Levi gli abbia spedita una lunga lettera, fornendogli moltissimi QU sepuTA DEL 30 GENnAt0 1870. dati numerici in appoggio delle sue osservazioni, dalle quali si possono dedurre le conclusioni seguenti: — Esso scrive: c....... Dalle esposte cifre e da quelle più particolareggiate raccolte negli scartafacci degli esami microscopici, praticati così dallo scrivente, come dall'onorevole dott. Gaddi, cui furono commessi in gran parte gli esami delle coppie cellulari, si potrebbero trarre a parer mio le deduzioni seguenti: 4.° L'esame microscopico del sangue mediante salasso praticato sulle farfalle, maschi e femmine, prima dell’accoppiamento, proposto dall’ illu- stre prof. Cantoni, non basta a guarentire l'immunità dei riproduttori dall’affezione corpuscolare, perchè praticato necessariamente nel primo stadio della vita della farfalla quando l’affezione corpuscolare può trovarsi tuttavia allo stato latente, e perchè i corpuscoli si trovano non di rado già belli e formati nel corpo della farfalla, senza che sieno peranco passati nella circolazione del sangue; 2.° Per potere pronunziare, con fondata lusinga di successo, la con- venienza di destinare una partita di bozzoli alla preparazione del seme, è necessario di praticare l'esame microscopico delle crisalidi non prima che abbiano raggiunto la loro perfetta maturità, vale a dire non prima del momento in cui sieno prossime a sfarfallare, uno o due giorni tutto al più prima dello sfarfallamento. Praticato prima di quell’epoca, l’ esame delle crisalidi non può servire che ad escludere quelle partite eminente- mente corpuscolose, in cui la malattia si sviluppa e manifesta anche presso le crisalidi immature; 3.° L’esame delle farfalle non diviene concludente che a partire dalla morte della farfalla, perchè i corpuscoli si sviluppano e moltiplicano nel- l'organismo fino a tanto che perdura la vita dell’insetto; per cui |’ esame delle coppie cellulari destinate alla riproduzione non dovrebbe intrapren- dersi prima della morte di entrambi i riproduttori; 4.° Le semeati preparate mediante selezione microscopica, danno di regola non solo un prodotto di bozzoli maggiore delle identiche sementi fatte senza previa scelta, ma altresì un prodotto più atto alla riproduzione che non queste ultime; 5.° Per ottenere un prodotto sano, atto alla riproduzione, senza bi- sogno di nuova selezione, in località dove l’allevamento del baco da seta venga praticato in proporzioni abbastanza considerevoli, vale a dire indu- sepuTA DEL 50 GENNAIO 1870, 25 strialmente, non bastano, oltre alle ordinarie cure dell’allevamento, se- menti sane generate da riproduttori sani, efficace disinfezione dei locali e degli utensili, e isolamento dei locali, della foglia e delle persone che assistono i bachiz ma si richiede altresì, come V. S. ebbe a dirlo nella sua lettera al signor Pasteur, e come l’esperienza ha di poi pienamente confermato, un allevamento precoce o antecipato, vale a dire compiuto prima dell’epoca in cui si espandono nell’atmosfera il maggior numero di corpuscoli, epoca questa che coincide colla 5.° età delle educazioni generali, durante la quale i bachi, divorando la maggior quantità di fo- glia emettono in pari tempo i più abbondanti escrementi, che sono i veicoli principali del contagio ‘corpuscolare; e l’ommissione di questa avvertenza fu probabilmente la causa principale per cui tanto il marchese Crivelli, quanto lo serivente, fallirono nei loro allevamenti di quest’ anno aventi per iscopo la riproduzione del seme. » È letto ed approvato il processo verbale della seduta precedente 26 dicembre 1869, in seguito alla cui lettura il socio prof. Galanti parla nuovamente dell’uso della calce sfiorata da spargersi sui letti dei bachi. Esso sostie- ne ancora, appoggiato a proprie esperienze, il vantaggio dell'uso della calce stata adoperata anche da altri agricol- tori della provincia di Perugia. Si passa alla trattazione degli affari. messa ai voti la nomina di alcuni fra i membri della Presidenza da sostituirsi pel 1870 a quelli scaduti, e rie- scirono eletti: A Segretario : Prof. ANTONIO STOPPANI (per 2 anni rieletto). Dott. CamiLLo MARINONI (in sostituzione del Segretario — Omboni per 1 anno). A Vicesegretarj : Dott. GartaNo NEGRI (per 2 anni rieletto). Ing. Eminio SPREAFICO (per 1 anno). 26 SEDUTA DEL 350 GENNAIO 1870. Vennero riconfermati nelle loro cariche, di Conservatore, Ferdinando Sordelli. Viceconservatore, Felice Franceschini. Cassiere, Giuseppe Gargantini- Piatti. Economo, De/finoni Gottardo. Saverio Tagliasacchi. Antonio Garavaglia. Marchese Carlo Ermes- Visconti. Sono nominati soci effettivi i signori: MoLino Foti Lopovico di Barcellona (Sicilia), proposto dai soci Seguenza, Guiscardi e Pedicino. GranI dott. GruLio, da Siena, proposto dai soci Galanti, Besana e A. Villa. TerzaGHI CARLO, prof. di storia naturale nel Liceo Ar- naldo da Brescia, proposto dai soci Besana, Dolci e Marinoni. ‘TAVERNA conte CARLO, senatore del Regno, di Milano, proposto dai soci Cornalia, A. Stoppani e Marinoni. SPEZIA ing. Giorgio, di Domodossola, proposto dai soci Gastaldi, Cornalia e Stoppani. Non essendovi altro a trattare, la seduta è sciolta. Consiglio di Amministraz.® C. MARINONI, Segretario. Della partenogenesi fra i Lepidotteri. Nota di A. Curò. l casi di partenogenesi notati da diversi autori presso alcune specie di lepidotteri, si collegano a due ordini di fatti ben distinti: gli uni costanti, gli altri puramente accidentali. É noto che De Geer (1), Speyer, Hofmann, Reuti, Wocke, Siebold, Claus, e altri entomologi, hanno ripetutamente provato e stabilito in modo indubbio, che presso alcune Psyche come la Fumea Helix Sie- bold, e le Solenobdia Triquetrella F. R. e Lichenella Z. (queste sono ora annoverate fra le Tinee) e probabilmente anche presso altre loro congeneri (2), la natura derogando alla norma generale che vuole sviluppati bruchi solo da ovi stati fruttificati, ci offre l’interessantissimo fenomeno di femine che senza previo accoppiamento, emettono ova feconde. Allevandone le larve, queste non forniscono mai che indivi- dui femine, e ciò per varie generazioni consecutive, mentre nascono circa in egual numero ambo i sessi, qualora le femine di quelle me- desime specie siano dai maschi state direttamente fecondate. Questi casi e altri analoghi constatati per le api, vespe, formiche e diversi altri generi di articolati (Leuckhart, Siebold, ecc.), costi- tuiscono un fatto fisiologico dei più sorprendenti; essi non si presen- tano casualmente ma si manifestano colla maggiore regolarità, e però certamente dipendono da una legge naturale e costante. D'altra parte, alcuni entomologi e raccoglitori, la di cui buona fede non è lecito sospettare, assicurano aver ottenuto da femine di (4) De GEER, tradotto da Gdetze. T. II, pag. 276. SpEYER, Isis, 1846, p. 29. Hormann, Berl. Ent. Zeit. A860. ReutI, Beitràge 2. rheinisch. Naturgesch. 41853, Heft III, p. 176. Wocke, Jahresbericht ad. Schlesich. Gesellsch. 4853, p. 4152. SieBoLD, Wahre Partenogenesis, ecc. Lipsia, 1856, CLaus, Zeitschrift fur die wissensch. Zoologie, A7 Band, 3 Abth. (2) Alla seduta del 26 giugno 1867 della Società entomol. francese, Fallou partecipò di aver osservata la vera partenogenesi anche presso la Psyche Nitidella. 28 A. CURÒ, Eteroceri in istato di perfetta virginità delle ova feconde, donde nac- quero regolarmente dei bruchi; nei pochissimi casi in cui questi fu- rono allevati, essi fornirono non già solo delle femine, come succede in quelli di vera partenogenesi, ma si ebbero promiscuamente maschi e femine, come se vi fosse stato accoppiamento. & Ma tali fatti, rari e puramente accidentali, si presentarono tutti in modo affatto inatteso — salvo alcuni osservati sul Bombix mori che accennerò più sotto — onde è presumibile che non siano sempre stati constatati con rigore scientifico, Keferstein, in un interessante articolo apparso nella Stett. Entom. Zeit. 1861, ne enumera i più importanti, togliendoli in maggior parte dall’opera di Siebold. Essi si possono riassumere come segue: Goédart (De Insectis, ecc., 1685) ebbe da una femina di bombice, che corrisponde alla Org. Gonostigma, ova donde nacquero bacolini senza che fosse stata frutticata. Albrecht (De Insector. ovis, ecc. 4704) narra di aver conservato sotto un bicchiere la femina di una farfalla la quale senza intervento del maschio, emise ova feconde. Pallas (Vov. Act. Acc. Natur. Curios. 41767) asserisce di aver ottenuto da femine di Phal. Xylophtorum e Casta (syche Grami- nella e IVitidella) in istato di verginità, ova e larve. Scopoli (Zntrod. ad Hisf, nat. 4777, p. 446) parla di un 5, Pini ermafrodita che si sarebbe fecondato da sè, fornendo ova fruttificate! A Basle un bruco di 8. Quercifolia avrebbe fornito una femina da cui ebbe seme e bachi (Zreviranus Liologie 1808. T. III, p. 265). Bernouilli (/Vaturforscher St. 20 p. 83) avendo chiuso in una scat- tola una larva di N. Coeruleocephala, vi trovò dopo soli 14 giorni una femina già morta e dei bacolini nati da ova che quella avea deposte. Rilevasi dal Wiener-Verzeichniss p. 288 a 296, che delle femine isolate di Psyche Z'iciella fornirono ovi e bruchi. Pleininger (/7rtemberg naturf. Jaresheft 1) ebbe da una femina vergine di 5. Quercus, seme fecondo. Suckow di Manheim (Siebold p. 24) cita un fatto identico accadu- togli con una femina del 5. Pint. Treviranus di Brema (Siebold p. 25) testifica che una femina di DELLA PARTENOGENESI FRA I LEPIDOTTERI. 29 Sph. Ligustri, non stata accoppiata emise delle ova donde nacquero diversi bruchi. Burmeister (ZZandbuch d. Entomologie I, p. 337) asserisce che il D. A. v. Nordmann ebbe larve da seme di femine di Sph. Populi e B. Potatoria perfettamente vergini. Siebold (pag. 2%) nota un caso simile occorso a Lacordaire con una femina del 2. Pini, e aggiunge che Carlier avrebbe allevate più generazioni del 5. Dispar. da seme prodottogli da una femina mai stata a contatto col maschio. Papoff ebbe a Kiachta, in Siberia, bacolini da femine di B. Salicîs e B. Ochropoda, rimaste affatto isolate. Werneburg cita il fatto di una crisalide di 2. Pudibunda rimasta dimenticata in una scattola chiusa, ove poi si rinvennero più tardi una femina morta e dei bacolini pure morti che non potevano pro- venire che da quella farfalla. Secondo Ochsenheimer, il Rossi avrebbe comunicato all’ abbate Mazzola che talvolta le femine della Psyche Apiformis emettono ova feconde, senza previo accoppiamento. Siebold (p. 128) dice che da una crisalide di B. Polyphemus re- cata dall'America nel 1851 a un entomologo inglese sbucciò una far- falla che depose seme fecondato (4). Johnson (The Zoologist. 41848 p. 2269) verificò che da ova tolte dal corpo di una Sph. Occellata morta in istato di verginità già da due giorni, si svilupparono brucolini. Kipp (Bienenzeitung 1833 p. 1782) da una femina di S. Populi nata e rimasta rinchiusa in una scattola ebbe quantità di ova e ne ottenne buon numero d’individui d’ambo i sessi. Riferisce infine ancora il Siebold che da una A. Caja vergine, il D. Schlapp ebbe seme e da questo, bruchi. A questi esempi citati dal Kefertein ne posso aggiungere un altro comunicatomi dal nostro Ghiliani lo scorso autunno, di cui fu testi- monio nella sua giovanezza. (4) È questo probabilmente il caso esposto dal compianto professor De Filippi alla sezione di zoologia del Congresso dei naturalisti svizzeri tenuto in Samaden nel 4863, ove sostenne vivamente la tesi della Partenogenesi assieme al suo amico Siebold. Parlò d’un fatto identico occorso al noto entomologo Curtis. 50 A. CURÒ, Un bruco dell’4. Zillica da lui educato, avendogli fornito un bel esemplare femina, volle tosto prepararlo per la sua raccolta, poscia ge- losamente lo custodì in un armadio chiuso; ma l’insetto creduto morto depose ancora delle ova, e più tardi il giovane entomologo potè consta- tare con sua grande sorpresa, che da quelle erano nati diversi bacolini. Certo non tutti questi fatti reggerebbero di fronte ad una critica severa ; anzi, come già dissi, il modo tutto accidentale della loro pro- duzione, genera naturalmente il sospetto che non siano tutti stati 0s- servati colla voluta accuratezza. A quelli che si riferiscono a delle Psyche si potrebbe fare l’ appunto, che probabilmente non si raccol- sero già dei bruchi nelle loro fodere o sacchi, ma piuttosto delle fe- mine statevi prima fecondate poichè, presso molte specie, quelle non escono dal loro astuccio per unirsi al maschio, ma questi invece V'in- troduce parte del suo addome, che sa all'uopo allungare in modo sorprendente. Per altri non pochi poi, sorge il dubbio che l'isola- mento non sia stato perfetto, sebbene creduto tale, e ciò non mera- viglierà alcuno che abbia avuto occasione di ammirare il potente istinto sessuale, lo straordinario odorato e la mirabile agilità con cui i maschi di certi bombici sanno rintracciare e raggiungere le femine della propria specie. Essi fiutano l’oggetto delle loro brame a delle distanze talvolta prodigiose, vi ronzano d’intorno affannosi e senza posa e sanno penetrare da aperture piccolissime e spesso inavvertite, per compiere l’atto dell’accoppiamento, che è talora brevissimo. Tale istinto è anzi notissimo ai lepidotteristi che se ne valgono sovente per giungere in possesso di qualche specie rara, quando il caso li ha fa- voriti di una femina fresca, Non è dunque inverosimile che in taluno dei casi enumerati, qualche maschio abbia potuto giungere sino alla femina per fecondarla, e che il fatto, ritenuto impossibile dal relatore, sia passato affatto inavvertito. Maggior carattere di autenticità presentano altre osservazioni citate pure dal Siebold con particolare compiacenza; esse si riferiscono tutte al B. mori, e sono frutti di indagini di uomini scientifici, fatti in condizione che sembrano escludere ogni probabilità di errore, per cui acquistano anche grandissima importanza. Eccole in succinto. Schmidt, professore al Seminario di Eichstedt, raccolse nell’ estate del 1855, 24 femine del £. mori allo sbucciare dal bozzolo, e le DELLA PARTENOGENESI FRA I LEPIDOTTERI, dA isolò per conservarle vergini; dal 2.° al 4.° giorno ne ebbe del seme emesso stentatamente. Osservandolo attentamente, potè constatare che parte di quello deposto da alcune femine — non già da tutte — in- vece di essiccare come il rimanente, andò graduatamente manifestando quei cangiamenti di colore che caratterizzano il seme normalmente fruttificato. Nella primavera dell’anno seguente ne nacquero 274 ba- colini ch'egli tentò di allevare, ma con poco successo, poichè non ne ottenne che 12 bozzoli, e da questi sole 14 farfalle di cui 7 maschi e 4 femine. Tre femine isolàte accuratamente non produssero ova feconde; della quarta lasciata accoppiarsi ebbe invece bellissimi bachi. Siebold pure avea nel 1852 isolate (p. 128) delle femine appena nate per esaminarne attentamente le ova. Di queste, alcune poche mutarono di colore e andarono assumendo per qualche tempo l’a- spetto di quelle feconde, però assai lentamente; altre subirono solo lieve modificazioni, poi rapidamente essiccarono, come era già av- venuto delle rimanenti tulte. La trasformazione tuttavia non fu com- pleta neppure per quella della prima categoria, perchè non forni- rono neppure un bacolino. Due anni dopo lo stesso entomologo ricevette dal sopracitato pro- fessor Schmidt del seme proveniente da farfalle non state accoppiate, e questa volta potè veder compiersi la completa trasformazione di parte di esso, ottenendone buon numero di bachi, bozzoli e farfalle, le quali lasciate unirsi fornirono poi ova e filugelli in quantità. In perfetta relazione col primo tentativo di Siebold trovansi poi importantissime osservazioni pubblicate da Hérold a Francoforte sino dal 1838 col titolo: Bi/dungsgeschichte der wirbellosen Thiere im Ei, il di cui risultato finale puossi riassumere come segue : « Parte del seme deposto da femine vergini del B. mori, subisce alcune delle modificazioni che si osservano in quello stato regolar- mente fruttificato; vi si forma anzi un feto identico, ma questo non giunge a rompere il guscio dell’ovo e perisce. » Tali sono se non tulti, almeno i fatti più salienti stati publicati intorno ai casi di Partenogenesi accidentale fra i lepidotteri (1). (4) Ignoro se il professore Claus di Marburg nel suo lavoro sulla Psyche Helix ap- parso nel 1867, ne citi degli altri, non avendo potuto procurarmelo, mentre ne co- nobbi l’esistenza per mezzo dell’egregio entomologo di Vienna signor Lederer. $i n3 32 A. CURÒ, DELLA PARTENOGENESI FRA 1] LEPIDOTTERI,. Il loro numero invero non è grande, e sebbene alcuni fatti ci siano riferiti da uomini onorevolmente noti per importanti prestazioni nella scienza, non è però troppo da stupire se, di fronte a migliaja di ri- sultati negativi (1) alcuni distinti entomologi e molti diligenti osser- vatori conservino ancora qualche dubbio in proposito. Mi è però sembrato opportuno il richiamare V attenzione dei na- turalisti italiani su questo interessantissimo argomento, onde ne fac- ciano oggetto di serie indagini e studio. Ai nostri scarsi lepidotteristi, raccomanderei di osservare in ispecie quelli Eteroceri le di cui femine sono aptere (Gen. Orgya, Psyche, ecc.) sembrandomi che per quelle la natura possa forse mostrarsi più propensa a derogare dalla legge generale. i Le condizioni eccezionalmente favorevoli in\cui noi ci troviamo, per poter istituire un gran numero di osservazioni su diverse razze di bachi da seta, sì annuali che polivoltini, non solo ci devono sti- molare a ritentare le prove di Herold, Schmidt e Siebold, ma ci fanno anzi un dovere di contribuire a chiarire un fatto fisiologico di sì alta importanza. Sono intimamente convinto che, ove una persona autorevole fra i nostri colleghi, un membro per esempio della nostra solerte Presi- denza, ne prendesse l’iniziativa e rivolgesse una parola in proposito ai numerosi membri della Società in qualche prossimo numero dei suoi Atti, ci perverebbero già entro il corrente anno e nel venturo, delle osservazioni da tutte le parti d’Italia su molte centinaja di far- falle di ogni provenienza. All’invito potrebbero far séguito alcune norme generali sul modo più semplice di condurre gli esperimenti, e sovratutto, la calda raccomandazione di non trascurare l'invio al nostro Egregio Presidente di brevi annotazioni sui risultati tutti, sì positivi che negativi, che si fossero ottenuti, onde egli riassumendoli ne possa poi a suo tempo tener parola. Faccio voti perchè questa mia proposta trovi favorevole accoglienza, e, desidero vivamente che alla scienza possa recare qualche frutto. (1) La mia personale esperienza, e quella di molti amici interpellati in proposito, non mi permetterebbe di registrare, sin qui, che dei risultati negativi, all’ infuori del caso occorso al cav. Ghiliani. Seduta del 27 febbrajo 1870. La seduta è aperta colla lettura di una nota del socio F. Sordelli intitolata: Osservazioni anatomiche intorno al genere Acme. — Questa nota sarà stampata negli Atti. i È letto il processo verbale della seduta precedente 30 gennajo p. p., che dopo introdottevi alcune osservazioni del socio prof. Galanti, resta approvato. Il Presidente invita il Cassiere a dar lettura dei Bi- lanci consuntivo 1869 e preventivo 1370 ( allegati A, EB, qui uniti in calce), già riveduti dal Consiglio di Ammi- strazione, i quali, non essendovi state fatte osservazioni, vengono approvati. In seguito il prof. Cornalia prende la parola onde co- municare alla Società alcune proposte della Presidenza circa la riunione straordinaria. Dice come nell’ ultima seduta del Congresso di Catania; si era risoluto di por- tare la riunione di quest'anno all'Isola d'Elba; ma la Presidenza, avendo incontrate molte difficoltà pratiche alla esecuzione di codesto voto, e spinta d’altra parte dal desiderio di rendere più numeroso e brillante il Congresso . di paleoetnologia che si riunirà a Bologna, Congresso, che come è noto, è una emanazione della Società italiana di Vol. XII. 3 61.1 SEDUTA DEL 27 FEBBRAIO 1870. scienze naturali, propone di non tenere per l’anno cot- rente la riunione straordinaria, nella persuasione che i soc) accorreranno a Bologna a prendere parte al Con- gresso preistorico. I socj Strobel e Bellotti esprimono il desiderio che la presidenza trovi almeno il mezzo di rendere possibile ai membri della Società che formeranno parte del Congresso di Bologna, di riunirsi fra loro e trattare argomenti di zoologia, di botanica e di geologia, in modo da impedire un assoluto e completo assorbimento dei varj rami delle scienze naturali in quello unico della paleoetnologia. — La Presidenza prende impegno di trattare su queste basi colla Presidenza del Congresso preistorico; e quindi viene votato a grande maggioranza il seguente ordine del gior- no proposto dalla Presidenza: La Presidenza della Società, considerando che lo scopo precipuo della Riunione straordinaria è quello di raccogliere in un'epoca e località determinate il mag- gior numero possibile di scienziati italiani; venne in pensiero che l esistenza in Italia di due congressi in due distinte città, î quali cadrebbero necessariamente nell’epoca medesima, sarebbe per ogni rapporto deplo- rabile e dannoso, e che il Congresso di paleoetnologia, da tenersi nel prossimo autunno in Bologna, per essere internazionale eserciterebbe inevitabilmente una influenza assorbente. Che d' altra parte, gli argomenti da svolgersi nel detto congresso entrano nel campo degli studj di tutte le varie classi di naturalisti, che finalmente îl Con- gresso di paleoetnologia è una emanazione della nostra Società, essendo stato fondato in una delle sue riunioni, propone di annullare la votazione avvenuta nella riu- nione di Catania, di decidere che per l'anno 1370 non SEDUTA peL 27 FEBBRAJO 1870. 35 /° abbia luogo la riunione straordinaria invitando i socj a darsi convegno in Bologna nel Congresso di paleoetno- logia. La Presidenza è incaricata di fare le pratiche ne- cessarie onde i socj possano godere di tutti è vantaggi accordati agli scienziati che si riuniranno in Bologna, e l'esito di queste pratiche verrà comunicato ai socj con | appostta circolare. La Presidenza presenta inoltre una proposta ad ovviare l'inconveniente che ai congressi si propongano e scel- gano per le future riunioni città, mentre poi riesca impos- sibile mandarne ad effetto l’attuazione; e domanda alla Società di introdurre nel regolamento per le Riunioni stra- ordinarie un articolo che provveda a tale inconveniente. — Prendono la parola i socj Strobel, Cornalia, Stoppa- ni e Cr. Bellotti discutendo sotto varj aspetti la proposta modificazione, e si conclude dando l’incarico alla Presi- denza di formulare ‘per la prossima seduta, l'articolo re- lativo, tenendo conto delle diverse proposta fatte. È nominato socio effettivo il signor SALMOIRAGHI in- gegnere Francesco di Milano, proposto dai socj Corna-. lia, Marinoni e Spreafico. Non essendovi altro a trattare, la seduta è sciolta. C. MARINONI Segretarto. 37 56 BILANCIO (Allegato A) Dal 41.° Gennajo CONSUNTIVO al 351 Dicembre 1869, Attività Passività Esistenti in Cassa al ristretto conti 1.° Gennajo 1869 . 1 | Pagato il residuo debito 1868 liquidato al tipografo Bernar- 2 | Quote arretrate esatte. N. 1 del 1866. . . . .L. 20_ GOL O o RR I o FRERTSTI Idem N. 16 del 1867. . . . . n 320.— 2 | Rimborso al socio D’ Achiardi per tavole... ..... n Idem N. 60 del 1868. . . . . n 1,200.— AU librajo Laegner per somministrazioni librarie e porto libri Totale . L. 1,540.— 1,540 | — dall'egterontio ss alate ra a o RI PRATI cai 4 | Associazione all’ opera Iconographie des Ophidiens . . . . n 3 | Quote dell’ anno corrente (1869) esatte N. 242, a L. 20 . . . L. {| 4,840 | — diga Losgorta bo d i I 4 | Ricavo di quote N. 55 per PIRANARIOnE alle Memorie a L. 10. » 550 | — DI Epeti drabnd eco di end 5 So SSR ano. vorei 2 | 14 Spesa della lapide donata al Municipio di Vicenza. . . . n 45,22 6 | Rimborso dai socj per spese anticipate dalla Società per stampa dipinti get) Tia Li riga ina, Diga ct adi 1,082 | 84 L. 101,72) 101|72 i RSPIIEIOLRIZOTVOLSIA: o See OR SR a o IA Li 7 | Spesa per la costruzione di uno scaffale in legno. . . . . . n 5&| = Attivo totale . . . L.|| 8,633 ni 8 | Spese di Amministrazione: Passivo da dedursi . » || 7,468 | 18 Spese di porto libri, rimborsate all’ Istit.. . . . . . L. 133,90 Riisscnza Attiva. Lil 1vi6o "dl Spese di Segreteria... . .. +. +. + +. n 457,90 a L. 591,40. 591 | 40 9 | Stipendio agli inservienti e regalie . +. . + +... +.” 190 | — L. || 7,468 | 18 38 (Allegato B) PI OS Tod doo eo, a Attività In cassa al ristretto conti 1.° Gennajo 1870 . . ...... .L Importo di N. 59 quote arretrate 1869 a L. 20 . » Importo di N. 300 quote annue per il 1870 È) Importo presuntivo per l’ Associazione alle Memorie . Rimborso di arretrati per stampa di copie a parte . È) Importo presumibile per rimborso copie a parte del 1870. Ricavo presumibile per vendita Attî e Memorie . Totale attività . . L. Passività da dedursi » Rimanenza attiva . L. BILANCIO PREVENTIVO TELI ALA TIE TTT Tn . || 1,165 | 56 1,180 | 6,000 | — 300 | — 147 | 46 500 | — Dogg (E 9,493 | 02 8,780 | — 118 oa EE DER L'ANNO 1870, (TIENE ATA a Passività Conto liquidato e da pagarsi al tipografo Bernardoni Stampa Atti e Memorie . ” di Circolari . Spese di Cancelleria, Segreteria ed Associazioni Legatura di libri Spese postali e di porto . Stipendio per un impiegato cancellista . Stipendio agli inservienti Totale passività . 39 . 40 Notizie anatomiche sul genere Acme e su talune parti dure della Caecilianella acicula. Nota del socio FERDINANDO SORDELLI. (Tav. I.) ) (Seduta del 27 febbrajo 1870.) Fra i generi di Molluschi rappresentati nel nostro paese, uno dei meno conosciuti è, senza dubbio, quello che Hartmann (4), per il pri- mo, distinse col nome di /eme e che, in grazia appunto dell’ igno- ranza in cui per lungo tempo si rimase intorno ai principali suoi caratteri, ebbe a- subire le più grandi vicissitudini. î Draparnaud, che ne conosceva una sola specie, ebbe a collocarla dapprima nel genere Sulimus (2), ignorando affatto l’ esistenza di un opercolo; più tardi, nell’ Zistoîre des Mollusques, la toglieva da quel genere, vero péle-méle di quanto non trovava posto negli altri gruppi generici, per collocarla, con poco felice idea, fra le sue Auricule (3); idea poco felice, perchè anche qui la riuniva a specie prive d’ oper- colo. Michaud (4), invece, il continuatore di Draparnaud , proponeva la sua riunione al genere Carychium, ove molti, e segnatamente il Rossmaessler (3), continuarono a ritenerla, malgrado che non si rin- venissero fra loro altri caratteri comuni che due soli Tostnaa e le piccole dimensioni della conchiglia. Più tardi Hartmann creava, nello stesso anno, due nomi di genere per il Bulimus lineatus di Draparnaud, quello di Acme (6), cioè, e di Acicula (7); non avvertendo che quest’ ultimo era già stato pro- (41) Hartmann, System der Erd und Stisswasser-Gasteropoden. 1821, pag. 37. (2) DRAPARNAUD, Tableau des Mollusques terr. et fluv. de la France. 4801. (3) DRAPARNAUD, Mist. nat. des Mollusques terr. et fluv. de la France. 1805. (4) Micnaup, Complement de l’Histoire naturelle des Mollusques terr. et fiuv. de la France par Draparnaud. (5) RossmAESSLER, Iconographie der Land-und Stisswasser-Mollusken Europas. Fasc. V-VI, pag. 54, fig. 408. (6) HARTMANN J. D. W., System der Erd-und Stisswasser Gasteropoden Europas. Nùrn- berg, 1821. (7) HartMANN, System der Erd-eund Flussmollusken der Schweiz, in Steinmiiller- Neue Alpina. Winterthur, 1824, pag. 194. NOTIZIE ANATOMICHE SUL GENERE ACME. 4A posto dal Risso (8) per dinotare il moderno genere Cuecilianella di Bourguignat. Agassiz , infine , riconosceva anch’ egli Ja necessità di un separato genere per il Bulimwus lineatus e le specie affini, e pro- poneva per esse il nome di Pupula (9). Tutte codeste distinzioni però erano fondate, più che altro, sulle differenze che si riscontravano fra le conchiglie delle specie in qui- stione e quelle appartenenti ai generi Bulimus, Auricula, ecc., an- che presi nel loro più vasto senso; giacchè non consta che sino al- lora si fossero osservati i caratteri del mollusco, per istabilire con quelli il vero posto che le Acme occupano nel sistema. Fu solo nel 1837 che Charpentier (10) e, quasi contemporanea- mente , il nostro Porro (11) scoprirono che l’ animale dell’Acme li- neala è munito di opercolo e che, per conseguenza, la specie dove- vasi porre tra gli altri opercolati terrestri, vicino ai generi Cyclosto- ma e Pomatias. La descrizione che il chiaro autore della Malacolo- gia comasca fa dell’ animale del suo Cyclostoma lineatum è assai buona e merita d'essere riferita: « Animale cogli occhi un poco di- stanti posteriormente dai tentoni; tentoni lunghi acuti; tra la base dei tentoni e gli occhi stanno due macchie nere, semilunari, adden- tellate; tromba sporgente; tutto l’animaletto è bruno e vivace. Oper- colo posto alla superficie dell’ apertura, membranoso ; non compie un giro di spira (12) »; la sola inesattezza che qui si riscontra è che l’o- percolo non compia un giro di spira ; nella - diagnosi latina che pre- cede la descrizione leggesi operculo cartilagineo paucispiro, ciò che è streltamente conforme al vero ; ma se anche vuolsi ritenere la ver- sione italiana, l’ errore sarebbe ben perdonabile qualora si pensi alla trasparenza grande di quest’ organo ed alla estrema sua piccolezza. - L’esistenza tuttavia di codesto opercolo , dimostrata all’ evidenza , dall’ osservazione concorde dei due sommi naturalisti testè citati, venne (8) Risso A., Histoire naturelle des principales productions de VEurope méridionale. Paris, 1826. T. IV. (9) In CHARPENTIER. JeAN, Catalogue des Mollusques terrestres et fluvialiles de la Suisse. Neuchàtel, 1837. i (410) Op. cit. (11) Porro Carto, Malacologia comasca. Milano, 41838. (412) Loc. cit., pag. 77. 42 F. SORDELLI , da alcuni negata e fra noi combattuta in particolar modo dal De Betta (13), senza che l’ asserzione ‘in contrario fosse appoggiata ad uno studio più accurato del mollusco. È fu solo alcuni anni dopo che gli increduli, tra cui anche lo stesso De Betta (14), resero omaggio al vero ed ammisero le Acme tra i molluschi opercolati. - A queste poche si limitavano le cognizioni intorno al presente ge- nere, prima che il Moquin-Tandon, nella sua classica opera (18) sui Molluschi terrestri e fluviali della Francia, non venisse con nuovi det- tagli a gettare un po’ di luce intorno a tali piccolissimi animaletti. Però, sopra quattro specie da lui enumerate nel genere Acme, una (la simoniana) venne più tardi riconosciuta come acquatica e posta in tutt'altro genere (16), e di due delle rimanenti (Acme Moutonii e lineata) non descrive che la conchiglia. Per converso, egli sembra avere osservato con somma precisione l’animale dell’ Zeme fusca (che è sinonimo della polita di Hartmann), poichè lo descrive assai minu- tamente (17), ma sempre limitandosi alle parti esterne. Intanto però sappiamo da Moquin-Tandon che in questo genere i due sessi sono separati, ed il maschio, munito di una grossa verga sempre visibile all’esterno, porta quest’ organo al lato destro del corpo, dietro la base del corrispondente tentacolo; è un po’ ricurvo in basso, ed offre l’a- spetto come di un terzo tentacolo. Così, oltre la presenza dell’ oper- colo, anche quella di un organo copulativo esterno nel maschio ve- niva all’ appoggio di un ravvicinamento delle Acme ai generi nostrali Cyclostoma e Pomatias, ma senza autorizzare una più precisa classifi- cazione di quel genere in uno piuttosto che in altro dei vari gruppi in cui furono divisi, dai moderni autori, i Molluschi opercolati terre- stri. Per ciò fare era necessario conoscere il numero e la forma dei (13) De Betta EpoaRDO, Malacologia terrestre e fluviatile della valle di Non. Verona, 4852, pag. 127. (14) De Berta EpoARDo e MartINATI Pietro PAOLO, Catalogo dei Molluschi delle pro- vincie venete. Verona, 1855, pag. 75. (15) MoQuIN-TANDONA., Histoire naturelle des Mollusques terrestres et fluviatiles de. la France. Paris, 1855. (16) Vedi BourGuIGNAT J. R., Monographie du nouveau genre frangaiîs Moitessieria , in Rev. et Mag. de Zoologie. 1863, pag. 432. (417) Loc. cit., pag. 540. NOTIZIE ANATOMICHE SUL GENERE ACME, 45 denti della radula o membrana linguale, la struttura dell’ organo del- l’udito; il cuore, ecc., parti tutte affatto sconosciute finora, come la- sciano supporre, tra le altre, le recenti testimonianze dei due chia- rissimi malacologi inglesi W. T. Blanford (18) e J. D. Macdonald (19). Egli era quindi affatto naturale in me il desiderio di esaminare un po’ davvicino l’ organizzazione interna di esseri così poco noti, e già, sin da cinque anni or sono, aveva occasione di fare qualche indagine in proposito sopra un individuo di Acme lineata, preservato nell’al- cool, pervenutomi dai dintorni di Lugano. D’ allora in poi, mercè la liberalità dei signori abate Giuseppe Stabile , Napoleone Pini di Mi- lano e Carlo Blanchet di Losanna, potei fare numerose osservazioni e disegnare, se non tutti, certo i principali visceri che con molta pre- cauzione riusciva ad isolare e sottoporre al microscopio. Le specie da me studiate in rapporto all’ anatomia sono finora due soltanto : Acme lineata, dei dintorni di Lugano e della Valsassina, ed Acme polita delle vicinanze di Bex in Isvizzera (20); siccome però le mie osservazioni concernono principalmente la prima, quella, cioè, (18) BLanFoRD W. T., Note on Hydrocena tersa, in Ann. and Mag. of Nat. Hist. London. IV series, vol. 3, 1869, pag. 117. (49) MacponaLp Jonn Denis, On the Anatomy of Diplommatina, and its Affinity with Cyclophorus and Pupina în the Cyclophoridae, in Ann. and Mag. of Nat. Hist. Lon- don, IV series, vol. 4. pag. 80. (20) Preferisco il nomedi A. lineata a quello di A. fusca, adottato dallo Pfeiffer, poi- chè varie e contradditorie sono le opinioni dei malacologisti circa il valore del Turbo fuscus di Walker, riscontrandovi alcuni la lineata, altri la polita di Hartmann, altri infine in esso confuse le due specie. Ad evitare quindi ogni mala intelligenza, ag- giungo qui alcune citazioni onde precisare meglio di quali specie intendo parlare. I. ACME LINEATA. Bulimus lineatus, Drap. — Tabl. Moll. — Cyclostoma lineatum, Porro. — Malac. com. Pupula acicularis lineata, Hartmann. — Erd und Siisswasser Gaster. I. pag. 1, tav. I. Acicula fusca, Pfeiff. L. — Mon. Pneum. viv. 1852, pag. 4. " Acme lineata, Moq.-Tandon. — Moll. de France, tom. II, pag. 309. II. ACME POLITA, . Carychium (Acme) lineatum, Rossm. = Icon., V e VI, pag. 54, fig. 408. . Pupula acicularis polita, Hartmann. — Erd und Stsswass. Gaster. I, pag. 5, tav. IL . Acicula polita, PÎeiff. L. — Mon. Pneum. viv. 1852, pag. 5 (escl. le var.). Acme fusca, Moq.-Tand. — Hist. nat. des Moll. de France, tom. II, pag. 509. hl F. SORDELLI, delle due specie che sola si trova fra noi (21), e d’ altra parte non potei fin qui riconoscere fra loro notevoli differenze, così di essa in- tendo parlare in ispecial modo, salvo a rilevare quei passi che si rife- riscono alla seconda specie. Una sol volta ebbi occasione di vedere vivo il mollusco, e fu nel novembre 1867; il freddo lo aveva reso assai torpido, e bagnato con un po’ d’acqua rimase a lungo senza muoversi. Ebbi allora agio di osservare che lo spazio lasciato vuoto nella conchiglia corrispondeva esattamente a mezzo giro di spirale; quando, dopo lungo aspettare, cominciò a distendersi, favorito dall’ umidità e dall’ ambiente più tie- pido della camera, lo fece assai lentamente e ad intervalli assai lun- ghi, guadagnando di volta in volta uno spazio assai piccolo, appena percettibile coll’ ajuto di una buona lente. I gruppi nerastri formati dagli occhi e dalle macchie pigmentali alla base dei tentacoli si ve- devano attraverso la conchiglia, e, per trasparenza, vidi pure il cuore a pulsare con somma lentezza entro una macchia oblunga, scuriccia, presso l’angolo superiore del peristoma, nel momento appunto che il piede cominciava ad uscire dalla conchiglia. Tutta la parte del mol- ‘lusco sporgente all’esterno era di un bel bianco subdiafano , e ciò può sembrare in contraddizione con quanto ne dice Porro, che ac- cenna ad un animale bruno; ma conviene pensare che l'individuo da me esaminato si era già svuotato per disporsi al letargo invernale, e difatti la sezione mostrò il tubo digerente sgombro di materie, men- tre l'individuo descritto da Porro doveva essere pieno di sostanze in- gojate, che per la trasparenza propria di tutto il corpo prestavano a questo un colore non suo, nella stessa maniera che suole avvenire in alcune vitrine, limaci, ecc. a corpo bianco e semitrasparente. L’opercolo è ovale e finisce in punta alla parte superiore, ove cor- risponde all’ angolo dell’apertura; fresco è affatto trasparente ed in- (21) Villa, Strobel, Spinelli ed altri, citano bensì 1’A. polita come vivente in Lom» bardia , ritenendola come semplice varietà o mutazione della lineata; in fatto però io non vidi mai altro, distinti con questo nome e di provenienze nostre, che gusci della lineata, già secchi, ed in cui le finissime solcature erano meno visibili che negli esem- pIari freschi. A quanto pare 1’ Acme polita sarebbe dunque estranea al bacino del Po, e solo nella media Italia alcune forme speciali la rappresenterebbero, senza però ri- produrre il vero tipo, che rimarrebbe quindi proprio alle contrade transalpine. NOTIZIE ANATOMICHE SUL GENERE ACME, 45 coloro, ma tolto ad esemplari che hanno soggiornato per qualche tempo nello spirito, assume spesso una leggera tinta giallo d’ambra; in ambo i casi lo trovai pieghevole ed elastico. Sottoposto al micro- scopio, lascia scorgere con facilità la sua struttura spirale, risultante da poco più di tre giri, di cui l’ultimo occupa egli solo quasi tutto l’opercolo ed è solcato da strie trasversali, paragonabili alle linee di accrescimento della conchiglia; strie che sembrano partire da un cen- tro comune, e che Porro vide benissimo, confondendo però a torto con esse la breve spirale, il cui andamento è affatto diverso. Riguardo al modo di aderenza fra l’ opercolo ed il piede dell’ animale, ho no- tato una traccia dell’ impressione muscolare, avente la forma costante di una mezzaluna, che dal centro della spirale sale fin presso I’ estre- mo angolo dell’ opercolo. Nulla posso dire dell’orificio della bocca, poichè non ho potuto vedere fin qui che individui contratti; male parti dure della medesima, - restando inalterate anche nell’alcool, sono tra le più facili ad essere osservate. Alla parte superiore, appena oltrepassato il limitare della bocca, vedesi la lorica palatina, che tiene luogo di mascella ed è com- posta di due parti piane subtriangolari, inclinate una sull’ altra, tra- sparenti, incolore, papillate, colle papille di forma esagona allungata, libere verso il lato interno della bocca, e coprentisi una coll’ altra alla base. Dietro la lorica si svolge la radula, o lamina cornea della lingua; lamina che durante il pasto dell’ animale viene a scorrere sotto la lorica, sino a presentare la parte sua anteriore all’ orificio della bocca, seguendo ogni movimento di va e vieni della lin- gua, colla quale tuttavia, negli individui morti almeno , conserva pochissima aderenza. In proporzione ho rinvenuta la radula molto più breve che non nei Pomatias, i quali la posseggono lunghis- sima. I denti o papille di cui quest’ organo è coperto sono disposti su cinque serie longitudinali; quelli della serie centrale, tricuspidi, hanno una base subtriangolare che decorre fra un dente e l’altro della stessa serie; i mediani, di cui s’ osserva una sola fila ai lati della serie cen- trale, sono pure tricuspidi, ma la loro base è larga e subquadrata, anzichè triangolare; infine i denti laterali, o meglio marginali , for- mano anch’ essi una sola fila longitudinale ad ambo i lati della ra- 46. F. SORDELLI , dula, e sono larghi più del doppio degli altri denti, col margine Lo basi reflesso e minutamente seghettato. Il bulbo buccale è piuttosto grosso e munito di un muscolo retrat- tore assai breve. Non ho potuto, per quanta diligenza vi abbia mes- so , scorgere le ghiandole salivali. L' esofago è esile, quasi sempre di uguale grossezza in tutto il suo decorso, od appena un po’ più rigon- fio alla parte posteriore. Lo stomaco ha figura semilunare e sta col- locato nel terzo giro della spira; tien dietro l’?nfestino che, dopo avere formato tre ben distinte anse, passa sopra al rene ed all’ utero o matrice nelle femmine, alla prostata nei maschi, e viene a metter foce all’ano, sotto il margine anteriore del mantello. L'andamento dell’ ultimo tratto d’intestino, denominato altresì il retto, è discerni- bile anche nell’ animale ancora intatto, a motivo di una linea nera- stra parallela che gli sta sotto. Dei sei giri di spira formati dall’ animale tre sono quasi per intero occupati dal fegato, che è di un rossiccio piuttosto chiaro negli indi- vidui preservati nello spirito, di una tinta non molto più intensa seal) esemplari freschi. Alla base dei tentacoli, e precisamente sul fianco latero-posteriore dei medesimi vedonsi gli occhi, che nell’animale in istato di contra- zione sembrano confusi con due macchie nerastre, ognuna delle quali è composta di tre macchiette più piccole, confluenti, e disposte in una linea trasversa rispetto ai tentacoli e leggermente arcuata. Que- ste macchie, che a prima vista sembrerebbero occhi esse stesse, si palesano al microscopio per semplici depositi di pigmento, di cui si ignora l’ufficio, a meno che non si voglia trovare loro un nesso col nervo olfattorio che scorre entro ciascun tentacolo, e col quale si (ro; vano in evidente rapporto. Comprimendo fra due vetri quei gangli del collare midollare che stanno sotto al condotto esofageo, si possono osservare, con un di- screto ingrandimento, le otolilî, aggruppate in due masse, ciascuna delle quali è racchiusa in una capsula speciale difficile a distinguere dal tessuto circostante. Ogni capsula contiene da 20 a 25 otoliti ci- lindriche, arrotondate alle due estremità, ovvero terminate da pira- midi ottuse. La lunghezza di ciascuna otolite raggiunge due volte e mezza o tre volte la loro larghezza. NOTIZIE ANATOMICHE SUL GENERE ACME, 47 Il rene è una grossa ghiandola posta sul fianco sinistro del mol- lusco; offre una forma ovale allungata, quasi elittica, ed ha un co- lore bianco-latteo. Sotto il rene sta il cuore, di cui il ventricolo e 1’ orecchielta tro- vansi a qualche distanza l’uno dall’altra; disposizione offerta anche dal Cyclostoma elegans. L’orecchietta è un poco più piccola del ven- tricolo ed ha figura affatto piriforme, L’apparato riproduitore femmineo mette foce all’ esterno, al lato destro della testa; esso consta dell’ovario, formato da pochi acini an- nidati entro il fegato e di un ovidotto, che da principio si scorge non senza difficoltà; forma al lato destro del corpo due anse ben distinte, poi passa al lato sinistro per comunicare coll’ ufero. Questo è assai rigonfio posteriormente e va man mano attenuandosi alla parte ante- riore. È tutto striato per traverso e di colore bianco-gialliccio. Una sol volta potei osservare l’ apparato riproduttore maschile nel- l’Acme lineata, ed anche con risultato poco soddisfacente. Benissimo mi si mostrò invece in un esemplare di cme polila, per cui prefe- risco descriverlo su quest’ultima specie. Il festicolo, come sempre, nicchiato nel fegato, mi si mostrò meno complicato ancora che non nel Cyclostoma elegans, e formato da pochi acini riuniti in un grap- polo irregolare. Il canale deferente superiore, diritto dapprima e per gran parte del suo decorso, è circonvoluto nell’ultimo tratto , ove in proporzione è anche più grosso. Ad esso tien dietro una prostata ve- ramente enorme, il cui colore bianco di latte la fa risaltare sulle cir- costanti parti brune o gialliccie; dessa è come troncata posterior- mente, mentre va assottigliandosi in avanti per formare il canale de- ferente inferiore, che mette foce nella verga. Come dissi già più addietro, questa, che è sempre esterna , somi- glia quasi ad un terzo tentacolo, più lungo degli altri due nell’ ani- male morto, per essere meno dei tentacoli contrattile. In complesso trovai questa parte, tanto nell’ 4cme polita quanto nella lineata, con- forme alla descrizione dataci da Moquin-Tandon. Se ora si confronta l’organizzazione delle 4cme con quella dei due generi nostrali di opercolati terrestri si trova che, per la forma spi- rale dell’ opercolo, la brevità della radula e la disposizione dell’appa- 48 F. SORDELLI, rato riproduttore si approssima a quella del Cyclostoma, ‘mentre se ne scosta per avere le capsule auditive con numerose otoliti, precisa - mente come nei Pomatias. Riguardo poi alla posizione che le Acme devono occupare nel sistema, la quistione non può risolversi ancora definitivamente e fintanto-che non sia ben conosciuta quella dei ge- neri con cui sembrano avere maggiore o minore affinità. Lo stabili- mento della famiglia Aciculidae (od Aciculacea), proposta da Gray (22) ed ammessa da Pfeiffer (23) e da Woodward (24), sembra ben fon- dato, avuto riguardo ai caratteri esterni, ma resta sempre a verificare se l’interna struttura delle Geomelanie della Giamaica (28) viene a rafforzare od a rompere i nodi che le uniscono alle 4cme dell’antico mondo. Certo è che le osservazioni da me fatte su quest’ultimo ge- nere allontanano sempre più dalla famiglia Aciculidae i generi Trun- catella Risso, Diplommatina Benson ed Acmella Blanford (26), i quali, vuoi per la forma della conchiglia, vuoi per altri caratteri, fu- rono creduli avere con essa stretti rapporti. Poichè l'occasione si presenta favorevole, credo bene di aggiun- gere qualche parola intorno ad alcune parti che ho potuto osser- vare in un individuo di Caecilianella acicula (27), proveniente dalla (22) Gray, Catal. Cycloph., 1850, pag. 27. (23) PreirrER Lupov., Mon. Pneumonopom. viv., 1852, pag. 3. (24) Woopwarps C. S., A manual of the Mollusca, 1851-56, pag. 178. (25) Ch’io mi sappia, niuno ha mai intrapreso lo studio anatomico del genere Geo- melania; solo Arthur Adams pubblicò, fino dal 4849, un informe schizzo dell’ animale della G. jamaicensis, nei Proceedings of the Zool. Soc. London (Moll. pl. VI, fig. 2-4), facendo rimarcare come non differisca punto da quello del genere Truncatella (loc. cit. pag. 169) e si scosti dalle Cyclostomidae per la posizione degli occhi e la forma dei tentacoli. (26) BLancFoRD W. T., Note on Hydrocena tersa Bens., in Ann. and Mag. of N. H., 1869, vol. 3, pag. 417. ; (27) Al pari delle Acme, anche le Caecilianellae subirono assai fortunose vicende nel passare attraverso i vari sistemi malacologici; infatti i generi Buccinum, Bulimus, He- lix, Achatina, Ceciliodes, Styloides, Acicula, Cochlicopa, Cionella, Columna, Polyphe- mus, Glandina, le ricettarono ciascuno alla lor volta; ora però che la loro conforma- zione è sufficientemente conosciuta, la istituzione di apposito genere per le medesime è più che giustificato, genere cui spetterebbe il nome di Acicula Risso, ma al quale per le ragioni addotte dallo Stabile (MoWusques terr. viv. du Piemont, in Atti Soc. It. = NOTIZIE ANATOMICHE SUL GENERE ACME. 49 valle dell’Olona, presso Legnano, e comunicatomi dall'abate Giu- seppe Stabile; la vita che questi animali conducono, affatto sotter- ranea, al punto da atrofizzare in essi l'organo della visione, se da un lato è tale da rendere oltremodo difficile il procurarsene degli esemplari vivi, doveva d’altra parte eccitare in sommo grado la mia curiosità di conoscere i più minuti particolari della loro interna or- ganizzazione ; per disgrazia, l'individuo da me osservato era ben svi- luppato, ma non tanto da poter istudiare l’apparato riproduttore. Al- cune parti dure della bocca e gli organi dell'udito furono invece da me viste e disegnate al microscopio, ed a queste si limita pertanto la presente comunicazione. La mascella, veduta di prospetto, offre il margine superiore ar- cuato, mentre l’inferiore, libero, è desso pure arcuato, ma nel mezzo presenta una sporgenza assai sensibile, il clie dà alla mascella un’al- tezza assai maggiore nel mezzo che non ai lati. Nel complesso il suo contorno è assai somigliante a quello delle mascelle nei generi Pupa e Clausilia, le quali sono pure arcuate ed assai gracili, ossia pochis- simo alte, in confronto alla larghezza, e presentano tutte una note. vole sporgenza all’orlo inferiore. Nella specie in discorso, oltre l’ of- frire dei solchi o strie verticali, come presso i generi citati e moltis- sime altre £licee, la mascella ha questo ancora di particolare che ogni di Sc. Nat., vol. VII, 1864, pag. 79) devesi preferire quello di Caecilianella Bour- gnignat. In quanto poi alle specie, per convincersi quanta confusione i naturalisti abbiano in esse introdotto, basta leggere l’articolo pubblicato dal De Betta negli Atti dell’ Isti- tuto Veneto (Esame critico intorno a tre molluschi del genere Glandina, tom. IX, Ser. 3°, 1863-64, pag. 537); e siccome ora mi limito a descrivere ciò che ho veduto, senza vo. ler entrare nell’inestricabile labirinto delle sinonimie, cosi citerò appena quelle che bastino per precisare a quale specie appartiene l'individuo da me sezionato. CAECILIANELLA ACICULA. Buccinum acicula, Mùll. — Verm. Hist., II, pag. 450. Achatina aciculoides, De Betta. — :Malac. della Valle de Non, pag. 75, fig. III Achatina aciculoides e Janii, De Betta. — Moll. terr. et fluv. prov. venete, pag. 57. Bulimus acicula, Mog.-Tand. — Hist. Moll. de France, vol. II, pag. 309, pl. 22, fig. 32-34. Caecilianella acicula, Bourg. — Amén. Malac., I, pag. 245. Glandina acicula, De Betta. — £same crit. int. a tre moll. del gen. Glandina, in Atti Ist. Ven., 1863 64, pag. 550, tav. XIV, fig. 4-3. Vol. XI. 4 50 F. SORDELLI, solcatura, in luogo d’ essere diritta, è invece spezzata verso il mezzo. Una tale spezzatura si osserva in ciascuno dei 38 solchi da me no- verati, ad eccezione dei tre o quattro estremi d’ambo i lati. L’ orlo inferiore poi della mascella è finamente seghettato in corrispondenza alle solcature. Nulla di notevole quanto all'apparato digerente, il quale mi parve foggiato sul tipo dei Bulimi (Buliminus obscurus, Zua subcylindri- ca, ecc.), ma speciale e degno d'osservazione è l’aspetto della ra- dula, di cui ho disegnato un frammento. Le serie transversali con- stano di 29 a 31 denti, di cui il centrale è estremamente piccolo (28) e tricuspide; ai lati di essi trovansi 6 denti, pure tricuspidi, ma grandi circa tre volte più del centrale, a cui del resto rassomigliano per la forma; le due cuspidi laterali di ciascun dente sono simme- triche fra loro ed assai più piccole di quella di mezzo, la quale va gradatamente abbreviandosi, dalla prima alla quinta serie; nella sesta i denti perdono tutto ad un tratto le loro punte e non conser- vano che una piccola traccia della cuspide mediana. Infine le rima- nenti serie laterali non offrono più che dei denti troncati e quasi ret- tangolari, decrescenti in grandezza fin presso il margine della radula. È noto come gli organi dell’ udito si trovino in generale nei Ga- steropodi alla parte posteriore del primo pajo di gangli sotto-esofagei e siano ridotti alla loro più semplice espressione, cioè constino di due borse o capsule, contenenti una o più otoliti (29); nella Caecilianella acicula ho trovato i due gangli portanti le capsule auditive quasi del tutto saldati fra loro, all’opposto di quanto avviene nella maggior parte delle Elici, nel Luliminus detritus, nella Zua subcylindrica, nella Balea fragilis , in varie Pupe e nel Carychium minimum, in cui sono uniti per breve tratto. Ciascuna capsula contiene una massa emisferica, composta di 28 a 530 otoliti, sensibilmente uniformi nella figura e nella grandezza, cioè cilindriche, lunghe il doppio della lar- ghezza e terminate alle due estremità da superficie arrotondate od im- perfettamente piramidali. (28) Questa piccolezza dei denti della serie centrale in confronto a quelli delle me- diane è abbastanza rara; ciò nondimeno la si trova in generi disparatissimi: Fischer la osservò nel suo Athoracophorus hirudo, ed io la riscontrai, non senza sorpresa, nel- l’Helix pulchella, Muller. (29) Moquin-TANDON A.; Zist. nat. des Mo. de France, vol, I, pag. 132. NOTIZIE ANATOMICHE SUL GENERE ACME BI SPIEGAZIONE DELLE FIGURE. 1. Individuo femmineo di Acme lineata, mentre cammina. — op, opercolo. Ù 4 Ingrandimento TE 2. Conchiglia d’Acme lincata, in grandezza naturale. 3. Animale, contratto nell’ alcool, privato della conchiglia, in grandezza na- turale. 4. Opercolo, veduto dal lato interno, ingrandito circa 30 volte. — m, por- zione del piede ancora aderente alla conchiglia. 5. Parte cefalica dell'animale, ingrandita circa 12 volte nel diametro. — m, la tromba o muso alquanto contratto; #, tentacolo; p, macchia pigmentale ne- rastra; 0, l'occhio. i 6. Il mollusco della figura 3, ingrandito, per mostrare in op, l’opercolo tra- sparente ed in posto, mentre l’animale sta ritirato nella conchiglia. 7. Uno dei due gruppi di otoliti. n 5 gno avi ot 900 8. Due otoliti, isolate, ancora più ingrandite. TT 9. La lorica palatina e la radula, a semplice contorno, onde mostrare che quest’ ultima, colla sua estremità anteriore, lambe l’ angolo posteriore della lo- : 0 - . rica 7. —” radula ; Zp, lorica palatina. 10. Frammento della radula. ni 5 11. Lorica palatina (mdchoire Saint Simon). “ : 12. Tubo gastro-enterico, ingrandito circa 40 volte. — 22, bulbo buecale, gl, guaina della lingua; e, esofago; sé, stomaco; ?, anse dell’ intestino; r,il retto. 13. Il cuore. — v, ventricolo; — 0, orecchietta. 14. Individuo spogliato della conchiglia, ingrandito appena 10 volte e leg- germente svolto nella parte anteriore. — 55, bulbo buccale; od, occhio de- stro e macchia pigmentale insieme confusi che traspajono disotto al mantello ; mr, muscolo retrattore del bulbo buccale; es, esofago ; st, stomaco; f, fegato; re, rene; r, il retto; uf, utero. b2 F. SORDELLI, NOTIZIE ANATOMICHE SUL GENERE ACME, 15. I due tentacoli, alquanto contratti ed ingranditi 30 volte. — 0, 0, occhi; m, m, le macchie pigmentali condotte a livello degli occhi ; 0, nervo olfattorio destro. 3 16. Un occhio isolato, maggiormente ingrandito che non nella figura pre- ° cedente. — p, pigmento e retina; lc, lente cristallina. 17. Individuo femmineo d'Acme lineata, ingrandito come nella figura 14, col mantello in parte asportato onde mostrare i visceri sottoposti. — op, opercolo; p, il piede contratto; es, occhio sinistro confuso colla corrispondente macchia pigmentale; mr, muscolo retrattore; c, cuore; re, rene; /, fegato; , intesti- no; r, il retto; uf, utero. 13. Apparato riproduttore femmineo, preso dall’individuo precedente. — 0v, acini dell’ovario; ovid, ovidotto; «uf, utero; 0g, orificio genitale. 19. Individuo maschio d’Acme polita, contratto e levato dalla conchiglia. D. -—— m, muso applicato contro il piede; p, piede; #s, tentacolo sinistro; td, tentacolo destro; v, la verga; 0, occhio destro e macchia pigmentale; pr prostata; 7, fegato. 20. Apparato riproduttore maschile, ingrandito circa come la figura prece- dente. — &#, testicolo ; ds, canale deferente superiore; pr, prostata; dî, canale deferente inferiore; v, verga. 21. Parte del canale deferente superiore, onde mostrare le circonvoluzioni del medesimo in prossimità della prostata. 22. Ganglio sottoesofageo, portante le capsule auditive, preso in un indivi- OT : Di, } 140 1A duo non ancora adulto di Caecilianella acicula. Sata capsule auditive. 23. Massa delle otoliti, presa nella stessa specie ed ancora più ingran- 3 480 dita. qu ° 24. Una otolite isolata. 25. Mascella di Caccilianella, veduta anteriormente. n. 26. Porzione della radula della medesima specie, onde mostrare la forma e disposizione dei denti della lingua. — c, denti centrali; mm, denti mediani ; 4, denti laterali. Seduta del 27 marzo 1870. Il Presidente apre la seduta concedendo la parola al socio Marinoni il quale presenta alcuni resti fossili di Ursus speleus della grotta di Adelsberg, e legge una breve nota illustrativa di essi che verrà inserita negli Atti. È letto ed approvato il processo verbale della prece- dente seduta 27 febbrajo 1870. Si passa quindi alla proposta per parte della Presidenza, di alcune modificazioni da introdursi nel Regolamento speciale per le Riunioni straordinarie; e viene approvato il seguente articolo da aggiungersi al paragrafo 21: Nei giorni precedenti la chiusura verranno presen- tate alla Presidenza straordinaria le proposte per la scelta della città destinata alla riunione dell’ anno se- quente. Ognuna di queste proposte dovrà essere firmata da 3 socj e munita di una lettera di consenso del Muni- cipio della città indicata. La Presidenza straordinaria presenterà le proposte aî socj riuniti nella seduta di chiusura; ed a questi spetterà di fare la scielta definitiva fra î nomi delle varie città proposte. In seguito il prof. Cornalia comunica alla Società come la Presidenza si sia messa in relazione con quella del Congresso internazionale di paleoetnologia intavolando db SEDUTA DEL 27 mARZO 1870. le trattative onde facilitare ai membri della Società d prendere parte a tale Congresso. È proposto ed accettato il cambio degli Atti col Bul- lettino del R. Comitato Geologico d’Italia. È nominato socio effettivo il sio. PoNTE cav. GAETANO di Palagonia (prov. di Catania), proposto dai socj Silve- stri, Marinoni e Spreafico. Il Presidente dà quindi comunicazione dei programmi di concorso pel 1870 pubblicati dal R. Istituto d’ Inco- raggiamento alle scienze naturali ecc. di Napoli, e dalla Accademia virgiliana di Mantova, e dell'invito al Con- gresso internazionale per il progresso delle scienze geo- grafiche ecc., che si terrà ad Anversa nel prossimo ago- sto 1870. Non essendovi altro a trattare, la seduta è sciolta. C. MARINONI, Segretario. 85 Intorno ad alcuni resti di U7rsus spel@us della grotta di Adelsberg. Nota del socio dott. CamiLLo MARINONI. (Seduta del 27 marzo 1870.) Parlando dell’ epoca posterziaria e della fauna che la distingue, in prima fronte ci si presentano ovunque in tutta Europa gli avanzi fos- sili di quegli animali che sepolti nei depositi ossiferi delle caverne, assumono per questo fatto una specialissima importanza per la pa- leontologia. Gli avanzi dell'Orso speleo sono, in tali depositi di data relativa- «mente assai recente, affatto comuni; e ad essi la scienza oramai non dà più grande importanza se non quando vengono a constatare lo- calità nuove, od a caratterizzare dei depositi ossiferi di età e di gia- citura non al tutto accertata. I resti fossili però di cui tengo parola, non hanno nemmeno il me- rito di darne contezza intorno ad una località nuova; ciò nonostante credetti non si dovessero al tutto trascurare. Provengono essi dalla grotta famosa di Adelsberg (1), la più grandiosa e celebre fra le tante che si scoprono nell’altopiano del Carso in Istria, paese classico for- mato da una serie di terreni stratificati, specialmente di formazioni calcaree nummulitiche, disseminate per ogni dove da fessure e da voragini, che accennano appunto alla natura cavernosa di quella re- gione (2). Furono essi raccolti dal chiarissimo naturalista Giuseppe Moretti in un suo viaggio alle Alpi Carniche, e fecero per lungo tempo (4) Questa caverna, attraversa la formazione calcarea a guisa di budello, decorre ih direzione orizzontale, si ramifica e si aggira irregolarmente per qualche miglio; edin essa si versa la Poich per uscirne di nuovo ‘un’ ora più in là presso Planina sotto il nome di Hunz. (2) Morto, Veber die geologischen Verhalinisse von Istrien, ecc. in Naturwissenschaf- iliche Abhandlungen, ecc. von Haidinger, 4848, Band 2.9, pag. 257. Cornatia e Carozza, Cenni geologici sull’ Istria, nel Giornale del R. Istituto Lom- bardo, 1852, tomo II° 56 C. MARINONI, parte delle sue collezioni; ma dopo la di lui morte andarono confuse e dimenticate con altri prodotti naturali, finchè or fa qualche anno pervennero in mia mano (3). Ossa fossili e specialmente denti canini di Ursus spele@eus erano stati trovati nelle breccie ossifere della Carniola. Volpi fu il primo che ne scoprì e raccolse nella grotta di Adelsberg, d’onde fra gli altri resti ebbe un cranio bellissimo che figurò e descrisse per quello di un Palaeotherium (4). Dopo di lui altri esploratori ne rinvennero e fra questi è il Moretti. In quanto poi al modo di loro giacitura il Volpi dice come fossero sparse sopra uno spazio di parecchie tese quadrate mescolate con blocchi di stalattiti, per cui ne dedusse che quell’ animale giunse al posto dove fu rinvenuto precipitando dall’alto di qualche crepaccio. Considerando però le ossa che sono a mia disposizione, non potrei accettare in tutto e per tutto siffatte conclusioni. Alcune di esse sono conservatissime, senza la minima traccia di erosione, il femore in ispecial modo, e involte in un deposito terroso, grasso, fangoso, pla- stico, senza ciottoli o mistura d'altro, con apparenza tutt'altro che di rimaneggiato. Queste condizioni mi fanno credere piuttosto che a delle vere breccie ossifere, a quei depositi di argille ocracee ferru- ginose, gialle, impastate da materia animale, che sono caratteristiche. di tali formazioni e costituiscono un cemento nel quale stanno sepolte le ossa, che estratte ne sono ancora ricoperte, come venne osser- vato anche alla Caverna di Laglio sul Lago di Como e alla Grotta di Levrange in Val-Sabbia (provincia di Brescia). Cotali avanzi di Ursus spel@us sono: 1.° La porzione della branca destra della mascella inferiore, com- presa fra 1’ alveolo del dente canino e quello dell'ultimo molare; gli alveoli sono vuoti dei denti; 2.° L’osso intermascellare, alquanto rovinato nella sua porzione posteriore, ma invece perfettamente conservato nella porzione ante- riore, dove si vedono gli alveoli vuoti dei loro denti incisivi; (3) Mi furono donati dalla gentilissima signora Luigia Moretti vedova del dotto bo- tanico che fu professore all’ Università di Pavia. (4) VoLpi Giuseppe, Ueber ein bei Adelsberg neuentdeckles Palaeotherium, von einem lreunde der Natur. Triest, 4821. (Anonym, mit guten Abbildungen). INTORNO AD ALCUNI RESTI DI URSUS SPELZEUS DELLA GROTTA DI ADELSBERG, 57 5.° una vertebra cervicale colle apofisi rotte; 4.° un’altra vertebra cervicale pure colle apofisi rotte ed eso- stosata ; 3.° la seconda vertebra cervicale od axis di un altro individuo, colla apofisi spinosa e le faccette articolari posteriori spezzate; 6.° una vertebra dorsale pure assai rovinata; 7.° un frammeto della cavità cotiloidea destra dell’ osso iliaco del bacino di un giovane individuo ; 8.° il femore sinistro perfettamente conservato; 9.° il capo articolare alla tibia di un femore destro di un altro individuo, meno ben conservato, nel quale si appalesano bene le due teste articolari ed il solco che le separa; 40.° una rotula assai guasta; 14.° la porzione inferiore del radio destro col suo capo arlico- lare al corpo; 42.° la porzione inferiore dell’ ulna destra col suo capo articolare; 13.° la estremità superiore di una fibula sinistra di cui è con- servata la testa articolare col femore ; 44.° un osso di melatarso. À queste ossa erano aggiunte alcune porzioni indeterminabili di ossa lunghe cilindriche fors'anco di altri animali, una vertebra di pecora, e frammenti delle ossa della cavità del cranio. Dal loro esame risulta come appartenessero almeno a due individui distinti,, sia per il volume, sia per lo stato di loro conservazione. Allo. scheletro di un individuo giovane, appartennero con probabilità la porzione di mascella inferiore, l’ osso intermascellare, due vertebre cer- vicali e la dorsale, il femore e le porzioni di ossa lunghe; — ad un altro scheletro certamente ancor più piccolo, l’axis, Ja rotula e la porzione articolare di femore destro e forse la porzione di bacino, che sono anche i pezzi più guasti, quantunque questo non possa essere un ca- rattere sufficiente di distinzione. Ma quello che sovra tutto merita rimarco è la vertebra cervicale esostosata. La parte inferiore del suo corpo, presenta una vera ef- florescenza di materia ossea, un ammasso di rigonfiamenti e di cavità che le danno un aspetto spugnoso, come appunto si può vedere sulle Vol. XIII. 5 38 Co MARINONI, INTORNO AD ALCUNI RESTI DI URSUS SPELZEUS., ECG. ossa di taluni animali viventi, che furono affette da questa sorta di carie (4). Non è la prima volta che si osservano su delle ossa fossili necrosi ed esostosi, C. Meyer descrisse questa malattia dell'Orso delle caverne assai dettagliatamente (2), ed Owen pure (3), parlando dell’ Yrsus speleus, della Grotta di Kent. Il chiar, prof. E. Cornalia poi nella Paléontologie Lombarde, richiamò nuovamente questo fatto dove parla dell’ Orso speleo della Caverna di Laglio sul Lago di Como, figurando altresì una vertebra cervicale alterata di tal maniera (4); mentre aveva anche potuto verificare il falto sopra altre porzioni dello sche- letro dell’individuo da esso figurato e descritto, e specialmente sul bacino alla regione sacrale che presentava esostosi assai sviluppate. La vertebra dell’orso di Adelsberg, è forse ancora più guasta da siffatte carie che non i bellissimi pezzi che si vedono al Museo Civico di Milano, epperò convien concludere dall’ esame di tali ossa fossili che siffatte malattie erano già comparse sulla terra sino da quelle epoche remotissime. (1) Nella collezione di anatomia comparata del Museo Civico di Milano esiste appunto uno scheletro di Ursus malayanus nel quale pressochè tutte le ossa, ma le vertebre in special modo, sono affelte da carie e rese spugnose da esostosi. (2) C. Meyer. N. Act. Acad. C. L. N. C. Vol. XXIV, pars Il@, 1854, pag. 673, tab. XXX. (3) Owen, Brit. Foss. Mamm., pag. 404, fig. 34. (4) Stoppani, Paléontologie Lombarde, II° Serie; — CornaLia, Mammiferes fossiles , p. 19, pl. 3, fig. 7. . Seduta del 29 maggio 1870. Essendo assente il presidente prof. Cornalia, il vice- presidente A. Villa dichiara aperta la seduta, e presenta anzitutto un Catalogo delle piante vascolari spontanee della zona olearia nelle due valli di Diano Marina e di Cervo (Riviera ligure occid.), redatto dal dott. Luigi Ricca, con note critiche e diagnostiche intorno alcune specie meno comuni o recentemente trovate. Sarà stampato negli Affà. In seguito il socio Sordelli legge un’ accurata memoria di organografia vegetale del dott. G. Licopoli: Sopra a/- cune ghiandole della Tecoma radicans. — In essa espone l'autore la sua scoperta e le deduzioni che ne trasse ar- gomentando da identici fatti in altre piante analoghe. È quindi letto ed approvato il processo verbale della seduta precedente 27 marzo p. p. Si comunica la lettera di ringraziamento del Municipio di Catania per l'invio di alcune copie in dono degli Atti del Congresso tenuto dalla Società in quella città. Il vicepresidente comunica la dolorosa perdita del socio comm. Lorovico PaAsInI, senatore del regno, ecc. Sono infine nominati soci effettivi i signori: Cocconi prof. GEROLAMO, della R. Università di Parma, proposto dai soci Strobel, Cornalia e Marinoni; BerLa Et- TORE di Mantova, proposto dai soci A. Villa, Masè e Paglia. . Non essendovi altro a trattare, la seduta è sciolta. C. MarINONI, Segretario. 60 Catalogo delle piante vascolari spontanee della zona olearia nelle due Valli di Diano Marina e di Cervo per Luici Ricca. (Seduta del 29 maggio 4870.) Nello spazio di più che otto anni di dimora che io feci nel distretto di Diano Marina e di Cervo nella riviera di ponente, mi occupai di studiarne con quanta potei maggiore accuratezza la flora vascolare. Avendone quindi fatto un Catalogo da servire piuttosto all’ordina- mento delle mie collezioni ed a mia norma particolare, anzichè da essere pubblicato, mi decisi pure alla sua pubblicazione per forli in- citamenti di personaggi, tanto per me indalgenti quanto autorevoli nella materia. Ho lasciato sussistere le osservazioni da me fatte sui rilievi non perfettamente consonanti colle descrizioni della tanto celebre Flora Francese di Grenier et Godron, e sopra caratteri importanti non an- cora rilevati da altri autori. A tal riguardo occorre appena soggiun- gere che senza volere menomamente intaccare 1’ esattezza di quelle descrizioni, io intendo solo che le mie osservazioni valgano per le forme particolari del distretto. In quanto alle specie che vivono negli oliveti, ho tutte le ragioni per credere di averle tutte osservate ed annoverate nel presente Ca- talogo, ma non potrei rigorosamente dire altrettanto per quelle che vivono sopra la zona olearia, ossia fra l'altezza di circa 400 metri sul livello del mare, e quella di metri 980 che è appunto |’ altezza del Colle di Evigno detto anche Colle della Torre, punto culminante del distretto: e ciò malgrado che queste località siano da me state esplorate in moltissime escursioni. Così per quanto sia pur convinto che anche di questa regione extra olivare pochissime specie mi possano essere sfuggite, pure per dar maggior risalto alla esattezza di cui mi lusingo per le specie della L. RICCA) CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC. 61 zona olearia, volli inscrivere in corsivo tulte le specie della predetta superiore zona, ed in caratteri ordinari quelle della zona più bassa. L’ estensione del distretto è di metri quadrati 53000 (1), la sua maggior lunghezza dal Colle di Evigno fino al mare è di metri 9000, c la larghezza sulla riva del mare di 6000. Il distretto abbraccia due versanti distinti da un dorso intermediario e comprende due torrenti ‘principali, quel di Diano e quel di Cervo, il primo colla sorgente al Colle d’Evigno ed il secondo al Colle del Ciliegio, ambo questi colli essendo quasi attigui. Limitano poi questo distretto due dorsi, di cui uno dal Capo di Cervo a levante e l’altro dal Capo Berta a poneate si proiraggono, gradatamente elevandosi, per andarsi a riunire ai due predetti punti culminanti. Il mare ne delimita poi la parte inferiore. Il numero to- tale delle specie è di 801, delle quali solo 50 appartengono esclusi- vamente alla zona superiore agli oliveti. Assai conosciuto è il clima della Liguria, le pioggie vi sono assai scarse, tanto scarse che le piante CRE vi sono pur rarissime, La natura del suolo è in generale calcarea e marnosa, in certi punli estremamente calcarea di color biancastro; v' hanno qua e là roccie arenarie, ma mancano affatto i terreni che non siano sedimentosi. Il lido del mare piuttosto espanso in eguale pianura fra i due Capi predetti, offre negli svariati suoi depositi sabbiosi o ghiajosi, largo campo allo sviluppo delle piante marine. Risaltano sul lido del mare V Eryngium meritimum, il Crithmum maritimun, 1 Echinophora spinosa, l' Euphorbia peplis, lo Scolimus hyspanicus, 1 Alyssum ma- ritimum, la Salsola kali, il Glaucium luteum ; negli oliveti il Son- chus oleraceus, il Bromus madritensis, V Avena sterilis, Arum ita- licum ed arisarum, l’Hyoseris radiata, la Crepis taraxacifolia, il Picridium vulgare, la Ficaria ranunculoides, Veronica cymbalaria Plantago psyllium, Allium neapolitanum, ecc.; nei luoghi adusti ed incolti fra gli oliveti risaltano la Calycotome spinosa, lo Spartium junceum, la Cupularia viscosa, la Galactites tomentosa, la Coriarîa (1) Devo la precisione di questa misura alla cortesia d’un mio cugino Francesco Sieeardi Ufficiale di Stato Maggiore. 62 L. RICCA, myrtifolia, il Pistacia lentiscus, 1° Euphorbia spinosa, \’ Junyperus oxicedrus, Cistus albidus, e Thymus vulgaris. Le piante -pratensi sono per la zona olearia limitate ad un prato presso Diano in cui primeggiano l’ Antoranthum odoratum, V Andro- pogon gryllus, diverse Orchidee il Colchicum autumnale, il Trise- tum flavescens, la Gaudinia fragilis, il Bromus erectus, specie che difficilmente si troverebbero negli oliveti. Nella zona superiore le piante pratensi sono poi le più comuni. Mancano in tutto il distretto le vere foreste, fatta astrazione dagli oliveti che sono oggetto di assidua cultura; vi sono però foreste par- ziali, e per così dire in miniatura qua e là sparse pei colli costituite dalla Quercus robur o dal Pinus halepensis. Bastino questi generali cenni sulla natura del presente Catalogo al quale io non attribuisco punto una importanza cui non -potrebbe aspirare; mi lusingo soltanto che possa costituire un modestissimo sassolino nel grande edificio della flora italiana. Marzo, 1870. L. Ricca. AVVERTENZA. Per le opere citate col nome degli autori, per lo più mi servo delle se- guenti abbreviazioni: GG. — Parl. — Ardoino — Reichb. o Reichembach — De Not. o De Notaris — Koch; e s'intende: Grenier et Godron Flore de France, Parlatore Flora Italiana, Ardoino Flore des Alpes maritimes, Reichembach Flora Germanica excursoria , De Notaris Repertorium Florae Ligusticae, Koch rape ua der deut- schen und schweizer Flora. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC, 65 RANUNCULACEA 1. cc. Clematis flammula L. GG. % marittima Gr. God. abbonda negli oliveti, nei margini sassosi. — Luglio, Agosto. €. vitalba L. GG. oliveti, margini umidi. — Luglio, Agosto. Thalictrum minus L. Th. saratile DC. — Dai colli sopra gli oliveti ove è frequente, è disceso lungo i torrenti ed è quindi pur frequente sui loro margini, nei canneti. — Maggio, Giugno. Anemone coronaria L. GG., ha per lo più sepali di colore in- daco, si osserva talora con ficri rosei ma in terreni magri, sassosi ed ombreggiati. Siccome tal specie si riproduce per lo più dalla radice rimanendo spesso sterile il frutto, così mostra costanza anche nella colorazione rosea nei terreni ove si osserva. — Marzo, Aprile. A.hepatica L. GG. margini incolti ed ombrosi al limite superiore degli oliveti, si fa più abbondante sopra la zona olearia. — Marzo, Aprile. i A. hortensis L. var. stellata Lamk. con sepali un po’ più corti di 2 cenlim. var. versicolor Jordan con sepali lunghi 5 cen- tim. e più. Tanto l’una quanto l’altra varietà hanno sempre i sepali esterna- mente coperti di pubescenza sericea, contro quanto afferma GG. Se- condo il sig. 0. Ardoino, l ultima di quelle due varietà sarebbe un ibrido della car. stellata e della var. pavonina. Nel distretto di que- sto Catalogo io non potei mai osservare quest’ultima varietà caratte- rizzata qual'è nella F/ore des Alpes maritimes di questo Autore. — Febbrajo, Marzo. d4 L. RICCA, Adonis autumnalis L. GG. — Marzo-Maggio. Ranunculus trichophyllus Chaix G. G. — /. paucistamineus Koch. — | peduncoli fruttiferi sono però sempre più brevi delle fo- glie, e sono della lunghezza di circa 4 centimetri. Sommersa nei fossi degli oliveti, ove porta i fiori sopra il livello dell’acqua in Aprile e Maggio. R. repens L. GG. luoghi umidi. — Aprile, Maggio. R. bulbosus L. GG. è abbondantissimo negli oliveti. — Aprile, Maggio. R. cherophyilos L. GG. luoghi aridi sul Capo di Berta. — Aprile, Maggio. R. parviflorus L. GG. — Aprile Maggio. R. arvensis L. GG. letto dei torrenti, qua e là nelle messi, piut- tosto raro. — Maggio, Giugno. R. muricatus L. GG. sepali riflessi, carpelli da 15 a 20, squama nettarifera troncata ed emarginata. Abbonda negli oliveti. — Aprile, Maggio. Ficaria ranunculoides Moench, GG. abbondantissima negli oli- veti ombrosi. — Marzo, Aprile. Helleborus viridis L. GG. prati sopra Evigno. — Aprile. H, foetidus L. GG. letto dei torrenti e luoghi umidi. — Gennajo- Marzo. Nigella damasew@na L. GG. — Maggio-Luglio. Delphininm consolida L. GG. nelle messi. — Giugno-Agosto. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC, 65 PAPAVERACEZE Juss. Papaver setigerum D. C. filetti staminiferi di pressochè uguale larghezza all’apice ed alla base, tutt al più leggerissimamente dila- tati all'apice, lineari, apiculati di color rosso cupo quasi nero. Sepali muniti verso la loro estremità di lunghi peli cartilaginosi. Capsula brevemente stipitata. Caule pieno non fistuloso. Foglie ciliate di lun- ghi cartilaginosi peli, di cui è pur munita la nervatura mediana sulla superficie inferiore, sparsi pur qua e là sul caule. Questi caratteri sono costantissimi in tutti gli esemplari osservati nel distretto. i Luoghi grassi caldi degli oliveti. — Aprile, Maggio. P. rhweas L. GG. abbondante. — Aprile, Maggio. var. 8 pallilum GG. — id. Id. var. x vestitum GG. con petali rosei, irta di peli diva- ricati. — Maggio. P. dubium L. il numero degli stimmi non è mai di 8, ma di 4 o 6 al più. — Aprile, Maggio. _ P. hybridum L. ha sempre più di 6 stimmi, cioè da 8-10. — Aprile, Maggio. _ Giaucium luteum Scop. GG, letto dei torrenti presso il mare e sul lido del mare stesso. — Aprile-Giugno. FUMARIACEZ p. c. Fumaria capreolata L. GG. — Febbrajo-Aprile. F. agraria Lag. GG. è la fumaria più abbondante negli oliveti eon fiori grandi rosei assai eleganti: è la Z. major Badarrò. — Feb- brajo-Aprile, 66 L. RICCA, F. officinalis L. GG. — Febbrajo-Aprile. F. parviflora Lam, questa specie abbonda in una sola località del nostro distretto, negli orti sabbiosi presso il mare a Mad. Rovere, raramente se ne trova qualche esemplare nei campi eminentemente calcarei misti alla sabbia. — Maggio. Giugno. CRUCIFERA Juss. Raphanus raphanistrum L. GG. Petali bianchi venati di azzurro, od affatto gialli. — Giugno, Luglio. Questa specie assai frequente negli oliveti fra Diano e Cervo si rende di più in più rara sul littorale di ponente, e secondo il signor O. Ardoino manca gia affatto nel distretto della sua //ora delle Alpi marittime. R. Landra Moretti in D. C. GG. è più abbondante della specie precedente, ed affetta quasi sempre un general colore glauco, con petali gialli, venati. — Aprile-Giugno. Sinapis arvensis L. GG. — De Not. Repert. FI. Ligust. spec. 179 abbondantissima specialmente negli oliveti ben concimati. — Aprile- Giugno. | Eruca sativa L. GG. oliveti fra Diano e Cervo ove è ben spon- tanea. — Aprile-Giugno. Diplotaxis muralis D. C. GG. — Aprile-Ottobre. Erysimum perfoliatum Crantz. GG. ne trovai qualche esemplare sopra una frana del Capo di Cervo vicino alla strada nazionale. Que- sta specie non la trovai più in tulto il distretto. — 16 Giugno 1867. Barbarea patula Fries GG. estremamente rara. — Aprile. Sisymbrium officinale Scop. GG. — Maggio-Ottobre. CATALOGO DELLE DIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC. 67 S. alliaria Scop. GG. oliveti ombrosi. — Aprile, Maggio, è però piuttosto rara. Nasturtium officinale R. Brown GG. aque, fossi. var. a a geminum GG. var. } siifolium Steud. GG, è il più comune. — Aprile-Giugno. Arabis Sagittata D. C. GG. Koch. qua e là negli oliveti. Colle d’Evigno. — Aprile e Maggio. Le foglie caulinari non hanno sempre le orecchiette divaricate, ma sono talvolta aderenti al caule come la parte inferiore delle foglie, da somigliare alquanto all’4. Gerardî Bess. Cardamine hirsuta L. Koch. abbondante negli oliveti, caule ra- moso dalla base, per abito assai costante. C. multicaulis Hoppe. — Febbrajo-Aprile. Alyssum calycinum L. sommità del Colle di Evigno. — Maggio, Giugno. A. marittimum Lam. GG. abbondante nei luoghi incolti e presso il mare, fiorisce la massima parte dell’anno. Draba verna L. GG. Koch. luoghi sassosi incolti non ombreggiati. — Marzo, Aprile. Neslia paniculata Desv. rarissima, trovatone qualche esemplare negli oliveti dei Tre molini. — Maggio, Giugno. Calepina Corvini Desv. GG. abbonda negli oliveti ombrosi ed umidi. — Marzo, Aprile. Thlaspi perfoliatum L. GG. qua e là. — Marzo e Aprile. T. aliiaceum L. GG. oliveti assai ombrosi ed umidi a maestro di Diano ove è piuttosto abbondante, non altrove. — Aprile. T. Bursa pastoris L. GG. — Febbrajo-Aprile. 68 L. RICCA, Lepidium campestre R. Brown. Koch (non Gr. God.) pedun- coli molto più lunghi del frutto evasi ad angolo retto, infiorescenza virgata a grappoli riuniti come ad ombrella, raro negli oliveti presso il marc, abbonda invece nei campi sopra gli oliveti medesimi. — Aprile, Maggio. L. hirtum D. C. si trova negli oliveti di Villafaraldi, Pairola, S. Bartolommeo, in oliveti ed altri luoghi sassosi, calcarei, soleggiati, non mai nel piano presso il mare. — Aprile, Maggio. L. graminifolinm L. GG. abbonda e fiorisce la massima parte dell’ anno, L. Braba L. GG. abbonda negli oliveti coltivati, ed è sempre di color eminentemente verde, mai glauco. — Aprile, Maggio. Cakile marittima Scop. GG. spiaggia del mare. — Giugno-Ottobre. Rapistrum rugosum All. GG. luoghi adusti incolti presso il mare, rara negli oliveti. — Aprile-Luglio, CAPPARIDEA vuss. Capparis spinosa L. GG. muri soleggiati presso le abitazioni. — Luglio-Settembre. CISTINEA Cisti Juss. Cistus albidus L. GG. collisterili ove abbonda. — Aprile, Maggio. C. salvifolius L. GG. con petali bianchi, gialli solo alla Joro base, luoghi sterili, pineti, men comune assai del precedente. - Aprile-Agosto. Helianthemum salicifolium Pers. GG. con petali alquanto più lunghi dei sepali, i quali a maturità sono appressi contro Ja cassula. Capo Berta in luoghi sassosi in compagnia del Ranunculus cherophyl- los. — Aprile. “7 CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEP, ECC, 69 H. vulgare Gaertn. GG. var. roseum GG. comune nei luoghi ste- rili. — Aprile, Maggio. Fumana procumbens Gr. God. luoghi sterili abbondante. — Aprile-Giugno. F. viscida Spach. var. vulgare GG. ( Helianthemum glutinosum Pers. Reichb.) GG. attribuisce foglie alterne a questa specie citando il sinonimo di Reichembach. Ma quest’ultimo autore dice foliis op- posîtis;...... summis alternis, come ciò è diffatti. Luoghi sassosi sabbionosi. — Aprile-Giugno, VIOLARIEZ p. c. Viola hirta L. GG. Aprile-Agosto. Y. odorata L. GG. v’ hanno due forme di questa specie, come fu già osservato dal sig. O. Ardoino lore des Alpes marittimes, l'una con fiori turchini per lo più Dianchicci uel centro, l’altra con fiori di un violetto più cupo. — Febbrajo e Marzo. V. sylvatiea Fries GG. abita i canneti ed i luoghi freschi. — Marzo e Aprile. V. tricolor L. var. pallescens GG. non si trova nella zona degli oliveti senonchè nel letto dei torrenti ove è manifestamente discesa dalle vicine montagne. Anche in detta località è assai rara. — Agosto» RESEDACEZ p. c. Reseda phyteuma L. GG. la base del caule è indurita tegnosa e le foglie caulinari sovente pur intiere, indivise. — Febbrajo-Maggio. R. lutea L. GG. gli esemplari da me osservati hanno tutti le ap- pendici dorsali dei petali superiori intiere, non bi o trifide, men fre- quente della precedente, ma non rara. — Maggio, Giugno. 70 L. RICCA, POLYGALEA Juss. Polygala vulgaris L. GG. nei luoghi più caldi affettano i fiori il colore rosso, e la pianta è di grande statura, legnosa alla base; nei boschi ombrosi affetta sovente il colore turchino, nei prati ambo i co- lori, ma di statura piccola con caule quasi erbaceo: abbondante. — Maggio, Giugno. V. 8 Zestita GG. prati presso Diano, e delle montagne. . SILENEA p. c. Silene infilata Sm. Brit. GG. — Aprile, Maggio, S. gallica L. GG. a genuina GG. denti del calice lunghi appena quanto la metà del tubo, nervature dello stesso lungamente ciliate di peli lanosi, poco frequente, campi, argini soleggiati. — Maggio, Giugno. S. nocturna L. GG. a genuina Gr. God. petali con nervature verdognole sulla faccia inferiore, biancastri o leggermente porporini nella superficie superiore. var. b brachypetala Benth. GG. letto dei torrenti, appiè dei muri, sabbie. — Maggio, Giugno. S.Nicgensis All. GG. sassi dei torrenti, fessure di muri, rara. — Maggio-Luglio. S. pratensis Gr. God. canneti, luoghi freschi. — Aprile, Maggio. S. Italica Pers. GG. unghietta dei petali oscurissimamente ciliata — Aprile-Giugno. S. otites Sm. GG. sabbie dei torrenti, rara. Colle di Evigno ove è forse più abbondante. — Maggio-Agosto. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECG, ZA Lychnis flos Cuculli L. GG. rarissima, osservata negli oliveti che costeggiano la via nazionale. Tal specie non fu neanco trovata nei prati delle sovrastanti montagne, quindi gli esemplari degli oliveti furono probabilissimamente seminati nella transitazione di fieni del vicino Piemonte. — Giugno. Agrastemma Githago L. GG. nelle messi. — Giugno, Luglio. Gypsophila vacearia Sibth. et Sm. GG. trovasi rarissimamente in qualche orto presso le abitazioni. È da credere che questa specie apparisca così incidentalmente per l’importazione di semi nei cereali d’altri paesi. — Giugno, Luglio. Dianthus prolifer L. GG. i petali sono soventi totalmente rac- chiusi nel calice, bilobati o troncati alla loro sommità, più vecchi essi increspansi nascondendo la loro forma: alle volte al contrario emergono assai manifestamente: letto dei torrenti, luoghi sterili so- leggiati, abbonda. — Giugno, Luglio. D. liburnicus Bartling. GG. foglie scabro-denticolate a sega sui margini, con denti trasparenti scariosi: luoghi sterili al margine su- periore degli oliveti. — Giugno-Olttobre. ALSINE ZE part. Sagina apetala L. GG. Due sepali esterni cucallati all'apice, grane piccole brune zigrinate solcate sul dorso, petali nulli: tappeti erbosi. — Aprile, Maggio. Arenaria serpyllifolia L. GG. letto dei torrenti, margini sab- biosi. — Aprile, Maggio. var. % scabra Fenzl GG. appiè dei muri. — Aprile. var. 8 glutinosa Koch. GG. sabbie del mare. — Maggio. A. tenuifolia L. D. C. (alsine tenvifolia Crantz. GG.) letto dei torrenti. — Maggio, Giugno. 72 L. RICCA) Stellaria media Vill. GG. — Marzo, Aprile. Cerastium viscosum L. GG. (C. glomeratum Thuill var, a glan- dulosum Koch). — Marzo, Aprile. C. glutinosum Fries GG. — Marzo-Giugno. €. vulgatum L. GG. C. viscosum D. C. canneti, luoghi freschi. — Aprile-Giugno. Spergularia rubra Pers. GG. margini delle vie, luoghi sabbiosi. — Maggio-Settembre. var, } pinguis Fenzl. GG. sabbie marittime ecc. ecc. LINEA D. c. Linum Gallicum L. GG. luoghi incolti. — Maggio, Giugno. L. strictum L. GG. col precedente. var p cymosum GG. è dei luoghi più adusti ancora che nol sia il tipo. — Maggio, Giugno. L. Narbonense L. GG, raro, colli sterili al limite degli oliveti. — Maggio. L. angustifolinum Huds. GG. luoghi coltivati. — Maggio, Giugno. L. Catharticum L. GG. prati. — Maggio, Giugno. L. viscosum L, prati di Coppette. — Maggio, Giugno. L. maritimum L. canneti presso il mare a Diano. — Luglio, Agosto. Hl carattere della lunghezza degli stili citato da GG. è solo vero quando la cassula è già presso a maturità, o meglio quando già le antere sono esaurite. Nello stadio di gioventù del fiore le antere deiscono quando gli stili sono lunghi appena quanto gli stami; in CATALOGO DELLE PIANTB VASCOLARI SPONTANEE, ECC. 75 seguito allungansi gli stili allo scopo di essere fecondati dicogamica- mente, ciò che accade in un gran numero di specie vegetali (1). MALVACEA Brown. Malva sylvestris L. GG. — Maggio. M. micwensis AII. GG. luoghi coltivati e letto dei torrenti, radice grossa quasi legnosa (non annua GG.) — Maggio. M. parviflora L. GG. margini erbosi. — Maggio, Giugno. Lavatera cretica L. GG. abbonda. — Maggio, Giugno. L. punctata All. GG. in ogni sua parte munita di peli stellati. — Giugno, Luglio. Althea Cannabina L. GG. antere rosso violacee zigrinate, reni- formi: luoghi ombrosi, sassosi. — Luglio, Agosto. A. hirsuta L. GG. petali elegantemente denticulati: luoghi colti- vati. — Aprile-Giugno. GERANIACEZ p. c. Geranium sanguineum L. GG. prati sopra gli oliveti. (£ la var. } prostratum D. C. GG.) — Maggio. G. Columbinum L. GG. luoghi ombrosi. — Aprile, Maggio. G. dissectum L. GG. abbondante. — Aprile, Maggio. (1) Vesgasi sull’ argomento della fecondazione per mezzo degli insetti e del vento, F. Delpino, nel vol. XII, degli Atti della Società Italiana di scienze naturali. Milano, 1869, ed altri diversi scritti in cui sono sviluppati dei nuovi punti di vista per 1’ ap- prezzamento della organizzazione sessuale dei fiori. Vol. XIII. 6 74 L. RICCA; G. molle L. GG. luoghi ombrosi. — Aprile-Giugno. G. rotundifolium L. GG. rosseggiante per lo più nel caule e nelle stipule: abbondante. — Aprile-Giugno. G. Robertianum L. GG. luoghi sassosi ecc. abbondante. var. f parviflorum Viv. GG., col tipo. — Aprile, Maggio. Erodium Malacoides Wild. GG. abbondante. — Marzo-Maggio. E. Ciconium Willd? questa specie, la quale non trovai che in una isolata località, sotto i pini del Capo Berta, dove però è assai abbon- dante, è tanto diversamente dal vero descritta da Koch, Gr. God. Reichb. che fu da me inviata all’illustrissimo prof. De Notaris perchè volesse classificarla. Egli mi scriveva « questa specie che raramente apparisce nei dintorni di Genova non si potrebbe riferire che all’ £. Ciconium Willd, » Ora ecco alcuni costantissimi caratteri per cui differisce dalla specie così nominata e descritta dai detti autori. I peduncoli florali sono sempre biflori, raramente uniflori, e non mai 5-5 flori, o multiflori. — Filetti degli stami fertili lungamente subu- lati alla loro estremità, ciliati, filetti degli stami sterili ovali, recisi erosi all'apice, non ciliati. Petali ritondati, non emarginati al mar- gine esterno. Caule per niun modo ascendente o diffuso, ma sempre eretto verticalmente. La natura del terreno è pure diversa da quella generale del di- stretto, è isolata, rosseggiante per eccesso di ossido ferrico. — Aprile, Maggio. E. moschatum L’Herit. GG. — Aprile-Luglio. E. cicutarium L’Herit. var. } cherophyllum D. C. GG. con pe- tali ciliato-lanosi alla loro base: luoghi sabbiosi. -— Aprile, Maggio. HYPERICINEA p.c. Hyperieum perforatum L. GG. — Maggio, Giugno. H. tetrapterum Fries GG. luoghi umidi. — Giugno-Agosto. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC, 75 H. montanum L. GG. rarissimo in luoghi ombrosi e freschi negli oliveti. — Giugno. H. androsemum L. GG. presso i ruscelli in luoghi freschi, assai frequente. — Maggio-Luglio. ACERINEZE n. c. Acer pseudoplatanus L. GG. qualche raro individuo ben spon- taneo in luoghi freschi presso Pairola. — Aprile, Maggio. AMPELLIDEA rHumb. 66. Vitis vinifera L. si trova qua e là ben spontanea negli oliveti in luoghi sassosi, fra roveti. — Maggio, Giugno, OXALIDEAE p. c. Oxalis corniculata L. GG. grane bruno-rossastre, profondamente solcate di traverso, con un solco marginale (È questa pur la forma delle grane dell'O. stricta L., e non si distinguono quelle di questa ultima specie, senonchè forse per maggior volume ?!). — Maggio. ZYGOPHYLLEA R. RETE Tribulus terrestris L. GG. sabbie marittime ove abbonda. —— Giugno-Ottobre. RUTACEA Juss. Ruta bracteosa D. C. GG. petali cucullati all'apice ove rarinic- chiansi le antere prima della loro delta luoghi adusti, abbon- dante, — Aprile-Giugno. 76 L. RICCA; CORARIAE p.c. Coriaria myrtifolia L. GG; assai diffusa. nei i luoghi incolti. _ Marzo-Giugno. RHAMNEA R. roma! . Rhamnus alaternus L. GG. comune nei luoghi soleggiati, nei muri a secco. — Febbrajo-Luglio. TEREBINTHACEZAE Juss. Pistacia lentiscus L. GG. luoghi incolti, abbondante — Aprile- Giugno. P. terebinthus L. GG. negli stessi luoghi del precedente, ma più rado d’assai e trovasi sempre a qualche ‘distanza dal mare in sili men adusti. — Aprile-Giugno. Rhus cotinus L. sotto Riva Faraldi presso il torrente, raro. — Maggio. PAPILIONACEA 1. co. Calycotoma spinosa Link. GG. Diffusa nei luoghi sassosi e ste- rili. — Maggio-Luglio. Spartium junceum L. GG. carena cotonosa sul margine estremo. Colla precedente, ma tiensi più distante dal mare. — Maggio-Luglio. Genista scariosa Viv. Reichb. { G. januensis Viv. Bertol.) nei luoghi sterili assai frequente. — Maggio-Luglio. G. pilosa L. GG. Colli al margine superiore degli oliveti. — Giugno. G. tinctoria L. var. Lasiocarpa Gr. God. colla precedente. — Maggio. G. Germanica L. GG. colle precedenti. — Maggio, Giugno. Cytisus sessilifolius L. GG. colle precedenti. — Maggio. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC. 77 C. hirsutus L. col precedente. — Maggio, Giugno. Argyrolobium Linneanum Walpers GG. luoghi sterili. — Aprile- Giugno. Ononis procurrens Wallr. GG. spinosa e non. — Maggio-Luglio. 0. minutissima L. GG. con tutte le particolarità accennate da GG. circa i fiori vernali ed autunnali, luoghi incolti, abbondante. — Aprile-Ottobre. Anthyllis barba-jovis L. GG. rupi marittime del Capo di Cervo in luoghi quasi inaccessibili. Esiste questa specie anche sul Capo S. Croce presso Albenga. — Maggio, Giugno. A. vulneraria L. GG. «x oulgaris Koch. GG. rara nei boschi di pini e di quercie presso gli oliveti, abbonda nella zona superiore. var. f marittima Koch GG., letto dei torrenti, ove probabilmente di- scese dalle montagne ed ha assunto i caratteri della distinta varietà. — Maggio. A. tetraphylla L. GG. abbonda nei luoghi incolti. — Marzo-Maggio. Medicago lupulina L. GG. abbonda. — Maggio-Agosto. M. falcata L.? fiori costantemente gialli, pianta a rami decum- benti raddrizzati alla loro estremità, quasi legnosa alla base. Legumi per lo più con due giri spirali, semi reniformi. — Margini incolti, rara. — Maggio, Giugno. Il carattere più marcato di questa specie sembra essere Ja consi- stenza dura e legnosa della sua base e l’ abito sdrajato ascendente. Pare che negli altri caratteri (specialmente in quello del numero dei giri di spirale del legume) vi sia poca costanza, dacchè gli autori attribuiscono tutt'al più un giro ai legumi di questa specie, mentre io ne ho osservato fino a tre. completi, ma per lo più almeno due. M. sativa L. assai rara. Giugno-Agosto. 78 L. RICCA, M. scutellata All. GG. frequente. — Maggio, Giugno. M. orbicularis All. GG. oliveti dei colli, letto dei torrenti. — Maggio. M. polycarpa Willd. y. denticulata Gr. God.? denti del calice uguali al tubo, capitoli florali composti per lo più da 2-4 fiori dì cui due sono più comunemente sterili: più raramente i capitoli sono costituiti da 3 o 6 fiori. Il peduncolo florale è aristato e più lungo della foglia. Abbondan- tissima negli oliveti. — Aprile, Maggio. M. maculata Willd. GG. oliveti. — Aprile-Giugno. M. minima Lam. GG. con denti del calice più lunghi del tubo, peduncolo comune non aristato. Abbondante. — Aprile-Giugno. M. marina L. GG. presso il mare nelle sabbie. — Maggio-Luglio. M. littoralis Rhode GG. abbonda sul lido del mare. — Maggio- Luglio. M. tribuloides Lamk. Koch (non GG.) il legume anche maturo è profondamente solcato sui margini. Caule anguloso contorto superior- mente, frequentissima. — Aprile-Giugno. M. muricata Benth. GG. abbondante negli oliveti. — Aprile-Luglio. Osservazione. — La Trigonella gladiata e monspeliaca sono fre- quenti presso Porto Maurizio. Melilotus sulcata Desf. comunissima. — Aprile-Giugno. var. a genuina GG. rara. — Maggio. M. officinalis Lam. GG. con fiori bianchi assai odorosi, rara. — Maggio-Agosto. Trifolium stellatum L. GG. prati e campi sopra gli oliveti. — Maggio, Giugno. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC. 79 Trifolium angustifolium L. GG. nei rami di assai lungo svi- luppo le foglie superiori sono opposte, perchè l’ ultimo internodio rimane assai breve, sono alterne soltanto in rami poco sviluppati, in cui |’ ultimo internodio è assai allungato. Il carattere di avere alcuni trifogli le foglie superiori opposte non è che apparente, giacchè veramente le foglie sono sempre tutte al- terne. Solo al nodo superiore del ramo o del caule, oltre che svilup- pasi una foglia normale, sviluppasi pur sovente in opposizione alla stessa foglia anche un ramicello, il quale nel suo primitivo sviluppo produce Ja foglia che sembra opposta all'altra più grande e più vec- chia. Ma tal più giovane foglia appartiene pur sempre ad un nodo distinto dal nodo precedente, e ad un ramo laterale nell’uno e nel- l’altro destinato ad allungarsi in molti trifogli, od a rimanere allo stato di incipiente sviluppo. Se si allunghi, la foglia è pur trasportata più in alto e si fa alterna, se rimanga allo stato rudimentare allora la foglia sembra opposta. Luoghi sterili, abbondante. — Aprile-Luglio. T. incarnatum L. GG. è rarissima, forse accidentale negli oliveti, abbonda invece nei prati di Evigno, di Coppette, ecc. — Maggio, Giugno. i T. rubens L. GG. boschi di Evigno. -- Giugno, Luglio. T. pratense L. GG. questa specie tanto polimorfa, affetta sempre negli oliveti e nei canneti del distretto, il calice pubescente di peli appressi; i denti del calice come triangolari verso la base, ed im- provvisamente altenuati in punta setacea, ciliata; pianta generalmente coperta di pubescenza molle, appressa od eretta. — Aprile-Luglio. T. ochroleucum L. GG. il dente più lungo del calice è 3 0 4 volte più lungo degli ultri. Boschi sopra gli oliveti. — Luglio, Agosto. T. maritimum Huds. GG. Caule lanoso: qua e là negli oliveti presso il mare, od a distanza anche a Rivafaraldi. — Maggio, Giugno, . T. panormitanum Presl. GG. prato vicino al mare, a Madonna Rovere 15 Maggio. Ne trovai un grosso esemplare, e maì più lo ri- scontrai nel distretto. 80 L, RICCA, T. lappaceum L. GG. luoghi erbosi umidi. — Aprile-Giugno. T. scabrum L. GG. abbondante, Aprile-Luglio: qualche volta i capitoli sono geminati , ma per un minor capitolo strettissimamente aderente al maggiore. T. fragiferum L. GG. luoghi umidi erbosi. — Maggio-Luglio. T. tomentosum L. GG. luoghi erbosi verso il mare. — Aprile- Giugno. T. montanum L. o genuinum Gr. God. Colli sopra gli oliveti. — Maggio, Giugno. Caule tomentoso. T. repens L. GG. luoghi aquosi. — Maggio-Luglio. T. procumbens L. GG. luoghi secchi. — Aprile-Giugno. Dorycnium suffruticosum Vill. GG. luoghi incolti, secchi. — Aprile-Luglio. Tetragonolobus siliguosus Roth. GG. luoghi umidi erbosi, prato di Diano, poco frequente. — Maggio, Giugno. . Lotus hirsutus L. GG. abbonda nelle rupi e terre dirupate presso il mare. — Giugno, Luglio. È sempre la var. 8 incanum D. C. GG. L. corniculatus L. GG. glabro e tomentoso, abbondante. — Maggio-Luglio. L. ornithopodioides L. GG. abbondante. — Giugno, Luglio. Astragalus pentaglottis L. GG. — Maggio, Giugno. A. hamosus L. GG. colli sterili presso il margine superiore degli oliveti. — Aprile-Giugno. A. monspessulanus L. GG. luoghi sterili e sassosi. — Maggio, Giugno. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANER , ECC, 81 Psoralea plumosa Rehb. GG. è tanto abbondante nei luoghi sas- sosi ed incolti che la /s. bituminosa L. sola annotata dal signor De Notaris nel suo /epertorium, per certo costituisce sotto diverso nome la medesima pianta. Io ho adottato il nome di plumosa, perchè vi riconobbi i caratteri distinti da GG. Del resto la pianta ha odore fortissimo di bitume. — Aprile-Luglio. Vicia sativa L. GG. comunissima. — Marzo-Giugno. V. hybrida L. GG. var. f angustifolia Koch. ambo le forme nei canneti e luoghi umidi. — Marzo-Maggio. V. bithynica L. GG. oliveti delle colline. — Aprile-Giugno. Cracca major Franken GG. Caule tetragono compresso a due an- goli alati, Canneti presso il mare, boschi di Evigno. — Aprile-Giugno. Ervunì gracile D. C. Fiori 1-5 sul peduncolo comune; stendardo turchino, carena bianca, ali leggermente turchine. — Aprile-Giugno. Lathyrus clymenum L. var. « tenuifolius Gr. God. piuttosto rara nei luoghi soleggiati delle colline. — Aprile, Maggio. L. ochrus D. C. GG, luoghi coltivati. — Maggio. L. aphaca. L. GG. col precedente. L. cicera L. GG. abbondante. — Aprile-Maggio. L. annuus L. GG. legume reticolato venato. — Maggio. L. latifolius L. x genuinus GG. 0 angustifolius GG. (L. ensifolius Badarrò) sono da notarsi gli uovoli veramente; tubercolosi: a. tubercoli oblunghi confluenti siccome nota Koch, frequentissimo fra sassi nei boschi, siepi, ecc. — Maggio-Luglio. L. pratensis L. GG. canneti oliveti umidi. — Giugno, Luglio. 82 L. RICCA, IL. canescens God. et Gren. oliveti delle colline più interne, prati sopra gli oliveti. — Maggio, Giugno. Scorpiurus subvillosa L. GG. abbondante nei luoghi soleggiati. Aprile, Maggio. Coronilla emerus L. GG. muri a secco, luoghi sassosi. — Aprile- Giugno. €. varia L. GG. luoghi umidi ai Quattro mulini. Caule grosso scaberrimo, solcato come i peduncoli. — Maggio, Giugno. C. scorpioides Koch. GG. comune. — Aprile, Maggio. Hippocrepis comosa L. perviene in terreni eminentemente cal- . i . LI DI . . carei alla statura di un metro, è sempre però di statura superiore ad 41 o 2 decimetri. — Maggio, Giugno. A. ciliata Willd. GG. luoghi umidi erbosi. — Maggio, Giugno. H. unisiliquosa L. GG. comune nei luoghi incolti. — Aprile- Giugno. Securigera coronilla D. C. GG. con stendardo emarginato (non apiculato), peduncolo comune profondamente angoloso, irto di peli alla base: luoghi coltivati. — Maggio, Giugno. Onobrychis supina D. C. GG. Koch. luoghi incolti. — Maggio- Luglio. 0. caput galli Lam. GG. oliveti. — Maggio, Giugno. CAESALPINE A R. Brown. Ceratonia siliqua L. GG. abbondante nei luoghi dirupati presso il mare, specialmente sul Capo di Cervo. — Agosto-Ottobre. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC, 85 AMIGDALE AE Juss. Prunus spinosa L. GG. Reichb. nelle siepi, nei luoghi sassosi. — Marzo Aprile. Ha foglie ovali larghette nei luoghi ombrosi, e lanceolale anguste nei luoghi più adusti. Il frutto è talvolta assai grosso, io però non credo che esista nel distretto il ?. fruticans Weihe. ROSACEA Juss. Potentilla verna L. GG. prato di Diano. — Aprile. P. reptans L. GG. diffusa nei luoghi ombrosi umidetti. — Aprile- Luglio. P. hirta L. var. y pedata Koch Tasch. foglie inferiori con sette segmenti dentati quasi fino alla loro base da cinque o sei denti per parte. Statura da 5 a d decimetri, caule rossastro. Colli soleggiati. — Aprile-Luglio. Fragaria vesca L. GG. — Aprile-Giugno. Rubus crsius L. GG. £ agrestis Weih. GG. con petali di color roseo. Canneti, — Maggio-settembre. R. discolor Weihe GG. siepi, canneti, abbondante. — Maggio- settembre. Rosa sempervivens L. GG. il peduncolo, il calice, i sepali, sono durante l’infiorescenza pubescenti di peli glandulosi, ma si fanno glabri a maturità. I petali sono fortemente incisi emarginati. — Giugno-Ottobre. R. stylosa Desv. GG. var. x Desvauxiana Ser. GG.?1 la descri- 84 -L. RICCA, zione di GG. è conforme agli esemplari osservati nel nostro distretto, aggiungeremo solo che gli aculei sono alquanto caratteristici, lunghi, forti, curvati alquanto a falce, a base mediocremente dilatata, e che gli stili sono pilosi, R. canina L. var. f dumetorum GG. (R. corymbifera Bechst.?) — Maggio, Giugno. R. rubiginosa L. } sepium GG. — Luglio-settembre. Osservazione. — La Rosa arvensis Huds. a foglie ritondate ed a segmenti calicinali intieri non l'abbiamo osservata negli oliveti. Agrimonia eupatoria L. GG. — Giugno-settembre. Poterium muricatum Spach GG. margini degli acheni superfi- cialmente crenelati, fossctte sormontate da pochi spigoli dentiformi ottusi (an. 2. platylophum Jord.?) abbondante. — Aprile, Maggio. Alchenvlla vulgaris L. } subsericea GG. colle di Evigno. — Maggio, Giugno. A. arvensis Scop. (Aphanes arcensis L.) nelle messi a Diano. — Maggio, Giugno, rara. POMACEZ pari. GG. Crategus monogyna Jacq. GG. i peduncoli sono però affatto glabri, abbonda. — Aprile-settembre. Sorbus aria Crantz. GG. colle di Evigno. — Maggio. GRANATEZ Don. GG. Punica granatum L. GG. scogli, sassi, siepi negli oliveti, poco lontano dal mare. — Giugno-Agosto. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC. gb ONAGRARIE D,.C. GG, Epilobium tetragonum L. GG. Nei fossi e luoghi umidi. — Giugno-Luglio. E. parviflorum Schreb. GG. abbonda nei luoghi umidi. Le foglie sono per lo più ovali oblunghe, e non lanceolate. — Giugno-Agosto. E. rosmarinifolium ‘Henck. GG. (E. angustifolium Lam.?) letto dei torrenti, in quello di Cerva specialmente vi abbonda. — Luglio, Agosto, LYTHRARIEA Juss. GG. Lythrum salicaria L. GG. statura da un metro a 45 decimetri, Le foglie e tutta la pianta in generale sono coperte di pubescenza biancastra, senza che perciò sia mai la varietà gracile D. C. GG. — Luoghi umidi, comune. — Luglio, Agosto. L. Grefferi Ten. GG. luoghi umidi, assai. comune. — Maggio- Luglio. L. hyssopifolia L. GG. oliveti ombrosi. Trovai una sol volta que- sta specie, e credo fortemente che non si saprebbe più rinvenire nel distretto. — Luglio. MYRTACEA R. Brown. Myrtus comunis L. GG. abbonda nei luoghi incolti. — Luglio- Settembre. CUCURBITACEZE vuss. GG. Ecballion elaterium Rich. (Momordica elaterium L.) abbonda presso il lido del mare. — Maggio-Settembre. 86 i L. RICCA, PORTULACEZE uss. 6. Portulacea oleracea L. GG. terre presso il mare, margini delle vie, orti. — Maggio-Ottobre. PARONICHIEZ s. ni. ce. Polycarpon tetraphyllum L. fil. GG. abbondante. — Maggio- Settembre. Paronychia nivea D. C. GG. sabbie dei torrenti, assai comune. — Aprile-Giugno. Herniaria hirsuta L. GG. sabbie erbose, margini, deRa vie: (petali nulli). — Marzo-Maggio. CRASSULAGCE/E ». c. Sedum dasyphyllum L. GG. tetti e muri. var. ( glanduliferum GG. id. —_ Maggio- Agosto. S. Niceense All. S. altissimum Poir. GG. filetti staminiferi e carpelli pubescenti alla base, abbondante. — Giugno-Agosto. Umbilicus pendulinus D. C. GG. muri ombrosi, abbondante, — Maggio-Agosto. Cactus opuntia L. GG, luoghi soleggiati ove omai è tanto natu- ralizzata che tende ad estendersi vieppiù e fuori misura; se non è estirpata. — Maggio-Luglio. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC. 87 SAXIFRAGEA Juss. Sarifraga cuneifolia L. roccia del sommo colle d’ Evigno ove abbonda, da non trovarsi altrove in tutto il distretto montagnoso. — Maggio, Giugno. OMBELLIFERA Juss. Daucus carota L. GG, estremamente polimorfa e fiorisce buona parte dell’anno. Durante la secca stagione trovansi negli oliveti molti esemplari a piccole ombrelle e di aspetto ben distinto dalla specie. Questi esem- plari furono dall’ illustrissimo prof. F. Parlatore riferiti al D. Broteri. Malgrado l’imponente autorità del sig. Parlatore, inclino a credere che quelli esemplari non siano che magri rappresentanti del D. Ca- rola, in circostanze di estrema siccità. Orlaya platycarpos Koch. GG. mericarpi piani alla loro super- ficie di combaciamento, per lo più tre grandi fogliole involucrali, denti del calice setacei, stili eretti lunghi: abbonda nei terreni calcarei. — Marzo-Maggio. 0. grandiflora Hoffm. GG. campi calcarei soleggiati sul Capo Berta, ove è rara. — Maggio. Osservazione. — La Caucalis daucoides non so d’ averla mai os- servata negli oliveti, è però facile che si trovi verso la zona supe- riore; ad ogni modo deve essere assai rara: pare che sia rimpiazzata negli oliveti dalla Or/aya platycarpos che è abbondantissima. Torilis helvetica Gmel. GG. var. ? anthriscoides D. C. GG. il caule è coperto di peli appressi volti in giù, ma sui peduncoli delle 88 L. RICCA, ombellule sono al contrario volti in su, ciò che accenna forse ad un differente modo di accrescimento dei peduncoli, simile a quello delle foglie, dalla base cioè verso l’apice (?1); la stessa cosa si osserva nella specie seguente. — Giugno-Agosto. T. nodosa Geertn. GG. — Aprile-Giugno. Bifora testiculata D. C. GG. messi delle colline. — Aprile, Maggio. Peucedanum officinale L. GG. boschi presso il limite superiore degli oliveti. — Luglio, Agosto. P. Cervaria Lap. GG. luoghi sterili del Capo Berta. — Agosto- Ottobre. P. venetum Koch GG. canneti e luoghi presso i torrenti. — Settembre-Novembre. Pastinaca sativa L. 0 edulis D. C. GG. canneti, presso le abita- zioni, rara. — Luglio.. P. urens Requien. GG. Canneti, qua e là negli oliveti ombrosi ed umidi. — Luglio, Agosto, rara. Crithmum maritimum L. GG. spiaggia del mare ove abbonda. — Agosto-Ottobre. Seseli montanum L. GG. luoghi aridi sassosi, abbondante. — Settembre-Novembre. S. tortuosum L. GG. luoghi sassosi adusti, specialmente abbonda sul Capo Berta. — Settembre, Ottobre. Foeniculum vulgare Gertn, GG. qua e là nei luoghi coltivati. — Luglio-Settembre. F. piperitum D. C. Reichb, Stili divaricati riflessi, più brevi dello stilopodo. Denti del calice poco visibili, ridotti a punti leggermente CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC. 89 saglienti. Lacinie delle foglie assai brevi, e ridotte le foglie superiori ben sovente alla sola guaina: i raggi dell’ombrello sono per lo più sei. Abbondante nei luoghi sterili poco distanti dal mare. — Giugno, Luglio. @Enanthe pimpinelloides L. GG. oliveti piuttosto umidi. — Aprile-Giugno. Bupleurum protractum Link. GG. assai comune, amante dei terreni calcarei e ben coltivati. — Aprile-Giugno. B. junceum L. GG. luoghi incolti del Capo Berta: raro. — Agosto. B. aristatum Bartling. GG. luoghi incolti dei colli, Capo Berta, colle di Evigno, poco frequente. — Luglio, Agosto. Berula angustifolia Koch. GG. fossi umidi fra Diano e Cervo. — Giugno, Luglio. Pimpinella saxifraga L. Colle d’ Evigno, boschi. — Agosto. Bunium bulbocastanum L. GG: campi sopra gli oliveti di Deglio. — Giugno. Ammi majus L. var. f intermedium GG. abbonda negli oliveti. — Giugno, Luglio. Sison amomum L. GG. — Agosto-Ottobre. Helosciadium nodiflorum Koch GG. fossi umidi. — Giugno, Luglio. Petroselinum sativum Hoffm. GG. oliveti, ove è frequente. — Maggio-Luglio. Apium graveolens L. GG. luoghi aquosi dei torrenti in compa- gnia del Cirsium monspessulanum, abbondante. — Luglio-Settembre. Vol. HIX. 7 90 L. RICCA, Scandix pecten Veneris L. GG. abbonda negli oliveti, ed è delle prime a fiorire. — Febbrajo, Marzo. Echinophora spinosa L. GG. abbonda sul lido del mare. — Agosto-Ottobre. Smyrnium olusatrum L. GG. assai frequente nei luoghi umidi. —- Aprile, Maggio. Involucro non nullo affatto, ma costituito per lo più da tre rudi- menti bratteiformi, fiori centrali per lo più sterili. Conium maculatum L. GG. luoghi umidi negli oliveti di Diano Borello, di Evigno. — Luglio, Agosto. Eryngium campestre L. GG. abbondante. — Luglio-Settembre. E. maritimum L. GG. lido del mare. — Agosto-Ottobre. ARALIACE A Juss. Hedera helix L. GG. comune. — Settembre, Ottobre. CORNEA D.c. Cornus sanguinea L. GG. margini del, torrente a ponente di Diano. — Maggio, Giugno. . CAPRIFOGLIACEZ 4. Rich. Sambucus nigra L. GG. luoghi umidi sul torrente di Diano. — Giugno-Settembre. S. ebulus L. prati di Coppette. — Luglio. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC. 94 Lonicera implexa Ait. GG. lobi del labbro superiore della co- rolla di gran lunga più brevi dei /, della lunghezza del tubo, ed al massimo appena lunghi quanto la metà del tubo medesimo. La co- rolla è in gioventù munita di peli glandulosi. Colline incolte, Capo Berta. — Maggio, Giugno. L. etrusca Santi. Colli sopra gli oliveti ; Evigno; la corolla però non è glabra ma pubescente. — Maggio-Agosto. RUBIACE A Juss. Rubia peregrina L. GG. 6 intermedia GG. abbonda nei muri a secco, nelle siepi. — Aprile-Giugno. Galium verum L. GG. canneti, oliveti. — Aprile-Giugno. G. purpureum L. GG. vie sassose, margini soleggiati, oliveti, ecc. — Giugno, Luglio. Pubescenza assai più marcata sugli angoli del caule. G. elatum Thuill. GG. comune. — Maggio-Luglio. var. f umbrosum GG. luoghi umidi. — Luglio. G. Corrudefolium Vill. GG. abbonda nei luoghi incolti e sassosi. — Aprile-Giugno. (G. lucidum All.) G. corsicum Spreng. GG. luoghi sassosi. — Luglio. var. } pallescens GG. — Luglio. G. rubidum Jord. GG. Fiori rossastri e giallastri. Il caule è però sempre un po’ aspro al tatto, la forma delle foglie simile in tutto a quella della specie precedente. Questa specie fu riunita qual sinonimo alla specie precedente dal sig. O. Ardoino £ore des Alpes maritimes, ed io credo ben a ragione. L’ ho riportata distinta soltanto per non troncare una quistione in cui mi sento incompetente, e d’ altra parte per aver verificato ‘i caratteri distintivi delle due forme descritte da GG; \ 92 L. RICCA, G. parisiense L. GG. var. vestitum GG. sassi dei torrenti, nelle messi, terreni eminentemente calcarei. — Luglio. var. nudum GG. frutto glabro finamente zigrinato: colla var. precedente. G. aparine L. GG. abbonda. — Aprile, Maggio. G. saccharatum AIl. GG. abbonda negli oliveti in Marzo ed Aprile. — I fiori maschi sono ben sovente quattro sul peduncolo ascellare, due per parte presso al fiore ermafrodito. G. tricorne Will. GG. letto del torrente di Diano, nelle messi presso Diano. — Maggio, Giugno. G. murale All. GG. luoghi sabbiosi, erbosi, soleggiati, muri. — Marzo, Aprile. — I cigli del frutto occupano la sommità e la longitu- dine esterna per caraltere costantissimo. Vaillantia muralis L. GG. Sabbie e sassi del lido del mare ove è abbondantissima. — Aprile, Maggio. — Foglie ciliate alla base. Asperula cynanchiea L. GG. abbonda nei luoghi sassosi e ste- rili. — Maggio-Ottobre. A. arvensis L. GG. letto dei torrenti, ove discende dai campi sopra gli oliveti in cui è frequente. — Maggio, Giugno. Sherardia arvensis L. GG. abbonda negli oliveti. — Marzo-l Maggio. Crucianella latifolia L. GG. var. monspeliaca GG. luoghi secchi negli oliveti, abbondante. — Maggio-Luglio. C. angustifolia L. GG. è frequente nel letto dei torrenti. — Giugno, Luglio. VALERIANEZ p. c. ce. Centranthus ruber D. C. abbondante sui margini sassosi e nei muri a secco. Pianta assai succosa, caule fistuloso. — Maggio-Agosto. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC, 95 Valerianella auricula D. C. GG. messi. — Giugno, V. pumila D. C. luoghi sassosi presso Mad. Rovere, rara. — Aprile, Maggio. V. puberula D. C. GG. abbonda negli oliveti. — Aprile-Giugno. A. microcarpa Lois GG. oliveti. — Aprile-Giugno. V. truncata D. C. oliveti, rara. — Aprile, Maggio. V. eriocarpa Desv. GG. oliveti. — Aprile, Maggio. V. coronata D. C. GG. distinguesi dalla specie seguente non solo per avere il lembo del calice tutto glabro, ma anche per avere le foglie più marcatamente lineari intierissime, ciò almeno pel nostro distretto. — Aprile-Giugno. V. discoidea Lois GG. oliveti. = Aprile-Giugno. DIPSACER n.c. GG Dipsacus syIvestris Mill. GG, letto dei torrenti, e colli sopra gli oliveti. — Luglio, Agosto. Cephalaria transylvanica Schrad. GG. oliveti delle colline, luo- ghi secchi, assai frequente. — Agosto. C. leucantha Schrad. GG. abbondante nei luoghi incolti. — Lu- glio, Agosto. Knautia hybrida Coult. GG. abbondante. — Maggio-Luglio. var. } integrifolia GG. col tipo. K. arvensis Koch. GG. comune. — Giugno, Luglio. Scabiosa maritima. L. GG. comune in ogni località, — Maggio- Agosto, 94 L. RICCA, Scabiosa candicans Jord. Ardoino Fl. Alp. marit. (S. Gramuntia L. y. tomentosa GG. Koch), Scab. pyrenaica All. apud Reichb. herba incano tomentosa. FI. Germ. exc. pag. 195, specie 1161. Assai co- mune nei luoghi incolti. — Agosto-Novembre. — La dimensione delle ariste calicinali è del doppio più lunga appena, anzi un po’ minore del doppio del lembo ciatiforme. S. suceisa L. GG. luoghi umidi, a qualche distanza dal mare. —& Settembre. SYNANTHEREZE c. Rich. Div. 1a Corymbiferze Juss. GG. Eupatorium cannabinum L. GG. luoghi umidi, assai comune. — Luglio-Ottobre. i Tussilago farfara L. GG. luoghi umidi, argillosi. — Marzo, Aprile. Phagnalon saxatile Cass. GG, margini sassosi soleggiati, abbon- dante. — Aprile-Giugno. Osservazione. — Nei luoghi aridi e sassosi di Civezza poco distante dai limiti del distretto, ho trovato molti esemplari del Phagnalon Tenorti Presl. GG., ossia Ph. rupestre D. C. De Not. Conyza ambigua D. C. GG. frequentissima dappertutto. — Lu- glio, Agosto. — Le fogliole interne del periclinio sono per lo più viola- cee alla loro estremità. Periclinio finalmente riflesso. I pretesi cigli del pappo sono rappresentati dalle denticulazioni visibili solo con lente di forte ingrandimento. Erigeron Canadensis L. GG. abbondante. — Luglio-Ottobre. E. acris L. GG. poco frequente, luoghi ‘assai calcarei umidetti negli oliveti di Pairola. — Settembre-Novembre. Aster acris L. GG. abbondante nei luoghi più sterili. — Settem- bre-Novembre. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC, 9Ì Bellidiastrum amichelii Cass. GG. Sommità orientale del colle del Ciliegio e di Evigno. — Maggio, Giugno. Bellis perennis L. GG. abbondantissima. — Aprile. B. sylvestris Cyr. GG. comune. — Ottobre. Senecio vulgaris L. GG. comune dappertutto, fiorisce quasi tutto l’anvo. i S. erucifolius L. GG. comune negli oliveti. — Settembre, Ottobre. S. cineraria D. C. GG. rupi marittime ove abbonda. — Giugno- Agosto. Artemisia camphorata Vill. GG. colle di Evigno, colli sopra Deglio ove abbonda presso il limite degli oliveti. — Agosto, Settembre. Leucanthemum atratum D. C. Periclinio un po’ concavo a fogliole ineguali, le esterne lanceolate, strettamente scariose ai bordi con una linea bruna, che qualche volta manca, sul dorso, le interne più dilatate verso l’apice largamente scarioso. Corolle della circonferenza a linguetta distesa, ritondata re- cisa od emarginata all’apice, quelle del centro a tubo non alato ma angoloso, rigonfio alla base decorrente sopra un lato dell’ achenio. Acheni nerastri aventi 10 bianche e saglienti coste, quei della cir- conferenza sormontati da irregolare corona membranosa erosa laci- niata, che da un margine è brevissima e dall’altro è assai più lunga; gli altri acheni tutti nudi. Foglie carnose consistenti, cassantes, rara- mente di consistenza ordinaria, le caulinari inferiori attenuate in largo petiolo e dentato-serrate verso la loro estremità, le altre sessili, semi-amplessicauli dentate a sega, con denti fra di loro più distanti alla base della foglia che non all'estremità ove sono più ravvicinati, di forma allungata oscuramente spatolato-lineare, o ben?;chiaramente spatolata, le foglie supreme tutte attenuate all’ apice mucronato. Pianta glabra di 4 o 5 decimetri, con radice rizomatica serpeggiante, dalla quale emettonsi distinti cauli fioriferi: assai abbondante negli oliveti. — Maggio-Agosto. 96 L. RICCA , Osservazione. = Diversi esemplari colti nella parte montagnosa del distretto non s’'allontanano guari dalla specie precedente, hanno la corona: degli acheni della circonferenza assai ridotta e poco sa- gliente, ed il periclinio è piuttosto pallido: potrebbero benissimo riferirsi al Z. pallens D. C., ma non ha i caratteri portati da GG. Ad ogni modo tanto questo che si voglia appellare Z. pallens, quanto la specie precedenle, non coslituiscono probabilissimamente che una sola specie. Chrysantemum segetum L. GG. oliveti grassi. — Aprile-Giugno. C. myconis L. GG. col precedente. — Luglio-Settembre. Matricaria chamomilla L. GG. rarissima negli oliveti. — Giugno. Anthemis arvensis L. GG. luoghi incolti, margini delle vie, poco frequente. — Giugno, Luglio. Osservazione. — L’Anth. maritima L. è nelle sabbie di Andora, ai confini del nostro distretto. Cota altissima Gay. GG. oliveti di Mad. Rovere, assai rara. — Maggio. (Anthemis altissima L.) Anacyclus radiatus Lois GG. Capo di Cervo ai limiti del distretto, abbonda in seguito verso Andora, foglie alquanto carnose, sode. — Maggio, Giugno. Achillea compacta Lam. con tutti i caratteri descritti da GG., fiori rosei, pianta generalmente lanosa. Questa specie confrontata con esemplari di diverse stazioni dell'A. millefolium L. non si distingue pur bene, ed è a credere ch’essa non sia che una forma meridionale dell’A. millefolium medesima. Ciò crediamo tanto più perchè 1’ A. millefolium non si troverebbe nel distretto. Luoghi umidetti negli oliveti, fossi. — Giugno, Luglio. A. ligustica All. GG. canneti, qua e là nei luoghi sassosi, — Maggio-Luglio. Osservazione. — L’A. ageratum L. trovasi presso i limiti del di- stretto nelle sabbie di Andora. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC. 97 Asteriseus spinosus God. et Gren. abbondante e caratteristico dei luoghi sassosi e secchi. — Maggio-Luglio. Imnula conyza D. C. GG. ( Conyza squarrosa L.) frequente nei luoghi ombrosi, umidi degli oliveti, boschi di Evigno. — Settembre, Ottobre. I. spireifolia L. GG. colli sassosi sopra Diano Arentino, al limite superiore degli oliveti. — Luglio, Agosto. ‘ I. montana L. GG. colle di Evigno. — Luglio, Agosto. — Squa- me esterne dell'involucro finalmente patenti e quasi riflesse. Caule sublegnoso alla base a forti fibre verticali. Pulicaria odora Rchb. GG. prati e canneti presso il mare. Le foglie specialmente inferiori sono decurrenti per circa mezzo centi- metro sul caule. — Giugno, Luglio. P. dysenterica Goertn. GG. abbonda negli oliveti. — Luglio, Agosto. Cupularia graveolens God. et Gren. foglie inferiori munite so- vente di pochi denti, statura anche di otto decimetri, abbonda negli oliveti. —- Settembre-Novembre, C. viscosa God. et Gren. luoghi incolti ove è abbondante e ca- ralteristica, maggiormente però nei luoghi abbandonati da poco tempo dall’agricoltura. — Settembre, Ottobre. Helichrysum stechas D. C. GG. abbonda nei luoghi sassosi e sterili. — Giugno-Settembre. Le scaglie interne del periclinio sono però munite di glandule visibili con lente di forte ingrandimento, il qual carattere è da GG. assegnato ad altre specie e negato a questa. Foglie glabrescenti alla fine sulla superficie superiore. Gnaphalium luteo album L. GG, luoghi umidi. — Luglio-Set- tembre. Filago spathulata Presl. GG. oltre il tomento alla base delle calatidi, sono anche le scaglie del periclinio collegate fra loro ai margini da fitta Jana, e largamente scariose sui bordi: abbondante. — Maggio-Luglio. 98 L. RICCA, Evax pygma Pers. GG. luoghi disseccali, terreni compatti, ab- bondante. — Maggio, Giugno. Calendula arvensis L. GG. abbonda negli oliveti. — Aprile- Luglio. Div. 2.2 Cynarocephala Juss. Echinops spherocephalus L. GG. letto del torrente di Cervo. — Agosto. Osservazione. — L’Echinops ritro L. che pare sia amante di luo- ghi più bassi e più caldi che nol sia lo Spherocepalus, non esiste nel distretto. Non manca però in Liguria ed io lo trovai p. e. a Bordighera. Galactites tomentosa Moench. GG. abbonda nei luoghi poco o punto coltivati, adusti. — Giugno-Agosto. Silybum marianum Goertn. GG. al limite del distretto, e preci- samente è diffusa in prossimità della casa detta del Pastore sul Capo Berta, non altrove nel distretto e per gran tratto anche oltre il di- stretto medesimo. Se fosse una pianta montana vi sarebbe luogo a credere che sia stata trasportata in quell’isolata località dalle pecore che tutti gli anni vengono dalle alpi marittime a svernarvi. — Luglio, Agosto. Cirsium lanceolatum Scop. 8 Aypoleucum D. C. GG. C. nemo- rale Rehb. Koch. Tasch. luoghi incolti, letto dei torrenti. — Luglio- Settembre. C. arvense Scop. GG. frequente in luoghi incolti della pianura ben soleggiati, assai umidi o paludosi in inverno. — Luglio. C. monspessulanum All. GG. foglie grandissime, glaberrime, cas- santes, carnose. Caule angoloso non alato, tomentoso alla sommità come i peduncoli florali: abbondante presso le acque ai margini dei torrenti. — Settembre. C. bulbosum D. C. GG. boschi delle colline verso Diano Arentino al limite degli oliveti. Il caule è non solo pubescente, ma araneoso tomentoso. — Giugno-Agosto. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, FCC, 99 C. acaule AN. GG. colle d’Evigno. — Agosto. Carduus pycnocephalus L. calatidi agglomerate in numero di 3 o 4 di ineguale sviluppo, di forma oblungo-cilindrica; squame del periclinio aspre sui bordi e sulla nervatura mediana, le più interne più brevi delle corolle. Acheni fulvi lucenti coperti da una vernice che scaldata e compressa fra le dita si fa attaccaticcia viscosa. È ab- bondantissimo negli oliveti, e conosciuto da molti botanici sotto l’er- roneo nome di Carduus tenuiflorus Curt., specie che forse non è tampoco italiana. — Maggio-Agosto. C. Sanctae Balma Lois GG. C. acanthoides All. (C. Decandollei Moretti in De Not. Rep. pag. 234?) nel letto dei torrenti, poco fre- quente. — Maggio, Giugno. Centaurea amara L. GG. luoghi incolti, assai comune. — Agosto- Novembre. C. montana L. GG. prato di Coppette, ecc. — Maggio. C. scabiosa L. dò spinulosa Koch Tase. (C. spinulosa Rochel). Colle di Evigno. — Maggio, Giugno. C., leucopheaa Jord. GG. abbondantissima nei luoghi incolti. — Maggio-Ottobre. — GG. ha questa specie soltanto di stazioni monta- gnose, mentre nel nostro distretto essa caratterizza i luoghi adusti. C. collina L. GG. foglie bipennatipartite. Colli secchi verso Evigno. — Luglio, Agosto. C. aspera L. GG. comune nei luoghi sabbiosi, sassosi. — Giugno- Agosto. C. calcitrapa L. GG. luoghi sassosi poco coltivati. — Luglio, Agosto. Kentrophyllum caeruleum God. et Gren. ha però gli acheni della circonferenza muniti di pappo come gli interni, ciò che è con- trario ai caratteri del genere affermati da GG, Oliveti presso il Ci- mitero di S. Bartolomeo di Cervo ove abbonda; non altrove nel di- stretto. — Maggio, Giugno. 100 L. RICCA; K. lanatum D. C. GG. pappo costituito da Jaminette brune, lineari, acute, ciliate sui margini, di lunghezza decrescente dal centro all’ e- sterno del verticillo. Acheni ben chiaramente e marcatamente tetra- goni quantunque irregolarmente, ad angoli un po’ saglienti, a faccie depresse, bucherellate, verrucose. Abbondante nei luoghi secchi ed incolti. — Luglio, Agosto. Crupina vulgaris Cass. GG, luoghi incolti. — Maggio, Giugno. Stelina dubia L. GG. Kock: colline sassose incolte sopra Cervo. — Luglio- Novembre. Carlina lanata L. GG. abbonda nei luoghi sassosi, sui margini delle vie. — Luglio-Settembre. C. corimbosa L. GG. colla precedente. C. acaultis L. GG. colle del ciliegio, ecc. — Luglio. Lappa intermedia Rehb. Ardoino Z/. des Alp. marit.2 Infiore- scenza a lungo grappolo costituito da minori racemi ascellari, a cala- lidi piuttosto compatte. Calatidi lunghe da 10 a 14 millimetri, larghe. da 10 a 411; scaglie interne del periclinio scariose, porporine all’a- pice attenuato in punta triagona, più lunghe delle scaglie esterne. Periclinio glabro, acheni neri, chiazzati di color terreo, oscuramente rigati per lungo, di forma oblunga attenuata alla base, dilatata al- l’apice, un po’ curvi, compressi e leggermente tetragoni per emer- sione di 4 poco saglienti marginature longitudinali. Pappo d’un bianco sporco lungo quanto il terzo dell’achene. Foglie cordate, lungamente petiolate, biancastre pubescenti nella faccia inferiore, non bianco- tomentose, verdi e puberulenti nella superiore, fiori porporini. Evigno, al limite degli oliveti presso le abitazioni. — Agosto, Settembre. Div. 3.° Cichoracea Vaill. GG. Catananche cerulea L. GG. colli presso il limite degli oliveti. — Luglio, Agosto. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC, i A01 Cichorium intybus L. GG. f glabratum GG. la pianta è però generalmente pubescente. Qualche volta le calatidi sessili non sono soltanto geminate, ma agglomerate in numero di tre o quattro: assai comune. — Giugno-Agosto. Hedypnois polymorpha D. C. f diffusa, GG. peduncoli rigonfi fistulosi alla sommità, calatidi irte di peli al loro apice: frequente negli oliveti. — Aprile, Maggio. Hyoseris radiata L. GG. dappertutto, e fiorisce la massima parte dell’anno. Rhagadiolus stellatus D. C. £ ne D. C. GG. ò edulis D. C. GG. luoghi coltivati. — Aprile-luglio. Lampsana comunis L. GG. oliveti ombrosi ed umidi, letto dei torrenti. — Maggio-Luglio. Hypocheris radicata L. GG. torrente di Cervo ove discese probabilmente dal colle del Ciliegio ove è Mu frequente. — Maggio, Giuguo. H. maculata L. GG. colli di Evigno e del Ciliegio. — Maggio- Luglio. — Culatidi irte di peli nerastri. Thrineia hirta Roth. GG. prati umidi del colle di Evigno, prato di Diano. — Agosto. T. tuberosa D. C. GG. abbonda dappertutto in autunno. Leontodon proteiformis Vill. GG. prati e boschi sopra Evigno. Crispatus Godr. canneti umidi, raro. — Maggio-Agosto. Pieris strieta Jord. con tutti i caratteri notati da GG., senonchè si vuole aggiungere al marcatissimo carattere della costrizione. del periclinio, anche quello della curvatura degli acheni, i quali anche sono assai più fortemente rugosi di traverso e di maggior volume 102 L. RICCA, che non nella specie seguente. Spetta qui il sinonimo di P. hispidis- sima Bartl. Koch Tasch. sinonimo negato alla specie di GG., oppure sono esse due specie differenti. Oliveti del Capo di Cervo, non si troverebbe altrove nel distretto e per quel che io sappia in tutta la provincia. — Giugno. P. hieracioides L. GG. acheni però non fortemente ma legger- mente rugosi di traverso, zigrinati: qua e là nei sassi dei torrenti. — Agosto-Ottobre. Helminthia echioides Goertn. GG. abbonda negli oliveti. — Giugno-Settembre. Urospermum Dalechampii Desf. GG. colla precedente. — Marzo-Luglio. U. picroides Desf. GG. colla precedente. Scorzonera hispanica L. GG. £ glastifolia Wallr. colline incolte, boschi. — Luglio. Tragopogon pratensis L. GG. prati sopra Evigno. — Mag- gio, Giugno. T. australis Jord. GG. qua e là negli oliveti e luoghi soleggiati dei colli. — Maggio, Giugno. Geropogon glabrum L. GG. luoghi sabbiosi presso il mare, oliveti ben soleggiati. — Maggio, Giugno. Chondrilla juncea L. GG. abbonda nei luoghi sterili, sassosi. — Giugno-Agosto. Taraxacum officinale Wigg. GG. luoghi umidi. — Marzo-Giugno. var. ò taraxacoides Koch Tasch.: prati di Coppette. — Aprile, Maggio. T. eryirospermum Andrez GG. colle del Ciliegio. — Maggio. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANLE, ECC, 1053 T. palustre D. C. GG. luoghi umidi. — Marzo, Aprile. Osservazione. — Per essere i caratteri delle due ultime specie per poco differenti dalla prima, e per essere l'abito delle foglie esterne del periclinio poco molto o nulla pronunciato, incliniamo a credere che le due ultime specie non costituiscono veramente che due (assai contestabili) varietà, siccome è opinione di Koch. Lactuca saligna L. GG. è meno frequente della varietà: luoghi sassosi, letto dei torrenti. var. © runcinata Gr. God. acheni bruni muniti di qualche pelo alla loro sommità, caule bianco di cenere: abbonda nei luoghi so- leggiali marittimi, e negli oliveti adusti. — Agosto, Settembre. L. scariola L. GG. radice grossa tortuosa verticale, caule bianco: oliveti, vigne. — Agosto, Settembre. — Il becco dell’achene è però per carattere costantissimo lungo quasi il doppio dell’ achene stesso (non GG. nè Koch). Sonchus oleraceus L. GG. abbonda nei luoghi coltivati. — Marzo- Giugno. S. asper Vill. GG. col precedente. Picridium vulgare Desf. GG. abbondante dappertutto. — Aprile- Giugno. Zacintha verrucosa Goertn. GG. qua e là nei luoghi umidetti. — Maggio-Luglio. Pterotheca Nemausensis Cass. GG. assai comune negli oliveti. — Aprile-Giugno Crepis taraxacifolia Thuil. GG. abbondantissima negli oliveti. — Febbrajo-Aprile. C. foetida L. GG. abbonda negli oliveti e nei luoghi poco colti- vati, ha forte odore di mandorle amare. — Giugno-Agosto. 104 . La RICCA) C. bulbosa Cass. GG. qua e là assai frequente nelle messi e ne- gli oliveti. — Maggio, Giugno. C. Nicwensis Balb. GG. colline sassose ove è poco frequente, bo- schi di Evigno. — Maggio-Luglio. — Squame del periclinio coperte di pubescenza biancastra, senza setole glandulose. C. pulchra L. GG. è ben distinta dalla precedente pel periclinio glabro, a squame interne enormemente più lunghe delle esterne, e per gli altri caratteri cennati da GG. L’ indurimento però della base e di parte del dorso delle squame periclinali è comune alle due spe- cie, e la forma ventricosa del periclinio giunto a maturità è forse più. manifesta nella C. /Viceeensis. Letto del torrente di Cervo ove è rara, è forse più frequente sui monti sovrastanti. — Giugno. Hieracium pilosella L. GG. comune nei luoghi incolti. — Aprile, Maggio. — I miei esemplari hanno foglie bianche tomentose nella superficie inferiore, periclinio e peduncoli irti di lunghi peli bruni misti, specialmente alla base del periclinio stesso ed alla sommità dei detti peduncoli, di lievi peli glandulosi. H. murorum L. var. ( pilosissimum GG. var. y ovalifolium GG. Boschi, e colle d’ Evigno e del Ciliegio, — Maggio, Giugno. — Foglie per lo più glauche, maculate di bruno sulla superficie superiore. H. auricula L. GG, abbonda nei luoghi umidi di. Coppette. — Maggio. H. provinciale Jord. GG. pare che questa specie non sia distinta dall'altra doreale Fries, senonchè per avere il periclinio a fogliole verdastre pallide non nigrescenti per la disseccazione. Negli individui bene sviluppati le foglie caulinari sono sempre abbastanza grandi per non poter essere mai classificate per squame, e questo carattere è dell’. boreale descritto da GG., più che del provinciale. Costitui- ranno probabilmente una sola specie. È poco frequente negli oliveti ombrosi. — Agosto-Ottobre. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC. 10% Scolimus hispanicus L. GG. luoghi secchi e soleggiati presso il mare. — Luglio, Agosto. CAMPANULACEA Juss. Phyteuma orbiculare L. GG. pratî sopra gli oliveti. — Maggio, Giugno. Specularia speculum Alph. D. C. GG. i segmenti calicinali sono muniti alla loro base di due piccole glandule. Oliveti. — Giugno, Luglio. S. falcata Alph. D. C. GG. qua e là nei sassi, nei muri a secco, e negli oliveti ombrosi. -— Maggio-Luglio. Campanula medium L. GG. letto dei torrenti ove discende dalle montagne, boschi di Evigno. — Giugno. C. erinus L. GG. foglie lobato-dentate, a denti o lobi ottusi, tanto saglienti nelle foglie superiori più piccole, quanto nelle maggiori della base: abbondante. — Maggio-Luglio. C. rotundifolia L. GG. i bottoni leggermente incurvati dapprima, si raddrizzano durante la loro espansione, per riflettersi alla fine. Calice a 10 angoli e 10 vallecule, col tubo tutto coperto in gioventù di glandule trasparenti, più tardi limitate alle vallecule. Abbonda nei terreni eminentemente calcarei di Pairola, e nelle colline sassose, — Luglio-Novembre. C. rapunculus L. GG. luoghi coperti negli oliveti. — Maggio, Giugno. ERICINEA Desv. GG. Arbutus unedo L. GG. oliveti di Diano e Cervo, qua e là sparso e poco comune, sembra spontaneo forse perchè rispettato dai colti- vatori, — Dicembre, Gennajo. Vol. XIII. 8 106 L. RICCA, Calluna vulgaris Salisb. GG. colli sterili fra gli oliveti, e supe- riormente. — Maggio, Giugno. Erica arborea L. GG. pineti sopra Mad. Rovere (non altrove?), — Aprile. PRIMULACEA ven. 66. Primula officinalis Jacq. B suaceolens Gr. God. colli d’ Evi- gno e del Ciliegio ove abbonda. — Aprile, Maggio. Asterolinum stellatum Link. et Hoffm. Gr. God. uovoli depressi escavati da una parte, traversalmente solcati, leggermente carinati sul dorso: pineti del Capo Berta, alpicella. — Aprile, Maggio. Coris monspeliensis L. Gr. God. abbondante nei luoghi incolti. — Aprile-Giugno. Anagallis phonicea Scop. All. comune negli oliveti. — Aprile- Giugno. A. corulea Schreb. All. colla precedente. A. tenella L. GG. margini erbosi umidissimi, piuttosto frequente. — Giugno-Agosto. Samolus Valerandi L. GG. luoghi umidi. — Aprile-Ottobre. OLEACEZA Lina. GG. Fraxinus ornus L. GG. in riva ai torrenti, ai ruscelli, assai frequente. — Marzo, Aprile. Olea europea L. GG. per essere generalmente coltivata trovasi qua e là allo stato di apparente spontaneità. In tal caso è assai intristita, ha rami spinescenti, e per quel ch'io sappia non fa fiori, o ben di rado. — Aprile, Maggio. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC, 107 Phyllirea media L. GG, colline sassose sterili, fiorisce in Aprile e fruttifica in Agosto. P. angustifolia L. GG. Capo Berta ove è frequente: fiori in Aprile e Maggio, e frutti in Agosto e Settembre. APOCYNACEZ Linul. Vinca minor L. GG. canneti e luoghi umidi. — Febbrajo-Aprile. V. media Link. et Hoffm. luoghi umidi ombrosi presso Diano S. Pietro. — Gennajo-Aprile. Nerium oleander L. GG. margini dei torrenti. — Giugno-Agosto. ASCLEPIADEZE R. br. Vincetoxicum officinale Maench. Gr. God. sassi dei torrenti, canneti, più frequente sui colli e nei boschi di Evigno. — Giugno- Agosto. GENTIANACEZE Lina. Erythrea centaurium Pers. GG. luoghi umidi, oliveti, assai co- mune. — Maggio-Agosto. Chlora perfoliata L. GG. comune dappertutto. — Maggio-Luglio. CONVOLVULACEZAE vent. ce. Convolvulus sepium L. GG. comune nelle siepi ecc. — Maggio- Luglio. C. soldanella L. GG. sassi del lido del mare a ponente di Diano (non altrove nel distretto). — Giugno. C. arvensis L. GG. comune dappertutto. — Giugno, Luglio. 108 L, RICCA, C. altheoides L. GG. col precedente. — Giugno, Luglio. C. cantabrica L. GG. luoghi incolti ove abbonda. — Maggio, Giugno. C. tricolor L. GG. oliveti soleggiati, abbondante. — Maggio, Giugno. Cuscuta alba Presl. Gr. God. Scaglie ipostaminali piuttosto fran- giate che denticulate: parassita sul 7Aymus vulgaris, serpyllumi, sull’Helianthemum glutinosum ed altre piante. — Giugno-Agosto. BORRAGINEA Juss. Borrago officinalis L. GG. comunissimo nei luoghi coltivati. — Marzo-Maggio. Symphytum tuberosum L. GG. luoghi umidi, canneti. — Marzo, Aprile. Anchusa italica Retz. GG. fiori turchini e qualche volta bianchi: oliveti. — Maggio, Giugno, Lithospermum purpureo coeruleum L. GG. canneti, luoghi umidi. — Aprile, Maggio. L. arvense L. GG. oliveti superiori del distretto ove è poco fre- quente. — Aprile, Maggio. L. apulum Vahl. GG. oliveti soleggiati delle colline sopra Cervo. — Maggio. Echium italicum L. GG. sabbie dei torrenti. — Maggio-Luglio. E. pustulatum Sibth. GG. oliveti e luoghi incolti, argillosi. — Maggio, Giugno, Myosotis hispida Schlecht GG. pedicelli inferiori alla fine più lunghi del calice, pianta attaccaticcia agli abiti ed alle mani appunto come il Galium aparine. Oliveti. — Maggio. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE) ECC. 109 M. intermedia Link. GG. abbonda negli oliveti. — Aprile-Luglio. Cynoglossum pictum Ait. comune nei luoghî umidi. — Aprile, Maggio. Heliotropium europeum L. GG. L. comune nel letto dei tor- renti, nei canneti, orti. — Luglio. SOLANEAE Juss. Lycium mediterraneum Dunal GG. fiori violacei o bianchi con gola violacea; abbonda sul litorale ove serve spesso di siepe. — Febbrajo-Giugno, Solanum villosum Lam. GG. oliveti, qua e là nei luoghi sab- biosi, assai comune. — Giugno-Settembre. S. nigrum L. x genuinum GG. col precedente. — Febbrajo-Luglio. Hyoscyamus albus L. GG. comunissimo nelle rovine, appiè dei muri, e presso il lido del mare. — Aprile-Luglio. VERBASCE/ZE Bari. GG. Verbascum thapsus L. GG. letto dei torrenti. — Giugno. V. sinuatum L. GG. le foglie sono però decorrenti pel tratto di uno o due centimetri: abbonda negli oliveti, ecc. — Luglio, Agosto. YV. Boerhavii L. GG. margini incolti, letto dei torrenti, assai co- mune. — Maggio, Giugno. V. Blattaria L. GG. foglie caulinari acutissime ad apice subulato: comunissimo negli oliveti. — Giugno-Settembre. V. nigrum L. GG. oliveti ai 7re mulini, raro. Frequente sui colli di Evigno e del Ciliegio. — Giugno. 110 L. RICCA, SCROPHULARIACEZE gent. GG. Scrophularia peregrina L. GG. presso le abitazioni ma assaj rara nel distretto, mentre è frequente nei paesi poco distanti dal medesimo. — Maggio-Seltembre. S. acquatica L. GG. abbondante nei luoghi umidi. — Giugno- Seltembre. S. canina L. GG. letto dei torrenti, luoghi sabbiosi, oliveti. — Aprile-Luglio. Antirrhinum orontium L. GG. comune dappertutto. — Aprile- Settembre. A. majus L. rovine, luoghi sassosi, muri. — Maggio-Agosto. Linaria spuria Mill. GG. abbonda negli oliveti della pianura. — Giugno-Ottobre. L. elatine Desf. GG. colla precedente. L. greca Chav. GG. canneti presso il mare, è piuttosto rara. — Luglio, Agosto. L. vulgaris Monch GG. i peli glandulosi dell’asse florale e dei peduncoli mancano sempre, foglie glauche nella superficie inferiore: luoghi sassosi, ghiajosi. — Luglio-Settembre. L. simplex D. C. GG. letto del torrente di Diano, luoghi argillosi sotto Diano Castello. — Aprile, Maggio. L. minor Desf. GG. Cassula matura eguale al calice: letto dei torrenti ove abbonda. — Gingno-Novembre. Veronica teuerium L. « latifolia GG. luoghi incolti ma erbosi e freschi sul Capo Berta ove abbonda. — Maggio, Giugno. Ha. per carattere costantissimo la gola della corolla chiusa da cigli assai fitti. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC. LIL Y. beccabunga L. GG. luoghi paludosi. — Maggio, Giugno. V. anagallis L. GG. acque, paludi. — Aprile-Agosto. V. serpyllifolia L. GG. oliveti umidi, ombrosi. — Aprile-Luglio. V. arvensis L. GG. luoghi sabbiosi, soleggiati. — Aprile-Giugno. Y. persica Poir GG. abbondantissima. — Marzo-Maggio. V. didyma Ten. GG. foglie pubescenti sulla faccia inferiore, caule irto di brevi peli: colla precedente. V. hederafolia L. GG. appiè dei muri soleggiati, poco frequente. — Febbrajo-Aprile. V. cymbalaria Bodard. GG. con cassule sempre munite di rari ma lunghi peli, abbondantissima. — Marzo-Maggio. Digitalis lutea Rchb. GG. oliveti ombrosi sopra Diano Borello, rara. — Giugno. Euphrasia officinalis L. GG. prati, boschi. — Maggio-Luglio. Osservazione. — L’Odontites lutea tanto frequente sui colli incolti presso il nostro distretto, io non 1’ ho in esso mai riscontrata, è però probabilissimo che vi sia, ma poco frequente. Eufragia viscosa Benth. GG. base del lobo mediano del labbro inferiore con due saglienti gibbosità. Canneto fra Diano e Cervo, qualche raro individuo qua e là sparso negli oliveti, a poca distanza dal canneto ove essa è aggregata. — Maggio, Giugno. Rhinanthus major Ebrh. collì sopra gli oliveti. — Maggio, Giugno. Calice vellutato, ciliato sui bordi dei denti, e sui bordi ri- sultanti dalla naturale compressione Pedicularis fasciculata Bellardi, P. gyroflera Gaud. Degli . stami, due hanno filetti tutti lanosi, e due sono glabri alla loro sommità. Colli sopra Evigno, ecc. — Luglio. 112 L, RICCA, OROBANCHEA Juss. Orobanche cruenta Berto]. GG. comune nei luoghi sterili, nei pineti. — Maggio, Giugno. 0. Galii Vauch. colli di Riva Faraldi, colle del Ciliegio. — Maggio. O. epithymum D. C. GG. Colli sopra Deglio e forse altrove nel distretto. — Maggio. O. minor Sutton. Siepi presso il torrente di Cervo, nei roveti. — Maggio, Giugno. LABIATA iuss. GG. Lavandula spica L. GG. abbonda sui colli sopra la zona olearia, ed è coltivato negli oliveti. — Giugno-Agosto. Mentha rotundifolia L. GG. comune nei luoghi umidi. — Luglio- Settembre. M. acquatica L. var. f hirsuta Koch. GG. margini delle acque, letto dei torrenti. — Luglio-Agosto. M. pulegium L. assai diffusa nei luoghi ombreggiati ed umidi. — Luglio, Agosto. Lycopus europaeus L. GG. letto dei torrenti. ciù Giugno, Luglio. V' ha sempre presenza di grossi stoloni serpeggianti sotto la super- ficie del suolo, di colore rosso o bianco assai caratteristici. Origanum vulgare L. ? prismaticum Gand. GG.? spighe ovali quadrangolari, calice esternamente glanduloso: comune. — Giugno- Ottobre. Thymus vulgaris L. GG. abbondantissimo nei luoghi incolti, sassosi. — Marzo-Luglio. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC. 113 T. serpillum L. x Zinneanus GG. prati delle montagne, alcuni esemplari nel letto dei torrenti. — Maggio-Luglio. Calamintha nepeta Link. et Hoffm., GG, grande corolla esterna- mente pubescente, come pure la parte interna del labbro inferiore, pianta assai odorosa, non mai fetida, sotto-legnosa. Luoghi aridi, sas- sosi, abbondante. — Giugno, Luglio. C. clinopodium Benth. GG. qua e là nei luoghi ombrosi, poco frequente. — Luglio, Agosto. Melissa officinalis L. GG. abbonda negli oliveti, ha odore di arancio soavissimo. -- Luglio, Agosto. Rosmarinus officinalis L. GG. colli sassosi anche della zona olearia. — Marzo-Maggio. Salvia sclarea L. GG. letto dei torrenti. — Giugno, Luglio. S. horminoides Pourr. GG. S. clandestina Koch Tasch. S. ver- benaca mult. auct. an L.? comune dappertutto. — Aprile-Luglio. Giechoma hederacea L. GG. £ hirsuta Godr. luoghi umidi sul bordo dei torrenti. Oliveti umidi di Mad. Rovere e dei Tre mulini. — Aprile, Maggio. Lamium amplexicaule L. GG. oliveti ben coltivati, ece. — Marzo-Maggio. L. purpureum L. oliveti. — Aprile, Maggio. Galeopsis angustifolia Ehrh. f arenaria GG. letto del torrente di Cervo, di Diano, campi sopra Evigno. — Giugno-Agosto. Stachys heraclea All. GG.? però i fiori sono da 8-42 all’ascella di ciascuna foglia, con peduncolo lungo quanto il tubo del, calice. Capo Berta, e sopra la zona degli oliveti. — Giugno-Luglio. {44 L. RICCA, Stachys arvensis L. oliveti. — Marzo-Maggio. S. annua L. GG. labbro superiore della corolla con laterali strie porporine; labbro inferiore di color giallo con rari punti rossi : letto dei torrenti, canneti, terreni umidi argillosi. — Agosto-Ottobre. — Pianta di odore sgradevole. S. maritinia L. GG. lobo mediano del labbro inferiore corollino, molto più grande dei laterali; corolle grandi, statura della pianta da 4 a 7 decim,, radice gialla quasi legnosa. Sabbie marittime. — Maggio- Giugno. S. recta L. } angustifolia Gr. God., comune nei luoghi secchi. — Maggio-Agosto. Betonica officinalis L. GG. colline fra gli oliveti, ma rara; più frequente sopra la zona olearia. — Giugno, Luglio. Ballota fetida Lam. GG. appiè dei muri a Cervo, qua e là piut- tosto rara. — Luglio, Agosto. Sideritis Remana L. GG. la gola del calice porta un anello di peli assai lunghi , corolla bianca , raramente rosea nel labbro supe- riore. Abbonda negli oliveti e nei luoghi incolti. — Maggio-Agosto. S. hirsuta L. GG. pianta estremamente aromatica : luoghi adusti nel letto dei torrenti. — Maggio-Luglio. Melittis melyssophylium L. GG. sommità del Colle di Evi- gno in luogo depresso ed umido, margini dei ruscelli nei boschi soltostanti. — Maggio, Giugno. — Corolla rosea. Brunella hyssopifolia C. Bauh. GG. luoghi sassosi adusti. — Giugno-Agosto. — Foglie fortemente coriacee, pianta radicante alla base. B. vulgaris Meench. GG. abbonda nei luoghi umidi. — Giugno- Seltembre. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE) ECC. 415 B. alba Pall. } pennatifida Koch GG. qua e là nei luoghi colti- vati. — Giugno. Ajuga reptans L. GG. luoghi umidi, assai abbondante. — Marzo- Maggio. — In certi oliveti assai ombreggiati ed umidi, la corolla è color di rosa in tutti gli individui, A, chamaepitys Schreb. GG. abbonda negli oliveti in terra smossa calcarea. — Aprile-Novembre. A. Iva Schreb. GG. luoghi incolti soleggiati: ve n’ ba a fiori gialli e porporini, ed emana sempre un forte odor di muschio. — Maggio- Agosto. Teucrium botrys L. GG. letto dei torrenti, nei piani sassosi. — Luglio-Ottobre. T. chamaedrys. L. GG. muri a secco, luoghi sassosi, assai co» mune. — Maggio, Giugno. T. polium L. GG. il calice è però fortemente tomentoso lanoso, e l'apice degli stami s' avvolge anch'esso un poco a spira, non però molto pronunciata. Abbonda nei luoghi incolti soleggiati. — Maggio- Agosto. VERBENACEA Juss. $ Verbena officinalis L. GG. comune negli oliveti. — Luglio- Settembre. Vitex agnus castus L. GG. margini dei torrenti. — Giugno- Agosto. — Questa specie è isolata nel distretto e poco abbondante, manca nei dintorni fuori del distretto, per essere poi assai diffusa verso Bordighera. PLANTAGINEZA Juss. Plantago major L. GG. foglie inferiori con 7 nervature, comune. — Maggio-Luglio, 116 L. RICCA, P. media L.? P. Bertolonii Godr. coi caratteri della nota di Godron. I semi più o meno abboniti sono però 4 o 6 in tutta la cassula, ma quelli che finalmente accresconsi più degli altri non sono che due. Spiga lunga cilindrico-acuta, filetti staminiferî rosei, stilo compresso pubescente ai margini. Colle di Evigno. — Maggio. P. coronopus L. y maritima GG. ò integrata Gr. God. comune la prima sulla spiaggia del mare, l’altra si trova sul colle di Evigno. — Giugno-Agosto. P. lanceolata L. x genuina Gr. God. 8 marittima Gr. God. ambo comuni negli oliveti, prati, ecc. — Aprile-Agosto. P. psyllium L. GG. caule pieno non mai fistuloso: abbondante negli oliveti. — Marzo-Giugno. P. arenaria Waldst. Kit, GG. poco frequente nel letto dei tor- renti. — Luglio. P. Cynops L. GG. le foglie inferiori sono qualche rara volta mu- nite di pochi superficiali denti, sepali a bordi scariosi: abbonda nei luoghi sassosi, nel letto dei torrenti. — Aprile-Giugno. GLOBULARIEA p. c. Globularia vulgaris |L. GG. luoghi incolti delle colline. — Aprile, Maggio. G. Alypum L. GG. abbonda sulle colline sterili e sassose poco distanti dal mare. — Gennajo-Marzo. PHYTOLACCEZ n. Br. Phytolacca decandra L. GG. luoghi ombrosi presso le abitazio- ni. — Agosto-Ottobre. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC, 4117 AMARANTACEA n. Br. Amaranthus deflexus L. GG. presso i muri assai comune. — Giugno-Settembre. A. Blitum L. GG. qua e là specialmente nel letto dei torrenti. Luglio-Settembre. SALSOLAGEZE Mog. in D. C. GG. (CrEnoponpEA Vent. ArRIPLICES A. L. Juss.) Atriplex hastata L. oliveti. — Luglio-Settembre. var. | salina Wallr. GG. fossi salmastri vicino al mare. — Le foglie carnose di questa varietà osservansi pure in esemplari aventi i caratteri della var. genuina Godr., abitanti presso il mare, colla punteggiatura delle grane, ma senza solco marginale. L’inerassamento è noto non essere carattere specifico per molte piante viventi presso il mare, le grane a detta del Grenier stesso sono assai variabili, quindi le 4 varietà da lui stabilite non avrebbero caratteri sufficien- temente costanti da costituire veramente delle varietà. A. patula L. x genuina Godr. oliveti. — O muricata Ledeb. GG. id. — Settembre, Ottobre. Beta vulgaris L. oliveti umidi ove non deve essere che sub- spontanea. — Giugno, Luglio. B. maritima L. GG. radice grossa legnosa: terre presso il mare. — Luglio-Settembre. Chenopodium polyspermum L. GG. letto del torrente di Diano, raro. — Agosto. 118 L. RICCA, Ch. vulvaria L. GG. abbonda negli oliveti. — Agosto, Settembre. Ch. album L. GG. x comune GG. 0 viride GG. x lanceolatum GG. oliveti, rovine, letto dei torrenti. = Agosto-Novembre. Ch. opulifolium Schrad. GG. presso i muri, letto dei torrenti. — Luglio-Settembre. Ch. murale L. GG. luoghi coltivati, presso le abitazioni. — Marzo- Ottobre. Salsola Kali L. f calvescens GG. abbonda nelle sabbie marittime. — Agosto-Ottobre. POLYGONEA Juss. Rumea pulcher L. 0 hirtus GG. oliveti. = Maggio, Giugno. R. conglomeratus Murr. oliveti, fossi umidi, assai comune. — Maggio, Giugno. H. crispus L. GG. oliveti ove abbonda. — Aprile-Giugno. KR. acetosa L. GG. prati sopra Evigno. — Maggio, Giugno. Polygonum persiearia L. x genuinum GG. margini delle acque, letto dei torrenti. — Maggio-Ottobre. — Foglie maculate di nero, perigonio non glanduloso, stili saldati inferiormente, guaine lungamente ciliate. P. maritimum L. GG. margini delle vie e sabbie presso il mare. — Maggio, Giugno. _P. Roberti Lois. GG.? (an /. /lagellare Bertol. 2), P. Romanum Jacq.? Ardoino 77. des Alp. marit., P. aviculare litoreum De Not. Rep. pag. 351. Questa specie che io non trovai ancora ben descritta CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC. 119 mi sembra intermediaria al P. aviculare ed al . maritimum. Ec- cone i caratteri da me osservati: Fiori fasciculati per lo più in nu- mero di 4 alla ascella delle foglie, inegualmente peduncolati. Peri- gonio verde alla base e bianco nel resto, senza nervature apparenti. Stami otto a filetti alternativamente più lunghi e più brevi. Stili bre- vissimi quasi ridotti ai tre stimmi. Acheni piccoli, lunghi quanto il perigonio (da 3-4 mill.), lucenti, neri, lisci, trigoni a faccie depresse e scavate. Foglie alquanto consistenti, ovali, oblunghe, acute, forte- mente venate nella faccia inferiore, intierissime, munite attorno d’un leggerissimo bordo cartilaginoso, le inferiori piane e distese, le supe- riori ripiegate avvoltolate sul bordo in modo da rimanerne nascosta parte della superficie inferiore , attenuate in breve petiolo; le disot- tane più brevi degli internodi , le mediane superiori lunghe quanto gli internodi stessi , e le supreme soltanto ne sono più lunghe. Sti- pule scariose argentee, dapprima acute , poscia laciniate ed informi, lunghe quanto il terzo degli internodi mediani. Radice legnosa, vi- vace, pianta generalmente glauca, glaberrima, al tatto però alquanto scabra, sdrajata, flabelliforme , a cauli della lunghezza di 30 a 120 cent. Abbonda nei luoghi marittimi, sassosi o sabbiosi. — Giugno- Agosto. P. aviculare L. GG. comune nei luoghi sabbiosi. — Giugno-ot- tobre. P. Convolvulus L. GG. letto dei torrenti, ecc. — Giugno-Agosto. DAPHNOIDEA vent. GG. Daphne Gnidium L. GG. colli incolti, assai frequente special- mente sul Capo Berta. — Giugno-Agosto. Thymelea arvensis Lamk. Ardoino fl. des Alp. marit, Stellera passerina L. Passerina annua Spr. GG. campi argillosi di Diano Ca- stello. — Agosto. . 120 L. RICCA, SANTALACEZE n. pr. Thesium divaricatum Jan. GG. abbonda nei colli sterili e sas- sosi fra gli oliveti. — Maggio-Luglio. Osyris alba L. GG. sassi soleggiati, luoghi adusti, assai comune. — Aprile-Luglio. ARISTOLOCHIEAE Juss. Aristolochia rotunda L. GG. nei canneti, nei luoghi ombrosi , umidi, assai comune. — Aprile, Maggio. — Le foglie sono però sem- pre fortemente nerviate sulla superficie inferiore. EUPHORBIAGEZE Juss. Euphorbia chamesyce L. GG, Parlat. assai comune nel letto dei torrenti, sulla spiaggia del mare, ecc. — Giugno, Luglio. E. peplis L. GG. Parlat. ghiaje marittime ove abbonda. — Giugno- Agosto. E. helioscopia L. GG. Parlat. abbonda negli oliveti. — Marzo- Agosto. E. pubescens Vahl. Parlat. luoghi umidi, letto dei torrenti. — Giugno, Luglio. — 2. subglabra Parlat. col tipo. E. verrucosa Lam. Parlat, canneti, qua e là sui colli, fra sassi, nel letto dei torrenti. — Aprile-Giugno. — Questa specie ha un aspetto caratteristico pe’ suoi lunghi cauli virgati decumbenti ascendenti. — Y flavicoma Parlat. (£. flavicoma D. C. GG.) col tipo. E. spinosa L. GG. Parlat. abbondantissima e caratteristica dei luoghi incolti. — Marzo-Maggio. E. paralias L. GG. Parlat. sul lido del, mare, — Giugno-Agosto. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC. 121 Osservazione. — L’ E. Dendroides abbonda sul capo di S. Croce fra Alassio ed Albenga. E. serrata L. GG. Parlat. canneti, luoghi sassosi, colline calcaree. — Aprile, Maggio. E. cyparissias L. GG. Parlat. letto dei torrenti , luoghi sabbiosi. — Aprile-Giugno. E. exigua L. Parlat. comune negli oliveti. — Aprile, Maggio. E. falcata L. GG. Parlat. nelle messi presso Diano, campi a Mad. Rovere. — Giugno. E. peplus L. GG. Parlat. comune dappertutto. — Aprile-Ottobre. E. segetalis L. GG. Parlat. abbonda nei luoghi coltivati. — Feb- brajo-Novembre. Mercurialis annua L. Parlat. luoghi coltivati. — Febbrajo-Agosto. 8 Ambigua Parlat. (IM. ambigua L. GG.) Questa varietà è nel no- stro distretto ben distinta dal tipo anche pel suo portamento, in cui si osserva maggior larghezza nelle foglie: io sono convinto che essa meriti il grado di specie, e che non sia punto una varietà; ciò anche in considerazione dell’epoca di fioritura più determinata e più limitata che nella M. annua. — Gennajo-Maggio. Crozophora tinectoria Juss. GG. Parlat. abbonda negli oliveti e nel letto dei torrenti non molto distante dal mare. — Maggio-Luglio. Osservazione. — La curiosa enforbiacea Andrachne telephioides L. trovasi isolata sul margine del torrente Prino fra Pertomaurizio e Piani. CELTIDEA Ena. ca. Celtis australis L. GG. Parlat. frequente sui bordi dei torrenti, qua e lè negli oliveti. — Aprile-Luglio. Vol. XIII. 9 4122 L. RICCA, ULMACE A Mirbel. GG. Ulmus campestris Smith. GG. Parlat. « nuda Koch. 8 suberosa Koch. abbonda presso i ruscelli, i torrenti. — Marzo, Aprile. URTICEZ p.c. Urtica dioica L. y pubescens Parlat. presso le abitazioni, negli ‘oliveti fra Cervo e Diano; rara. — Luglio, Agosto. Parietaria officinalis L. Parlat. (Parietaria diffusa Mert. et Koch GG.) dappertutto vicino ai muri. — Marzo-Ottobre. Theligonum eynocrambe L. GG. Parlat. abbonda nei luoghi umi- di, ombreggiati. — Febbrajo-Maggio. CUPULIFERE E 4. Rich. GG. Castanea sativa Mill. (C. vulgaris Lam. GG.) montagne so- pra gli oliveti, poco abbondante. — Maggio-Settembre. Quercus robur L. P sessiliflora Parlat. (Q. pubescens Willd. GG.) foglie pubescenti sulla superficie inferiore: colline incolte fra gli oli- veti e al disopra. — Aprile-Agosto. i Q. ilex L. GG. Parlat. Capo Berta in luoghi rocciosi, oliveti di Cervo, rara. — Aprile-Ottobre. Corylus avellana L. GG. Parlat. bordi dei ruscelli ove sembra subspontanea. — Febbrajo-Agosto. Ostrya carpinifolia Scop. Parlat. boschi sopra gli olii ed in poche località degli oliveti stessi. — Aprile-Agosto. PA CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC, 125 SALICINEZR cc. Salix alba L. Koch. GG. Parlat. abbondante nei luoghi umidi, presso i ruscelli. — Aprile, Maggio. S. incana Schrank. GG. Parlat. presso le acque a Deglio ed Evi- gno. — Aprile. S. purpurea L. GG. Parlat. poco frequente ai margini dei ruscelli negli oliveti. — Marzo, Aprile. S. nigricans Smith. GG. Parlat. al margine superiore degli oli- veti a Deglio. — Aprile. — (I miei esemplari hanno amenti femmi- nei maturi lunghi da 7 e più centimetri?) Populus tremula L. GG. Parlat. luoghi selvaggi negli oliveti sopra Diano marina, raro. — Febbrajo, Marzo. P. nigra L. GG. Parlat. margini dei torrenti. — Marzo, Aprile. Osservazione. — Il Populus alba L. trovasi ad Oneglia ed Andora, agli immediati limiti di ponente e di levante del distretto. ABIETINE A Lc. Rich. GG. Pinus halepensis Mill. GG. Parlat. abbonda nei luoghi incolti fra gli oliveti. — Febbrajo-Aprile. P. pinea L. Parlat. pochi individui frammisti al precedente. — Marzo. CUPRESSINEZE x. c. Rich. Juniperus comunis L. GG. Parlat. raro nei colli incolti fra gli oliveti di Pairola. — Aprile, Maggio. J. oxycedrus L. GG, Parlat. abbondantissimo nei luoghi incolti. — Marzo, Aprile. 124 L. RICCA, MONOCOTILEDONI ALISMACEA r. Brown. Alisma plantago L. GG. Parlat. £ lanceolatum GG. acque sta- gnanti. — Maggio-Luglio. COLCHICACEA p.c. Colchieum autumnale L. GG. Parlat. abbonda nei prati. — Ago- sto, Settembre. LILIACEA np. c. Tulipa clusiana D. C. GG. Parlat. oliveti della pianura ove ab- bonda. — Aprile, Maggio. Scilla antumnalis L. GG. Parlat. Capo Berta. — Agosto, Set- tembre. — Assai rara. S. italica L. GG. Parlat. luoghi umidi dei colli presso gli oliveti, colle d’Albarea. — Aprile. Ornithogalum narbonense L. (pedunculis braceta ovata apice setaceo acuminata longioribus. Parlat. non GG.) luoghi aprichi,. — Maggio. 0. divergens Bor. GG. Parlat. comune. — Marzo, Aprile. O. umbellatum L. GG. Parlat. men comune del precedente, di cui ha pur statura più piccola: ama terreni più leggieri, sabbiosi. — Marzo, Aprile. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC. 125 Allium ampeloprasum L. Parlat. Ardoino £/. des Alp. marit. (A. polianthum Roem. et Schult. GG.?). La riunione del sinonimo di R. et Sch. in GG. coll’4. ampeloprasum L. Parlat. fu fatta dal sig. Ardoino a mio parere assai ragionevolmente: infatti Ja descri- zione del polianthum fatta da GG. non differisce guari dalla descri- zione dell’Ampeloprasum di Parlat. Vi sono però nel nostro distretto due forme poco distinte fra di loro, una à fiori rosei con stami e segmenti perigoniali ciliati serrulati, e con ombrelle grandi, l’ altra con ombrelle alquanto minori, con fiori verdicci a stami e segmenti perigoniali non ciliato serrulati. A. sphaerocephalon L. GG. Parlat. abbonda nei luoghi sterili. — Luglio-Settembre. A trifoliatum Cyr. Parlat. A. subhirsutum L. Ardoino Fl. des Alp. marit. Anche qui il sig. Ardoino ha fatto la riunione dei due sinonimi. Io ho sempre osservato la prima specie, e non conosco Allium subhirsutum che Parlat. distingue dal trifoliatum. Oliveti fra Diano e Cervo, comune. — Aprile. A. roseum L. GG. Parlat. col precedente. — Maggio, Giugno. var. bulbiferum GG. Parlat. col tipo. A. Neapolitanum Cyrill. GG. Parlat. è la specie d’Allium che più abbonda negli oliveti. — Febbrajo-Aprile. A. nigrum L. GG. Parlat. oliveti ben coltivati. — Maggio. A. pulchellum Don GG. Parlat. A. carinatum © capsuliferum Koch Tasch. luoghi sterili, — Luglio, Agosto. A. intermedium D. C.? De Notariis Repert. fl. Lig. pag. HM1. A. paniculatum ed A. pallens Parlat. ex parte. È una specie che mi sembra intermediaria fra le due notate da Parlat.; nei miei esemplari manca sempre il dente interstaminale, gli stami e lo stilo sono lungamente exserti,.le divisioni perigoniali ritondate re- cise all'apice senza apiculo di sorta, e fin qui sono i caratteri del- 126. L. RICCA, l'A. pallens. Inoltre ha i fiori esterni dell’ombrella pendenti, sterili (sempre ?), quei del centro eretti e fertili, tutti di color roseo. Cipolla una o due riunite e fasciate da involucro comune, ovario sex costato costis apicem versus papilloso glandulosis Parlat. fusto non superiore ad un piede e mezzo; per questi altri caratteri è prossimo all’A. paniculatum di Parlat. De Notaris dice: Staminibus vir exsertis. Qualunque sia l’impor- tanza di questo carattere, che non verificai nei miei esemplari, o que- sta è Ja stessa mia specie riportata dall’illustre professore nel suo Repertorium col nome di 4. intermedium, oppure è una specie in- termediaria alle due citate di Parlatore: luoghi incolti, boschi di Évi- gno. -- Luglio, Agosto. Hyacinthus orientalis L. GG. Parlat. luoghi ombrosi ed umidi, negli oliveti, ove sembra introdotto qual pianta d’ornamento, raro, 8 floribus albis Parlat. ancor più raro. — Febbrajo, Marzo. Muscari negleetum Guss. GG. Botryanthus neglectus Parlat. comune negli oliveti. — Marzo, Aprile. M. comosum Mill. GG. Zeopoldia comosa Parlat. col precedente ma men comune. — Aprile, Maggio. Phalangium liliago Schreb. GG. Parlat. colli calcarei fra gli oliveti di Diano Castello, ed altrove. — Maggio. Asphodelus fistulosus L. Parlat. abbonda specialmente presso le abitazioni, nei ruderi. — Febbrajo-Maggio. A. albus Willd, GG. Parlat. x ramosus GG. — Colle di Evigno ove abbonda. — Maggio, Giugno. Aphyllanthes monspeliensis L. Parl. è abbondantissima nei pineti di Chiappa presso Cervo. — Aprile, Maggio. SMILACEA R. Brown. Asparagus acutifolius L. Parlat. luoghi incolti e sassosi. — Agosto, Settembre, CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC. 127 Ruscus aculeatus L. GG. Parlat. Capo Berta in un oliveto, ove sembra essere stato introdotto una volta per pianta di ornamento. — Marzo, Aprile, Smilax aspera L. GG. Parlat. < genuina GG. abbonda nelle siepi, fra sassi, ecc. —- Settembre, Ottobre. DIOSCORE A R. Brown. Tamus comunis L. GG. Parlat. boschi elevati sopra gli oliveti. — Marzo, Aprile. IRIDEAE Juss. Crocus vernus All. Parl.? prati elevati del colle di Evigno, ove non l’ ho mai colto in fiore. Romulea columna Seb. et Maur, Parlat. Trichonema columne GG. luoghi erbosi, margini delle vie, colline. — Febbrajo. Iris Germanica L. GG. Parlat. fiori assai odorosi, oliveti. — Feb- brajo-Aprile. I. florentina L. GG. Parlat. oliveti, ma più rara della precedente. — Aprile. Xiphion vulgare Parl. Zris xiphrion Ehrh. GG. questa specie aggregata nell’oliveto Borche presso il torrente di Diano marina, fra questo paese e' Diano S. Pietro, deve esservi stata portata da mezzi naturali, da uno od al più da due anni. Fui avvertito dell’esi- stenza di questa specie in detta località da mio cugino G. B. Ardis- sone in questo stesso anno 1870, ed io stesso la verificai il 17 mag- gio veramente spontanea in quell’oliveto. Ho trovato queste poco significanti variazioni dalla descrizione di Parlatore: Foglie inferiori generalmente più lunghe, talvolta del doppio più lunghe di tutto il fusto. Le lacinie interrie e più strette, 128 L: RICCA, del fiore, sono di color turchino cupo uniforme, con una linea ver- diccia verso la loro base. Gli stimmi sono turchino-pallidi, colore che verso la loro base si sfuma in una tinta biancastra, la quale è pur comune al labbro inferiore degli stimmi medesimi. Gladiolus segetum Gawl. GG. Parlat. abbonda negli oliveti. — Maggio, Giugno. AMARYLLIDE A R. Brown. Narcyssns poeticus L. GG. Parlat. prati e colli elevati del Ciliegio, di Coppette, di Evigno. — Maggio, Giugno. N. tazetta L. GG. Parlat. abbonda negli oliveti. — Marzo, Aprile. Pancratium maritimum L. GG. Parlat. sabbie presso il lido del mare a Mad. Rovere, ove questa bella specie è abbondante. — Luglio- Settembre. Agave americana L. Parlat. in alcuni luoghi soleggiati e sco- gliosi. La vidi una sola volta in fiore sul Capo Berta nel 1866 in luogo quasi inaccessibile. — Luglio, Agosto. ORCHIDEA Juss. Spiranthes autumnalis Rich. GG. Parlat. abbonda nei prati e luoghi erbosi, incolti. — Agosto-Ottobre. Cephalanthera ensifolia C. L. Rich. Parlat. prati di Cop- pette, rara. — Maggio. Epipactis latifolia Swartz. GG. Parlat. — Serapias latifo- lia L., rara nella zona superiore agli oliveti. — Luglio, Agosto. E. microphylla Swartz. GG. Parl. margini erbosi ed umidi negli oliveti, e nella zona superiore, rara. — Maggio, Giugno. Listera ovata R. Br. GG. Parlat, prati, poco frequente. — Aprile. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC, 429 Serapias longipetala Poll. GG. Parlat. assai frequente nei prati, nei canneti. — Maggio, Giugno. Serapias triloba Viv. Parlat. prato di Diano, ove ne colsi diversi esemplari. — Maggio 1868. — Quantunque io abbia in questo ibrido riconosciuto i caratteri della descrizione di Parlatore, pure esso non può essere figlio dell’Orchis papilionacea e della Serapias neglecta, specie che non esistono in detta località, È facilissimo per lo con- trario che essa sia figlia dell’ Orchis laxi/lora e della Serapias lon- gipetala che abbondantemente le vivono dattorno , alle quali specie diffatto anche si rassomiglia; alla prima cioè, nel portamento se si osservi da distanza, ed alla seconda quando ben davvicino se ne ri- levino le forme florali. Le orchidi viventi nel detto prato sono, oltre le due specie anzi dette, 1’ Orchis conopsea, l' Orchis coriophora, l Aceras antropophora. Aceras antropophora R. Br. GG. Parlat. prato di Diano, e qua e là nei luoghi erbosi, umidi. — Aprile, Maggio. A. pyramidalis Rchb. GG. Anacamptis pyramidalis Parlat. ab- bonda nei luoghi incolti. — Maggio. Orchis morio L. GG. Parlat. luoghi erbosi delle colline, degli oliveti. — Aprile, Maggio. 6 floribus albis Parlat. prati di Coppette vicino al tipo. O. ustulata L. GG. Parlat. prati sopra Evigno. — Maggio. 0. coriophora L. Parlat. 8 fragrans GG. prato di Diano, luoghi umidetti. — Maggio, Giugno. Osservazione. — L’Orchis longicruris Link. trovasi poco distante dal distretto, nei boschi del Monte Faudo sopra Portomaurizio. 0. tridentata Scop. GG. Parlat. canneti, luoghi erbosi, prato di Diano, colli sopra gli oliveti. — Aprile, Maggio. — Fiori assai odorosi. 0. purpurea Huds. GG. Parlat. canneti, luoghi erbosi dei colli e degli oliveti. — Aprile, Maggio. 150 L. RICCA, 0. militaris L. GG. Parlat. Koch Tasch. prato di Diano, sui colli, qua e là poco comune. — Maggio. O. masenla L. GG. Parlat. margini umidi del torrente di Cervo. — Aprile. O. provincialis Balb. GG. Parlat. prati di Coppette, colle di Evigno. — Maggio. — Foglie maculate. O. laxiflora Lamk. GG. Parlat. prato di Diano ove è assai ab- bondante, colli sopra gli oliveti. — Maggio, Giugno. O. papilionacea L. è rubra Parl. (Orchis rubra Jacq.) prati di Coppette, colle di Evigno. — Maggio. —- Foglie immaculate. O. bifolia L. (Platanthera bifolia Parlat.) colla precedente. 0. Conopsea L. GG. (Gymnandenia Conopsea Parlat ) abbonda nel prato di Diano. — Aprile, Maggio. O. viridis Crantz. GG. (Caloglossum viride Parlat.) prati di Coppette, Colle dì Evigno. — Maggio. Specie IBRIDA? Orchis coriophoro-iaxiflora Mibi. — Questa che io credo es- sere una produzione ibrida delle due specie con cui la nomino, fu da me ritrovata nel prato di Diano, in soli tre belli individui il 24 maggio 1868. Mi riserbo di verificare in avvenire se essa si sia ri- prodotta nuovamente. Per la descrizione basterà che io dica avere essa tutto l’abito dell’ Orchis laxiflora quale è descritta da Parl., ivi comprese le masse polliniche assai bene sviluppate, senonchè il la- bello è quello perfettamente della Coriophora, cioè trilobato col lobo mediano lanceolato più lungo dei laterali, i quali sono fortemente crenelati dentati sui bordi pendenti. Aggiungerò ancora che le brattee sono non violacee, ma leggermente sfumate di violaceo quasi impercettibile, più brevi, ma di poco, dell’ovario, il quale ultimo ca- rattere io l’ ho riscontrato anche nell’O. laxiflora. Non mi fu dat: CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE , ECC. 45I osservare ovari maturi. Le Orchidee viventi nel prato di Diano al tempo in cui trovai questo ibrido erano, oltre le due supposte spe- cie genitrici, lO. conopsea, O. pyramidalis , Orchis tridentata, O. militaris, Aceras antropophora, Serapias longipetala, Ophrys ara- chnites ed Op. apifera e V altro ibrido Serapias triloba. Ophrys aranifera Huds. GG. Parlat. comune nei luoghi erbosi, — Aprile, Maggio, 0. atrata Lind. Parlat. O. aranifera P atrata GG. colla precedente, ma non è ugualmente comune. O. Bertolonii Moretti GG. Parlat. Colli sopra Riva Faraldi, Colle d° Evigno. — Maggio. 0. arachnites Host. GG. Parlat. prati, canneti, margini erbosi. — Aprile, Maggio. 0. apifera Huds. GG. Parlat. colla precedente. 0. fusca Link. GG. Parlat. è 1 Orchidea più frequente nel di- stretto. — Marzo, Aprile. O. lutea Cav. GG. Parlat. colla precedente nei luoghi erbosi, ma men frequente. — Aprile, Maggio. NAJADACE/E pan. __ Potamogeton coloratum Hornem. Parlat. P. plantagineum GG. acque stagnanti. — Maggio. P. densum L. GG. Parlat. acque correnti ai mulini del torrente di Cervo, acque stagnanti sopra Diano Arentino. — Maggio, Giugno. Posidonia caulini Kinig. GG. Parlat. Zostera oceanica L. Get- tata abbondantemente sulla spiaggia del mare, fiorisce in Aprile e Maggio, fruttifica dall’ estate all’ autunno (Parlat.) 132 L. RICCA, LERNACEA Duby. Lemna minor L. GG. Parlat. acque stagnanti qua e là nel distretto, — Maggio. AROIDEA Juss.- Arum italicum Mill. GG. Parlat. comunissimo negli oliveti. — Aprile-Giugno. A. arisarum L. GG. Arisarum vulgare Parlat. col precedente, di cui è ancor più abbondante. — Febbrajo-Ottobre. TIPHACEA Dn.c. Sparganium ramosum Huds. GG. Parlat. fossi negli oliveti fra Diano e Cervo ove abbonda , non altrove nel distretto. — Giugno- Agosto. JUNCEZE D.c. Juncus glaucus Elrh. GG. Parlat. margini delle acque , luoghi umidissimi. — Maggio, Giugno. J. acutus var. x L. GG. Parlat. abbondante nei luoghi umidi al lido del mare. — Aprile-Luglio. J. lamprocarpus Ebrh. GG. Parlat. 0 macrocephala GG. abbondano nei luoghi umidi. — Maggio-Settembre. J. obtusifiorus Ehrh. GG. Parlat. oliveti paludosi ai Tre Mulini, raro. — Giugno. J. bufonius L. C. hybridus Parlat. 8 fasciculatus GG. luoghi umidi. Maggio, Giugno. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC. 13 I CYPEROIDEA Jos. Cyperus longus L. Parlat. GG, fossi negli oliveti ove abbonda. Luglio, Agosto. C. badius Desf. Parlat. GG. luoghi umidi negli oliveti. — Maggio- Agosto. C. fuscus L. Parlat. GG. luoghi acquosi e fangosi. — Luglio- Settembre. C. scheenoides Griseb. GG. Galilea mucronata Parlat. sabbie e ghiaje marittime fra Diano e Cervo. — Maggio-Luglio. C. flavescens L. Parlat. GG. in compagnia del C. fuscus da cui distinguesi a colpo d’occhio pel diverso colore generale della pianta. — Luglio-Ottobre. Schenus nigricans L. Parlat. GG. abbondante nei luoghi umidi del prato di Diano e presso il lido del mare. — Aprile-Giugno. Eriophorum latifolium Hoppe, Parlat. GG. prati umidi di Coppette ove è abbondante. — Maggio. Scirpus maritimus L. Parlat. GG. fossi in vicinanza del mare. — Maggio, Giugno. S. holoschenus L. 0 australis Koch GG. C. australis Parl. luo- ghi umidi, assai comune. — Giugno-Agosto. (Lo Scirpus lacustris L. x genuinus, f digynus GG. abbonda sulla fiumara di Andora presso il nostro distretto.) S. setaceus L. Parl. Koch, luoghi fangosi negli oliveti di Cervo. — Maggio, Giugno. (Eleocharis palustris R. Br. abbonda nella fiumara di Andora.) Carex divisa Huds. Parl. GG. margini umidi erbosi. — Aprile, Maggio. 154 L. RICCA, C. vulpina L. Parl. GG. luoghi umidi, fossi. — Aprile, Maggio. C. divulsa Good. Parl. GG. assai comune. — Marzo, Aprile. Osservazione. — La Carex muricata L. con squame -femminee non munite d’una mediana linea verde, con achenio viridulo, con solo 5-8 spighelte sopra uno scapo non nutante, non mi fu dato os- servarla nel distretto. C. glauca Scop. GG. C. recurva Huds. Parlat. C. lacca Schreb. Ardoino: abbondantissima. — Marzo-Maggio. a genuina GG. B erythrostachys Anders GG. C. hispida Schkubr. Parlat. GG. margini ombrosi di un ruscello sul Capo Berta. — Aprile, Maggio. C. precox Sacq. Parl. GG. colle di Evigno. — Aprile. C. halleriana Asso Parl. GG. colline aride fra gli oliveti, oliveti ombrosi di Diano, colle di Berta e colle di Evigno. — Aprile, Maggio. C. flava L. Parlat. GG. x genuina GG. luoghi umidi del Colle di Evigno ove abbonda. — Maggio. C. distans L. Parlat. GG. abbonda nei luoghi umidi. — Aprile, Maggio. GRAMINE E Juss. Phalaris minor Retz. Parlat. GG. abbonda negli oliveti. — Aprile, Maggio. Antoxanthum odoratum L. Parlat. GG. prato di Diano ove ab- bonda. — Marzo, Aprile. Phleum pratense L. Parlat. GG. f nodosum Gaud. GG. colli presso gli oliveti. — Giugno , Luglio. Alopecurus agrestis L. Parlat. GG. lo trovai in pochi esemplari sul margine della via fra Diano e Cervo: sembra accidentale, perchè non lo trovai altrove. — Maggio. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC. 135 Sesleria coerulea, Arduin specim. alt. p. 18. Parlat. GG. ab- bonda nei luoghi incolti. — Marzo-Settembre. S. argentea Savi. Parlat. GG. luoghi sterili. — Maggio-Novembre. Tragus racemosus Hall. Parlat. GG. campi sabbiosi presso il mare fra Diano e Cervo ove abbonda. — Giugno-Settembre, Setaria glauca P. Beauv. Parlat. GG. comune dappertutto. — Giugno-Ottobre. S. viridis P. Beauv. Parlat. comune colla precedente. S. verticillata P. Beauv. Parlat. GG. abbondante negli oliveti. — Giugno-Settembre. S. ambigua Guss. GG. S. verticillata ® ambigua Parlat. colla precedente, Panicum repens L. Parlat. GG. canneto presso il mare a Diano. — Novembre. — Assai rara. P. miliaceum L. Parlat. GG. accidentalmente qua e là, non mi sembra però guari spontaneo, perchè io lo trovai sempre vicino alle abitazioni. — Agosto, Settembre. P. Crus galli L. Parlat. GG. luoghi umidi, assai comune. — Giugno-Agosto. P. sanguinale L. x genuinum GG. Digitaria sanguinalis Scop. Parlat. abbonda specialmente in terreni alquanto sabbiosi. — Luglio- Ottobre. Cynodon dactylon Pers. Parlat. GG. abbonda nei luoghi incolti, ai margini delle vie. — Giugno-Settembre. Andropogon isechemum L. Parlat. GG. abbonda fra sassi nei luoghi incolti. — Giugno-Agosto. A, distachyon L. GG. Pollinia distachya Spr. Parlat. colline aduste fra gli oliveti, ed anche nei luoghi umidi ad Evigno. — Luglio- Settembre. 156 L. RICCA, A. gryllus L. GG. Crysopogon gryllus Trin. Parlat. prato di Diano ove abbonda. — Giugno, Luglio. A. hirtum L. Parlat. GG. comune nei luoghi sassosi ove trovasi l’ A. ischaemum. — Giugno-Novembre. A. pubescens Vis. Parlat. GG. luoghi sassosi col precedente, ma meno frequente. — Giugno-Ottobre. Sorghum halepense Pers. Parlat. GG. assai comune negli oli- veti un po’ umidi. — Giugno-Agosto. Phragmites comunis Trin. Arundo phragmites L. rarissima nel distretto, ma abbondante ad Andora. — Settembre. Arundo donax L. Parlat. GG. abbonda sui margini dei torrenti e dei luoghi umidi, ove costituisce dei fitti canneti. Essa fiorisce sem- pre alla sua epoca, ma con fiori sterili. — Agosto, Settembre. A. pliniana Turr. Parlat. GG. bordi dei ruscelli sul Capo di Cervo, qua e là men comune di gran lunga della precedente. — Settembre. Agrostis alba L. Parlat. GG. b. decumbens Parlat. x genuina Godr. d major Parlat. f gigantea GG. abbondante, il tipo colla var. è negli oliveti, la var. d nei boschi del Capo Berta. — Giugno-Settembre. A. verticillata Vill. GG. 4. stolonifera L. Parl. luoghi umidi ed innondati, comune. — Giugno-Ottobre. A. canina L. Parl. GG. 0 mutica Parl. Colli erbosi di Evigno, ambo viventi aggregate nella stessa località. — Luglio, Agosto. Gastridium lendigerum Gaud. Parl. GG. comune negli oliveti specialmente della pianura. — Maggio-Luglio. Polypogon maritimum Willd. Parl. GG. rarissima negli oliveti presso il mare a Mad. Rovere. — Giugno. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC, 157 Lagurus ovatus L. Parl. GG. sabbie del lido ove abbonda. — Maggio, Giugno, Piptatherum cerulescens P. Beauv. GG. Milium cerulescens Desf. Parl. abbondante nei luoghi sassosi soleggiati. — Aprile-Giugno. P. multiflorum P. Beauv. GG. Milium multiflorum Parl. ab- bondante nei margini sassosi, nelle siepi. — Giugno-Ottobre. Aira cupaniana Guss. Parlat. frequente nel prato di Diano, qua e là nei margini erbosi. — Aprile, Maggio. Avena barbata Brot. Parl. GG. assai frequente nei luoghi in- colti, ai margini delle vie. — Maggio, Giugno. — Pianta glauca ametistina, con foglie pubescenti nella inferiore superficie e sui bor- di, ma glabre all'apice. A. sterilis L. Parl GG. è la graminacea che occupa maggior superficie negli oliveti, se non è superata dal Bromus madritensis. — Marzo, Aprile. A. bromoides Gouan. Parl. GG. luoghi sterili, assai comune sulle colline aduste. — Giugno. — Foglie glauche. Arrhenatherum elatius Mert. et Koch. Parl, GG. d. nodosum Parl. } bul/bosum GG. oliveti presso Diano in luoghi umidi, ma piut- tosto raro. -—— Giugno. Trisetum flavescens P. de Beauv. Parlat. GG. abbonda nel prato di Diano e sui monti. — Maggio-Luglio. Holeus lanatus L. Parlat. GG. abbonda negli oliveti. — Giugno- Agosto. Koeleria cristata Pers. Parl. GG. prato di Diano. — Maggio, Giugno. K. villosa Pers. Parlat. GG. luoghi sabbiosi marittimi ove ab- bonda. — Maggio, Giugno. Vol, XIII. 10 158 L. RICCA, K. phleoides Pers. Parlat. GG. abbonda dappertutto, i suoi fiori si fanno ben sovente vivipari nelle sabbie marittime. — Maggio, Giugno. Poa annua L. Parlat. GG. abbonda dappertutto. — Aprile-Set- tembre. P. bulbosa L. Parlat. GG. campi sabbiosi ed oliveti presso il mare. — Maggio, Giugno. P. compressa L. Parlat. luoghi secchi, qua e là ai margini delle vie, poco comune. — Giugno. P. pratensis L. Parlat. GG. 0. angustifolia Parlat. f angusti- folia GG. oliveti. — Aprile, Maggio. P. trivialis L. Parlat. GG. comunissima negli oliveti, — Maggio, Giugno. Eragrostis megastachya Link Parlat. GG. orti sabbiosi di Cervo, di Mad. Rovere. — Agosto, Settembre. Briza maxima L. Parlat. GG. comune negli oliveti. — Aprile- Giugno. B. media L. Parlat. GG. prato di Diano, più rara negli oliveti. — Maggio, Giugno. B. minor L. Parlat. GG. qua e là negli oliveti assai comune. — Maggio, Giugno. Melica magnolii Godr. et Gren. (an M. Ciliata b. panicula ramoso lobata Parlat.?!) Sonvi due forme diverse di questa specie, l'una con panicula più corta d'un decimetro abita i luoghi sassosi degli oliveti, ove si può osservare in fiore od in frulto la maggior parte dell’anno ; l’altra con panicula che perviene alla lunghezza di due decimetri trovasi sul Capo Berta ai margini della strada nazionale, ivi è abbondante ed ag- gregata, di grande statura, del doppio malmeno aggiore dell’ altra. — Aprile, Maggio. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANER, FCC, 1359 Osservazione. — La M. Bauhini AI. Parlat. GG. colla glumetta inferiore ciliata soltanto oltre la metà della sua lunghezza, non l’ ho osservata nel distretto. M. major Sibth. Parlat. GG. canneti, qua e là anche negli oliveti poco frequente. — Aprile, Maggio. — La ligula è però assai lunga («breve » Parlat.) M. minuta L. GG. (panicula subsimplici pauciflora, gluma ma- jore flosculis subbreviore. Parlat.) muri a secco negli oliveti assai frequente. — Maggio, Giugno. Scleropoa rigida Gries Parlat. GG, abbonda negli oliveti. — Maggio-Luglio. Dactylis glomerata L. Parlat. GG. comune. — Maggio-Luglio. Diplachne serotina Link. Parlat. GG. margini sassosi, letto dei torrenti, assai comune. — Settembre, Ottobre. Danthonia provinciatis Dec. Parlat. GG. prati di Evigno ove è poco abbondante. — Maggio. Cynosurus cristatus L. Parlat. GG. abbonda nel prato di Diano. — Maggio, Giugno. C. aureus L. GG. Lamarckia aurea Meench. Parlat. margini delle vie, specialmente a Cervo. — Aprile, Maggio. Vulpia myuros Gmel. Parlat. 77. pseudo myuros Soy. Will. GG. colla seguente ai margini dei campi sabbiosi a Mad, Rovere. — Aprile, Maggio. V. ciliata Link. Parlat. 7. myuros Rchb. GG. margini sabbiosi dei campi a Mad. Rovere, ove è assai frequente , Capo Berta , qua e là d’altronde poco frequente. — Aprile, Maggio. V. uniglumis Reich. Parl. (panicula subspicata densa, spiculis sub-6 floris Reich. FI. exc. pag. 37) (an 77. bromoides GG.?): colla precedente, 450 L. RICCA, Festuca duriuscula L. x vulgaris Parl. 0 vulgaris pubescens Parl. assai comune la prima negli oliveti, la seconda sui colli d’ Evigno e del Ciliegio. F. rubra L. Parl. GG. qua e là negli oliveti. — Maggio, Giugno, F. arundinacea Schreb. Parl. GG. margini dei torrenti, luoghi umidi, assai comune. — Maggio-Settembre. L'espansione tanto caratteristica della panicula non ha sempre luogo prima della perfetta antesi, per lo più anzi in quell’ epoca è contratta. Bromus sterilis L. Parl. GG. raro negli oliveti. — Aprile, Maggio. B. maximus Desf. Parl. GG. 6 Gussonii Parlat. « minor Boiss. GG. Bromus rigidus Roth. oliveti, assai comuni. — Aprile, Maggio. B. madritensis L. Parl. GG. è fra le graminacee quella che in- sieme all’4vena sterilis occupa maggiore superficie negli oliveti. — Marzo-Giugno. B. rubens L. Parl. GG. assai comune nei sassi e nelle sabbie presso il mare, e nei luoghi adusti. — Aprile, Maggio. B. erectus Huds. Parl. GG. luoghi sassosi secchi. — Maggio, Giu- gno. — x genuinus GG. prato di Diano, colle di Evigno. — Maggio. Serrafalcus mollis Parl. GG. comune negli oliveti. c nanus Parl. sabbie marittime. — Maggio. S. macrostachys Parl. GG. 6 spiculis pubescentibus Parl. can- neti, oliveti. — Giugno. S. squarrosus Bab. Parl. GG. 6 villosus Parl. letto* del torrente Cervo, — Giugno. Hordeum murinum L. Parl. GG. abbonda dappertutto. — Aprile-Luglio. i CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC, {UL Triticum ovatum Godr. et Gren. Zegilops ovata Parl. abbon- dante dappertutto. — Aprile-Giugno. T. triaristatum Godr. et Gren. 4egilops triaristata Willd. Parl. oliveti, men comune det precedente. — Maggio, Giugno. Agropyrum Spungens R. et Sch. Parlat. GG. abbondante nelle ghiaje presso il litorale, presso le siepi. — Giugno, Luglio. A. repens P. Beauv. Parlat. GG. oliveti. — Luglio, Agosto. Brachypodium sylvaticum R. et Schult. Parlat. GG. oliveti om- brosi esposti a levante, assai frequente. — Giugno. — Le foglie hanno ligula assai lunga recisa (non GG.). B. pinnatum P. de Beauv. Parlat. x genuinum GG. oliveti e luo- ghi sassosi, comune. — Maggio, Giugno. — Glumetta inferiore bian- castra per lunga pubescenza. B. distachyon R. et Schult. Parlat. GG. comune dappertutto. — Giugno, Luglio. — Qualche volta porta anche sei spighe, e perviene alla statura di quattro o cinque decimetri. c monostachyon minus Parlat. anche questa varietà assai comune. Lolium perenne L. Parlat. GG. b compositum Parlat. y cristatum GG. 6 tenue Schrad. GG. abbondano ai margini delle vie, — Giugno, Luglio. L. italicum Braun. Parlat. GG, campi sabbiosi a Mad. Rovere ove è abbondante. — Maggio, Giugno. L. strictum Presl. GG. £. rigidum Gaud. Parlat. è la var. £ ma- ritimum God. et Gren. luoghi marittimi sabbiosi, sassosi. — Giugno. L. temulentum L. Parlat. x macrochoton Braun. GG. nelle messi presso Diano. — Giugno. Gaudinia fragilis P. de Beauv. Parlat. GG. prato di Diano ove abbonda. — Maggio, Giugno. 442 L. RICCA, Lepturus cylindricus Trin. Parlat. GG. luoghi sabbiosi presso il mare. — Giugno. L. incurvatus Trin. Parlat. GG. nelle località del precedente, ma è più frequente. — Maggio, Giugno. Psilurus nardoides Trin. Parlat. GG. margini erbosi e sabbiosi a Mad. Rovere, nel letto del torrente di Diano, assai frequente, — Maggio. FILICES Juss. Ceterach officinarum \Willd. GG. abbonda nei muri a secco. — Gennajo-Settembre. Asplenium trichomanes L. GG. colla precedente, pure assa abbondante. — Aprile-Settembre. A. adiantum MISERA L. GG. luoghi ombrosi, umidi. — Gennajo- Settembre. Scolopendrium vulgare Sym. S. officinale Sm. GG. questa spe- cie è nel nostro distretto estremamente rara, una sol volta fu trovata da un mio cugino G. B. Ardissone sul muro interno di un pozzo in oliveti assai ombrosi. È da credere che questa specie comparisca saltuaria- mente negli anni piovosi, e scomparisca diversi anni di seguito in causa dell’ ordinaria siccità dominante nel distretto. Pteris aquilina L. GG. boschi di Evigno ove è assui (reguenie, — Luglio, Agosto. Adianthum capillus veneris L. GG. è la felce più abbondante nel distretto, essa copre tutta la superficie di molti luoghi costante- mente umidi. — Maggio-Agosto, EQUISETACEA Rich. Equisetum arvense L. GG. prato di Diano, qua e là poco co- mune. — Marzo, Aprile. CATALOGO DELLE PIANTE VASCOLARI SPONTANEE, ECC. 4145 E. maximum Lamk, £g. telmateya GG. abbonda nei canneti, presso le acque dei ruscelli ben internato negli oliveti. — Marzo, Aprile. E. ramosum Schl. GG. £. ramosissimum Desf. Ard. /l. des Alp. marit. è estremamente abbondante ai margini dei canneti, nelle siepi del littorale e negli oliveti. — Marzo-Maggio. LYCOPODIACEZE L. c. Rich. Selaginella dentieulata Koch GG. abbonda nei luoghi umidi. — Gennajo-Aprile, OSSERVAZIONE Il quantitativo delle specie del presente Catalogo, già espresso & principio per 801, in causa di alcune aggiunte fatte durante la stampa, risulta veramente di 807, oltre 46 varietà e 2 ibridi. Seduta 26 giugno 1870. La seduta è aperta colla lettura di alcuni brani più importanti di una nota del socio G. Bellucci sugli Avanzi dell’epoca preistorica dell’uomo nel territorio di Terni, memoria che verrà stampata negli At. Il presidente annuncia la morte del socio prof. cav. AN- Tonio Orsini, senatore del regno, ed il vice-presidente Antonio Villa legge la seguente breve commemorazione. Colleghi Carissimi Col più grande rammarico sono ad annunciarvi la triste notizia pervenutami da poche ore della recente perdita di un collega, uno tra i primi socj fondatori della nostra società, il professore cav. An- tonio Orsini di Ascoli, senatore del regno, mio intimo amico, che si occupava negli stessi rami di studj nei quali mi occupo io pure, di geologia cioè, di botanica, d’entomologia e di molluschi; anzi, in questi due rami mi vanto di averlo avuto a scolaro già da quasi quarant'anni addietro, ed è con questo mezzo che ebbi tanto numero d’ insetti e di molluschi dell'Agro Piceno e degli Abruzzi per le mie corrispondenze, insegnandogli il modo di far ricerca delle specie minute in allora trascurate in Italia, e che tutte Egli mi spediva da determinare, replicandomi in varie coppie quelle da me desiderate. In poco tempo esso divenne abilissimo cacciatore d’ insetti, che forniva non solo agli entomologi italiani, ma pur anco agli stranieri. Egli trovò pure molte specie nuove, alcune delle quali i naturalisti gli dedicarono, come p. es.: un Zabrus Orsinii, un Oticrhynchus sEDUTA pEL 26 GIiucno 1870. 148 Orsinii, uno Sparedrus Orsini, ece., ed io pure gli dedicai un Carabus ed un Alpeus, come fra i molluschi una C/lausilia Orsi- niana. Ma la maggiore sua occupazione, e la primiera, fu per la bota- nica. Si distinse anche nello studio della geologia, e pubblicò assieme ad Alessandro Spada Lavini le Osservazioni geologiche su quella parte del versante adriatico compresa tra il Monte Corno e 1’ Esino (che trovansi inserite nella Raccolta Scientifica, N. 46 e 17, Annol, 1848), con relativo spaccato; come pure separatamente un profilo teoretico dimostrante la disposizione dei terreni dalle foci del Tronto alla ca- tena della Sibilla. Orsini non fu solo naturalista, ma anche soldato. Quando nel 1841 eravamo assieme a Firenze, mi replicava spesso: — E perchè non cacciate all’ inferno quegli orridi ceffi stranieri! Noi, noi verremo a cacciarli dall’ Italia, a liberarvi!..... Ed appena si udirono voci di guerra nel 1848, egli, sebbene sessagenario, vi accorse. Al 541 mag- gio di quell’anno scriveva a noi fratelli dal Quartier generale di Vicenza una lunga e bellissima lettera. « Stupirete (diceva) nel sen- tlirmi fra i combattenti nelle belle contrade di Lombardia, ma pur. tant'è: oggi spirano i due mesi che son partito da casa abbando- nando gli ameni nostri studj, cingendo la spada per scacciare l’in- fame straniero da questa terra santa!....» Ci descrive i var] fatti d’ armi ed il valore di «..... quel pugno di gente non mercenaria , ma animata dal santo spirito di liberare una patria da quelle nordi- che belve..... ecc. » Termina in fine col dire « Non vi parlo del- l’infelice Carlo Porro, che pur troppo so non esister più, ma spero di vendicare il suo martirio!.... ». Orsini ebbe a pagar cari gli stra- pazzi di guerra, chè replicatamente fu tormentato da fiera ischiade ed altre malattie. Allorchè col mio amico prof. Robiati si pensava a costituire que- sta Società, fu mio pensiero nel gennajo 1856 scrivere tosto a’ miei più cari amici, e quindi anche ad. Orsini , il quale accettò subito ad essere socio fondatore colla massima soddisfazione. La morte del prof. Orsini è un’altra patria sventura da aggiun- gersi a quelle che nel corso di poco tempo ebbimo colla perdita di 4146 sepuTA peL 26 ciucno 1870. Massalongo, di Jan di Pareto , di Defilippi, di Stabile, di Parolini, di Catullo, di E. Sismonda, di Oronzio Costa, di Pasini, ecc. Anche la nostra Società ricevette la dolorosa notizia di tanta per- dita avvenuta il giorno 18 del corrente mese, Milano, 26 giugno 1870. Antonio Vica. È letto ed approvato il processo verbale della seduta precedente 29 maggio p. p. Avendo il comitato pel Congresso dei Geologi Alpini convocato a Ginevra, trasmesso alla Società invito di in- tervenirvi, ne viene qui inserito il programma: CONGRES DES GEOLOGUES ALPINS CONVOQUÈ A GENÈVE pour le 31 Aoùt, le 1 e le 2 Septembre 1870 Monsieur, Genève, Mars 1870. Les discussions 'séologiques dont les Alpes sont aujourd’hui l’objet, ont fait naître, chez quelques naturalistes suisses, l’idée que le moment est favorable pour réunir en un congrès les géologues et les paléontologistes qui s’intéressent à l’étude de ces montagnes. La faveur avec laquelle ce projet a été accueilli en Allemagne et en France a encouragé les soussignés à provoquer cette réunion et leur fait espérer son succés. Rassembler pendant quelques jours les savants des deux versants?des Alpes et des extrémités occidentale et orientale de cette chaîne, afin d°é- tablir des rapports plus intimes entre la science frangaise, la science alle- mand et la science italienne, tel est notre but. Nous adressons le méme appel è tous les savants des autres pays qui ent contribué à faire connaître la géologie des Alpes et à ceux que l’étude de cette région intéresse. Nous espérons, Monsieur, que veu voudrez bien nous seconder par votre présence. La ville de Genève est désignée comme lieu de réunion. Le Congrès durera trois jours, le 31 aoît, le 1 et le 2 septembre; il se composera. de séances génerales et d’une ou deux excursions aux points seputa DEL 26 eiucno 1870. 147 les plus intéressants et les plus faciles è atteindre dans les environs de Genève. Toutes les communications en accord avec le but de la réunion seront les bienvenues et le champ le plus libre sera laissé à la discussion. La situation géographique de Genève permettra ensuite à chacun de se rendre à son gré dans les Alpes suisses, dans celles de la Savoie ou du Dauphiné, ou dans le chaîne du Jura. Nous vous engageons, Monsieur, à arriver è Genève le 30 aoùt; ily aura une réunion familière dans la soirée de ce jour. B. DAUDER, professeur a 1’ Université de BED, ra P. MERIAN, . » Bale, ME . Commission dela A. EscHER DE LA LINTH, Ù Zurich, - F B. Dxsor, professeur à l’Académie de Neuchàtel, carlo OSSA A. FAVRE, » » Genève (Se: P. pE LonioL. , O. HrER, professeur A |’ Université de Zurich. A. Mousson, » » Zurich. L. RUTIMEYER. » » Bale. E. RENEVIER, professeur è |’ Académie de Lausanne. C. VoGT » » Genève. F.-J. PICTET, » » Genève. Un Comité special est costitué è Genève pour l’organisation et la récep- tion du Congrès. Veuillez, Monsieur, lui annoncer si possible avant le 1.er aoùt prochain votre intention d’y prendre part. Veuillez aussi lui faire sa- voir si vous comptez faire quelque communication ou lire quelque mémoire. Dans la primière séance le Comité proposera è l’assemblée une distribu- tion des questions et des travaux entre le trois jours de réunion. En arrivant à Genève et après avoir deposé vos bagages è l’hétel où vous comptez descendre, vous étes prié de vous rendre è l’ Athénée. Vous y trouverez le programme de la réunion, et le 30 aoîit, dès trois heures, des membre du Comité qui vous donneront tous le renseignements dont ‘ vous pourrez avoir besoin. Au nom du Comité: F.-J. PICTET, président. A. FAVRE, vice-président. E. FAVRE, secrétaire. E. SARASIN, id. NB. Toutes les lettres et les comunications doivent étre adressées è Mr. ErnEsT FAVRE, rue des Granges, 6, à Genève. 148 seputa DEL 26 ciucno 1870. ‘ È nominato socio effettivo il signor Boccaccini Cor- RADO di Ravenna proposto dai soci Bellucci, A. Stoppani e Spreafico. È letto ed approvato il presente processo verbale. Non essendovi altro a trattare la seduta è sciolta. C. MarINONI, Segretario. 149 Avanzi dell’ epoca preistorica dell’uomo nel territorio di Terni. £ Nota del socio GirusePPE BELLUCCI. (Seduta del 26 giugno 4870.) Gli uomini che abitarono il territorio di Terni, allorquando l’ oro- grafia che presentava era ben diversa dall’attuale, allorquando s’an- davano formando quei terreni, che ora riferiamo al gruppo antropo- zoico dell’epoca neozoica, lasciarono abbondanti reliquie, tracce nu- merose della loro esistenza. Queste reliquie od avanzi preistorici a me fu dato trovarli nel ter- ritorio di Terni, sotto due diverse condizioni di giacitura: o formano strati, costituiti per lo intiero da frammenti di stoviglie commisti a carboni spenti, a ceneri e ad ossami, oppure quegli avanzi trovansi qua e là disseminati a profondità diverse nel terreno ed in condizioni tali da accennare ad effetti di trasporto operati dalle acque. Dirò prima degli avanzi dell’epoca preistorica dell’ uomo, che si trovano raccolti in limitate estensioni superficiali e' costituiscono da per loro uno strato, e poi di quelli che incontransi disseminati per opera delle acque che li trasportarono e li distribuirono. Nel distretto della Caduta delle Marmore, così chiamata la caduta del fiume Velino sul sottostante Nera, e precisamente alla base del Monte S. Angiolo, presentasi dal lato di sud-est in una delle rupi che fiancheggiano una ristretta via, uno strato coslituito inlieramente da- gli avanzi suddetti (1). Questo strato ha uno spessore di circa trenta (4) Allorchè m’imbattei Ia prima volta nello strato ad avanzi preistorici esistente nel piano delle Marmore, io era in compagnia de’ miei carissimi colleghi Carnaroli ed Usardi, 150 i G. BELLUCCI, cenlimetri, e siccome trovasi alle falde del Monte S. Angiolo, così esso presenta un’ inclinazione corrispondente a quella delle pendici del monte stesso. Lo strato è profondo sotto il suolo, nella parte più elevata, di un metro e quaranta centimetri, nella parte più pro- fonda di tre metri e cinquanta centimetri. La lunghezza dello strato in discorso raggiunge otto metri all'incirca; sottostà a terra argillosa molto calcarea, la quale racchiude conchiglie fossili di acqua dolce (alcune specie di Limnaea, Planorbis ed altre indeterminate), e ad uno strato costituito da ciottoli più o meno grossi di calcare, prove- nienti dalla degradazione delle roccie del prossimo Monte S. Angiolo; questo strato di ciottoli ha un’ inclinazione concordante con quella dello strato formato dagli avanzi preistorici antecedentemente descritti. AI di sopra poi vi è della pozzolana, che ricuopre il sottosuolo come nei terreni vicini, e costituisce lo strato di terra vegetale sottoposto a coltivazione. L’esame della località da a conoscere, come colà, ove attualmente esiste quel terreno che descrissi nelle sue parti principali, dovesse tro- varsi una porzione di spiaggia del prossimo bacino lacustre, altra volta riempiuto dalle acque del Velino, ed ora posto totalmente in secco. Tenendo conto pertanto delle particolari condizioni di giacimento e di quelle orografiche dei luoghi vicini, potrebbe dedursi che la stazione preistorica dell’ uomo, che distinguerò col nome di stazione delle Marmore, si trovasse eretta colà su palafitta, oppure fosse sopra ter- reno all’ asciutto, in prossimità peraltro dell’ attiguo bacino lacustre. Ciò che ho potuto raccogliere nello strato, e le piccole escavazioni da me fatte non autorizzano a concludere nè per l’ una, nè per l’altra maniera di vedere; a risolvere tale questione sarebbero necessarie opportune esplorazioni, le quali ponessero in rilievo ciò che attual- mente trovasi solto il suolo. Tenendo conto però della presenza di conchiglie di acqua dolce al di sopra dello strato stesso, e dell’ esi- stenza dei depositi lacustri, i quali sono poco lungi, e che raggiun- gono un livello, superiore a quello a cui trovasi lo strato costituito dagli avanzi preistorici, potrebbe dirsi che la stazione delle Marmore fosse eretta su palafitta, la quale però sarebbe stata fondata a poca distanza dal lido e ad una piccola profondità dal livello dell’ acqua. AVANZI DELL'EPOCA PREISTORICA pèLL'uomo NEL TERRITORIO DI TERNI, 1BDL Una conclusione definitiva però su questo punto ancor dubbio della stazione preistorica delle Marmore, non potrà aversi che in seguito a nuove ricerche. Qualunque fosse la condizione di primitiva esistenza della stazione delle Marmore, egli è certo che lo strato che sta ad al- testarne l’esistenza non rappresenta propriamente il luogo ove sor- geva l’ abitazione dell’ uomo, inquantochè lo strato è totalmente -co- stituito da materiali di rifiuto, i quali, come già si conosce, venivano accumulati dagli uomini dell’epoca preistorica in prossimità dei luoghi stessi di loro abitazione. Osservato alla distanza di qualche metro lo strato si presenta d’ un colore brunastro sì per il molto carbone che vi si trova, sì per le pareti dei frammenti delle stoviglie, annerate in seguito della loro esposizione al fuoco. Esaminato davvicino lo strato suddetto, presentasi costituito da una copiosissima quantità di fram- menti di stoviglie, carboni, cenere, ossami, unitamente a qualche ciot- tolo calcareo della stessa natura di quelli che formano lo strato so- vrastante. l diversi oggetti ora descritti non presentano indizj di al- terazione per rotolamento sofferto, carattere negativo valido per so- stenere che quei materiali si trovano raccolti nel posto stesso in cui la prima volta furono gettati. Tutti quegli oggetti si trovano impa- stati in una terra argillosa, che potrebbe ritenersi benissimo per rap- presentante di quelle fanghiglie che devono essersi trovate nel fondo del bacino lacustre. In seguito di ispezioni fatte sul luogo, e pel fatto di aver trovato pezzi di stoviglie in alcuni punti che son distanti da quello ove è posto a nudo lo strato suddetto, giudico che questi possa ritenere da 150 a 200 metri quadrati di estensione superficiale. Passando poi alla specificazione degli oggetti raccolti nello strato, devo notare per ciascheduno di essi le seguenti particolarità. Stoviglie. — Le stoviglie raccolte sono tutte in frammenti, avuto riguardo al modo con cui esse trovansi cementate ed intralciate le une con le altre nello strato, è ben difficile cavarle intiere; tuttavia alcune ne ho tratte fuora tal quali si trovavano sepolte nel terreno, e queste hanno dimensioni sufficienti per poter dare un giudizio sulla conformazione dei recipienti ch’ esse formavano. Nell'insieme delle stoviglie raccolte non ho potuto trovare dei frammenti che potessero attestare la forma di vasi acuminati nella parte rispondente al fondo, 152 G. BELLUCCI, conformazione che avrebbe richiesto speciali anelli per sostenere quei recipienti; i vasi pertanto avevano una base propria, ed. alcuni frammenti raccolti Ja rendono manifesta. La pasta che sta a costi- tuirli, d'un colore brunastro od affatto nera, è grossolanissima; nella maggior parte delle stoviglie è formata da terra in cui predomina I argilla; in alcune però essa si presenta con prevalenza di carbo- nato di calce; nell’ un caso e nell’altro la pasta di cui sono formate le stoviglie, contiene pietruzze calcaree, piccole scheggie di selce, ed in alcuni campioni vi sono ancora frammenti di ossa calcinate o no, di conchiglie, di carbone. Tenendo conto della presenza di questi ma- teriali, nonchè dell’ aspetto particolare che presenta il loro impasto, credo non errare asserendo, che per formare la pasta da stoviglie gli abitanti di quella stazione si servissero delle fanghiglie stesse, che si trovavano prossime alla loro abitazione. La maggior parte delle stoviglie raccolte sono soltanto diseccate al sole, altre diseccate con l’ ajuto del calore, nessun frammento altesta però che le stoviglie fos- sero cotte prima di essere adoperate. | cocci raccolti si presentano poi alterati nel colore naturale ed arrossati colà dove potè effettuarsi l’azione del fuoco, allorchè per gli usi domestici s° impiegarono quei recipienti da cui provennero poi i frammenti che ora costituiscono lo strato; alcuni frammenti peraltro mi fu dato raccogliere, con carat- teri che addimostrano aver essi appartenuto a vasi od a pentole che mai si trovarono esposte all’ azione del fuoco. Le pentole, od altri recipienti, dovevano essere, almeno alcuni, d’ una sufficiente capa- cità; tutti poi avevano pareti grossissime, ed erano lavorati a mano e non al tornio; all’infuori poi di qualche cordone irregolare e mal posto, fatto con l'indice ed il pollice, di qualche impressione prati- cata con le dita, di qualche tubercoletto, i recipienti erano privi, del resto, di qualunque altro ornamento. Selci. — Le selci che ho potuto raccogliere possono dividersi in due gruppi; alcune rappresentano materiali di rifiuto provenienti dalla lavorazione degl’ informi pezzi di setce che venivano foggiati ad armi o ad utensili diversi; altre rappresentano oggetti lavorali come ra- schiatoi, coltellini, piccole seghe, selci insomma che portano tracce evidenlissime di lavoro su di esse praticato, Anche le selci apparte- AVANZI DELL'EPOCA PREISTORICA DELL'UOMO NEL TERRITORIO DI TERNI, 4185 nenti a questo secondo gruppo sono materiali di rifiuto, nel senso però che esse furono abbandonate dall’ uomo, allorchè erano in tali condizioni, per le quali egli non poteva altrimenti servirsene, Ho rac- colto pure un nucleo di selce da cui venivano staccate le lamine, nu- cleo che ha la stessa natura che offrono le selci già lavorate; non mi fu dato però rinvenire una punta di freccia, un’ ascia od altro ar- nese che accennasse ad armi o a strumenti taglienti, i quali si ado- peravano per difesa o per qualche uso domestico; e ciò credo ripe- tere a che la parte del deposito degli avanzi preistorici, su cui potei istituire escavazioni, sia Jontano dal luogo ove propriamente trovavasi l’ abitazione, e dove saranno certamente quegli utensili e quelle armi che servirono agli uomini che occuparono quella stazione. Le selci lavorate presentano un lavoro grossolano; non sono ripulite, ed in esse è manifestissima la frattura prodotta dal colpo di altra selce, alla qual frattura non succedette poi nessun rifinimento del lavoro, me- diante continuato sfregamento. Ossami. — Gli ossami sono sparsi copiosamente nello stralo ad avanzi preistorici, e tutti ridotti a frammenti che d’ ordinario sono ben piccoli e difficili a precisarsi non solo riguardo all’ animale a cui ap- partenevano, ma anche relativamente all’ osso che stavano a costi- tuire. Le ossa lunghe sono tutte aperte, per estrarne il midollo, e ge- neralmente mancano delle teste articolari; o lunghe o corte presen- tano poi tracce manifeste di sfregamento operato dai raschiatoi e dai coltellini, tacche di strumenti da taglio, ed impronte di denti, specialmente in prossimità delle teste articolari. La rottura delle ossa era fatta generalmente con strumento contundente, probabil- mente con pietre; fra gli ossami raccolti non mancano peraltro quelli che furono rotti o fratturati con strumenti taglienti, anzi due frammenti presentano un taglio abbastanza regolare praticato a sghembo, il quale non può essere stato fallo che col mezzo d’uno strumento tagliente. Nel gran numero di frammenti raccolti, ve ne ho trovati di quelli i quali accennano essere stali sottoposti a la- vorazione; alcuni frammenti di corno di cervo si presentano confor- mati a punta di freccia, allri rappresentano estremità di spatole, Vi rinvenni pure un pezzo di corno di cervo lavorato e foggiato a Vol. XIII. 41 154 G. BELLUCCI , guisa di quadrello avente una sezione rettangola, di millimetri nove di base e sei di altezza, con fori circolari praticati parallelamente alle due basi ed attraversanti da un lato all’altro 1° arnese medesimo; il diametro dei fori è di millimetri due e mezzo, e la distanza di un foro dall'altro è ora di 12, ora di 15 millimetri. In una delle basi ha poi dei piccoli cerchi sufficientemente regolari tracciati con punta ed aventi nel centro una piccola cavità; il diametro di questi cerchi è di 5 millimetri, e la distanza che corre dall’uno all’altro è di circa 4 millimetri. Quest’ oggetto di osso lavorato ha una lunghezza di 33 millimetri; una delle sue estremità corrisponde ad una delle parti ter- minali dell’ arnese stesso, l’altra presenta una frattura la quale tro- vasi corrispondere precisamente ad uno di quei fori che attraversano l’arnese da parte a parte. Ho pure raccolto un altro frammento della lunghezza di 16 millimetri, il quale senza dubbio faceva parte dello stesso oggetto, perchè identicamente conformato ‘ed avente dei fori e dei cerchi disposti nello stesso modo; quest’ ultimo frammento ha superfici di rottura ad entrambe le estremità, nessuna peraltro corri- spondente a quella del frammento più grande, ma tutte due si pre- sentano colà dove esistevano quei fori che attraversavano l’arnese di osso da un lato all’ altro. Una delle basi di questo arnese è scabra e non pulita, l’ altra, ove si trovano tracciati i cerchi suddetti, è le- vigata, come sono pure levigate le facce laterali ove corrispondono le aperture dei fori. Questi fori poi presentano una superficie ‘interna unita, ed i margini delle loro aperture tanto da un lato che dall’ altro sono smussati in guisa da far supporre che per essi passasse qualche funicella che o sostenendo o legando 1’ arnese, permettesse pure dei movimenti, e per lo sfregamento ripetuto si levigassero le interne pareti dei fori e si smussassero i margini; anche gli spigoli e gli angoli esterni di quell arnese a sezione reltangola sono smussati. Benchè sia difficile precisare I uso di questo arnese fallo di corno di cervo, pure mi è sembrato opportuno farne dettagliata descrizione, perchè non solo mi parve importante riguardo alla materia che to forma, ma anche perchè presenta una certa finitezza nel lavoro medesimo. Ho esaminato poi a quali animali potevano riferirsi gli ossami ed AVANZI DELL'EPOCA PREISTORICA DELL'UOMO NEL TERRITORIO DI TERNI. 485 i denti raccolti, e finora ho potuto riconoscere che essi appartengono al montone, al cervo ed al capriolo; queste ultime due specie non vivono altrimenti nell’ Umbria. I resti del cervo e del capriolo sono rappresentati da ossa e da corna; e le corna di cervo e di capriolo per opera di praticate segature, sono state divise in varie parti. Prima di terminare l’ esposizione di quanto si riferisce agli avanzi degli ani- mali, debbo dire ancora come abbia raccolto parecchi frammenti di ossa, i quali si presentano o carbonizzati o perfettamente calcinati. Tutti i frammenti poi delle ossa raccolte sono ad uno stato di avan- zatissima alterazione; allappano fortemente alla lingua, e diminuiscono pochissimo di peso se fatti calcinare. Oltre le stoviglie, le selci, le ossa ed i denti, dei quali ho parlato finora, ho raccolto poi nello strato ad avanzi preistorici della stazione delle Marmore, molti frammenti di carbone ed una certa quantità di cenere ; rovistàndo poi nella terra proveniente dall’ escavazione trovai una perla di ambra tagliata a mo’ di cuneo, Ja testa del quale è ir- regolarmente arrotondata; nelle due faccie laterali si presentano i fori del canale che attraversa lo spessore della perla, e pel quale passava il filo che l’univa alle altre per formarne un collare. Come è difficile precisare, se la stazione delle Marmore era su pa- lafitta, oppure su terreno all’ asciutto in prossimità del bacino lacu- stre, così è difficile giudicare a qual epoca devesi riferire quella sta- zione. L’ impasto che costituisce le stoviglie, il loro spessore, la roz- zezza, e nel tempo stesso la semplicità del lavoro, la presenza di selci lavorate molto grossolanamente, nonchè altri caratteri particolari, fa- rebbero credere che la stazione suddetta risalisse a qualcheduna delle divisioni dell’ epoca della pietra; e quest’ asserzione rimarrebbe con- validata dal carattere negativo dell’ assenza assoluta di qualunque me- tallo. Tuttochè mi sia dato cura di farne ricerca, pure non mi fu dato rinvenirne il più piccolo frammento, e nemmeno potei rilevare la pre- senza dei prodotti dell’ ossidazione dei metalli stessi, che ho cercato con la stessa cura che posi a rinvenire i metalli. Riconosco però che lo asserire che la stazione preistorica delle Marmore appartiene. al- l’ età della pietra, è molto azzardato, tenendo conto principalmente della piccola parte dello strato finora esplorata; in seguito di ciò non 166 G. BELLUCCI , intendo avanzare che un’ asserzione riservatissima, solo per venire ad una qualche conclusione su questo punto interessantissimo della que- stione. Allorquando lo strato ad avanzi preistorici sarà estesamente esaminato, allora soltanto si potrà dire qualche cosa di preciso su di un argomento di tanto interesse. Rinvenuta la prima stazione preistorica nel distretto della caduta delle Marmore, io mi pensava di trovarne altre in quei luoghi mede- simi, circostanti ai molti bacini lacustri che si trovavano per lo ad- dietro in quella regione, allorquando le acque del Velino, a luogo di esser condotte a stramazzare sul Nera, per un canale appositamente costrutto, si spandevano nel piano delle Marmore, ne invadevano le vallate laterali e riempivano quei bacini che esistevano ed esistono tuttora in quella regione. Tuttochè io non abbia proseguito le mie ri- cerche per quel tempo che era necessario, pure quelle che ho isti- tuite riuscirono tutte infruttuose. Nè mancai di esaminare le diverse grotte che in tanto numero si trovano in quella regione, per le par- ticolari condizioni che ivi sonosi verificate propizie alla loro forma- zione; ma appunto per causa di queste favorevoli condizioni, quali il continuo irrompere o la continua filtrazione delle acque cariche di carbonato di calce disciolto col favore dell’ acido carbonico, credo si avverassero condizioni non opportune per convertire in luoghi d’ a- bitazione per l’ uomo quelle grotte che o si formavano nel tempo stesso in cui l’uomo abitava di già quelle regioni, oppure se formate, non offrivano ad esso sicure garanzie per stabilirvi un rifugio. Le acque del Velino tenendo per lo addietro un regime diverso da quello che loro fu imposto, fin da quando M. Curio Dentato stabiliva nell’ anno 483 di Roma il primo canale di scolo, in cui erano obbli- gate a raccogliersi, dopo un tragitto di circa 3 chilometri, fatto su terreno estremamente accidentato, venivano a trovarsi in quella re- gione ove ora esiste la pianura di Terni; colà per Ja depressione na. turale del suolo vi erano condizioni propizie perchè le acque sta- gnassero, e della pianura di Terni costituissero una vera laguna. Ho raccolto materiali per la trattazione completa di questo argomento, € lo studio del regime del Velino nelle epoche geologiche ultimamente decorse, formerà oggetto d’ un altro mio lavoro. Non intendendo. AVANZI DELL'EPOCA PREISTORICA DELL'UOMO NEL TERRITORIO DI TERM. 1857 pertanto comprovare ora lo asserto suesposto col sussidio dei fatti, mi limito ad accennare il punto capitale della questione, l’esistenza cioè di una laguna nella pianura di Terni. Le acque che vi si rac- coglievano spogliandosi continuamente del carbonato di calce che contenevano disciolto col favore dell’ acido carbonico, e depositando unitamente ad esso anche quei materiali, in gran parte rappresentali dallo stesso sale sotto forma di sabbia calcarea, che venivano tre- scinati dalle acque correnti, rialzarono di mano in mano il fondo della laguna e terminarono alla fine per raggiungere gli effetti di una colmata naturale. Le acque, in seguito di questo e col concorso di altre condizioni importantissime , lasciarono l'antico regime e presero quello che seguono tuttora, percorrendo la pianura di Terni sotto forma di ristretta corrente, e concorrendo così a formare quel fiume che ora chiamasi /era. Molto tempo prima che m’ incontrassi nella stazione preistorica delle Marmore, aveva già portato attenzione ed istituite numerose ricerche sugli antichi depositi della laguna di Ter- ni ; aveva molti dati per ritenere che il riempimento del bacino lacustre di Terni dovesse essersi effettuato nello svolgersi dell’ epoca neozoica, ed in conformità di questa opinione mi era le tante volte dimandato, se fra i depositi di quel bacino lacustre potevano mai esservi oggetti che attestassero la presenza dell’ uomo in quel tempo in cui la laguna esiste- va. Le ricerche fatte con lo scopo di accertarmi di questa opinione, sor- tirono buoni risultati. Non potendo con la scorta dei mezzi di cui poteva disporre, praticare apposite escavazioni, dovetti approfittarmi di quelle particolari condizioni che offriva il terreno e che per fortuna furono propizie. Per effettuare l’ innalzamento del piano ferroviario nelle prossimità di Terni, si dovettero praticare escavazioni a profondità differenti, ma che in alcuni luoghi raggiungono tre o quattro metri ; in quelle località, dove fu estratta la terra, sono rimaste delle fosse, nelle quali appunto raccolsi molti oggetti che attestano la presenza dell’ uomo, allorchè una gran parte del piano di Terni era ricoperto dalle acque, I depositi che hanno colmato quella depressione del suolo ove prima si raccoglievano le acque e vi stagnavano, sono totalmente calcarei e formati o da materiali più o meno grossi, disposti senza alcun ordine e rivelanti l’ azione di particolari correnti che li trasci- 158 G. BELLUCCI, narono e confusamente li deposero, oppure da sabbie calcaree che il depositarono tranquillamenie nel fondo della laguna. Ciò che peraltro ha un certo interesse pel caso nostro, si è che i depositi suddetti sono divisi da uno strato di argilla più o meno oscura, strato che non solo si presenta nei tagli del terreno fatti per elevare presso Terni il piano ferroviario, ma è manifestissimo ancora lungi da questa ciltà, in un importante terrazzo fluviatile, costituito dai depositi dell’ antica laguna, e che ad una variabile distanza dal fiume Nera si presenta alla sua sinistra per un’ estensione di qualche chilometro. Questo strato di argilla è d’ ordinario orizzontale; in alcuni luoghi peraltro s' in- flette, in altri si rialza, tuttochè per piecoli tratti, in relazione con quelle particolari disposizioni del fondo lacustre che si presentavano allor- quando le torbide acque depositarono quei materiali, che ora costituisco- no lo strato suddetto.La profondità ordinaria di questo strato sotto il suolo è di uno a due metri, e lo spessore di dieci a venti centimetri. È in questo strato argilloso che ho raccolto molti oggetti spettanti all’ e- poca preistorica dell’uomo; oggetti che non s' incontrano soltanto in quello strato, ma ancora al disopra ed al di sotto nei depositi di sab- bia calcarea. Come può capirsi facilmente, gli oggetti raccolti sono ben lungi dal presentarsi con quell’ uniformità di caratteri, con quei particolari rapporti che vedemmo antecedentemente esistere riguardo a quelli che si estraggono dai residui della stazione delle Marmore. In questo luogo avevamo che fare con oggetti i quali rimasero sul posto in cui vennero a trovarsi la prima volta; nel piano di Terni abbiamo che fare invece con oggetti che provengono da trasporto operato dalle acque. Tenendo conto della natura dei depositi che hanno più diretta relazione con gli oggetti accennanti alla presenza dell’uomo e che si trovano nel piano di Terni, è a ritenersi che que- sti oggetti provennero dal trasporto operato dalle acque di quei ma- teriali che esse poterono trascinare dalle attigue colline di Piedimonte e di Collescipoli; gli estesi depositi di argille che si trovano in queste colline, ed in specie, in quelle di Piedimonte, danno ragione dello strato argilloso formatosi nel fondo della laguna. L’argilla trasportata dalle acque e poi depositata nella laguna di Terni, non poteva pro- venire dalle regioni circostanti al corso superiore delle acque stesse,, AVANZI DELL'EPOCA PREISTORICA DELL'UOMO NEL TERRITORIO DI TERNI. 159 cioè, dal piano delle Marmore, perchè mancano colà depositi di. ar- gilla. A sostenere questa opinione può invocarsi anco il fatto che nel piano delle Marmore, ove si trovano depositi lacustri formati di sabbie calcaree molto analoghe a quelle del piano di Terni, manca quello strato di argilla che in quest’ ultimo ]uogo si presenta. Dobbiamo ri- tenere pertanto che gli oggetti di arte e gli avanzi organici che si trovano nel sottosuolo della pianura di Terni, provennero, nella mas- sima parte, dalle attigue colline; con ciò peraltro non si esclude la possibilità che qualcheduno di quegli oggetti sia provenuto invece dal piano delle Marmore, ove già sappiamo esisteva una stazione preisto- rica dell’ uomo. Può credersi ancora) e qualche fatto milita’ a soste- nere quest’ opinione, che lungo le spiaggie della laguna di Terni,.ai piedi delle colline suddette, si trovassero abitazioni dell’uomo o su palafitte, oppure sul terreno fuori dell’acqua in prossimità del lido; in tal caso le acque di scolo provenienti dalle colline. antecedente- niente indicate avranno trascinato seco non solo le argille e gli altri materiali più o meno grossi che potevano condurre al basso, ma so- praggiunte alle spiagge della laguna di Terni avranno rimosso e sol- levato quegli oggetti, che si trovavano depositati o:sui lidi della la- guna stessa o prossimamente ad essi: sul terreno all’ asciutto, e li avranno trascinati lungi da quei luoghi, distribuendoli senza alcun ordine nel fondo della laguna. È a credersi che per tal mezzo gli avanzi dell’ umana industria potranno essere stati trasportati nelle parti centrali della laguna, in luoghi anche. distanti dalle antiche spiaggie. Gli oggetti raccolti nel sottosuolo di Terni sono i seguenti: stoviglie, metalli, selci lavorate, ossami e carbone. Stoviglie. -- Le stoviglie raccolte sono differentissime tra loro, sia per finitezza di lavoro, sia per la natura dell’ impasto che le forma, Nel sottosuolo del piano di Terni incontransi tutti i gradi intermedj, che, partendo dalla rozza e cruda stoviglia dell’uomo preistorico iden- tica a quella raccolta nella stazione delle Marmore, possono trovarsi fino alle stoviglie ben cotte, a pasta fina, lavorate con cura ed aventi i caratteri delle stoviglie dell’ epoca Romana. Al disotto dello strato argilloso e nello strato stesso sono di preferenza le stoviglie grosso- lane; fatte a mano e. non al tornio; non colte nei forni, .ma: sempli: 4160 6, BELLUCCI, cemente diseccate pel calore del sole o per quello del fuoco. Al di sopra dello strato ben di rado si trova qualche frammento di stoviglia coi caratteri precedenti, mentre vi abbondano quelli a pasta fina, pro- venienti da stoviglie lavorate al tornio, diversamente ornate, con bec- cucci, margini e manici fatti con cura, tuttochè la forma dei recipienti che costituivano fosse ben diversa dalle attuali. Metalli. — Nello strato di argilla raccolsi pezzi di bronzo e di ferro, profondamentte alterati per avvenuta ossidazione; sopra lo strato argilloso, ma in prossimità del sovrastante terreno vegetale, raccolsi monete romane e pezzi diversi di bronzo lavorato. Selci lavorate. — Nello strato argilloso rinvenni due coltellini, imo di selce rossastra, l’ altro di selce bianca; raccolsi il primo presso la stazione ferroviaria di Terni, l’ altro alle Pratine, tre chilometri circa da quella città. Questi due coltellini presentano però un lavoro finito e non così rozzo come si ha negli oggetti di selce lavorata, rac- colti alla stazione delle Marmore; alla scabrosità della superficie in seguito del primo lavoro tenne dietro in quei due coltellini quella le- vigatezza e quel pulimento, che non sono caratteri delle selci lavo- rate dell’ epoca della pietra. Oltre questi due coltellini, che però non sono completi, ho raccolto nello strato argilloso parecchie scheggie di selce, provenienti dal lavoro praticato allo scopo di rendere gl’ in- formi pezzi di selce conformati così, da potersene servire per quegli usi diversi ne’ quali venivano adoperate. Ossami e denti. — Per quanto abbia procurato di raccogliere delle ossa o dei denti in posto, o nello strato di argilla o nelle sabbie cal- caree, pure non mi fu dato mai rinvenirne. Nel terminare del 1868 però, mentre faceva ricerche di conchiglie lacustri fossili nella sabbia calcarea, delle quali in alcuni luoghi è ricchissima, trovai pure pa- recchie ossa appartenenti ad animali diversi, tra i quali riconobb il cavallo, il bove, il montone, un gallinaceo ed un piccolo mammi- fero. La sabbia calcarea però che conteneva quelle ossa non era al- trimenti in posto, ma dopo l’escavazione praticata nell'autunno del 1868 era stata portata in un luogo di fabbricazione dei laterizj presso Terni, per servirsene nelle diverse operazioni di quella lavorazione. Per quanto facessi richieste sulla località, dalla quale era stata estratta AVANZI DELL'EPOCA PREISTORICA DELL'UOMO NEL TERRITORIO DI TERNI, IGI la sabbia calcarea, pure non giunsi a conoscere qualche cosa di pre- ciso in proposito, e dovetti limitarmi a ritenere le ossa raccolte, senza stabilire il luogo dal quale erano state estratte. L’ esame isti- tuito su quelle ossa attesta ad evidenza che esse si trovarono nella sabbia calcarea colà dove questa fu estratta; esse sono bianchissime, e si presentano ad uno stato di avanzata alterazione, allappano forte- mente alla lingua, ed hanno aderente alla loro superficie e nelle ca- vità interne, sabbia calcarea, commista a cenere ed a frammenti di carbone; materie quest’ ultime, le quali avvalorano molto l’ opinione che quelle ossa fossero rifiuti dei pasti dell’uomo, e che per tal ca- gione dovevano trovarsi presso qualche sua stazione o sui lidi della laguna, o nelle loro vicinanze. Le ossa lunghe sono aperte e man- cano delle teste articolari; nella superficie vi sono impronte di denti, scalfiture provenienti dai raschiatoi e tacche di strumenti da taglio. Al di sotto dello strato di argilla raccolsi pure frammenti di car- bone, alcuni dei quali si presentano con forme che accennano ad erosione sofferta durante il trasporto operato dalle acque. Un certo numero di avanzi organici e di oggetti spettanti alle indu- strie primitive dell’uomo, raccolsi ancora negli sterri che furono ultima- mente praticati per formare quella strada, che da Terni risalirà lungo il Nera, percorrendo la vallata che ha il nome stesso del fiume, e perciò detta strada della Valnerina. Da Terni fino alle colline, che stanno all’ est di questa città, poste sulla destra del Nera, vi ha un tronco rettilineo di quella strada, il quale si trova ad un livello poco diverso da quello della pianura stessa di Terni; il tronco rettilineo termina colà dove s’ incontra il canale detto di Ser Simone, il quale conduce acqua derivata dal Nera per l’ irrigazione dei terreni. Oltre- passato il ponte praticato su quel canale, si hanno dinanzi delle rupi più o meno elevate, costituite da ghiaja ‘e sabbia calcarea, nonchè da pozzolana, specialmente colà dove l’ altezza delle rupi va diminuendo. Subordinate alla pozzolana, seguitando il cammino lungo la nuova via, vi sono potentissime concrezioni calcaree, gigantesche conere- zioni sferoidali le quali accennano ad un antico corso delle acque che si precipitavano per lo addietro da quella parte. Ed è precisa- mente nella pozzolana e nelle ghiaje che mi fu dato raccogliere molti 162 G. BELLUCCI , oggetti di arte ed avanzi organici, dei quali darò ora breve descri- zione. Gli oggetti di arte dividerò in stoviglie ed in selci lavorate. Le stoviglie si presentano formate da una pasta meno grossolana di quella che costituisce le stoviglie della stazione delle Marmore; quella ha delle scheggie silicee, de’ ciottoletti calcarei. ma sono molto più rari, e la pasta offresi perciò più omogenea, più fina. Il carattere sa- liente poi che distingue queste stoviglie da quelle raccolte alla sta- zione preistorica delle Marmore, si è che quest’ ultime non sono cotte, mentre la maggior parte di quelle ha avuto, tuttochè malamente, un principio di cottura, ed in alcuni casi una cottura completa. Tra il gran numero de’ cocci raccolli ve ne ho trovati di quelli che hanno la più stretta assomiglianza con i cocci della stazione delle Marmore. I colori predominanti della pasta delle stoviglie sono il bruno ed il nero; in alcuni casi però il colore tende al rossastro; in molti cocci la parte che avrebbe corrisposto alla superficie esterna dei recipienti è levigata e lucente, senza però che queste particolarità derivino da vernice data alle stoviglie da cui provennero que’ cocci. In alcuni di questi si osservano tubercoli più o meno pronunciati, impronte fatte colle dita tanto nelle pareti esterne dei recipienti, quanto nei margini, beccucci molto semplici, ed i margini ora sono diritti, ora irregolar- mente ripiegati. Ho raccolto pure un manico di pentola, la di cui con- formazione sarebbe stata certamente interessante, se non mancava di quella parte che lo terminava e della quale non rimane che la su- perficie di rottura. Le selci lavorate da me raccolte, sono rappresentate da due nu- clei, i quali servivano a fornire quelle lamine che si foggiavano poi o a punta di freccia, o a raschiatoi o coltellini; uno dei nuclei pre- senta segni evidentissimi di lavoro già su di esso praticato ; le irrego- larità che presentava allo stato naturale furono tolte mediante colpi ben dati, e sostituite da un certo numero di faccie, le quali hanno reso il nucleo primitivo in condizioni opportune per essere ulterior- mente lavorato. Oltre i due nuclei ho raccolto pure molte scheggie di selce, della stessa natura di quella che cosituisce. i nuclei suddetti. Gli avanzi organici raccolti nella pozzolana sono rappresentati da ossa e da denti, che in essa trovansi sparsi, non però tanto abbondan- AVANZI DELL'EPOCA PREISTORICA DELL'UOMO NEL TERRITORIO DI TERNI. 4163 temente. Le ossa ed i denti suddetti appartengono ad animali diversi ma specialmente ai ruminanti ; alcune ossa sono alterate per incipiente carbonizzazione, altre presentano impronte di denti e molte strie che sono più o meno profonde. Un frammento di osso piatto appartenente al cranio di un animale si offre levigato e lucente in seguito di ripetuto sfregamento; ancor esso ha delle strie più o meno profonde. La con. formazione delle strie, la loro irregolarità, l’ esser più o meno pro- fonde rivela ch’ esse furono praticate per mezzo di raschiatoi. Oltre questi oggetti trovansi in quel deposito di pozzolana, piccole quantità di ceneri con carboni, sparse qua e là a diverse altezze, e molte volte le stoviglie o le ossa sono contenute nelle ceneri stesse. Nessuna traccia di metallo o dei prodotti delle loro ossidazioni potei rinvenirvi, tuttochè ponessi attenzione onde verificare la loro presenza. Gli oggetti suddetti furono raccolti a profondità dal livello del suolo, variabili da due a sei metri. L’ insieme di questi oggetti dà a conoscere come prossimamente a quella località ove ora si trovano accumulati, vi fossero abitazioni del- l’uomo; i materiali di rifiuto devono essere stati presi e trascinati dalle acque unitamente alle sostanze terrose» e depositati in basso, colà dove o le acque raggiungevano la laguna esistente nel piano di Terni, o dove incontravano resistenze da superare, come le gigan- tesche concrezioni sferoidali di cui dissi per lo innanzi. Le abitazioni dell’uomo si trovavano in prossimità delle spiagge della laguna di Terni, poichè questa rimaneva precisamente ai piedi dei depositi di ghiaje e pozzolana nei quali raccolsi gli oggetti ullimamente descritti. La distanza che separava queste abitazioni dell’uomo dalla sottostante laguna, doveva essere soltanto una distanza di elevazione sul colle, nè doveva esser rilevante perchè tanto le stoviglie quanto gli ossami raccolti non presentano erosioni tali da far supporre che quegli 0g- getti abbiano percorso un lungo cammino, prima di giungere colà ove furono definitivamente depositati. La presenza delle ceneri, le quali si trovano, benchè in quantità limitata, commiste alle stoviglie ed agli ossami nella pozzolana, addimostra pure che le abitazioni dell’ uomo dovevano esser poco lungi. Un fatto poi che merita di fissare la no- stra attenzione, e che ha una certa relazione anche con la stazione: 164 G, BELLUCCI , preistorica delle Marmore, si è l’ associazione degli avanzi dell’epoca antistorica dell’ uomo con la pozzolana; quest’ associazione rivela come l’ uomo esistesse di già allorquando le acque trascinarono seco nel loro corso e distribuirono quei materiali vulcanici in via di avanzata alterazione, che costituiscono la pozzolana, la quale ricuopre una gran parte del territorio di Terni e ne forma lo strato di terra sottoposto a coltura. Nè prova in contrario a questa opinione, lo asserire che la pozzolana in cui si trovano gli oggetti ora segnalati nelle sezioni di que’ terreni che fiancheggiano la strada Valnerina, provenisse da tra- sporto di quella già depositata per lo addietro nei terreni che riman- gono al di sopra di quella località, perchè rimane sempre il fatto del- l’esistenza dello strato che rappresenta la stazione preistorica delle Marmore, il quale fu ricoperto dalla pozzolana, dopochè si deposi- tarono su di esso tanti materiali da formarvi sopra uno strato che oltrepassa in media due metri di altezza. L’ irruzione della pozzolana sarebbesi pertanto effettuata in quelle regioni molto tempo dopo la prima apparizione dell’ uomo, ed in un’ epoca che potrebbe essere molto vicina alla nostra. Riepilogando perlanto quanto fino ad ora son venuto esponendo, dirò come nel territorio di Terni, benchè non sia esplorato che molto superficialmente, esistono pur tuttavia abbondanti reliquie delle in- dustrie primitive dell’uomo, associate in alcune località ad avanzi organici, rappresentati specialmente da rifiuti di cucina. Gli oggetti fino ad ora raccolti possono riferirsi a due principali e diverse con- dizioni di giacitura; nel distretto del piano delle Marmore, circa cinque chilometri da Terni, vi sono vestigia d’una stazione preisto- rica dell’uomo, le quali si presentano sotto forma di uno strato, principalmente costituito da frammenti di stoviglie grossolanissime, di ossa, alcune delle quali rozzamente lavorate, altre appartenenti a specie animali che non vivono presentemente nelle nostre regioni; oltre questi oggetti si trovano ancora in quello strato, carboni, ce- neri, e selci la maggior parte delle quali sotto forma di scheggie, ed un piccolo numero conformate così da accennare a lavorazione su di esse praticata. L'assenza di qualunque oggetto di metallo in AVANZI DELL'EPOCA PREISTORICA DELL'UOMO NEL TERRITORIO DI TERNI, 165 mezzo agli altri avanzi che pur si trovano in copia nello strato sud- detto, permette di poter ritenere che la stazione preistorica delle Marmore risalga ad un’epoca antichissima. Nel sottosuolo della pianura di Terni ed in quello che sta alla base di qualcheduna delle colline che fanno corona al piano sud- detto, rinvengonsi numerosi oggetti dell’ industria primitiva dell’uomo, associati in alcuni luoghi ed avanzi organici, ed in altri, ad oggetti che, per i caratteri che presentano, devonsì riferire ad un'epoca molto più vicina alla nostra. Quest'ultima associazione peraltro di- pende, dacchè tanto gli oggetti realmente preistorici, quanto quelli di un’epoca relativamente recente, furono tutti trasportati nel piano di Terni dalle acque che vi affluirono e dalle circostanti colline e dal superiore piano delle Marmore. Tranne poche eccezioni, gli 0g- getti preistorici raccolti nel piano di Terni o alla base di qualche- duna delle vicine colline, presentano caratteri tali da ritenerli sic- come appartenenti ad un’epoca posteriore a quella, a cui possono riferirsi gli oggetti raccolti nella stazione preistorica delle Marmore. Ho speranza di poter istituire quanto prima nuove e più estese ricerche nelle localilà antecedentemente designate e di completare con i risultati che mi sarà dato raggiungere, quanto potei esporre nella presente relazione. Perugia, 24 giugno 1870. Seduta del 31 luglio 1870. In assenza del Presidente il Vicepresidente A. Villa dichiara aperta la seduta. Il sig. Sordelli dà lettura di alcuni brani più interes- santi di una memoria inviata dal socio F. Delpino: Ulte- riori osservazioni e considerazioni sulla Dicogamia nel regno vegetale. È questa la seconda parte di un lavoro presentato dall’autore nell’anno 18369, e verrà stampata negli At. Il Vicepresidente annunzia, dietro comunicazione avuta, come probabilmente potrà essere sospeso il Congresso internazionale preistorico di Bologna. È letto ed approvato il presente processo verbale, e non essendovi altro a trattare la seduta è sciolta. C. MariNnONI, Segretario. Ulteriori osservazioni e considerazioni sulla dicogamia nel regno vegetale (1) per FEDERICO DELPINO. (Seduta 34 luglio 1870.) CAPO SECONDO. GENERALITA DEI FENOMENI COORDINATI ALLA DICOGAMIA. ARTICOLO I. — Divisione delle piante rispetto ai differenti modi di esecuzione della legge dicogamica. La gran legge della dicogamia, o delle nozze incrociate, ricono- sciuta dalla più alta antichità quanto al regno animale, e, quanto al regno vegetale, presentita da Koelreuter, quasi afferrata da C. C. Sprengel e da Herbert, venne chiaramente enunziata e definita dal più grande naturalista dei tempi moderni, da Carlo Darwin. Sebbene la legge sia una e semplicissima , pure differenti sono i modi con cui nel regno vegetale viene portata ad esecuzione. Sotto questo aspetto le piante devono essere divise in zoogame e diame- sogame. Chiamo zoogame quelle piante le quali, per effettuare le nozze incrociate, non hanno bisogno di alcuno intermediario. La materia, o sostanza maschile, è presso le medesime costituita da corpuscoli microscopici chiamati anterozoidi, dotati della facoltà della locomo- zione, e quindi, per virtù propria, senza bisogno di altro interme- diario, capaci di andare a congiungersi e a fondersi colla sostanza femminile. È chiaro che queste piante ripetono il modo della fecon- dazione dicogamica vigente nel regno animale tutto quanto, ed è chiaro non meno che gli anterozoidi sono sotto l’aspetto morfologico e fisiologico, perfettamente assimilabili ed omologhi agli spermato- zoîdi. Quindi per siffatte piante pare opportuna la denominazione di (4) Vedi la prima parte negli Atti della Società Italiana di scienze naturali, vol. XI, pag. 265 a 332 e vol. XII, pag. 24 a 4144 e 179 a 233. 168 F. DELPINO, zoogame. Appartengono a questa categoria le fucacee, le caracee, le protonemee (epatiche, muschi) e le proembrionate (felci, cala- marie, rizocarpee, licopodiacee). A questa categoria dovrebbero pure essere annoverate le diato- macee ed altre conjugate. È vero che la loro materia fecondante nen sarebbe fornita di locomozione, ma sono per compenso locomobili gli individui che si congiungono. Tutte Je restanti piante, comechè producenti materia fecondante priva di moto, per poter effettuare le loro nozze hanno bisogno di un agente intermediario. Le denomino quindi diamesogame. Questi agenti intermediarii possono essere di tre sorta, cioè l’acqua, l’aria e speciali animalcoli. Quindi le piante diamesogame vanno suddivise in tre grandi sezioni, in idrofile, anemofile e zoidiofile. ARTICOLO II. — Delle piante idrofile. Le piante idrofile, ossia quelle che vengono dicogamicamente fe- condate per intermezzo dell’ acqua, sono assai poche in confronto delle restanti diamesogame. Non ostante, tutte e tre le grandi classi del regno vegetale, acotiledoni, dicotiledoni, monocotiledoni hanno . qualche rappresentante idrofilo. Gli apparecchi della fecondazione idrofila presentano due tipi af- fatto differenti. Un tipo comprende gli apparecchi a fecondazione subacquea, l’altro comprende gli apparecchi a impollinazione na- tante o a livello dell’acqua. $ 1. Apparecchi a fecondazione subacquea. Cosifatti apparecchi sogliono presentare una singolarissima e co- stante caratteristica, vale a dire l’attenuazione, in fili più o meno sottili, del polline e degli stimmi (nei generi Cymodocea, Zostera, Halophila), oppure del polline soltanto (nella Posidonia Caulini), oppure solo degli stimmi (Floridee, Ceratophyllum). Siffatta, disposizione è visibilmente coordinata a favorire la even- tualità del contatto del polline cogli stimmi, e a diminuire lo svan- ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI ) ECC. 169 taggio che per un tal congiungimento deriva dalla natura eminente- mente fluida e dissociante dell’acqua, Ad attenuare gli effetti di questo grande svantaggio derivante dal medio acqueo concorre eziandio lo spediente di una grande sovrab- bondanza del polline o dei corpuscoli fecondanti a fronte delle cel- lule o corpuscoli fecondabili. Quindi è che quasi tutte le fanerogame idrofile hanno gli ovarii monospermi, Il polline, o i corpuscoli fecondanti di queste piante, devono avere lo stesso peso specifico dell’acqua, attesocchè la loro traslazione, per essere fruttuosa, deve farsi nel senso orizzontale, non già nel senso ascendente nè discendente. La dicogamia presso codeste piante è quasi sempre necessaria. In- fatti aleune sono dioiche (Cymodocea, Diplanthera, Halophila, al- cune Floridee); altre monoiche (Ceratopliylium, alcune Floridee); e quelle che hanno fiori o infiorescenze ermafrodite o poligame (Zo- stera, Posidonia) è verisimile che siano proterogine in grado eminente. A. Floridee. È singolare come questa numerosa famiglia di alghe, quanto al modo di traslazione dei corpuscoli fecondanti alle cellule femminili, imiti sorprendentemente le fanerogame idrofile. Infatti il trasporto dei cosidetti anterozoidi o spermatozoidi delle Floridee ai tricogini, è un processo molto simile alla impollinazione dei Ceratophyllumi, ecc. Detti corpuscoli fecondanti sono analoghi ai granelli pollinici, e i tricogini, ove succede la copula con detti cor- puscoli, ripetono la fora esile ed allungata degli stimmi delle £Zo- sterae, Cymodoceae, ecc. Îl nome di anterozoidi, dato dagl’ inventori Thuret e Bornet, e quello di spermatozoidi, dato da altri ai corpuscoli fecondanti delle Floridee, sono oltremodo infelici. Detti corpuscoli infatti, essendo sforniti di moto proprio, il denominarli anterozoidi o spermatozoidi implica contraddizione nei termini. Converrà trovare un’ allra e più acconcia denominazione. Vol. XIII. 12 170 F. DELPINO, B. Posidonia Caulini. Dalla magistrale memoria scritta da Filippo Cavolini intorno a questa pianta .( Zosierae oceanicae Linnaei anthesis. Neapoli, 1792) sì possono ricavare appunti bastantemente precisi per chiarire il pro- cesso biologico della sua impollinazione. Se il nostro modo di vedere è giusto, la /osidonia sarebbe una graminacea congruamente metamorfosata per adattarsi al soggiorno sottomarino. Infatti essa, nella regione della vegetazione, possiede foglie dispo- ste con ordine distico e ligulate, e nella regione della riproduzione ha una vera spiga comparabile a quella delle graminacee, con glume o brattee disticamente alterne, alla cui ascella nascono altrettante spighette munite ciascuna di una gluma e di due glumelle. Ogni spi- ghetta ha due, tre o quattro fiori inseriti alternamente sopra un ra- chide flessuoso, come accade nelle graminacee. Parimente con eguale ragione detto rachide è indefinito, e dopo aver prodotto l’ultimo fiore termina in un cornicolo, che è l’ apice dell’ asse soffocato nel suo sviluppo, e che dal Cavolini venne creduto un fiore terminale abor- tivo (corniculum loco floris vel pistilli terminalis). Infine, una marcata analogia colle graminacee si può desumere anche da questo che gl’ integumenti seminali nella /’osidonia ven- gono intimamente a saldarsi col pericarpio, formando con ciò una specie di cariosside, per altro drupacea. Ogni spighetta poria ermafroditi i fiori infimi, e maschili i fiorì supremi. È gli uni e gli altri posseggono tre stami a logge pollinifere estrorse e disgiunte da un connettivo larghissimo. Nella Posidonia, come in quasi tutte le piante idrofile , si avvera un grande eccesso dei corpuscoli fecondanti in confronto dei fecon- dabili. Invero, regolandosi sulla coscienziosa analisi fiorale fatta dal Cavo- lini, si avrebbero circa sei antere per un solo pistillo, anzi per un solo ovulo, perchè i pistilli sono monospermi. Come adattamenti efficaci per la impollinazione subacquea deve ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 171 considerarsi la conformazione papilloso-crinita dello stimma, e la conformazione confervoide delle cellule o particelle polliniche. Su questo proposito acconciamente dice il Cavolini: «ut autem in stigma corpuscola pollinis consistant paullisper, facit ipsa particularum figu- ra, quae oblonga et anguillaeformis facili negotio intra crinitum stigma irretitur atque retinetur » (!. e., pag. 16). La Posidonia obbedisce alla legge della dicogamia in doppia gui- sa, cioè in quanto che è poligama, e in quanto che è proterogina. Essendo poligama è chiaro che il polline dei fiori maschili deve di preferenza esercitare la sua azione sui pistilli appartenenti ad al- tri individui. Infatti, quando il polline si libera dalle antere è ab- bandonato al moto delle acque. Ora questo moto, essendo principal- mente orizzontale, il polline deve moversi orizzontalmente e venire in contatto cogli stimmi delle adjacenti infiorescenze e non della propria. Il Cavolini, alla pagina 46 dice: «flos terminalis in quoque spica » (maschile) «.... nullo alio destinatur ministerio, nisi imprae- gnandis binis subjectis foeminis, quae brevi distant intervallo, nul- lusque obex interijcitur ». Qui il Cavolini, cedendo all’ errore dei suoi tempi, suppone la omogamia e non la dicogamia, ma vittorio- samente gli si oppone che l’obex alla omogamia esiste pur troppo, e sta per l’appunto nella natura del moto acqueo che è orizzontale e non discendente. i fiori ermafroditi poi della /osidonia sono, senza verun dubbio, proterogini brachibiostimmici. Questo punto possiamo constatare va- lendoci delle stesse acutissime osservazioni del Cavolini: « Videre visus sum », ei dice a pag. 10 del suo prezioso lavoro «in binis in- feris floribus » (cioè nei fiori ermafroditi delle spighette) « germina certas foecundalionis notas praeseferre, dum propriae antherae ina- pertae praestarent ». E a pagina 16 conferma « illas (le femmine) maturatione praeire proprias antheras cujusque floris jam in obser- vatis mihi est». Dalle quali parole si rileva indubbiamente che nei fiori ermafroditi della Posidonia gli stimmi sono già defunti quando ancora non deiscono le circostanti antere (1). (4) Studiando profondamente lo scritto del Cavolini si acquista una chiarissima e completa nozione delle relazioni biologiche e morfologiche della Posidonia. grazie al 172 F. DELPINO, C. Cymodocea aequorea. Poche piante hanno avuto la sorte della Cymodocea, di essere cioè stata illustrata da due osservatori di primo ordine. quali furono il Cavolini (Phucagrostidum Theophrasti Anthesis. Neapoli, 1792) e Od. Bornet (Recherches sur le Phucagrostis major, negli Annales des sciences nat., 1864). Quantunque noi fin qui non abbiamo avuto occasione di esaminare la pianta viva, tuttavia, dai sopra lodati scritti, potremo desumere tanto da chiarire le principali sue condizioni dicogamiche. In primo luogo il polline è confervoideo, ed ogni sua particella, larga ‘/;oo di millimetro, è lunga all’ incirca due millimetri. Gli stami sono due per ogni fiore, e nascono affatto nudi, brevissimi, mona- de fî e singenesiaci in cima a un peduncolo, la cui straordinaria lun- ghezza di oltre un decimetro adempie allo scopo di elevare Ie antere dall’ascella fogliare, e di fare sì che deiscendo cedano più libera- mente il polline alle acque. La deiscenza delle loggie delle antere è longitudinale, e quando ha luogo «l’on voit sorlir peu à peu une masse blanche d’aspect gran talento di osservazione e descrizione che 1’ eminente naturalista napolitano ha spiegato in questo come in tutti i suoi lavori. Ed è con un vivo senso dî dolore che nel Bollettino della Societa botanica di Francia (tomo VII, pag. 364 e 453) leggemmo alcune espressioni di Grenier e G. Gay a proposito della Memoria del Cavolini, che ci parvero ingiuste ed avventate. E se non temessimo di troppo divagare dal nostro ar- gomento, ci parrebbe assunto non difficile il dimostrare come essi non abbiano bene inteso lo seritto del Cavolini, e come siano rimasti molto addietro di lui nella espo- sizione organosgrafica della Posidonia. Ben è vero che il Cavolini non ha bene inter- pretato in detta pianta la morfologia delle antere, ma bisogna riportarsi ai tempi suoi, quando cioè le leggi fondamentali morfologiche non erano ancora divulgate. D'altronde é un errore d’interpretazione non di osservazione, ed un lettore odierno non può a meno di correggerlo da sè con tutta facilità. Eguale rimprovero deve esser mosso a Michele Tenore, il quale, nelle sue Muove ricerche sulla Caulinia oceanica, Memoria letta all’ Accademia delle Scienze di Napoli addì 3 aprile 4838, deprezia lo scritto del Cavolini, apparentemente senz’ averlo nè studiato nè inteso a dovere. Non dice nulla di veramente nuovo, o se pur dice alcun che, è erroneo, quando, per esempio, ascrive alla Posidonia masse polliniche compa- rabili a quelle delle Asclepiadee ed Orchidee, e quando nega la esistenza delle pareti delle antere. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 175 cotonneux, qui se gonfle beaucoup et finit par se disseminer dans l'eau ....». «Si l’on ouvre longitudinalement la paroi d’une anthère mure ..... il est facile d’écarter ou d’enlever les lambeanx sans déranger les masses polliniques. Celles-ci se présentent sous l'aspect de cylindres d’un blanc mat..... les filaments + (cioè le particelle polliniche confervoidee) « ne sont pas disposés en long dans la cavité de lanthère, mas ils sont enroulés et ployés horizontalement de manière à former une sorte de corde, ou de faisceau spiral, que Pon peut détordre et allonger beaucoup sans le rompre. Une mèche de coton, fortement tordue, donne une idée frès-approchée de cette disposition et de l’aspect des masses polliniques du Phucagrostis » (Bornet, 1. c., pag. 28). Gli organi femminili si dispongono con perfetta correlazione ai maschili. Sopra un peduncolo omologo al peduncolo ch’ eleva le due antere nascono due carpidii nudi, ciascuno dei quali sviluppa a destra ed a sinistra due braccia o lamelle stimmatiche sottilissime e lunghissime, larghe alla base circa mezzo millimetro, e lunghe da 7 a 40 centimetri. Quanto al modo con cui si effettua la impollinazione Bornet non ne fa cenno, e Cavolini dice quel che segue : « advenientes e spissis- simis in proximo locatis masculis, longissimae, lumbriciformes sper- maticae thecae » (le particelle polliniche confervoidee) « cum arrectis in aqua sligmatibus intortae implexaeque disploduntur, iisque quod includunt sperma superfundunt. id autem providentissimo naturae consilio factum, ut inter mobiles, instabilesque marinas aquas sper- malis effusio în ipsa fieret stigmata, quae cam vario modo natura conflasset. et iis opportunas spermatophoras thecas aptasse oportuit » (}. e., pag. 40). Perdonando al Cavolini l'errore de’ suoî tempi nel credere a una immediata effusione spermatica anzichè alla emissione di tubi polli nici, riteniamo utilissimo il cenno da lui dato intorno alle /ongissi- mae, lumbriciformes spermaticae thecae cum arrectis în aqua stig- matibus intortae implexaeques le quali parole chiariscono assai bene la razionalità della forma allungata ed esile di dette lamelle stim- matiche , intese ad agire nelle acque come un pettine o come un lastrello per raccogliere le filiformi particelle polliniche. 174 F. DELPINO, Resta a risolvere un punto importante, non toccato , per quanto sappiamo, nè da Bornet nè da altri. Qual’ è la via che percorre il tubo pollinico per «giungere all’ ovulo? L’interno delle lamelle sa- rebbe percorso da tessuto condottore faciente capo a papille stim- matiche? Siamo propensi a credere che nella Cymodocea non si diano nè tessuto condottore nè papille stimmatiche, e a congetturare che ogni particella pollinica raccolta da una lamella stimmatica si torca all'uno de’ suoi capi, e appiccandosi saldamente in forma di anello sulla lamella medesiwa, allunghi in tubo pollinico il capo opposto, e facendolo strisciare lungo la faccia interna della lamella opportu- namente scanalata (a scanalatura, 0, come dice Bornet, gouttière pro- lungantesi fino alla cavità ovariana), lo faccia penetrare fino all’ o- vulo senza uopo di nessun tessuto condottore. Un procedimento ana- logo di penetrazione pollinica per via di strisciamento sopra una superficie sarebbe presentato da qualche altra pianta. Hildebrand lo ha rilevato sull’ Aristolochia tomentosa (Ueber die Befruchtung von Aristolochia, ete., negli Jahrb. f. wiss. Bot. del Pringsheim, vol. V, 1866, tav. XLIII, fig. 23, 24), e mi giova credere che sia proprio ad altre specie del genere Aristolochia , presso le quali non seppi riscontrare la presenza di vere papille stimmatiche, ma trovai bensi una larga superficie stimmatica esagona assolutamente liscia e rico- perta da una vernice viscosa nello scopo di prestarsi alla fissazione del polline e allo strisciamento adesivo dei tubuli pollinici. Una delle cose più degne di nota nella Cymodocea è la perfetta omologia che passa tra i fiori maschili e i fiori femminili, omologia d’inserzione, di forma e di numero. La quale è tanta che nei primi stadii dell’ organogenia un fiore femminile non è distinguibile da un fiore maschile, e solo più tardi nasce la differenza, in quanto che nel fiore maschile il peduncolo si allunga enormemente, e le due foglie nate al suo apice sviluppano loggie anterali e polline, e in quanto che nel fiore femminile il peduncolo non si allunga, e le due foglie nate al suo apice si cambiano in carpidii ovuliferi e sviluppano un rastrello o pettine stimmatico. È negli uni e negli altri la forma. è sostanzialmente una, diversamente modificata poi secondo la diversa funzione, Vedremo che la stessa cosa accade nel genere Zostera. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 173 Questi dati sono importanti non tanto per confermare il teorema che la forma è dominata e determinata dalla funzione, quanto per stabi- lire il vero ragguaglio tra gli stami e i carpidii, che sono organi fogliari perfettamente omologhi, e tra gli ovuli e il polline, che sono organi sui generis, non appendicolari nè assili. Laonde quei morfologi che ritengono gli ovuli essere modificazione di foglie, o di lobi fo- gliari, versano in errore non meno di quelli che li assimilano a gemmule, : La Cymodocea aequorea è soggetta necessariamente alla legge della dicogamia, perocchè è costantemente dioica. A prima giunta e in considerazione della prefata omologia si crederebbe che la pro- porzione degli organi maschili sia presso a poco pareggiata a quella degli organi femminili: locchè sarebbe in contraddizione con quello che noi sopra dicemmo delle piante idrofile, cioè che gli organi ma- schili superano in numero di gran lunga gli organi femminili, appunto per sopperire al grande disperdimento pollinico che non può a meno di aver luogo in un medio cosi dissociante come è l’acqua. Ma bi- sogna riflettere che con tutta probabilità gl’individui maschili di Cymodocea sono assai più numerosi degl’individui femminili, È ciò si desume dal seguente passo del Cavolini: « Ego summo studio plan- tas illas quam possem multas e mari verrebam, et ubi tam copiosas masculas habuerim plantas, vix unam alteramve decerpebam quae foeminea organa contineret » (1. c., pag. 410). Il Bornet per altro si esprime in proposito alquanto diversamente. « Les pieds màles et femelles du Phucagrostis croissent générale- ment entremélés; cependant il n’est pas rare de trouver de larges touffes uniquement composées d’individus màles ou femelles; il m'est arrivé mème de ne trouver dans une petite crique que des plantes femelles. Tous les échantillons que j'ai récoltés dans cet endroit pendant plusieurs mois portaient encore des carpelles parfaitement reconnaissables; il y en avait assez souvent trois ou quatre généra- tions superposées, mais aucun ne s'était developpé. Il est tres-probable que la stérilité de ces plantes était due à l’absence d’individus màles » (1. c., pag. 25). Ma concedendo anche che, almeno in alcune località gl’ individui 476 F. DELPINO, femminili e maschili di Cymodocea siano pareggiati tra loro nel nu- mero, non bisogna perdere di vista che i carpidii sono monospermi, e che quindi havvi tutta quanta la provvigione pollinica di un’ antera contro nn solo uovolo da fecondare. D. Cymodocea antarclica e Diplanthera tridentata. Gaudichaud nella Botanique du voyage auteur du monde execute par L. Freycinet (Parigi, 1826, pag. 430, tav. XL) descrisse e figurò un individuo maschile di questa pianta, sotto il nome di Auppia an- tarctica; datole già da Labillardière che vide soltanto individui sterili. I due stami monadelfi e singenesiaci, nati alla cima d’un pedun- colo ascellare, il carattere del polline pafewr, tenace, filant, mentre rendono quasi indubitabile che si tratti d'una vera Cymodocea, fanno - lecita altresì la supposizione che le condizioni della fecondazione di- cogamica presso questa pianta siano identiche o simillime a quelle della nostra Cymodocea aequorea. Come avviene di tutte le piante poco conosciute, venne questa chiamata con diversi nomi generici Ruppia, Caulinia, Posidonia, Cymodocea, ecc. Agardh, con un singolare abbaglio la credette un alga e la denominò Amphibolis Losteraefolia. Pare che ancora a tutt'oggi non si conoscano i fiori femminei di questa Cymodocea , e quando il prof. Ferdinando Miller ( Fragm. phytogr. Austr., vol. IV, pag. 113,444, an. 1863, 1864) descrisse le infiorescenze femminili della Amphibolis Zosteraefolia, è incorso in un singolare equivoco. La sua descrizione degli organi di vegetazione coincide a capello colla pianta di Labillardière e Gaudichaud, e dirò anche coi numerosissimi esemplari sterili inviati al Museo di Storia naturale in Firenze. Ma la infiorescenza femminea da lui descritta è senza dubbio quella di una Posidonia, ed infatti veggo che i frutti pretesi di Amphi- bolis da lui spediti a Berlino sono stati dal prof. Ascherson riconosciuti per quelli della Posidonia australis (V. Sitzungs-Bericht der Ges. naturforsch. Freunde zu Berlin del 16 novembre 41869, pag. 36). È verisimile che il prof. Miller trovando sulla spiaggia delle fratti- ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 177 ficazioni di Posidonia australis, gittatevi dalle onde, le abbia eredute fruttificazioni della Cymodocea antarctica. Ed è questo tanto più probabile in quanto che leggo in G. Dalton Hooker, Zora Tasma- nica, parte VI, pag. 48, sub Posidonia australis: «I have seen de- tached fruiting spikes (di questa Z’osidonia) in a very bad state; they were found by Gunn, washed up on the beach, and were supposed by him to belong to Cymodocea, but they so closely accord with the general characters of the European Posidonia oceanica, that I conclude they belonged to /. australis. » Da questo squarcio si vede che Gunn era incorso o proclive ad incorrere nello stesso errore del prof. Miller. Molto affine al genere Cymodocea è la Diplanthera tridentata {Du Petit Thouars, Nova Genera Madag. in Mélanges de botanique et de voyages, Parigi, 1811). Come della Cymodocea antaretica, anche di questa pianta accade che fin qui si conoscono individui maschili soltanto, loechè coincide con quanto sopra riferimmo del Cavolini circa la rarità degl’ individui femminili nella Cymodocea aequorea. Pollen; massa glomerata viscida, dice il Du Petit Thouars di questa Diplanthera ; dal che si può congetturare la stretta sua analogia colle altre cimodocee per rispetto così della struttura polliniea che delle altre condizioni dicogamiche. E. Zostera. Il genere Zostera è assai bene conosciuto grazie alle ricerche del Cavolini (Phucagrostidum Theophrasti anthesis, Neapoli, 1792, sub Phucagrostis minor = Zostera nana Roth), del Gròaland ( Beitrag zur Kenniniss der Zostera marina L, nella Bot. Zeit. 1854 p.185-194), e di Gugl. Hofmeister (Zur £Entwickelungsgeschichte der Zostera nella Bot. Zeit., 1852, pag. 124-131 e pag. 137-149). Come per noi la Posidonia è una graminacea commatata per il soggiorno acquatico, cosi la Zosfera ci sembra un’Aroidea congraa- mente metamorfosata per vivere sotto l’acqua marina. Antonio Lor. Jussieu ne’ suoi Genera plantarum aveva, secondo il nostro avviso, tutte le ragioni per collocare come fece la Zostera nelle Aroidee, Vicinissima al genere Arum. 178 F. DELPINO; I generi Zostera, Posidonia, Cymodocea offrono così negli organi di vegetazione che di riproduzione tipi tanto diversi gli uni dagli altri, che male forse vennero compresi in una sola famiglia. Offrono, è vero, qualche concordanza nell’ abito ed anche nella struttura em- brionale, ma noi dubitiamo fortemente che queste concordanze siano solo dovute all’influenza uniforme di un medio tanto speciale qual è quello dell’acqua salata. Laonde noi siamo proclivi ad applicare alle Najadee l’acutissima considerazione di Endlicher intorno alla ‘classe delle ZHelobiae di Bartling, comprendente le Najadee, le Idrocaridee, le Butomee e le Alismacee, e di esclamare con lui: nobis potius cer- tam vegetationis periodum historicam designare, quam revera inter se arcliori affinilate connexae videantur (Genera plantarum, ecc. pag. 250). i Comunque sia la Zostera ha per infiorescenza uno spadice com- presso, abbracciato da cima a fondo da una spata accartocciata, i cui margini si toccano e formano una valva longitudinale. Nella fac- cia estrorsa di questo spadice si genera procedendo dal basso all’alto un carpidio a destra e un’antera a sinistra, poi con vece alterna un carpidio a sinistra e un’antera a destra, e così via discorrendo. Singolare è l’organogenia dell’antera svelataci da Grénland (1. c. pag. 187, 188, fig. VIH-XVII). Cavolini e tutti gli altri botanici dopo lui fino a Grònland credettero che vi fossero due antere uniloculari per ogni carpidio; ma è una illusione perchè le due pretese antere non sono che le due loggie di una sola antera state dislocate da un connettivo larghissimo, che a poco a poco si viene obliterando e a maturità scompare. Per tal modo nella Zostera si verifica monoica- mente quella perfetta omologia tra Io stame e il carpidio che vedemmo aver luogo dioicamente nel genere Cymodocea; omologia d’inser- zione, di numero e di valore morfologico. Invero presso la Zosfera in un primissimo stadio di sviluppo lo stame non è ben distinguibile dal carpidio, entrambi comparendo sotto forma di una protuberanza a ferro di cavallo. Nella Zostera ha luogo completa ripetizione (biologica non morfo- logica) del tipo dicogamico della Cymodocea. Il polline è del pari confervoideo ed esilissimo, raggiungendo perfino la lunghezza di un. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 4179 sesto di pollice (?) (Hofmeister, 1. c. pag. 127). Ed è sorprendente che mentre la forma del polline della Zostera e della Cymodocea è tanto eguale, del tutto invece differisce la rispettiva genesi. Infatti nella Cymodocea, giusta le ricerche del Bornet, il polline si genera per via di cellule madri, disfacentisi come al solito in tetradi polli- niche, mentre presso la Zostera, secondo Hofmeister, in ogni loggia pollinica due ordini paralleli ed assili di cellule cubiche si dividono indefinitamente giusta due sole e costanti direzioni; cosicchè l’ultimo prodotto di questo processo d’ordinaria scissione, resta costituito da una indefinita serie di cellule allangatissime, disposte parallelamente; ciascuna delle quali poi, maggiormente allungandosi, si cambia in un filo pollinico. Presso la Zostera come presso la Cymodocea ogni carpidio svolge al suo apice due lunghe ed esilissime braccia stimmatiche, la cui funzione è senza dubbio quella di agire a guisa di tentacoli, o denti di rastro o di pettine, e di rastrellare dalle acque fluenti il polline filamentoso. Congruamente a ciò, questi tentacoli di buon’ ora sanno farsi strada a traverso della valva longitudinale della spata, spor- gendo liberamente nelle acque. « Foecundatione instante eriguntur styli, atque e valvarum spathae medio assurgunt, seque exserunt, materiem foecundantem ex antheris inhiantes; quae..... cum pollen lumbriciformem copiosissimum emiserint, hoc..... cum ereclis stigma- tibus implicatur atque retinetur » (Cavolini, 1. e. pag. 24). 'I filamenti pollinici, appena vengono in contatto con qualcuno dei tentacoli stimmatici, vi si fissano con attorcersi spiralmente intorno ‘ai medesimi. « Oft sieht man sie ( die fadenférmige Pollenzellen), einzeln oder zu mehreren, spiralig um diese (Narbenarme) gewun- den » (Hofmeister, 1. c. pag. 138). Gli spadici della Zostera essendo ermafroditi ed essendo le antere collaterali ai carpidii, possono legittimamente nascere dubbii intorno alle facoltà dicogamiche di questo genere di piante. Quindi giova tentare di risolvere il quesito se presso la Zostera la dicogamia sia favorita più o meno della omogamia. Premettiamo che non avendo fin qui avuto occasione di vedere esemplari viventi di Zostera, non possiamo dare per ora una soluzione assoluta del quesito. Ci limite- remo ad alcune ragionate induzioni. 180 F. DELPINO, Se la natura avesse qui avuto in mira la omogamia non avrebbe disposta la esserzione dei tentacoli stimmatici. Ma essi sono esserti e questa loro esserzione altro scopo non potrebbe avere all’infuori di quello di raccogliere il polline eteroclino, se non esclusivamente almeno preferentemente. Cade in acconcio di riferire in proposito la seguente profonda riflessione del Cavolini: « Illud autem notato di- gnum, naturam praetulisse foecundationem in aquae aperto, cum nullo alio apparatu fieri potuisset sub spathae valvis in abdito fereque in sicco » (I. c. pag. 24). Se il Cavolini avesse avuto sentore della dot- trina dicogamica, si sarebbe agevolmente spiegato la ragione della esserzione degli stimmi; ma siccome ai tempi suoi, quanto ai fiori ermafroditi, vigeva indiscussa la dottrina linneana della omogamia, non potè egli comprendere la razionalità del fenomeno. Ciò non ostante, da quel valente osservatore e pensatore che egli era, non mancò di rilevare come la esserzione degli stimmi sembrava una disposizione poco o punto vantaggiosa per la omogamia. Oltre ciò devesi riflettere che i fiori, i quali veramente la natura destina per la sola omogamia, abboniscono mai sempre i loro ovarii, come vedremo a suo luogo, e non può essere altrimenti, perchè in quei fiori le antere essendo in contatto immediato cogli stimmi e succedendo le nozze a porte chiuse, resta per necessità assicurata la impollinazione, la concezione e la fruttificazione. Adunque tuttavolta che una data pianta, versante in condizioni normali, ci presenta un numero maggiore o minore di ovarii non abboniti, si può essere si- curi di apporsi quasi sempre al vero, inferendone: 1.° che i rispet- tivi fiori erano designati preferibilmente per la dicogamia; 2.° che la non avvenuta maturazione dei frutti dipese dalla mancata impolli- nazione eteroclina degli stimmi. Ora nella Zostera minor accadde per l'appunto che una gran parte degli ovarii non abbonisse, e ar- gutamente il Cavolini osserva (I. e. pag. 24): « illud tamen verum talem foecundationem non omnino bene cedere, quum e quatuor germinibus in quoque flore (spadice) aut unum, saltem bina viderim perfici, caetera semper abortiri. » Infine, preoccupandoci della sua stretta affinità colle Aroidee, con- getturiamo che il genere Zostera sia proterogino, epperciò necessa- ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 181 riamente dicogamo. La qual congettura parrebbe confermata Valla tav. Il, fig. 1, #2, n del Cavolini, dalla tav. XV della Alora danica e infine dalla tav. HI, 22; 0, n, dell'opera Johannis Targioni-Tozzetti, Ca- talogus vegetabilium marinorum. Firenze, 1826. Tutte le quali figure concordano nel dinotare che, allorquando la linea valvare della spata non è ancora deiscente, e deve quindi racchiudere ermeticamente le ‘antere, già tutti quanti i tentacoli stimmatici veggonsi egregiamente esserti e pronti a raccogliere polline, il quale, a tal’ epoca, non po- trebbe essere che eteroclino. Questa congetturale proteroginia della Zostera, non dissimulo es- sere direttamente contraddetta da due passaggi assai espliciti del- lHofmeister (1. c. pag. 138); ma senza volere menomamente impu- .gnare le sue osservazioni, devo far notare con fondamento che le piante di Zostera su cui egli diresse la sua attenzione erano state oltre a quaranta ore in viaggio e fuori d’acqua; cosicchè la dei- scenza delle antere ch'egli espone contemporanea alla maturità degli stimmi omoclini, può essere stata affrettata da quelle condizioni troppo anormali. Secondo Hofmeister, se ben comprendo il senso delle sue parole « Das eine Ende der Pollenzelle dringt in den im Scheitelpunkte der beiden Narbenarme sicb éffuenden Griffelskanal » (I. ec. pag. 138), le vere aperture stimmatiche si troverebbero all’apice dei due tenta- coli stimmatici, nell’interno dei quali passerebbe il tessuto condottore. Per altro la forma esilissima di questi tentacoli, la circostanza che il polline filamentoso si attacca ad essi attorcendosi ad anello, po- trebbero far credere che la introduzione dei tubuli o prolungamenti pollinici dovesse aver luogo nel punto angolare della divergenza dei tentacoli. In tal caso si avrebbe una ripetizione del processo con- getturato per Ja Cymodocea, e si chiarirebbe la razionalità dell’a- berrante forma stimmatica e pollinica, propria di cosifatte piante sommerse. Resta qualche cosa a dire circa la proporzione dei sessi nella Zostera. Qui si verifica un fatto non molto frequente nel regno ve- getale; ed è che il numero degli organi maschili pareggia quello dei femminili. Questa condizione è uno svantaggio bell'e buono, ed 182 F. DELPINO, è verisimilmente la causa dell'aborto di oltre la metà degli ovarii avvertito dal Cavolini. È vero che questo svantaggio è attenuato dalla monospermia degli ovarii, mercè cui per ogni ovulo che deve essere fecondato, si ha disponibile l’intiera provvigione pollinica di un’antera. F. Halophila covata. Gaudichaud nella Botanique du voyage autour du monde execute par Louîs de Freycinet (Parigi, 1826, pag. 429, 430, tav. XL) dà la descrizione e la figura di questa pianta. Essa è dioica, epperciò ne- cessariamente dicogama. Il polline non declina dalla forma solita delle piante idrofile sommerse, perchè, come dice il Gaudichaud « dans cette plante, ainsi que dans le précédente (Cymodocea an- tarctica) est pàtenx, composé de filaments moniliformes, à grains allongés fusiformes. »» Dicasi la stessa cosa dello stimma, perchè, stando alla figura e alla descrizione del Gaudichaud, porterebbe alla sua cima da tre a cinque lunghe setole o tentacoli, e formerebbe così il solito strumento pettiniforme, atto a rastrellare il filamentoso polline. G. Dalton Hooker (Flora Tasmanica, fasc. VI, pag. 48) ha ripar- lato dell’M/a/ophila ovata. Nella sua descrizione egli ha fuso i carat- teri dati dal Gaudichaud, con alcuni appunti (/Votes and schetches of flowers of both sexes) di C. Drew, rilevati sovra una pianta supposta appartenere alla stessa specie. Ma ci corre debito di mettere in ri- lievo i seguenti Caratteri contradditorii dati da GAUDICHAUD, DREW. Fiori dioici. Fiori monoici. Antere uniloculari. Antere biloculari. Da tre a cinque stimmi filiformi. Stimma discoide, obliquamente tron- calo. Embrione piccolo elicoide ingiunto Seme privo di albume con embrione in un albume copioso farinaceo. CUTVO. i Debbo insistere massime sulla differenza dei caratteri dello stimma. Gaudichaud descrive e disegna uno stilo coronato da tre a cinque ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC, 185 stimmi filiformi. La parola, il disegno e la teoria qui sono perfetta- mente d’accordo. Gaudichaud non può avere errato. Medesimamente è difficile il sostenere che sia incorso in errore Drew, descrivendo uno stimma discoide obliquamente troncato, quando questa forma di stimma si trova precisamente in alcune piante acqua- tiche, come sarebbero la Zannichellia e V Althenia. La conseguenza ci pare inevitabile. Altra è la pianta del Gaudi- chaud, altra è la pianta del Drew, forse una Zannichellia od un ge- nere affine, ed Hooker avrebbe fuso in una due forme eterogenee. G. Ceratophyllum. Forse è l’unico genere dicotiledone a fecondazione subacquea. Lo stilo assai lungo ed esserto termina in una lunga subula o tentacolo pollinilego. Il polline è ovato, e ad assicurare meglio la fecondazione, la proporzione degli organi maschili eccede in numero enorme quella degli organi femminili. Forse havvi non meno di una trentina di an- tere per vgni ovario, anzi per ogni ovulo, poichè gli ovari sono mo- nospermi. Quanto ad ulteriori e più specificati ragguagli intorno alla impol- linazione del genere Ceratophyllum, io non potrei aggiungere altro, non avendo fin qui potuto osservare sul luogo la pianta viva. Soltanto mi giova qui riportare quel che dice in proposito Willdenow (vedi Kénig e Sims, Annals of botany, vol. II, 1806, pag. 43, 44). «I have twice had an opportunity of examining the flowers of Cerato- phyllum, and have found the fecundating substance of quite a diffe- rent nature from that of other plants. In* Ceratophyllum the anther is al first hard, but afterwards becomes soft, so as to take all im- pressions, and apparently of an oily nature. Perbaps, therefore, we may consider the water to be for the plants in question (Ceralophy!- lum e Najas) the vehicle of the fecundating matter....... One may easily conceive, that some particles of the viscous substance of the male flovers, mixed with the water, may be conveyed, by means of this liquid, constantly in agitation, to the female flowers. Having, however, but twice seen the flowers of Ceratophyllum demersum, 18% F. DELPINO, and only once those of /WVapas minor of Allioni, | shall suspend my opinion upon a subject concerning which we can scarcely expect to arrive at certainly on account of the impracticability of making long and satisfactory observations and experiments on the ruffled surface of a lake or running water. In the mean time the only mode of explaining the fecundation of the phaenogamous plants flowering under water seems to be, to admit the solubility of their pollen in that fluid.» La tesi qui sostenuta dal Willdenow che nei generi Ce- ratophyllum e Najas l’acqua disciolga il polline, e ne trasporti la sostanza (fovilla?) sullo stimma, non pare menomamente plausibile. Per ciò che riguarda la Zannichellia, è dubbio se la medesima fiorisca sotto l’acqua, oppure a livello dell’acqua, oppure al di sopra. Cavolini (Phucagrost. Theophr. Anth., pag. 28) crede che fiori- sca soll’acqua; così pure il prof. Ascherson, come raccolgo da una sua cortese lettera. Willdenow invece (I. c. pag. 41) colloca la Zan- nichellia insieme coi Potamogeton, Myriophy!lum, Callitriche nel suo quarto tipo delle piante acquatiche, fra quelle cioè che hanno « their stalk and leaves floating under water, and their flowers alone rising above its surface, either single or disposed in short spikes. » Duolci non essere per ora in grado di risolvere queste divergenze. $ 2. Apparecchi a impollinazione natante. Nelle piante la cui impollinazione viene eseguita alla superficie dell’acqua, si può prevedere a priori che devono ritrovarsi le se- guenti condizioni. In primo luogo il polline deve avere un peso spe- cifico minore dell’acqua, per poter galleggiare sulla superficie di essa appena emesso dalle antere, o in caso diverso deve essere col- locato sopra un galleggiante. In secondo luogo il peduncolo che so- stiene i fiori femminei deve avere la facoltà di allungarsi tanto quanto è richiesto perchè gli stimmi vengano ad aprirsi e fiorire alla precisa superficie dell’acqua. E siccome il livello dell’acqua, vuoi nel mare, vuoi nei laghi e nei fiumi, non è costante ma è soggetto a variare qualche poco da un giorno, all’altro anzi da un'ora all'altra, per far sì che gli stimmi possano mantenersi per un certo tempo al preciso ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC, 185 livello delle acque, gioverà moltissimo che i peduncoli siano avvolti A spirale; perciocchè, dilatando o stringendo le spire, potranno se- condare la maggiore o minore altezza dello specchio dell’acqua. Queste condizioni, la cui utilità s’ intuisce a priori, noi le troviamo eseguite nella Auppia spiralis e nella Zallisneria spiralis. A. Ruppia spiralis. Per farsi un adequato concetto delle particolarità dicogamiche di questa pianta, gioverà consultare la buona figura datane dalla Zora Londinensis. Gli organi sessuali di questa pianta sono disposti sopra uno spa- dice costantemente bifloro. I fiori sono affatto nudi e constano di quattro carpidii attorniati da due antere biloculari. Lo spadice ha due stadii assai distanti nel tempo l’uno dall’altro. Nel primo stadio è maschile, nel secondo è femminile. Durante il primo stadio lo spadice è corto, emerge appena dalla guaina della sua foglia ascellante, le antere sono mature, deiscono, e le cellule polliniche che banno una curiosa forma cilindrico-geni- culata, salgono alla superficie dell’acqua. In tal tempo gli stimmi sono lontanissimi ancora dalla maturità. Appena le antere hanno effuso tutto il loro polline, succede un rapido ed enorme allungamento del peduncolo che sostiene lo spa- dice nello scopo di elevare presto gli oramai maturanti stimmi fino alla superficie dell’acqua. E si allunga non solo il peduncolo dello spadice, ma eziandio gl’internodii di esso spadice e infine il ginoforo di ciascun carpidio (questo ginoforo non esisteva affatto nel primo stadio, ma ora è cresciuto tanto da oltrepassare un pollice). Il pe- duncolo dello spadice nello allungarsi si torce a spirale, e ripete sorprendentemente il fenomeno che tanto venne ammirato e per av- ventura non bene inteso nella Z'allisneria. Mercè cosifatti allunga- menti lo spadice nel secondo stadio ha un aspetto del tutto differente da quello che aveva nel primo stadio; e questa circostanza, come mi riferisce il prof. Ascherson, illuse testè siffattamente il dott. Rch- Vol. XIII. 15 186 F. DELFINO, mann di Cracovia, da fargli credere che la Auppia fosse un genere non ancora descritto (v. Qesterr. bot. Zeitschr. 1868). La dicogamia nella Auppia è necessaria e l’omogamia è impossi- bile, perchè sebbene i fiori ne siano ermafroditi, gli stimmi matu- rano quando già da molto tempo le proprie antere più non esistono. La Auppia attinge il grado massimo della proterandria, essendo pro- terandri non solo i singoli fiori, ma eziandio gli spadici; cosa tanto più singolare in quanto che nell’unico genere che mi sembri affine alla Ruppia, cioè nel Potamogeton, si dà per converso una evolu- zione florale proteroginica. ll prof. Ascherson (ex lilferis) notò assai bene questa proterandria della f'uppia, e mi riferi come nel golfo di Kiel, ove la Ruppia spi- ralis abbonda, il dott. Pansch osservò il polline della medesima gal- leggiare in notevole quantità sulla superficie dell’acqua. B. /allisneria spiîralis. Le condizioni della impollinazione della /'allisneria, vennero ri- conosciute da molto tempo. Non ho che a riferire quanto dice in proposito lo scolaro linneano Wahlbom, nella dissertazione Sponsalia plantarum (1746). « Vallisneria Mich. scapum gerit longissimum sed spiraliter invo- lutum, hinc brevissimum; crescit haec in rivulis ad fossas sub aqua, et terminatur caulis unico flore. Sub instante florescentia elongatur scapus, usque dum aquae superficiem attigerit calyx, quo facto, ex- panditur flos, et post aliquot dies defloratus et praegnans, iterum subsidet, scapo spiraliter revoluto. Haecque foemina est. Vallisne- rioides Mich. in iisdem locis sub aqua crescit, scapo vix digitum alto, adeoque aquae superficiem minime alttingente; flores hic fert plurimos, qui florescentiae proximi scapum demittunt, et vesicularam instar, enalant, qui, quam primum aquae superficiem attigerunt, antea clausi explicantur et natant, pollemque efflant in maturas juxta natantes virgines. Haec planta praecedentis Vallisneriae mas est. » In questo squarcio si racchiude una inesattezza « Flores mascali.... pollen efflant in maturas juxta natantes virgines » Il polline della ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 187 Vallisneria è grossissimo, untuoso ed attaccaticcio per siffatto modo che i granelli aderiscono l’uno coll’altro, e non cadono mai dalle antere; laonde non può per niun conto essere insufflato sugli stimmi nè dal vento, nè dallo scoppiare del calice. La verità è che gli stami stanno rigidi e sporgenti sopra il calice revoluto, il quale adempie la funzione di una barchetta o galleggiante. Galleggiando questi ca- lici intorno agli stimmi, e le antere essendo sporgenti, qualcheduna di queste incontra gli stimmi, e immediatamente loro cede una parte del suo polline. Severino Axell (Om anordningarna for de fanero- gama IV ixternas befruktning, Stockholm, 1869, pag. 82) colloca la Z'allisneria tra le piante fecondate dal vento, apponendo al vento la navigazione dei flosculi maschili verso le femmine, anzichè alla naturale fluenza delle acque. Nella Z’allisneria, a differenza delle piante fin qui contemplate, il polline è sottratto dal contatto dell’acqua, dapprima perchè sta rac- chiuso nel calice come in una vescica ermeticamente chiusa; di poi perchè galleggia sul calice revulso come se fosse sopra una barchetta. Pertanto la Z'allisneria forma un passaggio naturalissimo dalle piante idrofile alle zoidiofile. L’affine Hydrocharis, è già decisamente zoidiofila. L’anello di transito invece tra le piante idrofile e anemofile pare costituito dal genere Auppîa, di cui non si può negare l’estrema af- finità col Potamogelon, genere decisamente anemofilo. ARTICOLO III. — Delle piante anemofile. Quantunque presso Wahlbom (Sponsalia plantarum, 1746) si trovi già qualche cenno sulle piante fecondate dal vento (Phoenix, Pista- cia, Parietaria, Mercurialis (4)), quei che riferirono o discussero ordinatamente i caratteri valevoli a distinguere le piante stesse dalle (4) WaAHLBoM nella rozza ma significativa tavola che accompagna la sua dissertazione, sotto l’ epigrafe Amor unit plantas, ha raffigurato Zeffiro che soffia da una pianta maschile verso una pianta femminile di Mercurialis. Quantunque a Wahlbom fosse ignota la legge della dicogamia, migliore esempio non si sarebbe potuto scegliere per dinotare il vero primordiale stato dicogamico della gran classe della fanerogamia, vale «a dire l’anemofilia divica. 188 °F. DELPINO, rimanenti, furono, per ordine di tempo, Cristiano Corrado Sprengel (1), noi (2), Severino Axell (3), ed Ermanno Muller (4). Cosifatti caratteri differenziali sono in parte d’indole positiva, in parte d’indole negativa, vale a dire che i primi si riferiscono a qua- lità esclusivamente possedute dalle piante anemofile, e gli altri si ri- feriscono all’assenza delle qualità possedute dalle piante zoidiofile. I caratteri in discorso sono abbastanza numerosi, ma sono pochis- simi quelli veramente assoluti e generali. La maggior parte, singo- larmente presi non banno un valore costante, ed è solo nel loro complesso che bisogna considerarli. Io riflettuto lungamente quali potessero essere i caratteri vera- mente comuni e universali a tutte quante le anemofile. Non possono essere desunti dalla conformazione dello stimma, perchè quest’organo manca nel tipo gimnospermico; nè dai filamenti perchè sono nulli o quasi nulli nelle Conifere, Cicadee, Amentacee, ecc., nè dalle antere perocchè queste nel maturare e deiscere si diportano ad un modo in tutte le piante, siano o non siano anemofile. Invece un vero e grande carattere differenziale, fin qui non bene avvertito, consiste nella caducità spontanea del polline. La quale caducità è determinata dalla condizione perfettamente liscia e asciutta dei singoli granelli pollinici. È noto come il Micheli, penendo sopra fogli di carta bianca alcuni agarici maturi, potè osservare la pioggia delle spore. Ora come si diportano le spore agaricine piovendo poco a poco e spontaneamente dalle lamelle, così fa il polline delle piante anemo- file piovendo dalle mature infiorescenze. (41) Das entdeckte Geheimniss ecc. Berlino, 1793, pag. 29-33. (2) Sugli apparecchi della fecondazione nelle piante antocarpee. Firenze, 1867, pag. 5, 34; e negli Atti della Societa Italiana di scienze naturali in Milano, 1867, vol. X, p. 273-277. (3) Om det fargade hyllets betydelse for waxten, nel Botaniska notiser. Upsala, 1868. pag. 416, 417. Om anordningarna for de fanerogama wdxternas befruktning. Stockholm, 4869, pag. 54-59, 89-91. (4) Ueber die Anwendung der Darwin'schen Theorie auf Blumen und blumenbesuch- ende Insekten, nelle Verhandlungen des naturhistorischen Vereines fur Rheinland und Westfalen, 1869. si può vedere anche la versione dal tedesco con nostre annotazioni, nel Bollettino della Società Entomologica italiana, 1870, pag. 143-146. è ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 189 Basta riporre sovra un foglio di carta in luogo che sia totalmente riparato da ogni corrente d’aria, una infiorescenza maschile di Pinus, di Garrya, una spiga di Zriglochin, ecc., per vedere deposto sulla carta in capo a qualche tempo, un denso strato di polline. Questa pioggia o cascata pollinica non la ho vista accadere giammai presso le piante decisamente zoidiofile da me cimentate, i fiori delle quali, semprechè siano ben riparati dalle correnti d’aria, non rilasciano che poco o punto polline, e le antere, anche seccando, sogliono con- servare aderente a sè la intiera provvigione pollinica. La spontanea cascata del polviscolo fecondante deve essere considerata come un carattere di alta importanza, perchè, quando accade la fioritura d’ una pianta anemofila, posto anche il caso di un vento Jlenissimo o quasi nullo, il polline per questo non cessa di essere emesso e di volitare tutto intorno. Altri caratteri costanti e universali ma di valore negativo sono: 4.° la mancanza d’involucri florali colorati; 2.° Ja mancanza di odori o fetori speciali; 35.° infine la mancanza di apparati nettariferi. Tutto ciò è per- fettamente razionale ; ben intendendosi da tutti che il vento nè vede, nè sente, nè si ciba, e che perciò presso le piante anemofile deb- bono o non attuarsi od abolirsi tutti quei caratteri che servono al richiamo degli animalcoli pronubi. Si può aggiungere da ultimo che le anemofile, generalmente par- lando, sono piante gregarie e sociali per eccellenza, hanno una gran tendenza al diclinismo sia dioico sia monoico o poligamo, e alla proteroginia brachibiostimmica tutte le volte che presentano infiore- scenze androgine (proteroginia composita), o fiori ermafroditi (prote- roginia semplice). Le piante anemofile cadono in due grandi sezioni. L’una comprende l’intiero gruppo delle ginnosperme; l’altra comprende tutte quelle angiosperme che non sono nè zoidiofile nè idrofile. SI. — Piante anemofile ginnosperme. Senza toccare delle differenze istologiche ed embriologiche che, secondo Roberto Brown, Hofmeister ed altri, ai quali noi facciamo 190 FP. DELPINO, completa adesione, interpongono un abisso tra le ginnosperme e le restanti fanerogame, havvi anche una gran diversità d’ordine mor-. fologico, che con sè trascina necessariamente una singolare biologica aberrazione nel modo con cui il polline viene addotto alla parte femminile. Nelle ginnosperme non esiste stimma e quel che sotto tal nome venne in esse designato, cioè l’ estremo lembo spesso allun- gato in tubo dell'involucro ovulare, non merita tampoco il nome di stimma nè sotto il morfologico, nè sotto il biologico, nè sotto il fisio- logico aspetto. E ci accingiamo a provarlo. Un vero stimma sotto l’aspetto morfologico è una produzione api- cale quando delle placente (£rinus, la maggior parte delle Papave- racee ecc.), quando delle placente e dei carpidii ( £/schscholtzia), quando dei carpidii soltanto (Primulacee ecc.), quando dei carpidii fusi colle placente, come presso moltissime piante. Sotto l’aspetto biologico, ossia sotto l’ aspetto delle funzioni di re- lazione o di vita esteriore, un vero stimma ha-lo scopo di trattenere e fermare sopra di sè il polline. Infine sotto l’aspetto fisiologico ossia delle funzioni di vita interio- re, un vero stimma ha la funzione di fare emettere i tubi pollinici e di avviarli verso gli ovali. Ora il preteso stimma delle: ginnosperme non adempie a rigore nessuna di queste funzioni, nè morfologicamente può essere consi- derato produzione placentaria o carpidiale. Quindi merita un’altra denominazione. Alcunì lo considerano come un micropilo. Quantunque tale deno- minazione non sia giusta sotto l’aspetto fisiologico, perchè il ‘micro- pilo delle angiosperme adempie una funzione ben diversa, nondimeno adotteremo questo vocabolo perchè almeno è giusto sotto 1’ aspetto morfologico. La funzione del micropilo delle angiosperme è assai bene rivelata dal tanto frequente fenomeno dell’anatropismo degli ovuli. Mercè it quale anatropismo la boccuccia micropilare rivolta e adpressa contro la superficie placentaria, obbliga ed abbocca a sè l’apice del tubo pollinico discendente e strisciante lungo la superficie medesima. Nulla di tutto questo accade per il micropilo delle Conifere, la ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 4194 cui funzione credo di avere bene compresa mercè la osservazione che segue. Nella primavera del 1869 esaminando al microscopio alcuni ovuli di Cryptomeria japonica, scorgeva una certa» quantità di polline stratificato sul vertice del nucleo ovulare. Mi corsero tosto alla mente i seguenti gnesiti. Come potè tanto polline introdursi nella cavità ovulare se così stretta è l’apertura del micropilo? E se la Natura ebbe in mira che il polline non manchi d’introdursi in detta cavità, quale spediente poteva adottare più incongruo e disadatto e inade- quato di una boccuccia e di un tubo angustissimo? Tanto più che qui concorre la più decisa anemofilia, vale a dire una disposizione traente seco enorme disperdimento pollinico; svantaggio grande, ad attenuare il quale noi vediamo altrove adoperati i più ingegnosi ri- pieghi di dilatazione stimmatica. Per allora non potei risolvere dette difficoltà; soltanto osservai che sovra ogni cono molti ovuli avevano una goccia di limpidissimo umore nella bocca micropilare, ma credetti che fosse un fenomeno anomalo o almeno ristretto alla sola Cryptomeria. Addi 3 marzo di quest'anno (1870), abbattutomi in una pianta femminea di Taxus che si trovava nel forte della fioritura , osservai che molti de’ suoi ovuli avevano una grossa ed analoga goccia emer- gente fuori dal micropilo in forma di una perlina sferica. Nello stesso giorno e nei seguenti, constatai che lo stesso fenomeno aveva luogo in tutte le specie che mi si otfersero di ZBiota, Thuja, Thujopsis, Chamaccyparis, Cupressus, Juniperus, Widdringtonia. Più tardi lo constatai pure presso una specie di Podocarpus, per quanto in que- sto genere sia più difficile l’osservarlo, attesochè la bocca del mi- cropilo è sopravanzata e nascosta da un rigonfiamento a cappucétio della squama ovulifera anatropa. Considerando l’abito e la struttura micropilare tanto uniforme così nelle Tassinee e Cupressinee che nelle Cicadee e nelle Ephedrae, ne conclusi e ne concludo che questo fenomeno possa essere generale a tutte le ginnosperme, e stia in intima e necessaria correlazione colla impollinazione e cogl’inizii della concezione. Ecco del resto quello che potei osservare in proposito. Presi una 192 P. DELPINO, infiorescenza maschile di Taxus e ne scossi il polline sovra la pianta femminea. Esaminate subito alcune di dette goccie al microscopio, vidi che una parte di esse aveva raccolto dei granelli pollinici. La durata di dette perline sul micropilo mi è parsa assai variabile. In alcuni casi la vidi persistere per tre o quattro giorni. È verisimile che perdurino più o meno secondo che più o men tardi loro accade di raccogliere polline in misura efficace. La variabilità nella durata di dette perline pollinileghe si desume da quel che segue. Nei coni calatiformi della Cryptomeria (1), nei coni, ricchissimi di ovuli, di certi Cupressus, nelle verghe fiorite dei Taxus l’ evoluzione ovulare è regolarmente centripeta. Se dette perline avessero tutte e singole una eguale durata, dovrebbero scomparire con regola centripeta; ma è ciò che non accade; e, per citare un esempio, esaminando un cono di Cryptomeria o Cupressus alquanto avanzato, mentre quasi tutte le perline sono scomparse vedesi ancora qua e colà senza re- gola fissa imperlato qualche micropilo. Come scompajono queste perline? Esse non isgocciolano (2), ma retrocedono poco a poco entro il canale micropilare, ed è senza dubbio mediante questa retrocessione, che trascinano nell’ interno della cavità oculare i granelli pollinici che hanno raccolto, con la stessa ragione con cui nel (ermometro a minima la colonna alcoo- lica raffreddandosi e abbreviandosi trascina con sè l’indice termo- metrico, Per che modo avviene la retrocessione e scomparsa delle goccie micropilari? Non può questo accadere che per via di assorbimento o per via di evaporazione naturale. Non potei decidere quale dei due processi abbia luogo. Debbo mettere in rilievo una circostanza. Gli ovuli del Taxus, della Cryptomeria, del Cupressus, ecc., quando sono imperlati, ten- gono costantemente rivolta la bocca verso il basso. Espressiva al (1) Sono calatiformi durante il tempo nuziale, ma procedendo verso la fruttificazione diventano globosi. (2) Nel solo Taxus osservai qualche gocciola cascata; ma mi parve un fenomeno assai raro. E forse poteva aver avuto luogo per qualche scossa stata impressa alla pianta nel maneggiarla. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 193 riguardo è la torsione 0 incurvazione del peduncolo conifero nella Cryptomeria, nonchè la pendulità delle infiorescenze nel Cupressus, e la rigida e costante erezione degli ovuli anatropi del Podocarpus (1). È probabile che la boccuccia micropilare assuma questa costante at- titudine nello scopo di premumire dalla pioggia la loro gocciola pol- linilega. Da quel che precede parmi dimostrato che nelle Tassinee e nelle Cupressinee (e congetturalmente nelle Cicadee, nella Ephedra e nella Welwitschia) il micropilo abbia la funzione di ricevere i granelli pollinici e d’introdurli nell’ interno della cavità ovulare mediante il sussidio d'una goccia d'acqua. Questa funzione per me non avrebbe nulla di analogo coll’ ordinaria funzione stimmatica delle angiosperme. È verisimile che nei coni di Pinus e Larix, la cui impollinazione, per via d’imbuti pollinilegi, venne da noi descritta nel capo primo del presente scritto e nel Nuovo giornale botanico italiano (vol. Il, 1870, pag. 62-64), il processo della impollinazione micropilare sia alquanto diverso da quello sovra descritto delle Tassinee e Cupressinee. Quanto alla impollinazione della /7elwitschia mirabilis, mi giova riferire un singolarissimo passaggio di G. Dalton Hooker (2). Quan- tunque la spiegazione congetturale data in proposito dall’autore sia evidentemente erronea, pure mette in rilievo i dati occorrenti a sta- bilire con sufficiente sicurezza che la impollinazione della /7’elwit- schia avviene mediante un processo identico a quello delle Tassinee e Cupressinee. « È ragionevole supporre, dice Hooker, che la fecondazione sia effettuata per intermezzo degli insetti, e che allorquando il polline è pronto per essere trasferito agli ovuli, i fiori femminei siano an- (4) Dicendo anatropi gli ovuli del Podocarpus mi sono uniformato alla espressione d’uso. Ma per me detti ovuli sono ortotropi, ed è anatropa soltanto la involucrante e carnosa squama generatrice. Se detta squama, che io considero come un corpo pla- centario, potesse essere morfologicamente considerata come un esterno integumento dell’ovulo, in tal caso si avrebbe un fenomeno di vero anatropismo. Ora, o sono in grave errore, o tale involucro dovrebbe essere considerato omologo alla squama delle Abietinee e alla cupula arilloide del Taxus; forme queste che mi sembrano morfolo- gicamente irreducibili all integumento ovulare esterno proprio delle angiosperme. (2) On Welwitschia, a new genus of Gnelaceae, nelle Trans. of the Linn. Soc.s vol. XXIV, 1862, ; 19% F. DELPINO, cora molto piccoli, e i nuclei dei loro ovuli non siano coperti ancota nè dal tegumento ovulare nè dal perianzio...... è evidente che, al- lorquando gli integumenti degli ovuli hanno assunto la forma di slilo,...... sarebbe estremamente difficile l’introdurre, per qualsiasi immaginabile mezzo, sul vertice del nucleo un sol granello pollini- co, tanto meno poi i quaranta e più granelli che vi ho rinvenulto..... Su questo proposito debbo aggiungere che i coni quasi maturi, nonchè i bottoni florali talvolta sono traforati dalle larve di curcu- lionidi, e che nella regione abitata dalla /7elwifschia abbonda il gruppo pollenofago delle Cetonie ». i Appare da questo preziosissimo passaggio che Hooker, avendo scorto quaranta e più granelli pollinici intrusi nella cavità ovulare, e non sapendo immaginarsi come avessero potuto penetrare ivi pas- sando per l’angustissimo e lunghissimo tubo mieropilare della Z7el- witschia, ha fatto le stesse meraviglie che facemmo noi scorgendo molti granelli pollinici intrusi nella cavità ovulare della Cryptomeriu. Ma noi nella Cryptomeria potemmo spiegare il fenomeno mediante l’ avvertita retrocessione della gocciola micropilare , collettrice del polline. Adunque è estremamente verisimile che lo stesso identico fenomeno abbia luogo presso la /7elwitschia. Hooker suppose invece che la impollinazione avesse luogo per in- termezzo degli insetti. Che questo sia improbabile si deduce già dal fatto che tutte le ginnosperne fin qui ben conosciute sono anemofile per eccellenza. Hooker, supponendo pronubi gl’insetti, logicamente fu indotto a supporre altresì che il trasporto pollinico avesse luogo prima della produzione stiliforme dell’integumento ovulare. Ora , a questa supposizione, per quanto ingegnosa, è tolto ogni fondamento da un ordine di argomenti, altrettanto sicuro quanto sventurata— mente depreziato al giorno d'oggi. E come? dopo che il polline gia- cesse depositato sul vertice dell’ ovulo, la Natura procederebbe a fabbricar sovra esso polline uno stilo imbutiforme e pertuso, la cui sola funzione pensabile è quella d’introitare e condurre polline ? Ciò formerebbe una incongruità delle più assurde, e il metodo teleolo- gico, che giammai conduce in errore quando è con rettitudine e sagacia adoperato, toglie ogni fondamento alla ipotesi hookeriana. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC, 195 Nutriamo la più sentita fiducia che la nostra argomentazione venga quandochessia tradotta in realtà, mercè la diretta osservazione sulla pianta viva. Stringendo quanto fin qui dicemmo sugli*apparecchi d’impollina- zione delle ginnosperme, concludiamo che i medesimi, non differendo gran fatto da quelli delle anemofile angiosperme per ciò che riguarda la disposizione degli organi sessuali maschili e i caratteri del polline che è abbondantissimo , leggerissimo, polveroso, secco e liscio, dif- feriscono invece assai per la natura degli organi femminili, massime per l’assenza dello stimma, che-per contro è oltremodo sviluppato e dilatato presso le restanti anemofile. $ 2. Piante anemofile stigmatifere 0 angiosperme. ll gran caraltere che divide questo gruppo dal precedente consi- ste nella indefettibile presenza di uno o parecchi stimmi, per lo più enormemente sviluppati, sempre più o meno esserti dagli involucri florali. Gli stimmi rivestono una delle seguenti forme, caudata, penicil- lata, fogliacea, discoide. ‘ Di gran lunga la più comune è la forma caudala, pelosa, arcuata, a peli pollinilegi disposti ora unilateralmente, ora per ogni verso. Di questa forma si possono distinguere due varietà, la miosuroide a peli brevi, talvolta quasi nulli, o convertiti in brevissime papille, e la alopecuroide a peli lunghi. La varietà miosuroide si riscontra in molte Graminacee (per es., nei generi Coix, Crypsis, Alopecurus, Anthoxanthum, Spartina, Lagurus, Sesleria, Tripsacum, ecc.), in quasi tutte -le Ciperacee (generi Cyperus, Scirpus, Eriophorum, Schoenus, Carex), in al- cune Palme anemofile, nelle Giuncacee, Eriocaulonee, Centrolepidee, nelle Amarantacee e Chenopodiacee anemofile, in molte Urticee (Boehmeria, Laportea, Pouzolsia, Phenax, Pipturus, Droguetia, Forskalea, ecc.), in molte Moree e Artocarpee (Morus, Maclura , Olmedia, Cudrania, Treculia, Antiaris, Trophis, ece.), infine nei generi Theligonum, Celtis, Humulus, Cannabis, Datisca, Hippuris, 196 F. DELPINO, Haloragiîs, Myriophillum, Callitriche, Mercurialis, Ricinus, Co- riaria, Negundo, Acer (eriocarpum), Hippophae, Plantago, Litto- rella, Garrya, Gunnera, Betula, AInus, Ostrya, Carpinus, Corylus, Platanus, Populus. . La varietà alopecuroide si riscontra in moltissime Graminacee (ZHolcus, Paspalum, Milium, Panicum, Stipa, Gynerium, Pappo- phorum, Cynodon, Aira, Trisetum, Avena, Poa, Koeleria, Dacty- lis, ecc.), e in qualche Urticacea (Cipholophus, Rousselia). Dopo la forma caudata viene la penicillata, quando cioè gli stimmi prendono la figura di un pennello, 0 pappo, o ciuffo pollinilego. Ciò accade in poche graminacee (Melica uniflora, Glyceria fluitans)s in molte Urticacee ( Urtica, Pilea, Parietaria, Helxine, Urera, Pellionia, Procris, Elatostema, Touchardia, ece.), in poche Arto- carpee (Cecropia, Coussapoa), in alcune Poligonacee (Rumex, Ace- tosa, Oxyria), nei generi Poterium e Triglochin. Assai rara è la forma fogliacea, espansa, ondulata, quantunque sembri benissimo adatta a raccogliere il polline come quella che pre- senta al medesimo una superficie latissima. Si ritrova nel genere Hyaenanche delle Euforbiacee e nel genere Juglans. Gli stimmi di Pistacia Therebinthus, P. Lentiscus, si accostano un poco a questa forma. Infine deve addursi qui la forma peltata o discoide, triloba negli stimmi del genere Quercus, multiloba negli stimmi delle Empetra- cee, e fimbriata raggiante nel genere Zil/lebrunea delle Urticee. Sebbene il tipo florale di tutte le surriferite piante sia abbastanza monotono ed uniforme, non ostante è suscettibile di essere diviso in parecchi tipi subalterni. Volendo operare questa suddivisione giusta il metodo teleologico, noi premettiamo e proponiamo il seguente ragionamento. Se presso le piante anemofile il vento è destinato a carpire il polline dalle antere per addurlo agli stimmi, si capisce @ priori dover tornare vantaggioso (1) alle piante medesime che gli (4) Vantaggioso, intendiamoci, non necessario; infatti il vento toglie polline anco da immobili antere, purchè deiscano e il polline: sia secco. Ma sarà sempre vero che prestandosi gli organi. maschili ad essere sbattuti dal vento, la cessione del polline resterà più regolare e completa, a similitudine della polvere che si scuote dagli abiti mercé la battitura. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC, 197 organi maschili possano essere scossi e dibattuti dal vento, e che gli organi femminili invece se ne stiano fissi ed immoti. Quindi è facile di intuire una specie di antagonismo per i due sessi, di mobilità per una parte, d’immobilità per l’altra. Vediamo ora se e come la Natura abbia provveduto alla mobilità degli organi maschili. Alcune piante presentano antere immobili perchè poco o punto sviluppati i filamenti; fiori maschili immobili pure perchè poco o punto sviluppati i peduncoli. Ma in compenso di questa immobilità delle antere e dei fiori, l’asse delle infiorescenze maschili si è reso filiforme, pendolo, mobilissimo. Altre presentano un'asse della infiorescenza immoto, ma per com- penso i peduncoli florali sono lunghi, esilissimi, mobili e pendoli. Altre hanno immoto l’asse delle infiorescenze, immoti i peduncoli florali, ma per compenso godono di mobilissime antere, elevate sopra filamenti lunghi e capillari. Altre poi fanno a meno di tutti gli spedienti di mobilità fin qui accennati, e dispongono a dirittura che le antere stesse a un dato punto di maturità scattino violentemente come una molla, e diffondano tutto intorno il polline. Finalmente alcune portano organi maschili perfettamente immoti. Quindi le anemofile angiosperme possono naturalmente dividersi nei cinque tipi seguenti: 1.° Tipo amentifloro. È mobile soltanto l’asse delle infiorescenze (maschili). %.° Tipo pendulifloro. È mobile il peduncolo dei fiori staminiferi. 3.° Tipo longistamineo. Sono mobili le antere, affisse ad esili filamenti. 4.9 Tipo esplodente. I filamenti scattano elasticamente. 5.° Tipo immotifloro. Ora passeremo a discorrere ordinatamente di ciascuno di questi cinque tipi. 198 f. DELPINO, A. Apparecchi d’impollinazione anemofila a tipo amentifloro. Presso cotali apparecchi le antere, per lo più sessili o subsessili, non sono nè esserte, nè mobili, salvochè nei generi di transizione Quercus, Fagus, Castanea. Ma per compenso della loro immobilità sono affisse ad un asse pendolo (amento), allungato e flessibile in modo da poter essere mosso ed agitato in ogni senso dal vento. l fiori femminei invece che non hanno bisogno di questo scotimento, sono immobili ed affissi a un asse per lo più eretto rigido e inflessibile, e non è che per eccezione che sono disposti in amento più o meno pendolo (per es. nei generi Populus, Platanus, Garrya). Conside- rando il quale antagonismo di mobilità per gli organi maschili e d’immobilità pei femminili, e riflettendo inoltre essere qui mobile l’asse delle infiorescenze soltanto, s’intuisce la convenienza che. le infiorescenze stesse siano unisessuali. E tali sono infatti costantemente presso le piante amentiflore. Che se talvolta occorre di osservare l’ermafroditismo di qualche flosculo o l’androginia di qualche amento, questi fenomeni sono eminentemente teratologici e transitorii. Le infiorescenze delle amentiflore sono per lo più monoiche come nei generi Lelula, Alnus, Ostrya, Carpinus, Corylus, Quercus, Fagus, Castanea, Juglans, Platanus, raramente dioiche come nei generi Populus e ‘Garrya. Il numero delle antere è sempre in grande eccedenza sopra quello dei carpidii; cosicchè resta a bastanza assicurata la fecondazione dicogamica, malgrado l'enorme disperdimento pollinico che è neces- sariamente collegato colla anemofilia. Correlativo con questo disper- dimento pollinico deve essere ravvisato pure l'espediente della mo- nospermia degli ovarii, che è un fenomeno generale presso le piante di cui si ragiona, anche quando, come nel genere Quercus e Fagus, a formare un ovario concorrono ben tre carpidii pluriovulati. In tal caso gli ovuli tutti abortiscono ad eccezione di un solo. Il solo ge- nere Populus fa eccezione avendo una capsula polisperma. Nella Betula e nel Carpinus i frutti maturando si muniscono di ala per essere disseminati dal vento; cosicchè i loro amenti femminei ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 199 hanno due stadii antagonistici. Se nel primo stadio loro giova non essere agitati dal vento, giova invece che lo siano nel secondo stadio. Quindi è che i loro amenti femminei sono suberetti e rigidi nel tempo della fecondazione, e diventano penzolanti e mobili nel tem- po della disseminazione. Il tipo di cui si ragiona vedesi egregiamente eseguito nei generi Betula, Alnus, Ostrya, Carpinus, Juglans; scorgesi alquanto modi- ficato nei generi Populus e Garrya per la pendulità degli amenti femminei, più ancora nel genere Plafanus, perchè gli amenti fem- minei pendenti da un lungo peduncolo hanno assunto una forma globosa (del pari che gli amenti maschi). Gli apparecchi florali dei generi Quercus, Fagus, Castanea pos- sono essere considerati come forme di transizione. Lo sviluppo dei filamenti, iniziato nel genere Quercus, via via progredendo nei ge- neri Fagus, Castanea, prelude a quei tipi anemofili, ove le antere, mobilissime e pendule esse stesse sopra esili filamenti, più non ab- bisognano di essere affisse a un asse penzolante. B. Apparecchi d’impollinazione anemofila a tipo pendulifloro. La condizione principale di questo tipo sta nell’ essere i fiori pen- denti da un peduncolo più o meno allungato, sottile e mobilissimo. Siffatta disposizione si riscontra in poche piante. Per ora io non saprei citare che il /egundo fraxinifolium, e i generi Rumex, Acetosa, Oxyria. Nel Negundo fraxinifolium, che può passare per | esempio più insigne di tali apparecchi, si vede ciascun fiore maschile pendente da un peduncolo capillare allungatissimo, ed è bello osservare quale trepidazione il vento imprime in cosifatte infiorescenze capillari. Ben diversa apparenza hanno i fiori femminili, i cui peduncoli sono assai raccorciati, rigidi e suberetti. Adunque nel /Vegundo si ripete l’an- tagonismo tra i fiori maschili e i femminili avvertito nel tipo prece- dente, e si ripete anche, il correlativo unisessualismo delle infiore- scenze (giacchè tal pianta è dioica). Questo genere, essenzialmente anemofilo e dioico, discendente dal 200 F. DELPINO, genere 4cer essenzialmente entomofilo ed ermafrodito-poligamo, for- nisce un memorabile esempio di metamorfosi per anemofilia. I carat- teri differenziali che distinguono il genere /Vegundo dall’ 4cer sono puramente caratteri di anemofilia, e viceversa quelli che distinguono il genere 4cer dal /Vegundo sono caratteri di pretta entomofilia (1). Quantanque brevi sono del pari mobilissimi al vento gli esili pe- duncoli florali dei generi Rumex, Acetosa, Oxyria. La maggior parte dei fiori qui sono ermafroditi, ma la tendenza all’ unisessualismo è palesata dalla diecia del genere Acetosa. C. Apparecchi d’ impollinazione anemofila a tipo longistamineo. Questo parmi il tipo florale predominante nelle anemofile. Si ri- trova in quasi tutte le Graminacee, Ciperacee, Restiacee, Centrole- pidee, Juncacee, nelle specie anemofile delle Amarantacee e Cheno- podiacee, in alcune Palme anemofile (Maxrimiliana regia, M. insignis, Seaforthia elegans), nei generi Celtis, Cannabis, Humulus, Theli- gonum, Empetrum, Corema, Ceratiola, Mercurialis, Ricinus, Pote- rium, Plantago, Littorella, Callitriche, Myriophyllum, Haloragis, Hippuris, infine nelle specie anemofile del genere Thalictrum, e nell’ Acer eriocarpum. Non in tutte le piante surriferite trovasi questo tipo egualmente bene eseguito. Raggiunge la perfezione presso la Pfantago lanceolata, le Ciperacee, le Graminacee, i generi Theligonum e Poterium ove le antere, formate da un tessuto leggerissimo e affisse a sottilissimi e lunghi filamenti, dibattonsi violentemente al menomo soffio di vento, Si trova per contro degradato nelle altre piante di mano in mano che, abbreviandosi ed irrigidendosi i filamenti, il tremolio delle antere diventa sempre meno cospicuo, per esempio nelle specie ane- mofile delle Amarantacee e Chenopodiacee, nel genere ZZippuris ecc. (4) Tra le numerose specie di Aceri il solo Acer eriocarpum mi ha esibito decisi caratteri di anemofilia. Ma questa specie a vece di aver allungati e mobili i peduncoli florali, gode di filamenti anteriferi allungatissimi cd esilissimi; cosicchè appartiene ad un altro tipo, cioè al longistamineo. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 2014 Nelle piante di cui si tratta, la mobilità degli organi maschili es- sendo condizionata non più dagli assi delle infiorescenze nè dai pe- duncoli florali, bensì dai filamenti stessi, all’avvertita antagonistica immobilità degli organi femminili l’ermafroditismo non offre più nessun ostacolo; quindi qui rendesi frequentissimo lo stato ermafro- ditico o poligamo dei fiori. Infatti sono ermafrodite quasi tutte le 3raminacee, le Ciperacee, le Giuncacee,i generi P/antago, Hippuris, e poligame la Mercurialis annua, le Chenopodiacee anemofile e i generi Empetrum, Ricinus, Poterium. Nè i fiori ermafroditi di queste piante offendono la legge dicoga- mica, perocchè quasi sempre ha in essi luogo la proteroginia. La quale è pronunziatissima e per lo più brachidiostimmica nei generi Luzula, Scirpus, Schoenus, Anthoxanthum, Alopecurus, Hippuris, Callitriche, nella Plantago, lanceolata, nel Chenopodium Bonus Henricus, ecc. Altre piante poi obbediscono necessariamente alla dicogamia perchè dioiche (Carex dioica, Spinacia, Cannabis, Humulus, Mercurialis perennis, Thalictrum dicicum, Acer eriocarpum), o perchè monoi- che (Zea Mays, Tripsacum, Carex, Littorella, Haloragis Myrio- phylum). In tutte quante le piante monoiche ora citate si verifica il feno- meno che i fiori o le infiorescenze maschili stanno perpendicolar- mente elevate al di sopra dei fiori o delle infiorescenze femminili. Molti con Linneo penseranno ciò essere una provvida disposizione della natura, per far sì che gli stimmi siano fecondati dalle sopra- stanti antere; la quale cosa se fosse vera, presso coteste piante la dicogamia sarebbe gravemente compromessa. Ma niente di più erroneo. Dobbiamo riflettere dapprima che il polline di tali piante casca in seguito al tremolio delle antere agitate dal vento, e che quindi la sua traslazione si fa in direzione orizzontale e non verticale di- _scendente. Adunque la impollinazione omogamica, sebbene non esclusa, resta per altro meno favorita della dicogamica. E per bene imprimere nella mente questa verità di fatto, stata da troppi trasandata, dobbiamo valerci d’un esempio volgare sì ma ‘ calzante. Figuriamoci di collocare una cesta ai piedi di una torre, di Vol. XIII. iu 202 F. DELPINO, salire sovra essa torre e di gittare a basso una grande quantità di pezzettini di carta. Qualunque sia il vento ‘che spiri, egli è certo che nessuno di detti frammenti cascherà nella cesta, e che tutti si spar- geranno più o meno lontano secondo la maggiore o minor ;forza del’ vento stesso. Finalmente nelle infiorescenze poligame dei generi Ricinus.e, Po- terium i fiori del vertice sono femminili e quelli della base maschili. Ciò implica senza più la necessità della dicogamia, non assoluta per altro, giacchè interposti tra i femminili e i maschili stanno pochi fiori ermafroditi. D. Apparecchi d’ impollinazione anemofila a tipo immotifloro. Se nel tipo precedente i filamenti prendono un grande sviluppo in lunghezza, qui per contrario sono poco o punto sviluppati. E poichè concorre la contingenza che i peduncoli florali sono 0 ‘rigidissimi o brevissimi, e che sono rigidi pure gli assi delle infiore- scenze, ne segue che gli organi maschili stanno immoti anche quando il vento è assai forte. Per quanto sotto l'aspetto di rendere più regolare e compiuta la cessione pollinica possa parere più proficua la mobilità degli organi sessuali maschili avvertili nei tipi precedenti, ciò nulla meno devesi aver presente che anche da immobili antere può il vento carpire a bastanza bene il polline. Appartengono a questo tipo molte Palme anemofile, le Miricacee, le Casuarinee, la Datisca cannabina, la Coriaria myrtifolia, la Pi-. stacia Lenliscus, la Myrsine africana e probabilmente altre specie di Pistacia e di Myrsine, l Hippophae rhamnoides, la Hyaenanche globosa, e i generi Potamogeton, Triglochin, Sparganium , Typha. Tutte queste piante obbediscono necessariamente alla dicogamia. Infatti aleune sono dioiche ( Pistacia Lentiscus, Hippophae rham- noîdes, Hyananche globosa, specie di Myrica e di Casuarina), altre sono monoiche (Cocos oleracea, Raphia, Eugueissonia, Sparganium, Typha), altre poligamo-dioiche (Coriaria, Myrsine). ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 205 Vi sono, è vero, due generi ermafroditi, Potamogeton e Triglochin; ma i loro fiori offrono in grado eminente il fenomeno della protero - ginia, cosicchè quando le antere deiscono, gli stimmi omoclini so- gliono essere già defunti. Finalmente un grado eguale di proteroginia è offerto da quei fiori di Coriaria che sono ermafroditi. Forse la stessa cosa avverrà per gli omologhi fiori della Myrsine africana, ma finora non ebbi occa- sione di esaminarli viventi, solo essendomi imbattuto in una pianta maschile, presso Ja quale potei facilmente rilevare i caratteri del- l’anemofilia la più assoluta. E. Apparecchi d’'impollinazione anemofila a tipo esplodente. Vedesi qui la natura aver messo in esecuzione un ingegnoso tro- vato, che surroga più che felicemente il moto impresso dal vento sugli organi maschili. 1 filamenti rigidi e carnosi stanno in posizione induplicata durante lo stadio della preflorazione. Avvicinandosi il momento dell’ antesi, le cellule della faccia interiore dei filamenti si vanno sempre più fa- cendo turgide, tantochè acquistano un grado notevole di tensione elastica. Arriva presto il punto che la tensione vince l’ ostacolo della clausura sepalina, e allora succede con iscoppio l’antesi, distenden- dosi violentemente i filamenti, ed esplodendo ogni antera tutta quanta la provvigione pollinica, che in forma di nuvoletta si sparge tutto attorno. 7 Questo singolare fenomeno ha luogo in tutta quanta la famiglia delle Urticee, e lo possiamo con facilità constatare presso le nostre specie di Urtica e Parietaria. Ma non è solo ristretto alle Urticee, avendo luogo con egual per- fezione presso il genere Morus, ed a quel che pare anche presso talune Celtidee. Roxburgh lo avrebbe segnalato presso la Celtis te- trandra, e Humboldt e Bompland presso la Sponia macrophylla (4). (4) Vedi PLancHon, Sur les ulmaceés, negli Ann. d’Hist. natur., serie terza, tom, X, 1848. pag. 250. 204 F. DELPINOy A questo tipo sarebbe infine riducibile il genere 4triplex, se sono esatte le seguenti osservazioni di Gilibert. « Occupés à développer au moyen d’une pointe le calyx d’une fleur de l’arroche vulgaire, nous fumes tres-surpris d’apercevoir une sorte d’explosion de la poussière jaune de ses étamines qui nous offusqua la vue. Soupeon- nant d’après ce fait, un mouvement semblable à celui qu’on a ob- servé avant nous dans les étamines de l’épine-vinette, nous nous empressàmes d’irriter celles de l’arroche (Atriplex hortensis); nous vîmes d la loupe ces étamines se mouvoir rapidement, se courber, et se heurtant ensuite toutes cinq par les anthères, produire de nouveau une semblable explosion de leur poussière fécondante » (1). Tutte le Urticee hanno fiori unisessuali disposti monoicamente o dioicamente, ad eccezione del genere Parietaria che porta fiori fem- minili e fiori ermafroditi. Poligami poi sono i generi Ce/tis e Sponia, dioiche e monoiche le specie di Atriplex. Adunque tutte codeste piante sono soggette più o meno alla legge della dicogamia, tanto più che i fiori ermafroditi del genere Purie- taria sono proterogini brachibiostimmici, ed è verosimile che lo siano anche quelli della Celtis tetrandra e Sponia macrophylla. Almeno io ho potuto osservare sopra una Celtis indeterminata che i fiori ermafroditi erano distintamente proterogini. Passate così in rapida rivista tutte le”piante anemofile che sono a nostra notizia ed esposte le loro generalità caratteristiche, prima di. chiudere l’ articolo non dobbiamo preterire la singolare coincidenza di una conformazione a lanterna dei fiori maschili nella Garrya Faydeni (e forse in altre specie di Garrya) e nella Hippophae rha- mmnoîdes. I quattro petali della succitata Garrya perdurano saldati all'apice anche dopo l’antesi, e si scostano nella parte mediana; cosicchè ogni fiore assume la forma di un palloncino o di una lan- terna a quattro valve longitudinali, entro cui stanno chiusi gli stami. Il vento poi investendo questi palloncini ne porta via gradatamente (1) GiLiserT, Demonstrations élementaires de botanique, t. I, pag. 28, 29. Fi ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 20% il polline, che vola fuori uscendo da dette valve. La stessa cosa si ripete sorprendentemente nei fiori maschili d’ Mippophae rhamnoides, se non che il palloncino è costituito da due petali semplicemente concavi e saldati alla cima, di modo che sotto l’azione del vento il polline esce fuori da due sole valve longitudinali. Questo interessante fenomeno di ripetizione in piante di affinità tanto remota, io devo, sotto l’aspetto biologico, ravvicinarlo a quello offertoci dalle capsule delle Orchidee, le quali, quando sono mature, deiscono per valve longitudinali, formando appunto dei palloncini affatto simili, da cui, spirando il vento, volano via i tenuissimi loro semi. Tali coincidenze mettono fuori di dubbio che cosifatta confor- mazione deve favorire singolarmente la dispersione anemofila del polline nel primo caso, dei semi nel secondo. Un'altra coincidenza singolare e di cui non sapremmo renderci fin qui ragione, è presentata dagli stimmi di diverse anemofile (Poterium, Ricinus, Corylus, Alnus, Parietaria), i quali sono tinti in un color sanguigno affatto speciale. Questo è un fenomeno poco comprensibile, tanto più se si riflette che i colori non giovano presso le piante anemofile, e che presso le piante zoidiofile gli stimmi anzi sogliono essere scoloriti. Del'e zoidiofile quelle che, per quanto ora ricordo, hanno stimmi identicamente colorati, sarebbero le Gera- niacee e alcune Malvacee. Seduta del 27 novembre 1870. Il Presidente apre la seduta invitando il socio C. Bel- lotti a dar lettura delle sue Osservazioni sulla flaccidità dei bachi, raccolte nella ultima campagna bacologica. Terminata la lettura il Presidente Cornalia domanda al- cuni schiarimenti in proposito, e ne nasce una breve di- scussione a cui prendon parte il Presidente, ed i signori Bellotti e Franceschini. Questa nota sarà stampata negli Atti. In seguito vien data lettura di una Memoria inviata dal socio Taramelli Sugli antichi ghiacciaj della Drava, della Sara e dell’Isonzo. Essa è corredata da una tavola e verrà stampata negli Att2. Esaurite le letture, il Presidente partecipa come siano stati incaricati i soci Cavezzali e Galanti di rappresentare. la Società il primo al Congresso Agrario di Lodi, e il se- condo al primo Congresso generale degli Agricoltori ita- liani in Pistoj;a.— Rammenta che la Società non potè riu- nirsi in questo anno essendo stato sospeso in causa delle vicende politiche, e rimandato al prossimo anno 1871, il Congresso internazionale di antropologia preistorica; per la quale epoca si promuoverà anche la Riunione straordinaria della Società. Si partecipa la morte del socio Giovanni Curletti. Il Presidente per ultimo annuncia, come essendo mi- gliorate le condizioni finanziarie della Società, si stia per riprendere la pubblicazione delle Memorie; e non essen- dovi altro a trattare, la seduta è sciolta. C. MARINONI, Segretario. Osservazioni sulla flaccidità (m0rts-/iats) nei bachi da seta, raccolte durante la campagna hacologica del cor- rente anno. Nota del socio CRISTOFORO BELLOTTI. (Seduta del 27 novembre 4870.) Or fa quasi un anno ebbi l’onore di comunicare innanzi a questi distinti colleghi il risultato dell’applicazione da me fatta del metodo Pasteur per la riproduzione di semente sana di razza gialla indigena. Due motivi mi inducono ora a ritornare su quell’argomento che è ben lungi dall’essere esaurito: l’uno la voce corsa, non so come, che io facessi un segreto della cattiva riuscita della semente di bachi da me in tal modo confezionata; l’altro il desiderio di render noto qual- che fatto ch’ebbi ad osservare durante l’ultimo allevamento e che non mi sembra privo di pratica utilità. Un buon generale se è pronto a divulgare le sue vittorie, non deve però arrossire dal confessare le proprie disfatte, che possono spesso dipendere da circostanze affatto estranee alla sua abilità strategica o al valore delle sue truppe; tanto più non dovrà vergognarsi di dire il vero chi ebbe a soffrire una'sconfitta nella impari lotta che l’uomo sostiene coi molti nemici occulti che la natura oppone a’ suoi sforzi nel campo del progresso industriale od agricolo. Nel caso concreto, data pure. una semente di bachi di perfetta sa- nità e robustezza, mille accidenti impreveduti e imprevedibili possono renderne più o meno infelice il risultato di allevamento; nè il ba- chicoltore deve perciò scoraggiarsi, ma indagare le cause del male sofferto e procurare in futuro di prevenirlo. Hanno poi grave torto coloro che da un esito infelice, traggono argomento per contestare l’utilità delle osservazioni microscopiche e dei metodi recentemente 208 C. BELLOTTI, praticati per preparare sementi esenti da pebrina, senza tener calcolo dei molti eccellenti risultati già in tal modo verificatisi. Le 178 once di semente a bozzoli gialli da me ottenute lo scorso. anno, con allevamento speciale in località isolata e che all’ esame si mostravano immuni affatto da pebrina, essendo il prodotto di farfalle che non contenevano più dell'uno per cento di corpuscolose, vennero nella stagione decorsa ripartite in varj lotti, destinati sia per l’alle- vamento in grande per bozzoli, sia per più piccoli allo scopo di ri- produzione. Di dieci di questi lotti che, avuto riguardo alla diminu- zione in peso della semente durante l’ inverno, costituiscono la quasi totalità della partita, posso riferire i risultati ottenuti; del poco rima- nente non mi pervenne nolizia. N.4.once122 distribuite dopo la nascita a 49 famiglie di coloni in Busto-Garolfo e Furato. » 2. » 22 4; provenienti da deposizioni cellulari, da coltivarsi presso i miei coloni a Varese e suddivise in sei lotti, per altrettante case coloniche fra loro isolate, come segue: a) once 6 — d) once 3 4/, Bid Ze ei c) » 35%, f) » 2% » 5. » È provenienti pure da deposizioni cellulari cedute al signor Giuseppe Delmati, a mezzo dell’Agenzia agraria in Milano, per essere coltivate a Schinznach e Biber- stein nel cantone svizzero d’Argovia. » 4. » 2 provenienti come sopra, cedute al nobile signor Luigi Crivelli da coltivarsi a Inverigo. » 8. = 4 proveniente c. s., ceduta al sig. ing. Luigi Radice, da coltivarsi alla Cascina Mainerio fuori di P. Ticinese. » 6. gr. 6 provenienti come sopra, ceduti al signor Felice Fran- ceschini e coltivati a Cassolnovo. » 7. » 4 provenienti da AQ deposizioni collulari cedute al signor dottor Carlo Tosi da coltivarsi a Busto-Arsizio. » 8. once, 4 coltivata presso lo stesso signor Tosi a Busto-Arsizio. » 9. ». 4 coltivata a Osnago in una tenuta del sig. conte Fran- cesco Arese. » 40. » A coltivata pressoilsig. Guido Susani a Rancate (Brianza). OSSERVAZIONI SULLA FLACCIDITA' NEI BACHI DA SETA, ECC. 209 Ora ecco il prodotto in bozzoli ottenuto dalle varie partite qui sopra distinte: : per ogni oncia di gr. 27, 23. Null tones 129. — Ricavo totale Kil. 49, 000 = QKil. 0, 401 a) n 6 — ” » n 121, 000 = >» 20, 466 db) » DI ” ” SLOT I VI » 2 c) “ 3 thy » n n 153, 800 = n 47, 323 ‘|d) » dit ” ” n 169, 350 = » 52, 100 e) Lu 2 n n n 85, 500 = » 42, 750 f) » Datialo ” ” nU 240 90 9, 980 » 3. once 5 ” ” » 190, 000('= » 38, 000 » 4 ” 2 ” ”» n 90,000 = » 45, 000 » 5 » 1— » » n 62,000 = » 62, 000 o bte 6 — n ” » 14,000 = n. 63, 530 allo > 4 — n ” n. 7,000 = » 47, 650 msi once L1— » n n 8,000 = » 8,000 cia cale pio ct ll ein pre ina PROVE 1 ” t) » 44,300 = » 44, 300 Risulta dal presente prospetto che se la partita più grossa al N. 4, falli completamente e il piccolo lotto f del N. 2, cogli altri ai N.8 e 9 diedero risultati men che mediocri, si ebbero dai rimanenti lotti complessivamente risultati abbastanza soddisfacenti, il che vuol dire che in circostanze favorevoli tutta la partita avrebbe potuto riescire a bene. Quali furono le cagioni che contrariarono quella buona riu- scita che si poteva ragionevolmente attendere da semente esente da pebrina ? È d’ uopo innanzi tutto avvertire che in nessun lotto fra quelli coltivati sotto la mia sorveglianza ebbe a mostrarsi la pebrina nei bachi e in pochi casi si rinvenne soltanto nelle farfalle, come si vedrà in appresso; la malattia da cui vennero decimati o distrutti ì lotti che riuscirono a male fu quella che vien distinta col nome di flacci- dità o mortipassi, la quale si manifestò più o meno in quasi tutte le partite, che potei io stesso osservare fino alla salita al bosco. Convien dunque ammettere che la semente, che poteva ritenersi esente da (1) Questo peso è approssimativo, essendosi confuse due partite di razza eguale, ma di diversa provenienza, riescite ugualmente bene. 210 C. BELLOTTI , pebrina, aveva in sè una disposizione a quest'altra malattia della flac- cidità che considero assai più funesta e temibile della prima; poichè da quella abbiamo mezzi quasi certi per difenderci, mentre in ri- guardo a questa, assai poco ancora la scienza e la pratica ci additano che valga a scongiurarne i danni, Tale cattiva disposizione avrebbe potuto essere combattuta”da circostanze? favorevoli durante l’alleva- mento, come lo fu infatti nei lotti che riescirono felicemente; la ventilazione dei locali, la pulizia, il buon governo de’ bachi ed altre attinenti alla stagione e indipendenti dall'uomo. Se però sopra 49, piccoli lotti in cui venne divisa la partita N. 4, non accadde che un solo trovasse anche accidentalmente tali favorevoli condizioni, bisogna ricercare pure in altre cause la ragione per cui il male si sviluppò con tanta intensità ed estensione. Per quanto abbia fatto riflessi in proposito non posso attribuire l'insuccesso ad altra causa generale fuorchè ad una trascurata incubazione, ch'io non potei sorvegliare di presenza e che ho motivo di ritenere sia stata condotta senza la necessaria lentezza, a troppo alta e non abbastanza uniforme tempe- ratura. S'aggiunga a ciò la poca diligenza abituale nei contadini di quelle località e si avrà sufficiente ragione a spiegare come, da bachi nati deboli da semente predisposta anche leggermente alla flaecidità ed allevati con pochissima cura, non s’abbia ottenuto che un mucchio di cadaveri puzzolenti. Da otto once di semente sanissima di Dalmazia, nata insieme alla precedente e distribuita ad altri cinque coloni, si ottenne un meschi- nissimo prodotto, mentre parecchie centinaja d’ once della. stessa partita di semente coltivate dal nob. sig. Luigi Crivelli, dal signor ingegnere Luigi Radice e da altri diedero splendidi risultati. La partita al N. 2 di once 22‘, coltivate presso i miei coloni a Varese non differiva da quella al N. 4, se non per esserne state eli- minate col metodo cellulare, le poche farfalle corpuscolose che con- teneva, circa l’un per cento, il che non poteva produrre alcuna sen- sibile variazione nel risultato di allevamento per bozzoli. Del resto le due partite erano state conservate durante tutto l'inverno nello stesso locale e colle stesse cautele che da varj anni vengono da me impiegate con buon successo. OSSERVAZIONI SULLA FLACCIDITA' NEI BACHI DA SETA, ECC. 244 Il lotto f di once 24, trovavasi in casa del mio fattore e di questo fu anticipata la nascita di alcuni giorni per tentare una ripro- duzione sana. La semente si schiuse dal 8 al 10 maggio, mentre pei lotti destinati ai coloni Ja nascita avvenne dal 14 al 17. L'andamento fu assai regolare fino alla terza muta; i bachi tutti assai vispi e di una eguaglianza straordinaria. Durante la terza muta la temperatura esterna crebbe a dismisura, sopravvennero giornate assai soffocate, nè si poteva riescire ad ottenere nella camera di allevamento una temperatura inferiore ai 30 centigradi od una sufficiente ventilazione, non preparati a tale accidente, assai strano in quella stagione ed in quella località; si pensò a trasportare i bachi in locale più ampio e più ventilato, ma il loro stato di assopimento impedì di attuare tale provvedimento prima che fosse ultimata la muta. Il rimedio giunse quindi troppo tardi; la partita aveva evidentemente sofferto. Si co- minciò ad osservare dopo la muta un rilevante numero di bachi che non ingrossavano; all’ esame microscopico si palesava un numero straordinario di cristalli usciti dai tubi malpighiani; andò sempre crescendo il numero dei piccoli; alla quarta muta vennero questi separati dagli altri mediante le carte bucate e gettati, calcolandosene circa un quarto del numero totale. Dopo la quarta muta anche nei bachi cresciuti normalmente in grossezza si manifestò la malattia della flaccidità ed in grado eminente; moltissimi morivano ogni giorno, ogni ora; molti altri venivano continuamente scelli e gettati ancora vivi perchè visibilmente incapaci a tessere il bozzolo. I pochi rimasti salivano il bosco dal 7 al 10 giugno non cessando mai anche in questi la moria. Si dovette alle incessanti cure e alla maggior possi- bile pulizia mantenuta, se si riescì a ricavare ancora pochi e leg- geri bozzoli, kil. 25 circa, da questa partita che, custodita come di ordinario, avrebbe completamente fallito. Anche in tutte le altre mie partitelle allevate a Varese si sviluppò più o meno la flaccidità, specialmente nelle due marcate a e d nel prospetto; non ne andò esente che la partita marcata d la quale, a differenza delle altre, venne allevata in locali naturalmente freschi per la loro esposizione a tramontana e colle finestre costantemente aperte; vebbero giornate in cui il calore interno non oltrepassava i 212 C. BELLOTTI , 42 gradi R.; i bachi si nutrivano allora pochissimo in attesa di più favorevole temperatura; ritardarono di tre giorni la salita al bosco in confronto degli altri mantenuti a temperatura più alta. Il raccolto fu più abbondante che per tutte le altre frazioni del n. 2 come ri- levasi dal prospetto. Egualmente allo sviluppo della flaccidità si dovette il men che mediocre prodotto ottenuto dai lotti distinti coi n. 8 e 9; non conosco però a sufficienza le circostanze di allevamento per poter fare sup- posizioni sulle cause speciali di tali risultati. Così non mi sono noti i particolari sull'andamento delle altre par- titelle di cui registrai la rendita in bozzoli; solo ebbi a sapere che nella partita al n. 10 vi ebbe dopo la quarta muta qualche comparsa di bachi flaccidi di cui non si videro traccie nelle partite ai n.3, 4, 5 e 6, le quali per la sanità mostratasi pure nelle farfalle, quasi tutte esenti dai corpuscoli della pebrina, vennero dai rispettivi allevatori destinate a riproduzione di sana semente. Dal canto mio l’unica partita di bozzoli che destinai a confezione di semente cellulare, fu quella distinta colla lettera d del n. 2, non perchè la reputassi la meno infetta di pebrina, ma perchè fu la sola che non presentò bachi flaccidi fino alla salita al bosco, avendo anche la rendita in bozzoli confermato tale osservazione. Debbo anzi dire che le altre partite c, e, f, di cui levai appositi campioni, mi si mostrarono infette da pebrina in grado assai minore della partita d, e ciò in contraddizione a quanto sembrava dovesse verificarsi secondo l'opinione rispettabile di Pasteur, che la pebrina si sviluppi con maggiore intensità nelle partite di bachi che hanno la predisposizione alla flaccidità (4). Infatti mentre nella partita d ri- scontrai circa il 20 per cento di farfalle corpuscolose, non ne ebbi che il 4 a 8 per cento nella partita f che fu la più maltrattata dalla flaccidità; il 2 a 3 per cento nella partita c; la partita e mi si mo- strò affatto priva di farfalle corpuscolose; notisi che quest’ultima partita era stata allevata in quella stessa località di Monte Allegro - presso Varese, dalla quale anche lo scorso anno ebbi a ritrarre bozzoli (1) Pasteur, Etudes sur la maladie des vers d soie. Paris, 1870, pag. 265 e seg. OSSERVAZIONI SULLA FLACCIDITA” NEI BACHI DA SETA, ECC, 2153 quasi affatto esenti da pebrina, dovendosi ciò attribuire alla distanza che separa quel cascinale da ogni altro in cui si tengano bachi. In omaggio quindi alla asserzione di Pasteur stesso sul carattere eredi- tario della flaccidità, di cui sono io pure convinto, sacrificai alla filanda le suddette tre partite di bozzoli, dalle quali avrei potuto ritrarre sette ad ottocento once di semente industriale che l'esame microscopico avrebbe dichiarato ottima, ma che non avrei potuto porre in commer- cio colla coscienza che dovessero riescire felicemente. Tale sacrificio ho fatto appoggiato anche ad altre osservazioni di cui dirò in appresso. E innanzi tutto mi sia lecito di dubitare”che la presenza del così detto fermento a coroncina nello stomaco delle crisalidi sia un carattere che accompagni sempre le partite decimate"dalla flaccidità; non mi fu dato rinvenirlo in nessuna fra le tante crisalidi che ebbi ad esa- minare di partite quasi totalmente distrutte da quel morbo fatale, come per es. nella partita f ed in varie altre più o meno malate. Lo rinvenni invece abbondante in qualche farfalla di partite anche affatto esenti dal malanno in discorso. Presentandosi quindi il caso di pro- durre semente con una partita di bozzoli di cui non s'abbiano veduti i bachi al momento della salita al bosco, ecco quali sarebbero, a parer mio, i dati che potrebbero servir di guida onde premunirsi dalla disposizione ereditaria alla flaccidità, giacchè per riguardo alla pebrina nulla di meglio che 1’ esame microscopico delle crisalidi e delle farfalle, come già viene”da molti praticato. 4. Copioso raccolto. — Se la semente da cui la partita deriva era sana e fu coltivata colle debite”cure, il prodotto ottenuto non dovrà essere inferiore ai kil. 45-30 l’oncia, gram. 27. Se il prodotto fosse in proporzione minore sarebbe evidente che una gran parte dei bachi morì prima di tessere il bozzolo e assai‘probabilmente per flaccidità essendo i danni di questa malattiaZpiù pronti a manifestarsi che non quelli della pebrina. 2. Bozzoli consistenti. — | bozzoli provenienti da educazioni in cui sia comparsa la flaccidità sono in parte assai meno consistenti di quanto normalmente dovrebbero esserlo, avuto riguardo alla razza cui appartengono; dovrà quindi il bachicoltore farsi caso anche di questa circostanza nella scelta di una partita di bozzoli destinata a semente. AU C. BELLOTTI, 5. Giusta proporzione fra è sessi. —In una partita ben riuscita la proporzione fra i maschi e le femmine, che può verificarsi osser- vando le crisalidi, deve essere quasi eguale; anzi si potrebbe credere a priori che la Natura, sempre intenta ad assicurare la conservazione della specie abbia fatto prevalere in questa, come in altre specie d’insetti, il numero delle femmine a quello dei maschi, di cui uno solo può al bisogno fecondare più femmine; se i maschi saranno so- vrabbondanti, come succede spesso nelle partite poco ben riuscite, sarà indizio che qualche malanno diminuì il numero delle femmine, che meno facilmente resistono a malefiche influenze. La poca rendita in semente deriva quasi esclusivamente dalla sovrabbondanza dei ma- schi. Nella partita f Ja più maltrattata dalla flaccidità, ebbi a verifi- care tale sproporzione nei sessi essendovi le femmine in ragione del 40 e i maschi del 60 per cento; nella partita e, in cui pure si ma- nifestò Ja flaccidità quantunque con minor intensità, riscontrai pure il 48 per cento di femmine e il 55 per cento di maschi, mentre nelle due partite c, d, meglio riuscite, Ja proporzione fu invece favorevole alle femmine. Si faccia eccezione pei bachi a tre mute nei quali i maschi sono di norma sproporzionatamente preponderanti. 4. Sfarfallamento completo. — Lo sfarfallamento di una partita sana deve riuscire completo; se ad operazione ultimata rimane an- cora una certa proporzione di bozzoli non forati, segno è che la cri- salide morì prima di trasformarsi o appena cambiata in farfalla; ciò può essere indizio di flaccidità nella partita, a meno che non siansi verificati altri mali facili a constatarsi, quali sarebbero la pebrina, il calcino, il negrone. Nelle partite sane, o leggermente infette di pe- brina, non dovrà rimanere più dell’uno o due per cento di farfalle non nate. Quanto alla malattia comunemente conosciuta col nome di negrone mi viene in acconcio di far qui osservare che non credo sia essa identica alla flaccidità, come Pasteur(4) fra gli altri, pare voglia ritenere. I caratteri esterni sono differenti per le due malattie. Mentre la flaccidità colpisce il Bombice allo stato di baco, il negrone invece pare sì sviluppi unicamente dopo che il baco è racchiuso nel suo (1) Loc. eit. pag. 225. OSSERVAZIONI SULLA FLACCIDITA' NEI BACHI DA SETA, ECC, 215 involucro di seta, che tinge allora in nero pel trapasso all’ esterno della materia liquida interna dello stesso colore, mentre non mi oc- corse mai di vedere un solo bozzolo così macchiato dai bachi morti di flaccidità, i quali decomponendosi danno invece origine ad una poltiglia bruna ; anche l’odore acre, che emana dai bozzoli tinti dal negrone, è assai differente più marcato e nauseante di quello che si svolge dai bozzoli in cui sianvi bachi morti flaccidi. L'esame mi- croscopico di queste due poltiglie non mostra veramente alcuna ap- prezzabile differenza; quando però si pensi che in entrambi i casi trattasi di un corpo in decomposizione putrida, è naturale che si ri- scontrino, tanto nell’ uno che nell’ altro, i vibrioni e gli altri minutis- simi enti proprj di tutte le sostanze organiche che si putrefanno. La flaccidità ha la sua origine negli organi digerenti del baco quando sono pregni ed ingombri di materia nutritiva; il negrone si sviluppa quando il baco, già crisalide, non contiene materia alcuna negli or- gani digerenti atrofizzati; ed è quasi sempre cagionato da mancanza della necessaria ventilazione nei locali in cui trovansi i bozzoli sul bosco. b. Abbondante semente. — Le condizioni fin qui accennate perchè una partita di bozzoli sia creduta atta a trarne buon seme, ove si verifichino, avranno per necessaria conseguenza un’ abbondante pro- duzione di semente. Trattandosi di razze gialle si dovrà calcolare una rendita non minore di 90 a 100 grammi per ogni chilog. di bozzoli. Se tale proporzione riescisse di molto inferiore, come accade sovente, si avrà molivo di dubitare della sanità e robustezza della semente ottenuta. 6. Mancanza di crisalidi annerite. — Tutti i caratteri finora indi- cati hanno certamente un valore pratico; non sono però così assoluti per riguardo alla flaccidità, che non possano trarre qualche volta in inganno. Quello di cui vengo ora a parlare, mi pare meriti tutta l’attenzione dei bachicoltori, per la facilità di osservarlo e per la sua relazione colla malattia in discorso. . Chiunque abbia avuto occasione di osservare negli anni passati un certo numero di crisalidi appena estratte dai loro bozzoli, non avrà tralasciato di rimarcare che, mentre la gran maggioranza di 216 C. BELLOTTI ,, esse offre una tinta bruna uniforme più o meno chiara a seconda dell’ età della crisalide stessa, in alcune questa tinta si mostra assai più scura principalmente in. corrispondenza alle ali, talvolta a tutto, il capo e più di rado all'intera superficie del corpo che appare anche quasi completamente nero. Quando la pebrina formava oggetto prin- cipale degli stud} dei bachicoltori, questa tendenza più o meno pro- nunciata all’annerimento della crisalide in corrispondenza alle ali si ammelteva come uno dei varj caratteri concomitanti l’esistenza di. quella malattia; lo stesso Pasteur se ne mostra convinto (4), ed io pure ne fui persuaso, avendo assai di frequente riscontrato corpu- scolose le crisalidi così più o meno annerite; la ragione era che, esaminando in allora le varie partite riprodotte fra noi, sia di razze indigene che di forestiere, si era quasi certi di rinvenirvi la pebrina sviluppata in alto grado. In seguito all’applicazione del metodo di Pasteur per la confezione delle sementi, le partite sane o poco infette si sono già assai moltiplicate anche fra noi, e più facile riesce ora il distinguere i caratteri proprj della pebrina da quelli derivanti da altre malattie. Dalle osservazioni fatte la scorsa primavera di partite più o meno affette di flaccidità ebbi a convincermi che l’annerimento delle crisalidi in maggiore o minor proporzione è indizio del maggiore o minor grado di flaccidità cui andò soggetta la corrispondente partita. Questa convinzione non è finora avvalorata da ragioni fisiologiche, nè da esperimenti di allevamento condotti all'uopo; ciò potrà formare oggetto di studio pel prossimo anno; essa è basata sul fatto della relazione costante osservata fra ja proporzione delle crisalidi più o meno completamente annerite e il grado di flaccidità verificatosi nella corrispondente partita, essendo in pari tempo indubitato che nessuna relazione esiste fra il carattere suaccennato e l’esistenza della pebrina. La partita che mi porse prima occasione di constatare un tal fatto fu quella alla lettera f del n. 2 che quasi tutta era stata annientata dalla flaccidità. Osservate le crisalidi dieci giorni dopo la salita al bosco, riscontrai in esse il 30 per cento colle ali più o meno anne- rite, ed anche qui i maschi così alterati, erano in proporzione assai (1) Loc. cit. pag. 268. OSSERVAZIONI SULLA FLACCIDITA' NEI BACHI DA SETA) ECC, 217 maggiore delle femmine, che probabilmente erano morte allo stato di bruco. Osservate poi al microscopio le farfalle nate da quelle cri- salidi, in nessuna vidi traccia di corpuscoli; la partita in complesso non presentava, come già dissi, più del 4-8 per cento di farfalle cor- puscolose. La stessa osservazione feci per la partita c che avendo il 2-3 per cento di farfalle corpuscolose mi mostrò il 48 per cento di crisalidi più o meno annerite; la partita e, affatto esente da farfalle corpuscolose, mi diede più del 20 per cento di siffatte crisalidi, e sempre maschi in prevalenza, e la partita d, contenente il 28 per cento di farfalle corpuscolose e nella quale, come si vide, non ebbe a mostrarsi la flaccidità, non mi presentò che due crisalidi sopra cento colle ali assai leggermente imbrunite. In altra piccola partita allevata in Milano, e di cui pure osservai i bachi al bosco affatto esenti da flaccidità, non ebbi a riscontrare alcuna crisalide di colore men che normale in 49 di esse osservate, quantunque sopra 1700 farfalle esaminate poi al microscopio, 456 mostrassero corpuscoli; più del 2% per cento. Sospettai allora che la semente ottenuta lo scorso anno dall’ alle- vamento speciale fatto a Monte Allegro presso Varese e che pe’ suoi risultati avea dato motivo di ritenerla predisposta alla flaccidità, pro - venisse pure da crisalidi in cui tale predisposizione si sarebbe potuta constatare in base alle osservazioni sovraccennate. Rivedendo le an- notazioni raccolte a quell’epoca trovai in fatti in una di esse che sopra 120 crisalidi osservate e tolte dalla intera partita dopo colta, 23 avevano le ali più o meno annerite, quasi 20 per cento; circo- stanza di cui non aveva creduto di tener calcolo in allora, perchè da nessuno avvertita e perchè d’ altra parte riscontrava una quasi as- soluta mancanza di farfalle corpuscolose, mentre in oggi mi si spiega per essa come la semente avuta da quella partita non abbia dato in complesso i buoni frutti che se ne attendevano. Credo dover insistere presso i bachicoltori su questo carattere, prezioso per la facilità colla quale può essere osservato e perchè, non richiedendo l'esame microscopico, riesce alla portata di tutti. Ora mi si fa maggiormente palese che la flaccidità nei bachi non è malattia di data recente, quantunque da poco avvertita e studiata, Vol. III 13 218 C. BELLOTTI, confusa come era colla pebriua che, come bene accenna Pasteur (4), veniva accagionata di tutti i rovesci fra i bachicoltori. Da varj anni mi ricordo di aver riscontrato crisalidi più o meno annerite in mag- giore o minor copia in quasi tutte le partite, specialmente di ripro- duzione giapponese, che andava osservando nelle filande, e a questa circostanza deve certo attribuirsi gran parte dei danni sofferti nel- l'allevamento di sementi che il microscopio aveva giudicato esenti, o quasi, da pebrina, con poca soddisfazione del coscienzioso e diligente esaminatore per la apparente contraddizione tra il suo favorevole giudizio e l’esito infelice dell’ allevamento. Qualora si verifichino le altre condizioni di cui nei precedenti. paragrafi, se la proporzione di crisalidi anche leggermente annerite non supera il 4-8 per cento, credo possa ritenersi trascurabile, essendo assai rare le partite che ne vanno totalmente esenti; non consiglierei ad affidarsi a sementi di partite in cui siffatte crisalidi si mostrassero in una proporzione maggiore. L’osservazione di Pasteur (2) che nei bachi morti di flaccidità si svi fuppano varj enti microscopici contraddistinti coi nomi di vibrioni, bacterj, monadi, ecc., viene male interpretata da molti i quali sup- pongono che la loro presenza nelle farfalle dopo morte possa pure essere indizio della temuta malattia. Contro tale erronea credenza è d’ uopo osservare che i piccolissimi esseri di cui sopra sono il pro- dotto normale dei corpi organici in putrefazione; che nelle farfalle che si lasciano morire naturalmente in locali molto aereati, tali enti non si sviluppano che ben di rado, mentre sono molto frequenti se viene accelerata la morte delle farfalle mediante la puntura di uno spillo, come s’ usa in alcuni apparecchi di deposizione cellulare, o se le farfalle stesse rimangono in locale caldo ed umido senza sufficiente aereazione, o peggio ancora se racchiuse in cassette. Nello stato na- turale la farfalla sana, dopo deposte le uova, impiega a morire un numero di giorni che non è sempre il medesimo, ma che è molto dipendente dal calore e dall’ umidità dell’ ambiente in cui si trova ; vive, si direbbe quasi, finchè conserva una bastante porzione de’ suoi (4) Loc. cit. pag. 207. (2) Loc. cit. pag. 226. OSSERVAZIONI SULLA FLACCIDITA' NEI BACHI DA SETA, ECC, 2419 umori, che perde tanto più presto quanto maggiore è il calore e la secchezza dell’aria che la circonda. Se interviene una ferita, quale sarebbe la puntura di uno spillo, l’insetto muore prima del tempo a cagione di essa e quando ancora i suoi umori sono abbondanti; la ferita stessa si fa centro di putrefazione, e per poco che le condizioni atmosferiche siano favorevoli, vi si sviluppa tosto una miriade di quegli esseri microscopici che non sarebbero forse comparsi diversamente. Non in tutte le farfalle trattate allo stesso modo si verificano gli stessi fenomeni; ciò può dipendere dall’essere la morte più o meno pronta, o da altre cause accidentali che riesce impossibile di indagare com- pletamente. Citerò due esperimenti, fra molti, per constatare la nessuna rela- zione tra la presenza dei vibrioni, bacterj, ecc. nelle farfalle morte e la disposizione alla flaccidità dei bachi da cui provennero. Destinai pochi bozzoli della partita f, distrutta quasi interamente dalla flacci- dità, per preparare alcune deposizioni cellulari di semente, in via di esperimento. Le farfalle collocate a tal uopo sulla tela in piccoli cer- chi di ottone, vennero sulla medesima fissate con uno spillo dopo de- poste le uova e lasciate poi cosi in una camera esposta a mezzogiorno ben aereata. Lo stesso feci con altre farfalle della partita e la quale pure era stata colpita, in minor grado, dalla flaccidità. Esaminate tutte queste farfalle nel settembre scorso, in nessuna di esse ebbi a riscontrare traccia di vibrioni od altra analoga produzione. Trattate nello stesso modo le farfalle della partita d, in cui non ebbi a con- statare flaccidità, in gran numero di esse si svilupparono in abbon- danza vibrioni, bacterj e principalmente un finissimo pulviscolo che potrebbe essere il primo stadio degli enti sopraccennati e che per comodità di discorso chiamerò microbj. Sono corpi minutissimi ap- pena ovoidali, diafani, somiglianti ai corpuscoli della pebrina, ma di dimensione men che la metà, e che a differenza di questi galleggiano sul liquido delta preparazione, mentre si sa che i corpuscoli della pebrina pel loro maggior peso se ne stanno sul fondo. Nel 1869 coltivai le uova di alcune farfalle che m’aveano presentato una mi- riade di questi microbj; ne ebbi completo raccolto di bozzoli senza alcuna apparizione di flaccidità. 220 C. BELLOTTI, Se nelle farfalle della partita d si svilupparono questi prodotti della putrefazione a differenza che nelle partitelle f ed e, la ragione si è che il locale in cui si trovavano le prime era meno ventilato, quan- tunque egualmente caldo, che quello in cui si conservavano le altre due, ed inoltre che le farfalle della partita d erano state collocate ap- pena morte in appositi cartoni cellulari e rinchiuse in casse di legno per ripararle dai Dermestes. La mancanza d’aria impedì il pronto es- siccamento dei loro corpi e i vibrioni, microbj, ecc. si svilupparono forse di preferenza nelle farfalle che per aver durato più lungamente in vita, aveano ancora il corpo pregno di umori. Un secondo esperimento venne eseguito dal dott. Carlo Tosi, mio ottimo amico e diligente bachicoltore, a Busto Arsizio, il quale pure si era sulle prime alquanto turbato per la gran copia di microbii, vibrioni, bacterj, ecc. che rinveniva nelle farfalle di una sua partita di più che 60 chil. di bozzoli gialli ricavati da un’oncia di semente, riescita quasi esente da pebrina e in cui nessuna traccia di flaccidità si era mai mostrata nei bachi, avendo egli riposto nella riproduzione ottenuta tutte le sue speranze di buon raccolto pel prossimo allevamento. Ecco quanto mi scriveva in proposito in data del 21 settembre scorso. « Qualche settimana fa mi furono mandati da Pavia pochi bozzoli di bachi bivoltini gialli giapponesi del secondo raccolto. Ho lasciato accoppiare le farfalle che ne uscirono e le posi poi sopra altrettante pezzuole. Due giorni dopo vi fissai le femmine in parte collo spillo attraversante l’addome, in parte chiudendole invece in una ripiega- tura della tela, come consiglia di fare il Pasteur e adoperando lo spillo a chiudere questa specie di borsetta anzichè a trafiggere la farfalla. » Quando tutte le farfalle furono morte da una quindicina di giorni, le ho esaminate. Tutte quelle fissate collo spillo alla pezzuola, meno una sola, erano piene di vibrioni e parecchie aveano in gran copia quelle granulazioni a coroncina che il Pasteur chiama fermento; inol- tre il liquido che si otteneva stemperando sul vetro il capo della far- falla era quasi sempre di colore oscuro come di caffè. Tutte le far- falle chiuse nelle borsette lasciavano invece sul vetro, quando vi si stemperava la testa, un liquido pagliarino. In nessuna vidi traccia nè di un vibrione, nè di fermento a corona. OSSERVAZIONI SULLA FLACCIDITA” NEI BACHI DA SETA, ECC, 221 » Questo risultato mi ha fatto molto piacere persuadendomi che è proprio la puntura dello spillo la causa che determina la presenza dei vibrioni che si trovano in tante delle farfalle trafitte. » Quand’anche non intervenga alcuna puntura o ferita qualsiasi, pos- sono manifestarsi nelle farfalle i vibrioni, i microbii o il fermento a corona per altra delle cause da me accennate, e sotto questo rapporto i bachicoltori possono rimanere, a parer mio, perfettamente tranquilli che nessuua malefica influenza ne avrà risentito la semente deposta dalle farfalle stesse. Si può facilmente impedire lo sviluppo di siffatti organismi se si tolgano dalle loro deposizioni le farfalle ancora vive o appena morte e, disposte in appositi apparecchi cellulari di cartone, si espongano ad alta temperatura, durante una mezz’ ora , in un forno da cuocer pane. Rinchiuse poi in adatte cassette di legno, potranno conservarsi perfettamente durante tutto il tempo occorrente per essere a bell’agio esaminate ; nè si tema che i corpuscoli della pebrina possano soffrire alcuna alterazione fisica durante questa specie di cottura, purchè la temperatura sia tale che introdotto dapprima nel forno un foglio di carta, ritirandolo dopo pochi minuti non siasi fatto bruno pel calore. Questo metodo ho pure assai utilmente impiegato per preservare le farfalle dalla voracità dei Dermestes, distruggendone le uova o le larve già formate. La flaccidità nei bachi ha recato nello scorso allevamento rilevanti danni, specialmente nelle razze fra noi riprodotte, sia verdi che gialle, e ciò a motivo forse del calore soffocante sviluppatosi principalmente durante il maggio. La scienza non ha ancora indicato alcun rimedio che valga a curare questo male, una volta sviluppato. Il diligente bachicoltore deve per esso, come per tutti gli altri che affliggono il baco da seta, attenersi finora ai soli rimedii preventivi. Assicuratosi per quanto è possibile che la semente cui si affida provenga da partita sana sotto ogni riguardo, non dovrà ommettere la disinfezione dei locali ed arnesi tutti destinati all’allevamento, con quei mezzi già praticati con successo, quali sono la combustione dello zolfo , il gaz cloro, la lavatura con potassa, l’imbiancatura, ecc. Durante l’allevamento dovrà sempre curare la maggior pulizia, la perfetta ventilazione dei locali 2232 C, BELLOTTI, ed evitare sopratutto gli sbalzi di temperatura che sono fra le cause più favorevoli allo sviluppo del temuto morbo. Negli allevamenti spe- ciali per riproduzione occorrerà scegliere località naturalmente calde e ventilate, poichè se il freddo moderato non basta per sè solo a svi- luppare la flaccidità, obbliga però a tener chiuse le aperture onde l'allevamento non si protragga troppo a lungo colla quasi certezza che si sviluppi invece la pebrina. In mancanza di una località che offra tali condizioni naturali, sarà necessario nei luoghi freddi supplire col fuoco per avere sufficiente temperatura, mantenendo sempre una perfetta aereazione, e nelle località calde ma poco ventilate rimediare con ventilatori opportunamente disposti. Volendo riepilogare il fin qui detto per chi non avesse la pazienza di leggere questa lunga filastrocca, accennerò alle conclusioni che se ne possono trarre e che si riducono alle seguenti: 1.° Una educazione fallita non deve distogliere il bachicoltore dal tentare ogni mezzo per conservare e riprodurre in grande le no- stre razze preziose di bozzoli gialli, essendo notorio che le. sementi giapponesi sane diventano ogni anno più scarse e costose, nè poten- dosi ormai ritenere probabile l’ introduzione di nuove razze sane da nuovi paesi. 2.° La semente gialla da me prodotta lo scorso anno affatto esente da pebrina avea la predisposizione alla flaccidità; cionnonostante diede ottimi risultati in varj lotti educati in condizioni favorevoli ; falli completamente o diede mediocri prodotti negli altri in cui tali condizioni non si presentarono naturalmente o vennero contrariate dall’incuria dell’ uomo. 3.° La predisposizione alla faccidità non è sempre causa che si sviluppi la pebrina con maggiore intensità, dato anche che ne pree- sistano i germi. 4.° La presenza nelle crisalidi del fermento a coroncina non è costante anche in partite assai maltrattate dalla flaccidità. 5.° A garantirsi dalla flaccidità nella scelta di una partita di bozzoli destinata a semente sarà bene farsi carico delle circostanze a suo luogo dettagliatamente discusse, vale a dire: copioso raccolto ot- tenuto di bozzoli consistenti; giusta proporzione fra i sessi con pre- OSSERVAZIONI SULLA FLACCIDITA' NEI BACHI DA SETA, ECC. 225 dominio piuttosto delle femmine che dei maschi; poi sfarfallamento completo, e conseguente abbondanza di semente ricavata, 6.° Ai suddetti criterj di buona pratica, ma non assoluti, si do- vrà aggiungere l’altro più di tutti importante, cioè la mancanza totale, o quasi, di crisalidi più o meno annerite specialmente in corrispon- denza alle ali, essendo costante la relazione fra la proporzione di sif- fatte crisalidi e il grado di flaccidità sviluppatosi nella partita corri- spondente e che potrà essere trasmesso per eredità. 7.° La flaccidità è malattia distinta dal negrone. 8.° I vibrioni, bacterj, monadi , fermento a corona e un’altra produzione organica che distinguo col nome di microbj, e che tutti si osservano con più o meno frequenza nelle farfalle morte, non de- vono far temere che la partita corrispondente sia affetta da flaccidità, essendo l’esistenza di tali esseri microscopici dipendente da circo- stanze affatto estranee allo stato di sanità e vigore delle farfalle stesse. Si potrà facilmente impedire lo sviluppo di siffatti esseri mediante il pronto essiccamento artificiale delle farfalle morte, che si può ottenere col calore di un forno. 9.° Non conoscendosi rimedj curativi della flaccidità converrà attenersi ai rimedj preventivi, vale a dire la scelta di buona semente, la pulizia e spurgo dei locali ed attrezzi, la ventilazione costante du- rante l'allevamento, non disgiunta da una temperatura sufficiente a impedire che i bachi progrediscano con troppa lentezza. Se da queste mie osservazioni, fatte durante una campagna baco- logica che fu per me assai meno propizia delle precedenti, verrà resa più facile ai bachicoltori la strada che deve condurli a rimediare alle piaghe lasciate dagli scarsi raccolti degli ultimi dieci anni, mi chia- merò ancora fortunato e potrò ripetere anche per mio conto il noto proverbio che non tutti i malanni vengono soltanto per nuocere. Sugli antichi ghiacciaj della Drava, della Sava e dell’ Isonzo. Lettera del dott. T. TARAMELLI al prof. A. STOPPANI, (Tavola II). (Seduta 27 novembre 1870) Carissimo professore, Non mi consta che aleuno dei molti geologi, i quali visitarono la Carinzia, la Carniola ed il Friuli orientale, abbia mai fatto soggetto di studio il terreno glaciale, che si sviluppa ampiamente nelle alte vallate di questa regione, ed abbia trattato dell’antica espansione dei ghiacciaj del gruppo del Dreiherrenspitz e del Gross- lockner. Se veramente tale lacuna esiste, è più che basta giustificata dall’importanza e dalla vastità degli studii richiesti fino ad ora dalla complicata struttura geologica di queste regioni; nè mia intenzio- ne è l’aspirare a levarla completamente, stante la pochezza delle osservazioni raccolte in un rapido viaggio, avente per scopo princi- pale un confronto della serie triasica e paleozoica di quei paesi colla serie friulana. Voglio per ora esporle solamente per quali fatti mi sia convinto dell’esistenza di un apparato morenico a grande distanza dai ghiacciaj e dalle vedrette, che tuttora si osservano; indicando quelle località, in cui si dovrebbe istituire un esame dettagliato, quale lo merita, a parer mio, l'argomento. Considerando dapprima l'espansione e la potenza del ghiacciajo del Tagliamento, che scese con un massimo spessore di 700 metri fino a 80 chilometri dalla origine di quel fiume, in una regione, ove attualmente non si osserva alcun ghiacciajo, e solo poche cime at- tingono il livello delle nevi perpetue; deducendo da tale considera- zione la. conseguenza che nell’ epoca glaciale il livello delle nevi perpetue dovette discendere sotto i 2000 metri e comprendere vaste regioni, attualmente ridenti per pascoli e per robuste foreste di co- nifere, erami persuaso a priori che tutte le vallate più alte e più settentrionali fra quelle della Carnia dovevano aver avuto i loro ghiacciaj, che riuniti probabilmente in altrettanti ghiacciaj principali, quante sono le vallate di primo ordine, dovettero accumulare il. pro- SUGLI ANTICHI GHIACCIAI DELLA DRAVA, DELLA SAVA E DELL'ISONZO, 228 dotto dell’erosione meteorica ben lungi dalle rupi, d’onde trassero le origini prime e gareggiare in estensione ed in potenza coi coevi ghiac- ciaj dell’Adige, dell'Adda e del Ticino. Osservando inoltre nel terreno erratico del Friuli, e precisamente nelle morene laterali di destra, i gneis e le roccie paleozoiche del- l’alta valle della Drava e del Cadore, erami convinto dell’ antica esi- stenza di un centro di dispersione del terreno erratico, formato da una massa di ghiaccio dello spessore di circa 800 metri, là dove scendono pei vari versanti 1’ Eisach, la Piave, la Gail e la Drava, e si ergono a circa 3000 metri le vette del Rothwand, della cima Burken e dei monti di Sillian. La presenza infatti di cotali rocce nelle morene della vallata friulana non si può altrimenti spiegare, se non ammet- tendo la loro discesa nel versante adriatico attraverso il passo di Pa- dola (1653 circa, 310” sulla Drava ad Innichen), daprima come morene laterali di sinistra del ghiacciajo delle Piave e quindi per la Mauria (1277), come morene di destra del ghiacciajo del Taglia- mento; in tal guisa soddisfacendo ai più minuti dettagli della posi- zione, in cui si osservano scaglionati, nei d’intorni d’ Ampezzo, di Invillino, di Cavazzo e di S. Daniele, i depositi glaciali da quelle rocce contradistinti. Conchiusi insomma, che alla origine delle dette vallate dovette esistere un gruppo di ghiacciaj, di cui erano ancora da ri- cercarsi i limiti d’un massimo sviluppo. Era poi troppo facile supporre che all’epoca glaciale avessero avuto una ben maggiore estensione quei ghiacciaj, che alle origini dei maggiori confluenti della Drava tuttora scintillano tra le rupi del Grosslockner (3896), del Tauern- kofel, del Blankensteinspitz, del Grossvenediger e dell’ Hornspitz. Onde verificare le mie deduzioni e rintracciare, se non le morene frontali che aveva poca speranza di rinvenire in una orografia così intralciata, almeno le morene laterali ed insinuate, scelsi la valle della Gail, perchè più prossima al campo delle mie escursioni e perchè, una volta provata l’esistenza di un ghiacciajo per tutto il decorso di questa vallata secondaria, poteva esser sicuro di aver trovata una parte di un sistema glaciale più complesso, che certamente avrebbe abbracciato gli alti confluenti della Drava, più importanti e scendenti da altezze maggiori. Nè durai molta fatica a scoprire le tracce di questa 226 T. TARAMELLI, ghiacciajo. Per ogni vallico da me percorso dalla valle della Gail nella Carnia, nell’alta valle del Fella e nella Wurzer-Sau, attraverso cioè i passi del Paralba (1950), del Volaja (2200), dell’ ludenkofel (2340), del Monte Croce (1213), del Primosio (1860), del Pecol di Chiaula (1880), dello Straning, di Lanza (1620), del Nassfeld (1630), di Saifnitz (783%) e di Krainberg (1057); ovunque osservai ad altezze, sempre decrescenti da Ovest ad Est, degli amplissimi terrazzi morenici, con ciottoli striati e massi erratici, e giù nella valle, come sulle sponde dei confluenti della Gail, le più chiare vestigia dell’ arrotondamento. Tra i terrazzi morenici meglio conservati noto quello da Mauthen a Tropelach (200 a 470% sulla Gail) e quello da Maglern a S. Leonard (280 sulle Gail), sulla sponda destra del fiume; tra i migliori e più convincenti esempi d’arrotondamento accenno alla regolarità di pro- filo delle rupi calcari di Arnoldstein, di Fòderaum e di Judendorf, presso Villacco, non che di altre moltissime, scaglionate nel ver- sante destro della Gail e dovute all’ affioramento, talora molteplice, della zona calcare del carbonifero. Per tali vestigia viene assicurata l’esistenza di un antico ghiacciajo, assai ristretto nell’alta valle della Gail o Lessach Thal, quindi mano mano più espanso, per la confluenza di altrettanti ghiaccia) quanti sonoi tributari dell’una e dell’altra sponda, ed esteso dalle prime origini della valle, tra il Silvella e lo Spitzenstein, sino ai laghi morenici di Vellach e Forolach ad Est di S. Hermagor. Giunto a Faistritz (346%), con una potenza almeno di 700 metri, divi- devasi in due rami, onde raggiungere col ramo settentrionale la valle della Drava pel passo di Bleiberg, di soli 400 metri più alto di questo fiume, e col ramo più meridionale la stessa valle della Drava presso Villacco; così circondando tutt’attorno l’ alpe di Dobrachs, la cui vetta si eleva a 2153 metri sul livello marino e sporgeva di soli 900 dalla massa del ghiacciajo. Il decorso di questo ghiacciajo, dal Sil- vella al punto di fusione con quello della Drava, era di circa 90 chi- lometri. I depositi glaciali, osservati pei valichi summentovati, hanno due distinte fisonomie a seconda che si innalzano più o meno sul fondo della valle ed a seconda che sono più o meno distanti dalle sue prime origini, I più bassi, come i più orientali, sono fortemente ri- SUGLI ANTICHI GHIACCIAJ DELLA DRAVA, DELLA SAVA E DELL’ISONZO. 227 mestati, sì da assumere una parziale stratificazione degli elementi meno voluminosi, sempre però conservando la presenza dei ciottoli striati. Il più grandioso esempio di questa forma di terreno erratico l’osservai al passo di Krainberg, da Villacco a Wurzen, all'altezza di circa 500 metri sul letto della Gail. Questo passo, in origine de- terminato dalla erosione degli scisti carboniferi inferiori al calcare rosso ad Orthoceras, è verso la sua sommità occupato da un potente ammasso di terreno argilloso, detrito degli stessi scisti, confusamente stratificato, in cui stanno sepolti enormi massi di arenarie , di cal- cari, di calcoscisti talcosi e di puddinghe quarzose dei terreni più occidentali. Questi massi sono distintamente striati; angolosi i più grossi, e della forma trigona, caratteristica i meno voluminosi. Questo deposito, all'altezza a cui si trova sul fondo della valle, non può ve- nire attribuito che ad un lago laterale , sostenuto dalla massa e dai detriti glaciali, durante l’epoca di un massimo sviluppo del ghiacciajo della Gail. A tale periodo di massima espansione certo non ponno corrispondere i più bassi terrazzi morenici allo sbocco dei confluenti più occidentali, specialmente se rimestati; poichè, in quel periodo, ognuno di essi era occupato da un proprio ghiacciajo, come appare dall’ arrotondamento delle rupi calcari, che presentansi ad un punto più o meno elevato del loro corso, e come consegue dalla generale altezza dai 2000 ai 2500 metri delle creste dello spartiaque tra la Gailthal e le valli più meridionali. Questi terrazzi rimestati sono tanto meno alti sul thalweg della Gail quanto più ci accostiamo alle prime sue origini e corrispondono all’epoca, in cui mano mano scomparivano i ghiacciaj dei tributari e solo rimaneva, molto attenuato in potenza, il ghiacciajo principale. Di questo periodo di regresso non si conser- varono a testimoni perenni le morene frontali, distrutte, come ovunque nelle valli alpine, dall'erosione posglaciale; solamente presso allo sbocco della Gail nella Drava, nel tratto da Arnoldstein a S. Leonard, alcune collinette, moreniche con ciottoli striati, rappresentano gli avanzi di una morena frontale, elevatasi dal ghiacciajo della Gail al- lorquando, fattosi indipendente da quello della Drava, era ancora abbastanza ricco di massa e di velocità per contrastare per alcun tempo colla ablazione, che poi lo distrusse, 228 T. TARAMELLI, Assicuratomi dell’esistenza del terreno morenico nella vallata della Gail, prima di passare alla vallata principale della Drava, volli esa- minare le tracce dell’esistenza, del massimo sviluppo e dei successivi stadi di regresso del ghiacciajo della Gailitza; il più importante con- fluente della Gail, che nato dalle nevi perpetue del Mangert (2679) e del Wichskofel (2660), nei dintorni di Weissenfels e di Raibl, sbocca nella Gail a Nord-Est di Hohenthurm, a circa 500 metri sul livello marino. Della sua esistenza ed unione col ghiacciajo della Gail non mi rimase alcun dubbio, dopo che ebbi trovato dei blocchi di porfido di Raibl, non solo nei lembi dell’apparato morenico frontale della Gail, ma eziandio in quello della Drava. Riguardo poi alle tracce della sua scomparsa, noterò i terrazzi morenici d’ Unter-Tarvis e le più recenti morene, così ben conservate, che limitano a valle i laghi di Raibl e di Weissenfels e che furono probabilmente le cause della loro formazione, per lo sbarramento del torrente a cui corrispondono. Noto incidentalmente, che a Nord del lago di Baibl, presso alla svolta della strada, che conduce al paese, osservai una collinetta morenica quasi essenzialmente costituita da massi porfirici, i quali accennano a qualche emersione non ancora rintracciata tra le masse dolomitiche dei monti circostanti. Non potendosi ammettere che tali massi pro- vengano dalle notissime emersioni di Kaltwasser, che affiorano più a valle e in un livello più antico della dolomia principale (cioè all’ o- rizzonte del S. Cassiano); bisogna necessariamente ammettere l’ esi- stenza di dicchi porfirici anche superiormente alla serie marnosa di Raibl, quantunque la posizione loro sia tuttora da definirsi. Alcuni di questi massi sono anche mineralogicamente diversi dai porfidi sino ad ora conosciuti in questa vallata, risultando esclusivamente di una pasta rossa feldispatica, a frattura concoidale con cristalli rosei d’or- tose, senza alcuna traccia di mica e di augite. È poi molto possibile che altre emersioni, contemporanee o posteriori a quelle di Raibl, esistano anche all’origine di qualche tributario del Fella o del Ta- gliamento; poichè non tutti i porfidi, che si trovano erratici nelle morene friulane, corrispondono all’unica emersione di porfido quarzoso rosso, fino ad ora conosciuta in questa regione ed appartenente al Permiano inferiore. SUGLI ANTICHI GHIACCIAJ DELLA DRAVA, DELLA SAVA E DELL’ISONZO, 229 Tornando ora all'argomento di questa mia nota, non le. parrà strano che fossi quasi sicuro di rinvenire delle vestigia più grandiose di antichi depositi morenici allo sbocco della Drava, il cui ghiac- ciajo pliostocenico, scendendo dalle prime origini della valle a S. Can- dido (Innichen), riceveva tributari potentissimi dalle valli dell’ Isel della Moll e della Malta, tuttora sgorganti da nevi eterne, dalle ve- drette e dai ghiacciaj delle Alpi noriche, splendidamente illustrati dai fratelli Schlagginweit. A ricercare tali vestigia, mi portai in quel tratto della Carinzia, che peri suoi laghi, per le pianure leggermente ondulate, per le morbide e verdeggianti colline, ricorda così vivamente la nostra bella Brianza; nel tratto, cioè, che fiancheggia il corso della Drava da Villacec alla gola montuosa, in cui il fiume si in- cassa a tramontana di Bleiburg ed a levante di Wolkenmarkt, e che si stende da S. Weit alle falde settentrionali delle Caravanche; sol- cato dalla Glan, dalla Gurk e da altri minori confluenti della Drava, In questa regione lo sguardo è spesso ricreato dal sorriso di. qual» che lago, le cui onde battono con grato mormorio il piede di colli, generalmente a morbidissimo pendio, e riflettono Jo smalto di pascoli ubertosi, e più spesso il verde intenso di foltissime foreste di conifere. Di tali laghi ne esistono d’ogni estensione e d’ogni forma, e varia ne è l’origine, quantunque assai uniforme sia il paesaggio che li circonda. Il maggiore di tutti, quello di Wérth, si stende per circa 15 chi- lometri da Ovest ad Est, tra Villacco e Klagenfurt, a 417 metri sul livello del mare; più basso di 68 metri di Villacco, di 51 di Klagen- furt e di 89 a 6 metri del corso parallelo e più meridionale della Drava (spaccato V). Viene quindi il lago di Ossiach, lungo circa 40 chilometri, che stagna a Nord di Villacco, presso a poco allo stesso livello delle alluvioni terrazzate, che circondano a Sud-Ovest questa amenissima città (490%), e si scarica per un emissario nel torrente Ariach e per questo nella Drava. La forma allungatissima di questi laghi è pur comune ai laghi di Millstatt e di Weissen (spaccato l e Il), che trovansi nella regione montuosa della vallata; l'uno ad oriente di Spittal, perfettamente parallelo al corso della Drava, ma superiore di 94 metri al letto di questa; l’altro internato tra i monti Laka e Feldberger (1848 e 1964) e rappresentante colla sua direzione 230 T. TARAMELLI, l’accorciatoja, che prenderebbe la Drava per scendere da Greifenburg a Paternion, se potesse rimontare l’altezza di 183 metri, di cui è superiore all’attuale suo corso la sella occupata dal lago. Altri in- numerevoli laghi hanno la forma dei laghi morenici delle prealpi italiane, ed i più rimarchevoli sono quello di Faak, a Sud-Est di Villacco, di circa 57 metri più alto del vicino letto della Gail, a cui manda il suo emissario; quello di Feutchach, appena a Sud del lago di Worth, 108 metri più in alto di questo (spaccato III), e quello di Strussnitz (spaccato III); i rimanenti si osservano nei dintorni di Moosburg, di Eiesdorf, di S. Kantian, di Mòkriach e di Gòsseldorf. Il maggiore lago di Worth, come quelli di Millstatt e di Weissen, sembra fatto a bella posta per suggerire una prova alla teoria della riescavazione; tanto è perfettamente nella direzione, che doveva aver nella sua discesa il ghiacciajo della Drava. Il lago di Ossiach invece, stendendosi proprio a perpendicolo del corso della Drava, fa scappare ben lontano la tentazione di attribuire ad una causa ipotetica ed impossibile quanto è puramente la conseguenza dell’ essere questi la- ghi, al pari delle principali vallate, dovuti a fratture originarie e legati ad una orografia presistente all’epoca glaciale. Se è innega- bile il nesso, che unisce la loro attuale esistenza alla dimora degli antichi ghiacciaj, questo nesso sta solo nel fatto semplicissimo, che la presenza del ghiaccio nei loro bacini ne impedì il riempimento per la sospesa dejezione alluvionale. Questi, come tutti i laghi dell'alta Italia e della Svizzera, forse più non esisterebbero o certo sarebbero assai meno estesi, se fosse continuata per tutta l'epoca quaternaria l'alluvione iniziata dopo l’ultima emersione dal mare terziario, e se il prodotto dell’erosione a monte non fosse stato portato a valle totalmente, o quasi totalmente, senza esser disperso, come avvenne per le valli non occupate giammai da ghiacciajo, in tutta la lunghezza dei thalweg sotto forma di alluvioni fluviali. Se poi l’epoca glaciale avesse sorpre- so le alpi appena dopo la loro emersione dal mare pliocenico, per la ca- tena dal Garda alla Liguria, e dal mare miocenico per il rimanente di questo sistema montuoso; se si fossero cioè trovate più vicine al polo e nelle condizioni della Scandinavia, io credo che i laghi del sistema alpino, molto distanti dal mare, sarebbero assai più sviluppati ed al- SUGLI ANTICHI GHIACCIAJ DELLA DRAVA, DELLA SAVA E DELL'ISONZO. 234 lungati verso monte, mentre i più vicini non esisterebbero, o meglio sarebbero rappresentati da lunghissimi e stretti seni di mare, da veri fyord. Comunque sia, egli è certissimo che questi laghi della Ca- rinzia sono intimamente legati colla dimora dell’antico ghiacciajo della Drava, e che i maggiori sono dovuti alle condizioni stratigrafiche della regione, sono cioè laghi di chiusa. Ma sulle sponde di questi laghi, ove sono i contorni caratteristici delle chiuse? ove le rupi scoscese, ove le ripide frane ed i burroni, che costituiscono quell’apparenza di recente rovina, che colpisce e direi quasi, spaventa nelle Alpi? E sì, che i frequenti affioramenti dei calcari paleozoici dalle alluvioni plioceniche o quaternarie accen- nano ad una originaria somiglianza orografica di questa regione colle Alpi circonvicine. Egli è che su queste rupi paleozoiche, già irrego- lari ed alpestri scese un tempo la potentissima lima del ghiacciajo, che riducendo agli stessi rotondeggianti contorni il calcare cristallino come il conglomerato pliocenico, lo scisto e l’arenaria come la pu- dinga e la dolomia cariata, impartiva alla regione una monotomia forse più uniforme delle bizzarre erosioni, che incisero le alluvioni od i sedimenti marini pliostocenici dei paesi giammai visitati dai ghiaccia]. Per quanto però fossero evidenti le tracce dell’ arrotondamento e gli effetti dell’antica dimora del ghiacciajo della Drava, non poteva esser sicuro della giustezza delle mie deduzioni sino a tanto, che non trovava le tracce materiali ed i limiti del suo sviluppo. A tale intento feci varie escursioni pel tratto sopra delimitato e dal complesso delle mie ricerche mi risulta che, stante la complicazione dell’ orografia preglaciale della regione, per gl’ innumerevoli affioramenti delle rocce in posto (abbastanza precisamente indicate dalla carta geologica del- l'Impero Austriaco) non si può ricostituire un vero anfiteatro more- nico, paragonabile ai bellissimi della vallata padana; che però esi- stono delle serie di colline moreniche, scaglionate a varia distanza dallo sbocco della Drava a Villacco, distinte, per la natura litologica dei ciottoli, a seconda della posizione rispetto all’asse dello scomparso ghiacciajo e comprendenti nelle loro bassure i laghi minori e le tor- biere. Di queste le più importanti stendonsi ad Ovest del Monte Hum, da Tainach a Wuchel e dal lago di Strussnig verso Nord-Ovest, sino 252 T, TARAMELLI) agli affioramenti di calcare carbonifero e di micascisti nei dintorni di Feldkirchen. Le morene si osservano mirabilmente conservate a Sud di Maria Gail, tra Feldkirchen ed il lago di Wérth; tra questo ed il Monte Turia (915"), da Kirchenteuer ad Unterleobl, a circa 150 metri sul letto della Drava; alle falde del Georgenberg(659),a circa 180 metri sullo stesso fiume; da Kiihnsdorf a Bleiburg a 120; da Ruden a Wolkenmarkt, a circa 160; finalmente da Wolkenmarkt a Klagenturt, alte in media da 40 a 60 metri sul piano delle alluvioni e di 90 a 100 metri sul letto della Drava. Solo raramente è dato os- servare un certo ordine nella loro disposizione ed è carattere co- mune la prevalenza di elementi argillosi, dovuti al grande sviluppo dei terreni scistosi nella vallata, a cui corrispondono. Per le morene del fianco destro sono distintivi i porfidi di Raibl; per le mediane e di sinistra, dei massi di micascisto e di eglogite, talora assai volu- minosi e provenienti dalle prime origini dell’Isel e del Moll. Per la presenza di tali depositi, la cui origine è indubbiamente ac- certata dai ciottoli striati, dalla natura stessa dei massi e dalle modi- ficazioni apportate all’orografia, si deve quindi ammettere l’esistenza e la graduale scomparsa di un enorme distesa di ghiaccio, che in un’e- poca di massimo sviluppo spingevasi sino alle falde dei monti di Blei- burg e ricopriva tutta la regione anzidelta, solo rispettando le velte più elevate, quali il Taubenbuchl, a Sud Est di Ossiach (10682), il Turia (918), l'Ulrichsberg (1014) a Sud di S. Weit, 1’ Haselburg tra la Drava e la Glan e qualche altro colle, sorpassante la potenza mas- sima, che si può assegnare a questa massa di ghiaccio con un piano inclinato, dai 600 ai 200 metri più alto del medio livello della regione da Villacco a Bleiburg (spaccato V). Dalle prime sue origini nella Teffereckenthal e nella MolIthal, que- sta gigantesca fiumana di ghiaccio avrebbe percorso fino a Bleiburg cirea 3500 chilometri; più estesa di venti o trenta chilometri del com- plesso ghiacciajo dell'Adige, il maggiore pel versante meridionale delle Alpi; più estesa dal ghiacciajo del Rodano, non essendo stata arrestata da alcune catena perpendicolare al suo decorso, ma avendo potuto seguire liberamente la vallata, a cui corrisponde, senza sfor- marsi, come fece il giacchiaio del Rodano nell’ampio vallone fra il Giura e le Alpi. SUGLI ANTICHI GHIÀCCIAJ DELLA DRAVA, DELLA SAVA E pELL'ISONZo, 233 Le presento qualche spaccato, a scala d'altezza molto esagerata, onde darle un’ idea della orografia della regione, del tratto invaso dal ghiac- ciajo della Drava e della reciproca relazione tra i vari depositi cone. tinentali. La scala della distanza corrisponde a quella della carta della Carinzia del signor Paulyni, ufficiale all’I. R. istituto topografico di Vienna, ed i dati altimetrici furono in parte levati dalla stessa carta, in parte dall’Atlas der Alpenlinder del Mayr, ed in parte calcolati dietro a osservazioni barometriche da me istituite. Mano mano che andava scomparendo questa massa di ghiaccio e si formavano le morene più occidentali, generalmente meglio conser- vate, la regione, alquanto modificata dai depositi glaciali, rimaneva in balia delle acque di disgelo e di quelle apportate dai confluenti irrompenti nel tratto della vallata rimasto libero dal ghiaccio, quali la Glan, la Gurk, il Ferlach ed il Vellach; tutti assieme costituenti un vasto allagamento , che non poteva trovar libero scolo a valle per l'ostacolo delle morene frontali dei dintorni di Bleiburg. Avvenne per tal modo un rimescolamento del deposito glaciale e si formò un alluvione, pur sempre distinta da grossi massi e da ciottoli ancora striati, la quale venne in seguito incisa dalla Drava, che andava mano mano raccogliendosi in più angusti confini. Così venne for- mandosi un sistema di terrazzi, la cui altezza, contrariamente a quanto osservasi a valle delle fronti moreniche ed allo sbocco della vallata nel piano, va aumentando da monte a valle. Alti solo da 30 a 40 metri nei dintorni di Villacco, già a Wolkernmarktarrivano ai 60 ed a S. Lucia, a Nord di Bleiburg, toccano i 9% metri sul letto attuale del fiume. La stessa condizione di terrazzi colla stessa modificazione del ter- reno erratico mi si presentò nella valle della Resia, confluente del Fella nel Friuli, ove erami recato per studiare le ultime vestigia del- l’antico ghiacciajo del Monte Canino (2754), resosi indipendente dal ghiacciajo del Fella. A S. Giorgio di Resia le ultime morene, distanti solo 9 chilometri dagli attuali campi di neve della montagna, sosten. gono un alluvione, il eui livello è alquanto più basso delle morene, e che venne incisa dal torrente Resia per circa 70 metri, appena a monte di S. Giorgio, per 25 a 30, metri a due chilometri più a monte; Volt. 16 254 T. TARAMELLI, mentre non si osservano terrazzi pel tratto da S. Giorgio a Resiutta. Questo piccolo dettaglio, che rappresento collo schizzo qua vicino, ri- levato pochi giorni prima della mia gita in Carinzia, in un angolo delle Alpi friulane, mi forni appunto la chiave, con cui credo d'aver com- preso la serie delle vicende che nell'epoca quaternaria si successero nel tratto esaminato della vallata della Drava. 3 2 i 5 E È Ò tei Ss 2 23 : (o) co tei È P o 3 Falde del Monte Canino £ È z 24 Corso del Torrente Resia (dolomia principale) > ] 7 vl — È appunto in questo rimestamento dei depositi glaciali ed al poste- riore incanalamento delle correnti che trova questa regione la causa prima della sua fertilità; nello stesso modo che deve all’industre attività de’ suoi abitanti l’essersi ad arte facilitato e compiuto questo naturale drenaggio, ovunque riducendo a profittevole coltura i fondi paludosi e gli stagni, che ancora al principio dell’èra moderna erano l’avanzo dell’antico allagamento e l’effetto della irregolarità della orografia preesistente e conseguente la dimora del ghiacciajo (*). Bastandomi pel momento l’aver constatato il fatto dell’antico svi- luppo dei ghiacciaj sui piani e sulle meno elevate colline dei dintorni di Klagenfurt, non mi spinsi molto oltre nelle parti montuose della vallata, in cerca delle orme più recenti. Mi ridussi invece pel valico del-Krainberg nella valle della Sava e quindi dell’Isonzo, ove atten- devanmi non meno certe vestigia di un altro ordine di giaccia] aventi per punto di partenza i colossi dolomitici delle Giulie, quali sono tra i maggiori il Terglou (2855), il Margert (2679) ed il Canino (2754). —_-_—nemm---e2sa= Morena delghiacciajo Dem S, Giorgio lizza n Ri a aio rt PIMS lla (*) Vedi HARTMANN, Der Fihrur durch Karnten. Klagenfurt, 1864: SUGLI ANTICHI GHIACCIAJ DELLA DRAVA, DELLA SAVA E DELL'ISONZO. 235 Tra queste masse calcaree o dolomitiche e la catena triasica e pa- leozoica delle Caravanche ha la prima origine la Sava, sotto il nome di Wirzer-Sau; per distinguerla dalle Wocheiner-Sau o Savizza, che, raccolte la acque dal versante orientale del Terglou, le porta nella Wiirzer-Sau ad Ovest di Radmannsdorf. Altri confluenti scendono dalla catena delle Caravanche e tra questi primeggiano la Moschnik, dal gruppo dei monti Kosutta (2091) ed il Feitritz dal gruppo del Grintouz (2554) e dell’Oistriza (2355); tutti assieme fanno della Sava a nord di Lubiana un fiume della portata del Ticino a Pavia, se non più. Lungo il corso della Wiirzer-Sau osservai a più riprese sull’una e sull’altra sponda dei terrazzi morenici alti circa 200 metri sul letto del Fiume e distinti, specialmente sulla sponda sinistra, dalle pre- senze di grossi blocchi d’ una puddinga quarzosa paleozoica (devo- niano) che affiora soltanto a nord-est di Weissenfels, presso la vetta del Poc-Kogel. Tra Bleiofen e Hasling si osserva pure l’avanzo di una morena frontale relativamente assai recente. Nei dintorni poi del lago di Welden ammirai sulle rocce calcaree, in cui esso è incassato, il più stupendo arrotondamento, che appena trova l’ uguale in quello delle rupi identiche per epoca e per natura geologica (Znfralias su-. periore), ehe V. S. conosce nei dintorni.di Ospedaletto in Friuli. L’e- sistenza stessa di questo lago, come di quelli dì Wochein e della Carinzia, attesta la dimora di antichi ghiacciaj; poichè, per quanto sieno poco estesi, anzi quanto meno lo sono, comprovano che una con- dizione anormale li sottrasse dall’effetto ultimo dell’epoca quaternaria, che si riduce ad una tendenza generale degli agenti atmosferici a svisare e distruggere le tracce delle dislocazioni e delle fratture con- comitanti il sollevamento posteocenico. Anche nella valle della Savizza o di Wochein, si erge da Feistriz a Deutschgereuth una bella morena frontale, alta circa 250 metri sul torrente ed appoggiata sopra un lembo di conglomerato plioce- nico, alla sua volta riposante con discordanza sulle arenarie del Miocene inferiore, contemporanee a quelle che osservansi a tramon- tana di Flysh nella valle dell’ Isonzo; le une e le altre non accennate sulla carta geologica dell'impero Austriaco. Quantunque non abbia potuto estendere più a valle le mie escursioni, nè visitare il gruppo 256 T. TARAMELLI, delle Caravanche, però credo assai probabile che in un epoca di mas- simo sviluppo .dei ghiacciaj alpini, un potente ghiacciajo risultasse dalla unione non solo delle due valli delle Wilrzer e dello Wo- chein, ma ben anco dalla concorrenza dei ghiacciai degli altri sun- nominati confluenti, e si protendesse sin nei dintorni di Krainburg. Pressato dal desiderio di riconoscere il limite massimo del giacciajo dell’Isonzo, di cui aveva scorte alcune tracce, alcuni giorni innanzi percorrendo la strada del Prediel, passai dalla Wochein a Tolmino pel passo di Podberda. La litologia dell’apparato morenico della vallata dell’ Isonzo è pur troppo assai uniforme, essendone tutto l’alto bacino scavato nella Do- lomia principale, o nei poco dissimili calcari giuresi ed infraliasici. Tuttavia non mancano dei ciottoli striati e delle rocce abbastanza caratteristiche, a cagione dell’esistenza, in una zona diretta da le- vante a ponente, di un calcare rosso, quarzifero, probabilmente coe- taneo al calcare di Saltrio della serie lombarda; ond’è che le mo- rene, sieno anche rimestate, sono sempre riconoscibili. Lo sono poi tanto più quando presentansi ad un livello molto elevato sull’attuale corso dell’Isonzo, oppure guadagnano a valle la regione cretacea ed — eocenica, che si stende da Caporetto a Gorizia. Non parlo poi dell’arro- tondamento delle rupi dolomitiche e calcaree, che nell’ alta vallata sup- plisce quasi alla scarsità dei depositi morenici, ed è ovunque assai appariscente pel contrasto coi dirupi delle masse montuose. A chiun- que abbia da un punto elevato di queste alpi gettato uno sguardo su quel fantastico disordine di vette e di precipizi, di burroni e di la- vine, che le distingue dai monti e dai colli meno elevati, più recenti e mollemente plasmati dagli agenti demolitori, sembra impossibile che le stesse dolomie e calcari costituiseano i monotomi ver- santi dell’Isonzo e della Goritenza da Caporetto a Trenta ed a Ober- Preth, Epperò chiunque sarà disposto ad accettare il fatto della an- tica dimora del ghiacciajo, quando ne veda ancora conservatissimi i solchi sulle rupi calcaree, foggiate a cupola, a cui s'appoggia il pae- sello di Ternova, sulle falde del M. Pirkau e del Canino e sulle pa- reti delle gole di Klausen a sud del passo del Prediel (Spaccato l). Scendendo dai campi di neve del Krn (2242), del Terglou (285%), SUGLI ANTICHI GHIACCIAJ DELLA DRAVA, DELLA SAVA E DELL'ISONZO. 237 del Prisinig (2341), del Mangert, del Rombon (2145) e del Canino,i . due principali confluenti dell’antico giacciaio riunivansi sotto Flysch e procedevano, ravvicinati e confusi sino alla brusca svolta della val- lata allo sbocco del Rio Bianco, proveniente da Uccea, quivi inter- nando una morena insinuata. Pigliando quindi Ja direzione sud-est, il ghiacciaio arrotondava la chiusa a monte di Caporetto e si al- largava fino alle prime origini del Natisone, sbarrandone il corso su- periormente a Robig, e quindi deponendo la morena di Starasella, in un’ epoca di minore espansione laterale. È naturale che durante lo sbarramento del Natisone a Robig si formasse un lago laterale, di cui sono un’avanzo le alte alluvioni terrazzate, che 'osservansi a sud di Sedulla, di Borreana e di Creda, e sono indicate nella carta del signor Hauer come depositi pliocenici. La morena di Starasella è alta solo 60 metri sul corso attuale dell’Isonzo, e che tale sia la sua origine l’at- ‘testa l’arrotondamento marcatissimo e ben conservato degli sproni dolomitici sul versante settentrionale del Matajur, presso Sussig, non- chè la grosezza, e la disposizione dei blocchi, punto formanti un ta- lus a segmento di cono, ma delle colline e dei mucchi irregolarmente dispersi ed affatto indipendenti dai monti circostanti, che non pre- sentano alcuna traccia di scoscendimento. Questa morena di Stara- sella, togliendo sin dall'epoca pospliocenica ogni possibile comuni- cazione del Natisone coll’Isonzo, priva d’ogni valore l’ opinione d’ al- cuni archeologi, che non trovando nell’antichità un nome speciale - per l’Isonzo dissero che all’epoca Romana, il suo letto era occupato dal Natisone. Un piano torboso, tuttora occupato per la massima parte dell’anno da uno stagno, dovuto al difficile efflusso del torrentello Idria, si stende nel tratto tra le morene di Starasella ed il ciglio di un terrazzo morenico rimestato, su cui posa Caporetto ed in cui l’Isonzo si incise sull’epoca posglaciale il suo letto, alla profondità di eirca 30 metri. i Procedendo quindi più a valle, il ghiacciaio si distese sul tratto da Caporetto a Tolmino, sin quasi alla gola di S. Lucia, addossando un ultima morena, ancora conservatissima, sulla sinistra della valle presso il paesello di Lubina, ad un'altezza di circa 200 metri sul letto at- tuale del fiume. Dalle prime origini sino a questa più lontana mo- 238 T. TARAMELLI, SUGLI ANTICHI GHIACCIAJ DELLA DRAVA, ECC. rena, il ghiacciajo dell’ Isonzo, isolato da qualunque altro ghiacciajo alpino, percorse circa 36 chilometri. A valle di questo punto non rimarcai lungo il corso dell’ Isonzo alcuna traccia di terreno morenico. Il fiume si mostra ovunque incas= sato tra le sue sponda di calcare cretaceo o di conglomerato eocenico e qua e colà su queste sponde, ad un'altezza massima di 120 metri, stanno appicicati i lembi di un’antica alluvione, tenacemente cementa- ta, che riferisco all’ epoca pliocenica. Non dubito punto dell’ assoluta indipendenza e delle priorità di questa alluvione, comune per tutte le Alpi del Veneto, del Tirolo e della Carinzia e della Carniola, in con- fronto delle alluvioni terrazzate, che formano la parte superficiale della pianura e che si riscontrano sempre più basse e quasi mai cementate lungo il decorso dei nostri fiumi. Mentre il conglomerato sopporta in molti siti le morene, le alluvioni con queste-si confondono a valle degli anfiteatri morenici e presentansi espanse in regolarissimi talus allo sbocco delle valli non interamente occupata dai ghiacciaj; in un caso e nell’altro appartengono all’epoca glaciale e vennero incise nel pe- . riodo che VS chiama a bnon diritto periodo dei terrazzi. AI pari degli altri ghiacciai sopra accennati, il ghiacciaio dell’I- sonzo, colto dall’ intiepidimento del clima"a mezzo il corso della valle e costretto ad una rapida ritirata, lasciò poche tracce della sua scomparsa. Analogamente al ghiacciaio della Resia, lasciò ap- pena a nord della chiusa di Caporetto, una morena profondamente erosa dell’Isonzo, alla quale si appoggia a monte un'alluvione ad elementi talora finissimi ed argillosi, come presso Stupizza, talora irregolari ed accennanti al rimestamento di morene posteriori, come a Ternova; incise poi da ampi terrazzi, sfumantesi, come quelli della Drava da valle a monte. Era mia intenzione di continuare queste mie ricerche ae nella vallata della Piave e de’suoi confluenti, ma la fine delle vacanze au- tunnali mi costrinse a rimandare il mio progetto a tempo migliore. Intanto V.S. accolga queste poche mie notizie come un invito a volere Ella pure, gettare il sagace suo sguardo su questi dintorni onde ve- rificare ed all'uopo correggere quanto crede d'aver osservato L’ Affezionatissimo suo TarameLi Torquato. Seduta del 18 dicembre 1870. Presidenza di Antonio Viva Vicepresidente. È aperta la seduta colla lettura di una nota del socio F. SoKDELLI intorno all’ anatomia del Limax Dorie, Bourg., nei suoi rapporti con altre specie congenerî. Questa memoria sarà stampata negli Atte. In seguito il segretario legge alcune osservazioni re- lative alla Dicogamia nei vegetali fatte sulle Alpi di Val Camonica nell’anno 1870, del socio Luiei Ricca, me- moria che verrà pure stampata negli Atti. Esaurite le letture originali viene letto ed approvato il processo verbale della seduta precedente (27 novem- bre 1870). Passando quindi alla trattazione degli affari, il segre- tario dà lettura dei nomi di quei socj che inviarono le loro dimissioni da membri della Società. Essi sono: Allasia ing. Alberto, a Milano. Caruel prof. Teodoro, a Firenze. Castagnola march. Baldassare, a Spezia. Fumagalli ing. Stefano, a Milano. Giusti Giuseppe, a Milano. Guzzi ing. Palamede, a Milano. Keller Alberto, a Milano. Mussi dott. Giuseppe, a Milano. Pavesi prof. Angelo, a Milano. — Omboni Stefania, a Padova. 240 seputa DeL 18 picempre 1870. Orsenigo sac. Filippo, a Careno (Lago di Como). Rasponi conte Pietro, a Ravenna. Raiberti dott. Antonio, a Milano. Sayno ing. Antonio, a Milano. In seguito ricorda che la Società perdette altresì alcuni de’ suoi membri più illustri quali sono i due geologi, il comm. Lopovico PASINI e il prof. Antonio OrsINI, sena- tori del regno, l’entomologista HaLIpay dott. EnRIcO ALEssANDRO, ed il signor GiovAaNNI CURLETTI, rapiti dalla morte alla estimazione dei loro colleghi di studj. _ E proposta ed approvata la cancellazione da membri della Società, perchè non fecero atto di adesione ad essa dei signori: Di Cavour march. Aînardo, di Torino. Guidi cav. Luigi, di Pesaro. Ingo prof. Vincenzo, di Caltagirone (Sicilia). Crispo Moncada Carlo, di Palermo. È altresì approvata la cancellazione di quei socj che invitati a soddisfare le quote arretrate, vi si rifiutarono rinviando i fascicoli degli atti. Essi sono i signori: Riva Palazzi Giovanni, di Milano. Bernasconi sac. Giuseppe, di Palanzo (Lago di Como). De Castro cav. Vincenzo, di Milano. Rigacci Giovanni, di Roma. È pure proposta ed accettata la cancellazione di quei soc], che invitati a versare le quote arretrate non avran- no soddisfatti i loro obblighi al 31 dicembre 1870. Il Vicepresidente dà per ultimo incarico al Segretario di annunciare i nomi di quelli fra i membri della presi- denza che scadono d’ufficio col dicembre 1870. Essi sono: il Presidente prof. EmiLIo CorNALIA ( eletto il 26 gen- najo 1868); seputa peL 18 picemore 1870. QUA il Segretario dott. CAmiLLo MarinoNI (eletto il 30 gen- najo 1870 per un anno); il Vicesegretario ing. EMmiLio SPREAFICO (eletto id.); ” dott. GAETANO NEGRI, rinunciante; il Cassiere GrusEPPE GARGANTINI PIATTI; l’Economo avv. GoTrTARDO DELFINONI; il Consiglio di Amministrazione, signori: ing. ZAVERIO TAGLIASACCHI; rag. ANTONIO GARAVAGLIA; march. CarLo ERMES-VISCONTI. Il Segretario fa quindi osservare che il Vicepresidente Antonio ViLLa, che scaderebbe d’ufficio (eletto il 31 gennajo 1869), dura in carica un altro anno in forza del $ 7 del regolamento, accadendo la simultanea uscita del Presidente e del Vicepresidente. Non essendovi altro a trattare, la seduta è sciolta. C. MARINONI, Segretario. Anatomia del Limax Dorîae, Bourg., nei suoi rapporti con altre specie congeneri. (Tav. III.) Nota del socio FERDINANDO SORDELLI. (Seduta del 18 dicembre 1870.) Il distinto malacologo signor J. R. Bourguignat descriveva fino dall'anno 4861, nel periodico Revue et Magasin de Zoologie (4), un magnifico mollusco nudo italiano del genere Zimax, e lo*intito- lava ad uno fra i nostri più chiari naturalisti, il marchese Giacomo Doria. | Il Limax Dorine è veramente una delle specie più belle di tal genere e conta certo pochi rivali, in bellezza ed in grandezza, fra tutte quelle conosciute. Infatti, ecco in qual maniera il signor Bour- guignat ci descrive la sua specie (2). “ Questo gigantesco animale misura circa 36 centimetri dalla estre- mità (posteriore) del corpo fino alla punta del gran tentacolo e tut- tavia tale grandezza non è per nulla esagerata in questa specie, poi- chè conosciamo un dilettante che ne possiede un individuo di 48 centimetri. Allorquando l’animale è contratto nell’alcool, il corpo ha ancora da 12 a 45 centimetri di lunghezza sopra 9 di circon- ferenza. » (1) Note sur divers limaciens nouveaua ou peu connus par M. J. R. Bourguignat. (Revue et Magasin de Zoologie par M. F. E. Guérin-Méneville. Paris, 1864, p. 256). (2) La frase latina dataci dallo stesso autore è la seguente: ZLimax cylindrico, gi- ganteo, postice maxime rubro-sanguineo carinato; — carina evanescente in zonula rubro-. sanguinea fere usque ad clypeumy; sulcis dorsalibus validis, reticulatis; caeruleo-nigre- scente, vel saepissime alerrimo; pede atro, zonula mediana obscure luteolo-albida, praebente; — clypeo maximo aterrimo, antice rotundato, paulum non adhaerente, po- stice minime rostrato, subgranuloso. ANATOMIA DEL LIMAX DORIAE, ECC, 245 » Il Zimax Doriae vive nei luoghi umidi ed ombrosi, sotto le pietre, in fondo alle valli delle Alpi marittime. Così esso si trova a Mentone, Finale, Savona, come pure nelle vicinanze di Genova, s0- pratutto vicino a Pegli, in un fondo del march. Giacomo Doria (1). » » Lumacone (2) di forma cilindrica, di gigantesche dimensioni ri- spetto alle altre specie di questo genere. Corpo terminato posterior- mente in punta acuta e da una carena di color rosso vivo di sangue, alta, talvolta ondulata. La carena termina ordinariamente verso il terzo della lunghezza totale ed' è ro aan lungo tutto il dorso da una zona di egual tinta fino allo scudo ( ). Questa specie, di solito d’un bel nero volgente al bleu, offre ne volta delle gradazioni, ora di un bruno-rossiecio o cinereo-verdastro, ora di un castagno “ scuro o di un cinereo-nerastro (4); ma malgrado questa differenza di tinta la carena rossa esiste sempre, almeno negli esemplari che abbiamo raccolti e che abbiamo ricevuti. Rugosità rilevate, pronunciate, a solchi profondi e perfettamente reticolati. Piede nero, attraversato da una larga fascia d’un bianco-giallo un poco appan- nato. Scudo assai grande arrotondato anteriormente e posteriormente, un poco rostrato; porzione non aderente mediocre alla parte ante- riore. Superficie non nerissima, subgranulata e non ornata di strie concentriche, come le specie che le stanno vicine, Orificio respira- torio ovale, mediocremente posteriore, formante una forte smargina- tura. Collo e testa di una tinta più pallida; grandi tentacoli, come pure i piccoli, in proporzione mediocri. Appendici labiali vicini al- l’orificio della bocca. » » Limacella piccola, di piccolo spessore, alquanto oblunga, a linee concentriche marcatissime (8). Mascella assai robusta, tanto larga (1) Lo stesso signor marchese Doria avrebbe rinvenuto altresì questa specie, al dire di Bourguignat, nelle valli del Monferrato e l’egregio illustratore dei molluschi della provincia di Pisa, dott. Arturo Issel, l’ha rinvenuta pure nelle vicinanze di questa città. (2) Seguo l'esempio del Redi, adoperando questo vocabolo che risponde al francese Limas o Limace. (3) Talvolta codesta zona non raggiunge lo scudo come nell’ esemplare figurato da Bourguignat (Revue zool. 1861, tav. 8, fig. 4). * (4) Loc. cit. fig. 7, 8, 9, 410, 144 (5) Loc. cit. fig. 3. QU F, SORDELLI, alle due estremità quanto in mezzo, grossa, quasi liscia. Rostro me- diano poco sviluppato (1). » Una tale descrizione invece di appagarmi, non fece che farmi na- scere il desiderio di poter studiare un po’ più intus et in cute il no- stro lumacone, tanto più che non potevo a meno di trovare fra esso ed il Limax Dacampi , descritto da Menegazzi, delle rassomiglianze esterne non piccole. Mi rivolsi dunque alla ben nota cortesia del signor march. Giacomo Doria e da lui ebbi due esemplari del famoso mollusco, adulti ed affatto eguali fra loro, di maniera che potei sacrificarne uno alle mie forbici, studiarne con tutto mio agio l’interna organizzazione e para- gonarla con quella delle altre specie nostrali già studiate o che mi proponeva di studiare. Non si creda però che io abbia avuto sott'occhio esemplari così colossali come quello di cui Bourguignat ci diede la figura. Tutt' al- tro, e per mostrare quanto le proporzioni loro fossero più che mo- deste, ecco quali furono le dimensioni da me rilevate in uno di essi; Lunghezza totale 0.004 cent 7 | Lunghezza del cappuccio (2) . ....0.... » 23 Distanza fra l’estremità posteriore del cappuc» cio e quella del corpo... .......... » B—- Altezza massima, verso la metà del corpo .. » 4 8 Distanza fra l’orificio respiratorio e l'estremità anteriore del cappuccio ............ » 44 Distanza fra l’orificio respiratorio e l’estremità posteriore del cappuccio .......0... » 42 Così piccole dimensioni devonsi attribuire alla effettiva minore grandezza degli esemplari, ma più ancora alla forte contrazione su- bita nell’alcool in cui erano stati preservati. Tutti i caratteri esterni concordano con quelli minutamente descritti da Bourguignat e da (1) Loc. cit fig. 1, 2. (2) Così chiama il Redi, con vocabolo tutto italiano, quella parte che altrimenti vien delta clipeo, scudo, corazza; e siccome parmi esprima meglio d’ogni altro l’uf- ficio suo di proteggere, nonchè la cavità respiratoria, .la testa ed il collo, lo adopera di preferenza. ANATOMIA DEL LIMAX DORIAF, ECC, 248 me riferiti poco fa. Solo il rosso della carena è scomparso e sosti- tuito da un bel giallo. La zona di questo colore continua non inter- rotta dall’apice della coda fino alla metà del dorso, dal qual punto appare spezzala di tratto in tratto sino al margine posteriore dello scudo 0 cappuccio. Oltre di ciò ai due lati della carena, verso |’ e- stremità caudale si osservano tre o quattro macchie (estese sopra una o due rugosità soltanto) pure dell’identico colore della carena e che in vita saranno state probabilmente rosse esse pure. Ma più istruttive per me furono le osservazioni ehe potei fare sulla interna organizzazione del mollusco. Sezionatolo con precauzione e lasciate rammollire alquanto nell'acqua le parti che l’alcool aveva rese un po’ troppo rigide, mi fu dato di esaminare senza difficoltà tutti gli organi più importanti (1) che ora passo a descrivere. Apparato digerente. — Mascellalarga mill. 3.3, alta 1.4, arcuata nel margine superiore, sinuata al margine inferiore, con un rostro trian- golare, lungo appena un quartodell’ altezza totale; striata per traverso e di colore bruno rossiccio. Buldo buccale simile affatto a quello degli altri Zimax, il cui muscolo retrattore, distintamente bifido alla parte anteriore, accavalcia la guaina della lingua. Audula sviluppatissima, larga bene mill. 3.3, e lunga in proporzione. | denti della serie centrale sono triangolari, lunghi il doppio della loro larghezza presa alla base e muniti di una punta acuta non molto lunga. | denti me- diani delle serie vicine ai centrali sono similissimi a questi, e non se ne possono distinguere se non per la loro leggerissima inclinazione verso il mezzo della radula. Però di mano in mano che si osservano le serie più lontane dalla centrale si vedono i denti farsi più stretti alla base e più lunghi, così che tutti quelli delle serie laterali hanno l'aspetto di spine, parallele, acutissime; coll’allungarsi della punta coincide una smarginatura sul fianco esterno del dente che lo rende in certa maniera bifido o bicuspide, colle due punte assai ineguali. La biforcazione comineia a palesarsi sui denti della 40% serie con- tando dal di dentro al di fuori. | denti marginali si fanno sempre minori col progressivo abbreviarsi della punta maggiore, per modo . (4) Vedi la tavola qui unita. 246 F. SORDELLI, che si hanno dapprima dei denti bifidi a punte quasi eguali e sull’ e- tremo margine tre serie o quattro di denti rudimentali unicuspidati. Ghiandole salivali grandi, d’un bianco-opaco, più larghi in avanti che non posteriormente, angolose, senza lobi distinti, libere ovunque eccetto in un punto nel quale si toccano reciprocamente al disotto del- l’esofago. Questo, nell’esemplare sezionato, era dilatato dagli alimenti e non mi offerse cosa degna di nota. L’ intestino è ripiegato in cin- que anse ben distinte compresa quella ove mettono foce i canali bi- liari. Paragonato con quello d’altre specie (Z. Dacampi, maximus, variegatus) l'intestino mi parve piuttosto breve. Fegato voluminoso, come al solito, diviso in un lobo maggiore ed in altri quattro lobi di minore grandezza. Apparato riproduttore. — Ghiandola ermafroditica piccola (4), allungata, senza lobi distinti. Canale deferente superiore od epididi- mo lungo assai, sottile, flessuoso dapprincipio, indi strettamente ri- piegato in numerosi zig-zag. Ghiandola del glutine molto volumi- nosa, lunga più di tre volte la sua massima larghezza, troncata ad una estremità, finiente in punta ottusa dall’altra, convessa dal lato esterno, piana ed un po’ concava dal lato interno. Matrice e pro- stata deferente normali, senza note rimarchevoli; soltanto la prima è fortemente flessuosa verso l’ullimo terzo inferiore, ove si osservano quattro o cinque piccole anse ben distinte. Borsa copulatrice subro-. tonda, piccola, di poco più lunga del collo corrispondente, mediante il quale comunica coll’orificio genitale. Zagina della verga, lunga circa quanto la matrice (ed anche assai più se non si tien conto del collo o parte più ristretta di questa), quasi d’eguale grossezza in tutto il suo decorso, ripiegata ad angolo in due punti e coll’estremità libera curvata a semicerchio; alla parte estrema della vagina sono (4) La grandezza di questa shiandola e di quella del glutine, varia assai secondo lo stato dell’animale e la stagione in cui si osserva, ed è in rapporto colla maggiore O minore attività di esse ghiandole; ora siccome l’attività dell’una non è contempora+ nea a quella dell’ altra, così avviene, che vi ha quasi sempre antagonismo fra le loro rispettive dimensioni. Per esempio, se trovi. sviluppatissima la ghiandola ermafroditica (e talora la vidi veramente enorme. tale da riempire da sola mezza la cavità del corpo, Limax agrestis, L. psarus, var. atra) piccola sarà la ghiandola del glutine e viceversa. Infatti l’attività della ghiandola albuminipara comincia al cessare dell’attività di quella Secernente i germi riproduttori. ANATOMIA DEL LIMAX DORIAE, ECC. 217 inseriti vicini l’uno all’altro il muscolo retrattore ed il canale defe- rente inferiore. Nessuna traccia di appendici flagelliformi esiste in questo punto. Nulla di notevole scorsi nell'’apparato circolatorio e respiratorio. Il cappuccio è perfettamente rotondo e molto largo alla parte poste- riore, più stretto ma arrotondato parimenti alla parte anteriore libera Non andrebbe lungi dal vero chi paragonasse il contorno del cappuc- cio, veduto in piano, al profilo di una pera. La limacella che sta sotto di esso è asimmetrica coi lati più lunghi quasi paralleli, lunga un poco più di una volta e mezza la sua massima larghezza. Il suo spessore, verso il centro, sorpassa di poco un millimetro ed asciutta si presenta di color bianco-giallastro, d'aspetto un po’ madreperlaceo dal lato concavo (quello rivolte verso il dorso dell’animale); bianco, semitrasparente, d’aspetto simile alla stearina, verso il lato opposto. Da quanto precede, messo a confronto colle numerose osservazioni ‘ anatomiche da me fatte in questi ultimi anni sui molluschi nudi del nostro paese, mi pare vengano a scaturire naturalmente due conse- guenze che importa di far rilevare. La prima è, che non solo per i caratteri esterni. ma ancora e meglio per l’interna struttura, viene ad essere confermata l'autonomia della specie creata dal signor Bour- guignat. La seconda è che esistono relazioni intime fra il Zimax Dorine ed altre due specie (1) (almeno fra quelle a me note); rela- zioni che una volta messe in evidenza contribuiscono non poco ad agevolare l’aggruppamento di dette specie non solo, ma anche quello delle congeneri, nella serie interessantissima dei nostri molluschi nudi. Come è noto, la conoscenza dell’interna organizzazione degli ani- mali contribuì d’assai a migliorare in questi ultimi tempi l’ ordina- mento sistematico dei medesimi; è noto parimenti come la configu- razione dell’ apparato riproduttore sia stata assunta come indizio importantissimo, non solo nello stabilimento di gruppi complessivi, ma anche, ed a ragione, nello stabilimento delle singole specie. Anzi sì può quasi asserire, che se gli organi della vita vegetativa si pre- stano di preferenza alla distinzione dei gruppi maggiori (classi, or- (1) Cioè il Limax Darampi Menegazzi, ed il L. punctulatus, specie probabilmente nuova, di cui do la descrizione alla fine del presente articolo. 248 F. SORDELLI , dini, famiglie) quelli della riproduzioue sono forse il più valido ajuto per la più sicura e facile circoscrizione delle specie, Pei molluschi, già molto si è fatto nel campo degli esposti princi- pii, e già molti lavori si sono pubblicati in questi ultimi tempi, che non poco contribuirono a raddrizzare una infinità di errori derivati da idee preconcette e da false premesse. Ma per non uscire dal gruppo dei Molluschi polmonati nudi, e vo- lendo limitarmi qui a provare l'utilità della osservazione dell’ appa- rato riproduttore nella adozione delle forme specifiche, mi conviene far notare come l'apparato riproduttore stesso si possa assai natural: mente considerare diviso in due ben distinte sezioni. La prima, assai uniforme nelle sue parti in tutte le specie di uno stesso gran gruppo zoologico, è quella destinata alla formazione, all'incremento ed alla definitiva costituzione degli elementi riproduttori, cioè lo sperma e le uova, Si comprende come semplice ed unico essendo lo scopo di tali parti, perchè sebbene coordinato ad un fenomeno generale, pure non esce dalla sfera d’azione che comincia e finisce nell’individuo, fog- giata sopra un unico tipo e quasi sto per dire monotona viene ad es- sere la loro struttura e configurazione; e per ciò stesso riesca di poco o niun vantaggio nella ricerca delle specifiche determinazioni. L’altra sezione dell’apparato riproduttore è quella destinata ai rapporti che devono aver luogo tra individuo ed individuo di una specie medesima, e sono la vagina della verga (1) e le sue appendici, non che la bersa copulatrice. Ad evitare il più che sia possibile la frequenza delle unioni tra specie diverse, è diretta appunto la va- rietà grande che si osserva nella forma degli organi copulatori, i quali acquistano pertanto un'importanza grandissima, anche dal solo punto di vista della zoologia sistematica. L’esame di essi mi ha giovato assai nello studio dei nostri Mollu- schi, sì che dietro la scorta delle osservazioni fatte posso tracciare qui appresso un prospello mostrante i rapporti che esistono fra il Limax Doriae, oggetto di questa nota, e le altre specie principali, sinora da me conosciute. (4) Fourreau de la verge Moquin-Tanden, virga Swammerdam. — Questo organo non deve confondersi colla verga stessa che non occupa se non una piccola porzione della cavità, ed è inserita sul fondo cieco della medesima. 249 ANATOMIA DEL LIMAX DORIAE, ECC. ‘9U019S1197) 21 “to nId 2])0U 9] OLIEUIWIOS OPoUI ULI QUIBOIPUL pe o19)1U] TU ‘olone[ ajuasoId e sotpuadde ur ‘o,uerneI; ‘aquowregnurni NId 0]19A119S9p Ip o$uodold ru euoIsed9o ele uf “ononu owou un 1]S1to{dde o1mAOP OY “O]N1I9SOP OJOPUREAOIY UON ‘QUISIA 9199ds ©2J[e uoo gu oss U09 9u alepuojuoo ond Is UU 249 MUNSIP ISO TUI9]UI pa IUI9ISI L19]}EIC9 U0D Eu ‘5150460 *T |19p 0ddn13 Jap esoods ouesata (1) x ‘(pueg, ‘boy v10w7) Leo e07?yg ‘u969 — ‘e[egruoS or0gIIO TT ‘999 ‘oessnapg 292008 T\ezueuioia uI esomqo]s tun po ‘ororiadns gortpurio eun ‘aquigsip Iued onp 1p sob «g i derg snoubipu *“T \eisoduoo eSIsA [pop euISEA ‘2Jo]duroo oesiop eueIe) ‘orrore zimbo e]ooewar] i pane | ‘uuemo uo c22]02467 "T9S0]ZOG — “TULTO] è -P9E “T ‘(0109ds euonq aw09 odi “Josep sipuodde ip egrunmi eSI0A el]op eulseA 049) £oH sunIY “T TT 8489460 *T | ‘“LDWWT *“eIJje agogenb ostoz 9 } o1oues, — ‘aqugsip 131ed (TN s770u2640w *T) “qaeqg “prog | PITT CI ezuos ‘Iisenb 0 Bortpur]io È Pa .2( -91q NIC grow E][op onewa : e aa uni0g4o TT i*derqg snaobarma *“T Di) (03 ( ESI9A BITOp EuLSBA I Smog sm.00sd 7 TT SNWUWILDW “7 -1013S NId ostos UT) “pure | -Woour opestop eusItO ‘I ‘bop] avwqng uoSonpog — f-eroyexmbour elppo ew] "TIITE po FIOM ‘1u1103I][9.Sep rotpuodde ez s2fru-0049U9 “TT | Zog SUD]n1902 “TÈ “eurisopowi e[[op orddopi-uos eSioA el[op eursen ‘ppojuonti,g ‘A 290MYIS 7 quei igeg | i 80110 gI0]er ‘00117801 -01d Is19SuniSIe ouueIA Op oddna8 03s( e] oquenb ouswe eSun] -onb y “Iqua sn70)n79und «TT + 8000 adunong “T ’Sinog 20Ww0g “T ‘909 ‘uopueg-umboyj ‘oessnio] Ip osues ]°u XWWY7T 219UIN Da = Vol. III. 250 F. SORDELLI, Non credo fuor di proposito l’aggiungere inoltre le misure prese sulle diverse parti dell’apparato riproduttore del Z. Doriae e porle a riscontro con quelle delle due specie affini da me studiate, pci Z Parti misurate. È È k SA |LÉ Ghiandola ermafroditica, lunghezza . . ... millimetri |10 |29 [98 n ” larghezza . . ... n Si LION Epididimo, lunghezza approssimativa... .. n 30 (94 |85 Ghiandola del glutine, lunghezza ...... n IS Matrice, lunghezza escluso il collo +. ..... ” 36 |56. |84 Collo della matrice, lunghezza . ........ » Lr ale Prostrata deferente, lunghezza ........ ” 30 |69 |85 Borsa copulatrice, lunghezza ......... n 3,5) 6,5) 7 » n larchezzai.Wiupuosaie ine ” Ivaldi Collo della borsa copulatrice, lunghezza . . . n SR Canale deferente inferiore, lungh. approssim. —» 24. 56 |83 Vagina della verga, lunghezza . ....... n 45. |129 |155 ” n larghezza ..... Sti re 2,513 | 3,5 Rapporto fra la lunghezza della vagina della verga e quella. della matrice, escluso il suo collo, ritenuta questa come unità ....... Lala La 2180 La Descrizione suecinta delle due specie di Limax, ritenute come nuove, citate nella presente nota. I. Zimax punctulatus. — Cappuccio ovale allungato, arrotondato così alla parte anteriore come alla posteriore, solcato da leggiere strie concentriche; cinereo-giallognolo uniforme, senza macchie di sorta; apertura respiratoria collocata assai posteriormente con un solco diretto in avanti in direzione assai obliqua. Testa e collo bian- castri, con una leggiera tinta cinerea lungo la nuca, ove si scorgono due sottili strie più chiare parallele, ed altre più minute trasversali . ANATOMIA DEL LIMAX DORIAE, ECC, 254 e reticolate, come in altre specie. Corpo, dietro il cappuccio, di co- lore cinereo-giallognolo, più chiaro lungo la linea mediana del dorso e sulla breve carena che sormonta l’estremità posteriore acuminata; macchie nerissime, puntiformi, rade, disposte lungo sei serie irrego- lari (tre ad ogni lato) alla parte anteriore, in due sole serie verso l'estremità posteriore. Piede biancastro, unicolore. Veduto esternamente questo lumacone può esser preso per una delle tante varietà del Z. maximus, col quale ha comune la statura, la tinta fondamentale cinerognola ed il piede unicolore proprio alla più parte delle stesse varietà; ma l'esame dell’ apparato riproduttore impedisce di cadere in simile abbaglio; infatti la vagina della verga invece d’esser breve come nel L. maximus, è al contrario allunga- tissima e raggiunge quasi il doppio della lunghezza della matrice. Circa ai caratteri esterni giova l’osservare, che le varietà macchiate del Z. maximus hanno il cappuccio pure macchiato, mentre invece nel Z. punctulatus questo è unicolore. Differisce infine quest’ultimo dal Z. Dacampi per avere il cappuccio più rotondo alla parte po- steriore, il piede unicolore, ed il corpo non segnato, nemmeno sulla carena, da fascie rosse o gialle, che più o meno si vedono nelle va- rietà macchiate del ZL. Dacampi. L’esemplare che mi ha servito per lo studio anatomico della spe- cie, raccolto dal signor Napoleone Pini nelle vicinanze di Esino, so- pra Varenna al lago di Como, e gentilmente favoritomi, presentava le seguenti dimensioni: Lunghezza totale del mollusco ........ mill. 418 — » » dellicappuecioi atua. » 30 — Lunghezza dall’ estremità posteriore del cap- puccio all’ estremità acuminata del corpo » 73 — Larghezza massima del cappuccio in posto. » 13 — D) del':PIBUS TRAI O Ren + DADI Il. Limax Beltonii. — Cappuccio ovale, arrotondato anteriormente e formante alla parte posteriore un angolo assai ottuso e smussato all'apice; a fondo bianco-giallognolo, con tre striscie bruno-grigiastre longitudinali, ondulate nel mezzo cogli orli laterali dello stesso co- lore, ma un poco più chiaro. Collo bianco, eccetto alla nuca che è 282 à. SORDELLI , bruno-cinerea con due sottilissime lineette bianche, parallele, ravvi- cinate sulla linea mediana. Parte posteriore del corpo a sezione quasi circolare, carenata solo verso la punta, di colore bruno cinereo, a macchiette poco distinte, più sbiadite sui fianchi; una linea bianco- giallognola segna la parte mediana del dorso, dall’ estremità poste- riore del cappuccio sino quasi all’apice posteriore del corpo. Piede bianco, unicolore. Il cappuccio di questa specie è destituito affatto di strie concen- triche e di sensibili granulazioni, anche veduto colla lente. L’ epider- mide altrove è liscia, lucida, solcata da rughe sottilissime, bene vi- sibili solo colla lente, formanti dei poligoni, per lo più esagoni, lunghi due o tre volte la loro larghezza. Il meato respiratorio, si- tuato al lato destro sta più vicino all'estremità posteriore, che non all'anteriore del medesimo. Le dimensioni qui segnate, sono prese da un esemplare morto nell’acqua e preservato poi nell’alcool. Lunghezza totale del mollusco... ....... mill. 28 — » » cappuccio . .... RIM » dall’estremità posteriore del cap- puccio all’apice caudale ..... » 417 — Larehezza del collo ono TN . »_ 5 — » massima del cappuccio, in posto .. » 3 5 D) 16 del’Gorpo: Vi ona IR SO Distanza dalla estremità anteriore del cap- puccio al meato respiratorio . ........ » 62 Distanza dall’ estremità posteriore del cappuc- cio al meato respiratorio ........... » 5 3 Lunghezza della carena, circa... ..... -..» 3 — Larghezza del piede. ...... A RATIO + 3a NSA Notevole in questa specie è Ila lunghezza del collo della borsa co- pulatrice, nonchè l’appendice flagelliforme, breve, subulata, che tro- vasi all'estremità della vagina della verga; nel Zimax agrestis que- sta parte si divide in due o più rami, munito ciascuno di una doppia serie di fimbrie. Il Z. Zettonii se ne scosta interamente per avere tale appendice semplice e non fimbriata. Finora ho potuto esaminare soltanto due esemplari, entrambi ANATOMIA DEL LIMAX DORIAE, ECC. 285 adulti, presi alla fine dello. scorso novembre 1870, dall’ ottimo mio amico dott. Eugenio Bettoni, nel regio Parco presso Monza; uno di questi fu adoperato per la ispezione anatomica, l’altro si conserva nella collezione dello stesso dott. Bettoni. Spiegazione delle figure. 4. Apparato riproduttore, ingrandito circa il doppio del vero. — ge, ghiandola er= mafroditica; cds, canale deferente superiore od epididimo; ga, ghiandola del glutine od albuminipara; m, matrice; pd, prostata deferente; bc, borsa copulatrice; vv, vagina della verga; cdi, canale deferente inferiore ; mr, muscolo retrattore della guaina della verga; 0g, orificio genitale. 2. Mascella, veduta anteriormente. == a, in grandezza naturale; b, ingrandita. 3. Apparato digerente, ingrandito quasi il doppio del vero. — bb, bulbo della bocca; cs, canali salivari, che mettono foce all’inserzione dell’ esofago nel bulbo buccale; gs, ghiandole salivari; es, esofago; st, stomaco; f, fegato; int, intestino; r, parte ul= tima dell’intestino, ossia il retto. 4. Limacella, veduta dal lato dorsale. 5. Il bulbo della bocca, veduto lateralmente onde mostrare l’inserzione del muscolo retrattore Mm. es, esofago; cs, canali salivari. 6. Frammento della radula, preso nella parte centrale della medesima. «= de, denti della serie centrale; dm, denti mediani ad una sola cuspide. 7. Frammento della radula, preso al margine della medesima. — dl, denti laterali a due cuspidi; dmarg, denti marginali, assai piccoli, ad una sola punta, — Le figure 6 e 7 furono disegnate ad un ingrandimento di 300 diametri. Alcune osservazioni relative alla Dicogamia nei vegetali fatte sulle Alpi di Val Camonica nell’ anno 1870 da Luigi Ricca. (Seduta del 18 dicembre 1870.) Le osservazioni sulla fecondazione incrociata dei vegetali, fatte da Darwin, Delpino, Hildebrand ed Axell, hanno omai aperto nella bo- tanica un nuovissimo ed interessantissimo campo di filosofiche ricer- che. La dicogamia delle piante costituisce in oggi un nuovo ramo della scienza, come lo costituiscono la Geografia botanica, la Paleofi- tologia e la Patologia vegetale. Nelle altissime alpi non riesce sempre facile l’osservare insetti a visitare i fiori. Per lo più non si ha tempo di sostare, qualche volta la temperatura non è abbastanza calda, nè il sole bene splendido. Per essere poi i fiori nelle grandi elevazioni poco abbondanti, vi ha corrispondente scarsità di insetti, non però mai mancanza; e per es- sere inoltre il periodo più acconcio alla fecondazione assai breve in piante che compiono il loro ciclo di vita aerea entro brevissimo spa- zio di tempo, le osservazioni dicogamiche rendonsi poco ovvie. lo osservai piante da 1300 fino a 3000 metri di elevazione sul livello del mare, di alcune io rilevai semplicemente l’apparato florale più o meno favorevole alla fecondazione dicogamica, di altre rilevai, oltre l'apparecchio, anche il fatto della visita degli insetti, e della loro sagacia nel compimento della naturale loro missione. Il Crocus vernus 4//. l’ho osservato fino all'altezza di oltre 2000 metri nei prati del Tonale. Questa specie è proterandra, gli stimmi fatti ad imbuto rimangono chiusi fino all’ epoca in cui le antere es- trorse sono quasi esaurite, Il perianzio non racchiude, a mio parere, ALCUNE OSSERVAZIONI RELATIVE ALLA DICOGAMIA NEI VEGETALI, ECC. 235 punto di nettare, ciò nulladimeno quei fiori sono visitati dagli insetti con molta insistenza. Un’ ape ed un bombo attrassero specialmente la mia curiosità, per ciò che essi con estrema sollecitudine e senza soggezione della mia vicinanza, passavano di fiore in fiore, abbrac- ciavano le antere colle loro zampe e le spazzavano con un moto ra- pidissimo assai caratteristico. E allo scopo di meglio compiere quel lavoro, dette apiarie si capovolgevano portando il capo in basso alla base dei filetti staminiferi, e tenendo l’addome in alto nell’asse del fiore. Quegli insetti accorrevano a quei fiori manifestamente per farvi raccolta di polline, Malgrado la mancanza di nettare, io osservai anche una specie di farfalle a visitare generalmente questi fiori e produrre la proboscide alla base delle divisioni perigoniali. Tali farfalle non erano meno sollecite delle apiarie nella ricerca di quei fiori, quantunque per la struttura di questi la loro visita non potesse essere di gran giova- mento alla dicogamia. Siccome però ogni cosa naturale ha una ra- gione ed una logica, così la visita delle farfalle ai fiori del Crocus vernus è spiegata dal semplicissimo fatto, che all’epoca della fiori- tura di quella specie, non vi sono nei prati alpini altri fiori. Il Cro- cus orna da solo vastissime praterie, che così elegantemente chiaz- zate di bianco e di roseo, non possono a meno di attirare anche le farfalle. Lloydia Serotina eichb. Specie alpina che trovai sempre su- periore all'altezza di circa 2400 metri; essa è proterandra al sommo grado, per modo che quando le antere deiscono, lo stilo e l’ovario sono tanto piccoli che si possono chiamare rudimentari. In seguito lo stilo si allunga e recasi a sovrastare agli stami di modo da non poter essere fecondato dal polline omoclino. Non potei osservare insetti visitatori, Ranunculus acris LZ. Nei prati alpini questa specie è assai ma- nifestamente proterandra; gli stimmi non si sviluppano bene se non che quando gli stami esauriti sonosi tutti riflessi alla periferia. Quei fiori sono visitati dalle mosche e da ditteri. di diverse specie. Questi insetti aggrappansi agli stami ed agli ovari, prolungano la loro pro- boscide nelle fossette nettarifere, eseguendo i loro movimenti sem- pre con grande avidità e con grande sollecitudine. 256 ’ L. RICCA, Silene acaulis Z. Questa specie per lo più è ermafrodita ed estremamente proterandra. Gli stami sviluppansi assai presto, si esauriscono e si ripiegano all'infuori, ineurvandosi alquanto in basso, mentre gli stili sono ancora pochissimo sviluppati. Questa specie, che talora osservasi essere dioica, dimostra assai chiara la causa del di- clinismo. Esso si addimostra talvolta per eccesso di sviluppo mate- riale di uno dei due sessi, e talvolta per eccesso di anteriorità nel tempo dello sviluppo normale di uno dei due sessi medesimi. In questa specie mi pare si tratti di eccesso di anteriorità nel tempo degli organi maschili. Geranium pheum Z. È proterandro; gli stami maturano in due successivi stadj in cui ciascun verticillo. di cinque assorge dallo stato 1 di incurvazione precedente, alla posizione eretta e sovrastante ai pi- stilli, i quali mantengonsi chiusi finchè ambo i verticilli staminali, emesso il polline, siano di bel nuovo ripiegati ed incurvati quasi co- me nella posizione primitiva. Allora espandonsi gli stimmi in mezzo ai petali essi pure assai espansi ed ancor brillanti di tutto il loro attraente colore. I bombi e le api (esclusivamente?) sono pronubi di questa specie, essi vi accorrono sollecitamente a suggere il nettare secretato da cinque glandulette collocate alternativamente fra un pe- talo e l’altro. I Sedum atratum L. Specie alpina proterogina brachibiostimmica. Gli stimmi sono già papillosi ed umidi e spesso anche muniti di gra- nuli pollinici, in epoca in cui le antere ancora non deiscono. Alla loro deiscenza gli stimmi sono già bruni ed in uno stadio di avve- nuta fecondazione. (SASSIFRAGHE.) Saxifraga stellaris L. 5 alizoides L. 1. bryoides L. $ exarata Z4il. È aizoon Jacq. 5 aspera L. % androsacea L. Chrysosplenium alternifolium LZ. Per questa ultima specie mi parve che lo sviluppo dei due sessi ALCUNE OSSERVAZIONI RELATIVE ALLA DICOGAMIA NEI VEGETALI, ECG. 2857 fosse, se non totalmente contemporaneo, almen leggermente protero- gino, avendo io sempre trovato che all’epoca in cui le antere non deiscono ancora, gli stimmi sono già ben disposti alla fecondazione, turgidi e papillosi. La dicogamia però è resa facile dalla forma del- l’infiorescenza piana ed ambulatoria per gli insetti. Per le sette specie di Sassifraghe da me osservate io trovai essere tutte eminentemente proterandre. All’ epoca della deiscenza delle antere, gli stimmi sono ancora compressi l’uno contro l’altro da ren- dersi letteralmente ‘impossibile la fecondazione. Esaurite le antere svolgonsi allora gli stimmi. La Saxifraga bryoides offre la variante | che gli stimmi ben sovente sviluppansi presto l'uno dall'altro, ma rimangono immaturi senza papille e quindi incapaci alla feconda- zione. Si osserva per lo più nelle Sassifraghe, e più marcatamente nella S. aizoides e nella S. stellaris, che gli stami all’epoca della dei- scenza anterale si rizzano e vanno a sovrastare all’ovario, per rifles- tersi dopo l'esaurimento pollinico verso la periferia. Questo movi- mento degli stami non ha altra utilità, a mio parere, senonchè quella di mettersi in posizione più soggetta al contatto degli insetti, ed ef- fondere il polline sul talamo onde sia nella visita degli insetti stessi sicuramente esportato. Non osservai altri insetti a visitare le Sassifraghe senonchè le mo- sche, ciò specialmente sulla S. aizoon. Heracleum sphondylium Z. Proterandra questa specie in modo marcatissimo è fecondata nell’atto in cui gli insetti pascolano il disco epigino o stilopodo, assai splendente per goccioline di nettare. Come al solito tale pascolazione è fatta con grande avidità e con la mag- giore insistenza: è visitata da insetti diversi; io osservai ditteri di diverse specie, ma mosche in maggior numero, alcuni coleot- teri e bombi. Gli stami eretti all’epoca della deiscenza delle an- tere, si divaricano e si riflettono alla periferia allorchè queste sono esaurite. Cherophyllum hirsutum Z. È proterandra macrobiostimmica, e ciò accade in tutta una ombrella contemporaneamente al segno, che talora la specie si giudicherebbe dioica o monoica, tanto certe 258 L. RICCA, ombrelle non fan pompa che di pistilli avendo già gli stami esauriti, e certe altre non fanno pompa che di stami elevati sopra i pistilli bre- vissimi e fra loro tanto costretti da non essere percettibili. Vi accor- rono molti e diversi insetti a pascere la superficie dello stilopodo, come si disse di sopra dell’ /Zeracleums; io osservai ditteri di diverse specie, ma più specialmente mosche, moscherini, bombi, ed altri che stimai formiche alate, e che erano forse apiarie dei generi Halic- tus, ecc. Phytheuma pauciflorum ZL. Questa specie trovai essere visitata all'altezza di 2900 metri da un bombo a diretano fulvo (Bombus lapidarius ?). Questa stessa specie di bombo la trovai successivamente ad uguale elevazione sui fiori dell’ Aronicum doronicum Reichb. Le belle osservazioni sulla proterandria delle Campanulacee e sul loro apparato dicogamico fatte da F. Delpino ( Vedi Vol. XI e XII, 4tti della Società Italiana di Scienze naturali di Milano) mi assolvono da inutili ripetizioni. Volli citare soltanto quella specie alpina per provare come anche i bombi salgano a grande elevazione sulle mon- tagne, e che la dicogamia entomofila non trova ostacolo neanco nelle regioni glaciali. Homogyne alpina Cass. Gli stili dei fiori femminei della cir- conferenza sviluppansi in questa specie assai prima degli stimmi ap- partenenti ai fiori ermafroditi del centro; anzi prima ancora che i fiori del centro siano aperti. Accade così assai facilmente che la feconda- zione abbia luogo da calatide a calatide, e molto difficilmente che essa abbia luogo da fiore a fiore nella calatide medesima. In effetto questa specie è come se fosse dioica, ed abbiamo in essa un nuovo esempio del naturale processo tendente a separare gradatamente i sessi in certe specie. Non però io credo, che l’Homogyne tenda a diventare unisessuale. La famiglia delle Sinanteree a cui appartiene, è una famiglia in cui sono rare le specie unisessuali, e dove ciò si osserva è sempre per l’aborto di uno dei due sessi, i cui rudimenti sono pa- tentissimi. Non è quindi a credere che l’Homogyne tenda a diventare assolutamente dioica, ciò anche perchè le piante che sono dioiche per antichissima loro costituzione, non sono mai entomofile ma ane- mofile; e siccome le piante entomofile appartengono ad una organiz= ALCUNE OSSERVAZIONI RELATIVE ALLA DICOGAMIA NEI VEGETALI, ECC. 259 zazione maggiormente elevata nella scala del naturale perfeziona- mento, è assai probabile che arrivate come l’ Homogyne al grado di proteroginia tanto marcato, esse abbiano raggiunto il supremo grado della loro organica perfezione, ciò almeno nelle attuali circostanze, e che per conseguenza si arrestino nella evoluzione progressiva della loro organizzazione. L’Homogyne alpina è visitata frequentissimamente dalle mosche alpine, e per quanto mi risulta anche esclusivamente. Adoxa moschatellina Z. Possono letteralmente valere per questa specie le osservazioni fatte sul Chrysosplenium, colla variante che la superficie ambulatoria è quasi sferica, ciò che non toglie potere anche questa specie per la stessa ragione essere fecondata dicoga- micamente. Ajuga pyramidalis Z. La potente attrattiva per gli insetti di cui è fornita questa specie nelle sue brattee colorate, può forse ba- stare alla dicogamia. Però lo sviluppo dei due sessi è contemporaneo in uno stesso fiore. Lamium album LZ. I fiori assai grandi di questa specie sembrano fatti apposta per dare accesso ai bombi. Essi infatti li visitano con grande insistenza, ed eccettuata qualche piccola apiaria che pur vi accede, sono i bombi gli esclusivi pronubi di questa specie. Essi in- troduconsi con un moto agevole assai naturale per entro il fiore, presto ne escono per recarsi immediatamente ad un altro fiore della stessa specie. Ove alcuna macchia di Lamium album domini in un luogo, ivi si è certi di trovare una numerosa schiera di bombi, ciò almeno nelle ore calde della giornata, ed alla elevazione di circa 1500 a 1400 metri, ove ripetutamente ebbi agio di fare tale osser- vazione. Questa specie sembra, come l’Urtica, accompagnare la resi- denza dell’uomo; perciò fino all'altezza di 1400 metri ha, come 1’ Ur- tica, grande facoltà di estendersi; ad elevazione superiore, dove du- rante l’estate l’uomo si spinge col bestiame, il Zamium album e l’ Urtica dioica appariscono talvolta, ma limitatissimamente alla resi» denza dell’uomo ed all’agglomerazione dei bestiami medesimi. Globularia cordifolia Z. Questa specie ha fiori proterogini in sommo grado: lo stilo è lunghissimo e le papille stimmatiche ben 260 L. RICCA, manifeste in epoca sempre in cui gli stami sono di molto più brevi ed immaturi. Primula longifiora 4//. Per moltissimi individui da me osser- vati nelle alpi camoniche sopra Ponte di legno, ho sempre’ trovato dominante nei fiori di questa specie una forma unica, con lunghissi- mo stilo e con stami inseriti all'apice del lunghissimo tubo corollino, È dessa una specie proterandra ad antere deiscenti nel primissimo stadio di espansione della corolla. In tale epoca lo stilo è ancora incluso nel tubo corollino, e per conseguenza sottostante agli stami ed affatto immaturo. Successivamente allungasi con rapidità vegeta» tiva, e portasi ad emergere lungamente dal tubo: soltanto allora matura la superficie stimmatica nel centro del pistillo, il quale sui margini non stimmatiferi porta aderente del polline manifestamente asportato dal ciclo anterale con cui poco tempo prima travavasi a contatto. L’ apparato dicogamico di questa specie avrebbe quindi grande analogia con quello delle Campanulacee. Non mi riuscì ad osservare insetti visitatori, Orobanche lucorum 4. Braun. Questa specie non fa eccezione alla teoria del Delpino descritta per le piante didiname, e special- mente pel Ahinanthus con cui ha tutta la identità di apparecchio. Pedicularis rostrata L. 5 verticillata L. 5 tuberosa L. i Queste specie hanno uno identico apparecchio dicogamico, che non si discosta guari da quello generale delle piante didiname. Quelle pedicolari hanno però l'elmo compresso longitudinalmente, e rac- chiudente in questa compressione le quattro antere, le quali non sono contomentate da cigli, ma sono invece applicate due per due l’una contro dell’altra, rimanendo per tale reciproca applicazione l'emissione del polline rigorosamente impossibile, se un agente esterno non venga a disunirle, facendo rilassare la compressione del- l'elmo in cui stanno costrette. Tale rilassamento ha luogo in modo tanto ovvio quanto ammirabile per l’azione dei bombi e di minori apiarie. Questi insetti approdando a quei fiori introducono il capo ALCUNE OSSERVAZIONI RELATIVE ALLA DICOGAMIA NEI VEGETALI, Ecc. ‘264 ed il torace alla base dell’elmo, con una naturalezza e facilità di azione che si direbbe, come deve essere di fatto, aquisite ai loro istinti ed alle loro vitali abitudini. Immantinente 1’ elmo si apre e leggermente si incurva, le antere non più costrette si seiolgono dal reciproco combaciamento, il polline cade copioso sul dorso dell’ in- setto, essendo pur tale emissione pollinica favorita dai moto di cur- vatura dell’elmo medesimo, moto che è conseguenza della dilata- zione operata alla sua parte inferiore. Tale operazione degli insetti si può artificialmente imitare introducendo un corpo estraneo alla base dell’elmo, questo si dilata ed il polline cade copioso sul corpo estraneo medesimo. Ora essendo lo stilo nelle pediculari sempre proeminente alla sommità dell’elmo, esso non manca mai di recarsi a contatto del dorso degli insetti nell’atto in cui, pel rilassamento dell’elmo nella sua longitudinale direzione, tanto l’elmo quanto lo stilo, vengono ad ineurvarsi dall'alto in basso per conseguenza meccanica. Nella organizzazione del fiore delle pedicolari, trovasi a mio pa- rere il più eloquente ed intelligente apparecchio dicogamico di tutte le piante didiname. La costrizione caratteristica dell’elmo che osser- vasi in quel genere, non si sarebbe creduto che fosse tanto oppor- tuna alla fecondazione ed alla conservazione della specie. lo credo che quei fiori siano esclusivamente visitati dai bombi e dalle apiarie, insetti che pel grado di intelligenza sovrastanno a tutti gli altri. Questi insetti dalla piuttosto difficile visita dei fiori di Pedicularis e di Gentiana germanica, di cui dirò in seguito, passano rapidamente ad un capitolo di Trifolium pratense i cui fiori richiedono una più semplice ma diversa manovra. Serophularia nodosa £. Ha un apparato dicogamico assai no- tevole, già rilevato da C. Sprengel. È proterogina e lo stilo allungasi alquanto fino a superare l’apertura del labello inferiore, indi riflet- tesi inferiormente, applicandosi sul labello medesimo di posizione verticale, manifestando così in modo patentissimo l’ antipatia delle nozze omocline. Gli stami sviluppansi più tardi dalla primitiva loro posizione contorta, e portano le antere verso il labbro superiore in modo, che il polline non potrebbe mai cadere per propria gravità 262” L. RICCA, sullo stimma. Tali fiori racchiudono copioso nettare secretato dall’a- nello ipogino assai carnoso, e radunasi alla base della corolla preci- samente nella parte sua superiore eve è abortito uno stame. Gli in- setti ricercatori di nettare è giocoforza si introducano fra gli stami ed il labbro superiore della corolla, esportando col ventre il polline dalle antere con cui necessariamente vengono a contatto per la parte inferiore del loro corpo. Nell’ appulso che fanno in seguito ad un altro fiore, non possono a meno di confricare la stessa superficie in- feriore del loro corpo precedentemente imbrattata di polline, collo stimma riflesso ed applicato sulla tavola di appulso. Gentiana germanica 77il!d. Lo sviluppo dei due sessi mi parve in questa specie contemporaneo. Solo gli stimmi io trovai che per- durano più degli stami, e.ciò mi fa sospettare che sia veramente proterandra. Indipendentemente dallo sviluppo contemporaneo o: non dei due sessi, v ha la relativa lunghezza degli stami, e dello stilo, che rende impossibile la fecondazione nello stesso fiore, Gli stimmi sono sempre di tanto collocati superiormente agli stami che il pol- line delle sottostanti antere non potrebbe mai raggiungerli. Questi fiori sono visitati dalle api le quali si comportano in quella visita assai ingegnosamente. La corolla è nella gola tutta circondata da fitti petaloidi, assai eleganti cigli che impedirebbero ogni accesso nel tubo a qualunque insetto che non fosse assai attivo ed. ingegnoso. L’ ape appena approdata sulla corolla, si adopra con gran solerzia ad aprirsi una strada in mezzo ai cigli, lavora colle zampe e col capo per in- fletterli a dritta ed a sinistra, ed avanzasi così in quella siepe per penetrare nel tubo corollino, nel quale introduce tutto il suo corpo, mentre i cigli rialzansi per elasticità alla primitiva posizione. Ea base della corolla contiene molto nettare, fatto assai logico nelle naturali manifestazioni, perchè se fosse scarsa la secrezione del nettare, le api per certo non si assoggetterebbero a quella visita per loro piut= tosto faticosa ed incomoda. È manifesto che l’ape uscendo da una corolla ne esporta per l’ad- dome il polline, e recandosi successivamente a visitare un altro fiore, portasi coll’addome sempre e colle zampe a contatto degli stimmi, anzi di raggiungere il tubo corollino ove sono racchiusi gli stami. ALCUNE OSSERVAZIONI RELATIVE ALLA DICOGAMIA NEI VEGETALI, ECC, 265 Questa specie dall’altezza di 1500 metri spingesi fino alle altissi- me alpi, ove trovasi pigmea a 2800 metri circa. A tale elevazione di 2800 metri io non ebbi agio di osservare insetti pronubi, e le mie osservazioni su tal riguardo furono fatte a metri 1350 circa; siecome però anche a quella elevazione di 2800 metri io osservai delle apiarie, si può avere la certezza che la Gentiana germanica anche nelle più fredde elevazioni sia sempre ed esclusivamente fe- condata dalle apiarie medesime. Rhododendron ferrugineum Z. È ben chiaramente proteran- dro. Le antere trovansi già in piena deiscenza nell'epoca in cui il fiore è ancora inaperto e lo stimma immaturo. Questo perviene molto più tardi alla sua espansione indicante attitudine alla fecondazione, e solo allora quando le antere sono già esaurite e secche. Lo stimma prima della sua espansione è di forma quasi triangolare, di aspetto calloso, lucente e secco; in seguito procede a poco a poco ad espan- dersi finchè sia pervenuto ad uno stadio in cui la superficie vera- mente sessuale trovasi ancora ristretta nel centro, intorno intorno cinta e quasi ricoperta da sei triangolari lobi costituiti dalle cellule callose, che formavano poco prima l’apice stilare inaperto e trian- golare. Questi stessi lobi a poco a poco si ripiegano, o meglio subi- scono un processo vitale per cui appajono finalmente circoscritti al lembo estremo, lasciando manifesta patentissima la superficie umida e papillosa centrale dello stimma. Trovai essere questa specie visitata dai bombi anche all’ altezza di circa 2200 metri. LIBRI IN DONO PERVENUTI ALLA BIBLIOTECA SOCIALE nell’ anno 1870. PUBBLICAZIONI DI SOCIETÀ ED ACCADEMIE SCIENTIFICHE. Italia. Atti della R. Accademia delle scienze di Torino. Torino, in-8. Appendice al Vol. IV, 1869. Vol. V, disp. 1-7, 1869-70. 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Detrino, Ulteriori osservazioni sulla dicogamia mel regno megetaleg(Parte II°). ui. vera Seduta del 27 novembre 1870 . : det Beurorti, Osservazioni sulla flaccidità (morts- .fats) nei tuoni da seta, raccolte durante la campagna bacologica del cor- rente anno . . . mne 19 . Tarawecui, Sugli antichi dlidotici della Dad della na e MER OO (Tav RR i Seddtandelti8 dicembre 48700, 0 cea Sorpecui, Anatomia del Limax Doriae Bourg., nei suoi rap- porti con altre specie congeneri (Tav. II?) . . + Ricca, Alcune osservazioni relative alla Dicogamia nei vege- tali fatte sulle Alpi di Val Camonica nell’anno 1870 Libri in dono pervenuti alla Biblioteca sociale nell’anno 1870 Sl Ea ay SR a el AA RD ES 39 ” 275 166 167 206 207 224 2359 242 Q54 264 274 Coi: Vo SIA L Diigo UE IPA VOI RENE N Tr La nta di sE DI n Vate SRI Sordelli, Not. sul G.Acme. Ath Soc.It SeNat.Vol XII. Tav.1. _——_—_—_._+_&Frr6—r_ na UCI M n A c6T tn o, DA Ba ; eh A xò, COR & 2 ano ot La peo: / 77 è na 3 /- IN Atme VAZIZZIZA 19 MA polila L9:Ag (aeciltaniz’ artentky ) Att della Soc. Ital di Se. Nat Vol. XII Tav.IL Millstatter Afp Lor. 2076 Taramelli-Sugli Antichi ghiaccia) della Drava ece. 996 si0 600 620 S00 M. Krn 224 Ì ' i Ì i 74 1632 950 do Go 1772 i Ì seStabeb Pin pisa HA Brassndk Grarenbuchel ago 684 du S96 {690 Wolkenmarkt FDrava Wasserhm Géi Flelaeh LTr Gedergsdorf. 452) 1608 TR TR 2a E livello del mare Hochech/0d:9 Wek]903 Flan 566 L'&Serumsy Moosburg I. Worih LdiRrutwhach $25 Windirck Fristiz SA Tr 1275 } ' I68 I2 ° dr 1 528 £ Drava d99 M Qsterrik 225 , Villacher Ape ad E dal Dobrac/2153-180 coca) livello marmo Ferrovia Magenfart Horendwy Fiurk$s0 MH Han £ Drava F Drava M Kasparst | 442 | #49 I } presso E 3k1 Si Big | Ì I I | | i I i i | Q0S. < SPIEGAZIONE DEI SEGNI Roccia in poste; la tinte oseura dudica la prevalenza dei calcari! la pi chiara è terreni arenacei marnosi o vastosi, ala cu erassone corrispondono le pui ampie vallate . 21 Conglomerato plocerzeo / @ngersen Selichtan und Belvedere Sehotter di Hauer) sempre alluvionale e gue è la' ricoperto dai deporiti' quaternare!. I Alluvioni quaternare posteriore alla vcomparsa der Gheaccwaz od antertori alla loro discera: Mi dl Norene talo x s : È x 7 Spr) - ale 'orene ra ranestate, (es) Lorbwere. (e) Lune massimo della potenza degl antiche grace. Soala delle distante: L- 360000; dello alare 1: 36000. cat Sordelli.Anat.Lim. Doria Atti Soc. ital.Sc. Nat.vol. XIII, tav. 3. LA (441 ©» I EX QI £X CA dm Sordelli dis. e no. (È Lit. Ronchi ) Limax Doriae. SO tana Pepi Prezzo del presente volume o Peri:Socpi o e Per gli estranei alla Società » 20. — La TE E sia dr 4 Ù ù x . \ x LC f R \ | Y: mo UO I . t P. N Mida i RIE La Rat i . # ù ì d ] Ù \ AT Ù Ù Il N Ù oe / I i Ù rr Y ’ su Ù i] 5 Î PI n N ) \ Î ’ | \ sì PA i RT "a n, sit x 4 1 Hr a II ‘ Lal i | CONIIST VY ) Ì ITOGINNI ; i tue, } ri ) 3 2044 106 288 509