fi } Ù \ \ n Ò i ì } \ Fri J | Î È | f ; Ì \ ‘ Pi il Il i] \ h i Ì DELLA È NE 0 PÒ eo cd he Gi AI N, Mia VO) Ud |. ; de «dp R VA i È vl. n BE N 9 SOCIETA ITALIANA < [SN PSA 0% 50 DI SCIENZE NATURALI = _<$ : << VOLUME XI. | < ANNO 1868 7 si Le . con 9 Tavole litografiche - MILANO So COI TIPI DI GIUSEPPE BERNARDONI DI GIO. 8 del Cd 1868. . E? ee i Za ra x SAQRAKRKRDBOARRDBOARILIIA N $ rd © or o ly C\ Hi n AL » DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI VOL. XI "ANNO 1868. MILANO TIPOGRAFIA DI GIUSEPPE BERNARDONI 1868 5 "I OA SOCIETA ITALIANA DI SCIENZE NATURALI Presidenza pel 1368. Presidente — GornaLia dotior EwiLio, direttore del Museo Civico di storia naturale in Milano, via del Monte Napoleone 36. Vice-Presidente — Vira Antonio, Milano, via della Sala 6. Onponi dottor Giovanni, professore di storia naturale, Milano, via del Circo 12. Segretari | Stoppani sac. Antonio, professore di geologia nel R. Istituto Tecnico superiore in Milano, via s. Marza alla Porta 10. Marinoni dott. CamiLro, Milano, via s. Agnese 3. Negri Gaetano, corso P. Romana 16. Conservatore, SorpeLLi FERDINANDO, via Bagutia 20. Vice-Conservatore, FrAncescHINI rag. FELICE. Casstere, GarcAnTINI-PrATTI Giuseppe, Milano, via del Senato 14. Economo, DeLFINoNI avv. GOTTARDO. TAGLIASACCHI ing. SAVERIO. GARAVAGLIA rag. ANTONIO. Visconti Ermes marchese Carto. Vice-Segretari Commissione amministrativa rain DA ci ne: 3. i us paci i an : ine 2009) IH i LO 21199) co o sica FI SOCI EFFETTIVI al principio dell’anno 1968. AcpaneLLI rag. Filippo, capo-sezione presso il ministero dell’In- terno, Firenze. AtessanprI sac. ANTONIO, Bergamo. Anpreossi Enrico, Bergamo. Anconati-Visconti march. Granmartino, Milano. Arnasorpi Bernarpino, Milano. Arrigoni conte Oppo, Padova. Axerio Giutio, ingegnere del Corpo Reale delle Miniere, Milano. BaLsamo-Crivetui nob. Giuseppe, prof. di zoologia presso la Re- gia Università di Pavia. BarpetTtA AnseLmo, Mantova. Baretti dott. Martino, prof. di storia naturale all’ Istituto Tecnico di Bari. Beccari Opoarpo, assistente alla cattedra di botanica nella Regia Università di Pisa. Beggiato dott. Francesco Serenpo, presidente della Accademia Olimpica di Vicenza. BeLLorti ALessanpRrO, direttore degli studj nello Stabilimento Bo- sisio, Monza. BeLLotti Cristororo, Milano. Bettucci Giuseppe, naturalista addetto all'Osservatorio Astrono- mico di Perugia. BeLTRAMINI Francesco, assistente alla cattedra di botanica all’ Uni- versità di Padova. BerarpI dott. CoLompo, Ancona. 6 ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI Bernarpi cav. Francesco, direttore del Museo dei Fisio-critici, Siena. Bernasconi sac. BaLpassare, Laglio (Como). Bernasconi sac. Giuseppe, Palanzo (Como). BertoLI sac. Giovanni, canonieo, Chiari (Brescia). BertoLonI Giuseppe, prof;sdi-botanica. nella; R,. Università di Bo- e AED dee eo E Bertoni dott.éEueetios:Pawia ff: aiagisperiosee te Biancni Vincenzo, direttore delle snai. dui Ancona. Bianconi GiusePPE, prof. nella R. Università di valsa Biceni Cesare, direttore dell'Orto botanico di Lucca... .;;:..% Bicnami ing. EmiLio, Milano. RE Bogani dott. Invocente, Milano. BorLini AnceLo, Milano. i ciali Bomgicci Luiei, prof. di mineralogia. della Bosià Universi i Bologna. ila (asini Borromeo conte Carco, Milano. I shin ta Bossi: Gio. BATTISTA; ingegnere, Milano. paiaial ui Sana BorTI cav. ULDERICO;, sotto-prefetto, Biella. SEE i BrioscHi comm. Francesco, Senatore del Regno e. prio mi R. Istituto Tecnico superiore di Milano.,.;; ..... iriganali Burti sac, Ancero; prof. nel R. Istituto Tecnico, Milano;. vas Buzzoni sac. Pierro, Brenna NESIOOÀ Caupssi Lopovico, Faenza. : CaLLecari Massimiziano, prof. di storia naturale, Padova Canetti dott. Caro, Milano, sati Cantoni GAETANO, prof. di agronomia nella sonno di applicazione per gli ingegneri, Torino. si CapeLLIni Giovanni, prof. di geologia pe R. Uni di Bo- logna. ug ivi ch CaprIOLI conte Tommaso, Brescia. 9 PO ivan CarueL Troporo, prof. di botanica me lE Istitato di Abd) superiori, Firenze. Casati nob. Caminro, Milano. CaseLLa dott. Giuseppe, Laglio (Como). AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1868. 7 CasragnoLa march. BALpASsARE, Spezia. CisteLLi dott. FepERICO, Livorno. CaisticLioni Giosuè, prof. di storia naturale, Como. CastrAacanE-BeLMONTE-Cima conte ALessanpro, Rimini. Cavagna SanciuLiani conte Antonio, Milano. CavaLreri padre Giovanni, barnabita, Monza. Cavezzari dott. Francesco, Milano. Cerruti Giovanni, Milano. Cesari barone Vincenzo, prof. di botanica alla R. Università di Napoli. Certi ing. Giovanni, Laglio (Como). CLerici nob. Pietro, Alzate (Como). Cocchi dott. Ico, prof. di Li al Museo di storia naturale, ‘Firenze. Corienon dott. NicoLa, prof. di meccanica nel R. Istituto Tecnico, Firenze. Comotti dott. Giovanni, segretario municipale, Bergamo. ConnaGgia march. Giovanni, Como. Cornatia dott. Emitio, direttore del Museo Civico di storia natu- “rale; Milano. Corvini dott. Lorenzo, prof. nel R. Istituto Veterinario, Milano. Cossa dott. ALronso, direttore dell'Istituto Tecnico, Udine. Craveri FepERICO, professore di chimica, Brà. n; CriveLti march. Luici, Milano. Curioni Ciovanni, Milano. Curioni nob. GiuLio, Milano. Curò Antonio, Bergamo. D'Acmarpi dott. Antonio, assistente di geologia al Musco di storia naturale dell’ Università di Pisa. D'Ancona dott. Cesare, assistente di geologia nel Musco di storia ‘naturale di Firenze. D'Arco conte Luici, Mantova. De Bosis ing. FrANncESsco, Ancona. De LA vate José Antonio visconte di Premio Real, viceconsole “di Spagna a Malta. 8 ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI DeLrinoni avv. Gorttarpo, Milano. DetLca Rosa Prati march. Guio, Parma. DeiL'Era dott. Epmonpo, Milano. hi Deupino FeveRIcO, assistente di botanica al Musco di storia na- turale, Firenze. DeL Mayno march. Norserto, Milano. De-Mreis Camitto, prof. di storia della medicina nella R. Univesaili di Bologna. Denza padre Francesco, direttore dell’ Osservatprio meteorologico del R. Collegio Carlo Alberto, Moncalieri. De Vecchi nob. Biagio, Milano. De Zicno barone cav. AcnitLe, Padova. Di Negro don Giacomo, canonico, Spezia. | Dotci Gian Francesco, direttore d'uno stabilimento privato d' istru- zione, Milano. Doria march. Giacomo, Genova. Doria march. MarceLLo, Genova. Dusarpin Giovanni, prof. di mineralogia e geologia nell’ Istituto Tecnico di Genova. Dunen Bernarpo, Villa Sommariva presso Tremezzo (Lago di Como). Fainmain Epwarp S. Jonn, Firenze. Ferrario ing. Emizio, Milano. Fenrero Ortavio Luici, preside dell'Istituto Tecnico. di Bergamo. Ferrini Rinapo, professore di fisica nel Regio Istituto Tecnico, Milano. Fiorenzi ing. Francesco, Osimo. Foresti dott. Lopovico, assistente al Museo Geologico nell’ vai: versità di Bologna. Fossati Vincenzo, chimico farmacista, Spezia. FrancescHini rag. FeLice, Milano. Francesconi comm. Francesco, rettore del collegio della Sapienza, Perugia. Fumacatri CarLo, Milano. Fumacatti ing. Sterano, Milano. Garanti Antonio, prof. di agraria nel R. Istituto Tecnico, Milano. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 41868. 9 GaLLi padre Bernarpo, barnabita, Lodi. Garavagcia rag. Antonio, Milano, Garavaccia ing. Maurizio, Milano. GarpiGLIETTI cav. Antonio, dottor colleggiato in medicina, Torino. Ganpini GaLpimo, prof. di storia naturale nell’ Università di Ferrara. GarcantINni-Pratti Giuseppe, Milano. Garovagiio Santo, prof. di botanica nella R. Università di Pavia. GastaLpi BartoLomeo, segretario della scuola degli ingegneri in Torino. GazzineLLi Agostino, professore di chimica, Lecco. GemeLLaro Gaetano Giorgio, prof. di geologia nella R. Università di Palermo. GentiLLi AmepeO, ing. delle strade ferrate, Vienna (Austria). Guiotti ALessanpro, Milano. GiseLLi dott. GiuseppE, assistente alla cattedra di botanica nella R. Università di Pavia. GieLioLi Enrico, dottore in scienze naturali, Casale. Giorpano FeLice, ispettore delle miniere, Torino. Giusti Giuseppe, Milano. Govin ing. Leone, Cagliari. Gracis dott. Pierro, Sandigliano (Biella). Gramizzi ing. Massimiziano, Borgo San Donnino. GuarteRrIO march. Carro RarraeLe, Orvieto. Gui cav. Luci, Pesaro. . Guiscarpì dott. GueLieLmo, prof. di geologia nella R. Università di Napoli. HaLipay E. ALessanpro, S. Concordio di Moriano presso Lucca. Icnina padre Firirpo prof. di storia naturale nel collegio di Car- care (Liguria). Isset Arturo, Genova. KeLLer ALserto, Milano. KLEGIAcH Bracio, segretario di finanza, Zara (Dalmazia). Kramer cav. Epoarno, Milano. Lancia FepberIco duca di Broto, segretario dell’ Accademia. di scienze e lettere di Palermo. 10 ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI LascHi Maurizio, Vicenza. LawLey RoBeRTO, Montecchio presso Pontedera (Toscana). Lessona dott. MicneLe prof. di Zoologia alla R. Università” di Torino. | i 63 Ri Lezzani cav. Massimitiano, Roma. Lioy Paoto, Vicenza. È LomgarpINI ing. Etra, emerito direttore delle pubbliche costru- zioni di. Lombardia, Senatore del regno, Milano. Macci dott. LeopoLpo, assistente alla cattedra di zoologia ‘e ana- tomia comparata nella R. Università di Pavia. Macni Grirri Francesco, prof. di storia naturale nel R. liceo di Cremona. Manmeri ing. Antonio, Milano. MaLFATTI BartoLoweo, prof. di storia antica all'Accademia scien- tifico-letteraria di Milano. Macinverni Aessio, Quinto (Vercelli). Manzi padre MicneranceLo, barnabita, Lodi. Marani Grovanni; segretario alla direzione del debito ‘pubblico, Torino. Marchi Pierro, dissettore zoologico del Museo di storia naturale di Firenze. Marcucci Emirio, dottore in scienze naturali, Firenze. Mariani ing. Marceto, prof. alle scuole tecniche di Como. Marinoni nob. CamiLo, dottore in scienze naturali, Milano. Marsiti Luci, prof. di fisica nel Liceo di Pontremoli. MartinatI Pierro PaoLo, dottore in legge, Verona. MasseroTTI dott. Vincenzo, prof. di storia naturale, Milano. MeLLa ‘conte CAirLo Arporio, Vercelli. MENEGHINI GiusePPE, prof. di geologia nella R. Università di Po Motron cav. ing. Francesco, Vicenza. Monpotro conte Sepastiano, Milano. Montanaro Carro; commissiario del Catasto, Varallo (Novara): MonNTEFINALE ‘GABRIELE, medico, Portovenere. Moractia ing. Pietro, Milano. Mussi dott. Giuseppe, Milano. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1868. 14 Negri GAETANO, Milano. NicoLucci cav. Giustiniano, Isola p. Sora. Nocca Carro Francesco, Pavia. Orni Eusesio, prof. di fisiologia nella R. Università di Pavia. Onmgoni dott. Giovanni, prof. di storia naturale, Milano. Orsenico Pierro, parroco di Careno (Lago di Como). Orsi conte GeroLAMO, Ancona. Orsini prof. Astonio, senatore del Regno, Ascoli. Osimo dott. Marco, Padova. PapuLLi conte Pietro, istruttore pratico di chimica nel labo- ratorio della Società di Incoraggiamento d’arti e mestieri, Milano. n PagLIA sac. Enkico, già professore nel Seminario di ‘Mantova, Codogno. i Panceri Paoto, prof. di anatomia comparata nella R. Università. di Napoli. ParLatore Filippo, prof. di botanica al Museo di storia natu- rale, Firenze. Pasini comm. Lopovico, senatore del regno, Schio. PasseRINI Giovanni, prof. di botanica nella R. Università di Parma. Pavesi AnceLO, professore di chimica al R. Istituto Tecnico su- periore di Milano. Pavesi Pierro, prof. di storia naturale a Lugano (Svizzera). PeccHmioLi: dott. VittoRIo, Firenze. Pepicino dott. NicoLA ANTONIO, dA di botanica alla R. Univer- versità di Napoli. | | PERAZZI COSTANTINO, scavare del corpo reale delle. miniere; Torino. PianzoLa Luici, dottor in ne Milano. i PicciòLi dott. FerpINANDO, Ispettore del R. Museo di storia natu- rale, Firenze. PiccioLi FRANCESCO; farmacista, Milano. Pirona dott. GiuLio ANDREA, prof. di storia naturale al liceo di Udine. 42 ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI Pizzivi ing. Giovanni, Milano. PoLti Pietro, assistente alla cattedra di chimica tecnologica al Regio Istituto Tecnico di Milano. PontrEMOLI prof. Espra, Vercelli. Pozzi AnceLO, assistente alla cattedra di storia naturale e fisica al R. Istituto Tecnico, Milano. Pozzi dott. Giuseppr, Milano. PrADA dott. Teoporo, prof. di storia naturale all’ Istituto Tecnico di Pavia. Prepari ing. Fabio, Palanzo (Como). Puri Carco, Firenze. Ramorino prof. Giovanni, Buenos-Ayres (Rep. Argentina). Rancaer abate Giovanni, Biandronno (Varese). Rasponi conte Pietro, Ravenna. Raviori ing. Giuserpe Epoarpo, capitano del Genio militare, Verona. Ricca dott Giuseppe, prof. d’agronomia nel R. Istituto Tecnico di Forlì. RiccHiarDnI SEBASTIANO, prof. di anatomia comparata nella R. Uni- versità di Bologna. Ricacci Giovanni, Roma. Riva Antonio (del fu Ropotro), Lugano (Svizzera). Riva Pacrazzi Giovanni, Milano. Rocca-Saporiti march. AporLinare, Milano. Ronpani CamiLo, prof. d’agraria nell'Istituto d’agronomia in Parma. RoseLLini FerpINANDO, Casale. Rosst GucLieLmo, Milano. Rostan Epoarpo, medico, San Germano di Pinerolo. Rovasenpa Luici, Torino. Saccarpo dott. PieranprEA, assistente alla cattedra di botanica presso la R. Università di Padova. SaLimBenI conte Leonarpo, Nonantola (Modena). SaLvapoRI dott. Tommaso, Torino. Sauvini Giovanni BATTISTA, ingegnere architetto, Spezia. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1868. 413 SANSEVERINO conte Faustino, senatore del regno, Milano. Savi Pietro, prof. di botanica nella R. Università di Pisa. Savosa ing. Giovanni, Milano. ScarapeLLI-Gommi-FLAMIiNJ GiusEpPE, senatore del regno, Imola. Scirr prof. Maurizio, Firenze. ScoLa dott. Lorenzo, Milano. Secuenza GiusepPE, prof. di storia naturale nel Liceo di Messina. SeLLa Quintino, ingegnere delle miniere, deputato al Parlamento, Firenze. SitvestRI Orazio, prof. di chimica, Catania. Simi Emicio, dottore in scienze naturali, Serravezza. SoLeRA dott. Luigi, assistente di fisiologia alla R. Università di Pavia. SorpeLLi FERDINANDO, aggiunto al Museo Civico di storia natu- rale di Milano. SpaGNOLINI ALESSANDRO, prof. di storia naturale nel Collegio mili- tare di Napoli. Spezia ing. AntoNIO, Torino. SpineLLi GiovANNI BaTTISTA, Venezia. Sprearico ing. Emicio, Milano. StaziLE abate Giuseppe, Milano. STAFFA avv. Scipione (di Vincenzo), Napoli. STEFANELLI Pietro, prof. di storia naturale alla scuola magistrale di Firenze. Stoppani sac. ANTONIO, prof. di geologia nel R. Istituto Tecnico Superiore, Milano. StoPPANI sac. CarLo, prof. a Modica (Sicilia). Stoppani FERDINANDO, Lecco. STROBEL PELLEGRINO, prof. di storia naturale nell’ Università di Parma. Strozzi march. CarLo, Firenze. StupIATI Cesare, prof. di fisiologia nella R. Università di Pisa. TaccHETTI CARLO, impiegato presso la direzione del demanio Novara. TagLiasaccHI ing. Saverio, Milano. 14 ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI TappARONE-CANEFRI avv. Cesare, Spezia. TarameLLi Torquato, prof. di storia naturale "ni R. Istituto Tecnico, Udine. Tarcioni-TozzeTTI ApoLro, prof. di zoologia al Museo di storia naturale di Firenze. | , Tassani dott. ALESSANDRO, consigliere sanitario, Como. Testa ing. Anpreà;, Milano. Tettamanzi ing. Amanzio, Milano. Tinecti nob. CarLo, Milano. TopaRo Agostino, prof. di botanica nella R. Università. di. Pa- lermo. n dla TranquiLLI Giovanni, prof. di storia naturale nel Liceo di Ascoli, Trevisan conte Virrore, Marostica (Vicenza). Trincnesi SAaLvaTORE, prof. di storia naturale all'Università di Genova. Trompeo dott. BernaRDINO, Torino. Turati conte Ercore, Milano. Turati nob. Ernesto, Milano. Varisco AntoNIO, prof. nell'Istituto Teenico di Bergamo. Vira Antonio, Milano. Vira Giovanni Battista, Milano. Visconti Ermes march. CarLo, Milano. Visconti. Di Moprone duca Raimonpo, Milano. ZiMMERMANN BernARDO, assessore di Collegio, Pietroburgo (Russia). Zosa dott. Giovanni, prof. di anatomia nella R. Università ;di Pavia. Zucchi dott. CARLO, vice- BRRUAS del consiglio sanitario a Bergamo. SOCI CORRISPONDENTI Ascnerson Paoto, addetto alla direzione dell'Orto botanico, Berlino. Averpacu, segretario della Società Imperiale dei naturalisti di Mosca. Banrat, direttore del giornale / Agriculture pratique, Parigi. Bore Canto, naturalista, Leipziger. Platz 15, Berlino. Bou Amico, Wzeden Mittersteig, Schloessel-Gasse 394, Vienna. Deson Epoarpo, professore di geologia nella scuola Politecnica di Neuchàtel. Favne Atronso, professore di geologia, Ginevra. Ficuier Luici, rue Marginan 21, Parigi. Geirz Bruno, direttore del gabinetto mineralogico di Dresda. Goeppert, direttore dell'Orto botanico di Breslavia. Guerin-Ménévicce, rue Bonaparte 3, Parigi. Haincer GueuieLmo, direttore dell’I. R. Istituto geologico di Vienna. Hauer Francesco, consigliere dell’I. R. Istituto geologico di Vienna. Heer Osvatpo, professore di botanica nel Politecnico di Zurigo. Jannsens dott. Eucenio, medico municipale, rue du Marais 42, Bruxelles. Le How Enrico, professore di geologia a Bruxelles, rue de Com- merce h1. Lory Carco, professore di geologia nella facoltà delle scienze a Grenoble. Lyer. Carro, Herley Street 53, Londra. . Merian, professore di geologia al Museo di storia naturale di Ba- silea. Micuaup AnpreA Luici Gaspare, di Sainte-Foix-les-Lyons (Rhòne ) Francia. 16 ELENCO DEI SOCJ CORRISPONDENTI AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1868. Monnier GagrieLe, direttore del periodico Materiaux pour l’hi- stoire de l’homme. Parigi. Muncwison sir Roperico, direttore del Museo di geologia pratica, Jermin Street, Londra. Picrer F. J., professore di zoologia ed anatomia comparata del- l’Accademia di Ginevra. Pier Luci, avvocato e direttore del gabinetto mineralogico di Chambery. Prancuon Giuro, professore di botanica a Mompellieri. Ramonoi dott. Antonio, prof. di storia naturale all’ Università di Lima (Perù). ‘ Rausiy Awprea, presidente della società geologica di Londra, Mu- seum of pratical geology, Jermin Street, S. W. Senonen cav. Apotro, bibliotecario dell’I. R. Istituto geologico Di Vienna, Ungargasse 24. SommervitLe Manis, nata Fairfax, Spezia. Siuper Bernarvo, professore di geologia, Berna. Vacer, abate, professore nel Seminario di Chambery. Wacrersnausen barone Sarronivs, Gottinga. ei iicia di e pr i Lciir n A Vela e n CI EEE E O OI IRON IT N pre 9 e PERE LE © 90 N Sì E È-— NI DO >P 10. IA. 12. 13. AH, 415. 16, 17. Vol. XI. 9 SOCIETA SCIENTIFICHE CORRISPONDENTI al principio dell’anno 18968. FRANCIA . Société Linnéenne du Nord de la France. — Amiens. . Académie impériale de Savoie. — Chambery. . Institut de France. — Parigi. . Académie impériale des sciences, arts et lettres. — Rouen. . Société impériale des sciences naturelles. — Cherbourg. . Société impériale d’Acclimatation. --- Parigi. . Société géologique de France. — Parigi. . Société botanique. — Parigi. . Société Florimontane. — Annecy. SVIZZERA Naturforschende (resellschafft Graubundens. — Coira. Institut national Genevois. -— Ginevra. Société de physique et d’histoire naturelle. — Ginevra. Société vaudoise des sciences naturelles. — Losanna. Société des sciences naturelles. — Neuchàtel. Naturforschende Gesellschaft. — Zurigo, Naturforschende Gesellschaft. — Berna. Società elvetica di scienze naturali. — Berna. 18 18. 10. 20. 2, 29. 25. 2. 25. 26. 27. 28. 29. 30, dA, 32. DÒ. LP 3D, ELENCO DELLE SOCIETA’ SCIENTIFICHE CORRISPONDENTI INGHILTERRA Geological Society. —- Glascow. Royal Society. — Londra. Geological Society. — Londra, Zoological Society. — Londra. Literary and philosophical Society. — Manchester. Natural History Society. — Dublino. RUSSIA Académie impériale des sciences. — Pietroburgo. Société impériale des naturalistes. — Mosca. STATI UNITI Smithsonian Institution. — Washington. Academy of science. — S. Louis. BELGIO Académie royale de Belgique. -—— Bruxelles. Société royale de botanique de la Belgique. — Ixelles-les- Bruxelles GERMANIA E AUSTRIA Naturwissenschaftliche Gesellschaft. — Dresda. ZLoologische Gesellschaft. — Francoforte. Zoologisch-mineralogisches Verein. — Regensburg. Physicalisch-medicinische Gesellschaft. — Wiirzburg.. Verein fur Naturkunde. — Wiesbaden. Offenbaches Verein fiur Naturkunde, — Offenbach, 56. 37. 38. 39. 40. 44, 49, 453. 4h, LB. 46. 47, 48. 49. 50. dI. 52. dI. dI. BI. be. db7. 33. 59. 60. 64. 62. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1868. 19 Botanisches Verein. — Berlino. Verein der Freunde der Naturgeschichte. — Neubrandeburg. Geologische Reichsanstalt. — Vienna. Geographische Gesellschaft. — Vienna. Zoologisch-botanische Gesellschaft. — Vienna. Siebenburgisches Verein fiir Naturwissenschaften. — Her- mannstadt. Verein fur Naturkunde. — Presburgo, Deutsche geologische Gesellschaft. — Berlino. Verein fiur Erdkunde. — Darmstadt. Naturforschende Gesellschaft. — Gòrlitz. Schlesische Gesellschaft fur vaterlàndische Cultur. — Breslavia. Bayerische Akademie der Wissenschaften. — Monaco. Preussische Akademie der Wissenschaften. — Berlino. Physikalisch-aeconomische Gesellschaft. — Kénigsberg. Naturhistorisches Verein. — Augsburg. Oesterreichisches Alpen-Verein. -— Vienna. NORVEGIA Kongelige Borske Universitet. — Christiania. ITALIA Academia di Agricoltura, Commercio e Arti. — Verona. Società reale delle scienze. — Napoli. Reale Istituto Veneto. — Venezia. Academia delle scienze. — Bologna. Ateneo Veneto. — Venezia. Academia dei Georgofili. —- Firenze. Academia Olimpica. — Vicenza. Società economica del Principato Citeriore. — Salerno. R. Istituto d’incoraggiamento per le scienze naturali. — Napoli. Società d’ acclimazione e agricoltura. — Palermo. 20 ELENCO DELLE SOCIETA’ SCIENTIFICHE, ECC. 63. Società italiana di scienze. — Modena. 64. Ateneo di scienze. — Milano. | 65. R. Istituto Lombardo di scienze, lettere ed arti. — Milano. 66. Academia Palermitana di scienze lettere ed arti. — Palermo. 67. Academia dei Fisio-critici. — Siena. | 68. Società d’ incoraggiamento d’arti e mestieri. — Milano, 69. Società agraria. — Milano. 70. Associazione agraria friulana. — Udine, 74. R. Academia delle scienze. — Torino. 72. Academia Gioenia di scienze naturali, — Catania. DIPTERA ITALICA NON VEL MINUS COGNITA DESCRIPTA VEL ANNOTATA OBSERVATIONIBUS NONNULLIS ADDITIS A prof. CAMILLO RONDANI Fasc. III. —e==- Fam. I. OESTRIDAE. Gen. OestRrus Lin. Sp. Pecorum fabr. £ — Ferruginatus Zett. dt. Nomen Pecorum pro Ferruginatus in Prodromo pone, quia priori- tate Fabricianum adoptandum. Foemina sp. prius a me non obser- vata, nuper lecta fuit in agro Bononiensi a nob. Carolo Tacchetti, et mihi transmissa. Gen. HYPODERMA Clrk. Speciebus Italicis addendae sequentes. H. Belierii Bigot. — Corsica. o Niger et nigro pilosus — Facies testaceo-fulvo vestita. - T'horax nigro-nitido late bivittatus, pleuris fulvo-pilosis; scutello nigerri- «mo et toto nigro-piloso, apice nitido. Abdomine, apice fulvo-croceo piloso. Calyptris albis. Alis externe pallide griseis. Pedibus nigris, genubus tibiisque fulvis, tarsis pallide testaceis, 292 C. RONDANI , H. Silenus Br. — Sicilia. i Grisea, breve pilosa, facie alba. — Thorace supra griseo, lineis longitudinalibus angustissimis atris, vix conspicuis: tibiis medio in- crassatis: scutello postice medio bituberculato. — edibus testa- ceis, femoribus supra fuscis. — Alis hyalinis, — Abdomine gri- seo, coeruleo-tessellato. Fam. II. SYRPHIDAE. Gen. MeRoDON Latr. Speciebus Italicis adde sequentes. M. Obscuripennis Palma. (4) — Prov. Neapol. Nigro-aeneus, flavicante-hirtus. — T'horace postice fascia atra. — Abdominis segmentis mediis fascia albida interrupta , vix perspi- cua. -— Pedes nigri. — Ale hyalinae, dimidia parte apicali fusca: squamis albidis, flavo-ciliatis: halteribus luteis. x M. Distinctus Palma. — Prov. Neapol. Niger, antennis testaceis, superne nigro-signatis: arista nigricante , facie. grisea, pilis argenteis instructa. — T'horax dorso griseo-pu- bescente, pleuris scutellique margine pilis flavo-albidis ornatis. —- Abdomen nigrum, fasciis tribus arcuatis albidis, medio interruptis: secundo segmento utrinque macula lata flava. — Zedes nigri, tibiis tarsisque rufis, trochanteribus posticis apophisi breviuscula prae- ditis. — Alae hyalinae, basi flavescente; squamis albis albo-cilia- tis: halteribus luteis. M. Annulatus Fabr. Palma. — Prov. Neap. Caput grisei hirtum. — Antennae nigrae , basi rufescente, Thorax cinerei hyrtus, vittis quatuor albis. — Scutellum nigricans, pallide pilosum. (1) Annali dell’Accademia degli Aspiranti Naturalisti. Napoli 1864. DIPTERA ITALICA, ECC, 25 Abdomen nigrum, segmentis tribus intermediis fascis trasversis angu- ste interruptis, testaceo-albicantibus. Caliptra ut halteres rufescentia. Pedes fusco-lutei, femoribus in medio nigricantibus, tibiis posticis ar- cuatis , anulo obscuriore. Gen. PaLUMBIA Andn. (4) Sphixéa p. Zigot. (non Andn.) Sp. Pal. Bellierii Ligot. Sicula Andn. Palumbiae siculae characteres conveniunt Sphixée Bellierii Bigot.: inde genus servando, pro specie nomen prius propositum adoptan- dum, Gen. CHRIORHYNA /ofg. » Sp. Italicis adde sequentem. e Sp. C. Ruficauda. De G. Palma. — Prov. Neapol. Nigra, facie albicante-lutea, vertice fulvo-piloso. Antennae nigricantes. -- Z'horax nigro-pilosus cum scutello. -- Abdomen apice late fulvo-piloso. Pedes femoribus posticis incrassatis, toti nigri, nigro pilosi , tarsis tantum ferrugineis. Alae fascia fusca. Gen. XyLotA Mgn. Sp. Ital. adde. Falviventris Bigot. — Corsica Facies conica, tuberculata — Nigra, abdomine nitido, ventre rufo. (41) Dipt. Ital. Fasc. I. QU 0 C+ RONDANI y -— Antennis articulo tertio rotundato , in mare fusco, in. foemina rufo-obscuro. Facie, fronte, humerisque obscure albido- “palverala tis, barba albida brevissima. Halteres pallide flavi. — Calyptra albida. Pedes trochanteribus foeminae simplicibus; femoribus crassis, subtus levissime denticulatis -—— A4bdomen basi parcissime pilosulum. Alae griseae; margine externo late, nervisque anguste brunneo-pal- lido marginatis; stygmate dilute obscuriore, basi subhyalina: ner- vulo transverso externo paulo obliquo et convexo. Gen. Eumerus Mgn. Sp. n, Sulcitibius Mihi. . Mas. Antennae nigrae, articulo ultimo breviter ovato, arista propius basi quam apici inserta. Oculi pilosi, in fronte non late coherentes. — Facies nigricans, albo- pilosa. — Zrons antice auguste, postice late fulvo-pilosa, in parte media pilis nigris. r Thorax niger sub-auricalcicus, fulvo-pilosus, scutello concolore, pleu- ris nigro-nitidis. Halteres lutei. — Calyptra albida. Abdomen nigro-subaenescens, basi et lateribus albidi pilosis , dorso nigro-tomentoso , in segmentis tribus, vittis duabus obliquis to- menti albi. Alae fuscescentes, costa paulo fusco-lutea, vitta costali saturatiore. Pedes toti nigri, vix ad geniculos anguste, in summo apice femorum, et basi tibiarum lutescentes: femora paulo aenescentia, posticis sat incrassatis, etinferne praeter series duas spinularum apicalium, etiam spinis duabus validiusculis versus medium armatis. Tibiae posticae canaliculo obliquo distinctissimo intus sulcatae. Foem. Non aenescens, minus pilosa, femoribus et tibiis posticis sim- plicibus. Statura minore, etc. In collibus ditionis parmensis primo vere uterque sexus lectus supra flores Crataegi oxyacanthae. DIPTERA ITALICA, ECC. 25 Sp. E. Achanthodes Rosst. Syrpho Acanthodi Rossi referenda sp. Eumerus Angusticornis mihi. Seu. Basalis Liew, Sp. E. Fugitivus Rossi. (Syrphus Rossi.) cui referenda species. E Strigatus Fall, cujus varietas. E. Lasidps Rndn. et forte etiam Lunulatus Loew. Aliae species italicis addendae. E. Fulvicornis Macq. Palma. — Prov. Meridionales. Oculi subnudi. — Frons nigro-coerulescens. — Antennue fulvae, ar- ticulo tertio lato, antice obstruncato. — Z'horax paulo viridi oene- scens. 4bdomen nigrum. Pedes nigricantes, geniculis testaceis, tarsis, fuscis. E. Oeneus Macq. Palma. — Prov. Neapol. Oculi nudi. — Antenne nigricantes. — Thorax et Abdomen metal- ‘ lice virescentia vel coerulescentia, segmento quarto albidi pilosulo. Pedes nigri, tibiis basi testacea, tarsis fuscis vel fusco-testaceis. Specierum sequentium CI, Liewii exemplaria in Sicilia capta, nec vidi, nec diagnoses consulere potui, inde hic tantum nomina notan- tur. E. australis — Amenus — Iris — Nudus — Olivaceus. Gen. SyRITTA St. F. Italicis adde sp. in Sicilia capta, et a GI. Lòewio descripta, a me non visa. Sp. S. Spinigera, Loew. Gen. SPAEROPHORIA St. Farg. Sp. Flavicauda Palma (non Zett.) varietatibus instructa, ut puto, ma- rium sph. Menthastri Lin.: vel Pictae Meig. 26 C. RONDANI, Sp. Dispar Loew. et Palma forte varietas est. Sp. Nigricoxae Zett. Gen. PLATYCHEIRUS St. Z7g. Sp. Pulchellus Palma. -—- Albimana? Fabr. — Neap. Foem. Nigro-coerulea nitida , griseo-pubescens; antennis nigris ru- bro-signatis : pedibus quatuor anticis testaceis, tibiis dimidia par- te apicali tarsisque piceis; posticis nigris, geniculis testaceis: alis dilute fuscis: halteribus luteis. Probabiliter Foemina est. Syrphi Albimani Fabr. Gen. Syrpuus F. Mgn. Sp. Italicis addendae. S Affinis Palma. — Prov, Neapol. 9 Caput flavum, vertice maculaque frontali triangulari nigro-oeneis: epistomatis tuberculo brunneo ; Antennis superne nigris, subtus luteis. T'horax aeneo-virescens, nitidus, ferrugineo-pubescens, utrinque vitta. laterali, scutelloque flavescentibus. Abdomen atrum nitidum, fasciis tribus luteis, rectis, latis, prima in- 9 ’ o) " P terrupta, reliquis antice posticeque emarginatis; ventre flavo, se- gmentis tertio quarto quintoque, macula transversali, quadrangulari nigra. Pedes flavi, coxis nigris, tarsorumque apice fusco. ’ ’ q p Alae hyalinae, stigmate cinereo, squamis halteribusque flavidis. i ’ n:Sq S. Bisinnatus Palma. — Prov. Neapol. Q S. Capite flavo, vertice nigro-aeneo;. antennis luteis , supremo margine brunneo. Thorax aeneo-virescens nitidus, pilis ferrugineis tectus ; vitta laterali utrinque, scutelloque flavescentibus. DIPTERA ITALICA, ECC. 27 Abdomen nigrum, fasciis tribus flavis subrectis, prima interrupta, re- liquis margine postico bisinuatis. Ventre flavo, segmentis, 2.° 3.° 4.° macula trasversali elliptica nigra. Pedes flavi, coxis femorumque ima basi nigris. Alae hyalinae, stigmate fusco-pallido, squamis halteribusque flavis. S. Fuscus Palma. —- Prov. Neapol. o Aneo-nigrescens, flavicante-hirtus, antennis brunneis, articulo tertio inferne rubro-signato; fronte viridi-aenea pilis erectis nigris obtecta: supra antennas callo semilunari nigro, antice tridentato; facie grisea, epistomatis tuberculo late nigro-nitido. Scutellum flavum, atro-hirtum. Abdomen bis quatuor maculis flavis, intermediis latioribus. Pedes nigri, geniculis testaceis. Alae hyalinae, area marginali flavicante; squamis albidis ; halteribus capitulo fusco, S. Sinuatus Palma. — Prov. Neapol. o Capite nigro, facie flava, epistomatis tuberculo nigricante: an- tennis superne nigris, inferne luteis. Thorax aeneus, ferrugineo-pilosus , utrinque vitta laterali flava , vix perspicua; scutello pallido. Abdomen nigrum, fasciis flavis tribus subrectis, prima late interra- pta, secunda et tertia antice leviter, postice profunde emarginatis; ventre flavicante. Pedes flavi, coxis, femorum basi, tarsorumque apice nigris. Alae hyalinae, stigmate cinereo; squamis halteribusque flavicantibus. S. Concinnus Mgn. Palma. — Prov. Neapol. Niger, thorace albido-vittato. Scutello semiflavo. Abdomine flavo alboque fasciato. — Antennae nigrae basi articulo- rum rufa. — /acies albo-lutea nigro-vittata. — edes lutei, tarsis obscuris, femorum radice , et tibiarum posticarum apice, inferne fuscis. 4lae limpidae. 28 C., RONDANI , S. Crenatus Macq. Palma. -- Prov. Neapol. Similis: Corollae Fabr. — Thorace metallice-virescente, macula antealari lutea. 1 Facies flavicans, vitta nigra. — ZYrons flavescens, lateribus nigris. — Antennae nigrae, subius rufescentes. — Pedes fulvi, basi femorum nigra. -— Alae limpidae, vitta costali flava. Abdomen nigrum, segmentis 2,3, et 4 flavo-fasciatis, in foemina omnibus. fasciis interruptis; in mare antica tantum, posterioribus in medio escava- tis, ferlia triexcavata, ventre nigro fasciato. | S. Arcuatus Fall. Palma, — Prov. Neapol. 9 Similis Lunulato, facies flavescens, vitta nigra. Frons flavida, nigro-vittata, vertice nigro-virescente. | Abdomen bis tribus lunulis flavis, ventre pallido-lutescente , maculis nigris decrescentibus. Pedes toti lutei. — Antennae nigricantes. — Scutellum fusco-flavi- dum etc. Gen. LasiopatIcus Andn. Bigot. Palma. Sp. Italicis addenda. L. Mecogramma Bigot. — Siciliae. ® Antennae fulvae, superne brunneae, stilo testaceo. Facies et frons albidae, illa nigro vittata, ista macula supra antennas gemina, nigro-nitida, rufo-marginata. Scutellum obscure testaceum subhyalinum, griseo-pilosum. Caliptra alba. | Halteres pallide flavi. — Alae limpidae, vitta costali elongata, pal- lide testacea. Abdomen nigricante-subcoeruleum, fasciis quatuor flavis in medio in- terruptis, posteriori latissime, maculas duas tantum laterales sub- quadratas praebente: linea media longitudinali fulva, antice dila- tata, brunneo utrinque marginata. Tibiae fulvae: tarsi nigri, basi fulvescente. DIPTERA ITALICA, ECC. d9 iui Gen. CHerLOSIA. Mgrl. Sp. n. C. Erythrostoma Miki, — Mont. Tyrolis ital. P Oculi pilosi. — Antennae basi, et arista subnuda nigrae, articulo tertio testaceo-fusco, sub-rotundato, latiusculo, Epistomium levissime albidi adspersum: oris prominentiis inferis et «lateribus rufescentibus. | Frons trisulciolata, albidi pilosula, orbitis pubescentia albicante di- stinctiore. | Corpus totum albidi pubescens. — .4bdomen elongatum, albo-pilosu- lum, scutello setis nigris distinetis marginalibus praedito. Calyptra albissima, albo-ciliata. - Malteres pallidissime subflavi. Alae fere decolores, vitta costali lutea. Pedes femoribus nigris, summo apice luteis; - tibiis luteis, anulo ni- gricante intermedio. - Tarsis praesertim intermediis basi lutescen- tibus. A prof. Pellegrino Strobel leeta. Sp. Erytrocheila n, Mihi. — Liguria. Oculi pilosi. -- Antennae totae rufae, limbo anguste nigricante: — Arista nigra sub-pubescente. Epistomium exiliter albo-pilosulum: oris prominentiis inferis, et mar- ginibus rufescentibus. Frons nigro-aenescens, pallide lutei pilosa, sulciolis duobus lateralibus. Thorax niger paulo subaeneus, et lutei in dorso pubescens. Scutello setis nigris distinetis marginalibus praedito. Abdomen elongatum, atro-subcoerulescens, subnudum. Zalieres et Caliptra alba, ista albo-ciliata. Alae sublimpidae, vitta costali vix luteo-fusci tincta. Pedes coxis partim, femoribus ima basi et summo apice luteis: tibiis lutescentibus, anulo nigricante; tarsis praesertim intermediis basi plus minus lutea, alibi nigris. Semel foemina inventa. 30 «x. RONDANI, Sp. n. Honesta Mihi. — Alp. Pedem. (Oropa.) (o 2 Oculi pilosi). Maris antennae nigrae, articulo tertio parvo, sub- quadrato, et paulo piceo-rufescente. Arista subnuda. Epistomium nigricans, vix albidi adspersum , et parce sed manifeste albo-pilosulum. Frons antice nigro-pilosa, in vertice pilis partim fuscis partim pal. lidis, ut in dorso thoracis. Scutellum pilis longis nigris, et brevibus pallidis permixtis. Abdomen pallide lutei pilosum: dorso segmentorum secundi et ter- tii nigro-opaco. Alae dilute fuscescentes, costa saturatiore, et vitta costali vix fusciore. Caliptra alba albociliata. —. alteres pallide lutei, capitulo puncto nigricante. Pedes nigri, geniculis et tibiarum basi et summo apice luteis. Foem. Epistomium non pilosum. -- Antennae articulo ultimo nigro. -—- Frons albidi pilosa, ad verticem tantum pilis aliquibus fuscis, — Thorax brevius et pallidius pilosus. — Scutello pilis longis, nigris destituto, sed setis aliquibus marginalibus praedito, — 4bdo- men breve, dorso non opaco. — ZHalteres puncto nigricante ca- pituli destituti. -—- Alae costa et alibi limpidiores. In floribus umbellatarum a me capta mense septembre. Sp. n. C. Superciliata Mihi. — Sicilia. Mas. Oculi nudi. — A4ntennae nigrae, articulo ultimo parvo obtrun- cato. — Arista nuda. — ÉEpistomium albo-pollinosum, serie utrin- que ante oculos pilorum alborum. Frons antice sulco profundo impressa, fusco-nigro-pilosa, pilis verti- cis pallide luteis, — Thorax, scutellum et abdomen in dorso lu: tei pilosa, scutello setis et pilis nigris destituto. Calyptra paulo fusca, limbo obscuriore, fusco ciliato. Halteres pallidi, capitulo macula obscura. Alae sublimpidae, costa a medio ad apicem fuscescente, vitta costali vix saturatiore. Pedes nigri, tibiis basi cum geniculis, et apice anguste luteis. Lecta in Sicilia a D. Fr. Mina Palumbo. DIPTERA ITALICA, ECG. 5A Sp. Albicheta IMihî. Albiseta Andn. olim, non Mygn. Nomen specificum muto, quia congener adest a CI. Meigenio A/biseta nuncupata, sed a nostra distinctissima, Oculis hirtis, tibiis etiam basi nigris, etc. Sp. Intonsa Loew. -- Apenn. Cum sequentibus Italicis addenda. Fusco-olivaceo sub-metallica, grisei pilosula. Oculi pilosi, maris in fronte late coherentes. — Epistomium leviter canescens, manifeste pilosulum. — £7rons antice fusco-pilosa. — Antennae nigricantes, paulo rufo-piceae, arista basi crassiuscula , tomentosa. Scutellum setis marginalibus destitutum. Pedes nigricantes, femorum summo apice luteo: tibiis luteis, anulo, lato intermedio nigricante. Alae sublimpidae, costa paulo lutescente, basi et vitta costali luteis. Semel captus mas in Apennino parmensi. Sp. C. Brachiptera Palma. — Prov. Neapol. Q Obscure olivacea. Oculi nudi. — Nitida, fronte latissima, longitudinaliter trisulcata. — Facie nigra. — Antennarum articulus tertius suborbicularis, te- staceus, i Pedes nigri, tibiis testaceis anulo lato nigro: tarsorum posticorum articulo primo crasso. Alae abbreviatae, infumatae. — Zalteres flavescentes, Sp. G. Violaceozonata Palma. —— Prov. Neapol. Forte vulnerata Pnz., synon. Barbata Loew. Schin. /neo-virescens, pilis aureis obtecta , abdomine fasciis latis violaceis instructo. Oculi pubescentes. — Antennae, femorum apices, tibiae, tarsique te- staceo-flavida: halteres flavi. 32 , 13 Gy RONDANI, Sp. C. Chrysocoma Mgn., Palma. — Prov. Neapol. Obscure virescens, fulvescente-hirta. — untennis flavo-fulvis, arti- culo tertio lato, arista parum pubescente. — Pedes fulvi, femori- bus nigricantibus. + Alae lutescentes. — Ocul? pilosi. Sp. C. Mutabilis Zett. Palma. Prov. Neapol. Oculi in mare hirti, in foemina nudi. -- Angusta, obscure olivacea, nitida, subpubescens; epistomate sub-unituberculato, nudo, Antennis parvis, nigris, seta tenuiter pubescente. Alis subfusco-hyalinis, squamis halteribusque albis, horum clava in mare fusca: pedibus nigris, anteriorum geniculis, tibiarumque basi, et tarsorum articulis mediis albidis. Sp. C. Pygmea Zett. Palma. — Prov. Neapol. Oculi in mare brevissime hirti, in foemina nudi. Nigro-aenea, nitida, tenuiter griseo-pubescens - Antennae mediocres nigrae, seta sub- pubescente. - Epistomate nudo. - Abdomine angusto. Alae fumato-hyalinae. - Squamae albae. Halteres flavidi, in mare capitulo obscuro. Pedes nigricantes, anteriorum geniculis summis, et anticorum tarsis in medio sordide albescentibus. Sat parva.. Sp. C. Schineri Egger. Quae dicitur in Italia capta, mihi ignota, nec aiuto diagnosim consulere potui. Gen. CHRYSOGASTER Mygn. Sp. Longicornis Loew. — Sicilia. Nec insectum vidi, nec diagnosim consulere potui. Gen. Pipiza Mgn. Sp. Funebris Mgn. — Etruria. Nigra albidi pilosa: fronte pilis nigris. — Antennae obscurae, bre- viores capite. DIPTERA ITALICA, ECC. 5, Abdominis segmenta secundum, tertium, et quartum, fasciis interru- ptis pilorum albicantium. — Z'enter lutescens, apice nigro. — Malte- res albidi.— Pedes nigri, geniculis anterioribus et tarsis ferrugineis. Alae, basi hyalina, extrinsecus fuscae, in medio fusciores. Femora postica incrassata. In Etruria lecta a prof. Piccioli. Sp. Quatuormaculata Fall. Palma — Prov. Neap. cujus facilius varietas Quadriguttata Macq. Nigro-coerulescens. — Anfennae fuscae. Abdominis segmenta secundum et tertium, maculis duabus transver- sis flavidis signata. Pedes lutescentes, femoribus et anulo tibiarum nigricantibus. Alae sublimpidae, in medio plus minus infuscatae. Sp. Vana Zett. — Emilia. Nigra, nigro-pubescens. — .4ddomen immaculatum. Alae in medio macula obsoleta fusca. Tarsîs in medio ferrugineis: femoribus posticis modice incrassatis. Squamae et halteres sordide albicantes. —— Stigma costalis alarum nigrum. Semel a me lecta in Apennini parmensis collibus. Sp. Vitrea Mgn. Palma. — Prov. Neapol. Nigra subcoerulescens. — Antennis obscuris. Abdominis segmento secundo fulvi vel lutei bipunctato, punctis ro- tundatis. Pedes nigri, tibiarum basi, et articulis tribus primis tarsorum antico- rum fulvis. — Alue sublimpidae. Forte var. est P. Flavitarsis J/gn. Sp. Obscura Iacq. — Sicilia. Nigra, leviter submetallica. -—— Antennae articulo tertio brevissimo. Pedes geniculis flavis, et tarsorum intermediorum articulo primo, mi- nuto et flavido. Alae in medio paulo fuscae. Vol. XI. 3 34 C. RONDANI; Sp. Aphidiphaga Costa Palma. — Prov. Neap. Exemplaria non vidi nec ejusdem descriptionem. In gallis vasco: ribus Ulmi vivit teste Costa, forte aphidibus vescitur ibi viven- tibus, ut ego observari pro Sp. Vitripenni Mgn. an agitur. de Sp. eadem? Gen. PipizeLLa Rndn. Halid. Schin. Sp. n. Neuphritica Mihi. It. Centr. Sub genus Heringia Rndn. distinetum: Antennis articulo tertio sat eiongato, ut in Pipizella; et vena lon- gitudinali quinta, quartae conjuneta angulo acuto, ut in Pipiza. Sp. a congeneribus statim dignoscenda, abdominis segmento secundo maculis duabus luteis signato. Praeterea, caput et corpus nigro-nitida, paulo aenescentia, albo pu- berula et pilosula. Pedum quatuor anteriorum tibiae ad basim, et tarsi articulis primis lutescentes: posticorum geniculi tantum, et tarsi articulis interme- diis lutei. Squame albae. -— /Zalteres lutei. -—- 4lae sublimpidae, vix in medio et vitta costali paulo fuscis, vitta lutescente. In collibus agri lunensis semel lecta. Gen. PARAGUS Latr. Sp. n. Excalceatus And. — It. Centr. Facies alba, non nigro vittata. Scutellum luteo-albicans ad apicem, late. Aniennae nigrae, articulo tertio piceo-rufescente. Oculi pubescentia albida fasciati. Abdominis segmento radicali nigricante; secundo nigro, fascia lutea intermedia, transversa, inequali, margines Jaterales et posteriorem non tangente; segmento tertio luteo ad basim, postice ut segmenta sequentia ferrugineo, istis pubescentia albida ad basim fasciatis. Pedes rufi, femorum apice et tibiaram basi albicantibus: femoribus posticis in medio fusco-ferrugineo tinctis. tnt DIPTERA ITALICA, ECC. 3. Alae limpidae, vitta lutea. Semel inventus in Agro Bononiensi, Sp. P. Arcuatus Mgn. Costa A. -- Prov. Neapol. Niger paulo subvirescens. Oculi fasciis duabus toienti albidi. -—— facies haud nigro-vittata, albida. Scutellum apice albicante. — A4bdominis segmentum secundum, et media pars anterior tertii testacea: tertium, quartum et quintum fascia arcuata interrupia tomenti albi argentei ornata. Pedes pallide flavi, femoribus basi nigricantibus. Sp. P. Toeniatus JMyn. Palma. — Prov. Neapol. Niger paulo aenei virens, — /acies alba, haud nigro-vittata; scu- tellum totum nigrum, aut vix apice et non distinete albicans. — Abdomen segmento secundo testaceo , lateribus nigris; medietate anteriori tertii pariter testacea. — Pedes ut in precedente. Sp. P. Sex-arcuatus Ligot. — Sicilia. Antennae nigrae. —- Facies pallida, linea intermedia et oris margi- ne nigris: fronte nigro-nilida. — ‘horax nigro-aenei virescens, pleuris antice albido-pilosis, scutello nigro, flavo-marginato. — Abdomen fulvum, basi lunalisque tribus utrinque nigris. Pedes fulvi, genubus pallide flavis, femoribus anterioribus angustis- sime brunnescentibus , posterioribus tibiisque late nigro-anulalis, tarsis brunnescentibus. — Calyptra alba. — Halteres brunnei, clava albida. Alae fere hyalinae, stigmate late et pallide fulvo. Sp. P. Intermedius Palma. — Prov. Neapol. Nigro-aenescens; scutello apice flavo : facie albicante, haud nigro-vit- tata. — Antennae testaceae, margine superiori nigricante. — Oculì tomento griseo fasciati. Abdominis segmenta duo prima nigra, reliquis testaceis: secundo vitta transversa intermedia, pallide flava, ad latera attenuato-acuminata. Pedes flavidi, femorum basi fusca. — Alae hyalinae. — Zalteres flavi. — Calyptra albida. 36 C, RONDANI, Difert ab Excalceato meo, femorum colore, forma vittae transversae flavide abdominis, etc. Sp. P. Ater Mgn. Macq. -- Sicilia. Distinctus a P. Tymiastri. — Oculis haud grisei fasciatis. 4bddomine fasciis luteo-tomentosis. Pedibus luteis, basi femorum nigricante; tibiis anulo destitutis; tar- sorumque posticorum articulo primo incrassato , et superne nigri- cante. Gen. CarysotoxUM Mgn. Sp. Impudicum Zoew., Mihi, ignota. Gen. CALLICERA Mgn. Sp. Aurata Rossi. Non confundenda cum 4enea Fabr.: Diagnosi et iconi Rossii studendo patet differentia istius a specie Fabriciana, et convenientia cum spe- cie mea Macquartii, seu Rufa Schum: inde in posterum 4ura- toe Rossii sinonima erunt, n Macquartii Rndn. — Rufa Schum. Fam. CONOPIDAE. Gen. ZopIon, Lat. Sp. Subapertum n. Antennae nigrae-articulo secundo tantum partim rufescente. — a- cies pallide lutescens. — Arons antice rufa, subrubescens, postice cum occipite nigricans. Corpus fusco-grisescens. -- Thorax nigro-punctatus: abdomen tes- | Sellis aliquibus irregularibus nigris; genitalibus nigro-nitidis. — Halteres pallide lutei, io i ira i sirio. neri do race rar > DIPTERA ITALICA, ECC. 37 Pedes nigricante-picei, geniculis paulo testaceis. — Alae dilute fu- scescentes costa paulo fuscolutea: venis longitudinalibus quarta et quinta sejunctim costalem attingentibus, proximis in apice sed non conjunctis. Specimen unicum legi in agro lunensi. Fam. MUSCIDAE. Stirps. Tachiîninae. Gen. EcHINOMYIA, Warl. Sp. Rubidigaster Ligot. (Foem.) Genae macrochetis aliquibus praeditae. Frontis vitta media rufo-obscura, utrinque macula magna nitida ni- gro-coerulea. --- Facies pallide flava. — alpi testacei. — An- fennae articulis primis teslaceis, terlio et arisla nigris. _Thorax nigro-caerulescens obscurus, nitidus; lateribus et. pectore nigris, incisuris segmentoruin rufis: scutellum ejusdem coloris vel brunneo-nigrum obscurum. — Calyptra alba. Abdomen fulvo-rubidum, macula subscutellari magna, apice, macu- ‘ lisque duabus trigonis dorsualibus plus minus perspicuis, nigro-ni- tidis: segmento secundo macrochetis duabus munito. Pedes toti nigri; tarsis anticis non manifeste dilatatis. Alae griseae; costa ad basim pallide lutea. In Sicilia inventa. Sp. Tricondyla, n. (foem). Similis varietatibus aliquibus Ech. Praecipitis Meig. anten- narum articulo secundo in medio infuscato; pedibus rufis nigri- cante-vittatis: articulis duobus primis aristae sub-aeque longiuscu- lis, ete., sed distincta brevitate summa articuli ultimi aristae, lon- gitudinem praecedentis non aequantis. Specimen unicum legi in collibus agri parmensis. 38 C. RONDANI, Gen. MicropALPUS Macgq. Sp. Glausus, Mihi. Mas, similis mari Micr. Lythosiophagi Rndn., sed minor, et diversus, praecipue venis longitudinalibus quarta et quinta paulo ante costa- lem connexis, non sejunctim margini alarum productis. » In collibus agri parmensis lectus. Gen. ExoRISTA Mgn. Sp. Vivax, n. Antennae nigrae, articulo ultimo longo et lato, sextuplo circiter lon- giore praecedente; arista articulo penultimo paulo longiusculo, ultimo ad medium circiter incrassato. Palpi nigri. — Scutellum extrinsecus rufescens. Thorax et abdomen nigra, istius segmenta basi albicantia, interme- diis margini et disco setosis, ultimo in medietate apicali setis birto : secundo macula parva laterali rufescente. Calyptra albida: Halteres nigricantes. Alae sublimpidae, spinula costali subnulla: vena quarta longitudi- nali ad basim bi vel tri-setulosa. — Pedes nigri. In Apennino parmensi lecta, Sp. E. Lateralis Bigot. Antennae nigrae. — Palpi testacei. — Zitta frontali nigra. — Thorax nigricans, humeris et pleuris grisescentibus. -- Scutel- lum testaceum. Abdomen nigrum, obscure grisei tessellatum, lateribus utrinque maculis quadratis albido-griseis. — Pedes nigri, tibiis brunneis. — Alae subhyalinae. — Calyptra albida. In Sicilia inventa. DIPTERA ITALICA, ECC. 39 Gen. CHETOGENA fndn., cum SpocGosia Andn. Sub. Gen. Spoggosia. Anus marìs appendicibus duabus erectis, longesetosis praeditus. Setae frontales utriusque sexus, ultra radicem aristae in genis ma- nifeste descendentes. Venae quintae longitudinalis cubitus appendice spuria, seu apparen- ter appendiculatus, etc. Sp. S. Penicillaris Miki. Occlusa p. Andn. ® Distinguenda a sp. Occlusa, statura saltem in nostris majore, sed praecipue venis longitudinalibus quarta et quinta non conjunctis ante marginem alae, sed sejunctae, quamvis proximae ad apicem. Ital. Med, et Meridion. Gen. TACHINA Zabr. Italicis adde sp. sequent: a me non observ. Sp. T. Rufifrons Macq. T'horax flavido-vittatus. — £rons lateribus rufis. — /Macies alba. — Palpi rufi. — Setae frontales in genis ultra medium descendentes. Abdomen fasciis tribus latis, albido-lutescentibus, ventre incisuris albidis. — Calyptra albo flavicantia — Alae limpidae, vena tran- sversa posteriore obliqua et proxima cubito quintae longitudinalis. In Pedemontio lecta. 40 C. RONDANI, Sp. T, Flavidipennis Macg. (G. Oodigaster). 7A VA * Antennae ut palpi nigrae: arista ad tertium. circiter incrassata/ — Epistomium porrectum, Zrons lateribus albidis. — Setae' fron- tales non satis descendentes ultra radicem aristae (41). Abdomen interrupte fase iatum; setis discoidalibus destitutum in seg- mentis intermediis. Alae flavicantes: vena quinta longitudinali a cubito ad apicem su- brecta : transversa posteriore sinuosa. | In Sardinia lecta a Genéo. Gen. MiLtoGRAMMA Mon. Sp. M. Punctatella n. CI (Foem.) Parva, griseo-cana: facie et fronte albo-sericeis, vitta fron- tali grisei versicolore. — .4ntennis nigris. — Palpis luteis. Thorax non vittatus. — Abdomen segmentis tribus primis nigri- cante trimaculatis; omnibus postice linea albicante marginatis. — Caliptra alba, Alae limpidae, decolores, venula transversa anteriore contra, non sat ante apicem sita secundae longitudinalis. — Pedes nigri. Semel capta in colle agri parmensis. Sp. Brevipennis Bigot. (2) Antennae testaceae, articulo secundo nigro-piloso, tertio brunei-lim-. bato, arista nigra basi lutea. —— alpi flavi. — Caput. albicans vitta frontali flavida. i Thorax albidi-grisei pruinosus, vittis dorsualibus obsoletis. — 7al- feres et Calyptra albida. (4) Si non manifestae productae sub originem aristae generi isto non pertinet, juxta ordinationem meam, sed forte Masicerae. (2) Si vibrissas duas majores et decussatas, cum setis validiusculis praebet margini segmentorum abdominis, generi meo Sphixapatae referenda. DIPTERA ITALICA, ECC. 4A Abdomen testaceo-fulvum, albidi pruinosum, singulo segmento ma- cula postica dorsuali nigricante-nitida, vittis lateralibus bruneo- nitidis, ventre vittis similibus integris. - Pedes testacei, albido-pruinosi, femoribus superne et externe, tibiis, tarsisque nigricantibus; tibiis basi obcure testaceis, —- A/ae sat breves, limpidae basi paulo lutescente. In Corsica lecta. Gen. MASICERA Macq. Sp. M. Testacicornis Mihi. (ZF'oem). Facies et frons albicantes, vitta frontali fusco-picea. — Palpi lutei. — Antennae testaceae, articulo tertio margine apicali nigricante: arista, ultra medium, incrassata. Articulo tertio antennarum latiusculo et satis longo. — Sertes orales setarum in genis, seu carinis facialibus, ascendentes supra apicem anlennarum, Scutellum testateum, basi nigricante. Abdumen nigro-nitidum, basi segmentorum albidi aspersa: segmentis intermediis eliam in disco setosis. — Calyptra flavicantia. — Hal- teres lutei. Aiae sublimpidae, basi et pars costae lutescentibus; vena quinta sub-arcuatim flexa; transversa posteriore parum distante ab inte- riore magis quam a cubito quintae longitudinalis: quarta basi spi- nulis 2-5 munita. -- edes nigricante-picei. Parmae lecta. Sp. Major Macq. Facies fere perpendicularis — Palpî fulvi. — Setae orales fere ad medium faciei ascendentes: Arons lateribus albo-lutescentibus. Series frontales setarum circiter ad medium genarum descenden- tes ultra apicem articuli secundi antennarum: Istae nigrae, arti- culo tertio triplo circiter longiore praecedente, 49 C. RONDANI, Thorax grisescens, vittis quatuor nigris. Scutellum subtestaceum. Abdomen margine postico segmentorum, et linea dorsuali DISTORRI, tidis, alibi albicante adspersum, DEA Alae paulo griseae; vena quinta longitudinali supra cubitum arcuata inde recta: transversa posteriore recta, triplo distans ab anteriori, quam a cubito quintae longitudinalis. — Pedes nigri. In Istria inventa. Gen. PHANIA Mgn. Sp. P. Lateritia Mgn. Facies et Frons albo-sericeae, vitta frontali nigricante. — Anten- nae nigrae, arliculo tertio non duplo longiore praecedente : arista articulo radicali distincto, T'horax nigricans, lateribus griseis, obscure vittatis, — Gilanoil alba. Abdomen rufum, apice nigro, non nigro-vittatum. — (Sede nigri. Alae limpidae, basi paulo lutescente. Ad Niceam lecta. Gen. LaBipicasteR Macg. Rndn. (non Mgn.) Gener: nomen, prioritate adoptandum, pro speciebus oculos nudos praebentibus: Genus Zabidigaster. Meigenii species oculis hirtis instructas includens (1858) nomine a me jam proposito in PEOB mo (1861) distinguendum, scilicet. Gen. PrRAGRURA Andn. Cujus sp. Typica erit Tachina Forcipata Mygn. Sed species a me hoc nomine distincta in Prodromi vol. IV, oculos nudos certe praebet, inde diversa a Meigeniana, et nomine proprio nuncupanda in posterum. DIPTERA ITALICA, ECC, 45 Uncinata Mihi. Cujus Synon: Forcipata Macqg. et Andn. (non Mgn.). Gen. PSALIDA fndn. Speciebus instructum a Zeucostoma Meigenii sejunctis, diptera ni- mis et sic diversa includente, ne simul coacervata maneant. Leucostomae Meigenii Psalidae generi referendae, sic distintae sunt. Series frontales setarum in genis descendentes saltem usque contra originem aristae, non ad radicem antennarum sistentes. Oculi maris quamvis minus foeminae, tamen in fronte distincte remoti. Alarum spinula costalis subnulla; vena transversa posterior non magis proxima anteriori quam cubito quintae longitudinalis. Calyptra squamis inferis amplissimis et scutello sat longioribus. Abdominis segmenta intermedia setis discoidalibus destituta: ultimo in foemina forficulato. : Speciebus italicis gen. hujus adde novam sequentum. P. Meridiana Mi hi. Similis varietatibus majoribus Ps. Brevis Aossiî (analis. Mgn. non Macq.), sed distintissima, praccipue. Genîs in parte supera crebre setulosis fere usque contra apicem antennarum, non setulae superae genarum contra radicem aristae circiter sistentes. Segmento secundo abdominis macrochetis marginalibus fere toto cineto ut sequentes, non selis duabus distintioribus in dorso, et aliquibus ad latera. Vena transversa posteriore manifeste paulo magis distante ab ante- riori quam a cubito quintae longitudinalis, non circiter aequidi- stante, ut fere semper in £Lrevi. 4 C. RONDANI, Proeterea in speciminibus nostris, segmenta duo ultima abdominis masculi vix albidi nitentia. Mares duos misit in agro Panormitano lectos D. Mina-Palumbo. Sp. Tetraptera Meig. si certe ut in diagnosi auctorum dicitur, pal- pos nigros possidet, hoc caractere diversa a Brevi; et distincta ab apicali Rndn. (analis Macq. non Mgn.) segmentis duobus abdo- minis, non unico, in masculis albicantibus. Gen. PTILOCHETA Andn. Ptilocera prt. Macg. Rbynophora prt. Mygn. (non Desv.), etc. Pro pubescentia aristae eam locavi in Dexinis (Vide vol. V. Prodr.), sed omnibus aliis notis consideratis melius sita erit in Tachininis, prope Cirillias et Leucostomas; qua mulatione, generum tabula analitica Prodromi sic modificanda ad pag. 79, a litt. SS. SS. Cubitus venae quintae non apparenter appendiculatus. T. Zenula transversa posterior non manifeste magis proxima an- teriori quam cubito quintae longitudinalis. U. Genae nec piligerae, nec inferne setosae. Gen. CyLINDROGASTER Andn. et CERACIA Andn. | UU. (Genae vel piligerae vel inferne setosae. V. Genae in parte supera piligerae, inferne non setosae. Genera PuyTto Desv. et SAVIA Andn. VV. Genae in parte infera setigerae. DIPTERÀ ITALICA, ECC, 45 Gen. PTILOCHETA findn. TT. Zena transversa posterior, distincte magis proxima anteriori, quam cubito quintae longitudinalis. X. Genae piligerae, vel setosae. Z. Genae inferne setis validiusculis praeditae. Gen. CIRILLIA Andn. ZI. Genae sparsim piligerae vel setuligerae, sed inferne setis vali- diusculis destitutae. Gen. PLESINA Mygn. XX. Genae nec setosae nec piligerae. Y. Series frontales setarum in genis descendentes, circiter contra radicem aristae. Genera duo nuper instituta de quibus ultra, seu Graphogaster pro n. sp. et Catharosia pro Thereva pygmea Fall., ab aucto- ribus varie locata, et a me prius in Steveniis posita. YY. Series frontales setarum ad originem antennarum sistentes. W. Zena quinta longitudinalis angulatim flexa. Gen. STEVENIA Deso. Leucostomae prs. Mgn. WW. Zena quinta longitudinalis arcuatim flexa. Gen. STRONGIGASTER Macq. Campogaster Andn. Olim. 46 C. RONDANI, Gen. GRAPHOGASTER n. Oculi nudi, in fronte maris anguste sed arcte coherentes. — An- fennae contra medium oculorum insertae, brevissimae,. articulis duobus ultimis sub aeque brevibus; arista nuda, articulis basalibus minimis. Series frontales setarum in genis descendentes usque contra radicem aristae. — Genae nec setigerae nec pilosae. — Peristomium vi- brissis duabus majoribus decussatis. Scutellum setis validiusculis pluribus instructum. — Abdomen seg- mentis margini el in disco setosis; duobus ultimis serie setarum discoidalium cinctis in dorso, marginalibus majorum. Alae spinula costali nulla: vena quinta longitudinali angulatim flexa, angulo tamen subrotundato, et quartae ad apicem conjuneta longe a margine alarum. — /’enula transversa posterior sat proxima an- teriori, magis quam cubito quintae longitudinalis, ete. (Sp. Typ.) G. Vestitus m. Niger; facie et fronte albo-nitentibus; Calyplris albis extrinsecus paulo flavicantibus, amplis: /alteribus luleis. Alae limpidae vix versus basim dilutissime sublutescentes: Zena secunda longitudinalis non producta ultra transversam anteriorem: quinta conjuneta quartae contra apicem tertiae. Abdomen segmento basali nigro, tribus ultimis cinerei et grisei-lu- tescentis pictis, nigro varie punctatis tessellatis et maculatis. Rarissimo mas lectus in collibus agri parmensis. Gen. CATHAROSIA MM. Oculi nudi, in fronte maris anguste sed arcte coherentes. — 4n- tennae parvae, articulis duobus ultimis sub aequalibus, contra me- dium oculorum orientes: arista nuda, articulo penultimo distincto. —- Selae frontales in genis descendentes circiter contra radicem sli FI MIRA Tan ia DIPTERA ITALICA, ECC. 47 aristae: setae orales in carinis facialibas modice sed manifeste, ascendentes supra vibrissas duas majores decussatas: genae angu- stissimae, nudae. — Scutellum quatuor setosum. Alae spinula costali indistincta: vena transversa. posteriore magis proxima anteriori quam cubito quintae longitudinalis ; ista angula- tim flexa, et quartae conjuneta sat longe a costali, seu a margine alari, Abdomen parce, et margini tantum segmentorum, setis parvis prae- ditam. Sp. Typ. Thereva Pvgmea /all., prius in Steveniis a me posita, sed nimis diversa et generice distinguenda, praesertim setis frontalibus in genis productis, non ad radicem antennarum sistentibus: spinula alarum nulla, non ut in alio genere valida, — Oculis in fronte maris coherentibus, non plus vel minus remotis, etc. ete, Gen. StEVENIA Desv. findn. Leucostoma pri. Mgn. Sp. n. Sicula m. Mas. Habitu et pietura abdominis et alarum similis, St. Parmensi RFndn., sed statim distinguenda, non solum statura distinte majore, sed femoribus superne late nigricantibus, non tolis testaceis; et setis abdominis, in segmento secundo, marginem serie continuata cingenlibus, et in dorso duplicatis, non utin mare parmensis, serie simplici et interrupta, ele. Specimen in agro Panormitano lectum, misit D. Mina Palumbo. Stirps PmaAsrinar Andun. Gen. HvAaLromyria Pesv. Sp. n. Unicolor m. Mas. Nigra, opaca; thorace griseo, vittis quatuor nigris distinctissi- mis: abdomine leviter grisei versicolore. 48 C. RONDANI, Facîes albidi nitens. — Calyptra lata, albissima. ITalteres lutei. — Alae limpidae, decolores, versus basim paulo lu- tescentes. Pedes piceo-nigricantes. Semel captus mas in colle Agri parmensis. Gen. ELOMYIA Desv. Sp. n. Parva m. Foem. Similis foeminae Lugubris Fndn. et aliis congeneribus, sed satis ab omnibus diversa. 4.° Statura valde, seu triplo et ultra minore. 2.° Venarum longitudinalium quartae et quintae angulo apicali valde acuto, sub acuminato, non manifeste rotundato. 3.° Zena trasversa anteriore fere contra apicem sita primae longi- tudinalis, inde sat longe ab apice secundae, non sub aeque distante. 4.° Zena transversa posteriore distante circiter ab anteriori ut distat anterior ab interiori prima, quae non ab ista magis remota. Praterea in esemplare nostro antennae fusco-rufae, non nigrae; ne- scio tamen si aetati juvenili color minus obscurus abscribendus. Unicum specimen inveni in colle parmensi. Gen. CRistTOoFORIA Mihi. Cistogaster pri. Mgn. Macq. Oculi nudi. —— Antennae breves, articulo tertio fere duplo longiore praecedente. — Carinae faciales serie setularum inferne ciliatae, quarum aliqua majore, sed nullis decussaltis. Alae venis longitudinalibus quarta et quinta conjunctae sat prope marginem apicalem: tertia costalem attingente sat ante, non contra conjunctionem quintae cum quarta : transversa posteriore circiter aequidistante ab anteriori et a curvatura quintae longitudinalis, ista curvatim flexa et angulum valde acutum cum quarta ad api- cem efficiente. — Abdomen breviter sed manifeste setulosum. DIPTERA ITALICA, ECG. 49 Sp. Typica Cystogaster Globulus Mgn. V. Descript. in operé Meigemti. A clar. Jos. De Cristofori mediolanensi olim exemplar speciei mis- sum, forte in Insubria Alpina inventum. Genus Donatori dicatum. Stirps PexmnaE Andn. Gen. SARcoPHILA Andn. Schin. Sp. Pallipalpis Macg. (Agria) Similis S. Latifrontis Fall., sed satis distineta, ano rufo, et palpis apice pallide rufescentibus. In Sicilia capta, teste IMacg. Sp. Impuncetata Miki. A congeneribus facile distinguenda. 1.° Palpis testaceis. 2.° Zitta frontali lata luteo-fulva. 5.° Abdomine nec nigricante punctato, nec distincte fasciato , sed griseo-cinerascente vario , vix vitta dorsuali et limbo postico seg- mentorum dilute fuscis. 4.° Zena quinta longitudinali ab angulo ad apicem manifeste un- dulata. Praeterea, frons et facies sordide griseae; genae setulis exiguis prae- ditae. — Antennae cum arista plumosula nigrae. Corpus nigricans, grisei adspersum. — ZZalteres pallidi. Calyptra albida. — /edes nigricantes, coxis paulo rufis etc. Foemina unica a me observata, in muntuosis agri parmensis capta. Vol. XI. 4 50 C. RONDAM, Sp. Pusilla Macg. (Agria). Arista pilosula. — Cinerea, thorace nigro-lineato. — A4bdomine haud nigricante-punctato, sed vitta dorsuali, et margine postico segmentorum nigris. Alae vena transversa posteriore recta. In Sicilia capta, teste Macg.; a me non visa. Gen. AntHRAcOMYIA et MeLANOMYIA Andr. In Prodromo proposita ab auctoribus non adoptata fuerunt, inde nune Moriniae conjungenda, et nomina in synonimia locanda. Moriniae generis sic aucti diagnosis ut sequitur reformanda. Antennae contra non supra medium oculorum insertae; articulo ter- tio non satis elongato : arista pilosa. Oculi nudi, in fronte maris sat proximi nisì sub-contigui. Frons ejusdem sexus, seriebus duabus tantum setatum instructa. — Genae ante oculos non setigerae. Alae spinula costali plus minusvae valida: vena quinta longitudinali arcuatim late flexa, sejunctim a quarta costali producta. Abdomen in segmentis secundo et tertio, aut saltem in seerindo, macrochetis discoidalibus destitutum. Pulvilli et unci tersorum in masculis plus vel minus longiusculi, etc. Characteribus hisce pro Gen. Morinia adoptatis, ab eodem sejungere oportet Sp. meam Celerem, quae typica erit generis proprii, Mo- riniis et Gastroleptis intermedii, et nomine distincti. Gen. MeTOPISENA Andn. Jam a me proposito in Prodromi. vol. V. Genus istud distinctum erit a Morinia. Vena quinta longitudinali alarum angulo distinctissimo, non areua- tim flexa. Abdominis segmentis duobus intermediis in disco manifeste seto- sis, etc. DIPTERA ITALICA, ECC. dI A Gastrolepta vero diversum erit praesertim antennis sat brevibus, articulo tertio parum longiore secundo. Alarum vena transversa posteriore distintissime magis distante ab anteriori, quam a cubito longitudinalis quintae, isto non rotun- dato, etc. Gen. pro Sp. unica instructum M. Celer Andn. Stirp. Miuscinar Andn. Gen. SomomyiIa £Andn. (Sub. Gen. Lucilia Desv.) Sp. Juvenis m. Similis varietatibus aliquibus Sp. Sericatae, etiam fronte maris la- tiuscula, sed difert: magnitudine semper duplo aut ultra minore, et vitta frontali cum foveis genarum in exemplaribus omnibus utriusque sexus luteo-testaceis. In Italia superiori et media cum congeneribus. Gen. Musca Lin. Sp. Frontalis m. Aurifacies a Desv. Macq. Campestris 9 Desv. Macq. Similis varietatibus aliquibus M. Domesticae, sed ab iisdem distin- guenda colore frontis manifeste et semper rufo, non nigro. Genae quoque plus vel minus rufescentis sunt, sed nota ista etiam in juvenilibus Sp. Domesticae observatur. In Italia sup. et media lecta frequenter ruri, rarissimo in domibus. 52 G. RONDANI , Sp. Minima m. Foem. similis foeminis tempestivae pictura et habitu, sed triplo et ultra minor; et distinta etiam, alis longioribus, et vena transversa posteriore magis proxima anteriori quam cubito longitudinalis quintae. Semel lecta in colle ditionis parmensis. GENERUM Anthracomya Anda. V. Gen. Morinia Callicera Mgr. n — Aurata £ossz. Campogaster Ardn. V. Gen. Strongigaster Macq. Catharosia Ardr. - — Pygmea Fall. Cheilosia Mgri. n -— Albicheta ladn. — Albdiseta ol. Randa. non Mgn. — Brachiptera Palma. — Chrysocoma Mgr. — Erythrocheila Arda. — Erythrostoma &ndn. — Honesta £ndn. — Intonsa Loew. — Mutabilis Zett. — Pygmea Zett. — Schineri Egg. — Violaceozonata Palma. — Vulnerata? Fall. Chetogena Enda. ” — Penicillaris £rdn. — Occlusa p. &ndn. Chriorhyna Hofg. - — Ruficauda De G. "Chrysogaster Mgn. ” — Longicornis Loew. Chrysotoxum Mgn. » —. Impudicum Loew. Ceracya Endn. » Cirillia Andn. » pag. ET SPECIERUM INDEX -—_——————_& Cristoforia nd». — Globulus Mga. 36 Echinomya Dmrl — Rubidigaster Bigot. — Tricondyla Andar. Elomyia Desv. -— Parva Andn. Eumerus Mgn. — Achanthodes Rossi. — Aeneus Macgq. — Fugitivus ossi. — Fulvicornis Macg. — Sulcitibius Rndr. Exorista Mgr. -— Lateralis Bigot. — Vivax Andn. Graphogaster Zendn. — Vestitus fndn. Hyalomyia Desv. — Unicolor Rndr., Hypoderma Cl. — Belierii Bigot. — Silenus Br. Labidigaster Macg. Lasiophticus Anda. — Mecogramma Bigot. Leucostoma dMygn. 46 29 39 23 V. Gen. Stevenia Zesv. et Psalida Rndn. Masicera Macq. — Major Maeg. - Testacicornis Rada. Cylindrogaster Ananda. pag. 35 41 BU Melanomyia Andn. V. Gen. Morinia Desv. Merodon Lat. — Anulatus Far. — Distinetus Palma. — Obscuripennis Palma. Metopisena Andn. — Celer Andn. Micropalpus Macg. — Clausus Andn. Miltogramma Mgn. — Brevipennis Bigot. — Punctatella Andn. Musca Lin. | — Frontalis Andn. — Minima Rndn. Oestrus Lin. — Pecorum Faòbr. . Palumbia Andn. | — Belierii Bigot. — Sicula Endn. Paragus Latr. — Arcuatus Mgn. — Ater Mgn. — Excalceatus Andn. — Intermedius Palma. — Sexarcuatus 2290t. — Taeniatus Mgn. Phania Mgn. | — Lateritia Mgn. Phyto Desv. Pipiza Mgn. — Aphidiphaga Costa a. — Funebris Mgn. — Obscura Macq. — 4 Maculata Fal/. — Vana Zett. — Vitrea Mgn. Pipizella Arda. — Neuphritica Andn. Platycheîrus'sSt. F. pas. INDICE. 50 | — Palchellus Palma. Plesina Mgn. Psalida Rndn — Meridiana Andn. — Tetraptera Mgn. Ptilocheta Andn. Pyragrura Andn. — Uncinata &Rndn. Sarcophila Endn. — Impunctata Andn. — Pusilla Macq. — Pallipalpis Macg. Savia Andn. Sphaerophoria St. F. — Dispar Loew. —- Flavicauda Palma. Spoggosia ndn. V. Chetogena Andn. Somomyia Andn. — Juvenis Andn. Stevenia Desv. — Sicula Anda. Strongigaster Macg. — Campogaster Andn. Syritta St. FP. — Spinigera Loew. Syrphus Fabr. — Affinis Palma. — Arcuatus Fall. — Bisinuatus Palma. — Concinnus Mgn. — Crenatus Macg. — Fuscus Palma. — Sinuatus Palma. Tachina Fabr. 22 50 38 40 ol 21 23 34 42 44 32 — Flavidipennis Macg.. — Rufifrons Macg. | Xylota Mgn. 34 — Fulviventris Bigot. Zodion Latr. 26| — Subapertum Rxdn. Pip. 45 43 44 42 49 44 25 39 5I 45 45 . 26 26 39 23 ‘36 Seduta del 26 gennajo 1868. Il Presidente apre la seduta concedendo la parola al socio Antonio Villa per la lettura della di lui Memoria intitolata: Coleopterorum diagnoses observationesque re- petitae, novis annotationibus auctae. —- Questo lavoro verrà stampato negli Atti. Il socio Marinoni legge alcuni brevi appunti: Su alcuni oggetti preistorici trovati nei dintorni di Crema, presen- tando gli originali e le fotografie di tali oggetti. — In se- guito mostra ancora due freccie di selce rinvenute presso Stradella in Piemonte. — Questa nota verrà inserita ne- gli Atti. La parola è quindi al socio Tinelli che, prendendo mossa dalla precedente lettura, annuncia alcune scoperte da lui fatte nelle torbiere di sua proprietà, site in ter- ritorio di Mombello presso Laveno (Lago Maggiore e), tor- biere che sono, come esso dice, di origine morenica. — 36 sepura DEL 26 ceNnAJO 1868. Una sega di selce era già stata trovata fino dal 1865; ma nello scorso anno 1867, facendo eseguire lavori di prosciugamento nelle torbiere, gli venne fatto di scoprire le testate dei pali di una palafitta. Quantunque i lavori non sl sieno potuti spingere oltre, dei cocci grossolani, una cuspide di lancia in piromaca cinericcia, un'altra sega di selce e tre canotti costruiti con tronchi incavati e lavorati furono la messe preziosa di quel primo tenta- tivo. Di tali canotti uno però è ancora per molta parte serrato in mezzo al deposito che costituisce la torbiera, ed il signor Tinelli spera che all’occasione di nuovi la- vori che conta di intraprendere, potrà procacciarsi nuovi materiali per la storia dell’epoca antistorica del nostro paese. Il socio Bollini domanda la parola per pregare il si- gnor Tinelli a spalmare i canotti con una vernice di goudron a fine di poterli conservare, ed il signor Tinelli risponde che siccome lo sfasciamento del legno non av- viene, ma solo per l’azione dell’aria si screpola alcun poco, vuol ben approffittare di codesta fortuna per con- servare i suoi canotti nel loro vero stato. Non essendovi più discussione il Presidente annuncia come non essendo ancora pronti i rendiconti dell’ annata. 1867, questi verranno presentati nella seduta di febbraio. Si passa quindi alla nomina dei membri della presi- denza che per Statuto vengono ad uscir di carica. Per acclamazione risultano quindi nominati: Presidente CorNnALIA prof. Emitio (rieletto). Segretario STOPPANI prof. AnTONIO (rieletto). Vicesegretario NEGRI dott. GAETANO. Conservatore SoRDELLI FERDINANDO. SEDUTA DEL 20 GENNAJSO 1868, 37 Rimanendo vacante per la nomina del signor Sordelli la carica di Vice- Conservatore, questa venne affidata al signor FrAncEScHINI FELICE. Economo DeLFINONI GoTTARDO (rieletto). Cassiere GARGANTINI-PIATTI GiusEPPE (rieletto). Consiglio d’amministrazione. TAGLIASACCHI ing. ZAVERIO (rieletto). GARAVAGLIA rag. ANTONIO (rieletto). Visconti Ermes march. CARLO (rieletto). È in seguito letto ed approvato il processo verbale della seduta precedente (29 dicembre 1867). Messo alla votazione l'acquisto dell’opera del signor Luigi Bombicci: Le associazioni poligeniche applicate allo studio dei silicati minerali, ecc., del valore di ita- liane L. 5.00, viene decisa l’associazione ad una copia a titolo d’incoraggiamento. È nominato socio effettivo il signor TREVISAN conte VirttoRrE di. Vicenza, proposto dai soci barone Achille De-Zigno e Fratelli Villa. Il Vicesegretario C. MARINONI, Riproduzione delle diugnosi di coleotteri e delle osservazioni pubbli- cate nel catalogo dei duplicati e supplementi, coll’ aggiunta di nuove annotazioni, dei fratelli A, e G. B. Viuta, (Seduta del 26 gennajo 1868) Allorchè dediti in ispecial modo alla entomologia ci siamo messi in relazione ed in azione di permute continue con entomologi d’ogni paese, abbiamo pubblicato un catalogo e due supplementi delle spe- cie di coleotteri ch’erano destinati a cambio. Coleoptera Zurope dupleta in collectione Villa, quie pro mutua commutatione offerri possunt, 1833. Supplementum Coleopteroruni Furope dupletorumete., 1855. Allerum supplenientum, etc., 1858. Catalogo era il nostro certamente dei più ricchi in simil genere per Ja quantità di specie, non solo dell’Italia, ma anche di Russia, Germania, Ungheria, Gre- cia, Spagna, ece., e possiamo pur aggiungerlo, era di non poca uti- lità per l'esposizione delle sinonimie, tenuta così misteriosa dai mer- catanti. Parecchie centinaja di quei cataloghi abbiamo spediti in dono a tutti coloro che sapevamo occuparsi specialmente in quel ramo di entomologia (1). Siccome poi diverse specie erano totalmente nuove e vennero denominate da noi stessi, così credemmo opportuno di dare per ciascuna Ja sua frase specifica per facilitarne la conoscenza. Alcuni entomologi dappoi nelle loro faune, o nelle loro memorie, addottando i nostri nomi, descrissero nuovamente talune di dette specie anche con diagnosi più diffuse, ma non fu così però di lutte. La continua ricerca di quel nostro Catalogo, fece si che in po- chissimi anni se ne esaurissero le copie, sicchè i nuovi entomologi non ponno più procurarsi quelle nostre descrizioni, pur necessarie, e ciò a cagione che i suddetti cataloghi non vennero inseriti nè in x (1) Quo peracto catalogo, sumptibus nostris, et quin venalis esset, plures exempla- rium centenos per Europam huc et illuc evulgavimus non modo amicis nostris sed aliis atiam notis entomologi® cultoribus. Alterum supplementum Coleopterorum Kure- pe, ete., 1838, pag. 64. =» RIPRODUZIONE DELLE DIAGNOSI DI COLFOTTERI, ECC. d9 giornali, nè in periodici, nè in atti o memorie d’accademie (!). Egli è perciò che talora ci vengono chieste copie manoscritte di esse dia- gnosi, e più spesso ancora siamo sollecitati vivamente ad occuparci di una nuova edizione, se non fosse almeno che per le descrizioni . delle nostre specie nuove. Tale era già a dir vero, da qualche tempo l'intenzione nostra, ed anzi da un entomologo prussiano ci era stata chiesta la permissione di ristamparle in atti di accademie straniere, al che noi avevamo annuito per mancanza di tempo di occuparcene noi stessi; ma non avendo veduto poi mai realizzato quel progetto, ed essendo, d'altra parte, continuamente esortati dagli entomologi a riprodurre tali descrizioni, ci siamo accinti all'impresa di darne co- pia precisa negli Atti della nostra Società Italiana di scienze natu- rali, trascrivendole fedelmente coi loro numeri originali, senza alte- rarne le frasi, aggiungendo però a tutte, alcune nole con dilucida- zioni, e col riferirle ai generi moderni, e colla località di loro dimora. Egli è vero che alcune nostre specie sono notissime, tro- ‘vandosi già da più di 40 anni in molte collezioni, ma appunto. per tale motivo restano ignote.agli entomofili. Non è a tacersi poi che oltre alle 88 specie e varietà descritte nel Catalogo in discorso e nei supplementi, vi hanno molte altre specie nuove europee da noi posteriormente denominate. Nel solo Catalogo dei Coleopteri della Lombardia da noi pubblicato nel 1844 trovansi circa 110 specie lombarde da noi nominate, delle quali solo 63 erano descritte da noi nel catalogo Coleoptera Europe, ecc., e supplementi; delle altre 4d poi, o furono date le diagnosi soltanto in lettere, o vennero pubblicate le descrizioni da altri entomologi. Tra queste, diverse vennero da noi esibite nella Dissertazione del Comolli: De Coleopteris novis ac rarioribus, minusce cognitis, Pro- vinciee Novocomi (1837); ma ve ne ha ancora non poche di non descritte che restano specie tradizionali, sanzionate però più che a sufficienza dal trovarsi in molte collezioni di merito. Coll’occasione di questa nuova edizione nella quale vi aggiungia- mo patrie, sinonimi, riferimenti a nuovi generi, non abbiamo voluto (4) Vedi la nota nella pagina precedente, 60 ALE 6 NISSAN tralasciare una parte di storia degli insetti descritti, sia per la rarità o frequenza loro, sia per essere alcuni di essi dedicati a naturalisti, dei quali talvolta abbiamo creduto opportuno di fare un cenno. Per tal modo alle succinte descrizioni già date da tanti anni, aggiungen- dovi ora novità importanti, speriamo far cosa grata agli entomologi, e specialmente a quelli d’Italia ed ai nostri allievi, ai quali racco- mandiamo frequenza e perseveranza nelle investigazioni, onde arric- chire di molte altre scoperte la fauna italiana, aumentando in parti- colar modo ie specie del Catalogo dei Coleotteri di Lombardia (1844) e quello dei Lepidotteri (1863) già da noi pubblicati; ed esortiamo ancora a non trascurare le specie più minute, le quali sfuggono più facilmente alle nostre ricerche; chè solo quando saranno bene cono- sciute, si potrà dar mano alla fauna degli insetti italiani, come ab- biamo già detto fino dal 1838 in fine del nostro Alterum supple- mentum, pag. 66: Microcoleoptera que antehac in Italia neglecta et immo irrisionis causa fuere plures apud entomophilos, preci- puarum ‘investigationum nobis sunt scopus: cum satis cognoscetur quidquid pro exiguitate facilius historia naturalis cultori abscon- ditur, tunc coleopterorum harum regionum faunam. elucubrari poterit. COLEOPTERORUM SPECIES NOVZ IN CATALOGO DUPLETORUM EXTANTES DIAGNOSIBUS. ADUMBRATIONIBUS ATQUE OBSERVATIONIBUS ILLUSTRATAE ANNO 1833. i. Canapus Stenrzu. /obis. oblongo-ovatus; supra violaceo-cyaneus; thorace ruguloso-punctato ; elytris striato-punctatis, interstitiis elevato-lineatis, lineis interruptis. OzsERv. affinis Carabo Kollarit Dahl, at thorace in nostro semper angustiore, angulis posticis elongatioribus; elytris minus ovatis, lineis elevatis interruptis regularioribus, colore ]lucidiore. sati PE SI E SER IT n SET n. PERL e e | RIPRODUZIONE DELLE DIAGNOSI DY COLEOTTERI. 64 NB. Dejean nel suo Catalogue des Coléoptères, III edizione, lo mette tra le varietà del Car. Scheidleri. Abita in Ungheria. Avuto da Stentz, noto commerciante di storia naturale, al quale lo abbiamo dedicato. 2. Carapus casranopterus. /Vob. oblongo-ovatus; subtus niger; supra nigro-z2eneus; elvtris castaneis vel obscure-castaneis minute striatis, punctisque impressis triplice serie. Ops. affinis Car. alpino, sed minor, angustior, magisque depressus. NB. Potrebbe ritenersi per una varietà del Caradbus alpestris, come viene indicato nel catalogo di Dejean. Trovasi sulie alpi lombarde e svizzere. 3. Nesria nigricornis. /Vob. nigra, lucida; capite macula postica rufa, elytris elongatis, subparallelis, subdepressis, striatis, striis obso- lete punetulatis. NB. Trovasi sotto le nevi ed al margine dei torrenti alpini nella Lom- bardia e nel Piemonte, e specialmente al Porcellizzo ed al monte Rosa: in questa località il nostro allievo e collega don Giuseppe Stabile, in- dica di averla trovata all’ elevatezza di 4500 e 6000 piedi (vedasi Des Coléoptères observés au Mt. Rose, val Macugnaga, par M. l’abbé Jo- seph Stabile, Bulletin entomologique, Extrait des Actes de la Soc. hel. des sciences naturelles, session de 1853, a Porrentruy), e noi pure l’ab- biamo trovata colà anche a maggior altitudine. Non è citata da Kiesen- wetter nel suo viaggio al Monte Rosa, ma pare l’abbia confusa colla N. Jokisckii ( vedasi, Eine entomologische Excursion in das Wallis und nach dem Monte kosa n° Sommer 1861, von H. von Kiesenwetter, in Berliner Entomologische Zeitschift 1861). L'abbiamo ricevuta anche da Farines di Perpignan, come proveniente dai Pirenei orientali. 4, Qoprs gnaciis. /Vob. oblongus, ater; elytris tenue striatis; tho- race margine postico pedibusque nigro-piceis. O8s. affinis Oodz helopioidi, cujus varietas videtur, sed paullo minor magisque angustatus. NB. Alle rive dei laghi in Lombardia. 5. Amara anruHozia. /Vob. oblongo-ovata; suprà viridi-nitens; subtus nigra; avtennarum articulis primis tribus pedibusque ferrugi- neis; thorace linea longitudinali impresso, utrinque foveolato ; elytris striatis, striis minutissime punctatis. > NB. Comune in primavera sui fiori della Cardamine amara, nei prati presso Milano e Pavia. 6. Leinus aueesrris. [Vob. brevis, latus; supra nigro-piceus ; subtus piceus; thorace postice parum angustato, utrinque. bistriato ;, elytris striatis, subpunctatis, convexis. “DI 8. A, È 6. B. VILLA, NB. Conosciuto anche sotto il nome di Leirus harpaloides, è Amara | alpestris Villa, nel catalogo di Dejean, III edizione. È frequente sulle alpi Lombarde ed anche della Svizzera e del Piemonte. Heer nella sua Fauna Coleopterorum Helvetica 1841, in appendice, pag. 87, riporta la sua Amara helopioides al nostro Leîrus alpestris. Prerosricuus enyraropus. /Vob. apterus; supra viridi-2@neus vel nigro-z2neus; thorace breviore cordato, postice utrinque im- presso; elytris planiusculis, striatis, interstitio tertio quinto sep- timoque linea puncetorum impresso (medio sepissime impunctato); subtus niger; pedibus rufis. NB. Può ritenersi, come nel Catalogo di Dejean, per una varietà del multipunctatus a piedi rossastri, e trovasi assieme a questo in tutte le alpi Lombarde, Svizzere e Piemontesi. Heer nell’appendice della sua Fauna Coleopterorum Helvetica, ne dà una nuova descrizione conser- vando il nostro nome. Agax pissinitis. /Vob. apterus, niger; thorace convexo, quadrato, postice transverso impresso, utrinque Distriato; elytris subpa- rallelis, striatis, interstilio tertio punctis tribus impresso. Oss. magnitudo et affinitas Ab. transversali, at angustior, convexior, magisque parallelus. NB. Riferibile pei moderni entomologi al genere Pterostichus, e per tale indicato anche nel catalogo di Dejean, e nell’appendice della Fauna Coleopterorum Helvetica di Heer, conservando il nostro nome; è un er- rore quindi che nel catalogo di Stettino 1858, siasi attribuito il nome-a quell’autore. Trovasi sui monti e sulle colline del Comasco e della Svizzera, non raro. CoLymseres cOpeL. /Vob. ovatus, niger, subdepressus; pedibus elytrisque pieeis; thoracis elytrorumque margine exteriore flavo. NB. Trovasi nell’Austria. Comunicatoci da Rodolfo Gédel di Gratz, nostro vecchio amico, già Cancelliere al consolato austriaco in Costanti- nopoli, indi Console a Jassy in Valacchia, entomologo zelantissimo. 40. Bupnestis conrusa. /Vob. varietas Lupr. novem maculate , macu- lis omnibus confluentibus. NB. Spettante al genere Ptosima di Serville. È pura varietà del Ptosima 9-maculata, le di cui macchie si fondono tutte assieme. Tro- vasi in Lombardia ed in Svizzera, nella pianura unitamente alla specie tipica. 11, Matacaivs apicaris. Vob. subbirtus, viridis; ore rufo: elytris ma- cula apicali minima coccinea. RIPRODUZIONE DELLE DIAGNOSI DEI COLEOTTERI. 63 NB. Specie distinta, riportata pure nel catalogo di Stettino. Trovasi in Lombardia, nella pianura, in estate. 12. Anoziun ineos. Mob. ovato-oblongum, testaceo-ferrugineum, gri- seo-pubescens; thorace convexo, antice subsinuato, minutissime punctulato, elytris striato- punctalis. NB. Trovasi nell’ireos tanto in polvere che nella radice. Pare una varietà dell’4n05. pariceum. 13. Antueroppacus macuripennis. ob. varietas Antherophagi nigri- cornis, elytris macula infuscata apicem versus. NB. Heer nella sua Fauna Coleopterorum Helvetica, lo mette pure come varietà dell’Antheroph. silaceus Herbst (nigricornis Fab.). Tro- vasi nelle praterie di Lombardia e di Svizzera, in estate. Raro. 4h. Bynanus piroserrus. Nod. oblongo-ovatus, nigro-piceus; supra pube densa flavicante obtectus; elytris obsolete striatis. NB. Specie nuova ritenuta col nostro nome anche da Dejean e da Heer: questi nella sua Fauna Coleopterorum Helvetica 1841, ne dà una nuova ed estesa descrizione, ritenendola col nome di Byrrhus pilo- sellus Villa; a torto quindi Schaum nel suo catalogo lo riporta, indican- dolo per Byrrhus pilosellus Heer; errore commesso anche nel catalogo di Stettino. Abita sulle alte alpi della Svizzera e del Piemonte, e spesso sotto le nevi, in estate. Finora non venne ancora trovato nella Lombardia. 45. Byrr. Lariensis. /Vob. ovatus, subtus nigro-piceus; supra fuscus; thorace, pube ferruginea nigroque, vario; elytris vittis pube- scentibus nigro ferrugineoque interruptis. NB. Trovasi in diversi luoghi del Parmigiano, del Piemonte, della Svizzera e del Comasco (Brianza, Valsassina, Vall’ Intelvi). Nel cata- logo di Schaum, come anche nel catalogo di Stettino è messo fra il ge- nere Curimus di Erichson col nome di C. lariensis Heer, ma. nell’opera di Heer è descritto col nome di lariensis Villa, ritenendo il nostro nome e l’autore, e citando la sinonima di dardipennis De Cr. Saranno adun- que da rettificarsi nel catalogo di Schaum ed in quello di Stettino i nomi dell’autore, tanto per questa specie, quanto per la antecedente come abbiamo già indicato nel nostro lavoro, Sui Coleotteri del Biellese, 1865. Per errore tipografico nel catalogo di Dejean è nominato Byrrhus laviense Villa. 16. Etopnorus cuaciatis. /Vob. cupreo-2eneus, nitidus ; thorace quinque- sulcato, interstitiis granulosis; elytris striatis, striis profunde punctatis, 6% A. E 6, B, VILLA, NB. Tra i prismi dei ghiacci dei laghi gelati alpini della Svizzera, del Piemonte e della Lombardia. Heer nella sua Fauna Coleopterorum Helvetica, ne dà una longa descrizione, indieando essere frequente nei piccoli laghi alpini ( Bernina, ecc.) all'altezza di 6000, 7500 piedi, ma conserva il nostro nome: è un errore quindi che nel eatalogo di Sehaum sia indicato come specie di Heer. 17. OvxruopÒacus sos. /Vob. niger, lucidus; capite, cornubus binis brevibus, arcuatis; thorace puocialo, nigro; elytris striato pun- ctatis, nigro-testaceis. Oss. affinis Onthoph. tauro, at cornubus brevioribus, thoraceque mar- ginibus minus impresso. NB. Heer nella sua Fauna Coleopterorum Helvetica, lo mette come varietà dell'O. taurus. Trovasi nella Lombardia, nella Svizzera, nel Piemonte, e forse in varie altre località. 18. ApÒiopius mxtus. /Vob. convexus, subtus rufo-piceus vel nigro- piceus; capite trituberculato, thoraceque punctatissimis nigris, interdum margine rufescente; elytris crenato-strialis, migris, basi apiceque rufis, interdum totis rufescentibus. NB. Frequente sulle alte alpi della Svizzera, Tirolo, Piemonte e Lombardia. 49. Orveres corsicuratus. /Vob. castaneus lucidus; clypeo cornu brevi subrecurvo; thorace parum retuso, carina postica obsolete tri- dentata, antice lateribusque punctato, postice subtilissime puan- ctulato, elytrisque similiter. Oss. Foemina nil differt ab illa Oryeti nastcorni. NB. Nel Lombardo-Veneto, Piemonte, Toscana, Romagna ed altri luoghi d’Italia. Gistel lo cita anche come delle alpi del Tirolo. Vedasi Gistel Die Mysterien der Europdischen insectenwelt, all'articolo Alpes Tyrolis. 20. MetoontnÙa wacuticoLiis. Vob. subtus pallida; supra thorace pallido macula triangulari fusca, antice acuminata ; elytris fusco-testaceis. Oss. Magnitudo et affinitas Melolonthe astive, at elytra fusco-testa- cea, immaculata. NB. Spetta al genere Ehisotrogus di Latreille ed in questo genere venne descritta nuovamente nella Fauna Colcopterorum Helvetica di Heer. Trovasi nella Lombardia e nella Svizzera. 21. Metoc. LimpatipennIs. /Vob. villosa; capite thoraceque fuscis; ely- tris testaceis, margine toto fusco; subtus nigro-picea; tibiis anticis bidentatis. RIPRODUZIONE DELLE DIAGNOSI DEI COLFOTTERI, 65 Os. Magnitudo ed affinitas Melol. pagana: NB. Riferibile al genere ARisotrogus per i moderni, ed in questo ge- nere descritto di nuovo dal prof. Heer. E registrato anche nel catalogo di Stettino fra il genere Amphimallus di Mulsant. Trovasi specialmente in collina nella Lombardia e nella Svizzera. 22. Anomata cyanicottis. /Vob. subtus viridescenti-atra, tibiis pallidio- ribus, capite, thorace sculelloque cyaneo; elytris festaceis. NB. Specie distinta registrata anche nel catalogo di Stettino; ritenuta però da Dejean per una varietà della An. Julii. È comune in alcuni luoghi presso Pavia. Viene indicata da Gistel, nell’opera sopraindicata, quale specie delle alpi tirolesi ed anco come specie di Stiria. 23. AvisopLia usruLatiPENNIS. ob. varietas A4nîs. horticule, elytris nigris aut nigricantibus. NB. Anche Dejean nel suo catalogo, III edizione, ed Heer nella sua Fauna Helvetica la ritengono come varietà dell’Anis. Rorticula colle elitri nere o nereggianti. Appartiene al genere PlyMloperta di Kirby. Trovasi sui monti in Lombardia, Piemonte e Svizzera. Gistel nella sua opera Mysterien der Europdischen insectenwelt all’ articolo Styria, la cita come incola di quel paese, e la nota pure nella sua Pandora mo- nacensis alla pag. 365. 2%. AmpÙicoma merattica. /Vob. viridi-metallica; supra parum pube- scente; subtus hirta, abdomine fuscescente, segmentorum mar- gine exleriore, ultimisque duobus croceis: antennarum clava tarsisque ferrugineis. NB. Appartiene al genere Anthypna dei moderni. È specie assai ri- cercata, ma ancora rara nelle collezioni. Da alcuni è conosciuta col nome di Ar. Carceli, e da altri per An. romana ed An. tosculana. Tro- vasi nella Romagna. 23. Ceronia sporiata. NVob. nigra, glabra; thorace punctato, carina longitudinali elevata; elytris albo-maculatis, irregulariter co- statis, interslitiis rugulosis. Oss. an varietas Cetonie vulpine, pilis deficientibus, maculis majori- bus; an distinta species, intermedia de Cetonia greca ad Cetoniam vulpinam. NB. Trovasi nella Lombardia. 26. Ceronia cossoprina. /Vob. nigro-nitens; glabra, irregulariter pun- ctala et foveolata, maculis nonnullis albidis obsoletis adspersa; elytris ad suluram striatis; ano maculis albis punctulato; pec- tere antico hirto. Vol. XI B 66 A. E G. B. VILLA, O8s. an varietas Cet. stictica, sed tamen sepe angustior et glabra, maculis obsoletis numero variabili. NB. Abita colla Cet. stictica nella Lombardia. 27. Anruicus venustus. /Vob. oblongus, sericeus, niger; pedibus, tho- race subtus lateribusque interdum flavicantibus; elytris fascia apicem versus coccinea. NB. Questa specie da noi descritta nel 1833, era già stata da noi messa in circolazione con tal nome già da tempo. Nel 1842 fu descritta più ampiamente da Schmid col nome di unifasciatus, ma vi ha confuso assieme un sesso di altra specie, per cui Laferté-Senectérè (Monogra- phie des Anthicus 1848) addottò il nostro nome perchè dice « sparso in gran numero di collezioni, e sanzionato da tanti anni se non per una deserizione completa, almeno per una diagnosi sufficientemente chiara e precisa. » Trovasi con qualche varietà in diversi luoghi alpini del Comasco, anche a considerevole elevatezza. Lo raccogliemmo facilmente stendendo sui larici e sulle pecchie alcune bianche tele, portate appo- sitamente nelle nostre escursioni: molti insetti minuti venivano con tal mezzo attratti. 28, Avrmc. transversatis. /Vob. Oblongus, ater, tibiis pallidioribus , elytris subpubescentibus nigris, albo-sericantibus, maculis dua- bus oblongis albis, antica transversa, postica obliqua. (Zdest ely- tris fasciis duabus albis ad suturam interruptis, postica obliqua.) NB. Laferté Senectérè nella sua Monografia degli Anticiti alla pa- gina 187, parlando dell’ Anthicus longicollis descritto da Schmid nel 1842, afferma essere la stessa nostra specie, descritta succintamente nel 1833, ed addotta il nome dello Schmid. In fine dell’opera poi, alla pag. 305, riflette doversì riferire invece alla specie da lui stesso descritta nel 1842 col nome di tenellus. Trovasi nella Toscana, Sardegna, Sicilia, Grecia, Algeria, Mesopotamia, Siria, Spagna e Francia meridionale. 29, Sarpincus numenaris. /Vob. elongatus, punctatissimus, nigro-cceru- lescens; antennis, capite, thorace, elytris basi, pedibusque fla- vo-testaceis; thorace lateribus denticulato. x NB. Somiglia al S. 4-guttatus, ma ha soltanto la macchia alla base delle elitri. Nel catalogo Dejean, III edizione, figura come specie De- jeaniana per errore tipografico, e deve correggersi in Sulp. humeralis Villa, nome addottato in tutte le collezioni, avendone noi e gli entomo- logi milanesi circolati centinaja di esemplari. E singolare perciò che non trovasi indicato nel catalogo di Stettino. Comune nel Milanese e nel Comasco durante il caldo estate. RIPRODUZIONE DELLE DIAGNOSI DEI COLEOTTERI. 67 LI 30. Atticorus. Nod. (Novum genus.) Antenne 41-articulate, sub oculis positae, articulo primo et secundo majoribus conicis, sex sequentibus tenuioribus elongatis subconicis, ultimis tribus crassioribus ovato-oblongis subdepressis. Rostrum breve, planum, deflexum, apice dilatatum, subtrun- catum. Oculi magni, laterales, subovati. Torax convexus, latus, antice multo angustior, poslice subsi nuatus, basi elevato-marginatus. Scutellum minutissimum. Elytra latitudine thoracis basi, subceylindrica, apice inflexa, anum fere tegentia. Corpus oblongum, convexum. Pedes breviores, postici saltatores, femoribus clavatis, tibiis vix curvis, tarsis elongalis. NB. Nuovo genere, descritto anche dal Kirby col nome di Choragus, in un’opera d'insetti esotici. 31. Auticopus Garazzu. ob. nigro-piceus, antennarum basi flave- scente; tarsis, tibiis, femoribus basi apiceque rufo-testaceis : thorace minutissime punctulato ; elytris (puncto humerali saepe pallidiore) striatis, profunde punctatis. NB. E la stessa specie indicata da Kirby col nome di Choragus Shep- pardi. Trovasi in Lombardia, specialmente nel Milanese e nel Pavese, sulle siepi secche della vitis lambdrusca durante i giorni caldissimi d’ e- state, massime nelle ore meridiane. Difficile a distinguersi per la sua piccolezza, si confonde cogli atomi secchi che cadono dalle siepi colla perticazione di esse, ma si rivela per i grandi salti che spicca. L’abbia- mo dedicato all'amico Galeazzi che ne raccolse facilmente in grande quantità. Trovasi pure in Inghilterra, in Svizzera ed in Francia, ove è stato descritto da Robert col nome di Antkribus pigmaus. 32. Sisinia atpina. /Vob. ovata subdepressa, rufo picea; subtus albido- squamosa; supra cinereo-lomentosa, rostro, thorace, elytrisque basi obscurioribus ; antennis pedibusque rufo-testaceis. NB. Appartiene al genere Acalyptus di Schoònner. Dejean e Jacquelin du Val, la ritengono una varietà dell’ Acalyp. rufipennis. Nel catalogo di Stettino è ritenuta a torto come sinonimo e come specie Comolliana. Abita nei piani alpestri del Comasco, e specialmente nella Valsassina. Varia colle elitri*ferruginee alla base. 68 As Ri Giba VILLA:; 33. SIBINIA CENTROMACULATA,. /Yob, ovata convexa; subtus albo-squamosa; pedibus piccis albo-pubescentibus; supra dense tomentosa; tho- race fusco-auro-micante, vitta lateribusque albidis ; elytris cine- reis, macula scutellari elongato fusco:auro-micante, albocineta; scutellum album. NB. Riferibile al genere Tychius di Germar. Specie elegante ritenuta anche dal Dejean, e nel catalogo di Stettino col nostro nome, e da altri conosciuto col nome di 7. dorsalis, T. phaleratus, T. elegantulus. Tro- vasi in pianura e in collina, nella Lombardia, nel Piemonte, nel Tirolo e nella Bassa Austria. 34. Lixus acupierus. Nob. subtus fuscus subpubescens; pectore, femo- ribus annulo, abdominis segmentorum margine exteriore pube albida obtectis; supra thorace punctato-cribroso, fusco, lateribus albicantibus; elytris caudatis, oblongo punctatis, lineis punctorum caudam versus confluentibus, macula scutellari fasciaque postica reticulata interruptis albis. NB. Ha qualche somiglianza col Lixus cylindricus della Francia meridionale, il quale trovasi anche nell'Ungheria, e, giusta quanto ci disse il nostro vecchio amico Findeli di Temeswar, vive sul Laserpitium latifolium. Jaquelin du Val, mette ambo i nomi come sinonimi; così trovasi pure indicato tanto nel lavoro di Teodoro Prada Sui curculio- niti dell'Agro Pavese 1857, quanto nel catalogo d’insetti inserito nelle Notizie naturali e chimico-agronomiche sulla provincia di Pavia, 1864. Dejean lo ritenne invece una semplice varietà italica, ma egli è però specificamente diverso. Venne trovato in abbondanza dal nostro amico e collega (ora defunto) Cadolini nella provincia di Pavia, saranno già 40 anni, e non sappiamo se in poi sia stato trovato da altri. ‘Abbiamo fatto appello con una circolare ai nostri entomologi per avere notizie su tutte le nostre specie nuove, e ad alcuno chiesimo in ispecial modo di questo, ma non abbiamo ottenuto particolarità. Nello scorso autunno 1867 per la prima. volta il signor Vittore Ghiliani nostro amico, entomologo no- tissimo di Torino, lo rinvenne in abbondanza in una località del Pie- monte sulla Arfemzisia campestris. Tutti gli esemplari raccolti furono ceduti al nostro amico Eugenio Sella, entomologo di Torino. 35. Bosrricuus apuopiomes. /Vod. oblongus, cylindricus, minutissimus, piceus vel nigro-piceus, subpubescens; thorace elongato minu- tissime punetulato; elytris striatis punctatissimis; pedibus palli- dioribus. .* RIPRODUZIONE DELLE DIAGNOSI DEI COLEOTTERI. 69 NB. Piccolissima specie, collocata dal Dejean nel suo catalogo, III edi- zione, tra il po/ygraphus ed il pusillus. Frequente sotto le corteccie delle piante conifere nelle alte alpi della Lombardia, e, secondo Gistel, anche nella Stiria. (Die Mysterien der ÉEuropdische insectenwell.) 36. Cis sicsimicotuis. Nod. nigro-piceus, subpubescens, rugulosus, minutissime punctulatus; pedibus, elytris macula humerali, ca- pite, thoraceque antice vitta media lateribusque rufo-testaceis. NB. Si potrebbe forse ritenere per una varietà del Cis doleti, come è indicato nel catalogo di Dejean, III edizione. Trovasi nella Lombardia. 37. Latripivs Liipuranus. /Vob. oblongus, minutissimus, rubro-pictus; elytris ovalibus, crenatis, punctatissimis, nigris aut nigricanti- bus; thorace elongato, postice attenuato. NB. Dejean lo mette nel suo catalogo come sinonimo del suo Latrid. ezilis. Abita nella Francia e nell'alta Italia. Lo abbiamo trovato tal- volta a migliaja nella pula di fieno, anche assieme al nostro Calypto. dium difficile, o Calyptob. Ville, Monotoma bdicolor, Monopis castanea, Clypeaster piceus e lividus, ed altri minuti insetti. 58. Svxcuita mepioLanensis. /Vob. ferruginea, subpubescens; thorace minutissime subgranuloso, quadrato, postice parum attenuato; elytris striato-punclatis. NB. Specie che il nostro amico e collega De-Cristofori aveva voluto dedicarci col nome di Synch. Ville; ma da noi come anche da Dejean, e nel catalogo di Stettino fu ritenuta col nome di mediolanensis. Collo stesso nostro nome fu descritta anche da Erichson. (Naturgeschiete der insecten Deutschlands 1845, pag. 271.) Trovata presso Milano da noi, in grande quantità nella stagione in- vernale del 1830, sotto le corteccie in istato di larva, e trasformatasi poi nell'estate. Rinvenuta pure da Schiippel presso Berlino, e citata dal Redtembacher nella sua Fauna Austriaca alla pag. 178, N.° 153. 59. Mosorowa? Roxpanu. Nod. convexa, nigro-picea, hispida, antenna- rum apice, elytrorum macula parva humerali, pedibusque ferru- gineis; thorace convexo nigro; elytris striatis profundo punctatis. Oss. Species pulcherrima, maxima in hoc genere, de qua tamen dubi- tamus (forsan novum genus). NB. Allorchè nel 1833 abbiamo descritto questa specie, dubitavamo che potesse appartenere ad un tal genere, e ci pareva si dovesse isti- tuirne uno nuovo. Il nostro amico Victor Motchoulsky di Russia, che aveva osservata questa specie nella nostra collezione, creò per essa il genere Spartycerus. (Bulletin de la Soe. Imp. de Moscou 1837, pag. 100, 70 A. E G. B, VILLA, tav. VII, B.) In séguito Erichson dimostrò che tal nome era già dop- piamente adoperato per un genere di curculionite, e per un genere d’E- mitteri (Wiegmann’s Archiv. 1838, pag. 207, art. 2), e perciò insistette onde ne fosse assolutamente sostituito un altro, per cui Motschoulsky le propose quello di Apcistus. (Bulletin de Moscou 1840, pag. 186.) Redtembacher aveva nominata la specie in discorso 2opalocerus setosus (Quedam gen. et spec., pag. 21), ma poi nella sua Fauna Austriaca, fasc. 2, pag. 183, N.° 164, addottò egli pure il nome di Apeistus Ron- dani. 11 perchè anche nel Catalogo nostro dei Coleopteri della Lombar- dia, 1844, va cambiato in Apcîstus il nome di Sparlycerus, che noi ab- biamo collocato presso i Coxelus e Diodesma, come era indicato da Motchoulsky istesso , che lo dichiarò un eteromero ; quel chiarissimo en- tomologo sospettò inoltre che la macchia humerale da noi indicata nella descrizione possa essere accidentale come nelle Monotome e nei Latri- dii, e precisò il nostro qualificativo di hispida , accennando avere sette paja di linee di peli ispidi sulle elitri. Questa specie è stata conosciuta anche da Megerle col nome di Sarrotrium rufum, e quindi fra gli Ete- romeri nella famiglia dei Taxicorni; ma al presente l’'istesso Motchoul- sky la tornò a collocare nei Tetrameri fra i Xilofagi, ove l'avevamo appunto collocata noi fino dal 1832, dietro le più accurate osservazioni microscopiche; sicchè anche il Redtembacker nella Fauna Austriaca - la pone in questa stessa famiglia nella divisione dei Culidi?, e come tale è pur citata anche nel catalogo di Stettino. Venne da noi dedicata al nostro vecchio amico Rondani di Parma, il quale ce la comunicò pel primo come specie ignota; dappoi l’ebbimo dal nostro buon amico Bertè di Parma, del quale lamentiamo la recente per- dita. Trovasi pure nell’Austria, e Galeazzi la rinvenne anche nella Lom- bardia. Teodoro Prada la cita nel suo catalogo d’ insetti, 1864, inserito nelle Notizie naturali e chimico-agronomiche sulla provincia di Pavia. . . . . . 40, Purpuricenes cincrus. Nod. varietas Koehleri, niger, elytris rubro- marginatis (idest macula elytrorum maxima). NB. È pura varietà del P. KeAleri la cui macchia nera occupa quasi tutte le elitri. Trovasi-nella Lombardia, e forse in tutta l’Italia passando per gradi al Purp. elnensis di Sicilia, il quale è nero con piccolissimo’ lembo rosso delle elitri. 44, Punpur. sipuneratus. Mob. varietas Keehleri, elytris rufis, macula parva nigra ad suturam interrupta. NB. È semplice varietà del Pur. Kehleri con piccolissima macchia nera sopra ciascuna elitre. . 492. Catcipiva puetLum. /Vob. affinis Callidio bajulo, cujus fortasse va- rietas minor, picea, elytris pallidioribus maculis obsoletis. RIPRODUZIONE DELLE DIAGNOSI DEI COLEOTTERI. 71 NB. Appartiene al genere H7y/otrupes di Serville, e non è che varietà piccola dell’ 72. dajulus, che trovasi in tutta Italia assieme alla specie tipica. Trovasi pure nella Russia meridionale, ove è conosciuto col nome di Hyl. imperfectus Faldermann, e, secondo Gystel, anche nella Stiria. 45. Canvsometa ascLeprapis. /Vod. ovata, violacea, nitida, immaculata; coleoptris thoraceque subtiliter puncetulatis ; antennis nigro- violaccis basi ferrugineis; thorace punctis impressis, marginibus incrassalis. Oss. Facies et, statura Chrys. mixte, sed posterius magis ovata pre- sertim in foemina. NB. Conosciuto da taluni col nome di Chr. Ville, nome che il nostro amico e collega De-Cristofori proponeva per dedicare a noi una specie nuova da noi trovata pei primi ed in grandissima quantità; ma Dejean e la maggior parte degli entomologi, ritennero il nome imposto ante- riormente da noi; e forse è la stessa specie chiamata nel catalogo di Stettino col nome di asclepiadis Kiister. Comune sull’Asclepias vince- toxicum in diversi luoghi di collina e montagna della Lombardia, spe- cialmente presso Como, Monte Biandino, Valle del Varrone ed a Bormio in Valtellina. 44. Cavprocepnarus testaccus. Vobd. testaceus concolor; antennis basi oculisque nigris. Oss. Varietas Crypt. duodecimmaculati, sed elytris inmacalatis; tho- race vero interdum punctis binis nigris signato. NB. Spetta al vero genere Cryptocephalus di Geoffroy, ma deve ri- tenersi una pura varietà del Cr. 12-punctatus, come venne considerato da Dejean. Trovasi nel Comasco. COLEOPTERORUM SPECIES NOV£Z IN SUPPLEMENTO (ANNO 1835) SALUTATA DIAGNOSIBUS. ATQUE OBSERVATIONIBUS ILLUSTRATAE. 45. Prerosticnus piatatus. Vobis. Apterus, niger: thorace cordato, postice utrinque Distriato; elytris planiusculis, latis, sub-quadra- tis, postice rotundalis, sub-trancatis, striatis, striis obsolete punctatis, interstitiis Lertio et quinto interdam seplimoque sem - per puncto vel linea punctorum impressis; tibiis tarsisque piceis. za A. EG. 0B, VILLS; Osserv. Affinis Plerost. truncato eum quo nuper confundimus, sed ely- .tris latioribus, planioribus magisque trancatis preesertim in foemina, in- terstitiis tertio quintoque saepe impunctatis. NB. È singolare che Dejcan nel suo catalogo, II edizione, non abbia voluto addottare questa specie, e ci serisse essere il Pterostichus trun- catus di Bonelli, mentre il vero Pter. truncatus (esemplari tipici avuti da Peiroleri), che noi gli abbiamo comunieati, sarebbe una Platysma che esso nominò nedrioides. Temiamo el’egli abbia fatto confusione di queste due specie da noi mandategli, e che la di lui Plalysma nedricides sia il nostro Pleros. dilatatus comune al colle di Tenda, sorgenti del Tanaro ed altre alpi nizzarde. = 416. Prerosticu. Donati. od. apterus, niger lucidus; thorace sub- cordalo, poslice ulrinque impresso ; elytris nitenlibus, ceupreo- zeneis aut viridi-rneus, oblongo-ovatis, convexiusculis, subpa- rallelis, subtiliter striatis, interstitiis alternatim linea punctorum impressis. NB. Bellissima specie frequente sulle alpi nizzarde, al colle di Tenda e sorgenti del Tanaro, ritenuta nuova anche nel catalogo di Dejean, III edizione, ed in quello di Stettino. Lo abbiamo dedicato al nostro amico marchese Carlo Durazzo di Genova, il quale ci era compagno di viaggio all’epoea della scoperta, ed egli in ricambio ci dedicò il Percus Ville da noi trovato nella stessa escursione. 17. Srenorus niczensis. /Vob. parvus, apterus, niger; thorace sub- cordato, poslice utrinque impresso, angulis posticis aculis; elytris oblongo ovalis, planiusculis, striatis; antennis pedibusque piceis. NB. Anche Dejean lo ritenne specie nuova, ed addottando il nome specifico da noi impostagli, lo collocò nel genere Argutor. Non eomune sulle alpi nizzarde ad una considerevole elevatezza. 58. Hauipres cLagnares. /Vod. oblongo-ovatus, flavus; thorace plano; elytris convexis ]aevissimis, obsolete punctato-striatis, nigro li- nealtis, macula ad basim et humeros oblonga signatis. NB. È la stessa specie che figura nel catalogo di Dejean del 1835 col nome di e@quatus. È pure conosciuto da alcuni col nome di 77al. Bonole. Abita nella Svizzera, nella Francia e nella Lombardia, ed è frequente presso Milano, Pavia e Sondrio. 49, Apmanisticnos cyruinpRrus. /Vob. oblongus, cylindricus, obscure-cu- preus, fronte vix sulcata; thorace vage, elytris serie-punctatis. NB. Nuova specie assai rara, citata anche nel catalogo di Stettino col nome di Aphan. cylindricus Villa. Con questo nome è indicato da Teo- RIPRODUZIONE DELLE DIAGNOSI DEI COLEOTTERI. 75 doro Prada nel catalogo d’insetti già sopra nominato. Abita nella Lom- bardia. Gistel lo cita pure con tal nome, quale specie delle alpi tirolesi e della Grecia. 50. Apminist. rLongatts. od. linearis, cupro-seneus; fronte sulcata; tborace levi marginato, transversim sulcato ; elytris angustalis, punctalissimis. NB. Il signor Guérin Meneville ritiene essere la stessa specie del suo Aphan. Lamotei. Nel suddetto catalogo di Stettino venne citato come A. clongatus di Villers in iscambio di Villa. Trovasi in Francia ed in Italia, specialmente presso Milano, Pavia e nella Brianza. BI. Anosivn morio. /Vob. nigrum, convexum; thorace elevato, postice plicato; elytris striatis, striis crenato-punctatis; pedibus rufis. NB. Sebbene citato nella dissertazione Comolli, non venne registrato nel catalogo di Stettino. È comune nella Lombardia, specialmente presso Milano, sullo spino bianco, ed in alcuni luoghi del Comasco sui carpini, assieme al nostro Arodium carpini, il quale è specie distintissima stata tralasciata nel nostro catalogo dei Coleopteri della Lombardia pubbli- cato nel 1844, per pura svista tipografica. Bertè lo ha trovato pure nel Parmigiano, e Io ha nominato An. striatulum. Gistel lo indica pure della Stiria. 52. Cryprornaces tonuLorta. /Vob. obloengo-ovatus, pubescens; thorace nigro, postice latius marginato; elytris castaneis vel piecis, di- latalis, convexiusculis, crebre punctalatis; antennis pedibusque rufis. Ops. Affinis Cryptoph. fuscipedi Gyllenhalit, quo nomine permultis entomologis antehac communicavimus. NB. Trovasi frequente in alcuni cimiterj sulle erbe ed anche sui mo- numenti mortuarj, specialmente nei dintorni di Milano, e volitante ad una certa altezza al tramonto del sole nei cimiterj medesimi. 33. Ocutnesivs nomiis. ob. elongatus aeneus; capite magno bifo- veolato; thorace rotundato, lateribus marginato; elytris. vage punctulatis; antennis pedibusque fusco-lividis. NB. Superba specie, ritenuta nuova anche da Dejean; è affine al difoveolatus ed allo splendens. Nel catalogo di Stettino avvi un Cchthebd. hibernicus Curtis, coi sinonimi di punctatus Stephens e nodilis Heer, ma questi nella sua Fauna Col. Helvetica, cita V'Och. nobilis di Villa, per il che sarà da emendarsi il sinonimo del catalogo di Stettino. Heer però nella sua opera: Die Kaefer der Schweiz, lo distribuisce nella re- gione campestre e di collina, mentre da noi trovasi în regione subalpina 74 BI. Bb. 56. d7. A. E G. B. VILLA, nei ruscelli alpestri, specialmente nella stagione fredda, avendone rac- colte noi stessi molte centinaja in una giornata invernale del 1844. Fu pure trovato da uno di noi anche nell'isola di Sardegna nel 1836. (Vedasi, Conchiglie ed insetti raccolti nell'isola di Sardegna da Gio- vanni Battista Villa di Milano, nel 1836.) Prada lo indica anche del territorio pavese. OcntneBIUs Paruipirennis, Mob. ovatus; subtus fuscus, supra seneus vel nigro-seneus; thorace brevi, rotundato, rugoso; elytris fla- vescentibus, crenato-striatis; pedibus rufis. NB. Trovasi presso Milano e Pavia. Apnopius meripionatis. /Vob. oblongus, griseo-lividus vel testaceus; capite nigro, unituberculato; thorace punetulato, macula antica dilatata nigra; elytris striatis, striis obsolete punctulatis. Ogs. Variat scutello nigro, sutura elytrorum fusca, et thorace nigro marginibus lividis. NB. Non raro nella Toscana e nella Romagna. Lo abbiamo trovato anche nell'isola di Sardegna. (Vedasi Conchiglie ed insetti di Sardegna sopraindicato.) BLaps stricricoLtis. Nod. parva, nigra; thorace marginato, sub- plano, quadrato, postice restricto, punctulato; elytris convexiu- sculis, ovatis, breviter acuminatis, punctatis. NB. Trovasi nelle cantine in Lombardia, ed anche nella bassa Italia. Orxtrun pistincrom. Vobd. nigrum, sub-lucidum, granulatum; tho- race convexo, marginato; elytris lineis tribus-obsoletis, utrinque tuberculatis. NB. Affine all’Opatr. sabulosum. Trovasi nei luoghi montani della Lombardia. 58. Apion rravescens. /Vob. leete flavum; subtus, capite, thorace ely- 59. (rorumque basi nigro-piceis, dense albopubescentibus: elytris striato-punetalis; rostro brevi, crassiusculo, parum arcuato, nigro-piceo. NB. Pare una varietà dell’Ap. malve, e Jaquelin du Val nel Manuel d’ Entomologie, Genera des Coléoptères d'Europe, Curculionides, lo pone fra i suoi sinonimi. Trovasi nel Genovesato. Apion”Hgsutun. /Vob, cupreo-2eneum, vel viridi-2neum, nitidum; thorace punctatissimo; elylris punctato-striatis, albo-hirtis ; ro- stro brevi cupreo. RIPRODUZIONE DELLE DIAGNOSI DEI COLEOTTERI, 7d Ops. Statura et affinitas Apioni tubifero Dejeanii, at rostrum breviorem. NB. E la stessa specie che più tardi Chevrier nominò Apion Zanella, Trovasi nel Genovesato. 60. Crrorus sonsetentus. Nod. oblongo-ovatus, sub-depressus; rostro filiformi sub-arcuato; supra fuscus, subtus albido-pubescens; elytris punctato-striatis, striis pilis albidis serialim dispositis. NB. Per gli entomologi moderni appartiene al genere Gymmnetron di Schonner, e corrisponderebbe al Gymnetr. plantarum di Dejean. Non raro per tutta la Lombardia ed altrove. 61. Faucicen mnapitis. /Vob. femoribus muticis, rufo-castaneis, sub- tus albido-squamosus; thorace gibboso canaliculato, marginibus albidis; elytris dimidiatis, antice rufo-castaneis macula scutel- lari albida, postice albidis, punctato-striatis. NB. Trovasi nella provincia di Pavia. Raro. 62. Tlvpena meripionaris. Nod. oblongo-ovata, fusca, auro-squamosa; thoracis elytroruamque margine suturaque postica, albicantibus; elytris seriatim foveolatis. NB. Spetta al genere Phytonomus di Schénner per i moderni. Tro- vasi nella Toscana, nella Romagna, nella Sicilia e nell'isola di Sarde- gna, dove l'abbiamo raccolta noi stessi l'anno 1836.(Vedasi Conchiglie ed insetti raccolti nell'isola di Sardegna da G. B. Villa, 1836.) 63. Losoryscnus Cirmacnora. ob. femoribus muticis ; piceus vel nigro-piceus, dense squamosus ; thorace granulato; elytris sul- catis, sulcis profunde punctatis Oss. Color squamarum albidus, ochraceus et auratus variat. NB. Per il genere si addottano anche i nomi dati da Germar di Pacly- gaster e di Otiorhynchus, anzi gli entomologi moderni addottano que- st'ultimo. La specie venne da noi dedicata al nostro allievo e compagno di escursioni alpine, Carlo Carmagnola, entomologo zelantissimo di quel- l'epoca (ora defunto). È la stessa specie di cui ha parlato Chevrolat nelle sue Notes synonimiques presentate alla Società Entomologica di Fran- cia il 12 gennajo 1859, ove fa conoscere essere la medesima che Rosen- hauer chiamò dappoi angustior. (Beitrage zur Ins. Fn. Eur., 1847, p.47.) Trovasi in quasi tutte le alpi del Comasco, della Vaitellina e del Tirolo. 64. Hycuncus Herreni. ob. brevis, nigro-piceus; thorace granulato- punctato, brevi, postice dilatato, supra carinato; elytris rufo- ferrugineis, crenato-punctaltis. 76 A; EG. B. VILLA, NB. Ricevuto qual specie ignota da Guglielmo Helfer di Praga, come proveniente dalla Boemia. L'abbiamo dedicata al medesimo in attestato della nostra grande amicizia incontrata per vecchia corrispondenza, e dappoi per la conoscenza personale fatia nei diversi giorni che fu in Milano nell'autunno 1832 a studiare la nostra collezione e classificare insetti, nell'occasione che volle ottenere la laurea finale nell’ Università di Pavia, dove in otto giorni raccolse ottomila insetti. Fu appunto nel visitare la nostra collezione assai ricca di specie romane e siciliane, che . sì invogliò e si decise di fare un viaggio entomologico in quei paesi, e raccolse nella Sicilia più di trentamila coleotteri, tra cui molte specie nuove assai belle, delle quali volle farcene dono, Sono noti i di lui viaggi e le raccolte fatte in seguito nell’Epiro, nell’Antiochia, all’Eufrate, nella Persia, nell’Arabia, nelle Indie, nelle isole Nicabar ed Andamane, ove ebbe una triste fine, ferito a colpi di freccia da quegli isolani. 65. Apare Cuevrieni. Nod. nigro-picca; fronte pilis flavis hirta; tho- race flavo-testaceo , glabro; antice gibbo tuberculato-scabro; elytris retusis, punctatissimis, dimidiatis, antice flavo-testaceis postice fusco-brunneis; antennis pedibusque testaceis. Oss. Magnitudo et affinitas Apati humerali Dejeanii, at in nostra, elytris semper dimidiatis, numquam macula humerali depictis. NB. Nel catalogo di Stettino è ritenuta come nostra specie, sotto il nome generico di Xy/opertha Guérin. L'abbiamo dedicata al nostro buon amico Chevrier, entomo!ogo distintissimo di Ginevra, che per tanti anni ci onorò di sua stretta corrispondenza scientifica. Vive nei rami della vite Lambrusca, e trovasi comune nei giorni estivi di gran caldo, massime nelle ore meridiane. Abita nella Lombardia, specialmente presso Milano e nel Comasco. Fu raccolta da noi anche nell'isola di Sardegna. (Vedasi Conchiglie ed insetti raccolti nell'isola di Sardegna da Gio- vanni Battista Villa.) 66. Mosorow sicoor /Vob. nigra, subpubescens; antennis pedibusque 67. ® rufo- ferrugineis ; thorace sub-plano, oblongo-quadrato, postice bifoveolato; elytris vage crenato-striatis, rufis. NB. Bellissima specie nuova, ritenuta anche dal Dejean al quale l’ab- biamo comunicata. Rara presso Milano nei tritumi sotto i fienili. Timarca Niceensis. /Vod. subtus fusco-violacca, supra nigra opaca; olbongo-ovata, gibbosa; capite thoraceque punctato, fronte im- pressa; elytris minute punctulatis, NB. Il conte Dejean nel suo Catalogo del 1837, la riferisce come sino- nimo della sua Tim. italica; così pure nel catalogo di Stettino del 1858. RIPRODUZIONE DELLE DIAGNOSI DEI COLEOTTERI. 77 Frequente nella Francia meridionale, specialmente sulle moutagne niz- zarde, ove uno di noi la raccolse in quantità, in una escursione fatta al colle di Tenda, sorgenti del Tanaro, ecc.) in compagnia col marchese Carlo Durazzo di Genova, distinto ornitologo ed entomologo, nostro amico e collega. 68. Timanca sarpra. /Vob. oblongo-ovata; nigro-genea; capite thorace- que punctatis; elytris (sepe rugulosis) irregulariter foveolatis. NB. Non rara nell'isola di Sardegna. Questa specie quando venne trovata nell'isola di Sardegna dal Genè nell’anno 1835, e da esso no- minata Timarca Prunneri era da noi già conosciuta, e già comunicata a diversi entomologi col nome da noi impostogli di Tim. Sardea, nome che figura anche nel catalogo di Stettino. 69. Coccinetta nunerata. /Vob. sub-hemispharica, lutescens; thorace utrinque maculis binis appropinquatis nigris; elytris nigris, ma- culis quinque luteis, humeralibus oblongis saepe confluentibus. NB. Trovasi nella Lombardia. 70. Coccin. Aurina. /Vob. hemisphaerica, nigra; thoracis margine an- tico flavo-testaceus; elytris macula humerali sinuosa, fasciaque apicem versus abbreviata, rubris; puncto sub-humerali nigra. NB. Appartiene al genere Adalia di Mulsant, e sotto questo genere è citata nel catalogo di Stettino, e nell’escursione al monte Rosa del Kiesenwetter: Eine entomologische escursion, ecc. Trovasi nelle alpi lombarde ed in quelle della Svizzera e del Piemonte, sulle piante coni- fere, ed in alcuni luoghi anche comune. (Valle del Masino, Monte Rosa, S. Gottardo, Stelvio.) Talvolta rinviensi in compagnia del Dryophilus Villa di Solier, specie da noi trovata anche in quantità nella valle del Masino. COLEOPTERORUM SPECIES NOVZ IN ALTERO SUPPLEMENTO COMMEMORATE DIAGNOSIBUS. ATQUE OBSERVATIONIBUS ILLUSTRATAE ANNO 1838. 71. Carapus picenus. Nod. oblongo-ovatus; supra lzete violaceus, vel virescens, vel cupreo-2neus; thoracis elytrorumque margine violaceo vel purpureo; elytris ovato-oblongis, granulatis , sub- 78 A. E G. B. VILLA, scabris, punctis in striis quasi dispositis, punctisque obsoletissi - mis impressis triplici serie. | OBserv. affinis Carado azurescenti Ziegl, at vix minor, elytris sca- briuseulis et punctis in striis regularioribus dispositis. Variat colore vio- laceo, vel purpureo, vel virescente, vel cupreo-2@neo margine toto palli- diore nitente. NB. Non rara nell’Agro Piceno. Comunicataci dal prof. Orsini di Ascoli. 72. Aurzus Oxsinn. Vob. niger; antennis, capite tibiisque fulvis; elytris oblongo-ovatis convexiusculis, striatis, striis punctatis. Oss. Variat femoribus interdum piceis vel pedibus omnino fulvis. NB. Bellissima specie comunicataci dal nostro vecchio amico Orsini, ed a lui dedicata. Trovasi nel Piceno. 73. Tivproporus Genei. Mob. ovatus, subdepressus, niger; occipite, thorace Jateribus cum linea verticali, ferrugineis; elytris, lineis dorsalibus interruptis et ad marginem dilatatis confluentibus, pallide ferrugineis; antennis pedibusque piceis, femoribus tar- sisque obscurioribus. NB. Raccolto da noi e da Genè nell'isola di Sardegna (Vedasi Con- chiglie ed insetti di Sardegna già citato). Comunicatoci da Genè col nome di 74yd. affinis, ma essendo diverso dall’affinîs di Sturm, lo ab- biamo dedicato a Genè, il più vecchio nostro amico, condiscepolo e collega. 74. Ecaten Faninesi. ob. niger, tenue-pubescens; thorace sub-nitido, sanguineo, macula antica obscura; elytris punetato-striatis, ma- cula subquadrata in medio marginis exterioris letae rufa ; geni- culis tarsisque lividis. Oss. Pulcherrima species in genere Cardiophoro Eschscholtzii. NB. Appartiene al genere Cardioplorus dei moderni. Comunicatoci dal nostro amico e corrispondente Farines di Perpignan, al quale lo ab- biamo dedicato. 73. Eucanemis Barnapira. /Vod. sub-eylindricus, niger opacus, tenuis- sime pubescens, punctulatus; thorace convexo subquadrato, an- tice arcuato, postice angulis productis ;. elytris sub-striatis, in- terstitiis rugulosis; pedibus lividis, Ops. Nomine Euchnemi capucini, ab anno 1831 usque ad 1835 nobis divulgatus. (Vide etiam De Coleopteris novis ac rarioribus minuste co- gnitis Provincia Novocomi, auctore Antonio Comolli, N.° 24, pag. 15.) NB. Il conte Dejean che ci onorava di sua amichevole corrispondenza ci serisse ch'egli pure lo riteneva nuovo, e lo aveva nominato Euck. RIPRODUZIONE DELLE DIAGNOSI DEI COLEOTTERI. 79 rugulusus. Noi lo avevamo già comunicato a diversi entomologi col no- me di Euch. Barnabita, e con tale nome lo descrissimo poi nella disser- tazione Comolli suddetta, quindi è che a torto nel catalogo di Stettino fu indicata per specie Comolliana. 76. Eucunewis ELatERINUS. NVob. filiformis, niger opacus, pube grisea brevissima dense obtectus, thorace parum elevato, triangulari, angulis posticis elongatis acutis; scutello sepe, antennis, pedi- busque rufo brunneis. NB. Spetta al genere Microrhagus d’Eschscholtz, e come tale vedesi registrato nel catalogo di Stettino. Raccolto dai nostri vecchi amici Rondani e Bertè sugli Apennini parmensi, ed indicato da Gistel come trovato alla Grotta di Sermione. 77. Lampyris Farinesi. Vob. pallide lutea aut albicans; oculis nigris; thorace semicirculari anterius pellucido; capite abdito, antennis brevibus; elytris brunneo-lividis, brevissimis; alis nullis. NB. A torto confusa dal Betta e da altri colla Lamp. splendidula; le elitri delle femine sono brevi, ma sempre però più lunghe di quelle della splendidula. L'abbiamo dedicata al nostro amico Farines di Per pignan, il quale ce l’ha mandata pel primo, come proveniente dai Pire- nei; indi fu rinvenuta anche nella Lombardia. L’amicissimo nostro cor- rispondente Solier di Marsiglia, al quale l'abbiamo comunicata, ci scrisse che egli pure la conosceva, e la riteneva nuova specie, e le aveva pro- gettato il nome di Lamp. Sansî, ma che riconosceva volontieri il nome impostogli da noi. 78. Matacmtes rurcamtipennis. /Vob. sub-elongatus, tenue pubescens, viridi-2neus; capite impresso; thorace subquadrato postice an- gustato; elytris sub-parallelis apice bifurcatis, furca spinis in- xequalibus; antennis pedibusque obscurioribus. (Vide etiam Comolli, De Coleopteris novis ete. N.° 29, pag. 17.) NB. Rinviensi presso Milano e Pavia, ed in tutta la Lombardia. Gi- stel indica trovarsi anche nella Stiria. Vedasi una più estesa descrizione che ne abbiamo data nella dissertazione Comolli sopraindicata, onde nel catalogo di Stettino venne attribuita a Comol!i, invece di Villa. 79. Primus Srrrzvi. ob. Mas. elongatus: Femini 7ata: piceus, vel rufo-piccus; thorace gibbo, sub-nodoso, postice adstricto; scu- tello albo; elytris sub-pilosis, punctatis, soepe maculis rarioribus albis ad humeros apicemque versus ornatis; pedibus pallidioribus. Os. Exemplaria Styriaca, minora quam Italica sunt et obscuriori colore. 80 A.: E Gi: Br VILLAS NB. Comunicatoci prima da Spitzy di Gratz col nome di Pin. pigmeus Spitzy, ma essendovi già un Ptinus pygmeus di Dejean della Francia, abbiamo ereduto opportuno di chiamarlo Ptinus Spitzyi, e con questo nome figura sul catalogo di Stettino. In seguito fu trovato anche nella Lombardia e nel Tirolo. 80. Prinus Lepipus: Nod. Mas. elongatus: Z'oemina globosa: nigro- piceus, pubescens; thorace orbiculato gibbo, postice adstricto, punctis albis adsperso ; scutello albo; elytris punctulatis, fasciis duabus undulatis interruptis obsoletisque, serie punetorum albo- sum lets irroralis; antennis pedibusque piceis. NB. Trovasi nel Milanese, nel Pavese e nel Comasco. Si aggira sui tralci delle viti e sui pali, nel mese di giugno, dopo il tramunto del sole, e specialmente verso sera. Si discerne benissimo al chiarore di luna. Nella Brianza, sui piccoli pali dei ronchi, talvolta lo abbiamo trovato a centinaia. 81. Priuiuw spinirenne. /Vob. minulissimus, sub elongatus, niger; tho- race sub-quadrato, punctulato; elytris sub-parallelis rugulosis, apice spino obliquo armatis. (Vide etiam Comolli, De Coleopteris novis cte. N.° 40, pag. 21.) NB. Vedasi la frase specifica, ed una più minuta descrizione di que- st insetto, da noi data nella dissertazione Comolli suddetta. Trovato presso Milano nella stagione invernale. Raccolto da noi anche presso Lugano. 82. Etopuorus Scumipri. Nod. flavo-testaceus; capite pectoreque ni- gricante; thorace sub-quadrato anguloso, quinque-sulcato, sub- pubescente; clytris costatis, costis interdum obsoletis, interstiliis seriatim profunde punctalis; pedibus ferrugineis, NB. Ricevuto primamente dal nostro vecchio amico Schmidt di Lu-' biana, senza nome, come proveniente dalla Carniola, e l'abbiamo a lui dedicato. Avuto dappoi anche da Parreyss come proveniente da Corfù. 85. Hypropuus ancustatus. ob. elongalo-ovatus; supra nigro piceus, lucidus, margine pallidiori, subtus sordide fuscus; elytris lievi- ter sulcatis. interstitiis ut thorace obsolete punctulatis; palpis, antennis (preeter clavam), geniculis, tibiis tarsisque ferrugineis. Oss. In genere Hydrobio Leachii locandus. NB. Frequente nella Romagua. 84. Hetors eBenints. Mob. ovato-elongatus, convexus, nigro-piceus, nitidus, punctalissimus; thorace sub-quadrato, elytris ovatis punctato-sfriatis, RIPRODUZIONE DELLE. DIAGNOSI DEI COLEOTTERI. 84 . Os. Affinis Zel. lacertoso et Anthracino. Dejeanti, differt tamen co- lore lucidiori, statura breviori, thorace postice minus angustato; elytris ovatis convexioribus, punctura tenuiori. NB. Somiglia molto all’Hel. anthracinus, ma differisce specialmente per la sua lucentezza e per la punteggiatura più fina. Abbonda nell’ i- sola di Sardegna, dove uno di noi lo ha trovato nel 1836. ( Vedasi Con- chiglie ed insetti di Sardegna, ecc.) 85. AnrÒÙicus Basatis. /Vob. niger nitidus, punctulatus ; thorace cordato- ‘truncato, rufo; elytris basi, antennis pedibusque sordide rufis. Oss. Variat apice antennarum obscutiori, capite interdum rufescenti, macula basali elytrorum plus minusve dilatata, coxis nigricantibus. NB. Sembra veramente una varietà dell’Anthicus floralis come lo ritiene Laferté Senectere nella sua Monografia (var. 8). Trovasi per tutta la Lombardia ed altrove. 86, Antuicus NicrIiPENNIS. /Vob. rufus ; capite elytrisque aterrimis. 0Bs. Pulcherrima species in genere Xi/ophilo Bonellit: variat demum ..abdomine rufo vel nigrescenti; occipite, aut toto capite rufo; elytris ine terdum leviter nigris. NB. Elegantissima specie appartenente al genere Xy/ophelus. Trovasi nelle provincie di Como e di Pavia. Fu rinvenuta anche da Motchoulsky nella Georgia e gli impose il nome di An. ruficollis. 87. Lema metavis. Vob. nigra; elytris foveolatis, occipite, thorace tibiisque rufo-brunneis. Oss. Differt a Lema merdigera, occipite tibiisque rufis, elytris crebre | profundiusque punctatis. NB. Sui monti del Comasco. 88. Lema appominatis. /Vob. rufo-brunnea; \elytris punctatis; antennis tarsisque rufo nigroque variis; oculis geniculisque nigris ; pectore nigro maculis duabus rufis. | OBs. Similis omnino Leme drunnee, at abdomen omnino brunneum, pectus vero nigrum macula magna laterali rufa; antenne nigra rufo- maculata. ; (Vide etiam Comolli, De Coleopteris novis ete. N. 96; pag.45, ubi s0- ‘lummodo exhibita fuit diagnosis ex qua verbum pedibus delendum esset; descriptio vero erroris typographie causa ommissa.) NB. Per errore di tipografia nella dissertazione Comolli fu tralasciata la nostra descrizione, e prodotta soltanto la frase specifica, dalla quale va cancellata la parola pedidus, e le ultime parole antenna nigra rufo- maculata che dovevano far parte della descrizione stata ommessa, ed il di cui concetto è già espresso nella frase antennis nigris rufo-maculatis. Vol. XI. 6 82 A. E G. B. VILLA, RIPRODUZIONE DELLE DIAGNOSI DEI COLEOTTERI. Sarà poi da emendarsi nel catalogo di Stettino il nome dell’autore, so- stituendo abdominalis Villa invece di Comolli, cioè come trovasi nella dissertazione Comolli istessa. Il primo esemplare di questa specie venne trovato sul colle della Stra- della, or sono più di quarant'anni, dal nostro amico e condiscepolo Adolfo ‘ Senoner, il quale lo cedette a noi: dappoi l'abbiamo trovata noi stessi sulle nostre alpi comasche. Di alcuni oggetti preistorici trovati nei dintorni di Crema, — Nota del Socio dottor CamiLLo Marinoni. — Con una tavola. (Seduta del 26 gennajo 1868.) solite Le molte scoperte fatte in questi ultimi tempi in Lombardia; hanno aggiunto un'abbondante messe di oggetti antistorici a quelli che già stanno raccolti nel nostro Museo, ed hanno destato in molti 1’ amore per lo studio di cotali antichità ; sicchè monumenti preziosissimi, atti a gettar tanta luce sulla storia del nostro paese, non vanno più in- franti e dispersi dalla marra. del contadino, ignorati, smarriti dalla noncuranza .dei proprietarj, che li traggono dovunque dalle viscere del suolo incolto. E così appunto fu per alcuni oggetti trovati, ora non sono molti mesi, in alcune terre del Cremasco dall’ egregio signor'avvocato Ugo Albergoni, e che ora io presento, da ordinarsi coi molti altri, quali materiali per una monografia delle età preistoriche di Lombardia. Tali oggetti sono: una freccia di selce, tre vasi, un paalstab, una freccia di bronzo, alcune figurine, una fibula ‘ed altri oggetti di bronzo, che furono rinvenuti nei depositi superficiali di Vajano, Chieve e Monte Cremasco all’ovest di Crema, e di Ricengo, a pochi chilometri a nord-est della città, lungo il Serio. Osservando una carta topografica della Lombardia, egli è facile rilevare come Crema ed il suo territorio, posti a cavalieri del punto di congiungimento del Serio coll’Adda, in una bassa pianura, sieno in condizioni molto facili perchè estese paludi si impadroniscano del fertile territorio. — Se Ja cosa è tale ai giorni nostri, e ne lo atte- stano i Mosi, avanzo di considerevole maremma, che si stendono al- C. MARINONI, DI ALCUNI OGGETTI PREISTORICI, ECC. 85 l’est di Crema, doveva maggiormente verificarsi un tempo quando la irrigazione per attivare l’agricoltura non aveva prosciugate molte terre, tanto più doveva esserlo nei tempi remotissimi nei quali la forza degli elementi prevaleva all'influenza dell’ uomo. — Tale fatto è chiaramente rilevato quando si osservi un’ antica carta; e i cro- nacisti tutti che parlano di Lombardia verso il 1000 d. C. e prima, discorrono di un grande lago, il Zago Gerundo che si estendeva lungo la destra sponda del Serio; interminabile palude che alimentata da sorgenti molto potenti occupava tutto lo spazio compreso dall’Adda al Serio, tra il fiume 'Tormo a nord ed il Po a mezzodì. — Oggidi impicciolito e rappresentato dai Mosi, questo lago racchiudeva nel suo seno la storica Zsola Fulcheria che corrisponderebbe precisamente a quello spazio di terreno alquanto elevato al di sopra del livello di quelle basse, che si estende da Pandino verso le foci del Serio (1). Le località di Chieve (anticamente C/evus), di Vajano (Zajanum), e di Monte cremasco (Montes), d'onde provengono alcuni di questi oggetti, sono comprese nel perimetro dell’ antica Isola. Fulcheria , come puossi rilevare anche da un passo del Muratori (2), che. forse un tempo deve essersi trovata in quelle stesse condizioni, in cui si è potuto arguire siensi trovate molte altre isole dei laghi nostri, della Svizzera, della Baviera (3); ovvero più facilmente nelle condizioni delle limitrofe provincie dell’ Oltrepò e del Mantovano; di aver potuto offrire un sicuro asilo al primitivo Insubro che collo strale di pietra cacciava sulle sponde di quelle paludi, tendeva le reti in quei laghi, vi aveva stabilito sua stanza. Quantunque ben scarsi sieno gli avanzi raccolti, e più scarse an- cora le notizie, io credo però che bastino a confermare il mio as- (4) Notizie naturali e civili sulla Lombardia. Vol. 1, p. 144. (2) MuratoRrI, Antig. ital. Tom. IV, p. 234, dove dice: Hoc autem sunt loca in In- sula Fulkerii constituta, Palanzum, Pignanum, Montes, Vajanum, Bagnoli, Clevus, ecc. (3) Pietro Terni, patrizio cremasco, e segretario di Gian-Giacomo Trivulzi, che scrisse la storia di Crema, esistente inedita ed originale presso il conte Francesco Sforza Benvenuti; ed Alemanno Fino, scrittore di storie cremasche nel 41589, preten- dono che Chieve derivi da Clavis, e vogliono che ciò venga dall’aver essa formato un’alta ripa del Lago Gerundo, sostenuta da travi, ecc. Si videro, or non sono molti anni, alcune di queste travi, forse a ragione da taluni osservatori considerate vere palafitte. 84 C. MARINONI , serto, aver abitato quei luoghi l’uomo dell’età antistorica , ‘e che sovra le sue orme abbiano poi corso il paese i Celti, gli Etruschi; Romani lasciandovi le loro impronte. | % pa Intanto a Chieve fu trovato un cuspide di lancia in selce bianca- stra, di una lunghezza di circa 18 centimetri, figurata a due terzi del vero (tav. 1° fig. 1). Fu rinvenuta circa a un metro e mezzo di pro- fondità in un suolo non rimescolato; e quantunque quasi perfetta per lavoro a scheggiatura non molto grossa, pure’ i suoi taglienti bene affilati, verso il rientrante inferiore presentano delle intaccature pro- babilmente derivate. dall’ uso. Non credo poterla riferire ad alcuna forma di quelle che fino ad ora mi sono note; poichè la sua sezione alla base è piuttosto poligona, anzichè ellissoide come quella di Bre- scia figurata dal Gastaldi nei /Vuovi Cenni (tav. VI, fig. 16); cui più di tutte si avvicinerebbe, e perchè conserva sempre una costa me- diana rilevata che va degradando verso i margini. Tale ‘strumento è abbastanza tipico per dubitare d’attribuirlo all’epoca della pietra, e, se ben mi ricordo, stava seppelito in una terra torbosa, Più strano è un piccolo vaso di una pietra grigiastra molto ana- loga alla steatite, trovato pure a Chieve, ma non colla freccia, ad un metro di profondità nel suolo. — Questo vaso rappresentato ad un terzo del vero nella tav. 1.°, fig. 2, è lavorato al torno. A Chieve pure, poco superiormente allo strato che racchiudeva la freccia di selce, fu rinvenuta una fibula di bronzo (tav. 1°, fig. 3). È certo che cotesto ordigno di una coltura avanzata non può essere che molto recente in confronto della freccia di ‘selce trovata a mezzo metro di maggior profondità. La località di Vajano ha dato un piecolo vaso munito delle due anse, quasi perfetto, di una forma molto analoga a quella predomi- nante nelle stoviglie delle marniere del Parmigiano. Non lo conosco che dietro la scorta di un bruttissimo disegno da cui potei rilevarne la forma come l’ho disegnata (tav. 1°, fig. 4). -—— Credo meritevole di considerazione il fatto, che nell’impasto d'argilla sono rinserrate alcune conchiglie, cosa che io credo non essersi finora mai riscon- trata. Con questo vaso fu pure rinvenuta una piccola lancia di bronzo (tav. 18, fig. 8), probabilmente romana. Questi due oggetti sono nella collezione del signor Ugo Albergoni di Crema. DI ALCUNI OGGETTI PREISTORICI TROVATI NEI DINTORNI DI CREMA, 85 Infine, a Monte Cremasco, ad ovest di Vajano verso Pandino, or sono pochi giorni, furono trovate due pietre che, appoggiate l’una all’altra, proteggevano alcuni vasi di terra che pur troppo andarono perduti e frantumati. ‘(Ora senza voler nulla rischiare in quistioni così importanti, non crederei troppo avanzata l’opinione che anche in Lombardia ab- biamo per lo meno dei depositi antropozoici che per l'epoca do- vrebbero corrispondere a quelli schierati sulla riva destra del Po, e che furono sì bene illustrati dai signori Strobel e Pigorini. — È vero che fin ad ora da noi non si conoscono marniere, che anzi estesissime torbiere si estendono nelle basse pianure del Cremasco; ma vorrei qui aggiungere come sia stato trovato presso Mantova qualche cosa di molto analogo ad una vera marniera. Venendo per ultimo agli oggetti della terza località, di Ricengo, che è sita sulla sponda sinistra del Serio a quattro chilometri e mezzo a nord di Crema, annovererò anzitutto un bellissimo vaso la- vorato a mano, munito di anse (tav. [., fig. 6), composto di quel grès finissimo impastato con argilla, senza traccia di fuoco, proprio dell’e- poca del bronzo. — Un magnifico paalstab lungo più di venti centi- metri, coi suoi bordi rivoltati (tav. I°, fig. 7) come quelli delle mar- niere, gli giaceva dappresso. — Sono di questa stessa località, ma non confusi assieme, alcune figurine di bronzo lunghe poco più di un dito mignolo, forse idoletti dell’ epoca etrusca, fili, frammenti di fibule e di armille, e oggetti di bronzo, non che molte monete, certo romane, or possedute in parte dall’avvocato Albergoni ed in parte dal dot- tor Alcide Giavarina di Crema. lo credo però che il paalstab di un magnifico bronzo, e il vaso suaccennato bastino a constatare che Ricengo possa essere stata un giorno una colonia degli uomini del- | l'epoca del bronzo. Non ho fatto che aggiungere materiali nuovi a quello che fino ad ora fu raccolto in Lombardia, e spero che avrò campo altra volta a fornire maggiori ragguagli su questo importante argomento. Quale appendice aggiungerò i disegni di due magnifiche armi l'una di selce lattea (tav. 1°, fig. 8), l’altra di selce color biondo 86 G. MARINONI, SOPRA ALCUNI OGGETTI PREISTORICI, ECC. (tav. 1°, fig. 9), lavorate entrambe a grande scheggiatura, che furono rinvenute, sotto un potente strato d'argilla, a Calindasco in Piemonte, a mezzo cammino fra Stradella e Castel S. Giovanni, ove trovasi una fornace dei fratelli Lepori. Con un colpo di zappa se ne trassero sette in un sol luogo tutte simili. Le due che ho figurato sono di proprietà del museo della città di Lugano. Seduta del 23 febbrajo 1868. La seduta è aperta colla lettura della nota inviata dal socio dott. Giovanni Omboni: Su metodo da seguire per ricostruire gli antichi continenti, che sarà stam- pata negli Atft. Il socio Stoppani lamenta che l’autore della Memoria non sia presente, il che rende impossibile l’ iniziare con qualche esito la discussione. Si limita quindi ad espri- mere la sua opinione, che le objezioni del sig. Omboni sieno basate unicamente sopra un errore di massima: — sull’avere cioè distinto quasi un metodo nuovo, ciò che non è infine che l'applicazione del metodo inerimi- nato. — Lo Stoppani nel capitolo delle sue Note ad un corso di Geologia, consacrato all’ esposizione del suo metodo, non intese nè poteva dare altro che il primo pensiero di un metodo la cui applicazione sarà certa- mente -difficile; ma che condurrà a risultati certi. Il si- gnor Omboni non fece che adunare in una serie di arti- coli le difficoltà da prevedersi e da superarsi, e fissare alcuni particolari dell'operazione, tutt’ altro che semplice, che egli ha proposto, per la ricostituzione degli antichi continenti nelle diverse epoche. 88 SEDUTA DEL 25 FEBBRAIO 1868: Crede infine che alle osservazioni del sig. Omboni ri- sponda a sufficienza, per chi sappia riflettere, lo stesso ca- pitolo?. (SToPPANI. Note ad un corso di Geologia, ecc. Vol. II. Milano, 1867) che loro ha dato luogo. Ultimata questa discussione la parola è al socio dottor Cavezzali, per svolgere alcune sue idee su//a suscettibilità elettrica del baco da seta. Esso dice, in seguito a sue os- . servazioni, come anche il baco da seta, risenta non poco gli effetti della corrente elettrica, e come si comporti differentemente all’ elettricità statica e all’indotta, inquan- tochè, mentre lo vediamo, all’epoca della salita al bosco, cadere se un temporale si scateni nell'atmosfera, sotto- posto agli effetti di una macchina di induzione, rimane suscettibile ad una corrente che decompone l’acqua. Questa suscettibilità elettrica, egli domanda, non sa- rebbe un nuovo campo. di considerazione e di studj da cui trarre utili applicazioni contro la malattia dominante? Per questo amerebbe che alcuno si incaricasse di ripe- tere le sue osservazioni che egli formulò nei seguenti tre quesiti, onde le analoghe esperienze fisiologiche sul senso elettrico del filugello allo stato di larva, possano essere paragonabili fra di loro. I quesiti sono così espressi: 1.° Verificare per tutto il corso dell'allevamento la suscettibilità del baco all’azione elettrica colla pila, ripe- tendo le sperienze con apparecchi di elettricità statica. 2° Istituire specialmente esperienze con forte pila o con apparecchio d’induzione suf baco vicino a salire la frasca; sottoporre il baco anche all’azione di corrispon- | dente elettricità statica. 3.° Studiare le cause delle differenze di suscettibilità, se per avventura si avverassero tra l’ elettricità statica. e la indotta. sepbuTA DeL 253 FEBBRAIO 1868. 89 Il prof. Cornalia domanda al sig. Cavezzali se abbia fatte queste sue esperienze nell’intenzione di agire sul baco affetto dell’attuale malattia. Risponde esso ‘consi- derare la malattia come una degenerazione della razza derivata da atonia degli organi digerenti, per cui la scossa elettrica potrebbe dar nuova vita agli organi debilitati. — Il prof. Cornalia, osserva che già fino del 1855, unita- mente. al comm. Francesco Brioschi, esso aveva tentato di usufruire della corrente elettrica contro la malattia del calcino, e che aveva esso pure ottenuti effetti grandiosi di decomposizione del sangue, ma che non ebbe nessun buon effetto, nello scopo di preservare il baco dall'azione del calcino. Il signor Cavezzali insiste sugli effetti differenti pro- dotti sul baco. dall’ elettricità statica e, dall’indotta. — I Soc] presenti domandano un rapporto su tali esperimenti, e la presidenza incarica lo stesso sig. Cavezzali a sten- dere una relazione sulle. comunicate osservazioni. Non essendovi più altro a comunicare si passa alla trattazione degli affari, e prima di. tutto all'approvazione del processo ‘verbale della seduta di. amministrazione. Processo Verbale della Seduta di Presidenza e Con- siglio d’amministrazione della Società Italiana di scienze naturali, tenuta il giorno 2 febbrajo 1868. Presenti i signori: Cav. EMILIO CORNALIA, presidente; VILLA ANTONIO, vicepresidente; STOPPANI ANTONIO, se- gretario; MarInoNI dott. CamiLLo e NEGRI dott. GAETA- NO, vicesegretarj; SORDELLI FERDINANDO, conservatore ; FRANCESCHINI rag. FELICE, viceconservatore; TAGLIA- SACCHI ing. SAVERIO e GARAVAGLIA rag. ANTONIO, mem- bri del Consiglio d’'amministrazione; GARGANTINI-PIATTI GIUSEPPE, cassiere. 90 SEDUTA DEL 253 FEBBRAJO 1868, Invitato dal Presidente, il viceconservatore rag. Fran- ceschini presenta il conto consuntivo per il decorso anno 1867, espresso come nell’unito prospetto di bilancio, dal quale risultano: Un'attività pel 1867 di . . . . . L. 5976 62 Una passività pel 1867 di. . . . ».10217 72 Per cui un passivo di... 0.0.0. LD. 424110 Mentre che il sig. Franceschini è incaricato di redigere il Bilancio preventivo per l’anno 1868, il vicesegretario Marinoni presenta, per l'approvazione del Consiglio, al- cune decisioni della Presidenza, cioè: 1 1.° Essendo ormai di troppo l’inserviente Luigi Va- risco, il cui servizio è meglio disimpegnato dagli altri inservienti addetti al Museo Civico, venne deciso di to- gliergliene col nuovo anno l’ufficio, anche in vista di un sollievo alle finanze della: Società. Ottenuta la sanzione di questo atto, la Presidenza propone di parificare il soldo dei due inservienti che restano alla Società, di portare cioè l’ onorario dell’inserviente Stefano Marazzi, come quello che ha anche maggior lavoro, da L. 60.00 annue a L. 80.00 come per l’inserviente Luigi Besana. Dopo alcuni schiarimenti sulle attribuzioni di ciascuno del due inservienti date dal vicesegretario Marinoni, la proposta del Presidente è approvata; per cui a datare dal 1.° gennajo 1868, cessato l’ inserviente Luigi Varisco, restano a prestar servizio alla Società i due inservienti Stefano Marazzi e Luigi Besana, addetti al Museo, con una retribuzione annua fissata in L. 80.00, più le solite regalie di ferragosto e di capo d’ anno, importanti L. 10.00 per ciascuno. SEDUTA DEL 23 FERBRAJO 1868. 94 2.° Sembrando troppo costosa la stampa delle circo- lari fatta dal tipografo Radaelli, e d’altra parte parendo ancora inutile tener due tipografi, la Presidenza avendo trovata una certa convenienza nella proposta fatta dal sig. Bernardoni, ad esso trasmise anche l’incarico della stampa delle circolari. Il sig. Bernardoni richiede L. 10.00 ogni 300 copie di circolari, mentre il signor Radaelli ne faceva pagare in ragione di L. 12.00 per N. 275 copie. — Il Consiglio approva. In base agli articoli dello Statuto si decide di cancel- lare dal novero dei soci, perchè morosi al pagamento delle quote, i signori: Uzielli Gustavo di Livorno Uzielli Vittorio di Livorno Consoli Gaetano di Palazzolo Bresciano Costa Achille di Napoli Gras Augusto di Torino Curti cav. Pier Ambrogio di Milano e di inviare una circolare di eccitazione a tutti quegli altri soci che sono arretrati degli anni1866 e 1867, nei termini degli articoli 31 del Regolamento generale e 9 del Regolamento interno della Società. Il conservatore signor Ferdinando Sordelli domanda un assegno per legatura di libri e per l'acquisto di car- telle, onde riporvi gli opuscoli della Biblioteca sociale di recente ordinata. — Per non aggravare il bilancio, sì de- cide di sopperire per questo anno a tal bisogno coll’asse- gno sul capitolo Oggetti di cancelleria, salvo in più urgente circostanza, permettendolo i fondi sociali, desti- nare una somma a ciò. Essendo poi necessaria una modificazione al regola- mento per la pubblicazione delle Memorie, onde facilitarne 92 SEDUTA DEL 23 FEBRRAJO 1868. il commercio e la pubblicazione; e considerando come il più forte incaglio sia appunto il numero degli ‘estratti che si fanno stampare a proprie spese dagli autori, in- quantochè da essi si inviano alla più parte di coloro che possono aver interesse all'acquisto delle rispettive Memo- rie, venne deciso che d’ora in avanti non sì concederanno più ai singoli autori che le 25 copie gratis come d'uso; e che quegli autori che ne bramassero un numero mag- giore, potranno acquistarle dalla Società al prezzo ordi- nario dei Socj. Se sarà possibile fare qualche facilitazione, ben volontieri la Società si presterà a incoraggiare e ad ajutare gli autori concedendo loro qualche sconto; ma che però non vi si impegna affatto. — Di tal modo, la Presidenza che era stata lasciata dalla Società arbitra in questa cosa, sia di continuare che di cessare da ogni ul- teriore pubblicazione, o di modificarne l'andamento, spera con tal mezzo di dare uno spaccio maggiore alle Memo- rie, e portar così, mediante l'importo di esse, un sollievo alla non ingente spesa di loro pubblicazione. — Per tal modo ancora diminuiranno le inutili cataste di copie che rimangono deposte negli scaffali della Società, poichè se gli autori ne vorranno acquistare, verranno date loro delle 300 copie che solitamente la Società fa tirare per suo conto, a scarico dei fondi di magazzeno. Per quest’ anno poi venne deciso di ridurre il vol. III a sole cinque memorie invece di dieci, perchè ancora il prezzo d’associazione fissato in L. 10.00, è troppo poco per un volume così ricco di tavole, di stampato fatto senza economia, a solo lustro della scienza e della Società. Il Consiglio d’amministrazione quindi, approvato l' o- perato della Presidenza, decise sulla proposta di essa, che, per le Memorie, si daranno le 25 copie gratis come da SEDUTA DEL 23 respraso 1868. 93 regolamento, e che quegli autorì che ne volessero un numero maggiore, ne potranno acquistare dalla Società quel numero di copie che desiderano, non però maggiore di 100; al prezzo ordinario degli altri soci. Non essendovi altro a trattare si passa alla discussione del Bilancio preventivo per l’anno 1868, espresso nell’ u- nito prospetto, dal quale risultano : Calcolati i crediti per quote arretrate delle an- nate 1866 e 1867, e le ordinarie entrate, un attivo presumibile di . . . . . 0.0. L, 9899.00 Calcolato il debito verso i signori Bernardoni e Ronchi, e le ordinarie spese sociali, un pas- MM cr UZ04 AO fai nti di da e i leo 08700 Non essendovi altro a trattare la seduta è sciolta. Il Vicesegretario MARINONI. Attività Rimanenza in Cassa al 1.° gennajo 1867 . . ....... L.| 341 | 24 Quote 1964 esatte Lio cl NRE de n DI a ; 2984 | 3 | Quote arretrate del 1864, N. 20... .. +... L. 40 — n 1800, n gi LR n LES O. I n Quote pagate in anticipazione pel 1868, N. 10... .... » 200 || Rimberso.discopiera perte, arretrati; 4 20 202000 e 405] n ” pel 1867... area 664 Ricavo pel cambio di 6 pezzi da L. 20 cadauno . . . . . . + P 7 Vendità di Atti.e Memorie. ii 00 Lee 0 edi O A. Da Associazione alle. Memorie"... n TRI SI 703. Totale dell'attività . . . L.|l 59764 Maggiore passività a pareggio, rappresentata dai residui debiti verso i signori Bernardoni e Ronchi .° . . . .. è...» 49410 SUNTIVO Dicernbre 1867. Passività \ Bernardoni per residuo debito al 31 Dicembre 1866... . L. 16001 — | tampa degli Afti e delle Memorie, comprese le copie a parte pei singoli Autori, come segue: A Bernardoni tipografo . . .. . .. L. 3630 — A Ronchi litografo +... . . +. «08 n 1260 — A diversi per litografie, incisioni in legno, in BERO a e BO L. 6903 — » 6903 | — (0 00) OCRA 192 #7 er oggetti di cancelleria, legatura di libri e spese postali . . . » 431 | — (Cir, e ee ar 242 | 95 i Laengner per acquisto dell’opera Paleonthographical, ecc. . . n 681 | 45 fine imancie agli inservienti Lo .0. gu 00 a 227 | 32 L. || 10217 | 72 pa —_ € BILANCIO Attività | 1|N. 33 quote arretrate del 1866 FA CAGENA CE 1, end a n 114 ” i IIS SRBRRPERNE IRE noi bi DR o DI » 263 quote del 1868 “0.0.0. de a 1 RA 3 | Rimborso per copie a parte di Memorie stampate per conto dei sin- | goli Autori: Arretrati 1900 2.0.0, Vo ft LB n 1906 ut a A Pel 1868 . È RAT ER a L. 1099 — ‘» || ‘1099 £ | Vendita di Atti e Memorie. dio Le o ce e e te 100 | “5 | Associazioni alle Memorie: i. 000.0. 0 0 8004 Totale dell'attività presunta . . . L. || 9899 2 L'ANNO 1868. Passività Debito verso Bernardoni e Ronchi -.c... ii. 4941 | 10 Stampa degli Atti e delle Memorie .- . . ...... +. | 4000] — EEE I SEMO n e i 150 | — Oggetti di Cancelleria e legatura di libri... ...... » 150 | — MIEI CUR DOPSO e RI 500 |} — Riscaldamento della sala delle sedute . . ......... » 20 | — MM A IRORVIONLi. Re 200 | — L 9261 | 10 Maggiore attività a pareggio . . . » 637 | 90 L. || 9899 | — Vol. XI. 7 98 SEDUTA DEL 23 FEBBRA 0 1868. Il Presidente dando spiegazioni di cotesto defictt, di come la cagione principale sia la mora della più parte. dei Socj al pagamento delle quote, il che, aggiunto alla spesa per la pubblicazione delle Memorie, ridusse le fi- nanze sociali alle strettezze in cui si trovano. — Il socio conte Borromeo; insta perchè non si usino indulgenze ai Socj morosi, e propone che, non essendo bastati i mezzi. di eccitazione fino ad ora usati, si passi agli atti giudi- ziar., — Il socio Bellotti propone la pubblicazione in qualche giornale, 0 sui fascicoli degli At, dei nomi dei Socj morosi, ed intanto di sospendere per essi ogni invio, — .Il socio Negri propone che, prima di passare a que- Sto, sì spedisca a quei Soc} che sono in arretrato di pa- gamento una nuova cir colare eccitatoria, che loro minacci. la pubblicità e la sospensione di ogni invio. —_ Quest’ ultima proposta è accettata dai Soc] presta : la Presidenza, e più di tutti il Cassiere, è incaricato di agire con tutta fermezza. Messa ai voti la proposta del socio Stabile, per l’asso- ciazione al Journal de la Société Asiatique chi Bengale, viene incaricata la Presidenza di procurarne il cambio col nostri Atti. — Nel caso che questo non si possa ot- tenere, si accetterà la proposta di associazione quando .le finanze sociali lo permettano. Il segretario Stoppani presenta la domanda del biblio- tecariato della R. Accademia di scienze di Baviera, perchè le sieno inviate due copie delle pubblicazioni della società, dovendo: essa deporre la copia fino ad ora inviatale nella R. Biblioteca di Corte di Monaco. —- Viene deciso di in- viare ogni cosa in duplo, a patto però che quella Acca- demia completi a noi la serie delle sue pubblicazioni. Non essendovi altro a trattare la seduta è chiusa. Il Vicesegretarto MARINONI. SAI TCA E 1° PORCO PTC, Come sì debbano ricostituire gli antichi continenti. Comunicazione -* del socio Giovanni Onsoni. (Seduta del 23 febbrajo 1868.) La ricostituzione dei continenti antichi, cioè di quelli che hanno esistito nelle diverse epoche geologiche anteriori all’ attuale, è cer- tamente uno dei più interessanti e importanti argomenti, di cui de- vono occuparsi i geologi. E dunque naturale che parecchj geologi l'abbiano studiato; ma, se non mi sbaglio, nei libri di geologia che ho finora potuto consultare e studiare, mi pare che quell’argomento non sia stato ancora trattato sotto tutti i suoi aspetti, e che su di esso si possa ancora dire qualche cosa di nuovo. — Domando dun- que alla Società che mi permetta di presentarle alcune brevi con- siderazioni su questo argomento. Una volta, per trovare l’ estensione , la configurazione e la distri- buzione geografica dei mari e dei continenti d’ una data epoca geo- logica, si ragionava appress’ a poco nel modo seguente: « Là dove sono ora i sedimenti marini di quell’ epoca, esisteva in quella stessa epoca il mare, e là dove quei sedimenti mancano, non esisteva il mare, ma eranvi terre asciutte, isole e continenti. » È così, per di- segnare una carta, per esempio, dell’ Europa nell’ epoca eocenica, si prendeva una carta dell'Europa attuale, si disegnavano sovr’ essa i limiti dei terreni eocenici ora esistenti in Europa, e si consideravano come mari eocenici tutte le regioni, in cui ora esistono quei terreni, e come terre asciutte eoceniche tutte le altre parti. Ma questo metodo conduceva a risultati sbagliati, perchè con esso non si teneva conto di quattro cose importantissime, cioè: 1.° delle dislocazioni, per le quali gli strati superiori sono rotti e divaricati, e gli inferiori vengono così messi a nudo; 2.° delle grandi erosioni, che in tutte le epoche geologiche hanno distrutto molte parti di ciascun terreno e messe a nudo le rocce sottoposte ; 3.° dei carat- 100 G, OMBONI, teri diversi, che i sedimenti presentano secondo che si sono formati in alto mare o presso alle coste ed alle spiaggie; 4.° del fatto re- centemente osservato che su certe parti del fondo del mare non si forma alcun sedimento, nel mentre che se ne producono di conside-. revoli sulle altre parti. Seguendo il metodo vecchio si possono dun-' que prendere per antiche terre asciutte di una data epoca anche molti luoghi, nei quali si siano realmente deposti dei sedimenti in quell’ epoca, ma poi siano stati divaricati o distrutti, oppure non si sia formato alcun sedimento, benchè siano stati sotto le acque del mare in quell’ epoca. — È infatti, se si studia la catena delle Alpi, si trova che è in gran parte formata, nella sua zona centrale, da terreni azoici e da terreni sedimentarj più antichi degli eocenici ; così che, volendo seguire quel metodo antico, si segnerebbe sulla carta dell’ Europa eocenica una lunga e larga zona corrispondente a tutte quelle parti della catena alpina, che non hanno sedimenti eoce- nici. Ma, se si esaminano bene i terreni eocenici delle Alpi, e si studia bene tutta la struttura di questa catena di monti, si trova : 4.° che i terreni moderni non presentano punto verso la zona cen- trale i caratteri dei sedimenti litorali 3 2.° che fra i terreni moderni al di qua delle Alpi e quelli al di là v ha tanta somiglianza da far credere che, all’epoca della loro formazione, un mare continuo si sia esteso su tutta la regione alpina, e in esso si siano formati quei ter- reni, anche là dove ‘ora non esistono più ; 3.° che, per conseguenza, quando ebbe origine la catena alpina, dopo 1’ epoca eocenica, ossia dopo la formazione dei terreni eocenici, tutti gli strati di questi fu- rono rotti e dislocati, ed una gran parte di essi fu anche distrutta , rimanendo denudati i terreni più antichi. Dunque il vecchio modo di ricostituire gli antichi continenti e mari, — che consiste nel dedurre l'estensione dei mari d’una data epoca geologica dalla estensione dei terreni di quell’ epoca ancora esistenti, — può condurre a risultati inesatti, e in genere tende a far trovare per gli antichi mari una estensione minore e per gli antichi continenti un’ estensione maggiore di quella, che realmente hanno avuta. E per conseguenza quel metodo dev’ essere abbando- nato, e se ne deve cercare uno migliore. Un metodo nuovo, da sostituire al primo, fu proposto recente- DEGLI ANTICHI CONTINENTI. 404 mente da un distintissimo geologo, colle seguenti parole testuali : « | continenti di un'epoca, entro i limiti delle attuali aree continen- tali, sono rappresentati dai continenti attuali, depressi d’ una cifra ‘pari alla elevazione dei terreni posteriori a quell’epoca; purchè tutta la regione pigliata di mira abbia subito in quella data epoca una elevazione , il che non è poi difficile a cerziorarsi quando si operi entro certi limiti. » Ed a spiegare e sviluppare queste parole, quel valente autore applica il suo metodo ai continenti boreali. — Il Monte Bianco si eleva, dice egli, a 4803 metri sul livello del mare , e i terreni eocenici si trovano sollevati nelle Alpi fino ai 3082 metri (cima dei Diablerets); dunque, conchiude, sottratti ai 4803 metri del Monte Bianco questi 3033 metri d’ elevazione massima dei terreni eocenici, si ottengono 1754 metri per l’altezza massima del conti- nente europeo, durante ì’ epoca eocenica. Analogamente trova poi l'altezza di 5844 metri per il continente asiatico eocenico, e quella di 2668 metri per l'America settentrionale eocenica ; e da queste cifre, così ottenute, deduce | estensione superficiale dell’ Europa, dell’Asia e dell'America settentrionale nell’ epoca eocenica. — L’au- tore non si occupa dunque di cercare dove esistano e dove manchino ì terreni d’ una data epoca, per dedurne le terre asciutte e i mari di quell’epoca, ma prende in considerazione l'altezza massima, a cui giungono ora i sedimenti di quell’ epoca, e ne vuol trarre diretta- mente profitto per cercare l'altezza e 1’ estensione dei continenti di quell’ epoca. Ma anche questo nuovo metodo può dare risultati sbagliati. In- fatti, se domani avesse luogo în tutto il fondo dell'Atlantico e in tutto il continente europeo un sollevamento uniforme e generale di 4000 metri, il Monte Bianco diverrebbe alto 8800 metri, le basse pianure del Po, dell'Arno e della Germania s’ innalzerebbero a poco più di 4000 metri sopra il livello del mare, una gran parte del fondo dell’Atlantico (che ora è a meno di 4000 metri sotto il livello del mare) formerebbe un nuovo continente unito all’ America, le isole Azzorre costituirebbero su questo nuovo continente un gruppo di montagne alte più di 4000 metri, e finalmente alla superficie dello stesso nuovo continente verrebbero a trovarsi a varie altezze (da 4 102 G. OMBONI, a 4000 metri) i sedimenti formati nell’Atlantico nell’ epoca attuale, conservando dappertutto i loro caratteri e la loro posizione origina- ria; così che sui fianchi delle Azzorre diventate montagne i sedimenti presenterebbero i caratteri dei sedimenti litorali, e altrove conser- verebbero quelli dei depositi fatti nei mari profondi. — Se poi una parte del nuovo continente così formato col fondo dell’Atlantico sì rompesse, si dislocasse e si sollevasse a formare una catena mon- tuosa alta 8000 metri sul nuovo livello del mare, anche su questì monti si troverebbero i sedimenti recentissimi dell’Atlantico, ma vi si vedrebbero dislocati e portati anche ad altezze maggiori di 4000 metri sul nuovo livello del mare ; anzi, supponiamo che alcune parti di essi vengano a formare le sommità di questi monti, all’ altezza di 8000 metri. — Or bene, se, dopo avvenute le accennate varia- zioni, venisse un geologo ad esaminare il nuovo continente, i suoi monti e i suoi sedimenti, e dalle sue osservazioni volesse dedurre, col mezzo del metodo recentemente proposto, lo stato delle cose an- teriore alle variazioni or ora supposte, egli prenderebbe in conside- razione quell’altezza massima di 8000 metri dei sedimenti nelle più alte montagne del nuovo continente, così come il nostro autore ha presa l’altezza massima dei sedimenti eocenici nelle Alpi; e perciò egli diminuirebbe di 8000 metri tutte le altitudini del nuovo conti- nente, così come il nostro autore ha diminuito di 3053 metri 1’ al- tezza dell'Europa per trovare l’elevazione di questo continente durante l’epoca eocenica. Ma noi abbiamo supposto un sollevamento generale di tutto il fondo dell’Atlantico di soli 4000 metri, e non di 8000; dunque il geologo, per seguire il nuovo metodo proposto, diminuendo di 8000 metri il livello del nuovo continente e del continente euro- peo da noi immaginato sollevato fino a 4000 metri sopra il suo livello attuale, commetterebbe un gravissimo errore, e verrebbe a trovare per l'Atlantico prima delle supposte variazioni una profon- dità troppo grande, e per quasi tutta l’ Europa anteriore alle stesse variazioni un livello molto inferiore a quello del mare. Ebbi dunque ragione di dire che il nuovo metodo, com’ è indi- cato nelle linee citate più sopra, e com’è applicato dal suo autore all’ Europa moderna per dedurre da questa 1 Europa eocenica , non DEGLI ANTICHI CONTINENTI. 403 può essere adottato senza andare a rischio di. ottenerne dei risultati inesaitti; poichè esso conduce. a deprimere troppo i continenti attuali, e quindi ad ottenere per quelli antichi un’ estensione troppo infe- riore a quella che, realmente, devono avere avuta. — Ma potrebbe benissimo essere accettato e dare buoni risultati, quando venisse op- portunamente modificato. BICI, Per vedere quali siano le modificazioni da farsi al. metodo in di- scorso, riprendiamo la supposizione di un generale sollevamento di 4000 metri di tutta l'Europa e del fondo dell’Atlantico, e quella d’ una catena montuosa, sorta sul nuovo continente dell’Atlantico, ed alta fino ad 8000 metri sopra il nuovo livello del mare. -— Abbiamo già veduto che, se ciò avvenisse, i sedimenti recentissimi dell'Atlantico si troverebbero sollevati, conservando la loro posizione originaria , sul nuovo continente a tutte le altezze comprese fra 1 e 4000 metri; e sui fianchi delle Azzorre, diventate montagne alte più di 4000 me- tri sul nuovo livello del mare, verrebbero a trovarsi ancora nella loro posizione originaria e senza alcuna dislocazione, i sedimenti li- torali dell’Atlantico, fino all'altezza massima di 4000 metri. — Or bene, è appunto di 4000 metri che si è supposto il sollevamento ge- nerale dell’ Europa e del fondo dell'Atlantico. E quindi un geologo, il quale, dopo avvenuto il supposto sollevamento, volesse ricondurre i nuovi continenti alla loro altezza anteriore a questo sollevamento, ci riescirebbe esattamente, deprimendoli di 4000 metri, ossia di tanti metri quanti sono quelli, a cui si troverebbero sopra il livello del mare, dopo il sollevamento, i sedimenti litorali portati in alto insieme coi continenti, ma rimasti tuttavia nella loro originaria posizione. La conclusione è facile: — per trovare quanto devono essere riabbassati i continenti attuali per avere ‘1’ altezza e 1’ estensione dei corrispondenti continenti d’ una data epoca geologica, .non si deve prendere in considerazione l’ altezza massima, a cui giungono ora i sedimenti in genere di quell'epoca, ma. quella raggiunta da quei sedimenti litorali di quell’ epoca, che furono bensì sollevati insieme coi continenti, ma non furono mai dislocati, e perciò si trovano ancora nella loro posizione originaria. E quando non si trovano i sedimenti litorali di quell’ epoca e an- 404 G, OMBONI, cora nella loro posizione originaria? — Allora bisognerà naturalmente trar partito di quei sedimenti non litorali, dell’epoca data, che si tro- vano ancora nella loro posizione originaria. Ma qui è da osservarsi che i sedimenti d’alto mare si formano a maggiore profondità sotto il livello del mare che quelli litorali; che dunque, se esistessero sui continenti tanto i sedimenti litorali quanto quelli d’ alto mare, e tutti nella loro posizione originaria, questi ultimi si troverebbero a minore altezza che i primi; e che perciò, prendendo in considera- zione l’ altezza dei sedimenti non litorali , che esistono ancora, in- vece di prendere quella dei sedimenti litorali che non esistono più, si viene a diminuire l’ altezza dei continenti attuali d’ una quantità minore di quella che si dedurrebbe dai sedimenti litorali, se questi ci fossero ancora sui continenti. — Ne segue che, prendendo in considerazione i sedimenti non litorali ancora nella loro posizione originaria, si va a rischio di trovare per gli antichi continenti una estensione froppo grande. Che se poi non si conosce neppure un sedimento non litorale an- cora nella originaria posizione, e prodotto in quell'epoca, di cui si vogliono studiare i continenti, è chiaro che la cosa diventa molto difficile e complicata, perchè in tal caso bisogna ricondurre, colla immaginazione, alla loro posizione originaria orizzontale gli strati di quell’ epoca, che si trovano dislocati, e fors’ anche capovolti, pie- gati a zig-zag o contorti, per prendere poi in considerazione l'altezza a cui si troverebbero siffatti strati, se fossero stati soltanto elepati con i continenti, per effetto del sollevamento generale di questi. Ma que- sta operazione è piena di difficoltà, e non può che condurre a ri- sultati inesatti o almeno incerti e dubbj. Finalmente, dopo l'epoca data, della quale si vogliono ricostituire i continenti, sopra ciascuno di questi possono essere sorte nuove montagne, essersi deposti molti sedimienti, ed essere state prodotte molte corrosioni e denudazioni ; e, dunque, per ritrovare come era la superficie dei continenti attuali prima dell’epoca data, è anche necessario fare scomparire colla immaginazione queste montagne, questi sedimenti e queste corrosioni e denudazioni, facendo ritornare orizzontali e nella loro posizione originaria gli strati che furono dis- DEGLI ANTICHI CONTINENTI. 4105 locati per formare quelle montagne, immaginando rientrati nel seno della terra le rocce vulcaniche e plutoniche, immaginando riportati alle loro origini tutti i materiali di quei sedimenti, supponendo ri- colmate quelle depressioni, e ricostruendo quelle parti sporgenti, che furono distrutte in conseguenza delle denudazioni in discorso. Riepilogando il fin qui detto, conchiudo che, quando si vogliono ricostituire i continenti d’ una data epoca, corrispondenti alle aree dei continenti attuali, non bisogna seguire nè il metodo semplicis- simo accennato in principio, nè quello, egualmente semplicissimo, ma troppo semplice ed inesatto, che fu recentemente proposto, ma è necessario : 4.° fare scomparire colla immaginazione tutti gli effetti delle dislocazioni, emersioni plutoniche e vulcaniche , sedimentazioni , corrosioni e denudazioni, che hanno avuto luogo dopo quell'epoca data; 2.9 trovare a quale altezza massima sul livello del mare si tro- vano o si troverebbero i sedimenti (preferibilmente litorali) di quel- l’ epoca, in conseguenza dei soli sollevamenti generali subiti dai con- tinenti attuali dopo quell’ epoca stessa ;. 3.° far discendere verticalmente i continenti attuali tanti metri quanti sono quelli dell’ altezza accennata nelle linee precedenti , in modo che vengano a trovarsi sotto il livello del mare tutti i sedi- menti ancora orizzontali dell’ epoca data. Sono persuaso che soltanto con questo metodo complicato i sedi- menti litorali dell’epoca data e tuttora nella loro posizione origina- | ria, se ne esistono ancora, possano essere riportati in basso, dalla immaginazione del geologo, fino al loro posto d’origine, cioè fino al livello del mare; e i continenti attuali possano essere ricondotti allo stato, in cui furono nell’ epoca data. Chi volesse applicare questo metodo all'Europa attuale, per de- durne }’ Europa dell’epoca eocenica, dovrebbe anzitutto far ritornare orizzontali gli strati eocenici e miocenici, che furono dislocati e sono inclinati, verticali od anche capovolti, e poi far ridiscendere verso il centro della terra le rocce più ‘antiche e quelle plutoniche od emersorie; e così la regione dell’Alpi diverrebbe una grande pianura 106 G. OMBONI, elevata come la Svizzera piana, perchè. questa ha il suolo formato in gran parte di sedimenti terziarj poco ondulati e quasi orizzontali: Fors' anche bisognerebbe fare discendere ancora un poco ‘tutta quella regione, per togliere quella specie di rigonfiamento della regione alpina e rendere i suoi terreni terziar) affatto orizzontali e in conti- nuazione di quelli nascosti sotto i terreni quaternarj dei paesi piani circostanti. Altrettanto si dovrebbe fare per gli Appennini, i Pirenei e tutte le altre catene montuose sorte dopo l’ epoca eocenica. — Poi si dovrebbero levare via colla immaginazione i monti vulcanici del- l’Italia, della Francia e del Reno, che non esistevano ancora all’epoca eocenica ; e si dovrebbero levar via anche tùtti i sedimenti mioce- nici, pliocenici e quaternarj, che si sono egualmente formati dopo l'epoca eocenica. — Infine bisognerebbe cercare, al piede dei monti più antichi che l’ epoca eocenica, i sedimenti eocenici litorali, ed abbassare tutta l’ Europa fino a che quei sedimenti venissero a tro- varsi appena sotto il livello del mare. -—- Tutte le prominenze e montagne, che allora rimarrebbero a sporgere sopra questo livello, sarebbero le sole terre asciutte dell’ epoca eocenica, mentre tutto il resto dell’ Europa , sotto al livello del mare, riprodurrebbe esatta- mente il mare eocenico europeo. Con questo metodo rimarrebbero sporgenti dal mare poche terre e poche isole, formate dalle montagne più antiche che l’epoca eoce- nica, ed ora meno alte che le Alpi; invece, col metodo recentemente proposto, rimarrebbero sommerse quelle montagne antiche, e spor- | gerebbero dall’ acqua soltanto le cime più alte delle Alpi, formate di rocce, che quasi certamente non si sono elevate se non per la rottura e dislocazione degli strati eocenici e miocenici, quando non esisteva più l’ immenso mare eocenico. Sono dunque ben diversi i risultati ottenuti coi due metodi; e, per quanto mi pare, i risultati, che si avrebbero applicando il metodo complicato qui esposto , do- vrebbero dare, di ciò che fu 1’ Europa nell’ epoca eocenica, un’ idea più esatta e più vicina al vero che quelli, a cui si giungerebbe col secondo metodo semplice esaminato in questo scritto. lo però posso essermi sbagliato, e taluno mi dirà forse che -ho male inteso il metodo recente, che ho criticato; ma a me sembra DEGLI ANTICHI CONTINENTI, 107 che Ie parole, con cui quel metodo fu esposto brevemente, e che ho più sopra riferite testualmente, e quelle altre parole e cifre, con cui l’autore ha applicato il suo metodo ai continenti boreali, non possano lasciare alcun dubbio sulle basi fondamentali di quel me- todo, e sulle intenzioni del suo autore relativamente al modo di applicarlo. Può anche darsi che 1’ autore stesso del nuovo metodo, qualora I’ avesse voluto sviluppare maggiormente, l avrebbe corretto, e sa- rebbe giunto agli stessi risultati, a cui sono arrivato io. Comunque sia, se con queste mie considerazioni avrò chiamato l’attenzione di qualche mio collega sopra l’ argomento che ho trat-- tato, e così ne avrò provocato un nuovo e più profondo e minuto esame, sarò contentissimo, perchè avrò raggiunto lo scopo, pel quale ho scritto queste pagine, che vorrei fossero presentate alla Società Italiana di scienze naturali, e pubblicate nei suoi Atti. Febbrajo, 1868. Seduta del 29 marzo 1868. La seduta è aperta colla lettura delle Notizie intorno ad alcuni minerali italiani inviate dal socio prof. Luigi Bombicci. Questa nota, illustrata da due tavole, verrà inserita negli Atte. Presentata la Memoria del prof. Federico Craveri: Os- servazioni meteorologiche fatte in Brà nel 1867 prece- dute da varie note sull’ enologia del nostro territorio, i soc] presenti non credono che si debba inserire negli At#, perchè versa su di un argomento quasi esclusivamente agricolo, e quindi affatto alieno dagli studj che formano lo scopo della Società. Decide però di ammettere la parte che tratta di meteorologia, qualora l’autore lo creda. Terminate le letture, è messa ai voti, seduta stante, la proposta del socio cav. dott. Antonio Garbiglietti perchè venga conferito il titolo di socio onorario al dott. GrusePPE BernARDO Davis, Presidente della Società antropologica di Londra. La proposta è accettata per acclamazione. E nominato socio effettivo il sig. LAZZoNI conte CARLO di Carrara, proposto dai socj Di Negro, Gargantini-Piatti e Marinoni. È accettata la domanda di cambio degli Atti coll’ Ac- cademia di Jena. Non essendovi altro a trattare, la seduta è sciolta. Il Vicesegretario C. MARINONI, Notizie intorno alcuni minerali italiani, pel prof. Lusi Bowricci. (Seduta del 29 marzo 41868.) BARETTITE di Traversella in Piemonte. — PLUMBALLOFANE di Sar- degna, — BARITO-CELESTINA del Bolognese. — ALLOCROITE dell'Elba. — CALCOSINA di Montecatini, — DOLOMITE del Bo- lognese. — BRUNISPATO c. s. — ARAGONITE di Cogne (Aosta, Piemonte), — CAOLINO del Bolognese, I. Barettite di Traversella, Insieme a molti e bellissimi minerali, raccolti nel gruppo delle Alpi Graje dal prof. M. Baretti, e da esso donati fino dal 1864 a questo Museo Mineralogico Bolognese, eravene uno che per la sua particolare apparenza e per certi speciali caratteri sembrò cosa nuova; venne perciò sottoposto ad uno studio dettagliato e se ne ottennero i risultati seguenti. Il minerale si presenta in massa tendente alla struttura cristallina, ma senza forme regolari determinabili. Vè predominante la strut- tura fibroso-raggiata; da tanti centri variabilmente distanti fra loro, in generale non oltre un centimetro, divergono fibre rettilinee, che tendono a costituire dei gruppi sferoidali ; il completamento di que- sti gruppi è impedito, come suol avvenire nelle strutture consimili, del reciproco loro incontrarsi (fig. 4, tav. Il). Rompendo il minerale mantengonsi nelle nuove superficie i rilievi e gl’incavi conici alternanti, abbastanza pronunciati e regolari per rendere elegante l’aspetto degli esemplari che se ne conseguono. l più minuti frammenti tendono a dividersi, se schiacciati, in fibre sottilissime e alquanto flessibili, come certe varietà di Ashesto, 410 L. BOMBICCI , LI Il colore è verde-pomo assai chiaro, nella frattura recente; la polvere è bianca, traente al perlato. Quel colore verde non tarda per altro ad ingiallire notevolmente per. l’azione dell’ aria; ciò che costituisce una proprietà particolare di questa sostanza. Verso la periferia delle disposizioni sferoidali delle fibre, sogliono poi mani- festarsi delle sottili zone di colorazione nerastra, concentriche e leg- germente sfumate. Il minerale è appena pellucido; peraltro, le fibre tenuissime, umettate ed osservate al microscopio, si presentano quasi diafane, sempre affatto irregolari. Il tatto è steatitoso; la durezza giunge a 2,3; il peso specifico è pure 2,5. Gli esemplari esaminati includono qua e là certi noduletti cristal- lini di magnetite, di un volume alquanto inferiore a quello di una comune nocciuola. In tubo chiuso, riscaldata la polvere del minerale fino al color rosso nascente, imbianca, svolge acqua, e traccie di gas solfoidrico. AI cannello è infusibile, calcinandosi lievemente; sciogliesi con rapidità nel borace colorando la perla in giallo a caldo, con passag- gio al verdastro durante il raffreddamento, riducendosi incolora a freddo. Nel sal di fosforo sciogliesi pure con facilità ed in copia; la perla a freddo, è leggermente opalina. La facilità colla quale il minerale cambia di colore, dal verde chiaro passando al giallastro bruno, fece dubitare che una piccola quantità di solfato idrato di monossido di ferro compenetrasse acci- dentalmente il minerale medesimo , dando luogo al fenomeno per la sua abituale conversione in solfato di sesquiossido. L'analisi segnala realmenie, come vedremo, oltre gli ossidi di ferro anche l’acido solforico, ma in semplici traccie; ed il minerale fatto bollire a lungo con acqua distillata, previa polverizzazione, non induce sensibilmente nel liquido la reazione caratteristica del solfato suddetto, L’ analisi venne intrapresa e compiuta dall’ egregio chiarissimo professore F. Sestini, dell’ Istituto tecnico di Forlì. Dai saggi qua- NOTIZIE INTORNO ALCUNI MINERALI ITALIANI, MAI litativi risultarono come componenti del minerale i corpi che ap- presso : Acido carbonico, mediocre quantità; a freddo svolgesi lentamente. » . sélicico, predomina sopra gli altri componenti. » solforico, traccie. » fosforico, traccie dubbie. Allumina, assai. Ferro, non quanto l’allumina; sembra in istato di monossido. Calce e Magnesia, in copia. A lcali, traccie dubbie, L'analisi quantitativa conduce alla seguente composizione cen- tesimale : COMPONENTI PSE: in peso TA RESARO OE DE RAR ro 30,956 SE ET AR DEEARRO NE EE FR OAIO TR, NIRO È DECIO) NIGRO lei DI 33, 665 Magnesia Me AR ARR I LERt 9, 960 Mponessido=«di; fetronirii: 9 A AVI, 7,A74 BM NRE 4,59% COLLA LI OI A e Fa 9,113 Mi patta 4,200 Acidi solforico e fosforico, alcali ecc... . . 6,341 In 400 molecole circa 29 » » BI. 14 ò i 14 Volendo desumerne qualche formula razionale per riportare questo complesso ad un qualche composto definito, è d’uopo prima di tutto ammettervi l'unione, qualunque essa sia, di composti differenti, sili- cati cioè, carbonati, traccie di solfati e fosfati, ed acqua d’ idratazione. . Riesce pertanto assai facile ripartire i varj componenti in maniera esatta e soddisfacente, supponendo che prevalga nel silicato in esame 4492 L. BOMBICCI, il tipo del Serpentino; e vi stieno subordinatamente i carbonati di radicali biatomici, particolarmente di magnesio e di ferro. E, diffatti, abbiamo 29 molecole d’acido silicico, e 141 di acido carbonico per 53 molecole di ossidi a radicale biatomico, ed una di allumina. Attribuendo una molecola di silice a questa di allumina ed | undici molecole di ossido alle undici di anidride carbonica, formando così del silicato neutro di allumina (tipo andalusite), e dei carbonati parimente neutri, restano 42 molecole di ossido e 28 molecole di silice, Ma 14 molecole di Serpentino della formula complessiva S12 | 7 II 07 R 5 restando trascurabili le traccie di altri componenti accessorj, indi- cate dall’ analisi. Trovasi perciò ragionevole considerare il minerale come composto di 14 molecole di serpentino per 414 dei carbonati di ferro, di ma- gnesia e di calce, una di allumina e 4 di acqua d’idratazione. Os- sia, in 100 parti in peso 46,6 Serpentino 56,6 Carbonati 3,5 Allumina silicata 13,5 Acqua 0,2 Sostanze indeterminate, ecc. 100,0. Bisogna adesso osservare che la formula complessiva del Serpen- tino deriva dalla somma delle formule del Peridoto e del Pirosseno, essendo dato il Serpentino stesso dall’associazione poligenica delle NOTIZIE INTORNO ALCUNI MINERALI ITALIANI. 1415 particelle fisiche di queste due specie minerali, nel rapporto di 41:41, il più semplice e facile ad avverarsi; PA Si . Peridoto % 045+ Pi 093 an | R3 RIO) (O I I Serpentino } 7 Rs Resterebbe quindi a sapersi quale sia la vera intima natura di quelle particelle peridotiche e pirosseniche componenti, rispetto ai loro radicali metallici; senza dubbio è forza ricorrere alle analogie e giudicare dietro la guida d’un raziocinio anzichè di una diretta osservazione, impossibile ad instituirsi. I Peridoti ed i Pirosseni sono frequentemente più ricchi in ma- gnesio ed in ferro di quello che in calcio; tuttavia, la Latrachite, la Monticellite, la /7 ollastonite, ecc., danno esempj di tipi peridotici e pirossenici, nei quali quest’ultimo metallo prevale assolutamente, in seguito alla natura del loro speciale giacimento. L° analisi, d’altra parte, conduce per la calce, la magnesia ed il ferro. a delle cifre che stanno fra loro come i numeri 7:3:4; ed è perciò verosimile che domini la calce nel gruppo dei silicati, anzichè in quello dei carbonati, nel minerale in quistione; tanto più che sotto l’azione degli acidi, esso minerale produce debolissima effervescenza. Si può pertanto concludere che questo nuovo minerale è un Ser- pentino calcare, cristallino, misto a carbonati di radicali biatomici ( calcio, magnesio e ferro), ed a piccola dose di silicato di allumina con acqua d’idratazione. Quest’ acqua d’idratazione sarebbe per verità troppo poca per un Serpentino del tipo comune, magnesiano; ma oltre al fatto della maggiore tendenza che offrono ad idratarsi i silicati magnesiani ri- spetto ai calcariferi, si ha quello dell’aggiunta nel nostro Serpentino di altri corpi accessorii, i quali potrebbero supplire in gran parte all'ufficio essenzialmente fisico che 1’ acqua adempie negli equilibrj molecolari cristallogenici dei composti idratati. Vol, XI. 8 1414 ELA 1 14:17 “BOMB cal Proviene il minerale dalla celebre miniera di Traversella, nella provincia d’Ivrea. Il suo giacimento sembra connesso ivi colle ser- pentine che formano una delle varie zone di roccie metamorfiche, includenti le grandi masse di ferro magnetico. Non aderisce al pezzo alcuna altra sostanza, oltre i noduli di Magnetite, e l'opinione adesso avanzata dipende soltanto dalla natura propria del minerale, Nel proporre per esso, il nome di Zarettite, ebbesi in vista non solo il distinto merito del giovane professore M. Baretti, già noto per im- portanti lavori sulla geologia delle Alpi Graje, sui ghiacciaj, ecc.; quanto la circostanza già incidentemente avvertita che egli lo racco- glieva, e ne faceva generoso donativo al Museo Mineralogico della Bologntse Università. - ha IL Plumballofane di Sardegna. Il nuovo minerale del quale segue la descrizione trovavasi fra quelli per l’addietro inviati in cambio dal Gabinetto Mineralogico dell’ Università di Cagliari in Sardegna a quello dell’ Università di Bologna. Proviene dalla miniera di Monte-Vecchio nella provincia d’ Iglesias, e costituisce, negli esemplari studiati, sia delle masse iso- late, sia dei rivestimenti alla superficie di un pezzo di galena lamel- lare, compenetrata di Marcasita, con vacui irregolari e sensibile alterazione. : Le masse isolate (due), che di esso minerale sì ricevettero non oltrepassano sei centimetri di lunghezza, quattro di larghezza, due di spessore; sono composte dall’aggregazione di piccoli cilindretti, del diametro medio di due millimetri, la cui varia lunghezza è suberdi- nata alla dimensione e figura del pezzo nel quale si osservano. Ade- riscono fra loro poco tenacemente e riproducono col loro insieme, a parte il colore e guardati all’ ingrosso, l'aspetto di certe produzioni stalattitiche frequenti nella Limonite, nella Gibbsite e negli vie, idrati di Manganese (fig. 2). I La superficie dei cilindretti è scabra, quasi granulare; la parte NOTIZIE INTORNO ALCUNI MINERALI ITALIANI, 115 assile ne è diafana, di apparenza vetrosa, assai omogenea, tranne piccole ed irregolari screpolature accompagnate talora da lievi iri- descenze; fra la parte assile, limpida, e la superficiale, scabra, tu- bercolosa, quasi opaca, vedesi, mercé sezioni trasversali, una strut- tura concentrica. Attentamente osservati quei cilindretti , rivelano dovuta la loro superficiale scabrosità ad un principio d’ alterazione per disidrata- zione progressiva. Il colore ne è giallo lionato, ed è bianca la pol- vere che facilissimamente se ne ottiene colla triturazione. Nei rivestimenti sul pezzo di minerale con galena, si vedono pure i medesimi cilindretti, dotati di uguali caratteri; sono impiantati obliquamente sulla superficie cui aderiscono, ma paralellamente fra loro; fragilissimi quali essi sono, vedonsi per la maggior parte in- franti e ridotti a pochi millimetri di lunghezza, La sostanza che gli riunisce alla galena forma un tenue intonaco biancastro, è amorfa, e sembra della stessa natura dei cilindretti. - Il minerale presenta gli appresso caratteri: Peso specifico = 41,908, Durezza = 2,5. Rifrazione semplice. Lucentezza vitrea-resinoide. Frattura ineguale, talvolta concoide nella parte interna, assile. Inodora. Insolubile nell’acqua. Al cannello è infusibile; si disgrega, annerisce alquanto, svol- gendo vapore acqueo, quindi diviene bianca ed opaca. In tubo chiuso svolge acqua e diviene più fragile; non colora il vetro di borace nè quello di sale di fosforo. È solubile nell’acido solforico, a caldo, e lo è pure nell’ acido azotico concentrato. L'analisi chimica venne gentilmente compiuta dal sullodato pro- fessore di chimica, Sestini. Egli partecipava in proposito i risultati che seguono: Il minerale è attaccato assai bene dall’gcido cloro-idrico, mercè 4116 i L. BOMBICCI, prolungata ebullizione. L’ acido colorasi in giallognolo, e lascia in: dietro una materia d’apparenza gelatinosa, solubile nella liscivia concentrata di potassa caustica, e facile a riconoscersi per silice, La. soluzione cloridrica produce coll’ ammoniaca un abbondante precipi- tato gelatinoso, solubile per la massima parte nella potassa. Si colora in azzurro col ferro-cianuro di potassio. Precipita col molibdato d’am- moniaca, coll’ acido tartrico ed il cloruro di magnesio ammoniacale; lascia deporre una sostanza bianca cristallina, Il liquido ottenuto filtrando la soluzione dalia quale si è tolto il precipitato operato coll’ ammoniaca, precipita ancora con. ossalato d’ammoniaca; e dopo averlo di nuovo filtrato, torna a precipitare con fosfato sodico ammoniacale, formandosi nel primo caso, ossalato di calce, e nel secondo, fosfato d’ammoniaca e di magnesia, L’acido azotico, attacca il minerale polverizzato ancor meglio del- l'acido cloroidrico; ma per togliergli affatto tutte Je materie solubili negli acidi, bisogna prolungare l’ebullizione per quasi un giorno. La soluzione, allungata con molta acqua, imbrunisce se attraversata dal gas sulfoidrico, e depone in seguito pochi fiocchetti d’ una materia nera, solubile nell’acido azotico bollente, e fornita dei caratteri del solfuro di piombo. Parte di questa soluzione allungata, dopo l'aggiunta di carbonato d’ammoniaca, in copia, fu filtrata e trattata con barite, ed in seguito sottoposta alla ricerca degli alcali, dei quali non si scoprirono che traccie. Deducesi da quest’ analisi qualitativa che i componenti del mine- rale sono: acqua, silice, albumina, ferro, acido fosforico, calce, magnesia, piombo, traccie di alcali e di materie organiche. Instituitane l’analisi quantitativa, il prof. Sestini ne compendiava il risultato nella seguente forma: Angoli cio. dii air a Pf FOSSORIDO, a e i ati So ADE Alluniina fi it) O a o VOS E Da riportarsi: ..., . 59,52 NOTIZIE INTORNO ALCUNI MINERALI ITALIANI, 117 100 "LICEI | ‘i iporto;iti:5p i.5B9 34 Sesquiossido di ferro. «i 0. ear 10, BETRIBI VR SRO gi I I Magnesia Alcali Ossido di piombo Perdite, ecc. Acqua perduta a 120° — 18,03 | Sg. See Id. al calor rosso, ecc. = 47,24 x 100, 00 Abbiamo dunque un silicato idratato di allumina ; con sostanze ‘ac- cessorie, quali il fosfato di calce e le traccie d’ ossido di piombo, di magnesia e di materie organiche. Paragonando il relativo prospetto d’analisi con quello degli altri silicati alluminosi idratati, si riconosce che avvicinasi grandemente al gruppo degli Allofani, non tanto per la natura chimica, quanto per le fisiche proprietà. Ciò può verificarsi dando uno sguardo al seguente prospetto: 4 Ossidi varj 2,54 | (di rame) 2,33 | (Carb. dirame) 3,58. { (Ossidodirame) 0,95 | MINERALE ALLOFANE ALLOFANE ALLOFANE | | di Montevecchio di Gersbach di Grafenthal di Terni | | (Anal. di Sestini) j(An. di Walchner)] (An. di Stromeyer) (An. di Guillemin) | aLe ce Ri 24, AA ORE Ce, ATI STA Allumina 32,92 | ..... MS A e ii a A) Man Lo 85,75] 0. TASTI 35,74 - ECC. CCC. ece. ecc... © LI dal quale, considerando soltanto nella composizione normale. delle sostanze analizzate la presenza della silice, dell’allumina e dell’acqua; 148 L. BOMBICCI, si deduce per i quattro composti la stessa formula del monosilicato idratato di allumina Lil Si VI 0°+6H? 0, (A12) . Ne segue, che in conformità dell'idea espressa anche dal profes- sore Sestini, il minerale può considerarsi come una semplice varietà di Allofane; sarebbesi costituito posteriormente all’ origine dei filoni plumbiferi, nella miniera di Montevecchio; ed includerebbe, come sostanze accessorie, accidentali, inquinanti, il fosfato di calce, gli ossidi di piombo, di ferro e di magnesio, e qualche sostanza organica. Differirebbe, infine, dagli Allofani meglio definiti per contenere trac- cie di piombo anzichè di rame, in correlazione col suo proprio gia- cimento e colla sua contiguità al piombo solforato, sul quale vedesi talvolta applicato direttamente. II. Barito-celestina del Rio-maledetto. Il ch. prof. G. Bianconi trasmetteva al Gabinetto Mineralogico di questa Università gli esemplari del minerale di cui seguono alcuni dettagli. Egli trovava e raccoglieva questi esemplari in una delle sue escursioni geologiche che diedero poi argomento alle due note, in- serite l’una nel Sull. de la Soc. géol. de France, 1866: Sur une période de la mer éocène, e l’altra negli Atti della Soc. Ital. di Scienze Naturali, Vol. X: Intorno al giacimento delle Fuciti. I minerale è litoideo; vedesi bianco in massa, con lieve tendenza al celestrognolo; è translucido, se in piccoli frammenti; diafano, se in lamelle tenuissime. La lucentezza ne è quasi madreperlacea, La durezza varia da 3 a 3,3; il peso specifico delle porzioni più pure ed omogenee sale a 3,92, La straftura ne è fibro-lamellare, radiata; vale a dire, vedonsi di- NOTIZIE INTORNO ALCUNI MINERALI ITALIANI. 419 vergere da più centri degli allineamenti lamellari, più o meno: sot: tili e rettilinei, di variabile lunghezza (da pochi millimetri a 6 cen- timetri negli esemplari studiati), nei quali dall'aspetto decisamente fibroso si passa a quello ben più frequente di lamelle SILA a ghe fino a tre millimetri (fig. 46). Friabilissimo, colla semplice pressione delle dita se ne stritolano?i i frammenti, ottenendone lamelle tenuissime ed irregolari, le quali però, esaminate col microscopio, sogliono mostrarsi percorse in due costanti direzioni da traccie di sfaldatura, sensibilmente equidistanti e normali alla superficie delle laminette. Anche nelle masse fibro- lamellari, superficialmente guardate, può riconoscersi 1’ esistenza di tali sfaldature. | Al dardo del cannello si riduce opaco, e sembra perciò imbian- carsi; splende di viva luce, si calcina rapidamente producendo mi- nimi rigonfiamenti con tubercoletti do ma non dà che traccie incerte di vera fusione. Talvolta sembra impartire alla fiamma una tendenza al colore verdognolo e talvolta al rossastro; si scioglie facilmente nel carbo- nato di soda, dando una perla SARE: a wu quasi opaca, bianca- stra a freddo. È insolubile, ed è inattaccabile dagli acidi ‘e dall’ acqua regia; solo disgregandolo per mezzo della fusione ignea,..con eccesso di carbo- nato di soda puro, si può ottenerne la dissoluzione e farne l’analisi. Riscaldato a circa 400°, nella capsula di platino, aa 0,4 Der cento, di acqua interposta. La sua composizione risulta da un aggregato festogaiiiuiendi mi- scuglio meccanico), di solfato di Barite e di solfato di Aia con traccie di calce ed acqua d’ interposizione. bo | Questa natura complessa, la cui determinazione quantitativa non venne fin ora compiuta perchè delicata, assai difficile e d'altronde poco necessaria, rende conto della struttura imperfettamente cristal- lina, della facile disgregazione, e si connette colla presenza della Celestina ‘e della Baritina nei terreni consimili di non lontane re- gioni (Romagne, Modenese, Vicentino, ecc.), oltre la! Barite: solfata, in glebe, dei contorni di Bologna, nelle argille scagliose. Può’ frat- 120 L. BOMBICCI , 7 tanto affermarsi che nel minerale di cul si tratta prevale il solfato di Stronziana sopra quello di Barite, almeno nei saggi analizzati. Merita essere avvertito, che le masse fibro-lamellari di questo stesso minerale sono pressochè identiche con quelle di Celestina di Seisser- Alpe nel Tirolo, le quali sembrano provenire da un analogo: modo di giacimento. 3 | Evidentemente il solfato di Stronziana e di Barite degli esemplari bolognesi, corrisponde al così detto Barito-Solfato di Stronziana di Thompson 0 Larito-Celestina di Dana; le quali denominazioni sono più che bastevoli per una sostanza minerale nella quale potrebbe riconoscersi una vera associazione poligenica, e quindi un significato individuale, sol quando i suoi caratteri fisici e strutturali, offrissero sufficienté costanza negli esemplari di differenti località. Giace il minerale nelle roccie del Rio maledetto, verso il confine modenese, sotto forma di concentrazioni o nuclei , appiattiti general- mente, ma indefiniti nei loro contorni, stretti e come compressi, fra gli strati marnosi e calcari della grande formazione. eocenica. Presentano, sopra pochi decimetri di larghezza, tre o quattro cen- timetri di spessore. Le roccie nelle quali trovasi questa Barito-Celestina, appartengono, come si è detto, alla formazione eocenica, tanto bene sviluppata in quella località, e composta dalle alternanze continue di. strati di cal- care a fucoidi, di marne e di macigno. Il minerale è collocato fra questi strati, perchè insinuatovi dalle acque, che d’indole quasi geyseriana, agirono tanto largamente all’intorno, entro alle argille scagliose, deponendovi le svariate sostanze che oggidi vi si raccolgono cristallizzate, quali la Baritina, l’Aragonite, la Dolomia, il ferro sol- forato ed il quarzo manganesifero. IV. 7 Allocroite dell'Isola d’Elba. Proviene dall’isola d’Elba (secondo un piccolo cartellino mano- scritto, precisamente dal paese di Campo, celebre per le stupende NOTIZIE INTORNO ALCUNI MINERALI ITALIANI. 4124 cristallizzazioni offertevi dal granito tormalinifero), una bella roccia, che a prima vista si direbbe una Eufotide a grossi elementi, poichè in una massa quasi compatta, o imperfettamente lamellare, verdo- gnola, variegata, con aree gialliccie, finamente granulari, stanno sparsi dei gruppi cristallini di Diallagio fibro-lamellare, verde cupo e sensibilmente alterato. | | L’esemplare, che di una tal roccia venne preso in esame, era stato giudicato come una bella varietà di Pérosc lerite, sostanza proveniente dall’associazione poligenica di una molecola di tipo ZDelessite con una di tipo Scoria peridotica, e che insieme alla Conicrite (differente daila Pirosclerite solo per una molecola in più di Delessite), fa parte di certe Eufotidi nella regione centrale e settenirionale dell’isola. Meglio studiato, si è riconosciuto che la sostanza verde, quasi com- patta, o scarsamente lamellare, translucida, variegata, è vera Al/o- Croîte. specie di granato in massa, frequente nel Zillerthall, donde ne derivano esemplari di varia colorazione. La sostanza gialliccia, traente all'incarnato, granulare o finamente cristallina è parimente una varietà di granato, la quale offre un passaggio graduato fra l’Allocroite verde ed il bellissimo Granato ottaedrico, che, quasi esclusivo dell’isola d'Elba, venne descritto nel 1860. (Sul granato ottaedrico dell’isola d'Elba. Nota del dott. L. Bombicci. /Vuovo Ci- mento, vol. Xi, 1.° semestre.) L’Allocroite verde dell’ isola d’ Elba offre i seguenti caratteri, d'altronde identici a quelli della più bella varietà tirolese: du- rezza="7; peso specifico= 3,43. Frattura scagliosa, con tendenza alla divisione in piani reciprocamente inclinati di circa 120°. — Lucen- tezza resinoide, localmente traente alla vitrea ; translucidità pressochè uniforme. Al cannello si fonde con grandissima facilità, ribollendo , irradiando viva luce, e riducendosi in perle di vetro assai limpido, incoloro o verdastro; col borace dà la reazione del ferro, scioglien- dosi poi facilmente nel sale fuso ad elevata temperatura. Alcuni esemplari di quella specie di Omfacite sulla quale stanno ì rivestimenti cristallini di granato ottaedrico, presentano nella parte ‘ interna e compatta una decisa somiglianza con questa roccia ad Allocroite; e le piccole masse granulari del granato medesimo vi si 122 | L. BOMBICCI, riconoscono identiche colla materia granulare giallo chiara, 0 carni- cina, che accompagna l’Allocroite stessa. Sembrami perciò dimostrato, non solo la presenza della varietà di granato verdastro e amorfo, detto Allocroite, nelle roccie cristalline dell’isola d’Elba, connesse. colle emersioni Ronin ma benanche la corsie iondi di talune fra queste roccie con altre dello Zillerthall (Tirolo), dove la varietà giallastro chiara, riproduce tutti i caratteri del granato ottaedrico Elbano, meno quello della cristallizzazione ; se questa potè stabilirsi all’Elba, mentre fu impedita altrove per lo stesso minerale, ciò di. pende dell’essersi avverate in quell’isola condizioni relative affatto speciali ed eccezionalissime, come lo dimostra la forma ottaedrica eccessivamente rara nel granato ed ivi conseguita da esso; la quale suppongo non siasi ancora verificata per questa bella specie in altri giacimenti conosciuti. Va Calcosina cristallizzata nell’Erubescite della miniera di Montecatini, prov. di Volterra. Sopra un pezzo assai voluminoso di Erubescite, mista a forte pro- porzione di Calcopirite, che vi s’ insinua in forma di miscuglio gros- solano e di venule serpeggianti, venne fatto di osservare dei cristal- lini microscopici, di color grigio cupo, aventi lucentezza metallica, impiantati in vario modo sulla massa di minerale cuprifero. Avver- tite poi, in questa massa, certe tenui screpolature che vi rappresen- tano quasi l’incompleto risaldarsi di frammenti, operati da pressioni «subite dal minerale già solidificato, si cercarono e si rinvennero en- tro di esse altri e migliori cristallini, dei quali i più ragguardevoli non oltrepassano due millimetri nella massima dimensione. Alcuni stanno come aggregati ed inclusi in una materia nera, amorfa, friabile, composta essenzialmente da solfuro di rame. L’ana- lisi chimica, instituita dal ch. prof. cav. E. Bechi, sopra alcuni di quei cristallini li dimostrò costituiti da purissimo solfuro di rame, NOTIZIE INTORNO ALCUNI MINERALI ITALIANI 123 rispondenti cioè alla specie minerale chiamata Calcosina. Questa si trova, come è noto, amorfa, sia in noduli distinti e ricoperti di gab- bro steatitoso, sia mescolata all’Erubescite ed alla Calcopirite nella miniera di Montecatini, presso Volterra, donde proviene il saggio preso in esame. La forma geometrica di questi bei cristallini di Calcosina è rap- presentata dalle fig. 3, 4, 5 e 6, tav. II, dalle quali si rileva che al- cuni sono semplici, altri geminati; che nei semplici prevalgono le faccie prismatiche J, le seconde laterali g!, le rombottaedriche 6, e quelle di un prisma orizzontale e! ; le faccie M e 9g! sono molto striate; le rombottaedriche g', molto nitide e lucenti; molti di questi cristallini semplici sono grandemente allungati, quasi acicolari (fig. 4). I geminati lo sono ordinariamente secondo un piano parallelo alle faccie e! (fig. 6); sono alquanto confusi e difficilissimi a determinarsi con sicurezza. è VI. Cristalli di Dolomite del monte Cavaloro presso Riola nella provincia Bolognese. Nella provincia Bolognese non si trovarono ancora, per quanto sappia, specie minerali nuove; tali cioè, da potersi considerare dif- ferenti dalle altre conosciute, tanto per la chimica composizione, quanto per la forma cristallina. Mancandovi i giacimenti regolari metalliferi, le sostanze minerali del Bolognese si riducono ad una serie non molto numerosa, nella quale le materie così dette litoidi prevalgono in assoluta maniera. Ciò nonostante il mineralogista, coordinando lo studio di quelle sostanze alle considerazioni sull’origine che ebbero, e sul giacimento che occupano, trova campo ben vasto d’importanti e difficili ricerche. Ed infatti, quasi a compenso per la poca varietà nei non rari pro- dotti minerali della nominata provincia, natura impartì loro certi speciali e locali caratteri; dando così nuova conferma al fatto gene- rale della reciproca somiglianza di abito esteriore nei diversi pro- 124 L. BOMBICCI , dotti di un dato giacimento, ovvero dell’ esclusivo sviluppo di qualche. notevole particolarità nei medesimi, Di questo fatto trovasi facilmente ragione ricordando come nella genesi delle specie minerali, intervengano non solo le forze fisico- chimiche inerenti alla materia donde risultano, ma vi esercitino. ben- anche possente influenza le condizioni esteriori, quelle a modo di esempio, di spazio, di temperatura e di pressione, la natura dei pro- dotti di formazione contemporanea e la qualità dei terreni. Nella provincia bolognese i fenomeni d’emersione di roccie idro- plutoniche offrirono sempre un alto interesse in ragione del grande sviluppo che insieme alla formazione delle Serpentine vi assunse quella delle argille scagliose, notissima per bella serie di pregevoli studj e di relative pubblicazioni per ODERA di preclari geologi e na- turalisti. Giovami richiamare un fatto assai notevole e notato, o fido. dalle argille scagliose del territorio di Bologna; vale a dire, la varietà di composizione e la generale somiglianza di forma, nei minerali che vi s'includono, in causa dell’analogo meccanismo di loro concreta- mento. Quasi tutti i prodotti della formazione argillosa appalesano la tendenza a conformarsi in glebe attondate od arnioni a struttura fibroso-raggiata, in masse discoidi, lenticolari; amigdaloidi, in con- crezioni a strati concentrici, ecc. La famosa Baritina di Monte Pa- derno e l’Aragonite che vi s' accompagna; il Quarzo fibroso, manga- nesifero, la Manganite reniforme, incrostante ciottoli di Alberese; le Piriti globose e calcitrapoidi, l’Alabastro gessoso in grumi ed amig- dale ; le Aragoniti in iscodellette o imbutiformi; le pietre geometri- che e le septarie; le glebe marnose geodiche, alcune Agate, ecc., ne danno esempj variati e sommamente instruttivi., benissimo de- scritti sotto differenti punti di vista anche dal chiar. prof. Bianconi, che nel catalogo ragionato della collezione geognostica dell’Apennino Bolognese, in seguito ai cenni storici sugli studj della paleontologia e della geologia in Bologna, ne riassumeva alcune particolarità. Altri giacimenti, oltre quello. delle argille scagliose, offrono nel Bolognese certe specie minerali, improntate, direi quasi, di un ca- rattere locale, comecchè dipendente dalla natura propria del loro NOTIZIE INTORNO ALCUNI MINERALI ITALIANI» 4928, giacimento. Nel macigno di Porretta si trova abbondante il quarzo in cristalli completi, o in gruppi regolari, pure completi, degni delle più accurate indagini per tante e tante particolarità della loro cri- stallizzazione, oltre le frequenti e bellissime tremie, le interposizioni di veli paralleli d’argilla ocracea, le stranissime distorsioni, i rilievi lanceolari sopra certe faccie, ecc., talchè se ne hanno già due stud} monografici preliminari. Ed intanto si può avvertire che, in certi luoghi della grande formazione del macigno porrettano, laddove, per esempio, venne perforata la galleria ferroviaria detta del Ponte della Madonna, i cristalli di quarzo sono, direi quasi, abitualmente aeroi- dri; e perciò divenne agevole riunirne una copiosa collezione nel Museo mineralogico della Bolognese Università, la qual collezione può prestarsi benissimo ad un completo studio monografico del quarzo di Porretta. Altrove, ma non lungi, vediamo i cristalli di quarzo ve- stire la disposizione singolare che chiamai cuneiforme asimetrica in quantochè l’ estensione prevalente di due faccie opposte, in ciascuna delle due piramidi, generatrice di un cuneo a spigolo orizzontale, si avvera sopra coppie di faccie non opposte nelle due piramidi, ma reciprocamente orientate a 60°; altrove, sono copiosissimi i cristalli di quarzo, in ciascuno dei quali una sola faccia ed in una sola pira- mide, consegue ampio sviluppo. A Vaglia, nel versante toscano del- l'Apennino, poco distante dalla Futa, in un'arenaria calcare grigia-. stra, si vedono bei romboedri primitivi di Caleite (R:£=105,54), i quali. a Cà-di-Batista, sopra Porretta, assumono una estesa faccia ba- sale; e così di seguito. Sembrami perciò interessante confermare il. significato di queste osservazioni facendo conoscere le forme e le distorsioni che assumono abitualmente i cristalli di dolomite di certe oficalci del Bolognese e delle roccie calcari che vi si trovarono in contatto. In varie località interessate da emersioni ofiolitiche, ma sopratutto al monte detto. Caraloro, ove sorge un cono serpentinoso con una bellissima Oligoclasite, si trovano questi cristalli di carbonato cal- care dolomitico. Essi generalmente si annidano entro le piccole geodi di quei fi- loncelli calcari che serpeggiano nelle Oficalci; ma al monte Cavaloro 126 L. BOMBICCIy particolarmente tappezzano le spaccature di un calcare arenaceo in parte argilloso, di colore grigio cupo, a minuti elementi, reso quasi brecciforme da vene spatiche bianche e giallastre, che vi s’ interse- cano. Queste vene, evidentemente costituitesi per un infiltramento. calcarifero, successivo ad un fratturarsi della massa, ne cementarono , i frammenti, talvolta in modo completo, riempiendo del tutto le fen-: diture, talvolta incompletamente, lasciando qua e là dei vacui, le cui, superficie sono appunto rivestite dalle velature calcari cristalline, ed. ingemmate di maggiori cristalli (fig. 7, tav. III). Questi cristalli, che sogliono aderire alla ganga per una faccietta omologa. e tanto leggermente da potersi spesso isolare con facilità, sono incolori, limpidi assai, abbenchè uma finissima e superficiale sa- grinatura ne diminuisca la trasparenza possibile ; spettano poi a due principali tipi di forme geometriche. Nel 4.° tipo, rappresentato nella sua più regolare condizione dalla fig. 41 (Tav. III), prevale la forma del romboedro primitivo, con ge- minazione o trasposizione. Nel 2.° tipo, offerto dalle fig. 8 e 10(Tav. Il), predomina la forma della scalenoedro, con o senza trasposizione.; Ma i cristalli più copiosi, quelli che caratterizzano, in certo modo, il giacimento e la ubicazione loro, presentano la combinazione dello, scalenoedro col romboedro primitivo, con trasposizione o gemina- zione in un piano normale all’asse principale, con minimo sviluppo di una metà delle faccie scalenoedriche rispetto all’altra metà, e. con prevalente sviluppo di due faccie opposte del romboedro, che vale a rendere quasi tubulari i cristalli, o di forma irregolarmente prismatica (fig. 12, 15 e 44, Tav, III). È superfluo insistere sopra il valore puramente geometrico di quella tendenza alla tetartoedria delle faccie scalenoedriche, affatto, indipendente dalle condizioni strutturali, cui soltanto spetta il criterio, dell’ emiedria propriamente detta. Le fig. 8, 9 e 415 (Tav. Ill), rappresentano i casi più rari delle, forme conseguite dal carbonato romboedrico del monte Cavaloro. Qualche saggio chimico praticato nel carbonato medesimo, ha se- gnalato nella sua composizione, oltre la calce o la magnesia, ancora l’ossido di ferro e traccie di manganese, NEU TREE IE | Re PIO PA Ar O I CRAPGNTt: Se CI ONERE] NOTIZIE INTORNO ALCUNI MINERALI ITALIANI, 127 VII. Brunispato (Brennerite) di Lizzo (provincia di Bologna). Il Brunispato di Lizzo , località poco distante da Porretta, ma sulla riva destra del Reno, e notevole fra molte altre della provincia bolognese per la varietà dei minerali, generalmente cristallizzati, che vi accompagnano le Serpentine e le Eufotidi, si presenta in bei filoncelli di vario spessore (fino a 8 centimetri), nei quali la dispo- sizione fibro-bacillare del minerale, mostra la consueta perpendico- larità rispetto ai piani della roccia incassante. 1 cristalli bacillari offrono, in qualche caso, superficie piane assai estese, abbenchè allungate, e vi si notano i clivaggi conducenti alla loro forma primitiva. Questa è un romboedro il cui valore angolare sembra vicinissimo a 106°; ma non si potè rigorosamente determi- nare perchè le faccie di sfaldatura, corrispondenti a quelle della zona distorta per allungamento, restano sempre scabre o striate. N minerale è quasi incoloro o bianco, translucido nelle parti più pure ed interne, sottratte quindi all’azione degli agenti esteriori. Diviene giallastro e bruno alla superficie, talvolta con una certa uniformità, più spesso per macchiette irregolari ed irregolarmente distribuite. Contiene copia di carbonato di ferro, il quale vi si trova in as- sociazione poligenica con i carbonati suoi omeomorfi di calcio e di magnesio. Quello che vi è di più notevole in questo minerale, in relazione col suo giacimento, è la sua connessione con una varietà di steatite, di color verde cupo volgente al nero. Questa steatite assai omogenea, fibrosa alla superficie, scagliosa nella frattura, forma in gran parte gli strati direttamente incassanti quelli del Brunispato; nelle regioni di contatto vedesi quest'ultimo insinuarvisi con tenui venuzze pressochè parallele ; ma la stealite, alla sua volta, va interponendosi agli elementi bacillari del carbonato 128 L. BOMBICCI, ferrifero, quasi infiltrandovisi ed assumendone la disposizione domi- nante. Non di raro essa penetra fino alle parti più addentrate, di- sponendovisi in singolari allineamenti di piccole masse, paralleli ai piani dello strato complessivo; queste piceole masse sogliono essere tutte dilatate da una parte ed acuminate dall'altra (fig. 7, tav. 1), e, negli esemplari dove sono più scarse di numero, sono più attondate e voluminose. Ne consegue, che a Lizzo trovasi in copia una varietà bacillare o) cristallina di Brunispato, la quale, in forma di straterelli, alterna colla steatite di contemporanea formazione, e dipendente dalle emer- sioni serpentinose ; nello stesso modo col quale, ivi ed altrove, ve- donsi alternanti colla steatite medesima l’aragonite, il quarzo fibroso o bacillare, e potrebbe dirsi altresì, sotto un certo aspetto, il Griso- tilo, l’Asbesto, e l’Amianto propriamente detto. È da sperarsi vicino il momento in cui queste cometa di struttura per analogia di giacimento, verificate in minerali così sva- riati, subordinati alle roccie magnesiane ofiolitiche, valgano a rischia- rare il vero modo d'azione chimica e dinamica delle acque cariche d’acido carbonico e di carbonati solubili, o d’acido silicico e di sili» cati idratati; a palesare le condizioni per le quali la silice sostituisce l’acqua nella sua funzione di completamento delle particelle fisiche cristalline, per indurvi simetria e stabilità d’ equilibrio; sà a con: durre così a qualche importante generalizzazione, VII. Aragonite sul ferro magnetico nella miniera di Cogne (prov. di Aosta). Fra i minerali donati dal prof. M. Baretti al Museo Mineralogico di Bologna, erano varj esemplari del ferro magnetico della miniera di Cogne (provincia d'Aosta, al N. del gruppo del Gran Paradiso), alcuni quasi compatti o finamente granulari, altri frammentati e quasi brecciformi, essendone stati rilegati i pezzi da un cemento calcare. In questi ultimi, accompagnati da calcopirite amorfa, sono frequen- a NOTIZIE INTORNO ALCUNI MINERALI ITALIANI. 129 tissimi i vacui e le screpolature. Nelle maggiori cavità si annidano elegantissimi gruppetti di cristalli acicolari, bianchi o lionati, che divergendo a guisa di raggi compongono eleganti sistemi sferoidali, rimanendo per altro isolati e distinti per la maggior parte della loro lunghezza; questa raramente oltrepassa tre o quattro millimetri, I singoli aghetti cristallini terminano con punta quasi acuta; sono multipli verso la base, indeterminabili nella loro poliedria geome- trica. Incolori internamente, sono colorati all’ esterno in giallo-dorato, con palese disposizione a splendide iridescenze; sono diafani, assai tenaci, ma si spezzano anzichè flettersi. 1 gruppi che ne risultano vestono le cavità secondandone le ineguaglianze e compenetrandosi reciprocamente. Sono di carbonato calcare con traccie di carbonato di ferro; spet- tano alla specie Aragonite. Nelle screpolature invece, ed in continuazione delle geodi , sopra un tenuissimo velo d’alterazione, sono disseminati dei microscopici cristallini in forma di romboedri, geminati alcuni, altri selliformi per la curvatura delle loro facciette. Sono abitualmente iridescenti, ed i più isolati si offrono di notevole regolarità. Spettano al genere dei carbonati romboedrici, alla specie Siderose, alla var. Mesitina. L’Aragonite sopra indicata riprodurrebbe così, sul ferro magnetico di Cogne, il fatto notissimo della varietà detta //os-ferrî, che con abito coralloide produce nelle miniere della Stiria, di Framont, ecc., le incrostazioni che quasi in ogni raccolta si vedono rappresentate. Merita pertanto osservazione la riunione e contiguità dei due carbo- nati, i quali di analoga composizione sono così distinti per dimorfismo. Ciò starebbe a provare viemaggiormente che la ragione di questo dimorfismo non implica, nel carbonato calcare, differenze considere- voli di temperatura; ma che può benissimo risiedere sia nella durata del tempo che presiede alla formazione dei cristalli, sia nella quan- tità di materia che vi concorre. Infatti, mentre i gruppi acicolari radiati di Aragonite rappresentano il prodotto più abbondante della cristallizzazione del minerale in copia, i cristalli di Mesitina rappre- senterebbero quello delle poche particelle, diffuse negli ultimi veli Vol. XI. 9 CO 150 i - LL. BOMBICCI , della dissoluzione calcarifera, dalla quale vennero bagnati i pezzi del ferro magnetico nella nominata miniera. Sembra altresì. che le fratture e lo stato brecciforme, pervengano ivi fino ‘alle parti più interne dell’ enorme nucleo ferreo., nel quale la miniera stessa è praticata; non vi pervennero però le infiltrazioni calcarifere, o non vi lasciarono traccie evidenti del loro passaggio. Le masse più com- patte del ferro “di Cogne, presentano alla superficie di quelle tenui fissure che le dividono, semplici traccie di alterazione del minare metallico, rivelate spesso da svariate iridescenze. | IX. Caolino della Eufotide decomposta di Bisàno nella provincia Bolognese. Venne gentilmente compiuta dal ch. prof. E. Bechi 1’ analisi di una varietà di Caolino, risultante dalla decomposizione del minerale fel- dispatico (probabilmente Oligoclasio), di una Eufotide, già a grandi elementi, raccolta presso la miniera cuprifera di Bisano, situata pressa l'origine del torrente Idice, nella provincia di Bologna: Dall'analisi, espressa dalle cifre più sotto riportate, risulta che in 100 molecole di Caolino bruto, ne sono: N.° delle molecole in 100 parti. Quantità in peso per 100 parti... 52 di Silice Silice , . 0,620 13 di Allumina ii Allumina. 0,250 29 di Acqua Acqua. . 0,100 5 di Magnesia Magnesia 0,040 - 1 di Soda Soda ‘... 0,014 100. ita ci4,024 NOTIZIE INTORNO ALCUNI MINERALI ITALIANI. 131 Prevale quindi il Caolino, propriamente detto, di formula, commisto al silicato idratato di magnesio, a traccie di silicato idra- tato di sodio, ed a silice idrata, amorfa. La roccia si presenta in ‘forma di massa biancastra, volgente alla struttura terrosa, con copia di relegature verdi, talvolta sottilissime ed isolate, talvolta reticolate fittamente, sempre poco decise e sfumate, di silicato idratato ma- gnesiano; in qualche esemplare vi è tuttavia riconoscibile Ja strut- tura lamellare del preesistente diallagio. Seduta del 26 aprile 1868. È aperta la seduta colla presentazione di alcuni oggetti, e di alcune notizie relative alla geologia, fatta dai signori Villa. Uno di tali oggetti è una chiave di ferro, che s? dice estratta dalla puddinga di Cassano d'Adda, e che è presentata dal vicepresidente Villa. Gli altri sono diversi fossili della Brianza, ed una lastra di calcare scistoso di Rogeno, sulla quale si vedono delle linee prominenti e fra loro parallele, che furono prese da taluno per coste d’ un vertebrato, ma devono essere ondulazioni prodotte dal movimento delle acque, in cui fu deposto quel calcare. Il segretario Omboni presenta e legge il seguente brano d’ una lettera a lui diretta dal socio prof. Caruel, da Fi- renze, il 14 aprile corrente: « Ho ricevuto pure il fascicolo degli Att#, dove, nel rendiconto della seduta del 24 novembre 1867, trovo cosa a mio carico, che va rettificata. Ivi infatti sta scritto così: « Compiuta la lettura della Memoria del pro- fessore Caruel, il socio professore Galanti aggiunge alcune sue idee, sfug- gite all'autore, e che costituiscono come il complemento della suddetta Memoria ; la quale frase serve di preambolo a un discorsetto sulle lince SEDUTA DEL 26 APRILE 1868, 135 isantetiche, i coefficienti di vegetazione, la geografia botanica, ecc., e che termina col dire di alcune leggi: « appena invocate in barlume » dallo scrittore della Memoria in discorso. — Ora abbia pazienza il professore Galanti; ma egli ha completamente frainteso il soggetto della mia Memo- ria, fra il quale e le osservazioni da lui presentate non vi ha nesso di sorta, se non chè e queste e quello vertono sulla fioritura delle piante; ma il professore Galanti ha discorso della fioritura in genere per rapporto ai tempi dell’anno, ne’ quali si compie, fenomeno che vuolsi dipenda prin- cipalmente, se non esclusivamente, dalla temperatura; mentre io mi sone occupato di un argomento ben diverso e specialissimo, della fioritura, cioè, per rapporto ai tempi del giorno, di quelle piante, che hanno la particola- rità di fiorire a sera, fenomeno che ho cercato ricondurre ad una turge- scenza di tessuti per effetto di diminuita traspirazione; nè io avrei potuto entrare nel campo indicato dal professore Galanti, senza uscire fuori del tema dichiarato esplicitamente nel titolo del mio scritto, ed espormi al rimprovero di avere divagato parlando de omnibus rebus et quibusdam aliis, a proposito de’ fiori del gelsomino di notte. Jo credo adunque che la critica dell'amico professore Galanti questa volta abbia colto in fallo, e che la mia Memoria, buona o cattiva che sia, può stare com’ è nel suo pic- colo, poichè dà quel che promette: Ricerche sulla cagione, per cui i fiori di alcune piante si aprono di sera. — lo la prego, caro professore, a co- municare questa mia risposta alla Società, nella sua prima adunanza, e a fare inserire la rettificazione nel processo verbale, in quella forma, che crederà migliore. » Il socio professore Galanti risponde a questa comuni- cazione colle seguenti parole : « Debbo alla leale franchezza del segretario del carteggio la comuni- cazione di una lettera del mio distintissimo amico Caruel, relativa ad al- cune osservazioni da me fatte in ordine a quella lettura. » Tali osservazioni però non costituiscono nè il complemento di detta Memoria, e molto meno una critica a carico del dotto autore della mede- sima. » Esse infatti non sono che la espressione di un voto, lecito ed umilis- simo ad un agricoltore, il quale ehiederebbe che le osservazioni dei be- 134 SEDUTA DEL 26 APRILE 1868, tanici, del genere appunto di quelle fatte dal Caruel sul gelsomino di notte, venissero estese a piante utili alla coltivazione, così in genere trascurate dai botanici, i quali potrebbero portare tanta luce nell’ arte del eampa- gnuolo. » Del resto, ricerche del genere di quelle fatte dal professor Caruel, per rapporto ai tempi del giorno su di una sola pianta, hanno bene e meglio: un’intima relazione con ciò che succede anche sulle molteplici piante agricole per rapporto ai diversi tempi dell’ anno, nei quali la fioritura si compie. Il quale fenomeno se dipende, come il professor Caruel stesso ri- chiama nella sua lettera, principalmente, se non esclusivamente, dalla tem- peratura, varrà bene Ja pena di conoscere per ciascuna pianta agricola, e non pel solo gelsomino di notte, qual parte, oltre la temperatura, vi pren- dano, sia la luce, sia 1’ umidità, e quella turgescenza di tessuti per ef- fetto di diminuita temperatura, la quale deve avere una grande influenza, non solo sulle cagioni per cui i fiori di alcune piante si aprono di sera, ima puranco sui fenomeni ben più importanti della fecondazione, della alegagione, e della maturazione di ciascuna pianta agricola. Difatti, men- tre è vero che i diversi periodi di una giornata, in ordine alla diversa in- tensità di calore e di luce, ed alla diversa dose di vapor acqueo, che si fa libero, ci rappresentano sino ad un certo punto le condizioni diverse delle diverse stagioni, è vero altresì che da questa alternanza più o meno re- golare e costante di condizioni termiche ed igrometriche, dipende la sorte dei nostri più ricchi raccolti. Infatti Je buone raccolte dell’ olio, del fru- mento, della vite, del pesco e degli altri alberi fruttiferi, mon dipendono forse dalle condizioni, piu o meno favorevoli, sotto il complesso influsso delle quali avviene la fioritura? Se io ho dunque desiderato che dal campo ristrettissimo dichiarato esplicitamente nello seritto dottissimo del mio amico, egli entrasse in quello ben più degno del suo genio e della sua pazienza, voglio dire l'applicazione della meteorologia all’ agricoltura, lho fatto per lamore che nutro per l’arte che io professo, e per la stima altissima verso l’ autore della Memoria. « Nè poteva essere altrimenti, da che il Caruel, che mi conosce da si lungo tempo, deve sapere, meglio di ogni altro, quanto il mio carattere sia alieno dal fare della critica non solo alle opere serie degli uomini di retta coscienza come lui, ma a quelli stessi copiatori e seribacchiatori di mala fede, pei quali sarebbe così utile, nell’ interesse della scienza e della na- zionale ricchezza, che una critica ben più severa e ben più attiva di quella, di cui la mia pochezza sia capace, fosse fatta incessantemente; chè in al- SEDUTA DEL 26 AaprILE 1868. 155 lora non vedremmo succedere quello, che un bello spirito, storpiando Dante, tratteggiava nei due versi E un ingegner diventa Ogni villan che canneggiando viene. » Dopo queste parole del socio prof. Galanti, il socio Ne- gri legge una sua nota bibliografica sull'opera di Alfonso Vagio intitolata: &'écherches géologiques en Savoie; Bot che sarà inserita neghi Att. Il Presidente Cornalia legge la seguente lettera del socio Lioy, relativa alla Aiunione straordinaria della Società, che doveva aver luogo nello scorso anno a Vi- cenza, ma che non ebbe luogo per causa del cattivo stato igienico di parecchie città d’Italia, e si potrebbe proporre da farsi in quest’ anno. « Vicenza, 16 aprile 1868. » Illustre Presidenza » La lettera del Municipio di Vicenza letta nella seduta del 24 novem- bre passato, mentre esprimeva il dolore che le condizioni sanitarie impe- dissero la riunione del Congresso nello scorso settembre, invitava codesta illustre Società al desiderato convegno per l’ anno corrente. Vicenza è ansiosa di potere accogliere tra le sue mura sì egregj cultori della scienza, e fin d’ ora desidera sapere i giorni prescelti. » E perciò lo serivente si rivolge a codesta illustre Presidenza, pregan- dola di fissare e stabilire quanto può interessare alla bella riuscita della Riunione. » In attesa di un gentile riscontro, rassegno i sensi della mia profonda osservanza. » PaoLo Lioy, » 136 SEDUTA DEL 26 APRILE 1868. Il Presidente comunica pure ai soc) presenti alcune proposte fatte a lui dal socio Lioy, relativamente al pro- gramma per quella riunione; e dopo una breve discus- sione i socj ammettono che si faccia in quest'anno quella riunione, verso la metà del mese di settembre. Lo stesso Presidente annuncia poi che il Ministero della, Pubblica Istruzione ha mandato alla Società alcuni esem- plari d'una vista della pubblica istruzione, giornale ebdomadario, scientifico e letterario, ecc., che si pubbli- cherà a Firenze, in via del Campuccio, oltr’' Arno, N. 4, primo piano. È ammesso come socio effettivo il signor CALDARINI Pietko di Varallo, proposto dai socj Riva, Villa Antonio e Turati Ernesto. Il Segretario n G. OMBONI. * È) i = Dell’ opera di Alfonso Favre: Recherches géologiques dans les par- ties de la Savoie, du Piémont et de la Suisse, voisines du Mont Blanc. Nota bibliografica del socio Gaetano Necni. (Seduta del 26 aprile 1868.) Nel 41862 il sig. Alfonso Favre pubblicò una carta geologica dei dintorni del Monte Bianco, meritamente lodata dalle più alte autorità scientifiche. In essa vedevansi applicati i più recenti criterj nella classificazione dei terreni, e risolutamente abbandonati gli erronei principj che per tanti anni aveano inceppato il progresso della scienza nell’investigazione di queste regioni. Ma vi si sentiva la necessità di un commento, trattandosi di una regione che era stata il campo delle più accanite battaglie scientifiche, e che presenta nella sua confor- mazione geologica un inviluppo e una complicazione veramente ec- cezionali. — Questo desiderato commento venne ora pubblicato dal signor Favre, il quale ne fece un’opera, possiam dire, monumentale, per la precisione e l'abbondanza delle osservazioni, per I’ acutezza e la solidità del giudizio scientifico, per la ricchezza e l’ eleganza dei disegni e dei profili. Sarebbe mia intenzione di dare qualche breve cenno intorno a questo grande lavoro, e a ciò m’incuora il pensiero che la mia parola, per quanto inefficace e impari al soggetto, ba- sterà forse per invogliare qualche studioso alla lettura del libro del- l'illustre geologo ginevrino. La regione ch'egli si accinse ad investigare è limitata dal lago di Ginevra, dal Rodano, dalla catena del S. Bernardo, dall’Isère, dal lago d'Annecy e dal monte Salève. Questa regione, che è appunto quella compresa nella carta geologica, venne dall’ autore divisa in tredici distretti, ch'egli descrive successivamente, aggiungendovi anche la descrizione della Tarantasia e della Maurienne, perchè, sebbene queste valli escano dai limiti della carta, il loro esame 138 6. NEGRI porta viva luce su alcune difficili quistioni. — Questa particolareg- giata descrizione è preceduta dalla discussione sul terreno quaterna- rio nei dintorni del lago di Ginevra, e si chiude con uno sguardo relrospettivo sui vari terreni che entrano nella formazione del paese. — Noi rifaremo celeremente il cammino percorso dall’ autore, in modo da offrire qualche idea del lavoro compiuto e degli scopi raggiunti. Nel terreno quaternario ginevrino Favre distingue tre piani: l'uno consta delle alluvioni dei terrazzi che per lui costituiscono un’ unità di formazione colle alluvioni moderne; il secondo consta del terreno glaciale, sabbie e argille con massi erratici e ciottoli striati; il terzo della alluvione antica. Quest'ultimo terreno è distinto ‘e sempre di- viso dal primo per l’interposizione del detrito glaciale, ma, se ho ben compreso, egli unisce in un grandioso complesso tutte queste formazioni, facendone i vari episodi di un solo avvenimento.'— L'alluvione antica segna il primo avanzarsi dei ghiacciaj verso la pianura; il detrito glaciale è l’effetto della massima potenza del ghiacciajo medesimo, quando esso colmava i laghi e si allangava neî piani circostanti; l'alluvione dei terrazzi segna un regresso che con- tinaò fino all’epoca contemporanea. — Per Favre non esistono le due epoche glaciali ammesse da altri geologi svizzeri, l' epoca è una sola, ma è troppo naturale che in essa siansi verificate delle oscil- lazioni locali, che non devono confondersi con vere e distinte epoche geologiche. — Circa le cause di questo grande femiomeno della esten® sione dei ghiaccia], il nostro autore insiste giustamente sull'idea che non è sufficiente alla spiegazione l’ ammettere ‘un semplice abbassa- uientò nella temperatura, ma che è indispensabile che ‘in quell'epoca l’evaporazione si avverasse in proporzioni maggiori delle attuali. Anch’egli infine, come altri illustri geologi, non considera il feno- meno glaciale come un fatto puramente locale, isolato, ma lo ricon- giunge a un complesso di azioni telluriche che poteano esercitarsi in regioni distanti. È questa la sola via a seguire pet comprendere, se non ‘il modo preciso con cui potè avverarsi la grande estensione degli antichi ghiacciaj, almeno Ja possibilità ‘della ‘effettuazione di questo fenomeno prodigioso. — Circa il raffreddamento nelle regioni alpine, Favre ammette due idee positive, l'una 7 già Accennata di Cai DELL'OPERA DI ALFONSO 'FAVRE: RECHERCHES , ECC, 159 De-la-Rive, consiste nel ritenere che la massa principale delle Alpi escisse dal mare Pliocenico ai primordi appunto dell’ epoca glaciale, e che l’evaporazione del volume enorme d’acqua, di cui era impregnata quella massa, producesse un grande refrigeramento, L'altra idea è che le Alpi, anteriormente all’ epoca glaciale, doveano presentare una superficie di condensamento assai maggiore che ai nostri tempi, poichè alla massa attuale dobbiamo aggiungere quel- l'immenso volume di materie, rappresentato dalle alluvioni che hanno colmate le pianure dell’Italia, della Svizzera e della Francia, e che discesero direttamente dalle cime e dai fianchi delle nostre montagne. è «La pianura circostante Ginevra, consta nel suo fondo dell’arenaria miocenica che ricevette il nome di Molassa, e che è tanto diffusa nelle parti piane della Svizzera. Essa è stata deposta fra il Salève e il Giura, prima degli ultimi movimenti che hanno dato a quelle mon- tagne la forma attuale. Costituirebbe probabilmente il fondo regolare di una conca, se non fosse stata qua e Jà smossa , in modo che ne nacquero varie colline. Queste colline segnano ‘un’anticlinale diretta da nord-est a sud-ovest, e che è la continuazione di quella grande anliclinale che Studer e Escher de la Linth hanno tracciata nella molassa miocenica da Bregenz fino al lago di Thun, e che venne poi prolungata al sud-ovest fino a Losanna e al nord-est fino in Ba- Viera. — Questa anticlinale probabilmente formata all’epoca dell’ul- timo sollevamento alpino, è un anello che congiunge nella contem- poraneità delle origini, le Alpi occidentali colle Alpi centrali. È appunto in mezzo alla molassa miocenica che sorge isolato il monte Salève. Esso presenta ‘a sud-est ‘un ‘piano inclinato, e una fronte scoscesa a ‘nord-ovest. Lungo questa veggonsi le testate dei terreni giuresi superiori ricchissimi di coralli, mentre la cresta e il dorso sono vestiti dei terreni cretacei. — Ma al piede del versante sud-est, veggonsi questi terreni cretacei, e anche la molassa, appog- giarsi agli strati giuresi in posizione verticale e qualche volta rove- sciata. — È qui evidente un salto:, il quale ‘segue appunto la dire- zione del pianò di sollevamento del monte , e senza. di cui il Salève avrebbe ‘assunto la forma di una volta regolare. — Quasi di faccia 41450 G. NEGRI, al Salève da cui è separato dalla valle dell’Arve, si. alza il monte dei Voirons, la cui struttura geologica è assai complicata. Consta di quattro terreni, il miocene, rappresentato dalla solita molassa, l’eocene coi grès nummulitici, il neocomiano e il giurese superiore, La mo- lassa forma la base del pendio occidentale; succedono quindi gli altri terreni in sette zone alternanti pressochè verticali. Nello spaccato dato dal nostro autore, tale alternanza è agevolmente spiegata mercè l’esistenza di due successive anticlinali, a cui fu mozzato l’arco della vòlta. — Una particolarità degna di nota è questa, che la fauna neocomiana dei Voirons ha una facies distinta da quella del vicinis- simo Salève. Quest’ ultima si assomiglia pei suoi caratteri alla fauna neocomiana che si raccoglie nella catena del Giura; quella dei Voi- rons è affine invece alla fauna neocomiana delle Alpi. Altre osserva- zioni e confronti permettono di stabilire il principio generale, che tale differenza nella fauna è collegata all’esistenza dei banchi coral- lini, sul fondo dove essa si sviluppava. Laddove il terreno giurese termina col piano corallino, abbiamo i fossili neocomiani del Salève e del Giura; laddove manca il corallino, i fossili neocomiani dei Voirons e delle Alpi. — Sembra d’altronde che Favre accetti l’idea sostenuta da Oppel, il quale non volle ammettere, per questi terreni giuresi superiori, le divisioni e i piani di d’Orbigny e degli Inglesi, ma creò, dal Kimmeridien al Neocomiano inferiore, un piano solo col nome di Titonico, nel quale sincronizzò il corallino del Giura e del Salève, coll’Oxfordien dei Voirons e delle Alpi. Un distretto geologico descritto con cura speciale è il Chablais che ha per confine il lago di Ginevra, la valle del Rodano, la catena della Dent du midi e la valle del Giffre. La costituzione orografica di questa regione è caratterizzata dal fatto che le sue catene più occi- dentali corrono fin presso al lago parallelamente alla direzione della catena alpina, ma qui volgono improvvisamente a una direzione ovest-est costeggiando il lago, mentre le catene orientali mantengono per tutto il loro corso la direzione rettilinea. — Il Chablais è geo- logicamente interessante perchè in esso la serie stratigrafica discende fino al carbonifero, che a Taninge rivela le sue piante più caratteri- stiche, e vi vediamo d'altra parte sviluppate le dolomie e i gessi DELL'OPERA DI ALFONSO FAVRE: RECHERCHES , ECC. 4144 triasici, e a Matringe e alla Meillerie gli strati dell’infralias con ab- bondante messe di fossili. — Il nucleo della regione è costituito dalla formazione liasica, che sostiene i piani giuresi superiori e sovra questi quella grande formazione degli scisti a fucoidi, conosciuta in Svizzera sotto il nome di //ysch. Infine il Chablais rappresenta una vasta conca limitata, all’ovest e al nord, da montagne che volgono la fronte al lago e il dorso alle Alpi; al sud e all’est da montagne con opposta inclinazione. Nel fondo di questa conca riposano i ter- reni dal lias all’ eocene, mentre troviamo i terreni più antichi sulla parte esterna delle montagne. — È degno di nota il fatto che la massima profondità del Jago di Ginevra si trova presso la Meillerie, precisamente in quell’ unica località in cui i terreni dell’infralias e del trias vengono a contatto col Jago, e dove pertanto mancano gli strati più recenti che orlano il bacino nelle altre località. Novella prova che le depressioni lacustri sono intimamente collegate colla orografia del luogo, e affatto indipendenti da ogni agente di escava- zione. — Ma ciò che v’ha di più notevole è 1’ assoluta mancanza del terreno cretaceo e nummulilico in tutto il Chablais, e siccome Favre considera gli scisti a fucoidi come una formazione posteriore al num- mulitico, così è costretto a imaginare che il Chablais costituisse un'isola durante tutta l’ epoca nummulitica, la quale poi si sprofondò per ricoprirsi del terreno a fucoidi, precisamente nel momento in cui le regioni circostanti si sollevavano. Ma non si potrebbero forse sincronizzare gli scisti a fucoidi col cretaceo o almeno col nummuli- tico? Noi vediamo a Varese quel terreno riposare sui calcari cretacei e soggiacere al nummulitico di Comabbio. Nella Svizzera stessa la classificazione del F/ysch è assai controversa, e Heer lo considera come una parte e una modificazione dei nummulitico. Se ciò fosse non sarebbe più necessaria la continua oscillazione imaginata dal- l’autore, per spiegare le apparenze stratigrafiche di questo distretto. Jl Chablais si sarebbe trovato sotto il mare contemporaneamente alle circostanti regioni, ma mentre in questa fioriva la fauna del num- mulitico, in quello il fondo fangoso del terreno cresceva una rigo- gliosa vegetazione di fuchi. Dal Chablais passiamo col nostro autore alla descrizione del grande {49 G. NEGRI, distretto cretacco dei monti Vergy e Tournelte, che si estende con direzione nord-est sud-ovest, dalla valle dell’Arve al lago di Annecy. — La massa principale dei terreni di cui consta questa regione, si compone dei piani cretacei ed eocenici, ma l'interesse maggiore è destato dalla sua configurazione orografica, la quale si collega con mirabile semplicità alle forme stratigrafiche. Cinque grandi anticli- nali si succedono procedendo dall’est all’ovest; due di queste man- tengono intatta la forma a volta, le altre sono squarciate, e sul fondo - delle squarcialure si rivela il piano neocomiano. Sul fondo invece delle sinclinali posano gli strati della creta superiore e dell’eocene, mentre i fianchi e le creste delle montagne sono vestite dai: terreni del piano Urgoniano. La più orientale di queste linee anticlinali corre con direzione rettilinea nord-est sud-ovest, ma le altre quattro piegano ad un arco, del quale la prima sarebbe appunto Ta corda, Esse sono squarciate da valli di chiusa, le quali divergono tutte da un sol punto centrale, conseguenza necessaria del loro modo di for- mazione, per incurvatura delle linee di montagne in cui sono aperte, — Gli strati cretacei sono ricchi di fossili, ma specialmente ne ribocca quel calcare nerastro con granelli verdi di glaucomia, che, sotto il nome di Gault, forma un piano assai conosciuto della creta superiore. — Ma il terreno il più interessante è l’ eocene, nel quale, a degli scisti marnosi contenenti squamme di pescì, si sovrappone un’ are: naria affatto speciale, conosciuta sotto il nome di grès di Taviglianaz. Questa roccia consta di felspato bianco cristallizzato in una matrice: nera amfibolica'o pirossenica. Ha tutta 1’ apparenza dei tufi vulcanici, > il vederla interstratificata con roccie veramente marine, fa nascere. l’idea di eruzioni subacquee, con successivo rimaneggiamento dei materiali per mezzo delle correnti. Essa è affatto ‘simile in composi- zione alle roccie vulcaniche ‘nel Vicentino, le quali sovrastano ap-: punto a roccie ittiolitiche superiori, alla Tor volta, al terreno nummulitico. — Favre opina che questi tufi Savojardi provengono. direttamente dai vulcani del Vicentino, e che vi vennero portati dalle correnti che sull’area delle Alpi attuali congiungevano il ‘mare ita-' liano col mare transalpino. Un L'autore passa quindi alla descrizione della rupe della Gluses da DELL'OPERA DI ALFONSO FAVRE: RECHERCHES , ECC. 145 quale ci presenta per la prima volta una struttura che si ripete assai di sovente nelle Alpi, e vi acquista Ja massima importanza , quella, cioè, di una volta a basi ravvicinate, o quasi di ‘un pallone, così che sovra i suoi fianchi abbiamo i terreni rovesciati, come in questo, caso speciale. in cui i piani della, creta superiore appajono sottoposti a quelli dell’Urgoniano. -— Vedremo più avanti come tale disposizione offra un valido argomento a sostegno della ipotesi del sollevamento, per forze che agivano lateralmente e. che avvicinavano le basi dei versanti, facendone escire solio forma di rigonfiamenti i terreni inferiori. Fra l’Arve e il Giffre nel mezzo della regione illustrata dalla carta geologica abbiamo un grande nucleo di montagne, detto da Favre il nucleo del Fiz, le quali constano dei terreni cretacei ed eocenici, e si ponno ritenere una continuazione della catena del Vergy. — Sulla cima del monte Pelouse abbiamo il grès di Taviglianez, all’ al- tezza di 2517 metri, e sulla cima del Fiz lo abbiamo a quella di 2850, — Questa località ha un vivo interesse storico, poichè fu qui che Brongniart raccolse nel 1847 i fossili del Gaul, e confrontandoli con quelli della Normandia e dell'Inghilterra, proclamò la contem- poraneità deile formazioni, erigendo per il primo solidamente. |’ edi- fizio geologico sulle fondamenta. della paleontologia. Avanzandoci a nord-est vediamo la zona cretacea, già così impo- nente nei due centri che osservammo, prolungarsi e formare dle alte vette del monte Avoudruz e della Dent du Midi. I terreni eocenici e cretacei, riposano normalmente lungo il versante sud-est sugli strati giuresi, ma lungo il versante nord-ovest vengono a contatto con una striscia di gessi e dolomie triasiche, evidente indizio di un salto che accompagna tutta la linea. — Ma il fatto più interessante in questa catena è che le vette principali assumono una forma siagolare, già presente del resto nel monte Vergy, quelle, cioè, di una anticlinale rovesciata a nord-ovest. Gli spaccati delle Dents Blanches e della Dent du Midi, rendono evidente tale disposizione. — Favre studiando questa forma, per cui accetta la denominazione di forma a C, trova con- fermata la legge proclamata da Studer, che, cioè, csniqualvolta il € ha la \convessità rivolta alle ‘Alpi centrali, si hanno gli strati. più 144 G. NEGRI, recenti all’interno e i più antichi all’esterno, ogniqualvolta invece il C ha la concavità rivolta alle Alpi, come è il caso della catena osservata, si banno i più recenti all’esterno, e i più antichi all’in- terno. — Se poi, oltrepassando i limiti della carta, si osservano le montagne sulla destra del Rodano, si vede ripetuta non solo la me- desima serie di terreni, ma anche la medesima configurazione, risul- tante dagli identici rapporti fra l’orografia e la stratigrafia. Possiamo dunque ammettere che per un lungo tratto la catena delle Prealpi svizzere è stata formata per effetto di una medesima forza, e la di- sposizione di quelle montagne rende qui pure assai ragionevole l’ipo- tesi che essa si esercitasse per pressione laterale. — Un altro carattere comune a tutta la regione è il salto che si verifica sul versante nord- ovest fra l’eocene e il trias, e che continua esso pure al di là del Rodano nei monti del Vallese. Ciò fa credere che la sua esistenza abbia un rapporto necessario col sollevamento e la forma della ca- tena che lo delimita a sud-est. A questa grande linea di montagne succede all’est la catena cri- stallina delle Aiguilles rouges, la quale corre come le precedenti nord-est sud-ovest, ed è divisa dal Monte Bianco per mezzo della valle dell’Arv . — Gli studj del nostro autore hanno resa semplice e chiara Ja configurazione di questa catena. — Il suo nucleo consta di scisti cristallini ; all’ovest si appoggiano alla sua base arenarie, pud- dinghe e quarziti con fossili carboniferi, le quali sostengono le car- gneules e le arenarie del trias susseguite dai calcari giuresi: sovra questi si ergono le allissime muraglie dei monti cretacei di cui ab- biamo parlato. — La serie è pertanto normale e si ripete anche alla base del versante orientale lungo la valle dell’Arve, con parziali af- fioramenti di calcari giuresi e dolomie triasiche. Ciò bastava perché si potessero congiungere con una linea ideale queste formazioni se- condarie dei due versanti, ma Favre seppe trovare una prova più eloquente ancora della loro originaria unità. — Già da lungi osser- vando Ja vetta di uno dei pinnacoli di quella catena, gli parve scor- gere che la sua massa cristallina fosse coperta quasi da un cappue- cio di terreni stratificati di tutt'altra natura. Dopo infiniti stenti riusci a raggiungere quella vetta ed ebbe il conforto di vedere realizzate DELL'OPERA DI ALFONSO PAVRE! RECHERCHES ) ECC. 145 le sue supposizieni, trovando infatti, orizzontalmente stratificato sugli scisti cristallini, un piccolo ammasso di calcari con belemnili giuresi, e di scisti argillosi e di arenarie del trias. Le Aiguilles rouges constano nella lero massa di scisti gneissici congiunti a eclogiti e amfiboliti, € ‘traversati in ogni senso da filoni granitici, Si distinguone litologicamente dalla catena del Monte Bianco per la scarsità dell’elemento talcoso. Secondo Favre queste vette doveano eriginariamente avere un'altezza ben maggiore, poichè inon v' ha ragione per supporre che i terreni cretacei: ed cocerici che formano le fronti ‘dirupate del Fiz, dell Avoudruz e delle Dents Blanches, non involgessero originariamente tutta la catena delle Ai- guilles rouges, come lo attesta, pei terreni giuresi, la loro presenza sulle vette e sui due versanti. La scomparsa di quei terreni non può attribuirsi che ‘all'effetto della erosione, la quale dovette agire con enorme intensità , rappresentando questi terreni superiori un'altezza di più di 1200 metri. — Essa sarà stata preceduta dalle spezzature, dai crepacci, dalle frane che avranno guasti i terreni sedimentari all’epoca del sollevamento ; Ie acque e sopratutto i gliaeciaj avranno compiuta l’opera. Il punto centrale delle ricerche di Favre dovea essere naturalmente il Monte Bianco; ed infatti una gran parte de’ suoi volumi è consa- crata alla descrizione di questa montagna. Noi certo non vogliamo nè possiamo in un rapido cenno, seguirlo nella discussione -dei tanti spaccati da lui delineati, e nel racconto delle tante escursioni com- piute; ma riassumendo mi sembra che 1 ultima conseguenza di tanti studj sia che si deve congiungere ‘in un grandioso insieme quel complesso di montagne che sorgono fra le catene savojarde cretacee e i monti giuresi che limitano sul versante italiano le valli dell’Allée blanche, Veni e Ferret. Tutto questo complesso di monta- gne consta di tre anticlinali, avanzando dall’ovest.all’est; la prima è quella delle Aiguilles rouges che già conosciamo, la seconda è quella del Monte Bianco, la terza quella dei monti cristallini Chétif e Saxe, che s’innalzano presso Courmayeur. l terreni sedimentari posano con inclinazione. opposta sulle due pareti più esterne del grande com- plesso, e ricompajono affiorando nelle due sinelinali compresse che Vol. Xi. 10 146 G. NEGRI, esistono fra il Monte Bianco e il Chétif da una parte, e fra il Monte Bianco e le Aiguilles rouges dall’ altra. Certamente questa configura- zione non è tanto evidente sul vero come può apparire da un teorico spaccato, ma io credo che le molte c minute descrizioni date dal- l'autore, varranno a ispirare nell'animo del lettore la confidenza in questa grandiosa sintesi stratigrafica. — Dopo avere ampiamente di- seussa la serie e gli affioramenti dei terreni, l’autore spiega e com- menta Ja forma essenziale della stratigrafia del Monte Bianco, che è la forma a ventaglio, oramai conosciuta e descritta in tatte le grandi ‘atene di montagne. Alle basi dei due versanti abbiamo i terreni se- dimentari chiaramente inclinati sotto i terreni cristallini, e di più in una escursione compiuta fino al cuore della catena, l’autore potè convincersi che la disposizione a ventaglio è subita da tutta quanta la massa cristallina della montagna. Non solo gli scisti ma anche: il protogino è, secondo ]ui, stratificato, e in modo che in tutti i pinna- coli del versante sud-est, gli strati inclinano a nord-ovest; nei pinna- coli invece del versante nord-ovest, gli strati incelinano a sud-est, mentre poi nel centro della catena essi si mantengono perfettamente verticali. — Favre abbraccia l’idea emessa da Lory secondo la quale, se ho ben compreso, la forma a ventaglio non è che una modifica- zione di quella anticlinale a base ristretta e a vertice rigonfio, che già osservammo alla rupe delle Cluses. Se il vertice dell’ anticlinale si spezza o è esporlato dalla erosione, avremo evidentemente jl ventaglio. Che poi tale forma derivi da una pressione laterale riesce facile a comprendersi, quando si rifletta che questa sola sarà capace di avvicinare le basi degli strati sollevati, mentre i loro vertici im- muni dalla spinta, si allargheranno divergendo come i fiori in un mazzo o le spighe in un covone. Un'altra quistione toccata dall’ au- torce in questi importanti capitoli, è quella del grado di fusione e di pastosità delle roccie cristalline al momento della loro emissione. Egli opina che quelle roccie escirono già perfettamente consolidate. Se si riflette alla enormità della massa del Monte Bianco, alla ripi- dità del pendio sui due versanti, non si può creder possibile che una tale congerie di roccie fuse, siasi consolidata improvvisamente senza aver lasciato la menoma traccia di correnti, e di irregolarità di strut- DELL'OPERA DI ALFONSO ‘FAVRE! RECHERCHES , ECC. 147 tira c di disposizione. D'altra parte la' perfetta conservazione:di al- cuni fossili. al punto di contatto delle roccie cristalline «colle sedi» mentari, come certi delicatissimi pungoli di Echini itrovati da Desor nel corallino del Val Ferret, è un altro fatto importante che con- traddice all'idea di un'azione immediata @’una roccia ignea sovra le roccie vicine. — La gran massa del Monte Bianco consta di proto- gino accompagnato da un numeroso corleggio di amfiboliti.c porfidi, il tutto attraversato da numeresi dicchi di granito. Gli scisti. cristal- lini micacei «e talcosi, orlano il protogino lungo il versante setten- trionale della catena, ma mancano quasi totalmente sul versante me- ridionale. — Gli effetti della -eresione che ‘già. vedemmo così. po» derosi nelle Aiguilles rouges «diventano più giganteschi ancora sulla catena del Monte Bianco, sulla quale dovea originariamente posare tutto Vl ammasso «dei iterreni ‘sedimentari che ora sono affatto scom- parsi, c che ha una rFunghezza di 27 chilometri per una larghezza gli 10, E la erosione si esercita ancora nella massa cristallina: è ad essa che si debbono quelle eccelse saguglie di cui è irto il dorso «Jel Monte Bianco, «e «che sono i Jembi superstiti di un colossale mo- mumento, che d'ogni parte crolla e si sfascia. Abbandonando il Morte Bianco lautere passa quindi alla descri- zione del distretto di Megève e Hauteluce, ‘i quale consta di terreni carboniferi., triasici « «giraresi che vanno a urtare la fronte della ca- tena cretacca, «e di scisti ‘cristallini e graniti. La zona sedimentare mi sembra potersi considerare ceme urna continuazione di quella che esiste fra il Fiz, la Bert du Midi da una parte c le Aiguilles rouges dall'altra, mentre la zona cristallina potrebbe congiungersi. alle roc- cie. appunto di quest’ultima catene. — @lItrepassando i limiti della carta geologica, l’autore entra nell'esame della Tarentasia e della Maurienne, particolarmente interessanti per il grande sviluppo dei ‘carbonifero, e per le anomalie della stratificazione che hanno resa dubbia, per tanto tempo l’esistenza di quel terreno. L'opera finisce con una rivista dei terreni incontrati nelle parziali descrizioni. Questa rivista è arricchita dalla più solida erudizione, € vi si sente sempre vivo il soffio potente di una scienza nobile ed alta. Uno dei punti maggiormente sviluppati è origine del granito. Dat- 4158 G. NEGRI, l'esame dei tre minerali che lo compongono e de’ suoi rapporti colle altre roccie, l'autore induce che il granito è una roccia. depositata e formata sotto l’ influenza dell’acqua ‘ad una temperatura assai ele- vata ; e ne indietreggia l’ origine fino ‘all’epoca del primo con- solidamento del globo, quando l’alta pressione di un'atmosfera pre- gna di gaz costringeva il vapore acqueo a liquefarsi sotto un enorme calore. Quelle acque reagivano sui materiali formanti una pellicola sul:mare di roccie fuse, e da quella reazione nasceva il granito, men- tre il primo strato che forniva all'acqua i materiali necessari, si era consolidato pel semplice raffreddamento del nucleo in fusione. Mano mano che l’acqua perdeva di temperatura, diminuiva la cristallinità delle roccie che deponeva, così che dal granito alle sedimentari vi sarebbe un insensibile passaggio, e questa trasformazione si sarebbe effettuata con una graduazione parallela a quella che segnava il de- crescimento nella temperatura dell’acqua elaborante gli elementi dell’una e delle altre. Mi sembra che tali idee siano in accordo con quelle emesse da Daubrée nell’ ultimo suo lavoro. Egli ana- lizzando le pietre meteoriche trovò che la roccia che vi ‘è più costante è il peridoto, il silicato il più basico che si conosca. Per lui la formazione del peridoto rappresenta uno stadio ancora incipiente della ossidazione generale, a cui devesi la formazione della crosta terrestre, come le meteoriti di ferro nativo rappresentano: uno stadio in cui l'ossidazione non era ancor cominciata. Le pietre meteoriche non sarebbero che frammenti di un pianeta a cui manca quell’in- volucro di roccie sempre più ossigenate, quindi idratate, e finalmente sedimentari che costituiscono |’ esterno del nostro globo. Che infatti il peridoto si trovi nella massima profondità della ‘terra, è dimostrato dal fatto che frequentemente lo si incontra in frammenti angolosi nelle lave di tutti i vulcani del mondo, e dalla sua presenza come base nella costituzione di molte roccie laviche, talvolta di grande potenza. Ma che sia comparativamente scarso, lo si spiega per la sua tendenza ad assimilarsi nuovo ossigeno, la quale fa sì che nel viaggio dalle viscere alla superficie della terra, assai facilmente si trasforma in un silicato meno basico, quale sarebbe il pirosseno. La sua densità stessa maggiore di quella di tutte le roccie eruttive, compresi i ba- DELL'OPERA DI ALFONSO FAVRE! RECHFRCHES, FCC, 149 salti, giustifica la sua posizione nei più profondi strati della crosta terrestre. ll fatto poi che nelle meteoriti non si trovò giammai la menoma traccia di roccie granitiche, sempre: più persuade non solo che quei frammenti hanno subite delle evoluzioni meno complete di quelle del pianeta da noi abitato, ma che è realmente alle reazioni delle acque sulle scorie primitive che quest’ ultimo deve la formazione de’ suoi graniti, come più tardi gli dovette quella delle sue roccie sedimentari, — Ciò che non mi sembra necessario è di limitare la formazione del granito a quell’antichissima età del globo. Nelle sue profondità debbono ancora avverarsi condizioni identiche, o quasi, a quelle d’allora. Avremo sempre dell’acqua ad un'altissima tempera- tura, che verrà a contatto coi silicati basici che formano il sottosuolo della crosta terrestre, e le reazioni che avvennero alla superficie al tempo della gioventù del pianeta, si continueranno nel segreto degli abissi al tempo della sua vecchiaja. ‘Quanto agli scisti cristallini, gneissici, cloritici, talcosi, l’autore tende a collocarne la formazione alle epoche paleozoiche, mosso dalla presenza in essi di vene di grafite e di giacimenti calcari. Nelle alpi tirolesi si trovarono negli scisti cloritici, identici a quelli del Val- lese, dei fossili siluriani. — Finora nelle alpi svizzere e italiane lè investigazioni nelle formazioni paleozoiche non furono coronate da suecesso, ma è sperabile che la costanza degli investigatori vinca le difficoltà dell'impresa, e si riesca a distinguere anche nelle nostre regioni i vari membri di quell’ epoca grandiosa. Passando al ‘carbonifero l’autore tesse la narrazione la più detta- gliata della grande controversia durata sino a questi ultimi anni, circa l'esistenza di quel terreno nelle Alpi. È un capitolo di storia geolo- gica veramente interessante per l’importanza speciale della quistione, e per l'abbondanza dei materiali analizzati e discussi. La controversia si apri nel 1828 con una memoria di Élia di Beaumont che attestava l’esistenza a Petit-Coeur di una zona d’antracite fra due altre liasiche, e quindi ringiovaniva l’antracite sollevandola sino al lias. È nomi dei più illustri scienziati si veggono citati nella lunga enumerazione dei combattenti, ma la schiera capitanata da Elia di Beaumont e da Sis- monda andò sempre più assottigliandosi, finchè ora sembra ridotta 150 G. NEGRT, ai: soli due condottieri. Forse la gran disputa sarebbe continuata se si fossero limitate le osservazioni alla sola località di Petit-Ceear, ma le investigazioni nel fianco .settentrionale della Mantienne, e più an- cora le rivelazioni stratigrafiche compite nella geologia alpina hanno definitivamente diffusa Ja luce, almeno per chi vuole essere illuminato. Infatti si può comprendere: possibile il: dubbio sino a quando non si vedeva che una zona: antracitifera intercalata fra due liasiche, ma allorquando le ricerche di illestri geologi, fra cui primeggia il nostro autore, rischiararono la serie stratigrafica delle Alpi, e si aumentarono gli orizzonti colla introduzione delle zone del. trias.e del piano in- fraliasico, e si vide. che nella Maurienne esisteva tutta la (serie rove- sciata, è vero, ma continna e rigorosa dal nummulitico al carboni fero., fu impossibile chiudere gli occhi alla luce e, limitandosi alla sola località di Petit-Cceur, rifiutare fe cenclusioni irresistibili della scienza. — La soluzione di tale quistiene ha mna importanza ben maggiore di quella che potrebbe attribuirsi alla elucidazione di un: punto controverse in une: data località. Infatti. in essa si agitavano due grandi quistieni: fa stabilità dei caratteri palcontologici e .la re- golarità della serie stratigrafica. nelle Alpi. — Se fosse riuscita. vit foriosa la: teoria ehe negava il carbonifero:, la. geologia rimaneva scossa nelle sue Basi; gli assiomi su cui essa si fonda si sfasciavano, e la spiegazione delle anormalità non si sarebbe più cercata nelle ap- parenze, ma bensi nel fondo stesso. delle cose: i rovesciamenti; le spezzalure, i salti invece d'essere fatti puramente stratigrafici, sa- rebbero diventati. veramente storicì, sarebbero, cioè, entrati. in modo: essenziale nelle sviluppo: della vita del globo. stag Il trias in queste regioni della Savoja consta inferiormente di quar- ziti, arenarie. e scisti ferruginosi, a cui swccedono grandi ammassi di corgneule con zone gessase, coperte da argille e marne variegate. — È cosa:notevole il.vedere comelil terreno triasico differisca a quello delle nostre prealpi: Le guarziti e i grès rappresentano . probabil- mente il Buntersandstein come la corgneule, il mushelkalk, ma de due grandi zone. di, dolomie che rinehiudono presso di.noi la striscia di marne variegate. formano le più alte cime e sono ricche di una fauna così caratteristica, vi mancherebbero affatto. DELL'OPERA DI ALFONSO FAVRE: RECHERCHES, FCC, 15L L’autore passa quindi in rivista gli altri terreni che già vedemmo entrare nella costitazione del paese, completando le sue deserizioni colla enumerazione delle ricche fauno trovate nei diversi piani, Come forse si sarà compreso da questa incompleta relazione, il paese descritto da Favre è geologicamente uno dei più interessanti. Vi vediamo i terreni sedimentari dal quaternario al carbonifero, e i terreni cristallini si ergono giganteschi formando le più alte monta- gne d'Europa, ma è sotto il rapporto stratigrafico che questa regione è ancor più degna d'essere osservata. — Le irregolarità, i rovescia- menti, i salti vi sono così numerosi e frequenti che il ricondurre l'ordine in questo mondo scomposto è impresa ardua davvero, e al- lorquando nel bellissimo atlante unito all’opera vediamo quegli spac- cati così semplici e razionali, sentiamo destarsi in noi una vera am- mirazione per l’uomo che seppe concepire quelle sintesi stratigrafi- che, che dissipò le tenebre le quali involgevano la geologia di quelle inospiti valli, e piantò la bandiera della scienza sulle vette che fanno corteggio al colosso delle Alpi. Ed è appunto alla soluzione dei pro- blemi alpini che dovrebbero rivolgersi le cure dei geologi: alle ori- gini di quella catena si ricongiungono le origini di tutta Europa, e d'altronde ella presenta in molte sue parti l’ attrattiva di una regione assolutamente ignota, di un campo vergine pieno di speranze e di promesse. Che l'esempio di Favre sia dunque di sprone, che possano in breve succedersi le une alle altre le monografie alpine belle come la sua! Premio più degno non potrebbe augurarsi alle fatiche del- l'illustre autore, che ha arricchito la scienza di così vasto e ammira- bile lavoro. eduta del 31 maggio 1868. i aperta la seduta colla presentazione della Memoria del signor Martino Anzî, intitolata: Analecta. lichenum rariorum vel novorum Italia superioris, e che'sarà stam- pata negli Atti. | Il socio G. B. Villa legge le seguenti osservazioni sul Terreno cretaceo di Toscana, paragonato a quello della Brianza. « In questi, scorsi giorni visitai i dintorni di Pistoja, già stati diligen- temente descritti dal nostro amico Mortillet nella sua Memoria : Note sur le crétacé et le nummulitique des environs de Pistoja (letta nella se- duta 29 dicembre 1864 dell'a nostra Società, ed inserita negli Atti, vol. HI). To desiderava vedere 1’ analogia, che passa tra quelle roccie e quelle della nostra Brianza. La ristrettezza del tempo , ch'io aveva potuto: dedicare ‘a tale escursione, non mi permise di estendere le mie indagini, cosichè non potei trovare la roccia nummulitica decomposta dai reagenti atmosferici, in modo di vederne distintamente le nummuliti ; nè mi fu dato di potere osservare qualche Inoceremus, neppure nel luogo descritto c figurato dal Mortillet, ove passa la ferrovia in Valdibrana, denominato S. Anna. » Percorsi da Collegelato a Burgianico e Valdibrana, ed ivi trovati pre- eisamente la serie di roccie descritta dal Mortillet. A Collegelato notai che gli strati inferiori della calcarea marnosa oscura sono più variabili di quelli della Brianza, mentre quelli superiori, i quali divengono più are- nacei, presentano il vero aspetto del nostro eornettone, caleare psammitico del gruppe di Rogeno, da noi descritto nella nostra Memoria: Sulla costi- tuzione geologica e geognoslica della Brianza e segnatamente sul ter- SEDUTA DEL 54 MAGGIO 1868, 483 reno cretaceo (Milano, 1844), e nell'altra: Ulteriori osservazioni geo- gnostiche sulla Brianza, fatte dai fratelli Antonio e t&io. Batt, Villa. (Milano, #857). » Questi strati inferiori, qui pure, trovansi frammisti a strati di marne schistose e marne rosse psammitiche, e di un calcare compatto simile a quello, che noi troviamo sviluppatissimo nella Valle Gregantino e Calco, c che riferiamo al Neocomiano medio. » In queste sopraindicate roccie rinvenni, come nel gruppo di Rogeno, le stesse specie di fucoidi, così il Zoophicus Brianteus Villa, il Zoophicus Ville Massalongo, ed in abbondanza delle bellissime Nemertiliti (Nerei- serpula Buzzonii Stoppani) e gli identici corpi indeterminati di varie forme, tanto comuni anche nella Brianza, dei quali abbiamo parlato nelle sud- dette Memorie. » Visitai diligentemente il luogo dello spaccato descritto dal Mortillet, e vi ritrovai solamente degli esemplari di Zoophycus Ville, un bel esem- plare del quale donai al Musco di Firenze, con un Nemertilite di Collegelato. » Intrapresi pure una gita a Monte Ripaldi, ove estraggonsi le pietre, di cui é lastricata Firenze, e che, secondo le diverse qualità, più o meno eompatte, si adoperano a diversi altri usi, e nelle quali il nostro amico marchese Strozzi, rinvenne diversi fossili interessanti, Znoceramus, Hami- fes ed Ammonites, c tra questi uno di grandezza straordinaria, del quale vedesi il modello in gesso nel Museo di Firenze. > Gli strati di Monte Ripaldi constano di un calcare psammitico, eguale al cornettone della Brianza, gruppo di Rogeno; avvene di più o meno are- nacco ; e sono intersecati da marne calearce. }-fossili trovansi alla super- ficie degli strati del calcare psammitico, in contatto eogli schisti marnosi, ì quali, sfaseiandosi facilmante all’ aria, non ponno presentare l’ impronta del fossile sottoposto. ” » Credo che i suddetti fossili sieno sempre stati rinvenuti dagli scava- tori; del resto io vi trovai abbondantissimi i Nemertititi ( Nereiserpula Buzzonii Stopp.), gli Zoophycos ed i sopraindicati eorpi indeterminati. E pure frequeptissimo il Chondrites intricatus, in confronto ai Chondrites Targioni, eqgualis, furcatus © lumbricalis ed allo Zosterites pelagica. » La differenza, che passa tra gli strati di questa formazione in Toscana con quelli della Brianza, consiste che il gruppo da noi chiamato medio o di Breno, it quale nella Brianza è per lo più di un caleare marnoso, qui è della stessa natura di quella del 1.° gruppo, o di Rogeno, varia cioè di 13% SEDUTA DEL SÌ Maggio 1868, natura mineralogica, giacchè la cava. dell’ estrazione comprenderebbe 1 nostri due ‘primi gruppi; cioè gli strati superiori equivalgono a quello di Breno con Snocerami, Trigonie, Hamites cd Ammonites, e gli inferiori corrisponderebbero al gruppo di Rogeno, con Nemertiliti, Chondrites in- fricatus e corpi amorfi indeterminati. » I fossili poi, Stati rinvenuti a Pracchia, che osservansi nel Museo Civico di Milano (Z/rocerami, Coloniti, Fucoidi e corpi amorfi), sì trovarono invece in un calcare più compatto, bleuastro , che avrebbe 1)’ aspetto di calcare liasico. » A Fiesole, infine, rinvenni la roccia eocenica di natura mineralogica affine a quelle cretacee sopraindicate, ma non vi osservai che tracce di grandi Zoophycos, giacchè questo genere di vegetale fossile incomincia a mostrarsi nel calcare bleuastro sottoposto al rosso ammonitico, che sarebbe il lias, e continua la sua presenza in tutte Je successive formazioni fino nell’ ultimo gruppo terziario. » Milano, 31 maggio 1868. « Gio. BATT. VILLA, » Il vicesegretario Marinoni legge una Memoria del si- gnor prof. Ponzi di Roma: Sopra un nuovo ordinamento geologico dei terreni subappennini; che sarà stampata negli Atti. — In questo lavoro si tratta particolarmente di certi depositi, i quali spettano all’epoca glaciale, e stanno fra i sedimenti pliocenici marini e quelli d’ origine vulca- nica; di una certa relazione fra il freddo dell’epoca gla- ciale e le eruzioni vulcaniche di quel tempo; e della prima comparsa dell’uomo nell'Italia centrale, prima delle ultime eruzioni vulcaniche. E si conchiude che le ghiaje e brecce sovrastanti alle rocce plioceniche marine, e i tufi vulca- nici, posti sopra queste ghiaje e brecce, spettano all’epoca glaciale quaternaria ; e. colla estinzione dei vulcani ro- mani comincia l’epoca attuale. La Società di Boston domanda il cambio degli At? e delle Memorie della nostra Società; e questo cambio è AMMESSO, SEDUTA DEL 54 MacciOo 4868. 155 E presentata la seguente lettera d’invito alla Riunione di Vicenza, ehe è mandata a tutti i Soej: « Vicenza, 15 maggio 1868. « Illustre Signore « Ho V onore d’ invitarfa alla Riunione straordinaria della Società Ita- liana di scienze naturali, che avrà Juogo in Vicenza i giorni 414, 415, 16 e 17 del prossimo settembre. Prego caldamente la S. V. che in tempo utile e possibilmente prima del 40 agosto, voglia farmi giungere la sua ade- sione, onde si possano dal Municipio dare Ic eccorrenti disposizioni per gli alloggi. Si compiaccia in pari tempo la S. V. di indicarmi il soggetto delle Memorie, che fosse sua intenzione comunieare al Congresso, ende possano ordinarsi fe adunanze generali e le sedute delle varie sezioni. — Qualora, eome spero, la S. V. aderisca all’ invite, e intervenga a questa festa della seienza italiana, la vigilia «ella riunione troverà ‘al Palazzo Municipale di Vicenza un incaricato della Presidenza, ehe le consegnerà il Programma delle sedute e delle escursioni, nonchè il biglietto d’alloggio gratuito, che questo Municipio mette a disposizione degli invitati. « Il Presidente della Riunione straordinaria « PaoLo Lioy, » bono nominati soc] effettivi i signori: PozzoLini Groreio, maggiore di Stato Maggiore, di Fi- renze, proposto dai soe} Targioni-Tozzetti, D'Ancona e Omboni; STonR Emizio, geologo, di Sassuolo Modenese, proposto dai socj Omboni, Marinoni e Negri; Visoni nob. GiuLio, proposto dai socj Stoppani, Ma- rinoni e Negri. 1 Segretario G. OMmBONI. Analecta lichenum rariorum vel novorum Italie superioris Auctore M. Anzi. (Seduta del 31 maggio 1868.) LICHENOLOGIS AMICIS. Inter Lichenes a me antehac enumeratos (1), nec non inter eos, qui in praesentibus recensentur pagellis, plures emicant species, que studiis geographis botanicze, ut ajunt, nonnibil conferre viden- tur, eodemque tempore analogiam illam magis magisque confirmare, quam plures rei herbarixe scrutalores acerrimi (2) existere compro- barant inter vegetationem Europa borealis, et alpium Helveticarum (quod idem valet de sequipollentibus alpibus Langobardicis). Gratum sane, et jucundum mihi accidit, invenisse in alpibus Bormiensibus Verrucariam leucotheliam Nyland., usque modo in agro tantum Varsinensi prope mare glaciale repertam: similiter ZLecanoram ocu- latam (Dicks.), usque hodie terrarum septentrionalium proprian sesti- matam, et in Germania universa, quamvis diligentissime perlustrata, semper frusta qursitam. Idem fortasse affirmandum de 4/carospora peliscypha, Germanize, ut arbitror, adhuc incerta cive, non vero al- pium Italicarum. Ipsam quoque Parmeliam alpicolam, a cl. Theod. l'ries nuper ab affinibus arm. stygia, et. P. encausta optime. distin- ctam, que usque huc alpium Scandinavize, insularum Spitsbergensium, atque Groenlandia priva est credita incola, non procul abesse pato ab alpibus Langobardicis, quum ipsam acceperim ex Helvetia alpibus Uriensibus, lectam a prof. Gisler, omnino identicam cum specimi- nibus autenticis, ab ipsomet. Th. Fries in Finmarkia occidentali, gradu 70° latit. bor., decerptis. (1) Catalogus Lichenum prov. Sondriensis. Novi-Comi, 41860. — ‘Manipulus Lichenum rariorum vel novorum Langobardie, et Etruriw. Genne, 1862. — Symbola Lichenum rariorum vel novorum Italie superioris. Genua, 1864. — Neosymbola Lichenum rario- rum vel novorum Italie superioris. Mediolani , 41866. (2) G. WaacenpeRG, De vegelatione et climale in Helvetia septentrionali cum summi seplentrionis comparalis. Turici Helvetorum, 4813. M. ANZI, ANALECTA LICHENUM RARIONUM VEL NOVORUM ITaLiE, ECCO 187 Sed dum animadvertimus, plures species polares in alpibus nostris xque prospera vegetalione gaudere, non est omittendum, plures alios lichenes a me primo in alpibus Italicis deteetos, in terris quoque borealibus vice fausta postmodum inventos esse: exempli gratia Zia- toram rufo-fuscam in remotissima Groenlandia, Bacidiam minuscu- lam in Suecia, Collema leptogioides in extrema Norvegia (1), Leci- deam Rhaticam Hepp (cujus in Catal. primam exhibui descriplionem sub nomine Zecide@e nivalis) et LBiatoram terricolam (Biat. rupestris v. terricola Anzi) in insulis Spitsbergensibus (2). Quibus in insulis, imtra gradus: 76° 50° et 80° 350° latit. bor. jacentibus (ubi a die 24 aprilis ad 23 augusti sol numquam occidit, sed et numquam ardet: a die autem 26 octobris ad 46 februarii sol numquam. oritur, non alia fulgente luce nisi auroree borealis, et pallide Luna), in terris itaque frigidissimis, glaciebus aternis undique, si oram litoralem ex- cipias, coopertis, plantule pbanerogama nonaginta tres (3) collectae sunt, Lichenum autem numerus valde major, species nimirum centum nonaginta du, prater varietates quinquaginta duas. Porro si vege- tationem hanc Spitsbergensem cum alpibus Langobardicis compara- mus, videbimus profecto has e phanerogamis Spitsbergensibus vix alere vigintisex, e Lichenibus autem numerum..proporlione valle majorem, nempe species centumviginti, et varietates trigintatres : quae proportio non esset notabiliter diversa si comparatio extendere- tor ad universum polum, quum notum sit, vegetationem omnium ul- timarum regionum ubique fere sequalem esse, et uniformem, Ex quo elucet analogiam inter alpes Italie, et ullimas terras valde majoris momenti esse respectu Lichenum, quam relate ad vegetabilia phane- rogamica. Adjicere tandem censeo, plures alias lichenologicas novitias in meis Enumerationibus enunciatas, (quarum pars major in exsiccato- rum collectionibus a memetipso (4) distributa prostat) non esse cir- (1) Flora. Regensburg, 1867. p. 185. (2) THeon. Fares, Lichenes Spitsbergenses. Stockholm, 41867. (3) CharLes Martins, La vegétation du Spitzberg. Montpellier, 1865. (4) Lichenes rariores Langobardi exsiccati N.1-537. Lichenes rariores Etruria N. 1-33. Tuchenes rariores Veneti N. 1-175. Cladonio Cisalpine , forme 85, 158 M. ANZI, cumscriptas ad foca a me peragrata, sed fines ampliores amplecti, quum aliis quoque locis detecie sint,..et prasertim in Franconia a selertissimis Lichenologis Rel (4),.et Arnold. Comi, 1 mji 1868. SERIES I. PHYCO-LICHENES (Fr.) Massat. 1.° E*yrenopsis subceooperta. Sp. n. Thallus nigro-fuscus, crassiusculas , in pulvinulos diffractus, cellulis rubro+sanguineis far- ctus, Apotbecia atra, minuta, primam innato-urceolata, deinde adnata, et explanata, margine thallodico semper prominente, numerosissima, saepe thalluni fere totum cooperientia: asci.., spor: (in statu perfecto nonduna inventa), — Gelatina hymenis ope jodi vinose rubet. Vive a contatto colî’ andrexa petrophila sul. micaschisto falcoso, poco sotto il termine della zona arborea, nel monte Sobretta (prealpi Orobie): rarissima. 2.° Pyrenopsis leprosa. Sp. n. Thallus niger, tenuis, effa- sus, leproso furfaraceus, cellulis conglomeratis, flavo-rubentibus , in substantia pallidiori nidulantibus, faretus. Apothecia minutissima, glo- bosa, sessilia, urceolata , disco fusco, punctiformi , excipulo thallo concolore: paraphyses Fax: spore oveidex vel ellipsoidece, simplices cum sporidiolo, pellucidee, 02%, 010-415 longxe, 0, 006-7 late. — Gelatina hymenis ope solutionis jodi aquosae dense crerulescit: Habitu accedit pyrenopsidi riparize (Arn.) Nyland. Exs. Anzi Langob. n. 526. Sulle rupi calcareo-marnose molto inclinate, 0 quasi verticali, soleggiate e irrigate da stillicidio d'acque piovane, presso Como (Santa Croce), accompagnata dalla verrucaria macrostoma. (1) Sahresbericht das Naturhistorischen Vercins 16, 17, 19. Augsburg. ANALECTA LICHENUM IANIORUM VEL NOVONUM ITALLE, ECC, 159 5.° E*yrenopsis endoxantha. Sp. n. Thallus effusus , atro- fuscus, verruculis constans minutis, granalosis, distantibus, raro sub- contiguis, substantia flava, granulosa faretis. Apothecia patellaria, inter arcolas oriunda, easque vix superantia, minuta, sessilia, primom concava , crasse marginata, tandem plana, et immarginata, atro- sanguinea: cepithecio, et hypothecio fuscis, paraphysibus mucilagino- sis: spora, in ascis oblongis, 8., oblonge , pellucidae.,4-loculares, oum, 0135-20 longe, 02, 007-8 lata. — Gelatina hymenis ope jodi coerulescit. Sulla pietra focaja accompagnante il calcare jurese presso Como (Vacallo): rara. 4.° Collema tetragonoides. Sp. n. Thallus incrustans, tum siccus fum madefactus atro-fuscus, dense pulvinatus (pulvini 20-25 millim. Jati), erectus, brevissimus, vix millim. 4 ‘altus, dichotomus vel palmato-trilobatus, lobis omnibus apice obcordatis, toruloso-tuber- culosis, 045 millim. latis, cum tuberculis 049 millim.. latis, Apothecia parvula, immersa, concava, rufo-fusca, a thallo coronata: paraphyses crassiuseulae, subcobarentes; spore, in ascis napiformibus, 6., sub- quadrangulares; pellucida, loculis 10-20, in series transversales di- sposilis, 0", 0158-23 longw, 02, 010-153 late. Incrosta i cespiti morti della tortula tortuosa snella. valle (tutta calcarea) di Fraele (Alpi Retiche), 2000 m. sopra il mare: rarissimo. 5.° Synechoblastus aggregatus ( 4ch.) Th. Fr. L. Arce. p. 280. Collema aggregatun Nyl. Syn: p. 115. Synechobl. nigrescens. Anzi Catal. n. 19. p. p. Sui tronchi dei frassini; e abeti, al termine della coltivazione del zea mays in valle di Tartano, e sui tronchi dei larici, al. termine della vegetazione arborea in valle di Forcola presso il monte Bernina. 460 M, ANZI, È va % Ris, li » SERIES IT. GNESIO-LICHENES, Massal. Secrio I. Gymnocarps. 6.° Cladonia aleicornis (Lightf.), var. microphyllina Fr. L. Fur. p.214. Hepp NI. Zur. n. 799. Anzi Zangob. exs. n. 499. Sulla terra negli ericeti delle colline formate dal conglomerato comense, vicine alla città: fruttifera. 7.° Cladonia fimbriata Hoffim., var. saran a (Ach. ) Nyl. Syn. p. 195. snvalani 3 Sui tronchi marcidi dei pini nelle boscaglie Bormiesi: rara. 8. Cladonia pityrea Fik. Comment. p. 79. Ejusd. Clad. exs. n. 83. Coemans. Clad. exs. n. 90; Rabenbr. Clad. tab. XVI n. Let 4. Nelle selve di conifere, e pioppi tremoli a sinistra del Frodolfo presso Bormio: rara. 9.° Cladonia degenerans Fik. f. lepidota.(Ab.) Nyl. Lapp. orient. p. 109. Clad. lepidota Leight. Notula lichenol.: p. 2. Th. Fr. Spitsberg. p. 28. Exs. Fellm. Zapp. n. 35. Anzi Langob. n. 802. Observ. Si hac forma separanda esset a cladonia degenerante propter flavum colorem quo tingitur ab hydrate kalico, ob eandem ralionem et plures alive forma eodem modo tincte sejungende essent : quod nimis repugnare videtur. Nei boschi di conifere più elevati del monte Confinale in Valfurva. ANALECTA LICIENUM RARIORUM VEL NOVORUM ITALLE, ECC, Gi 10.° Cladonia targida (Ebrh.) FIk, Comment. nova, p. 145. Nyl. Syn. p. 208. Scandin. p. 65. Th. Fr. Arci. p. 146. Exs. Anzi Langob. n. 500. Inter hujus Lichenis exemplaria distributa a el. Funk, Sommerfeit, Rabenhorst, Korber, Hepp et Fellman, ne unum quidem ex omni parte convenit cum speciminibus a me colleclis, qua podelia sistant adscendentia , inferius csetate obscurata , foliolisgue denudata: haec caternm. gaudent podeliis eorumque ramificatioribus turgidis per- foratisque, scyphis spuriis cum diaphragmate itidem perforato, pre- terea ab hydrate kalico flavo colore tingunter: quibus non aliam cladoniam nisi turgidam preeseferre videntur. Nei boschi di conifere più elevati, e rivolti a settentrione (Valfurva). Frequente verso le regioni boreali, rara in Germania, è la prima volta che viene trovata in Italia. 11.° Cladonia cemoceyna (Ach.) Leight. Motule lichenol. p. 2. Exs. Fellm. Zapp. n. 29. Cresce in tutti i boschi di conifere del mandamento di Bormio, non meno frequente della clad. gracilis, e sotto analoghe forme, quasi reclamando la ricongiunzione colla medesima. 12.° Cladonia papillaria Hoffm. fructifera. Exs, Rabenh. Clad. tab. VI. spec. XXXVI. n. 4. Fik. Clad. n. 4. Coemans n. 5. Anzi Lang. n. 503. Nelle colline presso Como assieme colla clad, alcicornis v. micro- pbyllina. 135. Keamalina scopuloruma Ach., Nyl. Syn. p. 292. Vol. XI. 11 162. M. ANZI, Exs. Scheer. n.554. Reichb. n. 20. Hepp. 35%. 837. Sulle rupi granitacee del monte Pisano, alla distanza di circa 10 chilometri dal Mediterraneo: sterile. 14.° Lamia picese Anzi Langob. exs. n. 487. Thallus nul- lus. Apothecia aterrima, turbinata, subdeformia, disco concavo, elevato- marginato: stipite crasso, apotheciis breviore: epithecio nigricante , lanrina et hypothecio sordide fuscis: paraphysibus diffluentibus: spo- re, in ascis clongato-clavatis, 8., aciculares, pellucidx, obsolete pluri - seplatae, 00M, 0355-45 longe, 00m, 003 late. — Diameter stipitis 02 mill. apotheciorum 03 millim : tota plantula ad summum 075 millim. alta. Synon. Zahmia Kunzei v. ecrustacea Anzi Symbola n. 87. Sulla scorza delle pecoie nelle vallate Bormiesi (Valfurva, Val di dentro); cioè nei medesimi luoghi, ove abita la Zahmia Aunzei. 15.° Enabricaria saxatilis., var. omphalodes (L.) Exs. Scheer. n. 488. Sui tronchi dei larici nei boschi Bormiesi: poco frequente. 16.° Embricaria prolixa (Ach.), var. fuliginosa (Fr. in Duby Zot. Gall. p. 602.) Nyl. Syn. p. 397. (Parmelia). Sui massi granitici erratici nelle selve presso Como, e sui monti del Lario. 17.2 Squamaria chrysoleuea (Sm.), var. lecanorea. Thal- lus gleboso-subsquamaceus, albido-flavescens, tum forma tum colore rhallum simulans lecanore frustulose : apothecia carneo-rubina, vel pallidiora, vel olivaceo-nigrescentia. Sulle rupi micaceo-schistose nei boschi Bormiesi (sopraSemogo):rara. ANALECTA LICHENUM RARIORUM VEL NOVORUM ITALIA, ECC, 465 18° Placodium (Z/astenia) flammeuni. Sp. n. Thallos suborbicularis, tartareus, tenuis, uniformis, continuus, rugosus, albidus linea alba limitatus. Apothecia parvula, patellaria, ex innato adnata, tandem sessilia, croceo-miniata, margine vix pallidiore, prominente: spor®, in ascis cylindraceo clavatis, 8., ellipsoidese, polari 2-loculares, pellucidae, 01M, 008 long, 0!n, 004 late. — In memoriam revocat placodium aurantiacun, a quo abludit thalli colore, et sporis mino- ribus. Cresce , a contatto colla microthelia ecatonspora , sulla cresta del monte Parete nelle alpi Retiche. 19. EPlacodium pyraccum (Ach.) * Lecidea pyracea Nyl. Scand. p. 14%. Exs. Fellman Z. Arct. n. 106. Var. holocarpa (Ehrh.) * Lecidea holocarpa Nyl. £. e. Exs. Hepp. n. 73. è Vivono amendue le forme nelle vallate Bormiesi: la 1° sul pioppo tremolo in Valfurva: la 2° sulle siepi, e ripari di legno presso le strade in Val di sotto. 20.° Gyaloiechia carneoenivea. Sp. n. Thallus byssinus, tenuissimus, continuus, indeterminatus, candidus. Apothecia minuta, adnata, carnea, subgelatinosa, plano-deformia, margine thallode tan- dem evanescente: hypothecium pallidum, paraphyses mucilaginose, articulatae vel frustulos®: spore, in ascis clavatis vel oblongis, 8., ovoideo-ellipsoide, 2-loculares, pellucide (rarius rite evolute), Qmm.010-12 longe, 09,007 late. Exs. Anzi Lang. n, 509. Vive inosservata sui muschi, e sulle erbe morte , ed anche sopra la terra torbosa, per lo più al rezzo degli arbusti; segnatamente del rbododendron ferrugineum, amando il consorzio del dactyloblastus leucothelius, placodium lividum, biatora decolorans, e b. rufo-fusca , 164 M. ANZI, al termine della vegetazione degli alberi nelle alpi Bormiesi Cera- sina e S. Colombano. 21.° Lecamera oculata (Dicks. PI crypt. I. p. 47. tab. 6. f.5. Lichen)Acb., Nyl. Scand. p.156.Th. Fr. Arct. p.103. Spitsberg.23. Exs. Th. Fr. Scand. n.54 (fructif.) Fellm. Lapp. n.116. (spermogonif.) Anzi Zangob. n. BIO. Questa specie creduta propria fin qui delle regioni più settentrionali, fu da me raccolta in alcune alpi granitiche del mandamento di Bor- mio, e principalmente sul monte Gàvio, a poca distanza dalle ghiac- ciaje. Manca di apotecj, essendo questo il solito stato, in cui si pre-. senta anche nelle terre polari: del resto concorda perfettamente (non eccettuata la prova dei reagenti chimici) cogli esemplari, che possedo, provenienti da più località della Finmarchia, stati raccolti tra il grado 70° e 71° di latitudine dal celebre lichenologo Teod. Fries. 22.° Rtimnodina Comradi Kérb. Syst. p. 125. Arn. Exs. n. 67. Sopra i muschi, e le epatiche, onde sono coperte le rupi granitiche esposte ai venti, e rivolte a settentrione, a S. Bartolommeo in Val di sotto (prov. di Sondrio): 1200 m. sopra il mare : rara. 23. Aspicilia gibbosa (Ach), var squamata Flw. Kérb. Syst. p. 165. Ejusd. Exsice. n. 246. Salle rupi granitiche nei monti Bormiesi (Suèna): rara. 21. Aspicilia depressa Ach. L. Un. p. 527. Syn. p. 134. sub Sagedia. Exs. Anzi Langob. n. 827. Questa specie, che si annuncia diversa dall’ aspicilia cinerea per ANALECTA LICHENUM RARIORUM VEL NOVORUM ITALI/, ECC. 165 non essere colorata dall’idrato di potassa., vive sulle rupi d’arenaria rossa, meno soleggiate, nell’alpe di Trella (alpi Réètiche), poco sopra il termine dei boschi di conifere. 25° Aspicilia Prevostii (Ur) //ymenelia Prevostii KempIh! in Flora 1852. p. 25. Korb. Syst. p. 529. Parer. p. 115. Exs, Anzi Langob. n. 528. Sulle rupi dolomitiche delle Corna di Canzo in Valbruna, Anzi: del monte Alba nel Veronese, Massal. 26.° Urecolaria sermposa (Ach.), var. parasitica (Somaf. Lapp. p. 100). Nyl. Scand. p. 177. Ejusd. ZZerb. Par. n. 129. Sulle squame della cladonia pyxidata nelle colline Comensi, e nelle vallate Bormiesi (Valfurva). 27.° Aearospora pelisey pha (Wallb.) Th. Fr. £. Aret. p. 89. A4carospora rugulosa Korbh? Anzi. Catal. n. 245. Obsero. Exemplaria ex montibus, et alpibus Bormiensibus adamus- sim concordant cum Finmarkianis, lectis, et missis a cl. Theod. Fries. 28° Acarospora buliata. Sp. n. Thallus pallide olivaceus, intus candidus, suborbiculari-effiguratus (orbilloe 1-2 centim. lat), cartilagineus, centro bullato-areolatus. Apothecia lecanorina, medio- eria, thalli bullas 2equantia, margine thallode tumido, circa discum depresso, marginemque proprium fere simulante: disco obscure badio, plano, minute rimoso-verruculoso: spora, in ascis oblongis vel cla- vatis, myriosporis, atomarize, ovoideze, simplices, pellucidoe. — Habitu aliquantulum accedit Acarospora polycarpe Th. Fr. Exs. Anzi Langob. n. 332. Sulle rupi soleggiate di mica-schisto-talcoso presso i villaggi di Uzza e S. Antonio in Valfurva : 1400 m. sopra il mare: poco frequente. 466 M. ANZI, 29. Esora cenerformis. Sp. n. Thalli squame solitarie vel subeontigue, tumidulee, 22neo-nigricantes. Apotbecia e squamis oriunda, lichenina destituta, paraphysibus crassiusculis, subcoharentibus, epi- thecio fusco, hypothecio: lutescente: spora, in ascis oblongis, 8., anguste oblonge, medio: subangustate, interdum cuneiformes, simpli- ces, pellucidx, 02%, 009-012 longe, 02m, 0030-34 late. — Habitus psorae genere (Duf.) Langob; exs. n. A141., cujus facile diceres for- imam esse calcicolam. Sui massi franati di calcare primitivo, battuti dal sole, e dai venti, sopra i Bagni nuovi di Bormio :1330m. sopra.il mare : poco abbondante. 50° Fhalloidima rosulatumi. Sp. n. Thallus olivacens, adnatus, cartilagineus, rosulato-effiguratus., rosulis 8: millim. circiter latis, cito confluentibus, centro verrucoso, verrucis: tumidis, sed non inflatis nec bullatis, Apothecia mediocria, centripeta, adnata, atra, plana, solitaria, margine pruina cresia fugaci suffuso, tandem immar- ginata, et symphicarpia:: epithecio: fusco;, lamina,, et hypothecio. pal. lidis: gelatina bymenis- ope jodi intense crerulescente: spore, in ascis cylindraceis, 8., fusiformes, 1-septate, pellucidae, 02%, 0185-16 lon- ge, 0, 003 late: — Comparandum: cum Thalloid. vesiculari, a quo tamen, proesertim. forma. thalli, nimis recedit. Exs. Anzi Zangob. n. BI. Nelle fessure terrose delle rupi calcarce rivolte a settentrione, al termine della vegetazione degli alberi, nella valle di Fraèle (alpi Rètiche). 31. Biatora microcrytella. Sp. n. Thallus effusus, can- didus, tenuissimus, submacularis. Apothecia minuta, fusca vel fusco- nigricantia, ex initiis pseudo-lecanorinis cito convexa, et immargi- nata: lamina pallida vel rufescens, hypothecium pallidum: spore, in ascis clavatis, crebris sed parum conspicuis, 8., minute, oblonge vel anguste oblonga:, 4-loculares., pellucidoe, 0! , 007-010 lon- ANALECTA LICHENUM RARIORUM VEL NOVORUM ITALIE, ECC. 167 ge, Omm.003-4 lata. -— Differt a simillima biatorina ceyrtella thallo candido vel saltem albo, et sporis constanter simplicibus, Exs. Anzi Zangob. n. B16. Sui tronchi levigati dei salici, pioppi e noci nelle vallette umide , c ombreggiate presso Como (Albàte, Pedrinàte, Valle dei molini). 52.° MBiatora holomicra. Sp. ». Thallus effusus, tenuissimus, griseus, quasi macularis. Apothecia minutissima (nudo tamen oculo visibilia), hemisphoerica, sessilia, nigra, madore vix dilutiora, nume - mosissima, sed raro confluentia, epithecio nigricante, lamina, et hypo- thecio sordide luleis: spore, in ascis parvulis, 8., minatissima , an- guste oblongx, simplices, pellucidee, 0, 0075 longe, OMM, 0035 late. — Habitu similis biatorinee synotherx, et arthonie cxili: sed apothecia minutiora statim etiam nudo oculo ab utraque diversam ostendunt. Sui legni dei mughi scortecciati, e sternati nelle boscaglie più elevate dei monti Bormiesi (bosco Lia, valle di Fraele): poco frequente. 55.° Riatorina Turicensis (Ilepp) Massal. Sched. n. 149 A. Biatora Turicensis Ilepp. Fl. Eur. n. 463. Var. farinosa Massal. /. c. n. 149, B. Anzi Zangob. exs. n. 463. Sui muri di calcare jurese alle sponde del lago di Como (Laglio, Briénno). La var. negl'interstizj dei muri vecchi, composti di sassi di più specie, presso Bormio: 1300 m. sopra il mare. 34.° Bilimbia Badensis Korb. Parer. p. 168. Zwach Enum. Heidelb. n.163. Ejusd. £xs. n. 277. Biatora spheroidea (DC.) Hepp FI. Eur. n. 515. Sulla corteccia del sorbus aucuparia nei boschi di conifere sopra Bormio (S. Nicolò): rara. 55.° RBilimbia leptosperma. Sp. w. Thallus indeterminatus, albidus, tenuis, granulosus, granulis per protothallum album sparsis. 768 M. ANZI, Apothecia minuta, atra, sessilia, e pl'ano cito convexa, immarginata: epithecio fusco, hypothecio nigro, paraphysibus subcohorentibus: spore, in ascis clavatis, 8., anguste oblonge, vel fusiformes, guttato 2-4-loculares, vel 3-septata, pellucida, 029, 009 longr, 0,003 vix late. — Habitus lecidese Wulfeni. È Sulla terra muscosa fra i massi granitici franati sopra Bormio (Mandria): circa 1900 m. sopra il mare: rara. » vt 56.° Bilimbia pyreuocarpoides. Sp. n. Thallus late effu- sus, nigro virescens, madore prasinus, tarlareo-granosus, tenuis, valde» bibulus. Apothecia frequentissima, saepe confluentia, superficialia, mi- nuta, hoemispheerica (apothecia pyrenocarpeorum simulantia), nigro- nitentia: gelatina bymenea ope jodi dense crrulescens:. paraphyses capillares, diffluentes: spore, in ascis napiformibus, 8., anguste fu- siformes, vel fere bacilliformes, guttato 6-8-loculares (loculorum series quasi ut in graphydibus), pellucidee, 02M, 025 long, 0%, 00% lata. — Habitu similis bacidioe holomelzena (Zangod. exs.n. 117. a). Sopra una spranga di legno di castagno fiancheggiante un ponti- cello tra i villaggi di Pedrinàte e Drezzo, nelle colline di Como: nell'ottobre 1867. 37.° Bacidia arceutima (Ach.) Stizenb. Arit. bemerk. dber die Lecideac. p. 38. A. f. minuscula (Lahm!) B. f. intermedia (Hepp) Eks. Zw. n. 370. Arn. n. 251. Ra- benh. n. 309. Vivono amendue queste forme nei boschi più fitti dei monti Bor- miesi. A. sulla corteccia della betulla bianca nei boschi di S. Nicolò in Valfurva. B. sui tronchi delle peccie nei boschi di Piatta, e €Co- lombina. 38.° Bacidia holophzea. Sp. n. Thallus: sordide fusculus, late effusus, tenuis, leproso-tartareus. Apothecia minuta, sessilia, plana, 3 ANALECTA LICHENUM RARIORUM VEL NOVORUM ITALLE, ECC. 169 cito deformia, nigro-fusca : absque lichenina : paraphyses crassiuscalze, mucilaginose: spore, in ascis clavatis, filiformi-vermiculares, sim- plices, pellucidae, 0%, 018 longe, 09, 0018 late. -—- Similis bacidie holomelzenee corticicoloe, sed diversa polissimum apothe- ciorum forma sporisque simplicibus. Exs. Anzi Zangod. n.260. (de quo enfr. Stizenb. Arit. bemerk. ber. Lecideac. p. 59 in notis). Sulla corteccia levigata dei noci, nei luoghi meno soleggiati, alle falde dei monti e delle colline in Valtellina (Fusine), e presso Como (valle dei molini): rara. 59. Lecidea pallidoeformis. Sp.n.Thallus albidus, verrucoso- granulosus, verruculis sparsis, vel in crustam diffractam conglomeratis. Apothecia subglobosa, immarginata, atra, subaeruginoso-pruinosa : epithecio rufescente, lamina, et hypothecio sordide Juteolis: spore; in ascis clavatis, 8., ellipsoider, simplices, pellucide, 0", 010-12 longe, 09m, 004-5 late. — Externa facia lecidex pallide Tb. Fr. Scand. exs. n. 24. sicut ovus ovo similis: sed spore in nostra specie semper valde minores ejusdem diversitatem edicunt. Su rupe di mica-schisto nel denso bosco di conifere al confluente dei fiumicelli Lemma e Bodrio in valle di Tartano (prov. di Sondrio). 10.° Lecidea subpiambea. Sp. n. Thallus effusus, tartareus, crassiusculus, rimoso-vel diffracto-areolatus, plumbeus. Apothecia par- vula, atra, primum immixta, tandem sessilia, semper plana, tenuiter marginata, lichenina destituta: epithecio prasino vel fusco, hypothecio pallido , paraphysibus crassiusculis, mucilaginosis: spore, in ascis clavatis, subinconspicuis, 8.,0blongxe, simplices, pellucidae, 00", 0413-46 longae, 02M, 006-7 late. — Pulehra species: thalli color identicus cum lecidea plumbea: spore autem pluresque alice note omnino diverse. Sulle rupi micaceo-schistose, al termine della vegetazione arborea, nell’alpe Cerasina in Valfarva: rara. 170 M. ANZI, 41.° Sarcogyne acarosporoldes. Sp. n. Thallas subsqua- moso-areolatus, areolis angulosis, opacis, convexiusculis, fuscis, ma- dore olivaceis, Apothecia patellaria, primum areolis immersa, cito adnata, mediocria, plana, nigra, disco madefacto rufescente, margine tenui, prominente: lamina ampla, epithecio fusco, hypothecio luteolo, paraphysibus crassis, sublaxis: asci parvi, ovoidei vel oblongi, my- riospori, sporis minutissimis, ovoideis vel ellipsoideis, simplicibus, pellucidis. — Species satis pulchra, habitu quasi media inter acaro- sporam cervinam, et acar. glaucocarpam, a genere acarospora cate- rum recedens apotheciis omni margine thallodico destitutis. Sulle rupi quarzitiche, e micaceo-talcose alle falde dei monti allis- simi Confinale, Zebrù e Tresèr in Valfurva: rara. 42,° Buellia lactea Massal., var. atro-cinerea. Thallus tenuis, areolis minoribus, obscure cinereis, protothallo atro, limitante innatis, proinde lichenis adspectus niger ad similitudinem aspicili@ coracine. Apotheciasolitaria, minus frequentia, sporxe 0, 010 longee, OM 004-6 late. Sui sassi quarzosi dell’ alpe Campaccio in Val di sotto (prov. di Sondrio). 45.° Buellia badia (Fiv!) Korb. Syst. p. 226. Zecidea dadia Nyl. Scand. p. 238. Exs. Zw. L£9 et 198. (parasitica). Arn. 72. (paras.) Sui massi granitici erratici sparsi per le selve delle colline formate dal conglomerato comense nelle vicinanze della città (monte S. Ab- bondio, Pedrinate): gli apotecj del sasso trascorrono come parassili sopra le foglie dell’imbricaria conspersa. 44.° Buellia subbadia. Sp. n. Thallus tartareus, ingequalis, obscure cinereus, verruculis approximatis vel in crustam rimoso vel ANALECTA LICHENUM RARIORUM VEL NOYORUM ITALUF, ECC. (Ti diffracto-areolatam confertis, e protothallo atro, limitante enatis, com- positus. Apothecia atra, minuta, ex areolis oriunda, primum innato- punctiformia, deinde adnata, plana, margine prominente, tandem convexa, et immarginata (gelatina hymenea solutione jodi aquosa pulchre cserulescit): spore, in ascis clavatis, 8., oblonge, sepe sub- arcuato vel subcuneiformes, 1-seplate, ex olivaceo fuscr, 0MM, 0185-18 longre, 0". 006-8 late. Spermogonia frequentia, spermatiis numero- sissimis ovoideis fareta. — Forma thalli, nec non presentia protothalli, inter areolas, et in ambitu distinctissimi, speciem autonomam. porten- dunt, cum Buellia badia minime confundendam. Sopra una rupe di mica-sclristo nel bosco di Cornoglia sotto l’alpe Sclanèra in Valfarva: circa 1900 m. sopra il mare. 45.° Buellia anthracina. Sp. n. Separanda est a microthetia Metzieri Labm, Korb. Parer. p. 398, potissimum propter sporas mi- nores, et 5-seplatas. Synon. Rinodina aterrima Anzi Symbola n. 35, et ‘Langob. exs. n. 468, 46.° Buellia teiphragmioides. Sp. a. Thallus verruculosus, luteolus. Apothecia adnata, atra, plana, tenuissime marginata, deinde convexa vel tumidula: spora 8., oblonge, semper 4-loculares, fu- scr, Omm, 025 longre, OMM, 007-9 late. — Thallus. semper Iuteolus, ab hydrate kalico minime tinctus: ideoque a simili lecidea triphragmia _ Nyl. diversa. è Sulla scorza delle.peccie, e della betulla bianca nei boschi Bormiest. 47.° RBuellia (Catolechia) epigeea (Pers.), var. intermedia (Schrad.) Zecidea Scheer. Diploicia Korb. Parer. p. 417. Exs. Scheer. n. 300. Arn. n. 163. b. Sulla terra calcarea nera nelle vicinanze di Bormio (Torripiano ), dove manca del tutto la forma tipica: rara. 172 Mi. ANZI, Lo 48. Buellia (Catillaria) mycetoides. Sp. n. Thallus granu» losus, granulis sordide flavescentibus, per protothallum albo-verniceum dispersis. Apothecia atra, minuta, concava, margine tenui, prominente, epithecio lypothecioque fuscis, paraphysibus mucilaginosis (gelatina hymenea ope jodi dilute crerulescente) : sporze, in ascis late ellipsoideis vel clavatis vel cystiformibus, 6., mediocres, ellipsoidexe, medio con- strictae, 2-loculares, articulis inzequalibus, pellucidae, 09, 0412-15 long, 0!Mm, 006-7 late. — Micromycetibus nonnullis similis, sed thallo non caret, neque lichenina. Sulla scorza del pinus picea nei boschi Bormiesi (Piatta): rara. 49. Awthomia (Coniangium) apatetica (Mass.) Coniangium Massal. Serlul. p. 82. Sched. n. 162. Catillaria? Symm. p.°80. Sulla corteccia levigata dei gelsi presso Como (spore 0", 009-015 longe, OMM, 008-7 latex). 50.° Arthonia (Coniangium) tabidula. Sp. n. Thallus cum suo cubiculo confusus, subnullus. Apothecia minutissima, atra, sessilia, plana, scabrosa facileque deliquescentia, lichenina destituta : epithcio hypothecioque fuscis, paraphysibus nullis: spore, in ascis pyrifor- | mibus, crebris, 6., adpositae, solexeformes, articulo altero valde mi- nore, tenuiter 5-septatae, graciles, pellucidae, 0MM, 009-040 long, omm, 002-3 late. — AD affini coniangio Krempelhuberi differt.thallo subnullo, apotheciis minoribus, sporis 4-locularibus. Sulla scorza levigata del pinus cembra nei densi boschi Bormiesi (Cerasina)- ? Scerio II. Anciocanpi. 51. Pertusaria sorediata Fr. S. Z. Sc. I. p. 119. Kérb. Parer. p. 312. Exs. Hepp. 672. Zw. 288. Rbr. 419. ANALECTA LICHENUM RARIORUM VEL NOVONUM ITALLE, ECC. 173 Sui tronchi degli alberi nelle selve fiancheggianti il lago di Lugano tra Palio” Riva: sui tronchi degli abeti nei boschi valtellinesi (Ro- dolo, Alfaedo, valle di Tartano). 52.° Elacidiopsis dermatocarpoides. Sp. n. Thallus sor- dide fusco-nigrescens, pulvinatus, cartilagineo squamosus, squamis 2-5 millim. Jatis, convexis vel inflatis, subimbricatis, suborbicularibus, nonnullis farina tenui cosia suffusis. Apothecia in unaquaque squama - 2-12, minuta, ostiolo atro, umbilicato emergentia, absque paraphy- sibus, et lichenina: spore, in ascis oblongis, 8., biseriatae, naviculares, 1-2-loculares, grumoso-pellucidae, 09, 014 long, OMM, 006-7 lata. — Habitus dermatocarponis pallidi, Entro un crepaccio terroso delle rupi serpentinose, rivolte a mez- zodì, sovrastanti ai prati di Campello (Bormio): 1550 m. sopra il mare. 55.° Werrucaria prerupta. Sp. n. Thallus tartareus, cervino vel fusco-nigrescens, 03 millim. crassus, compacte rimoso-arcolatus, arcolis planis, angulosis, eximie lateque in insulas, isthmos, et penin- sulas effusus, interruptus quoque lacunasque vacuas relinquens, ambiti- bus hinc inde trancatis seu preeruplis. Apothecia (rarius rite evoluta), minuta, scabrosula, semi-immersa, minute umbilicata: spor 6-8, ellip- soidez veloblongze, nubilosa vel sporidiolo fete, simplices, 09, 0413-16 longe, 09M. 007-9 late. — Habitu in memoriam revocat verrucariam nigrescentem: a qua vero proeserlim sporis minoribus vegetandique modo valde diversa. Exs. Anzi Lang. n. 536. Sui massi franati di calcare primitivo sparsi per le alpi Bormiesi (Valpisella), e sul pendio del monte, che sta a cavaliere dei Bagni nuovi di Bormio: 1530-2300 m. sopra il mare. 54. Werrucaria concinna Borr. Korb. Syst. p. 347. Scheer! (secundum specimen ex Ejusd. Zerb.) Sulle rupi calcaree nelle alpi Bormiesi (monte delle scale). 174 M. ANZI, 55.° Verrucaria dolomitica (Massal.) Kérb. Parer. p. Amphoridium dolomiticum Mass. Symm. p. 80. p oe. Exs. Massal. n. 250. Arn. n. 176. Sui sassi calcarei dell’alpe Sobretta all'estremità boreale delle prealpi Orobie. 56. Arthopyrenia punctiformis (Pers.) f. cembr @ Thallus hypophlzodes, effusus, tenuis, fascus vel fasco-rufescens. Apothecia hemispherica, minuta, atra, basi halone atro ‘tenuissimo circumdata. Spore, in ascis clongato-clavatis, 8., constricto-didym®, guttato 3-4 loculares, pellucide. Exs. Anzi Langob. n. BI19. F. laricis. Thallus macula effasa serîcea, albo-glaticescente, vix distinguenda, indicatus. Apothecia minuta, hemispheerica : spora cunei- formes, constricto-didyma, nebulose, 3-septale, 09, 0412-16 lon- ge, Omm, 006-7 late. Crescono amendue le forme nei boschi Bormiesi: }a 1% sulla scorza levigata del pinus cembra nel denso bosco di Presur'alta: la 2° sopra la corteccia dei larici, battuti dai venti, a S. Bartolommeo in Val di sotto: non sono frequenti nè l'una nè l'altra. 57.° Sagedia Lariana (Massal.) Anzi Catal. n. 480. T'helidium Larianum Massal. Framm. p. 16. Symm. p. 104. Zerrucaria cry- ptarum Garov. Tentam. p. 94. Sulle rupi umide calcaree e dolomitiche alle sponde del lago di Como, ed al principio di Valgana sopra Varese. 38.° Sagedia illinita (Ny1.) Kòrb. Syst. p. 366. Porina mu- scorum. Massal. Sched. p. 164. ANALECTA LICHENUM RARIORUM VEL NOVORUM ITALI®, ECC, 178 Exs. Massal. n. 304. Hepp. n. 164, 708. Korb. n. 205. Sopra la terra muscosa nei boschi di betulle e conifere presso Bormio: rara. 59.° Sagedia laurina. Sp. n. Thallus indeterminatus, tenuis- simus, leproso-farinosus, cinereo-viridis, a cortice, in qua inbabitat vix distinguendus. Apothecia minuta, spherica, sessilia, scabro-niten- tia, apice rotundato: paraphyses diffluentes: spore, in ascis anguste fusiformibus, 8., fusiformes, 6-10 loculares, pellucida, 022,022-30 longe, 02m, 003 late. - Habitaum preesefert sagedize carpine» (Anzi Yen. exs. n. 139); sed propter sporas valde longiores, et plurilocu- lares diversa videtur. Vive, nel consorzio del leptodon Smithii, sulla corteccia dei lauri net parco di Pratolino sopra Firenze. 60.° Sagedia (Sychnogonia) rugosa. Sp. n. Thallus fere ut in sagedia illinita, cinereus, submembranaceus, suborbicularis. Apo- thecia atra, parvula, globoso-subdeformia, profunde rugosa, confluentia, basi immersa, apice tandem obsolete pertuso: paraphyses 0", 18 long, asci paraphysibus parum Dreviores, cylindracei, sporas nume - rosas (60-80) foventes, ellipsoideas vel naviculares, pellucidas, 3-scp- talas, OMM, 009-015 longas, 0%, 006-7 latas. Nell’alpe di monte Braulio, associata alla tortula tortuosa : rarissima. 61.° Sagedia constricta. Sp. n. Thallus amplus, usque ad I cent. extensus, epiphlaeodes, membranaceus, tenuis, olivaceo- fuscus, madefactus pallidior. Apothecia atra, minutissima, numerosissima, saepe confluentia, hemisphoerica, basi immersa, scabriuscula, apice perltusa: spor, in ascis ventricosis vel forma variis, 6-8., conglutinate, fusi - formes, medio insigniter constricta, pellucidxe, 4-loculares, 00,028-30. longe, 00m, 007 late. | Sulla corteccia levigata della betula alba nelle colline di Como : rara‘ 176 M. ANZI, 2.° Bactyioblastus leucothelius (Nyl.) Zerrucaria leu- cothelia Nyl. in Flora 1864. p. 556. Lich. Lapp. p. 170, — Exs, Fellm. Zapp, orient. n. 219. Anzi Zangob. n. 522. Cresce sfuggevole alla vista, tra i cespiti della cladonia deformis, al termine della vegetazione arborea, in parecchie alpi Bormiesi, tanto granitiche, come calcaree (S. Colombano, monte Scale, Gerasiadi Chiarena). Observ. Exemplaria Bormiensia identica sunt cam Lapponicis lectis a cl. Fellman (et ipsis inter cespites cladoniarum) prope mare glaciale: spora in utrisque 0", 0241-29 longe, 08M, 006-010 late. 63 Baciyloblastus homosporus. Sp. n. Thallus effusus, tartareus, tenuis, rimuloso areolatus vel conlinuus, fuscus. Apothecia in thalli tuberculis minutis, depressis inclusa, ostiolo punctiformi, atro, mox depresso: lichenina nulla: paraphyses mucilaginosae: spore, in ascis lanceolatis; 8, oblonge, 6-7-septato-muriformes, lutescentes, omm, 016-27 longe, 0”, 008-010 late. — Asci, ct spore frequen- tes: sporarum forma , et magnitudo ut in dactyloblasto leucothelio, unde nomen specificum. Gelatina hymenea, et magis episporium ope Jodi rubescunt. Vive unitamente alla polyblastia (staurothele) fissa, sul micaschisto irrigato dall’acqua limpida, e fredda di sorgente nelle alpi Bormiesi : rarissimo. 61.° Strikeria KMochii Kérber, Lich. Germ. exs. n. 264. Parer. p. 400. Nella scorza solcata della robinia pseudo-acacia, alle sponde. del lago di Como (Colico), e del Lago Maggiore (Suna). ANALECTA LICUENUM RARIORUM VEL NOVORUM ITALLE, ECC. 177 Species nonnulle parasitice vel ambigue. 65.° Abrothallus lepidophylus Anzi. Lang. exsi n. 475. Thallus proprius nallus, Apothecia parasitica, minuta, biatorina, absque margine, et excipulo, convexa, atra, tenuissime eruginoso-pruinosa : lamina angusta, luteola vel rufescens, lichenina deslituta, cpithecio hypothecioque fuscis, paraphysibus capillaribus, subinconspicuis: spore, in ascis oblongis, 8., anguste oblonge, plerumque recte, rarius ar- cuate, pellucida, 41-3-septate, OMM, 010-15 longe, 0M!MN., 003 late, Sopra le squame della cladonia pyxidata a sinistra del Frodolfo in Valfurva, circa 1600 m. sopra il mare. 66.° Abrothallus placophyllus. Sp. n. Thallus alienus. Apo- thecia minuta, planiuscula, immarginata, immixta, tandem maculz- formiter confluentia, atra, cpithecio hypothecioque fuscis, parapby- sibus crassis subcohgerentibus: spore, in ascis cylindricis velclavatis, 6., sepe t-seriate, oblongre, 2-loculares, pellucidx, 0, 008-9 longe, gomme 003-4 latze. Ope jodi gelatina hymenea dilute crrulescit, asci, et episporium fuscescunt. Simulat Buelliam scabrosam. Nei pascoli dell’alpe Gavia (catena Camonia), sopra il tallo dello sphyridium placophyllum, il quale nelle sue parti, in cui dà ricelto a questo abrothallus, assume il bel colore del lichen pulchellus Schrad. 67.° Celidium lopadiî. Sp. ». Apothecia parasitiea ,, minutis- sima (nudo oculo invisibilia), superficialia, hemisphrica, approximata, nigra, apotheciorum discum totum vel ex parte inhabitantia : spor®, 6., ellipsoidea, utrinque obtusissima., Bseptata , loculis monnullis geminatis, ad sepimenta vix constricte, olivacew, 01%, 0414 long®e, om, 008 late. — Habitus pharcidie congeste Kéorb. Vol. XI, 42 478 M. ANZI, Sul disco degli apotecj del lopadium muscicolum nei boschi Bor- miesi di conifere più elevati (boschi di Cerasina e di S. Carlo), esta- te 1867. 68.° Celidium tabescens. Sp. n. Apothecia parasitica, nigra vel atro-purpurea, minutissima, cubiculo innata vel vix emergentia, orbicularia, sepe confluentia, cito tabescentia, et disciformi-collapsa : lamina, et hypothecio rufescentibus, paraphysibus nullis, sporis 4-6., navicularibus, guttato-2-3-locularibus, pellucidis, 09%, 015 longis, omm. 006 latis. — Gelatina hymenea ope jodi rubescit. Nella pagina superiore del tallo dell’imbricaria saxatilis, nei bo- schetti ombrosi, umidi sopra Bormio (Piatta), e sopra la fonte salu- tare di S. Catterina, estate 41867. i 69.0 Racodium rupestre Pers. Syn. Fungor. p. 701. Leight. Notes on British Lichens p. 3. tab. IV. f. 16, 17. Collema panno- sum Scheer. (secundum specimen ex Ejusd. Zerd. missum a cl. Guthnich). Exs. Holl. et Schmidt. n. 25. Anzi Langob. n. 498. Sulle rupi umide micaceo-schistose delle alpi Bormiesi, Cerasina e Masucco: misto sovente col gymnomitrium concinnatum. 70.° Peziza Neesii Flw. Zeciographa Neesii Korb. Parer. p. 163. Leciographa Zwachii Massal. Catagr. p. d. Sul tallo della biatorina commutata, nei boschi valtellinesi di abeti (Rodolo, Alfaèdo). Micromycetes nonnulli lichenicoli. 71.° Epicoccum usnese. Sp. n. Macula coerulea totum apo- {heciorum discum sensim tegente. Receptacula minuta turbinato- ANALECTA LICHENUM RARIORUM VEL NOVORUM ITALLE, ECC. 179 lentiformia, supra cubiculum elevata, sporis farcta nnmerosissimis , conglobatis, spheericis, fuscis, pedicello preeditis concolori, iruncato, lato quidem, sed brevissimo, diamet, cum pedicello 09, 006-7, sine pedicello OMM, 004. Exs. Anzi Langob. n. 523. Sul disco degli apotecj dell’usnea barbata nei boschi Bormiesi di conifere più densi, e più elevati (Cerdecco): agosto e settembre 1867. Spheriacei. 72° Bertia lichenicola DbNirs. Zrb. critt. ital. n. 14190 (anno 1864). RRagadostoma corrugata Kirb. Parer. p.473.(anno 1868). Sopra il tallo della solorina crocea in parecchie alpi Bormiesi, sopratutto in quella di Cardonè in Valviola, 75.° Bertia solorino. Sp. n. Pyrenia parasitica , numerosis- sima, subcongesta, minuta, atra, cubiculo semi immersa, ostiolo pri- mum depresso (late umbilicato), mox disciformi-collabente, nucleo pellucido, paraphysibus mucilaginosis: spore, in ascis clavatis, 4-6., ex pellucido fuligine®, loculis 4-8., uno ex infraterminalibus incras- sato, proinde clavatae, 0", 0235-30 longe, 0, 007-012 late. — Habitus fere pracedentis. Sopra il tallo della solorina crocea, poco sopra il termine della vegetazione arborea, nell’alpe Masucco sopra Bormio. 74. Sordaria cladonize. Sp. n. Pyrenia sparsa, atra, minuta, spherica, semi immersa, rugosa, tandem deformia, et cupulari-aperta: spore 4-6., cymbifornes, simplices, fuligineo-opace, 012, 022-30 lon- ge, ONm, 045-145 lata. Nei podezii della cladonia deformis, infoscati, e quasi anneriti dal- ‘età, nel bosco di Cornoglia in Valfurva, circa 1800 m. sopra il mare. 480 M. ANZI, 75.0 Leptosphrria mamillula. Sp. n. Pyrenia in cubiculi tuberculis minutissimis, mammiformibus, sepe carneo-coloratis, in- clusa, solo ostiolo purpureo papillatim prominulo: spora, in ascis eylindraceo-fusiformibus, crebris, substantia subgelatinosa pallida ob- vallatis, 8., naviculares, incumbenti 4-seriatae, 4-septata, pellucidx, omm, 013-158 long, 022, 004-6 lata. Sulla pagina superiore del tallo sterile della peltigera canina, nei boschi Bormiesi (Valfarva): rara. 76.° Spheerella lepidiota Anzi Langod. exs. n. 450. Pyrenia parasitica, minutissima (nudo oculo vix visibilia), atra, spheerica, semi immersa, apice clausa, tandem urceolato-aperta, in singulis cubiculi squamis 4-12: paraphyses nulla: sporze, in ascis oblongis, 8., fusi- formi-aciculares, 6-loculares, pellucidw, 0, 022-26 longe, 0MMm, 004 late. Sulle squamette della pannaria lepidiota a sinistra del Frodolfo presso Bormio. 77. Sphoerella psorz. Sp. n. Pyrenia parasitica, minutissima, diamet. 018 millim., vix nudo oculo perceptibilia, atra, spherica, semi immersa , Apice poro minutissimo orbiculari predita, solitaria, in unaquaque cubiculi squama 8-20 ; nucleo mucoso, pallido, a jodo non tincto: paraphyses nulla: spore, in ascis pyriformibus, 6., oblong®e, medio subconstricte, guttato-2-3-loculares, pellucidae, 09, 0190-0240 longe, 0, 0075 lata. Sulle squame della psora decipiens nelle alpi Bormiesi (Valpisella). 78.° Sphoerella Sehoreriî. Spheria Schererii. Massal. sulla Lec. Hookeri p. 8. f. 5. Exs. Anzi Langob. n. 524. ANALECTA LICHENUM RARIORUM VEL NOVORUM ITALIZE, ECC. 181 Sul tallo della lecidea Hookeri di Scherer nelle alpi Bormiesi. 79. Lophiostoma graphydospora Anzi Lang. exs. n. 441. Pyrenia erumpentia, mediocria, solitaria, parum numerosa, atra, ovoi- dea, vertice papillato, tandem lacero-aperta: spore, in ascis anguste elongatis, crebrisque, 8., fusiformes, dilute fusca, loculis 6-8., 4-se- riatis (graphydum locula imitantibus), nonnullis geminatis, 0!®M, 03-4 Tango; om, 009-010 late. Mycelium epiphlaode, elongate extensum, limitatum, membranaceo-thalliforme, albo-lutescens. Sulla corteccia levigata dei ciliegi nelle valli Malenco (Torre), e Sassina (Marzio). Sopra un nuovo ordinamento geologico dei terreni subappennini. Nota del prof. cav. Giuserre Ponzi. (Seduta del 31 maggio 1868.) Sovente avviene nello studio delle cose naturali dover tornare in- dietro, per riassumere le idee e armonizzarle col progresso scientifico. Ciò fu anche per me, allorchè per incremento di cognizioni non mi trovava più in accordo coi tempi a cui riferire le diverse assise su- bappennine, componenti la stratigrafia dei nostri colli. Il loro ordi- namento fin qui adottato non potea più sostenersi domandando rifor- ma, e tanto più si faceva sentire il bisogno, quando i diversi piani della scala venivano messi a fronte degli studi cronologici fatti in altre contrade, specialmente nelle subalpine colle quali hanno la più grande analogia. I letti di sedimento marino componenti le colline subappennine sul piovente tirreno dell’Italia centrale, si compongono di quattro distinti membri o piani, che in ragione d’età si sovrapongono, e sono rappresentati dal basso in alto: 1.° da potenti strati delle solite marne turchine; 2.° dalle sabbie gialle; 3.° dalle ghiaje o breccie; 4.° final- mente dai tufi vulcanici, ristretti però soltanto ad una certa regione, 182 G. PONZI, nel mezzo della quale risiedono i crateri da cui quelle materie ebbero origine, ora spenti. Sopraincombono a queste assise tutte le deposi- zioni dei fiumi e dei laghi, non che i prodotti di altri valeani che ardettero in tempi più recenti, quando cioè si erano ritirate le acque salse. Fin qui tutte le stratificazioni marine furono considerate siecome spettanti al terreno terziario superiore, e perciò denominate plioce- niche, mentre le fluviali e lacustri vennero dette post-plioceniche, quaternarie o diluviali. D'altronde vi fu pure un'epoca glaciale co- mune a tutte le contrade della terra, la quale fu anche lunga e così attiva da lasciar grandi tracce del suo passaggio, e questa presso di noi non-venne mai fin qui considerata per mancanza delle morene sui fianchi dei nostri appennini. Risultava adunque nella scala stra- tigrafica una lacuna o un salto, reso ora intollerabile, che dimandava di essere occupato, corretto e messo d'accordo colla geologia gene- rale. Tale riordinamento è l’argomento del presente scritto. Le cinque zone distinte di fossili o faune da me pubblicate nel Bullettino della Società geologica di Francia (1) contenute nelle marne e nelle sabbie gialle ben dimostrano quelle assise spettare all’ epoca pliocenica, laonde le incertezze si riferiscono soltanto alle rocce so0- praincombenti. Ma per apprezzarne il valore e conseguire lo scopo prefisso, fa d’uopo percorrere tutti quei diversi sedimenti, e cammi- nare coi tempi per vedere come si successero i cambiamenti clima- tologici, e quali ne furono gli effetti. La prima di quelle faune propria del piano inferiore delle marne subappennine conserva ancora in gran parte la fisionomia miocenica, per far l’ufficio di passaggio alla seconda, corrispondente al punto in cui le stesse marne per gradi si convertono in sabbie gialle, e che dichiara definitivamente il tempo pliocenico. Queste due prime faune, e le altre tre che succedono nelle sabbie, prese insieme fanno scor- gere chiaramente una transizione ascendente, o un graduale cambia- mento negli animali contenuti, perchè un buon numero di essi estinti, (4) Ponzi, Sur les diverses zones de la formation pliocéene des environs de Rome. Nel Bull, de la Societe geologique de France, 1858. SOPRA UN NUOVO ORDINAMENTO GEOLOGICO , ECC, 185 altri successivamente emigrati, scompariscono per essere sostituiti dalle specie tuttora viventi nei nostri mari Tirreno e Adriatico. Un’ana- lisi istituita delle specie perdute, e le cognizioni delle regioni a cui si condussero le emigrate, non lasciano dubio sulle condizioni del clima di quei tempi, e dimostrano un lento passaggio da una tem- peratura quasi tropicale miocenica, a quella più moderata che oggi sperimentiamo. Il carattere transitorio delle faune piioceniche non è solo osserva- bile nelle nostre contrade, avvegnachè fu anche notato e dimostrato dal Lyeil nei plioceni inglesi della contea di Suffolk, e dalle osser- vazioni e studi fatti da tanti altri paleontologi, per cui sembra non potersi mettere in dubio un lento raffreddamento , se non di tutta la terra, almeno dell’emisfero boreale. Ma se oggi si ha per dimostrato che, nei fasti della terra vi fu un periodo straordinario di freddo glaciale, e se questo tenne dietro ai tempi pliocenici, è logico il pen- sare che quel raffreddamento sia attinente a questo maraviglioso fenomeno, che certamente non giunse improvviso, e la natura, dice Linneo, non va a salti. Laonde sarei d’avviso che l’epoca pliocenica rappresenti fa prima parte di quel periodo, o quel lento abbassamento di temperie, che per gradi condusse ai fenomeni glaciali. Per tale ragione sarei d’avviso distinguere questo tempo col nome di pre- glaciale. Seguitando così ad argomentare, e accompagnando insieme al tempo la depressione calorifica, noi arriviamo al punto, che, al terminare della deposizione delle sabbie gialle, i vapori acquosi nel seno del- l'atmosfera incominciarono a condensarsi, e sempre più crescendo precipitarono sotto forma di pioggia dirotta sulle altitudini dei monti, producendo un vasto diluvio, protratto per buon lasso di tempo. Da tali acque derivarono torrenti impetuosi, che gittandosi giù per le chine, trascinarono in basso tanti detriti lapidei delle rocce montane, e li consegnarono all’incessante lavoro del mare, che colle sue con- citate ondulazioni correva ancora a flagellare le radici degli Appennini. Ed ecco perchè immediatamente sulle sabbie gialle si stratifica il terzo membro della scala, costituito dalle ghiaje e brecce, che all’appros- LI simar dei monti si fanno più grosse e polenti. Se ciò è verosimile 184 G. PONZI, chiaro ne deriva che queste assise siano già fuori dell’epoca, plioce- nica, e come transitorie entrino a far parte dell’epoca glaciate pro- priamente detta. La forma e la giacitura di questi depositi chiaramente accennano ad un paralellismo con quelli che nelle pianure lombarde sono deno- minati diluvio alpino, immediatamente giacente sulle sabbie plioce- niche. Per la qual cosa il deposito delle sabbie e brecce, che nella nostra scala succede alle sabbie gialle, potrebbe essere egualmente distinto col nome di diluvio appennico , sebbene depositato dalle acque marine. 3 Peraltro nell’ Italia centrale e specialmente sul piovente tirreno degli Appennini quegli strati di ghiaje servon di letto a potenti banchi di tufi vulcanici, la cui giacitura concorda colla orizzontalità delle sottostanti rocce e dimostra aver succeduto immediatamente a questi, come anche essere stali depositati dallo stesso mare. Questo eruppo di rocce è quello che deve richiamare tutta la nostra considerazione. Da quel che risulta da tanti stadi fatti fin qui, si argomenta che la sottrazione del calorico non si arrestò alla sola produzione delle pioggie; ma sempre più avanzando converti le acque in nevi, che in quantità enormi si accumularono sulle più eccelse regioni montane. Da queste presero origine quei famosi ghiacciaj che a modo di solidi fiumi percorsero le convalli fino ad uscire dai monti, spingersi sulle pianure subalpine a fabricar le loro morene sul diluvio alpino, e se- minare le estenzioni lombarde di giganteschi massi erratici. Noi non possiamo raccontare altrettanto nell’ Italia centrale, perchè non ab- biamo le morene della Lombardia e del Piemonte; ma solamente rari massi erratici, che s'incontrano nel percorrere le montagne, special- mente sul piovente adriatico, anche di un considerevole volume. Però sono sufficienti a darci una pruova che, se gli appennini dell’Italia centrale non ebbero ghiacciaj, e per conseguenza mancano di mo- rene; nondimeno ebbero nevi a ghiacci nei loro interni recessi, accu- sati eziandio dalle grandi fiumane che vi corsero in seguito, in con- seguenza della loro fusione. AI contrario in sostituzione delle morene rinveniamo i tufi vulcanici che le rappresentano siccome contem- poranci. - SOPRA UN NUOVO ONDINAMENTO GEOLOGICO , ECC. 18% Ma qual fa la cansa di questo fenomeno? Dipende esso dalla minore elevazione degli Appennini rispetto alle Alpi, ovvero dalla loro più meridionale posizione? Sebbene la soluzione di questi problemi non sia cosa leggiera; pure non vorrei ricusarmi dal manifestare un’ opi- nione qualunque essa sia. A me sembra che l'altitudine e la posizione occupata dagli Appennini nell'emisfero boreale poco abbiano contri- buito a questa differenza, e che la causa principale sia tutta locale, - e abbiasi a ripetere dal freddo medesimo da cui venne investita la terra. Nei nostri subappennini i grossi banchi di tufi vulcanici giacciono sui conglomerati del diluvio appennino, e sono attinenti e certi gruppi di crateri, rappresentanti i centri eruttivi, che camminano l’un dietro l’altro, come gli anelli di una catena (1), segnando una linea frattu- rale della crosta terrestre paralella alla direzione degli Appennini. Questa è la zona vulcanica italiana, sulla quale il fuoco interno si è sempre inanifestato periodicamente, dalla sua prima comparsa avve- nuta in quell'epoca, fino a noi, quantunque in via di lenta estinzione, lo crederei che a queste conflagrazioni abbiasi ad attribuire special- mente il fatto della mancanza dei ghiacciaj e delle loro morene, a causa dell'enorme emissione del calorico raggiante da quelle bocche in piena eruzione. Ma a prima vista questa sembrerebbe una propo- sizione alquanto azzardata, poichè fa meraviglia come regnando il massimo freddo , sbucasse dalla terra tanta quantità di fuoco da mo- derarne gli effetti. A spiegare questo fenomeno , in primo luogo fa d’uopo prendere in seria considerazione che, durante quello stesso periodo glaciale quasi tutte le contrade della terra avessero dei più terribili e numerosi vulcani, come ricavasi dalle vaste osservazioni dell’Humboldt, e dalle relazioni dei più distinti geologi viaggiatori. Laonde in questo generale trasudamento igneo del globo siamo con- dotti a riconoscere una causa generale di eruzioni, comuni a tutte le contrade in un istesso tempo. À mio parere questo grande avveni- mento altro non potrebbe essere stato che, l’effetto della sottrazione (4) Ponzi, Sur la zone vulcanique de V Italie centrale. Nel Bull. de la Societe geolo- gique de France, 41859. 186 G. PONZI, del calorico che contraendo la crosta terrestre fu capace di portare una compressione, e gravitare in un modo, strano, sulle sottostanti materie laviche, e sui gas interni costretti al grado di massima ten- zione. Se questa ragione viene acceltata per verosimile, ognuno può scorgere le operazioni che ne derivarono: l’aperiura di tanti meati vulcanici su tutti quei punti, dove la crosta terrestre offriva minor resistenza, ovvero migliori condizioni al passaggio delle materie eruttive. In tale combinazione crediamo siasi trovata l’Italia in grazia di quella fenditura longitudinale, che separa gli Appennini del centro dalla catena littorale tirrena. La considerevole ampiezza e numero dei crateri raccolti attorno i centri vulcanici, schierati su quella linea, accusano le più gagliarde conflagrazioni che siansi mai sperimentate, e per conseguenza enormi emissioni di calorico libero e raggiante nella sopra incombente atmosfera. | tre centri eruttivi rappresentati dai crateri vulsinii, cimini e sabatini, aperli nel fondo istesso del mare, i vulcani subaerei del Lazio che gli fanno seguito, quelli degli Eruici, di Rocca Monfina, dei Campi Flegrei, l’Epomeo, la Somma, ece., rappresentano lo sbocco di tanti cunicoli per i quali la terra cacciò fuori quantità enormi del proprio calorico. Dunque se durante il pe- riodo glaciale si verificarono le più grandi emissioni di quell’ impon- derabile raggiante, come poteano dai più prossimi monti scendere i ghiacciaj per giungere colle loro morene a guadagnar come nelle alpi le sottoposte pianure, rese preda del fuoco? Le stesse rocce ri- scaldate per diffusione calorifica doveano mantenere le più basse re- gioni ad una temperatura così elevata da rendere impossibile l’avan- zamento dei ghiacciaj. Ciò per altro non toglie che, nevi e geli esi- stessero, come dicemmo, sulle più elevate regioni appennine, o in quei loro recessi dove minore o nullo giungeva l'irraggiamento del calorico terrestre. In questo modo mi sembra trovar ragione proba- bile, a dimostrare ciò che vediamo avvenuto in quelle rimotissime età: vale a dire che le assise dei nostri tufi vulcanici siano contem- porancee e rappresentanti le morene, egualmente giacenti sulle breccie e ghiaje diluviali. Ma i depositi delle materie vulcaniche sono compresi in un’area SOPRA UN NUOVO ORDINAMENTO GEOLOGICO , ECC. 187 circoscritta, e nella scala delle rocce subappennine sono le ultime depositate dalle acque marine: indizio sicuro di un sollevamento del suolo in quell’epoca, del ritiro delle acque salse durante la depo- sizione dei tufi. È qui sorge naturale un altro quesito: Qual fu Ta causa di un tal movimento? Quell’innalzamento dovette essere lento e prolungato, e all’epoca in cui incominciarono a depositarsi le ma- terie vulcaniche, molte contrade subappennine doveano già essere in secco. Avvegnachè dalle carte idrografiche da me costrutte ed esposte in Parigi nello scorso anno 1867, chiaramente si vede che, il com- plicato arcipelago prodotto dalle emersioni appennine era già scom- parso e i confini del mare descrivevano un gran seno o golfo com- prendente le provincie di Viterbo e di Roma. Nel fondo di questo immenso bacino sì trovarono disposti in linea i centri vulcanici Vul- sinio, Cimino e Sabatino, i cui crateri sostenuti da larghi coni si fecero atmosferici, quando per movimento del suolo ajutato dalla sovraposi- zione dei sedimenti le acque si restrinsero. Peraltro se ci portiamo a riflettere che il fenomeno emersivo non fu solamente proprio dell’Italia, ma comune a tutte le contrade d’Eu- ropa, d'Asia, d'Africa, ecc., dove i depositi corrispondenti ai nostri subappennini si trovano sopra il livello del mare a notevoli altezze, ‘@ per tutto in banchi orizzontali, ne verrà la conseguenza che in quell’ epoca tutto il globo dovrebbe essersi gonfiato come una ve- scica, e perciò modificati i suoi caratteri planetari. Fatto veramente. inusitato che ad alta voce domanda alla scienza una spiegazione. De- riva esso da quel gran vulcanismo sviluppato contemporaneamente su tante regioni terrestri, o piuttosto da qualche altra causa per noi fin qui incognita? II problema è gravissimo, ne io pretendo risolverlo, sebbene a dire il vero mi sentirei inclinato a riconoscervi un’ attinen- za concomitante vulcanismo. Secondo il mio modo di vedere questo dilatamento del corpo terrestre potrebbe essere avvenuto in virtù di una interna reazione suscitata dalla stessa coartazione in conseguenza del freddo esteriore, insieme alia vulcanicità. Ma questa non è che un’ opinione, nè io penso stabilirla come canone; laonde rimettendo le indagini a più robusti geologi, riprendo la mia strada onde per- correre gli altri fenomeni che succedettero al periodo glaciale. 138 G. PONZI, Qualunque pertanto sia stata la causa dell’innalzamento del suolo, fatto è che avvenne, c per la prima volta comparvero le pianure sub- appennine libere ad essere percorse dalle acque dolci. 1 fiumi con- fluendo fra loro per comporre i sistemi idraulici, allungavano il loro decorso per raggiungere il mare che innanzi a loro batteva la riti- rata. In questo stato di cose l’abbassamento di temperie si venne ral- lentando, per farsi lentamente retrogrado, e riportare il .calorico del pianeta a quello stato permanente di equilibrio che tuttora conserva. Per tale riscaldamento le nevi appennine incominciarono a fondersi, mentre sulle Alpi si raccorciava l'estensione dei ghiacciaj. Gonfî tor- renti ne discesero, che gettandosi sulle sottostanti pianure vi si dila- tarono producendo inondazioni tremende con sbaraglio e morte di animali e di piante. Enorme quantità di detriti rocciosi vennero tra- scinati giù dai monti e travolti da vorlicose fiumane, rimescolandoli a tutto ciò che incontrarono per via, insieme a cadaveri di numerosi pachidermi, cervi, bovi, cavalli, e tante altre specie di esseri, che prima liberamente avevano pascolato sui campi. Fu allora che sulle spianate subappennine si scavarono quelle ampie fosse, nel fondo delle quali vediamo oggi serpeggiare placidi i moderni fiumi, quali miserabili avanzi di quelle impetuose correnti. Laonde è dentro questi ingenti alvei che troviamo distesi lungo il loro decorso enormi banchi © di breccie fluviali, rimescolate a materiali vulcanici, e i travertini che segnano l'altezza delle acque che li deposero. La grandezza di quelle valli e il livello a cui giungono le materie contenute, dimo- strano chiaramente gl’immensi corpi d’acqua che vi passarono. Dietro misure prese la grande fossa che conduce il Tevere, che fra i fiumi d’Italia è il maggiore dopo il Po, ha in qualche luogo oltre due chi- lometri di larghezza e circa trenta metri al disopra il livello delle acque moderne. Quello adunque fu un secondo diluvio d’ inondazione, un vero cataclisma, che segna un era distinta nella storia della terra, e che a ragione potrebbe essere appellato diluvio subappennino. Ne bastarono fenomeni così imperiosi a rendere maraviglioso lo spettacolo di quei tempi, la stessa vulcanicità terrestre vi si volle as- sociare. Quei vasti incendj che fino allora aveano messe a soqquadro le terre abitate poi dagl’ Etruschi, si spensero saltando nel Lazio, per SOPRA UN NUOVO ORDINAMENTO GEOLOGICO, ECC, 189 continuare le loro sovversive operazioni fino a toccare le epoche tra- dizionali. L’immenso cono laziale, che estolle ingenti crateri, sormon- tato da altri sistemi di conì eruttivi, irrigato da copiosi trabocchi di lave, conta tre lunghi periodi di attività, tramezzati da altrettanti di riposo, quasi che la stanca natura avesse voluto prender lena (1). Durante i quali l'iniziale gagliardia per gradi scemando, venne a spegnersi del tutto al principiare delle epoche storiche, e restare so- lamente centro ai moderni terremoti. A quest'epoca post-glaciale devesi attribuire l'apparizione dell’uomo nell'Italia centrale, ne fanno fede le opere delle sue mani, e le reli- quie del suo organismo racchiuse nei depositi di quei tempi, a cui si riferiscono quei denti umani insieme ad ossa di animali quaternari che da vari anni l’ab. Rusconi estrasse dai travertini dell'Aniene (2) e i pezzi archeolitici di focaje rinvenuti nelle breccie fluviali lasciate dalle grandi correnti. Queste sembrano discese dai monti colle acque, ove forse tenevano stanza quelle prische famiglie, spettatrici dall’alto delle tremende scene che si compivano in pianura, dove natura fa- ceva mostra di tutta la sua maestà operatrice. Ma l'animo ardito del- l’uomo attendeva colassù la possibilità a discendere per guadagnar paese, la qual cosa non tardò ad effettuare, tosto che le acque allu- vionari incominciarono a ritirarsi per esaurimento di fusione. Le umane abitazioni sulle pianure subappennine sono attestate dalle freccie neo- litiche lasciate disseminate sul suolo, e che oggi troviamo sotto il terreno vegetale in molta quantità. Nè temette eziandio portarsi sul Lazio, quando i fuochi vulcanici non erano peranco estinti; concios- siachè la necropoli albana ricoperta di uno strato di peperino chia- ramente dimostra aver servito di tombe ad una razza di gente latina, impavida alle eruzioni, sebbene malmenata da violenti terremoti. Da tutto ciò che ho esposto si argomenta, che il periodo glaciale dovelte essere stato ben lungo, perchè non ebbe fine se non quando i monti furono tutti sgombrati dalle nevi e dai ghiacci, cioè col rista- bilimento dell’equilibrio termico che tuttora la terra mantiene. E qui (4) Ponzi, Storia naturale del Lazio. Nel Giornale Arcadico. Roma. 1859. (2) Ponzi, Dell’Aniene e suoi relitti. Negli Atti dell’Accad. de’ nuovi Lincei . 1862. 190 G. PONZI, sorge altresì un altro quesito: Se in questo equilibrio venne ripristi- nato quel grado da cui incominciò a percorrere il processo d’abbas- samento, cioè se tornò al grado dell’epoca miocenica. Se fosse stato così non farebbe meraviglia, conciossiachè dimostrerebbe, quello straordinario lasso di tempo passato senza recare veruna alterazione al pianeta. Ma la cosa andò altrimenti, perchè la temperatura moderna accenna chiaramente ad una perdita del proprio calorico, Tal perdita non potrebbe attribuirsi se non alle vaste e protratte eruzioni vulea- niche, per la quale la terra non potè riguadagnare il suo primitivo stato; ma dovette restringersi a quello che stabiliva un nuovo grado d’equilibrio. Se tali riflessioni sono giuste, ne derivano due conseguenze, cioè che la causa del periodo glaciale sembra che sia stata estranea al pianeta, e che non è il solo calorico solare quello che mantiene il suo stato attuale; ma in qualche parte v'interviene eziandio il proprio. Nel narrare i fatti che si sono compiti nel periodo glaciale io non ho presi in considerazione gli effetti del freddo sugli esseri abitatori del globo, giacchè lo scopo che mi era prefisso in questo scritto altro non avrebbe guadagnato che una prova ulteriore delle esposte ve- rità. Ma di questi già dissi qualche cosa in altra occasione (4), e di- stinti geologi fecero conoscere le emigrazioni e le estinzioni delle specie, io tornerò su questo argomento allorchè giungerò a dare in luce una completa storia subappennina. Ora mi rivolgo al fatto mio per conchiudere che le ghiaje e le breccie, che gravitano immedia- tamente sulle sabbie gialle, e i tufi vulcanici, che gli succedono, non possono essere più compresi nel numero dei terreni pliocenici come venne fatto fin qui; ma sono i veri rappresentanti nell’italia centrale del periodo glaciale. Il seguente quadro sinottico porrà meglio sot- t'occhio questo riordinamento di classificazione dei terreni subap- pennini. (4) Ponzi, Il periodo glaciale, e l’antichità dell’uomo. Negli Atti dell’Accad. dei nuovi Lincei, 1865. SOPRA UN NUOVO ORDINAMENTO GEOLOGICO , ECC. 191 QUADRO GEOLOGICO DELLE ROCCIE ED EPOCHE SUBAPPENNINE. rosi ROCCIE DI SEDIMENTO MARINO. I. Tempi preglaciali. Marne inferiori. Temperatura quasi tropicale, passaggio dall’ epoca miocenica alla pliocenica. Marne superiori. Abbassamento di temperatura, principia l' epoca pliocenica. Sabbie gialle. La temperatura seguita ad abbassarsi, corre 1’ epoca pliocenica. XI. Tempiî glaciali. Ghiaje e breccie. Il freddo avanza, le acque atmosferiche si conden- sano in pioggia, trasporto dei ciottoli dai torrenti. Diluvio al- pino e appennino. Tufi vulcanici. Freddo massimo, lc acque si convertono in nevi che restano sulle cime dei monti, si formano i ghiacciaj delle Alpi; trasporto dei massi erratici; vulcanicità generale della terra, Compariscono nell’Italia centrale i vulcani sottomarini dei Cimini, l'irraggiamento del loro calorico impedisce la formazione dei ghiacciaj sul piovente tirreno degli Appeanini; emersione gene- rale del suolo. ROCCIE DI SEDIMENTO FLUVIALE. III. Tempi postglaciali. Breccie travertini ; spiaggie emerse. Si rialza lentamente la tempera - tura, si fondono le nevi, i torrenti trasportano e rimescolano i ciottoli dei monti con tutte le materie incontrate, vaste alluvioni sulle pianure, escavazione dei grandi alvei, formazione dei tra- 192 G. PONZI, SOPRA UN NUOVO ORDINAMENTO GEOLOGICO, ECC. vertini, ardono i vulcani del Lazio, apparizione dell’uomo. Di- luvio fluviale subappennino. Questo stato dura finchè viene. rista- bilito l’equilibrio di temperatura. IV. Tempi moderni. Depositi moderni di ogni specte. La temperatura è fissata al grado attuale, il sollevamento del suolo si fa sempre più lento, e si limita ad alcune contrade soltanto, i vulcani laziali gradatamente si spengono, incominciano i tempi tradizionali. Seduta del 28 giugno 1368. Essendo assente da Milano il presidente Cornalia, pre- siede alla seduta il vicepresidente Antonio Villa. Sono presentate le due seguenti Memorie, che saranno stampate negli Ate. RonDANI, Sciomyzina italica, collecte, distincia et in ordinem dispostte. DeLPINo, Ulteriori osservazioni e eonsiderazioni sulla Dicogamia nel regno vegetale. È poi letta la Descrizione di tre nuove specie di piante Bornensi, inviata dal socio Beccari, e che sarà pure stam- pata negli 442. | È nominato socio effettivo il signor PasI dott. PeLLE- GRINO, di Reggio (Emilia), proposto dai socj Cornalia, Fairman e Marinoni. Nella seduta 23 febbrajo è stato annunciato che il Con- siglio d’amministrazione, dall’ elenco dei socj effettivi, ne aveva cancellati sei, perchè troppo in ritardo nel paga- mento delle quote annue; e ciò a norma dei regolamenti. Ora, intanto che ciò succedeva, il signor prof. Achille Costa, uno di quei sei, spediva al signor Cassiere sociale Vol. XI, 13 194 SEDUTA DEL 28 GIUGNO 1868. la somma da lui dovuta, e questa arrivava dopo la seduta accennata; e il detto signor Costa, nello stesso tempo che spiegava come era avvenuto il ritardo nel pagamento, esprimeva il desiderio di continuare aneora a far parte della Società. Perciò, nella seduta presente, il signor Achille Costa è riammesso nel novero dei socj effettivi. Finalmente, vien data lettura di una lettera del signor dott. Raffaele Valieri di Napoli, il quale manda in dono alla Società un suo libro (Storia della Commisstone îigie- nica della Sezione Pentino, ecc.), ed esprime il desiderio di far parte della Società come socio corrispondente. Op- ponendosi a questo suo desiderio il Regolamento, perchè non possono essere soc} corrispondenti se non persone di- moranti fuori d’ Italia, si farà sapere al signor Valieri che non si può soddisfare la sua domanda, ma egli potrà far parte della Società come socio effettivo, quando sia pro- posto ed ammesso nei modi voluti dai Regolamenti, dei quali potrà essergli comunicato un esemplare per sua norma. | La seduta è chiusa colla lettura ed approvazione dei processi verbali delle due sedute precedenti; e con alcune parole dette dal prof. Stoppani sulla nessuna importanza che si deve dare alla chiave, che sì dice trovata nel con- glomerato di Cassano d'Adda, e fu presentata, nella se- duta del 26 aprile p. p., dal vicepresidente Villa. Il Segretario G. OmbonI. cam E avre mate. lriziii——_————i——rtn___n Seduta del 26 luglio 1368. Apre la seduta il presidente Cornalia porgendo notizia su di una straordinaria comparsa della C'arruga della vite in Lombardia, il che prova ancor più come l'apparizione di tali insetti non sia causata da emigrazioni straordina- rie; ma che tutte le specie nostrali di insetti si sono svi- luppate maggiormente in causa delle rare pioggie e della precoce stagione estiva. Milano, 14 luglio 1868. « Jeri mi veniva spedito dal signor ingegnere Maimeri un grosso fascio di tralci di vite orribilmente distrutti dagli insetti che riconobbi essere la Melolonta vitis, una specie affine assai alla Carruga comune, ma più pic- cola e tutta d’ un verde metallico splendente, assai elegante. I costumi di quest’ insetto sono eguali a quelli della carruga volgare; distrugge allo stato di larva le radici delle piante, e allo stato perfetto le foglie e pre- ferisce la vite. — Attualmente fa danno in questo secondo stato, danno assai grande per la copia prodigiosa di individui. » Ecco un altro caso da aggiungersi ai parecchi osservati in quest'anno di una specie nostrale che per le vicende atmosferiche favorevoli, si è sviluppata oltre misura. Sono i comuni di Sulbiate Olona, di Fagnano, di Gorla Minore, di Prospiano e Olgiate Olona che presentano le viti più gra- vemente danneggiate. — Contro quest’ insetti allo stato perfetto non si 196 SEDUTA DEL 26 LUGLIO 1868. può agire che prendendoli. Siccome essi volano poco, così si possono far cadere dai tralci, con piccole scosse, e raccoglierli entro lenzuola. Facendo l’ operazione di buon mattino, quando sono assiderate dalla notturna fre- scura, la raccolta è più facile e abbondante. — Se ne riempiono delle staja, e si sotterrano dopo averle fatte morire in un forno. — Questa è _ l’ unico mezzo che ora rimane agli agricoltori dei comuni sopra indicati per diminuire i guasti di quest’ anno ed impedire la loro rinnovazione nell’anno venturo. » In seguito viene presentata la continuazione delle Os- servazioni e considerazioni sulla Dicogamia nel regno vegetale del signor Delpino, che verrà stampata negli Attè, e un catalogo del socio prof. Strobel, Degli Imenotteri dei dintorni di Buenos Aîres determinati dal sig. Puls. Terminata la lettura il Presidente annuncia la Riunione della American Association for the advancementof science che si terrà a Chicago (America settentrionale) nell’ ago- sto prossimo. Il socio Segretario A. Stoppani annuncia il Congresso della Società elvetica di scienze naturali che si terrà dal 24 al 26 agosto prossimo a Einsiedeln presso Zurigo. Propone ancora che si debba spedire agli scienziati colà intervenuti, uno speciale invito a mezzo del loro Presiden- te, perchè intervengano alla nostra Riunione di Vicenza. La proposta è accettata. È nominato socio effettivo il signor ARONNE BEDARIDA di Vercelli, studente in scienze fisiche e naturali, proposto dai socj Cornalia, Stoppani e Marinoni. Non essendovi altro a trattare la seduta è sciolta. Il Vicesegretario C. MARINONI. Descrizione di tre nuove specie di piante Bornensi. Comunicazione del socio O. Beccari. (Seduta del 28 giugno 4868.) Fra le molte piante nuove, che ho riportato da Borneo, trovo le se- guenti, delle quali pubblico adesso una frase distintiva, mentre sto preparandone le figure ed una illustrazione più estesa. Rafflesiacee. 4. Rafflesia Tuan-Muda Becc., dioica, perigonio laciniis su- borbicularibus, carnosis, verrucoso-tuberculosisj corona hemispherrica, margine integro, carnosa, grosse alveolata, interne. pulvinulis albis papillosis sessilibus ornata, tubo cylindrico intus ramentaceo, co- lumna, disci margine crenata, corniculis (stylis auct.?) erectis vel ineurvis conicis indivisis 3 seriatis rariusculis Cresceva in un bosco foltissimo, parasita sulle radici di una specie di Cissus alle falde di Gunong Poe, monte granitico nella provincia di Sarawak. Ho dedicato questa bellissima specie di un genere così meraviglioso al signor Carlo Brooke Tuan Muda di Sarawak, per memoria e rico- noscenza della cortese ospitalità che da esso ricevei. Si distingue dalla Rafflesia Arnoldii, alla quale più che alle altre specie rassomiglia, per avere la corona emisferica e non cogli orli rialzati, che si rovesciano un poco in fuori e per le punte del disco che sono in numero molto limitato e non laciniate. 4198 O. BECCARI, DESCRIZIONE DI TRE NUOVE SPECIE DI PIANTE, ECC. L’ individuo che trovai aperto, era piuttosto vecchio, di 56 cen- timetri di diametro, di color vinaccia e fetente come i fiori dell’Arum Dracunculus. 2. Brugmansia Lowi Becc., perigonio basi squamis imbricatis, fragilibus, rotundato-ovatis, concavis adpressis enervis integerrimis; inaperto, ovato-ventricoso , apici parum attenuato, ibique rotundato- depresso, leve, lucido, fissuris 14-16 notato, summitate irregulariter conniventibus; expanso tubo campanulato interne, praecipue. prope faucem, longe piloso-barbato 14-16 costato, laciniis totidem? adpresse fibrilloso-pilosis ; columna globoso-depressa, sparse pilosa, breviu- scule stipitata, stipite crebre minuteque sulcato. Ho distinto questa seconda specie del genere Brugmansia col nome del signor H. Low, che la raccolse in una isoletta nel letto del Lim- bang presso Bruni nel nord-est di Borneo. Era parassita su di una specie di Cissus. Balanoforee. 3. Balanophora reflexa Becc., dioica luteo-rubescens, carnosa tuberosa, tuberibus globosis ovoideis elongatisve indivisis, apici bi- quinque vel irregulariter lobatis., stellulato tessellatis; stipite uni- tripollicari cylindraceo, bracteis membranaceis, concavis subaequa- libus; p. e floribus corymbosis erectis dein reflexis, longe peduncu- latis; perigonio 4-fido, sub-bilabiato, lobis minoribus lateralibus ovatis acutis, majoribus late spatulatis apici rotundato-truncatis, tandem omnibus revolutis; antheris in corpus spatulatum subtruncatum com- pressum adnatis, rimis plurimis et inaequalibus longitudinaliter dehi- scentibus; bracteis reflexis adscendentibus; p. £ capitulis, rotundato- ovatis, bracteis (Hook.) (ramulis abortivis Wedd.) clavatis, ovariis nu- merosis breviter pedunculatis ellipticis, stilis elongatis stigmatibus exertis. L’ho raccolta primieramente a circa 2,000 piedi d’altezza sul Gu- nong Wah presso le sorgenti del Sarawak, parassita sulle radici di un frutice scandente, e quindi sui monti presso Tiang-laggiù nel Batang- Lupar, alla base del tronco di vari alberetti. Sciomyzine italica collecte, distincte et in ordinem disposite a prof. CamiLo Roxpani. DIPTEROL. ITAL. PRODROMI Pars VII, Fasc. II. DIPTERORUM STIRPIS XIX. ScroMYzINA Andn. (Seduta del 28 giugno 4868.) Stirpis charact: Oculi in utroque sexu satis remoti. Antenne sepius erecte, seta dorsuali semper instructa. Proboscîis brevis, crassa, membranosa, labiata. Palpi ultra epistomium non aut parum porrecti , filiformes vel sub- clavati, numquam satis compressi et in spathulam valde dilatati. Epistomium setis vibrissinis distinetis non instruetum.,, etiamsi ali- quando gene ad latera vel inferne paulo pilosae vel setulose. Alarum vene longitudinales septem, quarum anteriores quinque costalem attingunt: prima integra usque ad apicem, distincta, et non in callositate diffusa: ista et sequente ad apicem plus vel mi- nus distantibus: secunda superne non neque brevissime ciliata (4). (4) Vide ulterins notam pro Sp. Dryomyza Anili et aliam pro Sciomyza Fusci- pennis Mg. 200 C. RONDANI, Calyptra parva, aliquando vix distinguenda. Abdominis segmenta 8-6 manifesta, proter apicalia parum obser- / vanda. / Pedes parce setosi, seta tamen vel setula erecta subapicali semper instructi in latere exteriori tibiarum anticarum, et in posticis (4). / f / GENERA SCIOMYZINARUM i METHODO ANALITICA DISTINCTA. O A. Oculi oblongi subhorizontales. - Faczes tota, ab antennis ad os, inclinata. Gen. I. PELIDNOPTERA Andn. 1856. Sp. Typ. Sciomyza nigripennis Mgn. AA. Oculi vel rotundati vel ovati, sed non subhorizontales. - Zacies non aut parum inclinata. B. Zena longitudinales alarum quarta et quinta extrinsecus valde convergentes, inde apici sat approximata. Gen. II. EcciZoNEURA Andn. 1861. Sp. Typ. Lucina fasciata Mgn. BB. Z'ence longitudinales quarta et quinta non aut vix convergentes, nisi paulo ad apicem divergentes. C. Scutellum setis duabus tantum instructum. D. Antennarum articulus secundus circiter longus ut tertius. - Ari- sta crebre pilosula, articulo penultimo non elongato. Gen. ILI. DicnetoPHORA Miht. Sp. Typ. Tetanocera obliterata Fabr. (41) Vide notam. pro Gener. Towoneura Macq. et Palloptera Fall. in tabula anali- tica generum. SCIOMYZINA, ITALICA, ECC. 204 DD. Antennarum articulus secundus satis longior tertio. - Arista subnuda, articulo penultimo paulo elongato. Gen. IV. SepEDON Latr. Sp. Typ. Syrphus sphegeus Fabr. CC. Scutellum setis quatuor preditum. E. Epistomium buccula non manifesta. F. Zena transversa exterior distinete obliqua et valde sinuosa, in formam S flexa. Gen. Y. ELciva Mori. Sp. Typ. Tetanocera Dorsalis Fabr. FF. Zena transversa exterior non aut parum sinuosa et obliqua. G. Antenne ad apicem penicillo setarum predite. Gen. VI. CoremaceRA Rndn. Sp. Typ. Tetanocera Marginata Fabr. GG. Antenne penicillo apicali setarum destitute. H. Arista superne et inferne sub-eque pilosa, vel pubescens , vel subnuda. | J. Antenne articulo secundo, setis aliquibus distinctioribus instru- cto, tam superne, quam inferne. Gen. VII. TerANoceRA Dmrl. Sp. Typ. Scatophaga Cherophylli Zabr. JJ. Antennarum articulus ultimus setis distinctioribus destitutus sal- tem superne. Gen. VIII. Sciomrza Fall. Sp. Typ. Sc. Obtusa all. 202 C. RONDANI, HH. Arista superne tantum distinete pilosa. Gen. IX. CrenuLUSs nda. Sp. Typ. Opomyza pectoralis Sf@g. EE. Epistomium buccula plus vel minus distineta praeditum. L. Zena \ongitudinalis septima, seu ultima postica, valde abbreviata. M. Antennarum articulus primus longus saltem ut secundus: tertius valde elongatus et apice obtruncatus. Gen. X. LAUXANIA Zatr. Sp. Typ. Musca cylindricornis /abr. MM. Antennarum articulus primus distincte brevior secundo , nisi brevissimus : tertius modice nisi parum clongatus, et apice ro- , tundatus. N. Facies plana aut paulo excavata, non gibbosa, et lateribus nudis. Gen. XI. Sapromyza Fall. (4). Sp. Typ. Sap. Bipunctata Mgn. NN. Zacies tumida, seu gibboso-sub-carinata: lateribus serie setula- rum ciliatis. Gen. XII. ProsoPOMYIA Loèv. Sp. Typ. Pr. Pallida Zoév. LL. Zena septima longitudinalis usque ad marginem alarum producta. O. Areole basales alarum non manifeste elongate ultra originem vene quarte longitudinalis. P. Costa alarum non spinulosa. Gen. XIII. ExocneiLa Mihi. Sp. Typ. Heteromyza Buccata all. (4) Genera Towoneura Maeq. et Palloptera Fall. Stirpi Loncheinarum ad scripta, pro absentia setulae erecta sub-apicalis in tibiis anticis et posticis, SCIOMYZINA ITALICA, ECC, 205 PP. Costa alarum spinulosa. Gen. XIV. Acrora Mgn. Sp. Typ. Act. Astuum Mgn. 00. 4reole basales alarum distinete elongatae ultra originem vene quarte longitudinalis. Gen. XV. Drvomyza Fall. (1). Sp. Typ. Musca Flaveola Fabr. Gen. I. PrLImNoOPTERA Zindn. (1856). Phaomyia Schin. (1862) — Otites p. Macq. Sciomyza p. Mall. Mgn. — Oscinis p. Latr. Scatophaga et Musca p. Yabr. Characteres Generici, Facies distincte et tota inclinata ab origine antennarum ad os. Oculi oblongo-ovati sub-horizontales. Antenn@ breves, flex®, articulo tertio sub-ovato, secundo brevi; primo brevissimo: Arista vix puberula. Epistomium buccnla non instructum. Scutellum setis quatuor praditum. Ala costa non spinulosa: vena secunda longitudinali parum producta ultra transversam intermediam : quarta et quinta paulo ad apicem convergentibus: septima margini postico producta. (4) Ab hoc genere sejuncta Sp. Anilis Fall., que typica erit generis proprii in stirpe sequenti, pro charactere vena secund@ alarum crebre ciliata. 204 C. RONDANI, Pedes pubescentes, parce setulosi, tibiis quatuor posterioribus tantum, extrinsecus setis nonnullis longiusculis praditis. Sp. Italica. — I. Nigripennis Fabr. (1). Observ. et Synon. Sp. 4. Nigripennis ab. Fall. Mgn. Zett. Rnd. Schin. etc. V. Descript. Zettest. V..p. 2001. Non frequenter lecta in montuosis agri parmensis, primo vere et tempore zestivo. In Pedemontio inventa a Mussino et Bellardi, et in Agro tridentino a De Bertolini. Gen. IT. EccisoneuRA Andn. 1864. Lucina Mgn. Macq. Rndn. (1886) Schin. (exclusa syn. Salticella Desv.). Char. Gen. Antenna breves subdeflex, articulo tertio breviter ovato, fere duplo longiore precedente - Arista dorsuali nuda. Oculi subrotundi - Frons paulo porrecta, in vertice tantum setigera - Epîstomium paulo reflexum. Scutellum setis quatuor preditum. Ale costa non spifulosa; venis longitudinalibus quarta et quinta (4) Sciomyza fuscipennis Mgn., que abitu et colore proxima videtur Nigripennì sat distat ab eadem, nec congener, notis magni momenti diversa, et precipue 41:° Fa- cie in parte infera perpendiculari, non inclinata omnino ab origine antennarum us- que ad marginem oris, el 2.° Vena secunda longitudinali alarum distincte ciliata etc., quo ultimo charactere, juxta ordinationem meam in stirpe Ortalidinarum inscribenda, ubî prope Olifes locum habebit, cum speciebus duabus nuper observatis, generi novo relata, quod voco LIGNODESIA. SCIOMYZIN® ITALICE, ECC, 205 extrinsecus satis: convergentibus et apici approximatis. - Areola ultima postica angulo infero producto, acuminato. Fenuwora postica satis incrassata. Anus maris crassus ét sub-inflexus. Sp. Italica. — I. Maculipes Miki. Observ. et Synon. Sp. 4. E. Maculipes Mihi. Fasciata V? Mgn. Hispanice V? Tria exemplaria simillima hujus sp. a me observata, et in plagis sat diversis leeta, nec Fasciate, nec Hispanice characteres praebent, sic ut illorum descriptiones nostris nullo modo conveniant, inde cogito de specie diversa agatur et eam tamquam novam nuncupo et describo. Palpi lutei. - Antenne ferrugineo fulv®e, macula ‘nigricante ad basim articuli tertii. - Frons testacea, vitta nigricante longa ut oculi, et in parte anteriori prope singulum oculum puncto impresso. Caput etiam postice pallide lutei sericeum. T'horacis dorsum grisescens fusco-vittatum, vitta intermedia gemina, duabus lateralibus abbreviatis et interruptis: pleure pallide lutei sericee; metathorax nigricans grisei adspersus. Abdomen fusco grisescens, non nigricante-fasciatum ; segmento anali et genitalibus incrassatis, rufis. Halteres albidi. Ale dilutissime lutescentes; areola secunda in costa fusco sublutea: vene transverse interioris macula: exterioris puncto antico : prim longitudinalis., et areole basalis anterioris apici, vittis fuscis : vena transversa exteriore circiter 2equidistante ab interiori et ab apice quinte longitudinalis.. Pedes testacei, paulo albidi variegati; posticorum femoribus valde , anticorum modice incrassatis. 206 C. RONDANI, Femora postica ad apicem intus fusco-bimaculata, et inferne bise- riatim spinulosa: antica subtus irregulariter fusco nigricantia in latere interiori, serie setularum supera et aliquibus inferis praedi- ta: intermedia fere immaculata, et spinulis duabus anticis; et una postica in parte apicali munita. Tibie, prasertim antica et posticae, ad apicem plus vel minus in- fuscatae, ultimis etiam anulo fusco supra medium signatis: inter- medi spinulis apicalibus armate. Tarsi testacei, articulis apicalibus obscurioribus. Semel marem legi in planitie prope Parmam, mense majo. Exemplar foeemineum misit eq. Garbiglietti taurinensis prope Neapo- lim inventum, et specimen maris a clar. Haliday olim obtinui in Hibernia captum, simile omnino nostro, excepta statura paulo minore. Gen. III. DicueropHoRA /indn. Tetanocera /all. Mgn. Macq. (1) Zett. Loèw. Limnia Schin, (non Deso.) (2). Oregocera p. Andn. - Scatophaga p. Zad. Char. Gen. Oculi rotandi - Antenne porrectae, longitudine circiter capitis, arti- culo primo parum distincto, duobus sequentibus longitudine parum diversis ; apicali superne excavato et apice subacuminato; praece- dente compresso, et lato. - Arista densissime pubescens. Alarum vena secunda longitudinalis costalem attingens satis ultra transversam interiorem; septima margini posteriori producta; trans- versa exterior non valde sinuosa. Scutellum bisetosum tantum. (4) Gen. Cylidria: Desv. adscripta, quod characterum insufficientia non satis notum, et pro sp. exotica instructum. (2) Characteres pauci Limni@ Desv. speciebus phribus Tetanocerarum conveniunt, et tamquam hujus generis sectionem retinendum. V. Gen. VI. Coremacerà Rndn, SCIOMYZINA ITALICA, ECC, 207 Pedes longi, pilis denudati, et non nisi apici tibiarum setigeri; femo- ribus omnibus inferne in parte apicali, biseriatim nigro-spinulosis. Sp. Italica Unica. Sp. J. D. Obliterata Fabr. Mall. Mgn. Macq. Zett. Low. Schin. V. Description. Zetterst. V. p. 2155. Non frequens in agro parmensi a Majo ad Octobrem. In Etruria quo- que lecta a prof. Piccioli, in agro bononiensi a .nob. Tacchetti, et in Pedemontio ab eq. Garbiglietti et prof. Bellardi. », Gen. IV. Sepepon Latr. Fall. Mgn. Macq. Lett. «Walk. Rndn. Schin. Bacca et Scatophaga £abr. Mulio et Musca Pnz. — Syrphus Fab. Rossi p. Musca £cop. Rossi p. Char. Gen. Antenne porrecte, capite longiores, articulo primo distincto, secundo cylindrico longo, et sat longiore tertio; isto apice mutico - Arista crassa subnuda, articulo penultimo longiusculo - Scutellum bise- tosum. Alarum vena longitudinalis secunda non producta ultra transversam interiorem: septima marginem posteriorem attingens: transversa exterior paulo arcuata non valde sinuosa. Pedes subnudi , tibiis apice tantum setigeris: femoribus posticis elon- gatis et crassiusculis, in parte apicali subtus biseriatim spinulosis. 208 C. RONDANI, Species Italice. A. Corpus atrum crerulescens, pedibus rufis. Sp. 1. Sphageus Fabr. i AA. Corpus cum pedibus testaceum, Sp. 2. Spinipes Scop. Observ. et Synon. Sp. 4A. S. Sphegeus Fabr. Rossi Fall. Pnz. Mgn. Macq. Zett. Rndn. Schin. Rufipes /ab. Pnz. — Palustris Latr. V. Descr. Zetterst. V. p. 2121. Vulgaris in locis acquosis tam ditionis parmensis quam in aliis plagis Italicis. Legitur a Majo ad Septembrem in planitie et montuosis agri parmensis. Sp. 2. S. Spinipes Scop. Rossi Schin. Hefneri Fall. Mgn. Macq. Lett. Ferrugineus Duf. V. Descript. Zetterst. V. p. 2424. Vulgaris in tota in Italia. Legitur in ditione parmensi a: Majo ad Sep- tembrem, tam in planitie quam in montuosis. SCIOMYZIN/E ITALICA, ECC. 209 Gen. Y. ELciva Mgrl. Mgn. Rndn. Schin. Tetanocera Fall: Mygn. Macq. Lett. Loèv. Scatophaga /abr. — Dietia £abr. (non Lesv.) Musca Lin. Scop. Rossi Pnz. — Chione p. Desv. Charact. Gener. Antenna erecte , circiter longe ut caput; articulis duobus ultimis longitudine parum diversis; articulo secundo setis aliquibus saltem superne instructo, terlio plus minusve in dorso excavato. - Arista pubescens vel breviter pilosula. - Scutellum quadrisetosum. Ale vena secunda longitudinali non aut parum produeta ultra trans- versam interiorem: septima marginem posteriorem attingente : transversa exteriore obliqua et in formam S valde sinuosa. Pedes femoribus plus vel minus setosis et spinulosis, tibiis subnudis nisi apici setis munitis. Species Italica DI A. Arista subnuda vel puberula, non manifeste pilosula. B. Zena quinta longitudinalis puneto fusco nullo notata preeter ni- gredinem venarum transversarum. (C. Femora antica et postica subtus in parte apicali spinulosa in utroque sexu. | Sp. 1. Rufa Pnz. (Cucullaria Fall. non Mgn.) CC. Femora postica tantum in utroque sexu subtus spinulosa; antica setigera vel piligera tantum. Sp. 2. Cucullaria Lin. Mgn. BB. Zena quinta longitudinalis praeter nigredinem venarum trans- versarum, puncto aliquo nigricante vel fusco notata. Vol. XI. ASI 210 C. RONDANI, D. Puncti nigricantes vene quinte, aliqui inter duas venas trans- versas et aliqui extra locati. E. Tibie, saltem antice apice infuscata. Antennarum articulus secundus paulo brevior tertio. Sp. 3. Dorsalis Fabr. EE. Tibie nulle apice infuscato. Antennarum articulus secundus paulo longior tertio. Sp. 4. Albiseta Scop. (aratoria Mgn.) DD. Puncti nigricantes vena quinte, aliqui tantum inter duas venas transversas. Sp. 5. Lateritia Mihi. AA. Arista manifeste pilosula. Sp. 6. Truquii Andn. Observ. et Synon. Sp. 1. E. Rufa Pnz. Low. Zett. Schin. Cucullaria Fabr. Fall. Zett. (Ins. Lap.) V. Descr. Zett. V. p. 2444. Raro lecta in ditione parmensi a Majo ad Julium preesertim in locis aquosis planitiei. Sp. 2. E. Cucullaria Lin. Mgn. (exclus Synon.) Loèw. Lett. Rndn. Schin. V. Descript. Zetterst. V. p. 2142. Rara in agri parmensis planitie a Martio ad Julium. 7 SCIOMYZINAE ITALICE, ECC. 24 Sp. 3. E. Dorsalis Fabr. Mgn. Zett. Loéw. Schin. Punctipennis /all. V. Descript. Zetterst. V. p. 2146, cui adde: Femora postica in mare tantum subtus in parte apicali spinulosa. Frequenter legitur in agri parmensis planilie et montuosis; in locis alpinis etiam inventa Insubrix et Pedemontii. Sp. 4 E. Albiseta Scop. Schin. Aratoria Fabr. Mgn. Macq. Lett. Rufifrons Pnz. — Interstineta Zull. V. Descr. Zett. Tetan. 17, cui adde: Femora postica maris tantum non foemin®e, subtus spinulosa , ut in specie precedente, inde non omnino verum quod dicit Zetterstedt de hac specie femora non spinosa, nec quod dicit Schiner femora postica spinosa; forte unus mares alter foeminas observavit. Raro legitur in planitie agri parmensis, praesertim tempore verno invenienda. In Pedemontio lecta ab eq. Garbiglietti et a. prof. Bellardi. Sp. 3. E. Lateritia Miki. Statura et habitu similis £. Dorsali Fabr., a qua vero distinguenda , characteribus pluribus et preecipue. Alis puncto nullo nigricante extra venam transversam exteriorem. - Tibiis etiam anticis ad apicem non infuscatis. - Arista parte api- cali albida, basi rufescente, etc. - .4lia nota speciei sunt. Antenne articulis secundo et tertio subaeque longis, ultimo fusciore, ad apicem nigricante et obtruncato. Trons rufa, punetis duobus anterioribus inter radicem antennarum et oculos; quatuor superne, duobus ad unumquodque latus; puncto ocellari, et macula occipitis nigricantibus; vitta intermedia fusca. Facies albicante-sericea. Thoracis dorsum fusco-griseum, vittis quatuor fuscioribus ; pleuris griseis fascia cervina. 212 C. RONDANI, Scutellum testaceum cinerei marginatum. Alce dilute fusco-lutescentes costa saturatiore ; venis transversis fusco- limbatis, et puncto intermedio nigricante. Pedes testacei, tarsorum anticorum articulis tribus apicalibus, et posteriorum articulo ultimo nigricantibus: femoribus tantum po- sticis inferne spinulosis; anticis superne et inferne setulosis. Fomina tantum lecta tempore sestivo in collibus Parmensibus, et marem ab eq. Garbiglietti obtinuit in agro neapolitano lectum, in Campania prope Soram. Sed in Pedemontio etiam lecta aliquando a Bellardi. j Sp. 6. E. Truquii Andn. (4863) (1). Species a congeneribus facile dignoscenda, Arista manifeste pilosula non puberula tantum. Similis videtur A/bisete Scop. seu Aratorie Fabr. et Meig., sed ab eadem diversa non solum pilis Ariste sed etiam colore ad apicem non albicantis, et parte basali anulo nigricante signatee. Difert etiam puncto unico obscure fusco in vena quinta, inter duas transversas sito. Foeminam in Sardinia captam a clar. Spinola olim accepi, similem etiam foeminam, prope Damascum in Soria captam a Truqui. Gen. YI. CoREMACERA Andn. Limnia p. Desv. et p. Schin. (2). Tetanocera p. Dumeril et al. Auct. Scatophaga p. /abr. — Musca Pnz. Char. Gen. Antenne penicillo setarum ad apicem instructe ; longe circiter ut caput; articulo secundo setis aliquibus proedito saltem superne, (4) Archivii per la Zoologia. Modena. (2) Genus Desv. non adoptandum insufficientia characterum, et nomen eliminandum, quia jam adest consonum Lymnia, preter plura pseudo omonima Limnias, Limmius, Limnas, Limnium, Limnea, Limmeus, ete. SCIOMYZINE ITALICA, ECC. 215 lato, compresso, et longitudine parum diverso ab ultimo; isto su- perne excavalo et apice altenuato. Arista distinete pilosa vel plumosula. Ale vena secunda longitudinali magis vel minus producta ultra trans- versam interiorem; septima marginem posteriorem attingente. Scutellum quatuor setosum. Pedes simplices, parcissime setulosi ; femoribus posticis in mare tan- tum subtus spinulosis; tibiis intermediis apici spinis longiusculis preeditis. Species mihi note. A. Pedes toti cum femoribus rufi vel testacei. Alarum costa obscura pallide maculata. B. Ale pallide tincta, tota sed dilute fusco-reticulate. Sp. A. Cineta Fabr. BB. Ale fusc®e, albidi irregulariter punctatae et maculate, fasciis aliquibus transversis impunctatis. Sp. 2. Stictica Habr. AA. Pedes sallem in femoribus nigricantes. Alarum costa nigricans vel fusca immaculata. C. Ale etiam basi nigricantes, maculis vel punctis albis pluribus distinctissimis. Sp. 3. Marginata Fabr. CC. Ale basi pallida, maculis vel punetis albis paucis, et parum distinctis. Sp. n. Bivittata IMacg. 244 C. RONDANI y Observ. et Synon. Sp. 1. C. Cinceta Fabr. Mgn. Schin. V. Descript. Meigenti VI, 33, cui adde: Antenne apice nigro et nigro-pilosa. F'rons antice inter oculos et radicem antennarum puncto nigro lu- ‘cido notata. Alarum costa a radice usque contra apicem vene secunde fusca immaculata, etc. Spec. nondum capta in Italia. Exemplar coll. mex Germanicum a clar. de Roser missum. Sp. 2. C. Stictica Habr. Mgn. Macq. Mannii Schin. Sp. habitu similis Zetanocera Zariegata Fallenii. Sed statim distin- guendo penicillo nigro pilorum ad apicem antennarum. Preterea Frons punctis fuscis notata, non late nigro maculata. - Antennarum articulus secundus longior tertio, non subzequalis, etc. De penicillo apicali in antennis auctores silent. Sed omnes alii cha- racteres Stictice cum illis speciei istius conveniunt, sed Fabricius de hac nota non loquitur etiam in congeneribus, inde non distin- cta sp. retinenda ut credit clar. Schiner. Rarissima primo vero in collibus et planitie agri parmensis. Lecta etiam in Pedemontio a Bellardi. Sp. 3. C. Marginata Fabr. Mgn. Macq. Loèw. Zett. Walk. Rndn. Schin. Crinicornis Fall. V. Descript. Zetterst. V. p. 2128. Frequens in ditionis parmensis planitie ut montuosis, et in aliis pla- gis italieis etiam Jecta tam borealibus quam meridionalibus. SCIOMYZINA ITALICA, ECC. 215 Sp. 4. C. Bivittata Macqg. V. Descr. ejusd. Auct. II, p. 567, S. a Bufî. Species a me non observata sed inter nostrales locanda, quia in Si- cilia lecta. Similis marginata sed distincta pracipue alis basi pallida, et maculis albis paucis et parum distinctis. (Nora.) Huic generi referenda Zetanocera obscuripennis Loèwii nisi var. est Bivittate Macq. vel alia speciei. Gen. VII. TeranocerA Dumrl. Fall. Mgn. Macq. Zett. Walk. Rndn. Schin. Oregocera Andn. p. — Limnia Schin. p. Scatophaga et Dictia /abr. Musca Scop. Pnz. Rossi. — Pherbina Desv. p. Char. Gen. Antenne parum breviores capite; articulo intermedio setis aliquibus distinctis praedito saltem superne, compresso, lato; tertio in dorso plus vel minus excavato et apici altenuato, non penicillato. Arista plumosula vel manifeste pilosa. Alarum vene longitudinales quarta et quinta, non aut vix extrinse- cus convergentes; septima marginem posteriorem attingens. - Scw- tellum quadrisetosum. Femora postica maris subtus setosa et spinulosa. Species Italica. {. Antennarum articulus secundus circiter bilongior tertio. Sub. Genus Oregocena Andn. A. Alarum costa nigricans unicolor, non pallide maculata. Sp. 41. Unguicornis Scop. 216 C. RONDANI» AA. Alarum costa nigricans pallide maculata vel punctata. B. Antenne tota nigra, vel rufo-nigricantes. Facies sub antennas puncto nigricante nullo. Sp. 2. Cribrata Mini. BB. Antenna saltem late rufee. — Zacies sub antennas. vitta aut puncio nigro signata. 7 Sp. 3. Rufifrons Fabr. 2. Antennarum articulus secundus non aut vix longior tertio, nisi brevior. Sub. Gen. Teranocera Dmrl. A. Alce fusco-reticulate, vel punetis plurimis fuscis vel pallidis variegate. B. Ale plus v. minus fusce, pallide maculata aut punctate. C. Pedes lutei, anulis duobus vel tribus fuscis. Sp. 4. Umbrarum Lin. CC. Pedes vel testacei, vel pallidi unicolores, apice tantum femorum aliquando fusco. D. Pedes pallidi, femorum apice fusco. Sp. 5. Punctulata Scop. DD. Pedes omnino testacei, etiam apice femorum. Sp. 6. Variegata Fall. BB. Ale pallescentes, maculis vel punctis fuscis sparsis. E. Antennarum articulus secundus fere longior tertio non manifeste brevior - Alarum vena septima postica punctis nigro-fuscis concomitata. | Sp. 7. Coryleti Scop. EE. Antennarum articulus secundus manifeste brevior tertio. - Ala- rum vena septima postica punctis nigricantibus non concomitata, SCIOMYZINA ITALICA, ECC. Mei F. Macule nigricantes in margine alarum rotunde et distantes. - Thoracis dorsum rufescens, villis quatuor purius rufis. Sp. 8. Puncetata Zabr. FF. Alarum maculae costales nigricantes, elongatae et proximee. - Thoracis dorsum grisescens, vittis nigricantibus. Sp. 9. Vittigera Schml. AA. Ale non reticulate, nec punctis nec maculis pluribus variegatis, sed venis tantum transversis, et aliquando apicibus longitudina- lium fusco-limbatis. G. Antennarum articulus secundus paulo longior tertio. - Macies bifoveolata sub antennas inter sulcos majores ordinarios. Sp. 10. Foveolata IMihi. GG. Antennarum articulus secundus plus: vel minus brevior tertio , raro sub-2xqualis. - Facies foveolis nullis inter sulcos ordinarios H. Frons in margine anteriori prope oculos puneto nigro signata. - Tarsi antici toti vel fere toti nigricantes. Sp. AA. Punctifrons Mihi. HH. Frons in margine anteriori puncto nigro destituta, aliquando vero fusco-fasciata. - Tarst antici ad apicem tantum nigricantes. J. Arcola costalis venis duabus primis interposita nigricans, nigre- dine in margine exteriori continuata. Sp. 12. Nigricosta Mîhi. JJ. Areola costalis inter duas. primas venas lutea: vel flavescens eliamsi costa: extrinsecus nigricans. K. Costa alarum ab apice vene secunde ad quintam nigricante- marginata. Sp. 13. Elata Zabr. KK. Costa alarum non aut vix in apice nigriéans, vel venis longitu- dinalibus 3, 4, B ad apicem fusco-limbatis. #... C. RONDANI, L. Frons tota fucata, lucida. Sp. 14. Levifrons Loéw. LL. Zrons partim, aut viltis tantum fucatis lucidis. M. Zrons limbo anteriori vittisque fucatis, alibi flavicans opaca. Sp. 15. Sylvatica Mgn. MM. Frons vittis tantum, non etiam limbo antico fucatis. Sp. 16. Ferruginea Zall. Observ. et Synon. Sp. 1. T. Unguicornis Scop. Schin. Pratorum all. Mgn. Macq. Zett. Flavifrons Puz. — Rufifrons Rossi. Limbata Desv. V. Descript. Zetterst. V. p. 2151. Vulgaris in ditione parmensi a Majo ad Augustum: frequenter ab amicis etiam lecta in Pedemontio, Insubria, Etruria, etc. Sp. 2. T. Cribrata Andn. bi Antenne nigre omnino, vel nigricantes, articulo secundo sat Jato et compresso, duplo et ultra longiore tertio, isto sub trigono. - Art- sta plumosula, alba, basi anguste rufescente. - Palpi albicantes. l'rons porrecta, lutea, margini antico vitta transversa pone anten- nas punctisque variis nigricantibus. Facies, gene, et peristomium omnino albicantia, sub-antennas puncto nullo nigro. Corpus fusco-rufum, thorace punctulato, abdominisque vitta dorsuali fusciore. - Halteres luteo-fusci seu luridi, stipite pallidiore. Ale nigricantes, costa post areolam primam marginalem fusciore punctis quatuor pallidis, sequidistantibus signata; ‘alibi varie et crebre pallide guttulatae, prope venas longitudinales guttulis la- ioribus. SCIOMYZINM ITALICA, ECC. 219 Pedes nigri, tibiis et tarsorum articulo primo basi Jate albidis. Exemplar unicum foemineum olim a clar. Geneo obtinui, forte Pede- montanum. Sp. 3. T. Rufifrons Fabr. Mgn. Macq. Zett. Rindn. Schin. Reticulata Zall. — Recta v? Zoèw. V. Descript. Zetterst. V. p. 2150. Omnia specimina nostra, venam transversam exteriorem nec omnino rectam, nec valde sinuosam praebent quibus notis distinetae sunt species Recta Loéwii et Rufifrons Fabricii, sed aliis omnibus cha- racteribus ultima nostra referenda. Sp. ista typica generis nostri Oregocera, non ut ait clar. Schinerius Coremacera. Frequens in agro parmensi, et in aliis plagis Italie proesertim borea- lis et medix. Sp. 4. T. Umbrarum Lin. Fall. Mgn. Macq. Zett. Walk. Schin. V. Descript. Zetterst. V. p. 2136. Dyctia umbrarum Fabricii alio generi referenda, ut patet ex ejus- dem descriptione in Syst. Anthl. ubi dicit: « Antenne deflex®, breves, biarticulatae , articulo primo brevi subevylindrico; secundo longiore etc. etc. » Sp. vera umbrarum Zin. sat rara in Italia, semel ame lecta in Apen- nino parmensi et semel ab Insubria montana missa a Fratr. Villa, et semel in Pedemontio capta ab eq. Garbiglietti, in agro Canapitio. Sp. 3. Punctulata Scop. Schin. Cherophilli Fabr. Endn. (non Mgn.) Nemorum Fall. Zett. — Hyeracii Mgn. Macq. Walk. (exclus. Synon. 4rgus). — Umbrarum Rossi, non Lîn. nec. Fabr. V. Descript. Zett. Tet. Nemorum V. p. 21534. Sp. Hyeraciù Fabr. alio generi et stirpi diverse referenda , scilicet Tephritidinis pertinet, ut certe videtur attente diagnosibus ejusdem auctoris studendo. è 220 C. RONDANI, Oscinis Argus pariter cum tetanoceris non confundendus, P?anetulata Scopolii non infrequens in Italia: in ditione parmensi etiam mon- tuosa legitur a Majo ad Augustum. Sp. 6. Variegata /all. Cherophylli Ign. Macq. Zett. (exclus. Syn. Fabr.) Coryleti Schin. (non Scop.) V. Deser. Zett. Tet. Cherophylli V. p. 2124. Sp. Cherophylli Fabr. in Synon. preecedentis seu Punctulate Scop. et Hyeracii Mgn., dum sp. Cherophylli Mgn. similis imo ‘sequalis Variegate Fallenii. Pro sp. Coryleti Schin. confer descriptionem sequentis. Zariegata Fall. vulgaris in tota Italia. Sp. 7.T. Coryleti Scop. (non Schin.) Reticulata Zatr. Mgn. Macq. Lett. Obsoleta all. V. Descr. Zett. Tet. Reticulatoe V. pi 2126. Sp. Coryleti Schin., non confundenda cum illa Scopolii, sed priece- denti /ariegate Fallenii referenda. Tetanocera Coryleti ab alia difert preecipue. 1.° Alarum pictura, que punctis strigisque fuscis variegata di- cuntur in diagnosi, non fusca maculis albidis plurimis cribrata. 2.° Ariste plumula nigricante, non albida nisi anguste ad basim. 5.0 T'horace lineolis dorsalibus tribus saturatioribus, vel nigrican- tibus, non punctis et maculis fuscis notato etc, A sp. sequente, preeter alias notas, dignoscenda marginibus vena septima longitudinalis fusco punctatis. Non rara saltem in boreali et media Italia. Parma tempore verno et sestivo legitur, et etiam in Apennino elatiori inventa. SCIOMYZINE ITALICE, ECC. 221 Sp. 8. Punetata Zabr. Mgn. Macq. Zett. Schin. V. Descr. Zett. V. p. 2127. Quae convenit exemplaribus nostris, excepto thorace, qui in italicis totus lutescens observatur, dorso vittis duabus intermediis rufis, non griseus vittis quatuor nigricantibus vel fuscis, nota sp. se- quentis, cum hac confusa. Pra ceteris diversa est a precedente, vena longitudinali septima pun- ctis fuscis nullis concomitata. Non frequenter legitur in collibus et montuosis Agri parmensis. — Specimen aliquod etiam obtinui a prof. Erra, et a nob. De Berto- lini, in Insubria et in Agro Tridentino capta; lecta quoque' in Pe- demontio a prof. Bellardi. Sp. 9. T. Vittigera Schml. Schin. Punctata p. Fall. Mgn. et alior. Difert a preecedente, saltem in exemplaribus nostris. - T'Adracis dorso griseo vittis quatuor nigricantibus, non rufis. - Anfennis apice ma- nifeste obtruncato. - Alarum maculis. marginalibus elongatis cet proximis non rotundatis et distantibus. - Arontis limbo antico ad antennas fusco, non maculis nigris signato. - /°ena transversa exte- riore sat minus sinuosa, etc. Sp. rarissima apud nos, unicum exemplar ejusdem legi in apennino parmensi, et aliud in Insubria alpina olim a clar. Car. Porro lectum obtinui: et in Pedemontio aliquando inventa a prof. Bellardi., Sp. 10. Foveolata Miki. Habitu et statura similis 7. Ferrugine@ Fall., a qua tamen et a pro- ximis nostris sequentibus difert. Antenne rufe, articulo ultimo fusciore. - 4rista tota nigra et nigro- pilosa. Articulus secundus antennarum subeonicus et paulo longior tertio. Frons flavicans, opaca, vittis et maculis rufis, non nigricantibus, vitta intermedia fucata sub-albicante ; limbo antico non nigro- 222 C. RONDANI, punctato: capite alibi pallide fulvescente; facie sub antennas fo- veolis duabus distincte impressis inter duos sulcos majores or- dinarios. Corpus totum cum pedibus rufum, articulo ultimo tarsorum nigricante. Ale dilute fusco-flavescentes, costa saturatiore, areola costali venis duabus primis interposita concolore: venis transversis et apicibus longitudinalium 3, 4, 3 fusco-limbatis: transversa interiori apici opposita secunda longitudinalis; exteriore incurvata et circiter equidistante ab interiori et ab apice quinte longitudinalis. Semel foeminam inveni tempore cestivo in collibus ditionis parmensis. Sp. 11. Punctifrons Mihi. Similis precedenti, ferrugine®, et affinibus, a quibus distinguenda notis sequentibus. Antenna totre rufze, articulo secundo paulo breviore tertio. - Zacies foveolis_ nullis in majoribus ordinariis. - 4rons flavicans opaca, limbo antico punctis duobus nigris ad basim antennarum, duobus minoribus interius prope oculos, macula lata didima supra anten- nas, et puncto ocellari nigricantibus. Thorax rufescens, dorso paulo cinerei adsperso, vittis quatuor purius rufis. - Scutellum rufum. - Pleure cinerascentes. Abdomen rufum, segmentis in dorso late nigricantibus. Ale fusco-flavescentes, costa ab apice vena longitudinalis secundae ad quintam distincte et late nigricante. - Areola costali inter ve- nas primam et secundam saturatius fusco-flavida. - ZY°enîs trans- versis ordinariis fusco-limbatis. - Exterioriî distincte sinuosa, et xequidistante circiter, ab interiori et ab apice longitudinalis quinta; interiori fere contra apicem sita secunda longitudinalis. Pedes rufi, anticorum tarsis totis posteriorum articulis tribus apica- libus nigro-fuscis. - Femoribus posticis setis validiusculis proeditis etiam inferne. Rara in planitie et collibus agri parmensis ubi mares tres et foemi- nam unicam inveni tempore cestivo et autumnali. In Pedemontio eam invenit prof. Bellardi. SCIOMYZINZE ITALIC/E, ECC. 225 Sp. 12. T. Nigricosta Mihi. Similis iterum praecedentibus, sed ab illis et ab aliis diversa. Fronte immaculata et impunctata, vitta intermedia tantum paulo ob- seura et fucata ut orbita oculorum, illa et istis aliquantulum albidi nitentibus; proeterea. - Antenne tote rufe, arliculis secundo et tertio subaeque longis. Ala costa nigricante nigredine ab apice vena longitudinalis prima, non secunde, incipiente: venis transversis ut in praecedente sp. sitis et fusco limbatis, sed exteriore sat minus sinuosa. Abdomen ferrugineum vitta dorsuali nigricante. Thorax rufus, dorso vittis aliquibus saturatioribus. Pedes testacei, tarsis etiam anticis apici tantum fuscis vel nigricanti- bus; femoribus posticis setigeris etiam inferne. Fominas duas tantum possideo unam in apennino lectam, alteram in collectione Mussino extantem, forte pedemontanam. Sp. 13. T. Elata Fab. Rossi Fall. Mgn. Macq. Zett. Loèw. Schin. V. Descript. Meigenii VI, Li. Difert a pracedentibus affinibus. - Antennis articulo secundo distin- cte breviore tertio. - Alarum costa minus late nigricante - T'ho- racis dorso lineis duabus exilibus sed distinctis, remotis, et vitta intermedia. Scutelli obscure fuscis; pleuris paulo fusco-griseis. - Vena transversa exteriore vix sinuosa. - Tarsîs totis etiam apice luteo-fuscis etc. praterea. Frons limbo antico prope antennas nigricante-punctata, non alibi; vitta intermedia paulo obscura ut orbite oculorum paulo albidi nitente et fucata. ? Unicum exemplar foemineum possideo in Insubria alpina lectum. Sp. 44. T. Levifrons Loéw. Schin. Sp. a precedentibus affinibus distincta, fronte tota non partim tantum lucida, fucata, et fascia anteriori transversa fusca semper obser- 224 C. RONDANI, vanda; et eliam costa alarum in parte apicali tantum iufuscata. - Antennis articulo secundo sat breviore tertio. - Occipite macula nigra inter duas albidas notato. - 4larum vena transversa exteriore subrecta, et angustius nigro-limbata. - T'arsîs totis luteo-fuscis; etc. Frequens in agro parmensi proesertim tempore sestivo in -planitie et collibus. In Insubria quoque inventa a Villa et com. D'Arco, et in Pedemontio a Garbiglietti et Bellardi. Sp. 15. T. Sylvatica Mgn. Macq. Zett. Loév. Schin. Sp. a precedente, cui similis, distincta. - Costa alarum tota lutescente, neque in parte apicali infuscata. - Fronte non tota lucida, sed limbo antico, orbitis, et vitta intermedia fucatis, alibi flavo-fulva opaca et immaculata: etiam in occipite macule mon observandz. . Semel foeminam pedemontanam a Geneo, et Gallicam a Macq. accepi. Sp. 16. T. Ferruginea Fail. Mgn. Macq. Zett. Loèw. Schin. V. Descript. Zetterst. V. p. 2137. Frontis istius vittee tres tantum fucate, non etiam limbus anticus ut in sp. precedente: sed difert etiam ab ista et ab aliis affinibus, fascia transversa ferruginea supra antennas, et venis transversis , apicibusque longitudinalium 3, 4, 8 plus vel minus late et distin- cte fusco-limbatis. , o Vulgaris in tota Italia. In agro parmensi legitar a Majo ad Octobrem tam in planitie quam in montuosis. Gen. VIII. Sciomyza Fall. Mgn. Macq. Lett. Wlk. Rndn. Schin. Chiliza p. Mgn. — Chetocera, Arina, Dyctia: p. Desv. sAnthicheta p. Zalid. — Pherbellia, Melina Desv. Graphomyzina p. Macq. — Cormoptera p. Schin, Char. Gen. Antenna capite breviores; articulo secundo setis distinctioribus sal tem superne destituto, et sat breviore tertio ; isto sub ovato , vel sub-conico, non sat elongato. SCIOMYZINAE ITALICE, ECC. 225 Arista superne et inferne sub xequaliter pilosa, vel pubescens, vel subnuda. Facies saltem inferne non inclinata. - Epistomium buccula non in- structum. Scutellum quatuor setosum. Ale costa non spinulosa: vena secunda longitudinali costalem attin- gente contra, nisi paulo ultra transversam intermediam: septima postica margini producta, Pedes parum setigeri; tibiis quatuor posterioribus extrinsecus setis destitutis, exceptis apicalibus. Sp. Observatae A. Arista pilis longis vel mediocribus vestita. _B. Zrons nisi tota latissime testacea vel lutea. C. Antenne tota fulvae vel luter. D. Ale costa albido-pallescente. Sp. 1. Albocosfata Zall. DD. 4le costa non albido-pallescente. E. Thorax testaceus vel totus, vel dorso tantum paulo infuscato. F. Zena transverse alarum haud fusco-limbata. Tarsî antici nigricantes. Sp. 2. Simplex all. FF. Zen transversoe fusco-limbatae. = Tarsi antici rufi. Sp. 3. Majuscula Andn. EE. Thorax maxima parte fuscus vel griseus. G. Pedes quatuor posteriores rufescentes vel testacei. Sp. !. Obtusa Zall. Vol. XI. 15 226 C. RONDANI , GG. Pedes etiam posteriores nigricantes vel fusco-picei. Sp. 5. Ruficeps Zett. CC. Antenna saltem apice nigricantes. H. Zene transverse alarum non manifeste fusco-limbate. Sp. 6. Testacea Macq. HH. Z°enee transverse fusco-limbate. J. Antenne articulo tertio apice tantum nigricante. Sp. 7. Pallida Fall. JJ. Antennarum articulus tertius totus nigricans. K. Scutellum et pedes posteriores rufescentia. Sp. 8. Vittata Halid. KK. Scutellum et pedes omnes nigricantia. Sp. 9. Fuscipes Macaq. BB. Zrons tota aut fere tota nigricans. L. Ala abdomine breviores. — Antenna rufescentes. Sp. 10. Brevipennis Steg. LL. Ale abdomine longiores. - Antenne nigricantes. Sp. 14. Albitarsis Zett. AA. Arista brevissime pilosula, vel pubescens, vel subnuda. M. Alce non reticulate, nec maculis nec punctis variegate. N. Antenne saltem partim nigricantes. O. Frons in medio nigro-vittata. - Antenna articulo tertio toto nigro. Sp. 12. Cinerella Fall. 00. Frons haud nigro-vittata. - Antenne articulo tertio apici tan- tum nigricante. Sp. 13. Dubia Mgn. SCIOMYZINA ITALICA, ECC. 227 NN. Antenne tote fulva vel testacex. P. Tarsi antici maris lutei apice fusco: foeminee toti nigricantes. Sp. 14. Pallidiventris Fall. PP. Tarsi antici articulis quatuor ultimis nigricantibus, metarso sub- albido in utroque sexu. O. Alarum costa fusca. - Zene transversae fusco-limbate. Sp. 15. Albicarpa Mihi. 00. Alarum costa non infuscata - Z'ene transverse haud fusco- limbatae. Sp. 16. Pallidicarpa Mint. MM. 4le vel reticulatoe, vel punctis aut maculis fuscis variegate. R. Ala seriatim fusco-punctata et maculatee. Sp. 17. Schonherri all. RR. Ale vel fusco-reticulata, vel fusci et albidi variegate... S. Ala fusco-reticulatae, apice nigricante limbata. Sp. 18. Limbata Mgn. SS. Ale fusci et albidi variegate, apice albicantes, Sp. 19. Nana Zall. Obs. et Synon. qQ Sp. 41. S. Albocostata Fall. Mgn. Macq. Zett. Schin. Claripennis Desv. V. Descr. Zett. V. p. 2098. Raro in Italia lecta, prasertim mas rarior. Legitur in locis alpinis Insubria et Pedemontii ubi inventa a Villa et Bellardi. 228 C. RONDANI, Sp. 2.S. Simplex Zall Mgn. Macq. Zett. Schin. V. Descr. Zett. V. p: 2091. Nondum in Italia capta. Specimina observata danica a clar. Staeger missa. Sp. 3. S. Majuscula Jihi. — Longit. Mill. 8. Mas similis maribus S. Simplicis all. et Dorsatre Zett. sed ab utrius- que diversus, statura sat majore et tarsis anticis ut omnes tolis etiam apice testaceis. À prima vero etiam diversus, venis trans- versis alarum fusco-limbatis, et epistomio non neque parum refle- xo. À secunda difert, thoracis dorso non equaliter nigricante sed vittato et maculato, abdomineque toto rufo, vitta nulla nigricante. In specimine masculo a me invento, thoracis rufi dorsum nigro- pictum, seu macula magna oblonga intermedia margini antico non producta , vittis duabus lateralibus, et maculis prope humera notatum. Caput flavicans. - Antenne rufee. - Arista nigra. Alarum costa inter venas duas. primas longitudinales fusco lutea - Pedes toti rufi, pulvillis albidis. Marem unicum legi in colle ditionis parmensis. Sp. 4. S. Obtusa Fall. Mgn. Macq. Zett. WIk. Schin. V. Descript. Zetierst. V. p. 2099. Sp. non rara in Italia. Specimina non nullo possideo in apennino et collibus parmensibus lecta, unum Januz a Spinola inventum, aliqua in Etruria capta a Piccioli, et Pedemontana a Bellardi inventa ob- servavi. Sp. 3. S. Ruficeps Zett. V. Descr. ejusd. Auct. V. p. 2097. Sp. facile distinguenda ab affinibus, pedibus fuscis vel fusco-piceis, anticis obscurioribus. - Thorace cum scutello griseo fusco. - Fronte SCIOMYZINZ ITALICA, ECC. 229 lutea. - Antenniîs testaceis, et alis prasertim in parte antica et apicali paulo infuscatis, venisque transversis fuscedine obcuriori limbatis. - Abdomine apice rafo-piceo. - Halteribus albis. Arista modice longe pilosa. - facies sublutescens. Semel in Pedemontio captus mas a prof. Bellardi. Sp. 6. S. Testacea Macq. Schin. V. Diagnosim in Op. Suîte a Buf. 2, p. 406, cui adde: Frons flavo-fulva antice obscura. - Palpi summo apice nigricantes. - Antennarum articulus tertius totus nigricans. Pedes antici nigri, coxis, basi femorum, geniculisque luteis: postici summo apice femorum, et articulis ultimis tarsorum nigricantibus. Alarum costa saturatius flavida. | Exemplar unicum in Pedemontio captum a Geneo, et duo specimina gallica a Macquartio missa observavi. Sp. 7. S. Pallida all. Mgn. Macq. Zett. Schin. V. Descr. Zetterst. V. p. 2096. Raro in Italia superiori lecta, loca alpina vel subalpina habitat Insu- bri et Pedemontii. * Sp. 8. S. Vittata Malid. (gen. Anthicheta). Antenne nigra basi rufescentes. - £yons fulvescens vittis nitidis si- gnata. - Thorax ferrugineus dorso fusco grisei trivittato. Abdomen obcurum apice rufo. Pedes flavo-testacei, anticorum femoribus, et tibiis late, tarsisque totis nigricantibus. Ale venis omnibus, etiam longitudinalibus fusco-limbatis, transversa exteriore recta. In Italia non capta. - Exeniplar unicum possideo anglicum a clar. Ha- liday olim missum. 250 C. RONDANI, Sp. 9. S. Fuscipes Macgq. Nigricans paulo griseseens. - Antenne fusce. - Frons lutea punibio ocellari fusco-nigricante. - Malteres albi. Pedes obscure fusci, femorum basi et geniculis pallidis, tibiis quatuor' posterioribus minus obscuris. Alarum costa fusca; vena transverse fusco-limbat®, exteriore recta. Specimen collectionis mez Gallize borealis, a clar. Macquartio accepi. Sp. 10. S. Brevipennis Steg. Zett. Pusilla Macg. (in scheda). V. Descript. Zetterst. V. p. 2102. Nondum in Italia capta: specimen coll. mex Gallie borealis a clar. Macquartio missum. Sp. A1. S. Albitarsis Zett. Ventralis Mgn. (non Zall.) Non capta in Italia. - Specimine duo a clar. Steeger obtinui in Dania inventa. Sp. 12. S. Cinerella Fall. Mgn. Macq. Zett. Wik. Rndn. Schin. Herbarum Desv. (Dyctia). V. Descript. Zetterst. V. p. 2418. Vulgaris in tota Italia. In Agro parmensi fere toto anno entomologico legitur, tam in planitie quam in montuosis. Sp. 13. S. Dubia Fall. Mgn. Zett. Schin. V. Descr. Zett. V. p. 2447. Exemplaria spec. duo tantum a me lecta fuerunt in Apennino par- mensi. SCIOMYZINA ITALICA, ECC. 234 Sp. 14. S. Pallidiventris all. Zett. (excl. Synon.) V. Descript. Zetterst. V. p. 2444. Rarissimo capta in Pedemontio a prof. Bellardi. Specimina coll. mex Danica a clar. Staeger missa. Sp. 15. Albicarpa Mihi. Antenne rufe; caput flavidum puncto ocellari nigro. Thorax nigricans paulo grisescens. - Scutellum testaceum. Abdomen rufescens vitta dorsuali fusca. Pedes testacei., tarsorum anticorum articulis quaiuor ultimis nigris, metatarso albicante: tarsis posterioribus, basi pallidis apice: plus minusve infuscato: tibiis et femoribus anticis plus vel minus ni- gricantibus. Ale sub limpida, areola duabus venis primis longitudinalibus inter- posita luteo-fusca: costa exterius fusciore: venis transversis fusco- limbatis: secunda longitudinali costalem attingente perfecte contra transversam intermediam. Uterque sexus in apennino parmensi semel inveni, tempore cestivo. Sp. 16. S. Pallidicarpa Mini. Mas similis mari praecedentis, habitu, colore tarsorum anticorum , et notis antennarum., frontis, ete., sed. tamen distinetus, statura mi- nore, alarum costa non fusca, venis transversis haud fusco-limbatis, et vena secunda longitudinali paulo. producta ultra. transversam intermediam, non perfecte contra ut in albicarpa. Marem unicum obtinui a nob. De Bertolini in montuosis.agri Triden- tini capium. i Sp. 17. S. Schònherri Fall. Zett. Schin. Monilis Mgn. Macq. — Vernalis Desv. V. Descript. Zetterst. V. p. 2107. Semel a Geneo captus in locis alpinis Pedemontii, et specimen. Hel- veticum a Bremi obtinui. 252 C. RONDANI, Sp. 18. S. Limbata (1) Mgn. Schin. Elegans. Macq. V. Descript. in Op. Suîte a Buf. 2, p. 559. Raro legitur in agro parmensi prasertim montuoso a Majo ad Sep- tembrem. Sp. 19. S. Nana Fall. Mgn. Macq. Zett. Schin. V. Descr. Zetterst. V. p. 2109. In Italia huc usque non lecta: exemplaria nostra danica et germanica a Steeger et De Roser missa. Gen. IX. CrenuLus Rndn. Opomyza Steg. Zett. (2). Char. Gen. Antenne mediocres, articulo secundo setis distinctioribus superne destituto, triplo fere breviore tertio, isto basi latiusculo. Arista superne tantum distincte pilosa, inferne vix pubescens. Facies non inclinata. - Os buccula non instructum. Scutellum quatuor setosum. Ale costa non spinulosa: vena secunda longitudinali costalem attin- gente paulo ante transversam intermediam: septima postica mar- gini producta. Tibia extra non setigere, exceptis setis apicalibus. (4) Gen. Graphomyzina Macq. — Cormoptera Schin. n (2) Gen. Opomyza, juxta ordinationem meam stirpi Loncheinarum pertinet, distincta a Sciomyzinis pre ceeteris, absentia setulae erectae sub-apicalis in tibiis anticis et posticis. SCIOMYZINAE ATALICA, ECC. 255 Sp. Observata. 4. C. Pectoralis Steg. Zett. Andn. V. Descr. Zett. VI. p. 2420. Specimina duo a clar. Steeger missa observavi in Dania capta. Gen. X. Lauxania: Fabr. Latr. Pnz. et Alior. p. Polionoma p. Andn. Char. Gen. Antenne porrecte, capite longiores, articulo primo elongato, se- cundi longitudinem xquante nisi longiore, et simul sat brevioribus tertio, angusto, subeylindrico, apice obtruncato. - Arista puberula crassiuscula. Facies non inclinata. - Epistomium buccula instructum. Scutellum quatuor setosum. - Pedes subnudi. Ale costa non spinulosa. - Zena septima postica vix inchoata vel subnulla. Sp. Ìtalica unica. 4. L. Cylindricornis Fab. Latr. Pnz. Mgn. Macq. Zett. Schin. V. Descript. Zetterst. VI. p. 2360. In Pedemontio raro lecta a Geneo et Bellardi. 254 C. RONDANI,. è) Gen. XI. Sapromyza Fall. Mgn. Latr. Macq. Loùw. Zett. Schin. Lauxania p. Mgn. Macq. Zett. et Alior. Palloptera p. Fall. Z7Ik. — Peplomyza p. Zalid. Polionoma Andn. — Tephritis p. Zabdr. Musca Lin. Fab. Rossi. — Genera plura Desv. Char, Gen. Anitenn@ modice elongatae vel breves, articulo primo sat breviore secundo nisi brevissimo, tertio ovato vel oblongo, sed non longis- simo nec apice obtruncato. - Arista pilosa vel pubescens. facies non inclinata, in medio haud gibboso-subcarinata, et lateribus nudis. - Os buccula instructum. Scutellum quatuor setosum. Ale costa non spinulosa; vena septima DITTE brevissima, longe a margine sistente - Pedes subnudi: Sp. Italica. A. Femora saltem antica magis vel minus nigricantia. B. 4bdomen totum nigrum, nigricans, vel nigro-subaenescens. C. Arista puberula, non longe pilosa. D. Corpus nigro-xenescens, subvirescens. - Ale dilute flavescentes. Sp. 1. nea Fall. DD. Corpus nigrum non genescens nec subvirescens. - Al@ fusco- flavide vel fuliginose. E. Antenna lutescentes. - Ale fusco-flavide. Sp. 2. Elise 77 dm. EE, Antenna nigricantes. - Ale fuliginose. Sp. 3. Fuliginea Mili. SCIOMYZINA ITALICA, ECC, 2355 CC. Arista longe pilosa. Sp. 4. Longipennis Fabr. BB. Abdomen saltem partim testaceum vel luteum. F. Scutellum totum nigricans vel griseum, non neque apici luteum. G. Scutellum griseum limbo apicali atro nitido. Sp. 3. Lupulina Fabdr. GG. Scutellum etiam limbo apicali fusco-griseum. H. Femora quatuor anteriora, ut tibie antica, cum tarsis fere tota nigricantia. | Sp. 6. Flaviventris Costa A. HH. Femora duo tantum antica nigricantia vel fusca, tibiis tarsisque propriis fere totis testaceis. Sp. 7. Luteiventris Mihi. FF. Scutellum saltem limbo aut apici luteum. J. Tibia intermedie apice trispinoso. - T'ibie ‘anulo fusco apicali destitute. Sp. 8. Trispina Mihi. . JJ. Tibie intermedia apice bispinoso: antica, et ssepe etiam po- stica apici fusco vel nigricantes. K. Femora omnia, ut tibie et tarsi pedum anticorum, fere tota ni- gricantia vel fusca. Sp. 9. Fasciata Fall. KK. Femora antica tantum plus vel minus infascata, tibiis propriis luteis, anulo tantum apicali fusco. Sp. 10. Subvittata Loéw. AA. Femora omnia etiam antica rufa, lutea, vel testacea. L. Arista pilis longis vel mediocribus vestita, non brevissime pi- lose vel pubescens tantum. 236 C. RONDANI, M. Ale tote limpide, neque venis ullis fusco-limbatis. N. 4bdomen punctis vel maculis aliquibus nigris signatum. O. Palpi toti etiam apice lutei. Sp. 14. Punctiventris Iihi. 00. Palpi saltem apici nigricantes. Sp. 12. Tinctiventris Mili. NN. Abdomen nec nigro-punctatam nec maculatum. P. Arista pilis longis plumata. Vene longitudinales 4.° et B.° ante apicem paulo incurvate. O. Palpiî extrinsecus nigricantes. Sp. 15. Plumicornis Fall. 00. Palpî toti etiam apice lutei. Sp. 14. Plumicheta Miki. PP. Arista pilis mediocribus vestita. Vence quarta et quinta extrinsecus rectissimae. Sp. 18. Rectinervis Miki. MM. Ale maculis aut vittis nigricantibus vel fuscis signatae aut sal- tem venis aliquibus fusco-limbatis. R. Alarum costa, macula nigricante destituta inter vena duas pri- mas longitudinales. S. Zena longitudinales in apice alarum, et transverse ordinarie fusco-limbate. T. Zena quarta longitudinalis haud nigro-maculata extra venas transversas, et ante fuscedinem apicalem. U. Antenna tote fulvescentes. Sp. 16. Dilecta Mihi. UU. Antenne apice plus vel minus nigricante. Sp. 17. Decempunctata all. SCIOMYZINAE ITALICA, ECC, 237 TT. Zena quarta longitudinalis macula nigricante signata ante fu- scedinem apicalem. Sp. 18. Notata Fall. RR. Alarum costa macula nigra signata inter dua venas primas lon- gitudinales. Sp. 19. Punctifrons Mihî. LL. Arista brevissime pilosula, nisi pubescens tantum vel subnuda. V. Ale non tota limpide, saltem venis aliquibus fusco-limbatis. X. Ale in parte apicali fusco, vel nigro-marginate. Sp. 20. Litura Z7ofg. » XX. Alce in parte apicali haud nigricante marginate, sed vena ali- qua tantum saltem transversa fusco-limbata. Z. Ale apice plus vel minus fuscescente, et vena transversa exte- riori tantum fusco-limbata. Sp. 21. Proeusta all. ZL. Ala apice non fuscescente, sed venis transversis duabus fusco- limbatis. Sp. 22. Interstineta Fall. VV.. Ale tota limpide, neque venis aliquibus fusco-limbatis. Y. Antenne articulo tertio vel toto vel apici tantum nigro vel ni- gricante. W. Articulus tertius antennarum fere totus nigricans. Tarsi postici maris seta ad apicem instructi. Sp. 23. Fuscicornis Macq. WW. Articulus tertius antennarum apice tantum nigricante. T'arsi postici seta nulla apicali etiam in mare. A. Antenne apice rotundato. - 4l@ in apice paulo fuscescentes. Sp. 24. Obsoleta Fall. 258 AA. YY. CC. bb. C. RONDANI, Antenne ad apicem attenuate sub-acuminate. Ale fuscedine nulla apicali. Sp. 25. Acuticornis Mihi. Antenne tote fulvescentes, apice tantum ‘aliquando saturatiore vel dilutissime fusco. | . Thorax partim grisescens non totus testaceus vel luteus. . Palpiî toti etiam apice lutei. - Frons pallide lutescens, Sp. 26. Pallidiventris Fall. Palpî apice nigricante. - Arons albo-sericea. Sp. 27. Albifrons Bell. Thorax totus etiam in dorso testaceus vel 'luteus. d. Abdomen postice haud nigro-punctatum. e. Palpi saltem extrinsecus nigricantes. ce. ff. dd. o 2 hh. Sp. 28. Palpella Mihi. Palpi etiam apice lutei. . Yena longitudinalis tertia oriens a quarta satis extrà apicem areoloe basalis anterioris. Sp. 29. Consobrina Zett. Vena tertia longitudinalis oriens a quarta contra, non extra apicem areolze basalis anterioris. Sp. 30. Rorida Fall. Abdomen postice punctis aliquibus nigris notatum. . T'ibie intermedize apice spinis saltem tribus validiusculis armato, . Abdomen segmento tantum quinto ad basim bipunctato. Sp. 34. Bipunctata Mgn. Abdominis segmenta. quartum et quintum ad basim nigro- bipunctata. Sp. 52. Quatuorpunctata Lin. SCIOMYZINE ITALIC&, ETC. 239 gg. Tibia intermedize ad apicem bispinose tantum. i. Palpi apice nigricante. - /4bdominis segmentum quintum in dorso maculis duabus latiusculis, rotundatis, signatum. Sp. 33. Bisigillata Bell. ii. Palpi toti lutei. - Abdominis segmenta duo vel tria ad latera nigro Dbipunctata. I. Abdominis segmenta tria ultima ad latera nigro bipunctata. - Femora postica etiam maris subtus non spinulosa. Sp. 34. Sexpunctata Mygn. Illy Abdominis segmenta duo ad latera nigro-bipunctata. - /emora postica maris subtus ad apicem erebre spinulosa. Sp. 55. Bisbinotata Miki. Observ. et Synonim. Sp. 1. S. Enea Fall. Mgn. Macq. Zett. Walk. Schin. V. Descript. Zetterst. VI. p. 2362. Vulgaris in tota Italia, ubi legitur ab Aprile ad Novembrem. Sp. 2. S. Elise /77dm. Mgn. Zett. WIk. Schin. V. Descript. Zetterst. VI. p. 2361. Huc usque in Italia non inventa. Exemplaria duo collect. mex danica a clar. Stoeger missa. Sp. 3. S. Fuliginea Mini. A speciebus omnibus generis proprii facile distinguenda. - Antennis nigricantibus et alis fuliginosis. Praterea Corpus totum nigricans, pedibus et halteribus fuscis vel piceis. - Arista puberula. - Alarum costa fuscedine saturatiore etc. In Pedemontio non frequenter lecta a prof. Bellardi. 240 C. RONDANI, Sp. 4. S. Longipennis Habr. Fall. Mgn. Macq. Zett. Schin. V. Descript. Zetterst. VI. p. 2368. k La Species in Agro parmensi sat raro lecta in Apennino tempore estivo, sed magis frequens videtur in Pedemontio ubi eam legerunt, Mus- sino, Geneus et Bellardi. - Sp. 5. S. Lupulina Zabr. Fall. Myn. Macq. Zett. Ylk. Schin. V. Descript. Zetierst. VI. p. 2366. Non frequenter legitur in collibus et montuosis agri parmensis. In Ditione tridentina etiam inventa a prof. Strobel. Sp. 6. S. Flaviventris Costa A. (non Schin.) * Sp. hoc nomine distincta a doct. Schiner cum hac non confundenda, cujus scutellum semper totum etiam apice fuscum, dum alia scu- tellum apice luteum prebet. Alie note sp. Fulviventris Coste sunt. > Antenna rufe. - Arista plumata. - Caput albidi-lutescens, vittis duabus nigris obliquis in facie, et fronte fusco-submaculata, ver- tice griseo. - Palpi apice nigro. Thorax nigricans, plus minusve grisescens. - Abdomen luteum uni- color. - Ale paulo flavidae costa saturatiore. Pedes antici nigricantes, geniculis plus minusve testaceis: posteriores lutescentes, femoribus intermediis late, posticis minus basi nigri- cantibus. Non rara in agro parmensi tempore verno et estivo. In Italia meridionali lecta a prof. A. Costa. Sp. 7. S. Luteiventris Miki. Similis precedenti sed facilius distinguenda. 1.° Facie vittis obliquis nigris non manifestis. 2.° Pedibus anticis non fere totis nigricantibus, sed tibiis omni- no et basi tarsorum late testaceis vel luteis. a » SCIOMYZINE ITALICA, ECC, 244 3.° Pedibus posterioribus fere totis lutescentibus, vix anguste basi femorum infuscata. Cretera tamen ut in fulviventre. Non infrequens in agri parmensis planitie et collibus a Junio ad Septembrem. Sp. 8. S. Trispina Mihi. Similis habitu S. /asciata Fall. (seu Aivosa Mgn.) et Subvittata Loéwii, sed ab utroque difert praecipue (0its intermediis apice spi- nis tribus validiusculis armatis, non duabus tantum, et apice tibia- rum omnium non infuscato. Alii characteres speciei sunt. Antenne testacea, arista plumosula. - Frons lutescens paulo fusco- variegata. - Thorax griseus humeris testaceis. - Sculellum grise- scens limbo lutescente-testaceo. Abdomen luteum, lateribus dilute fusco-vittatis. Pedes lutei, femoribus anticis fuscis., vel fusco-griseis, tarsis vix ad apicem obscurioribus. Ale limpide et fere omnino decolores. Rarissimo eam legi in montuosis agri parmensis. Sp. 9. S. Fasciata Fall. Loew. Schin. Rivosa Mgn. Macq. Zett. V. Descript. Zetterst. VI. p. 2355. Femoribus omnibus nigricantibus. - T'horace toto vel fere toto griseo- fusco. - Tibiis anticis latissime nigricantibus, et scutello fere toto griseo a procedente et sequente distinguenda. A Trispina etiam diversa tibiis intermediis apice bispinosis tantum, et tibiis etiam posticis apice infuscatis. A subvittata vero etiam distincta, thoracis dorso unicolore, non grisei et lutei vittato, et scutello fere toto griseo-fusco. Exemplaria duo tantum speciei in collibus agri parmensi inveni. Vol. XI. 416 242 C. RONDANI, Sp. 10. S. Subvittata Loéw. Schin. Zetterstedtiî mihi (in litt.) Sp. ista in tota Italia vulgaris amicis a me communicata fuit. nomine distincta Zetterstedtii, quia clar. iste dipterologus eam cognovit, et tamquam non descriptam indicavit, characteres etiam praecipuos distinctionis ejusdem notando in Vol. VI, p. 2356 operis Diptera Scandinavie, sed nomen specificum ipse non tribuit. Thorace superne grisei et lutei vittato. - Femoribus anticis plus vel minus dilute infuscatis; posterioribus luteis aliquando inferne fusco- vittatis : tibiis omnibus lutescentibus, anticarum et posticarum apice magis vel minus infuscato : intermediis bispinosis. - 4bdomine lutescente lateribus in dorso vittis fuscis nunc magis nunc minus perspicuis et aliquando fere deletis a congeneribus distinguenda. Ex omnibus fere plagis italicis exemplaria hujus species mihi trans- missa fuerunt. Sp. 11. -S. Punctiventris Miki. Uong. Mill. 4. Corpus totum fulvo-flavescens. - 4bdominis segmentis duobus poste- rioribus, ad latera, nigro-bimaculatis, maculis posticis minoribus. Arista plumosula nigricans. - Palpî etiam apice lutei. Frons antice transversim pallide fasciata, fascia fusco-marginata. Ale flavescentes presertim ad costam, et punctulo fusco notate ad apicem vena prima longitudinalis: venis quarta et quinta paulo approximatis ante apicem. Pedes toti fulvescentes, puncto nigricante ad apicem femorum posti- corum, in mare magis distincto. Foemine maculae nigra abdominis magis perspicuz. Rarissimo inventa in planitie et collibus agri parmensis, tempore restivo. Sp. 12. S. Tinctiventris Mihi. Habitu et statura similis precedenti, sed tamen sat diversa. - Pulpis extrinsecus nigris, et abdomine irregulariter nigricante maculato , non segmentis duobus ultimis ad latera simetrice bimaculatis. SCIOMYZINE ITALICA, ECC. 245 A Plumicorne sequenti, cui etiam similis, distineta : abdomine nigri- cante-maculato non flavido unicolore; et puncto nigro apicali fe- morum posticorum distincto, non nullo. Raro lecta in collibus ditionis parmensis tempore cestivo. In Etruria etiam inventa a Piccioli, et in Pedemontio a Bellardi. Sp. 15. S. Plumicornis Mall. Zeit. Lotw. Schin. V. Descript. Zett. VI. p. 2535. A proccedentibus duabus diversa, abdomine nec. punetato nec macu- - lato, et absentia puncti nigricantis apicalis femorum posticorum etc. Frequenter legitur in Italia superiori et media in Parmensis ditionis a Majo ad Septembrem, in planitie et montuosis vulgaris. In Etruria a Piccioli, in Agro Tridentino a Strobel, in Pedemontio a Garbiglietti et Bellardi inventa. Sp. 14. S. Plumicheta Miki. Similis precedenti, abdomine immaculato, at femoridus posticis pun- - elo apicali nigricante destitutis, sed statim distinguenda palpis totis etiam apice luteis. Frequenter legitur in agri parmensis planitie et montuosis, preeser- tim mensibus Majo et Junio. In agro tridentino inventa a doct. De-Bertolini, et in Pedemontio a prof. Ballardi. Sp. 15. S. Rectinervis Mihî - Long. Mill. 2-3. Statura minore; arista breviter non longe pilosa; venisque longitu- dinalibus quarta et quinta extrinsecus rectissimis, non paulo ap- proximatis, ante apicem, a proximis praecedentibus distinguenda. Preterea palpi parvi, retracti et segre observandi. - //bdomen fulve- scens immaculatum. - Pedes toti cum targis et geniculis lutei. - Thorax rufus, vix in dorso vitta aliqua saturatiore. - Z’rons lutea puncto ocellari fusco. - Al@ limpida et fere decolores. Semel marem legi in collibus agri parmensis. 244 C. RONDANI, Sp. 16. S. Dilecta Mihi. Corpus totum cum antennis, palpis, et pedibus fulvescens. Arista breviter non longe pilosa. Alce dilutissime flavide, vena costali obscura non nigro-maculata: transversis ordinariis fusco-limbatis, et etiam longitudinalibus tertia, ‘quarta, et quinta ad apicem fusco cinctis, non maculis obscuris subrotundis ad apicem signatis: transversa anteriore extra apicem sita secunde longitudinalis: quarta et quinta extrinsecus, paral- lelitar omnino decurrentibus. , Uterque sexus semel a me inventus fuit in collibus agri parmensis. Sp. 17. S. Decempunctata Fall. Mgn. Macq. Zett. Walk. Loéw. Schin. Corpus cum pedibus et palpis luteo-testaceum, exceptis antennis apici nigris, et abdomine lineis marginalibus segmentorum plus vel mi- nus nigricantibus. Arista breviter pilosa non plumata. - Fyons limbo antico non nigro- punctato. Ala dilute flavicantes, venis transversis ordinariis late fusco-limbatis, et maculis tribus fuscis rotundatis ad apicem venarum trium lon- gitudinalium , quarum dux, quarta et quinta paralleliter omnino decurrentes: costa macula nulla. Pedes toti lutei immaculati. In apennino parmensi raro lecto a doct. Berteo, et in Pedemontio a prof. Bellardi. | Sp. 18. S. Notata Fall. Mgn. Zett. Loèo. Schin. Trinotata Costa 0. — Duodecimpuntata Macq. V. Descript Zett. VI. p. 2543. Ab affinibus distineta, vena quarta longitudinali fusco binaculata ante fuscedinem apicalem: quinta ad apicem dilute et anguste fusco- SCIOMYZIN® ITALICA, ECC. 245 limbata, non ut duz preecedentes obscure fusco-maculata: Costa alarum non nigro-maculata. Frons, in adultis, vitta transversa fusca prope antennas. In agri parmensis collibus raro a me lecta. In. Pedemontio quoque inventa a Bellardi, et ad Neapolim a Costa A. Sp. 19. S. Punctifrons Miki. Tota testacea. - Arista plumata. - Frons limbo antico nigro-punctato. - Palpi ad apicem nigricantes. Ale macula costali nigra distinctissima inter venas duas primas lon- gitudinales; limbo apicali late nigricante: vena transversa exte- riori fusco-marginata, anteriori non. Femora postica ad geniculos puncto nigricante signata. Raro leeta in collibus agri parmensis a Junio ad Augustum. In Pede- montio quoque inventa a prof. Bellardi. Sp. 20. S. Litura Zofg. Mgn. Halid. (Gen. Peplomyza) Wiadmanni Zoéw. Schin. Antenne fulvae: arista pubescens. - F'acies pallidissime flavida, episto- mio nigri, vel fusci bi-puntato, fronte in limbo antico punctis tri- bus nigris inter oculos et antennas notata; superne lutescente; ma- culis duabus fuscis anterioribus, et postice puncto ocellari, et srepe etiam maculis duabus verticis fusco-obscuris. Palpi apice nigro. Thorax luteus, dorso fasciis quatuor nigris, et pleuris longitudinaliter fusco-treniatis. - Scutellum pallide luteum lateribus fuscis. Ale ad apicem late infuscate, fuscedine in fasciam posteriorem con- linuata marginem non tangentem, et aliquando in strias longitudi- nales divisa: venis in parte infuscata nigris. Pedes pallide lutei, geniculis praesertim posticis paulo fuscis. Raro lecta in agro parmensi. etiam. montuoso, primo vere et estate incipiente - Specimen anglicum cl. Haliday mihi transmisit, nostris simile, sed corpore et alis obscurius tinctis. 246 C. RONDANI, Sp. 24. S. Proeusta Fall. Mgn. Macq. Zett. Loév. Schin. V. Descript. Zetterst. VI. p. 2345. Ale ad apicem paulo fusc®, aliquando tamen fuscedine vix manifesta - Palpi apice nunc magis nunc minus late nigricantes. Non raro a me lecta in ditionis parmensis planitie et montuosis, et in Pedemontio a Garbiglietti et Bellardi , in agro tridentino etiam in- venta a nob. De Bertolini. Sp. 292. S. Interstineta all. Mgn. Macq. Lett. V. Descript. Zetterst. VI. p. 2339, cui adde: Frons supra antennas fasciola transversa obscura, et puncto ocellari fusco. | Rarissimo lecta in apennino parmensi a doct. Bertéo, et in Pedemon- tio a prof. Bellardi. Sp. 25. S. Fuscicornis Macq. Spinitarsis Zett. — Anisodactyla Zoév. Rorida /7lk. (non Fall.) Tota testaceo-flavida, excepto articulo tertio antennarum toto nigri- cante, et puncto ocellari fusco. T'ibie postice in utroque sexu seta apicali, anteriori, flexa instructa: maris tarst postici apici pilosi et spina armati. Ale immaculate; venis longitudinalibus quarta et quir.ta extrinsecus ‘omnino' parallelis. Facilius foeemina tantum a Macquartio observata quia de notis mascu- lorum non loquitur. Rarissimo inventa in collibus agri parmensis, tempore autunnali. SCIOMYZINA ITALICA, ECC. 247 Sp. 24. S. Obsoleta Fall. Mgn. Macq. Zett. Apicalis Loév. Schin. V. Descript. Zetterst. VI. p. 2323. Palpi ad apicem nigricantes, ut pars apicalis articuli ultimi anten- narum. Sp. sat raro lecta in Pedemontio a Geneo, et nuper a prof. Bellardi. Sp. 28. S. Acuticornis Mihi. Similis obsolete Fall. antennis et palpis apici nigris, sed facillime distinguenda. 4.° Articulo tertio antennarum ad apicem manifeste angustato, non sub-ovato apice rotundato. 2. alarum apice omnino decolore, non quamvis dilute fuscescente. 5.° Fronte fere tota lucida, fucata, non fere tota opaca. 4.° Zena secunda longitudinali distinete producta ultra transversam anteriorem non contra istam sistente, etc. In Pedemontio non frequenter lecta a prof. Bellardi. Sp. 25. S. Pallidiventris Fall. Mgn. Macq. Zett. Loèw. Schin. Pallidicornis Zoéw. v. — Obsoleta 27/k. (non Fall.) V. Descript. Zett. VI. p. 2354. Sp. Ab affinibus facile distinguenda, incisuris abdominis plus vel minus nigricantibus, alibi tota fulvescens vel lutescens. Non infrequens a Junio ed Septembrem in planitie et collibus agri parmensis. In Pedemontio etiam lecta a prof. Bellardi. Sp. 27. S. Albifrons Zell. (in scheda). Habitu et statura similis Pallidiventri Fall. sed distinctissima. 248 C. RONDANI, 1.° Palpis apice nigro, non totis luteis, 2.° Fronte et facie albo-sericeis nitentibus, non pallide subluteis. 3.° Antennis articulo ultimo fusco-lutescente, non totis pallide testaceis. 4.° Abdomine segmentis haud nigricante limbatis, etc. Rarissimo lecta in Pedemontio a prof. Bellardi. Sp. 28. S. Palpella JMihî. Omnino fulvescens, pa/pîs tantum exceptis apice nigro. Arista pubescens. - 4le- sub-limpido immaculate: vena tertia longi- tudinali oriente a quarta contra apicem areolxe basalis anterioris, non extra, etc. A Majo ad Julium legitur, sed non frequentur in toto agro parmensi. In Insubria quoque inventa a com. D'Arco. Sp. 29. S. Consobrina Zett. Similis habitu, statura, colore, etc. sp. pracedenti,a qua vero statim dignoscenda, palpis totis etiam apici luteis, et vena longitudinali tertia, a quarta oriente extra non contra apicem areolae basalis anterioris. Specimina pauca legi, mensibus Julio et Augusto in collibus agri parmensis, et in Pedemontio aliquando inventa a prof. Bellardi. Sp. 30. S. Rorida Fall. Mgn. Macq. Zett. Loéw. Schin. V. Descript. Zetterst. VI. p. 2347. A Consobrina precedente distincta non solum statura majore, sed precipue alarum vena tertia oriente a quarta contra non extra apicem areola basalis anterioris. A palpella vero difert praecipue palpis totis etiam apici luteis. Frequenter legitur in Italia superiori, in agro parmensi tempore au- tunnali magis frequens. SCIONYZIN& ITALICA, ECC. 249 Sp. 34. S. Bipunetata Myn. Macq. Loéw. Schin. Na V. Diagn. Meigenii. VII. p. 378. Tibia intermediz spinulis tribus ad apicem preedita, et postice spi- nula interiori apicali flexa, praeter exteriorem subapicalem in- structe. Sequenti similis, sed distineta abdominis segmento unico bipunctato, non punctis quatuor nigris, postice signati. Non infrequens a Majo ad Octobrem in toto agro parmensi. In Pedemontio quoque lecta a Mussino et Bellardi. Sp. 32. Quatuor punctata Lin. Habr. Mgn. Macq. Walk. (Non /ossi, nec Zett. nec Loéw.) Immerito sp. iste Linneane a nonnullis adscripta videtur musca qua- tuor punctata Rossii, que typica est generis Aterigona Rndn. (1) in stirpe anthomyinarum. Quatuorpunctata Zetterstedtii et Loèéwii diversa est a sp. Linnei, et proxima videtur Zibiali Macquartii, fremoribus posticis subtus setigeris, tibiisque propriis callo nigro apicali signatis, et distineta tantum presentia punctorum quatuor nigrorum in parte posteriori abdominis , de quibus in diagnosi Tibialis Macquartii non loquitur (V. ulterius Sp. 35). CI. Walcherius, Sapr. sexpunctatam Meigeni, varietatem esse cogitat quatuorpunctate Lin. sed non rite, quia prima tibias intermedias apici spinis tribus instructas prabet et non bispinosas ut in se- cunda. Species vera Linnei frequenter lecta in agro parmensi, Insubria et Pedemontio. (4) Vide pro gen. isto Acta Soc. Italica Scientiar. Natur. (Mediolani 1866). 260, C. RONDANI, Sp. 53. S. Bisigillata 2/4. (in scheda). | $ Corpus totum fulvescens. - Palpi puneto nigro apicali. - Antenne apici puncto diluite fusco. - Arista pubescens. = 4bdominis seg- mentum quintum, in dorso, maculis duabus nigris, latiuseulis, ro- tundatis, proximis, notatum, Ale limpida , dilutissime sublutescentes: vene quinte longitudinalis segmentuni ultimum duplo et ultra longius precedente. Tibia intermedia bicalcarata. Sap. Melanura Zett. qua iste similis puncto apicali antennarum di- lute fusco et aliis notis, ab eadem satis distat, et punctis nigrican- tibus abdominis numero et positione diversis, et longitudine mi- nore segmenti ultimi vene quinte, ete. Rarissimo lecta foemina in Pedemontio a pr. Bellardi. Sp. 34. S. Sexpunctata Mgn. Macq. Zett. Loèw. Schin. Quatuorpuncetata p. /7alk. V. Deseript. Zetterst. VI. p. 2331. A preecedentibus distinceta, non solum punctis sex abdominis, non quatuor nec duobus, sed etiam apice tibiarum intermediarum apice bispinoso, a Bipunctata et Quatuorpunctata difert, quarum tibie intermedize spinis tribus preedita. Raro eam legi in collibus agri parmensis; et raro in Pedemontio in- venta a Spinola et Bellardi. Sp. 35. S. Bisbinotata Mihi. Quadripunetata Zett. Zoéw. Schin. (non Lin. nec Rosst) Tibialis? v. Macq. V. Descript. Zetterst. VI. p. 2329, qua videtur. Sp. hane distinetam esse a Zidiali Macq. proesentia punctorum ni- grorum abdominis, de quibus cl. Auct. silet: nisi tamen in exem- SCIOMYZINE ITALIC&., ECC. 254 plaribus ab eodem observatis, puneta nigra non observanda essent, a marginibus segmentorum proaecedentium tecta: sed hic. et nunc Sp. Tibialis ab hac diversa consideranda, quamvis similes, proeser- tim macula nigra apicali tibiarum posticarum. Exemplar unicum masculum observavi mihi transmissum a nob. De Bartolini, in agro tridentino captum. Gen. XI. Prosopomria. ZLoéw. ‘ Char. Gen. Facies in medio tumida , gibboso-sub-carinata, lateribus ad unum- quodque latus serie setularum ciliatis. Ipostomium sub oculos sat descendens. Arista pilosa. - Antennarum articulus tertius sub-ovatus, secundus brevis. Buccula ad os parva sed distineta Alarum nota circiter ut in Sapromyza, inter quas vena septima po- stica satis abbreviata. Sp. Italica unica — |. Pallida Loéw. Descript. «Sp. 1. P. Pallida Zoèw. — Long. Mill. 3-4. Caput albicans, fronte leviter lutescente. Antenne fulvae: arista breviter pilosa. Thorax griseo-cinerascens. - Scutellum luteum basi fusco-grisea. - Halteres albidi. Abdomen lutei et nigricantis transversim fasciatum, apice luteo; fa- sciis luteis ad apicem, obscuris ad basim segmentorum. ‘ Pedes omnes et toti lutescentes; tibiis intermediis ad apicem spinis tribus armatis In lusula Melita éxemplaria duo legit doct. Schembri et mihi com- municata. - In Sicilia etiam vivit teste Loéw. 252 C. RONDANI, (Nora.) Musca Pu/chella Rossii, sequalis Toroneure fasciate Macq. ab aliquibus prope Sapromyzas vel in genere ipso locata, juxta ordi- nationem meam, Stirpi Loncheinarum spectat, pro absentio setul» erectae sub apicalis in tibiis anticis et posticis. Gen. XIIT. ExocnetLa. Mihî. Heterocheila Andn. (*) 1857. Pr. 2. Heteromyza Fall. p. Mgn. Zett. Schin. Heterostoma Andn. Pr. 4. Char. Gener. Antenne brevissima, sub productione frontali insertae: articulo ul- timo disciforme; arista dorsuali nuda. i Epistomium sat porrectum, buccula distinclissima et producta.- Oculi sub-ovato rotundati. Scutellum quatuor setosum. | Ala costa non spinulosa; vena secunda parum producta ultra tran- sversam interiorem: seplima marginem posteriorem attingente. Pedes non setosi, exceptis femoribus anticis, et apice tibiarum. - Tarsî articulo apicali sat majore. Sp. Typica Ex. Buccata /all. Mgn. Zett. Rindn. Schin. La V. Descript. auctorum et preesertim Zett. VI. p. 2464. Nondum in Italia capta: Exemplaria a me observata Danica a cl. Stae- ger accepla. (") Heterocheilus (vermes) — Heterocheles (crust.) — Heterocheles (coleop.) — et alia pseudo-omonima jam extant in zoologia. SCIOMYZINA ITALICE, ECC, 2535 Gen. XIV. Acrora. Mgn. Latr. Macq. Zett. Walk. Rndn. Schin. Helcomyza Curtis. Char. Gener. Antenna breves, articulo ultimo sub-globuloso, primis brevissimis ; arista nuda ad basim articuli terti inserta. Facies non inclinata, paulo concava. - Oculi rotundi. Epistomium buccula parva sed observanda preditum. Scutellum quadri-setosum. Ale costa spinulosa: vena secunda longitudinalis sat producta ultra transversam interiorum: quarta et quinta extrinsecus paulo con- vergentes: septima margini posteriori producta. Pedes puberuli, tibiis tarsisque breviter setulosis. Sp. Typ. A. /Estuum Mgn. Macq. ete. V. Descript. Zetterst. VI. p. 2469. Specimen Coll. mea in Gallia boreali captum a cl. Macquartio mis- sum. In Italia huc usque non inventa. Gen. XV. Drromyza Fall. Mgn. Macq. Lett. Walk. Rndn. Schin. Driope Desv. — Musca /abr. Char. Gener. Antenna mediocres, flexz, articulo tertio oblongo-sub-ovato, duplo et ultra longiore precedente: Arista pubescens tota. Facies valde concava: epistomio reflexo; buccula parva instructo : fronte in vertice tantum sceligera. Alarum costa non spinulosa, vena secunda longitudinalis satis pro- 2654 C. RONDANI, SCIOMYZIN® ITALICE, ECC, ducta ultra transversam interiorem: seplima marginem posticum altingens: secunda non ciliata (*). | | Scutellum quadrisetosum. Pedes pubescentes, tibiis intermediis retro serie trium spinularum preeditis in parte intermedia, proeter apicales plures. Sp. Tipica — I. Flaveola Fabr. Obs. et Synon. Sp. I. D. Flaveola fabri Mgn. Macq. Lett. WIk. Rndn. Schin. Vetula all. V. Descript. Zetterst. V. p. 2084. Variat plurime colore. corporis, mune toto testaceo aut luleo, nune plus vel minus late aut saturate fusco, saltem in abdomine, et se- pius ‘in fceminis. Vulgaris preesertim tempore autunnali in collibus et montuosis agri parmensis, minus frequens in planitie. - In aliis Halia plagis preeser- tim borealis et media etiam frequenter lecta. (*) Dryomyza anilis vena secunda longitudinali superne breviter,sed distincte ciliata in stirpe sequenti posita, affinitatem indicans cum hac, et transitum ab una ad alia,m genus proprium costituendo. Neuroctena mihi. GENERUM ET SPECIERUM INDEX Actora Mgn. pag. 253 | Ctenulus £rdn. pag. 232 — /Estuum Mgn. — Pectoralis Steg. Cormoptera Schin. V. Scio- Dichetophora &nrdn. » 206 myza. — Obliterata Fadr. Coremacera Andn. n. 212| Dryomyza Fall. ». 253 — Bivittata Macg. — Flaveola Fabr. — Cineta Fadr. Eggizoneura £ndn. n 204 —. Marginata Fabr. — Macaulipes Arda. — Stictica Fabr. Elgiva Mygrl. n. 209 — Albiseta Scop. — Cucullaria Lin. — Dorsalis Mabr. — Lateritia Andn. — Rufa Pnz. — Truquii Andr. Exocheila &nda. — Buccata Fall. Graphomyzina Macg. Ve- di Sciomyza. Helcomyza Curtis. V. Acto- ra. Heteromyza Fall. V. Exo- cheila. Lauxania Faòdr. » — Cylindricornis Latr. Lignodesia Z'ndn. V. Pe- lidnoptera. Neuroctena Andr. V. Dryo- myza. i Oregocera Andn. V. Teta- nocera. Palloptera Fal. V. Sapro- myza. Pelidnoptera Rndn. - — Nigripennis Fadr. Peplomyza Halid. V. Sa- promyza. Pheaomyia Schin. V. Pelid- noptera. Polionoma Arda. V. Sapro- myza. Prosopomya Loéw. ”» — Pallida Loéw. Sapromyza Fall. ”» — Albifrons Bell. — Acuticornis findn. — Mnea Fall. — Bipunctata Mgn. — Bisbinotata &nda. — Bisigillata Bell. — Consobrina Zett. — Decempunctata Fall. — Dilecta Arda. — Elise Wdm. pag. 252 233 INDEX. — Fasciata Fall. — Flaviventris Costa A.. — Fuliginea Andn. — Fuscicornis Macg. — Interstincta Fall. — Litura Hofg. — Longipennis F'abr. — Luteiventris Rada. — Notata Fall. — Obsoleta Fall. — Pallidiventris Fall. — Palpella And. — Plumicheta Anda. — Plumicornis Fall. — Prausta Fall. — Punctifrons Andn. — Punctiventris &ndn. — Quatuorpunetata Lin. — Rectinervis Andn. — Rorida Fall. — Sexpunctata Mgn. — Subvittata Loéw. — Tinctiventris Zenda. — Trispina fndn. 203 | Sciomyza Fall. — Albicarpa &ndn. — Albitarsis Zeté. — Albicostata Nall. — Brevipennis S/@g. — Cinerella Fall. — Dubia Mgn. — Fuscipes /J/acg. — Limbata Mg. — Majuscula £ndn. — Nana Fall. — Obtusa Fall. — Pallida Mall. — Pallidicarpa Ardn. — Pallidiventris Mall. — Ruficeps Zett. — Sconherri Fall. — Simplex Fall. — Testacea Macq. — Vittata 4alid. Sepedon Latr. 255 pag. 224 » 207 256 INDEX, — Sphegeus Fabr. — Punctifrons Rrdn. — Spinipes Scop. — Punctulata Scop. Tetanocera Dmrl. pag. 215 — Kaufifrons Fadr. — Coryleti Scop. — Sylvatica Mgn. — Cribrata Andn. — Umbrarum Lin. — Elata Fabdr. — Unguicornis Scop. — Ferruginea Fall. — Variegata all. — Foveolata Andn. — Vittigera Schum. — Levifrons Loéw. Toxoneura Macg. — Nigricosta &ndn. — Pulchella Rossi. — Punctata Fabdr. Quelques insectes Myménoptères, recueillis par M.' 2. Strobel dans la république Argentine; déterminés par J. Cu. Purs. (Seduta del 26 luglio 1863.) ANTHIDIUM sreLoEs Spinola. Gay. Historia fisica y politica de Chile. Zoologia. Tomo VI, 182. 3. (Les insectes par Spinola). Hag. Manantial del Chacai (source de l’arbre Chacai) près de San Carlos, province de Mendoza. Janvier, ASTATA spinorae. De Saussure. De Saussure. Mélanges hyménoptèrologiques, fasc. 1. (Extrait des Mémoires de la Société de Physique etc. Genève, XIV. 22. 44.) Has. San Carlos, prov. de Mendoza. Janvier. BEMBEX pLacipa. Smith. Smith. Catalogue of hymenopterous insects, part. IV. pag. 350. Has. Patagones. Feévrier. BOMBUS pauupomu. Guérin. Guerin-Meneville. Iconographie du règne animal, pag. 459. «ita e I, Bombus chiliensis. Spinola, dans Gay. Hist. fis. y pol. de Chile, VI. pag. 165. Has. Mendoza. Été. B. STROBEL, QUELQUES INSECTES HYMENOPTÈRES, ETC. 237 DIELIS cineRARIA. Sichel. Sichel. Catalogus specierum generis Scolia, pl. 11. fig. 44, Has. Concordia dans la prov. de Entrerios. Été. D. muTANnDA. Sichel. Sichel. Catal. spec. gen. Scolia, pag. 233, pl. 44, fig. 13. Has. Patagones. Février. D. ServiLLEI. Guérin. Guérin-Meneville. Voyage de la Corvette Za Coquille. Ento- mologie. pag. 250, pl. 8, fig. 8. Sichel. Cat. spec. gen. Scolia, pag. 221. Has. Sahia blanca, prov. de Buenos Aires. Février. HALICTUS caLoris. Spinola. Gay. Hist. fis. y. pol. de Chile, VI. pag. 202. 2. Has. Patagones. Février. MELIPONA wmotestA n. sp. Diagn. Noir, luisant, entièrement couvert de poils blanes. Anten- nes noires, leur bout, ainsi que la partie inférieure du pre- mier article, brunAtre. Z'éfe noire, luisante, couverte de poils blanes. Corselet noir, luisant, les poils blanes; prothorax bordé d’une ligne blanc-jaunàtre; thorax portant une ligne sembla- ble, au dessus de l’insertion des ailes; métathorax ayant de chaque coté un point de la méme couleur. £cusson infé- rieurement bordé d’une ligne de la méme couleur. Abddomen noir, luisant, couvert de poils blanes. Pattes noires, les tarses bruns. 4iles hyalines, nervures jaunes (Quvriére). Longueur 4 millimètres. Hap. San Luis, dans les bois d’arbrisseaux. Elle est fort-incommode, ainsi que les mouches. Décembre, STROBEL, MONEDULA surinamensis. De Geer. De Geer. Mémoires pour servir à l’histoire des insectes, III, 369, 1, tab. 28, fig. 4. C'est la variété à abdomen mélangé de rougeàtre. Has. Mendoza, Été. Vol. XI. 17 . 258 B. STROBEL, NECTARINIA LecnEGUANA Latreille. Latreille. Dans les Annales des sc. naturelles, 4° sér., IV, p. 553. De Saussure. Monographie des guépes sociales, pag. 232, 8, plan. XXXIV, fig. 3. o Han. Buenos Aires. ODYNERUS aLsocinetuSs n. sp. Diagn. Noir, thorax très-velu; abdomen velonté, luisant, premier segment bordé de blanc jaunàtre; antennes et mandibules rousses; pattes rousses ayant les cuisses noires. Zongueur 9 millimètres; envergure 20 millimètres. Q Chaperon pyriforme, fortement échaneré, formant deux dents triangulaires, ponctué. Antennes entièrement rousses; mandi- bules, palpes et lèvre rousses. Téte et corselet couverts de longs poils serrés; métathorax arrondi. 4bdomen noir, ve- louté, luisant, parsemé de poils plus longs, le premier segment bordé d’une mince ligne blanc-jaunàtre ; second segment n’ayant point inférieurement de tubercule. Ales. brunàtres avec le bout très-violet, écaille noire. Patfes rousses, ayant toutes les cuisses noires, à l’exception de leur partie antérieure. C'est le seule espèce qui puisse ètre confondue avec 1 Odynerus Antuca De Sauss. dans Gay. Hist. fis, y pol. de Chile. Zoo- logia, VI supplément, comme ayant le premier segment de l’abdomen blane-jaunàtre; mais il en diffèére par son chaperon, écailles et partie des cuisses noires. Has. Prov. de Mendoza: Portezuelo (petite gorge) de ZBonilla dans la Sierra (montagne) de Uspallata, se tenant autour d’une source. Janvier. STR, PEPSIS apicatis. Fabr. Gray and Griffith. The animal Kingdom of Cuvier, pag. 846, tab. 76, fig. 4. Has. Sahia blanca, prov. de Buenos Aires. Février. P. LIMBATA. Guérin. Guérin- Méneville. Voyage de Za Coquille, pag. 255. Guérin-Meéneville. Atlas du dictionnaire pittoresque d’histoire naturelle, pl. 474, f. 2. Has. Patagones. Février, QUELQUES INSECTES HYMÉNOPTÈRES, ETC. 259 POLISTES awericanus. Fabr. 7 De Saussure. Monogr. des guépes sociales, 93, pl. XI, fig. 4 et 3. Has. San Carlos, prov. de Mendoza, dans la pampa (plaine) et les montagnes (Manantial del Chacaî). Janvier. P. paruipes. Fabr. Lepeletier. Suites à Buffon. Hyménoptères, I. 830. De Saussure. Monogr. des guépes sociales, pag. 82. Hap. Buenos Aires, commun dans les troncs des arbres. POLYBIA scureLLARIS. White. De Saussure. Mon. des guépes sociales, p. 192, tab. XXIII, fig. 4. Hap. Buenos Aîres. : POMPILUS pumosus. Spinola. Spinola dans Gay. Hist. fis. y pol. de Chile, VI. 376, 4. Has. Patagones. Février. P. Formosus. Say. Say. Western Quarterly Reporter Il, pag. 76. Say. American entomology. pl. 42. Has. Bahia blanca. Février. Les grands Pompilus sont appelés par les habitans Matacaballos, tueurs des chevaux, l’on ne sait pas pourquoi. STR, TACHYTES Gavi. Spinola. Spinola dans Gay. Hist. fis. y pol. de Chile, VI, pag. 324. 3. Hap. Mendoza. Été. TELEPHOROMYIA ruripes. Guérin. î Guérin-Méneville. Voyage de La Coquille. Zoologie, p. 216. d. Klug dans les Abhandlungen der Berliner Akademie, 1842, UA. 59. Has. Patagones. Février. TRACHYSPHYRUS imperiatis. Haliday. Haliday. Descriptions of the Insects collected by Cap. King in the Survey of the Straits of Magellan. Dans les Transactions of the Linnean Society, vol. XVII, pag. 317. Hap. Buenos Aires. Gand, Juin 1868. 260 Sul Congresso internazionale di statistica tenutosi in Firenze il settembre e ottobre 1867. — Rapporto del prof. Antonio Gacanti, delegato a rappresentarvi la Società Italiana di scienze naturali. Io ebbi l’incarico onorevole di rappresentare questa Società scien- lifica. A Firenze trovai che i lavori erano divisi fra otto sezioni, ognuna delle quali doveva studiare separatamente un gruppo di materie, una parte speciale del Programma che vi presento, e formulare risolu- zioni e dati, che poi l'assemblea generale adottava con o senza mo- dificazione, a votazione aperta. La sezione terza aveva per oggetto specialissimo di sue ricerche la statistica agricola e fin dalla prima tornata, il seggio presidenziale, o dureau come lo chiamavano, della medesima venne composto come appresso: Rabbini, Presidente, Herman Ì tizia Wilton Vice- Presidenti, Benvenuti Ss i ipa egretari. A molti, e fra questi era anch'io, sarebbe piaciuto che l'onore della presidenza fosse nella sezione lasciato a qualche chiaro nome straniero, di cui avevamo dovizia e bastono a mostrarlo quelli dei due vice-Presidenti. Prevalse però l’idea contraria nella maggioranza, per varie ragioni che qui non fa duopo riferire, per amor di brevità. Nel concetto dei coadunati stava che la statistica agricola dovesse essere studiata in seno alla sezione, allo scopo principale di farla ser- vire a determinare i criteri più esatti e positivi, per la formazione razionale dei catasti, laonde il primo argomento a trattarsi, di cui A. GALANTI, SUL CONGRESSO INTERNAZIONALE, ECC. 261 era relatore lo stesso presidente Rabbini, fu la determinazione della rendita netta delle culture e del valore dei prodotti. Il secondo argomento che era all'ordine del giorno e del cui pro- gramma fu relatore il Restelli, dovea vertere sull'economia del cre- dito fondiario. La statistica del bestiame, considerata dal lato della sua produ- zione importativa ed esportativa, costituiva il terzo argomento e quindi il compito della sessione e dello schema su cui dovea «aggirarsi la discussione. Delle principali proposizioni relative a quest’ ultima ma- teria, fu relatore il deputato Lampertico. Di questi tre speciali punti di vista e del modo con cui precedette la discussione io non entrerò a parlare, dispensandomene il rapporto a stampa che io vi presento nei sunti speciali di ciascuna sessione, molto speciali è vero, ma sempre più ampli di quello non potrei far io in questa rapidissimo ricordo, che intendo darvi, ad esaurimento del mandato onorevole che mi fu da voi, egregi colleghi, conferito. Per dirvi pur qualche cosa di men noto, mi limiterò pertanto ad accennarvi una proposta, che io presi a svolgere in seno alla ses- sione e precisamente nella tornata del 2 ottobre, allorquando trat- tavasi di porre le basi di una statistica agraria vera e propria. lo non credo che si possano effettuare delle richieste universali e di- rette all'agricoltura, così come si possono fare dei censimenti della popolazione e dell'industria manifatturiera. Una statistica agraria è cosa troppo complessa, perchè un coltivatore illetterato affatto, 0 poco meglio che illetterato, quando anco sia in perfetta buona fede, ed animato dalla migliore volonlà di rispondere ai quesiti della am- ministrazione, possa soddisfarvi adequatamente, Bisogna dunque arrivar allo scopo per altra via. E questa via ha l’egregio prof. Cuppari già indicato alla Sessione, ed anco coll’ e- sempio; io pure credo sia la più conducente al fine. Si tratta di studiare per ciascuna regione o zona agricola il tipo di cultura che le è proprio, derivante dall’ azione combinata degli agenti.naturali e degli agenti artificiali. Del primo genere sono la terra, l’acqua, il clima, le piante, gli animali; del secondo sono gl'istrumenti, gl’in- grassi, le costruzioni rurali, la gente o come dicono il personale della tenuta, i capitali agricoli. 262 A. GALANTI, Ora la ricerca della proporzionalità di queste due serie di agenti nella produzione campestre, debbe essere cura dei nuovi compiti della statistica. Per arrivare a tale scopo in mancanza di un tipo così caratteri- stico, p. es., come il lodigiano ed il lucchese o le maremme tosco- romane, sarà lecito, a mio credere, e possibile, formarsi un tipo ideale e tutto teoretico, uno specimen, come direbbero gl’ Inglesi. Allora sarà tina sintesi che noi faremo, la quale però ci faciliterà l’a- nalisi che dopo diverrà più facile su tipi reali, meglio conosciuti e meglio demarcati, dirò anzi circoscritti e resi cogniti da questo prim0 lavoro, tutto teoretico ma diretto a scopo del tutto pratico, e più per- fetto di quello s’ usa attualmente. Lo studio completo di una azienda ci fornirà da principio la stati- stica relativa a tutti i suoi organi o agenti fondamentali, così bene come quella de’ suoi prodotti, cioè da una parte il rapporto fra l’ele- mento metrico della terra, il numero e il peso degli animali, ecc., e dall'altra fra i differenti prodotti della tenuta consumati sul luogo o venduti; e tutto ciò secondo lo stato culturale della azienda rurale, che potremo conoscere col mezzo di osservazioni assai convenienti e minutissime. Frattanto se dividiamo una data contrada in tante zone rurali dove siensi osservati questi tipi fondamentali, ed a queste frazioni chie- diamo i dati relativi ad una determinata estensione, p. es. un ettaro, con un calcolo assai facile che, in fondo, si ridurrà alla predetta sin- tesi, potremo formare quell’ente statistico a cui appellavamo disopra, il quale s’approssimerà coi suoi elementi alla verità, meglio di quelli ottenuti coi metodi comuni. Difatti se si dovranno fondere gli elementi di una circoscrizione con quelli d’un’altra, le quali non abbiano verun lato di comunanza, se si vorrà comprendere in una medesima appreziazione tutto un comune 0 tutta una provincia, si finirà per non ottenere che un rap- porto: poco esatto, che una media senza valore, perchè essa si rifé- rirà a delle culture troppo differenti. Sarebbe la stessa cosa; volendo apparecchiare una statistica pel bestiame, che se ne volesse dedurre la media in Lombardia accoz- SUL CONGRESSO INTERNAZIONALE, ECC. 263 zando assieme la Brianza che ne ha poco, le brughiere di Gallarate che ne mancano quasi affatto, ed il territorio di Lodi che cotanto ne abbonda. E qual rapporto vogliamo stabilire fra una regione arida ove l’ allevamento del bestiame è estremamente difficile, ed una con- trada fertile per la irrigazione e che promette e procaccia un gran numero di capi ben custoditi, ben nutriti ed economicamente mante- nuti! Qual comparazione può ammettersi fra la produzione animale dell’agro milanese che on alleva bovini, e la produzione della pro- pinqua Svizzera, che gli alleva apposta per noi? Ecco dunque la ne- cessità è l'opportunità della mia proposta. Essa non differisce da quella del professore Cuppari, se non in quanto abbraccia un'applicazione più vasta alla compilazione dei dati stati- stici, ed alla determinazione più marcatamente agronomica delle zone agricole, che debbono servire da circoscrizioni statistiche , invece del comune o della provincia, le quali ultime non dovrebbero es- sere studiate statisticamente che attraverso la statistica speciale delle loro differenti zone agricole, di secondo e terzo ordine. -- Una tenuta d’altronde è nell'industria agricola ciò che è un istrumento nella industria manifatturiera, ella è una specie di macchina dotata di organi e avente funzioni. Gli elementi di questa macchina che funzionando rappresentano il meccanismo di ciò che costituisce un impresa agricola (azienda rurale), sono quelli stessi agenti naturali ed artificiali che abbiamo noverati qui sopra. Se non che l'ente statistico che si cerca, verrebbe ad essere il ri> sultato della somma di tutte queste frazioni che hanno o che ripro- ducono in Joro la medesima impronta, o per dir così, una istessa fisonomia. Laonde ciò che il professore Cuppari fece per esemplifica- zione e comparazione, dandoci le formole per caratterizzare i tipi delle aziende rurali, io remissivamente avrei creduto di poterlo for- mulare ed ampliare, riducendo a sistema il modo sopradetto per le in- duzioni statistiche di tutto il paese. Vale a dire, mi sarei proposto di svolgere, e ciò farò in Juogo più opportuno di questo, tutto un qui- stionario particolareggiato ; il quale serva a ritrarre le condizioni geoscopiche , climatologiche, idfologiche, meccaniche, chimiche, culturali e amministrative, tecniche insomma, di ciascuna plaga, e per così dire riproduca la fisonomia dell’ente statistico individuato. 264 A. GALANTI, SUL CONGRESSO INTERNAZIONALE, ECC. Non chiuderò questi cenni senza chiamare Ja vostra attenzione benevola sopra un punto del resoconto della seduta 2 ottobre 1867, pag. 230, il quale per verità non esprime con tutta esattezza il pro- cedimento della discussione: Il Segretario attribuì a me ed al profes- sore Giordano, collettivamente, la proposta di cui vi tracciai pur ora le linee più generali; mentre che nel fatto il prof. Giordano non prese allora parte attiva al dibattimento e la proposta stessa fu da me soltanto iniziata e colorita. ‘ Ciò detto per servire alla fedeltà del racconto, permettetemi che prima di prendere congedo da voi, vi soggiunga una parola di alcune pubblicazioni statistiche, che furono distribuite in quell’ occasione a tutti i membri del Congresso. Non vi dico dei rendiconti sommari e sinottici dei lavori delle precedenti sessioni, nulla neppure di un vo- lume elegante che riproduceva le accurate e dotte introduzioni ai tre volumi del censimento italiano. Soltanto ricorderò due volumi che ebbi luogo di guardare in quel breve periodo e posteriormente con maggior cura, e che sono opera d’un mio collega e cittadino vostro ancor giovanissimo, il quale ci dà l’ esempio di uno di quei fervidi talenti che, fin dal loro apparire sulla scena scientifica, promettono anzi assicurano del loro avvenire. L'uno di questi libri s'intitola: Saggio sul commercio esterno terrestre e marittimo del Regno; Valtro, di minor mole: Cenni bibliografici intorno ai documenti statistici d’Italia; i quali riassumono e discutono il grado di sincerità dei dati statistici raccolti e pubblicati in antecedenza dai vari dicasteri dell’amministrazione centrale. Essi giovano ancora a porre in luce la situazione economica e finanziaria dello Stato, e con opportuni riscontri colle condizioni dei paesi esteri ci dimostrano, senza millanteria ma anco senza sconforto eccessivo, quanto rimane a fare per trarre dalle nostre ricchezze latenti tutti i vantaggi di cui sono capaci: cioechè voi fate incessantemente, o egregi colleghi, col senno e colla mano; il che dimostra, quanto possa anco per sola e propria iniziativa un’as- sociazione, retta come questa dai vincoli della benevolenza degli ani- mi, della simpatia, e della passione per la scienza. 268 Ulteriori osservazioni e considerazioni sulla Dicogamia nel regno vegetale. Del socio Feverico DePino. (Seduta del 28 giugno 4868.) Nel nostro scritto sugli apparecchi della fecondazione nelle piante antocarpee (Firenze, 1867), pubblicammo alcune osservazioni fatte negli anni 1865 e 1866, e descrivemmo non pochi mirabili adat- tamenti organici, mercè cui la Natura nel regno vegetale promuove le nozze promiscue e schiva le consanguinee. Avendo noi nell’anno 1867 e in parte del corrente 1868 prose- guito in tal campo d’indagini, e raccolto non iscarsa messe di fatti nuovi che vengono a conferma della succitata gran legge della di- cogamia; avendo eziandio, come è naturale, ampliato in proposito il campo delle vedute comparative e delle considerazioni generali, questi fatti e queste considerazioni crediamo utile di rendere di pubblica ragione mediante la succinta relazione che segue. La divi- diamo in tre capi. Nel primo capo descriveremo gli apparecchi di fecondazione studiati sovra parecchie piante; nel secondo esporremo in un quadro comparativo le generalità dei fenomeni coordinati alla dicogamia, e infine nel terzo capo saranno svolte alcune considera- zioni generali, ove non potremo esimerci dal formulare conclusioni che, se non andiamo errati, racchiudono in nucleo gli clementi di una ormai necessaria riforma di parecchie tra le idee fin qui accet- tate sulla morfologia e tassonomia botanica, e implicano nello stesso tempo soluzione o schiarimento di importanti questioni che si agi- tano oggidì nel mondo dei naturalisti. 266 F. DELPINO, i - CAPO PRIMO. Apparecchi fecondativi presso parecchie piante. $ 4, <— Pinus PINASTER, Pinus HALEPENSIS. A tutti è noto essere la famiglia delle conifere composta di piante dicline, producenti una enorme profusione di polline, e spoglie di fiori propriamente detti. Queste tre contingenze indicano assai che tutte quante le conifere, e così quelle costituenti il genere Pinus vogliono essere annoverate tra le non. poche piante che noi chia- mamo anemofile, presso le quali Gioè il trasporto del polline dalle antere agli stimmi viene operato per mezzo del. vento. Ma la generalità delle piante anemofile mostra. con una. sorpren- dente ripetizione alcuni adattamenti che non si riscontrano nei pini. Poniamo a riscontro una pianta di Zed Mays, di Poterium Sanqui- sorba; di Plantago lanceolata, di un Rumex', ecc. Essenzialmente anemofile, concordano tutte massimamente in questo che le antere sono elevate sopra lunghi ed esili filamenti, e che gli stimmi sono disposti sovra stili quando caudati;, quando espansi, ma sempre più o meno esserti. È per sè palese la razionalità di queste disposizioni, Se il vento è l’agente predestinato per effettuare le loro nozze è ben ragione che le antere, ma principalmente gli stimmi, siano con» gruamente elevati ed esserti per mezzo di uno stipite (filamenti e stili). Ora io, fondato sulla evidenza di questa necessità per le piante anemofile di avere le papille stimmatiche elevate sopra lunghi ed esserti stili, e sapendo d’altra parte che nel genere Pinus gli stim- mi non solo mancano di stilo, ma che sono disposti nella parte la più interna ed occulta delle squame costituenti il cono femmineo, fa- ceva meraviglie entro me stesso di una disposizione in apparenza tanto sfavorevole e contraria alla possibilità della impollinazione. € mi proponeva alla prima favorevole occasione di sciogliere il que- sito: «per che modo nei pini il polline possa mediante il vento per- venire agli stimmi, » I ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI , ECC. 267 Tale occasione mi si presentò nella primavera scorsa, durante la quale ebbi agio di fare nel Pinus halepensis e nel Linus pinaster tutte quelle osservazioni che mi occorrevano. L'apparecchio della impollinazione nelle sovradette due specie di pino è un vero capo d’opera. Convien studiarlo nelle pine in un pri- missimo stadio della evoluzione loro, quando hanno cioè la gros- sezza presso a poco d’un frutto d’avellana. Ognuna delle squame costituenti il cono (escluse le infime e le somme le quali sono semiatrofizzate e sterili), è un corpo linguifor- me che ristretto alla base in un picciuolo brevissimo e rotondo, si espande poi in un lembo carnoso, quasi circolare, compresso, oriz- zontale. Alla pagina sua superiore verso la base porta due ovoli, uno a destra l’altro a sinistra, e nella pagina inferiore proprio dal limite tra il picciuolo 6 il lembo esce una brattea di quasi eguale larghezza e lunghezza, ma molto più sottile. Le squame, com’ è notissimo, sono disposte spiralmente intorno ad un asse, per maniera tale che danno origine ad otto spire sinistrorse e a cinque destrorse, oppure, con invertita posizione da me osser- vata su molte pine, ad otto spire destrorse, e a cinque sinistrorse. Se si ha presente questa circostanza e quella che il lembo delle squame è quasi orbicolare a fronte di un picciuolo terete e breve, si comprende agevolmente come nell'interno d'ogni cono si debbe generare un pari numero di tubulature o condotti destrorsi e sini- strorsi. Ora, per ciascuna squama, gli stimmi che sono due in ogni ovolo, con mirabile adattamento foggiandosi a guisa dei denti d'una tanaglia aperta, oppure come le pinze terminanti l’ addome d’ una Forficula, calano nelle tubulature anzidette, in modo non già da ostruirle e precluderle, ma da lambirne annularmente il contorno. Gli stimmi degli ovoli destri lambiscono il contorno delle tubulature destrorse e gli stimmi degli ovoli sinistri Jambiscono quello delle tu- bulature sinistrorse. Ma occorre che queste tubulature interne vengano messe in op- portuna relazione coll’ aria esterna. Ed ecco che a quest’ ufficio com- piono egi'egiamente le brattee, le quali si espandono a volta , e na- sce così sott'ogni squama un vero imbuto orizzontale, la cui parete 268 F. DELPINO, superiore è formata dalla volta bratteale, e la inferiore dal lato de- stro e dal lato sinistro di due sottoposte squame, tra loro- contigue. Adunque per apparecchio di fecondazione nei fiori femminili di pino abbiamo una quantità di tubulature interne parte destrorse, parte sinistrorse, messe in comunicazione coll’aria esterna per via di un numero considerevole d’imbuti. Quanto ai fiori mascolini l'apparecchio è oltremodo semplice. Si figuri una grande quantità di coni radunati lungo la estremità di certi rami. In tali coni le brattee sole si svilupparono, e manca af- fatto l'organo omologo alle squame. Ogni brattea è in sostanza un vero stame che nella pagina inferiore porta un’antera a due loggie deiscenti longitudinalmente. Il polline prodotto è oltremodo abbon- dante. Si sa che in certi boschi di pini, tante volte il terreno par coperto da una pioggia di solfo, che altro poi non è se non polline di pino. Esso è polveroso, leggerissimo, e sotto l’azione di un buffo di vento scappa fuori in forma di piccola nuvola. Continuando l’ a- zione del vento, una porzione del medesimo arriva in prossimità dei coni femminei, che sono provvidenzialmente disposti alla sommità dei rami, in modo che il vento vi ha libero giuoco. Una volta che il polline si affacci agl’imbuti, siccome il vento, per la disposizione spirale delle tubulature, non può mancare di fare un molinello en- tro le medesime, il polline è tratto necessariamente ad aggirarsi per qualche tempo nell’interno delle tubulature, ove non tarda qua e là ad attaccarsi alle papille stimmatiche. Tanto è perfetto questo ap- parecchio che agevolmente si comprende come il polline una volta entrato nel cono per via degl’imbuti, non n’esca così facilmente, ma venga raggirato per qualche tempo nelle tubulature, fino a che resti attratto dalla superficie umida ed attaccatiecia di qualcuno degli stimmi. Le brattee, dopo avere adempiuta la importantissima funzione del- l’imbuto, non crescono più oltre; si disseccano e si diportano come tutti quegli organi che hanno adempiuto il loro compito. Non così le squame. Crasse e piene di vigore si accrescono straordinariamente appena succeduta la fecondazione, e compiono la importantissima funzione di proteggere e difendere fino a maturità gli ovoli che in questa famiglia di piante sono nudi. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI , ECC. 269 Realmente, data la condizione d’ obbligo di una impollinazione interna, non si saprebbe a mio avviso ideare un apparecchio più ac- concio, e che meglio possa rispondere allo scopo. Ma perchè nei pini questa condizione di una impollinazione interna, mentrecchè presso la generalità delle piante anemofile succede in parti considerevolmente estrinsecate? La impollinazione interna offre rilevantissimi vantaggi a fronte dell’esterna, la quale è soggetta ad essere gravemente compromessa dalla pioggia. Questa meteora danneggia grandemente e talvolta quasi annulla la fecondazione delle piante anemofile, come troppo bene il sanno i campagnoli che, con grave rammarico, prevedono uno scarso raccolto in frumento, se piovosi sono i giorni nei quali succede la fioritura del medesimo (1). La vasta famiglia delle Conifere ci presenta nei varii generi che la costituiscono, un transito assai instruttivo dall’apparecchio di im- pollinazione interna che noi esaminammo nei pini a quello di im- pollinazione esterna di mano in mano più pronunziato nei generi Cupressus, Callitris, Juniperus, Cryptomeria. Collegata di pari passo colla graduale variazione dell’ apparecchio sta la posizione degli ovoli rovesciati ed interni nel Pinus, più o meno eretti e semiesterni nei Cupressus, Juniperus, ecc. Se si pone a confronto il mirabile apparecchio dei pini con quello degli Juniperus, ove si veggono tre ovoli eretti, attorniati da poche squame formanti una rozza cavità, aperta a tutte le ingiurie atmosfe- riche, si rinforza la convinzione che la scala di una perfezioneto degradazione organica non è già una chimera prodotta dalla nostra (41) A questo proposito erra il dott. G. Cantoni quando asserisce, a pag. 9, vol. II del suo Trattato di Agricoltura (Milano, 4868), che « la fecondazione del frumento si fa entro le glume », e che « è pregiudizio il temer le piogge alla epoca della fioritura del frumento o di altri fiori ermafroditi, » I fatti rivelati dalla dottrina della dicogamia, mentre condannano quanto qui dice il Cantoni, appoggiano invece il processo ideato e proposto da Hooibrenck per favorire con mezzo meccanico la incrociata impollinazione del frumento. Se ho voluto scrivere questa nota si è perchè un errore propagato in una scienza applicata, massime se questa sia 1’ agricoltura, può portare con sè detrimento non lieve alla ricchezza pubblica, e perciò non devono lasciarsi fuggire le occasioni di combatterlo. 270 F. DELPINO, immaginazione, ma è tal cosa che corrisponde alla realtà, Comnessa. LI con fanta perfezione od im perfezione d’apparecchio è senza dubbio la diversissima proporzione e diffusione sulla faccia del globo dei diversi generi delle Conifere. Mentre scarsi in individui ed in ispe- cie si mostrano quei generi di Conifere che hanno apparecchio d’im- pollinazione esterna (Juniperus, Cupressus, ecc.), strarieco senza paragone e di specie e d’individui si addimostra il genere Pinus. Forse non vado lunge dal vero asserendo che il numero degl’ indi; vidui appartenenti al solo genere Pinus sorpassi d’assai il numero degl’individui che appartengono a tutti i restanti generi coniferi, Del resto è agevole il comprendere come una stagione assai pio- vosa possa impedire la fecondazione e la fruttificazione d’ una gine- praja, mentre non avrebbe nessun effetto cattivo sopra la fruttifica- zione d’una pineta, essendochè nei coni di pino le tubulature interne, nelle quali succede la fecondazione, sono perfettamente al riparo dalla pioggia. Devo per ultimo toccare di una singolarità del polline dei pini e degli abeti. È noto che ogni granello pollinico possiede ad entrambi i Jati una specie di aletta. Questo fenomeno è stato testè esaminato da Hartig (Veber die Lufisticke des Nadelholz- Pollen. Nota inserita nella Botanische Zeitung, del 6 dicembre 1867, n. 49). Egli ha trovato che queste alette sono il prodotto di un rigonfiamento bilaterale della exina, la quale così prepara due palloncini opportunissimi al viaggio pollinico che, secondo Hartig, deve essere con moto ascenzionale, giacchè i coni feg@mminei negli abeti e nei pini si trovano costantemente (ben inteso nell’epoca della impollinazione) al vertice dell’albero, mentre i rami polliniferi stanno in basso. Poi l’autore soggiunge che il larice, affi- nissimo al pino, avente però in un istesso ramo fiori femminili e fiori maschili, produce polline sprovvisto di cosifatti palloncini. Hartig con- chiude con queste perole: « Sotto l’ oggidì prepotente dominio delle teorie materialistiche, nessuno deve arrischiarsi di rannodare a co- sifatti fenomeni considerazioni teleologiche, per quanto ristoro (1?) possano queste fornire. » Se con queste parole l’autore ha inteso scagliare un sarcasmo contro le vedute teleologiche, avrebbe con poca opportunità scelto la ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI , ECC, 274 occasione; perocchè la spiegazione da lui data dell’ utile che possono avere le alette in discorso non regge alla critica, Perchè il polline venga agitato in tutti i sensi dal vento, perchè possa essere trasportato dall’aria qua e là con moto ascendente, di- scendente od orizzontale, è superfluo ricorrere ad apparecchi spe- ciali, giacchè più che sufficiente all'uopo è la leggerezza ed esiguità del polline medesimo. Del pari vacua mi pare la congettura che nel larice siano feno- nomeni correlativi l’ ermafroditismo dei rami e la mancanza delle alette al polline. Basta vedere in qual modo il vento agisce. quando s'impossessa del polline polveroso delle piante anemofile, per com- prendere che la vicinanza degli stimmi alle antere, quando st mi- sura a pochi palmi, è un vantaggio poco significante. D'altronde non vedo ragione perché il larice non abbia a sottostare alla gran legge della dicogamia, che tanto generalmente è accentuata, massi- me presso le piante anemofile ed unisessuali. Ma se inutili si addimostrano gli avvertiti palloncini pel viaggio aereo che deve compiere il polline dei pini, possono invece tornar- gli utilissimi, una volta che sia introdotto nello interno delle tubu- lature dei coni, per imprimergli, sotto l’azione d’un vento forte, quel moto vorticoso che una retta e sagace intuizione nella struttura dell'apparecchio prevede efficacissimo, perchè equa riesca la distri- buzione del polline a tutti gli stimmi. Probabilmente questa e non altra è la fanzione delle alette atter- gate al polline dei pini, e questa mia congettura potrebbe essere avvalorata se nel larice, il cui polline è sprovvisto di tali appendici, il cono non presentasse la struttura biologica tanto perfetta dei coni di pino. Non ho avuto occasione di esaminare coni di larice giovani, ma la presenza ne’ suoi coni adulti di brattee sviluppatissime e lan- ceolate, mi fa credere che non poco modificato e diverso da quello dei pini deve essere il suo apparecchio fecondativo. Queste osservazioni, instituite unicamente per chiarire il modo onde avviene la impollinazione nei pini, accessoriamente mi giovarono per intendere la omologia e la natura degli organi della fruttifica- zione nelle conifere, 2792 F. DELPINO, Esporrò con grande esitazione la mia opinione su tale proposito, non ignorando che grandi botanici si sono seriamente occupati del- l'argomento, e hanno dato spiegazioni assai contraddittorie. La squama mi parrebbe un organo di natura assile. Lo prova la brattea da cui è accompagnata. Ma che questa squama sia da consi- derarsi un ovario aperto, come voleva Roberto Brown, è tal cosa che non mi appaga. Seguendo la teoria darwiniana della discendenza mo- dificata, siccome il pino sarebbe una pianta assai primitiva e pre- cessiva della formazione del vero ovario, sarebbe impropria espres- sione quella di ovario aperto, poichè l’ ovario non esisteva ancora nè aperto nè chiuso. Ma prescindendo da questo ; |’ organo omologo del carpidio od ovario aperto sarebbe in ogni caso la brattea e non la squama. Adunque la squama delle conifere mi parrebbe un organo placen- tario ovulifero che, più tardi, si cambia in una grossa scaglia legnosa per lo scopo di difendere i semi. Nei coni maschili esisterebbero soltanto gli omologhi delle brattee cioè gli stami o foglie pollinifere. L’omologo della squama sarebbe invece scomparso, ed è naturale che in una infiorescenza maschile venga a scomparire l’organo omologo alla placenta, che è di pura significazione femminile. Ma gli stami nelle conifere sarebbero veramente gli omologhi delle brattee dei coni femminili? Si possiede un valido argomento per questa teoria nel caso teratologico illustrato da Ugo Mohl ed of- ferto da certi coni femminei di pino ove le brattee inferiori si me- tamorfosarono in stami anteriferi ben conformati. (Vedi Veber die mannliche Blithe der Coniferen. Dissertazione di G. F. Zeile. Tu. binga, 1837.) S 2. — AspipIsTRA ELATIOR BI. (Plectogyne variegata Link e Otto) e ATACCIA CRISTATA, Kunth. x L'apparecchio fecondativo realizzato nell’ Aspidistra è uno dei più strani, e vuol essere annoverato tra quelli ove la necessità della dicogamia mediante l'intervento degl’ insetti si rende più evidente. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI , ECC. 275 Prima di dimostrare la ragione morfologica di quest’ apparecchio, è utile rappresentarlo alla fantasia con una fedele quanto pittoresca immagine. Si figuri una caldaja chiusa esattamente col suo coper- chio. Nella parete interna di questa caldaja stanno in circolo otto antere sessili. Gli stimmi invece si trovano al di fuori e precisamente nella superficie esterna o superiore del coperchio. Or come mai il polline, il quale, quando le antere deiscono, cade e si raccoglie tutto nel fondo della caldaja, potrà escire dalla. mede- sima, vincere l’ostacolo del coperchio, suggellante la cavità in cui si trova, e andarsi a posare sulla superficie superiore del coperchio stesso, oppure del coperchio d'altri fiori? È assurdo il pensare che possa recarvisi per virtù propria, a me- no che non si voglia ammettere che questo polline goda miracolo- samente della facoltà della locomozione. È inammissibile del pari che vi possa essere addotto dalla forza di gravità. Infatti detta cal- daja attesa la rigida e inflessibile struttura delle sue pareti, non chè del pedunculo che la sostiene, e attesocchè emerge appena dal ter- reno, è legata irremediabilmente a una orizzontalità perfetta. È im- possibile infine il presupporre l’azione del vento, il quale, avesse anco la forza d’un uragano, non potrebbe avere la menoma presa in quella cavità chiusa. | La fecondazione dell’ Aspidistra è pertanto un problema interes- sante, e come tale non ha mancato di fermare l’attenzione di qual- che naturalista. Trovo infatti nella Botanische Zeitung del 12 luglio 1867, n. 28. pag. 220-222, un interessante articolo del dott. Fran- cesco Buchenau di Brema, intitolato: Zinige MNotizen ber Dicho- gamie, namentlich bei Aspidistra elatior BI. L'autore, descritta egre- giamente la singolare struttura del fiore di questa specie, conchiude con queste parole: « Le piante di Aspidistra coltivate nelle nostre serre non abboniscono giammai frutti, se non quando siano fecon- date artificialmente e io non posso immaginarmi la maniera con cui avviene in natura la fecondazione di questa pianta. Gli unici punti per cui gl’ insetti potrebbero intrudersi nella cavità florale, sareb- bero i quattro angoli ove il lembo del coperchio stimmatico è rivolto Vol. XI. 48 274 F. DELPINO in su; ma questi punti sono anch'essi strettamente adpressi alla s0- lida parete perigoniale (und doch liegen auch sie dem festen Perigon sehr dicht an). Non evvi possibilità che. perigonio 0 stimma si. pie- ghino in modo da conseguire impollinazione; giacchè entrambi con- stano di un tessuto così sodo e fragile nello stesso tempo che si rompono ad ogni menomo tentativo di piegarli. Debbo aggiungere in fine che nella cavità perigoniale non sì trova alcuna secrezione di umore, la quale valga ad adescare gl’ insetti, » la” E più sotto dice: « Noi qui pertanto abbiamo l’ esempio» duna pianta, ove la fecondazione monoclina appare impossibile, giacchè, fra le altre cose, la superficie inferiore dello stimma (quella sola che è voltata verso gli stami), non è papillosa; anzi è vestita da una epi-. dermide liscia. Ma d’altro lato affatto inesplicato è finora il processo della fecondazione incrociata, che verisimilmente è quello che. ha luogo in natura. » | | Quando io lessi queste parole, confesso chie fui preso da desiderio grande di esaminare detta pianta, poichè, persuaso d’avanzo che la Natura non produce forme irrazionali, teneva per certo essere sfug- gita all'autore qualche circostanza, la quale valesse a risolvere il problema, e a spiegare la funzione d’un apparecchio tanto singolare. E non m’ingannai. Infatti nello scorso inverno, avendo avuto a mia disposizione una buona quantità di. fiori di Aspidistra elatior, non tardai ad accorgermi che il coperchio stimmatico a quattro equidistanti punti dalla sua circonferenza è intaccato da quattro smar- ginature, le quali producono altrettanti visibilissimi buchi o .portî- cine , per cui moscherini di mon grossa mole , i quali senza verun dubbio sono gl’insetti predestinati alla fecondazione incrociata del- l’Aspidistra, possono comodamente introdursi, ed escirne quante volte loro talenta. i Vha di più. Perchè quantunque non sia riuscito a sorprendere insetti nella cavità suddetta vidi però manifeste traccie del loro pas- saggio per detti buchi. In fatti in quasi tutti i fiori ch’esaminai sboc: ciati da tre o quattro giorni, non solo notai imbrattati. di polline gli orifizii dei buchi suddetti, ma vidi eziandio uno strascico di polline prolungarsi al di fuori dei medesimi, segno indubitabilissimo del- ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI , ECC. 278 l'ingresso d’insetti nella caldaja perigoniale e del successivo loro regresso. Non posso comprendere come questa circostanza sia ‘sfuggita al dottor Buchenau, tanto più che si rileva dal passo or ora' citato, aver egli indicato e specificato con esattezza il sito, ove si trovano le quattro porticine di cui si parla, Per ciò poi che riguarda l’asserzione del dott. Buchenau non darsi nella cavità perigoniale secrezione d’ umore che valga ad adescare gl’insetti, io non potrei che appoggiarla. Devo . però far constatare come cosa di fatto che il fondo interno della caldaja florale dell’ 4- spidistra ha un’ apparenza glandolosa grassa affatto consimile a quella del fondo analogo alle caldaje florali dell’ Aristolochia Clematitis, A. rotunda, A. pallida, A. altissima, e dell’Arum italicum, presso le quali piante manca, almeno per parte del perigonio, a quanto ho potuto vedere, ogni secrezione d’umore. Ciò non ostante vedonsi ac- corrervi avidamente moscherini appartenenti a più specie e ge- neri, ed effettuarne le nozze, le quali, senza essi, non potrebbero aver luogo. Ora passeremo a dare una descrizione morfologica di quest’ap- parecchio. Alla cima d’un peduncolo radicale, ipogeo, quasi eretto, si svilup- pano a livello del terreno otto foglie perigoniali. Composte di un tessu- to carnoso, rigido, fragile, analogo a quello della corolla e della corona delle stapelie, approssimando i loro lembi formano un fiore a forma di campana o più esattamente di pentola o caldaja, vale a dire una cavità ermeticamente chiusa nel fondo e nella parete, il fondo es- sendo piatto e la parete verticale. In giro verso la base interna della parete si veggono otto stami, corrispondenti ciascuno al punto di mezzo d’una foglia perigoniale. | filamenti si può dire che manchino del tutto. Le antere deiscendo perdono tutto il loro polline che si raccoglie circolarmente nel fondo della caldaja florale precisamente come succede nei generi 4rum ed Arisarum, con ragione morfo- logica però del tutto diversa; giacchè presso questi ultimi due ge- neri la caldaja floralé non è composta dal perigonio, bensì da una brattea ampia carnosa (spata), c perchè il fiore dell’Arum e dell 4- 276 F. DELPINO, risarum è un fiore composto, non già un fiore semplice come nell’ 4- spidistra. ; Il pistillo è in origine quadriloculare a placentazione assile, e ma- nifestamente proviene dalla fusione di quattro carpidii. Questi in- grossati un poco alla regione ovipara, si restringono poi in uno stipite colonnare che passa per l’asse della caldaja: giunti presso a poco alla bocca della caldaja, si espandono e s’incrassano ciascuno in un: lobo o piatto carnoso e spesso, reso bruscamente orizzontale, emarginato all'apice. Queste quattro espansioni, a foggia di quattro quadranti di un circolo, si riuniscono tra loro e formano un coper- chio quasi ottangolare, che chiude ermeticamente la caldaja, salvochè per la emarginatura mediana apicale d'ogni lobo o quadrante stimma- tico ne nascono le quattro porticine sovra mentovate. Ogni quadrante nella sua superficie superiore od esterna è incavato da due fossette, divise una dall’altra da una costa intermedia, e da due margini rilevati pure in costa, divise dalle fossette dei quadranti vicini. Cosicchè que- sto coperchio o placca stimmatica, se la si guardi dall’aito, vedesi per- corsa da otto grosse coste a guisa di raggi, ed escavata da altret- tante fossette. É in queste fossette che sta propriamente la superficie stimmatica, come si rileva sia dalle numerose papille che la tapez- zano, sia seguendo il cammino del tessuto condottore che dal centro della colonna dello stilo, giunto alla divisione dei lobi o quadranti stimmatici, si partisce in quattro, poi per ogni lobo si biforca, e in due rami divergenti si avvia alle due fossette del lobo medesimo. La dicogamia è in questo fiore veramente necessaria e si spiega in una maniera per verità facilissima. Che i pronubi predestinati siano esclusivamente moscherini, sebbene mi manchi la prova di- retta, tante sono le ragioni di analogia, che io non posso albergare intorno a questo punto il menomo dubbio. Ma ritorneremo su ciò altrove. Qualunque sia il motivo che attragga gl’insetti nella cavità florale dell’ Aspidistra, certo è che dimorativi alquanto e passeggiando pel fondo cosperso di polline, ivi caduto dalle antere, se ne imbrattano tutto il corpo. Escono fuori in questa condizione e volando ai fiori novellamente aperti, giusta una facilissima congettura, si posano ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 277 sulla placca stimmatica e ivi passeggiando alcun poco prima di tro- vare una delle quattro porticine (le quali, attesa la forma meandrica della placca medesima, non sono così facilmente reperibili ed ovvie), deggiono passare e ripassare per qualcuna delle fossette, ed abban- donarvi un poco di polline. Vuolsi infine notare che, nel primo gior- no dello sbocciamento, tutta la superficie esterna del coperchio è vestita da un sottile strato di umor viscido filante, che, probabilmente servirà per meglio carpire agli insetti il polline di cui sono imbrat- tati. Forse a questa breve epoca di viscidità è ristretto il tempo utile per una efficace impollinazione della placca stimmatica. Tentai la fecondazione artificiale, rompendo la caldaja d’un dato fiore, raccogliendone il polline e versandolo nelle fossette stimma- tiche d’un altro fiore. Non ottenni alcun risultato. Il dott. Buchenau è stato invece più fortunato di me, giacchè qualche rarissima volta, seguendo tal processo di fecondazione artificiale, gli riuscì di otte- nere frutti maturi e semi abboniti che poi regolarmente germo- gliarono. Incerta fin qui era la posizione di questa pianta nel metodo natu- rale. Buchenau pensa che debba essere avvicinata alle Smilacee, avendo, speciale affinità col genere Convallaria. lo non posso che consentire su questo punto. Le foglie di questa pianta sono infatti quelle di un A4sparaginea, e il numero quaternario degli organi flo- rali indica una tal quale affinità dell’ Aspidistra colla Paris qua- drifolia. Dopo avere così sciolto 1’ enigma del singolare apparecchio dico- gamico dell’Aspidistra, feci appello ad ogni mia reminiscenza. per vedere se in tutto il regno vegetabile si dia una pianta che pre- senti un apparecchio analogo. Non ne trovai alcuna, a meno che non sia l’Ataccia cristata della famiglia delle Zaccacee. Sventura- tamente non potei vederne esemplari viventi; laonde quel che dirò si riporta semplicemente ad una bella tavola colorata che ne dà il Botanical Magazine. Il fiore dell’ Ataccia presenta anch’ esso una cavità o caldaja a parete chiusa, carnosa, solidissima, affatto comparabile a quella del- LI lAspidistra, salvochè è il risultato della fusione di sei non di otto 273 F, DELPINO, pezzi perigoniali. L’orifizio di questa caldaja è chiusa ‘al centro da una considerevole dilatazione a parasole esagono dello stimma’, alla circonferenza da sei filamenti incurvi, dilatati a cappuccio , e inca- strantisi colle sei smarginature della placca stimmatica. Questa placca è estremamente simile a quella’ dell’ pix soltanto che nell’ Ataccia è il prodotto della espansione di tre ‘non di quattro lobi stimmatici. Ciascuno poi di questi lobi è del pari emarginato nell’una e nell’altra pianta. 35608 I filamenti sono larghissimi, e all’altezza della placca stimmatica s'incurvano verso la medesima, e formano sei cappucci che celano en- tro di sè le antere, e le avvolgono per tal maniera che visibilmente impediscono a questa pianta o almeno render devono estremamente difficili le nozze consanguinee. Questi sei cappucci contribuiscono a chiudere in parte la caldaja florale, ed è facile dedurre da tutto l’insieme della struttura del fiore ch'esistono o tre o sei fori per i quali sarà concesso agl’ insetti pro- nubi di penetrare nella caldaja florale e di escirne con provvigione di polline. Tali insetti sono verisimilmente moscherini, analoghi a quelli che effettuano la fecondazione nell’Aspidistra e nelle altre piante aventi l'apparecchio dicogamico foggiato a caldaja chiusa. A consolidare tal congettura , oltre i già detti, concorrono altri dati. In primo luogo il color purpureo vinoso del fiore d’Ataccia affatto comparabile a_ quello delle Stapelie, delle Periploche, dell’ Aspidistra, dellArum dracunculus, di certe Aristolochie, piante tutte che sono fecondate da ditteri, Inoltre il cercine che costituisce la fauce del fiore è solcato tra- versalmente da coste elevate che mostrano quasi la via agl’ insetti per accedere al centro del fiore; coste affatto analoghe a quelle che solcano gli orifizii delle anfore fogliacee nel Cephalotus e nelle INepenthes, e perciò presumibilmente fungenti una funzione ana- loga (4). (4) Quale sara la funzione delle anfore fogliacee del Cephalotus e delle Nepenthes ? Mirabili sono questi organi non tanto per sè medesimi e per la loro stupenda struttura, quanto perché si ripetono in piante distintissime tra loro, sotto l’ aspetto ULTERIORI OSSERVAZIONI E (CONSIDERAZIONI, LCC. 279 . Giova infine segnalare una circostanza che può avere il suo signi- ficato. L’inflorescenza dell’ Ataccîa è una ombrella molto ben. for- nita di peduncoli florali, parecchi dei quali abortiscono e degenerano in lunghi filamenti o code. Considerando le quali io non posso a meno tassonomico, e perché offrono delle singolari coincidenze nei loro dettagli di struttura. Ora queste coincidenze indicano a bastanza che una funzione, ed una funzione impor= tante, dev'essere adempiuta da dette anfore od ascidii. Una serie di considerazioni e di comparazioni ci ha lasciato travedere qual sia questa funzione, e sebbene, per non aver potuto osservare dette piante allo stato di natura, ci manchino le prove dirette, pure le ragioni d’ analogia sono tante che ci fanno sperare avere noi colpito nel segno, Gli ascidii del Cephalotus e delle Nepenthes ci offrono anfore piene per metà circa di acqua, e munite di coperchio. Dobbiamo fermare la nostra attenzione sopra tutlo sugli orli dell’orifizio di dette anfore. Questi orli sono solcati da coste conducenti al- l’interno dell’anfora e terminanti in denti acuti. Evidentemente un insetto od altro piccolo animale è invitato da dette coste a penetrare nell’interno, ma una volta su- perata la, sommità dell’orlo per la. brusca inflessione del medesimo precipita entro l’ anfora, e. non. potendo più uscirne attesa una doppia falange di denti retrorsi, miseramente annega.., Non devo omettere di segnalare il colore livido purpureo. macchiato proprio a molti di detti ascidii. Tali colori. nel regno vegetabile sono sempre. connessi. colla presenza e coll’ accorso di mosche. ; A queste forme non possono essere ravvicinati : a) Gli ascidi delle Sarraceniacce (Sarracenia, Darlingionia, Heliamphora); e al- meno per la funzione analoga insetticida, b) Gli otricelli delle Utricularze, . c) Le foglie muscipule della Dionea, . . d) Le foglie della Caltha dionee@folia. Questo ravvicinamento induce la persuasione che tutli gli organi sovrenumerati siano predisposti per uccidere animaletti e per fornire alle piante una sostanza nutri, tiva animalizzata. ® Questa congettura la trovo corroborata da notizie verbali o scritte qua e là raccolte. | I Tornato testè il dott. Edoardo Beccari da Borneo, ove fece ricca raccolta di ve- getali ed.ove ebbe agio di osservare gli ascidii di molte Nepenthes, alla mia inter- pellanza se avesse rinvenuto nelle anfore animali morti, rispose che anzi era frequen- tissima occorrenza; che vi aveva rinvenuto insetti di specie diversissime, e segnata- mente. una grande quantità di formiconi. Da altri sono state riferite analoghe cose, e v’ha perfino chi vi trovò annegato un topo. I Quanto alla. Sarracenia flava mi piace di tradurre dal Botanical Magazine tomo XX, n. 780, il seguente squarcio di John Sims: «Le foglie mostrando di essere tubi atti a contenere acqua, Linneo ingegnosamente considerò codesta curiosa confor- 280 F, DELPINO, di avvicinarle ai sepali caudati nastriformi del Cypripedium cauda- tum, dell’Uropedium, di certe Aristolochie, allo spadice dell’ Arîsa- rum proboscideum, ecc. L'utile e la razionalità di tutte queste forme consisterebbe, secondo me, nello ‘apprestare agl’insetti pronubi una funicella che loro serva di guida. Finalmente un’altra pianta il cui apparecchio florale pare si deb- ba avvicinare a quelli or ora descritti si è la Sarracenia purpurea. Lo stimma qui pure si espande in un gran disco o parasole, e i cin- que petali connivendo strettamente al margine del parasole stimma- tico, esisterebbe pure in questa pianta, almeno in un primo stadio florale, una caldaja analoga alle suddescritte. mazione come una metamorfosi delle foglie di una Ninfea in una forma acconcia a ricevere e ritenere acqua di pioggia. Generalmente si crede che entro la cavità delle foglie sì trovi costantemente acqua; e che l’orecchia estrema della foglia, in tempo di siccità, s'inclini sopra l’orifizio del tubo, e faccia uffizio di coperchio unde impedire la soverchia evaporazione dell’acqua, e che infine vari uccelli ed animali vengano a dissetarsi a questa pianta. Ora siffatte troppo ardite ipotesi avrebbero una qualche probabilità se le piante in questione crescessero in luoghi asciutti; ma invece vengono in terreni umidissimi, ove le radici possono agevolmente trovar acqua ovunque si volgano, senza dover ricorrere a questi pretesi serbatoj. Le foglie delle Sarracenie col- tivate, raramente condensano acqua, nè si nota giammai che la orecchia apicale si ri- pieghi e formi coperchio; di maniera che lo scopo di questa curiosa costruzione pro- babilmente non è ancora scoperto. Nelle foglie di alcune specie di Sarracenia un grande numero d’insetti trova una prigione da ‘cui non può più uscire; ma a quale utile cor- risponda per la pianta la morte di detti insetti, è fino ad ora totalmente ignoto. » Quanto alle foglie moschicide della Dionea Muscipula, Curtis asserisce di avere trovato in esse mosche in istato di decomposizione; per cui emette la opinione, da noi ora condivisa, che la singolare fabbrica di dette foglie sia coordinata a fornire una sostanza animalizzata alla pianta medesima. Gli otricelli subacquei della Utricularia vulgaris, giusta le ricerche dei fratelli Crouan (1858), sono cavità opercolate, ove il coperchio ed alcuni peli che stanno alla circonferenza dell’orifizio, sono così disposti che una specie di crostaceo, del genere Monoculus, entra agevolmente in detta cavità, ma, entratovi, non può più uscirne e muore in breve d’asfissia. Infine le foglie di una Caltha della terra del fuoco che Hooker descrisse nella sua Flora antarctica sotto il nome di Cultha dioneefolia, sono tanto mirabilmente costrutte, e, sebben piccolissime, tanto analoghe a quelle della Dionea muscipula, che torna dif- ficile il reprimere la convirizione che adempiano esse pure ad analoga funzione di uccidere piccoli insetti. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 284 $ 3. — ARUM ITALICUN, MAGNOLIA, ARISTOLOCHIACEE, RAFFLESIACEE. La storia delle diverse fasi vitali offerte dalla infiorescenza, ossia dal fiore composto dell’ Arum italicum è assai complicata ed inle- ressante. È noto come negli Arum l’asse epigeo che si svolge in forma di scapo semplice, carnoso e brevissimo, prima di generare il gineceo e l’an- droceo (fiori femminili e maschili semplici, nudi) sviluppa una gran- dissima brattea, altrimenti detta spata, la quale si divide in due parti o regioni, l’una involucrante, l’altra vessillare. Nella regione involucrante la spata si accartoccia, e sovraponendo il margine suo sinistro al margine destro per modo che nel senso longitudinale combacino perfettamente, forma una cavità o caldaja cilindrica ermeticamente chiusa nel fondo e nei lati. Nella regione vessillare la spata , sciogliendo l’ abbracciamento o convoluzione dei margini, si espande in una grande orecchia o pa- diglione aperto, il quale, anche perchè tinto in colore gialliccio spic- cante tra il verde cupo delle foglie di questa pianta, è la porta che invita all’ ingresso gl’insetti pronubi. L’ asse medesimo, dopo generata la spata, prende nome di spa- dice ed esso pure si svolge in due distinte parti o regioni che corri- spondono precisamente alle due regioni della spata. Nella regione inferiore che corrisponde alla caldaja e che ne for- ma l’asse, lo spadice genera in linea spirale, quattro volte interrotta, quattro qualità di organi. Nella parte infima produce molti giri di ovarii o carpidii (fiori femminei, semplici, nudi); dopo una breve in- terruzione produce uno, due o tre giri di ovarii abortiti che io chia- merò paracarpidii, aventi apparenza di tubercoli aristati ad ;arista molle. La significazione biologica ossia la utilità loro, per quanto mi consta, è nulla o di pochissimo rilievo. Dopo altra breve interruzione lo spadice produce molti giri di stami (fiori maschili, semplici, nudi), e infine parecchi giri di stami abortiti o parastemoni, consistenti essi 282 0043 F. DELPINO, pure in tubercoli aristati ad arista molle. Ora la significazione biolo- gica di queste ariste parastaminali è importantissima, come vedremo. Esse nascono precisamente all’altezza della bocca della caldaja. La lunghezza e disposizione loro è tale che, partendo dall’asse ossia dallo spadice con direzione alquanto declinata dalla orizzontale, muovono come tanti raggi d’un circolo e vanno a incontrare la parete. della caldaja. Riescono pertanto a chiudere la bocca medesima, in maniera tale che gl’insetti si possono agevolmente introdurre nella caldaja, ma una volta entrati non possono uscire e restano prigionieri. Si ri- pete insomma mirabilmente in questo ippascariita la disp osizione: che si vede nel fiore delle Aristolochie. Generati così in seno alla parte involucrante della spata il gineceo e l’ androceo, lo spadice si allunga e produce una specie di ‘clava corrispondente alla regione vessillare della. spata. Questa clava è gialla, nuda, d’aspetto grasso.e glandoloso; calda assai più dell’ aria atmosferica (nel primo stadio): circostanze tutte che allettano. certi moscherini a posarvisi sopra e a penetrare lungo essa nell'interno della caldaja. (Questa porzione dello spadice è quella che nello Art- surum proboscidewm si sviluppa in un’enorme coda arcuata, la quale, discendendo verso il terreno , probabilmente esercita una funzione omologa a quella delle code perigoniali già citate nel Cypripedium, caudatum, nell’Uropedium, in alcune Aristolochie esotiche, e infine dei petali caudati dello Strophanthus dichotomus. Ora questi pro- lungamenti, nel manifestarsi che fanno in organi di natura tanto di- versi, e in piante tanto distanti tra loro, mostrano di adempiere ad una funzione importante, Ila quale congetturo che sia quella di ser: vire da organi condottori degl’ insetti pronubi.) La storia nelle nozze presso l’Arum italicum si divide in quattro epoche o stadii. Stadio primo. Deiscenza della spata e maturità stimmatica. — Quan: do la spata deisce nella regione vessillare, essa colla parte involuerante chiude in una caldaja tubulosa gli ovari, i paracarpidi, gli stami, i pa- rastemoni. In tal tempo le antere sono ben lungi dall’ essere ma- ture, ma invece perfettamente matura: è già la parte stimmatica de- gli ovari. Gli stimmi consistono in papille raggianti, disposte al centro ULTERIORI OSSERVAZIONI E EONSIDERAZIONI , ECC, 283 d’ogni carpidio, brevi, di tenerrima consistenza, acquose, diafane. Si spande dal centro del fiore, massime sul cader del giorno, un odoré penetrante, fortemente urinoso, il quale attira gl’ insetti pronubi, che normalmente sono ditteri di statura piccolissima appartenenti alle tribù delle muscide e delle tipulide. Questi accorrono col corpo tutto imbrattato di polline tolto ai fiori precedentemente visitati. In questo primo stadio succede dunque la impollinazione, ed è una im- pollinazione innegabilmente ed esclusivamente eteroclina. | Stadio secondo. /mpregnazione e disfacimento degli stimmi. — Il polline importato dagli insetti durante il periodo precedente feconda gli stimmi, Succede immantinente la distruzione e il disfacimento delle papille stimmatiche. È tempo che sia accordata la mercede agli insetti benefici; ed ecco che appena disfatte le papille stimmatiche, compare nel centro dello stimma una cospicua gocciola di miele, che forse è il prodotto del disfacimento delle papille chimicamente metamorfosate. Questa verisimilmente è la causa principale che ade- sca gl’ insetti ad entrare nella caldaja. È importante notare qui due cose, cioè che a questo punto lo stimma più non esiste e che le an- tere non sono ancora mature, e ancora non emisero il polline. Adun- que nella maniera la più indubitabile è dimostrato che la dicogamia presso questa pianta è necessaria, e che non può aver luogo altra fecondazione, eccetto la eteroclina. Dal sopradetto risulta altresì che l’Arum italicum deve essere annoverato fra le poche piante decisa» mente proferogine brachibiostimmiche (vedere infra nel capitolo de- dicato alle generalità dicogamiche). Stadio terzo. Maturazione delle antere. — Gl’insetti rimangono tut- tora prigionieri, perchè le areste dei parastemoni rivolte in giù, le quali permisero l’entrata, persistendo tuttavia nel proprio turgore vitale, non consentono ancora loro l’uscita. Le gocciole di miele si disseccano, e ove erano gli stimmi, ivi si disegna un punto nero, se- gno indubitabile di mortificazione. In tal tempo deiscono le antere; il polline cade o riempie tutto il fondo della caldaja. Esso è incapace di fecondare gli ovari sottogiacenti, attesochè gli stimmi sono già defunti da un pezzo. Gl’insetti a cui per Ja disseccazione delle goc- ciole di miele manca lo alimento, si agitano e vanno su e giù per 284 è F. DELPINO, vedere di trovar l’uscita di quel carcere; così facendo s’imbrattano tutto il corpo di polline e questo poi feconderà gli ovari della cal- daja che subito dopo visiteranno. Stadio quarto. Disfacimento del carcere temporario. Liberazione degl’insetti. — In questo stadio le ariste dei parastemoni diven- tano floscie ; la convoluzione o incartocciamento della parte involu- crante della spata si rilassa, restando così due vie aperte agli in- setti, che scappano fuori imbrattati di polline, e volano ad altro fiore novellamente schiuso, ove ripetonsi le stesse cose qui sopra esposte. Se si paragona questo apparecchio dicogamico dell’ Arum italicum con quello delle aristolochie nostrane (V. 4tti della Società italiana delle scienze naturali, vol. X, pag. 283-284) si rivela una stupenda ripetizione. Ma se l'apparecchio è identico nell’Arum e nelle Art- stolochie succitate, se identico è lo scopo e il risultato del mede- simo, se perfino identici sono, come vedremo, gl’ insetti pronubi , identica non è la significazione morfologica delle parti. E nell’ aro, e nell’aristolochia si forma un carcere temporario, ma nell’ aro questo carcere è un fiore composto, nell’aristolochia è un fiore semplice. Nell’ aro la parete del carcere è formata da una grande foglia florale o brattea, accartocciata; nell’ aristolochia invece da sei sepali connati. La porta del carcere è nell’aro formata da para- stemoni raggianti da un asse, nell’ aristolochia invece .dai peli da cui è vestito il tubo perigoniale. Abbiamo qui insomma una millesima prova di quella gran verità che sfugge troppo sovente al naturalista di gabinetto, e che sempre invece è fulgida all’ occhio del natura- lista, il quale osserva la Natura nei liberi campi. Zl concetto biologico supera e travolge il concetto morfologico. Vella costituzione degli esseri viventi la forma è l'elemento transitorio, l’idea tipica è l’ e- lemento costante. Avvenuta la fecondazione dicogamica od eteroclina degli ovoli, questi vanno lentamente maturando. La regione clavata dello spadice e la regione vessillare della spata, avendo ora esaurito completa- mente il loro compito, non hanno più alcuna ragione d’ esistere ; epperciò col processo della marcescenza esinaniscono e scompajono. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 285 Non così la parte involucrante della spata. Essa può rendere ancora buon servizio proteggendo la maturazione degli ovarii. Quindi è che essa dissecca bensì ma non marcisce, e, perdurando nella sua forma, come una tunica incollata impermeabile, si applica strettamente alla colonna fruttifera, e difende gli ovoli durante i primordii della loro maturazione. Così, questa regione della spata che prima adempie la funzione di caldaja o di carcere temporario, ora adempie la funzione dell’ ootegio (4). È noto che Linneo comprendeva in un sol genere 1’ Arum e VA- risarum. È infatti, sotto l'aspetto morfologico, 1’ Arisarum mostrasi affinissimo all’Arum italicum, maculatum, ecc. Nell’ arisaro però la regione involucrante della spata non ha soltanto avvicinati i suoi margini, ma li ha fusi e saldati insieme; la regione vessillare è poco sviluppata, e molto per contro la regione clavata dello spadi- ce, la quale trovasi essere arcuata ed esserta. Ma sotto 1 aspetto biologico l’ Arisarum offre differenze strane ed inconcepibili. Esiste la caldaja florale, ma ben lungi dall’ essere un carcere temporario, è una cavità sempre aperta allo ingresso e regresso degli insctti. Mancano in conseguenza i parastemoni che vedemmo aver tanta im- portanza nell’Arum italicum. Gli stimmi non sono sessili ma stipi- tati; le papille stimmatiche, ben lungi dall’ essere fugaci, persistono lunghissimo tempo e giammai si cambiano in gocciola mellea. Pare benissimo che questa pianta sia proterogina, perocchè quando si schiude l’apertura della spata, mentre le antere non emisero anco- ra il loro polline, veggonsi già le papille stimmatiche bene svilup- pate, ma invece di essere, come è l’aro, una pianta decisamente brachibiostininiica (locchè implica dicogamia necessaria ), essa è evidentemente macrobiostila (locchè implica tutto al più dicogamia eventuale). Insomma, mentre pell’aro italiano veggonsi tutte le parti florali cospiranti a formare uno dei più belli apparecchi dicogamici che si conoscano, nell’arisaro invece vedesi un singolare degrada- (4) Avendo fatto alcuni studi comparativi sugli ingegnosi spedienti dalla Natura adoperati per |’ integumento e la difesa degli ovoli durante la loro maturazione, studi che spero fra breve di potere publicare, ho dovuto adottare alcuni neologismi , chiamando ootegio questa importante funzione, ed oofegi gli organi che vi adempiono, 286 | F.: DELPINO; mento. Stante la inevitabilità della impollinazione monoclina, Je nozze consanguinee nell’ arisaro non solo sono possibili, ma anzi è presumibile che siano le normali, a meno che precise sperienze non chiariscano essere inattivo sugli stimmi il polline (cascatovi: sopra dalle soprastanti antere. Salvo alcune casuali e inconcludenti ecce- zioni, io non vidi giammai insetti nella cavità florale dell’ arisaro. Però non devo omettere che qualche rara volta trovai striscie di polline lungo la estremità dello spadice, indizio sicuro di passaggio d’ insetti; per il che si deve ritenere che la dicogamia può tal fiata aver luogo anche nell’arisaro. Dobbiamo infine fermare la nostra attenzione sovra il fenomeno dello svolgimento di calorico dallo spadice delle Aroidee durante la fecondazione. Questo verisimilmente è coordinato ad allettare mag- giormente gl’insetti alla visita dei fiori, nei quali trovano non solo cibo, ma ben anco un gradito riparo alle ingiurie atmosferiche. Ciò che rinforzerebbe questa congettura si è che un fenomeno analogo si riscontra nei fiori delle Magnolie, come rileviamo da una Memoria del chiarissimo professore Attilio Tassi. Ora i fiori delle Magnolie, se è lecito estendere a tutte le specie ciò che osservai nella Magnolia Yulan, costituiscono parimente un carcere temporario per gl’insetti pronubi, Come accennai brevemente nel mio scritto sulla feconda- zione delle piante antocarpee, la Magnolia Yulan, aprendo il fiore verso la mattina, offre una coppa sommamente odorosa a’ suoi pro- nubi. I petali di questa pianta, in questo primo stadio, sono per- feltamente eretti, verticali, e formano un ampio tubo lungo, ben chiuso ai lati, giacchè un petalo con notevole tensione e combacia- mento consiste contro i petali contigui. Abbiamo così anche nella Magnolia una specie di caldaja, dal fondo della quale si eleva la colonna ginandroceale. Nella parte inferiore della colonna sono gli stami, nella superiore gli ovarii. Se qui la Nafura avesse avuto in mira le nozze consanguinee, avrebbe dovuto invertire la posizione reciproca degli stami e degli ovarii. Singolare fenomeno nella Magnolia Yulan, M. glauca, M. gran- diflora, che sono le uniche specie da me vedute, si è la solidissima orizzontalità del fiore ‘ossia degli annelli talamicr che generano i ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 287 sepali. e i petali). La stessa. cosa si verifica nell’ Arum italicum, nel primo stadio dei fiori di Aristolochia Clematitis, ecc. A propo- sito di quest’ ultima pianta, C. C. Sprengel ha dimostrato essere ciò coordinato ad impedire l’ uscita agl’insetti prigionieri, e a proposito dell’Arum italicum, io notai parimenti che se si tiene in posizione verticale la caldaja, gl’insetti prigionieri. non possono evadere, e se invece la si tiene coricata per qualche tempo, gl’insetti medesimi riescono a fuggire da quel carcere temporario, insinuandosi tra le ariste dei parastemoni. Ma si è nella Magnolia Yulan che questo fenomeno della orizzontalità del fiore e della conseguente verticalità della caldaja sembra avere una grandissima importanza. Un’ apiaria od altro insetto, attratto dalle vistose corolle e dal fragrante odore ., cala con tutta facilità nella caldaja florale, ma, una volta entratovi, vana è ogni fatica per escirne. Infatti, se tenta di ascendere la parete interna della caldaja, quante volte prova , tante ricade addietro supino, giacchè le sue zampe non possono aderire alla liscia superficie della medesima. Allora muta pensiero, e tenta di evadere scalando la colonna ginandroceale, ma invano; perchè, giunto alla cima della medesima, non può spiccare il volo perpendicolarmente, e. se lo spicca obliquamente, viene ad urtare nei petali e ricade di bel nuovo nel fondo della caldaja. “ Queste manovre vidi eseguire dall’ape comune in molti fiori di Magnolia Yulan. Ora le api, percorrendo su e giù la colonna gi- mnandroceale , s' impolverano 1’ addome di polline, e mon possono mancare di depositarne negli stimmi, o dello stesso fiore; oppure di altri fiori. | Uno che si faccia a considerare la verticalità del tubo florale, o caldaja, la verticalità dell’immersovi asse ginandroceale, sul quale gli stimmi sono elevati sopra le antere, vede chiaro, senza bisogno di altra prova, che, senza un ajuto interno, il polline non può es- sere arrecato alle papille stimmatiche. Questo ajuto non può essere dato dal vento, il quale ha poca o punto azione nell'interno della caldaja. Quindi l’ajuto non può venire, eccetto che da esseri semo» venti, quali appunto sono gl’insetti predestinati. Ma come potranno gl’insetti benefici escir fuori dal carcere tem- 288 F, DELPINO; poraneo su descritto? Ove non escano, la legge della dicogamia sarebbe per questa pianta esclusa. A. ciò provvede la Natura. con mirabile quanto semplice artifizio. Al primo stadio subentra il se- condo. 1 sepali e i petali si fanno gradatamente patuli, e con ciò gradatamente si distrugge il carcere temporaneo con liberazione degl’insetti , i quali, volando ad altri fiori, e deponendovi porzione del polline di cui sono impolverati, ne fecondano gli stimmi. La Magnolia è così sensibilmente proterogina. Ma tra tutte le piante che preparano agli insetti pronubi un car- cere o domicilio coatto temporaneo , si distinguono le aristolochie per mirabile perfezione d’apparecchio. Ove si rompa la parte ven- tricosa, del perigonio nei fiori giovani delle aristolochie nostrane , spessissimo occorre di veder volar via da quella cavità uno o più moscherini. Un botanico, il quale incontri per la prima volta cosifatti fiori di apparenza assai strana, è naturale che voglia indagarne la struttura interna ; romperà perciò il perigonio e non potrà mancare di avvertire il fenomeno. Moltissimi senza dubbio lo avvertirono anche senza nulla sapere l’ uno dell’altro. Così Fabricius (Species în- sectorum, tom. Il, pag. 412, e Philosophia entomologica, pag. 177), e Linneo (Systema Nature all’articolo Tipula pennicornis), parlano di questo fenomeno presso l’Aristolochia Clematitis. Poco dopo C. C. Sprengel faceva in proposito prolungatissime e coscienziose indagini, le quali poi espose e rese di pubblica ragione nella sua importante opera intitolata: Das entdeckte Geheimniss der Natur im Bau und in der Befruchtung der Blumen(Berlino, 1793, pag. 418-429). lo pure, fin dai primissimi giorni che mi occupai di studi bota- nici, senza nulla sapere degli autori succitati, osservai presso un’al- tra specie, l’Aristolochia rotunda, il modo con cui i moscherini restavano imprigionati nella cavità perigoniale. Fabricius, Linneo, Sprengel credevano che 1° opera degl’ insetti fosse qui limitata a trasportare , in uno e medesimo fiore , il polline dalle antere ai soprastanti stimmi., e così ad effettuare la omogamia non già la dicogamia. A bella prima parvemi dover aderire a questa opinione, ma non ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 289 senza esitanza , e nell’ opuscolo Sugli apparecchi fecondativi delle piante antocarpee, a p. 36, scrissi quanto segue: « Nell’Aristolochia il fiore è tubuloso ventricoso; la parte tubulosa è tutta vestita di peli convergenti verso l'interno: cosicchè un insettuccio trova fa- cile Ja via per entrare; ma una volta entrato, non può uscire, come succede ai topi in certe trappole fatte con fili di ferro. lo notai un piccolo dittero che mi parve una Z'ipula. Apersi un bel giorno una | quantità di fiori di Aristolochia rotunda. Da tutti vidi volar via il sopracitato insetto. Questo fatto parlerebbe in favore di una vera autogamia (omogamia); ma prima di avventurare una eccezione @ una legge così generale come la dicogamia, mi pare prudente atten - dere un maggior numero di osservazioni. » Quando io scriveva queste parole io ignorava che pochi mesi prima il prof. Federico Hildebrand di Bonn aveva pubblicato nelli Jahrbiicher fiir wissensch. Botanik del Pringsheim un interessantis- simo articolo sulla fecondazione delle Aristolochie (Veber die Be- fruchtung von Aristolochia Clematitis und ciniger anderer Aristo- lochia-Arten), ove, esponendo una serie di accuratissime ricerche , dimostrava che l apparecchio dell’ Aristolochia conduceva in modo necessario alla dicogamia e non alla omogamia. Credo utile di estrarre dall’ opuscolo del prof. Hildebrand i se- guenti importanti squarci: « Nel fiore di Aristolochia Clematitis noi dobbiamo distinguere tre epoche. Nella prima esso è femmineo, e succede la fecondazione; nella seconda diventa maschile e prepara polline per la fecondazione di un altro fiore. Oltre a queste deve essere distinta una terza epoca, nella quale il fiore si chiude, e subisce speciali modificazioni. » 4.° Quando i fiori sbocciano sono in posizione eretta, e molti in numero all’ascella di una foglia; il perigonio, epigino, d’un giallo verdastro pallido, è tubuloso nella sua parte media; il qual tubo poi inferiormente si espande in una cavità globosa che noi con Sprengel nomineremo caldaja (1), e superiormente si fende da un lato, tras- (4) G. GC. Sprengel, che ha tanto bene descritta una parte delle maraviglie del fiore di quest’Aristolochia, ha con felicissima, e quasi divinatoria espressione, dato il nome di caldaja (Kessel) alla parte ventricosa del perigonio aristolochiaceo. Noi, che in Vol. XI. 49 290 F, DELPINO, mutandosi così in un labello emarginato all’ apice. Quando il fiore sboccia, i margini di questo labello, ch’ erano contigui l'uno col- l’altro, si distaccano, e così il labello si spiega. La entrata nel tubo perigoniale trovasi alla base di questo labello. » Questo tubo, nello sbocciar del fiore, come già Sprengel av- verti, è tutto stipato di peli, i quali diventano più fitti di mano in mano che avvicinano la caldaja ; oltreciò non sono patenti, ma ri- volti in giù ; cosicchè questo tubo lo si può paragonare ad una nassa (cestella da pescar pesci) (1), ove è facile la entrata e la uscita oltremodo difficile (anzi, per i moscherini impossibile)........ » L’interno della caldaja florale è rivestito da una superficie leg- germente papillosa , simile per avventura alla superficie dei petali, che hanno apparenza vellutata , di quelli, p. es., della Primula 4u- riculas colla sua base la caldaja è adnata al limite tra l’ovario e gli organi della fecondazione, i quali, essendo privi qui di stipite, for-. mano un corpo composto solo dalle antere e dallo stimma, che noi chiameremo capocchia stimmatica (Narbenkopf). Presso V Aristolochia Clematitis questa capocchia ha sei lobi, 0, per dirla con maggiore evidenza, ha la forma di sei cappucci uniti insieme in circolo per la loro parte posteriore. Questi cappucci nel loro interno non sono cavi, ma solidi. La parte anteriore di ciascuno però è libera e alcun poco protratta nel suo mezzo ; è in questa parte anteriore che si trovano le papille stimmatiche sopra una superficie triangolare, la cui larga base coincide appunto col margine libero del cappuccio: basta una semplice lente per iscorgere questi spazi stimmatici distinti dalla vellutata loro apparenza. Da ciò si dedurrebbe che ad essi piante distantissime trovammo altri apparecchi analoghi ( Aspidistra, Ataccia, Arum, Magnolia), utilizzammo questo termine con insperato successo, massime nell'Arum italicum, ove la parte ventricosa della Spata è mutata in un vero calidarium (stufa, caldano); per cui, a giustificare la espressione anche etimologicamente, non manca un considerevole sviluppo di calorico. (4) È singolare l’ analogia della similitudine scelta da Hildebrand con quella scelta da noi per dar corpo alla idea di quest’apparecchio dicogamico. Entrano e rimangono prigionieri i pesci entro la nassa fatta con vimini, e i topi in certa trappola fatta con fili di ferro, esattamente come i moscherini nella caldaja dell’Aristolochia, ma con ben diversa sorte! ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 291 spazi triangolari soltanto sia rilegata la superficie stimmatica ; devesi però notare che i grani pollinici aderiscono non solo qui, ma eziandio in tutti gli altri punti, anche lisci, della capocchia stimmatica, mercè un umore vischioso che tutta la riveste. » AI di sotto di ciascun lobo stimmatico trovasi un’ antera in ori- gine quadriloculare, ma biloculare nella deiscenza. Esse antere sono adnate alla colonna ginostemiale e tanto adpresse alla medesima, che in questa prima epoca una porzione ne rimane occultata dal mar- gine libero dei cappucci stimmatici. In tale stadio si conservano in- deiscenti; e, ciò che è importantissimo, il fondo della caldaja, pure in tale stadio, trovasi tanto approssimato ad esse, che, anche se fossero deiscenti, gl’ insetti non potrebbero fino ad esse pervenire. » Adunque, in questa prima epoca, noi vediamo che il fiore ha uno slimma maturo ed aperto all’ accesso degl’ insetti, mentré le antere non sono ancora nè mature nè accessibili. » 2.9 Ora incomincia la seconda epoca. Il peduncolo florale fin qui eretto comincia a declinare, per cui il perigonio di mano in mano si fa orizzontale e pendolo. » Durante il tempo in cui si effettua questa declinazione, i mar- gini liberi dei lobi stimmatici cominciano ad erigersi e ricurvarsi verso il mezzo della capocchia stimmatica. Le cellule piane di questa, come altresì le papille degli spazii triangolari sunnotati, si colorano in bruno. Tutta Ja superficie stimmatica è dunque in questo tempo mortificata, e rimane in parte occultata dallo arricciamento de’ suoi margini. Il fiore ha pertanto qui terminata la sua condizione femminile, durante la quale soltanto può succedere la fecondazione. » Intanto, mentre lo stimma subisce le mutazioni surriferite , si sviluppano le antere, si aprono e rimangono ormai accessibili agli insetti, perchè il margine dei cappucci, il quale in parte le occul- tava, si è alzato e rivolto addietro , e più ancora perchè il fondo della caldaja , che dianzi le occultava, si è talmente ampliato e sca- vato intorno ad esse, che ormai tra esso e quelle è aperto un con- siderevole spazio (ambulatorio). » Ora il fiore è diventato maschile ; il polline è maturo e può es- sere allontanato dalle antere. 292 F. DELPINO; » Subentrata questa novella condizione, banno luogo mutazioni anche nel tubo perigoniale; i peli deperiscono , si colorano in bruno. e si contraggono estremamente , ciò che Sprengel aveva già osser- vato. Questo disfacimento dei peli comincia dall’ entrata del tubo e termina all’ entrata della caldaja, ove i peli sono più fitti. Per tutto ciò e perchè il fiore è pendolo , l’ escita dal medesimo è resa tutto ad un tratto libera ed ovvia. » È così che la storia biologica del fiore di Aristolochia Clematitis, bene cominciata da Sprengel, è stata ben completata e chiusa da Hildebrand. È difficile il giudicare a quale dei due spetti maggior lode. Fenomeno di facilissima intellezione è l’ imprigionamento degli insetti; ma Sprengel andò più in là, e, guidato da ingegnose e rette speculazioni d’ indole teleologica, divinò Ila liberazione successiva degl’insetti, e scoperse per che. modo essa venga effettuata, cioè collo disfacimento dei peli del perigonio e colla declinazione dei fiori. Hildebrand infine completò le osservazioni di Sprengel, sco- prendo la proteroginia dei fiori d’ aristolochia, e riconducendo sotto l'impero della gran legge dicogamica questa pianta, la quale pareva dovesse costituire un’insigne eccezione. Appena letto l'interessante opuscolo d’ Hildebrand Sulla feconda. zione delle Aristolochie, mi proposi di ripetere, ad opportuna oc- casione , le osservazioni da lui esposte. Potei esaminare ben quattro diverse specie d’ Aristolochia, cioè l'A. altissima, VA. rotunda, VA. pallida, e infine VA. Clematitis. Presso quest’ ullima pianta trovai esattissimo per filo e per segno quanto Hildebrand ha scritto. Presso le altre, che non poterono essere esaminate da Hildebrand, trovai naturalmente qualche leggera variante. Così, mentre è verissimo che presso 1’ 4. Clematitîs i fiori nel primo stadio sono in posizione eretta e verticale, e nell’ultimo stadio sono affatto pendoli, io trovai che i fiori dell’ 4. pallida sono eretti in ogni tempo, e più o meno eretti od orizzontali, ma giammai pendoli quelli dell'A, altissima e dell'A. rotunda. Questa variante è per verità di poca o niuna importanza; per esempio, il fiore dell’Aristolochia pallida, sebbene eretto sempre, ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 295 non offre agli insetti la menoma difficoltà di evadere, quando è giunta l'ora; infatti quei fitti peli di cui è vestito il tubo perigoniale , quando si disfanno, si cambiano in altrettante scabrosità, le quali, lungi da impedire, favoriscono invece mirabilmente la evasione dei moscherini, Assai angusto è il tubo perigoniale, e piccola ‘Ja caldaja presso l'A. rotunda e VA. Clematitis. Nell’ Aristolochia pallida invece il tubo è più dilatato, e la caldaja d’ un buon terzo più capace, cosic- chè alla sua fecondazione possono concorrere insetti: di maggior di- mensione. Più ampi ancora sono il tubo e la caldaja dell'A, altis- sima; e così trai pronubi di questa specie, oltre moscherini di piccola mole, altri più grossi ne trovai, i quali, attese le loro dimensioni, non avrebbero potuto insinuarsi nelle caldaje delle altre tre specie. Chiamo vessillo nelle Aristolochie la porzione terminale aperta ed ‘ ‘espansa del perigonio. Esso è visibilmente destinato ad agire sulla facoltà visiva degl’ insetti pronubi; a richiamarli e additare loro la «presenza del fiore, o la porta d’ingresso nel medesimo. Vero vessillo si trova anche nei fiori degli rum, nelle Papilionacee, nella Poly- gala cordifolia, myrtifolia, ecc. È singolare che gli antichi botanici, senza avere la menoma intuizione del significato biologico di questa parte florale, le abbiano imposto (s'intende presso le sole Papilio- maceé) un cosifatto nome che corrisponde assai bene alla importante funzione cui la medesima adempie, x Il vessillo nell’ 4. rotunda è sviluppatissimo, affatto complanato, di colore fosco; nell’A. Clematitis il vessillo è mediocre, di color gial- lastro livido ; nell’4. pallida è assai breve, fornicato, di color giallo verdastro; ma dalla faccia interna verso la base lascia vedere una gran macchia atropurpurea che si prolunga e si perde nell’ interno del tubo, con cinque o sei striscie atropurpuree, quasi come per segnar la via agli insetti. La esperienza di queste e di molte altre piante conferma che i colori lividi, giallicci, bruni, atropurpurei sono singolarmente attraenti per quei ditteri che appartengono ai grandi generi linneani Musca e Tipula, i quali dispiegano così un senso estetico loro proprio, contrario affatto a quello di molti altri ditteri pure pronubi di fiori (bombilii, sirfidi, ecc.), a quello degli insetti apiarii e al nostro. 294 F. DELPINO , A queste presso a poco si riducono tutte le differenze che ho no- tato nei fiori delle sopracitate quattro specie di aristolochie; notando che si osserva in tutte la massima uniformità nella evoluzione pro- teroginica del ginostemio e nella costituzione e disfacimento del carcere temporaneo. Oltre la mentovata 4. Clematitis nostrana, Hildebrand ha esami- nato due aristolochie esotiche, che però si coltivano assai general- mente nei nostri giardini, cioè lA. Sipho, e l°.A. tomentosa. En- trambe producono fiori con tubo piegato a sifone, o in forma di pipa. Assai più capace è la caldaja di questi fiori e il tubo molto più largo in confronto delle quattro specie sopra menzionate. Più grossi in proporzione sono gl’ insetti pronubi, che vi accorrono in gran folla. Hildebrand, in alcune caldaje; ne trovò da 11 a 43. Presso queste piante la evoluzione degli stimmi e delle ‘antere offre un andamento analogo a quello sopra descritto. Nel primo stadio tutta la superficie del corpo stimmatico è rivestita da un umor viscido filante. Vi si appiglia il polline dei fiori precedentemente visitati, e i tubuli pollinici che ne provengono, serpeggiano lungo la superficie medesima finchè, giunti al punto centrale, s’ addentrano ivi e pe- netrano nell’ ovario. L’ unica rilevante differenza tra i fiori di queste due aristolochie esotiche e quelli delle sopra citate quattro specie europee, consiste in ciò che il tubo perigoniale è affatto sprovvisto di peli. Gl’ insetti qui non pajono captivi, e, poichè non si vede ostacolo di sorta , è giuocoforza ammettere che possano escire quando loro talenti; ep- pure ripetute osservazioni dimostrarono a Hildebrand che gl’insetti medesimi entrano nei fiori giovani in tempo che le antere non sono mature, vi si trattengono costantemente fino a tanto che non sia uscito tutto il polline fuori; quindi ne escono per mai più ritornarvi. Se nei fiori delle aristolochie nostrane abbiamo un carcere tempo- raneo forzato, qui abbiamo invece un carcere temporaneo volontario. Questo fenomeno è per verità poco esplicabile. Ma sentiamo come Hildebrand discorra in proposito. « Perchè le mosche ne visitano i fiori e perchè si trattengono in essi tanto tempo. ..? Ciò che le adesca ad entrare nei fiori verosimilmente è l’ odore che si sviluppa quando ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 295 succede lo sbocciamento. Le mosche s° insinuano nell’ angusto foro che termina il tubo perigoniale , strisciano entro il medesimo, e si inerpicano sino alla colonna ginostemiale: qui veramente non tro- vano néttare, ma vi si trattengono fino a tanto che le antere si aprano. Verisimilmente divorano, o per meglio dire, suggono la maggior parte del polline, eccetto quel poco che si appiccica al loro corpo. À questa congettura, che le mosche si cibino di polline, fui condotto dall’osservare che i fiori tolti dal giardino quando erano già entrati nel secondo stadio, non avevano quasi più polline per entro le antere, mentre in fiori analoghi sviluppati entro la mia stanza, e così sottratti alla visita degli insetti, il polline vi sì tro- vava in masse considerevoli. Non mi si faccia qui la objezione che in tal caso gl’insetti, distruggendo il polline, sarebbero nati per dan- neggiare la fecondazione; giacchè facile sarebbe il rispondere che in natura moltissimi sono gli esempi dove gl’insetti visitano i fiori soltanto per carpire il polline; ma questo non possono fare senza che qualche poco ne abbandonino sugli stimmi e ne consegua così la fecondazione. Dal che si vede che havvi reciprocità di servizio tra gl’ insetti ed i fiori; questi fornendo loro cibo, quelli adjuvando la fecondazione. » Ho voluto riportare questo tratto perchè la congettura qui moti- vata dall’ Hildebrand corrisponde a puntino e si accorda coi dati che una lunga pratica mi ha fornito circa il modo di agire sui fiori per parte di molte specie di mosche. Tratterò questo punto più estesa- mente nel capitolo dedicato alle generalità dicogamiche; per ora dirò soltanto che il polline , il quale si raduna nel fondo delle cal- daje florali nell’Arisarum vulgare, nell’Arum italicum, nell’ Aspi- distra:elatior, suol essere abbondantissimo, suol costituire uno strato assai spesso e considerevole. Ciò nonostante, esaminando fiori vecchi delle succitate tre piante, mon infrequentemente ne trovai di quelle ove il polline mancava affatto; pareva che vi fosse passata la scopa. Non mi sapendo acconciare all’ idea che fosse stato tutto quanto trasportato via sul dosso dei minimi moscherini pronubi di dette pian- te, fui obbligato a conchiudere che qualche insetto, per quanto pic- colo, dovesse farsene pasto in larghissima misura. 296 F. DELPINO , Se si considera che le specie del genere Aristolochia sono assai numerose e sparse nelle zone temperate e calde di tutta la terra, se si paragonano i piccoli fiori delle Aristolochie nostrane, p. es., con quelle dell’Aristolochia cordifolia indigena del Rio della Magdalena, di cui ci narra Humboldt, che servono di cappello ai giovani negri, se si confronta il brevissimo vessillo della nostra 4. pallida col ves- sillo amplissimo dell’4. cymbifolia Mart., solo allora si potrà fare un concetto delle numerose varianti che, senza dubbio, hanno luogo nei rispettivi apparecchi florali e delle mirabili relazioni che devono esistere tra detti apparecchi e i pronubi speciali delle singole loca- lità. Quante maraviglie ci nascondono i paesi tropicali, e ci nascon- deranno per un buon pezzo ancora; conciossiachè i medesimi fin qui furono percorsi da raccoglitori molti, da morfologi pochi, da nessun biologo. Circa I’ Aristolochia grandiflora, nativa della Giamaica, si può, per via di congettura, avventurare qualche proposizione, esami- nando la magnifica figura che ne dà il Botanical Magazine ( Ta- vole 4368-4369). Di enormi dimensioni sono i fiori di questa pianta, quasi avvicinano quelli delle /taf/lesie + e non solo li avvicinano per le dimensioni, ma ben anco ne ripetono il colore rosso vinoso e il fetore cadaverico. Ora queste due circostanze significano, oltre ogni dubbio, che i pronubi di questa pianta non sono già quei piccoli ditteri che giovano alle nostre minuscule aristolochie., ma sono in- vece la Sarcophaga carnaria, la Musca vomitoria, o ditteri analoghi a questi nei costumi e nelle dimensioni. Un’ altra particolarità che presenta questa gigantesca aristolochia (e qualchedun’ altra), si è che la parte vessillare del perigonio si trasforma in una coda cirrosa, la quale si avviticchia ad un ramo. Riflettendo sulla significazione biologica che può avere una tale pro- duzione, credo di colpire nel segno congetturando che con tal mezzo resti assicurata la immobilità del tubo perigoniale, e così convertita la caldaja in carcere temporario solidamente costituito. Medesimamente presso altre aristolochie il vessillo si trasforma in una lunga coda, la quale però, invece di avviticchiarsi, pende libe- ramente, lo non posso a meno di avvicinare questa produzione ai ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 297 ‘sepali caudati del Cypredium, dell’Uropedium, ecc., come ho già notato, e di credere che tutte cosifatte forme adempiano ad una fun- zione ben determinata, a quella cioè di servir di guida a speciali insetti pronubi. Se dal genere Aristolochia, che ci presenta uno dei più perfetti apparecchi dicogamici che si conoscano, passiamo ad altro genere appartenente alla medesima famiglia , voglio dire all’Asarum, più non troviamo nè caldaja florale, nè carcere temporario, niuna in- somma delle mirabili disposizioni sovra esposte. Havvi però un genere intermediario che molto importa di pren- dere in considerazione. Intendo parlare della /eterotropa asaroîdes di Morren e Decaisne, pianta nativa del Giappone (Vedi Ann. des sciences naturelles, seconda serie, tomo secondo, tav. X). All’ abito delle foglie e del fusto essa si avvicina all’ Asarum, ma nel fiore (sebben regolare) e negli stimmi ripete 1’ .4ristolochia; nell’androceo poi è perfettamente intermedia tra i due generi; e qui si nota una curiosa disposizione, È noto che l’4sarum è dodecandro, o più esat- tamente, ha due verticilli staminali esameri. Tutte le sue antere sono estrorse ed hanno un connettivo prolungato in punta. È noto del pari che nell’Aristolochia dannosi solo sei antere, senza fila- mento nè connettivo, o, per meglio dire, col filamento e col con- neltivo fusi nel ginostemio. Ora la ZMHeterotropa è dodecandra come l’Asarum, ma il verticillo esterno porta sei antere a deiîscenza late- rale senza appendice al connettivo, mentre il verticillo interno porta sei antere estrorse a connettivo prolungato in punta. Da cui si ricava che il solo verticillo esterno della /eterotropa è 1’ omologo dell’ an- droceo aristolochiaceo. Così l’Aristolochia, nel rivestire proprie for- me, avrebbe fatto sacrifizio del verticillo ‘interno degli stami del- ‘lAsarum. Tutto ciò prova il transito morfologico, e probabilmente genetico, dell’Asarum alla Aristolochia mediante la Meterotropa. Ma quello che è singolare si è che questo transito è anche biologico; in quanto che nella ZHeterotropa il fiore, tuttavia perseverando nel mantenersi regolare, inizia la formazione d’ una perfetta caldaja florale, e d° un carcere temporario. Îl perigonio si dilata in un orciuolo o gran pen- 298 F. DELPINO , tola ventricosa, coll’ orifizio strettissimo, e col margine dell’ orifizio riflesso indentro. Basta la semplice . visione della fig. 4.* (‘Tav. sue- citata) per convincersi che una mosca od altro insetto, una volta penetrato in essa pentola, vi rimane prigioniero. Manca del tutto in questa pianta il tubo perigoniale coi peli retroflessi, che è 1’ appa- rato incarceratore proprio delle Aristolochie europee; ma la Natura, nella sua mirabile varietà, ha saputo surrogarlo collo spediente egualmente efficace ed ingegnosissimo di un orifizio avente il mar- gine ripiegato indentro. Ma in qual maniera sarà disfatto questo carcere temporario ?. Per qual modo verranno posti in libertà gl’insetti benefici ? Sebbene non abbia potuto avere esemplari vivi di tal piauta (ed in Europa è pre- sumibile che non se ne coltivi neppur uno), io non esito a rispon- dere al quesito con tutta franchezza. La risposta non può essere naturalmente che una congettura, ma è una di quelle congetture tanto facili ed ovvie, che ho poco timore venga disdetta dalla os- servazione. Nel primo stadio (maturazione stimmatica) il fiore deve essere eretto, e nel secondo stadio (maturazione delle antere) deve decli- nare poco a poco fino a rendersi pendolo o quasi pendolo. In tale stato non offre più la menoma difficoltà all’ uscita degli insetti. Morren e Decaisne, nel dare la descrizione di questa pianta, no- tano che il colore dell’urceolo perigoniale è d’un verde sordido, e che il lembo del perigonio (a 3 lobi cordati, patenti, carnosi) è di un colore fosco , rugoso, con rughe biancastre verso l’orifizio. Ora queste rugosità e questi colori verde sordido e fosco, indicano ab- bastanza che gl’insetti pronubi della Zeterotropa sono mosche. Dopo aver passato a rassegna gli apparecchi dicogamici nelle ari- stolochiacee, mi rivolgo il quesito : oltre gli apparecchi a caldaja descritti in questo e nel precedente paragrafo, presenta il regno ve- getale altri apparecchi analoghi ? Facendo appello alle mie reminiscenze, trovo ancora altre piante che bene qui figurerebbero, se fossi stato tanto fortunato da poterle osservare in natura e viventi. Alludo alle specie dei generi Raf/lesia R. Br., Brugmansia BI., Hydnora Th., Prosopanche Bary, ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 299 Ora tutte queste specie appartengono alla stranissima famiglia delle Rafflesiacee, le quali, nell'insieme della loro struttura florale , mostrano appunto una estrema affinità colle Aristolochiacee. Sono, a mio parere, Aristolochie trasformate dal parassitismo epirrizo , il quale trascina con sè, come è noto, fungosità , deformi dimensioni , clorosi ed afillia. La Rafflesia Arnoldi, \a f. Horsfieldi, la R. Patma sviluppano un enorme ed appiattito disco ginostemiale nel seno di una gran Coppa con margine rilevato, attorniata da cinque lobi perigoniali carnosissimi, di color rosso mattone, chiazzati di macchie e tuber- coli. Se a questo s’ aggiunge l’orribile puzzo cadaverico che emana dalla coppa suddetta, nasce spontanea la congettura che gl’ insetti pronubi debbano essere mosche identiche od analoghe alle nostre Sarcophaga carnaria e Musca vomitoria. E la congettura è cam- biata in certezza se si attende alle concordi relazioni dei viaggiatori che ci rappresentano le mosche volare a stormi sopra i fiori delle Rafflesie. La Rafflesia Arnoldi e la R. Horsfieldi sono dioiche. Oltre ciò hanno il polline viscido. Queste due circostanze indicano abbastanza, senza bisogno d'altra dimostrazione, essere in tali piante necessaria la dicogamia, e l'intervento degl’ insetti indispensabile. La Rafflesia Patma ci è rappresentata da Blume (Zora Jave nec non insularum adjacentium, 1828) come ermafrodita. Ora un’accurata ispezione delle belle figure che adornano l’opera «di Blume, e fortissime ragioni di analogia dedotte dalla posizione delle antere e del disco stimmatico affatto omologa alla posizione delle parti medesime nelle aristolochie, ci fanno credere che la Éaf- flesia Patma sia dicogama proterogina, e che il suo fiore abbia due stadii distintissimi. Nel primo stadio l’ orlo inferiore della zona ver- ticale periferica del ginostemio (zona verisimilmente stimmatofora), chiude l’accesso alle antere; talchè le mosche, girando tutto attorno a questa zona, vi depositerebbero polline dei fiori antecedentemente visitati. Nel secondo stadio l'orlo inferiore di questa zona si rivolte- rebbe in su analogamente al margine dei cappucci stimmatici delle aristolochie nostrane e metterebbe a nudo le antere. 300 F. DELPINO, Nelle tre rafflesie citate la coppa, o caldaja florale, benchè pro- fondamente incavata, ha l’ orifizio larghissimo poco o punto rien- trante ; invece in una rafflesia raccolta a Borneo dal signor Odoardo Beccari, la caldaja florale ha l’orifizio già considerevolmente ristretto. Nella Brugmansia Zippelii BI. la corona marginale della. 'cal- daja è abortita; il fiore, prima dello sbocciamento, ha i suoi cinque sepali lungamente acuminati e disposti con preflorazione valvare in- duplicata al vertice. Se si esaminano alcune figure dateci dal Blume (Op. citata) parrebbe esistere un foro nel centro della induplicazione del vertice, foro che costituirebbe un accesso alla cavità o caldaja fiorale. Nel caso che ciò fosse, la Brugmansia preparerebbe agl’in- setti pronubi un carcere temporaneo molto analogo a quello sovra- descritto della Z/eterotropa; carcere che poi verrebbe disfatto col: mezzo semplicissimo dello sbocciamento. Del resto noi qui dobbiamo notare che, sebbene la £rugmansia sia ermafrodita, non ostante vogliasi pel suo polline glutinoso, vogliasi per la posizione delle an- tere sopravanzata assai dal corpo stimmatico, non possono evidente- mente aver luogo le sue nozze senza l’intervento degl’ insetti, che debbono essere pure mosche, poichè Blume parla del cattivissimo odore che diffonde. Infine, i generi ermafroditi 4ydnora e Prosopanche mostrano di avere anch'essi un apparato a caldaja, ma troppo incomplete sono le figure che ne abbiamo per poter arrischiare altra congettura. In altre Rafflesiacee gli organi sessuali si estrinsecano., restando così naturalmente la caldaja florale distrutta e l’ apparecchio dicoga- mico del tutto commutato. Cito i generi Cytinus, Apodanthes e Pi- lostyles (1). Sono dicogame necessariamente perchè dioiche, e non possono essere fecondate salvo che per mezzo degl’insetti, (4) Intorno ai generi Apodanthes e Pilostyles le notizie che potei raccogliere sono scarsissime. Da esse risulterebbe che del genere Apodanthes sarebbero soltanto noti gl’ individui femminili, e del genere Pilostyles soltanto i fiori maschili. Se io ravvi- cino questi dati a quelli di trovarsi entrambi i generi in America, entrambi parassiti sopra rami delle Leguminose, entrambi di abito, di forme, di fioritura affatto simili, per non dire identici, io non posso reprimere il sospetto che siano riducibili a un genere solo di cui 1’ Apodanthes sarebbe la forma femminea, e il Pilostyles la forma maschile. Lascio a giudici di me più competenti la risoluzione di questo punto. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC, 304 Rimane ancora a far qualche parola sugl’insetti stati osservati nei fiori delle aristolochie nostrane e in quelli dell’Arum italicum. Fabricius e Sprengel (opere citate) parlano unicamente della Ti- pula pennicornis. Ma questo non concorda colle mie osservazioni. Gli articolati che visitano le caldaje florali di dette piante devono essere divisi in due categorie: la prima comprende quelli che vi accorrono conformemente allo scopo prefisso dalla Natura; la seconda invece quelli che vi accorrono per altro incentivo. Gl’ insetti della prima categoria , ossia i pronubi veri, apparten- gono tutti alla famiglia delle mosche (Chetoloxe ) o a quella delle tipole (Z/ydromye). E difficile il dire delle due stirpi quale renda migliori servizii. Si distinguono tutti quanti per avere il loro corpo, specialmente le zampe e il dorso, più o meno irti e pelosi ; locchè li rende attissimi alla trasposizione pollinica. Taluni sono talmente imbrattati di polline da sembrare infarinati. Altri invece, come vi- dero Sprengel, Hildebrand., e come io pur vidi, nè so come ciò possa avvenire, portano un vistoso cumulo di polline sopra il dorso, in modo che quasi si direbbe essersene caricati appositamente come farebbe un facchino, A. — Delle Chetoloxe, ossia moscherini aventi antenne globose ‘munite di setola, ne osservai almeno quattro o cinque specie diverse, se giudico dalle differenti dimensioni e dai colori variati, ma sono troppo ignaro dell’entomologia per essere sicuro di questo mio giu- dizio. Supposto che le dividessimo secondo le dimensioni in cinque gradi, le specie del primo e secondo grado si trovano nell’ Aristolochia Clematitis, A. rotunda, 4. pallida, A. altissima, Arum italicum; quelle del terzo grado si trovano soltanto nell’ Aristolochia pallida, A. altissima, Arum italicum; quelle del quarto grado nell’ Arum italicum e nell’ Ariîstolochia altissima, e infine quelle del quinto grado, ossia le più grosse nell’ 4. altissima soltanto. Tali insetti , visti sotto la lente, per la loro forma, pel modo di camminare, di ripulirsi il capo, le zampe, le ale, ripetono del tutto la mosca co- mune, salvo che sono assai più piccoli. B. — Delle 4ydromye notai specie diversissime, tutte di piccole dimensioni. 302 F. DELPINO; 4.9 Una tipularia ad ale bianche macchiate con antenne pesi: cilliformi. Nell'’Arum italicum. Piuttosto rara. 2.° Altra tipularia ad ale pelose, muso aguzzo, dorso gibboso, addome acuminato e curvo, antenne moniliformi ad articoli non glo- bosi, con peli verticillati. È nerastra e poco irsuta. Si distingue age- volmente perchè nel portare antenne piuttosto lunghe, erette e. curvate un poco addietro. fa ricordare il modo con cui la capra porta le corna. È abbondantissima, segnatamente nell’ Arum italicum e nell’ Aristolochia rotunda. Presso quest’ultima pianta, in una sola caldaja florale, ne contai fino a dieci, 3.° Altra tipularia piccolissima, ad ale relativamente grandi, biancastre, irsutissime, a tetto. Dorso gibboso, irsutissimo. Tubercoli con ciuffi di peli verso la base delle ali. Antenne moniliformi ad ar- ticoli globosi, orlati ciascuno da una corona di peli foggiati a coppa. Muso aguzzo. Palpi assai lunghi, pelosi. Addome acuto, cuspidato alla estremità. Sebbene piccolissimo, è uno dei più attivi nella fe- condazione dell’Arum italicum. Irsutissimo com’ è, lo si vede infa- rinato estremamente dal polline. Probabilmente è la Psychoda ner- vosa Macq. 4.° Altro insetto similissimo al precedente, ma triplo almeno in grossezza , ad ale nebuloso-fosche, lo trovai esclusivamente nell’ 4rum stalicum. Assai raro. Verisimilmente è la Psychoda phalenoides. Meig. Questo catalogo d’insetti pronubi è ben lungi dall’ essere completo. Credo che possa essere facilmente raddoppiato. Del resto io non ac- cennai che le specie più frequenti, o quelle che per la loro forma più mi colpirono. Si vede da ciò che la Tipula pennicornis non è la sola che sia predestinata per le nozze delle aristolochie nostrane. Confrontata la grande caldaja dell’Arum titalicum con le picco- lissime delle aristolochie suddette, niuno si sarebbe mai più imma- ginato che gl’ insetti pronubi siano presso a poco gli stessi per le due stirpi di piante. Havvi però gran differenza nel numero; giacchè mentre nelle aristolochie non si trovano d’ordinario che da 41 a B insetti per caldaja, in quella dell’Arum italicum sono talvolta nu- merosissimi (da 20 a 40 circa). ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI , ECC. 303 : Mentre ancora oggidì qualche naturalista di gabinetto persisterà nel ritenere come una mera accidentalità l’ intrusione di moscherini nelle caldaje degli 4rum e delle aristolochie, non pochi animaletti, non so se ammaestrati da mirabile istinto, oppure instrutti dalla espe- rienza, mostrano di avere intorno a questo puntocognizioni più esatte. Alludo a molti insetti i quali pur visitano i fiori degli ari e delle aristolochie, ma non come i moscherini per portare e diffondere la vita, bensì per arrecar morte e carnificina. Non manca il punto nero degli ameni convegni e conviti che si danno i ditteri entro le succitate stanze florali; poichè spesso rie- scono ad introdurvisi anche i loro nemici. Così penetrati nella caldaja dell’Arum italicum trovai non di rado piccoli ragni, il Zrombidium holosericeum, la Forficula, ma sopra tutto, in qualche spata, una enorme quantità di una piccola specie di brachelitri (Oxytelus inustus). . Nelle aristolochie io trovai spesso qualche piccolo coleottero , il Trombidium holosericeum, e una straordinaria quantità di acari, i quali si attaccano sovente in numero di 3 o 6 ad un sol moscherino. Non potendo i ragni, per la loro mole, entrare nelle caldaje delle nostre aristolochie, ne vidi talvolta alcuno stare in agguato sdrajato insidiosamente sopra il vessillo, e ivi attendere al varco gl infortu- nati pronubi. Infine, per annoverare tutti gli animali che osservai, non ometterò i Thrips; sebbene ciò parrà soverchio , essendo cosa notissima come questi nocivi insettucci infestino i fiori di quasi tutte le piante. S 4. -—- CoroniLLa Emerus, GENISTA PILOSA, ed altre Leguminose. Ciascuno che si voglia rendere ragione della evoluzione florale della Coronilla Emerus in ordine alla dicogamia, conviene che esamini 1 fiori di questa pianta in quattro stadii distinti. Stadio primo. Maturazione delle antere. I fiori in tal tempo hanno circa la metà della lunghezza che devono raggiungere. Il vessillo è compiegato o racchiude nel suo grembo tutti gli altri organi florali, 304 F. DELPINO , vale a dire le ale, la carena e la colonna ginandroceale. La parte limbare dei petali è già molto sviluppata; la parte ungulare per con- tro lo è pochissimo. Importa assai l’avvertire come, in tal tempo, le antere, apparentemente già mature , sono assai grosse in confronto dell’apice del filamento che le sostiene. Sono larghe almeno del doppio. Stadio secondo. Esplosione pollinica. | fiori entrano in questo sta- dio, qualche tempo innanzi lo sbocciamento. Confrontandoli con quelli dello stadio precedente, si trova che hanno acquistato doppia lunghezza atteso un rapidissimo accrescimento della parte ungulare dei petali. Sono tuttavia ancor vergini ed intatti dagli insetti, per- chè in tal tempo il vessillo non ha ancora sciolto il suo abbrac- ciamento, e continua a rinchiudere nel suo seno gli organi interiori. La maggiore attenzione bisogna rivolgerla alla. singolare struttura della carena e alle mutazioni subite dagli stami. La carena è com- posta di due petali, aventi ciascuno la forma di una larga falciuola, e avvicinati tra loro come farebbero due mani giunte. Questi due petali in tutto quanto il margine o contorno che risponde al dorso della falciuola, e superiormente nella metà terminale del taglio della falciuola, sono istologicamente saldati tra loro, eccetto che all’apice, ove esiste un piccolo foro terminale. Ne nasce così un vaso chiuso entro cui si trovano ricoverate le antere, le sommità dei filamenti e dello stilo, e lo stimma. A questo punto gli stami subirono una singolare metamorfosi. Noi vedemmo che nello stadio precedente le antere superavano di gran lunga in grossezza l’apice dei filamenti. Ora si trova precisa- mente il contrario. Le antere appajono esinanite, e in forma di pic- colissime capocchie (1) insidenti sopra il vertice dei filamenti che (4) Questa contrazione delle antere dopo la deiscenza, che nella C. Emerus ed in altre piante ad apparecchio dicogamico identico è pronunziata in grado estremo, è un fenomeno comune, benchè in minor grado, ad altre piante. Nelle Gagea le antere di bislunghe che erano diventano globulose, nei Narcissus si scorciano per una buona metà. La causa stromentale di siffatta retrazione vuolsi ricercare senza dubbio nelle cellule fibrose che formano 1’ endotecio delle antere. Vaucher ( Hist. phys. des plantes d'Europe, t. II. p. 168), parlando delle antere delle coronille dice: « ne s’ouvrent ja- mais nettement mais répandent leur pollen onctueux à travers les. parois amincies et à peu près détruites de leurs loges. » Se quanto dice Vaucher è vero, si avrebbe qui un modo abbastanza strano d’cmissione pollinica. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 305 DI si è straordinariamente ingrossato. Che è succeduto? Niente altro, se non che le antere hanno evacuato tutto il loro polline, e Ja estremità dei filamenti si è rigonfiata mercè un incremento spugnoso del pro- prio tessuto, cambiandosi in una specie di clava compressa. Îl pol- line pertanto, evacuato contemporaneamente dalle dieci antere in uno spazio ristrettissimo, si trova compresso oltremodo dalla ineras- sata sommità dei filamenti. Se si prende un fiore in tale stadio, e se, dopo averlo spogliato del calice, del vessillo, delle ale, lo si ponga tra l'occhio e la luce, siccome le pareti del vaso formato dalla carena sono qualche poco trasparenti, distinguesi tosto, verso la parte superiore del vaso medesimo, un considerevole spazio opaco, la opacità essendo causata dal cumulo pollinico ivi entro compresso. E se con sufficiente destrezza , tenendo questo fiore coricato sovra una delle valve della carena, si tolga l’altra valva mediante 1’ ajuto d’una tagliente lama, si ritroverà tutto il polline accumulato e com- presso in un cono tronco assai vistoso. Bisogna ben rendersi ragione di queste contingenze per poter comprendere il mirabile apparec- chio dicogamico di questa pianta. Lo stimma , confrontato nel primo e nel secondo stadio. non ha visibilmente subìto alcuna mutazione, Consiste in un tubercolo ovoide, dejetto, emergente da un’areola pianeggiante, obliqua, irta di papille assai lunghe, le quali verisimilmente sono le papille stimmatiche. Lo stimma sopravanza qualche poco le antere, e quindi si trova necessariamente in contatto col cono pollinico, contro cui anzi deve essere considerevolmente premuto. Gli è perciò che tra le papille dianzi avvertite si trovano alcuni granelli pollinici, e gli è perciò che la impollinazione monoclina parendo qui inevitabile, alcuni pretesero che presso le leguminose la fecondazione sia necessariamente omo- gama e si compia prima dell’antesi. Ma essi non hanno avvertito che in tale stadio, sebbene tra le papille stimmatiche si trovi impi- gliato sempre qualche granello di polline, pure il medesimo non ha la menoma azione sullo stimma. Vi è semplice relazione di contatto e di adesione meccanica, ma non ha luogo emissione di tubi polli- nici, o altra intima connessione. Stadio terzo. Sbocciamento del fiore ; dicogamia in atto. Tutte le Vol. XI. 20 306 F. DELPINO, parti florali conservano le dimensioni e la posizione avuta durante lo stadio precedente, salvo che qui il vessillo si dispiega, discioglie il suo abbracciamento, si retroflette, rende così possibile ‘agl’insetti l’adito alla cavità mellifera. Il fiore è pendolo. Il vessillo, portato da un’ unghia o stipite lungo e sottile ma robusto, ha la sua base fortemente adpressa ‘contro il margine superiore delle ale e della carena. -Le ale connesse colla carena mediante una bollazione in forma d’uncino, e impiantate an- ch’esse sovra un’ unghia solida, rinforzano notevolmente 1’ apparec- chio. Gli stami hanno inserzione periginica e sono diadelfi. La parte melliflua o nettarogena è il fondo intimo del fiore, ossia lo spazio annulare periginico del talamo o ricettacolo. La cavità nettarifera è formata dalla base dei nove filamenti monadelfici saldati in tubo, e le aperture di detta cavità sono due fori prodotti dal rialzo basilare dello stame libero, e situati precisamente sotto la base dell'unghia del vessillo. Ora colgasi uno di cosifatti fiori appena sbocciato, e che per la sua freschezza mostri di essere vergine ed intatto. Si tenga.il ves- sillo tra il pollice e l'indice della mano sinistra, e colle corrispon- denti dita dell’altra mano si piglino le ale. Traendo in contraria di- rezione, si farà divaricare il vessillo dalla carena, e si vedrà tosto che sotto l’azione divaricante il polline esce dal poro terminale della carena sotto forma di nastro. Cessi la forza divaricante; tutte le parti, per forza di elasticità, si riaccosteranno e ricupereranno la primitiva posizione. Ricominci la divaricazione , escirà un secondo nastrolino di polline; cessi la divaricazione, le parti rientreranno al loro posto. E così per dieci o dodici volte di seguito, fino a tanto che tutto il cono pollinico sia uscito fuori in forma di nastri o vermicelli. Con- temporaneamente, quando però la divaricazione sia molto forte, esce e rientra lo stimma. Abbiamo pertanto in questo fiore un apparecchio che offre una curiosa analogia col meccanismo con cui si fabbrica la pasta da vermicellajo. Non manca il cilindro traforato (vaso formato dalla carena), nè la pasta compressa (cono pollinico), nè lo stantuffo (estre- mità dilatata dei filamenti). La divaricazione del vessillo dalle ale ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI , ECC, 307 ha per effetto.di abbassare la carena, non già la colonna ginandro- ceale la quale rimane immota; per il che lo stantuffo agisce e spinge fuori a poco per volta tutto il polline. Dopo ciò si osservi l’azione degl’ insetti pronubi. La fioritura è piuttosto abbondante, e i grossi fiori gialli della Coronilla Emerus spiccano assai tra il verde cupo del suo fogliame. Al compito di agire sulla facoltà visiva degl’insetti soddisfanno le ale, ma special- mente il vessillo. Non manca l’ incentivo dell’esca, che in questa pianta è doppia, constando di polline e di miele. Accorrono insetti apiarii da ogni parte; si aggrappano ai fiori; ficcano la testa tra il vessillo e le ale; succede la divaricazione sovradescritta, e così gli insetti medesimi, mentre colla linguetta succiano il miele, accolgono tra i peli della superficie inferiore del loro corpo il polline che esce in forma di nastri o vermicelli. La intuizione dell'apparecchio mostra che ogni fiore debba essere visitato dagl’insetti un considerevole numero di volte (da otto a do- dici almeno), e l’osservazione diretta conferma questa intuizione, attesochè veggonsi gl’ insetti pronubi fermarsi ore intiere sopra le piante di C. Emerus, visitando ripetutamente tutti i fiori, e attesochè presso i fiori vecchi nell'interno della carena non riscontrasi d’ ordi- nario che poco o punto polline; locchè implica che siano stati visi- tati almeno dieci o dodici volte. Ma come agiscono propriamente gl’ insetti per effettuare la dico- gamia nella Coronilla Emerus? Mi riservo verso la fine di questo paragrafo di enunziare in proposito la congettura più probabile e che dovrà aver considerazione fino a che una serie d’accurate inda- gini sperimentali abbia definitivamente chiarito tal punto. Mi basta soltanto di qui notare, che se, in media, ogni fiore di C. Emerus è visitato circa dodici volte dagl’insetti, alla trasposizione pollinica e conseguentemente alla dicogamia è aperto un largo campo d’even- tualità. Stadio quarto. [mpregnazione stimmatica. In questo stadio carat- terizzato da un principio di avvizzimento della corolla, per il quale Jessa comincia a diventare floscia, biancastra e a disorganizzarsi (prime le ali, poi il vessillo, ultima la carena), ha luogo d’ordinario 308 F, DELPINO, il fenomeno seguente. Quel corpo ovoide, mammellare, il quale du- rante i tre stadi precedenti terminava lo stimma, si vede in questo stadio fesso ed aperto in due o tre lobi irregolari, Ora questa ape- rizione è causata dalla confricazione collo strigoso addome o sterno degl’insetti, oppure dall’azione del polline? Non ho potuto chiarire questo punto, ma credo più verisimile la prima ipotesi. ; Varii insetti apiarii sono avidissimi visitatori dei fiori di tal pinne La funzione di pronubo è adempiuta in prima linea da parecchie specie di Zombus, in seconda dall’Antophora pilipes, in terza dalla Aylocopa violacea, e in quarta dalla Eucera longicornis. Il fiore della Coronilla Emerus ha una particolarità che, per quanto veggo, non è stata descritta da nessun fitografo. La robusta unghia del vessillo ha dalla parte interna verso la base un rialzo o callo bifido assai duro. Affiggo qualche importanza a questo carattere, perchè presumibilmente è un carattere d’ordine biologico, fungendo un uffizio analogo ai peli che inanellano il tubo corollino di molte labiate, ai denti corollini di parecchie salvie , alle squame corolline dei Symphytum ecc.; produzioni che visibilmente sono tutte coor- dinate allo scopo d’impedire agl’ insetti non predestinati l’accesso alla cavità mellifera. L’Hippocrepis comosa ha l’apparecchio dicogamico identico affatto a quello della Coronilia Emerus, soltanto che i suoi fiori sono assai più piccoli. Tale pianticella, amante dei luoghi aprichi, prostrata sul terreno forma piccoli tappeti assai Sorbona L’ape comune visita ad uno ad uno i fiori delle ombrelle, e fin qui è l’unico insetto pro- nubo osservato sovra essi, Se si pon mente alla struttura florale della H'ippocrepis, alla forma e funzione speciale delle unghie, del vessillo e delle ale, nasce tosto la convinzione che questa ‘pianta non può essere distinta genericamente dalla Coronilla Emerus. Tanto. più sono confermato in questa opinione, in quanto che l’unghia del ves- sillo presenta il carattere sopravvertito di un callo bifido, che impe- disce agl’inselli non predestinati l’ accesso al miele. Si obbietterà che la Hippocrepis differenzia dalla C. Emerus per la singolare forma ippocrepidea degli articoli del legum e. Non so se ciò debba ritenersi carattere di grande importanza, tanto più che è un carattere affatto ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 509 invisibile nel fiore, sviluppandosi lungo tempo dopo la fioritura, quando cioè il frutto è già molto avanzato nella sua maturazione. Per contro la Ceronilla varia nella struttura florale si scosta assai dalla C. Emerus (4). Esiste ancora, benchè non tanto perfezionato nella sua esecuzione, l'apparecchio dicogamico a pompa e stantuffo ; manca però (almeno negli esemplari da me presi ad esame) ogni secrezione di miele, e così agl’insetti pronubi è offerta la sola esca del polline. La mancanza del miele ha portato seco congrue e razio- nali mutazioni nella struttura florale. Così è scomparsa la cavità mellifera periginica, scomparso il callo bifido nell’unghia del ves- sillo; scomparsi colla mancanza del rialzo basilare del decimo stame i due buchi che mettevano alla cavità nettarifera medesima. Nella Coronilla varia abbiamo dunque un esempio di degradazione biolo- gica e morfologica. Nell’ anteriore pubblicazione sugli apparecchi fecondativi delle antocarpee, a pag. 23 descrissi l'apparecchio del Lotus corniculatus che è somigliante a quello della Coronilla Emerus. In seguito ritrovai l'apparecchio medesimo naturalmente con alcune varianti, nel Zotus ornithopodioides , nella Bonpeania hirsuta, nel Lupinus albus e finalmente nell4nthyllis vulneraria. Se consideriamo quanto differi- scano tra loro i generi Lotus, Anthyllis, Lupinus e Coronilla, avremo un’altra eloquente conferma di quel fatto naturale, che gli apparecchi e i caratteri biologici sono eminentemente saltuarii, e tendono continuamente a ribellarsi alle influenze ereditarie. Nel Zotus ornithopodioides, nella Bonjeania hirsuta V esca è dop- pia, poichè havvi secrezione di miele. In queste due piante poi come anche nell’ /nthyllis vulneraria verificasi un ingrossamento a clava nella estremità dei filamenti; anzi nella Bonjeania hirsula, questo ingrossamento ha raggiunto un grado massimo. L’ estremità dei fila- menti nella Lonjeania, a vece di foggiarsi a clava compressa, si ri- (4) Questi rilievi non mancheranno di avere la loro importanza per quanti ammet- tono la teorica della variabilità delle specie; giacchè , se vi ha nesso di discendenza tra dette piante, bisogna così ordinarle: Coronilta Emerus, Hippocrepis comosa, Coro- milla varia. Per il che si vede come, seguendo detta teorica, riesca incompatibile l'ammissione del genere Hippocrepis. 510 i F, DELPINO, gonfia in una massa spugnosa, globosa, appianata al vertice, la quale contrasta singolarmente per la sua grossezza colla esiguità delle an- tere quando queste emisero il polline. Nel Zupinus albus si osservano notevolissime varianti. In primo luogo havvi perfetta monadelfia. Per regola generale-nelle Papilio- nacee la monadelfia trascina con sè la mancanza della secrezione mellea, e conseguentemente la mancanza della cavità mellifera. Che significato e valore ha infatti la diadelfia in questa famiglia di piante? Vale semplicemente come scissione ed apertura del tubo adelfico degli stami praticata nello scopo di pefmettere agl’ insetti apiarii l’accesso alla cavità mellifera. Ora nel Lupinus albus manca la se- crezione del miele (come ha rilevato anche GC. C. Sprengel), e con- gruamente a ciò il tubo degli stami è perfettamente chiuso. | fiori dunque di questa pianta sono riserbati esclusivamente per gl’ insetti apiarii che vogliono contentarsi di raccogliere polline soltanto. Inoltre il Zupinus albus è notevolmente eterandrico, vale a dire che le sue antere sono dimorfe. Cinque sono maggiori, più lunghe, sagittiformi; cinque minori e di figura tondeggiante. La emissione del polline non è contemporanea come nei Lotus, nelle Anthyllis e Coronilla, ma succede in due tempi. Prima esplodono le cinque an- tere maggiori; poi, alcuni giorni dopo, le cinque antere minori. Quindi havvi uno stadio di più nella evoluzione florale di questa pianta. Manca ogni ingrossamento dell’estremità dei filamenti, ma, in com- penso, l’azione dello stantuffo è eseguita dalle antere, che provvida- mente non offrono più quel fenomeno di esinanizione e restrizione tanto cospicuo nella Zonjeania, nei Lotus, e nelle Coronille. Allorquando le cinque antere maggiori deiscono e versano il pol- line nel vaso chiuso formato dalla congiunzione ai margini delle due valve della carena, i cinque filamenti minori si sono allungati fino a pareggiare i maggiori. Così lo stantuffo in questo stadio è costituito dalle cinque antere primogenite resesi deiscenti, e dalle cinque an- tere minori e secondogenite che deisceranno più tardi, Provandosi a far divaricare il vessillo dalla carena, il polline si vede escire Satto forma di un nastro aranciato. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 344 Nello stadio successivo si trovano esinaniti affatto i cinque fila- menti maggiori colle loro antere; ma i cinque minori crebbero a maggiore altezza; le antere deiscono verso la sommità del vaso, cioè in uno spazio assai più angusto; epperciò valgono da sè sole a com- piere la funzione dello stantuffo. Dicemmo sopra che una tra le funzioni delle ale appo i fiori delle papilionacee si è di rinforzare V apparecchio dicogamico. Quindi è ,ehe si trovano connesse cogli adjacenti pezzi della carena , quando per una congiunzione o aderenza istologica, quando per una doppia bollazione ad uncino (mercè cui le ale e i pezzi della carena s’inca- tenano e incastrano l’un coll’altro in senso inverso). Ora nel Lupinus albus manca la uncinazione, manca la congiunzione istologica colla carena; ma in compenso verso la sommità nella parte inferiore te ale sono congiunte per il toro margine. Così venendo ad essere diva- ricata la carena, la sorreggono ed aggiungono la propria elasticità a quella degli altri pezzi dell'apparecchio, per far sì che, cessata la causa divaricante, rientri il tutto nella primitiva posizione. La struttura florale delle Papilionacee fin qui citate appartiene visibilmente ad un tipo uniforme che noi chiameremo apparecchio a pompa e stantuffo. Ora passerò a discorrere d’un altro tipo non meno ingegnoso, offertoci dalla famiglia stessa, il quale pel suo modo d’a- gire si può denominare apparecchio a scatto. Nel mio opuscolo sugli apparecchi fecondativi delle antocarpee descrissi già dettagliatamente il mirabile apparecchio florale delle medicagini , il quale è riducibile a questo tipo. Ma allora era ben lungi dall’imaginarmi che un apparecchio molto analogo fosse posse- duto da diverse altre leguminose nostrane, come più tardi trovai. Giova qui riprodurre il seguente squarcio. Nelle medicagini « lo stendardo rimane in alto, e sotto esso si trova la unica possibile apertura per cui gl’imenotteri possono introdursi a succiare il miele che, come al solito nelle leguminose, è segregato dal fondo del fiore ed emerge da due piccoli forellini costituiti da un rialzo basilare dello stame superiore non adelfico, intercalato lungo |’ apertura della guaina formata dagli altri nove stami monadelfici. Il pistillo, stretta- mente avviluppato da questa guaina e la cui posizione naturale sa- 349 }. DELPINO, rebbe di essere fortemente arcuato in su, è invece forzatamente te- nuto in una posizione rettilinea orizzontale da un mirabilissimo adat- tamento. La carena fa l’uffizio di redini, e mediante una specie di freno o morso formato da due calli interni relativamente duri e for- tissimi, tira inferiormente e sottende, con una forza incredibile, la colonna ginandroceale, e la mantiene in una posizione rettilinea e forzata. Questa carena è lateralmente rinforzata nella sua azione dalle due ale, le quali verso il mezzo hanno un processo bicipite o. bidentato a guisa d’incudine. L’un dente quasi connato colla carena sporge innanzi, si adatta nella piccola cavità formata dall’ un dei calli, e viene così a rinforzare il morso o freno. L’altro dente sporge in senso contrario, cioè verso l'interno del fiore, e si adagia sulla colonna ginandroceale. Ora l’uno e l’altro dente retroflesso dell’ una e dell’altra ala approssimano , giacendo su detta colonna, le loro punte, per tal maniera che un corpo estraneo non può giungere al miele se non passa in mezzo ad essi e li faccia divaricare. Ora una menoma divaricazione dei medesimi porta una divaricazione dei due calli che costituiscono il freno, i quali perciò perdono la presa della colonna stilostaminale (ginandroceale); questa, libera alfine dalla ten- sione del morso , si curvilinea con grande impeto, scatta come una molla e batte verso la gola dell’insetto, ottenendo due scopi: in primo luogo sparge in questa gola tutta la sua abbondante provvigione di polline; e siccome questa gola per eguale procedimento seguito nei fiori precedentemente visitati, è già tutta piena e cospersa di polline, lo stimma è confricato fortemente contro essa gola, e prende perciò del polline ivi preesistente, cosicchè se non necessariamente, even- tualmente almeno la dicogamia pare anche in queste piante assi- curata. » Ora nelle ginestre da me esaminate, ma segnatamente nella Ge- nista pilosa, la struttura florale dà risultati identici, benchè con mezzi e sotto circostanze alquanto differenti. In questa pianta manca affatto il freno, le redini e il processo bicipite delle ale. La colonna ginandroceale è qui mantenuta in una forzata posizione rettilinea da un altro spediente per verità semplicissimo. Quando il fiore sboccia, i pezzi della carena sono saldati non solo lungo il loro margine infe- ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. SAI riore, ma eziandio in tutto il loro margine superiore; di modo che la carena non è che una guaina compressa , ermeticamente chiusa, entro cui si nasconde la colonna ginandroceale , e siccome questa guaina è retta, così la incelusavi colonna deve forzatamente serbare la posizione rettilinea. Posandosi un insetto sul fiore e facendo divaricare la carena dal vessillo , sempre più cresce la tensione della colonna ginandroceale, la quale a tal punto squarcia la saldatura superiore delle valve della carena , scatta con violenza, e spande tutto quanto il suo polline, projettandolo con forza contro l'addome dell’insetto. Scattata che sia la colonna ginandroceale , la carena e le ale più non risalgono alla primitiva posizione, ma restano d’ora in poi dejette, mentre perfettamente denudata emerge la colonna suddetta. Così con estrema facilità e a primo sguardo si può distinguere un fiore vergine da un fiore deflorato. Ogni fiore presso cui vedesi messa a nudo la colonna ginandroceale è infallibilmente deflorato. Se si piglia un fior vergine , e se, tenendo fermo il vessillo , si trae in basso la carena prendendola destramente per la punta, si vede succedere in breve lo scoppio, e una nuvoletta di polline si spande tutt’ intorno. Feci scattare per tal modo parecchi fiori. Vidi volar via tutto il polline, ed immediatamente dopo esaminando lo stimma, mi accertai che lo stesso riteneva pochissimi granelli di polline. Laonde propendo a credere che la possibilità della omogamia sia per questa pianta esclusa od improbabile, e che l'intervento degl'insetti sia necessario. Siccome in questa specie lo stimma è liscio e privo d’ogni umore, ed il polline è secco e polveroso, si comprende che l’avvertito scatto sarebbe un pessimo mezzo per effettuare la omogamia: tutto l’ appa- rato sarebbe un vero controsenso. Ora la Natura non commette as- surdità, e noi abbiamo imparato ed impareremo ogni di più che le forme degli esseri viventi sono profondamente razionali. L’ insetto pronubo di tal pianta , visitati parecchi fiori vergini, deve avere, in conseguenza degli scatti provocati, tutto il suo stri- goso addome carico di polline. Posandosi in tale stato sopra altro fiore vergine, succede un nuovo scatto , ed avvengono in un solo SA F. DELPINO, istante tre cose: si spande e projetta nuovo polline sull’ addome; lo stinima percuote con violenza contro l'addome medesimo; le sue te- nere cellule si devono qualche poco contundere, ed appiccicarsi al- quanto del polline ivi depositato e tolto ai fiori antecedentemente visitati, Per tal modo la dicogamia sarebbe assicurata. La Genista pilosa non ha miele. La monadelfia è un carattere pro- prio delle ginestre, e noi notammo già che Ja monadelfia presuppone inesistenza nei fiori della nettaroteca medesima , quindi mancanza della mellificazione ; .laddove la diadelfia significa diametralmente l'opposto (1). Perciò gl’insetti che visitano i fiori della Genista pilosa, debbono contentarsi del polline. Nel citato mio opuscolo, parlando dei fiori di Medicago, dissi che ciascuno di essi non poleva essere visitato più di una volta dagl’in- setti. Infatti la colonna ginandroceale, quando n°è avvenuto lo scatte, è arcuata e adpressa con gran forza contro il vessillo, chiudendo così l’accesso alla cavità mellifera. Soggiunsi poi, per via di conget- fura, essere forse questa una saggia disposizione, perocchè econo- mizza l’azione degl’ insetti. I quali volando sopra le infiorescenze delie medicagini ed acquistata la pratica, fuggono subito quei fiori ove raovisano spostata la colonna ginandroceale, e solo si adoperano di suggere gli altri, ove la loro azione produrrà sull’istante lo scatto della colonna. Avrebbe così la Natura trovato nelle medicagini il mezzo di eseguire la fecondazione dicogamica , mediante una. visita unica; ripiego provvidissimo se si pon mente al numero grande dei fiorellini dell’ erba medica. {4) Non è gia che tutte le papilionacee diadelfe debbano di necessità aver miele; ma, tuttavolta che si riscontra una specie diadelfica sprovvista di miele, se ne può inferire che in tal caso la diadelfia è meramente un carattere ereditario, un segno di discendenza da proavi, presso i quali la diadelfia fungeva l’ufizio suo normale. Di quanto qui asseveriamo abbiamo un esempio nella Coroniita varia. La C. varia, la C. Emerus, la C. comosa ( Hippocrepis ) sono tutte diadelfe. Ora la C. varia, a diffe. renza delle altre due, non ha miele; ma si osservi quali cambiamenti ha subito nel- l’interno del fiore; il rialzo basilare ‘dello stame libero non esiste più; lo spazio 0 anello periginico mellifluo del talamo è obliterato. Tutto ciò mostra a. meraviglia avere Ja diadelfia nella Coronilla varia perduta la sua funzione, ed essere soltanto un segno ereditario, un residuo indicante la discendenza della Coronilla varia da un tipo affine alla Coronilla comosa. - ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 348 Ora ciò che nelle Medicago dovè restare allo stato di congeltura, perchè non mi è riuscito giammai di sorprendervi insetti e di osser- vare come vi si diportino, con mia non piccola soddisfazione ho rile- vato essere una verità di fatto presso la Genista pilosa. Questa pianta sociale costituisce nei colli aprichi della Liguria ameni ginestreti che si coprono sul principio della primavera di ab- bondante fioritura, per modo che giallo comparisce da lunge lo spazio occupato dai medesimi. L’ insetto pronubo è l’/nthophora pilipes. È interessante il vedere con quanta sveltezza e attitudine adempie il delicato compito affidatole dalla Natura. Visita accuratamente e con estrema rapidità ad una ad una tutte le verghe fiorite, e tra tanti fiori che passa sorvolando, si ferma soltanto in pochissimi, in quelli cioè che mostrano di essere vergini, evitando gli altri ove ravvisa spostata e denudata la colonna ginandroceale. Così pochi insetti ba- stano a fecondare ginestreti di uma considerevole estensione. Mancando l’appulso degl’ insetti pronubi , la colonna ginandroceale si sposterebbe ella da sè? Ho motivo di non crederlo , sebbene mi manchino prove perentorie. Presi e ritenni in vaso pieno d’acqua fresca per oltre quindici giorni poche verghe fiorite di questa gine- stra. I fiori svolti entro questo lasso di tempo erano pur freschissimi e pieni di vita; non ostante nessuno offerse da per sè lo scatto suac- cennato. Perchè scattassero, bisognò mai sempre che jo facessi for- zatamente divaricare il vessillo dalla carena, come fa l’ insetto pro- nubo. Lasciai parecchi fiori intatti. Questi si mantennero , in attesa delle nozze , freschi per circa dieci giorni; passato questo termine avvizzirono e caddero insieme coll’ovario. Ciò mi fa pensare che presso tali piante, malgrado che il polline sia in contatto collo stimma, non possa succedere la fecondazione monoclina , ma sia ne- cessario l'intervento degl’insetti e la promiscuità delle nozze. Nelle verghe suddette, conservate da me oltre quindici giorni, i fiori bassi, quelli cioè che, sbocciati all'aperto, erano stati deflorati dagl' insetti, avvizzirono subito, lasciando però il frutto bene attecchito ed avviato alla maturazione. (4). (1) Nello stesso vaso e nello stesso tempo conservai parecchi steli di Lolus cornicu- latus in piena fioritura. Qui il polline non solo è in contattu collo stimma, ma si 316 F. DELPINO, Or quanta differenza tra l'apparecchio florale a scatto, e tra quello dianzi esaminato a pompa ed a stantuffo, presso cui, escendo il pol- line a poco a poco in forma di nastri, occorre che ciascun fiore sia visitato dagl’ insetti un numero grande di volte! E perciò che i fiori della Coronilla Emerus sono necessariamente diuturni, mentre quelli della Genista pilosa sono per natura efimeri, o diuturni nel solo caso che loro manchi l’appulso degl’insetti pronubi. Tutte le ginestre da me fin qui esaminate ( Genista germanica, G. genuensis ed altre) riproducono più o men bene l’apparecchio or ora descritto; così pure lo Spartium junceum, e, se la memoria non mi tradisce , anche l’Z/lex europaeus e il Sarothamnus scoparius. Presso la Genista genuensis la colonna ginandroceale è molto più ar- cuata., e scattando rimane adpressa contro il vessillo , come succede nelle medicagini. Nello Spartium junceum si danno alcune varianti, In primo luogo il polline non è polveroso come nelle ginestre sopra citate ma è at- taccaticcio. Lo stimma poi è foggiato diversamente. Esso non è api- cale, come nelle Papilionacee fin qui esaminate, perocchè l'apice dello stilo nello Spartium è costituito dal tessuto dello stilo mede- simo. È invece subapicale ed è rivolto verso il centro del fiore, vale a dire postico rispetto ad uno che guardi il fiore. È composto di due parti, cioè di una lama tagliente e di un sottostante strato di papille, assai tenere , soggette a disfacimento. e deliquescenza qualora. subi- scano una pressione o confricazione anche leggiera. Presumo che si cambino in sostanza viscosa. Se col polpastrello dell’indice si striscia dalla base dello stilo verso la sommità , si sente col tatto la lama semicircolare; la quale è cor- nea, tagliente, ed esercita perciò una sensibilissima azione abradente. Ripetendo due o tre volte lo strisciamento, anche leggermente, si vede che le anzidette papille si sono disfatte. La funzione della lama semicircolare (o più esattamente a mezza raduna tutto intorno e lo comprime fortemente da ogni lato. Qualì migliori condizioni si potrebbero desiderare e imaginare per la omogamia? E non ostante la omogamia non ha luogo, come è dimostrato dai fiori che, lungi dallo appassire, si mantengono freschi per lungo tempo, e dallo stimma che, visto colla lente, si rivela vergine e intatto. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 317 corona) per me non è dubbia. Essa è designata all’abrasione del pol- line dall’addome del retrogrediente insetto. La funzione delle papille per contro non mi è ben chiara; ma io sospetto grandemente che le medesime, soggette a disfarsi sotto l’azione dell'addome strigoso de- gl’insetti pronubi, somministrino una viscina impastatrice del polline, e che in conseguenza per questa pianta l’ intervento degl’ insetti sia una condizione indispensabile alla fecondazione. In tal caso la legge dicogamica avrebbe qui completa esecuzione. Questa vaghissima pianticella, che porse argomento alla più bella canzone dell’ultimo grande poeta italiano, per la grandezza de’ suoi fiori giallo-dorati, per la sveltezza delle sue verghe tanto ricche di fiori quanto denudate di foglie, perchè ama vivere AALST OUR sull’arida schiena La qual null’altro allegra arbor né fiore, e infine perchè Di soavissimo odor manda un profumo Che il deserto consola, si trova nelle circostanze le più favorevoli per attirare da lunge gli insetti pronubi. La Aylocopa violacea è la più frequente visitatrice de’ suoi fiori. Infine tra le specie dotate d’apparecchio dicogamico a scatto, contar debbono eziandio quelle del genere /ndigofera. lo non potei esami- narne che una sola specie frutescente, coltivata in piena terra, a fo- glie multijughe, a grappoli lunghi ascellari, che forse è l’/ndigofera macrostachya Vent. La pianta è diadelfa ed ha una secrezione mellea abbondante. Le valve della carena sotto, sopra e all’apice, ossia per tutta la loro circonferenza, sono saldate nei margini. La colonna ginandroceale tende con gran forza d’elasticità verso l’alto, mentre la tensione ela- stica della carena è in direzione diametralmente opposta, cioè verso il basso. È evidente che, ove si squarci la saldatura superiore delle valve carinali, avviene un doppio scatto elevandosi la colonna ginan- drica e abbassandosi la carena. 318 F. DELPINO, > La carena produce ai due lati, destro e sinistro, stese nel senso di sua lunghezza, due escrescenze per via di bollazione od ernie, Sovra queste si adagiano le ale, formando una specie di piano 0 comodo soppedaneo per l’appulso degl’insetti pronubi. Oltre ciò le ale hanno verso la base margini callosi approssimatissimi, conniventi per modo da precludere ogni adito al miele, ad ogn'insetto o ad ogn’altro corpo, salvo non sia la proboscide di robuste apiarie. Le quali, posandosi sul soppedaneo formato dalle ali, e introducendo a forza la probo- scide nella cavità mellifera, scostano i margini callosi delle ali mede- sime. La carena in tal punto rompe la sutura sua superiore, si retro- flette con violenza, mentre la colonna ginandroceale percuote con forza contro l’addome dell’insetto e vi spande tutto il polline. Lo stimma globoso è composto di cellule assai tenere ; in quest urto si contunde e si agglutina una porzioncella del polline appartenente ai fiori precedentemente visitati. L’ insetto pronubo dev'essere -un’apiaria di gran taglia (Zom- bus, ecc.). M' imagino che nei luoghi nativi I’ insetto destinato a pro- nubo debba per le prime volte rimanere spaventato da cosifatte esplosioni, fino a tanto che acquisti la esperienza della loro innocuità. Nella pianticella da me veduta, sorpresi parecchie volte il Zombus italicus , e realmente nel suo diportarsi era visibile una singolare perplessità e trepidazione. L'apparecchio delle /ndigofere è intermedio tra quelli delle medi- cagini e delle ginestre, avendo in comune colle medicagini la secre- zione mellea, la esplosione per iscostamento dei calli delle ale. e colle ginestre la saldatura dei margini superiori delle valve, la man- canza di redini e di freno. A. P. De Candolle, Vaucher ed Alefeld notarono il fenomeno della dejezione della carena nelle piante succitate, ma senza intenderne la razionalità. Hildebrand ed io; non sapendo !’ uno dell’altro e a pochi mesi d’intervallo, lo scoprivamo nella Medicago sativa e falcata (V. Hildebrand, Veber die Yorrichtungen an einigen Blithen zur Befruchtung durch Insektenhilfe nella Bot. Zeit. del 9 marzo 1866). Le Papilionacee presentano un terzo tipo d’apparecchi dicogamici, per la loro struttura non meno mirabili dei precedenti. Volendo dar ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 3419 loro un nome generico si possono chiamare apparecchi setigeri 0 a setole. Presso tutti infatti peli o setole, più o meno numerose e varia- mente ordinate nella sommità dello stilo, costituiscono l’ ordigno più importante. Di questo genere di apparecchi ne ho osservate tre specie diverse. Una specie vedesi mirabilmente eseguita nei Phaseolus e segnata- mente nel Ph. Caracalla. La descrissi a pag. 25-26 del già citato opuscolo. Lo stilo e i filamenti sono lunghissimi, e rinchiusi entro una carena pur lunghissima, lineare, a valve saldate sopra e sotto, libere soltanto all’apice. Questa carena è così convertita in una vera manica o guaina, che custodisce entro di sè filamenti, antere, stilo e stimma. Ora siffatta manica e gli organi inclusivi essendo estrema- mente lunghi, la Natura ha provvisto che siano avvolti ad elica con tre, quattro e fin cinque giri, secondo le specie. La estremità dello stilo è tutta irta di setole disposte come lo sono in una spazzola ci- lindrica. Posandosi un insetto sul fiore, oppure facendo artifizialmente divaricare il vessillo dalla carena, si vede sbucare lo stimma e poi detta spazzola dalla bocca della guaina e versare fuori una porzione di polline. Ritirandosi l’insetto o cessando la divaricazione, la spaz- zola rientra nel fodero. Ripetendo la divaricazione, esce di bel nuovo la spazzola e spande -fuori altra porzione di polline; cessando la di- varicazione , rientra di nuovo nella guaina, e così per un numero indeterminato di volte. Per tal maniera, e a piccole porzioni per volta, tutto il polline che si trova nella carena viene versato fuori e ceduto a quella parte del corpo degl insetti pronubi che si confrica colla bocca della guaina suddetta (1). Veggasi qui quanto mirabilmente la Natura abbia, con un apparec- (dj) Questo carattere essenziale, ben definito da Linneo colle parole carina cum sta- minibus slyloque spiraliter tortis, non é veramente comune a tutte quante le specie del genere Phaseolus: infatti presso il Ph. Mungo, Ph. vexillatus, Ph. angulosus ed altri, la carena è semplicemente falcata. Nel Ph. erectus è uncinara (V. Gaet. Savi, Osservaz. intorno ai generi Phaseolus e Dolichos, I p. 4. 5). Ma invece carattere costan- tissimo è la eccentricità della carena medesima. Nei Ph. vexillatus, Mungo, Hernandesti, trilobus la eccentricità è a sinistra. A destra è presso i Ph. Caracalla, vulgaris, mul- tiftorus, lunalus, angulosus, ecc. Quindi è che alcune specie di fagiuoli sono fecondati mediante il fianco sinistro delle apiarie, ed altre mediante il fianco destro, 320 F. DELPINO, chio ben diverso da quello della Coronilla Emerus, conseguito un identico risultato. Allo stantuffo prodotto dal rigonfiamento dell’estre- mità dei filamenti, e che ad ogni depressione della carena versa fuori una piccola porzione di polline, la Natura ha sostituito, con pari effetto, lo spediente d’una spazzola cilindrica collocata alla sommità dello stilo. La seconda specie del tipo di cui ragioniamo scorgesi eseguita nel Lathyrus pratensis e nell’ Orobus tuberosus, e verisimilmente in altre specie di questi due generi. Il vessillo , le ali, la carena sono disposte presso a poco come nelle altre Papilionacee. Ciascuna delle due ali è concatenata colla sottoposta valva carinale mediante la so- lita bollazione adunca, Questa disposizione indica d’avanzo che per la fecondazione dicogamica di queste piante occorre la depressione della carena dal vessillo per opera degl’ insetti. Oltre ciò ciascuna delle due ali sviluppa e dirige verso il fondo del fiore un processo simile a un braccio d’ incudine. Questi due processi si adagiano a cavalcioni sovra la colonna ginandroceale; e. siccome sono elastici, quando è avvenuta la depressione della carena, tendono a far risa- lire tutte le parti nella primitiva posizione. Cosiechè deprimendo quante volte si voglia la carena, questa, cessata la forza deprimente, per elasticità si rialza e riprende il suo posto. . Importante è la conformazione dello stilo. A un dato punto della sua lunghezza , s’ inflette bruscamente facendo un gomito ad angolo quasi retto. La parte inflessa si dilata in una lamina ovale, il cui contorno è cilialo da setole pettinate , riflesse. Così si ha una vera corba o cestella ovale, perpendicolare , col fondo rivolto al centro del fiore. Nel primo stadio ossia poco prima dello sbocciamento del fiore, deiscono le antere e il polline ch’emisero si raccoglie entro la carena dietro a cosiffatta cestella. Ora posandosi un insetto sul fiore, la carena è depressa, la cestella esce fuori con una porzione di ‘polline, il quale non manca di essere portato via dall’addome dell'insetto medesimo. Ripetendosi la visita succede la stessa cosa, e ad ogni depressione della carena esce fuori la cestella con perequate porzioni di polline, fino a che tutta la provvigione viene esaurita, All’ apice di questa ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI ECC. 324 cestella è situato lo stimma, ovoide e compresso. Il suo tessuto tene rissimo, soggetto a confricarsi coll’addome strigoso degl’ insetti, con tunde senza dubbio le sue cellule , e si agglutina polline di fior precedentemente visitati, Nel Zathyrus pratensis e nell’Orobus tuberosus la corba ha il suo fondo rivolto precisamente verso il centro del fiore, ma invece nel Zathyrus annuus e particolarmenre nel ZLathyrus sylvestris, il piano della corba o cestella è obliquo. Il fiore ne riesce alquanto ‘eccentrico, e l’insetto pronubo opera la trasfusione pollinica non più coll’addome ma col fianco destro , ripetendosi qui mirabilmente pe] medesimo scopo la eccentricità da noi avvertita nel genere Phaseolus (non che in alcune specie di Polygala esotiche). Questo carattere della obliquità della cestella pollinica (1), per quanto insignificante possa parere ad uno sguardo superficiale, indica un perfezionamento nell’apparecchio, che può avere una grande in- fluenza sulla vita e sulla diffusione di dette specie. La eccentricità florale del Lathyrus sylvestris e annuus agevola grandemente agl’in- setti la divaricazione del vessillo dalla carena, mentre la stessa cosa non può dirsi pel Lathyrus pratensis e pell’Orobus tuberosus, ove gl’ insetti si vedono stentare grandemente rfell’atto di praticare la divaricazione medesima. Forse questa è la ragione per cui molti bombi ed api, nel visitare i fiori di Orobus, a vece di seguire la via legittima voluta dalla Natura , e così contribuire al ben essere della specie che li nutre, ricorrono ad un malizioso spediente. ! bombi si posano sopra i fiori; forano colla proboscide il calice precisamente nel sito che corrisponde all’ apertura della cavità mellifera; le api invece con rara sagacia si capovolgono alla parte sottana del fiore, e, dove le ali si accostano alla carena, ivi essendo un’angusta fessura, per essa ficcano la proboscide e la fanno giungere fino al miele. (4) Nel Lathyrus annuus e nel L. Sylvestris, la espansione dello stilo diversifica da quella degli altri citati Lathyrus e Orobus, non solo per la sua obliquità, ma anche perchè è meno larga, e perché è pelosa alquanto nel suo mezzo, cosicchè, a rigore, anziché la funzione di cestella, rappresenterebbe quella di una spazzola lunga e piana. S’'imagini una spatola coperta di peli da una faccia soltanto, e questa faccia è preci- samente rivolta al fianco destro dell’insetto entrante. Vol. XI. 21 d22 F. DELPINO, Verso la fine della fioritura di questa pianta è difficile trovare un fiore il quale non presenti nel calice forato testimonianza della viola- zione d'una legge naturale per parte dei bombi. Ma potrà la Natura dirsi qui frustrata del tutto? No, perchè se detti bombi si contentano di tòrre il miele possono in buon’ora valersi della loro malizia; ma di miele solo non vivono; occorre ad essi anche polline , e se vogliono ad un tempo suggere miele e raccor polline, sarà giuoforza sempre che seguano la via segnata dalla Na- tura. Non conosco a questo riguardo una sola eccezione. I vistosi fiori del Zathyrus sylvestris sono prediletti dalla Aylo- copa violacea; quelli degli altri Lathyrus e Orobus sono frequen- tali da parecchie specie di 4pis, Lombus, Éucera, Anthophora, Xylocopa, ecc. Finalmente la terza specie dell’ apparecchio seligero vedesi realiz-. zata nel gran genere Z'icia. Le specie che vi appartengono ripetono nella struttura florale i Zathyrus e gli Orobus, eccetto le varianti che seguono, La carena verso la sua cima, si conforma in una specie di cap- puccio o ricettacolo, entro cui in un primo stadio florale sono rico- verate le antere e lo sfimma. Poi le antere si aprono, versano ivi tutto il loro polline e tosto, insieme coi filamenti, si contraggono ed esinaniscono. Così quando il fiore è sbocciato , nella cavità del cap» puccio trovasi polline compresso, e, accanto al polline, lo slimma. Questo stimma è foggiato singolarmente. All’apice porta il solito corpo ovoide, tessuto da cellule tenere, e sotto esso ricolta all’'in- fuori una cestella orizzontale formata da una fitta corona di peli, obliquamente eretti, rigidi, partenti da un punto solo dallo stimma e raggianti sino alla periferia dell’orlo della cestella. Ora se si fa la prova di divaricare la carena dal vessillo, si vede uscir fuori la ce- stella carica di un cumulo di polline. Cessando la divaricazione, la carenassi rialza, e stimma e cestella rientrano nel cappuccio stimma- tico. Ripetendo da 3 ad 8 volte circa cosifatta divaricazione, ad ogni volta la coppa si riempie di nuovo polline, e lo versa fuori come fa- rebbe una pala, fin che tutto il polline venga in cotal guisa espulso. Per lo scopo di questo abbassamento e rialzamento, come in tutte le ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. | 325 altre Papilionacee , sono pur nelle veccie mirabilmente articolate ed elastiche le valve della carena, e le ali. Queste ultime vi concorrono ‘mediante il loro dente interno a foggia d’incudine, che, nell’ abbas- sarsi della carena, si trova in posizione forzata e tende perciò a farla rimontare. Le ale assistono la carena, e sopra in più esempj vedemmo per qual meccanismo sono connesse e concatenate le une coll’altra, Nelle veccie manca la solita concatenazione meccanica per via di bolla- zione ad uncino, ma ecco che vi supplisce uno spediente anche più energico. Vi ha nella faccia interna di ogni ala un breve spazio, ossia un punto di congiunzione istologica, ove si vede che il tessuto del- l’ala e quello dell’adjacente valva carinale sono innestati assieme. Tanto è meravigliosa la Natura, e tanto è vero che il pensiero è uno, ma la forma e la esecuzione è molteplice! La fava presenta lo stessissimo apparecchio delle veccie, e però mi parrebbe dover essere ricondotta al genere cia. Molti sono i pronubi delle veccie e della fava. lo notai bombi d ; diverse specie, le api, le antofore e le eucere; ma se vi hanno fiori che presentino agl' insetti un entrata faticosa, sono principalmente questi. Ed anche qui i bombi e le api frustrano per lo più le inten- zioni della Natura, schivando la entrata legittima, e forando il calice nel punto che corrisponde a uno dei due fori della cavità mellifera. I fiori che sogliono giornalmente aprirsi in un campo seminato a fave, di qualche estensione, si possono calcolare a. milioni. Or bene, verso il termine della fioritura, fra tanti è estremamente raro tro- varne uno, il quale non abbia il calice forato nella sovraindicata guisa, Per contro osservai, che, nel principio della {fioritura delle fave, le api e i bombi sogliono entrare nel fiore per la via legittima. Non ho potuto penetrare fin qui le ragioni di questa differenza. Forse questo fatto è in relazione con quello che gli ultimi fiori delle fave, come mi assieurarono i contadini, sogliono essere sterili. Tra i pro- nubi delle Papilionacee la sola Eucera longicornis non vidi giammai frustrare i voti della Natura, ed ecco come la diffusione e moltiplica- zione di questa apiaria potrebbe per avventura esercitare una bene- fica influenza sulle seminagioni delle civaje. 524 F. DELPINO, Sonvi poi Papilionacee le quali nell’ apparecchio florale non ripe- tono nessuno dei tre tipi suddescritti. Intatto rimane tuttavia presso le medesime il significato biologico del fiore papilionaceo; così il vessillo ampiamente sviluppato e tinto a vivi colori, serve sempre al richiamo degl’ insetti; la carena si presta benissimo alla solita diva- ricazione, e le ali assistono questa carena, sia rinforzando 1’ apparec- chio, sia fornendo comodità di appulso e di soppedaneo agl’ insetti pronubi. Il moto di depressione e di successivo rialzamento della ca- rena ha per effetto sempre (sebbene in maniera di gran lunga meno ingegnosa e perfetta) di trasportare poco per volta fuori tutto il pol- line depositato nell’ interno , di appiccicarlo ai peli dell'addome de- gl’insetti visitatori, e infine di far confricare lo stimma coll’addome medesimo. Questo tipo si può ritenere il più semplice e volgare degli appa- recchi papilionacei, ed è proprio della maggior parte delle Papilio- nacee non solo , ma è reperibile eziandio presso piante appartenenti ad altre famiglie distantissime (Poligalee, Scrofulariacee), come ve- dremo infra nel capitolo dedicato alle generalità dicogamiche , ove tale fenomeno di ripetizione ci fornirà materia d’importanti riflessioni. I fiori delle Papilionacee in ordine alla fecondazione sono stati, per quanto mi consta, esaminati da quattro soli, cioè da C. C. Sprengel (opera citata pag. 356-360), da Vaucher (Histoire physiologique des plantes d’ Europe, Vol. II, p. 39-244), da C. Darwin e da Fed. Hil- debrand. Il primo, mercè la sua solita perspicacia , penetrò molto addentro nella intellezione ed interpretazione del fiore papilionaceo e delle sue diverse parti. Massime gli spetta il vanto d’avere pel primo os- servato e rettamente interpretato il meccanismo della fecondazione nel genere Phaseolus. Ma non vide tutto, conciossiachè parlando dei generi Medicago, Lotus, Lupinus, Vicia, Lathyrus, Orobus, Genista e Spartium, non fece menzione alcuna delle mirabili e differenti conformazioni proprie a ciascuno di essi. Tutto quanto invece scrisse in proposito il Vaucher, benchè la sua opera sia comparsa un buon mezzo secolo più tardi, è dai fon- damenti erroneo ed inutile. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 325 : Di Carlo Darwin so che negli 4nn. of. nat. history per l’anno 1858 ha inserito una memoria On the agency of bees in the fertilisation of papilionaceous flowers. Malgrado il mio vivo desiderio di leggere questo scritto, non ho potuto procurarmelo, e quindi non saprei che dirne. Lo stesso autore nell'opera On the origin of species comparsa tre anni dopo la succitata memoria , al capitolo II. $. VII nota quanto segue: « È constatato dalla esperienza che i bombi sono quasi indi» spensabili alla fecondazione della Z'iola tricolor, perchè le altre api non la visitano. Scopersi altresì che la visita delle altre api è neces- saria alla fecondazione di alcune specie di trifoglio. Per esempio 20 capolini di Zrifolium repens diedero 2250 semi, mentre venti altri capolini premuniti dall’ accesso delle api non ne produssero neanco uno. È bombi soli visitano il Trifolium pratense giacchè le altre apiarie non possono spingere la loro proboscide fino al miele. » E altrove nella stessa opera cap. IV $. V: « i tubi corollini del Trifolium pratense e T. incarnatum a prima vista non sembrano differire in lunghezza , non ostante l’ape può con facilità suggere il néttare del 7°. incarnatum ma non quello del 7° pratense. Cosicchè un campo intiero di quest’ultima specie offrirebbe invano una abbon- dante raccolta di néttare alla nostra ape domestica. Ciò è tanto più notevole in quanto che l’ape medesima, in autunno, visita spesso il campi di 7. prafense, adescata da una certa secrezione che trova tra i fiori medesimi. Sarebbe dunque vantaggioso per l’ape domestica il possedere una proboscide più lunga od altramente costrutta, » Ho riportato questi passi perchè è dimostrato per esperienza di- retta, almeno nel genere Zrifolium , essere verità ciò che è rivelato da una sagace intuizione del concetto dicogamico e della razionalità che informa da cima a fondo gli organi florali delle Papilionacee. Quanto poi ai deltagli riferiti dal Darwin relativamente all’ intervento degl’insetti pella fecondazione del Zrifolium pratense, Trifolium in- carnatum e della Yiola tricolor, conoscendo io per prova la somma coscienziosità ed esattezza delle osservazioni del Darwin medesimo, non metto in dubbio quanto egli osserva , ristrettivamente almeno all’Inghilterra o alle località ove egli possa ‘avere dimorato. Ma devo * 326 F. DELPINO, significare che le mie proprie osservazioni mi dettero un risultato alquanto divergente. Nella Liguria orientale, infatti, pronuba attivis- sima della Z'iola tricolor mi si è offerta I’ 4nthophora pilipes, e quanto ai trifogli, ecco quanto rilevo fedelmente dal memoriale che mi accompagna nelle mie escursioni: « nel Zrifolium pratense accor- rono singolarmente l’.7nthophora pilipes e un Halictus: anche l’ape vi concorre, ma pare che preferisca il Zrifolium resupinatum e il T°. repens. »» | Infine Hildebrand nel già citato scritto ha discorso della feconda- zione nei generi Medicago e Indigofera venendo a conclusioni molto analoghe alle nostre. e nella sua pregevolissima opera die Gesch- lechter-Vertieilung bei den Pflanzen ecc. (Lipsia, 1867), di cui è data un’analisi nel vol. X, fasc. III degli Atti di questa Società, esprime nettamente che nelle Leguminose (e, secondo lui, anche nelle Labiate), concedendo anche come possibile la impollinazione monoclina e per- ciò la fecondazione omogamica , non ostante nei fiori si discernono disposizioni tali da obbligare gl’ insetti visitatori ad effettuare la fe- condazione dicogamica. Quanto a ine mi sento propenso a fare un passo più innanzi e se considero che tutta la struttura florale delle Papilionacee. conduce a questo che lo stimma ad ogni visita d’ insetti venga confricato forte- mente contro l'addome loro strigoso., se considero che tale stimma è composto di cellule molli e sugose, le quali in questa confricazione non possono a meno di subire una contusione o una lacerazione, se considero massimamente le tenerissime papille stimmatiche dello Spartium junceum ,le quali, nell’impeto della esplosione della co- lonna ginandroceale, percuotendo contro l'addome delle Aylocope, e dei Zombus debbono necessariamente contundersi , e verisimilmente fornire una viscina impastatrice del polline, se a queste considera- zioni aggiungo le esperienze di Darwin dalle quali risulta che i ca- pitoli dei trifogli sottratti dall’ appulso degl’insetti non fruttificano affatto, io mi avventuro ad emettere la congettura che nelle papilio- nacee, in quelle almeno fin qui addotte, la visita degl’ insetti debbe essere non solo utile perchè trasferisce il polline da un fiore all’ altro, ma indispensabile perchè contunde le cellule stimmatiche. Se ciò' è ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC, 327 vero, queste piante rientrano nell’ assoluto. impero della dicogamia; ma questo punto dovrà essere definitivamente chiarito. da. positive esperienze. Se dal ristretto punto di vista delle Papilionacee noi ci eleviamo con Rob, Brown (£linder’s voyage to Terra Australis, vol. Il, p.550 e segg.) al gruppo generale delle Leguminose , noi troviamo che il tipo delle Papilionacee si trasforma in quello delle Mimosee ,. transi- tando però prima pel tipo delle Cesalpinee. Ponendo a confronto queste due ultime famiglie colle Papilionacee, troviamo insigni differenze. Laddove le Papilionacee hanno lo stimma e le antere internate costantemente in una cavità da cui non. escono salvochè per una divaricazione causata dagl’ insetti, nelle Cesalpinee e nelle Mimosee invece, tanto le antere quanto gli stimmi rimangono costantemente esternati e scoperti, Questa condizione ha con sè tra- scinato la totale metamorfosi dell’apparecchio dicogamico. Le funzioni della carena e delle ale essendo abolite, aboliti vengono naturalmente gli organi che la compievano. La funzione vessillare invece di essere ridotta ad un petalo solo, come nelle Papilionacee , si è ripartita e ripristinata in tutti i petali ( Cassia, Cercîs, ecc.), oppure nei petali ad un tempo e nei filamenti ( Zoinciana), oppure nei filamenti sol- tanto (Mimosa, Inga Albizzia, ecc.). Nel primo caso, cessando la pre- ponderanza d’un petalo sugli altri, il fiore si accosta notevolmente alla regolarità, come veggiamo appunto nella Cassia e in altre Ce- salpinee. Nel secondo caso, oltre questa regolarizzazione , troviamo uno sviluppo enorme dei filamenti, che si tingono in vivi colori, come nella Poinciana. Nel terzo caso questo sviluppo di filamenti colorati è tanto preponderante, che ha tutta in essi concentrata la funzione di attrarre gl’insetti per azione sulla facoltà visiva. Quindi è che nelle Mimosee Ja corolla è più o meno completamente abolita, essendo la sua funzione stata deferita agli stami, e il fiore è ritornato perfetta. mente regolare. Tutto ciò è improntato di perfetta razionalità, e. non è che qualche naturalista di gabinetto che vorrà negarla. Non mancano Papilionacee che hanno modificato considerevolmente l'apparecchio dicogamico, e così segnato da più punti il loro transito alle Cesalpinee. È interessante per questo riguardo esaminare la 928 F. DELPINO, struttura fiorale dell’4morpha fruticosa , dell’ Amherstia nobilis e sovralutto del genere £rythrina. i ss Il genere Zrythrina è unito da stretta parentela col genere Pha- seolus, com'è palesato dallo speciale abito delle foglie, proprio della tribù delle Faseolee. È non ostante quanta diversità nel fiore , e nel concetto dicogamico incarnatovi | 3 Nella Erythrina Cristagalli il peduncolo di ogni fiore si contorce, fa una mezza rivoluzione, ed ecco che l’apparecchio dicogamico è rovesciato. Questo rovesciamento porta con sè fondamentali innova- zioni e mutazioni nel fiore. Non hanno ragione di esistere ulterior- mente nè la carena nè le ali. Il solo vessillo è rimasto, come quello che o rovesciato o diritto adempie egualmente bene la sua funzione. Le ali sono affatto abortite , scolorate e rudimentarie , mero segnale di discendenza da proavi (tipo Phaseolus) ove le ale medesime aveano propria e determinata funzione. Esistono i pezzi omologhi alle valve della carena, ma, invece di foggiarsi a carena, si uniscono insieme e costituiscono una specie di guaina aperta, resistentissima, immobilis- sima, non retrattile ., che superiormente abbraccia e rinforza la co- lonna androceale diadelfa , e inferiormente si dilata in una grande cavità, destinata a contenere il néttare. Dall’apice della guaina esce la colonnna androceale, solidissima, i cui filamenti sono liberi all’a- pice per brevissimo tratto; le antere si dispongono in una corona od aureola elittica, in mezzo a cui, ma non in contatto con essa si trova lo stimma, semplicissimo, consistente in un tubercolo conico, bianco, . composto di cellule molli, le quali sotto una lievissima pressione si distruggono. Gli animali pronubi non possono mancare di contunderle e lacerarle nell’occasione di visitare i fiori. Le infiorescenze di questa eritrina sono, oltre ogni altra, vistose. Pel color puniceo vivo del vessillo, per la grossezza e il gran numero dei fiori disposti come sono in tirsi terminali fornitissimi, tali piante posseggono in estremo grado la potenza di agire sulla vista dei pro- nubi e di attirarli. Ma non ne appagano soltanto la vista , giacchè straordinariamente abbondante è la secrezione del néttare. Sotto questo riguardo la £ry- thrina Cristagalli può lottare vittoriosamente col Melianthus, e non ULTERIORI OSSERVAZIONI È CONSIDERAZIONI, ECC. 329 cede forse che al solo genere orchidaceo Coryanthes. Il miele è se- gregato da dieci protuberanze o linguette glandolose inserite perigi- nicamente nello spazio talamico annulare tra la inserzione degli stami e quella dell’ovario; esce fuori dalla fessura prodotta dalla diadelfia, e si raccoglie in gran dose nell’ ampia cavità formata dalle valve quondam carinali. Chi crederebbe che questa pianta, coltivata nei nostri giardini ove prospera a meraviglia sebbene oriunda del Brasile, la quale offre tante attrattive e tanto cibo, non è visitata che poco o punto dalle nostre apiarie? Vi sorpresi la sola ape domestica, che vi accorre di mala voglia. Si ficca tra il vessillo e la colonna ginandroceale, si ferma moltissimo a suggere il miele; ma non valendo a suggerlo tutto, più d’un fiore non suole visitare, e fugge all’ alveare col ven- tricolo rigurgitante. Nè le api dunque, nè gli altri insetti apiarii per grossi che siano, nè le farfalle possono essere gli animali predestinati alla fecondazione di questa pianta. Questo compito è senza dubbio riserbato ai Zrochili e alle /ectarinie. lo non nutro il menomo ti- more che la osservazione diretta venga a smentire questa mia con- gettura; essendochè tra i pronubi dei fiori gli uccelli anzidetti sono i soli che abbiano uno stomaco capace a contenere il miele di molti fiori di eritrina, e che siano in grado così di operare la trasposizione pollinica. Sono anche i soli proporzionati alla grandezza di tai fiori, e ì soli che mentre libano il miele possano confricare la testa contro l’aureola elittica ove si trovano le antere e lo stimma. Le altre eritrine diversificano meravigliosamente per la struttura dell'apparecchio florale, sia dalle altre specie delle Faseolee, sia dalla Erythrina Cristagalli. Noi vogliamo esaminare i fiori, per esempio, della £. velulina, specie che mi pare affinissima all’ £. Corallodendron. Il fiore non è rovesciato. Questa sola circostanza porta con sè che le parti florali abbiano tutt'altra ragione e significato biologico , e tutt’ altra disposizione. Dei cinque pezzi corollini che nelle Papilio- nacee hanno ciascuno un proprio ufficio, un solo è rimasto intatto nella forma e nella funzione. Questo è il vessillo. Abolita completa- mente è la funzione delle ale. Noi vedemmo che nella £. Cristagalli la funzione della carena era abolita bensì, ma commutata con un’ altra. 330 F. DELPINO, Qui invece è abolita senza compensazione. Abolite essendo in questa specie le funzioni della carena e delle ale, razionalmente debbono scomparire gli organi che le attuavano. Quindi è che i quattro petali omologhi alla carena e alle ale scomparvero, 0, per meglio dire, sono reperibili entro l'involucro calicino allo stato di organi rudimentarii, destituiti di funzioni e di scopo, ma indicanti lucidamente che tale eritrina provenne per via di discendenza da un proavo che apparte- neva al tipo del Phaseolus o di altro genere affine. La colonna ginandroceale si è denudata e moltissimo protratta, soggiacendo al vessillo che la eguaglia in lunghezza. I filamenti sono ‘assai robusti e longitudinalmente complanati, acquistando la funzione di soppedaneo, o di tavola d’appulso agl’insetti pronubi, i quali s’in- sinuano tra essi e il vessillo, e, strisciando sulle antere e lo stimma, si avanzano sino al fondo del fiore. Il vessillo è tinto in vivo color coccineo. Quanto alla secrezione mellifera l'apparecchio è simile alle altre Papilionacee. La superficie nettarogena è lo spazio talamico periginico (non già ligule glandulose); — la cavità nettarifera è la base del tubo formato dai filamenti (non già una gran conca formata dai pezzi omologhi alla carena); — l’apertura della cavità medesima è costituita da due buchi prodotti da un rialzo basilare del decimo stame (non già dalla scissione della suddescritta nettaroconca cari- nale); —- il miele è segregato in poca quantità. Se nella £. Cristagalli tutto cospira a legittimare la congettura che i fiori siano fecondati per opera degli uccelli mellisugi, nell'£. velutina per contro tutto cospira a far credere che pronubi ne siano gl’insetli apiarii (4). (1) Ove dell’Erythrina Cristagalli si dovesse costituire un genere a parte, i caratterj differenziali sarebbero i seguenti: apparecchio rovesciato; glandole meltiflue ; nettaro- conca ampia formata dai petali carenali; antere disposte in aureola elittica. Secondo i vigenti criterii queste differenze parmi che basterebbero a giustificare la fondazione d’ un genere nuovo, ma non secondo i criterii derivati dalla biologia, dalla dottrina della dicogamia e infine dalla teorica della variabilità delle specie. Non. posso qui diffonderni maggiormente e solo enunzierò la seguente tesi. In cerli casi. i caratteri desunti dagli organi della vegetazione, per decidere sulla parentela e sull’ affinità delle piante, valgono meglio di quelli desunté dagli organi florali. Ora nella Erythrina Cri- stagalli la struttura: ilelle foglie, Aelle fogliette,, la presenza , la conformazione, la di- ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI, ECC. 394 Nell’Amherstia nobilis noi troviamo l'apparecchio papilionaceo più profondamente commutato. Questo magnifico alberetto indiano produce fiori che di gran lunga sono i più belli e vistosi ch’ esibir ci possa il gruppo delle Leguminose. La colonna ginandroceale , ser- bando intatto il carattere della diadelfia e di quella sua singolare inflessione o gomito ad angolo retto, si è resa affatto estrinsecata e nuda dalla cima alla base. Congruamente a ciò le valve della carena quasi scomparvero e veri organi rudimentarii si ridussero a due mi- nute lacinie subulate. Le ale assorgono col vessillo, e, cambiando la propria originaria funzione, ne condividono gli splendidi colori e l'ufficio. Straordinariamente sviluppata è la cavità mellifera o netta- roconca. Quello spazio periginico che è nullo nelle Papilionacee prive di miele e poco esteso nelle altre, che si eleva e frastaglia in glan- dole nella Zrythrina Cristagalli, qui s'incava in un tubo lunghis- simo, capace di trasudare e contenere molto miele. Gli uccelli mel- lisugi sono verisimilmente i pronubi di questa pianta. Così è lecito dedurre dalla grossezza del fiore, dalla splendidezza delle tinte e dallo sviluppo della nettaroconca. Infine nell’Amorpha fruticosa troviamo un’altra anche più com- pleta metamorfosi dell'apparecchio papilionaceo. Gli stami e lo stilo sono esserti. Scomparvero totalmente, senza lasciar nessun residuo 0 rudimento, la carena e le ale; il solo vessillo è rimasto. Manca ogni soppedaneo agl’ insetti pronubi; ma, per compenso, i fiori sono pic- colissimi, disposti in spiga densa e terminale , di modo che l’ape ed altri insetti apiarii, posandosi sulla base o nel corpo della spiga ram- picano agevolmente da un fiorellino all’altro, L’Amorpha offre una particolarità che vuol essere rilevata. Nella generalità delle Papilionacee torna difficile il dire quali si sviluppino prima se le antere o lo stimma. Se si giudica dall’ apparenza esterna pare che vi sia isocronismo nella maturazione d’entrambi gli organi; se si sta al fatto delle nozze consumate, nel maggior numero dei casi (nelle Viciee per esempio, nelle Faseolee e nelle Lotee) havvi sposizione degli aculei pelle foglie medesime, la presenza e la disposizione di certe glandolette mellifere alla base delle fogliette, non consentono che sia genericamente disgiunta dalle altre eritrine, DI 2 F. DELPINO, patente proterandria , conciossiachè gli stimmi dei fiori vecchi ven- gono fecondati col polline dei fiori giovani. Nell’Amorpha fruticosa è patentissima invece la proteroginia. In tempo che le antere non sono ancora deiscenti, il fiore vedesi sboc- ciato, lo stilo esserto e lo stimma maturo. Per altro, siccome lo stimma perdura anche dopo la deiscenza delle antere, così la impollinazione diclina e proteroginica non è un'assoluta necessità, ma una probabi- lissima eventualità soltanto, e questa pianta vuol essere annoverata tra le proterogine macrobiostile. Delle Mimosee diremo poche cose. Questa famiglia ha saputo com- pensare la esiguità de’ suoi fiori mediante il ripiego adoperato dalle Composte, vale a dire ha approssimato i suoi fiorellini in capitoli e ha prodotto dei veri fiori composti. Ha saputo altresì. compensare l’inanizione più e meno pronunziata della corolla col lusso o colla bellezza de’ suoi stami, che coloriti delle più vaghe tinte valgono ad esercitare la funzione di attirare gl’insetti pronubi. E che i capolini delle Mimosee dobbano essere considerati come fiori composti ne abbiamo una stupenda dimostrazione nell’ 4cacia (Albizzia) Iulibrizzin, ove non manca in ogni capolino un organo centrale metamorfico, il quale spiega ad un tempo e la unità florale composita, e il concetto dicogamico realizzato colla medesima, Infatti, se ben si guarda, in ogni capolino havvi un flosculo cen- trale quattro o cinque volte più grosso dei restanti. Che vuol dir ciò? Semplicemente che questo flosculo si è metamorfosato in una vistosa coppa mellifera. Presso questo fior centrale il tubo monadelfico degli stami ha preso uno straordinario sviluppo, e si è cambiato in nettario e nettaroconca ad un tempo. La superficie che trasuda il miele è la interna base di questo tubo. Si distingue agevolmente perchè ha un aspetto glando- loso e un colore proprio verdastro che spicca dal color bianco del restante tubo. Si noti che gli altri flosculi sono tutti quanti sprovvisti affatto di miele. Così nell’A/bizzia la Natura con mirabile artificio ‘ ha collocato nel mezzo di ogni congregazione di una ventina di flo- sculi un bicchiere colmo di néttare, il quale cdînpensa largamente quegli apiarii o trochili che sono tanto intelligenti da scoprire il bic- chiere medesimo, gelosamente nascosto fra il fitto capillizio degli stami. RIUNIONE STRAORDINARIA IN VICENZA nei giorni 14, 15, 16 e 17 settembre 1868. Vol. XI. VETTE RI PIT. boe : LIVRE] FE RTLA n vr LÀ DAR la E SILA Pie q DI prat 4 DE dai i te 4 ly SEDI Ma Mei WE MR MARU le, E A dr dd i A È t da (avi ri 4 È 7 9 1 a: RA Ala ei ci e, he TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI TENUTA IN VICENZA nei giorni 14, 15, 16 e 17 settembre 1868. : Hanno fatto farte di questa Riunione i signori (1): *Liov cav. PaoLo, di Vicenza, Presidente di questa Riu- nione. ProvenE cav. Luigi, Sindaco di Vicenza, presidente ono- rario della Riunione. *OmBonI prof. Giovanni, di Milano, segretario generale della Riunione. FARRIGONI conte Oppo, di Padova. “BeeGIATO dott. FRANcEScO SecoNnDO, di Vicenza. BELLAVITIS dott. Giusto, prof. di matematica a Padova. *BeLLoTTI ALESSANDRO, di Monza. *BeLLUCccI dott. GiusePPE, di Perugia. (1) Sono segnate con un asterisco le persone già formanti parte della So- cietà prima della presente Riunione. 396 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA *BELTRAMINI FRANCESCO, di Padova. BENETTI GIOVANNI, professore di matematica a Padova. BERNARDI, prof. di Fisica a Vicenza. *BernAscoNI sac. BaLpassarE, di Laglio, sul lago di Como. “BeRTOLONI GIUSEPPE, professore di botanica a Bologna. *BeETTONI dott. EugENIOo, di Pavia. *Bienami ing. Emizio, di Milano. *BoLLini AnceLo, di Milano. BonIzzi dott. PaoLo, di Modena. *BoTTI cav. ULDERICO, consigliere delegato a Lecce. BusiNELLI dott. FRANCESCO, professore oculista a Modena. CaBIANCA nob. Jacopo, di Vicenza. d *CALDERINI sac. PieTRO, professore di storia naturale a Varallo. *CaLpesi Lopovico, di Faenza. *CaLLEGARI MassIMILIANO, di Padova. CANESTRINI dott. GrovannI, professore di geologia @ Modena. Capparozzo ab. ANDREA, bibliotecario a Vicenza. *CARUEL Troporo, professore di botanica a Firenze. CasaroTtTo GIacomo, di Ancona. *CaseLLA dott. Giuseppe, di Laglio, sul lago di Como. CastagnaRO Eugenio, chimico, di Vicenza *CAVALLERI padre GIovannI, di Monza. *CeETTI ing. GIovaNNI, di Laglio, sul lago di Como. CHIMinELLI dott. Luigi, di Bassano, ispettore medico alle Fonti di Recoaro. CLEMENTI dott. BARTOLOMEO, segretario del Comizio agrario di Vicenza. Cocconi dott. GrroLAMO, professore a Parma. CoLLETTI dott. FERDINANDO, professore a Padova. *CORNALIA dott. Eminio, direttore del Museo Civico di storia naturale di Milano. IN VICENZA 397 *Cossa dott. ALFronso, direttore dell’ Istituto tecnico di Udine. *D’'AcHIARDI ANTONIO, di Pisa. DA Scuro conte ALMERI@O, di Vicenza. De BortoLI dott.BorToLO , professore di fisica a Treviso. ‘De Leva prof. Giuseppe, di Padova. De ManzonI ANTONIO, direttore della Società montani- stica veneta, di Venezia. *De Mris Caminto, professore di storia della medicina a Bologna. Disconzi ab. Francesco, di Vicenza. FACEN dott. JAcoPo, di Fonzaso. FANTONI dott. GABRIELE, notaio, di Venezia. Fanzaco dott. SERAFINO, professore di storia naturale nel Liceo di Vicenza. FasoLI dott. G. B., professore di chimica nell’ Istituto professionale di Vicenza. FAVRETTI dott. Pietro, direttore delle miniere di Val- dagno. *Ferrero OTTAVIO Luigi, preside dell’ Istituto tecnico di Bergamo. Fiuippuzzi dott. Francesco, professore di chimica a Padova. FrEscHI dott. GeRARDO, di Udine, presidente dell’ Asso- ciazione agraria friulana. *GARDINI GALDINO, professore di storia naturale a Ferrara. *GARGANTINI-PiaTTI GiusePPE, di Milano. GENERALI GIOVANNI, prof. a Modena. *GIoRDANO FELICE, ispettore delle miniere a Torino. GranpEsso dott. OLINTO, presidente del Comitato me- dico di Vicenza. GraNnDONI dott. GuGLIELMO, professore di storia naturale nelle Scuole tecniche di Vicenza. 338 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA *GuALTERIO marchese CARLO RAFFAELE, d’ Orvieto. *GuIscARDI dott. GUGLIELMO, GretLega: di geologia a 1) Napoli. *IsseL ARTURO, di Genova. KeLLER ANTONIO, professore di agronomia, ecc. a Padova. LAMPERTICO cav. dott. FEDELE, deputato di Vicenza al : Parlamento. *LascHi MauRIZIO, di Vicenza. LomBRoso dott. CEsARE, professore a Pavia. MacLeyY NicoLò, di Jena. MappaALOZZO dott. QuINTO, professore di storia naturale nell'Istituto professionale di Vicenza. MARCHETTI dott. DoMENICO, segretario del Comitato r me- dico di Vicenza. Mask ab. FrANcEScO, di Castel d'Arco (Mantova). *MENEGHINI GIUSEPPE, professore di geologia a Pisa. MinicH cav. SERAFINO RAFFAELE, professore a Padova. MoceNIGO conte GIovaNNI, di Viconuti i *MoLon cav. FRANCESCO, di Vicenza. NARDI sac. GiusEPPE, direttore delle Scuole tecniche di Vicenza. Narpo dott. Grovanni Domenico, di Venezia. *NegrI GAETANO, di Milano. Ninni ALEssAaNDRO PERICLE, di Venezia. PANIZZA dott. BERNARDO, professore di veterinaria a Pa- dova. ; *Pasini Lopovico, senatore del Regno, di Schio. *Pavesi ANGELO, professore di chimica nell’ Istituto tec- nico superiore di Milano. , *PavesI dott. PIETRO, professore di storia naturale a Lu- sano. *Pepicino NicoLa AnTONIO, professore di botanica a Napoli. ProvENE conte ANDREA, di Vicenza. IN VICENZA . dI9 *Pirona dott. GiuLio ANDREA, professore di storia natu- rale al Liceo di Udine. *PoLLi PietRo, di Milano. ReccaGnI ing. BERNARDO, preside dell’ Istituto professio- nale di Vicenza. ! ‘Recazzoni GiusEPPE, di Brescia. ResPINI dott. FRANcEScO, di Varallo. *RICCHIARDI SEBASTIANO, professore di anatomia campare rata a Bologna. — Ronconi G. B., di Padova. RosseTTI dott. FRANCESCO, professore di fisica a Padova. *SaccarDo dott. PIERANDREA, botanico, di Padova. SaccHERO sac. G. B., professore di storia naturale nel Seminario di Vicenza. *SALIMBENI conte LeonaRDO, di Modena. SANDRI dott. ANTONIO, uteside dell’ Associazione medica di Vicenza. 5 Hob ro SANFERMO CugrrIoNI Pezzi dott. Rocco, professore di agronomia a Venezia. SasseLLA dott. ANGELO, professore d'architettura. *SeLLA QuINTINO, deputato, Torino. *SILVESTRI ORAZIO, professore di chimica a Catania. *SoRpELLI FERDINANDO, aggiunto alla direzione del Mu- seo civico di storia naturale di Milano. *SPINELLI G. B., di Venezia. *StogR Eminio, di Firenze. *STOPPANI sac. ANTONIO, professore di geologia a Milano. *STOPPANI FERDINANDO, di Lecco. *STROBEL PELLEGRINO, professore di storia naturale a Parma. *StupER prof. BERNARDO, di Berna, socio corrispondente. SuEss, di Vienna. *TAPPARONE-CANEFRI avv. CESARE, di Torino. 340 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA TeBarpi dott. Aueusto, professore di malattie mentali a Padova. | Tomi Lusi, direttore delle miniere di Vallalta (Agordo). ‘Treves ing. Micarte, di Venezia. “TREVISAN conte VITTORE, di Marostica. Trois Enrico FILippo, direttore del Museo dell’Istituto veneto di Venezia. *ViuLa ANTONIO, di Milano. VLacovicz dott. NicoLò, di Trieste. VLACcOvICH dott. PAoLO, professore di anatomia a Padova. VoLeEBELE ing. EuGENIO, di Vicenza. ZANELLA ab. Giacomo, di Vicenza. ZANGIACOMI SANTO, di Vicenza. Zazzini cav. Luca, professore di fisica e nautica ad An- cona. | ‘ZeccHINI Pierviviano, di S. Vito al Tagliamento. Wurtz dott. CARLO, di Venezia. G. OMBONI. SEDUTE GENERALI E GITE SCIENTIFICHE. Seduta generale d'apertura. 14 seltembre 1868. Poco dopo il tocco, nel ‘l'eatro Olimpico tutto affollato per il gran numero dei Soc] e invitati facenti parte della Riunione, e per il numerosissimo pubblico, di cui sono gremite le gradinate a semicerchio, il presidente straordi- nario, cav. Paolo Lioy, prende posto al tavolo della pre- sidenza, insieme col presidente onorario del Congresso, cav. Luigi Piovene, sindaco di Vicenza, col signor Anto. nio Villa, vice-presidente ordinario della Società, e col dottor Giovanni Omboni, segretario generale del Con- gresso; ed apre la seduta con un discorso Su//e condizioni fisiche ed economiche del Vicentino. Comincia col dire che al suo posto avrebbe dovuto tro- varsi il senatore Lodovico Pasini, o il signor Beggiato, se il primo non ne fosse stato impedito dalle sue molte- plici cure pubbliche, e il secondo dalla sua infermità ; dice che ora le- circostanze politiche e igieniche hanno per- messo di riprendere la serie di queste riunioni, destinate, come le analoghe della Svizzera, della Germania e del- 5492 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA l'Inghilterra, a promuovere e favorire il progresso delle scienze fisiche e naturali; e accenna quanti dotti, nazio- nali e stranieri, hanno studiato la provincia di Vicenza, dall’Arduino fino a quelli che tuttora vivono e lavorano. Il territorio vicentino è uno dei più interessanti in quan- to alla struttura geologica e alle sue produzioni naturali, come ne fan fede non solo le opere geologiche, zoologiche e botaniche, che furono finora pubblicate, ma anche le rocce, i fossili e tutti gli altri oggetti già raccolti nel Ci- vico Museo di Vicenza, e nei musei particolari di Bassano, Schio, Lonedo, ecc.; e come lo proveranno ancora più quei materiali, che ora si stanno raccogliendo da una speciale Commissione per una Monografia Vicentina. | Detto questo, con molti particolari, il signor Lioy ac- cenna le persistenti ricerche fatte dal contadino Mene- guzzo di Montecchio Maggiore, il quale, benchè illetterato e affatto ignorante per molti anni, percorse e studiò mi-. nutamente tutta la regione vicentina, raccolse rocce e fossili per molti musei, divenne la guida necessaria per chiunque vuol percorrere e studiare geologicamente que-. sto paese, e giunse a risultati geologici degni di un geo- logo di professione. Il Presidente indica poscia da chi furono raccolti e stu- diati gli insetti, 1 molluschi, i pesci, altri animali ed.i ve- getali del Vicentino; esprime la speranza che gli stessi dotti ed altri continueranno e perfezioneranno sempre più codesti studj: e passa a dire delle condizioni economiche. del paese. Il Vicentino ha terreni ben coltivati; ha parecchj agro- nomi; i quali, particolarmente coll’ esempio, cercano di far progredire l’agricoltura; ha uomini intraprendenti e co- raggiosi, fra i quali è principalmente 1’ Alessandro Rossi di Schio, e i quali si sono messi a lavorare su grande IN VICENZA 345 scala la lana, e fabbricare panni; ha 1 Accademia Olim- pica, la quale, con premj, esposizioni e conferenze, cerca di migliorare le condizioni economiche del paese; ma nello stesso tempo è molto scaduta la industria serica, e, biso- «gna confessarlo, il paese ha appena cominciato ad appli- care utilmente lo spirito d'iniziativa individuale, quello della associazione, e non si è ancora risvegliato da quel torpore, nel quale l’ha tenuto per tanti anni la oppres- sione straniera. I capitalisti sono ancora facilmente spa- ventati dai progetti di grandi imprese; si tende ancora più alla contemplazione che alla azione; s1 fanno ancora più parole che fatti. Il paese è come un gigante, che si è levato alla fine di dosso una montagna, ma ne è ancora tutto indolenzito e stanco, e difficilmente si rimette al la- voro. Bisogna che scriva Excelsior sulla sua bandiera. L’avvenire è nelle scuole, che già crescono in numero e in allievi; è nella vera e buona educazione, che sarà data nelle scuole del popolo; è nei giovani, che si getteranno nelle industrie e nell’agricoltura ; è nei proprietarj, i quali lasceranno gli oz), si metteranno a dirigere da sè i loro propr) affari, miglioreranno le coltivazioni e le ammini- strazioni, e aumenteranno la loro propria ricchezza e quella del paese; è nelle società di mutuo soccorso per i meno ricchi; è nelle accresciute comunicazioni fra una pro- vincia e l’altra; è nelle Riunioni scientifiche simili a questa; è in tutto il popolo, se metterà nella lotta pel progresso. quella stessa forza e perseveranza, che ha messo nella lunga lotta per la libertà e l'indipendenza, meritan- do la medaglia del valor militare alla sua bandiera. . Dette tutte queste cose, e domandata l’indulgenza dei s0- c) per sè, il Presidente dice che il Municipio di Vicenza, quelli d’altri luogui, e tuttii Vicentini in. genere fecero tutto quello che poterono per accogliere bene e feste g- SU TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA giare i convenuti; ed anzi egli ebbe a lottare per impe- dire certo ricevimento splendido, che era stato progettato, e che avrebbe tolto alla Riunione quel carattere modesto, che deve esserle proprio. Finito questo discorso il Presidente dà la. parola al-. segretario Omboni, il quale legge i seguenti nomi dei rappresentanti mandati al Congresso da alcune società e accademie scientifiche: Accademia Reale delle scienze fisiche e matematiche di Napoli, il prof. Guglielmo Guiscardi. Accademia fisio-medico-statistica di Milano, il dott. Giu- seppe Casella. Accademia Gioenia di Catania, il prof. Orazio Silvestri. Accademia Palermitana di scienze, il cav. Paolo Lioy. Accademia Virgiliana di Mantova, lab. Francesco Masè. Ateneo di Milano, il signor Antonio Villa. Ateneo di scienze, lettere ed arti belle di Bassano, i si- gnori dott. Francesco Beltramini e dott. Luigi Chi- minelli. Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano, Vl inge- gnere Emilio Bignami. Comizio agrario del circondario di Como, il march. Gio- vanni Cornaggia, il dott. Alessandro Tassani, e il sa- cerdote Baldassare Bernasconi. Comizio agrario di Monza, il prof. Alessandro Bellotti. Istituto filotecnico nazionale di Firenze, il prof. Alessan- dro Bellotti. Società agraria di Trieste, il prof. Nicolò Vlacovich. Società pedagogica italiana, il prof. Alessandro Bellotti. Il Presidente annuncia che il Ministro dell'istruzione pubblica, dolente di non poter venire al Congresso, come ‘IN VICENZA 3545 avrebbe desiderato, vi si fa rappresentare dal Prefetto della provincia. Lo stesso Presidente comunica poi che nel Museo Ci- ‘vico, per decisione del Consiglio Comunale, sarà collo- cata la seguente iscrizione, per ricordare la presente Riu- nione: A MEMORIA DEL IIl CONGRESSO DEI NATURALISTI ITALIANI IL MUNICIPIO INAUGURÒ QUESTE SALE DECRETATE DAL PATRIO CONSIGLIO A CUSTODIA DELLE ACCRESCIUTE COLLEZIONI. Il Presidente soggiunge che in questa occasione furono fatti al detto Museo i seguenti doni: Giovanni Meneguzzo: una cinquantina di fossili, la mag- gior parte di Sangonini di Lugo. Il sig. Francesco dott. Beggiato: alcuni resti fossili di Testudini della Lignite di Monteviale; porzione di sche- letro di Antracoterio? della stessa miniera ; e il grahde erbario del celebre prof. Giovanni Arduino. Il sig. Eugenio Castegnaro farmacista: 62 pezzi di mi- nerali dell’isola di Sardegna. Il can. Pietro dott. Marasca: una palla grande di mar- mo brecciato di distinta qualità; un Crocifisso di sal gem- ma bianco della miniera di Wielischka presso Cracovia; e due saggi figurati del setificio in Vicenza al fine del secolo scorso. ‘Il can. Lodovico nob. Gonzati: un antico dipinto su tavola. Il cav. Giovanni Busato: un ritratto del Re Vittorio Ema- nuele da lui dipinto. 346 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA La signora Elisabetta Giacomazzi: un tappeto con lar- ma reale a riporto. dla Le signore Elisabetta e Domenica Zimello: tre portera da esse ricamati a trapunto in seta. Alcuni Vicentini: il ritratto dell’ abate Giambattista. cav. Dalla Valle, in fotografia colorata al naturale. Il nob. Giuseppe Riva: un disegno a matita di Tiziano, con un autografo di questo illustre pittore. Il Presidente accenna alcune lettere inviate da socj ed invitati, che non hanno potuto venire al Congresso; e poi dà la parola al socio prof. Stoppani, per una sua co- municazione verbale Su//a struttura prismatica dei ba- salti. Come è ben noto, i basalti sono famosi per i loro pri- smi, che si vedono non solo nella bellissima grotta di Fingal, e in altre località di oltre monte, ma anche in pa- recchie delle nostre prealpi, veronesi e vicentine. E la struttura prismatica non si trova solo in quelle rocce, poi- chè anche altre, come graniti, porfidi, dioriti, trachiti, gres, argille, ecc., la presentano, ora più ed ora meno svilippata. E dunque, secondo lo Stoppani, nel tentare di immaginare una teoria per ispiegare tale struttura, sl deve aver presente che tale teoria deve essere così fat- ta, da poter essere applicata tanto ai basalti, quanto alle altre rocce. Ora, lo Stoppani pensa che tale strut- tura derivi soltanto dalla contrazione delle rocce una volta molli e pastose, per calore o per acqua interposta alle loro molecole, e poi lentamente solidificate. Egli pensa insom- ma che il basalte si sia spaccato e diviso in prismi, talora regolari, ma più spesso irregolari, appress'a poco come il fango argilloso , nell’ asciugarsi , sì SPTEROlRA e si spacca in masse prismatiche. E questa teoria è ampiamente svi- IN VICENZA 347 luppata dal signor Stoppani, il quale finisce col dire che continuerà a trattare di questo argomento in una delle sedute speciali della Sezione di Geologia. Il Presidente legge una lettera di saluto e di invito mandata alla Società dal socio corrispondente Geinitz, a nome della Società dei naturalisti e medici tedeschi, che terrà la sua riunione di quest’ anno a Dresda, dal 18 al 24 settembre. E il socio Guiscardi propone di mandare un saluto a quella Società, ed anche alle altre che hanno in- viato del rappresentanti al Congresso. Questa proposta è accettata dall’adunanza per accla- mazione. Il socio conte Oddo Arrigoni legge il seguente discorso relativo alla legge sulla caccia, che fu in quest'anno pro- posta e discussa al Parlamento. Nella tornata del 27 giugno p. p.la Camera elettiva apriva la discussione sulla nuova legge di caccia. Essa fortunatamente fu sospesa. L’tAaorevole deputato Mussi, dopo di aver fatto conoscere in un forbito discorso l’in- contestata importanza della conservazione degli uccelli per l'agricoltura, resa maggiore oggi, che, per la fatale invasione delle cavallette, e dell’in- setto del trifoglio, molti paesi agricoli vedono irrevocabilmente sperdersi in un minuto speranze nudrite con ansia faticosa pel corso intiero' di un anno, concludeva additando una idea già da tempo emessa dalla Società imperiale di acclimatazione di Parigi, di iniziare, cioè, delle pratiche co- gli altri Stati, onde mettere in un certo accordo da pertutto una legge; che egualmente da pertutto interessa. Perciò egli pregava il R. Ministro a rivolgersi ai naturalisti italiani, cd accennava apertamente a questa unione in Vicenza. Signori! Prendiamo la palla al balzo; eccupiamocene, dacchè, se addot- tiamo la legge di caccia proposta, io ritengo che su tale base ci tornerà non solo difficile, ma del tutto impossibile la stipulazione di qualumque trattato internazionale; è precisamente della legge , che mi sembra che dobbiamo anzi tutto intrattenerei. 348 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA Assiduo io l’ho studiato questo tema; con molti illustri miei colleghi, i presidenti dei comizj, ho diviso la meraviglia, ho sentito la dispiacenza, perchè istituzioni esclusivamente agricole non sieno state interpellate in argomento ; ho veduto appena sessanta deputati assistere alla discus- sione di un Regolamento fra i più difficili, fra i più importanti; ho. udito il Relatore, nel difendere il suo progetto, confessare che nella Com- missione, che lo stendeva, si trorarano cacciatori (!) di tuite le parti d I- - talia, alla fine ho veduto il R. Ministro dell’agricoltura intervenirvi ben. tardi, e serbare sempre il silenzio. Signori! Noi siamo in faccia a una corrente, che minaccia di travolgere tutto, perchè rode il fondamento della vita sociale, l'agricoltura; dobbiamo congiungerci per raddoppiare gli sforzi ad arrestarla! Disposizioni improv= vide ed esclusive stanno per essere adottate: adoperiamoci PrAddE nel- l'interesse del pacse si rigettino. Improveide: ammettono il permesso di far uso, per impadronirsi degli uccelli, di qualunque ordigno di qualsiasi genere. Esclusive: concedono ai Prefetti, sulle richieste dei direttori dei Musei, delle Università, ece. ecc., di accordare in tempo di divieto il permesso di cacciare ad un individuo addetto al Museo della Provincia, al solo og- getto di raccogliere animali, nidi, uova, per le collezioni pubbliche. Addio collezioni private! Ornitologi, mendicate un brevetto di nomina presso il Museo della Provincia: basta che vi siate addetti. In caso contrario, vi è negato è » ; mezzo di proseguire i vostri studj. Ai soli addetti il permesso nel tempn Vietato. Fino dall'ottobre dell’anno scorso io avanzava al R. Ministro d’agri- coltura, che era allora il commendatore De Blasis, una mia proposta sulla ‘nuova legge di caccia, nella quale io gli indicava le seguenti misure: I.° Nessuna caccia sia permessa nel tempo vietato: esso. dati dal ° aprile a tutto 15 agosto di ciascun anno, inclusivamcate. Cesserà così la concessione per la caccia agli uccelli migratorj, che non può che generare continui abusi, e originare frequenti contesta- zioni sulla qualità delle prede, a meno che nell'istruzione degli agenti di pubblica sicurezza non vi si immischi anche un po’ di storia naturale. Avrà fine quella barbara caccia, che si fa lungo il litorale marittimo alle quaglie, che recansi fra noi a nidificare, e che in quell’epoca specialmente sono insettivore per eccellenza. TI.° Si aboliscano: a) gli archetti, vietati anche dai regolamenti del cessato governo nel Lombardo-Veneto; 0) i panioni e i paniuzzi, il vero sterminio degli insettivori; c) i laccî di qualunque genere, di qua- IN VICENZA 349 lunque specie; d) tutti i-congegni, come trappole, tagliuole, gabbie a scatto; e) tutte le reti portatili, colle quali si fanno le così dette caccie vaganti. II[.° Si permettano le uccellande stabili, con sole reti, che esigono pre- parazione di sito. Ogni casetta, senza riguardo alla loro prossimità od al- tre circostanze, sia soggetta ad una tassa di protezione, ch'io fisserci a L. 50. Non ammetto che si misuri la rete. Oltre gli altri impacci, daremo agli agenti di pubblica sicurezza, per esempio all’arme benemerita, anche il metro in tasca per le uccellande? IV.° Si vieti l’uso della balestra e della cerbottana: sono le due armi, che pel loro silenzio si prestano troppo all’arte del contravventore; e così sì proibisca nelle valli lo schioppone, inumano strumento di strage, che mòlesta tutte le caccie limitrofe, e che, sopra cento colpiti, ve ne dà cin- quanta storpiati, che dimagriscono fra i più orrendi dolori, ce muojono pa- sto dci vermi. V.° Non sia dato alcun diritto speciale ai luoghi chiusi e alle caccie riservate. Sarebbe legittimare un abuso della proprietà. VI. Si faciliti l'istituzione di caccie riservate; si promuova col mezzo dei Comizj agrari la fondazione di Società protettrici degli uccelli; si di- vulghino operette che istruiscano gli agricoltori dei vantaggi che recano i volatili. VII Si protegga la distruzione degli animali e degli uccelli dannosi. In questi ultimi si comprendono indubbiamente gli ovivori; quanto ai ra- paci, è ora constatato da quasi tutti gli ornitologi che alcune specie tor- nano, anzichè di nocumento, di grande vantaggio e all'agricoltura e all’ i- giene. (Univa quindi al mio schema di legge una tabella, che racchiudeva quelli ritenuti oggi come veramente nocivi, la quale, stampata per cura delle RR. Prefetture, colle sinonimia dei dialetti, si diffondesse col mezzo dei Sindaci a generale cognizione.) VIII.® Si autorizzino i Consigli provinciali, in vista delle condizioni spe- ciali dei differenti paesi, ad anticipare e prolungare il tempo della caccia vietata, mai però a restringerlo; a regolare la presa delle specie dannose; a stabilire le norme da seguirsi in alcune caccie per evitare le collisioni fra i cacciatori. IX.° Il R. Ministero dell’agricoltura abbia la facoltà di concedere gra- tuitamente le licenze da caccia eccezionali per tutto l’anno agli ornitologi e ai preparatori dei Gabinetti degli stabilimenti pubblici, dietro la propo- sta del R. Ministero dell’ istruzione. In questo caso la licenza di cacciare. non valga per portare le armi. | Nella suddetta mia proposta io mi dilungava anche insistendo onde *-. Vol. XI. 23 550 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA gliere quella inconsiderata fusione della ‘licenza di portare le è armi corì quella di cacciare. ni Signori! La sanzione del progetto presentato alla Camera’ sarebbe un passo di più sullo sdrucciolo che conduce a sicura rovina. Quando in- consideratamente si turba l’armonia del creato, quando si infrangono le leggi naturali che la governano, quando nella catena, che misteriosamente rassembra gli esseri viventi, si spezzano le anella, è dubbio il giorno, ma . il gastigo sopraviene, e tremendo. La scienza, nell’additareelo, non azzarda una profezia; è infallibile calcolatrice. Ed è per ciò che io vi propongo che ci occupiamo ora di questa legge di caccia, per maturarne un progetto. A deporre, come faccio, sul banco della Presidenza, assieme a molte altre carte sull’ argomento, la mia proposta, ed a sostenerla, salvo aleune minime modificazioni, in mezzo a voi, non mi spinge nè vaghezza di nome, nè pertinacia d’idee. Io piegherò a quelle riforme, che la vostra saggezza erederà utile d’introdurvi, e, non fosse essa che un punto di partenza, c non fosse che un iniziativa, sarò lieto, sarò superbo di averla data, perché lo considero un dovere come ornitologo, come agricoltore, come italiano. Finita questa lettura, il signor deputato Lampertico sorge a difendere il Parlamento contro le parole’ del si- gnor Arrigoni, poichè il Parlamento non ha fatto che so- spendere l esame della legge proposta da due deputati , appunto per aspettare che ir fossero fatti nuo- vi studj e nuove proposte; e il sig. Arrigoni risponde per dichiarare che egli non ha voluto far altro che chiamare l’attenzione dei dotti su questo argomento della lesse sulla caccia, approfittando appunto della sospensione della, discussione decretata dalla Camera per aspettare nuovi schiarimenti e nuovi consigli dalle persone competenti in questa materia. i È Il Presidente crede conveniente chiudere ora la discus- sione su questo argomento, per rimandarne la continua- zione ad una delle sedute della sezione di Zoologia, la | quale poi, se lo crederà opportuno, potrà proporre, nella seduta generale di chiusura, qualche conclusione da. set- toporre alla approvazione di tutto il Congresso. +. IN VICENZA ODI La seduta è biinea con dei ringraziamenti al Municipio di Vicenza, proposti dal signor Callegari, e approvati per acclamazione dalla Riunione; con una gentile risposta del sindaco di Vicenza, presidente onorario della Riunione ; con dei ringraziamenti fatti dal Presidente alle signore che hanno onorato e abbellito colla loro presenza la Riu- nione, e coll’invito diretto dal Presidente ai membri del Congresso pet la riunione serale delle Sezioni; per le quali, dopo una breve discussione, si decide di lasciare la definizione al Presidente generale. Dopo la seduta generale ci fu il primo pranzo sociale; e più tardi, le singole sezioni, in cui fu dalla Presidenza diviso il Congresso, tennero le loro prime sedute speciali. 15: settembre 1868. Questo giorno , dalle ore 6 antimeridiane alle 4 pome- ridiane, fu occupato ‘con una gita a Thiene, a Lonedo è al Chiavon ; molti membri del Congresso assistettero, allà rappresentazione dell’ £brea, nel teatro Eretenio dietro graziosissimo invito del Municipio, che loro procurò dei biglietti d’ingresso gratuito; mentre altri si riunirono per formare una sottosezione di montanistica, e lei una pinta: fis 16 settembre 1868. « Dalle 8,antimeridiane .fin dopo il mezzogiorno.; altre sedute speciali. delle sezioni; poi gita ai Colli Berici; ed alla sera, altre sedute speciali delle sezioni. 352 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA 17 settembre 1868. La mattina, per tempo, le singole sezioni tennero le loro ultime sedute speciali ; alle 11 ebbe luogo la seduta ge- nerale di chiusura; e alle 3 pomeridiane il secondo pranzo sociale, dopo il quale ebbe principio la partenza dei membri del Congresso, alcuni dei quali si recarono a vedere l’ Esposizione agricola di Verona, altri Padova, altri le fabbriche di Schio, altri le miniere di Valda- gno, ecc. G. OMBONI. Giita a Lonedo e al Chiavon. Il cielo, che il giorno precedente si era mostrato burra- scoso, sorrise splendidamente il mattino del 15 settembre ai naturalisti, che partivano alle 6 antimeridiane per la escur- sione al Chiavon. Già passando per l’amena Villaverla, ebbero essi una prima prova del modo, col quale in queste colte contrade si apprezza la scienza. Ogni casa era pa- vesata a festa, le vie gremite di folla plaudente; la Rap- presentanza Municipale, preceduta dalla banda del luogo, accompagnava la lunghissima fila di carrozze messe a di- sposizione dei suoi ospiti dal comune di Vicenza. L’acco- glienza non fu meno cordiale nella città di Thiene; la folla in questo popoloso e industrioso paese era sì accalcata, che a stento potea procedere il corteggio. Tutte le case imbandierate, schierati sulla piazza gli alunni di quella scuola. Cessate le acclamazioni popolari e i suoni di una eletta compagnia di filarmonici, il sindaco di Thiene ri- IN VICENZA 353 volse belle e affettuose parole ai passaggeri tanto onorati dallo splendido accoglimento; e alle sue parole rispose il Presidente del Congresso, ringraziando quel cortese Municipio, e salutando quella popolazione di laboriosi cit- tadini, ai quali dichiarò che i naturalisti sono fratelli, perchè sono anch’ essi lavoratori, e perchè non è la sola curiosità di esplorare i segreti della natura che li fa per- correre i monti e le valli, ma essi lo fanno precipuamente per iscoprire nuove fonti d’industria, e così accrescere la prosperità delle classi operaje ed agricole. Passata la ridente vallata dell’Astico, il Municipio di Lugo e la sua banda musicale guidarono fino a Lonedo i naturalisti, ove il conte Andrea Piovene li introdusse nel suo palazzo abbellito da tesori d’ arte e di scienza. La stupenda collezione della fauna e della flora fossili del Chiavon destò nei numerosi intervenuti un senso di profonda meraviglia. Non era solo un Museo, era an- che un paesaggio delle antiche età della Terra, che si presentava davanti agli studiosi della natura. Andrea Pio- vene li accoglieva all'ombra delle superbe Palme fossili, le quali da tutti i convenuti, alcuni dei quali avevano vi- sitato i principali musei, non solo di Europa, ma di tutte le altre nazioni civili del mondo, furono dichiarate uniche per mole, per novità, per bellezza. | Dopo essersi a lungo trattenuti in questa sala ricca di un inapprezzabile tesoro, la riunione fu convitata con si- gnorile munificenza ad un lauto asciolvere, dove furono pronunziati dal Presidente del Congresso, da Quintino Sella, e da altri, brindisi alla nobile famiglia Piovene, preclaro esempio ai patrizj, del contributo che le classi ricche e culte potrebbero portare alla scienza, ajutandone il progresso collo scavo delle dovizie naturali sepolte nelle viscere della terra. 3B4 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA Nè partì da quel ridente castello la riunione senza; prima aver segnato in un albo il nome di tutti i suoi» componenti, quasi a perenne saluto di ricompensa a chi in tale occasione inaugurava quella stupenda sala paleon-. tologica, e vi eternava in marmorea lapide la memoria; della visita dei naturalisti. sai “Saliti poi al superiore palazzo del sindaco cav. Luigi Piovene, e attraversatine i grandiosi giardini, parte della comitiva recossi a visitare la bellissima cartiera dei signori; Nodari, ma il maggior numero si sparse sui colli circostanti;; a studiarne i calcari a nullipore, gli strati a scutelle, fin- chè tutti convennero nell'alveo del torrente Chiavon; che! è ormai proclamato una delle più nia stazioni x praano del mondo. : Lascieremo al segretario del Congresso, praline Om: Neri l’esporre le numerose e interessantissime osserva» zioni scientifiche raccolte in quella minuta esplorazione;; noi ci limiteremo a dire che allo sbocco del Chiavon, il, Municipio e la banda di Farra e le popolazioni delle. cir-; costanti colture festeggiarono i naturalisti, che, commossi da. sì fraterno ricevimento, ritornarono à Vicenza perla! via di Breganze, dove li attendeva nuova e non:menò, solenne e festosa accoglienza, da parte di quel Municipio e di i ‘gentili abitanti... af so STRO] de j Rao ( Dal Giornale della Provincia di star del 47 settembre 1868. .) i Da Vicenza.a Thiene, e fino al di là di Zugliano, si edi: sempre il piano formato dalle alluvioni più recenti, che si dovrebbero attraversare per iscavare i progettati pozzi artesiani presso a Vicenza. Fra Zugliano e l’ Astico sì vedono delle sporgenze: di calcare a scutelle, miocenico cavato per diversi usi; e poi si trova il Bea che forma. il suolo sulle due rive dell’Astico presso la cartiera Nodari, IN VICENZA dBb e che continua fino a Lugo ed alla villa del conte Andrea Piovene-Porto-Godi, nella quale la comitiva si fermò al- quanto per esaminare la ricca raccolta di piante fossili. Una grande sala della villa Piovene contiene cotesta raccolta, in parte entro scaffali. Questi ultimi contengono un grandissimo numero di pezzi di marna indurita della valle del Chiavone, sui quali si vedono le impronte nere, e spesso anche gli avanzi carbonizzati di foglie del vege- ‘tali, che hanno vissuto nell'epoca miocenica. Vi sono pure dei pezzi di marna con impronte di crostacei (gamberi), di rane, di pesci, ecc. (1); e molte di quelle foglie sono di piante dicotiledoni, mentre le altre spettano a palme somiglianti a quella, delle coste del Mediterraneo, che ha le foglie a ventaglio. E vi sono anche dei frutti e delle foglie, che sembrano d'un Podocarpus; ma gli oggetti, che più attraggono l’attenzione di chi entra nella sala, sono parecchj grandi pezzi di marna, con impronte di palme diverse, addossati e fissi qua e là alle pareti. Una di queste palme fu cavata dal letto del Chiavone e qui esposta col lavoro di quattro anni, ed è completa, dalle radici alle estremità delle foglie, ed alta nove metri: è un esemplare che forse non ha il simile in alcun altro Museo. Le altre sono meno grandi, ma pure di grandezza consi- derevole; e tutte sono benissimo conservate. «- La ibi parte di queste palme spetta a quelle a d ventaglio , ed al genere Latanites; quella più grande e alcune altre, alle specie Latanites Marimiliani; le rima- nenti ad una specie nuova, battezzata dal signor profes- sore De-Visiani, col nome di Latanites Ploveniorum, in onore della famiglia del possessore. Le poche altre somi- 1) La guida Meneguzzo ha trovato al Chiavon, in questa marna con filliti, anche delle bellissime impronte di insetti, che furono comperate dal signor Gar- gantini-Piatti, per donarle poi al Museo Civico di Storia Naturale di Milano. 356 ° TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA «gliano alla palma che dà i datteri, e spettano alle fase: Phenicites lorgnana e PA. Lindt La raccolta conta anche delle pietre preziose (giargoni ed altre), talune lavorate, altre gregge, che furono trovate in un campo di proprietà della stessa famiglia patrizia, chiamato Campo d’Oro, nel territorio di Lonedo. | Finalmente, sopra una porta della sala colla raccolta di palme, il proprietario .ha fatto collocare una lapide colla seguente iscrizione: ALLA SOCIETA’ DEI NATURALISTI ITALIANI CHE NEL XV SETTEMBRE MDCCCLXVIII VISITAVA LONEDO ANDREA PIOVENE PORTO GODI APRIVA QUESTA SALA DA LUI ORNATA DI FOSSILI DEL VICINO CHIAVONE Dopo la colazione, saliti alla villa del conte Luigi Pio- vene, 1 naturalisti osservarono nel giardino varie grotte più o meno profonde, aperte in una scogliera di calcare nummulitico, che sembrano balze verticali d’ un antico mare; poi essi salirono sui Cogoli di Lonedo, per vedervi un calcare con pettini, echini ed altri fossili, e colla su- perficie arrotondata; discesero al Campo d’Oro già citato; e alla loro presenza alcuni villici vi trovarono. dei giar- goni, in una terra ferruginosa, probabilmente prodotta dall’alterazione del basalte amiddaloide sottoposto. I na- turalisti si recarono poi nel letto del Chiavone, al luogo, ove si trovarono le foglie e palme esposte nella villa Pio- vene; videro e raccolsero un gran numero di filliti nella marna; osservarono che queste marne azzurrognole passa- no sotto a dei banchi di tufo basaltico stratificato e zeppo IN VICENZA 357 di ostriche e d’altri fossili; scesero alquanto pel letto del torrente, vedendo le sponde e il fondo ora di marne ed ora di tufi basaltici; e alla fine, per una strada tagliata qua e là nei tufi stessi, vennero a Farra, ove ripresero le carrozze per ritornare a Vicenza. G. OMBONI. Escursione ai Colli Berici. La escursione dei naturalisti ai Colli Berici, a cotesta regione altamente interessante nei riguardi geologici , riuscì brillantissima. La dotta comitiva moveva alle ore 2 pomeridiane dalla Piazza Vittorio Emanuele, e, dirigen- dosi verso il Monte Berico, si fermava sulla strada, che dal Cristo prospetta la città, ove geologi e botanici lar- gamente trovarono di che occuparsi. Rimessasi in cam- mino, la comitiva procedeva, tra brevi soste, sino alla villa dell’egregio cav. Carlo Rambaldo. Questi accolse gentilmente i visitatori, lasciando loro vedere quanto di bello, d’artistico e d’antico si racchiude nella sua splendida residenza. Partiti di là, i naturalisti si recarono ad Arcugnano, alla villa Pasini. Il ricevimento, ch’essi v’ebbero, non po- teva essere più splendido, nè più cordiale. Dopo ciò i naturalisti, soddisfattissimi, ritornarono a Vicenza per recarsi poi alla sera all'ultima seduta spe- ciale delle sezioni. Non dimenticheremo di accennare che tanto alla villa Rambaldo, quanto alla villa Pasini, la banda di Arcu- gnano allietò delle sue sinfonie i visitatori, a’ quali si fece incontro anche il Sindaco del luogo sig. Giuseppe Osboli- Fabri. (Dal Giornale della Provincia di Vicenza, del 17 settembre 1868, ) 358 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA Nella gita ai Colli Berici i geologi osservarono an- cora basalti, tufi basaltici, e strati calcarei fossiliferi, dell’epoca terziaria inferiore, eocenica. Al Cristo, special- mente, e in altri luoghi verso Arcugnano, videro come il basalte si altera, dividendosi in pezzi, i quali poi si sfal- dano a strati concentrici, conservando ognuno di essi, nel suo centro, un nucleo meno alterato e più duro delle parti circostanti. Al Cristo raccolsero molte di quelle calcedo- nie frequentissime nelle cavità del basalte amiddaloide. Alla Madonna videro delle marne azzurrognole con fossili, sottoposte a un banco calcareo, pure fossilifero. Più avanti, presso alle giravolte della strada, osservarono un calcareo zeppo di nummuliti , -e raccolsero gran copia di questi fossili. E di là fino alla villa Pasini, e poi, ridiscendendo da questa verso la Commenda, videro spuntare dal ter- reno coltivato, o tagliate dalla. strada, ora le une ed ora le altre rocce sopra citate, cioè ora i calcari ed ora i tufi basaltici. — . Merita qui d’essere accennato anche il fatto che lo. stesso Lodovico Pasini volle essere guida ai geologi in questa gita; e coloro che conoscono di persona il signor Pasini, comprenderanno il valore di questo fatto. Ma non solo egli ci fece da guida geologica, ma, fermatosi sopra un'altura fra la Madonna e la villa Rampaldo, ci descrisse minutamente l’ andamento e i fatti principali della batta-. glia combattuta colassù, nel 1848, fra Italiani e Austriaci, alla quale presero parte anche il Cialdini e il d’ Azeglio, e nella quale gli Italiani fecero tali prodigi di resistenza, e di valore, che il comandante austriaco, al momento della resa in Vicenza; non poteva indursi a credere che così pochi fossero stati i difensori di quelle alture, che egli aveva con tanta fatica conquistati. o Finalmente i signori Spinelli e Antonio Villa, durante IN VICENZA 359 questa gita, hanno raccolto, nei giardini Rambaldo e Pa- SUI, le seguenti specie di isollietei Zonites gemonensis Helix ammonis —. mnitens | — . candidula — cellaria i Clausilia Brauni Helix planospira Torquilla frumentum, var. —- cinctella Cyclostoma elegans — carthusianella .. Pomatias maculatum. G. OMBONI. Seduta generale di chiusura. 17 settembre 1868. La seduta è aperta, poco dopo le 11 ore antimeridiané, dal presidente Lioy; che dà la parola al professore Cor- nalia, Presidente ordinario della Società, e questi legge; intorno alla vita, e ai lavori scientifici di Filippo de’ Fi- lippi. Il Presidente fa noto che il Comitato medico di Vi- cenza « ricambia con grato animo il cortese saluto della Società di scienze naturali, facendo voto per la prosperità e l’incremento di questa Unione, che apporta tanto utile e decoro a sè stessa e all’Italia. » Il Presidente annuncia che a sede dellaiRiunione stra- ordinaria da tenersi l’ anno venturo furono proposte pa- recchie città, come Catania, Modena, Perugia, Pistoja, Siena, ecc.; e domanda se qualcuno lia da fare osserva- zioni in proposito. 360 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA Nessuno domandando la parola, il Presidente mette ai voti la città di Catania, che, per votazione palese, è rifiu- tata, ma con poca differenza fra i voti favorevoli e quelli contrat]. Messa ai voti Modena, ottiene più voti favorevoli che contrarj, ma la maggioranza è ancora debole. Nasce una discussione, nella quale il commendatore Sella sostiene la convenienza di Catania come sede del fu- turo Congresso; dice che probabilmente si potrà ottenere una riduzione nei prezzi pel viaggio, a favore dei socj che vi si recheranno, e, vista la piccola maggioranza favore- vole a Modena, propone che alla Presidenza ordinaria si lasci il fare le trattative relative al progettato Congresso, e la scelta fra Catania e Modena, a seconda dei risultati di quelle trattative. Invitato dal Presidente, il professore Suess descrive a viva voce (in francese), e valendosi della grande carta geo- logica del Vicentino esposta dal socio Beggiato, la strut- tura geologica di questa regione. Il Presidente legge la seguente descrizione, fatta dal professore De Visiani, della nuova specie di palma fossile, che è posseduta dal signor conte Andrea Piovene a Lo- nedo, ed è chiamata perciò dal signor De Visiani Lata- nites Ploveniorum: Padova, 16 settembre 1868. Nella lieta occasione, che la Società de’ naturalisti italiani, riunitasi a questi giorni in Vicenza, si recò a visitare la scelta collezione di fossili, specialmente vegetali, scavati in que’dintorni con rara diligenza e perizia da Giovanni Artuso di Sostizzo, e conservati per cura del signor conte Andrea Piovene Porto Godi nel suo palazzo a Lonedo, fra le palme fossili IN VICENZA 361 ivi esposte in esemplari di rara forma e bellezza, e di mole cd integrità più unica che singolare, rividi una fronda di Zatanites, che mi avea col- pito fin dal 1864 -per la figura insolita del suo picciuolo. Ne avea già dato un cenno nell’opera da me pubblicata in quell’anno sulla palma pia- nata terziaria del Veneto, nominandola ZLatanites Ploveniorum, per ri- cordare con questo il nome dell’illustre famiglia, a cui appartiene l’egregio cavaliere, dal quale fu messa insieme quella preziosa raccolta. Colta }’ opportunità offertamisi ieri di studiarla più accuratamente, mi posi a descriverla, ed ora non tardo a porgerne a’ paleofitologi la breve frase ‘specifica. Adempiuta, colla pubblicazione di questa, negli Atti della Società de’ na- turalisti, la condizione imposta dalle leggi di nomenclatura, perchè una nuova pianta possa essere registrata ne Cataloghi della scienza, spero che sia per rimanere in essi con ciò una perpetua memoria dei meriti acquista- tisi dal commendatore Andrea Piovene col favorire gli studj della Paleon- tologia vicentina; e della gratitudine de’ naturalisti italiani da lui ospitati generosamente in Lonedo il di 15 settembre del 1868. Latanites Ploveniorum Vis. L. foliis longe (40 cent.) petiolatis, flabellipartitis, oblique ovatis, laciniis rhachidi brevissimae (2 cent.) planae lanceolato-acuminatae incidentibus, imo basi eoalitis, anguste linearibus, numerosis (25 circ.), approximatis, plicato-carinatis, estriatis, enervibus; petiolo inermi, laevi, e basi latissime (40 cent. lat.) ovata, sursum attenuate lateque lineari (2 '/9 cent.), ad api- cem convexo-carinato. Inventa in solo tertiario calcareo ad Sostizzo prov. Vicetine in Italia, secus fluentem Chiavon. — Osservatur in Museo com. Andreae Piovene, cujus nomini rara species inscripta. Professore De ViISIAnI. Il signor Felice Giordano legge una descrizione d’ una sua recente Ascensione al Monte Cervino. Il Presidente propone la nomina del signor CARLO DARWIN a socio corrispondente ; ; ela proposta è appro- vata a pieni voti e con acclamazione. 62 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA I segretarj delle singole sezioni danno lettura de’ pro- cessi verbali delle sedute speciali delle sezioni stesse. © Uno dei processi verbali della sezione di Zoologia con- tiene la seguente proposta presentata Fo sezione stessa al Congresso: Il Congresso dei naturalisti Italiani în Vicenza, Dopo mature discussioni in seno alla sezione Zoologica ha concorde- mente approvato le seguenti proposte, da inviarsi al Parlamento Nazionale: 4.° Si abolisca in tutto il Regno, pel termine di tre anni, ogni mpecie di caccia, ad esenzione di quella che si fa col fucile. 2.° Il tempo vietato dati dal 13 aprile al 1.° agosto di ciascun anno. -Ai Consigli provinciali si accordi la facoltà di estendere nei loro. tereiteri giurisdizionali la durata del divieto suddetto. Il Ministero di Agricoltura, Industrie e Commercio, dietro; mic è di una delle Università ‘del Regno, potrà (accordare agli ornitologi ed ai direttori dei Gabinetti di Storia Naturale il permesso di cacciare nell’ e- poca vietata. 3.° Si provveda alla conchiusione di trattati Ren eai0o RE sen limitrofi. Aperta dal Presidente la discussione su questa propo- sta, il socio Pirona osserva che per alcune provincie del- l'Alta Italia bisognerebbe far principiare ‘il divieto della caccia. più presto che il 15 aprile, perchè a quest'epoca è già cominciato il passaggio degli uccelli insettivori. Il professore Canestrini risponde cha si può conservare nella proposta generale quella data, perchè i Consigli provin- ciali hanno facoltà di anticipare il principio del divieto, pel caso che lo credano necessario. E al professore Guiscardi, il quale vorrebbe lasciata totalmente ai Consigli provin. ciali la facoltà di fissare ambedue i limiti del divieto, a seconda delle circostanze di tempo e di luogo ; il profes- sor Canestrini spiega perchè egli creda meglio fissare per tutta l’Italia i limiti più ristretti pel divieto, e lasciare a IN. VICENZA 365 quei Consigli soltanto la facoltà di anticipare 11 principio, e di posticipare la fine della prabizione, a seconda delle circostanze. | Finita questa discussione, la proposta fatta dalla sezione di Zoologia è approvata e raccomandata alla presidenza ordinaria per il suo invio al Ministero e al Parlamento. Il Presidente presenta una lettera, colla quale il Comi- tato centrale dell’ Accademia d’ agricoltura, arti e com- mercio di Verona, invita la Riunione dei naturalisti ita- liani a mandare una sua rappresentanza a visitare l’ e- sposizione agricola e industriale, che ha ora luogo. in quella città. .. In risposta a questo invito, pel quale l'adunanza esprime il più vivo aggradimento, il Presidente scrive, seduta stante, una breve lettera per incaricare parecchj soc], che già avevano espresso la loro intenzione di recarsi a Ve- rona, di rappresentare colà la Società italiana di scienze naturali. Questi socj inviati come rappresentanti della, società a: Verona sono i signori Silvestri, D’Achiardi, Freschi, Calegari, Pavesi Angelo e Cocconi. Sopra proposta della Presidenza ; e dietro lettura dei nomi fatta del segr etario Omboni, l'adunanza ammette come soc] effettivi i signori: De Manzoni Giovanni Antonio; di Agordo, direttore della Società Montanistica dii proposto dai Se Omboni, Stoppani e Negri. ResPinI FRANCESCO, notajo di parato proposto dai Sogj Calderini e: Grigi Village: GentiLuomo CamiLLo di Pisa, proposto dai socj Issel e fratelli Villa ; los] 064 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA Ponti AgapiTo, professore nel collegio d’ Adda a Va- rallo, proposto dai socj Calderini e fratelli Villa; RosseETTI dott. FRANcESCO , professore di fisica nella R. Università di Padova, proposto da Lioy, Saccardo e Omboni; KELLER dott. ANTONIO, professore di Agraria e Storia Naturale nella KR. Università di Padova, proposto da Lioy, Bertoloni e Saccardo; FRESCHI GHERARDO, presidente della Associazione agraria friulana, di Udine, proposto da Pirona, Omboni e Negri. Mask sac. FRANCESCO, arciprete di Castel d’ Ario, pro- vincia di Mantova, proposto da Saccardo, Pedicino e Trevisani; | NINNI conte ALESsANDRO PERICLE, dott. di scienze natu- rali, di Venezia, proposto da Saccardo, Canestrini e Pirona; PALMERI dott. PARIDE, assistente alla cattedra di Chimica della R. Università di Napoli, proposto da Pedicino, Ca- ruel e Spagnolini; Fassì ing. GiusePPE, di Novara, proposto dai socj fra- telli Villa e Calderini; PeERAZZOLI cav. Giovanni GAETANO, di Agnona di Bor- gosesia, proposto dai socj fratelli Villa e Calderini; BussonE GIOVANNI, segretario civico e notajo di Varallo, proposto dai socj Villa fratelli e Calderini. Il segretario Omboni presenta i varj libri e le altre opere, che la Società ha ricevuto in dono in questi giorni del Congresso; e annuncia che la Società lascia in dono al Municipio di Vicenza, per la Biblioteca comunale, un esemplare dei suoi Aff? e delle sue Memorie. Il signor Lombroso legge una memoria cui caratteri IN VICENZA 36b fisici delle diverse popolazioni italiane, relativi alla sta- tura, alla forma del cranio, al colore della pelle, ecc.; dice che forse colle differenze fisiche esistenti fra le di- verse popolazioni si possono spiegare molte lotte antiche e moderne avvenute fra queste; e conchiude col dire di aver fede in un migliore avvenire per gl’ Italiani, se sa- pranno saggiamente applicare e utilizzare le loro facoltà fisiche ed intellettuali. I principali risultati scientifici dedotti dall’ autore dal- l'esame di 1000 individui sani, dai 20 ai 25 anni, appar- tenenti all'esercito italiano, sono 1 seguenti: « 1.9 Il peso degli Italiani, a 21 anni, della statura media di un 1" 64, è di 62,902 chilogr. che è assai più di quello dei Francesi e Belgi. Il peso mag- giore è offerto dai Veneti ed Emiliani, il minimo dai Napoletani e Lombardi. Distinguendo le stature alte dalle bassc, si nota che queste ultime, a pro- porzione pari, corrispondono ai pesi maggiori. Nelle alte stature il mas- simo peso è offerto dagli Emiliani, Napoletani e Siciliani; nelle basse, dagli Emiliani e Veneti. » 2.° La statura più alta fu offerta dai Napoletani, Veneti, Emiliani e Romagnoli; e la minima dai Sardi e Calabresi. La razza influisce sulla statura. La slavo-carnica aumenta quella dei Friulani; la semitica ab- bassa quella dei Calabresi e Sardi; ma la razza riesce impotente ad Aosta, Sondrio e Larino. — Nella Sardegna e ad Aosta non solo gli uomini, ma anche i cavalli ed i buoi sono piccoli; e viceversa nella Toscana e Terra di Lavoro. — Influiscono assai ad elevare la statura la pianura (Lucca, Pisa, Catania) e 1’ agiatezza delle grandi città (Milano , Napoli, Livorno, Palermo, Bologna, Genova, ece.). — Influisce ad abbassare la statura il suolo avyallato fra montagne (Aosta, Sondrio), altissimo o impaludato (come a Otranto e Oristano), 0 troppo asciutto, o mancante di acqua po- tabile (come a Catanzaro, Cagliari, Patti). » 3.0 I capelli biondi abbondano più che altrove nel Veneto, nella Li- guria, nella Lombardia ; il contrario ha luogo a Napoli, nella Romagna, in Sardegna, nella Calabria. — Quelli neri spesseggiano nella Calabria e nella Sardegna ; sono al minimum ia Piemonte, nella Lombardia, nell + Venezia. — Quelli castani spesseggiano in Toscana, nella Romagna, in Piemonte, nell’Emilia, in Sicilia; sono più rari nel Veneto, nella Liguria, Vol. XI. 24 366 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA nella Lombardia. — Sui capelli influisce evidentemente più la razza che il clima. » 4.° Il Sardo cd il Toscano di bassa statura hanno gli arti inferiori più corti, e i Veneti li hanno più lunghi che gli altri Italiani. — I Calabresi hanno più lunghi gli arti superiori. » 5.° L'ampiezza del torace risulta scarsa nei Sardi, nei Calabresi ; nei Toscani, nei Lombardi. - » 6.° Misurando il capo di 2000 individui vivi, risulta: Indice SAPECiLI Paesi Lefalibg desunta da misure esterne Sicilia 76 14166 Napoli 77 1173 Romagna 80 1173 Emilia | 82 1173 Lombardia 78 1475 | Toscana 78 1188 Piemonte 83 1188 Liguria 75 1190 Sardegna 71 1175 Veneto 78 1188 » 7.° Gli studj fatti su 50 eranj di giovani soldati morti di malattie non cerebrali confermano presso a poco le misure di capacità date dai vivi; essa infatti risultò massima nel Veneto, nel Piemonte, a Napoli, nella Liguria, a Lucca; minima in Calabria, nella Sardegna, nella Sicilia, a Ta- ranto; — ma la misura dei diametri ba dato: dolicocefalia a: brachicefalia a : Lucca Firenze Caltanisetta Piemonte i Taranto Friuli Calabria Napoli Sardegna Romagna. IN VICENZA 367 » La fronte più ampia si notò in Lucca e nella Romagna. » L'altezza verticale prevalse nel Lucchese, nell’ Emilia, nel Veneto, nel Piemonte, nella Liguria. » Il diametro bizigomatico prevalse nel Friuli, nella Toscana, in Sicilia; e fu trovato minimo a Taranto, nella Romagna, nel Piemonte. » Le spessore delle ossa craniche prevalse nella Calabria, nella Sicilia, nella Sardegna, nel Friuli; — si mostrò minimo a Taranto, a Genova, nel Veneto, a Lucca. | » Il clima meridionale allunga il capo e ne diminuisce la capacità ; quello nordico l’ allarga, e lo fa brachicefalo. Ma sopratutto la razza (e par- ticolarmente quella semitica ) vi influisce; del che è prova Panalogia sin- golare fra i cranj mederni e quelli trovati negli antichi sepolcri. » Il socio Guiscardi propone che nelle sedute delle sezioni dei futuri Congressi non si debba permettere la lettura di lunghi lavori già scritti, ma gli autori siano invitati a darne a viva voce un sunto, a fine di concedere più tempo alle discussioni verbali. T'ale proposta è accolta dal- l’ adunanza con movimenti d’ approvazione ; così che il Presidente raccomanda che se ne tenga conto dalla Pre- sidenza ordinaria e dai Presidenti delle sezioni del Con- gresso futuro. Il Presidente sorge ad esprimere brevemente, ma con affettuose espressioni, a nome della Società di scienze na- turali, la più viva gratitudine per la cordialissima acco- glienza, che i naturalisti hanno trovata a. Vicenza e nei paesi vicini. Vicenza era già stretta alle altre città e pro- vincie italiane per un vincolo politico, poichè gli Italiani d'ogni provincia sono venuti qui, sui colli Berici, a com- battere e morire per l’Italia, e non v'ha campo di batta- glia, bagnato di sangue italiano per la libertà del nostro paese, sul quale non abbia combattuto qualche vicentino; ma ora a quello si è aggiunto un vincolo di gratitudine , pel modo con. cui Vicenza e la sua provincia hanno ac- 368 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA colto, ospitato e festeggiato i soldati della scienza qui venuti da ogni altra parte d’Italia. E perciò, conchiude il Presidente, i naturalisti italiani, ora qui raccolti, si ri- corderanno sempre con piacere dei bei giorni passati in questa gentile e simpatica città e nei suoi bellissimi din- torni. Il Presidente onorario, sindaco di Vicenza, conte Lui- gi Piovene, risponde al presidente Lioy colle seguenti parole: Prima di separarci, permettetemi, o Signori, che anch'io vi porga i più vivi ringraziamenti in nome della città, che rappresento; di quella città, che voi avete sì altamente onorato della vostra presenza. Il Consiglio comunale ha per acclamazione deliberato che una lapide commemorativa fosse posta nel civico Museo. Queila lapide è già in lavoro, e fra pochi giorni sarà collocata în quelle sale, destinate alla storia natu- rale, che furono aggiunte ed inaugurate in questa lieta occasione. Ma; ve-lo ripeto, più che nella lapide, la memoria di voi resterà scol- pita nei nostri cuori, c Vicenza serberà cara ed indelebile ricordanza del terzo Congresso dei naturalisti Italiani. Possano questi Congressi, che tanti vantaggi hanno recato ad altre na- zioni d'Europa, e che sì felicemente si sono iniziati anche fra noi, possano, dico, portare anche all’Italia quel grado di prosperità, di riechezza, di ge- nerale ben essere, che essa merita, e che noi le auguriamo di cuore; pèr- chè noi tutti l’amiamo, }° Italia, come si amò, o si ama la propria madre. lo vi propongo, aduuque, che, nel porgerci il fratellevole saluto, noi ei separiamo al triplice grido di: Viva ? Italia, viva il Re, viva la Scienza! In mezzo agli applausi generali, coi quali 1’ adunanza accoglie questo discorso del Presidente straordinario, come aveva già prima accolto quello del Presidente Lioy, il socio Guiscardi domanda la parola per proporre che la Società, a ricordanza della sua gratitudine verso Vicenza, faccia porre; col permesso delle Autorità municipali, nel IN VICENZA 3569 Museo Civico di questa città, e accanto alla lapide decretata dal Consiglio comunale vicentino , la seguente iscrizione: AI VICENTINI LA SOCIETA’ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI PER LA CORTESE OSPITALITA’ AVUTANE NEL SETTEMBRE DEL 1868 Questa proposta è accolta favorevolmente, dalla adu- nanza; e dopo ciò il Presidente dichiara sciolta la sedu- ta, e finito il Congresso. G. OMBONI. PROCESSI VERBALI DELLE SEZIONI. Sezione di Zoologia. Seduta del 14 settembre 1868. «La seduta è aperta dall’anziano d’età, il prof. Giovan- ni Cavalleri, il quale invita gli intervenuti a nominare il proprio presidente, che risulta eletto nella persona del cav. Emilio Cornalia; e questi sceglie a segretario della sezione il prof. Giovanni Canestrini. Il prof. Cornalia ringrazia gli zoologi della fiducia ac- cordatagli, e li invita a presentare quei lavori, che stimas- sero opportuni. Avendo la parola il dottor Francesco Disconzi, questi cerca di dimostrare, come, in una memoria stampata @ Verona nel 1865, siasi attribuito il nome di Philanthus apîvorus ad un imenottero, che è probabilmente la Vespa crabro o la Vespa media, essendo proprie di queste e non di quello le abitudini attribuite dal cav. De Betta all'in- setto, di cui è parola nella memoria citata. L’abate G. Nardi legge una sua nota, in cui propone diversi mezzi per favorire l’apicoltura, e cioè di adottare una misura identica, per tutti 1 luoghi, dell’arnia a favo mobile; di impiegare la donna in quell’industria; di inse- gnare nelle scuole rurali i principj, su cui l’apicoltura si fonda; e di dissipare i pregiudizi sparsi nel popolo in- TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA IN VICENZA 374 torno alle abitudini delle api, tra cui è citato quello che questi insetti rodano i frutti. Il prof. Canestrini fa osservare come . solo l’arnia del Dzierzon possa essere ristretta ed allargata secondo 1 bi- sogni dell’ apicoltore, per cui, quando si impiegassero arnie di altro sistema, non sarebbe utile l’ uguaglianza nelle dimensioni, imperocchè gli sciami da albergarsi sia- no ora deboli ed ora forti. Il prof. B. Tebaldi dimostra, come le api non rodono i frutti, ma succhiano i liquori usciti dalle forate fatte da altri insetti; e poi, relativamente alla scarsità dei sciami ed all'uso delle diverse arnie, presenta le seguenti osser- vazioni: L arnia riti; come quella proposta dal prof. Molin, fu trovata angu- sta per una famiglia d’api, che prende un prospero sviluppo. L’unità di proporzione delle arnie è certo una necessità, ed è cosa, che faciliterà scambii ed operazioni apistiche fra gli stessi cultori delle api. Che il volume di questa arnia generalmente addottata stia poi fra l’ arnia Sartori e l’arnia alla Dzierzon, non mi parrebbe di utilità pratica, perché ci priverebbe di quei vantaggi, che presenta l’arnia alla Dzierzon, precisamente » per la sua capienza. lo credo dover attribuire alla troppa capienza dell’arnia Dierzon, il cat- tivo esito dell’apicoltura dell’anno presente nella provincia veronese, dove appunto quest’arnia è messa in prova sopra vasta scala; farò notare che le stesse arnie di modelio adamitico dei nostri contadini non diedero né sciami, né prodotti, quali negli altri anni solevan dare; per cui è per ra- gioni molto più generali che noi abbiamo avuto uno scarso raccolto. Nella scelta di un’ arnia, dobbiamo aver in riguardo che essa sia tale, da albergare la più prospera delle famiglie, come di accogliere senza danno una giovine famiglia, od una famiglia che per infortunii diventi assotti- gliata. Questo ultimo è tale quesito, che si presenta spesso ali’ apicoltura, sia per sciami di diverso volume, sia per le vicende varie di una fami- glia. Ora l’arnia alla Dzierzon mi pare risponda a questi bisogni: in essa nol possiamo limitare in pochi centimetri quadrati un povero sciame, come i favi di una famiglia assottigliata; possiamo proteggerla interna- mente con diaframmi di legno, e con altri mezzi contro il freddo, come 372 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA sacchetti di crusca, o pannolini; e possiamo poi offrire maggior spazio, tostoché la famiglia si faccia di nuovo prospera. Del resto l’apicultore avrà per bene della coltura in generale un’arnia di un volume unico, ma do- vrà poi ricorrere a tutti quelli artifizii richiesti dai casi particolari di sin- gole famiglie. Così ni parrebbe improvvida la misura proposta del nostro segretario di addottare tre differenti modelli d’arnia , per adattarsi ai di- versi sviluppi delle famiglie; andressimo nell’ugual scoglio quando si pensi che le famiglie di api hanno vicende molte, per le quali la piccola fami- glia in quest’anno prospera grandemente, una numerosa si assottiglia, ed al- lora l’arnia piccola diverrebbe angusta per la prima, viceversa per la seconda. Concludo che, se dovessimo appoggiare presso le provincie 1’ addottarvi una piuttosto che l’altra arnia, per il riguardo del volume, dovressimo favorire l’ arnia Dzierzon, che così bene rispose, con opportune modifica- zioni richieste dalle circostanze, a molti privati, al professore d’apicoltura di Verona, abate Beduarovich, ed al signor Ruska nel suo podere al Dolo. Quanto all’ ultima domanda, se le api possano nuocere alla orticoltura , danneggiando le frutta, è noto che è il calabrone, che ferisce Puva e le pera, e che l’ape approfitta della ferita per succhiarvi un po’ di umore; del resto per sè l’ape non ferisce i frutti. Il Presidente presenta, a nome del socio prof. T'argioni- Tozzetti, il programma qui unito per una associazione de- ‘stinata a promuovere e pubblicare un giornale italtano di botanica e di zoologia intitolato MALPIGHI; e poi leva la seduta. CANESTRINI, Segretario. Programma pel Giornale MALPIGHI Il frutto degli studii scientifici, nelle scienze naturali particolarmente, pare ormai a tutti in italia scarso, considerando le opportunità date dai luoghi, variatissimi oggi, venuti a questo per isconvolgimenti meravi- gliosi, ricchi pertanto di cose di ogni specie, di ogni età, di ogni modo; considerando il numero delle scuole, dove pure gli studii medesimi sono proposti, la gloria che recò un tempo la loro cultura, e i vanti che. per essa acquistano odiernamente le nazioni sorelle. IN VICENZA 70 Dall’apparenza si deduce poi che l’ opera degli studiosi sia fra noi per qualche modo impacciato, se non da mancamento naturale dell’ ingegno, da pregiudizii, da difetto di metodi, da fiacchezza di volontà ; ed intanto avviene, che il fatto giudizio, anco apponendosi al vero, mentire non prov- vede a nulla di per sé, aggrava non poco la condizione delle cose. Osservando meglio però, si può scorgere che veramente non mancano neanc’oggi, prima di tutto, all’ Italia le opere di scienza, che per assenti- mento generale meritano un posto di onore, e queste assai si conoscono. Le minori però, e quelle che col numero e la rapida e opportuna succes- sione loro, una all’ altra aggiungendosi, correggendosi, completandosi re- ciprocamente, rivelano più P intensità del lavoro di tutti, se pur sono da un lato più scarse, dall'altro sono anco assai meno vedute. Esse infatti vanno negli Atti o nelle Memorie di Società benemerite per titoli antichi o nuovi, in qualche periodico specialmente assegnato alle matematiche, alle scienze fisiche o alle scienze applicate, ed in altri ancora più speciali per le scienze naturali di questo o quel ramo, che con desiderio onesto si sono più volte affacciati o tentano di affacciarsi alla luce del sole, senza aver prosperato però, o con poca speranza di prosperare. Ma, divisi così quei lavori, che sono appunto-i frutti dello studio di cia- scun giorno, mescolati confusamebnte in raccolte senza uno scopo deter- minato, poco omogenee, pochissimo diffuse, tarde per lo più a comparire, o che non riescono a viver tanto da venire in fama, non che stare in vista, si occultano, e, non che averli facilmente alle mani, è difficile di ritrovarli, anco pei meglio iniziati. Nessun organo della stampa poi serve fra noi per riassumere la noti- zia delle opere o maggiori o minori venute in luce in paese dentro un periodo di tempo, nè a raccoglierle in un solo complesso, o a parte, secondo i diversi rami delle scienze, a cui corrispondono. Tanto meno si trova infine uno specchio metodicamente composto di quelle, che in tanto . numero son pubblicate al di fuori, e da far conoscere, a chi deve pur re- spirare in esso, lo stato dell'ambiente scientifico, le correnti che lo agi- tano a un certo momento, i punti da cui queste muovono e verso 1 quali sono richiamate, quali sieno insomma nella scienza i problemi risoluti, gli espedienti trovati, gli errori emendati, i problemi nuovi da porre. Le ragioni di un tale stato di cose possono esser molteplici e varie, ma una se mai vale tutte le altre, ed è che gli studii delle scienze, non che coltivati poco, sono, se così può dirsi, poco intesi e notiin Italia, e quindi hanno il favore, la stima e la devozione di pochi. «Una pubblicazione pronta, continua, capace di dar fuora con ordine e 574 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA a tempo i lavori via via preparati, di fornire notizie storiche c critiche di quelli che non si comprendono in esso, massimamente se sia particolare per un ramo o per un altro di scienza, non trova, per la scarsità dei let- tori, dove collocarsi, e come sussistere con prosperità e con larghezza ; essa manca allora, ma con essa manca altresì agli studii nazionali uno degli strumenti, pei quali presso gli stranieri si compiono in questi i più insigni progressi, e così fatta mancanza spiega poi, perchè ne è la cagione. prin- cipalissima, quell’apparente languore, che tutti vedono, tutti accusano con querimonie, e al quale nessuno provvede. Sarebbe difficile togliere a un tratto questa gravissima cagione d’impe- dimento senza almeno qualche azione non ordinaria, e sarebbe impossi- bile forse di conseguire a ‘un tratto, e per tutti gli studii, e in tutta la estensione necessaria, un ugual vantaggio. Proponendoci una parte sola del compito grave, noi domanderemo di aiutarci al buon volere dei cultori di qualunque sorta di studii, se vuolsi, ma più che mai a coloro, ai quali il sapere intorno alle cose naturali pro- caccia la maggior parte delle comodità di cui godono; a coloro, ai quali le verità conquistate sulle ragioni dei fatti esterni danno lume dell’ eser- cizio di difficili, alti e non affatto infruttuosi doveri; ed a coloro, che sono nell’ attività delle industrie e dei commerci sostenuti anch” essi da quelle; e se fra tutti poi vi è chi sia più propenso a quella parte di studii scientifici, alla quale dal canto nostro siamo maggiormente inclinati, pro-. porremo ad esso di cooperare alla fondazione di un Giornale Italiano, che, sotto gli auspici dell’illustre nome di MaLpicHni, comprenda i di- cerst rami della botanica e della zoologia. I maestri chiarissimi delle varie scuole senza differenza di grado, i gio- vani, che ad esse si educano, gli amatori, forse non pochi, posti fuori del cerchio delle scuole medesime, più fortunati, più liberi, e spesso più op- portunamente situati per molti effetti, possono formare insieme una coorte per le opere effettive, o mantenere con esse la collaborazione. Gli altri debbono interrogarsi per sentire se non abbiano in sè quell’ a- nimo stesso, che muove ogni persona in Inghilterra o in America a rite- nere per lieve qualunque tributo volontariamente pagato per promuovere il lavoro dell’ intelletto, e il progresso della scienza, perchè, di qualunque specie sia questo, così sostenuto, non è a temere che non sia buono, e che non riesca per tutti ugualmente benefico. Su queste basi, e con questi contributi di favore e di mezzi impiantato, il Giornale potrebbe affrontare la passività, che da primo lo aspetta infal- libilmente, ma senza cadere, come molti altri, innanzi di aver messo ra- dici, potrebbe giungere a sostenersi poi da per sè. IN VICENZA 375 Da una parte complesso assai, per convenire ad un numero considere- vole di lettori, con fine assai circoscritto e determinato dall’altra, il nuovo periodico tenterebbe ora la sorte, uscendo con mole discreta; ma nell’ av- venire potrebbe e dovrebbe aumentare, scindersi e trasformarsi. Si pubbli- cherebbe frattanto a fascicoli da 5 a 6 fogli trimestralmente, come quasi tutti i migliori giornali inglesi, francesi o tedeschi corrispondenti; stampa e illustrazioni di tavole, vi sarebbero curate colla maggior diligenza, prendendo le opere sopradette a modello, e tenendosi non al disotto del saggio, che ne dà il programma. Conterrebbe memorie originali colle rispettive tavole, documenti d’ogni genere valevoli ad illustrare la Fauna e la Flora italiana, e copiose e metodiche riviste storico-critiche di giornali ed opere nazionali e straniere. 100 Azioni o Carati di Lire 100, ciascuna pagabile in una volta, ovvero in due o in quattro rate semestrali (la prima appena la Società si chia- masse composta) formerebbe il fondo attivo per il Giornale, e questo si distribuirebbe pubblicamente per sottoscrizione ordinaria al prezzo stret- tamente misurato alle necessità del buon andamento dell’ impresa. Per due anni il solo fondo sociale delle azioni o carati dovrebbe soste. nere ogni spesa; ì proventi delle sottoscrizioni ordinarie si accumulereb- bero per formare un fondo nuovo, che, cogli avanzi del primo, sarebbe de- stinato, alla fine del 2.° ‘anno, in sussidio del Giornale stesso per l’anno 3.%; e in capo a questo sarebbe destinato per lo stesso oggetto, o sarebbe ero- gato altrimenti, secondo che la Società dei soscrittori delle azioni di lire 100 venisse a deliberare. Una Direzione scientifica ed un Comitato amministrativo, eletti dalla Società, curerebbero l’ impresa, coll’ obbligo di un rendimento di conti annuali. La Società sarebbe chiamata a costituirsi dopo raccolte 80 azioni, e sa- rebbe convocata in Firenze per le nomine della Direzione e del Comitato ammipistrativo, che, sulle basi pronunciate, farebbero ogni stanziamento ulteriore. I Soci dimoranti fuori di Firenze dovrebbero delegare alcuno a rap- sentarli nelle adunanze della Società, le quali, fin dalla prima, sarebbero valide, qualunque fosse il numero degli intervenuti, o dei delegati pre- senti. i sottoscritti, promotori soltanto per essere stati i primi ad intendersi, non si attribuiscono alcuna ingerenza maggiore, e sono disposti ad ac- cettare e discutere altre idee, altre vedute, purchè le basi del progetto rimangano intatte; ma, se meglio di cercare l’ ottimo vale 1’ accostarsi al 376 . TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA buono, se il fare è meglio del dire, pregano coloro,..cle non dissentono essenzialmente da loro, di rimettere semplicemente all'indirizzo ch? essa porta, la cartella unita al programma, fregiata col loro nome e con quello dei loro amici. Firenze, 4 maggio 1868. Beccari - Caupesi - T. CARVEL Cesati - Detpino - C, D'Ancona Marcucci - È. PiccioLi - P. STEFANELLI A. Targioni TOzzETTI. Prima seduta del giorno 16 settembre. La seduta è aperta poco dopo le 8 antimeridiane. Dopo la lettura e approvazione del processo verbale, il Presidente presenta alcuni libri donati alla Società italia- na di scienze naturali, ed altri da distribuirsi ai soc], tra cui il Catalogo degli uccelli del Modenese, compilato dal dott. Paolo Bonizzi, in cui sono annoverate 224 specie col nome volgare italiano, col nome volgare. modenese e con note sulla frequenza nei passaggi, sulla nidificazione e sui luoghi prediletti dalle singole specie; ed un opu- scolo del cav. Leonardo Salimbeni Sulla farfalla corpu- scolosa del baco da seta. Il signor Arrigoni espone le sue idee sopra il divieto di caccia, che egli crede debba essere stabilito da una leg- ge per la protezione degli uccelli insettivori. Il cav. Lioy consiglia misure radicali ed un divieto senza eccezioni, da definirsi tanto più che, a suo parere, gli uccellatori sono uomini agiati, che esercitano la caccia non per bisogno, ma per mancanza di altra occupazione. Il prof. Cornalia teme le leegi draconiane, che crede di difficile esecuzione; IN VICENZA 377 egli non farebbe differenza tra uccelli insettivori e grani- vori, essendo anche questi talvolta insettivori in una de- terminata età. Il sig. Arrigoni vorrebbe proibita ogni cac- cia ad eccezione del fucile. Il sig. Facen vorrebbe seria- mente proibita la distruzione delle nidiate, e crede che si potrebbe lasciare ai comuni la facoltà di regolare le caccie; opinione contrastata dal cav. Lioy, perchè il sindaco è spesso l’unico cacciatore del comune, e perchè la coltura non è tanto avanzata, da rendere evidente ad ognuno l'uti- lità di leggi severe concernenti la caccia. Don Pietro Cal- derini ha fiducia nei mezzi morali, consiglia conferenze po- polari sull'argomento in discorso, e invoca il concorso dei Comizj agrar). Il cav. Lioy propone la nomina di una com- missione, che riferisca dopo maturo esame; e questa pro- posta è accettata dal prof. Cornalia. Il sig. Arrigoni pro- pone un ringraziamento al deputato Mussi, per aver que- sti deferita la questione al Congresso dei naturalisti. Il prof. Giovanni Cavalleri propone di discutere, senz'altro, la proposta da inviarsi al Parlamento nazionale; e la sua domanda è appoggiata dal prof. Canestrini, contro la quale il dottor Issel fa osservare che, se si volessero di- scutere gli articoli proposti dal conte Arrigoni, sl trove- rebbero implicite molte questioni di difficile soluzione. Il cav. Lioy propone di formulare una proposta, da discu- tersi nella seduta generale di chiusura. Il prof. Pietro Pavesi prende la parola per far vedere gli inconvenienti, che deriverebbero da una legge che ammettesse le cacce riservate. Finalmente il cav. Lioy propone la chiusura; ed essendo questa approvata, il Presidente mette ai voti la nomina di una commissione di tre individui, la quale abbia a compilare per domani una proposta da approvarsi dalla Società e da inviarsi poi al Parlamento; e questa commissione rimane formata nel modo seguente: conte Ninni, conte Arrigoni e prof. Canestrini. 378 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA Il Presidente presenta i seguenti lavori manoscritti : Enrico Giglioli e Tommaso Salvadori, Due nuove specie di Procellaridi. Jacopo Facen, II bruco del canape. Camillo Rondani, Specierum italicarum ordinis dipte- rorum catalogus (fascicoli due). Camillo Rondani, Ortalidinarum species italica. Tommaso Salvadori, Due nuove specie di caprimulgidi. Enrico Giglioli, Intorno alla fauna pelagica. T'acchetti Carlo, Alcuni insetti deì contorni di Novara. Il prof. Bellotti tratta del bigatto del Ya-ma-mai. Se- condo le sue osservazioni, la Quercus pedunculata e dis- secta sono il cibo più gradito della larva Ya-ma-mai. Si manifestò anche in questa la malattia dei corpuscoli, che fece andare a male la coltivazione. Il baco, essendo peloso, non serve di nutrimento agli uccelli insettivori. Il medesi- mo ama la rugiada. Il prof. Cornalia osserva come il caldo sia DT nocivo al predetto baco, e come l’istantanea morte di nu- merosi individui possa essere l’effetto di un colpo di sole, o in generale di soverchio calore. Il socio Salimbeni domanda la parola per far conoscere alcuni risultati delle sue osservazioni Sulla malattia del baco da seta. Egli dice che tale argomento è assai complicato e dif- ficile, e che si dovrebbe trattare non solo dal lato pra- tico, ma ben anche dal lato scientifico. Però, in difetto di cognizioni precise sulla origine e natura dei corpuscoli oscillanti del baco da seta, dichiara di limitarsi a poche comunicazioni relative al modo di agevolare l’osserva- zione microscopica delle farfalle. IN VICENZA 379 Negli studj da lui fatti per vedere in quali punti del- l’insetto si trovassero in maggior copia i corpuscoli ca- ratteristici della malattia dominante, riconobbe tosto che questi risiedono principalmente nella membrana delle ali. Il socio Salimbeni non si dilunga a spiegare come sia giunto a questo trovato, avendo distribuito ai membri della sezione un suo lavoro già presentato alla Società de? Naturalisti di Modena ed inserito nel 3.° Annuarto di quella Società. Nota soltanto come, in seguito a quelle ricerche, siasi molto semplificata l’osservazione microscopica delle far- falle, riducendosi in sostanza tale metodo all'osservazione della membrana di un’ ala, spogliata delle squame, e schiacciata sulla lastra di vetro, in modo da rendere libe- rl i corpuscoli, che essa contiene, versando all'uopo sulla lastra due o tre goccie d’acqua distillata. Passa quindi a rendere conto di una serie di molte os- servazioni dirette a mettersi in traccia del seme di bachi esente da corpuscoli, mentre si è riconosciuto che si trova- vano infette anche le sementi originarie giapponesi, e che quelle di prima riproduzione vanno successivamente peg- giorando, come fu opportunamente avvertito dal prof. Ca- valleri, e come si osservò anche nel Modenese. Il metodo di selezione delle partite da destinarsi alla confezione del seme sarebbe applicabile quale ci fu pro- posto dal Pasteur, se noi non avessimo disgraziatamente tutte le nostre sementi indigene od esotiche molto infette. A questo riguardo il Salimbeni rende conto delle sue ri- cerche, che gli diedero, per parecchie sementi indigene, una proporzione da 0 a 18 per 100 di farfalle sane. Fra le farfalle avute da sementi originarie del Giappone, che diedero quest'anno da 35 a 36 chilogrammi per car- tone, non trovò che il 14 per 100 di farfalle sane. 380 TENZA RIUNIONE STRAORDINARIA Prima dunque di applicare con sicurezza il metodo di selezione delle partite da destinarsi alla riproduzione, fa d’uopo trovare delle bacherie, in cui si trovi una propor- zione abbastanza forte di farfalle sane, le quali, tenute iso- late per la deposizione del seme, servano a piccoli allevas menti sperimentali ,da destinarsi alla confezione del seme. Con tale intendimento il socio Salimbeni ideò un far- falliere cellulare, capace di parecchie migliaja di farfalle, da sottoporsi all'esame microscopico, e giunse per buona ventura a scoprire una razza indigena, delle colline, mo- denesi presso Vignola, nella villa di Campiglio, che diede il 61 per 100 di farfalle non corpuscolose, e che sarà di- visa nella primavera del 1869 fra diversi bachicoltori, per. ricavarne seme immune dall’infezione. Da ultimo ricorda il fatto, che gli si presentò, di una camerata di bachi non corpuscolosi, e colpiti, fra la quarta muta e la salita al bosco, sebbene in grado leggero, dalla malattia dei morti-bianchi, che offrì nelle farfalle una quan- tità di 65 a 66 per 100 di individui corpuscolosi. Egli conclude coll’ esternare la speranza che si possa coll’ uso di farfallieri cellulari giungere a preparare del seme di bachi assolutamente sano, e da allevarsi in pic- cole partite, col solo scopo di applicarvi, poi con qualche probabilità di buon esito, i metodi noti di selezione. Il prof. Vlacovich erede buono in teoria l’uso del micro- scopio, ma al presente almeno di difficile applicazione. Per la pratica basta, secondo lui, l'esame esterno dell'animale. Il prof. Giovanni Cavalleri intrattiene l'adunanza Su//a confezione, sulla conservazione, e sull'esame delle sementi dei bachi giapponesi. Avendo raccolto un gran numero di fatti, e sceverando da questi i fenomeni accidentali, viene a porre, qual fondamento di buona riuscita, 12 regole per la buona confezione delle sementi, e tre altre per la conser- IN VICENZA 581 vazione. Cerca di provare, con argomenti tratti dai fatti di quest'anno, che quasi tutte le partite, che andarono a male, lo furono principalmente per la mala confezione e per la mala conservazione, le quali rendono la semente debole e incapace di lottare colle intemperie delle stagioni, come appunto avvenne quest'anno. Intorno poi all'esame delle sementi, presenta un suo metodo già stampato, trovato spiccio e sicuro, e che dice avere già il suggello dell’espe- rienza dal primo scoppiare del morbo fino a questo istante, ed essere è già posto in uso da molti Comizj agrar), fra 1 quali cita quelli di Milano, Crema, Alessandria, Porto- gruaro ed altre località, oltre che da un gran numero di persone, dal Cavalleri istesso istruite in proposito. Il prof. Cornalia sostiene l'utilità dell'uso del micro- scopio, specialmente per l’esame del seme. In Lombardia moltissimi allevatori s’affidano al criter) microscopici. Il metodo cellulare del Pasteur, quantunque ragionato, non è molto pratico. L'esame della pura farfalla non conduce a sicuri risultati, imperocchè deve essere esteso anche sulla larva e sulla farfalla. Vi è un rapporto fra il risul- tato offerto dall'esame della crisalide in una determinata epoca, e l’infezione della semente. Il prof. Vlacovich, dopo la comunicazione fatta dal Salimbeni, osserva che l'esame delle ali delle farfalle riesce certamente più speditivo che non sia il metodo pro- posto dal Pasteur di triturare l’ intera farfalla, per esami- narne poi qualche particella col microscopio ; ricorda tut- tavia, che i corpuscoli non si presentano nelle ali, se non se quando l’infezione corpuscolosa è alquanto rilevante. Ond'è che, se conviene ripudiare senz'altro le farfalle, che presentano le ali corpuscolose, non si potrebbe con pari sicurezza giudicare esenti di corpuscoli le farfalle, che se ne mostrassero prive nelle parti esterne succitate. Il Vla- Vol. XI. 3 382 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA covich esamina quindi il metodo Pasteur per avere buona; semente: metodo, che egli non trova nè nuovo, nè pratico. Egli lo stima inapplicabile, pel tempo lunghissimo, che dovrebbe impiegarsi nell'esame microscopico, e per l’im- possibilità di rinvenire un numero sufficiente di persone fornite della necessaria pratica nel maneggio del micro- scopio. Quantunque la proposta dell'esame microscopico della farfalla sia difficilmente attuabile, e questo esame possa condurre in errore, tuttavia non deve rifiutarsi, giacchè potrà riescire di qualche vantaggio quando sia unito coll’esame esterno ed interno delle farfalle, quando sia praticato col maggior agio di tempo possibile, e da persone molto esperte nell'uso del microscopio. L'autore crede infine che il solo esame esterno possa dare buoni risultati; quando, cioè, si scelgano le larve vigorose, nette di macchie, pronte alle salite e al tessere; e si prendano le farfalle bene conformate, vispe, pronte all’accoppiamento. Il cav. Salimbeni constata che il prof. Vlacovich fece allusione ad una Memoria del Balbiani, relativa all’ esi- stenza del corpuscoli sulle ali e sulle parti esterne della farfalla. Il Salimbeni ammette che il Balbiani espose. os- servazioni analoghe alle sue; ma dichiara che la Memo- ria del Balbiani fa comunicata all’Accademia delle scienze di Parigi il 15 luglio 1867, mentre egli ha reso di pub- blica ragione le sue ricerche nel giugno dello stesso anno. È levata la seduta alle 11 '/ antimeridiane. CANESTRINI, Segretario. Seconda seduta del giorno 16 settembre. La seduta è aperta verso le ore 8 pomeridiane. : Il Presidente presenta l’ Indice sistematico dei Mollu- IN VICENZA ; 385 schi testacei della Spezia dell'avv. Cesare Tapparone-Ca. nefri, e il Catalogo degli Acalefi di Napoli di Alessan- dro Spagnolini. sà, Il dott. Eugenio Bettoni legge una. sua Misc Sulla Tiliqguerta di Cetti e sugli istinti degli animali. L’a- bate Disconzi dichiara di non essere dell’opinione del Bet- toni intorno alla variabilità dell’ istinto. Il dott. Cesare Lombroso, appoggiando il dottor Bet- toni, comunica una sua osservazione sulle foraiche, che farebbe vedere come l'istinto possa essere modificato’ a. norma delle condizioni in cui si trovano gl’individui.. Il prof. Canestrini presenta il Catalogo generale degli: Araneidi italiani, elegge alcune Considerazioni generali sui medesimi. Il dott. Pavesi trova una conferma delle variazioni, che subiscono le specie «degli Araneidi citate dal precedente, nelle specie italiane del genere Packhi-. gnata, e legge la Storia degli scrittori italiani che ..sî sono occuputi di ragni. E il dottor Ferdinando Sordelli. legge un suo lavoro sugli Aracnidi Lombardi, con osser- vazioni intorno alla loro frequenza e dimora. Poi, dietro proposta del Presidente 1 tre autori di questi lavori sugli araneidi d’ Italia, dichiarano che si metteranno d’accor- do per fare colle loro tre una sola Memoria, cui mande- ranno poi alla Presidenza ordinaria della Sodi a Milano. Il dott. G. D. Nardo fa conoscere, presentandone la fi- gura, una nuova specie di Eryphia, della quale cono- sce un solo esemplare femmina; che si trova nella: rac- colta di Storia naturale del R. Istituto veneto di scienze, che faceva parte della collezione di oggetti marini della Dalmazia, formata dal Vidonich ed acquistata dal &. Isti.. tuto medesimo. . I suoi caratteri distintivi sono i seguenti: | \& Carapace a regioni poco distinte; declive anteriormen- 384 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA te quasi a gradinate frammiste da alcune serie di piccole punte rivolte verso la fronte e quasi parallele. » Fronte divisa in due lobi quasi incavati, le cui due estremità presentano due denti granulosi, de’ quieti 1 medj sono maggiori. » Margine latero-anteriore, che presenta quattro spire per parte, coperte di granulazioni maggiori e come se- ghettate, rivolte verso la fronte. » Superficie del corpo e dei piedi tutta coperta di pic- cole granulazioni, che la rendono quasi zigrinata. » Mani senza tubercoli, ed anch'esse sparse uniforme- mente di granulazioni eguali a quelle del carapace. » Coscie dell'ultimo paja di piedi, più lunghe di quelle degli altri; e quelle degli altri piedi crescenti in lunghezza dalla prima all’ultima ; la qual cosa è il contrario di quan- to si osserva ordinariamente negli altri crostacei. » Colore del corpo e dei piedi brunastro allo stato di disseccazione , asperso dapertutto, fra le granulazioni, di minime villosità. » Il prof. Generali comunica alcune osservazioni sopra certe larve, che si rinvengono entro alle conchiglie del- Helix cintella, dell’ H. carturiana, dell’ H. nemoralis.. Questa larva appartiene al Frinus flavescens, ed è comu- nissima nell’ Helix cintella nel Modenese. Dichiara i mo- tivi, pei quali propende a ritenere che la larva non sia parassita, ma s’introduca nella conchiglia, pin subirvi le sue trasformazioni. Il prof. Cornalia parla di due cranj peruviani, e dimo- stra come la loro forma particolare sia stata prodotta da’ una bendatura, la quale ha avuto per effetto anche la for- mazione dell’osso degli Incas. Non ostante la forma stra- na dei cranj, la capacità dei medesimi è grande; dalla IN VICENZA 38. qual cosa il Cornalia vuol inferire che l’intelligenza degli Incas sia stata abbastanza sviluppata. Infine presenta un craniometro munito d’un quadrante graduato e modifi- cato in modo, da poter servire con grande facilità a rile- vare immediatamente, col mezzo del quadrante, la distanza delle punte. La seduta è sciolta alle ore 10. CANESTRINI, Segretario. Seduta del 17 settembre 1868. La seduta è aperta alle 8 antimeridiane. La commissione nominata dalla sezione per redigere una proposta da farsi al Parlamento in ordine al divieto di caccia, riferisce intorno al suo operato. La proposta comprende cinque articoli, che sono letti ed approvati ad unanimità (1). | Il prof. Strobel legge alcune Note di Malacologia Ar- gentina; eil prof. Richiardi espone diversi fatti anatomici da esso recentemente riscontrati, come pure il risultato de’ suoi studj intorno alle Pennatule. Il prof. Lombroso tratta alcuni argomenti di antropo- logia italiana, adducendo i risultati ottenuti dalla misu- razione di molte parti del corpo sopra parecchie centi- naja di individui (2). In fine il Presidente presenta alcuni lavori di autori as- senti, che la scarsezza del tempo non permette di leggere. La seduta è levata alle 10 e mezza antimeridiane. CANESTRINI, Segretario. (1) Si trovano già nel processo verbale della seduta generale di chiusura del Congresso. è (2) Un sunto di questa communicazione è nello stesso processo verbale della seduta generale di chiusura. 686 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA Sezione LL Eotanica. Seduta del 14 settembre 1868. Alle ore 8 ‘/ pomeridiane il ‘professore Bertolosi me sidente provvisorio, dichiara aperta la seduta. Si procede immediatamente ‘alla elezione del Presidente definitivo, ed a voti unanimi viene eletto il signor conte Vittore Trevisan, il quale prende posto al seggio della presidenza, e nomina a segretario il professore Pedicino. L’arciprete don Francesco Masè, primo iscritto per la presentazione di memorie, è invitato dal Presidente a leggere il suo lavoro intitolato: Ricerche botaniche sulle valli ostigliesi. L'autore, dopo una particolareggiata de- scrizione dei luoghi da lui studiati, dà la lista delle piante rare da lui per primo rivenùtevi; e finisce facendo voti a che parecchj naturalisti vogliano ajutarlo ‘nello studio e nella ricerca delle piante mantovane. Presenta inoltre degli esemplari secchi (che distribuisce ai socj), apparte- nenti alla Stratiotes aloides, maschio e femmina (scoperta la prima volta dal Barbieri, illustrata dal Bertoloni se- niore, e ritrovata anche dal Masè), all’A/drovanda vesi- culosa, e alla Blastenia Visianica. Il Presidente fa notare che la Chara ulvoides viene oggi da Alessandro Braun riportata alla C4. VOIR tenuta distinta dalla CA. coronata. (A Lo stesso Presidente conte Trevisan dà lettura di una sua Memoria sul genere Dimelena di Norman. Egli tesse in principio un pò la storia della lichenologia, segnata- mente in Italia, e discorre della confusione portata dai moderni nella sinonimia delle antiche Parmelie. Stabilisce in seguito i caratteri e i limiti di una nuova tribù, che chiama delle Meterodermiee, e dei due generi Hetero- IN VICENZA 387 dermia Trevis. e Dimelena Notrs. Finisce col proporre i mezzi perchè la confusione, oggi giunta al sommo, nella simonimia lichenologica, scompaja dalla scienza. Il segretario comunica la corrispondenza. Il professore De Visiani fa dono di parecchie copie di due suoi lavori: 1.° Della Cheilanthes Scovitzii F. et M.;2.° Di una nuova specie di manna caduta în Mesopotamia nel marzo del 1864; queste vengono distribuite ai soci presenti. I professori Cesati, Gibelli e Passerini hanno inviato due copie dei primi tre fascicoli dalla loro Flora Italiana, e molte del programma della medesima; quelle due copie della Fora sono mostrate ai socj presenti, e le copie del programma sono loro distribuite. Dal professore Targioni si riceve il programma di un Giornale di zoologia e botanica da pubblicarsi in Firenze col nome di Malpighi (1). Alle ore 10 la seduta è levata. PEDICINO, Segretario. Prima Seduta del 16 settembre 1868. Alle ore 8 il Presidente Trevisan apre la seduta. Il se- gretario Pedicino legge il processo verbale, il quale, dopo lieve modificazione, rimane approvato. I Il socio Caruel riferisce a voce alcune sue osservazioni sulla Hagenia stellaris De Ntrs., dalle quali risulta che le spermogonie giovani contengono spermazie, delle quali po- scia si vuotano, e la stessa cavità si riempie di vere stilo- spore. Questo fatto il Caruel ritiene nuovo, e importante per la diversa natura ed ufficio, che sinora erasi da qual- cuno attribuito alle spermogonie ed alle picnidi. | (1) Vedasi il primo processo verbale della seduta di Zoologia. 388 TERZA. RIUNIONE STRAORDINARIA Il Presidente conferma la novità della osservazione del. Caruel, e la dice di gravissima importanza, perchè con- correrebbe a far cadere le teoriche in proposito messe fuora dai fratelli T'ulasne nella loro opera jSelecta do logia fungorum. Il cav. Clementi, vice-presidente del comizio Agrario di Vicenza, domanda ed ha la parola per esporre aléune sue idee, e domandare alla sezione dei consigli sulla viti- coltura nel Vicentino. Accenna dapprima alle diverse ma- niere di coltivar la vite ad arbusto, intramezzata di coltura di cereali, ovvero sola in collina e bassa; dicendo che preferisce questa seconda maniera. Aggiunge che egli vorrebbe che si introducessero nella Provincia vitigni, che in altri paesi (Francia, Ungheria, ecc.) producono vini ricercati. Aggiunge pure che altri del Comizio agra- rio pretendono che le varietà di viti degli altri paesi, tra- piantate qui, non conservano i loro caratteri originarii. Domanda quindi su ciò il parere della sezione. Invitato dal Presidente a dir qualche cosa in proposito, il professore Keller dice che i vitigni, trasportati special- mente da paesi più settentrionali, non vanno qui perfet- tamente immuni da cambiamenti; e crede fermamente che, invece di cercar di cambiare la qualità di viti, che oggi si coltivano nel Vicentino, dovrebbesi invece pensare a modificare i processi di vinificazione. Bertoloni dice che egli non crede che le cati della Vite, trasportate da un luogo all’altro, perdano 1 loro ca- ratteri, quando siano moltiplicate per talee, e non per semi; ripete alcuni ben noti esempi delle varietà di peri, di meli, e di altre piante da frutto, ed anche della vite. Crede che lievi cambiamenti possano avvenire nel sapore delle frutta per condizioni speciali del clima e del suolo. Propone di tentare delle fecondazioni incrociate della Vi- IN VICENZA 389 tis vinifera con la Labrusca, per aver degli ibridi, che forse potrebbero aver delle qualità importanti. Il Caruel riferisce che il defunto marchese Ridolfi ottenne appunto di questi ibridi, che presentò al Congresso di Siena. Il signor Sante Zangiacomi comunica una Nota Su tre piante inedite del Vicentino, descritte dal dottor Antonio Turra, e sono l’Helianthus vicetinus, il Narcissus bericus ed il Nar. bizantinus, riferendone le frasi originali. Delle due prime presenta gli esemplari dissecchi, che, a giudizio dei signori Bertoloni, Caruel e Trevisan, son giudicati appartenere il primo all’ Melianthus tuberosus, ed il se- condo al Narcissus incomparabilis. Il terzo, da quel che se ne può intendere dalla descrizione, pare al Pedicino che sia una delle tante forme del Narcissus Tazzetta (1). (1) Ecco il brano della comunicazione del signor Zangiacomi, nel quale sono contenute le descrizioni citate dal processo verbale: « Helianthus vicetinus (Turra), da altri tenuto per il tuderosus. Secondo Turra: Differt a tuberoso, caule altiore, calycibus polyphyllis; ab H. fron- doso, caule toto hispido; a decapetalo, calycibus et corollis polyphyllis. » Narcîssus bericus (Turra), Spatha uniflora, nectario campanulato crispo petalis dimidio breviore. » Herba glabra, radice bulbosa; scapo ancipiti, foliis planis, spata uniflora ovato-lanceolata, petalis luteis acutis apice incrassatis albicantibus; nectario campanulato luteo petalis dimidio breviore : limbo crispo, laciniae petalorum in floribus monstruosis et plenis ex luteo viridescunt. » Non est confundendus cum N. Pseudo-Narcisso ob minorem longitudinem nectarii, et ob crassitiem albescentem apicibus petalorum; et sejungendus a N. odoro, quia non olet, semperque uniflorus est. n Narcîssus bizantinus (Turra), Spatha uniflora, nectario campanulato inte- gerrimo discolore, petalis bistertio breviore. » Narcissus medio luteus, majoribus floribus (Tourn). n Narcissus latifolius bizantinus medio luteus (Clus.). » Herba glabra, radice bulbosa ; scapo subancipiti striato subsexfloro , foliis planis, petalis albis ovato-lanceolatis acutis; nectario eroceo campanulato in- tegerrimo , tertie partis petalorum longitudine; staminibus sex, tribus intra tubum corollae, tribus vero intra faucem nectarii. Flores odoratissimi, in- culti pleni. Inter segetes Arcugnani supra colles Bericos urbi Vicetiae proximos. Floret martio. » s 390 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA Il signor Saccardo dà relazione di una operetta, intorno alla quale egli lavora, e che sarebbe una Storia botanica del Veneto. L'autore dà di ciascun autore una breve bio- grafia, e poi il catalogo critico delle opere di lui, indi- cando dove siano conservate le collezioni di ciascuno. Tl Caruel loda il concetto del Saccardo , e si associa a lui nel desiderare che lo stesso fosse fatto per ciascuna parte d'Italia; anzi aggiunge che sarebbe opera meritevolissima il dare un catalogo esatto delle tante memorie e note di autori Italiani oramai dimenticati, perchè disperse in molti giornali ed atti accademici. A queste proposte applaudono tutti i presenti, e ciascuno per la sua parte promette di far quanto può per concorrere all’opera. Il signor Masè espone il suo desiderio che negli Istituti d’insegnamento secondario si abituassero i giovani al gusto delle raccolte di oggetti naturali. Il Pedicino gli fa osservare che sino a che gli studj di osservazione sa- ran fatti fare ai giovani solo nell’ ultimo anno di liceo e per un anno solo, i poveri professori di liceo potranno far poco o nulla in proposito. Il Presidente deplora che private faccende non permet- tano ad un illustre uomo, al barone Cesati, di essere tra noi, ma dice che in parte questa lacuna viene colmata dallo stesso Cesati, inviando una sua nota scientifica per mezzo del signor Caldesi, il quale, pregato, dà lettura della seguente nota: « La singolarissima Tribù della Podaxinee trovasi rappresentata anche in Italia da una specie che credo nuova e che interinalmente appello Secotium Malinvernianum a memoria del Malinverni già tanto beneme- rito per la Isoetes, ed altri interessanti scoperte; e che raccoglieva i primi tre esemplari in luogo sassoso coperto da tenui gramigne presso Oldenico (Vercellese) nell’ottobre del 1863. Dapprima credetti allora avere sotto mano un Agaricus campestris, di cui egli là appunto coglieva, deformato IN VICENZA 391 per lo sviluppo entofito di una nuova specic di Ustilagine, che precisa- mente chiamai nelle mie schede Ust. Malinverniana. Restituii un esem- plare all'amico con raccomandazione di tener d’ occhio alla località , dove la singolare produzione. erasi mostrata, e riposi per esame più maturo gli altri due in buona custodia, dove per motivi inutili a ripetere, per non ricordare uno dei più dolorosi momenti della mia angustiosa vita, rima- sero obbliati. Ma il Malinverni ricordossi di annunziarmi la seoperta di altri 5 o 6 individui di esso fungo. » Accadde che al mio passaggio ultimo per Firenze vedessi presso 1’ a- mico Beccari un fungo (non ricordo bene se di Toscana, ma quasi ne son certo), nel quale tosto ravvisai la analogia non dubbia col nostro, e del quale egli pure, prima di classificarlo sotto Secotium , pensava (vedi strana coincidenza giustificata dall'aspetto del fungo e dalla effettiva affi- nità del genere discorso anche dal Tulasne) pensava, dico, fosse un Aga- ricas pratensis di impedita evoluzione. — Il fungo del Beccari, se ben mi rammento, supera il nostro in dimensioni. Ora nel rimestare ogni cosa pel mio tramutamento a Napoli mi venne di nuovo sott occhio quel mi- ceto, e però jeri ne chiesi conto al Malinverni, perchè invigilasse sulla comparsa del medesimo, ed ottenni da lui ancora un pajo di esemplari della primitiva data. Ho potuto meglio verificare sui medesimi 1’ indole vera del fungo, che comparai tosto con quanto scrisse il Tulasne nel vol. IV. Ser. III (4845) degli Ann. des. sc. nat.; unico libro che ancora mi tro- vassi fra le mani, e potei concludere trattarsi di novella specie. 1 caratteri. di esso si riassumono nella seguente frase : » Secotium Malinvernianum sordide albidum, mediocre, unciale vel circa 35-40 mill. alt. ad basim 25-28 mill. in diam., stipite lacvi tenui brevissimo, peridio obverse pyriformi, ovali vel curvo, asymmetrico, ob- tuso vel apiculato, glabrato; lamellis interioribus gyvosis, stipatis, sporis minutis sphaeroideis, lacvibus, lutescentibrunneis. » A ore 10 '/, la seduta è levata. PepICcINO, Segretario. 392 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA Seconda Seduta del 16 settembre. Alle ore 8 pomeridiane la seduta è aperta con la let- tura del processo verbale, il quale rimane approvato. Il socio Bertoloni discorre delle Malattie del riso; ac- cenna le già note, e si ferma massimamente su quella, che in quest’ anno ha infestato il Bolognese, e che quivi vien chiamata Bianchella. Il riso affetto da essa ha la infio- rescenza e uno o due ultimi internodi del culmo imbian- chiti; ed è perfettamente sprovvisto di semi maturi, chè l'organo semineo trovasi intatto, ma arrestato nel suo svi- luppo. Bertoloni asserisce che alla ispezione microscopica non gli sì è rivelata alcuna crittogama, per cui crede che cagione ne siano state le brine venute nel tempo della fioritura, e che han fatto scoppiare tutti i granelli polli- nici; e conferma questa sua opinione dicendo che il riso cinese, la cui fioritura era stata più precoce, è stato esente dal morbo. Nega poi che si possa trattare di una morti- ficazione dell’ ultimo o penultimo nodo, come taluno pre- tende; perchè è bensì vero che talora ad uno di quei nodi trovasi una macchia come di tessuto mortificato, ma essa non è costante in tutti gli individui affetti da Bianchella. Il Trevisan, il Caruel e il Pedicino domandano degli schiarimenti, e il Keller crede che i cambiamenti bruschi di temperatura di quest’ anno abbiano potuto colpire la infiorescenza del riso. Il Masè parla della malattia del riso nel Mantovano. Il Caruel riferisce 1° alcune sue osservazioni sulla Lemna minor; e 2° altre sulle foglie della Parkinsonia aculeata, di cui promette inviare memorie scritte alla Società. Alle ore 10 la seduta è levata. PeDICINO, Segretario. IN VICENZA 393 Seduta del 17 settembre. Alle ore 8 il Presidente Trevisan apre la seduta. Il se- gretario Pedicino legge il processo verbale, che rimane approvato. Il Caruel annunzia che, viaggiando nel basso Egitto , ha trovato quivi naturalizzate due piante americane: la Conyza ambigua, e la Nicotiana glauca, della quale ul- tima gli Arabi fumano le foglie. Lo stesso Caruel riferisce ancora che anche in Egitto ha osservato che in generale le piante a tipo europeo fiori- scono in primavera, e quelle a tipo orientale o africano vi fioriscono invece nell’ estate e nell’ autunno. Dice osser- varsi un fatto analogo in Toscana, dove le piante a tipo nordico fioriscono prima di quelle a tipo meridionali. Il Pedicino comunica che la Cocconais Finnica e la C. punctatissima, già da lui trovate a Capri nel golfo di Napoli, le ha ancora trovate sulle alghe di Catania raccolte dal Cosentini e conservate nell’Erbario Gussone. Annun- zia ancora che sulle alghe riportate dal Magellano da Guglielmo Acton ha ritrovata la Cocconeîs Pediculus, che prima era ritenuta per specie assolutamente europea. Infine il Pedicino dice che in un suo lavoro sulle Dia- tomacee delle terme d'Ischia è corso un involontario errore. Quivi è citato un Protonema thermale Meneghini, nome che il Meneghini non ha mai dato ad una Diatomea. Fu uno sbaglio di chi mandò gli esemplari tratti dall’erbario dello illustre autore. Alle ore 9 '/, la seduta è levata. PeDICINO, Segretario. 59% TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA Sezione di geologia. Seduta del 14 settembre. La seduta è aperta dal Presidente straordinario Lioy, il quale invita i socj a procedere alla elezione del Presi- dente della sezione. Il prof. Stoppani propone per presidente il senatore Pas sini, il quale è per acclamazione accettato dalla adunanza; ma il sig. Lioy fa osservare che il senatore Pasini gli aveva già dichiarato di non poter assumere alcuna carica in questo Congresso. Allora il prof. Stoppani propone che a presidente venga eletto il prof. Meneghini, e la sua pro- posta è approvata dalla adunanza, così che il prof. Mene- ghini risulta eletto presidente. Il Presidente, quantunque il regolamento non accenni all'elezione d'un vice-presidente, pure crede di poter pro- porre la nomina del prof. Studer a vice-presidente onora- rio; e anche questa proposta è approvata dall’adunanza. Poi il Presidente si sceglie come segretario il sig. Gae- tano Negri. | Dietro iniziativa del sig. De Manzoni, il Presidente pro-, pone la costituzione di una sezione separata di montani- stica, pregando che alla Presidenza della sezione geolo- gica vengano poi presentati i rapporti delle conferenze te- nute da essa. Il socio Botti dà lettura di una sua nota Intorno ad un pe- sce fossile trovato nella calcarea leccese. Quantunque non ben sicuro della sua determinazione, pure egli erede di avere sufficienti argomenti per identificare quell’ ittiolite colla Luspia Casotti, specie affatto nuova, trovata dal Co- sta nelle calcarea leccese, ritenuta generalmente del ter- reno pliocenico. IN VICENZA 395 Il prof. Stoppani osserva che molti fossili del Leccese, che ora si trovano nel Museo di Milano, appartengono a specie viventi. L'osservazione delle formazioni, che orlano il littorale orientale d’Italia, lo fa propendere alla opinione che la così detta calcarea leccese non sia che un gradino di terrazzo, una formazione post-pliocenica, equivalente e somigliante a quella di S. Ciro di Palermo; per cui tutta quanta la costa orientale del continente italiano avrebbe subito un recente sollevamento. Il socio Issel osserva che anche lungo le sponde del- l’Italia media e settentrionale, e specialmente lungo il lit- torale ligure e toscano, si hanno prove di un recente sollevamento; per cui egli crede che tutta l’Italia vada sollevandosi, meno forse l'estuario veneto, in cui i depo- siti torbosi e le conchiglie d’acqua dolce, ora ricoperti dal mare, indicano un recente abbassamento. Il socio Guiscardi crede che, sotto il nome di pietra leccese, non si debbano confondere due roccie assai diverse, che si trovano in quella provincia. L’una, che è la vera pie- tra leccese, è un calcare argilloso, paragonabile all’ a/be- rese toscano; l’altra è un composto di tritumi e frammenti di conchiglie, che può essere post-pliocenica. Ora la Lu-. spia Casotti si trova nella vera pietra leccese. Col permesso del Presidente, il sig. Meneguzzo fa dono a tutti i membri della sezione geologica di uno spaccato, da lui eseguito, di tutta la regione Vicentina, e di un fa- scicolo esplicativo. _ Si dà lettura di una memoria del prof. Suess, Znforno alla struttura dei depositi terziarj nel Vicentino. Il socio Molon osserva che i suoi orizzonti concordano con quelli di Suess. I ; Il socio Lioy nota quanto sia ancora controversa la determinazione dell’ età della formazione di Chiavon; se 396 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA appartenga, cioè, all’eocene superiore o al miocene in- feriore; eppure quella determinazione sarebbe importante, poichè quel deposito contiene una flora splendida per le palme, e una fauna ricca di nuovi generi di pesci, rettili e molluschi. Il Presidente è d’avviso che sarebbe prematura una de- cisione circa l’età precisa di quel deposito, e trova com- mendevole la prudenza di Suess, che preferì designare. i varj depositi con un nome locale, piuttosto che appigliarsi a determinazioni precipitate. Del resto, tutto si riduce a una questione di parole; l’importanza sta nello stabilire la serie stratigrafica, e anzi quei piani intermed], di dub- bia classificazione, sono preziosi, come quelli, che appunto segnano il passaggio da un terreno all’altro, sono gli anelli, che collegano le formazioni. Il socio Lioy concorda pienamente nelle idee emesse dal presidente Meneghini, e crede che, per ora, non possa ritenersi di certo se non questo, che, cioè, il deposito di Chiavon cade nel terziario medio, ad eguale distanza dai due estremi. Il sig. Meneguzzo opina che il deposito di Chiavon ap- partenga decisamente all’eocene superiore, ed in questa opinione egli dice sentirsi confermato dagli studj del so- cio d’Achiardi sui corallari fossili. Risponde il socio d’Achiardi ch'egli non ha emesso un'opinione così recisa, ma che invece si mantenne nella più completa riserva, specialmente per il deposito di Ca- stel-Gomberto , avendo già anch'egli ne’ suoi scritti pro- clamato essere assai più importante la delimitazione pre- cisa della serie stratigrafica, che non la determinazione affrettata del terreno, a cui appartegono i diversi de- positi. Il presidente Meneghini osserva che oramai nelle divi- IN VICENZA 397 sioni del terreno terziario prevale l'opinione, che distin- gue in esso due grandi parti; il terziario inferiore, che comprende, oltre all’ cocene, da tutti ammesso come tale, anche l’eocene superiore (0 miocene inferiore secondo al- tri), quel piano, cioè che molti ora chiamano oligocene; ed il neocene, che comprende gli altri piani terziar}, dal miocene superiore in avanti. Queste due grandi divisioni sono probabilmente più distinte che non 1 piani molteplici finora in uso, e si collegano perfettamente coi cambiamenti climatologici. Nel terziario inferiore, ossia fino a tutto l’o- ligocene, prevalse il clima tropicale; coll’alba del neocene cominciò a manifestarsi un cambiamento di clima, che, con progressivo abbassamento di temperatura, terminò per passare alla così detta epoca glaciale. È con queste nuove idee, che deve riprendersi la quistione circa l’ età del deposito di Chiavon. La discussione è chiusa coll’ annunzio dato dal signor Lioy, della prossima venuta del prof. Suess. Si dà quindi lettura di una nota del sig. Salmoiraghi Intorno alla geologia di Montecalvo Irpino; indi la se- duta è levata. G. NEGRI, Segretario. Prima Seduta del 16 settembre. La seduta è aperta colla lettura del processo verbale della seduta precedente. Indi il socio T'omè presenta una sua Carta geognostica di Vallalta. .Il prof. Ferrero legge una sua comunicazione Intor- no alle torbe di Lombardia. Il prof. Stoppani ripiglia la questione iniziata nella se- duta generale sulla forma dei dasalti, avendo ora per assunto di dimostrare come le sferoîdi basaltiche non Vol, XI. 26 398 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA sono che i prismi trasformati dalla decomposizione. Osser- va come la struttura sferoidale, quanto la prismatica, è un fenomeno generale a tutte le rocce, e quindi deve avere una causa generale. Osserva inoltre i seguenti fatti: lo stesso gruppo basaltico presenta le due forme prismatica e sferoidale; la struttura sferoidale è tanto più decisa, quanto è più decisa la prismatica; finalmente, essa è affatto limitata alle parte superficiale della roccia. Quindi egli opina che lo sferoide basaltico non sia che una modifica- zione del prisma originario. Gli effetti combinati della de- composizione e susseguente dilatazione ottundono gli spi- goli del prisma, e sollevano ad una ad una, conservandole però riunite insieme, le zone concentriche della sfera basal- tica. Questo fenomeno si potrebbe verificare in tutte le roc- cie, se non fosse che in alcune la debolezza della coesione fa sì che ogni zona, appena formata, cade e si frantuma; in altre invece la troppa coesione impedisce il distacco da zona a zona; ma in quest'ultimo caso vi hanno sempre delle linee concentriche, in cui la roccia è più dilatata, e in esse st depongono qualche volta delle materie coloranti, che rendono appunto visibile tale struttura. Il signor Pasini osserva che non è sempre opportuna la parola prismatica, poichè talvolta si ha nei basalti la strut- tura romboidale; del resto concorda nelle osservazioni del prof. Stoppani. Il prof. Guiscardi crede si debba distinguere la strut- tura sferoidale dalla forma sferoidale. Non comprende come colla decomposizione possa spiegarsi la concentri- cità delle sfere. Gli sembra anzi che la crosta sollevata esterna debba difendere dalla decomposizione la roccia interna. Chiede inoltre in qual modo possa spiegare il socio Stoppani la formazione dei prismi articolati. Risponde, Stoppani, relativamente alla osservazione di IN VICENZA 399 Pasini, che nei prismi articolati la superficie convessa è l’inferiore, e la concava la superiore. Egli crede che que- sta forma abbia origine dalla differenza nella velocità del raffreddamento nelle diverse parti della corrente basaltica. In ogni zona della corrente si avrà una porzione inferiore, la quale si consoliderà a un grado di temperatura maggiore, che non la porzione superiore. Quindi subirà un dilatamen- to, da cui appunto deriva la forma convessa della superfì- cie di articolazione, come nelle lamine a doppio metallo. Quanto poi alla obbiezione mossa dal prof. Guiscardi, Stoppani mantiene la sua asserzione che le azione de- componente possa penetrare attraverso gli strati, nell’ in- terno della sfera basaltica. E alla fine dice che la sue idee verranno sviluppate in apposita memoria. Il socio Negri legge una sua Memoria intorno alla Geo- logia del bacino del Lago di Lugano. E Stoppani ac- cordandosi pienamente coll’autore circa la nullità delle azione sollevatrice dei porfidi, fa alcune obiezioni alle idee stratigrafiche contenute in questa Memoria, e mantiene la triasicità degli scisti di Besano. Il socio Pasini, a proposito delle recenti esperienze del prof. Gorini circa 1 fenomeni vulcanici, osserva come, sono già molti anni, esperienze analoghe furono eseguite da sommi scienziati, senza però che mai nessuno abbia preteso di dedurre da fatti isolati e parziali una completa teoria dei vulcani. E legge in proposito il seguente brano del giornale di viaggio di Pietro Maraschini, facendo os- servare che questo distinto geologo è morto nel 1825. 22 Giugno. - Padova. - Vedo Jappelli, da Rio, Renier e Melandri. Ecco un fatto curioso, che il signor Melandri mi fece vedere: Avendo fuso in una conca di rame un acetato anidro di potassa, e versato in un mortajo di marmo per farlo raffreddare, la sostanza si co- pre d’ uno strato consolidato, il quale in poco tempo viene sollevato € rotto dalla materia inferiore, che, consolidandosi, si dilata, s’ insinua fra le 400 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA cerepature, si versa sopra lo.strato consolidato, e vi lascia alcune rimarche- voli irregolarità; ecco un fatto, che può dare in piccolo un’idea dei sol- levamenti, ch’ ebbero luogo in grande. Pochi mesi dopo, il prof. Melandri ebbe la compiacenza di ripetere in mia presenza e colla stessa riuscita l’esperimento. Il socio Sanfermo partecipa che Luigi Zauno ha tro- vato presso Belluno, nella valle del Desedan, dei massi di calcare fetido, ricco di fosfato di calce (dal 18 al 40 per 100). Essi rivelano uno strato potente di fosfato di calce, pro- babilmente liasico. Manca una descrizione scientifica della formazione; ma lo studio ne sarebbe interessante, e ricco di conseguenze pratiche (1). Il sig. Novarotti presenta un minerale di piombo. ar: gentifero, trovato presso T'orrebelvicino, e invita gli scien- ziati a recarsi nella località designata nella sua nota, che qui sì unisce: Furono praticati lavori di ricerca di minerali metalliferi, insinuati dal sottoscritto, e condotti dal Balzan Carlo e Boschetti Antonio; e due punti furono presi in osservazione. (1) Il prof. Angelo Pavesi ha comunicato alla Presidenza col seguente bi- glietto i risultati di un esame, a cui egli ha fatto sottoporre un piccolo pezzo di questo calcare: « Laboratorio chimico dell'Istituto Tecnico Superiore in Milano. » Un piccolo pezzo del peso di cirea grammi 4, che io potei avere del mi- nerale della valie di Desedan, nella provincia di Belluno, esaminate nel La- boratorio di questo Istituto Tecnico Superiore del sig. ing. Cornegliani , assi- stente alla cattedra di chimica tecnologica, presentò la seguente composizione. » Da una ricerca fatta su grammi 1,980 si ebbe una quantità di fosfato tribasico di calce corrispondente al 1,23 per cento. L'analisi fu fatta col me- todo indicato dal Rivot (Decimaszie, vol I, pag. 381). » Grammi 1,314 diedero una quantità di acido carbonico corrispondente al 43 per 100; ciò che corrisponde al 97,5 per cento di carbonato calcare. » È bensì vero che l’acido carbonico era coministo ad acido solfidrico, e che perciò quel minerale doveva contener traccie di solfori ; ma trattandosi di uno scopo industriale, non credetti prezzo dell’opera l’istituire ulteriori inda- gini, poichè, o il minerale non è punto utilizzabile per la preparazione di fo- sfato ad uso di concime, o per lo meno il pezzo esaminato non può servire & quest’ uso, salvo sempre a vedere se esso rappresenti.la composizione media del filone o della roccia. IN VICENZA 404 La località è situata sotto il Comune di Torrebelvicino, sul fondo degli eredi del fu Tessaro Domenico fu Michele, numero di mappa 494, alla di- stanza di metri 190, in direzione di ore 14, dall’ angolo sud-ovest della casa d’abitazione degli stessi eredi; si praticò un lavoro di galleria lungo circa 60 metri, dove si cominciano a trovare filoni di piombo argentifero con qualche altro di solfato di rame ; P ultimo scoperto è già della portata di ua metro. Altri lavori si fecero sul monte detto Varolo, fondo del sig. Cencarle Antonio quondam Giacomo, al numero di mappa 1403, in distanza di me- tri 164, in direzione di ore 24, dall’ angolo nord-ovest della casa posta in contrà Zuccante. In questo si trovò uwargilla, che dagli studj fatti si crede reffrattaria ; si ha istituito un lavacro per detta argilla, c tra questa vi si trovano pic- coli filoni di Blenda piombifera argentifera, ma si perdono facilmente, Nel 41830 si praticò una galleria, colla quale alcune persone, che vi la- Vorarono, assicurano d’ essere giunti ad un filone di Blenda di una di- sereta portata; cessarono i lavori, essendo stata questa galleria chiusa dalle intemperie. | Si domanda ora che, facendo il giro di Civilina, alcuni fra i naturalisti qui riuniti, vogliano discendere alla parte di Torrebelvicino, e ritornare per Schio, a fine di visitare queste località, e illuminare di quanto noi sia- mo all’oscuro ; e pregherei di darmi avviso della loro gita, desiderando tro- varmivi anchio. G. B. NovaRoTTI. Dopo una breve discussione fra i socj Pasini e Sanfer- mo intorno alla Carta geologica del Vicentino, esposta dal signor Beggiato, la seduta è levata. > Seconda Seduta del 16 settembre. Il sig. Meneghini di Vicenza presenta dei saggi di una torba, che si trova nella valle di Campolungo e S. Ger- mano, colla potenza di due a tre piedi, e su grande super- ficie: essa riposa sovra un’ argilla. 402 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA Il prof. Pirona fa una comunicazione Intorno ad una nuova specte di Ippurtte. Il prof. Guiscardi osserva che il fossile presentato dal signor Pirona merita una speciale considerazione. È evi- dente che per esso non bastano i caratteri destinati dagli autori a definire il genere 7ppurite, quindi egli è d’opinione che si debba creare per questo fossile un genere nuovo. Il prof. Meneghini osserva che, sebbene per creare un genere, convenga conoscere perfettamente l’organizzazione almeno d’una specie, pure assai di sovente i paleontologi sono costretti a transigere con questo principio, e a fon- dare i generi su caratteri puramente sistematici. E questo è appunto il caso del fossile presentato dal prof. Pirona, intorno al quale egli concorda colle idee espresse dal Gui- scardi, proponendo alla sezione di farne il tipo d’un genere nuovo, e applicando a questo il nome di Pironea ad onore del suo scopritore. Il prof. Silvestri presenta una Monografia del genere di foraminifere, chiamato Nodosaria. Egli ha diminuito il numero delle specie anteriormente ammesse, e ne ha create alcune nuove. Le specie ben constatate sono 20, sei delle quali già conosciute, le altre nuove. Questo ge- nere va distinto in tre sezioni: Nodosarte percorse da costa longitudinali, Nodosarie rugose, e Nosodarzie levi- gate; però tutte presentano una impronta caratteristica, cioè la sovrapposizione delle logge lungo un asse gene- ralmente diritto: quest’asse, però, qualche volta, s’incurva leggermente, e ciò stabilisce un anello fra le Nodosarte e le Dentaline. Alcune Nodosarie presentano una sezione non più circolare, ma elittica; e ciò è un anello fra esse e le Linguline. Dai metodi rigorosi d'osservazione usati dal- l’autore vien posto in luce il fatto, che diversi individui della medesima specie ponno raggiungere proporzioni as- IN VICENZA 405 sai differenti; e l’autore ha inoltre descritto e spiegato mol- te anomalie di forma. | Il prof. Meneghini osserva come i fatti esposti dal signor Silvestri siano importanti sotto l'aspetto tassonomico. Le diverse proporzioni assunte dagli individui di una mede- sima specie è un fatto, che, da solo, basta per escludere le foraminifere dalla classe dei molluschi, ed avvicinarle in- vece ai raggiati. Ogni assoluta asserzione in proposito sarebbe prematura; ma i fatti narrati dal Silvestri rie- scono appunto tanto più preziosi, quanto maggiore è la scarsezza delle cognizioni in proposito. Il prof. Silvestri fa una seconda communicazione, Circa un giacimento di zolfo in Sicilia. Il minerale di zolfo riposa colà sopra una roccia tenera, in cui trovansi im- pronte di pesci d’acqua dolce. Quella roccia consta, su cento parti, di 18,6 calce 0,1 magnesia 0,0 (tracce) stronziana 0,633 materie solubili nell'acqua (solfuri e cloruri) 19,78. acido carbonico 60,887 silice. Sottoposta la roccia alla azione degli acidi lenti, si ha un residuo siliceo, il quale, sottoposto al microscopio, si rivela esclusivamente composto di avanzi di infusorj (diatomee e policistine). Il socio Issel dà quindi lettura di una sua comunica- zione Intorno alla fauna malacologica del Mar Eosso. Il signor Tomba invita la sezione geologica a rivol- gere la sua attenzione alle miniere di combustibili fossili di Zovencedo, e insiste onde alcuno dei socj si rechi a visi- tare le località, e a studiare quel deposito, che potrebbe diventare fonte di ricchezze. 40% TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA Il Presidente Meneghini, a nome del signor Stòhr, pre- senta la fotografia di una Cleodora trovata nelle marne calcari del Rio delle Bagole, nel Modenese. Si annunzia che il signor Marolda ha inviato un suo lavoro Intorno al bacino idrografico di Muro Lucano. Il signor Zecchini legge una sua Memoria Su daga di Bagnarola. Indi la seduta è levata. G. NEGRI, Segretario. Seduta del 17 settembre. ID aperta la seduta alle 8 antimeridiane. Il signor Molon annunzia che lè dove è la liquite di Campolungo, esiste un bacino lacustre. Si dà quindi lettura della seguente comunicazione del Sindaco di Vicenza, diretta al presidente del Congresso, cav. Lioy, Intorno alla attuazione dei pozzi artesiani in Vicenza: Vicenza, 28 agosto 1868. Chiarissimo signor Presidente, Dee essere ben noto alla S. V. il difetto, in cui versa la città nostra, di acque potabili, sì dal lato della loro buona qualità, che le abbia a ren- dere ben gradite e salubri, sì da quello della loro copia, che le renda sufficienti a tutti quei bisogni, in cui dalla domestica economia e da molte arti ed industie vanno richieste. La mancanza totale di sorgenti e di rivi o correnti, che dieno acqua pura, fa sì che sieno quivi eselusivamente adottati que’ pozzi di vecchio sistema, che, penetrando entro terra, solo fin dove trovansi le prime filtrazioni acquec, producono e conservano acque, che sono ben lungi dal possedere i pregi di buona qualità, di larga copia e di facile e pronta estrazione... Affin di supplire a tale difetto, si ricorderà V. S. come il patrio Consi- glio, fino dall’anno 1866, avesse nominata una Commissione, dandole l’in- carico di studiare i mezzi, ch’essa reputasse i più acconci od opportuni, Quella Commissione si pose all’esame con tutto lo zelo e le distinte co- gnizioni, che possedeano i suoi membri; oltre ad essa, altri operosi citta- dini si diedero separatamente ad eguali investigazioni. IN VICENZA 405 - Frutto di ciò, furono emesse varie idee, e formulali pur aneò progetti, che tutti miravano a quivi condurre acque sorgenti in località più o meno lontane dalla nostra ciltà. i - Nulla decisione finora venne adottata, chè a ciò fare tutti rendeva in- certi, ora l'enorme dispendio, che si andava ad incontrare, ora la minac- cia, che le sorgenti di Povolaro potessero cessare, o per ragione dei nuovi lavori superiormente praticati lungo l’Astico, o per nuove vie, che l’acqua s’avesse aperto sotterra negli strati permeabili e ghiajosi, perchè, ad atte- stazione di quegli abitanti sembra, che ivi oggi sorga acqua in minore quantità che nei tempi addietro. Tali fondati timori opponeansi ai progetti di chi opinava si dovessero utilizzare le purissime e limpide fonti di Po- volaro ; come a chi propendea per le sorgenti di Maddalene opponeasi il basso livello, per cui, condotte alla città, non s'avrebbero potute far zam- pillare, nè in fontane, nè in getti verticali, e meno far ascendere nelle case a maggior comodo dei cittadini. In tale stato di cose non rimarrebbero che altri due mezzi, per cui prov- vedere acque potabili alla città, e dessi sarebbero la depurazione in appo- siti serbato] dell’acque dei nostri fiumi, col successivo innalzamento per mezzo di macchine idrofore, oppure la perforazione di pozzi artesiani. Per dare però la preferenza all’uno od all’altro di tali mezzi, couver- rebbe conoscere gli estremi di costo e del prodotto ottenibile dall’ uno 0 dall’altro; che, se del primo ci ponno facilmente essere dati da periti nel- } arte idrofora, altrettanto non avviene dei pozzi artesiani. La sola scienza geologica, che, penetrando entro terra colle sue investigazioni, sa discoprire approssimativamente a quale profondità si possano trovare acque scorrenti fra strati impermeabili, ne potrebbe dare il desiderato responso. È a questo scopo, illustre signore, che la scrivente Giunta si onora di indirizzarvi la presente, onde, nella prossima adunanza dei naturalisti ita- liani, che sotto la vostra presidenza sta per onorare questa città , poniate in discussione la questione della convenienza e probabilità di buon esito, che potrebbe avere fra noi il perforamento di pozzi artesiani. Il voto di così illustre consesso varrà a torci da quella giusta perplessità, che ne tiene sospesi nella definitiva adozione di un provvedimento sì altamente e con ogni ragione reclamato dalla iatera popolazione. Accetti V. S. i ringraziamenti anticipati, che pel chiesto favore le porge la scrivente Giunta, assieme alle espressioni della più sentita stima e con- siderazione. I Sindaco, PIOVENE. | Gli Assessori, MescnineLui; È. Boscuerti; VaLmarana; B. CLEMENTI. 506 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA Il socio Pasini crede sia inutile perforare un pozzo ‘arte- siano nell'interno della città, perchè ivi tutte le rocce so- no sconvolte e fratturate. La cosa invece diventa, secondo lui, possibile sulla sinistra del Bacchiglione, ad alcuni chilometri dalla città, dove probabilmente si troverebbero le acque, che scompajono più a nord, e si troverebbero a. circa un centinajo di metri di profondità, sotto il terreno alluvionale, che riveste la pianura; ma non si può preten- dere di avere un grande strato di acqua sottoposto a ter- reni secondarj, come avviene in Parigi, a meno di scen-. dere a tali profondità, da rendere impossibile l’intrapresa. Manzini, appoggiandosi alle parole di Pasini, crede che si possa decisamente tentare lo scavo del pozzo fuori della: città. o Pasini non vorrebbe che Manzini esagerasse l’ importan- za delle sue parole. Egli crede che, scavando a piccola pro- fondità nei luoghi ora designati, si potranno ottenere pozzi con getti, ma non troppo abbondanti d’acqua. Paragona la questione dei pozzi di Vicenza con quella di Venezia. Da studj fatti in altri tempi, egli era venuto nella certezza che a Venezia si potrebbe ottenere acqua eccellente con un pozzo artesiano scavato alla profondità di 300 metri, e il quale raggiungesse gli strati di ghiaja; che a 40 0 50 miglia di distanza si abbassano verso il mare. Lo scavo de’ pozzi, fatto di poi a Venezia, avendo raggiunto la pro- fondità di 60 metri, e avendo trovato il velo d’ acqua, l’o- perazione del traforo venne sospesa. Quest’acqua a 60 me- tri corrisponde appunto a quella, che a pochi metri di profondità si troverebbe nei dintorni di Vicenza; ma egli sostiene che, spingendo il traforo alla profondità di 300 me- tri, da lui originariamente indicati, si otterrebbero i più eccellenti risultati. I signori Calegari e Manzini e molti altri si associano pie- IN VICENZA 407 namente alle idee espresse dal senatore Pasini intorno alle acque potabili di Venezia, e con lui concordano nella per- suasione che, qualora si volesse procedere a un ulteriore approfondimento, vi sarebbe certezza di un buon risultato. Il signor Manzini domanda a Pasini di dire esplicita- mente a quale profondità si dovrebbe scendere a Vicenza per trovare l’acqua corrispondente a quella creduta a 300 metri di profondità sotto Venezia. Pasini risponde che la profondità dovrebbe essere ap- prossimativamente di un centinajo di metri. Il sig. ingegnere Volebele legge un suo rapporto intorno a queste quistioni delle acque di Vicenza. Il sig. Lioy propone che la sezione debba passare quel rapporto alla autorità municipale, non potendosi a priori dare un giudizio definitivo sulla questione. Manzini osserva che la sola differenza; che esista fra le idee di Volebele e degli altri, è che il primo vorrebbe cer- car l’acque in alto, dove ancora si veggono. Egli invece preferisce cercar l’acqua nella città, o presso a questa, approfondandosi nel terreno, che la nasconde. Beggiato presenta la sua Carta geologica del Vicenti- no, accompagnadola colle opportune spiegazioni, che ver- ranno pubblicate in apposita Memoria; pigliando poi argo- mento dalla disposizione dei terreni, accetta le idee espo- ste da Pasini, Manzini ed altri, circa alla attuabilità dei pozzi artesiani; e aggiunge che presso Vicenza i pozzi dovrebbero scendere alla massima profondità di 80 a 100 metri. Beggiato presenta anche la seguente descrizione di una palma fossile trovata ai Negroni di Bolca, ed ora espo- sta nel Museo Civico di Viano: 408 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA Hemiphoenicites Visiani Beggiato. - H. Fronda pinnato-lacera, apice mancante delle foglioline libere, della lunghezza reale di metri 1,92 senza dette foglioline mancanti; picciuolo grosso e robusto, piano nella faccia superiore, circolare nel resto, lungo fino all’origine delle foglioline metri 0,20 e col diametro maggiore, verso la base, di metri 0,047; rachide dell’ eguale forma e robustezza del picciuolo, e che continua decrescendo fino all’ apice, ove si riduce lineare; le foglio= line o pinne abbracciano per metà la rachide, e sono ivi alternanti, molto dense e congiunte per la lamina fino all’apice, probabilmente libero ; 9°in- seriscono sulla rachide ad angolo acutissimo, e si vanno allargando verso la sommità in modo da formare una lamina espansa di metri 0,65 a m. 0,80, misurando in lunghezza m. 4,10 senza l’ apice; costa grossa, rotondeg- giante, come la rachide; nervuli salienti, paralleli, molto irregolarmente distanti. È prossima alla Z7emiphenicites flabellarioides Vis., ma ne differisce per i caratteri sopranotati. Fu scavata ai Negroni di Bolca, nella marna verdastra del periodo mio- ceno inferiore. Il signor Regazzoni presenta uno Spaccato, da lui ese- guito, della Lombardia orientale, dalla pianura del Po alla cresta delle Alpi; invitando a rivolgersi a lui quei socj, che desiderassero avere dettagliate spiegazioni. Calderini fa una comunicazione circa la Geologia del Monte Fenera in Val Sesia. Il signor Noro Gerolamo di Lugo presenta due saggi di lignite. Il signor Gardini presenta il processo verbale della se- zione di Montanistica; e con esso le seguenti proposte, com- pilate dai signori De Manzoni e Ferrero, per il migliora- mento delle scuole dei caporali e sergenti minatori: Perchè la scuola dei caporali minatori abbia ad avere quell’importanza, che i legislatori e le amministrazioni hanno creduto attribuirle, è neces- sario siano presi in considerazione alcuni degli clementi concorrenti allo sviluppo, all’andamento ed all’esito normale della scuola stessa. de IN VICENZA 409 Le scuole di mineralogia e metallurgia, istituite in base al regolamento 18 ottobre 1865, presso gli istituti tecnici, ora istituti industriali e professio - nali, hanno bensì il vantaggio d’istruire alunni sopra le materie relative alle miniere, ma alla semplice considerazione ed esame dei Programmi d’inse- gnamento, che il Governo ha tracciati, è facile scorgere come la materia vi debba avere un grande sviluppo di trattazione scientifica e teorica, e che nulla 0 poco vi si comprenda Îa parte pratica. Da ciò deriva che, men- tre alcuni alunni s' avviano alle scuote suddette col divisamento di dedi- carsi a quella parte dell’ industria mineraria, a cui il programma della scuola indirizza, trovansi in seguito invogliati ad essere qualche cosa di più che un semplice caporale minatore, ed aspirano ai corsi universitar], coi quali sperano acquistare in pochi anni ‘il titolo d’ingegnere. Per coltivare le inclinazioni degli alunni, e dei loro parenti, ma spe- cialmente per seguire il desiderio di insegnanti, i quali trovansi nelle con- dizioni di dover dare dei buoni insegnamenti pratici, si cercò di stornare il principio dalla vera istruzione tecnologica, e fu ammesso che gli alunni di alcuni istituti potessero adire, come quelli dei licei, all’ Università. { decreti, coi quali gli alunni destinati ad essere l’intermezzo fra l’operajo e l'ingegnere tecnico , e destinati ai bassi gradi delle tecnologia pratica, vengono avviati più rapidamente alle carriere universitarie, che non coloro, i quali studiano nei licei furono un vero errore economico e amministra- tivo; fra tre o cinque anni al più saranno deserti di alunni i licei, per quanto riguarda le scienze positive, non rimanendovi che colcro, i quali aspirano alle lettere, mentre gli istituti tecnici saranno frequentati prin- cipalmente da alunni, i quali approfitteranno bensì dell’ istruzione, ma solo per abbreviare la via degli stud]. Questi avvenimenti, che la statistica non può contradirc, condurranno ad un altro risultato, alla necessità, cioè, di complicare nuovamente l’istru- zione, creando altre scuole, le quali siano le vere scuole tecnielie indu- striali. L’origine dell’accennata trasformazione è dunque da attribuirsi a due cause: la prima è tutta inerente agli insegnanti attuali degli istituti, pochi de’quali, essendo tecnici o amanti di congiungere 1’ insegnamento teorico col pratico, si contentano di conservarne il nome, e cercano di to- gliersi la responsabilità dell’ esito, avviando anzi tempo gli alunni all’ uni- versità; la seconda fu causata da un’ improvida disposizione del Governo, il quale, avendo creato gli istituti per giovare alle industrie e all’ agricol- tura, ne lascia falsare lo scopo, favorendone la diserzione. Una fra le cause, per le quali Je scuole di mineralogia e metallurgia 410 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA avranno difficilmente un numero discreto di scolari, è la quantità di ma- terie d’ insegnamento richieste dai programmi; e un’altra è il modo, col quale vengono distribuiti gli insegnamenti. Il corso è saviamente distribuito in quattro anni, e nessuno può fre- quentarlo, se non dà saggio di conoscere le materie insegnate nella scuola tecnica. Ma le materie d’insegnamento dovrebbero essere trattate in modo, che teoricamente e praticamente rispondessero all’indirizzo speciale delle scuole; è precisamente quello che non succede: la massima parte degli istituti ha due scuole, con due scopi diversi, o meglio ha lezioni, alle quali in- tervengono scolari di due diverse categorie, cioè che studiano con due diversi scopi; e i corsi speciali quindi spariscono. i L’indole delle scuole è varia; manca l’indirizzo speciale, almeno per la massima parte dei corsi. Da questo stato di cose avviene, che in al- cune materie essenziali manca l’ estensione dell’ insegnamento, e in altre, che sono ausiliarie, l’ insegnamento è troppo esteso. Il danno, che gli alunni risentono nel dover assistere ad una lezione, che non è speciale per il loro indirizzo, è duplice, perchè sono costretti ad un inutile assorbimento di tempo, e perchè il professore, considerando la duplice classe di alunni, che assiste alle proprie lezioni, non crede doversi troppo estendere in alcune parti, per riguardo a quegli scolari, per i quali il proprio corso non è di prima importanza, e ne mutila altre, le quali per gli altri scolari sarebbero essenziali. Poco provvede ad istituti speciali la disposizione unica, che regge i di- versi istituti; riguardo all’andamento dei corsi, i corsi pratici hanno d’uopo di norme e regole speciali. Se è possibile far della chimica e della fisica nei Gabinetti, ciò non è possibile per la geologia, i rilievi di miniere, i lavori relativi, ecc.; e agli alunni c ai professori per la scuola dei caporali e sergenti minatori si devono provvedere i mezzi opportuni e il tempo per potersi esercitare sopra tali parti pratiche esterne, alle quali si oppone so- stanzialmente l’istituto stesso, quando deve provvedere contempòranea- mente, e cogli stessi professori, all'andamento interno di altra scuola. Ciò premesso, la Comissione è di parere : 4.° Che il bisogno di buone scuole di Caporali minatori è più che mai sentito, ma conviene che le medesime abbiano ad essere specialmente rivolte a tale scopo; 2.° Che tali scuole dovrebbero essere possibilmente stabilite in un cen- tro minerario, affinchè gli alunni, assistiti dai professori, possono attendere anche, in una parte dell’anno, alla pratica del lavoro delle miniere; IN VICENZA 441 3.° Che le materie d'insegnamento non dovrebbero formare tanti corsi speciali, come attualmente, ma dovrebbero essere invece riunite in gruppi, per modo che, eliminando dai programmi i quesiti meno essenziali, riuscisse più facile agli alunni l'apprendimento di quelle (poi che loro sono indispensabili ; 4.° Che a favorire la frequentazione di simili scuole, si eccitassero le provincie, i centri minerarj e gli industriali a formare, col mezzo di con- corsi, dei posti gratuiti ad alunni, fornendone i mezzi occorrenti. Con questi mezzi si potrebbe rendere un segnalato servizio al paese, procurando all'industria mineraria buoni capi di officine e di miniere. Vicenza, 17 settembre 1868. La Commissione incaricata Prof. L. Ortavio FERRERO. G. Antonio pE Manzoni. Poi la seduta è levata. G. NEGRI, Segrerarto. Sottosezione di Montanistica. Seduta del 15 settembre. La sera del 15 settembre, alcuni membri del Congresso sì riuniscono per formare una Sottosezione di Montani- stica, della quale eleggono presidente il commendatore Della. Questi si sceglie per segretario il professore Gardini. Aperta la discussione, il signor De Manzoni espone la sua proposta di invitare il Governo a istituire in Italia un’Accademia Montanistica, destinata a dare ingegneri di miniere, e costituita sul modello di quelle tedesche e inglesi. Tale proposta è combattuta dal Presidente Sella, e dai 442 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA signori Pasini, Meneghini, Cossa, Pavesi e Ferrero, prin- Miparisento dal punto di vista dell'opportunità attuale pe istituzione desiderata dal Manzoni. Durante tale discussione, incidentemente, il professore Cossa parla contro le esperienze del sisnor Paolo Gorini, relative all'origine dei vulcani; e il senatore Pasini dice che, già quarant'anni or sono, il professore Melandri di Padova fece delle esperienze simili a quelle del Gorini ; e ciò risulta da un manoscritto del Maraschini, ora pos- seduto dallo stesso senatore Pasini. Alla fine della discussione l'adunanza appoggia la propo- sta del suo presidente di invitare il sig. De Manzoni a for- mulare (ajutandosi anche dei dati, che gli potranno essere forniti dal sig. Ferrero) i perfezionamenti da introdursi nel- le scuole già esistenti ad Agordo e Bergamo, per i così detti bassi ufficiali di ciò, che si può chiamare armata maine- raria; poichè l’Italia potrà ancora par alcuni anni avere buoni ingegneri di mintîere mandando giovani scelti a studiare alle migliori scuole minerarie d’ oltremonte, ma ha bisogno che in paese stesso si producano quei bassi ufficiali, dei quali le miniere italiane difettano grandemen- te. Le proposte, che saranno fatte dalla commissione com- posta dei signori De Manzoni e Ferrero, saranno presen- tate alla sezione di geologia (1). Dopo ciò la seduta è sciolta. GARDINI, Segretario. (1) Si trovano infatti nel processo verbale dell'ultima seduta di geologia. IN VICENZA 44153 Sezione di Palcoctnologia. Seduta del 16 settembre. I membri del Congresso radunati per formare questa sezione nominano presidente per acclamazione il profes- sore Strobel; e questi sceglie per suo segretario il mar- chese Gualterio. È presentata una Memoria del signor Minà-Palumbo , Intorno alla storia della Paleoetnologia sicula dal 1713 fino ad ora; ma, per mancanza di tempo, non se ne dà lettura. Prende la parola il presidente straordinario del Con- gresso signor Lioy, per presentare alcune punte di frecce e di giavellotto in selce, nonchè un coltello-ascia di bron- zo; della provincia vicentina.ÉIl presidente Strobel nota la somiglianza di alcune di tali frecce con quelle prei- storiche della Patagonia e dell'Emilia. Il signor Sanfermo comunica avere trovato in Sicilia presso Modica un istrumento di selce di forma piramidale, levigato. Questo si scavò in una delle caverne artificiali tuttora abitate, nelle quali non si trovarono fin quì og- getti antichi di metallo. Il signor Gualterio dà comunicazione di una nota so- pra l’uomo primitivo e le armi in pietra raccolte nei con- torni del Lago di Bolsena: armi, che sono tutte della seconda età della pietra. E osserva che fra questa età e la primitiva Etrusca non esiste il passaggio graduato rappre- sentato dall'età del bronzo e del ferro; perciò conclude che gli Etruschi sopravvenuti trovarono il paese in piena età litica. Vol. XI. 27 444 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA Il signor Grandesso presenta un istromento di ferro trovato nel Vicentino, in collina, alla profondità di me- tri uno e mezzo; ed espone alcuni particolari della sco- perta. Il presidente Strobel osserva che un istromento simile fu trovato anche nel Trentino, e presenta molta rassomiglianza con altri di bronzo trovati dal Gozzadini nel Bolognese, e 1 quali forse sono Etruschi. Esprime l'opinione che abbiano servito come istromenti agricoli. Il professore Caruel comunica che nel suo viaggio in. Egitto vide presso il signor dott. Gaillardot in Alessan-. dria due cranj delle tombe antichissime di Saida (proba- bilmente l'antica Sidone), i quali sono di adulti, e somi gliano per la loro forma a quelli di Engis e Neanderthal. Prega il Congresso a tenerne nota, perchè, se alcuno dei suoi membri, viaggiasse per quelle contrade, non manchi di andarli a vedere, e insista presso il Gaillardot onde. li renda di pubblica ragione. I Il signor professore Stoppani dà il sunto di una lunga Memoria presentata dal socio dott. Camillo Marinoni Sulle abitazioni lacustri e sugli avanzi dell’umana industria dn, Lombardia; e legge una nota di quella Memoria, dalla quale risulta che il signor Le-Hon indica essersi rinvenute nella caverna di Laglio sul lago di Como, insieme a quanti- tà stragrande di ossa dell'orso delle caverne, delle selci ta- gliate e dei cocci di stoviglie grossolane. — Il dott. Ca- sella che pel primo esplorò accuratamente quella caverna e indefessamente durò nello scavarne il pavimento, assi- cura non aver mai incontrato alcun avanzo dell’ industria umana, per quante minute indagini avesse fatto a questo intento. Questa asserzione è confermata dal prof. Stoppa- ni; calza a cappello a quanto il signor Marinoni oppose nel suo scritto a ciò che scrisse il Le-Hon. IN VICENZA 4415 ‘Ecco un breve riassunto della Memoria del signor Ma- rinoni: Quantunque assai prima del 1863 si fossero trovati avanzi d’ umana industria in Lombardia, sparsi e sporadici, devono essere assolutamente considerate quali prime vere scoperte, quelle delle palafitte del Lago di Varese. — Le stazioni umane preistoriche sono limitate per la Lombardia alla zona dei laghi c delle torbiere, c oggidì si può dire che non v° ha lago lombardo esplorato, che mon abbia date le sue armi di pictra ed i suoi cocci di stoviglie. — Fino ad ora si contano 7 palafitte nel Lago di Varese e 2 nel Lago di Monate, stazioni nei laghetti di Pusiano e di Annone, e sul lago di Garda nel golfo di S. Felice, all'Isola Lecchi e di fronte a Peschiera. — In quanto alle torbiere, non si muove passo senza incontrarsi in oggetti d’antichità remota, fra i quali non rare sono le armi di pietra, c i rozzi utensili di bronzo usati dagli uomini dell’ età preisto- rica. — Per ultimo, in Lombardia vanno considerate ancora altre località quali sono i dintorni di Crema e di Guidizzolo, che a memoria d’ uomo erano ancora occupati da estese paludi oggidi all’asciutto, e dove s’ incon- trano sovente, scavando anche assai superficialmente, avanzi umani di tutte le età, ammucchiati e confusi; e la omai memorabile stazione umana di Sesto Calende e Golasecca, disputata ognora dai geologi e dagli ar- cheologi. ‘ Lo studio di comparazione di tali oggetti dell’umana industria ne guida a concludere la comparsa dell’uomo in Lombardia durante la seconda età della pietra. L’ uomo contemporaneo dell’ orso speleo e abitatore delle ca- verne non ha mai esistito in Lombardia, vi comparve la prima volta du- rante l'epoca già avanzata della pietra polita, stabilendosi addirittura su palafitte, come già facevano i limitrofi abitatori della Svizzera, e durò ancora lungo l’ epoca del bronzo. L’armi di pietra, quantunque il valore del metallo fosse già conosciuto, continuarono a servire per lunga pezza, finchè l’uomo, fatto ardito dai nuovi mezzi di difesa, cominciò a spingere il suo dominio più lontano dalle spiaggie, a. stabilirsi sulla terra ferma. Il passaggio dall’ epoca del bronzo a quella del ferro in Lombardia non è ancora ben conosciuto: a Sesto Calende la novella età è già a un certo grado di avanzamento nel rapporto del progresso della civilizzazione, da aver dato campo a giudicare quegli avanzi di popoli e di tempi già molto innanzi nelle epoche storiche. L'uomo apparso in Lombardia sul finire dell’epoca della pietra fabbri- 446 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA cando palafitte nel Lago di Varese, vi ha durato lungo tutta l'epoca del bronzo, a Peschiera, Varese, Guidizzolo, Crema, e passando per quella del ferro, a Golasecca, è venuto a raggiungere le epoche tradizionali e le sto- riche, dando la mano da una parte all’ uomo delle stazioni antiche nel Vi- centino, dall'altra a quello delle stazioni più avanzate e culte di Mercu- rago e Borgo Ticino in Piemonte, e delle marniere del Parmigiano e del Modenese. » pati Il presidente Strobel profitta della circostanza, in cui il professore Stoppani mostra i disegni delle fusaiuole illu- strate nella Memoria Marinoni per rimarcare che oggetti uguali possono prestarsi ad usi ben differenti: ciò che cre-. de accaduto per lo passato, poichè accade tuttora, tanto ‘in Italia quanto nel Sud-America, ove le fusaiuole ser- vono a filare, e come peso delle reti. Egli ritiene che, a seconda della forma e materia loro, abbiano servito anche come oggetti di ornamento. Il signor dottor Issel legge una nota intorno ad alcune ossa umane fossili trovate nel terreno pliocenico di Savona, che contiene ostriche di quell’ epoca; di esse ossa presenta una porzione di mandibola, e di cranio. Dallo stato di con- servazione, dalla giacitura con dette ostriche, e dalla forma loro deduce essere quasi certo che quelli avanzi sono con- temporanei del deposito stesso. Si impegna in proposito una lunga discussione fra lui e il professore Stoppani, il quale sostiene che quelle ossa debbono essere posteriori al deposito, e adduce in appoggio della sua opinione, fra altri, il fatto, che in una località di Lombardia si trovarono scheletri umani di epoca moderna nel cranio dei quali si incontrarono polipaj dello strato in cui erano sepolti. Il presidente ordinario della Società, professore Cornalia, presenta a nome del professore Regazzoni di Como, un’'ul- na di orso speleo, trovata nella caverna di Laglio, e che pre- IN VICENZA 447 senta traccia di profondi intagli praticatevi con un istro- mento, e crede di poterne dedurre che tali intagli siano stati fatti dall’uomo contemporaneo dell’orso delle caverne. Il professore Stoppani e il dottor Casella sono di pa- rere che quell’ intagli siano accidentali e moderni. Il presidente Strobel richiede di ispezionare i tagli, e sostiene che cotali tagli non possono essere stati ottenuti con istromenti di pietra, ma solo con istromento di me- tallo, e ritiene quindi che siano moderni. Il socio conte Salimbeni di Modena presenta alla se- zione alcuni oggetti trovati nel modenese (Comune di Nonantola, Villa Redù), in una terramara non ancora esplorata, e che egli intende offerire in dono al Museo Civico di Vicenza. Tali oggetti sono: 1.° avanzi di stovi- glie e manichi diversi, 2.° esemplari di bronzo ed osso, 3.° avanzi organici. Nota particolarmente l’importanza di due di questi oggetti, cioè un piccolo vaso intero con quat- tro tubercoli mammellonari nel contorno esterno, ed un piccolo coltello di bronzo con manico di osso di pecora. Il presidente Strobel offre in dono alla sezione quattro Memorie paleoetnologiche, indi presenta il qui unito Ca- talogo della collezione vendibile di Klemm di Dresda, contenente oggetti relativi alla storia della civiltà, racco- mandandolo ai soci. Indi la seduta è sciolta. GUALTERIO, Segretario. 448 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA Compendio del Catalogo della Raccolta Elemm vendibile a Dresda (1). 1° Antichità germaniche. Teschi ed ossa di sagrifizi, lame di pietra levigate e forate, coltelli, ascie, istrumento. per forare i martelli di pietra, macine a mano e macinelli, falciuole, Cel di bronzo, il famoso scettro di Neunheulingen; pugnali e punte di lancie in bronzo, istrumenti d°’ osso, fusaiuole, e tra esse al- cune magnifiche di bronzo, il rinomato elmo della Lussazia inferiore ; stoviglie e vasi di bronzo ed urne di ogni forma e grandezza, tra cui molti unici, — Oltre 2000 numeri. | Prezzo, 2700 talleri. pas 2.° Oggetti del medio evo. . Ascie, coltelli, pugnali, spade, una impugnatura di spada in ferro, ce-. sellata con molta finezza, alcune balestre, bolzoni ed altri strumenti; varii anelli, vasellame di vetro, porcellana e Faenza, specialmente boe- cali da birra; avanzi di edificii, stucco, serrature e chiavi, ornamenti ; speroni e fornimenti di cavallo ; statue di legno, avorio , pietra, modelli. in gesso, sigilli in originali ed impronte; prove di scritture, monete, me- daglie e misure. — 600 numeri. Prezzo, 41000 talleri. 3.° Antichità romane e greche. Teschi romani, strumenti, armi del Lago Trasimeno; fibule, collane, braccialetti ed anelli, amuleti ; elmo etrusco; frammenti di marmo di ri- nomate fabbriche, chiavi, statuette di bronzo, figure e bassi rilievi in pie- tra; saggi di iscrizioni, pesi , bolli, monete, cec. — 6a 700 numeri. Prezzo, 800 talleri. 4.,° Raccolta russa. Saggio completo degli strumenti e delle armi russe, parte originali e parte modelli ; tra cui, strumenti de’ Calmucchi, come torno, ascia e fal- (4) Per gli schiarimenti, che si desiderassero , dirigersi, franco, al signor dottore cav. Adolfo Senoner, Vienna II. Hauptstrasse, 88. IN VICENZA 4419 ciuola. Costumi originali de’ Tungusi, Votiachi, Cermissi, Morduini; abi- to completo di uno stregone tunguso, statuette di costumi, vasi di le- gno, cucchiai, tabacchiere e pipe; modelli di case dei paesani russi, arnesi di casa, carri, slitte, scarpe da neve, scurie, fornimenti di cane ; fischietti ed istrumenti da fiato, prodotti d’arte, sculture , intagli in Jegno, pitture, immagini di santi, ecc. — 1000 numeri. Prezzo, 4000 talleri. 5. Collezione chinese e giapponese. Abbastanza completa. Istrumenti pirici (per far fuoco), alimenti, stru- menti ed armi, molti ornamenti, abito completo di una dama giapponese, saggi di scarpe e stivali, di porcellane: collezione di cocci istruttiva in riguardo a vernice , pasta e disegni. Un atlante con copie di pittura di vasi chinesi, tolte da originali della collezione di porcellane di Dresda. Arnesi di casa e giocattoli, modelli di veicoli e barche; istrumenti musi- cali ed oggetti dell’arte plastica. — 600 numeri. Prezzo, 1800 talleri. 6.° Raccolta orientale. Oggetti arabi, turchi, indiani, malesi ; armi, arnesi d’ industria, d’ agri- coltura ec domestici, pugnali, archi, frecce, scudi, lancie; modelli di armi del museo di Dresda ; ornamenti, abiti, vasi di bronzo, di terra, modelli di barche, specialmente di una nave da corsaro giavanese. Imagini d’Idoli di bronzo e di legno, pitture in vetro. — 3 a 400 numeri. Prezzo, 4500 talleri. 7.° Raccolta africana. Oggetti dei Caffri, Betjuani, Barrys, ecc., oggetti egizii antichi e moderni, mummie, mazze, ascie, coltelli, spade, giavellotti, archi, frecce, scudi e lancie de’Negri. Ornamenti da collo, da braccio, da gamba e da petto, braccialetti di ferro de’ Barrys, anella da gamba di avorio dei Betjuani ; grembiali, mantelli, coperture del capo ; vasi di argilla, legno, avorio ; pipe, scatole da tabacco, cucchiai; arnesi domestici, fruste, corni ed istru- menti musicali ( Zarmonica). — 500 numeri. Prezzo, 2800 talleri, 420 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA 8.° Raccolta americana. Mummia femminile peruviana; alimenti, clave ed altre armi degli In- diani d’ America, martelli di pietra ed ascie degli antichi Indiani, punte di freccia, l’interessante ascia di pietra di Noothasund, con manico ornato d’intagli a scalpello; antichità caraibe, arnesi pescherecci, ornamenti, la- vori in piume, collane, orecchini ed anelli da naso in oro degli antichi Caraibi di Nuova Granada; saggi di stoffe, di tasche e canestri degli In- diani delle selve (/7aldindier); recipienti di zucca ; vasi di terra degli antichi peruani , caraibi e degli indigeni dell’ America centrale. — 200 numeri. Prezzo, 1200 talleri. 9.° Antichità nordiche. Armi di pietra, da caccia degli Eschimesi ; arnesi, ornamenti e vestiti de’ popoli polari; vasi, pipe e tabacchiere; modelli di abitazioni estive ed invernali de’ Groenlandesi, culle ed utensili domestici, slitte ed altri vei- coli, 6 tamburri magici, intagli in legno e dente di Tricheco (Wallross). — 200 numeri. Prezzo, 800 talleri. 10.° Armi ed utensili delle Isole australi. Ornamenti., abiti, testa di un indigeno della nuova Zelandia, ascie , remi, clave ed altri armi ed utensili dello stesso paese. — 500 numeri. Prezzo, 1500 talleri. 11.° Raccolta ceramica. Per la maggior parte modelli di vasellame, e frammenti e saggi d’ogni età e d’ogni paese. — 1000 a 41500 numeri. Prezzo, 500 talleri. 12° Saggi di scrittura e di carta de’ diversi popoli; saggi di stoffe usate per scrivere, di penne e utensili da scrivere, inchiostro della Cina; saggi di stampa del secolo 141.° sino al 19.9. — 200 numeri. Prezzo, 250 talleri. IN VICENZA 421 49 Monete e medaglie del medio evo e moderne, carta monetata ed altri surrogati. — 1500 numeri. Prezzo, 150 talleri. 11.° Reliquie. Oggetti appartenenti a persone rinomate e storiche, come scarpe di Maria Teresa, spazzola e pettine di Thorwaldsen, calamajo di Tiek, ecc. — 100 numeri. Prezzo, 500 talleri. 15.° Diversi. Oggetti attualmente in uso giornaliero, di varii paesi, specialmente della Germania, per esempio: una raccolta di ventagli, di madonne, di metalli per la storia della metallurgia. — 3000 numeri. Prezzo, 500 talleri. IN. B. Ad ogni lotto va unita una corrispondente quantità di memo- rie e di tavole relative. Sezione di Fisica e Chimica. Prima seduta del 16 settembre. La sezione si costituisce colla nomina a presidente del signor Bellavitis dottor Giusto, professore di matematica nella KR. Università di Padova e Senatore del Regno, il quale sceglie per segretario il signor Triulzi dott. Teodoro, chimico, di Verona. Il professore Fasoli legge la prima parte di un suo lavoro Sopra è diversi sistemi d’ analisi chimica delle 4292 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA acque, e più particolarmente sul sistema idrotimetrico im- piegato nell’ assaggio delle acque industriali ed alimen- tari; dimostrando che, mentre può ammettersi per giudi- care della bontà relativa delle acque industriali, non può assolutamente servire per giudicare la salubrità delle acque alimentari, poichè la sua applicazione può con- durre ai più gravi errori. Il prof. Pavesi Angelo svolge alcune sue idee sullo stesso argomento, ed i signori Cossa, Treves e Wurtz. fanno altre osservazioni, alle quali risponde il Fasoli. Il professore Cossa svolge alcune considerazionisull’ Ana- list della dolomia, esponendo var] dettagli sui processi tenuti nell'eseguire tali analisi; al che soggiungono alcune osservazioni i signori Silvestri e Pavesi. Il professore Bellucci dà comunicazione del piano di un lavoro intorno all’Etiologia dei fenomeni, che si collega- no colla natura dell’ Ozono. Ne nasce una discussione, alla quale prendono: parte il professore Silvestri ed il signor conte Da Schio. | Il professore Silvestri, cogliendo la opportunità dell’ ar- gomento dell’ozono, trattato dal professore Bellucci, parla di un fatto, che gli è accaduto di osservare più volte, il quale si riferisce all’ossigeno, che si sviluppa dall'acqua assieme . all’idrogene, per mezzo dell’ elettrolisi. Il fatto consiste . nella ricombinazione lenta e spontanea; che si verifica co- stantemente, in condizioni determinate, dei due gas con- servati in un recipiente nel modo stesso come si raccolgo- no; e il detto professore espone tutte le particolarità re- lative al modo, con cui egli ha potuto osservare il fatto, ed alle esperienze intraprese per constatare le condizioni, sotto la influenza delle quali il fatto stesso ha luogo. Que- sta comunicazione dà occasione ad una prolungata ed importante discussione, alla quale prendono parte i sì- IN VICENZA i 423 gnori Filippuzzi, Bellucci, Rossetti, Fasoli, Treves e Vla- covich. Questo argomento è trovato tanto interessante, da essere proposto a soggetto di studio per ùn venturo Congresso. Il professore conte Giovanni Mocenigo fa offrire due sue Memorie a stampa, l'una Sul principio nuovo di tra- sformazione istantanea dell’acqua in vapore, l’altra Sullo strofinìo dei metalli sul vetro e sulle sue applicazioni. La seduta è levata alle ore 12. TRIULZI, Segretario. Seconda Seduta del 16 settembre. Il professore Filippuzzi, prendendo occasione dalle ri- cerche di Beller e Teichsmid, riportate nel fascicolo di set- tembre e ottobre del Bulletin de la Société chimique, espo- ne che, secondo certe sue esperienze, la paraffina, anzi che essere un solo carburo d’idrogeno, sarebbe una mi- scela di var) carburi della formola C." H.*®”, il più ele- vato dei quali presenterebbe il punto di fusione a circa 60.° C. Sottoponendo della paraffina alla ossidazione con una miscela di bicromato potassico ed acido solforico, egli ottenne var) acidi grassi, dai quali separò un acido grasso, fusibile a 80° C., che probabilmente è acido cerotico. Il signor dottor Vlacovich Nicolò comunica il fatto, da lui osservato, che un bastone di vetro, soffregato con una coda di volpe leggermente, dà elettricità negativa, men- tre dà segni di elettricità positiva se si prolunga lo stro- finamento a sufficienza. Egli ha pure osservato che un bastone di vetro, strofinato finchè cominciava dare segni 4294 TERZA RIUNIONE STRAORDINARIA IN VICENZA d’ elettricità positiva, e poi abbandonato ad un naturale raffreddamento, indicava quantità sempre minori di que- sta elettricità, passava quindi per un punto, la cui elet- tricità era nulla, e poi dava segni di elettricità negativa. Infine egli, guidato da alcune considerazioni teoriche, ha fatto l’esperienza che, ricoprendo in una. pila di Bunsen, od in altra, quella superficie dello zinco, che non è rivolta verso il carbone, il rame, ecc., con una sostanza atta a difendere lo zinco stesso dall’ azione dell’ acido, si ottiene la medesima deviazione in una bussola Gau- gain che con tutta la superficie scoperta, essendovi nel primo caso un consumo di zinco minore all’ incirca della metà che nel secondo. E si riserva di fare ulteriori spe- rimenti a conferma di questo fatto, che egli crede im- portante per le pratiche applicazioni dell’ elettricità. TRIULZI, Segretario. SULLE CONDIZIONI FISICHE ED ECONOMICHE DEL VICENTINO DISCORSO PRONUNCIATO DAL Cav PAOLO LIO Y COME PRESIDENTE DELLA RIUNIONE STRAORDINARIA DELLA SOCIETA’ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI A VICENZA NEL SETTEMBRE 1868, AL PRINCIPIO DELLA PRIMA SEDUTA GENERALE. lo veramente non mi trovo qui al mio posto, o colleghi ed amici che finalmente ho la ventura di rivedere nella mia nativa città. La carica di Presidente, quantunque in questa circostanza non sia che una carica geografica, sarei stato ben lieto di cederla ad altri assai più di me degni dello altissimo onore. Qui doveva sedere Ludovico Pasini, il cui nome è sì luminosamente avvinto alla storia della ita- liana geologia, qui seder doveva Francesco Beggiato, che con ben trent'anni di studi e di ricerche acquistò sulla storia naturale della provincia cognizioni estesissime. All’ uno i pubblici negozi, all’altro la infermità impedirono di porsi alla testa di questa legione di natu- ralisti della quale io umile gregario mi trovo oggi così immeritevole capitano. Senonchè mi conforta la idea che di questa carica effimera da qui a pochi di io potrò spogliarmi; simile al fiore del cactus che dura un giorno è la mia presidenza; che solo ambisce a rendere lieta la vostra desideratissima dimora tra noi ed a porgeori agio di darvi ai vostri studi ed alle indagini vostre, 426 P, LIOY, E bene mi auguro che riprendansi Ie nostre riunioni interrotte prima della guerra nazionale, alla quale dobbiamo la indipendenza e la libertà, poi sciaguratamente sospese dai morbi epidemici che ser- peggiarono nella Penisola. Ormai questo stringerci le destre, questo comunicarci i nostri studi, questa vita insieme per pochi giorni sì ma che pure basta allo scambio delle idee ed alla alleanza negli utili propositi, questo trasportarci pellegrinando di regione in regione d’Italia non dee passare anno senza che sì rinnovi, e così nei mode- sti convegni noi in breve raggiungeremo lo intento di completamente illustrare nei riguardi naturali la patria nostra, scopo che per ugual via ottennero le società scientifiche tedesche e svizzere, e che la il- lustre Presidenza della nostra società di scienze si è prefisso quando stabili le annue riunioni, come sì sapientemente chiariva Quintino Sella, allorchè da lui fu inaugurato il primo Congresso dei naturalisti italiani. Qui, o signori, dove con impazienza. vi attendeva questa. città or- gogliosa di ospitarvi, qui vi trovate in un classico territorio della storia naturale. Moltissimi tra voi conoscono questi monti che ne circondano, e il vostro martello ha colle nostre roccie, sì ricche di paleontologici tesori, antica amistà. Qui non solo da ogni parte d° Ita- lia, ma da ogni regione del mondo, appena la geologia salì negli ultimi tempi a scienza di osservazione, convennero sempre scienziati illustri, nè v ha museo di Europa o di America che non ambisca possedere fossili dei nostri terreni. Queste montagne e questi colli aprono dinanzi al geologo un libro così vasto ed immenso che per decifrarne gli arcani si unirono le forze di tutto il mondo scientifico. Qui, senza far molto di più anti- chi studi spettanti ormai piuttosto alla storia della geologia che alla raccolta dei materiali i quali aprono il cammino al suo odierno pro- gresso, qui cercarono tema alle loro investigazioni Arduini, De Rio, Festari, Gazzola, Volta, Castellini, Trettenero, Marzari-Pencati, Mara- schini, Fortis, Breislack, Brocchi, Catullo, Pasini, Michelotti, Mene- ghini, Massalongo, Zigno, Pirona, Rossi, De Visiani, Beggiato, Paro- lini, D’Achiardi, Manganotti, e tra gli stranieri Desmarest, FaujasSaint- Fond, Bertrand, De Buch, Brongniart, Bouè, Murchison, Klipstein , Agassiz, Haekel, Ewald, Lipold, Richtofen, Stur, Foetterle, Schauroth, SULLE CONDIZIONI FISICHE ED ECONOMICHE DEL VICENTINO 27 Rath, Szabò, Benecke, Suess, Reuss, Laubbe, Zittel, Fuchs; Hauer, ed altri parecchi, che lungo troppo sarebbe tutti volerli ricordare. Nè è a dirsi quanta luce da codesti studi ridondasse sulla geo- gnosia comparata e sulla determinazione degli orizzonti geognostici delle più varie contrade della terra. Eppure non si è ancora che alla base di una elevata piramide, e dei geroglifici che sulle pagine della natura impressero i fossili in questa provincia, costituendo: certo una delle più importanti stazioni della archeologia del pianeta e della vita organica, resta ancora da interpretarsi una schiera immensa, come visitando il nostro Museo ricchissimo di generi affatto nuovi © mai descritti voi tutti potrete persuadervi. : Una illustrazione generale del Vicentino anche nei riguardi natu- rali fu pel passato tentata senza la scorta degli indispensabili elementi dal Fortis e dal Lanzani; nella storia del Vicentino publicata da Ca- bianca e da Lampertico, Pasini inserì alcuni cenni sulla costituzione geologica, io cenni ancor più sommari sulla Zora e sulla launa. Ta- cendo delle numerosissime monografie di argomento geologico e pa- leontologico publicate dagli autori siummentovati, di lavori generali possono citarsi le carte geologiche del Schauroth e dell’ Hauer, 1 ul- tima delle quali forma parte della grande carta dell'impero Austria- co; nella botanica si hanno cataloghi delle piante del Vicentino stam- pati dal Lupieri, dal Turra, dal Marzari-Pencati, dal Beggiato ; nella zoologia note ittiologiche ed erpetologiche dell’Alverà, una memoria sugli augelli del Baseggio, la entomologia vicentina del Disconzi; nella paleofitologia un prospetto della flora fossile terziaria del Massalongo, e le generali considerazioni sul clima e sulla costituzione geografica del nostro paese terziario di Francesco Molon, Ma se scarso apparisce, come è infatti scarsissimo il contributo finora publicamente recato alla illustrazione generale del Vicentino, può Vicenza vantarsi di avere già pronte suppellettili abbondantissime per l’opera desiderata. E appunto in quest'anno per iniziativa del nostro Istituto industriale si è composta una associazione di studiosi per la compilazione della Monografia della Provincia nei rapporti fisici, morali e industriali, associazione che ha già conceretato il suo programma e dato cominciamento all'impresa per la quale si affret- 428 P. LIOY , terà il compimento di uno studio che imitato dalle altre provincie del Regno, ci condurrebbe finalmente ad ottemperare nei riguardi della nazione al precetto socratico. Tale monografia contempla anche la storia ‘naturale, e sarà nostro impegno presentarvela in una delle prossime riunioni annue; ora è mio debito esporvi brevemente a quali fonti si possa ricorrere per uno studio che dee riuscire esatto e possibilmente completo. Taccio dei materiali già apprestati per le dotte publicazioni che illustri na- turalisti di altre provincie d’Italia o stranieri già fecero sulla .geo- logia di alcune nostre località, come Catullo, Zigno, Bronn, Rossi, De Buch, Bouè, Murchison, Breislack, Schauroth, Hauer, Suess, Rath, o sulla flora fossile come Brongniart, Massalongo, Zigno, Heer, De Visiani, o sugli invertebrati fossili come il Catullo, d’Orbigny ; Bron- gniart, Meneghini, Zigno, Michelotti, Sequenza, Acchiardi, Suess, Schauroth, Zittel, Reuss, Laubbe, Benecke, o sui vertebrati fossili come l’Agassiz, il Catullo, V'Haeckel, il Schauroth, il Zigno, il Molin, e mi limito solo alle collezioni ed alle osservazioni raccolte nella cerchia stessa della nostra provincia. A merito speciale del dottor Beggiato il nostro Museo possiede una completa raccolta dei minerali e delle roccie del Vicentino provenienti in parte dalle collezioni Marzari-Pencati e Scortegagna. La collezione paleontologica già cospicua va sempre aumentando tanto che si è pensato a dilatarne i troppo angusti confini nei quali stavansi pigiati i petrefatti. Il dottor Beggiato oltre la sua collezione geologica possiede una preziosa serie di studi, profili, schizzi e disegni inediti, risultato delle sue reiterate e minute esplorazioni in ogni angolo della provincia, Il frutto di tali studi, certo non il solo che dovrà germogliarne, voi lo vedete nella carta geologica ch'egli oggi per mio invito vi pre- senta. Allo stesso Museo io ho donata quella parte della mia raccolta: paleoetnologica che è frutto degli scavi da me fatti eseguire nei dintorni di Fimon e nelle caverne di Lumignano e di Velo. Bassano vanta un Museo non meno degno di considerazione; basti dire. che vi sono riunite le collezioni di un uomo che nella storia della geolo- gia tiene un posto immortale, io vo’ dire del preclaro Brocchi, e quelle dell’illustre Parolini che recentemente fu. dalla. morte. furato SULLE CONDIZIONI FISICHE ED ECONOMICHE DEL VICENTINO , 429 alla scienza. Schio va glorioso della raccolta di minerali e di fossili del senatore Pasini, e finalmente Lonedo nei palazzi Piovene può an- dare superba di una importantissima specialità, cioè la collezione della flora e della fauna fossile di Chiavon. E qui concedete che a titolo d’onore vi nomini un uomo da pa- reechi di voi conosciuto, un vero tipo alla Smiles, un Aijo de sus obras. Nato tra i monti di Montecchio Maggiore, classici per la geo- logia, povero contadino che a trent'anni imparò nelle scuole serali a scrivere il suo nome, nobile esempio di costanza e di coraggio, acceso dall’ amore anzi dall’ ardentissima febbre di apprendere e di raccogliere oggetti naturali, quest'uomo noto tra le Alpi col nome di uomo dei sassi, infaticabile, strenuo, invitto, come giovò ad arricchire il nostro, così sparse per moltissimi altri Masci di Europa le raccolte dei fossili del Vicentino, guidò sui nostri monti quanti scienziati il- lustri qui convennero da ogni parte del mondo, nè v’ ha roccia inte- ressante ove egli non sia andato a picchiare col suo martello rivela- tore. Questo contadino, questo analfabeto di ieri, questo innamorato delle montagne, è Giovanni Meneguzzo , al quale voi stringendo la destra incallita renderete omaggio alla avidità di imparare ed alla perseveranza nella fatica, per cui riuscì a tracciare quel profilo delle nostre formazioni geologiche che oggi vi offre in dono. Completi sono i materiali per la illustrazione botanica del Vicen- tino, imperocchè oltre al pregevole erbario del Marzari Pencati da me riordinato secondo il metodo naturale, il nostro Museo conserva quello dell’Arduini donato dal Beggiato, possessore anch’ egli di un ricco erbario con un catalogo che può considerarsi come una flora vicentina già apparecchiata, corredato di annotazioni preziose per la geografia botanica della provincia. Il modesto quanto dotto botanico Sante Zangiacomi riunì anch’egli una spettabile raccolta delle nostre piante, un’altra ne possiedo io stesso. Altre collezioni stanno presso i signori Montini, Beltramini, Trevisan e Parolini, nel cui giardino a Bassano, famoso per le sue conifere e mantenuto ancora nell’antica rinomanza dalle cure della gentile e culta sua figlia Antonietta, col- tivasi una bellissima serie delle piante alpine, di codeste colonie boreali che dopo il periodo gelido rifugiaronsi a vivere sulle alte vette de’ nostri monti. Vol. XI. 98 450 ” P. LIOY. Quella nebulosa dei botanici che sono le crittogame lascia certo grandi lacune che non in tutto bastano a riempiere i materiali accu- mulati negli erbari del Beggiato, del Beltramini e del Trevisan, benchè quest’ultima possa stimarsi quale una delle principali raccolte criptoga- miche d’Italia. Eguali lacune presenta quell’altra nebulosa dei zoologi che sono gli invertebrati inferiori. Il solerte autore dell’Entomologia vicentina, Disconzi, ha preparata Ja raccolta degli insetti nel no- stro Museo. I molluschi terrestri e i fluviatili e lacustri sono già rac- colti nel Museo stesso, ove passando ai vertebrati osserverete una collezione ittiologica da me fatta dei pesci del paese, un principio di fauna erpetologica e mammalogica , una bella raccolta degli augelli nostrali composta con sapienza tassidermica e con gusto artistico dal Carraro di Lonigo. Altra bella collezione degli augelli della Provincia possede il signor Benazzato di Camisano. Vi è facile immaginare, o signori, la ricchezza della flora e della fauna di questa provincia se pensate alla sua costituzione geografica. Altissime montagne che in media raggiungono l’altezza di 2200 me- tri, al nord e al nord-ovest la dividono dal Veronese, dal Trentino e dal Feltrino ; ai loro fianchi schieransi monti di decrescenti elevatezze in zone parallele alla base delle alpi, come fra Asolo e Bassano e fra il Brenta e l’Astico, o spiccano in forma di catena come quelli che giganteggiano tra l’Agno, il Chiampo e l’Alpone, finchè sorgono in gruppi isolati i berici colli quasi proseguimento delle alture che sboccano a Montebello, Montecchio Maggiore e Creazzo, dominando una pianura estesa che digrada fino a 60 metri sul livello del mare. Questa pianura che nell'epoca in cui l’uomo delle età antistoriche abitava nelle caverne di Lumignano e a Fimon era coperta da grandi foreste frastagliate da laghi e da stagni, nido di cervi, di enormi cinghiali, di tassi, di testuggini e in più remoti tempi di orsi spelei e di buoi primigeni, ridotta ormai tutta a coltivazione non concede che si possa colle piante spontanee descriverne il paesaggio. La flora vicentina non è del resto in confronto di quella delle vicine provin- cie notevole che per dovizie di specie, contando ben 2000 fanero- game. Celebratissimo presso i botanici è il monte Summano, vero regno di Flora. Ai nostri colli ed ai monti danno vaghissimo aspetto le epa- SULLE CONDIZIONI FISICUE ED ECONOMICHE DEL VICENTINO 431 tiche, molti anemoni e ranuncoli, gli elledori, la carlina caulescens, la stipa pinnata, V’eryngium ametyslinum, Vl erodium sanguineum, la corydalis bulbosa, aconiti, genziane, drosere, androsace, alchemille, daphne. Qui raccogliamò varie specie di nareisi assai rare, come il poetico , l’incomparabile, il berico, l’allium magicum, il giacinto non scriptus, il tulipano silvestris, la corthusa Mattioli, ricchissima serie di orchidee, la cineraria longifolia, il ranunculus platanifolius, la cacalia alpina, la scandix odorata, il ribes alpino, la campanula spicata, e di piante alpine vere dovizie. La ricca flora è naturalmente accompagnata da cospicua fauna en- tomologica: pregevolissime le colias, le liditee, i satiri, le erebie, i parnassi delle nostre alpi. Nell’ornitologia brillano specie notevoli, come il falco gallico, il corvus cartocatactes, parecchi tetraoni, la tringa pugnax, il charadrius cedicnemus, il podiceps minor, V ibis falcinellus, il mergus merganser, il mergus albellus ed altri parecchi, come tra i rettili la zootoca vivipara, la Podarcis muralis V. fla- picentris, la Coronella austriaca, la vipera aspis var. rufiventris. Ma precipuo vanto di questa provincia è certamente la sua geolo- gia; molti de’ suoi più piccoli ed oscuri villaggi sono capitali del mondo paleontologico. In alcuni luoghi, nel ristretto spazio di poche miglia, veggonsi rappresentati sopra al terreno primordiale le varie formazioni mesozoiche e terziarie, i porfidi, i basalti! Gli oceani paleozoici non lasciarono in queste loro vetuste spiaggie vestigie delle pristine popolazioni, e perciò nella grande massa dei nostri terreni primordiali non si è potuto segnare alcuna tappa. Solo recentemente publicò il Suess una Memoria sugli equivalenti del Rotbliegend nelle alpi meridionali, dimostrando come sotto 1 arena- ria variegata giacciano le arenarie superiori del Rothliegend sopra roccie permiane; sotto a queste giace una potente massa di schi- sti che altro non sono che il prolungamento di quelli dei Grigioni coi fossili caratteristici Odontopteris obtusiloba, Calamites gigas del Rothliegend e A/ethopteris aquilina del carbonifero superiore. Ecco dunque che negli schisti del nostro Recoaro, come in quelli di Val- sugana e di Trento, sarebbe determinato l’orizzonte carbonifero. ll micaschisto è la roccia fondamentale su cui posano i terreni 432 P. LIOY, mesozoici; frequenti dicche di dolerite lo attraversano e vi giacciono anche intercalate a forma di banchi, schiudendo il loro seno alle famose polle minerali di Recoaro, Staro e Torrebelvicino. Un potente ammasso di porfido comparisce a Fongara, attraversa l’Agno a San Quirico e spunta fino alla valle d’Astico, contenendo nelle sue geodi l’analcime, il quarzo spato, la stilbite. Il caolino o terra bianca di Schio, fonte non lieve di industria, proviene dalla decomposizione di una varietà di codesto porfido, e in esso e nelle vicine roccie cal- caree trovansi miniere di piombo argentifero. Cospicui sono i sedimenti dei mari mesozoici, nè v' ha geologo che non abbia ammirate le nostre ammoniti e le nostre belemniti. ] de- positi triasici specialmente nei limiti del muschelkalk e del keuper, sfoggiano interessantissimi fossili nel Recoarese. Resti di giganteschi rettili trovansi qua e là tra le roccie sull’Amprebise di Spitz, nella Lora in val di Creme e in val Calda. I depositi giuresi in continua- zione di quelli del Tirolo per la gola di Vallarsa e di Campogrosso scendono giù verso Schio e Recoaro. Dell’ infralias scoprironsi indizi sulle più alte cime del bacino della Leogra e dell’Agno. Il lias costi- tuisce la massa principale delle montagne di Campodavanti, Campo- bruno, Campogrosso, Pasubio, Novegna, Valle dei Signori, Posina e Velo, sviluppandosi poi alla base dell’altipiano dei Sette Comuni e nelle montagne a sinistra del Brenta. Stupende foreste petrificate il- lustrate da Zigno fanno rivivere davanti alla scienza il paesaggio tropicale che presentavano Rotzo. Mezzaselva, Valdassa, Crespadoro, Durlo, Marana, Pernigotti, Bienterle ed altre antiche spiaggie delle isole mesozoiche. Viveva tra quelle foreste l'enorme teleosaurio assai più grande d’ ogni vivente coccodrillo, il cui cranio gigantesco si conserva presso i signori Berrettoni di Schio. Famoso il calcare rosso ammonitico dei Sette Comuni, della Grappa, dei monti di Pasubio, Novegna, Tonezza e Crespadoro. Il biancone si distende in estesi strati a Crespadoro, Magrè, Tonezza, nei Sette Comuni, quasi dovunque accompagnato dalla scaglia che scende a formare i bassi colli sotto Crespadoro, a Valdagno, Novale, Chiampo, Magrè, Covolo. Il terreno terziario incontrasi talvolta sovrapposto agli strati cre- SULLE CONDIZIONI FISICHE ED ECONOMICHE DEL VICENTINO 433 tacei come a Crespadoro, Monte Magrè, Castelvecchio; spesso la sca- glia si sprofonda ed esso resta padrone del campo, frastagliato qua e là da ammassi più o meno potenti di basalti, conglomerati e tufi, qua e là sorgente di lavoro colle ligniti come a Valdagno, Pugnello, Trissino, Muzzolone, Pulli, Monteviale. Zovencedo, Chiuppano. I terreni terziari antichi vantano nel Vicentino alcune delle più celebri località paleontologiche. Basti accennare Bolca, Postale, Ron- cà, Monte Spilecco, San Giovanni Ilarione, San Pietro Mussolin, Lonigo, Sarego, Mossan, Altavilla, Castelgomberto, Creazzo, Brendola, Gnechellini, Lavarda, Gnata, Sangonini, Chiavon, Salcedo, Marostica, Valrovina. Questi colli che ora sorgono a’ piedi delle Alpi e coronano la nostra fertile pianura formavano allora i lidi del più antico oceano terziario. Bolca era un magico golfo rivestito da una flora tropicale; là sì inselvavano i tassodi e le cesalpinie a tipo americano, le euge- nie, i sapindi, le sofore a tipo indiano, le santalacee, le proteacee, le sterculie, gli eucalipti a tipo australiano, i drepanocarpi, le bignonie a tipo africano. Voi osserverete nel nostro Museo una raccolta forse unica al mondo di giganteschi carpoliti di Bolca, cucurbitacee, ca- stellinie, fracastorie, nipe, apeibopsi, le cui congeneri vivono ora nel Bengala e nella Molucche. Una temperatura di ben 414 gradi supe- riore all’attuale, simile a quella delle spiaggie dell’Avana o di Cal- cutta, dovea allora scaldare questi lidi. Nel fondo del mare erigevano i loro animati giardini magnifici coralli, specialmente a Roncà, San Giovanni Harione,, Chiampo , Montecchio Maggiore, Castelgomberto, Creazzo, Priabona, Salcedo, e di specie per la maggior parte identi- che a quelle contemporanee che scavansi ad Isnello in Sicilia e nella provincia di Oberburgo in Russia. Tra le sempreverdi foreste di Bolca che per la lussureggiante vegeta- zione e per le arrampicanti bignonie,.porane, jacarande, disgradavano certo le attuali selve vergini del tropico, tra gli arbusti delle gervillee, delle driandre, delle criptomerie, compariscono i più antichi serpenti del mondo, l’archeophis proevus e il paleophis bolcensis, biscia lunga 10 piedi; nei fiumi la cui esistenza ci è rivelata dalle ninfee e dai pel- tofilli, guizzavano quei coccodrilli (C. vicetinus, Lioy) dei quali uno stu- pendo esemplare si conserva nel nostro Museo. Dei pesci a tipo in- 454 P. LIOY, dorientale di Bolca pochi v’ hanno che o nei musei o nella classica opera dell’Agassiz non abbiano ammirata la meravigliosa varietà ; e certo il progresso della ittiologia comparata esigerebbe che di quelle ben 150 specie si ricominciasse lo studio, il quale è da prevedere che se furono già ridotti a quasi un terzo gli estinti generi che il Gazzola e il Volta riputavano tutti viventi, condurrebbe a crearne moltissimi di nuovi. | feroci plagiostomi abbondavano lungo le spiag- gie del Vicentino, ed io ve ne ho noverate 22 specie; ma mentre ordinariamente i Joro scheletri cartilaginosi non riuscirono a fossiliz- zarsi e per sole vestigie ne restano i denti, a Bolca abbondano sche- letri integri e completi, come quelli del Galeus Cuvierî, Torpedo gigantea, Trygon Gazzole, Trygon oblongus, Trygon vicetinus Mo- lin, Alopiopsis pleiodon Lioy. Interessanti i crostacei; tra gli insetti restano impronte di bupre- stidi, muscidi, forficule, formiche, libellule, grossi aracnidi. Sfoggia- tamente moltiplicate le nummuliti a Roncà, San Giovanni Ilarione, Colli Berici, Mossano, Lonigo, Priabona, Gnechellini. Le conchiglie fos- sili porgono una magnifica serie che serve di riscontro colle località coeve delle altre regioni del mondo. Di mammiferi terziari non pos- siamo citare che l’ Antracoterio delle ligniti di Zovencedo, l’Antra- coterio di Monteviale, gli Aliteri di Lonigo, Sarego, Mossano, Monte Grumi, Monte Pulgo. Oltre la fisonomia delle specie anche Ja me- ravigliosa ricchezza delle forme tipiche contribuisce, come altrove, a dare alla nostra fauna e alla flora terziarie un aspetto tropicale. Le piante affini a quelle caratteristiche della nostra flora di Chiavon e di Salcedo vivono ora nelle Canarie, nella Luigiana, nella China meri- dionale. Foreste di Proteacee coprivano le antiche spiaggie di Salce- do, foreste di Palme inghirlandavano Chiavon, flabellarie magnifiche che disgradano le Latanie della China, superbe Feniciti delle quali nella nostra escursione a Lonedo potrete mirare stupendi esemplari di fronde e tronchi colossali. Potenti banchi madreporici esistono a Monteviale, San Lorenzo, Monte Grumi, Montecchio, Gambugliano, Gnago, Monte della Crocetta, Creazzo, Torreselle. Crostacei e rettili batraci abbondano a Chiavon che, per la fauna ittologica che Haeckel avea impreso a illustrare, merita di essere iscritto tra i più ricchi SULLE CONDIZIONI FISICHE ED ECONOMICHE DEL VICENTINO 455 depositi ittiolitiferi. | cheloni sono profusi nelle ligniti di Monteviale zeppe di scheletri di un piccolo pesce, il Cottus papiraceus. Dei terreni plioceni scoprironsi i caratteri nella serie di collinette che da Marostica alle falde delle prealpi si prolunga fino ad Asolo. Le antiche flora e fauna quaternarie lasciarono anche da noi loro orme nelle torbiere, nelle alluvioni e nelle caverne. Ci mancano i rinoceronti e gli elefanti del vicino Veronese; povere di resti orga- nici sono le nostre grotte, delle quali moltissime io ho invano fru- gate. In quelle di Lumignano abbondano gli orsi spelei, e restano reliquie di Zos primigenus; il Cervus elaphus, i tassi ed enormi cinghiali con piccoli buoi a corna corte distinguono la fauna delle torbiere. Resti dell’età umana preistorica furono segnalati a Lumi- gnano e nelle abitazioni lacastri di Fimon; armi e utensili sporadici di pietra si raccolsero a Monte Grumi, Altavilla, Brendola, Castel- gomberto, Arzignano, Montecchio Maggiore; un paalstab di bronzo a Pievebelvicino nelle vicinanze di Schio. La storia del pianeta può dunque qui leggersi dagli antichi gradini paleozoici su per tutti i terreni mesozoici e terziari; essa ci schiude le pagine più interessanti dell’ età quaternaria colle antiche vestigie dell'umanità antistorica che vanno poi a incontrare gli avanzi etru- schi nei Colli Berici e le antichità romane sparse nella provincia. La fertilità del nostro terreno, la cospicuità dei naturali prodotti, le copiose cave di ligniti, i marmi veramente magnifici delle nostre Alpi, le buone pietre da costruzione, le argille laterizie e figuline, le terre bianche, i gessi, le foreste, le acque correnti sono tutte condi- zioni così propizie per l'agricoltura e l’ industria, che voi, o signori, vi meraviglierete, e ben giustamente, se l’una e altra non vi ri- spondano come sarebbe dovere. Certo qua e là noi possiamo mo- strare terreni coltivati con tutte Je cure che i progressi odierni della scienza agricola suggeriscono; certo siamo orgogliosi di non pochi valenti agronomi che studiansi con ogni mezzo e quel ch'è più col- l’ esempio di sollevare l'agricoltura all’ altezza che i tempi esigono. Certo, se l'industria del setificio, che nei secoli scorsi qui avea rag- giunto mirabile sviluppe, ora è quasi perduta, nelle industrie dei panni e delle lane vantiamo una plejade di solerti industrianti tra i 456 P. LIOY, quali primeggia Alessandro Rossi di Schio, il cui nome è ormai tra quelli che tutta Italia stima ed onora. L'Accademia Olimpica a di- spetto del suo noine abbandonò da gran tempo le arcadiche futilità e le frivole elucubrazioni, si è messa alla testa di un vero moto progressivo, promosse esposizioni agricole e industriali, istituì le con- ferenze agrarie festive nelle quali discutonsi gli interessi della nostra agricoltura, fondò le conferenze artistico-praliche ove in settimanali riunioni i nostri artisti ed operai si comunicano a vicenda i loro studi e si commentano le relazioni delle scienze colle arti. Assegnò annue premiazioni di agricoltura e d’industria, medaglie d’oro e d’argento, patenti d'onore e di benemerenza; diffuse utili giornali e pratiche istrazioni e modelli di macchine agricole. Ma noi Vicentini non vogliamo farci belli agli occhi vostri di me- riti che non abbiamo; d’altronde voi ci siete amici e in cima ad ogni vostro desiderio sta il promovere la nazionale prosperità che si forma appunto collo studiare i bisogni dei vari comuni e col prov- vedervi alacremente. In noi dunque finora non si è risvegliato ge-. neralmente quel sentimento delle proprie forze che costituisce ap-- punto la forza dei liberi popoli; generalmente la prosperità la si attende dal governo; si vegeta generalmente in una vita di contem- plazione anzichè di azione; manca la potenza della privata iniziativa, il coraggio delle utili imprese è assonnato, la coscienza della indivi- dualità è affievolita dallo aspettarsi tutto dagli altri invece che da sè stessi; facciamo anche noi più frasi che opere. Questo non è affatto come certi corvi di malaugurio pretendono un cattivo sintomo per l’avvenire; è piuttosto una sventura ereditata dalla pessima signoria che qui per tanti anni ci tenne soffocati e depressi. Anche in noi, come negli altri Italiani, la questione politica che era questione di vita o di morte, ci distrasse da una educazione pratica e seria; siamo un popolo che ogni suo sforzo concentrò per procac- ciarsi indipendenza e libertà, e che adesso solo può apprendere a degnamente usare delle splendide conquiste della sua costanza e del suo valore. Siamo un gigante che per anni ed anni ha affaticato a levarsi di addosso la montagna che lo schiacciava ; vi è finalmente riuscito, ma gli restano ancora le membra aggranchiate e intorpidite. SULLE CONDIZIONI FISICHE ED ECONOMICHE DEL VICENTINO 457 C'è da scoraggiarsi per questo? No, per mia fè! Avanti e coraggio! Excelsior! L’avvenire si prepara; esso germoglia ridente e fecondatore. Esso è ancora la crisalide, ma sarà presto la farfalla. L’avvenire è nelle scuole primarie che si vanno moltiplicando con meravigliosa rapidità. Qui dove sotto il dominio straniero, lottando giorno per giorno con- tro i sospetti di una polizia nemica, si era riusciti ad aprire nella provincia 8 scuole serali con appena 500 alunni, qui spuntato appena il sole della libertà quelle scuole divennero più di 200, quegli alunni salirono a 14,000. Qui non vi sarà presto borgata che manchi di scuola maschile, e tra poco nessun comune avrà ancora la vergogna di non aver provveduto alla istruzione della donna. Ed è impegno di tutti che la istruzione in quelle scuole non sia una semplice e gretta esposizione di abbachi e di abbiccì, ma sia educazione, educazione profonda delle menti e dei cuori. L’avvenire è nelle scuole secondarie dove una volta era delitto favellare del sentimento nazionale che ora ne è l’anima, è negli studi tecnici che si propagano, nell’ istituto industriale ove convengono gio- vani che un tempo le carriere industriali che sono le più libere ed onorevoli risguardavano come mestieri indegni di giovani agiati, d'onde il miserando spettacolo di una gioventù che a suprema meta delle sue ambizioni vagheggiava soltanto qualche publico ufficio, o se la fortuna aveala collocata in ricca posizione invece di rendersi utile col lueroso impiego delle sue ricchezze in imprese industriali e com- merciali o col dedicarsi alla nobile vita dei campi, isteriliva in ozi inverecondi, lasciando morti i capitali o lentamente e inonoratamente consumandoli, abbandonando le proprie terre a fittanzieri ignoranti che le solcano ancora cogli aratri adamitici, che le sfruttano e le esauriscono con violenti e prolungate culture non avvicendate dalle rotazioni, che non conoscono teorie di chimica agraria, sprecano con inconsulta trascuranza i tesori fertilizzanti, dei nostri vini che potrebbero procacciarsi rinomanza fanno spesso una incondita mi- scela, e vantansi di seguire una cieca pratica che non è altro sovente che una cieca ignoranza. L’avvenire è nei comizi agrari già sorti in ogni circondario, è nelle 458 P. LIOY, associazioni di credito, di previdenza e di mutuo ajuto che si diffon- dono non solo nella città, ma nella provincia , è nelle comunicazioni tra provincia e provincia e tra nazione e nazione che ormai più non trovano intoppi in governi stoltamente diffidenti, è nella nostra unità nazionale, nella nostra indipendenza, nella libertà che dalle leggi dee passare nei nostri costumi come sangue del nostro sangue e vita della nostra vita, è nel lavoro, è nello studio pratico e positivo, è fi- nalmente nelle riunioni simili a questa, che oggi io inauguro con esultanza. Vi ho fatta di volo e francamente, o signori, la nostra presenta- zione. Voi che sapete che questo popolo che vi festeggia ha una storia gloriosa, che a l’indomita resistenza allo straniero lo rese fa- moso, ch’ egli drappella la bandiera nazionale decorata dalla meda- glia del valore militare dal Re, che in tutte le guerre per la italiana indipendenza ha mandato legioni de’ suoi figli, voi che ci amate non mi taccerete certo di ottimista se anche per questo popolo io scorgo nelle sue giovani e ritemprate forze un prossimo risorgimento indu- striale ed agricolo quale voi gli augurate e quale tutti auguriamo a Jtalia madre nostra. Ora ritorno all’umile soggetto d’onde sono partito incominciando questo mio disadorno discorso, cioè alla mia presidenza. lo. vo? rivol- gervi una preghiera. Di riuscire a soddisfarvi quanto ardentemente vorrei, non ho speranza; per quanto mi accadesse di fare sarebbe sempre un nonnulla rimpetto a quello di cui sarei vago. Tenetemi dunque conto del buon volere! Ma in pari tempo fa d’uopo che io altamente dichiari che se avrete motivo di pronunciare rimproveri io sono pronto a subirli; essi de- vono per legge di giustizia e di malleveria individuale tutti piombare su me, su me solo, imperocchè io debbo assicurarvi che questa in- tera città, questa onorevole Rappresentanza municipale, tutte le po- polazioni che visiteremo nelle nostre escursioni non ebbero che un solo e fervidissimo voto, quello di solennizzare i dì lietissimi in cui sono felici di ospitarvi, quello di onorarvi e di festeggiarvi come ì SULLE CONDIZIONI FISICHE ED ECONOMICHE DEL VICENTINO 459 più cari aspettati e i più ben venuti, quello di salutare in voi il de- coro dell’Italia e della scienza, debbo assicurarvi che io, conscio dell’indole famigliare e modesta che amate si mantenga nelle vostre annue riunioni, ho dovuto lottare perchè non vi si apprestassero di quegli splendidi ricevimenti ai quali so che tutti voi preferite la gioja di una fraterna cordialità e di un reciproco affetto. ®..# d Su/ Camaleonte siculo. Nota del professore Anprea Ananas. (Seduta del 46 settembre 1868.) Un piccolo e singolare quadrupede, che alle apparenze potrebbe prendersi per un mammifero, principalmente per la conformazione delle zampe che terminano con diti divisi in due fascetti tra loro opponibili, in guisa da potersi fissare ai piccoli rami degli alberi, su cui sta lunghe ore adagiato, ma che è un vero rettile, dalla coda lunga e prensile, dal corpo lateralmente compresso e superiormente arcuato e carenalo , dalla pelle fornita di squame granulose , di cui il colorito suol variare, anco parzialmente, da un istante all’ altro, dalla testa per Io più mitrata, dagli occhi vivacissimi che tralucono a traverso il piccol foro di una palpebra immobile, e muovonsi libe- ramente e indipendentemente l’uno dall’ altro, dalla grande bocca, dalla lingua lunga quasi quanto il corpo, colla quale, istantaneamente lanciandola e ritirandola, accalappia gl’ insetti ed i vermi di cui si ciba (non vivendo d’ aria, come alcuni antichi autori credettero ); colla facoltà di poter distendere il corpo, restringerlo ed appiattirlo ad oltranza : ecco il Camaleonte, esattamente e completamente de- scritto da Aristotile, innocuo e mansueto animale, che per la varia- bilità del colorito, a torto, da Plutarco sino ai nostri giorni è stato riguardato come l'emblema dell’incostanza e della doppiezza, e il cui nome ha servito di odievole qualificativo attribuito a quella triste genia di uomini di ambiguo carattere e di dubbia fede, vera peste della società. 450 A. ARADAS, Egli è rettile, perchè a sangue freddo coi globetti elittici; torpido e lento; ha respirazione per mezzo di polmoni ampii e vescicolosi, e quindi ematosi poco attiva, cuore triloculare , in cui ha luogo la mescolanza del sangue rosso col nero, ece.; e statuisce una famiglia distinta dell’ ordine dei Saurii, che per le sue singolari e speciali prerogative potrebbe costituire il tipo di un altro ordine della classe dei rettili. Tutto ciò ed altro che riguarda il congegnamento organico di que-_ sto animale, il suo modo di vivenza, i suoi costumi, ecc., Sonia mente si conosce. lo non mi fermo quindi a parlarne, e vengo di- rettamente a quel che mi son proposto, a discorrere, cioè : la storia del Camaleonte siculo, che da molti naturalisti si ricerca ; e ad esporre alcuni miei pensamenti sulla cagione che determina il cambiamento di colorito della pelle di quell’ animale. Correva l’anno 1832, ed un naturalista tedesco, il signor Grohmann, dimorante da qualche anno in Palermo, incaricato di raccogliere og- getti di storia naturale sicula, ricercando sulla estrema falda orientale del Monte Pellegrino, che al molo di quella città più si accosta, in- setti, piante ed altro, s' imbattè in un animaletto, che quietamente adagiato si stava sul ramo di un albero, ed in quello riconobbe tosto un Camaleonte. Non fu mica lieve.la sua sorpresa; poichè a niuno pria di lui era toccato in sorte scovrire quel rettile singolare sul suolo siciliano: e tanto più, in quanto credè in quel Camaleonte no- tare caratteri così peculiari da poter servire alla creazione di una specie novella. Per lo che, senza por tempo di mezzo , l’ animale come nuovo descrisse, fe disegnare e pubblicare, e chiamollo Cama- leonte siciliano (Camaleo siculus). La scoverta del Grohmann molta impressione fece in Sicilia e fuori, Sulle prime si ebbe per vera; in progresso di tempo, non es- sendo più apparso quell’animale nè nei dintorni di Palermo, nè altrove nell’ isola, in onta alle più serupolose ricerche, si venne da taluni dubitando della realtà della scoverta, e da altri come pura invenzione si riguardò. Ma ebbero torto gli uni e gli altri. Oltre che il signor Grohmann era abile naturalista e di buona fede, ciò che mi fu più fiate forte- SUL CAMALEONTE SICULO 444 mente assicurato dal suo e mio intimo amico barone Volfango Sartorius di Waltershausen, un fatto avvenuto, due anni or sono, ha reso indubbio ed ha constatato il rinvenimento fatto dal mentovato naturalista. Imperciocchè, trovandomi un giorno nel Gabinetto di que- sta Università, venni ricercato da alcuni miei amici, i quali mi pre- sentarono un animaletto che era stato ritrovato nel giardino dei padri Paolini attiguo al Molo di questa città, che abbrancato al ramo di un albero vi riposava quietamente, non mai veduto, che era stato preso per terribile e velenoso animale da alcuni monelli, che malau- guratamente lo aveano percosso a colpi di pietra, e lo avrebbero al certo annientato, se quei miei amici non lo avessero come cosa sin- golare salvato dalla loro persecuzione per recarmelo, farmene un dono e saperne alcun che. Quell’animaletto era ancor vivo, ed in esso riconobbi un Camaleonte. Mi fu piacevole satisfare la loro cu- riosità; cercai mantenerlo a lungo vivo con ogni sforzo ; ma dopo tre giorni ebbe a soccombere più che per altro, probabilmente, per le riportate percosse. In quei tre giorni mi fu forza tenerlo esposto agli sguardi dei curiosi che traevano in folla alla Università, e sui quali facevano molta impressione , principalmente i cambiamenti in- cessanti e spesso istantanei del colorito della sua pelle. Un giovane amantissimo delle cose naturali, troppo presto dalla morte rapito alla scienza (1), avendo meco osservato il Camaleonte di cui è parola , mise fuori per le stampe in un giornale della città un articoletto su quell’animale. Disse in genere dei caratteri del Ca- maleonte; disse che non può vivere in Sicilia, ed in ciò credo abbia errato, segnatamente per le ragioni che addusse; credè il Camaleonte ritrovato esser provenuto dalle non lontane coste africane, ed in questo, come dirò meglio, ebbe ragione. Mi rincresce non potere in questa breve nota dare la descrizione della specie rinvenuta dal Grohmann e dell’altra che mi toccò in sorte di osservare e possedere, del che mi occuperò in altro lavoro corredato dei relativi disegni; mi limiterò qui a posare e risolvere i seguenti quesili : (4) Il dottor Salvatore Biondi, un tempo mio attento discepolo, poscia autore di buoni lavori malacologici e professore di storia naturale nel Liceo di questa città. 442 A. ARADAS) 1.° Il Camalconte descritto dal Grohmann costituisce realmente una specie nuova ? 2.° Somiglia all’ altro da me studiato? 5.° I due indicati Camaleonti possono essere riguardati come veri abitatori del suolo siciliano ? Allorchè fui reso consapevole della scoperta del Grohmann, accu- ratamente volli studiare la descrizione del suo Camaleonte siculo, col disegno da lui pubblicato raffrontandola e paragonandola alle altre specie conosciute e all’africana principalmente , come incola di luoghi molto alla Sicilia approssimati; e dopo matura disamina portai opinione non essere quelle due specie diverse, bensì individui della specie medesima, a meno di lievissime varianze che potrebbero essere . state prodotte da varie esterne ed accidentali influenze. E non solo come specie nuova io non ritenni quel Camaleonte, ma non pure come abitatore del suolo siciliano ; imperciocchè non solamente non mai erasi pria quell’animale incontrato in Sicilia, ma nemmen dopo per lunghi anni si ebbe di altro simile notizia veruna. E sì che le ricerche sul conto di esso furono indefesse e lungamente durate ed in vari punti del siculo suolo attuate. Arrogi a ciò, che il Camaleonte del Grohmann fu trovato in prossimità al Molo, e facilmente avrebbe potuto esser colà trasportato da qualche legno proveniente dalle coste della Barberia con cui vi ha sempre commercio. Questa opinione non fu indebolita dal secondo rinvenimento che fu fatto di quell’animale, perocchè, come sopra si disse, il secondo Camaleonte fu in luogo vicinissimo alla spiaggia ed al Molo di Catania rinvenuto, ed in un tempo in cui attivo traffico aveva avuto luogo tra la Sicilia e le coste della Barberia, donde dovette probabilmente provenire. Avendolo poi diligentemente studiato, non mi è parso scor- gervi differenza con quello descritto dal Grohmann, nè col Cama- leonte africano, almeno secondo le descrizioni che di quest’ultimo si hanno, non avendo potuto avere sinora sott'occhio un individuo della specie africana, il che però accadrà, ne son sicuro, fra non guari. Adunque, se non m’inganno, deve ritenersi, almeno colla massima probabilità, che i due Camaleonti trovati in Sicilia in epoche così distanti l’una dall’altra, e che sembrano appartenere alla medesima SUL CAMALEONTE SICULO 4453 specie, che è quella africana ( Camaleo africanus, C. mitratus , C. carinatus, conosciuto anche sotto il nome di 7rapu, la più general mente sparsa e conosciuta dagli antichi), eccetto, come sopra si enun- ciò, alcune piccole varianze, alle quali il trasporto, il cambiamento di sito, di clima ed altro avrebber potuto dar luogo, sieno stati tra- sportati in Sicilia dalle vicine coste africane. Continuando però Te mie ricerche su tale argomento, mi auguro in progresso dilucidarlo in modo da esserne satisfatta la lodevole curiosità dei naturalisti. Però, avvegnacchè tale sia la mia opinione intorno alla prove- nienza dei Camaleonti della Sicilia, e sulla specie cui appartengono, non è però a dire, come a qualcuno piacque di asserire, che il Ca- maleonte non può essere incolo del suolo siciliano. Non mezzi di alimentazione potrebbero ivi ad esso mancare, nè il clima di quest'i- sola, credo, possa ostare alla sua vivenza, quando esso vive nelle coste di Barberia tanto a quelle della Sicilia vicine, che mon senza ragione dai geologi credesi essere state un tempo alla Sicilia unite, ed in Ispagna eziandio. lo credo che in Sicilia vi si potrebbe facil- mente acclimatare, se non in tutti i luoghi, chè sonvene di quelli montuosi e di rigigidissimo clima, nei meridionali certamente, in cui dolcissima è la temperatura, ed in grande copia vivono gl’ insetti e i vermi che formano il cibo di questo animale. Colgo questa occasione per esporre una mia qualsiasi opinione sui cambiamenti di colorito che presenta il Camaleonte, fenomeno sin- golare, come si disse, che ha sempre mai fissato l’attenzione dei na- turalisti. Varie opinioni sono state prodotte per la interpretazione di quel fenomeno , del quale, se può spiegarsi il modo in cui accade, riu- scirà certamente difficile, se non impossibile, investigare lo scopo, che dee al certo risiedere in particolari ed ignote condizioni di or- ganamento e di modo di esistenza. Fisici, chimici, anatomici, fisiologi antichi e moderni han posto ogni studio nel ricercare la causa (s'in- tende prossima) di quel fenomeno ; ma nessuno se non vogliasi eccet- tuare il Milne-Edwards, che pare abbia constatato un fatto. che può servir di guida in tale ricerca, nessuno ne ha dato soddisfacente spiegazione. Così taluni, come Golard e Goldsmith , han ereduto le 4h A. ARADAS, squame della pelle del Camaleonte, facendo le veci di specchio, ri- flettere i colori dei corpi circumambienti ; altri trovando l’ intestino di questo animale coverto di un pigmento nero, hanno ammesso aver tale pigmento indubitabile influenza sul meccanismo con cui avven- gono i cambiamenti di colorito dell’animale. | fisici hanno considerato come prismi le sue squame, ed i suoi tegumenti atti, perciò, a rifran- gere in diverso modo i raggi luminosi. Altri ancora han fatto dipen- dere il fenomeno dalla differenza di temperatura con cui i raggi del sole agiscono su di esso. Vi fu chi dall’ azione varia dell’ ossigene sul sangue di questo animale fece derivare i cambiamenti del suo colo- rito, e chi somigliò tal fenomeno a quello del pallore e del rossore, o ad una iterizia più o meno istantanea, ed anche ad un esantema, come l’urticaria, trovando, Dio sa come, una grande analogia tra questi fatti cotanto diversi ! Queste ipotesi, molte altre tralasciando , già combattute appieno, come generalmente si sa, venni accennando solamente per mostrare che il fenomeno in esame è uno di quelli, come a principio si disse, quanto importante e singolare, altrettanto oscuro; però è da fermarci alquanto sulla opinione del signor Edwards, la quale trova almeno sino ad un certo punto un appoggio sui fatti da lui medesimo os- servati. Avvegnachè senza prova diretta, Linneo ed Hasselquist, che equi- pararono al fatto del traversamento biliare che cagiona 1’ iterizia il cambiamento del colorito del Camaleonte, ammisero come cagion prossima di questo fenomeno il deposito istantaneo e passaggero nella pelle di un umor giallastro. Fu un’idea , è vero, è nulla più; ma ciò non ostante nella pelle stessa allogarono la cagion del fenomeno, ed in ciò ebbero ragione. Forse questa stessa idea e l’altra di Obson- ville e di altri autori, che han fatto dipendere il fenomeno in esame del passaggio per i vasi della pelle da lor creduti gialli, più o meno tra- sparenti, del sangue a cui attribuirono color violetto, spinsero il signor Edwards a ricercare nel tessuto stesso del tegumento il meccanismo del mentovato fenomeno. Egli ha creduto trovare nella pelle del Ca- maleonte due sistemi di vasi particolari contenenti due pigmenti, l’uno grigio più o meno giallastro o biancastro e l’altro di un rosso SUL CAMALEONTE SICULO ©. HA violetto e nerastro: e questi due sistemi sovrapposti l’ uno all’ altro, ed in modo disposti a mostrarsi }’ un dopo l’ altro , o simultaneamente. Non si possono porre in dubbio le osservazioni del chiarissimo naturalista. Colla scoperta di pigmenti vario-colorati ha dimostrato senza contrasto, che nella pelle dell’ animale di cui si tratta esiste di fatto la cagion prossima dei cambiamenti di colorito del suo corpo: ed è gran cosa aver constatato l’esistenza di organi pigmentarii di- stinli e proprii a produrre quei cambiamenti. Ciò però a cui non puossi aderire si è la esistenza di un doppio sistema degli organi ac- cennati, e che essi, sovrapposti I’ uno all’ altro, eseguano quel movi- mento vario, col quale ora apparirebbero entrambi a un tempo, ed ora farebbero quella marche en avant et en arrière, che, ove si vo- lesse ammettere per poco, non si saprebbe comprendere come av- venga e da qual cagione dipenda, avendo veduto cangiar di colore l animale anche nello stato del più perfetto riposo. Sarebbero quei movimenti diterminati dall’ influenza nervosa? Ma quali strumenti metterebbe in giuoco cotale influenza ? Può Vl innervazione restrin- gere od allargare il calibro dei vasi, accelerare conseguentemente o ritardare il corso dei liquidi che entr’essi scorrono ; ma fare che un tessuto si sposti dal luogo che occupa per cedere il posto ad un altro. e per ripigliarlo in seguito; che vadano in somma ora in avanti ed ora in dietro, questo è ciò che almeno io ignoro se possa accadere e quando. D'altronde questi movimenti non potrebbero nemmeno av- verarsi a volontà dell’animale ; perciocchè i cambiamenti di colorito avvengono in condizioni così diverse e in così differenti stati dell’ani- male (anco nel sonno), che è impossibile riguardarli come volontari. E quanto non dovrebbero esser complicati i mezzi destinati ad attuare quei movimenti, pensando che i cangiamenti di colorito, come ho potuto io stesso osservare, sono spesso parziali, e si mostrano in al- cune regioni soltanto dell’ animale ? Sono adunque quei movimenti involontari? Ma essi non offrono alcuno dei caratteri che ci presen- tano ordinariamente le involontarie contrazioni dei tessuti muscolari della vita organica. fo apertamente confesso di non comprendere af- fatto il meccanismo di quei movimenti, e forse tanto più in quanto, eredo poiere spiegare il fenomeno di cui è parola, senza ammettere Vol. XI. 99 446 A. ARADAS, SUL CAMALEONTE SICULO. quel doppio sistema pigmentario, e quei ben curiosi e inconcepibili movimenti dei due sistemi pigmentarii di cui si è detto. Ecco qual’ è la mia opinione. Anzi tutto io credo doversi ad un solo ridurre i due sistemi di vasi ammessi dal signor Edwards. Il pigmento che scorre in questi vasi sarebbe di un sol colore, potendo però dar luogo alle varie tinte che assume la pelle dell’animale. Sono stato condotto a tal credenza da alcuni fatti che sono incontrastabili, e principalmente da quello che ci offre il sangue venoso, il quale è assolutamente dicroîco, perchè esso apparisce rosso - bruno sotto una densità, e verde sotto un’altra, senza contarne le varie gradazioni : e qui, come si vede, non si tratta di gradazioni soltanto di un me- desimo colore, ma di due colori assai ben distinti. I globetti del san- gue che traversano i capillari, veduti al microscopio, se lentamente e disuniti scorrono, appajano incolori; se riuniti, giallastri; e se stivati, rossastri o rossi. Lo stesso liquido può dunque mostrarsi sotto diversi colori, variando il grado di sua densità. Così applicando al fatto in esame quanto si è indicato, ci è facile il comprendere come un sol pigmento e di un sol colore, possa cangiando il grado di sua densità, assumere diversi colori, e dare differenti tinte alla pelle del Cama- leonte. Esistono quindi nella pelle di questo animale organi che fab- bricano il pigmento indicato, e questa è la interessante scoperta dell’ Edwards, pigmento che può variar di densità, e varia secondo le diverse modificazioni dell’ atto segregante da cui proviene. Come poi queste modificazioni avvengano è facilissimo il comprendere at- tesa l’influenza della innervazione sopra ogni maniera di secrezioni , così nettamente e sperimentalmente provata dall’ illustre Bernard. Così si possono del pari comprendere i cambiamenti vari di colorito del Camaleonte che avvengono sia per interna che per esteriore in- fluenza secondo i suoi bisogni, le sue tendenze, lo stato fisico e _mo- rale del suo organismo, e le esterne impressioni, le quali o direttamente o per azione riflessa, per mezzo della innervazione giungono a mo- dificare l’azione segregante del sistema pigmentario dermico, che può far acquistare momentaneamente diversa densità al suo prodotto , assumendo per tal modo diverso colorito. Catania, 20 dicembre, 1866. og 47 Due nuove specie di uccelli della famiglia dei Caprimulgidi, descritte da Tommaso SaLvapori. (Seduta del 16 settembre 1868.) Chi è anche superficialmente versato negli studi ornitologici sa che attualmente il descrivere una nuova specie di Caprimulgide può pa- rere, e forse è veramente, un atto audace, tale e tanta è la confu- sione che regna ancora intorno alle numerose specie di questa fami- glia. Confusione derivata principalmente dalla grande somiglianza delle specie tra loro per ia uniforme distribuzione dei colori, e delle macchie, onde la grandissima difficoltà di descrivere bene certe dif- ferenze che l’occhio apprezza, ma che difficilmente si traducono con parole, e dalla quasi impossibilità di fare una ricca raccolta di que- ste specie difficili a prendersi per i loro costumi crepuscolari e dif- fieilissime ad essere preparate. Nè io avrei certamente ardito di de- scrivere due nuove specie di questa famiglia, se l'una non apparte- nesse al genere americano Stenopsîs, poco numeroso di specie, e che ora, dopo le recenti ricerche dello Sclater, noi conosciamo assai me- glio, e l’altra al genere africano Scotornis che comprende soltanto due specie, una delle quali di dubbia legittimità. STENOPSIS MACRORRHYNCHA N. Sp. Simillima S. sirasciataE Gould., sed minor, supra pallidior, ro- stro calde majore. Mas. Griseus nigro-ac rufo-varius ; pileo ac scapularibus nigro- maculatis, torque cervicali pallide rufescenti ; subtus nigrescenti-fa- 448 t. SALVADORI, sciolatis; torque gulari albo; remigibus nigro-fuscis, medio albo- maculatis ; cauda aequali nigro-fusca, rectricibus duabus mediis dorso concoloribus oblique nigro-fasciatis, reliquis albo-trifasciatis, fascia apicali latissima, media ac basali strictioribus, hac subcaudalibus tecta; rostro ac pedibus fuscis, mystacibus validis ac longissimis. Foem. Mari simillima sed minor, remigibus medio rufo-macula- tis ; torque gulari rufescenti ; fascia apicali rectricum strictiore, parte media ac basali rectricum rufescenti-transfasciatis. S. macrorrhyncha S. bifasciata Longit. tot. 0,240 om 260 Alae OMALÙ 00,470 Caud. 02,100 00 120 Tarsi Om 048 | 0.018 Rostri a naribus 02,010 0,007 Rostri hiatus 02,030 02.026 Due individui colla sola indicazione « America meridionale » sono nel Museo di Torino (cat. n. 4638, 4639). Questa specie è notevole per la grandezza del becco e per la lun- ghezza e robustezza delle setole alla sua base e per quanto somi- gliante nella disposizione dei colori e nella forma alla S. bifascia- ta, della quale il Museo di Torino possiede due individui del Chilì, ne differisce per le dimensioni minori, per il color più chiaro delle parti superiori, per il becco molto più grande proporzionatamente ed assolutamente, per lo sviluppo notevolissimo delle setole ‘alla sua base, e per le dimensioni minori come si può vedere nelle misure sopra indicate. Ho potuto confrontare questa nuova specie con un individuo rico- nosciuto dallo Sclater, in una visita che egli faceva nell’anno de- corso al Museo di Torino, siccome appartenente alla sua Stenopsîs ruficervix, e ne differisce principalmente per la tinta chiara nei due individui della mia nuova specie, mentre la S. ruficervix è affatto nereggiante ed inoltre è cosparsa di numerose macchie ben distinte di color rossiccio vivo, le quali mancano nella mia S. macrorrhyncha, e finalmente in questa il collare cervicale è di colore molto più chiaro che nella 4. ruficervix. DUE NUOVE SPECIE DI CAPRIMULGIDI 449 SCOTORNIS NIGRICANS N. Sp. S. Loncicauna calde affinis sed nigricans. Long. tot. 0,260. AI. 02,440 Caudae (circa) 0,450 Tarsi 02,016. Rostri hiatus 0" 026. Hab. Fiume Bianco (Lrun-follel). Mus. Torino (cat. n. 3618). Parti superiori e petto di color nero intenso e finamente punteg- giate di cinereo; nel mezzo del pileo sono alcune grandi macchie nere, sulla cervice un collare fulvo variegato di nero; nella parte anteriore del collo una fascia bianca orlata inferiormente di macchie nere marginate superiormente di fulvo; sulle scapolari sono alcune grandi macchie in parte nere ed in parte fulve; sulle cuopritrici esterne delle ali due fascie oblique di color bianco-isabellino, for- mate l’una dagli apici delle piccole e l’altra dagli apici delle grandi cuopritrici. hemiganti primarie nere cogli apici variegati di grigio; sul loro mezzo presentano ciascuna una grande macchia bianca, e dalla loro unione si produce sull’ala una terza fascia molto larga, che comincia dal vessillo interno della 1.° remigante e si estende ad ambedue i vessilli della 2.°, 3.°, 4.° e 3.°; la 4.° hail vessillo ester- no interamente nero. Le remiganti terziarie sono largamente termi- nate di color bianco leggermente tinto di isabellino. La coda è ne- reggiante come il dorso, e presenta fascie traversali di color grigio- isabellino variegate di nero. Nelle due timoniere mediane le fascie grigie variegate di nero sono più larghe delle nere, mentre è il con- trario nelle tre seguenti, nelle quali le fascie nere variegate di grigio sono più strette delle nere. La 1.° più esterna presenta tulto il ves- sillo esterno e l’apice, e la 2.° soltanto l’apice del vessillo esterno di color bianco isabellino; la 4.° ha inoltre sul vessillo interno al- cune fascie isabelline incomplete le quali non raggiungono il margine interno. Addome fulvo con strette fascie trasversali nere, sottocoda, 450. T. SALVADORI, DUE NUOVE SPECIE DI CAPRIMULGIDI regione anale e piume che rivestono la parte superiore del tarso di color fulvo senza fascie. Piedi e becco di color bruno. Nell’unico individuo da me osservato una delle due timoniere è troncata e l’altra è incompiutamente sviluppata, per cui non può ri- conoscersi di quanto esse debbano oltrepassare le altre le He sono graduate come nella S. longicauda. . Ho potuto confrontare l’individuo tipo della mia nuova specie con quattro individui della S. longicauda, dai quali si distingue per il colore nero intenso delle parti superiori e del petto, mentre la di- sposizione delle macchie è identica ed uguali le dimensioni. Una terza specie viene annoverata in questo genere, cioè la S. tré- maculata, Sws., B. of W. Afr. Il, p. 70; di questa specie per quanto io mi sappia non si conosce che un solo individuo esistente nella col- lezione del Museo di Filadelfia, ed a giudicare dalla descrizione dello Swainson che la dice colla coda quasi eguale (nearly even) e colle ali molto lunghe, parrebbe che non fosse da riferire al genere Scotornis. Nuove specie di Procellari raccolte durante il viaggio fulto intorno al mondo negli anni 1865, 1866, 1867, 1868 dalla pirocorvetta italiana Magenta, descritte da Enrico GieLioli e Tommaso SaLvapori. (Seduta del 46 settembre 1868.) La collezione ornitologica messa insieme durante il viaggio della Magenta, ricca,di specie e d’individui, ed interessante per molte ra- gioni, formerà argomento di un Catalogo, intorno al quale noi stiamo lavorando alacremente. Intanto abbiamo creduto di pubblicare la de- scrizione di alcune nuove specie di Procellaridi, tanto più impor- tanti quanto meno aspettate dopo i recenti studi del Coues (4) .in- torno alle numerose e difficili specie di questa famiglia. (4) EtLioT Cours, A Critical Review of the family Procellaridae. Pr. Ac. Nat. Sc. Philad. 1864, p. 72-91, 116-144, 1866, pag. 23-33, 134-197. - Tue E. GIGLIOLI E T. SALVADORI, NUOVE SPECIE DI PROCELLARIDI, 4B4 AESTRELATA MAGENTAE n. sp. » « Becco nero; tarsi ed un terzo delle dita e della membrana inter- digitale verso la base di colore carneo, nel resto nere; iride bruna. » Specie rara di cui fu ucciso soltanto un individuo il 22 luglio 1867 nell'Oceano Pacifico, in Lat. 39° 38’ sud, Long. 125° 88‘ ovest Gr.; fu riveduta il 3 agosto in Lat. 32° 23’ sud, Long. 92° 39’ ovest Gr., ed il 31 agosto 1867 in Lat. 26° 07’ sud, Long. 88° 50’ ovest Gr. » (Giglioli.) Supra intense fusco-nigra, plumis sub certa luce pallide margi- natis; alis, cauda, lateribus, subalaribus ac torque jugulari fusco- migris ; regione anteoculari intensiore s fronte albido-sericea fere ar- genteo colore. perfusa, lateraliter magis conspicue; quia, pectore abdomineque albis; subcaudalibus lateraliter cinereo-tinctis, scapis parte apicali fuscis ; rostro nigro, pedibus carneis, digitis palami- sque nigris excepta parte basali interne tarso concolori; iride brunnea. Long. tot. 02,400. Al. OM, 310. Caud. 02,440. Tarsi 0,038. Digiti medii cum ungue 02,056. Rostri a fronte ad apicem 02,043. Questa specie sembra avere qualche somiglianza colla Procellaria rostrata Peale, avendo com’ essa becco assai robusto, ma non così alto alla base, ed in quella vece più largo che alto, inoltre ha le piu- me frontali mediane che si avanzano improvvisamente fino alla base dei tubi nasali. Inoltre ne differisce per il colore nero più intenso delle piume delle parti superiori con i margini sotto certe incidenze di luce distintamente più chiari e senza alcuna traccia di bruno ros- siccio (sepia brown) come si vede nella figura della . rostrata (Cassin, Orn. U. S. Expl. Exped. 1858, p. 412, pl. 41}; ne differisce inoltre per la gola affatto bianca e per la fronte suffusa di bianco sericeo che si estende lateralmente e posteriormente fin sopra gli occhi, carattere che è forse il più importante per distinguere que- 452 I E. GIGLIOLI E T, SALVADORI, sta specie, e pel quale differisce ancora dalla 2. incerta, Schleg., da eui va distinta inoltre per le parti superiori di color nero più intenso, perla fascia nera giugulare ben definita, per il sottocoda bianco e per dimensioni alquanto minori. Col nome di Ze. Magentae abbiamo voluto ricordare quello della prima nave italiana da guerra, che abbia compiuto un viaggio di cireumnavigazione. | AESTRELATA ARMINIONIANA N. sp. « (Questa specie era molto abbondante intorno all’ isola Trinidad nell'Oceano Atlantico australe Lat. 20° sud {circa), ove il 23. gen- naio 1868 ne uccidemmo molti individui , due dei quali furono pre- parati. » Becco nero, tarsi e parte basale delle dita e della membrana in- terdigitale di color carne, nel resto. di color nero, iride bruna. ». (Giglioli.) Supra fusco-nîigra, plumis totis pallide, fere griseo colore margi- natis, în fronte magis conspicue ; gula alba plumis subtiliter griseo- fusco-marginatis ; pectore abdomineque pure albis; torque jugulari, lateribus, axillaribus, tectricibusque alarum inferioribus nigro-fuscis; subcaudalibus cinereo-nigris apicibus albicantibus ac muinutissime albido-variegatis, scapîs nigris; remigibus nigro-fuscis, intus basti albicantibus ; rectricibus nigro-fuscis ; rostro nigro ; tarsis carneis, digitis ac membrana interdigitali nigris excepta parte basali interne tarso concolori. Long. tot. 0,550. AI. 09,300. Caud. 02,140. Tarsi 00,034. Digiti medii cum ungue 0,048. Rostri a fronte ad apicem 02,029. Questa è la descrizione di un individuo che sembra perfettamente adulto. Un altro, forse giovane, ha i lati della testa alquanto bianchicci NUOVE SPECIE DI PROCELLARIDI 435 apparendo il bianco della base delle piume, la fascia giugulare è meno intensa; la serie inferiore delle cuopritrici inferiori delle ali e la base delle remiganti volgono decisamente al bianco. Nel resto nessuna altra differenza apprezzabile. Questa specie ha notevoli somiglianze coll’antecedente, ma ne differisce per dimensioni alquanto minori, portamento più svelto, becco notevolmente più piccolo e più debole, ed inoltre per non avere la fronte, come in quella, tinta di bianco sericeo, nè la regione ante- oculare di color bruno nero più intenso e finalmente per le piume del sottocoda nero-tineree con î margini apicali bianchicci. | Questa specie sembra avere grande affinità colla /. neglecta, Schleg., ma faremo notare soltanto che, oltre alla differenza di patria, la /. neglecta si trova nel Pacifico, questa, secondo lo Schlegel, ha les liges des remiges blanchatres, mentre nella nostra specie gli steli delle remiganti sono affatto neri. Finalmente sembra affine alla P. parvirostris, Peale (del Pacifico) la quale sarebbe distinta per un color bruno sepiaceo senza tinta cinerea, mentre la nostra specie I’ ha assai manifesta per causa dei margini chiari delle piume delle parti superiori, ed inoltre nella no- stra specie la gola è bianca, mentre nella ?. parvirostris, Peale (Cassin. 1. e. pl. 40) è di color bruno fuliginoso come il petto e lè parti superiori. — Questa specie porta il nome del comm. Vittorio Arminjon, coman- dante della corvetta Magenta, primo uffiziale della marina italiana che abbia compiuto un viaggio di circumnavigazione. Sia questo un segno che ricordi quanto le scienze naturali gli debbono, avendo egli colla sua direzione cooperato grandemente a rendere più com- plete le collezioni di animali marini. AESTRELATA DEFILIPPIANA n. sp. « Veduta per la prima volta volare intorno alla Magenta il B ago- sto 1867. Ci seguì sino al 10 agosto sin presso alla costa Peruviana Lat. 18° 04' sud Long. 79°33d ovest Gr. 454 E. GIGLIOLI E T. SALVADORI, AESTRELATA TRINITATIS Sp. Nn. « Trovammo comune questa specie, il 23 gennaio 1868 , intorno all'isola di Trinidad nell’ Oceano Atlantico australe 20° circa Lat. sud. Becco e piedi di color nero intenso, iride bruna. » (Giglioli.) » Ha il volo leggero dei Prion. » Becco nero. Tarsi di color turchino chiaro, dita nere, membrana in- terdigitale giallastra, bruna verso l’estremità. Iride bruna. » (Gigflioli.) Aestrelata pileo, collo supra, dorso ac supracaudalibus pulchre cinereis, uropygio ac regione perioculari, praesertim infraoculos ni- gricantibus ; plumis dorsalibus obsolete albescente-marginatis; sin- cipitis plumis albo marginatiss fronte fere ex toto alba; subtus tota pure alba, lateribus pectoriîs parum cinereo tinctis s alis cinereo-ni- gricantibus, remigibus secundariis magis cinereis fasciam obliquam fere constituentibus ; tectricibus alae inferioribus candidis; margine carpali ac linea sub margine radiali candido cinereo-nigricantibus 5 remigibus migricantibus, duabus tertiae partis pogonii interni ab- rupte albis, intus apicem versus fusco-nigricanti-marginatis. Rectri- cibus sex mediis fere ex toto pure cinereis, quarta et quinia utrin- que albo-variegatis, extima alba pogonio externo minutissime cine- reo-punctata, interdum pure alba ; rostro nigro ; tarsis pallide coe- ruleis, digitis nigris, palamis flavidis apicem versus fuscîss iride brunnea. Long. tot. 0,300. AI. 09,225 — 02,240, Caud. 0%,105 — 0%,120. Rostri a fronte ad apicem 0%,026 — 0, 029. Tarsi 0,028 — 0,029. Digiti medii cum ungue 09,035 — 0037. Oltre ad alcune lievi differenze nelle dimensioni si notano nei quattro individui raccolti altre lievi differenze di colorazione , princi- palmente nelle timoniere esterne, le quali sono più o meno punteg- giate di cinereo, e talora la prima esterna affatto bianca senza pun- teggiature. NUOVE SPECIE DI PROCELLARIDI 455 Ricomparve piuttosto numerosa durante la traversata dal Callao a Valparaiso nel settembre. Essa appartiene a quel gruppo di piccole specie distinte per avere le cuopritrici inferiori delle ali bianche, quali la 4. Cookî (Gray), la 4. gavia (Forst.), la 4. desolata (Gm.) e la A. gularis (Peale) (1), colla quale soltanto ha in comune il modo di colorazione delle remi- ganti, nelle quali il vessillo esterno, un terzo circa dell’interno e l’a- pice sono di color bruno nero, mentre i due terzi del vessillo in- terno sono affatto bianchi senza passaggio graduale dal bianco al bruno nero, ma anzi in modo da formare due aree affatto distinte. L’area bianca è verso l’apice marginata internamente di bruno nero. Ma la nostra specie differisce dalla 4. gularis, quale viene descritta dal Coues, per dimensioni minori, e forma più svelta (essendo la 4. gularis nelle dimensioni e nel portamento simile alla 4. mollis (Gould)), e per il colore cenerino delle parti superiori e bianco can- dido delle inferiori, mentre nella 4. gularis sarebbero di colore cupo (dark colored) tanto per le parti superiori che le inferiori e solamente il sottocoda bianco candido. Noteremo finalmente come l'A. gularis sarebbe propria di regioni molto più antartiche; l'unico individuo conosciuto fu preso in Lat. 68° sud, Long. 95° W. Gr., cir- ca 35° più verso il polo antartico. Abbiamo dato a questa specie il nome del compianto prof. De Fi- lippi, che a metà del lungo viaggio con tante belle speranze intra- preso a bordo della Magenta, cadeva in Hong-Kong, il 9 febbraio 1867, come soldato sulla breccia, vittima del suo amore per le scienze naturali. (41) La P. gularis fu incompletamente descritta dal Peale (Zool. U. S. Expl. Exped. 1848, p. 299, pl. 84), ma l'individuo tipo è stato poscia descritto molto accuratamente dal Coues (Pr. Ac Nat. Sc. Philad. 1866, p. 4541), il quale per mancanza di materiali non ha voluto considerarlo siccome appartenente ad una specie distinta dalla A. mollis, sebbene ci sembri ne avesse perfettamente il diritto per il color bianco puro delle cuopritrici inferiori delle ali e della maggior parte del vessillo interno delle remiganti senza transizione graduale dal bianco al bruno mero che colora il vessillo esterno e parte dell’'interno, 456 E. GIGLIOLI E T. SALVADORI, Questa specie con dimensioni notevolmente inferiori a quelle della A. mollis (Gould.) ba un becco proporzionatamente ed in alcuni in- dividui assolutamente più lungo. Esso è molto compresso, “ed è no- tevole anche per avere la pelle compresa tra le branche della man- dibola priva di piume, quasi come nelle specie del genere Prion, colle quali questa sembra avere qualche affinità sia per il colore dei tarsi come per il modo di volare. Aestrelata ex toto fuliginoso-nigra, subtus vix pallidior, remigi- bus nigricantioribus, basi intus pallidioribus ; fronte ac capite supra plumis distincte griseo-marginatis ; rostro pedibusque nigris ; iride brunnea. Long. tot. 00.350. AI. 099,290 — 02,295. Caud. 02,430. Rostri a fronte ad apicem 02,028 — 02,031. Tarsi 0,054. Digiti medii cam ungue 02,046 — 02.050. Un secondo individuo, probabilmente giovane ha le parti inferiori e specialmente la gola di colore più chiaro, apparendo molto mani- festamente a traverso gli apici bruno-fuliginosi delle piume » » Livonia e provincie unite . . » Grube (4859). 450.» MMM. ee » Canestrini (1868) 416» Nei dintorni di Presburgo. . . . » Bockh (1857) 88» Nella Pransilvania!.i 10000. 0a 4 » Sill (18653) Piena Bega Baropia fg du vie i ” Simon (1864) 549 >» Numero quest’ultimo, d’assai inferiore al vero, come giustamente fa osservare Ausserer (Die Arachniden Tirols). 460 F. SORDELLI , Contarini, tanto benemerito degli studi zoologici, pubblicava a Bas- sano nel 1845 un Catalogo degli uccelli e degli insetti delle provin- cie di Padova e di Venezia, in cui sono i nomi di 122 Aracnidi di cui soli 43 appartengono all'ordine degli Araneidi; quattro anni più tardi nell’opera Z'enezia e le sue lagune, lo stesso Contarini an- novera 43 specie di Araneidi, tutti del veneto estuario. Per quello che riguarda la parte meridionale della Penisola, che pure deve es- sere oltremodo doviziosa di ràgni d’ogni forma (a giudicarne da quel pochissimo che si conosce) io non so che altri fra gli italiani abbia posto mano a descriverne le specie fuorchè il Costa (Oronzio Ga- briele) che ne pubblicò cinque o sei nella sua Fauna del Regno di Napoli. Nello scorso anno il prof. Canestrini riunendo alle specie citate dal Contarini quelle da lui medesimo studiate, ci dava un catalogo di 109 specie del Veneto e del Trentino. Ed in quest'anno lo stesso infaticabile naturalista descriveva nel Commentario della Fauna, Flora e Gea del Veneto e del Trentino, e nell’ Annuario della Società dei Naturalisti in Modena alcune nuove specie di ragni tra i quali un genere nuovo oltremodo interessante. Da ultimo il profes- sore Canestrini pubblicò una Enumerazione degli Aracnidi dell’ or- dine Araneîna osservati nel Veneto, portando a 116 il numero delle specie note in questa limitata parte d’Italia (4). Ecco tutto quanto si è fatto per l’ Araneologia della mia patria. È ben poca cosa. bisogna pur convenirne, ma almeno abbiamo per quanto riguarda il Veneto e la Toscana, le prime traccie per un più compiuto lavoro. Mentre per la Lombardia, ove per la varietà dei climi vedesi accolta tanta dovizia di naturali produzioni, neppur questo può dirsi. Poichè se limito ad essa le mie indagini io non trovo altri lavori a stampa che trattino di ragni, fuorchè un catalogo d’ insetti nel libro Cremona e la sua provincia (pubblicato nel 1863 (4) Dovrei ancora dire con lode d’ un recente lavoro di A. Ausserer, comparso nelle Verhandlungen der k. k. zonlogisch-botanischen Gesellschaft in Wien, 1867, dal titolo: Die Arachniden Tirols. In esso però sono contemplate di preferenza le specie d’ oltralpe è solo per incidenza si parla di quelle rinvenute nella. parte del Tirolo ch’è pretta- mente italiana. SUI RAGNI LOMBARDI 461 in occasione del Congresso agrario), in cui l'anonimo compilatore enumera sei specie di ragni, delle quali per lo meno tre di assai dubbia determinazione. Nell'anno successivo, cioè nel 1864, com- pariva un elenco degli Aracnidi raccolti nelle vicinanze di Pavia dal dottor Pietro Pavesi, ora professore nel Liceo di Lugano (nelle /Vo- tizie naturali e chimico-agronomiche sulla provincia di Pavia). Tale elenco novera 47 specie di ragni ed è il solo lavoro ‘d'Araneologia lombarda che meriti la nostra attenzione, sia pel numero delle spe- cie, sia per l'attendibilità dei nomi. Ognuno vede come con tanta scarsità di notizie il campo della Ara- neologia lombarda si possa dire ancora pressochè inesplorato e come una tale circostanza mi abbia indotto in questi ultimi quattro anni a dedicare di quando in quando alcuni istanti alla ricerca ed allo studio dei ragni nostrali. Nè le leggiere fatiche che a tale scopo io sopportai furono gittate invano; poichè il risultato fu quale mi aspet- tava, ed ora sono lieto di poter presentare a codesta illustre adunanza un catalogo di 150 specie, tutte raccolte in Lombardia. Tale numero andrà di certo aumentando in un prossimo avvenire, e potrà facil- mente essere raddoppiato quando la nostra fauna sarà meglio cono- sciuta. Tutte queste specie furono da me determinate, ma non tutte furono da me raccolte; perlocchè io mi professo gratissimo a coloro che col pigliare sì vivo interesse a’ miei studj mi comunicarono con somma benevolenza non poche specie dapprima ignorate o tolte a lo- calità ov’ io non aveva posto mai piede (4). In un più compiuto lavoro intendo dare di ognuna delle specie da me osservate una descrizione non prolissa, ma abbastanza precisa affinchè ognuno possa cogli esemplari alla mano riconoscere le spe- cie stesse con facilità, invece di ricorrere com’io dovetti fare alle opere straniere con grave perdita di tempo. lo credo che ciò potrà esser utile ai giovani entomologi, mentre renderà possibile ai pro- vetti il riscontrare gli errori di deterininazione, se mai ve ne fosse- (41) Sono i signori: Eugenio Bettoni, fratelli Castelfranco, avv. Gottardo Delfinoni, rag. Felice Franceschini, Giuseppe Gargantini-Piatti, sac. E. Monfrini, dott. Pietro Pa- vesi, rag. Napoleone Pini, ing. Emilio Spreafico, sac. Giuseppe Stabile, nob. dott. Er- nesto Turati, dott. Giovanni Vergani, Antonio e G. B. fratelli Villa, ecc. Vol. IX. 30 462 F, SORDELLI , ro. Frattanto io mi limito ad indicare in maniera sommaria vari gruppi di specie che mi sembrano caratterizzare meglio le varie regioni, della Lombardia da me visitata. È noto come i ragni per la più parte delle specie godano di una estensione geografica un po’ maggiore o, con altri termini, occupino un’area più grande, che non gli insetti, talchè, per esempio, i ragni della Svezia sono rappresentati in proporzione da un molto maggiore numero di:specie nel nostro paese, che gl’ insetti nol siano. Malgra- do però questa apparente rassomiglianza nella fauna araneologica dei diversi paesi, non è difficile il rilevare in ciascuno una propria fisio- nomia dovuta, non solo ad un certo numero di forme esclusive, ma anche alla associazione di altre le quali indicano dei marcati rapporti con uno o più paesi vicini. Sotto quest’ultimo punto di vista la relazione, per così dire ara- neologica, esistente tra la Lombardia e le vicine contrade è netta- mente stabilita, ed armonizza appieno colla situazione geografica del paese. Le altissime barriere delle Alpi, disseminate di ghiacci, d’onde non spirano che venti freddi creano un ostacolo insuperabile alla di- spersione di non poche nostre specie nella limitrofa Svizzera e nella Germania. E così tra le altre F'ilistata bicolor, Cheiracanthium Mil- dei, Rachus quadrimaculatus, Latrodectus martius, Dendryphanies hamatus, Thomisus cupparinus, Pholcus rivulatus, Epeira spinivulva trovano nel paese a cui si limitano queste mie poche considerazioni, il loro estremo confine nord e gli danno come un’impronta meridio- nale dovuta, non v’ha dubbio, alle facili comunicazioni col mare ad oriente e per i bassi varchi dell’Appennino a mezzodì, per le quali dalla Dalmazia, dalla Grecia, dall'Asia Minore e dagli adusti lidi africani le nominate specie ed altre ancora poterono avanzarsi e prendere stanza fra noi. Non tutte però si spingono fino all’ estremo confine. tracciato dalla natura al nostro paese, nè tutte si arrestano ad un medesimo livello lungo il pendio delle nostre montagne. Che anzi, così piccola com'è in confronto al rimanente delle terre, la regione di cui mi occupo, non ve n’ha forse altra che offra in si poco spazio cotanta varietà di SUI RAGNI LOMBARDI 465 giacitura e di climi; e tutta codesta varietà trova il proprio riscontro in una diversa associazione di ragni. Di maniera che questi anima- lucci tanto invisi, reputati inutili e peggio, diventano per chi appena si mette a studiarli, l'oggetto del più vivo interesse e la fonte di importanti deduzioni scientifiche. La pianura di cui consta molta parte del suolo lombardo si po- trebbe supporre soggetta alle medesime influenze e di terreno e di atmosfera e nutrire quindi le medesime specie, ma la cosa corre al- trimenti, ed infatti, se colla mente immaginiamo una linea che da Magenta passa per Rho, Sesto di Monza, Gorgonzola, Cassano d'Adda, tocca i Mosîi eremaschi, segue parte del corso dell’Oglio e raggiunge il Mincio poco sopra Mantova, avremo all’ ingrosso tracciato un con- fine fra la pianura irrigata al sud e la asciutta al nord, pianure che siccome comportano una diversa coltivazione sono anche caratteriz- zate dal predominio di specie diverse. Abbondano nelle paludi e nelle bassure del Ticino e del Po, sulle erbe dei prati marcitoj, Pachygna- tha maxillosa, Singa tubulosa, Leimonia paludicola e riparia e pres- so i numerosi acquedotti che in ogni direzione solcano il ben lavo- rato terreno, sulle erbe e sui cespugli suffulti presso le rive, Tetra- gnatha extensa, Ocyale mirabilis, Zilla inclinata, Thomisus delica- tulus e capparinus, mentre una bella schiera di Attidi annida nelle aperte corolle che vagamente adornano le rive stesse e le campagne circostanti: Euophrys falcata, floricola, paludicola, Heliophanus cupreus, flavipes, Salticus_formicarius, e, più bello di tutti, il singo- lar genere Pyrophorus dalle mandibole orizzontali, enormi rispetto all’esile corpicino, trovato in copia or son pochi giorni in una pra- teria presso Milano, e che a prima vista ricorda insieme col genere Salticus la figura delle formiche. La superficie stessa delle acque stagnanti od a lento corso, ricche di vegetazione, è percorsa da stuoli di Potamia piratica ed è la più gradita dimora del Dolomedes fim- briatus all’epoca del suo maggiore sviluppo, allorquando le femmine vanno cariche del grosso bozzolo che racchiude le uova; il Dolome- des che da giovane preferisce abitare gli arbusti e le alte erbe, cerca più tardi una stazione più sicura sul liquido elemento, in seno al quale si tuffa ad ogni menoma ombra di pericolo, e vi rinviene la 464 F. SORDELLI, celebrata 4rgyroneta aquatica che, costrutta sott'acqua la sua ragna- tela, non prova mai il bisogno di uscirne nè per far preda d’insetti, nè per deporre le uova, nè per sopperire ad altri bisogni della vita. Se la pianura irrigata presenta nel gruppo delle Zycosae un note- vole predominio dei generi Dolomedes, Leimonia e Potamia, quella asciutta offre per converso una fisionomia tutta propria nei generi Tarantula, Lycosa, Sphasus il qual ultimo genere comincia a tro- varsi a Monza, è sviluppatissimo nella Groana colle due specie linea- tus e variegatus e sembra cessare presso Como. Alcuni ragai prediligono far loro dimora sulle mura delle nostre sit tazioni ed esporsi ai cocenti raggi del sole; epperciò abbondano nel cuore stesso delle città e delle borgate: Ca/liethera scenica con tutte le sue varietà, Euophrys tigrina, Dendryphantes tardigradus, specie questa che spesso rinvenni su pareti di granito talmente infuocate che la mano appena poteva reggere al contatto. Nei giardini urbani poi e sulle piante da fiori che fanno bella mostra sui balconi sogliono tro- varsi: Cheiracanthium Mildei, Dendryphantes hamatus, Heliophanus cupreus. Non conviene che qui accenni a tutte le specie domestiche, molte delle quali sono comuni in ogni parte d’ Europa ed anche fuori di essa e perciò abbastanza conosciute, ma non posso tacere di quella famiglia di piccoli Therididi che ripara al coperto negli angoli delle nostre case e si ficca in tutte le anfrattuosità delle muraglie esposte a mezzodì. Sono quasi sempre Z'heridion tinctum, denticulatum, trian- gulifer, Dictyna civica a cui si associano £ilistata bicolor, Pholcus rivulatus, Zilla callophylla, Epeira umbratica, ecc., mentre nell’in- terno stesso delle nostre abitazioni si può far caccia di Scytodes thorucicus, unico rappresentante fra noi di un genere affatto meri- dionale e che mal reggerebbe ai rigidi inverni se non trovasse te- pide camere ove riparare. Îl Scytodes non è troppo frequente da noi, ma abbiamo invece abbondantissimo il fachus quadrimaculatus, il più piccolo fra i Folcidi, d’abitudini sedentarie, schivo della luce ed il cui maschio è, come quello della Ailistata, assai raro e fu fatto conoscere la prima volta da E. Simon dietro esemplari da me co- wunicatigli. La regione delle colline, così sviluppata nella Brianza, non offre SUI RAGNI LOMBARDI 465 riguardo ai ragni verun carattere di qualche entità che meriti di ve- nir ricordato. Ivi cominciano a farsi più comuni Chetracanthium nu- trix ed erraticum, Theridion redimitum, Iephila fasciata e vi fanno la loro prima comparsa Zinyphia frutetorum, Zilla diodia, Aysticus lateralis e lanio. Le ultime due specie vanno poi, man mano si sale sulle montagne, sostituendo a poco a poco il più comune Aysticus viaticus che in tutta Ja pianura lombarda non solo, ma in tutta Eu- ropa si trova per ogni dove in numerosissimi individui. © Lasciate le colline ci si affacciano le montagne e subito ci accorgia- mo della mutazione d’aspetto della faunula araneologica. Ce ne fanno accorti Textrix lycosina, Latrodectus martius, Uloborus Valckenae- rius e se fossero meno rare forse ci servirebbero d’ indizio anche le difformi specie Thomisus diadema e claveatus, curiose, quella per la forma triangolare dell’addome, l’altra per i grossi e lunghi peli che furono paragonati a chiodi conficcati nella pelle, Tomisidi questi che finora furono raccolti in pochi esemplari a Brunate presso Como. Ma più si penetra nelle valli e si ascende sni monti ana quantità di generi e di specie vengono ad arricchire la già bella serie degli Ara- neidi nostri e, pur lasciando, specialmente sul fondo delle valli un largo campo alle specie di pianura, sopraggiungeno in copia /IMela- nophorae, Pytlonissae, Coelotes terrestris, Amuaurobius claustrarius Tarantula fabrilis, graminicola, Licosa monticola ed in più limi- tato numero d’individui 4typa Sulzeri, Asagena phalerata, Textrix lycosina, Epeîra scalaris conosciuta fin qui solo presso Lugano, Zpei- ra quadrata, bicornis, dromedaria, Zora lycaena ed una legione di altre specie, di cui alcune sono tuttora di assai controversa determi- nazione e che non volli citare nel mio catalogo. Ad una maggiore elevatezza le montagne vanno assumendo un aspetto più severo e ci troviamo nella regione dei faggi e dei rodo- dendri sulle quali piante e tra le minute erbette che crescono sullo scarso terriccio troviamo altre specie prima non rinvenute o sfuggi- teci per la loro non frequente presenza: Tegenaria agrestis, Liny- phia pratensis, Epeira ceropegia, Tarantula nivalis, Attus frontalis colla varietà siriolata, Euophrys striata, lineata, XAysticus brevipes ed il Thanatus rhombiferus che rappresenta sui monti Vaffine Tha- 466 F, SORDELLI, natus oblongus proprio alle boscaglie umide dei minori colli e della pianura. Di sotto ai sassi disseminati pei prati alpini si possono scovare Micaria fulgens, Drassus lapidicolis, e nei fori delle roccie rivestite di verdeggianti muschi e di licheni varicolori tesse l’ irregolare sua tela lAmaurobius atrox, mentre presso i villaggi ed i tuguri dei malghesi si va restringendo a poco a poco quella irrequieta famiglia di Attidi che abbiamo trovata ricca di forme nelle zone più favorite dal sole e meglio difese dalle fredde correnti dell’aria. Appajono pe- rò anche qui nuove forme e, per citare un esempio, troviamo sulle capanne dei pastori all'altezza di 1800 a 2800 metri sul livello del mare la Calliethera histrionica che occupa il posto della Calliethera scenica così abbondante più in basso. La sostituzione non è subita- tanea ma accade gradatamente per cui si trovano dapprima assieme senza confondersi le due specie, finchè la C. histrionica domina sola come alle cantoniere dello Stelvio. Eccoci infine arrivati alla regione alpina, contraddistinta da una Flora e da una Fauna tutta propria. Già nel cammino relativamente breve da noi percorso abbiamo viste molte specie di ragni cessare l'una dopo l’altra, mentre altre si mostrano in iscarso numero ora che siamo arrivati al termine dell'ideale viaggio. Le famiglie che hanno per costume di tendere delle reti sono quasi scomparse per mancanza di arboscelli su cui attaccarle, gli alberi e gli arbusti es- sendo sostituiti da azalee serpeggianti e salici erbacei che mai non s'innalzano più di qualche pollice dal sasso natio. Non restano, sì può dire, a rappresentare l’ordine degli Araneidi che le famiglie dei Licosidi e dei Thomisidi, a cui s'aggiunge qualche piccolo Drasside, tutti scarsi di numero e minuti di statura come la Zycosa cursoria, che, associata dapprima colla Z. nivalis e collo Aysticus lanio , finisce ad avere il predominio su quelle gelide roccie, la maggior parte. dell’anno coperte di neve, che stanno presso i ghiacci delle vedrette valtellinesi. _ CRI FI 10. SUI RAGNI LOMBARDI 467 CATALOGO degli ARANEIDI LOMBARDI determinati da F. Sordelli. Fam. I. — MYGALIDAE. . Atypa Sulzeri Latr. — Oletera atypa Walck. Presso Piazza in Val Brembana (m. 550 sul liv. del mare). Fam. II. — DYSDERIDAE. . Filistata bicolor Walck. — Teratodes attalieus Koch. Milano (non sorpassa da noi i 150 metri s. m.). . Segestria florentina Rossi. — S. perfida Walck, Milano. . S. senoculata L. Milano. . Dysdera crocea Koch. Milano. . D. erythrina Latr. Milano, Esino. . D. Hombergii Walck. — D. parvula Dafour. Milano, Luino. Fam. III. — DRASSIDAE. . Micaria fulgens Walck. — M. aurulenta Koch. S. Caterina in Val Fulva, Monte Stelvio (m, 1700-2400). . M. formosa Koch. Milano. Melanophora atra Latr. Valsassina, Monte Còdeno, Monte Legnone, Stelvio, Val Furva. 468 F. SORDELLI , t1. M. subterranea Koch. — M. fusca Sundew. Esino, Monte Còdeno (m. 840-2000). 12. Pythonissa lucifuga Walck. Esino. 15. P. lugubris Koch. Monte Còdeno. 14. Drassus lapidicolis Walck. ni i Morbegno, Monte Legnone, Val Furva, da Bormio allo Stelvio. 15. D. lividus Walck. Milano, Brianza. 16. D. fuscus Latr. — D. segestriformis Dufour. Val Brembana, Monti Legnone, Stelvio. 47. D. murinus Hahn. Val Brembana. 18. Argyroneta aquatica Walck., Pavia, Milano presso Redecesio e nel fossato alla Senavra. 19. Anyphaena accentuata Walck. Milano, Desio. 20 Clubiona holosericea Latr. Milano. 21. C. amarantha Walck. Milano, Monza, Desio, Lugano. 22. Cheiracanthium nutrix Walck. Monza, Como. 25. C. erraticum Walck. — C. carnifex Koch. Monza, Brunate presso Como. 24. C. Mildei L. Koch. Belgiojoso, Milano, Desio, Como, Morbegno. 28. Coelotes terrestris Wider. — C. saxatilis Blackw. Esino, Stelvio. 26. Amaurobius ferox Walck. Milano, Como. 27. A. claustrarius Koch. Esino, Monte Còdeno, Monte Croce, Stelvio. 28 29. 30. dI. 32. 39. Su. 40, SUI RAGNI LOMBARDI 469 A. atrox Degeer. Alta Val Brembana presso Branzi, Santa Caterina in Val Furva, Val Malenco (m. 600-1800). Fam. IV. — SCYTODIDAE. Seytodes thoracicus Late. — S. tigrina Koch. Milano. Rachus quadrimaculatus Lucas. — Ph. sexoculatus Dugès. Milano, Sondrio (non s’eleva oltre i 400 m.). Pholcus phalangioides Walck. — P. Pluchii Scop. Milano, Desio, Sondrio, Val Malenco. P. rivulatus Forsk. — P. Pluchii Simon (non Scopoli). Milano, Desio. Fam. V. — AGELENIDAK. Tegenaria domestica L. Milano, Desio. T. pagana Koch. Varenna. . T. agrestis Walck. Oropa, Monti elevati della Valtellina. . T. notata Koch. — T. campestris Walck. Milano. . Agelena labyrinthica L. Milano, Como, Sondrio. . Textrix lycosina Sund. Brunate, Bellano, Esino, Luino, . Hahnia pratensis Koch. Val della Tresa. Fam, VI. — THERIDIDAE, Asagena phalerata Sund. — Aranea serratipes Schranck, Esino. 470 4A, 492. 43, 4h. 4B. 46. 47. 48, 49 è 50. BI. b2. bi. dI. bb. bo. 57. 58. F. SORDELLI, Theridion redimitum Clerck. — T. lineatum CI. Milano, Monza, Brunate. T. sisyphum Walck. — T. lunatum Koch. Calvairate presso Milano, Lugano. T. tepidariorum Koch. Lugano. T. nervosum Koch. — Araneus sisyphus Clerck. Milano. T. pictum Walck. Milano. T. tinctum Walck. — Th. irroratam Koch. Milano. T. denticulatum Walck. Milano, Desio, Esino. T. vittatum Koch. — T. pulchellum Walck. Gorla presso Milano. T. triangulifer Walck. — T. venustissimum Koch. Milano, Brianza, Como a Brunate, Lugano. T. quadripunctatum Hahn. — Phrurolithus ornatus Koch. Milano, Desio. Dictyna benigna Walck. Milano ed altrove. D. civica Lucas. Milano. D. viridissima Walck. Milano. Latrodectus martius Savigny. — Phrurolithus lunatus Koch. Brunate, Esino. Micryphantes rufipalpus Koch. Milano, Pavia. M. crassipalpus Koch. Monza. M. acuminatus Wider. Milano. Ero atomaria Koch. Redecesio presso Milano, Val Malenco. Li 59. 60. 61. 62. 653. 64. 65. 66. 67. 68. 69. 70. sE, 72. 75. SUI RAGNI LOMBARDI 471 Pachygnatha maxillosa Habn. Milano, Monza. Formicina mutinensis Canestrini. Milano a Gorla. Linyphia montana Clerck. Milano, Monza, Brunate, Lugano. L. triangularis Clerck. — L. marginata Koch. Pavia, Redecesio presso Milano. L. frutetorum Wider. Brianza, Brunate, Esino, Lugano, Morbegno. L. pratensis Wider. Oropa. Valtellina. Monte Generoso. Fam. VII. — EPEIRIDAE. Meta Merianae Scop. — Zilla montana Koch. — Ep. antriada Walck. Pavia, Belgiojoso, Milano, Bellagio, Esino, Lugano, Val Furva. Lilla inclinata Sund. — Z. reticulata Koch. Milano, Brunate, Val Brembana, Esino, Lugano, Val Furva. Z. callophylla Walck. Milano, Monte Còdeno, Val Furva. Z. acalypha Walck. — Epeira genistae Hahn. Milano, Como, Lugano. Z. diodia Walck. — Zilla albimaculata Koch. Desio, Morbegno. Singa tubulosa Walck. — S. hamata Koch, Pavia, Belgiojoso, Milano, Brianza. S. Herii Hahn. Redecesio presso Milano. S. conica Pallas. Milano, Monza, Brunate, Lugano. Epeira ceropegia Walck. ‘ Val Furva presso S. Caterina (metri 1700). 47% 7h. 75. 76. VAT 78. 79. 80. 81. 82. 83. 84. 85. 86. 87. 88. 89. Tr. SORDELLI, E. cucurbitina L. Milano, Desio, Esino, Lugano, E. adianta Walck. — Miranda pictilis Koch. Boschi del Ticino, Brunate presso Como. Epeira solers Walck. — Ar. scopetaria Clerck. Brianza. E. umbractia Clerck. Milano. E. scalaris Walck. Lugano. E. apoclysa Walck. Brianza. E. patagiata Koch. — E. dumetoram Hahn. Milano. E. sericea Clerck. — E. sericata Koch. Bellano. E. diadema L. Milano, Brianza, Como, Esino, Lugano, Val Furva, via allo Stelvio (massima altezza 2200 m.). E. quadrata Fabr. Esino. E. marmorea Clerck. Milano, Lugano. E. spiniculva L. Dufour. — E. Schreibersii Koch. Milano, Linate, Desio, Esino, Lugano (non s'eleva più in là di 800 metri circa). E. bicornis Walck. Val Brembana. E. cruciata Walck. --- E. pinetorum Koch. Gorla, presso Milano. E. dromedaria Walck. Morbegno. Nephila fasciata Olivier. Gorla presso Milano, Lugano, Brunate, Pusiano, Madonna del Monte, Lecco (pare non s° innalzi più di 900 0 1000 m.). 90. 91. 92. sà 94. 95. 96. DI. 98. ALS 100. 104. 102. 103. 4104. 105. SUI RAGNI LOMBARDI 475 Tetragnatha extensa L. Milano, Monza, Brianza, Lugano, Morbegno. Uloborus Walckenaerius Hahn. Brunate, Varenna. Fam. VII. — LYCOSIDAE. Zora lycaena Walck. — Hecaerge maculata Blackw. Esino, all’alpe di Ortanella. Sphasus lineatus Walck. Groana (m. 160-270. S. variegatus Latr. Groana. Ocyale mirabilis Clerck. Belgiojoso, Milano, Como, Lugano, Monza. Dolomedes fimbriatus Clerck. Pavia, Milano, Brianza. Aretosa allodroma Walck. — Lyc. picta Hahn. Porto Val Travaglia. Trochosa agretyca Walck. — Troch. trabalis Koch. Milano, Esino, Lago Maggiore, Valsassina. Tarantula fabrilis Clerck. Esino, sopra S. Pietro ed all’Alpe di Cainallo (m. 800-1300). T. vorax Walck. Milano presso Malnoè. T. graminicola Walck. — L. cuneata Koch. Val Brembana presso Piazza, Monte Còdeno. T. armillata Walck. — Lyc, clavipes Koch. Luino, Val Brembana. T. nivalis Clerck. Esino, all’Alpe di Cainàllo. Monte Còdeno (m. 1200-2400). Leimonia paludicola Clerck. Milano. L. nigra Koch. Porto Val Travaglia. 474 F. SORDELLI, 106. Z. riparia Koch. Milano e vicinanze. 107. Zycosa saccata L. Valsassina. 108. L. monticola Sund. Valsassina. 109. Z. cursoria Koch. — Lyc. agilis Walck. Val Furva, Stelvio, Oropa (im. 1700-2800). 4110. Potamia piratica Clerck. Pavia, Milano. Fam. IX. — ATTIDAE. 411. Philia sanguinolenta Walck. Pavia, Milano, S. Pellegrino, Morbegno. 112. P. haemorrhoica Koch. Brianza, Lugano. 1153. Calliethera scenica L. Milano, Monza, Desio. 414. C. histrionica Koch. Esino, Bormio, Val Furva (m. 1500-2500). 115. Attus frontalis Walck. var. striolatus Koch. Esino, Monte Còdeno (m. 1000-2400). 116. Euophrys falcata Koch. — Attus xanthogrammus W. Milano, prati a Redecesio. 417. E. floricola Koch. Milano. 118, £. tigrina Koch. (non Hahn.) Milano. 119. £. paludicola Koch. Milano, a Redecesio. 120. £. striata Koch. Val Furva. 12%. £. lineata Koch. Monte Còdeno. 122. 125. 155. 134. 155. 156. SUI RAGNI LOMBARDI 475 Dendryphantes brevipes Hahn. Milano, Desio. D. hamatus Koch. — Marpissa hamata Koch. Milano, Desio. . D. tardigradus Walck. Milano. . D. leucomelas Klug. Como, Lugano, Bormio. . D. medius Koch. Val Malenco. . Heliophanus cupreus Walck. Milano, Monza, Desio, Lugano, Sondrio, Val Furva. . H. flavipes Hahn. Pavia, Milano, Morbegno. . Salticus formicarius Degeer. Milano. . S. hilarulus Koch. Milano. . Pyrophorus tyroliensis Koch. Milano, alle Cascine doppie. Fam. X. — THOMISIDAE. . Sparassus smaragdulus Fabr. Pavia, Milano, Brianza, Brunate, Monza, Monte Legnone, Esino (non s’alza più di 1000 m. sul mare). S. ornatus Walck. Pavia, Redecesio presso Milano (pare non s’elevi più in là di 150 m. sul mare). Thanatus oblongus Walck. Pavia, Milano (non s’alza di più di 200 m. circa s. m). T. rhombiferus Walck. Esino (m. 800-2900). Episinus truncatus Walck. Monza nel Parco, Desio, Lugano, Pavia. F. SORDELLI, SUI RAGNI LOMBARDI . Philodromus aureolus Clerck. Gorla presso Milano, Desio, Lugano. . Artamus jejunus Panzer. — A. laevipes Hahn. Milano, Esino. . Aysticus brevipes Hahn. Morbegno. . X. viaticus L. — X. cristatus Walck., Clerck., ete. Belgiojoso, Milano, Monza, Monte Còdeno, Esino. . X. lateralis Hahn. — X. audax e cinereus Koch. Brunate, Val Brembana (m. 500-2000). . X. lanio Koch. e var. morio Koch. Brianza, Esino, Monte Còdeno, Monte Legnone, Morbegno (m. 160-2500). di . X. cuneolus Koch. i I Milano, Monza. . Thomisus diadema Hahn. Brunate. . T. citreus Hahn. Brianza, Desio, Morbegno, Monza, Milano. . T. cucurbitinus n. sp. Milano. . T. delicatulus Walck. — Th. diana Hahn. Milano, in varii luoghi. . T. capparinus Koch. Pavia, Milano, Belgiojoso. . T. rotundatus Walck. — Aranea irregularis Panzer. Milano. - T. claveatus Walek. — T. hirtus Latreille. Brunate presso Como, Oropa. 477 Sulla Tiliguerta di Cetti; e sugli istintì degli animali. Lettere del socio Eucenio Berroni, dottore in Storia naturale, al professore Pietro Pavesi. (Seduta del 16 settembre 1868.) Le poche parole che in oggi mi presento a leggere, formano il sog- getto di due lettere da me dirette al distinto e carissimo amico mio, professor Pietro Pavesi, le quali stralcio dalla nostra corrispondenza e trascrivo dalle originarie, permettendomi soltanto qualche traspo- sizione e l’ aggiunta delle necessarie citazioni bibliografiche. Mi decisi a leggere queste note, perchè, rappresentando esse l’ in- dirizzo di alcuni studj che formeranno soggetto di un lavoro di lunga lena cui ho posto mano, amerei accogliere i pareri di qualche cri- tica benigna, che ammaestri senza avvilire, e della quale valermi poi a portare alcuni cambiamenti nel mio lavoro, che risulterebbe mi- gliore. Jl carattere delle nostre riunioni, affatto spoglie del pedante rigore accademico, e che meglio ponno dirsi, famigliare e proficuo convegno fra maestri ed allievi, m’ ha dato coraggio ; e mi fa anzi sperare di ottenere la vostra considerazione, almeno pel serio scopo cui penso rivolgere le mie fatiche. LETTERA PRIMA. Carissimo amico, Pavia, 3 luglio 1868. È arbitrariamente ed anarchicamente . . . . che furono stabilite la maggior parte delle specie moder- ne, che, secondo il capriccio del fondatore, prendono indifferentemente il nome di specie, razze o varietà. Questo stato di cose deve cessare! BONAPARTE (4). Ti ricorderai che altra volta abbiamo discusso di una lucertola con- troversa, detta Tiliguerta , ed alla quale io ero in dubbio di riferire (1) Discorso pronunciato al Congresso ornitologico di Cothen. Vol. XI. 34 478 ... E. BETTONI, degli individui che aveva presi in abbondanza nell’ agro pavese. Or bene: oggi te ne spedisco alcune che mi piacque studiare accurata- mente, e sulla determinazione delle quali non conservo. dubbio di sorta; permettendomi anzi di annojarti con alcune mie riflessioni al proposito di questa specie. i Ma siccome si sa come si incomincia una lettera e non come la si possa terminare, così ti prego fin d’ora d’essermi indulgente se per avventura di riga in riga ti trovassi condotto a beverti nna lettero- na-opuscolo. Ti prometto però di fare buon viso alle tue riflessioni, qualora. tu avessi la compiacenza di farmene. Nei nostri discorsi. confidenziali t' ho più volte confessato che. il modo di studiare li animali, invalso generalmente, non mi andava molto a genio, tanto più per quello che riguarda la ammissione delle specie ed il valore delle loro variazioni. Quel tesoro di libro che. at- trasse sì profondamente la nostra attenzione, 1’ istoire genérale des régnes organiques di Isidoro Gooffragiioin bin ha finito per mettere un po’ di sesto nelle mie idee, e mi ha condotto. per gradi a poter leggere con coscienza il libro di Darwin (1), che ha menato tanto scalpore , ed ha poi suscitato in me il desiderio di cercare le prove della splendida teoria che in esso è svolta. Ho incominciato le mie considerazioni colla Tiliguerta, ed a que- st’ ora ho già acquistato qualche profonda convinzione. Per Cetti (2) che, come ognun sa, fu il primo a farla conoscere, la. Z'iliguerta è una specie distintissima affine al Ramarro ; ed è una varietà della Podar- cis muralis Latr. per Milne Edwards (3), Genè (4), Dumeril e Bi- bron (5), Bonaparte (6); mentre per Duges (7) lo è della Zacerta (4) Sull’origine delle specie per elezione naturale, ecc. Prima traduzione italiana per G. Canestrini e C. Salimbari. Modena, 1864. (2) Cetti, Anfibi e pesci della Sardegna. Sassari, 1777. (3) Milne Edwards, Recherches zoologiques pour servir à Vhistoire des Lezards. — Annales des sciences naturelles. T. 16, 1829, pag. 50. (4) Genè, Osservazioni intorno alla Tiliguerta o Caliscertula di Cetti (Lacerta tili- guerta Gm.). — Memorie. R. Acad. delle scienze di Torino, T. 56, 1833, pag. 302. (5) Dumeril e Bibron, Erpetologie generale, etc. (Dans les Suites @ Buffon. Vol. 5 1839. (6) Bonaparte, Iconografia della fauna italica. 'V. 2. Anfibj. Roma, 1832-41. (7) Duges, Mémoire sur les especes indigénes du genre Lacerla. — Annales des sciences naturelles. 'T. 16, 1829, pag. 337. SULLA TILIGUERTA DI CETTI, ECC. 479 viridis Daud. (var. Sariolè). De Filippi (1) la indica chiaramente come una specie; ciò che prova come egli la conosceva meglio di tutti gli altri, non per averla studiata sui libri o sopra esemplari morti, ma viva, in natara come dichiara egli stesso. Infatti, la Ziliguerta pel suo genere di vita si scosta assai dalla /. muralis, per avvicinarsi a quello del famarro, che è essenzialmente praticolo, mentre quest’ ultima fre- quenta i muri ed i monti. Il de Filippi, molto bene ‘a ‘proposito , ha rimarcato come 1 abito della Ziliguerta tenga rapporti col suo sog- giorno. È questa una osservazione ragionevolissima e che prova anco una volta la valentia di quell’ egregio zoologo, che pur troppo ab- biamo perduto. Quale divario fra l'autore dell’ articolo Rapporti fra è caratteri degli animali e la loro ubitazione (2), e quei tanti che, ammiratori puri e semplici delle bellezze della natura, altro non fanno che riempire le pagine di descrizioni, senza afferrare un lega- me, senza trovare una legge ! Tu sai che voglian dire in generale i naturalisti colla parola varte- td ; una mutazione che non dev’ essere che dell’ individuo, e che non si propaga che a caso. Che ci siano delle varietà in questo senso, sa- rebbe assurdo il volerlo negare; tuttavia da alcune mie osservazioni ho potuto convincermi che certe varietà degli autori non sono che razze o sottospecie, quando pure non siano veramente specie già bene. costituite. Ora, la Caliscertula è per me una specie, una razza che si è fîis- sata a dar luogo ad una forma costante, almeno nell’ attuale ordine cosmico. Infatti essa non si trova quà e la mischiata alla Muralis tipi- ca, ma sempre in località differenti e da cui reciprocamente si esclu- dono. Anche questo, fra i casi che ti potrei citare, mi porta a cre- dere che moltissime varietà siano state stabilite o sopra individui isolati, avuto riguardo solo alla somiglianza dei caratteri detti es- senziali. Secondo me, quando si tratta di stabilire una varietà , bi- sogna convincersi se essa sia veramente tale, raccogliendola in gran (4) De Filippi, Cenni sulla Tiliguerta. «mm Nuovi Anmali delle scienze naturali. Bologna, 1852, e Regno animale. Milano, 1852, pag. 252. (2) De Filippi, Regno animale, pag. 254, e Cenno, ecc. 480 È. BEFIUNI, numero ; studiandone i costumi, confrontandoli con quelli della spe- cie a cui si vuol riferirla, esaminandone i rapporti colla località abi- tala, e, come saggiamente accenna il De Filippi, tenendo calcolo al- tresì del colorito , che pure dai sistematici è ritenuto comunemente quale carattere di poco valore. Ora, se individui modificati per co- stumi, ubicazione e colore sono numerosissimi in una data località, da cui escludono altre forme, essi non si ponno e non si devono ri- tenere per varietà; ma sibbene rialzarli ad un grado superiore, chia- mandoli, a seconda del caso, razza o specie. Ma torniamo alla nostra Caliscertula. Essa, ad esempio , ci si presenta come una razza sorta (adoperia- mola pure questa bella parola) per elezione naturale, e che poi si fissò. Ed ammesso questo principio, sorge spontanea la domanda; in quale specie riconosce la Tiliguerta i suoi antichi progenitori? Essa ha i caratteri comuni colla Muralis (1), mentre il colore e varie altre circostanze che si mettono in evidenza soltanto alla diretta osserva- zione, la fanno parere di forme un tantino più inerassate ; mentre il compasso non serve a permetterci di cogliere matematicamente i di- vari di dimensioni fra le due specie (2). In quanto poi alla coda, che Cetti ritiene più lunga di quella del Ramarro, non assume proporzioni diverse da quella delle Podarcis muralis, e mi confermo nell’ opi- nione che anche in Sardegna la Ziligueria non tenga una coda smi- surata, dall’ aver confrontato i miei esemplari con quelli che si tro- vano, provenienti di Sardegna, depositati nel museo della Regia Uni- versità di Pavia. H £amarro poi, che Cetti regala d'una coda lunga quanto il corpo e anche più, è più abbondevolmente fornito in quo- sta parte dell’altra specie. È curioso come a spiegare il preteso ec- cesso della coda nella Ziliguerta in confronto al famarro del conti- nente, Cetti asserisca che ben potrebbe attribuirsi a circostanze più favorevoli in Sardegna, per le quali la medesima virtù germoglia- (4) Fui in forse di ammettere come carattere distintivo la forma dello scudetto o0c- cipitale, che nella Tiliguerta ba una base rientrante o diritta, mentre nella Murais essa è sporgente più o meno. Ma questo carattere non è costante in tutti gli individui. (2) Per questo confronto mi valsi degli individui più grandi che ho potuto racco» gliere tanto di P. muralis che di P. liliguerta, è che mantenni viventi, SULLA TILIGUERTA DI CETTI, ECC. 481 rice men prosperante altrove, qui si avvicinasse più e sî dispiegasse con più successo (4). Molte volte il colore simile in animali differenti indica le circostanze comuni di ubicazione, il parallelismo nel genere di vita. Chi può negare, se non l’ identità, l’ analogia dei costumi della Ziliguerta col Ramarro (2)? Or bene, il colorito di questi animali ha strettissimi rap- porti ; e Dugès, come già ti dissi, ne fece la sua varietà Zariolè del Ramarro. Che però la Tiliguerta provenga dalla Zacerta viridis, non è da ammettersi , perchè essa ha troppo stretta simiglianza di carat- teri colla muralis. Ora è da credersi che individui della /. muralis, i quali modificarono il loro istinto facendosi campestri, e perpetuan- dolo per la via della generazione , dovettero subire altresì delle mo- dificazioni corporee ed assumere pure il carattere del colorito simile a quello della Z. vîridis, conservato fors’ anche per elezione natura- le; mentre il colorito, così assunto e perpetuato, tornò loro utile come il brunastro all’Allodola, il verde alla Ranocchia di San Martino, ecc, Tu potresti però farmi un’ obbiezione, domandarmi cioè se è la Mu- ralis che si è modificata a dar luogo alla Ziliguerta, o quest’ ulti- ma che diede origine alla Muralis. Può occorrere alla mente che i muri non avendo sempre esislito, la formazione della Muralis siasi dovuta ad una deviazione di costumi della Tiliguerta; ma la pre- senza nei monti della prima rende un po’ troppo sospetta questa de- duzione. Tuttavia , in ogni modo io trovo dimostrato che la Ziliguerta non è una varietà, ma piultosto una razza fissata probabilmente in tempi recenti. Le mutazioni di essa sono poco o nulla rilevanti, e non tali da lasciar luogo ad una classificazione distinta, come per la Muralis, prova anche codesta, a mio avviso, della sua recente fissazione. (4) Op. cit., pag 417. (2) Ho verificato quanto asserisce De Filippi, il quale ha osservato come le due spe- cie Podarcis muralis, e P. tiliguerta, che si ricreavano nello stesso luogo ai raggi s0- lari, al sopravvenire del pericolo fuggissero costantemente per due vie opposte. La prima verso i muri, la seconda verso la campagna e le siepi. Io poi posso aggiun- gere che dietro serio esperimento 1’ abilita nell’ arrampicare in luoghi lisci e. verticali non è la stessa per le due specie. La Muralis è maestra in quest arte, mentre la Té- Liguerta non fa buona prova che qualora le seabrezze sinno abbastanza rifevanti. 482 E. BETTONIy Bramerei poter schiarire un ‘altro sospetto, che riguarda alcune va- rietà della Zacerta viridis Daud., e specialmente della mentocerulea' del Bonaparte, che trovai numerosa in alcune località del Milanese più acquitrinose, ed a verzura più folta di quelle in cui comunemente incontrasi la specie tipica, o altrimenti variata. Quello però che parmi di poter assicurare si è che la mentocerulea è qualche cosa più di una varietà, e qualche cosa meno di una sottospecie. Sarebbe. éssa mai una razza in formazione? Alcuni sistematici m’ hanno obbiettato più volte che poco importa chiamare varietà o specie , o razza , un essere naturale, purchè esso sia determinato a dovere. lo però, con loro licenza, non sono di que- sto avviso; e se non pretendo nè desidero la mutazione di alcuni vo- caboli impiegati fino ad ora nella scienza per cagione della loro im- proprietà, pretendo tuttavia che ad ognuno di essi venga conservato scrupolosamente il suo significato. Leggendo un libro sistematico, una fauna, ecc.; abbiamo il diritto di ritenere per varietà quelle che con tal nome si devono indicare ; e’ deve cessare quindi la confusione , ciò che avrebbe luogo in breve tempo, se tutti i rac- coglitori ed i descrittori comprendessero l’ utilità di aderire a queste vedute della scienza. Operando altrimenti ci troveremmo, nel trattare questioni generali , nel cercare leggi, ravvolli in una rete inestrica- bile di dubbj, che ci porterebbero a far sacrifizio degli alti scopi della scienza. Epperò i lavori analitici, per corrispondere al fine de- vono essere condotti con un sol piano e con analogia perfetta di me- todo. limporterebbe assai per la scienza dell’avvenire il rifare lo stu- dio di tutte le varietà sulle basi poc’ anzi annunziate; mentre è un fatto clie gli appoggi della teoria darwiniana ed i mezzi di combat- terla si devono trovare specialmente in questo genere di stud]. Per la teoria in discorso pochi esempj palmari ed indiscutibili pos- sono prestare non dubbio appoggio; ma siccome per altro Ie incer- tezze non si andrebbero dissipando col poco, così sarebbe utilissimo cercarne molli. E nelle ricerche di razze naturali bisognerà pertanto distinguere quei caratteri che riguardano solo l’ influenza di clima e di ubicazio- ne, indipendentemente da quelle che derivano agli animali modificati SULLA TILIGUERTA DI CETTI, ECC. 483 da un cambiamento di istinto (1). La penuria di esempi di razze natu- rali, di quelle però che diremo geografiche, è meno grande di quanto appaja comunemente. Del resto, servano ad esempio le spedizioni avute in questi ultimi tempi dal Nord America, dal Giappone, ecc., di uc- celli comuni all’ Europa; ma che erano tutti più piccoli di questi; ciò che troviamo verificarsi anche in Sardegna relativamente al £u- teo cinereus Gm., il quale è pure inferiore in grandezza a quello del continente (2), e così via. Quando troviamo in un libro che una varietà sì incontra comunissima in una data località possiamo a priori cam- biare l’ epiteto di varietà in quello di razza. Che te ne pare? Se ac- consenti a queste mie idee, non potresti tu pure, nella classe di animali che forma l’oggetto precipuo de’ tuoi stud], ricercare se tutte le varietà ammesse merilino veramente un tal nome? Quanto sarei lieto di po- termi valere della tua autorità , e citarli a tempo e luogo in un la- voro che sto apprestando, con poca fretta però, onde camminare senza pericolo nell’ arduo sentiero che conduce a trovar prove della teoria di Darwin. Poc'anzi ti ho parlato di istinto ; e quasi quasi ti chiede- rei scusa d'aver adoperato questa parola, che indica fatti così male compresi, e che pure è tanto universalmente accettata col significato che le si volle attribuire. Ad ogni modo, per ora ti faccio grazia di quello che mi sentirei voglia di dirti in proposito: sperando che po- trò almeno, con tua minor noja, parlartene a poco a poco, a centel- lini a centellini, al tuo ritorno in Pavia, che affretto col desiderio. Spero che in quel tempo non lontano vivremo secondo l’ antico co- stume di cui ho sperimentato l’ utilità, e che ha poi le basi incrolla- bili della nostra sincera amicizia. Addio: a rivederci presto. Ricevi intanto una stretta di mano che ti invia il tuo affezionalissimo amico Eucenio. (4) È indubitato ché le influenze cosmiche, geografiche, ecc., ponno sommare la loro azione con quelle dei cambiamenti di istinto, talora invece agire separatamente. (2) Salvadori, Catalogo degli uccelli di Sardegna. — Atti della Soe. ital. di scienze na- turali. Vol. IV. Anno 4864. 48% E. BETTONI, LETTERA SECONDA. Carissimo amico, A Pavia, 28 luglio 1868.. La benevola accoglienza che facesti alla mia prima lettera, e l’ inci-, tamento che mi dai a parlarti del mio modo di vedere relativamente all’ istinto, innanzi che giungano le vacanze, mi stimola a. mandarti una seconda letterona, sia per secondare il tuo invito, come anche per seguire l’ inclinazione così bene espressa da Geethe, che l’uomo, che ha concepito un’ idea . ... prova il bisogno di farla conoscere, e dî vedere gli altrî entrare nelle sue vedute. Entrerò adunque in ar- gomento senza tante premesse. Tu sai bene che si dicono istintive tutte quelle azioni fatte da un animale (passami la parola) senza una previa lezione, e che l’ istinto poi sarebbe considerato come un qualche cosa di imperscindibile, di. inevitabile, che si impone sempre all’ animale, Un autore (41) di studj filosofici sull’ intelligenza degli animali, forse per cavarsi d’impaceio con un astruseria metafisica, che torna molto comoda, trova che c'est parce que l’ instinci est de source divine que ses manifestations restent sans explications. Ma questo modo di ta- gliare di botto le questioni non mi va per mulla a sangue: esso ci metterebbe in una stazionarietà completa con grave danno della scien- za, che, se non può sempre raggiungere lo scopo, deve però sempre fare sforzi, onde cercare la spiegazione di tutto. Quell’autore, dichia- rando pure nel suo volume che nessuno può sottrarsi all’ istinto , né modificarlo (2), ci conduce ad un vero regresso, mentre alcuni che ne parlarono prima di lui, lo hanno almeno dichiarato (1) frrenabile col mezzo dell'educazione e del conseguente sviluppo delle facoltà intellettuali, perfino pervertibile col cattivo uso di queste; mentre in (1) Fee, Études philosophiques sur l’instinct et Vintelligence des animaux. Stra- sbourg, 1853. (2) Fee, Op. cit., pag. 410, paragrafo 22. (1) De Filippi, Regno animale. Milano, 41852, pag. 40. SULLA TILIGUERTA DI CETTI, ECC. 185 pari tempo lo si dice non suscettibile di perfezionamento alcuno. L' i- stinto e l'intelligenza sarebbero due atti psicici diversi, fra essi sta- rebbe un abisso. lo non mi posso adattare a questa opinione, e ri- tengo che dagli alti psichici più oscuri a quelli dettati dall’ intelli- genza ci sia una gradazione progressiva; per la quale gli ultimi sa- rebbero manifestazioni più elevate dei primi. Ma il tracciare, secondo me, delle divisioni fra questi atti, è un voler portare dei tagli che potranno tornar comodi a limitare i lavori analitici, ma che devono essere cancellati nel sintetizzare. «A convalidazione del mio asserto cercherò pertanto di provarti la analogia nell’ origine e nell’ estrinsecazione delle più alte manifesta- zioni intellettuali e degli istinti. Una bella e brillante esperienza del dottor Biffi mi sembra atta a togliere di mezzo le differenze essenziali che si sogliono indicare fra quelle manifestazioni psichiche; e qui mi giova citarla. Egli ha os- servato che i cagnolini cni dalla nascita si tagliano i nervi olfattorj, sono incapaci a poppare, e vanno nutriti artificialmente fino a che in essi la vista sia capace di sostituirsi all’ olfatto. Questo esperimento mi svela come si compia l’atto istintivo del poppare ; e se non mi spiega direttamente gli altri, viene però a far giustamente sospettare che anch’ essi si compiano per simili vie. Il cagnolino appena nato sente l'odore del latte, e si trova perciò trascinato a cercare l' or- gano che lo produce; dimodochè 1’ alto centrifugo del poppare viene ad essere determinato da quello centripeto del fiutare. — È per la via dei sensi adunque che si origina questo atto, che si suole citare a modello degli istinti più ciechi. — Ora gli atti volitivi, intellet- tuali, ecc., è provato ormai che si originano pure da un'azione sen- soria centripeta, che ne estrinsecaluna centrifuga. Concepita un’ idea, percorriamo con atto mnemonico la via per la quale essa è entrata nella nostra mente, e vedremo che, per quanto la credenza generale venga ad opporsi a queste vedute, l’asserto non è però meno vero. Tutti quegli atti che si dicono istintivi hanno il carattere assoluto della necessità della loro comparsa, mentre gli intellettivi ripetono la loro origine dalle circostanze. Gli animali adulti sostituiscono agli atti istintivi semplici altri molto 486 FE. BETTONI, più complessi e meravigliosi, solo perchè, avendo i loro sensi acqui- stata tutta la prontezza di cui sono capaci, prestano tutto il loro uti- lissimo ajuto, rendendo possibili i confronti; e guidando ed utiliz- zando l’esperienza acquistata. Dopo i ben noti fautori degli animali macchina, nessuno sorse a provare il non intervento dell’ intelligenza negli atti psichici manifestati dagli animali nell’ età adulta, quegli atti però che ancor si dicono istintivi. Senonchè fin d’ora s’affaccia l'ob-. biezione della pretesa identità negli istinti ( che meglio sarebbe di- chiarare somiglianza), considerata nella ripetizione, sotto le stesse circostanze e nelle stesse forme. Ma se noi interpretiamo questi atti per l’utile che arrecano all’animale che li compie e. per lo scopo che così bene raggiungono, noi, paragonando appunto i mezzi e-lo scopo, non potremo trovare che possano avere la possibilità di fare altrimenti. Se avrai la bontà di seguirmi, vedrai poi come sia dimo- strabile che gli istinti non si impongono sempre, e che non mancano le prove della loro variabilità, per il che nulla di più falso dell’am- mettere, per esempio, che le niîd de l’oiseau se reproduit rigourou- sement dans sa forme, comme la fleur dans la sienne (1). Per non annojarti con una troppo lunga serie di esempi, che po- trai del resto completare da te, con tuo agio, quando te ne venga il desiderio, io mi limiterò a parlarti degli uccelli e della loro industria, detta istintiva. Spero che, riuscendo forse a provarti che i nidi va- riano, che gli uccelli, allorehè si presenti loro il destro, risparmiano anche dal costruirne, converrai meco che per acconsentire all’ auto- rità di chichessia, non puossi ritenere istintivo, nel senso vecchio della parola, |’ atto che presiede e dirige questa industria ammiranda. Già Audobon ‘ha notato il fatto della diversità di forma nei nidi della stessa specie, ma abitanti piuttosto il nord che il sud degli Stati Uniti; e tutti sulla autorità di lui hanno ripetuto questa cosa; ma a verificare un tale asserto non è per nulla necessario sobbarcarsi ad un sì lontano peregrinaggio: gli esempi li abbiamo ‘anche noi nella nostra contrada; basta saperli cercare. Intanto io conosco alcune specie che fanno un nido meno perfetto (4) Kee, Op. cit., pag. 40, paragrafo 22. SULLA TILIGUERTA DI CETTI, ECC. 487 nella giovane età di quello che nella vecchia; per il che noi possiamo assistere al progresso della loro industria, come. al progressivo per- fezionarsi nel disegno o nella scrittura d’uno scolaro. È il caso della Calamoherpe turdoides Boie. Ora, se l'industria della nidificazione fosse istintiva nel modo che tuttodì la si pretende, essa nascerebbe bella e perfetta, e non suscet- tibile di quei miglioramenti che pur danno una prova della contestata variabilità. Il Pendolino (Agithalus pendulinus L.), per esempio, ora foggia un nido ad un solo, ora a due ingressi; ed io non esiterei ad ammettere che i due ingressi rappresentino un perfezionamento, il cui genera- lizzarsi nella specie potrà dipendere dalla sua utilità, che del resto noi potremo difficilmente valutare. Lo Scricciolo (7roglodytes euro- peus, Cuv.) tesse nidi generalmente globolosi; ma della forma vera- mente tipica ne incontri uno su qualtro; mentre gli altri tutti li trovi oblunghi più o meno. Insieme al cambiamento di dimensioni e di solidità nei nidi trovia- mo anche cambiamenti di materiali. Insisto su questo fatto, perché dimostra all’ evidenza una risorsa intellettiva negli uccelli, che parte da un vero confronto fatto per astrazione. Un uccello che impieghi cordicciuole od altro materiale artefatto, in sostituzione dei muschi e dei fuscelli , indica che, avvenendosi in° questi oggetti, ne ha già preveduto il loro adattamento all’ ufficio per cui vuole impiegarli. Molte volte però mancano agli animali selvaggi le occasioni favorevoli a suggerire un cambiamento di industria o di costume, per il che è azzardoso , e dirò anzi temerario, regalarli di stupidità, e discutere sul grado più o meno elevato delle loro facoltà mentali, perchè le loro industrie non cangiano o non si perfezionano nel modo che l’uomo lo pretenderebbe. Oramai siamo in possesso di tali fatti, che giustificano appieno que- sto mio modo di vedere. — Da venticinque anni il signor Burnat, a Vevey (4), appresta nidi artificiali, che, collocati sulle grosse bifor- (4) Notes sur les nids artificiels d'oiseaua el sur l’utililé des petits ciseaua pour l'a- griculture. - Bull. Soc. Tmp. d’acclimatation. T. 3, serie 2, n. 1° ottobre 1866 488 E. BETTONI, cazioni degli alberi, furono tosto abitati da Paruzzole (Parus), Piechj (Picus), Murajoli (Sita europea L.), Rampichini ( Zichodroma), Codi- così (Ruticilla phoenicura L.), Passeri, ecc. Ora poi sorprende viva- mente il sapere che gli Storni, che prima dell’ istituzione dei nidi ar- tificiali non nidificavano a Vevey, lo facciano adesso. È questo un fatto che attesta a chiare note la pronta intelligenza di questi animaletti ,; che seppero subito trarre lor pro da una circostanza tanto impre- veduta. | Fatti analoghi succedono anche in natura, ed una specie di uccello usurpa spesso il nido di un’ altra, e ciò costituisce qualche volta un fatto isolato , molte altre un’ abitudine costantemente mantenuta per eredità. I Murajoli (Ste) non iscavano i tronchi per collocarvi il lor nido, ma adattano quello abbandonato dai Picchj, ed i Rampichini (Tichodrome) se ne valgono senza apportarvi la menoma modifica- zione. Negli Stati Uniti (1) si costuma porre sui tetti delle case dei pali, cui si appendono delle cassette e ia Mirundo purpurea Linné li occupa. L’Indiano e lo schiavo apprestano invece una zucca vuotata con cura, e la sospendono ad un giunco, che piantano vicino alla propria capanna; molte volte 1 Uccello-bleu (Sylvia siulis Lath.) usurpa la cassetta, e qui succedono lotte simili a quelle che Linné riferisce ay- venire fra le nostre Rondini ed il Passero, che ne abbia usurpata la dimora. Il Falcocappone (Buteo cinereans Gml.) occupa molte volte il nido della gazza ; spesso le rondini rispettate finiscono col nidificare una sol volta per tutto il corso della vita, e non di rado succede che esse non abbiano neppure a riparare il loro antico ed ingegnoso edificio, Questi fatti ci attestano come gli uccelli sappiano con rara intelli- genza risparmiarsi una fatica che sarebbe imposta, quando l'atto del nidificare fosse puramente istintivo. Molte volte, osservando nidi collocati in qualche parte delle nostre case, ed appartenenti a specie che accompagnano l’oumo, io mi sono volto una domanda analoga a quella che si indirizzava Pouchet, il (1) Audubon, Scenes de la nature dans les Etals-Unis el ie nord de lV'Amérique. Tra- duction par Eugene Bazin. Paris, 1857, SULLA TILIGUERTAÀ DI CELTI, ECG. 189 quale, vedendo i Rigogoli (Oriolus galdbula Linné) cucir sempre il pro- prio nido con filo o corde ai rami che lo sostengono, si chiedeva come mai facessero questi animaletti prima che l'industria inventasse lo spago ed il filo. Ed i Passeri esistevano essi prima delle case? Se ciò era, come e dove nidificavano essi? La soluzione di queste domande, l'ho trovata nello studiare i loro costumi. Alcuni individui, vuoi del Passer Italie Vieill, della Pyrgita mon- tana C., del P. hispaniolensis Temm., ecc., sogliono nidificare sugli alberi: or bene, questi nidi, che sono globulesi, piuttosto allungati, e che posano sugli alberi orizzontalmente, presentano una specie di ca- nale, che mette al fondo cieco del nido in cui sono le uova. Tali parti del nido rappresentano rispettivamente le parti del covo artificiale che si scelgono nelle nostre case, Darwin ha egregiamente indicato il ritorno di un istinto perduto in individui appartenenti a specie modificate, perchè reso inutile dalle sue nuove condizioni. Così alcuni cavalli dei paesi caldi tradiscono la loro origine genealogica da altri individui che abitavano i paesi . freddi, coll’abitudine di raschiare il suolo, sotto le mevi del quale i loro antichi progenitori erano costretti di cercarsi nutrimento. Mi pare che non si possa fare induzione più logica di questa, di ritenere cioè che i nostri Passeri derivano da specie altra volta nidificanti sugli alberi, nella stessa guisa di quelli poc'anzi menzionati. L'intelligenza veramente grande di questi animaletti avrà fatto comprendere il vantaggio di occupare i fori che trovansi a caso negli edificj. Gli individui che attualmente nidificano sugli alberi ricorde- rebbero chiaramente il costume dei loro avi, mentre quelli che pur affidando il loro nido nelle case, dispongono le paglie in modo. da coprire anche la parte superiore del loro ricovero, riporterebbero ancora quell’ istinto, ma con tinte più sbiadite. È logico poi il pen- sare che gli individui nidificanti sugli alberi si mantengono sempre pochi in numero perchè mancanti dei vantaggi della vita sociale, della facile preda nei rigori del verno, ed in generale di tutto quel migliore complesso di condizioni che rende meno disagevole ed aspra ai Passeri la lotta per l’esistenza. È più facile trovare quale sia 490 E. BETTONI; stato il modo ed il luogo di nidificare dei Rondoni e delle Rondini; giacchè noi troviamo questi esseri ancora locati nei monti, ove scelgono le cavità fra Ie roccie, o le roccie sporgenti angolose, locus molto analogo agli angoli degli edifici ed alle cavità operate in esse dagli insulti del tempo, o apprestate dall’ arte. Tra quello che ti dissi nell'altra mia lettera, e quello che ti espongo in questa, troverai una serie di non dubbie prove della verità di al- cune vedute espresse dai darwinisti, o, per meglio dire, dai fautori delle mutabilità delle specie. Laonde, ove io pensi alle prove. della variabilità d' istinto, di cui non conservo ormai dubbio alcuno, ove ri- fletta che in qualche caso tenne dietro ad essa una modificazione or- ganica, come lo pretende a buon diritto il celebre Darwin, sono tratto per analogia ad ammettere che anche i Passeri abbian dovuto subirla, non che altre specie che potrei citare ad esempio. Intanto i Passeri (Passer domesticus, L, P. Italie, Vieill., P. hispaniolensis, Temm.), si ponno considerare come tre specie distinte, formantesi a spese di tre razze di un'unica specie originaria, e sorte probabilmente per ef- fetto di clima, che avrà aggiunta la propria azione a quella data dalla mutazione di istinto, come mi spinge ad ammettere la loro distribu- zione geografica. È molto vecchia questa opinione dell’ essere le pas- sere tre razze distinte, piuttostochè vere specie. Bonaparte (1) indica quest’ opinione, quantunque non si attenti di seguirla, perchè da un lato non si può dimostrare coll’ esperienza che sieno soggette a va- riare al punto di ricondursi ad un medesimo tipo, nè dall’ altro lato vî sono argomenti per provare che derivino da un ceppo comune ; questa discrepanza di opinioni si riduce secondo lui, ud una sem- plice questione di parole. Ma allora mancava una teoria ben fondata, che, con larghe ed uni- formi vedute potesse almeno dare speranza di una soluzione per la via analogica, che è pur molto ragionevole di seguire, quantunque fosse ancor vivo il ricordo della teoria di Lamark, che aveva tentato con esito poco felice di esporre le sue idee sulla mutabitità della spe- cie; idee che si compendiano in queste sue parole: Je pourraîs (4) Iconografia della fuuna italica. Vol. I. Uccelli. SULLA TILIGUERTA DI CETTI, ECC. 494 prouver que ce n'est point la forme soit du corps, soit de ces par- ties, qui donne lieu aux habitudes, a lu maniere de civre des ani- maux ; mais que ce sont au contraire les habitudes; la maniere de vivre et toutes les circostances influentes qui ont avec le temps con- stitué la forme du corps et des parties des animaux (A). E lasciando di questo celebre naturalista, tu sai quanto incompreso ai suoi tempi e spesso anche compatito, tornerò a Darwin, e ti ricor- derò come egli tenda a dimostrare che la discendenza comune è segreto legame che i naturalisti vanno cercando inavvertitamente , e non gia qualche piano ignoto di creazione, e che quindi ogni classifi- cazione esutta è genealogica. Il suo apprezzamento e le sue belle con- siderazioni sui così detti caratteri analogici di adattamento, mi hanno fatto partigiano di una tale opinione, e mi hanno posto in grado di apprezzare ancor meglio la filosofia di quelle classificazioni, chiamate parallele, dovute pel primo a Geoffroy-Saint-Hilaire, e che furono così ben comprese dal Bonaparte. Ogni animale parallelo a quelli d’altre classi e d’altri ordini, 0 d’altre famiglie pel genere di vita, e conseguentemente per alcuni tratti di organizzazione, porterebbe con sè la spiegazione delle cause che lo hanno fatto mutare; e si potrebbe pel valore delle deviazioni e per l’analogia dei caratteri rispettati risalire alle più vicine branche del suo albero genealogico. Per ora ho posto mano, e solo a titolo di mio esercizio scientifico, a cercare una verificazione all’ asserto: chi sa poi che questo studio non mi abbia a portare buoni frutti | Ma per non abusare oltre della tua pazienza , mi sento in dovere di condurmi, con tutta quella brevità che mi sarà possibile, al fine di questa lettera già troppo dunga ; epperò intraprendo il riassunto delle idee già espresse, onde metterti viemmeglio in grado di potermi cri- ticare senza troppa fatica. .. lo opino primieramente, desumendo dai fatti e dalla analogia di origine, che l’ istinto e l’ intelligenza differiscano solo di grado e'non di qualilà. (1) LAMARK, Sisteme des animaux sans vertébres, ete., précédé du discours d’ouverture du cours de zoologie. Paris, Anno IX-1821. 4992 E. BETTONI, Gli istinti più elevati sono appunto tali, e si distinguono dai meno alti, inquantochè si manifestano, rispetto al tempo, in età più avan- zata, e quando tutti i sensi dell’ animale possono moltiplicare le im- pressioni, permetterne il confronto e creare i giudizj. La sensazione estrinseca nelle prime età dei bisogni che la volontà si piega a sod- disfare; più avanti i bisogni vengono studiati e, direi quasi, mi temente serviti. L'identità delle manifestazioni psichiche d’ ogni genere nasce dal- l’identità dei bisogni, e viene mantenuta dalla parità delle circostan- ze. Considerando le industrie animali, ad esempio un nido, vedremo come appunto gli uccelli non vi potrebbero sostituire nulla di più adatto e di più consentaneo allo scopo. Esso si risolve in una rac- colta di materiali limitanti una cavità, ed atta a mantenere , econo- mizzare il calore, ed a sostenere la covatrice e gli incubati. Partendo da questo schema teorico del nido , la complicazione di intreccio e di struttura rappresenta un perfezionamento di industria pari a quello operato col tempo dall’uomo nella sua casa, che ha per tipo generale una capanna, di cui la casa sarebbe il suecessivo per- fezionamento. La forma, la disposizione, l’ ubicazione di un nido e di una capanna corrispondono perfettamente al loro scopo ; e per me attestano del pari la sapienza e la previdenza del loro costruttore. A mantenere la somiglianza nei nidi concorre la omai provata eredità di tendenze, e bi- sogna aggiungervi l'imitazione; mentre non trovo ragionevole 1’ am- mettere, nè so con quali dati si possa asserire, che i piccoli che al- bergarono per tanto tempo in un nido, e fino a quando erano capaci, come si può supporre , di ritenere mnemonicamente le sensazioni ri- cevute, non abbiano poi a ricordarsi del fiido stesso, e non preve- dano poi lo scopo della industria che si dispongono a spiegare. Ad attestare che il così detto istinto non è che un atto intellettivo, ad attestare che l'industria degli animali segue un piano tracciato nella mente del costruttore, ricordo il bruco di cui ci racconta Uber. Egli prendeva un bruco che costruiva un’amaca a sei strati, e dopo avergli lasciato terminare il lavoro lo portava in altra amaca condotta soltanto al terzo strato; e l’industrioso animaletto non ne costruiva che il quarto, il quinto ed il sesto. SULLA TILIGUERTA DI CETTI, ECC. 495 Esaminando poi certi annessi all’ industria degli animali, come il canale colatore nel nido dello Struzzo, il finto ingresso in quello della Panyptila sancti Hieronymi (4), ecc., non si può non ammet- tere che essi presentino un progresso suggerito dalla utilità presup- posta, onde lottare con maggior successo per l’ esistenza. E questo calcolo sull’ utilità che spinge altresì gli uccelli ad occu- pare nidi d’altre specie, o quelli artificiali, o gli edificj, ecc. Se le deduzioni interpretano a dovere i fatti esposti, sarebbe pro- prio qui il caso di dire che le manifestazioni psichiche degli animali furono studiate con troppo orgoglio. Per quanto poi riguarda la teo- ria darwiniana, ti posso assicurare che. non l’ho accettata senza una lotta che ha durato assai. Ora mi sento padrone d’una opinione, che però non esiterei a cambiare. con altra, qualora 1’ evidenza dei fatti mi obbligasse a preferirla. ‘Addio. Scusami se t’ ho annojato, e metti d’aver pagato un grave tributo all'amicizia del tuo affezionatissimo amico EUGENIO. Sulla riproduzione delle parti in molti animali. Lettera del profes- sore Micuete Lessona al signor Paolo Lioy. (Seduta del 16 settembre 1868.) Chiarissimo Signore, Lontano, mal mio grado, dal Congresso che accoglie i miei com- pagni di studi e molti cari amici, non potendo meglio, vengo a vi- sitarli col pensiero, e prego la S. V. di volermi ricordare loro con poche linee in prova del mio buon volere. (1) Descriptions of Thirten new species of birds discovered in Central America by Frederic Godmam and Osbert Salvin. By Osbert Salvin. == Proced. Zool. Society of Lon- don, 41863, pag. 186. Vol. IX, 32 198 M. LESSONA, Trattasi di qualche considerazione intorno al riprodursi clie ségue in certi animali delle parti esportate. It signor Milne-Edwards spiegò colla sua teoria della divisione del lavoro fisiologico il fatto meraviglioso dimostrato dal Trembley , del riprodursi in tanti nuovi individui di un’idra d’acqua dolce ricisa in tanti pezzi. La struttura di questi animali, dice egli, è semplicis- sima. Le stesse parti si trovano dappertutto, e compiono gli stessi uffizi: quello che faceva da integumento può fare da cavità digerente, e viceversa. Nessuna meraviglia che, tutta la sostanza di cui è fatto Fanimale essendo uguale, dappertutto dove si trova un po’ di questa sostanza vi sia materia per la produzione di un animale nuovo. Questa spiegazione, la quale perde del suo valore man mano che si viene scoprendo che certi animali non hanno poi tanto. semplice la struttura quanto si credeva, non spiega affatto la riproduzione di parti esportate in animali dalla struttura complicatissima. Non è d’uopo dire che voglio parlare degli sperimenti di Spallan- zani sulle Salamandre acquaiole e sulle Chiocciole, di quelli di Con- tarini sulle Attinie e dei più recenti di Dumeril sugli Axolotl. Il signor Philipeaux ha testè limitato i confini in cui questa ripro- duzione si compie nelle estremità esportate delle Salamandre acqua- iole; ma ciò non monta per quello che io voglio dire. Fatto sta che certi animali dalla complicata struttura. riproducono agevolmente parti importanti, che non si riproducono mai in generi affini. La Salamandra terrestre non riproduce mai una zampa ricisa, e tanto meno un occhio, come in breve riproduce la salamandra acquaiola. Il fatto della facile riproduzione delle parti esportate è in rapporto con un altro fatto, che è la facile perdita di queste parti. La cosa si può esprimere così: Si riproducono certe parti in quegli animali che facilmente le pos- sono perdere. l tritoni affamati molto sovente abboccano la coda, le zampe, anche il capo dei loro compagni; facilmente si riproducono in essi la coda, le zampe, gli occhi, la mandibola inferiore. SULLA RIPRODUZIONE DELLE PARTI IN MOLTI ANIMALI 195 Le Attinie sarebbero da un pezzo scomparse senza questa loro grande agevolezza a riprodursi. Ho veduto sovente una bella e grossa attinia rossa attaccata ad una roccia , il giorno dopo quello in cui l’aveva ammirata , divorata ai tre quarti da qualche pesce: quel po' che rimaneva dava origine ad un’altra attinia. Non parlo di esperimenti che riuscirono sempre negli acquari col dividere in due od in quattro una attinia con un coltello, ottenendo altrettanti nuovi individui. I Credo chela chiocciola nei campi sia molto soggetta naturalmente a quella esportazione del capo che vi faceva sopra artificialmente lo Spallanzani. Argomento ciò da talune osservazioni che mi vennero fatte su’ gasteropodi marini. Ho veduto le cose che sto. per dire, lungamente in un grande acquario e talora anche al mare, nei cari giorni della mia dimora in Liguria, quando a bell’ agio fra le rocce di un seno romito po- teva starmene gl’interi giorni in agguato a sorprendere qualche fatto di costumi di animali marini. Certi pesciolini, specie dei generi Gobius e Blennius, hanno nei loro movimenti qualche cosa del rettile, dell’uccello, della fiera, piut- tostochè del pesce. Strisciando con moto serpentino ., movendo le pinne anteriori a modi zampe si fermano; posando sopra un’ alga queste pinne come un uccello sopra un ramo: s’appiattano sul ci- glione d’una roccia a fior d’acqua come leopardo in agguato. Un povero gasteropodo inconsapevole vien su strisciando, allun- gando il capo fuori della conchiglia: è un qualche Trocus, una qualche Monodonta ; il pesciolino rapace aspetta il suo colpo, piomba giù come un lampo, abbocca il mollusco, leva la testa scuotendola due o tre volte da destra a sinistra come il serpente a sonagli quando ha dato il morso, mozza coi denti quanto ha abboccato , e se lo mangia. Il povero mollusco ritira in furia nella conchiglia quel po'di molle che gli è rimasto, e cade sulle sabbie del fondo come corpo morto cade. In capo a qualche giorno dà nuovo segno di vita, in capo a qual- che settimana è ritornato intero. 496 = M. LESSONA, SULLA RIPRODUZIONE DELLE PARTI IN MOLTI ANIMA LI Così lo stesso individuo può perdere e rimettere più volte il capo nel corso della sua vita, come la stessa oloturia il canal digerente. Grande argomento di meditazione questo rapporto fra la riprodul- tività delle parti e la agevolezza del perderle. I Ci si può vedere un’altra prova della previdenza della natura, che ha fatto la specie con tutte le attitudini conformi ‘alle condizioni in cui le ha messe a vivere. Ci si può anche vedere una prova di più della tendenza degli animali e delle varie parti dei loro corpi ad adattarsi alle condizioni in cui si vengono trovando. Ed è proprio un gusto che tanto i naturalisti ortodossi quanto quelli che con discutibile amenità di linguaggio taluni chiamano empi e scellerati, possano trovare nello stesso fatto una spiegazione a loro talento. Ma queste parti che si riproducono così facilmente, hanno desse un qualche cosa di speciale nella loro struttura che dia ragione della cosa ? Ciò, per quanto io mi sappia, nissuno si è dato finora ad inve- stigare. Ecco un bel campo aperto ai nostri colleghi naturalisti ai quali mando un affettuoso saluto. Siccome alla S. V. signor Presidente, che non ho finora la ventura di conoscere se non che di fama, col più sincero senso di stima , mando saluti e rispetti. Torino, 13 settembre 1868. Suo Devotissimo Micnete Lessona. fi 497 Sopra un ittiolito della calcarea tenera leccese. Nota dei socio Utpe- Rico Botti. (Seduta del 41% settembre 4868.) Trasferita da poco la mia residenza in Terra d’Otranto, avrei vo- lato: potervi offrire qualche ragguaglio sulla costituzione geologica di quell’ estremo lembo d’Italia; se non che le esigenze dell’ ufficio inio e la contrarietà della stagione, che ivi ia estiva è la più inop- portuna, mi permisero appena talvolta di uscire dalla città di Lecce. Vi è per altro già noto, o signori, come colà prevalgano le forma- zioni terziarie, probabilmente plioceniche, ed io mi limito ad assicu- rarvi che la lor fama di ricchezza fossilifera non è punto esagerata, e ben potrebbe trovarvi il suo conto chi avesse agio di dedicarsi a farvi raccolte paleontologiche. Una rimarchevole formazione è ivi quella così detta della calcarea fenera leccese, largamente estesa all’ intorno della città di Lecce, che su quella e di quella è appunto costruita; una sorta di arenaria gial- lognola, che si lavora con ascia e pialla ccme il più dolce legname, e mirabilmente si presta alle più svariate ed ornate costruzioni. Fu già rimarcata dal Brocchi, it quale ne die’ cenno nel suo Discorso sui progressi dello studio della conchiologia fossile. Abbonda questa roccia di molluschi e crostacei ottimamente conser- vati, particolarmente bivalvi ed echini, e non dovettero mancare i vertebrali nel mare in cui si depositava, a giadicarne dalle squamme, vertebre e denti, che in gran numero vi si raccolsero, senza che però si potessero avere gli scheletri. Confortato dall’egregio presidente della mostra Società a farne ri- cerca, rivolsi adunque più specialmente le mie investigazioni ai pesci fossili della Calcarea leccese, e dopo molte infruttuose indagini potei procacciarmi l’ittiolito che ho l’ onore di presentare, e che debbo alla cortesia del signor cavaliere Harlingue, ingegnere-capo della Società francese cui è appaltata la costruzione di quelle meridionali ferrovie. 498 U. BOTTI, Questo fossile venne estratto appunto dalla sopradescritta calcarea, ad un chilometro dalla città di Lecce, nella prima trincea aperta per la ferrovia, in direzione da Lecce a S. Cesario, due metri circa sotto il livello del suolo, dove la calcarea, senza altra roccia sovrincombente, come d’ordinario, non è ricoperta che da scarso terreno vegetale, Esso consiste quasi esclusivamente di una colonna vertebrale, della estensione lineare di metri 0,25, composta di numero 21 vertebre; cioè 13 appartenenti alla coda, 6 al torace; 2 sono. cervicali. Forse una terza, o ventiduesima, univa quest ultime alla testa dell'animale vivente, ed andò con la testa perduta. Mancano ancora due vertebre fra le toraciche , e le tre terminali nella coda, ma ne resta il modello. improntato nella roccia, e le ho quindi enumerate come. presenti... La forma di queste vertebre è quella che dicesi a rocchetto; sono rilevate con orli ben pronunziati nelle due. articolazioni anteriore € posteriore, e questi orli sono fra loro rilegati da cordoni longitudinali, sensibilmente inflessi per secondare la cavità del rocchetto, ‘la quale ne resulta longitudinalmente scanalata. Le facce articolari, sebbene una sola appena in parte si trovi scoperta, si giudicano a prima vista dovere essere profondamente incavate, e tale infatti è una. vertebra, isolata, Finvenuta separatamente nella stessa formazione, e che giu- dico appartenere alla medesima specie. Finalmente le apofisi verti- cali sono rimarchevoli per acuti e robusti speroni. Manca affatto la testa, 0 ne rimane solo una incompleta lamina, che potrebbe appartenere alla regione operculare. Restano bensì le pinne pettorali, formate da più raggi, ma così in- complete che il numero di questi non è facile a determinare, Tali essendo i caratteri del descritto fossile, avrei voluto poterne. fare la scientifica determinazione, ma la mancanza in Lecce di biblio- teca e di collezioni paleontologiche, avendomi tolto il destro di isti. tuire opportuni riscontri e confronti, non è senza esitazione .che ar- disco riportare quest’ittiolito alla Zuspia Casotti Cos., genere e spe... cie fondati dall’ illustre commendatore Oronzio Costa, di cui Lecce piange recente il perduto decoro, la scienza l’intelligente concorso. ignorando se esista altro esemplare della Z. Casotti, tranne quello illustrato e figurato dal Costa nella sua memoria intitolata: Zuspia SOPRA UN ITTIOLITO DELLA CALCAREA TENERA LECCESE 499 Casotti. Nuovo genere di pescî fossili, ecc. (Napoli, tipografia Saut- to, 1858), il quale deve trovarsi nella privata sua collezione, or pos- seduta dagli eredi di lui in Napoli, ho stimato il presente esemplare possa riuscir gradito alla nostra società, cui mi pregio offerirlo, sia per la rarità dei vertebrati nella interessante formazione da cui pro- viene, sia per la recente fondazione del genere e della specie ai quali apparterrebbe, per cui reputo che i musei ne siano generalmente mancanti. Aveva già redatta la presente nota, quando, alla vigilia della mia partenza da Lecce, fui avvisato della esistenza di un ittiolito, che non tardai a riconoscere come altro e migliore esemplare di quello pre- sentatovi. Questo tiene unita la testa , assai ben conservata, e pre- senta ancora il ventaglio della coda, formato da doppio ordine di raggi, in ottimo stato, e tanto più pregevole in quanto l’ esemplare del Co- sta mancava affatto, come il mio, di tale appendice. Questo esemplare proviene certamente dalla solita calcarea leccese, la roccia che lo in- cassa presentandone gli identici non comuni caratteri litologici; ma si ignora il luogo ed il tempo del suo reperimento, non essendo stato ora trovato in posto, ma tratto da una vecchia fabbrica in demoli- “zione, Avrei voluto potervi presentare quest’ ullimo esemplare, di gran lunga più completo e migliore ; ma, trovandosi in mano di uno specu- latore che si lusinga possedere in esso un tesoro, non potci neppure tentarne l’ acquisto. Sulle torbe lombarde e sulla loro lavorazione. Cenni del socio prof. Luici Orravio Fennero, Preside dell’ Istituto tecnico industriale, ecc. di Bergamo. (Seduta del 16 settembre 1868.) L'esame comparativo di alcune torbe commerciali mi porse argo- mento di alcune considerazioni sulle medesime. Io ho fiducia che da 500 O. FERRERO, queste, col sussidio dei vostri lumi, il Congresso potrà essere di mon; lieve influenza sull’ avvenire economico e industriale, che tale mate- ria ha meritamente acquistato per lo sviluppo delle nostre industrie. nazionali. Il valore attribuito alle nostre torbe varia secondo i centri di: con- sumazione da L. 1,20 a L. 2,20 cadaun quintale. Finora, attesi gli stretti confini entro i quali maniengonsi le cognizioni tecniche, non; fu guari fatta regolare classificazione industriale dei nostri combusti-. bili, e vi hanno tali diserepanze negli apprezzamenti, che noi vedia- mo trasportare sulle stesse vie e in direzione opposta combustibili nei; quali il prezzo di trasporto forma il solo merito del maggior. valore, loro attribuito, mentre sfugge dallo stesso luogo un altro combusti-. bile migliore e trascurato dai consumatori. | Nè da minor sorpresa siete compresi quando parlate di confronti relativi con due industriali, de’ quali l'uno vi porta alle stelle un com-> bustibile, l’altro ve lo deprime, adducendo per sola ragione ehe non conviene al proprio forno. Il forno tien sommesso il consumatore alle: | proprie esigenze; le ragioni economiche, le quali farebbero posto allà. torba , perdono del loro valere dinanzi alla preconcetta esigenza del forno, e quando si è abituati a consumare del cok, della lignite, del- l'huille, .si deve continuare su quel piede di consumo, ancorchè ne vadi ogni giorno di mezzo la continuata consumazione di una parte. giornaliera dei benefizi industriali, i quali vengono convertiti in aria - abbruciata, a vece di sottoporre il forno alle vere esigenze dell’eco-' nomia industriale, sostituendo ai combustibili stranieri quelli che il paese estesamente possiede. Ragguagliando il prezzo medio delle torbe nostre coll’ huille ingle- se, esclusi i porti di mare dove la semplicità dei trasporti e la loro facilità cambia sostanzialmente le condizioni di convenienza, noi ab- biamo in media per |’ huille una spesa di 40 a 45 franchi per ogni tonnellata, mentre invece la torba non costa che L. 20 a 25. Il potere calorifico delle torbe sta in generale come 4 a 2,in con- fronto all’ hbuille. Siccome però l’huille è più densa, occupa meno spa- zio, ed ha un commercio più facile ed avviato, noi vediamo anche a poca distanza dalle torbiere impiegarsi di preferenza l’buille invece SULLE TORBE LOMBARDE E SULLA LORO LAVORAZIONE Boi della torba, mentre, a parità di potenza calorifica, l' ugual costo dovrebbe sempre far dare la preferenza al combustibile nazionale. Nè la ragione dell’ abbandono in cui giacciono le torbe è imputa- bile alla sola ignoranza che si ha sul loro potere calorifero, ma bensì al modo diverso e ai diversi risultati che si ottengono dalla maniera colla quale 1’ industria della coltivazione delle torbe si eser- cita, quindi il poco suo credito e consumazione. A convincersi basta il verificare le differenze che presentano le spe- cie diverse di torbe nostrane, e le varietà stesse offerte da una stessa torbiera, riguardo al loro potere calorifero. Più grave egli è poi l’ in- conveniente che si verifica, nelle torbe lavorate; le così dette torde compresse. In queste, mentre in alcune aumenta il titolo della densità, aumentano pure le quantità centesimali di cenere, per cui, più che ad arricchire la torba, sembra che si sia lavorato ad aggiungere della terra. L’annesso specchio, risultato di alcune analisi da me fatte, vi con- vincerà , o signori, di quanto sto esponendo. | saggi a cui accenno rappresentano il potere calorifero e la quantità di cenere contenuta in alcune torbe lombarde; alcuni di questi saggi furono già accolti dalla Società di scienze naturali in una delle sue pubblicazioni, altri sono il risultato di studi più recenti. COMPOSIZIONE DI ALCUNE TORBE LOMBARDE. Potere enlorifico dedotto dal saggio di Berlhiér. Calorico Cénerì Potenza sviluppato in 99 degli strati 1. Torba leggiera di Torbiate (Bresc.) 3223 i] Î fu MARTA 0... + + 504 Ti 7a ll metri di SEPE Aeon pressa, Id 0 sie 2986 27 posenzn 4 » . ordinaria d'Iseo (Brese.).. . . 2834 7 13 a 9 metri di Db. n compressa, id. . FIOR 2002 .. 39 |. potenza. 6. » leggiera di Raso CRerpote i. 3062 7 n densa di id, na 1264 50 0,10a0,70dì pot. 8 » Ordin. “parte Here (Mosi Creta) 3549 12,80 pra pi pnt bo RIEN, onditaiia parte inferiore, id. . ‘3005 27 1 a 1,80 di po- 10... » eompressa insorte, id. ... . 2450 27,20 Senza: d02 O. FERRERO, Torbiate. Differenza iu più di ceneri nella compressa 20 | Iseo . ° ° . DI ° . » » . ” n . ° . . ant, 32 per cento De Mosi di Cana. le i T'orba Challeton, detta Nuovo Antrace: calorie 3500; densità 650. Torbe ordinarie: Densità kil. 250 a 350 per ogni metro cubo. Le torbe nostrane compresse : kil. 7 a 800. Le torbe compresse citate, mentre perdono del loro potere calori- fero, aumentano enormemente in ceneri, le quali in molte circostanze. sono estremamente nocive. Nuocciono le ceneri alla combustione indiretta per la natura delle scorie liquide a cui dan luogo , le quali imbrattano siffattamente le griglie dei focolari, da interrompere anche gli effetti della combu- stione; nuocciono maggiormente nella combustione diretta, perchè por- tano un contingente di materia estranea all’operazione, e spesso no- ‘civa ai nuovi prodotti che colla cottura si vogliono ottenere. Perchè le torbe lavorate possano acquistare presso di noi quel grado di potere calorifico che possiedono alcune torbe straniere, è necessa- rio che la lavorazione delle medesime sia accuratamente e meglio stu- diata ne’ suoi singoli rapporti. Non è il solo meccanismo, la macchina migliore quella che può dare i migliori risultati, ma bensì la cono- scenza di tutte le circostanze inerenti alle diverse specie di torbe e a quelle altre che ne accompagnano la propria giacitura, nonchè il concorso simultaneo delle varie operazioni di purificazione, lo non intendo di fare una classificazione delle torbe, assai difficile d'altronde, ed estranea al mio proposito; mi limito invece ad accen- nare alcune circostanze di fatto, le quali, a parer mio, dovrebbero aver peso relativamente al modo di coltivare e di lavorare la torba. Tre sono, a mio avviso, le principali materie nocive alle torbe per le proprie applicazioni, ossiavero alla diffusione del proprio uso e commerciabilità: l’ acqua, le materie terrose, ed i solfuri, le piriti principalmente. La prima, cioè l’acqua, v'è sempre mezzo di espellerla, o coll’ es- siccazione naturale o artificiale, oppure accelerando l’ essiccazione colla compressione: quest’ ultima operazione però, applicata attualmente in SULLE TORBE LOMBARDE E SULLA LORO LAVORAZIONE 5053 quasi tutte le torbiere in stato di coltivazione, non migliora la con- dizione della torba, perchè vi comprime altresì la parte terrosa. Le materie terrose abbondano specialmente nelle torbiere il cui ba- cino riceve o ricevette acque torbide alluvionali; queste materie, di- sposte a strati o in seno alla materia torbosa , sono di difficile sepa- razione, atteso il modo di essiccazione delle torbe; riesce poi diffici- lissimo la separazione quando constano di reliquie di molluschi, come si verifica in quella di Crema. Le macchine frantumatrici o spapolatrici dividono bensì le torbe, ne rendono egli è vero omogenea la pasta, ma difficilmente arre- cano il vantaggio di una perfetta separazione delle materie terrose disseminate in seno alle medesime. I solfuri e le piriti, abbondantissimi in quasi tutte le torbe , men- tre costituiscono l’ostacolo il più grave alla diffusione industriale del- l’uso delle torbe, sono di difficilissima separazione , atteso il loro modo parziale di formazione; essendo difatti i solfuri il risultato della riduzione dei solfati esistenti nell’ organismo delle piante costituenti le torbe, o dell’acqua in seno alla quale si produce, coll’intermezzo di uno dei tre principali elementi costitutivi dell’ organismo vegetale, la fisica loro formazione è estremamente divisa e diffusa, e ne è imbrattata, per così dire, ogni minima parte di fibra organica, senza tener calcolo dei piccoli nocciuoli di pirite stessa che si possano tro- vare frammischiati alla massa torbosa, nonchè quella prodotta dalle sostituzioni, così frequenti nella natura morta. L'operazione della sem- plice lavatura è quindi insufficiente ad esportare le piriti. lo credo invece possa giovare moltissimo alla separazione delle pi- riti un processo che chiamerci di lievitazione chimica, ossia di rea- zione e lenta ossidazione: ossidazione che si può accelerare artificial- mente, inzuppando nell’ acqua e lasciando asciugare parecchie volte di seguito la massa torbosa; in allora 1 azione ossidante dell’aria, pro- muovendo nuovamente la solfatizzazione dei solfuri li rende solu- bili e facilmente eliminabili. L’insuccesso delle torbe nell’applicarle alla fabbricazione del gas; le difficoltà che si incontrano nel purificare i prodotti pirogenici della distillazione delle torbe ; il rapido consumo dei recipienti esposti al- dBO4 O. FERRERO, l’azione’ della fiamma nei focolari alimentati da torba ; la cattiva in- fluenza dei gas ottenuti dalla torba nelle operazioni metallurgiehe di riduzione, specialmente nella metallurgia del ferro, dove la torba oggi tiene tanta importanza, specialmente nell’ uso dei forni gasogeni, sia ad azione diretta che a rigeneratore, sono tutte circostanze inerenti alla diffusione delle piriti esistenti nelle torbe. | Ho accennato all’ eliminazione dell’ acqua, condizione atta a stabi- lire-uno dei titoli commerciali inerenti alle torbe; debbo però ag- giungere che la torba, indipendentemente dall'acqua, allorchè viene essiccata in condizioni normali, perde una notevole quantità di mate- riale combustibile. Alcuni composti organiei, modificandosi colla loro ossidazione all'aria; assumono lo stato gasoso ; vi ha: quindi una per- dita reale di peso in combustibile, conducendole allo stato d’essieca- zione richiesto dal commercio. Îl commerciante avrebbe quindi mag- giore interesse a vendere la propria torba a 28 e 30 per ‘/, di acqua, in più della normale, stabilendo una specie di abbuono per quella quantità d’acqua a preferenza di essicearla. Questo fatto d’altronde è talmente conosciuto dai produttori, che sì preferisce la misura cubica al peso, onde evitare nelle vendite le deduzioni necessarie per ab- buonare | acqua, essendosene già preventivamente valutata la quan- tità approssimativa. Nè bisogna credere che questo sistema di valutazione sia il più opportuno, perchè, variando in genere le torbe di ricchezza combu- stibile a norma del posto che occupano nel relativo strato, ed essendo queste soggette ad avere delle densità diverse, a norma della potenza dello strato stesso e del posto che essa occupa nella massa torbosa , molto arrischiata e fallace è anche la base indicata. di trattazione commerciale. Nè a risultati migliori conduce l’ escavazione di quelle giaciture di torbe, dalle quali mediante operazioni idrauliche potendosi effettuare lo scolo delle acque, oppure con mezzi naturali, l’ estrazione si fa al- l’asciutto ; l'operazione in tal caso riesce più facile e meno dispen- diosa, ma la natura del prodotto non è per nulla migliorato per 1’ ef- fetto di questa operazione; l’unico effetto utile si riduce ad un'essie- cazione più rapida. | SULLE TORBE LOMBARDE E SULLA LORO LAVORAZIONE BOD Allorquando difatti nella torba |’ acqua viene sostituita dall’ aria, i solfuri contenuti si solfatizzano e vengono, per effetto di capillarità, trasportati alla superficie delle formelle. Per la conseguente evapora- zione, talvolta le torbe imbiancano, tale, tanta e rapida è la solfatiz- zione; i solfati vi aderiscono essiccando , e, a meno che le fornelle vengano dilavate, porteranno sempre il loro tributo di zolfo nel fo- colare. Per eliminare possibilmente le piriti dalle torbe è necessario lavo- rarle con metodi seguenti e normali, la cui pratica non è generalmente eseguita. À che cosa infatti riduconsi gli effetti meccanici della lavo- razione della torba? Ora a modificarne la densità colla compressione, ora a tritolarla per renderla più omogenea, ora a separarne i prin- cipii terrosi ;} operazioni tutte lodevolmente utili, perchè aumentano le proprietà calorifiche delle medesime, ma che però non raggiungono lo scopo di eliminare possibilmente le piriti, causa e ostacolo princi- pale alla loro generale diffusione ed uso in parecchie applicazioni tecniche. Tl metodo razionale per purificare le torbe dalle piriti, metodo che servirebbe anche ad arricchirle in potere combustibile, sarebbe quello di sottoporle a reiterate imbibizioni d’acqua o lozioni, le quali però non dovrebbero succedersi immediatamente, ma bensi a lunghi in- tervalli di tre a sei mesi almeno, onde dar tempo all'aria di pro- durre la solfatizzazione delle piriti ; in allora, succedendo un’ idratazio- ne, l’acqua discioglie i solfati e ne produce lo spostamento, Quest’ operazione, che io chiamai lievitazione chimica , sarebbe poco dispendiosa, applicandola alla coltivazione della torba. Il fondo della torbiera , diviso in appezzamenti, dovrebbe potersi alternativa- mente mettere quasi in secco, e quindi nuovamente in acqua, almeno tre volte nel periodo di diciotto mesi; pendente questo tempo, la rea- zione chimica dapprima, e gli effetti scioglienti dell’ acqua in seguito, produrrebbero sicuramente l’ eliminazione di quasi tutta la pirite dif- fusa nelle torbe (1). Dove poi la torba è sempre sommersa, e che per (1) A proposito della lievitazione della torba e dei fenomeni inerenti, un fatto molto interessante ho potuto osservare nella estesissima torbiera dei Mosi di Crema. Colà, per cura dei proprietari, si aprirono fossi atti a risanare quei luoghi, nei quali, ap- 506 O. FERRERO , l’ utilità dell’ estrazione si adoperano macchine speciali atte a taglia- re, scavare, o comprimere, o a compiere contemporaneamente que- ste singole operazioni, non sarebbe difficile la disposizione di un ba- cino artificiale, onde sottoporre la torba alla preventiva lievitazione accennata prima di commerciarla. Tutto il maggior lavoro richiesto verrebbe amplamente compensato dal maggior prezzo che acquisterebbe il combustibile. Egli è bensì vero che in giornata pochi sono gli industriali italiani i quali siano avvezzi a stabilire razionalmente il vero valore e I effi- cacia dei combustibili; ma alla stessa maniera che l’huille, le antraciti vengono nei pacsi di produzione classificati, e anche lavati accura- tamente, onde specialmente eliminare le piriti, ostacolo nelle indu- strie a molte operazioni di riduzione chimica, ed è anzi sulla garanzia del titolo minimo di piriti, allorchè se ne è stabilito il potere calori- fico, che si contrattano i combustibili; io voglio sperare non. tarde- ranno anche fra di noi ad adottarsi tali formole nei contratti di com- - bustibile nazionale. Presso di noi i depositi di torbe, e specialmente nell’ alta Italia , hanno una assai vasta estensione ; se il loro apprezzamento ;non fu in addietro proporzionato alla loro importanza, ciò non è imputabile alle medesime, ma bensì ai risultati ottenuti nell’impiegarle quali si estraggono dai luoghi di produzione naturale, senza la premessa di processi razionali di preparazione. pena fatta l'estrazione della torba, il suolo viene con molta e lodevole alacrità messo a coltura; allorchè l’acqua era stagnante per difetto di opportuni emissari, detta ac- qua era appena ingiallita leggermente per effetto di un po’ di humus disciolto; ora che coll’ uscita dell’ acqua l’aria vi reagisce, l’acqua ne esce verde-gialla, carica dì solfato di ferro per modo, che la si distingue anche al sapore. In quella stessa torbiera 0s- servai uno dei bei fenomeni della reazione dell’ acqua sui solfuri delle torbe: egli è un pozzo scavato ad una certa profondità nel sottosuolo della torbiera, in mezzo a terreno ora reso coltivo, dove l’acqua è limpidissima e fresca, ed è ricchissima di acido solfidrico; se le proprietà dell’acqua di questa fonte potessero essere costanti per molti anni, sarebbe il caso di utilizzarla come acqua minerale; ma io’ ritengo che a misura che l’aria può compenetrare nel suolo, il fenomeno s’invertirà, ed in luogo di acido solfidrico, l’ acqua diventerà in seguito carica di solfati; questa sorgente solfidrica in mezzo ad una torbiera è uno dei bei fatti chimici atti a spiegare la mineralizzazione di alcune acque epatiche. SULLE TORBE LOMBARDE E SULLA LORO LAVORAZIONE 5B07 Le ragioni economiche d’ altronde che si vorrebbero far prevalere a danno di una lavorazione confacente a migliorare le torbe , non hanno nel nostro paese lo stesso valore come all’ estero; qui la mano d’opera costa una metà, un terzo di meno; quand’ anche noi doves- simo investire la spesa di una lira per ogni quintale di torba scavata e lavorata, ci avressimo ancora il tornaconto. I margini per il lavoro delle torbe sono tracciati dal valore effet- tivo, ossia dalla potenza calorifica che il lavoro sudetto può arre- care alla torba; quando quindi colla spesa di una lira per ogni quin- tale noi. possiamo addizionare un equivalente di mille a mille cin- quecento calorie di più alle torbe nostrali, noi dobbiamo farlo. Mentre difatti noi spendiamo in media per le calorie dei combustibili nei rapporti seguenti, perchè non potremo spendere altrettanto per le. torbe, e far, come si dice, fuoco della nostra legna ? Prezzo attribuito Valore dei combustibili al combustibile. per ogni 1000 calorie. Carbone Cok .. ‘7000 calorie — L. 7,00 al quint. — L. 1,00 Huille. . * . 5000a 6000 — » 4,50 a 5,00 — » 0,90 a 1,00 Carbone di legna 6000 a 6500 — » 6,00 a 10,00 — » 1,00 a 1,50 Legna. . . . 2500a 3000 — » 2,25a 3,00 — » 1,00 a 2,00 Torba. . . . 2800a 3000 — » 2,00 — n 0,67 In generale adunque le torbe vengono commerciate ad un prezzo inferiore alla legna, quantunque parecchie delle medesime abbiano un valore relativamente superiore. Che 1’ esito della cattiva lavorazione delle torbe sia a tutto pregiu- dizio della condizione economica delle torbiere, lo dimostrano le cattive speculazioni fatte da società o persone intraprendenti, le quali vi profusero dentro attività e sostanze. Parecchie società falli- rono, o cessarono da un’ industria che ha tutto il diritto ad essere, e tutte le opportunità per migliorarsi, attese le immense risorse di cui la può sovvenire in giornata la meccanica col proprio materiale perfezionato. Egli è sperabile che introducendo i buoni sistemi di coltivazione , noi giungeremo non solo ad ottenere la torba in formelle più solide 508 o. FERRERO, SULLE TORBE LOMBARDE È SULLA LORO LAVORAZIONE e più dense, e quindi di facile trasporto, ma altresì torbe di titolo si- curo e sufficientemente purificate, applicabili quindi ‘alla pluralità delle industrie. | Già ad Avigliana, sul Canavese in Piemonte, a Colico, a Varese, a Crema, ad Iseo in Lombardia, funzionano apparecchi e macchine di buona costruzione; ma è necessario che non alla sola compressione o o spapolamento della materia torbosa si proceda, ma a quella com- pleta lavorazione che solo si può ottenere completando e accomu- nando i sistemi e le pratiche. Così purificate e lavorate, le nostre torbe potranno essere anche convenientemente carbonizzate; e men- tre che, colla distillazione, si potranno ottenere parecchi altri pro» dotti chimici importanti, col carbone ottenuto si potrà far rivivere la quasi spenta industria del ferro, specialmente quella degli alti forni, ai quali oramai le foreste nostre non sono più in condizione di som- ministrare il carbone occorrente. Per 1’ incremento delle nostre industrie estrattive, noi dobbiamo oc- cuparci dell'argomento della coltivazione delle torbiere: molti inte- ressi economici vi hanno rapporto ; l’ agricoltura , l’industrie locali , l'igiene si gioveranno dei nostri studi. tea Sopra una nuova specie di Hippurites. Comunicazione del socio Giuio Anprea Pirona, professore di storia naturale nel R. Liceo di Udine. (Tavola V.? ) {Seduta del 16 settembre 1868.) Le numerose specie della famiglia delle Rudiste ebbero ,. come ognuno sa, la loro culla negli ultimi strati del terreno neocomiano, e la loro tomba nella creta superiore. Gli studi fatti su di: esse in i questi ultimi anni, particolarmente dal Bayle e dal Woodward, ci hanno iniziati un poco nella conoscenza della organizzazione di questi molluschi lamellibranchi. @ G. A. PIRONA, SOPRA UNA NUOVA SPECIE DI HIPPURITES 509 Delle Rudiste che si trovano nei terreni cretacei d’Italia alcune specie del Bellunese e dell’ Alpago vennero illustrate dal nestore dei nostri geologi il ch. professore T. A. Catullo, ma in un tempo in cui la conoscenza della struttura di questi esseri cera assai poco conosciuta ; del Napoletano alcune specie vennero fatte conoscere dal nostro col- lega il professore G. Guiscardi ; della Sicilia molte altre dall’ altro nostro socio il professore G. G. Gemellaro. La frequenza delle spoglie di Rudiste negli strati cretacei delle prealpi del Friuli mi ba invogliato al loro studio. Il fratto di questo aveva io in animo di sottoporre, illustri signori, alle dotte vostre osservazioni, e desiderava principalmente di farvi conoscere il ric- chissimo banco di Rudiste del colle di Medea, daì quale, in mezzo a un numero infinito di frantumi, ho poluto trarre dieciotto specie, quasi tutte nuove, di Radioliti e di Sferuliti. A_ questo banco appar- tiene quella singolarissima forma la quale pei caratteri della sua cer- niera ho creduto di dover riferire ad un nuovo genere che ho de- nominato Synodondites (1), e la cui unica specie ho dedicato all’ illu- stre segretario della nostra Società, il professore Antonio Stoppani. Non avendo potuto approntare quella Memoria per la difficoltà in- contrata nel far eseguire le tavole, che ora devo alla gentilezza del valente mio amico e nostro collega il professore T. 'Taramelli, vi presento una Ippurite, che negli ultimi giorni del passato agosto ho raccolto nei monti che s’innalzano a formare il partiacque tra le val- lette tributarie del Cornappo e del Natisone, al nord di Udine. I depositi cretacei, i quali nelle due estremità occidentale ed orien- tale dell’ anfiteatro alpino del Friuli prendono grande sviluppo , si assottigliano nel mezzo, e ad oriente di Torlano si nascondono sotto gli strati arenacei dell’ eoceno inferiore, per ricomparire più in là nei monti Mia e Matajur. Nei monti tra Subit e Platischis, al disotto delle arenarie eoceniche , ma al di sopra degli strati calcareo-mar- nosi rossastri rappresentanti la Scaglia, incontrasi uno strato, della potenza di 20 a 25 metri, formato di rottami angolari di un calcare grigiastro, il volume dei quali varia da qualche centimetro a più (1) Atti del R. Istituto veneto di scienze, ece. Serie HI, Vol. XII. 4867. Vol. XI. 35 LI 5IO G. A. PIRONA, metri cubici, riuniti da un cemento argilloso-calcare, analogo a quello che riunisce gli elementi delle arenarie eoceniche, e che dove trovasi a nudo si lascia facilmente degradare dagli agenti atmosferici, La sua posizione stratigrafica al di sopra della Scaglia dimostra ch’ esso è il prodotto dell’ antica degradazione del calcare della creta in- feriore od ippuritico, i cui detriti pel lento abbassamento successo all’aurora del periodo terziario, vennero a sommergersi di nuovo e ad essere cementati dai materiali che quel mare vi deponeva. In questi pezzi di calcare si trovano molto comuni gli avanzi di Rudiste, e fra qualche Spherulites vi abbonda l’ Ztippurites. cornu- vaccinum Bronn, e più ancora l’/Zip. bioculatus Lamk. ‘Nelle parti disaggregate di questo stato breccioso, presso Subit, il sig. N. Gior- dani medico di Attimis, il quale mi accompagnava in quella, escur- sione, s'imbattè nel frammento che ho l’onore di sottoporre al vostro esame. Esso appartiene non solo ad una specie ben distinta, ma an- cora presenta una tale singolarità di caratteri che possono indurre a serie riflessioni sulla importanza di quelli finora adottati per ista- bilire la distinzione delle specie del genere /Mippurites. Mi riservo di ritornare più tardi su questo punto, e per ora mi limito a farvi la descrizione di questa nuova specie che denominano: Hyppurites polystylus. Valva superiore sconosciuta. Valva inferiore superiormente cilindrica, all’ esterno ornata quasi regolarmente da 19 solchi, distanti uno dall’altro da 15 a 18. milli- metri, limitanti altrettanti cordoni leggermente convessi, e sui quali si vedono distinte linee d’ accrescimento. Nel lato palleale due di questi cordoni hanno una larghezza quasi doppia degli altri, cioè 30 o 32 millimetri. 1 solchi corrispondenti alla cresta cardinale e ‘ai due pilastri ordinarii non appariscono all’esterno distinti dagli altri, e lo spazio che occupano è la sesta parte dell’intera circonferenza. Nella sezione trasversale la cresta cardinale A. fig. I. apparisce molto lunga (0,04), alquando falcata, colla concavità rivolta al lato buccale ; il primo pilastro 5. spatolato e molto dilatato alla estremità SOPRA UNA NUOVA SPECIE DI HIPPURITES BIL libera; il secondo pilastro C. lanceolato, ottuso all’apice, repentina- mente ristretto alla base e portato da un breve peduncolo. Lo spazio compreso tra la cresta cardinale ed il primo pilastro sta a quello com- preso tra il primo ed il secondo pilastro come 2 a 3. Ad ognuno degli altri 416 solchi esterni corrisponde un altro pila- stro formato da una doppia lamina del tessuto esterno, dilatato alquanto alla estremità libera. Otto di tali pilastri accessorii si spingono come raggi verso il centro per 20, e fino per 28 millimetri, e sono alternati con altre otto sporgenze o creste secondarie, delle quali Ie due mag- giori poste al di qua e al di là del secondo pilastro C sporgono al più 7-8 millimetri. Lo strato esterno della conchiglia ha uno spessore di circa 3 milli- metri ; lo strato interno o vitreo assai sottile ; le lamine interne ostruenti la parte inferiore della cavità della valva, come quelle del- l’Hipp. vesiculosus. Woodw, presentano moltissimi vuoti, simili a ve- scichette, talvolta apparentemente seriate (1). Dimensioni. Diametro trasversale . . . 00,412. Altezza del frammento . . 0 ,090. Spiegazione della Tavola. Fig. 1. Sezione trasversale del frammento grand. nat. — A. Cresta cardinale. — £. primo pilastro. — €. secondo pilastro. — m. n. i due maggiori cordoni, dove fra i pilastri accessori mancano le creste secondarie. Fig. 2. Lo stesso veduto dal lato palleale. (4) Vedansi, mel processo verbale della seconda seduta del giorno 16 settembre della sezione di geologia, le osservazioni dei signori Meneghini e Guiscardi relative a questo fossile, pel quale il professore Meneghini propone di fare un genere nuovo, da deno- minarsi Pironaea in onore del suo scopritore. G. OMBONI. b12 Note sull’ Ozono. Comunicazione per Giuserre BetLuccr. (Seduta del 16 settembre 1868.) ‘In una interessante relazione di alcune esperienze, Weltzien ebbe a dire giustamente, come vi sieno pochi corpi che in questi ultimi anni abbiano tanto occupato i chimici quanto il perossido di idrogeno e l'ozono; eppure, egli aggiungeva, nonostante i numerosissimi studii praticati da parecchi esperimentatori ., non si è ancora d’accordo nemmeno sui fatti fondamentali che hanno rapporto con l’ossigeno at- tivo, e ciò in causa delle differenze che s’ incontrano nelle loro in- terpretazioni teoriche. Invero sono così. numerose le opinioni segna- late alla scienza relative a tutti quei fatti che si riferiscono all’ossigeno dotato di proprietà differenti da quelle che d’ordinario presenta, che a prima giunta riesce difficilissimo . poter trarre da esse un esatto concetto a quel riguardo; ove si aggiunga poi ad una tal difficoltà, l’altra non meno rilevante che il. materiale che ha rapporto con quell’interessante argomento , non trovasi raccolto ma disseminato nei resoconti delle varie accademie , e nei giornali scientifici che dal 4840 a quest'oggi furono publicati, si comprenderà facilmente come queste due circostanze contribuiscano a far sì che sulla qui- stione dell’ozono importantissima non solo per sè stessa, ma ben'anco per tutti quei fatti che vi si rannodano, regni ancora la più:grande incertezza. Stimolato da ciò, io presi a far raccolta di tutti quei fatti sperimentali, di tutte quelle considerazioni teoriche che si riferivano a quella questione, allo scopo di formarne col loro insieme una trat- tazione completa, procurando al medesimo tempo , dietro esame di tutti i suoi particolari, di togliere ad essa quel carattere incerto sotto il quale fu riguardata per lo addietro , e si riguarda ancora da molti oggidì. Condotto a termine un tale lavoro, mi tengo veramente ono- rato di presentarlo a Voi in quest'oggi, e siccome i suoi limiti non ne permetterebbero intiera la lettura, così stimo opportuno comuni: carvi presentemente l’ordine da me tenuto nella sua trattazione. G. BELLUCCI y NOTE SULL'OZONO d153 Divisi l’argomento in cinque parti principali; nella prima presi a discorrere dei fatti sperimentali e delle vedute teoriche relative alla ricerca della natura chimica e della intima costituzione dell’ ozono. Tuttochè molti sperimentatori si rivolgessero con pazienti ed accu- rati studi a quelle ricerche, pur tuttavia dovè correre una lunga tratta di tempo a che si giungesse a buon porto, su quel primo punto della quistione. Tralasciando le antiche osservazioni che si riferiscono all'odore del fulmine, constatato poi esser dipendente dall’ ozono , la storia di quelle ricerche può dividersi in tre periodi distinti ; dal 1783, epoca in cui Van Marum primo avverti e segnalò l’odore dell’ ozono durante il corso di alcune reazioni chimiche, fino al 1845 in cui Marignac e De la Rive addimostrarono che la sua natura chimica non differiva da quella dell'ossigeno ordinario; dal 1845 al 18387 epoca in cui Andrews e Tait ottennero dei risultati sperimentali validi a comprovare che l'ozono era dell’ossigeno condensato; dal 1857 al 1867 in cui Soret pose fuori dubbio l’intima costituzione molecolare del- l’ozono, addimostrando come si fosse dell'ossigeno condensato , la di cui densità rappresentando una volta e mezza quella. dell’ ossigeno ordinario, risulta uguale ad 4,658. Nella seconda parte, trattai delle proprietà caratteristiche dell’ ozono, distinguendole in fisiche, chimi- che ed organoleptiche , e della sua azione sull'economia animale; benchè l’ozono non siasi ancora ottenuto allo stato di purezza, isolato dall’ossigeno ordinario, nondimeno lo studio delle sue proprietà tro- vasi sotto ogni riguardo completo ed interessantissimo. Nella terza parte dissi dei diversi incontri in cui dagli sperimentatori fu am- messo avverarsi la produzione dell'ozono; parlai separatamente dei modi di sua formazione per azioni chimiche, per azioni elettriche, per azione della luce, fermandomi a discorrere da ultimo sulla pretesa esistenza dell'ozono nello spato fluore di Wolsendorf, e sull’ impor- tante questione se l'ossigeno che si sviluppa dai vegetali si trovi allo stato di ozono, come fu da taluni sostenuto. itiguardo ai diversi in- contri in cui fu segnalata la produzione dell’ozono, posi poi in rilievo tutti quei particolari sia notati dai diversi sperimentatori, sia dedotti dallo insieme dalle esperienze stesse, valevoli a comprovare come molti di essi non rappresentino dei veri casi di sua formazione, poi- BI% G. BELLUCCI , chè le energiche proprietà ossidanti ripetute all’ozono, essendo state analizzate nello stesso mezzo nel quale succedeva la reazione, in cir- costanze in cui la sua esistenza si rendeva impossibile, debbonsi ri- petere anzichè ad esso, all’azione dell’ossigeno nascente. Nella quarta parte esposi la teoria di Schénbein sull’ozono e l’antozono, sostenuta da altri esperimentatori e specialmente dal Meissner; feci seguire ad una tale esposizione la serie di quei fatti e di quegli argomenti che oppugnano quella teoria, e ehe addimostrano come sia incapace a respingere tutte quelle obbiezioni, che un attento esame dei suoi particolari giunge a sollevare. Queste quattro parti costituiscono un insieme che può rimanere isolato dalla quinta, nella quale mi riserbo trattare dell’ozono nell’ atmosfera , e degli effetti che si vogliono di- pendenti dalla sua presenza od assenza nell'aria. Alla trattazione di quest'ultima parte gioverà peraltro moltissimo l’avere di già raccolto tuttociò che si riferisce alla natura, alle proprietà, ai modi ed ai par- ticolari incontri di formazione dell’ozono, l’avere di già esposte tutte quelle interpretazioni teoriche che hanno rapporto con quei fatti, senza di che molto facilmente s’incorrerebbe in quelle contradizioni, in quelle incertezze che contribuirono e contribuiscono oggidi a te- nere irresoluta quell’ importante questione. Nell’esposizione dei vari particolari ehe si riferivano all'argomento da me preso a trattare, feci rimarcare l’inesattezza dell’opinione, so- stenuta ancora da alcuni , di riguardare cioè l’ozono quale identica cosa con l'ossigeno nascente; dopochè l’intima costituzione ‘moleco- lare dell’ozono venne sperimentalmente determinata, e si riconobbe che ogni sua molecola è costituita da uno speciale aggruppamento di atomi, quella opinione divenne inamissibile, accordandosi la mag- gior parte dei chimici a riguardare l'ossigeno allo stato nascente, come costituito da atomi isolati, non ancora aggruppati in molecole. Ad. una tal differenza nell’intima costituzione di quei due stati di energica attività dell’ ossigeno, corrispondono pure dei caratteri chi- mici diversi, e questi trovano la sua ragion d’essere, ove si consideri che se il. notevole potere ossidande ritenuto dall’ ozono si ripete a che l’atomo impari che concorre a formare la sua molecola, è in essa rattenuto da una energia più debole di quella che lega gli altri NOTE SULL'OZONO 548 due e può quindi facilmente disgiungersi di fronte ad un corpo ossi- dabile, l'ossigeno allo stato nascente formato da atomi isolati e perciò nemmen vincolati da quella debole ferza di cui bisogna tener conto a riguardo dell'atomo impari esistente nell’ozono, eserciterà un'azione ossidante rilevantissima , effettuando delle combinazioni difficili a de- terminarsi a mezzo dell’ozono, impossibili ad aversi con l'ossigeno ordinario. Stabilito pertanto teoricamente e col sussidio dei fatti la differenza che corre fra l’ozono e l’ossigeno nascente , ne consegue che noi dobbiamo considerare tre diversi stati di possibile esistenza dell’ossigeno, dipendenti dall’ isolamento o dal particolare aggruppa- mento dagli atomi che il costituiscono; l’ ossigeno nascente formato da atomi isolati, ciascuno dei quali rappresenta un volume: Vossi+ geno ordinario costituito dalla riunione di due atomi componenti una sua molecola, nella quale essi mantengono inalterati i rispettivi vo- lumi; l’ozono formato da un aggruppamento di tre atomi costituenti una sua molecola, la quale non rappresenta però che il volume di due essi soltanto, manifestando così un condensamento di un terzo di quel volume che, a seconda del numero degli atomi, dovrebbe contenere. Basando le mie considerazioni su questi tre stati di possibile esi- stenza dell’ossigeno , sul loro special modo di comportarsi nelle rea- zioni, e sui passaggi dall’uno all’altro stato a seconda delle particolari condizioni, procurai interpretare il meglio possibile i numerosi fatti che si riferiscono all’ossigeno dotato di proprietà ossidanti più ener- giche di quelle che nelle circostanze ordinarie possiede; attenendomi ad esse, la più gran parte di quelle contradizioni, di quelle incertezze che ingombravano l'argomento da me preso a trattare sarebbero rimaste appianate, molte difficoltà sarebbero state superate, resta per altro a giudicarsi se le interpretazioni da me formulate corrispondano veramente a quel grado di esattezza, necessario ad una soddisfacente soluzione di tutti quei particolari che si rannodano alla quistione dell’ozono. BIO Sull’acqua potabile per Vicenza, e sulla probabilità di riuscita dei pozzi artesiani. Memoria dell'ingegnere E. Vocesere di Vicenza. (Seduta del 17 settembre 1868.) La città di Vicenza difetta di acqua potabile, e fu sempre nel de- siderio di tutti il procacciarsene di buona. Tempo fa anzi per impegnarsi in qualche modo a pensare seria- mente a tale argomento, fu fatta la dedica al Re della condotta per Vicenza intitolandola Acqua Vittoria. Però, senza sapere quale acqua sarà quella che possa essere presa, e se ve ne sia che lo possa. È un fatto che quesl’acqua è ancora l araba fenice. Dopo questa dedica la risoluzione del problema di approvvigionare la città di acqua potabile, fu un tentativo di molti; e chi propose di condurre l’acqua del lago, o dalle sorgenti delle Maddalene; chi quelle delle sorgenti di Povolaro; chi quella dei sortumi di Cresole e Vivaro; e fu anche infine, per quanto è a mia conoscenza, formata una Commissione, che certo deve aver avuto l’incarico di riferire sull'argomento. Non è per altro a mia cognizione l'operato di essa, nè so che si riferisca al problema generale, o alla specialità, se o meno questa 0 quella sorgente, a suo giudizio sia per poter utilmente essere al- lacciata. Vi fu un tempo in cui per la città corse voce, che fosse stato senz'altro disposto îo allacciamento e la condotta della maggior sor- gente di Povolaro. In quella occasione e non riferendomi che alle preavvisate sorgive, ho creduto di pubblicare nel foglio locale un ar- ticolo di circostanza (1) in cui rilevo alcune difficoltà, ed a mio cre- (1) Ecco quest’articolo, già pubblicato in un giornale: Da quanto odesi discorrere in pubblico il nostro Municipio si dà veramente pensiero della presa e tradotta in Vicenza di un'acqua, nè altrimenti potrebbe essere, e per la necessità che ne abbiamo, e pella dedica fattane, e il nome di cui si volle intitolata questa condotta. Senonche non abbiamo potuto farei un criterio della linea di trattazione E. VOLEBELE , SULL'ACQUA POTABILE PER VICENZA, ECC. 517 dere, il bisogno dei maggiori studj, per poter istituire dei ragiona- menti di confronto sul partito più opportuno da addottarsi per una presa. che sarà per essere addottata in questo più che altri mai delicato, difficile ed importantissimo argomento. Egli è perciò che crediamo esternare alcune idee che, o sono buone, e sono state o saranno adottate, e ne godremo; o sì veramente si reputeranno inop- portune, e saranno perdonate in vista della buona volontà che le ha dettate. La presa di un’acqua potabile noi la vorremmo veder divisa in più studii: di questi non accenneremo che brevemente a quelli che fanno allo scopo del presente scritto. 1.9 In primo luogo è quello di determinare quali delle acque a cui si può riguardare pella condotta forzata, riuniscano in sè le condizioni di salubrità e bontà ed in che misura ciascuna, per poter stabilire il grado di preferenza sotto questo riguardo. 2.° In secondo luogo è quello di determinare quanti metri cubi d’acqua giornalmente occorrono alla nostra città, ed a quale altezza si debba consi- derare di avere questa portata sopra la maggior sua elevazione; per esempio sopra la soglia del portone del palazzo Trissino ora Porto sul Corso che può ritenersi il punto più elevato: ciò si deve fare perchè vogliamo essere certi di poterla tradurre agli altri punti della città; condizione questa indispensabile perchè la tradotta sia veramente di quella utilità che si si ripromette tanto in linea materiale che in linea di economia. Ognuno vede che se l’acqua potabile non arriverà nella quantità occorrente che al solo pianterreno delle case; sarà molto anzi moltissimo inferiore il vantaggio ritraibile dalla sua vendita in porzioni, di quello che se essa arrivasse az primi e secondi piani delle case stesse; questa circostanza darà una norma per limit are la spesa della tradotta proporzionalmente agli utili realmente da essa ottenibili, qualora si voglia eseguir egualmente la derivazione anche verificandosi il primo caso 3.° In terzo luogo in ordine alla preferenza accordata all'acqua prescelta per titolo: qualità; conviene determinare il grado di preferenza in ordine: I.° a possibilità materiale, II.° a possibilità economica, III.° a possibilità le- gale della tradotta, la quale soddisfaccia alle condizioni preventivamente stabilite da noi e dette di sopra al secondo. Perocchè crediamo che sia esenziale prima di tutto constatare se ed in quale grado di preferenza le acque preavvisate si prestino a soddisfare alle esi. genze della città 7 punto alla portata voluta da una determinata altezza fissata, come sopra, preventivamente, per esempio. al 1.° piano del suddetto palazzo Trissino sul Corso, o quanto meno a ron meno di duc metri sopra la soglia del portone del medesimo. 5418 ‘E. VOLEBELE, Le cause che mossero quello scritto sono fra molte altre: 4.° Che ho motivo di essere convinto che la sorgente di Povo- laro nei mesi di luglio ed agosto od in anni asciutti anche da’ gin- In quest’ultimo caso sfavorevole come dicemmo, si dovrà limitare quanto sarà più possibile la spesa della tradotta, perchè essa si presenterebbe eviden- temente in condizioni economiche svantaggiosissime ; riuscendo a questa altezza impossibile la vendita dell’acqua assegnabile ai varj appartamenti appigiona- bili della parte più ricca della città. Questo asserto è di per sè dimostrato, tostochè si rifletta, che se l’acqua potrà essere dispensata ai primi e secondi piani potremmo ammettere senza esagerazione di vendere ai privati un mille porzioni d’acqua perenne che a 400 franchi l’una, porterebbero un capitale di franchi 400 mila, tutti in isconto della spesa dell’acquedotto. Mentre questo utile scomparirebbe se man- casse la portata occorrente alla sopramentovata altezza (1). 4.° In quarto luogo occorre determinare il grado di preferenza della linea e del punto di derivazione nel riguardo economico, riferendosi cioè a quali sieno i rapporti di spesa per le varie derivazioni contemplate; riflettendo in questa sezione di studio gli enti che rappresentano i compensi eventualmente da devolversi ai proprietarj attualmente investiti od utenti di ciascuna delle sorgive cui si mirasse allacciare e tradurre per noi; facendo qui astrazione dalle risultanze economiche che evidentemente si collegano colla materiale possibilità della condotta di una determinata massa di acqua a determinata altezza di cui più sopra è detto, 5.° In quinto luogo, allora e soltanto allora che avremo raccolti tali ele- menti concreti; potremo con ragione e fondamento dimostrare quale sia la sorgente o le sorgenti a cui si si debba appigliare, e quale la condotta; la quale perchè sia veramente economica potrà essere anche la più costosa tanto per lunghezza che per tracciato. Premesso di cerziorarsi così sulla esattezza dei criterii della presa, sarà d’uopo determinare: a) Chi e con qual documento e qual titolo di priorità o di possesso siano gli attuali utenti od abutenti legali delle acque. 5) A quali usi queste acque servano in oggi. c) A quali usi possano servire le rimanenti dopo la presa; e dopo poste nella condizione volutà dalla presa stessa. (4) A Thiene per quanto si ricorda nel 1815, se ne vendettero oltre 200 porzioni, a circa 200 franchi. Interpellando però quel Municipio sul risultato della vendita del- l’acqua, si avrebbe un termine di paragone concreto ed ufficiale per giudicare sul risultato ottenibile da noi in isconto della spesa primordiale, SULL'ACQUA POTABILE PER VICENZA, ECC. di9 gno a settembre non dà una portata sufficiente per approvvigionare una città di 33,000 abitanti. Imperocchè è d’uopo aver presente che l’acqua che si conducesse d) Quali usi vengono miuorati o soppressi, e quale in cifra concreta sia il compenso ragionevole da devolversi ai proprietarj ed utenti per questo titolo di restrizione o soppressioneedell’ uso delle acque. e) Concrete conclusioni, offerte, o negative od opposizioni degli utenti tutti opportunamente invitati d'ufficio ad esternarsi sulla presa dell’acqua come sopra prescelta per preponderanza di gradi di preferenza. . Fra tutti questi studii preliminari, il più delicato ed il più importante è la determinazione della portata della sorgente. Noi vorremmo che la dimostrazione della portata fosse eseguita con tutta quella matematica esattezza che permette in oggi la idrometria. Vorremmo che l'ingegnere determinasse idrometricamente, e non ad occhio o ad un tanto per cento, în quantità di misura o di tempo tutti gli elementi occorrenti per eseguire il concreto calcolo della portata di ogni sorgente preavvisata, facendo eseguire quelle opere preliminari che sono necessarie al- l’uopo. Noi vorremmo almeno vedere nei suoi calcoli il #, od il tempo che l’acqua impiega ad innalzarsi dell'altezza x dal livello iniziale assunto, la sezione del bacino di prova, la sezione ridotta della vena sgorgante, Q, , ovvero la portata prima delle riduzioni ad Roe della fonte, Q, dé la portata nel tempo dé successivo al t- della sorgiva o cavo ridotto ecc., ovvero sia la integrazione concreta se non altro almeno di Noi vorremmo vedere determinato è livello a cui la sorgiva prescelta dà il massimo prodotto riferito alla soglia del portone Trissino. Noi vorremmo vedere matematicamente dimostrata quale effettivamente sarà, o potrà essere (se potrà) la portata della sorgente prescelta, portando il suo livello iniziale di cut sopra a coincidere col livello da noi preventiva- mente stabilito sopra la soglia del palazzo suddetto (primo piano), livello così appunto stabilito perchè vogliamo la portata occorrente a quella altezza, come sopra si disse. Soltanto dopo questi studj preliminari (che però non abbiamo qui che incom- pletamente e semplicemente annunciati); soltanto dopo, diciamo, saremo in grado di giudicare di quale e quanto dispendioso e difficile e possisiLe impegno sia la tradotta di un'acqua potabile in Vicenza; e darebbesi prova di legge- rezza se si commettesse in buona fede e senza più di tradurvela. 320 E. VOLEBELE, della presa della maggior comodità, in assai breve tempo restereb- bero obliterati. Wi non può considerarsi come una aggiunta a quella dei nostri pozzi, che naturalmente, approfittando i cittadini dell’acqua migliore , e 2.° Perchè non è a sufficiente elevatezza di livello: si dice infatti che il suo pelo ordinario sia a 16 metri sopra la soglia della Porta S. Bortolo. Ora si consideri che l’acqua per conservarsi buona in una condotta tubulare, quale occorrerebbe nel nostro caso, ha Opineremmo pertanto che sarebbe una salvaguardia di decoro e di econo- mia, commettere prima di ogni altra cosa lo sviluppo concreto di questi studii e processi analitici, non escluso la esecuzione di opere preparatorie pegli esperimenti che non rendano inutile od illusorio l’uso del differenziale ed integrale. Chi giurerebbe che questi studj non potrebbero anche darci un risultato negativo? Avuto dall'ingegnere che di ciò sarà incaricato l'elaborato preliminare di cui sopra, noi opineremmo che fosse trasmesso per esempio a due dei migliori idraulici e matematici e tecnici nostri in cui si trova di fatto e non di appa- renza la concreta capacità di giudicarlo, quali sarebbero il Turazza ed il Buc- chia; chiedendo loro la ricognizione locale, il riscontro degli elementi del cal- colo, la ripetizione dei calcoli e la correzione ove d’ uopo dell’operato, di con- certo coll’autore del medesimo, e pel caso di un risultato positivo di una utile portata, invitarli anche uniti ad offrire una relazione sul piano del progetto esecutivo ulteriormente eseguibile. Dopo tutto questo soltanto potrà incaricarsi un ingegnere della redazione del progetto di condotta, in linea tecnica ed economica concreto, dell’acqua dal luogo e sulla traccia come sopra prescelti e giustificati; ovvero accogliere quanto vi fosse di buono in progetti già apparecchiati. Egli è vero che vi è di certo in questi studj preliminari una spesa che sarà di circa mille fiorini che è tutto passivo, ma egli è poi certissimo senza di essa il rischio di spenderne cento mille e più nella tradotta di un'acqua che o non potrebbe venire, o non potrebbe essere sufficiente, o non lo potrebbe a quella altezza in Vicenza alla quale soltanto la tradotta formale sarebbe utilmente esequibile e manutenibile. In una parola preferiremmo la spesa certa di mille, al dubbio di spenderne inutilmente centomille per inaccertati risultati, ponendo in pericolo (come fu per altre persone ed altre opere) la opinione di avvedutezza e maturità di consiglio cui il nostro Municipio come sempre deve più che mai tutelare in un lavoro in cui si collega coll’ utile della Comunità l’augusto nome del Re. 214 bisogno di aerarsi di tratto in tratto, od in altre parole, che è d’uopo frazionare la tubulatura in varie tratte con tanti cisternini interposti in cui l’acqua dal tubo superiore si travasi nell’ inferiore. Ritenuto che siano un dieci chilometri di estesa da qui alla sor- gente, che ci si mettano cinque cisternini per chilometro, e per ogni cisternino si abbia venti centimetri di altezza del travasamento, abbiamo, per ciò solo, la perdita di dieci metri, lo voglio che si dia alla tubulatura la sola pendenza di met. 0, 40 per. mille (che é troppo poco); avremo per questa ragione altra per- dita di metri 4. Ora la soglia della Porta S. Bortolo è più depressa di metrî tre del paraghiaja del ponte di ferro a S. Croce, ed è anche più bassa di sessanta centimetri del pelo delle piene del Bacchiglione al sud- detto ponte. Per questa condizione, trascurando la profondità sotto il pelo della sorgente A cui povrespe farsi la presa per aver l’opportuna por- tata; trascurando anche l'altezza di pelo che deve aver la conserva sopra i punti di erogazione; resterebbero due metri d’ altezza sopra la soglia suddetta, e cioè il pelo dell’acqua, potabile a S. Bortolo sarebbe un metro più dasso del paraghiaja del ponte di ferro. Tralascio altri riferimenti; ma io mi avrei fatta la persuasione che l’acqua di Povolaro condotta a Souterazi, a Vicenza non arrive- rebbe qui a Santa Corona nemmeno a livello del suolo. Altrettanto può dirsi delle altre sorgenti che furono fino ad ora avvisate. (Cia SULL'ACQUA POTABILE PER VICENZA, ECC. Ometto di dire che tutte le acque delle medesime conoscono il rispettivo padrone che, o le usa od ha la servitù di lasciarle scolare a pelo depresso per non danneggiare i terreni ad esse circostanti. Il timore adunque che fosse precipitosamente deciso sopra un de- licatissimo affare (timore che ebbi ‘poi a riconoscere del tutto infon- dato), e che così fosse pregiudicata o resa impossibile una miglior presa, fu quello che mi consigliò quello scritto, Giorni fa l’egregio Presidente del Congresso, cav. Lioy, mi avvisava che fra i quesiti di cui si occuperebbero i dotti che qui conven- gono, sarebbe dalla Rappresentanza della città stato proposto quello 322 E, VOLEBELE, della probabilità di riuscita qui dei pozzi traforati o bolognesi od artesiani che dir si voglia; nel concetto di utilizzare VIENE modo di presa per fornire di buona acqua potabile la città. È certo che la perforazione artesiana, sarebbe la più spiccia, la più lusinghiera e brillante risoluzione del problema; basta infatti per crederlo imaginarsi sgorgante dal foro un’acqua limpida e risaliente alla voluta altezza, un’acqua abbondante nella voluta quantità, un’ac- qua fresca ed aerata. Tuttavia di questo risultato non si può avere qui contezza, a mio debole vedere, che dopo eseguito il traforo, e dopo incontrata la relativa opera. Questo risultato può essere incerto per ciascuna delle perforazioni che si fosse per fare; imperocchè non si tratta di dar acqua ad un parco o ad un giardino, ma bensì ad una città che vuole la certezza di poter aver l’acqua in qualunque suo punto. Il tentare adunque i pozzi traforati mi pare molto grave cosa; ed una risoluzione del problema assai periclitosa, che, sommessamente, sarei d’opinione non doversi ragionevolmente pensare ad essa; per quantunque opportune, possano manifestarsi le condizioni geologiche de! paese nostro, e giustificate le dichiarazioni della scienza; se PRIMA non sia giudicato sopra altri più certi modi di derivare per la città nostra un’acqua potabile riconoscibile per livello, quantità e qualità preventivamente alla spesa occorrente per condurvela. Subordinatamente però io opinerei che il sottosuolo o la costitu- zione geologica dei terreni sopra i quali insiste la città sia troppo tormentata per dar speranza alcuna che entro il suo recinto possa riuscire un pozzo artesiano. Questi più certi modi a cui io avviserei si collegano strettamente a delle cognizioni geologiche della forma e struttura degli odierni terreni sedimentarj; cosicchè la certezza che il problema possa 0 no essere convenientemente risolto, in punto ad una precognizione della esistenza della qualità , quantità e livello dell’acqua, dipende per intero da alcune indicazioni che Vicenza non può chiedere che a Voi o illustri signori, e che Voi soli le potete dare. Assai titubante , opinerei, che-il problema da proporre a voi sa- SULL'ACQUA POTABILE PER VICENZA, ECC. 25 rebbe quello più generale, di avvisare cioè al partito più pratico, più certo e più economico (che potrà anche essere quello della spesa maggiore) per approvvigionare abbondantemente la città nostra di buona acqua potabile. . Posto così il problema, in un campo più generale mi sembrerebbe, che a prima vista dovesse condurre il pensiero alla esistenza o meno di lame o bacini acquiferi che permettono, nel caso positivo, esami- nare come e quanto si prestino alla allacciatura, nelle forme e modi ordinarj di condotta tubulare. Le ricerche dî questi bacini o lame naturalmeute non debbono farsi che al Nord della città. La nostra provincia ha una generale pendenza da nord, nord-ovest, a sud, sud-est, ed è solcata da grandi corsi torrenziali che, durante il periodo geologico corrente, mutarono in molte guise il loro tal- weg. Essi depositarono prima qua e là i frantumi delle roccie elevate che costituivano e costituiscono ancora il bacino di formazione di questi corsi d’acqua, depositi che a varie altezze ora vediamo conglomerati. Poi asportarono nuovamente le ghiaje che arrotondavano, e deposita- vano altrove alternatamenle; modificando così in molte forme sia il loro andamento altimetrico sia il planimetrico. Ognuno adunque dei bacini di formazione dei nostri corsi d’acqua tutto lungo, e nelle circostanze del camino di essi, sarebbe, fornito di una zona di alluvioni più o meno variabile in altezza, larghezza, età ed ondulazioni nei letti, più o meno coperta dal terreno ora detto coltivabile. Egli sarebbe nella zona delle alluvioni superiori della nostra Pro- vincia, che io ravviserei non inopportuno, anzi indispensabile , ese- guire uno studio onde constatare la esistenza di alcune conche ghiajose in cui si raccolgono periodicamente rilevantissime quantità delle ac- que piovute sul rispettivo bacino di formazione del fiume; e da cui si alimentano poi le sorgive inferiori, le quali, a mio debole avviso, crederei quasi manifestazioni della esistenza di questi bacini 0 con- che acquifere ‘superiori. Certamente fra questi bacini acquiferi, qual più, qual meno, qual nulla si presterà ad una presa per Vicenza. d24 E. VOLEBELE, Sorgerebbe adunque l’uopo del confronto di uno coll’altro , nei diversi rispetti di qualità di acqua, di livello, di portata, di costanza, e forse questo studio potrebbe far decidere ad una preferenza fra essi non solo, ma anche fra il modo di presa ad essi più conveniente; ed il modo di presa dei pozzi traforati detti artesiani. A qualunque mediocre intelligenza è chiaro che, ammesso che le molte sorgenti che abbiamo a Vivaro, Cresoli, Povolaro, ecc., pro- vengano, come opino, dalle acque di Astico insinuatesi nelle ghiaje del bacino a levante-tramontana di Montecchio Precalino, noî pos- siamo riprodurre il fatto che là vi si mostra naturalmente , quello cioè di scoprire quelle acque. Questa idea può anche esprimersi così: che se uscendo dalla città ed avviandosi verso Povolaro traforeremo dei pozzi che raggiungano le ghiaje del bacino suddetto dell’Astico superiore, noi troveremo acqua. Questo sarà certamente, ma certamente non avremo nè più, nè meno di altrettante sorgenti simili a quelle che già conosciamo; edi pozzi non saranno risalienti; e perciò essendo la città elevata rispetto a quei terreni che distano da quella parte appunto un due o tre chilometri da essa, la loro acqua non potrà esservi condotta per un naturale declivio. Infatto ecco come io ciò dimostrerei : Ammesso che sia lo stesso il bacino acquifero che alimenterebbe le mentovate sorgenti ed i pozzi che si facessero fuori della città verso quella parte, non è nessuna ragione perchè l’azione meccanica che porta oggi al suolo le acque di Povolaro e le altre sia diversa nei pozzi che noi facessimo in quelle vicinanze (dai tre ai cinque chilometri dalla città). i AI problema geologico qui subentra il problema idraulico, per il quale io mi avviserei che le acque non saranno risalienti. O si considerano in punto statico ed allora le acque dei pozzi che noi faremo risaliranno come risalirebbero quelle di Povolaro , Cre- sole, ecc., se si circondassero le loro polle di un tubo. Esse si arresterebbero a quella altezza che è voluta dal moro di cui è dotato il nappo di traversata (non di arrestamento od ingorgo) d’acqua comune che le alimenta. In questo caso la portata sarebbe matematicamente nulla. SULL'ACQUA POTABILE PER VICENZA , ECC. 325 O si considera il problema in punto dinamico cioè l'acqua scorrentle pei tubi di risalita {o sì veramente per le polle delle sorgenti attuali), con uno scarico allo estremo superiore , ed allora la superficie di livello dei pozzi che si facessero deve frovarsi necessariamente sulla superficie piezometrica voluta dalla velocità di corso che ha l’acqua nel nappo di traversata che li alimenta. Ora identico essendo il nappo, identici ne sono i risultati; una linea di questa superficie piezometrica sarà la linea del livello medio delle sorgenti che già conosciamo e che tutte sarebbero allo stesso livello se fossero tutte ridotte ad avere uno scarico proporzionale alla sezione; e sarà discendente verso la direzione dello scolo del nappo comune cioè verso la pendenza generale della provincia nord nord-ovest-sud-sud est, E dato al pozzo od ai pozzi uno scarico di una quantità di acqua proporzionale (a parità di superficie orizzontale di vena fluente) allo scarico di acqua che hanno attualmente le sorgenti note; il livello dell’acqua nei pozzi non potrà evidentemente essere superiore al suolo. Ci ridurremo adunque al caso dei pozzi di acqua buonissima ma che si deve prendere o colle secchie o con macchine elevatorie ad ‘uno, due e tre e quattro chilometri distante dalla città. Il distintivo caratteristico dei pozzi artesiani e fra altri principalis- simo è questo: che alla piccola sezione supplisce il grande carico; ora dei pozzi che si facessero fuori della cerchia della città verso Povolaro resta la piccola sezione, ma l’acqua che li alimenta essendo quella delle medesime ghiaje di Astico che alimenta le molte sorgenti di quel territorio, abbiamo la certezza che ci manca tl carico. Non presenteranno adunque nessuno dei vantaggi dei pozzi artesiani; po- tremo adunque bensì far dei pozzi traforati; ma od il pelo d’acqua in essi si vorrà elevato (e non lo sarà certo due metri dal suolo), e non avremo portata alcuna o minima; o vorremo la portata, ed il ‘pozzo rientrerà nella categoria dei soliti pozzi alimentati dalla stessa acqua a Montecchio Precalcino, acqua buona ma proronna. Se il nappo d’acqua alimentatore fosse un nappo incassato è come ‘imprigionato fra due superficie impermeabili, certamente una perfo- razione in esso darebbe una altezza di pelo d’acqua che dipenderebbe dal carico del maggior livello del suo pelo d’acqua. Vol. XI. 3U 326 E. VOLEBELE, Egli è in questo caso che si ha il pozzo risaliente utilizzabile ad una altezza più o meno grande dal suolo. ‘Ma questo non è il caso nostro: noi abbiamo qui un nappo di acqua în molo e di traversata , inconterminato da tutti i lati e col suo tetto in mille guise permeabile, come ce lo attestano le molte sorgenti. Sta adunque, a mio debole avviso, quanto più sopra ebbi |’ onore di esporre rispetto alla probabilità di riuscita dei pozzi artesiani. Il mio concetto sarebbe invece questo: di risalire, direi quasi, ad una conserva principale, intercettarne i principali. meati scolatoj mediante alternate interclusioni sotterranee di muri di creta, ed al- leviarne il gorgoglio superiore delle acque mediante opportuni occhi di fontanile a ciascuno dei quali converga un opportuno sistema di fognatura, e ciascuno dei quali metta separatamente in una. vasca comune. Appigliatici che ci siamo ad uno dei bacini superiori non v'ha più luogo a temere sulla sufficienza del livello: constatato ‘e prefinito il sistema dell’ allacciamento in posto; il piano di condotta rientra nel- l'ordine dei progetti ordinar]. Questo metodo di studio del problema mi darebbe. lusinga., se troppo non m’inganno, che potesse risolvere il tanto tentato problema dell’approvvigionamento d’acqua potabile della città di Vicenza, in cui è condizione vitale condurre l’acqua così elevata, che possa es- sere dispensata almeno ai secondi piani delle case, rendendo così possibile, in una città di circa 35 mila anime, una vendita di non meno di mille delle cosidette porzioni d’acqua ai varj proprietar) e che valutate anche come lo furono nel 4814 a Thiene, cioè, per quanto mi ricordo, ad italiane L. 500 l’una; verrebbero ad incorag- giare la esecuzioue di un’ opera non già gretta, ma bensì corrispon- dente ai bisogni ed ai tempi. È troppo evidente l’ utile che ne caverebbero i proprietarj delle case, quando potessero appigionare i varj appartamenti con una quota d’acqua. Ed il Comune di Vicenza potrebbe assicurarsi, prima ancora di decidersi sulla estensione del lavoro che sarà per fare, qual somma ricaverebbe dalla vendita dell’acqua, invitando chi ne SULL'ACQUA POTABILE PER VICENZA, ECC. d27 prenderebbe, a farne la relativa domanda, avvertendo i cittadini che esso subordina le opere a farsi appunto alla quantità della vendita. Forse con tale mezzo, spendendo molto, si potrebbero avere le fontane pubbliche con una piccola spesa, imperocchè non azzarderei a dire che la operazione condotta con criterio potrebbe confinare con una buona speculazione. Egli è a voi adunque, o signori , che si ricorre per consiglio , voi conoscete profondamente la nostra Provincia. A voi non possono es- sere sfuggite le considerazioni sugli effetti dei nostri corsì d’acqua nel deposito saltuario di ghiaje e sabbia. A voi non può non essere possibile di additarei se 0 meno (come crederebbesi subordinatamente) le sorgenti inferiori sopra nominate ed altre che compariscono verso est, sieno manifestazioni di raccolte d’acque superiori, che scorrono per varj meati attraverso alle ghiaje di deposito dei superiori torrenti; se e quali bacini consigliereste studiare per la vagheggiata allacciatura. Quantunque con titubanza , pure vi dirò che una lusinga di suc- cesso mi sarebbe data dallo studio del bacino di Astico che, estenden- dosi dal territorio superiore di Lupiola, Lupia e Sandrigo , viene a circoscriversi alle alture di Montecchio Precalcino. Non ho però rac- colto ancora dati sufficienti a formularmi uno stretto ragionamento. Se voi voleste consigliarmi, ne serberei eterna gratitudine. Se col vostro voto poteste incoraggiare questo studio che io cominciai con molta perplessità, mi vi applicherò più che mai indefesso, e vi ren- derò in altra occasione partecipi e giudici dei suoi risultati. La geognosia e la geologia del Monte Fenera allo sbocco di Yal- sesia. Nota del Prof. Pierro Cauperini, (Seduta del 17 settembre 1868 .) « Chaque montagne est un monde, et peut étre ‘ a elle seule un texte vivant des sciences. » F. MicuHeLET, La Montagne, $ XHI. Della Valsesia e più specialmente delle sue basse regioni ben pochi naturalisti finora tennero parola. Saussure, che è forse il primo il quale l'abbia visitata con intendimento scientifico, la còrse rapido limitandosi a notare la natura delle roccie che gli si presentavano allo sguardo , gli scavi di miniere incontrati, le industrie praticate dagli abitanti, i costumi e l’indole loro, i punti di elevazione di vari paesi e i monti ed i valichi superati. Ed in vero lo stato d’ infanzia in cui trovavasi tuttora la geologia in que’ tempi , lo scopo stesso del suo viaggio e l’indirizzo più specialmente fisico che egli dava alle sue osservazioni, non gli concedevano studi più minuti e parti- colareggiati sulla formazione delle nostre montagne. Onde nota a buon diritto il Lyell ne’ suoi Principî di geologia che Saussure si attenne sopratutto alla struttura delle Alpi e del Giura; e che se egli ha somministrato alla scienza dei dati di cui dovevano poi ap- profittarsi în modo così vantaggioso coloro che vennero dopo di luî, esso non ebbe però veruna pretensione di dedurre alcun sistema ge- nerale dalle sue interessanti osservazioni (4). Inoltre l’esperto profes- sore genevrino entrato in Valsesia dalla Vallanzasca pel colle di Ba- zanca, ne usciva presto per la Valdobbia , scendendo quindi a Gres- soney per compiere il suo famoso giro intorno al Monte Rosa (2). Nel 1824 Lodovico Welden pubblicava in Vienna una Monografia sul gruppo del Monte Rosa; ma sono scarse assai e di poco conto (1) LyeLL, Principes de géologie, ect., tom. I. Traduzione francese, ecc. (2) Saussure, Voyages dans les Alpes, ecc. P. CALDERINI, LA GEOGNOSIA E LA GEOLOGIA DEL MONTE FENERA, ECC. 329 le osservazioni che in questa Memoria (ora divenuta molto rara) si incontrano intorno alla formazione delle nostre roccie; e non vi si parla che di quelle alte località della valle le quali stanno prossime all’agghiacciato nostro gigante alpino (1). Il chiarissimo professore Sismonda pare abbia perlustrata tutta la valle del Sesia; e dalle sue Memorie (2) si raccolgono importanti notizie dei nostri terren, ed anche di quelli che giacendo allo sbocco della vallata , aspettano d’essere raggruppati a quelli oramai divenuti insigni nei dintorni di Lugano, del Varesotto, del Comasco e del resto di Lombardia. Se non che ne’ suoi studi l'illustre geologo piemontese essendosi proposto di considerare a larghi tratti ed in modo complessivo la formazione geo- logica dell’intiero antico stato sardo, non poteva intrattenersi sopra particolarità che avrebbero nociuto all'economia generale dell’ opera da lui intrapresa; e ciò fu pure notato dall’ egregio commendatore signor Quintino Sella nel suo bel discorso d’apertura della prima riu- nione straordinaria della nostra Società, tenutasi nel 1864 in Biella, Lo Studer, questo luminare preclarissimo della scienza geologica, questo costante e fedele innamorato delle nostre Alpi, egli che, no- vello Saussure e come il primo infaticabile, ha tutti illustrati i nostri gioghi alpini, penetrò pure in Valsesia. Ma entratovi per la Valdobbia, ne usciva con rapida corsa per la valle del Mastallone senza punto toccare i confini orientali e meridionali della vallata (3). In quanto al Collegno, quasi oserei dire che egli non l’ha punto visitata la Valsesia; poichè alla rara occasione di doverne parlare, ei sempre si riferisce a quello che ne ha detto il Sismonda. Nel libro, stampato dal chiarissimo signor professore Omboni sullo Stato geo- logico dell’ Italia, non si fa che un cenno brevissimo dei terreni valsesiani, e questo cenno sembra a noi essere stato modellato sulla carta geologica del Piemonte del già citato professore Sismonda (4). (A) WeLpEN, Der Monte Rosa, Eine topografische, etc. (2) Osservazioni mineralogiche e geologiche per servire alla formazione della carta geologica del Piemonte. Atti dell’ Accademia di Torino; serie 2%, tom. 2°. (3) StupER, Geologie der Schweiz. (4) Ecco le brevi parole dell’Omboni sulla Valsesia: « Da Borgosesia sino al nord di Varallo ed a Bocconia sopra Scopa, il suolo è di granito; ed al di la, di roccie sedimentarie ». Il che non è del tutto esatto. d50 P. CALDERINI, i Fin qui non vi ha che il professore Sismonaa cne fra i geologi da me conosciuti abbia discorso del Monte Fenera, detto anche di San Bernardo da una chiesuola che gli sta sopra. Ma vi ho già più innanzi osservato che per l’indole stessa del sno lavoro egli non aveva agio di tutte segnare le particolari formazioni che costituiscono l’intiera massa di questa montagna. Pare che il Sismonda abbia sa- lito il Fenera per la via che conduce al paesello di Colma, onde de- scritti i porfidi che vi sono alla base e la dolomia che viene ap- presso, e dato un rapido sguardo alle arenarie che sovrincombono al grande ammasso dolomitico, nulla più aggiunse dei calcari neri; nè delle impressioni di ammoniti che si scorgono in certi schisti nera-' stri calcari, o in altri giallo-scuri di arenaria quarzosa, nè dell'ultima formazione a lastre sottili che costituiscono i due più eminenti cocuz- zoli del nostro San Bernardo. Ed è pur singolare che il Sismonda chiami sempre il Fenera col nome di Monte Orlungo, mentre è vol- garissima specialmente nella bassa Valsesia la sua vera e doppia de- nominazione di Fenera e di San Bernardo. Ad ogni modo però noi siamo gratissimi all’ egregio professore di Torino, perchè fu esso il primo che abbia fatto conoscere ai dotti i principali terreni onde ri- sulta il suolo valsesiano nelle sue parti poste a meriggio. Ultimo poi, per quanto io mi sappia, a descrivere il Monte Fenera, fu il marchese Pareto. Esperto assai in cose di geologia, ricco di sode cognizioni acquistate in lunghi e svariati viaggi, instruito nei nuovi progressi della scienza, e recatosi in Valsesia in tempi a noi vicini, e quando certe teoriche cominciavano a porsi in dubbio o ad essere modificate, nella pregievole sua memoria Sui terreni posti a’ piè delle Alpi, pubblicata nel Bollettino della Società geologica di Francia per l’anno 1858 e 1859, egli ci diede la più bella monografia geo- logica che finora si conosca intorno al nostro San Bernardo. In questa compilazione si fa parola innanzi tutto del terreno terziario pliocenico che sta prossimo alle radici del Fenera, con un breve cenno alle formazioni mioceniche nei dintorni di Valduggia. Evvi inoltre una, esatta descrizione dei porfidi quarziferi che sorgono alla base del monte in discorso e che per tanta parte lo circondano, lo fasciano e sembrano in certe località sostenerne i potentissimi ammassi di dolo- LA GEOGNOSIA E LA GEOLOGIA DEL MONTE FENERA , ECC. BI mia che costituiscono la parte massima e più centrale del Fenera. Si ragiona quindi con larghezza di questa dolomia, e dei grés rossi e variegati e d’altre arenarie e degli schisti calcari neri e d’ogni altro orizzonte geologico del San Bernardo. Quindi è indubitato che per gli studi del Pareto il nostro Fenera acquistava pur esso una certa importanza nella geologia dell’alta Ilalia. Essendo che per essi con paragoni fondati sull'identità dei fossili , sulla somiglianza dei. terreni e delle roccie che li compongono , si possano oramai ranno- dare gli ammassi e le stratificazioni del San Bernardo con quelli del Lago Maggiore, di Lugano, di Como, di Varese, di Valsassina e d’altri luoghi delle nostre prealpi, illustrati con risultamenti così splendidi dai geologi lombardi. Cotesta. importanza geologica del Fe- nera fu dal Pareto stesso riconosciuta ed affermata colle. seguenti parole della già citata sua Memoria: « Montagne (le Saint Bernard) que nous nous arréterons quelques moments de plus à décrire, puis- que c'est elle qui dans ces environs présente des faits qui peuvent donner quelque éclaircissement de plus sur la géologie de ces con- trés » (1). Tutto ciò sta benissimo. Ma all'infuori dei geologi di pro- fessione chi legge oramai i grossi volumi che racchiudono il memo- rando lavoro del Sismonda? E della Memoria del Pareto più sopra recata innanzi chi prenderà ancora notizia in Italia fuori dei geologi per qualche loro bisogno speciale, se dessa, compilata in lingua francese , fu unicamente pubblicata nel Bollettino della Società geo- logica di Francia?.... E chi mai in Italia si tolse l’incarico di farci conoscere quella parte di scritto di lui che risguarda il Fenera?..., Non altri, che io mi sappia , fuorchè il chiarissimo professore Stop- pani, il quale ce ne diede un breve sunto che venne stampato negli Atti della nostra Società, di cui è operosissimo segretario (2). Or bene se egli è vero, come io reputo verissimo, ciò che il signor professore Cornalia disse già altra volta in un suo discorso pronun- ciato nel primo congresso tenutosi in Biella che noi, cioè, non dob- . (41) Pareto, Sur les terrains du pied des Alpes, ele. Bulletin de Ta Société Géologique de France, Ann, 41858 ct 1859. (2) Atti della Società italiana di scienze naturali, vol. i, pag. 338 dD32: P. CALDERINI, biamo dimenticare la nostra missione di rendere popolare la scienza (4), concedetemi, o signori, che alle cose ragionate dal Sismonda e dal. Pareto sulle condizioni geologiche del monte. Fenera, io aggiunga, alcune mie osservazioni, come tenue saggio de’ miei poveri studi sulla. geologia del Valsesia, dai quali appunto venne estratta questa mia Memoria. ) 860 ll Monte San Bernardo si eleva maestoso sul limite estremo della nostra valle, al sud-est dell’industre paese di Valduggia, e vi si innalza per ben 1371 metri sopra il livello del mare (2). Più comunemente, egli è conosciuto sotto il nome di Fenera; essendo che si chiamino, eziandio Fenera , due piccole frazioni di paese che giaciono sopra, due graziosi altipiani i quali stanno a ridosso del monte, colà ove. han termine i porfidi e comincia la formazione dolomitica. Le. parti. più scoscese e dirupate di questo. monte sono quelle che sorgono di contro a Valduggia e alle sue adiacenze di sud-ovest; e quelle ben anco che mostransi foggiate a picco verso ovest-nord-ovest. Chi viene da Borgosesia e s’indirizza alla volta di Novara, scorge il Fenera, allinearsi da nord verso sud-est con più o men dolce declivio sino; al paese di Ara, il quale a guisa delle Due Fenere sen giace sul finire delle roccie porfiriche e del conglomerato rossigno che il Pareto dice, corrispondere al verrucano di Pisa, Per salire alle più alte cime del San Bernardo si possono sce- gliere parecchie vie e tutte facili o scevre almeno di pericoli. La più frequentata e dirò anche la. più comoda è quella di. Colma, che è una frazione del comune di Valduggia, e che giace sui micaschisti, bianco-verdastri o anche rossigni che vanno a finire sui fianchi del Fenera , sovrincombendo , come nota il Sismonda , alla dolomite. La via che mette a Colma, d’onde è poi presto fatto guadagnare le som- mità del San Bernardo, s'incontra a destra procedendo per la bella (4) Sul?’ origine e sullo sviluppo della Società italiana di scienze naturali, discorso del professore Cornalia, letto in Biella nel 1864. Vedi Atti della Societa, vol. VII. (2) Il Pareto nella sua Memoria Sui terreni ai piedi delle Alpi scambiò il nome del paese di Valduggia con quello del fiume che gli passa da canto. Valduggia è nome di borgata e non di torrente o fiume; questo invece chiamasi Strona. Quando adunque si legge nel Pareto valle di Uggia, si deve intendere valle di Strona, che è piccola valletta al sud-est di Valsesia e che ha per capo luogo il paese di Valduggia. LA GEOGNOSIA E LA GROLOGIA DEL MONTE FENERA, ECC. B55 e lunga strada carrozzabile di Valduggia e poco prima di giungere a questa borgata. Salendo la via di Colma, la si scorge fiancheggiata da un gneiss giallognolo alterato e che volge a scomposizione, e che ci accompagna sino al punto in cui cominciano i micaschisti. Al nord del Fenera e per le terre di Valduggia e delle Bettole, sopra un letto. di schisti micacei talcosi, povera d’acque, scorre la Strona, la quale come già notammo, viene erroneamente dal Pareto chiamata LVggia, scambiandosi così il nome di Valduggia paese, con quello del fiume che lo bagna. Si faccia ora alcun cenno dei varii terreni onde il Monte Fenera si. compone. Alle falde di lui trovansi grandi ammassi di porfidi che si connettono con quelli che in una serie di linee quasi parallele si staccano dai monti biellesi posti all’ovest di Valsesia e scendono de- clinando dolcemente a sud-est verso la pianura che larga si stende al sud sud-est della nostra vallata. Questi porfidi cingono, come or- dianzi già dicevamo, per ogni parte il San Bernardo, e sembrano quasi formargli bello e comodo sgabello ai piedi, presentando po- scia varietà molta nella grande loro distesa. Bene spesso eglino con- tengono per entro la loro pasta dei piccoli cristalli di quarzo, onde. avviene che dessi son chiamati quarziferi. Talvolta passano all’ eurite compatta e d’un color rosso-cupo; tal’altra hanno tinta chiara di, mattone; ora sono colorati in rossastro più o men vivo, ed ora sono sbiaditi e pajono scomporsi sotto l’azione degli agenti atmosferici, ed in certi punti poi fanno passaggio ad una ewrile massiccia, men- tre in altre località assumono un aspetto violaceo scuro simile a quello di certi melafiri del Biellese. I banchi di porfido quarzifero che si osservano nei nostri dintorni, sono ammassi di grande potenza e. fu-. rono esattamente descritti e dal Sismonda e dal Pareto, Sugli altipiani che formansi qua e là da questi porfidi, giacciono i paeselli di Mon- trigone, delle Due Fenere, di Ara e d’altre piccole terre le quali pa- jono far rossa e splendida corona al maestoso San Bernardo che in mezzo a loro s’innalza giganteggiando. La terra di Valduggia da alcuni lati è pure rinchiusa entro un bacino formato dai sollevamenti del porfido. L'amenissimo colle di Colma noi dicemmo bensì giacere quasi per intiero sui micaschisti; ma pure di fianco e di fronte a Colma Bo P. CALDERINI, sorgono a fargli corteggio i porfidi rossi. Su collinette di porfido si stendono i vigneti di Ara, di Grignasco , e le terre di Boca e di Maggiora; ond’è che questa potente formazione porfirica comparendo dapprima all’ovest delle basse regioni di Valsesia ed agli estremi confini di lei, si spicca poscia difilata verso levante sino a ricongiun- gersi coi porfidi del Lago Maggiore e del Luganese. All’imbocco poi della via ciottolosa che dalla strada provinciale mena al paesello di Ara, si presenta a chi discende verso Grignasco un conglomerato rossigno-bruno a pasta feldspatica che ricorda: il verrucano del monte di Pisa. Esso passa talvolta a color bigio ver- dastro nelle parti interiori, e sembrami sia appunto la roccia che il Sismonda ha indicato sotto il titolo d’un banco di tritumi. Tale im- pasto contiene ciottoli di quarzo, pezzetti di schisto micaceo, piccoli nocciuoli d'una roccia verde cloritosa con traccie talfiata d'una ma- teria nera, che il Pareto dice poter essere melafiro e che io invece reputo sia amfibolo orniblenda (?). Se un frammento di questo con- glomerato viene sottoposto all’azione d’un acido energico, si vede in certi punti della roccia destarsi qua e là debole effervescenza; il che attesta la presenza di materia calcare. Questo danco di tritumi 0 conglomerato, dall’imbocco della via di Ara, dove ha molta potenza, si volge ancora per poco verso le torre di Grignasco , inclinandosi basso basso sino a porsi quasi al: livello delle acque del Sesia che scorre rasentando colla sua sponda sinistra la strada provinciale che da Varallo conduce a Novara. È singolare che in queste località fra la sollevazione dei porfidi euritici e poco lungi dal sovradescritto con- glomerato si osservino per breve tratto dei banchi di calcare argilloso stratificato in letti disposti quasi sempre orizzontalmente; onde sem- bra potersi conchiudere o che questi strati di carbonato di calce si deposero dopo la eruzione porfirica o che sono affatto superficiali, 0 che qui nulla prova la teorica del metamorfismo come venne spiegata finora dai geologi. Veggo bene che a risolvere definitivamente tale questione converrebbe studiar meglio questi depositi e le loro rela- zioni colle altre roccie e far ricerca attenta dei fossili che per av- ventura in essi si contenessero. Per quanto poi io abbia perlustrato il circuito basale del Fenera, non ho saputo trovare, almeno finora, LA GEOGNOSIA E LA GEOLOGIA DEL MONTE FENERA , ECC. 335 il sovradescritto conglomerato che nella località più innanzi designata. Nelle altre parti egli non si è più a’ miei sguardi presentato o perchè non sufficientemente emerso, o perchè ricoverto dai porfidi o dagli estesi banchi di melafiro che giacciono al nord-est del Fenera e che il Sismonda giudica di formazione la più recente. Sopra il conglomerato, colà dov'esso si trova, e più generalmente tosto dopo i porfidi, quando quello più non si fa manifesto, s’innalza l'enorme ammasso di dolomia che costituisce, dirò così, come il gran ventre del Fenera. Essa varia or qua or là di colore, di compattezza e di struttura. Dapprima a chi ascende dalla Fenera più meridionale si mostra d’una tinta seura-cerulognola; è molto massiccia e presenta nell’interno delle venuzze rossigne; difficilmente si lascia spezzare ed ha frattura concoide. Altrove dessa è bigia, compenetrata più in su dall’ossidrato di ferro, appare d’un giallastro sporce rossigno. Prima d’incontrare le arenarie rosse che stanno sopra la dolomia, si trovano in certe località di ben grossi cristalli di carbonato di calce d’un giallo d’ocra, poco trasparenti , che all’azione degli acidi fanno vivissima effervescenza e che sembrano partire come da un punto centrale ed irraggiare intorno le loro belle forme. Nè pur mancano delle piccole geodi tappezzate nell’interne pareti da minuti cristallini, che talvolta pigliano graziosa tinta rosea. Da questi ammassi di dolo- mia si scava nella bassa Valsesia una grande quantità di calcare che ridotto nelle molte fornaci che stanno ai piedi od ai fianchi del Fe- nera, serve poi come calce nelle opere di costruzione (1). Per entro a questa enorme formazione dolomitica l’azione meccanica e solvente dell’acqua aperse lungh’esso i secoli trascorsi varie caverne, di cui due meriterebbero d’ essere più spesso visitate non solo dai natura- listi, ma eziandio da tutti coloro ai quali tornano gradite le splendide bellezze che in mille svariate guise sa produrre la forza inesauribile (4) Uno scavo di calcare dolomitico praticato in quest’ultimo tempo in larghe propor- zioni e verso la parte meridionale del Fenera è quello del testè defunto causidico si- gnor Neri Francesco, e che ora viene continuato da’.suoi eredi. La calce che se ne ot- tiene è forte, resiste sufficientemente all’umido; e, al dire del predetto signor Neri, pare che tramezzi fra il cemento e la calce grassa che si estrae dai bianchi calcari cristallini del Monte Sacro di Varallo. 556 P. CALDERINI, della natura. lo non so comprendere il perchè nè il Sismonda, nè il Pareto, nè altri fra i geologi italiani mai non abbiano pur fatto un sol cenno di queste grotte, le quali sono conosciute assai fra i po- poli valsesiani; poichè nessuno v'ha tra noi che ne ignori la esistenza. Per non abusare di vostra tolleranza io non mi fermerò qui, o signori, a descrivervi le due più rimarchevoli caverne del nostro Fenera. Egli è ben vero che una di esse avendo ampissima apertura , facile accesso, e mostrando troppo facilmente agli occhi profani le sue ric- chezze e i suoi fregi, fu ben presto predata, saccheggiata e in ogni. suo angolo barbaramente spogliata di tutti i bizzarri adornamenti che con tanta eleganza di forme ne vestivano la volta e le pareti. Ma nè rimane un’altra nella quale si discende con breve scala e per uno strelto buco che, come spiraglio, vi lascia entrare un pochetto di luce. Questa è quasi intatta; ha forma da principio d’uno stretto. piano inclinato; e si allunga giù giù sino ad un precipizio a cui sembra sbarrata la via da un enorme ammasso di roccia staccata. Che vi si trovi al di là, non saprei ben dire. Converrebbe ripeterne la esplorazione con mezzi più acconci e meglio ordinati allo scopo. Così pure se queste caverne sieno ossifere com'è quella della valle della Corsaglia in Mondovi, descritta dal professore Gastaldi, o come altre della riviera ligure, illustrate dal signor Ramorino e dal professore Arturo Issel, è cosa che potrà verificarsi quando si volessero praticare le convenienti escavazioni. L’ammasso dolomitico del Fenera dalla parte di ovest è scosceso, aspro e dirupato; talvolta tagliato a picco, tal’altra frastagliato di guglie più o meno sporgenti e di tinta nerastra azzurrognola. Da nord-est invece, e più ancora da levante, il Monte San Bernardo è sormontato ai fianchi dai porfidi che sembrano seppellirne entro di sè una gran parte e che si elevano poscia, un po’ più in là del Fe- nera, a grande altezza. Onde accade che di contro a questi solleva- menti porfirici la formazione dolomitica, al di qua e sotto di Ara, si av- valla e si sprofonda così da rimanere come incassata e presentare nella sua inclinazione un alveo adatto alla discesa d’ un torrentello che le passa al disopra nel suo corso verso Grignasco. Da cotesto fianco il Fenera è meno orrido, men erto e meno selvaggio; e porta anzi sovra di sè arbusti e pianticelle di vario genere. LA GEOGNOSIA E LA GEULOGIA DEL MONTE FENERÀ , ECC, 357 Nella parte estrema e. più alta del suo orizzonte questa dolomia prende un aspetto bianco-rossastro e sembra così darci avviso che presto si farà passaggio ai calcari variegati. Ed a questi di fatto si giunge dopo oltrepassati i potenti banchi di dolomite. Essi si presen- tano d’un rosso di rosa sbiadito e portano nell’ interna loro struttura dei filoncini di calcare bianco-latteo che usato agli acidi fa grandis- sima effervescenza. Tosto dopo s'incontra un’ arenaria calcare di tinta rosso-violacea, a grana molto fina, compatta assai e che difficilmente cede ai colpi di martello allorchè vuolsi spezzare. Ci si fa innanzi dappoi un’altra arenaria grossolana, d'un rosso di mattone , formata da granelli di quarzo non molto aderenti e che da taluni s’ adopera come roccia da costruzione per rivestire le interni pareti dei forni. Sopra quest’are- naria rossa quarzosa stanno potenti stratificazioni di un’arenaria cal- care che all'aspetto ci ricorda la Pietra di Ziggiù e che varia di tinta mostrandosi ora leggiermente verdastra, ora ancor più leggier- mente azzurrognola, ed ora bigia. In questa arenaria è da parecchi anni che i signori fratelli Bianchi aprirono uno scavo in cui si lavora tuttora ad estrarre dei pezzi a varie dimensioni e che per la Della grana che presentano vengono ricercati per uso di gradini, di vasche, di caminiere, di parapetti, ecc. Terminati i depositi di questa arenaria che nelle praticate escava- zioni lascia vedere i suoi potenti strati quasi orizzontali, si fa pas- saggio ai calcari neri molto compatti e di difficile frattura. Se questi calcari neri si osservano dai fianchi occidentali del monte si scorgono ben poco inclinati; ma se si studiano invece dalla parte di levante ossia nel versante orientale di Colma, essi si presentano sotto una grandissima inclinazione ora verso sud-est, ed ora verso. nord-est. Questa formazione calcarea nerastra si avanza da principio a grossi strati, i quali poscia rimpiccioliscono a poco a poco sino a far pas- saggio agli schisti neri con cui terminano le ultime e più elevate cime del Monte di San Bernardo. Questi schisti si possono facilmente sfaldare in lamine larghe e sottili; ma presentano alla sfaldatura una superficie scabra e molto rugosa. E siccome hanno grande inclinazione la quale sembra si volga in ogni senso, così i due più alti cocuzzoli del Fenera hanno forma quasi arrotondata, e finiscono come a palloni. d98 P. CALDERINI , Il fin qui esposto, dichiara a mio avviso la natura litologica e dirò anche la geognosia del San Bernardo. Passando poi a determinare le varie epoche geologiche a cui possono appartenere i vari orizzonti che furono più innanzi descritti, io direi che il conglomerato rosso il quale sembra corrispondere al verrucano, si debbe considerare come il più antico e segnerebbe il punto di transizione dai terreni paleozoici ai terreni mesozoici. Di tale avviso è ben anco il chiaris- simo professore Stoppani, il quale nella sua relazione stampata negli Atti della nostra Società, e che risguarda la Memoria del Pareto, af- ferma che questo conglomerato rappresenta appunto il verrucano, il quale da taluni vien riferito al terreno permiano. | porfidi quarzi- feri od euritici che, al pari del verrucano, e alquanto più innanzi di esso giacciono alla base del Fenera, apparterrebbero, secondo il parere del Collegno, al periodo del sollevamento renano. Gli enormi ammassi di dolomia che costituiscono la parte centrale e massima del monte San Bernardo si deggiono ascrivere al trias inferiore , al trias medio ed al trias superiore; il quale ultimo periodo sarebbe rappresentato da ‘alcuni pezzetti che s'incontrano di dolomia rosea, cavernosa, con piccole geodi ornate di piccoli cristallini che il professore Stop- pani considera appunto come forma litologica del trias superiore (1). Questo è pure attestato dal trovarsi nella dolomia del Fenera le ga- strochene. Ed in fatti io posseggo un esemplare di dolomia del San Bernardo, che comprende un bellissimo gruppo di gastrochene di cui però non saprei indicare la specie. I calcari neri a grande potenza di stratificazione sono identici per aspetto, per calore, per istruttura alla così detta pietra calcare di Saltrio; e quindi si possono rapportare alla. medesima formazione geologica. Gli schisti neri calcarei racchiudono per entro le loro la- stre impronte di ammoniti; io ne ho raccolte alcune di queste la- mine improntate dagli ammoniti, ed una di tali impressioni rappre- senta, secondo la determinazione che ne ha fatta il professore Balsamo Crivelli, l’ammonites serpentinus, specie che fu pure trovata dal Pa- reto e che esso ascrive al periodo liassico (2). (4) Stoppani, Note ad un corso annuale di geologia, ccc., parte IL. (2) « L’Ammonites que j'ai retrouvée Wi trés proche de l’Ammoniles serpentinus qui se trouve dans Ja formation du Lias...» E più innanzi dice: « Nous avons LA GEOGNOSIA E LA GEOLOGIA DEL MONTE FENERA, ECC, 359 E qui giova notare come la presenza degli ammoniti nei calcari schistosi neri del San Bernardo concorra pur essa a renderne im- portante lo studio ; essendo che sia questa del Fenera l’unica loca- lità in cui, nelle provincie del Piemonte, si rinvengono degli ammo- niti. lo non conosco altri terreni in Piemonte nei quali da qualche geologo sia stato trovato alcun fossile di questo genere. E per segui- tare la mia esposizione dirò pur anche che parecchi di questi schisti portano disegnate come in debile rilievo sulle loro superficie interne delle impronte sinuose, foggiate quasi a guisa di piccola benda che va dipingendo sulla lamina come delle striscie ancor più nere del calcare schistoso su cui appariscono. Coteste impronte il professore Balsamo sospettò potessero forse raffigurare fucoidi. Il Pareto nella già citata sua memoria Sui terreni ai pie delle Alpi, le vorrebbe ritenere per nemertiti (41). Conviene pure osservare che le stesse e identiche impressioni si trovano eziandio sopra schisti lifologicamente uguali a quelli del Fenera e che si rinvengono a Cettiglio nel Vare- sotto, e che dal signor Antonio Villa sono giudicate come impronte di vegetali. In mezzo a tali dubbiezze io non saprei nulla risolvere; e quindi mi limito solo ad aggiungere che in Cettiglio trovansi pure delle impronte di ammoniti in un calcare nero -schistoso tutt’ affatto identico nell’aspetto a quello del nostro San Bernardo. In quanto poi agli schisti che dalla parte del nord del Fenera incombono alla dolomia, pare si abbiano ad assegnare all’ epoca del Servino; e così giudica anche lo Stoppani nella sua relazione sulla Memoria del Pareto (2). Dopo ciò si potrebbe conchiudere così: I terreni onde risulta la formazione del Monte Fenera cominciarono col periodo che segna dans cette montagne des trac&s... du Lias dans les couches calcaires, noiràtres, schisteuses et subscristallines, à Ammonites serpentinus que nous avons trouvées vers le sommet. » ParETO, Sur les terrains du pied des Alpes, etc. (4) « Les ammonites sont suivis par d’autres calcaires également schisteux et alternant avec d’autres plus compactes, dans lesquelles se trouvent des. impressions sinueuses d’animaux mous qui pourraient étre de memertites. » PARETO , Sur les terrains du pied des Alpes, etc. (2) « Il conglomerato alla base e gli scisti argillosi verdi e rossi che gl’ incombono lappresentano indubbiamente il Verrucano ed il Servino. V. Atti della Società ilaliana, ece. 340 P. CALDERINI, l’epoca di transizione fra i terreni paleozoici e i mesozoici, ossia il punto di transizione sarebbe segnato dal conglomerato rosso che sta alla base e che come rappresentante del Verrucano vien da taluni riferito al periodo permiano; e da questo procedendo sino alle due sommità del Fenera, si incontrerebbero per via i vari terreni del periodo mesozoico sino a quelli che spettano all’epoca giurese; non senza probabilità che vi esistano pur anche le traccie del. terreno cretaceo. Ed infatti la sua esistenza sul Fenera sarebbe sufficiente- mente attestata da un calcare argilloso, bianco-giallastro, che porta in sè delle impronte di polipi, se pure è vero che questo esem- plare di calcare a polipai sia stato effettivamente trovato sui. fianchi orientali-meridionali del San Bernardo, come ha dichiarato colui che me ne ha fatto un dono al Museo di Varallo, E così si. avrebbe sul Fenera la serie compiuta dei terreni che costituiscono tutto. in- tiero il periodo mesozoico. Se poi si volessero qui descrivere i terreni vari che giacciono nell'ampio bacino in cui sta chiusa la bassa Valsesia e più. special mente le arenarie argillose e le molasse a granelli di quarzo che stanno nelle vicinanze di Valduggia, di Borgosesia, di Plello, e ‘quelle che si distendono nei piani e sui colli di Grignasco, di Boca e di Maggiora, ne risulterebbe che a ridosso o sopra i porfidi od in vicinanza dei medesimi, o nei bacini che essi determinano, giac- ciono pressochè tutti i terreni del periodo terziario 0 cainozotco, come altri lo chiamano. E parecchie conchiglie fossili che già fu- rono da me raccolte, e vari echini improntati nelle arenarie argil- lose darebbero testimonianza del pliocene; mentre le filliti. tutt’ af- fatto simili a quelle di Sinigalia e le impronte e i modelli d'altri diversi echinidi, e varie conchiglie estratte dalla molassa bigio- chiara di Valduggia, comproverebbero i. depositi dell’epoca mioce- nica. Ma i terreni terziari di Valsesia spero poterli descrivere in altro lavoro di cui sto apparecchiando i materiali, Così pure saranno oggetto di altri studi le roccie di granito che da Borgosesia sino oltre Varallo hanno un’estesissima formazione; e quelle amfiboliche, onde risultano le abbondanti nostre dioriti, le sieniti e le amfiboliti che pure così di spesso s’ incontrano nelle nostre valli e che nei LA GEOGNOSIA E LA GEOLOGIA DEL MONTE FENERA » ECC. BIL graduati loro passaggi dalle une alle altre presentano così utili e così interessanti osservazioni a farsi; specialmente poi se si vorranno studiare in relazione coi serpentini e colle roccie calcaree che vi si trovano frapposte. Ma 1’ opera mia in lavoro di tanta difficoltà , non sarà mai altro che un debole tentativo e un saggio di buon volere d’un alunno che muove incerto i primi passi verso il limitare della scienza. E qui arrivato, prima di dar termine al mio seritto , io vorrei pure, se il tempo non mi venisse meno, indicare le varie produ- zioni botaniche a cui sono propizi i vari terreni del Fenefà più innanzi descritti. Ed in tal caso potrei dire che la Potentilla alba ne infiora le vette, che l’ZApimedium alpinum gli verdeggia sul fianco orientale, e che presso alle sue falde (sotto i pioppi della Strona che a Valdaggia lambe i piedi del San Bernardo) cresce la rara slellaria bulbosa di Wulfen. Potrei dire che nelle umide fes- sure d’una piccola grotta, fu colta la gracile seligeria recurvata, e che all'imbocco delle grandi caverne già accennate più sopra, hanno favorita sede due rappresentanti delle crittogame vascolari, il vistoso Scolopendrium officinarum e l Adianthum capillus veneris. Potrei dire che fra i licheni , stanziano sul Fenera varie specie di Collema, di Zecidea, di Yerrucaria, di Placodium, di Callopisma, di Ope- grapha , e di molti altri che qui tralascio per brevità di riferire. Queste notizie sulle produzioni vegetali del San Bernardo, mi fu- rono somministrate dall’egregio mio amico abate don Antonio Carestia di Riva Valdobbia, uomo dotato di fino ingegno e d’ottimo cuore. Il Carestia fra i cultori dell’amabile scienza gode bella fama, ed è suo merito speciale quello d’aver accresciuto d’ un buon numero di nuove specie di piante la Flora Valsesiana, e quello pur anche d’aver fatto conoscere ‘ed apprezzare ai dotti i rari nostri licheni colle assidue sue ricerche e colle pregievolissime sue preparazioni fatte a wantaggio degli studi crittogamiei intrapresi con amore sì grande: dal professore Denotaris e dal suo assistente dottoré Baglietto. Or eccomi al termine della mia Memoria. L'unico motivo che mi: indusse a scriverla fu il vivo desiderio di recare io pure a questa insigne riunione d’uomini preclari una parola che ricordasse la mia Vol. XI. 35 dB42 =». CALDERINI Là GEOGNOSIA E LA GEOLOGIA DEL MONTE FENERÀ, ECC, patria, la diletta mia Valsesia, o che ne rinfrescasse la memoria in coloro che forse l’avessero già visitata, e li muovesse a recarsi fra noi per meglio studiarne i vari' suoi terreni di sedimento, le diffi- eili roccie eruttive, i suoi calcari metamorfi, i minerali ed i metalli ehe vi si trovano diffusi, e per verificare alla nuova luce della scienza geologica progredita, se tutto ciò che finora si scrisse sulla natura dei nostri terreni e sulla età loro relativa, sia esatto e regga ad una critica severa e spassionata. Egli è poi ai geologi di Lom- bardia che io indirizzo più specialmente le mie parole e ie mie preghiere. Ed in vero la stretta ed intima attinenza che passa tra la formazione geologica del Fenera con quella delle Alpi Lombarde è posta oramai fuori di dubbio dagli studi pubblicati dal Pareto nella bella sua Memoria che già più volte fu accennata in questo scritto. Mi sembra quindi della massima convenienza pei geologi d’oltre Ticino che le loro prealpi studiarono e ristudiarono con sì grande e paziente amore, il tentare una scientifica esplorazione del nostro San Bernardo per rifare sopra di lui le profonde e savie osservazioni che l’occhio loro acuto ed esercitato ha già fatto con tanto vantaggio della scienza sui monti e sui colli di Lombardia. E sarà questa l’occasione favorevole per giungere a raggruppare i vari terreni onde il Fenera si compone con quelli di Lugano, di Varese, di Como, e d’altre località lombarde, e per dare così finimento e più compiuto assetto a que’ splendidi lavori geologici che già furono per essi condotti a sì alto grado di perfezione, I signori Stoppani, Balsamo-Crivelli, Omboni, Negri, Curioni e Villa vogliano ricordare che i terreni del nostro San Bernardo attendono pur eglino uno spazzo di quella luce benefica, onde sì bellamente illustrati uscirono dal caos i terreni di Lombardia. E se mai le mie povere e disadorne parole valessero a persuadere alcuno di questi celebri naturalisti della convenevolezza di fare una visita scientifica al Monte Fenera, io avrei raggiunto lo scopo della mia lettura, per la quale sento il bisogno di chiedere di gran cuore a questa insigne assemblea. di dotti la più larga e la più generosa indulgenza. 545 n Miscellanee botaniche presentate alla terza riunione straordinaria — della Società Italiana di scienze naturali in Vicenza da T. Caruet, (Seduta del 46 settembre.) Sugli organi riproduttori dei licheni. — Oltre ai ben noti apo- tecii. con le loro teche e dentro a queste le spore, i licheni presen- ‘tano altre due sorte di organi riproduttori, di cui la scoperta, o al meno l’esatta cognizione è fruito di lavori recenti. Sono questi in primo luogo le spermogonie, specie di ricettacoli scavati d’ ordinario nella grossezza del tallo, al di sopra del quale sporge il loro ostiolo , e ripiene dentro di filamenti (sterigimi) che reggono in cima sotti- lissimi corpicciuoli scoloriti detti spermazie. In secondo luogo sono le picnidi, simili per l'aspetto alle spermogonie, e ripiene esse pure di sterigmi, ma che invece di spermazie mostrano in cima a quelli grosse spore nude ossia sti/ospore, atte a germogliare, mentre non lo sono le spermazie, ritenute per questo dai più come organi di fecon- dazione. Le spermogonie si ritrovano nella. più parte de’ licheni, le picnidi per contro sono state vedute in pochissime specie soltanto, | Dietro osservazioni che ebbi agio di fare nell’agosto dell’anno scorso 1867, sono stato indotto a conchiudere che fra spermogonie e picnidi non havvi differenza sostanziale, attesochè il medesimo re- cipiente possa produrre e spermazie e stilospore. Questo potei osser- vare appunto sopra una specie di lichene comune assai presso noi, la Physcia stellaris, ossia Parmelia, o Hagenia stellaris. Il suo tallo offre una grande abbondanza di spermogonie, che in sul principio contengono soltanto le solite spermazie cilindriche, sottili, scolorite, quali sono conosciute da tutti i lichenologi. Col maturare della sper- mogonia, essa a poco per volta. si vuota delle sue spermazie, nel mentre che nel suo seno compariscono filamenti più grossi di quelli, che sostengono queste ultime; e tali filamenti restringendosi poi di tratto in tratto si fanno articolati, ogni articolazione risultando una b4& i T., CARUEL , stilospora. Cosiechè ad un dato momento esistono promiscuamente spermazie e stilospore nella medesima spermogonia, e questa avrebbe uguale diritto all’appellazione di picnide. Le stilospore compariscono brune sotto il microscopio, vale a dire sono nere; sono di forma irre- golarmente ovale, lunghe da 0,2% 007 a 0,04, e portate le une sulle altre a guisa di coroncina. Il fatto da me descritto, oltre l'interesse della novità, ha il van- taggio di poter decidere una quistione agitata fra i crittogamisti intorno alla natura delle picnidi, che gli uni hanno creduto essere organismi autonomi parassiti spettanti alla classe de’ licheni o dei funghi, e gli altri, e con ragione, hanno considerato ‘come organi riproduttori appartenenti a quel lichene sul tallo del quale si mostrano. Sulle foglie della Parkinsonia aculeata. — Le foglie della Par- kinsonia aculeata sono state descritte dagli autori in modi molto: diversi. Così nel Genera plantarum d’Endlicher sono considerate quali: foglie pennate, nascenti a due a tre nell’ascella di spine; mentre nel Genera di Bentham e Hooker compariscono quali foglie bipennate, con un picciolo comune spiniforme. Il vero si è che quelle foglie sono palmati-composte, con le ‘fo- glioline alcune pennate, e altre ridotte a spina. fl picciolo grosso e' corlissimo porta in giro un numero ‘dispari di foglioline , delle quali la terminale e le due laterali più basse sono convertite in spine corte, mentre tutte le altre intermedie sono fogliacee, lunghe e l'inearie, con un gran numero ‘di piccole foglioline secondarie di forma ovale’ disposte lungo i due lati. Sulla morfologia degli organi vegetativi delle Lemnacee. — Ml si stema vegetativo delle Lemnacee ha sempre colpito l’attenzione dei LI botanici per la sua struttura anomala. Non è un semplice tallo, non: è un asse con appendici distinte; onde non potendo essere riferito’ con certezza ‘a nessuna delle due ‘grandi categorie di sistemi vegeta- tivi nelle piante, per lo più è stato designato con un ‘nome speciale’ che schivasse la difficoltà di definirlo; così dagli uni è stato nominato caulofillo, quasi un misto di fusto e foglia, dagli altri semplicemente fronda., per significare la sua apparenza. E intanto la sua natura. morfologica è rimasta problematica. PSA MISCELLANEE BOTANICHE :7/89) Lo studio della genesi della fronda (che così provvisoriamente la chiamerò ) dovrebbe certamente essere un metodo fra i migliori per chiarirne la natura. Già Hoffmann qualcosa ne aveva detto, in ter- mini precisi ma troppo succinti , in un bel lavoro sulla Lemna ar- rkiza, riportato negli Annali delle scienze naturali di Parigi (2° serie, tom. XIV). Estesamente se ne occupò di poi il Gasparrini, il quale divulgò le sue osservazioni in una lunga memoria, pubblicata non molti anni addietro. lo non istarò ad esporre qui nei loro particolari le osservazioni di Gasparrini, avendo in animo di ritornarci sopra in altro e più esteso lavoro che sto preparando. Dirò solo che il risul- tato di ricerche organogeniche, da me istituite verso la fine del- l’anno 1867, appunto sulla Zemna minor, che fu la pianta studiata da Gasparrini, è riuscito diverso assai da quello da esso ottenuto. Sono queste mie ricerche che intendo ora brevemente riassumere. Prima rammenterò la struttura della fronda adulta della Zemna. É dessa di forma ovale lenticolare, è lunga 2 in 3 millimetri, e prov- vista nella faccia inferiore di una sola radice che si parte dalla sua linea mediana. Lungo il margine della parte inferiore della fronda e da ambedue i lati, scorgesi una fessura, formata dal combaciamento di due lamine membranose nelle quali ivi si disgiunge la fronda. Lo spazio lasciato fra le due lamine costituisce una cavità triangolare, in fondo alla quale sta attaccata una fronda di seconda generazione, ossia gemma. Questa è da prima rotonda e sessile; col crescere si allunga, e si restringe in basso in una specie di sostegno cilindrico. Le due fronde secondarie di una medesima fronda-madre non sono della medesima età e grandezza, ma si sviluppano l’una alquanto dopo l’altra. Sono da prima nascoste entro la loro cavità , in ultimo riescono sporgenti affatto fuori di essa. Quindi la fronda-madre ap- passisce e muore, lasciando le due figlie in libertà, e già provvedute ognuna di due altre fronde di terza generazione; e così di seguito. Esaminata nella sua prima età, la fronda comparisce quale un piccolissimo ammasso arrotondito di tessuto cellulare. Col crescere sì spiana diventando lenticolare. Quando ha raggiunto un diametro di 0,=2M{, vedesi spuntare sulla sua faccia superioré, poco sopra la sua base e in vicinanza al margine da un lato, una piccola protu- 546 T. CARUEL, beranza, susseguita tosto da un’altra consimile verso il margine dal- altro lato, un pochino più in alto della prima. È questa la-prima, comparsa delle due gemme, che saranno le fronde secondarie. Fin, d’allora si trovano esse collocate in fondo a due leggerissimi incavi della superficie della fronda-madre. L’ orlo circolare dell’ incavo si fa. tosto più rilevato, e cresce col crescere dell’inclusa gemma; anzi; con rapidità maggiore di questa, dimodochè in breve la supera da, ogni lato, e la nasconde entro una vera cavità. In questo mentre per lo sviluppo preponderante di quella parte della fronda-madre che sta! interposta alle due gemme, queste vengono spostate sempre più verso: i lati, e obbligate a piegare in fuori; e infine la bocca delle cavità che le rinchiudono risulta posta nel margine della fronda-madre. an-| zichè sulla sua faccia, ed assume quella forma che si ritrova nella; fronda adulta. mon Fin qui la esposizione dei fatti. Quale legittima deduzione può esserne tirata intorno alla morfologia del sistema vegetativo delle Lemnacee? È giuocoforza confessare che nessuna deduzione molto evidente ne scaturisca, avvegnachè la fronda di quelle piante appa-: risca sempre singolare assai per la sua struttura in mezzo al regno, vegetale. Però, se bene m’appongo, a me parrebbe avvicinarmi molto. al vero qualora la considerassi quale un asse schiacciato fogliaceo, un cladodio (come in vero già lo aveva designato Schleiden); formato; di tre internodi, de’ quali uno terminale massimo, da costituire quasi; l’intera fronda, e due inferiori cortissimi; con una gemma sviluppata; sul secondo e sul terzo internodo, circuita alla sua base da un’ appen-. dice fogliare inguainante , e che costituisce quell’invoglio membra-), noso che si osserva nei due lati della fronda attorno la base delle. sue fronde secondarie. lo non mi soffermerò alle difficoltà che può sollevare questa spie-. gazione morfologica. La do per quel che possa valere, come una: approssimazione al vero in un argomento dove nessuna luce ci ha rischiarato finora, e uno stimolo a ricerche ulteriori. Sulla presenza di piante americane spontanee in Egitto, — Nelle. mie erborazioni in Egitto fatte nell'agosto di quest'anno 1868, la. mia attenzione e stata colpita dalla frequente presenza di due piante. MISCELLANEE BOTANICHE BU 7 di origine americana , ora rese spontanee nelle campagne egiziane. Sono la Conyza ambigua, e la Vicotiana glauca. - Della Conyza ambigua ho già tessuto altrove la storia, in un mio lavoro sui cambiamenti avvenuti nella flora della Toscana in questi ultimi tre secoli. Secondo tutte le probabilità, è pianta nativa delle provincie del Rio la Plata nell'America meridionale, da dove introdotta ne’ giardini botanici di Europa, ne sarebbe fuggita per invadere le campagne del bacino Mediterraneo , così tutto il mezzo- giorno di Europa, l'Algeria, e ora l’ho riveduta in Egitto comune assai, per esempio ad Alessandria, a Cairo, e persino in luoghi messi di recente” a coltura, come a Bir-Abou-Ballah presso Ismailiah nel deserto dell’Istmo di Suez. La Nicotiana glauca è altra specie nativa certamente delle pro- vincie di Rio la Plata. È coltivata in Egitto per il tabacco sommi- nistrato nelle sue foglie, il quale col nome di tombak si fuma solo (per quanto mi è stato riferito) nelle pipe particolari all’Oriente dette narghile. Dai luoghi dove si coltiva, si è sparsa nei campi vicini monchè nei luoghi incolti, dove largamente si diffonde, ed è già di- venuta una delle piante comuni per quel paese. Alcune note di Malacologia Argentina, del professore PeuLeGRINO STROBEL. (Seduta del 47 settembre 1868.) I. Un nuovo Mollusco delle Ande Mendozine. Il professore Burmeister, alla pagina 321 del tomo I. del suo Z'îag- gio negli Stati de La Plata (1), dichiara di non avere mai osservato nel territorio di Mendoza nè una Zelix, nè un Bulimus, e di non (4) BorMrISTER, Reise durch die La Plata Staten, Halle 1861. 548 P., STROBEL , avervi potuto raccogliere altri molluschi in fuori. di una Pupa e di, un Zymneus. Sebbene non perlustrassi quelle contrade che durante: due mesi circa, mentre il prelodato dotto naturalista ebbe ta fortuna di potervi tenere stanza per oltre un anno; pure riuscii a raccogliervi,, parte nel piano e parte nel monte; mon solo :3. specie di Zelix e, 2 di Bulimus, ma inoltre 4 Limax, £ Succinea, A Chilina, 4. Lime. neus, 2 Planorbis, 4. Paludinella ed'1 Cyclas, in tutto 13 specie;. per verità, un numero assai meschino se si pone a confronto; con: quello di qualsiasi contrada delle nostre Alpi, ma certo non insigni». ficante, ove si abbia riguardo alla siccità della parte incolta di detta. pianura, e delle rupi arse e sterili di quelle montagne. . ®..\ Riserbandomi di presentare la nota e le. discrizioni degli accenz nati Molluschi in un lavoro di maggiore lena, pel quale sto; dispo- nendo i materiali, voglio dire, nella Znumerazione dei Molluschi. terrestri e d’acqua dolce, da me osservati nell’ Argentinia, ritengo: però di non devere più oltre sospendere la. publicazione di una delle loro forme nuove, la più speciosa ed interessante. È una Helix. del gruppo Caracola, che, dal nome ‘della sua patria, Cuyo (4), chia, mai Z. cuyana, e con tale denominazione ne depositai, in febbrajo, 1866, alcuni esemplari nel Museo publico di Santiago del Chilì (2), ed altri inviai da Buenos Aires .in Italia, e poscia in Germania. Eccone la diagnosi e le notizie relative (3): Anmar corpore brevi et crasso, habita ralione testa; fronte, cervice, (4) Le attuali provincie di Mendoza, San Juan e San Luis, sino al 1776, formavano una sola provincia, detta appunto di Cuyo e dipendente dalla Capitania generale spa- gnuola del Chilì. Gli abitanti di questo territorio si chiamano tuttora col nome com- plessivo di Cuyanos. È (2) Alcuni di questi furono spediti dal professor Philippi, direttore di quel Museo, al dottor Pfeiffer in Gassel, il quale figurò la specie nelle Novitates conchologicae, fa- scicolo XXVII, t. 79, f. 16-18, e la descrisse, col nome da me datole, nei Malakoto- gische Bloetler , XIV, 1867, p. 79, e recentemente nel V. volume della Monographia Heliceorum, n. 1616, ma indicandola, erroneamente; come indigena del Perù. (Nota aggiunta dopo la lettura.) DI (3) Nell’esporre queste, seguirò. il metodo da me adottato sino dal 4854 nelle Notizie. malacostatiche sul Trentino. Ivi, pel primo, applicai, per quanto era possibile, ai mol- luschi il metodo già introdotto per le piante dal Thurmann nel suo Essai de Phyto- statique applique a la chaîne du Jura, Berne 4849. ALCUNE NOTE DI MALACOLOGIA ARGENTINA B49 dorso et cauda fusco-cinereis, rugosis; ceeteris partibus laevibus; tentaculis brevibus, superioribus cinereis, apicem versus pallidioribus, inferioribus caeruleo - nigricantibus; oculis atris; pallio et solea ci- nereis. Tesra mediocriter umbilicata, depressa, subfragilis; spira brevi conica, sutura profunda; anfractus 4 '/> - 3 fere plani, celeriter cre- scentes, primus, embrionalis, corneus, levis, ceteri cinereo-lutei vel. albescentes, subcalcarei, transverse arcuatim oblique costulati, costis irregularibus, interdum bifidis, basi ultimi anfractus plus. minusve undulatis, iste aperturam versus paululum descendens, ad peripheriam carinatus; carina valde, transverse oblique, rugosa; apertura tran- sverse cordiformis; peristoma luteo-rufum, simplex, marginibus ap- propinquatis, callo depresso .junctis, margine basali subreflexo; faux, palatum et columella luteo-rufa lucidissima; wmbilicus omnes fere anfractus monstrans; diameter max. 16 millimetra, min. 14 millimetra. Murationes: a depressa, alta 7, diam. 16-mill. ; elatior, alta 8, diam. 44 milì.; — è carina peenultimi anfractus supra suturam ultimi visi- bilis; invisibilis, ab ultimo anfractu obtecta. — c prnultimo an- fractu zona pallida fusca: 100-00, notato; sine fascia. Conrrapa: Raccolsi l’ 7. cuyana, nel gennajo 1866, in cima della pittoresca angostura o gola, per la quale, seguendo erto sentiero, tagliato a caracoles o tourniquet tra scoscese rocce, disposte come le quinte di una scena, e tra abbondanti massi sparsi pel letto di spu- meggiante ruscello, si sale dal Cajon (cassone o valle incassata ) de Killa Vicencio al Cerro dorado, o monte dorato, così detto dal li- chene di simile colore, che lussureggiante copre parte delle. sue rupi (1). Questo passo è uno de’ più romantici ed ameni di tutta la via da Mendoza al passaggio delle Ande, denominato di Uspallata. Dimora entro le fessure di rocce schistose, bagnate da aque sature di carbonato di calce, e da questo, qua e là, intonacate. Convive con altre due piccole ZHelix e due Bulimus. L’Helix cuyana, durante il giorno, tiensi per modo rintanata, che per rinvenirne degli esem- (41) Secondo Burmeister, 1. c. pagina 274, il monte porterebbe il nome di dorato, perché le sue brune pareti, alterate dall’intemperie, splendono qua e là come bronzo; però a me non riuscì di poter scorgere tale fenomeno. db P. STROBEL, plari viventi, dovetti staccare delle lamine dalla roccia, ciò che, per altro, ottenni senza molta fatica. Dispersione : Vive in famiglie; ne raccolsi una cinquantina dic indi: vidui per pochi metri quadrati di superficie. Attezza: 1400 a 1800 metri sopra il livello dell'Atlantico. Terneno: Arenaria calcarea, ferruginosa, dendritica — roccia umida — pelo-psammogena. È Recione montana (e subandina?) — della Jarilla de la sierra (Larrea nitida) e del Cuerno de cabra? Osservazione: Se non si ha riguardo che alla conchiglia, la ZZelix segestana Phil. deve sembrarci la prossima parente europea della. H. cuyana. II. Un nuovo mollusco nudo di Buenos Aires. ma, «L F. a Vacinutus Bonariensis. Fig. 1 et 2. Ana fentaculis superioribus contractilibus , pallide fuscis , oculis atris prominentibus; inferioribus luteo-albescentibus, apice pallide fusco; pallio, superius, cinereo-fusco, verrucis 2que distantibus, cre- teris eminentioribus , ad margines frequentioribus., pallide gilvis; inferius , pallide fusco , punctis pallidioribus consperso; solea albe- scente aut carnis colore, rugis subtilissimis transverse striata. Longitudo maxima speciminis majoris 12% millimetra; sed animal, usque ad longitudinis dimidium, corpus contrahere potest. Murazioni: è col globulo dei tentoni superiori bruno oscuro (co- mune ); col globulo bruno chiaro; — 5. col dorso segnato da una macchia fusiforme più oscura del resto del mantello, circondata da una fascia bruno-violacea, sfumata, la quale è rinchiusa da una linea, composta di punti nerastri (fig. 2. comune ); senza questa macchia ; — c. coi lembi del mantello oscuri (comune ); coi lembi bruno-chiari. ALCUNE NOTE DI MALACOLOGIA ARGENTINA BBI “ Coxrrapa: Contorni di Buenos Aires; Palermo, Tigre... Dinoni sotto la corteccia e nei buchi dei tronchi d’ albero in pu- trefazione. ; Dispersione : Disseminato, non abbondante. Autezza: Sotto 100 metri (Buenos Aires trovasi sotto 20 metri). Terreno di trasporto (al/uvim), umido, pelogeno (humus). Regione della Pampa litorale; della Zita (Agave americana) e del-. l’Ombù (Pircunia dioica). Osservazioni: La superficie del lobo inferiore (fig. 1 a.) dei tentoni. inferiori è in un continuo moto vermicolare. — Poichè, nè le figure, nè la desrizione che il D’Orbdigny (1) ci ha dato dell’affine suo ZYaginulus solea, s'attagliano alla nostra forma, ho creduto bene di darle un nome; lasciando al gusto particolare’ di ciascun malacologo il decidere, per sè, se essa debba ritenersi’ per, così detta, buona specie, oppure per semplice varietà della’ nominata specie di d’Orbigny. Allo stato attuale della scienza, riterrei una discussione in proposito siccome una semplice questione de lana caprina. In quanto a me, starò sempre, come per l’ addietro , per la diminuzione del numero delle specie, e quindi proporrei l'unione del Zaginulus bonariensis al simile 77. solea, come varietà di questo. Tanto di questa specie, quanto dell’ /elix cuyana, si depositarono. degli esemplari nel Museo civico di storia naturale in Milano, Ill. Molluschi europei acclimati in Buenos Aires. Da che, recentemente, il professore M. Wagner (2) provò il nesso. esistente tra le migrazioni degli organismi e le loro differenze spe- cifiche, poichè da quelle originate, e completò colla legge di migra- zione la teoria di Darwin; tutti i fatti relativi alla distribuzione geografica degli esseri organizzati acquistarono una decisa impor- tanza. Non sarà quindi senza interesse il registrare anco le migrazioni (4) D’OkBiGnY Alcide, Voyage dans V Amérique meridionale. Paris, 4837-1847. Mol- lusques, page 220, planche 21. (2) WaeneR Moritz, Die Darwinsche Theorie und das Migrationsgesetz der Organis- men. Leipzig, 1868. (giugno.) BB2 P. STROBEL, spontanee, nonchè le forzate , dei Molluschi. L’ uomo non modifica soltanto la distribuzione geografica delle piante, dei vertebrati, ma ancora quella degli anellati e dei molluschi, e più inavvertitamente e senza il concorso della volontà sua , che per proposito. Così nella parte dell’ America meridionale da me visitata introdusse tre specie europee di molluschi terrestri, una nuda e due conchiglifere, queste, ambe eduli. î : A Santiago del Chilì incontrai, negli orti, la Helix aspersa Mull.; ed a Montevideo | /. lactea Mill. var. punctatissima Rossm.; in Buenos Aires raccolsi questa ed il Zimax variegatus Draparnaud.. Desso vi sembra giunto da poco tempo, poichè non si rinvenne, si- nora, che in alcuni pozzi e magazzini della città. L° Helix invece, vi deve essere stata importata già da qualche tempo, poichè ve la trovai abbondante e sparsa nei contorni della città, specialmente nei giar- dini e negli orti, al piede dei muri, fra le foglie e le radici del- l’Agave americana, delle Yuca, dell’alfalfa od erba medica (Medi- cago sativa L.), del hinojo o finocchio { Foeniculum officinale AN. ), piante esse pure acclimate, ecc.; e vi si moltiplicò per modo, da rendersi infesta. Col cambiare domicilio e col mutare quindi condi- zioni ed influenze esterne, subì pure, diggià, una leggiera modifica- zione nella conchiglia. Questa è alquanto più sottile e fragile di quella degli esemplari spagnuoli ed africani, almeno di quelli che ho ve- duto. Tale, direi, degenerazione del guscio parmi sia dovuta al clima ed al terreno di Buenos Aires. posti a confronto con quelli delle coste ispano-africane del Mediterraneo: il clima vi è più umido, specialmente in certe stagioni, ed il terreno pelogeno , di trasporto , contribuisce a mantenere l’ umidità, mentre scarseggia di carbonato di calce (4). (1) Simili modificazioni nella conchiglia di una stessa specie, in rapporto con mu- tamenti nelle condizioni esterne della sua dimora, si ponno talvolta osservare anco in una medesima località, per modo, da farvi supporre, a prima giunta , l’esistenza di due o più specie affini. Ma più diligenti ricerche conducono sempre alla scoperta delle forme intermedie, che ivi esistono e devono esistere, in conseguenza che vi si trova anche il passaggio dall’ uno all’altro complesso di condizioni. Così, per esempio, quivi in Moraro (Gradisca), ove abbonda 1’Helix variabilis Drap., se ne rinviene negli orti una forma grande (a. 416, d. 24 mill.), con guscio relativamente sottile, per lo più fasciata, che parmi la forma tipica; invece negli incolti, lupgo i ciglioni delle strade ALCUNE NOTE DI MALACOLOGIA ARGENTINA — 555 Se a questa colonia europea di Helix lactea non sopraggiungeranno altri immigranti europei, o simili ad essi, i caratteri differenziali della conchiglia, sopra accennati, andranno sempre maggiormente esprimendosi e fissandosi, e per tal modo incomincierà a formarsi una di quelle varietà, che Porro chiamava seriali (1), e Darwin denomina specie încipienti; e col continuare, per un tempo inde- terminabile, l'isolamento di quei colonisti dalla madre patria, essi si costituiranno, finalmente, a nuova specie, a specie indigena. Gli Europei, sopratutto i Francesi, si cibano dell’/elix in discorso ; gli indigeni ne han ribrezzo, sì come de’gamberi e delle rane, ed in modo di sprezzo chiamano chi li mangia comesapos o mangiarospi. Moraro, agosto 1868. Catalogo degli Acalefi del golfo di Napoli, del socio professor Aues- SANDRO SpagnOLINI (2). & (Seduta del 46 settembre 41868). SIPHONOPHORA Esehscholtz, DipHniDAE. Genere I. Praya. Quoy et Gaimard. 4. Praya filiformis. Delle Chiaje. 2. Praya cymbiformis. (Delle Chiaje) Leuckart. s'incontra una varietà piccola (a. 7, d. 40 mill.), a conchiglia robusta, assai bianca e senza fascie. Tali notevoli differenze vi sono quasi costanti, e si osservano benanco, talora, nelle famiglie che vivono a pochi passi di distanza 1’ una dall’altra. Riterrei che la diversità nelle dimensioni «del guscio dipendano «dalla diversa-quantità e qualità di cibo, più abbondante e nutriente negli orti, che non negli incolti ; la differenza nel suo spessore sia da attribuirsi al diverso grado di calore e di siccità, maggiore all’ a- perla che non negli orti, spesso inaffiati; e finalmente, la colorazione sia in rapporti colla. luce, massima negli incolti, e minima all’ombra degli alberi negli orti. Ne’ campi os-. servansi condizioni intermedie tra quelle degli incolti e quelle degli orti; quindi vi si rinvengono anco i passaggi tra le due forme peculiari de’ medesimi. Nelle località, ove non ssi presentano se non le une o le altre delle indicate condizioni, non s’ incontra che l’una o l’altra delle dette due forme; ed in tale circostanza, il fatto di trovarvele isolate, diede luogo alla creazione di due specie distinte: 4. variabilis ed obsoleta. (41) Saggio di osservazioni fatte in alcune Helix . . . . prime linee nello studio della capacità di variazione negli individui conspeciali. Firenze, 1841. (1) Il dottor Alessandro Spagnolini, professore di storia naturale nel Collegio mili- Bb A. SPAGNOLINI, Genere Il. Diphyes. Cuvier, 4. Diphyes Sieboldii. Kolliker. 2. Diphyes turgida. Gegenbaur, 5. Diphyes conoidea. Keferstein ed Ehlers. 4, Diphyes ovata. Keferstein ed Ehlers. 5. Diphyes acuminata. Leuckart. 6. Diphyes Kochii. Will. 7. Diphyes quadrivalvis. Sars. Genere III. 4byla. (Quoy Gaim.) Eschscholtz. 4. Abyla pentagona. Quoy et Gaimard. Hippopopupat. Genere I. Mippopodius. (Quoy et Gaim.) Eschscholtz. 1. Hippopodius luteus. (Quoy et Gaim.) Vogt. Genere II. ZY'ogtia. Kolliker. i 1. Voglia pentacantha. Kolliker. PauysopuoriDAF. n Genere I. Physophora. Lamarck. A. Physophora hydrostatica. Forskal. Genere II. 4galma. Eschscholtz. 4. Agalma rubra. Vogt. 2. Agalma Sarsii. Kolliker. Genere III. Apolemia. Eschscholtz. 4. Apolemia uvaria. (Lesueur) Eschscholtz. Genere IV. Forskalia. Kélliker. A. Forskalia contorta. (Milne Edw.) Leuckart. tare di Napoli, ha presentato alla sezione di zoologia della Terza Riunione a Vicenza un catalogo ragionato degli acalefi di quel golfo, da lui osservati dall’ autunno del 41864 all’ estate del 4868, coll’aggiunta delle specie da altri registrate. Il catalogo è pre- ceduto da alcune notizie generali circa le stagioni ed i mesi nei quali le varie spe- cie d’acalefi osservati sogliono frequentare il golfo, e l'influenza grandissima che hanno i venti e le correnti in esso dominanti, sopra la loro comparsa. La classifica- zione seguita è quella del Gegenbaur. i Il lavoro completo sarà DEDIIGLO nelle Memorie della Società. (Nota del Segretario.) CATALOGO DEGLI. ACALEFI DEL GOLFO DI NAPOLI 2. Forskalia Edwarsii. Kélliker. 3. Forskalia ophiura. (Delle Chiaje) Leuckart. 4. Forskalia formosa. ‘Keferstein ed Ehlers. ANTHOPHYSIDAE. Genere I. Athorybia. Eschscholtz. 4. Athorybia rosacea. (Forsk.) Eschscholtz. RuUIZOPHYSIDAE. Genere I. Rhizophysa. Péron. 4. Rhizophysa filiformis. (Forsk.) Lamarck. PaySALIADAB. Genere I. Physalia. Lamarck. 4. Physalia caravella. Eschscholtz. VELELLIDAE. 5 Genere I. Z'elella. (Lamarck) Eschscholtz. 1. Velella spirans. Eschscholtz. Genere II. Porpita. Lamarck. Porpita mediterranea. Eschscholtz. DISCOPHORA Eschscholtz. A. CraspeDoTAa. OCEANIADAE. Genere I. Steensirupia. Forbes. Genere II. Sarsia. Lesson. Genere III. Zanclea. Gegenbaur. | 4. Zanclea costata. Gegenbaur. Genere IV. Cytaeis. Eschscholtz. A. Cytaeis pusilla. Seggi aue, Genere V. Zizzia. Forbes. A. Lizzia Koellikeri. i, BDO A. SPAGNOLINI, Genere VI. Oceania. (Péron) Eschscholtz, 4. Oceania pileata. Péron. 2. Oceania flavidula. Péron. 3. Oceania conica. Eschscholtz. 4. Oceania crucigera. Eschscholtz. Genere VII, Cladonema. Dujardin. 1. Cladonema radiatum, Dujardin. THAUMANTIADAE, Genere I. Thaumantias. Eschscholtz. 4. Thaumantias mediterranea. Eschscholtz, Genere II. Tima. Eschscholtz. 4. Tima flavilabris. Eschscholtz. Genere IV. Phialidium. Lamarck. 4. Phialidium viridicans. Leuckart. AEQUOREADAE. Genere I. Mesonema. Eschscholtz. 1. Mesonema coelum-pensile. Eschscholtz. Genere II. Aequorea. Lamarck. 4. Aequorea Forskalea. Péron. Eucopipae. Genere I. 4glaura. Péron. 4. Aglaura hemistoma. Péron. Lesueur. Genere II. Eucope. Gegenbaur. 4. Eucope exigua. Keferstein ed Ehlers. 2. Eucope picta. Keferstein ed Ehlers. 3. Eucope polystyla. Gegenbaur. Genere III. Sminthea. Gegenbaur. A. Sminthea globosa. Gegenbaur. 2. Sminthea campanulata. Keferstein ed Ehlers. TRACHYNEMIDAE. Genere I. Trachynema. Gegenbaur. 4. Trachynema ciliatum, Gegenbaur. CATALOGO DEGLI ACALEFI DEL GOLFO DI NAPOLI BB7 Genere II. Rhopalonema. Gegenbaur. 4. Rhopalonema velatum, Gegenbaur. 2. Rbopalonema placogaster. Keferstein ed Ehlers. GERYGONIADAE Genere I. Lyriope. Lesson. 4. Lyriope mucronata. Gegenbaur. Genere II. Geryonia. Péron. 1. Geryonia proboscidalis. (Forsk.) Esehscholtz. 2. Geryonia exigua. Esehschottz. | AEGINIDAE. Genere |. Cunina. Eschscholtz. A. Cunina lativentris. Gegenbaur. 2. Cunina albescens. Gegenbaur. 3. Cunina discoidalis. Keferstein ed Ehlers. Genere II. Aeginopsis. Brandt. 1. Aeginopsis mediterranea, J. Miller. Genere III. Aegineta. Gegenbaur. 1. Aegineta gemmifera. Keferstein ed Ehlers. 2. Aegineta corona. Keferstein ed Ehlers. B. AcRaspeDa. CHARYBDAEIDAE. Genere I. Carybdea. Péron. 1. Carybdea marsupialis.Péron; PELAGIADAE. Genere I. Pelagia. Péron et Lesueur. 1. Pelagia noctiluca. Péron. Lesueur. 2. Pelagia phosphorea.. Esehscholtz, | Genere II. Vausithoe. Kolliker. 4. Nausithoe punctata. Kolliker. Genere III. Chrysaora. (Péron) Esch, 1. Chrysaora mediterranea. Péron. .. . Vol. XI. | 36 558 A. SPAGNOLINI , MeEDUSIDAE. Genere I. Aurelia. (Péron) Brandt. 4. Aurelia aurita. Lamarck. 2. Aurelia thyrrena. Lamarck. RAEYZOSTOMIDAE. Genere I. Cassiopea. Péron. 4. Cassiopea borbonica. Delle Chiaje. Genere II. Rhizostoma. Cuvier. 4. Rhizostoma Aldrovandi. Péron. Genere III. Cephea. Péron. 4. Cephea polychroma. Péron. CTENOPHORA Eschscholtz. SICYOSOMATIDAE. Genere I. Sicyosoma. Gegenbaur. BeRo1DaE. Genere I. Beroe. Lamarck. 4. Beroe Forskalii. Milne Edwards. PLEUROBRACHIADAE. Genere I. Pleurobrachia. (Cydippe) Fleming. 4. Cydippe densa. Forskahl. Genere II. Eschscholthia. (Less.) Gegenbaur. 4. Eschscholthia cordata. Kolliker. Genere III. Cestum. Lesueur. 4. Cestum veneris. Lesueur. 2. Cestum breve. Graeffe. CALYMMIDAE. Genere I. Alcynoe. Delle Chiaje. 4. Alcynoe papillosa. Delle Chiaje. CATALOGO DEGLI ACALEFI DEL GOLFO DI NAPOLI 359 Genere Il. Eurhamphea. Gegenbaur. 1. Eurhamphea vexilligera, Gegenbaur. Genere III. Eucharis. Eschscholtz. O 4. Eucharis multicornis. Eschscholtz. Genere IV. Zesueuria. Milne Edwards. 1. Lesueuria vitrea. Milne Edwards. Specierum Italicarum ordinis dipterorum Catalogus notis geogra- phicis auctus a prof. CamiLo Ronpani. (Seduta del 16 settembre 4868.) Fasc. 1. OESTRIDA, SYRPHIDZ, CONOPIDZA. Fam. ESTRIDA. Gen. OEstRUS Lin. 4. — Equi Fabr. — Italia tota. 2. — Hamorrhoidalis Lin. — It. sup. et media. 5. — Pecorum Fabr. £ — Id. id. — — Ferruginatus Zett. ® — ld. id. Gen. HyPopERMA Clk. A. — Bellierii Bigot. — Corsica. 2. — Bovis Fabr. — It. tota. 3. — Lineata /7lIrs. — It. med. et merid. 4. — Silenus Br. — Sicilia. Gen. CorpHALOMYIA Cik. 4. — Ovis Lin. — It. tota. Fam. SYRPHIDA. Gen. SeRICOMYIA Mgn. 4. — Bombiformis Fall. — It. bor. 2. — Lappona Lin. — Id. id. C. RONDANI, VoLuceLLA Geofr. . — Adulterina Andn. — It alp. et apen. . — Alpicola Andn. — It. alpina. . — Bifasciata Scop. — It. tota. — Inanis Fabr. . — Bombylans Lin. — It. boreal. . — Dryaphila Scop. — It. bor. et media. — Inflata Fabr. 6. — Hybrida Andn. — Alpes insubr. 7. -— Inanis Lin. — It. tota. — Micans ZFabr. 8. — Incestuosa Andn. — Apen. It. sup. 9. — Mystacea Zin. — It. sup. et apen. medix. — — Plumata Zall. 10. — Pellucens Lin. — It. Tota. 44. — Proxima Andn. — Apen. parmens. 42. — Spuria Rndn. — Apen. It. sup. Gen. MaLLota Mgn. . — Fuciformis Fall. — It. sup. . ZeTTERSTEDTIA findn. . — Cimbiciformis Fall. — It. sup. et media. — —- Fristaloides Loéw. PLATYNOCHETUS /7dm. . — Setosus Fabr. — It. merid. (Sicil. Melita.) . EristALIS Fabr. . — Arbustorum Lin. — It. tota, . — Horticola De G. — It. sup. — — Flavicinetus Fabr. — Intricarius Lin. — It. media. — — Bombyliformis Fabr. 4. — Nemorum Lin. — It. tota. — Pascuorum Rndn. Palm. — ld. Id. — — Pratorum Mgn. . — Rupium Zabr. — It. boreal. — — Piceus Zall. SPECIERUM ITALICARUM ORDINIS DIPTERORUM BGA Gen. ErisTtALIS Fadbr. 7. — Saltuum Andn. — Alpes. 8. — Similis Fall. (1) — It. super et media. Gen. EristaLomya fndn. Palma. A. — /Enea Scop. — It. tota. 2. — Auricalcica Andn. — lt. media. (Apratium.) 3. — Pulcriceps Mgn. — It. merid. 4. — Sepulcralis Lin. — It. tota. 5. — Tenax Lin. — Id. id. . PaLUMBIA findn. . — Bellierii Bigot. — Sicilia. — — Sicula Andn. . Dinea Macq. . — Alneti Zall. — It. boreal. . — Fasciata Macg. — It. tota. . MyiatHRoPA Andn. Bigot. Palma. . — Florea Lin. — It. tota. Gen. HeLopniLus Mgn. * Mesembrius Rndn. A. — Peregrinus Lw. — Sicilia. ** Helophilus Auct. 2. — Frutetorum Fab. — It. med. et merid. 3. — Lineatus Fab. — It. tota. 4. — Pendulus Zin. — lt. bor. et media. 5. — Solitarius Andn. — Apen. parmens. 6. — Trivittatus Fabr. — It. tota. — — Pendulus Aosst. Gen. Meropon Mygn. Latr. 1. — /neus Mgrl. — It. tota. 2. — /rarius Andn. — It. med. et merid. 3. — Armipes Andn. Palma Schin. — It. tota. 4. — Bulborum Pndn, — It. bor. et med. 5. — Canipilum Andn. — Coll. parmens. (4) Spec. Fasciatus Lw. Palma Mihi. Ignota. — ital. mer. C. RONDANI, . Meropon Mgn. Latr. . — Cinereum /abr. — Ital. tota. . — Clavipes Fabr. — It. sup. et med. 8. — Constans Rossi. — ld. id. 10. — Distinetus Palma. — It. merid. 41. — Funestus Zabr. — It. tota. 12. — Melancolicus Fabr. — It. sup. et cent. — Natans Fabr. 2 — Italicus Andn. AT L 13. —— Mucronatus Andn. — It. bor. aL. — Narcissi Fabr. — It. bor. et med. 15. — Nigritarsis Andn. Schin. 16. — Obscuripennis Palma. — It. merid. 417. — Paudicus Bellard. — It. sup. . 18. — Ruficornis Mgn. — It. sup. et med. | 19. — Rufitibius Andn. Palma. — It. tota. 20. — Senilis Mgn. — It. sup. et med. 91. — Sicanus Andn. Palma. — It. centr. et merid. 22. — Spinipes Zabr. — It. bor. et med. 23. — Subfasciatus Andn. — It. centr. et merid. 24. — Submetallicus Andn. — It. bor. 25. — Transversalis Mgn. — It. media. 26. — Tuberculatus Andn. — Ît, tota. — — Montanus Andn. . — Equestris /abr. & — It. tota.. — Nobilis Mgn. 9 — Bulborum Andn. d' o, . — Varius Andn. (1). It. sup. et media. . . Tropipia Mgn. . — Fasciata Mgn. — It. bor. . SPHIXEA findn. Bigot. Palma. . — Crabroniformis Fabr. — It. tota. . — Splendida Rossi — Id. id. — — Fulminans Zabr. Sp. Anulatus Mgn. Palma Mihi. Ignota. «= It. merid. SPECIERUM ITALICARUM ORDINIS DIPTERORUM Gen. MiLesia Zatr. — Spylomyia Mgn. 4. — Digitata Andn. — It. tota. 2. — Diophthalma /abr. — It. boreal. 3. — Manicata Andn. — Id. id, 4, — Saltuum Zabr. — It. tota. Gen. CaLLIPROBOLA Andn. 4. — Fallax Ziîn. — It. bor. et med. 2. — Speciosa Rossî. — It. tota. Gen. BracHipaLPUS Macq. 1. — Olivaceus /7dm. — It. bor. et med. — — tuberculatus Macq. 2. — Valgus Pnz. — ld. id. Gen. CaRIORHYNA .Hofg. 4. — Apicata Mgn. — It. bor. et med. 2. — Berberina Zabr. — It. bor. 3. — Brebissonii Macq. — Apen. parmens. 4. — Femorata Lin. — It. bor. et med. 5. — Floccosa Macq. — Apenn. parm. 6. — Oxyacanthe Mygn. — It. boreal. 7. — Picciolii Rndn. — It. media. 8. — Ranuncali Pnz. — It. bor. 9. — Ruficanda De G. Palma. —- It. merid. Gen. XyLota Mgn. 4, — Abiens dm. — It. boreal. 2. — Florum Zabr. — It. bor. et med. 5. — Flaviventris Zigot. -—— Corsica. 4. — Ignava Pnz. — It. bor. et med. 5. — Nemorum Zabr. — Id. id. — — Ignava Zall. 6. — Pigra Fabr. Pnz. — It. tota. — — Lenta Mgn. Rndn. 7. — Segnis Lin. — Id, id. 8. — Sylvarum Zin. — Id. id. — — Impiger Rossi. B65 B64 C. RONDANI, Gen. MyioLepta Neum. — Xyloteja findn. 4. — Dubia Fabr. — It. tota. -— — Lateralis Mgn. 2. — Vara /abr. — It. bor. et med. Gen. EumeRrUs Mgn. ui 4. — Acanthodes £iossî (1). — It. bor. et med. — — Strigatus Zall. ete. 2. — /Eneus Macq. Palma..—It. merid. 5. — Alpinus Bllrd. — it. boreal. 4. — Argyropus Zw. — It. bor. et med, — — Exilipes Andn. . —- Australis Loéw. Mgn. — Sicilia. Barbarus //dm. — Sicilia Melita. — Barbiventris Andn. — It. bor. et med. — Basalis Zw. — Id. id. — — Angusticornis Andn. 9. — Bicolor Bird. — Id. id. Nas — -— Ovatus? Lw. 10. — Emarginatus Zw. — It. centr. et merid. — — Clavitibius Andn. AA. — Fugitivus Rossiî (2). — It. med. et merid. -— — Pusillus? Zw. 12. — Fulvicornis Macq. Palma. — It. merid.. 15. — Fucatus Mihi (3). — Tt. sup. Parma coll. — — Funeralis Andn. (non Mgn.) 44. — Lasiops Rndn. (4). — ‘It. med. et bor. 15. — Lejops fndn. — ld. id. 16. — Melanopus Andn. — It. media. (Etruria.) 417. — Nebrodesius Mihi (5). — Sicilia. granai 18. — Ornatus Mgn. — It. tota. 19, — Pulchellus Zw. — Sicilia Melita. 20. — Sabulonum Fall. — It..bor. et med. (1) Vide notam 4, in calce. (2) V. notam 2, in calce. (3) V, notam 3, îin.calce. (4) V. diagn. in calce 4. (5)... SPECIERUM ITALICARUM ORDINIS DIPTERORUM Gen. EumerUs Mygn. 24. — Sulcitibius Andn. — Coll. parm. et sicul. 22. — Tricolor Fabr. — It. tota. — — mixtus /nz. | | 23. — Truncatus Mihi (1). — Sicilia. (Nebrodes.) 24. — Truquii Andn. — Liguria. 28. — Tuberculatus Andn. — Mont. parmens. 26. — Uncipes Andn. Schin. (2) — ld. Id. Gen. SyRITTA St. F. S. | 4. — Pipiens Lin. — It. tota. 2. — Spinigera Lw. sp. n? — Sicilia. Gen. Ascia Mori. . — /nea Mgn. — It. Boreal. . -— Dispar Mgn. — Id. id. . — Podagrica Fabr. — It. tota. . — @uatuor punctata Mgn. — It. bor. . SPHEGINA Mgn. . — Clunipes Fall. — It. bor. et media: . — Nigra Mgn. — It. tota. . Bacca Fabr. . — Elongata Fabr. — It tota. . — Obscuripennis Mgyn. — It. boreal. . — Scutellata Mgn. — It. media. . SPAZIGASTER Rndn. Loèw. Schin. ete. — Apennini Andn. — Apen. parmens. . — Lugubris Costa A. — It. sup. et merid. . Doros Mygn. . — Conopseus Fabr. — It. tota. . SPHEROPHORIA St, Fr. S. . — Menthastri Zin. — Id. id. . — Multipunetata Andn. — It. media. . — Nigricoxa Zett. — It. tota. — — Dispar Lw. Palma Vur? (41) Vide diagn., in calce. (2) Sp. Sicule: Iris, Nudus, Amenus., Olivaceus Lw. Mihi ignote. B6b d66 C. RONDANI, Gen. SpHzropHorIa St. Fr. S. 4. — Oleandri Schembri. — It. med. et merid. dB. — Picta Mgn. — It. media. 6. — Serpilli Rndn. — Mont. parmens. 7. — Scripta Lin. — It. tota. 8. — Trniata Mgn. — ld. id. Gen. PeLECOCERA 7ofg. ‘A. — Quadricinta Brtol. Z. — Alp. pedem. 2. — Tricincta Hfg. — It. boreal. Gen. PLatYcHEIRUS St. Far. S. 4. — Albimanus Zabr. — It. tota. 2. — Clipeatus Mgn. — It. boreal. . — Fulviventris Macq. — It. bor. et media. . — Manicatus Mgn. — It. med. et merid. 5) 4 5. — Parmatus Andn. — It. bor. et. med. 6. — Scutatus Mgn. — It. tota. 7. — Spathulatus Rndn. — Mont. parmens. Gen. Syrpnus Fabr. i 41. — Affinis Palma. — It. merid. 2. — Arcuatus Fall. — ld. id. 3. — Auricollis Mgn. — It. bor. et med. 4. — Baltheatus De G. — It. tota. — — Nectareus Zabr. -— Bifasciatus /abr. — It. bor. et med. . Bisinuatus Palma. — It. merid. — Bucculatus Andn. — Col. parm. Sicilia. — Cinetus Fall. — It. bor. et media. 9. — Concinnus Mgn. — It. merid. 10. — Corolle Zabr. — It. tota. 41. — Crenatus Macq. Palma. — ld. id. 12. — Decorus Mgn. — It. bor. et media. 15. — Diaphanus /7alb. — Id. id. 44. — Dives Andn. — It. tota. ib. — Flaviceps Andn. — Coll. parmens. 16. — Festivus Lin. — It. med. et merid. ua | SPECIERUM ITALICARUM ORDINIS DIPTERORUM dB67 Gen. SyRpnus Fabr. 47. — Fuscus Palma. — It. merid. 18. — Gracilis Mgn. — It. bor. et media. 19. — Grossularie Mgn. — It. bor. 20. — Hyalinatus Fall. — It. tota. 21. — Lapponus Zett. — It. bor. et apen. mediz. 22. — Luniger Mgn. — It. tota. . — Maculicornis Zett. — It. med. et merid. . — Mellinus Lin. — It. tota. — — Scalaris Fadr, d. . — Nigritibius Andn. — It. bor. et media. . — Nitidicollis Mgn. — Id. id. . — Ornatus Mgn. — It. tota. 28. — Ribesii Zen. — Id. id. 29. — Rosarum Zabr. — It. borealis. — — Noctilucus all. 50. — Sinuatus Palma. — It. merid. 31. — Umbellatarum Mgn. — It. bor. et media. 52. — Unicolor Macq. — Coll. parmens. 55. — Venustus Mgn. — It. boreal, 34. — Vitripennis Mgrl. — It. tota. Gen. LasiopaTHICUS Andn. Bigot. Palma. A. — Albostriatus Mgn. — It. bor. et media. 2. — Bellardii Andn. — It. boreal. 3. — Coronatus Andn. — Mont. parmens. 4, — Dignotus Andn. — It. boreal. 5. — Gemellarii Andn. Schin. — It. tota. 6. — Glaucius Fabr. — It, boreal. 7. — Lucorum Lin. — Id. id. 8. — Mecogramma Bigot. — It. merid. (Sicilia). 9. — Novus Zndn. — Coll. parmens. 410. — Pyrastri Lin. — It. tota. A4. — Seleniticus Mgn. — Id. id, fi [S>) . — Topiarius Mgn. — It. bor. et media. C. RONDANI, . CarysocHLamrs Andn. Z70k. Bigot. Schin. . — Aurea Andn. — Coll. parmens. . — Cuprea Scop. — It. bor. el med. . — Ruficornis Fabr. — It. tota. Gen. Cnenosia Mygrl. 1. — Albicheta Andn., — Apen. parm. — — Albiseta Andn, (non Mgn.) 2. — Aurata Fabr. — It. bor. et med. 3. — Brachiptera Palma — It. merid. 4. — Coracina Zett. — Apen. parmens. d. — Chrysocoma Mgn. — It. merid. 6. — Erythrostoma Andn. — Alp. 7. — Erythrocheila Andn. — Liguria. 8. — Flavicornis Fabr. — It. sup. et media. 9. — Flavimana Mgn. — It. tota. 10. — Flavipes all. — It. bor. et med. AA. — Fraterna Mgn. — Id. id. 12. — Fulcicornis Andn. — Id. id. 13. — Glirina Andn. — Id. id. 44. — Grossa Fall. — Id. id. 15. — Honesta Andn. — Alp. 16. — Innupta Zett. 9. — It. bor. et med. — — Melanopa Zett. d. 17. — Intonsa Loéw. — Apen. parmens. 18. — Latifrons Zett. —- It. sup. et media. 19. — Laticornis f#ndn. — Apen. parmens. 20. — Luteicornis Zett. — It. bor. et med. 19 I nm IN 24. 25. 26. . — Mutabilis Zett. Palma. — It. merid. . — Means Zabdr. Palma. — ld. id. . — Nigripes Mgn. — Apen. parmens. — — Schmidtii Zett. — OEstracea Lin. — It. boreal. — Pedemontana Zelld. — Id. id. — — Personata? Loéw. — Pygmea Zett. Palma. — It. merid. SPECIERUM ITALICARUM ORDINIS DIPTERORUM Gen. Chenosia Mgrl, 27. — Precox Zett. — It. bor. et med. 28. — Pubera Mgn. Palma. — It. merid. 29. — Pusilla Anda. — Mont. parmens. 30. — Scutellata /all. — It. tota. 34. — Soror Zett. — Id. id. 352. — Subalpina Andn. — It. bor. et med. 33. — Superciliata Andn. — Sicilia. 34. — Testacicornis Andn, — Liguria. 355. — Variabilis Pnz. — It. bor. et med. — — Atra et nigrita Pnz. 36. — Vernalis Mgn. — It. bor. et med, 37. — Vidua Mgn. Bigot. — Sicilia. 38. — Vulnerata Pnz. — It. merid. — — Violaceozonata? Pama. Sp. Mihî ignote. Griseiventris Zoèw. — Sicilia. Schineri Egg. — Id. Gen. CurysocasTER Mgn. * Melanogaster Andn. . — Chalybeatus Mgn. — It. bor. et med. — Cemeteriorum Fab. — It. bor. et media. . — Viduatus Lin. — It, tota. ** Chrisogaster Mgn. — Splendens Mgn. — It. bor. et media, *** Lejogaster Rndn, — Ametistina Macg. — It. tota. — Longicornis Lw. — Sicilia et Corsica. — Nubilis Andn. — Mont. parmens. — Tarsatus Mgrl. * — It. tota. — — Splendida Mgn. 2. 9. — Virgo Rndn. — It. boreal 10. — Violacea Mgn. — It. bor. et med. QUIS» gi co ua 369 C. RONDANI, . OrTHONEURA Macq. . — Nobilis Fall. — It. boreal. . CAmPonEURA Andn. . — Venusta Andn. — Apen. parmens. . BrAcHIOPA Zofg. . — Bicolor Fall. — It. bor. et centr. . — Arcuata Pnz. — It. bor. . Ruvrnoia Scop. — Campestris Mgn. — It. boreal. . — Rostrata Scop. — It. tota. . PsiLora Mgn. . — Conjugata Andn. — It. boreal. . — Innupta Andn. — Coll. parmens. . TricLiPHUS Lw. . — Primus Zw. — It. bor. et media. Gen. Pipiza Mgn. 4. — Excalceata Andn. — It. centr. 2. — Funebris Mgn. — It. bor. et med, 3. — Geniculata Mgn. — Id. id. = 9. 410. ALL 12. 6 7. 8. — Quadrimaculata Fall. — It, merid. — — Signata Mgn. var. — Lugubris Fabr. — It. sup. et med. — Noctiluca Lin. — It. tota etiam insulari. — — Festiva et alia auct. — Obscura Macq. — It. merid. — Plana Andn. — Coll.. parmens. — Vana Zett. — It. sup. et media. — Vidua Andn. — Coll. subapen. — Vitrea Mgn. Palma. — It. merid. — Vitripennis Mgn. — It. bor. et med. Sp. incerta. Aphidiphaga Costa A. — It. merid. Gen. © 0 4 O a P II » i n GI I a © SPECIERUM ITALICARUM ORDINIS DIPTERORUM PipizeLLa Andn. Halid. Schin. * Heringia Rndn. . — Neuphritica Andn. — It. media. . — Sculponeata Andn. — It. sup. . — Zetterstedtii Andn. — It. bor. et media. — — Heringii Zett. * * Pipizella Rndn. . — Anulata Macq. — Id. id. . — Varians Rndn. (sp. plur. auct.) — It. tota. Gen. . — Arcuatus Mgn. Costa. — It. merid. Paracus Latr. — Ater Mgn. Macq. — ld. id. — Bicolor Latr. — It. tota. . — Coadunatus £ndn. (sp. pl. auct.) — Id. id. . — Ebracatus Andn. — Coll. subapenn. — Excalceatus Andn. — Agr. parmens, . — Femoratus Mgrl. — It. bor. et med. . — Intermedius Palma. — It. meridion. . — Lacerus Zw. — It. bor. et media. . — Majorana Andn. — It. tota. . — Pecchiolii Andn. — It. media. . — Quadrifasciatus Mgn. — It. tota. . — Sexarcuatus Bigot. — Sicilia. 44. — Tacchettii Andn. — It. super. 45. — Tarsatus Andn. — It. merid. 16. — Testaceus Mgn. — It. tota. 17. 4. 2. o, 4, — Thymiastri Pnz. — Id. id. — — Albifrons Mgn. . Psarus Latr. . — Abdominalis Fabr. — It. gr . CaRYsoroxum Mygn. — Alpinum Andn. — Alp. insubrie. — Arcuatum Dcg. — It. tota. — Bicinctum Zîn. — Id. id. — Chrysopolita Andn. Palma. — Id, id. dD74 C. RONDANI, . Carysoroxum Mgn. . — Cisalpinum Andn. Schin. — Coll. subapenn. . — Collinum Andn. — Id. id. . — Fasciolatim Mgn. — It. tota. . — Intermedium Fall, — Id. id. — — ÉElegans? Loéw. 9. — Italicum Andn. Palma. — ld. id. 10. — Marginatum Mgn. — It. boreal. — — Fasciolatum De G. 411. — Parmense Andn. — Coll. subapenn. 12. — Vernale Zw. — lt, bor. et med. Gen. ApHRITIS Latr. — Microdon Mgn. . — Apiformis De G. — It. bor, — — Mutabilis Zabr. . — Devius Zin. — ld. id. . — Mutabilis Zin. — It, super. et med. — — Apiformis Mgn. . CaLLICERA Mon. . — /Enea Fabr. — Apenn. parm, — Aurata Rossi. — It. tota. — — Rufa? Schmil. — — Macquartii Andn. — Bertolonii Rndn. — Coll. parmens. — Porrii Rndn. — Id. id. . — Roserii Andn. — ld, id. . — Spinola Andn. — It. sup. et med. . CerIA Fabr. ; . — Conopsoides Zîn. — It. tota. . — Vespiformis Zatr. — Id. id. . SpHrxiMorPHA Andn. Bigot. — Garibaldii Andn. — Coll. parm. . — Petronille Andn. — Ager. parm, — Subsessilis ZIlig. — It. tota. Gen. . — Calceatum Andn. — Coll. subapenn. . — Diadematum Andn. — Id. id. ‘9 2920 N Sìoìà E - GI N »—» È 3 ND (QD ele re I 9 E PAD » SPECIERUM ITALICARUM ORDINIS DIPTERORUM Fam. CONOPID A. BrAcHIGLOSSUM Andn. — Erostratum Andn. — Id, id. SpHixosoma Andn. cum Conopilla Andn. — Aurifasciata Andn. — Coll. parmens. — Cerizeformis Mgrl. — It. bor. et media. — Elegans Mgn. — It. bor. — Flavifrons Mgn. — It. bor. et media. — Flavipes Lin. — ld. id. — Mucronata Andn. — ld. id. — Punctitarsis Andn. — Coll. subapenn. . — Quadrifasciata De G. — It. boreal. . — Vescicularis Lin. — It. boreal, et media. — — Ferruginea Macqg. 2. . Conops Fabr. . — Lacera Mgrl. — It. med. et merid. . — Meridionalis Macq. — Sicilia. — Macrocephala Lin. — It. media. . — Pumila Macq. — It. sup. et med. . — Pusilla Mgn. — Id. id. id. . — Rufipes Fabr. — Id. id. id. . — Semiatra Costa. O — It. med. et merid. . — Vaginalis Andn. — Coll. parm. et Sicilia. . — Vittata Fabr. — It. tota. Gen. . — Cinereum Fabdr. — It. tota. Zopion Labr. — Érytbrurum Andn. — It. media. — Notatum Mgn. — It. sup. et media. — Sardeum ARndn. — Sardinia. +— Subapertum Andn. — It. media. Vol. IX. ST 575 b74 (€ RONDANI y Gen. THEcoPHORA Andn. (1845) Occemya Deso. (1853). 4. — Atra Fabr. — It, tota. 2, — Distincta Mgn. — Id. id. 3. —- Melanopa Andn. — It. sup. et media 4. — Pusilla Mgn. + KH. tota. Gen. GLossigona Andn. Schin: 1. — Nupta Andn. TL — It. tota. — — Bicolor & Auct. — — Nigra 9Q Auet. Gen. Sicus Scop. Desv. Myopa Auct. 1. — Buccatus Lin. — It. bor. et media . — Dispar Andn. — It. bor. et media — — Occulta Schin. (non Wdm.) 5. — Dorsalis /abr. — Id. id. id. 4. — Femoralis finda. — It. bor: 5. — Ferrugineus Zin. — It. tota. 6. — Pictus Pnz. — It. bor. et med. 7 8 9 o) . — Polistygma Andn. Schin. = Coll subapenn. . — Puella Andn. — Id. id. . — Stygma Mygrl:— ld: id. 10. — Testaceus Fabr. — It. tota. 11. — Variegatus Fall, — It. boreal. DALMANNIA Desv. . — Desponsata Andn. — It. tota. — — Gemina Australis, etc. Awet. . — Flavescens IMgyn. — It. bor. et media . Parvula Andn. — Id. id. id. — — Marginata, Marginella, etc. Auct. 4, — Punctata Fabr. — It. tota. I N bi ° ANNOTATIONES. 4. Sinonimize, in diariis Societatis Italicde evulgate, prò Eumeris, Achanthode et Fugtfidh, ex noltis meis NARICI non rite ex- cerpte et-verronee, inde hic reformate. SPECIERUM ITALICARUM ORDINIS DIPTERORUM b75 2. E. Fucatus Q:-Distinctus a Funerali Meig. Oculis distincte pilosis, non subnudis: Articulo tertio antennarum atro, disciforme, margine regulari: Fronte subcreralescente, non nigra: Alis areola quinta exteriori intus appendicula yenosa instructa, prater duas exteriores: Abdomine nigro-senescente, non atro: Tibiîs basi luteis, ut tarsi intermedii , etc. 3. E. Lasiops Rndn. Adde diagnosi Prodromi. Antennae maris fusco-nigricantes, arista propius basi articuli tertii sub-ovati inserta: Oculi hirti: Frons, Thorax et Scutellum ut basis abdominis, nigro-subvirescentia, albidi pilosula, apice abdominis nigro- subaeneo, pallide pubescente: Cox@ etiam antica pigricantes ; T ibiae basi anguste, et tarsi intermedii late lutescentes, 4. E. Nebrodesius n. In Sicilia ad Nebrodes captus. Maris, Oculi parce ed breviter pilosuli, in fronte non late con- juneti: Antennae basi nigre, articulo ultimo sub ovato, fusco-rufo: arista fere in medio articuli sita: F'rons et Scutellum nigro-calybe- scentia: Zhorax dorso subaneo, albidi bivittato, brevissime pube- scente. 4bdomen nigro nitens, subnudum, lunulis albis ordinariis. Femora modice crassa, tibiis basi, et :tarsis intermediis fere totis lu- teis, coxis arlicis non rufescentibus. A D. Mina Palumbo lectus et mihi transmissus. 5. E. Truncatus n. In Sicilia, ad Nebrodes. Mas: Oculi hirti, in fronte mon anguste ‘contigui: Antennaé ni- gre, articulo ultimo subquadrato antice obtruncato; arista subinter- media: Frons, Thorax et Scutelluùm nigro-enescentia, dorso -thoracis paulo cupreo, et lutei pilosulo : Abdominis latera et apex aenescen- lia, dorso cuprei et violacei versicolore: Pedes nigri,tibiarum ‘basi anguste lutea, tarsis fere totis nigricantibus, femoribus posticis-modice incrassalis, coxis anticis non rufescentibus, etc. Ad Nebrodas in Sicilia captus a D. Mina Palumbo. 576 C. RONDANI, Fasc_.IL. MUSCIDA. Fam. MUSCID. Stirps SIPHONINA. Gen. SipHona. Mgn. Bucentes Latr. A. — Chetoliga Andn — It. bor. et media 2. — Cinerea Mgn. — Coll. subap. parmens. 3. — Geniculata De G. — Ital. tota. 4. — Pauciseta Andn. — Id. Id. Stirps TACHININA. Gen. TriprocERA Macg. 4. — Antennalis Andn. — It. bor. et med. 2. — Aristalis Andn. — Agr. parm. 3. — Palpalis Andn. — Id. Id. 4. — Pilipennis Fall — Id. Id. dB. — Scutellaris Andn, — It. sup. 6. — Silacea Mgn. — Agr. parm. 7. — Tibialis Andn. — It. super. — — Exoleta? Mgn. Gen. MeLIZONEURA :Rndn. Actia p. Mgn. 4. — Albipennis Desv. — Coll. subap. parm. Gen. ActiA Deso. 4. — Lamia Mgn. — Id. Id. — — Frontalis Macq. 2. — Vitripennis Andn. — Id. id. SPECIERUM ITALICARUM ORDINIS DIPTERORUM Gen. PayromyPTERA Andn. Schin. 1. — Nitidiventris Andn. — Planit. parmens, 2. — Unicolor Andn. — Coll. subap. parm. Gen. CLAUSICELLA Andn. 4. — Suturata Andn. — It. bor. et med. Gen. NEERA Desv. 4. — Laticornis Mgn. # — Coll, parmens. — — Albicollis Mgn. 9. Gen. PetAGNIA Andn. Schin. 4. — Subpetiolata Andn. — It. sup. apenn. Gen. DiconicHETA fndn. A. — Marietti Rndn. — It. sup. et med, 2. — Setipennis all. — It. super. Gen. GERMARIA Deso. 1. — Ruficeps Fall. — It. borealis. — — Latifrons Dsv. Meq. Gen. Gonia Mgn. 4. — Bicincta Mgn. — Sicilia. 2. — Capitata De G. — It. tota. 5. — Cilipeda Andn. — Id. id. 4, — Cinerascens Andn. — It. bor. et media, 5. — Fasciata Mgn. — Id. id. id. 6. — Interrupta Andn. — It. boreal. 7. — Lateralis Zett. — Id. id. 8. — Ornata Mgn. — Id. id, 9. — Tessellata Mcq. -= Sardinia. 10. — Vicina Desv. — Sicilia. Gen. CnepHALIA Rindn. Schin. A. — Albisquama Andn. — Mont. parmens. Gen. CNEPHALIJA. 2. Alpestris Rndn. — Alp. Apenn. 5. — Cognata Andn. — Coll. subap. parmens. 4, — Fuscisquama Andn. — Coll. parmens. b. — Hebes Fall. — It. sup. et media. 6, — Montana Andn. — Apenn. parm. 7. — Multisetosa Andn. — Coll. parm. b77 578 LA, pra È C, RONDANI, Gen. ScuineRIA Andn. Schin. 1. — Tergestina Rndn. — PR ti Gen. EcmnomyiA Dmrl. | ” 4. — Alpicola Andn. — Alpes. 2. — Casta Andn — Coll! subàp. parm. 3. — Fera Lin. (41). — It. tota. 4. — Ferox Pnz. + Apetin. Afp; > > 5. — Ferina /7lbg. — Apenn. It sup. 6. — Grossa Zin. — It. sup. et media. 7. — Lurida Zall. — Hd. id. id. 8. — Nupta Andn. (2). — It. tota. — — Conjugata Andn. Y. 9. — Paolilli Costa. A. — It. merid. 10. — Pedemontana Meg. — It. boreal. mont. 41. — Preceps Mgn. (3). — It. tota. | 12. — Prompta Mgn. — It. boreal. 13. — Regalis Zell. — It. boreal. — — Marklinii? Y_ Zett. 14. — Rubrigaster LBigot. — Sicilia. 18. — Ruficeps Macg. — It. sup. et medià. 16. — Sphyricera Macq. — It. super. planit. parm. 17. — Strobelii Andn. — It. boreal. 18. — Tessellata Fabr. — It. tota. 19. — Tricondyla Andn. — Coll. patmens. 20. — Ursina Mgn. — It. sup. et med. Gen. Crenocera Macq. — Palpibracus Andn. 4. — Pyrrogaster Andn. Schin. — It. bor. ed med. 2. — Ruficornis Macq. — Id. id. id. — Hxmorrhoidalis Andn. (1) Tarsi omnes et toti rufi, ut articulus ultimus antennarum. (2) Tarsi saltem antici et sequentes plus minus late nigricantes, ut articulus ed timus antennarum. ; (3) Anten. art. secundo in medio nigricante: ariste art. 2, primi subrequales, SPECIERUM ITALICARUM ORDINIS DIPTERORUM 879 Gen. Micropatpus. Macg. 4. — Clausus Rhdn. + Coll, \parm. 2. — Comptus Fall. Zett. — Ital. tota. — Fulgens alior. 3. — Frater Andn. — Apenn. par. 4. — Hemorrhoidalis Fall. + It. boreal. — Impudicus Andn. — It. bor. et media. . — Lythosiophagus Andn. — Hd. id. id. — Pudicus Andn. — It. boreal. — Sophia Desp. — Sicilia, — Vulpinus Fall. — It. bor. et media. Gen. NemoreA Desv. 41. — Conjuneta Andn. Macq. — It. bor: ét med, 2. — Nupta Andn. «Coll. parmens. Gen. PLatYcHYRA Andn. = Nemorea p. alior. 4. — Albibarbis Andn. — It. bòreal. 2. — Brevicauda Andn, + Apenn. parm. 3. — Consobrina Mgn. — It. bor. et med. 4. — Fortis Andn. — Alp. Insubri». d. — Latifrons findn. «It. bor. et med. 6. — Puparum /abr. — It. bor. 7. — Radicum /abr. — ld. id. 8. — Robusta Andn. «+ Apenm. parm. -9. — Strerniva Mgn. + Ital. boreal. 10. — Vagans Mgn. — It, bor. et media. 11. — Valida Andn. — It. boreal. 12. — Vivida Zett. — Iduid: Gen. GrmnocHETA Desv. eum. Chrysosoma Macg. i. — Aurata Fall. — It. bor. 2. — Viridis Fall. — dd. id. Gen. Avernia Rndn. — Erebia Mgn. Gen. AverniA Temula Scop. — It. bot, Gen. MacquartIA Desv. cum Ptilops et Tricogena Radn. * Tricogena Rndni «+ Loéwîa Egg. (1). (4) Frons ultra oculos nihil porrecta, ete. 580 - C RONDANI, Gen. MacquarTIA Desv. cum Ptilops et Tricogena Andn. | 4. — Brevifrons Andn. —-Mont. et coll. inbipeti GIÙ ** Macquartia Desv. (4). | 1. — Atrata Fall. (non Mgn.) — It. bor, a. — Celebs Andn. -— It..bor. et med. 3. — Calchonata Mgn. (non Zett.) — Id. id. id. 4. — Clausicella Andn. — It. bor. bs. — Dispar Fall. — It. bor. et med. 6. — Grisea Fall. — Coll. subapen. parm. 7. — Nitida Zett. — It. bor. et med. — Atrata Mgn. (non Fall.) 8. — Occlusa Andn. — It. centr. et merid. ##* Ptylops Rndn. (2). — (In stirpe Dexinarum, olim). 1. — Adolescens Andn. — Agr. parmens. 9. — Chalybeata Mgn. — It. bor. et med. 5. — Infans Andn. — Id. id. id. 4. — Nigrita Fall. — It. bor. et med, b. — Nubilis Andn. — It. super. — Calchonata Zett. (non Mgn.) 6. — Puella Andn. — Coll. subapenn. 7. — Vidua Andn. — Coll. parmens. Gen. SomoLevA Andn. — Harrisia Andn. ol. (non Desv.) 1. — Rebaptizata Andn. — Mont. parm. Gen. RayncHIstA Andn. — (In stirpe Dexinarum, olim). 4. — Apennina Andn. — Apenn. parm. 2. — Longipes Andn. — Id. id. 5. — Prolixa Mgn. — Coll. subapenn.. Gen. NemoriLLA Andn. cum Chetina Andn. * Chetina Rndn. (3). 1. — Palpalis Andn. — Coll. subapenn. 9, — Soror Rndn. — Coll. parmens. * * Nemorilla Rndn. (4). (4) .... plus vel minus porrecta: arista subnuda. (2) .... arista pilosula vel pubescens. (3) Arista sat brevi, articulo penultimo longiusculo. (4) .... longa, articulo penultimo brevissimo. SPECIERUM ITALICARUM ORDINIS DIPTERORUM 381 Gen. NemoriLLA Andn cum Chetina Andn. 41. — Amica Andn. — Coll. subapenn. 2. — Aristalis Andn. — Agr. parmens. 3. — Floralis Fall. — It. tota. 4. — Maculosa Mgn. — It. bor. et med. 3. — Pumila Andn. — Coll, parm. Gen. CuetoLycA Andn. 1. — Gilitibia Belld. — Ital. boreal. 2. — Cruentata Andn. — Coll. parmens. 5. — Pilifera Andn. — It. bor. et med. n. — Quadripustulata Fabr. — Id, id. id. 8. — Separata Andn. — Coll. subapenn. 6. — Xantigastra Andn. — Coll. panene Gen. EpicampoceRA Macgq. A. — Succincta Mgn. — It. bor. et media. Gen. ExoRrIsTA (1) Mgn. cum Meigenia Desv. * Meigenia Desv. (2). — Spilosia Rndn. — Bisignata /7dm. — It. tota. — Clausina Andn. — Coll. parmens. — Floralis Mgn. — It. tota. — Majuscula Andn. Schin. <— Id. id. ** Exorista Mgn. (3). o cli a — Cognata Andn. — Coll. parm. . — Comata Andn. — ld. id. 4. — Aberrans fAndn. — It. bor. 2. — Achanthina Andn. + Agr. parmens. 3. — Agnata Andn. — It. bor. et med. 4, — Barbatula Andn. Schin. — Plan. parmens. 5. — Capillata Andn. — Coll. parm. 6. — Chelonie Andn. — It. bor. et media. 7. — Cincinna Andn. — It. bor. 8. 9 (1) In gen. Tricholyga translate sp. setis frontal. ultra radic. ariste descendentibus, (2) Vibrisse due majores longe a margine oris in genis insert®. (3) .... prope marginem oris insert®, 382 Ce RONDANI , Gen. ExoristA Mgn. cum Meigenia Desv. > 10. — Confundens Andn. += Ik.bor, èt-med. 41. — Crassiseta Andn. — Coll. parm. 12. — Crinita Andn. — Agr. parm. 13. — Falenaria Andn. — dd. id. 44, — Fauna Mgn. — It. bor. et med. 15. — Fimbriata Mgn. — Id. id. id. . 16. — Flavicans Macq. — dd. id. id. 17. — Fractiseta Andn. — Coll. subapenn. 18. — Fugax Andn. — Coll. parmens. 19. — Fulvipes Andn. — ld. id. 20. — Glirina Andn. — Id, id. 21. — Gnava Mgn, It, bor. ét med, » 22. — Lateralis Bigot. — Sicilia. 23. — lIucunda Mgn. — It, bor; 94, — Leucophea Mgn, — dd, id. 983. — Libatrix Pnz. — It. bor. et med. 26. — Lucorum Mgn. — ld.'id. id. 27. — Nemestrina Mgn, + It. bor. 28. — Noctuicida Andn. — It. bor. ét med, 29. — Parens Andn. + (Coll. parmens. 30, — Policheta Andn. — It. bor. et med. 54. — Rasa Macg. — It. boreal. 32. — Separata Andn, — Coll. parmens. 33. — Stridens Andn. — ld. id, I 34, — Sussurrans linda. — Agr. parm. 38. — Temera Mgn. — lt.bor. et med. 36. — Triteniata finda. — Coll. subapenn. 37. — Vetula Mgn. — It. bor. 38. — Vivax. Andn. — Apenn. parm. Gen. TricuoLyGA Rndn. cum Lomacantha Rndn. * Lomacantha Rndn. (4). 4. — Parra Andn. — Coll. parmens. (4) Scutellum setis validiusculis apicalibus, decussatis. destitutum. SPECIERUM ITALICARUM ORDINIS DIPTERORUM B83 Gen. TricHoLyea Andn. cum Zomacanthta Rand, ** Tricholyga Rndn. (4). 41. — Caudata Andn. — Id. id. 2. — Confinis Fall. — It. sup. et med. 3. — Major Andn. — Id, id, id. 4. — Minima Andn. — Coll. parmens. 8. — Minor Andn. — It. super. 6. — Nova Andn. — Agr. parmens. 7. — Properans Andn. — It. bor. et med, — Festinans £ — Diluta & de 8. — Vulgaris Fall. — It. tota. Gen. CuetiLyA Andn. 1. — Setigena Andn. — Coll. subapenn. Gen. PERICHETA Andn. 4. — Unicolor Fall. + It. tota. Gen. PuorocerA Mgn. cum Doria Mgn. Lecanipa et Macherea Rundn * Doria Mgn. (2). I 1. — Nigripalpis Andn. — Agr. parmens. ** Zecanipa Rond, (3). 1. — Patellifera Anda. —Hd. id. *** Macherea Rndn. (4). 4. — Serriventris findn. — It. bor. et med. — Concinnata? Mgn. (3). **** PHoRocERA Mgn. (6). 4. — Aristata Andn. — Coll. subapenn. 2, — Cilipeda Andn. — Agr. parmens. 3. — Grisella Andn. — Id, id. 4, — Atripalpis Mihi. — Coll. parmens, (1) Scutellum preditum setis apicalibus decussatis, (2) Articulus penultimus ariste distincte longiusculus. (3) Articulus apicalis tarsorum anticorum in mare sat dilatatus. (4) Venter fcem: carina denticulata preditus. (5) In Doriis a Mgn. locata: sed nostre articulus secundus arista sat brevis. (6) Seta frontales non aut vix ultra radicem arist@ descendentes. Cubitus vene quinta non apparenter SPREA culatus; vel fere nihil. Vide Gen. Chetogena. 584 G. RONDANI, Gen. ProroceRA Mgn. cum Doria Mgn. Lecanipa et Macherea Rndn. — Nigripalpis. Andn. 5. — Parvula Andn. — Apen. parm. 6. — Picipes Andn. — Agr. parm. 7. — Polleniella Andn. — It. bor. et med. 8. — Pumicata Andn. — Id. Id. 9. — Scutellaris Fall. — It. bor. .10, — Verecunda Andn. — Apen. parm. Gen. CAMPYLOCHETA findn. 1. — Schistacea Mgn. — It. bor. et media. Gen. IstocRETA findn. 1. — Macrocheta Andn. — Coll. subapenn. parm; — — Frontosa Andn. (olim). Gen. BorHRIA Rndn. 4. — Pascuorum Rndn. — Coll. subapenn. Gen. CHETOGENA (1) Andn. cum Spoggosia Andn. * Spoggosia Rndn. (2). 4. — Occlusa Andn. — Coll, subapenn. 2, — Penicillaris Rndn. — It. med. et merid. ** Chetogena Rndn. (3). 1. — Assimilis Fall. Mgn. prt. — It. super. — — Coesifrons Macq. Schin. 2. — Accuminata Andn. — Coll, parmens. 5. — Filipalpis Andn. — Id. id. 4. — Gramma Mgn. — It. bor. et med. Bb. — Grandis Andn. — It. boreal. — — Assimilis prt. Mgn. 6. — Media Rndn. — Agr. parmens. 7. — Segregata Andn. — It. tota. Gen. CyRTHOPHLEBA Andn. 4. — Nigripalpis Andn. — It. bor. et med. 2. — Ruricola Mgn. — Id. id. (1) Sete frontales ultra radicem ariste in genis descendentes. Vena quin cute- bitus saltem apparenter appendiculatus. (2) Anus maris appendicibus erectis setosis praeditus. (3) Anus non appendiculatus neque in mare, SPECIERUM ITALICARUM ORDINIS DIPTERORUM Gen. BLEPHARIGENA Andn. . — Marginata Mgn. — It. bor. . — Rufipalpis Andn. — Agr. parmens, . — Trepida Mgn. — It. bor. . PLAGIA Mgn. . — Ruralis Fall. — It, tota. Gen. Tacnina Fabr. — Albifrons Andn. — It. bor. — Brucorum Andn. — It. bor. et med. — Chrysalidarum Andn. — Agr. parm. — Civilis Rndn. — It. bor. et med. - Erucarum Andn. — It. tota. — Flavidipennis Macq. — Sardinia. — Glossatorum Andn. — Apenn parm. — Impotens Andn. -- Coll. subap. parm. — Illustris Mgn. — Id, id. 10. — Larvarum Zin. — It. bor, et media. 41. — Latifrons Andn. — Apenn. parm. 12. — Nympharum Andn. — Coll. parm. 13. — Noctuarum Andn. — It. bor. et med. 44. — Preepotens Mgn. — It. bor. 415. — Rufifrons Macq. — ld. id. 16. — Rustica Zall. — It. tota. — — Larvarum Mgn. et Ahor. Gen. BrAcHICOMA £ndn. . A. — Devia Fabr. — It. bor, et med. 2. — Metopiella Andn. — Coll. parmens. Gen. AraBA Desv. — Metopia Alior. A. — Argentata Bremî. — Coll. parmens. lp) > SO OENASAET EU 2. — Convexinervis Macq. — Sardinia, 5. — Fastuosa Mgn. — It. bor. et med. 4. — Leucocephala Rossi. — It. tota. Gen. HerEROPTERINA Macq. 4. — Maultipunctata Andn. Schin. — It. tota. db85 386 i G. RONDANI , Gen. HrareLLa Andn. Schin. i rvarali as 1. — Italica Andn. Schin. — Coll. subapena. i Gen. Mitocramma IMgw, 1. — Brevipennis Bigot. — Corsica. 2, — Contarinii Andn. Schin. — Venetiis. 5. — Germarii Mgn. — It. super. 4. — Murina Mgn. — It. bor. et med. 5. — OEstracea Fall. — Id. id, 6. — Pilimana &nda. Schin. — Id. id. 7. — Pilitarsis Anda. Schin. — ld, id. 8. — Punctatella Anda. — Coll; parmens, 9. — Punctata Mgn. — It. bor, . 10. — Ruficornis Mgrl. — It, tota, Gen. SPHIXAPATA fnda, (4). 41. — Albifrons fndn. — It. bor. et med, 2. — Conica Fall. — Coll, subapenn. 5. — Lineolata Andr. — Id, id. parmens. 4. — Maculosa Andn. — It. bor. et media. 5. — Melanura Mgn. — Agr. parm, et insubr. 6. — Pelopei &ndn. — It, super. 7. — Penicillaris Andn. — Coll. subapenn. — — Intricata € (olim). 8. — Picciolii Andn. — It. media. 9. — Piligena Andn. — Coll. parmens. 10. — Pygmea Apdn. — ld. id. Gen. MacronycHia Andn. Schin. 1. — Agrestis Fall. — It, super. 2. — Alpestris Andn. — Mont. It. sup. et med. 3. — Poliodon Mgn. — It. media. 4, — Sylvestris Rndn. — Coll. parm, Gen. TrixA Mgn. 1. — Coerulescens Mgn, — It. bor. 2. — OkEstroidea Desv. — Id. id. (4) A MyItogramma precipue distinguendum, vibrissis duabus majoribus destitu- tum, vel brevissimis et non decussatis. SPECIERUM ITALICARUM ORDINIS DIPTERORUM 587 Gen. Masicera Macq, cum Blepharipa et Viviania Andn. et Eipo- gona fndn. * Blepharipa Radn (1). . — Atropivora Desv., — It. bor. et media. . — Minor Andn. — Coll. parm. . — Pupiphaga Andn. — It. sup. . — Scutellata Desv. — It. bor. et media. ** Masicera Macq. (2). 4. — Achanthophora Andn. C. (3). — Corsica. 2. — Ambulans fndn, C. — Coll, parmens. 5. — Aprica Mgn. — It. super. 4, — Aristella Andn. (4). — Agr. parm. dB. — Casta Andn. — Id, id. 6. — Caudigera Andn. -— Coll. parm. 7 8 FP QU = . — Cursitans Andn. — ld. id. . — Ferruginea Mgn. — Apenn. parm. 9. — Florum Macq. C..— It. bor. et media, 10. — Gyrovaga Andn. — Coll. parmens, 41. — Incedens Andn. — Agr. parmens. 412. — Infantilis Andn. GC. — Id. id. 13. — Interrupta Macg. C. — It. bor, 44, — luvenilis Andn. C. — Agr. parmens. 415. — Major Macq.- It. bor, 16. — Senilis Mgn. — It. tota. 17. — Solivaga Andn. C. — Agr. parmens. 18. — Spinuligera Andn. C. — Coll. subapenn. 419, — Sylvatica Zall. — It. tota. 20. — Testaceicornis Andn. C. — Coll. parmens. 24. — Virilis Andn. C. (8). — It. bor. et med. (4) Distinectum a Masicera tibiis posticis retro crebre et aequaliter ciliatis. (2) Distinetum a Viviania setis frontalibus in genis descendentibus, magis proxi- mis oculis quam carinis facialibus, non aquidistantibus. (3) Sp. C. distincte subgen. Ceromasie Rndn. pertinent, quarum segmenta in- termedia abdominis etiam in disco distincte setosa. (4) In Exoristis prius locata, quia ad lentem validam oculi puberuli apparent. (5) Masicera Festinans auct. seu Properans mea, in gen. Tricholyga posita, quia oculos breviter sed certe pilosulos praebet. — 588 C. RONDANI, Gen. MasicerA Macq. cum Blepharipa et Viviana Rndm. et Eipo- gona findn. *** Viviania Rndn. (4). A. — Nubilis Andn. — Coll. subapenn. mobi... 2. — Pacta Mgn. — Planit. parmens. **** Eipogona Rndn. (2); A. — Setifacies Andn. — Agr. parmens. Gen. RoEsELIA Deso. 1. — Pallipes Fall. — It. tota. 2. — Yponomeute Andn. — Planit. parm. Gen. FrontINA Mgn. cum Vibrissina — Brachicheta et Roca Find. * Vibrissinu Rndn. (3). — — Demissa Mgn. — It. bor. * * Frontina Mgn. (4). 41. — Leetabilis Zett. — It. bor. — — Leta? dm. 2. — Marmorata Fab. — It. bor. et med. — — Vertiginosa Fall. *** Brachicheta Rndn. (3). A. — Spinigera Andn. — Apenn. parmens. ** * * Prosopéa Rndn. (6). 41. — Fugax Andn. — Agr. parm. 2. — Instabilis Andn. — It. bor. et med. Gen. DeGEERIA Mgn. 1, — Uoltaris Fall. — ld. id. — — Ornata Mgn. 2. — Dexiaria findn. — Agr. parm. 35. — Muscaria Zall. — It. bor. (4) Sete frontales in genis descendentes ab oculis et carinis facialibus @equidi- stantes. Confer charact. Masicere. (2) Gen inferne setis instructae prater ordinarias. (3) Abdominis segmentum .ultimum serie unica setarum subapicali. marginatum, (Genus hoc ut puto ab affinibus sat distinctum, et adoptandum). i (4) Peristomium sub oculos sat. elongatum. Antenna articulo ultimo et arista: longissimis. (5) Arista sat brevior articulo tertio antennarum, non longissimo. (6) Peristomium sub oculos haud distincte elongatum. SPECIERUM ITALICARUM ORDINIS DIPTERORUM b89 Gen. DecEERIA Mgn. 4, — Pulchella Mgn. — It. bor et med. 8. — Separata Mgn. — It. bor. 6. — Strigata Mgn. — ld. id. 7. — Tragica Mgn. — Id. id. 8. — Turrita Mgn. — ld. id. Gen. MroBIA Deso. A. — Atra Andn. — Coll. parm. 2. — Discreta Andn. — It. bor. et med. — — Spreta Macg. (non Mgn.) 5. — Glirina Andn. — ld. id. 4, — Nupera fRindn. — It. bor. — — Vetusta Macq. (non Mgn.) 5. — Ryctina Andn. — Mont. et coll. subapenn. 6. — Vetusta Mgn. (non Macg.) — It. bor. et med. Gen. DemoTicus Macg. 4. — Nigricans Andn, — Alp. pedem. 2. — Plebejus Fall. — It. bor. et med. Gen. APHRIA Desv. 4. — Longilingua Andn. — Coll. parm. 2. — Longirostris Mgn. — It. bor. et med. 3. — Suavissima Zoéw. (1). — It. merid, Gen. Fisceria Desv. — Leschia Schin. (non Deso.) 41. — Bicolor Desv. — It. tota. — — Longirostris Macq. Gen. BrauERIA Schin. — Zelleria Egg. findn. 41. — Longimana £99. — Istria. Gen. PyRrosia Andn. (2), — Myobia prt. auct. 4. — Aurea Zall. — It. tota. 2. — Congregata findn. — Coll. subapenn. 5. — Diaphana Andn. — It. bor. et med, 4, — Inanis all. — Coll. subapenn. (1) Sp. Mihi nisi nomine nota. (2) A Myobia dignoscenda segmentis intermediis abdominis macrochetas discoida- les non ferentibus, et ultimo serie tantum apicali setarum marginato. Vol. XI. 38 590 C. RONDANI, Gen. Pygrosia Rndn. — Coll. subapenn. — — Pacifica Mgn. b. — Segregata Andn. — It. bor. et med. 6. — Vacua fndn, — Coll. parmens. Gen. RarncomrA Deso. A. — Audax £ndn. — It. med. et merid. 2. — Impavida Rossi. — Id. id. 5. — Ruficeps £abr. — It. bor, et med. Gen. PHANIOSOMA Andn. 4. — Apennina Andn. — Apenn. parmens. Gen. PHania Mgn. 4, — Lateritia Mgn. — Nicea. 2. — Thoracica Mgn. — It. tota. 3. — Vittata Mgn. (1). — It. sup. et med. Gen. MepoRILLA Andn. 4. — Subfasciata Andn. — Agr. parmens, Gen. Uromra Mgn. 4. — Curvicauda Fall. — It. bor. Gen. AcemyA Desv. — Agculocera Macq. 4. — Subrotunda esp. — Agr. parm. Gen. HyposteNA Mgn. 4. — Chetigastra Andn. — Coll. subapenn. 2. — Procera Mgn. — It. sup. et med, 3. — Setiventris Macq. — Agr. parm. Gen. CLAIRVILLIA Desv. 4. — Dispar Andn. 1856. — It. tota. — — Ocypterina Schin. 1862. 2. — Flavipalpis Mihî (2) — Sicilia. Gen. LaBIDIGASTER Macg. Rndn. (3) (non Mgn.) 41. — Agilis Deso. — Agr. parm. 2. — Pauciseta Andn. — It. bor. et med. — 3. — Setifacies Andn. — Coll. parmens. .. (t) Pro specie obscuripenni vide gen. Evibrissa RnAn. in Phasiinis. (2) Vide nutam 4 in calce. (3) Seu Macq. oculis nudis: Meigenii oculis hirtis. SPECIERUM ITALICARUM ORDINIS DIPTERORUM bB9f Gen. LaBipicastER Macg. Rndn. (non Mgn.) 4. — Uncinatus Anda. — It. sup. — — Forcipatus Mucq. Rndn. (non Myn.) (1). Gen. PsaLipa Rndn. — Leucostoma prt. Myn. 1. — Apicalis Andn. — It. merid. — — Analis Macg. (non Mgn.) 2. — Brevis fossi. — It. tota. — — Analis Mgn. (non Macq.) 5. — Meridiana Andn. — Sicilia. 4. — Simplex Zall. (2). — It. bor. et med. Gen. Fortisia Rndn. 4. — Foeda /7dm. — It. bor. et med. Gen. CListA Mgn. A. — Mzerens Mgn. — It. tota. Gen. Pnoricneta Andn. — Scopolia Auct. 1. — Carbonaria (3) Pnz. Fall. (non Mgn.) — Coll. subapenn. 2. — Fulvicornis Macq. — It. bor. 5. — Fuliginaria Andn. — Agr. parm. 4, — Lacrimans Andn. — Melita. 5. — Lugens Mgn. — It. sup. 6. — Plorans Andn. — Agr. parm. — — Costata Mygn. (non Fall.) 7. — Succincta Mgn. — It. bor. 8. — Tricincta Andn. (4). — Coll, subapenn. parm. Gen. IstocLossa Andn. 41. — Puella Andn. — Coll. parm. Ge. CestoniA Andn. 1. — Cineraria Andn. — Agr. parm. (4) Si sp. oculi hirtis in Italia inveniendae, tunc ante vel post Psalidas pone gen. Pyragrura Rndn., cujus typ. Labidig. Forcipatus Mgn. (2) Sp. Tetraptera Mgn. si certe palpos nigros possidet diversa est a Brevi. (3) Phor. Carbonaria Mgn. ab hac diversa, et a me nuncupata Prunnaria. Vide Prodr., vol IV. (4) Species Loévii Angusticornis et Gravicornis, in Sicilia invente, mihi nisi no- mine note, 592 C. RONDANI, Gen. EryNNIA Deso. A. — Antennata Andn. — i parm. 2. — Aristata Andn. — Id. id. 5. — Nitida Deso. — Id. id. — — Petiolata Macq. 4, — Vibrissata findn. — It. tota... Gen. ScuemBRrIA. — Fallenia prt. Mgn. Macq. _ 4. — Meridionalis &Andn. — Melita; Gen. GeDIA Mgn. 4. — Connexa Mgn. — Coll. subapenn, 2. — Parmensis Andn. — Coll. parm. — — Distincta £9g. Gen. BAuMHAUERIA Mygn. 1. — Gonizformis Mgn. — It. media. Gen. AuBERTIA fndn. 1845. — Ramphina Macq. 1846. 4. — Pedemontana Mgn, — Alp. apenn. It. bor. Gen. MARsILIA Andn. 41. — Collina fndn. — Coll. parmens. 2. — Vallina Andn. — Planit. pasa, Gen. BonANNIA findn. 41. — Monticola Andn. — Apenn. parm. Gen. OLivieRIA Deso. — Panzeria Mygn. 1. — Lateralis? /abr. — It. tota. 2. — Rufomaculata De G. — It. bor. Gen. OcyPTERULA Andn. A. — Pusilla Mgn. — It. bor. et med. Gen. OcyPTERA Latr. 4. — Alpestris Andn. — It. bor. 2. — Auriceps Mgn. — Id. id. di Bicolor Oliv. — It. tota. — — Coccinea Mgn. «4, — Brassicaria Zabr. — It. bor. et med. — — Cylindrica prt. De G. | 5. — Cylindrica De G. Fabr. — It. tota. — — Intermedia MWgn. Y SPECIERUM ITALICARUM ORDINIS DIPTEROBUM b93 Gen. OcyPTERA Latr. db. — Excisa Loéw. — It. bor, 7. — Mussinis Andn. — It. media. 8. — Picciolii fndn. — Id. id. 9. — Tincticornis Andn. — It. bor. et: med. Gen. ExocaAstER findn. 4. — Carinatus fndn. — Coll. parmens. Gen. MintHo Desv. 41. — Compressa Zabr. — It. tota. 2. — Lacera fndn. — It. bor. et med. , — Proeceps Scop. — It. tota. Gen. CyLinpROGASTER Andn, — Panzeria pri. Mgn. 4. — Sanguinea Mgn. — It. tota; Gen. CeRACYA findn. 4. — Mucronifera Andn. — Coll. parmeris, Gen. Parto Desv. A. — Adolescens Andn. (4). — Id. id. Gen. SAvia findn. 4. — Melanocephala Mgn. — Agr. parmens. Gen. PmiLocHeta Andn. 1. — Atramentaria Mgn. — It. tota. — — Deceptricula Lw. Y — Bertèi Andn. — Apenn. parm. — Bertolinii Andn, -— It. bor. — Femoralis Mgn. — Ît. med, - — Galeazzii Andn. — It. bor, — Melania Mgn. — Il. tota. . — Nitida Macq. — It. bor. — Passerinii Andn. — It. bor. et med. —. Tacchettii Andn. — It. media. Gen. CiRILLIA findn. 1. — Angustifrons Rndn. — Coll. paimens. I o 00 NI Si «& - QQ N (4) Phyto tonsus Loéw. in Sicilia lectus a me non visus, et nescio si generi isto a me limitato, vel aliis proximis adscribendus. I stiano C. RONDANI . PLesima Mgn. . — Nubilipennis Lw. — Sicilia, . GRAPHOGASTER fAndn. . — Vestitus Andn. — Coll. subapenn. parm. . CATHAROSIA Andm. . — Pygmea Zall. — It. media. . STEVENIA Deso. Rndn. — Leucostoma prt. Mgn. . — Florentina Andn. — It. media. . — Maculata Zall. (non Mgn.) — It. bor. et med. — — Umbratica Mgn. (non /all.) . — Parmensis Andn. — Coll. parm. . — Partenopéa Costa A. — It. merid. . — Sicula Andn. — Sicilia. . StRONGIGASTER Macq. — Campogaster Rndn. 41. — Debilis Andn. — It. bor. 2, — Delicata Mgn. — Coll. subapenn. 5. — Parvula Andn, — Coll. parm. Stirps PHASIINZ. Gen. HvALomrA Desv. — Areolaris fndn. — Liguria, — Atropurpurea Mgn. (non Macq.) — It, bor, et media, — Bonapartéa Andn. — Id. id. . — Muscaria Zall. — Id. id. — — Cinerea Mgn. 8. — Nebulosa Pnz. — It. bor, — — Atropurpurea Macg. (non Mgn.) 6. — Obesa Fabr. — Id, id. 7. — Pusilla Mgn. — It. bor. et med. «© dv — — Dispar. Dfr, . — Tomentosa Andn. (V. not. 2). — Sicilia (Nebrodes). , — Violacea Mgn. o — It. bor, et med, — — Unicolor Andn. « SPECIERUM ITALICARUM ORDINIS DIPTERORUM B95 Gen. ALoPHORA Deso. Sub gen. Phorantha Andn. 4. — Musciformis Rndn. — Coll. parm. Gen. ELomrA Deso. — Anantha Mgn. 4. — Lateralis Mgrl. — It. med. et merid. 2. — Lugubris Andn. — It. bor. et med. — — Nebulosa Macq. (non Pzr.) — — Nigra Macq. £ 3. — Ornata Mgn. -—- It. tota. 4. — Parva Andn. — Mont, parm. 5. — Umbripennis fndn. — Coll. subapenn. Gen. CrIstoFORIA Andn. — Cistogaster prt. Mgn. Macq. 4. — Globulus Mgn. — It, bor. Gen. CistoGASTER Latr. 1. — Dispar fall. — ld. id. — — Globosa Mgn. (1). Gen. Gvrmnosoma Mgn. 1. — Costata Pnz. (non: Mygn.) — Coll. subapen. 2. — Latifrons Andn. — Id. id. parm. . — Nitens /7/7dm. — It. tota. 4. — Rotundata Zin. — Id. id. Gen. EvisrissA Andn. — Phania. prt. Auct. 1. — Obscuripennis Mgn. — It. bor. et. med. Gen. FrerEA Desv. 1. — Gagatéa. Desv. — It. merid. Gen. Xista Mgn. | 1. — Cilipes Mgn. — It. merid. Gen. Pnasia Mgn. 1. — Adulterina Andn. — Coll: parmens. 2, — Dispar Rndn. — It. tota. — Crassipennis Auct. — Analis 9 id. 3. -— Dissimilis Andn. — It. tota. — Spec. plures Auct. I (41) Ante vel post Gymnosomam pone gen, Walbergia Zett., si ejusdem sp. typica in Italia inveniatur. » b96 C. RONDANI, Gen. Pnasia Mgn. 4, — Leucoptera fndn. — Sicilia. b. — Nigra Deso. — It. tota. 6. —- Pulverulenta £igot. — It, merid. — Dissimilis Y? Andn. 7. — Sola Fndn. — It. bor. et med. 8. — Teeniata Pnz. — It. tota. Gen. Cuyriomria Andn. — Clytia auct. 1. — Continua Pnz, — It. bor. et med. — Pellucens all. (non Mgn.) 2, — Helvola Fabr. — ld. id. — Pellucens Zett. (non Fall.) 3. — Sejuncta Andn. — Agr. parmens. Gen. ELiozETA Andn. — Clytia part. auct. A. — Pellucens Mgn. (non Alior). — It. bor. ‘et med. — Tephra Mygn. S Stips DEXINA, Gen. OmaLoGASTER Macq. a.) Myostoma Desv. 4. — Microcera Desv. — It. bor. et med. b.) Strostoma Rndn. A. — Triangulifera Zett. — It. bor. c.) Phorostoma Desv. 1. — Subrotundata Desv. — It. bor. et med. d.) Omalostoma Rndn. A. — Fortis Andn. — It. bor. Gen. DeximorPHA £ndn. A. — Cristata Mgn. (non Zett.) (1) — It, bor. 2. —- Litoralis Zell. — Nicea. 35. — Marittima Macq. — Sardinia. Gen. DinerAa Desv. 1. — Rufifrons Rndn. — It, bor. et med. (4) Vide genus Zeuxa. Gen. . — Longirostris Egg. 1850. — It. tota. SPECIERUM ITALICARUM ORDINIS DIPTERORUM PROSENA st. F. S. — Épicuréa Andn. 1861. — Luculliana Andn. — Coll. parmens. — Sybarita Andn. — It. bor. — Siberita Alior.. . Dexia Mygn. — Grisea Desv. — Apenn. parmens. 9. — Rustica Fadr. — It. tota. 2. — Cinerea Mgn. — It. bor.? 3. — Palumbii Andn. — Sicilia. 4. — Parmensis Andn. — It. sup. et med. — Tessellata £gg. 5. — Subapennina Andn. — Coll. subapenn. parm. Gen. Dexiosoma Andn. —- Microphtalma Zgg. (non Macg.) 4. — Canina Fabr.+ It. bor. et apenn. med, 2. — Longifacies Andn. — It. tota. — Europea £99. Gen. THeRIA Desv. 1. — Muscaria Mgn. — It. bor. et med. Gen. SarcopHAGA Mgn. . — Vacua Mgn. — It. bor. . MyiocerA Desv. . — Ferina Fall. — It. bor. — Longipes A Desv. . — Carinifrons all. — It. tota, . Zeux1a Mgn. . — Bohemani fndn. — Cristata Zett. (non Mygn.) — Adolescens fndn. — Mont. parm. — Agnata Piccioli — It. med. — Agricola Mgn. — It. bor. — Affinis Fall. — It. bor. et med. — Amita Andn. — Mont. parm. — Ancilla Andn. -—- Coll. parmens. — Arvorum Mgn. — Agr. parm. 597 C. RONDANI, Gen. SARCOPHAGA Mon. 8. — Carnaria Ziîn. — It. tota. 9. — Czerulescens Zett. — It. bor. 10, — Clathrata Mgn, — It. bor. et med. 11. — Cognata Schembri. — Melita. 12. — Consanguinea Andn. — It. tota. 13. — Consobrina Bellardi. — It. bor. 44. — Cruentata Mgn. — Agr. parm. 15. — Erythrura Mgn. — It. bor. 16. — Filia Rndn. -- It. bor. et med. 417. — Hoematodes Mgn. — It. tota. — Hoemorrhoidalis (prt) Fall. 18. — Hemorrhoidalis all. Zett. (non Mgn.,uec Macq.)(4) It. bor. 419. — Hoemorrhoa Mgn. +— It. bor. et med, 20. — Infantula Andn. — It. bor. 24. — luvenis Andn. — Agr. parm. 22. — Laticornis Mgn. — Coll. subapenn. 23. — Lineata Zall. — Id. id. 24. — Matertera Andn. — It. bor. 2%. — Malanura Mgn. — It. tota. 26. — Minima &ndn. — Agr. parm. 27. — Nepos Andn. — Mont. parm. 28. -— Nigriventris Mgn. — Id. id. 29. — Noverca £ndn. — It. bor. et med. 30. — Nurus Andn. — It. tota. — Hoemorrhoidalis Mgn. Macq. (non Fall.) 34. — Privigna Andn. — It. tota. 32. — Proxima Andn, — It. bor. 33. — Puerula Andn. — It. sup. et med, 34, -—— Pumila Mgn. — It. bor. 35. — Setinervis Rndn. — Coll. subapenn. 36. -— Setipennis Andn. — It. tota. 37. — Socrus Rndn. — It. bor. 38. — Soror Rndn. —- Coll. subapenn. parm. (4) Vide spec. Nurus Rndn. SPECIERUM ITALICARUM ORDINIS DIPTERORUM 399 Gen. SarcopHILA Fndn. Schin. 4. — Impunctata Andn. — Coll. subapenn. 2, — Latifrons Fall. — It, tota. 3. — Pallipalpis Macg. — Sicilia. 4, — Pusilla Macg. — Sicilia. Gen. Nyctia Desv. 1. — Halterata Pnz. — It. tota. — Maura Zabr. et Alior, Gen. MeceRLEA Deso. Anthracia Mygn. 41. — Caminaria Mgn. — It. tota. Gen. MeLANOPHORA Mygmn. 4. — Appendiculata Macq. — Sicilia. 2. — Roralis Mgn. — It. tota. Gen. Tromopesia nda, . — Vibripennis Andn. — Agr. parm. Gen. Morinia Deso. Mgn. Melanomyia et Anthracomyia Andn. 41. — Genèi Andn. — It. bor. 2. — Melanoptera Za/l. — It. bor, et med. 3. — Nana Mgn. — It. bor. 4, -— Velox Deso. — Id. id. Gen. MetopPISENA Andn. — Prodr. Vol. V. 1862. 4A. — Celer Andn. — Coll. parm. Gen. GASTROLEPTA fndn. . —— Gentilis Andn. — Coll, subapenn, Gen. OpLisa Andn. 1. — Mendica Andn. — It. bor. et. med. — Targestina? Schin (4). Gen. TRrIcoGENA findn. 1. — Truquii Andn. — It, bor. Gen. MeLanota Andn, — Melania Alior. 1. — Volvulus Zabr. — It. bor, di fatto (4) Morinie Sarcophagina et Tergestina Schinerii facilius generi isto, seu Oplis®e adscribende quia vena transversa exterior aeque distat ab interiori et a cubito quinte longitudinalis. 600 C. RONDANI, Gen. THELAIRA Desv. 4. — Intuenda Andn. — It. bor. et. med. 2. — Leucozona Pnz. — lt. med, 35. — Nigripes Zabr, &' It. tota. Gen. Eccisops Andn. A. — Pecchiolii Andn. — It, med, Gen. ONESIA Deso. “A. — Alpina Zett. — Alp. insubr. 2. — Clausa Macg. — It. bor. et med. 3. — Subapennina Rndn. — It. tota. 4. — Vespillo Fall. Fabr. — It. id, id. — Sepulcralis Mygn. Gen. Crnomria Desv. 4. -- Mortuorum Lin. — It. bor et med. Stirps MUSCINA, Gen. Somomyia Rndn. Bert. I. — Callifora Lucilia ete. Desv. * Calliphora (1) Desv. 1. — Erythrocephala Mgn. — It. tota. — Vomitoria Fall. (non Lin.) 9. -—— Vomitoria Lin. — Id, id. ** Lucilia Phormia etc. Desv (2). 1. — Coerulea IMgn. — It. tota. — Nigripalpis Macgq. . — Coesar. Lin. — Id. id. . — Cornicina Fall. (non Mgn.) — Id. id. — Coesarion Mgn. (non Macq.). , — Flaviceps Macq. — It. merid. . — Filavifrons Andn. — It. bor. et med. . — Mustris Mgn. (non Macq. -—- It. tota. . — luvenis Andn. — It. bor. et med. .. — Lucens Andn. — Id. id. I N dv I Sa E E (4) Calypta nigricantia. (2) — albicantia, subflavida, vel parum infuscata. SPECIERUM ITALICARUM ORDINIS DIPTERORUM 601 Gen. Somomvia Andn. Bert. I. — Callifora Lucilia etc. Desv.. — Sp. varie Desv. 9. — Sericata Mgrl. — It, tota. — Fulgida Zett. 10. — Sylvarum Mgrl. — Id. id. — Iustris Macg. (non Mgn.). Gen. PoLLENIA Desv. Macq. . — Azurrea Fall. — It. tota. — Flavipalpis Macq. — Coll. subapenn. Groenlandica Zett. — Alp. insubr. — Levis Andn. — It. bor. et med. — Paupera Andn. — It. tota. — Lanio Mgn. (non Pnz.). — Atramentaria Zett. (non Mygn.). 6. — Pulvillata Andn. — Coll. parmens. 7. — Rudis Zabdbr. — It, tota. — Depressa Y Mgn. 8. — Ruficrura Andn. — Coll. parmens. 9. — Sordida Zett. — It. bor. et med. 10. — Vespillo Mgn. (non Fabr.). — It. tota. — Nitens Zett. /alk. 11. — Violacea Macq. — It. merid, Gen. PyRELLIA Deso. A. — Cadaverina Lin. — It tota. 2. — Serena Mgn. — It. super. 3. — Suda Andn. — ld. id. Gen. DasipHoORA Desv. A. — Pratorum Mgn. — It. tota. 2. — Saltuum Andn. — It. bor. et. med. 3. — Versicolor Mgn. — It. bor. Gen. MesemBRrINA Mygn. A. — Matutina Andn. — It. bor. 2. — Meridiana Zin. — It. tota. 35. — Mystacea Lin. — It. bor. — Apiformis Fall. 4. — Vespertina 2ndn. — Id. id. SEAN | 602 Gen. Di 2. G. RONDANI , CrRToNEUREA Macg. — Assimilis Fall. — It. tota. — Aperta Macq. — Curvipes Macq. — It. super.? — Hortorum Fall. — It. tota. — Pascuorum Mgn. — Id. id. — Pilipes Andn. — It. bor. et med. — Stabulans Fall. — It, tota. . GRAPHOMYIA Leso. — Maculata Lin. — Id. id. . Myiospita Andn. Schin. . — Meditabunda Zabr. — Id. id. . Musca Lin. — Corvina Zabr. — ld, id. — Domestica Zin. — Id. id. — Frontalis Andn. — It. super. et med. — Gymnosoméa Andn. — It. merid. — Pusilla fndn. -- Agr. parm. — Tempestiva Fall. — It. tota. PLAXEMYA Desv. . — Phasizeformis Mgn. — It. super. . —— Vitripennis Mgn. — It. tota. Stirps STOMOXIDINA. . SToMoRHYNA Andn. Idia Alior. 1. — Fasciata Mgn. — It. sup. et med. 2. — Maculata Andn. (41). — Coll. parmens. Gen. StomoxIS Geofr. 1. — Calcitrans Lin. — It. tota. Gen. HamatoBIA Desv. 1. — Stimulans Mgn. — It. sup. et med. — lIrritans fabr. (41) Idia Concinna Lo&w. Sicula mihi ignota. SPECIERUM ITALICARUM ORDINIS DIPTERORUM 603 Gen. LyPEROsIA Andn. 4. — lIrritans Zin. — It. tota. — Pungens Fabr. 2. — Serrata Desvo. — Agr. parmens. ANNOTATIONES. 4. Clairvillia Flavipalpis n. $ similis varietatibus aliquibus disparis, sed facile distinguenda, palpis late flavidis non nigricantibus nec fuscis. Praeterea antenna non tota atrae, sed arti- culis primis et basi tertii plus minus rufescentibus. In Sicilia ad nebrodes captus a D. Mina-Palumbo. 2. Hyalomya Tomentosa n. Mas, ab omnibus fere congeneribus masculis statim distinguenda, alis totis limpidis, non infuscatis nec fasciatis nec maculatis: a Pusilla (cui similis alis de- coloribus) valde remota, statura sat majore, tibiis posticis non retro setigeris, halteribus pallidis, non nigris ete. — A _Muscaria, cujus hal- teres pallidi et statura minus diversa, satis etiam distincta, alis non fuscis, abdominis dorso toto fusco griseo, non postice cano, segmento primo nigro ; et venula transversa exteriore magis proxima anteriori, quam curvature quinte longitudinalis, non subaeque distante. — Adde Caliptra alba etc. In Sicilia a D. Mina Palumbo lecta. 604 Sul genere Dimelaena di. Vorman. Memoria del conte Virrore Tre- visan, Membro effettivo della Società Italiana di scienze naturali, (Seduta del 14 settembre 1868.) I. Una semplice lente bastò lungamente a determinare il genere e la specie dei Licheni. Nel Systema lichenum (1824) Eschweiler fu il primo a comprendere tra i caratteri generici quelli desunti; dalle spore, però presentando questi caratteri, siccome talvolta l’aveva fatto lo stesso Acharius, unicamente quali caratteri accessorii. Più tardi, nella //ora Brasiliensis di Martius (1833), da osservatore abile ed eser- citato inchiuse nella descrizione di ogni specie quella pure delle loro spore. Quattro anni dappoi, Fée, avvivando di nuova luce il tentativo di Eschweiler, gettava le fondamenta di una nuova scuola. Secondo esso; ogni specie naturale di Licheni non poteva presentare che spore di una organizzazione perfettamente identica; e tutte le specie di un genere naturale dovevano avere le spore di affatto eguale -struttura, L’obiezione, mossa alla teoria di Fée, che era d’uopo valersi di troppo forti ingrandimenti per giungere alla conoscenza dell’intima organiz- zazione di quelle spore minutissime; che la necessità. delle lunghe e pazienti investigazioni microscopiche faceva disamare, la. scienza, questa obiezione, invero degna solo di chi abborre il progresso, parve avesse a tenersi allora di tale valore che sembrò dovesse esserne inevitabile conseguenza lo scoraggiamento dell’ insuccesso. Le idee Féeane s’.ebbero quindi in conto di un ingegnoso tour de force, al quale bensì non si poteva negare il merito della esattezza, ma che, dicevasi, non avrebbe potuto trovare seguaci. Lo stesso Fée parve scoraggiarsi, ristette, si rinchiuse nel silenzio; e quell’intelletto elet- tissimo, sì potente, sì acuto, che più tardi illustrava le Felci con la- vori imperituri ed avrebbe agevolmente potuto essere il riformatore V. TREVISAN, SUL GENERE DIMELAENA DI NORMAN 605 della Lichenologia nel più ampio senso della parola, ben presto ne disertò il campo per sempre. Solo nove anni più tardi, nel 1846, l’ illustre De Notaris si lan- ciava risoluto nel novello cammino tracciato dal celebre suo collega di Strasburgo, proponendo sulle basi da questo geltate parecchi nuovi generi e la riforma di altri. Venne il 1850; anno la cui me- moria mi è sempre gradita, perocchè mi rammenta come in esso po- nessi tutti i licheni del mio erbario e tutti i libri della mia biblioteca a pienissima disposizione di un giovane appassionalissimo raccoglitore di tali pianticine, avidissimo di studio, caldissimamente a quest’ uopo accomandatomi dal preclaro autore della Flora Dalmatica, l’amico qui presente prof. De Visiani: mi rammenta come in esso ne’ geniali colloqui mi sforzava di convincere quel giovane della necessità, che mi parea incontestabile, di smettere le pastoie e battere la novella via che Fée ci aveva dischiusa , e, primo in Italia, De Notaris avea già illustrata. Quel giovane, in cui la nostra scuola doveva rinvenire poco appresso il più tenace, e, finchè gli bastò la vita, il più ope- roso ed il più instancabile de’ suoi propugnatori, avea nome Abramo Massalongo. La Lichenologia entrava in una nuova fase, di rivoluzione secondo gli uni, di riformazione secondo gli altri. Riformazione o rivoluzione che fosse, viviamo tuttora in un periodo di transizione. Le nuove teorie apportarono rimestamenti radicali; e la scossa fu troppo vio- lenta perchè quasi tutto quanto era stato da prima costrutto non ne dovesse più o meno risentire gli effetti. Perchè sia deciso con sodezza di ragioni, con giustizia di sentenze, qual sia veramente la migliore delle vie, abbisogna il giudizio spassionato di un’altra generazione. ll più perfetto galantuomo è il tempo. Intanto una sola cosa è certa davvero, ed essa è già pei seguaci di Fée una grande conquista. Oggimai non si studia , non si descrive un lichene senza indagarne co’ migliori aggrandimenti del microscopio gli aschi e le spore; oggi. mai gli avversarii medesimi convengono che veruna specie non debba presentare spore di differente organizzazione. Lo stesso Nylander, il più dichiarato avversario de’ generi della scuola di Fée, o della scuola, com’egli la appella, Massalongiana-Kérberiana, ma che è però Vol. XI. 39 606 V. TREVISAN, senza forse quello tra tutti i contemporanei che conosca ed abbia esaminato il maggior numero di specie e di forme lichenose, lo-stesso Nylander distingue in generale le specie dietro precipuamente i ca- ratteri desunti dalle spore, che indaga e descrive con rara esattezza. Uno dei due cardini della Féeana teoria s° ebbe adunque a quest’ ora il più compiuto trionfo. Il, Quattro mesi prima che Massalongo pubblicasse le sue £icerche suî licheni crostosi (1), e diciaselte mesi dopo ch'io aveva divulgata per le stampe la mia prima professione di fede nelle Féeane teorie colla proposta di quattro nuovi generi ( Bérengeria, Zemadophita , Lecothecium, Sporoblastia) e la definizione di altri quindici spettanti alle due tribù delle Patellariee (Lecanoree) e Lecideine (2), defini- zione essenzialmente basata sui caratteri delle spore, nel IMagazin for Naturvidenskaberne edito in Cristiania (Vol. VII, B. 3, H.) venne in luce, sotto il titolo: Conatus praemissus redactionis novae gene- » rum nonnullorum lichenum », un lavoro, di alta importanza pel tempo, del chiarissimo quanto modesto J. M. Norman. In esso, tra i quindici nuovi generi proposti ( Z'heloschistes, Trachyderma, Amyg- (1) A pagina 354 del Tomo secondo, Seria terza, degli Atti dell’ Istituto Veneto leg- gesi: « Le Ricerche sull’ autonomia dei licheni crostosi di Abramo Massalongo furono » impresse nel maggio 1852 e poste in commercio nell’ agosto dello stesso anno. » Che questo non sia esatto è comprovato dalla lettera, che ho sott’occhio, direttami da Verona il 31 dicembre 1852 dal medesimo Massalongo. In essa egli mi scrive: « Fi- » nalmente ho dal legatore la mia opera sui licheni crostosi; avrebbe dovuto essere » pubblicata prima, perché fin dal mese di maggio ne aveva stampati tre fogli, ma » in grazia alle dilucidazioni che tu mi facesti aspettare tanto e poi tanto, ed in » grazia pure della mia malattia di questo estate, non fu compita la stampa che ai 29 » del mese corrente. » Le Ricerche del Massalongo furono poste in commercio alla metà del gennaio 1853; il fascicolo del Magazin for Naturvidenskaberne contenente lo scritto di Norman lo era già dal settembre 41852. (2) Della supposta identita specifica de’ Licheni riumiti dallo Schaerer solto al nome di Lecidea microphylla. — Nota letta all’Accademia di Scienze e Lettere di Padova nella tornata del 27 marzo 4854; pubblicata nei Nuovi Annali delle Scienze Naturali di Bologna (Fasc. di maggio e giugno 1861), ristampata con giunte in edizione sepa- rata in agosto 1862. SUL GENERE DIMELAENA DI NORMAN 607 dalaria, Secoliga, Ophioparma, Dimelaena, Diploschistes, Sko- lekites, Dimaura, Abacina, Tetramelas, Mykoblastus, Endophis , Staurothele, Graphidula (1), figura (sotto il num. XVII, a pag. 19 della edizione separata) un genere Dimelaena per le antiche Parme- lie Friesiane fornite di spore fosche biloculari. Undici sono le specie riferitevi (Wimelaena ciliaris, speciosa , stellaris, caesia, pulveru- lenta, obscura, aquila, amniocola, oreina, nimbosa, sophodes), dal- l’autore ripartite in tre sezioni: la prima a tallo suffruticoloso per la ciliaris, V ultima ( Placothallae) per quelle a tallo crostoso ( oreina, nimbosa, sophodes), } intermedia ( Phyllothaliae ) per le rimanenti sette specie a tallo fogliaceo. Questa sezione a tallo fogliaceo, che propriamente costituisce il nocciolo del genere Normaniano, corrisponde a quel genere che Mas- salongo denominò dapprima, in giugno 1853, Anaptychia ( Mem. lich. pag. 33.) e più tardi, in febbraio 1858, Squamaria ( Symm. lich. pag. 74); che Naegeli ed Hepp, sulla fine del 1853, appella- rono Lobaria (Flecht. Europ. Syst. num. 18), Kérber nel 1856 Parmelia (Syst. lich. germ. pag. 84), Teodoro Fries nel 1860 (Lich. arct. pag. 460; Gen. heter. p.59) Physcia; e di cui Nylander ( Syn. lich. 1, pag. 414-430) formò un gruppo speciale nel genere che distinse egualmente col nome di P/yscia. Corrisponde infine al ge- nere che nel 1861 Mudd (4 manual of british Lichens) chiamò Borrera, È ad arte lascio per ora da canto 1'Hagenia di De Notaris. Ci troviamo adunque di fronte a non meno di sette differenti nomi generici (Dimelaena, 1852 — Anaptychia, 1853 — Lobaria, 18853 -— Squamaria, 1855 — Parmelia, 1856 — Physcia, 1860 — Borrera, 1861) imposti nel volgere di pochi anni alle stesse piante da serittori che tutti le considerano membri di uno stesso genere , che tra di loro nulla o ben poco dissentono sulle cose e nullameno sì grandemente dissentono sulle parole; e di fronte a tanta discre- panza è giuocoforza soffermarci anzi tutto sul nome. Procurerò di x esser breve, ma è matassa viluppatissima. (4) Così il nome generico Haematomma di Massalongo è sinonimo posteriore di Ophioparma, Thalloidima e Raphiospora di Skolekites, Megalospora (Mass. Kòrb.) ed Oedemocarpus (Trevis , Th. Fries) di Mykoblastus, ecc. 608 V. TREVISAN, Nulla stanca maggiormente la memoria, nulla fa avanzare meno la scienza quanto questa malgraziata moltiplicità di nomi, non ne- cessarii, inutilissimi, vano fardello per tavole di sinonimi , che, biso- gna pur confessare, tanto facilmente si potrebbero, in tesi generale, evitare. Allorquando la moltiplicità di nomi consegue da diversa ma- niera di apprezzamento nella valutazione di caratteri di generi o di specie, è progresso, dappoichè dal cozzo delle opinioni scaturisce una migliore conoscenza degli enti investigati ; è regresso quando vi ha moltiplicità di nomi per uno stesso gruppo di esseri circo- scritto tra gli stessi limiti da seguaci di una medesima scuola. Dei setti nomi testè enumerati quello Dimelaena di Norman es- sendo stato pubblicato prima degli altri, la questione sarebbe risolta con una sola parola, pel diritto di priorità, se malauguratamente , quantunque in senso ben diverso, ciascuno degli altri sei nomi non fosse stato adoperato in precedenza, e se altrettanto malaugurata- mente non stasse il fatto che i lichenologi di un paese si valgono di una denominazione, quelli di un altro di un’altra. In Italia, per lo più, seguirono Massalongo ; in Germania, Kòrber; in Inghilterra Mudd; in Francia Nylander.. Ma la scienza non ha patria, è citta- dina dell’universo, è retaggio di tutti. Delle due denominazioni Anaptychia e Lobaria basteranno pochi cenni. Anaptychia, appellativo proposto da Kòrber per 1° Zagenia di Eschweiler (inammissibile per la priorità dell’ //agenia di Lamarck, 41794), spetta ad un genere di licheni indubbiamente tannotalli. Il nome Zobaria, non ammesso da alcuno quasi, fu abbandonato dallo stesso Hepp, come di suo pugno sta scritto nel di lui erbario , dive- nuto non ha guari in buona parte di mia proprietà (4). Delle quattro denominazioni Squamaria, Physcia, Parmelia, Bor - rera, più antica è la prima, usata per la prima volta da Hoffmann (Plant. lich. pag. 33), nel 1789 ed attribuita « lichenibus, qui squa- » matim quasi crescere solent; imbricatos dixit Linnaeus. » Il genere, (1) Vennero per acquisto ad adornare le mie collezioni tutte le Felci, le Epatiche, i Funghi, i Muschi più rari, oltre 1600 specie e 3400 esemplari della classica sua rac- colta di Licheni. SUL GENERE DIMELAENA DI NORMAN 609 che sotto questo nome Squamaria l’Hoffmann costrusse, è un accoz- zamento di licheni a tallo fogliaceo e crostoso, Cetrarie fogliacee (pinastri e juniperina), Parmelie a spore semplici e un Placodium de’ recenti, e con essi una Dimelaena, la pulverulenta. Però nulla accenna che quest'ultima specie fosse stata considerata dall’Hoffmann siccome il tipo del suo genere, di cui anzi non indicò tipo alcuno, ma il quale ben considerato, e fatto libero dalle spoglie non sue, si trova corrispondere perfettamente al Parmelia con spore semplici de’ più recenti, ossia all’/mbricaria di Korber. Voler sostituire oggidi, perchè realmente di quattordici anni più antico , al nome Parmelia l’altro Squamaria, sarebbe arditezza che veruno ha commesso, che non io vorrei ora commettere, dopochè sino dal 1847 De-Notaris (nel Giorn. bot. ital., Anno 3, Tom. II, P. 4, pag. 189), e dietro esso Norman (Con. pag. 15), Massalongo (Mem. lich. pag. 48), Nylan- der (in Mém. de la Soc. des. sc. natur. de Cherb. III, pag. 474) Teodoro Fries (Lich. Arct. pag. BI, Gen. heter. pag. 38), riservarono la denominazione Achariana a codeste Parmelie a spore semplici, alle quali l’ altra /mbricaria non si è potuto conservare a cagione del più antico /mbricaria tra le fanerogame. Con ciò cade ogni pos- sibilità di applicare l’appellativo Parmelia alle Dimelaena di Norman. Fu lo Schreber (Gen. plant. II, pag. 768) che primo d’ogni altro usò nel 1791 la voce Physcia per distinguere una sezione del Lin- neano genere Zichen, della quale fu considerato tipo il ZLichen phy- sodes (Linn. Spec. plant. pag. 1610). Acharius ( Prodr. pag. 170; 4798) fu il primo a proporre sotto tale denominazione un genere che attualmente corrisponderebbe a quelli riuniti Evernia, Cetraria, Ra- malina, Roccella, Dufourea e Borrera dello stesso autore, Anapty- chia di Kérber, più alcun’altra specie di alcun altro genere ancora. Con limiti tanto estesi e vaghi nessuna meraviglia quindi se, ad ec- cezione quasi dei soli Michaux (//or. Bot. Amer. Il, pag. 325 — 1804) e De Candolle ( £lor. Franc. Il, pag. 398; 1805), il quale ne ampliò anzi i confini, non venne adottato; e già nel 1805 ve- diamo lo stesso Acharius disfare il pria fatto e distinguere col nome Physcia (Meth. lich. pag. 250) quella sezione del suo nuovo genere Parmelia pella quale appunto la Schreber aveva usato un tal nome, 610 V. TREVISAN, sezione dal Gray ( Natur. arrang. of brit. plant. |. pag. 435) elevata nel 1821 alla dignità di genere sotto la medesima denominazione Physcia. Riformando sopra altre basi i generi dei licheni (1825-1835) Fries (Syst. Orb. Veget. — Lich. eur. ref.) impiegava tre volte il'nome Physcia a distinguere altrettante sezioni dei suoi generi Zvernia , Ramalina e Parmelia. Da allora la denominazione Physcia subì le più singolari vicende. Basterà ricordare che ne sia avvenuto per opera di De Notaris, di Hepp, di Nylander. Nel 1847 (nel Giorn. bot. ital., Anno 3, Tom. II, P. I, pag. 194) De Notaris fonda un genere Physcia con quelle specie della‘ sezione Physcia del genere Evernia di Fries che sono dotate di ‘spore. bla- steniacee, e con tre specie di Parmelia (Trib. Imbricaria e Placo- , dium) di questo autore medesimo. Bene limitato quanto ai caratteri della fruttificazione, artificiale quanto a quelli del tallo, comprende cinque specie tamnotalle, una fogliacea, una crostacea. Non com- prende quindi veruna specie di Dime/aena, non ha nulla di comune colla primitiva Physcia di Schreber e di Gray, ed è lo stesso genere che il T'heloschistes di Norman. S0) Nel 1853 (Z/lecht. eur. 1. — Syst. Parmel, n. 6) Hepp distingue un genere Physcia corrispondente all’ Anaptychia di Korber a al mio Tornabenia. Nel 4854 (in Mém. de la soc. des sc. natur. de Cherb., Il, pag. 341. 322). Nylander propone un genere Physcia per la sezione omonima del genere Parmelia di Fries, sezione comprendente specie tutte fornite di spore biloculari fosche, corrispondente ai generi 4napty- chia e Parmelia di Korber. Fu la prima volta che una Dimelaena fogliacea di Norman ricevesse l’appellativo di PAyscia (4), ma i 1854 essendo venuto dopo il 1832, la denominazione messa innanzi da Nylander deve cedere forzatamente il campo alla anteriore di Norman, Quanto finalmente al Borrera di Mudd, è d’ uopo ricordare: che (41) Le Borrera tenella e tenella var. leptalea di Acharius, non citate da. Norman, ma considerate dai più semplici varietà della Dimelaena stellaris di, quest’ ultimo, erano state nel 1805 ascritte da De Candolle (Flor. Franc. II, pag. 395, 396), al so- pramenzionato vastissimo suo genere Physcia sotto i nomi di Physcia tenella e leptalea. SUL GENERE DIMELAENA DI NORMAN 644 delle Borrere di Acharius (Lich. unio. pag. 93;.1810), quelle ca- pensis, flavicans, pubera, villosa, chrysophthalma, exîlis e solenaria hanno spore blasteniacee; e che a queste ben a ragione 1’ Hepp (Flecht. eur. I. —- Syst. Parmel. num. 3), cioè il primo autore che riparti il Borrera Achariano giusta i caratteri delle spore, sino dal 1853, ossia otto anni prima di Mudd, conservò codesto primitivo nome generico Borrera; che lo stesso Massalongo, nell’atto di pub- blicare il suo Tornabenia per le Borrere di Hepp (Mem. lich. pag. 43) avverliva come « questo genere Zornadenia equivale alle Borrera » di Acharius, nome che non può più essere adottato in Lichenologia, » essendo stato impiegato nelle Fanerogame »; che il genere Borrera di Rubiacee (De Cand. Prodr. Syst. Nat. IV, pag. 540; Endlich. Gener. plant. num. 3120) fu proposto nel 1818, vale a dire otto anni più tardi del Borrera di Acharius, e proposto da quel medesimo Giorgio F. G. Meyer ( Zlor. essequeb., pag. 79), il quale aveva soppresso il Borrera di Acharius per comprenderlo nel mostruoso suo genere Parmelia insieme ad Usncea, Alectoria, Ramalina, Roccella, Cetraria, Cornicularia, Evernia, Dufourea, Urceolaria, Saqgedia, Gyalecta, Lecidea, Thelotrema e persino Collema dell’immortale svedese ; che quindi a pien dritto lo Sprengel (Syst. Zeget. I, pag. 366-402), av- visò di sostituire pel genere di Rubiacee il nome Zigelowia, che gli deve certamente restare siccome il più antico ed insieme il più le- gittimo dopo quello impostogli dal Meyer. Da questa stucchevole revisione risulta pertanto che alle antiche Parmelie Friesiane a tallo fogliaceo e spore fosche biloculari, vale a dire alle Squamaria di Massalongo, alle Parmelia di Kòrber, alle Physcia di Teodoro Fries, alle Borrera di Mudd, un solo nome ge- nerico può essere conservato, quello di Dimelnena. II. Giammai sarà dato sperare di giungere ad una razionale distribu- zione sistematica dei Licheni se prima non sia stata diligentemente investigata d'ogni singola specie l’intima struttura così de’suoi organi di riproduzione, come di quelli di vegetazione. Di qui l’assioma, che 6412 V. TREVISAN, tutte le specie di un medesimo genere debbano presentare la stes- sissima organizzazione, tanto nelle loro fruttificazioni, quanto nei loro talli. Le Dimelaena fogliacee di Norman vengono a nuova conferma di questo principio. È lo scopo precipuo di codesta breve scrittura. Esaminati al mieroscopio i talli delle Dimelaena fogliacee, è age- vole riconoscere che in una parte di esse vi ha una maniera di, or- ganizzazione ben distinta da quella delle altre. A punto di partenza pei confronti prenderò una specie a portata di ognuno, comunissima, conosciutissima, la Dimelaena pulverulenta, e quella tra le specie del secondo tipo che più evidentemente forse d’ogni altra ne appa- lesa le differenze, la Dimelaena speciosa. Come nel massimo numero de’ talli fogliacei, il tallo di ambedue queste specie è formato di tre sistemi di elementi diversi o strati: uno strato corticale, uno strato gonidiale, uno strato midollare. Lo strato midollare, nell’ una come nell’altra, è composto di elementi filamentosi tenuissimi, d’ordinario cilindriformi , incolori, lassamente intrecciati; nell’una come nell’altra lo strato gonidiale, costituito di veri gonidii , è organalo alla maniera ordinaria. Non è altrettanto dello strato corticale. Nella Dimelaena pulverulenta questo strato è composto di un tessuto cellulare, a cellule rotondato-angolose fornite di pareti altrettanto più grosse e di cavità altrettanto più piccole quanto maggiormente sono collocate alla superficie del tallo; nella Dimelaena speciosa invece lo strato corticale è formato di elementi tubulosi, cioè di stretti filamenti tubulari alquanto intrecciati e distesi nel senso della lunghezza delle lacinie talline. In una parola, nella pulcerulenta vi ha lo strato corticale delle vere Parmelie, della L/a- steniospora, delle Sticta; nella speciosa vi ha lo strato corticale delle Anaptychiee (41) in un grado inferiore di evoluzione. Queste differenze sono essenzialmente quelle medesime pelle quali le tribù delle Roccellee, delle Ramalinee , delle Anaptychiee , si di- stinguono dalle tribù delle Neuropogonee, delle Everniee, delle Ever- niopsidee. Tutte le specie di Parmeliee a tallo fogliaceo e spore fosche (4) Vedi: Trevis. Ueber Atestia, eine neue Gattung der Ramalineen (in Flora 4864, num. 4). SUL GENERE DIMELAENA DI NORMAN 615 biloculari, che ho potuto sinora esaminare, ossia perchè possedute nel mio erbario, ossia perchè cortesemente concessemi a studio dalla generosa liberalità degli amici, e le quali, meno appena pochissime, sono tutte le specie di esse al presente conosciute, presentano l’iden- tica struttura anatomica o della pulverulenta o della speciosa. Da forma a forma, da specie a specie, le sole diversità che s’incontrano, più che altro consistono in varietà di grandezza e distribuzione degli elementi costitutivi, non già di differenze essenziali di costituzione degli elementi medesimi. Così, a modo di esempio, nella crispa (Pers.) le cellule corticali sono più confusamente distribuite, nelle varietà angustala e venusta della pulverulenta sono più irregolarmente conformate. Vi hanno adunque due tipi distinti, per la prima volta avvertiti dal chiarissimo G. Nylander in quell’aureo libro, con tanto rammarico de’ lichenologi e tanto detrimento della scienza rimasto incompiuto, ch'è la Synopsis lichenum; due generi a parte, l’uno de’ quali rientra nel gruppo delle vere Parmeliee, l’altro verrebbe a costituire una no- vella tribù, generi che proporrei nel modo seguente. I. HETERODERMIA Trevis. (Trib. HereroperMiAE Trevis. ) Charact. gener. Apothecia orbiculata, scutellaeformia, in thalli disco supero horizontaliter sparsa, subsessilia vel adnato-sessilia , ab excipulo thallode, e thalli strato corticali immutato formato , equa- liter marginata. Thalamium disciforme, primitus connivens, mox apertum explanatum, epithecio rufo-fusco vel fusco-nigro, ceraceum. Hypothecium simplex homogeneum, contextu medullari impositum (1). Asci clavaeformes vel clavaeformi-ventricosi, octospori, paraphysibus (4) Nella ZHeferodermia hypoleuca in particolare l’ipotecio, assai grosso, agonimico, è sempre più o meno fuscescente-fuligineo. Sarebbe un argomento di più a comprovare che grossezza e colorazione dell’ipotecio sono caratteri, da per sè soli, di niun va- lore generico, appena appena bastevoli per sezione di genere se combinati ad alcun altro. 6414 V. TREVISAN, discretis immixti. Sporae ovoideo ellipsoideae (1), biloculares, fuli- gineo-fuscae, sporodermide demum constanter colorata , opacae. — Thallus centrifugus horizontaliter expansus, per rhizinas matrici af- fixus, amphibryus , foliaceus , stellato-laciniatus adpressus, laciniis varie divisis, undique sed dissimiliter corticatus, gonidiis. veris pleu- ristamis (2). Structura filamentosa:; stratum corticale e filamentis tu- bulosis tenuissimis, sensu laciniarum longitudinali intricato-pertensis, compositum; contextus medullaris filamentosus stuppens uniformis. + Spermogonia innata vel thallo supra ea parum prominula, concepta- culo tenui fusco vel fuscescente , sterigmatibus pluriarticulatis vel arthrosterigmatibus munita. Spermatia cylindrica aut utroque apice leviter incrassatula, tenella. — Habitus Parmeliae. | Stirps HETERODERMIAE SPECIOSAE, i. HereRopERMIA oBESA Trevis. — Parmelia obesa Pers. (in Gau- dich. Uran. pag. 195); Parmelia papulosa Mont. (Bon. pag. 137; Syll. pag. 350). — Zns. Sandwich. var. caesio-crocata Trevis. — Lichen caesio-crocatus Menzies — Cap. B. Spei. 2. HeteRopERMIA speciosa Trevis. — Lichen speciosus Wulf. (in Jacq. Collect. II, pag. 119. tab. 7). — Exs. Moug. et /Vestl. 635, Schaer. 357. Tuckerm. 81, fabenh. 426, Lindig 28531. — Europa, Canariae , America boreulis et meridionalis , Nova Granata, India orientalis, Ins. Borbonia, Java, Polynesiae. * albo-sorediata Trevis. ** isidiophora Trevis. var. obscurata Trevis. — Physcia obscurata /Vyl. (Lich. Nov. Gran. prodr. pag. 26). — Exs. Zindig. 704. — Bogota. var. domingensis Trevis. — Parmelia domingensis 4ch. (Syn. pag. 212). — Ins. S. Domingo. * isidiophora Trevis. — Exs. Lindig 2534. — Bogota. (4) Exceplione (in Heterodermia aquila) saepe altero apice crassiores. (2) Non sarà inutile forse ricordare che denominai gonidia amphistama quando il tessuto midollare presenta da ogni parte gonidii, gonidia pleuristama quando il tessuto midollare del tallo a due pagine presenta gonidii in una sola pagina. \ SUL GENERE DIMELAENA DI NORMAN 615 var, cinerascens Trevis. — Physcia speciosa var. cinerascens /Vyl. (Syn. 1, pag. 417). — Abyssinia. var. atri-capilla Trevis. — Parmelia speciosa var. atri-capilla Anzi (Cat. lich. sondr. pag. 31). — Zangodardia. 5. HereRopERMIA HvpoLeuca Trevis. — Parmelia speciosa var. hy- poleuca Ach.(Syn. pag. 211). — Exs. Tuckerm. 108. — Ame- rica borealis et meridionalis, Cap. Bon. Spei, Ins. Borbonia, India orientalis, Java, Ins. Mariannae, Taiti. * isidiophora Trevis. — Parmelia granulifera Ach. (Syn. p. 211). var. dactylina Trevis. — Physcia speciosa var. dactylina Vyfl. (Syn. I, pag. 417). — Brasilia. * isidiophora Trevis. -—— Parmelia coralliphora Tayl. (in Hook. Journ. Bot. 1847. pag. 164). — Peruvia. n. HrteRopenma pISPANSA Trevis. — Physcia dispansa /Vy/. (Syn. I, pag. 418). —— China. 5. HereropeRMIA FiRMuLA Trevis. — Physcia firmula /yl. (loc. cit.) — Exs. ook. et Thoms. 2017. — India orîentalis, Himalaya. || Stirps HETERODERMIAE AQUILAE. 6. HeteRopeRMIA AQuiLA Trevis, — Lichen aquilus Ach. (Prodr. pag. 109). —— Exs. Zries 208, Moug. et Nestl. 1049, Desmaz. ed. II. 250, Schaer. 565, Zeight. 144, Hook. fil. 1945, Mas- sul. 87, Stenhamm. 87. — Europa, Himalaya. var. crossophylla Trevis. — Parmelia crossophylla Z7ahlenb. (in Ach. Meth. Suppl. pag. 48). — /ordlandia. var. stippaea Trevis. — Parmelia aquila var. stippaea A4ch. -- Finmarkia. var. balanina Trevis: — Lichen balaninus /7ahlenò. (Lapp. pag. 426); Lecanora balanina 4ch. (Syn. pag. 185, exclus. specim. helvet.). — Zinmarkia. 7. HereRopERMIA peTonsA Trevis. — Parmelia detonsa tes ( Syst. Orb. Veget. I, pag. 284). — Exs. Tuckerm, 18. — America borealis. 616 V. TREVISAN, 8. HereRODERMIA suBAQUILA Trevis. -- Physcia subaquila Vy{l. (Syn. I, pag. 421). — Gallia, Corsica. Il. DIMELAENA Norm. (reform.) Charact. gener. Apothecia orbiculata , scutellaeformia, in thalli disco supero horizontaliter sparsa, sessilia vel adnato-sessilia, ab excipulo thallode, e thalli strato corticali immutato formato, aequa- liter marginata. Thalamium disciforme,, primitus. connivens, mox apertum explanatum, epithecio rufo-fusco vel fusco-nigro, ceraceum. Hypothecium simplex homogeneum, exceptione fusco-nigrum (4), contextu medullari impositum. Asci clavaeformes vel clavaeformi-ven- tricosi, octospori, paraphysibus discretis immixti. Sporae ovoideo-el- lipsoideae, biloculares aut exceptione quadriloculares (2), fuligineo- fuscae, sporodermide demum constanter colorata opacae.,-® Thallus centrifugus horizontaliter expansus, per rhizinas matrici affixus, am- phibryus, foliaceus, stellato-laciniatus, laciniis varie divisis adpressis vel adscendentibus, undique sed dissimiliter corticatus, gonidiis veris pleuristamis. Structura celluloso-filamentosa: stratum corticale e cel- lulis rotundato-angulosis compositum; contextus medullaris filamen- tosus stuppeus uniformis. — Spermogonia innata vel thallo supra ea parum prominula, conceptaculo tenui saepius fuscescente vel fusco, sterigmatibus pluriarticulatis vel arthrosterigmatibus munita. Sper- matia oblongo-cylindrica ant rarius utroque apice leviter incrassatula, tenella, — Habitus Parmeliae. Sectio I. EUDIMELAENA Trevis. — Hypothecium normale. Sporae biloculares. | Stirps DIMELAENAE PULVERULENTAE. 1. DimeLAENA PULVERULENTA Norman (loc. cit. num. B). A. abpRESSA. — Thallo horizontaliter expanso adpresso. (1) Nella aberrante Sezione Hypomelaena. (2) Nella Dimelaena obscurascens. SUL GENERE DIMELAENA DI NORMAN 617 var. x ALLocaroa Trevis. — Lichen allochrous Ehrh. — Exs. Ehrh. 187, Ludwig 173, Fries 76, Moug. et Nestl. 162, Florke 172, Funck AA0, Schaer. 336 A., Flotow 85, 86, De- smaz. ed. 1. 144, Tuckerm. 107, Leight. 49, Rabenh. 96. — Eu- ropa, Africa borealis, America borealis. * polita Trevis. — Parmelia pulverulenta «, I, polita A/otow —- Exs. Schaer. 356. B. var. 8. venusta Trevis. — Parmelia venusta Ach. — Exs. Funck 897. * transfossa Trevis. — Parmelia pulverulenta var. venusta /. transfossa Anzi (Manip. lich. nov. — 1862). var. . angustata Trevis. — Lichen angustatus /7offm. var. È. detersa Trevis. — Physcia pulverulenta var. detersa /Vyl. (Syn. I, pag. 420). — Exs. Anzi L. Lang. 54, A. var. e, argyphea Trevis. -- Parmelia pulverulenta f. argyphea Ach. (Lich. univ. pag. 474). — Exs. Anzi L. m. rar. 122. var. S. grisea Trevis. — Lichen griseus Zam.; Lichen pityreus Ach. — Exs. Florke 47, Moug. et Nestl. 3552, Fries 105, Rei- chemb et Schub. 87, Schaer. 487, Zwackh 186, Rabenh. 187. * papulosa Trevis. — Parmelia pulverulenta var. grisea f. papulosa 4nzi (Manip.) B. apscenpens. — Thalli laciniis adscendentibus. var. n. alphiphora Trevis. — Parmelia farrea var. alphiphora Ach. (Lich. univ. pag. 476); Lichen muscigenus /7ahlenb. (Flor. lapp. pag. 422). 4. corticola. — Parmelia pulverulenta var. fornicata Kòorbd. (Syst. lich. germ. pag. 87). — Exs. Fries 204, Flotow 87, E. 2. muscicola. — Exs. Schaer. 486, Anzi L. Lang. 54, Lich. Venet. 21. Obs. Quod ad matricem attinet, notandum est, formam muscicolam omnium varietatum pulverulentae A. adpressae etiam occurrere, plerumque autem sterilem. 2. DimeLAENA GLAUCO-viRescens Trevis, — Physcia glauco-virescens Nyl. (Syn. I, pag. 419). — « Morton Bay ». 618 V. TREVISAN, || Strps DIMELAENAE STELLARIS. 5. Dimecaena Leana Trevis. — Parmelia Leana Z'uckerm. (in Zea Catal. plant. Cincinn. pag. 48). — America boreatis. 4, DimeLAENA cRISPA Trevis. — Parmelia crispa Pers. (in Gaudich. Uran. pag. 196); Parmelia picta 4ch. (Meth. pag. 211, excl. syn. Swartzii); Parmelia Domingensis Mont. (Cub. pag. 225, tab. 8, fig. 3), non A4ch.; Squamaria Domingensis Massal. (in Att. Ist. Ven. Ser. III, Vol. V.) — America @quinoctialis, Sene- gambia, Polynesia. * albo-sorediata Trevis, 8. DimeLaENA DILATATA Trevis. — Physcia dilatata NVy/. (Syn. I, pag. 423). — 4 byssinia. 6. DimeLaena InTEGRATA Trevis. — Physcia integrata Vyl. (Syn. I, pag. 424). — Mexico. | var. Gaudichaudi Trevis. — Parmelia aipolia Gaudich. ( Uran. pag. 195), non 4ch. — Ins. Mariannae. 7. DimeLarna psatHvRa Trevis — Physcia psathyra T'uckerm. (in Nyl. Syn. I, pag. 422). — Zns. Cuba. 8. DimeLaEna maJoR Trevis. — Physcia major Vyfl. (in Flora 1858 pag. 3579). — Mexico. * isidiophora Trevis. 9. DimeLAgeNA stELLARIS Norinan (loc. cit. num. 3.) — Zuropa, Africa, Asia, America borealis, Nova Granata, Peruvia, Nova Zelandia. | A. ADPRESSA. -— Thallò horizontaliter expanso adpresso. I. ruizornora. -—— Thalli laciniis subtus rhbizinis munitis, mar- gine autem non ciliatis. var. «. normalis Trevis. — Thalli laciniis discrelis convexiusculis, subtus rhizinis albidis vel cinerascentibus. — Parmelia stellaris Ach. (Meth. pag. 209); Parmelia stellaris f. ambigua ord. (Syst. lich. germ: pag. 85, excl. syn. Ehrh.); Squamaria stellaris Beltram. (Lich. bass. pag. 88, excl. syn. Ehrh.). — Exs. Aries 206 A., Reichemb. et Schub. 86. A., Schaer. 551, Flotow 88. SUL GENERE DIMELAENA DI NORMAN 649 a. radiata Trevis. — Apotheciis pruinosis, margine thallino integro. — Parmelia stellaris «. radiata 4ch. (Lich. univ). b. rosulata Trevis. — Apotheciis nudis vel subnudis, margine thallino saepius flexuoso vel crenulato. — Parmelia stella- ris 8. rosulata 4ch. (Lich. univ). Radiata et rosulata variant insuper, quoad matricem: 4. cor- ticola; 2. muscicola. var. 8. aîpolia Trevis. — Thalli laciniis compaginatis vel plus mi- nusve discretis planis, subtus rhizinis cinerascentibus vel ni- grisi — Lichen aipolius £hrh., Ach. — Exs. Ehrh. 497, Funck 47%, Fries 307, Schaer. 350, Flotow 89, Massal. 318, Rabenh. 185, Leight. 6. a. acrîta Trevis. — Thallo albido, saepe centro rugoso, la- ciniis compaginatis vel ambitu parum discretis, subtus rbhi- zinis cinerascentibus; apotheciis margine thallino integro. — Lichen ambiguus Ehrh. (Exs. n. 207); Parmelia aipo- lia «. acrita 4ch.; Parmelia aipolia //orke (Exs. n. 135). b. cercidia Trevis. — Thallo albido vel albido-cinerascente , saepe centro rugoso, laciniis parce discretis, subtus rhizinis nigris; apotheciis, vulgo centro sat confertis, margine thal- lino crenulato. — Parmelia aipolia B. cercidia Ach. c. anthelina Trevis. — Thallo albido vel albido-cinerascente, saepe centro rugoso, laciniis magis discretis angustis, ple- rumque multifidis a centro ad ambitum continuatis, subtus rhizinis nigris; apotheciis aut confertis aut sparsis, margine thallino integro. — Parmelia anthelina 4ch. (Meth. p. 210); Physcia stellaris var. angustata /Vy/. (Syn. I, pag. 426). 1. corticola. 2. saricola. d. commutata Trevis. — Thallo minore, contracto, brevi-la- ciniato (sporis minoribus). Caetera aîpoliae. — Dimelaena commutata Zrevis. (Mser.); Parmelia incisa Fries (Lich. suec. exs. 340 — non Parmelia incisa Aries Syst. Orb. Veget. pag. 284, Lich. eur. ref. pag. 103, « Parmelia in- cisa Fries e Gallia » ab ipso celeb. EI. Fries in meo her- 620 V. TREVISAN, bario, quae est Lecanora pruinosa Chaubard in St. Amans Flor. Ag. pag. 495, Squamaria pruinosa Duby Bot. Gall. Il, pag. 660, /Vyl. Lich. scand. pag. 453, Placodium prui- nosum 7'revis. Mscr., thallo omnino crustaceo, sporis sim - plicibus incoloribus ); Anaptychia stellaris var. incisa Mas- sal. (Symm. lich. pag. 15, exclus. synon. plurim.); Parmelia stellaris var. K6rd. (Par. lich. pag. 33, excl. syn. omn.) — Forte species distineta, sed ex unico specimine viso dijudicare non audeo. H. ciurera. — Thalli lacinis subtus nudis, rbhizinis ullis vel vix ullis munitis, margine fibrilloso-ciliatis. — Transitus ad stella- rem B. adscendentem. var. . subobscura Trevis. — Thallo cinereo-fuscescente anguste laciniato, laciniis discretis adpressis vel etiam subadscendentibus, subtus albidis, ciliis marginalibus pro maxima parte nigricanti- bus vel saltem obscuris. — Physcia stellaris var. subobscura Nyl. (in Sallsk. pro Faun. et Flor. Fenn. Notis. IV, pag. 259). B. apsceNnpens. — Thalli laciniis adscendentibus. var. 3. hispida Trevis. — Laciniis magis discretis apice tubuloso- inflatis, — Parmelia stellaris v. hispida Schaer. — Exs. Zud- wig 179, Flòrke 73, Fries 206 B., Reichemb. et Schub. 37, et 86 B., Schaer. 562, Flotow 90 A. var. e. tenella Trevis. — Laciniis magis imbricatis apice fornicato- incurvis margine subtusque plerumque sorediferis. — Lichen tenellus Scop. — Exs. Zhrh. 217, Schaer. 552, Flotow 90 B., Leight. 474, Rabenh. 578. 10. DimeLaeNA PHagocaRPA Trevis. — Physcia phaeocarpa /Vyfl. (Syn. I, pag. 424). — £rasilia, Bolivia. 41, DimeLaEnA cAEsIA Norman (loc. cit. num. 4). — Europa, Algeria, America borealis. A. appRESSA. — Thallo horizontaliter expanso adpresso. var. «. pulchella Trevis. -- Lichen pulchellus /7ulf. — Exs. Fries 323, Florke 7A, Flotow 91 A. B. C., Moug. et IVestl. 447, Schaer. 547, T'uckerm. 86. var. $. dubia Trevis. — Lobaria dubia /7offm. (Deutschl. Flor. II, pag. 156). — Exs. Schaer. 548. SUL GENERE DIMELAENA DI NORMAN 621 var. y. atro-cinerea Trevis. — Parmelia pulchella var. atrocinerea — Schaer. - var. è, albinea Trevis. — Parmelia albinea A4ch. (Lich. univ. pag. 491). — Exs. £rb. crit. ital. 831. B. xpscenpens. — Thalli laciniis adscendentibus. var. e, semipinnata Trevis. — Lobaria semipinnata ZHoffm. — Exs. Schaer. 349, Funck 417, Flotow 91 E, Tuckerm. 84. var. 3. fornicata Trevis. — Parmelia caesia f. adscendens, 3. for- nicata F/otow (Exs. 91 D.) 12. Dimeraena TRIBACIA Trevis. — Lecanora tribacia Ach. (Lich. “univ. pag. 415). — Exs. Zuckerm. 84. — Europa, America borealis. | * isidiophora Trevis. — Parmelia columnaris 7ay(l. (in Macq. Flor. Hibern. Il, pag. 144). 15. DineLAENA ALBO-PLUMBEA Trevis. — Parmelia albo-plumbea 7'ayl. (in Hook. Journ. of Bot. 1847. pag. 161). — /Vova /Mollandia. 14. DimeLaena Propinqua Trevis. — Parmelia propinqua Schaer. (Spicil. pag. 436). — Melvetia. 15. DimeLAenA AsTROIDEA Trevis. — Parmelia astroidea Clement. — Furopa, Africa borealis. var. Clementiana Trevis. — Parmelia Clementiana Turn. — Exs. Moug. et Nesti. 737, Schaer. 610, Hepp 601, AnziL. etr. 9, Erb. cret. ital. 850. 16. DimeLaena Sacrarana Trevis. — Parmelia obsessa Mont. (Cub. p.227), non 4ch. — America aequinoctialis, Ins. Borbonia. 17. DimeLAENA sparsa Trevis. — Parmelia sparsa Z'ayl. (in ook. ‘Journ. of Botan. 1847, pag. 173). — /ns. Sancti Vincenti Afri- cae occidentalis. 18. DimeLagNA virIDIS Trevis. — Parmelia viridis Mont. — Cuba. 19. DimeLAENA osscura Norman (loc. cit. num. 6). — £uropa, Africa borealis, Asia, America borealis, Nova Zelandia. A. aDPRESSA. — Thallo horizontaliter expanso adpresso. var. x. chloantha Trevis. — Parmelia chloantha 4cA. (Syn. p. 217). — Exs. Schaer. 353. var. 8. orbicularis Trevis. — Lichen orbicularis Veck. Vol. XI. 40 629 V. TREVISAN, * polita Trevis. — Parmelia obscura «, 1, * polita Zlotow (Exs. 92 A). ** cinerco-virella Trevis. — Lichen virellus Ah. (Prodr. pag. 108); Parmelia obscura «. I, * f. cinerascens /otow — Exs. Flotow 92 C., Massal. 247. x *** soreumatica Trevis. — Parmelia obscura «. 1, ** soreuma- tica Zlotow (Exs. 92, B). . var. y. aurella Trevis: — Parmelia obscura var. aurella Lord. var. è. endochrysea Trevis. — Parmelia endochrysea Mampe — Exs. Zindig 2836, pr. part. var. e. cycloselis Trevis. — Lichen cycloselis Ach. — Exs. Fries 205, Sommerf. 68, Schaer. 35%, Anzi L. Lang. BB. var. S. ulothrix Trevis. — Lichen ulothrix Ach, — Exs. Fl0rke 94, Fries 159, Funck 498, Flotow 93, Tuckerm. 87, Moug. et Nestl. 448. var. n. tilotrichoides Trevis. — Physcia obscura var. ulotrichoi- des /Vyl. (Lich. Nov. Gran. prodr. pag. 26). — Exs. Lindig 2336, pr. part. var. 3, sciastra Trevis. — Parmelia sciastra Ach, (Meth. pag. 49). — Exs. Schaer. 485, Flotow 92 E, Massal. 248, Anzi Lich. m. rar, 128. * fulvo-crocea Trevis. — Thallo intus fulvo-croceo. var. «. compacta Trevis. — Physcia aquila var. compacta /Vyl. (Enum. pag. 107). var. x. bryontha Trevis. — Parmelia obscura var. bryontha Aòrd. (Parerg. lich. pag. 335). B. ApsceNpENS. + Thalli laciniis minutissimis erectiusculis, subtus nudis dilutioribus (apotheciis minutis). var. À. nigricans Trevis. — Lecanora nigricans //orke (Deutschl. Lich. n. 91). var. u. pulvinata Trevis. — Parmelia obscura var. pulvinata ord. (Parerg. lich. pag. 38). 20, DimeLaENA ADbGLUTINATA Trevis. — Parmelia adglutinata £/rke; Squamaria elaeina Massal. (Lich. ital. VII, pag. 136, exclus. syn. plùr., non Lichen elacinus 77ahlend. sporis simplicibus It. 292, 253. g4, SUL GENERE DIMELAENA DI NORMAN 623 hyalinis — Pannaria elaeina Th. Fries Lich. Arct. pag. 173). — Exs. Moug. et /Vestl. 543, Zlorke 68, Flotow 92 D, MNyl. Herb. Lich. paris. 54, Z/epp 374, Massal. 248, 246. — Europa, America borealis. DiweLarena Minor Trevis. — Parmelia minor Zée (Ess. pag. 125, tab. 35, fig. 2), — America. DimeLaena ENDOCOCCINA Trevis. — Parmelia endococcina Aòrbd. (Parerg. lich. pag. 36). — talia septentrionalis, Tirolis. DimeLAENA sETOSA Trevis. — Parmelia setosa 4ch. (Syn. p. 203); Physcia Schaereri /Zepp — America borealis meridionalis, In- dia orientalis, Ins. Java. Sectio II. TETRAMELAENA Trevis. Hypothecium normale. Sporae quadriloculares. DimeLagna osscurascens Trevis. — Physcia obscurascens Vyl. (Syn. I, pag. 429). — £rasilia. Sectio III. HYPOMELAENA Trevis. lHypothecium fusco-nigrum. Sporae biloculares. ( Species desciscentes. ) Transitus ad Pyxineas. An genus proprium? . Dimeraena rica Trevis. — Lichen pictus Swar!z (Flor. Ind. Occid. III, pag. 1890; Lich. Amer. pag. 3, tab. 2); Parmelia picta Mont. {Lich. Jav. pag. 28), non Cub. nec A4ch. (1); Parmelia applanata Fée — America utraque tropica et subiro- pica, Ins. Borbonia, Ceylon, Java, Polynesia, Nova Caledonia- 26. DimerArena LEUcOTHRIX Trevis. — Parmelia leucothrix 7'ayl. (in Hook. Journ. of Bot. 1847, pag. 170). — Africa occidentalis. 27. DimeLaena conrLuens Trevis. — Parmelia confluens /ries (Syst. Orb. Veget. I, pag. 284). — Africa meridionalis, Asia meri- dionalis, Polynesia. (1) La-Parmelia pica di Montagne (Cuba, pag. 224, tab. 9, fig. 3.) è la Dimelaena viridis (Parmelia viridis Mont. Syll. pag. 329.); la Parmelia picta di Acharius (Meth. pag. 214., Lich. univ. pag. 480., Syn. pag. 214.) è la Dimelaena crispa. 624 V. TREVISAN, Inquirendae, sporis bilocularibus fuscis, mihi prorsus ignotae. HeTERODERMIA? CASARETTIANA. — Hagenia Casarettiana De Motar. (in Massal. Mem. lich. pag. 59, tab. 7, fig. 42, sporae) — Brasilia. — Affinis dicitur Meterodermiae speciosae. HeTeRopERMIA? peciPIENS — Hagenia decipiens De /Volar. (loc, cit. | pag. 40, tab. 8, fig. 43, sporae). — Brasilia. — Comparatur ilidem cum /7eterodermia speciosa. DimeLaena ? Biziana. — Squamaria Biziana Massa. (Miscell. lich. pag. 55). — Dalmatia. — Valde affinis videtur Dimelaenae pulverulentae. IV. Dissi che Norman aveva ripartite le sue Dimelaena in tre gruppi : specie a tallo fruticoloso, specie a tallo fogliaceo, specie a tallo cro- stoso. Sin qui ho fatto parola delle sole specie a tallo fogliaceo ; ora dovrei dire di quelle fruticolose e crostacee, e lo dovrei tanto più che altri, stranamente sconvolgendo ogni legge di nomenclatura e ogni dritto di priorità, usò di quel medesimo nome Dimelaena in tutt'altro senso, ed ebbe seguaci. Se non che da una parte la brevità del tempo concesso a codeste geniali nostre straordinarie riunioni, dall’altra l'articolo 24.° del Regolamento speciale, impongono doveri co’quali non istimo lecito transigere. Così, riassumendo a larghi tratti il già esposto, e d’illazione in il- lazione sfiorando l’essenza de’corollarii, che ne conseguono, conchiu- derò per sommi capi. 4.° Il primo a riunire le Parmelie Achariane e Friesiane fornite di tallo fruticoloso e fogliaceo e di spore biloculari fosche in un ge- nere a parte fu De Notaris nel 1846 (Framm. lich. in Giorn. bot. ital. Ann. 2, P. I, pag. 180-186), il secondo Norman nel 4882. Il genere, che ne risultò, fu denominato da De Notaris Zagenia, da Norman Dimelaena. 2.° Le due specie dell’/agenia di De Notaris con tallo frutico- ne SUL GENERE DIMELAENA DI NORMAN 625 loso ( 77ag. ciliaris Eschw. ed ag. intricata De Notar.), costitui- scono i tipi di due generi distinti tra i Licheni tramnotalli. AI genere comprendente l’ /agenia ciliaris spetta il nome Anaptychia, per essa proposto da Kòrber sino dal 1848 (Grundriss der Kryptogamen- kunde, pag. 87, num. 27); il genere fondato sull’ H/agenia intricata deve conservare il nome Zornabenia, impostogli nel 1883 dall’autore stesso del genere (1), e già ammesso da Teodoro Fries (Gen. hetfer. eur. pag. BI), e da altri. 3.° Fermo il principio che il nome non fa alla cosa ; che le que- stioni per un puro nome, futili sempre, utili mai, sono tra tutte que- stioni quelle dalle quali maggiormente dobbiamo rifuggire; che, nello stato attuale della scienza, piuttosto che resuscitare un nome più acconcio purchè non più antico, o peggio ancora creare un nome nuovo, val sempre meglio accettare un nome qualunque ancorchè peccante contro certe regole di nomenclatura: avvenuta però la se- parazione di genere delle specie fogliacee dalle specie fruticolose , e con ciò reso impossibile di mantenere per quelle fogliacee la de- nominazione generica Hagenia perchè molto prima adoperata per le fanerogame, e la denominazione Anaptychia perchè primitivamente imposta a specie fruticolose, devesi forzatamente accordare la prefe- renza all’uno od all’altro dei nomi diversi che parecchi lichenologi a brevi intervalli proposero, ed altri ammisero, più che per solidità di ragioni, per ragione di paese. | 4.° Questa preferenza spetta di pieno diritto al nome ZDime- laena, sia perchè pubblicato da Norman prima di tutti gli altri messi innanzi nello stesso senso di limitazione generica, sia perchè tutti gli altri furono già precedentemente impiegati con diverso significato. 5.° La struttura anatomica degli organi di vegetazione di una parte delle Dimelaena fogliacee è diversa da quella di un’altra parte di esse. I 6.° Al genere, che comprende il maggior numero delle Dime- (4) Trevis: Tornabenia et Blasteniospora, nova Parmeliacearum Gymnocarparum genera. Tornabenia ha gonidii anfistami e spetta alla Tribù delle Ramalinee, Anapty- chia ha gonidii pleuristami e forma la Tribù delle Anaptychiee. (Vedi: Trevis. Veber Atestia, eine neue Gattung der Itamalineen ; in Flora 1864, num, 4.) 626 V. TREVISAN, laena di Norman, è giusto di conservare questo nome ZDimelaena; al genere che ne comprende il numero minore, non essendo disponibile veruna delle tante denominazioni in precedenza imposte. a codeste specie, è giuocoforza imporne una nuova: Heteroder mia. 7.° La Lecanora oreina di Acharius (Syn. pag. 181; Parmelia oreina Fries Lich, eur. ref, pag. 113), di cui Massalongo nel 18583 (Ric. lich. crost. pag. 16) fece una Rinodina e Kérber (Syst. lich. germ. pag. 112) un Amphiloma, costituisce tra le Lecanoree a tallo crostaceo sfigurato un genere benissimo distinto dalle Massalongiane Rinodina a tallo crostaceo uniforme , genere già ammesso da eletto numero di Lichenologi (41). 8.° Sopra codesta Zecanora oreina Norman non mai ha fondato punto un genere a parte, siccome parrebbe dalle parole di alcuno dei recenti (2), ma solamente ne fece una specie del suo genere Dimelaena. Conseguentemente, il nome Dimelaena dovendo. restare ad altre specie di licheni fogliacei, non si può fare a meno di con- servare per l’oreina la denominazione generica Beltraminia (3), cioè quella denominazione medesima impostale sino da quando per la prima volta fu proposto di innalzarla a tipo di nuovo genere. 9.° La Parmelia nimbosa di Fries (Lich. eur. ref. pag. 129), che Norman (loc. cit. pag. 20), e Teodoro Fries (Lich, Arct. pag. 198), tennero per una Dimelaena, Massalongo (Geneac. pag. 20), e Kérber (Parerg. lich. pag. 117), per una Diploicia, ch'è quanto dire consi- derata dai primi siccome una Lecanorea con apoteci marginati da escipulo prettamente tallode sempre immutato e con ipotecio sem- plice alla maniera delle vere Lecanore, e dai secondi siccome una (4) Beltram. (Lich. bass. pag. 4130.), Korb. (Parerg. lich. pag. 52.), Th. Fries (Lich. Arct. pag. 494 , Gen. heter. lich. pag. 67.), Anzi (Catal. lich. sondr. pag. 47.), Bagl. et Carest. (Cat. lich. Vals. in Comm. Soc. critt. ital. Vol. II, 3, pag. 327.), ecc. (2) Il chiarissimo Korber (Parerg. lich. pag. 52.) scrisse: « Filr die nachfolgende’ » schOne Flechte (Dimelaena oreina) stellte Norman (1852) die obige Gattung (Dimelaena) » auf in seinem Conalus praemissus redactionis novae generum nonnullorum lichenum. » Spater grùndete (41857) Trevisan auf dieselbe Flechte die Gattung Bellraminia ; es » hat demnach der Norman’sche Namen die Prioritàt, » (3) Vedi: Trevis. Nuovi studi sui licheni spettanti alle tribù delle Patellariee, Beo- micee e Lecideine (Riv. per. dell’Accad. di Pad., Vol. V., et seorsim pag. 6). SUL GENERE DIMELAENA DI NORMAN 627 Lecideina con apoteci marginati da escipulo proprio cupulare nero, dapprima rivestito dallo strato corticale del tallo e con ipotecio gru- moso fosco, sarebbe una specie di ZBeltraminia ( B. nimbosa), ove non si tenesse conto delle differenze dell’ escipulo; sarebbe invece tipo di un nuovo genere (Liploecium), ove a queste differenze ve- nisse attribuito valore maggiore. In questo ultimo caso converrebbe considerare l’ escipulo come un escipulo composto, 1’ esterno tallode costantemente immutato, l'interno dapprima tallode e in seguito mu- tato in proprio alla maniera degli apoteci zeorini. 10.° La Parmelia sophodes di Schaerer ( Exs. num, 344), da non confondersi col vero Zichen sophodes di Acharius (Prodr. p. 67. — Parmelia 4ch. Meth. pag. 155, a. —- Lecanora Ach. Lich. univ, pag. 557, a), che fino del 18381 ho elevata a tipo del mio genere Béerengeria (sulla Zecidea microphylla, ecc. , loc. cit.), e che nel 1853 Massalongo riferì al suo finodina, resta pei caratteri degli or- gani di vegetazione tipo di genere distintissimo da Dimelaena e da Beltraminia, equo d'altronde mantenergli il nome impostogli da chi, primo d’ogni altro, uscì colla proposta di genere apposito. 41.9 In una parte delle mie Bérengerie, o Rinodine di Massa- longo, l’escipulo tallode resta costantemente immutato (4); in un’al- tra parte (2), l’escipulo è in origine tutto assolutamente tallode , poi (4) Le principali sono: 1. Rinodina sophodes Gray ‘Nat. arr. of Brit. plant. I, pag. 450.), Th Fries (Lich. Arct. pag. 225). — Lichen sophodes Ach. — Rinodina horiza Kòrb. (Parerg. pag. 71). — Exs. Fries 252, Arnold 3. 2. Rinodina Ieprosa Massal. me Exs. Hepp 55, Massal. 293. 3. Rinodina Conradi Korb. (Syst. Lich. Germ. pag. 123). 4 Rinodina turfacea Th. Fries (Lich. Arct. pag 226). 5. Rinodina intermedia Baglietto (in Comm. Soc. critt. ital. I, 4, pag. 313). Exs. Rabenh. 384. 6. Rinodina mniaroea Th. Fries (Lich. Arct. pag 227); Exs. Hepp 83, Rabenh. 380. 7. Rinodina controversa Massal. (2) Come, a modo di esempio, nelle seguenti : A. Bérengeria polyspora Trevis. —= Rinodina polyspora Th. Fries (Lich. Arct. pag. 224.) — Rinodina sophodes Massal. (Ric. lich. crost. pag. 14., non Gray). — Exs. Massal. 237, Hepp 77. 2. Bérengeria exigua Trevis. (Riv. Acc. Pad. I, pag. 265; Spigh. e pagl. p. 55; Fragm. lich. in Flora 1855, pag. 185). 628 V. TREVISAN, mano a mano diventa composto, all’ esterno restando in ogni età im- mutato , all’interno cangiandosi in una maniera di escipulo proprio. In una parola, vi hanno tra le prime e le seconde le stessissime dif- ferenze che tra Zecanora e Zeora di Kérber. Ove questi caratteri fossero da un maggior numero di lichenologi ritenuti d'importanza bastevole alla separazione di generi, in tal caso sarà d’ uopo riser- vare la denominazione ZBérengeria al genere comprendente la tipica Bérengeria polyspora (Parmelia sophodes, Schaer. 314, non A4ch.), cioè alle specie ad escipulo zeorino, ed alle specie ad escipulo le- canorino conservare la denominazione generica £inodina. Termino con un voto ed una preghiera; un voto ardente, una preghiera ad Italiani. Sotto certi rispetti, in fatto di nomenclatura almeno, lo stato at- tuale della lichenologia, sia che si voglia appellarne la causa deter- minante riformazione o rivoluzione, ricorda un po’ troppo le tradi- zioni della torre di Babele. Suppotiamo per un istante che presso un popolo si chiamino pesci gli uccelli, gatti i cani, cavalli le formiche; che presso un altro popolo si appellino gatti le formiche , pesci i cani, cavalli gli uccelli; che presso un terzo popolo si nomino cavalli i cani, gatti gli uccelli, pesci le formiche. Supponiamo che presso verun popolo si. trovi un uomo venuto in sì alta estimazione mondiale da poter padroneg- giare la situazione quanto basti per mettere un po'di accordo tra pa- role usate presso i singoli popoli in sensi sì disparati. Ciò stando, la libertà irrefrenata per difetto di qualsivoglia maniera di autorità, ben presto sarà degenerata in licenza, e da licenza in anarchia. »3. Bérengeria metabolica Trevis. = Lecanora metabolica Ach. = Exs. Fries 344, Nyl. Par. 128, Anzi Lang. 377, Zwackh 62. A. B. 4. Bérengeria Bischoffii Trevis. (in Flora 1855, pag. 186). 5. Bérengeria biatorina Trevis. — Rinodina biatorina Korb. (Parerg. pag. 76). 6. Bérengeria fimbriata Trevis. — Rinodina fimbriata Korb. (Parerg. pag. 76). Nello stato attuale della scienza però, anche per non moltiplicare di soverchio il numero dei generi, sembrerebbe consiglio avventato la separazione delle Lecanoree ad escipulo biforme da quelle ad escipulo uniforme. In questo caso il genere Zeora, te- nuto separato da alcuni, dovrà essere definitivamente riunito a Lecanora. Ma di ciò altrove. SUL GENERE DIMELAENA DI NORMAN 629 Entriamo nel campo della realtà. Su codesto aspro terreno troviamo fatti a luogo di supposizioni, tra buone ragioni soverchiante l'arbitrio, nell’ insieme l’ anarchia in seggio, la confusione delle lingue. Pren- diamo un esempio. Alle voci pesci, gatti, cavalli, si sostituiscano le voci Parmelia, Physcia, Squamaria ; alle voci uccelli, cani, formi- che le voci Psoroma , Placodium, Amphiloma; alle divisioni geo- grafiche le divisioni sistematiche Parmeltee , Placodiee, Pannariee ; ai nomi di popolo nomi di autori: Massalongo, Nylander, Kérber, Hepp, Mudd. Parmelia di Massalongo, di Nylander e di Mudd (spore semplici), non è Parmelia di K6rber (spore biloculari), nè di Hepp (spore blaste- niacee). Physcia di Korber è Parmelia di Hepp, Physcia di T. Fries è Parmelia di Korber. Squamaria di Massalongo (Parmeliee) è Par- melia di Kérber, Squamaria di Nylander e di Mudd (Placodiee) è Psoroma e Placodium di Kérber. Plaucodium di Mudd (spore blaste - niacee) non è P/acodium di Massalongo e di Kérber (spore semplici). Psoroma di Massalongo (Placodiee) non è Psoroma di Nylander (Pan- narice), Amphiloma di Kérber (Placodiee) non è Amphiloma di Nylander e di Hepp (Pannariee), e d’altri taccio, a non istancare di soverchio la pazienza altrui e mia. Duro a dirsi: nessun’altra branca della scienza crittogamologica presenta, come nella Lichenologia at- tuale, alcun che di simile. Si muta, si variano i limiti, come delle specie, di generi; ma non si balestrano con alternata vicenda i nomi da genere a genere, da famiglia a famiglia. Termino con un voto. Possano i lichenologi trovare modo di ac- cordarsi sui nomi almeno! Accordo non difficile, purchè da tutte parti, mi si conceda di confessarlo, si rientri francamente nel diritto comune, nel diritto della legge di priorità. Termino con una preghiera. L’Italia, questa terra benedetta che può vantarsi d’un Micheli, che tra’suoi figli annovera con orgoglio crittogamisti di tal forza quali un De Notaris, algologhi quali un Meneghini ed un Zanardini, ed in lichenologia Massalongo ed Anzi, Garovaglio e Gibelli, in niuna cosa, purchè volente e concorde, a niuno seconda, in quest’ opera, che oserei chiamare di riparazione, può porgere un esempio generoso. Alla vigilia del giorno in cui, con coraggio superiore alla età non più giovanile, un uomo altamente 6350 V. TREVISAN, SUL GENERE DIMELAENA DI NORMAN benemerito della scienza, guardate in faccia senza paura come senza jattanza le difficoltà molte, sta per imprendere nella Flora del Ber- toloni la storia de’ licheni italiani , intentata sinora, quanto sarebbe bello se i lichenologi italiani, sacrificata sull’ altare della concordia scientifica una minima particella delle proprie opinioni, dessero mano, negli Atti della Società Italiana , alle basi di un accordo durevole sulla nomenclatura di questi esseri che sono soggetto e sprone a loro studii diletti | Le ardite parole e l’ ardita preghiera condoninsi all'amore grande per la scienza, preghiera e parole cui certamente arriderebbe il suc- cesso se venute da voce ben più autorevole e conta. Allora gli scrit- tori di lichenologia non rassomiglierebbero a que’ soldati di Cadmo, che, appena nati, si precipitavano gli uni sugli altri per ammazzarsi a vicenda. Quanto a me, ultimo tra tutti, sarò sempre il primo a subordinare la mia opinione all’ altrui, quantunque volte ciò valga ad alleviare lo sconcio. Delle armi di pietra trovate attorno al lago di Bolsena, e delle più antiche popolazioni umane di quei paesi. Comunicazione. del socio marchese C. A. Guatterio. (Tav, IV.) (Seduta del 16 settembre 1868.) Le ricerche che in questi ultimi anni così alacremente furono portate su quasi tutte le provincie d’Italia, allo scopo di rinvenire antichità preistoriche, hanno dimostrato che una età della pietra è scorsa pressochè dapertutto nella nostra penisola, giacchè ovunque sononsi rinvenute traccie di essa, la quale è stata la base o il sotto- strato della nostra era civile. Le palafitte dei laghi Lombardi, le provincie Subalpine, il Romano, la Toscana, l’Italia meridionale, hanno fornito antichità preistoriche a dovizia, che furono in gran parte pubblicate negli atti e nelle me- morie della nostra Società. Pr SME C. R. GUALTERIO, DELLE ARMI DI PIETRA, ECC. 634 Una parte fin qui inesplorata, a mio credere, e di cui niuno ebbe fatto mai parola era la provincia di Viterbo e specialmente i contorni del lago di Bolsena. Ora io osservando i fenomeni vulcanici che in queste contrade su grande scala si presentano, non ho trascurato fare ricerche ed osser- vazioni paleoetnologiche relative alle località che visitava, e le mie ricerche sortirono un esito felice. In poco tempo potei mettere in- sieme molte armi ed utensili litici, alcuni dei quali io vi presento col nome dei luoghi ove furono raccolti. Sono questi cuspidi di freccia, punte di piccole lancie, coltelli o raschiatoj scolpiti tutti nella selce piromaca di vario colore, identica a quella dei ciottoli silicei che trovansi commisti tanto abbondante- mente nei depositi quaternari di ghiaja che fiancheggiano in molti luoghi il perimetro del distretto vulcanico Bolsenese (fig. 1-17), ri- sultanti dal disfacimento delle rocce appennine. Dalla identità della materia io argomento che i primi abitatori di queste contrade costruissero quivi stesso le armi loro, usando dei materiali che il paese largamente loro offriva. Tale mio modo di credere è convalidato dal rinvenire che ho fatto armi sempre piccole, perchè piccoli sono i ciottoli silicei che si trovano nei nostri depositi quaternari, e più dall’avere ritrovate freccie cominciate e non finite per essersi forse queste rotte nelle mani del fabbricatore durante il lavoro. (Fig. 13-14.) Esse poi si rinvengono disseminate nel terreno vegetale special- mente in cima alle colline ove l’erosione meteorica fu meno potente, generalmente a poca profondità, ed a queste unite io vi presento due piccole pietre d’ascia una del territorio di Bagnorea, l’altra dei contorni di Viterbo (Fig. 19-20) in serpentina roccia, che quantunque non trovisi nel paese, si rinviene però nella vicina Toscana. In quanto a ciò che presentano le loro forme, e la finitezza del lavoro, io:le giudico tutte queste armi di età neolitica , giacchè nun una mi fu dato ritrovarne che presentasse la forma e la grosso- lana scoltura della vera età primitiva della pietra, come quelle che si rinvengono al di là del Tevere sulle colline dell’attiguo subappen- nino, nelle breccie quaternarie di Pontemolle presso Roma e quali ne ho ricevute dai contorni di Todi. (Fig. 18.) 652 C. R. GUALTERIO, Forsechè il popolo primitivo abitatore di queste contrade ‘abbia scorso altrove la sua età archeolitica, e sia poscia venuto più tardi a popolarle? Così io sono inclinato a credere, se considero la costituzione geo- logica dei luoghi ed i prodotti litici che vi rinvengo. Il vulcano che quivi ha arso e, con le sue deiezioni, fornito tutto il soprassolo che, dal monte Amiata al Cimino e dal Tevere alla Fiora, forma il vasto sistema vulcanico cui centro sembra essere stato quello che oggi è il lago di Bolsena, accese i suoi fuochi durante l’ epoca pliocenica, e li ebbe estinti quando inoltrata di molto era l'epoca quaternaria. Una lunga età scorse adunque su queste con- trade procellosa nel periodo del vulcanismo sottomarino, e di con- flagrazioni violente quando il suolo fu emerso, per opera del graduale sollevamento continentale italiano, e per la sovrapposizione delle materie erulttate. La totale sua emersione però era avvenuta all’ epoca quaternaria. E ciò viene attestato dalle larghe erosioni prodotte dalle correnti dilu- viali nel terreno vulcanico e dalle deposizioni quaternarie addossate, e riposanti sui sedimenti vulcanici stessi. Il vulcano in quest’ epoca era forse nell’ ultima sua fase ed in declinazione, ma non pertanto i suoi fuochi erano del tutto spenti, chè alcuni dei suoi crateri eruttavano tuttavia, giacchè in alcuni luo- ghi della Valle Tiberina, come a Civitella, e a Graffignano trovansi degli strati di materia vulcanica alternare ripetutamente in piani orizzontali con depositi fluviatili contenenti conchiglie terrestri e di acqua dolce di specie tuttora viventi, i quali depositi sono manife- stamente di epoca quaternaria. I più interessanti si trovano a nord e a levante del cono vulcanico lungo le valli del Paglia e del Te- vere che del terreno vulcanico segnano i confini. Oltre alle conchi- glie terrestri e fluviatili essi hanno fornito copia di fossili di non lieve interesse che li fanno giudicare contemporanei a quelli dello stesso Tevere presso Roma e dell’Aniene a Tivoli, che hanno dato reliquie umane. Sono questi fossili impronte di molte specie vegetali, e fra gli ani- mali Carapaci di Emidi, denti del Rhinoceros Lepthoryncus, dell’Hy- DELLE ARMI D) PIETRA,» ECC. 635 popotamus major, ossa di bue, di capra, di cervo, e finalmente avanzi umani, giacchè il cranio umano presentato alla nostra riunione della Spezia fu estratto dai Travertini di monte Piombone in prossimità del torrente Vezza, confluente del Tevere. “L'uomo adunque esisteva in questa regione d’ Italia nell’ epoca quaternaria, e si può ritenere quale testimonio delle ultime confla- grazioni Vulcaniche di Bolsena. Giova credere che allora egli abi- tasse a preferenza i prossimi monti, che gli offrivano già un asilo sicuro e tranquillo, e dove troviamo sparse sue reliquie dell’età ar- scheolitica. Certamente non avrà portato sua dimora nel paese del fuoco e dei terremoti, non sarà venuto a stabilirsi in queste con- trade se non quando esse furono fatte silenziose pel cessato vulca- nismo, quando i crateri furono cangiati in laghi, e quivi venuto dovè recar seco gli usi, le armi, gli utensili dell’ età neolitica che così abbondantemente vi si trovano disseminati. Di sua presenza anteriore manca fin qui ogni prova. Ho ricercato ma invano sulle sponde dei laghi di Bolsena e di Mez- zano, avanzi di stazioni lacustri, e vestigia di marniere lunghesso la valle Tiberina, Non un’arme, non un utensile, ho fin qui rinvenuto che accennasse alla vera età del bronzo, non un Ipogeo riferibile ad epoca anteriore alla primitiva Etrusca. Sono ormai molti e molti anni che si scava questo suolo così classico per le sue necropoli allo scopo di rinve- nire anticaglie e nulla fin qui si è trovato che non sentisse di Etrusco. Sembrerebbe che quasi un tal popolo fossesi impiantato quivi im- mediatamente sull’età neolitica dei primi abitatori, che li avesse to- talmente assorbiti, e da qui irradiando con la° sua civiltà abbia in- fluenzato a poco a poco il resto dei popoli circonvicini imponendo loro i propri usi (1). Ma tali non possono essere sin qui che congetture, e il rigore della scienza deve ancora provarle: però dai fatti enunciati possono rite- nersi come dati probabili sino che nuove osservazioni non li contro- vertino, (4) L'influenza infattì dell’arte Etrusca si fa notare nelle primitive stazioni umane di gran parte d’Italia. 654 C. R. GUALTERIO, DELLE ARMI DI PIETRA, ECC. . Che una età archeolitica manca nei dintorni al lago” di a 2. Che i primi dati comprovanti su di essi la presenza dell’uo- mo sono tutti riferibili all’età neolitica. 5. Che fra questa età e I Etrusca esiste finora una discontinuità di epoche, un hiatus, un salto di cui la scienza deve dare ragione, o che ulteriori osservazioni dovranno fare scomparire, Sur la structure des déepots tertiaîres du Zicentin, par M." le pro- fesseur Epovarp Suess, Membre ordinaire de l’Académie Imp. des Sciences de Vienne. (Seance du 14 septembre 1868.) Je me suis occupé, dans le cours de ces dernières années, de re- cherches sur la structure et le mode de stratification des terrains tertiaires anciens dans quelques régions des Alpes méridionales, dans le but surtout de jeter du jour sur l’époque et le mode du sou- lèvement de la chaîne de montagnes la plus importante de 1’ Eu- rope. Mes travaux dans les Alpes méridionales, en tant qu’ils concer- nent les terrains tertiaires anciens, ont eu pour objet les régions suivantes: 1.° les basses-Alpes dans Ia striete acception du terme, cest-à-dire les montagnes au nord et au nord-ouest de la Ville de Vicence; 2.° les Monts Berici au sud de Vicence; 3.° la bande étroite de montagnes entre Schio et la Brenta, dont la majeure partie est designée communement sous le nom de Marostica ; 4.° les environs d’Asolo à l’est de Bassano; 5.° ceux de Borgo dans la Val Sugana; 6.° quelques localités de la vallée de l’Adige près Trente et Rove- redo; 7.° quelques parties de la Carniole. Une grande quantité de débris organique a été rassemblée dans le cours de ces recherches, surtout dans le Vicentin, les Monts Berici et la Marostica, que j'ai parcourus accompagné de |’ infatigable Gio- vanni Meneguzzi. Quelques parties des riches faunes tertiaires ont Ai ea E. SUESS, SUR LA STRUCIURE DE DEPÒTS TERTIAIRES DU VICENTIN 655 déjà été le sujet de travaux spéciaux. M.” le prof. Reuss (Mém. de PAcadémie Imp. de Vienne, fase. XXVIII) a publié une description monographique de la faune variée des Anthozoaires de Castel-Gom- berto (83 espèces). Un travail de M." le docteur Laube Sur les Echi- nodermes tertiaires du Zicentin est sous presse. Deux autres mé- moires: l’une de M."le prof. Reuss, Sur les Anthozoaires et les Bryo- zoaires des couches de Sangonini, du lit a coraux de Crosaro et des marnes da Bryozoaires au-dessous de ce lit (49 espèces); l’autre de M." le docteur Fuchs, Sur la £aune conchyliologique des dépòts de Castel-Gomberto et de Sangonini (244 espèces), viennent d’étre présentées à l’Académie de Vienne. J'ai cru nécessaire, dans ces circonstances, d’anticiper sur l’exposé total des résultats de mes obsérvations, et de présenter un apercu succinct de la superposition des groupes de dépòts les plus impor- tants des montagnes du Vicentin, des Monts Berici et d’une partie de la Marostica. Sans compter un assez grand nombre de publications de date plus ancienne, beaucoup de notices, en partie d’une grande valeur, sur la structure et les caractères des dépòts en question ont été publiées dans le cours de mes travaux par MM."5 Pareto, Hébert, Tournouér, d’Achiardi, et par mes très-estimés amis de Vicence, MM."3 Molon, docteur Lioy, prof. Beggiato et autres. C'est avec un vrai plaisir que Je me vois à mèéme de pouvoir confirmer plus d’un résultat important, tel que l’indépendence et l’àge relativement peu reculée des dépòts de Gomberto, entrevus depuis longtemps par feu le prof. Bronn, et Jespère que là, où les opinions diffèrent, je réussirai à constater par des nombreuses observations la réalité des faits, que je compte expo- ser ici. Il existe à peine une série de dépòts tertiaires comparable à celle de Vicence, quant à la diversité de ses couches et de ses fau- nes. On voudra néanmoins bien m’excuser, si je m’abstiens préala- blement de toute conclusion générale, et si je me contente de tracer un tableau aussi succinct et aussi fidèle que possible de cette région si importante comme point de comparaison. La grande ligne de rupture, si bien reconnue comme telle par M.' de Schauroth, qui, partant de Schio, s'avance vers Vicence en 656 E, SUESS , passant par Malo, coupe cette partie des basses Alpes en deux ré- gions assez différentes 1’ une de l’autre. La région cuest, comprenant les basses Alpes de Vicence et la totalité des Monts Berici, peut ètre considérée comme étant une grande dépression, dont l’axe est paral- lèle à la direction longitudinale des Alpes. On voit partout, le long du bord nord de la rangée de montagnes tertiaires, sur une ligne partant de Bolca et se terminant à Magré près Schio, en passant par Val d’Agno, sur le fond des vallées, comme sur la cime des dépres- sions intermédiaires, la scaglia plongeant, dans une direction plus ou moins cxactement sud, sous les couches tertiaires les plus inférieures. Vers l’extrème sud, sur le bord sud des Monts Berici et en face des Monts Euganés, la scaglia, plongeant cette fois vers le nord, repa- rait encore, au dessous des couches tertiaires profondes redevenues visibles. , A l'est de la ligne de rupture, la région tertiaire se rétrécit subite- ment en une zone très-étroite et frequemment interrompue, longeant la scaglia. Des couches tertiaires verticales se montrent déjà à Poleo, immédiatement au-dessus de Schio. On voit plus loin, près de Saint Orso, la localité connue depuis longtemps par la description qu’en a donné M." Pasini, où Ja scaglia, repose sous un angle assez aigu, sur les couches tertiaires totalement renversées; et plus loin encore, è travers la Marostica entière, dans laquelle la région tertiaire ne s'é- largit que près de l’Astico, le plan de séparation d’avec la scaglia conserve sa position presque verticale, et affecte mèéme une seconde fois la position surplombée; et l'on voit au bout de la ligne de démar- calion plusieurs cas de plissements très-prononcés des couches ter- tiaires. Il y a longtemps déjà que Sir R. Murchison a déerit la posi- tion verticale des couches sur les bords de la Brenta près Bassano, Plus loin vers l'est, en s'avancant vers Possagno, la large bande de gravier, accumulée par le torrent Organa, couvre la limite entre la formation crétacée et les dépòts tertiaires. Ces traces de dérangement violent s'étendent localement dans la Marostica jusqu'au bord sud de la région tertiaire. Les couches les moins anciennes d’entre celles dont nous avons à nous occuper ici, plongent sous un angle beaucoup moins raide à Asolo et, plus loin vers l'est, à Masèr, bien qu’elles SUR LA STRUCTURE DES DEÉPÒTS TERTIAIRES DU VICENTIN 537 aient également subi un redressement notable, ainsi que l’a constaté M.' de Zigno, contrairement à l’opinion de quelques autres géologues. Un ne voit sur aucun point de cette région est des traces d’une dé- pression ou des roches plus anciennes apparaîssant vers le sud, telles qu’on puisse les comparer a celles qui se voient sur le bord sud des Monts Berici. Ici, les roches d’origine plus ancienne, régulièrement stratifiées, paraîssant au jour dans la vallée transversale d’Astico et dans la Bocca di Brenta, forment nne voùte en tonne, continue, dont les couches tertiaires représentent le revétement extérieur, Les dé- pòts tertiaires isolés, placès sur le sommet de cette voùte, tels que ceux de quelques localités des Sept-Communes, et ceux, qui se suc- cèdent de Bellune jusqu'au Val Sugana, et mème au-dela de l'Adige, sont, à n'en pas douter, les restes d’une voùle continuée fortement bombée. Les grands contours tectoniques de cette contrée sont une conséquence nécessaire du soulevement des Alpes; et les basalles, auxquels on s’était habitué autre fois à altribuer un pouvoir de soulèvement si considérable, n’ont causé ici que des perturbations locales. Les plus grands d’entre les coues basaltiques, tels que Ta Purga di Bolca, il Faldo, l’Altissimo, il Cavallaro, etc. bien loin d’étre des centres d’éruption. ne sont que des fragments de puissants courants basaltiques, encaissés entre des couches sédimentaires et soulevés: en mème temps que ceux-ci. Les basaltes des \environs de Vicence appartiennent à différentes sub-divisions de la formation tertiaire. Hs commencent immédiatement au-dessus de la scaglia et finissent avec les couches de Castel-Gomberto, équivalentes, selon nous, à celles de Gaas et de Weinheim. Je n’ai point retrouvé de races. de la continuation de. ces éruplions dans les dépòts de date plus récente, Les faunes marines et terrestres se sont alterné plus d’une fois; les conditions physiques ont éprouvé maints changements pendant que cette mème contrée était le théatre de puissantes éruptions vol- eaniques se répétant sans relàche. Cette circonstance est fort instru- ctive. Personne ne s’attendrait à une modification de la faune mé- diterranéenne par suite d’éruptions réiterées du Mont-Etna, quelques grandioses: qu’elles fussent, cu d’une éruplion sous-marine sur une échelle plus considérable que celles, qui ont donné naissance aux Vol. XI. n 1 638 E SUESS, îles Julia ou Santorin. Un exhaussement ou une depression du sol à distance, bien que peu considérable en elle-mème , peut amener un echangement de cette nature, tandis que les centres d’activité volca- nique, peuvent ètre nullement affectés par ces changements de ni- veau, et ensevelir par la suite sous leurs tufs une faune nouvelle. Les épanchements basaltiques sont généralement associés à des tufs; souvent aussi ces derniers ne sont point en contact immédiat avec les basaltes. On saura bientòt distinguer, moyennant quelqu’at- tention, un certain nombre de nuances des teintes caractéristiques des tufs de certains horizons, soit que ces nuances occupent la tota- lité de la masse tufeuse, soit qu’elles ne se repètent que localement en-dedans de la teinte générale noir-grisàtre. Je n’ai pu reconnaître, du moins en place, des différences de teinte sur les basaltes asso- ciés à ces tufs. Ces tufs renferment très-fréquemment des débris organiques, tous d’origine marine, à une seule exception. Tous les tufs dépendant du plus puissant de tous les épanchements, que je désigne du nom de coulée de Faldo, et qui couvre les cimes les plus élevées des hauteurs tertiaires du Vicentin, ne recèlent absolu- ment que des débris d’espèces terrestres ou d’eau douce, C'est là un fait, sur le quel je compte revenir. Il est à remarquer, que l’observateur familiarisé avec les forma- tions basaltiques des montagnes du Vicentin pourra reconnaître ca et là, dans la vallée de l’Adige, jusqu'à Roveredo et Trente, la conti- nuation de quelques-unes de ces couches de tuf, caractérisées par leur teinte et par les débris organiques qu’elles récèlent. Parfois ces couches sont associées à des basaltes. Les éruptions basaltiques isolées, que l’on a supposé exister dans ces contrées, ne seraient donc, du moins autant que je le connais par autopsie, que des fragments d'é- panchements. Cette concordance des tufs est une preuve nouvelle, qu’originairement les masses isolées, présentement séparées les unes des autres par une haute chaîne de montagnes, constituaient autre fois un total continu. Les basaltes arrivent à leur plus grand développement sur le ter- ritoire de Vérone. Dans les montagnes du Vicentin les plus grands courants diminuent de puissance vers l’est; ils sont encore plus im- SUR LA STRUCTURE DES DÉPÒTS TERTIAIRES DU VICENTIN 6359 portants sur le bord nord des Monts Berici que sur le bord sud; ils ne sont considérables que sur un petit nombre d’ horizons dans la Marostica, et près de Bassano on a quelque peine à retrouver leurs dernières terminaisons. Il est difficile de déterminer avec cer- titude la situation des centres d’éruption, et de s’assurer si les épan- chements les plus considérables, tel que celui de Faldo, d’une épais- seur de plusieures centaines de pieds, ne sont pas sortis de fentes plutòt que de cratères. On pourrait peut-ètre admettre que quelques- uns des basaltes de date plus récente, se rattachant à l’horizon de Castel-Gomberto, soient sortis de cratères situés sur le territoire des montagnes actuelles du Vicentin; les grands courants de date plus ancienne semblent presque tous indiquer un lieu d’origine situé vers l’ouest, dans les montagnes du Véronais. Les principales sous-divisions de la région tertiaire du Vicentin sont: I. Tuf de $pilecco, rouge-brique è taches vertes ; plus rare- ment des tufs rouges-briques alternant avec des tufs gris-noiràtres d’aspect ordinaire, recélant de nombreuses petites dents de Squali- des, des débris de AAynchonella polymorpha Mass., de Lourgeto- crinites, ete. Au Monte Spilecco près Bolca et sur tout le bord nord de la grande dépression, ce tuf repose immédiatement sur la scaglia, de méme que dans la: vallée de l'Adige près Trente, où il montre les mèmes teintes, et renferme la mème espèce de Ahychonelle. Les Brachiopodes et les Rayonnées prévalent dans la faune de ce tuf; et l’on serait en droit de se demander si elle n’est pas l’équivalent d’une de ces formations intermédiaires entre les dépòts crétacés et tertiaires, dont on a voulu faire tout récemment en France un groupe géologique indépendant. Je repéterai seulement, sans discuter cette question, que les éruptions basaltiques commencent par ce groupe. II. Second groupe principal, composé de basaltes, de tufs et de lits de calcaire; le plus diversifié de tous. Le caractère de ce groupe varie, souvent à des distances peu considérables, selon la puis- sance des coulées basaltiques intercalées, la plus ou moins grande quantité de cendres volcaniques , le dégré de développement des couches tufeuses, et leur passage insensible aux calcaires. Les sous-di- visions les plus remarquables de ce groupe sont: 640 E. SUESS, a) Le Membro, calcaire dur , souvent bleu à l’intérieur, ex- cellent matériel de construction, exploité en grand à Chiampo et sur d'autres localités; 6) le Schiste calcaire à impressions de feuilles et de poiîssons de la Lastrara près Bolca et du Mont Postale, à couches intercalées abondantes en. Alvéolines. De faibles traces de ce dépòt se voient également au-dessous de la Cima d’Asta près de Novale, non loin de la Gichelina près Malo et dans les carrières de Chiampo; c) le Calcare grossier du Mont Postale, abondant en Alvéo- lines et en coquilles; d) une masse de Calcaîre distinetement stratifiée, abondant en Echinides (Cyclaster amaenus, Cyclaster tuber, Periaster Biarritzen- sis, Periaster verticalis , ete.), développée surtout près Brusa-Ferri non loin de Bolca, à la Cima di Valecco, à celle di Giovo et près de Magré; e) un Calcaire d rognons siliceux , recélant de nombreux in- dividus de /Vumm. spira, et se rattachant intimément aux. schistes renfermant la flore de Novale; f) Les Tufs verts de S. Giovanni Ilarione, Ciuppio, Castione, du versant du Mont Vegroni vers Bolca, dans le Val di Lione, sur les Monts Berici et ailleurs. M. Hébert (Bulletin de la Societe geolog. Serie Il, Tome XXIII, page 133) a déterminé en partie la faune de ces tufs, qu'il parallélise avec le calcaire grossier du bassin de Paris; g) un Calcaire abondant en coquilles, qui, à Castione et ail- leurs, passe insensiblement aux tufs en question, tant pétrographi- quement que par sa faune, de sorte qu'on ne saurait préciser la limite entre ces deux dépòts. On y trouve des individus de grande taille de Nummulina, de Cerithium giganteum, Fimbria sub-la- mellosa et Conoclypeus conoideus. Je reviendrai plus tard aux rapports mutuels. entre chacune de ces sub-divisions, par la raison qu’un grand nombre de descriptions locales peut seul en donner une idée juste. Le tuf noir à Strombus Foriisi près de Roncà est une formation toute locale, que je n’ai retrouvée sur aucun autre point de la ré- gion objet de mes investigations. On voit sur le point le plus fré- aa SUR LA STRUCTURE DES DÉPÒTS TERTIAIRES DU VICENTIN 644 quemment visité des alentours de Roncà, et au-dessus d’une puis- sante coulée basaltique, une couche d’environ deux pieds d’un Tuf noir, compact, parfois argilleux, recélant de nombreux individus de Strombus Fortisi, Cerithium combustum, Cer. angulatum, Cer. ser- ratum, Cer. conulus, Cer. corvinum, Melania Stygia, Terebra vulcani, Cyrena sirena, Cyr. Proserpina, etc.). Un lit de tuf de 41 à 1 ‘/: pied d’épaisseur, renfermant des huîtres à test épais, est superposé au tuf noir, sans en étre séparé par une limite précise. Un filon-couche de basalte, épais de 3 pieds, est intercalé ici entre le tuf supérieur et un lit de calcaire à Nummulites de 9 pieds d’é- paisseur, qui, par suite du contact avec le basalt, a pris une teinte grise tachetée et rayée de rougeàtre, et s'est localement désaggrégé en prenant une teinte rougeàtre. A peu de distance de là, sur la route du Brenton, on voit le filon-couche basaltique se partager dans le tuf en terminaisons serpentantes, et le calcaire a Nummu-. lites reprendre sa teinte normale blane-jaunàtre, qu'il conserve sur une étendue de plusieurs lieues, Ie long de ce mème versant. Ce calcaire est le mème déja mentionné plus haut sous g). Il abonde en individus de grande taille de Cerithium giganteum, Cer. parisiense, Cyprea tuberculata, Hipponyx cornu-copia, Yelates Schmideliana, Lucina mutabilis, Fimbria sub-pectunculus, etc., espèces, qu'on ne retrouve point dans l’horizon du Strombus Fortisi, et, bien qu’'un assez grand nombre d’espèces, telles que £usus sub- carinatus, Helix damnata, Bulla Fortisi, etc., fussent communes aux deux horizons, la faune de l’horizon inférieur semble se rapprocher du caractère d’une faune d’eaux saumàtres, par son abondance en Cerithes, Cyrènes, ete., tandis que celle de l’horizon supérieur se distingue par la beauté et la grande taille des individus. On éprou- vera peu de difficulté, en présence d’une collection, à séparer les échantillons provenant du tuf d’avec ceux tirés du calcaire gris. Le calcaire a Nummulites de Roncà est recouvert par une alternance de tufs basaltiques, de houille papyraeée, de petits lits de lignite, de plaques plus compactes à empreintes de feuilles de palmier, de cou- ches peu compactes, et parfois calcaires à Zelices, Cyelostomes, Lym- nées, etc. Quelques lits isolés et peu considérables offrent l’aspect 642 E. SUESS, d’un « bone-bed » (couche à ossements), étant remplis de fragments de carapaces de Trionyx et de Crocodilus vicentinus Lioy, associés à d’autres fragments d’os. C'est là l’horizon à palmiers du Mont Vegroni près de Bolca, appar- tenant aux dépòts d’eau douce déjà mentionnés, qui accompagnent la grande coulée de Faldo, et dans lesquels on recherche et on exploite la houille brune sur la Purga di Bolca, l’Altissimo, près San Pietro Musselino, Pugnello, au-dessus de Malo, et sur beaucoup d’autres lo- calités. J'ai déja fait remarquer qu’une très-grande partie des hauteurs du Vicentin se rattache à cette coulée basaltique. Déja Volta a con- staté que des dépòts à houille brune plongent de toutes parts sous le cone de Purga di Bolca composé de basalte en colonnes, et en a conclu que le basalte ne pouvait ètre d'origine ignée. III. Un nouveau groupe, que je nomme provisoirement grompe de Priabona, caractérisé par la prédominance de marnes calcaires et ‘la rareté des basaltes, ne paraît qu’au-dessus de la coulée de Faldo (qu’on devra probablement ranger sous le groupe précédent), ou bien, là où cette coulée fait défaut, au-dessus du grand calcaire à Nummuli- tes et des gites de tous les testacés énumérés plus haut. Ce groupe commence à se montrer avec une épaisseur notable, à partir du nord, dans le Val de Boro près Priabona à l’ouest de Malo, et arrive au maximum de son développement dans les Monts Berici, où sa pré- sence a été constatée près S. Vito di Brendola jusque vers Lonigo, et sur le bord sud à Barbarano, Mossano et sur un grand nombre d’au- tres localités. C'est là le depòt principal des Orbitulines et de la Ser- pula spirulea , qu'on trouve déja, à vrai dire, dans le tuf de Ciup- pio ete., mais qui ne deviennent abondantes que dans les cou- ches de Priabona. M." Hébert, qui a publié une petite liste de la faune de ces couches (Bull. de la Soc. geol. Série Il, tome XXIII, page 133), la parallélise a bon droit à celle de Biarritz. Or il est prouvé par des faits nombreux, constatés sur place dans le Vicentin, que ces couches sont superposées à celles de Ciuppio, S. Giovanni Ilarione, ete., et que, conséquemment, on a beaucoup éragéré jusqu'd present l’dge géeologique des dépòts de Biarritz. On observe à la base des couches de Priabona un lit de tuf ba- SUR LA STRUCTURE DES DEPÒTS TERTIAIRES DU VICENTIN 643 saltique, épais d’environ 23 pieds, rempli dans son horizon inférieur de petits cailloux roulés, de debris d’ /uzires, de petites Anomies et de fragments d’os, rappelant ceux de //alitherium dans son ho- rizon élevé. Quelques traces de houille s'y montrent vers sa limite supérieure. Ce tuf est suivi, en ordre ascendent, de quelques lits. de calcaire, sans ligne de démarcation précise. Ces lits recèlent des in- dividus de Cerith. giganteum et d’une grande espèce striée de Cy- prea. Au-dessus de cet étage, le groupe de Priabona manifeste sa présence par une masse considérable de calcaire avec abondance de Schizaster rimosus. Ce calcaire, paraîssant distinetement au jour près du moulin dit Granella, passe dans ses horizons supérieurs aux mar- nes à Orbitulites, dans lesquelles des Sismondias et des noyaux de coquilles (surtout de Z'uritelles) se trouvent associés au Schizasters. Les couches marneuses, épaisses de 16 pieds, qui suivent, sont un peu moins abondantes en Orbitulites, qui 3°y trouvent remplacées par d’énormes quantités d’Operculina ammonea; les Gastéropodes et les Bivalves sont plus fréquents et mieux conservés que dans les marnes inférieures ; des tests de Solen rimosus Bell., en position verticale, et des noyaux de grands individus de Pleurotomaria et de Pyrula ne sont pas rares. Ce mème dépòt se repète, à une assez grande distance vers l’est, près Costalunga sur le territoire d’Asolo, où les coquilles se trouvent dans un meilleur état de conservation. Il est recouvert près de Priabona par un ensemble de lits bleuàtres, noduleux et plus durs, d’une épaisseur totale de 7 pieds, renfermant des noyaux d'une grande espèce de Mautile. La faune des horizons supérieurs du groupe de Priabona n'a point encore été suffisamment étudiée. IV. A’ Priabona mème, dans le Val di Lonte, près Montecchio Mag- giore, sur plusieurs points de la Marostica et sur un grand nombre de localités des Monts Berici, on voit au-dessus du groupe de Priabona un lit de marne, remarquable par le nombre immense de tiges de £ryo- zoatres qu'il recèle, en méme temps que des individus de la Zere- bratula tenui-striata Leym., et d’autres peu nombreux de Brachiopo- des, d’Acéphales et de Rayonnés. M." le prof. Reuss vient d’achever un mémoire monographique sur les Bryozoaires en question. Ce méme lit est sans doute aussi compris dans les profils de Biarritz, mais toute- 64 É. SUESS, fois je ne me crois pas autorisé à décider, d’après ses seuls rapports stratigraphiques, s'il doit étre placé dans les horizons infériéurs du groupe de Priabona, ou (ainsi que le pourrait faire supposer la pré- sence de la Terebr. tenui-striata) dans le groupe 8W , qui lui est immédiatement superposé. Ce gronpe est surtout. développé dans la Miarostica, où il atteint son maximum d’ épaisseur. On y distingla les sous-divisions suivantes, en ordre ascendant: a) Une masse assez considérable de lits de sable désagrégé , de grès et de conglomérats, ces derniers recélant parfois des coquil- les et spécialement des grandes espèces de /atica. L'Eupatagus mi- nutus Laube est propre à cet horizon; cet étage se termine vers en haut par des banes calcaires à Bryozoaires. 6) Le lit corallifere de Crosara, connu seulement entre Cro- sara et Laverda. On y trouve également la Terebr. tenvirostris. c) Les couches de Sangonini près Lugo, comprenant les. tufs hasaltiques noirs de Sangonini, Gnata près Salcedo, Soggio di Brin, les argilles bleues d'Altavilla dans tes Monts Berici, et les marnes con: chylifères de la Casa Fortuna entre Gambugliano et le Val di Lonte, Les scliistes calcaires à empreintes de plantes et de poissons, connus surtout par les magnifiques restes de palmiers, qu’ils renfermént, sont très-probablement encaissés dans ces tufs. On doit mentionner comune un fait singulier que dans cet horizon; où, après une assez longue interruption, les formations basaltiques reprennent une cer: taine importance, les éruptions parafssent avoir eu lieu sur d’autres points que ceux, où avaient eu lieu celles de ia période précédente , les dépòts argilleux prédominant, et les ‘basaltes disparaîssant vers l'ouest, tandis que les basaltes et les tufs d’origine plus ancienne diminuent a mesure qu’ils avancent vers l’est et vers le sud. M.! le docteur Fuchs parallélise les couches en question ‘avec celles. de Latdorf (20 espèces identiques sur un total de 149), Helmstaedt et Bookenhurst. Les espèces fossiles les plus remarquables de ces. cou- ches sont: ostellaria ampla, Yoluta elevata et Cassidaria ambityua. d) Les couches de Laverda , puissant complexe de. marnes are nacées et de grès de teinte gris-bleuàtre , recélant des fragments de bois flotté, percés par les tarets, d’assez nombreux individus:de San- SUR LA STRUCTURE DES DEPOTS TERTIAIRES DU VICENTIN 645 quinuluria Haloraysi et de Pholadomya Puschi, deux espèces exi- stant aussi è Sangonini, et quelques rares noyaux d’autres Gastéro- podes. C'est de cette sous-division que se developpe le Flysch. On trouve dans plusieures localités de la Marostica des lits intercalés, im- possibles è distinguer d’avec.le Flysch typique, offrant également des formations en bourrelet sur les plans de stratification, si fréquen- tes sar les couches du Flysch. Les couches de Laverda sont bien développées; elles paraissent rarement dans les montagnes des envi- rons de Vicence, comme dans le Canale di Peruzzo près Monte-Viale au-dessus de Creazzo. V. @roupe de Castel-Gomberto. La base de ce groupe est une masse de lits de calcaire, puissament developpée dans les portions nord-ouest et sud du Vicentin, mais elle perd beaucoup de son impor- tance à mesure qu'elle s’avance vers la Marostica. Cette masse con- stitue entr’autres la totalité de la partie du Monte Pulgo au-dessus de la dépression de Priabona, et paraît entre Monte di Malo et la Bocchetta, et sur quelques points isolés des Monts Berici, et ailleurs sous la forme de surfaces caleaires dénuées de végétation, telles qu'on les voit rarement sur des terrains d’origine tertiaire. On y trouve frequemment des Echinidés en bon état de conservation (Echinolam- pas sub-similis, Clypeaster Breunigi) et de nombreux troncs de Co- raux pénetrant dans le calcaire. On trouve dans un horizon plus éleve, dont je n'ai pas été à méme de déterminer la limite. des lits calcaires à Cyphosoma cribrum, et sur d’autres points, situés peut- étre plus bas, des lits pareils, à Cydaris Colteaui et à piquants d’an faciès décidément mésozoique. Les lits calcaires suivants sont remars quables par leur abondance en Memicardium difficile Mich., et après eux viennent les dépòts tantòt calcaires, tantòt tufeux, selon qu’il- sont plus ou moins mélangés de substances d’origine volcanique, de Castel-Gomberto, Monte Rivon, Monte Carlotta, Monte Viale, S. Tri» nità, ete., dont MMS Reuss et Fuchs ont retracé les faunes locales, et dont le mode de groupement a été indiqué par M." le prof. Reuss dans l’introduction de sa monographie des Anthozoaires. Le lit à Macropneustes Meneghinii est an des membres subordonnés les plus reconnaissables de ce complexe, On peut suivre les couches conchy- 646 E. SUESS 4 liféres de Castel-Gomberto le long des deux còtés du Val del Boro près Priabona, surtout sur les portions élevées des montagnes, jusqu’à la Fontana delle Soghe au-dessus de Mossano sur le bord sud des Monts Berici, et jusque dans la Marostica. Elles manquent aux bord nord et ouest de la grande dépression du Vicentin, c’est-à-dire, dans les environs de Magré, Val d’Agno, Bolca et Roncà, où l’on ne voit que des dépòts de date plus ancienne, et, par contre, arrivent à leur plus grand développement dans la portion centrale de la dépression au nord-ouest de Vicence, entre Castel-Gomberto, Monte Viale et Montecchio Maggiore. Les coquilles de ces couches, qu’a étudiées M." Fuchs, représentent 118 espèces, dont 27 d’eux sont communes avec les couches de Sangonini, comparables au calcaires à Asté- ries; 29 autres sont identiques aux espèces de Gaas. M.' le. pro- fesseur Reuss y a constaté 83 espèces de Coraux, dont une faible proportion se retrouve presqu’exclusivement à Oberburg et deux espèces seulement à Gaas. Les horizons suprémes des Tufs conchvylifères recélent les lits de houille du Monte Viale au nord de Vicence, et ceux de Zovencedo, dans lesquels on a trouvé des débris de l’ Znthracotherium magnum. Dans chacune de ces deux localités, on retrouve dans les tufs, im- médiatement au-dessous des lits de houille, les mollusques et les co- raux des couches de Castel-Gomberto. J'ai déja dit plus haut que l’action des basaltes du Vicentin se termine avec le groupe en que- stion. C'est à cette époque que se rattachent le Monte Castellaro près Gomberto, le Monte Schiavi près S. Trinità et d’autres montagnes basaltiques. Ce mème groupe termine la série des couches, lesquelles, ainsi que je l’ai déja indiqué, participent à la structure de la dépres- sion du Vicentin. Une discordance de nature particulière se manifeste entre ce groupe et le groupe suivant. Toutefois elle ne doit peut- étre pas ètre comprise comme étant une discordance prenant son origine dans le mode de dépòt, et je compte l’expliquer à son temps A l’aide de profils. VI. Couches de $Schio. Là, ou ce groupe est arrivé à son développement complet, comme le long du bord extérieur de la Maro. stica, il se compose des sous-divisions suivantes: SUR LÀ STRUCTURE DES DÉÈPÒTS TERTIAIRES DU VICENTIN 647 a) Lit inférieur de calcaire à Nullipores, dur; b) grès et calcaire arénacé, gite principal d’Echinidés (Clypea- ster Michélotti, Clyp. placenta, Clyp. regulus et Echinolampas co- nicus); c) calcaire rempli d’innombrables individus de Scutella ro- tunda 5 d) lit supérieur de calcaire à Nullipores, dur; e) marne à nombreuses valves de Peigne (Pecten Hauerii Mich. et Pect. deletus Mich.). Les plus puissantes de ces sous-divisions sont la seconde et la cin- quième; les espèces fossiles semblent ètre communes à toutes les cinq. Un lambeau détaché de ces dépòts, superposé à plat aux couches de Gomberto, constitue la cime du Monte Sgreve près Sant'Urbano, Un autre lambeau, d’étendue notable, se trouve au-dessus de Creazzo; d’autres encore, à couches redressées sous un angle raide, se voient au pied des dépòts tertiaires anciens, le long de la grande ligne de rupture, à Monte Viale, au pied de la pente en-déla d’Isola di Malo, etc. La petite église de S. Libera près Malo est bàtie sur un pic escarpé de ces couches plongeant sous la plaine sous un angle de 80 à 60 dégres; la ville de Schio est bàtie sur ces couches, de mème que le couvent de la Marostica; elles se continuent le long du bord sud de la Marostica, où elles ont également éprouvé le violent soulèvement en vòute, parti des Alpes et ayant effecté les dépòts tertiaires, et constituent, sous la forme de lits en table à pente rapide, les flanes extrèmes du groupe de montagnes près Sant'Eusebio au-dessus de Bassano, à l’entrée de la Bocca di Brenta, Elles ont atteint un dé- veloppement remarquable près Altavilla dans les Monts Berici. VII. Couches de date plus récente. Les couches de Schio sont les dépòts tertiaires les plus récents, que je connaîsse dans les envi- rons de Vicence, Ce n’est que plus avant vers l’est, près de la ferme Cameri, non loin de la Marostica, qu'on découvre, en-dehors des marnes à Pecten, de petites collines avancées, de grès et de sable désa- grégé, qui ont subi le mèéme soulèvement que les dépòts plus an- ciens. C'est par ces collines, que commencent les dépòts tertiaires supérieurs, parmi lesquels il suffira de citer ici: 648 E. SUESS, a) L’argile plastique bleue, d'origine marine, de Bassano; 6) les sables marins d’Asolo, à Panopea Faujasi. c) un lit de lignite de long parcours, sur l’étendue duquel M." le baron de Zigno a publié d’excellentes données; d) les puissantes masses de conglomérats., dont les couches, également soulevées, constituent près Maser, à l’est d’Asolo, le bord extréme des montagnes vers la plaine. Ces conglomérats ne sont pas d’origine marine ; ils encaissent parfois des lits minces d’argile pla- stique à /7elices de grande taille. Toutes les couches du territoire en question, que j'ai été à mème d'explorer, ont participé au soulèvement de la partie la plus rappro- chée des Alpes. Je ne crois pas qu'il y ait parmi elles des dépòts, qu'on fùt en droit de qualifier de pliocénes, dénomination si fréquem- ment appliquée, surtout à l’argile plastique de Bassano. Si je me suis servi, pour désigner les différents groupes, dont il a été question jusqu'ici, de dénominations empruntées à leurs localités, ce ne pouvait étre dans l’intention de surcharger sans nécessité la nomenclature. Toul ce que j'ai voulu, c'est de ne pas anticiper sur les résultats définitifs de l’étude de cette série si diversifiée et si complete, et, sous ce point de vue, j'ai dù m’abstenir d’employer des dénominations déja recues en géologie. De plus, ces dénominations locales facilitent beaucoup l’étude, elles aident à retracer sans opi- nion préconcue les faits observés, et leur mission est remplie, dès que les travaux synthétiques ont réussi à fondre en un corps de doc- trine unique l'ensemble des faits constatés sur un domaine bien plus étendu. L’apparition de flores terrestres en-dedans des dépòts. tertiaires empreints d’un caractère éminemment marin est d’un grand secours pour déterminer l’àge relatif des formations terrestres et marines. Ces flores se succèdent ainsi, par ordre d’àge: 1.° Celle des schistes à poissons du Monte Postale dans le cal- caire à Alvéoline; 2.9 celle de Novale, immédiatement au-dessus du tuf à Nummw- lina Spira; elle est plus ancienne qu'on ne l'a supposée jusqu’à- présent; SUR LA STRUCTURE DES DÉPOTS TERTIAIRES DU VICENTIN 649 5.° celle de Palmes du Monte Vegroni et de Roncà, correspon- dant à la base de la grande coulée de Faldo; 4.° celle des Palmes de Salcedo et de Chiavon, de beaucoup moins ancienne que la précedente, et tombant dans le domaine des couches de Sangonini; 5.° celle de Zovencedo et Monte Viale, à débris d’ Anthracothe- rium magnum, probablement équivalente à la Molasse d’eau douce inférieure. Les niveaux des combustibles fossiles ne sont pas moins variés, ainsi que le prouve l’énumération suivante: 4.° Dépòts bitumineux de Pulli près Val d’Agno, dans le calcaire a Alvéolines; 2.° les lignites accompagnant la coulée de Faldo (Bolca, S. Pie- tro, Mussolino, Cerealto, Pugnedo, etc.); 3.9 la houille de Ciupan, à-peu-près dans l’horizon des couches de Sangonini; 4.° celle de Zovencedo et de Monte Viale, appartenant aux hori- zons supérieurs des couches de Gomberto; 3.° le lit de lignite d’Asolo. Les grandes masses basaltiques se repartissent ainsi: 1.° Les basaltes se rattachant au tuf rouge de Spilecco; 2.0 le basalte inférieur de Roncà; 3.° les tufs verts de Ciuppo, Monte Vegroni, ete., que M." Hé- bert parallélise avec le calcaire grossier inférieur ; 4.° Ja grande coulée de Faldo, avec ses dépòts d'eau douce; 5.° (après un assez long intervalle) les basaltes se rattachant au tuf noir de Sangonini. 6.° les moins anciens de tous ces basaltes, dont dépendent les tufs de Castel-Gomberto. 650 Intorno alla fauna pelagica. Brevi annotazioni fatte durante il viag- gio di circumnavigazione della Magenta, da Enrico GieLioLi. (Seduta del 16 settembre 1868.) In un viaggio come quello della Magenta, inevitabili sono le lun- ghe traversate , il bastimento dovendo percorrere i così detti archi di gran cerchio, onde approfittare de’ venti periodici che soffiano a diverse epoche in diverse latitudini. La vita a bordo diventa allora assai monotona per quelli i quali non prendono interesse nelle cose naturali, ma per un naturalista non havvi campo più bello ne più colmo d’interesse del vasto oceano. Le forme animate vi s'incontrano dappertutto, svariatissime ed in quantità strabocchevoli. È un fatto curioso e peranche non spiegato come quasi tutti, direi tutti gli animali pelagici sono notturni. Di giorno le nostre reti potevano essere strascinate per delle ore intiere nella scia del bastimento senza prendere un solo animale, la notte, dopo pochi minuti, si ritiravano piene di organismi di moltissime specie. In questi studi interessantissimi il compianto senatore De Filippi ed io passavamo senza accorgercene le lunghissime giornate di na- vigazione ; solo ci rincresceva quando il tempo cattivo, od il troppo rapido cammino della corvetta impediva le nostre pesche. In queste poche pagine intendo soltanto seguire la rotta della Magenta, notando le forme principali di organismi pelagici che si rinvennero. Dunque partiamo. Lasciato Napoli, traversammo il Mediterraneo quasi sempre a mac- china, ed allora la pesca riesce impossibile. Il 17 novembre 4865 ancorammo nella rada di Gibilterra. Di notte la vivissima fosforescenza del mare c’invitò a gattare le nostre reticelle di tulle, che ritirammo piene di una gelatina granu- losa, composta da millioni di /Voctiluca miliaris, portati nel porto E. GIGLIOLI, INTORNO ALLA FAUNA PELAGICA 6bI della marea; la superficie del mare ne era coperta come di una crema spessa circa un centimetro, e le numerose lancie che solcavano il porto in tutte le direzioni sembravano vogare in un mare di fuoco ; la luce prodotta da questi Protozoi è vivissima ed azzurrina. Gibilterra per la sua posizione e per le correnti che vi passano è ricca di forme pelagiche, presenta dunque unite a quelle del Medi- terraneo molte forme oceaniche. Tra la cose più notevoli da noi pescate citerò due specie di A4p- pendicularia, minute: Salpe, un Doliolum, un Porites, e tra gl’idrozoi comunissimi la Pelagia noctiluca, Rhizostoma Cuvieri, Physophora Philippi, Abyla trigona, Eginopsis mediterranea; un Diphyes, un Endoxia, una Gerygonia e due Eucope, Cydippe pileus, Firola atlan- tica, una Sagitta ed un Tomopteris. Tra i pesci noterò una specie del curioso genere Serranus, uno dei rari casi di ermafrodismo. tra i vertebrati; la bocca di questi pesci era sempre infestata da nume- rosi /cthyophilus. Erano comuni sulla rada il Larus fuscus, Chroîcocephalus ridi- bundus e Ch. minutus. Traversammo 1’ atlantico da Gibilterra a Montevideo, toccando Santa Cruz di Teneriffa e Rio di Janeiro. Tra gli animali inferiori più caratteristici della fauna atlantica sono i generi Janthina, Firola, Phyllirrhoe, Criseis, Hyalea e Clio fra i molluschi; Tomopteris e Sagitta fra gli anellidi, questi ultimi in numero assai grande; Appendicularia e Salpa fra i molluscoidi , i quali formano dei veri banchi attraverso le quali la fregata passava per vari giorni di seguito; varie furono le specie di queste Salpe da noi disegnate. Fra i crostacei le Saffirine abbondavano ; ed i generi Mysis, Thysanopus, Ericthus, Squillericthus Leucifer e Phyl- losoma erano rappresentati da più specie. Pescammo pure un bel- lissimo Decapado Brachiuro, il cui genere mi è ignoto. Forme larvarie come Zoea, Megalopa, e Nauplius erano comuni. A 400 miglia della costa americana pescammo per la prima volta il singolare Malobates, emittero pelagico che sembra essere attero anche allo stato perfelto. Tamoya? Physalia, Praya, Abyla, Velella, Vogtia, Eudoxia e 652 E. GIGLIOLI , Diphyes vi rappresentano in forme numerosa la ricca classe degl’ |- drozoi. Passammo, tra il 24° latitudine nord ed il 20° latitudine sud, un enorme banco di Medusoidi (forse Pelagiadee), i quali di notte ‘a circa un metro soll’acqua sfolgoravano di vivissima luce,. facendo l’effetto di grossi lampioni. Un Ctenoforo, Eucharis, era abbondante sulla costa Brasiliana, e vivamente ar De’ Radiolarii presso Teneriffa trovammo qualche partite abbondano poi, specialmente. presso le Canarie i. generi, Z’halassi- colla, Collozoum e Sphaerozoum,, ed il. compianto professore De Filippi ed io potemmo fare delle osservazioni interessantissime sui corpuscoli gialli, caratteristici a questi animali, sulla vera natura dei quali si sa così poco. Di pesci pelagici la' bellissima Coryphena hip- purîs e qualche Exocetus perseguitato che venne a cadere a bordo furono l’unico nostro bottino. Di uccelli la Procellaria pelagica sulle coste del Marocco, sino ad un grado sud dell’equatore, il 2ysporus sula tra i tropici, ed alcune 7'halassarche melanophrys vicino alla Plata, furono i soli veduti, Nella lunga traversata che facemmo da Montevideo a Batavia, le interessanti osservazioni che facevamo sopra gli animaletti pelagici così felicemente nella regione degli alisei, e sotto.i tropici, furono sfortunatamente, molte, interrotte dai cattivi emipi che regnano tutto l’anno in quelle alte latitudini. Alla foce della Plata, e nell'Atlantico Australe ; lat. 439, 09' ‘sud, long. 41°, 51' ovest, Gr; il mare presentava larghe macchie -di color ruggine (saw-dust degl’Inglesi) cagionate da una desmidiacea del genere Trichodesmium. La fauna atlantica. si estende molto nell’ Oceano Indiano, e pare dalle nostre osservazioni che la latitudine abbia un’influenza assai più grande sulla distribuzione delle specie, che non la longitudine; ciò si spiega per le differenze di temperatura dell’acqua, come anche per effetto delle diverse correnti oceaniche, Le regioni pelagiche percorse in questa traversata possonsi dividere in due zone abbastanza ben marcate, una australe 1’ altra tropicale, separate da una zona neutrale limitata fra il 32°, ed il 30° di latitu- dine sud, INTORNO ALLA FAUNA PELAGICA 655 Alcune rare Balxenottere tra i cetacei, e tra gli uccelli le Diomedee, (Thalassarche, Diomedea e Phabetria), ed î generi Oceanites, Fre- getta, Majaqueus, Astrelata, Priofinus, Prion ed Eudyptes, sono caratteristici della zona australe. Lo stomaco di tutti questi uccelli conteneva rimasugli di Zoligo (forse £. sagittata), che devono for- mare banchi enormi in queste regioni. È pure notevole come tutti i Priofinus cinereus, presi nella zona australe dell’ Atlantico e del- l'Oceano Indiano avessero Zepadidee (larve?) parasitiche, attaccate sulle piume addominali. Noterò pure un bellissimo Puffinus, nuovo secondo tutte le probalità. Di pesci qualche giovane Cybium 2 molte uova di Clupeidi, ed una specie di Scopelus. Abbondavano tra i crostacei, Mysîs, Zricthus e Saffirina; fra i molluschi, una Cleodora altamente fosforesente. Moltissime Salpe di forme svariate, qualche Zoliolum e un gran numero di Appendicularia: Dei vermi di questa zona abbiamo un Tomopteris e varie Sagitta. Gl’Idrozoi sono rappresentati dai generi Medusa, Encope, Eudoxia, Velella e Physalia. Un sol Attinoide si raccolse, forse un Nautactîs, e Beroé in quantità. Tra i Protozoi, il gruppo pelagico dei Radiolarii è bene rappre- sentato; capitarono nelle nostre reti due belle forme di Policittarii , Stauridium ed Acanthochiasma, e moltissimi Collozoi; prevalente il genere Collozoum, rari i Spherozoum edi Thalassicollu. Nella zona tropicale abbiamo di cetacei alcuni Delphinorhynchus?, gli uccelli pelagici sono rappresentati dai generi Dysporus, regata e Pheton; e tra i pesci, numerosi squali, tra cui citerò due Squalus obscurus, coperti di Echeneis remora, e seguiti dal solito Vaucrates ductor, Coryphena, Exocetus e talvolta il jalino Leptocephalus. Il 17 aprile vari individui di una Libellula vicinissima alla no- stra L. Striolata , vennero a bordo, eravamo in jat. 189,8’ sud, long. 1009,18' est, Gr; il giorno dopo una farfalla notturna si fece prendere, la terra più vicina, le isole Cocos o Keeling essendo a circa 420 miglia. Il gruppo isopodo degl’Isperini domina con forme interessantissime; citerò il genere Oxycephalus. I Leucifer ricomparvero in numero strabocchevole, ed anche il molto diffuso genere Saffirina. Vol. XI. 42 654 E. GIGLIOLI, Qualche Zoligo, Firola, Atalunta, Cuvieria e Hyalea. Moltissime Salpa ed una grande Appendicularia con fibre muscolari. striate nell’appendice caudale. A/ciopa e Sagitta tra i vermi; ed in gran numero una forma larvaria (//utews) di Echinoderma e molti sifonofori Physalia, Velella, Porpita, Abyla ed Oceania. | Tra i Collozoi dopo ‘il 30° lat. sud sparisce il genere Collozoum, ed abbiamo numerose forme di Spherozoum, Rhaphidozoum, Col- lophera, Siphonosphera e qualche Thalassicolla. Nello stretto di Sunda vedemmo molti Zydrophîs fasciatus, ed un enorme cetaceo bianco. Il 27 aprile davamo fondo sulla. rada di Batavia. Nel viaggio da Giava a Singapore, /aliplana panayensis Fregata aquila, Dysporus piscatrix ed un grosso Cypselus furono i soli uc- celli veduti. Z/ydrophis fasciatus e Pelamis bicolor (?) continuavano numerosi. Tra i costacei Phyllosoma, Leucifer , Ericthus e Zea abbon- davano. Il 7 maggio 1866 in lat. 49,17’ nord, long. 1069,57/ est, Gr. traver- sammo delle larghe striscie rossastre prodotte da quantità di piccoli medusoidi. E nello stretto di Banca larghe macchie vivamente fosfo- rescenti di una /Voctiluca. Da Singapore sino ben avanti nel mare della China, predominavano le forme seguenti: Le due specie di Z/ydrophis sino al golfo di Siam. Diodon e T'hyr- sistes furono presi nei mari della Cocincina. E di nuovo noteremo il curioso genere Z/alobates. Tra i crostacei, Leucifer , Ericthus, Saf- firina vari Iperini, e specialmente un magnifico Isopodo nuotante, iridescente del più vivo azzurro violetto, ed anche fosforescente, Zea Nauplius tra le forme larvarie. Una /{yalea, un Tomopteris, una Sagitta. Tra gl’Idrozoi abbondano le Caribdee, le Gerygonie, Aginopsis Turris, Diphyes, Eudoxia, Aglasmoides, Thaumantias, Bougain- villea ed Aurelia. Tra il 3° e 4° lat. nord ricompaiano i Collozoi, Collozoum e Col- losphera, e qualche /octiluca. Dal 5° lat. nord fino presso le isole Pulo Condore il mare era coperto di un velo di Trichodesmium, INTORNO ALLA FAUNA PELAGICA 655 che sembrava minutissima segatura di legno galleggiante sopra l’acqua. i ll 4 giugno arrivammo a Saigon, da questo porto sino a Yokohama nel Giappone il nostro bottino pelagico fu scarso a causa di cattivi tempi. Vedemmo la Sterna caspia Dysporus sula, Fregata aquila, Puffinus leucomelas, P. tenuirostris, Phaton ethereus, Diomedea nigripes e Thalassidroma leucorrhoa. Qualche Coryphena, degli Exocetus. Saffirina e Leucifer con qualche Medusoide. Il 4 luglio la Magenta ancorava davanti a Yokohama, il 40 set- tembre eravamo a Wusung presso Shanghai, ed il 2% all' Ancora 9 miglia da Taku alle foci del Peiho. Il golfo di Petceli non presentò alle mie indagini che un pesce, Ambliopus? un Decapodo Brachiuro, Squilla? Squillerictus, Mysis, Palemon, Saffirina, una Sagitta un Encope ed una Bougainvillea. Il 15 novembre eravamo di ritorno a Wusung, che lasciammo il 10 dicembre per Hongkong. Nel canale di Formosa era comune la Ziomedea brachyura, unico uccello pelagico veduto. Ci fermammo tre giorni nella baia di Bias dove osservammo un T'halassema, un Éucope, una Mesonema una Gerygonia, un quorea ed un Lyriope. ll porto di Victoria, Hongkong come quello di Gibilterra è illuminato di notte da uno strato di Noctiluche. Il 26 gennaio 1867, lasciammo flongkong, pur troppo senza il povero De Filippi , il quale doveva più tardi cader vittima di quel perfido clima. Delle forme osservate sino allo stretto: dei Sunda, aggiungerò a quelle sopra citate: Due specie di Jantina, Cleodora, Hyalea, Cu- vieria, Criseis ed Atalanta fra i molluschi. Due Squillericthus, un Decapodo Brachiuro, una Lepadidea attaccata a semi vivi galleg- gianti di fthizophora? Sagitta ed alcune Salpe, Yelella, Mitra, Bougainvillea MAginopsis, Physalia, Eudoxia, Diplyes. Alcuni Spherozoum. Facendo una rivista delle forme incontrate nel mare di Giava, stretto di Banca e Mari della China e del Giappone, vediamo come alle forme veramente oceaniche si aggiungono quelle littorali. ll 10 febbraio entrammo di nuovo nell’ Oceano Indiano, ove alle 656 E. GIGLIOLI, forme della zona tropicale si aggiunse un //alodates, numeroso dal 12 febbraio lat. 119,53' sud, long. 106°,40' est, Gr., al 47 febbraio lat. 15°,59' sud, long. 1059,48' est, Gr. Tra i crostacei, Squillericthus un Decapodo Brachiuro, Phyllosoma Saffirina, Mysis e Leucifer. Sepiola? Cleodora, Atalanta, Cuvieria Psyche? Criseis, Pneumo- dermon, Janthina, Carinaria, Firola, Firoloides, Phyllirrhoe Hya- lea e Glaucus sono alcuni dei generi più caratteristici di molluschi. ° Molte forme di Salpa, e tra gl’Idrozoi Diphyes, Eudoxia, Physalia, Pelagia, Velella, Physophora e Porpita, Cydippe e Cestum rappre- sentano gli Attinoidi Ctenofori. Un Polycelis? fu pure preso; tra i Collozoi Thalassicolla in molti stadii interessantissimi, Collozoum e Spherozoum. Trovammo macchie di T'ricodesmium molto sparsi dal 12 febbraio lat. 119,33’ sud, long. 106°, 40' est, Gr. Al 17 dello stesso mese, per una strana coincidenza questi sono pure i limiti entro i quali tro- vammo l’Halobates, nell'Oceano Indiano! Il 22 febbraio si ruppe il timone, e fummo costretti a ritornare a Batavia, ove, restammo sino al 5 aprile. La traversata da Giava a Melbourne fu breve, entrando nella zona australe ricomparvero gli uccelli pelagici dei generi già accennati. Di più noterò un Crisets, un stranissimo Eteropodo, forse un genere nuovo, ed un A/eiopa presi sui limiti delle due zone. Il 4 maggio si gettava l’Ancora in Hobson's Bay , il porto di Mel- bourne, il 26 si lasciava Port Philip, arrivando il 34 a Sydney, ove la Magenta si fermò sino al 28 giugno. Dall’Australia attraversammo tutto il Pacifico sino al Callao; quell’oceano merita ben poco il suo nome, e la traversata (cattiva cosa pei naturalisti) fu brevissima, e rare furono le occasioni di poter gettare la reticella di tulle per le minute pesche. Incontrammo qualche ZBalenoltero, ed il 14 luglio lat. 40°.05/ sud, long. £819,06" est, Gr. una quantità di piccoli Delfini, neri sopra, col rostro e le parti inferiori bianche, essendo senza pinna dorsale non potevano essere che il Delphinapterus Peronii. Gli uccelli pe- lagici dei generi Diomedea, Thalassarche , Ossifraga ., Majaqueus, Priofinus, Daption, Thalassoica, Prion, Fregetia, Oceanites ed Estre- INTORNO ALLA FAUNA PELAGICA 657 lata (di questi ultimi fummo abbastanza fortunati da rinvenire due specie nuove ), abbondavano. Vicino alla costa peruviana, era co- mune il Dysporus cyanops. Il 12 agosto gittammo l’Ancora nel porto del Callao. N 24 la Ma- genta lasciava il Perù; la traversata sino a Valparaiso, per le calme incontrate, fu più favorevole alle mie pesche; le forme principali in- contrate furono le seguenti: un Zeptocephalus., pesce di trasparenza vitrea in alt. 27°,54' sud, long. 889,47’ ovest, Gr, Ed il 5 settembre in lat. 28°,53 sud long. 87°,51' ovest, Gr. fu veduto un grosso corpo galleggiante, si ammainò una lancia, ed avvicinandoci scorgemmo un enorme cefalopodo morto, poteva avere almen 41 metro 30 di diame- tro attraverso la parte cefalica; si empi la lancia di frantumi del suo corpo, dagli uncini che portavano i suoi acetabuli riconobbi una specie del raro e singolare genere Onychoteuthis. Noterò pure tre specie interessantissime di piccole Octopodidee molto abbondanti, una forse 1’ Octopus minimus (D’Orb.) Hyalea , Pheumodermon, Cuvieria, Criseîs, Cleodora, ed un genere Pteropodo forse nuovo. Atalanta, Cardiopoda? F'irola, Phyllirrhoe, ed un gros- sissimo Eteropodo, forse un genere nuovo, furono presi. Ricomparve il genere Malobates , e lo trovammo abbondante dal 29 agosto, lat. 21°,27’' sud al 6 settembre in lat. 29°,24’ sud. Tra i crostacei le solite forme pelagiche dominano, Mysîs Saffirina, un curioso stomapodo, Spheroma? Phyllosoma, Idotea: alcuni Iperini. Tra i vermi A/ciopa abbondante /yrosoma e Salpa, queste ultime di molte specie. Physalia, Yelella, Diphyes, Porpita, Physophora, Eudoxia, Pelagia, vari medusoidi ed una Rhyzostoma; Beroè e Cy- dippe, comuni vicino alla costa chilena ed altamente fosforescenti. I Collozoi dei generi 7'halassicolla, Sphaerozoum, Collosphera, e Collozuum, ci accompagnarono tutto il tempo ; non v'è dubbio che sieno fosforescenti, specialmente i primi. ll 24 settembre arrivammo a Valparaiso, che lasciammo il 34 ot- tobre per i canali della Patagonia occidentale e lo stretto di Magel- lano; vicino al golfo di Penas vedemmo qualche vera Zalena forse la Bd. antarctica. ll 17 dicembre compiendo la circumnavigazione del globo git- tammo l'ancora a Montevideo. 658 F. GIGLIOLI, Nell'ultima nostra traversata, dalla Plata a Gibilterra; ebbi agio di fare ancora alcuni studii sulla fauna atlantica. Trovai predominanti al sud della linea le forme seguenti: Atalanta, Cleodora , Criseis, Hyalea (3 sp.), e Carinaria? ira i molluschi. Mysis, Leucifer, Oxycephalus, Saffirina, un Stomapodo, e Sphe- roma? di crostacei, Bougainvillea, Porpita? un genere affine forse nuovo, Pelagia, Diphyes, Thaumantias, Eudoxia, Physalia e Velella, ‘rappresentavano gl’Idrozoi. Di attinozoidi pescai in abbondanza Cestum, Cidippe e Beroè Salpa, numerose e svariate come dappertutto. Alciopa comune, Polycelis e Sagitta, di questi ultimi una specie enorme, molti Collozoi, dei generi T'halassicolla, Collozoum e Sphe- rozoum tutti fosforesenti. Halobotes in lat. 26°, 58’ sud. Vicino all'isola Trinidad in lat. 20°, 26’ sud trovammo dagli uc- celli pelagici interessantissimi: regata Aquila, Dysporus piscator , Phetron candidus, Gygis alba, Haliplana fuliginosa, e due nuove specie, di Estrelata. AI nord della linea incontrammo molti Thymnus pelamis, Cory- phena ed Erocetus, è rimarchevole il cambiamento di colori che suc- cedè nella Coryphena moribonda; sonvi cromatofore nella sua cute «come in quella dei cefalopodi e di alcuni rettili? Halobates fu ripescato in lat. 49,28’ nord. î Tra i crostacei erano abbondanti: Zricthus, Mysis, Phyllosoma , Leucifer, Saffirina, o Cephalophthalmus? Hyalea e Cleodora? Sagitta fra ì vermi. Salpa ed Appendicularia. Diphyes, Abyla, Bougainvillea, Rhizophyza, Porpita? Tra i Collozoi Spherozoum. Il 2% febbraio in lat. 249,46 nord, long. 34°,07 ovest, Gr. incon- irammo i primi ciuffi di sargasso, che attraversammo sino al 27 feb- braio, in lat. 28°,19' nord, sopra i pezzi dell’ alga pescati; trovai un mollusco nudibranchio vicino al genere Scyllea, ed un piccolo Decapodo Brachiuro, numerose Actinie, ed innumerevoli Campa- nularie. INTORNO ALLA FAUNA PELAGICA 659 Arrivammo a Gibilterra il 15 marzo 1868, ed a Napoli il 28. In questa Memoria, non ho inteso di dare che uno schizzo molto generale sulla distribuzione degli animali pelagici incontrati durante il viaggio della Magenta, non avendo avuto ancora il tempo di stu- diare un materiale così interessante e così difficile. Torino, 6 settembre 1868. Di alcune ossa umane provenienti dal terreno pliocenico di Sapona. Nota del socio A. Isset. (Seduta del 16 settembre 4868.) Questi avanzi umani furono trovati qualche tempo addietro sulla vetta di una piccola altura detta Colle del /'ento, negli scavi fatti per porvi le fondamenta di una chiesa. Giacevano nella terra da stovi- glie a circa 3 metri di profondità accanto ad ostriche fossili non ri- maneggiate, consimili a quelle che abbondano nel pliocene ligure. Assistevano alla scoperta varie persone tra le quali un ingegnere, uno scultore e diversi operai. Sembra che si trovasse uno scheletro quasi intero, che fu in parte raccolto da uno dei presenti, e di cui soltanto pochi frammenti furono conservati essendo passati a far parte di due interessanti collezioni paleontologiche, l’una appartenente al R. P. Ighina di Carcare, l’altra al R. D. Perrando di Sassello. Le ossa fossili più importanti sono: 1.° Un frammento di perone mancante delle articolazioni, al- quanto piccolo. 2.° Un pezzo di parietale destro di spessezza più che ordinaria colle suture assai semplici. 5.° Un frammento di mascellare superiore sinistro nel quale ve- donsi gli alveoli di due incisivi, di un canino e di due premolari., Questi due ultimi sono assai avvicinati fra loro ed assai stretti, es- 660 A. ISSEL, sendo pure angusto il margine dell'osso. Fra l’alveolo del. canino e, quello dei due denti più prossimi è una distanza maggiore che fra gli alveoli degli incisivi e quelli dei molari. MOTI il primo premolare trovasi in posto. Esso. è notevole donde ‘assai piccolo e presenta due radici ben distinte, carattere che non si ri- scontra nella attualità se non come rara anomalia. La superficie logo- rata della corona è, in questo dente, assai inclinata dall’ interno all’e- sterno. 4.° Una porzione di mascellare inferiore destro che presenta l’apofisi coronoide e |’ uliimo molare. Paragonando questo fossile ad un mascellare di ligure moderno si vede che il molare è assai più piccolo nel fossile e che ha la sua corona logorata obliquamente: con la superficie inclinata dall’ esterno all’ interno. L’apofisi coronoide è breve e forma col corpo del mascellare un angolo più ottuso che d’ordinario; di più è notevolmente sottile, breve e stretta. La superficie d'attacco del muscolo temporale è meno pro- iminente e più scabra; il corpo della mascella è piccolo. è stretto più che nella attuale razza ligure. 3.0 Una estremità inferiore di omero sinistro mancante però. del capo articolare corrispondente. Non offre altre particolarità fuorchè quella di essere più diritta e più piccola che nella pluralità dei casi. 6.° Due falangi indeterminate. Ì | 7.° Ultimamente mi fu comunicato un altro pezzo di cranio spet- tante al medesimo individuo. È un frammento di parietale sinistro di forma quasi triangolare, largo 60 millimetri, alto 33 millimetri, la cui spessezza varia fra 4 e 7 millimetri; in esso vedesi una: piccola porzione del margine destro colla sutura corrispondente. Al pari degli altri fossili della stessa provenienza. offre della marna attaccata alla sua superficie. internamente è quasi liscio, essendo le impressioni di- gitate, proprie a quest’osso, assai poco marcate. Oltre alle ossa umane, furono trovati nel giacimento pliocenico di Savona molti altri fossili, tra i quali citerò: 1. Un corno di ruminante (probabilmente di Los) silicizzato. 2. Un molare di rinoceronte ed alcuni frammenti d’ ossa spet- tanti allo stesso genere. DI ALCUNE OSSA UMANE, ECC. 664 3. Resti di cetaceo indeterminabili. 4. Avanzi di pesci squaloidi appartenenti ai generi Oxhyrina, Lamna, Odontaspis (circa 10 specie). La specie più abbondantemente rappresentata è l'Oxkyrina plicutilis, Agassiz. 5. Più di 240 specie di conchiglie, e due ossicini di cefalopodo. 6. Un certo numero di polipai, di echinodermi, di briozoari e di rizopodi. 7. Frutti di conifere e frammenti di legno carbonizzato, gli uni e gli altri in perfetto stato di conservazione. I generi /leurotoma, Conus, Nassa, Cancellaria, Trochus, Tri- ton, Rissoa, Pecten, Leda, ece., sono quelli che comparativamente offrono maggiore sviluppo. Quanto alle specie noterò fra le più ca- ratteristiche le seguenti: Stron:bus Mercati, Desh.; Murex spinico- sta. Broc.; Typhis horridus, D' Orb.; Triton intermedium, Broc.; Conus antidiluvianus, Broc.; C. ponderonsus, Broc.; Pleurotoma cata- phracta, Broc.; P. turricula, Broc.; P. dimidata, Broc.; P. bra- cteata, Broc.; P. rotulata, Bors.; Nassa semistriata, Broc.; Cassi- daria variabilis, Bell; Cancellaria Iyrata, Broc.; C. tribulus, Broc.; C. hirta, Broc.; Mitra serobiculata, Broc.; DM. cupressina , Broc. ; Ringicula buccinea, Ren. ; R. striata, Phil. ; Columbella thiara, Broc.; Columbella nassoides, Bell.; Turritella tornata, Broc.; Turbo fim- briatus, Bors.; Pecchiolia argentea, Broc.; Pecten cristatus, Bronn; P. latissimus, Broc.; Ostrea lamellosa, Broc. Dall’ esame di queste conchiglie fossili e di altre molte che non ho noverate, si può conchiudere con tutta certezza che la terra da sto- Viglie di Savona si riferisce geologicamente al pliocene inferiore. Si è detto però che le ossa umane potevano essere di molto poste- riori al terreno in cui furono trovate, e che forse erano avanzi di un cadavere sepolto in tempi non molto remoti. Per me ritengo invece che sieno fossili in tutta l'estensione del termine , e che la loro età sia quella stessa del deposito che li racchiudeva. La mia credenza è fondata sopra alcune considerazioni ed osservazioni, le quali, se non bastano a torre ogni dubbio in proposito, valgono però a confutare in gran parte le obbiezioni che mi furono opposte. Ecco in poche pa- role gli argomenti che posso addurre in appoggio del mio assunto. 662 A. ISSEL, DÌ ALCUNE OSSA UMANO, ECC. 1.° Lo scheletro giaceva a troppo grande profondità per ammet- tere che sia stato sepolto dall’ uomo. 2.9 Non esiste sul Colle del Vento alcun segno il quale possa far supporre che le ossa sopradescritte sieno penetrate a tre metri di profondità nel suolo per mezzo di una fenditura, o sieno state se- pellite da una frana. 5.° I frammenti di esso scheletro che ho potuto esaminare pre- sentano tutti i medesimi caratteri propri agli altri fossili di quel ter- reno ; cioè colore cenerognolo, lucentezza peculiare, leggerezza, ade- renza alla lingua, fragilità. 4.° Calcinando un pezzo di osso di mammifero raccolto da me stes- so nelle marne plioceniche di Savona, ed un frammento del perone suindicato, si verifica in essi una piccola perdita di peso, la quale è ‘ sensibilmente uguale in entrambi. 5.° Dalla perfetta conservazione delle numerosissime conchiglie e degli altri resti organici che trovansi in quel giacimento, si può ar- gomentare che non fu soggetto ad alcun rimaneggiamento o sconvol- gimento. La presenza in esso di elici, di auricule, di ossa di mammi- feri terrestri, di frutti di conifere, promiscuamente ad avanzi d’ origine marina, sta a dimostrare che si formò in un estuario ove erano acque tranquille e poco profonde. 6.° Finalmente i caratteri osteologici delle ossa sipràdesdtigan e se- gnatamente dei mascellari, sono così anormali, così diversi da quelli che si osservano nelle razze viventi, da fare, a prima vista, dubitare che spettino ad un individuo umano, e tali almeno da riferirli ad un tipo di cui non ci rimane alcun esempio nell’attualità; il qual fatto è, a mio credere, il più valido argomento tra quelli che militano a pro della mia tesi, 665 Ricerche botaniche nelle valli ostigliesi nel 1866-67-68, dell’arci- prete Francesco Masì. bd (Seduta del 414 settembre 1868). Quantunque l'illustre naturalista Ciro Pollini, una delle glorie di Verona non pure, ma di tutta Italia, nella sua Zora Z'eronese, ci dia alcune piante di Villimpenta, del Chiesione, di Pontemolino, come i Ranunculi, Lingua, Flammula, Vl Arundo Calamagrostis, la Trapa natans, e poche altre, pure io m’ebbi sempre sospetto che delle valli ostigliesi, di cui fanno parte le citate località, non ne fosse mai stata con qualche diligenza ricercata la flora; il quale sospetto, forte e vivo mi ingenerò il desiderio di ciò eseguire io stesso, lo che feci nella decorsa primavera, e nei due anni che la precedettero. Ma perchè queste valli ostigliesi sono alle veronesi congiunte così da formare un sol tutto, ed hanno loro essere dalle acque di Moli- nella, di Tione e di Tartaro, io mi permetto premettere alcune os- servazioni topografiche di questi fiumetti. La Molinella, semplice alveo artificiale d’irrigazione, che uscendo dal Mincio a Pozzuolo, porta la ricchezza su tutta la linea da lei per- corsa di Roverbella, di Castiglione mantovano, Canedole, Castelbelforte, Bigarello, Castel D’Ario (alias Castellaro Trentino), Roncoferraro, e Nosedole, ove più sotto, ingrossata dal Fissaro, e da altri influenti , si allarga e si allaga, e prende nome dal lago di Derotta, ed indi si divide, dirigendosi parte a destra verso Ostiglia, parte a sinistra per Busatello, e si scarica in Tartaro. i ll Tione, il quale originando da piccole sorgenti a Castelnovo, at- traversa umile, scarso, ed inosservato la storica località di Custoza. Località di sventura, ma di valore e di gloria, e nome impresso a ca- ratteri di sangue nella mente, e nel cuore di chi, più che di ogni altra cosa, della patria sente. Il quale, dico, originando di là, e sem- pre più ingrossato da altre fonti, e da piccoli influenti, corre libero per Grezzano, Pontepossaro e Sorga, ove imbrigliato continua lam- 664 F. MASÈ, bendo Castel D'Ario, e Villimpenta, e raggiunge al Chiesione 1° antica riva sinistra del Mincio, e dopo breve tratto di valle si venne presso Busatello al Tartaro Quest'ultimo ha principio wu varie sorgenti nelle sassose campagne veronesi di Vigasio, di Buttapietra, di Castel D’Azzano, e diseendendo a sud-est, passa per Isola della Scala, Nogara e Gazo, ove si avvalla in Busatello, ingrossato da Tione e da Molinella e conservandosi il suo nome continua per Pontemolino, dividendo fino al bastione S. Mi- chele di Ostiglia, le due provincie di Mantova e di Verona, e più sotto unitosi a Canal Bianco, mette foce nell’ Adriatico tra l'Adige e il Po. Non vale la pena descrivere i villaggi bagnati da questi tre fiu- metti, perchè monotona pianura, di campagne coltivate quando a gelsi, a vigneti, a cereali, a risaje; quando a pochi boschi, a silve- | stri canneli od a vergini giuncaje. Solo potrebbero offrirsi alcune me- morie storiche a Castel D’Ario, a Chiesione, a Busatello. Là per la ben conservata torre. del suo Castello pentagono, nella quale, al 1324, da Passerino Bonacolsi reggitore e tiranno di Mantova, venne rin- chiuso e lasciatovi morire di fame, Francesco Pico, capitano del po- polo della Mirandola, da lui fatto prigione nel volersi impadronire di quella terra; ma nella quale torre pur anco la famiglia Bonacolsi, selte anni dopo, vi pagò la pena del taglione, perchè scaduta essa dal favore del popolo mantovano, che coll’ ajuto dei Veronesi si com- mosse a rivolta, capo e duce un Luigi Gonzaga, che fu primo di quella dinastia dei duchi di Mantova a tutti ben. nota, favorendo Ja sorte i Gonzaga, e morto nella tenzone il Passerino Bonacolsi, la di lui famiglia, di sette individui, fu tradotta prigione nella torre di Ca- stel D’Ario, e lasciatavi morire di fame. Orrori a quei tempi, non rari in Italia. Orrori che il divino poeta volle esecrati, col descriverne uno. Gli scheletri ed i ceppi di quei miserandi, furono da me rinvenuti nel 1852, e depositati nel patrio Museo di Mantova (4). Il Chiesione, così chiamato da una piccola chiesa a stile gotico, (1) Quegli oggetti furono illustrati dal dottor ce chiarissimo archeologo conte Carlo D'Arco di Mantova. RICERCHE BOTANICHE NELLE VALLI OSTIGLIESI, ECC. 666 può interessare ai geologi per le ben segnate traccie della riva sini- stra del Mincio, che ivi si poggiava, prima che fosse per arginamento cacciato in Po a Governolo, Ne meno interessante il Busatello: ove per lungo tratto del circostante terreno, si scorgono ben marcati ancora gli indizi della antica strada romana, che dal Modonese metteva per le valli ostigliesi a Verona; ed irrefragabili testimonianze ne offrono le urne cinerarie, le lumi eterne, i mattoni, le armi, e più che altro i manufatti che si riscon- tirano su tutta quella linea. Ciò premesso or veniamo alle ricerche botaniche, nelle quali an- zitutto debbo osservare che a Vigasio trovai l’Anagallis tenella, e lo Schoenus nigricans L., ed a Castel D'Ario, all’esterno della mura sud-ovest del Castello, assieme al chiarissimo mio amico dottor De Sabata rinvenni abbondante la Zlastenia Yisianica, lichene trovato la prima volta suì cordoni di pietra trachitica che dintornano le ajuole dell’ orto botanico di Padova, da quel valente lichenologo che era il troppo presto perduto Massalongo, delle scienza e della patria gioja e speranza, il quale per affetto e riconoscenza, ma più ancora per meritato omaggio dedicava questa nuova pianta al suo amico e maestro prof. De Visiani. Or bene, per quanto io mi sappia, Castel D’Ario è la seconda località ove si legga abbondante questo rarissimo Blasteniosporo Massalongo. È nelle acque, qui pure raccolsi le Chare Ulvvides translucens, aspera, pulchella, vulgaris, elastica, flexilis, gracilis, exilis. Negligentate poi le piante più comuni, di quelle soltanto mi occu- pai, o che fossero più rare, o che mancassero alla flora mantovana, Quindi a Villimpenta poco dopo il paese in riva ad un fosso trovai la Tulipa celsiana, Red., di cui non potei raccogliere che fiorie foglie, con qualche divinità all’esterno, onde è supposta, già di uso pagano, avendone invano cercati i bulbi fin oltre la profondità di un metro; la quale, per avute informazioni, vi esiste da tempo immemorabile. Nelle attigue valli vidi frequente il Butomus umbellatus, 1 Isnardia palustris, l’Acorus Culamus, la Marsilea quadrifolia, e nelle risaje abbon- dante la Ammania baccifera Wildenow, trasportatavi forse nelle va- riate sementi del riso. 666 F. MASÈ , A S. Pietro in valle, in piccolo antichissimo bosco di quercie, di cerri, di olmi trovai i 'anunculi auricomus Pollini, lanuginosa Linn. velutinus Ten., e fra i cespugli il Crataegus Oxyacanthoides Tuil- lier, e frequente la Amorpha fruticosa, la quale potrebbe essere fug- gita dal giardino Treves/che vi dista un miglio. In altro boschetto, non ancora centenne, al Chiesione, lessi la Or- chis bifolia, le Ophrys apifera ed aranifera, e fra i cespugli il Rham- nus catharticus, Più sotto nei fossi delle valli, vidi i /anunculi lingua, aquatilis, fluviatilis, circinnaltus, V Alisma parnassifolia, ma più che altro mi sorprese veder quelle aque popolatissime dalla A/drovanda vesicu- losa, Droseracea così dottamente illustrata dal chiarissimo prof. Fi- lippo Parlatore nel 1844. E più discendendo ben fui lieto nello scorgere la pianta a. fiori maschi della Stratiotes Aliodes sparsa nel Tartaro, e per tutte le valli che lo fiancheggiano. Al primo vederla la sospettai tosto diversa dall’ altra, a fiori fem- minei del lago di Mantova, ma non avrei osato sperarla quale in se- guito la riscontrai, poichè per quanto sia a mia cognizione, fino al- lora, era ritenuto non esistesse in Italia. E per vero, se il Campana ci dà la Stratiotes aloides nelle. valli ferraresi, non ce ne parla del sesso, perchè già italiani ed inglesi sta- vano col Linneo, credendone i fiori ermafroditi, e collocandola col sistema sessuale nella classe Polyandria. Ed anche il botanico Paolo Barbieri mantovano, oituagenario, an- cora vivente, ma a danno delle scienze e vittima delle tante sue os- servazioni microscopiche, ridotto cieco della vista, ma chiaro ancora della mente; quando scopriva nei laghi di Mantova la esistenza di questa pianta, che ivi cresce, a solo sesso femmineo, dopo studi ac- curati, la ritenne esso pure ermafrodilico-polyandria, indotto anch’e- gli in errore dai nettarii staminiformi, e dalla presenza di alcuni frutti pomiformi da lui supposti fecondati e maturi, ma i cui semi, alle prove di seminazione, diedero sempre risultati negativi. Fu allora, e sopra l’ esame di quegli individui mantovani, che il Moretti, parlandone a lungo, si tenne, in quanto all'opinione sessuale, RICERCHE BOTANICHE NELLE VALLI OSTIGLIESI, ECC. 667 in un linguaggio assai riservato. Ma dopo aver egli visitato gran parte della Germania, dopo avere raccolti di sua mano i due sessi separati, e fattone argomento di specialissime indagini, asserì fran- camente « che isessi di questo vegetale stanno ciascheduno sopra, distinto individuo, soggiungendo di più, che è tanto il divario nei caratteri delle due piante che portano il diverso sesso, che se v' ha specie che meriti la qualificazione di dioica, nello stretto senso Lin- neano, questa è la Straliotes aloides ». Così egli, nella sua di- fesa delle opere botaniche di Pier Andrea Matthioli, ove passa poi ad appuntare il Nolte circa la distribuzione geografica di questa pianta colle espressioni che qui mi giova riportare. « Giusta l’illustre Danese, sebbene la Stratiotes sia sparsa per mezza Europa, ciò non pertanto pochi sono i luoghi, ove crescano piante dell’un sesso e dell’altro. I confini di vegetazione della Stra- tiote si estendono, secondo lui, dal grado 30° al 68° di latitudine bo- reale. Dal 68° al 55° grado di latitudine alligna in Europa solo la femmina, la quale però in Inghilterra si avanza di due gradi verso mezzodì. Dal 55° al 52° grado di latitudine vegetano promiscuamente individui sì maschi che femmine, e tra il 82° e BO° si riscontra unicamente la pianta maschio. Ciò corre bene per la Germania, ma non si verifica per noi in Italia, dove al grado 43°, 46° di latitudine, non ci alligna fuorchè la pianta femmina. » Tale era l'opinione del Moretti; ed oh! quanto ne andrebbe lieto quell’infaticabile ingegno, se ancora vivesse, vedendo questa sua, e comune credenza, smentita nelle valli ostigliesi, le quali abbondano del sesso maschile di così bella e graziosa monocotiledonia. Della quale io qui mi dispenso farne la descrizione, perchè ben dettagliata ce la porge il Moretti, nella citata difesa del Matthioli; credendo per altro non inutile cosa ripeterne solo i confronti fra i due sessi, da lui marcati così: « ]l carattere più leggero che è quello di esserci foglie più sode e robuste nelle femmine, che nei maschi, all'occhio mio basterebbe già solo perchè io la discernessi di primo aspetto (e fu questo un ca- rattere che subitamente fermava il mio sguardo sulle piante ostigliesi). Ma ben altri se ne rilevano più profondamente impressi. Lo scapo 668 F. MASÈ d può dirsi sempre unifloro in quella, e ricco nei maschi di due e fino a quattro fiori (io ne possedo fino a sette fiori). | petali nelle prime obcordati, subrotondi in questi. In quelle l'organo femmineo riunito di sei stili, profondamente bifidi, sorgenti da un sottoposto ovario a sei logge; e nei maschi nessun vestigio mai di quest’ organo. Pai Le quali differenze io pure riscontrai, oltre: all’ altra marcatissima di essere i femminei fiori quasi sessili, con alla base, per ben di- stinto rigonfiamento, assai patente l’ovario; mentre i maschili Sono muniti di lungo picciuolo cilindrico, senza rigonfiamento alla base. E ben mi gioconda l’animo di aver io. così data all’Italia la sco- perta di una pianta nuova, se non per specie, almeno per sesso. Ed ora se la brevità del tempo me lo consentisse, e se non te- messi di troppo abusare della vostra indulgenza, preclarissimi signori, potrei dire delle tante altre famiglie, e specie e varietà che ricchis- sime crescono in quelle valli ed allegrano. il botanico; e fra le Cipa- racce, le Carici muricata divulsa, remota paniculata, tomentosa, hirta recurva, il Scirpus acicularis; V Eriophorum polystachium Linn., lo Schoenus Mariscus Linn. Qui vedi le Vajadi maggiore, minore, ed Alagnensi Pollini là bei gruppi di salicei fra cui anche il rosma- rinifolia Linn., ed ovunque prostrati sull'acqua fra le altre potamee i potumogeti compressum, pectinatum, densum e belle varietà del pusillum sormontati dalle ninfee e dai miriofilli cui fanno appoggio i ceratofili e le valisnerie, le quali però lasciano vedere al limac- cioso fondo alcune spongie fra le quali due inodori; l’una bianca fusiforme, e l’altra di colore verde vivo, che prende forma dalle va- rie foglie, cui è aderente, ma più spesso palmata. E però chiedo permesso dire poche parole delle tessili e delle febbrifughe. Fra Ie prime la Alihea officinalis la Sida Abutilon Linn., e l’Hibiscus roseus Thore, della quale ultima soltanto, che cresce gi- gantesca lungo tutto il Tartaro, se ne può trarre gran utile agrario. Ed il conte Camillo Casati di Milano, che in vicinanza a quel fiume possiede vasto latifondo, vedendo come questa pianta sia utilizzata dagli Inglesi, i quali ne fanno venire i cauli dalle Indie, incominciò già a farne esperimento di piantagione in ben disposta e preparata RICERCHE BOTANICHE NELLE VALLI OSTIGLIESI, ECC. 669 valle, aspettando che il tempo gliene dia o meno ragione. Sia lode ai solerti agricoltori che, come lui, tentano indefessi ogni migliora- mento agrario. Ma perchè i miasmi e le pestifere esalazioni di quelle paludose valli, cagionano ai poveri suoi abitanti frequentissime le febbri in- termittenti, natura, che accanto al male, provida sempre, fa sorgere il rimedio, il quale più abbonda ove maggior sia il bisogno, come al- l'Africa ha dato il Kousso contro la tenia, così quelle valli ha fatte ric- che di piante febbrifughe, come il Murrabium vulgare, Vl Agrimo- nia Eupatoria Linn., alcune varietà di ZrytAree, ma più che altro *l’Eupatorium cannabinum Linn., febbrifugo per eccellenza, e far- maco pressochè infallibile contro quelle febbri intermittenti, purchè legittime ostinatamente refrattarie al chinino. I valligiani la chiamano Erba china, ed il Pollini erba per la febbre terzana e dice: Herba intense amara în aqua decocta contra intermittentes febres walet. H Dizionario poi delle scienze mediche di Parigi alla prima parte del vol. VII, dopo aver detto che questa sinantera dovrebbe essere bene esaminata dai medici e dai chimici, conchiude, che gli Europei sono biasimevoli di trascurarla come fanno. È un fatto poi che il valente medico dott. Cesare Pollettini, in continue prove, ne ebbe sempre i più bei risultati, e stava per scri- verne un articolo in proposito, quando morte crudele lo rapiva, in età ancora fresca, lasciando di sè onorata memoria, onde fu caro a quanti lo conobbero. Egli amministrava il chinino quasi sempre unito col- l’estratto di Eupatorium cannabinum, di cui voleva non ne andas- sero sprovviste le farmacie da lui frequentate. Ma il più comuue uso di questa pianta è per decozione, con un mani- polo di foglie e cauli ben tagliuzzati, e con tre tazze di acqua alla ri- duzione di un terzo, prendendone una tazza ogni mattina. Il fatto, alla prova, farà tacere ogni censura. Vogliono escludersi nella decozione i fiori ele radici perchè queste ultime sono ritenute di azione emetica come dice anche il citato dizionario di Parigi. Ora chiudo questa meschina relazione coll’uniformarmi al voto uni- versale; che cioè gli studi botanici siano applicati un po’ più lar- gamente alla medicina ciò che deve essere compito sacro dei medici Vol. XI. 43 670 F. MASÈ, RICERCHE NELLE VALLI OSTIGLIESI e dei chimici, seguendo l’esempio del ricordato Polettini, che non sa- rà mai pianto abbastanza da chi l’ebbe ad amico od a medico. E a questo voto aggiungo vivissimo il desiderio che quelle vastis- sime valli da me, anzichè perlustrate, percorse, siano meglio e più mi- nutamente esplorate da una Commissione di naturalisti, i quali mi lu- singo troveranno in ogni loro ramo materia da rimanerne contenti, e da portarne forse incremento a queste scienze nel cui studio la fatica e le pene dei viaggi, sono a larga mano premiate dal conforto e dalla gioja di ricca messe, e qualche volta di preziose scoperte. Ascensione del Monte Cervino , nel settembre 1868, dell’ ingegnere FeLice Giorpano. {Seduta del 47 settembre 4868.) Dietro invito del nostro Presidente vo’ ad esporre il racconto di una ascensione sul Gran Cervino (Matterhorn) da me eseguita nei primi giorni del volgente mese, quale complemento d’una assai lunga escursione geologico-alpinistica fatta nel mese d'agosto attraverso le alpi maggiori che stanno fra il Monte Bianco ed il Monte Rosa. Sceso qui testè da quei monti non ebbi nemmeno un giorno per preparare una relazione, onde per corrispondere tuttavia in qualche modo al gentile invito, presenterò solo alcuni cenni in guisa d’appunto, implo- rando ai medesimi il debito compatimento. Il Gran Cervino fu l’ultimo gigante alpino superato dagli alpinisti, poichè soltanto nel 1865 perdè la sua fama di inaccessibile. Esso venne allora salito o meglio scalato quasi contemporaneamente per le sue due pendici svizzera ed italiana. È nota la grave catastrofe che funestò quella prima ascensione dal lato svizzero, poichè nella discesa tre viaggiatori inglesi e la miglior guida precipitando da quasi 1200 metri d’altezza si sfracellarono. L’ascensione dal nostro lato, cui io qual membro del Club alpino italiano ero andato a pro- F. GIORDANO, ASGIENSIONE DEL MONTE CERVINO 674 muovere, fu immune di disastri. Jo però avevo avuta contraria la sorte poichè nella prima ascensione le guide nostre assai novizie e che prime fra numerose peripezie erano giunte alla cima rifiutavano di accompagnarmi. Nell’ anno seguente in cui avendo solo pochi giorni disponibili volli ritentarla, un tempo orribile mi sorprese a poco più di 200 metri sotto la punta. Il picco fu tosto coperto di neve e ghiaccio quasi come inverno. Io passai inutilmente 6 giorni a quell’altezza per attendere un miglior cielo senza altro asilo che uno sporto di rupe e dovevo infine ridiscenderne al certo non sod- disfatto. Lo scorso anno 1867 io era per necessità assente d’ Italia e solo nell’estate corrente potei ritornare all’attacco. Però l’ascensione di quel picco non solo era per me un proposito di turista, or sovratutto che la medesima non era più una novità: ma piuttosto nelle diverse escursioni poco prima eseguite pel Vallese, in val d'Aosta e nei dintorni di Zermatt col distinto geologo tedesco Gerlach avevo riconosciuto vieppiù il serio interesse geologico che dovea presentare un esame speciale di quello strano colosso. La sua spiccatissima guglia, il suo perfetto isolamento dai vicini picchi pure analoghi di forma e di geologica costituzione, infine lo essere il me- desimo formato interamente di strati poco inclinati che possono ve- nire comodamente esaminati su più di 2500 metri d'altezza, sono fatti eccezionalmente favorevoli all'esame del geologo, e che possono dar mezzo alla soluzione di importanti quistioni non peranco risolute nella intricata geognostica delle nostre alpi maggiori. Quanto poi io avea veduto in diversi abbozzi di carte geologiche di queste regioni alpine mi pareva affatto ipotetico, ed anzi per certe parti affatto inammissibile, come apparirà più oltre. Per tali ragioni d'ordine diverso io devea quest'anno finirla col Cervino; e poichè il pessimo tempo durato per tanta parte dell’agosto me lo aveva prima impedito, dovetti afferrar l’ occasione del bel se- reno dei primi giorni di questo settembre. Invero la stagione era già tarda e la parte superiore del picco coperta ora di molta neve recente e di ghiaccio, dovea presentare notevole difficoltà e fatica, tanto più che io volevo salirlo dal lato d’Italia e scenderne dal lato svizzero per riconoscerne ogni parte. Ma non vi era da esitare. 672 F., GIORDANO, Partii il mattino del 5 dal solito albergo del Giomein situato poco so- pra ai casolari di Breil che stanno quasi al piede meridionale del picco ed a 2018 metri circa d’altitudine sul mare. Presi meco due sole guide ma buone: G. Antonio Carrel detto il dersagliere e Giuseppe Maquignaz, ambedue della nostra valle Tournanche, e che già conoscevano il picco. Due portatori aggiunti doveano recarmi le provviste soltanto al sito detto la Cragate ove si dovea passare la prima notte. L’espe- rienza mi aveva insegnato a ridurre al minimum il numero degli uomini e le provviste, ciò che era oggidì agevolato dall’ esistenza di un rifugio a grande altezza sul monte. lo portava poi meco diversi strumenti cioè, oltre ai soliti termometri, un aneroide di Elliot fattomi costruire con cura speciale dal signor De-la-Rue ed un ottimo baro- metro a mercurio, sistema Fortin, lo stesso che nel luglio del 1866 avea meco peregrinato tanti giorni sul picco medesimo sempre ine- sorabile nell’indicarmi un pessimo tempo. Ora la prospettiva del tempo era affatto lusinghiera mentre lo stesso barometro segnava da 6 ad 8 millimetri più alto che nella contrariata ascensione del 1866. E qui ho motivo di confermare una mia osservazione praticamente utile ai viaggiatori alpini li quali debbano prendere le mosse dall’al- bergo del Giomein, osservazione già da me riferita in altro scritto; cioè che può ritenersi per stabile il bel tempo quando il barometro vi segni all'incirca 600 millimetri. Ora segnava al mattino quasi 602 mentre l’altra volta era appena a 596. — Aggiungerò che le mie os- servazioni barometriche sul picco doveano riferirsi a quelle d'una sta- zione provvisoria di recente stabilita dal nostro benemerito canonico G. Carrel in un suo casolare detto di Avouil situato poco sotto al Breil e quindi vicinissimo, Ivi un buon barometro, stato paragonato al mio, veniva osservato ogni due ore da una sua nipote a ciò istruita. L'altitudine diligentemente fissata dal nominato canonico per questa stazione di Avonil sarebbe di 1980 metri. Io poteva inoltre riferirmi sia alla stazione della città d’Aosta pure diretta da esso canonico e che è ora fissata a 600 metri d’altitudine, sia occorrendo a quella classica e non troppo lontana del gran S. Bernardo (1). (f) Le altezze date dal mio barometro avean bisogno d’un aumento di circa mezzo millimetro per segnare La pressione assoluta. ASCENSIONE DEL MONTE CERVINO 6753 - Torno all’ascensione. Per brevità non andrò narrando per filo tutti li particolari comunque interessanti, nè gli ardui passi che si devo- no varcare per lo stagliato dorso di quell’acuta piramide la quale si innalza sino a 4500 metri d’altitudine, nè gl’incidenti serio-comici che di tratto in tratto v'incorrono. lo in vero risaliva allora non troppo lieto quel versante nostro rivedendo quasi con pena e dispetto quei siti che nel 1866 aveva ascesi e poi pel pessimo tempo avea dovuto ridiscendere con sì poca soddisfazione. Passavo così dapprima per gli alti pascoli di monte Éura, indi per lo scabro ghiacciaio del monte Cervino risalendo il ripido sdrucciolo che mena diretto al colle del Leone da cui si slancia poi isolata la vera piramide. Lo stato però di quei siti parvemi ora tanto diverso da quello del 1866 quasi da non riconoscerli. In allora mentre la parte superiore del picco era quasi nuda di neve, il basso ne era abbondantemente coperto, di guisa che il passaggio pel ghiacciaio era assai facile. Ora invece tro- vammo l’opposto, e stando la neve in basso molto scarsa, il passaggio ne riusciva difficile per le larghe crepacce scoperte che lo interse- cavano. In questo anno invero sarebbe stato preferibile seguire l’an- tico passaggio all’ovest pel monte dell’Eura il quale conduce all'alto del colle suddetto. Ciò possa servire di norma ad altri viaggiatori. lo frattanto andava ora notando con maggiore attenzione il succe- dersi delle rocce stratificate che costituiscono quel monte correggendo talune inesattezze occorsemi nelle frettolose osservazioni del 1866. À partire dal Breil fino a 500 metri circa sotto al detto colle del Leone regna la formazione calcareo-serpentinosa tanto sviluppata nella no- stra valle Tournanche ed in genere nelle Alpi occidentali. Una lunga successione di scisti serpentinosi , talcosi, cloritici e micacei verdi o bigi, sovente anfibolici, alternanti con calcescisti micacei lucenti di color bruniecio in banchi talora potentissimi di 100 a 200 metri,I calcari però non vi sono sempre micacei e scistosi, ma talora e sovra- tutto nella parte superiore sono cristallini, dolomitici ed alternano con banchi od arnioni di carniole, di gessi e di quarziti bianche te- golari. Questa formazione assai caratteristica tutta a strati regolari dolcemente rialzati verso il prossimo nucleo del Monte Rosa, si 0s- serva poi distintamente tutto intorno al piede del Monte Cervino, 674 F. GIORDANO, Nelle escursioni fatte giorni prima al piede nord del medesimo pel ghiacciaio di Zmutt avevo potuto accertare questo fatto capitale, che cioè il suddetto terreno costituisce senza interruzione Ja vera base del picco salvochè in questo sito mancherebbero le dolomiti, gessi e quarziti. Esso finisce dal lato italiano verso li 2900 metri d'’alti- tudine con un banco di calcescisto. Sopra a questo succedono scisti verdognoli chiari passanti ad un gneis scistoso e poi d’un tratto s'incontra un ammasso+o piuttosto banco d’eufotide massiccia o granitone (felspato bianco con diallaggia bronzea) ad elementi ora mediani, ora grossi, e qua e là intercisa da vene euritiche. Questo banco di roccia cristallina ha qui l'enorme po- tenza di 500 metri, e soltanto cessa a 3380 metri d’altitudine, cioè poco sotto al colle del Leone. Nella visita al ghiacciaio di Zmutt vidi simile banco eufotidico affiorare anche in quella parte; però sul fianco orientale del picco a vece dell’eufotide non si trova che ‘un gneis verdognolo talcoso come osservai più tardi nella discesa. Si ha qui pertanto il curiosissimo fatto del passaggio della eufotide allo gneis in un medesimo banco assai regolare. Questo banco forma una. soli- dissima base all’acuta piramide del picco che di quivi si slancia iso- lata nel cielo per altri mille metri di altezza. Intanto dopo breve sosta al colle del Leone per misurarne l’altitu- dine (che risultò circa come nel 1866 di 3610 metri) prendiamo le mosse per la scalata. Di quivi infatti incomincia la parte scabra e dirò aerea dell’ascensione, Essa si pratica tenendosi quasi sempre aggrappati alla scabrosissima cresta dello sperone che divide il ver- sante italiano dallo svizzero di Zmutt, e di dove, a dir vero, un passo falso vi getterebbe inesorabilmente in abissi di 1000 a 2000 metri sui brutti ghiacciai dell’una o dell'altra regione. lo stavo legato con le due guide; i portatori dietro noi, ma a parte tra loro. Chi potesse prendere una fotografia d’una simile caravana accinta a scalare alcuno dei più ardui passi che ivi s'incontrano presenterebbe davvero uno spettacolo strano e di qualche raccapriccio. Però io provai che me- diante l’uso bene inteso della corda, il vero pericolo è ridotto a pochi tratti ricoperti da neve fresca o dal ghiaccio. Superammo così li di- versi passi denominati dalle guide nostre /a cheminèe, créète de coq, ASCENSIONE DEL MONTE CERVINO 675 il lincewil ripido lembo gelato, ed infine la corde, rupe a picco di circa 15 metri che ora si ascende coll’ajuto d’una fune fissa. Si giunse verso le 3" pom. sotto la nota stazione della Cravate ove si dovea passar la notte. Le rocce che s'incontrano salendo a partire dal colle del Leone, notevolmente diversificano da quelle inferiori, consistendo esse quasi esclusivamente in gneis talcoso che alterna con qualche banco di mica o taleo-scisto ed a piccole vene quarzose bigie o biancastre. Il gneis poi è ora ad elementi mediocri, ora a noccioli quarzosi e fels- patici molto grossi, assumendo un aspetto decisamente porfiroide. Queste rocce fortemente cristalline sono pur tuttavia in banchi rego- lari che proseguono sino alla cima del picco con la stessa inclinazione, e solo tratto tratto presentano locali contorsioni e disturbi, sovratutto nella pendice settentrionale. Sotto alla Cravate in mezzo agli gneis, felsiti ed ai scisti micacei e talcosi, notai una zona di qualche me- tro di scisti serpentinosi color verde cupo che formano un po’ di va- rietà in quella immensa successione di gneis. Il sito detto la Cravate. posto ad un'altitudine di oltre a 4100 me- tri, è quello ove nel 1866 avevo passato cinque notti contro una rupe che facea sporto di qualche metro. lvi io avea allora tracciato un casottino di rifugio da costrurre in pietre a secco. Nello scorso anno, mediante l’opera delle guide di Valtournanche ed un opportuno sussidio del Club alpino, tale rifugio venne eseguito benchè con non lieve fatica, ed infine munito di porta e finestrino e di pelli di mon- tone per letto, oltre a qualche masserizia indispensabile. L'utilità di simili rifugi è immensa dispensando il viaggiatore dal grave carico di.trasportare seco coperte ed altri impedimenti, ed assicurandolo in caso di cattivo tempo. Questo nostro rifugio del Cervino è certo il più elevato d’ Europa. La misurazione barometrica che ripetei vi assegna l’altitudine di 4122 metri sul mare. L'acqua vi bolle a 87° '/a C mediamente. In quest'anno gran quantità di neve gelata lo circondava talchè ci convenne spendere circa mezz'ora a scavar passi con l’ascia per raggiungerlo. Vi entrammo alle 3 ‘/a pom. spendendo il resto del giorno a preparare la parca cena. Dico parca, e tale conviene che sia a quell’altezza e dopo le 676 F GIORDANO, non ordinarie fatiche del giorno, Altrimenti facendo s’ incappa quasi di certo in una forte emicrania pel dì seguente, ciò che mi dissero le guide essere avvenuto a quasi tutti gli ascensori del Cervino. Simile avvertenza è dunque essenziale. — Intanto le buone indicazioni dal ba- rometro non m'aveano ingannato. Verso la metà del giorno molte nebbie simili a rettili enormi si erano alzate dalle valli ad avvolgere il picco, spintevi da un’aurea meridionale che è sempre pericolosa, e le guide, memori della estrema variabilità atmosferica. in quella regione, temevano assai pel domani. Jo però fidava nel barometro che era elevatissimo ed ivi alle Cravate segnava circa 469 millimetri cioè 8 millimetri più che la media del 1866. Infatti verso notte il fresco vento del nord la vinse sul suo fosco nemico meridionale spaz- zando l’atmosfera perfettamente, onde prima di coricarci godemmo lungamente lo spettacolo d’un libero e netto orizzonte occidentalé ove spiccavano le massime vette alpine ; il Viso a gran distanza, più vicino il gran Paradiso , il Combin e quella sempre dominatrice del Monte Bianco. Il mattino del 4 era splendido; l'aura ben fresca, ma non troppo, poichè il minimum della notte era stato in quel sito di soli — 8°, ed alle 7 antim. il termometro all’ombra già segnava —2°. Fatte le so- lite osservazioni e congedati li portatori per l’Italia, alle 7 partii con le due guide. Malgrado la neve ed il ghiaccio che incrostavano le rupi, in un'ora circa eravamo saliti alla punta della così detta Spalla, ove è il segnale di Tyndall. Ivi l'osservazione barometrica fatta alle 8 ‘/ dava esattamente 461 millimetri essendo l’aria a — 5° eil barometro a + 3°, ciò che importa l'altitudine di 4275 metri sul mare, poco diversa da quella trovata nel 1866. . La Spalla è unita all'ultimo cocuzzo del picco per una esile cresta rocciosa isolata fra due altissimi precipizj, lunga circa 200 metri, irta di guglie e straziata da profondi intagli in parte mascherati dalla recente neve che la rendono difficile assai a valicare. Questa mi parve la parte meno simpatica dell’ascensione. Attaccammo infine quell’ultima torre del picco alta circa 200 metri che verso l’Italia si presenta in parte con aspetto verticale. Nel 1865 la guida Carrel credendola inaccessibile avea voluto girarla prendendo ASCENSIONE DEL MONTE CERVINO 677 verso nord un passaggio obliquo ma pericolosissimo con la neve fre- sca, ed il quale infatti ci aveva arrestati nell’ ascensione del 1866. Nello scorso anno la guida Maquignaz insieme ad altre avea infine riconosciuto la possibilità di fare ciò che invano io avea allora con- sigliato, cioè di scalare la torre direttamente dal lato d’Italia mal- grado la sua apparenza verticale, ed egli aveva anzi lasciato appeso «colà un tratto di fune che ora ci fu di grande ajuto. Ci aderpicammo adunque alla meglio per quello stagliato dirupo ove la eccedenza della forza muscolare delle guide dovette più d’una volta supplire alla mia. Strisciammo sotto enormi candeloni di ghiaccio pendenti dalle roccie soprastanti e di cui un solo staccandosi ci avrebbe mandato tutti in fondo al picco; ma alfine verso il mezzo tocco afferrammo felicemente il vertice. A quell'ora le solite nebbie già s’aggiravano intorno al monte ve- landoci di tratto in tratto l’immenso panorama che di lassù si scopre. Però a me poco caleva di perdere parte di quelle vedute omai viete per me e che tuttavia formano quasi l’unico scopo degli ordinari tu- risti; io ero intento piuttosto e godeva a poter fare pel primo su quel peregrino sito serie ed utili osservazioni. La sommità del Cervino costituita, come il resto, del solito gneis ma assai quarzifero, non è una punta ma una cresta esilissima diretta circa est-ovest, lunga un 180 metri e interrotta solo da un intaglio profondo alcuni metri. L'altezza delle due vette che quindi ne risul- tano è ben poco diversa; l’orientale mi sembrò dominare ma al più di 2 o 3 metri. Ora esse erano ambedue coperte di molta neve la quale verso sud presentava una parete verticale anzi incavata. Verso il nord, ossia verso la Svizzera, la vetta presenta un pendio nevoso ripidissimo, mentre verso l’Italia una parete quasi a picco mostra le viscere rocciose del monte orridamente corrose dagli elementi. Ivi nel salire avea notato a pochi metri sotto la cima riapparire in mezzo allo gneis ed ai talcoscisti qualche strato di scisto serpenti- noso tormentato e contorto ed in cui gii elementi aveano prodotto più profonde erosioni ereandovi anzi una piccola caverna nella quale avrei passato volentieri una notte. La cresta estrema poi è tutta quanta nuovamente di un gneis talcoso quarzifero de’ cui campioni 678 F. GIORDANO, non mancai di riempirmi le tasche. Molte croste vitree e nere indi- cano le frequentissime percosse dei fulmini su quelle rocce e tut- tavia i licheni vi abbondano. i sort lo mi fermai circa 4° ‘/, sulla cima occidentale. Piantata ‘la picca nel muro di neve vi sospesi il mio barometro ed i termometri che oscillavano di circa ‘/ grado intorno a zero. Quel barometro portato lassù intatto con non lieve fatica era il primo che avesse il vanto di. determinare l'altitudine dell’ orrido picco. Mentre attendevo che. il medesimo si mettesse in equilibrio di temperie con l’atmosfera, io seduto sopra un angusto sasso e con le gambe per forza penzoloni verso l’Italia, saziava un appetito canino divorando un’ottima beccaccia in conserva presa in Torino dal nostro gastronomo Cirio. È curioso quanto io fossi ben disposto all’appetito in quel giorno, mentre gene- ralmente in tali laboriose asceusioni si è afflitti di inappetenza e le stesse guide mangiano pochissimo; io invece già nell’ ascendere aveo dovuto attaccare due volte le provviste e sulla vetta godeva la mi- gliore disposizione. Credo che la ricetta per godere tale fortuna stia nella semidieta della sera. Verso le 2 pom. potei osservare il. barometro la cui temperatura era + 5° mentre l’aria esterna oscillava di '/, grado intorno allo zero. La media delle letture fu di 448, 55 la quale riferita alle contem- poranee delle due stazioni di Aosta e di Avouil darebbe secondo il calcolo fattone accuratamente dal canonico Carrel sulle ultime tavole di Delcros, le due altitudini quasi identiche di 4504, 80 e 4503,40 la cui media è 45053, Simile cifra supera di 23 metri quella di 4482 scritta sulla carta svizzera di Dufour e che certo fu determinata tri- gonometricamente. Ora è un fatto già verificatosi molte volte, nè difficile a spiegarsi, che le altitudini date dal barometro sono assai esatte ma differiscono alquanto in più da quelle determinate. colla triangolazione. Per altra parte un’antica determinazione della mede- sima altezza pure fatta con una operazione trigonometrica dal Saus- sure darebbe l’altitudine di 5522 metri. È probabile che quest'ultima pecchi in più come ne peccherebbe eziandio l'altitudine del colle del Théodule da lui adottata. Ad ogni modo confido che la cifra da me trovata di 4303 metri, media fra. le due citate , possa ritenersi per valida. ASCENSIONE DEL MONTE CERVINO 679 Sulla stessa vetta occidentale trovai ancora infitto un pezzo del bastone piantatovi dal Carrel nel 1865 e vi legai un termometro a minimum (Casella n. 808). Chi salirà primo nel 1869 potrà leggervi il grado di massimo freddo del prossimo inverno. Però mi duole che quel termometro, di cui solo disponevo in quel momento, avesse una scala negativa alquanto ristretta , onde non potrà forse indicare tem- perature sufficientemente basse. E pregato qualche altro alpinista a mutarlo con uno più idoneo. Alle 2h ‘/» lasciammo la vetta del picco avviandoci alla discesa pel versante svizzero. Un pendio a guisa di tetto ripidissimo e tutto co- perto di neve, seguito da altro tratto roccioso più ripido ancora, pre- sentano ivi allo sguardo una prima e poco allettevole prospettiva. Quel pendio nevoso è troppo declive ed instabile per avventurarvisi e conviene raggiungere lo spigolo orientale opposto a quello tenuto nel salire , spigolo per cui sembra più sicuro il calarsi. Dovemmo adunque valicare tutta la cresta del picco camminando con molta precauzione su quell’esile muricciolo di neve ammollita. Chi ci avesse visti in quel tragitto avrebbe potuto credere si marciasse sulle uova. — Raggiunto lo spigolo pur esso tutto impastato di alta neve e ben ripido, vi incominciammo la discesa mediante continui passi o me- glio profondi buchi scavati nella medesima e scendendovi ben so- vente a rinculo. Era stato inteso colle guide che esse avrebbero portata seco una corda supplementare , precauzione consigliabile pel valico dei passi più difficili della discesa , specialmente in questa stagione ; ma le guide che sempre rifuggono dal portare pesi , fidando forse nella loro abilità aveano finito per risparmiarsene affatto l’incomodo. Non avevamo così che l’ordinaria corda di circa 20 metri con cui si stava legati nel solito modo. Scendemmo tuttavia assai lestamente tutto quel bianco e gelato pendio sino al roccioso dirupo che precede la così detta Spalla orientale, dirupo su cui appunto era avvenuta la disgrazia del 1865. La roccia vi appare qua e là fra le liscie gelate, ma essa è un brutto magma di gneis quarzoso tutto contorto e du- rissimo che non presenta appoggio al piede nè appiglio alla mano. Quelle rupi poi e quei precipizj che visti dalle valli inferiori appaiono cose da nulla, ora che vi stavamo in mezzo assumevano proporzioni 630 F. GIORDANO, grandiose ed imponenti, Lo sguardo piomba di quivi sull’orrido ghiac- claio del Matterhorn a 1200 metri almeno di profondità ove anda- rono in ultimo a sfracellarsi li caduti nel 1863, e dove giace ancora non rinvenuto il cadavere di Lord Douglas. Una immensa valanga di ghiaccio precipitava allora appunto dal rotto ciglione di quel ghiac- ciaio balzando nella valle inferiore di Zmutt, e mandava sino a noi un suono lugubre che si prolungò per molti minuti. — Nello scendere per quei difficili passi compresi come in dati casi si possa tagliare una corda e rammaricai anche un poco la nostra dimenticanza della seconda corda, perchè mi parve certo che scivolando uno qualunque di noi, tutti dovevamo precipitare; presto però mi tranquillizzai ve- dendo che le mie guide possedevano in certo grado la proprietà di aderenza delle mosche. Infatti malgrado che il gelo ultimo avesse reso quel versante excéedingly difficult, come trovai poi scritto da alcuni inglesi che l'avevano provato pochi giorni prima, noi scendemmo senza accidente e direi quasi con elegante agilità quei brutti sdruc- cioli. La novità del sito, i passi strani e la grandiosità di quelle scene, innalzano l’animo e gli danno un vigore che sfida, anzi gode, nei mag- giori cimenti. Così giungemmo alfine a quella sporgenza settentrionale detta la Spalla e che corrisponde a quella della punta Tyndall del versante nostro. Ivi incomincia la miffore repenza e trovasi di nuovo abbon- dante la neve. Ivi volli ancora osservare il barometro e. prendere refezione per la 4° o 5? volta. Ma tutte queste mie fermate per osservare il barometro , staccar sassi, prender note o cibo, ci avevano, con sommo dispiacere delle guide, ritardato di molto e. già in questa stagione il crepuscolo. ci sorprendeva quando ancora stavamo ad un'altitudine di oltre 4000 metri, La notte era imminente, resa più fosca dalle nebbie che viep- più fitte avvolgevano gran parte del monte e rendevano oltremodo incerta la direzione da prendere nella discesa per quei dirupi. Nostro scopo era soltanto il giungere nella sera ad una baracca che, ad imitazione della nostra, era stata testè costrutta dalle guide svizzere su quel versante; essa trovavasi però notevolmente più in basso della nostra ed il ritrovarla in quel buio era cosa assai malagevole. Lo ASCENSIONE DEL MONTE CERVINO 684 credetti miglior partito lo attendere che la luna, allora piena, avesse alquanto dissipate le nebbie della sera, fenomeno assai frequente e noto col proverbio: la luna mangia le nubi. Frattanto noi godevamo da quelle alte balze nuovo e tetro spettacolo; sotto di noi era una lotta di nembi tempestosi solcati dai fulmini che correvano a scari- carsi sul Vallese con rombo sordo e continuo. L'orizzonte in quella parte era tratto tratto rischiarato da tinte rosso-cupe tremolanti e stranissime. Alfine lo sperato aiuto della luna non ci mancò e verso le 9 l’aere se non affatto chiaro, libero abbastanza, ci permise di avventurarci alla discesa. La desiata baracca però stava molto in basso e noi benchè divallandoci destramente or di qua, or di là per quelle balze, mai riuscivamo a scoprirla; cosa del resto assai naturale con quell’incerto chiarore. Chi dal basso vede quella ripida parete pendente sul ghiacciaio di Furgen, mal crederebbe possibile il ca- larne così francamente nel mezzo della notte; eppure malgrado i cattivi passi e le molte pietre staccate che ci mancavano sovente l’ap- poggio, non provammo alenn incidente, Io tediato alfine dopo tanto errare, stava per ordinare di far bivacco sotto una rupe qualunque, quando il Maquignaz che già conosceva quei siti scoprì alfine l'alta rupe a cui sta appoggiata la baracca. Era la mezzanotte precisa quando vi entrammo. Questa felice discesa notturna del Cervino ben può annoverarsi fra le notevoli particolarità della nostra escursione. Nella baracchetta svizzera trovammo paglia asciutta e quattro co- perte di lana con diversi utensili di eucina, mediante cui e le nostre provviste ci preparammo tosto una lauta cena con brodo di Liebig, vino caldo, the e caffè. Ben soddisfatto della mia giornata, con mente affatto serena mi coricai su quel morbido letto e dormj buon sonno finchè lo splendido sole del di seguente (3 settembre) penetrò pel finestrino della baracca a risvegliarmi. La temperatura era molto dolce, poichè alle 7 antim. già si avevano 4 2°, e del resto quel ver- sante salutato dal sole nascente gode dal primo mattino una assai gradevole temperatura. Il barometro a quell’ora segnava 4861, 35, Ne risulta per l'altitudine della baracca svizzera 3818 metri. Questa starebbe adunque di 304 metri sotto la nostra. 682 F. GIORDANO, Non ho citato sinora le indicazioni dell’aneroide che, come già dissi, portavo meco e che pure osservavo frequentemente. Esso dev? essere al certo l’uno de’ migliori sinora costrutti; tuttavia presentavami il solito inconveniente di simili strumenti, cioè un ritardo nelle indica- zioni dovute alla pigrizia od imperfetta elasticità del metallo. Il ri- tardo era di circa 22% per ogni 1000 metri di altitudine, ciò che non toglie essere uno strumento preziosissimo per determinare le stazioni secondarie in quei difficili siti. Alla cima del Cervino esso segnava 434229, 50; cifra che pecca certamente in più di bMm, Lasciammo assai tardi la baracca accingendoci vegeti al resto della discesa che, quantunque lunga assai ( Zermatt è solo 1620 metri sul mare), pareaci ormai di poca fatica e senza rischi. Ci calavamo infatti assai lestamente per quella scabra faccia ruinosa che pende sul ghiac- ciaio di Furgen. La roccia di quel versante è dovunque il solito gneis d'aspetto al- quanto vario ed alternante a zone quarzose, ma in banchi regolari benchè in qualche sito contorti. In niun sito mi avvenne di osservare l’eufotide che, come vedemmo, si presenta invece in massa così po- tente sul versante occidentale. Malgrado la solidità dello gneis quar- zoso che costituisce quel pendio, la sua superficie dalla spalla in giù, è sovente tutta fessurata e sparsa di massi moventi, condizione molto pericolosa per le valanghe di pietre che avvengono con tanta faci- lità allo squagliarsi della neve e del ghiaccio ne’ giorni più caldi, Noi scendevamo rapidi ed allegri, ed io stavo cogliendo il primo ce- spuglietto di fiori incontrato in quelle rupi, un bel selene, quando un fracasso sinistro suonò in alto su di noi e vedemmo volarci addosso una gran valanga di sassi. Ci precipitammo a nasconderci alla meglio. sotto alcune rupi sporgenti che però non erano alte abbastanza e vi restammo così qualche minuto nel più serio pericolo, sentendo volare sopra ed intorno a noi massi di ogni volume fra denso polverio e fragore terribile. Carrel ch’era in alto ed il più esposto fu illeso, come dicesi, per miracolo; io ricevetti un buon masso sul dorso e mentre simile ad una marmotta tentava di vieppiù rintanarmi, sci- volai indietro ed accolsi molta fine mitraglia sulle gambe. Quanto al Maquignaz fu salvo solamente dal zaino militare che portava in spalla ASCENSIONE DEL MONTE CERVINO 685 e che dal colpo d’un masso venne proprio squarciato in due. Anche la busta del barometro ricevette non lievi contusioni ma lo strumento ebbe, come noi, salva la vita. Questo pericolo delle volate di sassi è forse il più serio che ora s'incontra dal lato di Zermatt. Le guide più intrepide ne tremano e con ragione perchè la loro forza ed abilità a nulla valgono contro di esse. Sarebbe desiderabile che il passaggio in quella discesa, a vece di tenersi sul pendio che guarda il ghiacciaio di Furgen, sempre esposto a tali cadute, si potesse tenere sulla costola dello sperone sopra alla costiera di Hérnli, e noi cercammo infatti di trovarvi un passaggio qualunque; ma il sito era oltremodo scosceso nè ci caleva per ora il fare tale scoperta, che dovrebbe interessare in modo spe- ciale le guide di Zermatt. Seguimmo pertanto il solito pendio acce- lerando la discesa per quei botri, mentre a poca distanza altre simili valanghe precipitavano con gran fragore e nembi di polvere. Riu- scimmo infine a calarci sul ripido ghiacciaio ove scavando passi con l’ascia potemmo discendere tenendo quasi di continuo il piede di alte rupi che ci coprivano dalla mitraglia del picco. Io intanto considerava con sempre viva curiosità quello gneis tal: coso così perfettamente cristallino che costituisce quella. pendice orientale e che in più d'un sito è d’un aspetto granitoide bellissimo, In niun punto, come già cennai, mi venne fatto vedere qui traccia dell’ eufotide che tanto è sviluppata sull'altro versante. Verso i 3000 metri d’altitudine vidi poi questo gneis passare prima a certi scisti verdognoli chiari come al monte dell’Eura sul versante italiano ‘e poco sotto succedere subitamente li calcescisti bruni in banchi assai po- tenti che alternano più volte con scisti verdi serpentinosi, talcosi e eloritici. Questa formazione calcareo serpentinosa che è qui eviden- temente il proseguimento di quella dei colli di Furgen e di San Théodule, vedesi egualmente formare la base nord del picco lungo il ghiacciaio di Zmutt, e verso est essa costituisce ancora tutta la lunga costiera detta di Hornli. Io seguitai quest’ ultima ‘ed avan- zando molto ancora del giorno scesi sulla morena sinistra del ghiac- ciaio di Furgen per andar a visitare il laghetto (Schwarz Sce) da me non ancora veduto. in tale tragitto potei osservare intercalati alla 084 F. GIORDANO, formazione in discorso.dei banchi di dolomite; di carniola e di quar- ziti tegolari, rocce che precisamente la caratterizzano in varie località dei dintorni, sia in Italia che in Svizzera. Nella morena poi del ghiac- ciaio non trovai il minimo frammento di eufotide, seconda e conclu- dente prova che tale roccia non appare nel fianco orientale del picco. Scendendo infine dal laghetto nero sino a Zermatt sempre s'attraversa la potentissima serie di scisti verdi serpentinosi, cloritici ed anfibolici che può dirsi la base della formazione medesima e la quale poi ri- posa su gneis e graniti del monte Rosa. Alle 2% pom. entrammo in Zermattove la famiglia del signor Seiler, vice-presidente del Club alpino svizzero (sezione Monte Rosa) e pa- drone ivi degli alberghi, ci accolse colla sua solita affabilità. Anche diversi inglesi là presenti vedendomi giungere di lassù col barometro intalto e le tasche piene di sassi della punta, vennero a felicitarmi con qualche lode e vantaggio del nostro Club alpino. Seguitando in quei giorni un tempo bellissimo, ne profittai subito per eseguire un interessante giro tutt’ intorno al monte Rosa passando per Stalden, Saas, il monte Moro e l'alto delle valli di Macugnaga, Gressoney ed Ayas. Il 12 a sera io era di bel nuovo al Breil al piede del Cervino e mi proponeva di eseguire ancora a complemento di stadio alcune accessorie escursioni ne’ suoi dintorni, Già nell’agosto avea saliti li vicini colli di Furgen e di Valtournanche, indi pel ghiac- ciaio di Zmutt visitato il suo piede settentrionale. Lo avea pure esaminato dalla cima dello Stockje e dell’alto colle di Herens di dove meriterebbe una fotografia. Ora avrei voluto esaminare meglio il contrafforte al ponente di esso che contiene il monte Tabor o Dent- de-Herens, analogo assai per forma e per costituzione. Ma il cielo era mutato ed il tempo di aspettarne uno migliore mi mancava, onde do- vetti tralasciare queste ultime verificazioni. — Nel mattino del 13 sotto triste pioggia lasciai quel sito diretto a Chatillon ed alla pianura. Più tardi il cielo si rischiarava in qualche tratto e quando già scen- dendo nelle vicinanze di Anthey mi rivolsi indietro, vidi per l’ultima volta l’alto picco tutto bianco di neve che proiettava nel cielo vapo- roso del settembre la sua punta minaccievole e strana. Chiuderò la mia narrazione, con pochi cenni indispensabili di rias- sunto sulla orografia e geologia del Cervino. ASCENSIONE: DEL MONTE: CERVINO 688 ‘Sulla orografia. potrei ripetere quasi' esattamente ciò‘ che già ne. scriveva dopo l’ascensione del 1866. La forma-del: picco è all’in- grosso quella d'una gigantesca piramide che si ‘estolle ripidissima ed isolata quasi d’ogni parte per circa 1800 metri dai circostanti ghiac-» ciai ‘e valloni. Le facce principali della piramide sono cinque, di cui tre guardano al versante svizzero e due all'italiano. La più ripida, tanto che in parte strapiomba, è rivolta al nord sul ghiacciaio del Cervino (Matterhorn-gletscher). Per essa caddero gl’Inglesi nel 1865, Le altre il. sono meno di quel che appaia dal basso, però sempre tanto che un corpo cadente sovr’esse difficilissimamente. troverebbe a fermarvisi fino al. piede. Le due faccie occidentali formano lo spi- golo per cui si. sale partendo dall’ Italia, ed è un risalto di questo spi- golo che forma da quel lato la Spalla e. la sua punta detta il segnale di Tyndall. Sul versante svizzero si pratica lo spigolo opposto diretto. a nord-est, che scende prima ripido poi dolce lungo la lunghissima costiera. dell’Hornli. La vetta del picco, come già descrissi, non è una punta acuta, bensì una esile cresta a guisa di cuneo, lunga 180 me- ri, diretta circa est-ovest, e divisa da un intaglio di qualche metro in due parti quasi eguali in altezza. La forma della vetta è simile assai a quella del prossimo Monte Tabor o Dente di Herens picco di analoga costituzione geologica che sorge a 4180 metri d’altezza. un quattro chilometri più all’ovest del contrafforte medesimo, Ecco il riassunto dell’altitudine dei punti PEDARA del Cervino e dintorni: Casolare di Avouil, stazione barometrica del canonico Car- rel, poco sotto il Breil (determinata dal medesimo). Metri 1980 MabasolazidelsBreil. (id)... siria tanta ep L01 :. Albergo del Monte-Cervino al Giomein, poco sopra ci 00 Colle:del. Leone ad ovest del. picco... . . ... » 3640 Baracca italiana alle Cravate .. ... PERSIA EROE, 0011 0010) Spalla dal lato d’Italia sanala Tyndall) SIORAIRE TENETE 9 «Cima del picco ... . miliari Baragga Svizzera, sli ».. 3818 : Noterò ancora quale punto ioligi tili sia di quei piper il colle SOLI. 4W 686 F. GIORDANO; o passo del San Théodule. Già per ripetute misurazioni barometriche fatte negli anni 1865-66 avevo trovato per la baracca di rifugio co- strutta su di esso la cifra di 3332 metri. Tale cifra comunicata allora al signor Dollfus-Ausset eragli servita a correggere l’altitudine dell’os- servatorio meteorologico dal medesimo mantenuto per 43 mesi in quella baracca. Altre due osservazioni fattevi in quest'anno 1868 mi darebbero ancora per media 3334 metri. Siccome la detta baracca sta a circa 15 metri sopra il vero colle, così credo che possa ritenersi per questo la cifra di 3320 metri quasi identica a quella di 3322 segnata sulla carta svizzera del Dufour. Quanto alla relativa difficoltà di salire e scendere il Monte Cervino per l’uno o l’altro versante, posso confermare l’opinione che il ver- sante svizzero è più agevole ma più pericoloso, quello italiano più laborioso ma più sicuro. Anche dalle cadute di sassi il lato. italiano è sicurissimo, oppostamente a quanto ne fu detto da alcune guide sviz- zere e quirdi da Ball riferito nel suo: Guide to the Western Alps, edizione del 1866. — Ora sulla geognostica costituzione. A maggiore delucidazione unisco alcune tavole rapidamente dise- gnate ma sufficienti allo scopo, cioè: 1.° Due vedute del picco; l’una dal lato d’Italia, l’altra dal lato svizzero di Zermatt (Tav. 6). 2.° Una sezione del solo picco ove la natura delle roccie alle varie altezze è assai minutamente indicata. Per comodità delle figure le altezze vi sono di molto esagerate (Tav. 7). 5.° Due sezioni ortogonali fra loro, ambedue condotte pel Cer- vino, l'una est-ovest che passa pel Monte Rosa ed il Monte Tabor, l’altra circa nord-sud che dal Vallese viene per l’alto ‘della valle Tournanche sino al monte Pillonet sopra Ayas. Queste due sezioni che dimostrano le relazioni della struttura del picco con quella delle circostanti regioni alpine hanno una certa importanza (Tav. 8). Adunque la parte inferiore del Monte Cervino sino a circa 3000 metri d’altitudine sul mare è una formazione che chiamerò calcareo= serpenlinosa, essenzialmente costituita da scisti serpentinosi, talcosi, ASCENSIONE DEL MONTE CERVINO 687 cloritici più o meno granatiferi, sovente anche anfibolici, coi quali scisti alternano banchi di calcare cristallino scistoso micaceo o talci= fero, ossia di calcescisto, con molte arnioni di quarzo. Il colore suo è per lo più bruno-violaceo e l’aspetto assai caratteristico. Qua e là però invece d’un calcare scistoso si trovano calcari suberistallini più o meno dolomitici, talvolta fortemente selciferi ed anche intermezzati da banchi di vera quarzite in lastre tegolari. Vi si incontra pure fre- quente la carniola o calcare cavernoso in banchi o grosse amigdale ed il gesso. Gli scisti serpentinosi , steatitosi ed anfibolici, pel loro colore verde cupo imprimono un carattere assai speciale a questa formazione tanto estesa nella valle Tournanche, talchè come già usò il Gastaldi che la osservava pure estesissima nelle alpi occidentali, potrebbe chiamarsi la zona verde. Essa forma come un vasto man- tello tutto intorno al nucleo granitico e felspatico del’ Monte Rosa. Gli scisti serpentinosi vi presentano molta varietà d’aspetto e talvolta sì vedono divenire compatti come una serpentina massiccia ed anche passare alla steatite, alla pietra ollare ed all’eufotide. Sopra questa formazione calcareo-serpentinosa riposa in regolare successione una potente zona di gneis talcoso intermezzata di frequenti liste quarzi- tiche nonchè di qualche letto di scisto talcoso e serpentinoso. Questo gneis talcoso costituisce, come vedemmo, tutta la piramide del Cervino per un'altezza di 1500 metri. — Percorrendo quei dintorni trovasi che questa stessa formazione di gneis talcoso e di scisti serpentinosi, anfi- bolici e calcarei che vi fan base, costituisce pure diversi altri pic- chi analoghi di forma al Cervino, li quali sorgono in vasta e lonta- na corona intorno al. Monte Rosa quali sono la Dent-blanche, il Gabelhorn, il Weiss-horn e più oltre le cime del Alphubel e del Rimpfisch nella parte svizzera, nonchè altre diverse sul versante italiano. Si avrà una qualche idea di tale costituzione guardando le due sezioni generali (tavola 8) che si presentano insieme alla sezione speciale del Cervino. In questa ultima osserviamo intercalata allo gneis quella specie di grossa amigdala di eufotide; ma tale massa gra- nitoide che pur vedesi proseguire al nord oltre il ghiacciaio di Zmutt, nello Stockje ed al piede dello Schoònbuhl, non avrebbe in sè una grande importanza perchè vedesi poi tutt’attorno ripassare in- 688 F. GIORDANO, sensibilmente allo gneis talcoso in modo da rappresentare una sem- plice varietà più cristallina di questa roccia probabilmente ridotta în simile stato da un grado più avanzato di locale metamorfismo. Non v'ha dubbio infatti che ad. una azione metamorfica molto energica sopra antichissimi depositi oceanici debba attribuirsi la struttura degli strati che ora vediamo cristallizzati contorti e rialzati formare queste alte vette alpine. i _ Quale è l'età geologica di questi depositi? Ardua questione, mentre sinora non vi si scopriva traccia alcuna di resti organici. Però dietro lunghi studj nelle alpi occidentali e nei dintorni del Monte Bianco alcuni geologi francesi e svizzeri furono indotti a ravvisare in quella zona verde e ricca di calcescisto, di dolomite, carniola, gesso, quarzite, e da cui pure tratto tratto escono sorgenti salate, un rappresentante del Trias. Nel caso nostro l’ ipotesi sembrerebbe confermata da alcuni fatti importanti. Per esempio vediamo nella nostra seconda sezione geo- logica che questa zona calcareo-serpentinosa riappare nel cantone Val- lese nei dintorni di Handeres e di Evolena rialzata verso nord ed ‘appog- giata ad una catena di micascisti antichi. Ove si proseguisse più oltre tale sezione verso Sion, vedrebbesi che quella formazione calcareo-serpen: tinosag dopo scavalcato quel dosso di micascisti e dopo varie forti in- flessioni, sembra posare sul terreno carbonifero in cui si escavano le antraciti di Bramois ed altri punti lungo la valle del Rodano. Una consimile disposizione trovasi in diversi altri siti nelle alpi occidentali e centrali dove vedonsi apparire le lunghe ed esili striscie del nostro terreno antracifero alpino. In diversi punti poi delle alpi medesime, sovratutto nella valle d’Aosta, trovasi intercalato in tale formazione, ma probabilmente in una delle sue zone inferiori, un banco cloritico granatifero ricco di pirite ramosa il quale costituisce le miniere di San Marcel, Champ-de-Praz, Ollomont ed Alagna. In altri siti invece come per esempio lungo il fianco meridionale della catena del Monte Bianco, la stessa formazione è in contatto di calcari molto fossiliferi che presentano li precisi dati del Lias. Simili fatti indarrebbero a collocare la formazione in discorso fra quest’ultimo terreno e il car- bonifero , rendendo così probabile la sua coincidenza col. periodo Permeano-Triassico della Germania, ove trovasi eziandio una zona ASCENSIONE DEL MONTE CERVINO 689 ramifera, quella del Mansfeld, abbenchè sotto aspetto litologico assai diverso. Quest'aspelto litologico che nelle alpi è altamente cristallino, sarebbe dovuto, come già fu detto, a qnel metamorfismo il quale più che altrove ebbe già quivi lunga e. potentissima azione producendo una quantità di roccie che presentano infinite gradazioni e talvolta assumono la struttura più decisamente granitica. — Malgrado tali analogie io espongo quanto sopra come pura ipotesi, non potendo ancora accertare da per me la vera anteriorità del carbonifero. Restaci altra questione la quale principalmente dal Cervino può ricevere lo scioglimento. L’alto grado di cristallinità delle rocce gne- siache costituenti la sua parte superiore, ingenerò in molti geologi l’idea che simili gneis talcosi fossero molto antichi ed insomma ante- riori d’età agli strati scistosi della così detta formazione verde calcareo- serpentinosa. Infatti in qualche carta geologica da me veduta, la punta del Cervino è segnata in rosso, quasi fosse di roccia cristallina più antica e profonda che le roccie della base, ovvero anche emersoria. Invero una simile idea potrebbe a prima vista ingenerarsi quando si esaminasse soltanto il vasto gruppo pure gnesiaco degli altri picchi già citati che circondano il Monte Rosa, come sono il Dent-Blanche, Gabelhorn, Weisshorn, etc., del versante svizzero. Riguardo a questi, gli anzidetti geologi avrebbero supposto che gli gneis talcosi. siano esciti dal sotto attraverso la formazione calcarifera, rovesciandosi. poi lateralmente in ventaglio precisamente come si ammette per le pro- togine del Monte Bianco. Osserverò anzitutto che simile disposizione non parmi nemmeno ammessibile per quel gruppo di picchi del Val- ‘ lese. Guardando la sezione nostra nord-sud vedesi la formazione cal- careo serpentinosa affiorare nella valle di Zmutt e sul versante vallese con inclinazioni opposte, accennando così ad un semplicissimo arco rovescio sul quale sarebbe assai regolarmente adagiata la formazione dello gneis talcoso. Percorrendo poi la base orientale dei picchi sud- detti tutto lungo la valle di Zermatt, vedesi benissimo la stessa for- mazione calcareo-serpentinosa in zona continua immergersi ovun- que sotto lo gneis, dimodochè veramente essa formazione presente- rebbe una conca continua sulla quale riposa la formazione gnesiaca. Quest'ultima sarebbe dunque di età posteriore. — Ma se la cosa po- ‘690 F. GIORDANO, teva forse restare incerta stante la vastità e difficoltà della ‘regione da esplorare e l’intralcio che.talora vi presentano quelle stratificazioni tanto sconvolte, la sezione del Cervino toglie ora ogni dubbio; ed è quindi d’uno speciale e positivo interesse. Qui non è ammissibile la emersione. dello gneis dal sotto, ed è evidente invece la regolare so- vrapposizione dello gneis il più cristallino alla formazione scistosa. Volendo sostenere il contrario occorrerebbe ammettere che lo gneis emerso pastoso da qualche altro punto, per esempio dal sito della Dent-Blanche e del Weisshorn, fosse venuto a riversarsi sul sito ove è ora il Cervino, ed anzi molto più lungi verso il sud, sino sopra le regioni della valle d’Ayas ed oltre. Infatti nelle ultime escursioni da me fatte sulle alpi italiane nei dintorni di Ayas, vidi le cime del Pillonet ed altre sul contrafforte al sud di Val Tournanche e distanti 25 a 30 chilometri da quei picchi, costituite da gneis talcoso analogo affatto, e che egualmente riposa sulla formazione scistosa calearifera in discorso, come appare dalla sezione nord-sud unita a questo scritto, Di simili rovesciamenti in assai vasta scala si riscontrano; è vero, non pochi nelle alpi; ma qui non sarebbe il caso perché la serie stratigrafica vi si presenta semplicissima e nella sua naturale crono- logica successione dal piede sino alla cima del picco formando un solo complesso. Ne farebbe anche prova il ripetersi degli scisti verdi serpentinosi fra lo gneis a diverse altezze, per esempio alle Cravate e persino a pochi metri sotto la punta. — Analoga disposizione del resto si può vedere nelle vicinanze, per esempio sul contrafforte medesimo che fa seguito a ponente del Cervino e del Monte Tabor. lvi pure ben vedesi lo gneis talcoso e micaceo star sopra alla formazione calcareo-serpentinosa, e sopra questa poi ripetersi non solo gli scisti verdi serpentinosi, ma anche dei lembi di calcare dolomitico. Sulla punta del Cervino manca, è vero, il calcare, ma tale assenza può essere dovuta o ad una semplice accidentalità, stantechè i banchi di questo calcare non presentano ovunque un'assoluta continuità, ovvero soltanto ad una più forte distruzione di strati operatasi sulla vetta medesima. Comunque sia, niun esempio poteva trovarsi più palpabile e decisivo del Cervino stesso per indurci a rinunziare a simili ipotesi di emersioni e di rovesciamenti, semplificando di molto la stratigrafia ASCENSIONE DEL MONTE CERVINO 691 di quelle regioni. Quanto alla spiccata cristallinità delle zone superiori del picco, il ripeto, deve essa ritenersi come l’effetto di quell’energico metamorfismo. il quale tanto operò nelle regioni alpine modificando più o meno la struttura molecolare degli antichi sedimenti, a seconda della loro chimica composizione e delle condizioni di temperatura e di pressione che si verificavano in fondo a quegli oceani di antichità remotissima. — Il sollevamento successivo della enorme massa gra- nitoide del Monte Rosa portò ad emergere a poco a poco tutto intorno a sè quegli strati, nel modo istesso in cui nelle Alpi occidentali il nucleo felspatico granitoide del gran Paradiso li sollevava intorno a sè per estensione grandissima. Questi due grandi sollevamenti , ad una con quello del Monte Bianco al nord, determinarono gli assi delle catene delle alpi Pennine e delle Graje e con essi li tratti essenziali dell'orografia della valle d’Aosta e delle vicine regioni. Intanto le fratture colossali che il sollevamento e le successive ondulazioni producevano in quelle masse emergenti tracciarono le prime vallate cui poscia durante un numero enorme di secoli il cor- rodere delle meteore e delle acque allargarono e ridussero allo stato presente. L’ispezione delle annesse figure, ma più ancora la vista istessa di quelle desolate regioni da un alto punto centrale, danno un’ idea imponente detta distruzione operata in quegli strati antichi che avvolgevano e coprivano il Monte Rosa, nonchè del volume sterminato di detriti cui le correnti alpine ed i ghiacciai convoglia- rono alle regioni inferiori, lasciando, pochi ed esili testimonj, ancora emergenti li picchi attuali, fra cui singolarissimo il Cervino. Diverse naturali condizioni contribuirono in dare a questo picco la forma stranamente acuta e l'isolamento che lo distinguono. Tale è la rela- tiva durezza delle sue rocce quarzifere e quella sovratutto del banco cristallino che gli serve di piedistallo il quale riposa sovra una for- mazione calcareo sfogliosa pronta allo sfacelo. — I ripidi ghiacciai che ovunque ne fasciano il piede, nel loro corso lento ma incessante esportano li detriti delle valanghe di sassi che ovunque vanno preci- pitando dai suoi ripidi fianchi, Senza questi poderosi veicoli che ne spazzano il piede, forse già il picco sarebbe sepolto fra le proprie rovine, mentre invece a malgrado lo spoglio secolare operato dal gelo, 692 ©4100 UR GIORDANO}: 0}? dalle acque ed altre meteore, esso sorge:è sorgerà per molto tempo ancora acuto ed ardito a vera meraviglia dei: viaggiatori.Ora il suo torreggiare isolato in quelle nevose ed elevate regioni, i fianchi sta- gliati, lo strano e scenico lineamento d’ogni sua parte, riassumono in questo. picco. l’ardito carattere alpino. Tre anni or sono esso era quasi soltanto l’oggelto di artistica ammirazione e si reputava inac- cessibile agli strumenti del fisico ;ed. al martello del geologo. lo-mi compiaccio ‘che la durata persistenza ci. abbia permesso di. soggio- garlo completamente non senza un utile. risultato per la geologia di quell’ardua regione delle alte alpi. Non posso abbandonare la preziosa occasione di parlare innanzi a questa assemblea senza toccare un argomento interessantissimo, quello del nostro Club alpino. Questa nobile e. virile istituzione fondavasi pochi anni or sono in Torino ove ancor tiene Ja sua sede, per îni- ziativa di Quintino Sella ed altri dotti naturalisti ed uomini di Stato, Essa era intesa a svegliare la parte eletta della nostra gioventù e in- dirizzandola alle escursioni di montagna, aprirle un arringo di severo esercizio e insieme di utili studi , quali vengono praticati con tanto amore e vantaggio dalla gioventù tedesca ed'inglese, cui vediamo ogni anno accorrere entusiasta a salire e studiare in vece nostra le nostre belle montagne. Ora il tempo mi manca per dimostrare li tanti buoni effetti che potrebbero attendersi da simile istituzione, non soltanto nel- l'ordine morale ed artistico, ma eziandio per la topografia; la meteo» rologia , la storia naturale, Ta coltura selvana,l' idrografia e per di- verse utili industrie. Ristringendomi alla’ geologia osserverò; che lo studio delle alte regioni montuose e particolarmente delle nostre Alpi mal si può fare percorrendo soltanto il: fondo delle valli. e le basse o medie pendici sempre ingombre di vegetazione e di immensi de- triti. È indispensabile il percorrere le creste dei contrafforti edi loro fianchi dirupati e toccare con mano le più alte vette che presentano al nudo l’anatomia della crosta terrestre. Ora queste escursioni: non si fanno senza certa fatica ed una pratica dei mali passi e de’ghiacciai che solo si possono attendere da individui alquanto esercitati all’ar+ dua scuola del cacciatore di camosci, Gli utili risultati però sarebbero ASCENSIONE DEL MONTE CERVINO 695 molti e pronti e certo già sarebbersi evitati molti anni di lunghissime discussioni nei libri ed accademie e di dannose incertezze, con soli pochi giorni di ardita escursione nei siti ove i fatti si presentano al- l'occhio evidenti. Sgraziatamente il nostro Club, dopo un primo e breve: slancio, parve intorpidirsi talmente da lasciar temere una vi- cina e poco onorata estinzione. Percorsi ancora quest'anno una vasta estensione di alpi senza incontrarvi alcuno de’ suoi membri. La nostra gioventù robusta e doviziosa spendendo altrove il suo tempo di ricreazione e il danaro, lascierebbe credere che queste virili isti- tuzioni non si confacciano al suo genio e temperamento. Simile im- putazione è forse esagerata, ed io non disconosco quanto le vi- cende politiche ed economiche fra cui laboriosamente ora naviga il nostro. paese, abbiano potuto recare grave e prolungato disturbo a queste occupazioni che, comunque utilissime, sono di ordine secon- dario. Oggi però che le circostanze sono ormai mutate ed il paese tutto si indirizza alle utili elucubrazioni, è tempo che l’anzicennata imputa- zione venga smentita dai nostri fatti. Ora fra gli esercizi che riuni- scono l’ utile al dilettevole, due ce ne appresenta la geografia stessa dell’Italia cui dl mar circonda e l’alpe, cioè le escursioni e le gare marittime così favorito diletto alla gioventù inglese, e quelle montane. Egli è però ben doloroso che da troppi fra i nostri uomini non sia an- cora compresa la portata di simili idee, e che anzi a proposito della re- cente nostra associazione alpinista si oda da molti parlare degli alpi- nisti come di imprudenti che vanno a cercarsi inutili fatiche e peri- coli. Simili parole meritano nemmeno una risposta. È inutile certo il parlare di grandi sensazioni e di maschi diletti a chi è pigro o timo- roso, ed. un autore già disse che un merlo il quale passa la sua vita a cantare rinchiuso nella sua gabbia in fondo ad un angusto cortile, mon. può comprendere che l’aquila si diletti a spaziare nelle sublimi regioni dell’aria e l’alcione librarsi nelle tempeste dell’ oceano. Intanto basti il vedere che l'inglese popolo, serio ma ‘entusiasta di simili esercizj, e fra cui appunto ebbe nascita il primo Club alpino, ha con- quistato per sè il globo. Quanto ai pericoli delle escursioni, essi, come quelli del mare, si vincono facilmente da chi sa accoppiare all’ attività 694 F. GIORDANO, ASCENSIONE DEL MONTE CERVINO la necessaria prudenza. L’ esempio del Cervino è concludente. Tre anni or sono era inacessibile, ed ora è salito con indifferenza dai na- turalisti, ed io non dubito che anche qualche gentile donna potrà portarvi il suo piede (4). : lo afferro adunque la preziosa occasione di trovarmi in queste pro- vincie che racchiudono tanta parte delle alpi italiane per gettare ‘una parola a pro di questa giovane associazione che ha urgente bisogno di nuovo impulso e rinforzo. Non è però necessario l’essere giovani per concorrervi, perchè chi non può ajutare con l’opera attiva basta aiuti con la tenue quota annuale. Già si sta progettando una succur- sale a Firenze, tanto più opportuna che non le sole Alpi esterne, ma anche gli Appennini e le isole nostre possono e devono esser campo di utili e dilettevoli escursioni. Una succursale consimile , quando si fosse qui raccolto un numero sufficiente di nuovi Socj, sarebbe oppor- tunissima nel Veneto e precisamente qui in Vicenza che rispetto alle catene montuose può dirsene il punto centrale. Se questo invito con- durrà ad un qualche risultato, esso sarà certo non ultimo tra i pre- ziosi frutti che mi lice sperare dalle durate fatiche e dalla narrazione cui do ora termine. Introduzione alla seconda Memoria per gli studj sulle Cocciniglie, e Catalogo dei generi e delle specie della famiglia dei Coccidi, ripista e ordinata da Avorro Tarcioni-Tozzerti. (2) La storia delle Cocciniglie ha due punti di origine nel passato. Da una parte sono noti ed adoperati volgarmente i Coccos dei Greci, Coccus dei Latini, Chermes o Kermes degli Arabi, il grano (4) Oltre a diversi alpinisti esteri che ora gia fecero l’ascensione del picco, deve ram- mentarsi la signorina Felicita Carrel, nipote del canonico d’Aosta che nel 1867 accom- pagnò le guide nostre sin quasi.alla punta. (2) V. Targioni Tozzetti, Studi sulle Cocciniglie. Mem. della Società italiana di scienze naturali. Vol. 3 (1867). A. TARGIONI-TOZZETTI,) STUDJ SULLE COCCINIGLIE 69% o la grana tintoria delle radici di alcune piante, tutti del vecchio mondo, e ad essi si aggiunge più tardi, e con maggiori pregi, la Coc- ciniglia del Messico. Dall'altra parte, in tempi e occasioni diverse, si osservano sul mirto, sull’olivo, sulla vite, sugli aranci e sui limoni, delle gonfiezze circo- scritte e minute, le quali deturpano le piante nell’aspetto, e pajono stato o segno di malattia. La natura delle cose della prima serie è argomento di lunga discussione fra i dotti, ma il grano delle radici ha in Oriente nomi volgari, che indicano color rosso e qualità di verme, che è quanto dire di animale, e se la voce di Cocco implica solamente l’idea di protuberanza, e quella di Hermes l’idea del rosso, i provenzali cono- scono a meraviglia e seguono le fasi della vita dei Chermes dei loro Lecci. e per la Cocciniglia fa buono in Europa invocare la testi- monianza degli allevatori americani, a persuadere gli increduli che i corpiccioli, di cui si compone la merce, sono corpi di animali e di insetti. La natura delle escrescenze insolite del mirto, della vite, dei limo- ni è o intravveduta o riconosciuta pienamente da Colonna, da Galeaz- zi, da De la Hire, sebbene le idee intorno alla loro origine non sieno tutte nè per tutti chiare ugualmente. Reaumur, venuto su questi propo- siti, vi porta però una luce nuova, e rivedendo le cose già note, molte altre trovandone ancora, osserva, analizza, scopre relazioni, conclude affermando comune tutte per la qualità di animali e d’insetti, e le ri- duce sotto due modelli o tipi principali coi nomi di Gallinsetti e di Progallinsetti (4). Geoffroy (2) crebbe ancora il numero di questi e di quelli e gli mantenne divisi come Reaumur, distinguendoli con appellazioni par- ticolari sotto il nome delle divisioni a cui appartenevano. Per de- signare queste però invece delle denominazioni reaumuriana di Gal- linsetti e di Progallinsetti, prese il nome di Chermes pei primi, per gli altri il nome di Coccus. Ora tutto ciò avanzava veramente la scienza in estensione ed in (4) Reaum. Mem. pour servir d Vhist. des ins. T. 4. Mem, 4, 3, pag. 3, 84 (1738). (2) Histoire des ins., T. A, pag. 498, 509 (1762). 696 ‘A, TARGIONI>TOZZETTI, precisione, ma l’uso delle voci adoperate fu anco il principio di una confusione, che crebbe poi, e che ‘ora è molto difficile eliminare, Di fatto in antico, benchè diverse nel loro proprio significato, le voci di Coccus e di Xermes si erano adoperate ugualmente per designare que- sti corpi o escrescenze capaci di tingere in rosso, da quelli del Leccio a quelli delle radici; ovvero si erano adoperate. per designa. re quelli del leccio esclusivamente. Per estensione poi presero no; me di Coccus le escrescenze o rigonfiamenti delle altre piante, e di questo nome si fece quello spagnolo di Cochenilla, col quale venne il grano o la Cocciniglia americana in Europa. È chiaro che il nome di Coccus ebbe in origine o un vieni più largo di quello che ora gli si attribuiva, o un significato ristretto, ma precisamente diverso da quello in cui veniva preso da ultimo. Avreb- be servito prima per quelle cose che andavano fra i Gallinsetti di Reau- mur, e ad esse in tanto si dava nome di Kermes. Si aggiunga poi che il nome di Kermes veniva da una lingua, dalla quale la scienza non ha costume di attingere le sue voci, che più tardi ne fu alterata l’ or- tografia, o peggio fu adoperato per tutt'altra specie o tipo d’insetti. Reaumur e Geoffroy avevano giudicato coll’ usata perspicacia della natura e delle relazioni dei Ga/linsetti coi Progallinsetti, e gli ave- vano distinti. Linneo però e Fabricio prendono le affinità per identità, e De Geer, seguendoli, dichiara per essi, che tutte queste specie di Gallinsetti e di Progallinsetti, di Coccus e Chermes « ont. trop de rapports les unes avec les autres pour en faire deux » (4). Latreille segue anch'esso il concetto unitario, ma se non dà nome proprio agli uni o agli altri, sotto il nome comune di Coccus registra separatamente quelli, la cui: « femélle conservant toujours: les ap- parences d’anneaux » (Cochenille Geoffroy), e gli altri dalla femmina « n’ayant pas d’apparences d’anneaux dans leur état de galle, » (2) La divisione mantiene ancora nell’opera successiva dei Genera Cru- staceorum (3); ma per contraddizione non avvertita, i Chermes (Gallin- setti Reaumur) divengono: « Annulis saepe distinctis; » edi Coccus so- (4) Hist. des ins. T: 6, p. 434 (1776). (2) LATREILLE, Hist. gen. T. 412, p. 382 (1804). (3) T. 3, p. 476, (4807). STUDI SULLE COCCINIGLIE 697 no: « Gallaeformes anulis indistinctis ; + che è quanto dire mantenendo le cose nel modo di Geoffroy, vengono scambiate nell’ enunciato, le qualità respettive. ! Fra il dualismo reaumuriano e l’unità linneana si trovano divisi poi gli scrittori di entomologia, e i più speciali fra questi, e, per conse- guenza necessaria, coloro che mirando meno a conoscere intima- mente gli insetti, che non quel che essi fanno o di bene 0 di male, di quelli parlano nelle opere di forestale, di agricoltura o di orticol- tura. Mentre però dualisti' e unitarii si trovano fino ai nostri giorni, nell'intervallo fra i primi e gli ultimi tempi entrano in questa parte limitata, ma curiosa e importante del campo della scienza, due cor- renti diverse. L’una reca forme nuove da registrare insieme. colle già conosciute, l’altra solleva la nube che fra le già note vela. delle sensibili differenze, e impone delle distinzioni prima non fatte. L’una e l’altra porta del pari ad aggiungere al tipo, o ai due tipi ri- conosciuti dei tipi nuovi, e allarga e varia la composizione del com- plesso che gli racchiude. Si hanno per nuovi in modo assoluto quelli coi quali si formano i getieri Margarodes Guilding (1828), Callipappus Guerin (41841), Aspi- sarcus Newport, Chelonicoccus Costa (1867) per ricordarli ora senza giudicare del valore della loro autonomia: per distinzioni e riforme dei generi preesistenti si ottengono quelli dei generi Orthezia, Bose. (Dorthesia Latr.), fondato fino dal 1794 con una specie di Coccus (Coccus Characias), i generi Diaprostecha , Calymnata, Diaspis Co- sta (1828) dati dopo con altri nomi, il genere Ceroplastes Gray., fatto con altri Coccus dell’ America meridionale (1830), il genere Mono- phloebus Leach., fatto con una specie di Chironomus (Chironomus dubius Fabr.), accresciuto quindi da Westwod (1) con parecchie specie, meno una europea, le altre esotiche tutte; il genere Porphy- rophora Brandt., formato nel 1833, togliendo dai Coccus ancora le Cocciniglie tintorie delle radici ; il genere Zricerus Guerin, fatto a spese di quello, che, innominato per lungo tempo, si era poi chiamato Coccus cereus, Coccus ceriferus, Coccus sinensis e ultimamente ela (4) Arcana Entomologica. T. 4, n. 22. (1845). 698 A. TARGIONI-TOZZETTI, cerifera; i generi Pseudococcus Westw, Lecanium Ilig., Aspidiotus Bouchè, Mytilaspis, Chionaspîs, che talora suddivisi, troppo spesso sotto nome diverso, ripetono l’uno o l’altro dei già designati. A suo luogo resterà discusso e determinato il valore anco di que- ste creazioni, e ne saranno aggiunte altre con speranza di legittimità; intanto seguitando la storia della scienza sulle Cocciniglie, si vede co- me Latreille tentò di buon’ ora di comporre una famiglia naturale coi Coccus nel senso Linneano, le Livia e le Psylla (4), ma poi (Ge- nera Crust.) accomodati gli Psylla in una famiglia da sè (Psyllidi) colle Livia, e riconosciuto il genere Orthezia sotto nome di Dorthe- sia, la famiglia venne per lui a comprendere questo solo, ed i Coccus rimanenti, e finalmente i Coccus sempre, e più precisamente il C. 4 do- nidum L., C. Cacti L., C. Polonicum L., il C. Zlicis, il Cocco della lacca, quello della cera della China, allora senza nome proprio, le Orthezia(Dorthesia) ed il genere Monophloebus formato da Leach. (2) Questa famiglia più o meno numerosa ebbe fin qui sempre il no- me di Gallinsetti. Burmeister (3) fra gli scrittori generali, la designò col nome di Coccina, e vi comprese i generi 4spidiotus, Lecanium, Coccus, Dorthesia, Porphyrophora, it genere Monophloebus, il gge- nere Aleurodes, non che il meno certo genere Murgarodes di Guilding, Leach la intitolò col nome di Coccide, e Westwood nei suoi Cocci- dae (4), esclude con buone ragioni gli A/leurodes, ammette il genere Ceroplastes di Gray, ma esagerando l’arbitrio già commesso dai primi riformatori, riduce il genere Coccus a comprendere solamente una forma già nota col nome di Coccus Aceris, per fare un genere (Pseudococcus) colla Cocciniglia del Messico, e col Coccus Adonidum degli autori, che invece sono veri Coccus per Geoffroy. Determinare dei tipi subordinati in un tipo primo , dei generi in una famiglia, non è ancora disporre i tipi medesimi metodicamente, e a questo non pare che alcuno degli scrittori citati fin qui abbia avuto pensiero, Amiot (3) ammette sotto titoli principali i generi Orthezia, (4) Hist. generale. T. 12, pag. 353. (2: Fam. naturelles, p. 430, (1825). Regne animal, ed. 2,4829. T. 5, p. 230. (3) Handb. der Ent. T. 2, pag. 64 (41835). (4) An. intr. to modern Classif. of Ins. Synops. p. 418 (1840). (5) Hist. des Ins. Hemipt. 4843. STUDJ SULLE COCCINIGLIE 699 Callipappus, Coccus, Chermes, ma della famiglia fa due tribù una dei Zaninsetti (Orthezia, Callipappus), l’altra dei Gallinsetti , nella quale i Laninsetti eccettuati, restano compresi i generi nominati di sopra. Curtis riconosce anch'esso fra i Coccus, i Coccus tipici (Leca- nium) gli Aspidiotus, i Trecochoryx (Running bug) (A); recentissima- mente Schiner di Filadelfia propose di smembrare in una famiglia da sè il tipo particolare del Coccus linearis, ma in fatto di divisioni O. Costa di Napoli è il primo, che, occupandosi dei soli indigeni, ha meglio di tutti compreso sotto i nomi generici altrove indicati e con- vertiti poi in quelli di Dactylopius, Calypticus, Diaspis, V idea di tre tipi fondamentali nel gruppo, che egli chiama per ora genere dei Coccus e poi famiglia dei Coccinigliferi (2). Ora taluni generi (Margarodes, Aspisarcus) sono conosciuti in mo- do tanto incompleto da non potere prender partito sicuramente o di escluderli o di mantenerli in una famiglia naturale, insieme cogli altri finora ricordati, o con quelli che abbiano affinità chiare con essi, e che sieno da annoverare per di più. Degli altri, alcuni colle particolarità di forma, di struttura, e colle vicènde della vita degli animali che comprendono, per segni empirici cioè, e per condizioni essenziali, rappresentano altrettante modalità di organismi, per giudicare dei quali e delle affinità loro è bene passarli rapidamente in esame, riassumendo ora quanto si è mostrato nella precedente memoria (3). Se si prenda la Cocciniglia messicana, o meglio le specie che vanno per gli autori sotto nome di Coccus, di Dactylopius, di Treco- choryx Adonidum (D. longispinus, D. Adonidum nob.), alcune delle specie più distinte di Lecanium (Coccus Hesperidum, C. Oleae autc.) e altre di Diaspis (Aspidiotus Bouchè), si hanno già tre tipi d’insetti profondamente diversi quanto alle femmine, con maschi appena di- stinti dall’ uno all’altro per alcuni particolari, e col carattere comune empirico ed essenziale ad un tempo, contradetto in un solo caso (Aspidiotus salicis Bouchè), della difformità dei due sessi. (41) Gardners Chronicle, 41843. a (2) V. Costa Pontano, Giornale di scienze e lettere 1828. Corrispondenza scientif. Ann. 4, Fauna del Regno di Napoli, Fam. Coccinigliferi. (3) TarGIONI Tozzetti, Mem. cit. 700 A. TARGIONI-TOZZETTI , | I maschii hanno il capo, il torace, 1’ addome distinti, ma quest’ ul- timo sempre unito al secondo per tutta la larghezza della Qpr giore sezione anteriore. SEA ri» Il capo minuto ve globulare è fortificato da due ne nei quali il tegumento è più rigido, e che sono inferiori (Coccus, Diaspîs), 0 si alzano sui lati e si ricongiungono di sopra (Zecanium); sono ocelliferi;, nel primo caso con quattro, nel secondo con dieci ocelli sferoidali disposti in giro. Il capo porta inoltre due antenne filiformi di ‘parec- chi articoli (da 10 a 25), e manca della bocca. Il protorace bene for= mato di sotto, è scarso di sopra; il mesotorace largo, più o meno gib- boso, ha uno scudo rilevato, seguito indietro da uno scutello triango- lare, e porta due ali con una sola nervatura biforcata, e per lo più due bilancieri più indietro. Di sotto pendono dai respettivi segmenti del to- race sei zampe lunghette, sottili, composte dell’anca, del troncantere, della coscia, della gamba, coi tarsi monomeri generalmente, dimeri in alcune forme d’altronde oltremodo vicine, ed. armati di una ;sem- plice unghia all'estremità. L’addome è composto di 8 articolazioni, ed è terminato da una armatura genitale, cortissima e grossetta (Dac- tylopius, Coccus), lunga e stiliforme (Diaspis, Lecanium), ma sempre composta di una guaina scanalata di sotto e di un corpo cultriforme, che si adatta al canale per formare con esso una specie di stile. Dei peli lunghi più o meno; in forma di setole ed in numero di 4, o di 2 partono da due fossette sui lati dell’ultimo articolo dell’ addo- me, alla base della armatura, e l’accompagnano con molta eleganza. Non vi è differenza fra maschi e femmine d’uno stesso tipo nella prima età, sebbene fra i giovani di tipo diverso delle differenze si accennino, e si confermino poi. Le larve dei maschi vengono allo stato perfetto, passando per diverse mute e per uno stato di pupa 0 piuttosto di Crisalide, e di Crisalide figurata (Crysalis signata), chiuse talvolta in un follicolo di materia filamentosa, che è formata dalla larva stessa (Coccus, Dactylopius), tal’ altra in un follicolo ancora, del quale però fa-parte una spoglia almeno (Diaspis), tal’ altra ‘sotto uno scudo del quale è parte essenziale una spoglia sola (Lecanium), o questa e intorno ad essa una secrezione cerosa, in forma di squama (Diaspis). STUDJ SULLE COCCINIGLIE 701 ll corpo delle femmine nei Coccus sarebbe convesso globulare col tergo convesso, ed appena distinto dallo sterno pianeggiante ; nei Dactylopius diventa ovale e depresso, composto sempre. come. nei Coccus di 12 anelli; fra questi oscuramente si distinguono quei della testa e del torace fra loro, e dagli altri che in numero di 8 grada- tamente più stretti concentrici e successivi, o prima trasversali, poi alquanto curvi all'indietro, formano 1’ addome. Nei Dactylopius più depressi e allungati dei Coccus .il. penultimo anello, piegato più del precedente, abbraccia l’ultimo nella concavità, sporge cogli estremi rotondati ai lati di quello, e forma due lobi (lobi precaudali). L’ultimo più piccolo, incassato, e più che piegato diviso in due, dà origine ad altri due lobi (lobi caudale) ed in con- corso col precedente forma l’esiremo segmento stretto e smarginato del corpo. % Questi accidenti dell’ estremo addominale sono al massimo pronun- ziati nei giovani dei Zecanium, meno in quelli dei Coccus, e nei Diaspis se resta la traccia di una incisione estrema, e una disposizione di parti simmetriche bilaterali ,, non si distinguono però i lobi cau- dali e precaudali fra loro. Vicino al margine estremo, in questo caso 0 nel seno della fessura per gli altri, si trovano le aperture della vulva e dell’ano, che in que- sto stato degli animali però sarebbe difficile distinguere e. definire, Tornando ai Coccus, le antenne stanno innanzi sul margine che di- remo frontale o poco al di sotto di esso, nel primo segmento; suc- cedono indietro due occhi semplici e laterali; di sotto la bocca, prona pertanto, e 6 zampe, il cui tarso è costantemente monomero e ter- minato da alcuni peli lunghetti e capitati (/lchra Schiner), e da una semplice unghia. Sulla faccia inferiore del corpo, a certa distanza dal margine fron- tale, dietro per conseguenza a un’epistoma o regione prebuecale, è la bocca appoggiata sopra un quadro di apodemi assai complicati, e si compone di un lembo (Zabrum Sav.) quadrato in avanti. e aderente alla fronte per questa parte e pei lati, libero posteriormente, con un margine convesso tridentato, di figura diversa, e con una faccia libera o inferiore, dove si distingue una regione media e due laterali, divi- Vol, XI. 4 702 A. TARGIONI-TOZZETTI, se da ‘solchi. Coperte da questa parte, che corrisponderebbe al Clypéus Fabr., o meglio al Clypeus ed al Labium insieme, sono: le parti in- terne dell’apparecchio buccale, con nel mezzo un infundibulo faringeo (Lingua Latr., Lingua cum faringe Savigny, infundibulo nob.) molto allungato fra le basi delle mascelle e delle mandibule. Queste, nella base appunto, hanno forma di lamelle triangolari, che poste due per due sui lati, sotto il labro, convergono poi reciprocamente, dirigen- . dosi indietro sotto il dente o lobo medio di esso, ed escono fuori con- tinuate ciascuna in un filamento prismatico, e riunite in fascio (Se- tae Fabr.). Le idee sulla natura di questi organi hanno variato, non tanto pei Coccus quanto per gli Emitteri in generale. Per Fabricio sono tre setole buccali (setae tres, setaceae aequales aut inequales sub labio insertue), e le due prime tengono: il luogo delle mascelle, mentre la posteriore mediana (seta intermedia), ‘tie- ne quello della lingua, ma in fatto son quattro; e due rappresen- tano le mandibule, due le mascelle (Savigny). Secondo Dujardin, uscite di sotto al labro, queste restano inguai- nate in un sacco, disteso internamente lungo lo sterno, e dentro questo stanno ripiegate sopra se stesse, o sono spinte fuori, guidate dall’altra parte dell'apparecchio buccale, che è il labbro posteriore (Làbium Sa- vigny, /agina articulata setas continens, Rostrum Fabr.) (1). Questo in effetto è una doppia lamina che si stacca dal quadro buccale. die- tro il labbro e tutti gli altri organi fin qui descritti, e piegandosi a doccia largamente escavata in avanti, aperta di sotto, avvicina i margini doppii fra loro, e verso l’apice, nel mezzo o in qualche tratto gli unisce. Questa parte sempre composta di più articoli successivi negli Emt- teri o negli Omotteri è composta di due articoli nel tipo dei Coccus e dei Dactylopius, di cui discorriamo pel primo, in alcuni Chermes, in qualche forma che si riferisce a questi, e quindi ancor in certi Lecanium nei quali però è di regola, che, come nei /iaspis, il labbro sia sem- plice, o di un articolo solo. Nel giovane talvolta dopo la nascita, ma i (4) ZBec representant la ganache Latr., Tube articule recesant les soies Cuv., Rostrun Dujardin, 1. cit. STUDJ SULLE COCCINIGLIE 7053 sempre prima nell’uovo, le setole buccali si trovano, due di qua, due di là dal mezzo, ravvolte in una matassa circolare, e più tardi riunite e allungate si distendono lungo il corpo piegato ad ansa, a noi pare uscendo dalla fessura della base, del labbro fra questo e il clipeo, mentre restano fissate cogli estremi fra il punto di origine, € l’estremo terminale della guaina formata dal labbro stesso; del sacco contrattile di Dujardin non vi è idea per quanto a noi pare (4). A sentire Dujardin i maschi avrebbero « un système nerveux de plus en plus complet »; ma questo è, completo o no, fuggito per ora alle nostre indagini, e a quelle altrui. Quello delle femmine è rappre- sentato nella parte sottointestinale da un grosso corpo vescicolare (ganglio sottoefageo), e nella parte cerebroide (ganglio sopraefageo) da un altro corpo, che si connette sui lati, con delle cellule ganglio- nari peduncolate disposte in due masse quasi racemose. Il tubo intestinale nei maschi rimane malgrado atrofia della bocca, ma con disposizioni difficili a determinare; conserva però molto eviden- temente un tubo malpighiano, semplice prima, e per brevissimo tratto poi biforcato, e diviso in due lunghissimi rami. Nelle femmine presenta una singolare ripiegatura della porzione stomacale sulla parte infe- riore dell'esofago, e l’introflessione dell’ansa così formata, poco pro- fonda nei Dactylopius, molto nei Lecanium e loro affini, nella pa- rete del retto, che invece è allargato in un sacco ampio e fusiforme, ll tubo malpighiano anco in queste femmine ha brevissimo tronco di origine, e due tubi più o meno lunghi chiusi a fondo cieco nella estremità. (41) -Nostro malgrado siamo costretti di rilevare qui Ja grande inesattezza delle espres- sioni di Dujardin,.il quale dopo ‘aver fatto una storia poco conforme al vero degli organi buccali, e del sacco contrattile, che a suo parere continua le mandibule e le mascelle setiformi, quanto alle zampe, molto più facili ad osservare dice: « Les pieds au lieu de presenter, comme chez tous les autres insects les cinq parties qu’on nom- me anche, tronchanter, cuisse, jambe et tarse ont un mode de segmentation variable mais plus rapproché de ce qu’on observe chez certains crustacées. Le tarse d’un seul article fait partie de la jambe ou méme se confonde tout affait avec elle. ... La bou- che comme chez les acariens est engagée dans le tesument, et l’article qui vient en- suite, ou le prèmier de la portion mobile est court et cilindrique. » E più avanti dicendo degli occhi semplici nelle femmine e va bene, aggiunge: « Tandis. que des males seuls out en méme temps des yeux en reseaul..» Comptes rendus, T. 34, p. 542. 704 A. TARGIONI-TOZZETTI, I testicoli sono sacchi allungati con diverse camere o logge, una delle quali più grande nei Dactylopius e nei Zecanium, e gli sper- matozoi sono formati e contenuti in spermatofori o meglio spermato- plasti, e con essi passano inalterati all’ apparecchio copulatore fem- mineo; questo poi si apre, non distinto dall’ano, nel fondo della in- cisione dell'estremo caudale del corpo, protetto per lo più da un cerchio chitinoso munito di peli speciali all’intorno, portato sopra un corpo vescicolare, che si protende o ritrae, divaricando i peli medesimi o raccogliendoli in fascio. L’apertura mette alla vagina, distinta dal retto, e la vagina ha per primo, dopo alcuni corpi glandulari (glandule sebacee), una vescichetta (Zessichetta copulatoria) con collo lungo più o meno, oltre la quale, continuata per poco, si biforca in due ovidutti assai lunghi. Ciascuno di questi, immediatamente nei Dactylopius, per mezzo di peduncoli 0 calici secondarii nei Zecanîum, porta le guaine ovigere bicorporee prima, di poi sempre uniloculari e monosperme. Le uova partorite dalla femmina contengono già in molti casi, 0 per ragione della specie, o per quella delle circostanze più o meno favorevoli alla vita, una larva, la quale si trova però ancor nelle uova che non abbiano lasciato le capsule dell’ovajo. Nata la larva libera, semovente , se di maschio, cresce, si muta una volta almeno, quindi formato il follicolo passa allo stato di crisallide, poi d’ insetto perfetto, e diviene quale l’abbiamo veduto e descritto, La femmina invece nei Coccus nei Dactylopius ‘conserva a perpetuità la con- dizione della larva, le sue divisioni anulari, la sua mollezza e mobilità, mutando leggermente nella composizione delle antenne, in cui si aumentano gli articoli, nelle proporzioni degli arti rispetto al corpo, dando origine ad una secrezione filamentosa , che emana da organi particolari del tegumento e dell’ipoderma, del resto poi si completa internamente, per servire a sè ed alla specie. Per quanto la storia delle femmine dei Dactylopius e dei Leca- nium fino a un certo momento offra differenze di poco conto, sicchè ne abbiamo potuto parlare per molto tempo, e per molti rapporti, con termini uguali, nei Lecanium però di buon’ora il corpo della larva della femmina tende a farsi depresso , leggermente carinato , esagera la STUDI SULLE COCCINIGLIE . 705 sporgenza della fronte in avanti; quella dei margini sui fianchi, dei lobi precaudali su quelli caudali, e di quelli e di questi sul fondo della incisione finale, e dopo qualche tempo, durante il quale la larva medesima muovesi liberamente, si fissa ad un punto spingendo le setole bucali nei tessuti delle piante, e retraendo antenne e zampe sotto il suo corpo scutiforme, aumenta nella massa dei visceri interni, massime dell’ovaja, rigonfia nel tergo, indurisce per una mo- dificazione dell’ ipoderma, perde le traccie delle antiche divisioni anulari del corpo, ed acquista l’aspetto di galla, che sul principio è stato causa delle contestazioni della sua natura. I Diaspis ed affini loro si distinguono dai precedenti per le parti- colarità sopra avvertite di buonissima ora. È chiaro inoltre ad ogni esame più diligente che nei giovani loro, le antenne non son più divise in articoli della stessa forma, ma in una parte basilare , ed in una terminale, quella di 3 a 4 segmenti, globulari questa di un solo, che per delle strie trasversali e numerose può parere composto di mol- tissime parti; nelle zampe la tibia e il tarso quasi sono. confusi in uno stiletto cilindrico e sottile ingrossato all’ estremità, e contra- stano colla coscia grossa ; l’ estremo addominale del corpo come ab- biamo avvertito, è appena inciso e senza lobi caudali e precaudali di- stinti ; sull’adulto poi a queste differenze si aggiungono altre di cui diremo. Infatti la larva dopo qualche tempo di vita libera soffre una muta, nella quale perde antenne, occhii, zampe, e prende l'aspetto di una pupa apoda e amorfa, discoidale o allungata , divisa in seg- menti trasversali, dei quali l’ultimo offre alcuni notevoli particolari, nella forma, nella struttura, e consistenza, negli organi che visi tro- vano, e nella condizione del margine che ne disegna la figura. La pupa però conserva la bocca di cui il labbro è appena globu- lare, e le cui setole per tempo s' infiggono nella cuticola delle piante, e rimangono nelle ferite finchè l’animale vive e assorbisce il neces- sario alimento. Delle femmine dei Coccus e dei Zecanium è difficile contare le mute e stabilirne i momenti; quelle dei Zecanium però ne subiscono una almeno, assai tardi, e quando il loro corpo, ancor molle ha la forma che lo distingue. Le mute dei ZDiaspis si contano facilmente, 706 A, TARGIONI-TOZZETTI; e dopo la prima, che ha per conseguenza la perdita degli. arti , ne succede una seconda, talora innanzi che l’animale abbia progredito molto ne’ suoi incrementi, tal’altra quando è già notevolmente cre- sciuto , e altre volte quando ha già acquistato il massimo volume di cui è capace, ed è già indurito, maturo e fecondo (Coccus linearîs, C. Aonidum auct.). L’una e l’altra muta è resa evidente dalle spoglie, dalle quali la: nimale non si allontana dopo averle lasciate, e che persistono una (spoglia larvale) piccola munita di antenne, una più grande (spoglia tutrice) acera ed apoda, per cuoprire in parte o tutto il. corpo da cui sono staccate, con le uova da esso uscite, in concorso di una se- crezione cerosa, che sta per abbondanza in ragione inversa dell’ am- piezza della spoglia tutrice, e che forma uno scudo indipendente dal corpo sotto di esso nascosto. Ora il corpo delle femmine così trasformato sarà depresso, lentico- lare, o allungato, diviso più o meno distintamente in anelli, dei quali uno in avanti (lobo anteriore), altri intermedii che rendono, sporgendo sui lati più della loro giuntura, crenulato il margine, uno indietro scutiforme depresso, diverso dagli altri per ornati e incisioni particolari del suo contorno , oscuramente inciso nel mezzo, e sopra forato da un’ostiolo infandibiliforme (apertura vaginale), sotto da un altro più circoscritto (apertura anale). All’interno il sistema nervoso qui. pre- senta le cellule ganglionari raccolte fra i due gangli sopra e sotto esofageo in un doppio cordone toruloso , non in massa racemiforme come nei Zecanium e Dactylopius; l’ intestino è difficile a definire, il tubo malpighiano o manca o è biforcato al solito, ma con rami cor- tissimi ; l’ovajo ha dall’ovidutto, assai corto, le capsule sostenute da esso direttamente, quindi più o meno peduncolate per portarsi ad em- pire ogni intervallo di tessuti, fino nel lobo anteriore. | Questi tre tipi dunque dei Coccus, dei Lecanium, dei Diaspis com- presi quasi in un solo per quanto alle forme e alla storia della vita dei maschi, si porrebbero a distanza considerevole per le femmine giunte all’ultimo stadio. È chiaro però che i Coccus, i Dactylopius edi Lecanium sono quasi identici da principio, e le differenze finali dipendono da mutazioni, le quali non alterano essenzialmente .in nes» suna parte il piano della struttura comune. STUDJ SULLE COCCINIGLIE 707 ‘I Diaspis invece sono a qualche distanza dagli altri nelle forme dei giovani, nei diversi particolari di struttura della femmina, e più ancora nelle vicende cui le femmine sottostanno; perchè queste sono delle vere e proprie mutazioni nello stato dell’organismo , e che hanno il loro riscontro in alcune delle fasi delle metamorfosi più dichiarate. Ma il maschio, che partecipa alle qualità di quello dei Coccus pel nu- mero degli occhi nel capo, a quello dei Zecanium per l’ armatura genitale, mentre e coi Coccus o coi Zecanium veste in comune le forme generali del corpo, le ali e le zampe, si pone realmente come anello di mezzo fra gli uni e gli altri per la parte sua. La femmina poi, che malgrado le sue differenze, conserva pure la essenziale di- sposizione in due soli gangli del sistema nervoso , la biforcazione del tubo malpighiano, le ovaje appena diverse nella disposizione delle capsule da quelle degli altri due tipi, non rinnega tali relazioni e queste fanno che anco i Diaspîs si presentino come una variante di un tipo fondamentale e comune. Paragonate le femmine ai maschi di qualunque tipo di questi animali, la differenza a prima vista è sì grande, che per quanto al solito i volgari allevatori americani delle Cocciniglie, avessero conosciuto le reciproche relazioni di questi con quelle, e Reaumur le avesse confermate per diversi dei suoi Gallin- setti, si venne a negarle, giudicando i piccoli insetti alati provvisti di aculeo come parasiti, e confondendoli con altri, che per verità frequentemente si vedono comparire, dopo che in istato di larve hanno vissuto della sostanza, del corpo delle femmine, dalle quali poi escono. Oggi oltre alle osservazioni degli accoppiamenti, si aggiunge quella degli spermatoplasti di questi maschi, trovati nella vescichetta copu- latrice delle femmine, e quindi ogni dubbio delle relazioni sessuali delle due disparate forme di quelli e di queste è impossibile. Ma intanto per questo anco si vengono ad unire in una stessa identità specifica animali metabolici in massimo grado, quali sono i maschi, con altri ametaboli, o quasi, quali sono le femmine. Qui è luogo di avvertire che il caso non è nuovo e che spesso le antitesi dei termini eccedono nel significare la diversità delle cose. Per quanto metabolici tutti non sono però tali allo stesso grado i Ditteri, e il massimo numero degli Imenotteri di una serie da. una 708 Ax TARGIONI-TOZZETTI, parte, e.dall’altra i Coleotteri, i Lepidotteri, e gl’ Imenotteri dell’altra serie, o con larve provviste di piedi. Gli Ortotteri, gli Emitteri che si dicono ametaboli non si aiiiana paragonare indistintamente, con ciascuno dei metabolici, e l’ ameto- bolismo dei Coccus, dei Lecanium, dei Diaspis nelle loro femmine è diverso, relativo, e non assoluto. Assoluto se si vuole nei Dactylo- pius, nei. Coccus, è sulla via di perdere questo carattere nei Lecanium, lo. perde nei Diaspis, viene.ad accostarsi altrettanto al metabolismo. più perfetto, a quello dei maschi della medesima specie in particolare: e presi insieme tutti i fatti, dai Coccus passando colle femmine ai Le- canium, da questi colle femmine sempre ai Diaspis, questi. conducono ai maschi di qualunque tipo con una successione non interrotta, piut- tosto di stati di uno stesso organismo ., che non di organismi diversi e lontani fra loro. La naturale connessione è chiarita pertanto, mal- grado le differenze reali, che distinguono l'uno dall'altro. i tipi me- desimi., e questa connessione è il fondamento legittimo per racco- glierli tutti in una associazione naturale, in una famiglia. Sarà da veder più tardi come il modello dei Coccus, dei Lecanium e. dei Diaspis sia capace di variare per accidenti che non compromettono la sua particolar simmetria e il suo piano, come sotto il nome di Cocciti, Diaspiti o di Lecaniti si debbano annoverare coi Coccus, coi Diaspis e coi Lecanium, più generi. Ora è mestieri di ragguagliare sulla stregua dei già dichiarati al- cuni altri organismi, per giudicare di quale estensione sia capace in effetto la famiglia, di cui vuol darsi lo schema. Come si è veduto già Burmeister, imitato da Walker (1), ha pen- sato di associare gli A/eurodes coi Coccus, i Lecanium, e gli Aspi- diotus, e la ragione più plausibile di questo pensiero è che gli A/eu- rodes passano per uno stato, nel quale il corpo immobile, discoidale, depresso ricorda le femmine dei Zecanium prossimamente. Questo stato però è comune ai maschi e alle femmine, ed è per quelli e per queste un vero stato di incrisalidamento, al quale le femmine degli stessi Diaspis non arrivano mai, La larva degli 4leurodes è poi differente per la forma e per la (1) List of Hompt Ins. of Brit. Mus., p. 1091. | È-iIT ME CRAE STUDI SULLE COCCINIGLIE 709 disposizione degli arti, e quando è venuta allo stato lecaniforme, anco iu esso la somiglianza coi Lecanium è data dalle più superficiali apparenze soltanto. Alla fine poi maschio e femmina, lasciando le spoglie mentite, escono perfetti allo stesso grado, con antenne corte, nodulose, rugose trasversalmente e con largo poro a ogni articolo, gli occhi composti non semplici, la bocca con setole corte e lab- bro allungato, quattro ali invece di due, tarsi trimeri invece che monomeri o dimeri., l'addome connesso al torace per via del suo primo articolo più stretto, che lo rende peduncolato, un’armatura genitale modellata in tutt'altra guisa che nei Zecanium, e proba- bilmente quando meglio fosser note le interne particolarità, queste aumenterebbero di gran lunga la somma delle differenze per le quali dai Zecanium, non meno che dai Coccus, si allontanano gli Aleurodes a gran distanza. Le Orthezia o Dorthesia furono da principio una specie di Coc- cus (Coccus Characias) e 1’ assimilizione si giustifica per rispetto al maschio, che sarebbe come quello dei Coccus o dei Zecanium, se non fosse assai più grande, cogli oechi laterali granulosi, e l'addome ter- minato da un fascetto di corpî piliformi di natura cerosa, separati da speciali organi dell'ultimo anello addominale. Le femmine hanno anch'esse occhi coacervati, bocca con setole molto corte, labbro di due articoli, gli arti lunghi robusti e fino al- l’ultimo della vita adoperati. Particolare è poi un indumento esterno candidissimo di fiocchi condensati a modo di squame, le ultime delle quali di sotto e di sopra prolungano l'addome, lasciando un intervallo in cui si accolgono le uova partorite, e nascon le larve. Internamente il tubo intestinale di queste femmine si piega, ma non si inguaina con una parte dentro l'altra; il tubo malpighiano fa due anse chiuse, non una sola e incompleta ; l’ovajo ha le capsule quasi simili sopra un calice, che di poco si allontana dalla vagina, essendo cortissimo l’ovidutto dall’uno e dall’altro lato. Le Porphyrophora furono dei Coccus come le Orthezia, e il ma; schio dittero, coi tarsi monomeri, coll’addome terminato da un ciuffo di filamenti piliformi ricorda molto prossimamente quello di queste ultime; le femmine invece pel corpo depresso, nudo , colle zampe 7410 A. TARGIONI-TOZZETTI, corte, ricordano i Coccus se non forse certi Zecanium che , come quelle sotto terra e sulle radici, sanno farsi sopra terra un follicolo, in cui depongono le loro uova e nascondono sè stesse. Così a quelle dei Coccus e delle Orthezie pajono vicinissime le dan mine dei Callipappus, che per gli individui dei due sessi si potreb- bero dire dei Coccus e delle Orthezia gigantesche. Mancano però affatto nozioni dell’interna loro struttura, e non vi è da prender guida da queste per classificarle. Dai segni esteriori però, in ispecie dagli ornamenti dell’ addome del maschio, vi è ragione a credere che le Orthezia, i Callipappus, le Porphyrophora formino un gruppo a sè, il quale va parallelo a quello formato dai Coccus e dai Lecanium, e si pone da una parte di esso, come quello dei Ziaspis, forse con non minore discrepanza, si pone dall’altra. In mancanza di più certe nozioni i Monophloebus si terranno as- sociati al gruppo di cui le Orthezia son capo; i Margarodes, gli Aspi- sarcus, tipi generici che ‘non potrebbero riferirsi ad alcuno dei so- pranominati aspetteranno in riserva che sieno più noti i titoli, a pren- dere il loro posto, e lo stesso genere Chelonicoccus di A. Costa, non potrà entrare ora, se non come un incerto, nel complesso degli altri. Recentissimamente si è denunziato un’ altra serie d’insetti, i cui maschi alati hanno femmine attere, e di forme tali da ricordare pros- simamente quelle dei Diaspis. Essi si distinguono però in quanto che la loro presenza sulle piante determina la formazione di una galla (1). Esclusi dunque gli Aleurodes (2), fatta riserva pei generi fin qui trop: po dubbiosi, lasciati gli ultimi e produttori di galle, come son posti dal loro autore, in una famiglia da sè, noi abbiamo tracciato le qualità e i limiti di quella, che ci par di descrivere col nome di famiglia dei Coccidi. Dujardin avrebbe voluto elevare quella,a cui nei suoi nuovi limiti corrisponde la nostra, alla dignità di ordine aggiunto agli Omotteri, ma le sue ragioni, in parte consistenti in osservazioni non rette, (1) ScaRADER, Verandsch. k. k. Zool. Bot. Gesc. in Wien. T. 13, (2) Vedi per gli Aleurodes il saggio monografico dell’ egregio signor Signoret (Ann, Soc. ent., 4 ser. T. 8, 1868, p. 368). STUDJ SULLE COCCINIGLIE 711 in parte in considerazioni, l’accogliere le quali porterebbe a turbare la composizione di quasi tutti gli ordini degli insetti, non bastano a tanto. La famiglia dei Coccidi sta bene per noi come per tutti gli Entomo- logi, che ne hanno trattato, all’ultimo o a principio dell’ordine degli Omotteri. Ci sembra però importante di osservare che la divisione del- l'ordine, secondo i tarsi Zrimeri, Dimeri, o Monomeri, come è data da Westwood è infirmata nei Coccidi appunto, monomeri senza dubbio il più delle volte, ma talora anco dimeri, sebbene non trimeri mai come Dallman, Bouché, e altri avrebbe indicato nel Coccus Cacti ( Burmeister p. 61). La divisione in Auchenorinchi e Sternorinchi fondata da Dennowil, ammessa da Amiot sulla posizione della bocca, ci sembra appoggiata ad una mera apparenza, e poco accettabile ; pre- feriremmo di non vedere nell’ordine altra divisione al di sopra delle famiglie, o quando mai la seguente: Homoprera Latr. Cuv. R. Anim. Kirby et Spence. A. Tetraptera Mas faeminaque conformes tetrapteri, vel foe- mina quandoque aptera polymorpha ( 4phides), metamorphosi comple- ta. Fam. Cicadidae, Fulgoridae, Cereopidae, Psyllidae, Aphidae. B. Diptera Mas alatus, dipterus, plerumque halteratus, foemina autem aptera quandoque gallicola Fam. 1, Coccidae Leach 2, Cocci- durgidae Schrad. Del resto ecco per noi la famiglia, e le sue divisioni: Coccipae nob. Coccidae Leach, Westw. Gallinsectes Latr. Hist. gen. I. XII. (pars) Gen. Crust., Amiot, Hist des Hemipt. Coccîna Burmeist. Handb. der En- tom. Coccinigliferi Costa, Fauna del Regno di Napoli. Char. Mas foeminae disformis. Foem. aptera hexapoda, larvae immutatae conformis, vel paramorphosi mutata gallaeformis, vel me- tamorphosi inchoata, pupae apodae facie. Mas metamorphosi completa alatus dipterus, plerumque halteratus, astomus, tarsis mono vel dimeris. La famiglia così definita è composta di insetti di mediocri, pic- 712 A. TARGIONI=TOZZETTI, cole, o piccolissime dimensioni, sparsi per tutta la terra dalle estreme regioni orientali, come la China, il Giappone alle più australi come l’ Australia, il Perù, il Chili, il Capo di Buona Speranza, alle Tropi- cali del Messico, delle Antille e delle Indie, alle temperate d’Europa di Asia o di America, financo ai limiti delle regioni più boreali, agli Stati Uniti, in Gallizia e in Siberia. Vivono a cielo scoperto, sulle foglie, sui rami delle piante, o fra le radici, e sempre sono sospetti o accusati di essere infesti a quelle piante sulle quali si adunano in certo numero: pochi prestano notevoli utilità nelle arti. Le larve esapode fin dalla nascita, con antenne, occhi, e organi buc- cali definiti, tutte libere e semoventi, divengono per metamorfosi com- pleta, o maschi piccoli, col capo, il torace, l'addome distinti, antenne moniliformi di 10 a 25 articolazioni, occhi aggregati laterali, o sem- plici, nel numero di 4 inferiori o di 10 circolarmente disposti, ali uninervose, due bilancieri, tarsi monomeri o dimeri, armatura ge- nitale corta, stiliforme, nuda, o dalla base accompagnata da alcuni peli (setole caudali), o da fiocchi filamentosi. Le femmine immutate, o deformate per metamorfosi incomplete stanno fisse cogli organi buccali nelle parti fresche delle piante, o poco adatte a muoversi benché ne abbiano le facoltà, sopra o sotto terra; crescono e. partoriscono uova o pseudouova, sia nel senso che la larva è spesso, già innanzi al parto, formata dentro di loro, sia nel senso che molte almeno, e per più generazioni di seguito, sono generate e divengono femmine feconde, senza concorso del maschio. L’aspetto di queste femmine è vario, e in taluni generi esse durano immutate nella forma delle larve, molli, semoventi, nude, o vestite di corpi squamiformi, libere o contenute in un follicolo, o co- perte da uno scudo da esse medesime apparecchiato, col capo il to- race, l'addome non distinto, coll’estremo posteriore del corpo umbi- licato o depresso, o diviso da una smarginatura mediana in due lobi maggiori ed esterni (precaudali ), ed altri due minori e più interni (caudali), formati dagli estremi laterali del penultimo e dell’ ultimo anello, ornati di setole; portano per arti due antenne più o meno lunghe ed articolate e sei zampe, senz’ali, hanno occhj semplici e la- terali sul margine dietro le antenne, la bocca e due stigmi di sotto, ; STUDJ SULLE COCCINIGLIE 741535 Le femmine di altri generi poco diverse da queste in origine, sono poi allargate, depresse, carinate più o meno nel dorso, smarginate pro- fondamente di dietro, coi lobi precaudali grandissimi a fronte dei lobi caudali molto minori (squame caudali); turgide per rigonfiamento, e quindi sferoidali o cimbiformi a rovescio; secche, fisse alla scorza sulla quale deposte le uova periscono. In altri generi le femmine sono anco diverse nello stato di larva quanto alle antenne, terminate sempre da un’asta cilindrica trasversalmente rugosa, quanto alle zam- pe di cui il tarso è ingrossato e cortissimo, e quanto all’ estremità caudale senza lobi caudali e precaudali distinti; queste ultime femmi- ne passano, perdendo antenne e piedi in una vera muta, dallo stato di larva a quello di pupa apoda, amorfa, e rimangono sotto un coperchio indipendente dal corpo, e del quale fan parte le spoglie che attestano le mute subite prima. Il tegumento dei maschi come delle femmine è munito di organi speciali, ora isolati (filiere semplici), ora aggregati (filiere aggregate), dai quali si trasuda una materia grassa concreta, di natura cerosa , e questa formata in filamenti sottili, o essudata informe, costituisce diversi modi di copertura del corpo, e somministra Ja materia per la formazione degli scudi, dei follicoli, dei tessuti fioccosi, nei quali le femmine nascondono sè e le loro uova. Le specie si riproducono per generazione annua e normale, alcune almeno per generazione aga- ma. La famiglia può essere suddivisa in Tribù — Foem. libera hexapoda. Mares: I. Abdomine cauda floccosa penicillata terminali, oculi granosi. — Ortheziles. II. Abdomine stylo brevi, setisque duobus terminato. — Coccîtes. III. Foem. hexapoda infixa paramorphosi gallaeformis antennata , hexapoda, raro apoda, exantennata. — Zecanites. IV. Foem. Metamorphosi inchoata apoda pupaeformis. — Diaspites. Gli usi economici raccomandano alcune specie della 4°, della 23 e della 3* sezione per le ricche materie coloranti di cui sono in 7i4 A. TARGIONI-TOZZETTI, copia fornite, o per i loro prodotti cerosi; tutte le altre sono avver- sate per il deturpamento e i danni reali che esse arrecano alle piante, sia colle loro punture, sia col deviare dall’uffizio più naturale li ali- menti di quelle, sia col turbare in altri modo le azioni della vita wege- tabile, osservandosi che quasi sempre una pianta sotto il loro tor- mento dalle foglie esala un umore viscido e zuccherino, e :deperisce rapidamente. Tribu I. Orruezites ( Laninsecta Amiot. ) — Foem. aptera, nuda, vel indumento squamuloso ceroide induta, libera, epigea vel hypogea ad radicibus in folliculo degens. Antennae plerumque breves, articulis conformibus ; oculi minuti granosi, oris setae breviusculae; pedes graciles elongati, tarso monomero, raro antici dilatati, fossorii. Mares majusculi, antennae, elongatae, filiformes, multi- articulatae ; oculi laterales, corneolis adpressis coalitis, granosi. Os nul- lum, pedes elongati graciles, conformes, tarso monomero unguiculato. Abdomen elongatum, vagina cultroque genitali, stylum brevem acu- minatum, fasciculoque tubulorum piliformium referente, elegantissime terminatum. Le femmine hanno il capo, il torace, l'addome quasi indistinto e quest’ultimo decisamente diviso in segmenti anulari, visibili o no, secondo che il corpo è appena coperto da una materia cerosa pul- verulenta a vederla, ovvero di tubuli cerosi raccolti in coacervati squamiformi, imbricati disposti regolarmente sul tergo, sui margini, e sulla faccia ventrale del corpo. Le antenne sono in generale corte e di pochi articoli globulari conformi; gli occhi piccoli e granulosi; la bocca situata di sotto, as- sai forte con setole rigidette e più corte spesso del corpo, col labbro posteriore corto biarticolato. — Vivono libere dei loro muovimenti sopra le piante, nascondendosi volontieri nelle fessure delle scorze fra le guaine delle foglie, nei bulbi, fra le radici, ed alcune costrui- Mie ata int Gioi ” STUDJ SULLE COCCINIGLIE 745 scono un follicolo aderente a queste, e passano in esse la più gran parte della vita sotterra. I maschi sono generalmente ‘assai grandi; nel capo portano an- tenne lunghe, di molti articoli, occhi laterali granulosi, cioè com- posti di ocelli ravvicinati, ma non fusi in uno per le cornee loro. Sono dipteri, con ali membranose, nelle quali un nervo semplice alla base si divide nel lembo, hanno l'addome trasversalmente unito al torace, di rado coi margini intagliati in lacinie più o meno lunghe, generalmente ovato e terminato dall’ armatura genitale, composta dalla guaina e dallo stiletto, corta, deflessa, e che sorge di mezzo ad un fascetto di tubi piliformi, cristallini, di natura cerosa, che: l’ ani- male raccoglie o allarga a piacere. Salvo quanto si sa sulle Orthezia, sottoposte ad esame anatomico da Dufour, e riprese successivamente da noi, non si conosce altro della struttura di queste, o dei generi con esse riuniti, Tribù KI. Coccires Foem. aptera, adulta larvae immutatae facie, anulata, mollis, carnea, pruinosa , postice incisa , lobis precaudalibus caudalibusque setiferis terminata, numquam squamulosa; antennae moniliformes 6 — arti- culatae ; oculi simplices ; os clypeo trilobo setis praelongis, vagina, seu labro postico, cordata elongata dimera; pedes ambulatorii conformes, tarso monomero unguicula adunca, pilisque quatuor, capitatis, ter- minato. Mas capite parvulo subsphaeroidali, antennis plerumque 40 arti- culatis, filiformibus; os nullum, ocellis quatuor simplicibus, squama infero laterali cordata dispositis. Abdomen elongatum, vagina brevis- sima, basi lata, cultrum latiusculum includente, tuberculi faciei, seti- busque duo praelongis terminatum. Alae membranaceae, nervo unico biramato; halteres minuti trimeri pedes ambulatorii graciles conformes, tarso monomero unguicula unica pilisque capitatis terminato. 716 A. TARGIONI-TOZZETTI, Le femmine di questa divisione rimangono fino all’ ultimo della vita col corpo molle, assai distintamente diviso in anelli, ovato o el- littico allungato, di dietro umbilicato , 0 più o meno profondamente inciso, coi margini epimerici distinti sui lati, mutici o armati di un fascetto di peli sottili più o meno prolungati e ingrossati da materia cerea condensata, sul penultimo e sull’ultimo segmento sporgenti in- dietro, ai lati della incisione, in forma di piccoli lobi precaudali e’ caudali, ornati di setole più lunghe di quelle laterali. Il corpo poi, che dicesi nudo per opposizione a quello più vestito delle Orthezia, è in realtà coperto di una materia bianca di natura cerea formata in filamenti sottili, avvolti in corti tronchi di elice, mi- nuto da parer grani di finissima polvere. Le antenne sono moniliformi di 6 a 40 articolazioni, gli occhi semplici e laterali, Ja bocca inferiore col labro grande. trilobato, il labbro cordato di 2 articoli, le setole lunghe: gli stigmi sono inferiori, le zampe forti col tarso monomero, unguicolato, e con quattro peli capitati alla base dell’ unghia. Queste femmine per di più filano da organi speciali, sparsi nella pelle, particolarmente sui lati, e sotto i segmenti ventrali gran copia di lunghi filamenti congeneri ai primi per la natura della materia che li compone, lunghi, elastici, facili ad aderire, e fra i quali esse stanno, e depongono le uova. Vivono epigee volontieri, però nelle guaine delle foglie, o fra le nervature, o altri accidenti di esse. Il maschio è piccolissimo, porta sul capo le antenne lunghe e fili- liformi di 40 articolazioni, e dalla parte inferiore quattro ocelli, due più esterni e anteriori, due posteriori e più interni, sulle parti chi- tinizzate che guarniscono il suo segmento inferiore, senza risalire sui lati e congiungersi superiormente. Manca la bocca. Le ali sono grandette, membranose, scabre con nervatura semplice alla base e di poi divisa; i bilancieri di tre articoli, hanno il secondo ovato assai largo, l’ultimo filiforme; Je zampe sono lunghe, sottili, col tarso mo- nomero. L’addome è lunghetto, anulato, terminato da una armatura genitale cortissima, formata da una valva tergale scavata di sotto per ricevere uno stiletto corto, largo alla base quasi triangolare, e per lo più accompagnata sui lati da due filamenti sottili, che sono fascetti di setole prolungate, e dalla materia cerosa incrostate. STUDJ SULLE COCCINIGLIE AZ pila SEN. LECANITES Foemina paramorphosi depressa, expansa, demum plerumque tergo elevata, inflata, obverse cymbaeformis vel spheroidalis, tenuis, testa- cea, nitida vel crusta cerea, vel villositate induta, corticibus, absque intermedio, vel pulvinari gossypiformi adherens, ventri excavato, vel folliculo ex villositate caduca composito, ova claudente, raro, apoda acera libera vel folliculo ommino clausa. Antennae conicae 9 arti- culatae, articulis parum difformibus, vel 3° longiori 6, 7,8, 9, mino- ribus, flagellum, stipiti subdistintum, apice penicillatum, formantbus. Os inferum, labro postico obtuso monomero, inferne sulcato; stygmata, canali aerifero, ad marginem lateraliter. bisinuatum educta. Pedes tarso monomero unguicolato, unguicula pilis capitatis basi fulchrata in primis liberi, demum retracti, sub venire degentes, antici antice versi. Margine plerumque ciliato lateraliter. bisinuato, postice in ciso, lobis precaudalibus amplis appressis, caudales minores inclu- dentibus. Mas plerumque ignotus, tandem capite minuto, astomo, anlice an- tennifero, antenvis filiformibus 9 articulatis, scutellis ocelliferis cincto, superne conjunctis. Ocelli decem, simplices, sphaereidales, capiti cir- cum circa dispositi. Thorax plerumque mesonotho gibbosus latiuseu- lus. Alae, membranace scabriusculac, nervo basi unico deinde furcato, halteres saepe nulli. Pedes, tarso monomero unguicolato. Abdomen elongatum, setis duobus praclongis, vagina cultroque elongato, stylum genitalem acerosum referentibus, terminatum. La femmina di questa sezione, di gran lunga più numerosa eva: riata delle altre, ma d'altronde naturalissima, è da principio libera e mobile, coll’ addome terminato da una, smarginalura, profonda. Gli incrementi ulteriori poi facendosi a proporzione più sulle parti laterali @ posteriori, che non nelle mediane e anteriori, il corpo si allarga, si fa depresso, più o meno carinato nel dorso, e la profondità della in- Vol. XI. 46 ssi 718 A. TARGIONI-TOZZETTI, cisione dell’ estremo addominale cresce per l'incremento dei lobi esterni, o precaudali, includendo nel fondo i lobi interni o caudali meno ingranditi, in forma di piccole squame variamente configurate (squame caudali). Per l’ espansione dei margini avviene che la linea d’ inserzione delle zampe, e quella sulla quale si aprono i quattro stigmi di que- sti rimangono altrettanto internati, e che per trovare una comuni- cazione fra loro e il di fuora, si stabilisce nel tegumento compreso fra l’apertura del peritrema, ed il margine del corpo un canale (canale stigmatico), che nel margine stesso si apre in fondo ad una incisione poco profonda (seno stigmatico). Quattro essendo gli stigmi ed altrettanti i canali ed i seni del margine del corpo per ogni lato, questo resta diviso in un lobo anteriore (lobo fron- tale) e due lobi laterali medii (lobi intestigmatici), e due posteriori continui indietro cogli stessi lobi precaudali. La femmina così ridotta, rigonfia di poi per lo sviluppo delle parti interne, e rialzando il tergo diventa convessa e navicolare, per lo più colle parti tergali di consistenza secca e crostacea. In questo stato di rado è capace di muoversi, più spesso è fissa invariabilmente, cogli organi della bocca internate nei tessuti delle piante, e riposa sopra un cuscino di materia filamentosa da essa filata, con organi proprii delle regioni sternali(ulvinaria, Nidularia nob.)o direttamente sulle super- fici delle piante sulle quali vive, e a cui aderisce con le ciglia del mar- gine, o poca materia bianca filamentosa, o senza intermedio nessuno. Il più delle volte le uova partorite da essa restano annidate sotto il corpo deformato, la parete ventrale del quale si retrae contro quella del tergo, nici un vuoto, o sono contenute in una cavità che pare interna, ma è realmente esterna e subventrale, coll’apertura ristretta dai margini del corpo ravvicinate più o meno (ermes); altra volta invece la femmina , dopo il parto, si ritrae sopra sè stessa, e le uova passano in un follicolo cotonoso precedentemente apparec- chiato (Flippia, Pulvinaria, Signorettia nob.), in diverso modo, e più di rado occupano un folliculo di pareti compatte, nel quale la stessa madre ha vissuto (/ollinia nob.). In un solo caso ( Zollinia), conservando i caratteri più essenziali STUDJ SULLE COCCINIGLIE 7419 della bocca, del guscio, dell’ addome, la femmina perde nelle mute le antenne e le zampe, e si ravvolge in un astuccio di materia cereo- resinosa, che la occulta completamente. Quanto ai maschii anco le loro larve subiscono una deformazione corrispondente a quella delle femmine, ma dopo si mutano, e la spo- glia serve loro di scudo sotto il quale subiscono la metamorfosi ulte- riore e completa. Da adalti ricordano per la forma generale quelli dei Cocciti, ma i più studiati di essi portano nel capo 40 ocelli, di- sposti simmetricamente su due placche chitinose laterali, che di sotto rialzandosi e ricorrendo sopra fino a completare un anello, formano una parte più consistente del capo istesso. Le antenne sono lunghe e fili- formi, il torace, le ali non hanno particolarità rilevanti; l'addome è allungato e terminato da un segmento più stretto, dal quale parte l'armatura genitale, lunga, lesiniforme, composta da una guaina tergale scanalata di sotto, dove si adatta lo stiletto mediano. Due setole, che emergono da due fossette praticate sui lati del penultimo anello ad- dominale, mettono in mezzo questa armatura. Tribu EV. Diaspites Foemina sub scuto orbiculari vel elongato, exuviis duobus, altera larvali antennifera, altera feclrice exantennata , centro extremove aucto, libera degens, discoidalis vel elongata transversim anulosa, margine inciso crenata. Lobo antico magno elongato vel rotundato, postico vel caudali dentato, crenato, setis, paleis, squamisve ornato, fusisque discretis marginalibus vel coadunatis, ad vulvam hemicyclum continuum, vel agmina 3 disjiunta formantibus. Antennae, oculi, pedesque nulli. Os cliypeo latiusculo triangulari, setis praelongis, labio postico minuto, bursiformi, monomero. Mares, metamorphosi completa, unico excepto, dipteri; ocelli 4 in- feri; alae uninervosae, nervo biramalo ; pedes longiusculi, tarso 4 vel dimero ; abdomen plerumque breve, vagina cultroque stylum referen- libus subulatum terminatum, setis carentes; pupae statu sub scuto uni- 720 À. TARGIONI-TOZZETTI; exuviato foeminarum conformi, velin folliculo lineari depresso cari- nato apice exuvia clauso, degentes. Marium, foeminarumque larvae globulosae, postice subindivisae. Antennae breves. Stipite 3, 4 articu- lato flagello, cylindraceo, traversim tenuissime corrugato; oculi late- rales, os ut in adulto. Pedes foemori crassiusculo, tibia lineari tarso brevissimo subindistincto, monomero, unguiculato unguicula, pilis 4 capitatis basi fulchrata. Le femmine di questa divisione si trovano libere sotto uno scudo formato da una spoglia (spoglia larvale), la quale conserva le antenne e le zampe della larva, e da una spoglia (spoglia tutrice) corrispon= dente allo stato di una seconda età, nella quale il giovane rimane acero, ed apodo. Soffre questa muta sollecitamente, ed allora Ja spoglia tutrice è più piccola del corpo dell’animale; più o meno tardi, e allora Ja spo- glia è delle dimensioni maggiori, già prese dal corpo in quel tempo. Queste due spoglie, l’ultima principalmente, formano il nucleo dello scudo, allargato poi il più delle volte da una secrezione di natura cereoresinosa, ora amorfa, ora filamentosa, e che si distende intorno intorno alle spoglie stesse, le quali rimangono al centro dello scudo, o da una parte presso il margine o ad una delle estremità. Per le forme, il corpo della femmina, nudo, molle, depresso, ora è discoidale, ora allangato, sempre diviso in segmenti, dei quali uno anteriore corrispondente alla testa largo e cortissimo, o stretto e al- lungato, e porta di sotto Ja bocca; gli altri sono trasversali di più in più corti dal 2° o dal 3° procedendo all'ultimo, che è per lo più triangolare, depressa, molto accidentato nei margini per divisioni di denti e ornamenti di palée, di squamme e di peli, è fortemente striato. Sopra la faccia tergale ha una depressione ad imbuto, ove si apre la vulva, sulla faccia inferiore un ostiolo più circoscritto, più vicino all'estremità del corpo e corrisponde all’ ano; lungo il margine del lobo caudale come di alcuni dei lobi estremi laterali sono disposte delle filiere isolate. L'apertura vulvare è spesso contornata da filiere coadunate ora in serie continua semicircolare aperta indietro, orà in 8 gruppi, e queste disposizioni come gli accidenti del margine del lobo caudale prestano buoni caratteri di distinzione di specie. Gli arti buccali sono i soli che persistano, e la bocca è grandetta col lab- STUDJ SULLE COCCINIGLIE 7921 bro anteriore trasverso tridentato, il posteriore quasi globulare, di un articolo solo, le mascelle e le mandibule sottili, lunghe, setiformi. Le larve sono piccolissime con l'estremo addominale diviso oscura- mente in due lobi, colle antenne corte e composte da uno stipite 3, 4 articolato e da un flagello sottile cilindrico, lungo, quanto lo stipite almeno, sottilmente striato in traverso. Le zampe hanno la coscia grossetta, la tibia sottile lunghetta, il tarso più largo cortissimo ap- pena distinto, terminato da unghia, che sporge in mezzo a 4 peli (/ulcri) capitati, due più lunghi e altri due più corti. — Nate libere, dopo qualche tempo si fissano e subiscono poi la muta poc'anzi avvertita. I maschi sono come le femmine nello stato di larva, e com’ esse soffrono una prima muta, dopo la quale in alcune specie aumentano con secrezione cerosa | ambito della spoglia, e formano uno scudo papiraceo sotto del quale subiscono le ulteriori vicende, o invece si costruiscono un follicolo nel quale restano chiusi. Sono particolari i maschi pel capo, che porta le antenne lunghe di 10 articolazioni, quattro ocelli dalla sua faccia inferiore, le ali grandette con un sol nervo che poi si biforca e che mancano in una sola specie , i bilan- cieri di tre articoli; le zampe lunghette col tarso ora mono ora di- mero, e l’abdome che termina con armatura stiliforme lunga subulata formata dallo stiletto e dalla guaina senza setole laterali. La partenogenesi pare certa per alcune, quantunque i maschi di rado manchino assolutamente. 7922 A: TARGIONI-TOZZETTI Coccidarum Catalogus. 0) FAM. COCCIDES Tribus 1.° Orthezites » 2.° Coccites » 53. Eecanites » 4° Ebiaspites Tribus 1.° Orthezites. Gen. 1. ORTHEZIA Bosc. Journ. de Phys. T. XXIV, p.174 (1784). Dorthesia Orthez, Late. Barm.; -— Cionops Leach.; — Aphis Gmel. Frisch; — Coccus Fabr., Gmel., Panz. Sp. 1. OnrHEZIA CHaracIAS Bosc., loc. cit. Orthezia Urticae Amiot et Serv., Burmeist.; — Dor- thesia Characias Orthez, Latr., Dufour, Westw. Blanch,; — Dorthesia Delavauxi Thibaut.; — Coccus Characias D’Orthez, Fabr,, Oliv., Rosier, Panzer, Leacl.; — Coc- cus dubius Fabr. (Ent. syst.); — Aphis Urticae Frisch, Gmel., n. 30 Sp. 2. ORTHEZIA FLQCCOSA. Coccus floccosus Degeer. (1) Opusculum tradimus incompletum, monographia quae typis parata, iconibusque organographicis illustrata expectat, augendum et explicandum. — Nomina non neolo- giae vana cupiditati, sed naturae rerum, noviter exploratae ratione adoptavimus ipsaque indulgentiae commendamus eorum, qui in animalcula ista, extricatu difficilia, maxi- me in Diaspites, laborant. Sodales autem deprecamur libellos, specimina, observatio- nes, liberaliter communicare, ut Coccidarum monographiam, dum imprimitur, augere, et maxime in synonimia emendare nobis sit. STUDJ SULLE CUCCINIGLIE 723 Sp. 5. OrtHEzIA sEvcHELLARUM Westw. (Gartn. Chron. 188%). Species nobis minus notae 4 Orthezia (Dorthezia) americana Walk. 5 »O ” cataphracta Shaw. 6 » ” Chiton Zetterst. Aliam invenit Olivierus in Rubo, Sheppardus in Melampyro (Kirby, et Sp.) quae forsitan sequentes adjungere licet Coccus Uva L., Mod. Coccus Glechomane Fab. (ex Burmeist.). Gen. 2. CALLIPAPPUS Guerin. fevue zool., An. 1841, p. 129. Sp. CaLLipappus WesTwoDJ Guer., loc. cit. (Australia). Gen. 35. PORPHYROPHORA Brandt. Medic. Zool. T. II, pag. 355 (1835-54). Coccus Modeer, L., Fabr., etc; — Coccinilla Frisch,; — Chermes Geoffr. Sp. 1. PorpHyRopHora Hamer, Brandt., loc. cit. Porphyrhora armeniaca Burmeist. Sp. 2. PorpHyRoPHoRA FriscHi Brandt. Porphyrophora polonica Burmeist. Dactylopius polonicus Costa. Coccus Polonicus Modeer. L. Fabr.; — Chermes radicum purpurus Geoffr. Incertae, vel mere nominales ad hoc genus referendae: Coccus Arbuti Fabr. Gmel. Hypericonis Pallas, Gmel. Lecanium Hipericonis Walk. » Fragariae Gmel., Stews, Turt., Walk. » Poterùù Ray, Hist. plant. n Potentillae Mayer. n Alchemillae Berg., Walk. Porphyrophora radicum graminis Baerenspr, n ST DTA Alias innominatas in Museo Berolinensi extantes, Burmeisterus notat, Mexico atque Brasilia. A. TARGIONI-TOZZETTI, . MONOPHLOEBUS Leach. (1827?), Latr., Burm., Amiot., Westw., Walck. Chirononnus Fab. (syst. antliat. 1803); — Coccus B. Fonsc. . MonoPHLOEBUS ATRIPENNIS Klug., Westw., Walk. (Ind. orient.) . MonoPHLOEBUS HIRTICORNIS nob. Monophloebus fuscipennis Burmeist. (1855), Walk. (Europa); s — Coccus hirticornis B. Fonse. (1834) Burmeist. . MonopaLossus SaunperTtII Westw. (Ind. or.). . MonopuroeBus FaBrIcn Westw. . MonopHLorBus Leacam Westw. . MonopHLoEBUS DuBIUS Walk, (Sumatra). . Moxopuroegus Burmeisteria Westw., Walk. . MonopHLoeBus RAapDboNI Westw., Walk. (Africa). . MonopHLorBus ILLiceri Walk. (Van Diemen.) .40. MonopHLOEBUS BRASILIENSIS Walk. Gen. 5. GUERINIA nob. Coccus Guerin. Sp. 1. GUERINIA TINCTORIA nob, Coccus Fabae Guerin., Meney, Revue et Magas. de Zool. T. 3 8, pag. 347 (1856). Huic accedunt: Coccus Phalaridis L. Coccus Picridis, B. Fonsc. Coccus Serrutalae B. Fonscol. fteste Signoreto in literis.) Tribus 2.8 Coccites. Gen. 6. COCCUS Reaum., Geoff., L. Fabr.. Modeer., Schrank., Shaw., Latr., Gmel,, Kirby. et Spence, Lamark., Burm., Bouch,, Amiot., Blanch. » » A Du ra ant rele da STUDJ SULLE COCCINIGLIE 725 Trechocoryx , Curt.; — Pseudococcus Westw.; — Dia- prostocetus Costa (Pontano Gior. di Scienze e lett. N. 8 1828); Dactylopius id. (Faun. Napol. Coccinigliferi.) Sp. 1. Coccus Cacri L. Fabr. Late. Guerin. Brandt. Lamk. Diaprostecus Coccus (Costa Pontano 1. c.); — Deacty- lopius Coccus Costa Maun. Nap.; — Pseudococcus (Cacti) Westw.; — Trechochoryx (Cacti) Curtis. Sp. 2. Coccus romentosus Lamk. Cochenille sylvestre Thiery de Menonv. Sp. 3. Coccus Bassi nob. n. sp. (Mexico). Sp. 4. Coccus BLancHARDI nob, n. sp. (Australia ex Coll. Mus. Paris.) Species nobis minus notae, vel dubie generi pertinentes: Coccus Aixin Liave (Mexico. » sinensis Walk. » caudatus Walk: » Strobi Baerenspr. ». Fagi Baerenspr. n hystrix Baerenspr. n tuberculatus Baerenspr. » OQogenes Anders. » trichodes Anders. Gen. 7. DACTYLOPIUS Costa, Fn. nap. Cocciniglif. (418335). Coccus L., Ledermull Fabr., Geoffe., Bouchè, Burm., etc, ; — Trechocoryx Curtis; — Cocconidia Amiot; — Pseudo- coccus Westw.; — Diaprostechus Costa (Pontano 1828). Sp. 1. DacryLopius LoncIsPINUS nob. ( Studii sulle Cocciniglie 1867). Coccus, Pseudococcus, Dactylo»ius, Diaprostechus — Ado- nidum. Sp. 2. DactyLoPIUS ApoNIDUM nob. n. sp. (syn. ut supra), Incertae vel nominales: Coccus Liliacearum Bouchè, Boisduval, Walk. » Tuliparum Bouchè, Walk. 726 A. TARGIONI-TOZZETTI, Coccus laurinus Signoret, Boisd. n. Mammillariae Bouch. Walk. » Zamiae Lucas, Boisd. » Bromeltae Hennu. » Fagi Walk. n farinosus Deg, Modeer, Gmel., Walk. » Alni Modeer, Gmel. » Laricis Bouchè. n. tuberculatus Bouchè. Tribù 3.° KLecanites. Sect. A. Eriophori demum folliculares. Gen. 8. FILIPPIA (1). n. gen. Sp. 4. FILIPPIA FOLLICULARIS. n. sp. (1867). Coccus Oleae Costa (Degli insetti che attaccano | albero dell’ Olivo, p. 74, tab. 4, f. 1, 10; non 9, 8, 12). Gen. 9. ERIOCOCCUS nob. Coccus Boyer Fonsc., Walk. Sp. 4. ERIOCOCCUS FESTUCAE nob. Coccus Festucae B. Fonse. Sp. 2. Errococcus RoRISMARINI nob. Coccus Rorismarini B. Fonsc.; — Lecanium Rorismari- ni Walk. | Sp. 3. Eriococcus Buxr nob. Coccus Buxi B. Fonsce.; — Lecanium Buxi Walk. Sp. 4. ErIrococcus cRISPUS nob. Coccus crispus B. Fonse. Sp. d. ERIOCOCCUS FIMBRIATUS nob. Coccus fimbriatus B. Fonsc, (4) Defilippia, orthographia rectior, genus Avium a Salvadorio constitutum, STUDJ SULLE COCCINIGLIE TIT Gen. 10. SIGNORETIA nob. n. gen. Sp. 1. SIGNORETIA CLYPEATA nob. Coccus Luzulae auct, Sect. B. Pulvinati. Gen. 11. PULVINARIA nob. (Pulvinari gossypiforme abdomine insidentes). Coccus, Chermes Auct., Lecanium Ulig.; Calypticus Costa. Sp. 1. PULVINARIA BIPLICATA nob. n. sp. (Mesembrianthemi aci- naciformis incola). Sp. 2. PuLviINARIA VITIS. Coccus Vitis auct. Sp. 3. PULVINARIA PUNCTULATA nob. Coccus Mespili Gmel.; — Coccus Crataegi L.; -— Cher- mes Carpini serico-albo Geoff. Sp. 4. PULVINARIA MARGINATA, Coccus lanatus Gmel.; -— Chermes Quercus serico-albo Geoff. Gen. 12. NIDULARIA nob. (Nidulo gossypiforme, margine circum circa elevato crispato insidentia). Coccus, Chermes auct. Sp. 41. NIDULARIA LANIGERA Gmel. Coccus laniger Gmel.; —- Coccus Ulmi Geoff. — Coccus Ulmi B. Fonse.; — Coccus spurius Modeer. Sp. 2. NIDULARIA PULVINATA nob. Coccus pulvinatus Planch., (an precedenti identica ?). Sp. 3. NipuLaria GRAMUNTII nob. Coccus Gramuntii Planch, 723 A. TARGIONI=TOZZETTI, Sect. €. Ceriferi. Gen. 15. CEROPLASTES Gray. — Coccus auct, (Indumento cereo resi- noso continuo obducti). Sp. 1. CEROPLASTES CHAVANNESI nob. (1866). Coccus Psidii Chavan., Walk.; — Cocopsidia Amiot. Sp. 2. CEROPLASTES CRISPATA n. sp. (ex coll. Mus. Paris). Sp. 3. CeropLASTES GrAY nob. Coccus Cassiae Chav,; — Coccicacia Amiot. Sp. 4. CEROPLASTES CHILENSIS Gray. Sp. 5. CeropLastES JANEIRENSIS Gray. Sp, 6. CEROPLASTES JAMAICENSIS White. Sp. 7. CeropLastes FigmarreI nob, Sp. 8. CEROPLASTES AUSTRALIAE Walk, Sp. 9. CEROPLASTES ...,.. Walk. Gen. 14. COLUMNEA nob, 1867 (indumento cerco, tessellato, tessellis im- pressis). Coccus; — Calypticus; — Lecanium auct. Sp. 1. COLUMNEA TESTUDINATA nob. Coccus Rusci L. Gmel. Fabr.; — Coccus Caricae Fabr.; — Coccus ficus Caricae Oliv. Enc. meth. B. Fonse.; — Chermes Caricae Boisd.; — ZLecanium Caricae; — Le- canium Rusci; — Lecanium testudinaceus ; -— Lecanium radiatum Walk,; — Calyplicus testudinatus Costa; — Calypticus radiatus Costa; — Coccus hydatis Costa (1). Fn. nap, Sp. 2. CoLumneA MyRICAE nob. Coccus Myricae Gmel., Fabr., L.; -— Lecanium Myricae Walk. STUDI SULLE COCCINIGLIE 729 Gen. 15. ERICERUS Guerin. Ann. Soc. ent. fr. 1838. Coccus Westw., Walk.; — Ceroplastes Walk., Pela, Targ. Tozz. 1867. Sp. 1. Ericerus cerIFERUS Guerin. An. Soc. ent., Ser. 3, T. 6, pag. 67. Coccus sinensis Westw.; — Coccus Pela Chav.; — Cero- plastes cereus Walk; — Pela cerifera Targ. Tozz. (An. Coccus ceriferus Anders.?) Nescimus an generi sit Coccus maniferus Ehr. Sect. D. Nudi, Gen. 16. LECANOPSIS nob., gen. nov. Rhyzobium Targ. Tozz. Studii sulle Cocciniglie 1867. Sp. 1. LECANOPSIS RHYZOPHILA nob. n. sp. Gen. 17. LECANIUM Illig., Burm., Ratzeb., Walk., Westvod., Gerstaek. Coccus Modeer., L., Fabr., De Geer., Latr., Oliv., Gmel.; — Chermes Geoffr.; — Chermes Amiot.; — Lecanium hatz.; — Calymnata Costa Pontano 1. cit,; — Calyplicus Costa Faun. nap. Cocciniglif. a Laevigata Sp. 1. Lecanium Aceris Bouch. Walk. Ent. Zeit., T. bd, p. 295. . Coccus Aceris Modeer., Fab, Gmel., Curtis. Sp. 2. Lecaniom ULmi Walk. Coccus Ulmi Geoff.; — Coccus Coryli L.; — Chermes Co- ryli haemispaericus Geoff.; — Coccus Tiliae L; — Chermes Tiliae haemisphaericus Geofi.; Calypticus lacvis Costa, Fn. nap. Cocciniglif. An hie referenda: Lecanium Carpini Walk. Coccus Carpini Fabr. L. 730 A. TARGIONI-TOZZETTI; Lecanium Betulae Walk. Coccus Betulae L. Fab. Coccus Ceryfex Fitch. Sp. 3. Lecanium rascratuom Walk. Coccus ovatus Ulmi trasversae striatus Degeer.; — Caly- plicus fasciatus Costa Fn. nap. Coccinigliferi. Nonne e parasitismo gregarinae cujusdam mera varietas? Sp. 4. Lecaniom Corni Bouchè. Walk. Sp. 5. LecaniUùM HEspERIDUM Burm. Walk. Coccus Hesperidum L., Fabr., Gmel., Latr., B. Fonsc., Nor- dling.; Chermes Hesperidum Geoff., Amiot. Boisd. Sp. 6. LECANIUM CYMmBIFORMIS nob. Chermes Persicae oblongus Geoff.!; —— Chermes Persicae Boisd.; — Coccus Persicarum Boem.; — Coccus costatus Schrank.?; — Calypticus laevis Costa — Gallinsecte en bateau renversé, qui vit sur le Pecher Reaum.; — Cher- mes Clematitis oblongus Geoff.: — Coccus Clematitis Gmel., Walk.; — Coccus Pyri Schrank; — Zecanium Padi Walk,; — Coccus Padi Schrank.; — Coccus Xy- lostei Schrank.?%; — Zecanium Avylostei Walk.; — Leca- nium Juglandis Bouchè, Walk.21— Coccus Rubi Schrank.? — Lecanium Rubi Walk.; — Lecanium patellaeformis Walk.; Coccus patellaeformis Curt. Nobis autonomia magis dubia, atque hic referenda: Lecanium juglandifex Fitch. ” Persicae Fitch. n cerasifex Fitch. Sp. 7. Lecanium Persicae Bouchè (non Burmeist.). Sp. 8. LecANIUM DEPRESSUM nob. n. sp. Sp. 9. LECANIUM HYBERNACULORUM? (1867). Chermes hybernaculorum Boisd. Sp. 40. Lecaniom Correae Walk. (Ceylan). La Be talia i i ii nt Sane i» dali eten dt Se li Lidi Me A nt n e sinrcmtatts STUDI SULLE COCCINIGLIE 751 Sp. 14. LECANIUM HORDEOLUM nob. Coccus Salicis L.; — Coccus hordeolum Dallm.; — A4spi- diotus hordeolum Walk. Nescimus an hic vel Lecanio Capreae, Lecanium Salicis Bouchè refe- dum sit. Sp. 12. LECANIUM AMERICANUM noD. i Lecanium Salicis Walk.2; — Coccus Salicis Asa Fitch., (non L. non Maquart). Sp. 13. LecaNIUM BLANCHARDII nob. Lecanium Amygdali Blanch.; — ZLecanium Persicae Burm.; — Coccus Persicae Schrank.; — Chermes Persicae ro- tundus Geofîr.!; — Chermes Amigdali Boisd. (Gallinsecte rond du Pecher Reaum.!). — V. supra Zecanîum cymbi- formis. Sp. 14. LECANIUM PERSICOCHILENSE nob. Lecanium Persicae Walk.; Coccus Persicae Fabr. (Abitat. Chyliae Amygdalo persica Fabr.). Sp. 15. Lecanium CapreAE Walk. Coccus Salicis Degeer.; — Coccus Caprae L. Fabr. Gmel., B. Fonscol; — Coccus Salicum Fabr.; — Chermes Ca- preae En. meth.; — Zecanium Salicis Bouchè. Sp. 16. LECANIUM GENEVENSE nob. sp. n. Sp. 16bis, Lecaniom QuercicoLA Bouchè. Sp. 17. LECANIUM HAEMISPHAERICUM nob. sp. n. (1867). Chermes Filicum Boisd.; — Chermes Angraeci Boisd.; — Chermes Cestri Boisd. Sp. 18. LECANIUM BITUBERCULATUM nob. sp. n. Sp. 19, LecaNIUM PICTUM nob. n. sp. (Praecedentis parasytismo Gregarinae cujusdam, mera va- rietas!!). Sp. 20. LecAnIUM cisBERUM Walk. Goccus gibber Dalm. Sp. 24. Lecanium crpratoLa Walk. Coccus cypraeola Dalm. 732 A. TARGIONI-TOZZETTI, b fugosa. Sp. 22. Lecaniom OLtAE Walk. di Coccus Oleae Olivier, Late. , B. Fonse., Costa, Giovene, Goureau.; — Calypticus hesperidum Costa, Fn. nap. Coc- ciniglif.;, — Chermes Oleae Boisd. ‘Sp. 23. Lecanioi TestuDo Walk. Coccus testudo Curtis; — Chermes Cycadis Boisd. Sp. 24. Lecaniom PLancnonn nob. (Cochenille en forme de Bateau qui vit sur la Chéne vert et sur la Chéne garouille Planch.). Sp. 25. LECANIUM ORBICULARE sp. n. (ex coll. mus. Paris, Owest. cap. des Mines, Australia). Sp. 26. LECANIUM VIRGATUM sp. n. ex. coll. mus. Paris (Owest. cap. des Mines, Australia). Nobis minus nota: LECANIUM AUSTRALE Walk. LECANIUM Drosmatis Walk. Coccus Diosmatis Modeer., Gmel. LecaNnIUM ZoosTERAE Walk. Coccus zoosterae L. Fabr. LecANIUM LiriopENDRI Walk. Coccus Liriodendri Gmel. LecANIUM BerBERIDIS Walk. Coccus Berberidis Schraak. LecanIUM AsaRrI Walk. Coccus Asari Schrank. LECANIUM NIGRUM Nietu. LECANIUM vINI Bouchè. LECANIUM CARIAE Fitch. Coccus QuerciIFEX Fitch. Coccus QuercITRONIS Fitch. Coccus Rrsrs Fitch. Coccus VitIs Fitch. LECANIUM?® «(..:+ Chermes punctiformis Boisd. STUDJ DELLE COCCINIGLIE 755 LECANIUM? ...... Chermes Ericae Boisd. LECANIUM PRENANTHIS Walk. Coccus Prenanthis Schrank. LECANIUM PURPURATUM Walk. Coccus purpuratus Dallm. LECANIUM ABIETIS Walk. LecANIUM PiceAaE Walk. Coccus Piceae Schrank. LECANIUM ABIETIS Walk. Gen, 18 Coccus Abietis Modeer. Coccus arborum Schrank., Ins. austr. Coccus Pineti Schrank. Chermes Abietis rotundus Geoffr. Sect. E. Sphaeroidalia, vesiculosa. . KERMES Amiot., Serv. Chermes Geoff.; — Coccus L. Fabr., Latr., Lamk., B. Fonscol; — Zecanium Ilig., Burmeist., Ratzb., Walk.; — Calypticus Costa Fn. nap. Coccinigliferi. . Kermes VERMILIO nob. Chermes Vermilio Planch.; — Lecanium ilicis Burm. Walk.; — Calypticus laevis Costa. . Kermes BAUHINI nob. Chermes Bauhini Planch.; — Coccus Ilicis L., Fabr., etc. . Kermes EmeRICI nob. Chermes Emerici Planch.; — Coccus Ilicis Auct. (mére du vermoulue Reaum). | : KerMes Fuscus nob. Coccus (Quercus) fuscus Modeer. . KERMES VARIEGATUS nob. Coccus variegatus Gmel.; — Zecanium Quercus Bouchè; — Chermes variegatus Amiot.; — Chermes Quercus ro- tundus ex albo transverse vuriegatus Geofî.; — Lecanium Quercus Burm., — Coccus variegatus Gmel. Latr. B. Fonscol. (ex parasitismo inflato, variatio ?). Vol. XI. 47 754 A. TARGIONI-TOZZETTI, Gen. 19. PHYSOKERMES nob. Coccus, Chermes, Lecanium Auct. Sp. 4. PHYSOKERMES RENIFORMIS nob, Lecanium Quercus Walk.; — Coccus Quercus L. Fabr. Oliv.; — Chermes Quercus reniformis Geoff. (Gallinsecte en forme de rein, Reaum,); — Coccus Roboris Schrank. ‘ Sp. 2. PHYSOKERMES RACEMOSUS nob. Coccus racemosus Ratz. Sp. 3. PHYSOKERMES HEMICRYPAUS nob, Coccus hemicryphus Dallm. — Lecanium Abietis Walk? Sp. 4. PHysoKERMES CamBII nob. Coccus Cambii hatz. Sect. F. Apoda folliculo clausa. Gen. 20. POLLINIA nob. Sp. 4. PoLLINIA CosTAE nob. Coccus Pollina Costa. (Degli insettiche attaccano l'albero e il frutto dell’ olivo, 1867.) Sect. G. Apoda, diaspiformia, radiata. Gen. 24. ASTEROLECANIUM nob. gen. nov. Sp. 1. ASTEROLECANIUM AUREUM nob. Coccus aureus Boisduv. (A D. Signoreto recepto, demum in h. botanico R.Musaei florentini Or- chidarum incola reperto.) Tribus 4.4 MDiaspites. Gen. 22. LEUCASPIS nob. Gen. n. Sp. 4. LEUCASPIS CANDIDA nob, Diaspis Candida nob. 1867. STUDJ SULLE COCCINIGLIE 79d Sp. 2. LeucASsPIS SIGNORETI nob. n. sp. 1868. (a D. Signoreto recepta, Pini sp. incola). Gen. 23. FIORINIA nob. Gen. n. Sp. 1. FIORINIA PELLUCIDA nob. Diaspis Fioriniae Targ. Studi sulle Coccimiglie 1867. Coccus Arecae Boisd. (a D. Signoreto in literis). Gen. 24. PARLATORIA nob. Gen. n. Sp. 1. PARLATORIA ORBICULARIS nob. Diaspis Parlatoris Targ. Studi sulle Cocciniglie 1867; — Aspidiotus Proteus Curtis (pars). Sp. 2. ParLATORIA Lucas nob. Coccus Ziziphi Lucas.; -— Chermes Aurantii Boisduv. Gen. 25, AONIDIA nob. Gen. n. Coccus; — Aspidiolus Auct. Sp. 1. AONIDIA PURPUREA nob, Aspidiotus Lauri Bouch. Burm. Walk.; — Chermes Lauri Boisd. — Coccus Adonidum L. Fabr. (9); — Diaspis pur- purea Targ. 1867. Gen. 26. DIASPIS Costa /n. nap. Coccus, Chermes, Aspidiotus Auct. Sp. 4. Diaspis RosaE nob, Aspidiotus Rosae Bouchè; — Chermes Rosae Boisd. Sp. 2. Diaspis CaLyPTROIDES Costa. Aspidiotus Echinocatti Bouch,, Burm., Walk.; Aspidio- tus Calyptroides Walk. 756 A. TARGIONI=TOZZETTI , Sp. 3. DrAaspis CARUELII nob. n. sp. (Juniperi Phoeniciae baccis foliisque: non Aspidiotus juniperi Bouchè). Sp. 4. DIASPIS MINIMA nob. n. sp. (Thujae occidentalis Cupressique fa- stigiatae ramulis, incola). Gen. 27. ASPIDIOTUS Bouchè. Coccus, Diaspîs Auct. Sp. 4. Aspipiotus BoucHI nob. Aspidiotus Nerii Bouchè; — Chermes Nerii Boisduval. ; Diaspis obliquus Costa. Aspidioto Bouchei accedunt formae plurimae, tepidariorum, calidiorum- que pestes, quae plantarum nomine plerumque nuncupatae, nulla nota diagnosi praestant. Chermes Aloeg Boisd. n Palmarum Boisd. ”» Kennediae Boisd. ” Anthurîi Boisd. n Fulchironiae Boisd. 7) cycadicola Boisd. Sp. 2. Aspipiotus CrmBipii Bouchè. Chermes Cymbidii Boisd. Sp. 3. ASPIDIOTUS AFFINIS nob. n. sp. (Rusci aculeati Phyllodiis). Sp. 4. Aspipiotus CALDESII nob. n. sp. (Daphne Collinae foliis). Sp. B. ASPIDIOTUS DENTICULATUS nob. n. sp. (Rubiae peregrinae foliis). Sp. 6. ASPIDIOTUS VILLOSUS nob. n. sp. (Oleae europaeae foliis). Sp. 7. Aspipiorus ostREAEFORMIS Curtis, Gardn., Chron., 1843. Sp. 8. Aspiprotus Saticis Bouchè, Ratz. (non Coccus Salicis Macquart; C. Salicis Modeer, L.). Aspidiotus Pini Hartig., Aspidiotus flavus Hartig. Genus mari aptero omnium fere diversum. Sp. 9. AspiproTUs FLORIGER Walk. Sp. 10. Aspipiotus BIcARINATUS Walk. Sp. 41. Aspipiotus Poputi Baerenspr. STUDJ SULLE COCCINIGLIE 757 Sp. 12. AspipioTus BeTULAE Baerenspr. Sp. 13. AsPIDIOTUS FALCIFORMIS Baerenspr. Species scutorum faeminar. margine distincto, fimbriato vel postice ap- pendiculato singulares, nunquam nobis visae : AsPIDIOTUS JUNIPERI Bouchè Ent. Zeit. 1851. » PINNAEFORMIS Bouchòè, id. ” TILIAE Bouchè, id. " BUXI Bouchè, id. ” PoPULI Bouchè, id. n VACCINI Bouchè, id. An Diaspitibus sint species nonnullae americanae Fitchio traditae, nomine: Coccus pinifoliae. — C. Juglandis. — C. Rosae. — C. Cerasi. — C. circularis. — C. furfurus. — C. Gossypii, nobis incertum est. Gen. 28. MYTILASPIS. Coccus, Chermes, Aspidiotus. Diaspis auct.; — Lepidosa- phes Schimer, Transact. of the American Ent. Soc. T. 4, p. 564 (1867). Sp. 41. MyTILASPIS LINEARIS nob. Coccus arborum linearis Modeer.; — Coccus conchiformis Gmel.; — Mytilaspis pomorum Bouchè; — Aspidiotus conchiformis Curtis; — Chermes conchiformis Boisd, Aspidiotus proteus Curtis (pro parte). An hic referendum: CHERMES CAMELIAE Boisd. ? Sp. 2. MyriLaspis MAQUARTI nob. Coccus salicis Maquart.; — Coccus salicis L. Modeer Gmel.? (Mas alatus alis hyalinis differt eximie Aspidioto Salicis Bouchè, Ratzh.) Sp. 3. MyTILASPIS SALICETI nob. Aspidiotus saliceti Bouchè. Sp. 4. MyTILASPIS FLAVA nob. n. sp. (Oleae europeae ramorum cortice). Sp. 8: MyriLaspis MyrrHI Bouchè, 758 A. TARGIONI-TOZZETTI, STUDI SULL COCCINIGLIE Sp. 6. MyTILASPIS CRYPTOGAMA rob. Coccus cryptogamus Dalh. Lecanium capense Walk. (non Coccus capensis Fabr.) hie forsan referendum. Genera nobis non satis certa: 4. AspisaRcus Newport. 2. CheLonicoccus LuTEUS Costa, Accad. delle sc. di Napoli, T. 5. 1867. 3. Coccus Lacca Kerr. 4, MArRGARODES FORMICARUM Guild. Araneidi Italiani per Giovanni CanestRINI, professore all’ Università di Modena, e Pierro Pavesi, professore al Liceo di Lugano. (Seduta del 16 settembre 1868.) I. CENNI STORICI. Alcuni tra i più comuni e radicati pregiudizii del volgo fanno te- nere i ragni in ribrezzo ed in un’ avversione priva di fondamento ; non sappiamo poi per quale causa anche pochi tra i naturalisti ne abbiano formato il loro oggetto di studio, quantunque i ragni siano animali interessantissimi per la varietà di forme e di costumi. Quando si pensa che in Italia, ove si noverano molti cultori dell’entomologia pura, fa difetto anche un semplice catalogo generale di araneidi, c'è da dolersene profondamente. Appunto per riempiere in qualche modo questa lacuna noi da al- cuni anni attendiamo a studiare gli araneidi nostrali, sia facendone incetta nei nostri abituali soggiorni , sia procurandone esemplari da molte parti d’Italia. Convintici sempre più che questo studio merita G. CANESTRINI E P. PAVESI, ARANEIDI ITALIANI 759 molta attenzione , ci accingemmo anche a riunire insieme tutte le indicazioni che forniscono gli autori sulle specie del nostro paese, per completare con esse le nostre e darne così un catalogo complessivo. Ecco lo scopo del lavoro che presentiamo , sperando che possa, in progresso di tempo , servire come indice e guida agli studiosi ; il nostro lavoro è altresì un voto di vederne sorgere altri speciali per ciascuna delle svariate regioni italiane, voto che esaudito, mostrerebbe quanto sia ricca la nostra fauna, soddisfacendo largamente le assidue ricerche. Questo studio fu più che ogni altro trascurato appo noi; siccome però non mancano alcuni autori nostri che se ne sono occupati, così stimiamo opportuno di mostrare per ciascheduno quali argomenti ab- biano trattato con una succinta rivista, piuttosto che dare un'arida e poco utile bibliografia. Rimonteremo a diciotto secoli or sono per ritrovarvi il primo au- tore da cui intendiamo prendere le mosse ; noi non possiamo esi- merci di parlare anche di epoche remote, anzi ci intratterremo forse più estesamente di queste, dappoichè le loro produzioni sono ormai derelitte. La scienza venutaci dall’ oriente si propagava ai Greci, ed elevata’ al sommo grado dal grande filosofo di Stagira passava in retaggio ai Romani. Caso PLiNio sEconpo comprendeva il campo vastissimo del sapere a’ suoi giorni nella /Zistoria /Vaturalis; se non che gli scritti di quell’ uomo di immensa erudizione e poca critica ridondano di quanto era nelle opere precedenti, nelle superstizioni e credenze po- polari. In più passi nel libro VIII, X, XI, XVII, XXIX, ed altri parla dei ragni, togliendone la più parte da Aristotele ; ed una volta sola che ha voluto accennare a questi animali da noi cadde in quella sua gratuita asserzione, Phalangium est Italiae ignotum, divenuta fa- mosa , perchè tutti gli autori in seguito gliela rimproverarono a ragione. Come in Plinio, notizie vaghe ed incerte si hanno in Souno nella sua descrizione della Sardegna, ed in Ettano, che, sebbene di Roma, scrisse in greco la sua storia degli animali. Nel libro I, cap. 22 e lib. VI, cap. 56 (4), egli ci parla dell’arte mirabile dei ragni di or- (1) Ediz. iat. di P. Gillio. Lugduni, 1563. 740 G. CANESTRINI E P. PAVESI. dire la tela con disposizione geometrica ; e nel lib. III, cap. 35, e lib. XVII, cap. 41 e 37, ci narra dei Falangi di alcune regioni stra- niere. Dopo questi dobbiamo sorpassare a lunghi ed oscuri secoli prima d’incontrarci in alcuno dei nostri che ne abbia data qualche nozione ; e non è che sulla fine del secolo XV, in cui, risorti gli studi partico- larmente in Italia, ci avveniamo dapprima in NicoLò Perorto. Que- st autore nella sua Cornucopia lascia qualche notizia sullo stellione. o ragno che frequenta la Puglia e la campagna Tarquinia, detto vol- garmente Tarantola, e sull’effetto della musica in quelli che ne sono morsicati. In seguito ALessanpro D’ALessanpRo, napoletano, nei Zies geniales, lib, IV, cap. 24, Antonio pe Ferrari da Galatena nella sua opera De situ Japigiae, scritta sul principio del secolo XVI, il pavese Giro- Lamo Carpano nel lib. IX, De rerum subtilitate (1), ed altri pochi ci istruiscono con maggiori dettagli sulla Tarantola. Più tardi Pierro Anprea MartioLi nei Discorsi sulla materia medi- cinale di Dioscoride (2), commenta quest’ultimo ed aggiunge nozioni sui ragni. Al lib. Il, cap. 56, scrive dapprima la loro istoria, indi ripor- tando le diverse specie che gli antichi ammettevano, soggiunge d° a- verle tulte viste in Italia (3), non solo, ma trovarvisi ancora un’altra chiamata Tarantola. Nel descrivere gli strani accidenti che essa induce nei morsicati, asserisce che si guariscono colla musica, come egli stesso ha visto più. volte (4). Anche nel lib. VI, dei veleni e della loro cura, ha di tratto in tratto alcuni passi sui ragni e sui falangi, riporta molti pregiudizii e si occupa di notizie mediche lasciate dagli antichi. Anche Giovanni Barrista Detta Porta nel libro XX della sua Ma- gia naturale e nel libro VI della ZFitognomonica e Ferrante InpeRATO nel lib. XXVIII dell’ /Zistoria Naturale (5), parlano della tarantola, (4) Norimbergae, 1550, e Opera omnia. Lugduni, 1663. (2) Editi primamente a Venezia nel 1555. (3) Pag. 242, ediz. ven., 1742. (4) Pag. 243. (5) Napoli, 1599, ARANEIDI ITALIANI 744 ma senza aggiungere checchessia alle conoscenze precedenti. Que- st’ ultimo, citato da molti autori, distingue due specie di tarantole, di cui la più velenosa chiamata dai paesani Solofizzi (6), nome inu- sitato presso gli scrittori. Egli ci dà due figure del suo falangio, che sono le prime figure che si ebbero e furono spesso riprodotte. L’Utisse ALpovranpi, elevato a gran nome a’suoi tempi, nel capi- tolo XII dell’opera De animalibus insectis, venuta in luce sul prin- cipio del secolo XVII (4), ci parla di tutto quanto già sapevasi sui ragni. Noi non ci fermeremo sicuramente a considerare quello ch’ei narra sui costumi, sulla generazione, i danni che ponno arrecare, la cura dei morsicati dalla tarantola, perchè questo si trova nelle opere precedenti. Il più essenziale per noi è l’articolo: Genus-Differentiae, nel quale dopo aver parlato delle diverse specie ammesse dagli anti- chi, viene a quelle ch'egli stesso ha osservate (2), e le descrive in modo che, aiutati dalle figure, non riesce molto difficile riconoscerle con approssimazione, ciò che non si poteva prima di lui. Così l’ 4ra- neus secundus pictus, nella tavola Î, è forse un Thomisus, il septimus sembra lo Sparassus virescens, il decimus tertius un’ Epeira, il pri- mus, nella Il tavola, un 4ttus, nel terzo pare scorgere la Zilla acalypha: le figure dell’Araneus proliger si riferiscono alla tarantola, quantun- que non mostri d’averla conosciuta, la settima ed ottava palesemente alla /Vephila fasciata, il nonus sembra il Thomisus citreus. Si è per ciò che Aldovrandi in aracnologia si merita il miglior titolo di ri- cordo; nel resto non vediamo che mera compilazione. Poco dopo Epiranio Ferpinanpo scrisse le Centum Historic, seu Observationes et casus medici, delle quali la 84° tratta della taran- tola (3). L'autore, medico di Terra d’Otranto, prende occasione da un caso di tarantismo per parlarci anch'egli a lungo dell’animale che lo produce; considera nel cap. ], il numero delle specie che porta a 24, la natura loro e così via, riportando quasi in tutto gli autori greci e latini. Nel cap. Il e III, dà la lunga serie dei sintomi del (6) Pag. 681, ediz. ven., 1672. (4) Bononiae, 1602. (2) Pag. 607, ediz. Bonon, 1638. (3) 1612; ediz, ven., 1624, pag. 248, 7492 G. CANESTRINI E P. PAVESI, morso della tarantola, e della sua cura. Di questo suo lavoro interessa far risaltare anzitutto che non mostra ritenere la tarantola assai ve- lenosa e molto meno letale; non che una notizia sull’ uso della tela sericea dei ragni. Egli racconta che molti in Reggio di Calabria so- levano trarre seta dai nidi delle tarantole, e che Girolamo Marciano arrivò persino ad averne una libbra; il che prova, ciò che non sfuggì a Serao e più tardi al Termeyer, che anche presso i Napoletani era nota quest'arte assai prima ancora che il Bon ne facesse, com’ ei credeva, la scoperta. Un nostro sommo italiano sorgeva a distruggere i pregiudizii dei secoli: Francesco Rei, degno membro di quell’Accademia che seppe assumere per divisa il motto: provando e riprovando , indagava il vero nella fisiologia animale. Le sue splendide Esperienze intorno alla yenerazione degl’ insetti (1), portano luce anche sull’origine dei ragni. Egli combatte con sodi argomenti che la terra e le materie pu- trefacenti generino ragni; che partoriscano vermi e non ova; che siano prodotti dalle gallozzole delle quercie; che si cavino lo stame fuor della bocca, come avevano asserito Aristotele ed il nostro Mattioli e ripe- tuto mille altri. Egli si occupa eziandio del numero delle ova, di provare che i ragni possono vivere a lungo senza cibo, e cerca spie- gare come essi tendano i fili da un luogo all’altro non avendo organi per volare, congettura che trovò appoggio nei moderni osservatori. Dopo il Redi, Tommaso Corneio, napoletano, in una lettera a John Dodington (2), racconta alcune sue osservazioni fatte sopra per- sona creduta morsa dalla tarantola; afferma, sulla fede di taluno che trovavasi nel paese d’ Otranto, che molti si fingono tarantati ed altri credonsi tali essendo presi da un delirio melanconico. Pel primo egli manifesta dubbii sul vecchio pregiudizio e ritiene che la ma- lattia sia prodotta da tutt'altra causa che non il morso della tarantola. Il padre Fiuirpo Bonanni in seguito, nella Micrographia curio- sa (3), al S.° VI, espone alcune suc osservazioni sulle mandibole (4) Pubblicate per la prima volta a Firenze nel 1668. (2) An estract of a Letter by D." Thomas Cornelio, a Neapolitan Philosopher and Physician, to John Dodington Esquire, his Majesties Resident at Venice; concerning some Observations made of Persons pretending to be stung by Tarantula’s, in Philos, Trans. vol. III, 1672, pag. 4066. (3) Romae, 1691. nic La ARANEIDI ITALIANI 745 dei ragni; e fra parecchi pregiudizii vi troviamo però una descri- zione dettagliata e figure (1) di quelle parti osservate, com’egli dice, nell’ Aranea tarentina; ma colla tarantola confondevasi allora ogni sorta di ragni e appare chiaramente trattarsi della Vephila fasciata. Aneh' egli, come coloro che lo precedettero in questi studii, attri- buisce per errore tre internodii alle gambe e sei occhi soltanto; ac- cenna all’uso dei palpi e al modo di prendere gli animaletti di cui quel ragno si nutre. Di quei tempi fervevano in Napoli le controverse opinioni sulla tarantola; il Bulifon, presso cui si radunavano molti dotti, pubblicò tra le Zettere memorabili (2), una del dottor Domenico SancineTo , che fu nuovamente stampata nel /Vouveau Z'oyage d’ Italie del Mis son (3). In essa però altro non si riferisce che quanto era invalso su quell’animale. Ma veniamo ad una Memoria che levò di sè alto grido e servi quasi di punto di partenza ai più che ne parlarono in seguito; vo- gliamo dire della Dissertatio de anatome, morsu et effectibus tarantu- lae, pubblicata da Giorgio Bacuivi (4). Nei tredici capitoli in cui essa è suddivisa si parla dapprima delle differenze della tarantola, della natura e del luogo ove vive. L’ autore però non è sempre preciso nella descrizione delle diverse parti di questo ragno, a cui, come di solito, attribuisce soli tre internodii alle gambe; e, mentre sembrerebbe ch’ egli avesse intravveduta la differenza fra i maschi e le femmine, coll’ascrivere a quelli l'estremità dei palpi più gros- sa, egli non fa che copiare il Lister, come in altri passi, senza mai citarlo. Schivandosi di esaminare la struttura interna, passa, nel ca- pitolo successivo , a considerare la generazione di questi ragni. È qui, con Marco durelio Severino, ritiene che 1’ organo generatore maschile sia posto tra la commissura del torace coll’addome, scam- biando con esso l’ epiginio assai svilup;nt0. Riguardo agli effetti del veleno li dice varii, a seconda delle varie tarantole, cui distingue in due specie Tarantula subalbida e Tarantula stellata; quest’ultima, (4) Fig. 69-73. (2) Tomo II, pag. 443. .,Tomo II, 42 ediz., 1702, pag. 369. 4 Romae, 1695. Praris medica e Opera omnia, Diss. VI, 7UU G., CANESTRINI E P. PAVESI a suo dire, è più dannosa. Narra i soliti fenomeni che avvengono nei tarantati, corroborandoli con una serie di istorie, ma non si cela però che altre cause potrebbero produrre la malattia del tarantismo. Non poche parti di questa sua Memoria potrebbero essere interessanti, ma nulla v'è di nuovo e in un unico libro e con più bella forma ha esposto, raccogliendo qua e là, le notizie già date dagli autori. Psoro Boccone in seguito, nelle osservazioni XVI, XVII, XVII, XX, del suo Museo di Fisica e di Esperienze (1), espone alcune conside- razioni sul ragno velenoso della Corsica, che manifestamente appare essere il malmignatto, e sulla tarantola di Puglia, che spesso confonde in uno. Quantunque egli dia anche buone notizie sui costumi. ne accumula tante di false e tali superstizioni che farebbero veramente meravigliare se non ci riportassimo a’ suoi tempi. Nella osservazio- ne XVI, trovansi altresì alcune lettere scritte all’autore da Giacinto Griffoni, Domenico Cotti, e Domenico Sorba, con pari intendimento. Infine nella osservazione XVIII, indica e descrivei costumi di un altro ragno di Sardegna denominato Solifuga, ciò che fece già prima il Solino; ed anche nel suo Museo di piante rare (2) dà qualche cenno medico sui ragni. Abbiamo di nuovo un piccolo trattato sulla tarantola per Lopovico Vauuerta: De Phalangio Apulo Opusculum (3). Il primo libro è così interessante e conliene delle osservazioni tanto accurate, che molti autori ne riportano ancora parecchi brani. Walckenaer, dottissimo in questa materia, non si perita di dire: « Ce traité, quoique encore bien prolixe, est le meilleur que l’on ait écrit sur la tarentule de la Pouille. » Vi si tratta dapprima della località ove essa vive, della sua struttura e dei costumi: l’autore dà una bellissima descrizione del suo nido, del tempo nel quale si può trovare e quando si occulta. Nella descrizione del Falangio cade egli pure in vari errori e quello che è rimarchevole indica avere esso due soli occhi in fronte, men- tre nella figura li segna tutti ed otto : si ferma lungamente ad esa- minare gli organi boccali ed i modi della generazione; narra che i (4) Venetia, 1697. (2) Venetia, 1697. (3) Neapoli, 4706. ARANEIDI ITALIANI 745 piccoli appena nati salgono sul corpo della madre e sono così feroci da distruggersi l’un l’altro. Ma ritiene anch’egli che sia velenoso nel morso; ed il secondo libro è tutto dedicato a considerare la qualità, gli effetti e la cura di questo veleno. Al capo IV, di esso libro pro- pone varie quistioni intorno al tarantismo, alcune delle quali assai giudiziose, cui però nel capo seguente cerca sciogliere, ma in molte riesce insufficiente. Esamina la cura di questa malattia colla musica, e produce infine varie istorie di tarantati, non impugnando che ve ne siano anche di falsi. Già sulla fine del secolo precedente il celebre VactisnierI aveva pubblicati i suoi Dialoghi sull’ origine di molti insetti , nei quali ap- pare di tratto in tratto qualche notizia sui ragni; ma più particolar- mente ne parla nel Saggio d’ istoria medica e naturale, che trovasi nelle Opere fisico-mediche riunite, e pubblicate da suo figlio nel 1733. Alla voce ragno, troviamo alcune considerazioni generali e si ferma più in dettaglio sulle filiere; sul modo col quale i ragni ordiscono le tele e sui tentativi fatti per servirsene. Un lango capitolo si ha sulla tarantola, ch’egli aveva osservata anche sulla collina di Reggio d’Emi- lia, quivi però non riputata dannosa. În quanto agli effetti della ta- rantola pugliese ei crede che gli strani accidenti siano piuttosto il prodotto di una riscaldata fantasia. Ed invece, appena più tardi, si dichiaravano pel tarantismo Nicorò Cirio, celebre medico napoletano, nelle sue /Vote all’Ettmuller (1), e Nicorò Capuro nell’ opera De Tarantulae anatome et morsu (2). Quest'ultimo illustra la tarantola specialmente sotto il rapporto ana- tomico, parla a lungo dei sintomi e della cura del veleno, ed espone anche diverse sue esperienze, non che una serie d'’istorie di taran- tati. Il cap. I c' importa assai più, come quello nel quale descrive 26 specie di Falangi conosciuti nella Puglia e in Terra d'Otranto che, a suo dire, il volgo chiama indistintamente tarantole; ma, fatta ec- cezione di poche, le altre o non si ponno riferire a specie ben note o non spettano nemmeno agli araneidi. Nel 1742, venivano alla luce in Napoli le Lezioni accademiche di (4) Prax. lib. I, sect. 3, not. 9, e Pharmaceut. part. A. sect. 2. (2) Lycii, 4744. 746 G. CANESTRINI E P. PAVESI Francesco Serao : Della Tarantola o sia Falangio di Puglia. L'autore riu- nisce, compara, commenta, discute su tutto quanto fu detto fino a’ suoi tempi sulla tarantola; riporta i fatti in tutti i loro dettagli, se vuolsi con prolissità ma non di rado con eleganza di forma, in modo da trascurare nessun argomento che possa mettere sulla diritta via per giudicare se veramente il tarantismo sia un male prodotto dal morso di questo ragno. Noi non lo seguiremo qui passo per passo, solo in- ‘dicheremo per sommi capi quali sono i punti trattati; e ci corre il debito di avvertire che l’ esemplare da noi consultato non arriva che a poche pagine della terza lezione, nella quale egli parla degli effetti della musica. Alla fine del volume dovrebbero esservi altresì parecchie figure riguardanti la tarantola come egli indica nel testo (1). Premesse le considerazioni sul luogo di dimora e sul nome, che vuol derivato piuttosto da quello d’ un animale Scizio che da Taranto, passa a descrivere i diversi organi, fra cui notiamo che nella parte anteriore del cefalotorace sospetta esservi il cerebro;,e non parendo- gli accettabile l'opinione che i palpi siano gli organi generatori ma- schili, inclina col Bon a ritenere i ragni ermafroditi. Del resto le descrizioni sono accurate e mette in rilievo molti errori fino allora accettati. In seguito passa in lunga rassegna critica le opere degli autori che hanno parlato della tarantola, ponendo sempre di confronto quelli che hanno detto ed in pro edin contro del tarantismo, per sceve- rare il vero dall’insussistente e dal falso; e cerca chiarire non pochi dubbii che quegli autori lasciano nelle loro opere. Narra poi di alcune esperienze fatte da un cotal gentiluomo di Lucera, ed investigando la causa della malattia in altri fatti, conclude essere: « la popolar fama vacillante da’suoi fondamenti, mal ordita e peggio sostenuta dal- l’ errore, dall’ignoranza e dall’inganno (2). » — Anche qui ci piace riportare un giudizio di Walckenaer: » Ses lecons académiques, dice egli, applaudies par Haller, Pringle et Morgagni (3), ont plus que (4) Nota p. pag. 35. (2) Pag. 231. (3) Ed anche dal Vicq-d’Azir nel suo Elogio letto alla Società Reale di Medicina, e dal Fasano : De vita. mundis et scriptis Framncisci Serai philosophi et medici neapo- iltani clarissimi. Neapoli, 1784. ARANEIDI ITALIANI 47 toutes les autres publications contribué à déraciner le prejugé sur les effects de la morsure de la tarentule. » Domenico Brociani ha pure nel suo Zractatus de veneno animantium naturali et acquisito (1), molte osservazioni sui ragni; sul modo col quale essi mordono e dei mezzi di curare la infiammazione locale, dubitando assai degli effetti del veleno della tarantola. Assicura poi che vive in Toscana una specie di ragno (Phalangium), il quale pro- duce effetti violenti simili a quelli del tarantismo. Siamo alla seconda metà del secolo XVIII e G. A. Scopoi viveva in quel tempo in cui gli studii naturali prendevano un nuovo indi. rizzo per opera del grande Svedese ; avendo egli raccolto in tre anni buon numero di insetti nella Carniola, pubblicava nel 1763, la sua Entomologia Carniolica. Nell’ordine Aptera di Linné vi si trovano (2) 44 specie di ragni colle indicazioni opportune , ed alcune vi sono abbastanza bene descritte. Per poche soltanto indica le sinonimie , lasciando le altre quasi che nuove, Lo Scopoli è autore stimato da tutti gli entomologi, ma non possiamo che associarci all’ opinione' di Amoreux in questo, che lo rimproverava di aver aumentata la sino- nimia ed imbrogliata la nomenclatura, dedicando tutte le specie, co- nosciute o meno, alla memoria di illustri zoologi. Secondo Duméril parrebbe che a quest'opera andassero unite una quarantina di tavole incise, rarissime a trovarsi, ma noi non le avemmo mai per le mani, Due ragni di Carniola Scopoli aggiunse poco dopo nelle Observatio- nes zoologicae dell’ An. V. istorico naturalis (3); ed infine due di Pavia, difficilmente riconoscibili, sono segnati in manoscritti inter- calati nel testo della /ntroductio ad Éistoriam naturalem esistenti nella Biblioteca dell’ Università di Pavia e che per varie ragioni cre- diamo attribuire allo Scopoli stesso. Rifacendo la via di qualche anno dalle ultime pubblicazioni di quest’ autore, dobbiamo accennare ad una lettera di Domenico Ci- RILLO (4), celebre medico e naturalista napoletano, nella quale egli (41) Florentiae, 1752, pag. dI. (2) Pag. 392. (3) Lipsiae, 1772, pag. 125. (4) A letter to D, William Watson F. R. S. giving some Accouni of the Manna- tree, and of the Tarantula by Dominico Cirillo, in Philos. Trans. vol. 60; 1770, pag. 233. 748 G. CANESTRINI E P. PAVESI parla della tarantola. Avendo esaminati gli effetti di questo ragno nella provincia di Taranto anch’ egli annuncia non produrre il suo morso altro che una infiammazione locale, ed essere il ballo dei ta- rantati un'invenzione del volgo per buscarsi del danaro; e che in Sicilia, dove la tarantola si trova, non è dannosa nè si cura colla musica. G. A. Barrarra nel ristampare la Micrografia di Bonanni sopraci- tato (4), fa alcune note anche sui ragni ; e nell’appendice di questa stessa edizione v'è una lettera di G. M. £. Turre a lui diretta, nella quale racconta che i Pugliesi vanno a poco a poco ricredendosi del loro pregiudizio. Nel 1774, labate Atserro Forms pubblicava a Venezia il suo Viaggio in Dalmazia, tradotto poscia in tedesco e in francese, e ri- portato in più parti nelle diverse opere. Il $ 8 del 1° articolo, nel vo- lume Il, tratta degli insetti nocivi, tra cui egli annovera il Pauk della Dalmazia (ossia la Tarantola) ed il Malmignatto; e racconta di un modo singolare di curarne i morsicati. Anprea Pigonani ritorna ancora sull’ argomento del tarantismo e cer- ca di dimostrare con varie ragioni che esso è un male che si gua- risce colla musica, checchè se ne sia detto in contrario; ma poco dopo confessa di non voler muovere però quistione se tal male sia o no cagionato dalla tarantola (2). Un nuovo ragno (4ranea nigra) si annovera in quel primo opuscolo di entomologia napoletana, riprodotto più d’ una volta in Germania, che è lo Specimen Insectorum Ulterioris Calabriae (3), di Vincenzo Peragna, nel quale egli dà una lista di 240 insetti raccolti nello spazio di pochi mesi dai suoi allievi Giulio Candida e Giuseppe Ste- fanelli, quando seguirono la Commissione scientifica del 1783, che si recava a studiare i fenomeni del tremuoto nella Calabria Ulteriore. L’anno dopo P. M. Decca Varce dedicava, in lettera , alla contessa Elisabetta Nicolini Piccolomini alcune sue osservazioni di fisica (4), (1) Rerum naturalium historia existentium in Museo Kirckeriano, Romae, 1773. (2) Sul Taranlismo. Lettera al sig. abate Angelo Vecchi, negli Opuscoli scelti sulle scienze e sulle arti, Tomo II, part. V, pag. 306. Milano, 1779; e in: Memoria del ria- primento del porto di Brindisi sotto il regno di Ferdinando IV. Napoli, 1784. (3) Neapoli, 1786. (4) Opuscoli scelti sulle scienze e sulle arti. Tomo, X, part. II, pag. 89, Milano, 1787. Sa Ù n ARANEIDI ITALIANI © 749 tra le quali una in cui dà la descrizione ed i costumi del ragno che infestò il Volierrano nel 1786 (che è poi il malmignatto) e in- dica i mezzi coi quali se ne cura la morsicatura. Comparve in seguito una nuova pubblicazione di Domenico CiriLLo, che riguarda l’araneologia italiana. È dessa lo Specimen primum En- tomologiae INeapolitanae (4), nel quale vengono illustrate con tavole incise e colorate gl’insetti napoletani ignoti o non ancora disegnati dagli autori, e tra essi cinque specie di ragni. Di fronte alle tavole, di questa bella edizione , stanno succinti cenni descrittivi degli ani- mali, del luogo di dimora, e così via. Però sorgono alquaati dubbii sulla determinazione di due specie (lA. hirtipes e (A. senoculata), e le citazioni poco opportune servono più facilmente a confondere (2). Ma già troppo ci tarda di arrivare ad un naturalista che, sulla fine del secolo scorso, si occupò a più riprese dei ragni nostrali, e che potremmo dire fu il primo a darci il maggior numero di specie d’ I- talia; a Pierro Rossi cioè, di cui abbiamo tre separati ed importanti lavori, i quali sono ricordati da tutti gli aracnologi anche dei giorni nostri. Il primo di essi s'intitola: Osservazioni inseltologiche (5), di cui la parte che c’interessa ha per iscopo d’illustrare meglio una Mygale già prima scoperta da De Sauvages. Studiati gli scritti degli autori in proposito, viene a descrivere alcuni dei costumi interessanti della Mygale e ne dà poi una descrizione dettagliata e la frase spe- cifica, chiamandola Aranea Sauvagii. Descrive il nido di essa e ci narra le proprie esperienze sul modo di comportarsi quando si tenti di aprirne la porta, chè, se viene distrutta, l’animale ne forma un’altra non più mobile come prima; per questa asserzione Latreille e Wal. ckenaer credono che la Mygale turi la porta dopo la deposizione delle ova e all’avvicinarsi dell’inverno. Rossi aggiunge poi alle precedenti altre osservazioni, avendone egli tenuti esemplari lungo tempo in schiavitù, cioè su quando esce dal suo nido, sulla durata della vita, (4) Neapoli, 41787. (2) Fr. Schliger ha inserite alcune sue osservazioni, a noi ignote, su questo lavoro del Cirillo nella Stettin. entom. Zeitung AA. Jahr. 1850, pag. 36. (3) Memorie di malemalica e fisica della Società Italiana. Tomo 1V, pag. 122. Ve- rona, 1788. Vol. XI. 48 730 G. CANESTRINI E P, PAVESI, sulle ova e sui piccoli. Basandosi sul fatto da lui riferito, che questa specie porta i piccoli sul dorso, Walckenaer troverebbe ‘una più stretta analogia fra questo genere di ragni e le Licose. La tavola an- nessa ci mostra figurato il ragno , il nido ed un pezzo di terra in cui viene fabbricato. Due anni dopo lo stesso autore pubblicava in due volumi la sua Fauna Etrusca (4), edita nuovamente ed arriechita di note dai celebri entomologi Helwig ed Illiger. In essa si descri- vono gl’insetti da lui raccolti nelle provincie di Firenze e di Pisa e vi sono comprese 25 specie di ragni con quella di Corsica ; quattordici non erano state descritte da Fabricius ch'egli segue nel metodo e vi noliamo specialmente la sua nuova 4. fforentina. Ogni specie è descritta colle frasi degli autori precedenti e proprie an- notazioni, alcune delle quali abbastanza importanti sui costumi e sui luoghi di dimora; però non tulte si. ponno bene deciferare, e sette figure non troppo buone troviamo nelle tavole annesse (tav. È, IT, IX). Proseguendo i suoi studii entomologici sulla Toscana , Rossi trovò di fare notevoli aggiunte e correzioni alla Fauna etrusca nella Mantissa insectorum, pure in due tomi, nel secondo dei quali (2) dà nuovamente, collo stesso metodo, la descrizione di altre cin- que specie di ragni ed alcune note, di cui la più importante si è la scoperta presso Pisa della Z4ranea Sauvagti. Nel 1792, lo stesso Vincenzo Peragna, che aveva pubblicati gl’ in- setti della Calabria ulteriore, ci diede un trattato generale degli in- setti col titolo di Znstifutiones Entomologicae. Dapprima considera le generalità, nelle quali in varii punti vengono toccati anche i ca- ratteri dei ragni, passa poi a descriverne 25 specie (3), dando per ciascheduna di esse le frasi specifiche dei diversi autori, la dimora ed alcune proprie osservazioni; tre di queste specie sono figurate, e tre citate specialmente d’Italia. Sorpassando alle sperienze fatte da Cinto Somascm sulla seta che si può trarre dall’Aranea cruciata appena accennate negli Atti della Società Patriottica di Milano (4), veniamo ad un lavoro di Luci Ton 4) Liburni, 1790. Pisis, 41794. Tomo I, pag. 432, Tomo II, tav. VI, fig. 6, 7, 8. Neapoli, 1792. (1) (2) (3) (4) Vol. II. Milano, 1793, ARANEIDÌ ITALIANI 751 intitolato: Memoria fisico medica sopra il falangio 0 ragno venefico dell’agro Volterrano (1). Comincia egli dalla descrizione di questo ragno (il malmignatto), nella quale noi possiamo rimarcare non avervi egli notati che quattro occhi e riconosciuti soli cinque stucci agli arti e al termine di essi un corpo spugnoso che secerne un umore viscido. Descrive in seguito i suoi costumi ed indica il numero delle ova che trovansi nei bozzoli. Avendo percorse le opere di varii naturalisti non trovò egli descrizione alcuna che vi corrispondesse, tranne in un mano- scritto di Tommaso Chellini del 1729, sicchè, a torto, credendo egli nuovo questo ragno, lo denomina Phalangium volaterranum nella sua frase specifica. Istituì parecchie esperienze sull’effetto del suo veleno negli animali e lo riconobbe letale per alcuni, dannosissimo per altri. Nella seconda parte riporta sei istorie di persone morsicate dal malmi- gnalto ed indica i mezzi coi quali si potrebbe distruggere. Il supplemen- to è deslinato a comprovare viemeglio quanto disse nel contesto della memoria circa l’ influenza delle stagioni sulla velenosità di questo ragno. Sul medesimo argomento scrisse pochi anni dopo Francesco Man- moccui colla Memoria: Sopra il Falangio rosso dell’'agro Yolter- rano (2), come rileviamo dalla £Libliotheca zoologica dei signori Vietor Carus ed Engelmann. Non possiamo pure omettere di dire una parola di Ranonpo Mania Tenuever, quantunque egli non sia nella schiera dei nostri autori italiani, il quale negli Opuscoli scientifici di Entomologia (3), ed in altre pubblicazioni anteriori inserite nella Scelta di opuscoli înte- ressanti (4), e negli Opuscoli scelti sulle scienze e sulle arti (5), si sforza di mostrare con una serie di esperienze che i ragni danno tanta e buona qualità di seta come i filugelli e ne cita alcune specie nostrali. A due specie di ragni accenna pure- Cino PoLusi in una sua ope- (1) Atti dell’ Accademia dei Fisiocrilici di Siena. Tomo VII, pag 244, tav. V. e VI Siena, 1794. (2) Idem. Vol. VIII, pag. 248. Siena, 1800. (3) Tomo I, Il, II. Milano, 1807-1808. (4) Vol. XXXI, pag. 44. Milano, 1777: n. ediz. Tomo II. Milano; 1784. (5) Tomo I, pag. 49, Milano, 1778. 752 G. CANESTRINI E P. PAVESI retta assai pregevole per le molteplici osservazioni sul Benaco ed il Monte Baldo (1). | ‘. Poca importanza avrebbero pel nostro scopo, siccome estratto di una Memoria straniera, alcune altre osservazioni che ricordiamo sol- tanto perchè vengono di preferenza citate ; cioè il sunto sulla Memoria del signor Carolan: Intorno alla facoltà che hanno î ragni di trasfe- rire le loro fila da un luogo all’ altro e scappare attraverso l’ aria, inserito nel Giornale di fisica, chimica e storia naturale di Pavia (2). Una lista di quattro specie nostrali è pur data da Giovanni Marroni pa Ponte, che si occupò di tutti i prodotti naturali della Provincia Bergamasca, e si rese degno d’encomio specialmente per le varie sue pubblicazioni di geologia. Si trova essa, insieme ad alcune brevi considerazioni sui ragni, nel compimento della Memoria intitolata: I tre Regni della Natura nella Provincia Bergamasca (3). Nell'opera di A. Risso, /Zistoîre naturelle des principales produ- clions de l Europe meridionale et particulibrement de celles des environs de Vice et des Alpes maritimes (4), troviamo un lungo capitolo sugli aracnidi, che divide dapprima in arackneae e pha- langiae e dà poi le divisioni subordinate. L’autore descrive dettaglia- tamente 40 specie di ragni, indicandone anche il luogo di dimora ed il tempo di presa; il maggior numero di esse le dà come inedite, Que- sto suo lavoro ci sarebbe di qualche utilità s’egli avesse usata mag- gior precisione nella classificazione. E per vero questa osservazione non è gratuita quando si osservi che negli aracnidi l’autore non com- prende in principio gli scorpionidi, dai quali nessuno aveva mai pen- sato di disgiungerli; che inoltre, egli separa affatto dai ragni, ponen- doli nel II ordine insieme coi Phalangium, i Sallicus che sono veri ragni ed anzi, come Walckenaer dichiara , ne sono uno dei gruppi più naturali. Di più accade spesso di trovare delle specie inserite in generi che non vi si competono; così a cagion d’ esempio le due (1) Viaggio al lago di Garda e al Monte Baldo. Verona, 4816. (2) Tomo X, pag. 309, Pavia, 41847. (3) Alti della Società Italiana di scienze. Tomo XIX, fasc. 2° di Fisica, pag. 332, é pag. 48, a part. Modena, 4824. (4) Tomo V, pag. 459. Paris; 41826. ARANEIDI ITALIANI 753 Segestrie sono invece manifestamente delle Epeiride ; e molto proba- bilmente il suo Atypus limbatus è un Attus; niuna delle tre specie di Argyronela si può riferire a questo genere; e così di seguito. Indi parlano di nuovo sulla tarantola SaLvatore pe Renzi (4), ed Ononzio Gapriete Costa (2). Quest’indefesso indagatore delle Provin- cie meridionali d’Italia, come ognuno sa, aveva altresì intrapresa un’opera di gran mole, la Fauna del Regno di Napoli, rimasta in molte parti incompleta. Di quella che riguarda i ragni, che crediamo non: andar molto lontani dal vero riferendola al 1836, abbiamo sole 24 pagine e due tavole. Sebbene questo lavoro del Costa abbia qualche importanza, niuno tra gli aracnologi moderni, a nostra conoscenza, lo ha menzionato. Egli comincia col tracciare in poche parole la storia della classificazione degli aracnidi da Linné a Latreille e ricorda con ragione la scarsezza delle cognizioni sulle specie italiane. Un capitolo di esso è tutto destinato alla organizza- zione degli aracnidi in generale; ma si occupa sempre maggiormente in dettaglio dei ragni. Vi sono alcune interessanti osservazioni pro- prie, tra cui taluna sulle mandibole, sulle filiere e più di tutte sugli organi della generazione; e tanto riguardo ai generi che alle specie che annovera dà in principio le frasi dei caratteri essenziali e natu- rali ed inoltre più minute descrizioni sulla loro struttura e sui co- stumi. Venendo poi alle tavole con figure colorate, queste si spingono più oltre delle descrizioni; la 1.® spetta alla sua Mygale meridionalis, la Il.* ad una Dysdera di cui parla nel testo e a sette altre spe- Cie non ancora illustrate, che ricorderemo a suo luogo ad ecce- zione di una che mal si può ravvisare dalla figura (3). Una nuova spe- cie piccolissima di ragno è pure accennata nella sua /auna 7 esu- viana (4), ed era forse destinata ad entrare nella Fauna del Regno di Napoli. Ad Antonio Amary crediamo poi attribuire 1 indicazione delle due specie di ragni più rimarchevoli dell’isola di Capri (8). ) Il Filiatre Sebezio, anno II, vol. III, 1832. ) Annuario Zoologico, 1834. ) ) Alti della R. Accademia delle Scienze di Napoli. Vol. IV. Napoli, 1839. (5) Statistica fisica ed economica dell’isola di Capri, nelle Esercitazioni dell’ Accademia degli aspiranti naturalisti. Vol. II, part. I. Napoli, 1840, 754 G. CANESTRINI E P, PAVESI, Nel medesimo anno in cui veniva pubblicata questa Memoria ne fu in- serita un’altra assai singolare nei /Vovi Commentarii Accademia Scien- tiarum Inslituti Bononienstis (1), intitolata: De Araneis, di cui è au- tore Antonio Sanragara. Prima di entrare nella quistione ch’egli si propone di sciogliere, fa alcune considerazioni sull’ avversione che portasi in generale ai ragni, sul loro artificio speciosissimo di ordire le tele e delle loro forme, sulle sperienze di Réaumur che dimostra- rono non potersi trarre vantaggio dai loro fili e così via. L'argomento principale, che a nostra cognizione non fu trattato da verun altro, è l’analisi chimica di queste tele, da cui risulta che contengono pa- recchi principii inorganici ed organici. In tempi più vicini a noi il conte Nicorò Conrsrini' pubblicava i suoi Cataloghi degli uccelli ed insetti delle provincie di Padova e Venezia (2). Fra gli insetti, annoverati secondo l’opera Genera crust. etinsect. di Latreille, trovasi una lista di 43 specie di ragni di quelle due provincie, in cui indica per ciasceduna anche i luoghi più co- muni di dimora. Ed il suo catalogo, salvo alcune mende, è molto ap- prezzabile comechè tra i più ricchi di specie che si e fino ai nostri giorni. Alcuni cenni sugli araneidi e cinque specie di essi sono annove- rate anche nell’opera /Vapoli e sue vicinunze (3), offerta agli scien- ziati italiani riuniti in quella metropoli pel loro settimo Congresso. E ripetuto fu, con qualche modificazione , il cataloge del Contarini due anni dopo nell'opera Zenezia e le sue lagune (4), apprestata nell’eguale circostanza del nono Congresso scientifico italiano. Qui le specie annoverate si limitano però a quelle del littorale circo. stante Venezia, e gli Araneiditi sono in numero di 48 divisi a se- conda dei costumi e colle indicazioni delle località. Negli Atti dell'Istituto Veneto del 1847 (8), evvi pure il sunto di una Memoria stata letta dallo stesso Contarini Sul colo dei ragni (1) Tomo IV, pag. 53. Bononiae. 1840. (2) Bassano, 1843. (3) Vol. I. Napoli, 1845. (4) Vol. II. Venezia, 1847. ( 5) Tomo VI, serie I, pag. 444. Venezia, 41847, ARANEID! ITALIANI 755 e sopra una nuova specie di ragno volatore. Risulta da esso che l’au- tore, premessi alcuni cenni sul volo dei vari animali, venne a rife- rire che più volte ei vide volare con un meccanismo particolare dei ragni, appartenenti alle famiglie degli spiraliformi (1), dei cacciatori e dei lupi e vagabondi; che ne trovò una nuova specie di eguali co- stumi, di cui diede una minuta descrizione; che in fine chiarì alcuni dubbi sulla natura dei fiocchi vaganti per l’aria. È noto essere que- sli i così detti Fili della Vergine (Zi/s de Z'ierge-Gossamer) sui quali alcuni autori avevano già trovati dei ragni, trasportati dal vento, e che sulla diversità delle specie molti s’ingannarono; sarebbe stato perciò importante conoscere i caratteri di questa sua muova specie, ma non risulta che fosse altrimenti pubblicata. E quici sembra acconcio ricordare le accurate esperienze del dot- tor Giuserpe Carusi sul veleno della tarantola (i); e accennare ad un er- rore in cui cadde uno dei più illustri ingegni d’Italia, che lamentiamo ancora di aver pur troppo perduto. Firirro De-Fitippi tracciando la fauna della nostra penisola in un suo libro elementare (2), mentre ri- corda tre specie di ragni particolari a noi, ci nega l’esistenza dell’ Ar- gyroneta aquatica; e così, con De-Filippi, anche uno dei più celebri anatomici del secolo, Yan der Hoeven (3). Una tale asserzione era troppo ricisa e forse gratuita quando già fin d’allora conoscevasi il contrario. Fra gli Aracnida Aracneiforma, sono pure citale sci specie no- strali nell'opera Cremona e la sua provincia (4), stampata in occa- sione del primo Congresso agrario di Lombardia tenutosi colà nel 1865. Ma le classificazioni dell'ignoto autore del Prodromo di Fauna sono così spesso arbitrarie ed erronee, che, anche per ciò che riguarda i ragni, la determinazione ispira poca fiducia. L’anno susseguente il secondo Congresso Agrario si tenne in Pavia, ed allora furono pubblicate le /Votizie naturali e chimico-agronomi- che, su quella Provincia, nelle quali venne inserito il catalogo dei ragni che uno di noi aveva raccolti in quell’anno (8). Se non che (1) Della Tarantola e del Marantismo, Napoli, 1848. (2) Regno animale. Milano, 1852. (3) Philosophia zoologica. Lugduni Batt. 1864. (4) Pag. 120. Cremona, 1863. (5) Pag. 109. Pavia, 1864. 756 G. CANESTRINI E P, PAVESI, essendo quella annoverazione di puro uso privato, vi incorsero alcuni errori e non riuscì corredata di tutte quelle note che si sarebbe po- tuto aggiungervi se in quel tempo l’autore non fosse stato assente dalla sua patria. Tuttavia esso potrebbe dirsi ancora il primo che pre- senti il maggior numero di specie incole di Lombardia, tra cui una nuova (Pholcus ruber), che verrà descritta nel presente lavoro. Le ricerche di Araneologia fatte dall’altro di noi nel Veneto e nel Trentino gli permisero di pubblicare l’anno scorso la /Vota intorno agli aracnidi dell’ ordine araneina osservati nel Veneto e nel Tren- tino (1). L'autore si valse anche di alcune notizie date dal Contarini pel Veneto e pel Tirolo dal signor Antonio Ausserer; il numero delle specie fu portato a 109, coll’indicazione della località e del raccogli- tore. Poco dopo descrisse 18 specie nuove, che vivono nel Trentino, Veneto, Emilia e Toscana, nella Memoria: Nuovi aracnidi italiani (2), comprendendovi un singolare e nuovo genere, denominato f'ormicina. Riportò poscia la descrizione di sette di queste nuove specie nel Com- mentario della fauna, flora e gea del Veneto e Trentino (3); ed infine diede l’Enumerazione degli aracnidi dell'ordine araneina osservati nel Veneto (4), completando e perfezionando il suo primo catalogo per ciò che riguarda le specie venete, portate per la prima volta al rile- vante numero di 1416. Abbiamo inoltre una breve nota Sulla generazione del Pholcus phalangoides, del dottor Paoto Bonizzi (3); l’autore parla in essa di alcuni costumi di questo comunissimo ragno, su cui vertono princi- palmente le preziose ricerche genetiche del signor Edoardo Cla- parède di Ginevra. i In fine devono essere menzionati gli sperimenti fatti dal Martino intorno al veleno della tarantola, e quelli recentissimi del profes- sore Paoto Panceri. Questi ne smentisce le infondate eredenze e con- (1) Commentario della fauna, flora e gea del Veneto e Trentino, pag. 63, fasci- colo 2. Venezia, 1867. (2) Annuario Soc. Nat. di Modena, anno III, pag. 190. Modena, 4868. (3) Fasc. 4: I. Nuove specie italiane di animali; IL. Nuovi aracnidi, pag. 170. (4) Commentario fauna, fl. e gea Ven. Tren. pag. 223, fasc. 4. 41868. (5) Amnuario Soc. Nat. di Medena, anno HI, pag. 4179, 41868. ARANFIDI ITALIANI 757 chiude: « essere il celebre falangio minor di sua fama e non molto dissimile negli effetti dai ragni affini, a meno che non si voglia con Baglivi credere ancora che in Puglia soltanto, ed in determinati luo- ghi, abbia il suo veleno le decantate virtù, la qual cosa mi sem- bra in vero poco probabile (1). » Con questi cenni chiudiamo la rivista dei lavori italiani sui ragni, però senza pretesa di averli annoverati tutti , essendochè i mate- riali sono sparsi qua e là e spesso in opere di natura eterogenea (2). E riassumendo ora, si comprende di leggieri che possiamo ricono- scere due periodi degli stadii araneologici da noi, periodi non già contrassegnati soltanto dalla cronologia, ma sibbene anche dalle di- verse tendenze. Gli studj dapprima sono generali e volgono più al meraviglioso che alla cognizione di questi esseri; la maggior parte degli autori nostri o tralasciando di parlarci delle molte specie o parlandone in modo ambiguo si ocenparono più particolarmente della tarantola e del malmignatto, appunto perchè questi, creduti assal dannosi, dovevano destare in loro maggiore la curiosità. In seguito impresso il movimento a tutte le scienze, anche l’araneologia ne ri- sente e si apre una nuova éra di studii più positivi. Linné scrive il monumentale Systema naturae, Fabricius diviene il precipuo fon- datore dell’ Entomologia, Scopoli e Rossi ci danno quella della Car- niola e di Toscana, Lamarck sente il bisogno di separare questi ani- mali dagli altri cui sono affini e stabilisce la classe degli Aracnidi (3), e pochi anni dopo sorge Walckenaer a riformare il genere Aranea di Linné per costituire il gruppo degli Arancidi (4), segnandovi di- visioni che ancora oggidi sono seguite. D’ allora in poi la maggior parte dei paesi va conoscendo ampiamente la sua araneologia, ed in (4) Esperienze sopra il veleno della Lycosa tarantula nel Rendiconto dell’Accademia Pontaniana. Tornata del di 412 luglio 41868). Napoli, 1868. (2) Questo lavoro era già in corso di stampa quando venimmo a conoscere la Me- moria del dottor L. C. Gazzo: Saggio di osservazioni fatte sul Tarantismo, dall’ anno 1838 fino all’ anno 1843 în Albissola Superiore e in Albissola Marina, Provincia di Savona, inserita nel Giornale delle scienze mediche, anno VII, 4843; in essa l’autore cita vari casi di avvelenamento prodotti dalla morsicatura dell’ Aranea Tarantula, che egli credette di osservare colà, e per due espone i dettagli diagnostici e terapeutici, (3) Systeme des animaux sans vertébres, Paris, 1801, (4) Tableau des Arancides. Paris, 1805. 7 758 G, CANESTRINI E P. PAVESI, Italia alcuni nostri naturalisti vengono ad indicarci qualche specie di separate località. Ma non poche notizie dobbiamo agli stranieri; Mar- tens, Walckenaer, Hahn, Carlo Koch, Lodovico Koch, Savigny, Do- leschal, Doblika, Seidlitz, Keyserling ed altri sono nomi tutti bene- meriti dell’araneologia italiana. Prima di passar oltre, ci sia concesso di ringraziare pubblicamente que’ molti amici c colleghi, che ci aiutarono ne’ nostri studj col for- nirci dei materiali delle varie provincie; una particolare menzione meritano il dottor A. Ninni di Venezia, il dottor A. Garbiglietti di Torino, i professori G. Generali, Fr. Businelli e P. Bonizzi dell’ uni- versità di Modena, il professore S. Richiardi dell’ università di Bolo- gna, il dottor G. Nicolucci dell’Isola di Sora, il professore P. Stro- bel dell’ università di Parma, il professore P. Panceri dell’ università di Napoli, i professori G. Balsamo Crivelli e L. Maggi dell’ università di Pavia, il dottor C. Marinoni e F. Sordelli di Milano. ARANEIDE ITALIANI 759 CATALOGO DEGLI ARANEIDI ITALIANI, I. Famiglia Miygalidae. a. Mycare Latr, 4. M. icterica C. Koch, Friuli. C. Koch, Arachn. V, fig. 351. — Doleschal, Systemat. Ver- zeichniss d. im Kais. Oesterr. vorkommenden Spinnen, Sitzungsb. der k. Akad. d. Wiss. in Wien, IX, p. 625. —. Simon, Hist. nat. des Araignées, p. 452. b. MyrcaLoponta E. Simon. 1, M. caementaria Latr. Veneto, Lombardia, Liguria, Spezia (Garbi- glietti, Catalogo manoscritto). Latreille, Hist. des Mygales, p. 164. — Walckenaer, Apt. I, 235. — Contarini, Cataloghi p. 15; Venezia e le sue La- gune, II, p. 163. — De Filippi, Regno animale, p. 275. — Cremona e la sua provincia, Fauna zool., p. 120, sp. 4(?). — Simon, Hist. 453. — Canestrini, Aran. Veneti, Commentario della fauna, flora e gea del Veneto e del Trentino, num. 4, 1° aprile 1868, p.223, sp. 1. 2. M. fodiens Walck. Corsica, Toscana, Napolitano, Sicilia, Rossi, Osservazioni insettologiche, Memorie mat. e fis. della Soc. Ital. IV, p. 134, Aranea Sauvagii; Fn. etr. II, p. 188; Mantissa insectorum II, p. 141. — Lamarck, Hist. nat. d. anim. sans vert. V, p. 107, — Latreille, Cours d'entomol. 760 G. CANESTRINI E P, PAVESI, p. 507, Cteniza fodiens, — Costa O. G., Fn. Nap. Aracen. polm., p. 21 e p. 14, tav. I, fig. 1-4, M. Sauvagesii, M. meridioralis. — Napoli e sue vicinanze, I, p. 20, M. per- foratrice. — C. Koch. Arachn. III, fig. 194, Cteniza graja. — Walckenaer, Apt. I, 237. — Simon, Hist. 79, 453. 3, M. sicula Latr. Sicilia. Latreille, Cours d’entomol. 509, Cteniza sicula; Vues gén. sur les Aran. Nouv. Ann. d. Mus. hist. nat. I, p. 72. — Walckenaer, Apt.I, 241. — Simon, Hist. 75, 453. 4. M. cellicola Sav. Napoletano. Savigny, Descrip. de l’Egypt. Hist. nat. Zool. XXII, p. 304, — tav. I, fig. 1, Nemesia cellicola. — Costa, O. G., Fn. Nap. Aracn. polm., p. 18, tav. I, fig. 5. — Walckenaer, Apt. I, 239. — Simon. Hist. 75. c. Atypus Latr. 1. 4. Sulzeri Late. Lombardia (Sordelli, Cat. degli Aran. lombardi, comunicato). Latreille, Gener. Crust. et Ins., tav. V, fig. 2. — Hahn., Arachn. I, p. 117, fig. 88. Tra le indicazioni di patria «Ita- lien ». — Walckenaer, Apt. I, 248, Oletera atypa. — C. Koch, Arachn. XVI, fig. 1547-1548. Simon, Hist. 453. — Ausserer, Verhandl. d. zool. bot. Gesellsch. in Wien, XVII, 1867, Arachn. Tirols, p. 140 estratto pag.4. II. Famiglia Filistatidae. a. FiListatA Walck. 4. F. bicolor Walck. Lombardia, Liguria, Emilia, Toscana, Na- politano. Walckenaer, Apt. I, 254. —- C. Koch, Arachn. V, fig. 343, Teratodes attalicus. — Simon, Hist. 96, 454. — Ausserer, Arachn. 4. ARANEIDI ITALIANI 761 III. Famiglia Seytodidae. a. Scytopes Latr. A. Sc. thoracica Latr. Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia. Walckenaer, Apt. I, 270. — C. Koch, Arachn. V, fig. 398, Sc. tigrina. — Blackwall, Spiders of Great Britain and Ireland, II, p. 380, tav. 29, fig. 272; Spiders of Equatorial Africa, Annals and Mag. ser. III, vol. 18, p. 468. — Contarini Cat. 15; Ven. II, 163. — Pavesi, Aracnidi, No- tizie nat. e chim. agron. sulla provincia di Pavia, p. 110. — Simon, Hist. 451. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. Comment., sp. 5; Aran. Veneti, sp. 67. 2. Sc. erythrocephala C. Koch. Napoli (Ne abbiamo un unico esem- plare che fu raccolto a Napoli dal prof. P. Panceri). C. Koch. Arachn. V, p. 90, fig. 599-400. 5. Sc. ruficeps Dol. Veneto, Lombardia. Doleschal, Oesterr. Spinnen, Sitzungsb. der k. Akad. d. Wiss. Wien IX, p. 629 e p. 644. g. 4. Sc. unicolor Canestr. Toscana. Canestrini, Nuov. Aracn. Annuario della Società dei Natura- listi in Modena, anno III, p. 202. IV. Famiglia Bysderidae. a. SecestRIA Walck. 1. S. florentina Rossi. Veneto, Istria, Lombardia, Liguria, Emilia, Toscana, Napolitano. Rossi, Fn. etr. II, 133. — Costa O. G., Fn. Nap. Aracn., tav. II, fig. 3. — Hahn., Arachn. I, 5, fig. 1 — Koch, Ara- 762 G. CANESTRINI E P. PAVESI, chn. V, fig. 385-386. — Walckenaer, Apt. I, 267, S. per- fida. — Contarini, Cat. 15; Ven. II, 162, S. cellaria. — Doleschal, Oesterr. Spinnen, Sitzungsb. d. k. Akad. d. Wiss. in Wien, IX, 626. — Blackwall, Spiders, II, 373, tav. 28, fig. 269. — Pavesi, Aracn., Notizie, p. 110. — Si- mon, Hist. 99, 454 — Canestrini, Aran. Ven. e Trent., Com- mentario, n. 2, 1.° ottobre 1867, sp. 3; Aran. Ven. sp 2. 2, S. senoculata Linn. Trentino, Veneto, Lombardia, Cantone Ticino, Liguria, Emilia, Napolitano. Costa O. G., Fn. Nap. Aracn. polm. tav. II, fig. €. — Wal. ckenaer, Apt. I, 268; IT, 416. — C. Koch, Arachn. V, fig. 337-388. — Contarini, Cat. 15; Ven. II, 162. — We- string, Aran. 300. — Blackwall, Spiders, tav. 28, fig. 270. — Pavesi, Aracn., Notizie, p. 110. — Simon, Hist. 99, 454. — Ohlert, Preuss. Spinnen, p.107.— Ausserer, Arachn. 4. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent., sp. 4; Aran. Ven., sp. d. 3. S. bavarica C. Koch. Trentino, Veneto, Cantone Ticino. C. Koch, Arachn. X, fig. 818. — Westring, Aran. 298. — Simon, Hist. 99, 454. — Ausserer, Arachn. 4. — Cane- strini, Aran. Ven. Comment. 223, sp. 4. 4. S. pantherina Mus. caces. Dalmazia. Doleschal, Oesterr. Spinnen, Sitzungsb. d.k Akad. d. Wiss. inWien, IX, 626. b. Dyspena Walck. A. D. crythrina C. Koch. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia, Toscana, Napolitano, Sicilia. Pollini, Viaggio al lago di Garda, p. 32, Aranea punctoria. — Costa O. G., Fn. Nap. Aracen. polm.,, p. 23, tav. II, fig. 1. — Hahn, Arachn. I, fig. 3. — C. Koch, Arachn. V, fig. 389. — Walckenaer, Apt. I, 261; II, 444. — Contarini, Cat. 15; Ven. II, 162. — Doblika, Monogr. d. Spinnengeschl. Dys- ARANEIDI ITALIANI 765 dera, Verh. d. zool. bot. Vereins in Wien, III, 117. —- Blaekwall, Spiders, II, tav. 28, fig. 266. — Sill., Ar. Sie- benbiirgens, Verh. XII, 206. — Pavesi, Aracn., Noti- zie 109. — Simon, Hist. 106, 454. — Onhlert, Spinnen, 107. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent., sp. 2; Aran. Ven. Sp. d. . D. rubicunda C. Koch. Veneto, Lombardia. C. Koch, Arachn. V, fig. 390-391. — Walckenaer, Apt. II 444, — Blackwall, Spiders, II, tav. 28, fig. 267. — Simon, Hist. 106, 455. — Ausserer, Arachn, 5. — Canestrini, Aran. Veneti, Comment., p. 223, sp. 6. . D. hellenica L. Koch. Trentino, Veneto, Emilia. . D. crocata C. Koch. Lombardia (Sordelli), Emilia , Napolitano (Isola di Sora, G. Nicolucci). C. Koch, Arachn. V, fig. 392-394. —- Walckenaer, Apt. II, 444. — Simon, Hist. 106, 455. . D. Ninnii Canestr. Trentino, Veneto, Emilia. Canestrini, Annuario della Soc. dei Nat. in Modena, anno III, p. 190. Commentario p. 170, sp.1; Aran. Ven., sp. 7. For- se appartengono a questa specie gli esemplari di cui parla Doblika nelle Verh. des zool. bot. Vereins in Wien, tom. III, p. 123, riferiti alla D. punctata C. Koch. | D. grisca Canestr. Trentino, Emilia. Canestrini, Annuario della Soc. dei Nat. in Modena, anno III, pl9£ . D. Hombergii Walck. Dalmazia, Lombardia (Sordelli), Piemonte. Walckenaer, A pt. I, 263. — C. Koch, Arachn. X, fig. 819,820. — Doblika, Verh. d. zool bot. Vereins in Wien, III, 120. — Westring, Aran. 302. — Blackwall, Lond. and Edinb. Phil. Mag. III ser., vol. I, p. 190, D. Latreillii; Spiders, IT, fig. 263. — Simon, Hist. 455. 764 G. CANESTRINI EP. PAVESI, 8. D. tesselata nob. Lugano (Cantone Ticino). Vedasi la descrizione nel capo IV di questo lavoro. 9. D. Kollari Dobl. Dalmazia. Doblika, Beitrag zur Monographie des Spinnengeschlechtes Dysdera, Verh. des zool. bot. Vereins in Wien, III, 123. c. Oonors Templ. 1. O. pulcher Templ. Modenese. Templeton, Zool. journ. V, 404, tav. 17, fig. 10. — Walcke- naer, Apt. IV, 382, Dysdera pulchra. — Blackwall, Spi- ders, II, pag. 377, tav. 29, fig. 271. — Simon, Hist. 455. d. StALITA Schiòdte. 4. St taenaria Schibòdte. Caverne dell’ isola di Lesina. Keyserling, Verh. der k. k. zool. bot. Ges. in Wien, XII, 1862, p. 540, tav. 16. V. Famiglia Brassidae. a. Pyruonissa C. Koch. 1. P. lucifuga Walck. Trentino, Veneto, Dalmazia, Lombardia (Sor- delli), Piemonte, Emilia. Walckenaer, Apt. I, 613, Drassus lucifugus. — Lamarck, Hist. nat. V, 130, Aranea lucifuga. — Hahn, Arachn. II, fig. 102, Drassus melanogaster. — C. Koch, Arachn. VI, — fig.468-470. — Contarini, Cat. 15; Ven. II, 162, Drassus melanogaster. — Westring, Aran. 350. — Blackwall, Spid. tav. 6, fig. 62. — L. Koch, Drassiden, p. 10. — Ohlert, Spin- nen 96. — Simon, Hist. 121, 457. — Canestrini, Aran, Ven. e Trent., sp. 56; Aran, Ven. sp. 8. ARANEIDI ITALIANI 765 2. P. lugubris C. Koch. Lombardia (Sordelli). C. Koch; Arachn. VI, fig. 473. — L. Koch, Drassiden, p. 8. 5. P. moniana L. Koch, Trentino. L. Koch, Drassiden, L Heft., p. 18. 4. P. tricolor C. Koch. Trentino, Modenese. C. Koch, Arachn. VI, fig. 479. — Simon, Hist. 121, 457. — L. Koch, Drassiden, I. Heft., p. 24. — Ohlert, Spinnen. 96. Ausserer, Arachn. Tirols, p. 5. 8. P. nocturna Linn. Trentino, Veneto, Piemonte, Cantone Ticino. Walckenaer, Apt. I, 616, Drassus gnaphosus; Suppl. II, 485, Pythonissa maculata. — C. Koch, Arachn. VI, fig. 474,475, Pythonissa maculata. — Westring, Araneae 357, Mela- nophora nocturna. — Simon, Hist. nat. 121, 457. L'autore crede il Drassus nocturnus Walck. sinonimo della Pytho- nissa variana K. e della P. nocturna Linn., opinione che è messa in dubbio da L. Koch. — L. Koch, Drassiden, pag. 37. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 57. 6. P. crornata €. Koch. Veneto, Cantone Ticino, Emilia, Toscana, Napolitano. C. Koch, Arachn. VI, fig. 476,477. — Simon, Hist. 121, 457. — L. Koch, Drassiden, p. 44. — Ohlert, Spinnen 97. — Ausserer, Arachn. 5. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 9. 7. P. molendinaria L. Koch. Dalmazia. L. Koch, Drassiden, I. Heft, p. 47, tav. II, fig. 34 e 30. b. Micaria Westr. 4: M. Albini Sav. Dalmazia. L. Koch., Drassiden, I Heft., p. 55, tav. III, fig. 39, 40 e 41, Vol. XI. 49 766 G. CANESTRINI E P. PAVESI, 2. M. nîtens C. Koch. Modenese. C. Koch, Arachn. VI, fig. 497. — Westring, Aran. 336. — Simon, Hist. 456. L’ autore crede il Drassus lugubris Walck. sinonimo di questa specie, opinione messa in dub- bio da L. Koch. Con riserva va qui citato il Drassus ni- tens Blackw. — L. Koch, Drassiden, p 60. — Ohlert, Preuss. Spinnen 104. 3, M. pulicaria Sund. Lombardia (Sordelli). ‘ C. Koch, Arachn. VI, fig. 501, Macaria formosa. — We- string, Aran. 334. — Blackwall, Spiders, I, 118, tav. 6, fig. 72, M. micans. — L. Koch, Drassiden, p. 62. A. M. romana L. Koch. Modenese, Roma. L. Koch, Drassiden, II. Heft., p. 67, tav. III, fig. 48. 5. M. fulgens Walck. Trentino, Veneto, Lombardia (Sordelli), Pie- monte, Liguria, Nizza, Emilia. Risso, Hist. nat. Eur. mérid., V, 162, Drassus reluncens. — Walckenaer, Apt. I, 622, Drassus fulgens. — C. Koch, Arachn., fig. 498, Macaria fastuosa. — Contarini, Cat. 15; Ven. II, 162, Drassus relucens. — Westring, Aran. 331. — Simon, Hist. 113, 455. Fra i sinonimi di questa specie l’autore cita la Macaria aurulenta del Koch (fig. 499), opi- nione che merita conferma. — L. Koch, Drassiden p. 72. L'autore cita come sinonima la Clubiona formicaria Sund. — Ohlert, Prenss. Spinnen, p.104, M. fastuosa. — Ausserer, Arachn.5. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent., sp. 61; Aran. Ven., sp. 10. 6. M. aurata Canestr, Modenese, Lombardia. Canestrini, Annuario della Soc. dei Nat. in Modena, anno III, p. 192. 7. M. exilis Canestr. Modenese. Canestrini, Annuario della Soc. dei Nat. in Modena, anno III p. 192. i ARANEIDI ITALIANI 767 c. Drassus Walck. 1. D. vîiator L. Koch. Trentino, Veneto, Dalmazia, Lombardia, Na- politano, L. Koch, Drassiden, p. 84, tav. IV, fig. 57. — Canestrini, Aran. Ven., sp. ll. 2. D. dalmatensis. L. Koch. Dalmazia. L. Koch, Drassiden, p. 89, tav. IV, fig. 59. 3. D. fuscus Latr. Veneto, Lombardia (Sordelli). C. Koch, Arachn. X, fig. 837. — Contarini, Cat. 15: Ven. II, 162. — Westring. Aran. 343, Drassus cognatus. — L. Koch, Drassiden, p. 86, tav. 1V, fig. 58. — Canestrini, Aran. Ven., sp. 12. 4. D. sericeus Sund. Piemonte (Garbiglietti). Walckenaer, Apt. I, 619? — Westring, Aran. 340. 5. D. scutulatus L. Koch. Veneto. L. Koch, Drassiden, p. 93, tav. IV, fig. 61 e 62. — Cane- strini, Aran. Ven., sp. 13. 6. D. tenuis L. Koch. Dalmazia. L. Koch, Drassiden, p. 101, tav. IV, fig. 65 e 66. 7. D. similis L. Koch, Sicilia. L. Koch, Drassiden, p. 103, tav. IV, fig. 67, 67 a. 8. D. severus ©. Koch, Roma. C. Koch, Arachn. VI, fig. 446, X, fig. 838. — Walckenaer, Apt. II, 479, Clubiona severa. — Simon, Hist. 459. — L. Koch, Drassiden, p. 108, tav. V. fig. 69. — Ohlert, Spin- nen, p. 94. 768 G. CANESTRINI E P. PAVESI, 9. D. minusculus L. Koch. Roma, Sicilia. L. Koch, Drassiden, p. 110, tav. V, fig. 70. 10. D. striatus L. Koch. Dalmazia. L. Koch, Drassiden, p. 114, tav. V, fig. 72. 11. D. troglodytes C. Koch. Trentino, Dalmazia, Emilia. C. Koch, Arachn. VI, fig. 455, 456. — Walckenaer, Apt. II, 480, Clubiona troglodytes. — Westring, Aran. 346. — Blackwall, Spiders, VI, fig. 66, Drassus clavator. — Si- mon, Hist. 459. — L. Koch, Drassiden, p. 116, tav. V, fig. 73-74. — Oblert, Preuss. Spinnen, p. 94. — Ausserer, Arachniden, p. 5. 12. D. lividus Walck. Lombardia (Sordelli). Walckenaer, Apt. I, 600; II, 479, Clubiona livida. 13. D. lapidicola Walck. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Cantone Ticino, Emilia, Napolitano, Walckenaer, Apt. I, 598, Clubiona lapidicolens. — Hahn, Arachn. II, tav. 40, fig. 100, Clubiona lapidicola. — C. Koch, Arachn. VI, tav. 188, fig. 450,451. — Contarini, Cat. 15; Ven. II, 162. — Westring, Aran. 361, Drassodes lapidicola. — Blackwall, Spiders, VI, fig. 70. — Simon, Hist. 458. — L. Koch, Drassiden, p. 126, tav. V, fig. 80,81. — Obhlert, Spinnen 94. — Ausserer, Arachn. 6. — Cane- strini, Aran. Ven. e Trent, sp. 50; Aran. Ven, sp. 14. 44. D. murinus Hahn. Lombardia (Sordelli). Hahn, Arachn, II, fig. 141. — C. Koch, Arachn. X, fig. 886. 15. D. laticeps Canestr. Trentino, Modenese. Canestrinîi, Annuario della Società dei Naturalisti in Modena, anno III, p. 202. ARANEIDI ITALIANI 769 d. MeLanopHora C. Koch, 1. M. conspicua L. Koch. Dalmazia, L. Koch, Drassiden, p. 149, tav. VI, fig. 90-92. 2. IM. praefica L. Koch. Dalmazia, Modenese. L. Koch, Drassiden, p. 155, tav. VI, fig. 97-98. 5. M. barbata L. Koch. Dalmazia. L. Koch, Drassiden, p. 161, tav. VI, fig. 101-103. 4. M. oblonga C. Koch. Dalmazia. C. Koch, Arachn, VI, fig. 487. — Simon, Hist. nat. 456. L’au- tore riunisce con questa specie anche le seguenti di C. Koch: M. flavimana, M. violacea. — L. Koch, Drassiden, p. 164, tav. VII, fig. 105-106. B. M. petrensis C. Koch. Trentino, Piemonte, Cantone Ticino. C. Koch, Arachn. VI, fig. 494,495. — L. Koch, Drassiden, p. 167, tav. VII, fig. 107-109. 6. M. subterranea GC. Koch. Trentino, Veneto, Lombardia (Sordelli), Modenese, Bolognese, Napolitano. C. Koch, Arachn. VI, fig. 491-492. —— Westring, Aran. 355. — Blackwall, Spiders, tav. VI, fig. 63, Drassus ater. — L. Koch, Drassiden, p. 170, tav. VII, fig. 111-112. — Ohlert, Spinnen, p. 95. —— Ausserer, Arachn. 6. — Cane- strini Aran. Ven, sp. 15. 7. M. femella L. Koch. Dalmazia, Lombardia, Roma. L. Koch, Drassiden, p. 176, tav. VII, fig. 114. 8. M. pedestris C. Koch. Dalmazia. C. Koch, Arachn. VI, fig. 489. — Simon, Hist. nat. 457. — L. Koch, Drassiden, p. 178, tav. VII, fig. 115,116. 770 G. CANESTRINI E P. PAVESI, 9. M. pusilla C. Koch. Trentino. C. Koch, Arachn. VI, fig. 496. — Blackwall, Spiders, I, p. 107, tav. 6, fig. 64, Drassus pusillus. — Westring, Aran. 357. — L. Koch, Drassiden, p. 179, tav. VII, fig. 117-119. — Ohlert, Preuss. Spinnen, 95. — Ausserer, Arachn. 6. 10. M. atra Latr. Trentino, Veneto, Dalmazia, Lombardia (Sordelli), Piemonte, Modenese. Walckenaer, Apt. I, 618, Drassus ater. — Hahn, Arachn. II, fig. 142. — C. Koch, Arachn, VI, fig. 493. — Conta- rini, Cat. 15; Ven. II, 162. — Simon, Hist. 456. Tra i sinonimi è citata la M. petrensis C. Koch. — L. Koch, Drassiden, p. 182, tav. VII, fig. 121-122. --- Ausserer, Arachn 6. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent., sp. 59; Aran. Ven., sp. 16. 41. M. fuscipes L. Koch. Sicilia. L. Koch, Drassiden, p. 189, tav. VIII, fig. 128-129. 12, M. rustica L. Koch. Trentino. 45. M. Kochi Canestr. Trentino, Veneto, Modenese, Bolognese. Canestrini, Nuov. Aracn., Commentario, p. 170; Annuario della Soc. dei Nat. in Modena, anno III, p. 193. 414. M. gracilis Canestr. Modenese. Canestrini, Annuario Soc. Nat. in Modena, anno III, p. 194, e. AnyPHAENA Sund. 4. A. sabina L. Koch. Romagna. L. Koch, Drassiden, p. 214, tav. IX, fig. 141. ARANEIDI ITALIANI 771 2. A. accentuata Walck. Trentino, Lombardia, Piemonte, Cantone Ticino, Modenese. Walckenaer, Apt. I, 594, Clubiona accentuata. — Hahn, Arachn,, fig. 99, Clubiona punetata.— Westring, Aran. 371. -— Blackwall, Spiders, tav. 8, fig. 83. — Simon, Hist. 460. — L. Koch, Drassiden, p. 219, tav. IX fig. 143-145. — Ohlert, Spinnen, p. 103. — Ausserer, Arachn. 6. — Ca- nestrini, Aran. Ven. e Trent., sp. 49. f. ParuroLiTHUs C. Koch. 1. Phr. romanus L. Koch. Roma. L. Koch, Drassiden, p. 225. 2. Phr. minimus €. Koch. Modenese, Bolognese. C. Koch, Arachn., fig. 513. — Westring, Aran, 329. — Si. mon, Hist. 169, 468. — L. Koch, Drassiden, p. 227. tav.IX, fig. 146-147. — Ausserer, Arachn. Tirols, p. 6. 5. Phr, festivus €. Koch. Lombardia, Modenese. C. Koch, Arachn. fig. 511-512. — Westring, Aran. 327. — Blackwall, Spiders, tav. VI, fig. 74, Drassus propinquus. — Pavesi, Aracn., Notizie nat. e chim. agron. sulla pro- vincia di Pavia, p. 109. -- L. Koch, Drassiden., p. 229, tav. IX, fig. 148-150. — Simon, Hist. 468. — Ausserer, Arachn. 6. g. CremacantHIum C. Koch. 4. Ch. tenuissimum L. Koch. Dalmazia. | L. Koch, Drassiden, p. 287, tav. IX, fig. 154. 2. Ch, nutrix Walk. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Can- tone Ticino, Modenese, Napolitano. Walckenaer, Apt. I, 601, Clubiona nutrix. — C. Koch, Arachn. VI, fig. 434-435. — Westring. Aran. 378, — Bla- 7172 G. CANESTRINI E P. PAVESI, ckwall, Spiders, tav. VIII, fig. 85, — Simon, Hist. nat. 462, Anyphaena nutrix. — L. Koch, Drassiden, p. 248, tav. X, fig. 158-160. — Obhlert, Spinnen, p. 102. — Ausserer, Arachn. 6. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent., sp. 51; Aran. Ven. sp. 17. 3. Ch. Mildei L. Koch. Dalmazia, Veneto, Lombardia, Cantone Ti- cino, Modenese. L. Koch, Drassiden, p. 253, tav. X, fig. 161-163. — Cane- strini, Aran. Ven. sp. 18. 4, Ch. italicum nob. Emilia. Vedasi la descrizione nel capo IV di questo lavoro. B. Ch. carnifex Fabr. Trentino, Veneto, Lombardia (Sordelli), Pie- monte, Cantone Ticino, Modenese, Bolognese. Walckenaer, Apt. I, 602. Clubiona erratica. — C. Koch, Arachn. VI, tav. 174, fig. 438-439. — Westring, Aran. 380, Cheiracanthium erratieam. — Blackwall, Spiders, 1, 135, tav. VIII, fig. 86. — Simon, Hist. 462, Anyphaena erra- tica. — L. Koch, Drassiden, p. 258, tav. X, fig. 164-166. — Ohlert, Spinnen, p. 102. — Ausserer, Arachn. 6. — Canestrini, Aran Ven., sp. 19. 6. Ch. Seidlitzii L. Koch. Roma. L. Koch, Drassiden, p. 264, tav. XI, fig. 169-171. h. CLusiona Walck. 1, Cl. corticalis Walk. Trentino. Walckenaer, Apt. I, 593. —- Westring, Aran. 401. — Black- wall, Spiders, tav. VII, fig. 79. — L. Koch, Drassiden, p. 301, tav. XII, fig. 192. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent., sp. 48. ARANEIDI ITALIANI 775 2. CI. trivialis €. Koch. Trentino. C. Koch, Arachn. X, fig. 844-845. — L. Koch, Drassiden, p.- 305, tav. XII, fig. 194-196. — Ausserer, Arachn, p. 7. 5. CI. holosericea De Géer. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Cantone Ticino, Modenese. Walckenaer, Apt. I, 590 (Clubione soyeuse). — Hahn, Arachn, fig. 84. — Contarini, Cat. 15; Ven. II, 162. — Westring. Aran. 393. — Blackwall, Spiders, tav. VII, fig. 75. — Pavesi, Araen., Notizie, p. 109.— Simon, Hist. 460. — L. Koch, Drassiden, p. 311, tav. XII, fig. 200-201. — Ohlert, Spinnen, p. 99. — Ausserer, Arachniden Tirols, p. 7. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent , sp. 46; Aran. Ven., sp. 20. 4. CI. amarantha Walck. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Cantone Ticino, Modenese. Walckenaer, Apt. I, 591. — Hahn, Arachn. fig. 85. — C. Koch, Arachn. fig. 442, Clubiona incomta. — Westring, Aran. 339, Clubiona pallidula. — Blackwall, Spiders, tav. VII, fig. 76. — L. Koch, Drassiden, p. 323, tav. XIII, fig. 208-210, CI. pallidula. — Ohlert, Spinnen, 99. — Aus- serer, Arachn. 7. — Canestrini, Aran. Ven., sp. 21. 5. CI. grisea L. Koch. Dalmazia. L. Koch, Drassiden, p. 319, tav. XIII, fig. 205-207. 6. CI. terrestris Westr. Trentino. Westring, Aran. 395. — L. Koch, Drassiden, p. 328, tav. XIII, fio. 211-212. 7. CI. lutescens Westr. Cantone Ticino. Westring, Aran, 394. — L. Kocb, Drassiden, p. 336, tav. XIII, fig. 217-219. 8. CI. frutetorum L. Koch. Cantone Ticino. L. Koch, Drassiden, p. 344, tav. XIV, fig. 224-226, 774 G. CANESTRINI E P, PAVESI, 9. CI. pallens Hahn. Piemonte, ‘Trentino. Hahn, Arachn. II, fig.101. — C. Koch, Arachn.VI, fig.443-444. — Walckenaer, Apt. I, 592, CI. castanea. — Westring, £ Aran. 404, — Blackwal], Spiders, I, 130, tav. 8, fig. 82. — Simon, Hist. 460. — L. Koch, Drassiden, 294. — Obhlert, Spinnen, 100. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent., sp. 47. 10. CI. comta C. Koch. Trentino. C. Koch, Arachn. VI, fig. 440; X, fig. S4L — Westring, Aran. 403. — Ohlert, Spinnen, p. 100. 11. CI. pulchella Canestr. Trentino. Canestrini, Annuario Soc, Nat. Modena, III, p. 195; Com- mentario, p. 171, sp. 3. i. Liocranum L. Koch. 1. L. celans Blackw. Trentino, Veneto. Blackwal], Spiders, I, 161, tav. 10, fig. 103, Agelena celans. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 22. I. Acnoeca Westr. 1. 4. chrysea L. Koch. Italia settentrionale. L. Koch, Drassiden, fasc. VIII. 2, A. minor L. Koch. Trentino. L. Koch, Drassiden, fase. VIII. m. Zora C. Koch. A. Z. spinimana Sund. Trentino, Veneto, Lombardia (Sordelli), Piemonte, Emilia. Walckenaer, Apt. I, 348, Dolomedes lycaena. — C. Koch, | Arachn, fig. 1343-1344, — Westring, Aran 325. — Simon, ARANEIDI ITALIANI 77% Hist. 516. — Ohlert, Spinnen, 147. — Ausserer, Arachn. 7. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent., sp. 15; Aran. Ven,, sp. 23. 2. Z. ocreata C. Koch. Napoli (ne abbiamo avuto due bellissimi esem- plari dal prof. Paolo Panceri). C. Kocb, Arachn. XIV, p. 105, fig. 1345. — Walckenaer, Apt. II, 455, Dolomedes Dufourii. VI. Famiglia Therididae. a. CLotno Latr. A. CI. Durandi Walck. Dalmazia. Walckenaer, Apt. I, 636. — Dugès, Règne anim. p. Cuvier, p. 42, tav. 6, fig. 2. — C. Koch, Arachn. X, fig. 812, Clo- tho cycacea. L'autore crede questa sua specie forse una varietà della C1. Durandi. — Doleschal, Syst. Verz. der im Kais. Oestr. vorkommenden Spinnen, Sitzungsb. der k. Akad. der Wiss. IX, 627. — Simon, Hist. 153, 463. 2. CI. Goudoti C. Koch. Italia. Questa specie è qui citata come ita- liana con riserva sulla fede del Simon. C. Koch. Arach., X, p. 86, fig. 813. — Simon, Hist. 153. 5. CI. anthracina C. Koch. Fiume. C. Koch, Arachn. XVI. fig. 1549. — Simon, Hist. 153, 463. b. Envo Sav. 1. E. italica Canestr. Veneto, Modenese. Canestrini, Annuario della Soc. Nat. Modena, anno III, p. 196, Aran. Ven., sp. 24. 776 G. CANESTRINI E P, PAVESI, c, TarinopA Westr. A 7. longidens Wider. Modenese. Walekenaer, Apt. IT, 264, Linyphia longidens. Tra le indi- cazioni di patria « Italie». — C. Koch, Arachn., fig. 233, Micryphantes tesselatus. Questa sinonimia va citata con ri- serva. Nella tav. 101, il nome M. tesselatus è assegnato alla figura 234, invece che alla fig. 233, probabilmente per errore di stampa. — Westring, Aran. 142. — Simon. Hist. 483, Linyphia longidens. — Ausserer, Arachn. 7. d. PacnvenatHA Sund. 1. P. Listeri Sund. Trentino, Lombardia, Modenese. Westring, Aran. 146. — Blackwall, Spiders. JI, p. 320. tav. 22, fig. 234; Annals and Mag. ser. 2.8, vol. 9, p. 467; Linn. Trans., vol. 18, p. 667, Mandueulus limatus. 2. P. Degecri Sund. Trentino, Lombardia, Piemonte, Modenese. Walckenaer, Apt. II, 269, Linyphia Degeeri. — Hahn, Arachn, fig. 123, Theridium vernale. — C. Koch, Araehn. fig. 1065. — Westring, Aran. 147. — Blackwall, Spiders, II, p. 321, tav. 22, fig. 235; Linn. Trans. vol. 19, p. 125 Manduculus vernalis. — Sill, Ar. Siebenbiirgens, Verh, XII, 45. — Simon, Hist. 485. — Ohlert, Spinnen, p. 49. 5. P. Clerckii Sund. Trentino, Lombardia, Piemonte, Emilia. Walckenaer, Apt. II, 267, Linyphia maxillosa. — Hahn, Arachn., fig. 122, Theridium maxillosum. — C. Koch, Arachn., fig. 1064, P. Listeri. — Westring., Aran. 146. — Blackwall, Spiders, p. 318, tav. 22, fig. 233; Lon. don and Edinb. Phil. Mag., ser. 3.* vol 3, p. 111, Man- duculus ambiguus. — Simon, Hist., p. 435, num. 252. — Olhert, Spinnen, p. 49. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent,, sp. 90. 4 di 4, ARANEIDI ITALIANI 777 e. Formicina Canestr. F. mutinensis Canestr. Modenese, Lombardia (Sordelli). Canestrini, Nuov. Aracn. Commentario , p. 172, sp. 4; An- nuario Soc. Nat. Modena, anno III, p. 197. F. pallida Ganestr. Modenese. Canestrini, Commentario, p. 172, sp. 5; Annuario Soc. Nat. Modena, anno III, p. 199. f. Eno €. Koch. E. tuberculata De Géer. Trentino, Lombardia, Piemonte, Cantone Ticino, Emilia. Walckenaer, Apt. IT, 330, Theridium aphane. — C. Koch, Arachn. XII, fig. 1034. — Westring, Aran. 150. — Simon, Hist. 469. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent., sp. 105. . E. variegata C. Koch. Trentino, Lombardia. Wider, Mus. Senckenb. I, tav. 14, fig. 11, Theridium thora- cicum. — Walckenaer, Apt. II, 332, Th. variegatum. — C. Koch, Uebersicht des Arachn. Syst. I, 8. — Westring, Aran. 149. — Blackwall, Spiders, II, p. 203, tav. 14, fig. 134. — Pavesi, Aracn. Notizie, p. 109. — Ausserer, Arachn p. 8. E. lacvigata Keys. Dalmazia. Keyserling, Beschr. neuer Spinnen, Verhandl. der k. k. zool. bot. Gesellschaft in Wien, XIII, p. 378, tav. 10, fig. S-11. g. AsagENA Sund. A. serratipes Schranck. Trentino, Lombardia (Sordelli), Piemonte, Emilia, Toscana. Walckenaer, Apt. II, 393, Theridium signatum. — Hahn, Arachn. I, fig. 60, Th. quadrisignatum. — €. Koch, 778 G. CANESTRINI E P. PAVESI, Arachn. VI, fig. 502-503. — Westring, Aran. 173. — Bla- ckwall, Spiders, II, tav. 14, fig. 135. — Simon, Hist. 464, ‘Asagena phalerata. — Ohlert, Spinnen, 41. — Ausserer, Arachn. 9. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent., sp. 106. h. Tueripium Walck. 4. Th. lineatum CI. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Can- i tone Ticino, Modenese, Napoletano. Walckenaer, Apt. II, 235. — Hahn, Arachn. I, fig. 65. — C. Koch, Arachn. XII, fig. 1053-1055, Th. redimitum. — Contarini, Cat. 15; Ven. II, 163. — Westring, Aran. 153. — Blackwall, Spiders, II, p. 176, tav. 12, fig. 111. — Simon, Hist. 464. — Ohlert, Spinnen, 35. — Ausserer, Arachn. p. 8. — Canestrini. Aran, Ven. e Trent., sp. 97; Aran. Ven., sp. 26. 2. Th. sisyphum Walck. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Cantone Ticino, Emilia, Sicilia. Walckenaer, Apt. II, 2983. — Hahn, Arachn., fig. 132. — C. Koch, Arachn, fig. 645 e 1060-1061. ‘Th. lunatum. — Contarini, Cat. 15; Ven. II, 163. — Westring, Aran. 157, Th. formosum. — Blackwall, Spiders, II, p. 179, tav. 13, fig. 113. — Pavesi, Araen., Notizie, p. 109. — Simon, Hist. 464. — Obhlert, Preuss. Spinnen, p. 36. — Ausse- rer, Arachn., p. 8. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent, sp. 100; Aran. Ven., sp. 25. 3. Th tepidariorum C. Koch. Cantone Ticino. C. Koch, Arachn. VII, fig. 646. — Simon, Hist. 465. 4. Th. nervosum Walck. Trentino, Veneto, Friuli, Lombardia, Pie- monte, Cantone Ticino, Emilia. Walckenaer, Apt. II, 301. — Hahn, Arachn., fig. 133. — Koch, Arachn. VIII, fig. 644, Th. sisyphus. — Westring, Aran. 170. — Blackwall, Spiders, JI, p. 183, tav. 13, fig. 116. — Simon, Hist. 465. — Ohlert, Spinnen, p. 36. AL ARANEIDI ITALIANI 779 — Ausserer, Arachn., p. 8. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 101; Aran. Ven. sp. 27. Aa gl -— .. pictum Walck. Veneto, Lombardia, Modenese. Walckenaer, Apt. II, 304. — Hahn, Arachn,, fig. 68. — C. Koch, Arachn., fig. 1062-1063. — Westring. Aran. 161. — Blackwall, Spiders, II, 184, tav. 13, fig. 117. — Obhlert, Spinnen, 35. — Simon, Hist. 465. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 28. > cittatum C. Koch. Lombardia (Sordelli). C. Koch, Arachn. IV. fig. 326. — Walckenaer, Apt. II, 311, Th. pulchellum. sa -> :. tinctum Walck. Veneto, Lombardia (Sordelli), Cantone Ticino, Modenese. Walckenaer, Apt. IT, 308. — C. Koch, Arachn. IV, fig. 327, Th. irroratum. — Westring, Aran. 165. — Blackwall, Spiders, II, 190, tav. 14, fig. 121. — Simon, Hist. 465. — Ausserer, Arachn., pag. 8. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 29. Th. denticulatum Walek. Veneto, Lombardia, Cantone Ticino, Emilia. Walckenaer, Apt. II, 305. — Westring, Aran. 162. — Bla- ckwall, Spiders, IT, 185, tav. XIII, fig. 118. — Simon, Hist., p. 465. — Ausserer, Arachn., p. 8. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 30. = . Th. saxatile C. Koch Cantone Ticino. C. Koch, Arachn. IV, fig. 324-325. Walckenaer, Apt. II, 328. — Vestring, Aran. 159. — Simon, Hist. 466. — Ohlert, Spinnen, 37. — Ausserer, Arachn, 8. 10. Th. varians Hahn. Trentino, Veneto, Lombardia, Emilia. Hahn, Arach., fig. 71-72. — Walckenaer, Apt. II, 314. — C. Koch, Arachn., fig. 1056-1058. — Westring, Aran. 167. - Blackwall, Spiders, II, p. 188, tav. 14, fig. 120. — Pa- 780 G. CANESTRINI E P, PAVESI, vesi, Aracnidi, Notizie, 109. — Sill, Ar. Siebenbiirgens, Verh. XIII, 45. —Si mon, Hist. 466. — Ohlert, Spinnen, p.-36. — Ausserer, Arachn. p.8-— Canestrini, Aran. Ven., sp. 81. 411. Th. bimaculatum Linn. Trentino. Linné, Syst. nat. ed. 12, p. 1083. — Walckenaer, Apt. II, 315, Th. carolinum. — Hahn, Arachn. I, fig. 60, Th. dor- siger. — Westring, Aran. 172. — Ohlert, Spinnen, p. 37. 12. Th triangulifer Walck. Veneto, Friuli, Lombardia, Piemonte, Cantone Ticino, Emilia, Toscana, Napolitano. Costa O. G., Fauna, del Regno di Napoli, Araen. polm. tav. II, fig. 6. — Walckenaer, Apt. II, 324. — C. Koch, Arachn. IV, fig. 322, Th. venustissimum. — Simon, Hist. 467. — Ausserer, Arachn. p. 9. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 33. 15. Th. triste Hahn. Trentino, Piemonte, Modenese. Hahn, Arachn, I, fig. 67. — C. Koch, Arachn. VIII, fig. 653-654. — Walckenaer, Apt. II, 291. — Westring, Aran., p. 190. — Simon, Hist. 467. — Obhlert, Spinnen, p.38. — Ausserer, Arachn. p. 9. A". Th. inornalum Cambr. Trentino, Cantone Ticino. Cambridge, Annals and Mag. of Nat. Hist., III ser., vol. 6, p.433. — Blackwall, Spiders, II, p. 196, tav. 16, fig 127. — Ausserer, Arachn. p. 9. 18. Th guttatum Wider. Trentino, Veneto, Modenese. C. Koch, Arachn. VIII, fig. 651-652. — Walckenaer, Apt. II, 318. — Westring, Aran. 188. — Blackwall, Spiders, II, p. 200, tav. 14, fig. 131. — Contarini, Ven., II, 163, — Simon , Hist. 467. — Ohlert, Spinnen, p. 38. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent., sp. 103; Aran. Ven. sp. 34. — Aus- serer, Arachn, 9. ARANEIDI ITALIANI 781 16. Th. quadriguttatum Hahn. Trentino. Hahn, Arachn. I, fig. 63-64. — Walckenaer, Apt. II, 334,335, Th. notatum, Th. obscurum. — Simon, Hist. 467. 17. Th. flavomaculatum C. Koch. Trentino. C. Koch, Arachn. III, fig. 220, Micriphantes flavomaculatus. — Westring, Aran. 192. — Blackwall, Spiders, II, p. 201, tav. 14, fig. 132. — Ohlert, Spinnen, p. 33. 18. Th. quadripunctatum Rossi. Trentino, Veneto, Lombardia (Sor- delli), Piemonte, Cantone Ticino, Emilia, ‘Toscana. Rossi, Mantissa, II, p. 6. — Hahn, Arachn. I, fig. 58. — Walckenaer , Apt. IT, 290. — C. Koch, Arachn. XII, fig. 1027, Eucharia bipunetata. — Westring, Aran. 184. — Contarini, Ven. II, 163. — Blackwall, Spiders, II, tav. 13, fig. 112. — Simon, Hist. 466. — Ausserer, Arachn. 9. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 98; Aran. Ven., sp. 32. 19. Th. paykullianum Walck. Emilia. Walckenaer, Apt. II, 295. — Simon, Hist. 468. L'autore cita questa specie al num. 116 come varietà del Phruro- lithum maculatum. 20. Th. hamatum GC. Koch. isola di Sora. Race. dal dott. Nicolucci. C. Koch, Arachn. VI, fig. 507,508, Phrurolithus hamatus. 21. Th. Nicoluccii nob. Isola di Sora. Race. dal dott. Nicolucci. Vedasi la descrizione nel capo IV di questo lavoro. - 22. Th. maculatum Walck. Piemonte, Emilia. Walckenaer, Apt. II, 293. — Hahn, Arachmn. I, fig. .58, Th. albomaculatum. — C. Koch, Arachn. VI, fig. 504,505, Phrurolithus corollatus. — Westring, Aran. 181. — Si- mon, Hist. 468, Phrurolithum maculatum. Vol, XI. bo 782 G. CANESTRINI E P. PAVESI, 23. Th. lunatum C. Koch. Lombardia (Sordelli). Savigny , Descript. de l’Egypte, XXII , Hist. nat. Zool., p. 353, Latrodectes martius « Italie». — Walckenaer, Apt. I, 644. — C. Koch, Arachn. VI, fig. 509, Phrurolithus lunatus. — Simon, Hist. 469. ‘ i. LatropECTES Walck. 4. L. malmignathus Walck. Veneto, Dalmazia, Piemonte, Liguria, Toscana, Sardegna, Corsica, Napolitano (Isola di Sora), Puglia, Sicilia. P. Boccone, Museo di fis. e di esp. Oss. XVI. Intorno al ragno velenoso della Corsica, p. 92. — Caputo, De ta- rant. anat. et morsu, cap. I, sp. XXI. — F. Serao, Della Tarantola ossia Fal. di Puglia, Lez. Acc, p.119, Falangi neri macchiati di schizzi rossi. — A. Fortis, Viaggio in Dalmazia, II, p. 27. — P. M. Della Valle, Opuscoli scelti sulle sc. e arti, X, p. 92. — Rossi, Fn. etr. II, 136, tav. IX, fig. 10, Aranea 13-guttata. — Fabricius, Ent. syst. II, 409. — Toti, Atti Accad. Fisiocritici, VII, 244, tav. II. — Marmocchi, Atti Ace. Fisiocritici, VIII, 218. — Walckenaer, Hist. nat. Aranéides, I, 5; Apt. I, 642. — C. Koch, Arachn.IV, fig. 273. — Latreille, Cours d’en- tom. 525. — Dugès, Regn. anim. p. Cuvier, p. 48, tav. 10. -— Lucas, Hist. nat. d. iles Canaries, II. IT, Zool. Arachn., p. 21. — Amary, Eserc. Acc. Asp. Nat. II, I, p. 79. — Graells, Ann. de la Soc. entomol. de France, séance 4 mai et 1 juin 1842. — Contarini, Cat. 15, Theridium tredecim- guttatum. — De-Filippi, Regno anim., p. 158 e 275. — Simon, Hist. 469. — Canestrini, Aran. Ven., sp. 35. 2. L. tristis L. Koch. Modenese. I. Episinus Walck. A. E. truncatus Walck. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Can- tone Ticino, Modenese. Lamarck, Hist. nat. V, 99. — Dugès. Regn. anim. p. Cu- vier, p. 49, nota 1. — Walckenaer, Apt. IT, 375. — C. Koch, ARANEIDI ITALIANI 785 Arachn. XI, fig. 958-959. — Westring, Aran. 194. — Pa- vesi, Aracnidi, Notizie, p. 109. — Simon, Hist. 520. — Ohlert, Spinnen, p. 124. — Ausserer, Arachn. 9. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent., sp. 108; Aran. Ven. sp. 36. m. TracueLas L. Koch. 1. T. mînor L. Koch. Veneto. cin e 9 I Canestrini, Commentario della fauna, flora e gea del Veneto e del Trentino, p. 223. sp. 37. n. Ericone Savigny. E. rufipalpis C. Koch, Lombardia, Cantone Ticino. C. Koch, Arachn. III, fig. 218-219, Micriphantes rufipalpus. — Pavesi, Aracnidi, Notizie, p. 109. — Ohlert, Spinnen, p. 69. . E. longipalpis Sund. Veneto. Walckenaer, Apt. II, 346, Argus longimanus. — Westring, Aran. 197. — Canestrini, Aran. Ven., sp. 38. . E. dentipalpis Wider. Piemonte. Wider, Mus. Senck. I, p. 248, tav. 17, fig. 1. — C. Koch, Arachn., VIII, fig. 659-660. — Walckenaer, Apt. II, 345, Argus vagans. — Westriug, Aran. 199. — Ohlert Spin- nen, p. 50. — Ausserer, Arachn. 9. , E. scabristernis Westr. Trentino, Veneto. Westring, Aran. 206. . E. inaequalis C. Koch. Emilia. Walckenaer, Apt. II, 369, Argus elongatus. — C. Koch, Arachn. VIII, fig. 671. — Westring, Aran. 233, E. elon- gata, — Ohlert, Spinnen, p. 59. 784 G. CANESTRINI E P. PAVESI, 6 £. elevata C. Koch. Piemonte (Garbiglietti). FI C. Koch, Arachn. IV, fig. 334-335. — Westring, Aran. 225. — Ausserer, Arachn. 10. 7. E. acuminata Wider. Veneto, Lombardia (Sordelli). Wider, Mus. Senck. I, 282, tav. 15, fig. 11. — C. Koch, Arachn. IV, fig. 332-333. — Walckenaer, Apt. II, 370. —- Westring, Aran. 230. — Blackwall, Spiders, II, 314, tav. 22, fig. 229, Walckenaéra fastigata. — Ausserer, Arachn, 10. 8. E. parallela Wider. Veneto. Wider, Mus. Senckenb. I, tav. 16, fig. 1. — Walckenaer, Apt. II, 366. — Westring, Aran. 241. — Blackwall, Spi- ders, II, 296, tav. 22, fig. 211. — Canestrini, Aran. Ven, sp. 39. 9. E. ochropus C. Koch. Emilia. C. Koch, Arachn. IV, fig. 336-337. — Walckenaer, Apt. II, 366. — Simon, Hist. 476. — Oblert, Spinnen, p. 61. 10. £. graminicola Sund. Piemonte (Garbiglietti). Hahn, Arachn. I, fig. 70, Theridium rubripes. — C. Koch, Arachn. IV, fig. 328-329, Micryphantes rubripes. — Wal- ckenaer, Apt. II, 351. -— Westring, Aran. 257. — Bl!a- ckwall, Spiders, II, 272, tav. 19, fig. 186. — Simon, Hist. 472. — Ohlert, Spinnen, p. 73. 11. £. dentifera Westr. Lombardia. Westring, Aran. 261. 12. E. rufipes Sund. Lombardia (Sordelli). C. Koch, Arachn. IV, fig. 330-331, Micryphantes crassipal - pus. — Walckenaer, Apt. II, 353. — Westring, Aran. 259. 13. £. quisquiliarum Westr. Trentino. Westring, Aran. 277. ARANEIDI ITALIANI 785 14. E. rurestris C. Koch. Trentino, Veneto. C. Koch, Arachn. VIII, fig. 231-232. — Westring, Aran. 288. — Canestrini, Aran. Ven., sp. 40. 45. £. alpina Cambr. Trentino. 16. E. Cambridgii L. Koch. Veneto, Canestrini, Aran. Ven, sp. 41. o. Linypnia Walck, 1. ZL. montana Walck. Trentino, Lombardia, Veneto, Cantone Ticino, Piemonte, Nizza, Modenese, Bolognese. Walckenaer, Apt. II, 238. — C. Koch, Arachn., XII, fig. 1038-1039. — Westring, Aran. 96, L. triangularis. — Blackwall, Spiders, II, p. 211, tav. 15, fig. 133. — Sill, Ar. Siebenbirgens, Verh. XIII, p. 43. — Oblert, Spinnen, p. 43. — Ausserer, Arachn. p. 11. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent., sp. 90; Aran. Ven. sp. 42. 2. L. triangularis Walck. Trentino, Veneto, Lombardia (Sordelli), Piemonte. Walckenaer, Apt. II, 240. — C. Koch, Arachn. XII, fig. 1041- 1042, L. marginata. — Contarini, Cat. 15; Ven. II, 163. — Westring, Aran. 105, L. marginata. — Blackwall, Spi- ders, II, p. 212, tav. 15, fig. 139. — Ohlert, Spinnen, 44. Ausserer, Arachn. p. 11. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 43. 5. L. multiguttata Wider. Trentino, Veneto, Lombardia, Modenese. Walckenaer, Apt. II, 252. — C. Koch, Arachn. XII, fig. 1037. — Westring, Aran. 94, L. clathrata. — Pavesi, Aracn. Notizie nat. e chim. agron. 109. — Simon, Hist. 483, — Oblert, Spinnen, p. 44. — Ausserer, Arachn. p. 11. 4. L. resupina Wider. Trentino, Lombardia, Piemonte. Walckenaer, Apt. II, 242. — C. Koch, Arachn. XII, fig. 1035- 1036. — Westring, Aran. 92, L. montana. — Sill, Ar. Siebenbiirgens, Verh. XIII, 44. — Simon, Hist. 482. — Ohlert, Spinnen, 43. — Ausserer, Arachn, p. 11. 786 G. CANESTRINI E P. PAVESI, B. Z. phrygiana C. Koch. Modenese. C. Koch, Arachn. III, fig. 229,230. — Walckenaer, Apt. II, 260. — Westring, Aran. 98. — Simon, Hist. p. 483. — Ausserer, Arachniden Tirols, p. 11, num. 19. 6. LZ. hortensis Sund. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Can- tone Ticino, Emilia. C. Koch, Arachn. XII, fig. 1044-1046, L. frutetorum. — Wal- ckenaer, Apt. IT, 2483, L. frutetorum. — Westring, Aran. 99, L. hortensis. L'autore crede, con riserva, di poter riu- nire con questa specie la L. pascuensis Walck. — Simon, Hist. 483. — Ohlert, Spinnen, p. 45. — Ausserer, Arachn. 11. — Canestrini, Aran. Ven, e Trent., sp. 91; Aran. Ven, sp. 44. 7. L. pratensis Wider. Trentino, Lombardia, Piemonte, Cant. Ticino. Walckenaer, Apt. II, 250. — C. Koch, Arachn. XII, fig. 1043. — Westring, Aran. 101, L. pusilla. — Blackwall, Linn. Trans. , vol. 18, p. 659, L. sylvatica; Spiders, II, 215, tav. 15, fig. 141. — Simon, Hist. 483. — Onhlert, Spin- nen, 45. — Ausserer, Arachn., 11, num. 17, L. pusilla. 8. LZ. thoracica Wider. Trentino, Modenese. Walckenaer, Apt. II, 273. —- C. Koch, Arachn. VIII, p. 123, fig. 691-692, Meta cellulana. — Westring, Aran. 107. — Blackwall, Spiders, II, 224, tav. 16, fig. 148, L. pallidula, L. erypticolens. — Simon, Hist. 482. — Ohlert, Spin- nen, 46. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent., sp. 96. — Aus- serer, Arachniden, p. 11, num. 15. 9. LZ. bucculenta CI. Trentino, Emilia. Hahn, Arachmn. II, fig. 124, Theridion reticulatum. — C. Koch, Arachn. VIII, fig. 641, Bolyphantes trilineatus. — Wal. ckenaer, Apt. II, 260, L. reticulata. — Westring, Aran. 109. — Blackwall, Spiders, II, p. 279, tav. 19, fig. 193, Nereine trilineata. — Simon, Hist. 486, Bolyphantes trili- neatus. — Ohlert, Spinnen, p. 48. — Ausserer, Arachniden p. 11, num. 14. ARANEIDI ITALIANI 787 10. LZ domestica Wider. Trentino, Lombardia, Modenese, Bolognese. Walckenaer, Apt. II, 255. — Westring. Aran. 114. — Si. mon, Hist. 483. — Ausserer, Arachn. p. 11, num. 11. tt. ZL. tenebricola Wider. Trentino. Walckenaer, Apt. II, 257. — Westring, Aran. 116. — Simon, Hist. 483. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 93. 12, L. alticeps Sund. Modenese. C. Koch, Arachn. VII, fig. 642, Bolyphantes alpestris. — Westring, Aran. 117.— Blackwall, Spiders, II, 226, tav. 16, fig. 149. — Simon, Hist, 232, 486. — Ausserer, Arachn. piitlimit0. 13. ZL. index Thorell. Trentino. Westring, Aran, 129. L’autore crede questa specie forse una varietà della L. alticeps Sund. e sinonima del Bolyphan- tes stramineus Koch, VIII, fig. 643. — Simon, Hist. 486. 44. L. pygmaca Sund. Trentino. Westring, Aran. 126. — Ausserer, Arachn. p. 10, num. 5. 15. £. ripariola L. Koch. Veneto. Canestrini, Aran. Ven. sp. 46. 16. Z. concolor Wider. Trentino, Veneto, Modenese. . Walckenaer, Apt. II, 270. — Westring, Aran, 134. — Si- mon, Hist. 484. — Ausserer, Arachn., p. 10. — Canestri- ni, Aran. Ven., sp. 47. 47. L. Keyserlingi Auss. Emilia. Ausserer, Arachniden Tirols, Verhandl. der zool. bot. Ge- sellschaft in Wien, XVII, 1867, p. 160, estratto, p. 24, tav. VII, fig. 1-4. 18. Z, parvula Westr. Trentino. Westring, Aran. p. 135, — Ausserer, Arachn. p. 10. 788 G. CANESTRINI E VP. PAVESI 19. ZL, rubecula Canestr. Trentino, Veneto, Lombardia, Emilia, Canestrini, Annuar. della Soc. dei Nat. in Modena, anno JII. p. 200. 20. L. lithobia nob. Trentino. Vedasi la descrizione nel capo IV di questo lavoro. VII. Famiglia Epeiridae. a Mera C. Koch: 4. M. Merianae Scop. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Can- tone Ticino, Modenese, Toscana, Napolitano. Scopoli, Entom. Carn. p. 395, num. 1084. — De Géer, Mem. pour servir à l’hist. d. Ins. VII, p. 235, tav. II, fig. 9-12, Aranea fusca. — C. Koch, Arachn, VIII, fig. 688-690. — Westring, Aran. p. 76. — Ohlert, Spin- nen, p. 31. — Ausserer, Arachn. 12. 2. M. Menardi Latr. Brescia (Grotta di Levrange). Latreille, Gen. Cr. et Ins, I, p. 103, num. 12. — €. Koch, Arachn. VIII, fig. 685-637, M _fusca. — Westring, Aran. 79. — Ausserer, Arachn. 12. 5. M. segmentata CI. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Can- tone Ticino, Nizza, Modenese, Napolitano. Cirillo, Entomol. Neapol. Spec. I, tav. VIII, fig. 7, Aranea se- noculata. — Risso, Hist. nat. V, 170, Epeira variegata. — Walckenaer, Apt. 1I, 82, Epeira inclinata. — C. Koch, Arachn. VI, fig. 532-533, Zilla reticulata. — Westring, Aran. p. 81. — Simon, Hist, 487, Zilla inclinata. — Oblert, Spinnen, 29. — Ausserer, Arachn. p. 12. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent., sp. 79; Aran, Ven. sp. 49. ARSNEIDI ITALIANI 789 b. Zitta C. Koch, 1.4. calophylla Walek. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Cantone Ticino, Modenese, Toscana. Walckenaer, Apt. II, pag. 70, Epeira callophylla. — C. Koch, Arachn. VI, fig 533-539; XII, fig. 1030-1031, Eucharia atrica. — Westring, Aran. 91, Z. x-notata. — Blackwall, Spiders, II, p. 338, tav. 25, fig. 245. — Simon, Hist. 486, — Ohlert, Spinnen, p. 30, Zygia calophylla. — Cane- strini, Aran. Ven. è Trent. sp. 77; Aran. Ven. 50. — Ausserer, Arachn. 12. 2. Z. montana GC. Koch. Veneto, Lombardia, Modenese. C. Koch, Arachn, VI, fig. 536-537. — Westring, Aran. p. 73. — Simon, Hist. 487, Zilla antriada. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 51. 5. Z. albimacula C. Koch. Trentino, Lombardia, Piemonte, Cantone Ticino, Modenese, Napolitano. C. Koch, Arachn. VI, fig. 534-535. — Walckenaer, Apt, II, 50, Epeira dioidia. —- Blackwall, Spiders, II, p. 355, tav. 26, fig. 256, Epeira albimacula. — Simon, Hist. 487, Zilla dicidia. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 75. — Aus- serer, Arachn., p. 12. 4. Z. acalypha Walck. Trentino, Veneto, Friuli, Lombardia, Cantone Ticino, Emilia. Walckenaer, Apt. II, 50, Epeira acalypha.— Hahn, Arachn.I, fig. 7, Epeira genistae. — C. Koch, Arachn. VI, fig. 430-531. — Blackwal], Spiders, II, 341, tav. 25, fig. 246, Epeira acalypha. — Pavesi, Not. nat. e chim. agron., p. 109. — Simon, Hist. 437. — Ohlert, Spinnen, p. 30. — Canestrini, - Aran. Ven. e Trent. sp. 52. — Ausserer, Arachn. p. 12. 790 G. CANESTRINI E P, PAVESI, c. Simca C. Koch. 4. S. tubulosa Walck. Trieste, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia. Walckenaer, Apt. II, 86, Epeira tubulosa. — C. Koch, Arachn; III, fig. 197-198, Singa hamata. — Blackwall, Spiders, II, 364, tav. 27, fig. 262. — Pavesi, Notizie nat. e chim. agrom. 109, Singa hamata, S. melanocephala. — Simon,. Hist. p. 489. — Ohlert, Spinnen, p. 26, Singa hamata. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 53. — Aus- serer, Arachn, 12. 2. S. Herti Hahn. Trentino, Lombardia, Piemonte. Hahn, Arachn. I, fig. 5, Epeira Herii. — Walckenaer, Apt. II, 389. — C. Koch, Arachn. VI, fig. 516, Phrurolithus trifa- sciatus; XI, fig. 843, Singa trifasciata. — Westring, Aran. 57. — Blackwall, Spiders, IT, 366, tav. 27, 264. — Simon, Hist. 489. — Ohlert, Spinnen, 26. — Ausserer , Arachn. p. 12. 3. S. prominens Sund. Trentino. Westring, Aran. pag. 63. - 4. S. conica Pallas. Trentino, Veneto, Piemonte, Cant. Ticino, Emilia. Walckenaer, Apt. II, 138, Epeira conica. — Hahn, Arachn. II. fig. 130. — C. Koch, Arachn. XI, fig. 943-945, Singa conica. — Contarini, Cat. 15. — Westring, Aran. pag. 40. — Blackwall, Spiders, II, pag. 362, tav. 27, fig. 261. — Simon, Hist. 488. — Ohlert; Spinnen, pag. 26. — Ausserer, Arachn. pag. 13. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent., sp. 87; Aran. Ven. sp. 54. 3. S. trituberculata Lucas, Palermo. Lucas, Explor. de l’ Algérie, pag. 248, tav. 15, fig. 8. — Walckenear, Apt. IV, Suppl. pag. 476. — Simon, Hist. 256. ARANEIDI ITALIANI 791 d. Epeira Walck. 1. £. ceoropegia Walck. Trentino, Lombardia, Cantone Ticino (Monte Generoso, Monte Camoghé). Walckenaer Apt. I, 51. — Hahn, Arachmn. IT, fig. 131, Epeira sclopetaria. — Koch, Arachn. V. fig. 370, Miranda cero- pegia. — Westring, Aran. 55. — Blackwall, Spiders, II, pag. 347, tav. 25, fig. 250. — Sill, Ar. Siebenbiirgens, 42. — Simon, Hist. 489. — Ausserer, Arachn. pag. 13. — Cane- strini, Aran. Ven. e Trent. sp. 73. 2. £. adianta Walck. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Can- tone Ticino, Emilia, Napolitano, Sicilia. Walckenaer, Apt. II, 52. — C. Koch, Arachn. V, fig. 369, Miranda, pictilis. — Westring, Aran. 51. — Blackwall, Spi- ders, II, 348, tav. 25, fig. 251. — Simon, Hist. 490. — Ausserer, Arachn. pag. 13. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 82; Aran. Ven, sp. 55. 3. E. cucurbitina CI. Trentino, Veneto, Istria, Lombardia, Piemonte, Cantone Ticino, Emilia, Toscana. Walckenaer, Apt. II, 79.— C. Koch, Arachn. V, fig. 371-372. -— Contarini, Cat. 15, Ven. II, 163. — Doleschal, Oesterr. Spinnen. Sitzungsb. der k. Ak. d. Wiss. in Wien, IX, p. 635. — Westring, Ar. 50. — Blackwall, Spiders, II, 342, tav. 25, fig. 247. — Pavesi, Aracn. Notiz. nat. e chim. agron. p. 109. — Sill, Arachn. Siebenbiirgens, Verh. u. Mittheil des Ver. fur Naturw. XII, p 201. — Simon, Hist. 490. — Ohlert, Spinnen, p. 27, Miranda cucurbitina. — Ausserer, Ara- chn. 13. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 78; Aran, Ven. sp. 56. 4. E, hirsuta Hahn. Italia. Hahn, Arachn. I, p. 13, fig. 9. L’ autore dà la seguente indicazione di patria: «Italien, woher es der Insekten- hindler Herr Hofmann mitbrachte. » — Walckenear, Apt. II, 114. — C. Koch, Arach. XVI, fig. 1550, Miranda hir- suta, — Simon, Hist. 490, 792 G. CANESTRINI E P, PAVESI, 5. £. aurantiaca C. Koch. Trentino, Veneto. C. Koch, Arachn. XI, fig. 940, Atea aurantiaca. — Aus- serer, Arachn. 14. 6. sclopetaria C. Koch. Trentino, Piemonte, Cantone Ticino Modenese. Walckenaer, Apt. II, 41, E. solers. — Hahn, Arachn. II, fig. 115, E. agalena. — Koch, Arachn. XI, fig. 934-935. — Westring. Aran. p. 41. — Blackwall, Spiders, II, 336, tav. 24, fig. 243; Annals and Magazine of Nat. Hist., ser. III, vol. 18, num. 108, p. 461, Spiders of Equatorial-Africa. — Simon, Hist. 490. — Ausserer, Arachn. p. 13. — Cane- strini, Aran. Ven e Trent. sp. 70. 7. E. agalena Walck. Veneto, Lombardia, Cantone Ticino. Walckenaer, Apt.II,36. — Hahn, Arachn. I, fig. 8, E. Stur- mii. — C. Koch. Arachn. XI, fig. 936-938, Atea agalena. — Westring, Aran. 53. — Black wall, Spiders, II, p. 334, tav. 24, fig. 242. Sill, Ar. Siebenbiirgens, Verh. XIII, 42. — Simon, Hist. 490. — Ohlert, Preuss. Spinnen, 28. — Ausserer, Arachn. 14. 8. E. dryta Walck. Trentino. Walckenaer, Apt. II, 35. — Simon, Hist. 491. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 69. 9, £. melanogaster GC. Koch. Cantone Ticino. C. Koch, Arach. XI, fig. 941-942, Atea melanogaster. — Simon, Hist 491. — Ausserer, Arachn. 14. 10. E. umbratica CI. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Can- tone Ticino, Emilia. Walckenaer, Apt. II, 66. — Hahn, Arachn. II, fig. 112. — C. Koch, Arachn. XI, fig. 930-931. — Latreille, Hist. nat. des Crust. et Ins. p. 259, Aranea umbraticola. — Contarini, Cat. 15; Ven. II, 163. — Westring, Aran. p. 32. — Black- wall, Spiders, II, 333, tav. 24, fig. 241. — Simon, Hist. 491. — Ohlert, Preuss. Spinnen, 23 — Ausserer, Arachn, ARANEIDI ITALIANI 795 13. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent sp. 76; Aran. Ven. sp. DI. 11. £. scalaris Walck. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Can- tone Ticino, Toscana. Walckenaer, Apt. II, 46. — Latreille, Hist. nat. des Crust. et Ins. p. 257, Aranea scalaris. — Hahn, Arachmn. II, fig. 114. — C. Koch, Arachn. XI, fig. 912, E. pyramidata. — We- string, Aran. 28, E. pyramidata. — Blackwall, Spiders, II, 331, tav. 24, fig. 240. — Simon, Hist. 491. — Ohlert, Preuss. Spinnen, 24. — Ausserer, Arachn. p. 13. — Canestrini, Aran. Ven, e Trent. sp. 71; Aran. Ven. sp. 58. 12. E. apoclisa Walck. Veneto, Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia, Napolitano. Walckenaer , Apt. II, 61. — Hahn, Arachn. II, fig. 116. — C. Koch, Arachn. XI, fig. 913, E. arundinacea. — We- string, Aran. p. 35-37, E. cornuta, E. patagiata. Sono ci- tati come sinonimi lE. dumetorum Hahn e l’ Ar. ocellatus CI. — Blackwall, Spiders, II, p. 325, tav. 23, fig. 237. — Simon, Ilist. 492. — Ohlert, Preuss. Spinnen, p. 24, — Ausserer, Arachn. p. 13. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 59. 13. E. diadema CI. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Cantone Ticino, Toscana, Emilia, Napolitano, Rossi, Fn. etr. II, 129. — Termeyer, Opuse. scient. Entomol. tom. I. — Maironi da Ponte, Atti Soc. ital. delle sc. XIX, 832. — Hahn, Arachn. II, fig. 110. — Walckenaer, Apt. II, 29. — C. Koch, Arachu. XI, fig. 910. — Contarini, Cat. 15; Ven. II, 163. — Napoli e sue vicinanze, I, 20. — Nicolet, Arachnidos, Hist. phys. y pol. de Chile pubb. par Gay, III, 439. — Westring, Aran. 26. — Cremona e la sua pro- vincia, Fn. zool. p 120. — Blackwall, Spiders, II, p. 398, tav. 26, fig. 258. — Simon, Hist. 493. — Sill, Ar. Sieben- burgens, Verh. XII, 9. — Ohlert, Preuss. Spinnen, p. 21. — Ausserer, Arachn. p. 12. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 68; Aran. Ven. sp. 60. 794 G. CANESTRINI B P. PAVESI 14. E. marmorea CI. Trentino, Lombardia. C. Koch, Arachn. V, fig. 379-380. — Walckenaer, Apt. II, 58. — Westring, Aran. 29, — Ohlert, Spinnen, 23. — Aus- serer, Arachn. 13. 15. £. quadrata CI. Trentino, Lombardia, Piemonte, Cantone Ticino. C. Koch, Arachn. V, fig. 381-382. — Walckenaer, Apt. II, 56. — Westring, Aran. 30. — Blackwall, Spiders, II, p. 324, tav. 23, fig. 236. — Ohlert, Spinnen, 22. — Ausserer, Arachn. p. 13. 16, £. alsina Walck. Veneto, Lombardia, Piemonte. Walckenaer, Apt. IT, 33.— C. Koch, Arachn. XI, fig. 924-925. — Simon, Hist p 493. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 61. 17. E. angulata Linn. Veneto, Trieste, Dalmazia, Piemonte, Cantone Ticino, Emilia, Toscana, Napolitano. Rossi, Fn. etr. II, 128. — Walckenaer, Apt. II, 123, E. cor- nuta. — C. Koch, Arachn. XI, fig. 892-895. — Doleschal, Oesterr. Spinnen, Sitzungsb. der k. Akad. d. Wiss. in Wien, IX, 634. — Westring, Aran. 23. — Blackwall, Spi- ders, II, 360, tav. 27, fig. 259. — Simon, Hist. 494. — Ohlert, Preuss. Spinnen, 22. — Ausserer, Arachn. 12. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 62. 48, E. Gistliù C. Koch. Trieste. C. Koch, Aracln. XI, fig. 898. — Doleschal, Oest. Spinnen, Sitzungsb. der k. Akad d. Wiss. in Wien, IX, p. 634. — Si- mon, Hist. 495. 19. E. grossa ©. Koch. Trentino, Modenese. C. Koch, Arachn. XI, p. 82, fig. 896-897.— Ausserer. Arachn. p. 14. 20. £. regia C. Koch. Veneto, Modenese. Walckenaer, Apt. II, 121, E. angulata. — C. Koch, Arachn. XI, p. 88, fig. 899. — Simon, Hist. 495, E, cornuta. — Ca- nestrini, Aran. Ven. sp. 63. ARANEIDI ITALIANI 79% 24, È. circe Sav. Îlalia. Savigny, Descript. de l' Egypte, Hist. nat. Zool. XXII, p. 338, tav. 2, fig.9. — Walckenaer, Apt. II, 139. L’ autore crede questa specie sinonima della sua E. solers ; questione da decidersi con ulteriori osservazioni, 22. FE. Schreibersii C. Koch. Veneto, Dalmazia, Lombardia, Cantone Ticino. C. Koch, Arachn. XI, p. 90, fig. 900-901. Sono, secondo l’au- tore, sinonime la E. spinivulva Duf. e la E. pectoralis C. K. — Simon, Hist. 495. 23. E. pinetorum C. Koch. Lombardia, Cantone Ticino, Napolitano. C. Koch, Arachn. XI, fig. 904-905. — Pavesi, Aracn. Noti- zie, p. 109. — Simon, Hist. 495. 24. E. bicornis Walck. Lombardia, Piemonte, Emilia. Walckenaer, Apt. II, 124. —C. Koch, Arachn. XI, fig.902-903. — Westring, Aran. 44. — Blackwall, Spiders. II, p. 361. tav. 27, fig. 260. — Sill, Ar. Siebenbiirgens, Verh. XII, 201. — Simon, Hist. 495. — Ausserer, Arachn. p. 13. 25. £. furcata Walck. Piemonte (Garbiglietti), Modenese. | Walckenaer, Apt. II, 126. — Simon, Hist. 495. 26. £. dromedaria Walck. Trentino, Lombardia, Piemonte, Modenese. Walckenaer, Apt II, 126. — C. Koch, Arachn. XI, p. 98, fig. 906.-907. — Westring, Aran. 47.— Simon, Hist. p. 495. — Onhlert, Spinnen, 22. — Ausserer. Arachn. 13. 27. E. opuntie Duf. Napolitano, Sicilia. Costa O. G., Fn. Nap. Aracen. polm. tav. II, fig. 4. — Wal- ckenaer, Apt. II, 140. — C. Koch, Arachn. XI, fig. 909. — Simon, Hist. 496. 28. £. cilricola Forsk. Napolitano, Sicilia. Walckenaer, Apt. II, 143, —- Simon, Hist. 496, 796 G. CANESTRINI E P. PAVESI 29. £. oculata Walek. Veneto, Piemonte (Garbiglietti), Lombardia, Modenese. Walckenaer, Apt. II, 144. — Simon, Hist. 496. 30. £. dalmatica Dol. Dalmazia. Doleschal, Oesterr. Spinnen, Sitzungsb. d. k. Akad. d. Wiss. in Wien, IX, p. 653 e p. 648. 301, E. tuberculala Keys. Dalmazia. Keyserling, Verhandl. der k. k. zool. bot Gesellschaft in Wien, XIII, 381, tav. X. 52. £. ornata Canestr. Modenese. Canestrini, Nuovi Aracn. Annuario Soc. Nat. di Modena, anno III, p. 200. 53. ZE. biocellata Canestr. Modena. Canestrini, Nuovi Aracn. Commentario, num. 3, p. 5; An- nuario Soc. Nat. di Modena, anno III, pag. 201. e. NepHita Leach. 1. IV. fasciuta Fabr. Trentino, Veneto, Friuli, Istria, Dalmazia, Lom- bardia, Piemonte, Cantone Ticino, Nizza, Toscana, Na- politano, Sardegna, Sicilia. Aldrovandi, De anim. ins. cap. XII, Araneus ochromelas. — Bonanni, Micrograf. cur., Ar. tarentina. — Cirillo, Ent. Neap. Spec. I, tav. IX, Ar. formosa. — Rossi, Fu. etr. II, p. 128, Ar. phragmitis; Mantissa insect. II, 140. — Ter- meyer, Opuse. scient. di Entomol. I, 237 e III eon fig. — Risso, Hist. nat. V, 160, Segestria pulchra. — Savigny, Descr. de l’ Egypt. Zool. XXII, p. 331, tav. II, fig. 5. Ar- gyopes aurelia. — Walckenaer, Apt. II, 104 e 107, E. fa- sciata, E. aurelia. — C. Koch, Arachn. XI, fig. 954. — Contarini, Cat. 15; Ven. IT, 163. — Doleschal, Oest. Spin- nen, Sitzungsb d. k. Ak, d. Wiss. Wien, IX, 633. — Pavesi, ARANEIDÌ ITALIANI 797 Araen. Notizie, p. 109. — Simon, Hist. 496. — Ausserer, Arachn, 14. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 83; Aran. Ven. sp. 64. f. Arevopes Sav. 1. A. sericea Latr. Veneto, Istria, Dalmazia. Latreille, Hist. des Araignées, p. 271, Aranea sericea. — Hahn, Arachn. I, fig. 4. — Walckenaer, Apt. II, 116. — Contarini, Cat. 15. — Doleschal, Oest. Spinnen, Sitzungsber. der k. Akad. d. Wiss. in Wien, IX, p. 633. — Simon, Hist. 497. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 84; Aran. Ven. sp. 65. 2. A. dentata Risso. Nizza. Risso, Hist. nat. V, p. 161, Segestria dentata. — C. Koch, Arachn. V, fig. 159; A. praelautus. — Walckenaer, Apt. II, 118. g. TetragnaTHA Walck. 1. T. extensa Linn. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Cantone Ticino, Nizza, Emilia, Toscana, Napolitano. Rossi, Fn. etr. II, 126, Aranea extensa. — Risso, Hist. nat. V, 168, T. extensa, T. rubra. — Walckenaer, Apt. II, 203. — Hahn. Arachn, II, fig. 129. — Contarini Cat. 15; Ven. II, 163. — Westring, Aran. 84. — Blackwall, Spiders, II, 367, tav. 28, fig. 265. — Sill, Ar. Siebenbiirgens, Verh. XII, 202. — Keyserling, Beitriige zur Kenntniss der Orbitelae, Verh. der k. k. zool. bot. Gesellschaft in Wien, XV, 1865, p. 844. — Simon, Hist. p. 488. — Obhlert, Spinnen, 31. — Ausserer, Arachn. 14. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 88; Aran. Ven. sp. 66. h. ULosorus Walck. ‘1. U. Walckenaerius Latr. Trentino, Lombardia, Piemonte, Emilia. Walckenaer, Apt. II, 228. — Hahn, Arachn. I, fig. 92. — C. Koch, Arachn. XI, fig. 955-956. — Simon, Hist. 488. — Vol. XI. dI 798 G. CANESTRINI E P. PAVESI, Ausserer, Arachn. p. 14, — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 89. VII. Famiglia Ciniflonidae. a. Dicryna Walck. 1. D. benigna Walck. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Can- tone Ticino, Emilia. Walckenaer, Apt. II, 337, Theridium benignum. — C. Koch, Arachn. III, fig. 184-185. — Contarini, Cat. 15; Ven. II, 163, Theridion benignum. — Westring, Aran. 383, D. arundinacea. — Blackwall, Spiders, I, 146, tav. 9, fig. 93, Ergatis benigna. — Pavesi, Aracn. Notizie, p. 109. — Si- mon, Hist. 470. — Obhlert, Spinnen, 42. — Ausserer, Ara- chn. 14. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp.107; Aran, Ven. sp. 68. 2. D. latens Fabr. Veneto, Piemonte, Modenese. C. Koch. Arachn, III, fig. 186. — Westring, Aran. 386. — Blackwall, Spiders, I, 149, tav. 9, fig. 95, Ergatis latens. — Simon, Hist. 470. — Ohlert, Spinnc.:, 42. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 69. 3. D. mandibulosa nob. Veneto. Vedasi la descrizione nel capo IV di questo lavoro. 4. D. variabilis C. Koch. Trentino, Lombardia, Cant. Ticino, Emilia. C. Koch, Arachn. III, fig. 187. — Walckenaer, Apt. I, 631, Drassus viridissimus. — Simon, Hist. 471, Dictyna viri- dissima. — Obhlert, Spinnen, 42. — Ausserer, Arachn, 14. b. Amavrogius €. Koch. A. A. atrox De Geer. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte. Walckenaer, Apt. I, 605, Clubiona atrox. — Hahn, Arachn. I, fig. 87. — C. Koch, Arachn. X, fig. 831. — Contarini, ARANEIDI ITALIANI 799 Cat. 15. — Westring, Aran. 376. — Blackwall, Spiders, I, 140, tav. 9, fig. 88, Ciniflo atrox. — Simon, Hist. 461. — Ohlert, Spinnen, 92. — Ausserer; Arachn. 15. — L. Koch, Die Arachnidengatt. Amaurobivs eee. Abhandl. der naturh. Ges. in Niirnberg, 1868. p. 7. 2. A. ferox Walck. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Cantone Ticino, Napolitano. Walckenaer, Apt. I, 606, Clubiona ferox. — C. Koch, Arachn. VI, fig. 460-461. — Westring, Aran. 374. — Blackwall, Spiders, I, 142, tav. 9, fig. 90, Ciniflo ferox. — Pavesi, Aracn. Notizie, p. 109. — Sill, Ar. Siebenbiirgens, Verh. XII, p. 29. — Simon, Hist. 461. — Ohlert, Spinnen, 91. — L. Koch, Arachnidengatt. Abhandl. der naturh. Ges. in Nùrnberg. 1868, p. ll. 3. A. mordax Blackw. Lotiedo (Veneto). Blackwall, Spiders, I, p. 144, tav. 9, fig.91, Ciniflo mordax. Il nostro esemplare, quantunque femina adulta, è alquanto più piccolo che quello illustrato dal Blackwal}, misurando in lunghezza mill. 11. Sospettiamo, per varie ragioni, che possa essere una nuova specie. 4. A. claustrarius C. Koch. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Toscana. C. Koch, Arachn. X, fig. 830. — Walckenaer, Apt. I, 627, Drassus atropos. — Simon, Hist. 462. — Ohlert, Spinnen, 91. — L. Koch, Arachnidengatt., Abhandl. p. 18. 5. 4. jugorum L. Koch. Cantone Ticino, L. Koch, Die Arachnidengattung Amaurobius, ete., Abhandl. der naturh. Gesellschaft in Niirnberg, 1368, p. 24, tav. 1, fig. 11. 6. A. Erberi Keys. Isola di Lesina, Napolitano. Keyserling, Verh. der zool. bot. Gesellsch. in Wien, XIII, 373, tav. X, Ciniflo Erberîi. — L. Koch, Arachnidengatt., Abhandl. der naturh, Ges. in Niirnberg, 1868, p. 21. 800 G. CANESTRINI E P. PAVESI, 7. A. A12- maculatus Canestr. Modenese. Canestrini, Nuovi Araen., Annuario della Società dei Na- turalisti in Modena, anno III, p. 204. IX. Famiglia Agelenidae. a. Mirgras C. Koch. 1. M, paradoxus C. Koch. Trentino, Lombardia, Piemonte. C. Koch, Arachn. XII, fig. 1023-1024, — Walckenaer, Apt. I, 275, Scytodes mithras; IV, 388, Uptiotes anceps. — Westring, Aran. 88. — Simon, Hist. 470, Uptiota mithras. — Obhlert, Spinnen, 125. — Ausserer, Arachn. 14. — Ca- nestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 6. b. CaeLoTES Blackw. 4. C. roscidus C. Koch. Trieste. C. Koch, Arachn. X, fig. 829, Amaurobius roscidus. — L. Koch, Arachnidengatt., Abhandl. der naturh. Ges. in Niirn- berg, 1868, p. 40. 2. C. terrestris Wid. Trieste, Lombardia (Sordelli). Wider, Mus. Senckenb. I, 215, fig. 10, Aranea terrestris. — C. Koch. Arachn. VI, fig. 463,464, Amaurobius terrestris. — Blackwall, Spiders, I, tav. 12. fig. 109, Caelotes saxa- tilis. — Ausserer, Arachn. 15. — L. Koch, Arachnidengatt., Abhandl. p. 42. c. TexTRIX Sund. 4. T. lycosina Sund. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Can- tone Ticino, Emilia. C. Koch, Arachn. VIII, fig. 623-624. — Walckenaer, Apt. II, 15, Tegenaria lycosina. — Westring, Aran. 311. — ARANEIDI ITALIANI 801 Blackwall, Spiders, I, 172, tav. 12, fig. 110. — Simon, Hist. 481. — Ohlert, Spinnen. 85. — Ausserer, Arachn. 15. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 66; Aran. Ven. sp. 72. 19 . T. torpida C. Koch. Trentino. C. Koch, Arachn. VIII, p. 48, fig. 625-626. — Simon, Hist. 220, 481. — Ausserer, Arachn, 15. 3. T. caudata L. Koch. Veneto, Lombardia, Modenese, Toscana. Canestrini, Aran. Ven. sp. 73. 4. T. ferruginea C. Koch. Napolitano (Panceri). C. Koch, Arachn. VIII, fig. 627. — Walckenaer, Apt. IV, 437, Sparassus ferrugineus. — Simon, Hist. 481. d. AceLena Walck. 1. .4. labyrinthica C1. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Can- tone Ticino, Emilia, Napolitano. Walckenaer, Apt. II, 20. — Hahn, Arachn. II, fig. 150-151. — Contarini, Cat. 15; Ven. II, 162, Aranea labyrinthica. — Westring, Aran. 309. —— Blackwall, Spiders, I, 152, tav. 10. fig. 97. — Simon, Hist. 480. — Obhlert, Preuss. Spinnen, 85. — Ausserer, Arachn. 15. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 67; Aran. Ven. sp. 74. 2. A. similis Keys. Trentino, Veneto, Lombardia, Emilia, Napolitano. Keyserling, Verh. d. k. k. Zool. bot. Gesellschaft in Wien, XIII, 374, tav. X. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 75. 35. A. elegans Blackw. Lombardia (Sordelli). Walckenaer, Apt. IV, 463, Agelena elegans. — C. Koch, Arachn. VIII, fig. 639, Hahnia pratensis. — Blackwall, Spiders, I, p. 155, tav. 10, fig. 99. 802 G. CANESTRINI E P. PAVESI, e. ProLcus Walck. 1. Ph. opilionoîdes Schranck. Lombardia, Cantone Ticino. C. Koch, Arachn. IV, fig. 311. — Pavesi, Aracen. Notizie, p. 109. — Simon, Hist. 54, 452; Monogr. des esp. eur. du genre Pholcus. Ann. Soc. ent. France, 4. sér., tom. VI, fig. 1-7. 2. Ph. nemastomoîdes C. Koch. Veneto, Lombardia, Cantone Ticino, Emilia. C. Koch, Arachn.IV, p. 97, fig.312.— Ausserer, Arachn. p. 15. 3. Ph. impressus G. Koch. Veneto, Emilia, Napolitano. C. Koch. Arachn. IV, p. 99, fig. 313. 4. Ph. rivulatus Forsk. Lombardia, Sicilia. Savigny, Descript. de l’Egypte, Hist. nat. Zool. tav. III, fig. 12; tav. XXII, p. 358. — Walckenaer, Apt. I, 653. — Pavesi, Aracn. Notizie, p. 109. — Simon, Hist. 54; Mo- nogr. des esp. europ. du genre Pholeus, Ann. Soc. entomol. Franc., 4 sér. tom, VI, tav. 2. fig. 11, Ph. Pluchii. s. PA. ruber Pavesi. Pavia. Pavesi, Aracnidi, Notizie naturali e chimico-agron. della pro- vincia di Pavia, 1864. — Vedasi la descrizione nel capo IV. di questo lavora, f. Racnus Walck. 1. R. sexoculatus Dug. Veneto, Lombardia, Lugano, Modenese. Dugés, Ann. des sc. nat. 1836, p. 160. — Lucas, Expl. de l’Alg. p, 139, tav. 15, Pholcus quadripunetatus. — Wale- kenaer, Apt. II, 496; IV, 459. — Pavesi, Aracn., Notizie, p. 110. — Siman, Hist. 52, 452; Monogr. genre Pholcus, Annal. Soc. entomol. France, 4 sér. tom. VI, tav. 2, fig. 8,9. ARANEIDI ITALIANI 8053 g. Tecenania Walck. 4. T. domestica Linn. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Can- tone Ticino, Liguria, Emilia, Toscana, Napolitano. Rossi, Fn. etr. II, 127. — Latreille, Hist. des Araignees, 227, Aranea domestica. — Walckenaer, Apt. II, 2. — C. Koch, Arachn. VIII, fig. 607-608. — Contarini, Cat. 15; Ven. II, 162, Aranea domestica. — Westring, Aran. 307. — Black- wall, Spiders, I, 163, tav. 11, fig. 105. — Cremona e la sua prov., Fauna, Aran. p. 120. — Pavesi, Aracn., No- tizie, p. 109. — Simon, Hist. 477. — Ohlert, Preuss. Spinnen, 172. — Ausserer, Arachn. 16. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 64; Aran. Ven. sp. 77. 2. T. intricata C. Koch. Trentino, Veneto, Emilia, Napolitano. C. Koch, Arachn, VIII, fig. 610-611. — Simon, Hist. 478, T. Guyonii. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 78. 3. T. atrica C. Koch. Veneto. C. Koch, Arachn. X, p. 105, fig. 825. — Westring, Aran. 304. — Blackwall, Spiders, I, p. 165, tav. 11, fig. 106. — Simon, Hist. 202, 480, Philoica atrica. 4. T. pagana C. Koch. Lombardia (Sordelli), Napolitano (Isola di Sora, Race. dott. Nicolucci). C. Koch, Arachn. VIII, fig. 612-613. — Simon, Hist. 479. B. 7. civilis Walck. Trentino, Piemonte. Walckenaer, Apt. II, 7.— C. Koch, Arachn. VIII, fig.618-619. — Westring, Aran. 307. — Blackwall, Spiders, I, 166, tav. 12, fig. 107. — Sill, Ar. Siebenbiirgens, Verh. XIII, 32. — Simon, Hist. 479. — Ohlert, Spinnen, 84. — Aus- serer, Arachn. 16. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 65. 6. T. campestris C. Koch. Lombardia (Sordelli), Emilia, Toscana, Na- politano. Walckenaer, Apt. II, 8, T. agrestis. — C. Koch. Arachn. VIII, fig. 615-616. — Simon, Hist. 479, T. agrestis. — Ohlert, Preuss. Spinnen, 84. — Ausserer, Arachn. 16, 804 G. CANESTRINI E P. PAVESI, 7. T. longipes Fuessl. Piemonte. Fuesslins, Ins. Verz. N. 1210. — C. Koch, Arachn. VIII, p. 36 fig. 617. — Simon, Hist. 202. — Ausserer, Arachn. p. 16. 8. T. notata C. Koch. Trentino, Veneto, Lombardia (Sordelli), Piemonte, Cantone Ticino. C. Koch, Arachn. VIII, fig. 631-632, Philoica notata. — Walckenaer, Apt. II, 9, T. campestris. — Blackwall, Spi- ders, p. 132, tav. 8, fig. 84, Clubiona domestica. — Simon, Hist. 479, Philoica campestris. 9. T. circumflexa nob. Veneto (Lonedo, provincia di Vicenza). Vedasi il capo IV di questo lavoro. 10. 7°. advena C. Koch. Veneto. C. Koch, Arachn. VIII, fig. 633. — Walckenaer, Apt. IV, Suppl. 440. — Simon, Hist. 202, 480. Annotazione — Abbiamo trovato un maschio adulto di questa specie a Vicenza verso la metà di settembre; esso diversifica dalla femmina illustrata dal Koch per avere le zampe munite di anelli quantunque poco distinti. h. Hapites Keys. A. ZH. tegenarioides Keys. Caverne dell’ isola di Lesina. Keyserling, Verhandl. der k. k. zool. bot. Gesellschaft in Wien, XII, p. 541, tav. XVI. î. AreyvronETA Latr. 1. 4. aquatica CI. Veneto, Lombardia, Piemonte. Latreille, Hist. des Araignees, p. 217, Aranea aquatica. — Walckenaer, Apt. EI, 378. — Hahn, Arachn. II, fig. 118, — C. Koch, Arachn. VIII, fig. 636. — Contarini, Cat. 15; Ven. II, 162. — Westring, Aran. 368. — Blackwall, Spi- ders, I, 137, tav. 8, fig. 87.— Sill, Ar. Siebenbiirgens, Verh. XIII, p. 38. — Cremona e la sua provincia, Fauna, p. 120, ARANEIDI ITALIANI 808 Aran. sp. 3? — Simon, Hist. 127, 459. — Ohlert, Spinnen, 90. — Ausserer, Arachn. 16. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 109; Aran. Ven sp. 79. X. Famiglia Lycosidae. a. OcvALE Sav. 1. O. mirabilis CI. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Cantone Ticino, Liguria, Modenese, Bolognese, Napolitano. Latreille, Hist. des Araignées, p. 297, Aranea mirabilis. — Walckenaer, Apt. I, 356, Dolomedes mirabilis. — Hahu, Arachn. II, fig. 120. — C. Koch, Arachn. XIV, fig. 1346- 1347, O. mirabilis, O. rufofasciata. — Contarini, Cat. 15; Ven. II, 163. — Westring, Aran. 537. — Blackwall, Spi- ders, I, 37, tav. 2, fig. 18. L’autore cita fra i sinonimi lO. murina del Koch. — Simon, Hist. 517. — Obhlert, Spinnen, 130. — Ausserer, Arachn. p. 16. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 16; Aran. Ven. sp. 80. b. DoLomenes Walck. 1. D. fimbriatus CI. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Can- tone Ticino, Nizza, Toscana. Rossi, Fn. etr. II, p. 129 Aranea palustris; p. 131, A. fim- briata. — Latreille, Hist. des Araignées, p. 297. — Wal. ckenaer, Aran. de France, p. 33, D. fimbriatus, D. margi- natus; Apt. I, 345. — Hahn, Arachn. I, fig. 10-11, D. limbatus, D. fimbriatus. — C. Koch, Arachn. XIV, fig. 1352 1353. — Contarini. Cat. 15; Ven. II, 163. — Westring, Aran. 535. — Blackwall, Spiders, I, 40, tav. 2, fig. 20. — Paverì, Aracn., Notizie, p. 109. — Simon, Hist. 516. — Obhlert, Spinnen, 129. — Ausserer, Arachn. 16. — Ca- nestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 14; Aran. Ven. sp. 81. c. Trocnosa C. Koch. t. Tr. trabalis C. Koch. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia, Napolitano. Walckenaer, Apt. I, 308, Lycosa agretyca? — C. Koch, 806 G. CANESTRINI EP. PAVESI. Arachn, XIV, 141, fig. 1371-1374. — Thorell, Recensio critica Aran. Suec. p. 101. — Westring, Aran, 529. — Ohlert, Spinnen, 143. — Ausserer, Arachn. 16. — Cane- strini, Aran. Ven., sp. 82. 2. Tr. ruricola C. Koch. Trentino, Piemonte, Cantone Ticino. C. Koch, Arachn. XIV, fig. 1369-1370. — Walckenaer, Apt. I. 309, Lycosa campestris. — Westring, Aran. 527. — Blackwall, Spiders, I. tav. 1, fig. 3. — Obhlert. Spinnen, 143. — Ausserer, Arachn. 17. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 8. d. Arcrosa C. Koch. 1. 4. variana C. Koch. Lombardia, Emilia. C. Koch, Arachn.XIV, fig. 1359. 2. A. cinerea Sund. Dalmazia, Piemonte. Sundevall, Svin. spind, p. 190, 1832, Lycosa cinerea. — C. Koch, Arachn. XIV, fig. 1358. — Walckenaer, Apt. I, 330, L. allodroma?. — Doleschal, Oest. Sp., Sitzungsb. IX, 628. — Westring. Aran. 523. — Simon, Hist. 509. — Oblert, Spinnen, 145, A. halodroma. e. TARANTULA €, Koch. A. T. Apuliae Aldrov. Istria, Dalmazia, Liguria, Emilia, Corsica, To- scana, Romagna, Napolitano, Puglia, Calabria, Sicilia. Perotto, Cornucopia, col. 46, v. 50. — Alessandro d’Alessan- dro, Dies genial. IV, 21. — A. de Ferrari, De situ Japigiae. — Mattioli, Discorsi p. 242 e 838. — Ferrante Imperato, Hist. nat. 681, con fig, alla p. 692. — Aldrovandi, De anim. Ins. V, tav. II, fig. 4,5, 6. — Epifanio Ferdinando, Centum Hist. 81. — Mouffet, Theatr. Ins. 2. fg. — Wolferdi Senguerdi, De Tarantula. — Cornelio, Phil. Transact. VII, 4066. — Lister, Phil. Trans. VI, 3002. — Sangineto, Let- tera sulla Tarantola a Bulifon. — Baglivi, Diss. de morsu et effect. Tarant. — Boccone, Museo di fisica e di esper. XII, ARANEIDI ITALIANI 807 101. — Misson, Nouv. voyage d’Italie, p. 58. — Olearius, Gottorf. Kunstkam. tav. 12, fig. 4. — Valletta, De Phal. apulo. — Vallisnieri, Op. fis. med. III, 463. -— Caputo, De tar. anat. et morsu. — Serao, Della Tarantola. — Brogiani, De ven. anim. nat. p. 55. — Cirillo, Phil. Transact. vol. 60, p. 233. — Turre, Rerum nat. hist. Ph. Bonannii, p. 232. — Batarra, Rer. nat. hist. Adnotatio, p. 73. — Fortis, Viaggio in Dalm. II, 27. — Pigonati, Sul Tarantismo. — Rossi, Fn. etr. IT, 132. — Petagna, Inst. Ent. I, 436, tav. 6, fig. 6. — Albin, Nat. Hist. of Spid. tav, 39. —Habhn, Arachn. I, fig. 73. —- Latreille, Cours d’entom. 538. — Dufour, Ann, des se. nat, III, 101. — Walckenaer, Apt. I, 281; II, 449. — C. Koch, Arachn. V, fig. 413. — Doleschal, Sitzungsb. d, k. Akad. Wien, IX, 627. — De Filippi, Regn. Anim. 159, 275. — Erber, Verh. d. zool. bot. Ges. in Wien, XIV, 717. — Ozanam, Etude sur le ven. d, Arachn. — Simon, Hist. nat. 353, 510. — Panceri, Sopra il veleno della L, tarantula, Napoli, 1868. 2, T. narbonensis Walck. Italia settentrionale, Napolitano. Walckenaer, Apt. I, 282, Lycosa tarentula narbonensis. — Amary, Eserc. Acc. Asp. Nap. II, I. p. 79. — Napoli ele sue vicinanze, I, p. 20. — Doleschal, Sitzungsb.d. k. Akad. d. Wiss. Wien, IX, 627. — Simon, Hist. 359, 510. 3. T, liguriensis Walck. Friuli, Piemonte, Liguria, Emilia, Toscana. Walckenaer, Apt. I. 288, Lycosa tarentuloides liguriensis. — Simon, Hist. 509, Arctosa liguriensis. 4. T. fabrilis CI. Lombardia (Sordelli), Piemonte, Emilia. Hahn, Arachn. I, fig. 76, Lycosa melanogaster. — C. Koch, Arachn. XIV, fig. 1389-1392. — Walckenaer, Apt. I, 306, L. fabrilis — Westring, Aran. 505, Lycosa fabrilis. 8. 7. captans Walck. Piemonte, Lombardia. Walckenaer, Apt. I, 306, Lycosa captans. 6. T. rubiginosa C. Koch, Italia settentrionale. C. Koch, Arachn. V, fig. 416. — Walckenaer, Apt, II, 448. — Simon, Hist. 511. 808 G, CANESTRINI E P. PAVESI 7. T. andrenivora Walck. Trentino, Dalmazia, Piemonte (Garbiglietti). Walckenaer, Apt. I, 315. — Doleschal, Sitzungsber. der k. Akad. d. Wiss. in Wien, IX, 628. — Blackwall, Spiders, I, p. 20, tav. 1. fig. 4. — Simon, Hist. 513. 8. T. cuneata C. Koch. Trentino, Lombardia, Cantone Ticino, Emilia. C. Koch, Arachn. XIV, fig. 1399-1400. — Walckenaer, Apt.I, 312, Lycosa graminicola. — Westring, Aran, 519. — Aus- serer, Arachn, p. 17. 9. T. taeniata C. Koch. Trentino, Piemonte, Emilia. C. Koch , Arach. XIV, fig. 1396-1397. — Westring. Aran. 515. — Obhlert, Spinnen, 140. — Ausserer, Arachn. 17. 10. 7. vorax Walck. Trentino, Veneto, Lombardia (Sordelli), Piemon- te, Emilia. Walckenaer. Apt. I, 313. — C. Koch, Arachn. XIV, fig. 1393 1394. — Ohlert, Spinnen, p. 140. — Ausserer, Arachn. 17 — Canestrini, Aran. Ven. sp. 84. 44. T. clavipes C.Koch. Trentino, Veneto, Lombardia (Sordelli), Emilia. C. Koch, Arachn. XIV, fig. 1403-1404. — Walckenaer, Apt. I, 317, Lycosa armillata. — Westring, Aran. 521. — Ohlert, Spinnen 141. — Ausserer, Arachn. 17. — Cane- strini, Aran. Ven. sp. 85. 12. T°. velox Walck. Piemonte (Garbiglietti). Walckenaer, Apt. I, 319. 13. 7. nivalis CI. Lombardia (Sordelli). Clerck, Aran. suec. p. 100. — C. Koch, Arachn, XIV, fig. 1409- 1410. 44. T. vittata Keys. Dalmazia, Modenese. Keyserling, Verhandl. der k. k. zool. bot. Gesellschaft in Wien, XIII, p. 369, Lycosa vittata. ARANEIDI ITALIANI 809 15. 7. inquilina C. Koch. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Cantone Ticino, Emilia. Hahn, Arachn. I, fig. 13, Lycosa sabulosa. — C. Koch, Arachn. XIV, fig. 1388. — Westring, Aran. 511, Lycosa barbipes. — Simon, Hist. 512. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 83. 16. 7. leopardus Sund. Trentino. Westring, Aran. p. 522. 47. T. punctiventris Dol. Spalatro in Dalmazia. (1) Doleschal, Syst. Verz. der im Kais. Osterr. vorkomm. Spin- nen, Sitzungsber. der k. Akad. der Wiss. in Wien, IX, p. 628, sp. 7 e p. 641. 18. T. excellens Mus. caes. Istria. Doleschal, 1, c. p. 628, sp. 20. 19. 7. ocellaris Rossi. Cattaro. Doleschal, 1. c. p. 628, sp. 21. f. Auronia C. Koch. t. 4. albimana Walck. Trentino, Modenese. Walckenaer, Apt. I, 341, Lycosa albimana. — C. Koch, Arachn. XIV, fig. 1411-1412, — Simon, Hist. 515. — Aus- serer, Arachn. p. 17. g. Leimonia C. Koch. 1. L. Wagleri C. Koch. Modenese. C. Koch, Arahn. XV, fig. 1427. — Walckenaer, Apt. I, 334, Lycosa pallida. — Simon, Hist. 513. — Ausserer, Arachn. p. 17. (4) Citiamo le specie num. 47, 18 e 49 sulla fede del Doleschal. Noi non le abbia- mo mai trovate, e non siamo certi che appartengano al genere Tarantula piuttosto che ad altro tra le Lycosidae. 8410 G. CANESTRINI E Ps PAVESI 2. L. nigra C. Koch. Lombardia (Sordelli), Cantone Ticino. C. Koch, Arachn. XV, fig. 1423-1424. 3. LZ. paludicola €. Koch. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Modenese, Toscana, Napolitano. C. Koch, Arachn. XV, fig. 1421-1422. — Walckenaer, Apt. I, 333, Lycosa paludicola. — Westring, Aran. 496, L. amentata. — Ausserer, Arachn. 17. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 86. 4. L. pullata CI. Dalmazia. Clerck, Aran. suec. p. 104, Araneus pullatus, p. 90, Ar. li- gnarius? — Walckenaer, Apt. I, 319, Lycosa solers. — C. Koch, Arachn. XV, fig. 1431-1433. — Doleschal, Sit- zungsb. d. k. Ak. d. Wiss. in Wien, IX,.628, — Westring, Aran. 501. — Ausserer, Arachn. 17. 5. Z. riparia C. Koch. Lombardia. C. Koch, Arachn. XV, fig. 1435-1436. — Simon, Hist. 513. h. Parposa €. Koch. 1. P. arenaria C. Koch, Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Can- tone Ticino, Emilia, Toscana. C. Koch, Arachn. XV, fig. 1441-1442. La P. saccata dello stesso autore è forse una varietà della P. arenaria. — Walckenaer, Apt.I, 326, Lycosa saccata. — Westring, Aran. 476. — Ausserer, Arachn. 17. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 87. 2. P. monticola G. Koch. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Canton Ticino, Emilia, Napolitano. C. Koch, Arachn., XV. fig. 1445-1449. L'autore cita i se> guenti sinonimi: Araneus monticola Clerck, Aranea dor- ARANEIDI ITALIANI 841 salis Fabr., Ar. agilis Walck., Lycosa agilis Walck., L. monticola Sund., L. monticola Walck., L. saccigera Walck. — Sill, Ar. Siebenbiirgens, Verh. XIII, p. 30. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 88. 5. P. silvicola Sund. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Can- tone Ticino. C. Koch, Arachn. III, fig. 182-183, Lycosa silvicultrix ; XV, fig. 1443-1444, P. alacris. — Walckenaer, Apt. I, 239, Lycosa lugubris. — Ausserer, Arachn. 18. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 89. 4. P. cursoria C. Koch. Veneto, Lombardia (Sordelli), Emilia. C. Koch, Arachn. XY, p. 49, fig. 1450. — Simon, Hist. 515. 8. 2. bifasciata C. Koch. Lombardia, Modenese. C. Koch, Arachn. XV, fig. 1439-1440. — Simon, Hist. p. 515. î. Poramia C. Koch. 1. P. palustris C. Koch. Emilia. C. Koch, Arachn. XV. fig. 1415-1416. — Blackwall, Spi- ders, I, p. 33, tav. 2, fig. 15, Lycosa latitans. — Obhlert, Spinnen, p. 133. 2. P. piratica. CI. Piemonte, Lombardia. Walckenaer, Aranéides de France, p. 30; Apt. I, 339, Ly- cosa piratica. — Hahn, Arachn. I, fig. 80. — C. Koch Arachn. XV, fig. 1413-1414. — Westring, Aran. p. 532. — Blackwall, Linn., Trans. vol. XIX, p. 20; Annals and Mag. of Nat. Hist. II ser., vol. VII, p. 397; Spiders, I, p. 34. tav. 2, fig. 16. — Ohlert, Spinnen, p. 132. 3. P. piscatorta CI, Cantone Ticino. C. Koch, Arachn. XV, fig. 1417-1419. — Blackwall, Spiders, I, tav. 2, fig. 17. — Ohlert, Spinnen, p. 132. 812 G. CANESTRINI E P. PAVESI, I. Sppasus Walk. 1. S. vcariegatus GC. Koch. Trentino, Lombardia (Sordelli), Piemonte. Hahn, Arachn, II, fig. 121, Oxyopes variegatus. — C. Koch, Arachn. V, fig. 403. — Walckenaer, Apt. I, 373, Spha- sus heterophthalmus. — Simon, Hist. 517, Oxyopes varie- gata. — Ohlert, Spinnen, 123. — Ausserer, Arachn. 18. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 17. ® 2. S. lineatus Latr. Istria, Lombardia (Sordelli). C. Koch, Arachn. III, fig. 171-172. — Walckenaer, Apt. I, 375. — Doleschal, Oesterr. Spinnen, Sitzungsb. d. k. Akad. der Wiss. in Wien, IX, p. 629. — Simon, Hist. 518. 3. S. italicus Walck. Piemonte. Walckenaer, Apt. I, 374. — Simon, Hist. 518. L'autore cita fra i sinonimi lo S. gentilis C. Koch, Arachn. V, fig. 404. XI. Famiglia Chersidae. a. Caersis Walck. 1. Ch. niger Petagna. Napolitano. Petagna, Spec. Ins. Ulter. Calabriae, p. 34. n. 176, Aranea nigra; Inst. Ent.I,437, n.22. — Walckenaer, Apt. I, 392, Ch. dubius. — Simon, Hist. 448. 2. Ch. gibbulus L. Dufour. Italia (secondo Simon). Walckenaer, Apt. I, 390, — C. Koch, Arachn. III, fig. 178-179, Palpimanus haematinus. — Simon, Hist. 527. ARANEIDI ITALIANI 8413 XII. Famiglia Attidae. a. Eresus Walck. A. E. 4-guttatus Rossi. Veneto, Istria, Dalmazia, Piemonte, Toscana. Rossi, Fauna etrusca, II, tav. 1, fig. 8-9. — Hahn, Arachn. I, fig. 35. — C. Koch, Arachn. IV, fig. 316. — Walckenaer, Apt. I, 395, E. cinnaberinus. — Contarini, Cat. 15; Ven. II, 163. — Doleschal, Sitzungsb. IX, 629. — Blackwall, Spi- ders, I, p. 46, tav. 3, fig. 23, E. cinnabarinus. L'autore cita fra i sinonimi anche la specie seguente. — Simon, Hist. 498. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 18; Aran. Ven., sp. 90. 2. E. annulatus Hahn. Trentino (Dos Tavon nella Valle di Non). Hahn, Arachn. I, fig. 36. — C. Koch, Arachn. IV, fig. 317, E. illustris, XIII, fig. 1087. — Simon, Hist. 498. Erythro- phora annulata. 3. E. ruficapillus C Koch. Istria, Sardegna, Sicilia. C. Koch, Arachn. XIII, p. 4, fig. 1080. — Doleschal, Oesterr. Spinnen, Sitzungsb. d. k. Ak. d. Wiss. Wien, IV, 629. 4. E, siculus Lucas. Sicilia. Lucas, Bull. de la Soc. entomol. de France, 1864, p. 28. b. PrropHorus C. Koch. t. P. helveticus GC. Koch. Lombardia. C. Koch, Arachn. XIII, fig. 1094-1095. — Walckenaer, Apt. IV, 520. 2, P. siciliensis C. Koch. Sicilia. C. Koch, Arachn. XIII, fig. 1096. — Simon, Hist. 336 e 508. Vol. XI. 52 814 G. CANESTRINI E P. PAVESI, 3. P. tyroliensis C. Koch. Lombardia (Sordelli). C.Koch, Arachn. XIII, fig. 1097-1098. — Ausserer, Arachn.18. DS) . P. semirufus C. Koch. Piemonte {(Garbiglietti). C. Koch, Arachn. XIII, fig. 1093. — Walkenaer, Apt.I,471, Attus formicoides. — Simon, Hist. 508. 8. P. venetiarum Canestr. Veneto. Canestrini, Nuov. Aracn., Annuario Soc. Nat. di Modena , anno III. pag. p. 203. (er) . P. flaviventris nob. Veneto, Lombardia. Ved. capo IV di questo lavoro. c. HeLiopHANUS C. Koch. 1. H. auratus G. Koch. Italia (secondo Simon). C. Koch, Arachn. XIV, fig. 1311-1312. — Simon, Hist. p. 507. — Ausserer, Arachn. 18. 2. H. truncorum C. Koch. Piemonte (Garbiglietti), Hahn. Arachn.I, fig. 49, Salticus seneus, II, fig. 127, S. cha- lybeius. — C. Koch, Arachn. XIV, 1309-1310, — Wal. ckenaer, Apt. I,411, Attus muscorum. — Simon. Hist. 507, H. muscosa. L’ autore riferisce a questa specie anche lo H. metallicus Koch. XIV, fig. 1316. — Oblert, Spinnen, 153. — Ausserer, Arachn. 18. 5. H. cupreus Walck. Trentino, Veneto, Lonbardia, Piega Can- tone Ticino, Emilia. Walckenaer, Apt. I, 409, Attus cupreus. — Hahn, Arachn. II, fig. 128, Salticus cupreus. -— C. Koch, Arachn. XIV, fig. 1313-1315. — Westring, Aran. 584. — Blackwall, Spiders, I, 57, tav. 3, fig. 31, Salticus cupreus. — Pavesi, Aracn. Notizie nat. e chim. agron. p. 109. — Simon, Hist. 507. — Ohlert, Spinnen, 152. — Ausserer, Arachn. 18. — Canestrini Aran. Ven. e Trent. sp. 24; Aran.' Ven;sp. 92. ARANEIDI ITALIANI 815 4. H. flavipes Hahn. Lombardia. Hahn, Arachn. I, fig. 50. — C. Koch, Arachn. XIV, figura 1320-1322. — Pavesi, Aracn., Notizie, p. 109. b. ZH. nîtens C. Koch. Cantone Ticino. C. Koch, Arachn. XIV, fig, 1319. d. CaLuietHERA C. Koch. 4. C. scenica L. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Cantone Ti- cino, Nizza, Emilia, Toscana. Rossi, Fn. etr. II, 132, Aranea scenica. — Maironi da Ponte, Atti Soc. Ital. di scienze, XIX, fasc. 2.9, fisica, p. 332. — Risso, Hist. nat. Eur. mérid. V, 174, Salticus scenicus. — Hahn, Arachn. I. fig. 43-44. — C. Koch, Arachn. XIII, fig. 1106-1107. — Walckenaer, Apt. I, 406, Attus sce- nicus. — Contarini, Cat. 15; Ven. II, 163. — Westring, Aran. 547. — Blackwall, Spiders, I, 47, tav. 3, fig. 24. — Pavesi, Aracn., Notizie, p. 109. — Simon, Hist. 505. — Ohlert. Preuss. Spinnen, 151. L'autore riferisce a questa specie come semplici varietà la C. zebranea, la C. histrio- nica, la C. tenera e la C. aulica di C. Koch. — Ausserer, Arachn. 18. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 21; Aran. Ven. sp. 93. 2. C. zebranea C. Koch. Trentino, Veneto. C. Koch, Arachn. XIII, fig. 1108-1109. — Westring, Aran. p. 547. — Onhlert, Spinnen, p. 151. Ulteriori osservazioni devono insegnare, se questa specie debbasi considerare come una semplice varietà della precedente. 3. C. histrionica C. Koch. Veneto, Lombardia (Sordelli), Cantone Ticino. C. Koch, Arachn. XIII, fig. 1110-1111. — Westring, Aran. 545. — Simon, Hist. 505. — Ausserer, Arachn. 18. 4. C. pulchella Hahn. Piemonte. C. Koch, Arachn. XIII, fig. 1115. — Walckenaer, Apt. I, 421, Attus maculatus. — Simon, Hist. 506. 816 G. CANESTRINI E P. PAVESI, e. Puiria C. Koch. 1. Ph. sanguinolenta L. Trentino, Veneto, Istria, Dalmazia, Lombardia, Piemonte, Nizza, Emilia, Toscana, Napolitano. Cirillo, Entomol. Neapol. Spec. I. tav. IX, fig. 2. — Rossi, Fn. etr. II, p. 134, Attus Sloani. — Pollini, Viaggio al lago di Garda, p. 32. — Risso, HIst. nat. V, 174, Sal- ticus Sloani. — Hahn, Arachn. I, fig. 39, Salticus sangui- nolentus. — C. Koch, Aranchn. XIII. fig. 1124. — Wal. ckenaer, Apt. I, 473, Attus sanguinolentus. — Conta- rini, Cat. 15; Ven. II, 163. — Doleschal, Sitzungsb. d. K. Akad. d. Wiss. in Wien, IX, p. 629. — Westring, Aran. 569. — Simon, Hist. 506. — Ausserer, Arachn. 18. — Canestrini, Aran. e Trent. sp. 31; Arn. Ven. sp. 94. — 2. Ph. haemorrhoica C. Koch. Cantone Ticino, Lombardia, Emilia. C. Koch, Arachn. XIII, p. 54, fig. 1121-1123. L’autore rife- risce a questa specie, con riserva, l’ Attus bilineatus del Walckenaer (Apt. I, 405). — Simon, Hist. p. 506. 3. Ph. setigera Dol. Trieste, Dalmazia. Doleschal, Systemat. Verz. der in Kais. Oesterr. vorkommen- den Spinnen, Sitzungsb. d. k. Akad. d. Wiss. in Wien, IX, p. 629 e p. 645. f. Marpissa C. Koch. 4. M. brevipes Hahn. Veneto, Lombardia, Cantone Ticino, Emilia, Hahn. Arachn. I, fig. 56, Salticus brevipes. — C. Koch, Arachn. XIII, fig. 1126. — Westring, Aran. 552. — Aus- serer, Arachn. 19, — Canestrini, Aran. Ven. sp. 95. 2. M. muscosa CI. Trentino, Veneto, Lombardia, Cantone Ticino, Emilia, Napolitano. Walckenaer, Apt. I, 461, Attustardigradus. — Hahn, Arachn. I, fig. 42, Salticus Rumpfii. — C. Koch, Arachn. XII, ARANEIDI ITALIANI 817 fig. 1129-1130. — Contarini, Cat. 15; Ven. II, 163, Salticus Rumpfii. — Westring, Aran. 549, Attus muscosus. — Bla- ckwall, Spiders, I, p. 63, tav. 3. fig. 35, Salticus tardigra- dus. — Ohlert, Spinnen, 155. — Ausserer, Arachn. p. 19. 3. M. Canestrinii Ninni. Veneto. Vedi la descrizione nel cano IV di questo lavoro. 4. M. hamata C. Koch. Veneto, Lombardia (Sordelli), Napolitano. C. Koch, Arachn. XIII, p. 67, fig. 1132. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 97. — Simon, Hist, 314. b. JM. Nardoi Ninni, Veneto. Vedasi capo IV di questo lavoro. g. IceLus C. Koch. 1. Z. notabilis C. Koch. Napolitano, C. Koch, Arachn, XIII, p. 174, fig. 1225. h. DenpryPHANTES C. Koch. 1. D. medius G. Koch. Veneto, Lombardia. C. Koch, Arachn. XIII, fig. 1141-1143. — Ausserer, Arachn.19. 2. D. dorsatus G. Koch. Napolitano. C. Koch, Arachniden, XIII, fig. 1147. — Walckenaer. Apt. IV, 411. — Simon, Hist. 315, 504. 3. D. xanthomelas G. Koch. Napolitano. C. Koch, Arachn, XIII, fig. 1148. — Walckenaer, Apt. IV, 41204 — 4. D. leucomelas C. Koch. Cantone Ticino, Lombardia, Napolitano. C. Koch, Arachn. XIII, fig. 1150. 818 G. CANESTRINI E P. PAVESI, dB. D. nebulosus C. Koch. Napolitano. C. Koch, Arachn. XIII, fig. 1151. — Walckenaer, Apt. I; 414, Attus nidicolens. — Simon, Hist. 503, D. nidicolens. 6. D. bimaculatus C. Koch. Napolitano. C. Koch, Arachn. XIII, p. 91, fig. 1153. 7. D. auratus C. Koch. Italia (secondo E. Simon). C. Koch, Arachn. XIII, fig. 1154. — Simon, Hist. 505. 8. D. lanipes C. Koch. Veneto, Lombardia. C. Koch, Arachn. XIII, fig. 1152. — Simon Hist. 504. L'o- pinione dell'autore che questa specie sia sinonima del D. semilimbatus Hahn. Walck. merita conferma. — Ausserer, Arachn. 19. 9. D. semilimbatus Hahn. Napolitano. Hahn, Monogr. der Arachn. tav. 3, Salticus semilimbatus. — Walckenaer, Apt. L 408. — Simon. Hist. 504. 10. D. luridus E. Simon. Veneto, Modenese. i. Evorarys C. Koch. 1. E. falcata CI. Trentino, Veneto|, Lombardia, Piemonte, Cantone Ticino, Modenese. Clerck, Aran. suec. 125, Araneus falcatus. — Hahn, Arachn, I, fig. 48, Salticus Blancardi. — C. Koch, Aranchn. XIV, fig. 1290-1291, 1292-1295. — Walckenaer, Apt. I, 412, Attus coronatus. — Westring, Aran. 579. — Simon, Hist. 499. — Ohlert, Spinnen, 158. — Ausserer, Arachn. 19. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 25; Aran. Ven sp. 98. ARANEIDI ITALIANI 8419 2. EF. limbata Hahn. Veneto. Hahn, Monographie der Arachn. fasc. 4, tav. 1. — Walcke- naer, Apt. I, 408. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 22; Aran. Ven. sp. 102. 3. E. xanthogramma Walck. Italia. Walckenaer, Apt. I, 415, Attus xanthogramma. 4. E. vigorata C. Koch. Trentino, Veneto, Emilia, Napolitano. C. Koch, Arachn. XIV, fig. 1282-1283. — Simon, Hist.500. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 99. 8. Z. striata C. Koch. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia. C. Koch, Arachn. XIV, fig. 1272-1273. — Obhlert, Spinnen, 161. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 100. 6. E. rupicola C. Koch. Trentino. C. Koch, Arachn. XIV, fig. 1286. — Simon, Hist. p. 501. 7. E. pubescens C. Koch. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Cantone Ticino, Emilia. Walckenaer, Apt. I, 405, Attus pubescens. — C. Koch, Arachn. XIV, fig. 1278-1279. — Westring, Aran. 561. — Sill, Ar. Siebenbiirgens, Verh. XIII, 31. — Simon, Hist. 501. — Oblert, Spinnen, 159. — Ausserer, Arachn. 19, — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 20; Aran. Ven. sp. 101. 8. È. ftorîcola C. Koch. Trentino, Lombardia (Sordelli), Napolitano. C. Koch, Arachn. XII, fig. 1301. — Westring, Aran. p. 573. Ausserer, Arachn. p. 19, 9. E. tigrina G. Koch. Lombardia (Sordelli), Emilia. Walckenaer, Apt. I, 419, Attus tigrinus. — Hahn, Arachn, I, fig. 47; forse (secondo Westring) si riferisce a questa spe- 820 G. CANESTRINI E P. PAVESI, cie anche il Salticus agilis, 1. c. fig. 54, ed il S. gracilis, lc. fig. 55. — €. Koch, Arachn. XIV, fig. 1275-1277. — Westring, Aran. 581. — Simon, Hist. 501. — Ohlert, Spin- nen, 162. —- Ausserer, Arachn. 19. 10. £. arcuata CI. Piemonte. Clerck, Aran. suec. p. 125, n. 10, tav. 6, fig. 1. — Hahn, Arachn. I, fig. 40, Salticus grossipes. — C. Koch, Arachn. XIV, fig. 1298. — Walckènaer, Apt. I, 424, Attus gros- sipes. — Westring, Aran. 570. — Simon, Hist. 502, E. gros- sipes. — Ausserer, Arachn. 19. 11. E. quinquepartita Walck. Lombardia. Walckenaer, Apt. I, 403, Attus quinquepartitus. — Hahn, Arachn. II, fig. 126, Salticus quinquepartitus. — C. Koch, Arachn. XIV, fig. 1296-1297. — Westring, Aran. 560, At- tus V insignitus. — Sill, Ar. Siebenbiirrgens, Verh. XII, 205. — Simon, Hist. 502. — Ausserer, Arach. 19. 12. £. paludicola GC. Koch. Lombardia (Sordelli). Walckenaer, Apt. I, 473, Attus nivosus. — C. Koch, Arachn, XIV, fig. 1300. — Simon, Hist. 502. 13. E. arcigera Walck. Emilia. Walckenaer, Apt. I, 421, Attus arcigerus. — Simon, Hist. 502. 44. E. fasciata Walck. Trentino, Piemonte, Emilia. Walckenaer, Apt. I, 404, Attus fasciatus. — Hahn, Arachn. J, fig. 41. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 19. 45. E. lineata C. Koch. Lombardia (Sordelli). C. Koch, Arachn. XIV, fig. 1303. 16. E. bivittata Duf. Veneto. Walckenaer, Apt.I,423, Attus bivittatus. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent, sp. 28; Aran. Ven. sp. 103. ARANEIDI ITALIANI 821 17. E. barbipes E. Simon. Veneto. Canestrini, Aran. Ven. sp. 104. 18. £. obscuroîdes nob. Trentino. Vedasi la descrizione al capo IV di questo lavoro. I. Attus Walck. 1. A. finitimus E. Simon. Veneto, Lombardia, Cantone Ticino, Emi- lia, Sicilia. Canestrini, Aran. Ven. sp. 105. 2. A. scriptus E. Simon. Veneto. Canestrini, Aran. Ven. sp. 106. 5. 4, heterophthalmus Wider. Piemonte. Wider, Mus. Senck: p. 279, tav. 18, fig. 1L. — C. Koch, Arachn. XIV, fig. 1308. — Walckenaer, Apt. I, 412, A. chalybeius. — Westring, Aran. 590. — Simon, Hist. 499. — Ausserer, Arachn. 20. 4. A. frontalis Walck. Trentino, Lombardia (Sordelli). Walckenaer, Apt. I, 415. — C. Koch, Arachn. XIV, fig. 1304- 1305. — Westring, Aran. 587. — Blackwall, Spiders, I, tav. 3, fig. 27. — Oblert, Spinnen, p. 156. — Ausserer, Arachn. p. 20. B. .4. petrensis GC. Koch. Veneto. C. Koch, Arachn. XIV, p. 49, fig. 1307. — Simon, Hist. p. 499. m. Saticus Latr. 1. S. formicarius C. Koch. Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia. C. Koch. Arachn. XIII, fig. 1101-1102. — Walckenaer, Apt. I, 470. — Contarini, Cat. 15; Ven. II, 163. — Westring, 829 G. CANESTRINI E P, PAVESI, Aran. 542. — Simon, Hist. 508. — Ohlert, Spinnen, 150. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 107. 2. S. hilarulus C. Koch. Lombardia. C. Koch, Arachn, XIII, fig. 1099-1100. — Pavesi, Aracn., Notizie, p.109. — Simon, Hist. 508. 3. S. venatorius Lucas. Piemonte. Lucas, Mag. de zool. de Guérin, 1833, tav. 15, fig. 1-3. — Walckenaer, Apt.1,471, Attus venator, — Simon, Hist. 508. 4. S. dalmaticus Keys. Dalmazia. Keyserling. Verh. der k. k. zool. bot. Gesellschaft in Mero XIII, p. 371, tav. X, fig. 17. XII. Famiglia Thomisidee. a. Sparassus Walck, 1. Sp. virescens CI. Trentino, Veneto, Friuli, Lombardia, Piemonte, Cantone Ticino, Emilia, Napolitano. Rossi, Mantissa Ins. II, 5, Aranea viridissima. -- Clerck, Aran. suec. p. 158, Araneus virescens. — Hahn, Arachn. I, fig. 89, Micrommata smaragdula. — C. Koch, Arachn. XII, 1019. — Walckenaer, Apt. I, 582, Sparassus sma- ragdulus. -—— Costa, Fn. Napol. tav. II, fig. 2. — Con- tarini, Cat. 15; Ven. II, 163 (Ragno verde). — We- string, Aran. 406. — Blackwall, Spiders, I, p. 102, tav. 5, fig. 61. — Sill, Ar. Siebenbiirgens, Verh. XII, 7. — Pavesi, Aracn., Notizie nat. e chim. agron. p. 109. — Prach, Monogr. der Thomisiden, Verh. der zool. bot. Ges. Wien, XVI, 632. — Ohlert, Spinnen, 123. — Ausserer, Arachn. 20. — Canestrini, Aran, Ven, e Trent. sp. 45; Aran. Ven. sp. 108. Annotazione. Ne possediamo una varietà del Modenese, col cefalotorace bruno, le anche nere ed i femori verso la base yolgenti al bruno. ARANEIDI ITALIANI 825 2. Sp. ornatus Walek. Trentino, Lombardia, Piemonte, Cantone Ti- cino, Emilia, Napolitano. Walckenaer, Apt. I, 583. — C. Koch, Arachn. XII, fig. 1021.— Westring. Aran. 408. — Prach, Monogr. 634. — Obhlert, Spinnen , 123. — Ausserer, Arachn. 20. . 6. OcypeTE C. Koch. 4. O. vulpina Hahn. Napolitano. Hahn, Arachn. II, p.24, fig. 111, Epeira valpina. — C. Koch, Arachn. XII, fig. 974, — Walckenaer, Apt. II, 69. — Si- mon, Hist, 261, 491. 2. O. nigritarsis nob. Napoli (Racc. dal prof. Panceri). Ved. capo IV. di questo lavoro. 3. O. spongitarsis Duf. Istria. Dufour, Ann. gén. des sciences phys. VI, p. 12, pl. 69, fig. 6. —Walckenaer, Apt. I, 574, Olios spongitarsis. — Doleschal, Oesterr. Spinnen, Sitzungsb. d. k. Akad. d. Wiss. in Wien, IX, 632. — Simon, Hist. 521. c. Thanatus C. Koch. 1. Th. trilineatus Sund. Trentino, Dalmazia, Lombardia, Piemonte, Modenese, Napolitano. Walckenaer Apt. I, 558, Phitodromus oblongus. —- Hahn, Arachn, I, fig. 82, Thomisus oblongus. — C. Koch, Arachn. IV, fig. 307, Th. parallelus. — Doleschal, Oest. Spinnen, Sitzungsb. d. k. Akad. d. Wiss. Wien, IX, 632.— Westring, Aran. 464. — Blackwall. Spiders, I, 100, tav. 5, fig. 60. — Simon, Hist. 520, Thanata oblonga. — Prach, Monogr. 630. — Oblert, Spinnen, 122. — Ausserer, Arachn. 20. — Ca- nestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 43. E i 824 G. CANESTRINI E P, PAVESI, 2. Th. rhombiferens Walck. Trentino, Lombardia (Sordelli), Pie- monte, Cantone Ticino. Walckenaer, Apt. I, 559, Philodromus rhombiferens. — Hahn, Arachn. I, fig. 83, Thomisus rbomboicus. — Westring, Aran. 465; Philodromus formicinus. — Simon, Hist. 519. — Obhlert, Spinnen, 122. — Ausserer, Arachn, 20. — Ca- nestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 44. d. Artamus C. Koch. A. A. tigrinus Walck. Veneto, Lombardia, Cantone Ticino, Emilia, Walckenaer , Apt. I, 551, Philodromus tigrinus. — Con- tarini, Cat. 15; Ven II, 163. — Westring, Aran. 452. — Simon, Hist. 521. — Ausserer, Arachn. p. 20. — Cane. nestrini, Aran. Ven. e Trent. sp.39; Aran. Ven. sp. 109. 2. A. margaritatus CI. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia. Hahn, Arachn.I, fig. 90, Thomisus laevipes. — Walckenaer, Apt. I,551, Philodromus jejunus. — Westring, Aran. 454. — Simon, Hist. 521. — Ohlert, Spinnen, 119. — Ausserer, Arachn. 20. — e. Puilopromus Latr. 1. Ph. aureolus CI. Trentino, Veneto; Lombardia, Piemonte, Cantone Ticino, Emilia, Napolitano. Walckenaer, Apt. I, 556. — Hahn, Arachn. II, fig. 144-145, Thomisus aureolus. — Westring, Aran. 357. — Blackwall, Spiders, I, 99, tav. 5, fig. 59. — Simon, Hist. 520. — Prach, Monogr. 628, — Ohlert, Spinnen 121. — Ausserer, Arachn, 20. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 42; Aran. Ven. sp. 110. 2. Ph. cespiticolis Walck. Trentino, Veneto, Walckenaer, Apt. I, 555. — Westring. Aran. 459. — Black- wall, Spiders, I, p. 95, tav. 5, fig. 58. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 41. ARANEIDI ITALIANI 825 3. Ph. Generalii Canestr. Modenese. Canestrini, Annuario Soc. Nat. Modena, anno III, 1868, p.205. f. Tnomisus Walck. A. Th. rotundatus Walck. Trentino, Veneto, Istria, Dalmazia, Lom- bardia, Piemonte, Cantone Ticino, Liguria, Emilia, Toscana. Rossi, Fn. etr. II, p. 134, num. 976, Aranea plantigera. — Latreille, Hist. des Araignées, p. 284, Aranea rotundata. — Walckenaer, Apt. I, 590. — Hahn. Arachn. I, fig. 28, Th. globosus. — Doleschall, Oest. Sp. Sitzungsb. IX, p. 631. — Pavesi, Araen. Notizie, p. 109. — Simon, Hist. 527, Synema rotundata. — Ausserer, Arachn. 21. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 32, Aran. Ven. sp. 111. 2. Th. citreus Latr. Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Cantone Ticino, Liguria, Emilia, Toscana, Napolitano. Cirillo, Ent. Neap. Sp. I, tav. X. fig. 3, Aranea calycina. — Rossi, Fn. etr. II, 127. — Latreille, Hist. des Araignees, p. 285, Aranea citrea. — Walckenaer, Apt.I,526.— Hahn, Arachn. I, fig. 32. — C. Koch, Arachn. IV, fig. 283-284. Th. calycinus. — Contarini, Cat. 45; Ven. II, 163. — We- string, Aran. 442, Th. vatius. — Blackwall, Spiders, I, 88, tav. 4, fig. 53. — Simon, Hist. 525. — Prach, Monogr. 608. — Ohlert, Spinnen, 111. — Ausserer, Arachn. 21. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 38; Aran. Ven. sp. 112. Come sinonimi della stessa specie possonsi citare anche i seguenti nomi: Araneus varius Cl., Aranea cretata Preys- sler, Thomisus pratensis Hahn, Aranea scorpiformis Fabr., Aranea annulata Panzer, Aranea dauci Walck. Annotazione. Il Sordelli ci comunicò gentilmente la figura e la diagnosi del suo Thomisus cucurbitinus. Ci siamo con- vinti, trattarsi di una femina non perfettamente adulta del Th. citreus. 826 G. CANESTRINI E P. PAVESI, 5. Th. dorsatus Fabr. Piemonte (Raccolto dal dott. A. Garbiglietti), Fabricius, Entomol. sistem. II, 413, Aranea dorsata. — Hahn, Arachn. I, fig. 34. — C. Koch, Arachn. XII, fig. 991-992, — Walckenaer, Apt. I. 532, Th. floricolens. — Westring Aran. 434. — Blackwall, Spiders, I, 76, tav. 4, fig. 44. — Simon, Hist. 526, — Ohlert, Spinnen, 112. — Ausserer, Arachn. 21. 4. Th. diana Hahn. Veneto, Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia. Hahn, Arachn. I, fig. 26, — Walckenaer, Aran. de France, p. 82. num. 14, Th, delicatulus ; Apt. I, 531. — Simon, Hist. 526, Thomisa delicatula. — Ohlert, Spinnen, 113. — Ausserer, Arachn. 21. 5. Th. capparinus C. Koch. Veneto, Lombardia. C. Koch, Arachn. XII, fig. 993-995. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 114. 6. Th. truncatus Walck. Trentino, Veneto, Istria, Lombardia, Pie- monte, Emilia. Walckenaer, Apt. I, 515. — C. Koch, Arachn. IV, fig. 280, Th. horridus. — Doleschal, Oest. Spinnen, Sitsungsber. der k. Akad. d. Wiss. in Wien, IX, 632. — Simon, Hist. 525 — Westring, Aran. 444, — Prach, Monogr. 606. — Ohlert. Spinnen , 112. — Ausserer, Arachn. 21. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 33. Abbiamo trovato dei maschi adulti in fine di giugno ed in luglio presso Reggio nell’ Emilia, e nel Trentino, essi sono lunghi mill. 4. Le zampe del 1.° e 2.° pajo si fanno notare per la loro lunghezza di 8 mill., e per la tibia ed il meta- tarso neri, mentre le altre articolazioni e le zampe del 3.° e 4.° pajo sono uniformemente gialle. 7.Th. abbreviatus Walck. Trentino, Veneto, Friuli, Istria, Lombardia (Sordelli), Piemonte, Liguria, Emilia, Napolitano. Walckenaer, Apt. I, 516. — Hahn, Arachn. I, fig. 37, Th. diadema. — C. Koch, Arachn. IV, fig. 281-282. — Dole- ARANEIDI ITALIANI 827 schal, Oesterr. Spinnen, Sitzungsb. d. k. Akad. d. Wiss. in Wien, IX, 631. — Simon, Hist. 525. — Ausserer, Arachn. 21. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 34; Aran. Ven. sp. 113. 8. Th. piger Walck. Piemonte (Garbiglietti). Walckenaer, Apt. I, 536. 9. Th. bilineatus Walck. Piemonte (Garbiglietti). Walckenaer, Apt, I, 537. — Simon, Hist. 526, Pachyptyla bilineata. 410. Th. villosus Walck. Piemonte, Liguria. Walckenaer, Apt. 1, 535. — Simon, Hist. 526, Pachyptyla villosa. — Ausserer, Arachn. 21. 14. Th. hirtus C. Koch. Reggiano (Emilia). C. Koch, Arachn. IV, p. 42, fig. 275-276. g. Xysticus C. Koch. 1. X. cuneolus Walck. Trentino, Veneto, Lombardia, Cantone Ticino, Emilia. Walckenaer, Apt. II, 470, Thomisus cuneolus. — C. Koch, Arachn. IV, fig. 302. — Simon, Hist. 524. — Ausserer, Arachn. p. 21. — Prach, Monogr. 621. dt omustus Walck. Italia. Walckenaer, Apt. I, 517, Thomisus onustus. — Simon, Hist. 524. 3. X. audax C. Koch. Trentino, Istria, Lombardia (Sordelli), Canto- ne Ticino, Napolitano. C. Koch, Arach. XII, fig.1005-1008.—Doleschal, Oest. Sp., Sit- ‘ zungsb. IX, 631.— Westring, Aran. 422. — Blackwall, Spi- 828 G. CANESTRINI E P. PAVESI, ders, I, 70, tav. 4, fig.39. — Simon, Hist. 523, X. lateralis. L’autor adduce tra i sinonimi lo X. cinereus C. Koch (Arachn. IV, fig. 290). — Ohlert, Spinnen, 114. — Prach, Monogr. 615. L’ autore crede il Thomisus lateralis di Hahn una varietà della specie presente (Hahn, Arachn. I, fig. 31). — Ausserer, Arachn. 21. 4. X. lanio C. Koch. Trentino, Veneto, Trieste, Lombardia, Cantone Ticino, Emilia. C. Koch, Arachn. XII, fig. 1009-1012; IV, fig. 289. X. morio. Intorno a questo le opinioni degli autori sono divise ; al- cuni lo credono la femina del Th. robustus Hahn, altri una varietà dello X. lanio. — Doleschal, Oest. Sp., Sitzungsb. IX, 631.-- Westring, Aran. 412. — Simon, Hist. 523. — Ohlert, Spinnen, 115. — Prach, Monogr. 612. — Rosen- hauer, K&fer v. Tirol, p. 43. — Ausserer, Arachn. p. 21. 8. X. oiaticus Linn. Trentino, Veneto, Friuli, Istria, Lombardia, Pie- monte, Cantone Ticino, Emilia, Toscana, Napolitano. Rossi, Fn. etr. II, 126, Aranea viatica. — Latreille, Hist. des Araignées, p. 238, Aranea viatica. — Hahn, Arachn. I, fig. 23, Thomisus pini; fig. 29, Th. viaticus; fig. 30, Th. ulmi, fig. 31, Th. lateralis. — C. Koch, Arachn. XII, fig. 1003-1004. — Walckenaer, Apt.I,521, Thomisus cri- status. — Contarini, Cat. 15; Ven. II, 163, Thomisus eri- status. — Westring, Aran. 419. — Blackwall, Spiders, I, 63, tav. 4, fig. 38. — Sill, Ar. Siebenbiirgens, Verh. XII, 204. — Doleschal, Oest. Sp., Sitzungsb. IX, 631. — Pavesi, Aracen., Notizie, p. 109. — Simon, Hist. 522, Xy- stica cristata. L'autore adduce, oltre i citati sinonimi, an- che i seguenti: Aranea liturata Fabr., Thomisus lituratus Walck., Th. Clerckii Savigny, Th. asper Lucas, X. mor- dax C. Koch, X. bifasciatus C. Koch, X. graecus C. Koch. — Prach, Monogr. 613. — Ohlert, Spinnen, 113. — Ca- nestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 35; Aran. Ven. sp. 115. 6. X. bufo Dufour. Istria, Lombardia, Piemonte, Cantone Ticino. Walckenaer, Apt. I, 506, Thomisus bufo. — Hahn, Monogr. von Spinnen, fasc. IV, tav. 3, fig. 6, Th. brevipes. — Do- ARANEIDÌ ITALIANI 829 leschal, Oest. Sp. Sitzungsb. IX, 631. — Pavesi, Aracn., Notizie, p. 109. — Simon, Hist. 522. 7. X. praticola C. Koch. Trentino, Veneto. C. Koch, Arachn. IV, fig. 300. — Simon, Hist. 524. — Prach, Monogr. 620. — Canestrini, Aran. Ven. sp. 116. 8. X. horticola C. Koch. Trentino, Veneto, Piemonte. C. Koch, Arachn. IV, fig. 296-299. — Walckenaer, Apt. I, 523, Thomisus atomarius. — Simon, Hist. 524. — Prach, Monogr. 619. 9. X. claveatus Walck. Veneto (Vicenza), Lombardia (Sordelli). Walckenaer, Apt. I, 510, Thomisus claveatus. — Blackwall, Spiders, I, tav. 4, fig. 52. — Simon, Hist. p. 527, Ozyptila claveata. L'autore confonde sotto questo nome due specie assai diverse, appartenenti a due generi, cioè il Thomisus hirtus del Koch, e lo Xysticus claveatus.del Walckenaer e Blackwall. 10. X. fuccatus Walck. Trentino, Napolitano. » Walckenaer, Apt.I, 505, Thomisus fuccatus. — Hahn, Arachn, I, fig. 38, Thomisus robustus. — Prach, Monogr. p. 618. — Canestrini, Aran. Ven. e Trent. sp. 37. Vol. XI. 33 8350 G. CANESTRINI E P. PAVESI, III. CONSIDERAZIONI GENERALI. Passeremo in rivista le varie famiglie annoverate nel catalogo, facendo rimarcare ciò che ognuna offre di maggiore interesse. Le Mygalidue sono nel nostro paese abbondantemente rappresen- tate, giacchè vi ritroviamo 4 specie di Mygale, 4 di Mygalodonta, ed 4 di Atypus. Mentre l’Atypus Sulzeri dalla Germania si è esteso fino a noi, diffondendosi dal nord verso il sud, alcune altre specie della citata famiglia arrivarono entro i nostri confini con un viaggio opposto, cioè da mezzodì verso settentrione; due inoltre sono proprie del nostro paese, la Mygalodonta fodiens e la M. sicula, Tra le Filistatidae è comune da noi la Filistata bicolor; la riscon- trammo in molte provincie, ed è probabile che non manchi in alcuna. Le Scytodidae si compongono da noi di quattro specie, tra cui una è nuova e propria della Toscana. È notevole che la Scytodes erythrocephala esiste a Napoli, d’onde ne abbiamo avuto un giovane esemplare. La famiglia delle Dysderidae offre in Italia il seguente numero di generi e di specie: SORA Dysdora Secco cea Qonopsy 4 vai ao api Staliacangtio= i alan SARE ARANEIDI ITALIANI 851 La Segestria senoculata, la S. bavarica e la S. pantherina sono mag- giormente diffuse nel nord del nostro paese, quantunque la prima sia stata raccolta anche nel Napolitano, e precisamente nell’ isola di Sora, dal dott. G, Nicolucci; la S. florentina è segnatamente diffusa nel mezzodì, dove raggiunge una statura ragguardevole. Numerose sono le forme del genere Dysdera, tra cui tre costituiscono nuove specie, La D. Ninnii divide colla D. punctata il carattere del ce- falotorace coperto di pori; la D. grisea è ben caratterizzata dal- l’armatura delle zampe, e la D, tesselata costituisce un passaggio tra la D. punctata e la D. Hombergii, ciocchè non le impedisce di essere una distinta specie. L’Oonops pulcher, animale raro, scoperto dapprima in Inghilterra, fu da noi riscontrato nell’ Emilia in due esemplari, di cui uno fu preso a Campogalliano nel Modenese dal prof. G. Generali, l’altro da uno di noi. entro la città di Modena. Questo genere stabilisce, rispetto agli occhi, un passaggio tra la Segestria e la Dysdera. La Stalita taenaria, recentemente descritta dal Keyserling, è propria delle caverne dell’isola di Lesina, ed è priva di occhi, perduti evidentemente pel non-uso, Quantunque la famiglia delle Drassidae sia stata soggetto di un recente studio di L. Koch, non ancora per intero pubblicato, pure ci ha fornito qualche novità. Essa si compone da noi come segue: Petbapissa 0 a gie Micaria/s eo e pe PDrdssps; Usi lei sped Melanophora ;;.;.;;.. + Sp. 44. ANVPphRaeHaizi ica. (pr Pep Phrurolithus.::}. 3 vii + Spi di Cheiracanthium.. , . . , Sp. 6. Giubiopaxic, SAficia ciai SPSAdo Laoarananl siii si rp ManoRgA ni dana sis: or otti ear «108 832 G. CANESTRINI E P. PAVESI, Le spedizioni di araneidi che noi abbiamo avuto dalle diverse parti d’Italia, e le nostre proprie ricerche, ci hanno dimostrato che il settentrione del nostro paese è assai più ricco di specie e di indi- vidui della famiglia Drassidae che non il mezzodì, mentre questo invece offre delle forme affatto peculiari. Merita di essere ricordata la presenza in Napoli della Zora ocreata, specie finora riscontrata solo in Algeria ed in Ispagna, di cui il prof. Panceri raccolse due esemplari a Napoli, La famiglia delle Therididae è da noi rappresentata come segue: (oto! 3 At POOR eee i Bhy6- SERIALE PIUIE: fai dia BETA Tapinopat: steso 2 BOI: BE GE, Pachygoatia 794 49000 so risp di Formicina "1 19 0tOtai asp ltai Ero! ELISE Et SIC RI Reni ASabena: PI I ETTENC ANO AMG TAO Theta << PMO Piet, Eatfrodegtest9t:2 1 03lag it 9 ion Reos Hisitigs tt “38 SSSCADE Ore a Reni TCA CRETA s TU 9 e ATO OE REISONE Ni 20 ce nea Linyplifa”"x 3 Sp Abbiamo citato le tre specie di Clotho sulla fede di altri autori , non essendo noi stessi mài riesciti a raccoglierle. Sono probabilmente forme africane, che giunsero da noi attraverso la Spagna e Fran- cia, nonchè la Grecia, e. vanno ora lentamente diffondendosi. L’ u- nica specie nostrana di Enyo è nuova, ben diversa sì dalla graeca, come dalla germanica. Affatto singolari sono due araneidi scoperti nel Modenese; essi s’accostano per alcuni caratteri al genere Pachy- gnatha, da cui però differiscono per la direzione che prendono le mandibole, e pell’ addome a lungo stelo nodoso, che condusse a dar loro il nome generico di Formicina. Assai ricco è il genere Theri- dium; specialmente sono da noi ben rappresentate le grandi specie ARANEIDI ITALIANI 833 che per le loro abitudini e per alcuni caratteri esterni congiungono il genere Theridium col genere Latrodectes. Tra le specie di que- st’ ultimo, il malmignathus esiste in moltissime provincie, mentre il tristis fu da noi finora trovato solamente nell’ Emilia, dove non è rarità quando lo si voglia cercare sotto le pietre in luoghi aridi. Il genere Trachelas fu fondato dal dott. L. Koch sopra un unico esem- plare proveniente dalla Spagna; un secondo esemplare fu raccolto nel Veneto dal dott. A. P. Ninni. Il genere Erigone , tanto ricco nel nord e nel centro d° Europa, conta da noi un piccolo numero di spe- cie. È vero che il nostro catalogo non cita tutte le specie delle no- stre collezioni, dove ne conserviamo parecchie di incerta classifica- zione; è possibile inoltre che alcune .specie siano affatto sfuggite alle nostre indagini, tanto più che gli animali che vi appartengono sono piccoli e di difficile scoperta ; tuttavia amiamo credere che il numero delle specie nostrane sia ristretto di fronte a quello che fu raggiunto nei paesi più settentrionali. All'incontro è ragguardevole il numero delle specie di Linyphia, tra cui quelle di piccola statura sono state riscontrate specialmente nelle provincie settentrionali del paese. Due specie di questo genere sono nuove; la L. rubecula, assai diffusa nell’ Emilia, nel Veneto e nella Lombardia, e la L. litho- bia, riscontrata da noi solo nel Trentino: La famiglia delle Epeiridae comprende i seguenti araneidi: Meta pila x ni Sai ANG ei i dio le Soa e i ie Spa Upeirda lai iii ad Nephila sogno gi e sp A areyopes.istf ri sboaz SPL 3, delrgppathd o ti 00. 8pd Liobprus o crei Spad Quanto sono comuni la Meta Merianae e la M. segmentata, altret- tanto è rara la M. Menardi, E rimarchevole la presenza in Sicilia 834 G. CANESTRINI E P, PAVESI, della Singa trituberculata, scoperta dal Lucas in Algeria e raccolta da uno di noi a Palermo. Tra le Epeire, quelle di addome fornito di tu- bercoli sono da noi copiosamente rappresentate. La Nephila fasciata è comune specialmente nel mezzodi, dove offre numerose varietà , tra cui osservasi anche quella che fu elevata al raugo di specie dal Savigny col nome di Argyopes aurelia. Le Ciniflonidae da noi trovate sono le seguenti : DIVI o Spe i Ania Dist RS Possediamo molte altre forme del genere Dictyna, tra cui alcune sono probabilmente nuove specie; è questo un genere meritevole di ulteriori ed accurati studî. Due specie di Amaurobius sono proprie del nostro paese ; una tra esse è affatto nuova. Le nostre Agelenidae si possono classificare nel modo qui solto indicato: Mrirasiai e R Gaelotesgi i e, la, Epos entrino corni e e n Agelena:* cb ee Pholeas-ssogita List, BS Baehs: rei TPegenima;: onor po Hadites: in: pottaae: Vepii Rrpyrebeta (#0 deri DE Il Mitbras paradoxus, a quanto pare, non ha oltrepassato i limiti meridionali dell’Italia settentrionale. L’Agelena similis è ugualmente diffusa in tutte le parti del nostro paese come l’A. labyrintbica. Tra le specie di Pholcus il Ph. ruber è nuovo; le più frequenti da noi sono il Ph. nemastomoides ed il Ph. impressus; il Ph. opilionoi- des, è piuttosto raro, Una menzione speciale merita il Rachus ARANEIDI ITALIANI < 835 sexoculatus, scoperto dal Dugès nell’Africa settentrionale, e da noi rinvenuto in Italia in molti esemplari. Esso ci presenta il fatto in- teressante di somigliare ai Pholcus per molti caratteri , scostan- dosene solo pel numero. degli occhi. Le Tegenarié più comuni da noi sono la domestica: e 1’ intricata, amendue diffuse dall’ estremo nord all’ estremo‘sud. Della T. pagana abbiamo avuto molti e bellis- simi esemplari dall’ Isola di Sora. Lo Hadites tegenarioides del Key- serling è una specie cieca delle caverne. di Lesina. La famiglia delle Zycosidae offre da noi le seguenti forme: Ocyale TIRI Ai Dolomedes SE PALE troclosa: l'o i Apt AEciosa, sp. 2. Tarantola: a Sa co Spad: fulenia: tic gra e SPE Bega, Paeddsa eo a) SPO Poland: SP SPuaSsust ni Si Sono questi animali di difficile classificazione , la qual cosa rese la sinonimia vasta ed intricata. I nostri materiali per lo studio di questa famiglia provengono quasi esclusivamente dall’ Italia settentrionale e centrale; le licose delle provincie meridionali meritano di essere in seguito più particolarmente studiate. Come si vede dal nostro cata- logo, la Tarantola della Puglia vive anche nell’ Emilia, dove la os- servammo in grandi esemplari, che tenemmo in captività per stu- diarne i costumi, Per ciò che risguarda gli effetti del di lei veleno, non possiamo che confermare quanto scrisse recentemente in propo: sito il prof. Panceri. La famiglia delle Chersidae comprende due sole specie - nostrane, 856 G. CANESTRINI E P, PAVESI, All'incontro è da noi copiosamente rappresentata la famiglia delle Attidae, e precisamente dai generi : Eresusizid it udo td dp 4. Pyrophorbs 00. Wola spdit6 Heliopbanus.. . . . . . sp. Bd. Galliethera:(Wpii. fi nnorii, step, Philiat3 1 1, 5uss 700 -bLad DISP i00 Marnpissari (0; 20 aria Baio Nap. beelus: S/SE Dendriphantes...< 1 Laespgih Enophrys:: ‘230.0 le epr AMS: Se a i BAN Salticgs: +3: etuiana asd; Gli Eresus sono da noi rarissimi, ad eccezione del 4 -guttatus; ma nemmeno questo è molto comune. Tra i Pyrophorus trovansi citate due nuove specie, Il P. venetiarum ha per prossimo parente il P. hel- veticus C. Koch, in cui la fascia posteriore della porzione anteriore del dorso è composta di due metà, che non solo si toccano nella linea mediana, ma si protraggono in avanti costituendo un angolo acuto; in cui inoltre il dente dell’ uncino trovasi circa nella metà della lunghezza dell’uncino. All’incontro nel P. venetiarum le due fascie trasversali nere del dorso sono nel mezzo distintamente in- terrotte,,e il dente dell’ uncino nasce a breve distanza dalla base di questo. Se la descrizione data dal Koch fosse più estesa si trove- rebbero forse altri caratteri differenziali. Il P. flaviventris, quan- tunque affine al precedente, ne diversifica tuttavia per alcuni carat- teri abbastanza importanti. Due specie di Marpissa del Veneto, tro- vate e denominate dal conte Ninni, sono nuove. Il genere Euophrys è da noi riccamente rappresentato ; alcune specie del medesimo sono però rarissime, come lE. arcigera e l’ E. barbipes; altre sono co- muni, come l’E. vigorata, VE. pubescens, lE. floricola, VE. fal- cata, ecc. Una speciale menzione merita 1’ E. obscuroides del Tren- tino, che col Salticus obscurus del Blackwall ha comuni alcuni ARANEIDI ITALIANI 837 . caratteri, i quali staccano queste due specie da tutte le altre della famiglia. Abbiamo qui un bell’ esempio di specie rappresentative. L’ultima famiglia del nostro catalogo è quella delle 7homisidae, rappresentata in Ìtalia come segue: Sparàssus: «i a cai SR Qeppete:sta ibride IR DABdtaszi 3 Dili Atanasio 1a) Ori ansa Philodromus.» Scytodidae:tta;iue.bma 40 0 pos » Dysderidae.: 3-00 sp. ba » Drassida@i ui livio clin po 70, - Therididaeigiis ia pe 77. ” Epeiridaettgningia 1195 spa tib0. » Ciniflonidae: ite spo E ” Agelertidae: lt: 7101. 1spa!28; » Eyposidaeri tonino spa Ao ”» Chersidae” = mean pi spil ]% » Mitidae siano aghi $pe6 4 ” Thomisidae; .. .. sp. 35. 838 G. CANESTRINI E P. PAVESI, In conclusione si conoscono attualmente in Italia sic specie di Araneidi. Confrontiamo questo risultato con quello ottenuto dagli araneologi in altri paesi dell’ Europa : Araneidi della Svezia, .. .. . secondo Westring... . sp. 308. » = dell’Inghilterra coll’Irlanda .. » Blackwall°. . sp. 304. » della Francia . .. .. .. . » Walckenaer,circasp. 280. » dell’Impero austriaco.. . .. ». Doleschal:'. . sp. 20b. » ©» della Prussia: .. ..-...... ». Qblerbolid ‘i. | è spodB9. »i cc dell'Italia 800 0, 4 a inisipinonaii, + end DI Si vede che tra i paesi citati l’Italia è il più ricco di specie di araneidi. Tale risultato apparirà ancor: più evidente quando si ‘voglia riflettere che in alcuni de’ paesi citati gli studî ‘araneologici sono da oltre un secolo coltivati, mentre in Italia vennero finora negletti ; quando inoltre si pensi che alcune delle nostre provincie, e special- mente il Napolitano, la Sicilia e ta Sardegna sono per tale. riguardo quasi vergini, e non hanno quindi recato il loro tributo alla situate araneologica. È difficile il dire quali siano le cause della suddetta ricchezza di specie; tuttavia crediamo di non errare se attribuiamo alle seguenti una certa importanza. PO 1. L'Italia, confrontata con altri paesi. dell’ Europa , ha-una lunga estensione da settentrione a mezzodì, .offre quindi notevolissime dif- ferenze di clima, e per conseguenza svariate condizioni di. vita favo- revoli all’ esistenza delle specie. più disparate. 2. La nostra terraferma è estremamente inuguale; vaste pianure alternano con catene di colli e .di montagne, e quindi havvi grande varietà non solo in senso orizzontale,.ma anche in senso verticale. Con altre parole, da noi trovano modo di esistenza non solo le specie della pianura, ma anehe quelle della collina, e quelle che vivono a grande altezza sul livello. del mare. 5. Il nostro paese ha una ricca. e svariata vegetazione, la quale rende possibile 1’ esistenza di molte specie di insetti. Ora gli araneidi ARANEIDI ITALIANI 8359 vivono quasi esclusivamente di insetti, la cui varietà rende possibile il soddisfare ai gusti più disparati. Anche da questo lato dunque noi troviamo tali condizioni interne da spiegare la ricchezza della nostra fauna araneologica. Le condizioni ora citate sono tali da permettere il soggiorno a numerose e tra loro differentissime forme; ma occorre innanzi tutto che queste appariscano nel nostro paese, locchè può avvenire: 4.° per immigrazione da altri paesi, 2.° per genesi nell’ interno. Esaminiamo la cosa un po’ da vicino. Nemici della teorica delle separate creazioni, noi ammettiamo che ogni specie araneologica dal luogo di sua formazione si estenda più o meno lentamente in ogni direzione, e trovi i suoi limiti naturali nei mari estesi. Sembra che questi siano realmente ostacoli insupe- rabili per la diffusione degli araneidi. Prova ne sia che 1’ Europa e l’America non ne hanno comune originariamente forse nemmeno una specie. Secondo qualche autore, alcune poche specie, come la Epeira cucurbitina e la Epeira apoclisa, esisterebbero in ambo i continenti nominati; ma vi sono ragioni per giudicare che si tratti di specie affini e non identiche, oppure di specie trasportate dall’ uomo in America nei tempi recenti. Walkenaer, quantunque non elevi la E. cucurbitina dell'America a specie separata, soggiunge però: « c'est peut-ètre une espèce distinete », e parlando della E. apoclisa, dice: « nous pensons qu'elle a été importée dans le nouveau continent avec des plantes de l’ancien ». Al contrario è cosa certa che i mari stretti non sono un assoluto impedimento per la distribuzione degli araneidi; che tuttavia i medesimi rendano lenta tale distribuzione, puossi inferire dal fatto che la Sicilia, quantunque poco studiata, e più ancora l'Inghilterra, hanno fornito un grande mumero di nuove specie. L'immigrazione degli araneidi nel nostro paese dal settentrione e dal mezzodì dell'Europa non è unita ad ostacoli insuperabili. Dal nord le specie potranno immigrare , attraversando le Alpi, giacchè le catene di montagne non limitano assolutamente la distribuzione geografica. Le specie greche poi non avranno che ad estendersi lungo la sponda orientale dell’ Adriatico, e le specie spagnuole potranno 840 G. CANESTRINI E P, PAVESI, arrivare da noi passando pel mezzodì della Francia. Ma inoltre noi potremo avere specie africane, sia che queste giungano in Ispagna dal lato di Gibilterra, oppure si diffondano lungo la sponda orientale del Mediterraneo, attraversino lo stretto dei Dardanelli, e per la Turchia europea arrivino fino a noi. È anche possibile, quantunque non si possano ancora citare fatti positivi in appoggio, che gli uc- celli migratorii, i quali tutti gli anni dall’ Africa giungono. dapprima nei paesi meridionali dell’ Europa, contribuiscano alla dispersiene delle specie araneologiche. Comunque si pensi, è cosa certa, che l’Italia offre molte specie di’ araneidi che si trovano in paesi più settentrionali, ed altre che furono riscontrate in Africa , nella Grecia e nella Spagna, Il nostro paese è dunque aperto all’ immigrazione degli. araneildi, Ma ciò non basta; le tre condizioni della penisola sopra esposte fa- ranno sì che le specie immigrate trovino facilmente il modo di esi- stere e di propagarsi. Quanto alla genesi della specie nell'interno, fa d’uopo osservare che la grande estensione verticale e la orizzontale del terreno. sono cause efficaci di variazione. Una specie che si diffonda a diversi. li-. velli, troverà differenti condizioni di vita, e subendo l’effetto della elezione naturale, o varierà o perirà. Questa osservazione fu già fatta dal Weismann relativamente ai lepidotteri; ma noi crediamo che possa essere estesa senza riserva agli araneidi. Supponiamo che una specie si estenda dalla pianura a grande altezza sul livello del mare, È chiaro che gli individui saliti sulle alte. montagne, trovan- dosi in mezzo ad una fauna entomologica diversa da quella che cir= conda i loro. parenti, varieranno adattandosi al nuovo soggiorno. Inoltre le ‘varietà, formatesi in tal guisa, sussisteranno facilmente per l’impedito incrociamento cogli individui della pianura, la cui riproduzione sarà già compiuta, quando quelli avranno appena rag- giunta la maturità. Per ragioni analoghe potrà variare una specie che da alte montagne discenda in pianura. La diffusione poi di una specie da nord a sud, oppure da sud a nord, sarà accompagnata da- gli stessi effetti, come la distribuzione a diversa altezza sul livello del mare. ARANEIDÌ ITALIANI 844 Mentre dunque il nostro paese ha tale posizione, da rendere pos- sibile l'immigrazione di specie estere, offre anche condizioni favo- revoli per la formazione di specie nuove. Ciò si ammetterà più fa- cilmente, quando sì voglia riflettere che l’Italia si compone di isole, e di un’ampia penisola circondata in parte dal mare, ed in parte da da una catena di alte montagne. Ne viene che le specie non po- tranno immigrare che con parco numero di individui, i quali stac- cati dagli altri della stessa specie, subiranno gli effetti dell’ isola- LI mento, È vero che questo da solo non è sufficiente a far variare una specie; ma è certo altresì ch’esso contribuisce a rendere per- sistente una variazione apparsa. Se l’Italia divide con molti paesi europei le diversità del terreno in senso verticale, ha però sempre questi vantaggi di fronte a molti, di essere estesissima da nord a sud, e di comportarsi pressochè come un'isola relativamente alla gene- razione di nuove specie. Riassumendo, noi crediamo di dover attribuire la nostra ricchezza di specie araneologiche : 1.° alla possibile immigrazione di specie estere; 2.° alle condizioni di vita favorevoli che può trovare fra noi ciascuna specie; 3.° alle condizioni del nostro paese atte a promuo- vere e favorire la formazione di nuove specie. Nelle righe che precedono è detto quanto basta per far rimarcare il carattere più saliente della nostra fauna araneologica. Questa è tale da costituire un vero anello tra quella de’ paesi più meridionali dell’ Europa e l'Africa settentrionale da un lato, ed i paesi più nor- dici europei dall’altro lato. In conformità noi vediamo, che molte specie nostrane vivono anche nella Spagna, come, per esempio, le seguenti: Mygalodonta caementaria, Filistata bicolor, Dysdera Hom- bergii, Tarantula Apuliae, Cheiracanthium tenuissimum, Pythonissa exornata, Nephila fasciata, Epeira opuntiae, Argyopes sericea , Tra- chelas minor, Latrodectes malmignathus, Euophrys bivittata. ‘Altre specie nostrane furono riscontrate in Grecia, e basti citare le seguenti: Pythonissa exornata, Epeira adianta, Nephila fasciata, Epeira opuntiae, Theridium paykullianam, Theridium triangulifer, Euophyrs vigorata, Eresus 4-guttatus. Tra gli araneidi italiani che vivono anche nell’Africa settentrio- 842 G. CANESTRINI E P. PAVESI, nale nomineremo i seguenti: Dysdera erythrina, Segestria florentina, Scytodes thoracica, Euophrys quinquepartita, Euophrys vigorata, Tho- misus truncatus, Xysticus claveatus, Thanatus rbombiferens, Drassus viator, Nephila fasciata, Argyopes sericea, Singa trituberculata, Zora spinimana, Rachus sexoculatus. Abbiamo in fine calcolato, che almeno una terza parte delle nostre specie di araneidi trovasi anche in Inghilterra , mentre la Svezia al- berga circa una metà delle specie nostrane. Dopo ciò non ci pare azzardata l’asserzione che la fauna araneo- logica italiana connetta insieme la più meridionale europea e setten- trionale africana con quella dei paesi più nordici dell’ Europa. Tutta- tavia, quando si consideri la nostra fauna araneologica nel suo complesso, essa deve essere ritenuta come prevalentemente meridio- nale, e ciò principalmente per le seguenti ragioni; 1.° Per la presenza di rappresentanti la famiglia delle My- galidae. i 2.° Per la presenza dei generi Filistata, Latrodectes, Clotho, Argyopes, Rachus, Ocypete. 5.° Per l’esistenza di alcune grandi specie di Tarantula, quali sono la T. Apuliae, la T. narbonensis, la T. tarantuloides, la T. ru- biginosa e la T. captans. 4.° Per la ricchezza di specie appartenenti alla famiglia delle Attidae. Questa famiglia costituisce in Italia circa la 6.° parte, in Fran- cia la 7°, in Svezia la 40,°, in Inghilterra ed Irlanda la 17.° parte delle relative faune araneologiche, 5.° Per la povertà di specie del genere Erigone, di cui da noi si trovarono fin'ora appena 20 specie, mentre la Svezia ne alberga 52, l’Inghilterra coll’Irlanda 80 specie. Prima di chiudere queste considerazioni generali, ci sia lecito di far rimarcare una osservazione che si presenta a chi studia l’araneolo- gia. Negli animali non soggetti a metamorfosi gli individui giovani differiscono generalmente poco dagli adulti. Non altrettanto avviene negli araneidi, i quali sono di impossiblile od almeno difficilissima classificazione , quando non siano esaminati allo stato adulto, Per comprendere questo fatto dobbiamo riflettere, che ci troviamo da- ARANEIDI ITALIANI 845 vanti ad un ordine di annulosi, ne’ quali la metamorfosi è un fenomeno assai frequente. Invero noi vediamo come gli insetti subiscano una metamorfosi perfetta od imperfetta; come simili fenomeni si ripetano tra gli ara- cnidi nella linguatula e nei pentapodi; come la metamorfosi, pro- gressiva o retrograda, non sia rara ne’ crostacei; come infine nei vermi si manifestino spesso metamorfosi e metagenesi. Non è per- ciò un fenomeno che possa sorprendere, se negli araneidi, ordine degli annulosi, noi troviamo uno sviluppo, il quale; se non è una vera metamorfosi, può sempre essere considerato o come un primo indizio di questa, oppure come l’ultimo avanzo. Noi stiamo -decisa- mente per quest’ultima versione, ammettendo che la metamorfosi sia stata in origine una legge generale per gli annulosi da cui in seguito si svincolarono gli araneidi, conservandone ancora una re- miniscenza che si manifesta colla diversità tra gli individui giovani e gli adulti. In fine si potrà domandare, come si comporti l’ araneologia di fronte alla teoria del Darwin? Esprimendo francamente il nostro pa- rere, noi crediamo che la appoggi. Non abbiamo certamente l’ intenzione di svolgere qui questo am- pio argomento; solo faremo notare due fatti di grande importanza. Il primo si è che le specie araneologiche offrono numerosissime va- rietà. Potremmo citare molte forme che Hahn e Koch credono buone specie, mentre Westring, Blackwall, Simon ed altri le riguardano come semplici varietà. In via d’ esempio nel genere Calliethera, Koch distingue come specie separate la C. zebranea, la C. histrio- nica, la C. tenera e la C. aulica, mentre altri autori le credono semplici varietà di un’unica specie. Numerose varietà offrono inol- tre, secondo le nostre osservazioni, le specie europee del genere Eresus, nonchè le specie nostrane dei generi Euophrys e Pachygna- tha. Ora le varietà sono specie incipienti, e la loro presenza è indi- zio di continua genesi di nuove forme. Il secondo fatto che vogliamo citare è la grande differenza che spesso esiste tra le femmine ed i maschi adulti di una stessa specie, mentre i giovani maschi non diffe- riscono dalle femmine che poco. In appoggio di questa asserzione 84 G. CANESTRINI E P, PAVESI, citeremo i generi Cheiracanthium ed Erigone. Di più, le femmine di specie diverse sono in certi casi, come nei due generi nominati, tra loro assai somiglianti, mentre le differenze tra i maschi delle stesse specie sono assai ragguardevoli. Non sapremmo spiegare questo fe- nomeno in modo plausibile, che ricorrendo alla teoria darwiniana, imperocchè questa c' insegna che havvi una elezione sessuale che tende a modificare il maschio nell’ epoca della riproduzione, lascian- dolo intatto allo stato giovanile. Siccome la femmina non subisce che la elezione naturale, mentre il maschio oltre questa subisce la ses- suale, così è concepibile, come quest’ultimo debba maggiormente differire dalle specie affini che non la femmina. ARANEIDI ITALIANI 84d IV. DESCRIZIONE DELLE NUOVE SPECIE. 1. Scytodes unicolor, Canestr. Il cefalotorace è quasi circolare, depresso , di colore bianco gial- lastro uniforme, rivestito di peli neri scarsi e lunghi. Gli occhi sono circondati alla base di nero ed offrono un colore biancastro, Le man- dibole si abbassano obliquamente , sono del colore del cefalotorace , solo al margine esterno finamente orlate di rosso, e munite di un- cini rossi. Le mascelle, il labbro inferiore e lo sterno sono bianchi. Il labbro inferiore è corto, quasi triangolare, col vertice ottuso. L’ad- dome è allungato, cilindrico, di un colore grigio oscuro. Le zampe ed i palpi sono di colore giallo verdastro senza traccie di anelli. Lunghezza totale della femina mill. 5 — Vive nella Toscana. 2. Dysdera Ninnti, Canestr. Il cefalotorace è ovale, il capo convesso. Le mandibole sono deboli, nel maschio più robuste che nella femina, sulla faccia anteriore fornite di scarsi peli, col margine interno rivestito di peli lunghi e fini. Lo sterno porta dei peli fini e corti. L’addome è cilindrico, profondamente separato dal cefalotorace, portante all’apice le filiere molto allungate. Le zampe portano peli corti e scarsi, i soli tarsi ne vanno più ricchi. Il colore dell'animale è il seguente. Il cefalotorace e le mandibole sono di un bruno giallastro, con numerosissimi pori visibili colla lente, i soli uncini delle mandibole sono rossi. Gli occhi hanno co- lore biancastro e sono circondati di nero alla base. Lo sterno è giallo sudicio, orlato di rosso, fornito anch”esso di molti pori, più piccoli Vol. XI, by 846 C. CANESTRINI E P. PAVESI, che quelli del cefalotorace. L’addome è uniformemente grigio. Tutte le zampe sono ugualmente colorate, cioè di un bel giallo chiaro, con colorazione rossa presso le articolazioni e coll’ estrema punta nera. — Il cefalotorace è nel maschio relativamente più lungo che nella femmina. Questo ragno fu osservato nel Trentino, nel Veneto e nel- I Emilia. Il maschio adulto misura in lunghezza, non comprese le mandibole e filiere, mill. 8, la femina mill. 8 1/9. Dimensioni : Lunghezza del cefalotorace nella fem. mill. 3,0. ”» di una zampa del 41° pajo . » 8,0. ” ” pt, 9 ina 6,7. » del cefalotorace nel maschio » 3,6. >» di una zampa del 4° pajo . » 10.5. ”» » PAS MIRL TALI 10,0. 3. Dysdera grisea, Canestr. Gli occhi intermedii anteriori sono tra loro meno discosti di quanto importa il diametro di uno di essi. La femina ha il cefalotorace e le mandibole di colore rosso giallastro, il primo orlato di nero; le sue zampe sono gialle sudicie colle articolazioni tinte in rosso, lo sterno è giallo contornato di bruno, gli occhi sono bianchi verdastri. Il maschio ha il cefalotorace verdastro orlato da sottile linea nera, talora mancante, con breve rima mediana; le sue mandibole sono verdastre, volgenti al rosso verso l'apice; le zampe ed i palpi sono di colore verde giallastro, con tinta rossa presso le articolazioni, questi ultimi coll’apice rosso chiaro; lo sterno è giallastro, fornito di peli bruni, più fitti alla periferia. L’addome è grigio biancastro in ambo i sessi, coperto di numerosissimi peli bruni. Caratteristica è la seguente armatura delle zampe. | femori del 1.° pajo di zampe portano alla faccia interna verso l’articolazione superiore 4-3 setole nere aggruppate insieme in piccolo spazio; quelli del 2.° pajo ne ARANEIDI ITALIANI 847 portano 4 disposte in serie longitudinale ; quelli del 3.° pajo ne por- tano due file, di cui ciascuna comprende 3-5 setole; quelli del 4,° pajo pure due file, tra cui la posteriore si estende lungo tutto il fe- more e conta 8-6 setole, mentre l’ anteriore raggiunge solo la metà della lunghezza del femore e si compone di 4 setole. Nelle zampe del 3.° e 4.° pajo la tibia e il meta tarso vanno muniti di numerose setole disposte in file longitudinali. Il maschio è lungo mill. 6, la femina mill. 7. — Vive nel Trentino e nell’ Emilia. 4. Dysdera tesselata, nob. Questa specie è intermedia tra la D. punctata del Koch, e la D. Hombergii del Walckenaer. Si accosta alla prima pel colore del- l'addome, ma se ne allontana per la mancanza dei pori nel cefaloto- race, d’altra parte somiglia alla D. Hombergii per la colorazione delle zampe, da cui differisce per molti altri caratteri. Il cefalotorace è assai breve e stretto, gli occhi mediani anteriori sono più grossi degli altri e talmente tra loro ravvicinati che quasi si toccano, gli occhi mediani posteriori sono assai piccoli e vicinissimi l’uno all’ altro. Le mandibole sono brevi e deboli, e discendono ver- ticalmente, il labbro inferiore è due volte più lungo che largo ed al- l’apice rotondato. Il cefalotorace è liscio, bruno rossastro, con margine nero pie- gato in alto. Lo sterno, le mascelle ed il labbro inferiore offrono tinta più chiara. L’addome è lungo e cilindrico, di colore giallo sudicio, con mac- chie brune quadrate e quadrangolari, il ventre è giallo nel mezzo e porta in ciascun lato tre grandi macchie brune disposte in serie longitudinale, Le zampe sono tutte egualmente colorate; cioè gialle coi femori e le tibie volgenti al bruno. Il nostro esemplare feminile è lungo mill. 8,4, tra cui 3,4 co- stituiscono la lunghezza dell’ addome; il cefalotorace è lungo 2 mill. Vive nei dintorni di Lugano. 848 G. CANESTRINI E P: PAVESI, 5. Micaria aurata, Canestr. Il cefalotorace è lungo quanto la tibia e patella del 4.° pajo di arti riunite insieme. Gli occhi sono neri e disposti in due file tra Joro quasi parallele; gli intermedii anteriori sono più grandi e. più spor- genti dei laterali anteriori. Il cefalotorace è ovale, rossastro, fitta- mente coperto di pelo dorato, con un: leggero solco sul confine tra il capo ed il torace, e con una macchia triangolare bruna nel mezzo; manca la rima mediana. Le mandibole, le mascelle e lo sterno, sono gialli rossastri. L’addome è ellittico, nero, con lucen- tezza verde, e con una bella fascia bianca trasversale. nel mezzo della sua lunghezza. Il ventre è nero; le filiere sono bianche. Le an- che ed i trocateri sono gialli, i femori bruni, le altre parti. delle zampe gialle, solo nelle 4 zampe posteriori con sfumatura bruna. — Vive nel Modenese ed in Lombardia. La femmina, sui cui è compilata la descrizione , ha una lunghezza totale di mill. 3, tra cui mill. 1,4 costituiscono la lunghezza del ce- falotorace. Il maschio è più piccolo, lungo appena mill, 2 1/y 6. Micaria exilis, Canestr. Tutto l’ animale è assai sottile ed allungato. Gli occhi della fila anteriore sono tutti di eguale grandezza. Il cefalotorace è lungo quanto la patella e tibia insieme del #.° pajo di zampe e di co- lore uniformemente nero. Manca la rima mediana. Le mandibole. sono superiormente nere, all'apice ed inferiormente giallastre; le mascelle ed il labbro inferiore sono neri alla base e giallastri verso l’apice. Lo sterno è più lungo che largo, rotondato anteriormente, appuntato al- l’apice posteriore , nero e rivestito di scarsi peli. L’ addome è nero con bellissima lucentezza metallica rossa, specialmente alla faccia in- feriore, e porta due paja di fascie bianche trasversali oblique, il pri- mo pajo trovasi alla base, il secondo nella metà della lunghezza ; dove osservasi una leggera impressione trasversale dell’ addome. Le citate fascie non raggiungono la linea mediana dell’ addome e quindi = ai e RR ARANEIDI ITALIANI 849 ciascuna di ogni lato resta staccata dall’ omologa del lato opposto. Le zampe del 1.° pajo sono nere dalla radice sino presso all’apice del femore, le altre parti sono bianche; le anche del 2.°3.° e 4.° pajo sono bianche con anello nero presso l’apice; il trocantere ed il fe- more del 2.° e 3.° pajo sono neri, il resto è bianco; nel 4.° pajo il trocantere e la parte inferiore del femore sono neri, la parte su- periore di questo, la patella e la tibia sono bianche con screziatura nera, il metatarso è nero, il tarso bianco, I primi due anelli dei palpi, nella femina, sono neri, gli altri bianchi. — Lunghezza to- lale mill. 4, lunghezza del cefalotorace mill. 1,4. E affine alla M. myrmecoides Ohlert. — Vive nel Modenese. 7. Drassus laticeps, Canestr. Il cefalotorace è breve e largo ; la sua lunghezza è uguale a quella della patella e tibia insieme del 4.° pajo di zampe. La rima mediana è breve; innanzi ad essa esiste una leggiera impressione. Gli occhi della fila anteriore sono collocati sopra una linea curvata in basso; i mediani sono molto maggiori ed assai più sporgenti dei laterali. An- che la fila degli occhi posteriori è curvata in basso ; tra questi i me- diani distano più tra loro che dai laterali; la distanza tra i mediani posteriori è maggiore che quella tra i mediani anteriori. Il cefaloto- race e le mandibole sono di colore bruno rossastro uniforme ; gli oc- chi sono bianchi giallastri, ad eccezione dei mediani anteriori che sono bruni. Lo sterno è rettilineò“anteriormente., appuntato poste- riormente, raggiunge la maggior larghezza nel mezzo, ed è colorato di rosso giallastro oscuro. L’addome è ovale, superiormente ed ai lati bruno verdastro, con due fascie gialle poco distinte nella faccia su- periore , le quali dalla base: si estendono in addietro fino circa alla metà della lunghezza; negli esemplari immersi nell’ alcool vedonsi dietro questa faccia alcune lineette gialle formanti degli accenti cir- conflessi poco marcati. il ventre è bianco. giallastro, colle parti ge- nitali rosseggianti. Le zampe sono gialle coi metatarsi e tarsi rossa- stri. Lunghezza totale di un esemplare feminile mill. 6, lunghezza del cefalotorace mill. 2 14/2. — Il maschio adulto ha colori più 830 G. CANESTRINI E P. PAVESI, foschi della femmina, cosicchè il cefalotorace e la faccia superiore dell'addome sono neri rossastri, essendo su questa meno distinte le fascie gialle. La porzione tibiale dei palpi porta all’apice esterna- mente una lunga spina curvata in fuori ; l’ involucro della porzione tarsale si prolunga anteriormente in un rostro più lungo che le por- zioni patellare e tibiale insieme. La lunghezza totale del maschio è di mill. 5. Vive nel Modenese e nel Trentino. 8. Melanophora Kochi, Canestr. Le mandibole ed i palpi sono uniformemente gialli e rivestiti di numerosi peli corti. Il cefalotorace è di un giallo oscuro lurido, col- l’orlo nero, con un V nero nel mezzo e con strisce oscure, poco di- stinte, che dal margine corrono verso il centro. L’addome è nero, riccamente peloso, con una corona di peli diretti in avanti al mar- gine anteriore. Lo stesso porta quattro punti infossati, due anteriori, e due posteriori, questi alquanto più discosti tra loro che quelli. Lo sterno, il labbro inferiore e le mascelle sono di un giallo sudicio, il primo orlato di nero, le ultime colla punta nera, Le piastre polmo- nali sono gialle chiare. Le zampe sono uniformemente gialle alla base ed all’ apice, gialle miste ad un verde oscuro nel mezzo; il tarso e metatarso volgono talora al rosso. Gli occhi sono chiari verdastri, ad eccezione degli intermedii anteriori che sono bruni. — Lunghezza totale circa mill. 5. — Vive nell’Emilia. Dimensioni di una femmina adulta : Lunghezza ‘totale: 000 DREnRAOR » dell'addetto RO n Larghezza massima dell'addome . . . . .° » 4,3. Lunghezza di una zampa del 41.° pajo . . . » 5,3. ” ” L'alta 9% . . 5 »” 6,0. 9. Melanophora gracilis, Canestr. Il cefalotorace è più lungo che la patella e tibia insieme del 4,° pajo di zampe ed è colorato uniformemente in nero; è molto stretto ARANEIDI ITALIANI 854 anteriormente, e tagliato in linea retta al suo margine posteriore. L’addome è allungato, quasi ugualmente largo in tutta la sua lun- ghezza, di color nero uniforme, rivestito di numerosi peli corti e fini, con una corona di peli più lunghi alla base. Lo sterno è ovale, posteriormente appuntato , bruno verdastro, lucente, con scarsi peli finissimi. Le zampe ed i palpi sono riccamente pelosi. Le anche ed trocanteri sono di colore verde oscuro con sfumature brune; i fe- mori, le patelle e le tibie bruri verdastri, il femore del primo pajo con macchia trasparente alla base della faccia interna; i metatarsi e | tarsi sono di colore verdastro o rossastro assai chiaro. Lunghezza della femina mill. 3; lunghezza del maschio adulto mill. 2 1/2. Questo piccolo ragno vive nel Modenese. Lunghezza delle zampe del maschio adulto. A pajos o aaa 440950) 0 Regintt, OE OO a, 3.» 1 OSTRA ASINO LI Ra 4°» SIRIT SITA MIE 10. Cheiracanthium italicum, nob. Walckenaer, nella Hist. nat. des Ins. Apt. I, 601, parla della Clu- biona nutrix, che nel mezzodì d'Europa raggiunge grandi dimensioni ; questa osservazione fu fatta anche da L. Koch (Drassiden, pag. 253), il quale non avendo esemplari adulti, non potè stabilire , se questo grande Cheirancanthium sia una varietà del Ch. nutrix od una nuova specie. Siccome possediamo alcuni maschi perfettamente adulti ci siamo convinti, trattarsi di una specie nuova e ben diversa dalle altre fin ora conosciute. ll Ch. italicum maschile, quando è adulto, raggiunge una lunghezza di 13-15 millimetri, con un cefalotorace lungo millimetri 6 4/2-8. Esso differisce dal Ch. nutrix per la struttura dei suoi palpi, impe- rocchè Ì’ appendice cornea dell’anello 4.° ossia tibiale è distintamente bifida all’apice, come nel Ch. pelasgicum; e perchè lo sprone 852 G. CANESTRINI E P. PAVESI, L | Ul dell’ involucro tarsale non è in lunghezza che circa la metà dell’ a- nello tibiale. Qnest’ullimo carattere lo distingue anche dal Ch. pela- sgicum, da cui inoltre differisce per l'armatura dei femori. Ecco ora la descrizione del maschio. Il cefalotorace è relativamente assai lungo e raggiunge la massima larghezza tra il 2.° e 3.° pajo di zampe. Innanzi alla linea che congiunge le due zampe del 3.° pajo esso si inarca, cosicchè il capo è distintamente convesso. Il suo colore è un rosso giallastro lucente. Gli occhi sono posti entro un cerchio ne- ro; i mediani anteriori sono maggiori degli altri, e distano ‘tra loro meno che i mediani posteriori. Lo spazio che separa tra loro i me- diani anteriori è appena la metà di quello che separa ciascun ‘me- diano anteriore dal suo laterale anteriore. Le mandibole sono enormi, dirette in basso ed avanti, al margine inferiore-interno rivestite di lunghi peli e munite di due denti, tra cui l’anteriore è più robusto del posteriore. Il loro colore è quello del cefalotorace; solo all’apice si fanno nere rossastre ; l’uncino è nero verso la base, rosso traspa- rente verso l'apice. L’addome è colorato come quello del Ch. nutrix; le zampe sono giallastre colla punta nera, i palpi sono pure gialla- stri col tarsale nero. Dimensioni del maschio adulto. Lunghezza totale senza le mandibole .. mill. 45. ” delle mandibole coll’uncino .. . » 42. ” del-gefalotorace iii a a? 8. Larghezza massima del cefalotorace . . . » 6,2 Lunghezza di una zampa del 4.° pajo » 46. si » 2. » ”» 51/90: 8 s » 5 PRON si ARI ” ” hors ” 34. Armatura dei femori. Pajo 1 e II, Davanti 4,4. » IL ” 4,4, Di dietro 4A. » IV. »” 4,1. » I. Possediamo anche una femmina adulta riferibile a questa specie ; ARANEIDI ITALIANI 853 in essa le mandibole sono assai più corte e cadono verticalmente in - basso; la statura è minore, contando la lunghezza totale mill. 412, ed il cefalotorace mill. 6; inoltre nei femori del 4.° pajo scorgesi sul davanti un'unica spina. — Questa specie vive nel Modenese. 11, Clubiona pulchella, Canestr. LI Il cefalotorace è lungo quanto la patella e tibia insieme del 4.° pajo di zampe. Gli occhi intermedii anteriori sono più discosti ira loro che dai laterali anteriori. Le tibie del 3.° pajo di zampe por- tano inferiormente 2 setole. Le mandibole s’abbassano verticalmente. Le zampe più lunghe sono quelle del 4.° pajo, cui fanno seguito quelle del 2.° pajo, le più corte sone quelle del 3.° pajo. Le mandi- bole sono rosso-brune , scarsamente rivestite di peli; gli occhi sono circondati alla base di nero, ed banno un colore giallo chiaro, ad ec- cezione dei mediani anteriori che sono oscuri. Il cefalotorace è giallo rossastro chiaro, con rima mediana breve, e stretto orlo nero. L’ ad- dome è di un rosso oscuro, fittamente picchiettato di piccole macchie bianche rotonde. Alla base del medesimo nasce nel mezzo una figura longitudinale, che si estende fino dietro alla metà della di lui lunghez- za, diminuendo continuamente in larghezza, cosicchè finisce in punta. Questa figura è orlata di bianco lungo il suo corso, e dietro la punta seguono quattro accenti circonflessi bianchi. Il ventre è bianco. Lo sterno è uniformemente giallastro. Le zampe sono di color giallo chiaro uniforme. — Vive nel Trentino. Dimenstoni di un maschio adulto. kunghézza totale. ../.,. sutohhe 55 mill/40;20 » del cefalotorace o;to)bligtan ob we 40. Massima larghezza ‘dell'addome .. ... . » 53,0. Lunghezza di una zampa del 1.° pajo . . » 9,0. ” ” Hi» Mie RIORE 10,8. Armatura delle zampe. Pajo 4.° e 2.°. Femore: sopra 4,1,1; davanti 1 Tibia sotto 2,2. Pajo 3.° e 4.° Femore: sopra 1,1,1; davanti 1; di dietro 4. ,Pa- tella: di dietro 41. Tibia: davanti 41,1; di dietro 4,4 ; di sotto 41,4, 854 Gs CANESTRINI E P. PAVESI, 12. Enyo italica, Canestr. Maschio. Il cefalotorace è lungo quanto 1’ addome, anteriormente ristretto, posteriormente largo e rotondato. Gli occhi della prima fila sono disposti in linea retta, i due laterali della stessa fila sono dispo- sti obliquamente, colla divergenza in dietro. | due occhi laterali della serie posteriore sono assai ravvicinati ai laterali della fila anteriore. Il cefalotorace è giallo rossastro colla rima mediana ben distinta e munito di alcune striscie che dalla rima mediana vanno verso la pe- riferia, e di due linee curve a modo di x innanzi alla rima. Gli oc- chi anteriori mediani sono neri; gli altri bianchi. L’addome è nero sul dorso, grigio ai lati e sul ventre. Lo sterno è bianco giallastro, con orlo rossastro. I femori sono gialli rossastri, le altri parti delle zampe sono di colore giallo biancastro. I palpi sono colorati come i femori. Le filiere sono bianche, circondate di nero con una macchia bianca rotonda superiormente verso il dorso. La femmina è alquanto più grande del maschio, il suo addome è più lungo del cefalotorace. Nelle quattro zampe anteriori i femori sono bruni rossastri, nelle quattro posteriori gialli sudici.] palpi sono alla base bruni rossastri, come i femori anteriori. Questa specie differisce dall’Enyo graeca principalmente per la disposizione degli occhi; dall’ E. germanica pel colorito e per la sta- tura. — Vive nel Veneto e nel Modenese. | Dimensioni di una femmina. Lunghezza dell'addome . . . . . . mill. 2,3. ”» del. cefalotorgee 4351w0t0i5ia0 [sh n e A » di una zampa del 1.° pajo. . » 53,8. ” ” Gita » 4,0. ” d.°. » pi » ”» 43» ” b,8. Il maschio raggiunge una lunghezza totale di 3 mill. ; la femmina di mill, 3,9. ARANEIDI ITALIANI 855 13. Formicina mutinensis, Canestr. Caratteri del genere FMormicina Canestr. Affine al genere Pachygnatha Sund. Le mandibole però non di- vergono fra loro ad angolo quasi retto, ma appena si scostano l’ una dall’altra verso l’ apice. Inoltre l'addome si unisce al cefalotorace mediante un lungo stelo nodoso, che ricorda le formiche, e non è depresso, ma globoso. Quanto ad altri caratteri, osservasi, che gli occhi mediani sono collocati sopra una comune elevazione; che tra essi i posteriori sono più discosti dai laterali posteriori che tra loro; che gli occhi mediani anteriori sono talmente avvicinati l’ uno all’ al- tro, che quasisi toccano: che inoltre i laterali si toccano a vicenda. ll cefalotorace è assai allungato e stretto ; tra le zampe quelle del 4° pajo sono le più lunghe, cui fanno seguito, decrescendo, quelle del 2°, 4° e 3° pajo. Caratteri della specie Formicina mutinensis. ll cefalotorace e le mandibole sono uniformemente colorati di rosso oscuro; i palpi sono rossastri, cogli ultimi due articoli volgenti al bruno. Lo sterno è bruno con stretto orlo nero. L’addome ha supe- riormente un fondo giallo verdastro, su cui vedesi una linea mediana longitudinale bruna, intersecata da lineette brune, le quali anterior- mente presso il cefalotorace danno origine ad una macchia in forma di punta di freccia. Ai lati della linea longitudinale esistono delle macchie brune rotonde, ed all’ esterno di queste delle macchie bian- che argentee in due file parallele, 4 in ciascuna fila, tra cui una mag- giore delle altre sopra l’ ano. I lati dell'addome ed il ventre sono bruni verdastri, colle parti genitali rosseggianti. Le zampe sono uni- formemente gialle, i soli femori portano alla base una macchia nera. — Vive nel Modenese e nella Lombardia. Dimensioni di una femmina : Eunghezza: totale... ... .-. mill 5,8 » dell'addome. . . . . » 1,9. » di una zampa del 1° pajo . » 6,5. ” ”» 2° 4 » 5,0. » » VIBRATA » 3,d. » » fim in 9 856 G. CANESTRINI E P. PAVESI, 14. Formicina pallida, Canestr. Il cefalotorace, le mandibole e lo sterno sono di un rosso uniforme , chiaro ; i palpi sono rossi giallastri. L’ addome è più corto che. nella specie precedente, quasi perfettamente sferico; superiormente di co- lore bianco giallastro, con una linea bruna longitudinale nel mezzo assai sbiadita, tagliata da lineette trasversali, tra cui la prima è la più distinta e per essere curva dà origine ad una macchia della forma di punta di freccia. Nella metà posteriore dell’addome esistono 4 mac- chie nere poste in quadrato, ed 8 macchie argentee in 2 file. I lati del- l'addome sono giallastri, attraversati da una striscia oscura che in cia- scun lato parte dalla macchia bruna posteriore e scorrendo obliqua- mente in avanti ed in basso va a confondersi col bruno del ventre. Il ventre è bruno verdastro con una serie di macchiette chiare in cia- scun lato. Le zampe sono uniformente gialle chiare, solo i femori dell’ ultimo pajo (e talora anche quelli del 3.°) portano alla base po- steriormente una macchietta bruna. — Vive nel Modenese. Dimensioni di una femmina. Lutihezza%otale Stioog por slepespaie) .anifla 38î » dell'addome... . ni 4971 | ’» di una zampa del 4.° pajo . » 7,0. i » ria Gia bo GIO 50640) ”» ” Bino dI » 53,7. | » » 4itirs #2 » B,0. i AB. Theridium Nicoluccti, nob. Alcune specie di genere Theridium hanno tra loro grandissima af- finità, senza che perciò si possano fondere in un’unica specie. . Tali. sono il Th. paykullianum Walk., il Tb. hamatum C. Koch, il Th maculatum Walck., il Th. lunatam €. Koch, ed il Th. ornatum Sav. Recentemente ebbimo dall’isola di Sora per mezzo del dott. Giu- stiniano Nicolucci 4 esemplari di un Theridium, che conta tra i suoi ARANEIDI ITALIANI 857 prossimi parenti il Th. hamatum ed il Th. ornatum, dai quali però dif- ferisce non meno che questi tra loro o dalle altre specie sopra citate. Avendone avuto 4 esemplari perfettamente uguali tra loro , credia- mo di dover stabilire una nuova specie. Gli. occhi laterali di ciascun lato sono tra loro assai ravvicinati ; tutti gli occhi sono bianchi verdastri, ad eccezione dei mediani ante- riori che sono neri. Il cefalotorace è giallo verdastro e porta nel mezzo una larga impressione profonda, da cui partono quattro linee brune ben marcate, di cui due corrono in avanti fino presso al mar- gine esterno degli occhi laterali, e due in dietro verso l'angolo po- steriore esterno del cefalotorace, costituendo così una figura a forma di X, dividendo il cefalotorace in 4 triangoli, A anteriore, 4 poste- riore, 2 laterali, questi ultimi ad un dipresso settori di circolo. Il triangolo anteriore è diviso in 2 metà laterali da una linea che dal centro scorre tra gli occhi mediani posteriori in avanti; il triangolo posteriore porta 2 punti bruni, posti l'uno accanto all’altro: in ogni triangolo laterale scorrono dal centro verso la periferia due linee infos- sate. Lo sterno è di giallo più o meno chiaro e di forma triangolare. L’addome è superiormente bruno rossastro, con una fascia gialla che orla il margine anteriore, due macchiette rotonde dello stesso colore in cadaun lato, tra cui la posteriore è talvolta indistinta, e tre mac- chie triangolari gialle lungo Ia linea mediana, distintamente separate tra loro e decrescenti in grandezza dall’avanti all'indietro. La faccia inferiore dell'addome è bianca alla radice, colle parti genitali e gli stimmi bruni; bruna rossastra nella parte rimanente, con due linee bianche longitudinali, una per lato, che vanno convergendo verso l’ano e circondano la filiera. Le zampe sono verdastre colle articola zioni rosseggianti superiormente, macchiate in bianco inferiormente. Dimensioni di una femmina adulta. Lunghezza totalean! silab plossig ul v00umill.à 8/00 » del.cefalotorace. i... » 3,00 s di una zampa del 4.° pajo. » 45,00 ” ”» Dia ».. 15,00 » 5 dio » 11,00 ” s IAA »” 15,00 858 G. CANESTRINI E P. PAVESI 16. Linyphia rubecula, Canestr. Il cefalotorace è breve, anteriormente poco stretto ed ai lati ben “ rotondato; il capo è piuttosto rilevato e separato dal torace per mezzo di due leggeri solchi laterali. La maggior larghezza del cefalotorace trovasi tra le zampe del 2.° e 3.° pajo, ed è il doppio circa della larghezza del capo al margine anteriore. La distanza degli occhi me- diani anteriori dal margine inferiore del clipeo (ossia dalla base delle mandibole) è maggiore di due diametri di questi occhi stessi, i quali distano tra loro un po’ meno che dai laterali. La fila degli occhi an- teriori è quasi rettilinea, mentre quella degli occhi posteriori è for- temente curvata in avanti. Nella femmina la porzione patellare dei palpi è più breve della tibiale e porta superiormente presso l’artico- lazione patellare-tibiale una lunga setola; un’altra tale trovasi presso l’articolazione tibiale-tarsale ; il tarso è irto di setole. Nel maschio la porzione patellare dei palpi è pressochè uguale in lunghezza alla por- zione tibiale; la tarsale porta superiormente nel mezzo una robusta spina, larga alla base, corta, finita in punta acuta e alquanto curvata in fuori. Le mandibole discendono verticalmente e sono armate al margine inferiore di alcune spinette, visibili con forte ingrandimento. Lo sterno è largo e triangolare. L’addome è piuttosto breve, convesso superiormente, e copre la parte posteriore del cefalotorace. L’epigi- nio è molto prominente. Il colore dell’animale è il seguente. Tutto il corpo è di un bel color rosso alquanto volgente al giallo, che si fa più chiaro e perfino biancastro nell’alcool. Gli occhi spiccano sopra base nera e sono di un giallo verdastro, ad eccezione dei mediani anteriori che sono neri; lo spazio che separa questi ultimi è bruno. Le parti genitali sono colorate in nero. Le zampe ed i palpi sono di colore giallo rossastro uniforme; i soli palpi si fanno più oscuri al- l’ apice. Il maschio è di poco più piccolo della femmina. Dimensioni di una femmina adulta. Lunghezza totale tei, ee Soil 0 ” di una zampa del 4.° pajo . . » 4,0 ARANEIDI ITALIANI 859 Lunghezza di una zampa del 2.° pajo. . mill. 3,8 ” ” Sio cea » 3,0 » ”» hO a vati » 5,4 Vive nella Lombardia, nel Veneto e nel Trentino. 417. Linyphia lithobia, nob. Il cefalotorace è piano, solo verso il capo alquanto convesso. Esso è di colore bianco-giallastro, con una fascia bruna longitudinale in ciascun lato. Gli occhi mediani anteriori sono maggiori degli altri, rotondi, portati molto in avanti, meno di quanto importa il loro dia- metro disposti dal margine inferiore del clipeo; essi sono bruni, men- tre tutti gli altri occhi, che hanno forma ovale, sono bianchi lucenti, circondati di nero alla base. Le mandibole sono lunghe e robuste e co- lorate come il cefalotorace. Lo sterno è triangolare, bianco-giallastro nella femmina, con orlo bruno, rivestito di peli neri ; nel maschio è interamente bruno. L’addome è superiormente bianco e porta in cia- scun lato 4 grandi macchie brune, disposte a paja, lungo una linea mediana bruna longitudinale; dietro ad esse, sulla porzione poste- riore-discendente dell’addome, esistono alcune fascie trasversali brune, I lati dell'addome e la faccia inferiore sono bruni; solo i primi por- tano una grande macchia bianca. Le zampe sono bianche giallastre, con anelli bruni più o meno distinti. Misure. Femmina Maschio adulta adulto Lunghezza totale... cubo ie il. 43 4,0 ” del cefalotorace . . . ”» 2,0 2,0 » di una zampa del 4.° pajo » -—- 5,5 » » PASSIONE ” 6,0 5,9 Il maschio perfettamente adulto porta sul capo dietro gli occhi mediani posteriori, alcune lunghe setole nere, disposte in una serie longitudinale, a destra ed a sinistra della quale si vedono altre setole più piccole. Il digitale del maschio porta al margine interno un ro- busto processo curvo, bifido all’apice. 860 G. CANESTRINI E P. PAVESI, Si conservano nel Museo di Modena alcuni esemplari d’ambo i sessi di questa specie, trovati sotto le pietre in Rabbi nel Trentino. Il dott. L. Koch, cui se ne spedì un esemplare per l’ispezione, scrive trovarsi questa specie anche nella Francia meridionale. 48. ÉEpeira ornata, Canestr. Gli occhi intermedii anteriori sono più piccoli. e tra loro più disco- sti degli intermedii posteriori. Gli occhi laterali sono posti l’ uno die- tro all’altro, non si toccano-a vicenda, e sono di eguale grandezza . Il cefalotorace è bruno; nel mezzo esiste un triangolo giallo-rossastro, colla base anteriore ed il vertice posteriore: entro questo triangolo vedonsi anteriormente dei punti neri. Le mandibole sono brune, ros- sastre, cogli uncini più chiari. Le mascelle ed il labbro inferiore sono verdi, giallastri, uniformi. Lo sterno è del colore delle mandibole. L’ad- dome porta due tubercoli bassi ed ottusi, ed è bianco giallastro, mu- nito superiormente di una fascia longitudinale uniforme nerissima, che nasce alla base, si estende allargandosi sulla faccia anteriore dei tubercoli e continua poi, gradatamente restringendosi, sino all’ano. Questa fascia porta dietro i tubercoli, ai lati, dei processi, tra cui .i primi e: più lunghi sono diretti obliquamente in avanti, gli altri oriz- zontalmente in fuori. Ciascuno dei lati dell'addome porta una. fascia nera crenata al margine superiore. Il ventre è giallastro. con fascia oscura nel mezzo. Le anche sono gialle, i femori sono gialli alla base, neri superiormente; le altre parti degli arti sono nere e portano a- nelli gialli. Ypalpi sono gialli, macchiati di nero: il digitale è giallo, solo alla faccia anteriore-interna è bruno, e porta una breve striscia trasversale alla base. — Vive nel Modenese. Dimensioni di un maschio adulto. Lunelrezza totale: 0,0 in A i B01 ”» dell'addomes:=- in ni 539% Massima larghezza dell'addome. . . 1 S0E Lunghezza di una zampa del 4.° pajo . » 8,0. te A g0 Py o trltol e 68) » » DIR 4A 3) 142 3? s9 4,9 » LI 29 db,7. ARANEIDI ITALIANI 8601 19. Epeira biocellata, Canestr. La specie cui più si accosta è la £. sollers Walck. Il cefalotorace è di un giallo rossastro assai chiaro, con una breve striscia longitu- dinale rossatra nel mezzo. Gli occhi mediani sono posti in quadrato; i laterali si toccano tra loro e sono sulla siessa linea dei mediani poste- riori. Questi sono più grandi dei mediani anteriori e gialli alla periferia e neri nel mezzo, mentre i mediani anteriori sono interamente bruni. l palpi sono gialli rossastri. Le mascelle, il labbro inferiore e lo sterno hanno color biancastro. L’addome è giallo sudicio, anteriormente or- lato di bruno, con due macchie profondamente nere nel mezzo, po- ste l’una accanto all’ altra. Verso l’apice dell'addome vedonsi due li- nee brune, poco distinte, convergenti, che presso l’ano quasi si toc- cano. 20. Dictyna mandibulosa, nob. Questa specie s’avvicina per la struttura dei palpi maschili alla D. latens, da cui differisce per la maggior statura, pel colore e pei caratteri offerti dalle mandibole. Queste sono lunghissime , in guisa che, non contando l’ uncino, sono lunghe quanto la tibia del primo pajo di zampe; inoltre esse non discendono verticalmente, ma obbli- quamente in basso ed in avanti; in fine lo°scavo tra esse non è di forma ovale, ma pressochè circolare. La porzione tibiale dei palpi maschili non porta spina alcuna. Il cefalotorace è bruno-rossastro, le mandibole sono rosso-giallastre. L’addome è nero, lucente e liscio. Il labbro inferiore e lo sterno sono del colore dell'addome, il secondo coperto di peli bianchi, di cui se ne scorgono anche sul ventre di- sposti in strisce trasversali. Le zampe edi palpi sono di un colore misto di giallo sudicio e bruno, il bruno si manifesta specialmente nelle tibie del 1.° e 2.° pajo di zampe, e nei femori e nelle tibie del 3.° e 4.° pajo. Vol. XI B3 862 G. CANESTRINI E P. PAVESI, Dimensioni del maschio adulto. Lumghezza totale > <->. cre ss di una zampa del 4.° pajo. . » 4,2 » » DOMIR, EREZIOA o. 9,7 » » DIO: Tua Pini ». 2,8 ” D) (ARRE n» 3,0 ‘ Questa specie vive nel Veneto, dove fu raccolta dal dott. Ninni. 21, Amaurobius 12-maculatus, Canestr. Il cefalotorace è lungo quanto la patella e tibia insieme del primo pajo di zampe. La rima mediana è breve e profonda: da essa partono dei solchi profondi che scorrono verso la periferia. Gli occhi ante- riori sono disposti sopra una linea relta: i mediani distano tra loro un po’ meno che dai laterati. La fila posteriore degli occhi è incur- vata, essendo i laterali collocati più in basso dei mediani; questi di stano ugualmente tra lorò è dai laterali. L’addome è ovale, anterior- mente rotondato, posteriormente finito in punta. !l cefalotorace è bruno rossastro con orlo nero; le mandibole sono più chiare e lucenti e portano alla base esternamente un tubercolo bianco; lo sterno è ora del colore del cefalotorace, ora nero. L’addome è nero e porta 12 macchie gialle allungate, poste obbliquamente a paja., 6 in ciascun lato ; esse decrescono gradatamente dall’avanti all’ indietro; quelle del primo pajo rappresentano una fascia, interrotta nel mezzo, al mar- gine anteriore dell’addome; il 2.° pajo di esse dista assai più dal 1,° pajo, che le altre paja tra loro. Le zampe sono gialle con anelli neri; di questi se ne vede uno nella metà superiore del femore, uno sulla patella, un altro presso l’apice della tibia, un altro presso l’apice del metatarso; la punta del tarso è nera. Il calamistro è sviluppatissimo sul lato esterno del metatarso nel 4.° pajo di zampe. Dimensioni di un maschio adulto. Lunghezza totale; 2}: 0.0 e 4-3 AMO . ’» del ‘cefalotorace.-. i... » 2,5 ARANEIDI ITALIANI 863 Larghezza maggiore dell'addome . . . mill, 2,1 Lunghezza delle zampe del 41.° pajò . . —» 7,0 È ò au il vagnii10 33 39 Si? ta) . o Le) d,2 » » 4. a PRI » 6,1 Questa specie non è rara nel Modenese sotto alle pietre. 22. Pholcus ruber, Pavesi. Addome cilindrico, rosso vivo di carmino, con una breve linea longitudinale mediana, e quattro punti a ciascun lato di essa di un rosso più carico. Cefalotorace, zampe e palpi incolori. Occhi su base nera; l’ interno dei gruppi laterali assai lucente. Lunghezza, mill. 3. Un unico esemplare fu preso a Pavia nel dicembre. La piccolezza dell’ animale ed i residui del vitello che formano lo stomaco annulare, i quali si vedono attraverso il cefalotorace, fanno credere che sia un giovane individuo. Ma non devesi confondere con giovani delle altre specie nostrane, i quali hanno ben presto i loro caralteri differenziali. 23. Tegenaria circumflexa, nob. Il cefalotorace è bianco-giallastro, con una fascia longitudinale dentata bruna in ciascun lato e con orlo nero. Gli occhi anteriori sono posti sopra una linea alquanto curvata in basso. e tra essi i mediani sono assai ravvicinati tra loro e distintamente più piccoli degli altri. Gli occhi posteriori sono disposti in linea curvata in basso, ed i mediani distano più tra loro che dai laterali. Le mandibole poco robuste discendono verticalmente, sono colorate di bianco-giallastro, e ciascuna porta sulla faccia anteriore due strisce longitudinali nere. Le mascelle sono del colore generale delle mandibole; il labbro in- feriore volge all’ olivastro. Lo sterno è interamente biancastro, con un finissimo orlo bruno appena percettibile. L’addome è nero, con mac- chie gialle ai lati; esso porta nel mezzo della faccia superiore una fascia gialla, anteriormente assai larga, in cui esiste una macchia fusiforme 80604 G. CANESTRINI E P. PAVESI, poco distinta. La fascia gialla si restringe posteriormente e si risolve nella metà posteriore dell’addome in una serie di macchie gialle a for - ma di accenti circonflessi. Il ventre è giallastro, con macchie nere, dispo- ste in quattro serie longitudinali. Le zampe del 1.° pajo hanno il fe- more e la tibia olivastri, il metatarso e tarso bianchi ; quelle del 2.° e 3.° pajo hanno tre anelli al femore e due alla tibia; quelle del 4.° pajo portano tre anelli sul femore, essendo le parti rimanenti bianche. Le filiere sono cortissime. Dimensioni di un maschio adulto. Lunghezza'totale i: iu 0a cile e » dell'addome (06 i.e RE » di una zampa del 1.9 pajo . . » 6,6. ss ” » 4,° pajo . . ». 9,0. L’articolo femorale dei palpi porta superiormente tre setole nere robuste ; l’ articolo patellare è più lungo del tibiale ed alquanto ri- gonfio; il tibiale è munito al margine esterno presso l’articolazione tibiale-tarsale di una breve spina nera; l’involucro tarsale è ricca- mente villoso. Questa specie somiglia alla Philoica notata pel colore della faccia superiore dell’addome e del cefalotorace; ma se ne scosta per la disposizione e relativa grandezza degli occhi, pel eolore del ventre e delle zampe, e per la statura alquanto minore. Inoltre Ja medesima si avvicina alla Philoica advena, per la statura e pel colore del ven- tre, allontanandosene però pel colore del cefalotorace, della faccia superiore dell'addome e per la disuguaglianza degli occhi. Ne possediamo un unico esemplare maschile, raccolto a Lonedo presso Vicenza. 24. Pyrophorus venetiarum, Canestr. Le mandibole sono larghe, superiormente piane, internamente munite di robusti dentelli, colorate di nero. L’uncino è lungo, mu- nito al margine interno di un dente lungo ed acuto a breve distanza ARANEIDI ITALIANI 865 dalla base, e di due piccolissimi rialzi a guisa di asprezze innanzi al ‘dente predetto. L’uncino è nero alla base, rossigno verso l’ apice. Il capo è superiormente piano e di colore nero, posteriormente in- cavato, per cui gli occhi laterali posteriori stanno sopra due emi- nenze oltuse. Îl capo risulta diviso dal torace per mezzo di due solchi laterali, semicircolari, colla concavità rivolta in avanti, che non raggiungono la linea mediana. Il torace è rosso-giallastro orlato di nero. Lo sterno è allungato e stretto, giallo rossastro con orlo bru- no. L’addome è inferiormente e lateralmente di un nero intenso ; solo sul ventre scorre in ciascun lato una doppia linea giallastra dalle piastre polmonali verso l’ano; la faccia superiore offre nella metà anteriore il colore del torace, nella posteriore è nera. Nella metà anteriore si notano in ciascun lato due figure nere, che sporgono entro il campo rosso-giallastro ; l'anteriore di esse è breve, di forma triangolare e dista molto da quella del lato opposto ; la posteriore è lineare, scorre obliquamente in avanti e raggiunge quasi l’ omologa dell’ altro lato. Il colore generale delle zampe è giallo ; quelle del 4.° pajo hanno il femore ed il metatarso nero, quelle del 2.° pajo portano sulla faccia interna una striscia nera , e sulla faccia inferiore del trocantere un punto nero ; quelle del 3.° pajo hanno l’anca ed il trocantere sul lato esterno macchiato in nero; quelle del 4.° pajo “hanno l’anca ed il trocantere alla faccia esterna percorsi da linea nera, il femore bruno verso l’ apice, la patella e tibia esternamente percorsi da linea nera, ed il metatarso nero. — Lunghezza dell’ ani- male, non comprese le mandibole, mill. 8, 2. Lunghezza dell’ ad- dome mill. 35. Lunghezza delle mandibole senza 1’ uncino mill. 2. Vive nel Veneto, dove fu raccolto dal dott. A. P. Ninni. 2%. Phyrophorus flaviventris, nob. È affine al P. venetiarum, da cui diversifica per i seguenti caratteri. La sua statura è minore, poichè il maschio adulto non misura in lunghezza, non contando le mandibole, che mill. 4. La metà poste- riore dell’ addome non è interamente nera; ma nera in avanti, gialla rossastra presso l’ano, cosicchè il nero non costituisce che una fa- 866 G. CANESTRINI E P, PAVESI, scia trasversale nella metà posteriore dell'addome. Dietro questa fa- scia nera osservasi una breve striscia nera trasversale, e sopra l’ano una macchietta nera rotonda. Il ventre è giallo-rossastro , fornito di una macchia nera, che, partendo dall’ano con larga base, si estende in avanti per un breve tratto, e finisce in punta. La forma di questa macchia è all'incirca quella di una punta di freccia. { trocanteri del 2.0 pajo di zampe non portano inferiormente alcun punto nero. Il metatarso del 4.° pajo di zampe è giallo, con traccie più o meno distinte di striscie nere. Negli altri caratteri questa specie concorda col /. venetiarum. — Ne abbiamo un unico esemplare maschile del Veneto, dove fu rac- colto dal conte Ninni. Abbiamo visto alla sfuggita un secondo esem- plare preso in Lombardia, concordante perfettamente col soprade- scritto, in cui però le mandibole non erano protratte nè straordina- riamente sviluppate. Siccome ci andò smarrito, non abbiamo potuto esaminarlo accuratamente; forse era la femmina della stessa specie. 26. Marpissa Canestrinii, Ninni. Questa specie s'avvicina per molti caratteri alla Marpissa muscosa, da cui però è distinta per parecchi altri molto importanti, La forma è assai allungata, come rilevasi dalla tabella che ripor- tiamo più sotto. Il cefalotorace ha colore misto di bruno e di grigio; un cerchio bruno che parte dal centro passa in ciascun lato sotto gli occhi della 3,° e 2.° fila, e finisce presso gli occhi laterali della 1.° fila. Tutti gli occhi sono neri, i mediani anteriori circondati di | peli corti dorati ; sotto ad essi discendono innanzi le mandibole lun- ghi peli bianchi. Le mandibole sono nere, cogli uncini all’apice rossi. Le mascelle sono olivastre, all'apice rotondate, metà sì lunghe delle mandibole, per cui guardando l’animale dal disotto, gran parte di queste rimane scoperta. Sotto agli occhi laterali della 41.° fila e sotto i due della 2.° fila vedonsi in ciascun lato due ciuffi di peli neri, dietro ai quali esistono due setole lunghe, isolate, poste l’ una dietro 1’ altra Lo sterno è stretto ed allungato, e coperto di peli bianchi, I palpi sono bianchi, giallastri, muniti di peli bianchi; la porzione femorale ARANEIDI ITALIANI 867 porta superiormente una breve ma robusta spina nera; la faccia su- periore presenta delle macchie nere presso le articolazioni. L’addome è lungo e stretto, coperto di pelo bianco, con due larghe fascie longitudinali, non dentate nel mezzo, in guisa che tra esse il color generale non trasparisce che in forma di linea bianca mediana lon- gitudinale. Le due fascie accennate sono di colore nero, ed offrono qua e là lucentezza metallica d’oro. I lati dell'addome sono bianchi, il ventre è bruno rossastro con peluria bianca. Le filiere sono nere. Le zampe del 1,° pajo sono lunghe e robuste, il femore è alla base giallo sudicio; l'apice del femore, la patella e tibia sono brune ros- sastre, il metatarso e tarso gialli, con anello nero presso l’ articola zione e con apice nero. Tutte le altre zampe sono uniformemente gialle, colla punta del tarso nera. Dimensione di due femmine adulte. M. M. Canestrinii muscosa bunglezza totale: i 00/0000 ye 0) ili 44,0 11,0 ”» delipefalotarace: isa soa 3,8 4,0 » dell’ addome ia Ae 7,9 7,0 Larghezza massima del cefalotorace . . » 2,5 5,1 2, ”» dell'addome. . . . » 3,0 DÒ >» di una zampa del 4.° pajo. . » 8,1 8,2 » ” ” goa Tinto» 6,0 7,0 ù 5 » Re 7,2 D) ” » ik to 1319 7,0 9,0 Se la lunghezza del cefalotorace e quella dell’ addome insieme ol- trepassano la lunghezza totale, come risulta dalla tabella, si è per- chè l'addome cuopre la porzione posteriore del cefalotorace. Armatura dei femori e della tibia I e metatarso I. Pajo |. Femore: sopra 1,1,1; davanti 1,2. Tibia: sotto 2,2,2. Metatarso: sotto 2,2. Pajo HI. Femore: sopra 1,1,1; davanti 4 ; di dietro 4, 868 G., CANESTRINI E P. PAVESI, Pajo III. Femore: sopra 4,1,1; davanti 1,1; di dietro 1. Pajo IV. Femore: sopra 1,1,4; di dietro 4. Questa specie fu raccolta nel Veneto dal dott. A. P. Ninni, e dallo stesso denominata come sopra. 27. Marpissa Nardoi, Ninni. : Il cefalotorace è breve, rotondato ai lati, anteriormente tagliato in linea retta. Gli occhi della fila anteriore formano una linea assai cur- vata in dietro; quelli della 2.* fila sono alquanto più ravvicinati a quelli della 1.* che a quelli della 5.° fila; tutti sono neri. Il cefalo- torace è giallo, con due linee brune rossastre distinte, che partono dagli occhi mediani della fila anteriore, e si estendono in addietro per un breve tratto. Il clipeo è coperto di lunghi peli bianchi gial- lastri. Le mandibole sono brune cogli uncini rossi trasparenti. Lo sterno è giallo sudicio, e porta dei peli bianchi. L’ addome è roton- dato anteriormente, appuntato posteriormente , coperto alla faccia superiore di peli giallo-dorati, ornato nella metà posteriore di quat- tro lineette bianche, disposte a paja. Il ventre è del colore della faccia superiore dell’ addome, con una fascia rossastra longitudinale nel mezzo. Le zampe sono uniformemente gialle colla punta del tarso nera; quelle del 1.° pajo notevolmente più robuste delle altre; i palpi sono gialli, coll’ articolo tarsale leggermente bruno. Dimensioni della femmina. Lunghezza totale. ©“. » —ontano 26,00 D) » gelso 25, 80 ”» N. 11. — Carbone ottenuto colla distillazione di alcuni legni. Essiccati a + 4140. Legno gelso 36 per 100 ».ontano 50 >» » faggio 63.1 ” N. 12. — Calorie sviluppate al saggio di Berthier. Previa essiccazione a + 4140. Legno gelso 3600 » faggio 3250 ’’ ontano 35200 1600 GSO 700 0100 0900 PIVO 2800 1000 2900 » 7600 O. FERRERO, e1n3}09 erddop e esun[eperg Ip quod ‘GN 600 8500 3800 9800 ‘ ‘eutuun[|e 0 coIaItUN][e Opioy 4 FIGO +3%0 #8%0 0380 © SE cia Opoy 0600 000 4800 4500 <> >. > * 09HJIOg[OS Opioy ‘8 2000 FI00 0100 6000 OJEUIQUIOD COIUOGIEO OPIOY ‘L 4200 0T00 0100 3100 ‘++ * 0JruIquioo Mag ‘9 Z6FO 7610) CETO OgtO ‘ * + >> ‘ejguiquuoo 9oeo ‘G 6900 1800 8800 8500 ‘> * * egeuiquioo visoudeN ‘$ 5000 8000 3000 G000 ‘ * * * @uoIZeggIpi p onboy -Ì-Ì]> rr —————__——cm ‘ied api B1dos ‘dAIZR[dI1 IUOIZBOIPuUI j[e aw09 EZUOIUOA CIA e] ayoue ostwisgI) IWI 0gInSas ur ipenb 10p ‘iIgeIomwuInt 1Ie8|duroso 17uondos 1 eA99JAUMWOS I ‘ 19} 0posd nido1d 1 FIBIOI]SI B EsoquI EJAI0Og EJSOND) ‘0QpI[ -NBIpI 10]89 910 o IquawIdo Op gosemedIog B]AIDOg E[[Pp 07000 90d 89871 0I9S%8w [ou ajeIodo cu0Imj 1juondas ISI[euR a] ‘149359 pa 1)0UOLZDU 19°)NDUPL YUIUII 1P 201)DU0Ddw09 18YDUI — “Sb N SAGGI DI COMBUSTIBILI, CALCARI, ECC. 91f N. 14. — Analisi di cementi esteri eseguite nel 1868. B. Cemento inglese Portland —A. Cemento inglese Robins in 100 in 100 Perdita alla calcinazione 0108 0068 Acido solforico 0003 00053 Calce libera 0057 0062 Calce combinata 0087 0077 Carbone non abbrucciato 0023 0022 Silice combinata 0520 03508 Magnesia 0045 0051 Allumina e ferro 0357 0412 1000 1000 Calcolando le perdite prodotte dalla cottura, i cementi suddetti contenevano prima di cuocere approssimativamente i seguenti com- ponenti. Il cemento Portland Il cemento Robins Argilla dI 57 Calcare magnesiaco 34 34 Acqua 12 9 100 100. N. 15 — Zabbricazione dei cementi e calci idrauliche. Saggi eseguiti nel luglio 1868, sopra calcari offerti dalla Società Bergamasca, Calcari liassici di Rova Calcare Liassico (Valle Seriana) della Botta (Valle Brambana) N. 1. INEED, N. 3. NI. Argilla e materia organica 51650 . 42950 35850 47400 Carbonato di magnesia 14830 47297 10000 08800 Carbonato di calce 40900 32500 27000 41500 Manganese e ferro 12620 07253 07450 02300 1000009 100000 100000 100000 919 O. FERRERO, N. 16. — Determinazioni dell'argilla e dei carbonati contenuti in altri calcari liassici della Yal Seriana. Cava Cedrina Cava al ponte del Lujo | ERE N. 2. N. 3 Ni il N. 2. Neto; Argilla in 100. 0540 0399 0502. 0285 0253 0559. Carbonati 0460 0601 0498 0748 0747 0641 1000. 4000 1000 1000 1000 1000 N. 17. — Peso specifico determinato în alcuni calcari argillosi liassici e infraliassici impiegati per la' fabbricazione delle calci idrauliche e cementi. Calcare Calcare di Onno e Mandello 2652 di Val Seriana cava Noris. 2705 di Varenna 2637 di Cava Gotti 2750 di Predore 2678 di Albino £ 2702 di Albino 2705 di Albino C 2575 di Albano 4 2677 di Albino D 26714 di Albano £ 2655 di Albino / 2745 di Albino 47 2745 di Albino G 2645 Minerari Lompanpi. Saggi eseguiti dagli alunni nella Scuola di docimastica nel 1868. x N. 18. — Minerali di ferro. Determinazione del ferro in 100 parti. N. 1. Della collezione Manzini esemplari ritornati dall’Esposizione di Parigi come all’elenco consegnato (1). Carborato di ferro delle Manina Schi/pario, minerale spatico. (4) La località della Manina é una delle più importauti per le giaciture del mine- rale di ferro lombardo, dette miniere lavorate da secoli sono inesauribili, attesa la potenza dei banchi di detto minerale. SAGGI DI COMBUSTIBILI, CALCARI, ECC. 915 Saggio volum. col camaleonte minerale media di tre saggi 38,8 °/o. gio volum. col bicromato di potassa media di due saggi 37 °/o. N. 2. Della stessa provenienza altra miniera. Media di due saggi col camaleonte 38 o. Media di due saggi col bicromato 33 °%o. N. 3. Della stessa provenienza. Media di due saggi col bicromato 33 °/o. N. 4. Minerale spatico di Pisogne ditta Damioli. Media di due saggi col camaleonte 48,8 °/,. Sag Minerati DI Piomso. N. 19. — Galene di Valsassina Società delle miniere di quel luogo, determinazione del piombo in 100. N. 4, Galena della miniera sopra Mandello (1). Media di tre saggi operati sul minerale per via secca 53,30 °%. N. 2. Galena della miniera di Cobbio; saggio sul minerale. Media di tre saggi 658 0/0. MinenaLe DI Zinco di Val Seriana. N. 20. -— Saggi del zinco contenuto nella Blenda per via umida. N. 4. Blenda di Gorno media di due saggi (2) 35,23 °/o N. 2. Blenda di Leffe idem 27,92 ‘/.. N. 3. Blenda di Oneta idem 62,52 °/,. N. 4. Blenda di Peja idem 38,74 0/,. (1) La Valsassina possiede un ampia serie di depositi di galene più o meno ricche di piombo, il quale è in molti luoghi argentifero. Se i lavori fossero alimentati suffi- cientemente potrebbe detta valle, fornire materiale eccellente sia per l’ esportazione che per la metallurgica nazionale: per le vicende sociali invece, il lavoro è attual- mente sostenuto da due o tre privati la cui opera è insufficiente allo scopo. (2) Gli esemplari di blenda che l’Istituto possiede, furono raccolti da un privato nelle quattro indicate località ; opportuna ricerche e lavori potrebbero dar luogo ad mn importante ramo dell’industria mineraria, essendo il minerale abbastanza ricco e puro ed abbondante per presentarne convenienza, 9IU O. FERRERO. N. 21. — Minerale di mercurio. Cinabro del Monte Bandito in Valsassina. Miniera abbandonata. Media di quattro saggi, mercurio metallico 38,18 °/,. 16. 17. INDICE DEI SAGGI ED ANALISI PRESENTATE, Combustibili . Lignite di Val di Nizza, circondario di vagare . Lignite Corbelli Ferrari, Toscana. . . RC. . Lignite di Valdagno, Vicenza 4, 8, C, DI . Lignite di Nuceto, Circondario di Mondovi AS BIG: . Schisto antracifero di Valsalda, provincia di Comò. Marna bituminosa di Staghilione, Circondario di Voghera. . Torbe dei Mosi di Crema 4, BC... .... . Ceneri delle torbe suddette 4, 8, C. . . . Legni della Provincia di Retgiuni acqua nel legno dee . Legni della Provincia di Bergamo; acqua nel legno secco . Legni della Provincia di Bergamo; Carbone contenuto . . Legni della Provincia di Bergamo; potere calorifico . Calcari e cementi. . Analisi comparativa di cementi nazionali ed esteri . Analisi di cementi inglesp. 409; 3 . Saggi di calcari liassici della odia di Bigol valli Seriana e Brambana co Lo Determinazione dell’argilla e dei Sa in alcuni calcari liassici della Provincia di Bergamo Determinazione del peso specifico di calcari impiegati nella produzione delle calci idrauliche e cementi lom- bardirmniiua e A a I dp AU 52.1 SAGGI DI COMBUSTIBILI, CALCARI, ECC. Minerali. N. 18. Saggi di minerali di ferro spatico delle Provincie di Ber- gamo e Brescia. . .. EV pit; » 19. Saggi di minerale di piombo, Gal ont di Valtaccioo Como. » 20. Saggi di minerali di zinco, Blende di Valseriana, Bergamo. » 21. Saggio di minerale di Mercurio, Cinabro di Valsassina Mamob; Totale saggi 75. 915 LIBRI IN DONO PERVENUTI ALLA BIBLIOTECA SOCIALE nell’ anno 1868 PUBBLICAZIONI DI SOCIETÀ ED ACCADEMIE SCIENTIFICHE Italia. Atti della R. Accademia delle scienze di Torino. Torino, in-8, Vol. III, disp. 1-8, 1867-68. Bullettino trimestrale del Club Alpino di Torino. Torino, in-8. Vol. I, 1865-66, N. 1-7. Vol. II, 1867. N. 8-11. Vol. III, 1868, N. 12. Annuario della Società Filotecnica in Torino. Torino, 1868, in-8. Rendiconti del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. Milano, in-8. Vol. IV, 1867, fasc. IX-X. Serie II, Vol. I, 1868, fasc. I-XIX. Memorie del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. Milano, in-4. Vol. X, 1867, fasc. V. Vol. XI, 1868, fasc. I. Atti della Società Italiana di scienze naturali. Milano, in-8. Vol. X, 1867, fasc. 3. Atti dell’ Accademia fisio-medico-statistica di Milano. Milano, in-8, 1868. Associazione medica italiana. Bullettino del Comitato Provinciale di Como. Como, in-8. Anno V, 1867-1868. N. 1 e 2. Atti dell’ Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti. Venezia, in-8. Tomo XIII, 1868, disp. 1-10. Atti dell’ Ateneo Veneto. Venezia, in-8. Serie II. Vol. IV, punt. II e III. Vol. V, punt. I. Bullettino dell’ Associazione agraria friulana. Udine, in-8. Anno XII, 1867. N. 24. Anno XIII, 1868, N. 1-22. Annuario della Società dei Naturalisti di Modena. Modena, in-8. Anno III, 1868. Rendiconti delle sessioni dell’ Accademia delle scienze dell’ Istituto di Bolo- gna. Bologna, in-8. 1867-68. Memorie dell’ Accademia delle scienze dell’ Istituto di Bologna. Bologna in-4. Serie II. Tomo VII, fasc. 1-4. Tomo VIII, fasc. 1. LIBRI IN DONO, ECC. 917 Atti della R. Accademia dei Fisiocritici di Siena. Siena, in-8, 1868. Vol. III e IV. Atti del R. Istituto d’ Incoraggiamento alle scienze naturali economiche e tecnologiche di Napoli. Napoli, in-4, 1867, Serie II, Tomo IV. Rendiconto della R. Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli. Napoli, in-4. Anno VI, 1867, fasc. 12. Anno VII, 1868, fasc. 1-11. Bullettino dell’ Associazione nazionale italiana di mutuo soccorso degli scien- ziati, letterati ed artisti. Napoli, in-8, 1867, disp. 3-5. IL PicentIno. Salerno, in-8. Vol. IV, 1867, fasc. 12, Vol. V, 1868, fasc. 1-11. Atti dell’ Accademia di scienze e lettere di Palermo. Palermo, in-4. Vol. II, 1853. Giornale di Scienze naturali ed economiche pubblicato per cura del Consiglio di perfezionamento annesso al R. Istituto tecnico di Palermo. Palermo, in-4, 1867. Vol. III, fasc. IV. Atti della Società di acclimazione e di agricoltura in Sicilia. Palermo, in-8, Tomo VII, N. 19-12. Tomo VIII, N. 1-10. Giornale della R. Commissione di agricoltura e pastorizia per la Sicilia. Palermo, in-8. Serie IV. Vol. I, 1868, fasc. 1-3. Atti dell’Accademia Gioenia di scienze naturali in Catania. Catania, in-4, 1867. Tomo I. Francia e Savoja. Bulletin de la Société imperiale zoologique d’acclimatation. Paris, in-8, Tome IV, 1867. N. 12. Tome V, 1868. N. 1-10. Mémoires de la Société impériale des sciences naturelles de Cherbourg. Pa- ris, in-8. Tome XIII, 1868. Mémoîres de l’ Académie imperiale des sciences, belles-lettres et arts de Savoje. Chambéry, 1868, in-8. Tome IX. Revue Savoisienne. Journal publié par la Société florimontane d’ Annecy. An- necy, in-4, Année 1868. N. 1-11. Belgio. Bulletins de l’ Académie Royale des sciences, des lettres et des beaux-arts de Belgique. Bruxelles, in-8, 1868. Annuaire de l’ Académie Royale des sciences, des lettres et des beaux-arts de Belgique. Bruxelles, in-12 1868. Bulletin de la Société Royale de botanique de Belgique. Bruxelles, in-8. To- me VI, N. 3, 1868. Tome VII. N. 1. Annales météologiques de V Observatoire Royal de Bruxelles par A. Quetelet. Bruxelles, in-4. 109€ Année, 1867. 918 LIBRI IN DONO, ECC, Inghilterra, Proceedings of the scientific meetings of the zoological Society of London. London, in-8, 1867, Part. I-III. Transactions of the zoological Society of London. London, in-4. Vol. VI, part. 4, 5. Palaentographical Society. London, in-4. Volumes issued for the years 1861-65. Transactions of the geological Society of Glasgow. Glasgow, in-8. 1867. Vol. II, part. III. ' Germania. Zeitschrift der deutscher geologischen Gesellschaft. Berlin, in-8, XIX-XX, Band. 1867-63. Verhandlungen des botanischen Vereins fiir die Provinz Brandenburg und die angrinzenden Ldnder. Berlin, in-8 Achter Jahrg. 1866. Schriften der honiglichen physikalisch-oeconomischen Gesellschaft zu Kònigs- berg. Kònigsberg, in-8. Fiinfter Jahrg. 1864. 1° und 2° Abtheil. Archiv des Vereins der Freunde der Naturgeschichte in Mecklenburg. Neu- brandenburg, in-8, 21 Jahrg. 1868. Sitzungsberichte der naturwissenschaftlichen Gesellschaft Isis in. Dresden. Dresden. in-8. Jahrg. 1867, N. 7-12. Jahrg. 1868, N. 1-3. Abhandlungen des naturwissenschaftlichen Vereins zu Bremen. Bremen, in-83. 1 Band, III Heft. 1863. Abhandlungen des naturforschenden Gesellschaft zu Gorlitz. Gorlitz, in-8, XIII, Band. 1363. Achter Bericht des Offenbacher Vereins fur Naturkunde. Offenbach am Main, in-8, 1867. Wiirzburger naturwissenschaftliche Zeitschrift. Wirzburg, in-8. VI Band. IV Heft, 1866-67. Verhandlungen der physikal-medicinischen Gesellschaft in Wurzburg. Wiirz- burg, in-8. Neue Folge 1 Band. 1 und 2 Heft. Berichte viber die Verhandlungen der naturforschenden Geselischaft zu Frei- burg i. Br. Freiburg i. Br., in-8. Band IV Heft IV. 1867. Jahrbiicher des Nassauischen Vereins fiir Naturkunde. Wiesbaden, in-8. XIX und XX Heft. 1864-66. i 4509 Jahresbericht der Schlesischen Gesellschaft fùr vaterlindische Cultur. Breslan, 1868. Abhandlungen der Schlesischen Gesellschaft fir vaterlindische Cultur. Phi- losophisch-historische Abtheilung. 1867-63. Heft. I. — Abtheilung fur Naturwissenschaft und Medicin. 1867-68. Verzeichniss der in den Schriften der Schlesischen Gesellschaft fiir vater- landische Cultur von 1804-1863 inclus. enthaltenen Aufséitze. Breslau, 1868, LIBRI IN DONO, ECC. 919 Correspondenz-Blatt des zoologisch-mineralogischen Vereines in Regensburg. Regensburg, in-12. XXI Jahrg., 1867. XX Jahrg., 1868, N. 6. Sitzungs-Berichte der Roniglich-bayerischen Akademie der Wissenschaften zu Munchen. Minchen, in-8. 1860 Hefte I-V. 1867, II Theil II-IV, Heft. 1868, I. Theil I-IV. Heft. II, Theil I Heft. Abhandlungen der mathematisch-physikalischen Classe der K. bayerischen Akademie der Wissenschaften. Munchen, in-4. I-VI Band. 1029-1852. VII, Band. 2° und 8° Abtheil. 1854-55. Neunzehnter Bericht des naturhistorischen Vereins in Augsburg. Augsburg, in-8, 1867. Svizzera. Actes de la Société Helvétique des sciences naturelles réunie è Neuchdtel les 22-24 aout 1866. 50° Session. Neuchatel, 1866 in-3. Mémoires de la Société de physique et d’histoire naturelle de Genève. Genève, in-4. Tome XIX, 2° partie 1863. Bulletin de la Société des sciences naturelles de Neuchatel. Neuchatel, in-8, Tome VIII. 1°” cahier. 1868. Bulletin de la Société Vaudoise des Sciences naturelles. Lausanne, in-8. Vol. IX, N. 58, 59. 1868. Mittheilungen der naturforschenden Gesellschaft in Bern. Bern, in-8. 1867. N. 603-618. Verhandlungen der Naturforschenden Gesellschaft in Basel. Basel, in-8. IV Theil IV, Heft. 1867. V Theil 1, Heft. 1868. Jahresbericht der naturforschenden Gesellschaft Graubundens. Chur, in-8. XII, Jahrg 1866-67. XIII, Jahrg. 1866-68. Austria. Jahrbuch der k. k. geologischen Reichsanstalt. Wien, in-4. XVII Band, 1867, N. 4 Oct. dec. XVIII. Band. N. 1-2 Jin.-Juni. Verhandlungen der k. k. geologischen Reichsanstalt. Bericht vom 30 april, 1867, N. 13-18. 1868, N. 1-10. Mittheilungen des k. k. geographischen Gesellschaft in Wien. Neue Folge, 1868. Wien. in-8. Verhandlungen der k. k. zoologisch-botanischen Gesellschaft in Wien. Wien, 1867, in-8, XVII Band. Jahrbuch des bsterreischen Alpen-Vereines. Wien, in-8. 1868. 4°" Band. Verhandlungen und Mittheilungen des Siebenbirgischen Vereins fur Natur- wissenschaft in Herrmannstadt. Herrmannstadt. XVII, Jahrg, 1866. A Kiròlyi magyar Természettudomanyi Tarsulat Kozlonye. Pesten, in-8. 1865-1866: A Kiralyi magyar természettudomanyi Tarsulat Jelentése. Pesten, in-8, 1866 920 LIBRI IN DONO, ECC. Norvegia. Forhandlinger i Videnskabs-Selskabet i Christiania. Christiania. in-8. Aar. 1858-66. Russia. Bulletin de l’ Academie impériale des sciences de St. Petersbourg. St. Peter- sbourg, 1867-68, in-4. Tome XII, N. 2-5. Mémoires de l’Academie impériale des sciences de St. Petersbourg. 1867-68, .in-4. VII® Série. Tome XI. N. 9-18. America. Annual Report of the board of Regents of the Smithsonian miami Wa- shington, in-8. 1866 (year 1865). Proceedings of the Boston Soctety of Natural History. Boston, in-8. 1866. N. 19-17. 1867, N. 1-6. Memotrs read before the Boston Society of Natural History. Boston, in-4. Vol. I. part. I e II. 1866-67. Anales del Museo publico de Buenos-Ayres por GERMAN BuURMEISTER. Bue- nos-Ayres, 1867. Entrega cuarta. PERIODICI DIVERSI. Agricoltura (L°) Milano, in-8, 1867, N. 12. 1868, N. 1-11. Amico dei Campi (L’) Trieste, in-8. 1867, N. 11-12. 1868, N. 1-9. Bollettino nautico e geografico in Roma. Roma, in-4. Vol. IV, N. 8-12. Bollettino dell’Agricoltura. Milano, in-4 1868, N. 1-50. Bullettino delle Osservazioni ozonometriche-meteorologiche fatte in Roma da Caterina Scarpellini. Roma. in-4. Gennajo e Marzo 1868. Bullettino meteorologico dell’ Osservatorio del reale collegio Carlo Alberto in Moncalieri. Torino, in-4. Anno II, N. 12. Anno III, N. 1-10. Commentario della Fauna, Flora e Gea del Veneto e del Trentino. Venezia, in-8. N. 4, 1.° aprile 18683. Corrispondenza scientifica in Roma. Roma, in-4. Anno XX. Vol. VII. N. 42-45. Cosmos, Revue politique et sociale des progres des sciences. 3° Série, Paris, in-8. XVII, Année 1868. Filotecnico (Il), Firenze, in-8. 1868. Anno III, N. 1 e 2. Meteorologia Italiana. Firenze, in-4. Dic. 1867. Sett. 1868. LIBRI IN DONO, ECC. 921 Neues Jahrbuch fur Mineralogie, Geologie und Palcontologie. Stuttgart, in-8, 1867. Heft. 7. 1868, Heft. 1-3, 5-6. Politecnico (Il). Milano, in-8. Serie V. Vol. V, fasc. I-VI. Vol. VI, fasc. I-V. Sericicultura (La). Firenze, in-8. Anno IV, N. 11-24, Zoologische Garten (Der). Frankfurt a M. in-8., VIII, Jahrg. 1867, N. 7-12. IX. Jahrg. 1868. N. 1-6. STORIA NATURALE IN GENERE. Musei, Agronomia, ecc. CantoNnI GAETANO. — La dottrina agraria di Giorgio Ville. Torino, 1868, in-8. Casuccini e BERNARDI. — Sui miglioramenti operati nell’ anno 1866 nel Mu- seo di Storia Naturale della R. Accademia dei Fisiocritici di Siena. Siena, 1868, in-8. Condition and doings*of the Boston Society of Natural History. Boston, 1866, in-8. LieBie Giusto (tradotto da ARrRIGONI Oppo). — Introduzione alle leggi natu- rali di Agricoltura. Torino, 1868, in-3. Minà PaLumBo FRANCESCO. — Biblioteca del Naturalista siciliano. 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GARBIGLIETTI ANTONIO. — Ricerche intorno alla conformazione del bacino delle donne giavanesi. Torino, 1868, in-8. JAN GeoRGES et F. SorDELLI. — Iconographie générale des Ophidiens. Paris, in-4. 1867-68. livr. 24-28. PancERI PaoLo. — La mummia peruviana del Museo Nazionale di Napoli. Napoli, 1868, in-4. — Circa particolari appendici delle branchie della Cephaloptera giorna. Na- | poli, 1867, in-4. — Sulla fecondazione artificiale e sulla entrata degli spermatozoi nelle uova del Branchiostoma lubricum. Napoli, 1867, in-4. Zosa GIOVANNI. — Sull’ articolazione peroneo tibiale superiore. Milano, 1867, in-3. Articolati. CosrA ACHILLE. — Nuove osservazioni sopra i bachi da seta. Napoli, 1868, in-4. — Rapporto sui risultamenti del concorso per la bachicoltura nell’anno 1868. Napoli, 1868, in-4. Dei APELLE. — Catalogo degli insetti della provincia senese. Siena, 1868, in-8. Disconzi FRANcEScO. — Entomologia vicentina. Padova, 1865, in-8. 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Se Bomsicci, Notizie intorno alcuni minerale italiani. Seduta del 26 aprile 1868 . cn Necni, Lell’opera di Alfonso Facre: Rivelirabcs gestogiaue dans les parties de la Savoie, du Piémont et de la Suisse, voisines du Mont Blanc . e 29 » 93 108 109 152 137 9530 INDICE Seduta del 31 maggio 1868. . . «fe a SRI Anzi, Analecta lichenum rariorum vata novorum Italia supe- rioris ea Poxzi, Sopra un nuovo ordinamento geologico dei terreni Hibappenini Seduta del 28 giugno 1868. Seduta del 26 luglio 1868 . Mi: - Beccani, Descrizione di tre nuove specie di pianto Bri Ronpani, Sciomyzine italica collecte, distincto et in ordinem dispositee "ie de StropeL, Quelques insectes Hy pédoprereii vecueltità dali i republique Argentine; determines par J. Ch. Puls . Garanti, Sul Congresso internazionale di Statistica tenutosi in Firenze il settembre e ottobre 1867. . Detrino, Vlteriori osservazioni e considerazioni sulla Digg mia nel regno vegetale . . . . ALLE > Riunione straordinaria in Vicenza nei giorni 14, 15, 16, e 17 seltembre 1868 bai Elenco degli intervenuti alla Riunione Seduta generale d’apertura 14 settembre Gita a Lonedo e al Chiavon Escursione ai Colli Berici PERE Seduta generale dl chiusura del settembre . Sedute speciali delle Sezioni : Sezioni di Zoologia Sezione di Botanica . Sezione di Geolagia 4 spdi tia Reni Sotto-sezione di Montanistica . . Sezione dl Paleontelogia: isa Sezione di Fisica e Chimica . Liov, Sulle condizioni fisiche ed rinata del Pinta Discorso d’apertura della Riunione . . 0... . Anapas, Sul Camaleonte siculo. « Sauvapori, ue nuove specie di uccelli della famiglia dei la pmnyiguli <<. oi, e II 33 33 ” 156 181 195 195 197 199 256 .260 265 335 99d 541 3D2 ID7 399 370 986 394 414 4413 421 425 459 447 INDICE Sauvavoni, e Gicuiori, Nuove specie di Procellaridi raccolte du- rante il viaggio fatto intorno al mondo della pirocorvetta mara de Marea 1 o e Pag Sonostri, Sui Ragni Lombardi. . . . Ùi Berroni, Sulla Tiliguerta di Celti; — istinti ; degli vliinalà Lettere al prof. Pavesi “ce Lessona, Sulla riproduzione delle parli in SO ini Let- tera al prof. Lioy. . dA TS % Borri, Sopra un ittiolito della calcarea tenera bol » Ferrero, Sulle torbe lombarde e sulla loro lavorazione . s» Pirona, Sopra una nuova specie di pena ltavsV)jaz » Beruucci, Vote sull” Ozono s» Veceree, Sull'acqua potabile per na e dalla probabilità di riuscita deî pozzi artesiani. . . » Cauperini, Za geognostia e la geologia del Monte 0 dita sbocco di Valsesia >. . . x» Carver, Miscellanee botaniche . ”» Sruose, Alcune note di Malacologia teglia PART Spacnouini, Catalogo degli Acalefi del golfo di Napoli . . » Ronpani, Specierum Italicarum ordinis Ai Catalogus nolis geographicis auctus . . . . x Trevisan, Sul genere Dimelaena di Norman. . . » Guarterio, Delle armi di pietra trovate attorno al tag di Bolsena, ecc. (tav. IV) . ” Suess, Sur la structure des dépòts tertaires ila Vi icentin. . » Gicuiori, Zntorno alla fauna pelagica . ; Isser, Di alcune ossa umane provenienti dal terreno o pliocenic di Savona . Masì, Ricerche botaniche nelle valli astialioni sel 1866- 67-68 » Giorpano, Ascensione del Monte Cervino, 1868 (tav. VI, VII, VIII) » Tarsioni-Tozzerti, [Introduzione alla seconda Memoria per gli studj sulle Cocciniglie, e Catalogo dei generi e delle specie della famiglia dei Coccidi . . . ia Canestrini e Pavesi, Araneidi Italiani . . ./...0. » n 4953 97 499 508 5412 DI 6 528 545 547 bb3 559 604 6350 634 650 659 663 670 694 738 932 INDICE Seduta del 29 novembre 1868... i... .. (AR Seduta del 27 dicembre 1868... . . ... EeSC Garsieuietti e Moniggia, Cenni istologici sul seme del Soldi Lycopersicum £. (Tav: IX)... 0. i a Cantoni, Za fecondazione nei fiori irmafiratiti i 4 Ferrero, Saggi di combustibili, calcari, cementi e minerali lombardini Mon ; » Libri in dono pervenuti dt Biblioteca sec nell anno 1868 ” dndica: Gare hast laa de 875 882 884 8980 902 916 929. n ‘Vol XL Tav di Se°nat ilal* 4 Atti della Soc oricì ecc. 0 ggetti preist ì Di alcun inoni.= Mar RS î TAZZA ———e. Lg Sr A > Serro Milano Lit.L.Ronchi. II 'oLXI Tav nat. \ IL ÒC ‘ . Atti della Soc. It. d Notizie di Mineral. 1CCÌ - Bomb ia i Let L oI.XI Tav IL ali Sc Atti della Soc.It. di di Mineral. IZIe - Not CCI Bomb Pa 6 s * race sato TIE - . n O 3 La 3 ‘ : : e i Li nt veti La < dia n e 2 È euie” sd SM ma -» 4 & = Garbiglietti e Moriggia. \ul seme del Solanu I ICCOA Atti della Soc®itat? di Sena Vol.XI Tav. 9. dl a 5 l | | | | Il 6 Î ] i\ | { | | | | il | 7 6 Ol 10 Z Canti CDA DETTE cosueie co i ° cs «lilano Lu Ronchi. 4 Dai teo” ’ i dal ‘ SI a : x pae mA Ò to a PISE È ll + »> ne A U ' - 5 | Foo tisi : i - na di È n Pi le “ si è - Ù % - ” Artio #7 A ere SEE Te ceri Prezzo del presente volume »20.— Per i Socj . Per gli estranei alla Società qa Ve LLCTLINIIUUOLI 10007 5782 Pe DA i i. bi