mi x D SIALOIMO, (0) Gi È & IC si È SOMRNANSATRANNRRA RRRRERRARGUÎ ai ds - SOCIETÀ ITALIANA bX. a. $ | I O8° Pi DI SCIENZE NATURALI Di So. " SI _ «A VOLUME IX 3, : | K PED ESA | do ANNO 41866 dr Q NS SR ‘ - Na AA >) "0a € SPE con 7 Tavole litografiche I Di (3,525. MILANO = So È 6 Li COI TIPI DI GIUSEPPE BERNARDONI DI GIO. Si Tofu pi 2 DO Do ni a: D Da È VOI È al ARGDABDRDAR RARA | OR SLY TI VR IRE a California Academy of Sciences Presented by_Società Italiana di Sci» enze Naturali, Milano. F e D : SE ; ary Vi. OA ITALIANA D SCIENZE NATURALI VOLUME IX, Anno 1866. MILANO TIPOGRAFIA DI GIUSEPPE BERNARDONI. 1866. n Ya (180) nn tia CL Pet. PR e I TOT A TC A Ca ba DA 4a SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI Presidenza pel 1866. Presidente, CornaLia dottor EmiLio, direttore aggiunto del Mu- seo Civico di storia naturale in Milano, via del Monte Napo- leone 36. Vice-Presidente, Vita Antonio, Milano, via della Sala 6. Onsoni dottor Giovanni, professore di storia naturale, Milano, via del Circo 12. Segretari © Stoppani sac. Antonio, professore di geologia nel R. Istituto Tecnico superiore in Milano, via s. Marie alla Porta 10. Francescnini FeLice, Milano, via Broletto 6. Vice- Segretari < TanameLLi Torquato, Milano, via del Monte Napo- | leone 356. Conservatore, CristoroRo BELLOTTI. Vice-Conservatore, SorpeLLI FERDINANDO. Cassiere, GargantTINI-Pratti Giuseppe, Milano, via del Senato 14. Economo, DELFINONI avv. GOTTARDO. Barpò pI Soresina marchese Pietro. GARAVAGLIA rag. ANTONIO. Visconti Ermes marchese Caro. Commissione amministrativa beve» renne cnr si ost to ‘siobtonistti. RE i db ‘oluninge. onolionib 01 Atpoli lab nia cani al lina And art ET VARIO A ceti pie anali over sai” 3 PRGRABAOE sui sinota ib 310245100 atena sort); 19 | Dara, 90907) A SOCI EFFETTIVI al principio dell’anno 1866, ALBANELLI rag. Filippo, capo-sezione presso il ministero dell’In- terno, Firenze. ALESSANDRI sac. AnToNIO, Bergamo. Anpreossi ENRICO, Bergamo. Ansipei conte ReginaLpo, Sindaco di Perugia. AppeLrius Cristiano FepERIcO, Livorno. Ascueri rag. Giovanni, Milano. AxeRIo Giuro, ingegnere del Corpo Reale delle Miniere, Milano. Baponi Giuseppe, Milano. Barsamo-CriveLi nob. Giuseppe, prof. di zoologia nella R. Uni- versità di Pavia. BarsettA AnseLmo, Guidizzolo (Brescia). Barpò pi Soresina march. Pietro, Milano. Bazzi Cesare, professore di matematica, Faenza. Beccari OpoArpo, assistente alla cattedra di botanica nella Regia Università di Pisa. Beeciato dott. Francesco Seconpo, presidente della Accademia Olimpica a Vicenza. BeLLotti ALessanpRo, direttore degli studj nello Stabilimento Bosisio, Monza. BeLLotti Cristororo, Milano. BeLLucci Giuseppe, naturalista, addetto all’ Osservatorio Astrono- mico di Perugia. BeLtRANINI Francesco, assistente alla cattedra di botanica all’ Uni- versità di Padova. BernaRDI cav. FrANcESco, direttore del Museo dei Fisio-critici, Sicna. 6 ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI Bernasconi sacerdote BaLpassare, coadiutore, a Laglio (Como). Berti dottore Eucenio, Parma. BertoLi sacerdote Giovanni, Canonico, Chiari (Brescia). BertoLio Antonio, professore di chimica, Casale Monferrato. BertoLonI Giuseppe, professore di botanica nella R. Università dt Bologna. Bettoni Eugenio, Pavia. Brancni Vincenzo, direttore delle scuole elementari di Ancona. Bianconi Giuseppe, redattore del Giornale scientifico, eec. di Pe- rugia, Bettona (Umbria). Bianconi Giuseppe, professore nella Regia Università di Bologna. Biccni €esare, direttore dell'Orto botanico di Lucca. Bicyami ingegnere Emizio, Milano. Bocani dott. Innocente, Milano. BoLLini Ancero, Milano. Bonsicci Luci, professore di mineralogia nella Regia Università di Bologna. Bonzanini ing. EmanveLEe, Milano. Borromeo conte CarLo, Milano. Bossi Gio. BaTTISTA, ingegnere, Torino. BortI cav. ULpeRICO, sotto-prefetto, Pontremoli. Burti sacerdote Anceo, prof. nel R. Istituto Tecnico, Milano. Buzzetti Curzio, prof. di fisica nel R. Istitato Tecnico di Ferrara. Buzzoni sac. Pietro, vice-parroco, Brenna (Como). Capiati Acniute, farmacista, Milano. CaLanprINI FiLippo, sopraintendente dei RR. Giardini di Toscana, Firenze. CaLpesiI Lopovico, deputato al Parlamento, Faenza. CaLLecari Massimziano, prof. di storia naturale nel liceo Mura- tori, Modena. Canetti dott. Carro, Milano. Cantoni Gaetano, professore di agronomia nella scuola di appli» cazione per gli ingegneri, Torino. Carecini Giovanni , professore di geologia nella R. Università di Bologna. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1866. 7 CaprioLI conte Tomaso, Brescia. CarueL Troporo, professore di botanica medica all'Istituto di studi superiori, Firenze. Casati nob. CamiLto, Milano. CaseLLa dottor Giuseppe, Laglio (Como). CastaGnoLa marchese BaLpassare, Spezia. CasteLLIi dottor FeperIco, Livorno. Castiglioni Giosuè, professore di storia Naturale, Como. CastrAcanE-BeLMONTE-Cima conte ALessanpro, Rimini. Cavagna SanciuLiani conte Antonio, Milano. CavacLeri padre Giovanni, barnabita, Monza. Cavezzati dott. Francesco, Milano. Cesati barone Vincenzo, Vercelli. CLerici nob. Pietro, Alzate (Como). Coccni dottor Icinio, professore di geologia al Museo di storia naturale, Firenze. Consori Gaetano. Palazzolo (Brescia). Cornaria dott. EmiLio, direttore aggiunto del Museo Civico di storia naturale, Milano. Corvini dottor Lorenzo, prof. nel R. Istituto Veterinario, Milano. Cossa dottor ALronso, professore di chimica nella R. scuola Tec- nica, Pavia. Costa AcHitte, Napoli. Craveri FepERICO, professore di chimica, Brà. CriveLLi marchese Luici, Milano. Curioni nob. Giuio, Milano. Curò Antonio, Bergamo. Corti avvocato 5Pier Amprogio, Milano. D'Ancona Cesane, assistente di geologia nel Musco di storia na- turale di Firenze. D'Arco conte Lurici, Mantova. De BenepbETTI conte ALessANDRO, Sarzana. De Bosis ingegnere Francesco, Ancona. De Fiuippi Fiuirro, professore di zoologia nella R. Università di Torino. 3 ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI De LA Vate José ANTONIO visconte di Premio Real, viceconsote di Spagna a Malta. i Detrinoni avvocato GortArDo, Milano. DeL Mayno marchese Norserto, Milano. DeL Pozzo vi MowmseLLo ENRICO, professore di mineralogia ‘e’ geo- logia nell’ Università di Perugia. De-Meis Camtto, professore della storia della medicina, a Bologna. De Veccui nob. Biagio, Milano. Di Negro nob. Giacomo, Spezia. DoLci Gian Francesco, direttore d'uno stabilimento privato d’istru- zione, Milano. Doria march. Giacomo, Genova. Doria march. MarceLLo, Genova. Dossena ingegnere Fetice, Milano. Dusarpin Giovanni, professore di mineralogia e geologia nell’ Isti- tuto Tecnico di Genova. Durer BernARDOo, Villa Sommariva presso Tremezzo sul lago di . Como. FerrARINI Domenico, dott. in medicina, Sarzana. FerrARIO ing. Emitio, Milano. Ferrero Ortavio Luicr, preside dell'Istituto Tecnico di Ber- gamo. Ferrini Rinapo, professore di fisica nel R. Istituto Tecnico, Mi- lano. Foresti dott. Lopovico, assistente al Museo Geologico nell’Univer- sità di Bologna. Fossati Vincenzo, chimico farmacista, Spezia. FrancescHini rag. FeLice, Milano. Fuwagatti ing. SterAno, Milano. Gasani Mario, professore di fisica e matematica nel Liceo di Per- gola (Marche). GaLanTI Antonio, professore di agraria nel R. Istituto Tecnico a Santa Marta, Milano. Gatti padre Bernarpo, barnabita, Lodi. GanavacLia ragioniere Antonio, Milano. Al. PRINCIPIO DELL'ANNO 1866. 9 GaravagLia ingegnere Maurizio, Milano. GarsiGLIETTI cav. AntoNnIO, segretario dell’Accademia medica di Torino. Garpini GaLpino, professore di storia naturale nell’ Università di Ferrara. Gargantini-PratTI Giuseppe, Milano. GarovacLio Santo, professore di botanica nella R. Università di Pavia. GastaLbI BartoLoMEO , segretario della scuola degli ingegneri in Torino. GazzineLLI Agostino, professore a Lecco. GemeLLARO CarLo Giorgio, professore di geologia nella R. Univer- sità di Palermo. GentILLI Amepro, ingegnere delle strade ferrate, Cernobbio (Lago di Como). GerLi ALBERICO, dottore in legge, consigliere di Prefettura a Ber- gamo. GrHiortI ALessanpro, Milano. GiseLLi Giuseppe, assistente alla cattedra di botanica nella Regia Università di Pavia. GieLioLi ENRICO, dottore in scienze naturali nell'Istituto Leardi, Casale. Giorpano FELICE, ispettore delle miniere, Torino. Giusti Giuseppe, Milano. Giustiniani marchese Icnazio, Spezia. Goun Leone, ingegnere, Cagliari. Gracis dottor Pietro, Sandigliano (Biella). Gramizzi Massimitiano, Milano. ) Gras Augusto, segretario della Regia Accademia delle scienze di Torino. GuaLtERIO march. CarLo RAFFAELE, Orvieto. Guiscaroi prof. GucLieLmo, della R. Università di Napoli. IsseL Arturo, Genova. KeLLer ALBERTO, Milano. Kramer cav, Epoarpo, Milano. 40 ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI Lancia Feperico duca di Brolo, segretario dell’ Accademia di scienze e lettere di Palermo. Lascni Maurizio, Vicenza. Lawcev Roserto, Montecchio presso Pontedera (Toscana). Lioy PaoLo, Vicenza. Lowparpini ing. ELIA, emerito direttore delle pubbliche costruzioni di Lombardia, Milano. Macci Leoporpo, dottore in scienze naturali, Pavia. Manmeri ingegnere Antonio, Milano. Macni Grirri Francesco, prof. di storia naturale nel R. liceo di Lucera (Capitanata). Masoccni sac. Francesco, direttore della scuola Tecnica di Co- dogno. Macerza STEFANO, Milano. Macratti BartoLomeO, prof. di storia antica all’ Accademia scienti- fico-letteraria di Milano. Marinverni ALessio, Oldenico (Vercelli). Manzi padre MicneLanceLo, barnabita, Lodi. Maram Giovanni, segretario alla direzione del debito pubblico , Torino. Mancm Pietro, dissettore zoologico del Museo di storia naturale di Firenze. Marcucci EwiLio, dottore ‘in scienze naturali, Bibbiena (Arezzo). Marinoni nobile Camirto, Milano. Marsiti Luici, prof. di fisica nel Liceo di Pontremoli. MartinaTI Pietro Paoto, dottore in legge, Verona. MasserotTI dott. Vincenzo, prof. di storia naturale, Milano. MeLLa Carto Antonio, Vercelli. Menecuini Giuseppe, professore di geologia nella R. Università di Pisa. MicLiavacca Acnitce, Milano. . Moglia professore Lu:ci, Biella. MoLtEN Riccarvo, ingegnere delle miniere, Como. MonpoLro conte Sepastiano, Milano. Montanaro Caro, commissario del catasto, Varallo (Novar a). AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1866, 44 MonrerimaLe GaBrIELE, medico, Portovenere. MoragLia ingegnere Pietro, Milano. MormiLLeT GABRIELE, Parigi. Mussi dott. Giuseppe, Milano. Negri ingegnere Pietro, Milano. : Nocca Caro Francesco, Pavia. Ornt EuseBio, professore di fisiologia nella Regia Università di Pavia. Ousoni Giovanni, professore di storia naturale, Milano. Orsenigo Pierro, parroco di Careno (Lago di Como). Orsi conte GeRoLAMO, Ancona. Orsini prof. Antonio, senatore del Regno, Ascoli. PaApuLLI conte Pierro, istruttore pratico di chimica nel labora- torio della Società di Incoraggiamento d’arti e mestieri, Milano. PagLia sacerdote Enrico, già professore nel Seminario di Man- tova, Codogno. PanceRI Paoto, professore di anatomia comparata nella R. Uni- versità di Napoli. ParLatoRE Ficippo, professore di botanica al Musco di storia na- turale, Firenze. ParoLini nob. ALBERTO, Bassano. PasseRINI Giovanni, professore di botanica nella R. Università di Pavia. Pavesi AnceLO, prof. di chimica nella R. Università di Pavia. Pavesi Pierro, prof. di storia naturale a Lugano. PeccuoLi VitTORIO, Firenze. Pepicino dott. Nicota Antonto, professore di botanica alla R. Uni- versità di Napoli. PeLuso dott. Francesco, Milano. Perazzi Costantino, ingegnere del corpo reale delle miniere , Torino. Perez professore ApoLFo, Genova. PianzoLa Luici, dott. in legge, Milano. PicciòLI dottor FERDINANDO, assistente al Museo di storia natu- turale di Firenze, 42 ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI PiccroLi Francesco, farmacista, Milano. Prrona dottor GruLio ANDREA, professore di storia naturale, Udine. Pizzini ingegnere Grovanni, Milano. PocLiani ingegnere CarLo, Milano. Porri Pierro , assistente alla cattedra di chimica tecnologica al Regio Istituto Tecnico di Milano. PontrEMOLI prof. EspRa, Vercelli. PourLape Costanzo, ingegnere, Catania. Pozzi AnceLo, assistente alla cattedra di storia naturale e fisica all'Istituto Tecnico a S. Marta, Milano. Prapa dottor Teoporo, Pavia. Puini CarLo, Firenze. Ramorino prof. Grovanni, Genova. Rancner abate Giovanni, Biandronno (Varese). Ravioti ingegnere GiuserPE EpoARDO, capitano del Genio militare, Genova. RestELLINI canonico Giuseppe, Milano. RiccHiARDI SEBASTIANO, professore di anatomia comparata - nella Regia Università di Bologna. Ricca dottor Giuseppe, professore d’agronomia nel Regio Istituto Tecnico di Forlì. Riva Parazzi Giovanni, Milano. Rocca Saporiti marchese ApoLtinare, Milano. RonpanI Camitto, prof. d’agraria all’ Università di Parma. Rosari Francesco, Milano. RoseLLINI FERDINANDO, Casale. Rossi GucLIeLMo, Milano. Rostan Epoarpo, medico, San Germano di Pinerolo. Rovasenpa Luici, Torino. SALIMBENI conte Leonarpo, deputato al Parlamento. Nonantola (Modena). SALVADORI dott. Toumaso, Porto San Giorgio (Marche). SALVINI GIOVANNI BATTISTA, ingegnere architetto, Spezia. SANSEVERINO conte Faustino, Milano. SANTAMBROGIO prof. Lorenzo, Milano. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 41866. 413 Savi Pretro, professore di botanica nella Regia Università di Pisa. Savosa ing. Giovanni, Milano. ScARABELLI-Gommi-FLAmINJ GiusePPE, Imola, Senatore del regno. Scurr prof. MaurIZIO, Firenze. ScoLa dott. Lorenzo, Milano. SeLLA QuinTINO, ing. delle miniere, deputato al Parlamento, Fi- renze. Secuenza GiusePPE, professore di storia naturale nel liceo di Messina. SiLvesTRI Orazio, professore di chimica a Catania. Sii Emitio, dottore in scienze naturali, Serravezza. SOLERA sac. Giovanni, prefetto nel liceo di Crema. SorpbELLI FERDINANDO, assistente al Museo Civico di storia natu- rale di Milano. SPAGNOLINI ALESSANDRO, professore di storia naturale nel Collegio militare di Napoli. SPEZIA ingegnere AnTONIO, Torino. SPINELLI Giovanni BATTISTA, Venezia. SpREAFICO Eminio, Milano. SPREAFICO sacerdote FrAncEScO, canonico di S. Babila, Milano. STEFANELLI Pietro, professore di storia naturale alla scuola ma- gistrale di Firenze. STOPPANI sac. ANTONIO, professore di geologia nel R. Istituto Tec- nico Superiore, Milano. STOPPANI sac. CARLO, professore a Carrara. StoPPANI FERDINANDO, Lecco. STROBEL PELLEGRINO, professore di Storia naturale nell’ Univer- sità di Buenos-Ayres. STROZZI marchese CARLO, Firenze. STUDIATI CesaRE, professore di fisiologia nella Regia Università di Pisa. TaccHeTTI CARLO, impiegato presso la direzione del demanio, Novara. TAGLIASACCHI ingegnere SAVERIO, Milano. 14 ELENCO DEI SOCI EFFETTIVI AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1866. TAPPARONE-CANEFRI CESARE, Spezia. TARAMELLI Torquato, Milano. Tarcioni-Tozzerti ApoLro, professore di zoologia al Museo di Storia naturale di Firenze. Tassani dottor ALEssanpRO, Consigliere sanitario, Como. Testa ingegnere ANDREA, Milano, TETTAMANZI ingegnere Amanzio, Milano. TinerLi nob. Carro, Milano. Tòparo Acostino, professore di botanica nella Regia Università di Palermo. TranquiLLi Giovanni, prof. di storia naturale al liceo di Ascoli. TRINCHESI SALVATORE, professore di storia naturale all'università di Genova. Trompreo dottor BernARDINO, Torino. Turati conte ErcoLe, Milano. Turati nob. Ernesto, Milano. Usicini EmiLio, ispettore dei telegrafi delle strade ferrate, Ancona. UzieLLI GustTAvO, dottore in matematica, Livorno. UzieLLI VitTORIO, Livorno. Varisco ANTONIO, prof. nell'Istituto Tecnico di Bergamo. Vita Antonio, Milano. Vira Giovanni BatTISTA, Milano. Visconti Ermes marchese Carto, Milano. Visconti pi Moprone duca Raimonpo, Milano. ZiumeRMANN BerNARDO, assessore di Collegio, Pietroburgo. Zosa dott. Giovanni, Pavia. Zuccui dott. CARLO, vice presidente del consiglio sanitario a Ber- ‘gamo. 15 SOCI CORRISPONDENTI Ascuerson Paoro, addetto alla direzione dell'Orto botanico, Berlino. Aversaca, uno dei segretari della Società Imperiale dei naturalisti di Mosca. Barrar, direttore del giornale l Agriculture pratique, Parigi. Bore Carto, naturalista, Leipziger Platz 13, Berlino. Bouî Amico, /ieden Mittersteig, Schlessel-Gasse 594, Vienna. Desor Eooarpo, professore di geologia nella scuola Politecnica di Neuchàtel. Favre Atronso, professore di geologia, Ginevra. Ficuier Luci, rue Marginan 21, Parigi. Genirz Bruno, direttore del gabinetto mineralogico di Dresda. GoerPERT, direttore dell'Orto botanico di Breslavia. Gcerw-Meveviuce, rue Bonaparte 3, Parigi. Harincer Gucriewo, direttore dell’I. R. Istituto geologico di Vienna. Haver Francesco, consigliere dell’I. R. Istituto geologico di Vienna. Heer Osvatvo, professore di botanica nel Politecnico di Zurigo. Janwseys dottor Eucenio, medico municipale, rue du Marais 42, Bruxelles. Lory Carro, professore di geologia nella facoltà delle scienze a Grenoble. Lveut Carro, Harley Street, 53, Londra. Merian, professore di geologia al Museo di storia naturale di Ba- silea. Micnaup Anprea Luci Gaspare, di Sainte-Foix-les-Lyons (Rhòne) Francia. Murcnisoy sir Roperico, Londra. Pierer F. J. professore di zoologia ed anatomia comparata dell'Ac- cademia di Ginevra. 46 ELENCO DEI SOCJ CORRISPONDENTI AL PRINCIPIO DFLL'ANNO 41866. Piuter Lui, avvocato e direttore del gabinetto mineralogico di Chambery. Prancuow Giunio, professore di botanica a Monpellieri. Ransay Anprea, presidente della società geologica di Londra, Mu- seum of pratical geology, Jermin Sreet, S. W. Senoner cav. Apotro, bibliotecario dell’I. R. Istituto geologico di Vienna, Ungargasse 24. Sowmervitte Maria, nata Fairfax, Jedburg, Scozia. Sruper Berwsrno, professore di geologia, Berna. Vauter, abate, professore nel Seminario di Chambery. Watrersnausen barone Sarrorius, Gottinga. Seduta del 28 gennajo 1866. La seduta è aperta con una lettera del Socio G. B. Villa Sulle rocce dei dintorni di Morbegno, la quale sarà stam- pata negli Att. È poi presentata una nota del Socio Craveri sulle Os- servazioni meteorologiche fatte a Bra nel 1865. Sarà stampata negli Att. È letto ed approvato il processo verbale della seduta precedente. Il presidente Cornalia annuncia che il signor Desor, accettando d’essere presidente del congresso paleoetnolo- gico, che dovrà aver luogo a Neuchàtel nel 1866, espresse il desiderio che quel congresso sia tenuto negli stessi giorni, che l’ordinaria. Riunione annuale della Società Elvetica di scienze naturali. Lo stesso presidente Cornalia annuncia che la Presi- denza ha séritto una lettera al Comitato della Esposizione universale che si farà a Parigi nel 1867, al fine di fargli sapere la proposta della nostra Società di tenere in quella città e in quella circostanza il secondo congresso paleoet- nologico, -e di interessar il detto Comitato alla attuazione del proposto congresso. Lo stesso presidente annuncia pure che fu diramata ai Soci l'invito alla associazione alle Memorie pubblicate dalla Società, secondo la decisione presa dalla Società Wol. IX. va di 18 sepuTA DEL 28 GENNAIO 1866. stessa nella Riunione straordinaria tenuta alla Spezia; e presenta le Memorie finora pubblicate. Messa ai voti la elezione alle cariche rimaste vacanti nella Presidenza e nel Consiglio d’ Amministrazione della Società, sono rieletti: Vicepresidente, ViLLAa ANTONIO; Conservatore, BELLOTTI CRISTOFORO; Segretario, STOPPANI ANTONIO; Vicesegretario, FRANCESCHINI FELICE; Casstere, GARGANTINI-PIATTI GIUSEPPE. Membri della Commissione amministrativa: Vi- stonti-Ermes CarLO; BAaRBÒ PIETRO; e GARAVAGLIA ANTONIO. ' È eletto Economo il sig. avvocato DELFINONI Gor- TARDO, dietro rinuncia del sig. Gaddi. È presentato e approvato il conto relativo alla ammini- strazione pel 1865; e poi quello preventivo pel 1866. Sono nominati Soci effettivi i signori: SraBiLE ab. GiusEPPE, proposto dai Soci A. Villa, Sordelli e Bettoni. KLECcIACH Bragro, segretario di finanza (Zara), pro- posto dalli stessi soci. BrioscHi comm. Francesco, Senatore del Regno, direttore del R. Istituto tecnico Superiore, proposto da Cornalia, Stoppani e Omboni. CERRUTI GiovANNI, proposto da Stoppani A., Gar- gantini e T'aramelli. D’AccsIarpI dott. Antonio, ajuto di geologia al Museo di storia naturale dell’ Università di Pisa, propo- sto da Meneghini, Omboni e Cornalia. | dd1rtAe.r'’ —_'’ Ca III BILANCIO CONSUNTIVO dal 1.° Gennajo al Dicembre 1865. E CONTO PREVENTIVO ; per l’anno 1866. CONTO CON per l'esercizio dal 1.° gear Attività Quote esatte pel 1865 .0 . . . . +. è + 0 000 000 0 3340 | — | Rimanenza in Cassa al 1.° genmajo 1865. . . +... . . . L. | 1768 | 22, Quote esatte degli esercizi antecedenti, N. 19 del 1864 . . . . n | 380|—, Rifusione di copie a parte per conto degli Autori” +." n e 10 i LR I Associazione alle Memorie. . Ls. 00.0 Memorie wendute “.. e 04, 0 0 e è o ci e e 37 | 50 Interessi sul capitale sociale... . +. è. è. e eee 120 | —; L. |G411 | 477 INTIVO o al 31 dicembre 1865. Passività Atti e Memorie, per stampa e tavole. . . . . + nie Catcolari 0... n Stipendj abi petit SI a Oggetti di cancelleria . . + Bovet AI 18 ‘Spese Postali : . .. . o Legatura dilibi . ...... Riscaldamento della dala Satigli 9 Mei... .... Ricerche scientifiche e acquisto di libri . ., Li L. Rimanenza in Cassa al 31 dicembre 1865 a pareggio » L. 4863 | 95 931 | 15 131 | 37 50. = 5791 | 47 620 | — 6411 | 47 -_-r—r—r_—.- CONTI delle Entrate e delle Spese della Socie Attività Rimanenza in Cassa al 1.° gennajo 1866 come: dal Bilancio Con- suntivo precedente. . 0. 0.0. . +0. ++ 000 ..L.| 620 2 | N. 260 Quote dell'esercizio dell’anno corrente, a L. 20 cadauna . » 9200 3 | Quote degli esercizii antecedenti N. 18 ate a e per RA N. 98 delie dipen Po A RR] 4 | Rifusione di copie di Memorie stampate a parte per conto dei singoli 1000 Copie degli Atti e Memorie vendute a Soci e ad estranei . . . n 90 Utile derivato dal fondo Sociale impiegato —. +. + + +. è» ” 30 © . PRSEOO 700 180 Autori ® . o CD) C) . C) . ® . CI . e . DI 1 . e è Ca n Associazione alle Memorie i 3 ii A Importo delle associazioni alle Memorie del 1865. Rimanenti N. 18. » REVENTIVO liana di scienze naturali per l anno 1866. Passività Stampa degli Atti della Società (testo e tavole) e delle copie a parte delle Memorie per conto dei singoli Autori (V. At- Gta Nd) 060 ERETTA cia... L48000] .— stampa delle Circolari per le sedute . |’... . è,» + 8]. 1000- Stampa delle Memorie della Società (testo e tavole) e delle copie a parte delle Memorie per conto dei singoli Autori (V. At- ITS SEO PIRLA IAA Pe Oggetti di cancelleria .e-lesatura di libri . . . ..... +.» | 150] — peer Le: porthadi dilicio sie dr ri ai dite 400 Le Riscaldamento della sala per le sedute . . . ... ..... n 24 Signo Ricerche scientifiche ed acquisto di libri. . . ... .. +. +... »| 500|{ — Bapendliaermiontise i ivo: a i RR 4 a 890.0 Totale delle spese L. | 7520 | — ® Maggiore attività, a pareggio » | 2480 | — LIRA SENIOR LE ROCCIE DEI DINTORNI DI MORBEGNO LETTERA DI GI0. BATTISTA VILLA ALEA SOCIETA ITALIANA DI SCIENZE NATURALI Morbegno, 1 gennajo 1866. Obbligato dal mio attuale impiego a passare l’inverno quasi im esilio, lontano dalla mia famiglia e dagli amici, nel mezzo di alte montagne della Valtellina che formano una parte delle Alpi Retiche, non potendo occuparmi della raccolta di molluschi e d’insetti (4) per la stagione, ho approffittato di tutti i momenti di libertà dal mio impiego, e spesso anche fino a notte per fare delle escursioni geo- gnostiche, e studiare la natura geologica delle roccie, raccogliendo una numerosa serie di eampioni. La gentilezza dell’egregio signor dottor Vistarini amante degli studj geologi, medico del luogo, mi pro- curò facili mezzi di eseguire in di lui compagnia le gite più ardue e più lontane. Anche l’egregio signor ingegnere Anselmetti di Ciriè, pure appassionato per gli studj geologici, mi fu spesso compagno; e sì all'uno che all’altro debbo tanti ringraziamenti. (4) Per quante diligenti ricerche abbia fatte nelle selve di larici e di abeti, nulla rinvenni di singolare tra gli insetti, e solo un Cychrus rolundicollis in un bosco di faggò a Pedesina, G. B, VILLA, LE ROCCIE DEI DINTORNM DI MORBEGNO 25 Morbegno, è il luogo ove fui traslocato. Quei dintorni furono già visitati geologicamente da me e da mio fratello, diverse volte, ed anzi qualche cenno generale ne abbiamo dato nella nostra Memoria geologica sulla Brianza pubblicata nel 1844 per l'occasione del con- gresso dei scienziati in Milano. Più minutamente però vennero da noi rovistati per molluschi ed insetti, sebbene per tali raccolte ab- biamo sempre preferito le vallate interne e le regioni nevose delle Alpi (4). Coll’occasione pertanto di dover fare una prolungata di- mora in Morbegno, volli guadagnare almeno un po’ di tempo in van- taggio della scienza, e come dissi da principio, mi sono occupato ad esaminare le roccie dalle quali mi trovo circondato. In primo luogo ho fallo rimarco, che quasi tutti i. paesi posti al basso, ad eccezione di Campovico, sono collocati sui detriti. alluvio- nali dei torrenti, quali Talamona, Morbegno, Cosio, Delebio, Traona ec. Morbegno però ha nulla a temere dal fiume Bitto che le passa nel mezzo, a motivo che il suo letto è solido, scavato nella roccia ser- pentinosa, e le sue valli sovraposte non sono ingombre dai soliti massi di sienite sfranata, ma verdeggiano di belle praterie, anzi più in alto verso Gerola la valle è coperta anche di selve d’essenze re- sinose. Le valli invece di Roncajola sopra Talamona e di Tartano, essendo scavate ai piedi di montagne scoscese, formate da sienite, che si decompone e si sfrana, portano grande copia di detriti nei loro fiumi. Anche i monti sopra Civo constano pure di sienite in isfa- celo, e coi loro detriti hanno quasi riempito il piccolo vallo di roccie serpentinose che stava di dietro ai mammelloni, formando così dei piani, detti prati di Peoujra, dopo i quali vedonsi ancora grandi massi di sienite, da dove sorte ruggendo il piccolo fiumicello che bagna i detti prati, indi precipita formando la bella cascata sopra Civo. Il bacino di Morbegno pertanto sembra a mio credere una fendi- tura di un gran cratere di sollevamento, osservandosi intorno alla base dei monti le roccie serpentinose (talcoschisti) in forma quasi sem- pre di mammelloni, a cui stanno sovraposti i micaschisti con tutte le (4) Sulle Alpi della Valtellina è dove abbiamo. trovato le più interessanli e rare specie, che sono indicate come alpine nei nostri cataloghi pnbblicati nel 1844. Cata- fago dei colcopteri della Lombardia, e ‘catologo dei molluschi della Lombardia. 26 GIO, BATTISTA VILLA, loro modificazioni, ed in alcuni luoghi (verso Civo, Campovico, Dazio) il granito porfiroide e la sienite porfiroide (volgarmente ghiandone) che fa passaggio quasi sempre alla sienite granitoide (volgarmente serizzo) talvolta titanifera, ossia con piccoli cristalli di titano nigrino. La sienite varia moltissimo, e costituisce, come in altre località, la maggior parte di quei monti, Monte Spluga (sopra Civo) ed anche nella Valle Roncajola e di Tirtano, ove non fu avvertita nè da Studer nè da altri. Tale formazione e successione di roccie è identica a quella che ci ha mostrato il nostro consocio signor Quintino Sella nella gita geologica da lui diretta alla Cima di Campo sopra Oropa nel settembre 1844 (all’epoca del congresso dalla nostra Società Ita- liana di scienze naturali). Percorrendo la valle del Bitto verso Gerola, si presenta una succes- sione quasi completa di roccie metamorfiche fino al trias, cioè roccie ofiolitiche che si determinano in talcoschisti, i quali fanno passaggio al micaschisti, e questo al gneiss e sue varietà, indi a diverse roccie granitoidi che passano alle quarziti, rappresentate talvolta dagli schi- sti lucenti, e spesso dalla puddinga rossa. Questa si mostra presso Gerola e si prolunga fino a Biandino e Lago di Sasso sotto il Pizzo dei tre Signori e di là ad Introbbio e Ponte di Chiuso in Valsassina, ove vi si addossa il calcare dal trias. Anche al di là di Dosso Chierico in val d’Albaredo incominciano gli schisti e le puddinghe del trias, le quali estendendosi oltre Cà di S. Marco vanno a congiungersi con quelle della Valle Brembana deseritta dal nostro collega professore Stoppani. Nella valle di 'Tàrtano sopra le roccie serpentinose’ di Campo si adagia il micaschisto, il quale si presenta talvolta come trasformato in puro quarzo latteo, od anche in quarzo pingue, spesso scaglioso, sparso irregolarmente di nuclei di mica; passato poi il paese di Tàr- tano, tanto dalla Val lunga che dalla Val curta o Val Lemna, le roc- cie del trias si congiungono con quelle di Val Brembana , formando degli schisti simili a quelli di Carona. Del resto tutte queste roccie si offrono con tante modificazioni e passaggi insensibili, che difficilmente si può stabilire il punto di loro variazione, ll gneiss in qualche località manca dei grani di feldspato, LE ROCCIE DEI DINTORNI DI MORBEGNO 27 ed il quarzo si presenta granulare e jalino, costituendo una jalo- mite, quale si vede a Bema ad Albaredo e specialmente a Tàrtano. Lo stesso gneiss talvolta è glanduloso, talvolta granatifero, ora bianco ed ora roseo. La puddinga rossa nella valle di Gerola si presenta an- che con grani minuti, e costituisce una vera arenaria argillosa; ne- gli strati a contatto colle rocce quarzose assume talvolta 1’ aspetto, non di un conglomerato, ma piuttosto di un petroselce diasproide ed anche agatoide identico a quello del Monte Bianco. Il quarzo che forma ammassi e strati nei gneiss, nei micaschisti, melle quarziti, ne- gli schisti di contatto colla puddinga rossa, si trova sotto varie mu- tazioni, cioè lalteo, grasso, scaglioso, azzurro, ece., e fa passaggio anche al petroselce suaccennato , non che ad un bellissimo petro- selce squamoso verde, il quale potrebbe essere lavorato, perchè su- scettibife di un bel pulimento. Tutte queste modificazioni, e questi passaggi sono già stati osser- vati anche da mio fratello in altre parte della Valtellina superiore, specialmente a Sondrio, Tirano, Sondalo, Bormio, Piatta, ecc., ove. ebbe anche ad osservare degli ammassi di marmo cipollino incassato nelle roccie ofiolitiche e talcose. Un’altra località di calcare. cipol- lino, ebbi il piacere di rinvenire anch'io a Sirone, frazione di Ron- eaglia, comune di Civo; questo calcare mostrasi talvolta alternato cogli schisti talcosi, e negli strati inferiori è compatto, cinereo, e lo si direbbe un vero Bardiglio, mentre negli strati più superiori, in contatto al calcare nero schistoso, assume l'aspetto di marmo bian- eo salino. In tutte queste roccie da me esaminate, non trovai indizio di mi- niere, sebbene nelle roccie ofioliticlhe e nelle quarziti ciò non sa- rebbe improbabile. Si dice che vi sieno miniere di ferro, ma altro non v° ha che traccia di ossidazioni ferruginose in alcuni serpentini. Parlasi pure di miniere di rame del Bitto, ma io non ho potuto ri- trovarne, e neppure mi fu possibile di rinvenire traccie di miniere alla colmina di Dazio, quale da alcuni mi venne indicato. - OSSERVAZIONI METEOROLOGICHE FATTE IN BRA NEL 1865 dal Socio F. CRAVERI (Seduta del 28 gennajo 1866) La partenza della capitale esercitò la sua influenza anche sulle osservazioni meteorologiche che da circa un secolo pazientemente si notavano all’osservatorio della R. Accademia delle scienze di To- rino, e venivano quotidianamente stampate nel giornale officiale. Queste osservazioni confrontate con quelle che da quattro anni facciamo in Bra, ci servirono per calcolare provvisoriamente l’altezza assoluta della nostra città. Speravamo poter continuare quest’ opera- zione almeno per un decennio, completato il quale avressimo osato senza tema di uno sbaglio sensibile, affermare proprio la misura della nominata altezza, la quale ora ci proponiamo bensì continuare. ret- tificando, come tosto diremo; ma frattanto perdemmo il periodo di un anno, perchè l’interruzione delle osservazioni torinesi nello seorso 63, essendo stata di 6 mesi, la lacuna è troppo forte e ci an- nulla il valore degli altri 6 mesi di osservazioni che tuttavia potemmo registrare. i In questo frattempo s’ impiantò un nuovo sistema d’ osservazioni al Valentino diretto dall’egregio nostro amico il prof. Gastaldi, e già prendavamo le nostre misure per metterci d’accordo con questo P. CRAVERI, OSSERVAZIONI METEOROLOGICHE ) ECC. 99 nuovo osservatorio, quando sullo spirare dell’anno vidimo stampato nella Gazzetta dì Torino un nuovo bullettino meteorologico risul- tato giornaliero dell’osservatorio astronomico di Torino; senza per- dere tempo seguilammo a trascrivere quelle osservazioni nel nostro registro come prima facevamo: anzi ebbimo ancora il piacere di tro- vare la colonna della temp. mass. che non esisteva nella citata Gaz- zetta officiale, e che d’ora in poi collocheremo anche noi al lato della temperatura massima di Bra. | posi Nel rendiconto dell’anno scorso .avvisammo i lettori che stavamo ricostruendo l’anemometro; questo non potè funzionare che sul prin- cipio di maggio: la lacuna irreparabile dei primi quattro mesi del- l’anno, ci toglie il mezzo di calcolare i termini medii. Speriamo che questo nuovo anemometro tutto costrulto in metallo, funzionerà ‘a do- vere, e che potremo così presentare un quadro dei venti che mag- giormente soffiano nel nostro paese. Nel costruire il nuovo anemometro copiammo il già descritto nel: 1862, però diminuimmo circa della metà la capacità dei cassettini della ruota che esporta il miglio, cosicchè ora il molinello facendo cento evoluzioni fa cadere all'incirca 8 centimetri cubici di miglio. Il 1865 sarà segnato negli annali per le numerose vittime mietute dal morbo asiatico. Mentre. questo terribile nemico aggiravasi nelle nostre città e villaggi, altro morbo per noi propizio uccideva le prime gemme dell’oîdio 7'ucheri, ed i grappoli vitiferi sortiti quest'anno in abbondanza alla fioritura, non avendo i loro teneri acini imprigionati in quella letale maglia biancastra detta créltogama, crebbero in poco: tempo a tale prosperità che sul principio d’agosto si videro nereg- giare anticipando Ja loro maturità almeno di 43 giorni. Chi in quell’epoca girovagò dai pie’ del Viso al lago di Ginevra, e passando osservò i vigneti del Canavese, Biellese, Valle d’ Aosta ed i pochi ma superiormente coltivati che si trovano nelle ondulazioni del terreno svizzero, potè convincersi che la crittogama era sparita, e riandando colla mente que’ bei tempi nei quali il sugo di Bacco rallegrava le popolazioni colla sua abbondanza, inentre sentivasi sol- levare da un peso, non poteva a meno di dare uno sguardo di com- passione alla scienza, la quale in 418 anni di studj ec di esperimenti 30 F. CRAVERI) OSSERVAZIONI METEOROLOGICHE) ECC. non seppe far altro che trovare un nome con cui battezzò il morbo letale, senza trovare un vero rimedio per distruggerlo. L’aura, benigna per l’uomo, che fece sparire l’oidio, arrecò pure un notevole miglioramento nella bontà delle uve. Nei rendiconti anteriori dicevo: che i nostri vini contenenti sì pic- cole quantità di alcole non reggevano al corso d’un anno senza al- terarsi. SE" I primi assaggi che io feci portano la data 1862, ma in quell’anno gli assaggi non furono che cinque. Negli anni susseguenti ampliai i] quadro del lavoro, ed in quest'anno feci più di settanta assaggi ; ri- petendo questi per due o tre anni ancora, spero di ricavare dei dati i quali avranno forse qualche interesse per i miei concittadini. Frattanto a maggior lode della scomparsa della crittogama, copio dalle mie note il seguente quadro, dal quale si vede che il miglio» ramento annualmente preso dai nostri vini puossi considerare come il precursore della guarigione delle viti. | Alcool à 22 Cartier per °/ Media del 1862. . . . . 414,9 » del41863 . . . . . 416,33 » del 1864... .. ». 46,40 » del 1868. . . . . 17,86 ll notevole miglioramento del 186% si può senza dubbio attribuire alla totale assenza dell’ oidio. Brà, il 12 gennajo 4866, TABELLA DELLE OSSERVAZIONI 32 Termini medii delle osservazioni meteorologiche fatte in Bra alle ore 10: elevato metri 284,33 dal livello del mare coll’ aggiunta delle osser: s 3 53) Li . | S E E E = | se £ ge 43 7 e = ou Sena 2, 2 dl = Se|-esscsls dS$|e © = ol_ecpalaecojo 3dY|o FIPRSRA FINE EP EP PP FIS ESA EMERGE ab EEE FELA SEE FElog FEET AEIRSERNSE MESE - RR 0._|- 6 ©._|Efa 0. |cll 0. |Ef 0.-|£6 0.-|78 ._|Sfl 0.-[5fi 0.4 [EF E3|Eg #5|s5 8S|e5 8234 85/53 85/83 #S|e7 855582 © -_|® Ape. = Pi Ia ad sj 55/5 5a DT | Lea CT D S TT D ona T smi OT 7] DT saga ee EC E [E E - E Dv D D > : AD) a) = [2 a CS TIE TIRO ISTRIA SETTE anse er Centigr. Centigr | Centigr.{ Millim. | Millim. | Centigr. Gennajo . |— 2,441] — 2,625) 4,419 | 4,420 |733,671 | 32, 966 0, 400. Febbrajo. |— 3,507|— 2,261] 6,338 58,678 | 0,850! 7,705 | 733, 642 61,283 | 3,920 Marzo . .|— 4,790/— 0,619] 9,685 | 8,461 | 729,787 Aprile . . 7,062 22,680 | 15, 437 |742,420| 44,430 | 0,500 Maggio. .| 12,540 25, 7830 Giugno. .| 14,940 | 28 633 | 22,783 1739, 320 Luglio. .| 17,322 | 44,428 | 5,470 31, 725 25, 193 { 740, 290 Agosto . .| 45,525 22,730 { 737,780. {59,720 | 6,750 29, 500 52, 071 0, 060! Settembre| 42.910 | 27,330 {| 22,412 | 744, 985 Ottobre. .| 6,588 16, 201 | 415,183 | 735, 687 | 66,451 | 8,796 77,759 | 10,430 Novembre| 2,558 9,456. 11,000 | 738, 386 Dicembre. |— 1, 663 5,425 | 744, 765 63, 862| 2,280 7,620 ee e __r—____—[ -——_ |__| | ————— | -—-——rr_- | —PTP 18, 005 | 14, 944 | 738, 523 | 55,605 | 46,906) dell’anno dell’annojdell’anno[dell’anno dell’anno 59 maftino, durante l’anno 1863, all Osservatorio della Casa Craveri, sioni fatte in Torino quasi all’istess’ ora onde facilitare i paragoni. Venti e loro direzione nel soffiare. I numeri indicano i centimetri cubici di miglio Bra gettati dall’ anemometro. in Bra Giorni în A ogni cinque centimetri ‘cubici corrispondono 400 giri Giorni che si mosse l’anemometro Totale dei giri per ogni mese =) Ss d = 5 È L = S = 1= = cd dd O (= in cui apparì il sole all’ incirca del molinello I 30 | 44 640 108 40 20| — 60 | 310 35 8 Vol. IX. 3 I Termini medi dei vari anni è S “| s Si EA) « ©) 9° o © S°|z2|A3|S cle S|s s|5 s|£8 2 O — c|a=|jes [2 S[&SFPS s |a s|mas |a 5o_ S == E = cIAO s SITES E È ze £ pria] SZ dev i Ss ” E Pd n Qu. la [i a e) scletperi ca delle coluegzlàrnti- a Siano (== ET CIME, DACI uo) 5° O n Da SD msec 20510 _ EL ° oc.lePSojv0o 002.93 + REESIÌ 2 c.e=| Dea 35 |>3_#asl Ss [SF de £ ES ui E 3 ET E U) bb 3 ev ge, D SSA 5 |E£ © ®© ls | SL -M s£E SD o |° 3 N @ E SE de dei Fil eee So, Saul Seg < RS o e E n i n a = cHe [sais e è #|]fe|sF]|5 #|eE |a 23 x E = CA IIIa | ©‘ orrenezzO | SCORZA | VISTENNNOR TO | SONE LATI Ci tese Cent. [Cent. | Cent. | Cent. | Millim. |Millim.| Cent. Cent. | Cent. 1862|8, 460]8; 718|— —/15; 828/737, 909|738, 749/14, 867|— —|97,844| 60,50 1863|7, 223|7, 878] — —|16,079/739, 666/740, 323/14, 578/58, 058/79, 585|105, 41 1864/6, 283/6, 7341/17, 980/14, 737|737, 827/738, 396/13, 859[59, 509/86, 293/128, 00 1865/6, 670._— —|18, 005/14, 944/738, 523] — — | —]|35,605|46, 906] 49, 00 | ———T | € 6 TTT 2__ ’U€T1‘11_1_ iii, rr.-rrTTr 7, 091|7, 775/17, 992|15, 396|738, 484|739, 156|14, 438/57, 724|75, 406| 85, 65 Giorni in cui apparì :. il sole in Bra T., degli anni | 264 275 246 209 248 FIT STI IZ SOTZO VRIZENZII ME E PIZIIONE OVEET PISTA EE PERE TIRO TT ETTI EZRA TA ZZZ NOT I O o COSI NI REI ERIN VINTE A INTORNO AL TERRENO ERRATICO DELLA VALCUVIA RELAZION E ALLA SOCIETA” ITALIANA DI SCIENZE NATURALI DEL dott. LEOPOLDO MAGGI Già da alcuni anni io mi era proposto di fare degli studj di storia naturale intorno alla Valcuvia, posta, com’è noto, in mezzo a quel tratto di terreno che da Brunner è detto il paradiso del geologo, e che mediante la Valtravaglia è affluente dal Lago Maggiore, e con- fluente in esso per la parte di Laveno. Sin d’allora io intrapren- deva delle ricerche in questa simpatica valle, tanto per far cono- scere ciò che la natura donò ai Valcuviani, quanto per compilare semplicemente un catalago dei corpi naturali ad essa perlinenti, col proposito di offrirlo alla parte geografica della scienza, qualora nulla di nuovo mi fosse stato dato di trovare. Ma, non appena mi misi a tale lavoro, dovetti con semmo piacere modificare alquanto il mio programma per essermi incontrato in fatti, se non nuovi per la scienza, al certo interessanti, e così fui obbligato a più diligenti ricerche ed a studiare ponderatamente tutto che mi si presentava. Se quindi da una parte la brama di conoscere prestamente la storia naturale della Valcuvia dovette pigliar norma e modo dalle esigenze della scienza, osservare cioè, raccogliere e pazientemente investigare ; dall’ altra la ristrettezza del tempo e la scarsità dei mezzi opponevano non lievi d0 L. MAGGI, ostacoli al compimento del mio disegno. Ma in mezzo a queste difficoltà, rese maggiori dalla non continua mia presenza in luogo, i Valcuviani e per amor patrio, e per desiderio di conoscere e di cooperare alla ricerca di così utili notizie, mi recarono non. lieve ajuto,y metten- domi in cognizione di quanto di interessante venisse loro dato sco- prire, e facendosi a me compagni e guide nel visitare i siti più de- gni d'osservazione, e cedendomi gentilmente i pezzi da loro rinve- nuti, che meritassero attenzione e studio. Perchè io sento d’aver loro gran debito. ed ho fermo il proposito di volgere loro, a tempo op- portuno, pubbliche e ben meritate grazie. Mentre adunque io andava osservando la costituzione fisica della Valcuvia, e raccogliendo quanto trovava e quanto mi' veniva donato, aveva di leggieri avvertito che in questa valle stavano delle traccie sensibilissime di terreno erralico, e quindi che essa una volta doveva essere stata invasa da un ghiacciajo. Ma occupato da altri studj tenni solo calcolo dei fatti allora asservati senza estendermi a più partico- lari ricerche. Fu dopo la lettura ch'io feci della preziosissima memoria del si- gnor professore. Omboni Intorno ai ghiacciaj antichi «e terreno er- ratico della Lombardia, scritta nel 1861 ed inserita nel. volume. III degli Atti della Società Italiana di ‘scienze naturali, che io mi prefissi di studiare il terreno erratico della Valcuvia, visitandola palmo a palmo; giacchè I’ Omboni, dopo di aver stabilito che tutte le valli della Lombardia si possono raggruppare in quattro. grandi bacini e. parecchi minori, passa a parlare della gran vallata del Ticino. De- scrive il terreno erratico ed il ghiacciajo dello stesso bacino, e parla, necessariamente delle valli confluenti in esso ed anche delle affluenti); narrando ciò che vi ha constatato, ed infine facendo alcune raccomart=? dazioni intorno al bisogno di osservare e studiare ancora certe'località, contigue al Lago Maggiore, Così, allorchè egli tratta della parte me- ridionale di questo lago, dopo d'aver descritto quanto vi ha di ter- reno erratico al Monte S. Quirico presso Angera, e d’aver detto della; gigantesca morena, che esiste al piede dei monti, i quali separano il Lago di Varese dalla Valcuvia e Valgana, soggiunge che: ora. ri- mangono a cercare altre morene sui fianchi dei monti di Laveno fra La- INTORNO AL TERRENO ERRATICO DELLA VALCUVIA 57 veno ela Zalcuvia e sul versante settentrionale del monte di Gavirate. In appresso, parlando della Valcuvia, Valgana e dintorni di Varese, dice che: le diverse colline le quali si innalzano fra Varese, S. Ambro- gio, Velate e Masnago, e sulle quali racsolsi ciottoli calcarei rigati, sono altrettanti avanzi di, morene, le quali non possono essere state formate in quei luoghi con quei materiali e in quelle direzioni, se non da due piccoli ghiacciaj provenienti dalla Valcuvia e dalla Yal- gana, per mezzo della strelta valle di Brinzio, che passa sotto alla Madonna del Monte, e della valle dell’ Olona, che passa sotto Fra- scarolo. E pare che uno di questi ghiacciaj sia un ramo del gran ghiacciajo del Ticino, entrato in Valcuvia dalla pianura che è al piede dei monti al Sud di Laveno, e che l’altro sia un ramo del ghiacciajo del bacino del Lago di Lugano, entrato in Val Gana per la valle di Ponte-Tresa e Marchirolo. Ma abbisognano nuove ricer- che sui siti per meglio chiarire l'origine di questi piccoli ghiacciaj. Or bene, le raccomandazioni che il signor professore Omboni fa di intraprendere una serie di tali ricerche mi invogliarono nell’ autunno 1863 di soddisfare ai desiderj di chi si interessa di questi utili e di- lettevoli stud]. I dati ed i fatti ch'io raccolsi ultimamente uniti a quelli che di già possedeva, mi prestarono materiali più che sufficientemente par- ticolareggiati per formolare una memoria Anforno al terreno erratico ed all'antico ghiucciajo della Valeuria, e ciò mi era incentivo a farla tosto di ragione pubblica. Ma siccome .era ed è ancora mio desiderio l’unirviuna carta topografica della valle stessa su la scala di 150,000, in cui proporzionatamente vi sieno delineate le morene e distinta la posizione dei principali massi erratici, e di aggiungervi una carta in cui sia riprodotta la Vulcuvia all’epoca glaciale, e dei parti- colari tanto per alcuni mass: erratici, quanto per alcune morene non tralasciandovi i disegni anche di certe condizioni orografiche attuali ed importanti ; così credetti opportuno inviare avanti tutto alla nostra Società di scienze naturali, una relazione dei fatti permanenti, alflin- chè se qualcuno avesse delle osservazioni a farmi, o dei suggerimenti a darmi in proposito, io potessi profittarne. È mentre stò occupan- domi di questo lavoro, il quale certamente mi obbligherà a ricorrere dg D. MAGCI, ancora ad osservazioni locali, non fosse altro per constatare se vada esso fornito di quella esattezza che mi prefissi conseguire prima di darlo alla stampa, potrei certamente con utilità non lieve rifare od emendare le parti di già compiute dell’opera mia. La Valcuvia, veduta dall'alto, si mostra formata da tre catene di monti, due parallele tra di loro: l'una diretta da sud-ovest ad est, costituita dall’ assieme dei monti Val-Grande, Beuscher o Boscero, Campo-dei-Fiori, Tre-Croci e Sacro Monte di Varese, nella quale il punto più culminante è la vetta del Campo dei Fiori, alta 4237 m. sul livello del mare ; l’altra è diretta da evest a nord-est e risulta dagli annessi monti Ferro di Cavallo o Sasso del Ferro, detto anche Scereda, Pizzoni di Laveno, Monte Nudo, Monte di Vergobbio, e S. Mar- tino; quest'ultimo contende col Nudo il primato dell’ altezza, che però viene sempre ad essere un po’ minore del Campo dei Fiori. Di queste due catene, la seconda è più lunga della prima, e dopo d’a- vere ambedue corso parallelamente fin verso la parte mediana della valle, divergono, volgendo, quella del S. Martino, ad angolo retto verso nord, l’altra più dolcemente verso sud, La terza catena viene ad es- sere parallela ai divergimenti delle prime due, ed è diretta da nord a sud-est. Essa è data dall’ unione dei monti Martica, Martichetta, Sasso-Meraro, Sceri o Sceré o Monte di Bedero-Valcuvia, e Monte dei Sette Termini, o da altri Monte Nave. Quasi poi per dividere naturalmente la Valcuvia in alta e bassa, avvi un gruppo di monticelli detti del Fajal gli uni, del FajFgli altri, | il qual gruppo, diviso dal versante orientale del Monte Boscero soltanto per la piccola valle detta Valronchina, parte da questa per dirigersi pre- cisamente in linea retta da sud a nord-est. Pertanto il letto della valle, anch'esso osservato dall’alto, ritrarebbe un po’ irregolarmente la forma della lettera T, con un ramo traversale che parte dall’ asta ver- ticale della lettera e che va verso il centro dell’asta orizzontale. Finalmente quasi in mezzo allo sbocco della valle che è a sud-ovest, verso il Lago Maggiore si innalza un monte isolato a guisa di un pane di zuccaro denominato S. Clemente. INTORNO AL TERRENO ERRATICO DELLA VALCUVIA 39 Ora io, di questi monti percorsi tutti i versanti che guardano la Valcuvia, per rintracciarvi il terreno erratico e per istabilire la po- sizione tanto dei massi erralici che delle morene. A fine poi di de- terminare l’altezza del ghiacciajo e le diverse condizioni orografiche della valle per la sua entrata, e se vi furono oscillazioni del ghiac- ciajo, ed in terzo luogo l’estremo suo limite, ossia allorchè si è riti- rato, io stabilii schematicamente tre livelli orografici: uno posto al disopra della metà dell’altezza dei monti più alti: l’ altro al piede delle più alte morene, che verrebbe a corrispondere pressapoco alla vetta del Fajal di Cuvio; il terzo al piano della valle, facendo nello stesso tempo percorrere a questi livelli la Valcuvia per modo di avere come tre zone elissoidiche concentriche, superiore, media e in- feriore. Nella prima a nord-ovest, nord c sud-est non verrebbero com- prese che le due catene dei monti più alti della valle, poste parallele tra di loro, e le parti culminanti dei monti Martica, Sceri e dei Sette Termini della terza catena ; ad est ed a sud-ovest, non poggiando so- pra alcun monte, perchè vi è superiore a tulti, questa ellissi presen- terebbe due aperture. Nella seconda, vi sarebbero comprese le valli dei monti posti a nord-est-est, e quella del S. Clemente a sud-sud-ovest, oltre ai ver-' santi dei già detti. . Nella terza poi vi sarebbero le basi di tutti questi monti. Ciò stabilito, colla scorta di una buona guida, che, oltre al conoscere praticamente ogni seno della valle, conosceva benissimo le denomi- nazioni delle vallette, dei torrenti, dei fiumi, dei piani, altipiani, monti ece.; io intrapresi le mic ricerche, attenendomi dapprima al livello superiore, ed incominciando coi versanti dei monti Val-Grande, Boscero, Campo dei Fiori e Tre-Groci, sin quasi al Sacro-Monte di Varese. Mi abbisognarono alcuni giorni per poter visitare queste località, e non furono al certo sprecati, giacchè vi trovai una grande quantità di massi erratici, alcuni entro boschine, altri sul dosso quasi nudo dei monti. Quelli che stanno sul versante settentrionale del Monte Val Grande si possono anche vedere percorrendo la strada 40 i L. MAGCI, ehe da Cuvio conduce ad Azzio; altri poi sono un po’ più in basso delia metà dell’altezza dei monti, distribuiti in. modo da segnare una linea ascendente da sud-ovest ad est, o meglio una linea di- scendente sul versante settentrionale dello stesso monte Val-Grande fino a Cerro (frazione di Trevisago). La maggior parte di questi massi sono di gneis e di micaschisto ; alcuni di micaschisto bruno-nerastro contenente talora delle macchie nere, tal’ altra dei veri granati; altri di porfido quarzifero, di porfido rosso e rosso bruno, di melafiro, di serpenlino, però questi ultimi non si trovano che sul versante dBi monti Campo dei Fiori e Tre-Croci; mentre quelli di gneis e di mi- caschisto occupano i versanti dei monti Boscero e Val-Grande,. e quelli invece di micaschisto bruno si trovano dappertutto. In quanto alle dimensioni, ve ne sono di grandiosi, perfino di quelli che hanno 8 di lunghezza, 6" di larghezza e 5” di altezza, per cui il vo- lame raggiungerebbe 144 metri cubici. Assumono-anche' diverse forme, quadrangolari, triangolari, parallelogrammiche, ece., non ho mai ve- duto una forma attondata. Poco al disetto della linea dei massi erra- tici stanno le morene, tutte di struttura caotica, piuttosto grandiose poichè si stendono sul versante dei monti per molti metri; cioè, mi spiego, l'altezza del pendio di queste morene raggiunge i 600", 700% e più. La nalura però delle roccie che le costituiscono non è sempre la stessa in tutte. In quelle che stanno sul versante setten- trionale del monte Val Grande, che incominciano al villaggio di Orino e si innalzano per 700”, sul pendio del suddetto monte, constano di enormi massi di serpentino, granito, gneis, micaschisto, calcare, e ciottoli di quarzo, micaschisto bruno, amfiboliti, porfido quarzifero, porfido rosso, melafiro, ecc., ma però i porfidi ed il melafiro sono in poca quantità in confronto del numero grande degli altri e dei ciot- toli e massi calcarei rigati, solcati c levigati. Quelle invece che stanno sul versante del monte Campo dei Fiori incominciano ad ab- bondare di porfidi, ed abbondanlissimo poi è il porfido quarzifero a grandi elementi, in quelle che stanno sul versante del monte Tre- Croci. Fra i monti di Brinzio, che separano la Valcuvia dalla Valgana, il più elevato è la Martica, su cui stanno massi erralici molto in alto INTORNO AL TERRENO ERRATICO DELLA VALCUVIA 4{ e di natura litologica non differente dagli altri già citati, c_la pre- senza di essi la notai anche tra il monte Sceri e quelli di Mondonico, ma essi mancano di morene. Mi recai poscia sul versante orientale e meridionale del monte di S. Martino, e sui versanti meridionali di quelli di Vergobbio e Nudo, ed anche quivi trovai massi erratici voluminosi; ma invece di essere posti al disopra delle morene, statino adagiati su queste, e entro ad esse, non cessando perciò di essere al medesimo livello superiore stabilito, anzi starei per dire che sono un po’ più elevate. Una bella serie di massi erratici, sia per natura lotologica che per le loro di- mensioni, si trova poco al disotto del suddetto livello, senza però por- tarsi all’intermedio, nella valle detta la Marianna; la quale è posta tra il monte di Vergobbio ed il monte Nudo, e che incominciando al piede di essi si innalza per gran traito fino al villaggio di Arcu- meggia, e poi si stende sino a S. Antonio di Valtravaglia , piccola chiesa posta sulla parte orientale del monte Nudo. In essa valletta sonvi grandiosi massî erratici di tutte le dimensioni compresi tra 4° di lunghezza, 1 30 di larghezza, 73 centim. di altezza, ed i 40 e i 5° di lunghezza, 5" e 4% di altezza e parimenti di larghezza ad angoli e spigoli salienti, e di schisto argilloso nero, talora con piccoli cristalli cubici di pirite di ferro, di gneis, di micaschisto, di granito porfiroide, e di pegmatite. Ascendendo da Duno, piccolo pae- sello posto molto in alto sul versante meridionale del monte S. Mar- tino, sino alle Alpi di Duno, si percorre una strada, la quale è sca- vala entro una gigantesca morena dell’ altezza non meno di 600m, a struttura caotica, con grossi massi di gneis, porfiroide, micaschisto, schisto argilloso nero, serpentino, e con ciottoli di quarzo, di calcarci rigati e solcali, di schisti, amfiboliti, dioriti, di steaschisti, ecc. Questa morena ora frastagliata nelle parti centrali dal fiume S. Got- tardo, che vi scorre entro e dalla strada che mette in comunicazione Duno colle sue Alpi; è un tipo delle così dette morene insinuate de- scritte dal signor professore Stoppani nelle sue importantissime /ote ad un corso di geologia, stampate nel 1865. Infatti essa è precisamente posta in un seno formato dal monte S. Martino in unione col monte di Vergobbio, Un'altra morena insinuata viene offerta dal versante 49: L. MAGGI, meridionale del monte di Vergobbio, posta al disopra del paese di Arcumeggia, che trovasi superiormente al livello di Duno. Questa incomincia oggigiorno a franarsi, e non differisce in quanto alla strut- tura ed alla natura delle roccie in essa contenute da quella di S. Mar- tino e dall'altra, non però insinuata, posta sul versante meridio- nale del Monte Nudo e allo stesso livello, ed anch'essa con frane di fresca data. Ora anche in questa sponda, ad un livello molto alto e pari a quello della sponda opposta esistono realmente delle morene laterali, delle quali quelle che si trovano sui monti Valgrande, Bo- scero, Campo dei Fiori e Tre-Croci, oltre all’ avere massi e ciottoli di natura eguale a quelli della catena parallela, hanno di più i por- fidi ed i melafiri. Le località poste al livello intermedio mi presentarono anch’ esse dei massi erratici, tra i quali si rimarca quello nelle vicinanze di -Azzio detto Sasso del Pied, delia lunghezza di 8% 50, lar- ghezza 6, altezza 2" 50; e quello di Zottino posto sul Fajal di Cuvio, della lunghezza di 4° 50, larghezza 4% 40, altezza 2" 70,e certamente doveva essere molto più voluminoso, poichè ne fu- rono staccati dei pezzi per farne stipiti. Ambidue di un gneis che passa al micaschisto. Qui però non segnano una linea superiore alle morene sibbene vi stanno e sulla superficie superiore di esse, o sul pendio, oppure qua e là sparsi sopra le collinette calcaree, che vengono a confondersi insieme. Le morene poi, quando 1’ orografia lo permette, si scorgono chiaramente staccate dalle superiori tanto sopra l’una che l’altra sponda della valle; esse incominciano con una larga superficie, al piede delle prime e percorrono i versanti ‘delle due catene parallele, disegnando una linea discendente verso lo sbocco della valle. Portandosi sulla strada che da Azzio mette a Ge- monio si osserva benissimo che la morena posta sul versante setten- trionale del monte Valgrande, incomincia a S. Lorenzo di Orino, passa a sostenere il villaggio di Orino e va a terminare al disotto della Caldana, raggiungendo in lunghezza alcuni chilometri. Ma ciò che torna più considerevole si è che sui monti Martichetta, Sasso-me- raro ccc., non sono disposte in una linea parallela alla cima dei INTORNO AL TERRENO ERRATICO DELLA VALCUVIA 435 monti, come si osserva nelle già citate, ma lo sono secondo una linca trasversale. I monti di Brinzio hanno, presi assieme, una dire- zione da nord a sud-est, le morene invece da nord-est a sud-ovest : inoltre mi sembra che invece di alcune morene, ve ne doveva es- sere stata una sola, frastagliata poi dalle acque, in modo che ora si presenta con diversi cumuli e diverse frane, e sarebbe posta preci- samente al disopra del villaggio di Brinzio. Percorrendo poscia tutto il tratto di montagna da Brinzio sino al Sasso-meraro, non vi si trova traccia di morena alcuna, ma solo terreno erratico sparpagliato, ed anche questo soltanto in alcuni punti. AI Sasso-meraro vi ha un’altra morena diretta da nord-est a sud, con scarsità di porfido quarzifero. Andando da Bedero-Valcuvia a Cunardo e Ferrera, passando pel Ponte Nativo (magnifico ponte naturale scavato nel calcare dalle acque, che sortono dal laghetto di Ghirla e che vengono a costituire la famosa cascata della Ferrera), vi si incontrano di tratto in tratto dei massi erratici, ma solo di gneis e micaschisto. AI di sotto di Bedero poi vi ha una morena, con una seconda inferiore alla prima, che sembra quasi la continuazione della medesima, ed una terza poi trovasi pre- eisamenta allo sbocco del Ponte Nativo; in tutte queste il porfido quarzifero è scarsissimo in confronto delle altre roccie. Passando alla sponda opposta non vi si incontrano morene se non alla valle della Ma- rianna, da dove sino a Cittiglio si può dire che vi ha una sola mo- rena laterale lunghissima, divisa in tanti cumuli da vallette e da fiu- micelli, che entro vi scorrono e che hanno origine dall’ alto del monte; tutte poi a struttura caotica con roccie eguali a quelle poste supe- riormente. Il versante che guarda la Valcuvia del monte S. Clemente quasi tulto di calcareo majolica, non presenta a questo livello se non qualche masso erratico sparso quà e tà. Venendo ora al piano della valle si scorge da un lato che al di sotto di Comaccio vi ha una morena caotica, il quale in vicinanza al vil- laggio di Cuvio, precisamente al piede del Monte Fajal, detto Gaggio di "Givio: e che costituisce una sponda della Valronchina, vi ha pure una morena caolica ed ambedue con rocce di natura eguale a quella che stanno nelle morene superiori. Andando poi da Rancio a Fer- 4h - L. MAGGI, rera vi hanno ancora morene con massi erratici al di sopra di esse e con massi piuttosto voluminosi e ciottoli d'ogni dimensione di ser- pentini, di amfiboliti, dioriti, gneis, schisto e micaschisto, calcarei rigati, solcati e striati, e qualche porfido quarzifero, porfido rosso, ecc. costituenti le morene stesse. Passando alla sponda opposta, tracce di terreno erratico se ne hanno alla base del versante orientale del monte S. Martino in vicinanza a Cassano, a Cantevria ed a Cuveglio, ma da queste località non vi ha più morena laterale sino alla Valle Marianna, ove si incontra la base delle già dette, le quali colla su: perficie superiore entrerebbero nella zona intermedia e colla inferiore poggierebbe sul piano della valle. Quasi allo sbocco della valle, verso i paesi di Brenta e di Ge- monio si trovano, al lato della valle che stà dalla parte del Monte Valgrande, alcune collinelte che a tutta prima sembrano tante m0- rene concentriche, ma che esaminate davvicino constano, le prime due, di calcari stratificati, da una parte nudi e dall’altra coperti di terreno erralico, e sono quelle denominate la Gimonasca e la Bre- ciora di Brenta, mentre invece sono morene a semicerchio o ad an- fiteatro, due altre collinette poste più ”all’indietro delle prime ed al- l'indentro della Valle, e lc quali portano il nome di Gaggio d' Azzio. Ed al lato opposto della valle, parallelamente a queste due morene & semicerchio, vi stanno duc altre che sono le vere loro corrispondenti, sia per la topografia che per la struttura. Osservando le cose come stanno ora, per desumere poi come un tempo dovevano essere, si trova che queste morene sono nella loro parte superiore costituite da argilla stratificata, con entro quà e là qualche masso di gneis; gli strati sono orizzontali e poco alti, ma la parte stratificata della mo- rena raggiunge in certi punti l’altezza di 20", la parte poi inferiore è caotica con voluminosissimi massi di gneis, gneis porforoide, mi- caschisto , granito , serpentini e ciottoli calcarei rigati e solcati, altri di porfido rosso, porfido quarzifero, melafiro, arenaria rossa porfirica, diorite, amfibolite, schisti verdi, ecc. Tale struttura la si osserva pure in quelle a loro corrispondenti e site al lato opposto , in cui però la stratificazione dell'argilla è manifesta per un numero di metri molto maggiore, per cui la struttura caotica riesce più nascosta. INTORNO AL TERRENO ERRATICO DELLA VALCUVIA 455 Finalmente portandosi allo sboeco della Valcuvia; al piede del Monte S. Clemente potei osservare che vi è una morena poco alla, ma che ha un bel tratto di lunghezza, a struttura caotica, con massi e ciottoli di serpentino e calcari rigati e solcati, con gneis, mica- schisti, dioriti, amfiboliti, caleari bianchi e rossigni , selce. piromaca rossa; ecc.; non un ciottolo nè di porfidi, nè di melafiro, Qui dovrebbero ritenersi compiute le' mio gite, se: non chè fui ‘ob- bligato a recarmi anche fuori:dei confini ‘della Valcuvia, a fine di de- terminare con certezza l’entrata del ghiacciajo ; ed in proposito a ciò, stando a tutte le mie osservazioni e ricerche debbo dire; prima di tutto: che quivi esisteva una vera regione glaciale: in secondo luogo che que- sta regione era mantenuta da diversi rami provenienti dal ghiacciajo del Ticino ed'entrati in Valcuvia per le valli della Tresa e della Mar- gorabbia: e che inoltre bisogna necessariamente unirvi; anche quello che varcato il Monte Cenere discese nel bacino del lago di Lu- gano. È orografia attuale della valle e valli vicine, l’apparato erra- tico, la posizione dei massi erratici e delle anorene, infine la natura delle rocce in esse contenute, vengono a conferma dell’ enunciato. Per l orografia attuale della Valcuvia e valli vicine, il ghiacciajo del Ticino non poteva non entrare, allorchè si trovava tra Canobbio e Macagno, nelle valli della Tresa e della Margorabbia, e quindi in Val- cuvià; poichè Ja Val Malgorabbia così denominata dal fiume che nel mezzo vi scorre è, colla Valcuvia, naturalmente una sola valle, e tanto questa come la prima è immediatamente affluente dal Lago Maggiore tra Luino e Germignaga. L'apparato erratico della Valcuvia, segnando da valle a monte un regolare pendio, cioè un pendio da oriente ad occidente, fà vedere che il ghiacciajo doveva anche esservi entrato dalla parte orientale della valle stessa. La posizione dei massi erratici, al di sopra della metà dell'altezza dei più alti monti della Valcuvia, e quindi al di sopra di 854" sul livello del mare, che è l'altezza del colle del Monte Cenere, indi quella delle morene, che non è molto inferiore alla linea segnata dai massi erratici, mostrano che allorquando il shiacchiajo del Ticino sorpassò 46 L. MACGI, il Monte Cenere, dovette in parte necessariamente entrare nella valle Vedeggio, indi per quella di Agno giungere a Ponte-Tresa, quivi riu- nirsi insieme a quello della Valle della Tresa, proveniente dal bacino del Lago Maggiore, e per mezzo della Valle Marchirolo entrare in Valcuvia, ove tra Cunardo e Ferrera doveva congiungersi con quello della Margorabbia che veniva da Germignaga, in seguito percorrere tutta la bassa Valcuvia e sboccare ancora, per la parte di Laveno, nel gran ghiacciajo del Ticino, sorpassande in allora il monte S. Cle- mente; e mentre poi esisteva il ghiacciajo del Lago Maggiore e quello della Valcuvia, ne doveva essere riempita anche la valletta detta la Marianna, A conferma poi di tuito ciò viene la natura delle rocce che. si trovano nelle morene, ghiacchè in quelle poste sui versanti dei monti Val grande, Boscero, Campo dei Fiori, Tre-Croci, vi ha sempre da presenza del porfido quarzifero, roccia in posto in Valgana e sue vi- cinanze, ed oltre a ciò quella degli altri porfidi e del melafiro; men- tre le morene che stanno sulla sponda opposta sono sprovviste af- fatto di queste rocce, e. tanto le une poi che le altre contengono delle rocce, che non si trovano in posto nella valle, ma che si sanne derivanti dalla parte superiore della vallata del Ticino. Maggiori particolari poi intorno a questa regione glaciale ed ai di- versi effetti prodotti dai rami glaciali provenienti da varie parti ed entrati in Valcuvia, io darò nella A/emoria che stò scrivendo, e nella quale chiarirò ancora come quelle enormi morene, poste a sì grande altezza sui versanti dei monti, che servono di sponde alla valle stessa, non siano altro che morene superficiali o mediane del gran ghiacciajo, e che divennero laterali allorchè, entrate in Valcuvia, trovarono i versanti dei monti su cui adagiarsi; inoltre come quelle morene laterali, che stanno nella seconda zona elissoidica che ho sta- bilito fin dapprincipio nella valle, attestino uno degli effetti transi- torj del ghiacciajo avvenuto a quel tempo, quello cioè dell’ oscilla- zione; e come quelle morene a semicerchio poste quasi a metà della bassa Valcuvia, e che una volta dovevano necessariamente essere unite e formare perciò delle vere morene ad anfiteatro o frontali, vi attestino l’ultimo limite del ghiacciajo e quindi il tempo del suo ri- INTORNO AL TERRENO ERRATICO DELLA VALCUVIA 47 tiro, Finalmente non trascurerò di dimostrare come quella mo- rena che si trova al piede del monte S. Clemente, non abbia nessuna relazione col ghiacciajo della Valcuvia, ma solo sia in rapporto con quello del bacino del Lago Maggiore, e probabilmente doveva essere in relazione colla morena di S. Andrea. Per ora mi basta d’aver fatto conoscere che in questi luoghi al- l'epoca glaciale, doveva essere una regione di ghiacci dovuta all’o- rografia stessa di queste valle, e ad uno straordinario rigonfiamento del gran ghiacciajo del Ticino, e che fu in allora solo che le piccole valli di Brinzio e di Valgana poterono contare anch’ esse un proprio ghiac- chiajo e formare in appresso delle morene frontali, al loro sbocco verso Varese. Epperò se questa relazione può soddisfare la parte teorico-pratica della scienza, io sento dovere prima di chiuderla di esporre quanto ancora l’osservazione mi ha fatto conoscere rispetto alla parte appli- cativa. È vero che a trattare quest’argomento, come lo richiederebbe la sua importanza, non sono pari le forze mie, e sarei ben lieto se potessi acquistarle per adoperarle a vantaggio de’ miei studj, e per corrispondere alle premure usatemi dai Valeuviani. Tuttavia mi siano concesse alcune parole a fine di far conoscere la grande utilità e l’importanza del terreno erratico in Valcuvia. Il letto della valle è tutto coltivato e la parte di esso denominata Careggio non ha nulla da invidiare ai migliori terreni adaquatorj della bassa Lombardia. I versanti dei monti, che guardano la valle, sono coltivati, sino a metà della loro altezza, a vigneti, frutteti, ad ortaglie a giardini, a campi di frumento, di segale, di fraina ecc. Al disopra di questa zona, fino alla sommità di quasi tutti i monti verso setten- trione, sono selve secolari di castagni, e boschi di faggi, di alberelle o tremule, di acacie, di nocciuoli, di castagni, di ontani, con qualche pioppo, e qualche rovere, ecc.; a mezzodì, poi, stanno i boschi di cerro. Ai campi coltivati a grani succedono e si avvicendano i prati, molti dei quali, e dove è possibile, sono ridotti a marcita. Il noce poi, la quercia ed il castagno, il pioppo, il salice, il gelso, il cornaro, l’on- lano eee, vengono anche quaggiù a rendere floridissima Ja vegetazione. 48 L. MAGGI, Ora dalle mie ricerche risulta che la parte più atta ad essere col- tivata è quella ‘dove esiste il terreno morenico, e viene ad essere posta entro le tre zone ellissoidiche stabilite, per così dire, dall’azione riproduttrice dell’antico ghiacciajo. Difatti, se si eccettua il Careggio di Cuvio, il quale è a fondo torboso, e di cui mi occuperò in avanti, giacchè esso merita un particolare studio, dove vi ha terreno erratico morenico vi ha rigogliosa vegetazione. La morena all’ Alpe di Duno, una delle più alte, è coltivata alla sua superficie superiore a bellissime ortaglie, e così pure tutte le morene poste sui monti della catena di S. Martino, e quelle tra Ferrera, Cunardo, Bedero, ecc. Per cui se non vi fosse stato il ghiacciajo, la valle non sarebbe si uber- tosa ed anche il Careggio non esisterebbe; essa sarebbe. costituita, per la massima parte di calcarei giuresi, con alcune roccie emerso- rie, cd invece di una valle cosi produttiva, se ne avrebbe una molto sterile. Pertanto se l'utilità delle morene in Valcuvia. è grande, dovrà pure esser grande la cura degli abitanti a fine di conservarle. Ea proposito di ciò, dirò come i nostri antenati accortisi di già della loro opportanità alla coltivazione, avessero pensato a salvarle, cercando modo che l’azione distruttiva del gelo e del disgelo, delle pioggie dirotte e dei torrenti, fosse impedita o per lo meno frenata. Infatti nella morena posta al di là del Molino del Dolza, una delle morene a semicerchio del Gaggio di Azzio, si trova, al piede di ogni versante che franava un muro della larghezza di 1" 75 ed anche più, e che si innalza per alcuni altri metri sopra la base della morena: inol- tre tutto il versante è imboscato, e per la maggior parte con delle acacie, per modo che tutta la collina è salva e la superficie supe- riore potè essere ed è coltivata. Che poi oltre all’ imboscamento. vi siano necessarj anche i ripari alla base delle morene e l’incanalamento delle acque, lo si può desumere osservando i versanti dei monti della catena Campo dei Fiori, ove tra le morene imboscate quelle che hanno un terrapiano naturale alla loro base, costituito da monticelli calcarei, e che non hanno in sè lelti di torrenti, son tutte ben con- servate, e quelle che ne mancano e che in certe parti son percorse dalle acque, vengono anch'esse ad essere soggette al franamento, - rà INTORNO AL TERRENO ERRATICO DELLA VALCUVIA 19 Ma la cura che una volta si aveva certamente nello arrestare le fra- ne che si andavano formando, non dura più al presente, perchè se si osservano i versanti dei monti Nudo, Vergobbio e S. Martino, avvi a deplorare numerose frane, la quali di anno in anno aumentano di estensione. A _me pare che ad esse si debba porre seriamente riparo giacchè, oltre al danno della perdita del terreno, si ha anche quello del riempimento del Careggio di ghiaje e ciottoli; ed il Consorzio per la manutenzione di questo ampio piano, potrà dire quanto a que- st ora gli costi, limitandosi esso a riparare di volta in volta ai danni apportati dai torrenti in piena, invece di portare il rimedio là ove è la fonte del male. Milano, 18 febbrajo 1866, Vol. IX. A SULLA ERUZIONE DELL'ETNA NEL 1805 © STUDI GEOLOGICI E CHIMICI DI ORAZIO SILVESTRI (Breve sunto di una Memoria inedita) L'Etna dopo ! eruzione verificatasi nella grande valle del Bove hel 1852, nulla di particolare aveva esternamente manifestato oltre ai suoi fenomeni ordinarj, che suol presentare nei periodi di riposo relativi alle emanazioni di vapore acquoso, di acido cloridrico, di acido solfidrico. di acido solforoso, di acido carbonico, e di tutte le sublimazioni dei prodotti solidi, che si formano o dalla gola. princi- pale, o da diverse fenditure che si trovano nel fondo e nelle pareti del cratere centrale. x Ma nella prima metà di maggio 1863 incominciò a mostrare un cenno di un'attività non solita con lo sviluppare un denso vapore accompagnato da minuta arena dal sommo cratere, il quale nella notte mostrava nel vapore stesso dei riflessi di luce, che rendevano manifesta la comparsa di materia incandescente fusa. Infatti di tanto in tanto si sentivano delle cupe detonazioni, quando il dì 7 luglio dello stesso anno, dopo essersi squarciate le pareti più esterne della Hola del cratere, e projettati molti materiali di queste alla base del * O. SILVESTRI, SULLA ERUZIONE DELL'ETNA NEL 1865 BI cono contemporaneamente a scosse di suolo c rombe sotterranee in- cominciò un’ eruzione di arena e scorie più o meno voluminose, € questi materiali sospinti da un vento di nord-ovest si distribuirono in ordine al volume e gravità loro fino a notevole distanza in tutta la regione meridionale ed orientale del monte. Nella seconda metà di luglio la projezione della lava scoriacea si fece più energica; tan- tochè questa rotolando giù per la pendice del cono si accumulò tut- tora incandescente e pastosa in modo da formare una massa fluente di lava, che continuamente nutrita dalle scorie gettate potè scendere a poco a poco percorrendo il tratto di un chilometro nella direzione nord-nord-est a sud-sud-ovest dalla cima del monte. Questo piccolo sfoge del Mongibello si mostrò attive per diciaselte giorni; dopo di che si dileguarono i fenomeni straerdinarj di proje- zione di scoria, d’arena, di emissione di luce, ecc. per ricomparire di tratto in tratto anche durante l’anno 1864, in modo chè si po- teva con sicurezza ritenere che nell’ interno del grande focolare vul- canico esisteva una colonna di materia fluida che non aveva forza per uscire dalla parte più elevata del monte, ma che tentava di farsi strada per avere un esito più basso; tutto insomma faceva presagire che l’Etna si accingeva ad indurre la desolazione e lo spavento in qualche parte dei suoi fianchi. Il presagio ebbe infatti il suo pieno compimento. Nel giorno 3 gen- najo 1865 due scosse di suolo una a mezzogiorno, l’altra alle quat- tro e mezzo p. m. si facevano sentire sul fianco nord-est dell’ Etna, Verso sera il suolo cominciò nuovamente*a tremare, e rimase in una certa agitazione quasi continua, con cupe rombe sotterranee, tanto chè gli abitanti di S. Giovanni, S. Alfio e altri villaggi, borgate, e case di campagna, ai Monti arsi, alla Fossaccia, ecc. situati su questo fianco, erano stati obbligati ad uscire dalle Toro abitazioni ed. erane in serio timore dubitando di qualche tristo avvenimento, Alle dieci e mezzo della stessa sera una sscossa più forte delle altre si fece sen- tire e immediatamente dopo una vivissima luce rischiarò la base di un punto culminante di questo fianco, la base del monte Frumento il più elevato fra i tanti antichi crateri che si trovano distribuiti in quel contorno. Frattanto fino alle quattro a. m. del giorno successive A b2 O. siILVESTRÌ, le oscillazioni del suolo continuarono, benchè poco marcate, ed in se- guito non si avvertirono più, altrochè in un’area molto ristretta, quella appunto che doveva farsi teatro della nuova eruzione; ll com- parire di quella luce vivissima accompagnata da quella forte scossa fu per ognuno il segnale indubitabile di una riuova eruzione ed in- fatti da quel memento dalla base del suddetto monte Frumento, per lunga fenditura di suolo ivi avvenuta, impetuosamente sgorgava, tra nuvoli densi di fumo, con projezioni di scorie e d’arena, con detona- zioni spaventevoli, un fiume d’ infuocata lava il quale prendeva a di- scendere il declivio nord-est della montagna; e già 1’ apprensione fondata sopra giusti limori metteva in costernazione gli Etnicoli, che inquieti e timorosi prevedevano iinminenti disastri sulle loro terre coltivate e sui luoghi abitati come Borgata-vena, Piedimonte, Lin- guaglossa, S. Alfio, Mascali, e anche più verso il mare fino a Giarre e Riposto. In un vasto semicerchio di quasi 100 chilometri da Catania, Aci- Reale, Giarre, Taormina, Francavilla, e Randazzo si vedeva sull’ an- golo più culminante del monte brillare una luce vivissima prodotta dalle incandescenti lave e dall’incendio già comunicato ad una grande foresta di pini detta della Giarrita: si sentivano delle forti e fre- quenti esplosioni coll’ intervallo di pochi minuti secondi che facevano tremare il suolo, e sentire dei cupi muggiti sotterranei; lo spavento era al colmo nei villaggi che sembravano più direttamente minac- ciali, e di questi tutti gli abitanti provando ripugnanza a rimanere nelle proprie abitazioni si distribuirono nell’ aperta campagna ripo- nendo ogni loro speranza nella preghiera; e mentre un numeroso stuolo di campagnoli ali’impaziente tintinnio delle campane, raccolti per comporre delle lunghe processioni ascendevano coi simulacri dei loro santi le pendici del monte verso la parte ove li guidavano i sotterranei muggiti, per scongiurare il fuoco; altri montagnoli in tutta” fretta si conducevano dalle alture al basso per sfuggire il pericolo e per non trovarsi più alla triste scena dei luoghi incendiati. Sopraffatti dal terrore, coi loro racconti che facevano sotto l’ influenza dell’ im- pressione funesta, incutevano maggiore timore e portavano il colmo alla desolazione. SULLA ERUZIONE DELL ETNA NEL 1865 83 Intanto i contadini, le cni terre e case si trovavano in faccia alla lava che scendeva, offrivano un’altra scena commovente. Ajutati dalle braccia dei loro vicini e da quanto loro offriva la carità del pros- simo, si affacendavano a mettere al sicuro masserizie, mobilia, porte, ferramenti, e tutto ciò che potevano salvare trasportandolo altrove: all’ imminente avvicinarsi della lava fidando nel patrocinio dei loro santi le opponevano un’ argine circondando le loro piccole proprietà colla immagine di questi cui tributavano fiori e preghiere; ma pur troppo il fuoco si avanzava, le loro coltivazioni venivano bruciate, e le loro case alla porta delle quali fino agli ultimi momenti le intere famiglie raccolte e genuflesse invocavano con tutto il fervore possi- bile la onnipotenza divina, ricevuto l’ urto dalla massa fluente crol- lavano e venivano sepolte per mai più comparire. La lava infatti non appena potè farsi strada attraverso la fendi- tura apertesi nel suolo si mise a scorrere rapidamente e tutta carica di scorie, blocchi e detrito, già solidificati, di alberi carbonizzati, di- scendeva rotolando sopra sè stessa, bruciando e distruggendo tutto quanto trovava davanti a sè. In due giorni essa giunse a percorrere sei chilometri sopra una larghezza di uno a due con uno spessore in media di dicci metri, avanzandosi sopra una superficie di terreno bo- schivo inclinata in media dai 4° ai 3°, e dopo essersi divisa e suddivisa in alcune diramazioni speciali, tra le quali rimasero in molti punti circondate come in forma di isole delle aree di suolo che si vedono tuttora rivestite di alberi a testimoniare la vegetazione bruciata: la corrente primaria si diresse contro un antico cono vulcanico che costituisce un monte denominato monte Stornello, all’incontro del quale venne divisa in due rami principali. Uno di questi continuò a scorrere con molta lentezza per poco tratto all’ovest del detto monte; l’altro lambendone la base orientale si trovò limitato dal lato oppo- sto da altre duc elevazioni crateriformi, luna di seguito all’ altra, che costituiscono Ja cosi detta Serra Buffa, tra la quale e il monte Stornello, in uno spazio di circa mezzo chilometro la lava trovandosi rinchiusa, andò a precipitarsi in una valle profonda detta la Valle di Cola-Vecchio, ed in questo punto, e precisamente nel così detto salto di Cola-Vecchio la lava riversandosi dall’ altezza di 60 metri ci db“ O. SILVESTRI, rese testimoni di uno spettacolo sorprendente, di una cascata di um fiume denso di fuoco che, a guisa di cateratta, precipitava dall’ alto travolgendo seco con strepito inaudito tutto il materiale già consoli- dato che ricopriva la sua superficie. In poche ore la valle fu comple- tamente riempita e la corrente, ripresa la via, continuò il suo cammino per altri tre chilometri all’est, dirigendosi verso il paese di Mascali incanalandosi nel letto del torrente di Mascali, che si trovava allora all’asciutto: fini per arrestarsi in una località detta Sciara di Scor- ciavacca occupata da un’ antica lava, ad una altezza di 800 metri sul livello del mare. Mentre ciò accadeva, dalla notte del 31 gennajo fino al dì 8 feb- brajo, tra le diramazioni accennate formatesi ai due lati opposti della fiumana di lava, due principali continuavano a progredire: la prima in direzione nord-nord ovest a sud-sud-est, a due chilometri di di- stanza dalle bocche attraversando la così detta cava degli Elici, e bruciando quivi pure una quantità notevole di alberi; altra in dire- zione sud-ovest a nord-est, a quattro chilometri dai crateri, dividendosi in due rami che rimasero compresi fra il monte Crisimo e il monte Stornello; e questi progredirono fino verso gli ultimi di febbrajo quando formati nel loro insieme continuarono a dare per molto tempo di seguito delle piccole dipendenze a causa della lava interna ancora fluida che a stento trovava uscita attraverso l’involuero più esterno di pietre già raffreddate. Frattanto, per quanto i danni arrecati dall’ eruzione fossero già molto considerevoli, tuttaviasi villaggi, borgate e paesi che venivano minacciati nei primi giorni sembrava che non avessero più nulla a temere. Quando in continuazione a questo primo periodo dell’ eru- zione, sul cominciare di marzo si fermò al nord-est dei crateri e a poca distanza da questi una nuova corrente con la quale la lava si avanzava con una rapidità paragonabile a quella dei primi giorni; e verso la fine di detto mese, mentre si riteneva che 1 eruzione fosse per cessare, la corrente prese tanta estensione che dopo aver costi- tuito intorno ad un antichissimo cratere, detto monte Cavacci, un ampio lago di fuoco, percorrendo un largo e scosceso burrone, si avvicinò al paese di Linguaglossa minacciando e le campagne e l’ abitato; SULLA ERUZIONE DELL'ETNA NEL 41865 ° Bb anche questa corrente però raffreddandosi sempre più con 1’ allonta- narsi della sua estremità inferiore dai crateri, si arrestò il 4 aprile. Ma di fianco ad essa se ne formarono successivamente delle nuove, poichè la lava seguitando a sgorgare dai crateri venne a riversarsi tutta da questo lato fino verso la seconda metà di giugno, quando questi ultimi cessarono di spingere al di fuori Ie materie fuse. Esposto quanto di più generale era da dirsi su ciò che riguarda la parte semplicemente narrativa del grandioso fenomeno, passo nella memoria ad occuparmi con dettaglio della parte topografica, geologica e stratigrafica della eruzione, rilasciando per ultimo 1 esposizione della parte interessantissima che si riferisce allo stadio speciale chi- mico della eruzione medesima. Lo studio della parte topografica rende ragione del corso che ha tenuto la lava delle varie successive, e più o meno importanti diramazioni in cui si è divisa e suddivisa, e, per dare-un certo ordine a ciò che riguarda il differente modo nel quale i fenomeni eruttivi hanno interessato la superficie del suolo ricoperta dalla lava, vengo a distinguerla in trc regioni. Prima, regione supe- riore ai nuovi crateri; seconda, regione dei crateri; terza, regione inferiore ai craterì. Le osservazioni più importanti fatte sulla prima rappresentata da un antico cono vulcanico detto monte Frumento, sono che questo monte, alto 2,200" sul livello del mare, ha dato alla sua base origine al principio dell’ eruzione. La prima spinta dal basso all'alto esercitata dalla lava fusa sotterranea che cercava d’ aprirsi un varco al di fuori è stata risentita dal monte Frumento il quale è rimasto sconquassato e come diviso in due, e dimostra con molti fatti che la scossa deve essere stata assai energica, e tale da interessarlo tutto quanto. Infatti esso si presenta attraversato sul declive nord-est più evidentemente da una fessura che a partire da un certo punto si prolunga fino al basso per circa 380" con una larghezza in me- dia di 15" in direzione di E. 28.9 N. con una profondità variabile e in qualche punto molto considerevole: però essa si presenta ora per la più grande parte completamente riempita di lava che, sgorgando al di fuori, ha costituito due morene laterali in mezzo alle quali essa nel raffreddarsi e consolidarsi ha preso l'aspetto di blocchi tutti scon- nessi e spaccati. La uscita di questa lava deve senza dubbio aver se- 36 O. SILVESTRI, gnato il principio dell’eruzione: essa, col suo aspetto generale, dimo- stra che deve essersi fatta strada attraverso la fessura con grande veemenza per il modo come è discesa e doveva essere anche molto fluida e a temperatura elevalissima come si può rilevare da molti ef- felli curiosi e interessanti a notarsi che presentano da una parle e dall’altra di essa dei grossi pini che rivestivano. il terreno. Questi hanno sentito gli effetti ealorifici da ambedue i lati anche alla di- stanza di 20 e più metri, sono rimasti tutti esternamente carbonizzati e quelli più prossimi alla fessura segmano come due linee parallele ai Kmiti della fessura medesima. Facendo attenzione su questa dop- pia linea di alberi per lo più carbonizzati e travolti, ve se ne scorgono alcuni tuttora rimasli in posto che ci servono in mode rimarchevole a rappresentarci con sufficiente chiarezza i primi momenti dell’ eru- zione : infatti è curioso osservare il loro grosso tronco mutilato cir- condato alla base da un involucro di lava completamente o per lo meno dalla parte opposta alla direzione nella quale la lava ha fluito, e quello che è notevole è di vedere questo involucro fino a 2, 60 e 3" di altezza dalla loro base sul livello della lava che ha riempito la fenditura; è di più al disopra dell'involucro presentano dalla parte che guarda la fessura nel loro tronco carbonizzato tante strie paral- lele che segnano presso a poco la pendenza del suolo. La osserva- zione di questi falti vengo ad applicarla per spiegare con molta ve- rosimiglianza i primi momenti dell’eruzione che ebbe sua sede, per poche ore, nella parte inferiore del monte Frumento, finchè ben pre- sto andò: a stabilirsi nei punti ove si mantenne in seguito per tutta la durata del fenomeno, e dove si formarono i nuovi crateri dai quali unicamente, dopo quel primo momento, uscì la materia fusa. Dopo uno studio speciale della fessura e altre condizioni di rottura del monte Frumento che presentarono il mezzo di comunicazione fra l'esterno e la forza vulcanica interna, passo allo studio dell’ apparec- ehio centrale dell’ eruzione cioè alla regione dei nuovi crateri. La formazione di questi che è stata da me accompagnata dal primo giorno sino all'ultimo, le successive fasi che hanno presentato, hanno dato la opportunità di fare delle osservazioni interessanti. I crateri sono principalmente sette, e la linea di situazione loro è diretta est SULLA ERUZIONE DELL'ETNA NEL 1865 B7 30° nord; devia di soli due gradi dalla direzione della fessura e ne è quindi evidentemente una continuazione più bassa. Quel che importa si è che questa linea, che comprende l’asse dei crateri e la fessura del monte Frumento, se s' immagina prolungata convenientemente verso la cima dell’Etna viene precisamente a corrispondere col grande cratere centrale, il che dimostra che anehe in questo caso gli orifizj vulcanici trovansi disposti in un raggio che passa per la sommità della montagna. Al principio dell’ eruzione l’ apparecchio centrale eruttivo non presentava altro che l’ aspetto di una grande voragine, continuazione della fessura del monte Frumento ove il terreno era tutto spaccato ed aperto. Tre giorni dopo si erano costituiti più spe- cialmente sette centri di attività distinti a più bocche, distribuite in singoli gruppi i quali, col rigettare al di fuori una grande quantità di materiali scoriacei, vennero a formare cinque elevazioni di forma co- nica incompleta disposte a guisa di semicerchio lungo il lato sud-sud- est di un ellisse il cui lato nord-nord-ovest era invece aperto a li- vello del suolo e lasciava vedere come alla base di ciascuna di queste si trovassero le aperture del suolo, da cui con attività prodigiosa, con rombe sotterranee spaventevoli, in mezzo a nuvoli di denso fumo, scaturivano fiumi di lava con projezioni paraboliche di questa a co- stituire, col raffreddamento, arena, lapilli, bombe, e fino dei blocchi di 8 a 6 metri cubi che venivano ‘stagni a grandi distanze fino di 400, e 500 metri. I coni in formazione vennero a prendere questo aspetto incompleto a motivo del predominio durante il febbrajo dei venti di nord-nord-ovest che determinarono prevalentemente dalla parte opposta sud-sud-est la caduta delle scorie e degli altri materiali lanciati per aria. Di queste cinque elevazioni, le due situate alle due estremità del grande asse della voragine a motivo della maggiore energia doi crateri estremi, si sono presentate sempre più elevate delle altre, e già alla data dei primi giorni di marzo avevano raggiunto un'altezza di 80 a 60 metri dalla Joro base. Quella poi, più prossima al monte Frumento, portava sul lato che guarda questo monte due erateri, che ebbero azione per poco tempo, accoppiati in una linca normale al grande diametro della voragine valutato di 400 metri, mentre di 100 metri 0 poco più poteva essere il diametro minore. 58 O. SILVESTRI, L’aspetto dei crateri durante il mese di marzo e parte del maggio venne poco a poco a modificarsi; i coni formati per metà vennero a completarsi assumendo la forma ordinaria di imbuto in fondo alla quale si trovavano distribuite le bocche dei crateri che erano com- plessivamente molte. Tutti questi ‘coni rimasero collegati gli uni agli altri in modo da costituire un unico sistema la cui linea mediana non è perfettamente retta, ma doppiamente ricarva e rappresenta come una S molto allungata. Dal maggio in poi non hanno mostrato i cra- teri modificazioni notevoli, altrochè una elevazione maggiore e l’o- struimento successivo delle varie bocche: riguardo a queste è.a dirsi che col precedere del tempo è andata a concentrarsi 1’ attività valcanica in quelle che si trovavano in un livello più basso, finchè non permettendo più l'interno dei crateri la uscita della lava) que- sta ruppe la base del cratere inferiore agli altri e si fe’ strada all’e- sterno per mezzo di un’ apertura longitadinale la quale, non essendo molto estesa, m'offrì opportunità di potere avvicinarmi tanto da espe- rimentare direttamente sulla lava fusa, mentre in forma di torrente scaturiva dalla medesima. Numerose sono le osservazioni fatte sui erateri perciò che riguarda la parte meccanica dell'eruzione, la con- cordanza e discordanza nella attività dei crateri, i periodi d’ intermit- tenza, certe fenditure parallele che si sono mantenute nei coni, i movimenti di suolo, ecc., ma qui vengono per brevità tralasciate. Ai primi di giugno fra 1' 8 e il 10, Vattività eruttiva era cessata del tutto, eccettuati i fenomeni di secondo ordine, cioè i fumajoli della lava. L’asse longitudinale che comprende tutti i coni, è di 760 me- tri ed il giro che essi fanno con la loro base e poco più di tre chi- lometri. Nel descrivere quanto di più rimarchevole ha presentato la regione inferiore dei crateri faccio prima di tutto notare come in continua- zione al grande asse dei medesimi in un livello inferiore presenta il suolo, per un certo tratto, un notevole infossamento che è andato mano mano a riempirsi di lava e di arena il quale rappresenta senza dub- bio l’ultimo prolungamento della fessura che si parte dal monte Fru- mento. Ai due lati dei crateri e di questo infossamento incomincia- rono i fiumi di lava che percorsero dividendosi c suddividendosi tanta SULLA ERUZIONE DELL'ETNA NEL 1865 59 LI estensione di terreno di cui è reso conto nella parte topografica. Mi occupo quindi più diffusamente della parte stratigrafica dell’ eruzione, del procedere maestoso della lava e dei varii effetti che produce sulla vegetazione che incontra; delle principali correnti, della varia velo- cità di cammino, del successivo loro raffreddamento, del come si co- stituiscono in esse delle morene laterali e frontali, come queste mo- rene si dispongono a terrazzo, come si producono le correnti secon- darie della lava dalle correnti principali, come spesso varie correnti s'incontrano e si tagliano a vicenda, come talvolta altre si sovrap- pongono; qual sia la compattezza della lava secondo le varie pen- denze del suolo; come da questa ed altre osservazioni speciali si trovino argomenti per combattere semprepiù la teoria dei così detti erateri di sollevamento, ecc. tutte queste cose si trovano consegnate nella memoria oltre ad un calcolo approssimativo circa al volume della lava uscita dai crateri. Nei primi giorni con una velocità di cammino di 6 metri al mi- nuto, uscì dai crateri un volume di lava di circa 3,300 metri cubi per minuto, cioè di 7,920,900 di metri cubi per giorno. Questa quan- tità andò ben presto a diminuire tanto che una valutazione comples- siva fatta dal signor Du Pérose, ingegnere in capo delle ferrovie Siciliane, del volume totale di lava uscito durante tutto il tempo di eruzione, condurrebbe alle seguenti cifre: Superficie occupata dalla lava 9 chil. q. 23 per la lava in forma di corrente; 0 chil. q. 37 per la lava che costituisce i crateri. Ammet- tendo 40 metri per altezza media delle correnti e 60 metri per quella dei crateri ne resulta un volume di 92,300000 metri cubi per le eorrenti, di 7,000000 per i crateri. Vengo in seguito a considerare con moltissimo interesse tutta la parte chimica dell'eruzione sia per ciò che riguarda i fenomeni chi- mici verificatisi durante l’ eruzione, sia per ciò che si riferisce alla perfetta conoscenza della composizione di tutti i prodotti dell’ eru- zione medesima. Nel primo caso prendo a trattare diffusamente dei fumajoli, i quali possono ricevere una duplice classificazione fisica cioè e chimica secondo che ci riferiamo o alla temperatura della lava, o alla natura e reazione delle sostanze gassose o volatili che 60 O, SILVESTRI, si sviluppano dalla lava mentre si raffredda e dalle quali sono costi- tuiti. Considerando i fumajoli fisicamente .si possono distinguere 1.° in fumajoli che accompagnano la lava fluente. Questi si producono ad una temperatura elevatissima superiore ai 1000,° 2.° in fuma- joli che accompagnano la lava consolidata nel tempo che si raffredda. La temperatura di questi è compresa tra i 300.° e i 60°. Considerando i fumajoli sotto l'aspetto chimico possono essere di- stinti in quattro categorie: 1.° Fumajoli acidi a cloruro dî sodio. Accompagnano sì nei crateri che nella lava che scorre al di fuori di questi il primo pe- riodo dell’ eruzione e sono caratterizzati da un fumo bianco denso costituito più specialmente dai vapori di una gran quantità di cloruro di sodio e di vapore d’acqua: portano seco di più in proporzioni molto minori del cloruro di potassio, del cloruro di rame, (parte del quale passa allo stato di ossicloruro). Sono acidissimi per l’effetto del gas acido cloridrico che resulta dalla reazione del cloruro di sodio e del vapore d’acqua sopra i silicati incandescenti della lava, e per una certa proporzione di acido solforoso proveniente dalla combu- stione dello zolfo. Tutta la superficie della lava che si avanza e scorre per le varie pendici emette i vapori delle suddette sostanze. Queste, e specialmente il cloruro di sodio, che è di gran lunga predominante si condensa e forma uno straterello sui blocchi superficiali delle correnti e poichè risente, sotto l’influenza di un’elevata temperatura, l’azione del vapore acquoso, si producono per la sopracennata rea- zione l’ acido cloridrico, e la soda. L’acido cloridrico gassoso si di- sperde; la soda rimane e col raffreddarsi della lava per l’azione del- l'acido carbonico dell’aria passa allo stato di carbonato di soda. Così ho potuto spiegare ricorrendo a esperienze dirette il perchè la su- perficie della lava diviene bianca per una sostanza fissa, capace di dare una reazione intensamente alcalina. Lo sviluppo di tutte queste sostanze si effettua più lentamente dalla lava che si trova tuttora fluida nell’interno delle correnti già esternamente consolidate, ed ha luogo solo per certi meati o crepaccie dell’ involucro esterno in modo che possiamo vedere in esse delle bellissime condensazioni di tutti i suddetti prodotti solidi, specialmente del cloruro di sodio che SULLA ERUZIONE DELL'ETNA NEL 1865 61 privo dell’acqua di cristallizzazione si presenta in masse trasparenti di aspetto opalino. La temperatura di questi fumajoli è superiore ai 1000,° 2.° Fumajoli acidi a percloruro di ferro. Questi presentano pure reazione acidissima e si producono sì nei crateri che nella lava, ma in un secondo periodo dell’ eruzione, quando nei crateri vi è minore attività e quando le correnti di lava sono almeno in gran parte con- solidate. Il numero loro è grandissimo ed hanno per principali pro- dotti in una loro prima fase: 1.° l’acido cloridrico ; 2.9 il percloruro di ferro (proveniente dall’azione del detto acido sui silicati ferru> ginosi della lava) che là dove risente l’ effetto di una temperatura elevata, si decompone e produce il sesquiossido di ferro sotto l’a- spetto di una sostanza pulverulenta rossa, raramente allo stato di ferro oligisto cristallizzato; 3.° il cloridrato d’ammoniaca. In una se- conda fase si aggiungono a questi prodotti, il solfo, l'acido solforoso, l’acido solfidrico in quantità piccole. La temperatura media di que- sti fumajoli è rappresentata da 280.° €. 3.° fumajoli alcalini. Questi pure sono abbondanti, ma si ve- rificano esclusivamente nella lava fuori dei crateri, ed hanno una temperatura inferiore a quella dei fumajoli acidi dai quali oltre a ciò si distinguono per la loro reazione decisamente alcalina, dovuta al carbonato d’ammoniaca che vi si sviluppa in vapori insieme ad una gran quantità di cloridrato di ammoniaca, il quale solo rimane con- densato e forma delle incrostazioni nei loro orifizj con tracce talvolta di solfato d’ammoniaca. Vi si trova più comune il solfo minutamente cristallizzato, e l'idrogeno solforato con tracce di acido solforoso (4). In qualche caso si è verificato nel sale ammoniaco la presenza di una sostanza organica. La temperatura media di questi fumajoli è di 180.° C. 4.° Fumajoli acquosi. Non danno alcuna reazione nè acida nè (1) La reazione mediante la quale si producono i cristallini di solfo è quella mede- sima con cui il mio illustre e mai abbastanza compianto maestro prof. Piria ha spie- gato i fumajoli della solfatara di Pozzuoli. L’acido soltidrico a contatto della lava calda e dell’aria si trasforma in parte allo stato di acido solforoso: i due acidi poi reagiscono tra loro sotto l’influenza della umidità e producono acqua e solfo che cristallizza. 62 O. SILVESTRI) |» alcalina e compariscono sull’ orlo come -nell’interno dei crateri già estinti e sulla lava già molto raffreddata la cui temperatura in ge- nerale non supera i 100.° C. Presentano diversi caratteri: sono unicamente costituiti da vapore d’acqua, oppure da vapore d’acqua insieme ad acido solfidrico. Questi ultimi, in una seconda fase, sono accompagnati anche da acido carbonico. La comparsa dell’acido car- bonico in tale condizione era già constatata dal signor Carlo Sainte- Claire Deville fino dal 1861 (quando si recò a studiare Veruzione del Vesuvio) come un segnale del termine di un’ eruzione. Prima che fossero chiuse tutte le bocche dei crateri, inutilmente io aveva cer- cato l'acido carbonico nei fumajoli dell'Etna, ma pochi giorni dopo che questo accadeva si trovarono subito dei fumajoli acquosi ad acido carbonico e solfidrico sulla cima dei due crateri diametralmente. op- posti. Questo resultato, che io ho corredato con resultati di analisi quantitativa, conferma l’idea del signor Deville. ed egli ha colto tale opportunità per richiamarvi l’attenzione dell’Accademia delle scienze di Parigi (1). I detti fumajoli presentano sotto un aspetto generale qualche cosa di caratteristico anche per la loro posizione, distribu- zione e apparenza esteriore. Numerose analisi, che vengono esposte nella Memoria, fatte sul posto e in laboratorio, dei gas propriamente detti che si sollevano dai fumajoli di qualunque categoria conducono ad un risultato gene- rale pressochè identico cioè che i delli gas (tolti i casi sopracitati) vengouo rappresentati dai medesimi elementi dell’ aria atmosferica però con una proporzione minore di ossigeno, specialmente nel. caso dei fumajoli acidi con cloruro di ferro che passa subito allo stato di sesquicloruro, e questo allo stato di sesquiossido: in generale la quan- tità di ossigeno non supera il 48, 0 419 per °/; | Dopo avere esaminato chimicamente tutti i prodotti della lava passo ad esaminare sotto questo punto di vista la lava stessa la quale presenta un’aspetto nero per la prevalenza dell’ elemento pirossenico al feldispatico, il che fa distinguere la lava ultima insieme a molte (1) Comptes rendus de l’Académie des sciences N.° 5, (34, Juillet 1865). Sur l cru- plion actuelle de UElna. Lettres de M, Horace Silvestri. SULLA ERUZIONE DELL'ETNA NEL 186B 63 altre lave recenti, dalle lave più antiche dell’ Etna di colore chiaro per essere prevalentemente feldispatiche. Essa gode proprietà magne- tiche e perfino d’una distinta polarità. i La sua densità è per la lava in forma di cenere 2,684; di arena 2,706; di scoria 2,770; di lava compatta 2,771. Queste cifre sono la media di moltissime determinazioni e messe in confronto con quelle fatte sui principali elementi mineralogici della Java, il feldspato e il pirosseno, ne emerge qualche resullato interessante: per esempio, la densità del pirosseno che appartiene al- I’ Etna e che trovasi cristallizzato in grossi cristalli nelle scorie è di 3,453; quella del feldspato che trovasi nelle stesse condizioni è rappresentata da 2,925, quindi tanto l'una che l’altra sono maggiori della densità, della lava. Ciò ho potuto spiegare ricorrendo alla fu- sione più o meno prolungata di questi minerali, e determinandone di nuovo la densità si è veduto che i minerali stessi diminuiscono con ciò il loro peso specifico (come si era già constatato accadere nel caso del quarzo e del rutilo (4) e poichè per costituire la lava vengono impastati in un certo grado di fusione, chiaro apparisce come la lava debba pesare meno di essi considerati isolatamente sotto un'altra con- dizione molecolare. Sono state poi fatte alcune ricerche sulla tempera- tura che permette la fusione della lava e si è veduto che essa esposta per 8 giorni di seguito alle varie temperature fino alle più elevate dei forni della fabbrica di porcellane di Sevres, non soffre alcun cambia- mento, rimane parimente solida alla temperatura alla quale si fonde il ferro, l’argento, l'oro; si fonde invece con facilità vetrificandosi ad una temperatura poco inferiore a quella elevatissima che determina la fusione del platino. Non è però allo stato di vera fusione che esce la lava dai crateri è che forma le colate: essa si avanza per una specie di plasticità che manifesta Ja sua massa cristallina (paragonabile al siroppo che cristallizza) i cui cristalli in gran parte formati imprimono un grado di fluidità alla massa stessa-per essere tenuti liberi anche delle mede- sime sostanze che formano più tardi i fumajoli, come acqua, cloruro (1) Etudes sur la reproduction des mineraua titaniféres, par P. Hautefeuille. Ann. des Phys. e! de Chim. Fevrier, 1865, ULI | O. SILVESTRI, di sodio, ece. che non possono risolversi in vapore, ma si mantengono allo stato sferoidale sotto l’influenza della grande pressione e della elevatissima temperatura superiore al calor bianco che porta seco la lava nel tempo che viene eruttata; ma che si sollevano in vapore tostochè la lava eruttata incomincia a raffreddarsi e consolidarsi. Le osservazioni fatte su questo proposito avvalorano e confermano le idee emesse fino dal 1826 dall’illustre geologo inglese Paulett Scrope (1). Per ciò che riguarda gli elementi minerali oltre i due essenziali suddetti vi si trovano in proporzioni piccolissime dei fosfati, cloruri, e, in generale, tutti i prodotti dei fumajoli. Per ciò che riguarda gli ele- menti chimici si può dire che questi sono rappresantati essenzial- mente dal ferro, alluminio, calcio, magnesio, sodio, potassio combinati all’ossigeno, e all’acido silicico; come accessorii vi sono parimente in questa ullima condizione il manganese, il titanio, il vanadio (que- sl’ ultimo metallo si è trovato per la prima volta nelle lave). Oltre a ciò vi è del cloro allo stato di cloruro metallico, e del fosforo allo stato di acido fosforico combinato alle basi. La proporzione relativa di tutti questi elementi potrebbe resultare da molte cifre che ho tro- vato con le analisi fatte sulla lava di tutte lo forme (allo stato di lava compatta, di scoria, di arena, e di cenere) sulla lava di tutti i crateri, e di tutti i periodi dell’eruzione, e su quella di eruzioni antiche per stabilire un confronto; ma essendo entrato in questo vasto campo di ricerche, mentre sono intento ad ottenerne una conferma, mi astengo per ora di farle conoscere. | Riassumendo, dopo ciò, tutto quanto lo studio fatto sull’ eruzione passo ad esporre alcune conclusioni generali alle quali sono condotto da una mano di fatti tra i quali merita principalmente qui accennare quella di considerare il focolare vulcanico attuale dell’ Etna costituito in seno di rocce basaltiche, le quali vengono ridotte dal calore in quello stato di fusione cristallina nel quale sono spinte al di fuori. Mi occupo della questione del calore sotterraneo e della fusione dei materiali vulcanici situati a profondità e presento argomenti dietro i quali non posso adottare alcune recentissime teorie inglesi che con- (€) Les volcans. SULLA ERUZIONE DELL'ETNA NEL 41865 65 derrebbero di nuovo a fare ritenere i fenomeni vulcanici come uni- camente dovuli a delle reazioni chimiche, Le reazioni chimiche molteplici che ho avuto luogo di verificare nell’ ultima eruzione sono da prendersi come un effetto e non come una causa dell’ eru- zione medesima. Ammetto infatti che sulla lava, mentre si trova in stato di fusione cristallina nel focolare vulcanico come in un grande crogiuolo, vi giungano infiltrando nel suolo delle acque cariche di cloruro di sodio e altre sostanze saline, e ridotte esse istantanea- mente in vapore a contatto della materia incandescente producano le esplosioni delle medesime. Il vapore acquoso è 1’ elemento di forza più potente che deve prendersi in considerazione per spiegare la meccanica dell’eruzione; poichè tutti gli altri gas o vapori in gran parte sono utilizzati in tutte le reazioni chimiche che vanno mano mano compiendosi, mentre la lava fa il suo cammino per uscire all’esterno. Tenendo conto della densità della lava e dell’altezza degli orifizj vulcanici, e calcolando in atmosfere la pressione che una colonna di lava può esercitare; si può spiegare (dietro le idee di Hopkins che la temperatura di fusione di un materiale terrestre aumenta in ragion diretta della pressione), il perchè la lava, per quanto per uscire al- l'esterno debba fare un lungo tragitto, tuttavia ha con sè una tem= peratura sufficiente per scorrere e spandersi allo stato di fusione cri- stallina: si ba una spiegazione del perchè la forza elastica impellente del vapore acquoso manifesti una energia in ragione inversa della elevazione a cui giunge la colonna di lava nel luogo da dove esce al di fuori, e finalmente ci si può ancora rendere ragione del perchè in tutte le eruzioni, come in quest ultima, sieno i crateri più bassi quelli che si presentano con maggiore e più prolungata attività, e del perchè questa azione sia intermittente a periodi di tempo più o meno brevi. L'Etna fa le sue grandi eruzioni sempre dai suoi fianchi, l’eruzioni del grande cratere centrale avvengono di rado, o se av- vengono sono relalivamente di poca importanza, perchè congla sua altezza di 33141 metri sul livello del mare si trova quasi al limite della condizione che permette, malgrado la elevazione di temperatura, all'acqua di passare allo stato di vapore elastico sotto 1’ influenza Vol. IX. 5 66 O. SILVESTRI della enorme pressione che deve esercitare una colonna di. lava, che dal focolare giunga fino presso la cima del monte. Finalmente per terminare questa rapida rassegna dei fenomeni che l’Etna ha presentato durante la memorabile eruzione del 1863, scop- piata in un fianco, faccio notare come il grande cratere centrale non è stato indifferente all’eruzione stessa. Esso nei primi giorni mandò fuori una quantità notevole di finissima e quasi impalpabile cenere, la quale, in due successive ascensioni che io feci sulla cima del monte, mi manifestò l’aspetto di una specie di fango o melma per la ragione che essendo tutta quanta impregnata di acido cloridrico e cloruro di ferro, era molto igrometrica; attirava ]’ umidità dell’ aria e si impa- stava con essa: dal che si deduce che forse spesso è questa la ori- gine del fango di cui si parla come rigettato dai crateri vulcanici in attività. Dopo tale fenomeno il grande cratere continuamente durante i cinque mesi di eruzione ha mandato più o meno del fumo; ma la uscita di questo, dopo essersi chiuse le bocche dei nuovi crateri, si fece veramente imponente: non era più possibile avvicinarsi alla cima del grande. cratere perchè una colonna gigantesca di fumo che si sollevava nell’aria diffondeva, anche a distanza, dei vapori acidissimi e soffocanti, e si manifestò con tale segno durante il luglio, l’agosto, e parte di settembre, una concentrazione di attività interna nel grande focolare Etneo. Nè questo fu il solo fenomeno successivo del- l'eruzione. La notte del 18 al 19 luglio 1863 sarà di memoria in- delebile per gli Etnicoli: una serie di scosse sussultorie e ondulatorie agitarono un’ area limitata di suolo sul versante sempre orientale del monte lungo una linea ovest-nord-ovest ad est-sud est, che coincide con la direzione della linea di fessura dell’ eruzione compiutasi nella valle del Bove nel 1852, immediatamente precedente a quest’ ultima; e una sola delle dette scosse fu sufficiente alle due dopo mezzanotte per ridurre ad un mucchio di macerie la intera borgata del Fondo di Macchia. atterrando 200 fabbricati con 4109 vittime tra morti e feriti. 5 UL particolarità di questi scuolimenti di suolo, che sono state già pubblicate (1) devesi aggiungere che i terremoti hanno continuato | (1) Sopra i terremoti dell’ Etna nel luglio 1865. Relazione di Orazio Silvestri al Pre- felto della provincia di Catania. i SULLA ERUZIONE DELL'ETNA NEL 1863 67 anche nell’agosto ad agitare prevalentemente quella stessa area di terreno e specialmente nel giorno 19, verso un'ora dopo mezzogiorno, una scossa fortissima si fece sentire non solo nel fondo Macchia, ma sì propagò sempre nella stessa direzione di quella del luglio (com- prendendo però una maggiore estensione di suole) nelle contrade Rondinella, S. Venerina, S. Leonardello, Mangano, e ancor più verso il mare a Aci-Reale, e ai villaggi di S. Tecla e Carrico adiacenti alla ‘costa Acense. Questa scossa che danneggiò pure molti fabbricati, fu per consenso avvertita anche nei paesi di Zafferana, Treccastagni, e Viagrande situati a ponente di Aci-Reale, e fu succeduta la sera dello stesso giorno 19, alle 10 pom., da altra scossa bastantemente sensi- bile e per alcuni giorni consecutivi da continue scosse leggiere. ANTHOMYINE ITALICA - COLLECTE DISTINCTE ET IN ORDINEM DISPOSITE Had Li prof. CAMILLO RONDANI (Seduta del 26 novembre 1865.) DIPTERORUM STIRPS XVII. ANnTHOMYINA lindn. Stirpis charact: Antenne triarticulate magis vel minus flexxe: arista dorsuali, arti» culis duobus primis brevissimis, raro secundo paulo longiusculo. Proboscis brevis, fere semper subtus labiata, crassiuscula membra- nosa. - Palpi non aut parum producti ultra epistomium; istud sa- pius plurisetosum, sed saltem setis duabus validiusculis instructum, fere semper decussatis. Oculi in mare plerumque sat proximi nisi subcontigui; si raro fere distantes ut in foemina, tune vel calyptrorum squame infero su- peris longiores, vel abdominis segmenta quatuor tantum, non 5-6 latiuscula, distincta. «larum venx longitudinales septem, quarum quinque costali ad api- cem conjuncte: prima dux ad apicem distinclissime divergentes, C. RONDANI, ANTHOMYINE ITALICA 69 secunda superne non selulis pectinata, rarissimo spinula aliqua ar- mata: quinta sursum non cubitata, transversarize quatuor, due in medio, duz@ minores prope basim in parte postica, praeter parvam radicalem in margine antico. Abdominis seementa quatuor intermedia subgque lata, radicali et y. apicalibus non aut parum distinctis. Caluntrorum squame plus minusve lata, squama infera sapius lon- USL Ù 9 p giore supera, et si non longior tune oculi maris in fronte proximi, vel abdomen quadrianalatum. Pedes plus val minus setosi, proeter setas apicales tibiarum, ubi sal- tem una semper adest exteriori erecta prope apicem. ANTHOMYINARUM GENERA MetHODICE DISTINCTA. A. Oculi maris in fronte satis proximi, si raro modice remoti, frons tamen angustior mediatate singuli oculi. B. Calyptrorum squame supera inferas non nisi parlim tegentes, non omnino, nisi inferxe casu flex. C. Femora antica maris subtus ad apicem dentata aut distinete excavata. ; D. Oculi in utroque sexu nudi vel subnudi. Gen. I. HrpRoTRA Desv. Sp. Typ. Anthomyia dentipes Fabr. DD. Oculi in utroque sexu pilosi velin foemina aliquando tomentosi tantum. Gen. II. OnopoNTHA Andn. Sp. Typ. Anthomyia Ciliata Fabdr. CC. Femora antica maris ut in foemina simplicia. 70 C. RONDANI, E. Zena secunda longitudinalis alarum superne non spinulosa - È. G. GG. Maris pedes longitudine ordinaria. - Foemine frons sat latior. Zena longitudinalis septima margini postico alarum non pro- ducta. Tibice postice distincte incurva praesertim in mare. Gen. III. OpmirA ZDesv. Sp. Typ. Anthomya Leucostoma all. Tibiw postic®@ non distinete incurva neque in mare. H. Arista pilosa vel pilosula. LL Proboscis apice arliculata, sub-acuminata, non in labium infe- rum dilatata. - Gen. IV. Dgimesa Mgn. Sp. Typ. Dr. Hamata all. II. Proboscis ad apicem labio infero distincto preedita, nec sub- K. acuminata, nec articulata. Vena septima longitudinalis non brevior distantia a margine postico, spuria axillari sequente subparalleliter decurrente. - Abdomen non distincte depressum. L. Tibice intermedia retro et extra seligeroe. M. Oculi nudi vel subnudi in utroque sexu - Zena transversa esterior magis proxima interiori quam apici quinte longitudi- nalis. Gen. V. AspiLiA mihi. Sp. Typ. Antà. Allotalla Mgn. MM. Oculi in utroque sexu pilosi. - Zena transversa exterior magis distans ab interiori quam ab apice quinte longitudinalis. ANTHOMYIN®E ITALICE 71 Gen. FT. Porirtes mihi. Sp. Typ. Musca Lardaria Zabr. LL. Tibie intermedie retro tantum seta aliqua instructee, preter apicales. N. Oculi pilosi vel pilosuli, aliquando tomentosi tantum in foemina, Gen. VII. YeTtopESIA findn. Sp. Typ. Musca pallida F'abr. (avicia). NN. Oculi nudi vel subnudi in utroque sexu. Gen. VIIT. SpilocasteR Macq. Sp. Typ. Musca Pagana Z/abr. KK. Zena longitudinalis septima brevior distantia a margine ala- rum; spuria sequente contra apicem proecedentis incurvata. - Abdomen distincte depressum. Gen. IX. Piezura mihi. Sp. Typ. nova Piez. Pardalina mihi. HIHI. Arista, nuda, subnuda vel pubescens. O. Zena longitudinalis septima sat brevior distantia a margine ala- rum; axillaris postica contra apicem precedentis incurvata. P. Tibie intermedia retro ed extra seligerae. - Femora postica inferne fere tota selulosa. - Abdomen depressum. Gen. X. HomaLomyra Lé. Sp. Typ. Musca Canicularis Lin. PP. Z%bie intermedie setula aliqua tantum retro munita prefer FF. C. RONDANI, apicales. - /'emora postica inferne prope apicem fantum setosa - 4bdomen subcylindricum vel subconicum. Gen. AT. AZELIA Desv. Sp. Typ. Musca Triquetra Fall. . Vena longitudinalis septima longior distantia a margine alarum; axillari sequente paralleliter decurrente. . Tibie intermedie retro tantum seta aliqua supra apicales pree- ditae: postice retro subnude vix setula intermedia distincta. Gen. AII. MeLANOCHELTA mihi. Sp. Typ. Aricia surda Zett. . Tibie intermedie retro et extra setigera: postic@ retro. setis pluribus, aliqua sat majore armate. Gen. XIII. LimnopnorAa Desv. Sp. Typ. Anth. Compuncta Mgn. Vena longitudinalis septima margini postico alarum, saltem apice spurio producta. R. Arista pilosa vel pilosula. RR. Gen. XIV. Hyrpropnoria Desv. Sp. Typ. Musca conica all. Arista nuda, vel subnuda, vel puberula. S. Oculi distinte pilosi. ANTHOMYINAE ITALICA 75 Gen. AV. aston Mgn. Sp. Typ. Anthomyinus Andn. SS Oculi nudi. Gen. AVI. AntHoMmyYIA Mgn. Sp. Typ. Musca pluvialis Lin. EE. Zena secunda longitudinalis superne spinulosa. Pedes maris sat clongati. - Frons foeemine fere angusta ut in mare. Gen. XVII. AcHANTIPTERA Fndn. Sp. Typ. Musca inanis Fall. BB. Calypirorum squame infere a superis omnino tecte. T. Arista nuda subnuda vel puberula. U. Proboscis ad apicem in labium inferum dilatata non sub-acu- minata. V. Gene non inflate nec setose. Gen. XVIII. CuortHopHILA Macq. Sp. Typ. Anth. Sepia Mgn. VV. Gena inflate et setigere. Gen. XIX, EripHia Mgn. Sp. Typ. Eriph. Cinerea Mgn. UU. Proboscis ad apicem sub-acuminata, subtus non labiata. 74 C. RONDANI, se, Gen. XX. AcyreLossa mihi. Sp. Typ. Nova. A. Diversa mihi. TT. Arista pilosa vel pilosula. Gen. AXI. HyrLEMYa Desv. Sp. Typ. Musca strigosa Fall. AA. Oculi in utroque sexu distantes, frons etiam maris saltem latior medietate singuli oculi. | X. Calyptrorum squame infere a superis omnino tecte. Z. Arista subnuda. | Y. Zena longitudinalis seplima margini postico producta. - 4n- tenne inclinate. Gen. AAII. Cmrosia Rndn. Sp. Typ. Aricia albitarsis Zett. YY. Zena longitudinalis septima satis abbreviata. - Antenne sub- erecta. Gen. AAXIII. ScnaeNnomyza ZHalid Se. Typ. Ochtiphila litorella Zall. ZL. Arista distincte pilosa, nisi plumata. W. Zena longitudinalis septima usque ad marginem alarum non elongata: transversa exterior satis extra apicem secunda lon- gitudinalis sita. ANTHOMYIN®A ITALICA 75 Gen. XXIV. Cuevisia Andn.. Sp. Typ. Crenosia monilis Mgn. W W. Zena longitudinalis septima usque ad marginem alarum pro- ducta: transversa exterior apici secundx longitudinalis opposita. Gen. XXV. Mycopnaca fndn. Sp. Typ. Musca Fungorum De. G. XX. Calyptrorum squame infere magis vel minus producte ultra superas. | a. Ale abdomine breviores: venis transversis intermediis satis approximatis. - Segmenta abdominis etiam in disco setosa. Gen. XXVI. SyLLEGOPTERA £îndn. Sp. Typ. Anth. Ocypterata Mgn. aa. Ale longitudine ordinaria: venis transversis haud valde appro- ximatis; aut abdomen segmentis in disco non setosis. b. Squame infere calyptrorum vix limbo paulo detecto. - Geni- talia maris appendicibus et laminis duabus validissimis armata. Gen. XXVII. OpLogastER Andn. Sp. Typ. Ceenosia mollicula Fall. bb. Squame infere calyptrorum superis sat longiores. - Genitalia maris appendicibus, et laminis validis destituta, etiamsi incras- sata et lobata. e. Arista subnuda vel puberula, non distinete pilosa. d. Ariste articulus penultimus longiusculus, et cum tertio plus 76 C- RONDANI, vel minus cubitatus. - Vena transversa interior apici longitudi- nalis prima non secunde opposita. | Gen. XXVIII AtHERIGONA Andn. Sp. Typ. Crnosia varia Mgn. — Quadripunctata Rossi. dd. Ariste articulus penultimus non elongatus, nec cum tertio cu- bitatus. - Vena transversa exterior apici opposita secunde lon- gitudinalis aut extra, non ante sita. Gen. XATX. Cenosia Mgn. Sp. Typ. Musca Geniculata Zull. cc. Arista distincte pilosa. a. Palpi non spathuliformes. Gen. XXX. CARICEA Des. Sp. Typ. Musca tigrina /all. ee. Palpîi spathuliformes. Gen. XXXI. LispA Latr. Sp. Typ. Musca tentaculata Deg. Gen. I. HYDROTEA Desv. Macq. Mgn. Rndn. Schin. AntHoMYIA Mgn. — Musca Lin. Fall. Fabr. Aricia p. Zett. Char. Gener. Oculi nudi vel subnudi etiam in mare, cujus frons linearis. Antenne contra medium oculorum inserte, breviusculae, articulo tertio duplo aut parum ultra longiore preecedente. ANTHOMYINA ITALICA i 77 Arista tomentosa, - Calyptrorum squama inferee superis longiores. Alarum vena secunda longitudinalis circiter contra transver- sam interiorem producta. Pedes femoribus anticis in mare subtus ad apicem dentatis vel exca- vatis, tibiis propriis basi plus minus attenuatis vel incisis. Species Italica. A. Tibia postice etiam maris intus versus apicem non villose, nec in medio penicillatàe. B. Z'ene longitudinales quarta et quinta prope apicem paulo con- vergentes. - Tildie postice maris callo tomentoso apicali intus preedite. Sp. 1. Dentipes Zabr. BB. ene longitudinales quarta ed quintà ad apicem non conver- gentes - 7bie posticae maris callo apicali destitute. GC. Femora antica maris subtus ad apicem unidentata, denticulo brevi, simplici. Sp. 2. Velutina Desv. CC. Femora antica maris subtus bispinosa vel bituberculata. D. Femora antica maris spinis duabus longiusculis prodita. - Ti- Bice intermedize nec antice nec postice villose. Sp. 3. Meteorica Lin. DD. Femora antica maris ad apicem tuberculis duobus non spinulis elongatis, nec denticulo unico instructa. - Tibie intermedia an- lice et postice manifeste villosze. Sp. 4. Tuberculata mihi AA. Tibie postice maris vel in parte apicali villosee, vel in medio intus penicillate. 78 C. RONDANI, E. Abdomen utriusque sexus grisescens vel fuscum non subtrans» lucidum sublutescens neque in mare. F. Femora postica maris subtus seta validiore versus medium ar- mata. - Tibia posticae intus penicillate. Sp. 3. Armipes all. FF. Femora postica maris subtus seta validiore non armata. - Ti- bie postica intus non penicillate, sed in medietate apicali villosze. % Sp. 6. Irritans Zall. EE. Abdomen maris late subtranslucidum lutescens. Sp. 7. Curvipes Fall. Observat. et Synon. Sp.A Dentipes Zabr. Fall. Mgn. Macq. Zett. Rndn. Schin. Flavifacies Desv. Macq. V. Descript. in op. Zetterstedtii, cui adde: Tibie posticae maris extrinsecus pilis brevibus ct parvis ciliata , apice callo nigro tomentoso intus preedità. Foamina statura majori, colore abdominis nigro, et presertim venis quarta et quinta ad apicem magis convergentibus, ab aliis foeminis congeneribus distinguenda. Trequenter legitur in agri parmensis planitie et montuosis, ab Aprile ad Julium, rarissimo tempore autumnali; etiam in Pedemontio Etruria et Insubria legitur. ANTHOMYIN® ITALICA 79 Sp. 2. Velutina Deso. IMacq. Ugn. Lett. V. Descript. in op. Zetterst. Simili H. Meteorice Lin. a qua pracipue difert, femoribus anticis maris denticulo unico brevi instructis, non bidentatis, nec bispi- nosis. - Ab. /7. Tuberculata mea etiam distineta, tibiis intermediis nec antice nec postice villosis. Sp. a me non observata, sed teste Macquartio in Sicilia Jecta fuit a Lefebvre. Sp. 3. Meteorica Lin. Fabr. Fall. Mgn. Zett. Schin. (non Macq ) V. Descrip. in op. Zetterst. cui adde: Spinule femorum anticorum maris longe, quarum una major infera, alia exilior supera. Tibia intermedia in eodem sexu nec antice nec poslice ciliata. Femina tibie posticre ad apicem setis validis intus destituta. Spec. Meteorica Macquartii, ZIrritanti Fallenii adscribenda. Non frequens in agro parmensi ab Aprile ad Junium, Sp. 4. Tuberculata Andn. Mas similis mari Meteorice sed facile dignoscendus. Statura paulo majore; Abdomine nigriore non grisescente, et paulo quamvis parum subezerulescente; sed precipue difert. l'enorum anticorum dentibus inferiis sat brevibus, non acuminatis, subtuberculiformibus. - T'ibîis inslermedits antice et postice pilis distinete ciliatis; tibiîsque anticis a latere anteriore observatis , supra medium paulo dilatatis. Marcin unicum possideo, dono Clar. Equit. Ant. Garbiglietti Entomo» phili taurinensis, in Pedemontio caplum. 80 CT. RONDANI, Sp. 3. Armipes Fab. Fall. Meig. Macq. Zett, Schin. Floccosa Macq (non Andn). V. Descrip. in op. Zetterst., cui adde: Tibie postice maris ad latera setis longis et exilibus in seriem. dis- positis ciliate, setis circiter septem a supera longiore descescen- ‘tibus: tibie antice in codem sexu extrinsecus setulis parvis, sc- riatis, versus apicem munite. Abdominis vitta nigra dorsualis in segmento secundo distinte la- tior etc. Non frequens in agro Parmens ab Aprile et Julium. In Etruria quoque lecta a prof. Piccioli. (Nora) Nunc cogito Hydr. Floccosam Macquartii varietatem esse 4r- mipedis Fabricii, quia vitta abdominis nigra dorsualis in segmento secundo dilatata et alii characteres ille et iste conveniunt, exceptis tantum seta validiore infera femorum posticorum, et dente api- cali unico non duplici in femoribus anticorum maris, que Armi. pedi tantum pertinere videntur : sed notandum est setam validio- rem femorum non raro flexam vel fractam inde minus vel non apparentem esse; et dentem apicalem femorum anticorum denti- culo minori postico concomitatum attente observando apparere. Olim Hydr. Floccosce speciem nostralem referebam oculis hirtis in mare et tomentosis in foemina instractam, sed non rile, nam in diagnosibus Macquartii quando character iste oculorum adest sem- per indicatur: inde in £/occosa oculos non pilosos esse credere de- .bemus, et nostram speciem Onodonthibus non Hydroleis adscri- bendam. Sp. 6. H. Irritans Full. Mgn Macq. Zett. Schin, Meteorica Macg. (exclus. Synon). V. descrip. in op. Zett., cui adde: Tarsi intermedi masculorum subtus longius pectinati. - Denles api- cales femorum anticorum breves, mutici non spiniformes. - Ze- I AI ANTIYMYINA ITALICA 81 mora postica in medio angustata. - Oculî maris ad lentem vali- dam puberuli, etc. Characteres isti a me observati de quibus oculatissimus Zetterstedt non loquitur in dubium me ducupt an specici distinete exempla- ria Italica referenda sint, quod si comparatione verum esse co- gnoscatur, tunc sp. diversa vocanda erit. H. Scopitarsis m. Adde characteribus speciei. - Abdominis color melius et sepius fu- sco-griseus quam canescens, et villa dorsualis nigricans angusta, aliquando etiam subnulla vel deleta. Frequens in agro parmensi etiam montuoso a Majo ad Augustum. Sp. 7. H. Curvipes Fall. Mgn. Macq. Lett. Sclin. V. Descript. in op. Zetterst. ‘Qua convenit specimini masculo collectionis mex, exceptis tantum suturis segmentorum abdominis in nostro, linea nigricante mani- festa signatis. In hoc etiam notavi femorum anticorum apicem a latere exteriori observatum dente unico instructum esse. et a latere interiori Di- dentatum apparere. Spec. in Italia nondum capta, sed forte invenienda in aliqua plaga ‘alpina vel apennina. Exemplar collectionis mese a Germania misit Clar. De Roser. Gen. II. onoponTHA fîndn. Hydrotea Deso. Macq. Mgn. Cartis. Schin. Anthomyia Mgn. Zett. Walk. Musca Fall. - Aricia Zett. - Lasiops p. Mgn. Char. Gen. Antenne Frons Ale Calyptra Pedes, ctc., circiter ut in genere precedente, ct distinctum. Vol. IX. 6 89 C. RONDANI 4 Oculis in mare distincte hirtis, in foemina pilosuli vel tomentosi Spec. Ital. A.Tibie postice@ maris intus villose. - ene longitudinales quarta et quinta usque ad apicem parallele in utroque sexu. B. Femora postica maris subtus mucrone longo deslituta. Sp. A. Penicillata Mihi. BB. Zemora postica maris subtus mucrone longo preedita. Sp. 2. Ciliata Fabr. AA. Tibia postice maris intus non villose. - Zencee longitudinales quarta et quinta versus apicem paulo convergentes. Sp. 3. Cyrthoneurina Zett. Observ. et Synon. Sp. 4. O. Penicillata Andn. Floccosa £ndn. (olim) non Macg. Similis babitu et statura Hydr. Zrritanti Fallenii, a qua vero statim dignoscenda, oculis in mare hirlis et in foemina pubescentibus; et tibiis posticis maris penicillo longo pilorum intus ornatis. Color thoracis et scutelli nigricans, fusco-grisescens, abdominis fu- sco-griseus, vitta dorsuali nigricante, exili, neque in segmento se- cundo dilatata. - Calyptra preesertim in mare ut ale ad basim luride lutescentia. Maris femora antica breviter ad apicem bidentata, tibiis propriis basi attenuatis sed non transversim incisis. - //alteres testacei - Tarsi intermedii inferne non longe ciliato-pectinati. Foemine squame et ale minus lutescentes; Abdominis vitta nigri- cans dorsualis srepius deleta. - Pedes simplices. ANTHOMYINE ITALICA 85 Olim sp. hane ZY/occose Macquartii referebam sed ut puto non recte, ut in observationibus ad speciem Armipedem notavi in Genere pre- cedente ZH ydrotea. O. Penicillata frequens est in toto agro parmensi a Majo ad Scp- tembrem. In Etruria quoque lecta a Piccioli; Bononia a Bertoloni; in Ditione Neapolitana a Costa A. etc. Sp. 2. O. Ciliata Fabr. Mgn. Macq. Curtis. Walk. Schin. Spinipes /all. Zett. - Bimaculata (Foem.) Macq. Mgn. V. Descript. in op. Zetterst. Aricia Spinipes N. 95. Nondum in Italia inventa sed in plagis nostris borealibus, proesertim alpinis non difficiliter legenda. Specimina coll. mea Danica a clar. Staeger missa. Sp. 3. O. Cirtoneurina Zett. V. Descript. ejudem Auctoris Aricie N. 94. A duabus congeneribus facile dignoscenda. T'ibiis posticis etiam maris, intus nec ciliatis nec penicillatis, sed ‘magis setosis; et venis longitudinalibus quarta et quinta paulo ad apicem convergentibus, etc. Marem unicum legi in Apennino parmensi, tempore cestivo, et speci- men sexus ejusdem a mob. Carolo Tacchetti obtinui in agro Bone- niensi inventum. Gen. III. Opnira Deso. Macq. Rndn. Schin. Anthomyia Mgn. /7alk.- Aricia Zett. Musca /7dm. Fall. Char. Gen. , Oculi nudi, in fronte maris subcontigui, latera capitis tota occupan- ‘tes. - Proboscis apice labiata, non fracta, - Antenne parum supra 84 C, RONDANI, medium oculorum orientes, modice elongata, articulo tertio fere triplo longiore pracedente. - Arista nuda. - Os. pilosum Caly- pirorum squame inferze sat superis longiores. - Alarum spinula costa subnulla ; vena secunda longitudinalis non distinete producta ultra transversam anteriorem: septima marginem alarum non attin- gens, sed longior distantia a margine ipso; Spuria axillaris con- tra apicem precedentis non incurvata. - Abdomen apice tantum setosum, alibi brevissime hirtum. «= F'emora antica simplicia etiam in mare; postica inferne late setis denudata, apice tantum seti- gera. - T'ibie postice@e manifeste incurvata prasertim in mare, et in eodem sexu plus minusve intus barbate. Species Italice. A. Calyptra nigricantia. Sp. 1. Leucostoma Fall. AA. Calyptra albicantia. Sp. 2. Antbrax Mgn. Observ. et Synon. Sp. 1. 0. Leucostoma Fall. Mgn. Macq. Zett. Rndn. Walk. Schin. Nitida. Desv. V. Descript. Zetterst. Vulgaris in tota Italia ab Aprile ad Octobrem. Foeminam [nostris sequalem possideo , pIoRe Damascum captam ab Equite Truqui. ANTHOMYINA ITALICA 85 Sp. 2. O. Anthrax Mgn. et Alior. Rutilans et Viridescens Desv. Calyptris albis et statura distinete minori uterque sexus a preece- dente distinctus; mas vero a mare difert Leucostome, tibiis posticis minus villosis et minus incurvis, etc. Vulgaris in tota Italia ut congener, in toto anno antomologico le- genda. Feeminas juvenes observavi quarum pedes picei non nigri. (Nota) Hic locandum, si in Italia inveniatur. Genus Blainvillia Desv. Hydrotea Macq. Spec. Typ. a me non lecta, nec observata. Genus facile distinguendum ab affinibus proboscide ad apicem palpis munita. BI. Palpata Desv. Spee. unica a Macquartio descripta in opere S. a Buff. Gen. IV. Drimesa Mgn. Macq. Zett. Rndn. Schin. Musca. all. Char. Gen. Oculi nudi, in fronte maris subcontigui. - Antenne breves, contra medium oculorum inserte; articulo secundo duplo circiter bre- .viore terlio. - Arista breviter sed distinete pilosula. - Caput et 0s setis hirta. - Proboscis ad apicem non labiata, sub-acuminata, et parte apicali arliculata et subtus flera. - Abdomen et pedes valde 86 C. RONDANI, setosa. - Calyptrorum squame infere superis Tongiores. - Alarm spinula costa indistinta: vena secunda longitudinalis contra tran- sversam anteriorem sistens: Seplima longior distantia a margine . alaraum a quo paulo distat. - Z'ibie postice neque in mare villosee . nec arcuale. - Tarsorum pulvilli et unci in mare longiores, ete. Sp. Italica unica. — 4. Hamata all. Observ. et Synon. Sp. A. Hamata Fall. Zett. Rindn. Schin. Obscura Mgn. Macq. Y. descript. in op. Zetterst., cui adde: Alce plus minusve fuscescentes, proesertim in mare. - Calyptra in eodem sexu non raro lutescentia. - Zena longitudinales quarta et quinta paulo divergentes. Non frequenter lecta in Apennino parmensi a doct. Berteo et a me, tempore zeslivo. Gen. V. AspPiLIA n. Antbomyia Mgn. ZI. - Hylemya Mgn. ZII. Aricia p. Zett. Char. Gen. Oculi nudi vel subnudi in utroque sexu, in fronte maris sub conti- gui vel proximi. - Arista pilosa, pilis si aliquando brevibus tamen ad lentem distinctis. | Alarum vene transverse non valde appròoximate: Zongitudinalis septima longior distantia a margine alarum, sed ab eodem plus minus longe sistens: axillaris spuria subparalleliter decurrens precedenti, non contra ejusdem apicem incurvata. ANTHOMYINA ITALICA 87 Calyptrorum squame infere superis distincte longiores. - Femora antica in utroque sexu simplicia. - Tibie intermedie non salumi retro sed etiam extra setose. Sp. Italice. A. Halteres capitulo nigricante. B. Gene late, facie et fronte sat productis. - Memora subtus setis longis et raris munita. Sp. A. Glacialis n. BB. Gena anguste, facie et fronte parum porrectis. - Femora sub- tus crebre ciliata. Sp. 2. Brumalis. n. AA. Halteres etiam capitulo pallido. C Zena quarta et quinta longitudinales vix vel non manifeste ad apicem divergentes. - Z°ena transversa exterior recta vel vix sinuosa. D. Abdomen dorso tessellis latis nigrioribus notatum. - 4/@ nigri- cantes. Sp. 3. Funeralis n. DD. Abdomen tessellis nigris destitutum. - Ale non infuscate. E. Pedes toti etiam in tibiis nigri. - Arista pilis longiusculis preedita. Sp. 4. Rupestris n. EE. Tibie rufescentes. - Arista breviter pilosula. Sp. 3. Sundewalli Zett. CC. Zena longitudinales quarta et quinta apice distinete divergentes. Vena transversa exterior satis sinuosa. Sp. 6. Allotalla Mgn. : 88 G. RONDANT, Observ. et Sy non. Sp. 4. A. Glacialis n.-(Foem.) Long. mill. 7. Tota atra vix grisei adspersa; Capite albidi sericei nitens; /rons et genc sat porrecta. - Abdomen etiam in disco segmentorum seto- sum. - Al grisexe basi fuscescente: vena costali crassa atra, et preesertim ad basim ciliata: transversa exteriori paulo sinuosa, in- teriore vix extra apicem sita secunda longitudinalis. - Calyptra albido-sublutea. - /alteres nigricantes. - T'arsi antici setulis crebris inferne ciliati. Unicum exemplar collectionis meae aristis caret, eum tamen generi isto adscribendum esse omnes alii characteres indicant. In Alpibus Insubria captum et olim a Clar. De Eristofori Mediola- nensi missum. Sp. 2. A. Brumalis n.-(Mas.) Long. mill. &. Tota atra, vix facie paulo albidi nitente, et calyptris albidis. Halteres capitulo nigro stipite piceo. - Al@ costa et magis basi fu- scescentes, seu nigricantes: vena transversa exteriore recta, bre- viore distantia ab interiori, ista contra apicem sita secunda longi- tudinalis. Oculi in fronte subcoherentes. - Arista breviter pilosula. - Femora omnia subtus crebre villosa. - Tibdie DE: presertim intus se- tis longiusculis ciliate, etc. Mares duos in Insubria Alpina captos, misit olim D. Marietti entomo- logus mediolanensis. Sp.3 A. Faneralis n.-(Mas.) Long. Mill. 3-6, Nigra squamis pulvillisque albidis - Capile griseo nitente. - Antenne breves, articulo tertio vix duplo longiore secundo. - Oculorum or- ANTHOMYINAE ITALICA 89 Dita non subcoherentes, sed fasciola nigra disjuncete. - Arista pilis mediocribus vestita. - Palpî nigri - Abdomen lateribus, apice, linea dorsuali et suturis segmentorum griseo-nigricantibus, seg- mento basali et tessellis quatuor dorsualibus latis subquadratis, atris. Ale nignicantes, limbo postico minus infuscato, spinula coste parva, vix observanda: vena transversa exteriore parum sinuosa; inte- riore apici secundxe longitudinalis opposita. - Halteres lutei, etc. Ab Anth. Dispari Meigenii difert, oculîs certe nudis. - Arista pilis longiusculis preedita ; abdominis maculis sat latis etc. Raro lecta a Doct. Berteo et a me in Apennino parmensi, tempore zestivo, spe- cimina mascula tantum. Sp. 4. A rupestris n.-(Fem.) Long. mill. 7. Nigricans, magis vel minus grisei vel lutescentis tomentosa. Antenne ut palpi atre, articulo tertio duplo circiter Iongiore precedente. - Arista plumata. - Frons et gene non sat porrecte. - Zitta fronta- lis postice nigricans, antice vel fusco-picea, vel rufescens; in parte mediana selis duabus supranumerum, ante ocellares insertis, su- perne decussatis, instructa. Oculi subnudi, seu ad lentem validissimam sub puberuli, - Calyptra ut alarum basis flavicantia. - Spinula costalis parva. - Zena fransversa exterior recta, et brevior distantia ab interiori; ista apici longitudinalis secundxa opposita: quarta et quinta longitudi - nales ad apicem non distincte divergentes. Abdomen ad basim vitta dorsuali nigricante ultra segmentum se- cundum non producta: segmentis tertio et quarto setis margina- libus et discoidalibus instructis: ultimo sub-acuminato, duplo cir- citer longiore penultimo. Pedes nigri, tibiis anticis seta exteriori, et posticis setis tribus vel quatuor retro munitis. Foeminam unicam legi tempore sestivo in Apennino parmensi, et aliam possideo in alpina plaga agri Tirolensis leetam a prof. Stro- bel. - Exemplar alpinum magis cinerei quam lutei tomentosum. 90 C. RONDANI, Sp. 3. A. Sundewalli Zett. V. Descript. ejusd. Auct. Anthom. 47, cui adde: Antennarum articulus tertius triplo circiter longior secundo. - Hal- | teres lutei. - Adbominis segmenta duo ultima etiam in disco setis longiusculis. munita. Ali characteres exemplaris nostri cum descriptione Sp. S'unde- walli conveniunt; sed notandum est aristam. non puberulam tan- tum sed pilis brevissimis, tamen distinctis instructam specimen ita- licum possidere. In montuosis Pedemontii lectus mas tantum ab equite Garbiglietti taurinensi, et mihi dono exibitum. Sp. 6. A. Allotalla Mgn. T. VI- (Foem.) Long. mill. 8. Diagnosis Meigenii sic amplianda: Nigricans grisei adspersa - Caput albidi nitens. - Antenne ut pulpi nigre, articulo tertio duplo circiter longiore secundo. - Arista plumata. - Os satis porrectum. - £rons non producta, vitta inter- roculati late nigricans, antice nigriore. - T'horax dorso obsolete nigri quadrivittatus. - Abdomen vitta dorsuali nigricante : segmen- tis tribus primis, setis discoidalibus destitutis: primi dorso etiam marginalibus nullis. - Ale grisee basi flavicante, venis sub fe- rugineis; longitudinalibus 4 et 8 apice distincte divergentibus ; transversa exteriore sinuosa, obliqua, et distante ab interiori: Spi- nula coste validiuscula. - Calyptra luride flavicantia. - Malteres fulvescentes. - Pedum geniculi summi rufescentes. Semel capta foemina a prof. Strobel in alpina regione Tyrolensi. ANTHOMYIN®E ITALICA 9% Gen. VI. Porietes Andn. Aricia Macq. Mgn. Zett. Rndn. Schin. Anthomyia Mgn. 771k. - Musca Fabr. Fall. Macrosoma Desv. (1). Char. Gen. Oculi hirti, in fronte maris subcontigui. - Arista plumata. - Carine faciales crebre ciliate ab epistomio usqua contra radicem arista. - Calyptra squamis inferis sat longioribus superis. - Alarum vena transversa exterior satis obliqua, et antice magis distans ab inte- riori quam a margine alarum: secunda longitudinalis costalem at- tingens satis ultra transversam interiorem. - Z'ibie intermedia non solum retro sed etiam extra seta aliqua validiuscula muni- tre, etc. Sp. Italica unica. — 1. P. Lardaria Fabr. Obseryat. Sp. 4. P. Lardaria Fabr. Fall. Mgn. Zett. Macq. Walk. Schin. V. descript. Zetterstedtii Aricie N. 1, cui adde: Peristomium sub oculos sat descendens. - Abdominis segmentum ul- limum tantum in disco setosum - T'ibie antice setis duabus vel tribus extrinsecus praedite, retro setis pluribus instructz , etc. Frequens in Italia boreali et media. - In agro Parmensi legitur a Majo ad Septembrem tam in planitie quam in montuosis. (4) Nomen Macrosoma pro genera sex animalium adhibitum, inde hic ‘eliminandum. 92 C, RONDANI, Gen. VII. Yeropesia Andn. — Gen. VI. Prodromi Aricia Desv. Macq. Mgn. Zett. p. Rndn. Antbomyza Fall. Zett. p. - Anthomyia Mgn. Walk. Musca Zin. Rossi Fabr. Spilogaster p. Schin. Genera plura Desv. ( V. Prodr. t. IV. pag. 9). Char. Gen. Oculi hirti, raro in foemina pubescentes tantum; in fronte maris salis proximi, nisi subcontigui. - Carine faciales non crebre ci- liatee. - Arista pilosa, pilis vel longis vel mediocribus, si raro sat brevibus tamen ad lentem distinctis. - Calyptrorum squame in- fere superis distinete longiores. - AZarum vena transversa exte- rior magis proxima interiori quam apici quinta longitudinalis: transversa interior contra vel vix extra apicem sita secundze lon- gitudinalis. - Tibie intermedia setulis validiusculis retro tantum munite. DD. . Calyptra alba vel albicantia. - Z°ena transversa exterior sa- EE. Species Italica. . Pedes toti, nigri, nigricantes vel fusco-picei, non neque tibiis certe testaceis nec rufis. . Fena transcersa exterior manifeste sinuosa. . Abdomen etiamsi tessellatum, maculis nullis nec punctis distin- ctis nigricantibus notatum, neque in mare. . Scutellum fusco-grisescens, macula nigra distintissima ad unum- quodque latus, et apice plus vel minus rufescens. Sp. 1. Meridionalis m. Scutellum fusco-griseum unicolor. tis flexa. Sp. 2 Albolineata Zett. Fall. Calyptra plus minusve lutescentia. - Zena transversa exterior parum flexa. ANTHOMYINA ITALICA 95 Sp. 5. Incana Zofg. CC. Abdomen maculis vel punctis nigris determinatis, saltem in mare. F. Arista longe pilosa. - Ale ad costam non distincte nigricantes. Sp. 4. Lucorum Fall. FF. Arista breviter pilosa. - Ale costa distinete nigricante. Sp. 3. Nivalis. Zett. BB. Zena transversa exterior recta omnino. G. Arista longe pilosa. - Abdomen non neque ad basim testaceo subdiaphanum, in utroque sexu. H. 4bdominis segmenta basalia dorso setulis brevibus et flexis ve- stita, - Maris tibie postic@ intus non villosze. Sp. 6. Umbratica Mgn. HH. Abdominis dorsuam etiam in segmentis primis setis validiusculis et erectis vestitum. - Tibie postice maris intus villos®. Sp. 7. Variabilis Fall. GG. Arista breviter pilosula. - Abdomen foemine et maris, basi late testaceo-subdiaphanum, incisuris segmentorum nigris. Sp. 8. Variabilis all. AA. Pedes fere toti vel late aut saltem in tibiis testacei vel rufi. I. Scutellum totum nigricans vel grisescens etiam apice. K. Abdominis fascia dorsualis nigra angulosa distincta, L. Femora omnia nigricantia, 94 LL. NN. MM. KK. PP, 00. C. RONDANI, Sp. 9. Leeta L'all. Femora saltem posteriora rufescentia vel testacea. . Scutellum griseum vitta nigricante intermedia, saltem basi ob- servanda. - Alarum venz transvers® intermedize plus vel minus sed manifeste fusco-limbate. . Femora antica nigricantia. - /Yons maris latiuscula, oculis paulo remotis. Sp. 10. Fuscata Fall. Femora omnia testacea. - Oculiî maris subcontigui. Sp. ui Ruficrura Mihi. Scutellum in medio non nigricante vittatum. - /°ene transvers®e intermediz non. manifeste fusco-limbatee. Sp. 12. Diluta Miki. Abdominis fascia intermedia angulosa nigricante vel nulla vel subnulla : dorsum. vel griseo-unicolor fusco-tessellatum,, vel ni- gro-punctatum. . Abdomen punctis vel maculis. quatuor nigris vel nigricantibus signatum, in mare distinctioribus. . Arista brevissime pilosula. Sp. 15. Lasiophthalma Macg. Arista pilis longis vestita. Sp. A4. Quadrinotata Mgn. Abdomen non nigro-punctatum in, utroque sexu. Q. R. RR. 00. PE ANTHOMYINE ITALICA 9 Frontis vitta intermedia nigricans vel grisescens in utroque sexu. Antenna basi distinte rufre. Sp. 15. Rufipalpis Macq. Antenne etiam basi nigra vel nigricantes. Sp. 16. Basalis Zett. Vitta frontalis in utroque sexu rufa. Sp. 17. Boleticola Miki. . Scutellum magis vel minus late, aut saltem apice testaceum vel rufescens. . Abdomen nec basi nec at latera testaceum. . Ale non distinete infuscate. - Facîes et gene fuscescentes. Sp. 18. Tinctipennis Miki. Ale non distinete infuscata. - Facies et gene cinerascentes vel albidi nitentes. . Vena transversa exterior fere sequidistans ab interiori et ab apice quinte longitudinalis; ista prope marginem paulo sursum flexa. Sp. 19 Erratica Fall. Vena transversa exterior sat proxima interiori, magis quam apici quinte longitudinalis, ista prope marginem non manifeste sursum flexu. Sp. 20. Signata Mgn. . Abdomen nisi totum saltem partim ad latera vel basi testa- ceum, 96 C. RONDANI, V. Abdomen punctis nigris regulariter dispositis non notatum etiamsi nigricante maculatum. X. Abdomen fascia nigra dorsuali irregulari et variabili, ad basim semper distincta. Sp. 24. Variegata Mgn. XX Abdomen nisi totum testaceum, postice tantum nigricans, vel fusco maculatum, basi tamen non nigro-vittatum. Z. Thorax totus nigricans, vel ad summum humeris tantum rufe- scentibus. Y. Antenne tota nigricantes etiam basi, et si articuli primi paulo subrufescentes, tertius etiam basi niger. - Scutellum fere totum rufum. Sp. 22. Scutellaris Fall. YY. Antennarum articuli primi et basis tertii rufi distinete, - Scu- tellum fere totum fusco-grisescens limbo tantum rufescente. Sp. 23. Bitincta Mihi. ZL. Thorax nisi totus late testaceus, saltem ad latera fasciam prae- bet luteo-testaceam ab humeris ad scutellum. W. Thorax saltem partim fusco grisescens non totus testaceus. +. Thorax fusco-griseus vel nigricans fascia laterali testacea ab hu- meris ad scutellum. Sp. 24. Stolata Miki. +. Thorax fere totus testaceus, maculis tantum pectoris et dorsi nigricante griseis. Sp. 28. Lateritia Mihi. WW. Thorax totus etiam dorso et pectore testaceus. ANTHOMYIN® ITALICA 97 Sp. 26. Pallida Zabr. VV. Abdomen punctis regulariter dispositis, nigricantibus signatum. Sp. 27. Abdominalis Steg. Ubserv et synon. Sp. 1. Meridionalis Mili. - Long. mill. 7. Nigricans cinerei adspersa et tessellata. - T'horacis dorsum vittis quatuor nigris signatum, exterioribus interruptis: callis sub-hu- meralibus albicantibus. - Calyptra alba. - Malteres lutescentes. - Scutellum grisescens apice paulo rafescente, in quo puneti duo nigri, et lateribus ad basim macala distinctissima nigra signatum. Oculi hirti, in fronte maris subcontigui. - Palpi et antenne etiam basi nigricantes. - Arista plumata. Abdominis dorsum fasciam nigram irregularem in medio ferens, alibi fusci et grisei tessellatum. Alarum spinula costalis subnulla; vena transversae fusco-limbate; exteriore sinuosa; interiori, sccunda longitudinalis apici perfecte opposita, etc. | Exemplaria utriusque sexus ab Etruria misit doct. Piccioli. et spe- cimen, musculum dom. Schembri ab Insula Melita. Sp. 2. Y. Albolineata Fall. Mgn. Macq. Lett. Walk. Schin. V. Descript. Zetterst. Aricia N. 2, in qua: Thoracem lineas-nigras quatuor. prebere dicit, dum Meigenius ct Macquartius vittas:duas tantum ‘exstare affirmant: sed notandum est lineas exteriores aliquando subdeletas. esse, inde duas tantum interiores observandas. Vol. IX, 7 ae) C. RONDANI, Foeminam tantum legi in colle subapenvino agri parmensis Decembre ineunte. Sp. 3. Y. Incana Mgn. Macq. Zett. Walk. Schin. Nemorum. Fall. V. Descript. Zetterstedtii Zricia N. 3, cui adde: Alarum vena transverse leviter fusco-limbatse: color griseus aliquando - sublutescit. Rara in collibus ditionis parmensis tempore autumnali : foeminam etiam legi in locis alpinis prope Oropam. Sp. 4. Y. Lucorum all. Mgn. Macq. Zett. Walk. Schin. Ludifica Desv. (Midina). V. Descript. Zetterst. Aricia N. 4, cui adde: Abdominis segmentum ultimum totum setosum. - Alarum spinula costalis brevis, et non erecta, ete. Frequens in toto agro parmensi, praesertim primo-vere, aliquando etiam mense Februario lecta: ab Etruria quoque missa a doct. Piccioli. Sp. 5. Y. Nivalis Zett. V. Descript ejusd. Auct. Aricia N. 7. Alarum spinula costalis validiuscula. - Abdominis segmentum ul- timum setis, totum hirtum. - Macule nigra in segmento secundo sat latiores. - Costa alarum nigricans ante venam tertiam longitu- dinalem, areola secunda nigriore. - Z/alleres capitulo extrinsecus pallido, stipite prope capitulum fusco. ANTIOMYINE ITALICE 99 Marem unicum possideo missum a fratribus Villa mediolanensibus in montuosis elatioribus Insubria captum. Sp. 6. Y. Umbratica Mgn. Zett. V. Descript: Zetterst: Aricia N. 19, in qua notandum cexemplaria speciei istius satis variabiles esse, statura, colore et aliis nolis in uno vel alio sexu. Ale plus vel minus, aliquando in foemina vix vel non infuscatee : areola secunda anteriore aliquando paulo lutescente, vel dilutiore: vena secunda longitudinalis vel non, vel paulo producta ultra tran- sversam anteriorem. - Calypira nunc fusca, nunc sublutescentia, nunc margine tantum paulo fusco-luteo. Pedes sepe nigricantes, non raro tibias praesertim posticas subrufe- scentes vel piccas prebent. Similis Anth: Nigrite Mgn., cum qua ab aliquibus confusa, sed fa- cile distinguenda oculis pilosulis, non nudis ut in Migrita qua alio g®heri referenda (V. G. Spilogaster). Vulgaris apud nos fere in toto anno entomologico , saltem in pre- vinciis Italie borealis et medie. Sp. 7. Y Variabilis Yall. Mgn. Macq? Zett. Schin. V. Descript. Zetterst. Aricia 16, cui adde: Abdominis segmentum secundum serie transversa setarum ante alias marginales instructum. Tibîce postice maris intus villosulae, extra ‘in medio setulos® etc. Sinonimia Macquartii dubia quia in hac specie vena transversa exterior non obliqua manifeste observatur. Raro cam legi tempore cestivo in Apennino parmensi. - 100 C. RONDANI Sp. 8. Y. Semicinerea Mgn. Macq. Zett. Hyalinata all. V. Descript. Zetterst: Aricia N, 3, cui adde: Alarum vena secunda longitudinalis vix producta ultra transversam © interiorem - Zibie posticee maris intus paulo pilosule ete. Raro a me lecta in Apennino parmensi tempore aestivo. Olim marem a prof. Geneo obtinui in Pedemontio captum, et fceminam agri brixiensis a prof, Erra. Sp. 9. Y. Lata Fall. Mgn. Macq. Zett. Schin. V. Descript. Zetterst: Anthom. 7, cui adde: Abdominis segmenta tria apicalia setis discoidalibus plumibus. in- structa. Ab Aprile ad Augustum raro legitur in collibus et planitie agri par- mensis. I Sp. 10. Y. Fuscata Z'all. Mgn. Zett. V. Descript. Zetterst. Anth. 30, cui adde: Oculi brevissime sed certe ad lentem pilosuli in mare, et tomentosi in foeemina. - Antennarum articuli primi aliguando paulo rùfe- scentes. | Mares raro legi mensibus majo et junio in collibus subapenninis: feminam ab Etruria misit doct. Piccioli. ANTHOMYINE ITALICA 401 Sp. 1. Y. Ruficrura Mihi. Statura et habitu similis fuscatze, sed distincta precipue : 41.° Oculis masculorum orbitis in fronte subcontiguis, non vitta nigra modice remotis. 2.° Femoribus omnibus testaceis, non anticis magis vel minus late. nigricantibus in utroque sexu. 3.° Zittafusciore scutelli et abdominis minus perspicua; catera cir- citer ut in precedente. Marem pedemontanum a clar. Spinola obtinui, et feeminam a nob. Tac- chetti missam observavi. Sp. 12. Y. Diluta Mihi. Similis sp. F'uscatoe et Ruficruri, sed a prima distincta: 4.° Oculis breviter sed non brevissime. pilosalis. 2.° Maris orbitis sat magis proximis. 5,0 Thorace postice et seutelli basi, vitta nigricante destitutis. 4° Alarum venis transversis non manifeste fusco limbatis; exste- riore subrecta non distincte flexuosa. A Ruficrura vero diversa: 1.° Femoribus anticis plus vel minus nigricantibus. 2,° Alarum venis transversis non infuscatis distinte, exteriori su- brecta non flexuosay etc. Rarissimo lecta in collibus agri parmensis tempore cestivo et au- tumnali. Sp. 13. Lasiophthalma Macg. 3. Pertusa Zett (exclasis synon.) V: Descript. maris in Opere Macq. Suite a Buff., cui adde: Palpi maris late, foeminae anguste exstrinsecus nigricantes, intus lu- 402 €, RONDANI, tescentes. : 4rista breviter pilosa. - Memora antica maris plus vel minus ad basim nigricantia; femina tota ut sequentia te- stacea. Oculi maris longe hirti, foemine breviter pilosuli. Abdominis puncti quatuor nigricantes, rotundati et sat perspicui in - masculis, minus distineti, subdeleti vel nulli in feeminis. Alarum venz transverse parum vel non manifeste fusco-limbata. - ‘ Antenne aliquando ad basim paulo rufescunt. Non infrequens ab Aprile ad Septembrem in toto agro parmensi. In Etruria quoque inventa a doct. Piccioli. Sp. 14. Y. Quadrinotata Mgn. Macq. Zett., Schin. V. Descript. Zetterst. Anthom. 66, cui adde: Macula nigre abdominis, proesertim in femina, sed aliquando etiam in mare subdeleta, vel non trigon®. Tibia antica setis aliquibus, scepius duabus extrinsecus preedità. Frequenter legitur in planitie et montuosis agri parmensis a Junio ad Augustum - /@mînam quoque oblinui a doct. De-Bertolini in:di- tione Tirolensi captam. Sp. 15. .Y. Rufipalpis Macq. - Long. mill. 7. V. Descript. in Suite a Buff., cui adde: Griseo sublutescens; Antennarum nigricantium basi, palpisque te- staceis. - Arista plumata. - Oculi in fronte maris subcoherentes, in eodem sexu longe pilosi; in foeemina sat brevius. - 4bddomen non nigro-maculatum, vitta tantum dorsuali nigricante vel fusca. - Thorax cum seutello grisescens fusco. quadrivittatus -. Ale su- blimpidx, spinula costali sub indistineta: venis transversis paulo fusco limbatis, exteriori sinuosa - Calyptra subflavida. - Pedes toti ANTHOMYINA ITALICA 105 cum femoribus etiam anticis in utroque sexu testacei, tarsis tantum excceptis nigricantibus. Non frequens a Majo ad Septembrem in ditione Parmensi etiam apen- nina. Sp. 16. Y. Basalis Zett. V. Descript. ejusdem Auct. Arthom. N. 67. Specie forte a nonnullis confusa cum aliis congeneribus; adde cha- racteribus distinctivis. Abdomen segmento tertio serie transversa, setarum discoidalium ante seriem marginalium - Alarum vena transversa exterior obliqua. - Tibia antica seta aliqua extrinsecus munite , etc. Non frequens in Apennino parmensi tempore cestivo. Specimen etiam pedemontanum possideo, olim o clar. Genco missum, et aliud a doct. De-Bertolini in agro Tridentino inventum. Sp. 17. Y. Boleticola ne. Habita, statura-et colore similis Rufipalpi Macq:cetaliis proximis, sed ab illa et ab istis distinguenda. Palpîs et antennis cliam basi nigris vel nigricantibus. - /Yontis vilta interocularis antice testacea, tam in mare quam in feemina. - Oculis masculorum in fronte orbitis, coherentibus; in codem sexu breviter, in foemina brevissime pilosulis, inde similis feminae Spi- logastri angelica cujus oculi nudi, sed ab eadem diversa non so- lum pubescentia oculorum, sed arista plumata, pilis longioribus; et colore testaceo vitta frontalis. Alarum spinula costalis subnulla: vena transversa non fusco-limbatre exterfiore paulo obliqua et sinuosa. - Scutellum ut abdomen grisci lutescentis unicolor, isto vitta dorsuali nigricante plus vel minus distincta. - Calyptra subflavida. - Pedes testacei, tarsis nigris, fe- moribus anticis, saltem in mare basi plus vel minus infuscatis. - #04 C., RONDANI, Abdominis segmentam tertium ut quartum setis pluribus discoida- libus instructum. Rara, in: montuosis agri parmensis; Domi orta. ex larvis, in Boleto Lurido viventibus. Sp. 18. Y. Tinctipennis wm. - (Mas) Long. mill. 8. Fusco grisea, sub-lutescens palpis et antennis etiam basi nigris vel nigricatibus. - Oculi longe hirti, orbitis in fronte coherentibus. - Arista pilis longis vestita. - Thorax antice vittis ‘quatuor Ta- tiusculis nigris signatus. - Scutellum basi nigricans apice te- staceo. - Abdomen vitta nigricante dorsuali: segmentis terlio et quarto setis discoidalibus preeter marginales, in seriés dispositis proeditum. | MA Alce sub fuliginos®, venis transversis fuscedine obscuriore limbatis: areola secunda anteriore magis obscura, prima minus’ fusca : vena transversa exteriore obliqua, sinuosa, et satis distante ab interiori, - Calyptra fasco-flavida. - Pedes testacei, tarsis, et femoribus anticis late nigricantibus. Marem tantum legi mense Junio in Lucò collino ditionis par- mensis. Sp. 49. Y. Erratica Hall. Mgn. Macq. Zeit. Walk. Rndn. Sehin. V. Descript. Zetterst. Anth. N. 65, cui adde: Cicatrices sub-humerales albicantes. - Scutellum saepe basi grisea non totum testaceum. - Pedes toli et omnes lestacei, tarsis tantum excepltis nigricantibus. | ta Alarum venz transversa leviter in feemina, Jevissime in mare fusco- limbate. - Abdomen femine aliquando ad apicem rufescit, | Vulgaris in Italia centrali praesertim collina et montuosa; in meridio- nalibus provinciis cliam legitur, et specimen sicanum a prof. Ge- mellaro Cataniensi olim.obtinui. ANTHOMYINA ITALICE 405 (Sf. 20. Y. Signata Mgn. Macq. Zett. Walk. Schin. V. Descript. Zetterst. Anthom. N. 2. Erratice proxima sed distincta, statura semper minori; venis fran- sversis alarum magis fusco-limbatis; exteriore magis proxima in- teriori; longitudinali quinta ad apicem recta non sursum paulo flexa. - Femoribus anticis in utroque sexu plus minusve late ni- gricantibus, ete. Vulgaris a Pedemontio usque ad Neapolim: in agro parmensi legitur a Majo ad Octobrem. Sp. 24. Y. Variegata. Mgn. Macq. Schin. Populi Macq. (excl. synon.) ; V. Diagn. Macquartii S. a B., cui adde: Qculi hirti. - Arista pilis mediocribus plumata. - Antenne tota etiam basi nigricantes. - Thoracis humera paulo rufescentia, sed non semper. - Pedes testacei, tarsis nigris, et femoribus anticis saepe plus minusve nigricantibus, - Abdominis fascia nigra dorsualis va- riabilis, et irregularis, seu nunclata nune angusta, vel longa vel brevis, marginibus augulosis vel subrectis etc. incisure segmen- torum seepissime linea nigricante, vel fnsca signate. Non infrequens a Martio ad Junium preesertim in collibus ditionis par- mensis. - In Etruria quoque leeta a doct. Piccioli, et in Insubria a prof, Erra. Sp. 22. Y. Scutellaris Mall. Zett. Schin. Populi Mgn. /7alk. Macq.? V. Descript. Zetterst. Anth. 128, cui adde: Similis variegate Mgn. sed distineta. - Antennarum articulis primis rufescentibus, tamen non testaceis. - Thorace humeris semper et 106 C. RONDANI distincte, et macula postica ad unumquodque latus fusco-rufis. - Scu- tello toto vel fere toto testaceo, non nigricante, limbo tantum ru- fescente. - Pedibus etiam in femoribus anticis utriusque sexus te- staceis. - Abdomine fascia nigra dorsuali ‘ab basim nulla, postice lantum varie et indeterminate fusco vel nigricante. In ditione parmensi non rara a Majo ad Octobrem. Tn Pedemontio quoque lecta a Geneo, et in Etruria a Piccioli. di Sp. 23. Y. Bitineta Mihi - Long. mill. 6-8. Similis Y. Scutellari et affinibus sed certe diversa. Antennarum arliculis primis et basi eliam tertii manifeste teslaceo- rufescientibus. - Scutello fusco griseo, limbo apicali rufescente. - Thorace vittis nigricantibus duabus tantum in dorso manifestis. - Abdomine maris toto testaceo pallido, albidi adsperso; foemine luteo-testaceo paulo fusci-variegato et albidi adsperso. Preterea, arista in ulroque sexu longe pilosa. - Palpî testacei. - Pedes rufescentes omnino, tarsis tantun nigricantibus exccptis. - Ale sub- limpida, venis non manifeste fusco-limbatis : transversa exteriore in mare parum, in foemina etiam minus flexa. - Calyptra sub-al- bida. - Oculi maris pilosi, in fronte subeoherentes; foemins bre- vissime pilosuli. Satis rara, in collibus agri parmensis tempore estivo. Sp. 24. Y. Stolata Mini. Pallida p. Fall. - Populi Zett. (non Mgn. nec alior): Testacea Steg: et De-froser (in sched.) non Fabr. Non confundenda cum testacea Fabr. Meig. ete. cujus oculi nudi non ut in hac pilosuli. Ab anth. Populi Mgn., cui a Zetterstedtio relata, distinguenda; pra- serlim. vittis integris testaceis ad latera thoracis ab humeris.ad scutellum decurrentibus, nam speciei Meigeniane humera tantum ANTHOMYINZ&E ITALICA 407 ut scutellum rufescentia indicant. Scutellaris fallenii varietatibus pertinere ; quod aliis characteribus confirmatur. Stolata vero distineta est a scutelluri non solum lateribus thoracis testaceis prater humera, sed etiam articulis primis antennarum cet basi tertii semper et distinete rufis, etc. Difert quoque a Bilincta mea lateribus thoracis per totam longitu- dinem testaceis. - Scutello toto non limbo tantum luteo-rufo. - 4b- domine non albidi adsperso, etc. Rarissimo foeminam tantum in Apennino parmensi inventa a doct. Ber- teo. - Specimina aliqua maris obtinui, danica a Staegero, germa- nica a Roserio. Sp. 23. Y Lateritia mihi. - Long. mill. 10 circiter. Similis Stolate et Pallide sed utriusque sat major, et distincta a prima, thorace fere toto flavo-testaceo, punclis tantum pectoris, et macula antica dorsi et mathatorace sub scutellum fuscis. - Fronte supra antennas nigricante non flavida. - Abdomine incisuris seg- mentorum linea nigricante omnino destitutis, etc. A Paltida diversa, maculis fuscis dorsi, pectoris, et methathoracis ctc. Preterea Lateritie oculi dense sed breviter pilosi in mare, vix to- mentosi in foemina. - Zlarum vena transversa exterior flexa et obliqua, ab interiori parum distante. Palpi testacei, estrinsecus in foemina sepe nigricantes, vel ut in mare puncto apicali obscuro notati. Abdomen masculorum apice aliquando fusco-maculatum; sed alibi sem- per. et omnino testaceum. Non frequens in agro parmensi, legitur a Majo ad Septembrem. - Ab Etruria foeeminam misit docet. Piccioli, Sp. 26. Y. Pallida Zabr. Fall. Mgn. Macq. Zett. Walk, Schin. V. Descript. Zetterst. A/nihom. 125. Variat abdomine plus vel minus et irregolariter fusco tineto: anten- 108 C. RONDANI, nis aliquando fere totis testaceis, et methathorace sub scutellum non raro fusco. Vulgaris in tota Italia. Sp. 27. Y. Abdominalis Steg. Zett. IValk. V. Descript Zetterst. Anthom. 126, cui adde: Arista brevissime pilosula. - Puncti nigricantes abdominis in foemina sepe parum perspicui, vel omnino deleti. Non frequens a Majo ad Julium in planitie et collibus agri parmensis. Gen. VIII. SpilocasTER Macg. p. findn. part. Anthomyia Mgn. d. Z7alk. - Aricia Macq. p. Zeit. p. Schin. p. Anthomyza Fall. p. Zett. p. - Musca Lin. Scop. Fabr. Fall. p. Limnophora Schin. p. Fellea - Rorhella - Midina, etc. Desv. Char. Gen. Oculi nudi ‘vel subnudi etiam in mare, cujus /rons angusta vel non lata, orbitis vel subcontiguis vel parum distantibus. - Arista ‘plumata aut pilosa, pilis si aliquando brevibus tamen distinetis. Ca- ‘ rîne faciales non ciliate. - Alarum vene transverse non satis approximate: secunda longitudinalis non spinulosa. - Calyptrorum squame supera inferis' breviores. - Abdominis segmentum pri» mum radicale cum sequente confusum. - Femora antica etiam in mare simplicia: postica non incurvata. - Z'ibie intermedie setulis retro tantum non etiam extra munite. Zena longitudinalis ultima postica, seu septima, margini neque apice spurio producta, sed non brevissima, nec axillari posteriori contra ejusdem apicem in- curvata, etc. ANTHOMYINA® ITALICA 4109 Species Italica. A. Abdomen punctis vel maculis distinctis, nigris vel nigricanti- bus, preeter vittam dorsualem signatum. B. Abdomen saltem basi luteo-subtranslucidum, preesertim in mare. C. T'horacis dorsum maculis duabus nigris in medio notatum. Sp. A. Uliginosa Zall. CC. Thoracis dorsum maculis tribus nigris. Sp. 2. Clara 7ofg. BB. Abdomen neque ima basi lutescente-subtranslucidum. D., Pedes femoribus saltem posteribus testaceis. E. Arista breviter pilosula in utroque sexu. - T'ibie maris omnes intus brevissime sed crebre et manifeste villosula. Sp. 3. Hirticrara Mihé. EE. Arista pilis longis preedita. - Tibdie etiam maris intus non ma- nifeste -villosule. | G. Zena transversa exterior sinuosa in utroque sexu. - T'ibie po- stice praesertim maris, retro setis aliquibus longissimis preedite. Sp. 4. Flagripes Mihi. FF. Zena transversa exterior subrecta. - Tibie postice etiam ma- ris retro setis longissimis destitute: Sp. 8. Depuncta Fall. DD. Pedes femoribus omnibus nigricantibus, saltem late si non omnino, | G. Tibie saltem partim testacez. 140 Il. Il. HH, GG. K. KK. = MM. LL. N. C. RONDANI, Tibia omnes late testacer vel rufescentes. Vena transversa exterior recta. Sp. .6. Calceata Miki. Vena transcersa exterior valde sinuosa. Sp. 7. Cesia Macq. Tibia postice tantum testaceze vel rufescentes. Sp. 8. Cothurnata Miki. Tibia omnes ut pedes toti nigra vel nigricantes. Scutellum ad unumquodque latus macula nigra basali signa- tum, sed in medio macula nulla. Sp. 9. Sigillata J/ihi. e Scutellum vel late nigrum, vel macula intermedia nigricante , vel totum griseum. Thorax antice maculis duabus latis nigris dorsualibus signatus. . Maris fascia transversa nigra thoracis cum nigredine basali scutelli in medio conjuncta, - Foemina scutellum griseum, ma- cula nigricante centrali. Sp. 10. Notata Zall. Fascia transversa nigra thoracis a nigredine scutelli sejuncta : isto basi late atro etiam in foemina, non in hoc sexu macula centrali notato. Sp. 11. Obsignata Miki. Thorax antice maculis nigris dorsualibus non distinctis; vel griseus nigro-vittatus, vel nigricans grisei adspersus. Maculae Abdominis subtrigonz. - Spinula costalis alaram sub- nulla. ANTHOMYINA ITALICA {44 Sp. 12. Carbonella Zett. NN. Maculae 4bdominis subrotundwe. - Spinula costalis alarum sat 0. 00. AA. PP. RR. distincta. Arista pilis longis instructa. - Tibie etiam maris, non neque posticze, intus villosre. Sp. 13. Duplicata Mygn. Arista breviter pilosula. - T'ibie postic@ maris intus villos®. Sp. 14. Quadrimaculata Zall. Abdomen punctis et maculis nigris destitutum, vix aliquando fusco-tessellatum, vel vitta dorsuali nigricante preeditum. . Pedes toti nigricantes. - Ale fusco-fuliginosae preesertim in mare. Sp. 15. Vesperlina /all. DI Pedes saltem partim testacei. - Ale etiamsi paulo fuscescentes non fusco-fuliginose, nequo in mare. . Abdomen non testaceo-subdiaphanum, neque ad basim. . Tibia postica retro seta unica munite, praeter subapicalem. Sp. 16. Nigricolor Mall. T'ibie postica retro setis saltem duabus munita, preeter sub-api- calem. . Abdominis segmentum tertium ut quartum setis discoidalibus in dorso vestitum. . Palpi et femora etiam antica tota rufescentia. - Scutellum foe- min fulvo-limbatum; 1412 C. RONDANI, Sp. 17. Indistineta Mihi. TT. Palpi et femorum. preesertim. anticorum. basis nigricantes: - Scutellum in utroque sexu griseum. Sp. 18. Angelica Scop. -SS. Abdominis segmentum tertium, setis discoidalibus destitutum. U. Scutellum in mare rufo-limbatum, in foemina totum rufum. Sp. 19. Pagana Zabr. UU. Scutellum in utroque sexu griseum. Sp. 20, Urbana Mgn. QQ. Abdomen saltem basi late testaceum vel luteum. V. Ale etiam ad apicem limpida. Sp. 24. Montana Mili. VV. Alce ad apicem fuscescentes. Sp. 22. Ustipennis Miki. Observ. et synon. Sp. 4.S. Uliginosa all. Mgn. Macq. Zett. Rudn. Walk. Schin. | Punctata Deso. SAMP 1 V. Dercript. Zetterst. Anthom. 428, cui adde: Similis Anth. Clare sed minor et distineta, preesertin maculis ni- gris in dorso T'horacis duabus non tribus; Fronte grisea non alba. ANTHOMYIN®E ITALICA {13 - Venis transversis alarum magis vel minus fusco limbatis. - 7'- bis anticis seta nulla exteriori, | Color abdominis in femina aliquando ima basi tantum vel summo apice luteo-testaceus, alibi grisescens. Habitu similis Aricie- Abdominali Steg., sed oculis ejusdem hirtis statim distinguenda, prater alios characteres. Frequens in Italia media et boreali, et etiam in meridionali lecta. A majo ad augustum in ditione parmensi ubique invenitur. Sp. 2. S. Clara Hofg. Mgni Schin. V. Descript. Meigenii 5, cui adde: Oculi maris paulo remoti, orbitis albidis, vitta intermedia cinerea. - Antenne basi rufescentes, articulo tertio nigricante, triplo circiter longiore secundo. - Palpî fuscolutei vel testacei. - T'horax in dorso maculis tribus nigris et duabus ad radicem alarum in lineam transversam dispositis. - Scutellum ad unumquodque latus macula | migra basali, et apice plus minusve lutescente. Abdomen preter dorsuales, maculas nigricantes etiam laterales preebet, preserlim in mare. - Alarum venz transverse non infuscate, tibix antica seta exteriori munite. Frequens in tota Italia etiam insulari. - Parma Iegitur ab Aprile ad Octobrem tam in planitie quam in montuosis. Sp. 3 S. Hirtierura Mihi -(Mas) Long. mill. 8-9. Arista breviter pilosa. - Oculorum orbite in fronte subcontigue, alba ut fascies. - Antennarum articulus tertius niger, duplo et ultra longior praecedente fusco-rufo. Thorax ut abdomen griseo-canus, primus vittis quatuor. nigrican- tibus, secundum nigro quadrimaculatum, maculis approximatis in medio et latiusculis: segmentis saltem duobus ultimis setis discoi- Vol. IX. 8 11% G, INDANI , . dalibus prater marginales instructis. - Calyptra subalbida - Hal- teres lutei. Alarum spinula coste subnulla: venz transverse fusco-limbat®, ex- teriore paulo sinuosa. i Pedes testacei; femoribus anticis saltem partim nigricantibus; tarsis nigris; tibiis anlicis extrinsecus setigeris, posticis intus breviter hirtis setis aliquibus exilibus longioribus. Cum Pertusa Meig. non confundenda, a qua precipue difert halte- ribus non fuscis, et scutello ad basim non nigromaculato. Rarissimo mas lectus tempore verno in collibus agri parmensis. Sp. 4. S. Flagripes Mihi. - (Mas) Long. mill. 9-10, Foem: 8-9. lusco-grisea. - Arista plumata. - Oculi maris proximi, orbitis in fronte coherentibus. - Thorax nigri quadrivittatus, vittis postice minus manifestis. - 4bdominis macule nigre quatuor subrotundate, parve, distantes: segmenta duo ultima in dorso setis discoidalibus munita, - Calyptra albida. - ZZalteres lutei. - Alarum spinula co- stalis distineta: vene transverse fusco-limbata, exteriore paulo si- nuosa. | ; Pedes, femoribus anticis late nigricantibus, ceeteris vel totis testaceis, vel basi paulo fuscis; tibiis testaceis, posticis in mare retro setis aliquibus longissimis preeditis; tarsis posticis superne crebre et distincte sed breviter ciliatis. Fomine antenne ad basim rufescentes ; maculoe abdominis minus di- stinctoe. - Femora tota vel fere tota testacea. - Z7bi@ postie@ retro selis longissimis destitute, etc. praeter caracteres sexuales. Non infrequens ab Aprile ad Septembrem in collibus et planitie agri parmensis. Sp. 8. S. Depuncta Zall. Mgn. Zett. Walk? V. Descript. Zetterst. Anthom. 29, cui adde: Maris oculi proximi, orbitis in fronte coherentibus. - Antenne ad epistomium product, articulo tertio triplo circiter longiore pre- ANTHOMYINX® ITALICE 145 veedente. - Palpi apice nigro, intus fusco-lutei. - Abdominis seg- menta duo ultima setis etiam discoidalibus munita. Bis marem legi iu collibus agri parmensis. - /'eminam a Pedemontie misit olim eq. Truqui. Sp. 6. S. Calceata Mihi. - Long. mill. 7. Fusco nigricans obscure grisescens: Caput cum orbitis albonitens, in mare. - Orbitis non coherentibus sed paulo remotis, vitta in- terposita nigricante antice dilatata. - T'horax vittis quatuor nigri- cantibus. - Scutellum apice non testaceo. - Abdomen punctis qua- tuor rotundatis, nigris distantibus signatum. - Calyptra alba. - ZZal- teres lutei. Ale sublimpide spinula coste distincta; venis transversis non vel vix fusco-limbatis, exteriore subrecta. Pedes nigri, tibiis totis et apice femorum testaceis. Foeminae macul:e abdominis latiores. Raro uterque sexus in montuosis agri parmensis lectus, et foeeminam tridentinam misit doct. De-Bertolini. Sp. 7. S. Cesia Macq. V. Descript. in Suite a Buff. - Tom. 2 pag. 296, cui adde: Orbite maris latiuscule in fronte non contingue. - Antenne arti- culo tertio duplo longiore secundo. Alarum spinula coste minuta sed distincta. - Tibi@ omnes rufe- scentes, et sepe etiam conjunctiones coxarum cum femoribus. Varietatem maris possideo, segmento ultimo vitta dorsuali fusca si gnato, Non frequens a Majo ad Septembrem in collibus et planitie agri par- mensis. 116 C. RONDANI, Sp. 8. S. Cothurnata Mihi. - Long. mill. 8-6. Maris antenne atra ut palpî, articulo tertio neque duplo longiore se- cundo. - Arista brevissime pilosa. - Orbite oculorum exiles, in fronte vix linea nigra sejuncte. Thorax, scutellum, et abdomen fusco-grisescentia, thorace nigricante ‘quadrivittato ; Abdomine maculis sex nigris signato, quarum dure in segmento primo minus nigre ; qualuor in segmentis intermediis. sub trigona atre. - Calyptra alba. - Halteres lutei. Alce spinula coste distineta; venis transversis manifeste fusco-lim- batis, exteriore recta. Pedes nigri, tibiis posticis tantum in medio manifeste rufescentibus. Semel masculum inveni in agro parmensi, et aliud misit ab Etruria doct. Piccioli. Sp. 9. Sigillata Mihi. - (Mas) Long. mill. 5. Similis Maculose Meigenii, a qua vero statim dignoscenda. - 4bdo- mine non octo maculato, sed sex maculis tantum signato, per paria dispositis in segmentis primis tribus, ultimo vitta tantum dorsuali fusca vel nigricante: maculis segmentorum intermediorum magis sub quadratis quam trigonis : tibiis posticis setula unica retro mu- nitis. Caeteri characteres ut in anth. maculosa Meigeni T. 3. Raro mascula tantum legi tempore estivo in planitie agri parmensis. Sp. 10. S. Notata Fall. Mgn. Macq. Zett. Schin. V. Descript. Zetterst. Aricia 25, cui adde: Thoracis fascia nigra transversa (in mare) integra, ad radices ala- rum producta, et conjuncta nigredini scutelli vitta postica nigri- cante: (in foemina) ad radices alarum non extensa et in maculas duas divisa vel subdivisa. ANTROMYINA ITALICE 417 7 Scutellum in mare late nigrum limbo cinerascente: in foemina gri- seum macula nigricante centrali in thorace paulo extensa. Rara in agro parmensi tempore verno. Sp. 11. S. Obsignata Miki. - Long. mill. 4. Foemina habitu similis foeminis praecedentis sed distinctissima pr:e- sertim: 1.° Fascia nigra transversa thoracis, integra et ad radices alarum pruducta ; 2.° Scutello basi late atro circiter ut in mare, non macula tantum centrali nigra; 5. Abdominis segmentorum secundi et tertii maculis nigris ma- joribus, transversis, ad latera productis, in medio distantibus. Marem speciei esse puto exemplar simile mari notate, et diverso tantum absentia vitta nigricantis fasciam thoracis nigredini scu- . telli conjungentis. In insula Melita capta a dom. Schembri et mihi transmissa. Sp. 12. S. Carbonella Zett. Schin. V. Descript. Zetterst. Aricia 25, cui adde: Thorax dorso nigricante-nitido. - Scutellum nigro-nitens, limbo gri- seo. - Abdominis segmentum basale atrum grisei marginatum. - Tibie posticae retro setulis saltem duabus munite, preter api- calem. Semel marem legi in collibus agri parmensi vere labente. Sp.13.S. Duplicata Mgn. Macq. Lett. Schin. Nigripes Desv. V. Descript. Zelterst. Aricia 23, cui adde: Tibice posticae saltem selis tribus retro munita, proter apicalem, - {#18 C, NONDANI, Abdominis segmentum quartum vitta dorsuali obscure fusca .sepe sat distincta nofatum. Frequenter legitur, proeserlim mas in toto agro parmensi etiam Apen- nino ab Aprile ad Septembrem. - In Etruria quoque lecta a Pic- cioli,, et in agro tridentino a Strobel. Sp: 14, S. Quadrimaculata Fall. Myn. Zett. Schin. (Limnophora) V. Descript. Zetterst. Aricia 87, cui adde: Arista brevissime pilosa. - Orbite oculorum in mare latiuscule, vix sejunctae a vitta nigra seepius lineari. T'ibie posticee setis saltem duabus retro munite, et intus villosulae proesertim in mare. Raro lecta tempore cestivo in agro parmensi. - Marem in Etruria invenit doct. Piccioli. , (Nota) Feemina unica a me capta tibias posticas fusco-rufescentes prabet. Sp. 15. S. Vespertina all. Mgn. Zett. Walk. Schin. Fumosa Macg. - Walk 2 V. Descript. Zettest. Aricia, N. 20, Vicina Aricie Umbratice Fall. cum qua facilius confandenda, nisi oculos observanda» in vespertina nudos, mon ut in alia pi- losulos. Proxima etiam NVigricolori Fall., sed diversa colore pedum nigro non piceo nec fusco-luteo; vena longitudinali secunda non sat producta ultra transversam interiorem, etc. Vulgaris in agro parmensi ubique ab Aprile ad Jim, In Etruria quoque frequens, nam seepe missa a doct. Piccioli et a prof, Pas- serini, ANTHOMYINE ITALICA 4419 Sp. 16. S. Nigricolor Fall. Mgn. Zett. Schin. V. Descript. Zetterstedtii, Anthom. 11, cui adde: (Maris) Zena secunda longitudinalis sat producta ultra transversam interiorem, non contra eamdem sistens. Foemina auetoribus ignota, vel cum aliis confusa, diferta mare; preter characteres sexuales, alis non aut non manifeste fumosis, et vena secunda longitudinali sat minus producta ultra transversam inte- riorem. Non frequenter lecta in planitie agri parmensis a Majo ad Julium: Foemina rarius. Sp. 17. S. Indistineta Mihi. - Long. mill. 7-8. Antennarum articuli basales distinete rufi, ullimo nigro: et sic di- stineta a specieb. pagana angelice et urbana quarum antenna basi non, aut vix subrufescentes. Scutellum in mare griseo lutescens limbo-pallidiore; in foeemina limbo rufo-testaceo, et sic diversa a praecedentibus, nam. Angelica et Urbune scutellum in utroque sexu griseo-unicolor, et in Pagane mare late testaceum subtranslucidum macula tantum basali fusca; foemine totum testaceo-fulvum. Abdominis segmentum terlium, in dorso, ut quartum, setis pluribus discoidalibus munitum, qua nota difert ab Urbana cujus segmen- tum tertium selis discoidalibus caret. Femora omnia, etiam maris antica cum coxis rufo testacea. - Tibie antica seta exteriori: posticae setis duabus retro munita. Facilius cum varietatibus Pagare ab auctoribus nonnullis con- fusa. Non frequens ab Aprile ad Julium in planitie et collibus agri par- mensis. - Exemplar foemineum etiam vidi. collectionis dom. Mus- sino in Liguria vel Pedemontio captum. 120 C. RONDANI, Sp. 18 S. Angelica Scop. Fall. Hofg. Mgn. Lett. Walk. Schin. Floricola Lesp. Macq. V. Descript. Zettert. - Anth. 8, cui adde: Antennarum articulus penultimus piceus vel fusco subrufescens, non certe rufus. - Arista pilis mediocribus vestita. - Scutellum totum ‘ griseum sub-lutescens. - Addominis segmentum tertium ut quartum in dorso setis discoidalibus instructum. Femora antica saltem in mare plus minusvelate nigricantia ad basim, et seepe anguste cliam sequentia. Rarissimo marem tantum inveni in collibus agri parmensis, Sp 19. Pagana Fabr. Fall. Mgn. Macq. Lett. Rndn. Walk. Schin. Tincta Zett. mas. Anth 9. V. Descript. Zetterst. Anth. 9 et 68, quibus adde: Scutellum in mare non totum testaceum ut in foemina, sed: macula fusco-grisea in medio basis notatum. Femora antica maris sepe ad basim paulo nigricantia, - 4bdomen utriusque sexus in dorso segmenti tertii setis discoidalibus desti- tutum. Anth. Tincta Zett. diversa tantum a mare istius, vena transversa exteriore paulo minus flexa. Non rara in toto agro parmensi etiam montuoso a Majo ad Octo- brem. Sp. 20. S. Urbana Mgn. Macq. Zett. Walk. Schin. Rustica et var. Angelica all. - Fera Desw. V. Descript. Zelterst. Anthom. 17, cui adde: Abdomen in segmenti tertii dorsum setis discoidalibus destitutune. Color corporis variat a griseo cinerascente ad fulvescentem. ANTHOMYINA ITALIC/E 4124 Vulgaris Parma a Majo ad Septembrem, et in aliis etiam Italie pla- gis frequens. Sp. 21. S. Montana Miki. - (Mas) Long. mill. 8. Maris frons non angusta. - Orbite oculorum ut facies albe, vitta in- termedia grisea. - Antennarum articuli primi et basis tertii rufe- scentes, apice nigricante. - Arista sat longe pilosa. - T'horax late fusco griseus pleuris humeris et sceutello toto luteo-testaceis: dorso non distincte nigro vittato. - 4bdomen luteo-subtranslucidum, seg- mentis apicalibus paulo infuscatis in dorso, et macula nigra anali infera: in segmento tertio serie duplici setarum postice ‘margi- natum. - Ala limpida, vix limbo venarum leviter fuscescente: transversa exteriore parum sinuosa; interiori perfecte opposita apici seeunda longitudinalis. - Calyptra vix lutei tincta. - //al- teres flavidi, Pedes omnes et toti luteo-testacei, tarsis tantum nigris. Marem unicum possideo, in montuosis elatioribus Tirolis Italici a prof. Strobel inventum. | (Nora) Arista longis pilis instrueta; colore subnullo alarum ete, non confundenda cum Anth. Testacea Fabr. et Mgn. Sp. 22. S. Ustipennis Mihi. - (Fem.) Long. mill. 6 Caput cinerascens. - Antennarum articuli primi rufi, ultimus niger. - Arista longe pilosa. - Scutellum griseum apice et limbo paulo lutescentibus. - Calyptra alba. - Malteres lutei. Abdomen luteum, segmentis ultimis partim griseo-fuscis, et selis etiam discoida- libus instructis. Ate basi et in medio limpide, apice late et distincte fuscescentes spinula costalis valida: venze transverse exteriores fusco-limbata ; interiores apici opposite venee secunde longitudinalis. Pedes omnes et toti testaceo lutei, tarsis tantum nigris. Foeminam tantum inveni in Apennino parmensi tempore restivo. 4122 C. RONDANI, Gen. IX. Prezura Mihi. Char. Gener. Oculi nudi, in fronte maris proximi, orbitis sub-contiguis, - Arista distinete pilosa. - Alarum vena secunda longitudinalis non spinu- losa: septima seu ultima postica abbreviata, saltem non longior distantia a margine postico: transversis intermediis modice distan- tibus. - Calyptrorum squame superze inferis sat breviores. - Ab- domen depressum, segmento radicali distincto. - Pedes femoribus anticis etiam in mare regularibus: posticis non disticte incur- vatis, etc. Sp. Italica unica. - Pardalina Miki. Observ. et Descript. Sp. J. P. Pardalina Mihi. - Long. mill. 5-6. Maris gene, frons et orbite alba. - Antenne articulis primis et basi tertii rufis, ad apicem nigricantes. - Palpî lutei. - Thorax fusco griscescens, vittis tribus dorsualibus nigricantibus, humeris saepe et aliquando maculis pleurarum lutescentibus. - Scutellum basi fusco-griseum,, extrinsecus late testaceum, - Calyptra albida. - Halteres lutei. - Abdomen falvo lutescens, ad unumquodque latus vitta nigra marginali ornatum, nec basi nec apici producta. - Ale sublimpidx, costa leviter lutescente : spinula costali duplici vali- diuscula: vena transversa exteriore recta; interiore apici perfecte opposita secundae longitudinalis. Pedes omnes et toti, tarsis exceptis nigris, testacei: femoribus intermediis preesertim postice subtus crebre nigro setosis. Femina characteres, exceplis sexualibus, circiter. ut in mare, sed tamen distinctiones adsunt facile observanda, quales sunt. - 4b- domen ad latera, maculas duas vel tres nigras marginales et in ANTHOMYINA ITALICA 425 medio dorsi vittam nigricantem, non vittas.duas nigras tantum ad margines prabet. /emora intermerdia subtus mon erebre se- tosa, elc. Sat raro legitur tempore autumnali in collibus agri parmensis. Gen. X. HomaLomya Buchè, Schin. Myantha Andn (Prodr Gen. IX). Anthomya Mgn. Macq. Walk. - Musca Fall. Scop. Rossi Aricia p. et Anthomyza p. Zett.. - Coelomya p. Halid. Faunia Philinta, etc. Deso. Char. Gener. Oculi nudi, in fronte maris proximi, orbitis subcontiguis. - Arista nuda vel subnuda. - 4bdomen segmentis quatuor tantum distinctis, radicali non observando; magis vel minus depressum, nec subcy- lindricum, nec subconicum, Calyptra squamis inferis a superis non omnino tectis. - 4larum vena secunda longitudinalis non spinulosa ; septima, seu ultima postica brevior distantia a margine postico ; axillari spuria sequente contra apicem precedentis incurvata, non paralleliter cum eadem decur- rente. Pedes femoribus anticis ad apicem etiam in mare simplicibus; qua- tuor posterioribus inferne totis vel fere totis setigeris, praesertim in masculis: tibiis intermediis retro et extra setosis saltem ad api- cem, non seta validiuscula tantum apicali intus preeditis, alibi nul- lis vel subnullis. Species Italicx. A. Pedes maxima parte testacei; femoribus saltem quatuor poste- rioribus rufescentibus. B. Palpi et Antenne etiam basi nigricantes. C. Abdomen totum etiam apice fusco-testaccum. - Pedes antici plus vel minus infuscati. 124 C. RONDANI, Sp. A. Passerinii Mihi. CC. Abdomen basi testaceum, apice nigricans. - Pedes antici rufe- scentes, tarsis tantum nigris exceptis. Sp. 2. Roserii Mihî. BB. Palpi et Antennarum basis rufescentes. Sp. 3. Schembrii Miki. AA. Pedes nisi toti, maxima parte, saltem femoribus et tarsis nigri. - D. Tibia tota fusco-testacere vel fusco-lutescentes distincete, E. Tibice posticae intus non manifeste, neque in mare villosule. Sp. 2. Pallitibia Miki. EE. Tibia postica saltem in mare intus distincte villosulx. Sp. b. Cilicrura Mihi. DD. Tibie omnes nigricantes, aliquando basi tantum paulo rufe- scentes. E. Z'ibie posticae intus per totam longitudinem distincte in mare villosulze. Sp. 6. Armata Mgn. FF. Tibie postice intus neque in mare distincte villosulze. G. Abdomen nigricans, seepe vitta dorsuali angulosa obscuriore, non nigro-maculatum, nec basi lutei tinctum, H. Calyptra manifeste nigricantia. ANTHOMYINA ITALICA 125 Sp. 7. Mollissima Zalid. HH. Calyptra albicantia, vel vix fuscescentia. I. Genitalia maris ad apicem ventris incrassata, subinflata. Sp. 8. Herniosa Miki. II. Genitalia maris non distincte incrassata. K. Tibia intermedie maris, vel intus manifeste villosulae, vel tu- berculo valido instructae. L. Tibie intermedie maris intus villosule, non tuberculatee. Sp. 9. Triangulifera Mihi. LL. Tibie intermedix maris intus tuberculo valido instructe. Sp. 10. Scalaris Mgn. KK. Z'ibie intermedia utriusque sexu, nec manifeste villosule, nec tuberculata. Sp. A1. Prostrata Rossi. GG. Abdomen vel fuseum ed in parte basali plus. minusve lutei tinetum aut maculatum, vel griseum maculis parvis nigris in dorso notatum. M. Abdomen fuscum lutei tinctum vel maculatum prosertim in mare: foemina saltem basi lateribus paulo lutescentibus. Sp. 12. Canicularis Zîn. MM. Abdomen grisescens, punctis. maculisve nigris in dorso si- gnatum. Sp. 15. Brevis Mihi. 126 C. RONDANI, Observ. et Synon.: Sp. A. H. Passerinii Mihi. — Long. mill. 9-10. Aprica? (Halid in Litter.). “Maxima in genere proprio, et ab aliis satis diversa: Abdomine rubiginoso, albidi adsperso, et paulo fusci irregulariter lincto - Pedibus qualuor posterioribus in utroque sexu testaceis, tarsis exceptis nigris: anticis in mare plus vet minus nigricantibus, in foemina dilutius fuscis. Antenne etiam basi ut Palpi nigra. - Thorax nigricans leviter gri- scescens vittis fuscioribus vix distinguendis. - Scutellum thorace concolor, aliquando apice paulo rufescente. - Calyptra pallide lu- tescentia. - Ale leviter fuscescentes basi lutea, vena secunda lon- gitudinali distincte producta ultra transversam anteriorem: quarta et quinta subparallelis, seu ad apicem non manifeste convergen- tibus: transversa exteriore subrecta vel parum sinuosa et sat di- stante ab interiori. Tibia postice maris intus villosule, et in eodem sexu femora in- termedia apice coarctato et subtus crebre setosa, tibiis propris basi sat exilibus, sub medium latiusculis et intus crebre pilosulis, etc. Mas prius Parma lectus a collega prof. J. Passerini, mense majo, nuper a me inventus in collibus uterque sexus, at ab Etruria ma- sculum quoque obtinui a doct. Piccioli. Sp. 2. H. Roserii Mihî. - Long. mill. 4. Posticata De Roser (in scheda) non Mgn. nec Zett. Tuberivora? Curtis (teste Haliday). Antenne etiam basi ut palpîi nigra. - Thorax nigricans, - Scutellum nigricans limbo rufescente. - Abdomen basi late testaceum sub- ANTHOMYINA ITALICE 1927 tIranslucidum, segmento apicali toto, tertio et etiam paulo secundo partim nigricantibus. - Calyptra pallide lutescentia. - Malteres subflavidi. Ale paulo fuscescentes, costa fusciore : vena transversa exteriore sinuosa : longitudinalibus quarta et quinta ad apicem non mani- feste convergentibus: secunda parum producta ultra transversam anteriorem. Pedes toti et omnes testacei, tarsis tantum exceptis nigris, et apice femorum paulo infuscato: femoribus intermediis (in mare) superne et inferne setis longis ciliatis, ad apicem paulo coarctatis, tibiis propris basi valde angustatis et intus crebre villosulis, etc. A Maculicentre Zett. difert precipue forma pedum intermediorum. - A Flava Desv., colore scutelli et abdominis. A_ Pretiosa Schin. et Posticata Meig. palpis et basi antennarum nigris, etc. Nondum capta in Italia, specimen germanicum cl. De Roser misit: hic locata ut affinium differentia melius cognoscatur. Sp. 3. H. Schembrii Mihi - Foem. Long. mill. 5-4. Caput griseum, vitta frontali fusca, prope antennas anguste sublu- tea. - .Zntenne articulis primis testaceis, terlio cum arista nigro. - Palpi toti lutescentes. Thorax cum scutello griseus, isto limbo paulo testaceo. - .4bdomen luteum aliquando paulo fusci tinctum, irregulariter. - Pedes lutei omnino, tarsis tantum exceptis nigris. - Calyptra pallidissime lu- tescentia. - Z/alteres subflavidi. - Ale fere limpidx, venis lute- scentibus, transversa exsteriore recta, et sat distante ab interiori : ista fere contra apicem sita prima longitudinalis, sat ante apicem secund®. Ab insula Melita foeminas duas misit doct. Schembri, etspecimen uni- cum sexus ejusdem postea inveni in colle agri parmensis. Sp. 4. H. Pallitibia Mihi. - Long. mill. 3-4. Mas. - Palpi ut Antenne nigri. - Frons angustissima, oculis late sub-contiguis. - Thorax nigricans vittis fuscioribus indistinctis, 128 C. RONDANI, scutello fusco grisescente. - 4bdomen fusco nigricans, grisei ad- spersum et vitta dorsuali nigra angulosa, seu apici segmentorum latiore, basi angustiore. Alce dilute fuscae basi paulo lutescentes: vena transversa exteriore recta, modice distante ab interiori, ista vix ante apicem sita se- cunde. longitudinalis: quarta et quinta versus apicem subparallelis, non paulo convergentibus. - Calyptra luride sublutea. - Zalteres «pallidi. Femora intermedia apici angustata, et subtus crebre setosa, tibiis propriis in mediatate apicali latiusculis et intus breviter. sed certe villosulis, non tuberculatis. Tibice omnes et summo apice femorum fusco-lutea distincte. Fem: Z'itta frontalis late nigricans, albi-nitens. - Thorax dorso gri- sescente vittis exilissimis nigris, paulo perspicuis. - 4bdomen ma- gis niger et obscurus, vitta intermedia non distincta. - Pedes in- termedii simplices. - Coetera ut in mare. Raro in Apennino parmensi lecta tempore cestivo et autumnali. Sp. 5. H. Cilicrura Mihî. - Long. mill. d. Antenne ut palpi nigre. - Thoracis dorsum nigricans, scutello et pleuris grisei adspersis. - 4bdomen griseo-subcinerascens in dorso, vitta longitudinali intermedia nigra, non lata, non angulosa, sub interrupta ad suturas. Ala paulo fuscescentes, basi fusco-flavida, venis longitudinalibus quarta et quinta versus apicem paulo convergentibus: transversis intermediis ut in specie pallitibia - Caliyptra Halteres, struc- tura pedum intermediorum, et color fusco luteus tibiarum, pre- sertim quatuor posticarum, ut in specie preecedente: sed ab eadem difert tibiis.posticis intus ciliis longiusculis munitis per totam lon- gitudinem. * Foem. Calyptra sub. albida. - Ale minus fuscae. - Pedes intermedii simplices; Z70ie postica intus non ciliate, etc. A Martio ad lunium preesertim in planitie legitur non frequenter, in agro parmensi. ANTHOMYIN®E 1TALICA 129 (Nora) Ab antlì. Armata Meig. cui proxima tibiis posticis intus ci- liatis et aliis characteribus difert, preecipue colore tibiarum rufe- scente, et vilta dorsuali nigra abdominis angusta, non maculis tri- gonis postice latis, instructa, ete. Sp. 6. UH. Armata Mgn. Zett. Schin. (non Macq). V. Descript. Zetters. Aricia 177, cui adde: Tibie intermedie maris in medietate apicali crebre intus villosula posticae intus manifeste Diseriatim ciliate. - A4ddomainis. fascia nigra dorsualis triangularibus maculis instructa, apici segmentorum dilatatis. Macquartii sp. armata ab hac diversa, quia maris meigeniana tibixe intermedia non tuberculat® sunt, ut in illa auctoris gallici, in sec- tione locata, tuberculo tibiarum in maribus distincta. Mense CIMA in colle ditionis parmensis marem unicum inveni. Sp. 7. H. Mollissima ZZalyd. Westw. Spatbulata Zell. (Aricia 156.) Mas ab aliis maribus distintissimus. - Abdomine satis piloso, et longiore, segmento primo paulo longiusculo, et Calyptris certo nigricantibus non solum fuscis: preterea Corpus totum nigrum. - 4/e vix fuscescentes; vena secunda longi- tudinalis satis producta ultra. transversam interiorem; quarta et quinta versus apicem subparallelze. Pedes-intermedii ut.in precedentibus, seu femoribus subtus in mare setosis, apice coarctato, tibiisque propriis in MISSA apicali cras- sioribus et intus ciliatis, Tibie ‘postice intus non villose. - (V. descrip. Zett. spathulatze.) Non. capta in Italia. - Specimen Britannicum obtinui a clar. entom. E. Ha- liday, nomine distinctum Colomyiu mollissima. Vol. IX. 9 150 C. RONDANI, Sp. 8. H. Herniosa Miki. - Long. mill. 3. Mas distinctissimus a congeneribus structura ani, seu apice ventris satis inflato, incrassato, ad organa copulatoria. Praterea ab illis vel istis difert, corpore toto atro, vix ad latera ab- dominis grisei paulo adsperso, vitta dorsuali fusciore non aut pa- rum perspicienda. - .4/e dilutissime fuscescentes, basi non flavi- - cantes. - Calyptra subalbida. - Zalteres testacei. - Zena transversa exterior alarum recta, parum distans ab interiori; ista apici op- posita prima longitudinalis; quarta et quinta longitudinalium ex- trinsecus parallelis. Pedes intermedii ut in precedentibus instructi, tibiis tamen subnudis in latere inleriori ; tibiis posticis pariter intus non ciliatis. Foemina a mare difert pedibus simplicibus. - Capife cum fronte ma- gis grisescente, alis sublimpidis et organis copulatoriis non inceras- satis, etc. Mares aliquos in Apennino parmensi et unum in Alpibus inventos possideo. - Foeminas tres etiam observavi, quarum una in Etruria lecta a Piccioli, alias in montuosis parmensibus a me inventas tempore cestivo. Sp. 9. H. Triangulifera Miki. - Long. mill. 3. Mas similis habitu et statura, mari preecedentis a quo tamen statim dignoscendus, ano non incrassato nec inflato; praterea vita dor- sualis. nigricans abdominis distincta et maculis trigonis instructa, - Tibie omnes basi paulo rufescentes, intermedi, ut precedentis instrucize, tamen intus manifeste pilosulae, etc. Catera fere ut in herniosa. i Foemina, magis grisea, alîs limpidis, praeter alios charaeteres sexuales a mare diversa. Mas istius difert ab armata Meig. et Lugubrina Zett. (210) tibiis po- sticis intus subnudis, non neque setulis brevissimis ciliatis. - A Manicata Meigenii etiam distineta, tibiis anticis nigris non lute- scentibus, ete. ANTHOMYINZE ITALICE 41541 Raro lecta in collibus et montuosis agri parmensis tempore verno et sestivo. Florentize quoque capta a D. Piccioli. Sp. 10. H. Scalaris labr., Mgn. Macq. Zett. Fall. p. Schin. Manicata Macq. p. Dfr. (non Mgn.) Saltatrix Desv. (G. Faunia) V. Descript. Zetterst. aricia 489, in qua fascise dorsualis nigra abdo- minis indicationes sic mulo. | Fascia maculis transversis instructa, in singulo segmento ad suturam posticam lateraliter sub elongata, ad basim sat angustata, etc. (Nora) Ejus larvas Clar. Kaltenbak in radicibus Brassicarum obser- vavit: dum prof. Sparrman ex intestinis hominis egressas? ! vidisse affirmat et eas dsecripsit et depixit. Sat raro marem inveni in collibus agri parmensis tempore verno. Sp. 11. H. Prostrata fossi (non Scop.) Lepida Wdm. Mgn. Schin. (non Fall.) Incisurata Zett. (non Walk.) Ludibunda Desv. Macg. V. Descript. Zetterst. Aricia 192, cui adde: Palpi nigri. - Ariste articulus penultimus paulo longiusculus, et cum tertio saepe subcubitatus. - Calyptra albida. - /Zalteres lutei - Pedes nigri, geniculis et tibiarum basi plus minus lutescentibus 5 tibiis posticis setis plurimis hirtis, presertim in mare duabus lon- gioribus in latere posteriori. Alarum vene longiludinales quarta et quinta versus apicem paulo con- vergentes: transversa exteriore paulo sinuosa, interiore ante apicem sita, secunde. longitudinalis. Pedes intermedii, apice femorum, et basi tibiarum non manifeste coarctatis, illis non crebre subtus selulosis, nec istis intus villosis. Variat maris abdomine vitta et suturis segmentorum nigricantibus parum perspicuis. 152 C. RONDANI,; Foemina abdomen vittis transversis et dorsuali caret. Vulgaris in toto anno antomologico per totam Italiam etiam insularem, et frequens etiam in domibus. Ejus larva vivit in putredine preesertim vegetabilium : in radicibus brussicarum inventa aC. Kaltenbak. (Nota) Anth. Incisurata Walk. Thorace nigri trivittato istae non re- ferenda, quae vittas duas tantum in dorso thoracis prebet. Forte « anth, /icine Macq. vel alia simili pertinet. Sp. 12. HI. Canicularis Lin. Fabr. Fall. Mgn. Macg. Zett. Walk, Andn, Schin. V. Descript. Zetterst. Aricia 188, cui adde: Ariste articulus penultimus paulo longiusculus. - Pedes intermedii simplices etiam in mare. .- Zibiarum basis et geniculi paulo rufe- scentes, etc. ut in praecedente. Vulgatissima in tota Italia etiam domi; | | Ejus larva in quisquilis putrescentibus vivit:- Zmagines nonnullas ob- tinui a larvis in tubero solani viventibus et in tritici folios et cau- lem fracida, et clar. Kaltenbak in radicibus .brassicarum ejus larvas vidit. - (Larva spinosa.) Specimina nostris similissima a clar. prof. Philippi Chilize capta obtinui. | Sp. 13. H. Brevis Mihî. - Long. mill. 2. Maris Antenna et Palpi nigricantes. - Thorax antice nigro opacus retro paulo griseus: scutello basi nigra apice cinerascente. - 46- dominis segmentum primum nigrum linea marginali cinerea: se- cundum et tertium griseo-cana nigromaculata; ultimum canum macula nigra dorsuali ad basim; segmenti secundi macule latiores subcontiguae: tertii minores divstcre. Pedes nigri, intermediis simplicibus , tibiis apici tantum intus et extra selosis. ANTHOMYIN/A ITALICA 135 Foeminee corpus magis griseum, maculisque abdominis minus perspi- cuis; coeterum similis mari, characteribus sexualibus exceptis. «Sp. Ista minus depressa congenerum, abdomine paulo convexo. Co- pulam et mares paucos legi in collibus agri parmensis vere labente, et specimina duo mascula ab insula Melita misit doct, Schembri. Gen. XI. AzeLIA Desv. Myantha Andn. p. Prodr. Gen. 9. Atomogaster Macq. - Aricia Zett. Anthomyia Mgn. p. Schin. p. - Musca /all. Char. Gener. Oculi nudi, in fronte maris sat proximi, orbitis contiguis. - Arista nuda vel subnuda. - Calyptrorum squame infere superis plus vel minus longiores. Abdomen subeylindricum vel subconicum, non depressum, segmentis quatuor tantum distinctis. Alarum vena secunda longitudinalis von spinulosa: analis seu ultima postica brevissima, et spuria sequente contra ejusdem apicem in- curvata ut in JMyantha. Femora antica ad apicem simplicia etiam in mare: quatuor poste- riora subtus late subnuda, apice tantum setosa. Tibia intermedie extrinsecus distinetis non preeditae; unica tantum apicali interiori manifesta, et raro setula postica supra apicem. (Abdomen nigro-punctatum). Species Italico, A. Tibie postice maris longe ciliate. B. Alce non manifeste fuscescentes. - Calyptra albicantia. Sp. 4. Parva Mihi. A BB. Alce manifeste fuscescentes. - Calyptra infuscata, C. Tibice posticoe maris intus non retro ciliatr. AS C. RONDAXP, Sp. 2. Zetterstedtii Mihé. (Triquetra Zett. non all.) CC. Tibie postice retro tantum, vel retro et intus ciliatee, D. Zibite poslice retro ct intus ciliata. Sp. 3. Macquartii Steg. t] DD. Tibice posticze: retro non intus ciliate.. Sp. 4. Steegeri Lett. AA. Tibice postice nec intus nec retro ciliate, neque in mare... Sp. 3. Triquetra Fall. (non Zett.) Obser. et Synon. Sp. A. A. Parva Mihi. - (Mas) Long. mill. 2. - (Foem.) minor. Mas similis maribus congeneribus habitu, forma, distributione pun- ctorum abdominis, cete.. sed stalura omnibus minore, colore mi- nus fusco seu magis cano; Calyptris albidis non distincte infu- scatis, et Alîs sublimpidis diversus. i Preterea. - Abdominis segmenta postice linea pallida marginata, et punctis lateralibus satis parvis. - Alaruni vena quarta ad apicem contra quintam paulo flexa; et Tibdie postica intus serie duplici setularum ciliata, retro subnudz. Foem. magis cana. - 4bdominis vittis dorsualibus intermediis puncti- formibus, et basi tantum segmentorum distinctis; punctis laterali- bus minus parvis, etc. Rara in collibus agri parmensis a Julio ad Septembrena ANTHOMYINA® ITALICA 4565 Sp. 2. A. Zetterstedtii Mihi. Triquetra Zett. (Exclus. synon.) V. Descrip. Zetterst. Aricize N. 206 quae convenit sp. nostre exceplis tantum characteribus tibiarum posticarum, quibus apparet 4. Tri- quetre Fall., non referendam esse, cujus tibie postiee non sunt ciliate nec intus nec retro, dum species a Clar. Auct. descripta tibias posticas intus biserialim ciliatas praebet, ideo diversa et vo- cabulo novo distinguenda. Confer. observ. meas ad spec. N. 5. A. Zetterstedtii nondum in Italia lecta: specimen collectionis mex a CI. Steeger obtinui, in Dania inventum. Sp. 3. A Macquartii Steg. Zett. (exclus. Synon. Macquartii). Schin. V. Descript. Zetterstedt. Arici@e 206, in qua tibie postica retro ct antice ciliatee dicuntur, quod non convenit 4. Triquetra in syno- nimis inscripta. Rara in collibus et montuosis agri parmensis ab Aprile ad Augustum. Sp. 4. A. Stegeri Zett. (esclus. synon. Fallenii et Meigenii). Triquetra Zett. (Insecta Lapp.). V. Descript. Zett. Aricie 207. Unicaum marem legi mense Julio in colle subapennino agri parmensis, omnino simile exemplari Danico, mihi transmisso a Clar. Steeger. Sp. 8. A. Triquetra Fall. Mgn. Macq. non Zett. (nec Schin.) Florea Dese. Macq. V. Descript. Meigenii T. V, p. 162, in qua eliam diagnosim Fallenii inscripta est, ct illa et ista nulla verba dicunt de ciliis tibiarum T36 C. RONDANI, posticarum. - Macquarlius quoque, qui speciem vulgarem esse in Gallia boreali affirmat, de tibiis posticis silet, nec de ciliis loquitur, ideo inter congeneres species qua tibias posticas nudas prebet Triquetra typica consideranda est, diversa a Triquetra Zetterst. V. supra A. Zetlerstedtiî mihi. | Non frequenter legitur în agro parmensi ab Aprile ad Augustum tam in planitie quam in montuosis. ExeMmplar quoque possideo pedemon- ‘ tanum collectionis doct. Mussino. Gen. AII. MeLanocHÒenia Mihi. Aricia p. Lett. Char. Gen. Oculi nudi, in fronte maris modice approximati, vita interposita la- tiuscula. - Arista subnuda, vix ad lentem puberula.- Calyptrorum squame infere superis longiores. - Zena secunda longitudinalis alarum superne non spinulosa; septima postica non abbreviata, sed margini non producta. Pedes longitudine ordinaria: femoribus anticis simplicibus ad apicem etiam in mare: posterioribus sublus per totam vel fere totam longitudinem setulosis : fibiis intermediis extra non setigeris nisi ad' apicem, posticis non manifeste incurvatis, subnudis, retro se- tula vix ulla munitis supra apicales. Sp. Italica unica. — J. Surda Zett. Observ, Sp. J. M. Surda Zett. Fusca, subcinerascens; palpis, antennis, pedibus totis, vittaque fron- tali nigris. - Caput albidi nitens. - 7'horacis dorsum vittis tribus latiusculis signatum, nigricantibus, intermedia ad scutellum pro- ducta, isto fusco-subnigricante in mare, grisescente in foemina. - Calyptra albida. - alteres pallide lutei. ANTHOMYINA ITALICA 137 Abdominis maculae quatuor atrae in medio dorsi, subtrigone latiu- sculae, foeminae magis transverse: et macula fusca dorsuali in seg- mento ultimo, proeserlim maris, distineta. Alce sublimpidae, venis longitudinalibus quarta et quinta etiam ad apicem subparallelis; secunda vix aut parum producta ultra tran- sversam interiorem, etc. Non frequens in agro parmensi tempore eestivo. Gen XITIT. LimnopHora. Desv. in Macq. Rndn. Schin, Anthomyia Mgn. Wdm. — Aricia Zett. Char. Gen. Oculi nudi, in fronte maris modice distantes, et a medio frontis ad apicem divergentes. - 4rista nuda vel subnuda. Alarum vena secunda longitudinalis non spinulosa: septima postica, seu analis non sat abbreviata, sed margini non producta. Abdominis segmenta quatuor tantum distincta, radicali non longiu- sculo. - Calyplrorum squame infere superis longiores. Femora antica neque in mare ad apicem dentata; posteriora inferne per totam longitudinem setulosa, non apici tantum, Tibie intermedie setis retro et extra predite etiam supra apicales posticae setis pluribus instructe. Species observate. A. Carine faciales prope vibrissas setulis crebris munite. - A/la- rum vena fransversa exterior sat longior distantia a margine postico. Sp. 1. Compuneta /7dm. AA. Carine faciales prope vibrissas setula vix ulla instructe. - Ala- rum vena transversa exterior longitudine subaqualis distantiae a margine poslico. Sp. 2. Littorea /ull. 138 G. RONDANI, Observ. et Synon. Sp. 4. L. Compuneta /7dm. Mgn. Macq. (esclus, Synon, Fall.) Zett. Schin. V. Descript. Zetterst. Aricie N. 68, cui adde qua in descriptione | generica, et in nolis distinctivis specierum indicavi; proeterea Alarum venula transversa interior fere extra apicem sita secunda longitudinalis, - 4bdominis dorsum in mare preter maculas qua- tuor nigras intermedias, vitta nigricante in segmento ultimo distin- cta: foeminze maculae nigra, praesertim segmenti tertii aliquando subnulle. Rarissima in agri parmensis planitie lecta. (Nora) Anth. Compuneta Walkerii ab hac diversa, saltem I ru- fis. Forte Cxnosiis vel Cariceis Desv. referenda. Sp. 2. L. Litorea Fall. Mgn. Zett. Schin. V. Descript. Zetterstedtii Aricixe 88, cui adde que notavi in distinctione specierum et în diagnosi generica, ut supra. Sp. nondum capta in Italia, exemplar foemineum coll. mea danicum a clar. Staeger missum; cujus notas distinetivas hic inscripsi, ut ab affinibus melius distincta sit. | Gen. XIV. HyrpropHorIA Desv. Macq. Rndn. Aricia Macq. p. Mgn: 7, p. Lett. Anthomyia Mgn. dB. - Z7alk. - Anthomyza p. Zett. Hylemya Mgn. 7, p. Schin. p. Musca all. * Char. Gener. Oculi nudi vel subnudi in utroque sexu; maris in fronte subcontigui ANTHOMYINA ITALICA 139 aut satis proximi. - Arista pilosa, si aliquando breviter, pilis ta- men facile distinguendis. Alarum vene transverse numquam sat proxima: longitudinalis se- cunda superne non spinulosa: septima postica, seu analis margini alarum, apice spurio producta. Calyptrorum squame infere, superis manifeste longiores. Pedes femoribus anticis ad apicem simplicibus etiam in mare; tibéîs intermediis non solum retro sed etiam extrinsecus setosis, etc. Species Italicx. A. Pedes toti nigri vel nigricantes, etiam in tibiis, B. Arista pilis longis preedita. - 4larum vena transversa exterior, non fere xquidistans ab interiori et apice longitudinalis quinte, sed distincte magis proxima interiori, Sp. 1. Ambigua Fall. BB. Arista breviter pilosa. - .4larum vena transversa exterior fere equidistans ab interiori et ab apice quinte longitudinalis. Sp. 2. Frontata Zett. AA. Pedes partim, saltem in tibiis testacei. C. Tibice nulle neque antice, ad apicem nigricantes. Sp. 3. Conica /7dm. CC. Tibice saltem anticee in utroque sexu ad apicem plus vel minus late nigricantes. D. Arista ad apicem late subnuda. Tibie antica late nigricantes in parte apicali, 140 C. RONDANI, Sp. 4. Bruneifrons Zett. DD. Arista fere usque ad apicem pilosa. - Tibie antica anguste ni- gricantes in parte apicali (4). Sp. 8. Anthomyea Mihi. Observ. et Synon. Sp. 1. Hyd. Ambygua all. Zett. (Dip. Sc.). Divisa Mgn. - Lineatocollis Zett. (Ins. Lap.). V. Descript. Zetterst. Aricie 27, cui adde: Abdomen segmentis intermediis linea unica setarum ad marginem posticum: primo setis distinctioribus destituto; ultimo distinete bre- viore, foto setoso. Tibie antica seta aliqua exteriori munite. Mas semel a me captus in planitie agri parmensis. Sp. 2. Hyd. Frontata Zett. V. Descript. Auct. ejusd. Aricia 64, cui adde: Fom. Antenne breves articulo tertio parum longiore secundo. - Ge- ne sat late, albicantes. - Tibioe antics setula exteriori munite. Rarissimo foeminam legit doct. Berteus in Apennino Parmensi. (4) Hic pone si in Italia inverniatur Anthom. Dubitata Fall., sic sectionem DD. di- videndo. - E. Abdomen non neque ima basi testaceo-maculatum. - Ale paulo fusco flavide. Sp. Dubitata Fall. EE. Abdomen maris lateribus, et foemine ima basi testaceo-maculatum.- Ale sublimpidie. Sp. Anthomyea Mihi. Dubilata feminam possideo Windobone captam a nob. Car. Tacchetti. ANTHOMYINA ITALICA 441 Sp. 3. Hydr. Conica Fall. Mgn. Macq. Zett. Walk. Schin. V. Descript. Zetterst. Anthom. 18, cui adde: Antennarum articulus tertius duplo circiter longior secundo. - 176- dominis segmenta omnia setis marginalibus postice cincta, discoi- dalibus nullis. - Z7dîe omnes testacea eliam ad apicem. Mares duos tantum italicos observavi, unum in colle agri parmensis a me captum cestate labente, alium in Insubria pento eta clar. De Cristofori olim nissum.. (Nota) In Hylemyis a cl. Schiner locata, in quo genere, species non rile coacervate, quarum calyptra squamis superis omnino inferas legentibus cum aliis quae squamas inferas manifeste longiores preebent. Sp. 4. Hydr. Bruneifrons Zett. Coronata v.? Zett. Vide Descript. in op. Dipt. Scand. Anthom. 23, 26. Ni fallor distinctio Caronate a Bruneifronte non retinenda, quia pre- cipue inixa frontis colori in prima tantum paulo. rufescente prope antennas, quod facilius 2etati juvenili adscribendum, et in exem- plaribus a me observatis frons foeminae vittam frontalem praebet nunc late, nunc anguste, nunc fere nihil rufescentem ad apicem. Specimina collectionis mex tibias anticas possident ad apicem late nigricantes. Raro fceminas tantum inveni ut clar. Zetterstedt.; apud nos colles et planitiem habitat a Majo ad Julium. Sp. 5. Hyd. Anthomyèa Mihi. - Long. mill, 8-7. (Maris) Orbite oculorum exilissima, subcontiguze. - Atennarum arti- culus tertiis duplo circiter longior precedente. - Arista plumata. 1492 C. RONDANI, - Thorax fusco-griseus, vittis tribus latis, in dorso, nigricantibus. Scutellum thorace concolor. - Calyptra subflavieantia, - Halteres lutei. - Alarum costa et basis lutescentes spinula costalis subnulla : vena transversa exterior sinuosa et distans ad interiori. Abdominis segmenta duo prima ad latera subtestacea, vitta interme- dia et marginibus segmentorum nigricantibus; segmenta. apicalia fusco grisea, vilta dorsuali et tessellis ad basim nigricantibus, seg- menta omnia setis distlinctis marginalibus tantum cincta, discoida- libus nullis neque in apicali. Pedes nigri , libiis testaceis apice nigricante plus vel minus et. non late; conjunctionibus femorum et coxarum rufescentibus. (Foem). £rontis fascia interocularis lata nigra, triangulo ocellari griseo. = Abdomen grisescens, nigricante tessellatum, basi anguste, non “ad Jatera lutei maculatum. - Calyptra albida. - Ale minus lute- scentes, vena transversa exteriore minus sinuosa et obliqua. Rara in planitie et collibus agri parmensis, a Majo ad Julium. Gen. XV. Lasiops Mgn. findn. Schin. Thricops et Thricophticus Andn. Char. Gen. Oculi hirti proesertim in mare, in cujus fronte subcontigui. - 4n- tenne longiusculae, articulo tertio circiter trilongiore praccedente. - Arista puberula.. - Gene angustissima. Catyptrorum squama mediocres, infere non omnino a superis lege. limbo saltem patente (nisi casu flex). Femora antica ad apicem nec denticulata nec excavata inferne. - Ti- bice intermedie retro et extra setigerae: posticis non distinele incurvis. Alarum vena septima, longiftdinalis margini postico producta, saltem apice spurio. Sp. Italica. - J. Anthomyinus Andn. ANTHUOMYINA® ITALICA 155 Descript. et Synon. Sp. 4. L. Anthomyinus Rndn. Long. mill. 3-4. Hirtula Andn (non Zett.) Habitu similis Anth. Radicum presertim pictura abdominis grisei , fasciis transversis et longitudinali nigris, sed statim distinguenda, Oculis manifeste hirtis ; proeterea in sp. nostra. Thorax in dorso nigro trivittatus, vittis latis nunc magis nunc minus distinctis. - Scutellum in medio late vel fere totaum nigrum. - An- tenne, palpi, pedes, vitta frontalis, nigra. Calyptra albida. - ZZalteres lavidi, basi stipitis nigricante. - A4/@ su- blimpide, vix costa aliquando paulo fuscescente: venis longitudi - nalibus quarta et quinta ad apicem aliquantulum convergentibus: transversa exteriore subrecta vel paulo sinuosa, longiore distantia ab apice sexta longitudinalis. Tibie postice intus (non antice) sctulis rigidis ciliatae, etc. Halteribus flavidis a congeneribus diversis distinctus. In planitie et collibus agri parmensis, primo vere mascula tantum raro lecta, % Gen. XVI. Antuonvia Mgn. Desv. Macq. Walk. Rndn. Schin. Anthomyza Zett. p. - Aricia Zett. p. Pegomya p. Macq. Egle. Phillis Desv. Limnophora p. Schin. - Musca Zin. Fabr. Rossi. Fall. - Char. Gener, Oculi nudi, in fronte maris subcontigui aut satis proximi, - Arista nuda, subnuda aut raro vix brevissime ad lentem pilosula. - Ca- lyptrorum squama inferee late sed non omnino a superis tecte. Abdominis segmentum radicale paulo distinctum a primo ordinario et aliquantulum clongatum. 44 C. RONDANI, T'emora antica maris simplicia ; posteriora inferne, late nisi Lola se- tosa, non apici tantum. Tibiwe intermedix retro et extra setigere. Alarum vena secunda longitudinalis non spinulosa: septima postica seu analis margini producta, etiamsi ad apicem spuria, etc. Species Italicee. A. Color corporis nigricans vel griseus, non neque partim ad ab- domen testaceus. - Pedes saltem in femoribus nigricantes. B. 4bdomen griseum pigro-punctatum vel maculatum, aut; fasciis. nigris dentatis cinctum, ©. T'horax dorso griseo, maculis quinque atriis notato. D. Scutellum atram, apici macula cana. - Thoracis: dorsi maculz dux nigre lateralbs ad radices alarum extense. Sp. A. Procellaris Mihi. DD. Scutellum canum, macula nigra ad umunquodque-latus plus vel minus ampla. - Thoracis maculae laterales a radicibus alarum. sejuncte. E. Maris fascie abdominis nigree integre, non ut in foemina, macu- lis disjunctis instructa. - Z°ena secunda longitudinalis alarum non aut vix producta contra transversam interiorem. Sp. 2. Pluvialis Lin. EE. Zascie nigre abdominis, etiam in mare, maculis sejunctis in- structe. - Zena secunda longitudinalis paulo produeta ultra transversam anteriorem. Sp. 3. Imbrida Mihi. CO. Thorax ater, nigricans, vel grisescens, dorso. non nigro-ma- culato, ANTHOMYINA ITALICA 145 F. Thorax postice late albidi sericeus in mare. - /bdominis fa- scie nigra transverse medietatem circiter basalem segmento- Tum eccupantes. 1 Sp. 4. Albicincta Fall. FF. Thorax postice ut antice fusco-nigricans in mare. - Abdominis fascie nigroe segmenta fere tota occupantes, limbo apicali tan- tum griseo. Sp. 5. Dedecorata Mihi. BB. A4bdomen nigricans, vel griseum, non nigro-punctatum nec ma- culatum etiam in foemina: fascie transverse si adsunt nigri- cantes, non dentata. G. Pedes toti nigri vel nigricantes etiam in tibiis. H. 4bdominis vitta dorsualis nigricans: et vittee transverse ad in- cisuras segmentorum nigricantes, manifesta. Sp. 6. Radicum Lin. HH. Abdominis vitta dorsualis nigricans non manifesta: sed vitto transversa adsunt in medio dorsi dilatate. Sp. 7. Sulciventris Zett. GG. Pedes saltem in tibiis testacei. Sp. 8. Socia Mgn. AA. Corpus partim testaceum saltem ad abdomen et pedes. H. Scutellum non totum testaceum; basi magis vel minus late fu- scescente, vel nigricante. I. Calyptra nigricantia, - Ale infuscate. Vol. IX. 10 #46 C. RONDANI, Sp. 9. Capucina Zett. Il. Calyptra albida lutescentia, vel pallide fusca. - #/@ sublim- pida vel dilute fuscescentes. . Palpi etiam apice lIutei vel testacei. . Tarsi feeminae ad apicem non manifeste dilatati. . Thorax etiam ad pleuras nigricans. = Sp. 10. Ulmaria Mihi. MM. 7horax saltem ad pleuras late testaceus. Sp. 41. Transversa Fall. LL. Farsi foemine ad apicem distincte dilatati. Sp. 12. Latitarsis Steg. KK. Palpi saltem extrinsecus vel apici manifeste nigri vel nigri- cantes. N. Tarsi foeminae ad apicem distincte dilatati. Sp. 13. Digitaria Mihi. NN. Tursi foeemine non manifeste dilatati. Sp. 14. Nigritarsis Zett. HH. Scutellum totum etiam basi fulvum vel luteum. O. Palpi apice nigro vel nigricante, aut saltem fusciore. P. Thorax, saltem in dorso late fusco-grisescens. - Pal/pi ad api- cem determinate nigri. Sp. 15. Fulgens Mgn. Thorax etiam in dorso luteo-testaceus vitta tantum longitudinali nigra. - Palpi apice distincte fusciores, non nigri. PP I" n‘ ——+—+ _————————_—_n ANTHOMYIN® ITALICE 447 Sp. 16, Vittigera Zett. 00. Palpi a basi ad apicem fulvescentes, neque, apice fusciore. O. Thoracis dorsum disco plus vel minus nigricante griseo. Sp. 17. Euphyppium Steg. 00. Thorax totus etiam in dorso fulvescens. Sp. 18. Diaphana /abr. Observ. et Synon. Sp. 4. A. Procellaris Mihi. Pluvialis v. Auct. Similis habitu et statura A. Pluviali auctorum, cum qua confusa, ta- men distincta, saltem notis duabus ut in tabula analitica specie- rum notavi, scilicet: Scutello fere toto atro, vix macula parva aut puncto apicali cineree in utroque sexu, etc. Thoracis maculis duabus exsterioribus, posterioribus, ad radices ala- rum productis. Qui caracteres constantes, ideo specifici. Esemplaribus A. Pluvialis permixta specimina istias detexi, non raro. Sp.2. A. Pluvialis Zin. et auct. omn. Distincta a precedente facillime, Scutello late griseo macula nigra plus vel minus lata ad basim in unoquoque latere, et {koracis ma- culis atris exterioribus a radice alarum manifeste sejunctis, in utroque sexu. A sequente A. Zmbrida etiam diversa. Yena secunda longitudinali alarum, contra transversam interiorem 148 C. RONDANI, sistente, et abdomine maris fasciis nigris transversis integris, non in maculas divisis ut in alio sexu. Vulgatissima ubique. Esemplaria duo foeeminea ad Caput B. Spei lecta (Spinola) nostris om- nino similia possideo. Sp. 3. A. Imbrida Mihi. Pluvialis v. auct. Facile habitu et statura cum varietatibus praecedentium confundenda sed distincta et statim dignoscenda notis sequentibus quibus ab una vel alia difert, seu. A Pluviali fascis nigris abdominis etiam maris in maculas distantes divisis; et utriusque sexus maculis exterioribus thoracis ad radices alarum manifeste continuatis : A Procellari vero pari modo distinguenda faciliter, fasciis nigris abdominis in mare sejunctis; et utriusque sexus scutello ad latera atro, sed in medio usque ad basim, et apice griseo. Non raro detecta in speciminibus precedentium. Sp. 4. A. Albicincta Z'all. Myn. Macq. Zett. Schin. ete. V. Descript. Zelt. Aricia 210, cui adde: Maris fusci@ nigrie dentate abdominales, ad summum medietatem basalem segmentorum occupantes. Tibie postice setis tribus longiusculis retro munite quarum inter- media manifeste longior in ulroque sexu. Statura sat variat; et maculze albicantes thoracis masculorum, in exemplaribus velustis parum aut fere nihil observande. Vulgaris in tota Italia etiam insulari, toto anno entomologico. Sp. 3. A. Dedecorata Mihi. Mas similis habitu et statura mari aldicincte, sed tamen satis distinetus, preesertim, Zhorace in parte postica maculis albidis omnino desti - ANTHOMYINA ITALICA 449 tutus. - Abdomine fasciis nigris transversis segmenta fere tota oce- cupantibus, vix linea marginali cinerca irregulari distineta. - Tibi;s posticis retro setas tres subaequales, non intermedia sat majore, instructis, etc. Cretera fere ut in albicincia. Bis tantum marem inveni tempore restivo in collibus agri parmensis. Sp. 6. A.Radicum Lin. Fab. Rossi.Fall. Mgn. Macq. Zett. findn.Schin. Rustica /7dm. - Vulgaris Desv. Descript. Zelt. Aricia 196. Variat fronte in parte anteriori aliquando rufescente. Ant. Radicum Walkerii ab hac diversa forte platura vel obelisca Mgn. Vulgaris in Italia boreali et media etiam Alpina et Apennina. Sp. 7. A. Sulciventris Zett. V. Descript. ejusd. aut. Aricia 62. Habitu similis A. Radicum, sed satis diversa praeserlim pictura abdo- minis, in quo fascia dorsualis adest latissima maculis transversis nigricantibus instrueta ad latera angustatis, et postice in medio dorsi dilatatis, non vitta dorsuali angusta, et incisuris segmentorum ni- gricante marginalis ut in Radicum. Corpus alibi nigricans; thorace vix grisei adsperso. - 4/e sublimpide ad costam paulo obscuriores: vena transversa exteriore recta, bre- viore distantia ab interiori, ista fere contra apicem secunde lon- gitudinalis sita. Facies et vitta frontalis aliquando in exemplaribus juvenilibus. rufe- scentes observantur. Arista ad lentem subpilosula. - Oculi in fronte maris subcontigui Pedes postici non ciliati, etc. Cave ne sp. istam confundas cum Chorthophila trapezoide Zetl, cujus. oculi in mare paulo distantes, et Calypfrorum squama infere a superis omnino tecte, non limbo paulo observando ut in sulciventri, 150 C. RONDANI, Rara in collibus agri parmensis, praesertim tempore verno: mares » tantum inveni. Sp. 8. A. Socia Fall. Mgn. Lett. V. Descrip.. Zett. Anthom. 48, cui adde: Anthennarum arliculus tertius quadruplo circiter longior precedente, -.- Arista ad lentem subpilosula. - Ale vena secunda longitudinali paulo producta ultra transversam interiorem in mare, sed fere nihil in foemina. Non solum tibie sed etiam basis tarsorum lutescentes sunt, preesertim in masculis. A Majo ad Augustum, non frequenter legitur in planitie et collibus agri parmensis. Sp. 9. A. Capucina Zett. V. Descript. ejusd. auct. Anthom. N. 168, cui adde: In paucis exemplaribus nostris femora antica vittam nigricantem su- peram preebent. Mas a maribus ant. transverse Fallenii et aliarum, colore nigricante calyptrorum et fuliginoso alarum distinetus. Scutellum etiam fere totum obscurum preebet, vix summo apice paulo lutescente. Raro legitur in Apennino parmensi. Mares tantum aliquos inveni, ut Clar. Zetterstedt, inde foemina bue usque ignota; an latet in feeminis transversa? Sp. 10. A. Ulmaria Miki. - Long. mill. 4. Mas similis mari capucince, at minor et distinctus, calyptris non ni- gricantibus. - lis non infuscalis distincte. - 4bdominis segmentis linea nigra marginali minus perspicua et anlennis basi manifeste ANTHOMYINA ITALICA ABI rufescentibus: scutellum tamen ut in precedente fere totum fusco- griseum, vix apice subtestaceo. /edes Mitei. - Palpi flavi. Frontis vitta fusco-rufescens. Foemina: characteres ut in mare, sed frons retro griseo-f usca,ad apicem late rufa. - Abddominis segmenta tria, linea nigra magis distincle marginata. Marem obtinui ex larva in carie ulmi vivente, medio Aprile ortum. - Foeminam bis legi in collibus agri parmensis mense Majo. Sp. AA. A. Transversa Fall. Mgn. Zett. Schin. V. Descript. Zett. Anthom. 134, cui adde: Foemina: thorax subtestaceus dorso et maculis lateralibus griseo-fuscis. - Scutellum testaceum, basi macula fusca ad unumquodque latus. - Abdomen incisuris segmentorum leviter nigricantibus et nigro- setosis. - Calyptra albida. - 4le sublimpida - Zena transversa ex- teriore parum sinuosa. - Tarsi ad apicem non dilatati. Mares, teste Zetterstedtio, a me non observati, {Koracem griseo-fu- scum, scutellunm colore thoracis apice tantum luteo;- addominis incisuras segmentorum linea nigra signatas prebent. Sp. Capucina Zett. an varietas est maris istius? certe differentia illius a transversa in colore tantum magis obscuro sita est calyptrorum _ et alarum. Foeminas tantum legi in montuosis agri parmensis a Julio ad Octobrem. Sp. 12. A. Latitarsis Stoeg. Zett. Schin. V. Descript. Zett. Anthom. 4136. Mas similis mari praecedenti, a quo distinetus scutello late rufe- scente, et vena transversa exteriore subrecta. Foemina difert ab omnibus pracedentibus, tarsorum quatuor poste- riorum articulis apicalibus dilatatis. Hoc charactere similis sequenti, sed diversa pracipue palpis totis etiam apice luteis. Raro lecta in collibus agri parmensis tempore autumnali. 52 €. RONDANI, Sp. 15% A. Digitaria Miki. Femina similis precedenti. sed ab eadem statim dignoscenda, palpis. apice determinate nigris. Preeterea in exemplare a me observato, vena transversa exterior ala- rum magis distat ab interiori, sic ut vix ante .medium sita sit di- - Stantiae ab ipsa et apice quinta longitudinalis. Cum aliis foeminis non confundenda dilatatione tarsorum quatuor po- steriorum. Semel lecta mense Septembre in colle ditionis parmensis. Sp. AU. A. Nigritarsis Zett. Schin. Bicolor p. Yall. V. Descript. Zett. Anthom. 162, cui adde: Scutellum superne totum grisescens, limbo et inferne luteum.- Ariste: articulus penultimus distictus; ultimus ad basim breviter et parum incrassatus. - Ale limpide. - Calyptra albida. - Alarum vena transversa exterior paulo sinuosa, et satis distans ab apice quinta, longitudinalis, etc. Marem unicum possideo olim a clar. De Cristofori missum, in Insu- bria (parte alpina) captum. Sp. 45. A. Fulgens Mgn. Macq. Walk. Schin, De Ros. Limbatella? Zett. Descriptio clar. Zetterst. Anthomyzae 166, convenit omnino' mari Fulgentis Mgn., et difert tantum colore pleurarum foeminae sub- festaceo non griseo, quod facilius varietatem indicat non speciem diversam. Foemina nostra thoracis pleuras, ut dicit clar. auct.: rufescentes et dorsum griseo fuscum prabet. A Nigritarsi Zettersdtii et ab aliis preecedentibus distineta est scu- ANTHOMYINA ITALICA 155 tello toto testaceo, neque ad basim fusco, et a nonnullis etiam vena transversa exteriore alarum omnino recta. A Vittigera sequente diversa, thoracis dorso late nigro griseo, et palpis apice determinate nigris non tantum fuscioribus, etc. Fominam in Insubria alpina captam possideo, et marem germanicum a cl. De Roser missum. Sp. 16. A. Vittigera Zett. Schin. V. Descript. Zett. Anthom. 172. Calyptra parva squamis subaqualibus, inferis tamen parum sed paulo detectis. A confinibus difert, thoracis dorso vitta longitudinali nigra determi- nata signato, non late fusco. À precedente etiam distincta palpis apice manifeste fuscioribus; sed non nigris. Rarissimo lectus uterque sexus in Apennino parmensi a doct. Berteo. Et in Pedemontio inventus a Mussimo. Sp. 17. A. Euphyppium Streg. Zett. Schin. V. Descript. Zett. Anthom. 474. A Fulgenti diversa palpis totis testaceis etiam apice, preeter alias notas; et a Ziftigera dorso thoracis late fusco griseo non nigrovit- tato, et palpis quoque non infuscatis ad apicem. Sp. apud nos nondum capta, sed forte invenienda in locis alpinis vel apenninis elatioribus. Specimen masculum danicum obtinui a cl. Steeger. Pro comparatione hic locata. Sp, 18 A. Diaphana Zabr. Fall. Mgn. Macq. Zett. V. Descript. Zett. Anthom. 170. Corpore toto flavido testaceo, et alarum vena transversa' exteriore valde sinuosa a congeneribus facile distinguenda. Non infrequens ab Aprile ad Julium in toto agro parmensi. 154 C. RONDANI, Gen. XVII. AcnantTiPTERA Andn. (Prod. Gen. VII). Pegomya Macq. p. - Anthomyza Zett. p. Anthomyia Mgn. p. Schin. p. - Hylemya Zett. p. Musca Fall. Char. Gener. » Oculi nudi, in fronte maris per orbitas laliusculas modice remoti ; femine frons parum latior fronte maris et sat angustior fronte aliarum Anthomyinarum sexus ejusdem. Arista tomentosa, basim versus ad lentem paulo pilosula. Alurum vena secunda longitudinalis spinis aliquibus distinctis mu- nita in utroque sexu: septima postica seu analis non abbreviata, sed margini non producta. Calyptrorum squame infere superis distincete longiores. Pedes maris calde elongati ; et in eodem sexu tibia intermedie ex- trinsecus non setose; in foemina vero retro et extra seta aliqua armala, etc. Sp. Italica unica. - 1. Inanis all. Observ. et Synon. Sp. t. A. Inanis. Fall. Mgn. Macq. Zett. Rndn. Schin. V. Diagnosim. Zetterstedt. Anthomyze 167, cui adde que in ge- nerica descriptione notavi. Sat rara, in agro parmensi, tempore restivo. ANTHOMYINA ITALICA 4155 Gen. XVIII. CnortHoPHILA Macq. Rndn. (Prod. Gen. XII). Anthomyia Mgn. V. /7alk. Schin. - Musca Fall. Hylemya Mgn. VII. - Macq. p. Anthomyza Zett. p. Pegomya Desv. Macq. p. et alia Genera Desv. Char. Gen. Gence non setulose. - Proboscis ad apicem subtus distincte Jabiata. Oculi nudi in fronte maris subcontigui vel satis proximi. - Anten- narum. articulus tertius duplo.circiter longior precedente non triplo: Arista nuda vel subnuda vel ad lentem puberula, si raro paulo pilosula tune oculi maris distinete remoti, et foemine pa- rum distantes. - Abdominis sete parve, vel validiusculee tantum ad margines non in disco segmentorum: organa copulatoria maris saepe incrassata vel lobis porrectis concomitata. Calyptrorum squame inferae a superis omnino tecta. - Alarum vena Septima postica, seu analis, margini producta. Tibie intermedia setis postice et extra munite. - Femora antica simplicia etiam in mare. Spec. Italic®. A. Femora onmia, aut saltem quatuor posteriora testacea vel ru- fescentia. B. Abdomen totum vel late rufum in utroque sexu. C. Palpi toti etiam apice rufescentes. Sp. 1. Bicolor. 77dm. CC. Palpi saltem extrinsecus nigri vel nigricantes. D. Femora antica in utroque sexu partim nigricantia. - .4bdomen foeminze segmento ullimo subaequali precedente, ct apici appen- dicula atra destituto. 156 C. RONDANI, Sp. 2. Versicolor Mgn. DD. Femora antica saltem in foemina ut posteriora rufescentia. - Abdominis in eodem. sexu segmentum ultimum satis longior precedente, et appendicula atra, squamiformi terminato. Sp. 3. Terminalis Mihi, BB. 4 bdomen nigricans vel griseum in utroque sexu, vel in foemina tantum luride luteum, non rufum. _E. Antennee articulis primis manifeste rufis. F. Abdomen fceminae sublutescens: maris griseum ano plus mi- nusvye luteo, Sp. 4. Chenopodii Miki. FF. Abdomen in utroque sexu griseum, etiam apice. G. Zitta frontalis plus vel minus late rufescens. Tp. 8. Cunicularia. Piccioli. GG. Z'itta frontalis tota nigricans. H. Femora antica, saltem maris, late nigricantia. Sp. 6. Perforans Mihi. HH. Femora etiam antica in utroque sexu testacea. Sp. 7. Hyoscyami Mgn. EE. Antenne etiam basi nigra. | Sp. 8. Effodiens Mihi. AA. Femora omnia late nisi fere tota nigricantia vel fusco grisea. KK. MM. NN. LL. PP, ANTHOMYINA® ITALICA 4157 . Tibie@ omnes distinete rufescentes. . Palpi lutei, apice tantum nigricantes. Sp. 9. Sulcans Schembri. Palpi toti etiam basi nigricantes. Sp. 10. Terebrans Zucchetti. . Tibice omnes tota nigricantes, vel basi tantum anguste vel pa- rum lutescentes. . Tibiee postica maris in latere anteriori (non interiori) setulis ri- gidis ciliata. x . Metatarsi pedum intermediorum setis longiusculis superne pra- diti, saltem in mare. Sp. A1. Trichodactyla Mihi. Metatarsi nulli superne setigeri. . Tibie antica setas apicales preebentes, alibi subnude. Sp. 12. Cilicrura Mihi. T'ibie antica, preter apicales, setis aliquibus armate. Sp. 13. Angustifrons Mgn. T'ibie postice etiam .maris antica setulis rigidis non ciliate, aliquando tamen cilis in latere interiori munite. . Spinula costalis subnulla vel sat exigua vel parva et non erecta, . Femora postica ad basim latissime inferne subnuda, seu fere per totam longitudinem setis distinetis destituta, Sp. 14. Cinerella Fall. Femora postica inferne fere tota setosa. 158 C. RONDANI, Q. Zena transversa exterior manifeste sinuosa et obliqua.. P. Arista breviter pilosula: Frons maris latiuscula: foemine an- gusta ut in mare. rv -Sp. 15. Albula Mgr. PP. Arista subnuda. - Frons maris angusta: foemine paulo aut satis latior. R. Abdominis dorsum vitta nigricante unica dorsuali signatum. - Tibice postice maris in latere interiori (non anteriori) setulis erectis in parte media tantum instructe. Sp. 16. Buccata all. Se RR. Abdominis dorsum vitta longitudinali et fasciis transversis nigris signatum. - Zibie posticae maris in latere interiori setulis bre- vibus erectis per totam longitudinem ciliate. Sp. 17. Histrio Zett. Q0. Zena transversa exterior recta vel subrecta, et non manifeste obliqua. S. Abdominis segmenta basi nigricante fasciata, aut saltem vitta nigricans dorsualis distinctissima ad basim segmentorum di- latata. T. Organa copulatoria maris laminis duabus longis validis, albi- cantibus, ventri innixis concomitata. Sp. 18. Laminifera Mihî. TT. Organa copulatoria maris, tuberculis g vel appendiculis nigris , sepe sat parvis concomitata. U. Segmenta abdominis ad basim late nigro fasciata, fasciis ad la- tera angustatis. = Ale manifeste infuscate, Sp. 19. Incognita Miki. UU. Segmenta abdominis late grisescientia; Z'itta dorsuali nigricante ANTHOMYINAE ITALICA 159 maculis subtrigonis instructa, quarum vertex posticus. - Ale non SS. VV. . Abdomen nigricans vitta intermedia nigriore parum perspicua. XX. manifeste infuscata. Sp 20. Ignota Mihi. Abdominis vitta dorsualis nigricans parum distincta, aut ad basim segmentorum non manifeste dilatata: fasciis transversis nullis. . Vitta nigra dorsualis sat lata et parum distincta ; seu abdomen in medio nigrum, lateribus grisei adspersis. Sp. 21. Trapezoides Zett. Vitta nigra dorsualis angusta, satis aut parum distinta. Femora postica setis pluribus validis et longis extrinsecus ar- mata. Sp. 22. Hystricina Miki. Abdomen plus minusve grisescens, vitta nigricante intermedia distincta. - Femora postica setis ordinariis munita, etiamsi ali- quando sat pilosa. . Fena longitudinales alarum quarta et quinta ad apicem paulo divergentes, non perfecte parallele. Sp. 23. Divergens Mihi. YY Zena longitudinales quarta et quinta ad apicem parallele, non Z. x. aliquantulum divergentes. Femora postica parce, et abdomen breviter pilosa. Pedes nigri. - Arista brevissime ad basim incrassata, Sp. 24. Platura Mgn. xx. Pedes picei. - Arista tertia parte basali incrassata, 169 C. RONDANI, Sp. 25. Intersecta Mgn. ZI. Femora postica crebre, et Abdomen longissime et crebre pilosa. Sp. 26. Muscaria Meig. 00. Spinula costalis validinscula et erecta. W. Femora postica maris crebre pilosa prasertim ad basim, pre- ter setas ordinarias. i Sp 27. Floccosa Macq. WW. Femora postica setis et pilis ordinariis predita. a. T'horacis dorsum vittis nigricantibus duabus tantum distinctis. - Vena rransverse alarum paulo fusco-limbate. Sp. 28. Longula Fall. aa. Thoracis dorsum vittis tribus vel quatuor, vel parum perspi- ciendis. - Zena transverse non neque parum fusco limbate. b. Segmenta Abdominis ad basim nigricante fasciata, preeter vit- tam dorsualem. Sp. 29. Dissecta Mgn. bb. Segmenta abdominis non manifeste ad basim nigricante fa- sciata. c. Costa alarum inter duas primas venas longitudinales ut alibi sublimpida. d. Tibie posticae etiam maris intus selulis erectis destitutae. - 40- , domini fascia longitudinales fusciores ad latera adsunt, praeter dorsualem. Sp. 30. Varicolor Mgn. dd. Tibie postice maris intus setis aliquibus erectis munite. - Abdomini vitta unica dorsualis fuscior adest. ANTHOMYINA ITALICA 1G4 e. L'ibie antica seta unica exteriori, supra apicalem munita. - Organa copulatoria maris parum incrassata, et tuberculis. par- vis preedita. Sp. 31. Pudica Mihi. ee. Tibia antica setis pluribus antice et extra munita, praeter api- cales. - Organa copulatoria maris, lobis validis instructa. Sp. 32. Impudica Miki. cc. Costa alarum inter duas venas primas longitudinales, macula fusca vel nigricante signata. Sp. 33. Sepia Mgn. Observ. et Sinon. Sp. 4. C. Bicolor. Wdm. Fall. Mgn. Zett. Macq. Schin. V. Descript. Zetterst. Anthom. 137. Exemplaria nostra semper antennas etiam basi nigras prebent;' ct foeeminea vittam frontalem plus vel minus fusco-rufescentem. Abdomen maris aliquando partim nigricans irregulariter observatur, vel vittis nigricantibus signatum. Raro legitur a Majo et Julium in planitie et collibus agri parmensis. Foeminam e Florentia misit doct. Piccioli. Sp. 2. Versicolor Mgn. Macq. Schin. V. Deseript. Meigenii Anthom. 174, cui adde: Antenne tte etiam basi nigra. - Zemora antica in utroque sexu saltem superne nigricantia. Vol. IX, 14 162 C, ROSDANMI,; Abdomen utriusque sexus non raro irregulariter fusco tinetus; fee ming segmento apicali non nigro-appendiculato, et. longitudine parum diverso a precedente. Sat raro lecta mensibus Aprile et Majo in collibus agri parmensis. Sp. 3. C. Terminalis Miki. - (Foem.) Long. mill. 3. Palpi toti nigri. - Antenna nigra articulis primis fusco-rufescenti- bus. - /'itta frontalisrufa. - Thorax cum scutello nigricans, paulo grisescens. - Calyptra sub-albida. - Abdomen rufo-fulvum, seg- mento ultimo sat elongato. fere triplo longiore precedente et api- ce appendicula praedito nigra, squamiformi. - Ceetera circiter ut in Versicolore. Fominas tres tantum legi mensibus Majo et Junio in planitie agri parmensis. Sp. 4. C. Chenopodii Mihi. - Long. mill. 4-5. Hyoscyami (Foem.) Desv. non Mgn. Maris. - /alpi basi lutea apice nigro. - Antenne articulis primis manifeste rufis. - Z'itta frontalis plus vel minus rufescens antice. - Abdomen griseum, protuberantia anali, et aliquando etiam seg- mentis apicalibus luteis vel lutescentibus. - Alarum vena tran- svensa exterior recta vel subrecta. - /'emora antica saltem extrin- secus magis vel minus nigricantia; quatuor sequentia ut. tibia omnes testacea. - Calyptra pallida. - ZZalteres lutei, Maris et Feem. Series frontales setarum, longe a radice antennarum si- sientes. Foem. difert a mare preeter characteres sexuales. Abdomine toto luride luteo vix grisei adsperso; et Femoribus etiam anticis totis testaceis, Non raro legitur in collibus et planitie agri parmensis. Ejus larva aliquando inventa inter canaliculos foliorum Chenopodii Urbici et albi, quibus imagines domi orta sunt mensibus Junio et Julio. ANTHOMYINA ITALICA 165 Sp. 8. C. Cunicularia Piccioli (in scheda).. Feem. Similis foemine Chenopodiî a qua tamen distincta. Abdomine toto griseo etiam apice, et femoribus anticis superne ni- gricantibus: qua nota difert etiam a Conformi Fall. Alii characteres ut in precedente. Foeminam unicam possideo in Etruria captam a doct. Piccioli, Sp. 6. C. Perforans Mihi. Mas. Varietatem esse dubito maris Chenopodii, nam diversus tantum videtur /ilta frontali tota etiam apice fusco-grisea, non rufa, cet distantia oculorum paulo minore, qui vix linea nigricante sejuncti sunt. - Caetera ut in mare Chenopodii. Unicum marem legi in planitie parmensi tempore cestivo. Mari Zyosciami non adseribendus colore femorum anticorum nigri- cante, non ut in sequentibus rufotestaceo.- Sp. 7. C. Hyoscyami Myn. Pnz. Mgn. Macq. Lett. Schin., V. Descript. Zett. Anthom. N. 176. Mas distinctus a praecedentium maribus femoribus anticis totis ut sequentia rufis, et a Cuniculari et Chenopodii etiam vitta frontali nigricante, non anlice rufa. Foemina vitta frontali pariter distincta ab aliis foeminis non rufa sed nigricante etiam anlice. Imagines non vidi, sed in ZZyoscyami Nigri foliis, larvas aliquando observavi inter duas epidermides viventes. Sp. 8, C. Effodiens Mihi.- (Fem.) Long. mill. 5. Antenne tota etiam basi nigra. - Palpi testacei, anguste ad apicem nigri. - ZYons postice griseo fusca, anlice rufescens et orbitis al- 164 C. RONDANI, bicantibus. - Series frontales seturum usque ad radicem anten- narum product. Abdomen griseum, ventre et apice luteis. Pedes femoribus anticis extrinsecus nigricantibus, sequentibus cum tibiis omnibus luteis, grisei-albidi adspersis. Cretera ut in foeminis praecedentium. Unicum exemplar Melitense a clar. Schembri oblinuùi. Sp. 9. C. Sulcans. Schembri (in Scheda). Foem. similis feminis precedentium et precipùe E/fodientis, etiam se- riebus setarum frontalium usque ad radicem antennarum productis, sed ab hac et ab aliis diversa femoribus omnibus nigricante- griseis. Abdomine vero etiam apice griseo a foemina praecedentis quoque distincta, Unicum specimen ab insula Melita misit.. clar. Schembri. Sp. 10. C. Terebrans Tacchetti (in Scheda). - Long. mill. d. Mas. Caput fulvescens albidi nitens, vitta frontali fulva. - Antenne etiam basi, ut palpi toti nigra. - Series frontales setarum longe a radice antennarum sistentes. Corpus nigricante-grisescens. - Thoracis dorso vitta intermedia fu- sciore, et abdomine vitta longitudinali nigricante distinctis. Ale sublimpida venis nigricantibus, transversa exteriore SO - Calyptra albida. - Halteres flavidi. Pedes nigri tibis omnibus et totis fulvescentibus. Windobone lectus a nob. Car. Tacchetti, et mihi transmissus mas speciei, qui inter nostrales hic positus pro comparatione. Sp. 11. C. Trichodactyla Mini. - (Mas.) Long. mill. 4. Fusco-grisea, capite paulo albicante-sericeo. - Oculi maris superne subcontigui. - Arista non omnino nuda sed paulo pubescens. - ANTHOMYINE ITALICE 165 Palpi ut Antenne toti nigri. - Epistomium paulo prominens. - Thorax non distinete nigricante vittatus. Abdominis dorso, vitta longitudinalis, nigricans adest, marginibus ‘sub rectis et ad saturas segmentorum sub-interrupta. Calyptra albicantia. - Halteres flavidi. - Ale sublimpide, costa sub- nuda, spinula non distincta, vena transversa exteriore vix sinuo- sa, interiori contra apicem sita secunde Iongitudinalis. Pedes nigri; femoribus posticis subtus ad apicem longe, ad basim breviter setosis: tidîîs propriis in latere anteriori setulis aequalibus per totam longitudinem ciliatis: Metatarsis intermediis superne se- tis longiusculis 4-8 ornatis. Marem unicum legi in colle subapennino lunensi, tempore cestivo. Sp. 12. C. Cilicrura Mihi. - (Mas) mill, 4. (Foem.) mill. 3. Caput albidi sericeum, fronte non potrecta, ore parum reflexo. - Oculi maris in fronte subcoherentes. - Antenna ut palpi nigra, - Vitta frontalis nigricans. - Arista paulo puberula. - Thorax fu- sco-grisescens , vittis tribus fuscioribus, latiusculis in dorso, et metathorace griseo-cano. Alco sublimpide, vena transversa exteriore parum obliqua, subrecta. - Calyptra alba. - Halteres lutei. Abdomen cinerascens, vitta dorsuali nigricante, et incisuris segmen- torum leviter fuscis: appendiculis ani parvis. Pedes nigri: femoribus posticis prope basim inferne subnudis, tibiis popriis in latere anteriori setulis rigidis aqualibus per totam lon- gitudinem ciliatis: metatarsis nullis superne setigeris. In tota Italia etiam insulari legitur frequenter a Majo ad Augustum, Sp. 13. C. Angustifrons Mgn. Fusciceps var. Zell. - Aricia N. 165. Excepto colore faciei et epistomii subrufescente, characteres omnes Fuscicepsidis Lett. Angustifronti Meigenii conveniunt: sed ut suspi- 166 C. RONDANI, catur clar. Zett. color iste in junvenilibus tantum observatur, ut cognovi comparatione nonnullorum exemplarium in quibus caput rufescit, in aliis vero minus, vel nihil, et sic caput nigricans est albidi-niteus. Characteribus auctorum adde: Femora postica inferne etiam prope basim setigera et piligera. Vitta frontalis in adultis nigricans, in juvenilibus rufescens. Abdominis vitta nigricans dorsualis; irregularis, incisure segmento- «rum non fusco-marginatee, etc. Raro lecta in montuosis agri parmensis tempore zestivo, et exempla- ria, utriusque sexus, non nulla, in Pedemontio legit eq. Gar- biglietti. Sp: t4. C. Cinerella Fall. Zett. (non Mgn.) et alior. % V. Descript. Zetterst. Aricie N. 227, cui adde: Femora postica inferne late subnuda in parte basali. Tibice posticre nec intus nec anlice ciliate. - Alarum vena tran- sversa exterior parum obliqua et plus vel minus sed paulo si- nuosa. Fomine frons antice late vel anguste sed semper rufescit. Vulgaris in agro parmensi toto anno entomologico, et in tota Italia etiam insulari ab amicis inventa. Sp. 15. C. Albula Mgn. Macq. (in scheda) Buccata all. p. - Albescens Zett. Schin. Cinerea Desv. Macq. (Suit. a Buf.} V. Descript. Zetterst. - Aricie N. 130, cui adde: Abdominis segmenta margini postico tantum setosa; incisuris sepe paulo nigricantibus. ANTHOMYINA ITALICA 4167 Tibice posticre maris intus setulis erectis in parte media munite. Oculi maris remoti et foemina fere ut in alio sexu modice distan- tes; et arista in utroque sexu pilosula, quamvis breviter, in hoc genere sp. hanc fere extraneam faciunt, sed nisi generis proprii typica., ubi melius locanda? Frequens in agri parmensis collibus et planitie a Majo ad Jalium. Etiam in Italia meridionali lecta a prof. A. Costa. Sp. 16. C. Buccata Fall. Mgn. Zett. Schin. (Gen. Limnophora) Macg. V. Descript. Zett. Aricice N. 116, cui adde: Tibice posticee maris in medio lateris interioris , setulas aliquas dis- tinctiores suberectas, prebentes. Species in foemina facile distinguenda fronte parum lata, seu sat angustiore fronte congenerum. Non frequenter legitur in collibus at planitie agri parmensis, In Etru- ria etiam lecta a doct. Piccioli. Sp. 17. C. Histrio Zett. V. Descript. ejusd. Auct. Aricie N. 127, in qua notandum: 4bdo- minis segmenta in disco setis longis nullis, sed marginalibus sat validis armata esse; et Z%bias posticas maris, antice subnudas, et intus serie setularum per totam longitudinem ciliatas. Femina vena transversa sinuosa, et segmentis abdominis fusco mar- ginatis dignoscenda ab affinibus, Raro legenda in collibus agri parmensis: In cortice arborum mares inventi mense Majo, Sp. 18. C. Laminifera Miki. - (Mas) Long. mill. 5. Caput fusco-grisescens, vitta frontali rufescente. - Oculi in fronte subcoherentes, ista ut os parum porrecta. - Arista puberula. - 168 0. RONDANI, Thorax dorso non. manifeste vittato. - 4bddomen cinerascens, vitta dorsuali ‘et limbo postico segmentorum nigricantibus. - Calyptra leviter subfusca. - Zalteres lutei, - Ale leviter subinfuscat®e;.ve- na transversa exteriore recta; spinula coste nulla. Pedes nigricante-picei, nec antice nec intus distinte setulosi in: tibiis posticis etiam maris. Organa copulatoria masculi laminis duabus longis, albido-subluteseen- te-sericeis, ventri innixis, concomilata. Semel marem inveni mense Julio in collibus agri parmensis. Sp. 19. C. Incognita Mihi. Similis habitu, colore at statura Anth. Dissecte Meig, sed certe di- slinceta. - Arista magis pubescente. - Genis ante oculos satis an- gustis. - Alarum spinula costali sub indistineta. - Abdominis seg- mentis ad basim late nigro-fasciatis, fasciis ad latera attenuatis ; vitta dorsuali intermedia in nigredine-fasciarum subconfusa. Alii characteres circiter ut in Zissecta, scilicet: Ale infuscate, venis longitudinalibus quarta et quinta apici parallelis. - Calyptra fusco-flavescentia. - ZFemora postica per totam longitudinem in- ferne setigera; tibiis propriis saltem in mare, intus setulis vali- diusculis paucis in medio munitis, Exemplaria duo mascula inveni in collect. Mussino, qui in Pedemon- tii alpibus ea detexit. Sp. 20. C. Ignota Mihi. - Long. mill. 3. Mas. similis iterum ZDissecte Mgn. et Incognite precedenti, sed ab utraque diversa, statura minore. - Alis sublimpidis non manifeste infuscatis. - Calyptris albidis. - Arista subnuda. - Thorace cum scutello griseo. o A prima vero difert: Genis ante oculos angustissimis. - Tibiîs posti- cis in latere interiori setulis nullis distinctioribus munitis. - Spinula costali sat exigua, etc. ANTHOMYINA ITALICA 169 A secunda distincta etiam 4bdomine fasciis transversis basi segmen- torum saltem ad latera minus perspicuis, etc. Marem tantum inveni mense Octobre in collibus ditionis parmensis. Sp. 21. C. Trapezoides Zett. V. Descript. ejusd. Auct. Ariciae N. 167. Mas valde similis mari C. Sepie Mgn. statura, colore, forma, etc. sed ab eodem sat diversus et statim distinguendus, costa alarum lim- pida etiam inter venas longitudinales primam et secundam, non ibi macula fusca notata ut in Sepia; et organis copulatoriis in mare appendicibus parvis, non lobis validis concomitatis. Exemplari nostro descriptio 7rapezoidis Zetterstedtii omnino convenit, tamen statura istius a me observati paulo minor, et maculz tra- peziiformes fasciam dorsualem latam abdominis constituentes mi- nus distinete, ita ut dorsum late nigrum appareat lateribus paulo grisei adspersis. Cave ne sp. hanc confundas cum Anthomyia sulcicentri, cujus squama infere calyptroruin a superis non omnino tecte sunt, ct oculi in fronte arcte choerentes, qua iste non conveniunt. Marem unicum inveni mense Majo in colle parmensi. Sp. 22. C. Histricina Mihi. - Long. mill. fere 4. Mas niger, parum grisei adspersus. - Capite albidi nitente. - Zrons non porrecta. - Os paulo reflexum. - Gene anguste. - Oculi in fronte sat proximi sed non subcontigui, vitta interposita nigra. - Arista puberula. - Thorax nigricans non distinete grisei vittatus. - Abdomen nigrum, subgrisescens, vitta longitudinali atra parum distinguenda ; ano breviter tuberculato. - Calyptra albicantia. - Halteres lutei. Ale prasertim basi et coste infuscate ; spinula subnulla: vena tran- sversa exteriore recta. - /edes atri, femoribus posticis subtus. totis setosis, et extra setis sat validis et longis armatis. Bis marem legi tempore estivo in apennino parmensi,. 170 C. RONDANI , Sp. 25. C. Divergens Mihi. - Long. mill. 3. Caput albidi sericeum; genis inferne augustis; fronte et ore paulo porrectis. - Arista nuda. - Z'itta frontalis in mare nigra, in fee- mina picea. - Thorax grisescens, fusci subvittatus. - Abdomen maris paulo cinerascens, vitta dorsuali fusca, augusta lateribus subrectis in segmento ultimo vix continuata; foemine vitta fusca non di- stincta. Alce levissime fuscescentes; costa subciliata, spinula exigua parum distincta : venis longitudinalibus quarta et quinta ad apicem paulo divergentibus, non perfecte parallelis: transversa exteriore parum sinuosa. - Calyptra alba. Pedes nigricantes, geniculis et basi tibiarum fusco lutescentibus, in foemina minus anguste. Uterque sexus in agri parmensis collibus a me Jectus fuit mense Majo. Sp. 24 C. Platura Mgn. Zett. Schin. Macq. V. Descript. Zett., Aricie N. 188, cui adde: Halterorum petiolum basi obscura. - F'emora postica subtus prope basim setis destituta ; tibiis propris intus et antice subnudis ; arista basi brevissime incrassata, etc. Sp. Platura sat rara apud nos, bis in planitie parmensi lecta exem- plaria mascula. In bulbis alliorum ejus larva vivit, teste Goureau. Sp. 2%. C. Intersecta Mgn. Zett. Schin. V. Descript. Zett. Aricia N. 161. In exemplaribus nostris, vittee tres nigricantes thoracis parum di- stinete sunt, et aliquando intermedia in duas divisa apparet, sic ut. quadrivittatum dorsum considerandam sit. ANTHOMYINA ITALICA 47A Frontis vitta foeminee rufescens, sed in mare specimina vidi cujus vitta frontalis picea, vel nigricans. Fascia nigricans dorsualis abdominis in foemina semper, in mare aliquando parum perspicua. Pedes utriusque sexus plus vel minus picei, non omnino nigri. Or- gana copulatoria maris appendicibus mediocribus munita. (Nora) Ejus larvas inveni in stipite Euphorbia palustris, ex quibus imagines domi ort®. Larva apoda, albicans subtranslucida, vix in medio irregulariter fu- scescens, etc. Non infrequenter in planitie parmensi invenitur ab aprile ad junium. Sp. 26. C. Muscaria Mgn. Macq. Zett. Schin. - Long. mill. 4. _® V. Descript. Zett. Aricie N. 162. (esclusa syn. Fabr.) In paucis maribus a me lectis suture segmentorum non manifeste nigricantes. - Spinula costalis subnulla. - Femora postica intus et extra longe pilosa, tibiis propris intus et antice non setulosis. Rarissimo mares legi primo vere in collibus agri parmensis. Sp. 27. C. Floccosa Macq. V. Descript. ejusd. auct. Suite a Buf. Chortoph. N. 12, cui adde: Spinula costalis alarum validiuscula. Arista puberula. - Tidi@ po- stice in mare setulis erectis aliquibus in latere interiori munite. - l'emora intermedia setis validis subtus munita in parte basali. Calyptra in exemplaribus nostris non nisi levissime flavicantia. Mares duo a me lecti fuerunt in collibus apennini parmensis, et pa- riter exemplar masculum legi in apennino lunensi, tempore estivo. Sp. 28. €. Longula Fall. Zett. Schin. (non Mgn. nec Macq.). V. Descript. Zett. Aricie N. 179. Arista pubescens. - Thorax in dorso vittis duabus nigricanlibus si- gnatus, distantibus. - 4bdominis vita nigricans dorsualis augusta, ad 172 C. RONDANI, incisuras segmentorum paulo interrupta. - 4/e venis longitudina- libus quarta et quinta etiam apice subparallelis, transversis, sem- per quamvis dilute fusco limbatis: spinula costali valida. - Calyptra lutescentia. - T'ibie posticae maris intus setis rigidis aliquibus mu- nite, superis paulo majoribus. | Mares aliquos legi in collibus subapenninis parmensibus et duo Bo- nonize caplos a nob. Tacchetti obtinni. 20) Sp. 29. C. Dissecta Mgn Macq. Schin. V. Descript. Zett. Aricie 159, cui adde: Spinula costalis alarum validiuscula. - Gene late. Femora postica inferne tota setigera; tibiis prSpris intus setulis aliquibus crectis in mare preeditis, et quamvis minus etiam in foemina. Ale fusca in mare, minus in alio sexu. - 4bdomen anguste ad basim segmentorum nigro-fasciatum, vitta dorsuali obscuriore , fasciis. et vitta in foemina non sat distinctis; foeminzse frons antice rufescens, Rarissimo mares legi in collibus parmensibus tempore estivo, feminam, auctoribus ignotam, semel inveni. Sp. 30, €. Varicolor Hgn. Macq. Walk. Schin. V. Descript. in op. Meigeni. - ./nthom. 146. Mas stalim distinguendus a maribus proximis, abdomine prater fa- sciam dorsualem vitta ad unumquodque latus obseure fuscis. si- gnato, et margine postico segmentorum linea pallide grisea cineto. Preterea Arista vix pubescens. - Oculi in fronte non subeontigui sed aliquantulum remoti. - 4/@e paulo fuscescentes, spinula valida armate; vena transversa exteriore recta. - Organa copulatoria lobis mediocribus nigris munita. - £emora postica inferne per totam longitudinem setosa; tibiis propriis intus setulis distinetio- ribus nullis instructis. Femina vitte abdominis fusce minus aut non manifesta. - Frons ANTHOMYIN® ITALICA 1753 anlice paulo fusco-rufescens vel picea, vitta intermedia amplissima, orbitis sat angustis. Non infrequens in collibus et planitie agri parmensis tempore verno. Sp. 34. C. Pudica Mihî. Mgn. - Long. fere. mill. 5. Mas similis mari praecedentis a quo vero distinguendus: 4bdomine nec ad latera fusco vittatus nec incisuris segmentorum grisei li- neatis; et tibiis posticis setulis aliquibus validiusculis intus pra- ditis, non subnudis; preterea in hoc. Vitta frontalis rufescens non nigra, oculisque in medio contiguis non paulo remotis. - Z'horacis dorsum nigro trivittatum, vitta inter- media distinclissima, lateralibus latis parum determinatis. - Or- gana copulatoria etiam minus valida, nigra. Creteri characteres ut in Z’aricolore. - Foeminam non vidi. Mas tan- tum a me observatus in Pedemontio inventus ab eq. Truqui. Sp. 52. C. Impudica Miki. - Long. mill. 4-B. Mas similis maribus duarum specierum proecedentium, sed ab utra- que diversus, organis copulatorîs, lobis validis concomitatis, ad basim rufescentibus, alibi nigris. A Varicolore etiam difert, vitta unica intermedia nigricante abdo- minis. - Ybiis posticis intus setis distinctioribus muniltis, et Z'ho- racis dorso vittis tribus nigricantibus magis distinetis, intermedia distincliore. A Pudica vero, oculis in fronte non conliguis sed aliquantulum re- motis, vittaque interposita nigra non rufescente. 7 Femina difert a foeeminis: Z'aricoloris fronte magis rufescente, et orbitis latiusculis, neque duplo angustioribus vitte interposita. .Z'i- biisque posticis ut in mare setulis aliquibus validiusculis intus armalis. Raro legitur in collibus agri parmensis tempore estivo, exemplar masculum alpinum in collectione Mussino extabat : LS 174 | C. RONDANI, Sp. 33. C. Sepia Mgn. Macq. Rndn. (1) Zett. Walk. Schini® V. Descript. Zett. 4ricie N. 148, cui adde: Coste alarum macula nigricans vel fusca inter duas venas primas longitudinales. - T'ibie postica setulis aliquibus validiusculis intus preeditee. Vulgaris in tota Italia: preesertim in campis segetum. Gen. XIX. Eripnia Mgn. Macq. Char. gen. Gene inflatee et setulis hirtee. - Os hirsutum. - Oculi nudi, in fronte maris contigui. - Palpi crassi. - Antenne breves, articulo tertio parum longiore praecedente. - Arista subnuda. - Abdomen pre- sertim ad apicem setis crebris hirtum. - Zidie intermedia paulo incurvae et selis validis in parte apicali armata. - Calyptra parva squama supera inferiorem tegente, etc. Spec. Ital. — I. Cinerea Mygn. Observat. Sp. A. E. Cinera Mgn. Macq. V. Descrip. in opere Meigenii. Tom. V. In alpibus Pedemontanis lecta a prof. Bellardi. (1) Ejus larva in culmo graminacearum cerealium a me observata et in diarlis Nwovî annali delle Scienze naturali di Bologna anno 1843 descripta, et iterum 41864 in dia- riis Alti della Società Italiana di Scienze Naturali. ANTHOMYINE ITALICA fi 1785 Gen. XX. AcyreLossa Mihi.. Char. Gen. Oculi nudi, in fronte maris approximati, sed non subconligui. - 4n- lenne breves, articulo tertio longitudine parum diverso a prece- dente. - Arista nuda. Proboscis ad apicem.sub-acuminata, labiis inferis omnino destituta. Calyptra parva, squamis inferis a superis omnino tectis, Alarum vene longitudinales quarta et quinta ad apicem manifeste divergentes; seplima analis margini producta, Abdominis segimenta setis longis et validiusculis biseriatim cincta organis eopulatoriis parvis. Tibie intermedie retro et extra setigera. Sp. Italica unica. — 4. Diversa Ahi. Descript. Sp. 1. A. Diversa Mihi. - (Mas) Long. mill. 4-b. Corpus totum nigro-nitens vix grisei adspersum, lineis et vittis nigrio- ribus non distinctis, nec thoraci nec abdominî. - Capite albidi ni- tente. - Frons angusta, vitta intermedia nigra. - Os porrectum satis setosum. - Ale paulo infuscate, costa et basi fuscioribus; spinula costali sub indistineta: vena transversa exteriore recta, et brevior distantia ab apice venze sexta longitudinalis. - Calyptra albicantia. - Halteres testacei, capitulo partim fusco. Femora postica inferne tota setigera, tibiis propriis nec intus nec | antice setulis distinctioribus instruclis. I Mares duos tantum observavi, unum a me lectum in apennino par- mensi; alium a prof. A. Costa missum, ad Neapolim inventum. 176 C. RONDAN») Gen. XXI. HyLemvia Desv. p. Macq. Mygn. p. 7, Rndn. Schin. P: Chorthophila p. Macq. - Anthomyia Mgn. Schin. p. Aricia Zett. p. - Anthomyza Zett. p. - Musca Z'all. Adia p. Delia, etc. Desv. Char. Gen. Oculi nudi, in fronte maris salis proximi vel subcontigui. - Arista pilis distinctis vel longis munita. - Gene non setulose. - Os non hirsutum. - Proboscis ad apicem distinete subtus labiata. - Calyp- trorum squame infere a superis omnino tecle - A4/larum vena septima longitudinalis margini producta. - 'ibi@ intermedi retro et extra setigere. - Hemora antica etiam in mare ad apicem simplicia. Species Italice. A. Tibia omnes nigre vel nigricantes; vix posticee aliquando in medio picer. B. Zena transversae alarum plus vel minus sed manifeste fusco- limbatre. Sp. 4. Pullula Zett. BR. Zena transverse non:manifeste fusco-limbatx. C. Tibia postice maris antice setulis vel pilis ciliato. D. Tibia posticae maris antice setulis rigidis ciliato. - Arista utriu- sque sexus breviter pilosa. Sp. 2. Seticrura Mihi. DD. Tibia postice maris pilis flexis antice ciliata. - Arista utriusque sexus longe pilosa. Sp. 5. Flavipennis Fall. CC. Tibia postice maris antice subnudx. ANTHOMYINZE ITALICE 177 E. Arista breviter pilosa, non plumata. | F. Zenter maris pilis longissimis vin medio penicillatus. - Z'ibie postice, intus setulis nullis distinetioribus' observandis. Sp. t. Penicillaris Mihé. FF. Zentermaris pilis brevibus vel longis sed non longissimis in medio preeitus. - Zibie postice intus; setulis distinetioribus aliquibus instructa. G. Femora postica in parte basali setis validis inferne destituta. H. Tibie antica setis aliquibus, praeter apicales, instructe. Sp. B. Antiqua Mgn. HH. Zibi@ Antic@, preter apicales setis omnino destitutse, Sp. 6. Brunescens Zett. GG. FMemora postica etiam in parte basali setis validis subltus armala. Sp. 7. Spinosa Mihi. EE. Arista pilis longis radiata, vel plumata. I. Scutellum griseum vel fuscum unicolor, aut vix in medie fuscior. K. Spinula coste alarum valida. -. Gene anguste. Sp. 8. Variata Fall. KK. Alarum spinula costalis parva. - Gene late. Sp. 9. Grisea all. JJ. Scutellum cinereum nigro macalatum. Sp. 10. Hilaris Fall. AA. Tibice omnes, vel saltem quatuor posticxe, lutea vel testacca. L. lemora saltem antica, tota vel late nigricantia. Vol. IX. 12 178 G. HONDANI; M. Arista breviter pilosa, N. enter maris penicillo longo pilorum preeditus. - Abdominis segmentum apicale latitudine longior. Sp Ai. Tibiaria. Mihi. NN. Zenter maris non penicillatus. - Abdominis segmentum api- cale longitudine latior. = Sp. 12. Bracata Mihi. MM. Arista plumata. O. Palpi nigri vel nigricantes. P. Femora omnia in mare nigricantia. Abdomen fomine vitta nigricante dorsuali distincta (1). Sp. 13. Strigosa Fabr. PP. Femora antica tantum in mare nigricantia. Abdomen foemine dorso non nigro-vittato manifeste. Sp. 14. Nigrimana Mgn. LL. Z'emora omnia etiam antica, ut tibie omnes testacea, in. utro- que sexu. i (4) Hic pone Sp. Coarctatam Fall; în Italia si in posterum inveniatur, sectionem P. sic dividendo. p. Tibie antic@e etiam maris, saltem late testacese. = Femora postica in parte basali setis validis inferne destituta, ecc. H. Coarctata Fall. pp. Tibie antice saltem maris nigricantes: - Fenora postica etiam ad basitn setis validis, inferne armata, ecc. H. Strigosa Fabr. Marem danicum Crarctale a clar. Steger obtinui, ANTHOMYINE ITALICE 4179 O. Zena transversa exterior valde obliqua et sinuosa. Arista plumata. Sp. 15. Praepotens 77 dm. 0Q0. Zena transversa exterior subrecta et non valde ebliqua. - Ari- sta breviter pilosa. Sp. 16. Garbigliettii Miki. 00. Palpi voti lutei. Sp. 17. Arrogans Miîhi. ‘Observ. et Synon. Sp. 4. H, Pullula Zett. Longula Mgn. Macq. (non Fall.) (4) Schin. (Anthomya). V. Descript. Zetterstd. Aricie N, 60, cui adde: Arista breviter pilosa. - Alarum spinula costalis valida. T'ibi@ posticae maris, intus in parte media setulose: utriusque sextts aliquando paulo fusco-rufescentes. Organa copulateria maris valvis porrectis munita. Non rara in agri parmensis planitie et collibus ab Aprile ad Julium. Etiam in agro bononiensi a nob. Taechetti lecta. Sp. 2. H. Seticrura Miki. - (Mas) Long. mill. 6. Arista breviter et crebre pilosa. - Antenne, palpî, vitta frontalis, anum et pedes nigra. (4) Zonguta Fallerii Anthomyis nostris pertinet. V. Gen. istud. 180 C. RONDANI, Corpus grisescens, viltlis tribus. Thoracis et unica dorsuali abdominis nigricantihus. Ale paulo fusco-lutescentes, preesertim ad costam, ista spina ordi- naria satis parva; vena transversà exteriore paulo sinuosa. - Ca- Iyptra sub-albida. - ZZalteres lutei. T'ibie posticae maris antice per. totam longitudinem setulis rigidis ciliatae, intus setulis validiusculis preedite. Organa copulatoria lobis perrectis concomitata. Mares aliquos tantum legi tempore cestivo in planitie parmensi. Sp. 3. H. Flavipennis. Hall. Zett. Walk. Schin: Crassirostris Mgn. Macq. (Fem). V. Descript Zett. Aric. N. 34, cui adde: T'ibie posticee maris in latere anteriori pilis, non .longis, sed distinclis, crebris, et flexis ciliatee, intus vero setis esilibus, longiusculis, non crebris munita. l'eminam Apennini, et'aliam insubris alpina: possideo,; sed. marem col. mere danicum cl. Steger misit. Sp. 4. H. Penicillaris Mili. - Long. mill. 6 Mas; similis mari antique Meig. et affinium, sed ab. isto et. aliis. fa- cile dignoscendus ventre ad segmenta intermedia. pilis. Jongissimis fasciculatim disposilis barbato;. pilis retro directis et. apicem ab; dominis attingentibus et sepe etiam superantibus : difert etiam. ab antiqua et affinibus, tibiarum posticarum.latere interiori, setulis: di- stinclioribus destitulo. A Spinosa n. distinguitur, femoribus. posticis in parte. basali setis validis destituto. - A Brunescente Zett., tibiis anticis seta aliqua extrinsecus munitis, non preeter apicales-nudis. - Ab, Orali Desv. Macq., arista pilosa, el epistomio non distincte, porrecto, etc. Alii charecteres circiter ut in antiqua, scilicet Arista breviter pilosa. - Oculi in fronte valde. proximi. - Z'horacis ANTHOMYINA ITALICA 48f ‘. wiftae tres, ct abdominis unica nigricantes. - Spinula costalis vali- diuscula. - Zena transversa exterior paulo obliqua et sinuosa: lon- gitudinalibus quarta et quinta subparallelis, etc. Fom. difert a foemina antiqur preesertim tibiis posticis intus subnudis non setulis validiusculis aliquibus instructis. Non rarissimo capta in planitie et collibus agri parmensis. Bononixe etiam a Tacchetti, et Brixie ab Erra. Sp. 5. H. Antiqua Mgn. Zett. Schin. (Anthom.) Cardui Macq. (non Mgn.) V. Descript. Zetterst. Aricia 180, cui adde: Venter maris pilosum, sed pilis non longissimis ad anum haud pro- ductis. Utriusque. sexus tibie postice@e in latere interiori setulis distincltio- ribus aliquibus munita: antica setis nonnullis. estrinsecus pro- dito. - Femora. postica in parte basali setis validis destituta,. Rara in agri parmensis planitie primovere, Sp. 6. H. Brunescens Zett. Cujus Descript. vide, Aricia N. 66, cui adde: Tibie antico, preter apicales setis omnino destitutae. - lemora po- stica in parte basali setis validis inferne destituta ; tibiis. propris intus non omnino nudis. Organa copulatoria maris, lobis mediocribus, parum setosis preedita. Alarum vena transversa exterior subrecta: spinula mediocri, etc. Semel marem obtinui a fratribus Villa, in Insubria alpina captum. : Sp. 7. H. Spinosa Miki. Similis mari antique, sed distinelus preecipue femoridus posticis in- ferne per totam longitudinem setis validis armatis; et ‘tibiis om- 189 C. RONDANI, ? nibus magis et validius setosis; posticis intus setulis validiusculis non nullis instructis.. Abdomen dorso setuloso, fusco-griseo, vitta nigricante exili inter- rupta: ventre non longe piloso: organis copulatoriis. validiusculis et setosis, Ale ad costam spinula valida; vena transversa exteriore satis fle- xuosa. - Calyptra fusco flavida, etc. Cxeteri characteres circiter ut in antiqua: quales sunt. - Arista bre- viter pilosa. - 4/0 paulo fuscescentes, etc. Semel marem legi in apennino parmensi tempore cestivo. Sp. 8. H. Variata Fall. Mgn. Zett. Schin. V. Descript. Zetterst. Aricia N. 29, cui adde: T'ibice anticcee extrinsecus. - Postice interius, setis aliquibus distinctis munite. - Femora postica inferne usque prope basim setosa. - Or- gana copulatoria maris parum incrassata. Non frequens in tota Italia. - Specimina possideo-aliqua pedemontana collectionis Mussino. - apennina a doct. Berteo lecta, et sicula a doct. Mina Palumbo missa. Sp. 9. H. Grisea Fall. Mgn. Macq. Zett. V. Descript. Zetterst. Aricia N. 32, cui adde: Tibiee posticee maris seta aliqua validiuscula intus munite. - Alarum vena. transversa. exterior sinuosa. - Genitalia parva. Marem: unicum possideo in apennino captum tempore cestivo. Sp. 10. H. Hilaris Mall. Mgn. Maeq. Lett. Schin. V. Descript. Zett. Aricia 55. Maris tibie postica setis aliquibus intus preedita. - Zemora postiea inferne usque prope basim setigera.. ANTHOMYINA ITALICA . 485 Marem legi in collibus subapenninis mense Aprile, et foeminam satis parvam invenit doct. Berteus in apennino, vix longam mill. 4, dum maris longitudo mill. 9. - Foeminam gallicam cl. Macquartius misit. Long. mill. 6. Sp. 41. H. Tibiaria Mihî. - (Mas) Long. mill. 6. Mas similis maribus Penicillaris, Antique et affinium, sed ab omnibus statim dignoscenda, tibiis saltem quatuor posterioribus testaceis. Venter ut in penicillari fasciculo longe pilorum instructus est, sed difert praeter colorem tibiarum, etiam setis aliquibus distinctioribus in latere interiori posticarum ut in antiqua, a qua diversa prea- sentia penicilli longi ventralis, etc. Preterea arista breviter pilosa. - Tibice antice extrinsecus seta ali- qua munita praeter apicales. - /emora postica subtus in parte ba- sali non setigera, etc. Charact. alarum thoracîs et abdominis fere ut in Penicillari. Marem unicum a clar. Geneo olim obtinui in alpibus pedemontanis lectum. Sp. 12. H. Bracata Mihi. - Long. mill. 3-4. Antenne nigricantes basi picea. - Frons maris angustissima, utrius- que sexus vitta frontalis antice rufescens. Arista sat breviter pilosa. - /’alpi extrinsecus nigricantes, intus lu- tescentes. - Thofax cum scutello, ut abdomen griseo-sublutescens ; thoracis vitta supera fusciore plus vel minus observanda. - Abdo- minis vitta dorsualis nigricans distincta. Alce dilute lutescentes; spinula costali valida; vena transversa exte- teriore subrecta ; longitudinalibus quarta et quinta extrinsecus subparallelis. - Ca/yptra albida. - HMalteres flavidi. - Pedes nigri- cantes, femorum apice, tibiis intermediis tolis, anticis et posticis late ad basim luteis: posticis intus et antice subnudis, femoribus propriis inferne usque prope basim setosis. Non frequens in agro parmensi tempore sestivo. - Etiam Bononi» lecta a Tacchetti. 184 C. RONDANI , Sp. 13. Il. Strigosa Zabr. Macq. Mgn. Lett. Rndn. Schin. Conica 7. Fall. - Vagans Pnz. - Strenua Desv. V. descript. Zetterst. Anthom. 20. Tibia postice maris intus setis aliquibus preedita. - Palpi nigri, istam precipue sejungunt ab arrogante. Foeminas seepe vidi larvas non ova deponentes. Vulgaris in toto anno entomologico a Pedemontio ad Melitam. Sp. 14. H. Nigrimana Mgn. Zett. Schin. Coujuneta Macq. (non Mgn.) V. Descript. Zetterst. Anthom. 24. Marem tantum entomologi legerunt, foemina forte latet in varietatibus femineis Strigose. Nondum in Italia capta, sed facilius invenienda. - Exemplar masculum collect. mex Germanicum a clar: De Roser missum. | Sp. 15. H. Proepotens 7/7 dm. Fall. Mgn. Macq. Zett. Schin. V. Descript. Zetterst. Anthom. 75. Prepotens Walkerii segmentis abdominis migro marginatis, ist non pertinet, forte var Strigose. Specimina nostra tibias posticas intus subnudas prabent, et anticas extrinsecus setis aliquibus instructas prater apicales. Mas non frequenter legitur, foemina rarius in montuosis agri parmensis. In Jusubria lecta olim a Marietti et in Etruria a doct. -Piccioli. Sp. 16. H. Garbiglietti Mih:. (Foem.) long. mill. 4-5. Fom. Grisea antennis et palpis nigris. - Arista breviter pilosa. - Frons antice late rufa. - Thorax et Abdomen non fusco nec, ni- gricante lineata. - 4/e dilute lutescentes. - Calypira albida, - Has- ANTHOMYINA ITALICA 185 teres pallidi. - ZTena transversa exterior alarum subrecta vel vix flexa et non distinete obliqua: longitudinalis quarta cum quinta paralleliter decurrens. - Spinula costalis valida. Pedes toti fulvi, tarsis tantum exceptis nigris. - Tibiis anticis extrin- secus selis preeditis supra apicales. Foeminas tantum duas observavi in Pedemontio captas ab eq. doct. Garbiglietti. | Sp. 17. H. Arrogans Mihi - (Foem.) long. mill. Statura et habitu similis Strigosee, sed ab ista et a proximis statim distinguenda, colore luteo palporum: quo charactere affinis vide- tur Regenti Widm., sed etiam ab hac specie, nostra notis pluri- mis diversa, ut in diagnosi sequente. Cinerea, capite albicante, antennis totis nigris, arista longe pilosa: vitta frontali nigricante, orbitis angustiore. Thorax linea nigricante dorsuali et maculis duabus lateralibus prope radicem signatus.- Scutello cinereo lateribus atris. - Calyptra albida. - Halteres lutei. - Ale paulo fusco-lutescentes, venis aliquantulum fusco-limbatis, preesertim transversis, et secunda longitudinali ad apicem: transversa exteriore parum flexa. Abdominis segmenta ab basim anguste fusco-cineta, fuscedine ad latera paulo latiore: segmentum ultimum apice luteo; omnia mar- gini postico tantum setigera. Pedes fulvi, femoribus anticis superne paulo infuscatis tarsisque omnibus nigris; istorum antici tibiis longiores. Semel foeminam legi in colle ditionis parmensis. Gen, AXII. Cuvrosia Andn. Aricia Zett. Antomyza /7ahlb. Zett. Char. Gen. Oculi nudi, in fronte utriusque sexus distantes. - ./ntenno deflex®, articulo tertio oblongo, arista vix puberula. - Alarum spinula co- 186 C. RONDANI, stalis indistineta; vena septima longitudinalis margini postico pro- ducta - Calyptra parva, squamis inferis a superis omnino tectis. - Tibie intermedie extrinsecus setis destituta, vix aliqua posteriori praedita:, supra apicalem. - Genitalia maris paulo incrassata. - Pul- villi tarsorum paulo longiusculi in mare (4). Species Italica unica. — J. Albimana 77 ahlbd. Observ. et Synon. Sp. 4. Ch. Albimana Z7ahlb. Zett. Albitarsis Zett. Andn. V. Descript. Zetterst. Anthom. 106. Aricia 225. Character precipuus distinctionis in tarsis anticis observandus, saltem in mare, quorum basis albicans. Sp. sat.rara, in agro parmensi lecta tempora zeslivo. Gen. XXIII. Scnanomyza Halid. Litorella Radn. - Coenosia Schin. Ochtiphila Fall. Mgn. Macq. Lett. Char. Gen. w Oculi nudi, in fronte utriusque sexus remoti. - Antenna sub-erecte, paulo divergentes; articulo tertio latiusculo, apice oblique subacu- minato. - Arista subnuda. - Os ad latera seta unica mistacina preeditum. - Alarum spinula costalis indistineta: vena septima longitudinalis sat brevis. - Calyptra parva, squamis inferis a su- (41) Genus istud et tria sequentia, Scatophaginis, in Prodromo, abseribebam, characte- ribus consideratis, oculorum distantia in mare et squamis inferis calyptrorum tectis a Superis; sed nunc notam abdominis majoris prati exstimando, numero segmentorum in illa stirpe 5-6 suba@equalium, non 4 tantum ut istorum, Anthomyinis melius refe- renda esse puto, - Calyptrorum structura C@nostis non ‘conjungenda. i ANTHOMYINA ITALICA 4187 peris omnino tectis. - Tibice intermedie retro et extra setigere. - Genitalia maris vix porrecta. - Pulvilli tarsorum in utroque sexu parvi. Species Observata. — 1. Litorella Fall. Observ. et synom., Sp. 4. Sch. Litorella Fall. Mgn. Macq. Zett. Schin. Litorea Zalid. (Entomol. Magaz. 1). Ochtiphilina Andn. (Prod. I.) V. Descript. Zetterst. Dipt. Scand. V, p. 1951. Antennarum structura, et colore albissimo frontis etc. sp. facile di- gnoscenda. Nondum in Italia capta sed faciliter invenienda,. Exemplaria collectionis mere danica a Clar. Staeger missa. Gen. XXIV. CaeLISIA Andn. Crenosia Mgn. Schin. Aricia Zett. Char. Gener. Oculi nudi in fronte utriusque sexus remoti. - Antenne deflexe, ar- ticulo tertio elongato. - Arista distincte pilosula. - Os sub mista- cinas ordinarias, selis inferne marginatum. Ale spinula costali distincta: vena longitudinali septima elongata, marginem posticum tamen non tangente. - Calyptra parva, squa- mis inferis a superis omnino tectis. - Tibie intermedia retro et “extra setigere. - /bdomen maris genitalia lobis validiusculis pre- dita, et foeminze anum appendiculatum praebens. - Pulvilli utriusque Sexus parvi. 188 C. RONDANI, Species Italica unica. — J. Monilis Mgn. Observ. et Synon. Sp. 1. Ch. Monilis Mgn. Rndn. Schin. Umbripennis Zett. V. Descript Zetterst. 4ric.: Umbripennis. T. VIII, p. 3302. Femina color alarum minus fuscusj et frons in speciminibus, utriu- sque sexus, antice pallida, sed non lutescens. Raro inventa in planitie agri parmensis, Majo et Junio. Gen. XXV. MycopHaca findn. Ceenosia Mgn. Schin. - Anthomyza Zett. Musca Desp. Fall. Char. Gen. Oculi nudi, in fronte utriusque sexus distantes. - Antenne inclinate, elongate ; arista distinete pilosa seu plumosula. - Os setis inferne marginatum sub mistacinas ordinarias. - Zlarum vena longitudina- lis septima margini postico producta. - Calyprorum squame in- ferze a superis omnino tecta. - Tibie intermedia retro et extra setigerae. - Genitalia maris non distincte incrassata, etc. Species Italicze. A. Palpi. nigri. Sp. 4. Fungorum Dese. AA. Palpi testacei. I Sp. 2 Boletoram Mihi. ANTHOMYINZ ITALIC/E 189 Observ. et Sinon. Sp. A. M. Fungorum Desv. Fall. Mgn. Zett. Rndn. Schin. V. Descript. Zetterst. /nth. N. 124, cui adde: f'emora postica inferne setigera fere tota, non in parte. apicali tan- tum. - ene transversa exterioris distantia ab interiori non duplo minor distantia ab apice quinte longitudinalis. - Abdomen aliquando irregulariter fusco-maculatum. | I Frequens in agro parmensi fere in toto anno entomologico et ubique; eliam ab aliis plagis Italie borealis et media ab amicis missa. Sp. 2. M. Boletorum Mihi. (Mas ignotus inde generi isto dubitanter adscripta.) Foem. a foeminis praecedentis statim distinguenda colore testaceo pal- porum, non nigro; preterea, statura minore. et. aliis notis ut in diagnosi sequente diversa. afntenna:fusco-:rufescentes, apice fusciore, et articulis primis palli> dioribus. - Thorax bumeris et lateribus postice rufis::scutello. fere toto: rufo vit. basi paulo et anguste fusco:!- 7 bdominis. rufi. vitta dorsualis nigra maculis: sejunctis instructa et basi: segmenti ultimi sistente, segmenta omnia ad ununquodque latus macula nigricante ad marginem posticum notata. Ale leviter fusco-flavide: spinula costali indistincta ; vena transversa exteriore subrecta, et ejusdem distantia ab interiori duplo et ultra minore distantia ab apice quinte longitudinalis. - Pedes testacei, tarsis nigricantibus : femoribus, inferne in parte apicali tantum selosis. Foeminam tantum/legi mense Septembre in Sylva, collina agri par- mensis. 190 C. RONDANI Gen. XAVI. SyLLEGoPTERA Andn. Schin. Antbhomyia Mgn. 5. - Hylemyia Macg. 7. Char. Gener. Oculi nudi, in fronte etiam maris distantes, sed non valde. - An- tenne breves; arista plumata. - Calyptrorum squame infere su- peris sat longiores. - Ale abdomine breviores ; costa distincte ci- liata: venis transversis intermediis valde approximatis, exterioris longitudine majore distantia ab interiori: longitudinali septima, margini postico producta. Abdomen angustum, segmentis elongatis, margini et in disco setosis, genitalibus parum incrassatis. Tibia intermedie retro et extra setose. Sp. Typica. - J. Ocypterata Mgn. Observat. Sp J. S. Ocypterata Mgn. Macq. Rndn. Schin. V. Descript. in op Meigenii T. 3, cui adde notas aliquas in diagnosi generica inscriptas. Nondum in Italia capta. Exemplar masculum collettionis mea a cl. De Roser missum, in Germania captum. Gen. XXVII. opLoGAsTER Rndn. Caenosia Mgn. Macq. Schin. - Antomyza Zett, Antbomya /7'alk. - Musca Fall. Char. Gener. af Oculi nudi, in fronte utriusque sexus distantes, intus non convexi. - Arista breviter sed distincte pilosa usque ad apicem, articulo pe- nultimo non longiusculo, nec cum tertio subcubitato. ANTHOMYINAE ITALIC®A 494 Alarum vena secunda longitudinalis non producta ultra transversam interiorem: septima satis brevis: transversa exterior, brevior di- stantia ab apice sexte longitudinalis. Calyptrorum squame infere limbo anguste detecto, non superis sat longiores. Genitalia maris appendicibus et laminis duabus validissimis armata. Species Italica. A. Abdominis incisure segmentorum non nigricantes. - Antenne ar- ticulo tertio albido, apice tantum paulo fusco in foemina. Sp. J. Mollicula all. AA Abdominis incisure nigricantes. - Antenne articulo tertio nigro basi auguste lulescente. Sp. 2. Cincticula Miki. Observ. et Sinon. Sp. J. 0. Mollicala all. Zett. Walk. Rndn. Schin. Memoralis .Mgn. Macq. V. Descript. Zetterst. Anthom., N. 132. Antenna maris articulo tertio toto albido; foeminae sacpius apice plus minus fuscescente. Abdominis incisure non nigricantes, segmentis apicalibus sepe ma- gis vel minus fuscis. Non frequenter legitur in montuosis agri parmensis tempore cestivo. Sp. 2. Cincticula Miki. Fem: similis foeeminae pracedentis a quo vero distincta, incisuris segmentorum abddominis linea nigricante signatis ; antennisque certe nigris, vix radice articuli tertii lutescente. 192 C.RONDANI , Arista quoque brevius pilosula fere: pubescens tantum. Quamvis characteres maris ignoti, non observati, species. ista generi Oplogastro adscribenda, squamis superis calyptrorum inferas. fere totas tegentibus,'non sat brevioribus. lare ai Unicam foeeminam legi mense Septembre in locis al chan prope Oro- pamin Pedemontio. Gen. XXYIII, Arnericona Andn. Schin. Coenosia gn. Macq. Char. Gen. è Oculi nudi, in fronte utriusque sexus distantes: Arista nuda articulo penultimo longiusculo et cum tertio preserlim in mare ‘cubilato. - Antennarum articulus tertius sat longus et lalus. - Calyptr orum squame infero late detecte. Alarum vena transversa interior contra apicem sita prime non se- cunde longitudinalis: seplima postica non brevissima sed longior distantia a margine alari. T'ibie intermedia ut antica setis destitute, preeter apicales. Genitalia maris, laminis validis non armata quamvis ‘incrassata. Sp. Italica, -. Ji Quadripunctata Rossi Observ. ‘et Synon. Sp. J. A. Quadripunctata Rossi (non Fabr.) (4) Varia Mgn. Macq. Rndn. Schin. V. Mant. Insect. 2, p. 74. Rossi, maris diagn. Antenno basi testaceze, articulo tertio plus minusve late nigro vel ni- gricante. - Arista nuda nigra. - Thorax griseus, humeris et limbo (1) Musca quadripunclata Fabr. generi sapromyz@, in stirpe scyomyzinarum,: perline. ANTHOMYIN® ITALICA 193 scutelli fulvescentibus. - rons in medio rufescens. - Palpi lutci, - Calyptra albida limbo lutescente.-ZZalteres pallidi capitulo albicante. Abdomen maris luteum maculis quatuor dorsualibus atris, duabus majoribus anterioribus, duabus parvis posterioribus: Foemino dor- sum nunc luteum, nunc fuscum, nunc nigricans late vel anguste; segmento primo macula unica intermedia, sequentibus maculis duabus lateralibus ‘et vitta interposita nigricantibus. Alce sublimpidae: vena transversa exteriore magis distante ab intc- riori quam ab apice sextae longitudinalis. Pedes testacei, tarsis quatuor posterioribus fusco-luteis, anticis et tibiis propriis fere totis nigris in utroque sexu, et in femina etiam cum femoribus plus vel minus late. Fraequens in toto agro parmensi a Majo ad Augustum: etiam Venetiis a Contarini, et in insula Melita a Schembri lecta. Gen. XXTX. Cenosia Mgn. Latr. Macq. Rndn. Schin. Anthomyza p. Zett. - Anthomyia p. Walk. Musca lab. Fall. - Lymnophora p. Macg. Genera plura Desv. Char. gen. Oculi nudi in fronte utriusque sexus distantes, intus non convexi, sed marginibus subrectis et sub-parallelis. Arista subnuda vel puberula, vel brevissime pilosula: articulo pe- nultimo non longiusculo, non neque in mare cum tertio geni- culato. Alarum vena transversa interior contra nisi extra apicem sita se- cunda longitudinalis non contra apicem prima: septima postica plus vel minus abbreviata. Calyptrorum squame infere superis distinete longiores. Genitalia maris etiamsi porrecta et incrassata, tamen laminis sat validis non armata, Vol. IX. 3 n, Se 494 C. RONDAMI, Species Italic. A. Femora omnia vel saltem quatuor posteriora, tota vel fere tota B C lutea vel testacea. Femora etiam antica cum coxis fulvescentia. . Vene transcerse exterioris distantia ab interiori circiter dupla distantize ab apice sexte longitudinalis. Sp. 1. Infantula Miki. . Vene transverse exterioris distantia ab interiori et apice sexta longitudinalis fere 2qualis , nisi aliquando paulo major distantia ab interiori. | . Pedes postici maris non villosi. - Utriusque sexus vena tran- EE. DD. BB. ‘spersa exterior non manifeste magis distans ab interiori quam ab apice longitudinalis sexte. Tarsi toti vel late ad basim lutescentes non toti nigri. Sp. 2. Elegantula Mihi. Tarsi toti eliam basi nigri. Sp. 3. Nigridigita Mihi. Pedes postici maris villosi. - Zena transversa exterior manife- ste magis distans ab interiori quam ab apice sexte longitudinalis. Sp. 4. Barbipes Mihi. Femora antica cum coxis saltem parlim nigricantia vel fusca. Vena transversa exterior magis distans ab interiori quam ab apice sext2 longitudinalis, vel fere 2equidistans. - Pedes postici maris villosi. ANTHOMYINAE ITALIC/E 198 Sp. 3. Villipes Mini. FF. Zena transversa exterior magis proxima interiori quam apici longitudinalis sextre. - Pedes postici non neque in mare villosi. f. Zen longitudinales quarta et quinta ad apicem manifeste di- vergentes. - Zibie posteriores plus vel minus fusce, Sp. 6. Geniculata all. ff. Zena longitudinales quarta et quinta ad apicem non distincte divergentes. - Tibie omnes lutex. Sp. 7. Genualis Miki. AA. Femora omnia late nisi tota nigricantia vel fusca. G. Tibia omnes, vel saltem quatuor posteriores testacese. A. Vene transcerse alarum fusco-limbata. - Tarsi fusco-lutei ar- ticulo ultimo nigro. Sp. 8. Ungulata Miki. HH. Zene tranverse alarum non manifeste fusco limbate. - Tarsi nigricantes vel fusco-lutei, sed articulo «ltimo non distincte nigriore. I. Palpîi lutei. - Antenne basi rufe. Sp. 9. Verna Zabr. II. Palpi nigricantes. - Antenna etiam basi nigre. K. 4bdominis segmenta duo tantum intermedia maculis duabus nigricantibus notata. Sp. 10. Meditata Fall. KK. A4bdominis segmenta quatuor, maculis duabus lateralibus et vitta intermedia nigricantibus signata. 196 GG. L. M. N. NN. 00. MM. PP. C. RONDANI , Sp. 41. Humilis Mgn. Tibie omnes nisi tota late nigricantes. Abdomen maculis nigricantibus notatum. Vena transversa exterior brevior distantia ab apice pot nalis sexte. Vena transversa exterior magis distans ab interiori*vquam ab apice sextae longitudinalis. - Abdominis segmenta quatuor in dorso bimaculata. Sp. 12. Octosignata Mihi. Vena transversa exterior vel 2equidistans ab interiori et ab apice sextre longitudinalis, vel magis proxima interiori. - A4bdominis segmenta tria vel duo tantum maculata. . Abdominis segmenta tria maculis duabus in dorso sign, vilta nulla maculis interposita. Sp. 13. Sexpustulata Mihi. Abdominis segmenta duo intermedia maculis duabus lateralibus; et vitta intermedia nigricantibus signata. Sp. 14. Obscuripes Mini. Fena transcersa exterior manifeste longior distantia ab apice sextx longitudinalis. . Abdominis segmenta duo, macula ad unumquodque latus, et vitta interposita nigricantibus signata. Sp. 15. Nigripes Macq. Abdominis segmenta duo bimaculata, sed vitta interposita nulla. LL. . Vena transversa exterior subaeque distans ab interiori et ab RR. 00. S. ANTHOMYINA ITALICA 197 Sp. 16. Triangula Zett. Abdomen non manifeste nigro-maculatum. apice sexte longitudinalis, non manifeste magis proxima in- teriori. . Corpus nigricans opacum, non nitidum nec in dorso thoracis nec abdominis. Sp. 17. Nigra Mgn. Corpus atrum nitidissimum, preesertim in dorso thoracis et ab - dominis. Sp. 18. Palustris Deso. Vena transversa exterior manifeste magis proxima interiori, quam apici sextx longitudinalis. Corpus nigro fuscum. - Farsi antici toti nigricantes, ut se- quentes, etiam in mare. Sp. 19. Agromizella Mihi. SS. Corpus grisescens. - Tarsî antici maris articulis penultimis pal- lidis, ultimo atro, latiusculo. Sp. 20. Patelligera Mihi, Observ. et Synon. Sp. 1. C. Infantala Miki. - Long. mill. 2. Antenne nigre, albidi nitentes, articulo tertio exili, elongato. - Palpi apice fusco, vel nigricante, parum observandi. - Frons vitta nigra, orbitis ut facies albicantibus, vertice griseo. 198 C. RONDANI, Thorax cum scutello griseus. - Abdomen basi plus vel minus late testaceum sub-translucidum: postice fuscum vel grisescens. - Ale sublimpida, vena transversa exteriore magis proxima interiori, quam apici sextae longitudinalis. - Calyptra alba. - Halteres pal- lide lutei. - Pedes cum coxis flavicantes, tarsorum apice fusco. - Genitalia maris lutea, non magna. Non frequens in agro parmensi etiam apennino tempore estivo. Sp. 2. C. Elegantula Mihî. - Long. mill. fere 3. Similis precedenti, a qua vero sejungenda et diversa, /’alpis totis etiam apice luteis, praeter staturam semper dinstinete majorem. Proterea abdominis dorsum non raro RoRGIETI et basi vittam inter- mediam nigricantes prebet. Vena transversa exterior paulo minus proxima interiori et fere zequidistans ab apice sexta longitudinalis. Frons antice plus vel minus lutescit; et farsi minus late ad basim lutescentes. i Antenna aliquando ad basim articuli tertii et apici secundi pallide lutescentes observantur. A Mollicula Fall. difert arista tomentosa non pilosula, et. maris ge- nitalia non laminis validis armata. Non confundenda ista cum Ziicolore Zett., seu Bicolore Steg., quia istius squame calyptrorum subaquales, non ut in nostra inferis sat longioribus, etc. Fomina parum difert a mare, exceplis notis sexualibus. Non raro legitur tempore cestivo et autumnali in Italia etiam meri dionali, ubi eam invenit prof. A Costa. Sp. 3. C. Nigridigita Miki, Similis habitu et statura sp. precedenti, a qua vero statim digno- scitur, palpis apice nigricantibus, ct tarsis atris. Abdomen maris tessellis elongatis nigricanlibus. sepe notatum videtur, et foeemine, preesertim in segmentis basalibus incisuras. nigricantes. non raro proebet. Coeteri characteres ut in Elegantula. ANTHOMYINA ITALICA 499 Non frequenter eam legi in collibus agri parmensis ab Aprile ad Septembrem. Sp. 4. C. Barbipes Mihi. - Long. mill. 3. Mas cinerascens, basi abdominis, pedibus totis cum coxis, et genita- libus fulvescentibus. - Antenne nigre. - Palpi nigricantes. - Z'itta frontalis nigricans, orbitis albicantibus. - Arista puberula. - Facies et gene albide. Abdominis dorsum tessellis fuscis subdeletis; segmenta postica serie unica setarum cincta. Alce sublimpide, costa paulo ciliata; vena transversa exteriore ma- nifeste magis distante ab interiori quam ab apice sexte longitudi-. nalis. - Calyptra alba. - Malteres lutei. | Pedes postici antice ciliati; tibize anteriores intus breviter pilosa et tarsis omnibus, praesertim inferne sub pectinatis: tarsorum color fuscior. Marem unicum legi in colle subapennino parmensi. Sp. 5. C. Villipes Mihi. Mas habitu, statura et villositate pedum, similis mari praecedentis, a quo tamen distinetissimus, et preecipue. Abdomine basi non fulvescente sed toto griseo, genitalibus pariter grisescentibus, et dorso maculis aliquibus fuscioribus paulo obser- vandis in disco segmentorum. Pedibus coxis saltem anticis, et femoribus propriis plus minusve late griseo-fuscis; tarsisque omnibus et totis atris, breviter sed di- stincte nigro pectinatis. Ceetera circiter ut in praecedente. Foemina, similis mari excepta villositate pedum, et notis aliis sexua- elibus: abdominis tamen maculae fusciores magis perspicu®. Rara sed non rarissima primo vere in collibus agri parmensis. z00 C. RONDANI, Sp. 6. C. Geniculata Fall. Mgn. Macq. Zett. Schin. V. Descript. Zetterst. Anthom. 98, cui adde: Alarum vene transversa exterioris distantia ab interiori saltem duplo minor distantia ab apice sexta longitudinalis:. Tidie quatuor po- steriores, in nostris exemplaribus fusc®, non nigre nec ferrugineze. - Zence longitudinales quarta et quinta ad apicem manifeste di- vergentes. . Calyptrorum squam@ infere elongate, etc. Mares raro legi mensibus Junio et Julio in collibus agri parmensis. Sp. 7. C. Genualis Mili. Long. mill. fere 2. Minus parva praecedentis et distincta. Alarum venis longitudinalibus quarta et quinta, vix, aut non mani- feste ad apicem divergenlibus: transverse exterioris distantia .ab interiori major, saltem non duplo minor distantia ab apice sexte longitudinalis. Femoribus posticis anulo sub-apicali nigro, nigricante, vel fusco, in mare semper distineto, plus minusve angusto, non in mediatate exteriori nigricantibus : tibiisque omnibus luteis, non quatuor po- sterioribus fuscis, preeterea. ; Abdominis grisei dorsum segmentis tribus vel quatuor fusco bima- culatis. - Calyptrorum squame inferee elongate. | Foeminge femora postica sepe anulum apicalem non prebent,. sed macula fusca superne notata, que etiam non raro deleta. Non frequens in agro parmensi tempore. qestivo. In Etruria fuoque lecta a Piccioli, et in Insubria ab Erra. Sp. 8. C. Ungulata Miki - Long. mill. 5. Arista brevissime pilosula. - Antenne nigra, articulis primis rufis. - Palpi pallidi.- Frons postice grisea antice paulo lutescente, orbifis ut facies albicantibus. - Thorax cum scutello griseus. - Abdomen ANTHOMYINA ITALICA 201 basi paulo lutei subtranslucidum apice nigricante grisei adsperso, dorso dilute fusco maculato, et linea basali, supera nigricante ; seg- mentis paulo albidi limbatis postice. Alce sublimpidae, venis transversis. fusco-limbatis; longitudinalibus quarta et quinta parallelis etiam apice: transversa exteriore vix magis distans ab interiori quam ab apice sexte longitudinalis; se- cunda longitudinalis costali conjuneta paulo ante non contra tran- sversam interiorem. Calypira alba. - Halteres lutei. - Pedes femo- ribus nigricantibus grisei adspersis, tibiis et articulis quatuor primis tarsorum lutescentibus, articulo ultimo nigro, pulvillis albis. Marem unicum collectionis mese in agro Bononiensi lectum fuit a nob. Tacchetti. Sp. 9. C. Verna Fabr. Fall. Mgn. Macq. Zett. Schin. V. Descript. Zetterst. Anthom. N. 100, cui adde: Antennis, palpis et colore pedum similis precedenti a qua vero statim dignoscenda: 4. tarsorum articulo ultimo non distincte nigro ; sed tarsi quatuor antici toti rufescentes, postici toti nigricantes ; 2. Abdomine toto etiam basi griseo, non ista lutescente, punctisqua obscuris dorsualibus perspicuis; 3. venis transversis alarum non fusco-limbatis, etc. Nondum in Italia capta, hic pro comparatione posita. Specimen col- lectionis mex germanicum a cl. De Roser missum, Sp. 10. C. Meditata Fall. Mgn. Zett. Schin. V. Descript. Zetterst. N. Anthom., 92. Vene transverse exterioris distantia ab interiori, vix major distantia ab apice longitudinalis sexte. Vena septima postica seu analis non brevissima ut in congeneribus, sed longior distantia a margine postico alarum: transversis ordi- nariis non nisi vix fusco-limbatis. 202 C. RONDANI, Arista vix puberula, et abdominis segmentis duobus tantum interme- diis nigricante bimaculatis, a proximis eliam distinguenda. - Pul- villi etiam in foemina longiusculi. Marem non vidi. Feeminam unicam possideo olim acl. Decristofori acceptam, in alpina Insubria captam. (In genere proprio maxima) Sp. 41. GC. Humilis Mgn Zett. Long. mill. 3. V. Descript. Zetterst. Anthom. 145, cui adde: Vence transverse exterioris distantia ab interiori parum major distantia ab apice sextae longitudinalis. Abdomen in speciminibus paucis nostris etiam in segmento primo maculas duas paulo apparentes prebet, inde octoguttatum, preeter vittam nigricantem in singulo segmento maculis interpositam. Rarissimo uterque sexus in collibus agri parmensis lectus tempore cestivo. - Bononize quoque lecta a nob. Tacchetti. Sp.:12. C. Octosignata Miki. - Long. mill. 5,4. Mas-Grisescens, antennis, palpis, citta frontali, pedibusque nigris. - Facie et orbitis albicantibus. - Calyptris et pulvillis albis, Halte- ribus luteis. - Arista vix puberala. Thorax superne vittis tribus subcontiguis, et Abdomen in singuli segmenti dorso, maculis duabus proximis, elongatis subtrigonis no- tatum, inde octomaculatum. Ale sublimpide, vena transversa exteriore paulo magis distante ab interiori quam ab apice sexla longitudinalis, et fere seque longa ut distantia ab apice ipso. - /edes longi geniculis angustissime lutescentibus. Bis tantum marem legi in collibus subapenninis, mensibus Augusti et Septembris. i ANTHOMYINZ ITALICA 205 Sp. 13. C. Sexpustulata Mihi. Long. mill. fere 5. Difert a pracedente statura minore, maculis nigricantibus abdominis in segmento primo nullis inde sex tantum, et non subtrigonis, et preecipue vena transversa exteriore alarum. 2eque distante ab. in- interiori et ab apice longitudinalis sexte, et breviore distantia ab apice ipso. A Sexmaculata Meigenii etiam diversa, maculis abdominis in dorso sat proximis vitta nulla nigricante interposita. Rarissimo uterque sexus lectus tempore autumnali in agri parmensis collibus. Sp. 414. C. Obscuripes Mihi. - Foem. Long. mill. fere 3. Fusco grisea, antennis palpis et pedibus nigricantibus. - Frons grisco fusca, vittis duabus fuscioribus, et orbitis ut genza albicantibus. - Arista puberula. Abdominis segmenta intermedia, maculis duabus lateralibus, et vitta interposita nigricantibus, vilta in segmento primo etiam producta. - Calyptra alba, - Halteres pallidi. Alarum vene longitudinales quarta et quinta etiam apici parallela; transversa exteriore vix magis proxima interiori, quam apici sexte longitudinalis, et manifeste breviore distantia ab apice ipso. - Costa contra transversas intermedias non incrassata. Distinctionis notas a Nigripede Macquartii vide in observationibus ad Sp. sequentem. Foeminas rarissimo inveni in planitie parmensi. Sp. 15. C. Nigripes Macq. Desv. Mgn. V. Descript. Macquartii Suit a Buf. H 549, cui adde: Alarum vena costalis contra apiceni secunda longitudinalis et ultra paulo incrassata ; quarta et quinta potius ad apicem convergentes 204 È C. RONDANI, quam divergentes: transversa exterior magis distans ab interiori quam ab apice sextae longitudinalis, el distincte ; longior distantia ab apice ipso. Specimina duo foeminea collectionnis mex gallica‘ a cl, Maquartio missa; huc usque in Italia non capta, sed forte invenienda: hic tamen posita pro comparatione. Sp. 16. C. Triangula Fall. Mgn. Macq. Zett. V. Descript. Zetterst. Aricia N. 92, cui adde: Alce, vena transversa exteriore magis distante ab interiori quam ab apice sex{x longitudinalis, et sat longiore distantia ab apice ipso. Foeminam speciei esse cogito exemplaria diversa tantum a maribus, statura paulo majore, et maculis fuscis abdominis minus vel non trigonis. | A preecedente difert, praeter notam coste alarum in hoc non inerassata contra venam secundam; maculis abdominis quatuor tantum non vitta etiam nigricante interposita, Non frequens in agro parmensi ab Augusto ad Novembrem. Sp. 17. C. Nigra Mgn. V. Diagnos: ejusdem Autoris. N. 42, cui adde: Alarum vena longitudinales quarta et quinta paralleliter decurren- tes etiam apice: transversa exterior circiter sequidistans ab inte- teriori et ab apice sexta longitudinalis. - Calyptra alba. - ZHalteres pallidi, capituli puncto fusco. Antenne breviusculze, articulo secundo circiter duplo longiore prece- dente. Arista tomentosa. Alce leviter fuscescentes. - Pedes toti ut antenne et palpî nigre, etiam ad geniculos. Abdomen paulo nitens. Rarissimo foeminam legi in planitie parmensi tempore cestivo. | ANTHOMYINA ITALICE 205 Sp. 18. C. Palustris Desv. Macq. Mgn. | Diagnosi brevissima Macquartii adde: Antenne breves, nigra ut palpi. - Arista puberula, - Frons fusca, paulo grisescens vel albicans ut facies. Squame calyptrorum albissima. - ZZalteres albicantes. - Ale sublim- pidae, vena transverse exterioris distantia ab interiori et ab apice sext2 longitudinalis parum diversa: venis longitudinalibus quarta et quinta subparallelis etiam apicem versus. Pedes nigri nitidi, ima basi tibiarum et geniculis paulo lutescentibus. - Thoracis et Abdominis dorsum atro nitidum, Non rara preesertim in planitie agri parmensis a Julio ad Octobrem. Sp. 19. C. Agromizella Mihi. - Long. mill. circiter 2. Nigra opaca, Calyptris albidis. - Halteribus luteis. Antenne long®e, articulo ultimo lineari quadruplo circiter longiore precedente. - Ale dilutissime subfuscescentes: venis longitudina- libus quarta et quinta manifeste ad apicem divergentibus: tran- sversa exteriore sat proxima interiori et distante ab apice longi- tudinalis sextx, et sat breviore distantia ab apice ipso, Difert ab Agromizina (Aricia Zetterst.) - Squamis calyptrorum inferis longioribus, non superis subaqualibus: Arista pubescente non nuda. - Tibiis non obscure rufescentibus, sed nigris, geniculis summis, et non semper paulo rufescentibus, ete. Non frequens in agro’ parmensi etiam apennino; tempore preesertim autumnali legitur. Sp. 20. C. Patelligera Mihi - (Mas) Long. mill. 3. Corpus griseum lateribus canescens, Antennîs et Palpis nigris. - Ca- pite albidi nitente. Antenne elongate articulo tertio lineari, quadruplo circiter longiore precedente: arista pubescente. 206 C. RONDANI, Ale sublimpide, venis longitudinalibus quarta et quinta extrinsecus parallelis; transversa exteriore magis proxima interiori, quam apici sex{ta longitudinalis. Calyptra alba. - Halteres pallide lutei. Pedes longi nigricantes, grisei adspersi, conjuntionibus coxarum cum femoribus, et femorum cun tibiis lutescentibus; tarsorum antico- rum articulis sub apicalibus pallidis, ultimo atro latiusculo. Mares tantum non frequenter inveni in collibus et apennino agri parmensis, tempore zestivo. Gen. XXX CanriceA Desv. Andn. Coenosia Deso. Macq. - Anthomyza Zett. Musca £abdr. Rossi. Char. Gen. Oculi in fronte utriusque sexus distantes. - Arista pilis longis vel mediocribus vestita, non subnuda vel pubescens tantum. - Alarm vena transversa exterior polius extra quam ante apicem sita se- cunde longitudinalis, - Calypirorum squame infere superis sat longiores. - Genitalia maris etiamsi incrassata laminis validis nor concomiltata. Coleri characteres circiter ut in C@nosia Species Italica. A. Ale antice infuscate limbo postico et apice limpidis. Sp. 1. Pictipennis Zoéw. AA. Ale tote sublimpidee. B. Zena transversa exterior alarum parum magis distans ab inte- riori, quam ab apice sexte longitudinalis. - Arista pilis bre- viusculis vestita, ANTHOMYINAE ITALICA 207 Sp. 2. Felina Miîhi BB. Zena transcersa exterior alarum satis proxima apici sexta lon- gitudinalis, et distans ab interiori. Arista pilis longis vestita. Sp. 5. Tigrina Fabr. Observ. et Synon. Sp. 1. C. Pictipennis Loéw. Schin. Foem. Grisea, genis canis angustis, fronte paulo lutea prosertim an- tice. Antenna articulis primis rufis, ultimo piceo, seu nigricante. - Palpi lutei. - Calyptrorum squame albicantes, inferis non valde sed distincte longioribus. - Z/alteres stipite luteo , capitulo fusco. - Alce in latere anteriori fusc®, costa nigricante abf'apice prime longitudinalis usque ad apicem tertie, margine postico limpido, apice albicante: vena transversa exteriore fere 2xquidistante ab interiori et apice sextae longitudinalis: quarta et quinta paralleli- ter decurrentes. Pedes nigricantes, geniculis, tibiis et tarsis saltem basi fusco-luteis. - Alze in vivo vibratiles. Semel foeminam inveni in colle subapennino agri parmensis, et aliud exemplar foemineum in alpibus Insubrie captum ab entomologo mediolanensi doct. Galeazzi obtinui. Sp. 2 C. Felina Miki. - Long. mill. 2, //2. Similis Zigrine Fabr. a qua tamen certe diversa et distincta non solum statura, sat minore, sed etiam: Venx transverse exterioris alarum distantia parum diversa ab inte- riori et ab apice sexta longitudinalis, et transversa interiore fere contra apicem (non distincte extra apicem secunde longitudina- lis sita. 7 208 C. RONDANI, A C. Meditata auct. difert, arista pilosa non pubescente tantum ; et appendicibus sat magnis lamelliformibus ad genitalia maris desti- tuta, nec non vitta nigricante maculis abdominis interposita, in mare magis perspicua. Marem raro et foeeminas minus raro legi mensibus Majo et Junio in planitie et collibus agri parmensis. Sp. 5. C. Tigrina Zabr. Mgn. Macq. (eselus. Synon. Quadrum. Fall.) Lett. Rindn. WIk. Schin. Meditata p. /a/l. - Communis et Valgaris Desv. V. Descrip. Zetterst. Anthom. 89, cui adde: Alarum vena transversa exterior fere duplo distans ab interiori, quam ab apice sextr@e longitudinalis: transversa interior satis extra apicem sita secunde longitudinalis. Abdomen aliquando prater maculas dorsuales nigricantes, etiam ali- quas fuscas laterales prabet. Tibice antica non raro anulum fuscum, magis vel minus distinclum, medium versus possident. Frequens in tota Italia etiam insulari. Gen. XXXI. LispA Latr. Fall. Mgn. Desv. Macq. Zett., ete. Musca 2Deg. Rossi. Char. Gen. Oculi nudi, in fronte utriusque sexus distantes. - Arista pilis lon= 9 q giusculis vel longis vestita. - Palpi spathuliformes, vel cochleari- formes, ultra epistomium porrecti. Alarum vena transverse intermedie non approximate: longitudi- lis septima postica, margini non producta sed non ‘brevissima, + p ’ S Calyplrorum squamae inferze, superis sat longiores. ANTHOMYINAE ITALICA 209 Abdomen brevius alis, quadrianulatum; genitalibus in mare vel pa- rum incrassatis, vel laminis parvis (sed non validis) instructis. Tarsi pulvillis et uncis in ulroque sexu parvis. Species observate. A. Tibia intermedie extra setis destituta, vel setula unica postc- riori vel subnulla. B. Tibie omnes tote vel late testacere. C. Palpi parum compresso-clavati, non cochleariformes. Sp. 1. Suturata Mihi. CC. Palpi satis dilatato compressi, cochleariformes. D. Thoracis dorsum late nigro-bifasciatum ad latera. E. Fasci nigricantes abdominis in segmenti tertii dorso sejuncte et postice paulo product: in segmento quarto. Sp. 2. Nana Macq. EE. Fasci nigre segmenti tertii abdominis in medio conjuncte, et postice in segmento quarto non product. . F. Fascia nigra abdominis segmentorum tertii ct quarti in ventre non continuata. ; Sp. 3. Melitensis Mihî. FF. fasci® nigra abdominis segmentorum tertii et quarti in ventre continuata. Sp. 4. Meridionalis Mihi. DD. Thoracis dorsum fasciis nigris destitutum. Sp. 3. Consanguinea Loew. BB. Zibie omnes tote vel late nigricantes. Vol. IX. is 210 C. RONDANI, Sp. 6. Tentaculata Deg. AA. Tibice intermedia retro et extra seta aliqua instract, prater apicales. G. Abdomen atro-nitens maculis albis lateralibus. Sp. 7. Leucospyla Mihi. GG. Abdomen atro-griseum nigricantis tessellatum. H. Tibice testacese. - Palpi pallidi. Sp. 8. Uliginosa. Fall. HH. 7ibie ut palpi nigre. Sp. 9. Littorea all. Observ. et Synon. Sp. 4, L. Suturata Mihi. - Long. mill. 3 Similis et proxima L. Tenuipalpi Stenh. cujus descript. V. in opere Zetterstedtii, tamen notis pluribus distineta. Scilicet Frons nigri- cans, triangulo verticali et orbitis griseis, non vertice sordide aureo. - Facies pallide subflavescens, genis sub oculos albis, non cinerascentibus. - 7'horax,. cum scutello superne griseo-cinereus, non flavo-griseus. - Abdomen sub-immaculatum sed margine po- stico segmentorum pallido. Tarsi intermedii ab anticis et posticis non diversi, sed omnes toti fusco-lutescentes basi pallidiore. - Alii characteres circiter ut in fenui-palpî, juxta diagnosim Zetterstedtii. Foemina speciei a maribus segre distinguende, nisi genitalia obser- vando, in masculis appendices parvas luteas, lamelliformes ere bentia. ANTHOMYINAE ITALICE 241 Raro ulerque sexus inventus tempore estivo in collibus agri par- mensis, et feeminam melitensem obtinui a docet. Schembri. Sp. 2. L. Nana Macq. Mgn. 7. Fem. Brevi diagnosi Macquartii adde: Facies pallide grisea vix panlo flavescens. - Thoracis dorsum ad unum quodque latus fascia nigra lata praeditum. - Abdomen ca- num, fasciis lateralibus nigricantibus in segmentis intermediis; fa- scie segmenti secundi limbo extremo postico griseo non product, segmenti tertii in medio non conjuncle, et postice paulo conti- nuatae in segmento quarto. - Caliptra alba. Tibie postice in latere anteriori, pilis exillissimis et breviusculis, ta- men distinctis preedita: antica in parte apicali nigricantes. - Tarsi omnes toti etiam basi nigri. Specimen unicum collectionnis mex gallicum a cl. Macquartio missum. In Italia nondum capta sed faciliter invenienda. Sp. 3. L. Melitensis Mili. - Long. mill, 3. (Foem.) Capitis, Thoracis, Tarsorum, Alarum et alii characteres ut in /Vana Macquartii sed diversa, precipue, pictura abdominis et nu- ditate tibiarum, silicet lascie nigricantes segmenti secundi abdominalis limbo extremo po- stico preducte, margine non grisco: segmenti terti in medio late conjunete, non sejuncte, et postice in segmento quarto non con- tinuate. Tibia posticae antice nude, non neque Dbreviter pilosulae aliis notis pedum similis precedenti. Foeminam unicam possideo a doct. Schembri missam, in insula Me- lita captam. Sp. 4. L. Meridionalis Miki - Long. mill. 3. (Mas) similis iterum Nan, et etiam IMelitersi, sed ab illa et ab ista - 212 C. RONDANI, diversa, preeserltim segmentis duobus ultimis abdominis nigris in ventre, ubi fasci dorsuales continuant; proterca Pedes postici, femora subtus pilis exilissimis longis raris, pallidis, et tibias minus longe et minus rare pilosulas antice preebent: et ventris segmentum secundum ad basim distinete bituberculatum observatur qua nescio si communia sint aliis maribus ignolis spe- cierum pracedentium. - Zarsi antici articulum primum elongatum prebent. Fascie dorsuales nigra abominis fere ut i melitensi dispositàe, seu segmenti secundi limbum posticum occupantes; tertiî non conti- nuatae in segmento ultimo. An mas unius vel alterius? Unicum exemplar masculum in Melita captum, misit cl. Schembri. Sp. 3. L. Consanguinea Loew. Schin. Truquii Miki (in Litteris) Similis babitu 7'entaculate DeG. et etiam pincetura abdominis parum, diversa, et tarsorum anticorum structura in masculis squali, seu metatarso salis breviore articulo seguente, etc., sed difert colore tibiarum in hoc testaceo exceptis tantum anlicis late. nigricanti- bus: tarsisque posticis subtus minus distincte pectinatis, et anlicis in mare fere totis rufis, non articulo basali, et duobus vel tribus apicalibus nigris. In speciminibus quatuor nostris tibia quatuor posteriores lestacere. om- nino, non in medio fuscescentes, ct antlice maxima parte nigri- cantes; et duorum marium tarsi antici, articulum basale et etiam apicale ut intermedia rufescentia praebent, puncto tantum apicali fusco in metatarso, summo apice prope pulvillos nigricante. Qure note etiamsi parvi momenti, quando constantes sint speciem diversam a consanguinea forte indicant. Mares duos et feeminam'unicam Parma legi, et prius foeminam misit a Pedemontio eq. Truqui. ANTHOMYINA ITALICA 215 Sp, 6. L. Tentaculata Deg. Fall. Mgn. Macq. Lett. ete. Canina Rossi (exclusa synon, Fabricii) Fluviatilis et tarsalis Veso. V. Descript. Zetterst. in qua nota, tarsos anticos in mare nunc magis nunc minus late rufescentes praebere, et maculas abdominis albi- cantes et nigricantes sat variabiles. Pedum geniculi plus vel minus rufescunt. Vulgaris in tota Italia etiam insulari, a Majo ad Septembrem Parma legitur. «+ Sp 7. L. Leucospyla Miki. - Long. mill. 53. Sexpunctata olim. (in Litl.) Mas. Habitu et maculis sex albis lateralibus abdominis in primis tribus segmentis adapicem distinclissimis, et colore corporis atro nitido, ete. similis Melaleuc@ Loewii, sed tamen satis distincta. 1. Halteribus totis luteis non capitulo fusco. 9. Metatarso antico pilis longiusculis prosertim extra ciliato. 3. Articulo secundo tarsorum lutescente, ut metatarsus, sed vitta intermedia et basi nigricantibus. Preterea tarsi intermedii basi lutescente, articuli quatuor anticorum dilatati, sed intermediis tribus non rotundatis, apice obtruncatis ultimo ovato. - Tidie omnes testacea sed intus puncto apicali fusco notate: intermedie seta valida extrinsecus proeditae preter apicales et posteriorem. Mascula quatuor legi tempore cestivo in planitie propepadana par- mensi, prope aquas. Sp. 8. L. Uiliginosa Fall. Mgn. Macq. Zett. Loew. Schin. V. Descript. Zetterst., cui adde: Tibise intermedia seta aliqua retro et extra munita prieter apicales. 214 €. RONDANI, ANTHOMYINAE ITALICA Nondum in Italia capta sed forte invenienda. Specimen coll. mere danicum a clar. Steger missum. Sp. 9. L. Littorea Fall. Mgn. Zett. Walk. Loew. Schin. V. Descript. Zetterst., cui adde: Tibiwe intermedia retro et extra setigerze. Non lecta huc usque in Italia sed in posterum forte legenda, hie posita pro comparalione. 24% GENERUM ET SPECIERUM Achanthiptera £nda. — Inanis Fall. Acyglossa Endn. — Diversa Andn. Anthomyia Mg. — Albicineta Fall. — Bicolor Fall. V. Nigritarsis — Capucina Zett. — Diaphana Fadr. — Dedecorata Endn. — Digitaria Rndn. — Euphippium Steg. — Fulgens Mgn. — Imbrida nda. — Latitarsis Steg. INDEX pag. 154 3) sj — Limbatella Zett. V. Ful- gens. — Nigritarsis Zest. — Pluvialis Lin. — Procellaris ndr. — Radicum Lîn. — Socia Mgn. — Sulciventris Zett. — Transversa Fall. — Ulmaria Andn. — Vittigera Zett. Aricia Auct. V. Yetodesia Aspilia Endn. — Allotalla Mgn. — Brumalis Andn. — Funeralis Andn. — Glacialis Andn. — Rupestris nda. — Sundewalli Zett. » 175 143 86 Atherigona End. pag. 192 — Quadripunctata Rossî. Athomogaster Macq. V. Azelia Azelia Desv. dub 433 — Macquartii Steg. — Parva Andn. — Stegeri Zett. — Triquetra Fall. — Zetterstedtii End. Blainvillia Dese. n 85 — Palpata Desv. Caricea Desv. n 206 — Felina Rndn. — Pictipennis Loew. — Tigrina Fadr. Calomya Hulid. V. Homalo- mya Caenosia Mgn. » 193 — Agromizella Andn. — Barbipes 2ndn. — Elegantula Rrdn. — Geniculata Mali. — Gentilis Andn. — Humilis Mgn. — Infantula Rndn. — Meditata Fall. — Nigra Mgn. — Nigridigita Pndn. — Nigripes Macg. — Obscuripes Andn. — Octosignata £ndn. — Palustris Desv. -— Patelligera &Andn. — Sexpustulata £ndr. 216 — Triangula Zett. — Ungulata Rndn. — Verna fFabr. — Villipes Andn. Chelisia Rrdn. — Monilis Mgn. Chorthophila Macq. — Albula Mgn. — Angustifrons Mgn. — Bicolor Wan. ‘— Buccata Fall. — Chenopodii Rndn. — Cinerella Fall. — Cunicularia Picezoli. — Dissecta Mqgm. — Divergens Endn. — Effodiens &ndn. — Floecosa Macg. -— Histricina Rndn. — Histrio Zett. — Hyosciami Mgn. — Ignota Rndn. — Impudica Rndn. — Incognita Andn. — Intersecta Mgn. — Laminifera Andn. — Longula Fall. — Muscaria Mygn. — Perforans Endn. — Platura Mgn. — Pudica Andn. — Sepia Mgn. — Sulcans Schembri — ‘T'erebrans Tacchetti — Terminalis Rndn. — Trapezoides Zett. — Tricodactyla nd. — Varicolor Mgn. — Versicolor Mgn. Chyrosia Andn. — Albimana Wahl5d. Drimeja Mgn. — Hamata Fall. Eriphia Mgn. — Cinerea Mgn. Homalomyia Bè. — Armata Mgn. — Brevis Andn. — Canicularis Lin. INDEX pag. 193 d bè) 187 155 174 123 — Cilicrurdà Andn. — Herniosa nda. — Mollissima Halid. — Pallitibia Rndn. — Passerinii Andn. — Prostrata oss: — Roserii Anda. — Scalaris Mgn. — Schembrii Andn., — Triangulifera Rndn. Hydrophoria Desv. — Ambigua /all. — Anthomyèa £wdn. — Bruneifrons Zett. — Conica Wdm. — Dubitata Fall. — Frontata Zetf. Hydrotèa Desv. — Armipes Fall. — Curvipes rall. -— Dentipes Fabr. —- Irritans Fall. — Meteorica Lin. — Tuberculata Andn. — Velutina Desv, Hylemya Desv. — Antiqua Mgr. -- Arrogans Endn. — Brunescens Zett. — Rracata Andn. — Coarctata Fall. — Flavipennis Fall. — Grisea Fall. — Hilaris Fall. — Nigrimana Mygn. — Penicillaris Andn. — Prepotens Wdm. -- Pullula Zett. — Seticrura Andn — Spinosa £ndn. — Strigosa Fabr. — Tibiaria Andn. — Timida Rndn. — Variata Fall. Lasiops Mgn. — Anthomyinus Andn. Limnophora Desv. — Compuncta Wam. — Littorea Fall. pag. 123 n 138 » 76 » 176 »n 142 » 137 Lispa Lafr. — Consanguinea Lòew. — Leucospyla Arda. — Littorea Fall. — Melitensis Andn. — Meridionalis Andn. — Nana Macgq. — Suturata Rndn. — Tentaculata DeG. . —— Uliginosa Fall. Melanochelia Andr. — Surda Zett. GENERUM ET SPECIERUM pag. 2081 n 136 Myantha Endn. V. Homalo- mya Mycophaga Endn. — Fungorum DeG — Boletorum Rndn. Onodonta Erdn. — Ciliata Fabr. — Cyrthoneurina Zett. — Penicillata Andn. Ophira Desv. — Anthrax Mgn. — Leucostoma Fall, Oplogaster Andn. — Cincticula Andn. — Mollicula Fall. »n 188 vor: 81 » 83 n 190 Pegomya Macq. V. Chortho- phila Piezura Andn. — Pardalina Andn. Polietes Andn. — Lardaria Fabr. Schenomyza Hadid. — Litorella Fall. Spilogaster Macq. — Angelica Scop. — Crsia Macq. — Calceata Rndn. — Carbonella Zett. — Clara MHofg. — Chothurnata Andr. — Depuncta Fall. — Duplicata Mgn. — Flagripes Enda. n 122 mi 01 » 186 » 108 — Hirticrura Andn. — Indistineta Andn. — Montana Andn. — Nirgricolor Fall. — Notata Fall. — Obsignata £Andn. — Pagana Fabr. — Quadrimaculata Fall. — Sigillata Andn. — Uliginosa Fall. — Urbana Mgn. — Ustipennis Andn. — Vespertina Fall. Syllego ptera Arda. — Ocypterata Mgn. pag. n Trichops Rndn. V. Lasiops Yetodesia Arda. — Abdoninalis Steg. — Albolineata Zett. — Basalis Zett. — Bitineta Andn. — Boleticola Andn. — Diluta Andn. — Erratica Fall. — Fuscata Fall. — Incana Hogf. — Lateritia Andn. — Lasiopthalma Macg. — Leta Fall. — Lucorum Fall. — Meridionalis And. — Nivalis Zett. — Pallida Pad — Quadrinot — Rouficrura — Rufipalpis Maca. — Scutellaris Fall. — Semicinerea Mygn. — Signata Mygn. — Stolata Andn. — Tinctipennis Ande. — Umbratica Mygn. — Variabilis Mall. — Variegata Mgn. n 2417 108 92 SUI COLEOTTERI DEL BIELLESE INDICATI DA EUGENIO SELLA OSSERVAZIONI DEI FRATELLI ANTONIO E G. B. VILLA (Seduta del 30 luglio 1865) È costume, presso molti entomologi, di riferire il nome di una nola specie d’ insetti, a quell’autore il quale ne ha fatto di essa un genere nuovo, oppure a quel più moderno autore che |’ ha citata e descritta pur ritenendola nello stesso genere primitivo, Il primo di questi casi venne adottato da var) naturalisti come una legge, alla quale noi non a per la ragione che il genere nuovo porta di già il’ dell’autore dal quale fu creato e descritto, e d’altronde una specie può passare in progresso di tempo, cioè, in seguito ad ulteriori stludj, da un genere vecchio ad un genere nuovo, ed allora dovrebbe cambiare ogni volta anche il nome dell’autore, per cui il vero autore primitivo andrebbe dimenticato, e i nomi di Linneo, di Fabricius ecc. non esisterebbero più. L'altro caso non-ha scusa, e non può accadere che per ignoranza delle descrizioni date dal vero autore. È a questo secondo caso che debbe attribuirsi il motivo per cui nel catalogo dei coleotteri d’ Europa stampato a Stetlino da quella Società entomologica, vennero scambiati i nomi degli autori a parec- A. E G. B. VILLA, SUI COLEOTTERI DEL BIELLESE 249 ehie specie, e per quanto a noi riguarda, lo si trova alla maggior parte delle nostre specie che vennero riportate nella dissertazione del Comolli, De quibusdam coleopterîs novis ac rarioribus, ecc. Provinciae Novocomi, 1837. Gli entomologi, nei loro lavori riportandosi religiosamente a ca- taloghi di simil natura, senza verificare le indicazioni di nomencla- tura, riportano i nomi degli autori, malamente citati, e così si per- petuano gli errori di opera in opera. Egli è perciò, che nel lavoro del nostro amico Eugenio Sella, Sopra alcuni coleotteri che s’ incon- trano nel Biellese, inserito nel volume VII degli Atti della nostra So- . cietà, pag. 103, troviamo alcune specie nuove, scoperte da noi, e da noi descritte fino del 1833, le quali portano l’ indicazione di altro autore. Alla pagina 21 di quel lavoro (pag. 410% del volume) vi osserviamo il nostro £yrrhus lariensis, da noi descritto nel 1833 pag. 34 del nostro catalogo Coleoptera Europe dupleta, ecc. N. 13, il quale è in- dicato invece col nome di Curimus Zariensis Heer. Con tal nome infatti figura nel catalogo di Schaum, al quale si iglonia il Sella; ma nell’ opera di Heer, Fauna stern Helvetica, è riportato come Byrrhus lariensis Villa, (quale nel catalogo Dejean), ed anzi si cita il numero riferibile alla specie descritta. Questa specie fu indicata da noi stessi al nostro amico prof. Heer di Zurigo, essersi trovata su] monte Generoso. Così il nostro Byrrhus pilosellus da noi rinvenuto al monte Rosa ed Alpi piemontesi, e non ancora trovato nella Lom- bardia, Jo vediamo citato dal Sella come specie di Heer, perchè così erroneamente indicato dallo Schaum, mentre sulla già citata Fauna Helvetica è riportato come Byrrhus pilosellus Villa, aggiuntavi anche la nostra descrizione, tolta al N. 14 della pag. 33 del nostro Coleo- piera Europa dupleta dell’anno 1833. Col nome di Byrrhus pilosellus, Villa, è citato pure dal Dejean, Catalogue des coleoptères, indicandolo come del Piemonte. Anche l Melophorus glacialis citato dal Sella, come nello Schaum, quale specie di Heer, sulla Fauna elvetica, è invece descritto per ZHelophorus glacialis Villa, come la è anche in Dejean, essendo stalo antecedentemente da noi descritto nell’opera. citata, alla pa- gina 34, N. 16. 220 A EG. B. VILLA, E giacchè siamo in discorso del catalogo Sella, Sui Coleotteri del Biellese, non possiamo a meno di far osservare come alcune specie ci riescono dubbiose. Per esempio la Zusiola italica, la quale se avesse a trovarsi veramente nel Biellese dovrebbe essere rarissima e accidentale, la vediamo notata come comunissima, per il che non esi- teremmo a credere che possa essere invece la pedemontana di Bo- nelli, la quale vediamo mancare sul catalogo, perchè dal Sella. rite- nufa come sinonimo, e tale pare sia considerata da Schaum. Così è notata comune la Zampyriîs noctiluca, non trovandosi indicata la splendidula (che da noi è assai più comune), onde dubitiamo ch’ essa possa riferirsi a quest’ ultima. Anche il Zixus Ascanti (citato nel detto catalogo) il quale sarebbe proprio dei paesi settentrionali, po- trebbe darsi andasse riferito invece all’ Ascanioides Villa; ossia al Myagri Dahl, non Olivier. Del resto di non lieve interesse è il lavoro del Sella, specialmente per le indicazioni delle altitudini e delle rarità o meno delle specie. Ci spiace però della deficienza da lui stesso indicata nei Ditischi, Palpicorni, Stafilinidi, Pselafidi e Curculioniti, e singolarmente nelle specie microscopiche, le quali sono appunto quelle che variano di più nelle differenti località, ed avremmo desiderato un miglior completa- mento per le specie, giacchè egli stesso ci fa noto di non aver tenuto calcolo di alcune specie comuni, mentre poi nel catalogo stesso ne osserviamo molte, marcate per comunissime. Tra le specie che non figurano nel catalogo del Sella, avvi la /Ve- bria, Ville Dej (Alpeus), certamente non tralasciata come comune, ma dimenticata, mentre venne indicata nella relazione, trovarsi ‘in compagnia della /Vebdria crenatostriata (IV. fossulata, Lassere in De- jean), come ho già indicato nella mia Relazione della prima riunione straordinaria della nostra Società tenutasi in Biella, letta al nostro Ateneo di Milano, e pubblicata nel Giornale La Zombardia N. 347 e 348 del 1864. In quella stessa Relazione io ho indicato pure di aver trovato diversi esemplari di Orchestes fagi nella gita fatta dai mem- bri di quel congresso ad Oropa nel settembre scorso, quindi anche questa specie va aggiunta al catalogo del Sella, nel quale manca in- teramente il genere Orchestes ; e qui faccio osservare che essendo io SUI COLEOTTERI .DEL BIELLESE 2214 tornato ad Oropa per escursioni entomologiche nello scorso mese di giugno, ho trovato abbondante questa stessa specie anche in tale ‘ stagione. Vi trovai pure comuni alcune piccolissime specie di /Mal- thinus che non sono citate nel catalogo Sella, ed altri microcoleotteri. Trà le specie di maggior grandezza poi, posso aggiungervi il Bupres- stide. Dicerea @nea, Linn. {(carnioliva, F.) da me raccolto nella città di Biella il 22 giugno stesso. Sui monti d’Oropa trovai pure la Oreîna tristis, ll Omaloplia variabilis, il Pecilus cupreoides, il Clytus mas- siliensis, che pur essi non sono indicati nel detto catalogo, e la Coc- cinella alpina Nobis, che non sappiamo se sia la stessa specie indi- cata per alpina Mulsant, nel catalogo in discorso. Osservai finalmente comunissima, massime allo spuntar del sole, ja Phy/lopertha indicata in tale catalogo (Anisoplia horticola), e fra i tanti esemplari esami- nali vi rinvenni qualcuno riferibile ‘alla varietà An. ustulatipennis Villa, varietà ritenuta e citata anche dal Dejean, da Heer, e da altri distinti entomologi. In quanto alla divisione delle famiglie e dei generi, il Sella ha se- guito lo Schaum, e quindi i difetti che seco porta quel sistema, tro- vandosi talvolta associati generi e specie di natura assai differenti. Cosi ripugna il vedere nelle Trogositide, i Peltis edi Thymalus 5 così, vicino al genere Cis il genere Blaps nelle Blaptide, come ap- partenente alle Ciside; ma questo si comprende essere un errore ti- pografico, per cui la divisione delle Tenebrionide va trasportata so- pra le Z/aptide stesse. Anche la fusione del genere Procrustes di Bonelli col Curabus (Procr: coriaceus), dopo la separazione fattane da quell’autore, ed accettata da Dejean e da tutti i più distinti naturalisti, non è troppo lodevole. Se noi avessimo seguito il sistema di Schaum, al quale per altro professiamo tutta la stima, avremmo rivendicato e sostenuto il genere creato dal sommo entomologo Piemontese con generale ap- provazione; e sarebbe stato bene che ciò avesse fatto il Sella pel suo compatriota. Il Procrustes distinto dal Carabus lo troviamo nel cata- logo dello stesso Schaum prima edizione, nella quale si osservano varj difetti emendati in parte nella seconda e tra questi vi rimar- chiamo perfino mancare la famiglia delle Apatide, e collocato il ge- 222 A. EG. B. VILLA, nere Apate nelle Bostricide, mentre poi nella seconda edizione i Bo- stricî sono posti in luogo lontanissimo dagli pate. Relativamente agli autori delle speeie, in ambedue le edizioni del catalogo Schaum, molti sono falsi, ossia male riferiti: per esempio l’ Iphtinus italicus di Bonelli viene considerato come di Truqui;'An- thracias bicornis di Stèven è ritenuta come specie di Redtembacher; specie ambidue ch’ erano nolissime prima che esistessero i nomi de- gli entomologi Truqui e Redtembacher, entomologhi che noi conob- bimo benissimo personalmente nei loro primordj, come in seguito conobbimo lo stesso Schaum, il quale non può negarsi essere uno degli entomologi di: merito, quantunque pecchi di anacronismo. Nel caso delle due specie qui accennate ch’ egli riferì ai due moderni entomologi, esse figuravano già fino dal 1821 nella prima. edizione del catalogo di Dejean (ossia più di 40 anni prima del di lui cata- logo; la prima con tre sinonimi di tre sommi entomolggi, cioè di Upis italica Bonelli, Upîs campiliensis Spinola, e Tenebrio angula- tus Rossi; la seconda col nome di ZV/oma cornuta Linn., la quale creduta nuova, fu posta dal Friwaldsky nel genere Tenebrio di Fa- bricius, col nome speciale di furca, e da Stèven, col nome di bicor- nîs nel di lui nuovo genere di Anthracias. (Vedasi Dejean, Cata- logo, III. edizione). Non solo queste, ma tante altre specie state nominate e descritte da noi e da altri entomologi italiani, come da entomologi esteri, e perfino dello stesso Dejean, furono cangiate d'autore nel detto cala- logo Schaum, per il che sarebbe stato un lavoro desiderabile e di sommo interesse che il Sella avesse corretto lo Schaum per le specie del Biellese. I diffetti del catalogo Schaum sono pur quelli del catalogo della Società entomologica di Stettino, come già dissimo, alla quale noi pure vi apparteniamo come socj: e come tali noi abbiamo già fatto alla medesima i nostri lamenti per simili inesattezze, specialmente per l’ indicazione di altri autori alle nostre specie, ed avressimo già pubblicato una revisione critica ai detti cataloghi, se le incessanti nostre applicazioni ai var) rami di scienze naturali non ce ne aves- sero distolto. La circostanza di vedere inserito negli 4/7 della nostra SUI COLEOTTERI DEL BIELLESE 225 Società, un lavoro di un italiano, nostro buon amico, troppo religio- samente seguace delle opinioni dell’entomologo Berolinese anche ne- gli errori, ci indusse a farne rimarco, salvi i vicendevoli nostri sen- timenti di stima ed amicizia, giacchè nella scienza, come fu detto altre volte, non si disputa che dei fatti, ed i riguardi personali vi sono affatto indipendenti. | Milano, luglio 1868. A. e G. B. VILLA. Seduta del 25 febbrajo 1866. ll vice-se&retario Franceschini dà lettura d’una Me- moria del socio prof. Leopoldo Maggi Sul terreno erra- tico di Val Cuvia, la quale fu stampata negli Atti. È letto ed approvato il processo verbale della seduta precedente. E nominato socio effettivo il signor FUMAGALLI CarLO, proposto dai socj biopgiana Gargan- tini e Taramelli, Seduta del 25 marzo 1866. Il vice-segretario Franceschini legge un sunto d'una Memoria del socio Cocchi Sulla geologia dell’alta Valle di Magra, che sarà pubblicata nelle Memorie della So- cietà. Il presidente Cornalia presenta un sunto mandato dal socio Orazio Silvestri d’una sua lunga Memoria Su//a eruzione dell’ Etna del 1865. Questo sunto fu stampato negli Atti della Società. Il vice-presidente Antonio Villa presenta alcuni esem- plari di rocce di Pedesina e Rasura presso Morbegno. Sono nominati socj effettivi i signori: CoLienon NicoLa, prof. di meccanica nel R. Istituto Tecnico di Firenze, proposto dai socj Cocchi, Targioni e D'Ancona. Vol, IX. 418 226 sEDUTA DEL 25 manzo 1866. CornaGGIA march. GIovANNI, proposto dai socj Galanti, Franceschini e Stoppani Antonio. FRANCESCONI prof. FRANCESCO, rettore del Collegio della Sapienza di Perugia, proposto dagli stessi soc). FAIRMAN JonN Epuarp, a Firenze (via della Vigna Nuova, 26), proposto dai socj Cornalia, Stoppani A. e Franceschini. Il Segretario G. OMBONI. Seduta del 29 aprile 1866 È aperta la seduta colla lettura di una Memoria del sì- gnor Orlandini Su//e alterazioni prodotte dalle emersioni ofiolitiche nelle rocce di Val di Greve al sud dell Im- pruneta. Il presidente Cornalia invita poi il socio Galanti ad emettere il proprio parere su di un opuscolo Su//a ma- lattia del Ricino stato presentato alla Società dal sig. Ema- nuele Romanin, il quale invoca studj e pareri in propo- sito dai cultori della Scienza agronomica. «Il Galanti premette che alcune sue più gravi cure gli avevano tolto il tempo di istituire esperienze dirette in proposito, per le quali la stagione attuale non si presta, conseguentemente non potere emettere per il momento, che delle induzioni. Che intanto si riserva a far studj pratici in proposito nella imminente stagione estiva e sulla tenuta di Corte del Palasio presso Lodi, ove si col tiva da qualche anno il Ricino con qualche successo. » Intanto si ristringe a dire: » 1.° Che non può ammettere potere il Ricino resi- stere più del Melgone alla siccità, perchè sempre lo rico- nobbe come una pianta ghiottissima di concime e di umidità nel suolo. | 228 SEDUTA » II.° Inquanto alla convenienza economica di tronte al Melgone, pure ne dubita, dappoichè, la maturazione di tutti i semi del Ricino non essendo contemporanea, esige perciò stesso molta man d’ opra dovendo farla a più riprese; e perchè, ove non si soleggino ben bene i se- mi, sono dentro i proprj involucri attaccati dalla muffa ed il prodotto si guasta prima dello sgusciamento, il quale è tutt'altro che facile e sbrigativo. » 3.° Dalla descrizione sintomatica della malattia e dalla parte della pianta che essa comincia ad attaccare di preferenza, dimostra il Galanti potersi indurre che la muffa che il sig. Romanin crede causa del morbo sia piut- tosto una Rizotona, come pel Moro e per la Medica, che un Oidium, come nella vite. » 4.° Il non coprirsi di muffa nè il fiore, nè il frutto, come asserisce il signor Romanin, esclude quasi l’idea dell’Oidio, il quale di preferenza attacca, nella vite, questi organi principali della riproduzione, mentre la Rizotona sì diporta nel Moro e nella media appunto nel modo de- scritto dall’ osservatore, col quale il Galanti non conviene sulle deduzioni in proposito della respirazione inversa fra le Crittogame e le Fanerogame. A questo proposito il so- cio Galanti molto si diffonde, citando alcuni fatti dal Lie- big riferiti. » 5.° La teoria messa in campo dal Romanin che le piante, passando dal sud al nord, si carichino di Crittogame non regge, secondo il Galanti, di fronte ai fatti più ovvj della Storia agricola, la quale, mentre ci dimostra. che le muffe dannose sono cosmopolite, ci prova del pari che la vite, il gelso, il melgone, il cotone, una quantità di piante tes- sili coloranti, aromatiche, tintorie, ornamentali, potero- no per lungo tratto di tempo, come al presente, restare DEI. 29 APRILE 1866. 999 illesi da-questa peste, la quale, quando si è mostrata sotto l’aspetto più micidiale per alcune di tali piante antima- late già, non ha risparmiato di preferenza il sud anzichè il nord. Per la vite anzi seguì tutto il contrario in Italia, poichè il Piemonte e segnatamente il Monferrato fu più ri- sparmiato delle Marche, della Toscana, della stessa Sicilia. « Tutto ciò premesso, ne deduce il Galanti, che al- lorquando il signor Romanin avrà fatto colla esattezza e collo zelo che lo distinguono studj più accurati ed esatti in proposito, astrazion fatta dalle deduzioni cui egli trae dal già osservato, chiunque potrà formarsi un'idea più com- pleta sulla natura di questo malore, del quale il Galanti non si allarma come di altri, che già percuotono prodotti ben più importanti del Ricino, il quale, secondo lui, avrà sempre un posto assai secondario nell'economia di una azienda rurale qualunque. » Il segretario Omboni presenta un opuscolo Sulle salse e sulla eruzione fangosa dî Paternò in Sicilia, manda- togli dal socio Silvestri, e fa noto desiderare questo socio che detto lavoro sia ristampato negli At della Società. Dopo breve discussione la Società decide che quel la- voro, essendo già stato pubblicato per le stampe, non può essere ripubblicato nei suoi Atti, vietandolo chiaramente un paragrafo dei Regolamenti. Il presidente Cornalia annuncia il prossimo trasloco della sede della Società e del luogo delle riunioni al Mu- seo Civico di Storia naturale, avendolo gentilmente con- cesso la Giunta Municipale. Si chiude la seduta col nominare soc) effettivi i signori : RasponI conte PieTRO, Ravenna, proposto dai soc; Galanti, Cornalia e Stoppani. 230 SEDUTA DEL 29 APRILE 1866, TANARI comm. Luici, Senatore del Regno, Firen- ze, proposto dagli stessi soc]. Osimo dott. Marco di Padova, proposto dai socj Pontremoli, Cesati e A. Stoppani. Diatiba Rosa PRATI marce. GuIpo, di Parma, pro- posto dai socj Cesati, Passerini e Cornalia. ArRIGONI conte Oppo, Padova, proposto dai soc] Alessandri e fratelli Villa. Riva don AntonIo del fu Rodolfo, Lugano, propo sto dai soc] Stabile e fratelli Villa. ComorttI dott. Giovanni, segretario municipale @ Bergamo, proposto dai socj A. Stoppani, Gargantini e Taramelli. CurIonI GIOVANNI, capitano a Milano, proposto daà socj A. Stoppani, Gargantini e Taramelli. I Segretario G. OMBONI. ———m_____————————————tt_ Seduta 27 maggio 1866 Il presidente Cornalia apre la seduta col leggere la lettera del Sindaco di Milano, colla quale la Giunta Mu- nicipale, dietro voto favorevole del Consiglio dei Conser- vatori del Museo Civico di Storia naturale, consente & che la Società tenga provvisoriamente le sue sedute e collochi la sua biblioteca in uno dei locali del Museo, e ringrazia la Società per l’ invio fatto A Municipio desti Atti della Società. Questa è dunque la prima seduta tenuta dalla Società in una delle sale del Museo Civico. «Il presidente Cornalia dà lettura di alcune parti d’un lavoro presentato dal socio E. Giglioli, intitolato: Saggio intorno ai principj di classazione secondo il sistema na- turale per Genealogia ed Embriogenia, applicati quanto più possibilmente al regno animale. — In una parte d’introduzione l’autore tesse una breve steria delle clas- sificazioni zoologiche, nella mira di dimostrare come i metodi fin qui usati, dei sistemi artificiali e dei sistemi misti, non abbiano raggiunto lo scopo di soddisfare a 232 SEDUTA tutti i requisiti che debbono avere le buone classificazioni, e come solo il sistema naturale possa raggiungere questo scopo. — La prossimità di derivazione è il principio che è da adottarsi per stabilire le affinità delle specie degli animali, cioè la somiglianza dell’animale nel suo sviluppo, indipendente dalle forme ultime che qui può pol assumere. Milne Ewards, Agassiz, Huxley, insistono a buon diritto sui caratteri embriologici, ed a ragione, dice il nostro Autore, perchè siffatti caratteri ineludoro necessariamente il concetto della derivazione. Conformandosi al detto di Darwin, che il sistema naturale si fonda sulla discendenza genetica con modificazione, ritiene che i caratteri di maggiore affinità fra due o più specie sono quelli che vengono ereditati da organismi parentali comuni; ogni vera classificazione naturale riesee di neeessità geneaZo- gica. — Che le forme esterne abbiano poco valore; lo prova il fatto, che la stessa specie le presenta diverse assal nel due sessi separati, e ad onta di ciò, nessun na- turalista pensò a disgiungerli. I cirripedi furono tolti dai molluschi e uniti ai crostacei, per la forma e le fasi dei loro embrioni. | » Dopo altre considerazioni, espone l’autore la classifi- cazione dell’ Huxley, che divide gh animali in PRroTOZOI Astomati, e Stomatodi CELENTERATI Idrozoi, Actinozoi MULLYSCOIDI ANNULOIDI Briozoi Rotiferi Ascidioidi Scolecidi Brachiopodi Echinodermi DeL 27 Maccio 1866. 235 MoLLUSCHI ANNULOSI Lamellibranchi Annulati Odontofori Artropodi VERTEBRATI Branchiati Abranchiati. » Dopo di che l’Autore dà i caratteri di tutte queste di- visioni, fondandosi specialmente sui caratteri presentati dagli animali nell’ epoca del loro sviluppo. Il lavoro. è corredato da figure esplicative tratte specialmente dall’o- pera dell’ Huxley, che il socio Giglioli imprese a volga- rizzare. n Il vice-presidente Antonio Villa legge la seguente bre- ve nota Sopra alcuni marmi di Valtellina : « Nelle lettere che mio fratello dirigeva a questa Società il 1.° Gennajo di quest'anno, e da me letta nella prima seduta di que- st'anno stesso, si parla di un calcare da lui scoperto a Sirone, frazione di Roncaglia in Valtellina, il quale mostrasi ora misto alle roccie talcose formando un cipollino, ed ora si presenta come un vero marmo bardiglio, ed anche marmo bianco salino o piutto- sto ceroide. Mio fratello ha in seguito verificato che lo stesso cal- care continua verso ovest fino oltre Civo sotto i prati di Poejra. » A nord-est di Sirone poi, nella valle del Masino, sotto Pilasco frazione di Dazio, egli ha rinvenuto un altro marmo, riferibile al Portoro, ma il fondo non è di un nero intenso come quello di Por- to Venere, bensì più spesso cinereo o ceruleo con vene gialliccie o rossiccie, e con reticolazioni spatose bianche. È probabile che, inol- trando gli scavi di questo marmo, abbia a presentarsi nell’ interno con una tinta più oscura, come vedesi in alcuni saggi, e simile al Portoro della Spezia o Porto Venere. Lo stesso marmo fa passaggio 234 SEDUTA insensibilmente ad altre varietà, presentando dei tratti di qualche estensione di un puro color cinereo variegato in roseo, a guisa del così detto Belghiaccio; in altre porzioni invece il color cinereo forma delle macchie su di un fondo fiorito in giallo dorato, roseo e rossiccio, ad imitazione del così detto diaspro di Sicilia. Tal- volta è fettucciato, e sovente attraversato da vene spatiche diritte, incrocicchiate nei due sensi, in modo da formare dei romboidi : nella varietà azzurra, che è più dura, perchè silicifera, più spesso le vene bianche e gialliccie formano reticolazioni imitanti quelle di una carta geografica. » La posizione geologica di questo marmo dovrebbe riferirsi al lias inferiore od al trias. Esso è incassato nel talcoscisto, e lo strato è della potenza di un metro e mezzo fino a 3, diretto pres- sochè dall’ est all’ ovest, coll’inclinazione di circa 80 gradi ‘al sud; » Questo calcare serviva altre volte per la fabbricazione della calce, ma ora quelle fornaci sono abbandonate, e nelle vicinanze, sotto. Pilasco, frazione di Dazio, presso al torrente Masino, nel luogo detto Luino, si cavano presentemente dei massi, si riducono in pezzi, e si adoperano per ghiaja sullo stradone di Sondrio. Il luogo non è di difficile accesso, e la strada è buona per trasporto di mediocri carichi, per cui, volendone attivare lo scavo per met- terlo in commercio come marmo, sarebbe di maggior vantaggio, potendosi benissimo far servire ad uso di ghiaja gli strati di cal- care grossolano e i dolomitici della stessa località, non che i più siliciferi, e le roccie quarzose. » In aggiunta alle notizie sulle roccie dei dintorni di Morbegno osservate da mio fratello, è importante di ‘sapere come, oltre il granito porfiroide e la sienite granitoide e porfiroide, che fanno passaggio l’una alle altre insensibilmente, siasi ora trovata. nella Valle del Masino ‘anche la varietà orbiculare, imitante assai bene il Piromeride o diorite orbiculare di Corsica (per alcuni Porfido orbiculare, e volgarmente Granito Napoleone), con questa differen- za però che le sfere a zone concentriche, nel magnifico pezzo portato da mio fratello, proveniente dal Monte Ligomio, sono assai 4 ia grandi di quelle della Diorite di Corsica ». Il vice-presidente Villa presenta alla Società alcuni esemplari levigati dei marmi deseritti,. un grosso , pezzo DEL 27 maccio 1866, 255 della diorite orbicolare di Valtellina; e due campioni di quella di Corsica per gli opportuni confronti. Il presidente Cornalia presenta una lettera del. socio Montefinali di Porto Venere, dalla. quale risulta che. il Municipio di quella città, nel giorno 26 aprile p. p., ha inaugurato, presso l’ epigrafe già ivi collocata dal Muni- cipio della Spezia, la seguente iscrizione : PERENNE RICORDO pI Porto VENERE E suo Municipio PLAUDENTI © ALL’ ONORE RESO DAI NATURALISTI ITALIANI A LAZZARO SPALLANZANI MDCCCLXV. Lo stesso presidente annuncia ‘che il primo congresso paleontologico promosso dalla Società avrà luogo in que- st' anno a Neuchàtel, nei giorni 22, 23, 24 e 25 agosto, insieme colla Riunione Annuale della Società Elvetica di Scienze Naturali. Egli annuncia poi che, secondo gli ha scritto il sig. De- Bosis ‘d’Ancona, il senatore Orsini d’ Ascoli ha definiti- vamente accettato la presidenza della. Riunione straordi- naria della Società ad Ancona, perla quale l’anno scorso, alla Spezia, era stato nominato presidente lo stesso De- Bosis. Dopo breve discussione si ammette che quella Riunio- ne straordinaria ad Ancona avrà luogo dopo il Congresso di Neuchàtel e prima di quello generale degli Scienziati italiani, che deve cominciare a Napoli il giorno 9 di set- tembre. 236 SEDUTA DEL 27 maccio 1866. Per ambedue questi Congressi si distribuiranno e si pubblicheranno anche nei giornali appositi inviti. La Società, sentito il bisogno d’uno scaffale per collo- care i libri, ai quali non basta più quello già in uso, la- scia alla Presidenza l’ incarico di provvedervi. Sono ammessi come nuovi soc) effettivi i signori: FioRENZI ing. FRANCESCO, di Osimo, deputato al Parlamento. | CASTAGNOLI ing. ALESSANDRO, di Osimo, dimorante in Ancona. RuagERI dott. GAETANO, chirurgo in. Ancona. BERARDI dott. CoLomBo, chirurgo in Ancona. MONTANARI dott. ALESSANDRO, in Ancona; tutti proposti dai socii De-Bosis, Cornalia e Omboni. FEIERENAMM JOHN, professore di Mineralogia a Londra, proposto dai socj Stoppani, Villa e Cornalia. Ed è nominato socio corrispondente il signor: 1 Le-Hon ENRICO, professore di geologia a Bruxel- les (rue du Commerce, 41), proposto dai socj Omboni, Cornalia e Visconti. Il Segretario G. OMBONI. 237 LIBRI RICEVUTI DAL l.° GENNAJO AL 31 Maggio 1866. Società Reale di Napoli, Rendiconto dell’ Accademia delle scienze fisiche e matematiche. Anno IV. 12; anno V, 1 e 2. Bullettino della Associazione agraria friulana. Anno X, 24; Anno XI 13,4, 5;6,7,8e9. Bullettino nautico e geografico, Vol. III. 8, 9 e 40. Bulletin de la Soc. imp. d'acclimation. I. 9,10, 11,412; III. 1,2, 3. La sericultura. 1863. N. 3, 4, 8, 6,78. Revue Sacoisienne. VII. 1, 2, 3, 4, d. Bullettino meteorologico del R. Osservatorio di Palermo. 186%. N. 10, 41 e 12. Sitzungsberichte der k. bayerischen Akademie der IV issenschaften zu Minchen. 1865. N. 4, 2,3 e 4. Bullettino meteorologico dell’ Osservatorio glell’ Istituto tecnico d' An- cona. 1865. N. 10, 12, Mittheilungen der naturviss. Vereins fiir Steinmark. Gratz. 1864, 1868, 1866. | Wiirzburger naturwissenschaftliche Zeitschrift. VI. A. Il Picentino. VIII. 12.-IX. 41, 2, 3, 4. L'amico dei campi. I. AL e 12.-Il. 1, 2,3, 4. L'agricoltura. 1868, N. 24, 22,23. — 1866, N. 1, 2,5,4,5.6,7, 8e9. Atti della Società d’acclimazione e agricoltura in Sicilia, V. 41 e 12. — VI. 1, 2, 3. Memorie dell'Accademia delle scienze di Bologna, Il. 4. 1868. Atti dell'Ateneo di Milano. Anno 1864. 238 LIBRI RICEVUTI Flora, N. 24 a 30, Regensbury. 1865. Atti dell’ Istituto Veneto. X. 10. Memorie dell’ Istituto Veneto. XII. 12. Bulletin de la Société des naturalistes de Moscou. 1863 Il. e III. Atti dell’Ateneo Veneto; Il. 3.:e 4. Rendiconti dell’ Istituto Lombardo. Sezione delle scienze matematiche e naturali. Il. 9 e 10.-HI. 1 e 2. I Neues Jahrbuch fiir mineralogie u. s. w. 1865. N. 7. — 1866. N. 2. Caxesrrini, Archivio per la zoologia, ece, IV. 4. -I Giardini. Il. 4, 5 e 6. Mémoire de lInstitut Génevois. X. Atti del R. Istituto d’ incoraggiamento di Napoli. I. Serie. Tomo Il. Giornale di scienze naturali ed economiche pubblicato per cura del Consiglio di perfezionamento annesso al R. Istituto Tecnico di Palermo. Vol. I. Fase. 1 e 2. Bulletin de l’Institut Génevois. 28. Jahrbicher des Vereins fiir Naturkunde im rif > Nassau, XVII. XVIII. /7iesbaden, 1862-63. - Corrispondenza scientifica, Roma. Bulleltino. Dicembre 1868 e gen- najo 1866. | Il Movimento scientifico. |. 1, 2 e 53. Archiv des Vereins der Freunde der Naturgeschichte im Meklen- burg, XIX. 1868. è® Der Zoologische Garten. VI. 8,9, 10, 11.e 12. Corrispondenza scientifica în Roma. VI. 27, 28, 29, 50 e 54. Bulletin de l’ Academie impériale des sciences de St. Petersbourg. Tomes 1, II, 11, IV, V, VI, VII VIN, IX. N. 4 et 2, Mémoires de l’Academie impériale des sciences de St. Petersbourg. Tomes 1, Il, HI, IV, V, VI, VII, VII, IX. N. 4 et 2, Zasrepescui, Breve riassunto di studj spettroscopici. Venezia; 1865. Erster Bericht des naturwiss. Vereines zu Bremen. Vom Nov. 1864 bis Ende Màrz 1866. Jan, [conographie des ophidiens. Livr. 14 et 18. Der Giupice, Zavorî accademici del R. Istituto d'incoraggiamento di Napoli. paL 1.° GENNAJO aL 3Î Maccio 1866, 239 Monritter, /Vowvelles decouvertes paléoarchélogiques en Ligurie, par M. A. Issel. (Matériaux pour l’hist. de l’homme, 1868.) Issri., Z'apporto sul miglior modo d'ordinare e conservare il Museo geologico donato al Municipio di Genova dal marchese Par eto. Genova 1865. Custer, Du fyphus des animaux. N. 2. Angers; 1866. Gionpano, Modo pratico di coltivare il cotone. Bologna, 1868. Moron, Sopra gli scisti bituminosi dell’ alta Italia. Venezia, 1865. Grassi, Relazione storica sulla eruzione etnea del 1863. CaxestrIni, Catalogo dei pesci d’acqua dolce d’ Italia. Tkonpro, Cenni storico-statistici intorno all’ Ospedale di S. Luigi Gonzaga. Scaragecti Gomm-FLamss, Sulla probabilità che il sollevamento delle Alpi siasi effettuato sopra una linea curca. Dx Berra Epoarvo. Degli insetti nocivi all’ agricoltura. De Zicxo Acuite, Ossercazioni sulle felci fossili dell’ colite, ecc. Pa- dova 1865. Aree Der, Sul traslocamento delle piante arboree adulte. Siena, 1868. Garsicietti Anronio, Di una singolare e rara anomalia dell’ osso ju- gale ossia zigomatico. Torino 1866. Cesari Vincenzo, Elenco sistematico di alcune piante dei luoghi di terra santa. 1866. Gueocenc, On Cirklers bergring. Christiania, 1861. Le Hon, Histoire compléte de la grande éruption du Yésuve de 1631 . Bruxelles, 1866. Cossa Atronso, Sulla determinazione di alcune proprieta fisiche e chi- maiche delle terre coltivabili. Gastaupi, Intorno ad alcuni fossili della Toscanu e del Piemonte, (Estratto di Memoria presentata alla R. Accademia delle scienze di Torino). Nounricar, La Maladie des Vers a soie, Montpellier, 1866. Canrrame, AMalacologie Mediterranéenne et Littorale ecc. Première partie. (Dono del socio corrispondente Jannsens). Careuuini er Ter, Les phyllites cretacées du Nebraska. Lurich, 1866. Zsxrepescu, Gli allurmi magnetici, ecc. Padova, 1866. 250 LIBRI RICEVUTI DAL 4.° GENNAJO AL 34 MAGGIO 1866, Dar Pozzo pi Monsetto, La dinamica molecolare secondo Fusinieri e Reichenbach. Annuario della Società dei naturalisti di Modena. Voct, Su alcuni cranj umani rinvenuti in Italia. Zosa, Sulle borse sierose degli arti umani, Milano, 186%. Favre, Sur la structure en éventail du Mont Blanc. Genève. 1868. Kyeruur, Veber die Geologie des sidlichen Nerwegens. Christiana, . 1857. i Mancanorti, Sul terreno alluvionale antico della provincia di Verona. Verona, 1865. NEOSYMBOLA LICHENUM RARIORUM VEL NOVORUM, Italie superioris Auctore M. ANZI Series 1.° Paycoricnenes (Fr.) Massal. 4. Psoroticnia eeLatinosa. Sp. n. Thallus sparsus tenuis, gelatinosus, ‘niger, chrysogonidiis simplicibus refertus. Apothecia minuta, innata, plana, carnea, lamina ampla (gelatina hymenea ope jodi lutescente), paraphysibus capillaribus, articulatis, dense conglutinatis: sporis . . . Spermatia numerosissima, stipatissima, cylindrica, recta, 0", 0088 longa, 0%®, 0016 lata. Sui trovanti granitici, tra le piante di castagno, nel fianco orien- tale del Mongollo sopra Como: rara. 2. Pyrenopsis sancuinea. Sp. n. Thallus homogeneus, verruculosus, verruculis furfuraceis, ambitu liberis, solitariis, vel aggregato-dif- fractis, externe fuligineis, intus gonidiis sphericis, sanguineis, non moniliformibus, farctis. Apothecia thalli verruculis inclusa, ostiolo po- riformi indicata: lamina superne fusca, paraphysibus laxis, sporis, in ascis cylindraceis, 8., ellipsoideis, pellucidis, 1-locularibus, 0%, 4A longis, 0"®, 006 latis Sul serpentino, in luogo ateggiato! battuto dai venti (Campello sopra Bormio): 1500 m. sopra il mare: copiosa, ma con rari frutti, Exs. Anzi Lang. Fascie. XII, n. .... Vol. IX. 16 242 M. ANZI, 5. Owpuataria pLecrorsora Mass. Herb. o Ejusd. Sched. n. 110. Exs. Anzi Lang. Fascic. XII, n. ... Sulle rupi dolomitiche del monte Grona sopra il lago di Como, nelle regioni dell'ulivo e della vite: frequente. 4. Owpmacaria camaromorpna Mass. Aramm. p. 13. Symm. p. 59. Bagl. Enum. n. 272. Anzi L. Yen. exs. n. 3. Sulle rupi nella valle della Troggia sotto l’alpe Biandina in Val. sassina. Apothecia urceolata, thalli tuberculis immersa, parvula (ratione thalli majuscula), disco rufo: lamina (ampla), et hypothecio pallidis vel lutescentibus, paraphysibus crassis, laxis: asci clavati, 8-spori, spore parvule, ovoidee, cum sporidiolo centrali, 4-loculares, pellu- cide, d. Oupravaria cirARDI Dur. et Mont. Hepp. ZI. Eur. n. 419. Sulle rupi Juresi alle sponde del lago di Como (Pizzo): 200 m. sopra il mare. 6. PniyLUscun ENDOCARPOIDES Nyl. Syn. p. 457. Tb. Fr. Z. Arct p. 289. Exs. Sommerf. 58. Kérb. 270. Fellm. 2 Sul fianco di una rupe granitica molto ombreggiata nel bosco vi- cino ai Bagni del Masino in Valtellina. 7. CoLLema cranosum ( Wulf.) var dermatinum (Ach?) Krempelh! Bay. p. 83 (in meo Merb.) Sulle rupi calcaree ombreggiate sopra il borgo di Viggiù nella provincia di Como: riccamente fruttifero. Pulchra var. accedens ad Collema multifidum:; sed thallo gaudens valde ampliori, et crassiori, apotheciis triplo vel quadruplo majoribus: itaque primo oculi ictu distinguenda. 8. Corea styaiun (Delise) Krempelh, Bay. p. 94. Synechoblastus: Kérb. Parer. p. 448. Sui sassi calcarei e dolomitici nelle Retiche vallate (Lanzada, Poschiavo). MII, VIA I NEOSYMBOLA, ETC. i 245 9. Leprocium PHYLLOcaRPUM (Pers.) var. deedaleum (Flw.) Nyl. Syn. p. 130. I Sui tronchi degli alberi a sinistra dell'Arno presso Firenze: sterile. 10. KéaserIA sirormis Mass. Geneae. p. 6. L. Ital. exs. n. 90. Sui tronchi degli ulivi alle sponde del lago di Como {isola Coma- cina): rara e con rarissimi frutti, Series 1I,° Gnesio-LIcHENES Mass. Sectio 1° Gymnocarpi. 44. Craponia incrassata FIk. Comment. p. 21. Rabenh. Clad. exs. tab. IV. Sulle marcide ceppaje dei castagni nelle colline presso Como (monte di Capiago): poco frequente. 12. Srerrocauron nanum Ach. Meth. p. 315. Nyl. Syn. p. 253. var. pulverulentum Th. Fr. Stereoc. ed alt. p. 64. Exs. Scheer. 588. Hepp. b47. Sul cemento dei muri fiancheggianti la via tra Rezzonico e Cremia (lago di Como): sterile. 45. SrereocauLon incrusratum FIk., Th. Fr. Stfereoc. ed alt. p. 56. (non Anzi Catal. n. 42, nec Zang. exs. n. 14). Exs. Funk 624, Rbr. 136. Hepp. 301. Sulla terra al termine inferiore dei boschi di conifere, in Valle di Sotto (prov. di Sondrio): 4100 m. sopra il mare: raro, A. Sterocauon pascuare (L.) Fr., Th. Fr. Stereoc. edit. 2. p. B7. Rabenh. Z. Zur. exs. n. 454. Colla specie precedente : egualmente raro. QUI M. ANZI, 45. SpayRipium casio-PRumosum. Sp. n. Thallus leproso-tartareus, albo-lutescens,. stipitibus cylindricis. Apothecia subglobosa, fusca, coesio-pruinosa: lamina ampla subpellucida, paraphysibus laxis: spore, in ascis napiformibus, 8., aciculari-fusiformes, pellucide, 4-locula- res, 0MD, 018-20 longe, 0%". 0034 late. — Pulchra species, a Sphy- ridio byssoide etiam nudo oculo distinguenda forma stipitum, et apo- theciorum, istorumque pruina. Sulla terra argillosa sotto il villaggio di Bema in valle del Bitto : raro. 16? Coniocyse crocata Kéòrb. Parer. p. 300. Exs. Rabenh. L. Eur. n. 736. (exclusis Synon. preter Kòrberianum). Sui tronchi resinosi delle conifere nei boschi della prov. di Son- drio (Bormio, valle di Tàrtano). 47. Cauiciom LeNTICULARE var. sulphurescens Anzi. Thallus tenuis, le- proso-granulosus, viridi-sulphureus, protothallo albo, stipite nigro-fu- sco. Apothecia turbinato-lenticularia, excipulo pruina fugaci suffuso , margine albo: spore ovoidexe, fuscre, 2-loculares, 0%, 008-9 longe, omm 006 late. Sui tronchi marcidi delle peccie nel denso bosco di Lia in Valle di dentro (prov. di Sondrio). 18. Acorium micictare (Pers.) Fée, Dntrs., Mass., Kòrb. a. var. prominula (Nyl. Syn. p. 165). | b. var. ecrustacea (Nyl. Scand. p. 46). Anzi Lang. exs. n. 426. Sui nudi e secchi tronconi dei pini al termine superiore dei bo- schi bormiesi. 19. Nephrona Tomentosun var. helveticum (Ach.) Nephr. papyraceum c. helveticum Th. Fr. L. Arct. p. 45. Exs. Anzi Lang. n. 427. Sopra i massi granitici franati e accavallati, fra le selve di noci e castagni nella Valtellina (Ròdolo), ove dà sovente ricetto al parassita Abrothallus Smithiî. NEOSYMBOLA, ETC. 245 20. Peurisera seuria Ach,, Nyl. Syn. p. 323. Peltigera pusilla Korb. Syst. p. 39. Sulla terra nei boschi di conifere pressochè tutti del mandamento di Bormio: ma poco frequente. 24. Pericera scaprosa Th. Fr. LZ. Arci. p. 45. Peltigera scutata Korb. Syst. p. 60. Sulla terra nelle colline comensi (Chiasso): rara. 292. Imsricaria acerapurum (Neck.) Korb. Syst. p. 77. In Lombardia sembra essere poco frequente. lo la raccolsi soltanto sui pioppi di Valsassina, e sopra gli ontani presso Bormio (pian del vino): in quest’ultima località all’altezza di 1400 m. sopra il mare. 25. InpricarIa sAxATILIS (Z.) f. sulcata (Tayl.) Parmelia Nyl. Scand. p. 99. Exs. Anzi minus rari n. 4104 b. Nei monti del Veneto, Mass.; in quelli della Valtellina e di boro, Anzi. i 24. Insricaria stvera (L.) var. angustior (Scheer.) Parmelia fahlu- mensis B. stygia b. angustior Scheer. Enum. p. 48. Sui massi granitici nei monti e nelle alpi Bormiesi, principalmente nei boschi di conifere in Valle di Sotto, 2%. Pracopiun cerimores. Sp. n. Thallus plumbeo-albescens, rimoso- areolatus, planus. Apothecia innata, creberrima, centripeta, cerino- rubescentia, parvula, margine tenui, paraphysibus coherentibus : : spore, in ascis oblongis, 8, polari-2-loculares, pellucide, ellipsoide®, oum, 0068 longe, 08m, 002-3 late. — Quoad thallum assimilatur Placodio chalybeeo : apotheciorum autem colore in memoriam revocat Placodium cerinum apotheciis proeditum rubescentibus. 246 M. ANZI, Sulle rupi Juresi alle sponde del lago di Como (Pizzo): raro. 26. Rinopina Nivea. Sp. n. Thallus tartareo-amylaceus, verrucoso- conglomeratus, niveus. Apothecia crebra, parvula, adnata, disco atro, paraphysibus laxis; spore in ascis clavatis, 8., oblonge, interdum subarcuate, fusce, 0%, 017-20 longe, OMR, 008-0Nm, 041 late. Colla Pertusaria glomerata sulla terra torbosa e muscosa, in ter- reno calcareo, presso il limite delle nevi perpetue, nella Retica Val- pisella: rarissima. 27. Lecanora FRUsTULOsA (Dicks.) var. argopholis (Wahlb.) Korb, Syst. p. 139. Th. Fr. L. Arct. p. 107. Exs. Korb. n. 38. Sulle rupi granitose dalle colline marittime (monte Pisano), alle alpi nevose (Zebrù): rara. 28. Lecanora susrusca var. glabrata f. azurea Anzi. Apothecia pulchre azureo-pruinosa. LI Colla Graphis scripta v. recta, sui ciliegi nelle vicinanze di Como (Chiasso) : rara. 29. Zrora ruseLLa. Sp. n. Thallus tartareo-cartilagineus, planus, lxe- vigatus, rimulosus, subareolatus, albidus. Apothecia sessilia, rubella, plana, margine thallode tenuissimo, cito evanescente, marginemque proprium, disco dilutiorem, denudante: spor®....(nondum inventa). — Accedit Zecanore ccesio-rubelle Ach. (Herb. Lindig. n. 2667, 2684): cum qua identicum habet apotheciorum colorem; sed in no- stro Lichene deest pruina, thallus crassior est magisque rimosus, pre- terea spore adhuc ignorantur quum in Lecan. coesio rubella frequen- tes occurrant. Species videtur autonoma, nisi forte varietas habenda sit Lecanore subfusce. NEOSYMBOLA 4 ETC. 247 Sui tronchi degli alberi presso la ferrovia sopra Pistoja. 350. Zeora LeucoperMA. Sp. n. Thallus effusus, tenuis, cartilagineus, leevigatus, candidus. Apothecia parvula, rubella, adnata vel sessilia, convexiuscula, margine tenuissimo a suo thallo discreto (rimose se- juncto): spore {in statu perfecto rarissime) parvule, ovoidexe, pel- lucida, 4-loculares. — Species nobilissima, et venusta, nulli ali accedens, nisi quodammodo Biatore rupestris var. incrustanti. Sul calcareo primitivo ombreggiato presso il forno del ferro nella Valle di Fraele (Alpi Retiche): 1900 m. sopra il mare: in pochissima quantità. 34. Aspicitra cinergà (L.) var. chiodectonoides Anzi, Thallus cinereus subcontinuus, id est parce rimulosus, subfarinosus. Apothecia urceo- lata, parvula, protuberantia, margine proprio elevato, 2-12 simul confluentia, disco obsolete pruinoso. var. levata (Ach.) Th. Fr. L. Arct. p. 152. var. oxydata (Urceol. diamarta Ach.) La prima delle accennate varietà abita sull’ Alpe Zebrù presso le ghiacciaje. La seconda vive sopra il termine della regione del mugo, sul mi- caschisto, nell’alpe di Trella (catena Retica). La terza in Valle di Sotto (prov. di Sondrio), circa 1100 m. sopra il mare. 52. Aspicizia virrea, Sp. n. Thallus amplus, tenuis, contiguus, ver- nicoso - nitens, glauco-olivaceus, a protothallo cserulescente obsolete hinc inde variegatus. Apothecia prato urceolata , nigra, mi- nuta, margine thallodico tumido cincta: lamina Jmglicuastai lutea, superne fuscescens: spore, in ascis cuneiformibus, 8., ellipsoide®, pellucidae, 41-loculares, 0%, 0416-19 longe, 0%, 008-0%®, 044 Jatae, 248 M. ANZI , Vive colla Biat. rigulosa f. silvatica sulle rupi granitiche quasi per- pendicolari, ombreggiate, al termine superiore del castagno, in Val- tellina (Alfaèdo): in un luogo soltanto. 35. Maronea Birica Mass. Flora 1856. n, 19, Ej. Ital. exs. n. 346. Anzi Lang. exs. n. 433. Sui tronchi degli abeti nei boschi più densi della Valtellina, ri- volti a settentrione (Ròodolo e Alfaèdo). 34, GYALECTA SUBCLAUSA. Sp. n. Thallus leprosus, contiguus, tenuis- simus, sordide virescens. Apothecia minuta, sessilia, globoso-urceolata, subclausa, carnea, fundo concolori, excipulo evacuato albescente: la- mina ampla, pellucida, paraphysibus filiformibus, laxis, crebre arti- culatis: spore, in ascis oblongis, 8, sporis, ellipsoide®, granulis (lo- culis?) plurimis repleta., pellucidae, 02%, 0172 longe, 02", 0086 late. Sui massi dolomitici ombreggiati del monte Grona sopra Plesio (lago di Como): rara. 55. GvaLecra BiLimpiones. Sp. n. Thallus tartareo-pulverulentus, ru- gulosus, rimosus vel diffracto-areolatus , sordide cinereo-lutescens, inzequalis. Apothecia parvula, sessilia, urceolata, disco. carneo vel rufo, tandem nigricante, margine nigro: spore elongato-oblong®e, 2-6-loculares, pellucidae, 0%, 017-24 longe, 0", 003-4 late. — Habitus fere Bacidie Arnoldiane Kòrb. Sulla dolomia variegata nella provincia di Verona (Val Tanara), Mass. 36. Psora ostreata Hoffm. var. athroocarpa Anzi. Thalli squame minute, forma varie, pallide cervinae, rare, assurgentes inter apo- thecia numerosissima, maximam matricis partem cooperientia, mutua pressione angulosa. i Vive colla sua forma principale sui tronconi semi-carbonizzati dei pini nei boschi di Valfurva (provincia di Sondrio). NEOSYMBOLA , ETC, 249 57. TraLLomima mancare (Gouan) Mass. £icer. p. 86. Exs. Scheer. 575. Mass. 29. Anzi min. rari 248. Nei terreni calcarei delle colline etrusche (tra Firenze e Pisa): sull’arenaria rossa sotto l’alpe Biandina in Valsassina: rara. 38. TuaLLorima aLuraceum. Sp. n. Thalli squame ut in Thalloid. candido, sed minutissime densoque verruculos®e, colore subinde in roseum vergente. Item apothecia ut in Thall. candido, sed spore, in ascis clavatis, 4. 6., clavato-aciculares, obsolete 6-8 loculares, pellucide, 022, 0344-378 longe, 02%, 003-4 late. — Distinguitur a Thall. verrucoso Mass. Mem.! p. 122 squamis confertis, sporarumque diversitate. Sulle rupi granitacee e serpentinose dei monti e delle Alpi Bor- miesi (Valle di dentro, alpi Rocca e Tresèr). 59. Bratora cycwisca Mass. Symm. p. 40. Kòrb. Parer. p. 163. Exs. Zw. 271. Hepp. 495. Sulle rupi dolomitiche alle sponde del lago di Como (Nesso). 40. Bratorina ieniTa. Sp. n. Thallus nullus. Apothecia parvula, plana, coccinea vel rubro-ferruginea, margine prominente, dilutiore, solita- ria vel contigua, et mutua pressione angulosa: spore anguste ob- longe, 2-loculares, pellucide, 0%, 0147 longe, 0", 003-4 lata. — Externe similis Placodio festivo (Anzi Lang. exs. n. 272). Frammista alla finodina aterrima, sul micaschisto, sopra Bormio (Valle di Campello). 44. Braronima piruraris Korb. Parer. p. 136. Ej. Exs. n. 4187. Sulla terra muscosa nelle selve presso Como (Valle dei molini): non frequente. 42. Biatonina pseupo-cyRtELLA Sp. n. Differt a Biatorina cyriella 250 M. ANZI, apotheciis majoribus, et preesertim sporis constanter latioribus, 08m, 0418-17 longis, 0®®, 008-6 latis. Sulla scorza dei pioppi in più luoghi della provincia di Sondrio (Torre in Val Malenco, Valle di Sotto): sui noci nella provincia di Como. - 45. Biumpra meLena Nyl. Bot. /Votis. 1855. p. 152. Scand, p. 205 sub Lecidea, Sulle morte ceppaje dei castagni, e sui monchi e marcidi tronconi dei pini nella provincia di Sondrio (Ròdolo, Bormio). 44. BiLimsia PELIOcARPA,. Sp. n. Thallus albidus, tenuissimus, minutis- sime disperso-granulosus. Apothecia spheeroidea, conferta, ex-dilute- carneo livida vel livido-nigricantia: lamina superne subsmaragdula, hypothecio lutescente: spor, in ascis napiformibus, crebris, subincon- spicuis, 8., cylindracex, interdum subarcuate, pellucide, 09, 017-20 longe, 0", 005 late. — Habitus Zecidea cinereee Scher! Exs. Hepp. FI. Eur. n. 21. Sopra i muschi nei monti del Lago Maggiore (Locarno), scoperta dal padre capuccino Agostino Daldini. 48. Bruiupia Arceutinomes Anzi Lang. exs. n. 454. Thallus leprosus, albidus, subnullus. Apothecia minuta, solo centro adfixa, carneo-ru- bella, primum gyalectiformia, deinde lentiformia, margine dilutiore: lamina, et hypothecio lutescentibus: spore 8., mediocres, anguste oblonge, pellucide., 2-4 loculares, 0%, 017-20 longae, 02%, 0049- lata, Synon. Bilimbia tetramera Mass. Herb. pro maj. p. Sopra i muschi nella provincia di Verona, Mass. 46. Bacipia rratERNA. Sp. n. Thallus et apotheciorum color ut in NEOSYMBOLA , ETC. 284 Biatora vernali (L.) Th. Fr. vel ut in Placodio sinapispermo (DC): sed apothecia minora, plana, margine tenui cincta, tandem convexa, et immarginata: spore aciculares, graciles, recte vel flexuose , ob- solete pluriseptatae, pellucide, 0%", 028-43 longe, 0%D, 002 lata. Vive colle due predette specie, a cui molto si rassomiglia, nel- l’alpe Cerdecco (monti Retici): rarissima. 47. Bacipia corLestINa. Sp. n. Crusta subcartilaginea, granuloso-ver- ruculosa, alba. Apothecia parvula, atra, sessilia, ex urceolato-plana, margine crasso, prominulo, azureo-pruinoso: lamina subsmaragdula, paraphysibus laxis flexuosis: spore 8., aciculares, utrinque obtuse, rarius acutiuscule, 4-8-loculares, pellucida, 0", 05-5 longe, 003, 002-535 lata. Colla Batiora cuprea (Sommerf.), sopra il termine dei boschi di mugo, in terreno calcareo, sull’ alpe di Trella (Alpi Retiche): raris- sima. 48. Lecipea pRoTRUSA Fr., Scheer., Mass. Exs. Scheer. n. 578. Sull’arenaria rossa, sopra il termine della vegetazione arborea (alpe di Trella). 49, Lecipra isipiosa. Sp. n. Thallus laxus, subcartilagineus, albidus, leproso-granulosus, granulis isidioideis. Apothecia parvula, conferta, atra, primum plana, marginata, cito spheroidea: lamina sordide fu- scescens, apice fusca, hypothecio nigro-fusco, paraphysibus laxis: spore 8., elongate, 1-loculares, pellucide, 0%", 0135-17 long, Omm, 003-3 late. — Habitus Lecidee /7ulfeni (Hepp). Sopra i muschi e le epatiche, al termine della vegetazione degli alberi, nell’alpe Vallaccetta sopra Bormio: rara. 50. Lecipra personata Flw., Kòrb. Syst. p. 238, 252 e M. ANZI, Sui trovanti di micaschisto presso Bormio: rara e senza. spore. ‘Ba. Lecipea Hawprana Hepp ZI. Zur. n, 242. sub Biatora. Kérb. Parer. p. 224. Sul granito nell’alpe di Savogno in Val Bregaglia. . 52. Borcuia (Catillaria) senznaris Kòrb. Parer. p. 196 (spore 0®D, 0417-26 longe, 08m, 003-d late). Sui cuscinetti dell’Andreea petrophila nell’ alpe Cerasina in Val- furva (prealpi Orobie): rara. 83. BuecLia insinis var. papillata (Sommf.) Th. Fr. L. Arct. p, 227. Sulle rupi calcaree, presso il limite delle nevi perpetue in Val Pi- sella (Alpi Retiche): rara. 54. BueLuia Lacrea var. maritima (Mass.) Sched. n. 271. var. oliva- ceo-fusca Anzi. Thallus luridescens, olivaceo-fuscus, spore 02%, 016-418 longe, 0%D, 008-012, 0414 late. Reliqua ut in var. spuria (Scheer.) Amendue le accennate varietà abitano sul micaschisto nel monte Pisano. 58. BueLLiA UBERIOR. Sp. n. Thallus tartareus, rimoso-areolatus, al- bo-cinerascens, areolis parvulis, angulosis, convexiusculis vel planis, e protothallo atro, limitante enatis. Apothecia primum punctiformi- immersa, deinde innato-sessilia, plana margine prominente, ex sin- gulis areolis prodeuntia, easque tandem ex majori parte vel omnino cooperientia: lamina, et hypothecio lutescentibus: spore 8., ellipsoi- dex, fusco-nigrescentes, 2-loculares, 0%, 012-135 longe, 022, 006 late. — Proxima Zuellie lactece, a qua differt thalli areolis minoribus, minus albis, protothallo magis patenti lateque limitante, et apothecio- rum frequentia, ob quam per totam plantulam color ater praevalet albo. NEOSYMBOLA » ETC. 285 ® ‘Sulla quarzite nella regione del mugo, e sopra la medesima (alpe Bràulio, valle Zebrù). 56. BuecLia Rivopinorpes. ‘Sp. n. Thallus squamulosus, areolato-dif- fractus, convexiusculus, ceeruleo-albus. Apothecia parvula, subinnata, convexiuscula, subimmarginata , atra, hypothecio lutescente: spore ellipsoider, medio constricte, 2-loculares, fusce, 0%, 0153-16 long®, omm, 007-8 late. — Habitum preesefert finodine lecanorine Mass. cujus varietatem esse lecideinam facile pronunciares, nisi sporarum examen speciem nimis diversam patefaceret. Sullo schisto verde, sopra la regione del mugo, nell’alpe Rocca (catena Retica). 87. ArtHonia Rosacea Anzi Zang. exs. n. 435. Thallus maculari-de- terminatus, roseo-albescens. Apothecia crebra, majuscula, polymorpha, macularia vel subspilomatica, innata, atra: spore ..,. (in statu per- fecto nondum invent®). Sui tronchi degli abeti nei boschi più densi della Valtellina (Ro- dolo, Alfaèdo). 58. ArtHonia PiNETI Kbrb, Syst. p. 266. Exs. Korb. 169. Hepp 858. Zw. 309. Sulla corteccia levigata degli abeti nei boschi Valtellinesi (Ròdolo). 89. ArrHonia (Coniangium) susLuripa. Sp. n. Coniangium . . . Mass. Herb. Thallus leproso-granulosus, granulis albis per protothallum candidum sparsis. Apothecia minuta, atra, sessilia, subplana, cito de- formia: lamina, et hypothecio rufescentibus, paraphysibus obsoletis : spore, in ascis pyriformibus, 6., solereformes (articulo altero bre- viore, et angustiore), pellucide, 09m, 009 - 0!D. 012 longe, 0", 005-4 late. — Apothecia in memoriam revocant Biatorinam syno- theam f chalybceam (Hepp.): spore quoad formam, et colorem se 254 M, ANZI, ostendunt ut in Coniangio Wrido, sed in nostra specie duplo IRAJAReS inveniuntur: gelatina hymenea ope JI purpurascit. Sui tronchi delle peccie belt prov. di Verona (Asiago), Mass. 60. OpecrapHA ATRA var. drifurcata Hepp, Stizenb. Serata Opegr. p. 19. Sulle rupi calcaree della provincia di Como e di Sondrio (Val Gana. Premadio). Sectio II° Angiocarpi. 61. Enpocarpon amyLaceum Mass. Mem. p. 4147. Anzi Zen. exs. n. 120. Sul cemento dei muri presso Firenze. 62. Enpocarpon pacayiepis. Sp. n. Thalli squame cartilagine®, im- bricatee, rotundato lobatae., undulato-flexuos®e, margine adscendente, 5-4 millim. late, fusce, subtus pallidiores. Apothécia minuta, ostiolo nigro depresso prominula: spore, in ascis oblongis, 8., mediocres, ovoideo-subrotunde, primum episporio crasso cincte, tandem sub- stantia minutissime granulosa repleta, pellucide, 0", 017 longe, omm, 012-13 late. — Habitu accedit ad Vermatocarpon adscendens Anzi, a quo externe differt polissimum squamis erassioribus , interne sporarum differentiis. Sulle rupi granitiche nella valle della Troggia, sotto 1° alpe Bian- dina in Valsassina, dove sembra essere raro. 63. Verrucaria Nicrescens Pers, var. pseudo-catalepta Garov. Z'er- ruc. p. 30 (excluso Zwachii Synon.). Exs. Scheer. 285. Hepp. 453. ‘Sullo schisto argilloso, che accompagna l’arenaria rossa in Valsas- sina (Introbbio). NEOSYMBOLA ; ETC. 255 64, Verrucaria Macrostoma Duf. var. intermedia Anzi. Thallus fusco- nigricans, madore prasinus, planus., subtiliter rimuloso-areolatus, areolis angulosis, protothallo albescente. Apothecia mediocria, basi a thallo obducta, ostiolo papillato, tandem pertuso: spore, in ascis oblongis, 8., ellipsoidee®, grumoso-oleose, subpellucide, 00M, 024 longe, 0%®, 012-414 late. -— Pulchra var., quoad thallum accedens ad Zerrucariam nigrescentem: apotheciis vero et sporis ad /'erru- cariam macrostomam. Sui muri di calcare Jurese alle sponde del lago di Como, fra Torno e la Pliniana, 65. Vernucaria controversa Mass. Mem, p. 142. Sched. n. 24 sub Lithoicea. Vive perfettamente eguale agli esemplari Massalongiani, sulle rupi calcaree del monte S. Giuliano in Toscana. 66. VernucariA PApiLLosa (Ach,?) Korb. Syst. p. 350. Ej. xs. n. 472. Nelle vicinanze di Pistoja ho raccolio parecchi esemplari uguali in tutto al cit. n. 172 di Kòrber. 67. Verrucaria Purpurascens var. Zoffmanni Kòrb. Parer. p. 362. Exs. Scheer. 440. Mass. 207. Sui monti dolomitici del Jago di Como (monte Grona). 68. Micnoruewia seruLima Lahm, Korb. Parer. p. 397. Sulla corteccia della betulla bianca nelle vicinanze di Bormio (Torripiano), ed in Valle Malenco (Lanzada). Paraphyses crassiuscule, lax2e, flexuosae : spore, in ascis oblon- gis, 6., ellipsoidea, sequaliter 2-loculares, fusce, 0"®, 015 longe, on, 008 late: asci, et spore rite evolute frequentes. » 256 i M. ANZI, 69. Medal menpranacea. Sp. n. Thallus epiphlxe0des, membra- naceus, albidus, fusco conspurcatus. Apothecia minuta, spherica, atra, basi immersa, apice ex papillato umbilicata: spore, in ascis clavatis, 6., oblonge, 2-loculares, articulis ingequalibus vel subaequa- libus,. medio subconstricte, fuligine®, 0", 0240 longae, 81D, 0086 late. Sulla corteccia del Cytisus laburnum adulto a Lanzada in Val Malenco. 70. MicrotneLIA EcaronspoRA. Sp. n. Thallus subfarinosus albus, ma- culari-determinatus. Apothecia spheerica, minutissima, crebra sed so- litaria, basi saxo immersa, scabro-furfuracea, apice pertusa: spora, in ascis clavatis numerosissime (centenz ?) minute, ellipsoidex, 2-lo- culares, ex pellucido fuscae, 02%, 007 longe, 02%, 0035-4 lata. Exs. Anzi Zang. Fase. XII. n. ... Sulle rupi di calcare primitivo, sopra il termine della zona arbo- rea, nel monte Parete (Alpi Retiche). 7A. Artuopyrenia saxicora Mass. Framm. p. 24. iglo: p. 107. Ej. Exs. n. 548. Korb. Parer. p. 386. Sulle rupi dolomitiche del monte Grona, nel luogo detto Za Piazza sopra il villaggio di Plesio (lago di Como). 72. ArtuopyRenia FumAGO (Wallr.) Korb. Syst. p.370.Ej. £xs. n. 175. Sulla corteccia della betulla bianca e del pruno spinoso presso Bormio. 73. Sacepia caLcopisma Mass. Symm. p. 94. Exs. Mass. 349. Anzi Lang. 438. Sui tronchi dei pioppi presso Como (valle della Breggia). NEOSYMBOLA, ETC, 2857 74. Sacepia neTROSsPORA Hepp 7. Eur. n. 461. sub Pyrenula. Sui tronchi dei noci nei contorni della città di Varese. 7%. Sacepia TREMULE Mass. Sched. n. 352. sub Campilacia, Lepto- rhaphis Korb. Syst. p. 372. Sui pioppi nella provincia di Como, e nella Valtellina. 76. Sacepia cemprincoca. Sp. n. Thallus epiphlae0des, maculari-sub- determinatus, albidus. Apothecia minuta, spheerica, sessilia, atra, apice pertusa: paraphyses laxissim®: spor, in ascis ventricosis, 8., subey- lindrice, semper distinete 4-loculares, pellucide, 0", 0285-29 longe, oum, 006-7 late. Exs. Anzi Lang. Fase. XII, n. . .. Sulla corteccia levigata dei gembri nelle dense boscaglie Bormiesi (monte Sobretta). 77. Sacepia canpipa Anzi (Z. Zang. exs. n. 221. Manip. n. 140) f. pycnidifera. Pyenides apothecia sua speciei in omnibus simulantes: stylo- spore. numerosissime , cylindracee, 6-10 loculares., pellucide, oum, 0285-29 longe, 0"", 005-4 late. Sulle grosse radici di un noce a Tartavalle in Valsassina. 78. Sacepia carpinea (Pers ) Mass. fticer. p. 160. Anzi Zen. exs. n. 1359. Sulla corteccia levigata delle quercie nel bosco delle Cascine presso Firenze, e sul monte Pisano. 79. Ticnornecium sporastatIz. Sp. n. Thallus alienus. Apothecia atra, primum minute punctiformia innata, deinde sessilia, subspheerica, Vol. IX. 47 258 M. ANZI, NEOSYMBOLA ) ETG. apice truncato-depressa: spore, in ascis oblongis, 6-8., ellipsoidex, medio constrict@e, ineequaliter vel subequaliter 2-loculares, olivaceo-. nigricantes, 092, 023 longe, 0%, 0412 late. Sulla crosta della Sporastatia cinerea nell’ alpe di Rezzo in Val- furva (prealpi Orobie). SULLA LOPHOURA EDWARDSII DI KOLLIKER OSSERVAZIONI Z00LOGICHE E ANATOMICHE DI EMILIO CORNALIA (con una tavola) Nell'autunno 1852 il Kélliker scopriva a Messina un parassita sul corpo del Zepidoleprus Coelorynchus, una nuova specie di crostaceo appartenente alla famiglia delle Lerneidi e che chiamava Zophoura Edwardsii. — Desumeva il nome del genere da uno dei più salienti caratteri presentati dallo strano animale, di possedere, cioè la coda a pennacchio; dedicava la specie al celebre autore dell’/Zistoire natu- relle des crustaces. i Di questa nuova specie il Kélliker diede una Lasi descrizione nel Rapporto che il Gegenbaur, il Miller e il Kélliker stesso pub- blicarono insieme intorno alle osservazioni molte e interessanti da loro fatte a Messina nel 1852 (1); e in questa descrizione i principali ca- ratteri sono indicati colle misure delle diverse parti di cui consta il corpo dell’animale, Dal 1852 in poi solo il Claus aggiunse qualche cosa d’importante a ciò che conoscevasi intorno alla Lophoura nel suo lavoro sulla Morfo- logia dei Copepodi (2), nel quale si rileva che tanto il Kélliker quanto (1) Bericht ùber einige im Herbste 1852 in Messina angestellte vergleichend-anato- mische Untersuchungen von. G. Gegenbaur A. Kolliker und H. Muller. — Zeitschrift fur Wissenschaftliche Zoologie herausg. von Siebold und Kolliker. + Vol. IV. 1853. pag. 359. (2) G. Claus. Zur Morphologie der Copepoden; mit. 4. tal. — Vedi Wuùrzburger naturwissenschaftliche Zeitschrift. Wurzburg. Vol. I. 4860, pag. 20 e seg. coll. tav. I. _ 260 E, CORNALIAy il Claus studiarono un unico esemplare, l’unico che fino al 1860 si fosse trovato, in qualche parte anche malconcio (Loc. cit. pag. 34). In quest'occasione il Claus publicò un disegno della Zophoura Edwar- dsii alle figure XI e XII della tavola che accompagna la sua Memoria rappresentante l’animale a grandezza naturale, e veduto dalla parte del dorso e della parte del ventre; entrambe secondo uno schizzo del Kélliker. Alle osservazioni di questi due illustri naturalisti tedeschi riducesi quanto finora si sa intorno alla specie, argomento di questa mia com- municazione; almeno io non ne conosco altre e cita questi soli osser- vatori anche il /ordmann nell’ esteso lavoro che pubblicò l’anno scorso a Mosca sopra i copepodi parassiti. Il Nordmann, versatissimo com’ è in cosifatti studj è certamente più d’ogn’altro in posizione di conoscere tutto quanto si faccia intorno ad.animali che già da anni resero tanto celebre il suo nome (4). lo potei studiare due individui di questa specie di eguali propor- zioni ed identici fra loro. Furono trovati a Napoli, sul corpo di due Lepidoleprus colorynehus; stavano essi sul dorso accanto alla co- lonna vertebrale ed alle apofisi spinose di questa (2). Tutta Ja parte assottigliata anteriore del corpo era inficcata, al di là della pelle, nelle carni fin quasi a contatto delle vertebre, —- Questa parte anteriore era piegata ad angolo relto e giaceva in un canale limitato da una parete organizzata. Questo canale s’allarga approfondandosi, così che riesce impossibile staccar l’animale senza rovinarlo. Il modo con cui l’animale sta approfondito lo si vede chiaramente dalla figura 2. Il colore dell'animale è biancastro tendente al giallognolo ; la con- sistenza è varia; essendo la pelle più resistente ed indurita in cor- rispondenza di tutta la porzione grossa del corpo. Accanto alla figura 1.° stanno le dimensioni reali dell’ animale che nella detta figura vedesi ingrandito cinque volte. — Osser- (1) Alexander V. Nordmann. Neue beitrage zur Kenntniss parasitischer Copepoden, Erster Beitrag. mit. 4 taf. Bull. de la. Soc. Imp. de Moscou. Vol. XXXVII. 4866; pag. 461. (2) Questi due esemplari mi furono portati dal mio amico e distinto ittiologo si- gnor Cristoforo Bellotti che a Napoli fece raccolta di pesci pel nostro Civico Museo. : È È 4 ; de pins o SULLA LOPHOURA EDWARDSII 261 vando questa figura, si comprende come il corpo dell'animale possa dividersi in due parti, l’una cilindrica, l’altra globulare, a cui poste- riormente s’ attaccano delle appendici di cui sarà discorso dopo. La porzione cilindrica poi si lascia facilmente distinguere nella parte sua filiforme che sta frammezzo alla parte anteriore fatta da un cilindro più grosso e la porzione globulare che rappresenta l’ad- dome. | * La lunghezza totale dell’animale è di 29 millimetri (0,029) dei quali quattro sono per la parte anteriore cilindrica; sei per la parte mediana filiforme, nove per la porzione globulare, e «dieci all'incirca per le appendici posteriori. La parte anteriore (fig. 1.*) costituisce un cilindretto molle a pelle leggermente rugosa, il cui diametro è di un millimetro circa. La parte estrema di questo cilindro ha dietro di sè un piccolo restringi- mento che, formando una specie di collo, permette che capo si chia- mi la porzione terminale. Questo porta cinque eminenzette non arti- colate (fig. 1.° a.* a, a.3) specie di bottoncini carnei collocati a due a due, simmetrici, e serrandone in mezzo uno impari. Due delle emi- nenze pari sono più vicine fra loro che le altre, e serrano una pic- cola apertura che è l'apertura della bocca, la quale sta poi nascosta dietro l’eminenzetta impari. I due bitorzoletti pari più vicini sono più piccoli, più grandi i più lontani che sono superiori. Nè il Kélliker nè il Claus videro traccia alcuna di parti o più dure od articolate o sporgenti, qualificabili come appendici spettanti alla bocca. Nè io potei vederne di più, sebbene percorressi con forte ingrandimento tutta questa regione. La parte cilindrica successiva (fig. 1.° a) non mi offerse del pari appendice alcuna che io potessi ritenere per qualche traccia di arto per quanto ridotto. Tuttavia due piccole eminenze, che non scorsi che sopra uno degli esemplari da me studiati, ed appena. visibili potrebbero avere un tal significato. Dopo questa porzione cilindrica il corpo si restringe e diventa tosto filiforme; ma non appena la parte filiforme (8) ha incominciato che d’essa è circondata da una lamina quadrata, e rettangolare coi bordi e gli angoli tondeggianti; in essa dilatasi la cavità che per- 262 E. CORNALIA, corre la parte cilindrica che ho descritto (a) e la parte filiforme (5) di cui dirò appresso. È questa laminetta o quest’organo particolare (e4) che fu diversa- mente interpretata e descritta dagli illustri Kolliker e Claus che parlarono della Lophoura. iu Infatti il Kolliker così si esprime: « Dann folgt ein 2 ‘'/>" lan- ges 9], breites cylindrisches Stick, an dem in */// Entfernung vom Kopf zwei brdunliche vierseitige platte Organe vorkommen, die vie kleine Kiimme aus einer gevissen Zahl von Hornfàden zu bestehen scheinen (1). ». AI proposito della quale descrizione del Kélliker il Claus (2) in una nota dice che non ha nulla altro da aggiungere che « die zwei braunlichen platten Organe in der Mitte des cylindrischen Vorder- leibes nichts als die verhornten Endén der beiden Bauchmuskel- strànge darstellen. — An dieser Stelle schien der Leib ein venig beschàdigt zu sein, die chitinisirten Muskelbiindel waren « wie Kleine Kimme aus einer gewissen Zahl von Hornfiden bestehend » her- vorgetreten. » Dal che si rileva che lo stato malconcio dell’ unico esemplare osservato fu causa di erronea interpretazione. i Dopo la dilatazione (a.) si presenta la porzione filiforme lunga quasi 0,006; con un diametro di circa 0,001, leggermente fles- suosa in cui si distingue l'involucro e l’interno canale per cui rie- sce facile far penetrare un crine dalla cavità dello stomaco. A questa parte del corpo tien dietro la più visibile, la grossa, che rappresenta l’addome, e che si offre rigonfia come a sfera leg- germente compressa al dorso ed al ventre,non che ai lati. — Nella figura è disegnata colla lettera (c.); la massima lunghezza, nel senso della lunghezza del corpo, misura 0,0085 a 0,009; la larghezza è di 0,7008. La superficie del corpo è liscia, formata da una làmina chitinosa piuttosto dura, della durezza della cartilagine che isolata si pre- «senta amorfa trasparente. (4) Kolliker. Loc. cit., pag. 359. (2) Claus. Loc. cit., pag. 34. Nota. SULLA LOPHOURA EDWARDSII 265 La convessità del corpo non è eguale da tutti i punti della super- ficie, ma presenta, come lo indica la figura 2, quattro leggeri rigon- fiamenti, due anteriormente e due posteriormente. Nella parte cen- trale delle due leggere convessità posteriori stanno due piccole ma profonde depressioni (c') imbutiformi e semilunari, il cui fondo è oc- cupato da una laminetta di chitina più densa, bruna, fatta essa pure a semicerchio. La figura 6, è indica più ingrandito il fondo di questa cavità; alla laminetta, ora distrutta, di chitina s’attacca internamente un fa- scio muscolare assai potente (fig. 6, a) che si vede evidentemente destinato a rilevare sempre più verso l'interno il fondo della depres- sione ed a farne una specie di ventosa per aderire. — Per questo motivo, io inclino a ritenere le due laminette (c') come qualche cosa di analogo a zampe o ad organi inservienti al moto ed alla sta- zione di questi animali. Nella parte posteriore di questa porzione grossa della Zofura stanno 8 mammelloni, due laterali per parte (c.?, c.5, fig. 4) ed uno mediano (fig. 4 €.f). Le due anteriori dorsali (c.*) talora più piccole, talora più volu- minose presentano una armatura chitinosa nel loro vertice, una la- minetta arcuata bruna e solida, Le due altre eminenze posteriori più ventrali, talvolta rigonfie, talvolta minori delle prime descritte (fig. 4, c:3, fig. 7 c.°), presentansi chiaramente perforate. Questi sono i mam- melloni per cui escono all’esterno le uova, come lo dimostrano altresi i rapporti interni della fine posteriore degli ovarî. Il mammellone mediano (fig. 1 e 7 c.4) porta nel centro l’apertura anale (fig. 8). Ho cercato di investigare l’interna struttura di questa parte della Lophoura. — Non avendo potuto anatomizzare individui freschi que- sta investigazione riuscì imperfetta. Noterò che la cavità è in molta parte occupata da uno stomaco fuso nell'intestino; ampio e che si restringe solo verso l’ano. Lo stomaco mi parve largo assai anteriormente e come provveduto di appendici cieche (fig. 3). L’apparato digerente era circondato ai lati da due grandi masse ovariche. L’ovario ripieno d’uova è diviso come in lobi; stringen- lea 264 E. CORNALIA, dosi posteriormente in un breve ovidotto che mette foce esterior- mente aila sommità dei mammelloni ovarici. Anteriormente lo stomaco si restringe per trasformarsi in un esofago esilissimo che, come ac- cennai, percorre la porzione filiforme. All’addome tengono dietro due ciuffi di appendici cilinideiéhe che completano tutto il corpo. Dalla parte ventrale (fig. 8) fra il mammellone anale e i due la- terali sorgono due asticine piuttosto dure; lunghe 3 millimetri circa, inserite obbliquamente, sulle quali dopo breve tratto del loro princi- pio sorgono le appendici (d, d, fig. 41.°) accennate. A primo aspetto si prenderebbero per tubi ovarici, mentre non lo sono. Ogni ciuffo si compone di 16 a 18 tubi. — Questi sono inse- ‘ riti un po’ disticamente sopra le due asticine indicate; la loro lun- ghezza varia, essendo più brevi i primi o quelli inseriti più presso l'addome, più lunghi i terminali. Sono assolutamente cilindrici tutti egualmente grossi, misurando il loro diametro 0,001. La lunghezza dei più brevi è di 0,00%, dei più lunghi di ( 0,mO1. Questi cilindri compongonsi d’ un inviluppo fibroso (fig. 8, @) e di un contenuto granuloso (fig. 3, 0). Nel numero e nella disposizione di questi ciuffi, v ha molta. diffe- renza tra gli individui da me studiati e quello studiato del Kolliker e figurato dal Claus, come si può vedere guardando il disegno da me fedelmente riprodotto (fig. 14). Il Kélliker infatti, nel descrivere questi ciuffi li dice composti ognuno da 26 a 30 cilindri, e il disegno del Claus (41), li darebbe come curvilinei, tutti di eguale lunghezza e formanti tutti assieme un ciuffo solo campaniforme. La fig. 4 della mia tavola dà ingrandito 12 volte un uovo, quale trovasi nell’ovario che sopra descrissi. Gli autori si sono già spiegati sulle affinità di questo genere. Par- landone il Kélliker, accenna come debba appartenere alla sezione delle Lernee e debba collocarsi presso al genere Sphyrion di Cuvier creato pel Chondracanthus laevigatus di Quoy et Gaymard. (4) Claus. Loc. cit. Tav. 4, fig. XI. XII. g i sit o si i MEER ia 5 st va dan pur ua Pin A re RIE tini iii niet i ott di SR i Ts SCA it a MLT MR I] par Me; SULLA LOPHOURA EDWARDSII 268 . LI Questo genere: invero, come nota anche l’Edwards (1) è troppo poco conosciuto perchè si possa ragionar molto su di esso. — lo ne porgo il disegno (fig. 10) copiato dalla (fig. 6) tavola 86 dell’Atlante del viaggio di Freycinet, la cui parte zoologica fu redatta da Quoy e Gaymard. La descrizione poi fatta dal Cuvier e riportata testualmente dal- l’Edwards, non si conforma punto nè colla figura di Quoy e Gaymard nè colla descrizione che ne danno nel loro sa questi naturalisti. Infatti il Cavier dice : « Téte elargie des deux cotés comme un marteau, de petits cro- chets à la bouche, un cou mince, suivi d’un corps deprimé et en forme de coeur qui, outre les deux longs -_.L. porte de chaque còté un gros faisceau de poils. » Dove questo illustre autore abbia presa l’idea dell’esistenza d’un fascicolo di peli, non lo saprei; non certo nelle figure che ne por- sero i primi che ci rappresentarono questo genere proprio del Capo di Buona Speranza (2), nè nella descrizione che ne danno a pa- gina 544, ove nè nella frase diagnostica, nè nella esplicazione suc- cessiva .a questa non si fa punto menzione di questi peli (3). Le diverse parti del corpo dello Sphyrion hanno qualche riscontro in quella della Lophoura: nella parte assottigliata del collo, la dilatazione posteriore, ecc., ma gravi differenze si rendono evidenti, se il para- gone si fa più minuzioso. — Nello Sphyrion le uova della femmina stanno e nell’ammasso globuloso collocato posteriormente e nelle due appendici cilindriche corrispondenti a quella di tutti i Caligus, dei Lernanthropus, Peniculus, Ergaligus, ecc. Nella Zophoura invece le uova sono interne sebbene sia probabile che durante qualche epoca della vita dell'animale si formino gli ovarj (4) M. Edwards. Hist. des Crustacés. Tom. III, pag. 325. (2) Quoy e Gaymard. Voyage de Freycinet. Zool.. pl. 86, fig. 10. — Guerin. Icono- graphie. Zoophytes, pl. 9, fig. 4 e 4.è con qualche leggera modificazione. (3) Quoy e Gaymard. Loc. cit. p. 544. Chondracanthus, collo exili, longo; ventre globoso, ovifero; appendicibus cylindricis. ne. A leur reunion avec l’empoule, qui est Vabdomen, existe un paquet d’aeufs ronds amoncelés. En pressant les deux tubes il en sortait aussi des eufs semblables à ceug qui se montraient è l’ealérieur, 266 E. CORNALIA, esterni, cilindrici, ordinarj a questi animali; nel qual caso saranno attaccati ai mammelloni ovarici (fig. 1.°, 7.° c.8), mentre poi nel ciuffo posteriore di appendici cilindriche non pare che s’abbiano punto a sviluppare le uova. — I signori Quoy e Gaymard s’esprimono chia- ramente su questo carattere taciuto da chi di quelle specie di Chon- dracanthus fece il genere Sphyrion. Con tutto ciò l’ analogia fatta osservare dal Kélliker sta certamente, in quanto che anche il genere Sphyrion s’appressa alle Zernee pro- priamente dette, ed al genere Penella di Okén. Pei lavori del Nord- mann conosciamo principalmente le numerose specie di questo ge- nere, noto già da anni per la Penella sagitta — ed in seguito aumentato ognor più da nuove specie. È con questo genere che parmi abbia il genere Lophoura la mas- sima analogia — e di preferenza colla Penella sultana ora figurata e descritta dal Nordmann (1). In questa specie le regioni del capo si disegnano egualmente; non che il collo filiforme, l’ ingrossamento del- l’addome e l’attacco alle parti posteriori di esso di un ciuffo di tubi cilindrici analoghi affatti a quelli della Lophoura; si aggiunga a ciò che talora questa penella non presenta traccie esterne dei due tubi ovarici, come lo mostra il Nordmann nelle due varietà di Penella sul- tana da lui figurata (loc. cit. Tav. V., fig. 12 a 16), ed in altra occa- sione mostra due tubi che sporgono frammezzo a tutte le altre ap- pendici e che contengono le uova. Specialmente la varietà sigmoîdea (ibid Tav. V. fig. 13 e 14) ha molti punti di avvicinamento col genere Zophoura per la forma cilindrica della parte assottigliata che si distacca nettamente dalla porzione che corrisponde all’addome, e pel ciuffo di appendici che si distaccano dall’estremità di questo; quantunque le appendici del capo, la forma globosa di questo e le appendici caudali di cui alcune sono biforcate, ed alcuni caratteri minori ne costituiscano un genere ben distinto. Se si osserva il modo d’attacco o d’inserzione del parassito sul pesce che lo nutre, noi troviamo un’altra. grande analogia che. pre- senta il genere Lophoura con un altro genere di parassiti già cono- (4) Nordmann Alex. Neue Beitràge zur Kenntniss parasitischer Copepoden. Bulletin de la Soc. imp. des Natur. de Moscou. Tom. XXXVII, 1864, mit. 4. Taf. SULLA LOPHOURA EDWARDSII 267 sciuto. È questo il genere ZZemobaphes di Steenstrup e Liitken fatto per una specie già da tempo nota, ma. poco. studiata, la Zernaea cyclopterina descritta da Otto Fabricius nella sua Fauna Groen- landica pag. 337. Il lavoro in cui lo Steenstrup e il Lijtken fonda- rono questo genere (1) è uno dei più importanti che mai compa- rissero recentemente intorno ai crostacei parassiti del gruppo dei Copepodi. In questa Memoria, inserita nel 8.9 volume degli Atti della R. Acca- demia danese, a pag. 403 e seguenti, è lungamente trattato di que- sto genere Hemobaphes, che sta figurato nella tav. XIII, fra le molte figure del numero 30, il quale sistematicamente s’avvicina alle Lar- nee e alle Penelle. — l succitati autori, distinguendo i Copepodi in due sezioni, quelli portanti gli ovarî in forma di filo colle uova poste in una sola fila, e quelli dotate di sacchi ovigeri con uova in più serie, pongono il genere HYemobaphes nella prima sezione nella fa- miglia appunto dei Penellini insieme ai generi Lernanicus, Lernaca e Penella. Il corpo negli Zemobaphes è diviso, come nella Lophoura, in due parti una anteriore esile cilindrica (collo), l’altra (addome) grossa con brevi e grosse appendici. Gli ovarî sono formati ciascuno da un filo lunghissimo ravvolto in spira assai regolare e avvicinata. lì collo presenta a metà un ginocchio o una piegatura ad angolo acuto. La porzione che offre un ingrossamento cilindrico, precisamente come nella Zophoura, è quella che s’ interna nelle parti vive del- l’animale su cui sta il Copepodo parassita. Paragonando la mia fig. 2 colla fig. 30 e dello Steenstrup, si è sorpresi dell’analogia. — Se non che la giacitura (mi si perdoni questa espressione) delle due specie è diversa. La Lophoura Edwardsii non fu trovata che sul Zepidoleprus ca- lorhynchus in prossimità della linea occupata dalle apofisi spinose delle vertebre, per modo che internandosi nelle carni, la parte ante- riore del corpo si pone accanto alle vertebre stesse. (4) Bidrag til Kundskab om det aabne Havs Snyltekrebs og Lernaer samt om nogle andre nye eller hidtil kun ufuldstendigt kjendte parasitiske Copepoder af. Jap. Sm. Steenstrup og Ch. Fred. Luùtken —« Kjovenhaon, 18641 — med 43 Kobberstukne. Tavler, 268 E. CORNALIA, L’Hemobaphes cyclopterina al contrario vive su diverse specie di pesci, ma principalmente sul Cyclopterus spinosus, giacendo appog- giato colla parte libera sugl’archi branchiali, mentre la parte ante- riore del corpo penetra nel vaso che esce dal bulbo cardiaco da tutte le parti bagnate dal sangue. È questa giacitura singolarissima che dà origine al nome generico applicato dai naturalisti danesi. AI di dietro della parte grossa del collo nell’/Zemobaphes ed a certa distanza, vi sono due piccole appendici corrispondenti a quanto io in- dicai sotto la lettera a.* fig. 1.8. — Così crescono le analogie. — Il genere nordico non ha altre appendici che i tubi ovarici; la Zo- phoura per contro, più affine in ciò alle penelle, talora non ha ovart, non cessando perciò l'addome d'essere provveduto da appendici non ovigere. — l tubi ovarici comparendo avranno con tutta probabilità una serie sola di uova. Il genere Zophoura nell’ approfondarsi nelle carni del Zepidoleprus promuove la formazione di un tubo a pareti membranose, che come guaina riveste da vicino tutte le parti inter- nate; e siccome questa è più grossa della susseguente libera, l’ani- male resta legato sulla sua vittima in modo da non potersene più staccare. Luglio 1865. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Fig. 1.% Lophoura Edwardsii Koll. ingrandita cinque volte. n 2. La stessa, per mostrare come stia inserita in un canale curvo accanto alle vertebre dorsali, n 3.* Stomaco, esofago e ovarî. n 4% Uovo ingrandito. » 5.* Estremità d'una appendice caudale ingrandita. » 6. Armatura chitinosa del dorso ingrandita 8, col muscolo retrat- tore interno a. n 7.268. Eminenze della parte posteriore dell’ addome. . n 9% Hemobaphescyclopterina Fabr. copiato dalla Memoria di Steen- strup e Liitken. » 10.8 Sphyrion. Chondracanthus laevigatus Gaymard et Quoy, tolto dalla fig. 6, tav. 86 dell’Atlante di Freycinet. n 118 Lophoura Edwardsti, tolta dalla Memoria di Claus. dida LVII pe: i i; x . f L LA n x a LI oh Ù Pa? CO À i 4 n ma ‘ . È R £ 3 hi ì REA ni , tv) i | hi - ‘ 19,5) % \ 4, DI si sd i Li y ALN). i + [9 si si IA ; 7 Li fp: x ‘ A l Ì 4 n L p g hd ( Ì SR ; ; v ‘ id } \ i ha 5 L VAZAULA È Ke , % G x i si È Ù) li , ì Î Di P ? SORA | i AREE. \ a x i \ x LI H i + & i = e Dis mi Viti FA em SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA ALLA BOTANICA ED ALL'AGRICOLTURA (con una tavola) Se vi era un’applicazione naturale ed utile per le numerose e di- ligenti osservazioni meteorologiche, certamente doveva essere quella alla fisiologia vegetale ed all’agricoltura. Le piante sono esseri il cui organismo vive parte nell’aria e parte nel terreno; e l’aria ed il terreno possono essere diversamente in- fluenzati dalle diverse condizioni meteoriche, e stare fra loro in di- versissime relazioni. E a chi si faccia ad esaminare attentamente i fenomeni di vegetazione, facilmente troverà che essi sono il risul- tato di determinate relazioni di temperatura e di umidità fra i due mezzi in cui vivono le piante, cioè la terra e l’aria. In una parola, la possibilità di vegetare e quella di coltivare con profitto dipendono in- tieramente da speciali accordi fra il terreno e l’atmosfera. Il terreno somministra direttamente i materiali inorganici alle piante, l’ atmo- sfera, direttamente o indirettamente, somministra gli organici. L'atmosfera somministra alle piante i materiali che servono alla respirazione; il terreno i materiali nutritivi. Dall’ atmosfera ar- riva il calore e l’umidità, e il terreno riceve e l’uno e l’altra. E così, 270 G. CANTONI, dalla complessiva e reciproca azione di tutte queste condizioni, risulta l’ atto dell’ assimilazione delle materie nutritive, ossia l’atto assai complesso della nutrizione. La diversa qualità dei materiali nutritivi contenuta nel terreno, nonchè le diverse relazioni in cui stanno fra di loro i materiali re- spiratorj coi nutritivi, ed il calore e l’umidità dell’aria coll’umidità, col calore e coll’ umidità del terreno, devono influire sull’intensità e sul modo della nutrizione vegetale, risolvendosi essa in un processo chimico influenzato da condizioni fisiologiche. La pratica infatti non ha mai rifiutato l’ influenza grandissima delle vicende meteoriche sulla produzione del terreno, e gli antichi arrivarono persino all’ e- sagerato proverbio: « Annus fructificat non tellus. » E noi vediamo tuttodi che, colle medesime coltivazioni, colle medesime cure e collo stesso terreno, il prodotto varia d’ assai d’ anno in anno, solo certa- mente a cagione delle diverse condizioni meteoriche che accompa- gnarono la vegetazione. Senza tema di errare si può dire adunque che a parità di circostanze le condizioni meteoriche sono quelle che determinano il più od il meno sulla media del prodotto. Gli osservator] istituiti primieramente nel 1637 a Copenaghen, poi a Parigi nel 1670, e quello di Greenwich nel 1673, ecc. s'occuparono avanti tutto di astronomia: e la luna, siccome il corpo celeste più vicino a noi, fu scopo di speciali attenzioni. Ma gli studj, senza vo- lerlo, hanno sempre uno scopo pratico e, almeno in quel nostro sa- tellite, si volle ritrovare la causa di molti fenomeni che avvengono alla superficie terrestre. Ad ogni fase lunare si credette corrispon- desse una mutazione nello stato del cielo. A ciascuno dei dodici giri che la luna compie in un anno attorno alla terra si attribuirono le prerogative dei mesi solari, e si denominarono coi nomi di questi; e così si fece avanzare o rallentare il decorso delle stagioni secondo che le lune erano in avanzamento od in ritardo. Si credette ‘che le diverse fasi della luna avessero persino un’ingerenza sulla germina- zione, sulla conservazione dei semi e dei legnami, sulle fermenta- zioni, ecc. e persino sul frutto della concezione e sull’ accrescimento dei peli e delle unghie negli animali. Il nostro Toaldo ebbe la pazienza, per alcune diecine di anni, di SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECG. 274 osservare quanto vi fosse di vero in tutto questo, e finì col conclu- dere che non potevasi trarne alcuna conclusione. Recentemente Ma- thieu de la Drome ricorse di nuovo alla luna per la predizione del tempo, immaginando certe maree atmosferiche. — Wolh, di Bonn, trovò che le piante che germinarono nei primi giorni della luna cre- scente, e che furono esposte alla luce lunare nelle notti, presentarono una vegetazione più rigogliosa, fiorirono e fruttificarono più presto di quelle che non viddero mai la luce lunare. Wolh attribuisce que- sta differenza ad un'azione per la quale, sotto l’influenza della luce lunare, specialmente le parti più tenere della pianta, potrebbero as- sorbire una certa quantità di acido carbonico. E il padre Secchi ha esternato la medesima opinione in un suo scritto inviato nel 1858 all'Accademia delle scienze in Parigi. Ma se una volta lo scienziato si occupava piuttosto di astronomia che di meteorologia, egli è che la fisica non aveva ancora forniti strumenti atti a dare precise indicazioni sullo stato termometrico ed igrometrico dell'atmosfera. Epperò, non è a meravigliarsi se, soltanto da poco tempo, sulle osservazioni s’ iniziarono di veri studj meteo- rologici applicati alla vegetazione. Adanson s Duhamel, Humboldt e Boussingault furono quelli che fecero i primi passi su questa strada, ed il conte di Gasparin fu colui che raccolse gli sparsi dati di me- teorologia agricola, e che se ne occupò seriamente egli stesso. Ovvio era l’osservare che le piante non erano sempre le stesse nè alla medesima-latitudine, nè alla medesima altitudine; e che, a pari latitudine ed altitudine, la. medesima vegetazione presentavasi al- quanto diversamente sia per l’ atmosfera più umida o più secca, sia per la diversa quantità e distribuzione delle piogge, sia per la qualità o frequenza dei venti. E facile era il vedere che la diversa inten- sità e durata della luce a parità d’altre circostanze, esercitava pure una grande influenza. Epperò il Gasparin, raccogliendo ed ordi- nando le osservazioni altrui, ed aggiungendovi le proprie, riuscì a mettere in evidenza che le diverse piante avevano diversi e speciali bisogni per riguardo alle condizioni meteoriche. Gasparin vidde però che per misurare il calore ricevuto dalle piante, più che della temperatura presa all’ ombra, bisognava tener conto di 272 G. CANTONI, quella che era direttamente communicata dai raggi solari. Tanto più che le differenze fra le indicazioni d’un ‘termometro esposto libera- mente al sole e quelle d’un altro termometro collocato al nord e al- l'ombra, non erano sempre nelle stesse proporzioni. sia pel diverso stato di densità o di secchezza dell’aria, sia per riguardo alle diverse epoche del giorno e del diverso stato del cielo. Accennò egli pertanto a diversi metodi e strumenti per misurare nel modo meno indeciso il calore solare, evitando quelle indicazioni troppo fugaci e. pochis- simo influenti, ma che pur potevano cadere nel momento dell’osser- vazione. Ciò non pertanto, le osservazioni termometriche solari non riusci- vano a dar ragione di molti fenomeni vegetativi, che la lunga espe- rienza aveva costantemente veduto accompagnati da determinate circostanze. Alcuni semi (frumento, orzo, segale) germinano ad una temperatura media di -|- B,° presa all’ombra, risultante da estremi non molto lontani, mentre il miglio, il riso ed il melgone o non germi- nano, o non germinano prontamente e bene, se non quando questa temperatura media sia giunta a + 42° circa, pure ad estremi non molto lontani. Alcune piante (salice caprino, sambuco, ribes, ippoca- stano, ecc.) germogliano quasi prima che finisca l’inverno, mentre il fico, il gelso, la vite e l’ulivo non germogliano :che 18, 20.030 giorni più tardi. È quelle piante poi che hanno germogliato per le ultime in primavera, sono pure le prime a cessare dalla vegetazione in autunno. — Alcune piante (vite, fico, castagno, riso, melgone) negli anni caldi e non umidi maturano conveniente il frutto , mentre nelle annate piovose lo lasciano immaturo e di ben diversa’ costi- tuzione. Il riso ed il melgone, nelle annate umide, danno un prodotto minore, meno pesante e meno amilaceo, in confronto delle annate calde, purchè (almeno pel melgone) non intervenga un’ ostinata sic- cità del terreno. , In breve, quantunque la temperatura media annale non solo, ma anche la mensile, di poco o nulla diversifichi da un anno all’altro, pure noi vediamo certi prodotti variare persino di tre quinti in più od in meno, a seconda delle diverse vicende meteoriche che accom- pagnarono la vegetazione. — Se l'annata è piovosa, i cereali dimi- SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA , ECC. 275 nuiscono in quantità ed in qualità; i frutti riescono più grossi ma poco aromatici, subacidi od insipidi, non dolci; ma la vegetazione erbacea invece è rigogliosa. — Se all'incontro l'annata non è umida, senza però essere troppo secca, la vegetazione erbacea è scarsa, e i cereali, sebbene non molto alti, sono abbondanti di grano, e i frutti, ‘quantunque più piccoli, sono più dolci e più fragranti. Quale sarà adunque la causa di queste differenze, se la sola diffe- renza di temperatura non vale a rendercene ragione? — Bisogna ben concludere che finora non siasi tenuto conto di alcune condizioni, le quali devono necessariamente influire sul modo d’ azione della tem- peratura atmosferica, e sul modo col quale i vegetali possono appro- fittarne. sb È quindi necessario il richiamarsi alla mente che le piante hanno parte del loro organismo nel terreno e parte nell’aria; è mecessario il riflettere che lo stomaco delle piante (cioè le radici) sta nel ter- reno, mentre i polmoni (le foglie) sono nell’ aria, e che la funzione del. primo è intimamente legata a quella delle seconde, cioè che le radici dipendono dalle foglie, È necessario riflettere che la nutrizione delle piante, ossia l'elaborazione e |’ assimilazione de’ materiali ter- restri, è un'azione fisiologica è vero, ma chimica nella sua vera es- senza. Epperò, al pari di tutte le reazioni chimiche, Velaborazione e l’ assimilazione de’ materiali terrestri dev’ essere influenzata dalla quantità, qualità e concentrazione del liquido dissolvente, nonchè dalla temperatura alla quale succede la reazione, e della qualità e quantità del materiale sul quale si esercita. Nello stesso modo che il risvegliarsi ed il cessare non contemporaneo in tutte le piante dei fenomeni di vegetazione, non può essere spiegato se non ricorrendo alla diversa composizione e struttura de’ vegetali, anche la nutrizione non deve essere altro che il diverso risultato di reazioni diverse fra i materiali atmosferici e quelli del terreno, per effetto delle diverse condizioni che accompagnano il fenomeno. Infatti i botanici cominciarono ad attribuire un’importanza gran- dissima alla temperatura del terreno; dissero che la vegetazione sj risvegliava quando il terreno si riscaldava, e più o meno decisamente si annunziò che la temperatura del terreno aveva un’influenza mag- Vol. IX. 18 274 G., CANTONI, giore di quella dell’aria, e che per avere una maggior vegetazione bisognava riscaldare maggiormente il terreno. Da qui le coltivazioni. dette geotermiche, convalidate da certe antichissime pratiche, quale sarebbe quella dei letti caldi, del circondare di ciottoli le piante di fico o di vite, ed il cercare le esposizioni più calde per collocarvi talune piante. Infine, cercandosi il calor solare col mezzo di un termometro col- locato nella parte più superficiale del suolo, erasi inteso a rovescio il modo di comportarsi della temperatura nel terreno. Erasi cioè cre- duto che la vegetazione fosse sostenuta dal calore solare, il quale, ‘dopo d’aver riscaldato l’aria conducesse nel terreno una temperatura tale da riuscire superiore all’atmosferica. quela Eppure, molti fenomeni naturali e molte sperienze erano li a smentire questa. conclusione troppo facilmente emessa. Ovvio infatti sarebbe stato l’ osservare che in primavera la temperatura. media. dello strato di terra compreso dalle radici delle piante, e durante, il momento utile alla vegetazione per luce e per calore, riesce inferiore a quella dell'atmosfera, considerata nell’altezza compresa dalla parte aerea della pianta; laddove, in autunno, quando la vegetazione dimi- nuisce e cessa, la media del suindicato strato di terra riesce supe- riore a quella dell’ atmosfera. Osservando in primavera una pianta collocata presso un muro esposto al sole, si vedrà che per le prime si gonfieranno quelle gemme che più avvicinano il muro. Se un gambo di vite piantato presso un muro esposto a levante, colle sue diramazioni ricopra poi anche un Jato a mezzodì, la vegetazione in- comincierà prima da questo lato che da quello di levante. Noi, al principio del marzo 1863, introducemmo un ramo di meliaco in un tubo di vetro, e lo fissammo in modo che la metà inferiore del ramo fosse libera, e libero pure riuscisse il quarto superiore. Il tubo era fissato soltanto nella parte superiore, ed inferiormente l'apertura dava accesso all’ aria. Questa disposizione però bastava a conservare ad una temperatura maggiore e meno saltuaria la porzione di ramo compresa dal tubo. Pertanto, alla fine di marzo, le gemme di questa porzione mostrarono le foglie dieci giorni prima delle inferiori e se giorni prima delle superiori. In questi tre casi le radici, trovandosi SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC. 275 nelle medesime condizioni, dovrebbero agire egualmente su tutte le parti della pianta, ma invece la vegetazione incomincia prima ove la parte aerea risente una maggior temperatura atmosferica. Ai due lati d’un muricciuolo, guardante da una parte a mezzodì e dall’ altra a settentrione, si collochino due piante della medesima specie, e si faccia in modo che il fusto di quella che ha le radici a mezzodì, per un foro praticato verso Ja base del muro, passi a set- tentrione, mentre il fusto della pianta collocata a settentrione per altro foro, passi a mezzodiì. Giunta la primavera, la pianta che per la prima ingrosserà le gemme sarà quella che avrà le radici a setten- trione ed i rami a mezzodì, contrariamente a quanto dovrebbe suc cedere secondo le opinioni invalse. Il signor Duchartre, cui sino dal 1860 e 1863 erano state com- municate le nostre idee, nell'inverno 1864-65, ripetè con un tralcio di vite l’ esperienza che noi avevamo fatto con un ramo di meliaco. ll tralcio di vite nella parte inferiore era liberamente esposto alla temperatura jemale, mentre nella superiore era mantenuto in una serra a 4+- 20°. Quest ultima parte vegetò immediatamente, mentre l’inferiore rimase affatto inerte (4). À spiegarcì poi come ad onta di tante osservazioni e di tanti fatti ‘siasi persistito in una falsa credenza, bisogna pur dire che i meteo- rologisti per molto tempo non furono nè botanici nè agronomi; ep- pertanto i fatti passavano inosservati, o ciò che si osservava non aveva una direzione ben determinata. Humboldt, Boussingault e Gasparin, furono i primi che ne tentarono l’applicazione pratica; ma anch’ essi osservarono secondo era lecito osservare, cioè senza uscire dalle norme indicate dalla fisiologia vegetale ortodossa, la quale, a dir vero, più che segnar la strada ad altri aveva bisogno di trovarla essa medesima. Rimarchevole quindi è il seguente passo del Gasparin, col quale chiude il capitolo sul calor solare nel suo Corso d’agricoltura « ... pour que ce mouvement (de la sève) eùt lieu, ne serait-il pas nécessaire que les tiges et les racines éprouvassent des temperatures diverses? l’humidité est-elle pour tout dans le phénomène de la végétation; et (4) Institut de France. Académie des sciences. Séance du 47 avril 1865. 276 G. CANTONI, dans les bienfaits de l’irrigation ne faut-compter pour rien la tem- pérature des tiges plus élevée que celle des racines? » Gasparin, agricoltore e scienziato, aveva adunque intraveduto la verità, ma poi, come avviene di molti, abbandonò l’idea forse per schivare il fastidio di rifare il tutto, ed accettò esso pure l’ opinione invalsa. Io però credo opera utilissima il riprendere ad esame quell’opinione che balenò alla mente dell’ illustre agronomo francese, e mi vi ac- cingo tanto più volontieri, in quanto che essa appoggia completa- mente i principj di fisiologia vegetale da me professati. Scopo della meteorologia vegetale dev’ essere, avanti tutto, 1° utile applicazione dei principj e delle norme che da essa ne emergono per l'allevamento delle diverse piante. Essa deve indagare quali siano le condizioni di clima che meglio soddisfacciano ai diversi bisogni di quelle, affine di conoscere quando e come assecondare la natura, e quando e come ovviare alla naturale mancanza delle naturali e ne- cessarie condizioni, Come si arrivi ad assecondare o rimediare le naturali condizioni di terreno ormai lo si conosce. La chimica, additandoci la composizione dei diversi terreni e delle diverse piante, ci additò due strade egual- mente buone, secondo i casi, per condurre l’ industria agricola a buon fine. O adattare le piante al terreno, o adattare il terreno alle piante. Dal punto di vista adunque dei materiali nutritivi, abbiamo già delle norme; ma si è visto che, a parità di pianta e di condizione chimica del terreno, gli effetti della nutrizione variano segnatamente a norma delle condizioni di temperatura e di umidità dell’aria e del terreno. Epperò ci resta a trovare quali siano i rapporti di umidità e di tem- peratura fra il terreno e l’aria che meglio rispondano al bisogno delle diverse piante. Sarà quindi necessario l’osservare la temperatura all’ aria libera e nello strato di terra compreso dalle radici delle piante. E, volendo ri- stringerci alle coltivazioni annuali, nell’esporre il termometro all’ aria lo collocheremo a tale altezza dal suolo che sia all’ altezza media cui giunge la vegetazione; oppure, il che sarà meglio, collocheremo ter- mometri a diverse altezze, affine d’ottenere le diverse temperature ri- SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC, 277 sentite dai diversi vegetali, diversamente elevantisi dal suolo, poichè diversa è la somma di temperatura ricevuta durante il giorno da una pianta che s’ innalza soltanto 0,®50, in confronto d’un’altra, o di quella parte della medesima che si elevasse oltre il metro. Lo stesso dicasi degli effetti dell’irradiazione notturna. Di giorno, in basso, la tempe- ratura è assai maggiore, ma poco prima del tramonto, durante la notte e poco dopo l’ alba invece è minore. — Per riguardo alla tempera- tura del terreno diversi saranno gli strati da esplorare, diverse essendo le profondità cui giungono le radici dei diversi vegetali, sia per effetto della specie, sia per quello dal diverso grado di sofficità del terreno, e di sviluppo della. medesima pianta. Una pianta annuale dovrebbe essere sperimentata pel calore che le sue radici risentono nel terreno, non solo per tutta l’ altezza dello strato coltivabile, ma alquanto più sotto, poichè sappiamo che le radici del frumento vanno ad una pro- fondità anche maggiore di 0,"50, E se durante l’epoca della germi. nazione basta osservare le condizioni del primo decimetro di terra, subito dopo la radicetta, che s’allunga in un modo più rapido che non quello del primo sviluppo della piumetta, ci obbliga ad osservare sempre più in basso, e credo che sarebbe un errore il fermarci a «meno di 30 centimetri di profondità. Per conseguenza, a rilevare le diverse temperature a diverse pro- fondità, voglionsi più termometri, ciascuno dei quali dia separatamente l'indicazione dello strato di terreno che comprende, per mezzo di un bulbo cilindrico di un decimetro di lunghezza; così è possibile avere le medie, senza trascurare quelle importantissime prese a diverse profondità. I termometri collocati all’aria libera dovrebbero essere costrutti in modo da eliminare le troppo rapide variazioni. Quando il cielo. è sparso di nubi, il momento dell’ osservazione può dare indicazioni maggiori od inferiori al vero, secondo che il bulbo sia momentanea- mente colpito o no dal sole. Le piante, cioè i tessuti vegetali non passano così rapidamente da una ad altra temperatura. Epperò io credo che un bulbo sferico piuttosto grosso valga assai meglio d’ un bulbo cilindrico e di poco diametro. D’ un'importanza grandissima è la durata del tempo compreso dalle 278 G. CANTONI, osservazioni. Sembrerebbe che per la vegetazione basti il. tener conto di quella temperatura che si riscontra durante il giorno, quando la luce solare permette ai tessuti verdi dei vegetali di assorbire acido carbo- nico. Il fatto però ci ha di già provato che la luce da sola non basta, È) che richiedesi anche un certo grado di temperatura superiore a 0°, — Ma sappiamo che questa temperatura superiore a 0° non è identica per tutte le piante. Alcune piante in primavera riprendono la loro vegetazione presto ed altre tardi; non tutte cioè esigono la stessa quantità di calore per entrare in vegetazione; e quel che dicesi per il risveglio primaverile della vegetazione, può dirsi per tutti i risvegli mattinali di ciascun giorno, poichè è certo che non tutte riprende- ranno la vegetazione alla medesima ora dopo il levar del sole. E come non tutte le piante cessano nell’ egual tempo dal vegetare in autunno, lo stesso avverrà anche alla sera di ciascun giorno, poi- chè non tutte le piante cesseranno dal vegetare alla medesima ora prima del tramonto del sole. Volendo usare di una espressione figu- rata, direi che bisognerebbe conoscere 1’ ora speciale nella quale le piante si addormentano la sera e si risvegliano al mattino. Noi per ora sappiamo soltanto che le ore utili alla vegetazione sono quelle di giorno, e quando la temperatura sia di alcuni gradi sopra lo zero; ma non abbiamo alcun criterio per determinare quando queste ore incomincino al mattino e finiscano alla sera. Altre volte già dissi che la temperatura notturna non era indiffe- rente sull’ epoca nella quale le piante si risvegliavano al mattino. Mostrai che la difficoltà di acclimare alcune piante, per es. il cotone nella vallata del Po, non dipendeva tanto dall’impossibilità d° avere almeno 4000 di temperatura dal maggio alla metà di settembre, quanto dal maggiore raffreddamento notturno che avviene nei climi continentali. — È indubitabile che allorquando un vegetale risente una maggior diminuzione di temperatura durante la notte, più tardi al mattino riprende la vegetazione, occorrendo che parte del calore solare vada dapprima a riscaldare e Vintima tessitura della parte aerea, e il terreno che circonda le radici. Il cotone è appunto una di quelle piante che temono il raffreddamento notturno, e ‘che per- tanto, oltre al clima caldo, desiderano anche il clima marino dove l’u- SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC, — 279 midità dell’aria nel condensarsi durante la notte vi abbandona il ca- lore ‘assorbito nelle ore di giorno. Pure, per quanto utile sarebbe il non trascurare la temperatura ‘ notturna, per intanto giova osservare la temperatura dell’ aria e del suolo nelle ore sicuramente utili alla vegetazione. Ma i fenomeni ve- getativi incominciano certamente per le ragioni anzidette alcun tempo dopo l’ alba e cessano alquanto prima del tramonto; e questo spazio di tempo con luce che serve a tutto ciò che costituisce la nutrizione vegetale, sarà più o meno lungo a norma del diverso raffreddamento notturno o dalla diversa qualità della pianta e dal diverso stadio di suo sviluppo. Inoltre, si può ritenere che i fenomeni di vegetazione lasceranno maggior spazio di tempo fra il levare del sole ed il loro incominciare, che non fra il tramonto ed il loro cessare. Pertanto, in vista della vegetazione, basteranno cinque osservazioni: la’ prima al levare del sole e l’ultima al tramonto, una a mezzodì e due intermedie fra questa e le estreme. Concludendo su questo proposito, dirò che per stare in relazione alla diversa profondità cui giungono nel terreno le radici delle di- verse piante, e per stare anche in relazione col successivo appro- fondarsi delle radici, a norma del loro sviluppo e durata, parmi do- . versi far uso di B termometri, a bulbo cilindrico e della lunghezza di un decimetro, come si è detto. Questi, opportunamente costrutti circa Ja situazione dello zero, perchè riescano di facile lettura anche quando cada la neve, comprenderanno decimetro per decimetro da 0,20 a 0,80. All’aria libera avremo un termometro a 0,225 dal suolo; uno a 0,250, ed altro a 1,050. Un termografo a massima ed altro a minima c’indicheranno quelle temperature estreme che non cadessero nei momenti dell’ osserva- zione. | ‘| Un termometro esposto al nord, cioè all'ombra, ci darà per mezzo delle differenze col termometro all’ aria libera, qualche indicazione sul grado di umidità atmosferica, mentre termometri nel terreno pure confrontati con quelli dell’aria, potranno fornirci qualche criterio sul diverso grado di umidità del terreno. 280 G. CANTONI, Intanto dirò come io disposi gli strumenti durante le osservazioni da me istituite a Corte del Falazio, dal 20 gennajo 186% ‘sino a tutto aprile 1866. | Le osservazioni furono costantemente cinque, cioè al lesi adi al‘ tramontare del sole, a mezzodì ed alle nove del mattino e alle tre po- merediane. Un termometro a bulbo cilindrico comprendeva il primo decimetro, ed un altro comprendeva i primi due decimetri di terreno. Un terzo era sospeso a 1,50 dal suolo e liberamente esposto. all’ a- ria, alle piogge, ecc. Durante l'inverno 1863, trovai essere necessario che lo zero dei termometri collocati nel terreno riuscisse almeno:23 centimetri sopra il livello del suolo per poter leggere comodamente le temperature inferiori a 0°, anche quando cade un discreto ‘strato di neve: e viddi che abbisognava proteggere il bulbo ed il resto. del termometro con una intelajatura di legno o meglio metallica, per- chè le contrazioni del suolo, sotto l’azione del gelo o della siccità, non lo avessero a spezzare. Nell’aprile 1865 aggiunsi un termometro comprendente solo il se- condo decimetro sotto la superficie del suolo, ed altro che fornisse le indicazioni medie fra 0%,10 e 0,30 di profondità. — Nella terza decade dello stesso mese, sospesi un altro termometro nell’aria, ma a soli 0,50 dal suolo. Al 20 luglio approfondai un termometro in una risaja, a 02,35 sotto il pelo d’acqua. La risaja fu asciugata il 30 ottobre, e allora trasportai quel termometro presso gli altri approfondandolo sino 02,50. Ai 21 agosto collocai anche un termometro a 42,50 dal suolo, ma disposto in modo che non ricevesse mai i raggi solari, nè che fosse indiretta; mente riscaldato dal sostegno. Tutti poi i termometri all’ aria erano situati a tale distanza dai fabbricati e dagli alberi da non ricevere nè l'ombra, nè il calore riverberato. Il terreno dove erano collocati i termometri non fu mai smosso, nè venne mai irrigato 0 bagnato, i in altro modo che per le piogge. Lo zero troppo basso, spesso non mi permise durante l'inverno di leggere la temperatura nelle prime osservazioni del. mattino nel termometro comprendente il primo decimetro di terreno. La rottura del termometro fra 0%,10 e 0,30, e l'incertezza sull’ora della prima I SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC, 281 e dell’ultima osservazione, specialmente nei primi mesi, quando non aveva ancora stabilito per esse il levare ed il tramontare del sole, mi obbligano a pubblicare soltanto quelle osservazioni che non fu- rono interrotte, quantunque nelle mie deduzioni io abbia tenuto conto anche delle altre, non chè di alcune isolate. eseguite nelle marcite, nel terreno di risaja e .nel terreno all’ombra. Si avranno adunque le osservazioni fatte all’aria libera ed a 1,50 di altezza, e quelle indicanti le temperature fra 02,10 e 0,20 nel suolo, le quali possono rappresentare una media fra le più variabili del primo decimetro e quelle meno variabili del terzo decimetro. Alle osservazioni termometriche, per necessità, aggiunsi il corrispon- dente stato del cielo, senza di che ogni variazione riuscirebbe inin- telligibile. — Per le ore delle osservazioni dovetti accontentarmi di quelle che non furono interrotte, cioè delle 9 antim. del mezzodi e delle 3 pomeridiane. Pel mio assunto credo che queste possano ba- stare, indicandomi esse la temperatura dell’ aria e del suolo in quel- l'epoca della giornata che è quella sicuramente utile alla vegeta- zione, 282 G. CANTONI, Notazioni per dinotare lo stato del cielo ed i fenonemi meteorici. s, Cielo completamente libero e sereno. qs, » quasi sereno. sn, » per la maggior parte sereno ns, » per la maggior parte nuvoloso qu, » quasi intieramente coperto di nubi. n, » coperto intieramente da nubi. c, » uniformemente coperto senza distinzione di nubi. pg, Pioggia minuta e scarsa. p, Pioggia. pd, n dirotta pui» temporalesca. nb, Nebbia. nv, Neve. vi Vento. NB. Le notazioni talvolta sono doppie per ciascuna osservazione, specialmente in caso di vento, affine di meglio far intendere le variazioni termometriche. Le indicazioni di ciascuna osservazione sono separate da una virgola; quelle di una medesima osservazione da un punto. SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC, 285 OSSERVAZIONI 19 5 TEMPERATURA i TEMPERATURA MEDIA | STATO Lao all’aria libera $ delsuoloda0%,10 {temperatura SS del cielo .2 j eda 19,50 del suolo fa 0, 20 di profondità diurna © 3 | all’epoca = 0 0 aa o ALL delle tre È 18 vi ST Lo erva- Si — es dell’ del A POLI D 9 | 12 | BUITL9 | 12 | 3 aria | suolo Do, 20 0,6 {0,6% 1:55 |; 2,11, 2,41 0,18/,2,00 k+1;821- e, c,.c 21 POTERLO 4 1,5 | 1,5 {—1,30| 1,46 [+2,;76]\nv, nv.c 22 2,040 0,9% 15/0 1,7. 1,60 0,86|-1,60 0, 74l/nv, Dv 23 5,0 3,0%. 1,0] 1,4] 1,8] 2,00. 1,40 |--0,608.v,5.v;5.v 24 0,2 |-1,03:1,2| 1,4| 2,4| 0,26..1,66 {+1,40}nb, nb,nb 85 4,9] 5,05 1,2 2,6| 4,4 2,66..2,73 |+0,07|. 8; s,‘e 26 3,0 3,3./:,2,9 3,7 4,0%. 2,90/.3,53 {+0,63i. ©, p, P 24: 4,11 4,1î 4,3 | 4,4] 4,8] 3,70) 4,80 }+0,60fnb,nb, nb 28 5,9 |e 8,24: 4:7|,.5,64. 6,7]; 5,70|-5,66 luo, o4; ce, e 29 | 9,5041105 8,3 5,0 7,9 8,30| 4,86 |--3,44Î, 8, s, 8 30 DT 2 0044551 004 14,70).3,89 130988 dice A 81 Mg O 8066-725017 4,501 192190613090 100} (8).8)-8 AVVERTENZA, — In questi ultimi giorni di Gennajo non deve essersi mo- strato alcun movimento di vegetazione per effetto della temperatura troppo bassa e dell’aria del terreno. Solo nel giorno 29 può esservi ‘stato qualche leggier indizio durante la 24 e 13% osservazione di mezzo. 284 G. CANTONI, TEMPERATURA | TEMPERATURA MEDIA STATO all’aria libera del suolo da 09,10 | temperatura del cielo eda 1”, 50 del suolo [a 0”, 20 di profondità diurna all’ epoca Ore Ore —_ a —_ss— delle tre dell’ | del DESCIZAn aria |suolo vena Differenza pel suolo (©) "e fa fl) Q VD fu 1|-0,8 | 2,0] 1,2] 1,8] 2,54 -3,0J 0,97) 1,48/+0,46] nb, c, nv 20-10 6,5|10,6] 1,8) 4,4] 6,0] 5,03 4,07|-0,9 s,8,s 3 1,7) 3,9] 46] 2,5] 40] 4,5] 3,40) 3,67]+0,27] c,e,c 4 1,9] 2,4| 2,0f 3,5] 3,9] 4,34 (2,10) 3,90|+1,70] c,c.v,c 5] 0,5| 2,0) 2,0Î 2,9] 3,8| 4,0] 1,50] 3,57|+2,07fnb.c,c,c 61 3,0] 8,9] 8,04 3,3 | 6,1] 6,9] 6,63 5,43|—1,20] c, sn, sn 74 3,4 11,0] 9,9] 1,9] 4,3 | 6,4] 8,10] 4,20[—3,90f sn,s,s SH-1L7] 6,5.) 8,5 16.) 3,21 6,0% (5,57) (300/0156650 9 1,0 8,9 DIOR 5,5 6,0% 4,47 4,63!1+0,16| sn, s, nv 10 0,9 8:94 10,6 10 4,5 6,9] 6,671 4,40/-2,27] s,s,sn 11] 1,1) 487,0] 2,0| 3,7| 5,3% 4,30) 3,33/—0,97| c,e,sn 1242250 0,5 0,3] 1,8 1,4 1,5 j--0,40| 1,40|+1,80f nv,nv, nv 13:2070/] 1,6) ‘3,3/PI1,4 | A28/7 415,84 1563) 79513]4- 150 a a 14'# 0;5 15,5] 3,6 42,0.]- 4,7 | 5,07 '3,20|. 390% 0}170]!'ns, 60 15f.2,0/- 6,0) 7,5] 2,0| 47] 7,0] 5,17 457|-0,60] ns, ns, sn 16F°"106:1,0 23 /2,042,8.10 257.4 3,9401797) 2:93] 0, dee ieno 17] 00] 0,0| 0,5f 19 | 1,9] 1,8f 0,17 1,87|+1,70|nv, nv. nv 18| 5,6] 7,8] 9,6] 1,5] 3,3] 5,6] 7,67 3;4s8f-4 24)" 5358 10.15, 518;2"1 1350: 155 6,0 9,1 { 10,23] -5,53/-4,70| 8,5, 0] 6,41 11,4| 9,2] 3,2] 6,2] 7,0] 9,00) 5,47/-3,53) s,s,sn 21/15 5,0] 8,2 6,5] 1,8] 4,0) 5,9] 6,97 3,90/—2,67|s.v,5.7,9.v 26,0 | 11,6 |10;61 1,64 4,9) 7,5] 9,40/4,67|-4,738) 5,88 231/37] 9,3] 96] 1,5 3,9] 7,0] 7,53) 413/340] s/sn, sn 241 44|11,4| 11,8] 1,4] 4,0| 7,8) 9,20) 4,40[—4,80] 8,88 2 1,0) 5,1 6,2| 2,5) 4,6| 5,8] 4,10 4,30|+0,20]' c, cc 26% 3,0] 11,8|14,0] 1,7) 6,0) 8,7} 9,60 5,47/-4,13] 8,88 74601115, 2 | 12059 18,14 6,0018501 11, 21) 5,37)=5, 20106) d06 28] 3,9| 14,0] 12,5] 2,8] 7,5| 9,0] 10,13] 6,43]—3,70] s,s, sn AVVERTENZA. Nel mese di Febbrajo i giorni 10, 19, 20, 22, 23, 24, 25, 27 e 28 avranno potuto prestarsi alla vegetazione, ma solo durante quel momento in cui nelle osservazioni di mezzo troviamo il terreno a + 70 circa, e l’aria a + 10° all’ incirca. Marzo O 090 ll SO dl a _0 dI 10 SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC, TEMPERATURA | TEMPERATURA all’aria libera ed a 1”, 50 del suolo | a 0%, 20 di profondità Ore deli 9 | 12 | 3, 5,3 oi 7,0 8,0 | 16,0 | 17,5 7,2 | 15,1 | 14/7 10,0 | 16,5 | 16,0 8,0| 12,5) 9,6 00.109.129 Poste 01.352 k3. 466979 5,5 | 8,0 | 12,0 6,2 113,0 | 14,2 5 8:2,047)5 10,0 | 10,5 | 14,0 9,5 | 15,0 | 16,0 6,5 | 11,6 | 10,0 7,9 | 12,0 | 10,5 6,8| 8,9 | 11,0 7,9 | 13,2 k15,9 11,9 | 17,4 12,0 SUE 6,0167358 Meo 510 asl È 055979 0,6| 5,5) 14 PRI A 901 BO: 33: | 535 SRO 05750 GO, 0° li 437 2,0] 3,0} 0,5 K40 9584! 854 6,5 99) 6,9 Mb 640017)7 5,9 | 11,5 | 10,0 285 MEDIA STATO. del suolo da 0,10 | temperatura S9 del cielo diurna © 3 | all’epoca Ore È — delle tre ess — | doll’ | del TAR OSSErvA” 9 | 12 | 3 aria | suolo DO 6,0 | 6,6 7,0] 6,17) 6,57[/+0,40] n,n,n 4,4107,9 [10,5 4-13; 50] 7.6012.5, 901 *o; sv, 8 4,7 8,4 | 10,4 | 12;33|. 7,83|=4,50/s.v,s.v, S.v 5,4 | 10,0 {12,5 14,17] 9,30[-4,87] s,s,s &0 il + d049 9,8 { 10,03|- 7,23|—2,80f s, sn, c 4,9 |-5,2 16,0] 1,60] .5,37[4+3,7/] nv, nn 2,53 2,7| 3,9f 1,53/ 3,03|+1,50] n, pe, n 8,6 D7O 7,0% 4,70) 5,53]+0,83f ns, n, sn d9,D 9,0 | 10,1] 8,50|. 8,20f-0,801 n, sn, sn 5,0 | 10,0 {11,9 { 11,13). 8,97[—-2,161 qs, qs, s 5, 0 8,6 3,9 f 7,73; .7,50|-0,23] ‘qs, n, n 9 8,5 { 11,8 | 11,50] 9,201—2,30] ns, ns, sn 6,8 .| 12,9 | 13,5 { 13,50| 10,931—2,57f s, s,s 6,4 | 10,5 | 11,3 | 9;33| 9,40|+0,07] sn, ns, n 6,5 | 11,0 | 12,4 10,13| 9,97|--0,16| sn, sn, n 6,1 7,4 |.9,5 18,90): 7,67]-1,28) n, ns, ns 5,0 | 10,4 | 13,0 { 12,33] 9,47[-2,86] s, s.s 7,8 | 12,5 | 14,6 | 13,77] 11,63|—2,14 qs, ns, sn 7,0 7,4 8,5 | 6,43| 7,63|+1,201pg, pg, Pg 4,8 4,0 3,5 i-0,60|] 4,10|+4,70jnv, nv, nv 2,9 38,4 524% 0,771 4,;33143/50f n) ni sh 2,2 6 2,7% 2,501. 2,50] 0,00jnv, nv, nv Z9 4,9 9,04 2,33) 4,271+1,94i ns, ns, nv T39 1,9 2,5.) 2,93] 2,10i-0,83fnv,nv, ns 135 |64450: | Lat 1 4,9342710) Ab; nba 2,4 |-.6,5 |- 6,0} 5,90]. 4,97/—0,93] 8; s, nb 2,0 2,2120318) + 2,0714024) iva) ny 1,6 1,9 |: 2,2] 4,58]. 1,90/-2, 63{nv, nv, ns 1,5 | 5,6] 6,04 7,77] 4,33|—3,44] ns, sn, s 2,0 5,3 | 6,8% 6,53] 4,70|—1,83f ss, s, n Palri Gi 1:10: 9, 19/07, 40] 1738 sog AVVERTENZA. Nel mese di Marzo i giorni utili alla vegetazione furono il 2,3, 4,5, 10, 12, 13, 17 e 18, ben inteso pel solo tempo nel quale la temperatura del terreno e dell’aria stavano nella quantità e proporzione indicate pel Febbrajo, 286 | G. CANTONI, MEDIA STATO Î temperatura ‘(del cielo diurna all’epoca | delle tre osserva- zioni i TEMPERATURA | TEMPERATURA | all’aria libera del'suolo da 0,10 ed a 1, 50 del suolota 0%, 20 di profondità | Ore Ore un — gas _ TRI ni dell’ RO 9. | 2 | 8 faria Aprile Differenza pel suolo del suolo 10,0 |12;3 | 13,3}: (5,3 | 11,0 (| 13,5 11,87|09,93]=1,94] ‘508, sn 4 7,0 | 12,0 | 14,0 | 13,40] 11,00}-2,40] ‘8; s; s° 8,0 | 13,3 | 14,1} 13,30) 11,80j-1,50] ‘8; s, ns i 9,9 | 16,0 | 16,0 | 16,00] 13,97/-2,03} qs; is, sn } 10,7 | 17,8 | 18,5 { /18,40| 16,001=2,40| 8; s, i 12,3 | 18,0 | 19,83 20,60//16,70}-3,90| (8, s, i 13,4 | 19,5 | 20,7 | 21,93| 17,87|-4,06| "sy s, {14,4 | 19,4 | 20,0 | 20,90] 17,97}--2,931 (5; s, i 14,9 | 19,7 | 22,0] 21,47| 18,874-2;60} ‘sj s, 10 | 20,0 | 24,7 | 23,5 16,1 | 21,0 | 22,5 | 22,73) 19,87/-2;86] 05, s, (15,0 | 19,8 | 22,0 23,86) 18,93j=4;87] (5; s, {16,7 | 20,0 | 22,4 | 24,13|/19,70}--4;43] ( 818; | 17,0 | 20,9 | 23,4 | 23,87|/20,43/=3;441 ‘8; s,. 16,8 | 20,5 | 22,0 | 20,30] 19,77|-0,53| s, qs, qs | 17,9 | 19,5 | 20,7 | 20,73|19;37|-1,861 c, c; € | 18,2 | 22,7 | 24,6 | 26,77] 21,83}-4,94 a, sv svl 17 | 23,3 | 28,1] 26,5|18,8 | 22,5 | 24,01 25,97| 21,774, 20] ss, gs 18 | 22,0 | 26,3 | 25,7 19,2 | 22,5 | 24,6 24,67] 22,10--2,57] 8, ‘sv, sv 19 | 24,0 | 26,5 | 29,4] 20,0 | 23,5 | 26,3 | 26,63| 23,271-3,36] ‘s; s, 6 20 | 20,5 | 24,5 | 28,04 20,4 | 23,0 | 25,5 | 24,33| 22,97|-1,36] ‘8; c, s 21.1 21,5.| 24,8 | 27,64 20,5 | 23,6 | 25,2 | 24/63| 23,10] 1,53! s;1gs, gs 22 | 17,4 | 21,0 | 22,24 19,2 | 22,0 | 24,1 | 20,20] 21,77|+1,57/s.v;s.v, sv 23 {18,9 | 24,3 | 25,4} 18,2 | 22,4 | 24,7 | 22,87] :21,77|-1,10] s; s, 8 24 | 23,0 | 26,0 | 28,41 19,0 | 23,0 | 24,5 | 25,80| 22,17/-3,63| s, s, 8 25 1 23,0 | 27,5°| 80,5 {19,7 | 24,7 | 26,5] 27,00) 23,63-3,37/ 8; s, s 26 | 22,0 | 28,3 | 29,4120,0 | 24,3 | 26,6 | 26,57| 23,63/-2,94f (8; 8, 8 e Ss O 00 41 CC) O bh 0 0» pa ROL (») dI 5 DO (AS) 2 (—») n n viunn nn vu N 27|24,2|28,2|28;1120;5 | 24,0 | 28,8 | 26,83) 24,10-2;73) (5, s, 28 | 22,1 | 25,3 | 27,3 | 19,8 | 22,0 | 24,6| 24,57 22,13)-2,441 ss 29 { 22,1 | 24,8 | 27,2|19,1| 22,0 | 24,3 | 24,70) 21,80 2,90] qs, qs,'s (30 13,3 | 13,2 | 15,01 20,1 | 19,8 | 19,7 | 12,88] 16,53143,701 p;p, n° AVVERTENZA. — Nel mese d’Aprile la possibilità di vegetazione non è più dipendente dalla quantità di temperatura, che riuscì mai sempre sufficiente, ma piuttosto dipende dal diverso rapporto fra la temperatura dell’aria e quella del ter- reno. Due soli furono i giorni in cui la vegetazione dovette riuscire impossibile per una maggior temperatura del terreno, e furono il 22 ed il 30. SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA , ECC. 287 TEMPERATURA | TEMPERATURA f MEDIA | | STATO o | all’aria libera del suolo da 09,10 | temperatura | S.S | del cielo | ‘55 led a 1,50 del suolo |a 0, 20 di profondità| | diurna DE alliaziona $ ola Ora = elle tre ln | —__—___- {de | aa | 43] osserva 9 | 12 | 3 9 | 12 | 3 aria | suolo (ni 1 |.18;2 | 24,1 | 25,7} 17,9 | 19,7 | 22,5 | 22,67) 20,03}-2,64| €, sn, gs 219,0 | 26,8 | 25,0 18,3 | 21,0 | 23,3 | 23,60] 20,87j—-2, 73] 8, s.v, s.v 3|.21,5 | 26,2 28,1] 19,0 | 21,5 | 24,4 | 25.27] 21,63j=3,84| (ss, s | 424,0 | 29,0 | 30,8 | 20,5 | 24,5 | 25,3 | 27,97] 23,43/-4,54] sj s,s 5525,9| 28,9] 29,3|21,1]|23,0 | 25,11 28,03] 23,0714,96] ‘s, s, s 63 23,9 | 26,0 | 28,01 20,8 | 22,7 | 24,5 | 25,97) 22,67|--3,30] qs, qs, gs. 720,0 | 26,0 | 27,51 20,6 | 21,3 | 23,3 | 24,50) 21,735-2,77| c,qs,s 820,1 | 26,0 | 29,0/21,0 | 22,3 | 24,5 | 25,03] 22,60|-2,43| c, c, s 9 | 23,3 |.24,0 | 27,7] 21,5 | 22,8 | 24,0 25,00] 22,43}_-2,57] s,5, qs 10 | 19,0 | 26,8 | 28,0} 20,8 | 22,0 | 25,0 i 24,60] 22,60j—4,00| n, qs, 8 11 | 18,2 | 23,0 | 21,4] 20,6 | 22,0 | 23,3 | 20,87] 21,97[+1,10j qs, pg, né 12 | 23,0 | 26,0 | 24,3 19,0 | 21,1 | 23,5 | 24,43| 21,201_-3,23} s,s, ne 13 } 13,9 | 20,0 | 20,0 | 20,0 | 20,1 | 22,0 | 19,97] 20,67]+0,70| n, ns, ns 14 | 24,0 | 23,5 | 26,91 18,5 | 21,3 | 24,0 | 24;80| 21,27|--3,53f s, ns, sn 15.3 16,1 | 19,4|/20,0f 21,0 | 21,0 | 21,6 | 18,50] 21,20[+2,70) pe, n, n 16 { 22,0 | 27,0 | 28,5} 19,9 | 21,7 | 23,7 | 25,83] 21,77] 4,06] qs, qs, qs 17] 23,0 | 26,0 | 28,0 18,9 | 21,4 | 24,0 | 25,67] 21,43]--4,24] s,5,8 18] 21,6 | 23,5 | 23,51 20,9 | 22,0 | 24,0| 22,87] 22,30/—0,57} c,c, c. 19 | 16,8 | 19,6 | 25,2] 19,5 | 19,9 | 21,2 | 20,53] 20,20/--0,33| ns, p. ns 20.3 15,0 | 15,0 | 18,6 19,0 | 19,2 | 16,2 || 16,20| 18,13j+1,93} pd, pd, n 21 | 15,0 | 15,8 | 16,2/18,5 | 18,0 | 18,1 | 15,67| 18,201+2,53/pd; pd, pd 22 | 21,2.| 26,7 | 28,5 18,4 | 20,9 | 22,9 | 25,47] 20,735 4,74 s, s,s 234 21,0 | 27,8] 28,1119,3 | 22,7 | 24,8 | 25,63] 22,27j_:3,36) (s, 5,8 24 | 22,0 | 24,0 | 21,1} 20,9 | 23,5 | 23,6 | 21,70] 22,67+0,97| ns, ns, P 25 | 21,5 | 26,0 | 26,0f 19,6 | 21,5 | 24,4 | 24,50) 21,83/_2,67/gs, qs.v, qs 26,1 25,2 | 26,8 | 28,61 20,3 | 22,5.) 25,7 | 26,87] 22,83/_4,04| (ss, s 271 25,0 | 27,0] 33,0120,0 | 22,0 | 27,2 | 28,33] 23,071-5,26] ‘ss, s 28 | 28,0 | 31,0 | 32,04 23,0 | 25,5 | 28,7 | 30,33] 25,73]-4,60] ‘s, s, s 29.1 30,3 | 32,5 | 34,0 24,3 | 27,0 | 29,7 | 32,27) 27,005-5,27| s,s,s 30.1 29,1 |:32,5 | 33,9 25,1 | 27,6 | 30,2 | 31,83| 27,931—3,90] ‘s, s, s 30i029,3 | 32,7 | 33,54 25,1] 27,7 | 30,5|-31,83] 27,771--4,06] s, s, s AVVERTENZA. — Nel mese di Maggio i giorni ed i momenti non favorevoli alla vegetazione bisogna cercarli dove il terreno riesce più caldo dell’aria per ef- fetto del cielo nuvoloso 0 piovoso. + La 22 decade di questo mese fu più fredda della prima e della 3%, come si osservò anche nel 1866, e come succede quasi ogni anno, Il prof. Guidi di Pesaro ebbe già a far notare questo fatto in una sua memoria, 288 G. CANTONI, STATO | ‘del cielo all’epoca TEMPERATURA | TEMPERATURA MEDIA all’aria libera del suolo da 0%,10 { temperatura ed a 1", 50 del suolo | a 0%, 20 di profondità] | diurna Ore Ore delle tre O PI di i 0 , Osserva» 9 | 12 | 3 9 | 12 | 3 ia Rc FIDI 29,1 | 32;0 | 33,1] 26,0 | 28,4 | 30,0 | 31,40] 28,13|—=3;27] ‘s; 8, s 28,0 | 32,0 | 33,9] 27,0 | 28,2 | 30,3 | 31,30] 28,58]-2,80] s;s,s 27,7 | 30,9 | 31,9] 27,3 | 28;4 | 30;6| 30,17] 28,77|--1,40] (8/8, s 22,8 | 15,0 | 16,0| 28,9 | 26,1 | 24,2 | 17,97] 25,40/1+7,43| c.v. pp Î 23,0 | 23,0 | 24,8 | 24,40| 26,93142,531 sn, sn, sn 26,3 | 209,1 | 30,01 22,6 | 24,6 | 26,8 | 28,47] 24,67]--3,80] s;s, s 24,1 | 26,2 | 30,9| 22,9 | 23,8 | 27,0 | 27,07] 24,57|--2;50| ass, s 29,0 | 30,6 | 31,0] 23,6 | 25,6 | 28,3 | 30,20] 25;831_4,37| ‘is; 8, qs 26,0 | 28,2 | 29,0 24,4 | 26,1 | 28,3 | 27,73] 26,271--1,46] sv, sv, sv 10 | 28,0 | 29,2 | 31,0{ 24,3 | 26,1 | 28;1 | 29,40] 26,17}--3,231 ‘s;s, s 11 | 29,5 | 32,8 | 23,5 25,0 | 26,7 | 27,8 | 28,60) 26,50/-:2;10| s, s, pé 12|24,0|27,5|28,0|24,8|25;1|27,0| 26,50) 25,63f-0,87] as qs, 8 13 {21,1 | 22,2 | 25,1] 23,5 | 24,8 | 26,3 | 22,80] 24,53|+1,93lsv/s.v, suv 141 25,3 | 27,2 | 28,9] 22,4 | 24,5 | 26,9] 27,13] 24,601--2,53] ‘(s;8, s 15 {24,1 | 28,9| 31,0] 24,4 | 25,0 | 27,4| 28,00] 24;27]--3;73] ‘8/8, 8 16 | 20,8 | 25,9 | 22,0| 24,0 | 25,0 | 27,3 | 22,90] 25,43]+2,53] ‘c,ns, cl 17 | 21,8 | 25,9 | 29,1| 22,6 | 25,0 | 28,0 | 25,60] 28,53j+2,93] c,,ns, qs 18 | 23,4 | 26,5 | 31,7] 23,4 | 26,1 | 28,2 | 27,20] 25,90j-1;30| ‘(s,8, s 19 | 25,0 | 27,1 | 29,0 24,6 | 26,5 | 29;6 | 27,03| 26,90]--0,13| qs, s, qs 20 { 27,0] 30,8 | 32,81 23,9 | 26,9 | 30,1] 29,87] 26,971-:2,97] s,8,s 21 | 28,0 | 32,2 | 34,61 25,0 | 28,0 | 31,2 | 31,60| 28,07|-:3,53] ss, 22 | 25,0 | 30,0 | 33,0| 26,0 | 27,7 | 31,0 | 29,33| 28,23j_1,10}s.v,s.v,s.v 23 124,0 | 26,0 | 25,55 25,0 | 26,0 | 28,8 | 25,17] 26,601-1,43Îns, ns.v, ns 241 22,5 | 29,5 | 31,61 23,9 | 27,0 | 30,4] 27,87| 27,101--0,77]s.v,s.v,8.v 25] 26,1] 30,2 | 34,0] 25,4 | 28,2 | 31,3 | 30,10| 28;30]—1,80| ‘8,8, s 26 | 21,0 | 26,2 | 29,2] 22,4 | 24,7 | 27,4] 25,47| 24,831-0,61| qs, sn, qs 27 | 28,8 | 29,9 | 32,8 24,3 | 26,2 | 29,41 30,50] 26,63/-3,87] s, 5, s 28 | 20,8 | 27,0 | 29,9124,2 | 25,4 | 28,3 | 25,90] 25,97[-+0,07] ns, qs, sn 29 | 21,1 | 27,6 | 24,0| 25,1 | 27,2 | 28,6] 24,23| 26,97/+2,74| c,c, p 30 | 19,91 25,5 | 28,91.23,3 | 23,6 | 24,91 24,47] 23,931_-0;54l p, n, nsiv Giugno Differenza pel suolo O 00 dì UT ao _ 0 dI DO pd (<>) (ao) SQ DI [aS) = Ko) AVVERTENZA. ; Nel mese di Giugno, come anche nei successivi sino a tutto Ottobre, s’intendono giorni o momenti utili alla vegetazione sol quelli nei quali la temperatura del ter= reno è inferiore a quella dell’aria. Luglio O 0 1 O UU » 0 DD Hi SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC, "La TEMPERATURA | TEMPERATURA MEDIA STATO all’aria libera del suolo da 0",10 | temperatufa SS del cielo ed a 1%, 50 del suolo | a 0", 20 di profondità diurna ® 3 | all’epoca Ore Ore z &_ | delle tre — ss ln ss | (Jo]l' deecF& 2, | osserva- 9 | 12 | 3 9 | 12 | 3 faria |suolo zioni 24,0 | 24,0 | 29,1| 25,1 | 27,2 | 28,6 | 25,70] 26,97|-1, 27! qs, ns, qs 25,4 | 27,1 | 32,0 21,4 | 23,1] 27,3] 28,17] 23,93j_4,24I 8, s, s 28,1 | 31,0 | 33,5 25,2 | 28,0 | 29,2 30,87] 27,47j_3,40] s, s, 8 28,2 | 31,8 | 34,01 25,3 | 28,0 | 31,1] 31,33| 28,13/-3,20] s, s, s 30,0 | 33,9 | 35,23 26,8 | 29,1 | 32,3 | 33,03| 29,401_3,63f s; s, s 32,0 | 34,5 | 36,0} 28,0 | 30,0 | 33,0 | 34,17| 30,331_3,74} s, s, s 31;2 | 34,4 | 36,7 28,0 | 30,5 | 33,8 | 80,77| 30,43j—0, 34Îs.v,s.v, s.v 81,1 | 33,8 | 37,0f 27,7 | 30,2 | 33,3 | 33,97| 30,40|_-3,57 s, 8, s 81,7 | 34,5 | 36,55 27,1 | 30,3 | 33,7 | 34,23| 30,30|--3,93f s, s, s 28,0 | 32,5 | 30,0 | 28,3 | 30,5 | 33,2 | 30,17) 30,671 0,50] ns, ns, n 28,0 | 30,5 | 33,1] 25,9 | 29,0 | 32,0 | 30,53j 28,97|_1,56f s, s, s 26,2 | 32,0 | 33,0f27,2 | 31,0 | 32,2 | 30,40] 30,13|_.0,27] sn,s,s 25,7 | 29,0 | 30,61 25,0 | 28,8 | 31,5 | 28,43| 28,43f 0,00f sn, s, sn 27,13 | 31,7 |.33,2 1 25,5 | 28,6 | 32,4] 30,33] 28,83]—1,50} s,s,s 29,2 | 33,0 | 35,01 26,6 | 29,5 | 33,7 | 32,40) 29,60|_-2,80] s, s, s 92:61:85, °37:8 127,8 |3l4 | 2451] 35:17) ‘3129/= RA 9018) 08 31,0 | 36,0] 39,01 28,8 | 31,7 | 35,0 | 35,33) 31,67) 3,46 s, s, s 31,1 | 33,6 | 36,51 29,5 | 82,1 | 35,0 | 33,73| 32,20]_1,53f s,s, qs 98,0 -|:95,2..1: 38,2 | 204.1 82,2 | 9574 | 35,69) 92,931-3,20] s, is, 8 32,5 | 37,0 | 39,1 | 30,0 | 32,6 | 36,4 | 36,20) 33,00f-3,20] s, s, s- 29,9 | 30,0 | 34,0% 30,5 | 32,0 | 33,1 | 31,30] 31,874 0,57] ns, c, ns 29,8 | 31,3 | 32,81 28,1 | 30,5 | 33,9 | 31,30] 30,83]_-0,47]s, s.v, s.v 29,1 | 32,2| 34,71 28,2 | 31,0 | 34,0 | 32,00) 31,07|_0,93f s,s, qs 29,9 | 32,1 | 28,04 28,8 | 30,6 | 32,6 | 30,00] 33,33/+-3,33f ns, ns, pg 20,0 | 20,1 | 24,71 26,8 | 26,8 | 27,5 | 21,60] 27,03|+5,57 c, c,c° 23,8 | 25,9 | 28,05 25,0 | 26,0 | 27,3 | 25,90] 26,10]+0,20 ‘c, c, c 30,1 | 32,2 | 34,1] 25,7 | 27,7 | 30,9] 32,13| 28,10|/_4,03f qs, s, s 29,2 | 32,0 | 35,9] 25,8 | 20,9 | 32,2 32,37| 29,30]-3,07f s; s, s ‘29,0 | 38,0 | 32,1} 27,7 | 29,9 | 33,1| 33,03) 30,23}-2,80f s,s, ns 29,9 | 34,1 | 37,0 27,9 | 31,0 | 34,0 | 33,33] 30,97|—2,36| s, s, s 29,1 | 29,9 | 29,5 28,7 | 30,3 | 31,4 | 29,50] 30, 13[+0, 63{gs, qs.v, qs Vol, IX. 49 290 Agosto O 0 4 GU 00 de G. CANTONI, TEMPERATURA i TEMPERATURA all’aria libera ed a 1%, 50 del suolo Ore a —t_ as Ja e DE 93,1 31,2 31,0 30,0 28,0 30,2 30,5 29,9 29,0 31,6 27,1 29,4 31,9 22,5 28,0 29,5 | 28,8 26,7 28,0 28,5 27,7 25,7 31,1 32,7 29,0 29,5 31,7 32,3 32,8 28,7 23,9 95,1 29,5 28,6 21,0 29,9 30,1 31,1 33,4 gIc1 24,0 21,2 31,3 32,4 18,0 29,9 26,4 30,5 28,9 30,1 23,9 30,5 25,5 32,0 31,7 29,8 32,3 33,0 32,5 35,0 32;3 21,5 del suolo da 0,10; a 0”, 20 di profondità | Ore MEDIA temperatura diurna dell’ aria 32,937 29,17 | 27,37 | 25,67 27,17 | 28,87 27,58 | 28,93 i 28,33 | 28,33 23, 43 | 29,23 | 30,40 | 21,83 ito i 26,40 25,77 | 25,90 23,10 (27,80 (27,17 | 25,83 30, 83 1 31,40 I 28,07 | 29,97 i 30;50 i 31,23 | 32,57 i 30,33 i 22,93 STATO all’epoca delle tre Differenza pel suolo del suolo SACRE 30, 23i—2,14 (8,8, s.v 30, 0014+-0, 83} ns, qs,n 28, 20140, 83) pg; qs, qs del cielo | osserva= | 27,0014 2,33 24,501 2,67 29, 43}4- 0,56 26,53} 1,00 26,57|- 2,36 S, S, Pg S;$,./08 > C, GS, S qs, qs, gs È 27,47}— 0,86) 9s, gs. qs 28,504 0,17 27,004 1,37 27,00/—- 2,23 28,43] 1,97 dS, S, PS gs, C PS : gQS, QS, qs ns, ns, sn 26, 63/+ 4, 80/c, pg, pg.v 24, 77|- 2,36 25, 40} 1,00 26, 50] 2, 27 26, 23/+ 0,33 26,70}—1,40 27,50} 0,30 26,70|— 0,47 25,904 4-0, 07 27,17|- 3,66 28, 70}--2,70 28,00} 0,07 27,931 2,04 28,33f-2,17 28, 77} 2,46 29,27} 3,30 29,531 0,83 24,57]4-1,64 sv, sv, svk qs, qs, Ns s, S, Sn n, n, sn S, QS, QS.v Ss, $, sn sn, sn, sn cocha ns, sn, sn È S, QS, QS ns, Qs, gs ns, Qs, Qs Sy Sy CRE Gita È SUSA s, Ns, 8 c. n, n Settembre o 0 dl Dì dd 0 29 Ha bd al be DD 12 SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA . ECC; all’aria libera TEMPERATURA | TEMPERATURA del-suolo da 0,10 Ore ed a 1, 50 del suolo f a 0,20 di profondità MEDIA temperatura diurna = —t__di9”r dell’ aria 25,53 30,00 29, 00 27,37 i 30,37 i 30,60 | 28,57 | 28,60 i 28,97 | 30,50 | 31,27 29,90 | 26,60 | 25,90 4 | 27,40 27,96 i 26,60 23, 50 29,46 i 28,46 21, 23 27,77 R6, 60 26, 47 | 25,43 | 24,47 20,00 | 19,90 { 22,90 | 21,23 meta rei r—————————————————T 7 +—>—mttcccccttttte _ Dee a Differenza pel suolo del suolo 291 STATO del cielo all’epoca delle tre osserva- zioni 26,00}—3, 00 26,33j—1, 04 26, 83|—3, 54 27,83|—2,77 27,97|--0,60 27,50] 1,10: 25,20{—0,33 25, 23j—4,77 27,40}--1,57 27,41|--3,09 27,63}—3, 64; 27,772, 13 gS; gs, s Ss, Q$) 8 26, 97]+2, dr S.V, S.V 25,90) 0,00 25,30} 2, 43 25, 43] 2,54 25,831 0,77 26, 00}— 2,50 26, 53}— 2,96 26,97 1,50 25, 90/—2, 83 26,17|--1,60 26,60} 0,00 26,70|+0, 23 24,27|--1,16 23,57) 0,90 21,93]-1,98 21, 20}4-1,30 20, 671—2, 23 20, 73Η 0, 50, S.V, Sh S S.S, 8 Sn; SO, S qs, qs, sn $} 8, SV ST Rai S, S, $ $, 8 qs, SS Qs, gs, S QSs; SS Sì SS $$ S, S qs, sn, qs S, Q$, 8 SÌ 8, 8 S, QS, GS 292 G. CANTONI, TEMPERATURA | TEMPERATURA del suolo da 0,10 ed a 1,°%, 50 del suolo f a 0, 20 di profondità O all’aria libera 5-3 & Ore 9 | 12 | 3 1|18,9 | 26,5 | 24,3 2:[°%160;1 (123,0: 1-22;0 320,6 | 24,6 | 25,1 4,J:18,0 | 24,1| 23,4 513,4 | 18,0 | 20,2 615,3 | 18,0 | 18,9 7 [18,1 | 20,5 | 20,3 8£.15,0| 21,3 | 17,9 9 | 12,0 | 12,5 | 13,0 10 | 14,0 | 18,5 | 20,1 TLi:1950%P23;5:4:29-6 12 { 15,4 | 20,0 | 16,8 13 | 18,0 | 20,1 | 18,0 14 { 12,4] 17,0 | 18,0 15 | 13,0 | 18,6 | 20,9 16 | 14,4|:18,2 | 18,1 17 | 11,2 | 19,0 | 20,0 18.110,0:|:13,1 | 12,3 19 | 15,1] 15,8 | 18,0 20 | 14,9 | 21,7 | 18,0 21 | 16,2 | 19,3 } 21,0 22 | 13,6 | 13,4 | 13,3 23 | 14,5 | 15,2 | 20,2 24 { 13,5 | 19,1 | 20,4 il. 9 13;:15,8. | 205 26 { 18,9 | 19,0 | 17,6 27} 9,5|10,0| 9,9 281. 7,5 | 9,6 .|10;4 29 { 10,4] 17,3 | 17,5 30 | 7,1 |:15,4 | 16,8 31 | 10,8 | 11,0 | 112 Ore 9 | 12 | 3 20,0 | 22,3 | 24,6 18,2 | 21,9 | 23,0 19,2 | 22,1 | 24,6 19,2 | 20,8 | 23,0 18,6 |-19,8 | 21,9 17,6 | 19,5 | 22,38 15,8 | 18,2 | 21,7 14,8 | 19,0 | 20,7 l.3:|-17,3 ATO 16,2°| 17,2 | 18,4 16,8 | 18,6 | 21,3 15,9 | 18,0 | 19,0 15; ir. 16,2 |-16,9 | 19,0 15,0 | 16,6 | 18,8 15,0 | 17,2 | 19,3 13,8 | 16,0 | 18,6 13,8 | 14,3 | 15,0 14,6 | 15,0 | 16,4 12,8 | 15,3 | 17,9 14,7| 16,0 | 18,7 15,3 | 15,5 | 15,9 15,2 | 15,9 | 16,2 13,2 | 15,5 | 18,0 12,9 | 14,4 |/17,0 12:6 | 14,7 | 16,2 12;1 |:12,8 |:12,9 1181|c12;0-|.12;8 11,0 | 13,2 | 15,8 10,0 | 11,3 | 14,5 13,1 | 13,6 | 13,7 MEDIA temperatura diurna dell’ aria 23,23 20,37 23,43 21,50 | 17,20 17,40 19,63 17,73 12,50 17,53 22, 00 17,40 18,70 15,47 17,50 16,90 16,73 11,80 16,30 18; 20 18,83 13, 43 16, 63 17,67 15,13 18,50 9, 80 8,83 15,07 13,10 11, 20 S Differenza pel suolo del suolo STATO del cielo all’epoca delle tre osserva» zioni 22,30|— 0,93 21, 00|]+0, 93 21,93|—1,50 21, 00|— 0,50 20, 10]+ 2,90 19, 47|1+ 2,07 18, 40|—1, 23 17,83]+- 0,10 17,27|+4,27 1% 271-026 18,79] 90RE 17,63|+ 0, 23 17,50|— 1,20 17,00|+1,59 18, 30[+-1,30 17,17]+ 0,27 16,13|— 0, 60 14,37|+2,57 15,33 1,03 15,33]_2,87 16, 135__2,70 15,57|4+-2;14 15,77] 0,86 15,57)- 2,10 14,77}--0,36 qs,s $$ ns, ns, ns | qs; S} $ qs. qs, Qs ns, C, S ns, ns, QS Bosi 8 Spe palo, P. P>P sn, gs; S qs, S; S c, n, n qs, ns, N n, n, sn. nb, sn, sn qs, Q$, GS nb, s, S CP, P p,p, n S, qs, © 850.8, $ n, n, p P. P) IS S) S} S nb, 8, s 14,50f—4,50fs.v, SY, n.8 12,60/4-2, 80 12, 20|+3, 37 13;33/21,74 11,93|- 1;27 13, 80] 2,60 P, P; P n,n,n qs; S, gs c, S, NS PD, PS SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC, 293 | 3 | TEMPERATURA | TEMPERATURA | MEDIA 4 STATO è all’aria libera del suolo da 0,10 temperatura. fi. del cielo (8 | eda1®,50delsuolo {a 0%, 20 di profondità diurna © 5 | all’epoca È | Ore Ore ss È ci delle tre DÀ es —_ Li doll del {AS 9SSEIVA- 9 | 12 | 3 9 | 12 | 3 |aria | suolo FORI 1.| 10,2 | 10,8 | 10,4] 13,9 | 13,1 | 13,2 f 10,40] 13,40|+3,00j ' n, p,p 2| 8,9/ 10,0 | 10,9 12,0 | 12,0 | 12,0] 9,93] 12,20|42,271 n, p, pg 3 |10,9 | 11,7 | 12,0{ 12,7 | 13,2 | 13,2 | 11,53] 13,00|+1,47} n, p, p 4 12,1 | 12,0 | 14,9f 13,0 | 13,5 | 14,3 | 13,00] 13;60[+-0, 60} ‘n, p, ns 5 {10,4 | 12,0 | 12,91 12,3 | 12,8 | 13,5 { 11,77) 13,20[-1,43j n, p, n 6} 11,3 | 16,5 | 14,35 13,0 | 13,5 | 15,6 | 14,00! 13,70j_-0,30} n, ns, n 7 | 11,2 | 12,3 | 10,0 | 13,0 | 13,7 | 13,8 | 11,17] 13,50+2,53} n, np 8] 12,0 | 10,5 | 11,0| 12,7 | 13,0 | 12,9 | 11;17| 12,87|+1,70) p;p,p 9 {12,2 | 16,5 | 18,2 | 12,8 | 14,2 | 16,4} 15,63) 14,47j_1,16j ns, sn, ns 10 | 10,2 | 16,0 | 16,5 | 10,7 | 12,3 | 15,0 | 14,23] 12,67]_1,56} s; s; s 11} 9,5 |14,7|140| 9,0 | 11,0 | 13,5] 12,40] 11,17|_1,23 s, s.v,s 123 9,9 | 14,7 | 14,2} 7,9 | 10,0 | 12,7 | 12,98| 10,20|_2,73] s,s, s 13] 6,3|14,4|13,1] 7.0| 9,5 10,6| 11,27 9,00|_2,27 s,s, 8 14] 6,3|12,4| 11,5] 6,5] 8,9) 11,3] 10,01) 8,90/_1,11] 8,8, 8 15]-0,6| 7,9] 10,4] 43 6,5 9,0] 5,90) 6,60/+0,70f nb, qs, s 16 {0,8 6,3 I° 46 6,9 9,3 4,23) 6,935+2,70] nb, nb, s 17} .3,0| 7,3] 6,9] 4,8] 6,9] 7,9] 5,73) 6,531+0,80) nb, c, c led: 61 | -10,6-1094 67.107,77 59,21870107,87]20089) #08. 8 19] 3,1) 5,2 4,9] 48| 6,0) 7,61 4,40] -6,135+1,73fnb;nb.nb 20] 2,4| 4,1] 6,3 6,0) 6,2) 7,7} 4,27 6,63|+2,36]nb, nb, qs 21] 4,3] 5,3] 5,2f 70] 7,8| 7,9] 4,98) 7,57/+2,64 pg, po, pe 224:5,7| 6,7] 7,0] 80] 8,5) 88] 6,47) 8,43f+1,96 c,p, © 234. 6,9) 7,9] 7,2] 87] 8,9] 9,31 7,33/ 8,97]4+1,64 nbjc, pg 24% 8,9 | 11,0 | 10,9% 9,6 | 10,0 | 11,1 | 10.23| 10,23] 0,00 ‘c, c, ns 25] 9,3|10,0] 9,7 10,5 | 10,8 | 11,0] 9,67] 10,77[/+1.10] nb, c,p 26} 8,9| 9,1| 9,2 10,7|11,0|11,2| 9,01] 10,97|+1,96{pg.nb, nb 27| 10,0 | 11,8 | 10,2| 11,0 | 11,3 | 11,7 { 10,67] 11,33]+0,66] nb, n, p 28 7,1) 8,9 | 10,7 | 10,3 | 10,8 | 11,5 8,90|/10,87[+1,97] nb, c, ns 29 8,0 | 10,0) 9,4/10,0 | 10,9 | 11,5 9,13] 10,80/+0,67| nb, nb, c 304 8,91 9,61 8,9t10,2 110,5 11,11 9,131 10,601+.0,571 c.c, p AVVERTENZA. +— Nel mese di Novembre, oltre ai giorni ed ai momenti nei quali la temperatura del terreno è superiore a quella dell’aria, siccome non favo- revoli alla vegetazione, bisogna nuovamente dedurre quei giorhi e quei momenti nei quali la temperatura è insufficiente, quali i giorni 15, 16 e 17. 294 G. CANTONI, TEMPERATURA | TEMPERATURA | MEDIA |._ | STATO È all’aria libera del suolo da 0,10 ip a S.2 | del cielo g | eda 1",50 del suolo |a 0, 20 di profondità | lurna . {2 3 | all’epoca ® Ore Ore | — = delle tre Al lm rss liol | da | AAOSSVA 9 | 12 | 3 9 | 12 | 8 aria | suolo zioni 1| 8,1|/8,9| 8,910,6 | 10,7 | 11,0| 8,63|-10,76]+2,13} njn, pg 2.8,2| 9,0) 8,910,5 | 10,7 | 11,0} 8,70) /10,73j4+2,03] “p, n, p “39,9 | 10,5 | 10,4 | 11;1 | 11,4 | 11,8 f 10,26] 11,43]+1,17] pg, n; pg 4. 9,1 | 10,1 | 9,0} 11,0 | 11,4 | 11,6 | (9,40) 11,33j41,93/n.v,n.v,n.v 59,5} 9,7 10,11 11;2 | 11,3 | 11,7 | 19,76] 11,40/4.1,64] n; pg,m 6 | 89 | 15,7 | 13,7 | 10,6 | 10,8 | 12,1 12,77|/11,16/--1,61) n, sn, sn | 737,1) 9,8|12,1| 8/0] 9,6 | 10,7} 9,66) 9,73}+0,07] ns; ns, qs 83,0) 7,7 4,7} 7,6.) 9,7] 87} 5,13). 8,66|+3,53/nb,nb, nb 9} 5,3 | 10,8 | 8,9 7,0) 8,3 |10,0{ 8,16) 8,43/+0,27] qs, s,s 10 4-1,0 {-4,26,2405,5| 6,0/7,0| 3,13] 6,16/43,03) nb, nb; s 1 Ì 12 | 13 14 15 | 16 j-2,4 | 15,0} 6,1|2,5|2,4|3,0} 3,03) 2,631_0,40 s; s, a 17 1-4,3 | 5,2] 3,3] 2,7|.2,4| 2,6% 1,40) 2,56]x1,16} ns,s,8 18 1-0,1|:7,4|:7,0|2,2|.2,2| 3,0] 4,76): 2,43/_2;33/ (s, s) a 19 f-1,,0 | 6,1] 7,5|:2,2)02,3|/3,5/ 4,20 2,66/_1,54) s; 8, 20 -0;4| 6,0| 6,44. 2,2) 2,3 |/3,4] 4,00). 2,63j_1,37|(5, 5,6 210% 05,000 T1.k02,3 10 2,3:/63)2103,80|<<2 60]: 20) Gai 22 |-0,5 | 4,21 6,0] 23 |-1,0 | 5,5 | 5,61 24 |-0,7 | 8,0 | 6,51 25 04| 7,578,3| 26 08 L78087] L33410] 28 LAO 3h UO Ì {29-10 6,0| 8,4| sh03 faz 279. ] BERO 74] 2,3| 2,2 3,2] 3,23). 2,56_0,67| qs, qs. gs PARA 2,3 3,1] 3,36) 2,53/-0,83) ss, s, S Sl 2,0 353 | 4,60] 2,43| 1,17 s, s, 8 2,3 |12,7 |: 3,7] 5,40) 2,90)_2,50 8; 8, 8 2,4|2,8| 3,9} 5,23) 3,031_2,20]-s, s, s 2,8 2,3 |. 2,6 |-1,83|] 2,40|4+0,57|nb, nb, nb 2,2|.2,2| 2,4}-0,56| 2,26]41,70] nb, nb, s 179 9 RT 104.001: 2,1612301 8) 06 2,3 | 2,9 |] 2,9] 1,63). 2,56/+0,93] pg, pgs n 3,0] 3,9] 5,0] 5,93] 3,96|-1,97]c, qs, ns AVVERTENZA. + Nel Dicembre non vi è che il giorno 6 che possa aver permesso un leggier movimento vegetativo. Gli altri giorni o riuscirono a tempe- ratura maggiore nel terreno, od ebbero una temperatura insufficiente. de fisgiol i,8| 1,2 15 2) 0,9| 4,0. 3,9 -0,6|:8,6. 5;5 4| 0,5| 5,0. 2,0 5] 2,8) 9,6. 9,6 6l 2,2] 6,7. 6,4 7 2,40 9,8 4,0 8} 2,81 4,4 3,9 9j 2,0/ 1,9 2,0 lol 3,3] 9,3 9,6 1,9) 3,8. 3,4] 1,5| 3,9 46] Dwi8,6-; 79 4] 8,3] 7,6! 8,1 Diw.l”8,8. 95 1,0|--8,3! 9,9] 2,9 | 11,8 16,0] —B,2/10;3 ; 12,0 | o|-1,3| 7,6 12,2] 0 4,1] 48 4,9] 0 106,7. 7,0 bi 441 4,5- 3,7] 8} 0,3| 1,2 1,51 4| 6,5 14,1 12,4] —0,8| 9,6) 9,3) 26) 14,6) 7,0) 8,0] 1,0: 1,9 2,9] 22,01 9,1.13,7.| _-0,4|12,1 (14,9| 30] 2,5) 8,9 11,0) ME 4,0) 60,7).7,71 TEMPERATURA | .. dell’aria libera al sole a 1,50 dal suolo - SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA , ECC. del terreno i fra 0%”,10 e0%,20 di profondità 9 | 12 | 3 rh BO 95 le 3;7:| 46 BETBR7I 47 tl: 87! 45 RO RO 3,9| 4,5 5,5 4,6] 5,1| 5,6 &T | 481552 495 50 8 9 n S51 Hol DL R7 3,9| 4,0 | 4,5 Rigi di Sil 7 2,9| 3,0) 4,5 2,9) 3,0) 4,5 LI A 47 Gil 3.49 3,4] 3,6| 5,2 EB 47 5,5) 5,5| 5,7 5,5| 5,6| 6,4 GI 61h 61 5.0| 5,0| 5,1 453 50 7,2 4,0 |. 4;5.| 5,0 4;5| 4,7 5,7 4,6. 4,5.) 5,1 3,91 43:| 6;1 S7:11441 16,3 5,6] 5,9| 7,2] 5,4} 5,8| 6,71 a 1950 ! nell’aria 1; 26 | 2,93 | 4,50 | 2,50 | F393-1 5,10 | 3,40 | 3,70 | 1,96 | 7,40 È 3,03 | 3,33 | 5,43 | 6,36 | 6,33 È 6,40 | 10, 23 | 6,70 | 6,16 | 6 4,60 | 5,86 | 6 4,20 | 1,00 | 11,00 | 6,03 | € 6,86 | ( 1,86 | 6,93 | 8,86 | 7,46 6,33 295 (©) tb: SA 39 |f29| 22 | del te Ra sE si fan) E i osserva- be pa zioni GER i Leno” 0,83 | 3,80 {+2,54} nb, nb, p 2,83 | 3,93 |+1,00} n, c, ns 4,60 | 3,93 |--0,57} nb, gs, c 2,50 | 3,93 {+1, 43jnb, ns, nb 7,36 | 3,90 |-3,43} s, S, sn 5,63 | 4,30 10,70] sn, sn, sn 3,20 | 5,10 #4+-1,70f c,c, c 3,06 | 4,90 1+1,20j c,c, c 2,00 | 4,96 {4-3, 00jnb, nb, nb 7,70 | 4,26 |--3,14/ns.v,nsv,sv 2,66 | 3,36 {+0,33/pg.v,nv,pg 3,36 | 4,13 {+-0,80} n, n,n 5,20 | 3,56 5--1,87) nb,s,s 6,00 | 3,46 }-2,901 s, s, s 6,23 | 3,46 1-2,87f s,s,s 7,06 | 3,73 -2,67} ns, s, s 10,53 | 3,90 |-6,33| sv, sv, sv 17,53 | 3,40 f-3,30f s, s, s 6,20 | 3,83 {-2,33| nb, s, s 4,76 | 5,56 }+0,961 c, pg, pe 6,10 | 5;83 {-0,03] nb, n, n 4,40 | 6,10 #+ 1,90 c, €, NV 0,90 | 5,03 {+4,031 nb, nb, n 11,90 | /5;56 15,44 ss, s 6,90 | 4,50 {--2,53/nb.v, qs; qs 6,76 | 4,96 i—1,90{s; nbv, sv 2,20 | 4,73 1+3,47inb, nb, nb 7,66 | 4,76 f-2,171 nb, s,s 9,40 | 4,80 f—4,06) nb, 8, s 7,96 | 6,23 31,23} nb, n, qs 5,96 | 5,96 1-0,37Î n, pg, n AVVERTENZA. + Questo mese riuscì quasi per intiero a temperatura insufficiente. SISP E SEI E BE FICRRA AT, ROC MT motti 296 G. CANTONI, i i Vi TEMPERATURA TEMPERATURA |Temperatura] MEDIA È STATO | | dell’aria libera del terreno al®,50 i diurna Sed del' ciel s al sole fra 09, 10 e 0, 20 nell’aria | it pì 3 all’epoca ; S|] a 1,50 dal suolo di profondità ver SI È 2 | delle tre. si ORI to le li tall al È CE SLO sla e?QS A ZIONI P SCE RE RT, | 8 [ombra] sole | Es°l : 1} 4,8| 7,0] 6,0] 6,6| 6,7) 6,71 6,46|5,93| 6,66 n, P, p 21 6,6] 9,7 9,7] 6,8| 7,1| 7,8] 8,30|8,66] 7,28 nj ns, ns 3]: 7,0} 13,7 15,0] 7,8| 8,0| 9,5 [11,06 [11,90 | 8,43 n, $, S.V 4| 3,5| 9,2|13,8] 6,3| 6,6| 7,4{7,66|8,83! 6,76 nb.y, ns, s 5f 1,9] 7,0|11,6| 5,3) 5,8| 6,3 6,30 | 6,83 | 5,80 qs, ns, s 6l--2,3 | 4,7|14,6| 5,3 7,9| 814 4,93 | 4,23] pat) nb, nb. qs ni-1,2 | 4,04 4,30 454) 4,6 5,9/3,13 | 2,96] 4,96 nb, nb, nbf sj 2,2| 9,2| 7,11 5,4| 5,7) 6,71 6,43| 6,16] 5,93 n, n, nb 9] :1,8| 4,4| 5,2] 6,1| 6,2| 7,1} 4,86 | 3,801 6; 46 nb, n, nb 10) 3,4] 4,1} 5,0f 6,6| 6,6 6,7|5,00|4,16} 6,63 nb, nb, n 11} 4,0] /4,4| 5,2] 6,4] 6,6| 6,75,23| 453] 6,56 pg, pg, n 12] (5,5| 6,9] S,4| 6,7] 6,8| 7,5] 7,40 | 6,93 | 7,00 n, nb, n: 13] -7,1|12,2|15,4] 7,6) 8,2] 96 [11,10 [11,56 | 8,13 n, N, qs 14] 7,6 l'13,3.(1671 6501 957.1/9596 |11586 | 7,76 s, 8, $ 15j 4,8] 6,4] 9,3] 6,5] 6,7) 7,21 7,46| 6,83] 6, 80 n.v,n, n 161 4,2 [13,5|14,7] 4,6| 5,5| 7,7] 7,66 [10,80] 5,93 s, Ss, S 17j--0,2.|13,4.|'/10}2:] 4,90 5.7 58,16 | 7780] 6,03 ns, qs, n 18..8,7 [10,0] 7.4] 7,2) 7,7) 8,61 9,33|8,70] 7,83 ns; pg, Pg 19]. bis [0 RL 7) 78 B01417,88.1:6,66 | 7,83 n, h, n 20] 7,5. 7,9] 8,81 7,7] 8,1] 8,658,90|8,06 | 8, 13 n, p, Pg 21] 5,9] 7,5] 8,0] 8,2) 83,3) 8747,96]7,13Ì 8,40 n, D, n 22) 9,4115,0|13,6} 8,6) 9,3 | 10,6 12,46 12,66 9,50 ns, sn, sn 23Î.8,5.|14,0|18;0f 8,6| 9,2 10,6 {12,33 [13,50 24} 19,1) :9,8| 9,9] 9,8) 9,8|10,2 9,76 | 9,43 25] 6,0) 6,5| 9,1] 9,0| 89| 9,9 7,70 7,20 26] 6,5|11,3| 9,2 8,3 8,6| 9,83 8,53 | 9,00 271 6,4| 9,9) 8,9] 7,6) 81) 8,9] 8,90 | 8,40 28]. 7,51 9,81 9,94 8,11] 8,71 9,719,56 | 9,06 9, 46 i 4, 04Îns, sn, gs.y 9,93 f+0,50] n, n, nv 9, 26 8,90 | 0,10} ns, qs, c 8,20 {0,201 ns, n, pg 9, 16 |+0,10| n, ns.v, n dell’aria libera al sole a.1?9,50 dal suolo Marzo SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA , ECC, del terreno fra 0, 10 60, 20 di profondità bb, 7 13,0 16,9 16,9 20,0 18,7 19,3 7,1 21,0 13,0 RR RI e 6 o 1 05 O 0 40 Ri © NO RIS © 12,3 14,0 16,7 13,0 7,8 14,1 18,8 16,8 10,7 12,0 15,4 10,0 5,6 10,3 6,0 11,2 15,9 17,2 19,4 8,4 18,2 20,4 20,0 21,0 20, 8 21,1 12,5 9 | 12 | 3 7,6 8,2] 9,2 odi Bill RA 85| 8,5 96 8,4| 9,0] 10,1 Ele 7 1051 10,4|11,2| 12,1 9,5. 10,7.| 12,4 9;1:| 12,1 |:11;7 9,2| 9,2| 95 6,7.| 8,1| 10,0 26}: 88; 1049 7,6.| 9,9 | 142 Tk OLII 9,3 | 10,2 | 11,7 D4.95|:15 Sidi ll 85:92 86] 911 856 Ulivi | 84 Giclee 00 6,9. 85: 91 7,9) 8,9| 10,41 10,7 | 11,7 | 13,2 10%|:11;66 13:51 10,3 | 10,38 | 10,6 | 9,0 | 10,0 | 13,1| 9,5. 10,7 | 13,3 9,2 | 10,9 | 13,6 10,2 | 11,7 | 14,51 19;7. (12,1 419,7 10,8 | 13,8| 14,7] nie Pa %K18,11 a 19,50 nell’aria ombra a 0, 50 al sole nel terreno fra 0%, 10 e 00, 20 N00) I DI 297 STATO del cielo all’epoca delle tre osserva- zioni Differenza er parte del terreno 2a —0, 07} ns, sn, n pa, a, n n - he n n n UU +0, 96 nv, nv, n 298 Aprile o 0 Sl SG Ul èÈ_ W dI G. CANTONI, TEMPERATURA | TEMPERATURA ITemperaturaj MEDIA dell’aria libera del terreno ao diurna | al sole fra 0”, 10 e 0%, 20 nell’aria a 1,50 dal suolo di profondità | -———_—_- / e 09, 20 nel terreno fra 0%, 10 10, 60 9,16 10,76 | 11,63 11,53 |10, 80 11,20 11, 60 13, 23 12, 66 13,50 14,06 15,33 16, 40 15, 80 16,56 17,86 |18,60 19, 26 17,90 15, 56 15, 86 15, 43 17,49 18, 36 19,60 20, 43 19,10 16, 60 16,60 |- i STATO f del cielo | | i all’epoca i delle tre. i osserva- È | zioni Differenza per parte del terreno +4, 001 pg, pgr, pgr. | PS, Pg, ns I \s.e,ns {KG S 856 jn,n,pg i P8 D, Pg | Pg,N, | s,s, sn ins, nv,n isv, sv, svl. ns; s, 8° ins, n, NSv Bs 8 s, sn, sn | pg, ns, sn | SV, Sv, s' $i 4 s, Sy SNV 8,06,-$ SNV, SV, SNv i n,n, DS ls,8, 8 $;-8," SD LO PRESA $,°8) S 8,S) 8 S, S, SV | ns, ns, n +2, S4!pgY, pgY, PIT. SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC, 299 RISULTATI OTTENUTI. | Esposte le osservazioni, mi sembra che il miglior modo per farne conoscere l’importanza sia quello di raccogliere i risultati di confronto fra i diversi termometri collocati nell'aria, fra quelli interrati nel suolo, rilevandone da ultimo i diversi rapporti fra i primi ed i se- condi. —- In seguito esporrò quelle considerazioni o quei corollarj che varrebbero a dare una miglior spiegazione ad alcuni de’ princi- pali fenomeni di fisiologia vegetale, ed a rendere più facili ed utili molte applicazioni all’agricoltura. “n TEMPERATURA DELL'ARIA. Confronto fra il termometro riparato dai raggi solari e l’ altro all’aria libera, ambedue a 1,30 d’altezza dal suolo. 1. Il termometro riparato dai raggi solari, che per brevità diremo all'ombra, alla levata ed al tramonto del sole, diede sempre un indicazione maggiore dell’altro all’aria libera che, pure per bre- vità, diremo al sole. 2. Nelle giornate serene e nelle osservazioni delle 9, 12 e 3, che chiameremo osservazioni di mezzo fra la levata ed il tramonto del sole, il termometro all’ ombra segna sempre una temperà- tura inferiore a quella indicata dal termometro al sole. 3. A ciel sereno, quanto più l’aria è umida, minore è la differenza fra i due termometri nelle osservazioni di mezzo. 4. Anche il vento tende a diminuire le differenze. 5. In qualunque epoca “dell’anno o del giorno, quando il cielo è nuvoloso, quando piove, e in presenza della nebbia, il termo- ‘metro all'ombra è quello che segna la temperatura maggiore. Lo stesso succede anche quando il cielo è semplicemente co- perto, ma che lo sia già da molte ore. 6. La media delle decadiche della stagione calda, nelle osservazioni di mezzo prese all’ ombra, riesce inferiore a quella delle osser- 300 8. 9. 10. 11. 12. 153. 44, 48, G. CANTONI, zioni prese al sole ; nella stagione fredda invece riesce supe- riore (Vedi tab. I). La media di tutte le osservazioni di mezzo prese all'ombra dal 20 agosto 1865 al 51 maggio 1866, è di poco inferiore alla me- dia presa al sole. E se per entrambe le medie si fossero in- cluse osservazioni alla levata ed al tramonto la temperatura -me- dia del termometro al sole sarebbe riuscita inferiore a quella del termometro all’ ombra. Le escursioni del termometro all’ ombra furono minori di quelle di tutti gli altri termometri esposti all'aria, vale a dire che la media all’ ombra risulta da limiti meno lontani. Confronto fra il termometro al sole a 1,50 dal suolo, ed altro pure al sole a soli 0©,50 pure dal suolo. Il termometro a 0”, 50 dal suolo, alla levata ed al tramonto del sole, indica una temperatura inferiore a quella dell’ altro a 1m,50. La differenza in meno del termometro a 0,50, nelle suindicate epoche della giornata, è maggiore a ciel sereno, ad aria secca, ed a terreno umido. La suindicata differenza diminuisce invece a cielo coperto, nu- voloso, quando piova o vi sia nebbia, ed anche a ciel sereno purchè il terreno sia secco. Nelle osservazioni di mezzo il termometro a 0,50 riesce quasi sempre superiore all’ altro. Di 36 medie decadiche, soltanto tre, le più piovose, riuscirono di qualche decimo inferiori. ( Vedi Tabella 1*). La differenza in più del termometro a 0,°"50, nelle osservazioni di mezzo, aumenta nella stagione calda, nelle giornate calde, ed a terreno piuttosto umido. Nella stagione calda e nelle giornate calde o serene, questa dif- ferenza in più sul termometro a 12,50 fu maggiore di quella verificata fra questo ultimo ed il termometro all’ombra. La suindicata differenza in più diminuisce nelle ore pomeridiane, a cielo coperto, ed a terreno secco. SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC. 304 16. Tanto un termometro quanto l’altro, ma più facilmente quello a 1,50, segnano una temperatura inferiore a quella dello strato coltivabile, ogni qualvolta il cielo sia nuvoloso, o in caso di pioggia o di nebbia. 47. In alcune giornate nelle quali il termometro a 1,50 segna una temperatura inferiore a quella del suolo, quello a 0°", 80 riesce superiore. TEMPERATURA DEL TERRENO. Termometro comprendente îl primo decimetro superficiale di terreno. 48. Il termometro fra 02,0 e 0%,10 è quello che dà le maggiori variazioni, in confronto di tutti gli altri collocati nel terreno. 49. A cielo sereno è quello che segna la minor temperatura tanto alla levata quanto al tramonto del sole, 20. Soltanto verso le 9 ore. antim, riesce inferiore alla temperatura atmosferica: d’ inverno e di primavera alquanto prima, d’ estate alquanto dopo. 21. Quanto maggiore è l’ umidità del terreno, altrettanto anticipa il momento nel quale la temperatura del 1° decimetro riesce infe- riore a quella dell’ aria. La secchezza invece lo ritarda, e può arrivare a tanto da mantenere il terreno di questo 1° decimetro ad una temperatura costantemente superiore all’ atmosferica. 22. La massima si verifica verso le ore 3 pomeridiane. 23. Questa massima non altrepassò i + 419, 24. Le variazioni diminuiscono a cielo coperto, nuvoloso, piovoso, e nebbioso. 25. I testè accennati stati del cielo diminuiscono le differenze anche cogli altri termometri situati nel terreno. o 26. La pioggia, specialmente se prolungata, diminuisce o toglie ogni differenza, 27. In autunno, quando il terreno al disotto del primo decimetro è più caldo dell’aria, il termometro comprendente quel solo pri- mo decimetro facilmente può segnare una temperatura inferiore all’atmosferica. 302 G. CANTONI, 28. In primavera, estate, e principio d'autunno, a ciel sereno. ed ‘a terreno umido, nelle osservazioni di mezzo, il primo decimetro di terra si conserva ad una temperatura inferiore a quella del- l’aria. Termometro fra 0,%40 e 0,20 di profondità (Tab. III*). 29. Il termometro comprendente il 2° decimetro di terra, risente meno e meno prontamente le variazioni di temperatura, 50. A ciel sereno la massima temperatura si verifica al tramonto, e l’ abbassamento notturno continua sino alle 9 antimeridiane. 54. Nei giorni nuvolosi, piovosi o nebbiosi questo termometro segna costantemente una temperatura superiore a quella dell’aria; nei giorni semplicemente coperti non sempre il terreno segna una temperatura maggiore. 32. Nell'inverno riesce inferiore alla temperatura atmosferica sol- tanto per poche ore del giorno, quando però il cielo sia sereno. . In primavera riesce inferiore alla temperatura dell’ aria molto prima delle 9 antimeridiane. 54. Nell'estate supera la temperatura atmosferica poco prima delle 9 antimeridiane. 55. Il ritardo a segnare una temperatura minore aumenta, aumen - tando la secchezza del terreno. 56. In autunno riesce facilmente più caldo dell aria in qualunque ora del giorno. Termometro fra 0,20 e 00,30 di profondità. 87. Jl termometro fra 0",20 e 0',50 risente ancor meno le varia- zioni di temperatura. 38. La minima si verifica poco prima di mezzodì. 39. La massima è segnata dopo il tramonto. 40, In principio di primavera questo termometro si conserva ad una temperatura superiore a quella dell’ aria per più lungo ‘tempo in confronto degli altri due. SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA , ECC. 303 44. AI mattino meno facilmente riesce inferiore all’ aria, mentre per più lungo tempo si conserva inferiore verso sera. 42. Nell’ estate, durante la siccità, può segnare una temperatura in- feriore all’atmosferica, mentre gli altri due termometri ne se- gnano una superiore. 43. In autunno più presto degli altri due segna una temperatura costantemente superiore a quella dell’aria. Termometro a 0,50 di profondita. 44, Il termometro a 0%, 50 di profondità dal 18 agosto al 31 gen- najo si abbassò lentamente da -18°,5 a 5°,3, e dal 51 gennajo al 341 maggio s’innalzò nuovamente a 17°, 7. 48. Il mese a media inferiore fu il gennajo 1866. 46, La minima di tutte le osservazioni si verificò al tramonto del giorno 30 dicembre 1863 ed alla levata del successivo gior- no 354. 47. La minima diurna a ciel sereno ha luogo dalle 3 pomeridiane al tramonto; più spesso però alle 3 che al tramonto. 48. La massima ha luogo alla levata del sole. 49. Le oscillazioni diurne non oltrepassarono i 3 decimi di grado. 50. Dal giorno 15 ottobre 1868 a tutto gennaio 1866 il termometro a 0,50 si mantenne costantemente superiore alla dia atmosferica presa a 15,50. 84. Nel febbrajo 1866 i soli giorni 13, 44, 16, 17, 22 e 23, e nelle osservazioni di mezzo, presentarono una temperatura atmo- sferica superiore. Nel susseguente marzo più facilmente il termometro a 0m,80 riuscì inferiore all’aria, purchè il cielo fosse sereno. 52. Il cielo coperto, nuvoloso e piovoso tende a diminuire e togliere le differenze fra i diversi strati del terreno. 53. Dopo l’estate, cioè nell’autunno e più ancora nell’inverno e lla primavera, il cielo coperto, nuvoloso e piovoso inducono È aumento di temperatura nel termometro a 02,50. B4, Tutti i termometri collocati nel terreno, durante l’epoca di ve- 304 G. CANTONI, getazione, riuscirono superiori alla temperatura atmosferica ogni qualvolta il cielo fosse nuvoloso, piovoso, o nebbioso. Que- sto è quanto importa rilevare dalle tabelle mensili confron- tando fra loro le temperature del terreno e quelle dell’ aria nella stessa ora di osservazione. Osservando soltando le medie diurne del terreno e dell’aria non sempre si hanno risultati soddisfacenti, perchè le medie rappresentano la somma di tem- peratura ottenute a condizioni diseguali. Temperatura a 0,35 sotto il pelo d’ acqua nel terreno di una risaja. Bb. do. d7. b8. dI. 60. 64, Il termometro nella risaja dal 20 luglio al 29 settembre si ab- bassò da 26°,4 a 47°,6,: il 24 settembre segnava però an- cora 21°,2. (Vedi Tabella IV? e V°). L’oscillazione giornaliera non superò mai 1°,2, ed ordinariamente fu di 8 a 6 decimi di grado. Due volte soltanto, cioè il 25 luglio ed il 414 agosto, la tempe- ratura della risaja superò quella dell’ aria. La media differenza in meno della risaja, dal 20 luglio al 29 settembre, fu di 5°,2. 1a I Quindici giorni dopo aver levata 1’ acqua alla risaja, il terreno, a 0,20 di profondità, nelle osservazioni di mezzo si conservò di tre gradi inferiore ad altro terreno ad eguale profondità, ma bagnato soltanto dalle piogge. Alla metà del marzo 1866, esplorazioni saltuarie diedero pel terreno della risaja una temperatura di 2 a 3 gradi inferiore a quella d’ altro terreno, a pari profondità quantunque stato più volte irrigato durante l’ estate. Risultati di sperienze saltuarie. Assaggi fatti nelle marcite durante l’inverno ed il principio di primavera mostrarono che ogni qualvolta sembrava ‘attivarsi la vegetazione, nei giorni sereni e dalle ore 44 antimeridian® alla 2 pomeridiane, il terreno si presentava ad una temperatura supe- : SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC, 305 riore a 7°, e l’aria fra i 10° ed i 12°. Al disotto di questo limi- te non fu riconoscibile alcun movimento di vegetazione. 62. La temperatura d’un termometro collocato a 41",50 dal suolo sotto l’ombreggiamento continuato d’una pianta, segna da due gradi e mezzo a tre meno del termometro a 1",50 dal suolo, semplicemente difeso dai raggi solari. 63. La temperatura del terreno all'ombra, cioè sotto il continuato ombreggiamento d’una pianta fra 05,10 e 0%,20 di profondità nelle giornate. serene, non varia più ‘di tre gradi entro le 24 ore. 64. La differenza in meno del terreno all'ombra nei giorni sereni fu trovata persino di 13 gradi col termometro al sole.a 1",50, tale cioè che anche nei giorni coperti o nuvolosi il terreno può conservarsi inferiore alla temperatura atmosferica. (V. Tab. VI?). 65. La differenza in meno pel terreno all’ ombra è maggiore nelle ore pomeridiane, 66. A parità d’altre condizioni, nei terreni soffici le variazioni di temperatura sono minori e meno rapide che nei compatti. 67. A parità d’ altre condizioni, i terreni compatti si riscaldano di più e più facilmente dei soffici, epperò più facilmente i primi ponno riuscire d'una temperatura superiore all’ atmosterica. 68. À parità d’altre condizioni, il terreno vegetale si riscalda meno e meno prontamente dell’ argilloso, e questo meno del sabbioso. 69. La pioggia nel terreno soffice non modifica molto rapidamente la temperatura, ma la modificazione, specialmente in meno, rie- sce più durevole. 70. Da osservazioni da me fatte, nel 1855, 56 e 87, a Concorezzo, paese asciutto presso Monza, risulterebbe che la differenza fra un termometro all'ombra ed altro al sole può arrivare sino ol- tre i 6 gradi, mentre a Corte del Palasio, paese umido perchè ab- bondantemente irrigato, questa differenza non superò mai i 3 gradi, e ordinariamente fu d’ assai minore. Vol, IX. 90 306 G. CANTONI, Tabella TI. Tabella II mu TERMOMETRI 5 TERMOMETRI A a 1, 50 S Zi nell’aria S si del suolo |_® £ TRURO SAT Cn —_s —. È 9 È Le] ; ZE a0,50/alM,50| .20E, all’ ialipta al: | Jaar a ombra| sole a pa suolo | suolo Agosto 32 Dec. | 29,13| 29,17|—0,04|| Aprile 82 Dec. | 25,24| 23,60/+1,64 Settem. 1% » 27,14] 28,95|—1,81|| Maggio 12 » 26, 16| 25, 26|4-0, 90 > SARE ae 26,57) 28,20/—.1,63 ge 22,24| 21,96|+0,28 e i, 23,60] 24, 20/—0, 60 DEA 27,48] 26,76|+0,72 Ottobre 1% » 18, 29| 19,05|—0,76|| Giugno 1% » 28,71] 27,81|+0,90 » 16,04| 17,10|—1,06 wii 27,43| 26,56|+0,87 » 13,00] 14,38|—1,38 vi. ST 28,53] 27, 46/41, 07 Novem. 12 » 11,54| 12,38|—0,84|| Luglio 5 giorni | 30,58| 29, 82/+0, 76 » » » » 22 6,81] 7,98|-1,17]| Agosto 22 Dec. | 29,71| 27,09|+ 2,62 + gn 8,78| 8,54|+0,24| ».. 38 » |31,81| 29,17|+2,64 Dicemb. 12 8,287] 8,06|+0,31|| Settem. 13 ». |31,14| 28,95|+2,19 dal 15 al 20 3,32| 3,47|-0,15 » 2% » |32,47| 28,03|+4,44 Dicemb. 32 Dec. | 2,62| 2,94|-0,32||. » 32 » 25, 76| 24,20|+1, 56 1866 Ottobre 12 20,41] 19,05|-1,36 » Gennajo 12 Dec. | 4,18] 4,00|+0,18| » ‘22 » |18,01| 17,10|+0,91 » 2» 5,12| 5,85|-0,73 » 38 » | 14,86] :14,38|4+0,48 OCRA LO 6,20) 5,89|+0,31]| Novem. 12 » |12,20| 12,38/-0,10 Febbr. 12 » 6,41] 6,291+0,12| » 22 » 8,451 7,98|+0,47 » 2°» 8,30] 8,37|—0,07 » 3T » 8,47] 8,54|-0,07f RR I 9,65) 9,54|+0,11|| Dicemb. 18 » 8,62] 8,06|4-0,56 Marzo 1% » 10,22] 10,20|+0,02 5 giorni 5,96] 5,47/+0,49 » 29 » 10,380] 10,30] — Dicemb. 32 Dec. 3,45| 2,94|+-0,51 » 38 » | 13,87] 15,54/—2,33 1865 Aprile 12 » 12,32| 12,54|—0,22]| Gennajo 12 Dec. | 3,97| 4,00|}—0,03 » CINI 20,191 21,:09|/—0,10 » FCE 5,95). 5,85|/+0,10 » 32 » 18,45] 18,79|-1,16 » dia 6,37] 5,89/4+0,48 Febbr. 1% » 6,63] 6,28/+0,35 at LaE0 8,67| 8,37|+0,30 » 3° » 10,09| 9,54|+ 0,55 Marzo 12 » 10,45| 10,20/+0,25 » 8» 11,13| 10,30/+0,83 » 39 » 16,88| 15, 54|+1,94 Aprile 12 » 13,58| 12,54'+1,083 » 28 » 22,57| 21,09/+-1,48 » 3° » 20, 20] 18,79/+1 1 Media 12,94| 13,31}+0,87 SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC. 307 Tabella III TEMPERATURA | &x TEMPERATURA | Sa dell’aria S: © = dell’aria 9 Ss = Io) v ©) © D 5 SISI dà si ASS 19,50 | 19,50] 0m,50|/E a = 10,50 | 19,50 | 00,50 fa = all’ Sa all’ Ss 1865 ombra al sole È 1865 ombra al sole Ra Geni de Leti] | Sehoeht, 1 27-40 128,951 81,14) 96,77 1 rieti TE prot i ca, ppi 22) 26,57) 28,20) 32,47] 26,43 gior.12 38| ‘— | 2,96) — Sa 33| 23,60) 24,20) 25,76] 23, 77 Febbr. 1°) — 4,44 13 3,891 Ottobre 12) 18,29) 19,05] 20,41| 19,65 15 SPE DIIOP TR 1 NG ASL ni lt 22] 16,04| 17,10) 18,01| 16,79 gior. 8 33] — 00731 3,86 32) 13,00| 14,38| 14,86| 14,19 Marzo 1%) — 8,36]. — 6,961 Novem. 12|, 11,54| 12,28| 12, 28| 13,26 pe | 9,300 (1 8075 22) 6,81) 7,98] 8,45] 7,99 giofstl: 08 “——. | 4 63) — | 14/90 33) 8,78] 8,54| 8,47| 10,05 Aprile 18) ‘— | 18,06] — | 15,39] Dicem. 12) 8,37] 8,06) 8,62} 9,97 pen 4 24,12 (e? 21,19) dal 15al20] 9,39] 8,47} 16,56) \P.26 33| ‘— | 23,60] 25,24| 22,06 3a] 2,62) 2,94| 3,45] 2,67 Maggio 1°] — | 25,26| 26,16] 22,10] 1866 i 2° — | 21,96] 22,24] 21,01| Genn. 12| 4,18] 4,00) 3,97] 4,30 32) — | 26,76] 27,48| 22,91 2a] 5,12) 5,85) 5,95) 3,83 Giugno 1°] ‘— | 27,81! 28,71] 26,52 3a/‘ 6,20) 5,89) 6,37| 5,31 22) — | 26,56) 27,43] 25,92] Febbr. 1e| 6,41) 6,29) 6,63] 6,59 32) — | 27,46] 28,53) 26,46 221'8,30) 8,37 8,671 7,20 Lugl.la5i — | 31,24) 30,58] 28,80 3a) 9,65) 9,54] 10,65] 9,10 da 5a 102 Marzo 12| 10,22| 10,20] 10,45] 9,65 eli LIS] ie 80,05 22] 10,30] 10,30| 11,13] 8,93 dal | 30/22) (| 29,90 32) 18,87) 15,54| 16,88| 11,42 Agosto 18) — | 28,37| — | 27,94] Aprile 12] 12,32) 12,54| 13,58| 11,31 22) — | 27,09] 29,71] 26,61 22) 20,19) 21,09| 22,57) 16,39 3a] 29,13| 29,17| 31,81| 27,71 9a] 18,45) 18,79| 20,20| 17,62 308 Giorni cv 101 001 | DO CO. FO "O TIGRE NI OG pil puma ARIA a 19,50 RISAJA|ARIA Luglio [opta] lella] | I O D (>) 31,30 31,30 32, 00 30, 00 21,60 25,60 32,13 32,37 33, 03 33,03 33,33 I | al" 50 G. CANTONI, Tabella IV. RISA-|ARIA JA {al"50 Agosto 32, 37 29, 17 21,37 25,65 27,17 28, 87 27,57 28,93 28,33 28, 33 23 43 29, 23 30, 40 21,83 27,13 26, 40 28,77 25,90 28,10 27,80 27,17 24,50 29, 83 31,40 28, 07 29,97 30,50 31, 23 32, 57 30, 33 21,97 25, 63 25,43 24,93 24,20 21,60 ‘21,40 21,30 21,40 21,93 22,70 22,73 22,83 23, 03 23,776 22,33 22,43 22,70 25, 06 22,66 22, 60 22,76 22, 96 23,20 23, 80 23,90 23,96 24,10 24,06 24,33 24,90 23,70 Settembre 25,53 30, 00 29, 00 27,37 30, 37 30, 60 28,57 28, 60 28,97 30,50 31, 27 29,90 24,60 25,87 27,73 29, 97 26, 60 28,50 29, 47 28,47 27,23 21,77 26, 60 26, 47 25,43 24,47 20, 00 19,90 22,90 eni RISA- JA 22,66 22, 40 22, 43 22,76 23,00 23, 16 23,16 23,30 22,90 22.80 22, 83 23,03 23, 00 21,43 20,73 20, 73 21,13 21,23 21,13 DIFFERENZE I Conai feno 21,43]--10, 20 21, 40}— 21, 43|— 21,80|— 21, 20] 20,431, 19, 80} 19, 26]— 18,33]— 17,63i— 4,90 5,37 6,34 4,50 3,36 1,60 170 7,57 16 7,80 3,70 nella risaja ta _ _T_____ see — Luglio | Agosto Settemb. — 6,74 —3,74 —2,44 — 1/43 By 90 STA bili — 1,99 — 6,30 — 5,68 — 0,70 — 6,40 ee 4] 41,93 —4,80 Bio — 6,07 — 2,34 — 5,44 SURI —4,41 —1,D4 — 6,63 —-7,60 Mg JE Po DI — 6,40 2a È 9 —8,24 — 5,43 + ig ER,87 —7,60 — 6,57 —4,61 24CAn 7,44 5,41 —5,30 — 6,07 2990 _ 8,44 —6,87 —1,60 —4,44 —7,00 7,24 5,47 7,27 8794 —7,04 — 5,83 — 6,34 — 4,80 —5,27 —5,00 _ 4,67 0,74 Bi bi, DEI ca SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA , ECC. Luglio 38 Decade Agosto 1a DE ga Settembre 1% 9a 3a » » » % Media delle medie Tabella V. MEDIE DECADICHE Prr--__ n nell’ aria nella | 2,50 T1s2]2 | dal suolo 25,25 30, 68 23,05 28,37 22,91 27,09 23, 78 28, 34 22, 85 28,95 21, 66 28, 20 20, 14 24,54 R, 80 23,05 Differenza fra la risaja e l’aria —5,53 5,32 — 4,18 — 4,56 — 4,10 — 6,54 —4,40 — 5, 25 309 510 G. CANTONI, Tabella VI. sole 26,7 25,7 28,4 311 28,4 27,7 23,7 26,0 24,5 27,2 25,9 23,0 23,2 24,9 25,6 27,4 27, 28,5 26, 8 27,5 25,2 29,1 27,2 23,3 26,3 29,4 29,6 18,5 26,7 23,9 10 È TT —t____gg — — s sotto. | a 19,50 2 {l'ombra riparato < d’una ‘dai raggi pianta | solari.| 1 ‘| 23,6 | 25,5 2 2800 25,4 3 COSÌ 26,5 4 26;9 29,1 5) 25, 8 27,6 6 24,6 26,3 7 21,7 R3;3:. 8 24,1 26,4 9 22,3 23,3 10 24,4 25,9 pal 23,9 24,5 * 12 20,3 R2,3 13 | 20,4 PA e; 14 22,5 23,9 15 22,9 24,0 16 24,0 25,4 107 24,4 26,5 18 25,1 26,9 19 24,5 25, 6 20 25,4 26,9 gi 23, 24,4 22 26,0 26,8 28 2571 25,6 24 22,8 23,9 gD 24,2 DIL 26 26,1 27,4 27 24,9 25,9 28 18,4 18,5 29 21,2 22,5 30 22,1 29,8 81 21,6 22,2 21,8 TEMPERATURA DELL’ARIA { TEMPERA-{DIFFEREN-{ISTATO DEL CIELO termomet.| tre osservazioni TURA ZA del terrenojfra il suolo sotto d il l’ombra d'una al sole pianta 18,0 Sei 17,2 8,5 18,4 10,0 18,7 12,4 18,8 9,6 17,6 10,1 17,9 5,5 18,5 175 18,3 1,2 18,8 8,4 17,8 8,1 16,0 1,9 15,9 > 7,3 16,3 8,6 16, 6 9,0 16,9 10,5 IC 10,0 18,2 10,3 19,1 1, 19,3 8,2 19,3 5,9 19,3 9,8 19,1 8,1 19,1 4,2 19,0 1,9 18,9 10,5 19,4 10,2 18.7 9,8 18,3 5,4 E AA 6,3 17,8 4,0 all’epoca delle ns, Qs.V; $ qs, ns, € -— SABER 8,/S, $ Ss, Qs, Ns 8, S.7; 19.7 qs, sn, € né, qs, € c, qs, S qs, ns, sn SV, SM RT nb, ns, qs S, S, QS.v s, NS, NS 8.V, Sy S $, S.V, QS s, qs. ns qs, sn, gs qs, qs, n c, sn, sn nb, qs, gs Ba 6 s, $, sn Get n, sn, $ Ss, S) S c, sn, pd Ps, n, n qs, Qs, s qs, Qs, Ns c, ns, Ns AVVERTENZA. — Queste osservazioni sono fatte nell’ Orto Agrario Bur- din in Torino a mezzodì ed alle 8 antim. e 4 pomeridiane. Il termometro nel suolo è fra 0%, 10 e 0", 20 di profondità. pr. SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC. S14 COROLLARJ DEI PRECEDENTI RISULTATI. Le indicazioni termometriche prese all’ ombra non servono a spie- gare i fenomeni fisiologici dipendenti dalla temperatura in quei corpi che vivono in libero contatto coi raggi solari, e che liberamente ri- sentono tutte le altre vicende meteoriche. Infatti si è visto che il termometro difeso dai raggi solari, quan- tunque lontano da qualunque alto o largo riparo, alla levata ed al tramonto del sole riesce superiore agli altri collocati all’ aria. Che anzi, in caso di abbondante rugiada o brina, quantunque a ciel se- reno, questa differenza in più può prolungarsi per alcune ore del mattino, e può continuare anche nelle osservazioni di mezzo in pre- senza della nebbia o della pioggia. E a ciel sereno, e nelle osser- vazioni di mezzo, l'umidità atmosferica ed il vento tendono a dimi- nuire la normale differenza in meno che presenta il termometro all'ombra in confronto di quello al sole. Pertanto, esaminando la temperatura all'ombra, non si avranno dati sugli effetti delle minime, e dei balzi di temperatura risentiti dalle piante, specialmente quando le piante siano coperte dalla ru- giada o dalla brina. Ciò nondimeno le maggiori indicazioni che il termometro all’ om- bra ci fornisce nelle epoche più fredde dell’anno o della giornata, insegnano l’utilità dei ripari, perchè impedendo il troppo libero mo- vimento» dell’aria incagliano in parte il raffreddamento notturno, ed in parte diminuiscono l’ evaporazione e la consecutiva diminuzione di temperatura delle parti evaporanti, terreno e piante. I ripari ser- vono adunque a favorire o prolungare la vegetazione. - Ma qui troviamo indispensabile di annunciare immediatamente alcuni corollari dai quali si può dire dipendano tutti gli altri. Eccoli: Quando la temperatura dell’aria e del terreno sia sufficiente, e in presenza della luce, cioè ogni qual volta ha luogo senza dubbio la vegetazione, la temperatura dell’aria è maggiore di quella del terreno. Ogni qual volta, all'incontro, vediamo fermato o cessato il movi- mento di vegetazione, come dall’autunno al principio di primavera, 342 G. CANTONI, durante la notte, e quando il cielo sia nuvoloso, piovoso o ‘nebbioso, la temperatura atmosferica riesce inferiore a quella del terreno. La differenza in più per parte della temperatura atmosferica va diminuendo dalla primavera all’auiunno, cioè dal principio al ter- mine della vegetazione. Epperò, ad indicare graficamente 1’ anda- mento della temperatura atmosferica e del suolo durante 1’ epoca della vegetazione pensai di tracciare 1’ unita figura. Come appare da essa le due curve della temperatura atmosferica e della terrestre non riescono parallele nè al cominciare nè al finire dell’epoca vegetativa. Dal marzo alla fine di settembre vanno sempre più ravvicinandosi, restando però sempre superiore quella che segna la temperatura atmosferica, e da quest’ epoca in poi è la tem- peratura del terreno che riesce superiore a quella dell’ atmosfera. Dopo la metà di novembre si può ritenere cessato ogni movimento di vegetazione, ritenendosi insufficiente la temperatura del terreno e quella dell’ aria. A proposito della diversa quantità di calore del terreno e dell’at- mosfera, e sopratutto del diverso rapporto in cui stanno le quantità e le differenze fra loro, giova far osservare eziandio : 1.° Che quando Ja temperatura atmosferica sta fra i+ 12° + 24° circa, e quella del terreno fra i 4 8° ed i + 20° circa, e questa se- conda riesca inferiore alla prima da 3° a 8° gradi circa si ha un’e- poca nella quale domina la produzione erbacea, cioè la formazione della cellulosa, della mucilagine e della gomma. Ciò si verifica in pri- mavera, e in autunno quando si consideri specialmente il decimetro superficiale di terreno, non che nelle marcite. Anche a temperature maggiori, quando il terreno è di 8 gradi inferiore all’aria predomina la produzione erbacea. 2.° Qualunque sia la temperatura dell’ aria, purchè superiore a 12°, se la differenza in meno per parte del terreno è minore di 3 gradi, difficilmente ha luogo anche la produzione erbacea; e se la differenza supera i 3 gradi, la vegetazione tende a farsi palustre. 35.° La conversione della cellulosa, mucilagine e gomma in so- stanza legnosa od amilacea, cioè la formazione del legno e del seme dei cereali, richiede che la temperatura atmosferica arrivi ai + 27° v n ì iantoni: Saggio di Meteorol ® appli! Att della Soc? Ital? di Set Nat.VolL. IX Tav. 2. Ra: LI N i > 2% \< NSOE 3V = ui i 4 “” Le N e ‘Uhr, i sé è È “do À ni x 2 VA di / / / ) / SS / x 1} Au / iN ì 73) DA ] CS VALISRAZO ( 7 cqetazione impossibile per tenperatura insufficiente 0 u È E maggiore nel suolo dl CENE 0 Linea al disopra della quale Pi prosstbile la vegetazione , della temperatura atmosferica , della temperatura del suolo SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC, DAI è quella del terreno ai + 25°, presentando quest’ultimo una diffe- renza in meno non molto maggiore di due gradi. 4.° La produzione dei sughi zuccherini, cioè dello zucchero, ri- chiede che la temperatura dell’aria arrivi od oltrepassi i + 30°, e che il terreno presenti una differenza minore di due gradi. Esposte queste importantissime considerazioni, che con sufficiente evidenza mi sembrano emergere dalle riportate osservazioni, e dai risultati che si enumerarono, più facile riuscirà 1’ intendere anche l’ effetto del differente grado di temperatura terrestre ed atmosferica, non che quello dei differenti rapporti di temperatura fra l’uno e l’altro mezzo in cui vivono le piante. E, ripigliando l'argomento dei ripari, meglio potremo ora spiegarci la loro utilità pratica nelle coltivazioni di piante che appartengono a clima più caldo, o dalle quali vogliamo un frutto più precoce o più dolce. Egli è per avere un’aria ed un terreno più caldo che colti- viamo gli agrumi, gli ulivi ed il fico lungo i muri, o sui pendii esposti a mezzodì. Ed alle suindicate cause dobbiamo attribuire il più pronto maturare dei frutti nelle piante disposte a spalliera, e la maturazione delle uve a Thomery presso Parigi. in un modo analogo in parte a quello dei ripari agisce il vapor acqueo atmosferico. Questo, quanto più si trova in proporzione mag- giore, altrettanto diminuisce la differenza fra il termometro all’ ombra e quello al sole, e diminuisce gli effetti dell’irradiazione notturna verso gli spazj; ma sc mitiga le minime, non aumenta, come fanno i ri- pari, la temperatura diurna tanto atmosferica quanto terrestre. Allor- chè l’atmosferica è umida, i raggi solari arrivano al termometro li- bero ed al terreno meno caldi in confronto di quando l’aria è secca, perchè parte del loro calore è impiegato a produrre e mantenere il vapor acqueo. L’aria effettivamente contiene uua maggior quantità di calore a quello stato che dicesi latente, ma al terreno ed al ter- mometro ne arriva una* minore, per il che di giorno l’aria e sopra- tutto il terreno si riscaldano di meno. Di notte invece il vapor acqueo che si condensa trasmetterà nell’aria il calore che aveva, ed in tal guisa il raffreddamento sarà minore. Queste condizioni saranno le migliori per la produzione erbacea. SAY G. CANTONI, Temperatura poco elevata, differenza maggiore in meno di quella del terreno in confronto dell’atmosferica. Inoltre, quanto più vicina al punto di saturazione sarà l’ aria per riguardo al vapor acqueo, altret- tanto minore sarà l’ evaporazione dell’ umidità dalla parte aerea delle piante. Esse pure risentiranno la molesta sensazione di soffoco. Il li- quido acquoso solvente dei sughi nutritivi, evaporando in poca quantità distende maggiormente il tessuto vegetale; le cellule riescono più distese; l’allungarsi e l’ingrossare dei rami è maggiore; le foglie sono più abbondanti e più larghe. E lo squilibrio fra il liquido assor- bito dalle radici, e quello evaporato dalla parte aerea, può arrivare a tanto da produrre una specie d’ idropisia o rigonfiamento ed accar- tocciamento delle foglie, o può, accumulandosi oltre misura fra 1’ al- burno e la corteccia, produrre un vero distacco di quest’ultima, con trasudamenti e scoli da fenditure causate dalla distensione. Per conseguenza, nelle località ove per condizioni topografiche l’ atmosfera riesce molto umida, e il terreno troppo meno caldo in confronto dell’aria, si hanno piante a largo sviluppo erbaceo, a tes- suto acquoso, poco compatto, che vegetano presto in primavera e tardi nell’ autunno, che resistono di più nell’inverno, ma che difficilmente maturano il frutto, o che danno frutti meno zuccherini in confronto d’altre località a pari latitudine, ma ad atmosfera secca. Da qui la rigogliosa vegetazione di quelle parti della zona tropi- cale che sono dominate da frequenti ed abbondanti piogge, e la dif- ficoltà di avere colà semi maturi di frumento, quantunque la tempe- ratura media diurna sia superiore a quella che abbiamo nei nostri climi, Colà, per la frequenza delle piogge, e perchè il giorno è di tre ore e mezzo circa più breve che da noi, il terreno non può mai riscaldarsi abbastanza da ridursi in quel rapporto più sopra notato colla temperatura dell’aria, cioè di soli due gradi circa inferiore; quindi la facile produzione erbacea, e la difficile produzione dell’ a- mido. Gli ulivi, i fichi, le viti lungo le basse' rive dei nostri laghi, soffrono assai poco dei rigori del nostro inverno, per effetto del riparo portato dall’elevazione del terreno retrostante, e perchè. tro- vano nel bacino lacustre una lenta ma continua sorgente di calore durante l'inverno, Ma altro è vivere ed altro è maturare conveniente- 3-1. AAA di. - SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC. 345 mente il frutto; epperò l’ulivo dà un olio aspro, e il fico e la vite, se non muojono nell'inverno, maturano più tardi il frutto nell’ estate, o danno un frutto meno zuccherino, Quando all’ incontro l’aria è secca, i raggi solari arrivano più caldi al termometro ed al terreno, i quali ci presentano una temperatura maggiore durante il giorno, ma c’indicheranno una temperatura minore durante la notte, per effetto d'una più libera irradiazione verso gli spazj, e per una più pronta dispersione del calore ricevuto dal terreno. Quando l’aria è secca, il terreno, oltre al riscaldarsi di più, evapora ed asciuga anche più presto, che ‘allorquando l’aria è umida. Le piante, a parità d’altre condizioni, troveranno minor umidità nel ter- reno, ed evaporeranno di più; il tessuto loro riuscirà quindi poco acquoso, il fogliame sarà piccolo, la vegetazione in generale poco ri- gogliosa, ma la fibra compatta , eziandio perchè il legno, perdendo facilmente l’ umidità ed evaporando una sempre minor quantità d’ac- qua, finisce per riscaldarsi di più sotto l'influenza de’ raggi solari. Perciò, nei climi secchi o nelle località secche, a parità d’altre con- dizioni, si ha un brevissimo periodo di produzione erbacea, una ma- turazione più pronta dei cereali, ed una più facile produzione di sughi dolci. Sugli alti monti la vegetazione è meno rigogliosa e di minor durata che al piano, non solo per la minor temperatura, ma anche per un più facile riscaldamento del terreno, perchè un’ at- mosfera meno densa lascia passare al terreno più facilmente la luce ed il calore dei raggi solari, e così maggiore è quel tempo in cui il terreno riesce più caldo dell’ aria. Esperienze recenti di Ch. Martins, eseguite sugli alli monti provarono che colà il terreno si riscalda proporzionatamente più che al piano; e che all’ ultimo limite della vegetazione il terreno, anche nel cuore della state, si mantiene costantemente più caldo dell’aria. Nelle medesime condizioni si è visto che i terreni risultanti da sabbie silicee o calcari si riscaldano più degli altri, come'si riscal- dano maggiormente i terreni compatti e secchi. Perciò, indipenden- temente da ragioni d’un ordine chimico; i terreni sabbiosi, e più ancora i ciottolosi, sono quelli che concedono minor tempo alla ve- getazione, essendo quelli che più facilmente riescono superiori alla DAG i G. CANTONI, temperatura atmosferica. Epperò saranno i meno atti alla produzione erbacea, ed i più favorevoli per la coltivazione delle piante a sugo dolce. l terreni invece che si diana difficilmente, percità di natura troppo vegetale o perchè troppo bagnati, se si prestano assai bene alla produzione erbacea ed anche un poco alla legnosa od all’ami- lacea, riescono tanto meno adatti alla produzione dell’amido e spe- cialmente de’ sughi dolci, quanto maggiore sarà la differenza in meno presentata dal terreno , in confronto con quella dell’ aria. Perciò, in vicinanza dell'equatore, si è visto che il frumento si sperde a produr foglie, e la vite, a vece di produr uva, cousuma la propria vigoria nell’arrampicare e nell’ abbondante fogliame, Perciò, anche nei nostri climi, le buone terre vegetali, fresche, da prato, senza parlare delle umide, non sono le migliori nè pei cereali, nè per la vigna. Perciò nelle annate umide, sebbene la temperatura media atmosferica possa presentarsi eguale a quella degli altri anni, si ha abbondanza di pro- duzione erbacea, ed una diminuzione nella produzione dell’ amido, e più ancora in quella dello zuccaro. Perciò l'Inghilterra è il paese del prato, e la Sicilia fu e può essere ancora il paese «del grano. Il proverbio lombardo che la miseria viene în barca è l’ espres- sione allegorica di tutto quanto si è detto finora. La Lombardia, appro- fittando del suo clima continentale, che d’estate la regala d’ un calor africano, adottò molte coltivazioni che apparterrebbero a climi più meridionali, quali la. vite, il melgone ed il riso; e queste, negli anni umidi, diminuiscono di prodotto, o lo danno di qualità inferiore. An- che pei cereali di ordinaria coltivazione si dice che quando la paglia (stelo) è abbondante, il grano è scarso. Egli è vero che alcuni agronomi, a comodo dis chi introdusse piante proprie di paesi più caldi, inventarono, non sapremmo con qual fondamento, delle maturazioni a calor decrescente, Il melgone, il pomo di terra, la vite e l’ulivo si considerano piante dotate di questa proprietà di poter maturare il frutto a calor decrescente. Ma il fatto ‘ che non si presta alle comode invenzioni degli agronomi da ta- volino, prova che la maturazione, quando deve succedere a calor de- crescente, equivale a deperimento della pianta per cessazione d'ogni sit SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC, 917 fenomeno di vegetazione. E il frutto progredisce per effetto di mo- dificazioni chimiche che avvengono nel tessuto complessivo della pianta, e non già per un atto vitale di nutrizione, con materiali presi al di fuori. i Si confronti l’olio dei laghi di Lombardia con quello dell’ Italia meri- dionale; il mosto delle nostre uve con quello delle uve di Sicilia; il mosto degli anni nei quali l'uva è matura per la fine di settembre con quello degli anni nei quali non sarebbe matura nè pure alla fine di ottobre, e si vedrà che sorta di maturanza sia quella che succede a calor decrescente. L’uva colta semiacerba e lasciata ad appassire per lungo tempo sino all’inverno, perchè si fa più dolce si può forse dire che abbia maturato? Se si confronta il volume ed il peso del melgone raccolto in principio di settembre con quello raccolto alla metà di ottobre si troverà che il primo è assai più voluminoso, pe- sante e ricco di farina in confronto del secondo. Lo stesso dicasi del pomo di terra. La pianta, col decrescere del calore, subisce una specie di morte avanti tempo, in seguito alla quale cessa l'assimilazione di materiali terrestri, e il frutto riceve soltanto dalla pianta i materiali che già contiene, ma nulla più; il frutto in questo caso sarebbe pa- ragonabile ad una vegetazione parassita, che vive solo a spese della pianta che lo porta. L’ impossibilità, o la sospensione dei fenomeni vegetabili, per ef- fetto del trovarsi il terreno più caldo dell’aria, può riuscire innocua o nociva secondo la stagione, secondo la fase vegetativa delle piante, o secondo la diversa durata. Nell’ autunno, quando a poco a poco la temperatura atmosferica va abbassandosi, e che la temperatura del terreno riesce superiore, la vegetazione si ferma, le foglie ingialliscono, cadono; il tessuto cel- lulare e legnoso si fa meno acquoso ed anche dissecca, perchè il ter- reno più caldo inverte il corso degli umori, richiamandoli in basso. In fine la vegetazione cessa completamente, e cessa dapprima nelle piante che hanno le radici più profonde ove il disperdimento del calore durante la notte è meno sentito. In autunno, soltanto il deci- metro più superficiale che più disperde durante le lunghe notti, e perchè ordinariamente umido, e qualche volta anche il secondo de- 3918 i G. CANTONI, cimetro, possono mantenere un poco di vegetazione, la quale però sarà solo di natura erbacea, stando la temperatura nei limiti più so- pra indicati per questa produzione, Infatti in ottobre, e qualche volta per buona parte del novembre, noi vediamo vegetare i prati e le semine autunnali, mentre le piante perenni, ed anche quelle che non tengono le radici troppo superficiali si trovano già nel letargo jemale. Nell'inverno, come nell'autunno, vi può essere qualche ora del giorno, nella quale la temperatura atmosferica si trovi superiore alla. temperatura del terreno almeno nella parte più superficiale, ma la vegetazione ordinariamente non ha luogo, o perchè la temperatura è insufficiente, o perchè il terreno è gelato. Perciò anche d’inverno vi potrebbero essere dei giorni utili alla vegetazione, quando il terreno non fosse inferiore a 7. Per mantenere il terreno a questa temperatura, basta l’ impedire o diminuire il disperdimento del calore ricevuto dal terreno durante l’estate. Ogni qualvolta, dall’autunno alla primavera, il cielo sia eo- perto o nuvoloso, quando in somma il diperdimento del calore alla superficie del terreno e la irradiazione verso gli spazj sono poco sen- - sibili, la temperatura degli strati inferiori non solo sì conserva ma eziandio aumenta. È questo aumento non può essere dovuto che al calore terrestre, che durante l’inverno in parte si porta in basso ed in parte ritorna verso la superficie. L’artificio delle marcite di Lombardia è l'applicazione empirica di questa principio. Il velo d’acqua che scorre sulla superficie del prato impedisce la disper- sione del calore proprio del terreno, quasi come farebbe una co- pertura qualunque. Per tal modo, anche d’inverno, appena che la temperatura atmosferica superi i 10 gradi, per qualche ora vi può essere un poco di vegetazione, ben inteso erbacea. Al quale intento gioverà, come infatti giova in pratica, il metter presto sott’ acqua le marcite, affine d’impedire più che sia possibile la dispersione del calore terrestre. In primavera sarà ancora la parte più superficiale che riuscirà più facilmente inferiore alla temperatura atmosferica; epperò si avrà dap- prima la vegetazione nelle piante a radici poco profonde, poi nelle | altre, DRBAa ro”. vana e,» SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC. 519 Perciò, le piante che più presto entreranno in vegetazione alla primavera, e che più tardi cesseranno dal vegetare in autunno, sa- ranno quelle che hanno le radici più superficiali. Tali sono le erbe propriamente dette, i cereali d'autunno, e simili. Per lo stesso motivo le piante che tengono le radici più profonde sono quelle che vegetano più tardi in primavera e più presto cessano in autunno. A proposito del momento nel quale, al mattino, la temperatura at- mosferica si fa superiore a quella del terreno, è da notarsi che non si trova sempre ad eguale distanza dalla levata del sole, oppure dalle . nove antimeridiane. Dalle mie osservazioni risulterebbe che dal 20 genn. al 24 febbr. 1863 anticipò sulle nove ore come 1 » 24 febbr. al 24 marzo. » ”» O) 5) ». 24 marzo al 21 aprile « » ” LÌ » 24 aprile al 24 maggio » » ” 3 » 24 magg. al 21 giugno » » ” 5) » 24 giugn. al 24 luglio + » ” 5 » 24 luglio al 21 agosto » ”» » 21/4 » 24 agost. al 21 settem, » ”» ” 2 » 24 settem.al 21 ottobre » >» » 13/, » 24 ottobre al 24 novembre riuscì dopo le nove. Questo dipende dal diverso modo col quale aumenta e diminuisce la temperatura atmosferica e la terrestre prima e dopo il solstizio d’ e- state. In primavera la temperatura dell’aria cresce più rapidamente di quella del terreno, il quale esce dal raffreddamento jemale. Essendo freddo il terreno più facilmente e più presto l’aria può superarlo in temperatura. Questo ci spiega come per la vegetazione vi sia maggior tempo utile prima che non dopo il solstizio d’ estate, e come ad onta delle brevi giornate di febbrajo, nelle marcite o negli inverni miti si possa ottenere almeno la vegetazione erbacea. Dopo il solstizio d’estate, all'incontro, il terreno ricevendo una maggior qnantità di calore, in confronto di quella che perde quando manchino i raggi solari, finisce a trovarsi sempre più caldo anche al mattino, eppertanto è neces- sario che passi un maggior spazio di tempo dopo la levata del sole avanti che la temperatura dell’aria superi quella del suolo, consi- 520 G. CANTONI, derata a 0, 20 di profondità. Per conseguenza quattro mesi dopo il solstizio d’ estate, e con una temperatura atmosferica doppia di quella del marzo, i fenomeni di vegetazione vanno cessando. Quanto esponemmo meglio si potrà rivare dal seguente quadro nel quale sono poste a parallelo le temperature medie decadiche dell’aria e del terreno ad epoche equidistanti dal solstizio d'estate. | DAL SOLSTIZIO D'ESTATE DAL SOLSTIZIO D'ESTATE retrocedendo al 21 febbrajo avanzando al 21 ottobre aria terreno aria | terreno 2% Dec. Giugno 25,85 | 25,75 | 26,94 | 26, 74 | 3* Dec. Giugno ii, 27,27 | 25,87 | 30,69 | 28,69 |18 » Luglio 3% » Maggio | 26,18 | 23,70 | 31,78 | 30,77|22 » n 2% n ” 21,16 | 21,15 | 29,75 | 29,84 |32 » A 18 n ò 24,27 | 22,30] 27,00 | 27,75 | 18 » Agosto 3% » Aprile 23,14 | 21,59 | 26,53 | 26,70|2% n.0 a 2% n 23,08 | 19,39 | 28,32 | 27,86 | 32 n ni ao 16,61 | 14,54] 27,54 | 26,88 | 1% » Settembre 3% n Marzo 4,24 | 3,73 26,68 | 26,53 [2% » ” dn, n 9,35 | 8,35 23,49 | 23,80 {3% » ” dom 8.81| 6,66] 15,09 | 19,97 |12 » Ottobre 3% n Febbrajo | 7,86) 4,64| 14,96 | 16,72|2% » ” Ogni qualvolta durante l’epoca della vegetazione, cioè in prima- vera, in estate ed in principio d’autunno, la temperatura del terreno riesce superiore a quella dell’aria, non solo la vegetazione non ha luogo, ma può arrivargli anche un danno maggiore o minore a nor- ma della maggiore o minore durata della condizione sfavorevole, e ° della fase vegetativa più o meno avanzata in cui si trovano le piante: poichè verificherebbersi quelle condizioni che hanno luogo in autunno, e che provocano il regresso degli umori, e la morte reale od appa- rente della pianta. SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC. 521 . Quando in primavera, in seguito a buon numero di giorni piovosi, il terreno riesce per alcuni giorni costantemente o quasi costante- mente ad una temperatura superiore a quella dell’atmosfera, oltre al veder fermato ogni movimento di vegetazione, scorgiamo eziandio l’ingiallire, il raggrinzarsi ed il cadere delle foglie o dei frutti appena allegati. E questo vediamo più evidentemente in quelle piante che provengono da climi più caldi, quali fra noi sarebbero il gelso, la vite, il pesco, il mandorlo, il fico, il riso ed il melgone. E se le piante disposte a spalliera resistono di più, egli è perchè presso ripari, come già dicemmo, e terra ed aria si raffreddano di meno, e più facilmente approffittano di qualche intervallo utile. La primavera 1866 può ser- virci di esempio palpitante. Si dice volgarmente che la nebbia di giugno succhia il grano perchè al raccolto lo si trova più piccolo, rugoso, meno pesante. Il fatto sussiste, ma se non è la nebbia quella che succhia il grano, è dessa per lo meno che la lascia succhiare. Questo fenomeno succede quando alla metà circa di giugno, o meglio quando poco prima della maturanza del frumento, sopravvengano quelle abbondanti piogge temporalesche d’ogni giorno, non infrequenti in quell’ epoca. L’umi- dità caduta, trovando il terreno già molto riscaldato, evapora abbon- dantissimamente, e in breve tempo satura l’aria producendo eziandio un abbassamento di temperatura, e allora l'umidità sopravvegnente o viene condensata in alto per poi cadere in forma di pioggia, 0 Viene non di rado condensata in basso in forma di nebbia. In ambo l casì, sia perchè il cielo resti troppo a lungo coperto, sia per la pre- senza della nebbia, il terreno riesce più caldo dell’aria, e succede quel regresso od inversione d’umori che abbiamo più volte notato. ll terreno attira verso di sè parte di quei materiali. che avrebbero dovuto andare a costituire il grano, e per conseguenza questo riesce più piccolo, rugoso, e leggiero. Abbiamo poi già visto come anche quando il terreno sia molto umido per frequenza di piogge, non tro- vandosi più nel debito rapporto di temperatura col calore atmosfe- rico, basti a darci dei grani meno ben costituiti. L'effetto dannoso del terreno che si riscalda più dell’aria, o di un principio di vegetazione regrediente pel richiamo degli umori Vol. IX. 24 322 G. CANTONI , verso la parte più calda, è confermato da alcuni fatti pratici e da alcuni timori invalsi nel contadino. Giunta l’epoca della maturità del frumento, ognuno sa quanta smania dimostri il colono di poter mietere piuttosto presto, incominciando piuttosto in dati punti del terreno che in altri. Il proprietario ha un bel predicare che bisogna lasciar maturare ben bene prima di mie- tere; ha un bel far intendere che se cadrà la grandine la Società assicuratrice pagherà il danno. Îl contadino tien duro , dice che ha delle strisce di terreno dove il frumento, sopratutto nelle annate calde e secche, se non si taglia presto, raddrizza nuovamente la spiga, se- gno che si fa leggiero, e alla battitura dà un grano piccolo, rugoso, leggiero, eduna paglia pure leggiera, nerastra, meno buona dell'altra. Già da molti anni ci occupammo di verificare il fatto, e il più delle volte ebbimo a trovar giuste le apprensioni del contadino. In seguito di ciò, per quattro anni di seguito (1), istituimmo spe- rienze all'intento di rintracciare qual fosse il momento più oppor- tuno per la mietitura. Mietemmo 42, 9, 6 e 3 giorni prima della mietitura comune; mietemmo cogli altri; ed una porzione fu tagliata tre giorni dopo la mietitura generale. Il risultato fu che mietendo circa sei giorni prima dell’epoca ordinaria si aveva il frumento più bello, liscio, grosso e pesante; e che il peggiore era l’ultimo mietauto. » Anticipando la mietitura più di otto giorni il grano riesce trasparente, ma piccolo e rugoso, poco pesante. Per il che in ordine di miglior qualità si ottenne 4.° mietitura anticipata di sei giorni ag 9» di tre giorni di » all’epoca comune O ae tre giorni dopo l’ epoca comune. Siccome poi non tutti gli anni si assomigliano, poichè nelle annate umide e piovose la maturanza procede lentamente, laddove nelle secche cammina a sbalzi, così i 6 giorni rappresentano un termine medio fra un’ anticipazione di soli quattro o persino di otto giorni. -In pari tempo osservammo se, mietuto il frumento, e formati i co- (4) Vedi Annali di Agricoltura, anno 4864, pag. 29, e 1862, pag. 373. «si ‘Lei ei ae SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC. 325 voni, fosse meglio esporli al sole dalla parte delle spighe, o da quella della loro base; o se meglio valesse un tardo piuttosto che un pronto essiccamento del raccolto. Il risultato migliore si ebbe dall’esporre le spighe al sole, e dal pronto essiccamento. Fin d'allora ci spiegammo il vantaggio del taglio precoce e del pronto essiccamento, considerando che il frumento doveva comportarsi nell’ egual modo del lupino e del ravizzone quando si strappano an- cora immaturi dal campo. Le piante intiere di lupino o di ravizzone levate immature dal campo, ed esposte in luogo soleggiato, le ve- diamo completare normalmente la costituzione del seme. Ma se l'annata è piovosa, o che l’essiccamento delle piante sia av- venuto all'ombra, isemi riescono più piccoli e rugosi. Se poi si avesse a togliere dagli steli la siliqua ed il bacello ancora immaturo e si facessero essiccare isolati, i semi resterebbero di molto peggiori. Que- sta non è una novità. Le sperienze di Isidoro Pierre sul colzat pro- varono ad evidenza, che molto tempo prima della maturanza, le piante annue cessano dal prendere materiali dal terreno, ma che il loro stelo e le loro foglie contengono di già tutti quelli che sono neces- sarj alla formazione del seme, non succedendo in seguito che un sem- plice trasloco. Cessata la vegetazione od il nutrimento per materiali esterni, il frutto funzionerebbe come un essere parassito, succhiando i materiali dello stelo. Epperò, ammettendo questo fatto, ora ce lo spieghiamo dicendo che per dar luogo a questo succhiamento, biso- gna che tra il frutto e lo stelo esistano quelle condizioni che dap- prima esistevano fra la pianta ed il terreno. Cioè, la parte che deve succhiare deve trovarsi in un ambiente più caldo della parte suc- chiata, e deve eziandio concorrervi quel rapporto di temperatura che indicammo trovarsi all’ epoca della formazione delle materie amilacee. Che se, allorquando la pianta è ancora nel campo e con- tenga i materiali che devono passare al seme, avviene che il ter- reno riesca più caldo dell’aria per alcun tempo, quei materiali sa- ranno richiamati in basso, in proporzione maggiore o minore a norma della maggiore o minore differenza in più per parte della tempera- tura terrestre, e i semi resteranno per conseguenza meno voluminosi e meno pesanti. | S2U G. CANTONI, Sei od otto giorni prima dell’ordinaria epoca della mietitura , al momento migliore che noi indicammo, il frumento conserva ancora il terzo superiore ‘allo stato verde, e difende, durante il giorno, il terreno dai raggi solari; ma dopo questo momento le foglie tutte diseccano, si ristringono e più facilmente i raggi solari percuotono il suolo. Allora il riscaldamento è maggiore , e può in breve superare quello dell'atmosfera; e lo supererà tanto più presto, quanto più il terreno sarà male lavorato, poco profondo, compatto, ‘e sopratutto se contenga sabbie silicee o calcari. — Da qui l’inferiorità del grano quanto più tardi mietuto, e la smania di mietere del contadino in generale, e segnatamente certe zone sparse qua e là, di terreno me- no buono, poco profondo e sabbioso. — Da qui l'utilità del lasciar essiccare i manipoli prima di formarne i covoni, e i covoni prima di ‘ formarne i mucchi; non che l'abitudine vantaggiosa di esporre le spighe dal lato di mezzodi, — Da qui tante pratiche agricole pro- prie all'Italia, e che non potranno essere tolte per introdurvene altre prese a climi di natura ben diversa. In Italia si è visto che la mietitura del frumento, precoce o tar- diva, ha un’epoca fissa, dopo la quale la perdita sarebbe certa, non fosse per altro che pel facile cader dei semi per la scossa impressa dalla falciatura. — In Inghilterra all’ incontro vedemmo. nelle me- desime località mietersi frumento per tutto il mese d’ agosto. Questo c’indicava* che colà il frumento poteva rimanere in terra per un mese anche dopo la maturanza, senza soffrirne in qualità ed in quan- tità. La quistione del taglio precoce, come l’intendiamo noi, vi era sconosciuta e sconosciuti i danni d’ una tardiva mietitura, Attualmente, i risultati termometrici di confronto mi spiegano la cosa meglio che non potessi intenderla una volta. — Il clima inglese, visitato da frequenti pioggie, mantiene costantemente umida la su- perficie del terreno (4), epperò lo strato coltivabile, durante i giorni di sole, non riesce mai superiore in temperatura all’ atmosfera, e non può aver luogo il più volte citato regresso degli umori o della (4 Relazione della Commissione inviata dalla Provincia di Milano a visitare 1’ i; sizione Universale a Londra. i SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC. 3285 vegetazione; oltre che, mantenendosi per una maggiore umidità atmosferica più morbida la spiga, meno facilmente si perdono i semi. ‘ Se le macchine da mietere da noi non incontrarono quel favore che incontrarono al nord d'Europa, ne dobbiamo in gran parte la causa a condizioni per le quali ciascun proprietario dovrebbe avere una macchina, non potendo ritardare il raccolto a beneplacito d’ un vi- cino, e perchè, ritardato, la perdita dei semi si fa grandissima. Se si | generalizzasse il taglio precoce, alle macchine resterebbe un mag- gior tempo per funzionare senza grave perdita di semi. In Inghilterra, più che a rimediare agli effetti del riscaldarsi del terreno più dell’aria anche nelle giornate serene, sia per mezzo del- l'irrigazione, che delle operazioni valevoli a mantener soffice il ter- reno, dovevasi avvisare al modo di riscaldare maggiormente un suo- lo visitato da frequentissime pioggie, e che, presentandosi certa- mente di molto inferiore alla temperatura atmosferica, doveva, come infatti, favorire piuttosto la produzione dell’erba che quella de’ ce- reali. Epperò il drenaggio riuscì in Inghilterra d’un vantaggio mag- giore che altrove. Su questo proposito non posso essere dell’ egual parere dell’illustre Malaguti, il quale attribuisce il più facile riscal- damento dei terreni fognati alla temperatura portatavi dalle acque di pioggia, le quali nell’epoca vegetativa dice essere più calde de- gli strati inferiori del terreno. Io invece, più che al calore porta- ‘ tovi dalle acque di pioggia, attribuisco il più facile riscaldarsi del terreno fognato alla maggior intromissione d’ aria atmosferica, più calda del terreno, che l’acqua trae dietro di sè nell’ attraversare più rapidamente lo strato coltivabile. Perciò, nei terreni fognati, e la germinazione e la mataranza dei cereali riesce più pronta, diminuen- dosi la differenza di temperatura fra il terreno e l’aria. La fognatura del terreno in Inghilterra avrebbe la stessa azione dei muricciuoli a secco che anticamente facevansi all’ intorno delle no- stre piante di fico, o delle nostre viti, le quali, dovendoci dare un frutto zuccherino, avevano bisogno di trovare un terreno che si pre- sentasse ad una temperatura pochissimo inferiore a quella dell’ a- ria. Perciò, in molte località della Francia che si trovano all’ estre- ‘mo limite per la coltivazione della vite, la fognatura facilitò la ma- turazione delle uve e le rese anche più zuccherine. 326 G. CANTONI, Un argomento a prova dei diversi effetti di una diversa tempera- tura, e di un diverso rapporto fra quella atmosferica e quella terrestre, l'abbiamo confrontando fra loro i risultati di coltivazioni che si pos- sono fare in primavera ed in autunno, e quelli delle medesime. col- tivazioni, ma osservate in climi diversi. Possiamo, per esempio, con- frontare la vegetazione del frumento e del lino seminato in primavera con quello seminato in autunno, e quella del frumento e del lino marzuolo seminato in Italia con quello seminato in Inghilterra o nelle Fiandre. di | Il frumento seminato in autunno nel nostro clima è assai più pro- duttivo di quello seminato in primavera, perchè tallisce di più, ed ha una spiga più lunga e grano più grosso. Il fràmento autunnale, specialmente se seminato non molto tardi, dopo la germinazione può trovare per due o tre settimane le condizioni opportune pel germo- gliamento , cioè temperatura atmosferica che non supera i 20°, e terreno umido che alla superficie può presentare una discreta diffe- renza in meno. Alla primavera, sino ad aprile inoltrato, trova le me- desime condizioni, e perciò ha tempo di sempre più tallire, e di preparare una spiga piuttosto lunga. — Seminandolo in primavera, ordinariamente non è germinato che per la fine di marzo, e spesso anche più tardi; ha l'aprile e qualche giornata di maggio per la for- mazione della parte erbacca, ma poi, il pronto elevarsi della tempe- ratura in ambo i mezzi, precipita la vita della pianta, e 40 0 45 giorni dopo la germinazione si vede già la spiga, ed in altrettanti circa il seme è maturo, Da qui il minor numero di spighe per ogni ceppo, la spiga meno lunga, e il grano più piccolo. --- Osserviamo il lino ravagno o d’autunno e lo vedremo assai più alto, cioè più abbondante di parte erbacea in confronto di quello seminato in pri- mavera, e il marzuolo riuscirà tanto più basso quanto più tardi sarà stato seminato e che la stagione siasi riscaldata più prontamente, cioè quanto più presto saranno scomparse le condizioni opportune alla formazione erbacea, per dar luogo a quelle della formazione del seme. | Nel sud-est dell’ Inghilterra, per condizioni speciali di clima , la semina del frumento marzuolo può farsi ai primi di febbrajo, e la SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA , ECC. 927 spiga si mostra soltanto verso la fine di giugno. Epperò mentre in Italia il frumento autunnale non ha più di tre mesi, compresi i giorni d'autunno, ed il marzuolo un mese e mezzo circa per tallire, in Inghilterra, il marzuolo, ne ha quasi quattro. Pertanto, mentre da noi il marzuolo, specialmente nelle annate calde e secche, spesso non paga le spese, in Inghilterra, a parità di altre condizioni, riesce più produttivo del nostro autunnale, e di poco inferiore all’ autunnale delle stesse località. Lo stesso deve dirsi per la coltivazione del lino nelle Fiandre. Un'altra prova dei danni d’un anormale maggiore riscaldamento del terreno in confronto dell’aria, ci pare di trovarlo nel così detto brusone del riso. —- Si è visto che questa pianta acquatica desidera un terreno proporzionatamente e costantemente più fresco delle al- tre non acquatiche, La differenza in meno l'abbiamo, in media, tro- vata di 5°,25, Questa differenza si può ottenere difficilmente con fre- quentissima irrigazione; più facilmente colla sommersione del ter- reno. In questo caso l’acqua trattiene gran parte di quel calore che dovrebbe passare al terreno, e in parte lo consuma nell’ evapo- razione che subisce alla superficie. Difficilmente pertanto, duran- ite il giorno, la risaja trova nel terreno più caldo il naturale im- pedimento alla vegetazione. Infatti durante i 7% giorni nei quali tenemmo conto della temperatura nella risaja, in due soli giorni la iemperatura del terreno riuscì superiore a quella dell’aria, mentre fuori della risaja se n’ebbero venti nell’eguale epoca. Crediamo per- tanto che quando nella risaja si verificassero alcuni giorni di seguito a terreno più caldo dell’ aria, succederebbe quel movimento regre- diente di vegetazione che sembra succhiare le piante, quale appunto ce lo presenta il riso preso dal cosidetto brusone. La pratica tenuta da alcuni coltivatori di aumentare l'altezza dell’acqua nei singoli compartimenti per prevenire i danni del brusone gioverebbe nel senso di frapporre un maggior ostacolo al riscaldamento del terreno, e quindi a mantenerlo più che si può a temperatura più bassa del- l’atmosferica. Lo stesso effetto sarebbe raggiunto dalla pratica op- posta, cioè da quella d’asciugare la risaja, In allora l’ evaporazione sottrae calore al terreno, rendendolo di temperatura inferiore all’ a- 328 G. CANTONI, ria, appunto come lo sono tutti i terreni umidi a ciel sereno e nel l’ epoca della vegetazione. Si disse che la composizione chimica e lo stato fisico; specialmente di porosità, esercitano una grande influenza sulla facoltà che ha il terreno di riscaldarsi, cioè che le sabbie calcari e silicee si riscal- dano più facilmente dell’ argilla e dell’umus, e che le terre com- patte, a parità di composizione, si riscaldano più prontamente delle porose. Grande è la differenza in meno che ora troviamo nel terreno soffice e grasso dell’orto agrario botanico Burdin in Torino, dove attualmente stabilimmo le nostre osservazioni, in confronto di quella che era fornita dal terreno di Corte del Palasio, dove le abbiam: fatte dapprima. Quest’ ultimo era un ‘terreno magro, che conteneva il 75 per cento di sabbia minutissima , mista a ‘poca ‘argilla’ pure: a tenuissime particelle, condizione che permetteva ‘il rendersi’ facil- mente compatto, e che favoriva il più pronto riscaldarsi. Accennati gli effetti che quelle diverse proprietà inducono nella vegetazione, ora possiamo spiegarci l’ utilità di certi lavori di coltivazione, quali sono la vangatura o 1’ aratura e la sarchiatura del terreno, special» mente nel clima italiano. Mantener soffice e poroso il terreno per la maggior possibile pro- fondità, non solo è fornire alle ‘radici delle piante un più vasto campo da percorrere in cerca di nutrimento, ma è ovviare il meglio che si può alla scarsità di giorni piovosi propria ai nostri estati. — Quando il terreno è soffice, l’aria interposta alle particelle terrose conduce poco facilmente il calore dalla superficie in basso, e le acque di piog- gia, penetrandovi in maggior copia e più profondamente, per maggior tempo somministrano il necessario liquido solvente. perchè i mate- riali nutritivi possano circolare nell’ organismo, e con una più pro» i lungata evaporazione mantengono il terreno per più lungo tempo ad una temperatura inferiore a quella dell’ aria. Ben di rado il terreno più in basso di 0,20 non contiene abbastanza di umidità, almeno per mantener vive le piante, eppure, quando riesce più caldo del- : l’aria, la vegetazione, non solo si ferma, ma regredisce. ; Si sa che i terreni abbondantemente concimati con sostanze non molto scomposte soffrono assai meno la siccità, quantunque non si SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC. 329 possa dire d’avere coi concimi consegnato al terreno una quantità d’acqua apprezzabile, e tale da conservarsi dalla primavera all’. e- state. Ora la ragione di questo maggior resistere alla siccità possiamo trovarla. nella maggior porosità che quei concimi indussero. nel ter- reno, non che nella natura della sostanza aggiunta quando contenesse molta materia vegetale. Perciò il melgone concimato con letame da stalla resiste all’ asciuito più di quello concimato con guano; e me- glio ancora resiste quello coltivato sulla rottura di una cotica er- bosa. Se il lino riesce bene nelle cotiche sovesciate, come nel Cre- masco e nel Lodigiano, egli è che per una produzione erbacea esi- gesi un terreno fresco e che presenti un grande divario in meno sulla temperatura atmosferica: Quando il lino non segue il prato, presso noi, il tiglio è meno lungo, e più precoce ed abbondante:è la produzione dei semi. Anche l acqua d’ irrigazione. conservandosi di più nel terreno di cotica sovesciatà, vi conserva la freschezza più che nell’altro più caso. Il vantaggio dell’ irrigazione, specialmente applicata a brevi inter- valli, in certe coltivazioni, ed a certi terreni che non si potrebbero dire secchi, non riuscirebbe spiegabile quando si ammettesse che per dar luogo alla vegetazione fosse necessario che il terreno sia più caldo dell’aria. | L’ irrigazione non solo serve a mantenere nel terreno 1’ opportuno grado di umidità, ma eziandio a mantenere un giusto rapporto fra la temperatura del terreno e quella dell’aria. — Essendosi visto che la vegetazione erbacea è quella che esige una maggior. diffe- renza fra i due mezzi, è chiaro che, a parità d’ altre circostanze, il prato sarà quello che esige l'irrigazione più frequente. Pel melgone all’ incontro, o per altra pianta che deve dare semi amilacei, | irri- gazione deve limitarsi ad impedire 1’ effetto di una siccità che la- scerebbe riscaldare di troppo il terreno. In questo caso non abbiamo più il bisogno di un forte divario di temperatura fra i due mezzi, che ‘anzi dobbiamo evitare che avvenga, tanto più che trattasi di pianta proveniente da paesi più caldi del nostro. Pertanto gli-anni molto: piovosi, e i campi irrigati in ruota come il prato, sono quelli ehe producono abbondanza di steli, ma grano scarso e poco pesante. 330 G. CANTONI, Nell’ errore dell’ irrigar troppo il melgone incorrono molti coltiva- tori delle zone irrigue. Se questi, a vece di seminare il melgone a spaglio sopra ajuole , ove sempre riesce mal distribuito e peggio sarchiato, avessero a piantarlo in linea, troverebbero in una più fa- cile e miglior sarchiatura il mezzo di avere un maggior e miglior prodotto, risparmiando acqua a favore di altre coltivazioni. J'irrigazione poi è cosa che fa ai pugni colla vigna, cioè colla miglior possibile produzione di uva. — L’ irrigazione ci darà abbon- danti foglie, tralci lunghi, teneri, acquosi, porosi, uva grossa, ma il tralcio riuscirà meno produttivo nell’ anno seguente, e il. mosto ci darà un vino insipido, aquoso, non conservabile. — La vera irriga- zione per la vite, che è quella fra le nostre coltivazioni che richiede la maggior temperatura e il minor divario fra il terreno e l’ aria, sarà la sarchiatura ripetuta , e specialmente quella fatta al principio d’ agosto, appunto quando il terreno, riuscendo troppo compatto, fa- cilmente si riscalderebbe più dell’ aria. Proverbiale è la cattiva. qua- lita delle uve de’ terreni irrigui, e delle viti coltivate lungo i fossi. L’ irrigazione adunque, in questi principj, troverebbe delle utili norme per la pratica, applicandola secondo il diverso bisogno del terreno, e della coltivazione. L’ unico inconveniente che presenta l'irrigazione è il balzo di temperatura che induce alla superficie del terreno, specialmente quando sia praticata di giorno, a ciel sereno, ed in giornate molto calde. In questo caso le radici inferiori delle piante riescono in un ambiente più caldo e meno umido delle supe- riori, condizione certamente sfavorevole perchè inversa a quella nor- male; e inoltre, l’acqua d’ irrigazione, trovando la superficie del ter- reno assai calda, più che passare in basso , evapora rapidamente. — Certo Charpantier di Bordeaux aveva ideato di approfittare dei tubi di drenaggio per attuare una irrigazione sotterranea; e duolci di non aver saputo più altro sull’argomento perchè, salva la quistione di tornaconto, ci sembrava una pratica assai razionale. Imumidendo il terreno dal basso in alto ci sembrava che fossero evitati gl’ incon- venienti testè accennati. Ricco di utili applicazioni è il risultato di confronto fra i due ter- mometri liberi, uno a 0,250 e l’ altro a 12,50 dal suolo. Lo SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA . ECC. 594 Durante l’epoca di vegetazione, e nei giorni sereni, il termometro a 0,50 segna da 4 '/a a 3 gradi più di quello a 1,50. Epperò in molti giorni nei quali il terreno riesce più caldo dell’aria a 12,50 e della vegetazione che arriva a questa altezza, una pianta che starà a 0.50 circa da terra potrà vegetare, trovando una temperatura atmosferica superiore. È questo succederà nei giorni semi coperti, 0 semi nuvolosi. -- Ma ciò che più importa è che, nei giorni sereni sopra indicati, coltivare basso equivale al coltivare in un clima assai più caldo, quasi come se si portasse il terreno quattro ed anche cin- que gradi più presso l' Equatore, tenuto conto della maggior durata del giorno a maggiori latitudini. — Tutte le coltivazioni delle piante - che danno i frutti a sugo dolce, e in capo a tutte quelle della vite potrebbe immensamente avvantaggiare specialmente nell’ alta Italia. Noi ebbimo campo di stabilire confronti fra le medesime varietà di vite allevate alte ed altre educate basse, e possiamo assicurare che queste ultime maturarono le uve circa 20 giorni prima delle altre, e che diedero uva molto più zuccherina. -—— lo credo che tra le cause della bontà dei vini francesi non sia ultima quella, quasi ge- nerale, dell’allevare le viti molto basse. Molte località. della Francia o non potrebbero coltivare la vite o non avrebbero che un uva ben detestabile se, come si fa in moltissimi paesi dell’ Italia settentrio- nale, si avessero ad allevare le viti alte molto più di un metro. Questo maggior calore degli strati d’aria che più avvicinano il terreno può essere posto a profitto principalmente nei climi tempe- rati, dove con vantaggio introdurrebbersi coltivazioni di piante frut- tifere a sugo dolce. Oltre la vite, anche il pesco, il meliaco. il fico, ece. educati bassi danno frutti più precoci e più dolci. A favorire poi la vegetazione di quelle piante che nei ‘climi tem- perati non sempre trovano l’ opportuna quantità di calore, gioveranno altre pratiche derivanti dai suesposti risultati, cioè l’ opportuna appli- cazione dei ripari, non chè il piantare superficialmente, ossia il man- tenere le radici negli strati più superficiali, i quali sappiamo riu- scire più prontamente inferiori alla temperatura atmosferica in pri- mavera, e meno prontamente superiori in autunno. Aumenterebbesi con questi diversi modi non solo la quantità di vegetazione ma ezian- SI G. CANTONI, dio la durata. Le frequenti sarchiature, per le piante perenni, ba- sterebbero a mantenere la necessaria sofficità del terreno. Pel contrario, quando si trattasse di coltivare piante di clima meno caldo potremo collocarle in condizioni meno diverse, allevandole piut- tosto alte; come le si collocheranno più alte quando il clima sia pio- voso ed il terreno sia abitualmente umido, Finalmente, se alla levata ed al tramonto dal sole, specialmente nella stagione fredda, e quando il cielo sia sereno ed il, gerreno umido, il termometro a 0!,50 può riuscire inferiore persino ‘di due gradi in confronto del termometro pure liberamente esposto , ma. a 12,50 dal suolo, intenderemo come, nei climi i quali abbiano un in- verno rigido ed un terreno facilmente umido, sia da evitarsi la pra- tica di adagiare o piegare verso terra le viti, e come convenga al- levare piuttosto alte le piante ove facili siano le brine, eccetto che il terreno avesse una tale esposizione da evitare i raggi solari nelle prime ore del mattino. Conoscendo quale ufficio compia 1’ acqua nel terreno, e la neces- sità di un certo accordo fra la temperatura terrestre e l’atmosferica, potremo dar ragione di certe pratiche durante la coltivazione del riso e di certi fatti che avvengono in seguito, — Si sa, per es., che, ove sono le bocchette d’ immissione dell’ acqua nei vari comparti» menti d’ una risaja, la vegetazione , specialmente all’ epoca del met- tere la spiga, riesce meno avanzata e tende a ‘conservare, lo stato erbaceo 3 e che la stessa cosa sebbene in modo meno evidente , si mostra ove l’acqua si muove più rapidamente. Allora il col- tivatore cambia il posto della bocchetta di maniera che la porzione di terreno che dapprima era coperta dall’ acqua in più rapido mo- vimento abbia poi ad esserla da quella in cui il movimento è mi- nore; allora Ia vegetazione cammina più rapidamente in questo punto e si rallenta altrove. — Or bene il meno rapido cammino e la diffi- cile formazione della spiga o della vegetazione, dapprima sarebbe do- vuto al terreno che riesce tanto meno riscaldato quanto più 1’ acqua sia in movimento. În seguito, procurando che l’acqua diminuisca di movimento, più facilmente essa trasmette in basso al terreno parte del calore ricevuto, e un miglior accordo di temperatura si stabi- SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC. 339 lisce fra i due mezzi, perchè la pianta proceda alla formazione del seme. Se il terreno che ha portato la risaja ha ricevuto una minor quan- tità di calore durante l’ estate, naturalmente vedremo alcune diffe- renze nelle successive coltivazioni autunnali 0 primaverili , confron- tando questo terreno con altro che porti eguali semine, ma che non sia stato coltivato a riso. In autunno, il terreno della risaja riuscendo più tardi superiore alla temperatura atmosferica, le semine autunnali avranno un mag- gior tempo per germinare e germogliare. — In primavera all’ in- contro si trova più freddo perchè minor calore ha ricevuto durante l'estate antecedente, e perchè maggior quantità ne ha disperso in seguito, per una maggior e più prolungata evaporazione. Questo terreno dovrà quindi impiegare il primo calore che riceve in pri- mavera a riscaldare non solo la superficie , ma anche gli strati più bassi, che riuscirono più freddi di quelli che non portarono la ri- saja. — In primavera adunque le semine autunnali continueranno per lungo tempo nella produzione erbacea; e le semine di primavera germineranno e germoglieranno lentamente. Evidentissimo è . questo fenomeno osservando il melgone successo alla risaja. Questa pianta, che come dicemmo più volte, appartiene a climi più caldi del no- stro, e che per conseguenza abbisogna proporzionatamente di mag- gior calore in ogni fase della propria vita, allorchè succede al riso, germina e germoglia difficilmente, e resta giallastra e bassa in con- fronto ad altro seminato in egual epoca ma non dopo la risaja. Sol- tanto dopo la metà di giugno , riscaldandosi al giusto punto il ter- ‘. reno, il melgone prende un bel color verde e poi cresce rapidamente. Anche il frumento successo al riso , nelle annate piovose, matura più tardi dell’ altro. Questi inconvenienti furono trovati maggiori quanto maggiore era il numero degli anni che il terreno aveva portato la risaja; ed influi- rono in gran parte a far sì che i buoni coltivatori non ripetono per più di due anni di seguito la coltivazione del riso , 0 meglio ancora la fanno entrare nella rotazione per un solo anno. Resterebbe ora a dire sulla vegetazione all'ombra. — Tutti sanno SIL G. CANTONI , che la vegetazione si ha sotto l’ azione della luce e del calore diret- tamente apportati dai raggi solari, ma che è possibile anche alla luce diffusa. Se si avesse a considerare soltanto la diversa quantità di tempe- ratura che ha un vegetale che vive all'ombra d’un altro che libe- ramente riceve direttamente la luce ed il calore dai raggi solari, la differenza fra le due vegetazioni dovrebbe essere minima, minima . essendo la media differenza diurna fra i due termometri all'ombra ed al sole. Eppure noi vediamo che sotto le piante la vegetazione è mi- nore, e tanto minore quanto maggiore sia l ombreggiamento e più prolungato entro la giornata. E se osserviamo quale sia la vegetazione possibile all’ombra, vedremo che è l’erbacea: la formazione normale del legno, dell’ amido e dello zuccaro sarà sempre tanto meno facile ed anche impossibile, quanto maggiore sia la durata dell’ombreggia- mento. Persino l’erba dei prati cresciuta all’ombra, quando venga falciata per essere ridotta a fieno, diminuisce grandemente di peso. | cereali tutti sotto l’ ombreggiamento degli alberi maturano tardi e male; e nessuno pianterebbe nè un pesco, nè una vite lungo un muro esposto al nord. — (li orticultori ed i giardinieri all’ incontro mantengono all'ombra, moderano con opportune coperture quelle piante dalle quali vogliono un abbondante e largo fogliame. In breve la vegetazione all'ombra è acquosa; e chi avesse a ripetere le sperienze del Gasparin sulla diversa quantità di ceneri lasciate dalla vegetazione al sole, in confronto di quella che ha luogo alla luce diffusa, troverebbe che la quantità di ceneri in quest'ultima è di circa la metà di quella che si ottiene dalla prima. Le nostre sperienze vengono però a recare un poco di luce a questo fatto. -—- Se la temperatura all’ ombra di poco differisce da quella al sole, un’altra condizione riesce sensibilmente diversa per la vegetazione, ed è il diverso rapporto fra la temperatura dell’aria e quella del terreno che troviamo all'ombra in confronto di quanto trovammo al sole. Il terreno situato all'ombra, cioè quello che sta sotto l’ombreggia- mento degli alberi si mantiene ad una temperatura di molto inferiore # SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA , ECC. 3555 non solo a quella del termometro al sole, ed a quello del termometro all’aria libera ed appena difeso dai raggi solari, ma eziandio a quella indicata da un termometro sospeso a 1,50 dal suolo e sotto il co- stante ombreggiamento degli alberi, come si può rilevare dalla Ta- bella VI. All’ ombra il terreno riesce adunque inferiore alla temperatura atmosferica più presto al mattino, e tale si mantiene più tardi nella sera. All'ombra vi sarebbe pertanto, secondo noi, una maggior durata dell’epoca utile di vegetazione. Se la differenza media giornaliera nei giorni sereni fra il terreno all'ombra e il termometro al sole è nel- l’ estate, di circa otto gradi di meno, cioè maggiore di quanto si riscontrò in una risaja. Ecco pertanto che oltre ai diversi effetti della luce diffusa con quelli della luce diretta, dobbiamo aggiungere quelli dell’ enorme differenza in meno che presenta la temperatura del terreno con quella dell’ aria soprastante. -—— Da qui la vegetazione acquosa, erbacea; da qui la minor assimilazione de’ materiali terrosi. È Da tutto ciò risulta sempre più evidente quanto sia erroneo il credere di assegnare a ciascuna pianta una data somma di calore, risultante dalla temperatura di tutti 1 giorni che sono necessari per la loro vegetazione. Avanti tutto abbiam già detto che le medie diurne non soddisfano, perchè in esse le condizioni favorevoli e sfavorevoli alla vegetazione, non vi entrano sempre nella medesima proporzione; poi perchè devesi tener conto della diversa durata del giorno, che . v'influisce e pel calore e per la luce. A parità d’altre circostanze, è | certo che maggiore deve essere l’ aumento della vegetazione a Pie- . troburgo dove, al solstizio d’ estate il giorno dura 18 ore e mezza, . che a Londra dove dura 16 ore mezza, che a Napoli dove è di sole 15 ore. Finalmente a pari quantità di calore la vegetazione può va- riare per la diversa quantità di luce diretta, sia ricevuta dalla parte aerea, sia dalla parte sotterranea della pianta. Gasparin avendo visto, per citare un esempio, che l’orzo a Lyngen in Norvegia, al 70° latitudine nord, maturava con 1055 gradi di ca- lore, mentre a Bruxelles, a 80°; 54 latitudine nord, ne richiedeva 1765, finì per confessare che l’ andamento della vegetazione dev’ essere in- 390 G. CANTONI, | , fluenzato ariche da altre cause, e non potersi dire the una ipa ft abbia bisogno-di una medesima somma di gradi di temperatura per compiere in qualunque luogo, un ciclo normale, uniforme, dalla sua germinazione sino alla. maturanza del frutto. È poi da notarsi ‘che dove le notti sono più brevi, minore sarà il calore perduto anche dalle piante, le quali perciò si risveglieranno più prontamente al mattino. Ela luce riflessa e lartificiale possono influire sulla vegetazione? — Per parte nostra noi non abbiamo alcuna difficoltà a rispondere affer- mativamente, quando però sia sufficientemente viva, e che vi concor- rano le altre condizioni necessarie, cioè la stagione opportuna ed il terreno meno caldo dell’ aria. Trascurando anche le sperienze che il prof. Wolh di Bonn fece sulla luce lunare, ci ricordiamo d’aver letto che in una serra di Pietroburgo, erasi ottenuta la fioritura di certe piante in seguito all’ aver illuminato il locale, mon sappiamo se espressamente 0 se per altri motivi. In ogni modo ‘essendosi coll’ il- luminazione prolungata la durata del giorno o della stagione illumi- nata, è certo che la vegetazione avrà potuto fare qualche passo di più. Ma ritorniamo alla diversa quantità di temperatura ‘ed’ al diverso rapporto che deve esistere fra quella dell’aria e quella del ‘terreno, che più sopra abbiamo annunciato, siccome circostanza che accom- pagna la produzione dei diversi principj immediati vegetali, cioè la cellulosa, la mucilagine, la gomma, gli acidi vegetali, il legno, l’a- mido o la fecola, e la materia brsdisldicni Dalle analisi chimiche istituite da Isidoro Pierre sul‘ravizzone, e da quelle di Way, Ogston e ZoHer sulle paglie di frumento, avena ed orzo, risulta abbondantemente provato il cammino ascendente , (O) convergente ai semi, dei materiali che già fanno parte dello stelo ‘e delle foglie, mentre la pianta più nulla sottrae al terreno. Ma ciò che più fa al caso nostro sono alcune analisi sul legno, sulle radici e sulle foglie del ippocastano e del noce, istituite da Staffel in due P epoche diverse, cioè in primavera ed in autunno. — Da esse rilevasi non solo il trasloco dei materiali da una ad altra parte della pianta‘, ma si rileva eziandio la qualità diversa dei materiali elaborati in primavera e dopo, fra i quali notasi avanti tutto la calce. 08 ant e istriano ae I ca SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC, 564 | Ciononpertanto anche le analisi di Staffel si riferiscono ad epoche troppo lontane fra loro, epperò sarebbe a desiderare che qualche abile chimico si dedicasse ad istituire analisi ad epoche più ravvici- nate fra loro, quali Isidoro Pierre le istituì pel ravizzone e pel fru- mento. À ciascuna fase vegetativa dovrebbe corrispondere un'analisi, e vorremmo che la penultima coincidesse col momento nel quale la temperatura terrestre si rende superiore all'atmosfera, e l’ultima al- cuni giorni dopo, affine di constatare la composizione d’ ogni parte prima e dopo il regresso degli umori. Simili analisi porterebbero una luce grandissima non solo sulle condizioni atmosferiche e terrestri necessarie per l’ assimilazione dei diversi materiali e del loro successivo movimento nell’ organismo ve- getale, ma rischiarerebbero di molto la vitalissima quistione della nu- trizione vegetale, quella cioè del momento speciale del risvegliarsi e del cessare della vegetazione, e della scelta dei materiali nel terreno, ossia della vera azione che su di essi esercitano i succhiatoj delle radici. A noi però ci sembra che da tutto quanto si è esposto finora, ne venga una conferma a quanto già pubblicammo sin dal 1858 e più dettagliatamente nel 1860 ai $$ 25, 26, 27, 28, 29, 30,31 e 32 dei nostri Vuovi principj di fisiologia vegetale applicati all’ agricol- tura (1). In quella memoria abbiamo paragonato la nutrizione vegetale alla nutrizione animale, ammettendo una elaborazione ed assimilazione, e non già un semplice assorbimento di materiali previamente disciolti nel terreno. Abbiam detto che la sola differenza che passava fra la nutrizione animale e la vegetale, consisteva nella diversa disposizione dell’ apparato digerente, dovuto alla possibilità ed alla impossibilità del muoversi dei due diversi organismi. Negli RIGIALI lo stomaco è interno e riceve gli alimenti; nei ve- getali invece è esterno e va incontro agli alimenti. — Il sugo gastrico vegetale valevole ad intaccare tutti i materiali terrosi che entrano a far parte dell’organismo vegetale, vuolsi essere l’acido carbonico, as- sorbito ma non decomposto dalle foglie. (1) Milano. Tipografia del dottor Francesco Vallardi. Vol. IX. 22 538 G., CANTONI, Ma per amore di brevità riporteremo, fra le diverse conclusioni che noi avevamo posto infine a quella memoria, quelle che ora sem-: bra utile di. richiamare, perchè intimamente legate all’ argomento attuale. Eccole: 1.° L’acido carbonico assorbito dalle foglie si porta ai succhiatoj delle radici per mezzo del tessuto corticale della pianta. 2.° Nelle piante entrano soltanto materiali solubili nell’ ui carbonico. | 3.° I succhiatoj delle radici, per mezzo dell’ acido carbonico, elaborano i materiali terrosi per assimilarsi le sostanze nutritive. 4.° La scelta dei materiali nutritivi è fatta dai succhiatoj delle radici, in base ad elettività chimiche. 3.° L'azione dell’ umore carbonicato emesso dai succhiatoj, es- sendo una vera azione digestiva o chimica, varia secondo la diversa composizione chimica dei materiali cui viene a contatto. 6.° L'energia del suge emesso dai succhiatoj, sugli stessi. mate- riali, o sopra materiali diversi, varierà a norma della quantità del carbonico. 7.° Le cause che sappiamo contrariare l’assorbimento dell’acido carbonico, agiscono sfavorevolmente sulla nutrizione. 8.° La vegetazione incomincia, continua, o cessa, quando per ef- fetto della luce e della temperatura, incomincia, continua, o cessa l'assorbimento dell’acido carbonico. 9.° L’ossigeno espirato dalle foglie è un gas residuo dalla nu- trizione, cioè della assimilazione specialmente dell'idrogeno. dal- l’acqua. In seguito alle riportate osservazioni, ora potremmo aggiun- gere anche le due seguenti conclusioni, cioè : 10.° L’epoca speciale del risveglio, della continuazione, e della cessazione della vegetazione, dipende eziandio da cause fisiche, cioè da una speciale quantità e da uno speciale rapporto della temperatura atmosferica e di quella del terreno. i 41.° L’azione od energia dell’acido carbonico, varia non solo a, norma della quantità maggiore o minore in cui quell’ acido viene emesso dalle radici e della quantità di liquido solvente, ma eziandio a SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC, 339 della temperatura del mezzo nel quale succedono le reazioni, cioè della temperatura del terreno. 12.° La diversa quantità d’acido carbonico contenuto nell’umore emesso dalle radici, e la diversa temperatura del terreno, devono necessariamente influire sulla scelta dei materiali da assimilarsi. A persuadere altrui ed a confermare noi stessi nelle nostre opi- nioni, vuolsi che le sperienze siano continuate e ripetute anche da altri. Eppertanto crediamo di dover esporre anche i nostri dubbj ed i nostri desiderj sul futuro indirizzo della meteorologia vegetale. Condizioni che sembrano necessarie per la soluzione de’ quesiti di meteorologia applicata alla vegetazione, sarebbero le seguenti: Le indicazioni termometriche tanto dell’aria, quanto del terreno, dovrebbero essere accompagnate da quelle del grado di umidità di questi due mezzi. Per valutare 1’ umidità dell’ aria i mezzi non man- cano, ma avremmo bisogno di trovare un modo facile e spedito di valutare anche quella del terreno. Per ottenere la quantità di calore utile alla vegetazione sarebbe necessario il fare delle osservazioni molto frequenti, e il tener conto della durata del momento utile per ciascun giorno. Un giorno lungo 15 ore e mezza, come verso il solstizio d’estate, con una temperatura media di 25°, deve dare un effetto maggiore di un altro giorno ad egual temperatura media ma lungo soltanto 1% ore e mezza, e più che doppio di un altro di 410 ore, ma di una temperatura media di 12,5. D’onde le anomalie notate dal Gasparin su questo proposito. Sarebbe utilissimo l’indagare quale sia il preciso rapporto fra la temperatura terrestre e l’atmosferica perchè si compiano normalmente la germinazione, il germogliamento, la fioritura e la maturanza del frutto di ciascuna pianta, affine di stabilire 1’ epoca del risveglio e della cessazione di fenomeni vegetativi, sia entro l’anno, sia entro il giorno. Così pure non dovrebbesi trascurare la temperatura notturna, e sarebbe a studiare meglio l’effetto delle massime e delle minime tanto del terreno che dell’aria e segnatamente gli effetti d’ un maggiore e prolungato riscaldamento del terreno nelle diverse piante e nelle diverse fasi della loro vita. 340 Go CANTONI, Avremmo desiderato di esaminare ripetutamente e completamente l'andamento della vegetazione acquatica, e specialmente quella del riso, affine di imbatterci in un caso di brusone e vedere se avviene, come lo sospettammo, da un prolungato maggior riscaldamento del terreno innondato nell’ epoca in cui la spiga è vicina alla maturanza. A proposito di risaja avremmo anche voluto tener dietro all’ anda- mento vegetativo delle coltivazioni che gli succedono. Utilissime crediamo che riuscirebbero le osservazioni dirette a de- terminare l’influenza della composizione chimica e della porosità dei diversi terreni sulle diverse coltivazioni e sul prodotto di queste. Finalmente, ciò che crediamo più difficile a raggiungere è la co- noscenza della quantità di calore ricevuto dalle piante. Tutti i mezzi immaginati finora, compresi quelli suggeriti dal Gasparin nel sesto volume della sua Agricoltura, ci sembrano insufficienti, Le piante, come abbiam detto, non sono paragonabili ad un ter- mometro comunque costrutto. Avanti tutto, il termometro non traspira, nè evapora se non bagnato da pioggia, rugiada, brina o nebbia; nè è influenzato come le piante dall’intromissione di un liquido prove- niente da un altro ambiente diversamente caldo. Epperò le piante, al pari degli animali, hanno nella traspirazione un mezzo per resistere anche in ambienti assai caldi. Ma questa traspirazione non è sempre eguale ad egual temperatura, perchè l’umidità traspirata proviene dal terreno, e questo può trovarsi diversamente umido e diversamente caldo. E ad egual temperatura ed umidità del suolo, le piante come già vedemmo, traspirano di più o di meno secondo che il clima o la giornata sia umida o secca, o dominata più o meno dai venti. Per tutto ciò, lo ripetiamo, difficile riuscirà il misurare il calore ricevuto dalle piante, e sopratutto le modificazioni indotte dalle di- verse condizioni in cui ponno trovarsi il terreno e 1’ aria. Cionondi- meno chi ha spirito d’osservazione potrà, tentando e ritentando, tro- vare almeno quel metodo che meno si scosti dal vero. Adolfo De Candolle, nel recente Congresso internazionale di bota- nica tenutosi a Londra, nel suo discorso d° apertura, propose di costruire apposite serre dove si possa con esattezza misurare, non solo la durata e l'intensità della luce, ma eziandio e sopratutto il SAGGIO DI METEOROLOGIA APPLICATA, ECC. 344 calore e l’umidità tanto nell’aria, quanto nel terreno. Noi siamo per- fettamente del medesimo avviso. . Crediamo finalmente di chiudere la presente memoria col dire che, per quanto grande sia il nostro desiderio di far passare in altrui le no- stre opinioni, pubblicando questo scritto, non ebbimo l’ intenzione di indicare cose assentate, ma piuttosto abbiam voluto indicare il no- stro punto di partenza, la strada da noi seguita, gl’inconvenienti che incontrammo, i nostri dubbj, i nostri sospetti ed anche i nostri desider]. Le applicazioni possibili alla fisiologia vegetale ed all’ agricoltura, ci sembrano tali da meritare attenzione. Ed è nostro fermo convin- cimento che gli studj meteorologici e climatologici, prendendo anche questo indirizzo di pratica utilità, abbiano ad acquistare un’impor- tanza non minore di quella che già s’acquistarono nella navigazione. GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, NELLE ANDE MERIDIONALI, | A SAN: RAFAELE, NELLA PAMPA DEL SUD, ESEGUITA NEL FEBBRAJO 1866 RELAZIONE PRELIMINARE DEL Prof. STROBEL (con una tavola) « Bei weitem schlimmer aber steht es mit unserer Kenntniss von der Ostseite der Andenkette. » Conring e Koner 1864 (4). I naturalisti che sinora passarono la catena delle Ande, frapposta tra il Chilì e la provincia di Mendoza nella Republica Argentina, non la valicarono, da quanto mi consta, fuorchè pei due passi di Uspallata (pron. Uspagliata) e del Portillo (pron. Portiglio). Pel primo, situato più al nord e più basso (2), avviene il trasporto della valigia postale; per cui il sentiero che vi conduce è alcun poco cu- rato, senza che perciò cessi di essere in varii punti pericoloso, mas- (41) Conrine und Koner — Der Paso del Planchon în der Chilenischen Cordilleren ; fa parte della Zeztschrift fur allgemeine Erdkunde, edita dal prof. W. Koner. Berlino. Vol. XVII, pag. 368. Il citato passo può essere tradotto nel modo seguente: « Ma a molto peggior partito (che per rispetto al Chili) ci troviamo in quanto alle nostre co- gnizioni circa al lato orientale della catena delle Ande. » (2) Alto 3804 metri secondo l’ ing. Pompeo Moneta; 3900 metri secondo V. Martin De Moussy; 3927 metri sec. Pissis; 11765 piedi parigini sec. Burmeister, e 12656 piedi inglesi sec. Black. 7 P. STROBEL, GITA DAL PASSO DEL PLANCHON ECC. SUS sime nel versante argentino. ll passo del Portillo (1) viene preferito da coloro, i quali, da Mendoza, vogliono recarsi direttamente a San- tiago del Chili; esso tocca al limite delle nevi perpetue. Questi due passaggi della Cordillera (pron. Cordigliera), ossia catena, delle Ande essendo adunque più o meno conosciuti dai naturalisti, come or dissi, conveniva nell'interesse della scienza, visitare uno fra quelli, che non lo erano tuttora. Perciò, essendomi, nello scorso gennajo, recato nel Chili pel passo, di Uspallata, pensai di ritornare a Mendoza per quello molto più meridionale del Planchon (pron. //ancion). E tanto maggiormente mi sentiva indotto ad esaminare questo cammino, in quanto che il medesimo, a saper mio, come già accennai, non sola- mente non era stato ancora percorso da nessun naturalista, ma per- chè inoltre, e quel passaggio, ed i monti e le valli, per cui da esso scendesi alla pianura, o Pampa, al Rio Diamante ed al forte San Ra- fael, sarebbe regione poco meno che ignota; stando almeno alla au- torità degli scrittori, citati in capo a questa relazione (2). Poco cono- sciuto dai geografi ed ignoto ai naturalisti credo che sia del pari il paese, posto tra il detto forte e quello più settentrionale di San Car- los, edificato quasi a metà del cammino da S. Rafael a Mendoza. E per certo, nel modo esposto debbo giudicare intorno alle cognizioni geografiche, che in Europa si hanno della regione accennata, ove confronti le varie carte geografiche della Republica argentina e del Chili, che sono a mia disposizione, come passo a dimostrare in suc- cinto. (1) Sono veramente due passi successivi, che si distinguono coi nomi di Portillo orientale ed occidentale. Quello è il più alto, cioè: 4447 metri secondo M. De Moussy; 413450 piedi parigini sec. Burmeister; 44345 piedi inglesi sec. Black e 14365 sec. Parisch. (2) I quali in altro passaggio, più innanzi, alla pag. 369, così sì esprimono :.« Però in modo molto più inesatto si indicano nelle carte le sorgenti del Rio Grande, nel versante orientale delle Cordillere. Pare che finora vi manchi qualsiasi pianta, e pro- babilmente passerà ancora un' gran pezzo, prima che se ne levi in quelle inospite con- trade.» -- Martin De Moussy nella Description géographique et statistique de la Confé- dération Argentine. Paris, 1860-1864 alla pag. 195, del primo dei tre volumi, asserisce bensì che il passaggio del Planchon venne descritto da Gilliss; ma dalla Memoria de- gli autori ora citati, alla pag. 367, si rileva che il medesimo non ne illustrò fuorchè la parte chilena, cioè da Curicò al Passo, nè già quella dal Passo alla Pampa. 34 P. STROBEL, Secondo Parish, 1839 (4), il Zlanchon sarebbe posto a 35° 44' di latitudine australe, ed a 70° 9’ di longitudine, dal meridiano di Greenwich. Stando a Kiepert, 4857 (2), quel passo si troverebbe invece a 34° 48' di latitudine, ed a 70° 35’ di longitudine. Martin De Moussy, 1860 (3), infine, lo pone alla latitudine di 35° 20/.. Le differenze tra queste indicazioni, differenze massime emergenti dal confronto delle varie carte, per riguardo alla posizione geografica del passaggio in discorso, non superano i 26/ per la longitudine, ed i 32' per la latitudine. In parte maggiori appajono le discordanze. tra i diversi geografi, qualora si voglia rilevare dalle loro carte la posi- zione geografica di S. Rafaele. Parish fissa questa a 34° 32’ di lati- tudine, ed a 69° 3' di longitudine. Secondo Kiepert sarebbe posto sol- tanto a 34° 24’ di latitudine, e stando a Martin De Moussy, 1865 (4), non si troverebbe che a 68° 16’ di longitudine. Da ciò rileviamo, per rispetto a questo punto geografico, una discrepanza massima di 414/ per la latitudine, e di 47’ per la longitudine. Da queste differenze seguono naturalmente divarii considerevoli nel calcolo della distanza, in linea retta, tra il passo del Planchon e S, Rafaele, Stando a Pa- rish, sarebbe di sole 30 /eguas (8), secondo i Black (6) di 34 ; dalle carte di De Moussy risulterebbe di 441, e persino di 43 giusta la carta di Kiepert. Di conformità varia del pari la direzione di quella linea, ossia la posizione relativa dei due punti sovraindicati. Parish pone S. Rafaele quasi esattamente a N. E. del Planchon (ad E. 44° N.); "(1) The provinces of La Plata, the Banda Oriental del Uruguay and Chile, chiefty from M. S. documents communicated by Sir Woodbine Parish, by John Arrowsmith. London, 1859. (2) Karte von Chile, nach den Karten von Cl. Gay, Pissis und Gilliss zusanimenge- stellt von H. Kiepert Berlin, 1857 (Zeitschrift fur allgem. Erdkunde, già citata, vol. VI). (3) Opera citata alla nota quarta. (4) Martin DE Moussr — a) Carte des provinces de Cordova, de San Louis, et des regions voisines. Paris 1865. b) Carte de la province de Mendoza, de l’Araucanie et de la plus grande partie du Chili. Paris, 1865. c) Carte du territoire indien du sud, et de la region des Pampas. Paris, 1865. Fanno parte dell’Atlante, che accompagna l’ opera già citata dello stesso autore. (5) Una legua corrisponde a 5196 metri. (6) Chile, publicado por ‘Adan y Carlos Black, y Roberto Struthers. ‘Edimburgo y Valparaiso; senza data, GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 3545 ì Black al contrario quasi ad E. (ad E. 19° N.); De Moussy si at- tiene circa al giusto medio, indicando la posizione del detto forte ad E. 33° N. da quella del passaggio delle Ande or ora nominato. La massima differenza nei rombi, come si vide, arriva sino a 23 gradi. Ancor maggiori discordanze si rilevano tra autore ed autore, ove dalle indicazioni geografiche si passi al confronto delle ?dro-orogra- fiche. -— Il Parish indica, in ordine successivo, dirigendosi dal Plan- chon a N. E., i torrenti Rio Tordillo, Rio Salado, Rio Atuel e Rio Diamante. Il primo, dopo avere corso da N. N. 0. a S.S. E., si get- terebbe nel Rio Grande, e questo, dirigendosi a S. E., si unirebbe col io Colorado (1); il Rio Salado si congiungerebbe coll’Atuel, e questo ed il Diamante confluirebbero nel Nuevo Rio Salado. — Se- condo Kiepert, il Rio Tordillo scorrerebbe a S.E., e si perderebbe vicino al Cerro Nevado; mentre invece il Rio Grande, diviso dal Rio Tordillo per un contrafforte della Cordillera, fluirebbe dapprima nella medesima direzione di questo, cioè a S. E., ma poi a S.S.E., per indi raggiungere il Rio Colorado, Il Rio Salado avrebbe le sue sorgenti quasi nella stessa longitudine di quelle del Rio Tordillo, cioè nella Cordillera stessa, come indicano pure i Black, ed il Rio Atuel, che ne sarebbe un influente, scaturirebbe molto più ad oriente, ossia dalle Preande, come apparirebbe anco dalla carta dei Black, i quali lo chiamano Actuel. Invece, stando a Parish, le scaturigini di quei torrenti si troverebbero in posizione inversa di longitudine, ed il Rio Salado, torrente secondario, metterebbe foce nel Rio maggiore, l’Atuel. — La rappresentazione idrografica della contrada in di- scorso, data da Martin De Moussy coincide, in generale, con quella offerta da Parish, colla differenza però, che trasporta tutti è Riî piu al sud, di modo che le sorgenti del Rio Salado si troverebbero nella latitudine di quelle del Rio Colorado secondo Parish e Kiepert, ed il Rio Grande nascerebbe là, dove questi autori fanno scaturire il Rio Negro. Di più, secondo De Moussy, il Rio Atuel, che egli (nelle carte) chiama Latuel, uscirebbe da un lago, che nè i citati autori, nè i Black (1) Rio Colorado significa torrente rosso, e Rio Tordillo ( pron. Tordiglio) torrente grigio (pomellato); appellativi i quali probabilmente alludono al colore del limo che trasporta l’ uno, ed alla tinta delle schiumanti onde del secondo, 346 P, STROBEL, non indicano nelle loro carte; e tra esso torrente ed il Rio Diamante, però più vicino al primo, egli pone una Acequia (pron. 4sechia), o canale del Latuel, la quale del pari non si incontra segnata nelle altre carte, e, nata da una Laguna, o piccolo lago, ad occidente, che denomina Manantial, ossia sorgente, del Latuel, dopo breve corso ad E.S.E., si sperderebbe in una Ciénaga (pron. Siénaga), o pa- lude. Tanto secondo Parish, quanto secondo Kiepert, il Manantial dell’Atuel sarebbe un luogo abitato, che si incontra là dove il Rio esce dai premonti argentini delle Ande, e precisamente ove il sen- tiero che vi arriva dal Planchon, bipartendosi, a N. E. conduce a S. Rafaele, ed a N. a San Carlo. Salla carta di Parish poco dopo quel luogo, ora abbandonato, che egli nomina Manantial de Atuel; si presenta a N. il Cerro (pron: Serro) o monte Vientres, dovrebbe dire Buitres, o meglio de los Buitres ossia degli avoltoi; indi, a N. E., it Cerro Diamante, o meglio del Dia- mante, però alquanto discosto dal torrente di egual nome. — La carta di Kiepert manca della indicazione dei nomi delle montagne sul versante argentino della Cordillera, poichè scopo della medesima si è la illustrazione del Chilì, e la parte argentina non vi figura che come accessorio, come paese limitrofo, egualmente che nella carta dei Black. Dalla carta di Kiepert invece risalta, e giustamente, se non erro, la successione degli scaglioni delle Ande, dalla cresta loro alla pianura argentina. Ad oriente di quella, ossia della Cordillera, di- retta da N.N.E. a S.S. 0., ci figura una catena parallela di Preande, indi due Pampas elevadas, od altipiani, successivi, disposti a gradi- nata, dal più alto de’ quali, che è il primo, a pie’ delle Preande, si scende ad E. N. E., nel più basso, e da questo, alquanto prima di S. Rafael, si cala nella Gran Pampa 0 pianura. — De Moussy fa partire dal cordone (massiccio) delle Ande, al N. del Rio Atuel ed in direzione a N. E., la Sierra, 0 montagna del Diamante, al cui capo s’ergerebbe il Cerro de los Buitres, già nominato; mentre una Sierra omonima, con direzione parallela alla precedente, cioè a N. E., dividerebbe, al N. di questa, il Rio Diamante dal suo tributario me- ridionale, il Rio de los Cauquenes (pron. Cauchenes). Il Cerro del Diamante si alzerebbe, isolato, tra quello de los Buitres ed il Rio del . GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 347 Diamante, però troppo vicino al primo, dal quale dista circa 40 chi- lometri, e troppo distante dal secondo, di cui forma, per breve tratto, la sponda destra o meridionale. — Sebbene a prima giunta si possa sospettare il contrario, pure il passo del Planchon, segnato nelle carte di De Moussy e dei Black, è quello che realmente porta un tal nome, come mi accingo a dimostrare. E primieramente osser- verò che De Moussy gli dà la altezza che gli autori al medesimo assegnano, cioè di 3048 metri. Al fianco meridionale del passo del Planchon, da me valicato, sovrasta il Yolcan 0 Vulcano di egual nome. Ill prof. Domeyko (1) dice essere questo il vulcano Peteroa dei geografi. Ciò vale bensì per la carta di Kiepert, ma non mai per quella di Parish, e molto meno ancora per quelle di De Moussy, poi- chè entrambi segnano benissimo due passi distinti, quello del Plan- chon e l’altro, più settentrionale, di Peteroa, e pongono questo al piede del vulcano omonimo; De Moussy, inoltre, indica esplicita- mente il Vulcano Planchon al luogo accennato, e tra il passo di egual :nome e quello di Peteroa ne frappone un altro, il Paso de las Damas (2), segnato allo stesso posto anche dai Black. È bensì vero, che evvi un altro passaggio della Cordillera, che si dice pure del Plan- chon, e trovasi più a settentrione del passo in discorso; ma la di- stanza reciproca è minima sì, che si potrebbero piuttosto chiamare due differenti sentieri di un medesimo passo, anzichè due passi di- stinti; ed ambi inoltre conducono nello stesso versante, quello cioè del Rio Grande, ossia al Rio Tordillo. E del detto secondo sentiero o passaggio del Planchon tratta appunto la citata Memoria di Conring e Koner. La confusione, e quindi il dubbio che i Black e De Moussy abbiano inteso di indicare nelle loro carte il passo di Peteroa in luogo di quello più meridionale del Planchon, e col nome di questo, nasce dall'avere eglino, come già accennava parlando dei torrenti, spostato le sorgenti ed il corso di questi rispetto al cordone delle (1) DomeyKo y Draz — Excursion geologica a las Cordilleras de San Fernando. In- serito negli Anales de la Universidad de Santiago de Chile, 1862; pag. 23. (2) Nell’ opera sua, già citata, alle pag. 195 e 196 del I tomo, ci descrive i tre passi successivi del Planchon, del Saso o de las Damas e de Peteroa; e di più, alla pag. 229 ci indica la posizione geografica e la altezza dei due primi, 348 P. STROBEL, Ande, trasportandoli più a mezzodì; di modo che, secondo i Black, il Planchon si trova già a N. delle scaturigini del Rio Salado, mentre sono desse che gli stanno a settentrione; e secondo De Moussy si varcherebbe quel passo niente meno che sulla sinistra delle sorgenti del Rio Atuel (4), che nasce invece e scorre molto più ancora a set- tentrione del Rio Salado. Quantunque nella gita, tema di questo articolo, non sia riuscito ‘a sciogliere fuorchè alcuni degli esposti dubbi geografici, pure sono di avviso che la pubblicazione dei risultati di quella escursione possa interessare; poichè, come ripeto, non credo che sinora siano venute alla luce illustrazioni particolareggiate del tratto di paese in essa percorso. Di più, ritengo che una tale pubblicazione riuscire possa utile, anche in onta ai difetti delle osservazioni da me istituite, Que- sti difetti derivarono, in primo luogo, dalla mancanza dei necessarii istrumenti per le determinazioni geografiche ed ipsometriche , sco-. po del mio viaggio essendo stato più lo studio dei prodotti e dei fenomeni naturali, che le ricerche geografiche. Ma non basta; gli appunti da me presi devono mancare di precisione, ben anco per va- rie altre cause, fra cui l’ essermisi, già sul bel principio della di- scesa dal passo, resa inservibile l’unica bussola che possedeva. Inol- tre il tempo disponibile in tali gite non è sufficiente per potere eseguire le osservazioni colla voluta calma, estensione ed esattezza, e nemmeno sul luogo preciso, ove dovrebbero essere istituite; di- fetta pure il tempo necessario per le annotazioni, a meno che uno non sia stenografo, e, di più, sappia ingegnarsi ad affidare le proprie osservazioni al porta-fogli, mentre avanza cavalcando. À questi osta- coli, che si oppongono alla completa riuscita delle ricerche e degli studii, altri si aggiungono, naturali conseguenze delle condizioni fi- siche e sociali della contrada percorsa; per cui, anzi che potersi arrestare ove e quando convenga nell’interesse della scienza, si è costretti a marcie ed a tappe forzate, per incontrare l’acqua, il pa- scolo e la legna indispensabili, come apparirà dal racconto del viag- gio. Infine non ultima spina del povero viaggiatore scientifico in que- (1) Come espone anco nella sua opera, Vol. I, pag. 163 e 495. GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 349 sta regione è il suo arriero, ossia mulattiere e guida; ancora quan- do questi possegga, ciò che per altro non avviene sempre, la sobrietà e la probità, tanto in lui decantata da Martin De Moussy (4). L’ar- riero non si interessa che delle sue mule, cerca più la soddisfa- zione de’bisogni loro che dei proprii e di quelli del viaggiatore; voi non siete per lui, di solito, che una merce, che vuol condurre il più presto possibile al suo destino, sia temporario di quel giorno, ossia alla tappa, sia finale della gita. È egli che comanda a voi, sia pure indirettamente, è ostinato e presuntuoso, come in generale an- che le guide nelle Alpi; eglino vi obbligano al cammino ed alle fermate che loro convengono, secondo i proprii fini, e credono di sapere tutto meglio di voi, specialmente se siete gringo, ossia stra- niero. È una pasta che difficilmente puossi maneggiare, massime in questi paesi, ove essendo voi isolato, vi trovate in loro balia. Nulla otterrete colle brusche e le minacce, e ben poco colle lusinghe e le preghiere. Conviene quindi dirigersi a persone autorevoli del paese, a fine di poter incontrare arrieres e peones, ossia mozzi, pratici del cammino, fidati, ubbidienti e che assecondino le indagini del viag- giatore. Degli inconvenienti e dei danni scientifici, che seguono dal descritto carattere dei mulattieri e dei loro garzoni, già ebbe occa- sione di lamentarsi acerbamente il prof. Burmeister nella sua escur- sione alla Sierra de Mendoza. (2) Di queste piecole noje, che svo- gliano, stancano per la frequenza con cui si succedono, e delle in- dicate difficoltà che incontra il naturalista nelle Ande, non si può formare una idea -adequata lo scienziato che visita le montagne della maggior parte di Europa. : E precisamente per sormontare tutti questi ostacoli, e finchè du- rano le attuali condizioni sociali del paese, occorrono assolutamente delle commissioni scientifiche per esplorarlo con reale vantaggio, il quale compensi le molte spese e fatiche, e per ottenere ne’ singoli rami di investigazione dei risultati soddisfacenti e possibilmente com- pleti. Poichè di solito soltanto associazioni simili di scienziati ponno (4) Opera citata, I, pag. 246. (2) BurmeIstTER. Reise durch die La Plata Staaten. Halle, 1861; vol. I, pag. 253, 259, 270. 350. P. STROBEL, disporre di un tempo illimitato, di sufficienti mezzi di trasporto e di tutti i necessarii istrumenti ed utensili, non meno che dell’ occor- rente (4) per poter vivere, e dimorare senza pregiudizio della salute, settimane intere nell’aperta ed inabitata campagna, o tra gli: sterili e nudi dirupi, ove non solamente manca il combustibile, il cibo e la bevanda per l’uomo, ma bene spesso evvi persino penuria del- l'erba e dell’acqua per l’inseparabile suo compagno, il mulo od il cavallo. i In onta alle indicate imperfezioni ed alla insufficienza dei miei studii, delle mie osservazioni e raccolte, difetti involontarii e per me inevitabili, cui per dovere di coscienza scientifica dovea qui accen- nare, ho fiducia di avere per esse ricerche recato un qualche van- taggio alla scienza, e ciò pel motivo pure poco anzi esposto. E con tale lusinga passo ora a trascrivere il giornale della gita, il quale si riduce quasi ad una semplice spiegazione della unita carta oro-idro- grafica del cammino eseguito, da me tracciata unicamente dietro i fatti da me osservati, e sui dati da me raccolti nella escursione. Ove mai qualche nome fosse errato, ne porterebbero la colpa i va- queanos (pron. vacheanos) ossia persone pratiche delle località (2), alle quali, com'è naturale, dovetti dirigermi per saperlo, e che, 0 caddero esse pure in errore, o si presero, a mo’ de’ biricchini delle maggiori città, il fanciulleseo diletto di ingannarmi in proposito. CAPO I. Da Curicò nel Chilì al Planchon. Questa regione del versante Chiliano delle Ande, in parte fu già illustrata dai naturalisti in Santiago, professori Domeyko, Philippi, Pissis, dal botanico Leybold, dal zoologo Landbeck e da altri, in par- (4) Come sarebbero tende per difendersi dalla intemperie; letti di Crimea; mate- rassi o cuoi per dormire; coperte, ponchos (pron. poncios) o mantelli per coprirsi; selle, basti, ecc. i (2) Alcuni scrivono baquiano (pron. bachiano); notisi. però che nella pronunria Ca- stigliana non evvi tra la d e la v la differenza, che poniamo noi Italiani. GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. Sb te forma tuttora il campo delle loro ricerche ed osservazioni. Sicco- me dunque non era mia intenzione di studiare questo tratto di cam- mino, lo percorsi da semplice towriste, notando appena di quando in quando ciò che più feriva i miei sensi. AI mattino del 4% febbrajo partii da Curicò accompagnato da un arriero con tre cavalcature e due animali da soma. Tosto dopo usciti dalla città, ci-si associarono due Guasos o Zuasos (pron. Guassos 0 Uassos), ossia contadini chilenî (pron. cileni) ovvero chiliani (A), pure diretti alla volta del Pianchon... e fu per me una buona ven- tura. — Dapprima attraversammo in direzione ad É. un piano di terreno di trasporto, che ascende lentamente ed è limitato a S. dalle Lomitas, o collinette, de la Huerta, ossia dell’ orto, al piede delle quali scorre, entro un letto profondamente scavato, 1’ 4rroyo (pron. Arrogio) o ruscello Lontue. Le sue sponde e la campagna uliginosa che da essa si estende verso il N., sono popolate da una quantità di uccelli da palude ed aquatici, fra i quali distinsi specialmente lo stril- lante Terotero (Vanellus cayenensis), le Garzas comuni (Ardea leuce e nivea) e varie specie di Patos od anitre. La Diuca (Diuca vera Burm.), che in questi paesi rappresenta in certa qual maniera il no- stro passero, a mo’ di questo, ci precedeva da vicino, volando ai lati della strada, di siepe in siepe, di palo in palo, e, non nutrendo di noi sospetto alcuno, cinguettando ci accompagnava per lunga pezza (2). Man mano che il viaggiatore si approssima agli speroni della Cor- dillera la pianura in discorso va restringendosi, i colli a mezzodì si innalzano, a settentrione appajono altre colline, le quali verso oc- cidente, degradano nel detto piano; ed eccoci nel vestibolo della Valle del Rio Teno. Quivi il terreno presentava tutti i caratteri di una pic- cola e disseccata Pampa. Come nelle Pampas argentine, numerosi Pe- guenes (pron. Pechenes (3), Vociua cumularia), stando di sentinella (1) L’ abitante della campagna nel Chili è più agricoltore che pastore; lo possiamo quindi chiamare contadino. Il contrario succede del campagnolo argentino; questo è più allevatore di bestiame che coltivatore di terre, e Gaucho (pron. Gaucio), è il no- me, con cui lo si chiama nel suo paese. (2) « Il suo canto è delizioso, massime sul far del giorno. Vive come le passere in- torno alle case e ne ha tutte le proprietà. » MoLina. Saggio sulla storia naturale del Chilì; 2. edizione; Bologna 1840, pag. 210, n. 3. Fringilla diuca. (3) Gli Argentini danno a questi uccelli il nome di Lechuzas (pron. Leciussas). 352 P. STROBEL, dinanzi al buco d’ entrata delle isolate loro tane, immobili e collo sguardo apparentemente stupido, proprio delle civette, ci miravano passare. Le colline che, convergendo, come si disse, limitano verso oriente, a destra ed a sinistra, la detta Pampa, indi |’ entrata nella valle del Teno, sono rivestite a S..da montes, ossia boschi di cespu- gli e di arbusti, e da selve di frondosi alberi a N. La valle or nomi- nata, nella quale entrammo dopo più di sei ore di cammino, da Cu- ricò, si dirige per circa due ore ad O., avendo noi per tanto tempo continuato a mantenere il rombo ad E., cioè sino a Guardia, che è il posto di confine delle finanze e polizia chilena. — In questo punto la valle incomincia a farsi più stretta, i colli poco a poco si elevano a*monti, la fisonomia geognostica e botanica si cambia: alle rocce incoerenti si sostituiscono le solide, vulcaniche; i cespugli cedono il posto agli alberi. Cavalcammo da principio a S. E., e poi di nuovo ad E., attraverso folte selve e per ardui sentieri, ora nel fondo della valle, lungo la sinistra sponda del Teno, ed ora sa- lendo e scendendo le rupi che, avanzatesi nel suo letto, impedi- scono che se ne possa seguire il corso nel fondo stesso della. valle, Dopo due ore di un tale cammino, lasciata a sinistra ed a N. E. la valle del Rio Teno, entrammo, sull’imbrunire, in quella di un Rio Claro (4), il quale qui si getta nel Teno. Il sentiero continua tuttora tra boschi, e ci condusse finalmente, a notte inoltrata, ad un gruppo di Ranchos (pron. rancios o capanne), detto il Pera! ossia il Pero (2). Ci accolsero con rabbioso latrato due dozzine di cani affamati, sgra- ziatamente, pur troppo, per le mie provvigioni e per me. Scaricate le valigie e le vettovaglie occorrenti, levati i basti e le selle agli stanchi animali, armato nel cortile tra le capanne, il letto di Crimea, (1) Straordinariamente grande è il numero dei torrenti, ad ambi i versanti delle Ande, che portano i nomi di Rio Claro, Colorado, Negro, Selado, Grande, ecc., circo- stanza questa che serve mirabilmente ad aumentare la confusione nelle ricerche geo- grafiche, ed a perpetuarla, fin tanto che una Commissione topografica governativa , studiate quelle regioni, non ne traccerà una carta, battezzando quei Rii con epiteti di- versi, meno vaghi e più caratteristici. (2) Questo è l’ultimo pueblito, o luogo abitato, che si incontra, salendo verso la Cor- dillera. — L’ oscurità della notte non mi permise di osservare la natura delle rocce, dopo entrati nella valle del Claro; secondo il professore Domeyko sarebbero meta=. morfiche. È Se nibbi er E — Lora ae ‘GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 51:15) mi accoccolai presso al fuoco, che, in una, ci cuoceva le vivande e ci scaldava, ed al chiarore della sua fiamma scrissi nel portafogli le annotazioni, che finora il bujo della notte non mi avea permesso di prendere. Rifocillato, con un pezzo di asado (pron. assado) ossia car- ne arrostita sopra la brage, lo stomaco, digiuno sin dal mattino e sorbiti voluttuosamente alcuni mate o tazze di yerba (pron. gierbda) o the paraguayo, mi stesi stanco e tranquillo tra tanti visi scono- sciuti e dubbi, e mi composi a saporito sonno. 15 febbrajo. Di buon mattino, dato 1 addio ai serviziati ospiti, e pel disturbo ch’ebbero, compensatili con poco zucchero e yerba, con un sorso di canna (pron. cagna), sorta di acquavite (4), ed un pajo di cigarritos (pron. sigarritfos), ci inoltrammo nella valle del Rio Claro, seguendo, tra rupi di arenaria e grès rosso, la sinistra sua sponda sino di contro a los Hornos, ossia altiforni; i quali, sulla destra riva, nascosti tra boscaglia, in quel momento soffiavano al cielo colonne di fiamme. Esaltato dalla idea che calcava la terra de’ grandiosi fe- nomeni vulcanici, mi immaginai, a prima giunta, di vedere innanzi a me delle fontane ardenti, ed involontariamente ricorsi col pensiero al monte Beni, al Covigliajo, alla Pietra Mala, ove per la prima volta ne aveva ammirati i curiosi effetti. In quei forni fondesi un minerale di rame ed argento, che si cava molto più addentro nella valle, qua- si al pie’ del Planchon e della Cordillera (2). Arrivati a quel punto, guadammo il torrente, e seguimmo il cammino, che sulla sua destra conduce sino all’Infiernillo (pron. /nfierniglio) ossia piccolo infer- no, meta della giornata. Era un bel mattino, l’ aria pura, il cielo limpido ed azzurro come il cielo d’Italia, il sole caldo, ma i suoi raggi temperati dalla rete del fogliame di alberi svariati, fratellevol- mente uniti in vergini selve. Diretti da principio ad E., ma volltici di poi a S. E., passato 1’ Arroyo de las Manzanas (pron. Manssanas), (1) Cana significa canna, e specialmente canna da zucchero; cana si chiama pure il liquore che si estrae da essa, nonché, per amplificazione del primitivo significato, qualsiasi acquavite od aquarzente. (2) I geografi europei intendono generalniente sotto tale denominazione la catena delle Ande; ma quelli del paese indicano con quel nome soltanto il cordone mediano, la cresta loro. Vol. IX, 23 Sd P. STROBEL, ossia il ruscello delle mele, uno dei tributarii del Rio Claro alla de- stra sua riva, verso mezzodì facemmo sosta in una piazzetta in mezzo al bosco, chiamato la Puerta de los Manantiales, ovvero porta delle sorgenti. È questo un noto e solito luogo di riposo delle tropas, 0 truppe di mule e cavalli, che percorrono questo stradale; ed infatti lo trovammo già in parte occupata da una di esse. Altra incontrammo . poco prima, la quale trasportava sacchi del nominato minerale metalli- fero, ed era numerosa assai. Pur troppo, come non di rado occorre su questi stretti sentieri, avendo dovuto fermarci per lasciar sfilare avanti a noi uno ad uno i muli che la componevano, metà carichi e metà senza carico, avemmo tempo di contarli: sommavano ad. una ottan- tina. Durante la colazione (almuezzo) che facemmo sdrajati all’ om- bra di vetusti alberi, esaminai le piccole olle che seco portavano i miei compagni, e mi informai del modo di fabricarle e lavorarle, di dare loro a volontà la tinta nera, ovvero la rossastra, e di ren- derne lucida la superficie; nozioni queste che mi interessavano. pel lume che ponno gettare sulla industria ceramica delle preistoriche nostre terremare. Mentre, dopo avere asciolto, coloro si abbandona- rono alla indispensabile siesta, approfittai del tempo per osservare i dintorni, ed appuntare quanto aveva notato, venendo dal Peral alla Puerta de las Manzanas, sia rispetto alla natura delle rocce, sia ri- ‘ guardo alla flora. — Le rocce, in massa, sembrano vulcaniche: . ba- salti, trachiti, conglomerati; ma sul. cammino stesso non afilorano che qua e là, poichè i fianchi de’ monti da esse costituiti, essendo co- perti sino ad una certa altezza da trasporti antichi, che vi formano lunghe terrazze (1), e la valle essendo stretta e profonda, il sentiero conduce naturalmente quasi sempre su quei trasporti. Però dette rocce non costituiscono da sole queste montagne , perciochè, siccome i blocchi di diorite e di sienite, trascinati dall’arroyo de las Manzanas, ci provano, che più addentro nei fianchi loro lo scheletro è plutonico; i frammenti di arenarie rossastre e verdi, che rinvengonsi nel letto (1) « Questo taglio dei piani, a scaglioni, non solamente de’piani litorali, ma benanco degli interiori, chiama ad ogni passo 1’ attenzione del viaggiatore nel Chilì, quale prova degli ultimi cambiamenti o delle ultime rivoluzioni, che ha. sofferto il conti- nente americano. DomeyKo y Diaz, l. c. pag, 23. GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 355 dello stesso ruscello, ci indicano che, a contatto colle rocce plutoni- che; trovansi depositi più antichi di quelli che compongono le indicate terrazze. — Le mirtacee, le laurinee ed altri alberi dalle foglie verdi lucenti (1), formano il folto e maestoso del sempre verde bosco, è, gareggiando degnamente coi faggi ed olmi delle nostre selve fron- dose, danno al paesaggio una impronta di placida ‘calma. Umile*e se- minascosto, pure, pel brusco contrasto, tosto si fa rimarcare’ il Retamo specie di Genista (G. cuyensis?), quasi priva di foglie, per cui i molti diritti e sottili ramoscelli, di colore verde di mare quando giovani, a primo aspetto appajono quali foglie allungatissime , ed in onta alla grande differenza che corre tra questo arbusto e gli aghifogli, puré ci ricorda un piccolo pino : sì. che lo si può riguardare come suo rappresentante, ove, anzichè stabilire le parentele botaniche, ritrar vogliasi l’immagine di questa vallata, e descriverne la fisionomia. Mirti, lauri e retami conpongono la tinta verde generale del bosco, che però riuscirebbe monotona, ove non la rompesse, colla pompa e varietà de’ vivaci colori de’suoi petali, la numerosa e sparsa coorte delle piante arrampicanti, avviticchianti e parassite, fra le quali ul- time spiccano, per | abbondanza e per lo scarlatto intenso di folta corona di fiori, varie specie di Loranthus (2), in idioma chileno : Liga, Coilon, Quintal o Quinthal (pron. Chinta!) Quintral o Quinchtral (pron. Chinsistral), col quale il modesto suo fratello, il visco, certo non può reggere al paragone esteico. Invano fra gli alberi ed i ce- spugli, nelle limitate praterie, sulle roccie a nudo, coll’occhio analiz- zatore cercava uno di que'sottili ed altissimi Quiscos (pron. Chiscos) o Cactus (3) colonnari (Cereus), i di cui rami, tendenti verso la cima, ritranno a pennello un gigantesco candelabro, ed i quali mi (1) Come i Lingue (pron. Linghe), Laurus Lingue, Mayten, Celastus Maytenus, Peu- mo, Cryptocarya Peumus, Qui-Glay (pron. Chigliai) Quillaja saponaria; ecc. (2) Nella lingua araucana Quinthal significa fuoco; perciò con tale vocabolo si de- nominano le specie di Loranthus dai fiori rossi di fuoco, ossia scarlatti; come sono il L. tetrandras Ruiz et Pavon. — Flora Peruviana et Chilensis. Matriti 1798-1802, to- mo HI, pag. 47, od il L. Sternbergianus R. et Sch. — Philippi negli Anales de la Uni- versidad de Chile, già citati, 1863, tomo XXII, pag. 713. — Liga vuol dire vischio. (3) I Chileni e gli Argentini indicano col nome di pencas i fichi 4’ India ‘coltivati {Opuntia vulgaris), e coll’ altro di quiscos i selvatici; tunas chiamansi i loro: frutti, 3b6 P, STROBEL, avean fatto spalliera nel cammino dal passo della Cumbre de Uspal- lata a Santa Rosa de los Andes, e di là alla marina del Pacifico. In vece loro il Cardo o Cardon (Pourretia coarctata), tra un. mazzo di foglie, per forma e colore, simili a quelle. dell’Aloe, ergeva ritto.il gambo. di fiori, a, mio dispiacere, già appassiti, e si faceva da Jungi rimirare, abbarbicato sulle cime delle rupi o sul dorso delle colli- nette. La vista di un boschetto di Duraznos (pron. Durassnos) ovvero peschi selvatici, che dovemmo attraversare. per giungere a metà tappa, produsse in me graditissima sorpresa; poichè di questi alberi che qui si trassero, come è noto, dall’ Europa, non avea mai. ve- duto un bosco naturale in quel continente. —- Infra il mondo animato solamente una 4ranna (pron. aragna) pelada, specie delle più grandi di ragni Migali, del corpo rossigno e peloso, d'onde il suo nome, attrasse la speciale mia curiosità. Dopo un pajo d’ore di riposo, svegliato 1’ arriero ed i camerati, ricaricate le mule e saliti in arcione , riprendemmo il. cammino ad oriente. Mossi appena alcuni passi, ci trovammo dirimpetto all’ampio anfiteatro del Planchon, la. cui vista incantevole mi empì di .gioja , come se rivedessi una.vecchia e cara conoscenza , che tale mi sem- brava quella maestosa scena quasi alpina. Di fronte e nel fondo., la veneranda cresta delle Ande dalle cime canute; ai lati e sul davanti le nude guglie di erte vulcaniche montagne ; nelle anguste falde di queste, le nevi raccolte in albici campi. (4), armonizzando nella tinta colla franata roccia cenerino-rossastra che li comprende. Da queste macchie luccicanti, quali fascie biancastre, serpeggianti e ramose, scaturiscono gelidi fili d’acqua , che per quelle balze precipitando , si frangono in spumanti cascate, e tutti poi raccolgonsi nel rumoroso Claro. Infine, formano la base del quadro, il proscenio dell’anfiteatro i noti boschi di mirti, lauri e retanos, cui si associano dapprima il Canelo (2) dell’ eletto gruppo delle Magnolie, poi l’austero cipresso (3). Sui pendii e nelle quebradas (pron. Chebradas) , ossia vallette (4) « L'altezza di 2000 metri può considerarsi come il limite delle nevi sporadi- che in questo Cordillera. » DomEyKo y Draz, l. c. pag. 27. :: (2) Wintera aromatica Willd. MoLina, l. c. pag. 460. (3) Cipres (pron. Ssipress). Libecedrus andina Endl, Panuippi, |. c. GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 3B7 secondarie ed anguste , in suolo asciutto, placidamente dondolando senza posa , rumoreggian fantasticamente folti boschetti di socievoli Coligiies specie di Bambù del Chili (Chusquea), e come un bosco di Conifere agitate dallo zefiro, preoccupano la immaginazione del pen- sieroso viaggiatore. Però la specie (1) che prospera in queste sub- alpine valli, lungi dal crescere all’altezza di sette e più metri, al- tezza che qualche sua sorella raggiunge in regioni e climi più fortu- nati, tuttalpiù tocca ai tre metri; sì che, mentre Ja si impiega vantaggiosamente per tessere impermeabile letto ‘alla ‘capanna del Guaco, non può servire , come i Bambù maggiori, nè come asta per la ben maneggiata e temuta lancia dell’Indiano della Pampa, sommi- nistratagli dal non meno bellicoso fratello Araucano (2), nè come picana, ossia pungiglione, lungo sette metri e largo un buon deci- metro .(3), che il gaucho argentino appende al massiccio e pesante suo ‘carro, per poter dall'alto del medesimo guidare le tre ‘coppie di buoi, che lentamente lo strascinano. -- Guadato un arroyo ricco d’ acqua, il quale tra erte sponde s’avvia al Rio Claro , che conti- nuammo a tenere alla nostra diritta, sì come già avvertiva, il terreno uliginoso e molle rende penoso l’avanzarsi; ma presto ritorna più inclinato ed asciutto, rimanendo però sempre più o meno ombreg- giato dai boschi or descritti. Alla sopra indicata altezza di 2000 me- tri, alla quale arrivammo dopo due ore circa di cammino, gli arbusti vanno man mano scomparendo, e la selva diradandosi. Il Coligùe, il modesto rappresentante della forma erbacea gigantesca, ed i Mirti e i Lauri, furono i primi ad abbandonarci; li seguì il Canelo: il Retamo, come succede anco del pino nelle Alpi, solo a stento ormai riusciva ad offrirsi di tratto in tratto un nano individuo; ed il Cipres rimase infine quasi il solo ed assoluto padrone del campo. Sebbene ‘questa specie non presenti nè la tinta verde cupa del cipresso nostralè, nè la sua altezza, nè la forma di piramide acuta, ma maggiormente si accosti nella struttura all’abete; pure invita, come quello, a medita- (4) « Credo che sia una specie nuova, non ancora descritta. » PHiLippi, l. €. pag. 708. (2) Cusquea Coleu Desvaux, Coligùe dei Valdiviani. — PHILIPPI l. c. (3) Di Bambù paraguayo, chiamato Tecuard o Guayaquil (pron. Guagiachit). 388 P. STROBEL, zioni serie e ;melanconiche, non però mai da cimiterio. All'ombra dei suoi rami non ispuntan fiori, non crescon arboscelli nè erbette, poi- chè le rigide sue foglie, non avendo la proprietà di decomporsi rapi- damente, e produrre un fertile terriccio, si accumulano intorno al tronco e sopra le estese arcuate radici, formandovi: vani:risonanti: E perciò il calpestio della nostra cavalcata, la quale: aprivasi il varco attraverso gli abbassati rami di questi aghifogli, che poco a poco scar- seggiando, non più in boschi, ma solo In gruppetti qua e là si associa: vano produceva un sordo, strano rimbombo. Trascorso un ristretto umi- do piano, posto, direi, nel centro del descritto ‘anfiteatro (4); sormon- tata una collinetta alla sua destra, e ‘voltici indi a S, E. ci trovammo all’ Infiernillo , situato, come indicai sin da principio, al pie’: della Cordillera e del Planchon, e luogo destinato per: dormida: di que- st' oggi. Esso, come il nome suo plutonico già fa sospettare, è un anfiteatro vulcanico, formato da lave negre o rossastre, ora compatte, ora porose, ed ora scoriacee. Îl suo fondo, per l'afflusso delle acque, che dallo scioglimento dei sovrastanti campi di neve vi si accumulano, è uliginoso; mentre il Cipres preferisce le circostanti scarpe asciutte quivi cresce rigoglioso il Lun, albero che ama appunto un suolo ba- gnato. E su questo, ed intorno ad esso, incontrammo una mandra al pascolo..... ima nessuna. capanna (2). Il suo pastore conservava le poche provvigioni vegetali (porotos, fagiuoli (3) e garbansos, ceci) di cui abbisognava sotto una tettoja naturale. formata da una rupe, sporgente. Prendemmo quartiere alla Garibaldina, la terra per letto, (4) In: questo piano veggonsi varii mucchi di pietre: sono frammenti del minerale metallifero, che si estrae dalle miniere in opera nella vicina valle, a sinistra del Rio Claro ed a S. del Planchon; lo si trasporta qui, e poi lo si spedisce oltre, agli accen- nati altiforni. (2) « La.temperatura delle valli inferiori è in ragione della loro altezza : quantun- que il calore vi si elevi assai di giorno, esse. sono sempre fredde di notte. Le diffe- renze di 20 è più gradî nella scala termometrica, tra il massimo ed ‘il minimo delle ventiquattro ore, vi sono comunissime. Quanto alle vallate superiori, esse rimangono inabitate ed anzi inabitabili. Vi si conduce solamente un poco di bestiame in estate; poichè avvi sempre abbastanza umidità per mantenervi un pascolo, basso sì ma. so- stanzioso. MARTIN DE Moussy, opera citata, tom. I, pag. 389. (3) In buon castigliano i fagiuoli si chiamano frejoles, i piselli guisantes (pron. ghissantes) e le vecce alverjas; ma i Chileni e gli Argentini diedero quest’ ultimo no- me ai piselli. GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 3B9 la roccia per guanciale, e la stellata volta per tetto; un blocco facea le veci di tavolo, e grosse pietre ci servivano da sedili. Ci imposses- sammo del terreno nel tempo stesso che truppe di garruli Zoros 0 pappagalli, schiammazzando, convolavano sui vicini alberi, destinati a luogo di riposo per questi ospiti irrequieti (1). Acceso il fuoco e fatta la frugalissima cena, mi coricai, stanco sì ma non appieno ras- sicurato in mezzo ad una diecina di Guasos, chè, durante il giorno, a tale numero era cresciuta la brigata. 16 Febbrajo. DallInfiernillo, su rapido sentiero, tracciato appena fra rottami e frane di vulcanica rupe, con rombo da prima, per un ora, a N. O. poi ad E. dopo sei ore di stentata ascesa e qualche pe- ricolo, pure scherzando e cantando, per l’aggiunta di gentili compa- gne, sormontammo la mobile china, or fiancheggiando ed or traver- sando le strette falde, e toccammo alfine al sospirato varco. Ben presto cessò la vBgetazione arborea, cogli ultimi meschini cipreses. Continuava però la flora de’cespugli e delle erbe; ma non è il vario- pinto e balsamico tappeto delle Alpi: non vi discerni la azzurra co- rolla caliciforme delle genziane, non le stelle di carmino dei rodo- dendri o rose alpine. In vece loro, bianche, poco avvenenti marghe- ritine, qualche appassita violetta (2), e spinosi cespuglietti, taluno dai fiori di seta giallognoli, simile al romerillo (pron. romeriglio, Lomatia ferruginea), a stento spiccano dalla generale tinta cenerina dell’avaro terreno, il quale per modo fa penuriare loro il nutrimento, che dopo un'ora di salita, fattisi nani ed infin scomparsi i cespugli, mancano al viandante persino le poche frasche, occorrenti per am- mannire un duro e sanguinante asado, e per difenderlo dal gelo delle sempre fredde notti. E perciò il prudente baquiano, pervenuto a (4) « Assordano col confuso romorio delle loro voci poichè mentre volano non ces- sano mai di gridare.... Le valli solitarie della Cordilliera, dove attendono alla pro- pagazione delle specie senza alcun disturbo, favoriscono la loro eccessiva moltiplica- zione. » MotLINA l. c. pag. 247. Psittacus Jahuilma. (2) Il signor Federico Leybold si occupò specialmente nel raccogliere e studiare le molte specie di violette del Chili, e varie nuove ne illustrò; come appare anco dal- l’articolo : Descripciones de Violetas nuevas, descubiertas en las Cordilleras de Chile, inserito ne’ più volte citati Anales de la universidad de Chile, tomo XXIII, pag. 674, nel quale si descrivono cinque specie nuove. 360 P, STROBEL, questa zona, raccoglie buon numero di fascine, e ne carica le sciolte mule di scorta. Quivi, ove tu eccettui alcune macchiette di prato, il cui verde intenso, tempestato dai fiori gialli dello strisciante Zro- paeolum polyphyllum, ti alletta dell’imo fondo di qualche quebrada, in cui affluiscono le acque delle disciolte nevi, ove trascuri le poche erbette ed i fiorellini, che qua e. là, tra le fessure, più timidi che modesti, appena osano far capolino; morta e sepolta è Flora. + Me. glio che la famosa morena calcare, conosciuta col nome di Lavini di Marco, che, centinaja di secoli or sono, sbarrava la valle, e diviava a ponente, nel Garda, il corso dell'Adige nel Trentino, più conforme al concetto. poetico ed alla. grandiosità del fenomeno, 1’ Infiernillo, avrebbe potuto porgere al Divin Cantore la spaventosa immagine di quel burratto nel settimo cerchio dell’ Inferno (1), posto in loco al- pestre, fra rocca discoscesa, ruinata per tremuoto, e tal che .ogni vista ne sarebbe schiva. Poichè qui fessi scogli, qui*abissi, qui massi giganteschi da violenti scosse sconvolti, sospesi, l’ un sopra.’ altro ammonticchiati, spaccati, frantumati.... ed insieme il silenzio della morte, la tinta del manto funebre e delle materie infuocate, Che, tra le frane di acuti frammenti di lava, ergono le guglie, i coni, i mam- melloni di roccia vulcanica nerastra, cenerina,.giallognola, carni- cina, rossa di mattone; più o meno infossati. nei frantumi, ma pure appena per modo sorretti, che sembra ti si vogliano pre- cipitare addosso ad ogni istante, i blocchi offrono talora un miscu- (41) DANTE, Divina Commedia, Inferno Canto XII. « Era lo loco, ove a scender la riva Venimmo, alpestro, e, per quel ch’iv’ er’ anco, Tal, ch’ogni vista ne sarebbe schiva. Qual’ è quella ruina, che nel fianco Di qua da Trento l’Adice percosse, O per tremuoto, o per sostegno manco; Che da cima del monte, onde si mosse, Al piano è sì la roccia discoscesa, Ch’alcuna via darebbe a chi su fosse; Cotal di quel burrato era la scesa... GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 36 glio di differenti pietre, però sempre della stessa roccia: frammenti di un colore entro massi di ‘altro colorito, pezzi scoriacei ed ampi vani entro. bloechi compatti, conglomerazioni di ogni varietà; par- vemi persino di discernervi alcune colate di antica lava. — Però questo quadro imponente sì, ma desolante, di un tratto mi si cangiava in ridente panorama, allorchè, voltomi indietro, diretto lo sguardo ad 0. S. 0., e sorvolando con esso le nevose cime dei monti, le nude punte dei premonti ed i verdepinti ondulati colli, che ai fianchi ed a’ piedi miei si alzavano e distendevano, poggiava gli occhi sulla oc- cidentale pianura, allora illuminata dal sole mattutino, che dietro la Cordillera, irradiandola, spuntava, Chiudono il lontano orizzonte, a ponente, le basse montagne del cordone litorale del Pacifico. Tra esse e gli ultimi speroni delle Ande, che ti nascondono la città di Curicò, si allunga, da tramontana a mezzodì, quella ubertosa ‘e ben coltivata pianura, irrigata da abbondanti acequias, attraversata in ogni senso da alamedas ossia viali, e da frequenti e lunghi filari di altis- simi e serrati alamso o pioppi (Populus pyramidalis), ferace di ogni specie di biade e di frutta de’climi temperati, vallata che perciò a dritto parogonar puossi a quel giardino che è la nostra valle Padana. Abbassando lo sguardo, vedi come la stretta e tortuosa valle del Rio Claro, coperta nel fondo e su pei fianchi della descritta boscaglia, di tratto in tratto lascia tralucere Ja serpeggiante striscia di quel torrente. Infine, immediatamente sotto e davanti a te, gli accennati campi di neve e le creste biancastre dei contrafforti Andini. A: metà cammino, dall’Infiernillo al passo, tocchi l’ultimo punto ove ancora puoi pascerti nella ammirazione di quella terra benedetta, quella che ‘chiamar vorrei Nuova Italia od Italia del Nuovo Mondo, terra che esser potrebbe ben più fortunata, ove seguendo anche in ciò l’esem- pio della sorella del Norte, scuoter sapesse il giogo umiliante della bigotteria ed intolleranza religiosa. Giunto al luogo indicato, diedi, . commosso, l’ ultimo addio al piano di Curicò , al Chili; ‘al Pacifico, così pensando tra me e me: questo paese privilegiato a canto dell’e- legante palma produce l’eccelso araucaria, il pino del S.; fa spun- tare la monca ma bizzarra forma dei cactus, o fichi d’ India, a lato della sottile e leggera canna bambù; genera ed unisce ad essi, su 362 P. STROBEL, comun suolo, le agave, i cipressi, i mirti, i lauri, i pioppi — ritratti. tutti di tipi, che crescono prosperosi ‘ad abbellire i tiepidi e lusureg- gianti lidi del Mediterraneo e dell'Egeo, questo suolo classico delle belle arti. Se queste non sono fuorchè 1’ apoteosi della natura di una data regione, il concetto e lo sviluppo del pensiero essenziale che la ‘resse nel concretarvi le infinite forme organiche ed inorganiche; se sono la idealizzazione e l'accoppiamento armonico di que’ diversi tipi naturali; perchè mai non s’ accenderebbe la scintilla del genio artistico anche ne” petti Chilesi, ispirati alla terra che li anima, alle bellezze che li circonda? perchè mai non dovrebbero sorgere anco fra essi un Apelle ed un Fidia, un Rafaello; un Vinci, un'Michelangelo, un Palladio? — s'intende colle differenze di carattere, corrispondenti a quelle che corrono tra due specie di uno stesso tipo, nate e cresciute in due paesi, differenti sì, ma pur sempre affini. — Però tali pen- sieri, ed altri melanconici, naturale conseguenza del distacco dal bel paese, ben presto furon scacciati dalla allegria dei compagni, dal- l’istintivo od abituale bisogno di osservare, dalle piccole cure per la conservazione. Giunti al passo che in piano quasi orizzontale fian- cheggia la base occidentale del nudo ed altissimo volcan, o vulcano, del Planchon (1), facemmo rotta a N. e piegando man mano, in linea un po’ curva, a N: E., dopo un’ora e mezza circa arrivammo alla discesa. A metà del vareo, sormontato dalle dirotte balze dell’o- ra nominato vulcano, il quale temporariamente riposando, di .can- dide nevi e dense nubi ravvolge il superbo suo capo, stendesi circo- larmente, recinto da massicci blocchi, un piccolo e petroso piano, eui dassi il nome di plaza de armas, o piazza d’armi; poichè quivi, nel- Y epoca gloriosa delle Repubbliche Sudamericane, fecero sosta al- cune truppe dell’esercito liberatore (2), esercito di eroi. Che i loro figli non si mostrino-indegni di tali padri, e che il sangue da questi sparso non ridondi più oltre a vantaggio de’ Francia, Rosas, Lopez, Urquiza, e tiranni e predoni minori! (4) Alto 3849 metri sopra il livello del Pacifico, secondo M. De Moana: opera. ci- tata; III, pag. 447; quindi elevato quasi 800 metri sopra il passo. (2) « Nella plaza de armas, sul Planchon, stettero accampale) alcune forze dell’ e- sercito liberatore, nel 1816, comandato dal tenente colonellò Freire, valente soldato GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 363 oil CAPO Il. Dal Planchon all’ Acqua caliente nella Pampa. Lasciata la Plaza de Armas (4) e traversati alcuni campi di neve poco estesi (2), che si incontrano e prima e dopo di essa, scorgonsi alla sinistra ‘ossia a nord-ovest, a poca distanza e ‘più in basso del varco, tre laghetti, seminascosti tra nude montagne a picco, e suc- cessivamente diretti ad occidente, dall’ultimo dei quali esce il Rio Malo, influente del Rio Teno, già nominato in principio del capo I. In onta alle acque diacciate, anzi in grazia della umidità che, nella stagione in corso, per la evaporazione e lo scioglimento loro, si ge- nerava allembo delle medesime, spuntavano fra i sassi, graziosi bian- chi fiorellini, intorno ai quali volteggiava nell’aere agitato qual- che ‘bruna farfalla che tentai invano di fare prigioniera. — Per quanto ne scrisse M. De Moussy (3), e per ciò che i miei conoscenti mi aveano detto in prevenzione, mi aspettava di provare sul Plan- chon una di quelle sensazioni penose conosciute sotto il nome di puna. Ma non saprei se per mia buona o mala sorte, nè qui a 3000 metri di altezza sopra il Pacifico, nè alla Cumbre di Uspallata a quasi 4000 metri di altezza, nè su altri varchi elevati delle catene secon- darie delle Ande, mi venne dato di accorgermi menomamente di una qualsiasi, anco leggerissima, differenza nella respirazione o nel- l'appetito (chè, fra parentesi, nella gita l’ebbi sempre da avvocato), chileno, che più tardi si impadronì della città di Talca, fu fatto generale, e prese parte attiva nella politica del suo paese. Freire avea ordine dal generale San Mar- tin di chiamare su quel punto l’ attenzione degli Spagnuoli, per così dividere le loro forze facendo loro credere, che pel Planction passerebbe l’esercito, il quale partito da Mendoza, prese invece il cammino più corto, cioé quello di Uspallata. » G. M. GutIER- REZ, in lettera, | ; (4) Da questa piccola area in cima al passo, sembra che il medesimo abbia avuto il nome. Il vocabolo plancon è l’aumentativo di Plancha (pron. plancia), ossia la- stra e significa quindi lastrone, pavimento, piano, plateau. (2) « Al dissopra di 3000 metri, l’acqua «non cade mai, fuorché allo strato solide ossia di gragnuolo o neve » M- De Moussy, opera citata, tom, I, pag. 390. (3) L. c. pag. 217. d 364 P, STROBEL, e meno poi di dolore al capo o di altro sintomo patologico o feno- meno fisiologico eccezionale; quantunque, per la complessione al- quanto debole e la poca capacità del torace, avrei dovuto, a prefe- renza di altri, soffrire di tale incomodo. Conviene dunque ammettere, che la puna non dipende unicamente dalla rarefazione dell’aria, ma inoltre da altre cause concomitanti, che. pajono tuttora ignote. — Quasi contemporaneamente coi laghetti del Rio. Malo, nel versante chileno, ci si affacciarono, sulla diritta, le prime vallette del varsante argentino, incassate tra nudi erti monti dalle cime nevose; non. un albero, non un arbusto; appena le ravviva, nel fondo, qualche ru- scelletto che scorre tra scarsa verzura. Quale contrasto tra i due versanti riguardo alla loro vegetazione! ed esso riesce tanto più sentito e brusco, quanto più pronto è il passaggio da una’ ad altra impressione ; poichè, come indicava poco fa, non occorre quasi che di rivolgersi indietro, per potersi rasserenare di nubvo, colla vista della terra chilena, delle sue vallate boscose, della sua pianura uber- tosa, ben diversa dalla riarsa pampa, ossia. pianura; nella quale ci accingevamo a calare per quelle sterili valli argentine. Giunto il momento di discendere, si scopre a manca, cioè a N. N. 0. giù nella valle, al pie’ del Passo, uno strato di neve, che in'tempo di estate, struggendosi nel margine boreale, vi forma un piccolo la- ghetto, e dà per tal modo origine all’ .4rroyo de los Ciegos (pron. Arrogio de los Giegos) ossia ruscello dei ciechi, il quale descriven- do una poca sentita curva (a N. E.-E.-S. E.), s'avvia all’ orientale Rio Grande. Sebbene il sentiero sia tracciato a zigzag nella disaggregata roccia, pure la calata effettuossi con molta rapidità, in mezz'ora, tal- mente scoscesa vi è la rupe. Facemmo sosta poco lungi dall’anzi ac- cennato laghetto; ed in onta all’impetuoso vento, che incominciò a fischiare giù dal passo del Planchon, protetti a mala pena da alcune grosse pietre, vi stendemmo le membra e ci ristorammo per pochi istanti mentre, sbrigliate le cavalcature, le lasciavamo pascolare. | sassi sparsi in giro ci capitarono a proposito per servirci di pesi, che po- nemmo sui recipienti de’ comestibili, sugli oggetti di vestiario ed al- tro, che diversamente l’irato vento ogni cosa, che non fosse assai pesante, ci avrebbe involata o rovesciata. Perciò ebbi mestiere. di & GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 365 molta pazienza ed industria, per riuscire a chiudere nella cartella botanica alcune interessanti erbette, tra le quali una picciola gra- migna o graminacea (1). Ma non mi fu possibile maneggiare la rete per modo da poter pigliare qualcuna delle mosche, o meglio, qual- cuno dei Ditteri, loro malgrado qua e là portati dall’ aria, contro il furore della quale lottava con miglior fortuna qualche passeraceo, che credo fosse il /hrygilus fruticeti Bonaparte (2). La valle qui alla base del Planchon è inclinata a N. E., ma leggerissimamente; per- cui, l’acqua del suo laghetto, scorrendo assai lentamente , ne inzup- pa il terreno e lo copre di verde tappeto. Dove però non giunge la fertilizzante stilla, il suolo è petroso, arenoso, nudo. Per ciò, e per essere quasi orizzontale, come or ora accennava, questo tratto supe- riore della valle de los Ciegos s'ebbe il nome di Plan del Arenal, cioè piano sabbioso. È circondato e costituito da rocca vulcanica, la medesima che osservasi sul varco, cioè lava trachitica, ora compatta e. sonora, ora spugnosa e meno dura, nera, grigia, ferruginosa. Là dove, ad E., una loma ‘o collina, dal vulcano del Planchon proten- dendosi verso N. O., nel fondo della valle, lo restringe, cessa il Plan del Arenal; a questo punto, che chiamasi los Potrerillos (pron. Po- treriglios) (3), arrivammo dopo mezz'ora di marcia nel rombo a N. E. Da qui va allargandosi di molto la valle, formando un. secondo altipiano, della stessa natura del Plan del Arenal, il qual si deno- (41) Nella valle e sulle umide pendici della Cumbre de Uspallata, al piede dei massi e delle ‘pietre, prospera una Loasa-dai fiori bianchi, e dalle foglie frastagliate e :co- perte da lunghi e duri peli ghiandoliferi, la quale, nella virtù di produrre bruciore, supera di molto le nostre ortiche, e chiamasi perciò Ortiga de caballo (pron. cabaglio). Al Planchon non scorsi alcuna specie di tal genere, mentre il prof. Philippi ne rin- venne varie nei monti delle Ande, poste più a Sud. PuHÙitippr, Viaje d los bannos y al nuevo volcan de Chillan, mei citati Anales de la universidad da Chile, 1862, XX. pag. 279. i (2) BURMEISTER, opera citata. Il, pag. 487. . -(3) Potro significa puledro, e potrero, steccato per rinchiudere puledri, Ma il senso primitivo di questa voce fu esteso per modo da indicare con essa qualunque recinto per la custodia del bestiame in-genere, il quale, nell’area di tal modo chiusa; trova generalmente anche il necessario pascolo; potrecillo ne è il diminutivo. Nel luogo che ne porta il nome veggonsi infatti simili cinte sulla destra del colle, ad oriente — e poco distanti, a nord, trovansi dei pascoli, sebbene non chiusi da steccato,. È L) 3606 P. STROBEL, | . mina più particolarmente Valle de los Ciegos (pron. vaglie' de los siegos), e si dirige da ponente a levante. ‘A destra del ruscello ‘che lo irriga, ossia a S., s'erge la guglia del vulcano già descritto, nelle falde del quale si accumulano masse di neve ;. ad: oriente di questo apresi, in direzione apparente a mezzodì, una valletta, in ‘cui’ misi dissero sgorgare salutari acque solforose, alle quali, mentre riposa- vamo vicino al laghetto, si incamminarono le nostre compagne colla rispettiva scorta maschile. Alla distanza di circa due ore e ad E. dei Potrerillos, la valle si restringe in un cajon o cassone, ossia in una gola, per la quale l’Arroyo de los Ciegos si apre il varco ‘al ‘Rio Grande, dopo di essersi, poco prima, ingrossato colle acque del ru- scello, che gli invia. la settentrionale Valle de Punilla (pron. puni- glia). A nord, e quasi dicontro a los Potrerillos la montagna, ab- - bassandosi, porge passaggio nella boreale vallata di Vergara. L’ar- r0yo de los Ciegos, descrivendo, come dissi, una curva, il cui vertice incontrasi a tramontana, colà si accosta alla radice del monte, che mi parve formato da roccia vulcanica (1), come i monti oppostigli a mezzodì, e schierati ‘intorno al vulcano. Perciò anche il piano della valle non è coperto che da frantumi e sabbie della. stessa ari- da roccia. Per buona sorte, anco qui succede quanto osservammo ac- cadere nel Plan del Arenal, in conseguenza del leggero declive della valle: l’arroyo principale, coi. varii ruscelletti suoi influenti, sta- gnando, vi forma ciènagas, ed intorno ad essi buoni, ma scarsi pa- scoli. Per questi vagavano mandre di buoi, di cavalli, di pecore, che i Chileni nella state conducono in queste valli, oltre la Cordillera, si come noi Lombardi in quella siagione mandiamo le nostre greggi nelle Alpi elvetiche. Schierati in fila in uno de’ pantani, pescava una famiglia di rosei Aamencos o fiamminghi (2), composta da sei a sette individui; non mi parve che alcuno di questi palmipedi tram- polieri fosse posto di sentinella, e nemmeno che essì si stessero al- lì erta ; poichè allora quando passammo a poca distanza dai medesimi, (1) Da questo monte verso Vergara, si escava del gesso, che viene esportato al Chili. (2) Mi sembrava che appartenessero alla specie Phoenicopterus andinus: PHILIPPI, Viaje al desierto de Alacama, pag. 146. tav. IV e V. Halle, 1860. GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. » 367 tutti continuarono nella loro impresa, senza punto curarsi di noi, -— ll cammino, dai Potrerillos, conduce, per un'ora e mezza, attraverso l’arso deserto, che stendesi su la dritta dell’arroyo, ed è battuto dai giornalieri venti periodici, i quali dalla cresta delle Ande dominano e ti annojano sino giù ed addentro nella Pampa (1). Guadato l’arroyo, là dove il terreno bagnato presenta minore larghezza, ed è meno fondo e fangoso, piegammo poco a poco a N. e salimmo, per mezz'ora, la boreale e stretta Valle de Punilla, che, in questo ultimo suo tratto, corre da N. a S., mentre la parte supe- riore e principale della medesima dirigesi, a quanto pare, da N. O. a S..E. Il fondo della parte da me attraversata» è uliginoso , e forni- sce pascoli pel bestiame, ma la rapida montagna a levante, del pari che la contropposta a ponente, la quale, degradando lentamente l’arroyo de Punilla, lo spinge al pie’ della prima, sono perfettamente nude, e costituite da biancastre rocce vulcaniche, quasi di certo, tra- chitiche (2). Passato il ruscello, che ci scorreva a destra, lasciammo il mede- simo e la parte superiore della valle a manca, ed ascendemmo il passo, poco elevato, che, quivi a iramontana, della detta valle con- duce in quella de las Penas (pron. pegnas). Il pendio, da principio, è dolce, ma verso la cima si fa bastantemente ripido; vi arrivammo dopo mezzora di salita. La roccia è tranchitica, biancastra, molto tenace, un poco argillosa. A S. O. dal varco e sulla diritta dell’aroyo de Punilla, nel punto dove questo, come accennai or ora, da N. 0. volge a S. veggonsi sul fianco settentrionale del monte alcune guglie di roccia disaggregata. Obelischi o piramidi consimili si innalzano ad oriente del passo ad una disereta altezza sopra il medesimo, Ma quanto maggiormente attrasse la mia attenzione e destò il mio interesse, fu- rono alcuni massi isolati ed una quantità di ciottoli di diorite grani- toide, composta di amfibola verde chiara e di felspato, ora roseo ed ora biancastro, i quali trovansi disseminati sul passo non meno che (1) Non mi parrebbe quindi potersi dire con M. De Muussy, 1. c. tom. , Ipag. 390, che: « in tutte queste valli i venti sono puramente locali. » (2) Stando al nome, che è il diminutivo di Puna, avrei dovuto, almeno leggermente, provare la penosa sensazione, di cui, parlai in principio di questo capo e che si chiama appunto Puna; ma nulla di simile mi vi accadde. È 368 P., STROBEL, per discreto tratto su ambi i suoi versanti, e verso Punilla e verso las Penas. Non ho potuto sapere, dove la Diorite esiste ‘in posto; i ciottoli non sono striati, nè ad essi veggonsi mescolati ciottoli di altre rocce; non azzardo adunque alcuna ipotesi sulla causa, per cui quei trovanti si incontrano attualmente ad una altezza di più di 2000 metri. Se avessi potuto seguire le tracce della detta roccia (1), forse sarei giunto alla soluzione del problema. Ma, come già mi lamentava nella introduzione, il viaggiatore non è sempre padrone di agire a suo talento: conveniva spicciarsi per arrivare alla tappa innanzi notte tanto più che avevamo da scendere per un tratto alcun poco pericoloso. Incominciò la calata dal varco nella valle de las Penas, ossia delle rocche, dapprima per un’ erta china, indi per una scoscesa quebdbra- da,.scavata nella trachite bianco-violacea, porfiroide, la quale corro- sa, disaggregata, cementata, forma il tufo trachitico, ovvero la tra- chite rigenerata, che ne costituisce il fondo, pietra che facilmente si sgretola alla superficie, e nel paese chiamasi fosca (2). Non vi si può formare traccia di sentiero; facilissimo è lo sdrucciolare, le be- stie appena si reggono in piedi, anzi, di tanto intanto cadono sulle gambe anteriori nel salire, e sui garetti nello scendere. Dovemmo quindi non solo smontare da cavallo, ma levargli ben anche le alfor- jas (3), e portarle noi stessi. lo, per maggiore precauzione, mi tolsi persino gli sproni, non avendo mai avuto il costume di passeggiare - (4) È probabilmente la medesima roccia, che i signori Pissis e Domeyko chiamano sienile. (2) Il vocabolo fosca, viene dall’ oggettivo tosco, che significa grossolano, ruvido, Tutte le rocce che, per la pressione e lo sfregamento rompendosi alla superficie in minuzzoli, non offrono fuorchè un momentaneo appoggio al piede che le calta, portano indistintamente il nome di foscas, qualunque sia l’ origine e la natura loro, Gene- ralmente sono i tufi e le arenarie che posseggono una tale proprietà. Naturalmente, il salire e lo scendere per esse è più pericoloso che il. traversare laderas ossia frane, poichè, tra i frantumi di queste sprofondando, il piede vi trova un sostegno alquanto più durevole e saldo. ) (3) Sono due bisacce, tenute insieme da due larghe liste, generalmente della me- desima stoffa delle bisacce, per mezzo delle quali queste si pongono a cavalcioni dietro la sella, di modo che cadauna pende da uno de’ fianchi del cavallo. Si riem- piono coì fiaschi di bevanda, e col cibo occorrente nella giornata, coi necessarii reci- pienti ed ordigni; ed io inoltre vi cacciava i campioni di rocce che andava man mano raccogliendo tra una tappa e l’altra. Atti della Soc® e rof @ Po seguido, por PEREGRINO STROBEL en el mes defebrero de CAB 1866 &° desde el paso del Planchon, en la n e. 5 Lrontori chilena hasta la colora Da n OO | mettitar,0 sca ct Lterte doSRofael fa; S en la provincia de ITtendora! (i CRepublic a a ARGENTINA cAmmIRIZO, seguito da PELLEGRINO STROBEL nel mese di febbrazo A 18,66% datPaso det Planchon sutta Lrontierachilena Linoattacotoniu mititare ossia al forte dis Rafrel | endora, nella pronunce di N Repub bblica È p, ARGENTINA. CSO )) DE Escala de /0 horas, de unos cuotro Filometros porhora. Un grado equivale a 28 horas poco naso menos. ——. 0 Scala dé 10 ore, di quattro dulometrt per ora Un grado equuvate a Uajon è boet_A.Lordillo 3 | s07134, 50) sDb yy SD) Ape £ 28 ore circa. SIito = «ty top UST A A. [LggfBlanca SAI n Preandes Aqua caliente, 3 sublerrined La dol Ntuel, TL Pm ceva ‘con. W Pza ras Cerritos Mo. / cor 7 wirguiy chos (0; de Caro né/ M sublerrdneo Ue > > & Ud 4 Hoy: ro colorado, Ta Mace È én Tlaghi 47 bo) .Salado “sem, Las Animas * 1. Los Queries lgua amarilla: È LosIMorros j (itnagas } Pampe . &Va des Helena Iena È at Varias Lagunilas le.li jon del VOTTZIO da Rada NO a AndelaàVacay al Grande ea dla yAParitta Pal Rio Grande b Los Ibtrerittas + ES del Planchon san Planchon © Tru delos (iegos cu Plandel dI «cor Io. Explicacion $ iguificados. Dorvotei: cammnuno eseguito tn parte, se sentieri. D ovmda — pernoltata (lo scoperto. Ra vecio — COpranitta, vtobile 6 (emporarit di pastori. (énaga terreno praludoso. Ab "eo. rlactones - Le A vr0Yyo ruscello. dx Ad 20: ritarar «Qola 2ella valle, (erro Ladera-trana - morde ( isolato). lago. - fonte: bose O. Laguna Mlanantial i Monte - Gaso- quasso di un Monte . | hh MyA ss pianura quit AIZ2LA estesa d Rio torrente. bolcani — vulcano. alte valle. 10 | Lo IE Ital? di Sc? Nat. Vol.IX.Tav.3 Pi GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 369 speronato. E qui avvertirò di passaggio, come cotali arnesi siano .in- dispensabili per chi vuole visitare Je Ande; poichè nè cavalli, nè mule di queste contrade sentono il /atigo o scudiscio, ma solamente le lunghe punte di enormi espolones-o speroni alla Don Quijote, di cui il Guaso ed il Gaucho bene spesso non armano che un solo cal- cagno, e che, nel camminare, cadendo per loro peso, risonando per- cuotono il suolo, e strascinati lo-solcano. Il cavallo che fin quì mi avea portato, invece di seguire gli altri da vicino, come le cavalca- ture e le bestie. da soma di questi paesi anche troppo vengono acco- stumati a fare, si scostò da essi e sali su d’una balza di fosca, dalla quale solo a stento ed usando di tutta la pazienza e di molta circo- spezione l’arriero riuscì a farlo scendere, adagino adagino, e colle buone, senza che, scivolando, cadesse a precipizio ; e così lo. condusse in salvo. Poco dopo questo punto, che per poco non ci riuscì fatale, la discesa nella valle de las Penas continua per rocche meno scoscese e sdrucciolevoli, e tuttavia in direzione a Nord, quindi pressochè normalmente alla generale direzione di quella vallata, la quale pende da 0. ad E. Le radici dei monti trachitici, che la difendono dal freddo austro, e per le quali andavamo calando, spingono l’arroyo de las Penas verso la base delle erte nude montagne, che la chiudono a tramontana, e sembrano dal pari costituite da biancastra roccia vul- canica. Ben presto cambiammo rombo, e, poggiando ad oriente, cam- minammo per tre quarti d'ora lungo le radici di uno dei suddetti monti australi; poi scendemmo nel fondo stesso dell’angusta valle. A pochi passi, tra la radice del monte ed il ruscello, si eleva, quasi isolato, un mammellone di Resinite porfiroide, nerastra, intorno alla quale raccolsi varii piccoli frammenti di Ossidiana, poco lucente, ce- nerino azzurrognola, con zone più oscure. Di qui ad alcune cua- dras (1) di distanza, che è quanto dire, dopo un’ora e mezza di discesa, dal Passo, toccammo ad un gruppo di massi trachitici, alti da 4 a 5 metri, e di un diametro ad un di presso dell’eguale misura coperti qua e là da gialle e verdognole lamine di comuni Licheni. Palese- mente non è già un gruppo di blocchi, ma bensì un’unica rupe, spac- (4) Una cuadra (pron. quadra) equivale a 130 metri circa. Val. IX. QU 370 P. STROBEL, ® catasi in varii pezzi. Altra rocca similmente spezzata, sta a pochi passi verso S. E.; e la valle s’ebbe appunto il nome di valle de las Penas e delle rupi (sottinteso, rajadas o spaccate) da questi massi che si ruppero cadendo dall’alta montagna, che la limita dalla parte meri- dionale. Fortunatamente, la base di uno di quei sassi, nel lato rivolto a levante, essendo incavata, vi formava letto al suolo, all’altezza di mezzo metro circa dal medesimo. Questo incavo era profondo e lurigo «quanto bastava, perchè potessi capirvi disteso. In siffatto buco mi rifugiai ogni cosa mia: fattomi con la sella e la valigia una barricata al capo ed al tronco, pel foro rimasto carponi mi vi introdussi, e, lasso, mi stirai sul disteso grossolano ponchio (1), sfidando dal covo diviso con alcuni topi campagnoli, l’ira del ghiacciato vento, che tut- tora, da ponente, giù per la valle infuriava.... ben contento di potere, così difeso, darmi in piena balia del sospirato, benefico Morfeo. 47 Febbrajo. Assurgemmo coll’alba dai poco blandi riposi, a fine di trovarci per tempo lesti alla partenza, poichè assai lunga è la opera- zione preliminare necessaria all'uopo, come osservò giustamente anche il signor M. De Moussy (2); prima di avere riuniti gli animali vaganti pei pascoli, prima di avere insellate le cavalcature, accomodati i ba- sti ed il carico, passano una o più ore, secondo il numero della fropa e quello dei mozzi, alle cure dei quali è affidata. Ma quest'oggi non ci bastò una tale, già considerevole, perdita di tempo; un increscioso accidente, o per dire meglio, le sbadataggine e l’accidia del mulattiere furon la causa, che si dovesse protrarre di quasi tre ore il momento di partire. Come accennava poco anzi, gli animali di una tropa mar- ciano di conserva, uno dietro all’altro, e seguendo colui che apre la marcia e porta il nome di madrina, perchè generalmente è una cavalla, madre talora de’ muli o dei cavalli della fropa. Quando giunti ad una tappa in campo aperto, dopo levati i basti e le selle, si al- (4) In queste regioni dalle notti sempre gelide, il letto di Crimea, ossia da cam- pagna, non serve, a meno che non sia fornito di materasso; poichè altrimenti non impedisce, che, pel disotto, il freddo giunga insîno al corpo, per quanto questo possa essere coperto. Non possedendo materasso, dovetti quindi, ed all’Infiernillo, e quì ed in seguito sino a San Rafael, dormirmene a terra. (2) L. c. I, pag. 246. GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 374 largano gli animali, si usalegare la madrina ad un palo o ad un altro oggetto che si infigge per guisa nel terreno, che essa non possa strap- parnelo, oppure si attacca ad una grossa pietra, ad un basto od altro arnese abbastanza pesante, perchè non possa facilmente trascinar- selo dietro; mentre la lunghezza del lazo o laccio, pel quale è legata le. permette di pascolare in giro. Per. tal modo la tropa, solita. co- m'è di non scostarsi dalla madrina, non si allontana nè meno di molto dal luogo della dormida. Quantunque questo espediente non raggiunga sempre il fine propostosi, nè impedir possa che un /eon (Felis concolor) (1) od un bimano si rubi qualche mulo o cavallo, pure non si deve mai trascurare di porlo in pratica; però nella sera precedente. il mio arriero non credette di doverlo fare. Allor- chè, svegliatosi,, data una occhiata ingiro, non potè scorgere nelle vicinanze fuorchè il mio cavallo, si imaginò tosto, che gli altri ani- mali, durante la notte, si fossero incamminati: di ritorno verso la stalla, cioè verso Curicò, e senza dare retta ai miei consigli — consigli di un gringo — insellato il cavallo, salito in arcione, di gran galoppo rifece la strada fino nella valle di Punilla. Durante la sua assenza riuscii a persuadere gli altri quattro compagni di viaggio a scendere per breve tratto la valle, in cerca della #ropa; e, come prevedeva, la incontrarono infatti al pascolo, nascosta entro un vicino. avvalla- mento della base del monte meridionale, Mentre aspettavamo che ri- tornasse il mulattiere esaminai la rocca, ed andai in busca di dichi- ‘. (4) In questa gita non ebbi il bene di vedere alcun individuo di questa specie di gatto; bensì ne feci la persunale conoscenza nella Sierra de Mendoza vicino alla Cueva de los Manantiales, ossia caverna delle sorgenti, ove mi imbattei con uno di essi, a tiro dì pistola. È animale vile, che alla vista dell’ uomo se ne fugge; ed infatti il leon che incontrai, al vedere me ed il peon che mi accompagnava, ed all’ udire abbajare il vecchio sparuto cane che ci seguiva, s’arrampicò su per le porfiriche nude rupi, colla agilità e destrezza propria de’ felini, inseguito sino al covo dal coraggioso cagnotto, assai più piccolo di lui, Il leon porta, in altri paesi, il nome di Puna o di Cuguar, e si caccia coi cani e col fucile, o col lazo, maestrevolmente lanciato dal Gaucho. Am- mazzatolo, gli si cava la pelle, e la testa si infigge, come trofeo, su uno dei pali del corral 0 steccato, nel quale, di notte, si rinchiude la mandra. visitata dal leon 0 dai suoi fratelli. Non assale soltanto le pecore e le capre, ma anco i cavalli, la cui carne, al dire di Molina (1. c. pag. 246), antepone sempre, come l’indiano, a quella. degli altri mammiferi. 372 P. STROBEL, tos (pron. bicitos), ossia insetti ed altri animaletti, ma non mi fa dato di poter scoprire, fuorchè i topi compagni di giaciglio, ed alcuni uc- celletti dentirostri, ovvero dal becco gentile, i quali, mentre per non perdere tempo asciolveva, venivano a beccarsi le briciole che mi cadevano ai piedi, come se fossimo amici da lunga pezza (41). Osser- vando ciò con certa qual compiacenza, non potei a meno di rimem- brare la favola di Orfeo e le leggende non meno favolose de’ Santi, 4 quali predicano ai pesci e ad altre bestie che ad orecchie attese li ascoltano. Dopo avere aspettato con impazienza per buone due ore, ed in uno stato d’animo tra il dispetto pel tempo inutilmente perduto, ed il timore di una disgrazia, che potesse essere toccata all’arriero, lo vedemmo finalmente spuntare tra le lontane rupi, ed egli alla sua volta, essendosi accorto che avevamo già riunita la cercata tropa, galoppando con più animo, rapidamente ci si avvicinava. Allora in- . cominciammo a sellare le cavalcature ed imporre i basti agli ani- mali da soma, di modo che, quando egli ansante e sudato della sostenuta fatica arrivò sul luogo, potemmo tosto caricare e par- tire, senza altro inconveniente per questa giornata. Ma il fatto si ripetè due giorni dopo; buon per me che non viaggiava per paesi di malaria, e che ebbi la sorte di trovare presto gli smarriti animali, altrimenti avrei corso il rischio di lasciare le mie ossa al piè delle (4) Il Gaucho non è portato che per le carni di. bue e di pecora, di cui, relativamente alla popolazione, strabbonda il paese. Non si prende adunque la briga di cacciare fuorchè il selvaggiume maggiore, e questo, solo per la pelle o le piume, ovvero per difesa delle sue greggi. Non essendo quindi minimamente molestati, gli uccelletti non temono per nulla la vicinanza dell’uomo, siccome dicono che succedesse nell’ età del- l’ oro e nel paradiso terrestre. Appoggiato al tronco di un albero, ed a soli due palmi di distanza, potei più volte ascoltare il melodioso canto di taluno di loro, che miran- domi furbescamente in viso, mi regalava amorosi trilli, accompagnandoli con quelle movenze di coda, di ali e testolina, cotanto graziose in questi graziosissimi animaletti. I nidi che si fabbricano, sono per lo più alla vista ed alla portata di qualunque vo- glia impossessarsene , massime nella Pampa, nella quale, ove cresce una vegetazione arborea, questa forma piuttosto boschetti di arbusti, che selve di alberi. Povere disgra- ziate bestioline, se stata fosse loro patria la Lombardia! Quanti delle loro specie si sarebbero estinte in epoca storica, al par dei Dinorni, dei Dronti, ecc.; o sarebbero minacciate di una prossima distruzione, come gli Atterici.... a meno che, svilup- patasi la loro intelligenza, non avessero appreso a difendersi dalla malizia, ghiottoneria ed ingordigia umana. 3 GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 375 Ande, sì come quelle del colonnello Codazzi, che per un fatto simile, rimasero nella Sierra Nevada de Santa Marta in Venezuela (1). * Quest’oggi avevamo da percorrere tre vallate, tutte approssimali - vamente dirette da N. a S., sì che il cammino dall’ una nell’ altra di esse descrive una 2 rovesciala e collocata parallelamente alla dire- zione della valle de las Penas, che, come sappiamo, corre da 0. ad E. La prima e più breve curva, quella che partirebbe da questa valle in direzione a tramontana, sale per la umida valletta chiamata los Valles (pron. vaglies); la seconda, più lunga, scende in rombo a mez- zodì, per la non meno irrigata Valle de los Cargas; la terza ed ul- tima curva, notevolmente la più lunga delle tre, risale verso setten- trione pel Valle hermoso (pron. caglie ermosso) o vallata formosa. Dal luogo della dormida nella valle de las Penas, posto al. pie’ della scarpa del suo monte australe, andando verso levante, ossia se- guendo la direzione della valle, il fondo di questa dopo un quarto d’ora si allarga in un piccolo piano; ma, dopo due ore circa, di nuovo si restringe in una gola per la quale il ruscello de las Penas va a raggiungere il Rio grande. La pendenza della valle è soave, quindi vi succede, quanto osservammo nelle due valli precedenti: vi si incon- trano pascoli, e su questi, greggi di buoi e di pecore. Però la verzura non cresce se non nel fondo dalla valle, mentre i monti ad ambe le parti ed i fianchi loro, rimangono nudi e sterili. Il piano sul quale poggiano i massi spaccati pria descritti, è coperto da scarsa prateria, sino a mezz’ ora circa ad FE. dai medesimi; indi vedesi come il letto dell’ arroyo occupa tutto il fondo della valle, da un fianco all’ altro, formando un piano di ghiaja, la quale scendendo la valle, va facen- dosi sempre più minuta finchè passa a sabbia; infine, verso la gola (1) Agostino Codazzi di Lugo si distinse nella. repubblica di Venezuela come inge- gnere corografo. Nell’ ultimo viaggio da lui intrapreso per rilevare piani del territorio «di quello Stato, arrivato a Pueblito, nella malsana pianura vicina alla Sierra Nevada, diede all*arriero gli ordini per poter proseguire la marcia all’ alba del giorno seguente. Ma l’imbecille lasciò che le bestie si sbandassero durante la notte, e non fu possibile di muoversi dalla rancheria (pron. ranceria) ossia gruppo di capanne. Tre volte di seguito avvenne altrettanto, Codazzi si inaspri, si ammalò di febbre, e vi morì il. 7 febbrajo 1859. AncisaR. Biografia del coronel Agustin Codazzi — nei citati Anales de la Universidad de Chile, tomo XXV, pag. 324. 1864. ricompajano i pascoli. A metà distanza tra queste e l’accennato mam- mellone di Resinite, il monte a N. si abbassa offrendo passaggio nella nominata valle los Valles. Vi conduce il sentiero, dapprima, per tre quarti d’ora, lungo la destra del ruscello, in direzione da O. ad E., poi, passatolo, per un quarto d’ ora, ad E. N. E. Sul piano tratto del cammino incontrasi un sottile filo di acqua minerale (salata?) che scende dai monti meridionali, e vicino al sentiero si raccoglie in una buca, scavatavi da qualche pastore per prendervi dei salutari bagni medicinali. Il varco è bassissimo, e trovasi quasi alla stessa altezza del fondo della valle, nella quale conduce. Vi si ascende in un quarto d'ora, per un sentiero leggermente inclinato, serpeggiante tra una molti- tudine di mammelloni di verde rocca amfibola schistosa, coperti da ricca erbacea vegetazione, nella quale si ascondevano numerose fa- miglie di piombine Tortolas o Palomitas de la Sierra, ossia co- lombi del monte (Metriopelia melanoptera, Molina, l. c. pag. 217), le quali, quando le avvicinavamo a soli due passi di distanza, si de- cidevano finalmente ad alzarsi e prendere il volo, beffardamente de- ridendoci. donne Dopo un quarto d’ ora di discesa insensibile si risale di bel nuovo lentamente pel fondo della valletta los Valles o meglio las Vallas (1). I suoi monti ad O. sono costituiti da cenerognoli conglomerati tra- chitici, mentre quelli ad E. sembrano di roccia vulcanica nerastra, simile a quella del Planchon. Il tratto da me percorso del fondo della valle è lievemente inclinato, secondo la direzione di questa, da N. a S.; il ruscello che la irriga, vi stagna adunque in ciènagas (2), ed intorno ad esse, fin su pe fianchi dei monti orientali, crescono ab- bondanti pascoli. Più a settentrione il fondo è ghiajoso, ma salendo pel cajon nel bacino superiore della valle, rinchiuso, a quanto pare, da biancastri monti vulcanici, ricompajono i pascoli. L’arroyo de las Vallas, giunto al passo pel quale si scende nella valle de las Penas, (4) Vallas significa trinciere, e dando un tal nome alla valle, si volle forse alludere al mamelloni amfibolici, dei quali feci parola. (2) Inutilmente, si come nelle acque paludose di Punilla, cercai in esse dei Mollu- schi; invece vi pescai un Coleottero della famiglia dei Gyrinus. GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 375 da donde venimmo, invece di continuare nelsuo corso a S. ed unirsi, pel Passo, al ruscello di quella valle, mutato rombo, si volge bru- scamente a levante, per isboccare, come i ruscelli precedenti, nel Rio grande (1). — Sceso nel fondo della valletta in discorso, seguii coll’ arriero e con uno de’ guasos, il sentiero alla dritta dell’ arroyo, mentre gli altri, traversatolo subito dopo la discesa, salirono pel monte orientale, e da esso, in direzione ad E. N. E., calarono nella valle de-las Cargas, la quale, come già indicai, corre quasi parallela a las Vallas. Dopo tre quarti d’ora di strada con rombo a N., pas- sammo noi pure il ruscello, e ci avviammo in direzione a N. E., obli- quamente ascendendo per soave china, al varco nella valle de las Cargas, al quale toccammo dopo un’ora circa di cammino, Anche su questo passo incontrai la roccia amfibolica schistosa che già avea osservata sul precedente; è molto carica di ferro idrossidato, e trovasi a contatto con rocce trachitiche di colore violaceo scuro. Il passaggio dura circa tre quarti d’ ora, ed il sentiero vi descrive un arco di cerchio, cambiando poco a poco la primiera sua direzione a N. E. in S. E., per poter discendere nelia valle de las Cargas, diretta a S. come la precedente. . La Valle de las Cargas (2) nella parte superiore, a N. N. E. dal varco, è alquanto angusta, e porta il nome di Cajon del fierro, forse a motivo del rinvenirvisi pure il minerale di questo metallo, che, come sappiamo, colora le lastre della rocca del Passo. In seguito si allarga un poco; ma ben presto di nuovo si restringe, e quasi si di- rebbe che si chiude, poichè soltanto una lunga e stretta gola, la An- gustura de las Vacas (3), aperta nel bastione orientale, permette il (41) Dalle informazioni assunte risulterebbe che le acque di questi tre arroyos si get- tano direttamente nel Rio Grande,, e non già dopo essersi mescolate con quelle del Tordillo, torrente del Valle hermoso, del quale parlerò quanto prima; anzi, stando alle medesime informazioni, questo Rio non si unirebbe nemmene col Rio Grande. (2) Curga significa carica; la valle s’ ebbe forse questa denominazione, perchè giunte in esse le truppe, alcuni arrieros usano accomodare i carichi, oppure imporli a quella metà degli animali da soma, che sin qui se n’era venuta sciolta, operazione che si suole eseguire a metà tappa; e questo punto si trova precisamente nella detta valle. (3) Ossia gola delle vacche. Queste preziose bestie rappresentano una delle prime parti nella nomenclatura geografica degli Argentini, nazione essenzialmente data alla pastorizia; per cui incontriamo una moltitudine di luoghi che ne portano il nome, co- 376 P. STROBEL, passaggio alle sue acque. Queste vengono, per quanto mi si disse, da una laguna in cima alla valle; si raccolgono.in un ruscello, l’ ar- royo de las Cargas; escite dal cajon formano nel, fondo. della valle, sin dove è meno inclinato e più ampio, varii laghetti o meglio, pic- coli stagni; infine riunitesi di nuovo, vanno a prècipitarsi perl’ ac- cennata gola. Le montagne a settentrione, come già avvertiva, sono biancastre; e lo sono pure le radici di quelle a levante, ma le loro creste sono nerastre. La cima del monte a ponente, il quale è quel medesimo che nella valle precedente avevamo ad oriente, è costi- tuita dalle spaccate e franate rocche di lava nerastra, simili alle rupi del Planchon;i loro frantumi cementatisi, formarono alla. base: del monte brecce e puddinghe vulcaniche. Tra i massi e le pietre di tali rocce sporgeva qualche giallognolo fiore composto, e si appiattavano ‘varie copie di Palomitas de la Sierra, specie di colombi di cui già feci cenno, e che abbonda sino giù nella Pampa. — La discesa del passo nel fondo della valle, non si effettua in senso normale alla di- rezione di questa, ma in senso assai obliquo da N. N. 0. a S.S. E., e lungo il piede del monte occidentale; epperò in un piano legger- mente inclinato, pel quale, in mezz’ ora, calammo comodamente. in- sino. all’arroyo. Durante la discesa vedemmo a notevole distanza, verso il cajon, i primi Guanacos o Huanacos (Auchenia guanuco). Varcato l’arroyo, seguimmo il cammino in direzione a S. E., e dopo un quarto d’ ora, facemmo sosta sulla sua manca. Quivi ci ricon- giungemmo coi compagni, che ci avevano lasciati all’ entrare. nelle Vallas, e riposammo per pochi momenti, molestati dal solito vento pomeridiano (4). Dopo un altro quarto d'ora di strada, nella stessa direzione, arri- vammo alla temuta /adera o frana, nella angustura de las Vacas. Per questa gola l’arroyo de las Cargas, dopo di avere piegato dolce- me ad esempio: angustura, paso, paramillo, ladera, punta, arroyo, manantial, ecc., de las vacas ; e questi nomi si ripetono a sazietà in contrade diverse talora vicine, dando luogo per tal guisa a confusioni. N (4) Questa poco gentile e meno gustosa brezza, che durante la mia gita nel Chili, e nel ritorno (dal gennajo al febbrajo), soffiava giù dalla cresta della Cordillera verso la pianura argentina, incominciava ogni giorno intorno al mezzodìi, e continuava sino verso la mezzanotte. GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 377 mente da N. a S., S. E. ad E., si sforza il varco al Rio Tordillo, nel- l’orientale Valle hermoso, costrettovi a scorrere profondamente in- cassato tra montagne franate sin dalla cima. Queste sono formate da rocce vulcaniche di varie tinte, meno forse la parte superiore del monte settentrionale, alla sinistra del ruscello; la quale sembra co- stituita da Ziorite granitoide, simile a quella, da cui provennero quegli interessanti ciottoli, sparsi sul passo dalla Valle Punilla a quella de las Penas, già menzionati. E credo di poter ciò asserire, perchè tra i sassi che compongono la frana di quel monte, veggonsi massi e frammenti di una tale roccia, e questi non ponno essere pre- cipitati fuorchè dalla sua cima, il cui aspetto è tutto dioritico, men- tre quello della sua cresta del monte opposto, e più alto, è affatto vul- canico. Il felspato che compone la diorite, ora è bianco, ora cenerino ed ora roseo. — Il sentiero, se pure così si possono chiamare le po- che tracce lasciate dagli animali delle tropas e delle mandre nelle mobilissime pietre della frana, conduce lungo la or detta sponda manca e meno erta del ruscello. La sfilata, eseguita colla dovuta len- tezza e cautela, in direzione a levante, durò una buona mezz'ora. Appena usciti dall’ angustura, volgemmo a settentrione per ascen- dere il Valle hermoso, nel quale entravamo, e che, come accennai sin da principio, è diretto a S., come le due ultime valli. Da questo punto ove l’arroyo de las Cargas, che lasciavamo dietro a noi, va a gettarsi nel Rio Tordillo, o torrente grigio, il quale percorre la valle predetta, si domina questa sino quasi al suo principio, ossia per circa quattro ore di distanza verso il N. Delle valli argentine sin quì tra- versate, questa è la più lunga e la più larga. Procedendo nel cam- mino dal Planchon alla Pampa, si può accorgersi man mano come il limite delle nevi vada gradatamente alzandosi, relativamente al fondo delle valli. Infatti nel Valle hermoso non ne scorsi guari, fuorchè nelle falde delle cime dei monti più alti, posti a tramontana ed espo- sti a mezzodì (1), che sono quelli dai quali scende la vallata. Il (41) Volendo essere rigorosi, non si potrebbe qui, nell’ emisfero australe, usare il vocabolo tramontana per indicare il Nord, nè servirsi delle voci mezzodi e mezzo- giorno per accennare al Sud; poichè l’equatore trovandosi a N., il sole a metà. gior- « nata splende da questa regione, anzi che dalla meridionale, come nel nostro emisfero. 378 P, STROBEL, verde tappeto che ne copre il fondo, massime sulla sinistra del tor- rente ed in tre punti principali, come pure le tinte svariate delle alte sue montagne orientali, tagliate a guglie, le hanno valso il nome di valle formosa che porta. Però questa denominazione non. può avere che un valore relativo; rispetto cioè alle altre valli vicine; poichè, come mai si potrebbe chiamare amena, astrattamente, una vallata, che non produce nè boschi, nè alberi isolati, e nemmeno un arbusto! In quei pascoli avean stanza mandre di buoi, di pecore e cavalli, che i Chileni spingono fin qui ed ancora più in giù verso la Pampa, ove rimangono per qualtro o cinque mesi, dal novembre al. marzo, cioè nell'epoca durante la quale le mandre possono, senza. pericolo, varcare la Cordillera. Gli alti e nudi monti orientali, alla riva manca del Rio, sembrano costituiti da rocche trachitiche, biancastre, cene- rine, rossigne, le quali, disaggregandosi facilmente, mentre in. cima si conformano ad acute piramidi, producono giù per la scarpa gi- ganteschi coni di frane. Le meno alte montagne sulla destra del Tor- dillo compongono, ne’ loro fianchi, bassi coni di°dejezione, i quali assunto avendo col tempo forme alquanto mammellonari, si coprono di scarsa erbacea vegetazione. Queste montagne racchiudono due valli laterali: una, la maggiore che è la prima ascendendo, dirigesi, a quanto sembra, da N. 0 a S. E., e porta il nome di Valle de Santa Helena; la seconda, assai più piccola, che apresi più al N. non ha, per quanto mi sappia, un nome speciale. Il torrente che la-prima invia ai Tordillo; credo che si chiami Rio del Cubre ossia del Rame; dell’ arroyo che esce dalla seconda. non conosco il nome, dato il caso che l’abbia. Il ‘Tordillo, non molto al disotto ed a Sud delle sue sorgenti, riceve dalla orientale valle de las Yaretas (pron. Giaretas), le acque del ruscello omonimo; poi si unisce quelle delle due. valli ‘occidentali ora accennate ; infine, ingrossatosi col tributo che da 0., gli reca l’ arroyo de las Cargas, appena sboccato dalla gola de. las Vacas, continua il suo corso a mezzodì, per una valle angusta, di cui ‘Però mi prendo una tale licenza, e per non ripetere di continuo le stesse parole Nord ‘e Sud, e perchè quei termini, sebbene inesatti, nelle orecchie de’ miei connazionali, abitanti 1’ emisfero settentrionale, ai quali specialmente dirigo l’ articolo, non produr- ranno quella spiacevole impressione, che ponno suscitare nella mente de’ Sudamericanig GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 379 non potei vedere il tine, AI di sopra della valle di Sant’ Elena, il Tor- dillo scorre in spazioso letto, suddividendosi in varii rami, i quali aumentano o diminuiscono di numero secondo la quantità delle acque e si ricongiungono, dicontro allo sbocco della valle indicata, in un solo e profondo canale. Alcun poco più in hasso, si stacca dal monte orientale una collinetta in direzione verso la detta valle, ossia verso ponente, restringendovi il fondo della vallea principale. Questa collina trovandosi opposta al corso del Rio Tordillo eda quello del Rio Cubre, che qui vien a raggiungerlo, li obbligò ad ammonticchiar i loro trasporti al suo lato settentrionale, formandovi una costa leggermente inchinata di alcuni metri di altezza, e costringendovi il Rio Cubre a piegar da E.S. E. a S. S. E. per raggiungere il torrente principale. Da questo punto in giù, il Tordillo scorre incassato fra carrancas, ossia entro profon- do burrone, costituito da coni di dejezione delle montagne laterali, e dai trasporti antichi, i quali formano, a levante, nel senso della. cor- rente, una striscia di altipiani, abbellito da ricercate praterie. — So- no questi i primi pascoli, che ci si affacciarono, appena usciti dalla occidentale angustura de las Yacas. Voltici tosto a settentrione, per tale rombo camminammo, lungo le radici della montagna occidentale (la medesima che nella precedente valle de las Cargas, avevamo ad oriente) per un’ora ed un quarto, v. a d., dalla detta gola insino alla imboccatura della valle de Santa Helena. Varcato il torrente, che questa emette, ascendemmo in direzione a N. E. la accennata costa quasi insensibile, che qui lo separa tuttavia dal Tordillo. In meno di un quarto d’ora ci trovammo alla sponda destra del principale fra i rami di questo Rio nella parte ampia del fondo della vallata. Le acque, abbastanza grosse, fluivano con veemenza; pericoloso ci sem- brava il passo, specialmente per noi che non conoscevamo il punto del guado. Il caso volle, che in quell’istante apparisse sulla riva opposta un pastore, il quale dovea condurre al nostro lato una caballada (pron. cabagliada) o truppa di cavalli. AI disopra del luogo ove ci eravamo arrestati, cacciolli attraverso le onde, le quali in alcuni punti alzavansi sino a coprire loro il dorso; indi traversò egli stesso il Rio, più in basso e nella direzione a lui ben nota, e da noi richie- sto, si offri di condurci pel medesimo. Apriva egli la marcia; gli ve- 380 P, STROBEL, nivano dietro i tre muli caricati, l'uno colla valigia ed'il letto, 1’ al- tro colle provvigioni da bocca, il terzo colle poche fascine avanzateci dall’ Infiernillo; seguivamo l’arriero ed io; e gli altri quattro guasos; l’uno dopo l’altro, chiudevan la fila. Il cavallo dell’ arriero, uomo ro- busto, grosso e pesante, era naturalmente più grande e forte della cavalla che montava io stesso; la corrente urtandoci da sinistra, egli marciava alla mia manca, a fine di rompere le onde colla forza e col peso del suo cavallo, e diminuire per tal guisa lo sforzo e la fatica alla mia cavalcatura, ed a me il pericolo :di essere travolto dalle acque e trascinato dal torrente, le ‘ondate del quale toccavano ciò non ostante al mio ginocchio sinistro. Dal principio alla fine della traversata durarono gli urli disarmonici diretti alle bestie, per ani- .marle e spingerle innanzi. Sì. come in una marcia in battaglia, la guida del centro ove devii lo sguardo dal punto fissatosi da prin- cipio, mette in disordine il battaglione ; così il cavaliere che tra- versa un torrente, risica di sviare dal guado e sfondare, se non tiene sempre drizzati gli occhi verso la sponda che vuol raggiungere: guardando nelle acque, facilmente lo sorprende il capogiro, poichè, per una conosciuta illusione ottica, mentre guada contro e trasver- salmente alla cerrente, gli sembra di camminare nel senso della me- desima, o di venire da essa trasportato. Passammo questo ramo del Tordillo senza altro inconveniente, fuorchè quello di esserci bagnate le gambe, ed ammollato una parte del carico (1), inconveniente da nulla, poichè il sole ed il vento ben presto vi ripararono. Data una moneta al pastore, e ringraziatolo dell’ eccellente servizio prestatoci, eseguimmo il passaggio dei rami secondarii del Rio e dell’esteso suo letto; questa traversata ed il guado descritto ci occuparono per un buon quarto di ora. Indi prendemmo il rombo a N. N. E., ed ascen- dendo obliquamente lungo le radici dei trachitici monti orientali, giungemmo alla tappa, dopo due ore e mezza di soave e comoda sa- lita. Nel fondo della vallata, presso al guado, vidi i secondi pascoli. Nelle parti asciutte del letto del Tordillo raccogliemmo, cammin fa- (4) Per buona sorte la valigia si trovava dal lato opposto alla corrente, ed i cibi erano contenuti in sacchi di pelle non conciata, usuali recipienti del grano, della yerba, ecc. GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 381 cendo; alcuni rami secchi e qualche radice di piccoli arbusti , cre- sciuti più in su nella valle, e trasportati e qui deposti dal torrente nelle sue piene. Mi parve che appartenessero alla medesima specie, che nel giorno seguente incontrai per la prima volta al di quà del Planchon, specie che nel paese chiamasi lena amari/la (pron. legna amariglia) ossia legna gialla, ed appartiene al genere Asdemia (4). Ma la scorta delle fascine che conducevamo con noi, come poco fa avvertiva, e la raccolta costi fatta non ci parvero bastanti pei bisogni nostri; si ebbe quindi cura di fare anche cumulo di tutte le buine grandi e ben secche che incontravamo sulla strada , per. impiegarle come combustibile accessorio. Questa poco gentile operazione mi ri- cordò quanto, nella mia infanzia, avea letto dei deserti, dei cammelli e dell’uso del suo sterco. Dopo due ore circa di cammino sull’ imbru- nire, ravvisai a breve distanza e sulla dritta un piccolo laghetto, di cui le fosche onde erano solcate da una truppa di taciturni /’iuque- nes (pron. Piuchenes) od anitre (Chloéphaga melanoptera Eyton) e dominate da un gigantesco monte trachitico , dalla cima frastagliata, e, nei solchi, coperta da candide nevi; essa mi rammemorava le acute punte delle classiche montagne di Dolomia del Tirolo, e nel tempo stesso, per singolare associazione di idee, quel lusso di guglie che compongono la cupola del duomo milanese. Giù per le pendici di questo monte, le quali formano il piano inclinato a ponente, che traversavamo, e su la colinetta, che a Nord e poco discosta dal 1a- ghetto, s’ avanza ad occidente verso il fondo della valle, pascolavano greggi di pecore e di buoi. Sorpassammo la collina, e continuando a salire lentamente ed obbliquamente per la scarpa dell’ or detto monte, dopo mezz’ ora, arrivammo ad un ruscelletto che, precipitando rumo- roso giù per esso, si avvia al Tordillo. Alla sua sinistra sponda ed al pie di una rocca, le acque meteoriche si raccolgono in una piccola pozzanghera, nella quale strisciavano alcuni Anellidi, e bizzarramente nuotavano varii Crostacei Gammarini. Quella rupe è di Trachite (4) BunmeIsTER l. c. I, pag. 222. — Gli ultimi arboscelli che si incontrano salendo la valle argentina verso la Cumbre de Uspallata (a las Penas), crede che spettino alla medesima specie di Adesmia, quivi, dalle sue spine; denominata cuerno de cabra', @ corno di capra, sì come essa s’ ebbe l’altro nome dal colore del suo legno. 382 P. STROBEL, compatta, di colore cenerino, ora biancastro, ora verdognolo ed ora violaceo. Tra alcuni massi staccatisi dalla medesima, e. poco lungi dalla sua base e dalla detta pozzanghera; caduti su di un piccolo poggio, si fabbricò con sassi l’ un l’altro sovraposti, uno ;steccato di bassi muricciuoli, appena sufficienti a difendere coloro, che si sdra- jano .al piede dei medesimi, dal vento che qui soffia da S. 0., ossia dalla Cordillera. Entro tale recinto prendemmo alojamiento (1), 0s- sia ci accampammo, attendendo il muovo sole per ascendere il porte- zuelo (2), alla cui base ci eravamo arrestati, e che conduce. nella boreale e trasversale valletta secondaria del Valle hermoso, la quale, come ebbi già da accennare, porta il nome. di Valle de las Yeretas. Divisi secondo il costume comunistico del paese, cibi; bevande:e tabacco coi cinque compagni di viaggio, si accese il fuoco per cu-. cinare, scaldarci e rallegrarci al calore ed alla luce della sua fiam- ma. — E qui caed in acconcio l’indicare il modo che usano Huasos e Gauchos per fare fuoco. Prendono dello sterco di cavallo.0 di mulo ben secco, o lo stritolano fra le dita; indi pongono: a terra questo mucchietto di sostanze combustibili per tal guisa sminuzzate; e vi so- ‘ vrappongono alcuni fuscellini egualmente secchi; poi vi appiccano ‘il fuoco, sia coi fosforos o fulminanti, sia con esca accesa per mezzo dell’acciajuolo e di pietre quarzose, che eglino stessi ricercano e raccolgono pel monte e pel piano. Affine di facilitare ed accelerare l'accensione; si pongono ginocchioni, oppure il ventre a. terra, da- vanti al combustibile, e soffian adagio l’aria che con gelto continuato espellono dagli ampi loro polmoni, sì come da un doppio mantice o da un cannello ferruminatorio. E perchè il vento non possa spegnere le prime sue scintille, fan riparo colle mani, col cappello o con ‘altri oggetti opportuni. — Quelle stesse mani che sgretolarono lo sterco, ti condiscono subito dopo, s'intende senza previo lavacro, l’asado, il (4) La j castigliana si pronuncia quasi come la ch tedesca, aspirata, più forte della fiorentina. (2) Ghiamasi portezuelo il passo più o meno stretto e profondo che una montagna può offrire nella sua cresta; dicesi angustura la gola; ossia il pusso ‘stretto apertosi nel fondo di. una valle. GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 383 puchero (1), la sopa (2). Chi non si sente la forza bastevole per superare la schifiltà, non si ponga in viaggio per questi paesi; poichè varie e frequenti sono le occasioni, in cui bisogna vincere la ripu- gnanza e la nausea, pena il patire la fame, la sete ed altri incomodi. — Quando i Gaucos ed i Huasos mancano di combustibile, o di com- burente, o del tempo necessario per ammanire un cibo caldo, si ac- contentano di un pugno di farina di frigo, ossia formento, tostata (3); la gettano nel loro chi/le (pron. ciffe) o corno di bue pulito, che è la loro coppa, e versatavi dell’acqua, impastano una specie di polen- ‘tina, che trangugiano a cucchiajate (4). Quando non difettano già di fuoco, nè di tempo, ma bensi di altro cibo, spa prepararsi quella farina coll’ acqua calda. | 18 Febbrajo. Anco quest’ oggi il nostro cammino dovea deseri - vere delle curve come jeri, però più diseguali ed irregolari: erano del pari tre valli che dovevamo percorrere, per arrivare alla tappa. Pel portezuelo si discende nel tratto superiore della stretta Valle de las Yaretas, che sappiamo essere una valletta secondaria orientale del Valle hermoso. Si sale per essa, nel senso da O ad E., sino al suo principio, al piede del bassissimo passo, che di là, in direzione a N, conduce nel principio della alle de las Zenas amarillas. Dà questo punto il sentiero traccia una 72 rovesciata e collocata da N. O. a S. E. 1 suoi due primi rami sono formati dalla or detta Valle de las Lenas amarillas, la quale, partendo dall’indicato passo, si diri- ‘ge a N., poi poco a poco, piega ad E., e finisce, in direzione a S. (4) Il puchero (pron. pucero) è bollito di manzo guarnito con arroz, riso, papas, patate, zapallos (pron. sapaglios), zucche, zanahorias, carotte, coles, cavoli ed altra verdura. (2) I Chileno, più che l’Argentino, usa condire le vivande con cebolles (pron. se- boglias), cipolle, ajo, aglio, tomates, pomi d’oro, ajì, peperoni ed altre spezie. (3) Uno de’ compagni si aveva empito con tale farina la pelle intera di un piccolo vitello, cucita a mo’ di sacco. (4) È il gofio che gli isolani delle Canarie usavano prima della conquista, ed usano tuttora. Secondo De la Druz, 1806, anche gli indiani Pegnenches (pron. Peghences) della Pampa riducevano ordinariamente il frumento in farina tostata, che chiama- vano mirci (pron. mursi), e di questa farina facevano due differenti pietanze, una con acqua fredda, che chiamavano wulps, e l’altra con acqua calda, che denominavano ehecan (pron. cecan). 584 P. STROBEL, S. E., sboccando nella occidentale. Vallata del Rio Salado. Questa , tosto dopo unitasi colla predetta valle secondaria, si restringe in una gola, los Morros, e muta il rombo a N. E., per volgersi poi di nuovo ad E. Il tratto diretto a N. E. formò la ultima curva dell’ o- dierno cammino. Credo che le dette valli, ma segnatamente quella de las Lenas amarillas, siano geologicamente le più interessanti, tra le vallate a levante del Planchon, da me visitate. La salita al portezuolo che conduce nella. settentrionale sella de las Yaretas, è assai faticosa, la menzionata rupe trachitica biancastra essendo molto erta, ed il sentiero in essa tracciato poco serpeggiante ; vi si ascende in direzione ad E. N. E. Su per le balze, ai lati del cammino, pascolava una numerosa truppa di guanacos, di cui tra giovani ed adulti, contammo una sessantina (1). Questi graziosi, in-. (4) I guanacos sono piuttosto rari nel versante chilese delle Ande, e perchè pio valli, essendo boscose ed in parte coltivate, non presentano perciò le condizioni pro- pizie per la loro dimora, e perchè vi furono troppo inseguiti e quasi distrutti. Nella mia gita al Planchon non potei scorgervene alcuno. — Non sono tanto amanti del freddo e delle alture come le congeneri Vigogne. In realtà, nel mese di gennajo, ossia nel cuore dell’estate, ne osservai alcuni pochi individui persino nel piano composto di terreno di trasporto e coperto da bassa e scarsa boscaglia, che dalla Sierra di Uspal- lata gradatamente abbassandosi, o meglio, leggermente ‘inclinandosi, si estende sino a Mendoza, — Molina dice che pascolano uniti in truppe di 100 a 200 individui l’una; Burmeister e De-Filippi invece asseriscono, che convivono in piccole società di 102 20. La contraddizione è più apparente che reale: pochi sono gli individui, stretti in ori- gine dal vincolo di famiglia, che costituiscano una associazione durevole, ma molti di cotali gruppi, comunemente indipendenti, in date circostanze, si riuniscono in nume- rose società passeggere, come per esempio, per intraprendere d’ accordo le emigrazioni, da una ad altra regione. Ritengo perciò, che la sessantina di guanacos pascolanti in- torno al porfezuelo non spettassero già ad una sola truppa, ma costituissero bensì, una. riunione accidentale di sei o più famiglie, — Mentre pel nitrito questi animali assai snelli e vigilanti si danno il segnale del pericolo e l’ avviso per la eventuale fuga; per esso nello stesso tempo si tradiscono, allora quando, la tinta della rupe sulla quale si soffermano, poco differendo dal colore bruno-rossastro chiaro del loro pelo, assai difficilmente si riuscirebbe a distinguerneli in lontananza. — Sebbene gli indivi- dui presi giovani siano suscettibili di pronto e completo addomesticamento, come ebbi occasione di persuadermi in Mendoza ed altrove, e quantunque, siccome già asse- riva il Molina (I. c. pag. 262), si moltiplichino bene in questo nuovo loro. stato, ciò non pertanto, né in Chili, nè nella Repubblica argentina, nessuno, per quanto mi sappia, ha voluto seguire l’ esempio dato da uno degli abitanti di Quillota. nel Chilì e raccomandato dal Molina, e formare delle mandre dì tali ruminanti. La ragione di questa incuria devesi cercare nella mancanza del tornarantn. La loro carne vale poco, GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 388 nocenti ed utili ruminanti, per la loro forma e per la loro strut- tura interiore spettano, come è noto, al gruppo dei Cammelli; ma pei costumi, per l’agilità e la vita errante su per le rocche di alte montagne, rappresentano nelle regioni andine i Camosci delle nostre Alpi. Di più, cosa singolare, non si può disconoscere nel Guanaco (come pure nel Cammello), un punto di affinità col Cavallo: egli ni- trisce, ed il suo nitrito somiglia a quello del puledro quando esulta su verde prato. Ed infatti, con sonoro nitrito essi sul Portezuelo ci accoglievano, appena giungevamo alla portata della acuta loro vista: uno, il primo a scorgerci, dava il segnale, e tosto, fissamente miran- doci, vi rispondevano gli altri della società ; avvicinandoli noi, si da- vano. a precipitata fuga, durante la quale ripetevano i nitriti ogni qual volta sostavano per persuadersi se cessato era o no il temuto pericolo. Per tal guisa, durante la nostra ascesa ed il passaggio del varco, fu un continuo echeggiare di nitriti. In tre quarti d’ora sorpassammo il Portezuelo, ed in direzione ad E., calando obliquamente nell’accennata Valle de las Yaretas (1), in altri tre quarti d'ora arrivammo al suo fondo, e per esso, seguendo la manca riva dell’ arroyo de las Yaretas, salimmo dolcemente, sin- chè dopo un'ora e mezza giungemmo alle sue sorgenti ed al princi- pio della valletta. Le cime dei monti che la limitano a settentrione, ossia lungo la sponda dritta del ruscello, esposti come sono ai freddi venti australi, racchiudono tuttavia della neve nelle loro falde. Nella discesa dal passo e per tre quarti d’ora di salita nella valle, si cani- non danno che un solo parto all’ anno, e questo con difficoltà; per questi riguardi adunque sono più vantaggiose le capre o le pecore, le quali inoltre si allevano con maggiore facilità. Il prodotto più ricercato del guanaco è la pelle e la lana; ma per avere queste, non evvi bisogno di addomesticarlo; con molto minore spesa e fatica si può procacciarsele dandogli la caccia. (4) Dalla circostanza che gli Argentini pronunciano di egual modo e la Y e fe LI, cioè quasi come la nostra g davanti alle vocali e ed i, ne segue che si può scrivere indifferentemente Yaretas o Llaretas, come succede di fatto. La. valletta porta questo nome, perchè vi cresce la Yareta, Llarelia acaulis Hooker, pianta. medicinale, utiliz- zata dagli abitanti della campagna: la resina, che si forma per la solidificazione di un sugo che essa distilla, viene da loro impiegata contro il mal di capo, la jaqueca. (Mu- rILLO. Plantas medicinales del pais i uso que de ellas se hace. Negli Anales de la Univ. de Chile, 1864, tom. XVIII, pag. 604.) Vol. IX. 3 386 P. STROBEL, mina tra frantumi della accennata trachite, poi per altri tre quarti d’ora, ossia sino alle sorgenti dell’ arr0y0o, si procede in mezzo a rot- tami di un’arenaria cenerina, rossastra, il cemento della quale è cal- careo argilioso. Quantunque i rossi-oscuri monti settentrionali al di là del ruscello, per la loro tinta, struttura e forma, sembrino concor- dare coi monti australi, pure, da ciò solo, non azzardo inferire che siano della medesima natura; poichè conviene notare che quivi ci troviamo in uno di quei punti, in cui le rocce vulcaniche che solle- varono la Cordillera, vennero a contatto coi terreni stratificati pre- cedentemente deposti, elevandovi i contrafforti delle Ande: v. a d., è questo tale punto, ove avvennero metamorfosi, contorsioni, dislo- cazioni ed altri svolgimenti tali, che si corre rischio di prendere quasi di certo de’ madornali granchi, ove non si abbia bene esami- nato la roccia che si vuole classificare. Preferisco quindi lasciare un vuoto, che, errando, condurre altri in errore. —. H principio della valle in discorso, per un varco assai basso che gli sta a tramontana, offre passaggio nella parte superiore e diretta a Nord, della valle de las Lenas amarillas. Da questo passo e dai fianchi del monte. meri- dionale scendono varii fili d’acqua, che confluendo nel fondo poco inclinato, e perciò uliginoso, vi danno origine alle fonti dell’ arroyo de las Yaretas. Intorno a queste, e sul terreno bagnato da quelle acque, crescono gregarie alcune specie di Gramiînacee, le quali com- pongono piccoli folti e pungenti mammeloni, poco tra loro distanti ; sì che passando pei nudi interstizii mi parea di cavalcare con Hooker attraverso le singolari macchie colliniformi di Dactylîs cespitosa e Carex trifida, che nelle Malvine determinano uno de’ caratteri più particolari del paesaggio. — Ai piedi del detto varco, dal lato occi- dentale, osservai alcuni strati di schisto ardesiaco nero, lucido, assai fossile, quivi immersi a N. 0.; per cui parrebbe che la trachite, la quale coll’ emergere formò il monte del Portezuelo, sollevasse in pari tempo quella roccia preesistente. Ascendendo il passo per china quasi insensibile, e procedendo per esso, dopo un quarto d’ora circa raccolsi, a levante, un trappo di colore verde cenerognolo, il quale sembra avervi costituito, per leg- gero sollevamento, il piccolo e poco elevato piano che costituisce il GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 387 varco. În questo piano si raccolgono le acque, che fluiscono dai suoi fianchi, e, non avendovi quasi scolo, vi costituiscono, tra i mammel- loni delle specie di Graminacee poco fa accennate, molte piccole pozzanghere, nelle quali, volendo far pesca di molluschi, raccolsi invece delle larve e delle ninfe di Cimici d’acqua, del genere Co- riza. Dopo un altro quarto d’ora ci trovammo al principio della Valle de las Lenas amarillas, nella quale, dal varco calammo insensibil- mente, sì come prima eravamo insensibilmente saliti sul medesimo, venendo dalla Valle de las Llaretas. La vallata de las Lenas amaril- las, come indicava sin da principio, descrive una curva parabolica irregolare: dapprima, per un quarto d’ora, si dirige a N.; poi per mezz'ora a N. E.; indi per tre quarti d’ ora ad E.; in seguito, per altri tre quarti d’ora, a S. E.; ed infine, per una buona ora e mezza, a S. S. E. Come si rileva dall’or detto, la sua lunghezza totale è di quattro ore o leghe. — Disceso il passo, si presenta a destra, ossia ad E., il ruscelletto de las Lenas amarillas, che bentosto si varca, per mutare il rombo da N. a N. E., e discendere per una /adera, che il monte orientale forma co’suoi rottami, là dove si avvicina e quasi combacia coll'occidentale. Per calare con maggiore facilità e minore pericolo per questa frana, scesi da cavallo, e feci a piedi il sentiero, discretamente inclinato, che segue il fondo della valletta ed il letto del suo arroyo, il quale scorre sulla sinistra di chi discende. Appro- fittai, secondo il solito, di questa circostanza, per raccogliere, mentre calava, correndo quasi dietro al cavallo , quanti potei dei frantumi che compongono la frana. Tra i pezzi raccolti con tale fretta, vi sono quattro con impronte di fossili; ciò che prova, come la roccia che le contiene debba essere ricca di tali reliquie, ed in- vita altri ad intraprendervi ricerche e studii, che io, pur troppo, non ebbi il tempo di eseguire. Dal prof. Domeyko in Santiago sapeva digià che sul lato argentino della Cordillera il terreno liasico trovasi sviluppato sopra grande scala; ma egli non avea potuto avere tuttora fos- sili di questa regione. Fu adunque per me una vera gioja, allorchè incontrai quelle poche, però ben conservate impronte. Secondo i dati dell’or nominato geologo, dovea cercare quegli avanzi nel calcare 388 P. STROBEL, argilloso sabbioso, che poggia sulle brecce porfiriche e sui porfidi stratificati, poichè tale è la loro giacitura nelle Ande chilesi (1). Ma in tutta la gita, dal Planchon sino a S. Rafael, non mi fu possibile vedere nè veri porfidi, e nemmeno brecce porfiriche, mentre li in- contrai abbondanti e per vasta estensione nella Sierra di Mendoza. Neppure trovai i fossili nel calcare, bensì in una arenaria, gli strati della quale, ora sono di grana fina, compatti, duri e tenaci, ora di grana grossolana e poco tenaci; soltanto di questi strati il cemento è alquanto calcareo. Tra i grani si riconoscono benissimo quelli di Quarzo, ed in mezzo a questi si osservano frammenti più o meno grandi di Schisto ardesiaco; adunque, questa roccia, che indicai in posto al piè meridionale del Passo,.dalla valle de las Llaretas in quella di cui parliamo, esisteva già all’epoca della formazione della arenaria in discorso, sì che questa le deve essere sovrapposta. Al genere Pecien spettano tutti i fossili da me raccolti, fra i quali evvi una bella impronta di P. alatus Buch, specie che rinviensi del pari nel calcare liasico del Chili. A comporre la ladera concorrono i fran- tumi di varie arenarie di selce contenente cristalli di rocca, e di altri minerali di cui non tenni conto. — Passata la frana, entrammo in una gola, ove, cambiata la direzione da N. E. ad E., ci convenne varcare due volte il ruscelletto, prima entrando, da destra a sinistra, e poi, uscendo, di nuovo a destra. Un guanaco pascolava sul fianco meridionale dell’ angustura; i compagni vollero dargli la caccia col lazo (2), appostandosi due di loro alle due uscite, e corren- (4) DomeyKo y Diaz. L. c, pag. 32 a 34. (2) Un altro ordigno simile usano all’uopo gli Indiani, dai quali 1’ appresero dippoi i Gauchos e gli Huasos: tiene del lazo e della fionda, e porta il nome di bolladora (pron. bogliadora). Si compone di tre pietre, involte cadauna in una pelle, ed unite tra di loro per tre striscie di cuojo, ovvero per tre corde, fermate da più striscie di pelle tra loro intrecciate. Due di queste corde sono di eguale lunghezza, di 6 decime- tri circa, la terza è molto più lunga, alcuni metri; tutte tre concorrono in un punto, o se vuolsi, divergono da esso. Due delle pietre sono tondeggianti, e vengono attac- cate, cadauna alla estremità libera, di una delle due corde minori ed uguali; il terzo sasso è allungato o cilindrico, e si ferma al capo della corda maggiore; è questo che si afferra da colui, che vuole lanciare la bolladora. — Il Molina (Il. c. pag. 261), de- scrive un altro strumento simile, ma più semplice, che dice chiamarsi laque (pron. lache); esso consiste di una sola striscia di cuojo, lunga 5 o 6 piedi, alle due estre- GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, FCC. 389 dolo a cavallo gli altri. Ma non riuscirono a prenderlo, essendosi il medesimo, quantunque giovane, salvato su per là pendice, per lui non abbastanza ripida, del monte settentrionale, da donde ci inviò un lungo nitrito di gioja e di scherno. Tanto quel monte, quanto l’op- postogli sono di colore oscuro, e mi parvero di arenaria; ai loro piedi, nel fondo della gola, osservai rottami di frachite biancastra e di verdognola. — Anche dopo l’angustura, la valle conserva per mez- z'ora la direzione ad E., ma il suo declive si rende meno sensibile ed il suo fondo si allarga. Perciò, e perchè cavalcavamo lungo la destra del ruscello nel mezzo della valle, non potei esaminare le rocce che costituiscono i suoi fianchi, nè determinare la natura loro; mi parve però che il disaggregato monte australe fosse di trachite biancastra, come quello del Portezuelo; la rocca della montagna a Nord, apparentemente stratificata, mi sembrava di arenaria o grès rosso, del quale vedremo che si incontrano dei ciottoli più in basso nella valle. Finalmente, dopo due giorni di cammino dalla cresta delle Ande, l'occhio potè posarsi sul verde chiaro delle filiformi fo- glie di alcuni arbusti della già mentovata Zena amarilla; è da que- sto primo e rado monte o boschetto che si ebbe il nome la vallata. Qua e là, ove è umido il terreno, crescono pure mammeloni delle accennate graminacee. — Mutando rombo da E. ad E. S. E., la valle si restringe un poco, ed il sentiero conduce, tuttora sulla diritta del- l’arroyo, per un terreno inclinato a N. e franato: i frammenti di roccia raccoltivi appartengono, in parte, ad una sorta di trappo ver- de-cenerino intenso, molto duro, forse Nefrite, in parte, alla Stenite * mità della quale attaccano soltanto due pietre, una per estremità. Il modo di usare ed il laque o la bolladora è il medesimo. Prendono in mano, siccome descrive anco il Molina, uno di quei sassi, e fan girare l’altro, o gli altri due eguali, al par di una frombola intorno al capo, sinchèé abbia acquistato una forza sufficiente; allora lan- ciano il colpo contro l’animale, che hanno preso di mira, e lo colpiscono, quando de- stri, persino in distanza di cento e più passi. Ma quando vogliono averlo vivo, lan- ciano il laque o la bolladora in maniera, che la corda venga ad incontrare solamente le gambe, e le allacci e le stringa colla forza e col movimento di rotazione dei sassi, sì che l’animale non ‘possa più fuggire, a meno che non sia nn cavallo a ciò ammae- strato, il quale anco con un pajo di gambe lacciate riesce ciò non ostante a galop- pare, come potei vedere più volte io stesso. 390 P. STROBEL, o granito amfibolico, con felspato roseo e quarzo biancastro, in parte. Grès rosso finissimo, micaceo, argilloso. I frantuni di questo sono ar- rotondati, cioè ciottoli, quelli della Sienite sono del pari un poco smussati; invece a spigoli salienti sono quelli della /efréte. La mon- tagna franata e biancastra, la base della quale è cosparsa dai detti rottami, pare costituita da roccia trachitica, come il monte di cui è se- guito; la montagna oppostale, pel contrario, sembra composta da grès rosso. Dopo circa tre quarti d’ora di strada, passammo di bel nuovo il ruscello, a sinistra; da questo punto la direzione della. vallea va poco a poco volgendosi da E. S. E. a S. S. E., ed infine, quasi a S., e la valle si allarga gradatamente, finchè, dopo circa due ore, si congiunge colla vallata principale o del Rio Salado, formando nel luogo di incontro un piccolo bacino. Scendendo questo ultimo tratto dalla Valle de las Lenas amarillas, osservai tre valli laterali, una a destra e due a manca del ruscello; poco dopo varcato questo, arrivai alla prima di quelle a sinistra, e mezz’ ora dopo alla seconda; la terza, ossia la valle laterale sulla destra, od occidentale, dista un quarto d’ora da quest’ultima. Piccoli sono i ruscelli che sboccano dalle due vallette a levante, al contrario quello emesso dalla valle a ponente, era più rilevante dell’ arroyo de las Lenas amarillas. Il sentiero segue Ta sponda manca di questo, anche dopo la sua unione col terzo ruscel- lo, e sino quasi al punto, in cui le loro acque riunite si gettano nel Rio Salado; soltanto poco prima di questo punto, passa sulla riva de- stra; di modo che dovemmo traversare i due ruscelli orientali, e poi di nuovo l’arroyo principale. Nei primi tre quarti d’ora cavalcammo lungo la base dei monti, in seguito nel fondo delta valle. Appena si vede- vano ancora qua e là, tra le falde delle creste dei monti, alcune piccole macchie di neve. Il fondo della valle è ghiajoso e pieno di frammenti di rocce. ll ruscello, che esce dalla valle occidentale, in-- eontrato essendosi colla corrente dell’arroyo de las Lenas amarillas sotto un angolo ottuso, depose in questo punto di unione, a N. e sulla sinistra della sua riva, molti materiali di trasporto, alzandovi un co- no di dejezione, e, in conseguenza della formazione di questo ba- luardo, volse in seguito il suo corso da N. ad E. Indi, sulla destra | sponda dei ruscelli per tal guisa congiuntisi, si erge per alcun tratto GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 591 verso mezzodì, una costa o barranca di trasporto (1). — Dapprima di tinte chiare e forse di trachite, poi di colore oscuro e probabil- mente di arenaria, sono le montagne occidentali di questo ultimo e maggior tratto della vallea; andando sul lato opposto del ruscello, non potei analizzarle. La natura dei monti orientali varia: le loro ci- me sono biancastre, forse di trachite; le pendici invece sono di grès rosso, sino di contro alla valle occidentale, or ora mentovata. Indi appare, sotto il medesimo, una roccia biancastra, forse trachitica, la quale dopo tre quarti d’ora scompare, dando campo al grès, di com- porre di nuovo il fiance orientale della valle. Poggia desso sopra un caleare nerastro, bituminoso, con impronte di piccoli fossili, coperte da un velo piritoso: quelle del pezzo raccolto non si ponno deter- minare. Rispetto alle vallette laterali, di levante , osservai che le montagne tondeggianti, le quali formano i fianchi della prima e più settentrionale di esse, constano, verso la imboccatura, dell’ accennato grès, di cui il ruscello che ne esce, trasporta abbondanti frammenti; la stessa roccia compone pure i monticelli che fiancheggiano la parte inferiore della seconda valletta, mentre la parte sua superiore sem- bra costituita da rocche vulcaniche. — Assai scarsa è la vegetazione della Valle de las Lenas amarillas, però in questo suo tratto inferiore e più lungo, si presta a pascolo di pecore. Diffatto una gregge di tali ruminanti domestici vagava intorno a noi, allora che, tre quarti di era più in giù dalla or detta valle laterale, ei fermammo per alcuni momenti nel fondo erboso, per riprendere lena a proseguire il cam- nino. Da questo luogo di sosta in basso, il ruscello va poggiando sempre più ad oriente, finchè, dopo un buon quarto d’ora, tocca alla (4) Nel capo I, parlando delle terrazze di trasporto che si vedono nella Valle del Rio Claro, addussi, in nota, l’opinione di Bomeyko, che non solo gli scaglioni delle pianure terziarie del litorale del Chili, ma benanco quelli dei piani nelle valli interne, ‘sopratutto nelle trasversali e larghe, abbiano rapporto cogli avvenuti sollevamenti graduali della costa del Pacifico. Invece Pissis non vede in cotali terrazze, 0 barrancas interne, fuerchè il risultato dell’accumulamento del trasporto di due torrenti, che si incontrano in direzione quasi perpendicolare, precisamente siecome ha luogo nel caso addotto, e come già vedemmo avvenire nel punto di incontro del Rio Cobre col Rio Tordillo nel Valle hermoso: - al dire di Pissis, ciò succede sempre nelle gole delle Ande. — Pissis Amano. Descripcion topografica y jeologica de la provincia de Colchagua,; negli Annales de la Univ. de Chile, 1860, tomo XVIII, pag. 694. 392 P. STROBEL, base del monte che chiude la valle. da questo lato, e precisamente: nel punto, ove affiora il menzionato calcare. Ci convenne quindi at- traversare quivi l’ arr0yo. Sono le dejezioni del Rio Salado, che, da ponente, viene a rice- vervi il tributo delle sue acque, che lo hanno costretto ‘a tale devia- zione. Come già avvisava, in questo punto ove succede la congiun- zione della settentrionale Valle de las Lenas amarillas colla occiden- tale e maggiore del Rio Salado, la vallata si allarga in un piccolo bacino, chiuso a mezzodì, dal quale si esce per una strettissima, ma breve gola, aperta a levante, che dalla forma delle due rocche che ne costituiscono i fianchi, fu chiamata los Morros, ossia le rupi ton- deggianti. Il Rio Salado, entrato nel bacino, si dirige normalmente verso il monte orientale, vi si arricchisce colle acque dell’arroyo predetto, e lambe, al par di questo, il piede di quel monte, forman- dovi un gomito e poi subito un semicerchio, poichè muta la dire- zione sua primitiva ad E. bruscamente in S. S. E., indi poco a poco la cambia in E. N. E. Analogamente mutasi la direzione del fondo della vallata, di modo che il monte, che componeva prima il suo fian- co orientale, gradatamente si converte in bastione boreale della me- desima. Varcato, come dissi, il ruscello de las Lenas amarillas, caval- cammo per un quarto d’ora in direzione a S.; traversammo indi il Rio Salado, e seguendo, sulla sua destra, la curva da lui descritta, corrispondente a quella della base della montagna orientale, arri- vammo, dopo mezz’ ora di cammino per un declive alquanto rapido, alla nominata angustura. — Le pareti che la formano, ossia i due morros , sono composte di diorite granitoide rosea. Sono queste rupi che, emergendo, sollevarono a Nord, le rocce sedimentarie, che co- slituiscono la estremità meridionale del monte orientale-settentrionale, e, a S., quelle che ivi compongono il monte meridionale, ossia nel fianco suo rivolto a N. Infatti lo si deduce dalla inclinazione degli strati di quelle rocce. Sappiamo che al punto, ove l’arroyo de las Lenas amarillas tocca la radice del monte orientale, questo è costituito di calcare, e lo è, da questo lato occidentale, sino alla rupe diori- tica; gli strati di quella roccia presentano una inclinazione od im- mersione a N. O. Dal lato opposto, orientale, che ancora non cono- GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 393 sciamo, lo stesso monte, che rispetto alla gola ed alle rocche dioritiche dovremmo chiamare settentrionale, consta di grés rosso, quello stesso che nella Valle de las Lenas amarillas vedemmo poggiare sul calcare predetto; i suoi strati inelinano a N. E. Il monte australe si compone del pari di grès rosso, a stratificazione inclinata ad O. S. 0., ad oc- cidente della gola o della roccia dioritica, ossia nel bacino descritto, ed invece immersa ad E. S. E. nel tratto a levante della gola, tratto che ora passo a descrivere, e che costituisce la terza curva dell’ o- dierno cammino. Apertosi il varco attraverso los Morros, il Rio Salado si dirige a N. E., scorrendo, per circa due ore, in tale direzione lungo la base del monte che ha alla sua manca, ossia a N. O., quello stesso, che osservammo poco prima limitare ad oriente la Valle de las Lenas amarillas. La vallata, dopo la-angostura, presto si allarga e di molto; i monti vanno continuamente abbassandosi, e sulle loro cime non si scorge più alcun deposito di neve. — Andammo per la linea me- diana del fondo della vallata; circostanza questa, che mi impediva di esaminare la natura delle rocce, che, poco dopo la Diorife, ne co- stituiscono i fianchi. Di più, essendo questi generalmente disaggregati alla superficie, e benanco coperti da una, sebbene rara, vegetazione, non mi permeltevano nemmeno di poterne da lungi vedere bene le tinte, le forme, le eventuali stratificazioni, e da questo approssima- tivamente e pel confronto colle rocche, con cui sono a contatto, de- durne la composizione. Ciò non pertanto mi parve di poter ricono- scere come il grès rosso, che sovrasta alla rupe dioritica meridia- nale, continui a levante per circa un'ora, cioè sino ad una valletta laterale, che vi viene a sboccare da S. E.; indi per altra ora, le mon- tagne che seguono a destra, ossia a S. E., mi sembrarono constare di una roccia yulcanica biancastra, forse trachitica. Lo stesso mi pa- reva di scorgere sul fianco opposto, ovvero a sinistra od a N. 0. Dopo e sopra il morro dioritico settentrionale, appare il noto grès rosso, il quale dopo breve tratto è sostituito del pari da una roccia appa- rentemente vulcanica. —- La inclinazione della vallata, dopo los Mor- ros, è soave, e poco prima del luogo ove, dopo due ore, la vedremo cambiar direzione e volgere ad E., il fondo ne è quasi piano. Esso 394 PD. STROBEL, muta di quando in quando di vegetazione, mentre la vallata cambia di tratto in tratto di nome. Appena uscito dai Morros; mi vidi di fronte un gruppo di arbusti, fra i quali ravvisai specialmente la nota Lena amarilla e, per la prima volta su questo versante, il Retamo, rappresentato da individui alquanto nani; a quel primo seguono, di tanto in tanto, altri gruppi simili. Crescono questi arbusti in un ter- reno ghiajoso, e dopo circa mezz’ ora cessano. Il fondo della valle si trasforma in una piccola pampa, priva di cespugli; ma, in seguito, dopo altra mezz'ora, nel punto chiamato agua amarilla (pron. ama- riglia) ossia acqua gialla (1), essa presenta non già folti, ma abba- stanza estesi monti o boschetti di arboscelli (2), fra i quali si cavalca per una mezz'oretta; uscendone, si giunge al sovraccennato fondo della vallea quasi piano, e perciò paludoso, denominato los Guenes (4) Un ruscelletto, che scende dalle montagne poste a S. E., attraversa questo tratto ‘della vallata, per raggiungere a ponente il Rio Salado; il fossato, che si scavò nel suo corso entro la fina sabbia della Pampa, era asciutto. Forse è questo rigagnolo che porta il nome di agua amarilla, e lo comparte a questi contorni. (2) Gli alberi e cespugli di queste regioni andine e pampeane essendo per la mas- sima parte spinosi, e le cavalcature, specialmente le mule, avendo, come è noto, il poco gradevole costume di fregarsi contro di essi, conviene vestirsi in modo, da difen- dere contro le spine sopratutto le gambe. I naturali vi riescono per mezzo dei guar- damontes, sorta di mezzi pantaloni di pelle, che calzano sopra gli altri, e li coprono dal piede sino alle coscie. Fa pure mestiere che il poncho od il mantello che si porta, non presenti punti di attacco alle spine ed ai ramoscelli assai tenaci di certi arbusti, per esempio, delle Jarillas; poichè diversamente si corre rischio di trovarsi trattenuti sospesi per la gola e gettati malamente a terra, per maggior disgrazia coperta forse da spinosi Cactus; come capitò a me nella Sierra di Mendoza. Per lo stesso motivo bisogna coprire le valigie e gli altri bagagli, possibilmente, con pelli conciate, altri- menti ne lascierete de’ brandelli ad ogni passo, e dopo un giorno di viaggio, vi trowe- rete gli abiti e gli altri oggetti forati e lacerati dalle spine e dai cavicchi che vi pene- trarono. — Gli animali da soma non portano nè il freno, nè la musoliera; quindi, ‘mentre camminano, vanno pascolando, si soffermano ogni momento, e deviano benanco «dal sentiero. Perciò i mulattieri ed i loro mozzi sono continuamente occupati nel spin- gerli avanti, sia animandoli colle stonanti grida, sia minacciandoli e castigandoli colla frusta. Se questo modo di condurre le bestie presenta il vantaggio che esse, in que- ste contrade povere di pascoli, ponno approffittare, cammin facendo, di quanto qua e là loro offre l’avara flora, e quindi nutrirsi meglio, ha però lo svantaggio che assorba, e stanca l’arriero od il peon; e la sua cavalcatura, per quelle continue manovre di fianco e cambiamenti di passo necessarii all’uopo, si affatica doppiamente. GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 395 (pron. Chegnes) (4). Quivi fra alti e serrati gruppi, simili a coroni, di Cortadera (2) dalle lunghe, bianco-setose pannocchie fiorali, leg- germente cullate dal vento, pascolava una mandra di buoi. Una col- linetta di lava violacea oscura, partendo dal monte biancastro a S. E., e dirigendosi a N. 0., si spinge lentamente degradando sino a queste paludi, per evitare le quali, dovemmo quindi, per circa mez- z ora, seguire il pie’ della medesima. In questo luogo la valle, allargatasi in un bacino, muta di rombo, sì come già preveniva, volgendo ad oriente, e conservando una tale direzione, fin dove potea giungere lo sguardo. Di conformità, il Rio Salado, piegando bruscamente a levante, si porta dalle radici del monte occidentale, sin qui seguite, alla base della montagna orientale, che ora, dirigendosi ad E, diventa meridionale; per tal modo esso traversa, da 0. ad E., il suddetto bacino, o meglio piano uliginoso, molto esteso ed ampio, di cui mezz'ora fa avevamo varcato il limite australe. Appena svoltata la collina e piegato ad E. N. E., nel senso della valle, ci trovammo dinanzi, a destra, alcune misere capanne, costituite colle legne e fronde, che somministrano i vicini boschetti, nelle quali viveano temporariamente alquanti pastori colle loro fami- glie. Mi si disse che fabbricavano eccellente cacio; e di fatto 1’ ar- riero ne fece provvista, per portarla seco a vendere in San Rafael, In meno di un quarto d'ora entrammo in altro rado boschetto, tra il fogliame del quale potei discernere le ovali foglioline di color verde carico di varii Molles (pron. Moglies) (3); e dopo altro quarto d’ora toccammo ad una testata del monte vulcanico biancastro meri- dionale. È contro di essa, che da O. viene a cozzare il Rio Salado per scorrere indi ad E. lungo la radice di questo monte. Fummo per- ciò costretti a guadare il torrente, ed attraversando, in direzione & N. E., i pascoli umidi, cospersi di Cortadera, i quali sulla sinistra sé (4) Probabilmente è corruzione della voce Canas (pron. cagnas), ossia canne ; ed if luogo s’ ebbe tale denominazione appuuto dalle piante di questa famiglia che vi cre- scono. (2) Ossia piante che taglia, corta; ed infatti, stringendo le sottili e lunghe foglie d questa graminacea, finamente seghettate lungo i.margini, e scorrendo così colla mano giù per esse, si taglia la pelle. (3) Litrea molle Gay. — Paitippi, |. c. pag. 718. 396 P. STROBEL, stendono per l’ampia vallata, arrivammo ad un rancho apparente- mente stabile, poichè avea le pareti composte di travicelli, rami e terra; ed il tetto di fronde era del pari coperto da uno strato di terra, per difendere la meschina camera dalle piogge abbastanza forli, che cadono in questi contorni. Non so per quale motivo questi portino il nome di /as animas, ossia anime del purgatorio. Quivi prendemmo alloggio, a mio malincuore, poichè, risplendendo tuttavia il sole, de- siderava portarmi avanti sino all'imbrunire, e perchè, magnifica es- sendo la giornata, avrei preferito il dormire nell’aperta campagna al riposare presso sudici tugurii. Ma convenne adattarsi alle ragioni dell’ arriero, mio tiranno. Però il mio non celato malumore poco a poco si dissipò, di fronte ai modi cortesi della più che trentenne pa- drona del runcho ed ai gesti di curiosità ed alle ingenue domande de’ suoi bimbi, che certo non aveano mai veduli gli strumenti ed i tesori di un naturalista. Mentre si preparava la consueta cena, od il pranzo, se così vuolsi nominare questo tardo pasto, osservai che , per ravvivare il fuoco, non si bruciavano soltanto legna e buine, ma ben- anco ossa alquanto diseccate. ” 19. Febbrajo. — Nella buona e calda stagione si preferisce dor- mire all’ aperta, anzichè vicino alle capanne od entro le medesime, non solo per non soffrire il caldo, ma ben anco, e specialmente, per non cadere vittima delle dolorose punture delle sanguinarie cimici indigene, chiamate vinchucas (pron. vinciucas), della famigliaZdelle Reduvide (1), ben dieci volte maggiori delle nostre cimici de’ letti, quivi importate da Europa e perciò denominate chinches def Castilla (pron. cinces de Castiglia), ossia cimici spagnole. Fortunatamente non fummo molestati, nè dalle une, nè dalle altre. — Medicatajalla meglio |’ ampia piaga, che all’ articolazione della mano coll’ avam- braccio sinistro mi avea aperto il furunculo, sviluppatosi in!Curicò e maturato in via (2); riunite non senza fatica e perdita di tempo le (41) La specie che vive nella provincia di Mendoza é quella stessa, che Burmeister osservò in Paranà, Tucuman e Copiapò; ma diversa dal Conorhinus gigas del Brasile tropicale. Burm. 1. c. I, pag. 320. i (2) Non avrei fatto cenno di questo accidente di niun conto, se non convenisse chia- mare con ciò l’attenzione su tale infermità, che, da quanto mi si dice, incomoda più GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 397 cavalcature, nella sera precedente abbandonate sui vasti pascoli cir- convicini, ci ponemmo in cammino. Dice il Molina (I. c. p. 268) che i ca- valli chilesi hanno le unghie così dure che non abbisognano guari di essere ferrati: ed in effetto, a riserva dei cavalli che montavamo il mulattiere ed io, tutti gli altri della nostra carovana, nonchè i muli, andavan senza ferri; ima il cavallo di uno dei compagni, un vecchio huaso assai intelligente del Cordone litorale di Colchagua (pron. Col- ciagua), era troppo giovane per poter reggere agli strapazzi di una lunga e siffatta gita; per cui sino da jeri avea incominciato a zoppi- care. ll buon uomo videsi adunque costretto a fermarsi a las Animas, non senza mio rincrescimento. Quest oggi, invece di pereorrere, co- me nei giorni precedenti, per linee curve tratti maggiori o minori di più vallette, traversammo piuttosto normalmente una serie di val- lette quasi parallele e due piccole pianure, in direzione generale a N. E. La fisonomia del paesaggio non tardò molto a mutarsi, sì che al fine della giornata, apparve completamente diversa: ad una steri- lità relativa subentrò una aridità quasi assoluta; ai torrenti, ai ru- scelli, ai pantani, seguì un mare di finissima sabbia; dal monte e dalla valle scendemmo ad ampia pianura: dalla regione delle Ande, a poco a poco passammo in quella della Pampa. La Valle del Rio Salado, dopo las Animas, scende verso oriente, restringendosi alquanto dopo una buona ora di strada. Il torrente vi descrive. una linea serpeggiante: da principio, per più di un'ora, scorre lungo le falde del monte australe, poi va a lambire per breve tratto il piede della montagna boreale, indi, piegando a Sud, segue, per un tratto ancor più breve, l’ asse della valle, ed infine, dopo di avere di nuovo rosa la base di una testata del monte settentrionale, si incammina alla Pampa, solcando, fin dove giungeva la forza visiva del mio occhio, il fondo o la linea mediana della vallata. — IYsuo piano, dal rancho alla prima svolta del Rio, è rivestito da vegeta- zione erbacea e paludosa, come pria, e seminato di cortadera, meno o meno quasi tutti i viaggiatori europei in queste contrade; io ne fui molestato dal principio del viaggio, in dicembre 1865, sino al luglio successivo. Imprendendo adun- que una gita simile, fa mestieri provedersi dell’ occorrente per la cura e la medica- zione di questa malattia cutanea. 398 P. STROBEL, nella sua parte meridionale, quella che si stende lungo la sponda si- nistra del Salado, la quale è ghiajosa. A metà di questo ramo della valle, cala, dalle coste del monte boreale verso il torrente, una cespugliosa collinetta. Dopo il ristringimento della vallata, il suo fondo è più o meno coperto di cortadera e da altre piante, che ve- getano e prosperano nei luoghi abbondantemente irrigati, e contri- buiscono a comporre la Flora de los Manantiales, ossia delle sor- genti, quali sono le seguenti Composte: la Blanquilla (pron. blanchi- glia) dai lunghi pappi bianchi e lucenti, donde s’ ebbe il nome; la giallognola Chilquilla (pron. Cilchiglia), specie di Bacharîs; e 1° 0- doroso Pajaro bobo (Molina 1. c. pag. 184?) dai fiori violetti. — Il monte meridionale, dapprincipio, pare trachilico; ma là ove, avvici- nandosi al settentrionale, mi fu possibile raccogliere un saggio della roccia che lo compone, consta di Leptinite compatta, lattiginoso-az- zurra, di lucentezza pinguedinosa; e sembra che tale roccia continui a costituire quel monte, ancora più a levante, verso lo sbocco della valle nella pianura. Nel punto in cui il Rio volge per la prima volta a N, e strignesi la valle, si alza, alla base della montagna in discorso, un basso colle, che protende verso settentrione. Componesi, per quanto pare, di frantumi di lava nerastra, roccia ben diversa da quella che qui costituisce il monte, frantumi che il Rio staccò forse dalla ac- cennata collina di lava a los Quenes, in tempi in cui la corrodeva, oppure che il medesimo tolse alle montagne vulcaniche poste più in dentro nella vallata, e che vi trasportò ed accumulò, mutando in se- guito, per conseguenza, il suo corso. I monti boreali in massa pajono formati da roccia vulcanica oscura, almeno tali si presentano verso oriente. Però, lo scoglio che, dopo l’ anzidetto celle di lava, avanza verso il fondo della valle, ed obbliga il torrente a volgere dal suo piede verso l’asse della medesima, consta di Leptinite, cioè della me- desima roccia che vi costituisce, come vedemmo, la contrapposta montagna meridionale. L’altra rupe, che poco più a levante sporge del pari verso S. ed è rosa dal Rio, consta di calcare nerastro bitu- minoso, uguale a quello che già avea raccolto a los Morros; i suoi strati s'immergono ad È., e sembrano perciò sollevati dalla predetta rupe leptinitica. — Il sentiero descrive due curve, opposte a quelle - GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 3599 che segna il torrente: partendo da las Animas, conduce pel fondo uli- ginoso alla cespugliosa collinetta, poi di nuovo giù nel fondo, da prima umido, poi ghiajoso; sicchè, verso il ristringimento della valle, dopo un’ora di cammino, si varca il Rio alla destra, si sale il colle o lo scaglione coperto da frammenti lavici, per rediscendere all’alveo e ripassare di nuovo, dopo mezz'ora, il torrente alla manca riva e presso lo scoglio di Leptinite. Indi si piega da È. alquanto ad E. N. E., e dopo un quarto d’ ora, per brevissimo, ma angusto e pe- ricoloso sentiero, si ascende la rocca calcare in disaggregazione, che ivi ergesi a precipizio sopra il Rio, il quale, scavandone lo zoccolo, si cala poi nel fondo della valle, un poco più ampio di prima e ghiajoso. Dopo questo mal passo, i monti a N. incominciano a mutare di aspetto e di altezza, e dopo mezz'ora, è talmente sensibile la differenza, che essi non si ponno più chiamare se non colline; mentre le montagne a S. continuano ancora, per non breve tratto, a conservarsi abba- stanza alte. Dopo un quarto d’ora, giungemmo alla base di una delle dette colline, nelle quali degradano i vulcanici monti settentrionali, e che sono dirette da N. O. a S. E. Da questo punto, volgendo a N. E., incomincia una serie di bassi colli e di vallette irregolari e parallele, da essi formate e scendenti più o meno a S. E. Questi colli formano gli ultimi speroni delle Preande, le quali in questa regione, segnendo con rombo da N. N. E. a S. S. O., vanno a degradare e morire nei due piani elevati della Pampa, che, siccome scalini, si seguono in senso da O. S. O. ad E. N. E... Tutti gli fuasos, meno uno, ci abbandonarono, prendendo altra strada; rimase in compagnia uno dei due, che ci si erano associati ap- pena fuori di Curicò; il secondo di questi era il vecchietto fermatosi a las Animas. — In direzione generale da S. 0. a N. E., attraver- sammo successivamente e quasi normalmente quelle valli e quelle colline, impiegandovi circa due ore. — Solamente la prima valletta, per quanto potei sapere, ha una denominazione propria, cioè quella di Valle del Chacay (pron. Ciacai); così chiamandosi, perchè alcuni | boschetti di un arbusto d’egual nome (Colletia species) attorniano i verdi pascoli, i quali ne abbelliscono il fondo, là ove, a N, O., sì co- 420 P. STROBEL, me da un anfiteatro, essa ha principio. Più in basso, e precisamente dove la attraversammo, il fondo suo, come pure i fianchi delle colli- nette che la stringono, veggonsi coperti da frantumi più o meno grandi di lava scoriacea , ora nerastra ed ora rossigna, fra i quali si innalzano abbondanti-cespugli di Zena amarilla. Sormontata la collina o costa settentrionale, lasciammo a destra una piccola valle, diretta a S. E., e continuammo la strada in rombo a N. E, lungo il fianco occidentale di un mammellone, che alzavasi alla nostra diritta, e sovrasta alla detta collina, per scendere di poi in una valletta circolare, denominata el ZZoyo colorado (pron. ogio colorado) o la buca rossa. La prima delle indicate valli prende ori- gine dalle falde della costa e del mammellone che domina questa, sic- chè nel cammino la avevamo ai nostri piedi. Diretto lo sguardo giù per essa, potei finalmente, dopo tre giorni di discesa dalla Cordillera, scorgere per un momento il lontano lembo orientale della Grande Pampa del Sud, il quale si perdea nel limitato orizzonte per la fusio- ne delle tinte omogenee del cielo e di quell’erboso mare di sabbia. Il mammellone or detto consta di Basalte peridotico, di colore nera- stro, contenente moltissimi minuti granellini di Olivina; esso passa qua e là a conglomerato, composto da frammenti, ora quasi micro- scopici ed ora assai visibili, di Felspato vitreo e di Retinite cenerina porosa, cementati da una sostanza scoriacea rossa. La forma dei massi che costituiscono, pel loro ammontonamento, quel mammellone vulca- nico, non è la colonnare, ma piuttosto la sferoidale, e cotali massi veggonsi l’ un l’altro sovrapposti senza alcun ordine apparente, ed offrono nello stesso blocco ambe le indicate sorte di roccia. Non du- bito punto che l’ Hoyo colorado sia il cratere di un vulcano spento, coperto dal tritume o detritus, che le piogge, talora torrenziali, vi trasportano giù dalle interne sue pareti, man mano che la roccia di queste si disaggrega. — Questo fosso è perfettamente sterile, mentre la costa, che lo divide a S. dalle due vallette accennate, come pure le piccole valli e le collinette che lo seguono a N., sono più o meno cespugliose. — La metà meridionale dell’ Hoyo è cenerino-verdognolo, e rossa ne è l’altra; e da questa ultima tinta ed insieme dalla sua forma si meritò il nome che porta. Nella sua traversata impiegammo poco meno di un quanto d’ ora. GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 404 Varcato il margine boreale di questo cratere, calammo in una val- letta, poi salimmo un colle, e così di seguito, scendemmo in altre tre valli, e sormontammo altri tre dorsi, finchè, dopo un’ ora, arrivati all’ ultima di queste estreme ondulazioni o falde orientali delle Prean- de, ci si presentò il triste, ma sorprendente panorama di una piccola pampa, di forma oblunga, apparentemente circondata in ogni parte da collinette e monticelli, fra i quali indicherò il picco vulcanico, che si ergeva alla nostra destra, ovvero a levante, allorchè giunti fummo alla discesa in detta pianura. — i primi due dorsi che valicammo, sono costitutti da roccia calcare, ora nerastra, compatta, a frattura distintamente concoide, ed ora cenerina chiara e schistosa ; la terza costa viene formata di strati alternanti del detto calcare e di are- narie, rossastre e giallognole , a cemento non calcare, assai dure e scintillanti all’acciajuolo: — questi strati immergono a S. 0. L’ultimo sperone, quello da cui si cala nella Pampa, e che si congiunge colle falde del picco vulcanico, consta, unicamente in apparenza, di tale arenaria, ed i suoi strati furono per modo sollevati dalla emersione vulcanica, da prendere una disposizione quasi verticale. In Curicò mi era stato garantito Don Santo Quiroga (pron. Chiroga) quale arriero fidato e vaqueano, cioè pratico del cammino. Se il ga- lantomismo consiste unicamente nel borbottare preghiere, certo che egli era un dabben uomo di primo ordine; poichè, almeno mattino e sera, mi si facea udire a recitarle. Però, che non fosse Caqueano toccommi apprenderlo in questo punto; e più tardi venni poi a sa- pere che non conosceva nè meno la strada fatta dal Planchon sino a qui, Il guaso, il quale, come avvertiva, non ci avea abbandonati, come gli altri, nella valle del Rio Salado, cammin facendo ed a mia insaputa, era stato da lui indotto ad accompagnarci quale guida, e verso un compenso (4). Ma, fosse che questi, cui darò il nome di £ulano, si trovasse effettivamente pentito di essersi compromesso , fosse che, ad istigazione del mulattiere, volesse estorcere da me il compenso, fosse infine che volesse aumentarlo con una contribuzione anco da (1) A 30 pesos chilenos (pron. pessos cilenos), ossia quasi 4150 lire italiane, ascen- deva il prezzo, convenuto tra il Quiroga e me, pel mio trasporto da Curicò a San Vol. IX. | 26 k02 P. STROBEL; parte mia, fatto sta che volea retrocedere e piantarci. Non avendo io alcun diritto per imporre a lui colla forza, nè volendo ritornare a las Animas, nè suggerendomi altra scappatoja, scelsi siccome mi- nore dei mali l’assoggettarmi a tale gabbamento, salvo però sempre, in cuor mio, il prendermi la rivincita su Don Santo, giunto che fossi una volta a San Rafael. Accomodata questa bisogna colla promessa di un regalo a. Hulano, ci accingemmo ad attraversare la detta piccola pampa, nella maggiore sua diagonale, da S. S. O. a N. N. E., lunga circa tre leguas. Essa fa parte del superiore dei due piani elevati occidentali delle Gran Pam- pa, ovvero sia dei due scaglioni orientali delle falde Andine. Dissi che la medesima pare ovunque racchiusa da prominenze del terreno: a Snd la circoscrivono le colline, dalle quali venivamo 3 — a ponente la limitano del pari bassi colli; ma ad essi seguono disposte a gradini , varie serie di eminenze sempre maggiori, sì che dai colli si passa poco a paco ai monti delle Preande, e da questi alle cime nevose della Cordillera delle Ande, montagne queste che già si erano offer- te ai nostri sguardi, da che avevamo lasciata la valle del Rio Salado; — a settentrione segna il confine una costa diretta ad E. S, E.; ed a levante sono collinette più o meno alte, che costituiscono la barriera verso la pampa inferiore. Dal dorso del colle che scendevamo, si do- mina la detta pampa superiore quasi nella intera sua estensione, sì che già da quel punto potemmo scorgere un piccolo lago, che. nel quarto boreale della medesima si estende da S. a N., lungo Je -falde delle colline orizzontali, per circa un terzo di lega. Questo lago porta il nome di Zaguna blanca o lago bianco, perchè quando è asciulto, come pareva che lo fosse precisamente in questa stagione, che è quella del gran secco, il suo fondo presenta un colore bianco abbagliante, ciò che appunto lo rende visibile da lungi come se fosse pieno d’acqua. Da esso fu denominata la pianura o pampa o la valle, come più piaccia indicarla. — La discesa si fa per un piano legge- rissimamente inclinato ed alquanto lungo. Dopo un’ora e mezza di cammino, sotto la sferza de’ raggi di un sole estivo, riverberati da un terreno cocente, traversammo un solco o fossato asciutto, diretto da 0. ad E,, forse l'alveo di un rigagnolo disseccato, attualmente ri- GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC, 405 coperto dalla meschina vegetazione generale della pampa; e un quarto d’ora dopo, arrivammo ad un altro, egualmente diretto a levante, ma più largo, con isponde ripide, il quale deve essere il letto dell’ arroyo, che nutre la laguna nella stagione delle pioggie. Dopo dieci minuti, ci imbattemmo in un terzo fossato, simile al primo, e diretto nello stesso senso di questo e dell'altro. Proseguendo il cammino, scorgesi poco a poco, come un po’ più al N. della riva boreale del lago, parte della collina orientale, uno sperone, che va degradando verso O. S. 0. La- sciatolo alla nostra diritta ed a poca distanza da noi, ci incaminammo al piè della bassa costa, la quale, come sappiamo, limita la pampa della Laguna blanca verso settentrione, e che toccammo dopo due ore e tre quarti di non interrotta cavalcata. — ll suolo di questa pianura consta di terreno di trasporto, a comporre il quale concor- rono frantumi e ciottoli di rocce, tanto nettuniche, quanto plutoniche e vulcaniche. Il sottosuolo, a giudicare dallo spaccato che presentano le erte rive del secondo fossato, viene costituito da: Zrassoîte; infatti vi si osservano strati orizzontali, di -ghiaja superiormente, e sotto del detto tufo trachitico, il quale è poco consistente, e di colore, ora car- nicino, ora giallognolo ed ora bianco candido. Non evvi ragione alcuna per non ammettere che questa roccia formi anche il bacino della La- guna blanca; ad essa adunque devesi attribuire Ja singolare tinta del medesimo. — Assai scarsa è la vegetazione: piccole graminacee com- pongono il tappeto generale, il pasto o pascolo di questa, come d’o- gni altra pampa nell’attuale stagione, secco e riarso. Tra esso, sino al N. dei fossi, ergeva di quando in quando il canuto e lucente capo qualcuna di quelle composte, che perciò s’ ebbero il nome di Z/an- quillas (pron. blanchiglias), piante però diverse da quella simile e di egual nome, che avea incontrato al Rio Salado. Nella Gran Pampa tra Mendoza e Rosario, dopo una lunga pioggia o nella stagione umida esse segnano, in mezzo alla tinta verdognola delle Graminacee, am- pie macchie biancastre, le quali alternano con altre di colore scar- latto vivo delle Margaritas (Verbena chamedryfolia), ornamento dei nostri giardini, e colle macchie rosee della Portulaca grandiflora; ricordando al viaggiatore italiano, che trasvola quel semideserto, i colori nazionali, la patria che simboleggiano, i legami che lo strin- 404 P. STROBEL, gono ad essa ..... ancor quando vilipesa. Tra Ie Graminacee e la Blanquilla, sorgevano qua e là nani cespugli di Lena amarilla e di Retamo, cessando però, verso Nord, dopo i fossati. Dall’ultimo di questi in avanti, per un quarto di ora, non cresceva più fuorchè il pascolo; in seguito, per altro quarto d'ora, disseminati tra questo si alzavano fasci di Cortadera, quantunque il terreno fosse asciutto: esso probabilmente sentiva tuttavia l'influenza di un vicino corpo d’acqua, quello cioè del Rio Atuel, come vedremo. Infine, nell’ultimo tratto settentrionale, ricomparvero i cespugli di fefamo, ma meno nani; probabilmente pel motivo anzidetto. Intorno alla laguna prospera la Cortadera, e di là i suoi gruppi si estendono verso ponente, sino a congiungersi coi già accennati. — Seminascosta tra i fasci formati dalie lunghissime e strette foglie di quella pianta palustre, pascolava una mandra di yeguas (pron. gequas) ossia giumente, coi rispettivi puledri, mandra che, pochi mesi dopo il mio passaggio, venne rubata dagli Indiani della vicina Pampa, in una delle loro scorrerie, ora sgraziatamente troppo frequenti (1). Fatta astrazione degli animali, qui condotti dall'uomo, a prima giunta pareva regnarvi la morte: la fauna pareva non avervi alcun rappresentante ; però, osservando con maggior attenzione, potei scoprire che persino in questo appa- rente deserto agitavasi la vita, colla inevitabile scorta di dolori e di piaceri. Una penna aggirata dal vento mi indicò che l’aere veniva solcato da uccelli di rapina, e che dunque altri animali vi dovevano (4) Una delle condizioni indispensabili per poter condurre ed abbandonare un gregge a pascolare in una data località di una pampa, è la vicinanza di essa ad un’acqua perenne. Sebbene la Laguna blanca fosse a secco, pure le cavalle che pascolavano lungo le sue rive, non aveano da correr molto per dissetarsi, poco lungi scorrendo le acque del Rio Atuel. Nasce adunque sempre nell’animo di chi traversa una pampa, una sensazione di sollievo e dì contento, quando, stanco ed assetato, egli riesce a Ssco- prire un qualche animale domestico, fosse anco da lungi; poichè è segnale quasi ‘certo che egli non si trova più molto distante dal sospirato elemento. Ciò non ostante, nelle stagione della siccità ed in anni straordinarii, succede che molto bestiame vi perisca di sete; ed io mi ricorderò sempre di quel bel toro, che nella Pampa di San Luis, sfinito e languente, perduta ogni speranza di poter toccare la stilla che dovea riani- marlo, si era coricato ai piedi di alcuni Algarrobos (Prosopis dulcis), chiedendo negli estremi momenti, dal loro rado e minuto fogliame un qualche schermo’ contro gli ardori di un sole in Capricorno. GITA DAL PASSO DBL PLANCHON, ECC. 405 campare, per servire loro di pasto. Ed infatti, scorsi poco dopo tre lucertole scivolare tra erba, ed al nostro avvicinare , salvarsi nelle loro tane. Questi rettili sono insettivori, come è noto; quindi trovar-. ci dovea pure degli insetti. Effettivamente, sebbene scarsi, pure al- zavansi quà e là nidi di formiche, di questi infaticabili imenotteri, i quali, nella Repubblica Argentina, sono sparsi per ogni luogo, de- serto od abitato, del campo o della città; non potevano essi adunque mancare nè meno nella pampa della Laguna blanca. Un altro ime- nottero mi vidi, per un momento, svolazzare a lato ; infine, non potei a meno di accorgermi di qualche nojosa mosca (4) e di alcuni tafani che perseguitavano le nostre cavalcature; ma questi ditteri, certa- mente, ci aveano sin quì seguiti, siccome inevitabili ed importuni sa- telliti, e con noi proseguiron oltre. Sorpassata la bassa costa settentrionale, scendemmo nella larga Valle del Rio Atuel, o Latuel od Achuel (pron. Aciîuel), ampiamente aperta verso oriente, ove, più avanti, va a sboccare nella Gran Pam- pa. Mentre da questa regione dell’orizzonte il Cerro Nevado, tuttora irrequieto, ergeva l’indomito capo (2), fiancheggiato da una serie di minori montagne, orientali baluardi della Pampa e dei liberi suoi abitatori; — da ponente, i raggi solari mi cuocevano ed abbaglia- vano doppiamente, riflessi venendo dalle candide cime delle Ande, di cui la gigantesca scalinata vi era visibile come prima, nella valle della Laguna blanca. Il Rio Atuel segue, nel tratto che potei domi- nare collo sguardo, una direzione da O. ad E., e scorre diviso in due rami principali. — La flora offre un sembiante differente sull’ una e sull’attra riva: i cespugli di Zena amarilla e di Retamo, che cre- scono sulla costa meridionale dalla quale calammo, scompajono; ab- bondano prosperose Graminacee e Cortaderas, e per vasta estensione a destra e sinistra, ossia a levante e ponente, coprono il terreno, sulla diritta sponda, con ridente verde tappeto. Sulla riva manca, al contrario, riappare la Blanquilla ed il fetamo, nano e meschino; e (1) Non so distinguerla dalla nostra mosca comune (Musca domestica, Lin .); sarebbe quindi importata; e fa perciò senso sentirla chiamare per celia hija del pais, ossia fi- glia del paese... tanto vi abbonda. (2) Alto 4925? metri, miers. —- MaRTIN Dr Moossy, 1. e. I. pag. 221. 406 P. STROBEL, si presenta per la prima volta 1° 4lpafaco (Prosopiîs alpataco Phil.), esso pure nano (1); le Gramiracee perdono la verdognola loro tinta. Queste differenze nella vegetazione delle due sponde del Rio dipen- dono dal differente grado di umidità delle medesime; poichè il tor- rente, poggiando verso la riva destra e più bassa, ai piedi del colle meridionale, la bagna e rende più o meno paludosa, esercitando, come abbiam veduto, questa benefica influenza persino a S. ed al di là di detto colle, sul vicino piano della Laguna blanca; invece la sponda sinistra del Rio, più elevata ed ascendente a N., rimane al- lasciutto. — Discesa la collina, or ora accennata y € fattaci strada attraverso il basso di cespi di Cortadera, alta due e più metri, tra i quali qua e là si raccoglie in piccoli fossi l’acqua che filtra o sfugge dal torrente, dopo un quarto d’ora di. cammino con rombo a N. E. sostammo presso un rigagnolo quasi stagnante, a fine di riposare, rifocillarci un poco, e prepararci così a guadare il Rio. L'acqua, contro ogni mia aspettativa, era eccellente, e sembrava ancora più squisita, perchè ardentemente desiderata dopo otto ore di cammino in un’at- mosfera, che riarsa avrebbe qualunque gola. Il vento periodico (2) infuriava; per poter prendere delle note ed ingojare in fretta un bocconcino, senza essere da lui molestato, dovetti sedermi a terra, appoggiando il dorso ad uno dei fasci di radici, che costituiscono la base dei cespi di Cortadera, schermendomi dietro questa naturale. barricata dal molesto Eolo! Non v'ha uomo, io credo, che anco in mezzo alle distrazioni, ai godimenti, alle soddisfazioni, alle pene ed alle privazioni di un viaggio scientifico, di tanto in tanto non ricorra il passato, e non rammenti la lontana patria ed i suoi cari; sono dessi momenti di tristezza inevitabili, ma fortunatamente passaggeri. Questo fu uno di tali momenti per me, che da tre mesi mancava di ogni notizia del mio paese. Pur troppo, ritornato a Buenos Ayres, vi incontrai |’ avviso, che s’ era avverato il doloroso mio presenti- mento. — Le mie provvisioni eransi ridotte a poco formaggio ed. (4) Forse la Prosopis flexuosa De., o la P. fruticosa Meyen. — PHÙitippi, 1. 0. 1862, XXI, pag. 394. (2) Anco sul versante occidentale chileno delle Ande, il vento di ponente soffia co- stantemente durante il giorno. — Pissis, l. c. pag. 703. GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 407 alquanti pani secchi, come lo dovean essere, dopo sette giorni ven- tosi nel cuor dell’ estate; eppure una tale scorta di vittuaglie mi do- veva bastare per una traversata della inospite Pampa, di almeno due giornate. Mentre stava appunto masticando in fretta un pez- zetto di cacio ed un tozzo di pane ammollito nell’acqua, cercai di distrarmi dai tristi pensieri, concentrando tutta l’ attenzione mia sopra alcune formiche, che venivano a rubarmi e trasportare al loro nido le bricciole di que’ commestibili, che man mano, tra le mie gambe, cadevano al suolo. Ciò osservando, non poteva a meno di far- ’ mi le seguenti domande: A quale scopo le raccoglievano? Se per ci- barsene, come mai si procurarono tosto, o possedevano già la nozione che pane e cacio erano sostanze alimentari? mentre, probabilmente, era la prima volta che questi insetti si imbattevano in tali materie vivendo essi in lùogo inabitato. Ve le guidava l’odorato? Dove ri- siede l'organo di questo eventuale loro senso ? Nelle antenne forse? ... a te, o lettore, la soluzione di questi, tra i molti problemi di zoolo- gia! — Risaliti in arcioni, continuammo la traversata della valle, con rombo a N. E. Fatti appena alcuni passi, scorsi un palo, abba- stanza grosso, infisso nel terreno, e seminascosto dalla Cortadera, sì che, a prima vista, l’avea preso pel tronco di un albero, il quale armonizzava così poco colla fisonomia della circostante vegetazione, come un masso erratico in mezzo ad estesa pianura. Chiesto a /u- Tano che significava quel palo, ebbi per risposta che in tempi pas- sati esistevano in questo luogo delle abitazioni, chiamate Manantial, o fonte dell’Atuel, e che quel palo ne era un residuo. Presto scom- parirà anche questa unica reliquia; chè in tali regioni prive d’alberi non mancherà punto chi ne farà uso e consumo. Probabilmente, co- deste erano abitazioni su pali, simili in ciò alle case che veggonsi Tango la destra sponda del Rio Paranà a San Pedro, ed alla Boca, sobborgo genovese di Buenos Ayres, costrutte di tale guisa, per porle al sicuro, almeno dalle inondazioni ordinarie de’ fiumi o dei ‘torrenti. Poco dopo lasciato quel testimonio di un tempo che fu, di un tempo in cui gli Indiani, o non si erano ancora ritirati dinanzi alla prepotenza degli invasori dalle loro terre, oppure avevano delle forze di questi 408 i P. STROBEL, maggior rispetto che al giorno d’oggi (1), — udimmo il rumorio delle impetuose onde dell’ Atuel, e tosto, sbucati dagli ultimi fasci di Cor- tadera, ne vedemmo i tortuosi cavalloni, a dire il vero, nòn a mag. giore nostra soddisfazione. E tanto più che non eravi speranza alcuna di incontrarvi, come al Rio Tordillo, un pietoso pastore, che ci con- ducesse salvi alla riva opposta. Due, come si disse, erano i rami principali dell’Atuel, che dovevamo guadare; in realtà, meno lar- ghi e meno profondi del ramo principale del Tordillo, ma ciò che ‘ era peggio, le aque scorrevano con molto maggiore violenza, e. per un alveo sassoso, rotolando pietre. Si dovette quindi procedere a scandagliare la profondità del tratto che dovevamo traversare. A tale - uopo, l'arriero gettava nel torrente dei sassi, uno dopo l’altro, nella direzione supposta la migliore, e dal tempo che correva, dalla loro caduta alla superficie dell’ acqua e la comunicazione del suono pro- dotto al cadere loro al fondo, nonchè dal timbro del suono stesso, egli deduceva la profondità delle acque e la natura del letto. Stabi- lita in questa guisa la linea che gli sembrava la migliore, egli pel primo, seguendola, passò il Rio, indi, ritornando a noi; lo ripassò per condurre noi pure all’altra sponda. Di tale sorta, in mezz’ ora, riu- scimmo a traversare ed i due rami principali e gli accessorii del. Rio (4) Si sa, che lungo le falde e nelle valli delle Ande esistevano, un giorno, toldos o piccoli villaggi di Indiani. Poco a poco, dopo la conquista, essi scomparvero, ed at- tualmente quelle contrade sono inabitate. La razza spagnuola seppe distruggere, ma non riedificare e ripopolare. Il Manantial dell’Atuel è stato forse un foldo simile. — Anni sono, come per esempio nell’epuca in cui il prof. Burmeister viaggiava per le provincie argentine, dal 1857 al 4860, ben di rado udivasi parlare di una scorreria di Indiani; invece al giorno d’oggi, non passa quasi mese che i giornali non diano la notizia di una invasione loro, con danno rilevante della colonizzazione e degli in- teressi del paese. Troppo liberale, e quindi troppo lontano dal fare gli elogi del re- gime spagnolo, di quello di Rosas e di Urquiza, non posso però a meno di rimarcare la decadenza delle forze della Repubblica, incapaci ora di farsi rispettare da spregiati selvaggi. Questa circostanza mi fa quindi sospettare, che il palo in discorso, anziché il residuo di un foldo, possa essere quello di uno dei fortini , eretti appunto dai go- verni precedenti a difesa delle frontiere, verso il territorio occupato dagli Indiani li- beri; e tanto più dovrei inclinare a tale opinione, in quanto che in una delle carte di Martin De Moussy (quella del territorio indiano) veggo indicato in questa località un forte in progetto. — Dai miei compagni non poteva certo ottenere una risposta soddisfacente in proposito. : GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 409 Atuel, tenendo, in quanto alla sfilata, 1’ ordine già altrove indicato. In onta alla minore altezza delle acque, ci bagnammo di più che nel varcare il Tordillo, a causa del maggior impeto delle onde. Giunti oltre l’ultimo ramicello, a Nord, abbeverammo gli assetati animali, e quantunque sperassimo incontrare dell’acqua nel luogo prefisso per odierna tappa, pure per una precauzione, che non si deve mai trascu- rare in queste riarse contrade, empimmo di acqua le poche bottiglie del vino, tutte oramai vuotate. Indi, sormontato il colle boreale, calammo in una piccola valletta, apparentemente per ogni lato serrata da bassissime collinette. Valli simili, ove presentino 1’ occorrente pascolo, si chiamano potreros na- turales, poichè le colline vi fan le veci dello steccato o delle mura, che cingono i potreros fatti ad arte, e che servono, come ci è noto, allo stesso scopo. -— La vegetazione di questa valle somiglia a quella della riva sinistra dell’ Atuel. Quest oggi non incontrammo nessun Guanaco; invece, nell’attraversare in direzione a N. E. la valletta in discorso, potemmo scorgere da lungi alcuni 4vestruces (pron. 4ve- struzes) o struzzi di America, o Nandues (Rhea americana), i quali al nostro approssimare presero la fuga verso la orientale Pampa (4). In dieci minuti toccammo al bastione settentrionale, e varcatolo, scendemmo nel secondo scaglione pampeano, od andino, come vuolsi. À ponente, una bassa costa forma la testa del gradino superiore, ed il cammino ei conduceva sì poco da essa discosti, che delle monta- gne, le quali si inalzano gradatamente dietro la medesima, non po- tevamo scorgere fuorchè la Cordillera, e di questa soltanto le ca- nute creste. Le collinette a levante ben presto, dopo tre quarti di ora, degradano nella Gran Pampa; mentre i colli opposti continuano in senso a N. N. E., e poi a N. E., in direzione, dalla quale sempre più ci scostavamo, seguendo rombo ad E. N. E. — La flora da prin- cipio poco differisce da quella della valletta precedente, solo che il Retamo cresce a maggiori dimensioni, e vi aumenta il numero delle specie di Mimose irte di spine. Dopo breve tratto, a questa vegeta- (4) Questi Corridori si addomesticano con tutta facilità, di modo che, coll’ andare del tempo, l’ intera specie si troverà sotto il dominio dell’uomo, e scomparirà il tipo selvatico. 410 P. STROBEL, zione cespugliosa delle contrade aride subentra, per mezz’ ora, la flora dell’umida sponda destra del Rio Atuel; indi ritorna la primiera. Ar- rivali a questo riarso terreno, e vòlto lo sguardo ad oriente, ci si pre- sentò per la terza volta la Grande Pampa, ma non più entro ristretti limiti come per l’addietro, sibbene nella maestosa sua immensità. Cavaleai per un quarto d’ ora, immerso nella contemplazione di que- sto ‘imponente spettacolo, allorehè per una china di pochi metri di altezza calammo finalmente in quella austera pianura. La china con- sta di arena o, se vuolsi, di arenaria, che si sgretola fra le dita, di colore violetto, o rosa, o bianco. Inoltratici, per un quarto d’ora, nella Gran Pampa del Sud, sostam- mo, e prendemmo quartiere. Il terreno in giro produce abbondante- mente le erbe ed i cespugli caratteristici della Pampa cespugliosa, fra cui la nota Blanquilla, la Zampa, il Retamo cespuglioso, le Ja- rillas, specie di Terebintacee, che salutai tutti quali conoscenze di mesi fa, sebbene le ultime non mi fossero di troppo grata memoria. — A prima giunta non mi era accorto di un singolare fenomeno., nuovo per me in queste contrade, fenomeno dal quale i gauchos battezzarono la località, e che la fece scegliere dalla guida per tappa di questa notte. A due metri di profondità sotto la indicata arena, ed in direzione da O. ad E., scorre un ruscelletto sotterraneo (4), il quale soltanto in due punti vi mantiene communicazione coll’ e- sterno. Questi due fori (naturali?) distano l’uno dall’altro di un me- (4) Nelle quebradas della Sierra di Mendoza vidi più volte, sgorgando, apparire dei ‘ruscelletti, e poi, dopo breve corso, sprofondandosi nel terreno, scomparire. Questo @r- #°0y0 sotterraneo non sarebbe forse uno di cotali ruscelli delle occidentali Ande, il ‘quale va a dileguarsi nella Pampa ? Non si potrebbe, per avventura, cavare profitto «da tali fili d’acqua per irrigare praterie e campagne, anzichè lasciarli così disper- «dersi ed evaporare? — M. De Moussy va più oltre, e consiglia la canalizzazione di va- rii réos della provincia. In tale incontro asserisce che ii Rio Diamante, verso la fine «del secolo passato, cambiò il suo corso. Adducendo questo fatto, voglio prevenire even- ‘tuali ‘tacce di inesattezza, ove mai in seguito si trovasse che le mie indicazioni idro- “grafiche non corrispondessero alla futura realtà. Una simile diffida debbo naturalmente «estendere, e con più ragione, alle indicazioni dei sentieri, ove ne esistono realmente, poichè variabili ad ogni variare di condizioni idro-orografiche, ed a seconda dei biso- “gni e delle idee personali dei singoli mulattieri. Dei continui mutamenti sociali, che ‘avvengono in queste contrade, pel possesso delle quali sono in continua lotta due dif- ‘ferenti razze, ho diggia fatto cenno. GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC. 4A A tro circa: il superiore od occidentale, quadrato, misura a un di presso un metro; l’altro inferiore od orientale, sopra due metri e mezzo di lunghezza, presenta uno e mezzo di larghezza. È per questo che evvi accesso al ruscello, scendendovi da N. per un pendio molto ri- pido, formatosi nella rena, che disaggregandosi, si sprofonda e scom- pare man mano, esportata dalla corrente del medesimo; e per tale buco ci provvedemmo della bibita necessaria. Il ruscello porta il no- me di Acqua caliente, e con questa denominazione viene pure in- dicato nella carta disegnata dal chileno Don Santiago Arcos (1). E probabilmente fu così chiamato l’ arroyo, perchè nell’inverno, scor- rendo solto terra, l’acqua sua manterrà una temperatura più calda di quella dell’aria esterna. Nello stellato cielo splendeva la crescente luna, illuminando palli- damente la superba scena, che, seduto sulla mal concia mia valigia, entusiasticamente contemplava. A S. E. limita l’ orizzonte il nominato Cerro Nevado, colla serie di monti, che dal suo fianco si estendono verso il N. ed alla mia sinistra. Esso di tanto in tanto fa udire delle detonazioni, precedute da rombo, che i naturali paragonano al mug- gito di ardente od irato e pericoloso toro, e per tale similitudine poetica, tolta dalla loro vita pastorale, dicono che quel vulcano bdra- ma (2). A tergo, la occidentale china, dalla quale eravamo scesi, mentre ci accordava rifugio contro l’importuno ventaccio, ci nascon- deva la già descritta scalinata di eminenze, dalle basse colline. del- l’altipiano o della pampa elevata, insino alle cime Andine. Tra il margine orientale di questo altipiano e la catena del Nevado, stendesi una pianura sterminata, coperta dall’ accennata monotona vegetazione, dalla tinta grigiastra verdognola indecisa, e quasi priva di vita, più imponente per la vastità, che attraente per la vaghezza e la varietà delle forme e de’ colori, atta più ad abbattere, che ad (£) Questa carta mi fu gentilmente prestata dal distinto letterato e poeta argentino: 1’ italiunofilo Don Juan Maria Guttierez, attuale rettore della Università di Buenos: Ayres. (2) «Lo si ritiene per un vulcano, dietro la natura delle lave ammonticchiate sui suoi versanti, dietro il fumo ché lo incorona assai sovente, e le detonazioni che vi sk odono qualche volta, detonazioni che rimbombano, assicurasi, fino al forte San Rafael.» M. De Moussy, opera cit. II. pag. 447. 412 P. STROBEL, esilarare lo spirito. Mi son trovato più e più volte affatto solo su ta- luna cima delle Alpi, nel silenzio il più profondo di que’rupestri o nevosi recessi: una sensazione sublime, placida, dolce mi rapiva. Al- l'Acqua caliente, sebbene in quell’istante, per una estensione di centinaja di chilometri quadrati, noi tre fossimo probabilmente gli uni- ci rappresentanti della specie umana, pure non era isolato. Ciò non pertanto, mi sentiva piuttosto oppresso da meditazioni melanconiche, che esaltato da entusiasmo. Queste differenti sensazioni, prodotte da grandiosi, ma diversi spettacoli della natura , convengono però in un punto: nel senso dell’isolamento, e ciò non ostante della possanza e superiorità dell’uomo. — Si accese un gran fuoco, chè il combu-. stibile non mancava questa sera, e fu un vero falò, poichè la fiamma, col suo chiarore e schioppettio, consola, ravviva, rallegra; tanto è ciò vero, che gli Argentini, come i Napoletani, fanno gran uso di fuochi di gioja e di artifizio nelle non infrequenti Toro feste. Ma pur troppo, alla prima impressione di gioja succede sempre la gelida riflessione. Intorno al fuoco, assisi o sdrajati, conversavano in modo a me ininteligibile i due Chilesi; la luce rossigna, "qa su quei volti incogniti, quindi sempre sospetti, li alterava fantasticamente, e ‘ destando la proclive fantasia, aumentava i miei timori sul conto loro, tanto più che il Quiroga caricò, tra un pater ed un ave, le pistole, che partendo da Curicò, con modi misteriosi, si avea fatto prestare da un suo conoscente. Però riflettendo che, se egli effettivamente nu- ‘trisse prave intenzioni, mi avrebbe potuto gettare ed affogare nel- l’ Atuel, senza eccitare contro di sè il menomo sopetto, mi acquietai, e scacciai quei tristi pensieri. — Ma altri sopravvennero, non me- no inquietanti. Mi .domandai, se per avventura il nostro fuoco non avesse poluto attirare su di noi gli sguardi ed i passi di qualche lon- tana /ndiada o truppa di Indiani (1), desiderosi e pronti a mutare (1) M. De Mousssy (op. cit. III, pag. 444), asserisce che quasi tutta Ja regione al Sud del Diamante, dieci anni sono, era occupata dagli Indiani; che la valle dell’ A- tuel era frequentata dagli Indiani Pehuenches (pron. Peuences) ed Araucani (op. cit. 1, pag. 463); e che pel passo del Planchon gli Indiani Ranqueles (pron. Rancheles) con- ducevano nel Chili la quasi totalità del bestiame, che rubavano nelle campagne di Buenos Ayres; mentre gli Argentini non seguivano questa via, a motivo della man- canza totale di popolazioni, oltre quelle delle tribù indiane sopra accennate (op. cit., I, GITA DAL PASSO DEL PLANCHON, ECC, 445 il nostro fuoco di allegria in pira di distruzione. Acutissima è la vi- sta di questi selvaggi, e rapida, come il lampo, la corsa dei loro ru- bati destrieri; e fin dove, guizzando sopra una pianura, non giunge di notte la luce di una fiannma!? Se gli Indii non avessero adottato, pel diritto di reciprocità, il malcostume di uccidere gli uomini, ri- sparmiando solo e conducendo seco le donne ed i fanciulli, avrei quasi desiderato la loro venuta, chè avrei potuto studiarli in casa loro, fosse pure anco come prigioniero. Ma, sapendo bene che non saremmo stati risparmiati, nè avendo noi tre, armi sufficienti per poter- ci difendere da una trentina o più di tali demonii, preferiva di non farne la personale conoscenza, accontentandomi solo del possesso dei teschi di due di loro, i quali eran caduti in uno scontro avuto colla truppa argentina, nella invasione da essi eseguita, nel novembre scorso (1865), oltre la frontiera meridionale della provincia di San Luis (1). Ambo i teschi si rassomigliano, persino nel maggiore svi- luppo del parietale sinistro a paragone col destro, ciò che dà al cra- nio, visto dal dissopra, una impronta di assimetria; differiscono un poco nel volume. Stanno tra il tipo drachicefalo ed il ciclocefalo; però si avvicinano molto più al primo, del quale il teschio della razza russa è un tipico rappresentante, mentre il Tartaro presenta invece ben espressi i caratteri della cicloce/alia (2). Per la forma del cra- pag. 195). Però attualmente, sembra che le medesime siansi ritirate più verso il Sud e l’ Est, e mantengano le loro buone relazioni cogli Araucani del Chilì per il passo di Antuco e per gli altri varchi delle Ande, ancor più meridionali e più bassi del medesimo. Il passo del Planchon è però tuttora poco frequentato dai Chilesi, e meno ancora dagli Argentini, e per gli stessi motivi, cioè per la poca sicurezza e specialmente per la mancanza assoluta di qualsiasi abituro, dal Peral in Chilì a las — Animas, al Rio Salado, ossia per quattro giorni di cammino, e da queste capanne di pastori (forse nè meno abitate durante tutto l’ anno) sino poco lungi da San Rafael o da San Juan, vale a dire per altri due v più giorni, secondo la direzione che si prende. (4) Debbo questi ed altri oggetti, preziosi per la Craniologia e la Etnografia an- tica, alla squisita gentilezza del signor governatore di quella provincia, Don Justo Darack. Esternatogli il mio desiderio di procurarmi dei teschi di Indiani della Pampa, inviò sul luogo della scaramuccia uno dei militi che combatté in essa, il quale tagliò quelle due teste dai cadaveri colà abbandonati, e me le consegnò, tuttora coperte in parte dalla pelle disseccata e dai neri, diritti e fini capelli; mancavan di barba. (2) BaeR und WacneRr. — Bericht ueber die zusammenkunft einiger Anthropologen in Goettingen; Leipzig, 4864. Figure I e Il. 41 P, STROBEL, GITA DAL PASSO DEL PLANCHON. ECC, nio, e specialmente della parte occipitale, si accostano al tipo di Di- sentis (forma alemanna); ma per la strettezza della faccia, lo svi- luppo degli archi sopracigliari, e la inserzione profonda della radice nasale, più si rassomigliano al tipo di Sion (forma elvetica antica) (4). L’intera fiducia nella. propizia stella, che sinora, in ogni evento, mi avea condotto a sicuro porto, fece dileguare dalla mia immaginazione anche questa seconda nube di paura, per lasciarmi immergere in un «mare di filantropici pensieri, i quali, per associazione di idee dagli In- ‘ diani, che si vanno cacciando e distruggendo quali belve feroci nel N., e per imitazione necessaria anco nel Sud di America, mi corda agli schiavi negri del costituzionale impero del Brasile, che per lo stesso motivo del maggior comodo e tornaconto si demoralizzano ed abbrutiscono a studio, per potere poi gridare che non si può civiliz- zarli. Questi sono delitti di lesa umanità; anzichè distruggere mo- ralmente e fisicamente le razze umane meno avvantaggiate, abbiamo l'obbligo sacrosanto di educarle e migliorarle, fosse pure, se non al- tro, incrociandole. Dalle riffessioni sulla schiavitù fui condotto, senza accorgermi, alle osservazioni sull’istituto della Massoneria; e qui cadrebbero in ac- concio alcune parole di lode o di biasimo sulle leggi argentine, se non fossi obbligato a tenermi in questa memoria entro i limiti di una relazione preliminare. (La contin. e la fine in un prossimo fase.) (1) RuirimevER und Hiss. — Schaedel-tipen der Schweiz. Figure IV e I. Il signor ingegnere Alfredo Tatti, milanese, ebbe la- bontà di eseguire la fotogra- fia di uno di questi teschi, veduto da quattro parti, e nella grandezza delle figure dei citati autori; e di fronte, pel paragone, mi rappresentò , nello stesso modo ed in iscala eguale, il teschio decisamente dolicocefalo di un soldato Paraguayo, meticcio Guarany spagnuolo, morto nello spedale militare di Buenos Ayres, gentilmente favo- ritomi dal signor dottore Don Angel Gallardo (pron. Gagliardo), porteno (pron. porte- gno), ossia nativo della detta capitale della Repubblica Argentina. — Veggasi |’ unita tavola litografata. ibel=Gita dal Passo del Planchon ecc. Atti della Soc®* Ital*di Sc Nat Vol IXTav.4 È b> sai nu 4 anni enti I. Ronchi Lit. 44 Teschio diSoldato Faraguayo I-& Ieschio diIndiano meetrecto livara 104 della Lurpa AA SUA della Provincia diSan Lis. ur ALTRE OSSERVAZIONI SULLE ROCCIE DEI DINTORNI DI MORBEGNO Comunicazione del Socio &. B. VILLA (Seduta 25 novembre 1866.) Terminate le mie peregrinazioni nei dintorni di Morbegno, eredo far cosa grata a coloro che si applicano allo studio della geologia lombarda, il far noto il risultato delle mie ulteriori osservazioni, fatte in aggiunta a quanto comunicai a codesta Società colla mia lettera del primo gennajo anno corrente, ed a quanto venne esposto da mio fratello a questa Società istessa nella seduta del 27 maggio passato (1). Percorsi anche il monte Spluga di Traona rimpetto a Morbegno, fin quasi sulla più alta cima, cioè sul versante orientale dalla parte della valle del Masino sopra Civo, e da quella meridionale sopra Civo, prati di Peouira e Pra-succ (prati asciutti), e vi trovai costan- temente le stesse successioni di talcoschisto , micaschisto ecc., come negli altri luoghi già indicati in addietro, e dappoi la sienite fino sulle cime, sempre variante, più o meno carica d’ amfibolo, e costi- tuente talvolta anche il così detto ghiandone. Nel versante meridio- nale dello stesso monte fino a due terzi di elevatezza vi osservai dei grossi massi di una bella varietà di serpentino compatto, i quali (4) Vedasi, Atti della Società Italiana di scienze naturali, vol. IX, fasc. 1, pag. 24 e 233. — Giormale dell’Ingegnere Architetto ed Agronomo, anno XIV, marzo pag. 187, e luglio pag. 449. — La Valtellina, giornale provinciale, anno VI, num. 258. 446 G B. VILLA, non mi sembrerebbero portati da lontani ghiaccia}, non essendo misti ad altre roccie che a pezzi di sienite identica a quella in posto] sic- chè io crederei piuttosto, che vi possa essere in qualche angolo una emersione di tale roccia, benchè non mi sia stato dato di rinvenirla in posto. Spinsi le mie investigazioni più addentro, nella valle del Masino, e mi inoltrai al di là del monte Ligoncio e del monte d'Oro, oltre i Bagni, sul monte Porcellizzo fino sotto le ghiacciaje, c trovai ovun- que tutte le varietà di roccie granitiche più o meno amfiboliche, ma non mi fu possibile rinvenire la varietà orbiculare analoga al granito Napoleone di Corsica, della quale ha già parlato mio fratello nella seduta del 27 maggio, ed ha mostrato il magnifico pezzo da me acquistato da un alpigiano di Mello, il quale lo aveva trovato sopra l’alpe di Livincina per andare alle vedrette del passo di Zocca, in un luogo di assai difficile accesso anche agli stessi cacciatori di camosci. Feci molte altre escursioni in compagnia dell’ egregio signor inge- gnere Anselmetti di Ciriè, specialmente oltre il Dosso Chierici , ove verificai che la puddinga rossa e verde coi soliti schisti, trovansi nel fondo della valle del Bitto d’Albaredo, soltanto dalla parte occiden- tale presso il passo di San Marco; io non mi avanzai oltre Cà di San Marco giù per la Valle Brembana, ove il professore Studer nella sua carta, nota un ammasso di calcare; ma verificai solamente che in quella località, dalla parte occidentale verso la Bocchetta di Bomino, incomincia subito la detta puddinga rossa e verde coi soliti schisti, i quali trovansi molto sviluppati al di là del laghetto nella valle di Bomino, ed anzi sulla strada che ascende alla forcelletta di - Pescegallo vi sono raccolti ed esportati per farae coti. Alla forcelletta | di Pescegallo poi si scorge una corona di tante cime bizzarre domi- nanti quelle squallide valli, le quali sembrano tutte costituite dalla puddinga rossa e verde, ma nulla si trova in esse di singolare : solo verso il lago di Pescegallo rinvenni un grosso filone di ferro ocraceo, il quale probabilmente contiene anche manganese. In questa valle (che io percorsi diverse volte anche verso il Pizzo della Luna fino a Fenile, e che sbocca a Piazza di Gerola in un con quella di Trona ALTRE OSSERVAZIONI SULLE ROCCIE DEI DINTORNI DI MORBEGNO, 417 sotto il Pizzo dei tre Signori) rinviensi la suddetta puddinga rossa e verde coi soliti schisti, ma ne osservai, sui dorsi dei monti, diversi massi staccati, che mi sembrerebbero appartenere piuttosto alla pud- dinga rossa superiore (riferita da alcuni al così detto Verrucano), e che non trovai in posto in questi luoghi; così pure diversi massi ne osservai a Piantina di sopra a Cosio, i quali sembrano staccati dalle cime che coronano la cresta della valle della Lesina sopra Delebio, rivolta ad oriente, giacchè la cima di Cosio l’ ho trovata costituita di solo micaschisto, ed il versante occidentale della detta valle della - Lesina a monte Mezzana, perlustrato altre volte da mio fratello, fu trovato pure di micaschisto in alto, e talcoschisto più al basso, senza traccia veruna di puddinga. La puddinga di tutte le località indicate presso Morbegno varia assai, non solo per compattezza, ma anche per colorito, e per la grossezza dei ciottoli. Essa è adoperata soltanto per costruzione di muricci e far massi da fabbrica, ma le varietà contenenti maggior quantità di rocce magnesiache sono meno buone. In alcuni paesi vi si adopera anche per costruire macine da mulino. I pezzi migliori però sono quelli coi ciottoli silicei e quarzosi, alcuni dei quali, per la Joro durezza e vaghezza di colorito, potrebbero essere lavorati quali oggetti d’ ornamento. Ciò è tutto quello che posso aggiungere alle due sopraindicate note, in quanto ad osservazioni geognostiche e geologiche. Relativa- mente poi alle raccolte ed osservazioni entemologiche e malacologi- che, mi riserbo ad altra occasione a darne un cenno, quando insieme a mio fratello ne avrò coordinato il materiale. Como, 41 novembre 1866, Vol. IX. 97 DI UNA MINIERA DI PIRROTINA NICHELIFERA DI LOCARNO (VAL SESIA) Lettera dell’Ingegnere MONTEFIORI al Socio Commendatore QUINTINO SELLA (con due tavole) Mon cher Sella Vous m’avez encouragé à rédiger un travail sur la Mine de Nickel de Locarno (Val Sesia), à la cultivation de laquelle j'ai tourné mon attention depuis deux ans, et, fort de votre encouragement, je me serais peut-étre mis à l’oeuvre, bien que je considère ce travail comme audessus des mes forces sous le point de vue qui, seul, devait intéres- ser la réunion scientifique, à l’attention de laquelle ce travail serait destiné, c'est à dire, quant à l’origine du dépòt et à sa liaison avec les roches qui la contiennent. Je regrette cependant que le temp me fasse absolument défaut pour entreprendre un travail semblable, mais, désirant remplir autant qu'il est en mon pouvoir la promesse que je vous ai faite, et bien que, à mon grand regret, je ne puisse assister personellement à une réunion, où je me fus trouvé honoré d’interve- nir, je vous transmets un plan de notre mine, et j"y joins quelques notes explicatives et une série d’échantillons, nécessaires pour se faire une idée du gisement; jetez-y, je vous prie, un coup d’eil, et si, incomplètes et decousues, comme elles le sont, vous jugez cepen- dant qu’elles peuvent présenter quelqu’intérèt, ayez la bonté, je vous prie, d’en donner connaissance à l’assemblée savante, qui va se réunir sous votre présidence. “ MONTEFIORI , DI UNA MINIERA DI PIRROTINA NICHELIFERA. 449 La vallée du Sesia, dans toute son étendue, confirme admirable- ment l’observation de Breithaupt relativement aux gîisements du Nickel; car, en effet, cette vallée est formée de schistes amphiboli- ques et de diorites, dans lesquelles la proportion d’amphibole est naturellement d’autant plus variable. que si on peut leur attribuer les noms génériques ci-dessus, en réalité on trouve non seulement la diorite proprement dite, mais encore la syénite, le granit et toute la série innombrable des roches formées par la réunion en proportions variables et avec des structures non moins diverses, de l’amphibole, du mica, du quarz et du feldspath (orthose et albite). Or, les indices de l’éxistence du fer sulfuré, sont très-nombreux dans toute l’éxtension de la vallée, et partout où abonde l’amphi- bole, l’analyse démontre dans ces sulfures l’éxistence du nickel. Ce fait interéssant a été démontré par des analyses repétées, exécutées, je crois pouvoir dire sans la moindre exagération, sur des échantil- lons de plus de soixante provenances diverses, et, bien que ce ne soit que dans un seul cas, outre celui de la mine en considération, que le minerai se soit présenté avec une teneur en nickel suffisante pour permettre l’extraction avec bénéfice de ce métal, il n’en est pas moins un fait indubitable que partout où on a rencontré des pyrites de fer dans l’amphibole, cette pyrite contenait du nickel, rarement moins de 4), pour cent, plus rarement encore plus de 2 pour cent. La mine de la Balma est située sur le Monte Castello, audessus du village de Locarno, et à une hauteur de 1028 méètres audessus de Varallo, dont elle est distante de 4 ‘'/3 heures de marche. Le minerai se compose d’une pyrite magnétique à un équivalent de soufre, renfermant du sulfure de nickel répandu dans toute la masse et pour ainsi dire en dissolution; cependant ce sulfure de nickel, étant peu ou point magnétique, peut ètre séparé jusqu’à un certain point par le moyen de l’aimant; en outre le minerai contient du sulfure jaune de cuivre, répandu d’une facon très-inégale, souvent en rognons de un décimètre et plus de diamètre (voîr échantillon n.° 4), d’autre fois en mouches, mais bien distinctes de la masse de pyrite magnéti- que, de telle sorte que, si l’on peut éliminer complètement toutes les taches jaunes d’un échantillon, on obtient à l’analyse une trace seule- 420 MONTEFIORE, ment de cuivre. Enfin le minerai pur se distingue en deux classes très-distinctes: ni ù 1.° Celui représenté par la partie pure de l’échantillon n.° 2, è faceltes brillantes plus ou moins développées et contenant toujours des cristaux (généralement arrondis aux angles) de fer oxidulé, d’une dimension variable ordinairement entre une téte d’épingle et un mil- limètre de diaméètre; quelques fois aussi des cristaux d’amphibole. (Cependant les cristanx de fer oxidulé sont parfois très-développés, et atteignent un diamètre de 6 à 8 millimètres, comme on le voit par l’échantillon n.° 3. Dans ce cas il arrive souvent que, si on brise un tel cristal, on trouvera que sa composition n’est pas homogène, mais qu'il est formé d’une enveloppe de fer oxidulé et d’un noyau central de pirrotine, ou plus souvent de sulfare de cuivre.) 2.° Le minerai à grains fins aciéreux (voir échantillon n.° 4), ne contenant presque jamais de cristaux de fer oxidulé, ou seulement quelque cristal isolé, ainsi qu'on le voit dans l’échantillon n.° 4. La roche encaissante est une diorite, dont les éléments constitutifs varient dans de très-larges limites, ainsi qu'on peut le voir par l’examen des divers échantillons; quelquefois on y trouve des ro- gnons de quarz ou d’amphibole (voîr échantillons n.° 8 et 6); d’autres fois de grands cristaux de feldspath (voir échantillon n.° 7); quelques fois on y rencontre du chlorite, da tale, des très-petits cristaux de grenat, etc. Tantòt l’amphibole est en grand excès, tantòt elle dispa- rait et laisse des eurites, renfermant souvent des masses chloriteuses. En me bornant à ces quelques indications minéralogiques, qui seront complétées par l’examen des échantillons, je passe à une description succinte du gîsement, et pour cela je dois altirer votre attention sur le plan de la mine, qui ne peut donner cependant qu’une idée très incomplète de la conformation, par suite de l’excessive irrégularité du gîsement et par conséquence des travaux d’éxploitàtion et de recherche. J'ai cru ne pouvoir mieux faire que de complèter partiel- lement ce qui pouvait manquer dans le plan par une série de sections diverses prises à des époques différentes et sur différents points des travaux. L’amas principal du minerai se trouvait affleurer, et a néeessité DI UNA MINIERA DI PIRROTINA NICHELIFERA. 424 pour son éxploitation l’abatage d’un volume très considérable de roche stérile, car, après èire entré avec une galerie sur le minerai, à mesure que l’on poursuivait un abatage, la masse se coutournaits revenait sur elle méme à un niveau supérieur, rejetait des branches à droite et à gauche, et rendait de cette facon impossible toute éxploitation régulière, toute organisation d’abatage; ce n'est qu’en enlevant d’emblée la roche, que Ion a pu éxtraire toute la partie utile de minerai. Cette zòne principale avait à peu près la forme d’une poire, haute de 9"30, large de % à 410%, et d’une longueur d’une trentaine de mètres; mais, arrivé à cette extremité, le minerai a disparu à la rencontre de ce qui paraissait étre une faille, sur la- quelle on a poussé sans succès des recherches en divers sens. Je dis que cela paraissait ètre une faille, car en effet une connaissance plus étendue de la mine me porte è croire que, dans la plupart des cas, ce qui nous paraissait dans l'origine étre des failles, n’étaient en réalité que des clivages de refroidissement; et dans ce cas cela était d’autant plus évident, que nous avons retrouvé par derriére le filon nettement dessiné, présentant en certains endroits une salbande (voîr échantillon n.° 8), et nous l’avens poursuivi sur une longeur de 49 mètres, toujours accompagné par de pelites tàches de minerai, lesquelles à un endroit (A sur le plan I) se sont augmentées sur une fente à droite, de manière à nous induire à le poursuivre, mais sans aucun succès. Enfin cette galerie de recherche a du étre abandonnée par suite du prix élevé (environ fr. 150 par mètre courant) du travail dans ces roches. Pendant ce temps on poussait les travaux dans les diverses directions indiquées surle plan, etcomme il serait peu intéressant de détailler individuellement chacune des recherches et des abatages, je me contenterai d’en indiquer une seule, pouvant servir de type, car presque toutes se sont comportées de la mème facon. | Dans le plan II se trouve une série de croquis n.° 4, représentant un travail fait pendant l’année 1837 et représentant l’état de l’avan- cement à des espaces d’environ 1"50. Une branche du minerai se détache de la masse centrale dans ùne direction quelconque. Ce mi- nerai est assez pur, renferme quelque fois des blocs isolés, plus’ au 4292 MONTEFIORI, moins grands, de la roche encaissante; à mesure que l’on avance, la veine s'élargit ou se retrécit, dans des proportions généralement peu étendues; au bout d’un certain temps elle devient irrégulière, se - retrécit graduellement, il se trouve dans la roche encaissante de petites poches de minerai, le filon se partage en deux ou plusieures branches; et si celles-ci ne viennent pas se terminer contre une surface croisanfe, ces branches, comme le montre la série des eroquis, vont en s'ammincissant, disparaissent, sont succédées par quelques poches isolées et de plus en plus petites de minerai, et enfin toute trace de celui-ci disparait. La série n.° 2 de croquis représente un abatage de la mème branche à un niveau différènt et se comportant de la mème manière. Un phénomène remarquable est présenté en beaucoup d’endroits par le sulfure de cuivre; il n’est pas rare, lorsqu'il y a une salbande entre le minerai et la roche, de trouver le sulfure de cuivre (quel- que fois mélangé de pyrite de fer non magnétique) concentré. contre cette salbande, soit en une couche (comme dans l’échantillon n.° 4), soit en mouches rapprochées (comme dans l’échantillon n.° 2); et l’expérience nous a démontré que lorsqu@'une branche de minerai se transforme entièrement ou presqu’entièrement en sulfure de cuivre, eHe est complètement terminée, et il est inutile de la poursuivre dans l’espoir d’un élargissement ultérieur. L’allure du filon, que j'ai décrit ci-dessus, n’est cependant pas sans exception; ainsi les figures n.° 4 du plan II montrent une vue de face et une section d’un travail où le minerai mélangé de roche présen- tait une section trapézoidale circonscrit par quatre plans; — en s’en- foncant, le minerai était de plus en plus remplacé par la gangue et on est arrivé ainsi successivement jusqu’à la roche. Enfin il s'est présenté des irrégularités extraordinaires: le minerai se trouvait en blocs anguleux, séparés par la roche pure (comme le représentent les sections n.° 3 du plan Il), mais mème dans ce cas on trouvait toujours une liaison, souvent sous forme d’un fil très- mince, entre la masse principale et ces blocs. Aux sections ci-dessus j'ai ajouté trois autres représentant les pha- ses successives d’un travail, qui se poursuit actuellement. Une petite DI UNA MINIERA DI PIRROTINA NICHELIFERA, 423 veine presque verticale de minerai a été trouvée dans le sol d’une galérie en dessous de l’emplacement de la masse principale ; bientòt l’inclinaison changeait; la veine, en augmentant, devenait moins in- clinée, et actuellement eîle a une section fenticulaire et presqu’ho- rizontale, et par son milieu se rattache à la masse principale. Parfois aussi la veine se repliait pour poursuivre dans une dire- etion perpendiculaire, ou à peu près, à sa direction d’origine. Dans le plus grand nombre des cas le minerai pur se trouvait en contact avec la roche pure, présentant souvent un.toit et un mur, comme dans l’échantillon n.° 4; d'autres fois le minerai et la gangue, en bandes dictinetes et bien tranchées, ne pouvaient ètre détachées l’un de l’autre, et de ceci l’échantillon n.° 9 donne un bel exemple; parfois, de plus, il arrivait, comme dans cet échantillon, que le mi- nerai formait le milieu d’un filon ayant pour salbande de la diorite. Lorsque la masse minérale se trouvait en contact de roches à gros cristaux, il arrivait quelquefois qu'il remplissait les intervalles de ces cristaux, jusqu’à une certaine distance (voir échantillon n.° 7). Enfin dans un certain nombre de cas, et mème fréquemment, se pré- sentait le phénomène que j'ai décrit plus haut: le minerai se mélan- geait de roche, dont la proportion allait en s’augmentant jusqu’à la disparition de la pyrite magnétique. Nous n’avons jamais pu constater par ses effets de déplacement la présence d'une faille veritable; cependant dans certains endroits on a pu remarquer l’éxistence de failles, ainsi que le démontre l’échan- tillon n.° 10, où la surface polie et striée de la pyrite magnétique , ne peut étre attribuée, me semble-t-il, qu'au glissement produit par un phénomène semblable. J'espère que ces details succints suffiront pour permettre de se former une idée générale de ce singulier gisement, et pour justifier dans une certaine mesure l’hypothèse, que je me hasarde à mettre en avant, sur le mode de sa formation. Il me parait que la masse diori- tique, ayant été soumise par quelque cause spéciale à un refroidisse- ment brusquè ou inégal en un endroit, a subi un retrait, qui a causé la formation d’un réseau entrelacé d’ouvertures dans toutes les di- rections, une éjection de pirrotine étant produite de l’intérieur de la 424 MONTEFIORI , eroute . terrestre, se sera rencontrée avec ce vide; on peut mème s'imaginer qu’elle y aura été dirigée par une ouverture principale de retrait, celle dont nous retrouvons.la trace, et que nous avons poursuivi assez loin. Cette masse, arrivant sous une très forte pression, aura rempli le. vide principal et aura été injectée dans toutes les ramifications, mème les plus déliées, et. ceci expliquerait la. dire- etion dans tous les sens des diverses branches, leur irrégularité, leur terminaison soit par amincissement, soit brusquement par la rencon- tre d’une surface terminale , et enfin leur recourbement brusque. L'introduction des masses isolées de roche, dans le corps de la masse minérale , serait aussi une conséquence naturelle de ce mode de formation. Ce qui est moins aisément compréhensible dans cette hypothèse, est le mélange occasionnel, méme fréquent, de minerai et de roche; imais encore là, et vu la nature et la composilion variable. de la roche, et par conséquent les degrés très-variables de fusibilité et. de stabilité de ses éléments, nous pouvons nous demander si par cela méme il ne serait pas possible que certaines parties pouvaient se fondre, se ramollir ou se décomposer au contact de la masse. métal- lique fondue, qui sous une forte pression pouvait atteindre une tem- pérature très-élevée et devait donner lieu par là à des. mélanges plus ou moins intimes. Je suis loin de vouloir donner cette solution du problème comme la seule possible, comme la solution véritable, mais je ne puis ter- miner sans répondre d’avance, par un argument très-sérieux, ne res- sortant pas de ce qui a été dit plus haut, à l’opinion de la formation simultanée et par voie de concentration, du dépòt minéral et de la roche. C'est que non seulement dans toute la Val Sesia on trouve les pirrotines pauvres en nickel, mais encore, dans les limites. mémes de notre concession, à quelques centaines de mètres de la mine de la Balma, on a trouvé d’autres dépòts semblables, mais la téneur.en nickel y est toujours audessous. de 2 pour cent; or, si ces dépòts étaient formés par concentration dans une méme roche et à un méme endroit, n°y trouverait-on pas. en toute probabilité une téneur au moins très rapprochée? INI zi 3 TX YU Ti a ltage:SBano = QIll| e ea = È TI £ Iomblais N Sira «A RE SÒ NERA ) SS cf dA È x NS N xa A VAI, LAZÀ Ù = RR x x 3 AS TRS, IRIS 2 = NS IS, \ER NAS iù TS \ L SÒ 39 dn INENI SR Na a IS $ N ò IN È IMIVEVOSUZZAO Z0 20 SO 40 277, 60 vo uH+4 H i di È } Métres. fefiori Miniera ecc. sa | Atti della Soc.it.dr. Sc.nat. VoL.1X Tav:0. D] i Ab allage od. Sodi cen/ A 857 1 =U SAyvrili 24 Avril 4 Jen 1% Irllet TI SviaUet DA. Sept. 1S3 H (17 A Z9Mars 1857 Lug (Ut allag Berti I Mmivenu I diffe rent We /157 17 Ostobre ana È /4-Xeo. 28. VADA 3 Dec 185% k 4 : {N 1 OT Ò ) . is 720.0 . rando DIL Polito Galerie intermbidiaice 7 4 ZAR 1, AL, £ 5 ella, alerce ifescecete PRA (CA 1SÎ7 10 Octobr/ 185) DI n # - CCA AAA LIA VAI ALLARGA PAIA HM Rechewche i SE n = dt È ni i DI UNA MINIERA DI PIROTTINA NICHELIFERA, 425 Je ne puis qu'exprimer de nouveau mes regrets de ne pouvoir assister à la réunion, à fin d’étre en mesure de fournir de plus am- ples détails, aptes à amener une solution du problème, et que je ne puis donner dans les limites, que je me suis forcément posées. Agréez, mon cher Sella, l’assurance de mon dévouement affeclueux. Turin, le 30 adut 1864. MONTEFIORI LEVI. SOPRA UN FENOMENO DEL TERRENO GLACIALE DI VERGIATO Lettera del Socio Ing. A. GENTILLI al Segretario A. STOPPANI (con una tavola) Milan, 23 décembre 18658. Monsieur En creusant le souterrain de Vergiato dans les collines dites « il gruppetto » l’ingénieur chargé de la surveillance, M. Faccioli, eut soin d’indiquer les inclinaisons des differentes couches, qu’on ren- contra dans les puits de service et dans la galerie méme. Or, le profil longitudinal du travail, sur lequel, outre le contour exacte de la surface du sol, on a tracé ces couches avec leur epais- seur et inclinaison réelle, offre un frappant parallélisme entre la ligne extérieure du terrain et les lignes de séparation des diverses assises. La position des collines du « gruppetto » en proximité du bassin du Lac Majeur, qui a été le lit d'un immense glacier ancien, la con- formation de ces collines, la qualité des matières dont elles sont for- mées et les nombreux blocs erratiques, dont elles sont parsémées à leur surface et à l’interieur, mettent hors de doute que ces collines soient de moraines; le parallélisme des couches, en vue de la nature morainique des collines, me semble done un fait qui mérite d’ètre signalé; quoique je serais embarassé si je devais fournir l’interpréta- tion exacte de ce phénomène. Sont-ce des tas, qui ont été deposés isolément aux différentes époques d’arrét du glacier et qui se sont _———————— è TR I phenomòne 6laciaire etc. Ai della Società it di Scmat. Vol IX. Tav. VII. Treno vegetate. ess Agila; lilta) scorrevole) . Argilla; Uilta ro ciottoli (compatta4) degli gioigia dll Galesi 74 di ale” Lia Gallarate! Sesto! Calende) Argilta), litta/ 0 sabbea: S Eodi lrqgilta/ conoato soliste di sabbia: 0 i TEA DÈ ea Massi errati di granito. Ù 9° È de N DA SA S x È ASTE n SS È Lunghezzo0 0003 permetro 3 Mozzo 00025 permetro 7 LN Ere #_7_7_SNN A. GENTILL!, SOPRA UN FENOMENO DEL TERRENO GLACIALE DI VERGIATO. 427 fondus? Mais ceci n'éxpliquerait que l’étrange contournement des assises, sans nous éclaircir sur la cause de leur parallélisme, qui n'est pas moins étrange lorsqu'on songe au desordre habituel des dépòts morainiques. Qu bien ces collines représentent-elles la moraine de fond corré- spondante à une mème extension du glacier, qui se serait modelé exactement sur le contour du soussol rocheux et aurait déposé paral- lélement à sa base ces couches alternantes de glaise, de gravier et de sable, melées en masses compactes et épaisses, ou isolées, incohé- rentes et en nappes minces? Si vous jugez ce fait apte à jéter quelque lumière sur la question interessante des anciens glaciers, je vous prie de l’insérer à titre de « Note » dans les Actes de la So- ciètè Italienne des sciences naturelles. Veuillez agréer, M. le Professeur, l’assurance de ma haute éstime. Ing. A. GenmiLu. ESPERIENZE ELETTRICHE SULLE SORGENTI SULFURFE DI FORNOVO NELLA PROVINCIA DI PARMA Lettera del Padre Barnabita T. BERTELLI al prof. MARCO PAOLINI a Bologna Chiarissimo signor Professore, Vengo finalmente a sdebitarmi con Lei, per quanto mi è possibile, della promessa che le feci, da Lei accolta con tanta gentilezza, di darle conto delle ulteriori esperienze elettriche da me fatte sulle ac- que sulfuree di Fornovo nella provincia di Parma. Mi dispiace solo che incomodi di salute non mi abbiano permesso di estendere ad al- tre sorgenti minerali queste ricerche. Ecco dunque la serie di espe- rienze che, in queste vacanze autunnali, insieme coi giovani nostri alunni, ho potuto eseguire, e le deduzioni che ne ho ricavato: 1? SERIE. Ho preso due lastrine di platino, che ho congiunte per fili di ra- me coperto di seta ad uri galvanometro ad ago astatico: una di esse l’ ho alquanto introdotta nel tubo (di terra cotta) d'onde sgorga l'ac- qua sulfurea dal pozzetto, 1’ altra nell’ acqua del Rio vicino; questa aveva una temperatura superiore di 8 gradi centigradi a quella della T. BERTELLI, ESPERIENZE ELETTRICHE SULLE SORGENTI, ECC, 129 sorgente, ed una corrente elettrica di 7 gradi e mezzo circa si ma- nifestava nel galvanometro, diretta dal Rio alla sorgente. Ho però os- servato ripetutamente che, sostituendo al tubo di sgorgo di terra cotta un tubo di ferro, la corrente si riduce ad un grado e mezzo circa, e ciò avviene quando il platino è isolato dal ferro, che, in caso contrario, si ha invece una corrente fortissima, dovuta semplicemente all'elemento voltaico formato dai due metalli. — Ritengo quindi uti- lissimo, all’azione elettrica di queste sorgenti minerali, l’ impiego di tubi di terra cotta, e meglio di porcellana, o almeno (per ciò che spetta all’uso balneare) l’applicare alla. persona un metallo che faccia copia voltaica con quello del tubo di condotta. — Tralascio qui di dire delle applicazioni elettro-meccaniche, che potrebbero aversi dall’ uso di queste sorgenti, considerate come pile naturali. Ma poichè in questa prima serie di esperienze, fatte alla sorgente del Rio dei Corvi, poteva nascer dubbio che la corrente elettrica fosse unicamente dovuta alla differenza di temperatura fra 1° acqua del Rio (che era di 22° 5 cent.) e quella dell’ acqua sulfurea, la quale era a 17° 3 (essendo l’aria circostante a 27°), ho voluto ancora isti- tuire le seguenti esperienze, che poi ho più volte ripetuto con egual risultamento. IH? SerIE. Ho introdotto, per le loro estremità, le solite due lastre di platino nell’aperto suolo umido, alla distanza di circa mezzo metro l’una dal- l’altra, e dopo essermi assicurato della stabilità dell’ago calamitato allo zero della graduazione, ho preso dell’acqua sulfurea (la quale da sei ore era stata portata entro bottiglia di vetro capovolta), e l'ho versata sopra una soltanto delle due lastrine: tosto il galvanometro ha dato una deviazione stazionaria di circa 4 gradi, la quale però, poco appresso, è andata scemando fino a 2 gradi, ed anche ad 4 e mezzo. La direzione della corrente era, nel galvanometro, sempre di- retta dalla lastra non bagnata di acqua sulfurea a quella che lo era; e bagnandole successivamente entrambe , la corrente, nel galvano- metro, andava dall’acqua meno ricca di idrogeno solforato, perchè 450 T. BERTELLI , | più svaporata nel tempo trascorso, a quella più ricca, perchè versata più di recente. III? SERIE Versata una bottiglia d’acqua sulfurea in un catino, posto sul pro- prio trespolo di legno, vi ho immersa l’estremità di una delle lastre di platino, avendo cura di svoltarne all'orlo esterno la congiunzione col filo di rame: poi ho inzuppato di acqua comune un fazzoletto bianco, e così, pian piano, l’ ho immerso nel catino, adagiandolo sulla sponda del medesimo, e mettendovi a contatto l’altra lastra di platino: allora questa si manifestava sempre positiva, e l’altra negativa ; la deviazione dell'ago galvanometrico era prima di quasi 2 gradi, che poi scese ad 4 e mezzo; la temperatura dell’acqua pura e dell’ acqua sulfarea era eguale. Identico risultato ho ottenuto immergendo nel catino, invece del fazzoletto, una mano, e tenendo coll’ altra (fuori d’ acqua) quella la- strina che, nell’ esperienza precedente, toccava il fazzoletto : così an- cora immergendovi della terra comune chiusa in un fazzoletto, la terra è il polo positivo del galvanometro, e l’acqua sulfurea il ne- gativo. Ora le esposte esperienze, che ho cercato eseguire colla maggiore accuratezza, e in modo che fossero immuni dalle obbiezioni che si fanno ad altre, confermano la sentenza di Becquerel (padre) « On peut poser en principe qu’au contact de la terre et d’un mappe ou d’un cours d'eau il y a production d’éléctricité », e la conclusione del dottor Scoutettin all’ Accademia di Parigi (settembre 1864) « J°ai reconnu que toutes ces eaux, sans excèplion, sont negatives au contact des terres adiacentes ». L’ elettricità delle acque solforose si sviluppa per molteplici azioni chimiche ed affinità allo fîato nascente, il che dà luogo ‘a reazioni proprie. Già Regnault aveva osservato, nel suo Trattato di Chimica, che le acque, le quali tengono in soluzione idrogeno solforato (acido solfidrico) ed aria (ciò che avviene sempre nei cannelli di sgorgo sovr’acqua), producono, in contatto de’ corpi porosi, come terra, bian- ESPERIENZE ELETTRICHE SULLE SORGENTI SOLFUREE DI FORNOVO 434 cheria, ece., dell’ acido solforico, e quindi parecchi solfati. L'ossigeno altresì dell’aria sciolta decompone lentamente l’acido solfidrico, e dà per risultato acqua e solfo assai diviso (il quale poi comparte al liquido un colore lattiginoso), oltre i solfuri di ferro ed altri, che dan- no precipitati neri e fangosi. —- Ho osservato più volte e in diverse persone gli effetti fisiologici prodotti dalle profonde modificazioni , che, dopo un certo tempo, subiscono queste acque solforose, e sono specialmente indigestioni, dolori di ventre, e dissenterie. Ora tutte le reazioni chimiche, che ho detto, sono altrettante sor- genti di elettricità, e da queste precipuamente io ritengo che deb- bano ripetersi gli effetti elettro-dinamici di tali sorgenti minerali; ef- fetti che potrebbero aversi anche maggiori, a mio credere, costrin- gendo le acque solforose entro vasti serbatoi; chiusi in modo, che l’acido solfidrico possa accumularsi e sciogliersi per la propria pres- sione in maggior copia nelle acque stesse. Ho osservato infatti che la sola intermittenza nello sgorgo delle medesime (quale, per esempio, si può avere nelle docciature), dà luogo ad una corrente più ener- gica, come si vede comparando fra loro le prime escursioni fatte dal- l'ago magnetico. Le osservazioni poi che ho riferito sulla direzione della corrente, la quale nelle tinozze dei bagni, per ciò che ho detto, traversa il corpo umano (come prima il polo del galvanometro) nella direzione. dallo scolo alla scaturigine, possono servire a prescrivere all’ infermo tale giacitura nel bagno, che la corrente elettrica venga a percorrere il sistema nervoso motore o sensitivo nel senso della ramificazione ner- vosa, o in senso contrario, o alternato, come facilmente si può con- seguire nelle docciature. Ecco quanto mi restava ad esporle sull’ argomento dell’ elettricità delle acque minerali; ma, prima di finire, le voglio ancora comuni- care un’ esperienza di altro genere, che fino da sette anni fa aveva di- visato, e partecipatone anzi il progetto all’egregio signor prof. Bian- coni, e che ora finalmente ho eseguito. Ella sa che il celebre Spal- lanzani istituì diverse esperienze sul senso della vista dei pipistrelli, i quali, anche tolti gli occhi, sanno evitare, volando, i più minuti ostacoli che loro si frappongano: si volle ciò attribuire o alla deli - 43% T, BERTELLI, ESPERIENZE ELETTRICHE SULLE SORGENTI ) ECC. catezza del tatto, o della vista, o persino ad un sesto senso incognito. Ora, nel 1855, mi accadde che, avendo voluto nel nostro Gabinetto di fisica di S. Lucia fulminare con una intera batteria elettrica un pipi- strello, non mi fu possibile, giacchè la scarica 0 faceva arco sopra il corpo o non avveniva punto. Allora, riconoscendo il gran potere colbente del pipistrello, venni poi nel pensiero che, naluralmente, vo-. lando, si dovesse fortemente elettrizzare, come avverrebbe in una mac- china elettrica, se, fermo il disco (per noi l’aria) si facessero invece ruotare velocemente i cuscinetti, rappresentati qui dal corpo del pi- pistrello: e che quindi l’animale volando, risentisse all’ avvicinarsi dei corpi, sia per influenza sia per scarica, quella specie di villosità che noi proviamo accostando la mano o i capelli al conduttore di una macchina elettrica; e forse per ciò avviene che, ad aria secca, basta con una bacchetta toccare un pipistrello che vola, per. farlo cadere a terra: in tal caso l’animale scaricherebbe al suolo la sua elettri- cità per mezzo della bacchetta, provandone una contrazione muscolare, Dietro queste considerazioni, ho fatto in queste vacanze diverse espe- rienze sui pipistrelli, coll’ elettroscopio a pile secche del Zamboni: congiunta un’ estremità della membrana alare del pipistrello ad un cordoncino di seta, l'ho fatto ruotare a mo’ di fronda, e questo tanto a cielo aperto, come dentro casa: appressato poi il pipistrello all’ e- lettroscopio, questo ha dato ogni volta e costantemente segni di forte elettricità positiva: ciò sembrerebbe confermare le mie ipotesi. Non so se queste esperienze siano state finora eseguite da altri: ad ogni modo, ho voluto intanto esporle a Lei, che ha tanta bontà per me, pregandola insieme a volerle comunicare all’ottimo professore Bian- coni. Me le raffermo con stima ed effezione Parma. Collegio Maria Luigia, 26 ottobre 1866. Obbligatissimo servo D. Timoreo BertELLI Barnabita. IL PRIMO CONGRESSO PALEOETNOLOGICO tenuto a Neuchàtel nel 1866. Dal Rapporto pubblicato dal sigor MORTILLET. (Seduta 30 dicembre 4866.) La Società Italiana di scienze naturali, nella sua seconda riunione straordinaria tenuta alla Spezia nel mese di settembre dell’anno 1863, aveva proposto al mondo scientifico la fondazione di un Congresso paleoetnologico internazionale. — Questa iniziativa fu acclamata in tutti i paesi, dove tali generi di studii o sono già da lunga pezza coltivati, ovvero cominciano appena a nascere. — La piccola città di Neuchàtel in Svizzera fu dunque la prima ad accogliere i cultori delle prime origini dell’uomo, e là accorsero, sotto l’égida di E. Desor, Svizzeri, Francesi, Tedeschi, Inglesi, Belgi ed Americani, per strin- gere vieppiù i nodi dei comuni studii, colla reciproca trasmissione di idee, col far di tutti ciò che era il geloso segreto di ciascun scien- ziato, di ciascun filosofo e naturalista. ll Congresso di Neuchàtel, coincidendo colla Riunione della Società Elvetica di scienze naturali, ebbe luogo dal 22 al 2% di agosto. La prima seduta fu tenuta il 22, cominciando col discorso d'apertura del signor Desor, nel quale, dopo aver accennato al bisogno di questi studii e di aver segnate le epoche in cui si potrebbe dividere il pe- riodo dei tempi antistorici sia recenti che lontani, espresse la sua Vol. IX. 28 434 C. MARINONI, opinione come l’uomo sia di data relativamente assai recente, nulla autorizzandoci a credere che abbia vissuto durante le epoche eoce- niche e mioceniche, essendo poi problematica ancora la sua esistenza durante l'epoca pliocenica, e che, quantunque; fino ad oggi.gli avanzi dell’uomo non sieno peranco stati trovati nei terreni dell’ epoca gla- ciale, pure l’ uomo dovette assistere a quel periodo di cangiamenti lenti e successivi della faccia del globo; come indubitatamente dovette essere compagno del Rinoceronte e del Mammouth. — Però, egli ‘aggiunge, se mancano in Svizzera resti umani di queste prime età dei tempi antistorici, le successive età della pietra, del bronzo e del ferro sono testimoniate nelle palafitte dei laghi, e specialmente del lago di Neuchàtel. E a questo proposito trova acconcio d’ osser- vare che quelle popolazioni lacustri dei primi tempi dovevano pur possedere un qualche angolo fuori delle loro palafitte, sulla terra, per coltivare i loro cereali, per far crescere i loro armenti, per deporvi le ceneri dei loro morti; e come debbasi al signor Clément la scoperta nella foresta di Seythe di alcuni tumuli formati di ciot- toli erratici, portanti la evidente impronta del fuoco, ed .in uno poi di questi perfino del carbone, un braccialetto e delle falciuole di | bronzo affatto simili a quelle, che si trovano nelle palafitte del lago di Neuchîtel; i quali tumuli darebbero a riconoscere per lo meno sta- zioni umane terrestri, contemporanee a; quelle lacustri dell’epoca del bronzo; se pur anco non fossero i luoghi dove sacrificavano gli abi- tanti stessi del lago. Infine si fonda sull’autorità del signor Clément ancora per accennare come alcuni di questi tumuli sieno più recenti e. appartengano all’età del ferro, e come anche, perchè posti in luo- ghi elevati, siano piuttosto vere sepolture. Egli dunque, convinto come il lungo lasso di tempo, in cui dominarono sulla faccia della terra col loro squallore le gelide nevi, racchiuda in sè una parte dei destini del. l'umanità, invita alle ricerche delle prime origini dell’uomo altrimenti che colla storia e coll’archeologia. — L’età dei Kjòkken-méeddings, del Renne, del Mammouth antecedettero di lungo l’età della pietra,. e anche allora viveva l’uomo; — un velo tenebroso si stende su quei remoti tempi, eppure un osso improntato, un pugno di cenere ba- sterebbero a squarciarlo. Per arrivarvi, egli dice, bisogna sottrarsi ai IL PRIMO CONGRESSO PALEOETNOLOGICO 435 sistemi preconcetti: il y a desoin de donner d ces études une consé- cration. Dopo il discorso del signor E. Desor, il prof. Vogt presentò alcuni avanzi di cranii umani della stazione lacustre di Greng nel lago di Morat, dell'età della pietra e appartenenti, secondo Riitimeyer, pro- babilmente al tipo di Sion, capostipite del tipo elvetico: fatto che è ancora provato dal cranio di Meilen (lago di Zurigo), con cui gli avanzi di Grens presentano dei rapporti di somiglianza straordinarii. Quindi il sig. Edoardo Dupont, incaricato dal Governo del Belgio per gli scavi paleoetnologici, presentò i risultati delle sue esplorazioni in 24 caverne sulle rive del fiume Lesse; e dopo aver esposte alcune con- siderazioni di stratigrafia sul terreno quaternario dei dintorni di Di- nant, fe’ pompa dei suoi tesori di antichità umana, consistenti in due mascelle da lui stesso ritrovate l’ una nelle argille della grotta di Furfooz al livello dell’epoca del Renne, dove erano gli avanzi di ben tredici scheletri umani, disseminati con selci lavorate e stoviglie; l'altra proveniente dal Trou de la Naulette, in uno strato di sabbia, che sarebbe inferiore al precedente, contenente altri avanzi dell’uomo ed ossami di Marmotta, di Mammoutb, di Rinoceronte, di Renne, ecc. Accennando poi ad altre caverne da lui scoperte, mostrò selci lavo- rate del Trou de Chaleux, stoviglie della caverna di Pont-à-Lesse del- l’epoca della pietra, di cui trovò perfino una sepoltura al Trou des Noutons. Queste relazioni del sig. Dupont suscitarono alcune osservazioni nel rapporto stratigrafico da parte del sig. Delanoue, e in rapporto al non esservi alcun dubbio da parte del sig. Desor, a cui Dupont rispose essere sicuro del fatto suo, convalidato nel suo asserto anche da al- cune osservazioni dei signori Forel, Troyon e G. De Mortillet, fon- date su studii fatti in altri paesi. In seguito il signor Forel presentò un anello di bronzo proveniente dalla palafitta di Morges (lago di Ginevra), a cui attribuisce 1’ uso di segno di comando. | signori Costa de Beauregard e Bertrand presenta- rono armi di bronzo e di pietra, oggetti e stoviglie trovate in un dolmen a Plouarnel in Brettagna, a proposito dei quali De Mortillet trovò occasione di ricordare alcune stoviglie della terramara di Salsomag- 436 C. MARINONI, giore, ed altri oggetti provenienti da diverse località della Francia, tra i quali un vaso in corno di cervo, di cui gli analoghi furono tro- vati dal signor Clément nelle palafitte dell’ età della pietra del lago di Neuchatel, come accenna il signor Desor. | Poi il signor Bertrand, facendo circolare i primi fogli di un dizio- nario archeologico della Gallia all’epoca celtica, si raccomanda alla cooperazione di tutti quanti si occuparono di siffatti studii, e propone la classificazione dei varii oggetti dell’ epoca del bronzo trovati e nelle ‘stazioni di terra e nelle palafitte, onde assurgere ad un confronto che possa spiegare qualche cosa dei primi tempi dell’uomo. Dopo aver mostrato degli istrumenti di bronzo, il signor Ritter parlò di stabilire un cronometro per le palafitte del lago di Neuchàtel ap- profittando di un sedimento calcareo che vi si forma, e presentò per ultimo anche un cranio. In questa prima seduta fu dato luogo anche al signor G. De Mor- tillet, per parlare di alcuni suoi studii sull'uso della croce nei tempi antistorici; dai quali conclude: /l ne peut plus y avoir de doute sur l’emploi de la croix comme signe religieux, bien longtemps avant le christianisme... Egli dice di averla trovata nella Gallia prima della conquista, nell'Emilia all’epoca del bronzo, e più che altrove nelle sepolture di Golasecca. E conchiude: Zu croix a donc été dans la haute antiquite, bien longtemps avant la venue de Jésus-Christ, l’em- bleme sacré d’une secte religieuse qui repoussait l’idolatrie! La seconda seduta fu tenuta il 23 agosto, e fu aperta dal sig. Qui- querez, ingegnere delle miniere nel Giura Bernese, che presentò un piccolo modello d’ officina ferrifera delle prime età dell’ epoca del ferro, risultato della scoperta di ben 400 antichi forni per la fusione di tal minerale, vicino ai quali trovò le scorie, il metallo ridotto ed il carbone. Egli considera in questa industria antica tre epoche, ba- sandosi sul successivo perfezionamento nella fabbricazione dei forni stessi: un'epoca primitiva affatto, un’ epoca di mezzo, e un’epoca di perfezionamento assai vicina a noi. — Questa scoperta diede luogo ad alcune osservazioni per parte dei signori Delanoue e De Fellen- berg, i quali non sembrano essere troppo convinti che in forni simili al modello presentato dal signor Quiquerez potesse eseguirsi, senza altri apparati, la riduzione del ferro. IL PRIMO CONGRESSO PALEOETNOLOGICO 437 Il signor Clément mostrò una serie ammirabile di oggetti di selce e di osso, appartenenti all’epoca della pietra, e provenienti dalle palafitte di Saint-Aubin e di Concise nel lago di Neuchàtel: magnifiche punte di freccie di pietra e d’ osso che conservano ancora il bitume ed il filo con cui erano assicurate alle canne; vasi scavati in corno di cervo, fioccine, denti lavorati in modo da essere sospesi come ornamento, ovvero affilati sì da servire come cultri, ed infine stupende azze di pietra assicurate in un’ impugnatura formata da un sol pezzo di corno di cervo. I signori De Pourtalès e Troyon diedero spiegazioni sul modo con cui gli Indiani anche oggidìi lavorano la selce per farne freccie, attri- buendo un egual maniera di fabbricazione alle freccie usate dagli uomini dell’ età delle palafitte. | Il signor de Rougemont presentò un suo volume sull’età del bronzo, in cui conelude che per l'Europa l’età del bronzo deve corrispondere all’epoca dell’ apogeo di civilizzazione presso i Fenicii, i quali avreb- bero poi sparsa la loro coltura per tutto il mondo. Il signor Ecker mostrò dei cranii tratti da scavi sulle rive del lago di Costanza, che ei rapporta al tipo degli antichi abitanti di quelle spiaggie, opponendosi assieme a Carlo Vogt alle opinioni dei signori Ritimeyer et His, che li descrissero sotto il nome di tipo di Hohberg apparte- nente all’antico ceppo romano. À queste obbjezioni lo stesso signor His rispose trovarsi anche in Scandinavia un tipo che vi si avvicina d’assai, e richiamò l’ attenzione dei naturalisti sulla somiglianza fra un cranio della palafitta di Tène dei primordj dell’ epoca del ferro, trovato dal signor Desor e appartenente al tipo di Sion, con quello di Greng presentato nella seduta del giorno precedente, e appartenente all’ epoca della pietra. — È a proposito delle opinioni emesse sui varii cranii che il signor Desor si alzò per metter sott’ occhi una quistione muova, cioè se mai alle volte non vi fossero maggiori ragioni per derivare le immigrazioni dei popoli da sud verso nord, che non da nord a sud, come fu fatto finora. Questa seconda seduta fu chiusa con una nota del signor Letourneux, letta dal signor Desor, sui monumenti antistorici dell’ Algeria, in cui chiaramente si accenna all'esistenza colà di veri dolmen del tipo cel- 438 C. MARINONI, 1L PRIMO CONGRESSO PALEOETNOLOGICO tico; il qual fatto potrebbe essere una prova di più aggiunta alla sup- posizione di una emigrazione da sud a nord. Infine da una protesta del sig. Troyon contro il vocabolo celtico usato troppo generalmente in questi studi antistorici, giacchè i veri Celti sono " posteriori al- le epoche della pietra e del bronzo. Prima poi di abbandonare un luogo così classico per gli studii del- l’uomo primitivo, i membri del Congresso vollero visitare quelle pa- lafitte, e sotto la guida del signor Desor, il 2% di mattino, poterono riconoscere ad Auvernier le due stazioni, I’ una dell’ età del bronzo, l’altra dell’età della pietra, e impossessarsi del tesoro di pochi coccì. — Fu là, ad Auvernier stesso, che si tenne la seduta di chiusura, e. dove quell’assemblea di uomini benemeriti nella scienza dell’ uomo, aderendo al desiderio espresso dalla Società Italiana di scienze. na- turali, designò a sede del secondo Congresso Paleoetnologico Inter- nazionale Parigi, c ne proclamò presidente il signor Edoardo Lartet. C. Marinoni. DI ALCUNI CAMBIAMENTI AVVENUTI . NELLA FLORA DELLA TOSCANA IN QUESTI ULTIMI TRE SECOLI MEMORIA del socio TEODORO CARUEL. Fra i problemi più importanti posti in campo dagli odierni studi di geografia botanica, sono da annoverarsi quelli concernenti i cam- biamenti che si verificano nell’area geografica delle piante. Onde le ricerche sulla presenza o assenza delle singole specie ‘in un dato paese ad un’ epoca determinata, sulla maggiore o minore diffusione loro in tempi diversi, sulla provenienza e i mezzi d'importazione di quelle che vi si sono introdotte, sulle cause che hanno portata la scomparsa di altre, oggigiorno sono a buon diritto riguardate come di massimo momento nell’ordine dei lavori di geografia botanica. Lo scopo del presente lavoro è di riassumere i dati che si possono avere sui cambiamenti avvenuti nella flora della Toscana in questi ultimi tre secoli, cioè dal secolo XVI infino al tempo presente. Risa- lire a tempi anteriori non è possibile nella più parte de’ casi, per mancanza di documenti positivi a cui PIPE deduzioni che ab- biano un che di certezza. Tutti infatti sanno che avanti 1’ epoca del Rinascimento non si conobbero opere botaniche, ove le piante fossero tutte registrate e descritte con sufficiente ampiezza ed accuratezza, da essere sicura- mente riconoscibili, in modo da permettere il confronto fra le co- gnizioni ivi esposte intorno ad esse, e quelle acquisite dalla bota- # 440 T. CARUEL, nica moderna. Dal Rinascimento soltanto principia l'epoca dei buoni lavori in botanica, come negli altri rami delle scienze di osserva- zione, fatti sempre più secondo lo spirito indipendente e positivo della scienza moderna. Primo in linea fra i documenti del secolo XVI sulla flora della Toscana, sta la classica opera del sommo Cesalpino De plantis libri AVI (Firenze, 1583). Per quanto infatti }’ autore: intendesse ‘fare del suo libro un’ opera di botanica generale, pure per avere egli avuto i natali e fatta quasi costante dimora in Toscana, per molti riguardi e in special modo per le indicazioni de’ luoghi nativi delle piante, puossi considerare il suo libro quasi una flora locale toscana, come dal contesto chiaramente apparisce. Ivi sono annoverate da un migliaio di specie indigene nostrali, le quali in confronto alle 2500 circa attualmente conosciute in Toscana (intendo dire delle piante vascolari soltanto), costituiscono già un termine di paragone suffi- ciente a molti bisogni. La determinazione delle specie del Cesalpino è grandemente agevolata e resa sicura dalla esistenza di un suo pre- zioso erbario, fatto nel 1563, e ora depositato al Museo di storia na- turale di Firenze, e di cui qualche anno fa io ho pubblicato una apposita illustrazione intitolata: Zll/ustratio în hortum siccum An- dree Ccesalpini (Firenze, 1888). Secondario assai in importanza per l’oggetto che ho in vista, per quanto anteriore di data, è il celebre Commentario del Mattioli, di cui tante mai edizioni videro la luce dopo la prima italiana pubblicata nel 1544, In esso l’autore, per essere pur egli toscano, parla volon- tieri di piante toscane; ma rimasto quasi tutto il tempo della sua vita fuori del paese nativo, e a quanto pare non sempre esattissimo nelle sue dichiarazioni, non possono le sue indicazioni avere quella autorità che meritamente si attribuisce a quelle del Cesalpino. Di molto minor conto ancora, per il mio scopo, sono le opere di altri botanici del secolo XVI. Il secolo seguente fu quasi del tutto sterile per la botanica toscana. Poche cose su piante toscane trovansi qua e là sparse per le opere di Boccone, di: Ray e di qualchedun altro; nessun lavoro speciale di momento venne pubblicato su di esse. CAMBIAMENTI NELLA FLORA TOSCANA 444 Più propizio fu il secolo XVIII, che in sul bel principio vide sor- gere il Micheli. Questo insigne uomo, che tanto operò per la scienza, indefessamente perlustrando il suolo della Toscana radunò gran copia di fatti intorno agli elementi della sua flora. Di quelli fece parte al pubblico in varie opere, sia nel Catalogus plantarum horti Pisani del Tilli (Firenze, 1723), sia nei Nova plantarum genera (Firenze, 1729); nelle quali opere inserì molte cose intorno alle piante indigene di Toscana. Altre ancora furono fatte di pubblica ragione dopo la sua morte per cura del suo valente scolaro Giovanni Targioni, che stampò nel 4748 il Catalogus plantarum horti Florentini del maestro, ag- giungendovi un’Appendice con note preziose per la flora toscana; e poi di varii viaggi botanici del Micheli die’ contezza nelle sue Re- lazioni di alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana (Fi- renze, 1754). Molte altre cose del Micheli rimasero inedite, fra cui devo rammentare principalmente un suo Catalogus plantarum in agro F'lorentino sponte nascentium, che insieme agli altri suoi ma- noscritti adesso sta fra le collezioni botaniche del Museo di Firenze (1). Gli scritti di Micheli e di Giovanni Targioni, aggiuntavi qualche indi- cazione che troviamo in quelli di altri botanici coetanei, racchiudono i documenti della prima parte del secolo XVIII sulla flora toscana. Nella seconda parte del secolo s’ indebolì grandemente la vita bo- tanica in Toscana; e conseguentemente scarseggiano i documenti della sua flora per quel periodo. Sul finire del secolo ripresero vigore gli studii botanici, principalmente per opera di Gaetano Savi; e da indi in poi non hanno più avuta posa, cosicchè pei tempi pre- senti havvi dovizia grande di cognizioni sulla flora toscana e le sue variazioni, e lunga sarebbe l’ enumerazione dei lavori a quella rela- tivi. lo ho procurato di riassumerli nel mio Prodromo della flora toscana, pubblicato fra il 1860 e il 1864, (1) Questo Catalogo è in sei volumi in foglio, ed è assai particolareggiato per le località delle piante ivi registrate. Sarebbe grandemente da desiderarsi che qualche giovane botanico facesse uno studio speciale della flora fiorentina; e con la scorta del Catalogo Micheliano visitando per più anni i ‘contorni di Firenze, e da un altro lato aiutandosi delle scoperte de’ botanici moderni, si mettesse in grado di elargire alla scienza un quadro comparativo completo della flora attuale di Firenze, con quella che vi era un secolo e mezzo fa, a’ tempi Micheliani. 49 T. CARUEL, I tempi Cesalpiniani, i tempi Michelianij e i tempi moderni, sono adunque le tre epoche distinte, cui si riferiscono i documenti dei quali ho potuto fare uso per studiare i cambiamenti nella flora della Toscana in ogni epoca successiva. Non occorre quasi chio avverta essere il confronto ch'io ne ho istituito tutt'altro che completo. Que- sto non sarebbe possibile che ove esistesse, per ogni epoca della bo- tanica in Toscana, un elenco particolareggiato e possibilmente com- pleto della sua flora, come ho cercato di darlo nel mio Prodromo. In mancanza di ‘ciò, ho dovuto attenermi a dei fatti staccati, e tra- lasciando tutti quelli che mi potevano dare solo incerti’ risultati, ristringermi ad alcuni più sicuri, sui quali ho cercato di ‘portare il maggior lume possibile, onde porli bene in chiaro, e poterne trarre deduzioni meno fallaci. Nel che fare mi son pregiato seguire meglio che per me si potesse il metodo d’investigazione di cui il professore Alfonso de Candolle ha dato a’botanici un tanto esimio modello nella sua opera Geographie botanique raisonnée (1858). ESAME DE’ FATTI RELATIVI AD ALCUNE PIANTE CHE HANNO PORTATO UN CAMBIAMENTO NELLA FLORA DELLA TOSCANA. i Agave americana. Per quanto ne abbiano dubitato alcuni botanici (Bert., YI. ît.; Vis., FI. dalm.), sembra innegabile, dietro Ja unanime testimonianza degli autori del secolo XVI, la origine ame- ricana di questa pianta, trasportata in Europa dopo la scoperta di . America, e ora sparsa per le spiaggie più calde del Mediterraneo. In Toscana pare che fiorisse per Ia prima volta sul cadere del se- colo XVI (Ces., De plant., p. 418; Camer., Z/ort. medic.). Una volta trovavasi in abbondanza al Lazzaretto di Livorno (Vallisn., Op. post., II, p. 72), ora però non più, essendovene soltanto verso. Piombino, e nelle isole di Gorgona e dell’ Elba (Car., Prodr. /l. tosc., p. 620). Ailantus glandulosus. L’Ailanto è stato introdotto in To- scana sul cadere del secolo scorso (Sav., Alb. della Tosc., p. 444). È frequentemente piantato ne’ parchi, lungo i viali, nelle passeggiate CAMBIAMENTI NELLA FLORA TOSCANA IE pubbliche, ec. Si riproduce naturalmente con tanta facilità e pron- tezza, che si è stabilito in molte boscaglie, e a preferenza lungo i corsi d’acqua in molti luoghi, piuttosto avversato che favorito dal- l'agricoltore, che ne teme la vicinanza per i suoi campi perla ra- pidità con la quale li invade. È oriundo dell’ Asia orientale (Cand., Prodr., Il, p. 89). | Aiax incomparabilis, A. odorus. Il ragionamento fatto per la specie seguente è ugualmente applicabile a queste due. Anzi si sa positivamente che 1’ A. incomparabilis, per esempio, è stato importato in Firenze dopo la metà del secolo XVI (Ant. Targ., Cenni sulla introduzione di varie piante in Toscana, pw 284). Tutte e due le specie non si trovano che ne’ campi, e soltanto intorno ad alcune città, ne’ cui giardini frequentemente e da lungo tempo si coltivano; e non sono conosciute come spontanee che da’ scrittori più moderni di botanica toscana (Car., Prodr. flor. tosc., p. 616). Onde sono certamente da ritenersi, a parer mio, per fuggitive dai giardini. L’inselvaticamento di queste e di molte altre bulbose or- tensi, come i giacinti, i tulipani e via dicendo, è grandemente agevolato da una pratica dei nostri contadini, che va ricordata. Dessi usano mettere per i campi i bulbi di tali piante, appie’ e dal lato solatio de’ grossi ulivi, accioechè in quella favorevole situazione e senz'altra cura possano vegetare e fiorire più prontamente di prima pimavera o anche d'inverno, e apprestare fiori per i mazzi. Ognuno comprende poi come ne’ continui. Javori campestri vengano dispersi que’ bulbi, e per tal guisa moltiplicate le piante per tutti i luoghi coltivati, le quali da per sè non si spargerebbero così facilmente , poichè assai di rado o giammai maturano i semi, e lasciate a sè stesse non si riproducono che lentamente e quasi senza mutar posto a mezzo de’ bulbi. Ajax pseudonarcissus. Questa vistosa specie di Narcissea trovasi ora comunemente per le nostre campagne, nei cigli de’ campi, lungo i fossi, e più raramente in luoghi boschivi. È assai più frequente di fiore stradoppio, che scempio; Ja quale circostanza desta già il so- spetto trattarsi di pianta fuggita da’giardini , sospetto avvalorato poi dall’osservare che le località dov’ è stata trovata sono quasi tulte nei: NK T. CARUEL, dintorni immediati delle città (Car.; Prodr. /l. tosc., p. 616). Risalendo a’documenti più antichi, trovo infatti che il Mattioli ne’ suoi Commen- tari non la figura fra le 8 specie di Gigliacee e Amarillidee che riu- nisce sotto il nome di Narcisi, di cui 3 soltanto sono del genere moderno /Varcissus. Cesalpino col suo Nareisso « calyce preelongo anguloso » pare che voglia designare questa pianta; però soggiunge « in Appeninis Liguriae, » con ciò mostrando di non conoscerla di To- -scana (De plant., p. 413). Al secolo passato comparisce, è vero, come pianta spontanea di molti luoghi dell’agro fiorentino nel Catalogo ma- noscritto lasciato dal Micheli, ma si noti bene soltanto sotto la forma dal fiore stradoppio, ivi registrata col suo nome Bauiniano Narcîs- sus sylvestris, multiplex, calice carens; mentre si tace affatto del tipo dal fiore scempio, adesso punto raro. Anche sul principio del secolo presente, Ottaviano Targioni dice di essa che « trovasi lungo alcuni fossi » (s’ intende di Firenze) (Zst. bot., ed. 3°, III, p. 264); mentre ora, come ho detto, è comune assai. Dalle quali cose tutte sembrami cangiato in quasi certezza il dubbio, più sopra manifestato, essere questa una pianta non indigena di Toscana, ma proveniente da altre parti, e propagatasi, mercè la coltura, ne’ giardini, donde si è diffusa per le campagne in tempi moderni. ZAmarantus albus. Nel libro De plantis, a p. 161, sotto do me di Zlitum, Cesalpino parla di due sorte di FR. selvatiche in Toscana, con le quali, dalle pochissime parole di descrizione, sem- bra ch'egli abbia voluto intendere l’ 4. Blitum e 1° 4. prostratus, tutti e due volgari presso noi, particolarmente l’ultimo. Egli descrive poi due altre specie forestiere ed ortensi, di cui la prima è stata rife- rita all’A. caudatus (Bauh., Pin., p. 120; Linn., Sp. plant., ed. 2°, p. 1406), e l’altra è certamente l’4. tricolor Linn. (Car., ZU. in hort.. sicc. Cees., p. 42). Parimente il Mattioli ragiona di due Bliti (4ma- rantus) selvatici, di cui l'uno, il rosso (Comm., ed. 1568, p. 480), è lA. Blitum, e l’altro, il bianco (p. 484), è una Chenopodiacea. Ora esistono in Toscana 8 forme distinte del genere in discorso: 4. prostratus Balb.; A. Blitum Linn.; A. adscendens Lois.; A. sylve- stris Desf.; A. retroflexus Linn.; A. incurvatus Gr. Godr.; 4. pa- tulus Bert.; A. albus Linn. Dell’ A. Blitum e dell’ 4. prostratus CAMBIAMENTI NELLA FLORA TOSCANA 445 ho già detto; dirò adesso degli altri, tralasciando però l'A. sylvestris, di cui è troppo oscura la storia (Gren. et Godr., Z%. de Fr., HI, p. 4; Cand., Geogr. bot., p. 779). L'A. albus è stato fatto da Linneo sopra esemplari di Pensilvania (Sp. plant., ed. 2°, p. 4404); infatti è comune negli Stati Uniti del nord-est (Cand., op. cit., p. 737). Pure sin da’ tempi Micheliani esi- steva in Toscana, dove il Micheli stesso lo trovò sul littorale arenoso di Viareggio (Tilli, Cat. hort. pis., p. 24); poichè non ho dubbio al- cuno sull’essere riferibile solamente a questa specie il nome datole da Micheli di Blitum marilimum, minus, calyculis aculeatis (1. c.), cui sostituì poscia l’altro più esplicito ancora di BI. maritimum an- nuum erectum minus, caulibus albicantibus, ramis longioribus et crebrioribus, foliis subrotundis parvis gluucis longo pediculo donatis, floribus candidis ad foliorum alas inter molliter aculeata foliola exeuntibus, fructu oblongo coronato, semine nigro splendente (Cat. hort. flor., p. 16). Però il fatto stesso dell’ avere egli indicato sola- mente della località maritttima di Viareggio una pianta ora sparsa per tutta la Toscana, mostra quanto vi dovea essere rara al suo tempo, e perciò di recente introduzione. Ora si è diffusa, e benchè non an- cora abbondantissima, si è stabilita in molti luoghi (Car., Prodr. /l. tosc., p. B44). > Amarantus caudatus. Questa specie trovasi, sotto il suo nome Bauiniano di A. maximus, nel Catalogo delle piante dell’agro fioren- tino compilato da Micheli, « Credo — dice egli ivi — che sia pianta ‘ di regioni a noi remote, ma per la facilità del nascere e propagarsi della di lei semenza, si è fatta a noi familiarissima, di modo che se ne vede nascere spontaneamente per gli orli e campi, e lungo le vie di campagna, e per le rive de’ fiumi, come in quelle d’ Arno, e si- mili, e massime dove sono scarichi di calcinacci. » È vero che anche oggidi accade di trovarne qualche pianta qua e là, ma ciò punto comunemente, come pare fosse a’ tempi del Micheli, e in modo affatto avventizio, onde si vede che non ha voluto allignare in questo paese. Amarantus incurvatus. Descritto dai signori Grenier e Go- dron, dapprima sotto questo nome ‘nel loro Prospetto della’ flora francese, poscia nella £l. de France (III, p. 4) sotto quello di 4. 446 T. CARUEL, patulus Bert.; che credo una forma diversa. È probabilmente di ori- gine americana, ora spontaneo nella Francia meridionale (op. cit.). L'ho trovato, non è molto, a Massa di Carrara e altrove in Toscana (Car.,, Suppl., p. 44). * | Amarantus patulas. Probabilmente dell’ America settentrio- nale, essendo una delle forme confuse sotto il nome di 4. chlorosta- chys. Trovasi ora sparso per tutta Italia (Bert., 4. îtal., X, p. 193). In Toscana è comparso di recente in luoghi coltivati a Pisa (Car,, - Suppl. fl. tosc., p. 44). Muiicsbipa retroffexus. Di Pensilvania (Linn., Sp. cpl, ed. 2°, p. 4407). Sconosciuto ai nostri antichi, comparisce per la pri- ma volta ne’ nostri cataloghi di giardini nella prima metà del secolo scorso, se gli si deve riferire, come pare, 1’.4, sylvestris, maximus, nove Anglia, totus viridis del Tilli (Cat. hort. pis., p. 10), e VA. syloestris maximus nove Anglia spicis viridibus del Ziridarium florentinum, stampato nell’anno 1751 dal Manetti (p. 4). Le nostre flore ne tacciono fino a quella del Puccinelli, pubblicata nel 1848 (Syn. pl. luc., p. 851). Ora è sparso, può dirsi, per tutta Toscana, trovandosi qua e là nei luoghi incolti (Car., Prodr. fi. fosc., p. B44); propagatosi forse dall’alta Italia, dov'è comunissimo e fatto indigeno da più di un secolo, cioè da'tempi di Zannicchelli e di Seguier (Poll., FI. veron., II, p. 113). i Ammannia verticillata. Pianta probabilmente originaria di paesi tropicali come le sue congeneri, ma fatta indigena sin dal se- colo scorso ne’ luoghi paludosi dell’ alta Italia (Bert., £. ital., Il, p. 199). Il Vitman, nel 1773, scrisse di averla trovata nel lago di Serra Pratigna sopra Pistoja (Sagg. ist. erb., p. 6); e nel 1815 il Savi ricordò il suo ritrovamento. al Poggio a Cajano presso Firenze (Bot. etr., Il, p. 98). Allora eranvi in quest’ ultimo luogo risaie, le quali sono state tolte dipoi. Questa è senza dubbio la cagione perchè si è perduta la pianta; almeno al presente nessuno l’ ha mai più ritrovata nè al Poggio a Cajano nè altrove in Toscana. Anemone hortensis var. pavomima. Il tipo della spe- cie, ossia 1’ A. stellata di Lamarck, è comune per i luoghi erbosi aprici dei poggi nella regione dell’ ulivo in Toscana. Nei giardini CAMBIAMENTI NELLA FLORA TOSCANA 447 se ne coltiva. una. varietà più grande in tutte le sue parti, coi fiori pieni, che per alcuni botanici è anzi una specie propria (4. pavonina Lam.), o varietà di una specie diversa dall’ 4. hortensis (A. fulgens Gay). Checchè ne sia, di ciò, la pianta ortense trovasi talvolta, sia. co’ fiori doppi, sia più. di rado co’ fiori scempi, qua e là in pochi esemplari ne’ luoghi coltivati attorno Lucca (Bicch., Agg. fl. lucch., p: 5) e Firenze (Car., Prodr. fl. tosc.) p. 6). Gli autori toscani anteriori a’ tempi nostri non ne fanno menzione. Ond’ è da presumere con una quasi certezza che anche questa forma è introdu- zione recente da’ giardini. Anemone coronaria. Gli autori italiani del secolo XVI par- lano di questa specie come di pianta ortense; il Cesalpino segnata- mente, che la descrive da non vi si sbagliare, la dice forestiera presso noi: « Anemone alterum genus peregrinum apud nos. » (De plant., p. 348). AI secolo XVIII, abbenchè figuri con le sue numerose varietà nei cataloghi di giardini (Tilli, Cat. hort. pis, p. 12; Micb., Cat. hort. flor., p. 7), non se ne fa menzione come di pianta spontanea, e non trovasi affatto nel Catalogo manoscritto delle piante dell’ agro fioren- tino lasciato dal Micheli. Comparisce ad un tratto come pianta selvatica in Toscana nei primi del secolo nostro; poichè il Targioni, nel 1802, dice di essa che nasce spontanea nei campi di collina, s’ intende di Firenze (Zst. dot., ed. 2°, p. 431), e il Savi, nel 4815, la mette nel Zo- tanicon etruscum, come nativa dell’ Appennino (termine indefinito col quale, scrivendo da Pisa, egli alludeva probabilmente alle parti mon- tuose dell’ interno della Toscana), nonchè de’ boschi presso Colle di Valdelsa. Adesso è comunissima nei campi suburbani di Firenze, ralle- grandoli. sin dal mese di febbraio, e peranco di gennaio, co’suoi vaghi fiori, ora scarlatti col fondo bianco, ora pavonazzi, o turchinicci, 0 carnicini, che mossi da’ venti impetuosi di quella stagione mostrano come bene si apposero i Greci chiamandoli fiori del vento (&vepos, il vento). È da osservarsi che le menzionate varietà di colori non si tro- vano d’ordinario frammiste in un medesimo sito, ma appartate in siti diversi. Dai seminati l’Anemolo passa facilmente a’greppi che limi- tano i nostri campi; però non l’ho mai veduto allignare in luoghi ve- ramente selvatici, come sarebbe per la località di Colle indicata dal + 448 T. CARUEL, Savi. Abbonda pure sui poggi attorno Lucca, mostrandovisi ancora talvolta co’ fiori doppi (Pucc., Syn. pi. luc., p. 284; Bicchi, Agg. flor. lucch., p. 8). È stato pure trovato nelle parti basse de’ monti Apuani, e a Volterra (Bert., FU. îtal., V, p. 456), e di recente presso Vico-Bello nei dintorni di Siena (Tassi, Cenno sulla botanica della provincia di Siena, p. 6). Dalle quali cose tutte qui riferite deducesi che ‘1’ Anemolo, oriundo de’ paesi posti a levante del Mediterraneo (Cand., Géogr. bot., p. 637), e da lungo tempo coltivato nei giardini di Toscana, n’è uscito al secolo passato, e molto probabilmente nella seconda metà di esso, e diffuso per le vicine campagne. Secondo tutte le apparenze, si farà sempre più frequente, attesa la facilità con la quale si riproduce per divisione de’ suoi rizomi tuberosi; non mai però per i semi, che non abbonisce presso noi, come neppure in altre parti d’ Italia e del mezzogiorno della Francia per dove in pari modo si è diffuso in tempi moderni (Pritz., Anem. rev. p.56; Planch., Des modif, de la fl. de Montpellier, p. 83). Anthriscus Cerefolium. A’ tempi di Cesalpino, il Cerfoglio nom era neanco coltivato in Toscana (De plant., p. 301). Pare che la coltura ne fosse introdotta non è molto, al tempo del dominio fran- cese: ma ora è cessata, per quanto io sappia. Pur tuttavia ha bastato perchè la pianta s’ inselvatichisse in qualche sito (Car., Prodr. flor. tosc., p. 29%); se in modo duraturo, non saprei. Anthyllis hermannize. Specie particolare per la Toscana deli l’isola di Gorgona. Il professore Paolo Savi ve la trovò l’anno 1852 in gran copia sulla sommità del monte delle Torrette; ma dopo è diminuita in modo, che nell’anno 1840 il professore Pietro Savi la rinvenne in tutta l’isola ridotta a due soli individui, i quali vivevano a lato della più alta torricella di sassi che corona il sopramentovato monte (Sav., Flor. gorg.); e forse ora più non vi esiste. Aster Novi Belgii, A. saligmus. Specie americane, state scoperte di recente in diversi punti del Pisano e del Mini sulle sponde de’ fiumi e in luoghi paludosi (Car., Prodr. fl. tosc., p. 332; Suppl., p. 34). Bellevalia Webbiana. È molto singolare la storia di cogli pianta. Fu scoperta nel 1883 da Webb in un bosco ceduo di querci a CAMBIAMENTI NELLA FLORA TOSCANA, 449 Pratolino presso Firenze; quindi è stata ritrovata successivamente in una certa abbondanza per i campi in altre parti delle colline fiorentine, nonche in qualche altro punto di Toscana (Parl., /. ital., II, p. 490). Jl non essere stata avvertita sino allora la sua presenza, devesi altri- buire alla grande rassomiglianza che ha nell’ aspetto con la Bellevalia comosa, così comune e perciò tralasciata dagli erboratori. Ma come va che in tempi anteriori fosse sfuggita alle ricerche di un Micheli, tanto perspicace ed assiduo indagatore della flora fiorentina? — poi- chè nel suo Catalogo delle piante dell’agro fiorentino non havvi traccia della specie in discorso. Per me risulta evidente, per questa sola cir- costanza , la sua comparsa recente a Firenze. Sarebbe mai un ibrido fertile (poichè matura i semi) delle Ze/levalia comosa e B. romana, prodotto non ha guari, e quindi propagatosi a mezzo de’ bulbi? È questo un dubbio che, con tutti gli altri relativi alla storia di questa pianta, io sottopongo alla considerazione de’ nostri botanici. EBidens bipinnata. Questa specie trovasi inserita dal Micheli nel suo Catalogo manoscritto delle piante dell’agro fiorentino, con le se- guenti note: « È pianta americana, ma subito che fu coltivata ne’nostri giardini, stante l’ abbondanza del seme che produce, e la facilità de] propagarsi di quello, si rese immediatamente noiosa in quelli...., ; onde o avvenga che essendo dai giardinieri gettate via delle piante già adorne di seme, e quelle con l’altre immondizie fuori della città tra- sportate, o avvenga che nell’ essere stato il detto seme attaccato alle ve- sti di gente, che poi nel levarlo lo gettavano via, fa sì, che in più luoghi attorno alla città nasce alquanto frequente la medesima, in modo ap- punto, come è il Xanthio Canadense, e il Lusitanico, e il Chenopodio Ambrosioide Messicano, talchè con il tempo sarà stimata assieme con le dette piante propria di questo suolo. » La previsione del Mi- LI cheli si è avverata riguardo ai due Xanthium, non però riguardo al Chenopodium ambrosioides, citato in ultimo luogo, ch’ è sparito dal Fiorentino, rimanendo {tuttavia in altro sito di Toscana, nè alla Bidens in discorso, che in tempi moderni non è più stata veduta nè a Firenze nè altrove in Toscana. Bidens frondosa. Trovai questa specie nel 1849 a Firenze, in ® alcuni fossi escavati di recente lungo la ferrovia che conduce a Prato Vol. IX. 29 450 T. CARUEL, e Pistoja. Ivi mantiensi ancora in buona quantità, In questi ultimi anni è stata pure trovata in grande abbondanza nei luoghi paludosi del Lue- chese, come anche nel Pisano (Car., Prodr. /l. tosc., p. 347; e Suppl., p. 35). È pianta americana, comune per la parte dell’ America setten- trionale che limita 1 Atlantico (Cand., Prodr., V, p. 594). Non ho in- dizio di sorta del come e quando siasi introdotta presso noi; poichè non la trovo indicata, almeno in modo chiaro, neanco ne’nostri antichi cataloghi di giardini, a meno che non le si debba riferire la B. Cana- densis latifolia, flore luteo del Tilli, Cat. hort., pîs., p. 24. Però la sua introduzione in Europa non dev'essere tanto recente, essendochè il professor Parlatore 1’ ha raccolta a Palermo sin dal 1834, stando ad esemplari depositati nell’ erbario del Museo fiorentino, Nel Catalogo Micheliano delle piante dell’agro fiorentino havvi una Zidens palu-. stris, trifolia, glabra, flore parvo, forse riferibile alla nostra pianta, registrata però senza veruna indicazione di località o altra nota. Ronaveria Securidaca. È comune nei campi, sugli argini erbosi, nei prati, ec., intorno Firenze, e presso Sarzana (Car., Prodr. ft. tosc., p. 203); manca in località consimili di Lucca, Pisa, Siena, ec. Questa particolarità nella sua abitazione farebbe sospettare una intro- duzione recente, quale dubbio è avvalorato dall’ essere la Securidaca indicata come pianta forestiera dal Cesalpino (De plant., p. 248); però « altri autori contemporanei la danno come spontanea, almeno in Italia, Esiste nel Catalogo Micheliano delle piante dell’agro fiorentino, senza indicazione particolare di località, lo che dimostra che già a quel tempo era pianta comune. Beorrago officinalis. Il professore Alfonso de Candolle opina essere questa una pianta del Mediterraneo, e trova una conferma della sua opinione nelle parole del professore Bertoloni, che nella sua Zora italica (III, p. 331) dice dessa nascere « copiose in locis herbidis totius Italiae »» (Géogr. bot., p. 679). Però, per quel che riguarda la Toscana, devo dire che, per quanto sia comune, non trovasi altro che ne’luoghi coltivati, o in vicinanza di quelli, cioè negli orti, nei rottami, nei campi, e sui loro cigli erbosi. Trovo che Maltioli (Comm., ed. 1568, p.1244) e Cesalpino (De plant., p. 433) ne parlano soltanto come di pianta ortense. ll Micheli la dà come coltivata, e anco spontanea nel Fio-®. CAMBIAMI.NTI NELLA FLORA TOSCANA 4BAL rentino (Cat. ms.). La presunzione sta dunque, per questa specie come per la sopracitata Bonaveria Securidaca, e per un certo nu- mero di altre piante di luoghi coltivati, a favore di una introduzione nel corso del secolo XVII. Camelina sativa. Trovasi nei campi, ma niente comune (Car., Prodr. fi. tosc.; p.46; e Suppl., p. 141). Ha ogni apparenza di pianta avventizia. Cesalpino, che ne parla sotto il nome di Zorella, non ne dice altro senonchè la coltivavano in Francia (De plant., p. 367). Carex Griofetti. Questa rarissima specie è stata trovata dal professore Pietro Savi una volta sola, nell’aprile del 1843, lungo un ruscello della valle di Asciano nei monti Pisani. Ha la massima rasso- miglianza con una specie americana, la C. virescens, dalla quale anzi il peritissimo fitografo Gay non la distingueva (Vedi Bull. soc. dot. de Fr., IV, p. 165). Era avventizia in quel luogo? Ciò sembra difficile a credere; molto più che dessa è stata trovata in qualche località ugual- mente selvatica della vicina Liguria (Bert., ZI. ital., X, p. 95). Sa- rebbe quindi, ammessa la sua identità con la C. virescens, un rag- guardevole esempio di specie disgiunta nella sua area geografica. In tutti i casi sembra certamente perduta per la flora toscana, non es- sendo più stata riveduta in quella unica località del Pisano, tanto per- lustrata di continuo. Centamrea ragusima. Coltivata in Firenze nel giardino detto il Cavaliere posto nel parco di Boboli, da qualche anno è riuscita a uscirne, ed ora cresce selvatica sul muro che regge quel giardino dalla parte di campagna, e su quello della contigua fortezza di Bel- vedere, e forse fra non molto si spanderà di là sui muri circostanti, essendochè nel paese nativo cresce in luoghi consimili (Cand., Prodr., VI, p. 590; Bert., I. ital, IX, p. 447). | Chenopodium ambrosioides. Dobbiamo la prima notizia di questa pianta a Gaspare Bauino, che racconta essere dessa nata l'anno 1619 in un giardino da semi mandati dal Messico; egli Ia chiamò perciò Lofrys Ambrosioides Mexicana (Pin., pp. 138, B16). Durante il corso dell’ istesso secolo XVII, ha principiato a diffondersi per 1’ Europa, dove ora è comune (Cand., Géogr. bot., p. 736). In Toscana, ove coltivavasi negli orti botanici (Till., Catal. hort. pîs., 452 T, CARUEL, p. 39; Mich., Catal. lort. flor., p. 2%), fa la sua prima comparsa come pianta spontanea nella prima metà del secolo XVIII, quando il Micheli nota la sua presenza, sebbene in piccola quantità, a. Fi- renze lungo le rive di Arno in diversi luoghi dove eranvi scarichi di calcinacci e immondizie (Cat. ms.). Poco dipoi, nel 1748, Giovanni Targioni scrive di essa che « in Arni ripis (Florentiae), et salictis molesta copia nascitur. :. Sul principio di questo secolo pare che fosse ancora in quella stazione, come puossi inferire dal modo con cui ne parla Ott. Targioni nel 1802 (Zst. bot., ed. 2°, II, p. 477). Ora però n’ è affatto scomparsa, e l’ unica parte di Toscana dove sia stata tro- vata in tempi moderni è il Viareggino (Pucc., Syn. pl. luc., p. 138). Cnicus benedictus. Mattioli (Comm., ed. 1368, p. 859) e Ce- salpino (De plant., p. 334) dicono espressamente di questa pianta, che a tempo loro non nasceva spontanea, bensì coltivavasi negli orti, per il gran nome che aveva come pianta medicinale, onde era detta Cardo santo. La vera patria sua è 1 Oriente (Cand., Prodr., VI, p. 606). Perciò non v’ha dubbio che nelle due località di Frosini e del Fitto di Cecina, dov'è stala trovata in tempi moderni in Toscana (Car., Prodr. fl. tosc., p. 384), debba essere riguardata come insel- vatichita, e forse meramente avventizia. Conyza ambigua. La storia di questa pianta è avvolta di miste- ro. Abita ora il bacino del Mediterraneo, cioè la Grecia, l’ Italia, il mezzogiorno della Francia e della Spagna (Cand., Prodr., V, p. 381). Eppure gli autori antichi di botanica europea ne tacciono affatto. Primo a distinguerla è stato Willdenow, nel 1800, il quale nella sua edizione delle Species plantarum (III, p. 1955) dopo averla descrilta sotto il nome di Zrigeron linifolium, ne lasciò in bianco l’ abitazione, dicendo soltanto « sub nomine £. bonariensis in hortis colitur. » Però già da qualche anno esisteva come pianta spontanea in Europa, poichè come tale in Sicilia trovasi registrata nell’ Ucria /Zortus panormitanus, sotto il nome errato di Erigeron canadense, siccome ne riferisce il Gussone nella sua lore sicule synopsis (II, p. 499); e poi negli anni sus- seguenti, cioè nei primi del secolo XIX, come pianta spontanea. più o meno comune la vediamo comparire nelle diverse flore di paesi meridionali di Europa pubblicate allora, ossia quelle di Tenore, di CAMBIAMENTI NELLA FLORA TOSCANA. 4335 De Candolle, di Savi, ec. Il Gussone (loc. cit.) cita un sinonimo del Castelli ZZortus messanensis, opera della metà del secolo XVII. Con- giungendo questo fatto a’ sopracitati, sarebbe presumibile che la no- stra specie fosse stata dapprima coltivata in quel giardino, e in altri sotto nomi errati, e di là si diffondesse per le vicine campagne innanzi che fosse riconosciuta come specie distinta. In quanto alla sua patria originaria, è difficile emettere una conghiettura, avvegnachè spetti ad un genere largamente distribuito per il globo, e finora non sia stata veduta in nessuna parte fuori dei sovraindicati paesi di Europa. Coriandrum sativuna. I! Mattioli lasciò scritto che al suo tempo il Coriandro nasceva per tutta Toscana nei prati e nei campi (Comm., ed. 1568, p. 807). Il Cesalpino per contro, alludendo evi- dentemente al detto del Mattioli, dichiarò di non averla mai veduta che coltivata negli orti (De plant., p. 316). Sarà data più facile cre- denza a quest’ultimo insigne ed esatto botanico, che al commenta- tore di Dioscoride; molto più che al dì d’oggi è rarissima allo stato selvatico in Toscana (Car., Prodr. fl. tosc., p. 299), questa pianta _oriunda del bacino orientale del Mediterraneo (Cand., Prodr., IV, p. 250). Crocus biflorus. Nessuno dei nostri autori antichi fa menzione di questa specie, essendochè il sinonimo di Crocum sylvestre del Cesal- pino (De plant., p. 411) riferitole dal prof. Bertoloni (Flor. ital., I, p. 214), spetti invece al C. vernus (Car., ZI. hort. sicc. Ces., p. 104). Il silenzio del Cesalpino non può provenire da dimenticanza, per essere il C. bdiflorus, ora comunissimo nel Pisano dove abitava il Cesalpino stesso, di aspetto sufficientemente diverso dal C. vernus, e per trovarsi fiorito nella stagione invernale quando ogni fiore attrae particolarmente gli sguardi. ll dubbio che allora adunque non esistesse quella specie in Toscana è grandemente avvalorato dal trovarsi dessa mancante affatto nel Catalogo delle piante dell’ agro fiorentino compilato dal Micheli, dove parlasi soltanto del C. vernus, mentre adesso il C. bdi- florus è comunissimo in diverse praterie di Firenze. Notisi ancora che tutte le località conosciute in Toscana per questa pianta sono nei dintorni delle tre città di Pisa, Lucca e Firenze, tre centri d’ intro- duzione di piante nuove, come ne abbiamo la prova per molti esempi. 454 T, CARUEL, A tempo mio ho assistito alla sempre maggiore diffusione sua nel Fiorentino; poichè quasi esclusiva una volta di un certo prato delle Cascine di Firenze ove abbondava, I’ ho veduta stendersi qua e là principalmente per mezzo del trasporto delle piote erbose, e ora tro- vasi in molti luoghi, c anche (ma in piccolo numero) in qualche bo- scaglia. lo inclino adunque a crederla d’ origine estera, e probabil- mente orientale, poichè trovo che è nativa pure di Georgia (Parl., FI. ital., II, p. 220); introdotta forse dapprima ne? giardini di Si- cilia, nei cui cataloghi compilati dal Castelli e dal Cupani fa la sua prima comparsa (Guss., lor. sic. syn., I, p. 32); poscia fattasi‘in- disena mano a mano per tutta Italia. Secondo questa ipotesi, la sua venuta in Toscana sarebbe della seconda metà del secolo XVIII, poi- chè a’ tempi di G. Savi dessa era già in Pisa, e se egli non l’ inserì nella sua Alora pisana, fu per non averla potuto determinare esat- tamente per deficienza di libri all’ uopo: così mi scrive il professore Pietro Savi. Cycioloma platyphyilum. Oriundo della valle del Mississipi nella Nord-America, coltivato nei giardini botanici. Fu trovato dal professore Narducci l’anno 1829 a Pisa nei terreni incolti lungo l’Arno fuori di Porta alla Piaggia, dove egli lo rivide dieci anni dopo, nel 1839, e dove ha seguitato a mantenersi fino al presente, abben- chè in piccola quantità, secondo quel che me ne scrive il professor Savi. Cyclospermum Ammiî. Pianta americana, scoperta dal: Savi sul principio di questo secolo a Pisa per le strade di campagna (Que cent., p. 74). Vi ha continuato a vegetare parecchio tempo, stando alla indicazione di esemplari raccolti ‘dal professor Narducci e da lui donati al Museo di Firenze l’anno 1841; ora però pare che sia scomparsa, almeno in questi ultimi anni è sfuggita affatto alle diligenti ricerche de’ botanici fatte nei luoghi dove prima si trovava. Cynomorium coccimeum. Questa singolare pianta parassita, propria delle coste più calde del Mediterraneo e delle Isole Canarie (Hook., On the struct. and affin. of Balanophorea), e che in Italia trovasi al presente soltanto in Sardegna, Sicilia e Malta (Bert lor. ital., X, p. 4), fu scoperta sul principio del secolo scorso a Livorno, CAMBIAMENTI NELLA FLORA TOSCANA 455 presso al Lazzaretto (Till., Cat. hort. pis., p. 64; Mich., oo. plant. gen., p. 47). Non si sa per quanto tempo vi si sia mantenuta, perchè dopo quell’epoca non bavvi ricordo alcuno, per quanto io sappia, del suo ritrovamento colà. Ora certamente non vi esiste più, del che non è a meravigliarsi per i grandi mutamenti avvenuti sulla faccia di quel luogo, in specie in questi ultimi anni per la piantagione della nuova passeggiata pubblica ivi fatta. Del resto, sospetto che anche al tempo della sua scoperta il Cinomorio fosse avventizio al Lazza- retto di Livorno, portatovi con le mercanzie che in quel luogo si so- levano spurgare. Batura Stramomiwas. È molto controversa I’ origine di questa pianta, alcuni autori derivandola dall’ America, altri dall’ Asia, altri dalle sponde del Mediterraneo (Cand., Géogr. dot, p.73i). Comunque siasi di ciò, mi pare cosa indubitata che in Toscana sia di recente com- parsa. Nasce qua e là nei luoghi incolti, e non comunemente (Car., Prodr. flor. tosc., p. 474). I nostri autori del secolo XVI ne tacciono affatto, cosa impossibile ove fosse esistita in Toscana al tempo loro una pianta così vistosa, e riputata per le sue virtù mediche; il Malum spé- nosum di Cesalpino, da lui conosciuto come specie da giardini( De plant., p. 2412), è la Datura fastuosa (Car., Illustr. in hort. sicc. Caes., p. 74). AI secolo XVIII lo Stramonio è noto ne’ giardini (Till., Cat, hort. pis., p. 161; Mich., Caf. hort. flor., p. 92), ma non havvi in- dizio che esistesse allo stato spontaneo, e manca nel Catalogo Miche- liano delle piante dell’ agro fiorentino. Il Savi, sul finire del secolo, è stato il primo ad indicarne la presenza nel Pisano (Z7. pîs., I, p. 242); da indi in poi tutti gli autori di flore toscane ne hanno par- lato. In relazione al modo di comportarsi di questa pianta è notevole il fatto della sua subitanea comparsa in terreni smossi di recente, di cui ho riferito un esempio nel mio Prodromo (1. c.). Erigeromn camadensis. Pianta di origine americana, introdotta in Europa, a quanto pare, alla metà del secolo XVII, e rapidamente fatta indigena (Cand., Géogr. bot., p. 726). In Toscana, e segnata- mente a Firenze, era già in grande abbondanza sul principio del se- colo XVIII, come scrive il Micheli nel suo Catalogo delle piante del- l’agro fiorentino. 486 T., CARUEL, Euphorbia Lathyrîs. Cesalpino ne parla (della Catapuzia) soltanto come di pianta coltivata negli orti per ornamento e per uti- lità (De plant., p. 377). Pure Mattioli aveva già ‘scritto che, oltre all'essere volgare negli orti, ne nasceva assai in Toscana per le cam- pagne (Comm., ed. 1568, p. 1320). A’ dì nostri trovasi sparsa qua e là (Car., Prodr. fl. tosc., p. 866), però sempre in vicinanza dell’ abi- tato, e per quanto io sappia, non mai in abbondanza; e siccome sé- guita ad essere coltivata dalla gente di campagna per uso medicinale, io dubito fortemente che quei non numerosi individui visti nascere spontanei sieno suppliti mano a mano da semi ortensi, e che perciò la Catapuzia sia da ritenersi pianta non originaria nostrale, e neanco fatta indigena, ma sempre esistente allo stato avventizio. È molto sparsa per il globo, però non sembra bene accertata la sua vera pa- tria (Boiss. in Cand., Prodr., XV, s. 2, p. 99). Fimbristylis Cioniamus. Scoperto un quarto di secolo ad- dietro in diversi luoghi paludosi dell’ Agro pisano e del Lucchese (P. Savi, Sopra una nuova specie di Fimbr.; Pucc., Add. ad syn. pi. luc.; ec.). Probabilmente di origine esotica come la specie seguente, per quanto non conosciuto finora di altra parte del globo. Una volta abbondava nella località (Palazzetto) del Pisano, ma consecutivamente ai diboscamenti e nuovi lavori che vi sono stati fatti, pare che sia scomparso, a quanto mi scrive il professor Savi. Fimbristylis squarrosus. Questa pianta fu scoperta in To- scana dal Micheli sul principio del secolo XVIII, intorno Altopascio (/Vov. pl. gen., p. 49), e al Poggio a Cajano presso Firenze, dove pare che non fosse rara (Cat. pl. agri flor.). Poscia non più ritrovata, il Savi (Bot. etr., II, p. 28) e il professor Bertoloni (ZU. îtal., I, p. 313) che ne favellarono, la descrissero sopra esemplari dell’ erbario Mi- cheliano. Nel 1844 (0 poco prima) il Puccinelli la scoprì di bel nuovo sul lago di Bientina vicinissimo ad Altopascio (Sym. pl. luc., p. 37). Al Poggio a Cajano non è più stata riveduta, e in questi ultimi anni si è resa assai rara nelle località Bientinesi, dopo il prosciugamento del lago di Bientina. La sua vera patria sta ne’ paesi tropicali di am- bedue gli emisferi (Parl.., Fl. îtal., II, p. 76). Questo fatto, congiunto alla mancanza della specie in altri paesi intermedi .a’ tropici e alle CAMBIAMENTI NELLA FLORA TOSCANA. 487 nostre parti d’ Italia, e alla sua presenza presso noi precisamente in località dove anticamente eranvi risaie, atte a facilitare l'introduzione di semi di piante esotiche con quelli del riso, è per me sufficiente motivo a ritenere come forestiera l’ origine e del Fimbristylis squarro- sus, e del /, Cionianus sopradetto, per quanto il professore De Can- dolle non se ne mostri gran fatto persuaso (Géogr. bot., p. 740). Frankenîia pulverulenta. Trovata dal Micheli a Livorno presso il Lazzaretto (/Vov. plant. gen., p. 23), non è più stata ritrovata nè ivi nè altrove sul continente toscano in tempi moderni; essendochè le parole con le quali Savi indica la località di essa sembra che si riferiscano alla suddetta scoperta del Micheli (Due cent., p. 92). Hedera Helix var. chrysocarpa. Questa varietà dell’ El- lera esiste alle Cascine di Firenze, nata ivi da semi portati dall’ Italia meridionale circa quarant'anni fa dal signor Fox-Strangways, secondo che mi ha raccontato il signor Gaetanò Baroni, che allora era giar- diniere dell’ orto botanico de’ Semplici in Firenze. Non è a mia cogni- zione che si sia propagata altrove, per quanto parrebbe che ciò avesse dovuto accadere per opera degli uccelli, i quali sono ghiottissimi delle sue bacche per testimonianza del signor Paolo Baroni attuale giardi- niere dell’orto suddetto, non essendo punto esatto quanto riferisce in contrario il professor Bertoloni nella sua Flora italica (Il, p. 689) sulla fede del Mauri, Heliotropium supinum. La patria di questa specie è la re- gione Mediterranea più calda; in Italia abita la Sicilia e la Sardegna (Cand., Prodr., IX, p. 533). È coltivata da molto tempo ne’ giardini botanici, per esempio in quello di Pisa sino dal principio del secolo scorso (Till., Cat. hort. pis., p. 79). In questi ultimi anni è stata sco- perta quasi contemporaneamente nel letto dell’ Arno in Pisa e in Fi- renze (Car., Suppl., p. 40); luoghi ambedue molto visitati, ed ove non sembra possibile che potesse sfuggire alle ricerche de’botanici qua- lora vi fosse esistita molto prima della scoperta. Atteso il poco tempo da che è stata trovata, considero per ora questa specie come avven- tizia. EHiyacinthus orientalis. 11 Giacinto, nativo di Oriente, era col- tivato ne’ giardini fino dal secolo XVI, come ne fan fede il Cesalpino (De 488 T. CARUEL, plant., p.402) ed il Mattioli (Comm., ed. 1568, p. 1108); però dalle parole di quest’ultimo rilevasi che a suo tempo era pianta introdotta di recente, imperocchè egli dice di averla avuta da Cortuso, venulagli, come-gli scrisse, dalle orientali regioni. La coltura se ne estese rapi- damente, e gran numero di varietà ne erano conosciute al secolo se- guente e al XVIII. Assai tardi però, e secondo. ogni sembianza soltanto in questo secolo, è potuto uscire dai giardini il Giacinto e stabilirsi nei campi, attorno le città di Sarzana, Lucca e Firenze; essendochè la prima opera che ne faccia menzione come di pianta indigena. lo- scana è la lora italica del professor Bertoloni, verso l’anno 1839 (III, p. 187). Elypecoum grandifiorum. lie vale a Livorno nella pela metà di questo secolo dal Raddi, e quindi nel 1841 dal professore Pietro Savi, e precisamente nei campi presso il Lazzaretto S. Jacopo, dove ancora nel 1860 abboridava, ma in uno degli anni successivi non vi era più che in scarsa quantità (P. Savi, Lett.), ET ypericum mutifum. Questa è pianta americana, comune per le terre basse degli Stati Uniti (Torr. and Gray, £. of North-Amer., I, p. 164). Nell'anno 1834 il professore Pietro Savi la scoprì sui così detti pollini (torbiere galleggianti) che fiancheggiavano il lago di Bientina, e credendola specie nuova, la descrisse col nome di Sarothra blenti- nensîs (in Nuovo giorn. de’ letter, anno 1839); quindi si accertò, con- temporaneamente ad altri botanici, della sua identità coll’ /Zypericum quinquenervium Walt., ch'è ora ritenuto per sinonimo dell’Z7. mutilum Linn. I botanici toscani facendone ricerca la trovarono dipoi comune- mente pei luoghi paludosi attorno al lago di Bientina, nonchè inaltra località del Lucchese distante dal lago più di trenta chilometri in linea retta, cioè presso Camajore nei monti d’oltre Serchio (Puce., Sym. pl. luc., p. 407); e nell’agro Fiorentino il professor Bechi la trovò nel 18453 vicino alla chiesa di s. Cristina all’ Impruueta. È difficile precisare l'epoca dell’importazione di questa specie presso noi, per quanto la si possa ritenere non remota, nè di molto anteriore al tempo della scoperta; poichè il luogo dove abbondava era visitato a bastanza spesso dai botanici contemporanei. Dico abbondava, perchè il recente prosciugamento del lago di Bientina e il dissodamento delle sue terre CAMBIAMENTI NELLA FLORA TOSCANA 459 ve l’hanno resa assai rara, Pur tattavia è da credersi che potrà per- durare, perchè non ristretta assolutamente a quella località, e capace di vivere anche in luoghi più asciutti. Iberis pimmata. Questa crocifera abbonda ne’ campi attorno Fi- renze, mentre manca, o almeno è molto rara, nel resto di Toscana. Circostanza questa che desta già il sospetto trattarsi di specie di non antica dimora nel paese, non essendovi altro modo di spiegare la ristrettezza dell’area occupata da una pianta, la quale di facile ripro- duzione, avrebbe, per allignare nelle campagne di quasi tutta Toscana, le stesse condizioni di suolo e clima che in quelle fiorentine. Esisteva già attorno Firenze al tempo di Micheli, bensì ristretta a tre sole Io- calità, di cui egli dà i particolari connotati (Cat. ms.), lo che non avrebbe fatto se allora la pianta fosse stata volgare come lo è oggi- giorno ; onde viene sempre più confermato il sospetto qui sopra enun- ciato. Prima del Micheli non havvi indicazione della presenza della specie in Toscana. Del resto non la si conosce di altri paesi all’in- fuori dell’ Europa meridionale. Bonopsidium albifiiorum. Pianta di Algeria e di Sicilia, col- tivata nell’orto botanico del Museo di Firenze, tre o quattro anni fa aveva principiato a moltiplicarsi rapidamente per le aiuole del giar- dino, mostrando così una propensione a naturalizzarsi. PI dasminum officimale. Nativo dell’ Asia temperata (Cand., Prodr., VIII, p. 313), il Gelsomino è comunemente coltivato nei giar- dini, e qualche volta trovasi quasi inselvatichito, però non mai fattosi realmente spontaneo. Lathyrus odoratus. Spontaneo in Calabria (Ten., Syll. flor. neap., p. 386) e in Sicilia (Guss., Fl sic. syn., Il, p. 278). Coltivato ne’ nostri giardini, è stato non è molto trovato inselvatichito ne’ campi Volterrani (Car., Suppl. fl. tosc., p. 20); resta a vedere se vi durerà. Eeontice Leontopetaion. Il Mattioli lasciò scritto di questa pianta, di averla « non solamente veduta trapiantata in più, e diversi giardini al domestico in Italia, ma ancora al selvatico in molti luoghi di Toscana » (Comm., ed. 1850, p. 495); aggiungendo poi in altre edizioni, che nasceva copiosa in Puglia (Comm., ed. 1568, p. 863). Sulla fede del Mattioli gli autori susseguenti fino a di nostri hanno 460 T, CARUEL, ripetuto nascere il Leontopetalo in Toscana e Puglia (Linn., Spec. plant., p. 448; Cand., Syst. nat., Il, p. 25); però è cosa certa che non è più stata veduto in nessuna parte d’ Italia, e il professore Ber- toloni nella sua Flora italica non ne fa alcuna menzione. Già fino dal secolo XVI l’accurato Cesalpino non aveva esitato a dichiararlo forestiero presso noi; soggiungendo: « audio in Apulia copiosam » (De plant., p. 271). La sua patria attuale è la Grecia e l'Asia Mi- nore (Cand., loc. cît.). Che cosa credere adunque? L’ ipotesi più pro- babile è che una volta si estendesse dalle parti orientali del Medi- terraneo sino nell’ Italia meridionale e in Toscana, aiutata forse nella sua estensione dalla coltura che se ne faceva come pianta medici- nale; e che poscia, estirpata la pianta selvatica per la ricerca che de’ suoi tuberi facevano gli erbolai, e poi abbandonatane la coltura, del tutto si perdesse in Italia. Lepidium BDraba. Il Mattioli nel descrivere questa pianta col nome di Draba (Comm., ed. 1850, p. 366), disse che nasceva nella Valle Anania della giurisdizione di Trento per i campi e le sponde, e mostrò di non conoscerla d’Italia. Però in edizioni posteriori della sua opera, egli la disse « nostra d’Italia » (Comm., ed. 1368, p. 602). Il Cesalpino poi, che parimente la chiama Draba, espressamente la dichiarò forestiera presso noi (De plant., p. 368). Se ciò fosse vero allora, come parrebbe, bisogna che la diffusione di questa specie sia stata molto rapida, poichè al principio del secolo XVIII Micheli la disse già comunissima attorno Firenze (Cafal. ms.), e ora lo è per tutta Toscana (Car., Prodr. fl. tosc., p. 48). Lilium candidum. Coltivato da antichissimo tempo ne’giar- dini, ora trovasi spontaneo qua e là in diversi luoghi di Toscana (Car., Prodr. fl. tosc., p. 634). Però la sua presenza allo stato selva- tico dev’ essere relativamente moderna, poichè non è notata dagli autori più antichi, che parlano soltanto della pianta coltivata; tutta- via il Micheli, nel suo Catalogo delle piante dell’agro fiorentino, la rappresenta già come copiosa attorno Firenze, mentre adesso vi è tutt’ altro che comune. In generale, io considererei il Giglio in To- scana piuttosto avventizio, che veramente inselvatichito. ELupinus albus. Il Lupino è coltivato da antichissimo tempo CAMBIAMENTI NELLA FLORA TOSCANA. 461 in Toscana. Per quanto il Puccinelli l'abbia indicato spontaneo in luoghi sterili del Lucchese (Syn. pl. luc., p. 58%), e il professore Bertoloni nei campi a Sarzana (4. ital., VII, p. 412), io credo che si trattasse soltanto di qualche esemplare sfuggito momentaneamente dalle colture, ciò che spesso accade, senza che questa pianta annua riesca propriamente ad inselvatichire. Lo stesso dicasi del BPiswm arvense, della cui spontaneità in Toscana dubito molto, nonostante che per tale l’ abbia ammesso nel mio Prodromo. Niedicago sativa. Per quanto l’Erba medica fosse di antichis- sima introduzione in Italia, e frequentemente coltivata a’ tempi dei Romani (Plin., Mist. nat., lib. 18, cap. 16), pare che la sua coltura si perdesse dipoi, e al secolo XVI non si conosceva più, mentre sa- pevasi che la pianta era coltivata in Ispagna, come ne fanno testi- monianza il Mattioli (Comm., ed. Valgr. 1568, p. 377) e il Cesalpino (De plant, p. 243). Però a quel. tempo medesimo la coltura ne fu ripristinata in vari luoghi d’Italia, secondo ne riferisce Castore Du- rante (Z/erb. nuovo, ed. 1717, p. 265); e da indi in poi nella To- scana purè è andata e si va estendendo sempre più. Fuori dalle col- ture l’ erba medica trovasi non di rado a vegetare in luoghi vicini, però non ve l’ ho mai veduta in gran copia, nè mi è sembrato che vi duri, e si faccia veramente spontanea, per quanto i nostri botanici sogliono considerarla tale (vedi Bart., Cat. piant. sien., p. 60; Sav., Bot. etr., IV, p. 60; Pucc., Syn. pl. luc., p. 385; Bert., FI. ital., VIII, p. 265). Non credo adunque che sia atta a farsi indigena, ma piuttosto si sperderebbe di nuovo, come già una volta si era spersa, ‘se ne cessasse per qualche motivo la coltivazione. Narcissus Jonquilla. La Giunchiglia ha ogni apparenza di pianta fuggita da’ giardini, dove frequentemente si coltiva. Le due uniche località di Toscana in cui nasca spontanea sono ne’ contorni immediati della città di Lucca (Car., Prodr. fl. tosc., p. 617), fram- mezzo alle colture e in vicinanza dell’ abitato; vi è stata trovata in tempi moderni; e in tempi anteriori non era conosciuta che allo stato domestico. Narcissus Tazzetta. Fra mezzo a tante Narcissie di origine estera o almeno dubbia, la Tazzetta rappresenta certamente un tipo 462 T, CARUEL, indigeno, esistente al secolo XVI (Car. ZIl. în hort. sice. Ces., p. 99), e comune per i luoghi erbosi, anche selvatici, delle nostre campa- gne. Le altre specie prettamente nostrali sono il /Varc. poeticus, il N. biflorus, e i due autunnali IV. serotinus e N. Cupanianuss dub- bie sono il /V. papyraceus e il gruppo dei Narcissi gialli (.V. aureus, N. Bertolonii, N. Puccinellii), nonchè il /V. italicus, il N. elatus e il N. Tenorii degli autori, sui quali mancano dati sufficienti per pre- cisarne la storia. Nel tipo del . Tazetta dovranno probabilmente confondersi un giorno i /V. canaliculatus Guss., N. patulus Lois., I. etruscus Parl., N. Ricasoliunus Parl., N. vergellensis Parl, N. Bic- chianus Parl., esistenti in Toscana, e chi sa quante forme ancora descritte nelle recenti flore italiane e francesi, e inalzate a dignità di specie sopra caratteri forse non abbastanza ponderati. Per esem- pio, è stata addotta come carattere distintivo la varia lunghezza dello stilo per rapporto agli stami; ora non havvi pericolo che la partico- larità dello stilo più o meno lungo stia a rappresentare nei Narcissi un fatto analogo a' quello conosciutissimo nelle Primule, in diverse Borragince, ec., cioè uno sviluppo inverso degli organi de’ due sessi, una mezza diclinia, osservabile ne’diversi fiori della medesima specie ? Qenothera biemnis. Questa pianta è comunissima per gli Stali Uniti d'America (Torr. and Gray, /l. North-A4m., I, p.492), donde non vi può essere dubbio che fosse introdotta in Europa (Cand., Géogr. bot., p. 710). 1 nostri botanici del secolo XVI non la conoscevano af- fatto. A’ primi del secolo seguente coltivavasi nell’ orto botanico di Padova, a detto di Gaspare Bauino ch’è stato primo a farne men- zione sotto il nome di Lysimachia lutea corniculata (Pin., p. 248). Da indi in poi trovasi comunemente ne’ cataloghi di giardini. Però non trovo nè nel Catalogo dell'orto pisano del Tilli, nè in,quello del- l’orto fiorentino del Micheli, indicazione alcuna della sua presenza spontanea in Toscana nella prima metà del secolo XVII. La prima opera di botanica toscana a farne menzione è la lora pisana del Savi, stampata nel 1798 (1, p. 381). Adesso è comune nel littorale arenoso fra Bocca di Magra e Bocca d'Arno, e ha principiato ad estendersi entro terra risalendo il corso del Serchio (Pucc., Sym, pi. luc., p. 208). CAMBIAMENTI NELLA FLORA TOSCANA 465 Genothera striceta. Nell’ estate del 1863 il professore Tassi di Siena trovò questa pianta che vegetava spontanea nei. pressi di Viareggio, dove l’anno scorso l’ abbiamo ritrovata assieme nel- l’istesso sito. È questo un praticello sabbionoso, accosto ad una ca- pannuccia posta frammezzo a’ coltivati che sono al finire della selva di pini che sta a ponente di Viareggio, fra la:selva stessa e il conti- guo fiume detto Fossa dell’ Abate. La pianta in discorso vi occupa uno spazio di un quindici passi in quadro, con numerosi individui, che vi prosperano assai bene, e portando semi in abbondanza accen- nano ad una facile propagazione. Non essendovi alcun giardino in prossimità, non è facile indovinare donde sia venuta direttamente questa pianta. È specie coltivata da lungo ‘tempo negli orti botanici di Toscana, come del resto di Europa; anzi fu descritta in origine da Ledebour sopra esemplari dell’ Orto berlinese (Link, Enum.). La sua patria però è il Chilì, essendo dessa identica a quanto pare con l’ Oe. propinqua descritta nella Flora chilena (1). Gpuntia vulgaris. Gli autori del secolo XVI non conoscevano i Fichi d'India che come piante forestiere e coltivate. G. Targioni, che è stato il primo a ricordare la presenza spontanea dell’Op. vul- garis nei colli Fiorentini alla metà del secolo scorso, ne riconosce espressamente l’ origine esotica (4pp. ad Cat. hort. fl., p. 158). OI- tre l’indicato luogo, questa specie si è anche naturalizzata nel litto- rale di Piombino e altrove (Sav., Zot. etr., IV, p. 105), però, a quanto pare, assai scarsamente. È la Cactoidea che più si avanza al nord nell’ America settentrionale (Torr. and Gray, fl. North-Am., I, p. dbb5.) @xalis strieta. È dubbia la patria prima di questa pianta; molti la credono dell'America settentrionale (Cand., Géogr. bot., p. 660). In Toscana non è comune, trovandosi in piccola quantità nei coltivati o in prossimità di essi nel Pisano, nel Fiorentino, e probabilmente altrove. Il Cesalpino non ne parla, ma forse la confondeva con l’affine Ox. cornicu- (1) Devo queste notizie sulla retta determinazione della specie in discorso all’ amico dott. Ascherson di Berlino, che ha confrontato gli esemplari toscani con quelli dell’Oe. stricta dell'Orto berlinese, e dell’ Oe. propinqua del Chili. 464 T. CARUEL, lata da lui ben conosciuta col nome di Oxys (De plant., p. 864). It pri- mo a farne menzione espressa è il Micheli nel catalogo dell'Orto pisano del Tilli a p. 128, dove la chiama Oxys lutea, erecta, seu caulifera nostras; sotto il qual nome figura anche nel suo catalogo delle piante dell’agro Fiorentino. Qxycoccos palustris. Pianta delle parti settentrionali di Eu- ropa, dalle quali si estende sino ai monti del Tirolo italiano (Bert., FI. ital., V, p. 636). Di là fa un salto a traverso tutta la valle del Pò e la catena Apennina, per comparire sulle torbiere del Lago di Bientina, non lungi dal mare, in una delle parti più basse della Toscana e nella regione dell’ulivo, dove fu scoperta un 25. anni addietro (Car., Prodr. fl. tosc., p. 428). Ivi sta — o per meglio dire stava — in compagnia di altre 8. specie di regioni fredde, la Caltha palustris, la Rhynchospora fusca, la Rh. alba, Y Eriopho- rum angustifolium, e VE. latifolium; le quali però tutte, ad ec- cezione della Ahynehospora alba, ritrovansi nelle parti alte del- l’ Apennino toscano (Car., o. c.). Il fatto della esistenza di que- ste piante al Lago di Bientina è paragonabile a quello della presenza del Rhododendron ferrugineum sul Lago di Como (Cand., Géogr. bot., p. 317); ed è forse da spiegarsi per l’istessa ragione dell’ umidità dell’ ambiente, che contrappesa l’effetto del caldo, eccessivo colà in tempo d’ estate. Checchè ne sia di ciò, tutte e sei quelle specie sono scomparse da quel luogo, per il prosciugamento del lago, operatosi negli anni decorsi, il quale adesso è reso una prateria, traversata da fosse e scoli con acqua corrente. Così l’Oxycoccos è perduto per la Toscana; le altre mentovate specie sono fatte proprie dell’ Apennino, eccettuate le due f%ynchospore che hanno trovato un rifugio nel piccolo lago Sibolla posto nelle vicinanze di Bientina (Car., Supp!., p. 49). Petroselinum sativum. Cesalpino (De plant., p. 297) e i suoi contemporanei non parlano del Prezzemolo che come pianta or- tense. Anche oggigiorno è essenzialmente pianta coltivata negli orti, da’ quali però esce talvolta e si fa salvalica, com’ è stato osservato nei dintorni di Firenze, di Lucca, e altrove (Car., Prodr. /l. tosc., p. 269); tuttavia non pare che sia in tanta copia da far credere assicurata la sua qualità di pianta spontanea. CAMBIAMENTI NELLA FLORA TOSCANA 465 Phaca alpina. Il Micheli ha descritta e figurata questa specie nel catalogo dell'Orto pisano del Tilli, col nome di Astragaloides A lpi- na, hirsuta, erecta, foliis Viciae, floribus dilute luteis (p.19,1.14,£.2). L’ ha data come pianta toscana, scrivendo che nasce nelle Alpi pistojesi, ma che è rara. Dopo di lui nessuno l’ha più ritrovata nè in quei monti, per quanto sieno stali frequentemente visitati, nè altrove nell’ Appen- nino; e non è probabile che una pianta abbastanza vistosa come quella sarebbe sfuggita sempre alle ricerche de’ botanici, ond’è da credere che, già rara a’ tempi Micheliani, siasi del tutto perduta di poi. Phytolacea decandra. Pianta oriunda americana, da prima coltivata in Europa per l’uso che si fa de’ sugi frutti per colorire i vini, ora fatta indigena in molte parti di essa, nonchè nell’ Oriente (Cand., Géogr. bot., p. 736). In Toscana pare che abbia principiato a inselvatichire alla metà del secolo passato, secondo quel che ne scrive Giovanni Targioni a quella data (App. ad Cat. hort. flor., p. 161). Mentre non figura nel catalogo delle piante dell’agro Fio- rentino compilato dal Micheli pochi anni prima. Ora vi si trova selva- tica in molti luoghi (Car., Prodr. fl. tosc., p. 337); però a quanto mi è stato dato osservare, non mai in abbondanza, e sempre vicino a’ col- tivati e alle abitazioni. Potamogeton. Diverse specie di questo genere, il 2, polygoni- folius, il P. acutifolius, il P. trichoides, indicate solamente del lago di Bientina per la Toscana (Car., Prodr. fl. tosc., p. 660-62), potreb- bero credersi perdute per la nostra flora in conseguenza del prosciu- gamento di quel lago. Ma è molto probabile che saranno trovate in altri laghi minori di Toscana, quando questi saranno meglio esplorati. Quercus Pseudosuber. Ho già raccontato nel Prodromo della flora toscana (p. 877), e nel Suppplemento (p. 46), come que- st'albero si faccia sempre più raro in Toscana, essendo scomparso dal M. Amiata dove lo trovò Santi, e a quanto pare dal Fiorentino dove più anticamente lo scoprì Micheli, e dove nessun botanico moderno l’ ha ritrovato; è ridotto a piccolo numero d’ individui in Maremma, per la distruzione crescente de’ boschi colà. Eobinia EPseudacacia. La Cascia è albero degli Stati-Uniti Vol. IX. 30 466 T. CARUEL, d’ America, donde fu introdotta in Francia a’ primi del secolo XVII (Dict. class. d' hist. nat., XIV, p. 627). L’epoca della sua introdu- zione in Toscana è molto posteriore, poichè la prima menzione se ne trova un secolo più tardi (nel 1723), nel Catalogo dell’ orto. pi- sano del Tilli, a pag. 139. Trovasi anche nell’ Appendice al Cata- logo dell'orto di Firenze pubblicata nel 1748 da Giovanni Targioni (Michelti cat. hort. flor., pag. 163); e doveva trattarsi di pianta piccola, perchè non figura nel prospetto dato fuori tre anni dopo dal Manetti delle piante. che fiorirono e fruttificarono nell’ anno 1750 nello stesso orto botanico (Man., rid. flor.). Alla fine del se- colo passato era sempre albero rarissimo in Toscana (Ant. Targ., Cen- ni sulla introd. di varie piante in Tosc., p. 247); anche al princi. pio di questo secolo, il Savi (4/0. fosc., p. 20!) e Ott. Targioni (sf. bot., ed. 3, III, p. 97), non ne parlano come di pianta general- mente coltivata. AI giorno d’oggi invece, e da qualche tempo, colti- vasi frequentemente non solo come albero di ornamento, ma ancora pei boschi, e nei terreni arenosi delle rive dei fiumi, per l’utile che si ritrae del suo legname; alligna così bene, e si diffonde tanto, da dovere figurare d’ora innanzi come elemento naturale della flora toscana. Etunbia tinctorum. Il Mattioli dicendo della Robbia che ne nasce per tutta Toscana infinitissima copia (Comm., ed. 1868, p. 971), evi- dentemente confonde la specie coltivata con l’altra salvatica ossia È. pe- regrina, d’altronde vicinissima. Il Cesalpino sapeva già bene distin- guerle, e nota che la domestica coltivavasi nel Piceno (De plant., p. 323), con ciò mostrando che non se ne usava la coltura in Toscana. Fu in- trodotta più tardi, e dopo un’epoca di prosperità è cessata, non essen- dovi tornaconto perla concorrenza che la robbia del Levante fa al ge- nere nostrale (Ant. Targ., Cenni sulla întrod. di varie piante in Tosc., p. 107). Non pare che la £. tinctorum si sia mai resa selvatica, poichè la pianta che il Bartalini (Cat. piant. sien., p. 7), il Santi (Z'iagg., II, p. 96), e il Savi nelle sue prime opere (ZU. pis., I, p. 177; Mat, med. losc., p. 6), designarono con quel nome, era senza dubbio la È. peregrina; e quando più tardi il Savi nel Zotanicon etruscum (II, p. 92) distinse accuratamente le due forme, non indicò nessuna CAMBIAMENTI NELLA FLORA TOSCANA 467 località per la £. linctorum, nè aleuno al tempo presente l’ ha mai trovata in Toscana. Scilla Ceusiî. Trovata una volta sul ciglio d’un campo presso una villa nel Lucchese (Bicch., Agg. fl. lucch., p. 20). Certamente avventizia. Scilla hyacinthoides. Il nome posto a questa specie dal Bau- ino di Buldus erioplorus Orientalis (Pin., p. 47), sembra indicare una origine esotica. Infatti Clusio, che primo ne parlò, la descrisse so- pra esemplari coltivati da bulbi portati da Costantinopoli (Rar. plant. hist., I, p. 172). Cesalpino non ne fece menzione. Al secolo passato la si conosceva soltanto coltivata ne’ giardini (Till., Cat. hort. pis., p. 427; Mich., Cat. hort. flor., p. 70, sub Ornithogalo eriophoro orientali). Onde apparisce che la pianta è da riguardarsi come av- ventizia nelle poche località toscane ov’è stata trovata in tempi mo- derni, le quali sono tutte in mezzo alle colture e in vicinanza di ville (Car., Prodr. fl. tosc., p. 633). Solanum citrullifolium. Ho già riferito nel Prodr. della fl. tosc., a p. 469, come questa pianta, nativa probabilmente del Texas (Alph. Cand., Prodr., XIII, s. 1, p. 682), si è mostrata spon- tanea l’anno 1862 in Firenze presso l’ Arno, e avviata a quanto pare- va a naturalarsi. Anche in Germania da qualche anno mostrasi pro- pensa a farsi indigena (Aschers., /. Brand., p. 454). Solidago. serotima. Nativa dell’ America settentrionale, da poco tempo insalvatichita in diversi punti de’ dintorni di Lucca (Bicch., Agg. fl. lucch., p. 12, sub S. canadensi). Stemactis bellidiflora. Pianta oriunda dell’ America setten- trionale (Cand., Géogr., bot., p. 727), ora fatta comune nell'Italia superiore (Bert., I. ital., IX, p. 259). Era coltivata nei giardini botanici di Toscana nel secolo scorso (Tilli, Cat. hort. pis., p.18; Targ., App. ad cat. hort. flor., p. 146; Man., Zirid, flor., p. 6). Ha principiato a farsi selvalica da pochi anni a questa parte, ma è tuttora rarissima (Car., Prodr. fl. tosc., p. 334). Svringa vulgaris. Nativo dicesi di Persia (Cand., Prodr., VII, p. 282), comunemente coltivata nei giardini e ne’ parchi, il Lilla tro- 468 T. CARUEL, vasi qualche volta quasi insalvatichito; però non si fa mai realmente spontaneo. NWordylium apulum. Il Cesalpino chiama questa pianta Zimpi- nella Romana, e ne indica per luogo nativo i suburbi di Roma (De plant., p. 318): con ciò mostrando di non conoscerla di Toscana, alla fine dunque del secolo XVI. Più di un secolo dopo, sul principio cioè del XVIII, il Micheli ne parla così sul suo cat. ms. delle piante dell’agro fiorentino: « Vedesene qualche pianta nel prato della R. Villa di Ca- stello, avanti però che vi si seghi il fieno; come ancora, benchè in poca quantità, fra gli alberi alle Cascine, ma di rado s’ incontra. » Sullo scorcio dell’istesso secolo XVIII, il Savi la mette (sotto il nome di 7. officinale), fra le piante del Pisano, indicandola in termini da far supporre che già vi fosse comune (7. pis., Il, p. 286). Adesso è pianta comunissima per tutti i luoghi erbosi del Fiorentino. Trovasi ancora, oltre a Pisa, a Lucca dove però è rara (Pucc., Syn. pl. luc., p. 168), e nella Toscana meridionale (Car., Prodf. fl. tosc. p. 288). Da tutti questi dati si può inferire che la specie in discorso, originaria della bassa Italia, si è introdotta in Toscana (almeno nella sua parte superiore) da un secolo e mezzo addietro, e vi si è grada- tamente propagata. "Nrachelium coeruleum. Questa pianta si trova sui vecchi muri lungo la strada di Pozzuolo presso Lucca, parimente sopra un vecchio muro nel parco di Marlia nel Lucchese, come pure a Monteca- tini di Val-di-Nievole (Car., Prodr. /l. tosc., p. 426). La natura partico- lare e la ristrettezza di quelle località induce a credere che il Trache- lio vi si sia naturalizzato, fuggendo da’ giardini dove si coltiva; la quale supposizione è avvalorata dal trovarsi la Toscana fuori dell’area geografica della specie (Cand., Géogr. bot., p. 123). Certo i botanici antichi non la conoscevano spontanea in Toscana; il Micheli la fa figurare soltanto come pianta coltivata nel suo catalogo dell’ orto fio- rentino (p. 96,) dove egli l’aveva portata dal Monte Baldo a dire di Giovanni Targioni (4pp., p. 180); e parimente prima di lui il Tilli la dà soltanto come pianta coltivata (Cat. hort. pis., pag. 166). 'N'rifolium obscurum. Specie fondata dal Savi (Obs. trif., p. 54), sopra esemplari ‘secchi dell’ erbario di Micheli. Questi l'aveva CAMBIAMENTI NELLA FLORA TOSCANA 169 scoperta nell’agro Fiorentino, per i campi ed anche per i boschi in di- versi luoghi, dei quali vedi l’enumerazione nel mio Prodr. /l. tosc., a p. 161. Dopo del Micheli nessuno l’ha mai più riveduta. Non si co- nosce di alcun altro paese, avvegnachè la pianta di Sicilia che il Gus- sone e il Savi (Bot. etr., IV, p. 18) credettero dapprima il 7°. obscu- rum, pare che si riferisca invece al 7°. leucanthum (Bert., 1. ital., VII, p. 142). Cosicchè resta egualmente misteriosa l’apparizione e la scomparsa di questa pianta. ì EMulipa Gesneriama. Tutti conoscono la storia dei Tulipani coltivati; come fossero importati da Costantinopoli alla metà del secolo XVI, e come educati con amore ne’ giardini, principalmente di Olanda; come salissero poì in tanto favore in quel paese, da essere oggetto di esleso commercio o meglio di sfrenate speculazioni verso gli anni 1630 al 1640, seguite da rovinosa reazione. A Parigi e a Londra fu assai più moderata la tulipomania. In Italia pare che non si sia mai destata. I tulipani erano però comunemente coltivati ne’ giardini in molte va- rietà, in Toscana come altrove, sin dal secolo XVI (Ant. Targ. Cenni sulla introd. di varie piante in Tosc., p. 288). Non havvi però al- cun indizio della loro presenza spontanea nelle nostre campagne fino al secolo presente. Ai tempi del Micheli non trovavasi nei dintorni di Firenze che una sola specie, la T'ulipa sylvestris, e quella rarissima (vedi sotto). Giovanni Targioni suo scolaro non parla affatto di tuli- pani selvatici, mentre nella sua appendice al catalogo dell’ Orto fiorentino pubblicata nel 1748, egli si dà cura di notare altre piante di minor conto che dallo stato di coltivazione erano passate al selva- tico. Ad un tratto sul principio del nostro secolo i tulipani compari- scono tanto numerosi per la campagna fiorentina, da fornire argo- mento ad un apposito lavoro dell’emigrato francese Eugenio de Re- bqul, pubblicato nel 1822 col titolo: Nonnullarum specierum Tulipa- rum in agro florentino sponte nascentium propriae notae, in cui sono annoverate 7 specie, Zul. sylvestris Linn., T. Clusiana Cand., 7. Oculus solis Saint-Amans, 7. addii Reb. (ossia 7°. preecox Ten.), T. Gesneriana Linn., T. strangulata Reb., T. Bonarotiana Reb., le quattro prime delle quali comuni, le altre rare. L’anno se- guente 1823 un’altra specie, la 7. maleolens Reb., veniva ag- 470 T. CARUPL, giunta dall’istesso botanico in una Appendice al citato elenco. Quindi ricerche posteriori gli facevano scoprire altre forme nuove, rese di pubblica ragione nel 1838 nell’opuscolo intitolato: Selecta specie- rum Tuliparum in 4gro florentino sponte nascentium synonyma; le quali sono la 7. Foxiana Reb. (una varietà della 7. precox), la T. serotina Reb., la 7. neglecta e la T variopicta Reb. (ambedue - varietà della 7. Bonarotiana). Infine recentemente altre due specie sono state aggiunte al novero dei tulipani toscani, la 7°. Fransoniana del professore Parlatore (/Vuoo. gen. e sp. monoc. p. 13), e la 7°. Bec- cariana del professore Bicchi (499. fl. lucch. p. 21). AI presente ecco lo stato delle cose (vedi il mio Prodr. fl. tosc.). Delle 13 forme sco- perte nel Fiorentino, 10 esistono tuttora nelle medesime condizioni di prima, vale a dire quattro comuni, che sono le stesse ricordate più sopra come tali, e sei rimaste rare, ristrette a una o poche località. Altre tre sono sparite, cioè la varietà della 7. preecox detta da Re- boul 7°. Foxiana, la T. serotina, e la T. Bonarotiana' tipica. In altre parti di Toscana — poichè non è Firenze sola a possedere que’ vaghi fiori — sonosi trovate sei specie intorno Lucca, la 7. precox, la 7°. maleolens, la T. Clusiana, la T. sylvestris, la T. Gesneriana, nessuna delle quali però molto comune, e la 7°. Becca- riana rarissima; una specie, la T. precox,a Siena; e una, la 7. Clusiana, a Pisa. Notisi che le due città di Firenze e Lucca, quasi sole a possedere tulipani, sono fra tutte maggiormente contornate da ville con giardini; e si avrà in questo fatto, aggiunto a quanto altro si conosce dell’ istoria di quelle piante, la spiegazione sicura della loro introduzione nella flora toscana, nonchè di altri fiori come l’Ane- nemone coronaria, che si trovano precisamente nelle medesime con- dizioni. "Eulipa sylvestris. Havvi un esemplare di questa specie nel- l’ erbario di Cesalpino (Car., ZU. in hort. sicc. Ces., p. 99); e nel libro De plantis a p. 412 egli la descrive esattamente col nome di Lonchitis, soggiungendo: « oritur in Apennino apud Bargenses, » per confusione a quanto si vede con la vicinissima 7. Celsiana, che nasce infatti in quella regione dell’ Apennino (Car., Prodr. /l. tosc., p. 628), mentre la 7°. sylpestris abita una regione assai più bassa, Circa un CAMBIAMENTI NELLA FLORA TOSCANA 4T7A secolo e mezzo più tardi, il Micheli nel suo Catalogo ms. delle piante dell’agro Fiorentino nota la presenza della 7°. sylvestris spontanea nei dintorni di Firenze, però talmente rara, che indica per essa una località unica, in un podere fuori della porta a S. Gallo. Dopo un altro secolo, cioè sul principio del presente, il Reboul trova la specie comune nell’agro fiorentino ( Vonn. spec. tulip. pr. not., p. 3). Adesso vi abbonda tanto, che non vi ha quasi campo che ne sia privo. È pure frequente attorno Lucca (Car., Prodr. fl. tosc., p. 628). Onde sì rileva che dev'essere sortita verso il principio del secolo XVIII dai giardini dove coltivavasi insieme con le congeneri, per farsi indigena per le campagne di Firenze e di Lucca, con ogni probabilità di esten- dersi mano a mano per tutta Toscana. La sua vera patria sembra es- sere in parti più meridionali, per esempio la Sicilia dove nasce in luo- ghi boschivi montuosi (Guss., A. sic. syn., 1, p. 400), mentre presso noi viene esclusivamente nei campi coltivati. Lo stesso può dirsi della T. precox che, a detta di Tenore, nasce ne’pascoli della Puglia e della Terra di Otranto (Syl/. /l. neap., p. 471). Le altre forme pare che sieno venute direttamente dall’ Oriente. Veronica persica. Al XVI secolo pare che non fosse in To- scana, poichè Cesalpino non la descrive, mentre parla sotto il nome di Antirrhinon delle affini 77. hederifolia e V. didyma, specie meno cospicue assai della prima (De plant., p. 334). Anche al secolo XVIII Mi- cheli non la registra nel suo cat. ms. delle piante dell’ agro fiorentino, se tuttavia non sia da riferirsele una sua enimmatica 77. /losculis pediculis oblongis insidentibus, Chamaedryos folio, alterno, di cui dice ch’è volgare quanto la Z'er. agrestis (o didyma). Così pure per altre parti d’Italia non trovo indicazione di autori che ne parlino in- nanzi all’epoca moderna (Bert., //. Ztal., I, p. 103). Buxbaum pel primo la descrisse in modo chiaro nel 1728 {Cent., 1). Come e quando siasi introdotta in Europa dalla Persia non risulta chiaro. É presumi- bile da alcuni dati che ciò accadesse nella seconda metà del secolo scorso. XManthium macrocarpum. ll professore Alfonso de Can- dolle crede questa pianta originaria di America (Géogr. bot., p. 729). Di questa opinione erano pure i botanici antichi, quando le dettero 472 T. CARUEL, nome di Xanthium Canadense, majus, fructu aculeis aduncis mu- rito. Fra noi figura per la prima volta nel 1723, nel Catalogo dell’ Orto pisano, sotto quel nome medesimo (a p. 174); col quale parimente sta inserita nel Catalogo delle piante dell’ agro fiorentino lasciato dal Micheli, con queste note: « Osservasene qualche pianta nel dintorno della città dove sono scarichi di calcinacci e altre cose, dove vi na- sce Ja prima volta da semi ivi con dette robe e rifiuti di giardini por- tativi. » Intorno Firenze non si è propagata molto, essendovi tuttora rara; mentre altrove in Toscana, e precisamente per tutta la valle del Serchio, si è resa comune (Bicchi, Agg. flor. lucch., p. 14). Mamtiicma spimosmum. Gli autori del secolo XVI non fanno | parola di questa specie, così comune oggigiorno per i luoghi incolti di Toscana e così atta a colpire l’attenzione. Comparisce fra noi per la prima volta sul principio del secolo XVIII, nel Catalogo dell’ Orto pisano del Tilli, sotto il suo nome Tourneforziano di XAanthium Lu- sitanicum, laciniatum, validissimis aculeis munitum; con questa pre- ziosa nota: « Circa Florentiam sponte, et copiose crescit teste D. Micheli » (p. 174). Infatti sta registrata nel Catalogo Micheliano delle piante dell’ agro fiorentino, dove si legge che cresceva ne’ luoghi me- desimi dello X. macrocarpum, nata ivi per le stesse ragioni, e già grandemente moltiplicata a quel tempo. Non pare esistesse in alcuna parte di Europa, eccetto il Portogallo, verso la fino del secolo XVII (Cand., Géogr. bot., p. 729). Una volta introdotta, si vede che la sua diffusione mano a mano è stata rapidissima, e ciò spiega la sua pre- senza nella Russia meridionale sul finire di quel secolo, senza che si debba per questo supporla originaria di quella parte d’ Europa, come dubita il professore De Candolle (/. c.). Le probabilità per una origine. americana mi sembrano assai preponderanti. Ziziphora capitata. Pianta di Oriente (Linn., Sp. plant., ed. 2, p. 34), scoperta dal Savi sul finire del secolo scorso nei dintorni di Firenze, dove ora si è resa comune per i campi, e va estendendosi ognora più. Ai tempi di Micheli non vi esisteva, poichè non si trova nel suo erbario e nel catalogo ms. delle piante dell’agro fiorentino; e siccome pare che non sia mai stata pianta da giardino, non figu- rando in nessuno dei cataloghi di orti botanici del secolo passato, epr o a PT E CAMBIAMENTI NELLA FLORA TOSCANA. 4753 devesi riferire la sua importazione a quella di semi di cereali ve- nuti dall’ Oriente, essendochè il tempo della maturazione de’ propri semi coincida con la mietitura del grano. L'epoca della sua introdu- zione si deve riportare con tutta probabilità alla seconda metà del secolo XVIII. È comparsa in qualche altro sito di Toscana (Car., Prodr. fl. tosc., p. 812), nonchè in altre provincie d’Italia come la Romagna (Bert., /4. ital, I p. 132), le Marche (erb. Mus. fior.!), la Puglia (Ten., Sy//. fl. neap., p. 16); laonde è da prevedersi che con un suf- ficiente lasso di tempo invaderà tutta Italia, e quindi le parti meri- dionali di Francia, ec. Il. DEDUZIONI DAI FATTI REGISTRATI. Sono un centinaio circa le piante intorno a cui ho registrato i faili sin qui esaminati, come quelle che hanno portato cambiamento nella flora della Toscana in questi ultimi tre secoli. Desse si possono spartire nelle seguenti categorie: 4.° Piante altra volta non esistenti in Toscana, introdotte e fatte indigene. 2.° Piante introdotte, ma di recente e non ancora bene stabilite, oppure scomparse dopo poco tempo, o rimaste allo stato avventizio. 5.° Piante indigene perdute, 40 Piante altra volta non esistenti in Toscana, introdotte e fatte indigene. Agave americana Ammannia verticillata Ajax incomparabilis Anemone coronaria A. odorus Bellevalia Webbiana A. pseudonarcissus Bidens frondosa Amarantus albus Bonaveria Securidaca (?) A. retroflexus Borrago officinalis (2) 47h Chenopodium ambrosioides Conyza ambigua Crocus biflorus (?) Datura Stramonium Erigeron canadensis Fimbristylis squarrosus Tlyacinthus orientalis Hypericum mutilum Iberis pinnata (?) Lepidium Draba Narcissus aureus (?) N. Bertolonii (?) N. elatus (?) N. italicus (?) N. Jonquilla N. papyraceus (?) N. Puccinellii (?) N. Tenorii (?) Oenothera biennis Opuntia vulgaris Oxalis stricta (?) Phytolacca decandra Robinia Pseudacacia ‘Tordylium apulum ‘. Trachelium coeruleum Tulipa Bonarotiana . Clusiana . Gesneriana . maleolens . oculus solis . praecox . serotina . strangulata . Sylvestris Veronica persica (?) Xanthium macrocarpum X. spinosum Ziziphora capitata. e ee ee er ee Mer Mer Rie A Piante altra volta non esistenti in Toscana, introdotte, ma di recente e non ancora bene stabilite, oppure scomparse dopo poco tempo, 0 rimaste allo stato avventizio. Ailantus glandulosus Amarantus caudatus A. incurvatus A. patulus Anemone hortensis pavonina Anthriscus cerefolium Aster Novii Belgii A. salignus Bidens bipinnata Camelina sativa Centaurea ragusina Cnicus benedictus (?) Coriandrum sativum Cycloloma platyphylIum Cyclospermum Ammi Cynomorium coccineum (?) Euphorbia Lathyris (?) Fimbristylis Cionianus CAMBIAMENTI NELLA FLORA TOSCANA 478 Frankenia pulverulenta (?) Hedera Helix chrysocarpa Heliotropium supinum Hypecoum grandiflorum Oenotbera stricta Petroselinum sativum Scilla Clusii S. hyacinthoides Solanum citrullifolium Solidago serotina Stenactis bellidiflora Syringa vulgaris Tulipa Beccariana T. Fransoniana. Jonopsidium albiflorum Jasminum officinale Lathyrus odoratus Lilium candidum Lupinus albus Medicago saliva Le Piante indigene di Toscana, ora perdute. P, polygonifolius (?) P. trichoides (?) Trifolium obscurum (?) Tulipa Bonarotiana var. Ammannia verticillata Anthyllis hermanni (?) Carex GrioJetii Leontice Leontopetalon (?) Oxycoccos palustris T. pracox var. Phaca alpina T. serotina. Potamogeton acutifolius (?) ec. ec. Dal complesso dei singoli fatti, certi, o probabili, o meramente possibili, volendo ora passare a considerazioni generali, occorre in primo luogo notare una conseguenza che risalta fra tutte, che da quelle si possono dedurre, ed è l’azione preponderante @quasi esclu- siva dell’uomo, diretta o indiretta che sia, nei cambiamenti provati dalla flora della Toscana in questi ultimi e secoli. L’ azione diretta dell’uomo apparisce evidente nell’ imipobtaziane di quelle piante, le quali coltivate dapprima per uso o per orna- mento, hanno potuto poi per circostanze favorevoli portarsi nelle campagne, e vegetare ivi allo stato spontaneo. Una buona metà delle specie fatte indigene si riferiscono a questa categoria delle piante coltivate; e la proporzione sarebbe ancora più forte, qualora si te- 476 T. CARUÉI:, > nesse conto non solamente delle specie uscite direttamente dai giar- dini del paese, ma ancora di quelle che provenienti da giardini di al- tre parti d’ Europa, sonosi poi mano a mano per altra via introdotte in Toscana. L’azione indiretta dell’uomo si fa sentire in doppio modo. Un modo sta nel trasporto involontario di semi, generalmente con quelli di altre piante coltivate e massime dei cereali, i quali poi seminati insieme pe’ campi e le risaie; danno nascita a nuovi elementi della flora. Un secondo modo consiste nella produzione per opera dell’ uo- mo di certe stazioni particolari, come sarebbero i campi coltivati, le risaie, i luoghi incolli, ec., soli atti a mantenere presso noi una serie di piante, le quali altrimenti non potrebbero allignare, ovvero dopo poco tempo dovrebbero sparire. La proporzione delle specie nuove introdotte in Toscana negli ultimi tre secoli per azione indiretta del- l’uomo è sempre forte, abbenchè sensibilmente minore di quelle im- portate più direttamente. Havvi però ogni ragione di credere (giu- sta l’ opinione altra volta emessa dal professore De Notaris in un ar- ticolo del Giornale botanico italiano, anno |, parte 2.), che in tempi anteriori l’uomo ha di continuo agito in pari modo per popolare le campagne nostre, come di ogni altro paese, di molti abitanti vege- tali oriundi dall’estero; e che segnatamente tutte o quasi tutte le piante annue campestri sieno da riferirsi ad una origine forestiera. Similmente l’uomo agisce in modo preponderante nella scomparsa di taluni elementi della flora, sia col tralasciare la coltura di talune specie che all’infuori dello stato domestico godevano di una esistenza precaria allo stato selvatico, sia col sopprimere certe stazioni particolari, addattate a specie rare (com'è stato per esempio il prosciugamento del Lago di Bientina in Toscana), sia col favorire la propagazione. di animali distruttori di certe date piante. Io non mi soffermerò sulle specie della Toscana una volta indigene, ora perdute ; perchè si tratta senza eccezione di specie rare, per la maggior parte delle quali si può sempre dubitare che il non essere state ritrovate in tempi re- centi provenga dalla mancanza di sufficienti indagini, anzichè dalla, loro scomparsa dal suolo toscano. Pochissime sono adunque le specie la cui importazione in Toscana non sia riferibile all’ influenza dell’ uomo. CAMBIAMENTI NELLA FLORA TOSCANA 477 La stazione principalissima delle specie introdotte sta nei luoghi coltivati e abitati, ossia i campi, i loro margini erbosi e i luoghi in- colti. Generalmente gli abitatori di questi ultimi luoghi trovansi ancora nelle ghiaie e le arene de’ fiumi, commisti a poche altre piante (co- me i due Xanthium) più specialmente proprie di questa stazione. Un piccolissimo numero (8 specie) sono dei luoghi paludosi. Pochissimi hanno allignato nei luoghi salvatici, sia arenosi (Qenothera diennis), sia sassosi (Opuntia vulgaris, Agave americana), sia boschivi (Crocus biflorus, Ajax Pseudonarcissus, ec.), o prativi (Zepidium Draba, Tordylium apulum, Crocus biflorus, Veronica persica, ec.). In quanto al loro paese di provenienza, si può dire che un terzo circa delle specie introdotte in questi tre secoli nella flora di Toscana sieno di origine Americana, un altro terzo provenga dall’ Oriente, l’ul- limo terzo sia infine sia composto delle specie di origine incerta, o provenienti da diverse remote contrade, o (principalmente) introdotte da paesi contermini, sia che vi fossero indigene, cvvero importate ma in tempi anteriori da luoghi più lontani. Seduta del 25 novembre 1866. Fu aperta la seduta colla presentazione, fatta dal pre- sidente Cornalia, dei lavori seguenti: StroBEL. — Gita dal Planchon al Forte S. Rafaele nella Provincia di Mendoza. CANTONI. — Saggio di meteorologia applicata alla agri- coltura. Anzi. — Licheni rari e nuovi dell’ Italia superiore. BERTELLI. — Nuove esperienze elettriche sulle sorgenti sulfuree di Fornovo. Questi lavori saranno pubblicati negli Att. Il prof. Galanti, pregato poi dal Presidente di riferire sul Saggio di Metereologia applicata all’ Agricoltura ed alla Botanica presentato alla Società Italiana di scienze naturali, dal chiaris. prof. Cantoni, si schermì dal farlo, facendo riflettere al Presidente che non avea, se non po- chi momenti prima di comparire in seduta, dato un’ oc- chiata di volo a questo lavoro elaboratissimo del suo egre- gio amico e collega, il quale è tale un’ autorità in fatto di cose agricole, da non potersi nè doversi, neppure da’ suoi più intimi amici, dar dei giudiz) rapidi, o, come direbbero i Toscani, all'impazzata. Ciò non pertanto, onde aderire alla gentile insistenza del Presidente, riferì solo alcune impressioni, che rapidamente gli si affacciarono alla mente nello scorrere le pagine dello scritto predetto. SEDUTA DEL 23 NovemBRE 1866 479 Primieramente, nello stato attuale della Meteorognosia descrittiva, e nella mancanza in cui ci troviamo di un piano vasto ed uniforme di osservazioni meteorologiche fatte sui campi anzi che ne’ gabinetti, il libro del Cantoni non potea essere riguardato che come interessantissimo ed opportu- nissimo, in quanto che incominciava ad attuare le propo- ste del Bellani, dell’ Hombres-Firmas, del Morin e dell’An- tinori. In secondo luogo veniva ad accrescere lo scarso patri- monio delle cognizioni, che abbiamo oggi sui rapporti fra la temperatura del suolo e quella dell’aria; del quale sog- getto s' erano già occupati il Malaguti, il Durocher ed il Rozet; mentre i due primi scienziati constatarono che fino alla profondità di 20 centimetri la temperatura del terreno superava sempre la temperatura dell’aria, sia riguardo al- l’intero anno, a mesi o a giorni. Conseguentemente i co- rollarj, che trae dalle osservazioni fatte a Corte del Pa- lasio il prof. Cantoni, mentre corroborano le deduzioni astratte di alcuni meteorologisti, conducono ad una conse- guenza molto grave per noi; ed è quella che erroneo è il credere di assegnare a ciascuna pianta una data somma di calore risultante dalla temperatura di tutti i giorni che sono necessar] alla loro vegetazione, perchè le medie diurne non soddisfanno, ed in esse le condizioni favorevoli e sfa- vorevoli alla vegetazione non entrano sempre nelle me- desime proporzioni, e devesi poi tener conto della diversa durata del giorno che v’influisce pel calore e per la luce, la quale ultima, sebbene riflessa ed artificiale, può influire ancora sulla vegetazione. Tale deduzione però, secondo il prof. Galanti, mentre sta a dimostrare la difficoltà somma di creare in questa, come in qualunque altra parte della scienza agricola, delle 480 SEDUTA formele generali, non ci dà bensì il diritto di non ammet- tere una grande importanza alla ricerca dei coefficienti di vegetazione o calorie del ciclo vegetativo, di cui il Ma- laguti parlò così dottamente nella terza delle sue Nuove legioni di Chimica Agraria, dette nel 1853 alla Facoltà di Scienze di Rennes. In altre osservazioni ed illustrazioni si estese il prof. Galanti, riguardo ad alcune deduzioni che il prof. Can- toni trae sull'importanza da attribuirsi alla temperatura del terreno di fronte a quella dell’ aria, sull’ influenza che reciprocamente hanno sul risveglio della vegetazione in primavera, ma di queste sarà riferito nel prossimo rap- porto, nel quale il prof. Galanti si riserva di adempiere più completamente alle richieste improvvisate nell'odierna adunanza dall’ onorevole Presidente. Il prof. Galanti coglieva inoltre tale occasione per si- gnificare all’Adunanza che il caso-di una terribile tempesta avvenuta a Corte del Palasio, la quale danneggiò, fra le altre cose, anche il campo di ricino, sul quale aveva pro- messo di ripetere le osservazioni del sig. Romanin, a cui appella il giudizio dato dallo stesso Galanti nella seduta precedente, sull’ opuscolo presentato dal suddetto Autore, gli impediva di mantenere la sua promessa nel modo che esso avrebbe desiderato. Essere però in grado di affermare che, avendo osservato minutamente con una lente a Corte del Palasio 1 rigetti delle superstiti piante di ricino scam- pate alla meteora, non gli venne fatto di osservare alcuna delle crittogame preconizzate dal sig. Romanin. E sì che quel ricino era posto nelle condizioni più favorevoli allo sviluppo di esse crittogame, avvegnachè si trattava di un suolo eminentemente ricco di sostanza organica indecom- posta, equindi umidiecio, perchè conquistato, non ha guari, DeL 25 NuvemBRe 41866. 484 ad una torbiera, d’ondeil nome, che porta ancora, di Campo del Lago. A constatare la quale deduzione, i fattori asse- rivano che negli anni antecedenti, in cui il ricino fu repli- catamente coltivato a Corte del Palasio, non mai si erano accorti di queste macchie crittogamiche, che, secondo il signor Romanin, dovrebbero annullare in modo completo il prodotto; prodotto, che fu abbastanza cospicuo in que- sta località, ma sulla convenienza economica del quale il prof. Galanti dovea confermarsi nelle deduzioni emesse in proposito nella precedente seduta; sebbene non fosse in grado di riferire i dati economici di questa coltura, invano invocati dalla Direzione di quella tenuta, la quale, trat- tandosi di un prodotto di secondarissima importanza, e solo tentato in via di esperimento, non aveva creduto op- portuno di tener conto dei dati occorrenti a stabilire la convenienza di questa pianta, di fronte a quella del grano turco, di cui, secondo il sig. Romanin, il ricino in alcune località delle venete provincie, sarebbe divenuto un emulo: affermazione già messa in dubbio sotto ogni rapporto dal preopinante per tutte quelle ragioni già registrate in pro- posito nel rendiconto della seduta precedente, a cui si ri- ferisce come continuazione e chiusa l’ odierna comunica- zione. Il vice-presidente Antonio Villa lesse poi le Nuove osservazioni su alcune rocce dei dintorni di Morbegno; fatte e mandate alla Società dal socio G. B. Villa, e che saranno stampate negli Att. Il presidente Cornalia disse come, a motivo delle vi- cende politiche, nessuno della Presidenza prese parte al Congresso paleoetnologico o preistorico di Neuchàtel, e non ebbe neppur luogo la Aiunione straordinaria ad An- cona, decretata dalla Società nella riunione tenuta alla Vol. IX. 34 182 SEDUTA DEL 23 NOVEMBRE 1866 Spezia nel 1865; e che per l’anno 1867 si prenderanno le determinazioni, che saranno dal caso. La Accademia Gioenia ha comunicato alla Presidenza la notizia della morte del sig. Carlo Gemmellaro, avve- nuta il 21 ottobre 1866. Fu nominato socio corrispondente il signor: RaimonDI ANTONIO, professore di Storia Naturale nell’ Università di Lima, proposto dai Socj effettivi Cor- nalia, Omboni e Stoppani. Il Segretario G. OMBONI. gie ——————_ —— Seduta del 30 dicembre 1866. La seduta è aperta con alcune notizie date verbalmente dal Presidente Sw alcuni nuovi avanzi di mammiferi fossili trovati a Leffe. — Ora ché gli opera} prestano maggiore attenzione agli oggetti, che incontrano nello scavare la lignite, sono sempre più varie e numerose le ‘ossa di mammiferi, che sono estratte da quei banchi di combustibile. Fra quelle raccolte più recentemente e man- date al Museo Civico, sono degne di speciale riguardo parecchie parti dello scheletro del Bos priscus, specie che vive ancora in certe foreste dell’ Europa settentrionale, ma che nel nostro paese ha vissuto insieme coll’ E/ephas meridionalis, forse perchè quest'ultimo ha continuato a vivere qui più tardi che in altri paesi. T'ali ossa sono una metà della mascella inferiore e la corrispondente metà della mascella superiore, con tutti 1 loro denti benissimo conservati, e alcune ossa delle gambe e dei piedi. Ad esse si è applicato il metodo di conservazione col silicato solu- bile, già perfettamente riuscito al Museo Civico, non solo cogli avanzi di balena raccolti dal Cortesi nel Piacentino (i quali, senza una tale preparazione, si sarebbero presto distrutti completamente, cadendo in polvere), ma anche con quelli di elefante e di rinoceronte, provenienti dalle stesse cave di Leffe. Così molti fossili importantissimi, 484% SEDUTA che, lasciati a sè, s1 sarebbero guastati e distrutti in poco tempo, ora formano e formeranno per sempre una bella e ricca collezione, che ci sarà invidiata da altri Musei. Il socio Marinoni legge poi un sunto del rapporto del signor Mortillet sul Congresso Paleoetnologico o Preisto- rico di Neuchdtel; nel quale furono trattati var) argo- menti assal importanti, come è, per esempio, l’ esistenza di mucchj di sassi, che sono sparsi sul Giura, e furono forse tumuli o luoghi per sacrificj; degli abitanti delle stazioni lacustri della Svizzera, poichè contengono avanzi d’ossa, carboni, frammenti di stoviglie rozze, oggetti an- Galicini di iu ecc. — Questo sunto sarà stampato negli Atti. Il segretario Omboni dà lettura della prima parte d’un lavoro del socio Caruel Sulle variazioni, a cui andò sog- getta la flora toscana negli ultimi tre secoli: lavoro che sarà pure pubblicato negli Attz. Il Presidente comunica avere il socio don Antonio Riva di Lugano scritto alla Presidenza alcune notizie sopra un falco pescatore (Haliaetus albicilla), ucciso sul finire dello scorso agosto fra Laveno e Luino. Quell’ uccello non è raro fra noi durante l'inverno, quando i laghi dell’ Eu- ropa al di là delle Alpi non presentano più una facile preda di pesci; ma finora non era mai stata comprovata la presenza sua fra noi nell'agosto, la quale proverebbe avere esso nidificato nelle vicinanze del Verbano. È approvata la proposta fatta per lettera dal socio Dii- rer di domandare al Governo che faccia inviare alla So- cietà 1 fogli della Meteorologia italiana; ed è incaricata la Presidenza delle pratiche relative. Dietro lettura di una lettera del socio Ranchet, si am- mette che egli possa continuare a fare, a spese della So- DEL 30 DIcEMBRE 1866 488 cietà, delle ricerche per raccogliere oggetti e fatti relativi alle antiche abitazioni lacustri del lago di Varese. Sono nominati nuovi soc] effettivi i signori: Ricacci GrovannI, di Roma (via Santa Maria in Campo Marzio, 6), proposto dai soc] fratelli Villa e Fran- ceschini. BARETTI MARTINO, dottore in scienze bi di Bologna, proposto da Capellini, Foresti e Cornalia. STAFFA ScIpIoNE di Vincenzo, avvocato, a Napoli (via Carrozzieri, 23), proposto da Guglielmo Rossi, An- tonio Villa e Antonio Stoppani. Il Segretario G. OMBONI. LIBRI RICEVUTI DAL 1.° giugno AL 31 DICEMBRE 1866. Atti della R. Accademia dg scienze di Torino. Vol. I, disp. 1-7. 1865-66. — Rendiconti dell’ Istituto Lombardo di scienze e lettere. Classe di scienze matematiche e naturali. Vol. III, fasc. 4-8. 1866. Memorie del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. Vol. X, sa rie III, fasc. 3. 1866. Atti dell’ Istituto Veneto. Serie III, 1. XI, disp. 1-6. Venezia, 1865-66. Memorie dell’ Istituto Veneto. Vol. XII, parte III. Rendiconto delle Sessioni dell’ Accademia delle scienze di Balogali, Anno accad. 1865-66. Memorie dell’ Accademia delle scienze di Bologna. Serie II, tom. V, fasc. 2-4. 1866. Rendiconto dell’ Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli. 1866. Anno V. Fasc. 3-11. Giornale di scienze naturali ed economiche. Palermo, 1866. Vol. 1, fasce. 5 e 4. Vol. II, fasc. 4. I Giardini. Milano, 1866. Dec. Il, anno Il. Dic. 1865 - Giugno 1866. L’Agricoltura. Giornale ed Atti della Società ui apo. di Lombar- dia. 1866. N. 10-22, 24. 1 Atti dell’Accademia fisio-medico-statistica di Milano. Anno 1866. Il Politecnico. Parte letterario-scientifica. Milano, 1866. Vol. I, fa- scicolo 5, 6. Vol. I, fase. 4-6. Annuario della Società dei Naturalisti in Modena. Maggio 1866. Anno |. LIBRI RICEVUTI DAL Î.° GiuGno AL 31 DpIiceMBRE 1866 487 Bullettino dell’ Associazione agraria friulana. Anno XI, 1866. n.10-22. Il Picentino. Salerno, 1866. Anno IX. Vol. III, fase. 3-11. Atti dell’Accademia Gioenia di scienze naturali. Serie II. Tomo XX. Catania, 1865. Annuario Statistico della provincia di Salerno per l’anno 1866. Atti della Società di Acclimazione e di Agricoltura in Sicilia. Pa- lermo, 1865. Tom. VI, n. 4-5. L’Amico dei campi. Trieste, 1866. Anno II N. B-11. 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Verhandlungen und Mittheilungen des Siebenbiirgischen Ver ereins fiir Naturwissenschaften zu Hermannstadt. XVI Jahrgang. DAL 4.° GIUGNO AL 34 DICEMBRE 1866 489 Transactions of the Zoological Society of London. Vol. V, part. V. Transactions of the Geological Society of Glasgow. Vol. II, part I et II. Proceedings of the literary and philosophical Society of Manchester. Vol. III, IV. 1864, 1865. Memoiîrs of the literary and philosophical Society of Manchester. Vol. II. i Proceedings of the Zoological Society of London. 1865. Part I et II. A Kirdlyi magyar természettudomanyi tarsulat Kozlonye. Elsò, mdsodik Rész. Pesten, 1864-63. A Kiralyi magyar termeszettudomanyi tarsulat Evijelentése. 1862-64, 1865. Pesten, 1865-66. Bulletin de l'’Académie impériale des sciences de Saint- Pétersburg. Tome IX. N. 3, 4. Mémoires de Vl’ Academie impériale des sciences de Saint- Petersburg. Tome IX. N. 5-7. Tome X. N. 1, 2. Bulletin de la Société impériale des Naturalistes de Moscou. 1865. N. 4. (avec Supplement). Nordamericanische deutsch’ medicinische Zeîtschrift fiir praktascne Heilkunde. Il Heft, Juni 1863. ParLatorE, Ze specie dei cotoni. Firenze, 1866. Testo in-4°. Tav. in-fogl. Pasquare, Su d’una varietà del Lycopersicum esculentum detta Po- midoro granatino. Napoli, 1866. — Descrizione di un’ anomalia del Polipodio volgare. Napoli, 1866. Peruso, Zl gelso e la sua coltivazione. Milano, 1866. Cattaneo, Dei vantaggi della foglia primitiva. Milano, 1866. Prezzo-corrente dello Stabilimento agrario-botanico di Castagnola e Casabona. Genova, 1866. Craupi, Sopra un articolo del Movimento scientifico. Roma, 1866. Secuenza, Intorno alla Geologia di Rometta. — Disquisizioni paleontologiche intorno ai Corallari fossili delle roccie terziarie del distretto di Messina. Disp. 2 ed ultima. Vita, Ze roccie dei dintorni di Morbegno. — Di alcuni marmi e roccie della Valtellina. — Seconda Riunione straordinaria alla Spezia. — Sui Coleotteri del Biellese indicati da Eugenio Sella. 490 * LIBRI RICEVUTI Vitta, Le ,farfalle. (Estratto dall’Adolescenza.) — Catalogo di Lepidopteri della Lombardia. Gatanti e Rasponi, Studi sui vini di Romagna. Milano, 1866. (Dal- l'Agricoltura.) Il mercato centrale della città di Vienna. Vienna, 1868. Stuper, Recherches sur les climats de l’époque actuelle et des époques anciennes, par Sartorius de Waltershausen Carver, Z Generi delle Ciperoidee europee. Firenze, 1866. Vimercati Sanseverino. Della Torba. Crema, 1771. Cnater, Zettre a M. Boucher de Perthes relative aux silex tailles de main d’homme. GastaLpi, Muove osservazioni sulle origini dei bacini lacustri. Haver, Die Cephalopoden der unteren Trias der Alpen. — Choristoceras, eine neue Cephalopodensippe aus der Kossener Schichten. ScarpeLini Caterina, Biografia dell’astronomo don Ignazio Calandrelli. Manzi, La partizione primordiale degli esseri della Natura. Gasraroi, Sulla esistenza del Serpentino in posto nelle colline del Monferrato. Picrer et Hunger, Nouvelles recherches sur les poissons fossiles du Mont Liban. Genève, 1866. GarsicLIETTI, Sopra alcuni recenti scritti di craniologia etnografica dei dott. Giustiniano Nicolucci e G. Bernardo Davis. Torino, 1866. Ornt, Ricerche sullo sviluppo degli infusorii. Milano, 1866. Bicnaui, Z canali della città di Milano. (Dal Politecnico.) 1866. Dar Pozzo pi Mowsetto, Ambrogio Fusinieri e l’unità delle forze fisi- che. Foligno, 1866. Di Necro, Del calorico. Spezia, 1866. Geschichte der Schweizerischen Naturforschenden Gesellschaft. Zi- rich, 1865. Tassani, Sorgente e frana dell’ Arienza presso Como. Lomparpini, Traccie del periodo glaciale nell'Africa centrale. Appen- dice III al Saggio idrologico sul ilo. Scanpeuini Caterina, Osservazioni sulle stelle cadenti periodiche del 10 agosto 1866. paL 4.° civeno aL 34 DICEMBRE 1866 4914 Lory, Carte géologique de la Maurienne et de la Tarantaise. Srroget, Costumbres de los animales. (Dalla Revista farmaceutica di Buenos Ayres.) Rigriro, Memoria sobre 0 grande filào metallifero que passa ao na- scente d’ Albergaria a Yelha. Lisboa, 1860. — Memorias sobre as minas de Carvao dos districtos de Porto e Coimbra e de Carvdo e ferro do districto de Leiria. Vol. 1, parte II. Lisboa, 1838. — Memorias sobra as minas de chumbo de S. Miguel d° Ache e“Se- gura no Concelho da Idanha a Nova. Lisboa, 1859. Jan et Sonpetti, Zconographie générale des Ophidiens. Livr. 16,17, 18. Lr. Poul SE LAO Li i; ita i dica I ia po da Pe INDICE La Presidenza della Società italiana di scienze naturali pel 0 RAR Se du aan Socj effettivi al principio dell anno 1866 ADI Socj corrispondenti . . . iaia Seduta del 28 gennajo 1866 . ne Bilancio consuntivo del 186% e conto preventivo pel 1866 Vira. Ze roccie dei dintorni di Morbegno . Cnaveri. Osservazioni meteorologiche fatte in Bra nel 1865 Macci. Intorno al terreno erratico della Valcuvia Sitvestri. Sulla eruzione dell’ Etna nel 1865 . Ronpani. Anthomynee italica collecta, distincte et in ordi- nem dispostite Viura Antonio E Giovanni Ding Sui deri del Biella indicati da Eugenio Sella (COC, (RE e (0 VIRA e 207 RICER O Re DO Seduta del 27 maggio . . . . . ; Libri ricevuti dal 1.° gennajo al 34 duo Axzi. Neosymbola lichenum rariorum vel novorum Connaria. Sulla Lophoura Edwardsii di Kolliker, osserva- zioni zoologiche e anatomiche (con una tavola) Cantoni. Saggio di meteorologia applicata alla botanica ed all’ agricoltura (con una tavola) . . . . . . 218 225 227 251 237 244 259 269 494 INDICE Strose. Gita dal passo del Planchon, nelle Ande meri- dionali, a San Rafaele, nella e del sud (con una tavola) . , Vira. Altre osservazioni dn roccie dei dintorni di Mor- Be RO, 3008 Monreriori. Di una miniera dd pirrotina d'aienefifera: di do carno (Val Sesia) (con due tavole) i GentiLui. Sopra un fenomeno del terreno glaciale di y er- giato (con una tavola) . . . ea BerteLLi. Esperienze elettriche sio sorgenti stfre di Fornovo nella provincia di Parma . . . - Marinoni. Z primo congresso paleoetnologico tenuto a None chatel nel 1866, dal rapporto del signor Mortillet Carver. Di alcuni cambiamenti avpenuti nella flora della Toscana . . E VO Seduta del 2% o geni 1866 Seduta del 50 dicembre 1866 Libri ricevuti dal 1.° giugno al 34 doni 1880 . . Pag. »” 99 99 93 3492 UR) 418 426 428 455 439 478 483 486 ME Ae. JR VGA ORTO alt re Mit ql C) bm grata PIG A % | sc Prezzo del presente volume . L.40. — DS Per i Socj . G | _°‘°‘’°9’1Der gli estranei alla Società » 20.1 uva ACAD OF SCIENCES LIBR NUDI) MINI 3 1853 10007 5584