ATTI è DELLA SOCIETÀ ITALIANA: DI SCIENZE NATURALI. VOLUME XVII. ANNO 1874. | + Con 13 tavole litografiche. MILANO, COI TIPI DI GIUSEPPE BERNARDONI. 1874. ds, Lat ora gi (1; RARA: ri n ved La si al > ».. } w ia qu « Yo : î ( 3 i a TY} & II, { La 4 ° ear 304 dall: 1. > } È { OOVOLUME RVÎi ice Ò delle MEMORIE 4 i RR *.K "a 4° NC 4 10010 4 MI, - Foont no) a CA o oluso aste. san ATTI e action a . og sta na coperti i que d HR SI l È SEITE La SATIRA et i o: con SPI TAVOLE. i GI DIIOS HD SES 0400 cr , i i pa P È N : — di » Lon Cel SERIO SO TIVA S OR ce al RETE Sea ra I i sole Ss 0 E IMPRINT o al $ r ; 4 dì O E: ù coi mIPI è DI GIUSEPPE BERNARDONI. I s i | |. PER L'ESTERO: Sa % si PRESSO LA 0 ue | PRESSO LA i ERIA DELLA SOCIETA" | ‘RÉSRERIA ‘DI ULRICO HOBPLI se IRMIBANO,i 0) 1, MILANO;po NAPOLI curi ‘Palatzo del Museo Civico. — | Galleria De-Cristoforis, Via Roma, già Toledo, è ‘Via Manin, 2. agita ada e ASA aL 224. A) s OTTOBRE 1874. $ ATTI SOCIETA ITALIANA SCIENZE NATURALI, ANNO 1874. MILANO, TIPOGRAFIA DI GIUSEPPE BERNARDONI. 1874. i SOCIETA ITALIANA ‘DI SCIENZE NATURALI. PRESIDENZA PEL 1874. Presidente. — CORNALIA cav. prof. Emizio, direttore del Museo Ci- vico di storia naturale in Milano, via Monte Napoleone, 36. Vice-Presidente. — ViLLa AntonIO, Milano, via Sala, 6. SroPPANI ab. cav. ANTONIO, professore di geologia nel R. Istituto Tecnico sup. in Milano, via Palestro, 2. RDELLI FERDINANDO, aggiunto al Museo Civico' di sto- ria naturale in Milano, via Monforte, 7. Conservatore, SPREAFICO ing. EmiLio, via Cordusio, 19. . Vice-Conservatore, FRANCESCHINI rag. FELICE. Cassiere, GARGANTINI-PIATTI GIUSEPPE, via Senato, 14. Economo, DELFINONI avv. GOTTARDO. GARAVAGLIA rag. ANTONIO. Visconti Ermes march. CARLO. CAVALLOTTI ing. ANGELO. Segretarj SO Commissione amministrativa n SOCJ EFFETTIVI al principio dell’ anno 1874. ALBANELLI rag. FiLippo, Milano. ALESSANDRI sac. prof. ANTONIO, civico bibliotecario, Bergamo. AnpreEossi ENRICO, Bergamo. ARADAS cav. ANDREA, professore di zoologia alla R. Università di Catania. ArconaTI-Visconti march. GIANMARTINO, Milano. ArnABOLDI BerNARDO, Milano. ARRIGONI conte Oppo, Padova. BALESTRA sac. cav. SERAFINO, Como. Barsamo-CrIveLLI nob. GiusEPPE, prof. di zoologia alla R. Uni- versità di Pavia. BEDARIDA ARONNE, Vercelli. BeLLENGHI dott. TiMoLEONE, assistente alla cattedra di Agraria alla R. Università di Bologna. BeLLOTTI dott. CrIstororo, Milano. BeLLUCccI dott. GrusePPE, Perugia. . BerLa ETTORE, Milano, via Cerva, 44. BerNnARDONI FiLippo, Milano. BERNASCONI sac. BALDASSARE, Torno (Como). BERNASCONI ing. GIUSEPPE, Caserta, 6 ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI, BertoLONI GIUSEPPE, professore di botanica nella R. Università di Bologna. Besana dott. CARLO, professore all’Istituto Tecnico di Santa Marta, Milano. BrancoNI prof. GiusEPPE, Bologna, Biccni CesARE, direttore dell’ Orto botanico di Lucca. Brenami ing. Emizio, Milano. Boccaccini CorrADO, Ravenna. Bomgicci Luci, prof. di mineralogia nella R. Università di Bologna. Borromeo conte CARLO, Milano. Borzi dott. ANTONINO, assistente alla cattedra di Botanica nel R. Istituto forestale di Vallombrosa. Botti cav. ULDERICO, Lecce (Terra d'Otranto). e BrIoscHI comm. FRANCESCO, senatore del regno e ‘direttore del Reale Istituto Tecnico superiore di Milano. ButtI sac. ANGELO, prof. nel R. Istituto Tecnico, Milano. Buzzoni sac. Pietro, Milano (CC. SS. di Porta Romana). CALDERINI sac. Pietro, direttore dell’ Istituto Tecnico di Varallo (Val-Sesia). CaLpesi Lopovico, Faenza. Canetti dott. CArLo, Milano. CanTONI cav. GAETANO, direttore della scuola superiore di agro- nomia, Milano. CAPELLINI comm. GIOVANNI, professore di geologia nella R. Uni- versità di Bologna. CAPRIOLI conte Tommaso, Brescia. CaseELLA dott. GIusEePPE, Laglio (Como). CAssaNELLO dott. NicoLò, Tunisi. CasteELLI dott. FEDERICO, Livorno. CAVALLERI padre GrovannI, barnabita, Monza. CAVALLOTTI ing. ANGELO, Milano. CavezzaLI dott. FrRANcEScO, Milano. CERRUTI ing. GIOVANNI, Milano. CesatI barone Vincenzo, professore di botanica nella R. Univer- sità di Napoli. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1874. 7 Cervi ing. Giovanni, Laglio (Como). CiporLETTI dott. DoMENICO, prof. del R. Osservatorio di Firenze. CLERICETTI ing. CELESTE, prof. al R. Istituto Tecnico superiore di Milano. CLERICI nob. Pietro, Milano. CoccHi cav. IGINo, professore di geologia al Museo di storia na- turale, Firenze. Cocconi GEROLAMO, prof. di zoologia all’ Università di Parma. CoLienon dott. NicoLa, prof. di meccanica nel R. Istituto tecnico, Firenze. Corona avv. AcHiLLe, Milano. Conucci NuccHELLI dott. PARIDE, prof. di storia naturale al liceo Galileo Galilei di Pisa. Cornazia dott. cav. Emitio, direttore del Museo Civico di storia naturale, Milano. i CORNELIANI ing. ANGELO, Milano. Corvini dott. LorENZo, prof. nel R. Istituto Veterinario, Milano. Cossa dott. ALFonso, professore di chimica al Museo industriale di Torino. CrESPI-REGHIZZO sac. GIOVANNI, prof. Reggente l’Istituto di edu- cazione in Legnano (prov. di Milano). CriveLLI march. Luci, Milano. CurionI GIovannI, Milano. Curioni nob. comm. GruLio, Milano. Curò ing. AnToNIO, Bergamo. D’ AcHIARDI dott. ANTONIO, assistente di Gioia al Museo di sto- ria naturale dell’ Università di Pisa. D’ Ancona dott. CesARE, Firenze. De-Bosis ing. FRANCESCO, Ancona. * DELFINONI avv. GortARDO, Milano. DELLA Rocca ing. Gino, Roma. DeL MaAyNno march. NorseRrTO, Milano. DeLPINo FEDERICO, professore di botanica al R. Istituto forestale di Vallombrosa. De-Manzoni ing. Antonio, direttore della Società VORREI Veneta, Agordo. 5 ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI, De-Romrra dott. Vincenzo, professore di storia naturale al Liceo di Bari. De-SanctIs LEONE, prof. di anatomia conati alla R. Univer- sità di Roma. De-Zieno barone cav. AcHILLE, Padova. Di NEGRO Giacomo, canonico, Spezia. DopERLEIN Pietro, professore di zoologia alla Reale Università di Palermo. . DoLcr Gian Francesco, direttore del proprio Istitoto privato di istruzione in Milano. ‘ Doria march. Giacomo, Genova. Doria march. MARCELLO, Genova. Dusarpin cav. GIOVANNI, professore di mineralogia e geologia nel- l’Istituto Tecnico di Genova. Diirer BernaRrDo, Villa Sommariva presso Tremezzo (Lago di Como). Emery CarLo, dottore in scienze naturali, Napoli. Fassò ing. GIUSEPPE, Novara. FerrERO OrtAvIO LuIGi, prof. di chimica al R. Istituto Peron di Caserta. Foresti dott. Lopovico, assistente al Museo geologico dell’ Uni- versità di Bologna. FRANCESCHINI rag. FELICE, Milano. GALANTI ANTONIO, professore di agraria nel R. Istituto Tecnico, Milano. GALLI padre BeRNARDO, barnabita, Lodi. GARAVAGLIA rag. AnTtoNnIO, Milano. GARBIGLIETTI cav. ANTONIO, dottor collegiato in Dadi Torino. GARDINI GALDINO, prof. di storia naturale all’ Università libera di Ferrara. GARGANTINI-PIATTI GIusePPE, Milano. GAROVAGLIO cav. SANTO, professore di botanica nella R. Università di Pavia. Gasco prof. FRANCESCO, assistente alla R. Università di Napoli. GemeLLARO GAETANO GIORGIO, professore di geologia nella R. Uni- versità di Palermo. - MP sà ADR I e AL PRINCIPIO DELL’ ANNO 1874. |) GentiLUOMO dott. CAMILLO, direttore del Bullettino malacologico italiano, Pisa. GuortI Aressanpro, Milano. GIACOMETTI dott. Vincenzo, Mantova. GIANI dott. GIuLIo, Perugia. GiseLLi dott. GIUSEPPE, assistente alla cattedra di botanica nella R. Università di Pavia. GiorpANo comm. FELICE, ingegnere ispettore delle miniere, Fi- renze. GiovannINI dott. FrLipPpo, Bologna. Gora conte CarLo, Milano. Gouin ing. LEONE, Cagliari. GRramMizzi ing. Massimiziano, Milano. GRANCINI sac. CARLO, Milano. | GuaLtERIO march. CARLO RAFFAELE, Bagnorea (Orvieto). GuiscARDI dott. GuaLIELMO, prof.- di geologia nella R. Università di Napoli. IGHINA padre FiLirPo, professore di storia naturale nel Collegio di Carcare (Liguria). IsseL cav. ARTURO, professore all’ Università di Genova. Lancia FepeRICO duca di BroLo, segretario dell’ Accademia di scienze e lettere di Palermo. LAzzonI conte CARLO, Carrara. LAwLEY RoBerto, Montecchio presso Pontedera (Toscana). Lessona dott. MicHELE, professoré di zoologia alla R. Università di Torino. LezzaNI march. Massimiano, Roma. LicopoLi dott. GAETANO, assistente di botanica alla R. Università di Napoli. Lioy cav. PaoLo, deputato al Parlamento, Vicenza. Masi dott. LeoPoLDo, assistente alla cattedra di zoologia e ana- tomia comparata nella R. Università di Pavia. MAIMERI ing. ANTONIO, ispettore censuario e reggente le misure, Milano. May AnpreA, Travagliato (Brescia). = 10 ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI, ORG MarrattI BarroLomEO, professore di storia antica all’ Accademia scientifico-letteraria di Milano. MALINVERNI ALESSIO, Quinto (Vercelli). Manzi padre MicHELANGELO, barnabita, Lodi. Marani cav. GIovANNI, Moncalvo (Monferrato). MarcHI dott. Pietro, Firenze. Marinoni nobile CamiLLo, prof. all’ Istituto Agrario di Caserta. MarsiLi Luci, professore di fisica nel Liceo di Pontremoli. MARTINATI dott. Pietro PaoLo, Verona. MARTINENGO- VILLAGANA contessa. RAcHELE, Milano. MaruLLo conte GIusePPE, Napoli. Mask sac. FRANCESCO, arciprete a Castel d’ Ario (provincia di Mantova). MasseROTTI dott. Vincenzo, prof. di storia naturale, Milano. MazzoccHi ing. LuIGI, assistente al R. Istituto Tecnico superiore di Milano. MELLA conte CARLO ARBORIO, Vercelli. MenEGHINI GIusePPE, professore di geologia nella R. Università di Pisa. MERcALLI sac. Giuseppe, Milano. Motino-Boti Lopovico, Barcellona (Sicilia). MoLoNn cav. ing. FRANCESCO, Vicenza. MontANARO CARLO, all’ Intendenza di Finanza, Verona. Mora dott. Antonio, Bergamo. MoragLIA: ing. Pietro, Milano. MorI Tommaso, professore di storia naturale nella scuola normale di Aquila. NEGRI FRANCESCO, avvocato alla Corte d’ Appello in Casale Mon- ferrato. NEGRI dott. GAETANO, Milano. NicoLucci cav. GIUSTINIANO, Isola presso Sora. Ninni conte ALESSANDRO PERICLE, Venezia. Nocca CARLO FRANCESCO, Pavia. Omgoni dott. GIovanNI, professore di geologia e di mineralogia alla R. Università di Padova. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1874. 43 PapuLLI conte PieTRO, istruttore pratico di chimica nel laborato- rio della Società d’Incoraggiamento d’arti e mestieri, Milano. Pactia sac. Enrico, Mantova. PanmerI dott. PARIDE, professore di chimica nel R. Istituto agra- rio, Portici. PaAncERI PaoLo, professore di anatomia comparata nella R. Uni- versità di Napoli. PaoLucci dott. Luis, professore di storia naturale nel R. ‘ona Tecnico, Ancona. PARLATORE FiLipPo, professore di botanica al Museo di Patti na- turale, Firenze. PaRrONA dott. CoRrRADO, assistente al Museo di storia naturale della R. Università di Pavia. PASSERINI GIOVANNI, professore di botanica nella R. Poe di Parma. Pavesi dott. Pietro, professore di zoologia ed anatomia compa- rata nella R. Università di Genova. PeRAZZI CostAnTINO, ing. del corpo reale delle miniere, Torino. PranzoLa Luci, dottor in legge, Milano. Pini nob. rag. NAPOLEONE, Milano. PoLLi Pietro, professore di storia naturale all’Istituto Tecnico di Bergamo. Ponte cav. GAETANO, Palagonia (Sicilia). Pozzi ANGELO, professore di fisica al Reale Istituto Tecnico di Vi- gevano. PozzoLini cav. GIoreIo, addetto militare all’ Ambasciata italiana, Vienna. | | Prapa dott. Troporo, professore di storia naturale all’ Istituto Tecnico di Pavia. . PREDARI ing. FABIO, Palanzo (Como). QuaGLiA BoLLIini CARLOTTA, Besozzo (Varese). RAINERI ARISTIDE; professore nel R. Istituto professionale di Mo- dica (Sicilia). Ranzori dott. ANDREA, conservatore del gabinetto anatomico del- l’Università di Pavia. da © ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI, RamoriINO prof. GiovANNI, Buenos-Aires (Repubblica Argentina). RancHET abate GiovannI, Biandronno (Varese). Ravioti cav. Gruserpe EpoaRrDO, maggiore nel Genio militare, Ca- salmonferrato. RecazzonI dott. {nnocENZo, professore nel R. Liceo di Como. RespINI dott. Francesco, Varallo (Valsesia). RisoLpi sac. AgostINo, professore nel Seminario di Monza. Ricca dott. GiusePPE, professore d’agronomia nel Reale Istituto Tecnico di Forlì. Ricca dott. Lusi, Pizzo di Calabria. Rocca-SaporitI march. APOLLINARE, Milano. RomanIN dott. EmmanvELE, Padova. RossettI dott. FRANCESCO, prof. di fisica all’Università di Padova. SALMOIRAGHI ing. FRANCESCO, Cosenza. SALVADORI dott. Tommaso, Torino. SaccHI ing. ARCHIMEDE, professore all'Istituto Tecnico superiore di Milano. | SANSEVERINO conte Faustino, senatore del Regno, Milano. SAVOJA ing. GIOVANNI, addetto al Genio Civile, Roma. SCARABELLI-GOMMI-FLAMINI GIUSEPPE, senatore del Regno, Imola. ScoLa dott. Lorenzo, Milano. ScortI dott. GIBERTO, medico municipale, Como. SEGUENZA GIUSEPPE, prof. di storia naturale nel Liceo di Messina. SELLA QUINTINO, ingegnere delle miniere, deputato al Parlamento, Roma. SILVESTRI ORAZIO, prof. di chimica alla R. Università di Catania. Simi EmiLio, dottore in scienze naturali, Serravezza. SORDELLI FERDINANDO, aggiunto al Museo Civico di storia naturale di Milano. SPAGNOLINI ALESSANDRO, professore di storia naturale nella scuola > militare di Modena. SPEZIA ing. GrorGIo, Piè di Mulera (Domodossola). SPINELLI GIOVANNI BATTISTA, Venezia. SPREAFICO ing. Emiio, professore nel R. Istituto Tecnico supe- riore, Milano. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1874. 13 STEFANELLI PIETRO, professore di storia naturale alla scuola magi- strale di Firenze. SToHR EMILIO, ing. di miniere, Grotte presso Girgenti (Sicilia). STOPPANI ab. ANTONIO, professore di geologia nel R. Istituto Tecnico superiore di Milano. STOPPANI sac. CARLO, professore a Modica (Sicilia). Stoppani G. Marra, Milano. STROBEL PELLEGRINO, professore di storia naturale nell’ Università di Parma. STUDIATI CESARE, professore di fisiologia nella Reale Università di Pisa. TAPPARONE-CANEFRI avv. TI Torino. TARAMELLI Torquato, professore di storia naturale nel R. Istituto Tecnico, Udine. TaARGIONI-TozzETTI ApoLFO, professore di zoologia al Museo di sto- ria naturale di Firenze. TASssaNI dott. ALESSANDRO, consigliere sanitario, Como. TeRRACCIANO cav. NicoLa, direttore dei Giardini reali a Caserta. TETTAMANZI ing. Amanzio, Milano. TORNABENE cav. FRANCESCO, professore di botdnica Li R. Uni- versità di Catania. TRANQUILLI GIOVANNI, professore di storia naturale nel Liceo di . Ascoli. | TRrEVES ing. MIcHELE, Torino. TREVISAN conte VittoRE, Monza. TRINcHESE SALVATORE, professore di zoologia nella R. Università di Bologna. 3 Turati conte ErcoLe, Milano. Turati nob. ErNnESTO, Milano. | VARIScO ing. ACHILLE, Bergamo. : Vigoni nob. GiuLio, Milano. Vira Antonio, Milano. ViLLa Giovanni BarTISTA, Milano. Vira VirtoRrIO, Milano. ° VIMERCATI conte ing. GuIpo, Firenze. 14 ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI, AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1874. Visconti ALronso MARIA, Milano. Visconti Ermes march. CARLO, Milano. Visconti Di Moprone duca RaAIMmonpo, Milano. VoLta dott. ALESSANDRO, prof. nel Liceo di Sassari (Sardegna). ZIMMERMANN BERNARDO, assessore di Collegio, Pietroburgo (Russia). Zosa dott. GIovaANNI, professore di anatomia nella R. Università di Pavia. Zucchi dottor CARLO, medico-capo dell’Ospedale Maggiore, Mi- lano. SOCJ CORRISPONDENTI. AscHERSON Paoro, addetto alla direzione dell'Orto botanico, Ber- lino. BARRAL, direttore del giornale l’ Agriculture pratique, Parigi. BoLLe CARLO, naturalista, Leipziger Platz 13, Berlino. Boug Amico, Wieden Mittersteig, Schloessel-Gasse 594, Vienna. DARWIN Carto, della R. S. e G. S., Londra. Davis GiusePPE BERNARDO, presidente della società antropologica di Londra. | Desor EpoaRrDO, professore di geologia nella scuola politecnica di Neuchatel. FAvRE ALFONSO, professore di geologia, Ginevra. FievieR Luci, rue Marignan 21, Parigi. FinscH dott. Orto, conservatore del Museo zoologico in Brema. GEINITZ Bruno, direttore del gabinetto mineralogico di Dresda. GoErPPERT H. R., direttore dell'Orto botanico di Breslavia. Hauer FRANCESCO, direttore dell’I. R. Istituto geologico di Vienna. HeeR OsvaLpo, professore di botanica nel Politecnico di Zurigo. JANNSENS dott. EUGENIO, medico municipale, rue du Marais, 42, Bruxelles. Le PLé dott. AmeDrO, presidente della Società libera d’ emulazio- ne, Rouen. Lory CarLo, professore di geologia alla facoltà delle scienze, | Grenoble. 16 ELENCO DEI.SOCJ CORRISPONDENTI AT. PRINCIPIO DELL'ANNO 1874. LyeLL CARLO, Herley Street, Londra. MeRIAN, professore di geologia al Museo di storia naturale di Basilea. MortILLET GABRIELE, aggiunto al Museo nazionale delle antichità di S. Germain en Laye presso Parigi. Nerto dott. LApIsLAo, direttore della sezione botanica del Mu- seo imperiale nazionale di Rio Janeiro. i PrLLet LuIGIi, avvocato e direttore del gabinetto mineralogico di Chambéry. Pizarro dott. GioacHino, direttore della sezione zoologica del Museo imperiale nazionale di Rio Janeiro. PLANcHON GIULIO, professore di botanica a Montpellier. RarmonpI dott. ANTONIO, professore di storia naturale all’ Univer- sità di Lima (Perù). Ramsay ANDREA, presidente della società geologica di Londesi Museum of practical geology, Jermin Street, S. V. SENONER cav. ApoLro, bibliotecario dell’I. R. Istituto geologico di Vienna, Landstrasse Hauptstrasse 88. StuDER BERNARDO, professore di geologia, Berna. VaLLeT abate, professore nel Seminario di Chambéry. WALTERSHAUSEN barone SARTORIUS, (rottinga. ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI al principio dell’anno 1874. ITALIA. R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. — Milano. . Ateneo di scienze. — Milano. . Società d’Incoraggiamento d’arti e mestieri. — Milano. . Società Agraria di Lombardia. — Milano. . Accademia Fisio-medico-statistica. — Milano. . Ateneo di Brescia. . R. Accademia delle scienze. — Torino. . R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti. — Venezia. . Ateneo Veneto. — Venezia. . Accademia di agricoltura, arti e commercio. — Verona. . Accademia Olimpica. — Vicenza. . Società Veneto-Trentina di scienze naturali. — Padova. . Associazione agraria friulana. — Udine. . Società italiana delle scienze. — Modena. . Società dei Naturalisti. — Modena. . Accademia delle scienze dell’ Istituto di Bologna. . Accademia dei Georgofili. — Firenze. . Società entomologica. — Firenze. . R. Comitato geologico d’Italia. — Roma. . Accademia dei Fisio-Critici. — Siena. | .- Società di letture e conversazioni scientifiche. — Genova. 22. . R. Istituto d’ Incoragg. per le scienze naturali. — Napoli. . Associazione dei naturalisti e medici. — Napoli. . Società Economica del Principato Citeriore. — Salerno. . Accademia Palermitana di scienze, lettere ed arti. — Palermo. Società reale delle scienze. — Napoli. Vol. XVII. 2 3209 42. SOCIETÀ SCIENTIFICHE CORRISPONDENTI, . Consiglio di perfezionamento. — Palermo. . Commissione reale d’agricoltura e pastorizia. — Palermo. . Società d’ acclimazione e agricoltura. — Palermo. . Accademia Gioenia di scienze naturali. — Catania. . Società d’orticoltura del litorale di Trieste. SVIZZERA. . Naturforschende Gesellschaft Graubiindens. — Chur. . Institut national génèvois. — Genève. . Societé de physique et d’histoire naturelle. — Genève. . Societé vaudoise de sciences naturelles. — Lausanne. . Societé des sciences naturelles. — Neuchàtel. . Naturforschende Gesellschaft. — Ziirich. . Naturforschende Gesellschaft. — Basel. . Società -Elvetica di scienze naturali. — Berna. . Naturforschende Gesellschaft. — Bern. 4 i GERMANIA E AUSTRIA. . Naturwissenschaftliche Gesellschaft Isis. — Dresden. Zoologische Gesellschaft. — Franckfurt am Mein. . Zoologisch-mineralogisches Verein. — Regensburg. . Physicalisch-medizinische Gesellschaft. — Wiirzburg. . Nassauisches Verein fiir Naturkunde. — Wiesbaden. . Offenbaches Verein fiir Naturkunde. — Offenbach am Mein. . Botanisches Verein. — Berlin. . Verein der Freunde der Naturgeschichte. — Neubrandenburg. . K. K. Geologische Reichsanstalt. — Wien. . K. K. Geographische Gesellschaft. — Wien. . Zoologisch-botanische Gesellschaft. — Wien. . Siebenburgisches Verein fiir Naturwissenschaften. — Her- manstadt (Transilvania). 53. DA. Verein fiir Naturkunde. — Presburg (Ungheria). Deutsche geologische Gesellschaft. — Berlin. 14% 74, ta: 76. Ga 78. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1874. 19 . Physikalisch-medizinische Gesellschaft. — Erlangen. . Senkenbergische naturforschende Gesellschaft. — Frank- furt am Mein. . Verein fir Erdkunde. — MIGLIO . Naturforschende Gesellschaft. — Gérlitz. . Schlesische Gesellschaft fiir vaterlindische Cultur. — Breslau. . Bayerische Akademie der Wissenschaften. — Munich. . Preussische Akademie der Wissenschaften. — Berlin. . Physikalisch-oeconomische Gesellschaft. — Konigsherg. . Naturhistorisches Verein. — Augsburg. . Oesterreichisches Alpen-Verein. — Wien. . K. K. Hof-Mineralien-Cabinet. — Wien. . Medizinisch-naturwissenschaftliche Gesellschaft. — Jena. . Naturwissenschaftlich-medizinischen Verein. — Innsbruck. . Verein zur Verbreitung naturwissenschaftlicher Kenntnisse. — Wien. . Antropologische Gesellschaft. — Wien. . Naturwissenschaftliche Gesellschaft. — Chemnitz. SVEZIA e NORVEGIA. . Kongelige Norske Universitet. — Christiania. i Académie royale suédoise des sciences. — Stockholm. RUSSIA. Académie impériale des sciences. — St. Petersbourg. Société impériale des naturalistes. — Moscou. I © BELGIO. Académie royale de Belgique. — Bruxelles. Société royale de botanique de la Belgique. — Ixelles-les- Bruxelles. Société malacologique de * Belgique. — ‘Bruxelles. Société entomologique. — Bruxelles. FRANCIA. 79, Institut de France. — Paris. 20 SOC. SCIENTIFICHE CORRISPON. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1874. 80. Société zoologique d’Acclimation. — Paris. 81. Société géologique de France. — Paris. 82. Société botanique. — Paris. 83. Société Linnéenne du Nord de la France. — Amiens (Somme). 84. Académie des sciences, arts et lettres.— Rouen (Seine inf.). 85. Société des sciences naturelles. — Cherbourg (Manche). 86. Société des sciences physiques et naturelles. — Bordeaux (Gironde). 87. Académie des sciences, helles-lettres et arts de Savoie. — Chambery. 88. Société Florimontane. — Annecy. 89. Société d’agriculture, d’histoire naturelle et des arts utiles de Lyon. 90. Société d’histoire naturelle. — Toulouse. INGHILTERRA. 91. Royal Society. — London. 92. Geological Society. — London. 93. Zoological Society, — London. 94. Geological Society. — Glascow. 95. Literary ad philosophical Society. — Manchester. 96. Natural History Society. — Dublin. 97. Royal physical Society. — Edimburg. AMERICA (Stati Uniti). 98. Smithsonian Institution. — Washington. 99. American Academy of arts and Sciences. — Cambridge. 100. Academy of sciences. — S. Louis (Missouri). 101. Boston Society of natural history. — Boston. 102. Connecticut Academy of Arts and sciences. — New Haven (Connecticut). 103. Orleans county of Society of Natural sciences. — Newport. Seduta del 1 febbraio 1874. Presidenza del vicepresidente sig. Antomo Villa. È aperta la seduta colla presentazione di una lettera diretta al Presidente della Società, colla quale il socio prof. G. Giuseppe Bianconi, di Bologna, invia al medesimo alcune note ed appunti indirizzatigli dall’illustre Riccardo Owen a proposito della recente pubblicazione di esso professor Bianconi Sulla teoria darwimiana e la creazione, e ne chiede la inserzione ne’ nostri Atti. Di code- ste Note portanti il titolo: Estratti ed osservazioni indirizzate al prof. G. G. Bianconi, vien data lettura, in seguito alla quale, dietro proposta del segretario prof. Stoppani, ne viene ammessa la stampa nel periodico della Società. Negli estratti in discorso il prof. Owen attribuisce l'origine delle specie attuali all’ effetto di leggi naturali, ossia cause secondarie, ancora ignote, agenti sulle forme archetipe prodotte da una causa prima, ossia creatrice. Il socio Sordelli legge quindi un elenco dei molluschi raccolti dal socio marchese Carlo Ermes Visconti in varie località della bergamasca, facendolo precedere da alcune osservazioni sulla uti- lità scientifica che vi sarebbe nell’esplorare alcune parti del suolo lombardo, ancora poco note malacologicamente ed in particolare le valli orientali, essendovi tutte le probabilità di rinvenirvi forme nuove per la nostra fauna non solo, ma anche parecchie modifi- cazioni locali di specie ancora non bene circoscritte dai zoologi sistematici, e che importa di riconoscere per ridurre al loro giu- sto valore una quantità di specie nominali che ingombrano ancora attualmente i cataloghi de’ malacologi. 22 SEDUTA DEL 1.° FEBBRAJO 1874. [Il socio Nap. Pini fa seguire la lettura di alcune osservazioni su vari tentativi da lui fatti di acclimazione di molluschi terrestri, allo scopo di vedere quale influenza potessero avere le mutate condizioni di clima, di terreno, di nutrimento, sugli esterni ca- ratteri della conchiglia e del mollusco; indi passa a descrivere la nuova forma di Campylaea trovata dal socio march. C. Ermes Vi- sconti all’Alpe Polzone sul monte Presolana, chiamandola Helix cingulata, var. Hermesiana Pini, giustificando tale distinzione col paragonare codesta Helix colle altre Campilee del gruppo della cingulata, e mostrando i vari passaggi che esistono fra le varie forme, nonchè la loro geografica distribuzione. — Di codeste os- servazioni malacologiche viene ammessa le inserzione per esteso nel XVII volume degli Atti. Esaurite le letture annunciate nell'ordine del giorno il socio Pini ha di nuovo la parola per proporre una modificazione al- l’art. 15 del Regolamento sociale, relativo all’ ammissione dei soci corrispondenti; il signor Pini fa riflettere alla circostanza che la società nomina suoi membri corrispondenti persone benemerite degli studi naturali, dimoranti fuori d’ Italia, allo scopo di potere, per mezzo loro, conoscere più facilmente i lavori che si fanno al di fuori, diffondere sempre più la cognizione dei progressi che si fanno in paese, col favorire gli scambi fra la Società nostra e quelle estere, mediante l’invio reciproco di Atti, Memorie e pub- blicazioni scientifiche d’ ogni genere. Esso propone per conseguenza che: visto lo scopo propostosi dalla Società coll’ammettere i soci corrispondenti e calcolato d’altra parte l’aggravio che ne viene al bilancio sociale, vengano depennati dall’ elenco dei soci corri- spondenti quei tali che dopo un lasso di tre anni nulla aves- sero fatto a pro della Società. La proposta modificazione viene approvata. Il socio cassiere fa presentazione dei bilanci sociali, consuntivo 1873 (Alleg. A) e preventivo 1874 (Alleg. B), dai quali risulta: SEDUTA DEL 1.° FEBBRAJO 1874. 23 pel primo una totale attività di L. 7888.48 a fronte d’una passi- vità di L. 3708.31; d’onde una attività nitida al 31 dicembre 1873 di L. 4180.17. E pel conto dell’anno corrente una attività presunta di L. 12,760.17 a cui contrapponendo una passività, pure presunta, di L. 6740, rimane ancora un presumibile avanzo a pa- reggio di L. 6020.17. Ambo i bilanci, già approvati oggi stesso in seduta amministrativa dalla presidenza unitamente al consi- glio di amministrazione, vengono votati all’ unanimità, previa la raccomandazione fatta dal socio professor Galanti di tenere, nel futuro consuntivo, separate le spese spettanti alla pubblicazione delle Memorie da quelle relative agli Atti. Al quale proposito il socio segretario Sordelli dà alcune spiegazioni circa la pubbli- cazione delle Memorie, ora pressochè sospesa, con sensibile van- taggio delle finanze sociali da un lato, e della pubblicazione degli Atti dall’ altro. Viene letto ed approvato il processo verbale della seduta pre- cedente 28 dicembre 1873. Passando poi alla votazione pella nomina del presidente, di un segretario, del cassiere, dell’ economo e dell’intiero consiglio d’ am- ministrazione, uscenti di carica a termini del regolamento, ven- gono rieletti per acclamazione i signori: CorNaLIA cav. prof. EmiLio, Presidente. STOPPANI cav. prof. ANTONIO, Segretario. GARGANTINI PIATTI ing. GIUSEPPE, Cassiere. DELFINONI avv. GOTTARDO, Economo. GARAVAGLIA rag. ANTONO, Visconti ERMES march. CARLO, CAVALLOTTI rag. ANGELO, Consiglieri d'amminaistrazione. » Il vicepresidente signor Antonio Villa, che uscirebbe parimenti di carica per compiuto biennio, rimane invece per un altro anno, essendo accaduta la contemporanea uscita del presidente. Ha luogo quindi la votazione per scrutinio segreto onde nomi- nare socio effettivo il signor: 24 SEDUTA DEL l.° FEBBRAJO 1874. Borzi dott. ANTONINO, assistente alla cattedra di botanica nel R. Istituto forestale di Vallombrosa, proposto dai soci Delpino; . Stoppani e Sordelli. — È nominato all’ unanimità. Viene votata per Rialto ile la nomina a soci corrispondenti dei signori: Pizarro dott. GioAccHMo, direttore della sezione zoologica del museo imperiale nazionale di Rio-Janeiro. Netto dott. LADISLAO, direttore della sezione botanica dello stesso museo. — Entrambi proposti dai soci Delpino, Stoppani e Sordelli. LE PLÉ dott. AmeDEO, presidente della Società libera d’emula- zione di Rouen; proposto dai soci Molino-Foti e fratelli Villa. Il segretario legge una lettera del segretario della Società en- tomologica, residente a Firenze, nella quale viene chiesto il cam- bio dei nostri Atti col Bullettino pubblicato da quella società. Il cambio viene autorizzato. Vien data lettura dei ringraziamenti diretti alla società dal prof. cav. Giovanni Campani, presidente della riunione straordi- naria della Società in Siena nel 1872, non che quelli del sindaco delle Masse di Siena, per l’invio fatto loro ed agli ospiti am- messi dalla Società, del volume contenente gli Atti della Riunione straordinaria. Vien letta parimenti la circolare inviata dal Comitato perma- nente della Società Italiana pel progresso delle scienze. Infine il segretario Sordelli annuncia di avere, dietro la deli- berazione presa dalla Società nell'adunanza del p. p. dicembre, e d’accordo cogli altri membri della Presidenza, assunto a servizio della Società per i lavori straordinarj richiesti dall’ ordinamento della Biblioteca e pella spedizione degli Attî, ecc. il giovane si- gnor Ettore Colombo. : F. SorpELLI, Segretario. | % 4 [ è £ 44 Ì >, G in UA E MINE Va: evil de dà, Di dg to: PAMIOROD 050% Fd SAM tr) i re asò ire minicoizi dinrnnneizi eat Gta n die tt > PU atea Mi td A ' p'É NITÀ ‘dl Li . Ila , 4 Li p. gd votre \ af ; 5 : Bhe: MALI " PE A "a $ Fal (114 nen ra(13 i , Ul î da seat TE le prati Tor bisi it died ostònt CILI ta st Qi ia Id | i rifatti po ta sli n creta #01 43 at bet È ttt | / de pg LA ì Ù ton Nr è ti ci TE ò RIST 01 Abedoatta sup È 08 3A Gboimogini "a or ui 12 E, VIDI RITA va TAR di pe; sl a Re li Bhiato i li ra ld s : ti HA ) \ nt) . « 4 , 3 . sa #7 ESRI i. RR Ue, LO. IDE ve: DI c N Cc | è N PREIS j Ad W hd La , : oi L0r RES PRAIA i e e pai È ) be i è “ du ato “Poi BILANCI. TETTI pd, | vu: ; 7° E ; 1A ST 2a ‘ He aftoix sip ARA (O.4f DIL VA: AIN ost fi sh ipa ra tr È 134 i Ò (or atri i “LIA { Wo: È È Sta ii vue 4 Foa Ro vizi 179 si Sa ne Hi "TA | Ù pn È sii dI UL 9 edi Pai WF rtv02. plist’biserto ta 02008’ ia giada th oinddigtii T i ; de 1 n SRALACA A A . Po . TIA ciel H{ | SquaETa a i Mette. PO EE e Lal” * Pai 1 Ii Me, È : i PO SETO GUZIEIEREI plico? | sa "\y Ù î » P 4 : à } | priva ‘ab -ovikea ti” pera. Seria i | p” i i ‘la 4 n \ Sd ei nn° ® F s ? i 5 ° RT * Î Tap avIIA BA GONADNÌ : ara) PRU Da ; È q j 1 i | - ; à ; bali: / n, I Y Ù uc pene vagare io n nt BILANCIO (Allegato A) i dal 1° Gennaio ai i» nn Ali Attività. 1 | Esistenti in cassa al ristretto conti 1.° gennaio 1873 . L. || 4889 | 98 | 2 | Tnbgronsio sl. e artt Me i 3 | Importo di N. 20 quote arretrate 1871-72 a L. 20, cioè: È N. 2 quote 1871 . .L. 40 — » 18 » 1872 . . n 360 — Totale L. 400 — || 400 | — Importo di N. 118 quote anno corrente a L. 20. . .L.|| 2360 | — 4 5 | Ricavo di N. 5 quote a L. 10 per associazione alle Memorie n 501 = 6 | ‘Ricavo vendita Afti e Memorie... imita Sila 7 | Rimborso di soci per spese anticipate dalla Società per stampa di Estratti . /. . . ....0... n 33 | 50 Totale attività L. || 7888 | 48 Passivo da dedursi » || 3708 | 31 Rimanenza attiva a pareggio L. || 4180 | 17 1 CONSUNTIVO 81 Dicembre 1873. 27 Erodoto Passività. liu Al tipografo Bernardoni per stampe Atti e Memorie . L. || 1850 | — PI Pe Ris ra BAlilitografo Ronchi per lavori di litografia. .. . .. n || 1000 | — DO AI libraio Hoòpli per somministrazione libraria e porto libri ww I e a SORTA) Vi IPO I, PPC 300 || — Ai librai fratelli Dumolard per somministrazione libraria » 21] 15 Associazione all’opera Iconographie des Ophidiens © . . » 60 | — ibiclagatoro. Sordelli,. ud allgrosolssinozza isa ovitanega? 16 | — Spese di Amministrazione, posta, segreteria e porto libri » 170 | 56 ilipaldini litografo-unilà dii atibnér “og: ottano n 40 | — im bo: sa o i binendio) agli; inservienti: } . . . 0... +0 190 | — Totale passività L. || 3708 | 31 _ll {n er) i > Attività. In cassa al ristretto conti 1.° gennaio 1874... .L. Importo di N. 2 quote 1870 w I 200% “71 | pei ” pUIBT: © pit 1871 ” RSI. 5 m «Bb n -. 1872 ” °° 0%. ln ALE ” » 110 » 1873 » è ETRE ATE Importo di N. 220 quote pel 1874 a L. 20... .» » presuntivo per l’associazione alle Memorie . . » » presumibile per rimborso copie a parte . . . » Ricavo presumibile per vendita Atti e Memorie . . . » Attività presunta L. 20 (Allegato B) BILANCIO PREVEN TIVO 29 PER L'ANNO 18374. Passività. Ì | Stampa Aftî o Memorie DU. 0.0. LL | 5000 | — mmnpa Seircolati . . o. e gliele Rete «0 ia 150 | — 3 | Spese di Cancelleria, Segreteria, Associazioni e Riunione MMIEIIENIO LL LL te e se 500 | — 4 | Spese postali e di porto . . . . .., . +... n 600| — 5 | Spese per lavori straordinari . . . . .... . n] 300) — 6 | Stipendio agli inservienti . . . ./..<. 0... . n] 190| — Passività presunta L. || 6740 | — Rimanenza attiva a pareggio » || 6020 | 17 L. |{12760 | 17 en nesiià Ati Al chiarissimo signor Presidente . della Società Italiana di scienze naturali di Milano. L’illustre professore Riccardo Owen mi ha fatto l'onore di dirigermi una Nota, che io accludo nella presente allo scopo che ella, chiarissimo signor Presidente, sì compiaccia di farla pubbli- care ne’ suoi accreditati Att sociali. Ogni parola ed ogni scritto che venga prodotto da un uomo di tanto sapere non può non in- teressare altamente ogni persona, massime allorquando si riferisce. ad una questione sì grave, quale è quella della quale ben giusta- mente si preoccupa l'Autore. Io non ho da portare veruna osservazione intorno alle cose espresse in questa Nota dall’insigne anatomico inglese, dopochè io ho esposto il mio modo di vedere intorno a questo elevato ar- gomento nel lavoro or dato alla luce sulla Teoria Darwimiana ecc., e che è stato occasione di questa stessa Nota. Contuttociò io non posso non avvertire quanto sia lodevole il suo concetto fonda- mentale sulla origine degli esseri viventi, attribuendola ad una Causa prima, od archetipa, per cui egli è, su questo campo, inte- ramente al coperto da ogni attacco. Una divergenza però fra il suo sistema e quello di altri può nascere intorno al punto delle cause 0 leggi secondarie, delle quali egli parla in varie sue opere, come in questo scritto, in quantochè da esse cause si ripeterebbe R. OWEN, LETTERA AL PROF. G. BIANCONI. 31 l'origine della modificazione perpetua degli esseri organici. Ma tale divergenza ha la sua sorgente più in alto; essa è nella dottrina delle successive apparizioni degli esseri alla superficie del nostro pianeta nelle varie sue età. Se poi veramente tale suc- cessione sia esatta, se sia uniformemente ammessa dai geologi, e se essa abbia dati sufficienti per costituirsi punto di partenza della Teoria delle evoluzioni, è ciò che gli studi futuri dimostreranno ; e forse potrà scomparire allora ogni discrepanza di opinione su di una questione tanto agitata. Bologna, 19 gennaio 1874. i Prof. G. GIUSEPPE BIANCONI. Estratti ed osservazioni indirizzate al prof. G. G. Bianconi. 7 “L'idea archetipa fu su questo pianeta manifestata nella vita (in the flesh) sotto diverse modificazioni, anteriormente di molto alla esistenza di quella specie di animali che attualmente danno mostra di sè. » A quali leggi naturali, o cause secondarie, possa essere stata affidata l’ordinata successione e progressione di tali organici fenomeni, noi tuttora l’ ignoriamo. Ma se senza derogare alla divina potenza, noi possiamo concepire l’esistenza di tali ministri (ministers) personificandoli col termine natura, noi apprendiamo dalla antica storia del nostro globo, che essa (la natura) ha pro- gredito con passi lenti e maestosi, guidata dall’ archetipa luce in mezzo al naufragio dei mondi, dal primo concretarsi dell’idea dei vertebrati sotto il loro antico paludamento di pesce, finchè per- venne alla gloriosa sembianza della forma umana., (Owen, “ On the nature of Limbs. , 8.° London, Van Voorst 1849, p. 86.) » Dopo l’annunzio di questa mia conclusione fatta dietro studi omologici, che cioè queste specie superiori, ed incluso l’ uomo, sono dovute ad alcune leggi naturali, o cause secondarie, il cui modo di operare io allora come presentemente confesso di ignorare, un 32 R. OWEN, anonimo autore pubblicò i “ Vestiges of creation; » e questa pub- blicazione fu seguìta dall'opera del professore di Oxford (Baden Powell’s): “ L’unità dei mondi, , 12.° Londra, 1855; nella quale l'ipotesi della origine delle specie mediante una legge secondaria è sostenuta dalla allegazione della mia “ Nature of Limbs , come sopra ho trascritto. I signori Wallace e Darwin hanno susseguen- temente avuto ricorso ad una congettura intorno al modo di agire della legge secondaria per la origine della specie. » L’idea di Buffon del modo con cui essa operi, fu secondo toi per “ degenerazione , dai tipi creati più perfetti. Senza applicare a tali tipi la ipotesi di una creazione miracolosa, io intendo la Causa di Buffon essere una “ vera causa , la quale trova esempio negli uccelli brevipennati, come, per esempio, li Dinornitini della Nuova Zelanda. Ma ciò è solamente e parzialmente applicabile al più vasto principio di “legge secondaria. , La teoria di La- marck, di incremento per esercizio, e di atrofia per disuso, rimane come una “ vera causa , ed è pure parzialmente applicabile ad una esposizione della legge secondaria della origine delle specie. » L'autore dei “ Vestiges, invoca la discendenza congenita dalli . tipi originari e dalla loro propagazione: opinione, per ciò che io ne giudico, sommamente più apprezzabile che quella dei due no- minati come esplicatori della legge. Realmente noi abbiamo “ se- lezione naturale, selezione sessuale , ecc.; ma la causa di nuove specie è tuttora un desideratum. n La mia opinione, come fu esposta nella Anatomia del Limulus, pp. 45, 46, è che la Biologia si trova ora nello stadio copernicano, e non ha pur raggiunto quello analogo al galileano, molto meno il newtoniano nella astronomia. » Per confermare con esempi la novità della idea della origine della specie con leggi genetiche, o mediante l’opera di una Causa o Legge secondaria, e la sensazione prodotta dalla mia formale espo- sizione di ciò, nella mia lettura fatta all’Istituto Reale il 9 feb- braio 1849 in questa città, io citerò fra il numero degli attacchi di critici anonimi uno solo, il quale abbia continuato ad essere riprodotto come rimprovero dell'idea e del suo espositore. LETTERA AL PROF. G. BIANCONI. 33 — “Ma non sono soli i naturalisti germanici che contribuiscono a diffondere il panteismo scientifico. Noi abbiamo in Inghilterra un profondo anatomico e fisiologo, Riccardo Owen; il chiamarlo ateo in causa delle sue conchiusioni scientifiche sarebbe un atto di volgare impertinenza; nulladimeno in una lettura sulla “ Nature of Limbs , che, fu fatta all'Istituto reale della Gran Brettagna in febbraio passato, ed è già stata pubblicata, egli porta tutta la sua profonda conoscenza scientifica e abilità dimostrativa nel so- stenere ciò che è chiamato la teoria dello sviluppo. » » Il rev. Francesco Guglielmo Newmann, i cui teologici scritti godono di un’alta riputazione, copertamente alludeva alla mia let- tura in questi termini: “ vi è in ogni parte un desolante pantei- smo. » Questi rev. teologi non chiamano apertamente ateista, ma ‘appuntano l'individuo, facendo conoscere di dovere essere it ‘stigmatizzato. DIO0gE s Dal sopra riferito potete essere alla portata di proporre innanzi ai pi Conhazionali la mia parte nello stabilire l’ipotesi della ‘origine delle specie, mediante l'operazione di una Causa'o legge «secondaria, l'accettazione della quale idea devé molto alle ante- cedenti dimostrazioni dell’archetipo e della omologia dello sche- letro. vertebrato, ed alla esposizione della “ Legge della ripetizione vegetativa (et relative) , fatta nelle mie “ Letture sopra l’ana- .tomia e fisiologia degli animali vertebrati ; 8.° (Longmans) 1855. » Sarebbe per me molto gradito se voi giudicaste degni i‘sopra- «posti paragrafi di traduzione e di pubblicazione in un periodico Nera ico italiano. i Museo Britannico, 11 dicembre 1873. Ma RiccarDo OWEN.. | Vol, XVII. 3 } I U - è | # , Ma va ce ‘ELENCO DEI MOLLUSCHI ||| (i raccolti dal socio march. CARLO ERMES VISCONTI IN ALCUNE LOCALITÀ DEL BERGAMASCO PRESENTATO DAL SOCIO F. SORDELLI :d° ANO nella seduta del 1.° febbrajo 1874. Non pochi certamente sono i lavori pubblicati intorno alla Ma- lacologia lombarda, compresi in essi un ottimo catalogo delle specie terrestri, dato in luce dal professore Pellegrino Strobel nel 1857,' e due cataloghi generali, editi dai fratelli Antonio e G. B. Villa, il primo nel 1844,? l’altro nel 1871.° Ciò nulla meno sarebbe in grande inganno colui che credesse essere questa parte del del paese del tutto conosciuta malacologicamente. Poichè la Lombardia, come è tuttora una terra incognita per certe classi ed ordini di animali, così è ben lontana dall’averci disvelate tutte le sue ricchezze in fatto di Molluschi. Le specie medesime già ascritte alla nostra Fauna non si pos- sono neppur esse ritenere sufficientemente studiate; di molte non si conosce ancor bene la struttura interna, di un gran numero altresì non furono per anco ben circoscritti i confini, osservazione questa, la quale, ben s'intende, si applica sopratutto a quelle specie estremamente soggette a variare ne’ più superficiali carat- teri, offerti dalla colorazione e dall’aspetto della conchiglia. I ‘ P. STROBEL, Essai d’une distribution orographico-géographique des mollusques - terrestres dans la Lombardie. (Mémoires de l’Acad. des sciences de Turin. 1859, to- me XVIII.) ? VILLA ANT. e G. B., Catalogo dei Molluschi della Lombardia (nelle Notizie naturali e civili sulla Lombardia, 1844, pag. 480). 3 Idem,, Specie e varietà di Molluschi della Lombardia, catalogo sinonimico (nel Bullettino malacologico italiano, anno IV, 1871). lia * SORDELLI, ELENCO DEI MOLLUSCHI, ECC. 85 Limax, le Elici dei gruppi Xerophila e Campylaea, così variabili sotto l'influenza del terreno, del nutrimento, dell’altitudine, l’in- tricatissimo genere delle Clausilie e le innumerevoli forme delle Najadi (gen. Unio ed Anodonta) così diverse nell’ aspetto da sta- gno a stagno, da fossato a fossato, per citar solo alcuni esempj, hanno urgente bisogno di una radicale riforma nella specifica de- nominazione. È necessario per loro ricercare quali siano i carat- teri veri, costanti, di ciascuna specie, per relegare gli altri tra le note proprie a quelle, spesso mal definibili, varietà che meglio sì direbbero razze locali. sac" | Nei cataloghi nostri, infatti, continuano a figurare, come specie una quantità di nomi che non hanno più alcun valore e servono tutt'al’ più ad indicare gli esemplari provenienti piuttosto dal tale o tal altro lago!, dalla tale o tal altra pendice. Lodevolissimi tentativi per ricondurre alcune specie, puramente nominali, sotto ai rispettivi tipi specifici, furono fatti dall'abate G. Stabile, di “sempre cara memoria, nei suoi pregevolissimi lavori sui Molluschi del territorio di Lugano? e sui Molluschi terrestri del Piemonte, ° come pure dal nob. E. De Betta nel suo catalogo del 1870 col titolo: Malacologia veneta.* Gli è solo seguendo la via additata dai chiarissimi malacologi or ora citati, e percorrendola ardita- .* Per esempio, nel Catalogo del 1871 pubblicato dai signori Villa sono anpove- rate 17 specie di Arodonta, e 16 di Uxio; ora lo studio completo dell’animale e non della sola conchiglia delle pretese specie, nonchè il confronto accurato di numerosi esemplari di una. stessa e di parecchie località, inducono a ritenere che le .vere e buone specie siano soltanto due o tre al più per ciascuno dei nominati generi, ele « altre: non debbano ritenersi se non forme dipendenti dall'età, dal nutrimento, dalla composizione dell’acqua, dalla natura del fondo ove codesti animali hanno la loro di- morta, e da tutte infine quelle circostanze che influiscono non soltanto sulla razza, ma più ancora su ogni singolo individuo, e danno a ciascuno di questi, una sua io ‘ @ più o meno marcata fisionomia. 2 StABILE G., Prospetto sistematico-statistico dei Molluschi terrestri e fluviatili viventi nel territorio di Lugano 1859. (Atti della Società geologica residente in Mi- lano, Vol. I, pag. 127.) _ 3 Idem., Mollusques vivants terrestres du Piémont. (Atti della Società Italiana di scienze naturali, Vol. VII, 1864, pag. 3.). 4 De BETTA E., Malacologia veneta ossia Catalogo sinottico ed analitico dei Mol- luschîi terrestri e fluviatili viventi nelle provincie venete. (Atti del R. Istituto Veneto, Vol. XV, 1870, Serie III.) ‘ :36 PI: 1300 è 0 GORI I ì ‘mente, che. TIRA sperare di giungere a conoscere daTEoRAi la nostra Fauna malacologica. | Todi | Tuttavia volendo, per ora, limitarci anche. ini ad LI voro analitico e noverare semplicemente tutte. le forme che ab- È biamo, io credo che molto tratto di paese resti ancora ad. esplo- rare prima che si possa; dire d’aver riunito tutto il Materia ‘0e- corrente alla compilazione del catalogo. 1 La provincia di Como, illustrata già sin dal 1838 da Carlo Porro e percorsa dappoi da moltissimi naturalisti, è fuor di dub- bio la più nota malacologicamente fra tutte quelle di Lombar- dia; eppure le ricerche fatte dal nostro socio N. Pini in un pic- colo angolo di essa, accrebbero in questi, ultimi anni il numero delle specie comasche, mercè l'aggiunta di alcune nuove anche per la stessa Lombardia. ' n Altre provincie e segnatamente quelle di Bergamo e di Bre- scia, sono meno conosciute pei molluschi; poichè al difetto in pic- cola parte soltanto provvedono i due lavori pubblicati dallo Stro- bel per la. Val Brembana? e dello Spinelli pella provincia di Brescia.® Le due grandi valli Seriana e Camonica non furono mai esplorate a fondo da alcun malacologo.* E sì che promet- tono di ricompensare davvero la fatica di chi le facesse campo di assidue ricerche, col rivelare forme nuove ed insolite. ' Egli trovò infatti, da poco tempo, nelle vicinanze di Esino la C/lausilia lami- nata Mont. ed il Buliminus quinquedentatus Miihlf. La prima è citata solamente dallo Strobel, nel suo Catalogo del 1857, come proveniente dall'alta Valle di Sarca e dall’alto Veneto, mentre Mousson che ne fece ricerca non la trovò mai nè nelle vici- nanze del Lario nè in quelle del Ceresio. Si è, dietro le indicazioni appunto del socio Pini, che le dette specie figurano nel Catalogo Villa del 1871. ? STROBEL P., Note malacologiche di una gita in Val Brembana nel PAR (Giornale dell'Istituto lombardo, 1847). * SPINELLI G. B., Catalogo dei Molluschi terrestri e fluviatili della provincia bresciana, ediz. II. Versi 1856. — Da questo lavoro viene esclusa la Val Camo: nica, che allora faceva parte della provincia di Bergamo. 4 Il signor Gio. Battista Adami, capitano nella 132 Compagnia alpina, cui cai deve il Catalogo dei, Molluschi terrestri e fluviatili della provincia di Catanzaro in Calabria (Atti della Società Veneto-Trentina di scienze naturali, residente in Padova, Vol. II, fase. I), esplora attualmente la Val Camonica ed è assai desiderabile ch’esso pubblichi quanto prima il risultato de’ suoi studj sui Molluschi di SAU iaia \ importante della Lombardia. -_ poss slo ELENCO DEI MOLLUSCHI, ECC. 37 - Un’assai lusinghiera testimonianza della verità del mio asserto, si è la scoperta sul suolo lombardo dell’ Helix (Campylaea) Gobanzi Frfd, fatta nel 1867, nella piccola val Vestino, che mette capo alla sponda occidentale del Benaco in prossimità di. Toscolano; come pure quella affatto recente fatta dal nostro socio marchese C. Ermes Visconti, all’Alpe Polzone sul monte Presolana, di una nuova e distintissima forma dell’ Helix (Campylaea) cingulata, Elice che venne più particolarmente presa ad esame dal signor. N. Pini,' è da lui denominata in onore dello scopritore Helix cingulata, var. Hermesiana. | In attesa, frattanto, di più compléète ed estese ricette sarà sempre utile, a parer mio, il tener nota di quanto si va racco- gliendo nel nostro paese in fatto di Molluschi, curando con ogni diligenza l'esattezza dei nomi e la precisa indicazione delle loca- lità, senza le quali ogni notizia in proposito non potrebbe che riescire di inutile ingombro, anzi di vero inciampo pei futuri la- vori malacologici. Gli è con tale intendimento che in oggi vi offro la nota delle specie raccolte in alcune valli bergamasche ed alla estremità in- feriore della Val Camonica dal sig. marchese Carlo Ermes Vi- sconti? e da esso lui donate al civico museo di Milano, al lode- volissimo scopo di contribuire da parte sua:alla conoscenza della nostra Fauna malacologica ed all'incremento delle collezioni di codesto patrio istituto; nella qual nota se figurano specie gene- ralmente sparse sul nostro suolo, se ne rimarcano anche di più ! Vedi la Memoria inserita in questo fascic. a pag. 4l. ? Debbo al sig. marchese C. E. Visconti speciali ringraziamenti per avermi, non solo in questa, ma anche in parecchie altre occasioni, fornito preziosi materiali di studio, specialmente in fatto di molluschi terrestri italiani, ponendomi per tal modo in | grado di fare osservazioni e confronti, non sulle sole conchiglie, ma ben anco sulla interna organizzazione di non poche specie. Al prelodato signore debbo altresì la co- noscenza della dimora fra noi di un batracio, la Salamandra atra, che già potevasi sospettare indigena di Lombardia, come la è delle vicine Alpi tirolesi, ma che finora non fu da alcuno compresa nella Fauna insubrica per mancanza di positive notizie. Ora codesta specie fu incontrata dal sig. marchese Visconti nei boschi di conifere della Presolana, coi precisi caratteri e nelle stesse condizioni di dimora che si sanno essere proprie della Salamandra nera di Laurenti, 38. ». SORDELLI; localizzate, e non mai, ch’io sappia, indicate delle proveiaionze di tate per ciascuna di esse. | i [98 sd0:(g0% Ana Hyalina cellaria Mill. — Lovere. E Tora #41 RETI ‘. —. var. Villae Mortillet (Zonites eugyrus. Stabile, PA IS sist. moll. Lugano 1859). | Uri ) # Ba angigyra Ziegler — Lovere.. 4 ni 5 Ò ., — cinctella Drap. — Lovere. ; + &T00î ‘— ciliata Venetz — Lovere. ‘9008 — carthusiana Mill. — Lovere, Val del Dindli Schilpario: Tra gli esemplari di Lovere .si possono distinguere la. var. lactescens Picard e la var. minor (Moq. Tand. Hist. nat. des Moll. terr. e fluv. de France, vol. II, p. 207). ‘—. strigella Drap. — Lovere, strada lacuale tra Vello e Tol- | line, Cividate, Val del Dezzo, Schilpario. ‘— foctens Stud. var. cisalpina Stabile Moll. terr. viv. du Pié- « mont p. 51 (H. adelozona Parreyss). — Val del Dezzo, Vilminore, Schilpario. Differisce solo per la grandezza un poco maggiore dal tipo della 7. foetens Studer della valle d’Entremont sul versante N. del gran S. Bernardo. Si vegga del resto quanto dice lo Stabile al proposito di . questa e di altre Elici del gruppo della zonata. |. i cingulata Stud. var. rnisoria, Rossm. (H. Preslii var. misoria) Iconogr. VII-VIII Heft, n. 509. Tra Vello e Tolline al lago d’Iseo. Codesti esemplari del Sebino sono di poco | più grandi del tipo rossmaessleriano e formano evidente passaggio alla H. cingulata tipica, da cui si distinguono più che altro pell’ombilico, un poco più aperto. — cingulata var. Hermesiana Pini — Alpe Polzone, versante | N. del monte»Presolana. ‘ — mnemoralis Linn. (mut. cisalpina Stabile, Moll. terr. viv. du Piémont, p. 65). Gli esemplari esaminati mi hanno «dr ferto le seguenti varietà: | — — quinquefasciata Moq. Tand. Moll. de France II, p. 165, n. 1. — Lovere, Val del Dezzo. È la varietà più co- mune e quella che suolsi ritenere qual tipo della specie. ELENCO DEI MOLLUSCHI, ECC. 39 Ù H; nem. Cuvieria (fascie 00300) Moq. Tand. loc. cit., pag. 165, n. 16. -— Lovere. — — punctella Moq. Tand. loc. cit., p. 162. A 1 ed a 5 fascie, ridotte a semplici punti; tinta generale della conchiglia rosea; grandezza al disotto della media. — Lovere. — — coalita Moq. Tand. loc. cit. p. 162. — Lovere. -- — Hermannia Moq. Tand. loc. cit., p. 165, n. 166. (pudica NI Stabile Prosp. sist. Moll. Lugan. 1859, nota 10). — Lovere, Cividate. A peristoma bianco e 5 fascie ja- line, la II per lo più inconspicua, evanescente sul- l’ultimo anfratteo. — pomatia Linn. var. brunnea Porro Malac. Com. p. 44. — ; Lovere. I piccoli da poco nati, raccolti nella stessa località, hanno la conchiglia trasparentissima, appena sensibil- mente rubiginosa, coll’apice ed una fascia mediana af- fatto incolori. — wnifasciata Poiret. Adotto, dietro l'esempio di Stabile, co- desto nome che data dal 1801 ed è quindi ben più antico che non quello di Studer (1820, H. candidula) con cui la, specie è indicata da Rossmaessler e da Pfeiffer. Oltre il tipo a fondo bianco ed a 1-3-5 fascie nere, di cui la prima soltanto conspicua, essa mi ha offerto le seguenti varietà: — l— gratiosa Studer — Lovere. «“— — obscura Moq. Tand. Moll. de France II, pag. 234. — Lovere. — — alba Mog. Tand. loc. cit. — Lovere, Cividate. — — interrupta Moq. Tand. loc. cit. — Lovere. Buliminus detritus Mill. var. radiatus Brug. — Cividate nella bassa Val Camonica. — obscurus Drap. — Lovere. . \ — tridens Mull. — Lovere. —_ quadridens Mill. — Lovere. Pupa frumentum Drap. var. triticum Ziegler — Cividate, Lovere. — avenacea Bruguière (P. avena Drap.) Rossm. Icon. n. 319, | — Lovere, 40 SORDELLI, ELENCO DEI MOLLUSCHI, ECC. Clausilia alboguttulata Wagner (C0. VCRIRRRO De Crist. nisi H — Lovere, Schilpario. - Limnaea ovata Drap. — Pisogne, al lago a Lia ti 3 .—.. stagnalis Linn. — Pisogne. ri ata —,. palustris Drap. — id. È; SO Planorbis.carinatus Mill. — id. ipo :) i Cyclostoma elegans Miill. — Lovere. . Su ti Pomatias septemspirale Razoum. — Lovere. Tra i numerosissimi esemplari havvene uno albino nei tre anfratti inferiori e normalmente colorato nei superiori. Paludina fasciata Mull. (P. achatinazauct.) — Pisogne. Bythinia tentaculata Linn. (Pal. impura Drap.) — Pisogne. Neritina danubialis C. Pfeiff. var. serratilinea Ziegler. — Pi. Ret /8: sogne. Unio pictorum Linn. var. Requieni Mich. (Givi de l° vue nat. des Moll. de Drap. p. 106, U. Requienà) — Pisogne. ‘Qualche esemplare per la sua forma più slanciata, ed il lato dorsale quasi parallelo al ventrale, accenna ad accostarsi alla forma tipica dell’U. pictorum. Anodonta anatina Linn. — Pisogne. Gli esemplari raccolti in co- desta località del Sebino corrispondono alle fig. 417, 418 e 420 di Rossmaessler, Icon. V-VI Heft. Un esem- plare, raccolto a quanto pare in altro:punto del lago, ha l'epidermide più oscura; in parte volgente al bruno rossiccio, ed è assai corroso su tutta la porzione su- periore e posteriore della conchiglia; in grazia ap- punto di questa corrosione il lato dorsale, il quale-in corrispondenza al ligamento si alza assai in. questa specie, formando come una breve ala, è assai più basso che non negli esemplari non corrosi, così che il con- torno della conchiglia sembra voler accennare ‘ad al- ‘cune forme della A. piscinalisj; ma osservando bene la porzione intatta della conchiglia e le sue linee d’ ac- crescimento, si capisce che anche codesto esemplare . non può andar disgiunto neppure a titolo di varietà dalla A. anatina. ..© (SOPRA UNA NUOVA FORMA DI CAMPYLAA 3 Hi | der GRUPPO DELLA °—HELIX CINGULATA STUDER. OSSERVAZIONI DI NAPOLEONE PINI. (Seduta del 1° febbrajo 1874.) . Ognuno sa quanto influiscano sullo sviluppo e sulla vita degli animali e specialmente dei molluschi, la natura del terreno, la temperatura, l’elevazione sul livello del mare e la differenza di nutrimento. Infatti è ovvio che alcune specie indarno si ricerche- rebbero in terreni di natura cristallina o di conglomerati silicei mentre la naturale loro costituzione richiede per essi i terreni calcari od i dolomitici di cui necessitano sia per lo sviluppo del- l'organismo, sia per la formazione della conchiglia; come siffatte specie trasportate in condizioni per esse anormali e dalle quali non possano ritrarre quei principii che ne costituiscono l’essenza,; o modifichino gradatamente la loro natura, o il più delle volte dopo una stentata esistenza miseramente periscano. Sono noti i diversi tentativi di acclimazione in località diverse di alcune specie di molluschi fatti dai signori De Betta e Marti- nati di Verona, dal professore Teodoro Prada di Pavia, dai fra- telli G. B. ed Antonio Villa, dal compianto abate Giuseppe Sta- bile, da Amanzio Rezia, ecc., ma quasi sempre senza ottenere la riproduzione del tipo, anzi ordinariamente senza risultato. Qualche tentativo di tal genere venne pure da me esperimen- tato trasportando a Milano da Genova e da Firenze la Helix vermiculata Miill., dalla Spezia l’ Helix cespitum Drap., da Pavia l’ Helix lucorum Mill., e dalle nostre alpi 1° Helix frigida Jan. 42 N. PINI, La prima generò nel primo anno e potei raccogliere stan gio» vani lasciandone però altri viventi in giardino, ma le succes- sive ricerche non mi lasciarono scorgere individui giunti a mag- . giore sviluppo avendone trovati alcuni morti allo stadio di quando. li raccolsi vivi. Gli adulti però vissero più che due anni, nè rin- venni in questo tempo individui giovani oltre i già raccolti; per cui penso che all’ epoca del trasporto, che era al principiare di maggio, qualcuno stasse per deporre le uova che si svolsero senza potere raggiungere lo sviluppo, mancando forse oltre 1’ opportuna vegetazione anche l’ influenza atmosferica che nei paesi ove que- sta specie si propaga è più o meno pregna di principii salso- Jodici. L’ Helix cespitum Drap. pare subisca più facilmente le modi- ficazioni del clima e resista presso di noi poichè da più che tre anni vive nel mio giardino e si riprodusse lo scorso anno, avendo: raccolto diversi esemplari a metà sviluppo; altri quasi adulti che se il rigore della corrente stagione non avrà tolti di vita, spero veder raggiungere nell’ annata in corso lo sviluppo completo. Questi individui di prima generazione non presentano però dif- ferenze dal tipo il quale potrà forse subire modificazioni allor- quando questi alla lor volta si riproducano. L’ Helix lucorum Mill. che tollerò il clima Pavese essendosi quivi acclimata, non pare possa sostenere il più secco e caldo di Milano, perchè quantunque da tre anni viva nel mio giardino fin’ ora per quanto diligenti indagini abbia nigi non potei rin- venire giovani individui della medesima. L’ Helix frigida Jan, portata in numerosi esemplari raccolti sulla Grigna settentrionale del monte Codeno il giorno innanzi, superò essa pure diverse stagioni estive diminuendo però sensi- bilmente ogni anno in numero senza mai riprodursi; finchè al principiare del quinto non rinvenni più che due esemplari vi- venti che poscia scomparvero. ù Se però da queste esperienze non potei avere positivi risultati, dai negativi ottenuti posso stabilire che assai difficilmente i mol- luschi, cambiando loro le condizioni e le località, si propagano, SOPRA UNA NUOVA FORMA DI CAMPYLEA, ECC. 43) appunto «perchè cambiando loro la costituzione geognostica del suolo; la zona, la temperatura e la vegetazione, vien loro a mancare quel quid di omogeneo. al loro orgRIiamaO che, è la loro essenza. | Infatti vediamo ché nelle condizioni tizia dalla pianura ai colli e da questi alla regione alpestre ed alpina, i molluschi subi- scono modificazioni sensibili sia nello sviluppo che nel colonito e struttura della loro conchiglia. È noto che alcune specie vivono. esclusivamente in regioni sl pine, altre discendono all’ alpestre, qualcuna vive solamente in pianura, ma la, maggior parte almeno per quanto riguarda la Lombardia, che è paese eminentemente alpestre, prediligono que- st’ultima regione. Per Lombardia intender si deve quella porzione di suolo che sta fra le Alpi, il Ticino, il Mincio ed il Po, com» presi i versanti dei monti che costeggiano i primi due fiumi. Se osserviamo qualcuna di quelle specie che vivono tanto al piano che a diverse elevazioni come l’ Helix pomatia Linn., la Helix strigella Drap., la Carthusiana Miill, ecc.; noi vediamo succedere nel loro sviluppo, nel tessuto e nel colorito, modifica- zioni che non sempre sono in ragione diretta della zona in cui vivono. L° Helix pomatia, per esempio, al piano la troviamo di ‘mediocre sviluppo, di forma piuttosto depressa, di colorito per lo più vivace, di tessuto regolare, nè troppo debole nè troppo ro- busto; man mano ci innalziamo lo sviluppo cresce; la forma della spira si eleva, il colorito impallidisce e lo spessore aumenta: fin- chè giunti nella regione alpestre, ultimo limite di questa specie, la troviamo di forme procaci, di spira assai elevata, di. colorito sbiaditissimo, ordinariamente biancastro, di consistenza maggiore, di tessuto assai robusto, | « L’Helix strigella Drap., al contrario alla. pianura prende uno sviluppo considerevole in grandezza; ma minore in spessore che non al colle, il colorito pallido, il tessuto fino e delicato, semi- trasparente; verso i colli la troviamo di medie proporzioni, di co- lorito più vivace colle strie d’accrescimento più pronunciate, di consistenza alquanto più robusta; nella ragione alpestre e rara- 4 b 39003 ATLIVIMAD 19 AMiig AvOUv ANU*A1902 mente nella alpina che qualche volta raggiunge invece dave diamo rimpicciolita considerevolmente, di tessuto robustissimto, perfettamente opaca, a strie più grossolane, ma di colorito però minore che al piano ed al colle, quasi bianca; quindi può stabi- lirsi che lo spessore della conchiglia de’ molluschi poliregionarj non è in ragione diretta del suo volume, bensì della zona in cui. vivono. anna Molte altre specie e di terra e d’aqua subiscono modificazioni significantissime a norma della zona o della quantità, qualità e corso delle aque in cui dimorano che sarebbe facil cosa l’enume- rare se non mi dipartissi di troppo dallo scopo delle presenti osservazioni, e non fosse quindi ozioso il qui accennare. ‘Ciò che giova stabilire dall’ esposto è il fatto che anche una medesima specie a norma della natura geognostica del terreno, dell’elevazione, della vegetazione della zona in cui vive, subisce. o gradatamente o totalmente, coi diversi agenti fisico-chimici ed atmosferici che ne accompagnano l’ esistenza nella diversa distri- buzione geografica, modificazioni tali da presentare negli estremi ‘ differenze siffatte dal tipo da potere a primo esame scambiarle® per specie differenti, o come nuove specie. Se però si tien conto nell’ esame della serie di graduali modi- ficazioni che una data specie subisce a norma delle condizioni, dei luoghi ove vive, prendendo per base la località ove vive il tipo, man mano giungendo fino alla modificazione estrema, non è dif- ficile persuadersi che i caratteri precipui del tipo ordinariamente si mantengono nel loro assieme, modificandosene qualcuno sol- tanto, e che molte credute specie differenti, fra loro si congiun- gono per modo che per ritenerle distinte bisogna ricorrere all’ e- same solo o del tipo o della modificazione maggiore, senza tener calcolo della importantissima serie di gradazioni per le quali dal primo a quest’ ultima si giunge. È invalso l’uso, o dirò meglio 1’ abuso, fra i malacologi d’ og- gidì specialmente, di stabilire ad ogni leggiera modificazione di colorito o di forma, nuove specie di cui riesce sempre difficile dare la frase specifica, e non è raro nemmeno il caso che l’autore di SOPRA UNA NUOVA FORMA DI,CAMPYLAA, ECC. (45 ‘specie siffatte stenti poi egli stesso a riconoscere la specie stabi- lita, appunto perchè basata; sopra minime od ‘accidentali varia- .ziohi che nella vita animale si riscontrano ad ogni piè sospinto anche in esseri superiori ai molluschi che nessuno roserebbe di- chiarare specie differenti benchè varianti in statura, colorito o conformazione dal tipo. Siffattà usanza che dir si può bene a ra- gione, speciemania, nuoce non poco alla scienza rendendone lo -Studio già abbastanza difficile ed intricato; sempre! più. dubbioso e «difficile per l’ abbondanza dei nomi e differenza di’ descrizioni ‘impiegate a dinotare una stessa specie da autori diversi. | Nè per ciò il naturalista deve trascurare d’ avvertire tutte te ‘modicazioni che una data speciè subisce, non quelle soltarito che ‘rinvengonsi frammiste al tipo, le quali anzichè varietà della spe- -Gie ne sono accidentali mutazioni od anomalie; bensì specialmente ‘Quelle modificazioni che dalle diverse stazioni di dimora costante- -mente ne derivano è si riproducono in dati luoghi costituendo va- rietà locali della specie che giova distinguere dal tipo. L’ Helix cingulata Stud. o Luganensis Schinz, è appunto: una «di quelle che per la grande dispersione geografica e condizioni differenti in cui vive, presenta buon numero di varietà distinte ‘cui ora va aggiungendosene una nuova nella forma che andrò de- scrivendo, e che io dedicandola all’egregio signor marchese Carlo : Ermes-Visconti, che primo la raccolse sul versante nord del monte - Presolana in valle di Scalve, nella località detta Alpe Polzone, - chiamo | var. HERMESIANA. Eccone la frase specifica: | .. Testa mediocriter umbilicata, subgloboso depressa, apice cor- neo, striis spiralibus distinete ornata, solida, cinereo-rosea pallida, "fusco vel obsolete unifasciata, rarius absque fascis. Spira sensim ‘crescente, parum elevata; sutura distincta. Anfr..5. rotundato- convexi, ultimus crescente, subglobosum, antice deflexus penulti- ‘mus. obtegentem. Apertura obliqua rotundato lunaris; intus fuscole \ 46 DOT, ATAITIMAN, 11 NPI, ATO AV ANSIOA ‘tincta. Peristoma albo labiatum marginibus distanctibus, margine: supero reflexiusculum, columellare magis reflexum parum elonga- tum, circa umbilicum tenuiter callosum, externe convergens. Um- bilico medio Lo 2 1) si ada (1 AIAtAiO Diam. maj. 20 a 25” min. es a 21” alt. yy a 15950 (#90 019 Questa interessante varietà è termedia fra la Helix cingulata Stud., presa per tipo quella ‘che rinviensi al monte san Salvatore presso Lugano, la quale, come è noto, servì all'autore per stabilirne la specie, e la Helix frigida Jan che vive sul monte Codeno in Valsassina, e può dirsi l’anello di congiunzione fra queste due forme e le molte altre varietà della cingulata denominate Helix Presshi Schmidt, nisoria Ross- maess., colubrina Jan, Carrarensis Porro, Baldensis Villa, nubila Ziegler, colubrina Porro, Ananiensis De Betta, Ancona Gentil- uomo, fascelina Ziegler, Apuana Issel, «nornata Rossm., cingu-. lina Strob. Infatti questa nuova forma partecipa del tipo riguardo alla struttura ed al modo di fasciatura che riscontrasi normale, filiforme, evanescente e raramente senza fascia, per l’avvicinamento dei margini del peristoma, pel numero di giri della spira e per l'apertura ombelicale. Assomiglia poi alla Helix frigida Jan e sua varietà Tneutrilà nella facies od aspetto generale della conchiglia, nel colorito bianco- cinereo pallido ed opaco, nella forma della apertura e nella co- lorazione interna della medesima. Ma un attento esame ed il confronto di questa nuova forma col tipo della cingulata e colla frigida Jan, fanno tosto accorto essere questa una distinta va- rietà da non potersi confondere nè coll’una nè coll’altra. Diversifica dal tipo per maggiore globosità di forma, per mag- giore consistenza di tessuto, per rotondità maggiore degli anfratti che crescono più regolarmente e lentamente, pel colorito opaco pruinoso, per maggior obliquità e depressione dell’apertura, mag- gior ristrettezza d’ ombilico, pei margini del peristoma più retti e segnatamente quello interno che presso l’ ombilico porta una ee er, ine na è da una hi baifieaaione di forma în- SOPRA UNA NUOVA FORMA DI CAMPYLZEA, ECC. I leggiera callosità interna; finalmente per maggiore striatura al- l'esterno e per la colorazione fosca dell’ apertura. Messa a confronto colla Helia frigida Jan, in questa nuova forma si ha: 1. Che il colorito generale della conchiglia sebbene bianco- cinereo pallido assume una tinta roseo-gialliccia, segnatamente più carica nell’ultimo anfratto nello stadio giovanile, ciò che non riscontrasi nella H. frigida Jan di cui ebbi campo studiarne lo sviluppo in sito sopra parecchie centinaja d’esemplari; 2. Che le strie spirali, o d’accrescimento, sono assai più di- stinte e danno alla conchiglia un aspetto rugoso uniforme piutto- sto elegante da simulare in sfumatura la magnifica Helix Goban- zi, Frauenfeld che vive nella valle Vestino del vicino Tirolo; 3. Che la spira è assai più elevata in modo da presentare ‘una forma globosa, depressa, mentre gli esemplari della Frigida, anche i più elevati di spira, presentano sempre una forma de- pressa subglobosa; 4. Che lo sviluppo della medesima succede più celeramente ché non nella Frigida, specialmente nell’ ultimo giro che ha alla sua origine 2 millimetri e mezzo di maggior larghezza, misuran- dolo dal margine inferiore esterno del peristoma alla sutura; 5. Che l'apertura è più obliqua ed i margini del peristoma | più approssimati fra loro che non nella rigida, segnatamente il margine esterno che si fonde sul centro del diametro del sot- toposto anfratto, mentre nella rigida appoggia a solo circa un terzo del medesimo, misurato dalla sutura alla apertura ombe- licale; 6. Che il margine columellare od interno del peristoma prima di giungere all’apertura ombelicale presenta un leggiero ingros- samento o callosità interna e si allunga alquanto più dell’opposto ‘mentre nella Fyigida è parallelo al medesimo; 7. Che l’ultimo giro di spira si addossa e ricopre quasi in- tieramente il sottoposto in modo che quest’ultimo resta poco vi- sibile dall’apertura ombelicale mentre nella Frigida, convergendo più all’esterno, lascia scorgere quasi intieramente il bordo interno del penultimo giro di spira; 8. Che l'apertura RR) è costantemente più darla e ur più perpendicolare all’asse columellare; . ; . 0 11949901 9.. Finalmente che la colorazione interna della conchiglia è | più intensa e bruna che non nella specie di Jan. - {0 La var. Hermesiana ha pure qualche affinità con altre varietà della Cingulata ‘e cioè colla Carrarensis Porro. e .colla Baldensis Villa rapporto alla rotondità dei giri di spira che in.queste però sono. di maggior diametro, riguardo alla colorazione che alle volte quest’ultima assume: nell’ ultimo giro; nella maggior vici- nanza dei margini del peristoma ed alquanto eziandio per la maggiore striatura spirale. Ra Identica in forma, grandezza, colorazione e supra ki Helix cingulata Stud. rinviensi nelle vicinanze di Como, in valle Tre- mezzo, ad Introbbio in Valsassina, in val Solda, a Pisogne, Val- sarca, nella valle di Non a Roveredo, a Bolzano, a Trieste, in Dalmazia, a Pisa ed a Nizza marittima, ecc., questa forma è la stessa che quella di Lugano, e noi la chiameremo tipica. * Il signor prof. Pellegrino Strobel, che profondamente studiò la malacologia della Lombardia, non pare della mia opinione rapporto alla forma che devesi considerare come tipica per l’ Helix cingulata Studer, poichè in una lettera di recente dinetinpee parlando di esemplari inviatigli, così si esprime? « La sua H. cingulata tipo è la Helix Luganensis Schinz di Lugano, Valsolda e Tremezzina. A. Schmidt in una lettera inviatami dichiarò che il suo animale è si- mile a quello della I. Pressliî e diverso da quello della H. cingulata del Tirolo, che è la forma figurata da Rossm. (fig. 88) quale Helix cingulata di Studer. » — Io non divido in ciò l'opinione dell’egregio nostro malacologo poichè io eredo che Rossmissler comprendesse come forma tipica tanto quelle provenienti dalle pro- vincie Lombarde che quelle delle valli del Tirolo Italiano, che nella pluralità degli esemplari si assomigliano assai, anzi sono di identica forma e struttura, toltane se si vuole una lieve maggiore elevazione di spira*in esemplari di qualche località del Tirolo. Infatti se prendiamo la Heft II, pag. 1 della Zconographie der Land, ece., del ehiarissimo autore retrocitato, vediamo che dopo la descrizione dell'animale ove parla della dimora (Aufentbalt) della specie di Studer, cita appunto per la prima le mura- glie di Lugano, indi Roveredo, Bolzano ecc. Parmi quindi che lo stesso Rossmiissler non facesse distinzione fra le forme di una località o dell'altra fra le citate. Ma l’egregio prof. Strobel parla nella sua lettera di differenze anatomiche che A. Schmidt dichiarogli sussistere fra l’animale della Presslié e Luganensis e quella della Cingulata Studer del Tirolo. Io confesso che non-sono molto anatomico, e che per me la diversità di qualche frazione di millimetro nella lunghezza degli organi ri-, è ln SOPRA UNA NUOVA FORMA DI CAMPYLZEA, ECC. 49 Sul monte Baldo nel Veronese, in qualche località del Tirolo italiano, a Carrara ed in Albania questa specie diviene di colorito più bianco a spira un poco più elevata, a giri più tondeggianti e produttori o di quelli della nutrizione non può considerarsi come diversità specifica ma bensì come variazione locale o fors’ anche individuale. Nella frase però del celebre malacologo di Aschersleben che leggesi nell’ottimo lavoro del sig. Strobel Essai d’une distribution orographico-geographique ecc. Turin, 1857 a pag. 16, e che l’abate Gius. Stabile nel pregievolissimo suo Prospetto Sistematico-statistico deî mollus. terrestri e fluviali viventi nel territorio di Lugano. Milano, 1859, riproduce a pag. 54, io cerco inutilmente le parole che indicano che l’animale della H. Luganensis Schinz benchè simile a quello della Presslii diversifichi da quella della H. Cingulata Stud. del Tirolo. Schmidt così si espresse: — Spira producta instar H. cingulatae, fasciis 003-45; inferis pallidis, animal H. Presslii verae simile. — Notisi che Schmidt parlando della H. Luganensis Schinz la dichiara egli pure per quanto alla forma come la Cingu- lata; ma riguardo all’animale non fa che il confronto con quello della H. Presslii che è una varietà geografica della Cingulata Stud. più distinta per forma di quello che lo può essere la Luganensis (cioè il tipo) colle forme delle località tirolesi ci- .tate dal Rossm. Se adunque con marcata diversità di forma la Luganensis e la Pressliù hanno il medesimo animale è più che probabile, anzi io sono persuaso che quello delle forme tirolesi non diversifichi punto dal tipo (cioè dalla Luganensis Sehinz) col quale hanno maggiore affinità. « Rossmissler unisce la H. Lugunensis come sinonimo colla H. cingulata. Sta- bile nella 2% edizione della Malacologia di Lugano ammette la H. Luganensis come una forma della H. cingulata (Cingulata partim, Stud.), ma non come semplice sino- mimo. » Così l’egregio prof. Strobel fa seguito alla gentilissima sua lettera. Che Rossm. unisca la H. Luganensis come sinonimo alla Cingulata Stud. non fa che comprovare maggiormente l'identità della specie in queste due denominazioni d’un unico tipo, e contraddice l’opinione espressa dall’ egregio prof. Strobel al prin- cipiare della lettera inviatami, che cioè la Luganensis Schinz non sia una identica cosa colla cingulata di Studer. E che lo sia di fatto, la prova l’esame della provenienza della Helix che servì tanto allo Stiider che a Schinz per la formazione delle loro specie. Entrambi deter- minarono esemplari provenienti da Lugano ed il primo la chiamò H. cingulata men- tre il secondo la denominò Luganensis, ignorando forse che Studer la avesse già pub- blicata con altro nome, od almeno non sapendo di certo che egli si fosse servito di esemplari di eguale provenienza dei suoi, e quindi non conoscendo la specie di Stiider. L’opinione poi del fu Abate G. Stabile su tale oggetto non è proprio conforme a quanto mi scrive il chiarissimo prof. Strobel ed è facile convincersene leggendo quanto in proposito lasciò scritto nel citato suo libro a pag. 27 n. 16 con richiamo al n. 18 delle diagnosi e note a pagina 54 ove si legge: i « Se il nome specifico di cingulata fu impiegato. per la prima volta da Studer per dinotare l’Helix di Lugano, e se più tardi poi fu appropriato un tal nome a qual Vol. XVII. 4 50 N. PINI, conseguentemente colla apertura meno obliqua e più arrotondata del tipo e questa forma costituisce la var. Carrarensis Porro. Questa forma elevandosi maggiormente nella spira e restrin- che forma di altri paesi, affine ma diversa dalla nostra, per essere giusti sì dovrà bene ritornare a circoscrivere il nome di cingulata (colla sinonimia, non varietà, Lu- ganensis Schinz) ai soli individui del territorio di Lugano, Valsolda, Tremezzo, ecc., e creare un altro nome per la forma, abbastanza diversa, delle contrade Bresciana e Trentina. » db Dalle parole adunque del compianto maestro mio appare chiaramente che egli intendeva che i due nomi di cingulata Stud. e Luganensis Schinz dinotano una sola identica forma che deve considerarsi come tipo; e poichè Studer pubblicò nel System. Verzeich. der schweizer Conch. Bern, 1820, la sua specie pel primo, mentre Schinz la pubblicò nel Cat. Moll. Suiss. che Charpentier pubblicò nell’anno 1837; per di- ritto di priorità deve adottarsi come nome specifico quello di Studer, citando quello di Schinz solo come sinonimo. Questa identità di specie descritta sotto due differenti denominazioni, stata am- messa e riconosciuta dallo stesso Rossmissler riunendo come sinonimo la H. Luganensis alla cingulata di Studer, mostrerebbe come i diversi autori chiamando col nome ge- nerico di Helix cingulata le forme differenti tanto della Lombardia settentrionale che del resto d’Italia, anzichè all’anatomia dell'animale siansi appoggiati alle modifica- zioni di forma che questa Helix leggermente subisce nelle diverse sue stazioni. Ma siccome è assai probabile che l’animale di tutte queste forme sia identico, bisognerà nella nomenclatura di queste specie cotanto sparsa, citare i differenti nomi impostigli soltanto per dinotare le varietà o modificazioni locali, mantenendo a tutte il nome spe- cifico impostogli pel primo da Studer di Helix cingulata. E così la intese anche il celebre Lodovico Pfeiffer nella sua Monographia heliceo- rum viventium, vol. 1, pag. 356, in cui riunisce egli pure la H. Luganensis alla cin- gulata Stud. quale sinonimo conservando distinte quali varietà geografiche le forme scostantesi dal tipo. Che se l’animale di quelle forme di Helix della Provincia Bresciana, Tirolo ecc., che dai diversi autori venne denominata come quelle di Lugano, Valsolda, Tremez- zo ecc., e che Studer chiamò Cingulata, differisce veramente da quello di quest’ul- time, come asserisce il sig. prof. Strobel aver dichiarato Schmidt; allora non soltanto per la diversità di forma, come dice Stabile nel succitato lavoro, ma altresì per le differenze anatomiche dell’animale bisognerà addottare un altro nome per le prove- nienze il di cui animale presentasse differenze specifiche dal tipo di Studer, e consi- derare come varietà goografiche di ciascun tipo tutte le mutazioni di forma che dagli autori vennero fin'ora considerate come specie distinte. Io faccio voti che qualcuno si occupi dell’anatomia dell’ animale di queste di- verse forme di Helix cingulata Studer et Auctorum e che possa stabilire quali debbano assegnarsi veramente al tipo e quali subire una diversa denominazione; ma seguen- done la distribuzione geografica ragionevolmente credo di male non appormi col ere- dere che lo scalpello anatomico confermerà la mia opinione che siano cioè tutte que- ste forme ad ascriversi ad un tipo unico, quello di Studer, segnandone le sole varietà. locali distinte dal medesimo con nomi differenti. SOPRA UNA NUOVA FORMA DI CAMPYLZAA, ECC. 5I gendosi quindi nell’ ombelico sulle alpi Apuane e presentando le strie d’ accrescimento più distinte, dà luogo alla var. Apuana Issel. Alla vetta del monte Baldo, a Riva di Garda ed in alcune alpi del Tirolo, l Helix cingulata assume proporzioni maggiori, l’ ul- timo giro di spira si dilata sensibilmente, 1’ apertura è quindi ampia e tondeggiante, l’ ombelico più aperto e svasato e questa forma costituisce la var. Baldensis Villa, Cingulata var. major di De Betta e Martinati. Nel territorio bresciano, sulle colline di Volta nel Mantovano, nel Veronese, nella valle di Non ed anche nella Carniola si pre- - senta leggera di tessuto, semi-trasparente, di dimensioni modeste colla fascia ordinariamente assai ristretta; pallida, non di rado evanescente, qualche volta nulla, e questa modificazione costitui- , sce le var. Fascelina di Ziegler, Inornata di Rossmàssler. Quest’ ultima forma allorchè oltre alla statura minore offre una certa depressione di spira, un tessuto leggerissimo quasi pellu- cido mantenendo la faccia ben marcata sopra l’ ultimo giro, dà luogo alla var. Anaumiensis di De Betta, e questa si rinviene spe- cialmente presso Fondo in Tirolo. In alcune valli del Comasco, nella provincia di Brescia lungo il lago d’ Iseo tra Vello e Tolline, a Malcesine nel Veronese ed in qualche vallata del Tirolo alla destra dell’ Adige, 1° Helix cin- gulata assume forme mediocri a spira leggermente elevata cogli anfratti tondeggianti, colorazione cornea intersecata da macchie biancastre semi-trasparenti, strie spirali ben marcate, fascia di colorito intenso e questa mutazione costituisce la var. Colubrina Jan (non Porro). 4 Quest’ ultima varietà assumendo forme minori, maggiore de- pressione di spira conservando una colorazione macchiata in Val Gana, in alcune valli del Bergamasco, specialmente a Sovere in valle Seriana, nella valle Fella nel Friuli, nel territorio d’Innspruck, nella Carniola, Croazia, Baviera ed anche in Turchia, dà luogo alla var. Presti Schmidt, Nisoria Rossm., Nubila Ziegler, Colu» brina Porro (non Jan). " 52 N. PINI, | 'Allorchè quest’ultima modificazione offre gli anfratti compressi, e crescenti più lentamente, il labbro superiore più protratto e. risvolto in basso, l’apertura più larga che.alta e l’ombellico più. dilatato colla’ zona biancastra che accompagna la fascia un po” più marcata, come in valle di Tesino, in Valsugana ed a monte, Baldo, costituisce la var. Cingulina di Strobel, "«F'00GE dicgleri tara Schmidt), fide Stentz. Nell’ Apennino toscano, sulle rupi della Penna, queste nigi varietà si fondono per così dire e danno luogo ad una nuova mo-, dificazione diminuendo di striatura, aumentando in colorazione, la quale diviene di un bruno gialliccio, conservando però sempre la depressione di spira e presentando un tessuto più compatto; e; queste modificazioni costituiscono la varietà che il signor Dottor. Gentiluomo di Pisa denominò var. Ancone. L’ Helix frigida Jan fin’ ora venne raccolta al monte Baldo, al. monte Gardone presso Limone, lungo il Garda, alla Grigna nord del monte Codeno in Valsassina, ed una forma vicinissima o iden-, tica alla var. Insubrica, detta Helix nicatis dal fu prof. O. Costa, venne pure raccolta negli Abruzzi. Più diligenti ricerche potranno!‘ farla rinvenire sopra altri monti di natura dolomitica che ab-. biano almeno 1500" di elevazione sul livello del mare, limite al quale pare discenda questa Helix che in ultima analisi pare es- sere essa pure una estrema modificazione della H. cingulata Stud. poichè le diversità che appajono fra il tipo, la var. Hermesiana e la frigida Jan, ponno trovare la loro ragione nelle condizioni. diverse delle valli e dei monti in cui vivono, e nella serie di forme. e modificazioni intermedie. La fredda temperatura delle alte eleva-. zioni, impedisce forse al mollusco uno sviluppo accelerato e la con-. chiglia segue quindi le condizioni dell’animale; la colorazione tende al biancastro perchè forse i sali di calce e magnesia che necessaria: , mente assorbe l’animale sia colla dimora sopra roccie calcari 0 dolomitiche sia col nutrimento di vegetali che alla lor volta hanno: assorbito questi principii,. modificano colla loro azione chimica. il mucus che il mollusco impiega nella costruzione della conchiglia: alla cui scolorazione non è fors’ anco del tutto. estranea l’azione. del sole. SOPRA UNA NUOVA FORMA DI CAMPYLZA, ECC. 53 Questa pallida colorazione all’esterno e carica internamente della H. frigida e della cingulata, var. Hermesiana, è una prov- vida disposizione della natura poichè vivendo esse sopra elevate ‘montagne, ove la stagione invernale è quasi doppia dell’ estiva, ne consegue che il mollusco ha bisogno di conservare un certo grado di calore necessario alla sua esistenza, quindi essendo bianca e scabra esternamente e colorata e liscia all’interno, ha mag- gior potenza di rifrazione del calore esterno allorchè è esposta nell’ estate ai cocenti raggi del sole che non fanno evaporare fa- cilmente l’ umidità interna di cui l’animale fa tesoro per la sua conservazione ;. e minor potenza irradiante del calore interno allorchè l’animale ha chiuso con diaframma la sua dimora per la stagione jemale. Ma lo sviluppo che la malacologia va ogni giorno prendendo, ci insegna che i molluschi vanno studiati tanto nel rapporto del- l’animale d’ una data specie colla sua conchiglia, quanto nei rap- porti anatomici che ponno esistere fra il tipo di una data specie le sue varietà e le specie affini. Il dotto naturalista signor A. de Saint-Simon ha già fatto co- noscere nelle sue Miscellanétes malacologiques pubblicate a Tolosa dal 1848 al 1856 i stretti rapporti che esistono fra 1’ animale della H. cingulata Stud. e quelli della H. Pressliù Schmidt ed H. colubrina Jan sopra esemplari inviatigli dal compianto e va- lentissimo nostro malacologo abate Giuseppe Stabile, che mi fu guida nei primi passi di questa difficile parte delle naturali dot- trine. Il nostro socio signor Ferdinando Sordelli ha già svelato quale sia l’ interna struttura della H. frigida Jan,' sopra esemplari da ' Le ricerche anatomiche sopra questa ed altre specie di Elici furono da me fatte per incarico dell’ ora defunto ab. G. Stabile, il quale aveva iniziato, con altri © lavori, anche uno studio comparativo ‘delle nostre Campilee; ma per la morte di lui ì parziali risultati ottenuti rimasero inediti. Posseggo però copia delle note e dei di- segni che io comunicava man mano all'ottimo maestro, i quali potranno servire a ri- fare il lavoro. (Nota del Segretario F. SORDELLI.) 54. N. PINI, SOPRA UNA NUOVA FORMA DI CAMPILZA, ECC. me fornitigli, ora a lui lascio la parte più difficile, quella cioè di fare gli opportuni studj sul mollusco della varietà da me de- scritta come nuova forma, non appena sia possibile possederne ‘esemplari viventi e stabilire così quali rapporti o meno essa ab- bia di parentela o di affinità colla specie di Studer e colla fri- gida Jan, onde poi trarne dai confronti quelle deduzioni che i rapporti anatomici stabiliranno fra esse e le congeneri. Seduta del 22 febbraio 1874. Presidenza del vicepresidente signor Antomio Villa. Il segretario F. Sordelli dà lettura di una nota comunicata alla Società dal socio prof. Luigi Paolucci, sopra una forma mostruosa della Myliobatis noctula, pescata nel mare di Ancona e conser- vata nel gabinetto di storia naturale dell'Istituto Tecnico di quella città. Accompagnano codesta nota, che verrà pubblicata negli Att, alcuni disegni a colori che rappresentano, ridotto, il singolare ani- male veduto di sopra e di sotto, ed una figura della parte ante- riore del corpo in grandezza naturale. +. Viene quindi presentato un lavoro del socio prof. Leopoldo Maggi, avente per titolo: Studi sopra un nido singolare della For- mica fuliginosa Latr., ed il segretario Sordelli ne legge le parti più importanti. Codesta memoria è accompagnata da alcuni di- segni i quali verranno pubblicati negli Att: della Società insieme alla memoria stessa. Trattasi di un formicaio rinvenuto in Valcu- via in una casa e precisamente tra il soffitto a palco e lo stoiato di una camera che da un lato ha il pavimento a terreno e dall’al- tro confina con un giardino il cui livello raggiunge, presso a poco, l'altezza del soffitto della camera medesima. Codesto nido oltre alla sua singolare ubicazione ha questo di particolare che, pure appartenendo ad una specie scavatrice e truncicola, è fatto bensì 56 SEDUTA DEL 22 FEBBRAJO 1874. con del legno, ma non con materiale già esistente sul posto; è co- strutto invece con legno finamente elaborato al punto da distrug- gere in esso la tessitura cellulare e vascolare caratteristica, e tra- sportato da altra località. L’ autore si diffonde nella descrizione di . codesto formicaio, che ritiene piuttosto unico che raro, fra quanti furono osservati della Formica fuliginosa; ne precisa l’estensione, la struttura interna ed esterna, ne indaga il modo di formazione, le cause del suo colorito e la direzione delle vie esterne che ad esso conducevano. Terminata la lettura il socio segretario Sordelli chiede la pa- rola per dichiarare che concorda nel complesso colle idee esposte dal socio prof. Maggi, eccetto che in un solo punto, laddove cioè attribuisce la costruzione di un nido così singolare ad un difetto nell’intellisenza delle formiche costruttrici, ad, una specie di er- rore commesso nella scelta della località. Pare al socio Sordelli che l’aver scelto una ubicazione così tranquilla, così oscura, così riparata, preferendola alla base di un albero più soggetta a depe- rimento, all'invasione delle acque pluviali, degli animali, ecc., sia piuttosto un indizio di quella elevatezza nella intelligenza di cui le formiche fornirono sempre così luminose prove, e per la quale divennero giustamente famose. Al quale proposito il socio Sordelli espone verbalmente una ‘osservazione da esso fatta su di una spe- cie diversa ed assai più piccola di formiche, il Leptothorax uni- fasciatus, esprimendosi all'incirca come segue: La lettura della memoria del socio prof. Maggi, sulle abitudini della Formica fu- liginosa, mi ricorda un fatto ch’ebbi occasione di osservare nello scorso autunno re- lativo ad un’ altra specie di formiche. In una piacevole gita fatta nelle vicinanze di Lugano, il giorno 23 settembre 1874, in compagnia dei nostri soci Pavesi, Pini e Spreafico io raccoglieva in un bosco dominante il villaggio di Manno una galla di quercia, che io mi ricordavo di aver veduta figurata e descritta dal prof. Giuseppe Bertoloni nelle Memorie dell’Accademia delle scienze di Bologna, pubblicate appunto lo scorso anno. Era codesta galla preci- samente di quella forma che l’egregio professore chiama galla coronata e descrive a pag. 349 del II tomo di dette Memorie (serie III), figurandola nella tavola III. Non SEDUTA: DEL 22 FERBRAJ0 1874. 57 isperavo di vederne uscire l’insetto perfetto, produttore della galla (che si sa essere il Diplolepis quadrum Fabr. per unanime consenso di Bonelli, di Spinola e di Berto- loni); poichè vi si vedeva un picciol foro rotondo, laterale, sicuro indizio dell’ essere la galla stata abbandonata, Tenevo pertanto codesta galla come un oggetto di salone curiosità sulla mia tavola da lavoro, quando 17 giorni dopo averla recata in Milano volli sperimen- tarne la fragilità; produssi, cioè, con una forte pressione fra le dita una screpolatura nella galla, non tale, però, da romperla del tutto. Lo sguardo potè in allora pene- trare alquanto nell’interno e misurarne all’ingrosso lo spessore delle pareti; e quale non fu la mia maraviglia nello scoprire che la cavità della galla era tutta piena di animaletti vivi. Lasciai ravvicinarsi per naturale elasticità i margini della fessura pro- dotta e provai ad agitare con qualche violenza la galla per vedere se qualche insetto usciva dal forellino praticato già dal Diplolepis, sola porta aperta per la quale si po- tesse penetrare colà dentro. Infatti, dopo qualche istante, vidi uscire quattro o cin- que formiche piccolissime, lucidissime, d’un bel color biondo-testaceo con una fascia nera attraverso l’ addome, le quali, osservate meglio al microscopio, potei riconoscere come appartenenti alla Formica unifasciata di Latreille, cioè al Leptothorax unifa- sciatus de’ moderni entomòlogi. Le poche formiche uscite esplorarono la galla ‘all’e- sterno e le sue immediate vicinanze, con passi lenti e con grande esitazione, poi dopo qualche minuto, trovata la calma più completa, l'una dopo l’altra rientrarono pel fo- rellino d’onde erano uscite, nè per quel giorno si lasciarono più vedere. Il giorno ap- presso, di mattina, vidi due o tre formiche nelle vicinanze della galla che esploravano il terreno, la qual cosa non mi era occorso di notare nelle mattine antecedenti; poi, anche questa volta, le esploratrici dopo qualche minuto erano tutte rientrate nel nido. Curioso di conoscere finalmente come fosse composta la colonia abitatrice della galla e quale motivo ve le trattenesse malgrado le mutate condizioni di luogo e la privazione assoluta degli alimenti; decisi di spaccare del tutto la galla. ‘Ne ‘uscirono intorno a 400 operaie della specie suaccennata ed un ‘intiera covata di larve tutte vive ed a vario grado di sviluppo. i La specie secondo l’autorevole testimonianza di Mayr, si trova il più sovente in terra (in Erdbauten), sotto i sassi ed è dunque scavatrice; trovasi talvolta anche sotto i muschi, sugli alberi od altrimenti. Il dottor Kollar, direttore del Museo di Vienna, trovò operaie e femmine con covata in un vecchio bedeguar ossia galla di rosa, in circostanze dunque presso a poco identiche a quelle da me riscontrate. Da tali osservazioni mi sembra pertanto di poter cavare le seguenti con- clusioni: 1.° La specie d’ordinario scavatrice e terricola è guidata dal proprio istinto a profittare delle cavità naturali che trovansi sugli alberi onde ripararvi meglio la pro- pria progenie, risparmiando così o diminuendo d’assai il lavoro dello scavo. 2.° La presenza della covata trattiene le allevatrici dall’ abbandonare. il nido comune, anche quando le circostanze non permettono più di far provvigione di viveri. , 3.9 Resta a spiegare come mai nei 18 giorni, in cui la galla rimase presso di me, potessero vivere circa 400 insetti perfetti e più ancora intorno a 200 larve, in una stretta cavità a pareti secche e senza provvigioni di sorta. Può darsi che le ope- 58 SEDUTA DEL 22 FEBBRAJO 1874. raie nutrici abbiano, almeno per qualche tempo, alimentato le giovani larve con qual- che liquido secreto dal loro organismo; sapendosi che le formiche non sì nutrono già di sostanze solide, come voleva l’antica credenza popolare, ma invece di succhi‘e di . sostanze liquide o solubili, In relazione al paragrafo III delle suesposte conclusioni muo- vono osservazioni alcuni dei soci presenti e segnatamente i signori Besana e Galanti, ponendo avanti la supposizione: che le operaie vissute per 18 giorni senza cibo nè bevanda, possano essersi ali- mentate mangiando parte delle larve a vario grado di sviluppo con esse conviventi. Anche il socio Delfinoni sembra disposto da ammettere una sopposizione consimile, adducendo ad esempio i gatti in cui l’istinto talvolta aberra così da indurli a divorare i loro stessi piccini. Il socio Sordelli objetta che tale supposizione non può reggere dinanzi al fatto, ormai ben noto, che le formiche non sono propriamente carnivore e tanto meno si nutrono di preda viva, bensì di umori ch’esse suggono dalle piante, da animali vivi (come gli afidi, le tettigometre, ecc.) e perciò da esse protetti, od anche da corpi in putrefazione. In seguito ad alcune altre osser» vazioni di minor conto la discussione viene chiusa. Viene proposta quindi la votazione per riammettere a far parte della Società il signor conte Vittore Trevisan, presentato dai soci Cornalia, Sordelli, e Gargantini-Piatti. A tale proposito il segre- tario, premessa l’ esposizione del motivo per cui il signor conte Tre- visan non figurava più nell’ elenco dei soci, aggiunge come il me- desimo di ritorno, dopo la sua lunga assenza dell’Italia, si sia affrettato a chiedere d’esser messo al corrente colle pubblicazioni sociali, sottoponendosi agli oneri relativi; udita la qual cosa; gli astanti all’ unanimità dichiarano di riconoscere continuata nel sig. conte Trevisan la qualità di socio senza bisogno di una nuova vo- tazione ed incaricano la Presidenza di comunicare allo stesso la presa deliberazione. SEDUTA DEL 22 FEBBRAJO 1874, 59 Si procede poi alla votazione per nominare socio effettivo il si- gnor: | PARONA dott. CoRRADO, assistente al Museo di Storia naturale della R. Università di Pavia, proposto dai signori Maggi, Balsamo Crivelli e. Sordelli. Viene eletto all’ unanimità. . Il Presidente chiude indi la seduta annunciando la morte dei signori: GueRrIN-MENEVILLE di Parigi, socio corrispondente. TERZAGHI dott. CARLO, prof. nel R. Liceo Arnaldo a Brescia, socio effettivo. Il Segretario F. SORDELLI. a SOPRA UNA FORMA MOSTRUOSA © DELLA . MYLIOBATIS NOCTULA DUM, NOTA DI L. PAOLUCCI colle tavole I e II. (Seduta del 22 febbrajo 1874.) Per cura del prof. cav. F. De Bosis, tanto solerte altrettanto sciente cultore dei prodotti naturali della provincia anconitana, veniva posta nel Gabinetto di Storia naturale del R. Istituto Tec- nico di Ancona la strana forma animale che qui brevemente de- scrivo. Esso è un individuo singolare della interessante e vasta tribù dei Rajdi, pescato nel mare Adriatico non molto lungi dalla riva. Basta un primo rapido sguardo a riconoscerlo come un figlio mo- struoso della famiglia dei Myliobatidi, distinti principalmente per le pinne pettorali assai larghe, acuminate e più o meno falcifor- mi, per il capo libero, i denti tabuliformi, la coda sottile munita d’un aculeo dentellato e di una pinna dorsale. E un esame accu- rato di tutto l'abito esterno, me lo ha fatto determinare, prescin- dendo dall’ anomalia di alcuni organi, per un individuo della spe- cie Myliobatis noctula Dum., non rara nel nostro Golfo Adriatico. Esso ha difatti il corpo romboidale, col diametro longitudinale (m. 0, 20) preso dalla parte superiore del capo alla base ante- riore della pinna caùdale, equivalente a circa i #4, del diametro trasversale (m. 0, 47). Le pinne pettorali si espandono in ali fal- ciformi, leggermente convesse anteriormente, leggermente concave nella parte posteriore. La coda è assai lunga, sottile, quasi te- rete. Si trovano le pinne ventrali linguiformi, impiantate inferior- n L. PAOLUCCI, SOPRA UNA. FORMA MOSTRUOSA, ECC. 61 mente alla base della coda. La bocca si apre di traverso nella fac- cia inferiore della testa, e va munita della tabula dentaria, ove gli elementi sono ordinati a quinconce, tenacemente stretti fra loro come i pezzi di un musaico, disposti nelle due mascelle in una serie mediana di parallelepipedi, accompagnata ai lati da minori denti rombici. Due grandi spiracoli occupano il loro posto nor- male superiormente ai lati del capo e comunicano colla bocca. S’aprono inferiormente al corpo in serie longitudinale da ogni lato 5 orifici branchiali. Una larga doccia solca la parte mediana del cranio. Tutto il corpo è spalmato di muco che lo rende assai lubrico: le parti inferiori sono hianco-lattee, le superiori oscure olivastre, sfumate di rossastro. Questi sono i caratteri che m’indussero a ritenere -fondamen- talmente l’animale per una Myliobatis noctula. Sebbene uno stu- dio anche breve degli altri, lo allontanano in modo assai strava- gante dal tipo formale della specie, e ne costituiscono un essere in cui taluni organi di considerevole importanza si tolsero da ogni normale rapporto anatomico, tali altri si alterarono nella strut- tura, e tali in fine vennero; come organi accessori, a pigliare quasi il posto di altri, cui sembrerebbero omologhi, i quali sono perma- nenti e caratteristici in un’altra vicina famiglia di Rajdi, anzi contigua qual’ è quella dei Cephalopteridi. La pinna dorsale trovasi assai più vicina alla base della coda, che non lo sia nella vera M. noctula, in cui negli esemplari da me veduti, non è mai raggiunta dalla estremità posteriore delle pinne anali: e risponde d’altra parte alla pinna dorsale della I. aquila Dum. ove le pinne anali arrivano quasi colla punta a livello del bordo posteriore della dorsale suddetta. Mancano totalmente gli orifici nasali che dovrebbero essere su- periormente alle commessure boccali. | Manca il lobo carnoso dentellato ai margini, che a guisa di pa- diglione proteggendo la bocca, tiene luogo del labbro. superiore. Solo è rimasto a guisa di piccolo tentacolo il frenulo, per cui detto lobo è fissato alla mascella superiore. Mancano gli occhi sporgenti situati innanzi agli spiracoli. A 62: L. PAOLUCCI, rappresentarli sta un occhio unico, molto grande, posto superior- mente alla bocca, ove dovrebbe trovarsi il bordo carnoso con cui termina anteriormente la testa, il'quale è distrutto. Lp Ad accrescere la strana fisionomia data al pesce da quest’ oc- chio unico, sorgono ai suoi lati un po’ in basso, due specie di corna digitiformi, appianate, acuminate, della grossezza di un dito, lun- ghe circa 3 centim., molli, carnose, colla punta lievemente rivolta in alto, simili alle pinne toraciche nel colore bruno olivastro di sopra, bianco di sotto. ) i Tali appendici cefaliche assai da vicino mi ricordano la mo- . struosità del labbro leporino: esse infatti saldandosi ricostituireb- bero il contorno libero del capo, allungato però e quasi triango- lare, come osservasi nella M. aquila con cui, parmi avere accen- nato, concorderebbe pure la inserzione della pinna dorsale. Anche i bordi superiori degli spiracoli, evidentemente sporgenti, torreb- bero a prestito, per dire così, un altro carattere della specie aquila mentre gli stessi bordi nella rnoctula ho costantemente osservati ristretti e poco sensibili. Il pesce adunque che forma oggetto di questa breve nota, sta- rebbe egli forse a rappresentare un ibrido mostro fra i due noti miliobatidi, disvelandoci pure una qualche caratteristica delle RWt- noptere? Certo è che allorquando per un arresto e disordine nello sviluppo delle forme embrionali, ci si fanno permanenti e mani- feste alcune strutture, le quali altrimenti sarebbero state fugaci e inavyertite, poi possiamo facilmente riconoscere per quali morfe intermedie avvenga il passaggio d’ una in altra specie. Se ricono- scendo la selezione naturale dei caratteri, noi possiamo spesso darci ragione della origine della specie, e dimostrare con infiniti esempi presi nel regno intero degli esseri organizzati, come possa essere avvenuto il passaggio fra due forme vicine, rimane sempre vero che non raramente fra due specie succedentisi nell’ ordine degli organismi e che vorremmo chiamare continue, ne manca qualche forma intermedia che deduciamo dalla comparazione degli organi, ma che ci sfugge perchè comparisce forse soltanto nella rapida evoluzione dell’ embrione. Des e, È _ 4 rl a N Ki 3 À i UTI TAI, Pall ErCA n :/» la <{; dit : SET 4 ; t sd È a . di RIVE RIT co : de © DI pr , n Li . ' i Si R dl.» é nea Ho ERI È x; x Wie w Du Gi i LS ; ; 4 pd BS vo at ‘ LI e de » Ld sa) dA . © SR k - ° a op d 1 ALI dI L TO RT ci è a . , * È Li > Ì n - ì “ LI _ s, N i . . : o P È mie sp a A 3 [ PA > ho Ò } x Ss . b * } Ù ? D) - N n Pas ‘ a i î i cf “ 7 = « pi . Atti Soc. Ital. Sc. Nat:Vol.AVII tav.2. LitRonchi Myliob atis noctula form MOSVW0SA grand ‘i RAC Paolucci. Lit Ronchi Myliobatis noctula forma nostruosart cnc del vero SOPRA UNA FORMA MOSTRUOSA, ECC. 63 Assai profondo si è il cambiamento avvenuto nell’ apparecchio visivo. Due organi quali sono gli organi dei pesci, in quasi tutti simmetrici e in numero di due, sono qui ridotti ad uno solo, assai grande e talmente spostato dai rapporti anatomici normali, da non permettere all'animale se non se la visione dei soli oggetti che a lui sarebbero occorsi dinnanzi. E tale mostruosità dell’ap- parato della vista, indotta specialmente per il cangiamento di posto e per la riduzione di numero, non trova certo confronto nel cammino che normalmente fa un organo visivo nei pleuronectidi, traversando la testa e fissandosi asimmetricamente accanto al- l’altro. ‘ per Il caso che ho qui descritto ci addimostra sempre più come nella famiglia dei Rajdi, non difficilmente avvengano delle anoma- lie formali e funzionali più 0 meno profonde. Il compianto pro- fessore De-Filippi pubblicava già una interessante nota sopra una singolare mostruosità di una Razza, pescata nel Mediterraneo. Il pesce descrittoci dal suddetto professore aveva tutti i caratteri fondamentali del 7rygon pastinaca Adans. più altri caratteri rap- presentanti condizioni transitorie dell’ organismo in istato gene- tico. Era cioè un individuo in cui mantenevansi permanenti alcune forme transitorie embrionali. Anche il signor P. Gervais (Comptes Rendus hébdom. Acad. sc. Paris. — Séance du 14 nov. 1864), ac- cenna ad un caso di polimelia osservato in un mostro della Raja clavata, portante nel dorso, presso la regione cervicale, un pajo di natatoje che ripetevano incompletamente le grandi natatoie pettorali dei pesci della famiglia. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE. Tav. I, fig. 1.2 L'animale intero veduto superiormente — grand. ti Tav. I, fig. 2.2 L'animale intero veduto dalla faccia ventrale. — id. Tav. II. La testa di grandezza naturale. SOPRA UN NIDO SINGOLARE DELLA * stila FORMICA FULIGINOSA. LATR. STUDI peL Pror. LEOPOLDO MAGGI (con 4 tavole, III a VI.) Seduta del 22 febbrajo 1874. Dopo le ricerche di Huber intorno ai costumi delle formiche indigene, che fanno seguito alle cognizioni in proposito lasciateci da Geoffroy, Leuwenhoeck, Swammerdam, Linneo, De Geer, Bon- net e Latreille, sembrava impossibile di poter aggiungere parola a questo argomento, poichè, narrando le sue proprie, venne egli a formularne la storia in modo da far pensare ch’essa fosse già completa. Quando nel 1841 Robert * trovò e vi riempì una lacuna, specialmente riguardo ai costumi della formica rossa (formica rufa o fusca di Linneo), colle sue osservazioni intorno alla dispo- sizione, estensione e direzione, in una parola sulla specie di sim- metria che pare esista nelle vie esterne ai loro formicai, avendo Linneo ed Huber soltanto portata la loro attenzione sulle vie in forma di gallerie scavate nell'interno di questi nidi. Anche E. Ebrard, ° ci fece conoscere, nel 1861, diverse e nuove osservazioni sui costumi di questi insetti, e per la massima parte di grande importanza. Egli parla, fra l’altre, del modo di costruzione delle formiche dette des gazons, di quello d’alcune appartenenti alle nere-cinerine e di altre della specie delle muratrici; si occupa an- che di alcuni fatti relativi alle abitazioni sia della formica her- t ROBERT, Observations sur les moeurs des fourmis. (Ann. des science. naturell. Zool. Seconda serie, Tom. 18, pag. 151, 1842). Paris. 1 ? D. E. EBRARD: Nouvelles observations sur les fourmis (Bibliothèque universelle — LXVIme année. Nouvelle periode. Tom. II, pag. 466. 1861), Genève. L. MAGGI, SOPRA UN NIDO SINGOLARE, ECC. 65 culcana, sia delle nére-cinerine quando sono invase dalle formiche amazzoni, sia di una specie di formica, che esiste a Hyéres, con una grossa testa (formica capitata), sia infine delle formiche amaz- zoni ; tuttavia non si occupa dei nidi della formica fuligginosa. Chi, in seguito a Huber, discorse dei formicai di questa specie, a me consta esser stato solamente Mayr, * il quale oltre convalidare che essa pone le sue colonie in amore entro le vecchie cavità de- gli alberi, in cui colle sue mandibole scava nel marcio legno vie e camere, aggiunge d’aver trovato presso Fòrthof prossimo a Stadt Stein nell’Austria inferiore, sotto al Corylus avellana su di un sottosuolo di natura gneissica, un nido molto interessante, che era costituito da una massa di camere e di vie, il di cui mate- riale, che formava le sottili ma assai forti pareti, si componeva di terra insieme saldata e di piccolissime pietruzze. Nel Conver- sationsblatte di Francoforte (Beilage zur Oberpostamtszeitung), 1851, n. 184, venne parimenti descritto tale nido da A. Hennin- ger, la qual descrizione è stata copiata anche da Schenck nella sua Descrizione delle formiche di Nassau, pag. 47. Ma ancora non si può dire che il campo in queste ricerche sia inesplorabile per essere di già stato del tutto esplorato. Ap- punto sui nidi della formica fuliginosa Latr., credo io in oggi di poter chiamare l’attenzione dei naturalisti per alcune osserva- zioni che io feci, in questo scorso autunno, nella mia casa di cam- pagna in Valcuvia. Epperò, prima di passare all’ esposizione di queste mie osser- vazioni, sento dovere di attestare vivi ringraziamenti al mio illu- stre professore Giuseppe Balsamo Crivelli per le utili presta- zioni scientifiche datemi negli studi che mi occorsero di fare, e pel suo eccitamento acciocchè io li rendessi di pubblica ra- gione. I principali caratteri distintivi della formica fuliginosa Lat., sono: il colore d’un nero brillante, la grossa testa incavata al- l’indietro ed i tarsi d’un rosso pallido. Come fa osservare Nylan- 1 Mayr, Formicina austriaca. (Vedi Bibliografiù annessa alla specie formica fuli- ginosa). Vol. XVII, 5 66 L. MAGGI, der, parlando delle formiche della Francia e dell'Algeria, tale for- mica è uno dei tipi i più distinti fra le specie europee e che non si potrebbe confondere con nessun altro. 99 La formica fuliginosa è citata nei lavori dei pria autori qui appresso : | Latreille, Essai sur l’histoire des fourmis de la France, pa- gina 36. s Histoire naturelle des fourmis, pag. 140, 1802. Huber P., Recherches sur les maurs des fourmis iii pa- gina 318, 1810. Losana, Saggio sopra le formiche indigene del Piemonte. (Me- morie della Reale Accademia delle scienze di Torino; Tom. XXXVII, 1834, pag. 315.) Lepeletier St. Fargeau, Histoire naturelle des insectes. — Hyme- noptères. Tom. I, pag. 200. Schilling, Bemerkungen tiber die in Schlesien und der Grafschaft Glatz vorgefundenen Arten der Ameisen. (Uebersicht der Arbeiten und Verinderungen der schlesischen Gesell- schaft fiir vaterlandische Cultur, Breslau, 1838, pa- gina 35.) Nylander, Adnotationes in Monographiam formicarum borealium (Acta societatis scientiarum iprazi tom. II, Fasc. E, 1846, pag. 915.) Forster, RR O Studien, 1850, I heft, pag. 28. Schenck, Beschreibung nassawischer Ameisen-Arten. (Jahrbiicher des Vereins fiir Naturkunde im Herzogthum Nassau, von Sandberger. Wiesbaden, 1852, VIII heft., pag. 45.) Smith, Essay on the genera and species of British Formicide (Transactions of the entomological society, vol. III, new ser. III, 1854, pag. 105.) Mayr, Formicina austriaca. Beschreibung der bisher im dsterrei- chischen Kaiserstaate aufgefundenen Ameisen nebst Hin- zufiigung Jjener in Deutschland, in der Schweiz und in Italien vorkommenden Arten. (Verhandlungen des zoolo- can I SOPRA UN NIDO SINGOLARE, ECC. 67 gisch-botanischen Vereins in Wien. Band V. III Quar- tal. (Juli, August, September.) 1855, pag. 351. Nylander, Synopsis des Formicides de France et d’ Algérie. (An- Us nales des sciences naturelles. Quatrième série. Zoologie. Tom. V, 1856, pag. 66.) Non dirò delle diagnosi che i diversi trattatisti sistematici, hanno dato di questa specie, le quali benchè più o meno estese, pure mella loro essenzialità si corrispondono. — Quella cui io trovo di accennare, come migliore per la mia formica, è la seguente di Mayr, che si riferisce solo alla operaia, non avendo potuto 0s- servare nè il maschio, nè la femmina: FORMICA FULIGINOSA Latr. n Operaia. Piceo-nigra, nitidissima; mandibule, flagellum antennarum, ac tarsi rufescentia, scapus antennarum, femora tibieque picea ; occi- put late emarginatum; squama parva subovata. Long.: 4-5 millim. Per non lasciare incompleta la determinazione specifica di que- sta formica, riferirò anche le diagnosi che lo stesso Mayr dà della femmina e del maschio. Femmina. Piceo-nigra, nitidissima, mandibule, antenne ac pedes rufescentes, tarsi dilutiores; ocelli minuti; occiput late emarginatum ; squama parva subovata; ale a basi ad medium fuscescentes. . Long. 6 millim. Maschio. Piceo-niger, articulationes scapi antennarum ac pedum, flagella antennarum atque tarsi pallescentia, occiput late emarginatum, squama subquadrata, parum rotundata; ale fuscescentes. Long.: 4-5 millim. Mayr è poi anche quello che offre una particolareggiata descri- zione di queste tre individualità. 68) . L. MAGGI, L’operaia, egli dice, è di un nero di pece molto splendente; le mandibole, i palpi, i funicoli delle antenne ed i tarsi sono ros- sicci. Le coscie, le tibie come anche le loro antenne scapolari, sono di un bruno piceo. Tutto il corpo è scarsamente fornito di corte setole. , | La testa è grossa, cordiforme, molto più ampia del torace; al. margine interno profondamente incavata a guisa di vòlta. Le man- dibole sono per lo più fornite di otto denti, finamente striate, rigate pel lungo da pochi punti; dalla base verso la sommità loro corre un solco liscio, ma senza che questo raggiunga la sommità. Lo scudo del capo (clypeus) è finissimamente striato, di più è poco chiaramente fornito di peli. L’area frontale è come lo scudo (cly- peus) striata e non ha limiti ben marcati. La doccia frontale, poste- riormente appena scolpita, arriva fino agli anteriori ocelli. Le lamine frontali sono appena arcuate e strette. Lo stiletto delle antenne, debolmente arcuato, sottile, compatto e duro, formato da dodici membri anellari, arriva fino all’orlo posteriore della testa; il funicolo è verso la sommità pochissimo denso. Gli ocelli sono molto piccoli; gli occhi tondetti, piccoli. Le altre parti della testa sono sommamente sottili e striate, puntute e fornite di strie straordinariamente sottili, tenui e contigue. — Il torace è molto sottile, striato a guisa di cuoio. — La squama è piccola, finissimamente striata, con filettature laterali quasi parallele; in alto attondata. — La parte posteriore del corpo è oviforme, finamente striato a guisa di cuojo. — Le gambe sono coperte da strie cortissime, sottili, dense e bianco-gialliccie. La femmina è di un nero-piceo molto splendente; le mandibole, i palpi, le antenne e le gambe sono di un rosso-bruno; i tarsi sono più giallo-brunicci. Tutto il corpo è fornito di strie corte, contigue, come anche di peli setolosi, lunghi e distanti tra loro. Il capo è come quello dell’ operaia, ma lo scudo (clypeus) è appena provvisto di peli, gli ocelli sono grandi e gli occhi sono chiaramente senza peli. — Il torace è come il capo, sommamente e finamente striato, e mostra, mediante l’impiego dell’ ordinaria lente, di essere liscio — La squama è, come nelle operaie, pic- SOPRA UN NIDO SINGOLARE, ECC. 69 cola, mediocremente stretta, con orli laterali paralleli, in alto at- tondata. — La parte posteriore del corpo è piccola, finissima- mente striata e puntuta. — Le ali anteriori sono dalla base fino alla metà intorbidate di bruniccio. Il maschio è di un.color nero di pece; le articolazioni delle antenne scapolari e delle gambe, come anche i funicoli delle an- tenne, i genitali ed i tarsi, sono di un giallo-bruniccio. La forni- tura dei peli è molta, solamente nella parte inferiore del corpo posteriore, è riccamente pelosa e con lunghi peli. La testa, il pronoto ed il mesonoto sono senza splendore, oppure poco lu- centi; lo scudicino, il metanoto ed il corpo posteriore sono splen- denti. La testa è un poco più larga del torace; le mandibole sono compatte, striate pel lungo, larghe, ma però hanno soltanto un dente; lo scudo è striato, con una debole, spesso indistinta, pe- luria. L'area frontale non è spiccatamente ben delimitata, ma striata e senza splendore. La doccia frontale, evidente, arriva fino agli occelli anteriori; è poco profonda all’ avanti, profonda all’in- dietro. Le lamine frontali sono molto strette, appena arcuate. Lo stiletto delle antenne, di tredici membri anellari, raggiunge il margine posteriore della testa. Il filiforme funicolo è lungo quasi il doppio dello stiletto. Le altre parti della testa sono fina- mente striate. Gli ocelli sono grandi, gli occhi quasi senza peli. — Il torace è finissimamente striato, con molti punti sparpagliati. — La squama è poco pronunciata, mediocremente dura, in alto attondata. — La parte posteriore del corpo è finamente striata e grossolanamente puntuta, per la quale si distingue facilmente il maschio di questa specie dai maschi di quella specie che en- tra nel gruppo della nigra. — Le ali sono fino alla metà intor- bidate di bruno. i La formica fuliginosa, così caratteristicamente modellata, ha anche un odore suo proprio, e fa lo sciame nel più alto estate. Secondo Huber (che distingue gli edifici delle formiche in quelli fabbricati ora con della terra, ora scolpiti nel tronco degli alberi 1 più duri, o composti semplicemente di foglie e di fili d'erba am- 70 L, MAGGI, massati da tutte le parti) la formica fuliginosa è quella che tiene il primo posto tra coloro che scolpiscono il legno. A questa mo- dalità di sua architettura va aggiunta l’altra che risulta dall’e- same del nido trovato da Mayr. Epperò, da questo diversificando totalmente il formicajo da me trovato in Valcuvia, egli è neces- sario per istudiarlo di ricorrere ancora alle narrazioni in propo- sito forniteci da Huber. E avanti tutto si ricava, dalle sue ricerche, che la pi fuliginosa Latr. nidifica tanto nel tronco quanto nelle radici degli alberi. Ecco una prima differenza col formicaio di questa specie rinvenuto in Valcuvia, perchè esso non stava nè nell’ una, nè nel- l’altra ubicazione; differenza che se isolata appare forse di pic- ciol momento, insieme ad altre diventa importante. Che si rappresenti, dice Huber, l'interno d’un albero intiera- mente scolpito, dei piani senza numero, più o meno orizzontali, di cui i pavimenti ed i soffitti, a cinque o sei linee di distanza gli uni dagli altri, sono così sottili quanto una carta da giuoco, sopportati ora da tramezzi verticali, che formano una infinità di case, ora da una moltitudine di piccole colonne assai leggere, che lasciano vedere tra loro la profondità di un piano quasi intiero; il tutto d’un legno nerastro e affumicato, e si avrà così un’idea giustissima delle città di queste formiche. La maggior parte dei tramezzi verticali che dividono ciascun piano in compartimenti, sono paralleli; essi seguono il senso degli strati legnosi, sempre concentrici, ciò che dà un’aria di regolarità al lavoro; i pavimenti, presi nel loro insieme sono orizzontali; le piccole colonne sono da una o due linee di spessore, più o meno attondate, d’una al- tezza eguale all’elevazione del piano che esse sopportano, più larghe in alto ed in basso che nel mezzo, un poco appiattite alle loro estremità, e disposte in linee, perciò che esse furono tagliate nei tramezzi paralleli. — Questo nido è disegnato nella tavola I, fig. 3, della sua opera citata. Tranne della ‘polareniane nerastra ed affumicata del contati legnoso con cui è fatto, e di alcuni tratti della sua coste tatti poco o punto vi rassomiglia quello che posseggo 10, j | 1 i it Sia sc nd iii SOPRA UN NIDO SINGOLARE, ECC. 71 I formicai ‘scavati nelle grosse radici sono in genere più irre- golari; epperò, continua Huber, vi si trovano ancora dei piani orizzontali e dei tramezzi in gran numero: se l’opera è meno re- golare, essa guadagna dal lato della delicatezza, perchè le for- miche approfittano allora della durezza e della solidità della ma- teria per dare al loro edificio una gran leggerezza. Io ho veduto (è ancora Huber che parla), dei frammenti da otto a dieci pollici di profondità e d’una altezza eguale, fabbricati con un legno così sottile come la carta; essi contengono una infinità di case, e pre- sentano l’aspetto il più singolare. Infine all’ entrata di questi ap- partamenti, lavorati con tanto senno, si presentano delle aperture molto più spaziose: non sono più delle case nè delle gallerie pro- lungate; gli strati del legno, forati in arcate, lasciano alle for- miche un libero passaggio in tutti i sensi; sono le porte oi ve- ‘stiboli delle logge alle quali essi conducono. — Quest altro genere di architettura è pure disegnato nella sua opera citata a tav. I, fio. 4.! . Se con questo il mio formicaio verrebbe ad avere qualche ras- somiglianza, sia nella delicatezza delle parti che lo formano e per conseguenza nella leggerezza ch’esso acquista, sia nella dispo- sizione dei piani e minor regolarità loro; pure nel suo aspetto singolare esso presenta qualche cosa di più, di cui o non fu te- nuto conto da Huber, o mancandogli realmente gli esemplari per tale osservazione, il mio vien ad essere in unione ad altre parti- colarità, non esclusa anche la località in cui fu trovato, d’ una architettura decisamente diversa da quella accennata da Huber per questa specie. ' Ho creduto bene di tralasciare le figure di questi due formicai, disegnati da Huber, perchè vennero ricopiate in un’ opera, oramai nelle mani di tutti gli amatori della storia naturale, qual’è quella di S. Figuier: Les Insectes, Paris, 1867, ‘e tradotta. in italiano. Però, a maggior chiarezza del lettore, debbo far osservare che nella citata opera di Figuier la figura 388 (pag. 460), ossia quella che si presenta a sinistra del- l'osservatore, si riferisce al formicaio che sta nel tronco degli alberi, l’ altra, figura 389 (pure a pag. 460), ossia quella che si mostra a destra dell’ osservatore, rappresenta il formicaio sito nelle radici. Così pure nella traduzione italiana (Milano, E. Treves, edi- tore, 1871, a pag. 208, fig. 391 e 392), la prima, ossia quella a sinistra dell’osserva- tore rappresenta il formicaio del tronco; mentre l’altra, quella a destra, il formicaio delle radici. 72 L. MAGGI, Ancora Huber scrive che “ sarebbe stato molto curioso di osser- vare le formiche occupate a scolpire il legno entro il quale esse stabiliscono la loro abitazione; ma le operaie di questa specie, lavorando sempre nell’interno degli alberi, e volendo essere nel- l'oscurità, ci tolgono la speranza di poter seguire i loro processi. Io non ho punto risparmiati gli assaggi d’ogni genere per sor- montare le difficoltà che presentavano queste ricerche. Io ho in- vanamente sperato di poter accostumare queste formiche a vivere ed a lavorare sotto i miei occhi; esse non hanno potuto assueffarsi alla dipendenza; esse abbandonavano anche le porzioni le più con- siderevoli del loro nido per cercare qualche nuovo asilo, e disde- gnavano il miele, il zuccaro ch'io loro dava per nutrirle. — Bi- sognava dunque limitarsi all’ispezione di questi edifizii, e tentare col decomporli accuratamente, di concepire l’ordine dei lavori che esse avevano eseguiti. Io procurerò pertanto di darne un’idea, de- scrivendone i frammenti di cui ho studiata la distribuzione. Quivi stanno delle gallerie orizzontali, nascoste in gran parte dalle loro pareti, che seguono gli strati legnosi nella loro forma circolare. Queste gallerie parallele, separate da tramezzi sottilissimi, non hanno comunicazione che per alcuni fori ovali, praticati di distanza in distanza: tale è l’abbozzo di questi lavori così delicati e così leggeri. Altrove queste entrate aperte lateralmente conservano ancora tra loro dei frammenti di pareti che non furono abbattute e si rimarca che le formiche hanno anche procurato qua e là dei tramezzi trasversali nell’interno delle gallerie, per formarvi delle case mediante il loro incontro con altri. Quando il lavoro è più avanzato si vedono sempre dei fori rotondi incorniciati da due pi- lastri presi nella stessa parete. Col tempo questi fori diverranno quadrati, ed i pilastri, dapprima arcuati alle loro estremità sa- ranno cangiati in colonne assai dritte dalle forbici dei nostri scultori. È il secondo grado dell’arte; forse una parte dell’ edifi- cio deve restare in questo stato. , Ma ecco qui, esclama Huber, dei frammenti tutti lavorati in un altro modo, nei quali queste stesse pareti, forate ora da tutte le parti e tagliate artisticamente, sono trasformate in co- SOPRA UN NIDO SINGOLARE, ECC. 73 lonnati che sostengono i piani e lasciano una comunicazione perfettamente libera in tutta la loro estensione. Si concepisce fa- cilmente che delle gallerie parallele, scavate sopra il medesimo piano, e di cui si abbattono le pareti, non lasciandone, di distanza in distanza, che ciò che è necessario per sostenere i loro soffitti, devono formare insieme un solo piano; ma siccome ciascuno è stato forato separatamente, il loro pavimento non dev’ essere troppo ben livellato; egli è, al contrario, scavato molto inegual- mente in tutta la sua estensione ed è ancora un vantaggio pre- zioso per le formiche, poichè questi solchi lo rendono più pro- prio ad intrattenere le larve che esse vi depongono. , Anch'io non posso dire d’aver veduto le operaje della Formica fuliginosa intente a lavorare pel loro edifizio; e benchè debba convenire con Huber ch’esse nidificano all’ oscuro, perchè in tale condizione si trovava il mio formicajo, pure per la località in cui era, tutt’affatto nuova alla storia naturale di questi imenotteri, io posso con certezza assicurare ch’esso non fu scolpito. L° ordine adunque, di costruzione dei formica] di questa specie, indotto da Huber, non può servire per il mio. Egli è perciò che fra le os- servazioni da me fatte intorno al formicajo della Valcuvia e quelle di Huber, esiste, si può dire, una differenza capitale; differenza che, oltre stabilire un altra modalità di architettura, come già accennai pel suo aspetto particolare, potrebbe anche infirmare il concetto generale della determinazione di questa specie come scolpitrice, tanto più poi se si tien calcolo dell’osservazione fatta da Huber, che cioè: la vegetazione degli alberi in cui vi sono tali formicaj non sarebbe punto alterata dai lavori di questi insetti. Finalmente Huber fa rimarcare che il legno nel quale queste formiche scolpiscono i loro labirinti prende un color nerastro. È desso dovuto, egli domanda, ai succhi dei vasi dell’albero, che es- sendo travasati al di fuori si sarebbero combinati coi principj dell’aria, o colle emanazioni delle formiche medesime, di cui 1’ o- dore fortissimo può non essere senza influenza sopra questi fluidi ° Oppure gli strati del legno essendo messi a scoperto da questi insetti, avrebbero essi subite alcune decomposizioni per effetto . 74 L. MAGGI, dell'acido formico? Huber risponde a sè stesso: “ È ciò che io non deciderò punto; ma ciò che io posso assicurare, si è che il. ‘legno lavorato da queste formiche è sempre nerastro all’esterno, dello stesso colore al di dentro, se egli è sottilissimo, e di colore naturale internamente, allorchè esso ha qualche spessore; che | il legno di quercia, di salice e quello di tutti gli altri alberi in cui viddi queste formiche stabilite, prendono egualmente questi colori. Io ho osservato così parecchie altre specie di formiche di- sposte nell’ interno degli alberi, e queste non gli davano giammai quest’apparenza; io ho veduto spesse volte al piede di quelli che erano abitati dalle formiche fuligginose, un succo nero e liquido abbondantissimo; a che deve essere ciò attribuito? , Confermando quanto assicura Huber sulla colorazione del Je- sno lavorato dalle formiche, che in questo caso corrisponde al materiale delle diverse parti costituenti il nido, dirò che, se non a tutte, a qualcuna e specialmente alla prima di queste domande rimaste fin’ ora senza risposta, le mie osservazioni potranno dare qualche evasione. | Ond’ è che il nido della Formica fuliginosa Latr. scoperto in Valcuvia, risultandomi unico nella sua rarità, e quindi non senza. ragione già detto, da me, singolare, merita (nel mentre vien espo- sto al pubblico nel Museo di storia naturale della R. Università di Pavia) d’essere illustrato, ed anche con figure, delle quali debbo rendere grazie all’ assistente signor dottor Corrado Parona. Per- ciò credo di passare: dapprima ad una descrizione, per quanto potrò, esatta di questo nido; in secondo luogo, alla conoscenza. della sua precisa ubicazione con riferimento anche delle condi- zioni particolari alla sua giacitura; finalmente all’ indicazione delle sue vie esterne. In seguito di che mi saranno facili alcune consi- derazioni conclusionali. » DESCRIZIONE DEL FORMICAJO. Ammessa la sua colorazione nerastra, già citata, e d’ un nero , fumo, a cui vi si può aggiungere anche una certa lucentezza che,’ 2 SOPRA UN NIDO SINGOLARE, ECC. 75 unita al colore, gli fa prendere la tinta vera del velluto, detto dai commercianti velluto oliva, ma però un po’ sdruscito; questo nido ha la forma di un quadrilungo, colle seguenti dimensioni: altezza massima, 14 centim. altezza minima, 10 centim. larghezza massima, 22 centim. larghezza minima, 16 centim. lunghezza attuale, 42 centim. È da notarsi quindi che in natura esso era lungo più di 1.” e che le minime misure delle altre dimensioni sono dovute 2 rotture delle parti che lo costituiscono. Per la sua configurazio- ne, esso offre sei superficie, che essendo foggiate diversamente le une delle altre, esigono una descrizione particolare. Mettendo il formicajo in posizione naturale, queste sue superfici vogliono essere distinte in superiore, anteriore, laterale destra, laterale sinistra, posteriore ed inferiore. La superficie superiore (tav. III, A), si presenta costituita da tante lamine sottili, orizzontali, quadrilunghe, ognuna della lun- ghezza di circa 45 millim. e della larghezza di 20 millim.; foggiate a guisa di foglie secche, e perciò aventi quei rialzi e quei semiaccartoc- ciamenti a loro proprj, di guisa che ora assumono la configura- zione di conchiglie, ora di scodelle, ora di fave ombelicate ; tutte saldate lateralmente tra loro, ma che non essendo piane e pre- sentando delle concavità e convessità formano tra loro degli ar- chi, dei punti e delle volte, le quali ultime servono come aper-- ture d’ entrata e d’ uscita al nido (tav. I, d). Questa superficie pertanto assume nell'insieme un aspetto squammoso, irregolar- mente embricato, e ne’ suoi particolari molto accidentato; esso po- trebbe ancora rassomigliarsi, molto bene, ad una superficie mu- rale tutta coperta da licheni. La superficie anteriore (tav. III, B) si mostra come se anch'essa fosse costituita da lamine sottili, ma non più orizzontali, bensì 76 L. MAGGI, verticali ed all’esterno convesse, tutte contigue le une alle altre. ed in generale liscie, non essendovi che qualche rialzo lineare, dato, o dalla loro saldatura, o da qualche raggrinzatura loro, senza però seguire una ben decisa direzione. L'insieme di queste la-. mine, più o fneno convesse, produce dei grossi rialzi attondati, semisferici (tav. III, f) e delle piccole infossature (tav. III, g), per modo che questa superficie assumerebbe a grandi tratti l’aspetto ripetutamente gozzuto. Sovra di essa poi esistono quà e là, ma molto sparpagliati, alcuni fori ovali (tav. III, e) più omeno grandi, che si possono ritenere fori secondarj d° uscita e nell’ istesso tempo aeriferi. È però da notarsi che attualmente in questa superficie, vi sono delle crepature, che furono fatte accidentalmente nel rac- cogliere e trasportare il nido. Delle due superfici laterali, quella a sinistra (tav. IV, fig. II, 4), è foggiata come la superficie anteriore (tav. IV, fig. II, B), colla quale anche fa dolce passaggio per 1° attondamento (tav. IV, fig. II, d) e quasi scomparsa dello spigolo che dovrebbe risultare dalla mutua intersezione di queste due superfici; quella a destra invece (tav, IV, fig. I, A) è il risultato della sezione trasversale del nido, fatta per delimitare, forzatamente, il pezzo. Nella su- perficie laterale sinistra però, al presente, sonvi delle rotture de- volute al maneggio usato pel trasporto del nido unitamente alla fragilità delle sue lamine; per cui piuttosto che attondamenti, si osservano molte infossature, che palesano le diverse case o celle costituenti l’interno del nido, con alcuni fori di communicazione. Nella superficie laterale destra (tav. IV, fig. I, A), si vedono, specialmente nella sua parte centrale, dei piani orizzontali (tav. IV, fiv. I, c) con tramezzi verticali (tav. IV, fig. I, d), la cui architet- tura non differendo da quella che presenta la superficie posteriore del nido, verrà qui appresso descritta; ma al margine sinistro (tav. IV, fig. I, B), invece di questa superficie laterale, vi sono come tre testate laminari verticali (tav. IV, fig. I, e, e’, e”) pa- rallele tra loro, che rappresentano la sezione verticale dei tre strati laminari, i quali, l’un dopo l’altro, si incontrano proce- dendo dall’ esterno all’interno della superficie anteriore; cosìcchè r SOPRA UN NIDO SINGOLARE, ECC. 77 la superficie in descrizione assumerebbe l’ aspetto d’ una stratifi- cazione concordante orizzontale. (tav. IV, fig. I, A, in c, c), limi- tata all’avanti, ossia alla parte sinistra della superficie, da una stratificazione pure concordante, ma verticale (tav. IV, fig. I, B, ine, e, e"), che nell’alto curvandosi a destra si fa continua col- l’orizzontale per quei soli strati che le sono corrispondenti in nu- mero. Le tre testate laminari (tav. IV, fig. I, e, e, e”), poi del mar- gine sinistro della superficie, e che sono alte quanto il nido, di- stano luna dall'altra circa 1 centimetro, e lo spazio interposto _ a loro è tramezzato da lamine sottili orizzontali (tav. IV, fig. I, f, f), che fanno corpo colle pareti delle testate laminari, e che si tengono a varia altezza, perfino di due centimetri; di modo che sì presentano in questo margine, tre. serie di cellette piuttosto alte (tav. IV, fig. I, g, 9), distaccantesi per la loro configurazione prismatica allungata nel senso verticale, da quelle (tav. IV, fig. I, h, h) che si trovano nella parte centrale di questa stessa super- ficie, ove sono allungate nel senso orizzontale. Anche qui sonvi alcuni fori di comunicazione. La superficie posteriore (tav. V, 4), quella con cui il nido stava attaccato al sostegno, presenta nettamente la sezione ver- ticale dei diversi piani orizzontali (tav. V, d) con cui esso è for- mato, i quali essendo lunghi quanto il nido, e paralleli tra loro, danno a questa superficie 1’ aspetto stratificato, a strati orizzon- tali e concordanti. I piani, in sezione (tav. V, d), sovrapposti gli uni agli altri, sono in numero di 16, epperò variano tra 9 e 16, essendo il numero minore e gli intermedj tra questo ed il massimo, dato da rotture d’alcuni di loro. La massima altezza da un piano all’altro è di 12 millimetri; tuttavia si osservano anche le seguenti che stanno tra 7, 5 e 2 millimetri. Ogni piano; pure in sezione verticale (tav. V, d), è costituito da lamine contigue le une alle altre, e la cui delimitazione è data da’ suoi diversi so- stegni (tav. V, e). Ogni lamina poi, anch’essa in sezione verti- cale (tav. V, d'), ha una lunghezza di circa 35 a 40 millimetri, ed uno spessore in media di un millimetro, poichè alcune sono un po” di più, altre meno; e benchè disposte orizzontalmente, esse 78 L. MAGGI, non costituiscono colla loro contiguità delle linee perfettamente orizzontali, ma essendo ciascuna un po’ ondulata, fa sì che tale ondulazione la prenda anche la sezione dei singoli piani, che in. taluni punti è molto sentita. Quantunque le lamine sieno, in que- sta superficie, in sezione verticale, pure qualcuna presenta un foro (tav. V, A, in e"); e penetrando un po’ colla vista nell’ in- terno del nido, si scorge che diverse sono le lamine orizzontali forate. Ancora, da quanto risulta dall’ osservazione di questa su- perficie, i sostegni dei piani (tav. V, e) e quindi delle lamine orizzontali, fanno corpo con esse prima del loro punto di par- tenza, e poi vi sì presentano come lamine perpendicolari e per- ciò disposte verticalmente alle prime, e come queste sottili, ma non molto larghe, essendo le massime di circa 15 millimetri; ep- però tra questa misura e l’altra minima di 3 millimetri, si pos- sono osservare tutte le dimensioni intermediarie. Queste lamine o tramezzi verticali, non sono sempre diretti perpendicolarmente al piano verticale della superficie posteriore del nido, ma talora vi si trovano obliqui, oppure anche paralleli; la maggior parte poi di loro presenta, o nel centro o alla base inferiore, un foro (tav. V, e') più o meno grande e più o meno ovale, il quale ta- loro foggia il tramezzo a guisa di vòlta, talora ne forma come due piccole e bassissime colonne, e quand’è alla base, per cui in allora si cala al piano sottoposto, il tramezzo non fà che acere- scere la tetraggine della cavità che si sprofonda. Quando i soste- gni non sono forati (tav. V, e”), assumono diverse altre foggie pel diverso modo di arcuarsi dei loro margini liberi, e servono a stanziare le varie concamerazioni del formicajo, mentre i forati (tav. V, e') le suddividono in cellette communicanti fra loro. Finalmente in questa superficie, se nella parte mediana della sua altezza si veggono le lamine portare, per mezzo dei sostegni dei piani, le superiori, ed essere portate dalle inferiori; partendo dal piano superiore, che non è sostenuto da nessun altro, si vede, al contrario delle nostre case, che esso sostiene il piano sottopo- sto, e questo il suo inferiore, e così di seguito finchè l’ ultimo, . discendendo, non presenta al di sotto di esso che i punti d° at- SOPRA UN NIDO SINGOLARE, ECC. 79 tacco (tav. V, e’) dell’ altro che verrebbe fabbricato in seguito, ciò che si osserva anche nei piani orizzontali della superficie la- terale destra. La superficie inferiore (tav. VI, A), tutta a scabrosità molto forti e sinuose (tav. VI, d) che pendono dalle lamine orizzontali costituenti il piano inferiore, e che al suo margine esterno si con- fondono colle lamine verticali della superficie anteriore (tav. VI, B), ha l’ aspetto meandriforme con diversi fori (tav. VI, d') di sbocco dei piani superiori. In essa ancora si osservano quattro grandi ‘fori (tav. VI, e, e’), quasi circolari, da due a tre centimentri di diametro, tre dei quali (tav. VI, e) son posti alla distanza circa 4 a 5 centimetri l’ uno dall’ altro, in linea retta e parallela al margine interno di questa superficie, e l’ultimo (tav. VI, e') lo è in vicinanza al margine esterno e parallelo all’ ultimo dei tre ac- ‘cennati andando verso la metà della lunghezza totale che aveva il nido. Questi fori con un calibro identico al loro diametro, si continuano in canali, che attraversano sia verticalmente, sia un po’ obbliquamente tutto il nido, arrivando alla pagina inferiore della superficie superiore, in modo che vengono da questa co- perti. Dalla descrizione delle diverse superficie di questo formicajo, e da quanto si può osservare in una parte della superficie superiore, in cui furono levate le prime lamine orizzontali per vedere la loro disposizione nella parte interna del nido; si può dedurre la sua struttura. Chiaramente essa è data da due parti ben distinte: una periferica e l’altra centrale. La prima è il suo involucro (tav. II, A e B; tav. IV, fig. 1 B cone, e, e', e fim. 2 A, B,C; tav. V C; tav. VI, fig. 1 B), il quale però manca sulla superficie infe- riore del nido (tav. VI, fig. 1 A), ed essendo la posteriore (tavo- la V, A) già protetta dal sostegno d’attacco, si può dire che l'involucro, per la sua ubicazione, è foggiato come un manto che lo copre dall’alto al basso. Epperò esso va distinto in quello che stà come cintura circondante il nido e posta sulle sue due super- ficie laterali, passante per conseguenza sulla anteriore (tav. III B; tav. IV, fig. 1 B, e fig. 2 A; B; tav. V, fig. 1 B) che serve evi- 80 L. MAGGI, dentemente di protezione; ed in quello che stà sulla superficie. superiore (tav. III A; tav. IV, fig. 2 C; tav. V C), il quale oltre a . proteggere il nido, tiene i mezzi di communicazione (tav. II Aind) per la sua parte centrale. Questo involucro è costituito da tre fascie (tav. IV, fig. I Bine, e, e") una interna all’altra, ma ad una distanza tra loro di circa un centimetro, i cui spazj inter- mediar) sono intramezzati da sostegni perpendicolari (tavola IV, fig. 1 B in f, f) alla direzione delle fascie, e queste, andando dall'esterno della superficie superiore all’interno del nido, si con- fondono coi piani orizzontali del suo edificio, mentre ne sono net- tamente distinte quelle della cintura circondante il nido perda loro direzione verticale. La seconda parte del formicajo, ossia la centrale (tavola IV, fig. 1 A; tav. V A, B), quella che veramente serve di dimora ai suoi abitanti, ha una costruzione che, tranne dei diversi piani orizzontali (tav. IV, fig. 1 A, in c; e tav. V A in d), come si pre sentano tutt’a prima, e dei tramezzi verticali (tav. IV, fig. 1 A in dj e tav. V A ine) che li sostengono, io credo non tanto fa- cile ad essere descritte esattamente quando si fa ad osservarla molto davvicino. Tuttavia a me pare ch’essa sia così fatta: delle lamine a varie concavità e convessità sulla loro superficie, piut- tosto larghe e lunghe, a diverse rientranze e sporgenze laterali, unite tra loro per quest’ultime parti, formano un piano che pre- senta delle aperture di communicazione con quello sottoposto, al quale si passa mediante una sensibile inflessione dell’ estremità delle lamine; per modo che il principio architettonico su cui è fondato questo formicajo, potrebbe essere, se non erro, schema- ticamente concepito in un insieme di spirali laminari, che a dolce voluta girano dall'alto al basso dell’ edificio, e che sono disposte parallelamente le une alle altre. Tramezzano i diversi piani (ta- vola IV, fig. 1 A, c; e tav. V A, d), dei sostegni verticali (ta- vola IV, fig. 1 A, d; e tav. V A, e), in vario numero, alcuni alti altri bassi, e quelli di un piano alterni cogli altri del piano sot- toposto; i tramezzi alti poi dividono i piani in concamerazioni, le quali sono distinte in cellette dai tramezzi bassi che stanno sui SOPRA UN NIDO SINGOLARE, ECC. 8I fianchi delle concavità delle lamine. Un sistema di fori, quelli cioè che si trovano nei tramezzi verticali (tav. V A, e’), serve di communicazione da celletta a celletta; un altro, ossia quello dei fori presentati da alcune lamine (tav. V, A, e'), vale per la aereazione delle camere, e tutti e due poi, in unione alla dispo- sizione della lamine, convengono in relazione coi grandi canali (tav. VI, fig. 1 A, e, e) che attraversano il nido e che sboccano alla sua superficie inferiore. Le partì adunque di cui consta questo formicajo, sieno quelle dei piani orizzontali, sieno le altre dei sostegni verticali, sono sempre lamine, le quali nella sezione trasversale alla loro dire- zione, presentano costantemente una colorazione di un giallo- rossiccio tramezzo a due sottilissimi straterelli nerastri, che sembrano fare come da pellicola superficiale ed involgente in- tieramente ogni lamina. Epperò qui vogliono essere le lamine esaminate attentamente nella loro tessitura, la quale, se ad occhio nudo presenta molta omogeneità, con una buona lente, si può già scorgere un Impasto di varie sostanze che si distinguono, spe- cialmente alla superficie delle lamine, per le gradazioni del colore di cui è tinta. Nelle sezioni trasversali poi delle lamine, la loro tessitura, an- cora guardata colla lente, si mostra grumosa, con parti come sub- granulari, squammose, aggregate tra loro strettamente in alcuni punti, in altri piuttosto lassamente, in modo da presentare degli spazj areolari più o meno piccoli. Ma la tessitura delle lamine venne esaminata anche col microscopio, eseguendo su di esse dei tagli tanto orizzontali che verticali (tav. VI, fig. 2-5). Con tagli orizzontali (tav. VI, fig. 2) ed all’ingrandimento di 300 diametri (microscopio Bethle) la loro pellicola superficiale, di color fuliggine, si presenta come una sostanza poltigliacea in Cui però si può distinguere una tessitura legnosa, ma stata alte- rata, e precisamente si conforma a guisa della segatura del legno ‘ . (tav. VI, fig. 2, a). La sostanza poltigliacea è di un color gialla- stro, la quale poi in altri punti è coperta da chiazze di una so- stanza rosso-oscura (tav. VI, fig. 2, 5), che, dove l’intensità del Vol. XVII. 6 82 L. MAGGI, . colore diminuisce lascia ‘scorgere una tessitura anch’ essa analoga alla legnosa alterata. Il tessuto della lamina è attraversato da ca- vità più o meno irregolari (tav. VI, fig. 2, c). Una simile tessi- tura con solamente una diminuzione nell’intensità delle chiazze rosso-oscure, si osserva anche nel taglio orizzontale della parte mediana delle lamine del nido, ossia di quella che ad occhio nudo presenta la vera colorazione del legno (tav. VI, fig. 3). Nei tagli verticali (tav. VI, fig. 5), ammessa la diversa disposi+ zione di quella apparente configurazione di fibre legnose raggrin- zate, portata appunto dal modo di eseguire la preparazione, si. fanno rimarcare maggiormente le chiazze rosso-oscure, e ciò per- chè nel taglio son comprese le due superfici di color fuliggine della lamina; inoltre le cavità areolari, in questa sezione, sono molte lunghe. Per queste osservazioni, alla preparazione microscopica delle lamine, non fu aggiunta che una goccia d’acqua distillata. Le di- verse sezioni furono trattate anche con glicerina, acido acetico, potassa caustica, ammoniaca, e con questi reagenti solamente si ottenne un po’ più di chiarezza del preparato; così pure coll’a- cido cloridrico più o meno allungato ed anche solo. Fu coll’acido nitrico, in cui si tennero a bagno per 5 o 6 giorni le preparazioni delle lamine, che a convalidare la loro tessitura legnosa, già desun- ta dalle suddette ricerche, si mostrarono allo stesso microscopio col medesimo ingrandimento e più ancora a 700 diametri, i clostri (tav. VI, fig. 4), che sono parti morfologiche proprie del legno. Ond°è che tutto il materiale del nido può dirsi francamente es- sere legnoso; e per quante ricerche io abbia fatto non vi scorsi mai la minima traccia di corpo minerale, pietruzza o terra. A questo risultato arrivò anche l’analisi chimica che gentilmente mi fece fare il signor prof. cav. Tullio Brugnatelli dal suo assistente il signor dott. Pietro Pellogio ; ai quali debbo i miei ringraziamenti. Essa infatti diede in due determinazioni : Sostanza organica 86, 50 Ceneri MA (a “18/50 100, 00 SOPRA UN NIDO SINGOLARE, ECC. 83 Le ceneri molte ricche in carbonati alcalini, contengono inoltre: calce, magnesia, ferro, silice, cloro, acido solforico e fosforico. La parte organica, trattata con potassa caustica in soluzione, diede un liquido intensamente colorato in bruno, che produsse un precipitato dello stesso. colore colla neutralizzazione mediante acido cloridrico, e diede sviluppo d’ammoniaca col riscaldamento. Ciò indica la esistenza di principj ulmici. | Lo stesso signor Pellogio mi avvertiva anche di non aver po- tuto constatare la presenza di corpi albuminoidi. UBICAZIONE DEL FORMICAJO E CONDIZIONI PARTICOLARI ALLA SUA GIACITURA. Il formicajo stava tra il soffitto a palco ed il soffitto a stuoja d’una sala della mia casa di campagna in Valcuvia; cosichè si trovava in una località perfettamente oscura. Esso era attaccato colla sua superficie posteriore (tav. V, A) alla parete laterale in- terna e settentrionale d’ una piana o travetto del soffitto a palco, come nella seguente figura schematica. Fig, 1.8 a, Formicaio. — db, parete laterale interna e settentrionale del travetto. — c, parete superiore del travetto, portante gli assi del soffitto. — d, d, teste del travetto in- cassate nei due muri maestri della stanza. 84 “.. L. MAGGI, All’infuori pertanto della superficie posteriore del nido, tutte — le altre erano libere; la superiore guardava gli assi del soffitto, a palco; la inferiore era dirimpetto allo stojato da soffitto; l’an- teriore camminava parallela alla parete laterale del travetto; la. destra e la sinistra erano volte verso le pareti murali della stanza. a loro corrispondenti. Lo spazio libero dintorno alle prime due, superfici, era di pochi centimetri; la superficie anteriore del nido. distava dalla parete laterale interna del travetto parallelo a quello che teneva attaccato il nido, circa 40 centimetri; la superficie la-, terale destra, era lontana dalla parete murale corrispondente della stanza, più di 2. metri, mentre la superficie laterale sinistra si portava quasi a contatto del muro parallelo al primo. oETTT TRI tieni mine nilo mici sd ced i til | Îl 'RIARI {E KH ILL i rem mm mama ui sam € ——_ ——— — a_n enna n ————— — foi -—_rciao eco eum —_——— —— -_————r_——T— — ——_—__—r—___ -———____—_—_—_——————€—————m—_—mm__m__ s—_—_—_—_——T_—T—-————_———————m_ _——r———_T ————— Tr — ur —— I _____—_—r_r ron u_tmma ____—___—___—_r—_—r——_—.—r—_—.—r—r_T__._.___n econo n ez ceceno -___————_—_—_—___ _—_umn---_ u_u __----__—_ —————r —__ nanna __-_———T rrmcuominat ont rn nea i n "n a rà uma -_- Fig. 2.8 1, sala a pian terreno. — 2, soffitto a stuoja della sala. — 3, soffitto a palco della sala e pavimento della camera superiore 5. — 4, formicaio in posizione naturale. — 6, pavimento della stanzuccia. — 7 a fianco della camera superiore alla sala. — 8, muro maestro. — 9, terreno del giardino. Ma ancora va notato che la sala essendo a pian terreno con una parete attigua al giardino e questo essendo a livello del pri- SOPRA UN NIDO SINGOLARE, ECC. 85 mo piano della casa, il soffitto della prima vien quasi in conti- nuazione col piano superficiale del secondo, non standovi al di- sotto che circa mezzo metro. E per maggior chiarezza, dirò che: la sala porta al disopra una stanza della medesima area, per cui il muro della prima verso il giardino si innalza come muro mae- stro, il quale, finchè è parete murale della sala, trovasi a con- tatto del terreno del giardino che gli fa da baluardo, mentre quando forma parete murale della stanza superiore, ha a fianco una pic- cola stanzuccia col pavimento a livello del soffitto dellà sala, pog- giante sul terreno del giardino ed a questo inferiore di circa mezzo metro, come è qui retro schematicamente rappresentato in sezione verticale. | Le formiche vi penetravano dal giardino e raggiungevano il sof- fitto della sala attraversando una piccola crepatura del muro mae- stro. La crepatura probabilmente venne determinata dalle stesse formiche; quel che è certo si è che esisteva già da tempo, come pure si può dire vecchia anche quella che, in seguito alla prima, si produsse nel soffitto a stuoia, la quale poi progredendo di anno in anno, venne a prolungarsi in modo da lasciar cadere nel p. p. autunno, dopo la prima metà di ottobre, un pezzo, anzi la metà circa del soffitto a stuoia, mettendomi così allo scoperto il formi- caio, quasi in compenso del danno arrecatomi. Esso era pieno zeppo di formiche con una gran quantità di loro larve, molte delle quali, quand’io raccolsi il nido, si trovavano sulla superficie su- periore, ed appena ebbi tempo di vederle, chè durante alcuni ma- neggi pel trasporto, furono tutte dalle loro nutrici ricoverate nella parte centrale dell’ edificio. A questi particolari debbo però aggiungere che tanto la trave a cui era attaccato il nido, quanto la parte sottopostagli del sof- fitto a stuoja, presentavano una colorazione nerastra e precisa- mente d’un nero fumo, come quella del formicajo; colorazione che tutt'a prima, particolarmente per il trave, m’ aveva indotto a pen- sare ch’ esso fosse marcito, ma esaminato più davvicino potei per- suadermi che non aveva sofferto nulla. Perciò rimanendomi solo il primo danno, e tolto lo spavento momentaneo prodotto nella BE... —_L. MAGGI, mia famiglia dal rumore dovuto ‘alla caduta dei grossi pezzi di stuoiato incalcinato, con pericolo dello schiacciamento di qualche persona che vi poteva esser sotto; io posso ascrivere, come amante. della storia naturale, ad una fortuna l’ evento accennato. Se non che, la curiosità di molti, mi tolse, mentre io era assente da casa per alcune gite geologiche, buona parte del formicajo per osser- varlo davvicino, frantumandone così più della metà, e forse mi sarebbe stato del tutto depredato, se non fosse arrivato in tempo a salvarlo l’accorgimento di mia sorella. Ecco perchè il pezzo che posseggo non è che poco più di un terzo della sua lunghezza, e perchè la sua superficie laterale destra ne dovette essere forzata» mente la sezione trasversale. DELLE VIE ESTERNE AL FORMICAJO. Benchè si possa dire, con ciò che ho esposto, terminata la sto- ria di questo formicaio, pure la lettura delle osservazioni sui co- stumi delle formiche fatte da Robert nel 1841, mi richiamò quanto io aveva già veduto e notato nel mio giardino intorno alla For». mica fuliginosa, Latr. prima della scoperta del suo nido. Robert, come già dissi, si occupò delle vie esterne ai formica], specialmente di quelli della Formica rufa o fusca di Linneo, avendo riconosciuto che questo studio non era stato fatto nè da Linneo, nè da Huber, nè in seguito da nessun altro entomologo. La novità quindi di questo argomento, congiunta alla sua impor- tanza, mi obbligano anche qui a seguire la via analitica; ond’è ch’io riferirò dapprima quanto narra in proposito lo scrutatore francese, per passare di poi all'esposizione delle mie osserva- zioni risguardanti le vie esterne al nido della. Formica fuliginosa Latr. Allorchè si esamina attentamente, egli dice, uno di quei grandi formicaj che si innalzano nei nostri boschi sotto forma conica, 0 a pan di zuccaro, si vedono partire, come altrettanti raggi, delle strade coperte da formiche che vanno e che vengono. Il numero di queste vie è qualche volta di 10, e si trovano egualmente di- SOPRA UN NIDO SINGOLARE, ECC. 87 stanti le une dalle altre, purchè il terreno lo permetta. Così, din- torno ad un formicajo situato nel bosco di Meudon, ove la super- ficie del suolo, alla distanza di 40 metri circa, era assai uniforme ed egualmente coperto di foglie di castagni, di muschi e di piante erbacee, vi erano dieci cammini, quasi egualmente distanti gli uni dagli altri. Più lungi un altro formicajo, avendo tutto un lato fornito di alta erica e di felci, mentre che l’altro era libero, non offriva che 5 cammini situati tutti da questo lato, come se il po- sto fosse mancato per gli altri cinque. Negli spazj compresi tra i raggi, v hanno così poche formiche, che avendo la precauzione di non marciare sulle loro strade, si può avvicinarsi al piede del formicajo, senza essere incomodati de’ suoi numerosi abitanti, che si vedono allora sboccare e pene- trarvi in folla, dando assai bene l’immagine dei sobborghi d’una gran città. La confusione non è dunque che apparente in vici- nanza ai formica]. Il massimo ordine, come si vede, regna tanto al di fuori quanto al di dentro. Tutte le strade di un medesimo formicajo, press’a poco egual- “mente frequentate, hanno la medesima estensione. Così nel primo Robert le ha seguite fino a 47 metri di distanza, e nel secondo, che non ne aveva come già si disse, che 5, benchè fosse del dop- pio più forte del primo, le seguì fino a 77 metri circa; in se- guito a che le formiche le più avanzate si scostavano si predare, e ritornavano per le medesime vie. Tutte le vie vanno press’a poco in linea dritta dal formicajo fino alla loro estremità, qualunque sia d’altronde la configurazione del suolo. Esse non deviano che in vicinanza a grossi alberi, ma non tardano a riprendere la loro primitiva direzione. Nel primo formicajo, due di queste vie, dopo d’aver percorso, dalla loro ori- gine, una superficie perfettamente piana, attraversavano in linea dritta una profonda buca. Esse riapparivano dall'altro lato senza .aver cambiata direzione. Questa tendenza della formica a crearsi delle strade in linea retta era ancora manifesta nel secondo for- micajo. Là, una delle loro vie dopo aver attraversato successiva- mente quattro profondi borri ed altrettante colline, andava a met- 88 L. MAGGI, ter capo ad una siepata di quercia situata al margine ‘d’una; strada. Le formiche montavano sugli alberi che la componevano, in cerca senza dubbio di afidi, e ne discendevano per ritornare immediatamente alla loro dimora, allontanata allora di 230 me-,. tri circa. his) Tuttavia alcune strade si biforcano ad una distanza più o meno grande dal formicajo. Una delle due branche continua a seguire una linea dritta, mentre che l’altra se ne allontana più o meno, secondo la causa che provoca la biforcazione. È così che Robert. ha veduto delle formiche attraversare dei passeggi assai frequen- tati, ed una delle due branche, formante aliora un angolo retto. colla principale ‘che attraversa il passeggio, seguire uno dei lati, quello in cui esse sono meno esposte ad essere schiacciate. Que- ste vie non si dividono ordinariamente che una sol volta. . Lo sconvolgimento completo d’un formicajo non svia la dire- zione delle strade e non nuoce alla loro frequentazione. Questa sembra, al contrario, aumentata in seguito senza dubbio alla sol- lecitudine che le laboriose operaje vi mettono a riparare alla ruina della loro dimora. L’ombra degli alberi sembra tuttavia dover essere una condi- zione perchè le formiche conservino la specie di simmetria che esse affettano nella disposizione delle vie; infatti, soggiunge Ro- bert, un taglio di bosco avendo esposto al sole una via assai fre- quentata da esse, in uno dei due principali formica) ch’io stu-, diai, io le viddi allora cangiare di direzione e seguire all’ ombra il lembo del bosco, facendo angolo retto colla primitiva direzione, e senza perciò esser meno frequentata nè diminuire di lunghezza. Tutte le osservazioni che precedono, termina Robert, si appli- cano generalmente ai formicaj di grande dimensione, che hanno, come quelli di cui si è qui sopra parlato, 3 o 4 metri di diame-. tro sopra un metro circa di altezza; ma nei giovani formicaj 0, appena cominciati, non vi ha spesse volte che una sol via; se. ne esistono due, esse sono diametralmente opposte e situate sulla. linea. In una circostanza, egli vidde una delle vie penetrare ben avanti nella foresta, e l’altra che gli era opposta, arrestarsi bru- a Da de SOPRA UN NIDO SINGOLARE, ECC. 89 scamente ed a poca distanza dal formicajo, al piede d’una gran quercia ‘perfettamente rettilinea. Tutte le formiche, senza eccezio- ne, montavano allora sul tronco di questo albero, seguendo una direzione esattamente nel piano del cammino dal suo punto di partenza e per conseguenza dirimpetto al formicajo. Le formi- che discendevano senza nulla recare, d’onde Robert suppose che quelle del primo cammino andassero a cercare dei materiali di costruzione nella foresta, mentre le altre, in numero eguale, fre- quentavano solamente la quercia, per nutrirsi di afidi o di gal- linsetti comunissimi sui vecchi alberi di questo genere. Ora, riguardo alle vie esterne del nido della Formica fuligi- nosa, Latr.; io ho scorto che esse erano in numero di due, cia- scuna avente circa quattro metri di lunghezza, ed una perpen- dicolare all'altra sopra un medesimo piano pressochè orizzontale. Di queste due. vie però, una era posta negli spazj lasciati dai sassi del muro di cinta del giardino, e stava pochi centimetri al di sopra della terra vegetale. L’altra per circa due metri e mezzo, camminava anch’ essa nel muro, ma nel muro della parete esterna della stanzuccia attigua alla località del nido, ed era elevata pure di pochi centimetri sulla terra vegetale; dopo di che discendeva sul piano superficiale del giardino, continuando sempre in linea retta per un metro e mezzo, ed arrivando ad una boscaglia di Corylus avellana, oltre la quale si disperdeva. Alcune delle for- miche che frequentavano questa via, si vedevano dopo il punto di dispersione attraversare un sentiero contiguo, poi una siepe di mirto, per recarsi sopra un albero di pesco in cerca di afidi. Nello spazio compreso fra le due vie, non eranvi formiche, ma queste seguivano rigorosamente le due strade tracciate, percor- rendole ciascuna con due serie di individui, una che partiva dal nido, l’altra che vi ritornava. L’intersecazione delle due vie, si faceva, esternamente, nell’angolo formato dai due muri; da dove poi le formiche discendevano sotto terra per recarsi al loro edi- ficio. La: figura schematica che segue, mostra in sezione orizzon- tale le.vie e la loro disposizione esternamente al nido; in essa va pure notato che una strada, dopo di aver tagliata perpendi- 90 L. MAGGI, colarmente l’altra, si fa un po’ curva seguendo l'andamento del muro del giardino. E -E="TE== pes = her sv) i “ni %7, — di | NI ZA, i) V 7 4 (A >Y WS NMNYWSIS °0'(iS ;NNNÒ SSS IIS i % SS 'NSSS 5 AÙ VND XY1{°1!161%YIl SN NYWYWYÀÌS VWVWYFY! 0 “dl | Ciascuna Memoria: ha un prezzo particolare, minore per i Socj che per gli estranei alla Società. Il prezzo totale di ciascun. volume. è la somma i dei prezzi delle Memorie' che lò compongono. — L” associazione. a ciascun — volume delle Memorie è fissata pei Socj a L. 10. -. > - | Per avere. gli Atti e le Memorie bisogna diFIBersì: ai segretari della pisani ei. BE - ; Agli autori che he fantio ‘dotnarida’si ‘darino' gratuitamente La ‘copie dei sd - loro lavori. stampati ! ‘negli Atti o nelle Memorie. | € —_L’autore d'ogni Memoria che volesse avere un numero dì copie maggiore delle 25 gratuite, dovrà pagarle al prezzo stabilito pei, Socj. Quanto ai lavori stampati negli Atti l'autore pieni far tirare ‘un numero | qualunque di copie al' seguenti prezzi: i Dre i ut .. | 13 Esemplari LAO nd e 38° | sO 75 | 100 3], di foglio (4 pagine) . . L.225|L.83 50 ila foglio (8 pagine) . . La so, 5a Sla di foglio (12 pagine) . . ASI Ve, DS CE foglio dé pagine) n 7-1 »9-; y = INDICE. Presidenza dell’anno 1874 . . . . A pela Soci effettivi al principio dell’anno 1874... 5 Socj corrispondenti vr. i ini sica 3 pa do Istituti scientifici corrispondenti al principio dell anno 1874 MI è Seduta del 1 febbrajo 1874 . . . x ei E Budoni tardi R. Owen, Estratti ed osservazioni indirizzate al prof. G.G. Bianconi. È. . .. . ME SORDELLI, Elenco dei molluschi gli in alcune località del Bergamasco dal M.se C. Ermes Visconti . . .., 34 N. Pini, Sopra una nuova forma di Campylea del gruppo della Helix cingulata Studer > 0.0.0. 41 Seduta del 22 febbrajo 1874 . . . . CSI sO PaoLucci, Sopra una forma mostruosa della Myliobatis i nocialasbUunis:(Lav..1-0:9). . Li Ri SA , 60 Macai, Sopra un nido singolare della Formica fuliginosa Late | (BOVINO e OO 01 TIPI DI GIUSEPPE BERNARDONI. | Ù Mida PER L’ ITALIA: >» | PER L'ESTERO : pesi | PRESSO LA pa PRESSO LA ‘SEGRETERIA DELLA SOCIETA’ | LIBRERIA DI ULRICO HOEPLI "Dig: Pa } MILANO. ; i |... MILANO NAPOLI i x Palazzo del Museo Civico. Galleria De-Cristoforis, Via Roma, già Toledo, A Via Manin, 2. ; 59-60. 224. NoveMBRE 1874. rie - uni. nono. ——1 a __m — _@—.@.@@-——’@@t@t>mr_@qò.o i _ "i _-. * lo . a P ”» Re RS DSi ARMI E IIITI SR de DATI MII Ia zia A _ Rit ATTI e delle MEMORIE s le da la i ve i gina Per la compera degl ina. 3. p di questa copert a SUNTO DEI REGOLAMENTI DELLA SOCIETÀ. Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso degli st | relativi alle scienze naturali. I Soéj sono in numero illimitato, effettivi e corrispondenti. DE: ò: I Socj effettivi pagano it. L. 20 all’anno, in una sola volta, nel primo t PS mestre dell’anno. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno quelli | È dimoranti nel Regno d’Italia), vi presentano le loro Memorie e COsAE =. zioni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. È A Socj corrispondenti si eleggono persone distinte nelle scienze naturali; le quali dimorino fuori d’ Italia. — Possono diventare soc) effettivi, quando si assoggettino alla tassa annua di lire venti. — Non sono Jinvitati: ‘partico- | alrmente alle sedute della Società, ma possono assistervi ‘e pre io farvi leggere delle Memorie o delle Comuniknzioni: e ‘,Ricesolio rta A mente gli Atti della Società. e t si. La proposizione per l’ ammissione d’ un nuovo socio deve essere fatta. el firmata da tre socj effettivi. ASPRE I Socj effettivi che non mandano la loro rinuncia ‘almeno tre mesi ji prima © della fine dell’anno sociale (che termina col 31 dicembre) continuano ad es- — sere tenuti per socj; se.sono in ritardo nel pagamento della quota di un anno, e, invitati, non lo compiono nel primo trimestre dell’anno successivo, I cessano di fatto di appartenere alla Società, salvo a questa: il: far valere | i,suoi diritti per le quote non ancora pagate. i Le Comunicazioni, presentate nelle adunanze, possono essere stampate negli Atti o nelle Memorie della Società, per estratto o per esteso, secondo va la loro estensione ed importanza. . ta La cura delle pubblicazioni spetta alla Presidenza. Agli Atti ed alle Memorie non si ponno unire tavole se non sono. del formato degli Atti o delle Memorie stesse. 4 i Tutti i Soc) possono approfittare dei libri della biblioteca soit sue chè li domandino a qualcuno dei membri della Presidenza, rilasciandone - regolare ricevuta. E, DE AM v apra MAIA 4 tg de dl Sr È RA via Sta Va PAIS ea MR y PRESIDENZA PEL 1874. gta î sE, Presìdente, CornaALIA dottor Emiio, direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Milano, via Monte Napoleone, 86. Vice-presidente, ViLLa ANTONIO. Milano, via Sala, 6. SroPPANI sac. ANTONIO, prof. di geologia nel Reale nti tecnico superiore in Milano; via Palestro, 2.3 msn Segretarj Ù SoRDELLI FERDINANDO aggiunto al Museo di storia naturale — si \ di Milano, via Monforte, 7. Cassiere, GARGANTINI-PiATTI GIrusePPE, Milano, via del Senato, 14. SOPRA UN NIDO SINGOLARE, ECO. +97 e) Fori aeriferi, posti sulla superficie anteriore. Questi, in casi straordinarj, ser- vono anche d’uscita alle formiche. f) Grossi rialzi, attondati, semisferici, formati dalle lamine VErDigati della super- ficie anteriore. 9) Piccole infossature tra i grossi rialzi f. NB. Le lamine orizzontali della superficie superiore A, e le lamine verticali della su- perficie anteriore B fanno d'a involucro al nido, il quale si distingue poi in quello della’ superficie superiore ed in quello della superficie anteriore; quest’ul- timo serve esclusivamente alla protezione del formicajo, mentre il primo vale an- che pel passaggio delle formiche. TAVOLA IV. Fig. 1. Superficie laterale destra del formicajo, colla sua anteriore, in sezione tra- sversale (metà grandezza naturale). A. Superficie laterale destra, coi piani orizzontali c, e tramezzi verticali d. B. Superficie anteriore in sezione trasversale, che si mostra osservando di fac- ciata la superficie laterale destra. Le lettere e, e' e'”, indicano le lamine verticali, in sezione trasversale, della superficie anteriore; f, ne sono le ‘lamine orizzontali o i veri tramezzi, corrispondenti ai tramezzi verticali 4 della, superficie laterale destra A. I, 9, Cellette allungate nel senso verticale, appartenenti all’ involucro del nido. + hh, h, Cellette allungate nel senso orizzontale, appartenenti alla parte centrale del nido. ; NB. La superficie laterale destra A, nella struttura del formicajo, rappresenta la sua parte centrale; la B, il suo involucro, che qui si mostra in sezione tra- sversale. Fig. 2. Superficie laterale sinistra del formicajo, colla anteriore e superiore ('/, della grandezza naturale). A. Superficie laterale sinistra colle lamine verticali a guisa della anteriore. B. Superficie anteriore, colle sue lamine verticali. C. Superficie superiore, colle sue lamine orizzontali. d) Attondamento dello spigolo che dovrebbe risultare dalla mutua intersezione delle due superficie A e B. NB. Le lamine verticali della superficie laterale sinistta A, e della superficie ante- riore B, formano l’involucro del nido .che gli sta dintorno come cintura. Le la- mine orizzontali della snperffcie superiore C formano esse pure l’ involucro, ma solo di questa superficie, TAVOLA V. Superficie posteriore del formicajo, colla laterale destra e colla superiore (un pezzo a metà grandezza nattrale). A. Superficie posteriore, colla quale il nido stava attaccato alla parete laterale interna del travetto del sofîitto. B. Superficie laterale destra. C. Superficie superiore. Vol, XVII. =I È 98 L. MAGGI, SOPRA UN NIDO SINGOLARE, ECC. d) Piani orizzontali, in sezione verticale: 2/00 © d') Lamina d’un piano, anch’ essa in sezione verticale. - . e) Sostegni dei piani. e') Foro in alcuni sostegni dei piani. \e'') Sostegni dei piani non forati. e''') Sostegni o punti d’attacco del piano che verrebbe fabbricato in segi eV) Fori delle lamine orizzontali. I: | NB. La superficie posteriore A e la laterale destra B, mostrano in sezione ver con due piani uno perpendicolare all’altro, la PANE interna o centrale € micajo. î TAVOLA VI. Fig. 1. Superficie inferiore del formicajo, con parte dell’ Si (4, d dezza naturale). A. Superficie inferiore, meandriforme. , B. Superficie anteriore, in parte. d) Scabrosità molto forti e sinuose che pendono dalle lamine orì tuenti il piano inferiore. d') Fori di sbocco dei piani superiori. e) Tre grandi fori, quasi circolari, posti in linea retta e parade interno della superficie inferiore. e') Gran foro, in vicinanza al margine esterno della superficie inferic rallelo all’ ultimo dei tre e, che come questi si continua in canali. O traversano tutto lo spessore del nido. Mii. NB. Questa superficie è priva di involucro; e i grandi canali che sboccano ne e, e', sono camini di aereazione. Fig. 2-5. Sezioni microscopiche delle lamine del formicajo. Fig. 2. Taglio orizzontale della pellicola superficiale, nerastra, d’una |] duto a 300 diam. Micros. Bethle). a) Parte colorata in giallastro, in cui però si scorge una tessitura leg stata un po’ alterata, e precisamente si conforma a guisa del di legno. n db) Chiazze d’ una sostanza rosso-oscura, che dove l'intensità del colore d lascia scorgere una tessitura anch’essa analoga alla legnosa a } c) Cavità più o meno irregolari che attraversano il tessuto della lamina. Fig. 3. Taglio orizzontale della parte mediana delle lamine, ossia di quelle elli a ch occhio nudo presenta la vera colorazione del legno. vi Le lettere a, bd, c, hanno la medesima significazione di quelle della Fig. pure ne è dell’ ingrandimento. i Fig. 4. Clostri delle lamine del formicajo, dopo che queste furono tenute a per cinque o sei giorni nell’acido nitrico (ingrand. Micros. Bethle). Fig. 5. Taglio verticale delle lamine del formicajo (veduto all’ingrand.. Le lettere a, d, c, hanno lo stesso significato di quelle delle fig. 2 e la diversa disposizione di quella apparente configurazione di fibre grinzate, portata appunto dal moflo di eseguire la preparazione. | LI - Seduta del 29 marzo 1874. Presidenza del vicepresidente sig. A. Villa. Il segretario Sordelli presenta una Memoria del socio prof. C. Marinoni nella quale è fatta una dettagliata relazione intorno alle scoperte fatte nella Terremara di Regona di Seniga e nelle stazioni preistoriche al confluente del Mella coll’ Oglio nella bassa Bresciana. In questo scritto il socio Marinoni illustra quella stessa stazione umana, la cui scoperta fu già da esso sommariamente annunciata nel 1871 e viene successivamente ragguagliando sulle ricerche e sui ritrovamenti fortuiti fatti nel territorio di Seniga dal M. R. Sac. Giambattista Ferrari di Fenil-lungo e nei limitrofi paesi, comparandone gli avanzi di umana industria con quelli rinvenuti nelle terremare di Mantova e della riva destra del Po. Alla relazione sulle apposite ricerche tentate con minor fortuna, e che si riferiscono, secondo egli opina, ad oggetti dell’ età del bronzo e delle epoche successive, fa seguire un resoconto delle scoperte fatte in una vera terremara, posta nel campo denomi- nato Chiavichetto e riferibile all’epoca della pietra neolitica. L’ op- portunità di aver potuto esaminare anche altri oggetti provenienti da località diverse di Lombardia e delle regioni circonvicine gui- dano l’ autore della Memoria alla conclusione, che le genti di Se- niga non sarebbero differenti da quelle del Mantovano e sareb- 100 SEDUTA DEL 29 MARZO 1874. bero gli antenati di quelle che si stabilirono più tardi nell’ Emi- lia dopo la 2° epoca della pietra; l’uomo avrebbe continuato a dimorare in quel di Seniga anche durante le epoche successive > del bronzo, del ferro, e per tutto il lasso dei tempi posteriori. Il socio Marinoni estende quindi i suoi studi alla stazione di Gottolengo, pure poco lungi dal Mella, e ne deduce pure conclu- sioni in appoggio di quanto ebbe ad osservare alla terremara del Chiavichetto. Il lavoro è disposto secondo un ordine topografico, ed è accom- pagnato da tavole figuranti i più notevoli oggetti ivi rinvenuti. Verrà stampato negli Atti. Il vicepresidente Antonio Villa mostra quindi agli astanti una freccia ed un coltellino, o meglio raschiatojo in selce bianca rin- venuti dall’ing. Agostino Rossi nelle torbiere di Desenzano. Da ultimo il segretario dà lettura del processo verbale della antecedente seduta 22 febbrajo 1874, il cui tenore viene am- messo senza osservazioni. F. SORDELLI segretario. LA TERREMARA DI REGONA DI SENIGA E LE STAZIONI PREISTORICHE AL CONFLUENTE DEL MELLA NELL’OGLIO NELLA BASSA BRESCIANA. . RELAZIONE del dott. CAamiLLo MARINONI (presentata alla Società Italiana di Scienze naturali nella sua seduta ordinaria del 29 marzo 1874). (Già fin dall’anno 1871 diedi notizia di certi oggetti che in gran ‘copia erano stati dissotterrati e raccolti dal sacerdote Giambat- tista Ferrari di Fenil-lungo nel territorio del comune di Seniga, in provincia di Brescia.® Riferiva allora una parte di quegli avanzi al tempi preistorici, e segnalava per la Lombardia una novella stazione umana, ricca di monumenti importantissimi del- l’uomo primitivo di cui un saggio interessante figurava più tardi all'Esposizione italiana di Antropologia e di Archeologia preisto- rica fatta a Bologna nel 1871,-in occasione della 5* sessione del Congresso internazionale dei cultori della scienze paleotnologiche.? 1 MARINONI, Nuovi avanzi preistorici in Lombardia. 2.» relazione. Milano, 1871, in-4, con 2 tavole. Nelle Memorie della Società italiana di scienze naturali. Tomo IV, num. 5. 2 Ecco qui trascritto l’ estratto del rapporto del Giur) che vi si riferisce : Cile die M. Marinoni, outre la place qu’il occupait entre les exposants du Mu- séum civique de Milan, en tenait une speciale dans la classe des reliques préhistori- ques lombardes, pour avoir exposé des précieux restes de l’industrie humaine, trouvés dans le territoire de Regona près Seniga, province de Brescia, là où les eaux du Mella se jettent dans l’Oglio. C’étaient des haches en pierre, des flèches et des grat- toirs en silex avec quelques fragments de poterie remarquables pour leur anse por- tant un appendice en forme de croissant, caractéristique des ferremare de l’Emilie; tout indiquait précisément la découverte d’une nouvelle terremare de l’époque néolithique faite sur la rive gauche du Pò ..... » Vedi: Congrès international d’ Anthropologie et d’Archéologie préhistoriques. — Compte rendu de la V session è Bologne, 1871. Bologna, 1873, 1 vol. in-8, pag. 489. 102 » « (C. MARINONI, ‘ Ulteriori scoperte fatte nel seguente anno anche nella contrada limitrofa di Gottolengo,' estendendo il raggio della stazione di Seniga, apportarono un contingente di materiali nuovi; ed ora nel darne contezza, stimo non superfluo il riandare per intero an- che i primi ritrovamenti, imperocchè tutti insieme si collegano a provare una lunga dimora dell’uomo in quel paese la quale, in condizioni diverse, durò dalla fine dell’epoca della pietra fino a noi. È Nella pianura, al lembo meridionale dell’esteso e potente ter- razzo erratico che degradando dalle Alpi verso il corso del Po, forma il suolo di tutta la Lombardia, a circa 30 chilometri verso mezzodì di Brescia, il fiume Mella viene a versarsi nell’Oglio. Quivi precisamente, al punto di confluenza dei due fiumi, sì trova la con- trada diRegona, una frazione del comune di Seniga (mandamento di Veròlanova), nel cui territorio furono rinvenute parecchie stazioni umane. Questo tratto di paese è limitato a levante dal corso del Mella, sulla cui riva sinistra si distendono i comuni di Pralboino e di Ostiano, dove sono site le antiche abitazioni di Gottolengo e di Volongo, oltre a parecchie stazioni indubbiamente riferibili al- l’epoca romana. A sud scorre l’Oglio, e sulla sponda cremonese di questo corso d’acqua siedono Gabbianetta, Villa Rocca, e più ad est, lungo il fiume, Sant’ Andrea di Calvatone, luoghi noti per ruderi di una civiltà meno remota. Ad ovest si distendono i campi di quel di Seniga, dove abbondano ovunque anticaglie d’ogni sorta, e dal lato di settentrione quelli di Milzano che si congiun- gono al resto del basso Bresciano, Le condizioni di suolo di quel paese sono abbastanza caratte- ristiche, perchè anche @ priori si avesse a divisarlo per una delle prime dimore di antichissime popolazioni. L’analogia evidente delle condizioni fisiche colla vicina provincia di Mantova e con diversi punti.della riva destra del Po, dove erano già state segnalate ter- remare di età diverse, confortava quindi il mio giudizio, allorchè 1 MARINONI, Rapport sur les travaux préhistoriques en Italie, ece., nei Maté- riaux pour l histoire de l'homme, ecc. Revue mensuelle, livraison d’avril 1872. LA TERREMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 2° 103 per la prima volta visitai quella località. — Topograficamente par- lando, la plaga di paese che fu il teatro delle indagini di cui mi accingo a tener parola, è un triangolo avente il suo vertice nel punto di confluenza dei due fiumi Mella ed Oglio, e la sua base in quella strada che congiunge i villaggi di Pontevico, Alfianello, e Milzano.' Chi vi giunge venendo dalla stazione ferroviaria di Robecco-Pontevico, si accorge ben presto, man mano che si avanza verso Seniga e Regona, di lasciar sulla sinistra ed alle spalle la pianura avvallata, una volta naturalmente paludosa, dove stanno Verolanova, Leno e Bagnolo, la quale si distende a tutta vista verso settentrione; ma che presso questo suo estremo limite me- ridionale si va innalzando un tal poco, formando cioè una pianura elevata, profondamente solcata da fiumi e che si continua oltre l’Oglio nella provincia cremonese. — Dopo Alfianello, per arrivare a Seniga, ed oltre questo villaggio per giungere a Regona, il rial- zarsi del suolo, quantunque assai lieve, è però più bruscamente sentito; e quel sito potrebbe quasi assomigliarsi ad un campo trincierato, securo asilo dalla natura apprestato all’ uomo.® Posto così fra due corsi d’aqua, è naturale che sotto il punto di vista geologico, quel suolo debba risultare una formazione di trasporto quivi ammucchiata dai due fiumi che facevano le loro rapine a monte per deporre alla foce, specialmente il Mella. — Infatti il paese (che oltrepassa i 900 metri di estensione da set- tentrione a mezzodì, e ne misura oltre 700 da est a ovest) si pre- senta come un altopiano formato da sedimenti di argille azzurre e di marne giallastre a quelle sovrapposte. Gli strati a marna af- fettano in taluni punti una natura prevalentemente sabbiosa, quasi da farne dei grès marnosi; spessissimo poi contengono conchiglie subfossili di specie tuttora viventi in Lombardia e proprie dei ge- 1 Vedi lo schizzo topografico a tav. I. n. 1. 2 E fu appunto utilizzato in tal maniera nelle continue guerre romane e medioevali. Ne fanno testimonianza le molte vestigie di tombe, i resti di armi dappertutto sparse in quei campi e le cronache bresciane e cremonesi, nelle quali si trova descritta la contrada, come il teatro prescelto in parecchie sanguinose lotte. Si conserva pure nel paese qualche nome di località, e qualche lontana tradizione che ricorda quelle epo- che di discordie malaugurate. 104 Q: MARINONI, x ‘neri Helio, Lymnea, Paludina, Bythinia, Planorbis, ecc.; e sa attraversati da frammenti di legno ridotti in carbone e da radici PA esilissime di vegetali, che si fanno centro di noduli e concrezioni. ferruginose. Su questo sedimento riposa direttamente il terriccio. x vegetale, che ha una potenza un po’ maggiore, là dove i lavori agricoli hanno più profondamente alterata la superficie del suolo, ma che nei luoghi incolti è ridotto a pochi centimetri. — Insomma si tratta di una vera alluvione fluviale che ha raggiunto un’altezza. media di quasi 10 metri, e verso il fiume Mella anche una potenza maggiore sopra l’attuale livello delle acque, le quali, dopo di aver formati tali depositi, li hanno anche profondamente solcati ter- razzandoli. Io penso ancora, come esposi altra volta, “ che le ae-. que dell’Oglio e del Mella, le quali anche oggidì in tempi di. piene straordinarie si confondono al di là dell’arginatura, in età per nol assai remote quivi si distendessero, a cagione di uno sbar-. ramento più a valle verso la foce, formando una specie di bacino palustre, in seno del quale vennero deposti gli strati quasi per- fettamente orizzontali di sabbie e di marne. L'ampiezza poi del bacino sarà segnalata dalla estensione di cotali depositi, che si scorgono continuare anche sulle due opposte rive dell’ Oglio e del Mella. — Su quelle sponde sollevate presero stanza le popola- zioni primitive che avevano appunto abitudine di stabilirsi lungo i corsi d’acqua, e sullo: stagno devono aver poi edificata una pala- fitta, finchè un giorno, e chi sa quanti secoli dopo; il fiume spazzò via l'ostacolo, vuotossi il bacino e si prosciugò, e le acque stabi- lirono il loro corso solcando quegli stessi fanghi e quelle ghiaje che prima avevano quivi trasportati e deposti. ' Non altrimenti era a quei tempi del territorio a nord-ovest di Crema, occupato. dall’antico lago Gerundo che si estendeva fra i fiumi Adda, Serio, Tormo e Pò. Le bassure di Bagnolo poste più a nord di Seniga erano pure anticamente invase dalle acque, che occupavano anche tutta la contrada tra il Chiese ed il Mincio; ed in ognuno di questi luoghi furono raccolti avanzi della umana industria primitiva. N Vedi MARINONI, Op. cit. Inoltre vedi anche: MARINONI, Di alcuni oggetti preîsto= rici trovati nei dintorni di Crema, negli Atti della Società italiana di scienze naturali. Vol. XI, 1868, pag. 82, con tavola; e C. CATTANEO, Notizie naturali e civili sulla Lom-. bardia. Vol. I, pag. 144. i d x I PR I. LA TERREMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 105 “ Di siffatte successive trasmutazioni, quel paese porta anche oggidì l’impronta caratteristica, giacchè ivi si vedono delinearsi nettamente tre terrazzi: l’uno a poca altezza sopra il pelo del- l’acqua e che è tuttora in formazione; l’altro a 400 metri più in- dietro verso la pianura, sovrastante di circa 5 metri il primo e che per un certo tratto è sostenuto dalla arginatura che difende le campagne dalle invasioni della fiumana; il terzo poi, che è molto più alto, e torreggia forse di un 15 metri al di sopra del fiume Mella che lo rode alla base. Questi terrazzi alluvionali io ritengo che sono del resto coordinati ad altri che si vedono sulle sponde dell’Oglio più a monte, lungo quelle dell’ Adda, del Ti- ‘cino, del Po, fiumi che per il sollevamento postglaciale della Lom- bardia furono costretti a rodere il proprio letto ed a terrazzare le proprie alluvioni.' “Or bene, un deposito di origine fluviale che fu in seguito ri- mestato da una corrente, è tutto quello che si può dire di cao- tico riguardo, ai materiali relitti in tempi diversi; e pertanto non è a maravigliarsi se anche i depositi di Regona sono siffattamente confusi, che pur troppo non è più possibile riconoscervi traccia alcuna di quella juxtapositione colla quale l’azione sedimentare delle acque avrà deposti gli strati alluvionali, e l’uomo di età meno antiche avrà sotterrato co’ suoi rifiuti gli avanzi delle generazioni che lo precedettero su quel suolo. — I moderni lavori, tentati dall’ agricoltura per spianare e dissodare il terreno, finirono di produrre la generale confusione; ma sotto le zolle smosse dal- l’aratro cominciarono ad apparire i cocci di stoviglie, poi le armi di selce e di bronzo; ed ecco tutta quanta rivivere nei suoi avanzi un’antichissima dimora umana.’ , Premessi questi brevi appunti sulla topografia e sulle condizioni speciali di suolo, dovendo ora discorrere degli avanzi di indu- stria umana che quivi furono raccolti, li distinguerò, come feci 1 STOPPANI, Note ad un corso annuale di geologia, ecc. Parte II, capitolo XVIII, pag. 220. Milano, 1867. Vedi anche Corso di geologia, Vol. II, capitolo XXX, pag. 703 e seg. Milano; 1873. ? MARINONI, Nuovi avanzi preistorici, Op. cit., pag. 12. 106 C. MARINONI, altra volta, secondo le regioni dove furono rinvenuti. Per tal modo mi riuscirà possibile di fornire un concetto esatto della natura di questi depositi, nonchè di far notare la loro ricchezza paleoetno- logica, e quelle differenze o identità che si riscontrano fra que- sta ed altre contrade. — Ma molti degli avanzi di arte antica, | che verrò citando, rimasero sepolti in tempi a noi più vicini, per cui ad essi non darò un’importanza maggiore di quanto convenga all’indole di codesto lavoro, per piuttosto commentare quelli che vi furono abbandonati dall'uomo non per anco del tutto incivi- lito, o da quello dell’ età della pietra. Le notizie che riferisco illustrano una raccolta di oggetti, frutto di dodici anni di indagini del molto rev. sac. Giambattista Ferrari che con rara e solerte perseveranza, da semplice incetta- tore intraprese poscia ad esplorare il paese. — I disegni degli og- getti che riferisco in parte sono riportati dalla relazione citata, e quelli di altri che unisco a questo rapporto, sono fatti sui pezzi originali, che per la maggior parte stanno raccolti presso il pro- prietario in Regona di Seniga, mentre altri sono esposti come saggio della nuova stazione nella collezione paleoetnologica del Museo Civico di Milano. Le figure son date solo per gli oggetti più caratteristici, e nelle tavole sono pur raggruppate topografi- camente. Sono bene lontano dal credere che il luogo sia bastantemente esplorato, ed auguro un’abbondante messe a chi vorrà dedicare tempo e fatiche allo studio della nuova stazione che segnalo ai’ paleoetnologisti, mancando a me l'opportunità di rinfrancare con più estese osservazioni il giudizio che mi son formato. Pertanto, volendo che questo scritto conservi l’indole di semplice relazione intorno ad alcune indagini tentate onde chiarire l’antichità delle ‘ prische popolazioni insùbre, riferirò e distinguerò anche le di- verse località, coi nomi dati sul luogo dai contadini, che del resto sono pure quelli onde risultano notati i rispettivi latifondi nelle mappe censuarie e catastali del Comune. Così, venendo in luogo, chiunque potrà rintracciarle ed estendervi le investigazioni ini ziate. n LA TERREMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. . 107 =" RICERCHE E RITROVAMENTI NEL TERRITOR1O DI SENIGA. Per esporre con un certo ordine i risultati ottenuti dalle ri- cerche preistoriche tentate nella bassa pianura bresciana, si op- pone, ostacolo quasi insormontabile, la confusione di avanzi di età fra loro diversissime. La loro juxta positione relativa fu affatto di- strutta dall’ azione antica e recente dell’uomo; pet cui ivi si in- contrano sporadici gli avanzi romani insieme ai bronzi gallo-etru- schi ed ai resti di un’arte ancor più remota, l’arte di lavorare la pietra. Parlando dunque di questi ritrovamenti, e specialmente dei casuali, per evitare inutili ripetizioni ed essere relatore più fedele e più chiaro, debbo per necessità accennare contempora- neamente ad oggetti i più svariati sotto ogni rapporto; nè ciò sarà, come io spero, dannoso allo scopo di questa illustrazione, perchè sarà poi possibile sceverare®gli uni dagli altri gli oggetti, eattribuirli per l’indole e la natura loro a quelle età cui veramente appartennero. | Neppure pretendo pronunciare un giudizio sopra quegli avanzi che si riferiscono alle età storiche, essendo per nulla competente in materia archeologica, nè avendo eseguito in luogo delle inda- gini accurate che sole possono condurre ad una conclusione degna di essere l’ultima parola della scienza; ma per altro mi preme di far constatare anzitutto che in quel di Regona di Seniga e nei territorii limitrofi furono raccolti abbondantissimi avanzi dei tempi del medio evo e del dominio dei Romani. Dei primi non è a di- scorrere perchè tanto noti, piuttosto comuni, e, quasi direi, illu- strati da cronache, da leggende e da tradizioni ancor vive nella memoria degli abitatori del luogo. Gli indizii dei Romani sono spessissimo mescolati alle reliquie abbandonate dagli ultimi Galli; e da quegli Insubri che, in tempo remotissimo, avevano per i primi occupato la pianura di Lombardia. Tali avanzi romani e prero- mani sono spade logorate dalla ruggine, punte di aste e di lan- ciotti, chiodi, puntali e lamine di ferro, utensili di osso, arnesi 108 i È. MARINONI, i RL di bronzo, come fibule, spilloni e borchie, cui si debbono aggiun- gere anche parecchie monete dei consoli e degli imperatori di Roma, . aspre di conio, quantunque già quasi del tutto cancellate; poi granelli di monili di pasta verde, ed infine frammenti di vasi in argilla cotta, verniciati e non, quali con traccie della marca di fabbrica e quali senza, oltre a moltissimi resti dei robusti e gros: solani embrici caratteristici. Tutte siffatte reliquie si raccolgono facilmente ed in quanitità maggiore sul piano più elevato, precisamente nei campi chiamati . Ca vrante, Cozzaghe, Breda, Ca’ del Dosso, Chiosino, Formighere di mattina, Pomello, Castellaccio e Castelletti situati a nord ed a nord-est del cascinale di Fenil-lungo, e che congiungono questo altopiano di Regona al resto della pianura.! Ma assai più inte- ressanti sono 1 resti che furono dissepolti fra i ruderi di una vera abitazione preistorica, fondata più verso il fiume, in un campo no- minato il Chiavichetto, a mezzodi del cascinale di Fenil-lungo e che fa parte del patrimonio del P. L. Congrega Apostolica di Brescia.® Ho potuto esaminare a mio agio parecchi di cotali avanzi an- che presso il loro scopritore sacerdote Giambattista Ferrari a Fenil-lungo di Regona, nonchè raccogliere molte ed interessanti notizie intorno ai loro rispettivi giacimenti. Riassumo qui nel modo più succinto i diversi appunti fatti in proposito nel mio tac- cuino di viaggio e quelle notizie che forse potranno avere qualche ! Vedi lo schizzo topografico del territorio di Seniga a tav. I, fig. 2: a Campo Cozzaghe \ db » Formighere di mattina DAI b' , Chiatti sul più alto terrazzo. 4 to » Castellaccio e Pomello d » Ca’del Dosso e » Castelletti sul secondo terrazzo. f » Breda 99» Chiavichetto e Prati di Palazzo sul primo, terrazig = Sla palafitta. 2? Moltissime notizie ebbi pure dal segretario comunale di Seniga, signor Angelo Bar- bieri, raccoglitore amantissimo delle antichità del proprio paese, ed alla cui cortesia esprimo infinite grazie. Esso pure possiede qualche monumento delle più antiche età, fra i quali anzi una freccia di selce rinvenuta sporadica presso Seniga stessa, a circa 100 metri fuori del villaggio verso nord-est. i, LA TERREMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 109 interesse per l'archeologo che volesse illustrare questa nuova lo- calità. Campo Ca’ vrante. — Fiancheggiante la strada che da Seniga conduce a Regona è un campo detto Ca’ vrante la cui superficie era sparsa di oggetti meritevoli della curiosità di un antiquario. Ivi si tentarono le prime, ed in seguito altre esplorazioni, smuo- vendo il terreno che nel suo angolo di°mezzodì appariva nero più dell'ordinario. Furono messi in luce i resti di una pietra da ma- cina di prisca rozzezza, poi mattoni voluminosi e tegole di terra- cotta, immensa copia di cocci figulini rossi talvolta verniciati, una moneta per certo riferibile a quelle che si ritengono di famiglie consolari, e finalmente traccie di conterie di vetro e di oggetti di ferro. Queste prime ricerche erano state dirette dalla memoria ancor viva nei coltivatori di quel campo, che nei tempi addietro ivi erano stati raccolti anche numerosi bronzi. A me questi non fu possibile di rinvenire, ed il mediocre esito delle ricerche ten- tate, sconsigliò dal farvi novelle indagini. Campo Cozzaghe. — (Vedi tav. I, fig. 2, a). — Nel campo detto alle Cozzaghe, mezzo chilometro. circa a nord di Regona, lo stesso sacerdote G. B. Ferrari, avvertendo come la superficie fosse pur quivi seminata da ogni sorta di avanzi, e come in certi punti deter- minati il suolo fosse anche di una terra nera che si poteva benis- simo distinguere perfino dopo una lunga esposizione agli agenti atmosferici, fece di sue braccia, in diverse riprese, tredici assaggi. Al di sotto della terra coltivata, nelle buche fatte, trovò sempre ceneri e carboni con cui stavano commisti alcuni pochi frammenti di ossa brucicchiate e cocci di vasi romani cotti e verniciati. In quattro di quelle esplorazioni null’altro si rinvenne che fosse ri- marchevole; dalle altre vennero in luce i seguenti oggetti: 1° buca:— Un vaso romano di argilla comune frantumato, pochi cocci sottilissimi non ancora cotti, pezzetti di bronzo fuso, una lama di ferro, un dischetto di terra cotta affatto simile a quelli che si conoscono sotto il nome di fusaiuole, ed una manata 110 C. MARINONI, - il vaso e le pareti della buca. ct 2° buca: — Parecchi frammenti di figuline cotte, di piedi a, vernice di color rosso-ranciato, con bassorilievi figurativi, ed altri vasi di argilla non cotta; poi pezzetti informi di bronzo ed una rozza lama di ferro. 3° buca: — Un vasetto lacrimario perfettamente conservato che giaceva riposto fra le ceneri, disteso orizzontalmente colla sua bocca rivolta e d’accanto ad alcune scheggie di ossa semiarse. Vi si trovò pure una moneta affatto indecifrabile, ed un disco fo- rato (simile ad una fusaiuola) fatto di tritume pietroso impastato con argilla e cotto. 4° buca: — Una patera verniciata ed infranta. 5° buca: — Una discreta quantità di pezzi di carbone, due dischi fusaiuole, cocci di un vaso di impasto nerissimo, ed i fram- menti di un utensile di ferro. fà 6° buca: — Una lampada romana di terra cotta, ed un pez- zetto informe di bronzo. 7° buca: — Un vaso lacrimario, ed i frammenti di due altri vasetti di forma a ventre grosso, fatti di terra cotta con ornati a linee punteggiate e di aspetto affatto romano. 8° buca: — Una moneta assai logora, una FosRIsRR patere e vasi infranti. di scheggie d’ossa combuste che stavano sparse nella cenere fra 9° buca: — Una iama di ferro, un vasetto a ventre rigonfio. ed un vaso lacrimario assai ben conservati, adagiati sopra il so- lito pugno di cenere e di ossa abbrustolite. Codeste scoperte' sono di pochissimo o niun pregio; ma devesi pur tener conto che quel campo fu chi sa mai quante volte rimu- tato e sconvolto dall’aratro, il quale, mentre decapitava quei tu- muli e distruggeva le orme dei nostri avi, ha sparso d’ogni in- torno quei frantumi divasi che hanno poi guidato alla scoperta de- gli antichi tumuli. Perciò appunto io non credo di allontanarmi dal probabile, ritenendo che questi primi saggi dovranno condurre ' Questi risultati delle esplorazioni fatte nel campo Cozzaghe, furono già somma riamente indicati coi primi appunti pubblicati intorno alla terremara di Seniga. # LA TERREMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 111 col tempo alla scoperta di una grandiosa stazione umana anche sulla parte più elevata dell'altopiano di Regona. — Ricerche po- steriori poi e la consonanza di molti fatti, mi diedero campo ad argomentare sul modo onde erano costruite cotali sepolture. Visitando in altra occasione l'altopiano fra Golasecca e Sesto- Calende, nonchè il paese all’intorno e quello sulla riva opposta del fiume Ticino, mi venne fatto di assistere allo scuoprimento di parecchie tombe di età diverse. Quelle che si dovevano riferire ai tempi romani erano formate di un vaso di argilla non sempre o poco cotta, e di una certa capacità, che era stato deposto a pic- cola profondità nel terreno, così senza alcun riparo nè sotto nè sui fianchi, in modo che la terra l’abbracciasse tutto all’ intorno. Entro vi si rinvenivano ossa cremate, carboni e ceneri sempre, talora anche qualche oggetto di bronzo o di ferro, palline di smal- to, ecc., e molta terra penetratavi a poco a poco per essersi rotto o spostato, coll’andare del tempo, un grosso ed ampio pezzo di embrice che vi si sovrapponeva costantemente per chiudere la bocca del vaso. — Nei campi di Seniga; ed alle Cozzaghe in par- ticolar modo, i larghi pezzi di embrici romani, colle loro intac- | cature caratteristiche e spesso anche trapassati da fori artata- mente fatti, sono comunissimi al punto da dover essere tolti come ingombro; sono del pari numerosi i frammenti di vasi malcotti che ricostruiti e ristaurati ripetono le forme di quelli romani di Golasecca e Sesto-Calende. Le ceneri, poi i carboni, ed i resti di ossa sono in certi punti quasi i soli componenti del terreno; laonde, tenuto calcolo della natura e dell’uso probabile dei varii oggetti che si rinvennero in diverse epoche sparsi sulla super- ficie del campo e negli scavi di esplorazione, pare trattarsi di qualche prisca stazione militare o colonia,? quali ovunque si .4 Anche il conte Gozzadini riferisce nei suoi scritti di aver trovato a Marzabotto gli embrici romani utilizzati come coperture di tombe. Questo fatto è molto importante perchè servirà un giorno a chiarire molte delle analogie che esistono fra queste due stazioni umane. ? Le prime battaglie dei Romani sulla riva sinistra del Po, furono date dal con- sole Cajo Flaminio nell’anno 223 avanti Cristo (531 anno, di Roma). Il console ro- mano. passò il Po a Piacenza; ma col fiume alle spalle ed in difficili condizioni per le gravi perdite subite, chiese al nemico di aver libera la ritirata. 112 C. MARINONI, i rinvengono nel nostro paese. Quivi non sì trovarono ancora. traccie di costruzioni cementate, in cui fosse il mattone caratte- ristico delle costruzioni romane; ma ciò dipende, io credo, dal non essere il luogo stato ricercato che soltanto superficialmente, fin dove cioè l’aratro ed i lavori agricoli avevan tutto sperperato e distrutto, ragione per cui, anche nel pronunciare giudizio su molti oggetti, provai il bisogno di appoggiarmi a più estese osserva» zioni. ta] Campo Formighere. (Vedi tav. I, fig. 2, D). — Non molto lungi dalle Cozzaghe, procedendo verso levante, e mantenendosi sempre sul più alto terrazzo, si incontrano alcuni appezzamenti di terreno che vengono indicati coi nomi di Formighere di mattino. Quivi cominciarono ad apparire oggetti di ‘industria antica con un rozzo cuspide di freccia in pietra focaja di color violetto (tav. II, fig. 1), rinvenuto nell’anno 1871, alla superficie del campo di fresco rimosso. Questo primitivo avanzo di un’epoca assai lontana, è fra tutti gli altri oltremodo rimarchevole per la natura ed il color violaceo della selce, cui per la prima volta allora mi occorse di incontrare e che non si conosce in Lombardia. 7 | Nel seguente anno 1872, in altre esplorazioni tentate in quel campo, se ne raccolsero ancora di tali cuspidi, quali intieri e per- fetti di lavoro, come la piccola freccia triangolare, pedicellata, di selce biondo-giallastra disegnata a tav. II, fig. 2; quali invece spezzati, ma che ricordano un lavorìo accuratissimo di colpi ripe- Nello stesso anno il console passò il fiume presso Mantova, dopo essersi alleato coì Galli Cenomani ed i Veneti, nemici degli Insubri. — 50,000 Insubri, tolte dal tempio della loro dea le insegne d’oro dette Ze inflessibili, offrirono battaglia ai Romani in riva all’ Oglio. — I Romani posero î Galli che combattevano nelle loro file sulla sponda sinistra del fiume; sulla destra di fronte egli Insubri schierarono le legioni e ruppero i ponti onde almeno non esser presi alle spalle dai malsicuri alleati. — La sottomissione non fu completa. Nell'anno seguente 222 avanti Cristo (532 di Roma), i due consoli Claudio Mar- cello e Gneo Scipione entrati anche nella Insubria per la stessa via che fece Flami- nio, giunsero fino a Milano. — La calata di Annibale sospese la completa conquista. — Cremona fu colonizzata dai Romani nel 219 avanti Cristo con 6000 famiglie (Vedi MOMMSEN, Storia romana, ecc.). LA TERREMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 113 tuti. Fra gli utensili lavorati citerò pure un raschiatojo comune, lungo 5 centimetri, tratto dalla solita selce argillosa gialliccia, quindi scheggie di selci diverse e di un diaspro color rosso bruno. — Viabbondavano altresì i cocci figulini cotti per intiero e quelli malamente cotti, fabbricati però sempre con una argilla piuttosto fina micacea: — dai loro frammenti si può attribuire a quei vasi una forma elegante, data col tornio, rigonfia e adornata di cor- doni rilevati, disposti all’ingiro della bocca aperta. — Di bronzo una mezza capocchia di un ago crinale. Questi avanzi furono tutti raccolti nella parte più orientale del tenimento, verso il Campo Castellaccio con cui confina, e si tro- vavano sempre alla superficie, nel terreno coltivato, nel quale del resto erano pure comuni i cocci di figuline romane. Non molto lungi di là, appena sotto il ciglione del campo For- mighere, dal lato meridionale, scavando un fosso per piantagione furono trovati nella terra coltivata due pezzetti di bronzo affatto eguali, trapassati da quattro borchie pure di bronzo, che io sup- pongo, avuto riguardo alle loro dimensioni, piuttosto che gancetti da centurino, fermagli da briglia, in uso già nei tempi preromani. Campo Chiosino. — (Vedi tav. I, fig. 2, 6°). — Lì presso, ma più , verso mezzodì, è il campo Chiasino, che per la natura delle anti- caglie rinvenutevi, sta benissimo a paro dei luoghi sovra accen- nati. — In esso nel 1872 furono raccoltì dai contadini alla super- ficie del terreno molti e svariati oggetti, fra i quali frammenti di vasi cinerarii, fibule di bronzo (tav. II, fig. 3) e di ferro, pallotto- line da collana di vetro smaltato dev ed ornata di solchi alla su- perficie, una laminetta di bronzo, e qualche frammento di vetro, la cui pasta, indizio di vetustà, appariva grandemente alterata. — Cito questi oggetti per essere fedele relatore; ma senza attri- buir loro importanza alcuna, nulla offrendo di interessante. Campo Castellaccio. — (Vedi tav. I, fig. 2; c). — Procedendo ancora verso levante si arriva al campo Castellaccio, situato a nord- est di Fenil-lungo, sulla parte più alta di quel dosso, ai cui piedi e Vol. XVII. 8 114 C. MARINONI, ad una profondità di ben 15 metri, scorre il fiume Mella, che pre- cisamente in questo punto fa un gomito, deviando verso mattina. Già prima, erano ivi stati rinvenuti moltissimi avanzi di figuline romane e di tempi posteriori, e vi si era raggranellata in diverse occasioni una indefinibile accozzaglia di oggetti i più svariati, che andarono perduti passando da una mano all'altra. Nel maggio 1871, eseguendo una profonda aratura in mezzo al campo, venne rovesciato uno strato quasi superficiale di terra nerissima che po- teva avere uno spessore di 34 centimetri all’incirca. — Da quella terra uliginosa uscirono fuori da oltre a 70 scheggie di selce ar- gillosa, bianca, gialla, e grigio-bionda, quali rozze ed informi, come i rifiuti di una lavorazione, quali invece ‘foggiate in piccoli cuspidi (tav. II, fig. 6), e più spesso in cultri e raschiato] perfettamente adatti, e simili ai già noti di altre stazioni lombarde, nonchè a quelli trovati nel deposito del Chiavichetto, di cui sarà parola più innanzi. — Quella prima messe era accompagnata da altri tesori paleoetnologici; abbondavano le reliquie di ossa abbruciate, in- dizio che concorda con quello della terra nera ricca di cenere e di carboni, ed i cocci di certe stoviglie rozze, impastate di tri- tume di roccie feldspatiche e micacee, arrossate alla loro super- ficie esterna dal fuoco cui erano state esposte per cuocerle ed in- durirle. sai Nell’ inverno 1871-1872 lo stesso ‘sacerdote G. B. Ferrari vi intraprese nuove investigazioni; e la sua attenzione fu special- mente richiamata sopra 3 punti di quel campo, dove le ricerche furono coronate da qualche successo. Verso levante, cioè verso il fiume Mella, presso a poco in quel posto dove sul finire dell'estate 1871 era stata raccolta la prima punta di freccia (tav. II, fig. 6) alla superficie del suolo, raccolse un’ altra freccia pure di pietra silicea ed un’ascia di pietra an- cora affilata, forse la più bella e la meglio conservata, di tutte quelle state trovate nella terramara di Regona di Seniga. L'area centrale del campo Castellaccio, là dove si eseguirono i primi lavori, fu nuovamente rovistata nell'inverno del 1872, avendo cura però di spingere la ispezione del suolo alquanto più verso falli #6 LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 115 il nord. — Quivi il terreno indicava un deposito di reliquie anti- che; — e queste furono gli informi resti di un piccolo vaso grosso- lano, fatto di terra indurita al sole, colà sepolti insieme a scheg- gie di selce argillosa grigiastra, ed a due raschiatoi o coltellini esilissimi e di accurato lavoro. Ivi si trassero pure in luce due ciottoli: l’uno di scisto verde argilloso granatifero, l’altro di una specie di.pietra ollare, colle evidenti impronte di un lavoro di li- sciatura. — Queste poco fruttuose indagini consigliarono di ricer- care anche all’intorno di quel punto; e più a mezzodì, ma fuori del citato deposito, in terra comune superficiale, sì trovarono ancora una punta di freccia quasi intatta, parecchi coltellini e scheggie della solita selce, cocci di vasi di pietra ollare lavorati al torno, nonchè un nucleo di piombo forato da banda a banda, che io ri- tengo capitatoci molto dopo ed a caso, al pari di una chiave di ferro tutta arrugginita e di forme un po’ strane, ivi pure rinve- nuta. Tutti codesti oggetti non sono di tale importanza da me- ritare veruna attenzione; sporadici e alla superficie del suolo, attestano, meno i manufatti litici, epoche troppo poco lontane da noi. Un altro scavo d’ assaggio fu pure tentato un po’ più verso mez- zodì, sempre però nel campo Castellaccio, e diede, giacenti alla rinfusa: Alcune scheggie di selce ritoccate sui margini ma senza forma determinata; Un pezzo di talcoschisto granatifero informe; Alcuni cocci di vasi di argilla, non molto fina, quali lisciati su- perficialmente passandovi il palmo della mano, quali torniti, ma sempre cotti. — Sono essi frammenti di pancie e di labbri, ma- nici, qualche fondo ancora, ma di nessuna stoviglia mi riuscì ri- costruire la forma, — È anche strano che alcuni di siffatti cocci portano, a 4 dita dal margine che doveva essere il labbro ampio o patente, certi foti, artatamente fatti e disposti al medesimo li- vello, lo scopo dei quali non è facile supporre; Un anello (o piuttosto una viera) di lamina di bronzo (tav. II, fig. 10) alla cui superficie esterna è tracciato un disegno a pun- 116 C. MARINONI, ‘î ‘teggiature, fatto su tre linee, che potrebbe essere tanto un ve anello antico, quanto un ornamento per manico d’utensile d’ uso attuale; ri i È Un altro mezzo anello di vetro bleu, quasi trasparente; Infine frammenti di vasi di pietra ollare ben torniti e fatti neri ‘ dall'azione del fuoco, lame e puntoni di ferro logorati dalla rug- gine che accennano come anche in codesto deposito i cimelii di epoche storiche non solo, ma ben anco delle più recenti si siano potuto mescolare a quelli di suoli più antichi. Continuando i lavori campestri in quella località, fu tentata una esplorazione anche verso ponente, dove in due punti abbon- davano alla superficie i resti di grossolane stoviglie, a frattura re- nosa friabile, varie di foggie e di dimensioni, e fabbricate a mano. Nessuno di questi mi parve esser stato cotto al forno, e parecchi ancora che non avessero neppure sentito il fuoco. Su questi cocci ‘nessun segno, nulla affatto che richiami un concetto artistico : una sola ansa mi capitò fra mano ed anche questa molto simile alle più rozze e comuni che si vedono nelle stoviglie delle terremare mantovane e parmensi. Fra gli oggetti di terra di questa ricerca riferisco, distinto da- gli altri, un utensile a mo’ di cucchiajo col manico forato nel senso del proprio asse. Sarebbe esso mai il primo tentativo di una lucerna? (tav. II, fig, 9). i Insieme ai cocci di stoviglie giacevano scheggie di selce in buon numero, raschiatoj appiattiti e punteruoli acuti fatti di piromaca (tav. II, fig. 7 e 8), un piccolissimo cultro lungo '4 centimetro di nitido quarzo affumicato, ottenuto ‘assai tagliente in due col- pi.' L'insieme di questi oggetti indicherebbe un’antichità maggiore per la stazione del lato ovest del campo Castellaccio. Queste prime esplorazioni, per quanto siano state eseguite su- ' Gli oggetti di quarzo jalino sono oltremodo rari nelle stazioni preistoriche della Lombardia: se ne citano poche scheggie della palafitta centrale di Bodio, sul lago di Varese. Un coltellino trovato nella medesima stazione, è pure di quarzo affumicato ed è conservato nella collezione palecetnologica del Museo Civico di Milano. — MA- RINONI Le abitazioni lacustri, ecc. Milano, 1868, in-4, con tavole e carta topografica: nelle Memorie della Società italiana di Scienze naturali. Tomo IV, n. 3, mes - 4 PE si : n d d LA TERREMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 117 perficialmente lasciano travedere qua e là nel campo Castellaccio, schierate davanti al corso del Mella, delle stazioni dell’uomo an- tichissimo. L'area non molto vasta mi induce a supporre quivi una sola dimora dove forse riparavano, sufficientemente lontano dal corso del fiume, gli abitatori della vicina palafitta del Chia- vichetto, all’epoca delle piene. Questo focolare potrebbe esser stato stabilito, dove si raccolsero gli ultimi oggetti citati, cioè le stovi- glie ed i manufatti litici, nel punto più ad ovest del campo, occu- pando anche quella porzione del vicino appezzamento detto Formi- ghere di mattina in cui appunto furono disotterrati gli avanzi molto analoghi che sopra ho citato. Tutti gli altri indizii sono reliquie che in diverse età si sparserò accidentalmente nei pressi di una sta- zione umana più importante ed abitata; fra questi infatti appajono i cocci torniti, il bronzo, il ferro, il vetro e la pietra ollare con de- cisivo predominio sugli oggetti di pietra. Infine le ossa d’ animali arse, i carboni e le ceneri abbondanti nel suolo confermano l’e- sistenza di un focolare primitivo, intorno al quale'si raccolsero anche i resti delle più rozze stoviglie. Campo Pomello. — (Vedi tav. I, fig. 2, c). — Il limite meri- dionale del Campo Castellaccio è fissato da un altro tenimento de- nominato sul luogo campo Pomello: dove pure furono rinvenute alcune schegge di selce argillosa biancastra e gialliccia, nonchè pochi frammenti di vasi fatti con una argilla finissima, di color cinereo, analogo a quella di cui sono le stoviglie dipinte, trovate alla dimora di Ca’ del Dosso dell’età del bronzo. — Le selci ac- cennate sono quasi tutte dei nuclei informi, e su due sole di esse risaltano evidenti le traccie del lavoro dell’uomo per foggiarne dell’una un piccolo raschiatojo, dell'altra una punta di freccia (tav. II, fig. 5), che è appiattita e solo ritoccata sui lembi per ridurre i margini taglienti. Comella. — (Vedi tav. I, fig. 2). — Verso l'estremo confine nord-est del territorio di Seniga è un casolare denominato Co- mella. Quivi nel campo coltivato, detto il Campettino, che sta di - 118 C. MARINONI, fronte alla chiesuola, non però in quella porzione in cui essa chiesa. è fabbricata, una contadina rinvenne nell’estate 1871 una bella freccia di piromaca, a forma triangolare con pedicello ed alette | smussate (tav. II, fig. 4), piana nella sua faccia inferiore, convessa superiormente. È essa dunque del tipo più comune usato in tutta Lombardia orientale e particolarmente nel Bresciano e nel Man- tovano. — Qualche altra scheggia di rifiuto fu quivi in seguito raccolta alla superficie del suolo, lavorando il campo. Campo Breda. — (Vedi tav. I, fig. 2,7). — Questo tenimento assai prossimo all’abitato di Regona dalla parte di-mezzodì, e confi- nante con quello di Ca’ del Dosso, al di là del quale sono le case di Fenil-lungo, ha del pari fornito materiali interessantissimi per . lo studio delle età, preistoriche del Basso Bresciano. L’indizio per le ricerche fu sempre anche qui la terra più.nera del consueto ed uliginosa, che si trova raccolta in punti distinti, situati presso a poco lungo una medesima linea di circa 70 metri, diretta da levante a ponente, fra la ripa di mezzodì ed il mezzo del campo. I più rimarchevoli oggetti ivi raccolti sono 5 ascie di pietra di varia grandezza e di differente forma, che furono trovate tutte presso a poco ad una medesima profondità, cioè dai 12 ai 23 cen- timetri sotto l’aratura e costantemente involte nella terra nera. Di queste ascie una ne ho figurata (tav. II, fig. 11, fronte e profilo) lunga mm. 88, larga mm. 40, fabbricata con una pietra verde ser- pentinosa, ben lisciata al tagliente, aspra invece e granulosa verso la testa: — un’altra è di serpentino verde levigatissimo (tav. II, fig. 12), misurante mm. 63 per 41 di larghezza, molto guasta, ed è la sola, fra tutte quelle rinvenute, che fosse accompagnata, oltre- chè dalla terra nera, da alcuni cocci di stoviglie grossolane, rossic- cie, fra i quali potei notare anche una piccola ansa. — Certe am- maccature che portano quasi tutte queste ascie, per alcune fanno supporre che siano state usate anche a modo di cuneo, indi get- tate, per le altre invece va tenuto calcolo delle speciali condi- zioni di giacitura entro la terra uliginosa ed insieme a vasi in- franti, onde pare ragionato indurne che colà stessero sepolte entro LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 119 distinti tumuli, e infrante per rito funerario. Lo sperpero stato fatto dei vasi mandò perdute le ossa conservate nei dolii, e in- sieme agli altri oggetti anche le ascie si sparsero fra la terra. Quando anche tale supposto possa sembrare arrischiato, spero che vorrà esser preso in considerazione da chi studierà la nuova loca- lità, avuto riguardo al ripetersi continuo di certe condizioni che accennano appunto ad un siffatto modo di giacitura degli avanzi preistorici dell’altipiano di Regona, che devono però sempre es- sere distinti da quelli della terramara di Chiavichetto a cui fanno corona. Di altri manufatti litici ne furono raccolti anche in questo campo, verso l’angolo sud-est; ma vi si rinvennero affatto super- ficiali. Sono: un coltellino di selce bionda, pellucida, lavorato al‘ gran taglio (tav. II, fig. 14); diverse scheggie della medesima silice argillosa comune ed un pezzo di quella focaja di color vio- laceo tanto rara e già stata rinvenuta al campo Formighere. Fino ad ora nessuna punta di freccia. Le esplorazioni fatte al Campo Breda nei primi mesi del- l’anno 1872, fornirono all’instancabile perlustratore di quella contrada, il sacerdote G. B. Ferrari, altri indizii di tempi assai più recenti: sono per la maggior parte terre cotte e bronzi, e furono tutti riscontrati scavando in quei punti che erano indicati dal- l'apparire della terra nerastra. Un assaggio spinto a poca pro- fondità diede un vaso ampio, rossastro, grossolano di forme, un vero dolio nel quale era posto un altro vasetto più piccolo, ne- riccio, di impasto più fino che alla sua volta conteneva una fu- sajola di terra cotta nerastra, traforata, elegante di forma e senza ornamenti (tav. II, fig. 13). Di questo ritrovamento non rimane più che la piccola fusajola, essendo i due vasi andati rotti e di- spersi insieme alla poca terra che contenevano; ma per essi ri- mase la traccia delle costumanze dell’ età del bronzo. In un’altra buca di aspetto mortuario si raccolsero sul fondo i resti di un rozzissimo vaso arrossato per eccessivo calore subìto, cioè parte del fianco ed una porzione del fondo che ha fino due centimetri di spessore. Insieme a questi cocci, sepolto come al 120 C. MARINONI, solito nella terra più uliginosa, si trovarono parecchi frammenti indeterminabili di oggetti di bronzo tra cui un gancio fatto di / f lamina di bronzo grossa più che 2 millimetri, ma alterata e COrrosa. SUFZIO Ct), In un altro punto, ed in condizioni analoghe, presso un coccio di vaso fatto al tornio, cotto e all’interno tappezzato da un ri- vestimento di sostanza organica carbonizzata, si trovò la parte dorsale di una fibula di bronzo. In questo campo poi, del resto assai circoscritto, non è difficile imbattersi a raccogliere fra le ma- cerie di tegole romane, nella terra, o fra i carboni e le ceneri, dei pezzetti di bronzo fuso, quasi direi ancora sotto la forma di aes rude, o dei frammenti di utensili fabbricati con tale metallo. Cito fra questi ultimi delle porzioni di labbri di vasi. | Finalmente in questa medesima località, venne pure tentato un assaggio sul ciglione verso la ripa di monte, dove era già stato rac- colto un piccolo orciuolo di argilla e dove l’aratro aveva sfon- dato e partato via per metà un vaso di terra cotta. Questo con- teneva un certo numero di scheggie di ossa combuste, ed alcuni oggetti spezzati di ferro. Lì presso fu raccolta anche una ronca di ferro di fattura romana, simili a quelle che furono trovate presso Brescia, a Somma sul Ticino ed in altre parti, ed un di- sco di bronzo, forato, ornamento od amuleto, e che pare non portasse impronta alcuna. . Il Campo Breda adunque, per gli oggetti in esso trovati è una stazione dell’epoca del bronzo, e dà la mano al Campo di Ca’ del Dosso da una parte ed al Campo Cozzaghe più recente ancora dall'altra. Esso fu abitato posteriormente alle stazioni delle Formighere e di Castellaccio già descritte e poste sulla ‘ parte più elevata dell’altopiano. Il rimestamento sofferto a causa dei lavori agricoli, se ha danneggiato la juxtapositione dei monu- menti ivi abbandonati nelle più remote età, ha svelato che sotto la sua superficie si celavano dei dolii rinchiudenti ossa combuste e preziosi utensili di bronzo e di ferro; — però vi si raccol- sero ascie di pietra e scheggie di selce lavorata, manufatti di un'epoca molto più lontana passati in uso anche nei tempi sue- TAI eno rr tinte LA TERREMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 121 cessivi. — Sicuramente questa stazione andrà per nuove scoperte a confondersi totalmente a quella del campo Cà del Dosso con cui confina dal lato di mezzodì, costituendo insieme una sola di- mora, cui già fanno prevedere l'analogia, le anticaglie raccolte nei due punti, ed il simile modo di loro giacitura. . Campo Cà del Dosso. — (Vedi tav. I, fig. 2, d).' — La stazione di Cà del Dosso è situata in quel campo che sta a settentrione del cascinale di Fenil-lungo, fra questo e il campo Breda, e posto sul pendìo che sale al terrazzo più elevato. Quivi il suolo super- ficiale, come risulta dall'analisi chimica, è formato per la gran parte da ceneri, ed il sottosuolo da uno strato di marna argillosa micacea, di origine fluviale, contenente frammenti di carboni in quella parte che sta immediatamente sotto al terriccio vegetale. D’ogni intorno sono abbondantemente sparsi i frammenti di sto- viglie nere e rosse; e quantunque fra queste ve ne siano di rozze e grossolane quanto mai, i pochi esemplari che ho scelti per es- sere figurati, e tutti quelli che si raccolsero, fanno giustamente pensare che l’arte ceramica vi avesse già fatto un immenso pro- gresso, introducendo il tornio non solo ma anche la pittura ed il fregio a rilievo. La influenza etrusca si scorge far capolino da siffatti avanzi di industria, e non dubito che gli abitatori della contrada di Regona avranno appreso da quel popolo eminente- mente civilizzatore, che veniva a poco .a poco invadendo? e sop- piantando le popolazioni primitive indigene, quei perfezionamenti che essi introdussero tanto nella fabbricazione dei loro vasi quanto ‘în quella di tutti gli altri utensili di uso e di lusso. Infatti nel- l'abitazione di Cà del Dosso appajono i vasi di forme più spesso piccole, fatti colla stessa terra mescolata a cenere che trovasi sul 1 Trascrivo qui con qualche aggiunta quanto ho già pubblicato su Cà del Dosso nella seconda relazione citata a pag. 16. I ? Dalle contrade più orientali gli Etruschi vennero a spargersi man mano nelle pianure della Lombardia fino al piede delle Alpi, lasciando in più luoghi i monumenti del loro passaggio. — Quando la loro influenza potè giungere fino ai coloni di Se- niga, dovevano già aver occupata la sponda destra del Po, ed essersi stabiliti sulle rive del Mincio, da dove spinsero fuori le loro colonie commercianti e civilizzatrici, 122 C. MARINONI, luogo, alcuni anche muniti di anse lunate e di manici, altri in-. vece adorni di disegni a rilievo e coloriti semplicemente a guazzo. (tav. II, fig. 19 e 20). È — Rammentando le figuline mi incombe di registrare un ampio vaso di argilla, grossolanamente lavorato al tornio, come lo si può rilevare dall’orlo e dal solco che lo circonda all’esterno, poco cotto e coperto di una vernice bruna. È rotto e assai malconcio (tav. II, fig. 21); ma in tutte le sue particolarità caratteristiche di forma, vernice ecc., assomiglia straordinariameate a certi vasi: che si tolgono dalle iste di Golasecca e di Sesto Calenia e che ora si ritengono dei tempi del bronzo. Gli altri utensili quivi rinvenuti sono: dischetti di terra cotta dello spessore di pochi millimetri (tav. II, fig. 16), una pallottola ovoidale conica impastata di argilla e ceneri, non cotta, ornata da. linee circolari di puntature e con principio di traforamento nel senso dell'asse maggiore (tav. II, fig. 18). Questi oggetti* sono di uso ignoto. — Più tardi furono rinvenuti altresì: un disco-fu- saluola di talcoschisto verdognolo, poche scheggie informi di pi- romaca, una piccola ascia di taglio ottundato, raccolta nella parte più alta del campo a nord-ovest verso il campo Breda, il fondo ’di un vasetto di lamina di bronzo (tav. II, fig. 15.*), poche traccie di oggetti di ferro, e numerosi frammenti di stoviglie e tegole di una fabbrica riferibile all’età romana con una moneta dell’imperatore Nerva (?) raccolta nella parte più bassa. Neppure per tali avanzi di epoche chiaramente distinte, si potè notare alcuna regolare sovrapposizione, ma invece apparve il so- lito miscuglio caotico; — ciononostante la facies complessiva di tutti questi oggetti li fa riferire all’epoca del bronzo ed ai tempi che la susseguirono. - Terramara del Campo Chiavichetto. — (Vedi tav. I, fig. 2, 9,9). — Nel territorio di Regona di Seniga, più non mi rimarrebbe a descrivere che la stazione del Chiavichetto, intorno alla quale ' Le figure di questi oggetti e di parecchi cocci furono già pubblicate. MARINONI, Nuovi avanzi preistorici, ecc. Op. cit., tav. IL fig. 26 a 31. LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 123 già pubblicai per le stampe una relazione delle prime ricerche.* Questa dimora umana, stata esplorata con maggiore accuratezza, giace nell’angolo sud-est di un campo coltivato, e per poco si estende in un prato posto a levante e ad un livello alquanto più basso, detto Prati del Palazzo, che ad esso è limitrofo sebbene ne sia separato da una strada, occupando in tutto un’area di qualche centinajo di metri quadrati di superficie. Ivi, allorchè si dovettero eseguire alcuni lavori di trasporto di terra per rinforzar argini, apparvero gli avanzi di umana industria disseminati in una terra nerastra appiccaticcia; e d’allora si ritrovano e si raccol- gono visitando quel luogo dopo giorni di pioggia, o facendovi ese- guire una profonda aratura. L’esame attento degli avanzi rinvenuti al Chiavichetto di Re- gona, comparati specialmente ai materiali tratti da quelle co- piose fonti di resti del lavoro umano che sono le terramare del- l'Emilia e del Mantovano, fa rilevare facilmente come anche nella Bassa Bresciana, per identiche condizioni di suolo, di clima, ecc., l’uomo vi si debba esser stabilito a quel modo stesso che sulla riva destra del fiume Po; e che quel progresso che si svolse man mano nelle stazioni parmensi, vi dovette esser portato da popo- lazioni che all’epoca della pietra polita, avevano già posto stanza sul suolo lombardo dove ora si discoprono gli immondezzai che circondavano le loro dimore. La stazione di Seniga principalmente è una prova di questa opinione, già altre volte pronunciata dai signori Strobel e Pigorini, parlando delle primitive popolazioni emiliane, e da me sostenuta e dal dott. Giacometti, l’ illustratore delle terramare mantovane. Gli oggetti trovati ricercando diligentemente la superficie del campo Chiavichetto, e a me noti per la somma cortesia del sa- cerdote G. B. Ferrari, sono utensili di silice o di pietre tenaci diverse, moltissimi avanzi di industria figulinaria e qualche raro oggetto di bronzo; infine carboni e ossa di animali. La selce adoperata è argillosa bianca opaca, o giallognola va- 1 MARINONI, Nuovi avanzi preistorici in Lombardia. Seconda relazione. Op. cit. — pag. 11 a 18, e tav. II. 124 C. MARINONI. 5 riegata, o grigiastra pellucida, analoga a quella che si trova in | rognoni entro a certi calcari marnosi dei colli presso Brescia, ed a quella di cui son fabbricati i manufatti litici che si rinvennero nella parte più orientale della Lombardia e principalmente nelle terremare di Bigarello e di Pomella ad est di Mantova. — Sono di silice un frammento di una punta di lancia, parecchie freccie, molti cuspidi, coltellini, raschiatoi, seghe, scheggie di rifiuto, al- cune delle quali anche con tentativo di lavorazione, e nuclei. Se fosse stata meno guasta, la punta di lancia sarebbe il più interessante pezzo della collezione; ma spezzata, non se ne rin- venne che un sol frammento, la terza parte superiore, di cui è rotta pure l'estrema punta. Col disegno che ne porgo a tav. III, fig. 1, ho tentato di ricostruirne la forma integra, basandomi sul confronto con altri cuspidi di dimensioni presso a poco uguali che furono rinvenuti in diverse località circonvicine, cioè alle For- naci presso Brescia, già citate dal prof. Gastaldi e da me, a Ba- gnolo per opera dal prof. Elia Zersi, e a Castel d’ Ario nel Man- tovano dal sacerdote Francesco Masè. Quest’arma è di selce gri- giastra, accuratamente ritoccata sui margini taglienti, e doveva avere una forma piatta, ovalare-allungata, rastremata verso la punta con regolarità perfetta e misurante 134 millimetri di Jun- ghezza su 37 millimetri di massima larghezza al terzo inferiore. Questo tipo di forma è già noto ed è il più frequente appunto nelle varie stazioni bresciane, ragione per cui non esitai a rife- rirvi anche il frammento rinvenuto negli sterri del Chiavichetto. ' In buon numero di pubblicazioni ho trovate indicate queste armi di maggiori di- mensioni come caratteristiche dei più bei tempi dell’era neolitica, e come prodotti di un'industria già fatta provetta. V’ha di più, che essendo meno comuni delle solite freccie, vengono anche considerate ed ammirate come la parte più preziosa dei cimelii preistorici dell’èra della pietra. — Io non nego la loro rarità e la loro importanza; ma, dacchè potei fare lo studio comparativo di alcune di esse rinvenute in Lombardia, sono propenso a stabilire per esse due tipi di forma che potrebbero contraddistinguere 2 età del periodo litico fra noi: l’ovalare quasi a foglia di mandorlo, e la triangolare. Il modo onde son lavorate le. primè, cioè a grande scheggiatura, sebbene adattato allo scopo ed alle dimensioni dell'arma, condizione che l'artefice doveva tener d’occhio, è però tutt'altro che perfetto, specialmente se se ne fa il confronto col lavorio accura- tissimo delle selci tratte dalle palafitte neolitiche del lago di Varese o raccolte in LA TERREMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 125 Le freccie sono per forma diversissime fra ‘di loro, come si può anche rilevare dai disegni di quelle che già pubblicai o che ho di nuovo fatto eseguire (tav. III, fig. 2, 3, 4,5; e Marinoni, 2° relaz. cit., tav. II, fig. 7, 8 e 9). Variano in lunghezza dai 20 ai 45 milli- metri e si mantengono larghe proporzionatamente ‘alla forma loro, ora ovalare o a forma di mandorla, ora quasi romboidale, cioè colle alette appena rudimentali ed un pedicello molto lungo e grosso; altre volte lanceolate, cioè triangolari allungate, con pedicello largo e robusto inserito fra le sporgenze laterali distintamente marcate; qualche volta, infine, piccole, pure di forma triangolare assai spiccata, ma che al margine posteriore, dove nelle altre si stacca il pedicello, presentano invece una rientranza che resta compresa fra le due alette laterali esili e molto allungate. Molte delle freccie quivi rinvenute sono intiere; ‘ed il loro lavorìo, ese- guito a semplice scheggiatura mediante odg leggeri e ripetuti altri punti della Lombardia, anche nel Bresciano. Va considerata inoltre la forma poi- chè l’ovalare sarà sempre stata meno difficile d’ottenere di quella triangolare ad alette laterali; ed infatti tanto in Italia che fuori la troviamo usata prima di questa, pro- pria dei tempi meno remoti dell’età della pietra. Per ultimo anche il modo di giaci- tura, affatto sporadico, per lo più al lembo inferiore o sotto strati di argille fluviali abbandonati dalle antiche alluvioni, e raramente in seno ai veri depositi preistorici, . mi fanno ritenere queste reliquie molto più antiche delle selci minutamente scheggiate della fine dell’epoca neolitica. — La forma triangolare pare abbia invece prevalso più tardi come una modificazione di quella già in uso; ed infatti le faccette di ripercus- sione sui margini taglienti appajono più piccole e più numerose; e gli esemplari rac- colti lo furono di preferenza frugando depositi di cui altre reliquie attestano l’età meno remota. Ecco l'elenco. delle più grandi punte di lancia in piromaca fino ad ora rinvenute in Lombardia, colle loro misure comparative di lunghezza e maggiore larghezza. Lunghezza Larghezza maggiore ‘Tipo ovale (più antico): 1. Punta di lancia di selce biancastra rinvenuta dal prof. Regazzoni alle Fornaci presso Brescia, entro depositi di argilla (GASTALDI, Nuovi cenni sugli oygetti di alta antichità, ecc. Torino 1862, pag. 8, tav. VI, fig. 16)... ..... Mill. 131 Mill. 35 2. id. id. purerinvenuta nello stesso deposito delle Fornaci presso Brescia (MARINONI, Nuovi materiali di paleoetnologia lembarda. Milano 1872, fig..l)sc senta «esile < » 132. » 34 3. id, id, di selce giallognola variegata, disotterrata dal prof. E. 126 C. MARINONI, (sicchè talvolta i margini pajono seghettati come a tav. III, fig. 5), è, come in tutte quelle rinvenute sporadiche in Lombardia e nel Parmense, assai più grossolano e meno diligente di quello dei cuspidi raccolti nelle palafitte del lago di Varese, talchè alcune volte la freccia fu espressamente ritoccata sui margini per ren- derla tagliente. — A queste di lavoro più perfetto, si deve ag- giungere un certo numero di abbozzi di altre punte già ridotte in forma di cuspide, ed una grande quantità di scheggie delle varie piromache adoperate, quali assoluti rifiuti, quali con trac- cie di lavorazione, per cui sarebbe a dedursi come conseguenza, che la selce, sia per trarne armi che per foggiarne istrumenti, era stata importata dai luoghi vicini (colli bresciani), forse anche rac- colta nelle alluvioni del fiume Mella e lavorata sul luogo. — Alle scheggie di piromaca comune è da aggiungersi anche un frammento lavorato di quarzo jalino cristallizzato, limpidissimo. Lunghezza Larghezza maggiore Zersi nella lanca di Bagnolo presso Brescia (MARINONI, Nuovi avanzi preistorici in Lombardia. Milano 1871, pag: Liotav.. 1, dr ID) pi REI CITE » 173 >» Bl 4. Punta di lancia di selce giallognola variegata, tratta di sotto le ar- i gille a Calindasco presso Piacenza (MARINONI, Le abita- zioni la custri, ecc. Milano 1868, pag. 12, tav. 7, fig. 17) » 138 >» 49 5, id. id. di selce biancastra (id. id.; ma non figurata) ..... » 128 >» 42 Tipo triangolare: 6. Punta di lancia a sezione quadrangolare di selce bianca opaca, rinvenuta a Chieve, presso Crema (MARINONI, Le abi- — tazioni lacustri, ecc., pag. 35, tav. 7, fig. 1). ..... » 142 >» 45 7. id. id. a cuspide di selce grigia, rinvenuta in un campo presso Castel d’Ario (Mantova) dal sac. Masè (Masì, Abitazioni palustri del Mantovano. Padova 1873, fig. 4). ..... » 157» 56 8. id. id. a Torre presso Marmirolo (Mantova), e che fu gran- i demente ammirata all’Esposizione delle antichità pre- istoriche fatta in Bologna nel 1871 in occasione della o® sessione del Congresso internazionale. 9. id. id. di Torbole nel circondario di Brescia, posseduta dal p signor conte Tommaso Caprioli (in litteris) . . ... + + 1‘ 5169 Qo2 La 10 sarebbe quella rappresentata dal frammento citato trovata al Chiavichetto di Seniga, che ricostruita nelle sue forme e dimen- sioni probabili avrebbe dovuto avere le seguenti misure. ...... » 134 >» 834 - PE E © LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 127 Di cultri e di raschiatoi (tav. I[I, fig. 6, 7 e 8; e Marinoni, 2° relaz. cit., tav. II, fig. 3 e 4) se ne raccolsero pure in abbondanza; e si rinvenne anche un nucleo di focaja argillosa comune che servì a staccarne parecchi (tav. III, fig. 9.°). Gli uni e gli altri di siffatti utensili nulla offrono di particolare, ma si rassomigliano perfettamente ai molti già conosciuti di ogni paese. Variano per le dimensioni e per la rozzezza del lavoro essendovene di più esili, e di più grossolani e robusti; i loro margini sono però sempre assai taglienti. Tutti sono ottenuti con pochi colpi ben aggiustati in de- terminate direzioni, in maniera da staccare lamine ampie e sot- tili, come appunto si può rilevare delle impronte rimaste sul nu- cleo, figurato a questo solo scopo. — Anche qui poi, come in quasi tutte le altre stazioni umane conosciute, e in maggior copia che non nei punti esplorati delle circostanti campagne, si ricupera- rono scheggie d’ ogni varietà di selce, alcune delle quali si potreb- bero dichiarare dei tentativi abortiti di freccie, di raschiatoi o di cultri, quali invece semplici ed evidenti rifiuti di lavorazione. Fra i prodotti di focaja però, meritano di essere distinte an- cora due seghe che furono rinvenute in epoche diverse e sono di una selce argillosa comune giallastra venata, di color cinereo oscuro. Sono esse di rozzo lavoro, ma fabbricate evidentemente con colpi dati in direzione obliqua or da un lato ed or dall’altro, allo scopo di ottenere una specie di dentatura che poi si scorge perfetta ed a zig-zag, osservando l’arnese di profilo; appunto come in quelle rinvenute nella palafitta centrale di Bodio sul lago di Varese (Marinoni, Le abitazioni lacustri, op. cit., tav. II, fig. 24.) e alla palafitta di Castione nel Parmense (Strobel, Avanzi prero- mani ecc., tav. IV, fig. 28.). Uno degli esemplari è spezzato; 1’ al- tro più piccolo misura una lunghezza di 5 centimetri (tav. III, fig. 10.). | Gli altri manufatti caratteristici dell’età della pietra, rinve- nuti nella terramara bresciana sono accette e brunitoi, oltre ad una quantità di ciottoli e di frammenti di roccie diverse, che son per lo più calcari marnosi, arenarie, micaschisti, graniti, serpen- tini e quarzi, quali lisciati, quali ancor rozzi e che non giacevano 128 C. MARINONI, a casaccio in quel deposito antico. Erano forse frammenti di ma> cine, resti di focolari, od armi trattili; — siffatti oggetti si incon= trano del pari nella terremara di Bigarello presso Mantova, fab- . bricati coi ciottoli erratici portati fin nelle valli dell’ Adige e del Mincio dai ghiaccia] del Tirolo. n Le accette ivi raccolte fino ad ora son quattro. — La più grande è di una pietra di color verde di serpentino chiaro, a struttura granosa come appare da tutta la sua superficie, ma specialmente alla testa grossa, robusta e spezzata. Il suo tagliente è assai pro- * . nunciato ed ottenuto per levigatura. Misura millimetri 105 in lunghezza e 53 di larghezza al taglio, con uno spessore massimo di 32 millimetri, per cui ha forme grossolane e rozze ad un tempo (tav. III, fig. 11.). — Di un’altra grossa ascia non si raccolse che un frammento, perchè spezzata ai due capi:la roccia di cui consta è verde oscura, assai compatta, forse una diorite; e la superficie è levigata fino ad essere lucente. — Le due accette più piccole sono: l’una di serpentino talcoso col tagliente ottenuto per mezzo di levigamento, ma ritoccata ai lembi a scheggiatura , sicchè ne appare la struttura alquanto schistosa: — misura millimetri 50 di lunghezza per 32 di massima larghezza; — l’altra (tav. III, fig. 12.) è pure del solito serpentino verde, però esternamente di color gial- lognolo per l’alterazione superficiale della pietra ; anch’ essa ac- curatamente levigata, di forma quadrilatera, grossa sui fianchi e molto tagliente : — lunga 66 millimetri, e larga 40 e grossa cir- ca 10. — Non una di queste accette è simile ad un’altra per forma, come non lo sono neppure quelle rinvenute in altri luoghi della contrada di Seniga nè di tutta la Lombardia; per cui sì con- | ferma l’opinione del chiar. prof. B. Gastaldi emessa a proposito di uguali strumenti rinvenuti in Piemonte, che quegli uomini pri- mitivi non li avessero portati seco o commerciati con paesi dove ne esistessero fabbriche, ma che le avevano foggiate di propria mano, servendosi di quei ciottoli di pietra più dura che raccoglie- vano intorno alle loro dimore, ed ai quali pazientemente adat- tavano una forma conveniente. Un ciottolo di serpentino verde oscuro, levigatissimo, fu pure IT CI = CE 0, II, Vo n LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 129 tratto dai ruderi di quella stazione. Essendo analogo a quelli tro- vati nel Lago di Varese e nei depositi del Mantovano, non du- bito di dichiararlo un brumitojo (tav. III, fig. 13.). Come già ebbi campo di accennare sommariamente nei primi cenni pubblicati intorno a tale scoperta, le selci e i manufatti litici, avanzi autentici dell’età della pietra neolitica, sono accom- pagnati nei depositi della stazione del campo Chiavichetto da una quantità strabocchevole di vasi infranti, da dar motivo a supporre che ivi avesse esistito una fabbrica di stoviglie preistoriche, ri- ‘marchevole per il numero de’ suoi artefici o almeno per una lunga durata. L’esame comparato e attento di tali cocci, che si estraevano in tanta abbondanza da farne monticoli, mi inducono a fissare da bel principio due maniere distinte di fabbricazione, che potreb- bero pure essere buonissimi indizii caratteristici di due età diverse nell’arte figulinaria. La maggior parte di tali frammenti sono lab- bri, pareti, manici e fondi di vasi grossolani assai, di forme svariate e di diverso spessore (variante da 6 a 7 mill. nelle pareti e da 10 a 15 millimetri per i fondi), fabbricati a mano e senza l’ajuto del tornio, usando una pasta argillosa non molto fina, commista a materie eterogenee quali pietruzze, carboni, fuscelli, e ad un finis- simo tritume di roccie silicee che loro imparte un lucicchìo come se fosser di mica. La natura di questo impasto rassomiglia i cocci della stazione bresciana a quelli che si raccolsero pure numerosi in qualche terramara del Mantovano, ai più fini delle palafitte di Varese ed a quelli tratti dal fondo del lago di Monate, stazioni tutte attribuite alla fine dell’età della pietra. — Queste stoviglie poi mostrano ancora di non essere mai state cotte al forno; ma, a fine di indurirle, semplicemente disseccate al calor del sole, od a quello di una scarsa fiamma, della cui azione qualche traccia talora sì vede passata anche all’interno, arrossando leggermente la pasta argillosa: questa però nello spessore non sentì l’azione del fuoco e appare costantemente nericcia, friabile e terrosa. Di code- sto tipo, cui appartengono anche molte delle figuline rinvenute qua e là nei dintorni della stazione, se ne raccolsero esempi a Vol, XVII, | 9 130 | C. MARINONI, centinaja, per cui mi limiterò a citare e figurare quegli esemplari. più interessanti e che possono servire ad illustrare l’arte cera- mica antistorica. — Solo mi resta a notare che non fu possibile di raccogliere nessun vaso di terra intiero: laonde in quanto alla forma ed alle dimensioni non mi riuscì di raffrontarli che insuffi- cientemente. 3 Fra le stoviglie più comuni ve ne dovevano essere di assai ca» paci, come può rilevarsi da qualche coccio e specialmente da qual che porzione di labbro; e le loro pareti andavano restringendosi man mano in basso per formare il fondo piatto, dello spessore di quasi 2 centimetri e di circa 20 di diametro. Ve ne erano anche di più piccoli, ventricosi, essi pure per molti esempi a fondo piatto, a sezione sempre circolare, e per lo più muniti di un orlo .semplice, formato cioè dal margine delle pareti troncate. In qual- che esemplare notai che il vaso molto rigonfio, si,andava restrin- gendo alquanto verso la bocca; ed allora l’orlo appariva un poco evaso, un po’ volto all’infuorij ma però senza essere un wero labbro. A tav. IV le fig. 1.' e 2. rappresentano egregiamente que- sto tipo di stoviglie di una pasta chiaramente granulosa, fabbricate a mano, tanto che sulla loro parete interna si scorgono tuttora le impressioni equidistanti delle dita del figulinajo, lasciatevi quando distendeva l’argilla, lisciandola dal fondo in su verso l'orlo del vaso. — Di questi due saggi il primo non ha traccia al- cuna di manici: l’altro che ho figurato è più importante perchè mentre conserva le forme del precedente, invece di esser liscio affatto, presenta ai lati presso la bocca sul sagliente della parte rigonfia, due piccole anse appiccicate, diametralmente opposte, di forma canaliculata, entro le quali si potesse passare un legaccio di sospensione; tali anse però sono poco sporgenti e appajono or- nate di impressioni fatte a pasta molle. Con molti di questi cocci riuscii a ricostruire pure dei vasi tanto grossolani che le loro pareti non erano simmetriche e non avevano uguale altezza, ed altri in cui l’orlo non era una linea ' Vedi MARINONI, Nuovi avanzi preist., op. cit., tav. IL fig. 10. aL pd P È "a. RE 77 Tr ner —_—» —_————__—_———— =—_—_m mv pP_——_ ———po —reon LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 131 orizzontale, semplice, continua, ma invece un vero merletto for- mato da una sequela di prominenze alternate con incavi più o meno profondi, impressi sull’argilla ancor molle o coll’unghia, o con una scheggia di legno o di pietra (tav. IV, fig. 3.). Anche i signori Strobel e Pigorini osservarono questo modo di ornamen- tazione su certe stoviglie tratte dalle terramare meno antiche del Parmense;! ma più importante è per sicuro l’averlo riscontrato già, insieme alle anse sopracitate, anche su qualcuno dei cocci delle palafitte dei laghi di Varese e di Monate ° ed alla terramara di Bigarello. ‘ Parlando degli ornamenti che si vedono sulla faccia esterna di alcuni di quei vasellami antichissimi, farò menzione anzitutto di uno ottenuto con un processo analogo al suindicato. Si tratta di serie parallelle di impressioni equidistanti fatte nella pasta molle coll’unghia, spingendo da un lato la materia argillosa come alla fig. 4. della tav. IV.° Ne vidi più di un esempio anche fra i cocci delle palafitte lombarde e del Mantovano. — Altri ornamenti con- sistono in cordoni rilevati ora decorrenti e paralleli intorno al- l’orlo del vaso, ed ora disposti a zig-zag (tav. IV, fig. 5.);4 questi abbellimenti però appajono in quelle stoviglie che senza smentire la primitiva rozzezza, erano fatte con argilla alquanto più fina. Nei monti di cocci che si ammucchiano dai contadini sul campo Chiaviehetto all’epoca dei lavori agricoli, ho io stesso poi rac- colte due anse, che a giudicare dalle loro dimensioni dovettero già appartenere a vasi diversi, molto capaci: la loro forma nulla of- fre di rimarchevele; ma è precisamente la rozza ansa delle pa- lafitte ben poco perfezionata e che è particolarmente comune fra i cocci che mi fu dato esaminare provenienti dalle terramare del- l’una e dell’altra sponda del Po (tav. IV, fig. 6. e 7.). Per gli ultimi, fra queste stoviglie di impasto arenoso, ruvide 1 STROBEL e PIGORINI, Le terramare e le palafitte del Parmense, seconda rela zione. — Negli Atti della Società italiana di scienze naturali. Milano 18 64, vol. VII ? MARINONI, Le abitazioni lacustri, ecc. Op. cit., tav. IV, fig. 10 e 11 e tav. V fig. 16. ® MARINONI, Nuovi avanzi preistorici, ecc. Op. cit., tav. II, fig. 13. ‘ Id, id., tav, II, fig. 11, 132 C. MARINONI, al tatto, citerò due vasetti, l’uno più grande (largo 11 centimetri ed alto 93 millimetri) l’altro più piccolo (con diametro di 6 cen- timetri e alto pure 6 centimetri), ma affatto simili, di impasto a mano e di forma alcun poco irregolare. Sono a fondo piatto, ri- gonfi, ed ornati, a 2 centimetri sotto l'orlo, da 4 bitorzoli della medesima terra, appiccicati, diametralmente opposti (tav. IV, fig. 10.). Confrontati coi disegni di consimili rinvenuti altrove hanno questi un’aria più primitiva. — Altro esemplare interes- sante è una scodella circolare a fondo piatto, del solito impasto renoso, grosso 5 millimetri e assottigliato verso l’orlo che è sem- plicissimo (tav. IV, fig. 8.): ha essa un diametro di 12 centimetri ed un’altezza di 4 centimetri circa. — Finalmente fisso l’atten- zione degli studiosi di curiosità archeologiche sul vaso figurato a tav. IV, fig. 9, per la sua forma a modo di ciotola con fondo leggermente convesso onde si regge a mala pena in bilico, con orlo rilevato, assottigliato, alquanto rivolto all’esterno a modo di labbro e munito di uno e forse di due manici verticali. Il vaso è del solito impasto di argilla e tritume come i precedenti, grosso da 3 a 5 millimetri, fabbricato a mano ed appena stato esposto all’ azione di scarsa fiamma. Sotto il manico rilevato, in corri spondenza alla linea di unione dell’ orlo col fondo convesso vi ha un foro del diametro di centimetri 1 4/. Quale ne sarà stato l’uso? Gli altri cocci che furono raccolti in mezzo alla terra uliginosa - che segna l’area di questa stazione umana, rassomigliano ai pre- cedenti per la rozzezza del lavoro, ma appajono subito di epoca più recente anche ad un'ispezione superficiale. Sono questi il vero riscontro alle stoviglie delle terramare emiliane, senza però che l’arte ed il gusto vi avessero raggiunto quel grado di perfe- zione che fu riscontrato dai signori Strobel e Pigorini. Infatti le stoviglie cui voglio accennare, sebbene esse pure fabbricate a mano e senza l’ajuto del tornio, lo sono sempre con una pasta lavata, senza parte arenosa e quindi più fina. Le superfici dei vasì sono lisciate, strisciandovi degli strumenti spatuliformi ov- vero la mano aperta, onde vi si vedono spesso, particolarmente all’ interno, le impressioni delle dita. — All’ esterno sono di LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 133 colore per lo più nero, ora prodotto dall’ azione del fuoco cui furono esposti, ed ora per la natura dell’impasto mescolato a principii carboniosi; non si era però giunti ancora alla perfezione di una vera vernice, quale si vede applicata sui vasi delle marniere e' che è caratteristica dei tempi più avanzati dell’epoca del bronzo. Come fra i cocci precedentemente descritti, anche fra questi se ne notano di quelli fatti rossi dall’ azione della fiamma; ma sono tracce di una cottura scarsa, imperfetta, superficiale che neppure è riuscita a penetrare nello spessore delle pareti del vaso, sem- pre cinericcie o giallognole. I vasi di questo tipo, sono sempre piccoli; o almeno non mi fu dato ancora di rinvenirne di quelli aventi un diametro maggiore di 15 centimetri alla bocca e di 20 al massimo rigonfiamento del ventre, su 12 centimetri circa di altezza. La loro forma è co- nico-troncata o conico-ventricosa e poggiano sul fondo rare volte perfettamente piano, più spesso convesso a forma di segmento di sfera; notai un sol caso di piede. Hanno orli sagomati or sem- plici e-dritti, ora espansi, e veri labbri rovesciati, ingrossati da cordoni, esterni; infine sono per la maggior parte muniti di ma- nici e di anse che in mille modi richiamano la forma dell’ansa lunata. Il figulinajo ha poi lasciato che la propria fantasia si sbizzarrisse, ornando all’esterno queste stoviglie in modi sva- riatissimi: talvolta ancora colle impressioni nella pasta molle, ora invece con serie di punti incavati o di pallottoline di argilla ap- piccicate, or con cordoni o solchi; ma però non mai al graffito. Per citare alcuni esempi di quest'arte già provetta ho ripor- tato! le figure di qualcuno degli avanzi raccolti per contrapporle a quelle più rozze. Sono: un fondo piatto di un vaso nero, non cotto, di impasto fi- nissimo, e di uno spessore relativamente grande (tav. IV, fig. 12.); la metà di un piccolo vasetto di finissima argilla, mal fog- giato, nero tutto fuorchè al piede dove è leggermente arrossato dal fuoco, con piede dilatato e tracce di manici (tav. IV, fig. 13.): 1 Molte di queste figure furono già da me riferite. — Vedi MARINONI, Nuovi avanzi preistorici, Op. cit., tav. II, fig. 12, 14, 15, 16, 17, 18 e 19. ° 134 C. MARINONI, — nelle terramare i vasi con proprio piede sono per certo ecce- | zionali ; “nti un frammento di vaso di fina argilla, malcotta, gialla, or- nato esternamente da solcature profonde ed ampie, a curve obli- que, disposte a fasci paralleli ma in direzioni diverse (tav. IV, fif:"10%); ‘ un coccio di vaso nero a fondo convesso e a bordo rilevato, ornato all’esterno sotto il bordo da una linea di impressioni Si colari incavate (tav. IV, fig. 14.); un mezzo vaso di terra assai nera con tracce di sostanza car- boniosa nell’ impasto, foggiato a mano colla forma di un cono tronco, stretto in basso, probabilmente a fondo piano e con orlo distinto. Liscio internamente, è ornato sulla faccia esterna da cordoni di bitorzoli d’argilla che decorrono orizzontalmente lungo il ventre del vaso, intercettate solo da due spazii vuoti diame- tralmente opposti in cui, presso l’orlo all’ altezza del primo cor- done, stanno dei manici fatti di due piccoli mamelloni orizzon- tali e sporgenti, che dovevano certamente servire a sostenere il vaso. Quantunque se ne sia rinvenuta la maggior parte dei frammenti, non mi fu possibile ricostruire che una parte del vaso, quella appunto che fu disegnata a tav. IV, fig. 11. Dal di- segno sì possono rilevare le dimensioni approssimative (di circa centimetri 15 per diametro e di centimetri 6 per l’altezza), non- chè la rozza fattura di questo vaso che io propendo però a rav- vicinare a quelli meno antichi. Prima di metter da parte definitivamente i saggi dell’arte figu- linaria della terramara del Chiavichetto, ho pensato di riferire anche qualche figura che possa dare un’idea esatta delle molte forme di manici e di anse (tav. IV, fig. 16 a 24) usate per le stoviglie più o meno comuni del secondo tipo. — Gli uni e le altre quivi appajono fatte con maggiore ricercatezza che non nei depo- siti od avanzi umani della limitrofa provincia mantovana; ma è pure a notarsi che a Bigarello, a Castellazzo, ecc. sul Mincio è maggiore la varietà delle forme e dei disegni. — Al Chiavichetto di. Regona domina assolutamente l’ansa lunata e fra queste e LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 135 quelle delle stoviglie tratte dalle marniere dell’ Emilia passa la . maggior analogia, quella analogia appunto che sussiste fra un’arte appena nata e la provetta che, dato un certo tipo caratteristico , si sforza ad abbellirlo ed a modificarlo in mille modi. — L’ansa lunata pertanto io penso, dividendo anche un’opinione del prof. Pigorini, essere nata nelle palafitte e nelle terramare neolitiche allineate sulla riva sinistra del Po, e quindi esser passata sulla riva destra insieme alle popolazioni che vi presero stanza. — Me- glio di ogni descrizione le figure riferite varranno a far notare la analogia indicata, per la possibilità di ripetere quei medesimi confronti su cui io stesso appoggiai le induzioni esposte. Le fig. 16 e 17 sono di manici che sporgevano orizzontalmente dai fianchi del vaso presso la bocca; le fig. 18 e 19 rappresentano pure dei manici, ma che disposti verticalmente, sopravanzavano l’ orlo del vaso e ne erano vago ornamento: il manico rappresentato dalla fig. 19, si incontra anche nelle terramare modenesi di Sant'Am- brogio, Gorzano, ecc., e assai raramente nelle Parmensi;' men- tre, per quanto mi consta, è affatto sconosciuto per le stoviglie del Mantovano. Fra le anse quelle disegnate a fig. 20 e 21 sono le più comuni e le più rozze; appiccicate ai fianchi del vaso presso l’ orlo, spesso lo sopravanzano reggendosi isolate e termi- nando quasi sempre con un’appendice biforcuta.° Infine alle fi- gure 22, 23 e 24 sono rappresentati tre esempi di anse vera- mente lunate, di varia forma, ed ornate di rilievi diversamente disposti; a proposito delle quali debbo aggiungere che per i mul- tiformi esempi capitatimi fra mano, potrei accertare che le sto- viglie di Seniga avevano sempre due manici o due anse, per cui 1 CANESTRINI, Oggetti trovati nelle terramare del Modenese.;. nell’ Arch. per la Zoolog., ecc. Vol. IV, fase. I, 1866. PiGORINI e STROBEL, Le terramare dell’ Emilia. Prima relazione. STROBEL, Avanzi preromani, ecc. ® Le palafitte del lago Fimon offersero già ‘questa forma (Lriov, Sulle abitazioni lacustri del lago Fimon, ecc., tav. IX. fig. 30 e 33), ma affatto primitiva che mi ap- parve pure fra i cocci di Bigarello e di Castellazzo, terramare mantovane. Nelle pa- lafitte dei laghi lombardi, non mi occorse mai di incontrare simili foggie di anse mu- nite di appendici. » 136 C. MARINONI, - la forma biforcuta di questi non aveva altro scopo che di ser- vire di ornamento. Mi0tb:3:11"") Altri avanzi che debbonsi riunire all'arte figulina di quei pri- missimi tempi sono parecchi oggetti di terra più o meno cotta d’un uso indecifrabile, come dischetti del diametro di 2 a 3 cen- timetri e con uno spessore di 5 a 10 millimetri, pallottoline sfe- riche di varie grandezze, ma: non mai molto grosse, e certi tu- betti lunghi pochi centimetri. Apparvero altresì parecchi esem- plari d’ogni dimensione di fusaiuole comuni, di forma svariata fra la conica e la rotonda, ma senza fregio di sorta. Una fra le altre è grossissima, circolare, misurante 12 centimetri di diametro ed almeno 8 di spessore, ineguale e attondata sugli spigoli, e che, a giudicare dalle evidenti traccie lasciatevi dal fuoco, doveva es- sere uno di quei sostegni su cui venivano poggiati i vasi a fondo convesso per mantenerli in equilibrio. Riporto nuovamente la figura di questo oggetto a tav. III, fig. 14. — Furono quivi pure dissotter- rati pezzi di argilla indurita e malcotta, quali informi e quali foggiati a modo di mattoni, profondamente erosi e che suppongo abbiano potuto essere i focolari delle distrutte capanne; qua e là, poi, in tutto quello spazio era facil cosa raccogliere frammenti di altre stoviglie rosse per cottura al fuoco, le quali sono sicuramente di data più recente, e probabilmente appena appena dei tempi preromani. Le figuline ultimamente descritte dissi che accennano ad una civiltà assai progredita in confronto di quella dei tempi della pietra, anche se vogliamo ritenere dell'ultimo periodo di questa età; nè male m’apposi poichè la scoperta dei vasi fu accompa- gnata dal rinvenimento di parecchi oggetti di metallo. Nella suc- cinta relazione già pubblicata all’epoca in cui pervenirono a mia conoscenza tali scoperte, ho dato le figure di alcune punte di frec- cia e di due pendagli: — oggi tali preziosi cimelii sonosi acere- sciuti di numero e di importanza, perchè in certo qual modò ne chiariscono sul grado di civiltà e sulle abitudini della colonia stabilita al confluente del Mella nell’ Oglio. Sono essi: Due punte di freccia affatto simili, di rame, assai guaste, rotte LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 137 verso la base, ma che non dovevano avere più di 8 centimetri di lunghezza (tav. III, fig. 16 e 17); un cuspide di giavellotto in bronzo, lungo 11 centimetri, largo oltre 2 alla base, egualmente rastremato a mo’ di una foglia di salice (tav. III, fig. 18)": verso la base questo’ cuspide porta delle intac- cature marginali ed un foro che dovevano servire ad assicurarlo saldamente all’asta con una specie di chiodo e con legature.° Fa seguito alle armi una lama di pugnale pure di bronzo, rotta alla base, onde non fu possibile valutarne la lunghezza reale, fab- bricata al medesimo modo dei cuspidi (tav. III, fig. 19). 1 Vedi MARINONI, 22 relazione cit., tav. II, fig. 23, 24, 25. 2 Questi cuspidi sono molto simili ad altri raccolti a Peschiera e nelle marniere parmensi; e differiscono, secondo il mio modo di vedere, da quelli del lago di Varese. Anzitutto il contorno di questi è nettamente triangolare, mentre in quelli del Chia- vichetto la forma è di foglia molto allungata. — Alla palafitta di Bodio a Varese son fabbricati con lamine sottili, mentre questi appajono invece indubbiamente co- lati, senza altro ritocco, ed hanno una costa centrale molto robusta che imparte grande saldezza alla lama. — Anche la natura del bronzo non permette di riferire gli oggetti rinvenuti nelle due differenti località preistoriche, ad una medesima in- x dustria ; il bronzo adoperato a Varese è giallo, sonoro, coperto come da un’ intonaco rugginoso; questo invece è più massiccio e l’arnese è sempre involto da una grossa patina verde-chiara di carbonato di rame. Le condizioni diverse in cui stettero sepolti gli ami, gli spilloni e le freccie delle palafitte, non sono una ragione sufficiente per- chè questi oggetti di Seniga debbano tanto differire dai loro congeneri; epperò la causa vorrei ritrovarla in una composizione chimica differente della lega metallica. Non mi fu dato ancora di vedere i bronzi della stazione di Mercurago che il prof. Strobel dichiara simili a quelli della Marniera di Campeggine, nè quelli della pala- fitta di Peschiera; ma molti oggetti ho pure raccolti e studiati delle torbiere lom- barde e di altre stazioni umane, che sotto questo rapporto particolarmente sì stac- cano in modo deciso dai bronzi di Varese per riunirsi piuttosto a quelli di Seniga. Devesi pur notare che le due punte di freccia (fig. 16 e 17) di Seniga sono di rame, L’industria del bronzo adunque avrebbe pur in Lombardia due tipi caratteristici, . che sì mantennero distinti per la natura della lega e per il modo di lavorarla. Forse che queste differenze accennassero ai primordii (palafitte) e ad un successivo sviluppo (terramare) dell’arte bronzaria; ovvero non sarebbero essi gli indizii di due diverse origini delle primitive colonie stabilitesi nella Lombardia, l'una abitatrice delle pala= fitte di Peschiera, Varese e Mercurago apportatrice dell’ influenza gallica, l’altra in- cola della regione padana e iniziata alla civiltà degli Etruschi? — Questa opinione fu già în parecchie circostanze espressa da me e da parecchi autori (Strobel, Pigo- rini, Giacometti) di scritti paleoetnologici; la Lombardia sarebbe il campo dove si incontrarono le popolazioni provenienti dal mezzodì d’ Italia con quelle anteriormente calate dalle Alpi. ; 138 C. MARINONI, Fra gli utensili meritano menzione un frammento di falciola & mietere (tav. III, fig. 15) in cui la lama ha una larghezza di 78 millimetri ed è Mprerà da un cordone rilevato grosso 4 milli- metri (come si vede nella figura rappresentante la sezione), per cui affatto simile a quelle ‘già figurate dallo Strobel e dagli illu- stratori delle antichità preistoriche della Svizzera. 3 | Fra gli oggetti d’ornamento fabbricati con bronzo resterebbero a citare ancora, 2 pendagli forse porzioni di orecchini *, spirali, gambi e capocchie di spilloni spezzati delle forme più note, ed un ago crinale intero, lungo quasi 16 centimetri, formato da un’asta dritta, dilatata in una capocchia di forma affatto dissimile da.quelle fino ad ora rinvenute (tav. III, fig. 20). — Frammenti informi di bronzo colato, erano ovunque mescolati al terriccio, rendendo più evidente che mai quel miscuglio di oggetti delle differenti età ivi succedutisi man mano ed a cui accennai in principio di questa relazione, prodotto dall’azione delle correnti che indubbiamente in tempi antichissimi, ma però posteriori all’epoca del pa tutto quanto rimestarono quel deposito. Se gli avanzi di industria dissepolti non bastassero a consta- tare la dimora umana del Chiavichetto, una prova novella la troveressimo nei carboni e nelle ceneri abbondantemente sparsi in quel suolo e nei resti ossei di animali che giacevano sotterra colle selci, coi vasi e coi bronzi. Per verità moltissimi di questi ossi sono affatto indeterminabili, perchè spaccati, frantumati, rosicchiati e perfino alcuni leggermente cremati; in onta a tutto ciò, ho potuto constatare per essi la presenza delle seguenti specie:? Bos brachyceros Rit. (Bue delle terramare), rappresentato dalle ossa specialmente degli arti e da denti isolati: — le pic- cole dimensioni mi avevano dapprincipio fatto attribuire tali ossa a giovani individui del Bos taurus Linn. domestico; ma il con- fronto accurato e le misure prese su esemplari accertati della prima specie, provenienti dalla terramara di Bigarello e da quelle ' Le figure di questi oggetti furono parimenti già da me riferite. — Op. cit., tav. IL, fig. 216220 * Mi servirono per queste determinazioni le opere di Cuvier, Riitimeyer, Giebel, ecc. ed il confronto cogli scheletri del museo di Milano. LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 139 parmensi, dalle palafitte del lago di Varese, dalle torbiere, e dalla necropoli di Marzabotto, m’indussero a modificare il mio prece- dente supposto e ad ammettere definitivamente il Bos brackhyceros alla terramara di Seniga; Capra hircus domestica Riit. (Capra comune), per denti mo- lari isolati ed ossa degli arti; Cervus elaphus Linn. (Cervo), per un pugnale di corno li- sciato e lavorato, ma ridotto in sì cattivo stato da essere, al momento in cui fu estratto dal suolo, quasi una pasta molle; | Cervus capreolus Linn. (Capriolo); per ossa degli arti ante- riori e posteriori; Equus caballus Linn. (Cavallo); di cui fu raccolto un dente molare ; / Sus scropha domestica Linn. (Porco comune), che differisce da quello delle terramare per un complesso di caratteri osteolo- gici meno robusti. Non sono questi tutti i rappresentanti della fauna delle terra- mare dell'Emilia, e neppure tutti gli animali che furono raccolti in quelle del Mantovano, o nelle stazioni lacustri di Lombardia; manca per esempio il cane, il cinghiale, la pecora, ecc.; ma pure ci troviamo quanto basta per dover ammettere l’uomo dedicato all’ allevamento degli animali domestici. Un'altra considerazione che si affaccia alla mente è quella che tanti avanzi organici sepolti in un terreno umido, dovevano pure aver influenza sulla natura del suolo. Infatti la terra raccolta da questo deposito è nera, appiccaticcia, grassa ed uliginosa, senza però essere soverchiamente fornita di avanzi organici, e mista a ceneri e carboni che vennero raccolti insieme alle ossa legger- mente abbrustolite e coi vasi .semirotti. Altri frammenti ossei ap- partenenti a ruminanti diversi (capriolo o capra a quanto mi parve) presentano invece un principio di trasmutazione in tur- chese organica, certamente per la penetrazione di fosfato di ferro che le ha colorate in un azzurro verdastro intenso.* ' Nella relazione data alle stampe nell’anho 1871, dove annunciai la scoperta della stazione umana di Seniga, accennando a questo fatto, avevo emesso l’avviso che tale 140 C. MARINONI, Ecco redatta, come permisero le mie forze ed i mezzi di cui potei disporre, la illustrazione degli avanzi di umana industria, fino ad ora tratti in luce nel territorio di Regona di Seniga; e mi sembra che per essi risulti abbastanza provato che quivi, al con- fluente del Mella nell’ Oglio, abbia esistito una vera stazione umana, in quei tempi che ancora sono sepolti nelle tenebre di un pas- sato lontanissimo. Per confermare le poche osservazioni da me fatte, e che credo non del tutto inutili, paragonando i cimeli della stazione bresciana con quelli tratti da analoghi depositi, segnalati nei territorii vicini, molto vi sarebbe ancora da fare, moltissime ricerche nuove da intraprendere; imperocchè del campo Chiavi chetto, per esempio, dove gli indizi sono in maggior numero e LI più certi, solo la trentesima parte circa è rimasta colla sua su- perficie intatta, quantunque dissodata e coltivata, mentre tutto il resto fu esportato per rialzar argini e poscia messo sottosopra dall’aratro. — In quanto poi alle altre località da me accennate, poste sulla parte più elevata del terrazzo alluvionale, non sono in condizioni migliori del Chiavichetto, e d’altronde non furono colorazione avesse potuto derivare in quelle poche ossa, che con tale carattere erano state rinvenute al Chiavichetto, dalla presenza di sali di rame derivati da tal me- tallo o dalla lega di bronzo con cui erano fabbricati certuni degli avanzi di indu- stria ivi pur dissepolti, insieme alle ossa, ai carboni ed alle ceneri. — Tale ipotesi però non dava spiegazione del limitatissimo numero dei frammenti ossei in tal modo trasformati; poichè per la comunanza delle condizioni di giacitura, mi sembrava avesse dovuto apparire anche su altri, stati pur trovati in prossimità ed a contatto di ar- nesi di bronzo. Inoltre, ossa similmente alterate mi vennero in seguito inviate dalla stazione di Pomella dove non è mai apparsa alcuna traccia di metallo. Data una porzione di quelle ossa da esaminare al chiar. sig. G. Casoria professore di chimica all’ Istituto agrario di Caserta, ed al quale del cortese ajuto prestatomi rendo i più vivi ringraziamenti, questi potè mediante alcuni assaggi chimici provare l'assoluta assenza del rame e dei suoi sali. Pertanto la colorazione verde di quelle ossa non potrebbe essere derivata che dalla azione dell’acido fosforico delle ossa stesse, reso libero da qualche peculiare reazione avvenuta in quegli elementi organici sepolti in condizioni tanto eccezionali di umi- dità, ece., il quale precipitatosi sul ferro, sempre contenuto in abbondanza nelle ossa, vi si associò formando del fosfato di ferro idrato. — Ecco perchè dissi che quelle ossa hanno subìto un principio di trasmutazione in turchese organica, essendo cioè state penetrate dal fosfato di ferro, il quale produsse la tinta azzurro-verdognola che hanno assunto. LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 141 esplorate che troppo superficialmente, quasi direi raccattando que- gli oggetti che man mano, per il successivo lavoro de’ campi, ve- nivano a mostrarsi alla superficie del suolo. Le diverse dimore di cui si rinvengono i ruderi sull’altopiano di Seniga, non sono tutte di una stessa età, cioè tutte non eb- bero origine ad un tempo, come tutte non si protrassero egual- mente durante i periodi che si succedettero nelle epoche antisto- riche. I lavori agricoli avendo fatta scomparire ogni traccia della juatapositione relativa dei depositi, naturalmente queste differenze sono oggidì attestate dai soli avanzi di industria umana trovati in quegli immondezzai ammucchiatisi e cresciuti per il diuturno suc- cedersi di chi sa quanti secoli, e di chi sa quante generazioni. Perciò ho procurato di ordinare nello specchio a pag. 142 un rias- sunto di quanto ivi venne raccolto, stabilendo anche dei confronti fra una stazione e l’altra. L’esame di questo quadro mi sembra ne conduca a conchiu- dere come durante la prima età della pietra il basso corso del Mella forse non fosse ancora abitato; essendo troppo poco atten- dibili gli indizii di selci alquanto più rozze rinvenute in qualche località sicuramente abitata nella età successiva. L'uomo adun- que sarebbe arrivato nel paese all’iniziarsi della seconda età della pietra, cioè durante il periodo neolitico, stabilendosi anzitutto sopra tre punti distinti, cioè: a) Al Chiavichetto in riva all’Oglio, probabilmente su di una vera palafitta, i cui avanzi andarono dispersi negli abbassamenti subìti da quel campo a più riprese, onde esportarne terra per il rinforzo di argini; b) Al Campo Castellaccio in riva al Mella sull’ altopiano, eda cui sì ponno collegare anche le località di Pomello, Formighere, ecc. limitrofe e che per indizii fornirono esclusivamente degli oggetti litici; c) Al Campo Breda che, se viene ritenuta l’opinione in prin- cipio espressa della possibilità di un bacino lacustre al punto di confluenza dell’Oglio e del Mella, opinione del resto che sola mi pare valga a spiegare le condizioni fisiche e geologiche di quella C. MARINONI, 142 STAZIONI LÀ GR, È $ ° È © ‘3 ° E) ° 3 sE ridi © © = ° o I ° a ® #8 | 5° | FE| 39|F8|s8|38| 3 |j8|) f9 388 s3.| Sè |Se |SÉ|S8|Ss|Ss| È |SA|S3|E08 O, Hi n Da Ba- O Ò o O È e S - Ei O € L=) re —_ o 02nhRp24kgoerrerrn212m___—r” 211H2H++— 1.8 età S| (archeoliticao della Selci sporadiche assai rozze . -- _ _ e n SE —_ Sa — a S| pietra scheggiata) n (SI s { Selei. n.0... Xx — _ XxX — XxX Xx x Xx cdi x - Manufatti litici levigati. .. || — Ò-_ — —_ — = = di x - > ‘è 2.0 età da (neolitica o della Vasi e figuline ad impasto pietra levigata) RENON «M.te, E. — — -- Xx — Xx -= = x A a Utensili diversi >. S. .G,,. _- —_ — — —_ — _- —_ —_ — x Restiedi animali. a, L.u — — —- - —- x DK = n sa Pa Stoviglie a impasto fino . . . —_ - = È = x De sa xÈ x >< ‘Fd Npsicoinerari: LL. Uh sula — = = i =: Pa c- == xo += >< d Ò ti Jia E Età del bronzo Oggetti di bronzo o di rame — _ — se Xx 3 2 —£ Xx X >< © Restitanimalio*. 2: i. — —_ — ca —_ — = = è G < Fa E Età del ferro Vasi e figuline duua Aa CRE, —_ = = = Si C* "6 er ra he lio po * & (gallo-etrusca) Utensili di ferro. in... .. _ = % = ra # <- = "i = Vasi e figuline cotte e tornite. > pb XK _ x * "= Armi ed utensili di metallo. =.rRl — x x = <= - Età romana . ..... Oggetti diversi (vetri, smalti, * ; B ecc.) . puoi è a bo sè, è; 6 ba 5 sali e” x 26 "Fr ur Oggetti recenti. ..... LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 143 . terra, si sarebbe dovuto trovare sulla sponda settentrionale di quel bacino, in mezzo alle cui acque sorgeva la palafitta del Chia- vichetto, e quasi di fronte a questa. E ciò conferma pienamente quanto ne dissero valentissimi scrittori di paleoetnologia, che cioè gli uomini dell’età della pietra avevano appunto costume di piantar palafitte, come fu sui laghi del Piemonte, della Lombardia e del Veneto, o di stabilire. le loro dimore lungo i corsi d’ acqua, come quasi dappertutto in Italia, e specialmente lungo il Po, il Mincio, il Mella e l’Oglio. i Soffermatisi sui bordi di quel padule in luoghi naturalmente difesi, e fondata la stazione palustre del Chiavichetto, quelle pri- mitive famiglie vi abitarono per un così lungo lasso di tempo che l’uso del bronzo incominciò a sostituirsi a quello. della pietra. Forse in questo mutamento non fu del tutto estranea una certa influenza etrusca che verso quell’ età cominciava già a preponde- rare e ad estendersi ai paesi confinanti coi loro dominii. — Verso quest'epoca, cioè durante l’età del bronzo, suppongo sia avve- nuto lo svuotamento dello stagno, essendosi l’ Oglio aperto uno sbocco che determinò presso a poco anche l’attuale suo letto, ed 1 coloni abbandonarono la prima dimora trasportando i loro fo- colari 400 metri circa più a nord, sul terrazzo, laddove oggidì è il campo chiamato Ca’ del Dosso, sovrapponendosi colla nuova. alla vecchia abitazione del Campo Breda. La palafitta ridotta in asciutto per lo svuotamento del piccolo lago potrebbe esser stata abitata ancora per qualche tempo; ed in quel posto doveva senza dubbio apparire un monticulo di avanzi d’ogni sorta, rifiuti della stazione, ammucchiati per opera di intere generazioni, e formato come quello che dovrò descrivere più innanzi di Gottolengo, o come quello di Bigarello nel Mantovano, o infine simile ai molti che costi- tuiscono le terramare della riva destra del fiume Po. Di quel mon- ticulo ora più non esiste alcuna traccia: il fiume stesso lo erose ed esportò in gran parte nelle sue piene, e l’uomo vi cercò materiali per arginare il fiume. È molto pertanto se ancora ne resta qualche traccia degli strati più antichi, cioè dei primi depositi, quelli appunto che dovevano contenere gli avanzi della età litica, che ora 144 C. MARINONI, si ricuperano mescolati a qualche raro saggio della civiltà del bronzo. Il sovrastante altipiano di Regona, fu il luogo dove si condussero in sicuro e si trincerarono nuove famiglie: esso continuò ad essere abitato, e fu indubbiamente teatro di guerre e di lotte al tempo delle invasioni prima dei Galli, poi degli Etruschi sulla cui strada si trovava quando invasero la Insubria, e finalmente un’altra volta all’epoca della conquista romana. Ma ritornando all'esame comparativo degli oggetti raccolti e serbati alla scienza dal sac. G. B. Ferrari, credo di poter anche iniziare il seguente confronto e rilevare che puossi stabilire un evidente ravvicinamento fra le popolazioni primitive di Seniga e . quelle che lasciarono le loro tracce nel Mantovano. Nelle selci lavorate, dalle più grossolane a quelle foggiate con tutta maestria, mi parve di poter riscontrare un identico processo di fabbricazione, per la forma, il modo di scheggiatura a riper- cussione e la qualità della selce impiegata tanto per le freccie, che per i coltellini, i raschiatoi, i punteruoli ecc.; sicchè ricor- dano un solo e medesimo popolo, un solo e medesimo grado nello sviluppo delle industrie necessarie, che d’altronde è attestato an- che dagli utensili e dalle armi fabbricati con dioriti, serpentini, porfidi ed altre pietre tenaci. — I ciottoli di queste pietre sono piuttosto comuni nelle alluvioni fluvio-glaciali alpine della Lom- bardia e del Veneto: non era dunque difficile a quei coloni il pro- cacciarsi la materia prima per la fabbricazione dei loro arnesi. Così però non doveva essere della selce la più comune grigiastra, olivigna, argillosa. Gli abitatori delle rive del Mella potevano bensì trovarla nelle alluvioni del fiume stesso divelta agli strati calcareo-marnosi dell’epoca cretacea che stanno più a nord, ai piedi delle prealpi bresciane (colli di Urago ecc.) dove si rinviene in arnioni; ma rarissima è fra noi la selce gialla, di cui sì trova- rono utensili in tutta quella zona che dal Cremasco e Bresciano (Formighere, Chiavichetto, Bagnolo) si spinge attraverso la valle del Mincio (Guidizzolo, ecc.). Ignote poi affatto sono la focaja violacea, il quarzo jalino e i diaspri colorati, di cui rarissime . scheggie o abbozzi si ebbero dagli scavi tentati al Chiavichetto e LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 145 al campo Pomello. Le prealpi del Veneto posseggono pure strati cretacei con rognoni silicei, e di là furono tolti e portati nella valle del Mincio e dell’Adige tutti i materiali che troviamo utiliz- zati nelle primitive stazioni mantovane. Nei depositi del fiume abbondano pure certi strati di argille marnose, e quegli uomini seppero impastarle per fabbricarne vasi e stoviglie, dapprima mescolandovi tritume di roccia, poscia usando di sola argilla passata a lavaggio. Ecco due periodi distinti nel- l’arte del figulinajo, industria che andò col tempo perfezionandosi mediante la introduzione della cottura e del tornio, ma che per allora era ancora, almeno da noi e a Mantova, affatto bambina. Le selci e le rosse stoviglie fanno rimontare queste stazioni fino, all’epoca della pietra neolitica; ma però è molto difficile stabilire se prima fu abitata Seniga od il Mantovano. Quelle famiglie, lo ri- peto ancora, dovettero indubbiamente appartenere ad uno stesso ceppo, e lo appalesano gli indizi che ci restano della loro civiltà; ma lo sviluppo di questa civiltà, se lo deduciamo dall'arte ste- reotipata negli arnesi di prima necessità e d’uso più comune, vi si scorge uno sviluppo autonomo, ben differente. — Parlando appunto di stoviglie, da esse si vede che se le forme dei vasi sono le medesime, se identico il modo di impasto (tranne ben inteso la qualità delle terre, usandosi in ciascun paese quella che il suolo forniva), se lo stesso il lavoro a mano senza l’aiuto del tornio, indizio di una medesima arte, nella terramara mantovana appare il labbro mentre a Seniga questo ornamento è eccezionale ed i vasi sono ad orlo dritto e semplice. I vasi del Mantovano sono più ampi, più ornati; quelli di Seniga più piccoli, lisci, o tutt’ al più con ornamenti di protuberanze e di cordoni appiccicati a fango ancor fresco. L'uso dei manici e delle anse era pur noto nell’ una e nell'altra località, ma si può riscontrare che le forme ne sono più svariate a Seniga e modellate quasi sempre sul tipo del- l’ansa lunata; mentre, per quanto mi consta sulle rive del Mincio sono più svariate e spesso anche adorne di disegni, talvolta a graf- fito, modo di ornamento di cui nella Bassa Bresciana non rinvenni mai traccia alcuna. — Ragionando su queste basi ed estendendo Vol. XVII. 10 - 9 + è p LA i confronti oltre i confini limitati delle due stazioni, l’arte ce- ramica di Bigarello, Franciosa, Vilimpenta, Castellazzo, ecc. par- rebbe un perfezionamento di quella degli stovigliai del lago di Fimon, cioè apparterrebbe a quel tipo che ebbe sviluppo du- rante l’età neolitica, e di cui qualche saggio si rinvenne pure a Seniga. La maggior porzione poi dei vasi quivi raccolti rap- presenterebbe l’iniziarsi del secondo periodo di quell’industria figulinaria che ebbe il suo più gran sviluppo durante l’epoca del bronzo nelle terremare emiliane. I vasi poi lavorati al tornio, e cotti, che non si trovano alla stazione del Chiavichetto, appa- iono invece esplorando il paese circostante, dove sonvi indizi di * epoche più recenti (bronzo e ferro), appunto in quelle condizioni in cui si raccolgono sulla sponda sinistra del Po *. Ho insistito su tale dettaglio poichè per esso ha conferma un’ altra volta l’opi- nione già espressa, che le terremare emiliane furono fondate da quelle tribù che prima risiedevano sulla riva sinistra del fiume. La convinzione di questa grande analogia fra le accennate sta- zioni preistoriche del Mincio e del Mella trova inoltre nuovo ap- poggio di fatti nel confronto delle altre reliquie tratte dalle due località, e in quello dei resti degli animali che nell’una e nel- l’altra accompagnarono l’uomo, come avrò campo di dimostrare più innanzi. — Molte lacune però appariranno sempre qua e là per la mancanza di termini di confronto, imperocchè ben poco ne resta di quello che i primi uomini abbandonarono in quei depositi che loro servirono di sepoltura. Il tempo, le condizioni di giacitura disadatte, l’ uomo stesso colla sua civiltà e coi suoi bisogni furono le cause di cotali vuoti che ora lamentiamo; ma for- tunatamente per il paese che descrivo, l’amore agli studii paleoet- nologici è forse riuscito a salvare ancora quanto basta per ripigliare 146 C. MARINONI, 1 Qui non tenni conto dei frammenti di stoviglie in pietra ollare tornita. Se ne trovarono abbondantemente nelle terremare mantovane, e a Seniga in molte delle sta- zioni sull'altopiano, oltrechè in qualche punto sull’alta riva mantovano-bresciana del Mella; ma superficiali come sono, io le ritengo di età molto recente, ad ogni modo assolutamente di tempi storici, LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 147 le maglie della rete su cui tessere la storia di quelle antichissime popolazioni. Infatti se nelle terremare delle valli ostigliesi man- tovane e alle stazioni Breda, Castellaccio e Chiavichetto poste sul Mella, si rinvennero gli indizii non dubbii del periodo neolitico ; il rame ed il bronzo, pur della terramara del Chiavichetto, fog- giati in armi ed in ornamenti, ci fanno passare per periodi suc- cessivi di tempo che ne trasportano man mano all’ epoca dei dolii rinvenuti sul campo Breda, i quali per il modo di giacitura degli oggetti rinvenutivi, se ben mi appongo nel giudicare, dovrebbero essere ravvicinati al tumulo gallo-etrusco della Garolda sulla riva sinistra del Mincio, ed alle buche mortuarie del campo: Cozzaghe, identiche a quelle che comunemente si rinvengono su tutto il ter- . razzo erratico che si stende fra l’Oglio ed il Mincio, e che al suo lembo meridionale è solcato dal Po. Ed oramai credo di aver bastantemente ripetuto, come i primi uomini che si stabilirono nella contrada dove ora si distende il territorio di Seniga, fossero di quella medesima stirpe che già aveva presa sua stanza sulle rive del Mincio. ALTRI RITROVAMENTI LUNGO IL FIUME MELLA. Le assidue indagini del sac. G. B. Ferrari ed il fortunato suc- cesso da cui ebbero largo compenso, quantunque superficiali e non ancora ordinate ad uno scopo preciso, fecero ben presto sen- tire come fosse troppo ristretto il campo delle esplorazioni dirette ad accertare .le stazioni umane primitive nella pianura bresciana. Mi davano conforto a supporre che il buon successo avrebbe pur coronato delle ricerche più estese, le analoghe scoperte fatte. con- temporaneamente nel Mantovano, di cui un’assai commendevole collezione illustrata dal dottor V. Giacometti, ' aveva potuto stu- diare nel 1871 all'esposizione preistorica fatta in Bologna in oc- casione del congresso internazionale, ed un’altra pur pregiata, mi ! GIACOMETTI V., Relazione intorno ad alcune scoperte ultimamente fatte nelle adiacenze di Mantova. — Op. in-8. Mantova, 1869. 148 C. MARINONI, era già stata generosamente inviata per studio dall’arciprete Fran- — cesco Masè di Castel d’Ario;* nonchè gli indizii di località preisto- riche nelle limitrofe provincie di Crema ® e di Cremona, dove si erano dissotterrati avanzi di un’industria per vero assai più avan- zata. — Fu un caso fortunato quello di segnalare un’altra stazione preistorica a nord di Seniga, presso Gottolengo, ricca di ogni sorta di avanzi di umana industria primitiva; ma per questo non di- minuisce l’importanza che devesi attribuire anche ad altri monu- menti stati rinvenuti qua e là a caso, e che un giorno o l’altro avrebbero pure indicato la linea del corso del fiume Mella, come molto adatta a fornire avanzi delle primitive popolazioni, al pari di quella dei due fiumi Po e Mincio. Pertanto erano già senza dubbio dei buoni indizii, in appoggio di questo asserto, iresti dell’uomo e della sua industria disotter- rati dal dottor G. Rambotti presso Desenzano fra il Mella ed il Chiese, ® le armi di pietra state raccolte scavando le argille al- luvionali nella località detta delle Fornaci presso Brescia * e ul- timamente anche presso Torbole, ° nonchè la selce della lama di Bagnolo, ° riferibili tutti all’età della pietra. — L'Ateneo di Bre- scia possiede un paalstab di bronzo dei dintorni di Longhena; * e in questo lavoro mi è dato di riferire per la prima volta anche il rinvenimento di una daga di bronzo a due taglienti (tav. V, fig. 1) lunga centim. 47 e larga centim. 3, magnifica sopratutto per lo stato di sua conservazione, stata trovata fra i due villaggi 1 MARINONI, Nuovi avanzi, ecc. Op. cit., pag. 18. ? MARINONI, Di alcuni oggetti preistorici trovati nei dintorni di Crema; negli Atti della Società italiana di scienze naturali. Vol. XI, 1868, pag. 82. Milano. 3 MARTINATI, Un’abitazione preistorica presso Desenzano, Verona, 1868, ed altre relazioni. RAMBOTTI dott. G., in litteris, 1874. 4 GASTALDI B., Nuovi cenni sugli oggetti di alta antichità trovati nelle torbiere e nelle marniere d’ Italia. Torino, 1862, in-4 con 6 tav., pag. 8, tav. VI, fig. 15, 16, 20 a 24. MARINONI C., Nuovi materiali di paleoetnologia lombarda. Milano, 1872; negli Atti della Società italiana di scienze naturali. Vol. XV, tav. IV. 5 In lettera: scoperte del signor conte Tommaso Caprioli. 6 MARINONI C., Nuovi avanzi, ece. Op. cit., pag. 11, tav. I, fig. 15. 7 MARINONI C., Nuovi materiali, ecc. Op. cit., fig. 8. e LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 149 di Castelletto e di Milzanello a 8 miglia circa a settentrione della stazione di Regona sulla sponda sinistra del fiume Mella e non molto lungi da quella da Gottolengo. Alla importanza che per queste preziose anticaglie nasce dalla topografica distribuzione dei luoghi ove furono scoverte, va aggiunto ancora un altro fatto, che cioè, pure nelle ghiaie del fiume Mella si rinvengono talora cocci di vasi neri, fra cui, dirò a mo’ d’esempio, come abbia po- tuto perfettamente riconoscervi labbri, fondi, manici ed un’ansa di forma canaliculata, che a mio avviso dovrebbero appunto pro- venire da depositi analoghi alla terramara del Chiavichetto di Seniga, situati più a monte e che sono man mano discoverti ed erosi dalla corrente del fiume, che poi tutto travolge in basso. Quelli di tali cocci che mi capitarono fra mano presentavano tutti indistintamente la impronta del subìto rotolamento; con- trassegno che ebbi pure occasione di rimarcare sopra ossami di Bos e denti di Equus, sopra un corno di Cervus, e su altre ossa di specie non sicuramente determinabili, tutte con probabilità da riferirsi alle specie quaternarie, e che erano stati raccolti fra le ghiaie del fiume, come i frantnmi di stoviglie che ho citati più sopra. i Inoltre sulla sponda sinistra dell’Oglio, in quella zona formata da antiche alluvioni che è compresa fra il Mella ed il Chiese, presso Volongo, il dottor Giovanni Folcieri, nell’ottobre 1863, aveva già rinvenuto a caso nella sabbia una rotella forata di terra pla- stica. ! Ora questi fatti non potevano più restare isolati dopo la sco- perta della terramara di Seniga e le notizie di ritrovamenti sem- pre nuovi nel Mantovano per opera del dottor Giacometti, del Masè e del prof. Attilio Portioli. Una esplorazione su quella riva era per molte circostanze indicata; fu pur tentata dal sacerdote G. B. Ferrari nell'agosto 1871 nei più vicini territori di Pral- boino e di Ostiano, e fu coronata di qualche risultato, sebbene per ___* Il dott. G. Folcieri fece di questa sua scoperta argomento di una comunicazione all’Ateneo di Brescia. — Vedi Commentarii dell’ Ateneo di Brescia per gli anni 1862, 1863 e 1864. Brescia 1866, pag. 79 a 83. 150 C. MARINONI, nulla decisivo. — In una prima località si dissotterrarono schegge di piromaca e cocci di stoviglie in terra cotta e in pietra ollare, ciottoli lisciati e spezzati e tracce di piombo; taluni di quelli © oggetti, specialmente le figuline, richiamano le forme già trovate al Chiavichetto e al Campo Chiosino. — In un altro punto ab- bondavano pure i vasi di pietra ollare, e certi frammenti di sto- viglie di terra come quelli del Campo Ca’ vrante. — Della terza località sono altri resti di ceramiche affatto simili a quelli dissot- terrati e tolti dalle tombe scoperte nel Campo Cozzaghe più sopra riferite. È poi a notarsi che già molt’anni fa in quel luogo era stato rovistato un sepolcro, da cui furono tolti una spada di ferro rotta in più pezzi e quasi ridotta un mucchio di ruggine, una pic- cola moneta che andò perduta, e molti vasi romani che sembra- vano esservi stati deposti già preventivamente spezzati. — Su un altro punto del medesimo campo, rovistando il suolo arabile, ven- nero in luce altresì una piromaca che pare lavorata ed un’ ansa di un piccolo vaso di bronzo. Più oltre verso levante nella provincia mantovana, e precisa- mente nel territorio di Aquanegra, al punto di confluenza del Chiese nell’Oglio, presso un cascinale nominato Bosco di proprietà del signor avv. Rogna di Brescia, appaiono le tracce di un’altra di- mora; fino ad oggi però quel suolo antico non è stato smosso che superficialmente dall’aratro, ed entro confini molto limitati, ove si raccolsero buon numero di selci foggiate dalla mano del- l’uomo. * Anche sulla sponda cremonese dell’Oglio, di fronte allo sbocco del Mella, vi sono parecchie località degne di studio, come puossi argomentare dai saggi pervenutimi, stati raccolti rovistando il suolo qua e là, sgraziatamente però senza che si sia tenuto esatto conto del luogo di rinvenimento. Sono essi numerosi ciottoli di focaia con intaccature, qualche scheggia e qualche cuspide pure di selce, ascie di pietra, corna di capriolo e di cervo segate e cinciscate da intagli; e per quanto riguarda l’arte ceramica, saggi i G. B. FERRARI, în litteris. Pi __1——r— ————_—_—_—___—_—Òm@— E E RT TT Rn‘ LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 151 assai affini ai cocci più caratteristici del Campo Cozzaghe, del Campo Ca’vrante e di quello chiamato Ca’ del Dosso. — Per re- digere questi appunti fu tenuto conto solo di quegli oggetti che sembrano avere una data più remota e connettersi in qualche modo alla storia di quelle prime famiglie che quivi avevano già stabile dimora ai tempi delle antichissime invasioni gallo-etru- sche. Per altro non deve essere obliato che in tutte le citate località e nei territorii di Pralboino, Ostiano, Aquanegra, come anche a Villarocca, ed a Gabbianeta sull’ Oglio furono raccolti in diversi tempi monete di consoli e di imperatori romani, fram- menti di marmi lisciati, tegole romane, cocci di pietra ollare, frantumi di stoviglie simili alle romane più note ed a quelle delle stazioni di. Regona, vetri e smalti, corniole e diaspri lavorati, piccole mascherette votive di terra cotta, idoletti, oggetti diversi di bronzo (per esempio, borchie discoidali incise, gancetti, molle, ° spirali, ecc.), nonchè utensili e scorie di ferro. Tali oggetti sono di tempi diversi, ma facilmente paragonabili a quelli già noti, che vennero ritrovati fra i ruderi gallo-etruschi di S. Andrea di Calvatone, località assai vicina, sita pure sulla riva destra del- l’Oglio. | Intorno a questi avanzi-:non mi è permesso di uscire dai limiti di un semplice cenno, sia per l’indole del mio lavoro, sia perchè sono essi i cimelii di un’arte che attesta la civiltà già penetrata nella famiglia umana: il compito della loro illustrazione tocca alla archeologia ed alla storia. Pertanto non mi resta che a por- gere qualche cenno sulla stazione preistorica di Gottolengo.. Gottolengo. — Ai 23 di ottobre 1871 il sac. G. B. Ferrari mi comunicava la scoperta di una nuova dimora umana, antica, nel territorio di Gottolengo bresciano; e poco dopo dando la notizia di altre scoperte fatte in Lombardia, io scriveva. nella Rivista Ma- teriaux pour l histoire de Vhomme: “ La station humaine de Re- gona de Seniga a étendu, dans cet hiver, ses bornes, en compre- nant aussi le territoire de Gottolengo, situé plus au nord; — de la j'ai eu des outils en pierre (flèches et grattoirs) et des pote- 152 a C. MARINONI, - ries, qu'on a trouvés dispersés dans un terrain semé de fibules. d’épingles et de boucliers en bronze, d’objets en fer et de reste sans aucun doute des temps romains. ,' Ma avendo ora potutò . studiare gli oggetti ivi raccolti, a quel primo annuncio assai im- perfetto, mi corre l'obbligo di sostituire una relazione più detta- gliata. Gottolengo dista da Regona di Seniga oltre 5 miglia verso set- tentrione, e giace sulla sponda sinistra del Mella, non molto lon- tano dal corso del fiume. Gli indizii di una stazione umana prei- storica vennero in luce in un campo chiamato Castellaro, di pro- prietà del sacerdote Francesco Volpi, parroco di Gottolengo: — quivi sì presenta un rialzo di terra, tagliato dal lato di levante da un rivo profondo, e per gli altri tre lati cinto da una valletta, probabilmente antico sfogatoio di acque, stato in seguito interrito e ricolmo dai trasporti fluviali. La scoperta di questo deposito, che devesi dire veramente ricco, fu casuale: la descrizione delle importanti esplorazioni iniziate in quel di Seniga e degli oggetti che ivi furono rinvenuti, fatta al proprietario di Gottolengo in un convegno, lo fecero risovvenire del suo campo, dove aveva osservato degli oggetti consimili, onde fece invito al sac. G. B. Ferrari di iniziare delle ricerche anche nel suo possedimento. — Come mi scriveva lo stesso sac. Ferrari, che fu pronto a tenere l’invito, la prima impressione che ne ebbe fu quella “ di vedere riprodotta in tutto la nostra stazione del Chiavichetto. , Il campo Castellaro non è molto vasto, la sua superficie è piut- tosto irregolare ed è piantato a vigneto. L'aratro lo ha dissodato ma solo superficialmente; più sotto la terra non fu mai smossa da lavori agricoli profondi, fuorchè là dove stanno piantati i fi- lari di viti e in qualche punto più elevato da dove fu tolta al- quanta terra superficiale per rialzare bassure e renderle coltiva- ' MARINONI, Rapport sur les travaux préhistoriques en Italie depuis le Con- grès de Bologne; nei Matériaua pour l’histoire primitive et naturelle de Vhomme, revue mensuelle illustrée, dirigée per MM. Trutat et Cartailhac. — 8.me année, li- vraison d’avril 1872. Toulouse. LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 153 bili. — Se si aggiunge che il suolo è anche quivi come al Chia- vichetto di Regona, formato da una terra speciale nerastra, ulig i- nosa e coperta in più luoghi dai cocci di vasi infranti che, almeno in qualche punto sembrano formare uno strato di oltre un metro di spessore; ecco il nuovo deposito ed avanzi di industria umana, diventato una ripetizione delle terramare della sponda destra del Po. Forse qui qualche analogia è ancor più rimarchevole che non per la terramara del Chiavichetto: per esempio, la forma di mon- ticulo tuttora conservata; ma è da tenersi a calcolo l’azione ero- siva delle aque fluviali che agirono potentemente nella contrada di Seniga, mentre la stazione di Gottolengo è abbastanza lontana dal fiume per potersi dire al riparo dalle sue rapine. Questa di- mora, per i suoi caratteri generali, si accosta pur moltissimo a certe terramare del Mantovano, salvo però l’età, essendo la nostra più recente, come si può rilevare dalla frequenza notabile del bronzo in essa, in quelle invece, della pietra. | Gli utensili e gli avanzi di umana industria che vi furono rac- colti e che vi si possono tuttora rinvenire, sono copiosissimi. Si intende però che molti di quegli oggetti sono già stati smarriti nelle mani dei ragazzi del massajo conducente il fondo. Ciò non ostante questa stazione un giorno sarà per riuscire più utile del- l’altra all’avanzamento degli studii paleoetnologici, perchè meno manomessa e di più facile escavazione, oltrechè vi sono anche me- glio conservati gli avanzi di ossa, gli utensili, ecc. Ecco l’elenco degli oggetti stati ivi raccolti e conservati alla scienza dalle cure dei signori sac. Francesco Volpi e sac. G. B. Ferrari, ed a me noti fino a tutto l’agosto del 1873. Fra le reliquie di pietra : Venti e più cuspidi di freccia fabbricati con varie qualità di ° piromache, ma per la maggior parte con quella argillosa, opaca, biancastra, o bionda, o cinericcia. Ve ne sono d’ogni dimensione; e per la forma più o meno si riducono tutte a quella comune trian- golare con pedicello sporgente per innestarle alla canna, o a mar- gine basilare rientrante con cui pure se ne armava l'estremità spaccata. Una di quest'ultime ho voluto figurare (tav. V, fig. 4), 154 C. MARINONI, per mostrare il modo di scheggiatura piuttosto rozzo, in cui sono foggiate. ì Le schegge di pietra focaia ivi sono comunissime, quali con . tracce di lavoro e quali senza. Rappresentano appunto quelle me- desime varietà di selci onde sono tratte le frecce ed i raschiatoi, e per il loro numero si può dire che in quel campo sono sparse senza fine. Ho riportata la figura (tav. V, fig. 3) di una di tali schegge, con principio di lavoro sui margini taglienti, allo scopo di foggiarne una freccia. Altre rozzissime scheggie di selce grigia-biancastra, argillosa, opaca, hanno forma di raschiatoi, di coltellini, e di punteruoli, come quelli più antichi delle prime stazioni archeolitiche. Questi utensili però sono quivi piuttosto rari, specialmente se conside- rati in confronto alla quantità delle scheggie veramente straboc- chevole, ed alla loro maggior frequenza nelle altre stazioni lom- barde dell’epoca della pietra. Una specie di punteruolo è figurato a tav. V, fig. 2. Sul principio pareva che al Castellaro di Gottolengo mancas- sero le accette di pietra; però più tardi anche di simili arnesi ne fu raccolto un certo numero, quali delle solite roccie verdi ser- pentinose, quali di diorite, ma tutte dal più al meno guaste ed infrante. Una fra le altre, però spezzata essa pure, è del più bello serpentino verde-oscuro intenso e tanto levigata, da essere la sua superficie ridotta lucente, mentre ancor quasi tagliente ne è lo spigolo del margine inferiore. Quale maestrìa di lavoro essa ne prova! Due lisciatoi di egual pietra serpentinosa, pezzi di arenaria, e grossi ciottoli di quarzo latteo, sulle cui faccie si scorgono tuttora le traccie evidenti di un prolungato strofinìo. Particolarmente i ciottoli appaiono ridotti, se così mi posso esprimere, quasi in corpi : semielissoidi, in cui la base sarebbe un piano levigato sul quale si: vedono le impronte di quei corpi duri che furono con essi lisciati e politi. Un mazzuolo pure infranto di roccia tenace. Il frammento di una macina, per forma non molto dissimile LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 155 dalle odierne, e del diametro non maggiore di 70 centimetri, so- pra circa 8 di spessore verso il centro e 3 al margine.» È essa tratta da una brecciola a minutissimi elementi, lavorando, per quanto se ne potè arguire, a semplice ripicchio con colpi di sasso, mentre quel poco di levigatura che vi appare potrebbe esser de- rivato dall’ uso. Qua e là per il campo poi, occorreva di incontrare spesso in- sieme agli altri oggetti anche noduli di selce e ciottoli spezzati di. pietre differenti, quegli stessi che probabilmente fornirono il materiale per gli utensili sopracitati, testimonii, già di per sè soli, della presenza dell’uomo in quella dimora, durante i due periodi dell’epoca della pietra. Oggetti di argilla e di terra cotta. — Fra gli oggetti figulinarii anzi tutto sarebbero a citarsi i cocci di vasi che vi si incontrano in quantità strabocchevole, fin da formare in qualche punto, come . già dissi più sopra, un deposito di oltre un metro di spessore, e che richiamano perfettamente quelli stati rinvenuti nell’ altra ter- ramara del Campo Chiavichetto a Regona di Seniga. Sono foggiati assolutamente nelle medesime forme, quantunque piuttosto ampil, a larga bocca ed a fondo per lo più piano: gli orli, i labbri ed i manici poi hanno un medesimo modo di ornamentazione e l’ ansa lunata quivi pure predomina insieme all’ansa canaliculata sem- plice. Le fig. 5 a 10 della tav. V rappresentano alcuni saggi meno comuni dei resti delle stoviglie raccolte nell’immondezzaio preisto- rico di Gottolengo, interessanti particolarmente per gli ornati ai bordi ed in giro ai labbri dei vasi, alle anse, ecc. — In quanto poi alla materia sono tutti indistintamente di argilla lavata, come le stoviglie del secondo tipo del Chiavichetto e quelle che si rin- vengono nelle terremare parmensi: talora la pasta è ancora un po’ micacea, ma non più arenosa; sempre poi foggiata a mano, senza l’ajuto del tornio, e quindi alquanto induriti mediante l'esposizione ad una fiamma poco intensa, od anche semplice- mente al sole. Vi sono comuni anche i soliti dischetti chiamati col nome di fusaiuole e di cui non si sa ancora hen precisare. l’uso. L’uno è 156 i C. MARINONI, un vero disco piatto di arenaria, forato come quelli trovati nelle palafitte del lago di Varese (tav. V, fig. 11); gli altri sono di terra | cotta o di argilla indurita, e ve ne ha di ogni forma e dimensione: coniche o globose le più piccole (tav. V, fig. 12 e 13), discoidali le più grandi (tav. V, fig. 14), tutte poi fatte a mano e appena cotte come le stoviglie. Quella disegnata a fig. 14, tav. V, ferma particolarmente l’attenzione per le sue dimensioni possedendo un diametro di oltre 12 centimetri (è però meno grossa di quella ana- loga trovata al Chiavichetto), e così voluminosa mi sembra che appunto potesse servire quale peso per le reti. Degni di rimarco sarebbero pure certi frammenti di terre cotte foggiate a modo di cannuoli, che dovevano essere beccucci di pic- coli vasi di forma speciale a bocca assai ristretta, ma di cui non potei rintracciarne alcuno completo. Il signor Strobel nel suo scritto intitolato Avanzi preromani ecc., figura certe piccole fu- sajole della terramara di Castione che potrebbero assomigliarvisi per volume e per forma; ma nel medesimo lavoro dell’egregio pro- fessore di Parma trovai altresì citati e figurati (tav. IV, fig. 17) certi cocci muniti di becco stati rinvenuti a Vicofertile, pur simili ad altri stati trovati nelle stazioni preistoriche della Svizzera. Pertanto anche quei cannicoli di argilla cotta che furono raccolti a Gottolengo possono aver appartenuto a vasetti di forma e d’uso speciale stati infranti. Nel terreno della stazione di Gottolengo si rinvennero ancora pallottole sferoidali e sostegni di vasi di argilla arsiccia, nonchè, con una certa abbondanza, pezzi di mattoni grossolani, poco cotti, cretosi, e ammassi di argilla indurita improntati qua e là sulla loro superficie da profondi solchi. Qualche frammento molto ana- logo era pure già stato raccolto fra i ruderi delle dimore di Se- niga, nè in quell'epoca aveva saputo rendermene giusto conto; ma ora penso che avrebbero potuto essere benissimo gli avanzi di veri focolari, ovvero, se ancora non ne possedevano, il battuto dove si accendeva il fuoco nelle capanne. Le scarse traccie di cottura che si ponno riscontrare su tali pezzi di argilla indurita, avvalorerebbero codesta opinione. LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 157 Utensili diversi. — La terramara del Castellaro fu più ricca della sua vicina di Seniga per varietà di oggetti. Anche l’osso ed il le- gno quivi compaiono fra i materiali adoperati nella fabbrica degli utensili domestici. Infatti fra le molte ossa spezzate artatamente (in particolar modo ossa lunghe di ruminanti), rifiuti di quelle agapi remote, ho potuto notare alcuni frammenti che conservano le traccie di tentativi fatti per ridurli in acute schegge ed in pun- teruoli. — Si raccolsero anche pezzi staccati di corna di cervo, per lo più pugnali, cinciscati da intagli e lisciati in punta, indizii troppo scarsi per permettere di definire l’uso cui furono destinati. Per la prima volta in Lombardia, furono quivi ritrovati dei pettini di osso, muniti di scarsi denti ed ornati di disegni a trian- goli graffiti, che formano delle figure geometriche più o meno graziose. Uno di questi pettini era intero, dell’ altro ne è conser- vata una terza parte circa. Il professor Strobel ne ha illustrati di non molto diversi, trovati a Castione ed a Noceto. Assai curiosa è pure una specie di ciambella ovalare, del mas- simo diametro di 8 centimetri, appiattita, liscia, con ampio foro al centro e coi bordi smussati ed arrotondati. E essa di legno, ridotto nerastro e quasi tutto consumato, meno una sottile crosta superficiale, per cui ne rimase conservata la forma (tav. V, fig. 15). Avrebbe anche potuto servire per sostegno di vasi, come quelli che si facevano di terra cotta; ma piuttosto lo crederei un gal- leggiante da rete. ! ' Confrontando meglio quest’oggetto con quelli stimati per tali, rinvenuti scavando nella torbiera di Cazzago presso Varese, di cui diedi le figure nella memoria inti- tolata: Le abitazioni lacustri (op. cit., pag. 30 e tav. VI, fig. 7 a 10), credo di non andar errato dichiarando quelli della torbiera di Cazzago, più piccoli ed ornati, per dei veri pendagli da infilarsi su cordicelle a mo’ di collane, come le portano anche oggidì i selvaggi; e ritenendo questo della terramara di Gottolengo per un vero gal- leggiante da rete. La forma, l’esser più grande e quindi più visibile, l’uso di oggetti consimili che si fa ancora in certe contrade e l’essere associato in un medesimo de- posito colle grosse fusajole cui attribuisco appunto l’uso di peso per tender le reti, non parendomi adatte ad altro ufficio per il loro volume e la forma in cui sono fog- giate, mi sembrano prove sufficienti a conferma di questa opinione. Del resto trove- rebbe essa nuovo e più valido sostegno anche nel fatto delle condizioni topografiche locali, che attestano tanto a Gottolengo quanto a Seniga la presenza di corsi d’acqua in prossimità alle stazioni umane, 158 C. MARINONI, Oggetti di bronzo. — Fra i più importanti oggetti provenienti dagli scavi della terramara di Gottolengo, qualcuno se ne deve annoverare fatto .di bronzo, che come di solito appare ricoperto. dalla sua patina verde caratteristica. | Il maggior numero è rappresentato da armi, Pe ottenute per fusione della lega e successiva colatura entro forme probabil- mente di pietra o di argilla, senza che nessuna operazione sia stata loro fatta subire di poi ‘allo scopo di riattarli o di perfezionarli. Fino ad ora non fu rinvenuta alcuna traccia dei colatoi necessa- rii; ciò non ostante simile processo di fabbricazione vien dedotto dalle sbavature tuttora esistenti lungo certuni degli oggetti indi- cati, dalle forme e da una certa scabrosità che è presentata da tutta la superficie dell’arnese, particolarmente sugli spigoli. — Il bronzo poi, qual più qual meno a seconda degli oggetti, appare tutto di una sola e medesima composizione o lega, tanto per le . armi, quanto per gli ornamenti. Nessuno è di rame, mentre al Chiavichetto furono trovate punte di giavellotti anche di un tal metallo puro. — Finalmente va aggiunto che il lavoro è assai accurato, spesso anche ricercato, e comparabile perfettamente a quello di consimili arnesi stati dissotterrati nelle terremare emi- liane: Le armi sono: Punte di giavellotto di cui alcune intere e moltissime infrante. Attribuisco questo uso a certe lame di bronzo, piane, di varie forme lanceolate, lunghe 9 centimetri circa, e fornite di costola mediana, rilevata, decrescente man mano verso la punta. Riferisco anche le figure di due di esse state raccolte intiere, come tipi del diverso modo in cui si foggiavano: l’una con robusta appendice alla base, onde configgerla e fermarla all’asta (tav. V, fig. 18) ed è la forma più comune; l’altra (tav. V, fig. 19) che porta nella porzione più vicina al lembo basilare dilatato i fori per dove si facevano passare le borchie che servivano ad assicurare la punta al manico in cui incastravasi. Di questo tipo sono anche quelle: trovate alla stazione del Chiavichetto, quelle di Campeggine figu- rate dal prof. Strobel, ed altre già note delle palafitte di Peschiera di Mercurago e della Svizzera. LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 159 Un ferro di lancia a lama bifida, di bronzo pure solamente co- lato, spezzato alle due punte, è sicuramente la più preziosa reliquia di questa scoperta per la sua novità. La base dell’ arme, perfet- tamente conservata (tav. V. fig. 20) è munita di un sottile pe- dicello per inserirla all’ asta, lungo tre centimetri, il cui foro ri- tiene ancora la sua chiavella di bronzo. Alla tav. V, fig. 16 è disegnato in grandezza naturale un cu- spide di freccia, pure di bronzo, arme comune fra gli avanzi delle palafitte elvetiche, ma rarissima al di quà delle Alpi nelle terre- mare e per la prima volta apparsa nei depositi Ad avanzi umani della Lombardia. Essa è semplicemente colata, non ritocca, talchè ancora sul suo pedicello si scorgono un’appendice e le sbavature del colatoio. — Sebbene rotta in punta, la sua forma si rileva per triangolare, molto acuta, con alette laterali del pari assai spor- genti e puntute: — il pedicello per incannarla è a bossolo, cavo, leggermente conico, per cui riceveva l’asticina e non vi si infig- geva come quelle di selce e come tutte le altre armi di bronzo. — Frecce di questa forma ripeto, non mi è mai occorso di vedere; solo ne conosco una analoga che figura lo Strobel nei suoi avanzi preromani (op. cit.) proveniente da Campeggine. La perfezione poi della forma, quantunque ottenuta solo di getto, mi persuade di riferirla ai tempi meno remoti dell’epoca del bronzo, deduzione che si adatta anche a tutte le ‘altre reliquie dell’ arte bronzaria disseppellite alla stazione di Gottolengo. Fra le armi, infine, va citata ancora una lama di Sa per vero assai guasta (tav. V, fig. 17). Venendo ora agli oggetti di uso non ben definito, ed agli uten- sili, citerò: — due frammenti di falciuole simili a quelle trovate al Chiavichetto ed altrove; — resti di aghi crinali, fili, spirali, laminette e frammenti di bardature; — un disco informe e molti pezzetti di colatura di bronzo; e un altro disco laminare dal cen- tro di una delle cui faccie sporge una specie di gambo ornato di graffiti. ' Le molte figure pubblicate dal signor E. Desor nei suoi scritti proverebbero come nelle palafitte svizzere questo modo di innestare i cuspidi alle loro aste, fosse anzi ca- ratteristico dell’età successiva del ferro. 160 C. MARINONI, Per completare finalmente l’elenco della reliquie a me note state rinvenute nella terramara, restano da annoverare una lancia di ferro (tav. V, fig. 21), altri frammenti di arnesi tanto guasti dalla ruggine da non poterne precisare la forma, e pezzi di scorie ferruginose: — Oltre a ciò pallottoline da collana di pasta vitrea azzurro-verdastra, e reliquie di smalti e di crogioli scorificati. — Tutti questi avanzi sono indubbiamente da riferirsi a tempi molto recenti, e vennero sparsi e sepolti in quel deposito già fin d'allora antichissimo, soltanto all’epoca della invasione romana. Le terramaré hanno sempre fornito, oltre gli avanzi di indu- stria, anche moltissime ossa di animali rotte talvolta espressa- mente, come quelle che già ho citate, per trarne scheggie addatte a fabbricare arnesi; ma che più spesso non sono altro che i rifiuti dei pasti di quelle famiglie, fatto che avvalora il nome di immon- dezzai dato a queste stazioni preistoriche. — Pertanto anche quì, come sulla riva destra del Po, a Bigarello nel Mantovano, a Se- niga e altrove si raccolsero ossami in grande quantità, fra cui predominavano quelli cilindrici di ruminanti di diverse specie, e vertebre e porzioni di cranio, il più delle volte siffattamente de- composte o sformate da riuscire affatto irriconoscibili. — Per al- tro l’ esame accurato che feci di una quantità di cotali resti mi pose in grado di riscontrarvi le seguenti specie: Cervus elaphus Linn. (Cervo comune) per frammenti di corna, particolarmente pugnali. Bos (probabilmente il) brachyceros Riit. paese bue delle ter- . ramare), per porzioni delle ossa lunghe, nonchè un certo nu- mero di denti molari e premolari. Capra hircus Schr. (Capra comune), per denti molari superiori e inferiori, frammenti di mascelle con altri denti in posto ed ossa della gamba del carpo, e del tarso. Ovis aries Linn. (Pecora comune), per dei denti molarì superiori e dei metatarsi meno gracili di quelli ‘della specie precedente. Equus caballus Linn. (Cavallo), denti molari di cui uno assai con- sumato per uso. Sus scropha Linn. (Porco comune), di cui si ebbero denti quali LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 161 isolati e quali ancora infissi nelle ossa mascellari, resti degli arti, ossa dei piedi, ecc., ecc. i Se a questi esemplari sicuramente determinati di avanzi ossei animali aggiungiamo la gran massa dei frammenti che scòrsi con sguardo più superficiale, non si può più ammettere la agglome- razione fortuita di esse, per opera di correnti; ma la mente corre subito a immaginare entro le dimore del campo Castellaro 1’ uomo circondato dagli animali addomesticati, ed assoluto padrone di- specie che poi col lungo andare dei secoli finì per distruggere e far scomparire da quelle regioni stesse dove prima pullulavano.' L’esame degli avanzi organici e delle reliquie di industria dis- sepolti dalla terra grassa formante il monticulo su cui si distende il campo Castellaro presso Gottolengo, mi fruttò la convinzione che per le speciali condizioni di giacitura, trattasi di una vera ferramara, certo più tipica d’ogni altra in Lombardia, e più vi- cina a quelle indicate dai signori Strobel e Pigorini. — Quella di mora avrebbe cominciato ad esistere nell’epoca della pietra con- 4 Mi corre l’ obbligo di accennare anche un fatto curioso del quale non so darmi spiegazione: in quel terreno furono raccolte alcune conchiglie fossili. Ho una vaga ricordanza che il prof. Pigorini abbia rinvenuti dei Pectunculus pliocenici, stati usati a modo di ornamenti dagli abitanti delle terremare parmensi; e quelli potevano es- ser stati raccolti nelle terre circonvicine dove si stendono potenti formazioni di ar- gille azzurre fossilifere; ma una simile spiegazione non regge per i fossili della ter- ramara di Gottolengo. — Le specie che mi riuscì di determinare anche coll’ ajuto dell’egregio amico, l’ ing. Emilio Spreafico, sarebbero le seguenti: Cerithium Castellini Brongn.: — specie caratteristica della brecciola nera eocenica di Roncà nel Vicentino. Conus alsiosus Brongn. (perfettamente conservato): — della medesima formazione a Sangonini di Lugo pure nel Vicentino. — Cypreea splendens Grat.: — il solo modello interno in un calcare bianchiccio, analogo a quelli che si raccolgono a Monteviale pure nel Vicentino. Terebratula erbensis Suess.: — conservata in un calcare bianco sporco. Unio Sp. ind.: — un frammento sul quale si conserva tuttora la parte madreperla- cea splendente. Tutte non possono esser ivi arrivate che affatto accidentalmente, perchè quel ter- reno tutto alluvione del Mella, non ha nulla a che fare coi depositi dove quei fos- sili si ritrovano. Le prime due specie poi sono così caratteristiche ed anche il loro | aspetto litologico così marcato da non lasciar dubbio di sorta. Che fossero questi fos- sili l’indizio rimastoci di relazioni commerciali già fin d’allora intraprese coi popoli limitrofi ?. Vol. XVIE. 11 162 C. MARINONI, temporaneamente a quelle situate più basso al confluente del Mella nell’ Oglio; sarebbe durata in seguito lungo tutto il periodo del bronzo, età in cui fiorirono anche le colonie sulla riva oltrepa- dana. — È inutile ripetere ancora le ragioni per cui i rozzi avanzi del tempo della pietra ivi trovati ravvicinano la stazione di Got- tolengo a quelle del Mantovano e di Seniga; soltanto va osser- vato che quivi prevale assolutamente 1’ epoca del bronzo, le di cui tracce mancano nel Mantovano e sono rare a Seniga, perchè state distrutte colla esportazione, per scopi agricoli, degli strati supe- riori della terramara del Chiavichetto. — Pertanto il loro studio non potè essere fatto che in rapporto ai resti rinvenuti nei de- positi dell’ Emilia; e l'analogia che lega questi a quelli è un vivo raggio di luce che rischiara questo periodo segnalato nella bassa Lombardia da troppo scarsi monumenti. — (Gli arnesi di ferro sono dei tempi romani. | CONCLUSIONE. La serie dei fatti accennati, che hanno loro fondamento nelle scoperte conseguite sull’una e sull’altra sponda del fiume Mella, mi autorizzano a concludere non solo per la esistenza di vere stazioni umane del tipo delle terremare nei luoghi indicati, ma ancora come esse rappresentino l'anello di congiunzione fra le terremare mantovane dell’epoca della pietra e quelle del Par- mense, del Reggiano, ecc., riferite al periodo del bronzo. Questo - risultato degli studii da me tentati include necessariamente che quelle stazioni, benchè di età tanto diversa, debbano esser state fondate da un medesimo popolo, opinione che, come anche più addietro accennai, fu già sostenuta in parecchi scritti di pa- leoetnologia ; laonde i monumenti di Gottolengo e di Seniga sono come pietre migliari che in certo qual modo indicherebbero an- che la via percorsa da quelle primitive famiglie per passare dalla riva sinistra sulla riva destra del Po. Il nome di terramara, considerato anche nel più limitato senso LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 163 .della parola, ora non può più servire a indicare le stazioni par- mensi dell’epoca del bronzo: la regione si è estesa, il lasso di tempo fatto più lungo; epperò con tale appellativo si indiche- rebbero meglio i ruderi delle dimore di un popolo autonomo; il popolo appunto delle marniere. — Con questo significato, le sco- perte di terremare riferibili indubbiamente all’ età della pietra, compite per opera del dottor Giacometti e dall’ arciprete Masè nelle valli di Mantova, molto dopo gli studii dei professori Strobel e Pigorini sul popolo delle terremare dell’ epoca del bronzo, e di quelle del Chiavichetto di Regona e di Castellaro di Gottolengo, operate anche più tardi dal sac. G. B. Ferrari sulle rive del Mella, non hanno distrutto nessuno di quei fatti che l’acume dei primi investigatori delle marniere aveva saputo colpire e rivendicare a sostegno della civiltà tutta propria posseduta da quelle famiglie. Anzi, vorrei sperare di aver contribuito anch'io ad accrescerne il valore e l’ importanza, apportando con questa illustrazione un tributo di materiali utili per ricercare le origini di quella gente, e fors'anche per tracciare la strada che percorse peregrinando prima di arrivare alla sua stanza definitiva, dove rimase poi sof- focata dalla preponderanza di altri popoli apportatori di civiltà nuove. Considerando le stazioni del basso Bresciano e quelle del Man- tovano sotto un punto di vista generale, esse ci appajono appunto come i grandi immondezzai preistorici allineati sulla riva destra del Po; una identica struttura, il medesimo modo di configura- zione e di conformazione, la più grande analogia nelle reliquie, che vengono estratte dalla terra grassa, uliginosa, di cui sono formate. Studiate poi con molta minuzia di investigazione le ter- remare lombarde si accordano ancora tanto più fra di loro, per gli stessi avanzi di industria (selci, schegge, cocci di vasi, ecc.), per i medesimi materiali adoperati, per i resti dei medesimi ani- mali (Bos brachyceros, Sus scropha, Cervus claphus, Capra hir- cus, ecc.), ed infine per le condizioni di suolo e di giacitura, da doversi ritenere fondate in una medesima epoca e da uno stesso popolo. L’epoca fu senza dubbio quella della pietra neolitica, giac- 1 64 | C. MARINONI, chè in gran quantità vi si trovano armi ed arnesi di selce fina- mente lavorati a ripercussione e figuline rozze più di quanto in proporzione offrono le terremare parmensi; pure io ritengo fer- mamente che ivi siano rappresentati ancora periodi di tempo ben | distinti, che ponno rilevarsi scendendo all’esame dei particolari. Infatti nelle Valli Ostigliesi sono assai scarse le armi levigate tro- vate comuni al Castellaccio, al campo Breda ed al Chiavichetto, nonchè nel deposito di Gottolengo sul Mella; inoltre le stoviglie del Mantovano, almeno per quello che risultò alle mie ricerche, non presentano che un solo tipo di fabbricazione, mentre a Se- niga ed a Gottolengo si hanno vasi più antichi ad impasto renoso, e stoviglie più ornate fatte con argilla lavata. Anche la maggior copia di ossa d’ animali selvaggi nei depositi del Mincio, fanno propendere per la maggior antichità loro, in confronto delle limi- trofe poste più a occidente, dove insieme alle freccie di selce, ai frangitoi, alle ascie levigate ed alle ossa con traccie di lavoro ap- pajono pure figuline di pasta fina, cui stanno associati altresì de- gli oggetti di metallo. Queste differenze non sono che la neces- saria conseguenza della diversità di epoca a cui le une e le altre risalgono, e diventano ancor più marcate se si pongono a confronto unicamente le terremare mantovane dell’epoca della pietra con quelle scoperte nell’ Emilia dei tempi del bronzo e fin del ferro. In tutto il territorio di Regona però, come anche al Castellaro di Gottolengo e nei territorii circostanti, non esiste un punto dove l’uso della pietra la vinca su quello del bronzo come a Mantova, o in cui quello del bronzo prevalga sulla pietra e sul ferro come nel Parmense; pertanto io vedo per questo stesso fatto accertata la regolare successione dei tempi, che diventa argomento impor- tantissimo a provare la derivazione delle popolazioni emiliane da quelle che tenevano stanza sulla sponda sinistra del Po durante l’epoca della pietra. I sigg. Strobel e Pigorini opinarono per i primi che le terremare della grande valle del Po fossero state fondate tutte da uno stesso popolo. Le osservazioni del dott. Giacometti ed altre mie già pub- blicate, servirono ad appoggiare questa opinione, fondata princi- LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 165 palmente sulla analogia di tali depositi, quantunque fra gli uni e gli altri apparisse un ampio vuoto; ma questo colmato dalla scoperta fatta sulle rive del Mella di altre terremare, l'identità del popolo . che le fondò tutte, penso di doverla ricercare nell’arte stereoti- pata sugli oggetti di industria e nella fauna che accompagnò l’uomo in quelle stazioni, o ne subì l'influenza. A proposito degli indizii dell’arte già si è detto a lungo nel corso di questa nota illustrativa; e chi confronta gli oggetti del Mantovano con quelli di Seniga e del Parmense, vi riconosce una cert’aria di famiglia che li ravvicina e li collega, nello stesso tempo che fa viemmeglio risaltare quelle differenze che dovevano necessariamente generarsi per lo sviluppo successivo dell’arte stessa. — Seniga possiede frecce di selce della medesima forma di quelle del Mantovano e nello stesso tempo vi sono altrettanto comuni le rozze stoviglie che si rinvengona a Bigarello, ecc., come le più fine delle marniere emiliane; — i bronzi di Gotto- lengo non hanno riscontro che coi consimili di Campeggine, ecc. Ma la vera caratteristica di quell’ arte e di quell’ industria, come benissimo fu osservato dal Pigorini, sono le anse lunate delle sto- viglie, indizio di un’ arte propria usata solo da quel popolo; il quale ne lasciò numerose traccie, prima nelle palafitte del lago di Fimon, poscia nelle stazioni mantovane dell’epoca neolitica e in quelle delle sponde del Mella, che ebbero pure principio in quel volgere di tempo, ma che durarono fino all’epoca del bron- zo; e per ultimo nelle terremare parmensi e reggiane dell’età del bronzo, di cui anzi si credettero per qualche tempo una specialità. All’infuori di queste stazioni mai apparvero nell’Italia superiore | stoviglie di tal forma; per cui queste anse singolarissime non sono già l'emblema della civiltà di una data epoca, ma bensì di quello di un popolo; ed.in esse, dirò colle parole stesse del dot- tor Pigorini: “ sta una delle prove della. comunanza di origine fra le popolazioni preistoriche mantovane e vicentine che fabbri- carono quelle anse e le tribù delle terremare dell'Emilia che ne adottarono il tipo con innumerevoli varietà. ', A queste parole | Annuario scientifico ed industriale. Vol. X. Milano, 1874. 166. C. MARINONI, del paleoetnologista di Parma poi qui debbo aggiungere che, come . a Seniga ed a Gottolengo le anse lunate hanno perfino le stesse . forme, le uguali dimensioni e gli identici ornamenti di quelle delle. stoviglie rinvenute nell’ Oltrepò, mentre però sono in complesso più rozze; e perchè quantunque grossolane, pure lo sono sempre .meno di quelle delle terremare del Mincio, e stanno a. queste presso a poco come queste reggono a confronto con quelle del lago di Fimon, le stazioni delle rive del Mella sono ‘come il tratto d’ unione (trait-d’union) fra le une e le altre. Ai miei occhi la di- stribuzione topografica dei depositi in cui tali anse si incontrano, segna la via che percorse quel popolo, arrestato dalla vasta fiu- mana del Po, ricercando più a monte un luogo adatto dove poter traghettare il fiume e guadagnare l’altra riva, quando fu respinto da quelle popolazioni che, anteriormente calate dalle Alpi della Svizzera, si erano già stabilite nella pianura lombarda, ma più a nord, sui laghi. Insisto pertanto sulla necessità di raccogliere al- tre e moltissime prove che mi lusingo potranno riuscire in ap- poggio di questa induzione che ha per base quei fatti che furono osservati specialmente a Regona di Seniga, luogo dove, come dissi, la natura del suolo, la conformazione del paese, ed il genere de- gli avanzi rinvenuti, specialmente i preistorici, accennano ad un punto di difesa, di sostegno. Incalzati alle spalle, quivi affronta- rono il fiume e presero stanza di fronte sulla opposta sponda, dove appunto è situato il territorio di Parma. — Pare anche che, posto piede sulla nuova terra non ne abbian risalito il corso, im- perocchè verso Piacenza di terremare non se ne trovano che ec- cezionalmente, ed'invece si sarebbero spinti verso il Modenese ed il Reggiano, dove, più vicini agli Etruschi, ne subirono ben presto quella potente influenza civilizzatrice che vediamo tradotta in fatto nei cimelii lasciatici dagli artefici della più bella epoca del bronzo e del ferro. Ho detto che avrei pure ricercato un sostegno al mio modo di vedere nella fauna che accompagnò l’uomo in quelle stazioni. Il quadro comparativo che a pag. 168 riferisco, raccoglie molti altri dati relativi ad essa fauna, di tempi e di luoghi strettamente collegati all'argomento studiato. nti n di LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 167 La lista degli animali citati non presenta egual numero e ge- nere di rappresentanti in ogni stazione. Anche trascurando la fauna delle caverne a resti umani rappresentate in Lombardia dalla grotta di Levrange, illustrata prima dal prof. A. Stoppani e dal prof. E. Cornalia, ' e riveduta ultimamente sotto un nuovo punto di vista dal dott. C. J. Mayor,” i cui tipi animali per la maggior parte non hanno termine di confronto negli altri depo- siti, risalta subito all’occhio che prevalgono in certe località gli animali selvaggi di cui qualche specie è pur anche emigrata od estinta affatto, altrove invece quelle specie che erano già o che ‘| vennero poi in possesso dell’uomo. Ma per raccogliere le mie con- siderazioni intorno al popolo delle terremare, senza dilungarmi oltre misura, mi basta far osservare che quelle specie che furono indicate dal Lioy quali componenti la fauna della palafitta di Fimon mel Vicentino, le ritroviamo anche nelle terremare di Bigarello, Castellazzo e Villimpenta sulla riva sinistra del Mincio, accompa- gnate a qualche tipo già reso nel dominio dell’uomo (Bos taurus domesticus, Sus scropha domestica, Equus caballus). Pertanto se ne può inferire che l’uomo quivi conduceva una vita dedita alla pastorizia, della quale industria sarebbe pure conseguenza imme- diata, e da tenersi a calcolo, la stragrande quantità di ossa rinve- nutevi. Nelle torbiere del Veronese, a sud del Lago di Garda e nelle stazioni lungo tutto il corso del fiume Mella, le ossa sono meno abbondanti, ma ancora delle stesse specie di animali parti- colarmente le domestiche, fatto che ebbi già campo di affermare e che spiego col supporre quelle tribù vaganti coi loro armenti in cerca di terre adatte ove porvi loro stanza; ma che, ricacciati dalla popolazione più rude incontrata sul suolo insubro, vennero per ultimo a cercare rifugio appunto nell’ Oltrepò parmense. I ! CORNALIA, Mammifères fossiles de la Lombardie, dell’opera Paléontologie lombarde ou description des fossiles de Lombardie publiée è Vaide de plusieurs savants par — Vabbé ANTOINE STOPPANI; 2° Serie, Milano 1858-71. ? C. J. ForsytH MAJOR, Remarques sur quelques mammifères post-tertiaires de VItalie, suivies de considérations générales sur la Faune des mammifères post- tertiaires. Pag.3, in nota (4). Negli Atti della Società italiana di scienze naturali, Vol. XV, fasc. 5. Milano, 1873. = 168 | © C. MARINONI, seg | | al | si 1® PIETRA ta R et L | ARCHEOLITICA PIETR NEOEPIZA Î - 5 © e | e ER SPECIE PRINCIPALI COMPONENTI LA FAUNA È 9 8 3 sÈ È n - Ss ||S d D) È CHE ACCOMPAGNAVA L’UOMO NELLE STAZIONI || £'É *& i: 849 di i OH |°3 | È |f&a | Ba Jai PREISTORICHE DELLA VALLE DEL PO. md ST Le, L=) B. È | - gator | att! || | CER EEA Cornalia và Marinoni | Marinoni | par, .—r—— ——— _———n — Specie selvatiche. Ursus speleus Blum. (Orso speleo o delle Caverne) .. . XxX x panta anehe » arctos Linn. (Orso comune) ......... 00.01 Pr . «| — — |. Meles taxzus Schr. (Tasso) ........ LIETA VA e o || DK fee < e ile ST n PI Muebela:Ndivors0:epeolo);"...00 un ul, ee go apae letotote x . “i < —_ Centetpas Linn: {Tapo) i e 0 e ne e alette x a’ Ilbe è x mac © Vulpes ‘wulgaris Briss: (Volpe) x i. mt. 0 MI Pad fi Felis catus ferus. Linn. (Gatto selvaggio). . .......- x . a meal To Lutrawalgaris Linn, (Lontra): . + iii e fto e. 0e|.-000]00 0. Talpa europea Linn. (Talpa comune): citi. cri Pa ” a «| Sorex vulgaris Linn. (Toporagno) ...........0 0% x e er sr E Crocidura micrurus Fatio. (Topino) ............. X = mari 7 Arctomys marmota Linn. (Marmotta) ............ XK e [io sE a Myorus@ls Linn: (Gbiro). Si nil iii = ti ue «| Mus 'egivaticusetinn, (Topo). iii... A x ti: ment (© | Anpicola oleosa oben: ie O x . dii |} » nivalis Mart. (Campagnolo della neve). . . ... x « re Peng | Castor fiber Linn. (Castoro) . . .........L.0 “n =. x x 2 Cervus elaphus Linn. (Cervo) ........0..0 0 x . x X x 2] DONO ONE AITDEDO) dn unt — Tia ela a dere > “capreotusignn. (OBpriolo)". >. . 0 ea. x x Xx >; Capra tbex Linn. (Stambeago). . ....... 00. x ss a e Sus scropha ferus Linn. (Cignale) ............. x x x Pa > Uccelli (specie indeterminate) . ............ ee Et Emys lutaria Linn. (Tartaruga di fiume). ..... —_ —_ —_ ur nd Pesci (specie indeterminato) vi. i... MP i Molluschi (specie indeterminate) . .......L.. MPN E Specie domestiche. j Canîs familiaris Linn, (Cane). «...-.2.0 000 Mg A Capra hircus Linn. (Capra) . ..... TINO! E TEC _ -- _ XxX XxX > Deie arie) Lint, (Pasora) ju: Lutero — = — x x > Bos primi. renius Auct. (Uro) . ....0...0.. 0 v+ — - —_ = seni > | » brachiyceros Rit. (Bue piccolo). . ............ — + Xx x x ?I >» tauru> Linn. (Bue COMUNE)... . cin —_ ni > X x > Sus scropîra palustris Riit. (Porco delle Marniere) . . . . _ - x x x 3 » » domestica “Linn. (Porco comune). . . ..... te ot = hat vai > Equus cc ballus Linn. (Cavallo) |. .........0.00, —_ — È RI x > » (isinus Linn. (Asino). . ...... Sa EE e —_ ene; | = v» ho. i LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 169 pi i EPOCA DEL BRONZO PERIODO , | DELL'ETÀ DEL BRONZO E DEL FERRO STOBICO al RAPPRESENTATE 5 o TAO RI ER: 8 Te °|g8|x g| g9|8|£3|28]|28|=33|=3 NELLA FAUNA | 5 de ls è © E) è © è "5 s =] 3 | 82 |Qua]| AS || E d | asl fw] fo Sa | SE ATTUALMENTE VIVENTE ‘ I ® 8 NT Ci eat 2 8 © 9 O © 3 ku H 4 È ba |Î albo A = Folies’ Paffaai TS SS IN LOMBARDIA i a >) D Dv (1°) (<>) RISO SO e E Ran Cc O) 3 3 Td us) = ii De: © [ae tu Ap metti le ‘ .|| Strobel Boni Capéllini Goz- Goz- (1) y Masè |Marinoni|Marinoni Pigorini | Generali apellinil| »dlni sadint Marinoni = i asi rr... menemeee=/i-TT-- rene] iù 2G A vee” di STU veri dd pr: estinto —_ — _ = a x 0. —_ SA — Das _ — —_ cs —_ Pa _ _ XK tutte pr arr re) Ta = “== ri i DS. le specie ("i de AG pe pe QUI. na Q50A4 Ka Xx ra 4 dba pe a e 0a lt biz) x — da _ _ — pd — —_ XxX Dei — e n — e »®0 _ pra —_ Pe Cer asd, ju — 71 . o è — a a b_< annie ten Sab i ren ° — a para, P.@ — ei — -- —_ de — — pa pesare n = e - TI . — n= sa ro p_< DAR da Pa x — ì Pale a la Xx DE bat “FA sa n. L uri ‘NO PS emigrata — — _ 7» — —_ pesa _ —_ x SN -— — — —_ Li Si — emigrato — s< pg Xx - 3 O I x Xx Pa va estinguendosi >< cià = — Xx = è Ter — — va estinguendosi >< x x “—l X = ver —_ — va estinguendosi Xx — _ —_ — _ _ dai —_ emigrata, va estinguen. x ER LI) »< Se dh x Xx emigrato _ i . e o. . ss 0 . . Pd . Xx e» . ®© 0 o * te —_ _ _ i ps- ra 23, — —A Xx . 0 00. ° . * . ° P_@ ® ss s ® è ° e » . . . PALI \\e è 0 »* . . ES SC . . e è» *‘ | sti — _ x Xx _ x — Pn > x? Xx > we da Xx —_ Xx Xx x — x IR P_+ —_ Pas x x 24) Be ue x ca PER —_ Dx estinto = eee od —.| — | >< || = .| ><. || emigrato = i x x = tà x _ —_ "A = Xx x — —_ — —= —_ —_ —_ —_ estinto —_ x Xx p_< x DS x . PA x x x | | D< x P_- A uni SR ssi DE P< ei . Xx 170 C. MARINONI, cumuli di ossa delle stazioni emiliane accennano infatti ad una fauna ancor più ricca di specie e ad un'industria di allevamento di bestiame assai più avanzata di quello che non lo sia stato in tempi posteriori molto più civili; imperocchè vi vissero delle razze di mammiferi domestici, dei quali non rinveniamo lo stipite sel- vaggio che fuori del paese, e perchè quei pastori avevano mandre di due razze ben distinte di bue, di pecore, forse anche di porco, dei quali animali ora non ci è rimasta che una sola razza indigena. Qual fosse poi questo popolo delle terremare e d’onde venisse, non mi è possibile di affermare più di quanto ho già detto, che cioè appare lo stesso di quello che prima aveva edificate le sue ‘ capanne sopra le acque del lago di Fimon nel Vicentino, mentre assolutamente non può confondersi coll’altro popolo che si sta- ° bilì sui laghi settentrionali della Lombardia e del Piemonte, ap- portandovi le industrie ed i costumi dell’epoca della pietra sviz- zera. Il modo di foggiare la selce a minutissimi colpi e le armi litiche, la forma degli utensili, l’assenza assoluta dell’ansa lunata per le stoviglie, la natura diversa della lega impiegata per gli ar- nesi di bronzo e la prevalenza di specie selvaggie negli animali che si osservano nella regione occidentale della Lombardia ne sono sufficiente prova. Forse l’uno e l’altro popolo valicarono le Alpi nello stesso tempo, cioè sui primordii dell’età della pietra; fors' anco non sono che i rami d’una stessa famiglia, inquantochè . per molte ragioni ponno essere avvicinati, i quali per vie diverse scesero dalle Alpi nei piani dell’ Insubria. Ma egli è certo in tal caso che sebbene fratelli gli uni e gli altri ai Celti abitatori delle palafitte elvetiche, essi, al momento che posero piede sul nostro suolo, eransi già individualizzati, nè più si potevano confondere. D'altronde la loro via era opposta, epperò si dovettero incontrare e contendere reciprocamente il dominio delle poche terre lasciate . allora in asciutto dalle acque. Il loro incontro ragionevolmente dovette essere lungo la riva sinistra del Po, di cui non riuscirono ‘ a tentare il passo, perchè allora più che un fiume doveva essere un vero lago fluente che si spingeva fin sotto l'Appennino. 1 STROBEL e PIGORINI, op. cit. LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. 171 Le condizioni topografiche della bassa Bresciana mi sembra che si adattino pure alla spiegazione che io vorrei trovare; e perchè a quella terra i coloni del Mantovano vi poterono arrivare cam- minando direttamente verso l’ovest, valicando i minori corsi d’ac- qua del Mincio, del Chiese, del Mella; e perchè nelle alluvioni di questi fiumi si trovarono numerose traccie di popolazioni pre- istoriche (selci sporadiche e manufatti litici di Marmirolo, Sar- ginesco, Ceresara e Guidizzolo; poi, più innanzi, nei territorii di Pralboino, Ostiano, Volongo, Milzanello, Milzano, ecc.). Quivi giunti però stava loro dinnanzi il fiume Oglio; e più oltre il gran lago Gerundo, interminabile palude alimentata da sorgenti molto potenti, che a quel tempo, come fu anche per molti secoli dopo, occupava lo spazio che si stende dall’Adda al Serio ed è compreso fra il Tormo a nord ed il Po a mezzodì. Anche quivi erano già stanziate le agresti e rudi tribù del popolo delle palafitte, laonde le famiglie che avevano emigrato dalle terremare mantovane, de- dite alla pastorizia e quindi di indole mite, dopo di essersi trat- tenute per alquanto tempo sull’ altipiano di Seniga, preferirono alla lotta di passare sulla sponda cremonese dell’Oglio, ove semi- | narono quegli altri avanzi che ora ivi pure vanno mano mano ‘ scoprendosi. Da lì si incamminarono alle sponde del Po, messo il quale alle spalle, un nuovo popolo potè aver sviluppo e vita lunga e sicura nelle sue stazioni durante tutta l’epoca del bronzo e quella del ferro. Soltanto nella tranquillità di una stabile di- mora potè venire in possesso di un’arte avanzatissima come sa- rebbe quella attribuita agli Etruschi, nuova popolazione prove- niente dal mezzodì d’Italia, colla quale si confuse. Questo studio dettagliato della terramara di Seniga, e di quella nuova di Castellaro di Gottolengo, è dunque ben lungi dal distrug- gere il risultato pubblicato delle prime indagini; anzi lo confer- mano, facendoci assistere, quasi direi, alle successive fasi dello sviluppo del popolo delle terremare. 172 C. MARINONI, SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE. TAVOLA I. (Tav. 7 degli Atti). Situazione topografica delle stazioni preistoriche al sic del F. Mella nell’Oglio (Provincia di Brescia). Fig. 1. Topografia della regione preistorica di Regona di Seniga e dei paesi circon- » 1 172.000. Fig. 2. Dettaglio topografico a maggior scala del territorio di Seniga, colla indicazione dei punti ove si rinvennero avanzi di remota antichità. a, Campo Cozzaghe. b, b', Campo Formighere di mattina e Campo Chiosino. ( Primo terrazzo. c, Campo Pomello e Castellaccio. d, Campo Ca’ del Dosso. 4 e, Campo Castelletti. Secondo terrazzo. f, Campo Breda. 9,9', Terramara al Campo Chiavichetto e nei limitrofi Prati di Palazzo. (Ultimo terrazzo). vicini nella scala di TAVOLA II. (Tav. 8 degli Attî). Ricerche e ritrovamenti fortuiti nel territorio di Seniga al confluente del F. Mella nell’Oglio (Provincia di Brescia). Figi UK Cuspide di freccia di selce argillosa co- Esplorazione del Campo For- lor violetto. — Gr. nat. mighere: — con altre selci la- Fig. 2. Cuspide di freccia di selce comune più ( vorate, figuline rozze e tornite, accuratamente lavorata. — Gr. nat. e qualche traccia di bronzo. Fig. 3. Fibula di bronzo, porzione dorsale. — '/, gr. nat. — Esplorazione del Campo Chiosino: — con resti di bronzo e di ferro, cocci di vasi cine- rarii e conterie di vetro e di smalto (recenti). Fig. 4. Cuspide di freccia di selce argillosa bionda. — Gr. nat. — Al Campet- . tino di Comella. Fig. 5. Cuspide di freccia di selce argillosa comune. — Gr. nat. — Esplorazione del Campo Pomello: — con scheggie di piromaca, frammenti di vasi, ecc. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. 19 e 20. 21. LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. Cuspide di freccia di selce argillosa bionda. — Gr. nat. Raschiatojo e Punteruolo di selce argil- . losa comune. — Gr. nat. Arnese indeterminabile di argilla grosso- lana non cotta. — ‘/, gr. nat. Anello di bronzo (viera) con ornamenti. — Gr. nat. Accetta di roccia verde serpentinosa, li- sciata (di fronte e di profilo). — ?/s gr. nat. Accetta di roccia di serpentino, lisciata (di profilo). — ?/3 gr. nat. Fusaiuola di argilla. — Gr. nat. Raschiatojo di selce argillosa. — Gr. nat. Vaso di lamina di bronzo (fondo). — !/, gr. nat. Dischetto di terra cotta (MARINONI, op. cit., tav. II, fig. 27, ripr.). —!/, gr. nat. Disco forato di talcoschisto verdognolo. — ‘/, gr. nat. Pallottola conica-ovoide di terra e cenere, ornata di punteggiature (MARINONI, op. cit., tav. II, fig. 26, riprod.). — 1/, gr. nat. i Frammenti di piccoli vasi impastati con miscuglio di cenere, e ornati di rilievi e di dipinti a guazzo (MARINONI, op. cit., tav. II, fig. 29 e 30, riprod.). — Gr. nat. : Vaso cotto, tornito e verniciato di color nero bruno, frammenti e ricostruzione. — !/, gr. nat. 173 Esplorazioni diverse al Cam- po Castellaccio fatte nel 1871 e 1872: — con avanzi d’ ogni genere e d’ogni età. Esplorazioni diverse al Cam- po Breda, fatte nel 1872: — con altri avanzi d’ogmi età. Esplorazioni diverse sul Cam- po Ca’ del Dosso. I cocci di piccoli vasi analoghi a quelli citati a fig. 19 e 20, e con ornamenti svariati, vi erano piuttosto abbondanti, ma assai malconci. Questi oggetti sono raccolti presso il proprietario sac. G. B. Ferrari a Fenil-lungo di Seniga, o al Museo Civico di Milano. Fig. AI TAVOLA III (Tav. 9 degli Atti). } Avanzi di umana industria rinvenuti nella terramara del Chiavichetto presso Regona di Seniga al confluente del F. Mella nell’Oglio (Provincia di Brescia). Punta di lancia: frammento e probabile ricostruzione sul tipo di altre simili rinvenute nella provincia di Brescia e in altre parti della Lom- 174 C, MARINONI, bardia. È di selce argillosa .grigiastra, lavorata a scheggiatura. — Gr. nat. Fig. 2,3,4,5. Cuspidi di freccia di selce piromaca di forme Brrle (rappresentano le Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. Fig. 16 e 17. forme più comuni che si rinvengono al Chiavichetto). — Gr. nat. Cultri di selce piromaca, di forme e dimensioni varie, offerti dome tipi. — Gr, nat. A Raschiatojo di selce piromaca del tipo più rozzo (fronte e profile _ '/, gr. nat. (MARINONI, op. cit., tav. II, fig. 5, riprod.) Nucleo di selce argillosa che servì a staccarne raschiatoi e coltellini, — Gr. nat. Sega di selce argillosa. — Gr. nat. (MARINONI, op. cit., tav. II, fig. 6, riprod,). Accetta di pietra arenaria serpentinosa verde lisciata (fronte e profilo). — !/, gr. nat. (MARINONI, op. cit., tav. II, fig. 2, riprod.). Accetta più piccola di serpentino levigata (fronte e profilo). — */, gr. nat. (MARINONI, op. cit., tav. II, fig. 1, riprod.). Brunitojo di serpentino verde oscuro, assai lisciato. — 4/, gr. nat. Fusaiuola grossissima di terra semicotta. — */, gr. nat. (MARINONI, op. cit., tav. II, fig. 20, riprod.). Frammento di una falciuola a mietere di bronzo (fronte e sezione). — Gr. nat. Punte di freccia di rame. — '/, gr. nat. (MARINONI, op. cit, tav. II, fig. 23 e 24, riprod.). Punta di giavellotto di bronzo. — '/, gr. nat. (MARINONI, op. cit., tav, II, fig. 25, riprod.). Lama spezzata di pugnale in bronzo. — Gr. nat. Ago-crinale di bronzo. — Gr. nat. Ornamento di bronzo, frammento di uso indeterminato (forse orecchino?) — Gr. nat. (MARINONI, op. cit., tav. II, fig. 22, riprod.). Questi oggetti sono raccolti presso il proprietario sac. G. B. Ferrari a Fenil-lungo di Seniga. Altri simili furono dallo stesso scopritore donati al Museo Civico di Milano. TAVOLA IV. (Tav. 10 degli Attî). Avanzi di umana industria (stoviglie e vasti) rinvenuti nella terramara del Chiavichetto presso Regona di Seniga al confluente del F. Mella nell’Oglio (Provincia di Brescia). Stoviglia comune di argilla mista a tritume siliceo, indurita alla fiamma: frammento. — ‘/3 gr. nat. (MARINONI, op. cit., tav. II, fig. 10, riprod.). Stoviglia comune, con piccola ansa: frammento. — '/; gr. nat. Stoviglia comune, porzione di orlo, adorna di prominenze equidistanti, — 1/3 gr. nat. Fig. 4 Fig. 5. Fig. 6. Pig Tr. Figi" 8 Fig. 9. Fig. 10, Figo 11, Fig. 12. Fig. 13. Fig. 14. Fig“ 15. LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. | 175 Stoviglia comune, di impasto poco più fino: — frammento di parete fre- giato di grossolana ornamentazione. — '/3 gr. nat. (MARINONI, op. cit., tav. II, fig. 13, riprod.). è Stoviglia comune: — frammento di parete ornato a cordoni rilevati. — '/s gr. nat. (MARINONI, op. cit., tav. II, fig. 11). Ansa di stoviglia comune. — ‘/, gr. nat. Ansa di stoviglia comune di argilla arenosa indurita alla fiamma. — t/y gr. nat. Scodella di argilla arenosa indurita alla fiamma: — frammento e rico- struzione. — ‘/s gr. nat. Vaso di argilia arenosa a fondo convesso, con manico e foro, d’uso ignoto : — frammento e ricostruzione. — '/, gr. nat. Altro vaso di argilla arenosa, ornato da bitorzoli a mo’ di manici: — frammento e ricostruzione. — ‘/; gr. nat. Vaso di argilla nera finissima non cotto, ornato all’esterno da cordoni di bitorzoli appiccicati: — frammento di parete con manico. — ‘/; gr. nat. (MARINONI, op. cit., tav. II, fig. 15, riprod.). i Vaso di argilla nera finissima, fondo. — ‘/; gr. nat. (MARINONI, op. cit., tav. II, fig. 12, riprod.). Vaso di argilla nera finissima, piccolissimo, di forma non comune e con piede. — '/, gr. nat. (MARINONI, op. cit., tav. II, fig. 14). Vaso di argilla nera finissima, a fondo convesso ornato: — frammento presso l’orlo. — ‘/; gr. nat. Coccio di vaso di argilla finissima, ornato di fasci di solchi. — ‘/; gr. nat. Fig. 16e 17. Due manici orizzontali di forma diversa, appartenenti a vasi di argilla Figo, 18. Fig. 19. nera finissima. — '/; gr. nat. Manico verticale appartenente a vaso d’argilla nera finissima. — '/; gr. nat. Manico verticale di forma riferibile'a quelli trovati nelle terremare del- l’Emilia. — '/; gr. nat. (MARINONI, op. cit., tav. II, fig. 19, riprod.). Fig. 206 21. Anse di vasi comuni ornate di un’appendice biforcuta. — '/; gr. nat. (MARINONI, op. cit., tav. 18, riprod.). Fig. 22, 23 e 24. Anse lunate di diverse forme, pure riferibili a quelle rinvenute nelle tal terremare emiliane. — ‘/, gr. nat. (MARINONI, op. cit., tav. II, fig. 16 e 17, riprod.). Questi oggetti sono raccolti. presso il proprietario sac. G. B. Ferrari a Fenil-lungo di Seniga;, altri simili furono dallo stesso scopritore donati al Museo Civico di Milano. TAVOLA V. (Tav. 11 degli A#t?). Avanzi preistorici rinvenuti nelle stazioni della riva sinistra del F. Mella i; PISAE > (Provincia di Brescia). Daga di bronzo, a due taglienti, rinvenuta fra i due villaggi di Castel- letto e di Milzanello. — ?/, gr. nat. î ) Range =; é ; 4 E ni. i SS RG Pat v ; “SSN RA 176 Cc. MARINONI, LA TERRAMARA DI REGONA DI SENIGA, ECC. Pr ù x id t la Terramara di Gottolengo (nel campo Castellaro, di proprietà del ancerdote Red Francesco Volpi). È Fig. 2. Punteruolo di selce argillosa, del tipo archeolitico. — Gr. nat. SÉ Fig. 3. Scheggia di selce abbozzata per farne una freccia. — Gr. nat. i Fig. 4. Cuspide di freccia di forma triangolare, lavorato a rozza scheggiatura nella selce argillosa. — Gr. nat. Fig. 566. Ornamenti di anse di vasi che richiamano l’ansa lZunata caratteristica delle terremare delle due rive del Po. — '/, gr. nat. i Fig. 7. Frammento di stoviglia con ansa canaliculata semplice. — '/; gr. nat. Fig. 8. Frammento di /abbro di vaso con ornamenti. — '/; gr. nat. a Fig. 9e 10. Frammenti di orli di vasi adorni sulla faccia esterna di cordoni rilevati di bitorzoli, di solchi, ecc. — ‘/; gr. nat. Fig. 11. Fusaiola discoidale di arenaria. — Gr. nat. L Fig. 12 e 13. Fusaiola di terra malcotta delle forme conica e globosa. — Gr. nat. Fig. 14. Altra fusaiola di grandi dimensioni, peso da reti. — ?/, gr. nat. Fig. 15. Galleggiante per reti in legno. — ‘/, gr. nat. Fig. 16. Cuspide di freccia di bronzo. — Gr. nat. Fig. 17. Frammento di Zama di pugnale pure di bronzo. — Gr. nat. Fig. 18 e 19. Punte di giavellotto in bronzo, di due forme diverse. — Gr. nat. Fig. 20. Punta di lancia a lama bifida in bronzo. — Gr. nat. Fig. 21. Punta di lancia di ferro. — Gr. nat. Tutti questi oggetti stanno raccolti presso lo scopritore sac. G. B. Ferrari in Fenil- lungo di Regona presso Seniga (provincia di Brescia). IDA re "4 le bio) n | si \ di ” Mani \ Agi Soc.lt Sc.Nat. Vol. XVII Tav. 7 (o erolanova Castelletto /// dj L 14 9 (a FGavone) to » La 7 / È Wap LF tanzi 7 nalboinmo G ambara MAITI paese) daper lutto dA trovano seliquie!dell'epo- romana e du let Si postero. .) 1. Topografia della regione preisforica di deni ga. ui i 1 ! ty l? JJ) Ei "tuta N ud : SI - INN N° Rego ' e, pet Ò Upi x N “e La i =" — aa EEE == 2 Pianta del ferritorio di Seniga coll'indicazione dei punti ove si rinvennero gli avanzi preromani all LI ad end r » Il a Atfi della Soc.It di Sc.naf. Vol.XVII Tav.8. Marinoni — La Terramara di Seniga. Campo Ga del Dosso a d.grn. gr. n. Cinarilia Cn pdl Campo Breda (aN.di Cd del Dosso) 1/4 or.n. Marinoni dis. dal vero. Milano, Lit. Ronchi: STAZIONE PREISTORICA DI SENIGA (Prov. di Brescia) IN Atti della Soc.it.di Sc.nat Vol XVII Tav9. Marinoni dis. dal vero. Lit. Ronchi, Milano STAZIONE PREISTORICA DI SENICA (Providi Brescia ) (TERRAMARA del Campo Chiavichetto) ER è 4 IV? Marinoni. La Terramara di Semga. ? Atti Soc. It di Sc.nat.Vol.XVIL Tav. 10. Lit.Ronchi,Milano. Marinoni dis. dal vero. : STAZIONE PREISTORICA DI SENIGA ( Prov! di Brescia) ( Stoviglie della TERRAMARA del Campo Chiavichetto.) » bg Atti della Soc.Ital. di Sc. nat. Vol XVII, Tav? 11° lunghezza della lama C! 33 larghezza della lamal'3 _ lunghezza dell'impugn’ (lì. Sa fra Castelletti e Milzanello.|rov.*4 Zreseza.) ali preistorici rinvenuti nelle stazioni della riva sinistra del F Mella (Prov? diBrescia) Seduta del 26 aprile 1874. Presidenza del Vicepresidente sig. Antonio Villa. », Il Segretario dà lettura, nelle sue parti più importanti, della Memoria presentata dal socio prof. EnRrICo PAGLIA: Valli salse di Sermide nel Mantovano. In codesto lavoro 1’ Autore entra in mol- tissime particolarità intorno alla composizione del terreno e delle acque del Sermidese, alle piante d’ indole littorale e salmastra che caratterizzano le valli salse di quelle interessanti località: rife- risce le opinioni addotte dagli autori antichi e moderni intorno alla causa del fenomeno, e si adopera infine a combattere l’idea che la salsedine delle acque sermidesi abbia la sua origine dal mare, il quale avrebbe soggiornato, al dire di certuni, nelle bas- sure intorno al Po, in tempi relativamente recenti, ed appoggia invece calorosamente l’ opinione confermata da molti fatti, che la salsedine delle valli di Sermide abbia la stessa origine e non sia, in sostanza, fuorchè un conseguente effetto del fenomeno delle salse, così sviluppate come ognun sa, lungo la catena dell’ Appen- nino, e specialmente sui monti che dominano appunto le bassure mantovane,. sulla destra del Po. — La Memoria del socio prof. Paglia è ammessa alla stampa negli At sociali. È dato in seguito comunicazione: det Di una lettera del socio dott. Corrado Parona, in cui ringra- | Vol. XVIL 12 i 178 SEDUTA DEL 26 APRILE n8r4 3 zia la Società. datratipe astineso nel numero de ; - effettivi; Di altra lettera del socio conte Vittore Teri he zia la Società della deliberazione presa a di lui riguaré duta dello scorso mese di febbraio ; memorare il 4° centenario dalla nascita di Michela: narroti; b i | Infine il segretario dà lettura del processo verbale . cedente seduta 29 marzo 1874, il cui tenore viene aj F. SORDELLI, VALLI SALSE DI SERMIDE NEL MANTOVANO OSSERVAZIONI E STUDJ del prof. E. PAGLIA. Seduta del 26 aprile 1874. . Scrittori sulle valli salse sermidesi. — 2. Esame dei terreni. — 3. Soprassuolo al- luvionale. — 4. Soprassuolo non marino. — 5. Caratteri del fondo marino. — 6. Er- rori e testimonianze degli scrittori. — 7. Limiti presunti dell’antico lido adriatico — 8. Avvallamento del litorale adriatico. — 9. Sottosuolo non marino. — 10. Ana- lisi delle aque. — 11. Critica di dette analisi. — 12. Esame delle piante. — 13. Studi sulle piante marine. — 14. Genesi della vegetazione degli Heller olandesi. — 15. Considerazioni sull’ Aster tripolium. — 16. Altre piante pseudo-marine. — 17. Altri fatti in relazione colla salsedine delle valli sermidesi. — 18. Salsa di Sassuolo e sorgenti di petrolio presso Montegibio. — 19. Salsa di Nirano. — 20. Ori- gine apenninica delle nostre aque salse. — 21. Gita al supposto lago di Medolla. — 22. Ipotesi d’un sifone apenninico. — 23. Ulteriori osservazioni sulle piante delle valli sermidesi. — 24. Conclusione, 1. La nostra valle di Sermide attrasse in vari tempi l’atten- zione degli studiosi di cose naturali per il singolare fenomeno di comprendere largo tratto di terreno vallivo, dove l’acqua degli sta- gni e dei pozzi è salmastra e crescono spontanee varie piante ma- rine. | È noto il passo dell’illustre Pollini, in cui mentre afferma che nel territorio veronese non vi hanno paludi salate, constata però l'esistenza del suolo salso nella valle di Sermide sulla destra del Po, nel luogo detto il Dragoncello, producente piante maritti- me. | d ' « Paludes salse, quod sciam, nulle sunt in hac regione: extat vero solum sal- sum in valle Sermidis, loco dieto #1 Dragoncello ad dexteram Eridani oram, ubi ab- anditore olim meo, nunc amico Julio Sandrio lectas habeo Salicornias, Salsolas, alia- sque maritimas stirpes. » POLLINI, prefazione alla Flora Veronese, p. 13. 180 ; E. PAGLIA, Quando nel 1855 il compianto conte Luigi D’arco diede un saggio d’illustrazione, sotto l'aspetto geologico, della provincia mantovana, non mancò di tentare “ la spiegazione di tale singola» rità che veramente sorprende nella valle di Sermide a Tromuschio, ove trovansi la terra, l’aqua e le piante proprie dei lidi marini. ,° L’egregio dottor Gregorio Ottoni, avendo nel 1867 intrapreso, ‘ insieme al chimico farmacista Luigi Tommasi, lo studio delle aque potabili di Mantova, pubblicò nel 1868 l’analisi dell’aqua salsa raccolta in una palude al Dragoncello ed al Campo nel distretto di Sermide, unitamente a varie considerazioni sulla origine e sulla sorgente della mineralizzazione di tale aqua. ° Anche il signor G. Cabrini, nel suo discorso al Comizio Agrario di Sermide Sulle aque della valle di Sermide, tocca incidentalmente “ delle paludi marine scomparse dopo l’ alluvionamento della valle padana nelle più alte regioni e tuttora nelle basse da noi esi- stenti. , © A questi possono aggiugnersi altri scrittori, ricordati dal Mu- ratori e dal Figliasi, nonchè l’immortale Brocchi ed i geologi vi- venti, i quali con ipotesi ingegnose sulla formazione della valle padana tentarono di spiegare l’origine delle nostre valli salse e delle loro produzioni marine. 2. Riferendo le loro opinioni non mancherò di chiarire il mio pensiero sul loro valore, dacchè per sola ragione di posteriorità io mi trovo in possesso di fatti che essi non poterono conoscere, e che, se io non m’inganno, valgono ad escluderle interamente. Gioverà pertanto di portare la nostra attenzione distintamente sulle terre, sulle aque e sulle piante di quella porzione di valle che da Budrione presso Carpi, alla sinistra del Secchia, * e da Tra- ! Aspetto geologico della provincia mantovana del conte Luigi D’ Arco, nel gior- nale la Lucciola, edito in Mantova nel 1855. N. 29. 2 OTTONI dott. G., Sulle acque salse del Dragoncello, Comune di Sermide. Appen- dice alla Gazzetta di Mantova. Marzo, 1868. ® CABRINI G., appendice alla Gazzetta di Mantova. Maggio 1868. 4 Devo alla gentilezza del signor ingegnere Antonio Cabassi, la notizia della esi- stenza d’un pozzo d’acqua salsa sulla sinistra del Secchia, e precisamente sulla linea erroviaria presso Carpi lungo lo scolo Gavesotto, alla casa cantoniera N. 18. VALLI SALSE DI SERMIDE NEL MANTOVANO. 181 muschio sulla destra, si prolunga oltre la fossa di confine, col suo asse direttivo segnato dal canale mantovano o di San Martino, e dove appunto si riscontrano molte somiglianze con gli estuarj marini disseccati. = Prima ancora che io visitassi le valli sermidesi per istudiarne 1 terreni, il dottor Ottoni, nella nota sopraccitata, scriveva: “ Noi non intraprendemmo un’analisi rigorosa dei terreni, ma pur qual- cosa coi metodi degli agricoltori abbiamo fatto; e non li trovam- mo salmastrosi nel senso che a tal parola si dà, cioè formati da terreni ove il mare stagnava; li trovammo' con un po’ di cloruro, è vero, ma ciò dipendeva dalla deposizione delle aque., Questa osservazione giustissima è avvalorata dall'altra assai giudiziosa che se le aque salse del Sermidese “ dipendessero da antichi de- positi marini o da terreni salmastrosi, formati dal fondo di uno stagno in cui albergavano aque salse, dovrebbero estendersi non interrottamente fino al mare, o almeno nella zona da loro oc- cupata dovrebbero essere tutte salse; mentre invece più basso, sotto Sermide, cessano di essere tali, e in mezzo ad esse trovansi dei pozzi di buona acqua dolce. , Riguardo ai terreni constata quindi di averli trovati superiormente “ argillosi, quarzosi, cal- cari, con sommo predominio di argilla, composta come tutti sanno di allumina, silice ed ossido di ferro... È poi da questi terreni soprapposti che ripetono le nostre aque gli altri principii oltre i cloruri, com'è a dire i carbonati, i nitrati e i solfati, , mentre i cloruri proverrebbero, “dal trovarsi tali terreni su un fondo marino e corsi da aque sotterranee, che facilmente s’ ap- propriano i sali. ,, Secondo adunque il dott. Ottoni il soprasuolo delle valli salse sermidesi sarebbe alluvionale e della natura stessa di quello che largamente si estende lungo il corso del Po in tutta la bassa Lom- bardia: il sottosuolo invece sarebbe costituito da sabbie marine. Le mie osservazioni confermano solamente la prima parte. 3. Infatti dai numerosi saggi di terreni raccolti in varie lo- calità del nostro Oltrepò è-evidente constare essi alternativa- mente di argille compatte, di sabbie silicee, e di concrezioni cal- — 182 POREAMO (800: DIA, cari, * commiste ‘a conchiglie terrestri e d’aqua dolce (Melig, — Cyclostoma, Paludina, Planorbis, Lymneus, ecc.). Uno scavo da me praticato al Dragoncello alla profondità di metri 2,40 mi diede i seguenti terreni: CAPRI 0,40 terreno vegetale con cotica erbosa. 1,50 argilla giallastra con conchiglie terrestri. 0,50 argilla rossiccia algosa. La provenienza di queste argille non può essere dubbia ini si ricordi che i fiumi apenninici, specialmente il Secchia, alluvio- narono il Sermidese, depositandovi come in vasta colmata le ar- gille rapite ai colli subapennini, e la silice e la calce derivata dalla decomposizione delle roccie arenacee e calcari che fiancheggiano il corso di detti fiumi. In una escursione compiuta nell’ estate del 1873 nelle valli apenniniche del Secchia, del Panaro e del Reno, non mancai di ricercare quale sorta di terreno alluvionale am- mantasse i poggi o fosse deposto nelle concavità delle valli, e vi riscontrai predominare nelle parti più basse le terre marnose ci- nericcie, poco fertili, derivanti dalle argille scagliose e dalle sab- bie plioceniche, e nelle parti più elevate fino al sommo dosso del- l’Apennino, specialmente sul dorso di M. Cimone e nelle vallate confluenti al Panaro ed al Secchia, argille ocracee ammantate da florida vegetazione, non solo di erbe ma di cereali. E siccome questi terreni riscontrano perfettamente con quelli deposti nella nostra valle di Sermide, parmi così accertata la loro derivazione dall’Apennino, non escludendo però che siensi rimescolati con gli altri detriti finissimi fluitati dal Po e tributati dalle correnti su- periori tanto dell’Apennino che delle Alpi. 4. Superficialmente adunque i terreni in discorso non presen- tano alcuno di quei caratteri, che li possa qualificare per terreni deposti in seno ad un estuario marino. Nel settembre del 1872, trovandomi a Venezia, ebbi opportunità di assistere al lavoro delle draghe escavanti il fondo della Laguna. Il fango che ne estrae- vano era di colore azzurro, formato da sabbia finissima, congluti- ' Vedi in appendice gli spaccati nei terreni quaternari del Mantovano contrasse> gnati: F/g, G/g, H/o, H/10 L/ior Flior 1/3) Io. VALLI SALSE DI SERMIDE NEL MANTOVANO. 183 nata da cemento calcareo-argilloso e zeppo di conchiglie marine. (Cerithium, Melania, Trochus, Cardium, Ostrea, Mytilus, Pecten, Venus, Lucina, ecc.) miste a conchiglie terrestri (Helix carthu- stana). Dal quadro degli scandagli eseguiti lungo il mare Adria- tico dalla R. spedizione idrografica nell’anno 1869, che si ammira nel museo dell’arsenale di Venezia, potei rilevare del pari, che sia lateralmente al delta del Po, che nella direzione dello shoc- co di questo fiume, tanto alla profondità di un metro, che a quella a cui si è giunti rimpetto ad Ancona a Porto Tajer, di 100 metri, il fondo dell'Adriatico è composto di fango argilloso e sab- bioso commisto a conchiglie e ad alghe marine. ! Il lido di S. Elisabetta a Venezia, nelle parti lasciate scoperte dalla bassa marea, è formato da sabbia grigia finissima, conte- nente numerosi frantumi di conchiglie marine e di terrestri, delle specie viventi sui cespugli delle dune arenose formanti il cordone litorale, che interclude le aque salmastre stagnanti nelle lagune. Tralascio di ricordare altri accidenti caratteristici dei bassi fondi marini, come i spessi banchi di ghiaia ruzzolati dalle onde e gli avanzi vegetali interposti alle lamine argillose nei fondi tranquilli, riscontrati lungo le spiaggie adriatiche, da me precedentemente perlustrate da Venezia alla foce del Tronto, per ripetere quanto risulti evidente dall'esame dei terreni superficiali che la nostra valle di Sermide, e le adjacenti di Mirandola e di Ferrara, non furono mai, durante l’ultimo periodo di deltazione dei nostri fiu- mi, fondo lagunare o stagno marino. . + E ciò pare ammettere anche il sullodato dottor Ottoni quando dichiara “ che questa nostra Lombardia era nei primissimi tempi fondo di torbido oceano, rimasto in secco nelle epoche successive; sulle parti più alte del quale sorsero poi boschi, che col secolare ' Chi volesse farsi un’ idea più completa dell’ andamento del fondo Adriatico, non ha che a considerare i dati seguenti, che io riporto dal quadro sopracitato. — Verso il nord del golfo, sulla linea da Chioggia a Rovigno alla. profondità di 25 metri, si hanno sabbie con conchiglie marine; a 30 metri fango sabbioso con alghe e conchi- glie; a 35, metri sabbia e fango. Nel mezzo il fondo è orizzontale, fangoso, ed ha 30. metri di profondità; in seguito si trova a 35 metri sabbia e fango; a 25 metri sab-- bia, fango e conchiglie; e verso riva a 25 metri di profondità sabbia e fango. 184 È. PAGLIA, soggiorno e coi detriti dei fiumi formarono un terreno, che non può dirsi per nulla salmastroso, ma che poggia su di un fondo co- stituito da sabbia marina, dal quale proviene la salsedine delle aque nostre. , Il che però non posso ammettere io per le seguenti considerazioni : | 5. A quali caratteri esterni, mineralogici si riconoscano le sab- bie marine dalle fluviatili, e segnatamente le sabbie marine adria- tiche, da quelle che si estraggono dal sottosuolo delle valli ser- midesi, mi è facile dimostrare, avendole raccolte e studiate accu- ratamente. Mi limito però a notare il carattere decisivo degli avanzi organici, che nelle sabbie marine sono per necessità di animali e di piante. marine, sebbene commisti talvolta ad avanzi organici di origine terrestre. Le sabbie invece da me estratte dal fondo di un pozzo d’aqua salata alla Masetta nelle valli presso Tramuschio, alla profondità di metri 5,50 non contenevano nessun avanzo organico marino, come quelle di una qualunque altra cava; anche a maggiore profondità in altre parti della valle. 6. Nè fa al proposito la notizia del Vallisnieri * ripetuta dal Brocchi e dal Figliasi, “ che nel modenese pure, fino a 60 e 70 piedi sotterra, ostriche ed altri nicchi marini incontrano nel cavare pozzi , poichè trattasi, com’ è chiaro, di escavazioni nel terreno terziario o nel suo immediato detrito, quale alla base dei colli subapennini trovasi ricoperto, come afferma il Brocchi, ? dai ter- reni alluvionali. Percorrendo infatti la strada da Modena a Sas- suolo, osservai che a circa 7 miglia dalla città il sottosuolo è for- mato da banchi di ciottoli torrenziali che vanno a nascondersi sotto le falde dei colli subapennini 4 miglia più al sud. Nè maggior valore hanno le asserzioni del Figliasi * che © nel Mantovano, vicino alla foce in Po del Mincio, il fango marino sco- persero sotto altissime deposizioni fluviali: , e cita il Bertazzo- 1 VALLISNIERI, Origine delle fonti. 2 I pozzi di Modena mostrano a 63 piedi il fondo marino, a cuì sì soprappone melma argillosa e terra vera (BROCcHI, Conchigliologia subapennina. Silvestri 1843. tomo I, pag. 260). ® FIGLIASI, Memorie storiche dei Veneti primi e secondi. 1796, tom. I, pag. 13. VALLI SALSE DI SERMIDE NEL MANTOVANO. 185 lo, * il quale credette di asserire che con quel fango si estraesse torba marina; intorno a che il Brocchi sopracitato dichiara di so- spettare “ che la torba accennata da Bertazzolo sia stata male qua- lificata ed in cambio di origine palustre. ,, E tanto più mi confermo nella opinione della nessuna fede da prestarsi ai giudizi del Figliasi vista la risultanza degli scavi moderni in quelle località, ? e quando trovo soggiugnersi da lui: “ Anche vicino alla palude che Mantova circonda, facendosi un profondo scavo, apparve lo stesso fango (marino) pieno di piccoli bucini striati, bianchissimi, che in pol- vere scioglieansi esposti all’aria. , Nessun altro infatti ed in nes- suna occasione potè constatare che il sottosuolo nei dintorni di Mantova contenga avanzi marini; sicchè è da credere che i citati bucini non fossero in fine che ciclostomi, o paludine, od altre co- munissime conchiglie palustri o terrestri. A chi poi prendesse vaghezza di ritenere che il sottosuolo delle valli sermidesi sia stato dai primordi dell’ epoca quaternaria, fino quasi ai tempi storici, non basso fondo di laguna interclusa da un “cordone litorale, di cui si dovrebbero pure trovare le tracce molto al di qua dei limiti occidentali delle Lagune venete e di Comac- chio, ma aperto mare più o meno profondo, consideri quanto verrò esponendo. 7. Non voglio però ommettere di ricordare prima come l’inter- nare il lido marino adriatico ben addentro nella pianura padana non sia idea nuova. Dalla citata opera del Brocchi, a pag. 260, ' BertazzoLo;, Discorso sopra il sostegno di Governolo. Mantova, 1609. Alla pa- gina 39 si legge: « Dove ora è Governolo si tocca con mano che anticamente vi è stato il mare, posciacchè essendo noi andati a basso sotto il pavimento della Chiusa 4 */, braccia, abbiamo ritrovato una mano di gorra marina, massiccia e indurata quant’ è il legno, aspersa dentro di radici d’alega e giunchi marini (quali sotto terra mai si putrefanno) verdi appunto come fossero stati posti solo il giorno precedente; e questa è tanto dura che solo con grandissima fatica si può tagliare per essere tanto ammassata dalla grande altezza del terreno quale vi è sopra: questa se si fa seccare abbrucia, come suol fare il carbone petroso che si cava nelle vene della terra a Liegi. Ed è da considerare che questo interramento dalla dirittura di questo paese sino al mare sia stato fatto dai fiumi quali scorrono bene spesso torbidi insieme, come il Po per la Lombardia, » 1 Vedi, l’appendice degli spaccati alla lettera I/;. 186 È. PAGLIA, si ricava che il primo, il quale siasi imaginato di dilatare i bassi. fondi di questo mare tant’oltre gli odierni limiti, fu il Sabbatini, che verso il 1550 compose un trattato Sulla Laguna di Venezia, citato da tutti gli autori e che si custodiva manoscritto nell’ar- chivio della Repubblica, e nel quale la Laguna è estesa da Aqui- leja e Comacchio alle colline di Vicenza, con misure però arbitrarie e capricciose. Leibnitz si accontentava di*far lambire dalle onde. marine le falde degli Euganei. L’Amati * scrive: “ Quando il mare impaludava Sermide ai tempi di Augusto, Spina fabbricata sulla spiaggia dell'Adriatico 1100 anni prima dell’ èra nostra, ne era già lontana 11 miglia: quanto più non doveva inoltrarsi il mare (verso l’interno della valle) quando bagnava le mura di Spina? , E dietro questa induzione mal fon- data (poichè se ai tempi d'Augusto la strada che da Este per Ser- mide toccava a Bologna, attraversava paludi, queste erano d’aqua dolce e non marine) egli stabiliva il lido del mare a Brescello; come il Dolomieu a Cremona. Il Silvestri, ? poi il Rossi * asseri- rono che le foci del Po in mare, si trovavano, nell’ epoca etrusca o poco prima, nel Parmigiano, presso il Taro attuale. 8. Con quanto fondamento e critica dei fatti siasi scritto ciò, giudichi il lettore. Pare anzi che si debba ammettere il contrario; cioè che lungi dell’avere l’ Adriatico abbandonato successivamente, durante l’epoca attuale, la parte inferiore della valle padana da ovest ad est, tenda anzi a guadagnare su di essa ed a sommergerla avanzando da est ad ovest. Scrive infatti il Brocchi: * “ La laguna, secondo il Manfredi, ha già guadagnato terra dalla parte di Ve- nezia; i contorni di Adria sono occupati da paludi salse che non erano un tempo così estese; e lo stesso si dice delle valli di Comac- chio. L’antica città di Conca, situata a 10 miglia circa da Rimini presso la foce del Crustumio, è da molti secoli sommersa, e Y'A- driatico sulla costa della Dalmazia guadagna sopra Zara. » Così 1 AMATI, Dissertazione sul Rubicone. 2 SitLvEsTRI, Paludi atriane. 3 Rossi, Storia di Ravenna. ‘ BROCCHI, op. cit., pag. 291: VALLI SALSE DI SERMIDE NEL MANTOVANO. 187 avvenne della tomba di Teodorico a Ravenna, il cui pavimento trovasi oggi depresso sotto il livello del mare. Il Lombardini ri- conosce che il fondo della laguna a Venezia si è depresso dalle torbe scavate a molta profondità nel perforamento dei pozzi arte- siani. Infatti i vegetali che s’accumulavano in posto per formare quella torba, dovettero crescere alla superficie del suolo, mentre oggi si trovano tanto al disotto di essa. Del resto, secondo lo stesso Lombardini, * il cordone litorale di Ariano vecchio è il più antico che si conosca: colà aveva la sua foce principale il Po ai tempi etruschi, 10 secoli prima dell’èra nostra; ‘che è quanto dire, che se il Po ha allungato il suo delta oltre quest’antico cor- done litorale di circa 38 chilometri, posto l’ abbassarsi del lido, le ‘ lagune chiuse dentro terra da quel cordone dovevano essere meno vaste delle attuali e non arrivare per nessun conto all'altezza del nostro Sermidese. Un’ altra prova di ciò io ritraggo dagli Atti della Commissione d’inchiesta sulla rotta del Po alla Guarda sotto Ferrara nel 1868. Nelle terebrazioni da essa praticate in vari punti nelle vicinanze e sul fondo stesso della rotta, distante 7 chilometri dalle valli della:bonificazione ferrarese, furono trovate sabbie di vario co- lore, argilla in istrati ora declivi verso il letto del fiume ed ora orizzontali, commista a banchi di sabbia e di torba. Nella sezione num. 5 alla profondità di metri 11,50 è registrato uno strato di torba compatta della grossezza di metri 1,50. Il dottor Bottoni * riferendo pure questi fatti, nulla aggiunge che valga a far rite- nere quei depositi in relazione col mare, che anzi colla Commis: sione suddetta li riconosce di formazione interamente fluviale ;. e sì che gli avrebbe giovato, qualora avesse incontrato nel sotto- suolo uno strato marino, di rammentarsene per giustificare la presenza da lui superiormente citata (a pag. 15 del suo lavoro), del sal comune nelle terre ferraresi. - 9. Come che sia però, anche se terebrazioni più profonde venis- 1 LOMBARDINI, Memoria geografico-storica sulla pianura subapennina. = Bollet tino della Società geografica italiana, fasc. III del 1869. 2 BotTONI, Sulle rotte del Po. Ferrara 1873, pag. 156. . 188 E. PAGLIA, sero a dimostrare la presenza del fondo marino sotto il fondo al- luvionale delle nostre valli, non per ciò sarebbe provata la tesi contraria a quella che io sostengo. Infatti a me giova di stabilire che la salsedine delle aque e delle terre del Sermidese non di- pende nè dal mare attuale, nè da depositi marini abbandonati dallo stesso durante il processo della deltazione dei nostri fiumi, poi- chè insieme al cloruro di sodio e ai sali marini dovrebbero esse contenere quegli avanzi organici che nei bassi fondi marini non mancano mai; poichè nessuno potrà sostenere che il sottosuolo del Sermidese sia stato il fondo di un mare assai profondo e sta- gnante, nel quale, come avviene nelle profondità più considere- voli del Mediterraneo, secondo gli studii del Carpenter, *! precipi- tando le materie minerali assai lentamente producono una sedi- mentazione considerevole priva di essere organici animali, perchè le aque torbide ne producono l’asfisia. Che se il deserto di Sahara e l’istmo di Suez, colla depressione dei laghi amari, col sale, le conchiglie, il gesso, ecc. mostrano d’essere stati una salina natu- rale, cioè un fondo di mare sollevato in parte ed in parte asciu- gato dalla interclusione prodotta dalle dune degli apparati litorali (come ho potuto accertarmi coll’ esame dei saggi dei terreni lungo il canale di Suez, che si ammirano esposti nel museo civico di Mi- lano), nulla di tutto ciò si riscontra nelle nostre valli, all'infuori del sale e delle piante marine. Senza adunque preoccuparmi oltre dei terreni sermidesi, che a sufficenza sembrami d’avere provato non essere d’ origine marina, passo dall'esame di questi a quello delle aque, nelle quali si trovano disciolti i sali che ne costituiscono la singolarità, onde stabilirne l’ origine. 10. Riguardo all’ analisi dell’ aqua salsa, che si attinge dai pozzi e dagli stagni dellé valli sermidesi, nulla di meglio per me che di riferirmi al saggio pubblicatone dal dottor Ottoni. Ecco le sue parole:? “ La predetta aqua fu raccolta in una palude al Dragon- | cello ed al Campo, luogo posseduto dal conte Riginfrido Coca- stelli, nel distretto di Sermide; fu estratta dal fondo di un cavo i CARPENTER W. B., Mer Mediterranée. Revue scientifique 21, ottobre 1871, N. 17, 2 Appendice alla Gazzetta di Mantova. Marzo, 1868; cit. di sopra. VALLI SALSE DI SERMIDE NEL MANTOVANO. 189 di metri tre. Si raccoglie anche in altri luoghi per larghi tratti di terreno. È fredda e poco limpida, di sapore salato piccante ed un po’ amaro; talvolta manda odore leggero di gas solfidrico, do- vuto alla decomposizione dei solfati in contatto delle sostanze or- ganiche del suolo. Segnò all’idrotimetro gradi 690: ogni litro con- teneva in soluzione grammi 7,820 di sali calcari e magnesiaci. La evaporazione di un litro della stessa diede un residuo che, ridotto a secchezza, pesava grammi 17,5. L’analisi qualitativa dimostrò che il residuo conteneva: carbonato di calce, solfato di calce, sol- fato di soda e solfato di magnesia, cloruro di calcio, di magnesia, di sodio e di potassio, nitrato di potassa e di calce, allumina, ferro (traccie) e materie organiche. D’acido carbonico libero non se ne raccolse, forse perchè s'incontrano carbonati e non bicarbonati, com’è la regola nelle aque minerali. Nemmeno trovammo iodio e bromo, consueti compagni del cloruro di sodio quando è in quan- tità rimarchevole, quantunque vi abbiamo adoperato per essi ana- lisi più rigorosa. Coll’analisi volumetrica determinammo i sali calcarei e magne- siaci. Eccone i risultati: carbonato di calce grammi 3,208 — sol- fato di calce 1,995 — solfato di magnesia 1,441 — cloruro di calcio 1,058 — cloruro di magnesia 0,118. La rimanenza constava di circa grammi 9: cioè, cloruro di sodio grammi 6 — cloruro di potassio 2 — nitrato di calce e potassa 1. — Colla soluzione di | permanganato di potassa svelarono: materie organiche gram- mi 0,060. Ora se si vuol fare un confronto qualitativo e quantitativo fra i componenti dell’aqua marina e quelli della nostra, si troverà che in un litro d’acqua marina v’ha approssimativamente di, clo- ruro di sodio quattro volte di più che in un litro della nostra; di cloruro di calcio molto meno (258 milligrammi circa meno); di cloruro di magnesia sei volte più; di carbonato di calce appena — traccie; mentre nella nostra ve ne sono grammi 3,208; di solfato di calce una volta e mezzo di meno che nella nostra; di solfato di magnesia il doppio che nella nostra; di iodio, di silice, di bro- muro di magnesio quantità sensibile, mentre nella nostra nem- 190 E. PAGLIA, meno traccie: di cloruro di potassio, di nitrato di calce e di po- tassa nulla, e nella nostra discreta quantità; nella HOFFER] final- mente traccie di allumina e di ferro. Rit? Se poi si vuol gettare uno sguardo alla composizione delle aque di Salso Maggiore e di Sales, si troverà che in quelle di Salso Maggiore vi è, è vero, il cloruro di magnesio, di calcio e di sodio, e bicarbonato di calce e di soda; ma v'ha di più; il bicarbonato di ferro in quantità tale da riescire medicamentoso, e una quan tità indeterminata di acido carbonico, e inoltre traccie di sodio. E in quelle di Sales una quantità maggiore di cloruro di sodio e di calcio, e di più il bromuro di calcio, il ioduro di magnesia, in tali dosi da renderle le aque più iodiche che finora si cono- scano. In alcune aque del Bolognese poi vi sono prin costitutivi per qualità e dose avvicinantisi molto a quelli delle nostre; ma vi sono carbonati di ferro e ioduri ed acido carbonico. | Da questo confronto si vedrà che le nostre aque sì avvicinano alla marina più che alle altre per la quantità sensibile di cloruri. Forse la mancanza del iodio e del bromo è dovuta alla minore copia dei cloruri ed alla maggiore dei sali di calcio e di magne- sio; perchè in molti luoghi della valle, riescendo stagnanti e ricche di vegetali, ne vengono per questo fatto depauperate; poichè si sa che i vegetabili assorbono e condensano nel loro organismo gli joduri; la presenza poi dei nitrati è dovuta forse a questo, che l’acido nitrico proviene ad essa, sia per la unione degli elementi dell’aria in presenza di una terra porosa impregnata di sostanze alcaline, sia per la lenta combustione che subisce nelle stesse con- dizioni l’ammoniaca delle sostanze organiche azotate. Nel mare quindi pare che si dovrebbe cercare la sorgente della mineralizzazione di tale aqua. 11. Tralascio di notare come il confronto quantitativo dei componenti dell’aqua marina e di alcune sorgenti minerali, con quelli della nostra, per inferirne direttamente la sua origine dal mare, sia metodo poco sicuro, attesa la variabilità di uno dei termini del confronto. Le analisi infatti dell’aqua marina, ese- VALLI SALSE DI SERMIDE NEL MANTOVANO. pEG1 guite da diversi chimici, presentano elementi diversi, e sarebbe perciò agevole tra le molte trovarne una al cui confronto le aque del Sermidese dovessero giudicarsi ben diversamente. Rispetto al solo cloruro di sodio o salmarino, mentre nei mari della Scozia per ogni chilogrammo d’aqua il Murray ne trovò gr. 22,001, il Marcet ne riscontrò nelle regioni medie dell’Atlantico gram- mi 26,600; ed il Burat gr. 30,182 nell’aqua del Mediterraneo. Il dottor Ottoni escluderebbe dall’aqua marina l’allumina ed il ferro che trovansi nella nostra, mentre il Burat! ebbe a ri- scontrare questi minerali nelle aque del Mediterraneo. Con tutto ciò sta il fatto generale che l’aqua marina è com- plessivamente più ricca di materie fisse e di sali, contenendone il 38,626 per mille, secondo il sopracitato Burat, mentre la no- stra non ne tiene in soluzione che 17,500, e specialmente poi ab- bonda l’ aqua marina, in confronto della nostra, di cloruro di sodio e di magnesio e possiede jodio e bromo, mentre difetta di sali calcari e di nitrati. Le aque minerali poi, sorgenti dalle viscere dell’Apennino, con- terrebbero ugualmente cloruri di sodio e di magnesio; maggior quantità di iodio-bromo, di ferro od acido carbonico senza nitrati, ma in proporzioni minori, cioè, al massimo, pel cloruro di sodio dall’8 al 9 per mille, come lo dimostra l’analisi delle aque ter- mali della Porretta. ° 1 Analisi dell’acqua del Mediterraneo di Burat, riportata dallo Stoppani nelle sue Note ad un Corso annuale di Geologia. Parte II, cap. III, 36. ? Vedi nella IMustrazione delle Terme di Porretta e del suo territorio. Bologna, 1867, pubblicata dal prof. cav. GrusEPPE BIANCONI, le analisi di quelle sorgenti, la cui temperatura è tra i 27° ed i 38° e tra cui riporto quella delle acque del Leone che è la più ricca di materie fisse contenendone l’ 8,97 per mille. Analisi dell’aqua del Leone del prof. cav. Gaetano Sgarzi: Ussigano it unt te drammi 0,0030 BEBE ci e ra n 0,0068 Idrogeno carbonato. .. .. .. . i 0,0060 RPA dit a ibelfenao » 0,0010 Acido ‘carbonico .. .. .. .... » 0,0201 Cloruro -di sodio >». . .'... » 8,2444 Da riportarsi Grammi 8,2813 0’ A E. PAGLIA, Il risultato del confronto parmi adunque riescire un po’diverso da quello annunciato, poichè la scarsezza dei cloruri di sodio e di magnesio, la mancanza del iodio e del bromo e l'abbondanza dei sali di calce e dei nitrati, allontanano le nostre aque tanto dalla composizione delle aque minerali che da quella del mare. Nè vale la spiegazione data, giustissima del resto, tanto del difetto che dell’eccesso delle materie saline contenute, per dedurne che esse si avvicinano alla marina più che alle altre, specialmente per la quantità sensibile di cloruri; poichè, ammettendosi come causa modificatrice l'influenza del suolo, dell’ aria e della vegetazione, questa avrebbe agito ugualmente sulle nostre aque salse, qua- lunque sia la loro derivazione, dal mare cioè o dalle sorgenti apenniniche. Bastami che queste osservazioni sulle analisi delle aque salse conducano a stabilire non necessaria, anzi improbabile affatto, l’ origine delle sermidesi dal mare. Passiamo alle piante. 12. È nota la singolarità delle piante così dette marine; cre- scenti nelle valli sermidesi, che hanno fatto pensare subito a un fondo marino come causa di loro presenza. Tali piante, per le ri- cerche e le determinazioni di Pollini, di Barbieri, di Magnaguti, di D’Arco e di altri botanici, sono principalmente: Salsola Kali L. Arenaria marina Rth. s Soda L. Jasonia sicula D. C. Schoberia maritima M. B. Aster tripolium L. Riporto Grammi 8,2813 Joduro' di sodio. .. . 0... » 0,0802 4 Bromuro di jodio . . . . . » 0,0016 Bicarbonato di soda . . . . » 0,3891 Bileo:tysati citesto lasco. ide » 0,0050 Alluimina ignis... a » 0,0060 Mn na » 0,0022 Menonieo 'ITTRIT, atee. o btradeia Sostanza organica. . . . . Grammi 0,0622 TL VIE STE PRI N e » 990,9850 » di calce. ... . » 0,1420 » di magnesia . . » 0,0444 Grammi 1000,0000 pe VALLI SALSE DI SERMIDE NEL MANTOVANO. 193 Salicornia herbacea L. Plantago maritima L. Beta maritima L. Tamarix gallica L. Triticum maritimum Rchb. Io vi aggiungo, come piante notabili di quel bacino, le se- guenti: - » Calamagrostis litorea DO. Erigeron acre L. Helminthia echioides Grt. Erigeron graveolens L. Cupularia viscosa L. Xeranthemum inapertum DC. Hippophae ramnoides L. 13. Prima d’ ogni cosa però mi giova riferire, a proposito di | piante marine, un passo dell’ illustre Delpino:! “Le scoperte, egli dice, e gli esperimenti di Huxtable, di Thomp- son, Way e Liebig, conducono a credere che il terreno vegetale, originato non tanto da frantumazione meccanica, quanto da dis- aggregazione fisica, è un filtro potente che assorbe e trattiene fino a saturazione tutti i sali e le impurità organiche disciolte nel- l’aqua, lasciando scorrere. liberamente soltanto i cloruri, gli jo- duri, i bromuri e gli altri sali avanzati alla saturazione del fil- tro. Ne consegue: 1.° Che necessariamente, vuoi nelle paludi, che sono piccoli ricettacoli delle fluenze locali, vuoi nel mare, che è il ricettacolo ‘ massime delle fluenze mondiali, si concentrano esclusivamente i principii cloro-bromo-jodici. 2.° Che la terra si distingue perciò in due campi di vegeta- zione. L° uno; perchè costantemente dilavato dall’ aqua piovana, manca costantemente di principii cloro-bromo-jodici. L'altra, in- vece, ne è costantemente fornita. Le piante marine non sono che piante terrestri, che lenta- mente si adattarono a subire l’ influenza dei tre agenti suddetti, modificandosi in nuove specie, colla tendenza a convertirsi di nuovo per lente trasformazioni in terrestri. Il Polygonum marîiti- mum, che probabilissimamente è una discendenza marittima. del Polygonum aviculare, tende in qualche luogo ad allontanarsi dal ' DeLPINO F., Appunti di geografia botanica. — Bollettino della Società geografica italiana, fasc. L1I, pag. 282. Vol. XVII. 13 194 i E. PAGLIA, mare, rivestendo forme già assai differenti, prodromi di specie nuove. , alal ; 14. È dunque ammesso come corollario dei più recenti studii, che in una palude, per opera delle correnti terrestri e della ve- getazione nei terreni superiori, possano accumularsi varii sali, spe- cialmente i cloruri, gli joduri ed i bromuri, e formarsene quindi depositi indipendenti dal mare; il che potrebbe valere a chiarire la origine della salsedine delle aque sermidesi, in parte almeno, senza l'intervento del mare. Ma consultiamone le piante. Accettando pure con riserva la splendida teoria del Delpino sulla trasformazione delle piante terrestri in marine e viceversa, resta sempre da notare una differenza tra la vegetazione dei bassi fondi marini che rimangono asciutti, e quella che si osserva nelle nostre valli. Secondo narra lo Stoppani,' nei Paesi Bassi “ sui bassi fondi sabbiosi, detti Watt, o banchi di grosse sabbie, il mare abbandona ogni giorno una porzione di fino sedimento. Il banco si alza poco a poco, comincia a stabilirsi la Salicornia herbacea, vera pianta aquatica. Alzandosi il fondo, la Salicornia herbacea intisichisce per penuria d’aqua ed è mano mano sostituita dal- l’Aster tripolium, alberetto che ha perfino sei piedi d’altezza, ricco di fiori celesti, che forma una piccola selva, la quale promuove rapidamente l’alzarsi del fondo. Mano mano che il fondo riesce al livello dell’alta marea è la Plantago maritima, pianta erbacea che vi pullula e si stabilisce rapidamente; il fondo diventa un’ Hel- ler, ossia un pascolo. » Le piante suddette perciò si succedono e si escludono l’un l’altra nei bassi fondi convertiti in campi ferti- lissimi dalla sedimentazione marina. Nelle nostre valli salmastrose, invece, le stesse piante durano e crescono insieme in terreni che anche per questo fatto lasciano sospettare d’avere avuta un'origine diversa da quella delle pia- nure olandesi. 15. Sopra una di tali piante posso aggiungere un’osservazione mia molto istruttiva. 1 STOPPANI cav, prof. A., op. cit., parte I, cap. XI, 308, VALLI SALSE DI SERMIDE NEL MANTOVANO. 195 ‘Tl signor Brocca,' botanizzando lungo le rive del golfo di Gua- scogna; presso St-Jean-de-Luz, nell’ ottobre 1867, trovò che l’Aster tripolium presentava tre diversi abiti e caratteri speciali, secondo che cresceva presso il mare o lungo i corsi d’aqua dolce, ossia dentro terra all’asciutto. Egli ne distinse perciò tre varietà: 1. Varietà terrestre, con fusto diritto, alto 50 centimetri; foglie lanceolate, dentate; corimbo non ramoso; brattee piccole e fogliacee; con fiori da 1 a 15, grandi, a raggio largo e violetto. 2. Varietà fluviatile, alta 1 metro; foglie radicali lanceolate, lunghe da 25 a 30 centimetri; poche foglie cauline; pochi fiori, piccoli, a raggio breve violetto. 3. Varietà marittima, con fusto tortuoso, alto 2 metri; senza foglie; corimbo ramoso; brattee grandi, carnose; fiori gialli, senza raggio violetto. | L’Aster tripolium, che cresce abbondantemente nelle nostre valli salate, è alto al più 50 centimetri; ha fusto ramoso, con corimbo da 1 fino a 14 fiori; foglie lanceolate, appena dentate; le brattee sono piuttosto lunghe, fogliacee; ed i fiori grandi con raggio violetto. Nei dintorni invece di Ferrara l’Aster tripolium - cresce a maggior statura, e meglio s’avvicina alla varietà fluvia- tile; mentre il nostro presenta tutti i caratteri della varietà ter- restre. Con ciò verrebbe a confermarsi la teoria del Delpino; poichè il nostro Aster non divenne interamente marino per non aver trovato nei terreni sermidesi le condizioni mineralogiche e climatologiche che sono proprie dei lidi marini. Infatti la scar- sezza del cloruro di sodio, e la mancanza, o, com’io ritengo, la povertà dei joduri e bromuri, devono pure condizionare in modo affatto speciale questa nostra flora pseudo-marina. 16. In quanto alla Salicornia herbacea, che è pianta aquatica, è da credere durerà nelle nostre valli finchè non sieno prosciu- gate dai lavori idraulici progettati; mentre dovrebbe essere già scomparsa nella ipotesi del ritiro del mare e dell’ innalzamento del fondo per colmata di più che sei metri sul livello attuale del- ' Brocca M., Letransformisme. Revue des cours scientifiques, 23 luglio 1870, N. 34. 196 E. PAGLIA, l'Adriatico. La Salsola Kali parimenti, se cresce nei terreni sal- | mastri delle nostre basse valli, l’ho pure raccolta presso alla no- stra città sulle alture del Pompilio, tra le aride sabbie, ed a Marcaria sugli argini dell’ Oglio; segno evidente che non ha bi- sogno del mare, nè dei terreni abbandonati recentemente dallo stesso per vegetare: ma sibbene di quel dato alimento minerale salino che può trovarsi nei terreni senza che provenga direttamente dal mare. E questo credo debba ritenersi per le altre località me- diterranee di Lombardia e Piemonte, dove esistono terreni salsi e vi crescono perciò piante così dette marine: come la Salicormia herbacea nel Campo Spinoso, alla destra del torrente Verzate, che sbocca, rimpetto al Ticino, nel Po; ed a Riva di Nazzano, lungo la Staffora nel Tortonese;* nonchè alla base della collina di San Colombano verso Miradolo, dove la riscontrai nel 1870. Anche la Plantago maritima porta un nome specifico mentito; poi- chè se trovasi nei terreni salmastri, cresce pure in ogni punto della nostra provincia, non escluse le colline; talchè osserva il Bertoloni,° che a questa specie impropriamente hanno applicato il nome di marittima, perchè sul più alto Apennino cresce spon- tanea come cresce nelle rive marittime. Da tutto ciò puossi adunque conchiudere che l’esistenza delle piante marine nelle valli di Sermide non è così necessariamente collegata colla esistenza, anche remota, del mare attuale in essa, da rendere testimonianza irrefragabile di un fatto facile ad im- maginare, ma che non regge al paragone di altri fatti reali. 17. Fin qui non ho tuttavia che distrutta un'ipotesi. Ora non si tratta di crearne un’altra contraria per spiegare la origine dei ter- reni, delle aque e delle piante del Sermidese; ma sibbene di far no- tare alcuni fatti pei quali quella origine si manifesti da sè, senz’al- tra fatica, per chi vi ha consacrato tempo e studii non brevi, che di presentarli agli studiosi nell’ ordine, onde tanto si giova una di- mostrazione. Non ritornerò tuttavia sulla ricerca della derivazione ‘ Prefazione alla Flora Ticinese di DOMENICO NoccaA e G. B. BAaLBIS. Pavia 1816. ? BERTOLONI prof. G. Vegetazione dei monti di Porretta e dei suoi prodotti ve- getali. 1867. VALLI SALSE DI SERMIDE NEL MANTOVANO. 197 dei terreni tanto superficiali che profondi della valle di Ser- mide, essendo evidente da quanto fu esposto superiormente che essi provengono specialmente dagli Apennini. Mi affretterò invece a dar relazione di alcuni fatti osservati nell’ Apennino -stesso e che io credo abbiano stretta relazione colla salsedine e colle piante speciali della nostra valle. - 18. Salendo la collina pliocenica, alle cui falde settentrionali è posta la borgata di Sassuolo sulla destra del Secchia a 15 chi- lometri da Modena, e sulla cui sommità si erge il castello di Mon- tegibio, S’ incontra il famoso vulcanetto di fango salato, chiamato la Salsa di Sassuolo, già nota fin dai tempi romani e ricordata dal naturalista C. Plinio seniore, per una spaventosa eruzione che fece nell’anno di Roma 663,' in cui vomitò fiamme e sassi, e il suolo si scosse con rovina delle. ville circostanti. Questi furori si rinnovarono da quell’ epoca più volte, come storicamente fu esposto prima dal professor Bianconi? e quindi dai professori Ca- nestrini e Calegari nei loro dottissimi scritti. * L’ ultima memorabile grande eruzione, avvenuta il 4 giu- gno 1835, ha lasciato traccie di sè, non solo nella memoria ancor viva dei terrazzani, ma nel sito stesso, dove la violenza del pa- rossismo è tuttora attestata dall'enorme massa allora eruttata di fanghiglia e di sassi, che si calcola di un milione e mezzo di metri cubi. Essa, riempiendo il burrone, sul cui margine si apriva la salsa, formò l’attuale piano elittico, del diametro maggiore di circa 60 metri, recinto quasi interamente da una specie d’argine, dell’ altezza massima ad est di metri 5 verso l’interno e di 15 verso il di fuori, sulla sinistra della via che sale a Montegibio. Quel piano, il quale costituisce oggi il fondo del cratere d’ eru- zione, è formato di argilla azzurra che impasta confusamente varii frammenti di roccie, alcuni dei quali assai voluminosi, segnata- mente di roccie calcaree; marnose, arenarie, con spato calcare e ‘ PLInIi C. S., Historia mundi. Lib. II, cap. 83. ? BIANCONI prof., Dei fenomeni geologici operati dal gas idrogeno. — Nuovi an- nali delle scienze naturali di Bologna. 1839-40. ® Vedi appendici del giornale I Panaro di Modena nel 1866. 198 E. PAGLIA, serpentinoso: Un solco vi serpeggia, da S-E a N-0, per tutta la lunghezza dell’alto piano che diviene letto del fangoso rigagnolo, il quale, in tempo di pioggia o di attività della salsa, ne scarica i prodotti nella depressione ad ovest che declina al Secchia. Quando la visitai, il 29 luglio 1873, ogni vulcanica manifesta- zione era ristretta al gorgogliare di poche bolle d’idrogeno solfo- rato, di cui si sentiva distintamente la caratteristica puzza, e che accese davano una pallida fiammella giallastra, erompente con iso- crono rumore da due pozzette d’aqua fangosa, cinerea, salata, sul fondo di un piccolo cratere circolare, profondo metri 0,60 e del diametro di metri 0,80, all’estremità orientale interna del recinto suddetto. Mentre il termometro, all’ ombra, segnava, alle 8 del mattino, 18 gradi Réaumur, immerso in quell’aqua, saliva tosto a 28. Due altri piccoli fori imbutiformi davano segno, lì presso, col fango raggrumato all’intorno, d’avere dato sfogo da poco alla espansiva potenza delle forze sotterranee. A pochi passi; al nord ed al sud del recinto craterico, si trovano due case, dai pozzi delle quali si estrae aqua salata, sulfurea ed imbevibile. Nelle vicinanze scaturiscono pure le tre sorgenti salsoGioiialio della Salvarola, illustrate dal professor Doderlein;* come in altri punti del territorio di Sassuolo numerose, sebbene piccolissime, polle d’aqua salata. e fangosa, mentre vi difetta la buona e lim- pida aqua potabile. Ciò è dovuto al contenere quelle aque sotter- ranee disciolte in quantità notevoli materie saline e terrose, e al- l’inquinarsi che fanno di oleosità puzzolente nell’ attraversare gli strati petroleiferi, frequenti in quei dintorni. Scendendo infatti da Montegibio nella valle a N-E, dove scorre il torrente Chianca, si trovano in esso confluire i Rivi (Rè, Rè de Sels), corsi in tempo di pioggia da torrentelli fangosi e salati, e lungo i quali sono aperti i pozzi da cui si estrae il petrolio. L’ ostinata siccità che durava da tanto tempo, mi fece trovare quei Rivi col fondo ci- nereo di fango arido ed impietrito, zeppo di fossili pliocenici; solo qua e là qualche pozzetta d’aqua mostrava sul suo fondo un 1 DODERLEIN prof., La sorgente salso-jodica del'a Salvarola. Atti della regia Acca- demia di Modena. Vol. III, 1859. | — VALLI SALSE DI SERMIDE NEL MANTOVANO. 199. precipitato nero, che, a smuoverlo, dava un disgustosissimo puzzo di ova fracide. Vicino a uno di quei pozzi trovai, a fior di terra, contro la parete ertissima, nuda, franata, biancheggiante della profonda insolcatura, uno strato di arenaria così imbevuta di pe- trolio da sentirsene a distanza l’odore, mentre alla superficie vi si mostrava raggrumato in sottile, nereggiante pellicola bituminosa. 19. Altra piccola salsa ribolle all’ est di Sassuolo presso Fio- rano, che trascurai di visitare, per salire a quella tanto vantata di Nirano. Superato Valto colle dei Gazzoli, composto di argille azzurre con fossili pliocenici, di poche sabbie gialle, e quindi delle sterili, franose e dominanti argille scagliose, si discende sul fondo del Chianca, inferiormente allo sbocco dei Rè de sèls, per salire di contro il ripido o dirupato colle, su cui è posta la casa che prospetta la salsa, detta appunto Cà dla sèls. L’aqua che si at- tinge dal pozzo di quella casa è fresca, ma giallastra e di sa- pore salso-amarognolo: i contadini la attestano innocua, in con- traddizione però coll’aspetto dei loro volti sparuti e giallastri. L’ampio recinto della salsa, sub-elittico, di più che 300 metri nel diametro maggiore, circuito da sponde elevate quasi un cen- tinaio di metri, è quale la descrisse e figurò l’illustre prof. Stop- pani nel Politecnico fino dal 1866.' Sempre nuovo però è lo spet- tacolo che si presenta sul suo fondo nei due gruppi di coni for- mati dalle materie vomitate dai crateri in continua eruzione, e che divengono altrettanti fari fiammeggianti appena vi si accosti un zolfanellg acceso. Nel gruppo a sud il vulcanetto maggiore, il di cui cono era alto metri 1, 20 sul piano circostante, presentava il suo cratere elit- tico, profondo metri 0, 22, largo 0,20, nel quale gorgogliava una belletta cinerea, piuttosto fresca, avendone sperimentata la tem- peratura di 17 gradi Réaumur, mentre quella dell’aria, all’ om- bra, era di 23 gradi e mezzo. Il laghetto circolare che a fior di terra visi stende di fianco, melmoso e salato, aveva invece la tem- peratura di 20° R. ‘ STOPPANI A., I petrolii in Italia. Nel giornale il Politeanico, parte letteraria-scien- tifica. Vol. I e II. Milano, 1866. 200 E. PAGLIA, Nel gruppo a nord il cono principale si alzava metri 3; con un diametro alla base di metri 10, la temperatura all’interno del cratere era come il primo di 17 R. Un sordo gorgoglio saliente dal profondo, accompagnato da leggiero tremito del cono, prece- deva di qualche minuto il dissiparsi nell’aria delle gallozzole d’idrogene, e lo sbocco del fango che scendeva lento e viscido sui fianchi del cono, in forma di vera, sebbene modestissima, corrente di lava. Il piccolo cratere era pieno fino all’orlo di poltiglia; poi a poco a poco questa si abbassava di qualche decimetro, ed un riposo apparente di qualche minuto preparava una nuova eruzione di fango distintamente salato. Alla base dello stesso cono princi- pale si vedeva una cavità, larga un decimetro, ripiena d’aqua quasi limpida, alla temperatura di 22° 44 R., ribollente più d’ogni altra, senza che ne sgorgasse il solito fango. Invece sull’orlo del profondo solco scavato dietro il cono principale, ed in cui confluisce quello che divide i due gruppi di coni per mezzo alla salsa, am- mirai un conetto di solo mezzo metro d’altezza, ma di sorpren- dente attività; poichè ad ogni 5 o 6 minuti lanciava verticalmente all'altezza di quasi un metro una boccata di fango, col suono di un potente rutto. Un laghetto di 5 metri di diametro stendeva lì presso, verso est, il suo specchio di grigia broda sopra un basso rilievo lenticolare a larga base, e sul quale sarebbe stata follia avventurare i passi, con pericolo di essere inghiottiti da quel baratro fangoso, dal cui centro una serie di grosse polle eleva- vansi lentamente circa metri 0, 20 per deprimersi posto, scop- piando d’un tratto, come dice pittorescamente lo Stoppani, “ con rumore simile ad un primo conato di vomito, obbligando a debor- dare quella Ml NAT pegola spessa Che invischiava la ripa d’ogni parte. » DANTE. Inferno XXI. Il fango salato che continuamente la salsa di Nirano smunge dal seno del monte, per cui il cratere si profonda continuamente, mentre crescono i coni, che alla loro volta vengono disfatti dal- l’aqua piovana, pel solco sopradetto si riversa da un’apertura VALLI SALSE DI SERMIDE NEL MANTOVANO. 201 del circo ad est in un canale, che poche centinaja di metri più sotto sbocca nel torrente Spezzano, il quale insieme alla Chianca mette poi foce nel Secchia. “ Così le salse, conclude lo Stoppani sopralodato, più per la lenta azione erosiva che per le repentine fragorose eruzioni, figurano tra i potenti modificatori della super- ficie del globo: così parimenti possono annoverarsi tra quelli che io chiamo cronometri geologici. Il cratere della salsa di Nirano fi- gura non meno di dieci milioni di metri cubici di argilla espor- tata dalla lenta azione della salsa associata all’azione immediata delle aque pluviali. ,, 20. Non seguiterò a raccontare quali altre manifestazioni del vulcanismo, spento od in azione, abbia ammirato in altri luo- ghi dell’ Apennino Emiliano al Bettolino, a Pavullo, a Barigazzo, a Pieve Pelago, alla Porretta, per far notare con quanta ragione io sospettassi che non al mare, ma ai monti ed al vulcanismo si dovesse domandare ragione della esistenza delle argille salate nella nostra valle di Sermide, e più precisamente a tutto quel distretto che ha sede nell’ Apennino Emiliano e nella zona dei terreni terziari, che dalle valli del Secchia e del Panaro, nonchè da quelle più occidentali fino al Taro, ha tributato a noi così largo deposito di prodotti endogeni provenienti dalle viscere del globo. E ciò prima ancora che io conoscessi 1’ opinione del Tou- nel, riferita dal sopracitato dottor Ottoni, il quale “ pensava che le sorgenti di esse (aque salse continentali) si dovessero ri- cercare nell’ Apennino, riflettendo che la valle lombarda ha mag- giori declivi alla destra del Po che non alla sinistra, e che i fiumi immettono in esso quasi ad angolo retto; circostanze tutte le quali rendono più difficile lo stagnamento delle aque. A raffermare una tale opinione si potrebbe aggiugnere che essendo clorurate e a sali calcari, nelle formazioni terziarie e secondarie degli Apen- mini, ravvicinate ai terreni vulcanici, si troverebbe la causa mi- neralizzatrice. , Così ripeto aveva pensato io pure, prima di leggere nello Stop- 1 TouNEL, Le climat de VItalie. 202 E. PAGLIA, pani! questa classica conclusione: “ Terminerò per ciò che ri-. . guarda il Modenese, osservando che la meravigliosa zona trasver- sale, ricca di tanti fenomeni, sembra prolungarsi a sud, e gettarsi nella Garfagnana. Ce lo dicono le acque termali con odor bitu- minoso di Pieve Fosciana, le acque saline di Soraggio e di Cor- fino di Garfagnana, le acque salse di Coloretta. Più meraviglioso a dirsi è poi che la stessa zona, coll’identica direzione si slancie- rebbe verso Nord, invadendo il piano a molte miglia da Modena. Trovo infatti indicato un Lago di Medolla, nel Comune di Mi- randola, ove esistono salse o vulcanetti fangosi. Una rottura tra- sversale all’ Apennino, una delle mille che trovansi verticali a grandi assi dei sollevamenti, spiegherebbe il fatto egregiamente, sempre inteso a chi meco ammetta i petrolii, le salse, le fontane ardenti, le sorgenti minerali essere altrettante manifestazioni della stessa attività che agita di continuo questo globo sotto la sotti- lissima scorza che ne mentisce la tranquillità. ,, 21. A questo punto devo confessare che, mentre la spiega- zione dell’illustre geologo chiariva sempre più la mia tesi, e mi sentissi lieto di poter contare sull’autorità di tanto uomo, pure quei vulcanetti fangosi di Medolla a poche miglia dalle valli ser- midesi, e proprio nella direzione da cui devono essere prevenute le nostre alluvioni salate, mi commossero la fantasia. Mi parvero troppo belli, troppo concludenti, sicchè decisi senz'altro di veri» ficare la cosa co’ miei occhi. Mi feci portare dalla locomotiva a Novi; e di là, passato il Secchia, alla Concordia; giunsi per Mi- randola a Medolla, dopo 25 chilometri di strada percorsi difilato sul caval di S. Francesco. L’aspetto della campagna mirandolese non è per nulla diverso da quello del nostro Oltrepò: lo stesso terreno argilloso, assai profondo, intersecato da qualche letto di sabbia, con conchiglie terrestri e palustri; le stesse coltivazioni, che però dimostrano essere di più recente data l’addomesticamento di quelle terre: coll’aratro; e la stessa mancanza di aque; se ne togli più verso 1 A. STOPPANI; I petrolii. Op. cit., pag. 76. VALLI SALSE DI SERMIDE NEL MANTOVANO. 203 oriente la zona delle risaje irrigate colle derivazioni del Naviglio di Modena. Avvicinandomi a Medolla la campagna, mercè la di- ligentissima coltivazione, perdeva ancora più l'aspetto vallivo; non più equiseti nei campi, non più canne nei radi fossi asciutti. La villa di S. Giacomo delle Roncole, che incontrai poco prima di Me- dolla, mi indicò col suo nome che il paese era stato disselvato e reso aprico dalla ronca, forse, dei monaci del medio evo; ma nulla che accennasse alla vicinanza di qualche plaga lacustre o palu- dosa. Mi diressi al farmacista di Medolla sig. Magnanini, facen- dogli un mare d’interrogazioni e sul lago e sui vulcani. La ri- sposta che n’ ebbi fu, che sebbene vecchio e pratico del luogo non aveva mai nè visto, nè sentito parlare di laghi a Medolla, e nep- pure di stagni o di pozze d’acqua che potessero averne suggerita l’idea. A. conferma di ciò gentilmente mi condusse negli Uffici municipali, dove sulla mappa e dalle spiegazioni fornitemi dal sig. Segretario Comunale potei persuadermi non esistere tale lago, neppure nella denominazione di qualche cascina o sito determi- nato. In quanto all’aqua potabile, essa mi si accertò eccellente dovunque, e tale io la riconobbi in quattro pozzi diversi, da cui ne attinsi; solo in qualche pozzo di Medolla l’aqua è alquanto cruda e cuoce male i legumi; del resto nulla che anche da lon- tano accenni a cloruri od a petrolio. Solamente più in giù, a 7 miglia da Modena, mi attestava il sopradetto farmacista, che a S. Matteo ed alla Bastiglia, e precisamente nei poderi del signor Pietro Taboni, esistevano pozzi d’aqua limpida sì, ma di catti- vissimo sapore ed inservibile per fino ad abbeverare i bestiami. Però egli non l’aveva mai analizzata, e quindi non sapeva dirmi da quale principio quell’aqua potesse essere inquinata. Del re- sto esistono pure nel sottosuolo di Medolla filoni di sabbia gros- solana e pura, che sarebbero indizio del corso antico di qualche fiume, probabilmente il Secchia, per quel territorio, il quale vi accumulò poscia i depositi argillosi sovrapposti elevando d’assai l’antico piano; poichè nello scavare un pozzo alla profondità di 6 metri, si trovò un tronco di quercia ancora verticale e radicato chi sa a quale profondità, per cui si dovette rinunciare a dissot- 204 E. PAGLIA, DI terrarla intera. Tutto ciò ho voluto aggiugnere non per ismania di rettificare ciò che trovasi nei libri, ma per dire quanto costino . le cognizioni positive e conscienziose, ed a prezzo di quanti di- singanni sia rimunerato chi si appassioni dietro la ricerca del vero. 22. Un'altra speranza, parimenti delusa, mi aveva guidato — da ultimo in questa ricerca, e fu di trovare nel lago e nelle salse di Medolla un’ argomento, o dirò meglio un fatto, che appoggiasse l'opinione del Tounel formulata di sopra, ed interpretata in modo conforme alle idee del prof. Stoppani. Assegnerebbe egli, per quanto parmi, alle ‘aque salse del Sermidese una origine tutta idrodinamica, facendole scaturire da una specie di sifone, il cui braccio più corto sarebbe nelle dislocazioni dell’ Apennino, nei ca- nali sotterranei formati dalle interruzioni di continuità che il sol- levamento ha prodotto nelle roccie terziarie. e secondarie del- l’Apennino stesso. Per questi canali i prodotti endogeni delle salse si verserebbero nel sottosuolo delle pianure adjacenti, dove approfittando della permeabilità degli strati sabbiosi alluvionali, che funzionerebbero da braccio più lungo del sifone immaginato, gemerebbero insieme alle aque d’infiltrazione dal fondo dei cavi e dei pozzi, inzuppando gli strati soprapposti e comportandosi in tutto e per tutto come le sorgenti ordinarie. Concedo che il fatto cercato e non trovato a Medolla potreb- besi rinvenire in altro punto allo scoperto, o forse esistere senza potersi trovare a profondità inaccessibili o in condizioni difficili a svelarsi. Per ora intanto non fu osservato fenomeno alcuno, la cui spiegazione possa unicamente essere data coll’immaginato sì- fone. Inoltre se le acque salse del Sermidese fossero sorgenti mine- rali o termali, in relazione colle salse o le sorgenti termali e mi- nerali contemporaneamente attive nell’ Apennino, non dovrebbe essere difficile riscontrare nei pozzi della valle sermidese quegli eloquentissimi dislivelli, che il sig. Lorenzini farmacista di Por- retta notò nel pozzo del suo laboratorio durante il periodo sismico dal 27 dicembre 1872 al 10 gennaio 1873, in cui si avvertirono 22 scosse di terremoto, la colonna barometrica si mantenne a notevole altezza, e l’acqua del pozzo della farmacia si abbassò più VALLI SALSE DI SERMIDE NEL MANTOVANO, i 205 d'un metro. Dal giugno al dicembre 1873 furono registrate le va- riazioni di livello in detto pozzo, e la curva che le rappresenta graficamente corrisponde con notevole parallelismo alla curva ba- rometrica dell’Osservatorio del Collegio Romano ed a quella della intensità dei terremoti in detta epoca.' Resta adunque che anche tra noi si istituiscano periodiche ed esatte osservazioni sui nostri pozzi salati del Sermidese, special- mente nei periodi di attività vulcanica generale e segnatamente di quella delle salse dell’ Apennino, per accertarci della supposta diretta relazione delle nostre aque salse con quel laboratorio at- tivissimo, che ne è la zona delle salse suddette. Fino perciò ad ipotesi provata con qualche fatto positivo resta intatto il valore e l’interpretazione dei fatti esposti; sicchè la mia tesi nulla ha perduto, mancandole lo specioso apparato delle salse medollesi e del supposto sifone; come non perderebbe nulla in seguito, anche quando potesse verificarsi. Poichè posto pure che la salsedine delle nostre valli provenisse direttamente e contemporaneamente dagli stessi sfiatatoi vulcanici dell’ Apennino, non sarebbe distrutto il fatto evidentissimo, per quanto ho provato di sopra, che le valli sermidesi sono state fino dai primordj del periodo quaternario in gran parte colmate dalle alluvioni dei fiumi apenninici, confusa- mente coi prodotti delle salse fino d’ allora attivissime. 23. Alle considerazioni esposte intorno alle piante, dalle quali si vorrebbe assolutamente ricavare la prova dell'origine marina dei terreni che le producono, aggiugnerò che anche la Schoberia maritima. B. M., la Tamarix gallica L. il Triticum maritimum Rchb., la Beta maritima L., 1’ Arenaria marina Rth., la Jasonia sicula DC., le quali sono veramente piante marine, se crescono anche nella nostra valle, lo è puramente perchè il terreno sal- mastro e le altre condizioni vegetative che ne derivano, essendo favorevoli alla esistenza di tali piante, una volta che i venti, gli uccelli aquatici, o qualsiasi altro agente di disseminazione delle piante marine vi avessero trasportati i loro semi, non potevano che procurarne la produzione e la moltiplicazione. ' DE Rossi prof. MicHELE STEFANO, Bollettino del Vulcanismo italiano. Roma Anno I, fase. I. Gennajo 1874. 206 E. PAGLIA, Ma vi sono altre piante, oltre le ricordate, le quali nella no- stra provincia o si raccolgono esclusivamente nella valle sermi- dese, o colla loro abbondanza ed abito speciale servono a dare | alla sua flora una fisonomia particolare, come la Calamagrostis litorea DC., Vl Helminthia echioides Gartn., la Cupularia viscosa L., l’Erigeron graveolens, L., il Xeranthemum inapertum DO., l’ Hippophoe rhamnoides L. Ora nella summentovata visita alle salse modenesi, non avendo trascurato di notare le piante che in- contravo, fui sorpreso dal trovare il recinto craterico di quelle di Sassuolo e di Nirano incespugliate caratteristicamente dall’ a- romatico Helichrysum Stoechas, dall’ argentina Hippophoe, dal l’ispido Juniperus, dall’ oscura Cupularia viscosa, dal Kentrophyl- lum lanatum, dallo Xeranthemum inapertum, dall’ Helminthia echioides, dalla Carlina pyrenaica. Ivi la Calamagrostis litorea stendeva in ogni direzione i suoi lunghi rizomi intrecciati all’ Agro- pyrum repens; come sui greppi più aridi spandevano al vento i loro semi piumosi la Jasonia sicula e Vl’ Erigeron graveolens. 24. Dopo ciò, se alle considerazioni superiormente esposte, sui terreni sermidesi mineralogicamente uguali ai salsosi dell’ A- pennino, associamo quelle sulle aque e da ultimo anche quelle sulle piante, che ugualmente crescono tanto nella zona delle ar- gille salate subapennine che nel bacino ricolmato dalle antiche alluvioni del Secchia e del Panaro, mi pare si possano ritenere come certe le seguenti conclusioni: 1. Che gli stagni salsi del Sermidese non sono già avanzi di antiche paludi litorali, appartenenti all’ estuario adriatico, rima- sto in secco e separate dalle congeneri lagune di Comacchio dallo espandersi del detrito alluvionale alpino ed apenninico e dal- l’accumularsi delle dune. 2. Che il sottosuolo delle valli sermidesi non è costituito da sabbie marine, e quindi la salsedine delle sue aque non proviene da slavamento di depositi marini operato dalle aque d’ infiltra- zione che vi circolano, e che stagnando nei siti più depressi vi depositano i sali disciolti. 3. Che la salsedine e l’aspetto marino delle valli sermidesi e VALLI SALSE DI SERMIDE NEL MANTOVANO. 207 delle contermini di Mirandola e di Bondeno non ha alcuna diretta relazione col Mare Adriatico attuale, ma dipende dalla zona delle salse dell’ Apennino, dove si manifesta anche oggi il vulcanismo terrestre. 4. Che i prodotti delle salse suddette, in un'epoca di loro somma attività, vennero per opera dei fiumi apenninici, e special- mente del Secchia e del Panaro, a deporsi sul fondo delle anti- che paludi quivi esistenti, ed a formare perciò quel sottosuolo salmastro, di origine vulcanico-alluvionale, da cui le aque fil- tranti per esso ritraggono la loro salsedine, ed il terreno le con- dizioni favorevoli alla vegetazione di alcune Lacie proprie tanto delle salse che dei lidi marini. 208 E, PAGLIA, VALLI SALSE DI SERMIDE NEL MANTOVANO, APPENDICE. x Alcuni spaccati nei terreni quaternari del Mantovano, estratti dalla mia IWustrazione naturale di detta provincia, ancora inedita. T| F/g Letto del Po a Borgoforte. Metri 0. 50 Argilla i. uv Metri 3. 00 Marna sabbiosa. » 0. 30 Argilla blù i Varo). . » 2. 50 Argilla con castracane. = 0. 40 Sabbia finissima, i 4 2. 50 Marna giallastra. » 0. 80 Argilla stratificata. 1. 50 M blù (Tivaro). i 0. 20 Sabbia AE bo) L/,o Guerriera presso Schivenoglia. » 4. 50 Sabbia fina con vegetali. Metri 0. 40 Terreno vegetale argilloso. » 11.‘30 Sabbia ,marnosa finissima. » 0. 50 Argilla giallastra. » 1. 50 Sabbia grossa cellulosa. » 1. 50 Argilla con sabbia finissima, » 4. 00 Sabbia finissima con traccie | È di carbonato di soda. | F/1o Valletta presso Reggiolo. » 1. 20 Id. nerastra grossa (metri | Metri 0. 40 Terreno vegetale argilloso. 16. 45 sotto il livello del È 1. 60 Argilla con conchiglie. mare. 1/3 Sponda destra del Mincio presso Governolo. Metri 4. 00 Ghiaja minuta (zero dell’idr.). » 0. 30 Ghiaja mezzana. I 1. 40 Fango e rottami. 0. 30 Sabbia fina. ‘ » 0. 20 Creta bianca. : 0 3 G/x Sponda sinistra del Po, presso S. Nicolò. Metri 5. 00 Marne e sabbie giallastre. » 3. 00 Argilla compatta (pelo or- dinario di Po). H/, Sponda destra di Povecchio presso Pegognaga. Metri 0. 80 Terra vegetale argillosa. . 30 Sabbia fina con argilla. . 50 Sabbia con argilla. » 0. 40 Sabbia micacea finissima. I/) Vicinanze ad est di Quistello. bl li joe giallastra con ca- | Metri 0. 40 Terra vegetale argillosa. stracane. » 0. 40 Argilla blù (Tivaro). » 0. 50 Sabbia grossa rossiccia» >» 0. 60 Argilla blù. » 1. 45 Argilla blù (Tivaro). H/,o Vicinanza della Moglia di Gonzaga. Metri 0. 40 Terra vegetale argillosa. 3 i 0 ATTI E MEMORIE ‘danno gratis. a tutti i Socj ; effettivi e cotispondenti. Gli ; anei alle Società li possono, ‘comperare, al prezzo di lire 20 per ciascun l me, domandandoli direttamente ai ‘segretarj della Società. — Per i Socj : attuali, i q quali li desiderano ‘avere i volumi degli anni anteriori a quello in cui han CN ‘cominciato a far parte della Società, i prezzi sono ridotti alla metà — I volumi Te II sono esauriti. | Le MemorIE si pubblicano in altrettanti fascicoli distinti. " Giascuna Memoria ha un prezzo particolare, minore per i Socj che per ei alla Società. Il prezzo totale di ciascun volume è la somma prezzi delle Memorie che lo. ‘compongono. —. L’ associazione a ‘ciascun lume delle , Memorie è fissata. pei Socj a L. 10. | ‘av Lù se Atti e le Memorie Pivaguai nn ai segretari della : | d'ogni iikozio che velati avere un numero di copie maggiore La La ppi dovrà ah al prezzo stabilito pei Beck po. Afio d pigino) ci CRA RIIE GUN inn n DEI 6 7 %, di foglio 12 ou GEE Dip bia Agri, Cont. € fimo La da Die Lean del 29 marzo 1874 06 sd i Ta ve - Stavo, La ferramara di Regona d n, i Seniga e le | preistoriche al confluente dl Mella nellOglio a "SRD È SERA (Tav. T- TEOR SE iu sn “Seduta del 26. Gaprile. 1874. 3 i $ n : x Li - ; À A dì «J VS i fata Ta Sgt i Le î è TR f 3 CH } Lu i . RO } e i REST t] : È x i Pen Lasi : & i | OR J i . È [1 . \ È, du UR I : à ; i A \ Ù | . stere come genere a sè, mentre, alla fin fine, nulla, all’ infuori — dell’àbito, che Spring troverebbe somigliante a quello di qualche | specie d’Isoetes, rimarrebbe a distinguerlo da Lycopodium. In Phyl- | loglossum, come in Lycopodium, infatti, gli stessi sporangi uni- loculari bivalvi, le stesse spore munite di tre strie; nè quindi a gran torto, e ignorando, nel 1848, che Kunze già dal 1843 (in Bot. Zeit. N. 42, p. 722, seg.) ne aveva formato tipo di genere a parte, Spring (Monogr. de la fam. des Lycop., II. Partie, p. 36), descrisse PhyMoglossum Drummondii, rinvenuto senza nome nel- l’erbario di Hooker, come una specie di Lycopodium (Lyc. San- guisorba), quantunque avvertissè: “ C'est le plus petit des Lyco- ‘ podium, et il est tellement distinct, qu’il'ne saurait è la rigueur trouver sa place dans aucun des groupes établis jusqu'ici. , Del resto, la separazione di genere dei Licopodii a sporangi sparsi dai Licopodii a sporangi riuniti in ispica fu proposta già settantaquattro anni or sono. Nel Tentamen alterum filices in ge- nera redigendi, edito nel Journal fiir die Botanik di Schrader (II. Band, 1800, pag. 121, seg.), Bernhardi costituì un genere Huperzia (pag. 126) per i Licopodii di Linneo (sporangiis uni- locularibus, nudis, solitariis, oblongis, bivalvibus) “ que fructifi- cationes în axlis gerunt ,; riserbata la denominazione generica Lycopodium (p. 128) per i Licopodii Linneani “ que sporangiis in spicas dispositis gaudent. , Non avvenuta a quel tempo la separazione di Selaginella da Lycopodium, Lycopodium di Ber- nhardi comprendeva così l’intero genere Selaginella, in tutte le specie del quale gli sporangi sono riuniti in ispica, ed i Licopodii spicati dei recenti. Più esattamente, la proposta di separare dai Licopodii a spo- rangi spicati i Licopodii a sporangi sparsi data non meno che da centotrentatrè anni, dal 1741; perocchè Selago di Dillenio (Hist. musc. p. 435, tab. 56, fig. 1) corrisponde ad Huperzia di Bernhardi, come il Dilleniano Lycopodium corrisponde al genere dei veri Lycopodium con sporangi riuniti in ispica bratteifera, SYLLOGE SPOROPHYTARUM ITALLE. 247 come Selaginotdes e Lycopodicides di Dillenio insieme riuniti cor- rispondono a Selaginella di Spring. Ma la denominazione Selago, anteriore alla Linneana riforma, non potrebbe in verun caso es- sere preferita ad Huperzia. Quanto a Plananthus di. Palisot de Beauvois (Prodr. ethéog., p. 100), questo nome deve cedere il luogo all’ altro del Bernhardi, sia perchè posteriore di cinque anni, sia perchè circoscritto entro altri limiti e comprendente, a fianco di vere Huperzia (Plananthus Selago, patens, myrsinites, taxifolius, reflexus, verticillatus, squarrosus, gnidioides), veri Lyco- podium a sporangi spicati (Plananthus inundatus , alopecuroides). Riproponendo pertanto la separazione dei Licopodii a. sporangi sparsi dai Licopodii con sporangi in spiche, ripropongo pure pei primi il nome Huperzia, che per debito di giustizia può solo esser loro conservato; separazione che parmi quant’ altra mai logica, - naturale, necessaria, utile in ogni caso in un genere in cui, ad onta dell’allontanamento delle Selaginella, il novero delle specie è tuttora assai considerevole. Huperzia, essenzialmente caratterizzato pegli sporangi unilo- culari bivalvi, sparsi lungo il caule o sulle parti superiori della pianta, mai riuniti in ispica, pella assenza di vere brattee, e pelle | spore tristriate, connette le rimanenti Licopodiacee con sporangi uniloculari bivalvi riuniti in ispica bratteifera, e spore tristriate, a Tmesipteris e Psilotum con sporangi bi-triloculari, bi-trivalvi, sparsi lungo il caule, e spore unistriate.* 1 Le specie di Huperzia disporrei come appresso: $ I. Huperziae heterophyllae. — Foliis fructigeris biformibus vel saltem minoribus. : A. Stirps Huperziae gnidioidis. —1. Huperzia echinata 7. (Lyc. echinatum Spring); 2. Hup. Dalhousiana 7r.(Lyc. Dalhousianum Spring); 3. Hup. varia Tr. (Lye. varium FR. Brown) — var. x. umbrosa. — var. #. alpina; 4. Hup. pinifolia TY. (Lye. pini- folium Blume,non Kawulf.); 5. Hup. cancellata 7. (Lyc. cancellatum Spring); 6. Hup. laxa Tr. ( Lye. laxum Pres!) — var. «. longe-bracteata. — var. &. brevi-bracteata; 7. Hup. carinata 7. (Lyc. carinatum Desv.) — var. x. normalis. — var. f. amen- tacea; 8. Hup. rubra 7r. (Lyc. rubrum Chamisso); 9. Hup. Lindenii Tr. (Lye. Lin- denii Spring); 10. Hup. Billardierii Tr. (Lyc. Billardierii Spring); 11. Hup. gnidioides Tr. (Lye. gnidioides Linn.) B. Stirps Huperziae ulicifoliae. — 12. Hup. squarrosa 7Y.(Lye. squarrosum Forst., 248 ‘V. TREVISAN DE SAINT-LÉON, 74. (1) Huperzia Selago Trevis. — Lycopodium Selago Linn. var. x. densa. — Lycopodium densum Lamarck; L. Selago var. appressum Desv. — Nelle selve delle regioni montana e sub- alpina. Italia settentrionale e media. gr non Lam.); 13. Hup. epiceaefolia Tr. (Lyc. epiceaefolium Deso.) — var. a. normalis» — var. #8. macrophylla (foliis majoribus, crassioribus, plus minus refiexis, superioribus tidem ireflexis); 14. Hup. ulicifolia Tr. (Ly. ulicifolium Vent.) C. Stirps Huperziae linifoliae. — 15. Hup. linifolia Tr. (Lyo. linifolium Linn.) — var. «. genuina. — var. ?. macrophylla (foliis majoribus, rigidioribus, magis Appro- ximatis). — var. y. sanguinea; 16. Hup. sarmentosa 77. (Lyc. sarmentosum Spring) — var. x. eutypa. — var. f. rubescens; 17. Hup. taxifolia Tr. (Lye. taxifolium - Swartz) — var. x. Swartzii. — var. 8. Herminieri (Lyc. Herminieri Spring); 18. Hup. Brongniartii 7. (Lye. Brongniartii Spring); 19. Hup. Hartwegiana 7. (Lye. Hart- wegianum Spring); 20. Hup. passerinoides 7r. (Lye. passerinoides Humb. et Bonpl.) — vat. x. Humboldtii. — var. @. nitens (Lyc. nitens Cham. et Sehlecht.); 21. Hup. prolifera Tr. (Lyc. proliferum Blume). | D. Stirps Huperziae dichotomae. — 22. Hup. dichotoma 7r. (Lyce. dichotomum Jacq.) — var. «. Jacquini. — var. &. pusilla; 23. Hup. mandioccana 7r. (Lye. man- dioccanum Raddi) — var. «x. Raddiana. — var. #. pithyoides (Lyc. pithyoides Cham, et Schlecht.); 24. Hup. Hippuris 7. (Lyc. Hippuris Des».) E. Stirps Huperziae lucidulae. — 25. Hup. lucidula 7Y. (Lye. lucidulum Michaux) ; 26. Hup. ceylanica 7r. (Lyc. ceylanicum Spring); 27. Hup. serrata 7r. (Lyc. serratum Thunb.) — var. x. japonica.,— var. #. javanica (Lyc. javanicum Swartz); 28. Hup. sulcinervia 7r. (Lyc. sulcinervium Spring). F. Stirps Huperziae setaceae. — 29..Hup. subulifolia 7. (Lyc. subulifolium Wal lich; L. aloifolium Zenk.; L. nilagiricum Spring); 30. Hup. funiformis 7. (Lye. funiforme Bory); 31. Hup. setacea 7. (Lyc. setaceum Hamilt.) — var. x. genuina. — var. f#. mollicoma (Lyc. mollicomum Martius); 32. Hup. graminea Tr. (Lyo. gra- mineum Spring); 33. Hup. vernicosa 7. (Lyc. vernicosum Hook. et Grev.) da G. Stirps Huperziae verticillatae. — 34. Hup. Hamiltonii 7. (Lye. Hamiltonii Spring); 35. Hup. aloifolia Tr. (Lyc. aloifolium Wallich ; L. Hamiltonii Spring); 36. Hup. tenuis 7. (Lyc. tenue Humb. et Bonpl.) — var. «. normalis. — var. f. curvi. folia (Lyc. curvifolium Kunze);37. Hup. polytrichoides Tr. (Lyc. polytrichoides Kawlf.); 38. Hup. verticillata 7r. (Lyc. verticillatum Linn.) — var. x. eutypa. — var. ft. fili- formis (Lyc. filiforme Swartz); 39. Hup. fontinaloides 7. (Lyc. fontinaloides Spring). 3 II. Huperziae homophyllae. — Foliis fructigeris sterilibusque undique conformibus aequalibus. H. Stirps Huperziae reflexae. — 40. Hup. intermedia 7. (Lye. intermedium Spring); 41. Hup. reflexa 7. (Lyc. reflexum Lam.) — var. x. Lamarckii. — var. ft. bifida (Lyc. bifidum Humb. et Bonpl.); 42. Hup. affinis Tr. (Lyc. affine Hook. et Grev.) — var. «. normalis. — var. f&. longicaulis (caule longiori, foliis magis convexis); 43. Hup. Sieberiana 7. (Lyc. Sieberianim Spring) — var. «. brevifolia. — var. f. lon- gifolia (foliis longioribus angustioribus); 44. Hup. miniata 7. (Lyc. miniatum Spring); 45. Hup. myrtuosa 7r. (Lyc. myrtuosum Spring); 46. Hup. tetragona 7. (Lye. tetra- SYLLOGE SPOROPHYTARUM ITALLE. 249 var. 6. laxa. — Lyc. Selago var. larum Desv. — Colla var. «. var. y. patens. — Plananthus patens Palis. — Alpi Giulie, Alpi Carniche. Tirolo cis. Ordo VI. SeLAGINELLACE® Metten. 26. Selaginella Palis. 75.:(1) Selaginella spinosa Palis. — Nei pascoli alpini e sub- alpini dell’ Italia settentrionale. 76. (2) Selaginella helvetica Link — Dalla regione montana scendendo alla pianura nell’ Italia settentrionale, volgare. 77. (3) Selaginella denticulata Link — Nizza. Liguria. Ita- lia media e meridionale. Sicilia. Ischia. Capri. Sardegna. Corsica. Capraja. 78. (4) Selaginella Kraussiana A. Braun — Sel. hortensis Met- ten. — Sicilia (sull’ Etna, Sello, ann. 1823). Milde (Fil. eur. atl., ‘ p. 272) sospetta dubbiosa questa località, forse perchè è speci che si ritrova nell'Africa occidentale tropica, Capo di Buona Spe- ranza, Madera ed Azore. Però Asplenium tabulare Schrad. (A. Adian- tum-nigrum var. tabulare 7revis.), pure del Capo di Buona Spe- ranza, ricomparisce egualmente nell’ Italia meridionale insulare all'isola Ponza, come, più a settentrione, nella Slesia, sul monte Geiersberg. Quello ch’è certissimo si è, che gli esemplari raccolti da, Sello spettano senza alcun dubbio a S. Kraussiana. gonum Hook. et Grev.) — var. «x. eutypa. — var. f.. cathartica (Lyc. catharticum Hook.); 47. Hup. myrsinites Tr. (Lyc. myrsinites Lam.). I. Stirps Huperziae Selaginis. — 48. Hup. Selago Tr. — var. «. densa. — var. ft. axa. — Var. y. patens. — var. d. recurva (Lyc. recurvum Kif.) — var. e. spinulosa (Lye. Selago var. spinulosum Spring; L. suberectum Lowe) — 49. Hup. Saururus 7. (Lye. Saururus Lam.) — 50. Hup. erythraea Tr. (Lyc. erythraeum Spring) — 51. Hup. attenuata 7. ( Lyc. attenuatum Spring) — 52. Hup. rufescens 7y. (Lyc. rufe- scens Hook.) — 53. Hup. compacta 7. (Lyc. compactum Hook. ) 250 V. TREVISAN .DE SAINT-LÉON, Ordo VII. Isoeracra Bart. 27. Isoètes Linn. e 79. (1) Isoétes Durieui Bory — Genova (Capo di Panaggi presso Arenzano). Pisa. Corsica. Sardegna. Isola della Maddalena, Caprera. | 80. (2) Isoétes Hystrix Durieu — Pisa. Sicilia. Sardegna. Isola della Maddalena. Caprera. Corsica. Capraja. : Forma desquamata — cespitosa — brevispina A. Braun — Cephaloceraton gsymnocarpum Gennari (in Comm. Soc. critt. ital. I, p. 113); Isoétes setacea Moris et De Notar. (Flor. Caprar., p. 161), non Dell. — Pisa. Sardegna. Isola della Maddalena. Ca- prera. Corsica. Capraja. Forma desquamata — caespitosa — subinermis A. Braun — Isoétes sicula Todaro (Enum. fl. sic., I, p. 47); Cephaloceraton. Hystrix. var. subinerme Gennari (1. c. p. 112). — Pisa. Sicilia (Ficuzza). Isola della Maddalena. Caprera. 81. (3) Isoétes Malinverniana Cesati et De Notar. — Pro- vincia di Vercelli. 82. (4) Isoétes setacea Dell. — Corsica (Porto Vecchio Gay). 83. (5) Isoétes adspersa A. Braun — Corsica (Gay). 84. (6) Isoétes tegulensis Gennari — Sardegna. 85. (7) Isoétes dubia Gennari — Isola della Maddalena. Forma maculosa Gennari — Isola della Maddalena. 86. (8) Isoètes velata A. Braun '— Corsica. Sardegna. Sicilia, var. f. sicula Cesati et De Notar. — Sicilia. var. |. brevifolia A. Braun — Sardegna. 87. (9) Isoétes echinospora Durieu — Is. lacustris De Notar. (in Ind. sem. Hort. gen., ann. 1848, p. 25); Gennari (Crypt. vase. lig., p. 11, et in Com. soc. critt. it., I, p. 100); Franzoni (in Erb. critt. it., ed. I, n. 3); Bertol. (FI. it. crypt., I, p. 115), non Linn. — Sulle sponde del lago d’ Orta e del lago Maggiore tra Locarno e Magadino. SYLLOGE SPOROPHYTARUM ITALIE. 251 Isoétes lacustris (Linn.) non fu mai finora raccolta in Italia. La località indicata nel Friuli “ Friawl , (in Verh. d. zool. bot. Ges. in Wien, 1864, p. 96), come avvertì l’ accuratissimo barone di Hohenbihel-Heufler (Enum. crypt. Ital. Ven., p. 13), non fu che per enorme errore tipografico. “ Verum loci nomen est K/einarl, Juvavie ducatus convallis pongavica. , Classis II. RHIZOCARP4Z, Batsch Ordo. VIII. MARSILIACEX R. Brown 28. Pilularia Linn. 88. (1) Pilularia globulifera Linn. — Piemonte. Prov. di Mi- lano (presso Bollate, Balsamo-Crivelli). Puglia (lago di Salpi, Ra- benhorst). 89. (2) Pilularia minuta Durieu — Sardegna meridionale. (Pula, De Notaris; Decimo Mannù, Gennari; Cala d’ Ostia, Ascherson). 29. Marsilia Linn. 90. (1) Marsilia quadrifoliata Linn. — Italia settentrionale e media. 91. (2) Marsilia pubescens Tenore — Terra d’ Otranto. Ca- pitanata. Sardegna meridionale. Ordo IX. SALvVINIACEX® Bartl. 30. Salvinia Allioni 92. (1) Salvinia natans Allioni —. Italia settentrionale e media, |, 252 V. TREVISAN DE SAINT-LÉON, ‘ Classis IV. CALAMARLE Endlich. Ordo X. EquisEeTACcEER L. C. Rich. 31. Equisetum Linn. 93. (1) Equisetum arvense Linn. var. «. genuinum 7revis. — Campi e boschi umidi in tutta Italia. Corsica. Sicilia. var. 6. campestre Milde — E. campestre C. F. Schulte — Prov. venete. var. . nemorosum A. Braun — Italia settentrionale. var. è. pseudo-sylvaticum Milde — Tirolo cis. var. e. boreale Leded. — Tirolo cis. (Meran, Milde). var. C. varium Milde — Tirolo cis. | var. n. decumbens G. F. W. Meyer — Italia settentrionale e media. var. 3. alpestre Wahlenb. — Prati alpini. 94. (2) Equisetum Telmateja £%rh. — E. fluviatile Bertol. (FI. it. cr., I, p. 9), non Linn. var. «. normale 7revis. — Luoghi paludosi lungo i fiumi e i canali in tutta Italia. Corsica. Sardegna. Capraja. Sicilia. var. &. serotinum A. Braun — E. ambiguum Gennari (Crypt. vasc. lig.) — Italia settentrionale. i var. |. breve Mide — Italia settentrionale. 95. (3) Equisetum pratense E%r%. (1784). — E. umbrosum J. G. F. Meyer (1809). var. x. praecox lMlde — Luoghi selvatici. Tirolo cis. Sviz- ‘zera cis. Piemonte. var. f. nanum Milde — Tirolo cis. (lago di Antholz, a 6468', Hausmann). 96. (4) Equisetum sylvaticum Linn. i var. «. precox Milde — Prati selvatici alpini e montani. Italia settentrionale. SYLLOGE SPOROPHYTARUM ITALIE. 253 var. . pyramidale Mide — Tirolo cis. 97. (5) Equisetum palustre Linn. var. x. vulgare 7revis. — Paludi e luoghi umidi. Italia setten- trionale e media. Sardegna. var. 2. polystachyum Vill. — E. veronense Pollini — Italia settentrionale e media. var. y. nudum Duby.— Tirolo cis. Lombardia. Prov. venete. «var. ò. nanum Mde — Tirolo cis. (Monte Schlern, 4000", Milde). | 98. (4) Equisetum limosum Linn. var. «. Linnèanum D6o0. — Italia settentrionale. var. ©. verticillatum Doll. — Prov. venete. 99. (6) Equisetum ramosissimum Desf. (1800). — E. elonga- tum Wild. (1810); E. procerum Pollini (1816). var. «. subverticillatum A. Braun — Lungo i torrenti e i fiumi in tutta Italia. Sicilia. Elba. Sardegna. var. è. gracile A. Braun — Italia settentrionale. var. y. altissimum A. Braun — Italia settentrionale e media., var. è. humile Milde — Al lido presso Venezia (B. Jena). var. e. virgatum A. Braun — E. tenue Prest (Flor. sic., I, p. XLVI, 1826). — Italia settentrionale. Sicilia. var. C. simplex Doll. — Svizzera cis. Prov. venete. var. n. companulatum Tyevis. — E. multiforme var. campa-. nulatum Vauch. (1822). E. elongatum var. scabrum Mde — Val d’Aosta (Thomas). 100. (8) Equisetum hiemale Linn. ‘var. «. genuinum A. Braun — Luoghi umidi e lungo i fiumi. Italia settentrionale e media. var. 8. Schleicheri M/de — Italia settentrionale. 101. (9) Equisetum variegatum Schleich. . var. «. cespitosum Doll. — Sulle sabbie lungo i torrenti, spe- cialmente montani. Italia settentrionale. var. 6. virgatum Do. — Prov. venete. var. ].anceps Mwde — Tirolo cis. (Mide). var. è. affine Milde — Svizzera cis. Tirolo cis. var. e. meridionale Milde — Tirolo cis. (presso Meran, Milde). 264 V. TREVISAN DE SAINT-LÉ0N, gu Appunti statistico-geografici sulle Protallogame italiane. | Se non può dirsi che tutte le Protallogame esistenti in Italia siano conosciute, e neppure che sia nota esattamente l’abitazione italiana di ognuna, pur tuttavia si può sin d’ora esser certi che, se qualche specie sarà ancora da scoprirsi in Italia, le variazioni di numero, che ne potranno risultare, saranno sempre in così esigua proporzione, relativamente alle già rinvenute, da non in- validare essenzialmente le deduzioni che dal confronto numerico di queste si possono avere. La distribuzione dei generi e delle specie di Protallogame ita- liane in Ordini, risulta come appresso: OH a O pOH Ord. .1.,. Polipodiacee!. ii Li. (Generi 19 Specie 59 i 2arelmenofillacde.. «ip. UU. re Ò 1 5 gp 3 Osmundaceagefe i ea P 1 P n 7040 Oneglia: ho n IT $ 2 S dihobio Licopodiacee: si .il. ai Pi 2 R pi(i6% Selaginellavee;: 0; hu (A. J 1 : sibili: 1089000000 corto i i 1 x pi 8/0. Marfiliagnoli n. Atari ossee. n 2 5 n 9e Salaiiaiaone FT ..d; unita. sl 1 li n 10. Equisetacee 1 di cui spettano alla Classe I. Felcî Ordini 4 Gendli 23 Sa aeli 68 n I. Selagini , 3.» 4 si A9 s II. Rizocarpe, 2» 3 SUPd » IV. Calamarie, 1 ©» 1 Ano. Gli Ordini di Protallogame italiane si seguono pertanto così per relativo numero: a) dei Generi: 1. Polipodiacee . . . F . . . con Generi 19 2. Ofioglossacee, Licopidinali Mareiliado (3 Ord.) 2 2 3. Imenofillacee, Osmundacee, Selaginellacee, Isoe- | tacee, Salviniacee, Equisetacee (6 Ord.) . . Ù 1 SYLLOGE SPOROPHYTARUM ITALLE. 255 b) den Specie : 1. Polipodiacee. . . . - 001 dicono Specie: 59 2. Isoetacee, Equisetacee a Ord.) o 9 8. Licopodiacee . DOCA CE à SP 4. Ofioglossacee . o LDGIS LAT RI Ù 7 5. Selaginellacee, Ml irsilianhd (a Ord.) it ruainool n 4 6. Imenofillacee, Osmundacee, Salviniacee (3 Ord.) s 1 La media delle Protallogame italiane è: Dei Generi per Ordine.. . ... 3,1 Delle Specie per Ordine... . 10,- Delle Specie per Genere. . .... 3,3 Il numero assoluto delle Specie per Genere varia come ap- presso: Generi di 1 Specie 10 lt 6 n b)] 3 b)) 6 n b)] 4 b)) 3 D » D ” 2 Se LL 1 A A” 2 » WLOt sora 1 I Generi assolutamente più numerosi di Specie sono: Asple- mum (15 sp.); Isoétes, Equisetum (9 sp.); Polystichum (8 sp.); Botrychium, Lycopodium (5 sp.); Aspidium, Chruantnoa Selagi- nella (4 sp.). Nella Flora italica Bertoloni descrisse 803 generi e 4227 spe- cie di Fanerogame italiane; arguendo dal numero dei generi e delle specie descritte nei volumi sinora pubblicati della Fora italiana del prof. Parlatore, se ne avrebbero in proporzione oltre a 1300 generi e intorno a 5200 specie. Ammesso pure che l’uno abbia ceduto ad una soverchia tendenza a moltiplicare i tipi gene- rici e specifici, e l’altro ad una soverchia tendenza a restringerli, 256 V. TREVISAN DE SAINT-LÉ0N, traendo una media di questi numeri, si avrebbero intorno a 1050 generi e 4700 specie di Fanerogame italiane, mentre, stando alle indicazioni suggerite da tutte queste cifre, il professore Ca- ruel (N. Gior. bot. it., III, p. 63) propenderebbe a ritenere a 900 circa il numero dei generi e a 4500 quello delle specie. Ritenuti frattanto questi ultimi numeri quali termini di confronto, i ge- neri di Protallogame italiane starebbero ai generi delle nostre Fanerogame nella proporzione di 1 a 30, e le specie nella pro- porzione di 1 a 45. Tenuto sempre fermo il medesimo concetto pratico dei Generi e delle Specie, quale è adottato nel presente lavoro, sommano a 34 i Generi e a 132 le Specie di Protallogame sinora osservate in Europa. Dei primi crescono in Italia 31 Generi, delle seconde 101 Specie.! Abbiamo, cioè, in Italia tutti gli Ordini di Protal- logame europee, e tutti pure i Generi, ad eccezione di tre soli: Davallia Smith (Polipodiacee Trib. Davalliee) con una Specie (Da- vallia canariensis Smith — Spagna e Portogallo); Pleurosorus Fée (Polipodiacee Trib. Ceterachee) con una Specie (Pleurosorus Pozoi Trevis.® — Spagna); Trichomanes Linn. (Imenofillacee), pure con una specie (Trichomanes speciosum Wild. — Inghilterra e Ir- landa). E quanto alle Specie abbiamo oltre */, di tutte le Pro- . tallogame europee. Specie sinora trovate esclusivamente in Italia sono: Polyste- chum distans, Polypodium australe, Athyrium corsicum, Asple- nium dolosum, Isoètes Malinverniana, Isottes tegulensis, Isoétes dubia. Specie sinora trovate esclusivamente in Italia ed in un sol altro paese d’ Europa sono: Cheilanthes hispanica (Spagna), Asplemium Heufleri (Moravia), Asplenium lepidum (Banato), Asplenium See- losii (Carinzia), Isoètes setacea (Francia). 1 Nella Flora italica cryptogama di Bertoloni, il più esteso trattato speciale sulle Protallogame italiane, ne sono descritte 80 specie, vale a dite un quinto meno di quelle attualmente conosciutevi. 2 Pleurosorus Pozoi (Hemionitis Pozoi Lagasca Gen. et sp. pl. p. 33. — 1816; Grammitis hispanica Coss.; Ceterach hispanicum Metten.; Gymnogramme rutaefolia var. hispanica Hook. Icon. pl., vol. X, tab. 935; Ceterach Pozoi A. Braun): SYLLOGE SPOROPHYTARUM ITALI. ATO Specie sinora trovate esclusivamente in Italia e solamente fuori d’ Europa sono: Selaginella Kraussiana (Africa), Isoétes adspersa (Algeria), Pilularia minuta (Asia minore ed Africa boreale). È notissimo come i diversi paesi d’ Europà siano conosciuti in modo ‘molto disuguale quanto alla. loro Flora fanerogamica e protallogamica, e come fra tutti, per diligentissime investigazioni, primeggino a tale riguardo le Isole Britanniche, poi lor tenga . dietro la Germania, quindi la Francia, e via via. Istituiti i più accurati censimenti, sull’ appoggio sia de’ più re- | centi scritti, sia del mio erbario, trovo che, tenuto sempre fermo Hal: medesimo concetto pratico dei Generi e delle Specie, in Fran- cia vi hanno tutti i dieci Ordini di Protallogame europee, 29 Ge- | meri e 83 Specie; in Germania, presa in ogni più ampia esten- | sione, i dieci Ordini, 29 Generi e 82 Specie; nelle Isole Britan- | niche 9 Ordini, dappoichè vi mancano le Salviniacee, 25 Generi e 67 Specie. — Così in Francia come in Germania mancano i Generi Wood- wardia e Pteris; oltre a’ quali nelle Isole Britanniche mancano | pure Seni, Cheilanthes, Marsilia e Salvima. Mancano in - Francia: Woodsia ilvensis, Woodsia glabella, Cheilanthes made- È rensis, Cheilanthes persica, Asplenium fissum, Gymnogramme vel- lea, Botrychium multifidum, Botrychium lanceolatum, Botrychium | virginicum, Isoètes velata. Mancano in Germania: Cheilanthes ma- i 19 più che la Germania, 34 più che le Isole Britanniche; vale a i dire, oltre a */, più che la Francia e la Germania, e */ più che ile Isole Britanniche. i Da quanto precede, è per la prima volta posto in evidenza un È fatto, sino ad ora neppure forse sospettato, che, cioè, V’ Italia è | wicca di Protallogame più che qualsiasi altro paese d’ Europa. Vol, XVII 17 2580 | V. TREVISAN DE SAINT-LÉON, | Sopra le Protallogame italiane scrissero in pî sha 1859. GENNARI ‘Pital! Cryptogama ASH ig stirpium ‘italicarum preter ligusticas enum Memorié della R.' Accademia delle Scienze di | Ser. II. Tom. XVIII, pag. 139-186). os 1861. GENNARI P. Rivista delle Isottee della Flor «tali ©) | Commentario della Società inni pens Vo- | - lume I, pag. 94-116). | 00 di 1865. Mine J. Monographia Fipaicioniai sio asa 192108 Had: 1866. Toparo Ava. Synopsis plantarum acotyledonearum vasci da rium in Sicilia insulisque adjacentibus sponte prover tium (Nel Giornale di Scienze naturali di Palermo. Vol. I > pag: 208-254). I 0 gio 40. SEO 1867. Mitpe J. Filices Europe et Allantidis. 115 01010 1868. Saccarpo P. IMustrazione delle crittogame vascolari siva i giane. REI (ore (OLE 11 0 ila ee VE, A ptt nas vato | vata vit vd) ASIA IIMAPPTRLG LO UAESENANOSE i vai Mito pica nasali SIL Les: vi 3 Seduta del 26 luglio 1874, — Bresidenza del professor Emilio Cornalia. pui socio dott. Cristoforo Bellotti legge una ola; sopra due specie di” pesci SEG in Lato, durante Pi inver no. da 1873-74, di cui MEDE 100, ORI denominata. da Riippell Haliophis Cadbre tus. LD autore descrive ambe le specie 6, circa la seconda fa risal- tare le differenze fra i caratteri da lui stesso. osservati e quelli dati da Riippell, differenze abbastanza sensibili, benchè, a, quanto * sembra; non si'tratti che dî una sola e ‘medesima specie. L'autore presenta indi agli. astanti alcuni esemplari in alcool d’ambe le specie. illustrate. nella nota, che Verrà stampata. negli. Atti. Passando agli affari, ill segretario: legge. il processo: “verbale della. adunanza del 28 giugno ‘1874, il cui tenore viene ap- provatox: CARANO Dopo. di. che: il. prestata dà; nuovamente. la parola al segre- tario» onde: riferire: intorno: ai: più precisi termini della proposta ‘di adesione della nostra Società: italiana all’ invito fattole da quella veneto-trentina sedente in’ ‘ Padova, per intervenire al Congresso dei naturalisti italiani che quest’ ultima società intende di con- vocare nel prossimo autunno in Arco; nel Trentino, proposta in- torno alla quale il presidente ebbe ad intrattenere la Società 260 SEDUTA DEL 26 LUGLIO 1874. zione che verrebbe fatta alla nostra Società qualora accedesse all'invito; legge la risposta gentilmente avuta dal signor Omboni e presenta una bozza della lettera d’invito * che verrà spedita nel . Regno ad ogni società di scienze naturali, nonchè alla presidenza del Club Alpino Italiano in un numero di copie sufficiente per essere distribuita a ciascun socio; lettera in cui sono chiaramente segnate le norme principali del Congresso e la sfera d’azione di. ogni singola società invitata. Le proposte della Società Veneto- Trentina essendo ammesse senza alcuna eccezione, i soci presenti deliberano che la società nostra abbia ad aderire all’ invito ed a partecipare alla adunanza straordinaria convocata in Arco da quella Veneto-Trentina ed incaricano la presidenza di chiedere e diramare le relative circolari d’invito. Non essendovi altro a trattare il presidente chiude la seduta, annunciando che le adunanze ordinarie, sospese nell’ autunno, se- condo il consueto, verranno riprese in novembre. F. SoRDELLI Segretario. 4 Ecco il testo della lettera d’ invito spedita infatti a tutti i nostri soci il 10 agosto: « Società Veneto-Trentina di scienze naturali. » Arco (Trentino), li 20 luglio 1874. » Onorevole Signore, » Ho l’onore di invitare la S. V. Ill. a prender parte ad un Congresso di naturalisti italiani che avrà luogo in Arco nel Trentino nei giorni 21, 22, 23 e 24 del prossimo settembre. » Ove alla S. V. piaccia aderire a questo invito, la prego di darmene avviso prima del giorno 15 del detto mese, affinchè possano essere date le occorrenti disposizioni per gli alloggi. x ° è SEDUTA DEL 26 LUGLIO 1874. 261 » Il Congresso sarà ordinato press’a poco come le Riunioni straordinarie della So- cietà italiana di scienze naturali tenutesi in Biella, alla Spezia, a Vicenza, a Catania ed Ri Biona. Ci saranno dunque due sedute generali, una di apertura e l’altra di chiu- sura; e delle speciali per le sezioni di zoologia, botanica, geologia, ecc., a norma del numero dei naturalisti presenti. Saranno anche organizzate alcune escursioni nei din- torni di Arco. » Le persone appartenenti a speciali società scientifiche potranno tenere sedute par- ticolari per trattare i loro affari, e potranno pubblicare le loro memorie per esteso negli Atti della loro Società. Ciascuna Società poi potrà pubblicare nei suoi Atti un rapporto generale sul Congresso, ed i sunti dei lavori presentati nelle sedute speciali. La Società veneto-trentina, che fu la promotrice del Congresso, pubblicherà nei suoi Atti, o in un volume a parte, il rendiconto ufficiale del Congresso stesso. » L'ordinamento delle sedute speciali si farà più agevole, se chi intenderà fare delle letture, me ne indicherà l'argomento prima del principio del Congresso. > LaS. V., arrivando ad Arco, troverà nella sede municipale il registro d'iscrizione, il biglietto di ammissione alle sedute, e le occorrenti indicazioni intorno al programma generale del Congresso, agli alloggi ecc. y » Confido che la S. V. Ill. vorrà onorare il Congresso della sua presenza. » Il presidente del Congresso | « Dottor PROSPERO MARCHETTI, » UNOTA | DEL SOCIO Cristoforo Bellotti. Ni; cene 1) 15 (Seduta del +26. luglio 1874). © > Il viaggio intrapreso lo scorso iniverno nell’ Alto. Egitto. 3 distinti naturalisti italiani, quali sono i ‘professori’ Cornalia, Pane ‘ceri, Costa, Gasco, avrà dato. occasione.a:quegli:studiosi di:fare importanti osservazioni specialmente sulla fauna di quei paesi _ non mai abbastanza conosciuti e di arricchire la scienza di nuovi e_ interessanti dati anatomici e fisiologici. Dobbiamo sperare. ‘che il frutto delle loro ricerche sia presto reso di pubblica ragione, come già ne porse l’ esempio lo stesso professore Panceri. colle molteplici e non meno apprezzate Memorie che diede alla luce al suo ritorno dal primo viaggio nel Basso Egitto nel 1872. Rendo grazie a quegli ottimi amici se a me pure venne esteso l'invito a far parte della ben ideata spedizione ed era naturale che io accettassi con trasporto l’ occasione che si presentava di visitare paesi sotto ogni riguardo interessantissimi e in così ge- niale compagnia. Dalla sovrana munificenza del Kedive, officiato dal console ge- nerale italiano commendatore De-Martino, fu messo a nostra di- sposizione un battello a vapore vicereale completamente equi- paggiato e fornito a dovizia, che per più di un mese ci condusse lungo il Nilo rimontandolo per circa mille chilometri, quanti in- tercedono fra il Cairo e la prima cataratta, al di là della quale non è possibile ai battelli a vapore 1’ innoltrarsi. C. BELLOTTI, 263 0 giorni trascorsero per noi troppo presto, alternandosi fra loro la caccia, la pesca, poi ‘la visita ai sontuosi monumenti, alle caverne più o meno abbondanti di mummie umane o d’ altri ani- | È ai villaggi abitati da popolazioni semi-barbare, alle splen- ipa de fabbriche di zuccaro di S. A. il Vicerè e infine l’ammira- zione di tutto quanto presentava di nuovo per noi quello strano | paese ove ad'ogni passo riscontransi traccie di una civiltà e gran- dezza che l’Egitto potè vantare in tempi remotissimi, e di cui quei popoli ci tramandarono la storia rappresentata da carat- teri-geroglifici scolpiti su durissima pietra. Durante il viaggio mi occupai di raccogliere alcuni fra i pe- sci del Nilo, mancanti o, non sufficientemente rappresentati nella collezione del Civico Museo, senza la pretesa di ottenerli tutti, pel che migliore e assai più lunga stagione sarebbe occorsa, che non lo spazio di tempo troppo limitato di cui poteva disporre. Fra quanto rinvenni, se notevole incremento ne trasse la colle- zione ittiologica, non mi fu dato però di osservare cosa alcuna che meriti speciale menzione, sia perchè la fauna ittiologica del Nilo inferiormente alla prima cataratta è già ben conosciuta, specialmente per gli accurati lavori di Géoffroy e di Riippell, sia perchè la stagione invernale non era molto propizia alla pesca, che trovai sempre assai scarsa e che si fa generalmente molto limitata pel pochissimo pregio in cui ‘sono tenuti i pesci del Nilo come alimento. Scopo della presente comunicazione è invece di far conoscere due specie di pesci marini che raccolsi presso Suez, durante un’e- scursione di pochi giorni fattavi appena prima di imbarcarci per l’ Alto Egitto. Nel golfo dell’Attaka, ove rimanemmo due giorni, facendo ricca collezione di echinoderni e polipaj e precisamente frammezzo ai massi madreporici, che più lungi formano veri banchi, rin- venni, fra gli altri, due pesci che mi accingo a descrivere, l’uno perchè ritengo sia nuovo, l’ altro perchè non bene finora cono- sciuto. Appartiene il primo alla famiglia dei Percoidi e al genere Apo- wi Si a 264 . SOPRA DUE SPECIE DI PESCI RACCOLTI IN EGITTO. ul’ e gon; piacemi distinguere la specie col nome di Phargonis che richiama la località dove fu da me rinvenuta; quella stessa nel cui vicinanze, or fanno circa tre mila anni, gli. eserciti. die raone trovarono la morte per l'alta e straordinaria marea i provvisamente sopravvenuta, ove dapprima le turbe d’ Israe condotte da Mosè, avevano trovato facile e sicuro passaggio. I pri ‘ la descrizione della nuova specie, di cui FaOoolslta in un giorno 2 esemplari: , ‘ras “ato a ii Pharaonis. 19 00400 low È > - » è ri la tera ‘PrAf D. 7, TOS A, Dit g.lin. lat. 260 — 28. rino LATER all’ Apogon bifasciatus Riipp. Caudale troncata. L ‘al tezza del corpo, eguale alla lunghezza del. capo, è compresa. tre. i volte nella lunghezza totale; l’osso mascellare raggiunge quasi il margine posteriore dell’orbita. Le pettorali oltrepassano di poco le ventrali. Il corpo è di color olivastro metallico, tutto pun-. teggiato di bruno, tranne le pettorali incolori; tre fascie nera= stre discendono, la prima partendo dalla base dei primi raggi. della dorsale spinosa fin poco sotto la linea laterale, terminando con un occello nerastro contornato da un anello giallo dorato; da seconda fascia discende fra la dorsale molle e l’anale, estenden-. dosi sui raggi di entrambe; la terza circonda la coda presso la base della caudale. Nello spirito i colori perdono i loro. riflessi È metallici. REA La seconda specie di cui vengo a discorrere venne da me rac- colta in numero di 7 esemplari e fra gli stessi massi madrepo- rici in compagnia della precedente. Appartiene dessa ‘alla, fami-. glia Ophidiide, al gruppo Congrogadina e al genere Haliophis ; venne già descritta e figurata da Riippell! col nomè di Haliophis guttatus, sotto il qual nome e colla stessa descrizione trovasi pure nel catalogo di Giinther, ® essendo la sola di questo genere. Ma mentre la figura non lascia dubitare della identità della specie ' RiPppeLL, Atlas 2u der Reise im nùrdlichen Africa. Fische, p.49, tav. 12, fig. Da, 3 GintHER, Catalogue of the fishes in the british Museum. Vol. IV, pag. 389, E % C. BELLOTTI, SOPRA DUE SPECIE DI PESCI RACCOLTI IN EGITTO. 265 . di Riippell cogli esemplari da me raccolti, la descrizione non ne è abbastanza esatta; in quella che ho qui tracciato sono scritte ‘in corsivo le principali differenze da me osservate. D. 45, A. 35 — 40. Il corpo è tutto coperto di minute squame aderenti (non è nudo ‘come asserisce Riippell); la linea laterale descrive una curva as- sai marcata al disopra delle pettorali e raggiunge poi la caudale in linea retta lungo la metà dell’altezza del corpo. L’ apertura branchiale è di mediocre grandezza (apertura branchialis parva Riipp. loc. cit.); le membrane branchiali non sono soltanto riu- nite fra loro sotto la gola, come suppone Giinther (loc. cit.), ma aderenti all’ istmo; devesi perciò rettificare la diagnosi di Giin- ther (loc. cit., pag. 371), pel gruppo Congrogadina-restringendo al solo genere i irodala il carattere di queste membrane non aderenti all’ istmo. Il corpo dell’ Haliophis guttatus è bruno fosco, talvolta giallo-bruno, a chiazze più scure. La testa è più chiara, e su di essa meglio si scorgono le macchiette nerastre di cui è sparso il rimanente del corpo. Esiste la macchia nera più grande superiormente alle pettorali e più precisamente al diso- pra appena della linea laterale ove questa ha principio. La stri- scia gialla è cospicua sul vertice del capo dall’ estremità del muso fin poco dietro V occipite, non già (negli esemplari da me osser- vati) fino all’origine della dorsale. Ritengo le dette differenze abbastanza importanti per essere segnalate, ma non mi credo autorizzato a porre un nome nuovo alla specie da me raccolta, ritenendola, come dissi, la medesima già nota agli ittiologi, ma soltanto imperfettamente, forse perchè . meno frequente di tante altre che popolano il Mar Rosso e per- ciò rara a trovarsi nelle collezioni. Gli esemplari di questa specie, come quelli della precedente, trovansi ora nella collezione del Civico Museo. SULLA DICOGAMIA NEL REGNO VEGETALE, È PER | FEDERICO DELPINO. SEZIONE TERZA. i $ 8. DISPOSIZIONI PER REGOLARE IL NUMERO DELLE VISITE. . DEI PRONUBI., pe) a) Numero regolato dalla struttura florale, ‘A 1 fiori della diverse piante, latino le diversità della toni strut tura, esigono, per poter ‘essere dicogamicamente fecondati, un de-. terminato numero di visite per parte dei pronubi. Questo numero, . abbastanza bene determinato per ogni singola specie di fiore, è curiosamente vario; epperò riesce interessante per la dottrina di- . cogamica, il considerare siffatta varietà: e le ragioni che darne averla provocata. Vi a) «L’argomento è nuovissimo; non abbiamo in pronto osservazioni salvo che le nostre pochissime. ‘Queste non ‘ostante basteranno a fissare alcuni dati, i quali non solo varranno a qualche dilucida- zione dell’argomento, ma potranno servire altresì di punto di par- tenza per consimili, più complete e fruttuose ricerche di tal ge pi < nere nell’avvenire. L’unico autore che ha toccato quest’ RASO. e che ne ha previsto l’importanza per la filosofica considerazione dei fenomeni dicogamici è SEvERINO AXELL (Om amordmingarna, ecc.) Egli per altro non distinguendo che soli due casi, quello cioè dei fiori alla ‘ Pei precedenti 22 di codesta sezione, vedansi lo pag. 217-349 del vol. XVI. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 267 cui dicogamica fecondazione basta'una sola visita, e quello ove ne occorrono due, è ben lungi dall avere esaurito pie i Lo ha soltanto. ‘sfiorato. Post | Questo numero delle visite florali per parte dei pronubi vuol essere considerato è studiato in maniera ‘più completa. General- mente. parlando non solo è variabile da una ad altra specie di fiori; ma anche per ‘una data e singola specie, non deve. essere ponsidertito ‘come. unico, ca) ‘come Megenicen e a lo “meno triplice. | «E invero a noi par conveniente. on Ten numeri, un mi- «nimo, un,medio,‘un:massimo,.0 con: termini più DIOR: il numero . sufficiente; l'efficiente, il perficiente.. E | «Numero. minimo 0 sufficiente ‘è quello che basta. HE assicurare ‘un’ "impollinazione dicogamica. parziale. | n; | ‘Numero efficiente è ‘quello ‘che occorre: per. avere un impaline zione dicogamica totale e completa. de ont o Numero perficiente:è. quello: che ‘occorre ‘non ua per. assicurare un’impollinazione dicogamica più che completa, ma che è. richie-, sto anche perchè dai pronubi venga portata via ‘ed usufruttuata tutta: quanta: l’esca: pollinica € l’esca nettarea. | Un: esempio pratico ci persuaderà subito della E di siffatta distinzione. OTO 191 Prendiamo: à. considerare. ‘l'apparecchio : florale. dicogainico Ha generi Cerbera: 6: Thevetia 0 Taberniemontana. La corolla ‘è ipo-, ‘crateriforme;. e la fauce ne è è perforata. da: cinque buchi. Quando. là. proboscide: d’un insetto ‘s'insinia per uno didetti buchi} com-. - pie istantaneamente’ due operazioni; deposita sullo stimma. polline dei fiori antecedentemente visitati; s’invischia e porta via il pol- line della loggia destra e della loggia sinistra Li due antere vicine. a , Riflettiamo bene su cato Badia non perdendo di vista la struttura morfologica dei fiori di detti generi. Una sola visita d’insetti basta per operare nei loro fiori una fecondazione dicogamica parziale. Adunque il numero minimo o sufficiente sarà uno. d6RE ini LI F. DELPINO; Mec. le . Ma ciascun fiore ha dò carpidii e due loggie ovariane se sep: ara D l'una dall’altra. Ed è possibile che un’applicazione polliniica. scarsa. e unilaterale non basti che a fecondare una loggia soltanto. Q ind Li per una fecondazione completa occorreranno due spp liniche e conseguentemente due visite almeno dei pronubi. Aduno due sarà il numero sufficiente. n Ma due sole visite florali usufruttuano due soltanto delle. asi que entrate preparate dalla natura nelle nettaroconche florali di. dette Apocinee; le altre tre resterebbero inesplorate, e quindi non utilizzata la provvigione pollinica di tre antere. Adunque cinque sarà il numero perficiente delle visite dei pronubi. Con analoghe osservazioni e considerazioni si può per ciascuna specie fissare i numeri sufficiente; efficiente e perficiente. Così una sola visita d’insetto può effettuare la fecondazione parziale (d’un carpidio) nei fiori d’ Iris; ma siccome questi fiori sono trilaterali e tricarpidiali, il numero efficiente sarà tre; e un multiplo di tre, sarà il numero perficiente nel caso che una sola confricazione del dorso dei pronubi contro la superficie delle antere non valga ad asportare tutto il polline. Premesse queste cose, possiamo delineare la seguente classifi- cazione di piante zoidiofile, ordinata secondo il numero delle visito dei pronubi. 1.° Piante a fiorì ove il numero uno si appalesa sufficiente, efficiente, perficiente. I fiori di queste piante, a rigor di lettera, non sono e non possono essere visitati da pronubi che una sola volta. Qui debbono essere inscritte tutte le piante che hanno nei loro fiori un apparecchio papilionaceo a scatto. Lo scatto degli. organi genitali, provocato dall’appulso del primo insetto che vi sì posa, ha per effetto di precludere l’adito alla nettaroconca se esiste, — e di dissipare tutta quanta la provvigione pollinica. Quindi è tolta non solo la utilità, ma eziandio la possibilità di una seconda effi- cace visita per parte d’insetti. Genista, Spartium, Ulex, Medicago, Indigofera, Desmodium, Poligala mixta, Fumaria spicata, Cory- dalis ochroleuca, C. lutea, tutte le Marantacee, ecc. Inoltre deb- bono essere qui riportati i generi Spiranthes, Gymnadenia, Listera RSA ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 269 ed altre molte Orchidee, la Polygala vulgaris e le specie affini, la Gratiola officinalis, le Utricularia, Pinguicula, ecc. Tutte queste piante occupano un grado altissimo nella scala della perfezione — dicogamica, appunto perchè, esigendo il minor numero possibile di visite dei pronubi, conseguono grande risparmio di forza e di tempo. 2.° Piante a fiori ove uno è il numero sufficiente ed ‘efficiente, e due i numero perficiente. Qui figurauo specie singinandre che hanno apparecchio bilaterale, per esempio i generi Browallia, Dielytra, Dicentra. ecc. 3.° Piante a fiorì ove uno è il numero sufficiente, tre il nu- mero efficiente e tre 0 un multiplo ditre il numero perficiente. Qui figurano specie singinandre ad apparecchio trilaterale. Iris. 4.° Piante a fiori ove uno è il numero sufficiente, due il nu- mero efficiente, cinque il numero perficiente. Qui debbono essere annoverate tutte o presso che tutte le Asclepiadee, le Periplocee, le, Apocinee. | D.° Piante a fiori ove uno è il numero sufficiente ed efficiente, ser o sette 0 più il numero perficiente. Qui annoveriamo le Papi- lionacee con apparecchio a pala (Vicia, Lathyrus, Orobus), con apparecchio a stantuffo (Lotus, Bonjeania, Emerus, ecc.), e con stilo a spazzola (Phaseolus). Non è difficile determinare il numero perficiente, poichè equivale per l’appunto a quante volte occorre abbassare in fior vergine la carena per far sì che tutta quanta la provvigione del polline esca. fuori a determinate porzioni, sotto forma di palate o di vermicelli o di glomeruli pollinici. 6.° Piante a fiori ove uno è il numero sufficiente ed efficiente e ove indefinito è al numero perficiente. Inscriviamo in questo luogo i Myosotis, Iasminum, Narcissus, Rosa, Paconia ed altri moltis- simi generi singinandri. 7° Piante a fiori ove due è il numero sufficiente ed efficiente e maggiore di due il numero perficiente. Vogliono essere qui in- scritte tutte le zoidiofile a fiori unisessuali, e tutte quelle a fiori ermafroditi distintamente proterandri, per esempio le Campanula- cee, Lobeliacee, Gesneriacee, Loasacee, Rinantacee, i generi Acan- i 270... °° F. DELPINO,: | |» | 3401 RO O thus, Teucrium, Impatiens, Saxifraga, ecc. Vi figurano anche i generi ove la maturazione pollinica procede lentamente dall’apice î alla base delle antere, per esempio, i Borago; Cyelamen, ece. Tutte t queste piante da un lato presentano ‘l’inestimabile ' ‘vantaggio di È obbedire in maniera insigne alla legge della dicogamia; ma cid è collegato collo svantaggio di patri un ii numerd di visite p iau parte dei pronubi. SIT SAR ta d, % aux ‘ Nu « vi de dà LS ARI do L b) Numero regolato: dalla durata; dei fiore ji consi PIANTE EMERANTE. Pos È per sè palese da più vete la durate i un re fo cobteria: paribus maggiore sarà il numero delle visite dei pronubi. Dagli effimeri fiori delle specie più emerante ai fiori più diuturni' delle rimanenti, sono interposti naturalmente numerosissimi termini fi 4 transizione. 2 La 4a EMO: Sventuratamente anche su questo nia mancano’ precise* ed estese osservazioni. Noi ci limiteremo @ riferire le più. salienti cose state fin qui notate in proposito. < ù albi e Il caso d’emeranzia più segnalato ci parve calli offerto. dalla fioritura delle Commeline. I fiori si aprono di buon mattino’ per chiudersi definitivamente verso‘ il mezzogiorno. La chiusura: Cav: viene in tal modo che i petali av vizziti avviluppano le antere*e gli stimmi, cosicchè se non'è avvenuta fecoridazione' dicogamica, me: diante gl’insetti, avviene necessariamente la; omogamia? iù seguito a questo postumo'e forzato: ravvicinamento degli ‘organi’ genitali. Appena di maggior durata’ sono i fiori: di- Convolvulus arvensis. Aperti di buon mattino, ‘è raro che arrivino: ‘allè ore pomeridiane? E anche qui accade: che la ‘corolla nell’ avvizzirsi si corrugà rego: larissimamente, promovendo. di sicuro una impollinazione’ ordiogaa mica nel casò che abbia; fatto difetto la‘ dicogamià. Traifiori a breve vita debbono essere annoverati altresì. quelli d’una gran parte di piante notturne; per esempio, i fiori di Mi- rabilis Jalapa, di parecchie Oenotherae, Cereus, ecc. E anche qui generalmente si nota una postuma attitudine dei petali’ nell’av- ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 271 vizzire, diretta a promuovere una fecondazione omoclinica nel caso che sia mancata una efficace visita dei pronubi. . Anchela Ferraria undulata presenta il fenomeno d’una ecces- siva emeranzia. I suoi fiori, schiudentisi di mattina, si chiudono nelle prime ore pomeridiane. Se la memoria non ci tradisce, an- che qui la corolla, nell’ avvizzire, assume un’ attitudine intesa a . favorire un’impollinazione omogamica. Brevissima vita hanno pure i fiori di Passiflora fetida (Bot. Mag. tab. 2619). Il testo dice: “ bear a profusion of flowers in succession, but each only of a few hours duration. , Ignoro come si atteggi la corolla nell’avvizzire. ) + Queste sono le poche specie veramente emerante che sono a no- stra cognizione, e, quantunque il numero di tali esempi sia molto scarso; pure mi sembra chiarita e manifesta assai bene la tendenza delle specie emerante a conseguire .la omogamia dopo una bre- Vissima esposizione alla eventualità di una fecondazioue dicoga- mica. Tale sarebbe il significato della emeranzia, in opposizione antipoda a quello della fioritura diuturna, la quale evidentemente è diretta ad aumentare il campo di probabilità delle nozze incro- ciate in proporzione dell'aumento nella durata dei fiori. Mancano precise ed estese osservazioni intorno ai fiori diuturni. GAERTNER (Versuche und Beobachtungen diber die Befriichtungsor- gane; 1844, p. 52-53) ha dato il asa breve elenco. -. Durano'i fiori della: [aL 18 AR Lychmis vespertina 5 9 giorni. . Lychnis diurna . << 6-10.., Lychmis flos-cuculà << 14-17. , Dianthus superbus È 5-7. ‘n ‘Dianthus barbatus: «+ 5-71, 1 Nicotiana rustica >| 5-7. 1, Delphinium consolida 12-16, paratie | Potentilla anserina 10-12 , Dis | Lilium martagon 8-10, Mimulus cardinalis 5-6 » Potentilla argentea 2 ” Potentilla nepalensis 2 n 272. IN AP /DELPINO; NUR &I ) EM In questa lista i fiori di maggior durata sono quelli 108 I alb mis Flos Cuculi e del Delphinium Consolida. E così doveva perchè fra tutte solo queste due sono STO in grado : signe. | siro RAR C. C. SPRENGEL ha trovato che i fiori di Vaia Gaye sono ancora più diuturni essendo durati 18 giorni. | ///\//00 I fiori di Ceropegia sarebbero eminentemente bidui. Nel primo giorno sono verticalmente eretti e imprigionano moscherini; nel secondo giorno sono affatto pendoli e «rendono la libertà Lot insetti. nom I fiori di Aristolochia Clematitis sarebbero presso a poco tridui. Nel primo giorno femminili, nel secondo giorno maschili. Nel pri- mo e nel secondo giorno sono perfettamente verticali e incarce- rano moscherini. Nel terzo giorno declinano e divengono pendoli, lasciando in libertà gl’insetti. Tutti i fiori proterandri sono eminentemente diutaraî) e più la loro proterandria è pronunziata più sono diuturni. Eccessivamente diuturni trovammo 1 fiori di Acanthus, di Delphinium, ece. Sono pure diuturni in grado insigne quei fiori proterandri che offrono movimenti di erezione e dejezione degli stami; per esem- pio, i fiori delle Loasacee, della Parnassia, di alcune Sassifraghe. Egualmente diuturni sono quei fiori ove la maturazione 0 almeno la cessione pollinica ai pronubi vien fatta lentamente, per esem- pio, presso le Campanulacee, presso il genere Borago, Cyela- men, ecc. Pur di assai lunga durata sono i fiori papilionacei con apparec- chio a pala e a stantuffo. La diuturnità di tutte coteste piante è in evidente correlazione col numero perficiente delle visite dei pronubi, il quale è eleva- tissimo, e in media si può calcolare superare la cifra dieci. Infine vi sono dei fiori che, a seconda dei casi, possono essere effimeri o diuturni. Questi fiori sono singinandri e si addimostrano effimeri se vengono visitati prestissimo dai pronubi; si addimostrano diuturni se la visita dei pronubi ritarda. Tali sono fra gli altri i fiori papilionacei con apparecchio a scatto, per esempio, quelli della Genista pilosa, ecc. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 273 c) Numero regolato della declinazione dei peduncoli. . Presso la Ceropegia elegans e presso l’Aristolochia Clematitis, come abbiamo sopra avvertito, i fiori vecchi declinano e diventano pendoli, differenziandosi così dai fiori giovani che possono con suc- cesso essere visitati dai pronubi. Ma in questi due casi l’ apparec- chio è singolarissimo; è un apparecchio incarceratore. Anche in piante il cui apparecchio florale è tutt'altro, si nota una consimile differenziazione. I peduncoli dei fiori vecchi e de- florati declinano considerevolmente, e così, a primo colpo d’ occhio, sì distinguono dai fiori giovani, i cui peduncoli sono eretti. Questo fenomeno può osservarsi assai bene nella Fumaria capreolata, nella Polygala vulgaris, nel Trifolium repens e in qualche altra pianta. Questa Miispzisrione può riuscire di non poco utile alla spe- | cie, conciossiachè i pronubi distinguono prestissimo i fiori giovani dai fiori passati, epperò si trovano in grado di eseguire un mazi- mum di lavoro con un risparmio non indifferente di tempo. $ 9.° DISPOSIZIONE PER ADATTARE I FIORI A SINGOLARI PRONUBI. Oppositamente alla monotonia ed uniformità dei fiori delle idro- file ed anemofile, per converso le specie zoidiofile hanno svilup- pato una strana ricchezza e varietà di forme florali. Le ragioni di questo fatto noi mediteremo e spiegheremo altrove. Per ora ci basti accennare che la causa finale di tante e così diverse foggie florali si fu quella di adattare alla visita di speciali pronubi i fiori delle diverse specie zoidiofile. Di cosifatte disposizioni e adattamenti noi daremo qui un qua- dro estremamente rapido e sommario. Gli animalcoli pronubi altri sono volitanti e continuamente li- brati sull’ale; altri, sebbene dotati di volo, hanno per costume di raccogliere le ali e il volo ad va fiore che toccano; altri infine sono striscianti. Vol. XVII. 18 274. F. DELPINO, Distinguiamo gin pronubi Kara, pronubi posanti v pro- nubi striscianti. i . teri notturni e crepuscolari; cioè le sfingi, le raneron (ona Rae li; in secondo luogo quasi tutti gli uccelli melittofagi, Trochilus,” Or. nismya, Nectarinia, ecc.; in terzo luogo pochissime apiarie; in Fu-- ropa alcune Antofore e le femmine di alcune Eucere; fuori d’Eu- ropa altre apiarie, probabilmente del genere Euglossa. Tra i ditteri LI abbiamo volitanti le specie del genere Bombylius. vida Fra i pronubi posanti, che sono di gran lunga i più numerosi, abbiamo pressochè tutte le apiarie, vespe, ditteri, ug. far ) falle diurne e parecchie notturne. . H Finalmente fra‘i pronubi striscianti abbiamo talune chiocciole — e lumachine, e fors’ anco alcune specie di ditteri (almeno rispetto al modo con cui eseguono la fecondazione in certe infiorescenze appianate). A prima vista nei fiori possono essere rilevati alcuni caratteri che rispondono a queste tre divisioni. I fiori designati a pronubi posanti, siano eretti, orizzontali, pen- doli od obliqui, hanno una comoda tavola e superficie d’ appulso, oppure hanno organi a cui possono aggrapparsi i pronubi. Se in un dato fiore manca questa superficie d’appulso o questi fulcri a cui deggiono appoggiarsi i pronubi posanti, si ha subito un indi- zio certo essere il fiore medesimo designato a pronubi volitanti. Nei fiori di EpiphyUWlum truncatum, nei fiori di tipo microstomo del Tropaeolum tricolor, in quelli di parecchie specie di Hakea, ece., la mancanza di ogni tavola d’appulso accenna subito a pronubi volitanti. Nelle specie designate a pronubi striscianti, si nota sulle infio- — rescenze una singolarissima complanazione dei flosculi. Egregia- mente complanati sono i flosculi negli spadici di Dracontium per- tusum, Rhodea japonica, Anthurium, Dorstenia, ecc. Tutte queste piante sono o malacofile o macromiofile. | Esiste negli animalcoli volitanti una correlazione singolare tra il loro costume di mantenersi librati nell'aria, tra una lingua sug- ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 275 gente o proboscide o tromba di straordinaria lunghezza e tra la facoltà di una rapidissima locomozione. Questa correlazione è me- . ritevole d’ogni attenzione. Essa si manifesta colla universalità di “una legge naturale, con ben poche eccezioni. | Così trale apiarie europee il genere Anthophora, che conta pa- | recchie specie volitanti, si distingue per lunga proboscide. La % stessa cosa si dica del genere Bombylius tra i ditteri. Le sfingi poi, le deilefile, le macroglosse, infaticabili e celerissime volitanti, hanno proboscidi sopra ogni altra lunghissime. Per non uscir dal- l’ Europa, la tromba della Splinx Convolvuli, secondo Erm. MiLLER, è lunga 70-80 millimetri; ma alcune sfingi dei paesi tropicali de- vono avere trombe due volte più lunghe. Finalmente anche i vo- litanti uccelli melittofagi confermano la regola avendo becchi e lingue lunghissime. Ciò posto se è vero che alcuni fiori siansi adattati alla visita esclusiva o preferente dei pronubi volitanti, e l’ osservazione porge una risposta affermativa, quale deve essere il carattere generale ed escludente di cosifatti fiori? È manifesta @ priori la convenienza di avere il miele riposto nel fondo di tubi corollini o di speroni lunghissimi. E infatti la presenza di questi tubi e di questi spe- roni, è il carattere dominante dei fiori adattatisi a pronubi voli- tanti. Denotiamo col nome di macrosifanzia cosifatto carattere, e di macrosifoni i fiori che ne sono insigniti. Ma trai pronubi volitanti altri sono diurni, altri notturni. Sono senza eccezione diurni gli uccelli melittofagi, le apiarie e i ditteri volitanti; sono serotine e notturne le sfingi. In armonia a questa divisione, i fiori macrosifoni, altri si. adat- tarono esclusivamente alla visita dei volitanti diurni, massime de- gli uccelli melittofagi, altri si adattarono esclusivamente alla vi- sita delle sfingi, ed altri infine si conformarono in guisa da poter essere visitati di giorno e di notte promiscuamente da volitanti diurni e da volitanti notturni. . Recisi più che mai sono i caratteri dei fiori adattati alla visita dei volitanti notturni ossia delle sfingi. Oltre il carattere comune della macrosifanzia, siffatti fiori offrono il fenomeno della nictan- 276 F. DELPINO, zia e della nictosmosi; vale a dire si aprono di sera, sso nerti tutta la notte, per chiudersi sul far del giorno e inoltre essendo pressochè inodori di giorno, di nottetempo ‘sviluppano odori for- tissimi e soavissimi. Sono macrosifoni e nictosmi, i fiori esclusi- vamente sfingofili di Gymnadenia, Platanthera, Oenothera, Lilium Martagon, Lilium croceum, ecc. 14, SE po Ma nella numerosa legione delle sfingi vi sono generi e specie diverse, le quali differiscono fra loro per molti caratteri e fra gli altri per essere munite di tromba di differenti determinate lun- ghezze. I fiori sfingofili, adattandosi ulteriormente a singoli generi. e specie di sfingi, hanno in corrispondenza assunto tubi e speroni di proporzionata lunghezza. Dai tubi e speroni melliferi, tutt'al più pollicari o bipollicari di alcune Enotere, Ginnadenie, Platan- — tere, la ricca flora tropicale ci presenta, in fiori sfingofili, tutte le immaginabili transizioni ai meravigliosi sifoni melliferi di alcune specie di Limodorum, Habenaria, Randia, Gardenia, Oxyanthus, Portlandia, Exostemma, lunghi da sei a dodici e più pollici. Ogni ‘differente lunghezza nel sifone mellifero debb’ essere considerata come un adattamento a sfingi speciali. I fiori adattatisi esclusivamente o preferentemente a pronubi volitanti diurni, salvo il comune carattere della macrosifanzia, non sono nè nictanti, nè nictosmi. A vece di odori soavissimi e fortis- simi, di cui essi assai generalmente mancano, hanno assunto tinte per lo più fulgidissime, e si sono resi atti così a fare impressione sulla geniale stirpe dei trochili, i quali, sopra ogni altro essere vivente, mostrano di avere vivissimo il senso estetico dei colori e delle forme. Anche i diversi fiori ornitofili è lecito arguire siansi adattati ciascuno a singolari pronubi, mercè lo stesso espediente di un mag- giore o minore sviluppo in lunghezza nel sifone mellifero, in cor- rispondenza colle lunghezze del becco e della lingua presso le di- verse specie degli uccelli mellisugi. Non è difficile rintracciare i caratteri di adattamento dei fiori alle apiarie. Siccome questi animalcoli vincono in intelligenza ogni altra tribù d’insetti pronubi, il precipuo carattere di adattamento esclu- ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 277 sivo consiste nella reposizione del nèttare in vascoli nascosti, di difficile ritrovamento ed accesso. Quindi la presenza di nettaro- conche accuratamente celate e turate da perfetti nettarostegii, la presenza di nettarindici e di nettarovie sono altrettanti sicuri e certi caratteri di fiori esclusivamente melittofili. A singoli generi e specie di apiarie si adattarono poi parecchie ‘specie di fiori melittofili, principalmente mediante un maggiore o minore sviluppo di tubi o speroni nettariferi, in corrispondenza colla maggiore o minore lunghezza dell'apparato buccale delle specie e dei generi suddetti. Così il Trifolium repens è visitabile dall’ ape comune ma non il Trifolium pratense, i cui tubi florali, troppo lunghi per l’ ape, sono invece esplorabili dalla più lunga tromba dei bombi. Così il Del- phinium clatum è preservato alla visita del Bombus hortorum mu- nito di lunga linguetta, mentre i suoi fiori sono inesplorabili dal Bombus terrestris la cui linguetta è assai breve. Per le osservazioni concordi del chiaro entomologo FERDINANDO PiccioLi, del dott. E. MiiLLER e nostre, i fiori di Lysimachia punctata e L. vulgaris, destituiti affatto di miele, sono visitati esclusivamente o quasi (in Toscana e in Vesfalia) da una specie di apiaria, dalla Macropis labiata. Quali siano le cause di siffatta preferenza non si sa; può essere che siano riposte in qualità idio- sincratiche speciali del polline di questa primulacea. Medesimamente i fiori di più specie di Scrophularia, per le 0s- servazioni di SPRENGEL e di E. MiiLLER in Germania, e per le con- cordi osservazioni nostre in Italia, sono quasi esclusivamente visi- tati dalle vespe. La stessa cosa si deve dire per i fiori di Stmpho- ricarpus racemosus e di Epipactis latifolia. Quali saranno le cause di siffatta predilezione? Probabilmente consisteranno nella spe- ciale natura del miele di queste piante. Non si può negare per altro che i fiori di tutte le suddette specie, non abbiano qualche congruenza nella forma, essendo consimilmente foggiati a piccolo globo od otricello. Quelli di Scrophularia e di Epipactis concor- dano eziandio nei colori tristi. Recisi più che mai sono i caratteri di quei fiori che si sono gra- 278 F. DELPINO, datamente acconciati alla visita o esclusiva o preferente d le teri. Ma qui anzitutto è da avvertire che i ditteri prot piante non tutti hanno eguali costumi, eguali forme e ml Quindi conviene fare tre o quattro distinzioni almeno. Distinguia mo in primo luogo ditteri di grossa e mezzana statura, spesso adorni di vaghi colori, come i generi Syrphus, Erystalis, Volu- cella e simili; più spesso disadorni come i generi Echinomyia, Musca, ecc.; in secondo luogo distinguiamo ditteri che accorrono Ò sui AVTOE come la Sarcophaga carnaria, Musca vomitoria, ece. ; in terzo luogo distinguiamo moscherini, sia che appartengano alla | divisione delle Tipole o a quella delle mosche. I fiori adattatisi esclusivamente a questi ultimi con mirabile costanza riproducono caratteri singolarissimi. Dapprima la loro struttura è tale che preparano ai loro pigmei visitatori o un car- cere temporario (per esempio, quelli di parecchie specie di Cero- pegia, Aristolochia, Thismia, Heterotropa, Arum italicum, ecc. p* oppure un capace e gradito ricovero (per esempio, quelli dei ge- neri Aspidistra, Ataccia, Tacca, Ambrosinia, Asarum, Arisarum). Inoltre concordano nei colori luridi e lividi, siano giallognoli o atropurpurei o chiazzati di macchie, striscie, punti atropurpurei, vinosi, sanguigni, biancastri. Finalmente sogliono spesso concor- dare anche negli odori putridi, massime nell’odore urinoso e nel- l'odore di lezzo. A questo proposito giova avvertire che tra 1 mo- scherini più attivi ed efficaci a promuovere le nozze incrociate dei fiori micromiofili forniti di odore urinoso figura la Psychoda ner- vosa, la quale appunto, come più volte osservammo, suole frequen- tare i pubblici orinatoi. La forma e la struttura dei fiori sapromiofili, ossia di quelli che si sono adattati alla visita delle mosche cadaverine, può essere ab- bastanza diversa, perocchè in certe Aristolochie a fiori grossi, in molti Cipripedii esotici, nell’Arum Dracunculus, nella Hydnora e nella Sapria vien preparato un carcere temporario; laddove è preparato un semplice ricovero nei fiori di Rafflesia Arnoldi, R. Patma, R. Horsfieldi, in quelli di Brugmansia Zippelii, di | Dracontium foetidum, ecc. Finalmente non si prepara nè carcere, ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 279 nè ricovero nei fiori delle Stapelie e del Saprantus nicaraguensis. I caratteri veramente generali dei fiori sapromiofili consistono nei colori luridissimi, di fondo atropurpureo o livido, con chiazze o macchie atropurpuree, vinose, biancastre, gialle e nere, nonchè nell’odore nauseoso di cadavere, di pesce marcio e simili. Tra i fiori succitati quelli che preparano carcere temporario, per esem- pio, quelli di Arum Dracunculus e di Hydnora sono in via su- balterna visitati da più generi di coleotteri che vanno sui: ca- daveri. i I fiori visitati dalle altre specie di ditteri, ossia quelli che noi denominiamo macromiofili hanno caratteri variabilissimi di strut- tura, di odori e colori. Non preparano giammai nè carcere tem- porario nè ricovero; anzi sogliono essere aperti e patenti con corolla o rotacea o rosacea. Talvolta hanno colori giallognoli piut- tosto lieti, ad esempio, presso la Euphorbia dendroides, e allora attirano preferentemente»sirfidi. Più spesso hanno colore giallo verdastro, come in molte euforbie ed ombrellifere, nei generi He- dera, Rhus, Rhamnus, Buxus, ecc. Non raramente hanno colori luridi, come presso l’ Evonymus verrucosus, Vincetoricum nigrum, Xanthorrhiza apvifolia, Brachystelma tuberosum, Periploca graeca, Asimina triloba, ecc. Anche offrono odori diversi, spesso grati, tal- volta ingrati. Tra gli odori spiacevoli vanno notati l’odor di lezzo | proprio dei fiori dei succitati Evonymus e Vincetoricum, V odore stercoreo proprio dei fiori di Brachystelma e l'odore di lievito proprio dei fiori di Asimina. Ma il carattere più importante e distintivo dei fiori macromiofili consiste in questo che il miele è prodotto per lenta trasudazione da un nettario apertissimo, pa- tentissimo, al cui ritrovamento non occorre la menoma fatica. Questo carattere è in evidente relazione colla scarsa intelligenza dei ditteri. | Ci resta ancora ad accennare per le generali i caratteri di adattamento ‘dei fiori ai coleotteri antofili ed antofagi; apparte- nenti per lo più alla famiglia dei lamellicorni. Le dimensioni dei fiori sono straordinariamente grandi (Vic- toria regia, Euryale; Nymphaca, Magnolia, ecc.), 0 se i fiori sono 280 | F. DELPINO, © "0 ER LR piccoli allora per solito sono ravvicinati in infiorescenze dense e floribundissime (Cornus paniculata, Hydrangea quercifolia, Orni- thogalum arabicum). I colori sogliono essere bianchi, talora rosei, raramente gialli. Quanto agli odori si può dire che nei fiori can- È tarofili non manchino quasi mai. Sogliono essere di due sorta, 0 simpatici ( Victoria, Magnolia, Ornithogalum arabicum, o idiopa- tici e spiacevoli (Cornus paniculata). Quando sono simpatici, sono al più alto grado veementi, epperò allontanano altri pronubi do- tati di meno robusta complessione. Quando sono idiopatici, ricor- dano per lo più lo spiacevole odore dei Carabi e delle Cetonie epperò valgono anch’essi come un mezzo escludente. I fiori cantarofili raramente sono melliferi, ma più spesso pre- parano altra esca ai pronubi, vuoi polline, vuoi papille suggibili, vuoi il tessuto stesso degli stami e dei petali. In correlazione a . quest’ultima contingenza una quantità non piccola di fiori can- ‘ tarofili sono in grado insigne poliandri*e polipetali. Con tale ri- piego una data porzione di stami e di petali può essere distrutta a titolo di esca senza danno della specie. Da ultimo c'incumbe accennare quali sono i caratteri florali delle specie micromelittofile. Tali fiori sono piccoli, per lo più bianchicci, spesso poco appariscenti. La singolare prerogativa che li distingue è di attrarre in una maniera strana e poco compren- sibile una quantità grande di piccoli insetti appartenenti agli or- dini i più diversi; vi accorrono piccole apiarie, vesparie, una mol- titudine di piccoli ditteri e coleotteri. Ho notato perfino l’ accorso di zanzare, le quali ne ricercavano il miele. Del fascino che tali fiori esercitano sopra una quantità d’insetti appartenenti agli or- dini più diversi, la causa principale sembra riposta nell’odore loro che deve inebriare potentemente ed allettare i visitatori. Fra le specie micromelittofile più segnalate, secondo nostre osserva- zioni, figurano la Spiraea Aruncus, e una specie di Coccoloba appartenente alla sezione Haplostachya, coltivata nell'orto bota- nico a Boboli, sotto il nome di C. punctata. , Una buona parte delle ombrellifere devono essere pure anno- verate tra le piante micromelittofile. bi ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 281 SEZIONE QUARTA. CLASSIFICAZIONE DEGLI APPARECCHI FLORALI ZOIDIOFILI SECONDO I LORO DIVERSI TIPI. Nei precedenti paragrafi noi abbiamo passato a rassegna una quantità non piccola di configurazioni e adattamenti organici, vi- sibilmente coordinati a qualcuna delle tante funzioni relative alla esecuzione della legge dicogamica, e abbiamo veduto come i me- desimi ripetevansi nelle più svariate e distanti famiglie. Cosifatta ripetizione dei singoli pezzi e ordigni di un dato apparecchio, per quanto sia mirabile ed instruttiva, deve tornare per altro assai meno stupenda delle ripetizioni di apparecchi dicogamici intieri, delle quali ora terremo discorso. _. Interessantissimo e affatto nuovo è questo argomento; ma, ap- punto perchè nuovo, difficilissimo ad essere trattato convenevol- mente e ad esaurimento. Noi non mancammo per verità di rac- cogliere e ordinare il maggior numero possibile di dati e di ele- menti per bene svolgere questa materia. Per ciò che spetta agli apparati dicogamici della Flora nostrale, trattandosi di cose che caddero sotto la immediata nostra osservazione, noi crediamo di essere giunti a conclusioni sicure; ma per quel che riguarda gli apparecchi dicogamici delle Flore esotiche, massime delle tropi- cali, dovemmo in parte appoggiarci a congetture e a ragioni di analogia dedotte dalla comparazione. colla Flora nostrale, in parte ad osservazioni raccolte da viaggiatori e naturalisti. 1 I nostri studii comparativi ci hanno condotto a concludere che i fiori delle diverse specie di piante zoidiofile, considerati nel com- plesso dei loro caratteri, quantunque mirabilmente varii nella forma, nella figura, nelle dimensioni, nei colori, negli odori, nel numero delle parti, ecc., non ostante sono suscettibili di essere ordinati in un ‘determinato numero di tipi, ciascuno dei quali, con sorprendente mimismo, e con perfetta riproduzione degli es- senziali caratteri, si ripete in un maggiore o minor numero di famiglie vegetali. Orbene, noi abbiamo preso nota di queste ripe-. 282 F. DELPINO, tizioni, e di ciascuna di esse abbiamo costituito un tipo S d’apparecchio dicogamico, relativo a determinati pronubi i poco che il nostro tentativo sia in qualche maniera riuscit 0, noi pi avremo contribuito a disvelare le recondite leggi e cagioni. de ella formazione e organizzazione florale. i < Re“ Per ben classificare, descrivere e riconoscere i diversi tipi deg i apparecchi florali, bisogna valerci di tutte le nozioni che abbiamo sviluppato nelle precedenti pagine. Sovratutto bisogna considerare attentamente. | 1.° Il modo con cui si diportano i pronubi nel visitare i fiori, nell’impollinare una data regione del loro corpo e poscia nell’ im- pollinare gli stimmi; 2.° La forma, la GT e le dimensioni dell’ spipaese florale; 3.° La regolarità e irregolarità dei fiori, la direzione deld l’asse florale, la espansione florale, la figura e la localizzazione | dell’area di impollinazione, in rapporto all'asse, al centro, alla espansione florale (su ciò ci riferiamo a quanto abbiamo antece- dentemente spiegato, nel paragrafo : piante proterandre); 4.° Gli odori e i colori; 5.° La qualità e quantità dell’esca apprestata ai pronubi; 6.° Infine le transizioni e le relazioni con altri apparecchi florali affini. Il nostro elenco importa 47 tipi diversi di apparecchi florali, ma questo numero potrà essere aumentato in seguito per opera di _ altri osservatori. Questi 47 tipi sono suscettibili di essere ordi- nati a loro volta in 13 ben distinti gruppi, ossia in 13 classi, in relazione ad altrettanti modi diversi con cui gli animalcoli pro- nubi visitano i fiori e vi si trattengono. Distinguiamo pertanto; 1.° apparecchi a carcere temporario; 2.° apparecchi a ricovero; 3.° apparecchi tubati o a foggia di . tromba; 4.° apparecchi pendolini; 5.° appareéchi microstomi; 6.° apparecchi labiati; 7° apparecchi papilionacei; 8.° apparecchi sifonofori 6 macrosifoni; 9.° apparecchi circumvolatorii; 10.° ap- ‘parecchi perambulatorii; 11.° apparecchi reptatorii; 12.° appa recchi prensili; 13.° apparecchi aperti, regolari. ‘ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 283 |. Presso gli apparecchi a carcere temporario i pronubi entrano ‘o cascano nell’interno dei fiori e vi restano imprigionati per un determinato tempo. A) P : : . . . : Presso gli apparecchi .@ ricovero i pronubi entrano parimente in una cavità florale, ma senza esservi incarcerati, e vi si trat- tengono ad libitum per un certo tempo, trovando nei fiori un gra- dito ricetto. . Presso gli apparecchi #ubati i pronubi entrano nella cavità del fiore penetrandovi con tutto o quasi tutto il corpo ed escendone poco tempo dopo. . Presso gli apparecchi pendolini i pronubi entrano nel tubo flo- rale dal sotto in su colla parte anteriore soltanto del loro corpo, col becco o colla proboscide. Presso gli apparecchi mecrostonri, i pronubi volitando e librati sull’aria insinuano il becco e la lingua in tubi florali piccoli ven- tricosi, ad orifizio stretto, orizzontalmente protesi. Presso gli apparecchi labiati, i pronubi entrano non in un tubo, ma in una apertura florale ringente o personata, movendosi in direzione per lo più orizzontale od ascendente, e s° impollinano il capo o la regione tergale. Presso gli apparecchi papilionacei, i pronubi entrano, non in un tubo, ma in una apertura florale, movendosi in direzione oriz- zontale o ascendente e s’impollinano la regione sternale del loro. corpo, oppure il fianco destro o il sinistro. Presso gli apparecchi sifonofori e macrosifoni, i pronubi, voli- tando per lo più, raramente posati, introducono la proboscide in un tubo mellifero più o men lungo. Presso gli apparecchi circumvolatori (necessariamente multila- terali), i pronubi volitano circolarmente attorno al fiore o alla infiorescenza senza posarsi mai. I Presso gli apparecchi perambulatorii, i pronubi passeggiano ‘circolarmente attorno al centro florale, o semplicemente passeg- giano sopra un largo disco florale. Presso gli apparecchi reptatorii, i pronubi, impollinandosi esclu- sivamente la regione sternale, strisciano sopra infiorescenze aventi 284 F. DELPINO, flosculi livellati e appianati in modo da formare una superi icie unita. ;P00 Presso gli apparecchi prensili, i pronubi, in fiori ad espansione rotacea o stellata, si aggrappano agli stami ed agli stimmi, im- pollinandosi lo sterno. Finalmente presso gli apparecchi aperti regolari, i pronubi si posano semplicemente sul disco florale. La serie degli apparecchi fiorali, nel modo come l’ abbiamo concepita ed esposta, ci sembra perfettamente razionale e ben ordinata; infatti, prendendo essa il punto di partenza dagli ap- parecchi incarceratori, e via via discendendo fino agli apparecchi più ordinarii, si vede che passa a considerare i diversi tipi flo- rali in ragione della crescente indipendenza del corpo dei pro- nubi dal corpo florale. Detta serie comincia dai più strani, spe- ciali, esclusivi apparecchi, quai sono i fiori e le infiorescenze che imprigionano i pronubi, e termina nei più volgari e generali, quali sono i fiori e le infiorescenze a disco aperto regolare e ad espan- sione rotacea o rosacea. CLASSE PRIMA. APPARECCHI A CARCERE TEMPORARIO. Car. I pronubi designati cascano in una cavità preparata o dal perigonio o dalla corolla o dalla spata, restandovi incarcerati per ‘un tempo più o meno lungo. 1. TIPO ARISTOLOCHIOIDE. Car. È un tipo esclusivo per eccellenza, appropriato unicamente o a moscherini o a mosche carnarie, 0, succedaneamente, anche a coleotteri che vanno sui cadaveri. Quindi offre stupende armonie di colori e di odori. I colori sono senza eccezione lividi e luridi, talvolta a fondo uniforme'o livido giallastro o atropurpureo o vi- noso. Altrimenti i fiori sono chiazzati, maculati o tigrati da punti, macchie, striscie atrosanguinee, atropurpuree, atrocerulee. Gli ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 285 odori poi sono fetentissimi e proprii dei corpi putrescenti. Pre- domina l’odore urinoso nelle forme micromiofile, l'odore cadave- rico nelle forme sapromiofile. Le dimensioni del carcere e sopra tutto della porta del carcere sono varie e stanno sempre in cor- relazione colla statura dei pronubi, o col numero dei prigio- nieri. In ogni caso, i fiori e le infiorescenze costrutte giusta que- sto tipo hanno gli organi maschili e femminei rinchiusi nella ca- vità che serve di carcere, e necessariamente debbono offerire il fenomeno della proteroginia brachibiostimmica. Quanto a dire quale sia l’ esca preparata ai pronubi, in alcuni casi è nòèttare (Ceropegia, Heurnia), in altri può essere polline o fors’ anco pa- | pule e papille suggibili e commestiblii. i a) Forma micromiofila. Aristolochia Clematitis. Carcere costituito dal perigonio. Dimen- sioni minime. Fiori eretti in primo stadio (quando imprigionano i moscherini), declinati in secondo stadio (quando rendono a li- bertà i prigionieri). Porta del carcere costituita da peli declinati che permettono la entrata e impediscono l’uscita ai pronubi. Co- lore giallo livido uniforme. Odore poco dichiarato. A. pallida. Come la precedente, salvochè i fiori non declinano in secondo stadio. Al colore giallo livido si aggiungono striscie atropurpuree. A. rotunda. Come la precedente. A. altissima. Come le due precedenti, ma il carcere è alquanto più capace e permette l’entrata di moscherini di maggior dimen- sione. A. ciliata. Come la precedente, ma il fiore è atropurpureo, più grosso, adorno di belle frangie di color nerastro. A. sipho. Carcere più ampio. Colori lividi atropurpurei. Forte puzzo d’ orina putrefatta. Fiore a forma ‘di pipa. Totale depila- . zione del tubo incarceratore. Questi due ultimi caratteri sono cor- relativi a un altro modo d’imprigionare"i pronubi, i quali non possono evadere dal carcere, perchè non riesce loro di arrampi- carsi sulla liscia parte interna del tubo incarceratore, che rimane mai sempre perfettamente verticale. 286. t i fia midi DELFINO? badi : gs A. tomentosa. Come le precedenti specie. |\/}|{/{/{ A. saccata. Fiore foggiato a pipa come nelle due preced smell is extremely offensive. , Una bella figura di questi | porge il Bot. Mag., a tav. 3640. È interessante qui riferire brano del testo a detta tavola, esteso da GRAHAM, il Pl veva benissimo osservato l’ imprigionamento di moscherini nei fiori d E) questa specie. “ L’incarceramento La duigia fatto da alcune piante | è stato già più volte osservato; n’è stato discusso lo scopo e tal- volta, a mio parere, male inteso e creduto poco armonizzante colla benevolenza che generalmente si scorge nelle disposizioni di ma-. tura. — “ One thing is obvious, it demonstrates premeditation and | design in the configuration of parts. , — La larga e pesante cavità in cui termina il tubo, mantiene il fiore pendolo e la gola verti- cale. Avendo spiccato dalla pianta un fiore per istudiarlo, ed avendolo coricato sul tavolo, con molta sorpresa osservai che | uscivano fuori dalla gola del fiore una quantità di moscherini. Allora ridiedi al fiore la sua naturale posizione, e osservando per. trasparenza contro la luce, vidi che molti moscherini erano an cora rimasti nella cavità florale, e che facevano ogni sforzo per. fuggirsene via, ma che non riuscivano nell’intento, perchè non potevano arrampicarsi nella interna superficie della gola del fiore. Ripetei questo esperimento più volte e sempre collo stesso risul- tato. Coricando il fiore, gl’insetti ne uscivano; raddrizzandolo, gli _ insetti rimanevano imprigionati. Io non potei scoprire, nè anco col raicroscopio, la causa di questo fenomeno. Forse la superficie interna del tubo avrà qualche condizione, vuoi per secrezione 0 per altro, che impedisca ai piedi di quei moscherini di aderirvi. » GRAHAM passa poi a discutere lo scopo di siffatto imprigionamentoj. ma invece di scorgervi un ingegnosissimo ripiego adottato dalla; ‘natura per promuovere la fecondazione (incrociata) di questa specie, fantastica che detta cavità florale serva di riparo e di di-. fesa alle nidiate di detti*moscherini. Delle 161 specie di Arestolo- chia registrate nel Prodromus, ecc., di DE CANDOLLE, nove decimi, a dir poco, dovrebbero essere qui registrate. Le restanti. SPratsa] terrebbero alla forma sapromiofila. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 287 Ceropegia elegans. I fiori imitano con singolare mimismo quelli di Aristolochia; ma il carcere è costituito dalla corolla, il cui lembo termina in cinque porte imbutiformi confluenti in un tubo “angusto, munito in fondo di un. anello'di peli rigidi, declinati, in- carceratori. Colori lividi atropurpurei. Fiori eretti nel primo sta- . dio, declinati nel secondo. Le trenta e più specie di Ceropegia, | registrate nel Prodromus, ecc., sono senza verun dubbio micro- — miofile ad egual titolo. | Riocreuxia torulosa. L’apparecchio florale è presso a poco iden- tico a quello della precedente specie. Anche il vicino genere Si- syranthus, stando alla descrizione e massime ai caratteri: “ Co- rolla campanulata ... fauce coarctata, lacinus erectis, imtrorsum ad faucem strigilloso-barbatis, barbis in tubum decurrentibus, , dovrebbe aver fiori che incarcerano moscherini. Finalmente, le specie del genere Heurnia, massime la H. campamulata, H. tu- bata, H. barbata, o hanno nei loro fiori un apparecchio incarce- ratore miofilo (mediante i lunghi peli declinati che occludono la fauce), o quanto meno formano un transito dagli apparecchi a ri- covero agli apparecchi a carcere. Tutte queste specie, nessuna ec- cettuata, hanno colori lividi e luridi. | . Heterotropa asaroides. Perigonio ventricoso assai capace, fun- gente da carcere, mediante coartazione introflessa della fauce pe- rigoniale. Colori lividi atrocerulei. Asarum elegans. “ Calycis tubus sub limbo valde constrictus et inferne in utriculum tumens, , DUCHARTRE. Questo carattere del perigonio e la stretta affinità colla specie precedente e colle Aristolochie, non mi lascia dubbio trattarsi anche qui di fiori in- carceranti moscherini. I fiori poi di Asarum virginicum e di A. arifolium, se non formano essi stessi già un apparato incar- ceratore di moscherini, sono senza dubbio un anello di transito dagli apparecchi a ricovero agli apparecchi a carcere. Thismia brumoniana. Perigonio ventricoso livido, chiazzato di ‘macchie sanguigne, verrucoso, colla fauce coartata da una escre- scenza annulare. Ciò costituisce evidentemente un carcere per moscherini, e per essere di ciò pienamente convinti basta con- 288 F. DELPINO, — “o sultare l’accurata figura e descrizione che ne dà GRIFFITÌ rara: referred by authors to iva nell tuisce la porta del carcere. Ma come verranno a suo tell sca cerati i pronubi? Miquer (Flora van nederland. Indie) dies rigonio campanulato ‘post anthesim paulo supra apicem dai citissime (!) circumscisso. , È verisimile che la cosroera i I venga mediante siffatta disarticolazione e caduta dal perigonio. I Thiomia clandestina. Miquer (1. c.) usa nel descriverla le se- e, frasi: “ Parvula.... aphylla, carnosa, lurida, odoris foe- tidi. . perigonii tubus bitte striolatus.. . perigonium su- perne campanulatum, caducum faux annulo senriolatigle Così tutti i caratteri coincidono con quelli proprj del tipo incafceralit tore micromiofilo. Arum italicum. In questa specie la spata funge le funzioni del perigonio nell’Aristolochia e della corolla nella Ceropegia. Verso la sua base si accartoccia e forma un carcere. Flosculi maschili e femminili degenerati in semplici fimbrie declinate, occludono la fauce della cavità della spata, permettendo l’entrata e impedendo. l'uscita ai moscherini. Colore livido giallastro. Odore urinoso. Pro- nubo principale è la. Psychoda nervosa, moscherino che accorre nei siti ove si trova urina putrida. Arum maculatum. Come le precedenti specie. Colori lividi con aggiunta d’ atropurpureo. Odore similmente urinoso. Le infiore- scenze di A. orientale, A. longispathum, A. pictum, A. trilobatum, A. tenuifolium, e probabilmente di altre specie di tal genere mo- strano di essere pure apparecchi incarceratori micromiofili. Presso lA. tenwifolium, analogamente a non poche specie miofili, lo spa- dice termina in una sottile coda esserta, cilindrica, arcuata, lunga “ quasi un palmo e mezzo. ui b) Forma sapromiofila. Ì caratteri che distinguono questa dalla precedente forma si riferiscono soltanto alla maggiore ampiezza della stanza nuziale d ì ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 289 che serve di carcere, e sovratutto al maggior diametro del con- | dotto o del foro che funge da porta del carcere; cosicchè pos- | sono entrarvi mosche di grossa statura. Anche vi si associa il | carattere di fetori cadaverici o altre analoghe emanazioni pu- tride, designate ad attirare in primo luogo mosche carnarie e ca- ‘daverine, oppure succedaneamente parecchie stirpi di coleotteri | che accorrono sulle sostanze putrescenti. Salvo queste varianti, i | caratteri di colori, di figura, rimangono gli stessi. i. Aristolochia cymbifera. Foggia del fiore a pipa. Vessillo gran- | dlissimo; chiazzato tutto di macchie nere e striscie su fondo li- | widissimo. Utricolo incarceratore grosso quasi quanto una pera. ‘Apertura larghissima. Il tutto accenna a mosche carnarie, tanto più che ha odore di carne corrotta o di pesce marcio. A. grandiflora. Fiori ancora più grossi di quelli della prece- dente specie. Porta del carcere grandissima, del diametro di | circa 15 mm. Utricolo incarceratore assai capace. Odore cada- | .verico dei più pronunziati. Perigonio terminante in coda lun- | ghissima. | A. foetens. Apparecchio florale similissimo a quello della pre- ‘cederite specie, ma più piccolo; non ostante ha ancora tutti gl’ in- ‘dizii di essere sapromiofilo, sia pel suo odore fetidissimo, quanto | per la larghezza del tubo incarceratore, che è di un centimetro | circa; locchè permette la entrata alle più grosse mosche car- narie. | | A. gigantea. Fiore massimo; del resto come le precedenti ‘specie. 0° A. cordiflora. Come la precedente. “ Flores gigantei, late cele- ‘ brati, pueris mitrae instar inserviunt.,, DUCHARTRE. Queste spe- ‘cie sono indubbiamente sapromiofile e non micromiofile; ma in seguito ad ‘ulteriori ricerche è facile che siano aggiunte parec- ‘chie altre specie di Aristolochia. . Sapria himalayana: Coppa fiorale grossissima del diametro di circa 10 mm., convertita in un carcere mercè un anello carnoso ‘orizzontale, che chiude la fauce come un coperchio, lasciando sol- tanto un piccolo foro centrale, largo quanto basta per lasciar | Vol. XVII, 19 290 a F. DELPINO, \\'OFAOREAIO adito alle mosche cadaverine. I colori sono lividi e luridi in estremo grado. Il polline è viscido: l'odore potentemente cadaverico; ca- ratteri tutti che accennano indubbiamente ad apparecchio incar- ceratore sapromiofilo. GRIFFITES, lo scopritore di questa bellissima rafflesiacea, la suppone dioica (nelle Transaz. della Soc. Linn. di Londra, v. 19° p. 317), ma può essere che sia invece ermafrodita; e che egli sia stato ingannato o da esame di pochi esemplari o dal fenomeno di una pronunziatissima proteroginia. Certo il diecismo è un carattere eminentemente sfavorevole in un apparecchio a carcere, e GRIFFITHS stesso, da quel botanico profondo ch’egli è, in considerazione appunto di siffatto svantaggio, suppone (I. c.) che tale specie possa essere ermafrodita:in ogni caso egli nota la indispensabilità degli insetti pella sua fecondazione. Hydnora africana. Colori lividi e luridissimi, odore cadaverico, tubo fiorale lungo ad apertura larga, a superficie interiore liscia, ed altri caratteri di forma e figura fanno sì che i fiori di quest’al- tra rafflesiacea debbano essere annoverati tra gli apparecchi a carcere sapromiofilo, anzichè tra quelli a semplice ricovero. Il dott. BEccARI che di questa specie trovò e vide viventi più esemplari (un’ insigne varietà tetramera nativa dell’ Abissinia) mi assicurò nell'interno dei tubi non aver trovato. mosche. carnarie, bensì molti coleotteri (certo appartenenti a quelle specie che accorrono sui cadaveri). Ma intorno a ciò ci riportiamo a quanto diremo infra dell’ Arum Dracunculus. H. americana (Prosopanche Burmessteri). Vetisimibiii i suoi fiori sono apparecchi incarceratori per egual titolo di quelli della precedente specie. Arisaema ringens. La spata di questa Aroidea in basi Bir un grosso e lungo tubo verticale, a parete interna estremamente liscia e in alto prende una curiosa curvatura a testa d’uccello, formando due porte, una per lato, larghe assai, tinte d’ un colore atroceruleo evidentemente designate a introdurre mosche nel sot- tostante recipiente. td Arum crinitum. È l'A. muscivorum di Linneo. La rel ripr duce un apparecchio per figura, colori ecc., estremamente analogo ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 291 a quello dell’ Aristolochia grandiflora sopracitata. Non manca l'odore cadaverico. LInnEo, BERTOLONI ed altri videro come que- st’ Arum imprigioni numerose mosche carnarie, e supposero er- roneamente, che le medesime vi trovassero la loro tomba. La ‘struttura dell’apparecchio florale, la necessità dicogamica, l ana- logia colla conformazione di altri Arum, ci fanno ritenere per certo che, dopo qualche tempo di prigionia, le mosche siano ri- . date a libertà e, cariche di polline, se ne volino a visitare un al- tro individuo e a fecondarne gli stimmi. Arum Dracunculus. Spata massima, luridissima, atropurpurea, foggiata a grosso e lungo tubo verticale, esalante un orribile puzzo cadaverico, a parete internamente liscia. Fusto tigrato ‘e serpentino. Spadice grosso, fistoloso, conico, atroceruleo lividis- simo, quasi nero. Il distinto entomologo Piccioli una volta a Fi- renze trovò domiciliati circa duecento coleotteri appartenenti ai generi Dermestes, Hister, Silpha, Saprinus, Nitidula, Oxytelus, ed altri. Anch'io nello stesso anno esaminai parecchi fiori e vi trovai molti rappresentanti dei generi suddetti. Ciò nulla meno sono rimasto della opinione che detti coleotteri nella feconda- zione dicogamica di questa pianta (e anche delle Hydnorae) deb- . bano fungere una parte'‘succedanea e subordinata a quella delle | mosche carnarie. Infatti nell’ interno di dette infiorescenze io ho * rilevato la costante presenza di un numero grande di ale di mo- sche, state evidentemente divorate da quegli intrusi scarabei. E veramente sotto l’aspetto di una facile esecuzione della legge di- cogamica le mosche hanno ben altra rapidità di locomozione e di attività, in confronto di quei pigri e sedentarii coleotteri. Compiuta la rassegna degli apparecchi di tipo aristolochioide a noi fin qui cogniti, dobbiamo, per modo di riepilogo, accennare che i medesimi con sorprendente mimismo si trovano riprodotti all’ in- circa in 200 specie di fanerogame, ripartibili in circa dieci generi appartenenti a cinque differenti famiglie, di cui due monocotile- doni (Aroidee, Triuridee) e tre dicotiledoni (Aristolochiacee, Raf- flesiacee, Asclepiadee). Inoltre riteniamo probabile, che nella fa- miglia delle Orchidee, cotanto ricca di forme, siansi pure svilup- 0 Anti p0vr F. DELPINO, cor pati dei tipi florali.a carcere temporario sapromiofilo or nicro. miofilo. Forse qui dovrà figurare il genere australasico Calena, cui labello irritabilissimo, tosto che vi si posa un insetto, lo chinde nella cavità florale come in una scatola, scttanio; contro il gi nostemio. sti Abe 2. TIPO CIPRIPEDIACEO. Questo tipo si ritrova unicamente nei- Cypripedium è Seleni- pedium, ed è eseguito a perfezione in tutte le loro specie. In que- ste orchidee il labello enormemente ingrandito si foggia in una grande cavità avente forma di sacco o di calceolo, le cui pareti internamente sono tanto liscie e tanto bene inclinate, che, mal- grado la grande apertura, i pronubi che vi cascano restano im- prigionati, nè possono altrimenti rendersi & libertà se non che passando a stento da una delle due porticine che si trovano dal- l'uno e dall'altro lato della base del labello. In questo passaggio s’invischiano di polline il dorso, e calando entro il labello d’altro fiore, passeggiando sul fondo vengono necessariamente a confri- care l’invischiato dorso contro il disco stimmatico. S'ignora qual sia l’esca apprestata ai pronubi. Alcune specie sembrano melit- . tofile; altre sono senza dubbio macromiofile come si evince dai "colori lividi e luridi accompagnati talvolta da un odore ingrato (ircino). Spesso sulla parte esterna dell’ apparecchio, massime sulla placca dell’antera abortiva, si veggono prominenze d’apparenza pustolosa, che debbono agire sulle mosche, ingannandole con sif- fatta illusione ottica e invitandole a calare entro il labello. Cypripedium Calceolus. Unica specie nostrale. Melittofila. E. MiiLLER sorprese entro il calceolo imprigionate più specie di An- drena. Solo le specie grosse potevano agire come pronube; le pic- cole specie, inette a sforzare le portiaine del carcere, vi morivano d’inedia. È C. barbatum ed altre specie esotiche, coltivate nelle nostre serre. Trovai spesso imprigionate nei calceoli grosse e piccole mo- sche. Delle piccole talune erano morte, forse per non aver potuto sforzare le porticine del carcere e rendersi a libertà. Colori li- — vidi, macchiati e strisciati di atropurpureo. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 293 Selenipedium caudatum. Alle disposizioni prettamente macro- miofile, osservate nei suddetti cipripedii esotici, in questa specie si aggiunge pur quella che due petali si sono mutati in due lun- ghe code pendole, analoghe certo per la funzione a quelle osser- vabili in tanti altri fiori miofili. 3. TIPO CORIANTINO. L’apparecchio florale stranissimo del genere Coryanthes; seb- bene non possa propriamente chiamarsi carcere, pure, se è vera la interpretazione data da Criicer, debbe qui registrarsi perchè avente una qualche analogia con quello del Cypripedium. I fiori di Coryanthes sono tra i più bizzarri e più grossi che presenti la famiglia delle Orchidee. Il labello alla cima termina in una conca, il cui margine anteriore è adpresso contro lo stimma e contro l’antera. Alla sua base è munito pure di un’altra conca, il cui significato ancora non è punto chiarito. Alla base del ginostemio | si ‘trovano due protuberanze glandolose, le quali, durante il pe- riodo della fioritura (circa 4 giorni secondo MénNIERS) distillano continuamente un liquido, non si sa bene se néttare, o semplice . linfa. Le goccie di questo liquido cascano nella capace coppa in cui termina il labello e non mancano di tosto riempierla. MX- NIÈRS (Boll. della soc. bot. di Francia, seduta 11 maggio 1855) © calcola che in ciascun fiore si produca per tal maniera da 25 a 30 grammi di liquido. i Or qual'è il significato di tutte dai disposizioni? CRUGER, | direttore del giardino botanico dell’Isola della Trinità, ha po- tuto osservare il sorprendente modo come viene operata la fe- condazione incrociata presso la Coryanthes macrantha (V. Journ. of the Linn. Society, Vol. VIII, Bot. 1864, p. 130). Alcune Eu- glosse si posano sulla parte alta del labello per rodere un tes- suto speciale di cui si mostrano assai ghiotte. Qualcuna di esse ‘non manca di sdrucciolare e cadere nella sottoposta coppa piena di acqua; ponsi subito in moto per escire da quel bagno forzoso, ma non ci è per essa altra via di uscirne se non se sforzando un | passaggio all’apice di detta coppa; con che viene a confricare il 294 F. DELPINO, 1A suo dosso col fo viscoso che collega i pollinarii e che x si attacca saldamente. Dopo di che volando sul labello dello s stesso o di un altro fiore di Coryanthes, sdrucciola di nuovo e ricade 3 nella vaschetta, da cui uscendo per la medesima via impollina ì © del PLIT visitati. Questo dovrebbe perciò chiamarsi apparecchio | a bagno involontario. Quantunque appena credibile sembrerebbe un stat strano — modo d’impollinazione, pure l’autore è troppo esplicito al ri- | guardo. Egli afferma di aver presenziato tale processo più volte, ù e spesso il numero dei pronubi cascati nella vaschetta era tanto — grande, che si vedeva pel suindicato angusto passaggio una pro- | ‘ cessione non interrotta di dette bagnanti. A favore della inter- | pretazione di Cricer parlano molti indizi: in primo luogo la pro- duzione nel labello di uno speciale tessuto cellulare molto appe- | tito dalle Euglosse; in secondo luogo l'odore proprio di detti fiori, — che si ripete in quelli di Stanhopea grandiflora e Gloxinia ma- culata, visitati pure dallo stesso insetto; finalmente la circostanza che il liquido radunato nella vaschetta sembra essere linfa piut- tosto che nèttare. Almeno, giusta un’ analisi di Réver, fornirebbe, versandovi dell’alcoole, un precipitato di natura mucilaginosa, e conterrebbe tra mucilagine e sali non più di 2.45 di parti solide per ogni 100 di liquido. Che se poi il liquido medesimo, segregato in così ee ab- bondanza da un apparecchio glandoloso, avesse il significato più ovvio di servire di esca speciale o di bevanda a singolari pronubi, questi non potrebbero essere altri che uccelli mellisugi. E allora l'apparato florale soggiacere dovrebbe a tutt’ altra interpretazione. . In primo luogo nel testo a tavola 2755 del Bot. Mag., figurante la Gongora (Coryanthes) speciosa, HooKER ripetutamente esprime che il liquido radunato nel labello è nèttare. Anche LinpLer nel testo a tavola 1793 del Bot. Reg. accenna alla natura nettarea di detto liquido. Inoltre la grossezza dei fiori e la loro speciale orientazione involontariamente richiama un tipo ornitofilo. Lin- dosi poi lo stesso processo nei fiori che verranno soci vai î i ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 295 | DLEY stesso dice (1. c.) della Coryanthes maculata: “ indigena dei boschi di Demerara, dove non è raro vederla pendere dai rami | degli alberi e sospendere all’aria i singolari suoi labelli, come al- trettante coppe magiche, per uso degli uccelli e degl’insetti che svolazzano attorno. , . Anche Gourp nella sua opera sui Trochilidi, a proposito del- lEutoxeres Aquila che possiede un becco stranamente ricurvo, "dice: “ it is evident that its singularly-shaped bill.... has been _expressely formed to enable the bird to obtain its food from the deep and remarcably-shaped flowers of the various orchidaceous. ,, E nella tavola che risponde al testo figura detto trochilo appunto nell’atto che col suo curvissimo becco visita i labelli di co- ryanthes. Una ispezione della struttura fiorale persuade che ai trochili, nel caso che figurino anch'essi tra i pronubi di queste orchidee, ‘non resti altra via per suggere l’abbondante miele radunato nel labello, se non che introdurre il becco tra l'apice del labello e la sommità del ginostemio. Così i trochili sarebbero necessitati ad eseguire inconsciamente entrambe le operazioni, della estrazione cioè dei pollinarii dalle antere di un fiore e della loro successiva immissione nello stimma dei fiori subito dopo visitati. Al postutto è possibile che le specie di Coryanthes siano ad un tempo ornitofile nel modo ora descritto da noi, e melittofile nel modo descritto da CRijER. CLASSE SECONDA. ENTO A RICOVERO. Car. I “LEG designati calano nella cavità florale o si celano nell’interno delle infiorescenze e ivi rimangono ricoverati e na- Scosti per assai tempo, potendone però uscire quando a loro piac- cia. Di questi apparecchi distinguiamo tre tipi, l’aspidistrino, il _ magnobiaceo, l’idrangeino. Il primo è costantemente miofilo, il se- — condo comprende fiori cantarofili e il terzo infiorescenze cantaro- - 296: . F. DELPINO, 1), AONAREDIO file. Possiamo aggiungere un quarto tipo, il sicioide, chesì riferi I sce ai cinipi ed è uno dei più anomali e strani alan i gamici che si conoscono. ; soda 4. TIPO ASPIDISTRINO. 3 FS QIZAIOTE Car. Unicamente predestinato a ditteri. Colori lividi e luridi; organi florali puntati, chiazzati, strisciati in atropurpureo, in atro- ceruleo, in rosso vinoso, in sanguigno. Odori spesso nauseosi. Fiori foggiati a caldaja o a tubo; quasi sempre proterogini in grado estremo quando sono ermafroditi. Antere sempre ‘incluse nella cavità dei fiori, ma gli stimmi spesso esclusi, e spesso situati alla parte esterna del coperchio che copre la caldaja florale. In questo. tipo che estremamente ricorda il tipo aristolochioide (a carcere | temporario) distinguiamo parimente due forme; la forma miero- miofila designata ai moscherini, e la forma sapromiofila designata ‘ 2) mosche carnarie. a) Forma micromiofila. Aspidistra elatior. Fiore campanulato ottomero. La larga plac- cca stimmatica, esclusa dalla caldaja fiorale è addossata a un coperchio che chiude la caldaja stessa, lasciando però quattro. porticine di comunicazione ossia quattro buchi, piccoli tanto. da non permettere l'ingresso nell’interno salvochè a moscherini. Co- lore atrorubente vinoso, livido, macchiato. Caldaja assai capace, legata a perpetua immobilità verticale. Tupistra nutans (Bot. Mag. tav. 3054). Fiore campafiulato esamero, semichiuso dallo stimma peltato trilobo. Perigonio li- vido, macchiato di nero. AppaTEtO affatto simile a quello della Aspidistra. Ataccia cristata. Fiori simili a quelli della T'upistra. Le antere incappate da una singolare appendice mostrano di non essere de- stinate per gli stimmi omoclini. Apparecchio a caldaja. Il grosso stimma peltato serve di coperchio ed ha' la superficie stimma- tica alla parte esterna precisamente come nell’ Aspidistra. - Tacca integrifolia. Apparecchio affatto analogo ai precedenti. | ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 297 Asarum europacum. Fiori foggiati a piccola caldaja, carnosi, ‘in- ternamente luridi, proterogini con miovimento di erezione degli Stami in secondo stadio. A. canadense. Come la precedente specie. Ambrosinia Bassv. Mirabilissima variante del tipo, già da noi sufficientemente descritta in questo nostro lavoro. Atherurus ternatus. Spata inferiormente accartocciata in un tubo angusto, escludente insetti maggiori di mole ai moscherini, tinta in colorverde di erba. L'apparecchio si divide in quattro re- : gioni. La regione conduttrice o.caudale è costituita dalla sommità dello spadice, esserta dalla spata per sette od otto centimetri, sot- tile cilindrica. Segue la regione dell'apertura florale, nel cui bel mezzo notasi una piccola porzione dello spadice colorata in atro- ceruleo. Sùbito infrapposta è la regione dell’androceo (accartoc- ciata a tubo); a questa fa seguito la regione del gineceo, in cui si può penetrare dalla precedente mediante un buco piccolissimo, ‘ossia foro di comunicazione, permeabile da soli moscherini e da Thrips. Nella base di questa regione la spata è aperta, e questa è la ragione per cui l’apparecchio dell’ Atherurus non può figurare fra quelli a carcere. Lo spadice è proterogino in grado distinto. Arisarum vulgare. I fiori hanno tutti i caratteri del tipo, così rispetto alla forma tubulosa e a ricovero, come rispetto ai colori che sono luridi ed all’odore nauseoso (di lezzo). Infatti li vidi talvolta visitati da moscherini, quantunque per verità assai scar- samente. Gli spadici dell’ Arisarum, contro la regola degli appa- recchi a ricovero, invece di essere proterogini e necessariamente dicogami, sono singinandri ed è inevitabile la impollinazione omo- — clinica. E che a questa impollinazione omoclinica tenga dietro una fecondità perfetta, lo si può arguire dalla circostanza, che senza eccezione abboniscono tutti quanti gli ovarii, come mi ha inse- gnato una osservazione di molti anni e in molte località. Mal- grado le disposizioni omogamiche così evidenti in questa specie, non ostante non è tolto l’adito alla fecondazione dicogamica; come - è provato dal complesso dei caratteri esclusivamente micromiofili | sovra specificati. 298 F. DELPINO, ANZAO Ax A. proboscideum. Specie omogama e dicogama per eguali ra- gioni della precedente, salvochè presenta di più un insigne ca- rattere, proprio esclusivamente di alcuni fiori micromiofili. La ® estremità della spata si prolunga in una coda lunghissima, con-. torta e cilindrica, della cui probabile funzione già parlammo. Os- servai più volte dei moscherini ricoverati nell'interno della spata. 0) Forma sapromiofila. Ci I caratteri per cui gli apparecchi a ricovero di questa forma. si distinguono da quelli della precedente sono principalmente . due; cioè una grande apertura della cavità florale, la quale per- mette l’accesso a grosse mosche, e un odore di sostanze putre- fatte, per lo più cadaverico. Rafflesia. Tutte le specie di questo genere (. Arnoldi, R. Hor- sfieldi, R. Patma ecc.), sono la più perfetta incarnazione del tipo. Meravigliosa è l'ampiezza della cavità fiorale che serve di ricovero alle mosche carnarie. Colori lividissimi, -rosso-vinosi, va- riegati. Orribile puzzo cadaverico. Che debbano apprestare rico- vero e non carcere si deduce dall’ampiezza della fauce fiorale (nell’affinissimo genere Sapria la fauce è invece otturata da un largo anello orizzontale); si deduce parimente dalla condizione dioica delle specie, e finalmente dai rapporti dei viaggiatori che approssimandosi ai fiori di Rafflesia videro torme di mosche vo- larsene via. s Brugmansia Zippelii. Apparecchio simile a quello delle Raffle- sie ma più piccolo. Ermafroditica e proterogina in grado estremo. La Brugmansia trovata dal dott. BeccarRI a Borneo è dioica, Amorphophallus campanulatus. I fiori enormi di questa aroi- dea, il colore atro-purpureo lividissimo, la configurazione della spata, costituiscono uno spettabilissimo esempio di apparecchio sapromiofilo a ricovero. Dracontium polyphylum | Anche queste aroidee a spata luri=. Simplocarpus foetidum dissima, foggiata a tubo 0 a cappuce- cio attorno allo spadice, apprestano ricovero a mosche carnarie. Dell’ orribile puzzo proprio dell’ ultima specie, abbiamo già di- SCOrSO. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 299 Arum triphyllum. Dioico e consentaneamente i suoi fiori non sono foggiati a carcere come le altre specie congeneri. E a con- ferma di ciò la sua spata ha un’apertura larghissima, contro a quello che si nota negli altri Arum. Gli apparecchi miofili a ricovero hanno nelle piante una esten- sione presso a poco eguale a quella degli apparecchi miofili a car- cere. Essi sì riproducono in cinque famiglie e in circa quattordici generi, per quello che almeno fin qui si conosce. Forse la fami- glia delle orchidee non va destituita di specie con fiori sapromio- fili a ricovero. È probabile che qui figurar debba la Maxdevallia fenestrata, i cui fiori, chiusi da per tutto, offrono soltanto due aperture laterali, designate probabilmente alla entrata ed all’ e- gresso di mosche. Parimenti la forma globosa a larga entrata di parecchi Catasetum (C. globiforum, C. luridum), nonchè i loro co- lori luridi pare che accennino designazione a mosche carnarie. 5. TIPO MAGNOLIACEO. Car. È designato a Cetonie, Trichii, Glafiri, Donacie, ed altri affini coleotteri. I petali, assai vistosi, largamente sviluppati, spesso numerosissimi, assorgenti e conniventi, formano attorno agli organi sessuali un involucro in cui volentieri entrano e si ce- lano i pronubi. I colori per lo più sono d’ un bianco purissimo: talvolta rosei o rossi, raramente d’altri colori. Gli odori non man- cano quasi mai. Gratissimi ma troppo veementi e fragranti, allon- tanano i pronubi di più gracile costituzione. L’esca non suole es- sere costituita da nèttare, ma da tessuti commestibili e suggibili. — Questo tipo è molto affine al rosaceo, il quale, per altro, essendo aperto, non suole apprestare ricovero a Cetonie, se si eccettuano alcune rose rese doppie e stradoppie dalla coltura (osa indica, R. moschata, R. centifolia, ecc.), i cui fiori dovrebbero qui figu- rare, quando fossero specie genuine e non varietà coltivate. Magnolia grandiflora. Uno dei più perfetti esemplari di questo tipo. Fiori grossissimi, verticalmente eretti, estremamente fra- granti, proterogini in sommo grado. Petali bianchi, grossi, lun- ghi, eretti, conniventi, formano una capace cavità, dove si appiat- 300 F. DELPINO, tano le Cetonie. Altre specie di Magnolia, per esempio, la mM. LX E Tan, M. rubens, M. glauca, presentano lo stesso tipo florale. UV = dore troppo veemente è probabilmente la causa per cui spesso trovammo api e mosche morte entro la cavità florale della M. Yulan. | Nelumbium speciosum. Fiore assai grosso, petali. numerosi, bian- co-rosei, talvolta rossi, grandi, assorgenti e conniventi. Il disco 0 carpoforo centrale di color giallo è quello che probabilmente ap- presta l’esca ai ERONSAE: È un apparecchio senza dubbio canta- rofilo. N. luteum. Come la precedente specie, ma i petali sono di color giallo. » Nymphaea alba. Grande quantità di petali bian bia assor- genti e conniventi, gradatamente degeneranti in stami. Il tessuto delle antere e il polline forniscono con tutta verisimiglianza l’esca ai pronubi. Non vidi fiori di Ninfea nella loro stazione naturale. Il chiaro entomologo signor FERD. PICCIOLI mi assicurò essere visi- tati copiosamente dalle Donacie. La Nymphaea coerulea ha iden- tico apparecchio. Victoria regia. È la regina delle piante cantarofile. A tutti è nota la grandezza e la bellezza de’ suoi fiori. I petali estrema- mente numerosi e grandi debbono apprestare un gratissimo rico- vero a lamellicorni di grande statura. Questa congettura, legitti- mamente dedotta dal complesso dei caratteri fiorali di questa specie, nonchè dalla affinità colla Nymphaea, e dalla patente ana- logia coi fiori d’ egual tipo, proprii delle Magnolie, dei Nelum- bii, ecc., si trova confermata dalle relazioni dei viaggiatori, i quali attestano così la estrema fragranza dei fiori, come l’attrazione che esercitano sopra lamellicorni. Nella stazione nativa vennero os- servati i fiori di Victoria regia da sir RoBERTO SCHOMBURGK, da OrBIGnY e da THomaSs BRIDGE. e Nella relazione che il primo spedì alla Società geografica di Londra, per conto della quale viaggiava, leggesi: “ ascending the river , (il fiume Berbice nella Gujana inglese) “ we found this plant frequently, and the higher we advanced, the more gigantic did ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA, 301 the specimens become; one leaf we measured was six feets five in- ches in diameter; the rim five inches and a half high, and the flowers a foot and a quarter across. A beetle (Trichius spec.?) infest the flowers to their great injury, often completely destroying the inner part of the disc; we counted sometimes from twenty to thirty of these insects in one flower. , Si evince da questo interessante passaggio che l’esca apprestata ai pronubi è il disco; locchè coin- cide con quel che dicemmo riguardo al Nelumbio e con quel che osservammo nella Paconia Moutan. ORBIGNY attesta la estrema fragranza dei fiori di questa specie. Finalmente THomas Brmer, che trovò questa specie anche nei fiumi della Bolivia, dice: “ I had an opportunity of experiencing the fragrance of the flowers. Those i collected for preserving in spirits were unexpanded .... deposited them in my room, and returning after dark, i found to my surprise that all had blown, and vere exhaling a most delightful odour, which at first i com- pared to a rich Pine-apple, afterwards to a Melon, and then to . Cherimoya, but indeed it resembled none of these fruits, and i at lenght came to the decision that it was a most delicious scent, unlike every other, and peculiar to the noble flover that produ- cedit. , i | Euryale ferox. L’ apparecchio è estremamente simile a. quello . della precedente specie. I fiori sono anche fragrantissimi. ‘ Paeonia Moutan. I petali rossi, grandi, assorgenti e conniventi, unitamente ai molti stami, formano in ogni fiore un ricovero, ove stanno appiattate le Cetonie, intente a rodere il disco carrioso rosso che avvolge il pistillo nella regione ovariana. I fiori hanno una grande analogia con quelli delle rose doppie, e ciò che è | singolare, concordano anche nell’odore di rosa di cui sono dotati. |P. .albiflora. Fiori simili a quelli della precedente specie; per altro aventi un disco commestibile assai meno sviluppato. . Calycanthus floridus. I numerosi petali atrosanguinei lassamente addossati gli uni agli altri, e conniventi a cupola formano un ri- covero verisimilmente a coleotteri. L'odore è potente e somiglia quello del banano. La proteroginia è pronunziatissima : così la di- cogamia par necessaria e non eventuale, 302 F. DELPINO, «Eupomatia laurina. L'apparecchio florale (come anche alcune particolarità morfologiche) avvicina estremamente quello del Ca- | lycanthus. Pronunziatissima è la ercogamia, perocchè gli stami interni per più circumvoluzioni degenerati in staminodii petaliz- zati si addossano alla superficie stimmatica e la sottraggono alla impollinazione omoclina. Questi staminodii offrono verisimilmente l’esca ai pronubi, e basta citare al riguardo la grande autorità di Ros. Brown, che osservò detti organi essere divorati da certi insetti. La ercogamia florale, l’asserzione di Brown, la riflessione che tra gli insetti antofili quei che corrodono gli organi florali sono coleotteri, infine la riproduzione del tipo magnoliaceo, tutto concorre a giustificare la congettura che la Eupomatia è una specie cantarofila. Gli apparecchi a ricovero cantarofilo di tipo magnoliaceo si veggono poco frequentemente riprodotti tra le fanerogame. Cin- que sono le famiglie presso cui si osservano, cioè Ranuncolacee, Ninfeacee, Magnoliacee, Anonacee, Calicantee. Ed è una rimar- chevole combinazione questa, che dette famiglie per 1’ appunto, anche sotto l’aspetto morfologico e filogenetico, formano un grup- po di piante strettamente affini. » 6. TIPO IDRANGEINO. Car. Gli apparecchi conformati a questo tipo non sono fiori, ma infiorescenze. I pronubi preferentemente sono Cetonie ed altri la- mellicorni, i quali si appiattano volontieri.tra un flosculo e l’altro, e vi dimorano parecchio tempo suggendo questo o quell'altro or- gano florale. a Hydrangea quercifolia. Le infiorescenze grandissime, densiflore, munite qua e colà alla periferia di flosculi sterili ampliati e com- mutati in vessilli, offrono un ricovero stranamente ricercato dalle Cetonie. R; Cornus paniculata. Le infiorescenze di questa specie, sebben non meritino il qualificativo -di densiflore, epperò non celino i pro- . nubi, non ostante debbono essere qui citate, comechè visitate con grande insistenza da Cetonie ed altri coleotteri. Non trovo | ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 303 altro motivo di questa frequenza se non forse il singolare odore ‘‘carabico nauseoso che esalano dette infiorescenze, quando sono fortemente illuminate dal sole. _ Cornus sanguinea, Ligustrum vulgare, Fraxinus Ornus, Viburnum Opulus, — Lantana, Sambucus nigra, — Zbubs, — racemosa, Crataegus oxyacantha, ed «altre specie deggiono forse essere qui registrate, perocchè le infiorescenze loro offrono un complesso di caratteri analoghi, i quali, se non esclusivamente, pare che preferentemente almeno si riferiscano a coleotteri antofili. Con- cordano nella piccolezza e disposizione dei flosculi in dense pan- nocchie o corimbi od ombrelle, nel colore per lo più bianco, e negli odori, ora crategino, ora sambucino, ora carabico. I dati di Erm. MiùLLER (Befruchtung der Blumen durch Insekten, 1873), concordano generalmente con quello che qui si propone. Infatti quest’ accurato osservatore, quanto alla specie Cornus sangui- nea, per un imenottero e per due specie di ditteri visitatori, notò ben dodici specie di coleotteri, primeggiando nell’ ufficio di pro- nubi le specie del genere Strangalia. Quanto al Viburnum Opu- lus, vennero da C. G. SprencEL e da E. MiiLLER osservate due specie di coleotteri, PhyWoperta e Meligethes. Quanto al Sam- bucus nigra, MiuLLER, osservò pronubi il Trichius fasciatus e la Cetonia aurata. Quanto al Sambucus Ebulus, noi, in una occa- sione, trovammo uno stragrande numero di Cetonie dorate, po- sate sulle infiorescenze. Le pannocchie biancastre ed ampie del Fraxinus Ornus noi constatammo a Vallombrosa essere avida- mente visitate dalla Melolontha farinosa. I corimbi di Crataegus oxyacantha, secondo le osservazioni del MiuLLER, sono visitati da numerose specie di ditteri e di imenotteri, ma i coleotteri vi sono rappresentati da ben quattordici specie. Occorrono ulteriori os- so. 304. | F. DELPINO, servazioni in località diverse per istabilire se le infiorescenze delle. nove succitate specie siano preferentemente cantarofile, oppure. i { appartengano a un tipo misto, ricercato anche da mosche e dal apiarie. she Ornithogalum arabicum. Questa specie bed otti a fiori bianchissimi splendidissimi. Nel centro di ciascun fiore vedesi un grosso ovario di color verde cupo metallico, che deve agire po- tentemente in un coll’ odore veementissimo dei fiori per attirare più specie di Cetonie. Che i colori metallici esercitino un grande fascino sulle Cetonie, si può arguire dalla frequenza di siffatti colori sul fulgido manto della più parte di esse. È veramente strana l’ attrazione che le infiorescenze di quest’ Ornithogalum esercitano sui sovracitati insetti. Questa specie figurar' deve: a buon diritto fra le cantarofile assai pronunziate. 7. TIPO SICIOIDE. Car. Fra i più singolari apparecchi dicogamici figurano le in-. fiorescenze del vasto genere Ficus. Di figura piriforme, ovale o. globosa, secondo le diverse specie, propriamente esse sono andro- gine; vale a dire che nel fondo dell’ urna sono situati costante- mente i flosculi femminili, e verso il collo o verso l’apertura del- l’urna stanno i fiori maschili. Ma o in separati individui (capri- fichi), o in separati assi, alcune delle urne sono diventate uni- sessuali, vuoi maschili, vuoi femminili, pel seguente processo. Quelle che sono femminili divennero tali semplicemente mediante l'aborto dei fiori maschili. Quelle che sono maschili, tali diven- nero per una delle più mirabili e curiose correlazioni biologiche, escogitate ed eseguite dalla natura. Le femmine di determinate specie di Cynips o di affini generi, passando per l’angusto orifizio delle urne che diverranno maschili, penetrano nell’interno delle urne stesse, e depongono un uovo in ciascun ovario. Così gli ova- . rii delle urne maschili, invece di nutrite e maturare nel loro in- terno un embrione vegetabile, nutrono e. maturano con strana vicenda un embrione animale. Le Cynips novelle poi sbucano fuori dagli ovarii e dall’ urna precisamente nel tempo che maturano e ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 305 deiscono' le antere dei flosculi maschili che stanno verso il collo dell’urna, s'impollinano pertanto, e seguendo il loro istinto, vanno difilato alle urne femminili, vi penetrano dentro e fecondano gli stimmi dei fiori femminei. Ficus Carica. Fra tanti autori che scrissero del fico e della caprificazione, meritano di essere rilevati Linneo, CAVvOLINI e GALLESIO. Altri, fra cui GASPARRINI, meritano un bel silenzio. Per i fichi dell’ Italia e della Grecia pare che l’ufficio di pronubo sia adempiuto esclusivamente dal Ohalcis Psenes. Ma WESTWOOD (Introd. to mod. classific. of insects, vol. II, 1840, pag. 165) per i fichi d’ Egitto rilevò altre due specie, l’una che denomina $St- cophaga crassipes, e l’ altra di maggior taglia, che dichiara af- fine al Chalcis. F. Sycomorus. HasseLquIist (Iter palaestinum) afferma che le infiorescenze di questo fico sono fecondate da una specie parti- colare di Cymips. F. (diverse altre specie esotiche). MiQqueL (Prodromus mono- graphiae ficuum, in Hooxer's (London Journ. of bot., vol. VI, 1847), dice: “ Cynipum larvas in plurimis etiam Asia, Africa et America speciebus inveni et ovaria tum semper magnitudine aucta. , Lo stesso autore (Il. c.) avea premesso: “in acheniorum ‘examine normalia ab iis que cynipum larvis grossificata sunt, . caute distinguere oportet. ,, Una storia completa delle relazioni biologiche tra il genere F7cus da un lato e tra il genere Cynips ed affini dall'altro sarebbe invero interessantissima; ma poco o nulla è stato fin qui osservato o scritto sull’argomento. Cosifatto apparecchio dicogamico che è senza dubbio il più escludente di quanti n’esistono, merita d’essere annoverato tra i micromiofili. Quantunque i i Cynips siano imenotteri, nulla di meno, considerati come pronubi, in ragione della loro esigua statura e del modo con cui s °impollinano e trasportano il polline da un’urna maschile a un’ urna femminile, vogliono essere assimilati ai mo- scherini. | L’unico apparecchio fiorale che avrebbe qualche analogia con quello dei fichi, lo ritroviamo in pochi rappresentanti della fa- Vol. XVII. 20 306 i F. DELPINO, ) 1:10 sento miglia delle Monimiacee. Alludiamo al genere Tamburissa. I fiori così maschili che femminili, hanno una figura estremamente. mile all’ urna dei fichi, tolta la differenza che, non il ricet ma il calice, è ciò che prende la foggia d’ un’ urna. L’urna fiorale di Tamburissa, del pari che l’urna dei fichi, ha superiormente un foro destinato a introdurre i pronubi nella sottostante cavità. Ma i pronubi di Tamburissa non sono certamente cinipi, bensì, 2 quel che si può congetturare, sono o mosche o moscherini. Vos di chiarire la cosa quei che è in condizione di poter osservare dette Monimiacee nella stazione loro naturale. Fi 4) CLASSE III APPARECCHI TUBATI. Car. Presso cosifatti apparecchi, la corolla gamopetala, è fog- giata a tubo più o meno grosso. con calibro proporzionato alla statura dei pronubi. Questi entrano con tutto è corpo 0 colla maggior parte del corpo loro entro il tubo gamofillo; vi dimorano pochissimo tempo, quanto basta per raccogliere polline e miele, o soltanto miele; dopo di che, e impollinatasi una data regione del corpo, se ne volano via, diretti subito ad altri fiori della stessa specie, impollinandone gli stimmi e asportando nuova proy- vigione di polline. Non si dà nessun fiore appartenente a questo tipo, il quale non abbia nèttare. Ove questo mancasse, manche- rebbe ogni altra ragione di apparecchi così foggiati. Abbiamo a considerare tre forme o tipi di siffatti apparecchi, cioè il datu- | rino, il campaniforme, il digitaliforme. 8. TIPO DATURINO. Car. I fiori sono costantemente pendoli o quasi pendoli, a co- | rolla tubuloso-infundiboliforme, a tubo grossissimo e lunghissimo, spesso di colore biancastro o verdastro poco vivace, spesso fre- _ giato di colori fulgidissimi. Le antere e gli stimmi sono quasi sempre inclusi entro la espansione dell’ infundibolo corollino, Il polline è abbondante, grosso, mobilissimo, attaccaticcio. Tutti ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 307 questi caratteri accennano pronubi gli uccelli mellisugi, benchè per avventura non sia, in via succedanea, esclusa l’azione di grosse apiarie. Massime è a por mente alla pendolità dei fiori, la quale visibilmente ostacola l’azione delle sfingi. Questi lepidotteri, in- fatti, come potrebbero rivolgere la proboscide dal basso all’alto ? «Gli odori sogliono mancare quasi sempre, come generalmente . mancano in fiori schiettamente ornitofili. La Flora europea non ha nessun fiore improntato a questo tipo, e ben a ragione, per- _ chè non bha uccelli mellisugi. Per contro, tutte le piante che pre- . | sentano siffatto tipo, sono native dell'America tropicale, cioè della | patria dei trochilidi. Datura arborea. Dimensioni grandissime. Tubo lungo 12 cen- timetri; infundibolo lungo 13 centimetri, largo 6 centimetri. I . pronubi, volitando, insinuano il loro corpo nell’ infundibolo, e di là spingono nel tubo il becco e la lingua, che deve essere lunga almeno da 10 a 12 centimetri. Il colore è biancastro. _ D. sanguinea. Dimensioni quasi eguali a quelle della precedente specie. Dall’imo fondo del tubo fino alla espansione dell’ infundi- bolo corre la lunghezza di 17 centimetri. L’imbuto è largo 4 cen- timetri. Il colore è miniato. La specie è nativa dell’ elevate e «fredde regioni andine, nell’America tropicale. I colibri non man- — cano in dette regioni. . D. cornigera. Apparecchio fiorale in dimensione, e negli altri caratteri affatto simile a quello delle due precedenti specie. È dell'America del Sud. Hippeastrum solandriflorum. Fiori grossissimi, quasi pendoli. Tubo della corolla lungo 9 centimetri. Infundibolo lungo 10 cen- timetri; sua massima larghezza (verso l'espansione) 8 centimetri circa. All’esterno il tubo è di color verdastro, l’ imbuto è bianca- stro. Patria di questa specie è la Gujana ed il Brasile. L’ Ama- ryllis solandreflora non è che una varietà a colore rossastro e a dimensioni florali ancora maggiori. Solandra levis. Fiore lunghissimo, quasi pendolo; tubo lungo circa 14 centimetri; infundibolo lungo 4 centimetri, largo 5 cen- timetri..Il colore della corolla è bianco-verdastro. Specie nativa dell'America tropicale. 308! da 3 F. DELPINO, *: IERI Cantua buzifolia. È del Perù. I fiori sono rossi, tubulosi ip doli, a tubo assai grosso, lungo circa 6 centimetri. Antere. Ch | stimma appena esserti. : Canna iridiflora. Del Perù. Questa specie, asa dall'altro congeneri che hanno tutt’ altro tipo florale, merita speciale con- siderazione pel tipo daturino perfettissimo da essa assunto. In- fatti i suoi fiori sono pendoli, grossissimi, tubulosi, infundiboli- formi, lunghi 13 centimetri, con espansione larga oltre 6 centi- - metri. Colore rosso vivace. N’è data una buona figura, a tav. 1968 del Bot. Mag. Il testo dice: “ this is is undoubtedly fa far the most splendid species of Canna that is yet known. , Fuchsia macrantha. Del Perù e della Colombia. Enorme è lo sviluppo del tubo calicino, che è lungo circa 9 centimetri. I fiori sono pendoli, colle antere e cogli stimmi appena esserti dalla espansione. Colori psittacini vivissimi. Ecco una Fuchsîa i cui fiori assunsero il tipo daturino. F. corymbiflora. Del Perù. Tubo scarlatto lunghissimo, splen- dido non meno di quello della precedente specie. F. fulgens. Nativa delle ferras templadas del Messico. Fiori pendoli a tubo alquanto più breve. Questa specie per l’apparecchio daturino alquanto diminuito segna un termine di passaggio al tipo pendolino di cui infra. Da quel che precede risulta che il tipo florale daturino è pro- prio dell’ America tropicale, che verisimilmente le ragioni di sua _ formazione sono da ricercarsi nell'adattamento ai trochili. Ri- sulta infine che è rappresentato da oltre una diecina di specie, — appartenenti a sel generi, e che si riproduce in ben cinque fami- glie diverse, cioè nelle Solanacee, Polemoniacge, Onagrariacee, Cannacee, Amarillidee. A] daturino si potrebbe avvicinare un tipo che gli somiglia as- sai nelle enormi dimensioni florali, nell’abbondante secrezione | nettarea e in altri caratteri. È questo il tipo cereino che si rivela nei fiori di molte specie di Cereus (C. grandiflorus, triangularis, serpentinus, Macdonaldiae, ecc.). Ma diversifica dal daturino: 1° perchè i fiori sono eretti e non pendoli; 2° perchè sono ‘più not- ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 309. turni che ‘diurni; 3° perchè hanno odori veementi e soavissimi. Queste tre differenze accennano all’azione pronuba delle sfingi più che a quella dei trochilidi. Laonde è a ritenersi che dei. due tipi estremamente affini, daturino e cereino, il primo è ornitofilo, il secondo sfingofilo; almeno preferentemente. 9. TIPO CAMPANIFORME. . Car. I fiori conformati a questo tipo sono regolari, discreta- mente grandi ma non massimi, per lo più eretti, talvolta oriz- zontali o quasi pendoli. La corolla è gamopetala, foggiata a cam- pana, destituita di tubo. Le antere e gli stimmi si trovano inclusi ed occupanti l’asse florale. Il pronubo immerge tutto il suo corpo entro la campana florale e s’impollina la regione tergale in al- cune forme, la regione sternale in altre. In siffatti fiori non manca giammai il nèttare. Spesso esistono ben lavorate nettaro- conche, nettarostegi, nettarovie, nettaropili. Le specie europee che . hanno fiori improntati a questo tipo sono essenzialmente melit- . tofile. Le specie esotiche debbono anche ritenersi per tali, ma non è esclusa l’azione degli uccelli mellisugi. Il colore più fre- quente è il violaceo; gli odori sono poco o punto pronunziati. __ Campanula Medium, C. Trachelium, C. persicifolia e molte al- tre specie dei generi Campanula, Adenophora, ecc. I fiori sono orizzontali o declinati. Vi sono cinque nettarostegii. Il pronubo si appiglia alla colonna dello stilo, s'introduce "con tutto il corpo entro la campana florale impollinandosi lo sterno. Si possono di- stinguere tre forme: maggiore, media, minore, con dimensioni corrispondenti a diverse stature di apiarie. La Campanula Me- dium, la Canarina Campanula, ecc. si possono citare come esempi della forma maggiore; la C. Trachelium ed altre come esempi . della forma media; e come esempi della forma minore la C. Ra- TT punculus, le Adenofore, ecc. . Narcissus Pseudonarcissus. Struttura fiorale affatto analoga a quella delle precedenti specie. Grande è la dimensione dei fiori; il colore è giallo. Stanno sei nettaropili nel fondo. della campana florale. I pronubi che sono certamente grosse apiarie (io notai la Xylocopa violacea) s'impollinano lo sterno. 310 F. DELPINO, 100) AO SII Colchicum autummnale. Fiore grosso, violaceo, eretto. Sei. spazii nettariferi nel punto angolare della esserzione degli stami. Adun- que il pronubo, insinuatosi entro il fiore, nell'atto che ricerca il miele s’impollina la regione sternale. La specie è certamente me- littofila, designata più specialmente per i bombi, ma non è esclusa l’azione di alcuni ditteri (Erystalis). Crocus vernus e molte altre specie di Crocus. I fiori sono sor- prendentemente simili a quelli della precedente specie; ma lo scarso miele che secernono non viene già dai lati della parete corollina, bensì dal fondo della campana florale; così rimane più incerta la regione d’impollinazione dei pronubi; più spesso è la sternale, ma talvolta restano impollinati i fianchi e il dorso. I crochi sono melittofili e più specialmente designati ai bombi; di che potei avere la certezza mediante numerosissime osservazioni fatte a Vallombrosa. Anche le api ed altre apiarie di mezzana | statura visitano i crochi, ma colla incertezza dei loro diporta- menti e colla irregolarità d’impollinazione del loro corpo mostrano chiaramente di essere di gran lunga meno adatte dei bombi. Gentiana acaulis. La campana fiorale mantiensi costantemente eretta. L'apparecchio essendo quinquelaterale ed essendovi nel- l’interno cinque nettarovie verrucose che conducono il pronubo ad altrettanti nettaropili, la regione impollinata è senza dubbio la tergale. La presenza delle nettarovie e dei nettaropili accenna essere questa specie esclusivamente melittofila. È verisimile che i fiori grossi e campanulati di non poche altre specie di Genziana debbano essere riferiti allo stesso tipo. i 10. TIPO DIGITALIFORME. Car. Si avvicina assai al precedente. Le dimensioni florali sono pari. La corolla con egual ragione gamofilla è foggiata pure a grosso tubo o a ditale, entro cui s' immerge o tutto o in gran parte il corpo dei pronubi. Il miele non fa mai difetto e spesso si osservano nettaroconche, nettarostegii, nettaropili, nettarovie di egregio lavoro. La sostanziale differenza che passa tra questo e il precedente tipo, consiste nella costante irregolarità e orizzonta- ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 311 lità dei fiori, nonchè nella localizzazione delle antere e degli stimmi, quando dalla parte inferiore, quando dalla superiore. Nel primo caso l’area d’impollinazione è parallela e inferiore all’asse florale, e il pronubo s’impollina la regione sternale (forma ster- notriba). Nel secondo caso l’area d’impollinazione è parallela e superiore all’asse florale, e il pronubo s’impollina la regione dor- sale (forma mototriba). Quest’ area è sempre inclusa o poco es- serta. I fiori foggiati al tipo digitaliforme sono, senza verun dub- bio, riservati agl’insetti apiarii; poniamo che in via succedanea possa valere anche l’azione degli uccelli mellisugi per quelle spe- cie che sono native delle regioni abitate da detti volatili. Quanto al calibro del tubo fiorale, esso offre delle differenze che debbono certamente essere in correlazione con apiarie di dif- ferenti stature. Di mano in mano che il calibro si restringe, ven- gono escluse le apiarie di maggiore taglia. Possiamo distinguere © sotto questo aspetto, tre stature, una maggiore, adatta special- mente ad apiarie di gran taglia, per es. Bombi, Xilocope, Eu- glosse ecc.; una media adatta all’ape comune, ad Eucere e simili; finalmente una forma minore, corrispondente a piccoli Halictus, Andrena, Coelioxys, ecc. { fiori di tipo digitaliforme spesso sono in grado insigne pro- terandri con movimento di stami e stili. I colori sono varii, pre- dominando i violacei. Gli odori poco o punto pronunziati. a) Forma sternotriba. Cobaca scandens. Assai grosso è il calibro del tubo florale. Il colore è violaceo. Pronunziatissima protérandria con movimenti degli stami e dello stilo, assorgenti a vicenda verso l’area d’im- pollinazione. Lisianthus acutangulus. Dimensioni grandi. Fiore digitaliforme a tubo piuttosto breve. b) Forma nototriba. ca Digitalis purpurea. Fiori quasi pendoli. Dimensione maggiore. Pel gran calibro del tubo fiorale designata principalmente ai bombi, 312 F. DELPINO. TRO Acanthus mollis, A. spinosus. IL tubo florale non'è costituito dalla sola corolla, l’arcata superiore ‘essendo formata dal sepalo. posteriore. Vi concorrono a formarlo anche i filamenti in biz- zarra maniera contorti e disposti. I pronubi (bombi), visitando i fiori, vimmergono totalmente il loro corpo, in modo da rimanere tutt’affatto celati alla vista. Gladiolus segetum, e verisimilmente altre specie con In fondo del tubo florale esistono due cospicui nettaropili. Iris germanica, I florentina ed altre specie affini. I vistosi fiori di siffatte piante sono apparecchi trilaterali, e ciascun lato forma un ditale, in cui entrano i pronubi, munito di propria antera, di proprio stilo e stimma. L’arcata superiore di ognuno dei tre tubi è formata dallo stilo enormemente dilatato e petaloide. Le, di- mensioni dei tubi sono grandi; quindi i pronubi appropriati sono certo apiarie di grossa statura. Io notai Xilocope e Bombi. Serapias cordigera, S. longipetala ed altre congeneri. Le dimen= sioni del tubo fiorale son medie; quindi resta esclusa la ‘visita di grosse apiarie. Questo genere forma eccezione non avendo miele; in sua vece sta un grosso callo colorato in fondo dell’ ipochilio; callo verisimilmente corroso da speciali apiarie. Queste sono le poche specie a fiori digitaliformi che ci presenta la Flora europea, ma ve ne ha una infinità fra le piante esotiche. Le famiglie che si distinguono di più sotto questo riguardo .sono le Bignoniacee (Jacaranda ovalifola ed altre congeneri; Bigno- nia grandiflora, B. radicans, B. Catalpa ed altre specie); le Scro- fulariacee (Lophospermum, Maurandia, Paulownia, Pentstenon, Mimulus, Diplacus, Russelia ecc.); le Acantacee (Amphicome, Thunbergia); le Gessneriacee (specie di Gesneria, Gloxinia, Chi- rita ecc.); le Orchidee (specie di Cattleya, Trichopilia, ece.). Pa- recchie hanno nettarovie lavorate a perfezione: nettarovie pe- lose i generi Lophospermum e Mimulus, bicostate i generi Maw randia, Paulownia, staminodiali (per metamorfosi dello stame posteriore, declinato, prostrato sul labbro inferiore e vestito di peli) i generi Jacaranda, Pentstemon. La maggior parte hanno dimensioni maggiori o medie; hanno dimensioni minori i fiori di ULTERIORI OSSERVAZIONI E. CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 313 Russelia, Mimulus, di alcune specie di Thunbergia.. Alcune spe- cie hanno stimmi irritabili nototribi (Mimuus, Diplacus; Mar- _tynia, Bignonia). Infine moltissime sono distintamente prote- randre. CLASSE QUARTA. APPARECCHI PENDOLINI. bi Car. Presso così fatti apparecchi l’asse florale è pendolo; la corolla, o il perigonio, o il calice, o più organi assieme fusi nel senso radiale in un corpo unico (d’indole assile, secondo alcuni organogenisti) formano un tubo mellifero pendolo, in cui penetra il becco; la linguetta o la proboscide dei pronubi, o tutto al più una parte del loro capo. Il nèttare non manca giammai. Di sif- fatti apparecchi distinguiamo due tipi, il fuchsicide, ad antere e stimmi esclusi, e l’abutilano ad antere e stimmi inclusi e per so- lito localizzati alla fauce della espansione fiorale. E l’uno e 1’ al- tro verisimilmente sono ornitofili, se non in maniera esclusiva, certo preferente. Si rannodano al tipo daturino, da cui differi- scono per le dimensioni di gran lunga minori. 11. TIPO FUCHSIOIDE. Car. Gli stami e gli stili vengono notevolmente fuori dalla ‘espansione florale. Nèttare assai copioso. Colori risentiti, per lo più d’un vivace scarlatto o psittacini. Verosimilmente è un tipo ornitofilo, poichè manca affatto alla Flora europea, e ritrovasi invece assai frequentemente nelle specie dell’ America tropicale. Per altro siccome ha gli organi genitali esserti, le apiarie, ag- grappandosi ad essi, possono agevolmente visitare e fecondare i fiori, e così debbono in via succedanea figurare tra i pronubi. . Fuchsia coccinea. È dell’ America tropicale. Tutti i caratteri degli organi florali, massime il vivacissimo colore coccineo, ac- cenna a pronubi i trochili. Da noi la vidi abbondantemente vi- sitata da grosse apiarie. La 7. cordifolia del Messico, la 7. de- cussata del Chilì e probabilmente altre congeneri hanno gli stessi caratteri della Y. coccinea. 314 | F. DELPINO, dò, i ì — Rigidella flammea. Con sorprendente mimismo dicogamico que- sta iridea ripete il tipo florale della F. coccînea. Fiori api coccinei, a stami e stilo esserti. È del Messico. Vestia lycioides. Anche i fiori di questa solanacea ripetono # sor- prendentemente il tipo Fuchsia. Ed essa pure è nativa delle stesse regioni (Perù e Chilì). Hebecladus biflorus. Nativo delle Ande peruviane. Altra sola- nacea che ne’ suoi fiori ripete gli essenziali caratteri del tipo Fuchsia. Ribes speciosum. Della California. Come la pics specie. 12. TIPO ABUTILINO. Car. I fiori improntati a questo tipo mancano assolutamente alla Flora europea. Offrono gli stessi caratteri del tipo prece- dente, salvochè le antere e gli stimmi sono inclusi nella espan- sione florale, o tutto al più appena esserti. Inoltre la espansione suddetta spesso è più larga. Questo tipo pare ornitofilo in ma- niera ancora più pronunziata del precedente; perocchè all’ap- pulso delle apiarie, fatta eccezione del genere Abutilon, manca | il necessario fulcro. Abutilon striatum ed altre specie native dell’ America meri- dionale. FrITZ MiLLER (Bestatibungsversuche an Abutilon-Arten, 1871), al quale dobbiamo interessanti esperienze sulla feconda- zione di queste specie, ha constatato esserne i fiori nel Brasile meridionale esclusivamente fecondati dai colibri, quantunque in altre località o contingenze le apiarie potrebbero succedanea- mente intervenire, attesocchè è ancora loro possibile di aggrap- parsi alla colonna monadelfica. Thiebaudia bracteata ed altre specie, native delle Ande. I ca- ratteri florali sono quelli della più pronunziata ornitofilia. Co- lori brillantissimi per lo più di un vivo puniceo; nettare: estrema- mente abbondante, raccolto in una nettaroconca formata priv base monadelfa dell’ androceo. Clivia nobilis. Amarillidea del Capo di Buona Speranza, pa- tria di nettarinie. I colori dei fiori sono psittacini. Verisimil- mente ornitofila. e =—— ”r——_—_——_——_———— ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 315 — Nicotiana Langsdorfit. Solanacea del Brasile. Fiori affatto si- ‘ mili a quelli di Olivia. Lachenalia pendula, L. tricolor ed altre specie. Liliacee del Capo. Fiori pendoli, di colori psittacini, forniti di grande quan- | tità di miele. Cadia purpurea. Frutice dell'Arabia felice (ove debbono pure estendersi le nettarinie), fornito di fiori a tubo breve, amplis- simo, pendoli, di color rosso vivo, con secrezione nettarea copio- | sissima. Non pajono poter essere visitati da apiarie, poichè gli stami al menomo urto si disarticolano e cascano, e così non | possono offerire il menomo punto d’appoggio. Forse al tipo di cui si discorre sono da riferire anche i fiori di Correa e di Bryo- phylum. CLASSE QUINTA. APPARECCHI MICROSTOMI. ‘ Car. Non differiscono gran fatto dai precedenti; ma le dimen- sioni dei fiori sono minori; l’asse fiorale è orizzontale anzichè pendolo; la corolla o il calice formano un tubo ventricoso e gibboso, nella cui cavità stanno totalmente inclusi gli stimmi e e le antere. L’orifizio del tubo è assai stretto, e non permette accesso che al becco e alla lingua dei pronubi. I colori assai vivaci, la produzione nettarea abbondante, la orientazione in- fine dei fiori e la deficienza di ogni punto o tavola d’appoggio, accennano a pronubi volitanti, e propriamente ad uccelli mel- lisugi, restando escluse le apiarie e gli altri pronubi. 13. TIPO MICROSTOMO. È un tipo assai caratteristico che troviamo ripetuto presso specie appartenenti a ben cinque famiglie diverse, cioè alle Ge- sneriacee, Tropeolee, Ericacee, Lobeliacee, Bignoniacee; native tutte quante o dell'America calda o del Capo di Buona Speranza. Locchè combinando mirabilmente colle località degli altri tipi ornitofili fin qui contemplati, conferma le nostre congetture sulla ornitofilia di siffatte piante. 316. F. DELPINO, . Tropaeolum tricolor ed altre specie affini, dell’ America. del Sud. Fiori di colore scarlatto. La singolare loro orientazione,. pendola nello stesso tempo: ed orizzontale, è PEOGLRAA da. una torsione ad S dei singoli peduncoli. À Siphocampylus microstoma, e alcune altre specie affini, Perri dell'America tropicale. Corolla a tubo ventricoso, sacciforme, mi- crostomo, d’un vivo colore scarlatto. Siffatti tubi florali per la, loro forma e per la vivacità dei loro colori rammentano assai le brillanti brattee sacciformi mellifere di alcune Norantee, le ansi pure argomentammo predesignate a trochili. Hypocirtha strigillosa. Gessneriacea del Messico. Colori psitta- cini. Fiori orizzontali, piccoli, ventricosi; microstomi, affatto con- formi al tipo. H. glabra. Come la precedente specie; ma fiori coccinei a orifizio giallo, gozzuti. AMUoplectus concolor. Altra Gessneriacea con fiori gozzuti per- fettamente conformati al tipo. Nativa del Brasile. Eccremocarpus scaber. Bignoniacea dell'America tropicale. L’a- bito dei fiori ripete tanto sorprendentemente quello delle succi- tate gesneriacce, che LINDLEY (Bot. reg. testo a tav. 939) fan- tastica essere questa specie un anello di transito tra le Bigno- niacee e le Gessneriacee. Ma è un caso di puro mimismo dicogamico, non già di vera omologia. Tale autore avrebbe dovuto por mente alle foglie di questa specie, le quali essendo pinnate colle pinne estreme cambiate in cirri, accusano una immediata affinità col genere Bignomia. Erica cerinthoides; E. ampullacea, E. ventricosa, E. retorta, e probabilmente altre specie del Capo di Buona Speranza. I fiori ripetono le principali caratteristiche del tipo. CLASSE SESTA. APPARECCHI LABIATI. . Car. Fiori simmetrici irregolari. Asse florale orizzontale o de- clinato. Il nèttare non manca giammai. Rispetto all’asse fiorale, ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 317 sono i nettarii localizzati nella parte inferiore, le antere e gli stimmi nella parte superiore. Così l’ area d’impollinazione, co- stantemente superiore e parallela all’asse florale, è nototriba. I colori sono varii, fulgenti in quei fiori che sono designati ad uc- celli mellisugi, ordinarii nei restanti. Gli odori sono poco o punto pronunziati. Siffatti apparecchi escludono 1’ azione pronuba dei ditteri (salvo rarissime eccezioni), dei lepidotteri, dei coleotteri, ammettendo soltanto l’azione quando delle apiarie, quando degli uccelli mellisugi, quando di entrambi. In questa classe registreremo due tipi, il labiato e l’ eschinantino, aggiungendovi un terzo tipo anomalo, il violaceo. 14. TIPO LABIATO. Car. I fiori sono o unilabiati (A4juga, Teucrium), o bilabiati, ringenti, personati, con tubo mellifero più o meno lungo, ma giammai lunghissimo. Talvolta invece di un tubo vi ha uno spe- rone o un sacco. Il carattere differenziale e proprio di questo tipo sta in questo che l’area d’ impollinazione, nototriba o ce- falotriba, è costantemente inclusa entro la espansione fiorale. . Oltreciò non manca giammai un labbro inferiore sviluppato in guisa da permettere una comoda tavola d’appulso e d’ appoggio ai pronubi. Spesso in questo labbro inferiore concentrasi princi- palmente la funzione vessillare, e allora tale organo o complesso di organi dicesi labello. Quasi sempre domina in grado insigne la proterandria, accompagnata da successivi movimenti, recipro- camente inversi, degli stami in un primo, dello stilo in un se- condo periodo. I movimenti sono due; il primo è di nutazione o geotropico, il secondo è moto di ricurvazione verso 1’ alto, ossia antigeotropico. I fiori improntati a questo tipo sono estre- mamente numerosi nel regno vegetale. Quelli che sono nativi dell'Europa sono melittofili senza eccezione. Quelli che appar- tengono alle Flore esotiche sono, generalmente parlando, melit- tofili anch’ essi; ma taluni, nativi di regione ove esistono udcelli mellisugi, possono essere o preferentemente o esclusivamente orni- tofili. In quest’ ultimo caso però sogliono concorrere subito i ca- 318 F. DELPINO, ratteri di colori fulgenti e di abbondante secrezione mellegi . È difficile precisare il numero (grandissimo) delle specie ne? cui fiori s’ incarna questo tipo. È proprio di tutte le Labiate, esclusi po- chi generi a corolla minuscola e subregolare (Mentha), o ad ap- parecchio rovesciato (Ocymum, Prostanthera, Coleus, ecc.). Quasi . tutte le Rinantacee, Lobeliacee, Goodeniacee, Utriculariacee, una gran parte di Orchidee, Zingiberacee, Acantacee, Balsaminee pos- seggono fiori improntati a questo tipo, il quale oltreciò ripro- dicesi nella Erythrina Cristagalli delle Papilionacee, nel genere Ehynchoglossum delle Cirtandracee, nel Conospermum taxifolium delle Proteacee, nella Ravenia spectabilis delle Rutacee. Ben tre- dici adunque sono le famiglie vegetali, ove mirabilmente cogli essenziali suoi caratteri si riproduce. . Distinguiamo le seguenti cinque forme, determinate principal mente dalla configurazione della corolla; la forma galeata, la ringente, la personata, la labellata, la unilabiata. Nella forma galeata, il labbro superiore ricopre a guisa d’elmo o di tetto le antere, ma non le avvolge; nella forma ringente le avvolge e rin- chiude come una scatola, da cui o esce fuori il polline sotto forma di pioggia sul dorso dell’animalcolo visitatore, o escono le antere per un curioso movimento ad altalena del connettivo, per confri- carsi col dorso del pronubo; nella forma personata il labbro in- feriore elastico e che può abbassarsi, è adpresso contro il labbro superiore e chiude l’entrata del tubo florale; nella forma label- lata .i petali inferiori sono distesi ed ampliati in un largo lembo per solito reflesso, insignito della funzione vessillare ; nella forma unilabiata manca il labbro superiore e con ciò è data maggior libertà ed amplitudine ai movimenti degli organi genitali. a) Forma galeata. Galeopsis, Lamium e molti altri generi di Labiate tanto in- digeni che esotici. Le specie europee sono esclusivamente melit- tofile. Justicia ventricosa. Acantacea della China. Ravenia spectabilis. Rutacea di Giava. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA, 319 . Epipactis latifolia. Orchidea nostrale, fecondata preferente- mente dalle vespe. Cephalanthera, Spiranthes. Orchidee esclusivamente melittofile. __ Conospermum taxifolium. Proteacea dell’ Australia. Gli stami fertili sono localizzati al labbro superiore; gli altri abortirono e servono tutt'al più di soppedaneo ai pronubi. Specie senza dubbio melittofila. Orobanche. Tutte le specie sono decisamente melittofile. Tozzia alpina, Euphrasia ed altre Rinantacee a fiori piccoli galeati. Melittofile esclusivamente. Erythrina Cristagalli. La grossezza dei fiori, il taleido color | puniceo cupo, la gran copia di nèttare, il polline mobilissimo, la superficie levigatissima del labbro inferiore, inetto alla funzione del fulcro per le apiarie, sono caratteri tutti che accennano esclusiva relazione ai trochili. Questa specie è nativa dell’ Ame- rica meridionale. Per la notevole denudazione delle antere, i fiori di questa specie si avvicinano al tipo eschinantino, b) Forma ringente. Aphelandra cristata. Acantacea dell’ America tropicale. I. vivi colori coccinei e gialli, l’orientazione ascendente de’ suoi fiori, l'abbondanza del miele, la mancanza di tavola d’ appulso. sono caratteri d’ornitofilia esclusiva. Il polline cade sul capo del pro- nubo a guisa di pioggia. Aphelandra aurantiaca. Come la precedente specie, salvo la differenza nel colore. Lallemantia canescens. Labiata orientale. Il polline piove sul. dosso dell’entrante pronubo. Esclusivamente melittofila. Pedicularis, tutte le specie. Come la precedente. _Rhinanthus major. Il polline piove sul dosso dei pronubi per un meccanismo alquanto diverso da quello attuato nei tre pre- . cedenti generi. Esclusivamente melittofilo. Salvia officinalis, pratensis, glutinosa, Sclarea e moltissime al- tre specie indigene ed esotiche. Connettivo ad altalena. Le in- | digene sono esclusivamente melittofile, come anche la più parte 320 F, DELPINO, ° delle RISO GRA Ma nei paesi abitati dai trochili, questi Ha vi succedanea o principale possono visitarne e fecondarne i fiori. Ciò sia detto più specialmente per le specie a fiori. splendenti (S. fulgens, S. splendens, S. coccinea, ecc.), che SOLIERA prefog rentemente adattate ai trochili. Curcuma cordata, Roscoea purpurea ed altre ‘specie fini. Connettivo ad Aia: Verisimilmente melittofile. n c) Forma personata. Antirrhinum, tutte le specie. L’appressione del. labbro infe- riore contro il superiore, esige una certa forza e una certa arte, perchè il pronubo possa procacciare alla sua proboscide 1° adito al miele. Ciò costituisce un carattere di pretta melittofilia. Linaria, tutte o pressochè tutte le specie. Quelli che hanno fiori grossi sono visitate da apiarie di grossa e mezzana statura. La L. Elatine, a fiori minuscoli, vidi visitata dalla minuscola Coelioxys conica. Utricularia vulgaris. Come le specie del genere precedente. Rhynchoglossum ceylanicum. È una ,cirtandracea con corolla. personata. Calceolaria, parecchie specie. La corolla è personata. Il labbro inferiore è ampliato in un labello vesicoso, nello scopo di ap- prestare la tavola d’appulso ai pronubi. Talune specie hanno il connettivo ad altalena. d) Forma labellata. Orchis, tutte le specie. Visitate e fecondate quasi esclusiva- mente dai bombi, dalle xilocope e da altre apiarie. Dovrebbero essere qui registrati non pochi altri generi di Orchidee. | Listera ovata. Dimensioni minime. Labello lungo, provvisto verso la base di un solco mediano nettarifluo. Con singolare var riante. questa specie, si è adattata alla visita quasi esclusiva di alcune piccole specie d’icneumoni, giusta le osservazioni di C. 0. SprENGEL e E. MiiLLeR in Germania, concordanti colle nostre in Italia. 359 ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 321 _ Alpinia nutans ed altre zingiberacee. Labello assai cospicuo, non reflesso. Verisimilmente melittofile. | Balsamina impatiens, B. hortensis ed altre non poche specie. Labello cospicuo e assai dilatato. Fiori designati ad apiarie di grossa statura, munite di lunga proboscide. Proterandri ed erco- fo: al più alto grado. | — Pinguicula, tutte le specie. Fiori ‘ercogami, esclusivamente: melittofili. Labello non riflesso. e) Forma unilabiata. da — Teucrivim, tutte lè specie. Pronunziatissima proterandria; con movimento di stami e stilo. Esclusivamente melittofilo. Ajuga. Come il ganere precedente; ma proterandria poco pro- nunziata. | Lobelia e molti altri generi di Lobéliacee. La maggior parte sono senza dubbio melittofile. Per altro alcune specie, i cui fiori hanno un vivace colore scarlatto (Lobelta splendens, L. fulgens, _L. cardinalis) oppure colori psittacini (più specie di Siphotam- pylus), mostrano preferente adattazione ai trochili, tanto più che concorre una copiosa produzione di miele. I fiori minuscoli della. Lobelia Erinus vidi visitati attivamente con tutta regolarità ed efficacia da una piccola Empis e da piccole apiarie. ‘’Goodentacee, quasi tutte le specie. Tutti i caratteri florali ac- cennano alla esclusiva visita di apiarie. | 15. TIPO ESCHINANTINO. Car. L’ area d’impollinazione è, come nel precedente tipo, pa- rallela e superiore all’asse fiorale; ma invece di essere inclusa nella espansione del fiore, è notevolmente esclusa. Manca ogni tavola d’appulso e qualunque altro organo che possa servire» d’appiglio a pronubi posantisi. La corolla foggiata a sacco o tubo piuttosto. largo, è obliqua ascendente, cioè orientata in modo da conseguire una direzione intermedia tra la eretta e la orizzontale; i colori d’ordinario punicei o psittacini sono per lo più vivacissimi. Il miele non manca giammai ed è raccolto nel Vol, XVII, 21 i È; VI 322 F.' DELPINO;/ Gli. / 44480] «sei È" fondo del tal corollino in quantità rilevante. Mancano o ori La Flora europea non possiede fiori improntati. a questi o tipo; ne possiedono invece le Flore di quei paesi ove vivono è db or mellisugi. Tutti i dati concorrono dunque ad appoggiare it son= gettura che questo tipo sia esclusivamente o preferentemente ornitofilo; quantunque considerata la orientazione del tubo cc rollino, sembri possibile la subalterna azione pronuba. da stng e di grosse apiarie volitanti. . «Lat » Quantunque questo tipo florale sia rappresentato da fare generi di piante, non ostante con tutti i suoi essenziali carat- | teri si riproduce presso ben nove famiglie di piante; cioè presso — le Cirtandracee, Gesneriacee, Bignoniacee, Acantacee, Miopo=: rinee, Convolvulacee, Cactacee, Cannacee ed Emodoracee. Aeschinanthus grandiflorus, Ae. pulcher, Ae. lobbianus, e pro-. babilmente altre specie di questo genere. Corolla d’un vivacis- simo color coccineo. Proterandria pronunziatissima, con retra- zione dei filamenti ed incremento dello stilo in secondo stadio. Specie indigene dell’ Asia tropicale. Gesneria bulbosa. Proterandra come le specie del genere nre- i cedente. La corolla è d’un color rosso di fuoco. È del Brasile. . Columnea hirsuta. Della Giamaica. Simile alla precedente specie. Tecoma capensis. Infiorescenze splendide. Fiori di color calen- — dolaceo. Nèttare copioso. Verisimilmente predenienbng alle netta- rinie. Bignonia venusta. Del Brasile. Come la precedente specie, ma, verisimilmente designata ai trochili. EpiphyUum truncatum. Fiori di colore rosso ‘assai vivo. Miele. abbondantissimo. Perfetta riproduzione del tipo. Cactacea nativa _ del Brasile. d Ruellia macrophylla. Acantacea di Santa Marta. Anche i fiori di questa specie riproducono perfettamente il tipo. Hi Canna, diverse specie dell’ America tropicale. I fiori sogliono essere splendidissimi e ornati di colori psittacini. Il miele è ab-. bondante. Visibile è la difficoltà dell'appulso ai fiori per le apia- — ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 323 rie. Non ostante dalle nostre parti vidi i fiori visitati e fecon- dati dalle api, ma certo in via succedanea. Nel Brasile meridio- nale FRITZ MunTae osservò che erano visitati dai trochili. Il olline non è ceduto direttamente dalle antere, ma è stratificato ra la lamina dello stilo; lamina esserta ed imminente al- L'apertura del tubo mellifero. Anigosanthes pulcherrimus. Dell’ Australia. Magnifiche infiore- ‘scenze auree. Ogni fiore riproduce abbastanza bene i principali 16. Trpo VIOLACEO: Car. È un tipo che quiregistriamo in via di approssimazione, » sapendo meglio assegnarlo ad altra classe di apparecchi. Il ‘carattere per cui va facilmente distinto da ogni altro tipo flo- rale consiste nella singolare struttura dei fiori, la quale obbliga i pronubi a posarvisi tenendo il corpo orizzontale, quindi a ca- povolgersi, e così capovolti a spingere la testa e la proboscide entro il tubo florale per carpire il miele. Non conosco che tre generi i quali offrono questo tipo. Appartengono alla Flora eu- tropea, e alle famiglie delle Violariee, Scrofulariacee, Orchidee. Sono esclusivamente melittofili. ' Piola canina, V. odorata, V. tricolor e molte altre specie del «genere. I fiori sono visitati da più specie di apiarie. Alcune come. ape comune, l’Osmia cornuta e qualche altra specie visitano i fiori nel modo legittimo, cioè capovolgendosi. Altre specie, sovra- tutto 1’ Anthophora pilipes, li visitano mantenendosi ritte, voli- tando o posandosi sui petali inferiori. Sebbene queste ultime spe- icie effettuino assai bene la fecondazione dicogamica, non ostante Ja loro visita debbe ritenersi succedanea, mentre tutta la strut- tura florale accenna predisposizione soltanto alle apiarie che si capovolgono sui fiori. E sovra tutto deve porsi attenzione ai due ciuffi di peli, uno a destra, l’altro a sinistra, situati sull’unghia dei petali laterali. Tali ciuffi servono di punto d’appoggio al pro- mubo capovolto, e lo mettono in grado di spingere a forza la pro- boscide entro l’angusta entrata del fiore. Ora è evidente che 32 LANTADDOTT ALTURA POTR DEDPRSO, arr am a en0 TRA A questi peli perdoro il loto significato e non esercitano la lor funzione; quando i fiori sono visitati dalle Antofore:. |. "Gratiola' officinalis. Anche qui bisogna che il pronubo si ca capo- volga in ogni fiore, ed' ecco che provvidamente dal lato supe riore della fauce fiorale esiste una folta e:lunga peluria; la quale ser di opportuno appiglio al pronubo capovolto. La funzione di que sta peluria non è stata bene interpretata da C. CRI figli credeva che fosse una disposizione nettarostega, ea’ pag. 54 della sua opera — Das entd. Geheimn. ecc. — dice: “| iCcOME; il fiore ha una posizione orizzontale ed è un poco rivolto in 1, così mi riesce inesplicabile come il nettarostegio che dovrebbe esistere nella parte inferiore, sia invece localizzato alla: POSSE periore. » Epipogium Gmelini. RonRBAcH (Blithenbau und | Befritchiung g von Epipog. Gm. 1866) ha dato una buona deserizione dell’ ap: | parato fiorale di questa Orchidea. Basta considerare la orienta- zione di un fiore di Epipogium e delle sue parti per convinceri i che ripete il tipo Viola e Gratiola, e che il pronubo nel visita deve posarsi orizzontalmente sul vertice del labello e del sacco | mellifero, e quindi capovolgersi per accedere all’apertura flora: e per suggere il miele colla proboscide. RoHRBACH riferisce infatt n. essere tale il diportamento dei bombi nel visitarne i fiori. Per altro passa una leggiera differenza tra l'apparecchio di Epipogio e quello dei due precedenti generi. Nella Viola e nella Gratiole il punto della impollinazione e il nettario rispetto all’asse corpo: rale dei pronubi rimangono dalla parte sternalej quindi la, re- gione impollinata è la gola o la semissi inferiore della probo scide; mentre nell’ Epipogium il corpo «del pronubo passa aa punto d’impollinazione che rimane dalla parte tergale e il n tario che è dalla parte sternale. Laonde qui la regione impe 0 linata del corpo dei pronubi è il vertice del capo. r lui ” ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 325 È gico: Dì CLASSE SETTIMA. ; "TO QINANE | APPARECCHI PAPILIONACEI. a È Car. I fiori sono | sempre simmetrici irregolari; la direzione del- l’asse florale è orizzontale o declinatopendola, talvolta. perfetta- mente pendola. Non sempre esiste il nèttare ma, quando esiste, la localizzazione del nettario è costantemente superiore all’asse fiorale, mentre l’area d’impollinazione rimane sempre inferiore. ‘Qui, come si vede, in confronto degli apparecchi labiati, vi ha perfetta inversione delle parti. Cosicchè un fiore labiato a cui si torca per mezza rivoluzione il peduncolo, è ‘psofacto convertito in un apparecchio papilionaceo; e viceversa un fiore papilionaceo ‘assume senz'altro il tipo labiato se gli vien contorto similmente ‘il peduncolo. Essendosi spesso nella natura, in determinate con- tingenze di luogo e di tempo e per determinate specie, resa utile la conversione immediata di un apparecchio labiato in papiliona- ceo o viceversa, spesso (e ne abbiamo citato numerosi esempi) è stato conseguito lo scopo mediante il semplicissimo ripiego della torsione del peduncolo. Siffatto interessante fenomeno conferma la realtà oggettiva e non soggettiva dei tipi papilionaceo e la- biato. Negli apparecchi papilionacei i colori sogliono essere per lo più ordinarii; ma in alcune specie esotiche designate senza dubbio alla visita degli uccelli mellisugi, i colori diventano splen- didissimi, e allora il miele è prodotto in grande abbondanza. Gli “odori raramente sono pronunziati. In questa classe di apparec- Chi noi distinguiamo cinque tipi:/1° il tipo papilionaceo criptan- dro o. normale; 2° il tipo papilionaceo gimhandro; 3° il tipo ama- rillideo o rododendrino; 4° il tipo melastomaceo; 5° il. tipo stre- litzino. 17. TIPO PAPILIONACEO NORMALE O CRIPTANDRO. Car. Dimensioni dei fiori piuttosto piccole (il maximum ci è indicato dai fiori di Pisum, il minimum dai fiori di alcune Medi- 326.0. NA TRE DELPINO; | DIS AVRA Ro) (3 cago). Stami e stili inclusi entro la espansione fiorale. Sineo ripartizione di funzioni nelle diverse foglie florali. Alcune si el vano in alto, costituiscono il vessillo che ha in sè concentrata | funzione attrattiva dei colori. Altre, dalla parte inferiore, fo mano un sacco o una guaina, detta carena, la cui funzione è di avvolgere gli stimmi e lo stilo e di costituire una scatola pollini. lega, da cui esce il polline mediante varii ingegnosi meccanismi, Altri organi finalmente o altre parti di organo sono lateralment situati; diconsi ale e meglio direbbonsi fuleri, preti d’appoggio al pronubo nell’atto che visita i fiori e che ne pro- muove la fecondazione incrociata. Questo tipo è uno di quelli che hanno un maggior numero di rappresentanti nel regno vegete lei È un tipo che gode della più pronunziata ed esclusiva melittofi- lia. In Europa è unicamente riserbato alle apiarie. Le farfalle diurne talvolta vi si posano e riescono anche a carpire il miele ; ma non avendo forza nè attitudine a far divaricare là carene dal vessillo, e così a denudare le antere e gli stimmi, o ad espel- lere il polline, la loro azione è nulla per la effettuazione della dicogamia. Anche nelle altre parti del mondo è senza dubbio me- littofilo; ma per alcune specie che hanno fiori più grandi e fo niti di vivaci colori può essere che in via subalterna conco l’azione degli uccelli mellisugi. I colori sono quasi sempre ordi- narii. Gli odori rade volte pronunziati. 4 Il nèttare in alcune forme esiste, in altre manca. Questo tipo è l’appannaggio di quasi tutte le specie della famiglia delle Pa- pilionacee; ma, con un mimismo dei più sorprendenti, si ripro- duce con tutti i suoi essenziali caratteri di vessillo, carena, ful- cri in alcune specie appartenenti a ben sette altre famiglie, cioè alle Scrofulariacee, Labiate, Poligalee, Marantacee, Ippocastanee, Geraniacee, Fumariacee. Distinguiamo agevolmente quattro forme di questo tipo: 1° la forma ordinaria; 2° la forma a scatto; 3°la forma a stantuffo; 4° la forma tricostila. Presso i fiori di forma ordinaria, il pronubo, premendo la ca- rena, denuda le antere e s’impollina l'addome; presso quelli di forma a scatto, il pronubo, premendo la carena, determina lo ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 327 i ‘scatto degli stami e dello stilo che battono con violenza contro il suo addome e lo impollinano; presso i fiori della forma a stan- tuffo, il pronubo, premendo la" carena, determina da un foro api- cale della medesima la uscita del polline a modo di vermicelli; presso i i fiori della forma tricostila, il pronubo, sempre premendo . la carena, determina la uscita del polline mediante alcuni peli | opportunamente disposti sullo stilo, a modo di spazzola, 0 di ce- | stella o di pala. L'area d’impollinazione è ordinariamente ster- notriba; ma talvolta è pleurotriba, in quanto che il fiore è note- volmente eccentrico, e il pronubo s’ impollina, secondo le specie o il fianco destro o il sinistro. Questa singolare attitudine si ri- produce in tre generi, Phaseolus, Lathyrus, Polygala. adi a) Forma ordinaria. ‘ Anagyris, Baptisia, Chorizema, Robinia ecc., la maggior parte insomma dei generi delle Papilionacee così indigene che esotiche. Vessillo costituito dal petalo superiore. Carena formata dai due petali inferiori e da due petali laterali i fulcri. _ Collinsia bicolor, C. verna. In corolla gamopetala pentamera, due petali superiori formano il vessillo, due laterali le ale, l’in- . feriore, duplicato, colla sua duplicatura costituisce la carena. Polygala myrtifolia e molte altre specie affini. Due sepali su- periori molto ingranditi e acconciamente petalizzati costituiscono . il vessillo; il petalo inferiore grosso sviluppatissimo, conduplicato, costituisce le carena; il fulero è formato da una produzione ac- cessoria, ossia da un corpo fimbriato,.o ciuffo, aderente lateral- mente alla carena. I fiori sono eccentrici e l’area d’impollina- | zione è pleurotriba. Pelargonium rutaefolium. Altra sorprendente rifoliatàtia del tipo. I due petali superiori formano il vessillo; i tre petali infe- tiori connivendo congruamente tra loro formano le ale e la carena. Pavia rubra. In corolla tetrapetala i due petali superiori sono più sporgenti ed, hanno forma e funzione di vessillo; i due petali inferiori connivendo tra loro formano ale e carena ad un tempo. “888 Lit) piva 106191 DR; 1 TA TARNAO OR " Corydalis cava, -C. solida ed altro specie di. Cori ampliato è il vessillo; la carena è costituita da du terni; opposti, concavi, conniventi, nelle loro conerità suc dendo la provvigione pollinica e lo stimma. L’ apparece laterale, i fiori orizzontali. cà po Dielytra, Dicentra. Fiori pendoli; RREPERO bilaterale, con due entrate e due nettarii per fiore. Il resto come nelle succitate Corydalis. | reti ona i rr e ceto b) Forma a scatto. È pier | Genista pilosa, G. ovata, G. genuensis; e probabilmente tutte. le specie congeneri. Polline secco e volatile. Manca il miele. Fiori . designati ad apiarie pollinileghe. Cytisus canariensis, C. albus, ci Apo Ulex europeus, Come le precedenti specie. Spartium junceum, i lisagi) Sp. scoparium, ecc., Medicago, Probabilmente tutte le specie. Le Medicagini Indigofera, e le Indigofere hanno miele. I Desmodii ne Desmodium, '* mancano. -. Marantha bicolor, M. cannefolia, M. «ebrina, e probabilmente tutte le specie congeneri. Phrinium, Calathea. Probabilmente tutte le specie. | Thalia dealbata. Fiori gemini, sincronicamente fiorenti. Ep- però l’apparecchio è duplicato. In tutte le succitate Marantacee il polline è viscoso e il miele non manca giammai. Hyptis capitata, e forse altre specie del genere. Certo pros ‘ visto di miele, come presso tutte le Labiate. Schizanthus pinnatus, S. retusus, e probabilmente altre specie del genere. Appartenendo alle Scrofulariacee, non dovrebbero mancare di miele. vY Polygala mixta. Apparecchio provvisto di nettario. I fiori pa- pilionacei a scatto, non potendo essere visitati più di una volta, offrono un considerevole risparmio di visite, epperò grarde eco- & ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 329 | nomia di tempo, di forza, di numero per parte dei pronubi. Con ciò si distinguono assai dagli apparecchi delle altre tre forme, le quali, per esaurire la provvigione pollinica, esigono ‘un grande f- «numero; di visite, da cinque a dieci e più per fiore... & | Bi Î0y i : i c) Forma (0) stantuffo. à del. fiori. che presentano questa forma non mancano. giammai di è Milione. Appartengono tutti quanti alle Papilionacee,. ed ai ge- È ‘ meri nostrali Lotus, Bonjeania, Tetragonolobus, Hippocrepis, Co- ronilla, Securigera, Anthyllis, Lupinus, Ononis.. L'apparecchio «per altro in quest’ultimo genere è assai imperfetto, e costituisce — una transizione alla forma ordinaria. d) Forma: tricostila. I fiori di questa forma sono reperibili presso la triba delle Viciee e delle Faseolee. Sono sempre provvisti di miele e richie- dono di essere visitati molte volte dagli insetti. Phaseolus, quasi tutte le specie. Fiori eccentrici. Impollinazione .‘pleurotriba, ora a destra, ora a sinistra, secondo le specie. Peli a «spazzola. nella estremità di uno stilo elicoide, avvolto in un coi filamenti entro una carena in forma di manica contorta ad elica. Vicia sativa, V. sepium, V. Faba, ed altre, ma, non tutte le specie di Vicia. Peli efficienti una specie di pala estrorsa. _V. Cracca, ed altre specie. Peli disposti a pennacchio sulla sommità dello stilo. Pisum sativum: Presso a poco come la V. Cracca. _Orobus, tutte le specie. Stilo dilatato a cestella Fornita di peli, Iirolta al centro e segante l’asse florale. « Lathyrus pratensis ed altre specie. Come gli Orobus. «..L. silvestris, L. annuus. Fiori eccentrici. Area d’impollinazione pleurotriba. Cestella verticale estrorsa, fornita di peli, rivolta e parallela all’asse florale ., 3380 | ito FAO DELFINO, (0A 731240 1004 | dò cina E: TIPO PAPILIONACEO GIMNANDRO, — si atri RR Car. Orientazione dei fiori orizzontale o declinata. Dimensioni giammai grandissime. Stami e stili inclusi entro la espansione florale. Area d’impollinazione costantemente sternotriba. Il nèt- tario non manca mai. Oltre 'siffatti caratteri che questo tipo ‘ha in comune col precedente, si distingue da quello agevol- mente, perocchè gli stami e gli stili, coricati sui petali che for- mano il labbro inferiore (tavola d’appulso), non sono giammai avvolti dai medesimi nè celati alla vista. Insomma mancano af- fatto la carena e le ali. Ed anche il vessillo suol essere meno pronunziato, la funzione vessillare essendo ripartita fra tutti i petali. Ocymum basilicum. Labiata ad apparecchio invertito, mediante deflessione degli stami e degli stili al labbro inferiore, e me- diante localizzazione in alto della nèttaroconca. Due processi nèttarostegi, appendici dei filamenti. Movimento proterandrico di stami e stili. Prostanthera, tutte le specie. Apparecchio invertito come so- pra. Appendici delle antere in forma di bidenti e tridenti nello scopo di eccitare le antere per una più completa impollinazione sternotriba. Hemigenia, Plectranthus, Coleus, ed altri generi af- fini di Labiate, offrono analoghe disposizioni florali. Delphinium, Aconitum. Tutte le specie. Movimenti proteran- drici di stami e stilo. Uno o due speroni melliferi, incappucciati da un sepalo. Tropeolum majus. Come i Delphinium, ma lo sperone è nudo. Cuphea viscosa ed altre specie affini. Due petali dei superiori, ingranditi assai, si erigono in vessillo. Il fiore è tubuloso e gli stami sono dejetti verso la fauce del fiore. Così l’area d’impol- linazione è alquanto internata. Due staminodii vestiti di fitta peluria servono di appiglio e di fulcro ai pronubi. Aquilegia, tutte le specie. I fiori possono essere subordinati a questo tipo, considerandoli come apparecchi quinquelaterali. La bilaterale Dielytra sta alle Corydalis, come la quinquelate- O E NT e ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 331 rale Aquilegia sta ai Delphinium. Diventando multiplo l’apparec- chio è resa incongrua la orizzontalità dell’ asse florale. Quindi è che tanto i fiori di Dielytra quanto quelli di Aquilegia sono per- fettamente pendoli. 19. TIPO AMARILLIDEO 0 RODODENDRINO. - Car. Questo tipo è assai affine al precedente, ma ne differisce . perchè ha un’apertura florale grandissima. Differisce anche per le dimensioni fiorali che possono essere assai maggiori, nonchè per gli stami e gli stili che talvolta sono più o meno lungamente esserti ed esclusi dalla espansione florale, sebbene spesso siano pur essi inclusi. Il miele non manca mai; talvolta è abbondantissimo e allora accenna ad uccelli mellisugi. I colori sono variabili, per lo più ordinarii, talvolta splendidi. Gli odori scarseggiano. I fiori per lo più sono appariscenti, e talvolta ad accrescere la energia della funzione vessillare sono radunati in ombrelle o racemi flo- ribondi. Spesso gli stami e gli stili, in tempi diversi, ora deflessi, ora arcuati in su, eseguiscono movimenti proterandrici pronun- ‘ ziatissimi. : Le dimensioni sono variabilissime. Noi possiamo di- stinguerne quattro gradi: minime (Schistanthe), medie (Echium, Aesculus), grandi' (molti Rhododendron), massime (molte Ama- ryllis, Rhododendron Nuttalli). L’orientazione dell’asse fiorale è sempre orizzontale. Vista la grande apertura fiorale, i fiori di questo tipo possono essere vi- sitati da pronubi differentissimi, da apiarie, da uccelli mellisugi, da sfingi e da mosche. Ciò nullameno possiamo asserire che tutte quante le specie europee, aventi fiori di questo tipo e gran parte delle esotiche, sono melittofile quasi esclusivamente, l’ azione delle farfalle e delle mosche cadendo nell’insignificanza. Altre specie esotiche, massime quelle a fiori di maggiori dimensioni, sono forse in pari grado melittofile ed ornitofile; finalmente al- tre specie: esotiche offrenti dimensioni florali massime, colori ful- gidi e gran copia di ent sono senza dubbio preferentemente ornitofile. Questo tipo si riproduce in molte famiglie. Noi lo ricono- 333. i 0oF DELPINO,) (i ni scéemmo presso alcune specie di Ericacee, Amarillideo, R- callidee, Liliacee, Pontederiacee, Rutacee, Ippocastanee, Cappa- ridee, Leguminose, Scrofulariacee, Boraginee. È verisimile che si ritrovi in altre famiglie. ad ate Possiamo distinguere due forme, l’una a stami inclusi entro l'espansione florale, l’altra a stami esclusi. in *“ * .3% a) Forma a stami inclusi 0 poco esserti. Rhododendron arboreum. Dimensioni grandi; antere biporose. Granuli pollinici collegati da filamenti viscosi. Preferentemente melittofilo. La maggior parte delle specie di questo genere e del vicino genere Azalea hanno fiori ad apparecchio - consimile. Rh. ferrugineum. Dimensioni medie. Specie indubbiamente me- littofila, visitata preferentemente dai bombi. Rh. Nuttalli. Dimensioni massime. Stami e stilo arcuati dal basso in alto. Apertura dei fiori 6 cm.; lunghezza dell’asse flo- rale 8 cm.; fiori bianchi, campanulati, espansi, in ombrella ter- minale di 5 o 6 fiori. Un nettaropilo in alto. Funckia lancifolia ed altre specie. Dimensioni medie e grandi. Melittofile e sfingofile. Lilium longiflorum. Tubo florale assai lungo; apertura florale grande. Le grandi dimensioni, il soave e forte odore, il polline mobilissimo accennano all’azione pronuba di grosse sfingi. Po- tranno fors' anco concorrervi grosse apiarie. Hemerocallis coerulea. Dimensioni grandi. Fiori di color. ce- ruleo. Alstromeria peregrina, A. pulchra e forse altre specie. Dimen- sioni grandi. Fiori variegati, assai spiccanti; verisimilmente sono nel tempo stesso melittofili, ornitofili, sfingofili. In alto stanno due nettaropili formati da una convoluzione basale dei due pe- tali interni superiori. I Agapanthus umbellatus. Dimensioni medie. Fiori azzurri, riu- niti in grosse bellissime ombrelle. Specie melittofila e fors' anco nel tempo stesso ornitofila. Del Capo., Amaryllis formosissima. Dimensioni massime. Espansione flo- è VCI, E E I > Sp ULTERIORI OSSERVAZIONI É CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 333 rale massima. Fiori d’un colore rosso cupo splendidissimi. Nèt- | tare oltremodo copioso. Dell’ America meridionale. È una specie senza dubbio ornitofila. Am. vittata. Dimensioni massime. Corolla imbutiforme; ma a latissima espansione. Petali splendidi, vittati di rosso. Dell'’Amé- rica meridionale. Ornitofila senza dubbio. | ‘A. Reginae, A. equestris ed altre specie a fiori grossi splen- didi. Come le precedenti specie. Pontederia azurea. Fiori azzurri. Dimensioni medie. Preferen- temente melittofila. pet | | b) Forma a stami esclusi. Echium vulgare, E. italicum ed altre specie del genere. Di- mensioni medie. Due nettaropili in fondo all’imbuto corollino. Esclusivamente melittofila. L'azione delle farfalle, delle mosche, delle vespe che ne.visitano frequentemente i fiori, cade nell’in- significanza a petto dell’azione dei bombi e di altre apiatie. Stami non molto esserti. | Aesculus Hippocastanum. Dimensioni medie. Specie designata a bombi. Stami lungamente esserti dalla espansione florale. Dictamnus albus. Apparecchio florale simile a quello della precedente specie. Movimenti proterandrici assai distinti nell’an- droceo. Fiori designati ai bombi. ° Bauhinia forficata ed altre specie del genere. Dimensioni grandi. Tubo mellifero lungo 3 cm. 44. Esserzione degli stami all'infuori del tubo per la lunghezza di 4 cm. La lunghezza del tubo! mellifero, la copia del miele ivi raccolto pajonmi caratteri relativi all’azione di sfingi e di uccelli mellisugi. — Ambherstia nobilis. Fiori grandissimi, splendidissimi, adorni di colori psittacini e variegati. Tubo mellifero lungo quasi 4 cm. Esserzione dell’androceo considerevolissima. È dell'India. I carat- teri accennerebbero all’azione pronuba di uccelli mellisugi. I ge- ° neri affini Elisabetha, Palovea, Heterostemon, nativi dell’ Ame- rica tropicale, a fiori alquanto più piccoli ma pur fulgidissimi, sarebbero parimente ornitofili. ai 334 | F. DELPINO, ceri ee Sr Eucrosia bicolor. Amarillidea dell’ America del sud. Dimensioni | grandi. Stami e stilo oltremodo esserti (per ben 4 cm.), con pro- | nunziatissimi movimenti proterandrici. Ornitofila? LTS Capparis acuminata. Androceo essertissimo, complanato, as- sorgente. Corolla rotacea. Dimensioni medie. In «alto un cospi- cuo nettaropilo marginato da una macchia atropurpurea, assai. spiccante in fior bianco. I caratteri florali accennano a mesi tofilia. | | Schistanthe peduncularis. Androceo oculi Consi ro- tacea. Dimensioni minime. In alto due foveole mellifere, spiccanti per color giallo in fior miniato. Apparecchio di labiato conver- tito in papilionaceo mediante torsione del peduncolo. 20. TIPO MELASTOMACEO. Car. Poche ma ben recise sono le particolarità di questo tipo. Il miele manca assolutamente. Lo stimma è puntiforme. Gli stami in gran parte dejetti e allineati alla parte ififeriore del fiore sono incurvati verso l’alto. L'asse florale è orizzontale, la co- rolla rosacea o rotacea; amplissima pertanto è l'espansione. Le dimensioni sono piuttosto grandi. Le antere deiscono costante-- mente per uno o per due pori all'apice; spesso sono a soffietto. Il polline è liscio, asciutto e volatile in grado estremo. Per poco che si tocchino o si urtino le antere, il polline vola via tutto attorno. Quali sono i pronubi appropriati ai fiori di questo tipo ? Come si diportano nell’effettuarne la fecondazione? Noi non po- temmo fin qui sciogliere soddisfacentemente questi due quesiti. Eppure certamente è uno dei tipi meglio definiti, giacchè si ri- pete con tutti i suoi caratteri in ben quattro famiglie, cioè nelle Melastomacee, nelle Leguminose, nelle Solanacee, nelle Cappa- | ridee. I Devesi sopratutto por mente ai validi organi di appoggio e di : pp © wp PA fulcro ai pronubi che si veggono costantemente presenti nei fiori di questo singolar tipo. Tali fulcri ora sono staminodii abbre- viati, superiormente allineati e disposti; ora sono numerose fran- gie e fimbrie sviluppate dai connettivi; ora filamenti rigonfiati a ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 335 palloncino. Ciò, in via congetturale, porta a ravvicinare questo tipo agli apparecchi prensili, per esempio a quello della Dia- nella caerulea, ove egualmeute vedesi un rigonfiamento nei fila- «menti che senza dubbio ha la stessa funzione. Se questo ravvici- s namento è giusto, il tipo melastomaceo sarebbe esclusivamente ‘melittofilo. Melastomacee, presso un grande numero di generi e specie. Fiori per lo più assai grandi. Antere a soffietto, uniporose; gli | stami superiori spesso abortivi e degenerati in organi di fulcro pei pronubi. Solanum amazonicum. Antere biporose all'apice. Stami supe- riori sterili, abbreviati e metamorfizzati in fuleri. Cassia floribunda, chamaecrista, e molte altre specie. Antere biporose all’ apice. Alcuni stami superiori spesso abortiscono e degenerano in fulcri. Presso talune specie, alcuni filamenti si . rigonfiano in un palloncino, senza dubbio per apprestare un va- lido fulcro ai pronubi. Physostemon, tutte le specie. Organi florali disposti come nelle precedenti specie. Anche qui si ripete sorprendentemente il ri- | gonfiamento dei filamenti in un palloncino, come nei fiori di al- cune Cassie. 21. TIPO STRELITZINO. . Car. L'apertura e. le dimensioni dei fiori di questo tipo sono | grandissime. I due petali inferiori interni formano una scatola o guaîna longitudinale, che racchiude ermeticamente le antere e il polline. Lo stimma è escluso da siffatta guaìna. I fiori sono ercogami al più alto grado. Infatti se si vuole che nelle nostre serre i frutti maturino, devesi ricorrere alla impollinazione arti- ficiale. L’area d’impollinazione è sternotriba. La scatola pollini- lega non può essere aperta salvochè da pronubi di gran mole. ‘Il nèttare è abbondantissimo; i colori dei petali sono psittacini, fulgidissimi. Mancano affatto gli odori. Concorrono dunque tatti i caratteri della più decisa ed esclusiva ornitofilia. Strelitzia Reginae. C. DARWIN (ex litt.) ci scrive aver egli 08- a 336. F. DELPINO, — MIRINO servato al Capo di Buona tipi ove questa sui è St. augrista. Come la precedente specie, 0 “o ONT _ r = ® » CLASSE OTTAVA. «Dito said anti DI roc Vos LS Car. L’orientazione dell’asse’ florale può essere. si suberetta od eretta; giammai pendola. Variabilissima . può. essere la foòma dei fiori; possono essere regolari, irregolari; a stami e stimmi inclusi ed esclusi. Il carattere costante e principale sta. nella presenza di un tubo o di uno sperone mellifero assai lungo, talvolta lunghissimo e veramente prodigioso. Siffatto tubo o spe. rone è un eccellente mezzo di esclusione di molti pronubi, a tutto vantaggio di quei pochi che sono di gran lunga più attivi nel pro-— muovere la fecondazione dicogamica; vale a dire a tutto vantag= gio dei pronubi volitanti e in primo luogo delle, sfingi. Spesso detti tubi o speroni sono tanto sottili, che, non solo vengono, esclusi dalla visita florale i ditteri e coleotteri, ma eziandio gl’ime- notteri a lunga proboscide, e gli uccelli mellisugi, il’ cui becco, per quanto tenue, è sempre molte volte più grosso della esilissima tromba che hanno le farfalle notturne. Ma non solo qui l’adat- tamento a singolarissimi pronubi si consegue mediante la esilità del tubo o sperone mellifero, si effettua talvolta anche mercè una. progressiva lunghezza del tubo medesimo. Di mano in mano che. si allunga il tubo mellifero, di mano in mano decresce il nu- mero degli animalcoli che possono fruire del nèttare raccolto nol: fondo del tubo stesso. Un altro modo d’esclusione d’ogni altro pronubo eccetto le sfingi, scorgesi talvolta attuato nei tubi e speroni melliferi. Allu- diamo ai tubi che verso l'alto presentano una frattura ad angolo retto, e agli speroni che sono notevolmente curvilinei. Visibilmente la proboscide delle sfingi, potendosi piegare in qualunque modo, purchè non sia contrario alla direzione della spirale che è il suo - APPARECCHI SIFONOFORI E MACROSIFONI, = T E | > sone direttamente al i segretari della Aifigta — Peri Socj | quali desiderano avere i volumi degli anni anteriori a quello in ] | ominciato a far parte della Società, i prezzi sono ridotti alla tà, — I I volumi Ie I sono esauriti. Diso fi<21 MEMORIE si pubblicano in altrettanti. APIIOATI distinti. — ORARI i ha un prezzo ‘particolare, minore per i Socj che per L Società. HL prezzo totale di ciascun volume è la somma Memorie a lo |(APRERIEONA: _ i associazione, a ciascun ; Bah Asa ati, psi Atti $i nelle Memorie. Ml do Del Memoria che volesse avere un numero di copie maggiore & Esemplari Spa | 25 “80. .| 35 | 400. Mi di foglio & Farine). NES: AE ERRO e E 2 BI i Rea O a ON na ice . . |» 225|» 450] » 6—|-8— . . . ‘. Seduta del 26 luglio 1874... .. . INDICE. [MMS PRIVE Ata LL LA CAO ATI RA È ESSI r8) ONNOI NES: II DO TO I vi Ch 4 n, | e) SAID NC n VIETA ' I PIE RL OS Seduta del 31 maggio 1874. . . . . Seduta del 28 maggio 1874... . . toe Trevisan, Sylloge sporophytarum Italiae. | BeLnortI, Sopra due specie di pesci raccolti in in it di rante l’ inverno del I8T3>T4 1, Vanta «AA DELPINO, Ulteriori osservazioni e aida na Di sa cogamia nel regno vegetale (seguito) . ... . ja Ja ‘sid ti ca d; n SCIENZE NATURALE. x N sg 5 4 4 EIA a” x I c 4 "° i Fa sorcoLo IV. — ‘Foani 22 a 30. "£ di CON DUE TAVOLE. dee "da MILANO, COI TIPI DI GIUSEPPE BERNARDONI. I Dig: PERI e ITALIA: de | _‘’‘’‘’‘’‘—‘PRESSO LA % | PRESSO LA MILANO — ©MILANO A Palazzo del Museo Civico. Galleria De-Cristoforis, Via Manin, 2. 59-60. Marzo 187 5. PER L'ESTERO : vi SEGRETERIA DELLA SOCIETA’ | LIBRERIA DI ULRICO HOEPLI i; NAPOLI Via Roma, già Toledo, 224. i hu E si veda la RIE la compera degli ATTI e delle MEMO p P er T- - 8.° pagina di questa copertina. © DA 0”, PA % de . SUNTO DEI REGOLAMENTI DELLA SOCIETÀ. Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso degli sti IC relativi alle scienze naturali. na: | I Socj sono in numero illimitato, Satok e corrispondenti. ASSE I Soc) effettivi pagano it. L. 20 all’anno, in una sola volta, nel primo tri mestre dell’anno. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno quelì dimoranti nel Regno d’Italia), vi presentano le loro Memorie e Comunica zioni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. | A Socj corrispondenti si eleggono persone distinte nelle scienze da Il quali dimorino fuori d’Italia. — Possono diventare socj effettivi, quando s assoggettino alla tassa annua di lire venti. — Non sono invitati partico larmente alle sedute della Società, ma possono assistervi e presentarvi « farvi leggere delle Memorie o delle Comunicazioni. — Ricevono gratuita, mente gli Atti della Società. La proposizione per l’ ammissione d'un nuovo socio deve essere fatta ‘ firmata da tre socj effettivi. I Socj effettivi che non mandano la loro rinuncia pate tre mesì i prime, della fine dell’anno sociale (che termina col 81 dicembre) continuano ad es- sere tenuti per socj; se sono in ritardo nel pagamento della quota di ur anno, e, invitati, non lo compiono nel primo trimestre dell’anno successivo, cessano di fatto di appartenere alla Società, salvo a questa il far valere i suoi diritti per le quote non ancora pagate. i Le Comunicazioni, presentate nelle adunanze, possono essere stampa negli Atti o nelle Milioni della Società, per estratto o per esteso, secondo la loro estensione ed importanza. La cura delle pubblicazioni spetta alla «Presidenza. Agli Atti ed alle Memorie non si ponno unire tavole se non sono del formato degli Atti o delle Memorie stesse. Tutti i Socj possono approfittare dei libri della biblioteca sociale, pur- chè li domandino a qualcuno dei membri della Presidenza, rilasciandone regolare ricevuta. | 1 PRESIDENZA PEL 1875. | î Presidente, 74 STAT dottor EmiLio, direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Milano, via Monte No bol 36. | Vice-presidente, ViLLa ANTONIO. Milano, via Sala, 6. È SroPPANI sac. AntONIO, prof. di geologia nel Reale Istituto tecnico superiore in Mea via Palestro, 2. È SoRDELLI FeRpINANDO aggiunto al Museo di storia naturale ° di, Milano, via Monforte, 7. Cassiere, GARGANTINI-PIATTI GiusePPE, Milano, via del Senato, 14. Segretarj ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 337 naturale stato di riposo, non soffre ostacoli nè dalla frattura dei tubi nè dalla loro curvilineità. Ma lo stesso vantaggio non*hanno gli altri pronubi. Sta vero che la ligula delle apiarie e la lun- ghissima lingua degli uccelli mellisugi è dotata di grande pieghe- i volezza; ma non è punto pieghevole la loro base, cioè il becco, quanto agli uccelli mellisugi, e la guaina chitinizzata della ligula, quanto alle apiarie. Queste riflessioni fanno nascere spontanea, la congettura che gli apparecchi di cui si ragiona sono sfingofili o preferentemente od esclusivamente secondo i casi. Questa congettura è sempre più convalidata dagli odori forti e soavi, e meglio ancora dai fenomeni di nictanzia e nictosmia, che sono tanto frequenti fra le specie a fiori sifonofori. Noi rinunziamo a dar l’ elenco delle famiglie presso cui si tro- vano fiori sifonofori; tanto il numero ne è considerevole. Ben si può asserire che tra le fanerogame non vi ha nessuna famiglia, la quale sia di qualche importanza (eccetto ben inteso le famiglie anemofile), la quale non presenti qualche specie a fiori macrosi- foni. Siffatti fiori non mancano alla Flora europea; per altro sono | rarissimi; di mano in mano che si avanza verso i tropici essi cre- | scono in numero. Non è difficile il riconoscere alcuni centri geo- | grafici principali per questi fiori, vuoi sotto l’aspetto della frequenza . delle specie sifonofore, vuoi sotto quello della prodigiosa lunghezza | dei sifoni melliferi. Detti centri sono Sierra Leone, Madagascar, il Capo di Buona Speranza, la Guiana. Ciò indica che in quelle | regioni debbono gGSistere molte specie di sfingi, alcune delle quali hanno ad essere munite di una meravigliosa proboscide lunga ‘| almeno due decimetri. In siffatti apparecchi si possono considerare . due tipi, il sifonopetalo e il sifonanto. Nel tipo sifonopetalo il reci- : piente mellifero è costituito da un calcare o sperone prodotto da un petalo o da un sepalo; nel tipo sifonanto la corolla stessa o il calice tubuloso e più o men lungo è ciò che forma il tubo mel- . lifero. » Vol, XVII, : 22 338 F. DELPINO, , 22. TIPO SIFONOPETALO. Car. Questo tipo è sfingofilo per eccellenza; quindi trae seco tutti i caratteri florali che sono proprii della più pronunziata sfin- gofilia, vale a dire odori fortissimi, colori bianchi o gialli, una decisa tendenza alla nictanzia e alla nictosmia. Inoltre il calcare mellifero vien fuori dal petalo inferiore, ed ‘è costantemente pen- dolo, talvolta curvilineo, tal’ altra rettilineo. Il maggior contin- gente delle specie sifonopetale è dato dalla famiglia delle Orchidee. Gymmnadenia conopsea. Europa. Calcare mellifero non molto lungo, ma tanto esile da escludere ogni altro pronubo, eccetto’ le farfalle. I fiori odorano fortemente, massime di notte. C. DARWIN nota fra i pronubi quattro specie di farfalle notturne (Plusia chrysites, Plusia gamma, Anaitis plagiata, Triphaena pronuba). La parte impollinata è la proboscide. Gymnadenia albida. Europa. Presso a poco come la precedente specie. Linaria chalepensis. Europa. L’esilità e maggiore lunghezza del tubo mellifero, il color bianchissimo dei fiori, una grande ana- logia coi fiori di Gymnadenia, indurrebbe la congettura che questa specie sia preferentemente sfingofila, a differenza delle altre con- generi che sono melittofile. La parte impollinata dovrebbe essere il capo. Anacamptis pyramidalis. Europa. Lo sperone assai breve ma esilissimo accenna a pronube le farfalle. E infatti, C. DARWIN enumera 23 specie di farfalle, alla cui proboscide trovò affisse masse polliniche di Anacamptis. La maggior parte di dette far- falle sono notturne. La parte impollinata è la proboscide. Platanthera bifolia. Europa. I fiori odorano fortemente di notte. Lo sperone, esilissimo, è più lungo che nelle precedenti specie. Esclusivamente sfingofila. La parte impollinata dovrebbe essere la fronte o il vertice del capo. PI. chlorantha. Europa. Ha tutti i caratteri della precedente . specie, salvochè lo sperone è assai più lungo, cioè non meno di 2 centimetri. Adunque per questa specie le farfalle notturne a ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 339 . breve proboscide non sono più adatte. Occorre l’ azione della > mnino Elpenor, S. Euphorbiae e simili grosse sfingi ba parte | che s'impollina verisimilmente è ‘il capo. __ Angraccum sesquipedale. Di Madagascar. DARWIN misurò lo | sperone di questa specie e lo trovò della lunghezza di 10-11 pol- . lici (23 centimetri circa). Il livello del nèttare si alzava per circa _ 3 centimetri. Angraecum caudatum. Di Sierra Leone. ‘Sparone lungo circa 24 centimetri. Habenaria longicauda. Della Gujana. Sperone esilissimo, lungo circa 25 centimetri, pendolo, ricurvo fortemente alla sua estremi- “n Î tà. La nostrale Platanthera chlorantha è sfingofila esclusiva non meno di questa e delle due precedenti specie. Ma quale differenza in lunghezza tra il suo sperone, lungo ‘appena 2 centimetri, e lo sperone dei citati Angraecum e Habenaria lungo dieci volte tanto! A tal differenza certo deve corrispondere una proporzionale diffe- renza in lunghezza nella proboscide dei rispettivi pronubi. Habenaria macroceras. Della Gujana e delle Antille. Sperone | esilissimo e lungo più di un decimetro. H. gigantea. Di Bombay. Sperone ricurvo della lunghezza di un decimetro. Fragranza deliziosa nei fiori. HH. procera. Di Sierra Leone. Sperone lungo circa» un deci- ° metro.. Angraecum apiculatum. Sperone sottile, lungo 4 centimetri. _ Limodorum falcatum. Del Giappone e della China. Lo sperone — dei fiori, oltre essere assai lungo, è anche falcatissimo, per cui non è penetrabile se non che da una tromba assai flessibile, com’ è . quella delle Sfingi. Impatiens scapiflora, e qualche altra specie congenere. Lo spe- | rone verticale pendolo, oltre essere assai esile, è lungo ben otto centimetri; locchè pone in sicuro questa specie essere sfingofila, cosa tanto più notevole in quanto che la maggior parte delle bal- | samine sono senza dubbio esclusivamente melittofile. Pelargonium nocturnum. Colori tristi. I fiori odorano soltanto di notte. Lo sperone, esile assai, è lungo 3 centimetri 54; ca- ratteri tutti che accennano a una esclusiva sfingofilia. 40 LA) °F. DELPINO, Pelargonium lobatum. Ha tutti i caratteri sfingofili G cedente Specie. Tutti i pelargonii a lungo tubo mellife Po ere dover essere annoverati tra le piante sfingofile. È. vero sendo le antere esserte, i fiori potrebbero in via subalteri sere fecondati da pronubi collettori e mangiatori di polline ( rie e mosche). g; +0 Finalmente fra le piante a lunghi condotti melliferi, esel gi mente sfingofile, dovrebbero essere registrate parecchie specie di gigli, Lilium croceum, Lilium martagon, ecc. Ma siccome ciascuno | È de’ sei petali è solcato da un tubo mellifero, così l'apparecchio è va | sexlaterale, e noi ne faremo menzione tra gli apparecchi circum- volatorii. i 23. TIPO SIFONANTO. ei Car. Anche questo tipo si deve ritenere per sfingofilo, massime nelle forme che hanno esilissimo il tubo mellifero. Ma siccome alcune specie, i cui tubi corollini, non tanto lunghi, sono al- quanto larghi, può darsi che alle sfingi si associno apiarie a lun- © ghissima proboscide e uccelli mellisugi. La lunghezza del tubo co- rollino è estremamente varia secondo le diverse specie; e quelle che si distinguono per avere un tubo eguale in lunghezza ai ma- ravigliosi speroni di Angraecum e Habenaria, sono significante- mente native delle stesse località. Locchè viene a confermare do- vere in dette regioni esistere sfingi aventi una proboscide lunga circa un palmo. Poche sono le specie sifonante della flora euro- pea; moltissime e appartenenti ad un numero grande di famiglie sono le specie sifonante esotiche. Saponaria officinalis. Dell’ Europa. Odora fortemente, massime di notte. Il tubo florale è costituito dal calice ed è lungo circa due centimetri. Fecondabile dalle sfingi nostrali, anche da quelle a men lunga proboscide. E. MiiLLER fra i pronubi di questa spe- cie osservò la Sphina ligustri. | + 4203) Lychmis vespertina. Dell’ Europa. Inodora. Ha un tubo più. breve della precedente specie. Non ostante è ancora preferente- mente sfingofila. I suoi fiori, come osservò più volte E. MuLLER, sono visitati dalla Sphina Porcellus. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 8341 . Lychmis diurna. Dell Europa. Ha il tubo florale un poco più corto della precedente specie; i suoi fiori sono inoltre tinti in un bel rosso. Meno sfingofila della precedente specie, la vidi più volte visitata promiscuamente da grosse apiarie e da sfingi. __ Lomicera Caprifolium. L'odore veemente dei fiori, la lunghezza . di circa 3 centimetri e l’angustia del tubo corollino, ci avver- . tono che si tratta d’una specie sfingofila. E MiLLER cita molte | specie di sfingi nostrane che ne visitano i fiori. Dell’ Europa. Lonicera Periclymenum. Dell’ Europa. Sfingofila pure come la precedente, se non che avendo un tubo florale più corto, può es- sere ed è con frutto visitata anche da apiarie a lunga probosci- . de; locchè venne constatato da E. MiiLreR in Vesfalia, e indipen- dentemente da noi a Firenze. Lonicera sempervirens. Della Carolina. Il tipo florale è identico . a quello delle precedenti. Adunque è una specie sfingofila. In via subalterna potrà essere visitata anche dai trochili. Lonicera longiflora. Il tubo florale è lungo ben sette centi- metri. Pancratium maritimum. È la regina delle specie sfingofile eu- ropee. Il fiore è bianchissimo, odorosissimo, tubuloso-imbutiforme; «la parte tubulosa è lunga oltre cinque centimetri; la parte im- butiforme ha eguale lunghezza. La sola Sphina convolvuli in Eu- Topa è l’insetto che ha una proboscide abbastanza lunga per prenderne il miele: È pertanto l’unico pronubo appropriato; e in- fatti, facendo un mazzetto di tai fiori nelle ore vespertine; si è seguitati da numerosa caterva di dette sfingi per oltre mezzo mi- glio, con spettacolo assai curioso (osservazione fatta da noi nella | Liguria orientale). | Pancratium illyricum. D’ Europa. Sfingofila allo stesso titolo della precedente specie; ma il tubo florale è più angusto. L’ u- à nico pronubo appropriato dovrebbe essere la Sphina convolvuli. | Watsonia rosco-alba. Iridea del Capo. Tubo fiorale lungo circa 6 centimetri, fratto ad angolo retto verso la sommità. Questa 2a . . . . . . . = frattura dev’ essere un mezzo di eliminazione di molti pronubi a tutto favore delle sfingi. 342 F. DELPINO, Ruellia lilacina. Acantacea. Il tubo florale è fratto. come adi ha precedente specie. ; e Clerodendron capitatum. Di Sierra Leone. Tubo angusto, Fargo ben 10 centimetri, fratto nella parte superiore. Essendo questa una tra le specie sfingofile più decise, meglio rilevasi qui la fun- | zione della frattura anzidetta. x Massonia ensifolia. Liliacea del Capo. Tubo breve ma esilis simo; dunque sfingofila. Gad tristis. Del Capo. Tubo fiorale lungo 5 e, Antere e stimmi alla fauce del tubo. Fragrantissimo di sera e di | notte; inodoro di giorno. È una specie sfingofila allo stesso titolo del Pelargonium triste. Gladiolus cuspidatus. Del Capo. Tubo angusto tu otto cen- timetri. Gladiolus carneus. Del Capo. Il tubo è ancora più sottile. Gladiolus angustus. Del Capo. Tubo angustissimo, lungo circa un decimetro. Babiana tubiflora. Del Capo. Tubo lungo un decimetro. Ixia longiflora. Del Capo. Tubo lungo 7 centimetri circa, an- gustissimo,-a orifizio assai stretto. Tritonia longiflora. Del Capo. Tubo lungo circa un de Erinus lychnidea. Rinantacea del Capo. Il tubo è lungo 4 cen- timetri. Colori tristi. Odore fragrantissimo notturno. Memora- bile esempio di mimismo per sfingofilia; giacchè i fiori di questa specie nei caratteri sfingofili imitano sorprendentemente quelli dei compaesani Pelargonium triste e Gladiolus tristis. — Globba ophioglossa. Tubo esilissimo, lungo 8 centimetri. An- tere e stimmi esserti per 5 centimetri. In tutto distanza di 13 centimetri dall’area d’impollinazione al nettario. Altre due zin- giberacee, il Gastrochilus longiflorus, a tubo lungo 5 centimetri e la Kaempferia elegans a tubo lungo 6 centimetri, devono essere pure sfingofile. Isotoma longiflora. Lobeliacea dell'America tropicale. Tubo. an- gustissimo, eretto, lungo un decimetro. Fiori bianchi, odorosissi- mi. Vidi viva questa pianta nella sua regione naturale, e ho ri- levato i caratteri della più pura ed esclusiva sfingofilia. Ca . decimetro. Antere e stimmi esserti ancora per tre centimetri; è î ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 343 Sanseviera longiflora. È la regina delle piante macrosifoni, non er la lunghezza dei tubi melliferi non superiore a 11 centimetri, a per il numero dei fiori nelle infiorescenze, e conseguentemente pel copiosissimo pascolo melleo imbandito alle sfingi. Ogni scapo è terminato da una spiga densiflora Rosponta da 150 a 200 di siffatti fiori. : Clerodendron hastatum. Delle Indie. Tubo esilissimo, lungo un fragrantissimo. Nierembergia calycina. Solanacea dell’ Uruguay. Tubo ascen- | dente, eretto, esilissimo, lungo otto centimetri. 4“ è Quisqualis indica. Combretacea a tubo gracile, lungo 4 centi- — metri e mezzo. Callithauma lori. È un narcisso a tubo lungo 6 cen- timetri, verisimilmente sfingofilo. Brunfelsia undulata. Della Giamaica. Tubo lungo circa 9 cen- timetri, verisimilmente sfingofilo. Hedychium, più specie. Tubo angusto lungo circa 3 centimetri. . Antere e stimmi lungamente esserti. Sfingofile, poichè osservai squame lepidotterine deposte nel vischio stimmatico: Crinum e Pancratium. Tutte le specie sono sfingofile, adattate a sfingi diverse secondo la diversità dei luoghi, e secondo la di- versa lunghezza dei tubi. I fiori per lo più sono bianchi, fragran- tissimi. | Crinum strictum. Di Ceylan. Tubo verdastro, lungo un deci- metro. Antere e stimmi esserti per 4 centimetri. In tutto 14 cen- timetri di distanza tra l’area d’ impollinazione e tra il nettario. Crinum (asiaticum?). Lo vidi coltivato nell’ orto botanico a . Boboli. Lunghezza del tubo mellifero circa 12 centimetri. Esser- | zione degli stami 7 centimetri. Area d’impollinazione larga in diametro 7 centimetri distante dal nettario circa 17 centimetri. Notai la presenza di squame lepidotterine nel vischio stimmatico. Il pronubo naturale di questa pianta dovrebbe avere una probo- scide lunga almeno 16 centimetri. Crinum americanum. Tubo fiorale grosso, lungo 15 centimetri. + 344 tABOOT TIVA F. DELFINO; Crinum onsifalium Delle Indie. Tubo foralo Tung l’azione pronuba di alii dotate d’una proble un piede. -12000) Pancratium rotatum. Tubo angusto, lungo un decimetr Pancratium guyanense. Tubo diritto, lungo 14 centimetr | minante in breve sigla? alla sommità. Stami. e stilo assai e sserti e distanti. dii Pancratium pedale. Di Truxillo. Tubo lungo circa 16 ntime tri. Antere e stimmi esserti circa 9 centimetri. Area d° impolli- nazione distante dal nettario per circa 25 centimetri. Così il pro- nubo appropriato deve avere una proboscide non minore di 20 centimetri. > Isc] Pancratium, una specie coltivata nell’ orto botanico a Boboli sotto il nome di speciosum. Il tubo mellifero perfettamente cilin- drico; piuttosto angusto, lungo circa 11 centimetri, terminava in un breve imbuto monadelfico lungo 3 centimetri. Gli stami, un | poco divergenti, erano ancora esserti per oltre 5 centimetri. Così l'area d’impollinazione distava dal nettario ben 19 centimetri. Al pronubo dccorre una proboscide lunga almeno 16 centimetri. | Il colore del fiore è bianco; l'odore soavissimo. Trovai squame lepidotterine abbondantissime lasciate nel vischio stimmatico ve- risimilmente dalla Sphinx convolvuli, o da altre sfingi che aveano tentato invano di suggere il miele. Plumeria, diverse specie. Sebbene il tubo mellifero sia piutto- sto breve, queste apocinee devono essere sfingofile, come sì de- sume dalla estrema fragranza dei fiori e dall’ angustia del tubo. Vidi una Xylocopa violacea, la quale non potendo far pervenire |. la proboscide fino al miele in via legittima, forava colle mandi- bole il tubo mellifero verso la base. Gardenia pannea. Dell America del Sud. Corolla ipocrateri- morfa gialla. Tubo angusto, lungo 7-8 centimetri. Posoqueria versicolor. Tubo lungo 8 e più centimetri. Gardenia thunbergia. Del Capo. Corolla: a lembo latteo, fra- grantissima. Tubo grosso, lungo quasi un decimetro. ‘ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 345 | | Gardenia stanleyana. Di Sierra Leone. Gran corolla col tubo lineare, lungo circa 12 centimetri, colla fauce ad imbuto. | Ezostemma longiflorum. Della Guiana. Tubo angusto, lungo 12 centimetri. Oxyanthus tubiflorus. Di Sierra Leone. Corolla a lembo stel- lato, giallo, a tubo lunghissimo, non minore di 12 centimetri. Randia Bowicana. Del Brasile. Fiori gialli. Tubo lungo più di 12 centimetri, terminato in un imbuto alla sommità. Hillia longiflora. Dell’ America tropicale. Tubo ‘incurvo, con ‘orifizio stretto, lungo 13 centimetri. _ Oxyanthus speciosus: Di Sierra Leone. Tubo angusto, lungo ben 16 centimetri, perfettamente cilindrico. Il pronubo naturale di questa specie deve avere una tromba lunga non meno di 15 centimetri. — Portlandia grandiflora. Il tubo florale è ancora più lungo della precedente specie; raggiunge due decimetri; per altro termina ad ‘imbuto, con fauce larga 3 centimetri; per cui il capo del pronubo | può internarsi alquanto nella espansione fiorale. i Loranthus macranthus. Delle Ande di Quito. HooKER (testo alle Icones plantarum, vol. VISI, tab. 743) ascrive al tubo mellifero la lunghezza di-12 pollici, ossia di circa 24 centimetri. Questa Specie porge così uno dei più spettabili esempi di macrosifanzia. — Mirabilis Jalapa. Il tubo non è molto lungo, raggiungendo sol- «tanto 4 centimetri; ma si apre di sera, odora di notte tempo e si chiude al mattino. Così questa specie è sfingofila. Vidi verso sera mumerosi individui di Xylocopa violacea carpire con frode il miele, forando in basso il tubo mellifero. 4 Apa Bona nox. Dell’ America tropicale. Apre pure i suoi. fiori di sera. Il tubo è lunghissimo. | Nicotiaha noctiflora. Delle Ande. Verso sera ifiori si espandono ‘ed emettono una potente fragranza. Il tubo per altro è assai bre- ve, non superando la misura di 3 centimetri. __Mcotiana persica. Forse anche questa specie è sfingofila, al- meno preferentemente: Infatti di essa LinpLEY dice (nel testo a "tav. 1529 del Bot. Reg.): “ exhaling a faint but pleasant odour 346 F. DELEENO, d uu tubo è lungo 4 centimetri. I colori sono giallastri. Oenothera. Quasi tutte le specie di questo genere, qual più q meno, sono un bellissimo esempio di sfingofilia. I loro. fiori. aprono di sera e odorano potentemente di notte tempo. Il tubo mellifero varia in lunghezza secondo le diverse specie. Oenothera anomala. Dell’ America del Sud. Il tubo mellifero non oltrepassa in lunghezza 4 centimetri e i/,. Non ostante porge un bellissimo esempio di esclusiva sfingofilia, perchè detto tubo è oltremodo esile, e perchè i fiori si aprono molto più tardi delle specie congeneri, propriamente sul far della notte, chiudendosi prima dell'aurora. Oenothera missuriensis. Dell’America del Nord. Tubo esile, lungo 7 centimetri 1/,. Ocnothera caespitosa. Della Luigiana. Si apre di sera e manda un buon odore. Ha il tubo più lungo della precedente (8 centi- metri). ‘ - Oenothera longiflora, di Buenos-Ayres. Si apre di sera, e fra le congeneri è quella che ha il tubo più lungo (9 centimetri e 1/4). Il presente elenco non deve essere considerato come una enu- merazione completa delle specie sifonante. Non vi ha dubbio che a seguito di ulteriori ricerche il numero di siffatte piante potrà essere agevolmente decuplato. CLASSE NONA. APPARECCHI CIRCUMVOLATORII. Car. Sono designati esclusivamente a pronubi volitanti, non posantisi; cioè ad uccelli mellisugi o a sfingi. Il diportamento di detti pronubi consiste nel volare attorno ad ogni singolo fiore, se si tratta di apparecchio. semplice, oppure attorno ad una in- | fiorescenza se si tratta d’ apparecchio composto. Così volando, s’ impollinano la regione dorsale in alcuni tipi, la regione sternale ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 347 in altri. Il miele non manca giammai e spesso è prodotto in gran A pia, massimamente presso i tipi ornitofili. L’area d’impollina- zione è costantemente parallela all’ area di circumvolazione; le sovrasta quando è nototriba; le sottostà quando è sternotriba. Neanco fa difetto giammai un certo lusso di colori; spettabilissimi e spesso fulgenti nei tipi ornitofili, meno spettabili, spesso calen- È lacei nei fiori sfingofili. In cosifatti apparecchi distinguiamo cinque 24. TIPO METONICEO. i Car. Apparecchio semplice, sexlaterale. Fiori grossi, regolari, o ad asse geotropico, resi rigidamente inversi per frangimento del peduncolo. Area d’ impollinazione e di circumvolazione annulare, parallela alla espansione florale. Stami lunghi, arcuati, protesi orizzontalmente. Stilo di eguale lunghezza, fratto alla base e pro- teso orizzontalmente, in direzione assifuga. Antere girevoli; pol- line grosso, abbondante, mobilissimo, attaccaticcio. Colori calen- dolacei o rossi. Odori spesso fragranti e notturni. L’ area d’ im- pollinazione è sternotriba. L’ esca è riposta in alto in sei tasche i o in sei tubi verso la base dei petali. Le specie sono esclusiva- mente sfingofile. | Methonica superba. L’ apparecchio già descrivemmo altrove | (Apparecchi di fecond. nelle piante antocarpee, 1867, pag. 23- | 24). Ma era erronea la supposizione nostra che pronubi fossero imenotteri di grande statura. Una ulteriore e più approfondita ‘pratica degli apparecchi dicogamici, e la estrema analogia dei È fiori di Methonica con quelli della seguente specie, c’ indusse la | sicurezza che detti fiori sono esclusivamente sfingofili. Lilium martagon. Sorprendente ripetizione dell’ apparecchio di Methonica. I fiori sono inversi e con una inversione tanto ben da permettere che le sfingi possano volitare tutto attorno ai me- | desimi fiori. Ciascun petalo è opportunamente revoluto, ed offre 348 (NP. DIERPINO ib 1S01N OTO dal mezzo fino alla base, ove si trova il nèttare, un car buloso, in cui non può certamente penetrare altra. se non quella delle sfingi. Niuna specie di mosca o di meno delle nostrali, è valevole a carpire il miele, e so essere ciò fatto da quelle sfingi che hanno una proboscic nore di due centimetri. L° odore assai veemente, DAS è affatto simile a quello dei fiori di Gymnadenia conop sea pianta esclusivamente sfingofila. Il colore è cl i assai adatto per accogliere luce in tempo di sera inoltrata 0 d notte. ì; Ca più I fiori di questa specie che formino senz'altro il nia blog mirabile apparecchio sfingofilo della Flora europea, meritanò di essere presi in attenta considerazione, non solo per penetrarsi di meraviglia nel constatare i molteplici loro adattamenti e rapporti colle sfingi, ma eziandio per rettificare alcuni erronei giudizii i cui si potrebbe facilmente incorrere. Noi, a Vallombrosa, vedemme questi fiori visitati con una certa frequenza da un grosso sl (Chrysotorum fasciolatum o specie affine), il quale ne mangiave il polline. Può darsi che per caso questi ditteri effettuino qualche impollinazione eteroclina, ma verserebbe in grave errore colui che . riponesse questo giglio fra le piante macromiofile. Deve invece ri tenersi per esclusivamente sfingofilo; giacchè tutti i caratteri flo: rali si riferiscono alla visita delle sfingi e non a quella di sche, la quale è un’ accidentalità senza significato. Mentre un sola sfinge, col suo rapidissimo volo, basta in una mezz'ora è visitare e fecondare una gran quantità di siffatti fiori, cosa può fare in confronto anche una, ventina di dette md sche? E a che servono gl’innumerevoli e complicati caratteri dei nettarii, della orientazione dei fiori e delle loro parti, del ll struttura dei canali melliferi, della inflessione orizzontale deg stami e dello stilo, della revoluzione dei petali, della versatilit delle antere, della mobilità del polline, se non esclusivamente a fingi? Ciò deve metterci.in avvertenza di non'numerare sempli cemente le visite dei diversi insetti, ma sovratutto di pesarne | efficacia, in confronto dei dettagli della struttura florale. | È — ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 349 [ I fiot di questa specie interessantissima a Vallombrosa sono ti da una sfinge che ai caratteri mi parve la S. euphorbiae, fiiale: appunto possiede una tromba abbastanza lunga, cioè di a 23 millimetri. È bello il constatare quanto polline si attac- hi alla parte sternale del pronubo. Cosi pure esaminando al mi- ; ro scopio una quantità di stimmi maturi rinvenni sempre invischia- | to nel vischio stimmatico un maggiore o minor numero di squame lepidotterine. Il Lilium chalcedonicum e probabilmente ogni al- | tra specie di gigli a fiori inversi, offrire dovrebbero un apparec- 7 ch to) identico. Forse qui va registrato anche l'_Erythronium Dens | pr ma non possiamo asserire ciò definitivamente do non aver fin qui esaminato individui viventi, £ 25. TIPO STENOCARPOIDE. LI | | Car. L'apparecchio è costantemente multilaterale. Ora è sem- ‘plice e costituito da singoli fiori; ora è composto da larghe om- brelle. Le ombrelle sono costantemente geotropiche e inverse, sia un’ originaria inversione del ramo fiorifero (Marcgravia), sia per un subitaneo rigido infrangimento del peduncolo generale tenocarpus). Quando l’apparecchio è semplice, allora i fiori sono . ‘costantemente e rigidamente eretti. In ogni caso l’area di cir- IC mvolazione è annulare come pure lo è l’area di impollina- i zione. Mentre nel tipo precedente la regione dell’esca sovra- î tava (geometricamente) all’ area d’impollinazione, qui invece ccadde l’ opposto; così quest’ area è nototriba. I colori sono vi- È aci e il miele assai copioso. Questo tipo verisimilmente è esclu- sivamente ornitofilo e manca totalmente alla Flora europea. | Stenocarpus Cumninghami. Per avere una adeguata idea del- l’insigne e splendido apparecchio di questa proteacea, conviene | consultare la tavola 4263 del Bot. Mag. Le sue infiorescenze sono a a latissima ombrella composta. Il peduncolo delle ombrellette si È rompe all’ apice e si inflette rigidamente abbasso, formando così una corona di fiori capovolti. Ogni ombrelletta costituisce un ap- n distinto. In ogni fiore per tal maniera capovolto, il po- | Ì | Ria 350 F. DELPINO, orizzontalmente; la corolla, superiormente scissa, ‘dalla ‘ vai podocarpio si protende orizzontalmente; così in ogni dei si produce uno spazio annulare circumvolatorio. I punti d’ i impola linazione (breve areola circumstigmatica in cui prima dell’antesi viene deposto tutto il polline), formano in complesso un’area d’impollinazione annulare, sovrapposta allo spazio circumvolato=. rio. Alla base di ogni podocarpio è situata una grossa glandola mellifera; così la regione dell'esca è sottoposta all’area d’ impol- linazione la quale per ciò viene ad essere nototriba. I colori delle ombrelle sono d’ un rosso vivace. Tutti questi caratteri concor- ‘rono a fare di siffatte infiorescenze, uno fra i più magnifici ap-' parecchi per pronubi volitanti, i quali congetturalmente sono ue-. celli mellisugi. i Marcgravia, tutte le specie, 6-in prima linea quelle della no- stra sezione Plagiothalamium. Le ombrelle capovolte per origina- ria direzione geotropa del ramicello fiorente. protendono oriz-. zontalmente i loro raggi fertili; ma i raggi centrali, sterili, sono geotropi, e fissano al centro cinque o sei urne mellifere. L’ area d’ impollinazione è per tal modo annulare e sovrastante alla re-. . gione dell’ esca. Così i pronubi, che congetturalmente sono tro» chili, volando attorno a dette anfore s° impollinana il dorso. . Passiflora princeps. Ogni fiore, del resto di assai grandi dimen- sioni, costituisce un distinto apparecchio. Il podocarpio lunghis-. simo in fiore eretto eleva pure gli stami, i quali si protendono orizzontalmente e costituiscono un’ area d’ impollinazione elevata: e superiore d’ assai alla regione mellifera, che è una grande ca- mera sottoposta ad altre camere non mellifere. Fra la espansione. florale (rotacea) e l’area d’impollinazione intercorre un grande spazio circumvolatorio. I colori sono d’un brillante puniceo. Tutti i caratteri accennano all’azione pronuba dei trochili. $ 26. TIPO CROCOLIRIOIDE. Lilium croceum. L'apparecchio è semplice. I fiori sono grossi, campanulati, regolari, ad espansione assai lata, rigidamente eretti, | = Fei at È i sa 4 HE Pec TR IT PET LI pen O e tt it ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 351 Ciascuno de’ sei petali internamente, dal mezzo fino alla base, è solcato da un Iungo canaletto tubuloso che adduce ad un netta- rio; così l'apparecchio è sexlaterale. Le antere e gli stimmi presso a poco allo stesso livello, s'alzano un poco al di sopra della espan- sione florale. Così l’area d’impollinazione parallela alla espansione | stessa, superiore alla regione dell’esca, anzichè annulare come nei . tipi precedenti è centrica. Del resto è sternotriba e sottostà al-- l’area di supervolazione. Le antere sono girevoli; il polline mo- bilissimo; 1’ odore, leggiero di giorno, pare che alla sera si pro- nunzii. Il colore calendolaceo dei larghi petali bene riluce nelle serate estive. La specie è esclusivamente sfingofila, e occorre al pronubo una tromba non minore di due centimetri. Esaminando stimmi vecchi indefettibilmente ritrovai squame lepidotterine ag- glutinate nel vischio stimmatico. 27. TIPO PROTEACEO. Car. L’apparecchio è composto. I flosculi tubulosi, spesso lun- ghissimi, sono raccolti in grosse infiorescenze a calatidi o a ca- polini eretti. La lunghezza dei tubi melliferi .escluder deve le ‘apiarie. I colori che sono sovente splendidissimi e il miele copioso' accennano ad uccelli mellisugi. Laonde questo tipo è a ritenersi ornitofilo, se non esclusivamente, almeno preferentemente. L’ a- rea’ di circumvolazione, piana o convessa, è centrica; sovrasta all’ area d’ impollinazione, ed entrambe sono parallele all’ espan- sione delle calatidi. Questo tipo somiglia estremamente al tipo dei fiori di Cynara e di Cardus. Ma questi sono melittofili, sia perchè non sono in Europa uccelli mellisugi, sia per la brevità dei tubi melliferi. Protea mellifera. Del Capo. Calatide assai grossa; involucro co- lorato e brillante. Questa ed altre specie vicine stillano dalle loro infiorescenze un miele tanto abbondante da poter essere ricercato e raccolto come alimento. Questa copia di miele esclude l’azione pronuba d'ogni altro animale, salvo quella delle nettarinie, le quali, anche giusta relazioni di parecchi viaggiatori, visitano con grande avidità le infiorescenze delle Protee. gno SU DELPINO, i pueudadendron IRE nat. Le ultime due specie. AUcHa l’ re adr © ria i rosso, coccineo 0 sanguigno. Del Capo. ti Protea longiflora. Le sue calatidi somigliano sa Cynara, e ciò che è singolare venne imitata anche la si delle antere. Ma mentre i tubi nella Cynara sono assai brevi . raggiungono l’ enorme lunghezza di oltre un decimetro, pe — bili appena dalla lingua delle nettarinie e delle sfingi. Del. 0: Do. Hacemanthus. Parecchie specie hanno calatidi a lunghi flose culi, assai fulgide. Del Capo. 3 VA Embothrium speciosissimum. Dell’ Australia. Non si possono, | imaginare infiorescenze più fulgide dei grossi capolini di questa | specie. Oltre questo carattere eminentemente ornitofilo, abbiamo anche una enorme produzione mellea, la quale, giusta quanto ri- i ferisce Sims, dagli abitanti della Nuova Galles del Sud viene ricer- cata come alimento. da È Mutisice. Molte specie di questa tribù delle Composte, native | dell'America del Sud, ripetono perfettamente il tipo proteaceo, e sono senza dubbio ornitofile, almeno preferentemente, come si de- duce dalla lunghezza dei tubi florali e da relazioni di più viag: giatori. i SS | i tarteo DIO, Car. L’ apparecchio è composto e si avvicina molto al prece- dente, salvo che qui le infiorescenze sono foggiate a grosse spi- ghe cilindriche o a lunghi racemi, in guisa che l’ area di circum- volazione e l’area d’ impollinazione è pericilindrica. La funzionali vessillare è fulgidamente compiuta ora da stami molto sviluppati . e numerosi, ora da brattee, ora da altri organi. Il colore suol pa sere un brillante puniceo. Il miele abbonda estremamente. Dosì questo tipo è ornitofilo, almeno preferentemente; locchè è con- fermato dai luoghi ove crescono le specie in cui s’ incarna. — so Norantea guyanensis e le altre specie della nostra sezione Sac E: ciophyUum. Le brattee grosse sacciformi sono brillantissime oa ohite 28. TIPO CALLISTACHIO. j ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 353 vono contenere una grande quantità di nèttare. Tutto accenna relazione ai trochili. — Callistemon, Calothamnus e probabilmente altri generi di mir- acee australiane. La funzione vessillare è deferita agli stami, es- sertissimi, numerosi, di un vivissimo color puniceo. La produzione del miele è copiosa. Metrosideros speciosa. Come sopra. Ciò secondo noi si riferirebbe all’azione pronuba degli uccelli mel- lisugi di Australia. Quanto alle infiorescenze di Dryandra KERNER (Schutemittel des pollens, ecc., 1873, pag. 45-46) espone la conget- tura che siano visitate e fecondate esclusivamente dai Kangurù. «Ma forse non si sarà apposto al vero. Il miele che distilla da sif- ‘fatte piante è tanto abbondante, che, secondo alcuni, è raccolto ‘come alimento dagl’ indigeni. Forse a questo o al precedente tipo sono da aggregarsi quei fiori ‘giganteschi che hanno uno straordinario sviluppo di stami, assai colorati, lunghissimi, numerosissimi. Alla base di questo androceo | si trova per solito una conca ricchissima di miele, locchè rendé ‘ovvia la congettura che siano specie ornitofile. Alludiamo ai fiori di Carolinea, Pachira, Bombax insigne, Caryocar nuciferum e di altre piante dei paesi tropicali. CLASSE DECIMA. APPARECCHI PERAMBULATORII, Car. Tali apparecchi sono eretti o suberetti, di forma regolare | semplici o composti, multilaterali sempre, con espansione florale orizzontale. Il miele non manca giammai. L’area d’ impollinazione in alcyni casi è nototriba, in altri sternotriba. Sono designati alle apiarie, in alcuni casi esclusivamente, in altri preferentemente. I pronubi nel visitarli passeggiano o vagando nel disco fiorente Vol. XVII. 23 ici F. DELPINO, | % . fiore (Passiflora, Swertia, Nigella). La regione dell’ esca. da aria, ma è sempre sottoposta all’area di impollinazione. Vo x 29. TIPO PASSIFLORINO. Car. Un lungo podocarpio estolle gli stami e il pistillo. Gli stami si protendono orizzontalmente del pari che gli stili; le an- tere e gli stimmi, ridotti a uno stesso livello e capovolti costitui- scono un’ area d’ impollinazione annulare, superiore e parallela alla espansione florale. Questa a sua volta è superiore e parallele a una camera mellifera coperta da un nettarostegio a graticola, oppure a un solco mellifero annulare. Il nettorostegio stesso, o in altri casi la espansione florale, forma una zona ambulatoria pa- rallela all’area d’ impollinazione. Il pronubo gira attorno passeg- giando su detta zona e s’ impollina il dorso. Tipo esclusivamente melittofilo, ma nelle diverse specie designato ad apiarie diverse, secondo la proporzione della proboscide alla profondità della net taroconca, e secondo lo spessore del corpo del pronubo, propo zionato alla distanza che passa tra l’ area. d’impollinazione e la “zona perambulatoria. Passiflora coerulea. Zona ambulatoria concentrica, larga ci un centimetro e mezzo. Larghezza dell’ orbita circa 7 centimetri. Distanza tra l’area d’impollinazione e la zona ambulatoria di 1 centimetro 4, circa, corrispondente alla grossezza del corpo d un bombo. I pronubi designati sono grosse apiarie, fornite di lunga proboscide. Alcune altre passiflore hanno consimile apparecchio, ma più semplificato e di minori dimensioni. In una specie che non deter- minai il diametro dell'orbita era di 3 centimetri; la larghezza della zona ambulatoria era di circa 1 centimetro; di 1 centimetri pure era la distanza tra la zona ambulatoria e l’area d’ impolli nazione. La nettaroconca era un canale circolare coi margini ap prossimati, tanto da celare il miele a pronubi meno intelligent delle apiarie. ; | —ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 355 | Napoleona imperialis. Qui registriamo questa specie i cui fiori formano senza dubbio un bello apparecchio ambulatorio. Per al- ‘tro rinunziamo a dare una ragguagliata interpretazione delle di- ‘verse parti florali, non avendo potuto fin qui esaminare piante viventi. î A i 30. TIPO NIGELLINO. » Car. Fiori patentissimi, rotacei o rosacei. La zona ambulatoria ‘è l'espansione stessa florale. È una zona annulare, concentrica. e” stami e gli stili dapprima eretti si ricurvano con movimenti \proterandri, e costituiscono un’ area d’ impollinazione annulare e concentrica, parallela e superiore alla zona ambulatoria. Il pro- «nubo s’ impollina il dorso. L’esca è riposta in vascoli ben chiusi (Nigella), oppure in foveole scavate nel bel mezzo dei petali. I conniventi al centro del fiore, si ricurvano man mano e costitui- scono l’area d’impollinazione. Sfiorite le antere, gli stami gra- dualmente si coricano sulla espansione fiorale. Allora gli stili e "Stimmi dapprima eretti si recurvano ed espandono le loro papille nell’area d’ impollinazione. | — Swertia perennis. In fiore più piccolo delle precedenti specie, Sì ripete un egual processo di declinazione degli stami e degli \stili. Ognuno dei 5 petali porta nel suo mezzo due foveole net- tiledoni si ripete con mimismo sorprendente il tipo della dicoti- ledone Swertia. Ciascun petalo ha due foveole nettarifere. Così | a zona perambulatoria è segnata da una corona di 12 di tali foveole. Gli stami e gli stili con base eretta e connivente al cen- bro, si frangono verso il loro mezzo, e si riflettono orizzontal- sità di CI 3 <. ed à ; I 356 F. DELPINO, mente all’ infuori, costituendo per tal modo un’area d’ impollina- | zione annulare parallela ed obliquamente soprastante alla zona I ambulatoria. l Re 31. TIPO ELIANTINO. | : Car. L’ infiorescenza è una calatide con un disco floribondo I piano e compatto, più o meno largo. Ogni flosculo ha un breve tubo mellifero. I pronubi passeggiano vagamente sul disco, e s’'im- pollinano la regione sternale. I fiori sono certamente melittofili; ma possono essere anco visitati con efficacia da ditteri (Syrphus, Erystalis, ecc.). Questo tipo costituisce un naturale passaggio agli ‘ apparecchi reptatorii. Helianthus annuus, perennis, tuberosus e qualche altra specie della famiglia delle Composte. | CLASSE UNDECIMA. APPARECCHI REPTATORII. Car. Tali apparecchi sono sempre composti, tioè infiorescenze Un carattere unico li contrassegna, cioè una singolare complana- zione della superficie fiorente di dette infiorescenze. Lo scopo di siffatto appianamento salta agli occhi e consiste nello adattare la superficie suddetta alla reptazione di singolari pronubi. Quest: in alcuni casi sono chiocciole di grande o di piccola statura; ir altri verisimilmente mosche; in altri chioccioline nello stess( tempo e mosche. Il miele manca affatto. L’esca è il polline quanto alle mosche, e un tessuto commestibile quanto alle chiocciole. siffatti apparecchi distinguiamo tre tipi: il rodeino, l’ anturino, il crisosplenicide. S 32. TIPO RODEINO. Car. Superficie reptatoria pericilindrica. Flosculi compattissim complanatissimi, addensati in un spadice cilindrico. Odore pec liare che deve agire potentemente per attirare le chiocciole. Tip esclusivamente (?) malacofilo. | ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 357 Rhodea japonica. Spadice breve, crasso. Calice crasso comme- stibile di colore giallastro. Abboniscono soltanto gli ovarii che furono strisciati da chiocciole di grossa statura (almeno questo fu il costante resultato delle nostre osservazioni fatte a Firenze per ben cinque anni di seguito). Dracontium (Monstera?) pertusum. Spadice lungo, grosso, ci- lindrico, ricchissimo di flosculi, compatti e complanatissimi. Ne studiai un esemplare a Firenze, il quale viveva isolato e inamo- vibile in mezzo'ad una serra calda. Rilegato in siffatta località tanto artifiziale ed innaturale, doveva sentire difetto di pronubi. E non ostante vidi più volte strisciati i suoi spadici dalla bava delle lumache. 33. TIPO ANTURINO. Car. Superficie reptatoria pericilindrica o talvolta piana bi- slunga, colorata in atro-purpureo oppure in sanguigno. Spadici cilindrici o semi-cilindrici, lunghi o lunghissimi, con flosculi com- planati ma non tanto come nel tipo precedente. A giudicare da questo carattere e dai colori della superficie anzidetta, si argui- | sce questo tipo essere macromiofilo. Anthurium lanceolatum. Spadice di colore fosco fuligginoso, ci- | lindrico e assai lungo. Probabilmente molte specie di Anthurium | dovrebbero essere qui registrate. — Anthurium Scherzerianum. Spata aperta di un vivissimo colore | sanguigno. Spadice lungo, cilindrico, attorcigliato, dello stesso Mio: I colori sono macromiofili. f Dorstenia ceratosanthes. Spadice semicilindrico biforcato. Su- | perficie fiorente e reptatoria perfettamente piana, di colore atro- cn La sottoposta superficie convessa, destituita di flosculi, | è invece tinta in verde. - Dorstenia Houstoni. Caratteri presso a poco conformi a quelli di precedente specie. d a 358 F. DELPINO, 34. Tipo CRISOSPLENIOIDE. Car. Infiorescenza corimbiforme, bratteata, di un uniforme co- lor giallastro aureo, mirabilmente complanata (con brattee e flo-. sculi livellati e complanati). Tipo preferentemente malacofilo. L’ esca ai pronubi è apprestata dalla commestibilità delle brattee | e dei flosculi. Chrysosplenium alternifolium. Questa specie abbonda a Vallom- brosa, e noi potemmo per assai tempo osservarla vivente nella sua. stazione naturale. Essa vive esclusivamente in piccole aree umi- dissime, inzuppate d’acqua, ove abbondano certe chioccioline d’e- sigua statura. Queste visitano dette infiorescenze, ne corrodono in parte le brattee, il disco, gli stami, e talvolta perfino un poco gli ovarii. Vidi parecchi ovarii in parte rosi e non ostante frut- tificare benissimo. Dalle mie osservazioni riportai la convinzione che presso tale specie gli agenti principali della dicogamia sono detti molluschi, quantunque per avventura non sia esclusa 1’ a- zione delle mosche. Erm. MiiLLeR in Vesfalia (Befruchtung der Blumen durch Insekten, 1873, pag. 93-94) ha osservato a lungo le infiorescenze di questa specie, e nota fra i visitatori più spe- cie di moscherini, di microcoleotteri e di microimenotteri, con- siderando questi animalcoli come i principali se non unici agenti pronubi. Non concordiamo con lui su questo punto. Egli affermi i che il disco dei fiori secerne miele; ma questa secrezione noi non la. potemmo fin qui constatare, per quanta attenzione facessimo con occhio armato di forte lente. Comunque sia, MiLLER stesso (Il. c. soggiunge: “ oltrecciò io rinvenni presso molti fiori piccole chioc= ciole, del genere Succinea, ora striscianti, ora divoranti uno 0 più stami. Nella bava che lasciavano strisciando erano riconosci bili non poche traccie di polline; anzi in più casi potei constatare che dette chioccioline impollinavano effettivamente gli stimmi Abbiamo dunque un esempio che dimostra le chiocciole poter a cidentalmente diventar pronube di fiori. , Quanto a noi non es tiamo a riporre fra le piante malacofile, almeno in guisa prete rente, questa interessante specie europea. | ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 359 te D 4 £ ie. @; di CLASSE DUODECIMA. APPARECCHI PRENSILI. | Car. E questa classe di apparecchi, gli stami e gli stili piut- È. {osto brevi e conniventi formano un gruppo al quale si aggrap- pano i i pronubi, sia per pigliare polline, sia per pigliare polline we o miele nello stesso tempo. Così facendo s "impollinano necessa- | riamente lo sterno, ed eseguono con grande facilità la feconda- | zione eteroclina. I colori dei fiori sono ordinarii; gli odori quasi | sempre mancano o sono poco pronunziati. Noi distinguiamo in È — questi apparecchi due tipi veramente naturali, melittofili entrambi, | cioè il tipo doragineo e il tipo verbascino. 35. TIPO BORAGINEO. | Car.I fiori sono pendoli o quasi pendoli, regolari. Le antere ‘lunghe, affisse a stami robusti e brevi, sono conniventi tra loro e formano una piramide nel cui asse passa lo stilo. Deiscono al- | l’apice per via di pori, oppure gradatamente la deiscenza di po- | rosa diventa longitudinale. Il polline è è secco e liscio, e nel mo- . he mento che il pronubo si appiglia alla piramide anterale, gli cade _ necessariamente sullo sterno. Così l’area d’ impollinazione è pun- È liforme, centrica, sternotriba. Perchè l’aggrappamento dei pronubi possa aver luogo, la espansione florale è considerevole, e general- | mente i fiori sono rosacei o rotacei. Il miele ora fa difetto, ora esi- | ste, ma, è scarsissimo. Nel primo caso le apiarie prendono soltanto i polline. Questo tipo è esclusivamente melittofilo, e sorprendente- mente si sipete co’ suoi essenziali caratteri in molte famiglie di Pi piante, cioè nelle Boraginee, Primulacee, Solanacee, Scrofularia- cee, Amarillidee, Asparaginee, Pittosporee, Loasacee. — Borago officinalis. Fiori rotacei, pendoli. Piramide anterale, |Emello scopo di assicurare ripetute visite dei pronubi, rinforzata i da 5 rigide escrescenze dei filamenti. Deiscenza delle antere dap- prima porosa, poi gradatamente longitudinale. Pronuba principale l’ape comune. Ì | È È È | | | | 360 F. DELPINO, i H VRBRTI di Cyclamen europaeum, coum, persicum ed altre specie. Fiori rotacei pendoli. Deiscenza delle antere prima porosa, poi Lone dinale. Dodecatheon meadia. PLUKENET (Almag. pag. 62, tav. 79, fig. DI con bellissima e divinatrice espressione, definisce questa specie: “ auricula ursi virginiana /loribus boraginis instar rostratis, eyela- minum more reflexis. , . Dodecatheon MEET, Come la specie precedente. Solanum dulcamara. Bella espressione del tipo. Fiori pendoli. Manca affatto di miele. Antere biporose. Polline secco. MitLeR (Befrucht. d. Blumen durch Ins., 1873, pag. 275) non sorprese altro insetto nei fiori eccetto la RWingia rostrata. Ma questa vi-. sita è un’ accidentalità senza significato. Noi vedemmo visitati i fiori da parecchi bombi, massime dal Bombus italicus. Solanum nigrum. MiLLER (1. c.) nota fra i visitatori due dit- teri, Melithreptus scriptus e Syritta pipiens. Ma è una mera ac- cidentalità. SPRENGEL (das entd. Geheimn. p. 129) osservò pro-. nube le api e i bombi. Solanum tuberosum. Esclusivamente melittofila, quantunque per. mera accidentalità MiLLER (1. c.) sorprendesse nei fiori 1’ Erista- lis tenax e la Syritta pipiens. Solanum lycopersicum, S. insanum e molte altre specie del ge- nere. Presentano tutte il tipo boragineo; quindi sono esclusiva- mente melittofile. Verbascum Myconi. Apparecchio identico a quello della DO x mara, ma a fiori di maggior dimensioni. Galanthus nivalis. Fiori campanulati, del resto presenta tutti. gli altri caratteri del tipo. SPRENGEL (l. c. pag. 177-180) parla i di nèttare emanato dai tre petali interiori. Negli esemplari di Vallombrosa questa secrezione non esisterebbe punto, secondo ri petute ed accurate nostre osservazioni. è Leucojum vernum. Fiori campanulati più grossi; del resto come. la precedente specie. di Conanthera bifolia. Altra amarillidea che deve essere qui re- gistrata. Ripete sorprendentemente il tipo fiorale dei Cyclamen. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA.. 361 " Cajophora lateritia e molte specie di Loasa. Tipo florale bora- | gineo, ma di gran dimensione; con apparecchio mellifero compli- | catissimo, con piramide parastaminale robustissima, a cui acce- dono e successivamente recedono gli stami fertili. Esclusivamente | melittofile e designate ad apiarie robuste e di gran taglia. __—Sollya linearis. Anche questa Pittosporea possiede fiori impron- tati al tipo boragineo. Dianella coerulea ed altre specie del genere. Per le antere _conniventi a piramide e biporose, pel polline secco e deciduo da fiori pendoli, vanno qui registrate. Rispetto invece ai palloncini «| spongiosi di color aranciato che si scorgono all’apice dei filamenti, | e che servono mirabilmente di punto di aggrappo alle apiarie pro- I . nube, potrebbero essere ascritte al tipo seguente. Non va però qui pretermesso che il tipo boragineo è assai affine a quello che segue. | Fin qui abbiamo citato apparecchi semplici; ma talvolta il tipo | boragineo o almeno un tipo grandemente analogo può attuarsi in fiori composti, come accade presso la Prenanthes purpurea. Le sue calatidi sono quinqueflore, pendole, a colonne singenesiache assai esserte. Il complesso di queste colonne equivale in funzione alla piramide anterale dei fiori di tipo boragineo; e serve di punto di aggrappo alle api e ai bombi che ne visitano avidamente i fio- | ri, come osservammo più volte a Vallombrosa. L’area d° impolli- | nazione qui pure è puntiforme, centrica, sternotriba. 36. TIPO VERBASCINO. Car. Fiori eretti oppure ad asse più o meno orizzontale e de- clinato, rotacei o stellati sempre. I filamenti assorgono nel cen- tro insieme agli stili e presentano un gruppo o un ciuffo centrale. I pronubi, velocemente volando da un fiore all’ altro, afferrano colle zampe questo gruppo di stami e stili, e lo manipolano pre- stamente nello intento di portar via nel più breve tempo possi- bile la maggior quantità di polline. Con ciò questo tipo differisce assai dal precedente, dove i pronubi visitano piuttosto lentamente 362 F. DELPINO, i È dei e anche ripetutamente i fiori. L’esca del néttare manca sempre e senza eccezione nei fiori verbascini, destinati essendo ad apiarie pollinileghe. L’ esca del néttare sarebbe in questo tipo una con- traddizione; i fiori qui sono efimeri, vogliono essere rapidissima- mente visitati, locchè non comportasi colla ricerca piuttosto lenta del miele. Per agevolare celeri e sicuri diportamenti nei pronubi, quasi sempre i filamenti sono barbati in grado insigne; e quando non sono barbati, allora sogliono essere curiosamente inaspriti da escrescenze singolari (Trachyandra). La razionalità mirabile di questo tipo venne, già son parecchi anni, da noi scoperta os- servando un’ apiaria (forse un’ antofora) che visitava con gran velocità i fiori di Tradescantia virginica. Essa non cercava punto miele, ma aggrappandosi all’ androceo ne scoteva fortemente le antere, e vidi il grande utile che prestano i peli dei filamenti in siffatta bisogna, senza i quali le apiarie pronube non farebbero neanco la quinta parte del lavoro. Analoghe osservazioni feci in seguito quanto ai fiori di Verbascum nigrum, che vidi visitare con diportamenti affatto analoghi da parecchie specie di bombi. In vista dunque dei caratteri generali della struttura florale e dell’accertata funzione dei peli staminali, si deve concludere che i fiori di questo tipo sono esclusivamente melittofili; e che se vi si posano, come frequentemente avviene, sirfidi, volucelle, eristalidi ed altre mosche, la visita di questi ditteri è una mera acciden- talità priva di significato. Intorno a ciò non siamo d’accordo con Erm. MiiLLER il quale interpretò diversamente la funzione di detti peli (die Befrucht. der BI. durch Ins., 1873, pag. 277, 278, 349); epperò avrebbe mancato la giusta interpretazione di tutto l’ap- parecchio. Suppone pure che i fiori di Verbascum nigrum abbiano miele, locchè non si accorda con quello che osservai e massima- mente coi diportamenti dei pronubi appropriati, i quali nei fiori di questo tipo non ricercano nè prendono altro che polline. Que- sto tipo si ripete sorprendentemente con tutti i suoi caratteri es- senziali in parecchie famiglie di piante; ma più specialmente presso le quattro seguenti; cioè presso le Scrofulariacee, Commelinacee, Liliacee, Primulacee. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 363 _Verbascum nigrum, V. battaria, V. sinuatum, V. thapsus e tutte le specie di questo genere a me cognite. La presenza dei — peli nei filamenti costituisce un carattere generico. I pronubi più | appropriati di queste specie sono i bombi. | Tradescantia virginica. I suoi fiori sono’ una perfetta riprodu- ‘zione del tipo. Stami barbati. Non poche altre Commelinacee de- i vono essere qui registrate, principalmente le specie di Cyamotis, _ Aneilema, Streptolyrion. Celsia arcturus. Fiori a purissimo tipo verbascino. —_Anagallis latifolia. Fiori abbastanza grossi; miniati al centro; stami barbati. ._Arthropodium pamiculatum. Filamenti pelosissimi. Dimensioni fiorali giuste. Riproduce perfettamente il tipo. i —Tricoryne elatior. Filamenti vestiti di lunghi peli. Perfetta riproduzione del tipo. Bulbine semibarbata e specie affini. Bellissima disposizione dei peli lungo i filamenti, inferiormente costituenti una riga razional- mente estrorsa, al di sopra formanti un ciuffo ottimo a servire di fulcro. | Stypandra. Presso la specie di questo genere di liliacee, gli stami all’ apice dei filamenti formano una specie di stoppa, da cui deriva il nome generico. Trachyandra. Nelle specie di questo genere si dà una perfetta riproduzione del tipo, salvo che vi ha una curiosa variante. I fi- lamenti, a vece di essere barbati, sono eccessivamente scabri ed asperati da certe escrescenze annulari, retrorse, retrorsa- mente imbricate. Non si potrebbe imaginare un fulcro di più bel- l’ effetto. Ì Helianthemum, Sparrmannia. Parecchie specie di questi generi ‘hanno fiori improntati al tipo. I filamenti non sono però pelosi, ma dentati e scabri. Oltre ciò sono irritabili. Chelidonium majus. Per la orientazione e disposizione delle parti florali e per il modo con cuii pronubi appropriati (bombi) ne visitano i fiori, questa specie deve essere qui registrata. I fila- menti non sono pelosi ma: alquanto scabri. A Vallombrosa notai pronube attivissime parecchie specie di bombi. él IRR SER be 364 F. DELPINO, i i OSRARA CLASSE DECIMATERZA. ata i APPARECCHI APERTI, REGOLARI. Car. Tutti i fiori d’ organizzazione meno perfetta e meno com- plicata, i quali non possono essere classificati in qualcune de- gli apparecchi fin qui considerati, rientrano in questa classe. L’ espansione florale è apertissima; l’ adito al miele non pre- senta nessuna difficoltà; non sogliono esistere ordigni speciali che esercitino funzioni di fulcro, di nettarovie, di nettarostegii, ecc. Quindi avviene, per regola generale, che siffatti fiori più rara- mente sono indiziati a pronubi speciali, prestandosi anzi spesso ad essere visitati dagl’ insetti i più diversi, per esempio da mo- sche, da apiarie, da coleotteri antofili. In qualche raro caso ha luogo preferentemente l’ azione pronuba di lepidotteri diurni; in nessuno quella degli uccelli mellisugi e delle sfingi. Le dimensioni sono assai variabili; distingueremo quattro forme: maggiore, me- dia, minore, minima. Cosifatti apparecchi, volendo ulteriormente suddividerli secondo ragioni funzionali intrinseche, si possono ordinare in cinque se- zioni: in apparecchi cloranti, melananti, polianti, callipetali e bra- chipetali. SEZIONE ‘PRIMA. APPARECCHI APERTI CLORANTI. Car. Dimensioni minori e minime. Fiori piccoli, di colore gial- lastro, verdastro, bianco-giallastro, bianco-verdastro. Per solito sono odorosi, ma poco piacevolmente. Il miele è per lo più ema- nato da un disco perigino od epigino; giace affatto allo scoperto. Hanno una grande attrazione per mosche di grossa e mezzana statura; così deggiono essere considerati come preferentemente macromiofili, quantunque in via succedanea non manchi l’azione ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 365 pronuba delle apiarie le più diverse e di parecchi coleotteri. Vi | consideriamo un sol tipo, il quale si ritrova in molte famiglie, e ‘troppe per poter essere qui completamente enumerate. 37. TIPO RAMNACFO. Rhamnus catharticus, Rh. Frangula, Rh. Alaternus ed altre specie del genere. Macromiofile in grado eminente, sebbene in alcune specie non manchi un considerevole appulso di apiarie. Evonymus europaea, E. latifolia. E. japonica. Macromiofile in grado insigne, massime l’ultima specie. Paliurus aculeatus. Macromiofila. Insigni movimenti proteran- dri ercogamici degli stami. Rhus, diverse specie. Ilex Aquifolium, 1. latifolia. È singolare saba i per le mosche esercitata dalle infiorescenze biancastre della seconda specie. Amyris polygama. Adelia Acidoton. Fiori piccoli, verdastri, poco cospicui, dotati di forte odore di bianco. spino. Frequentatissimi dai ditteri più diversi; fra cui notai perfino una grossa tipula. Euphorbia sylvatica, E. amygdaloides, E. Characias e molte altre specie nostrali. Tutte macromiofile più o meno esclusive. Euphorbia dendroides. Le sue infiorescenze gialle a più lieti colori allettano principalmente gli Eristalidi. Hedera Helix. Le sue infiorescenze sono visitate avidamente dai ditteri i più diversi. Vi concorrono anche le apiarie ma in grado assai minore. Buxus sempervirens. Macromiofilo in grado insigne; ma se si trova piantato vicino ad alveari, vi concorrono anche le api. Le sue infiorescenze formano gruppetti giallastri. Il fiore femmineo, che sta nel centro di ciascuno di essi possiede tre gobbe nettari- fere epicarpidiali. Néi circostanti fiori maschi il nettario è un di- sco crociforme. Ribes rubrum, R. alpinum. Macromiofilo preferentemente; ma vi concorrono subalternamente anche le apiarie, 366 E. DELPINO, bal sipario Ombrellifere. Una grande quantità delle piante appartenenti. 4% questa famiglia vogliono essere qui registrate. Alle mosche farne È subalterna concorrenza diverse apiarie e diversi coleotteri. SEZIONE SECONDA. APPARECCHI APERTI MELANANTI. 3 I caratteri di forma sono presso a poco quelli della sezione precedente, ma il colore dei petali è più o meno atrato e livido. Cosicchè qui la macromiofilia è assai più pronunziata; anzi spesso si può dire esclusiva. Talvolta ai colori atrati si aggiungono odori nauseosi, pronunziandosi allora un principio di sapromiofilia. Le dimensioni possono essere maggiori, medie, minori, minime. Di- stinguiamo tre tipi, l’uvarino, lo stapelioide, il melantino. 38. TIPO UVARINO. Car. Dimensioni maggiori. Fiori campanulati, pendoli, di co- lore atro-purpureo, livido. Spesso si aggiunge un odore putrido. Tipo sapromiofilo e macromiofilo. Asimina triloba. I suoi fiori odorano di lievito. Sono esclusiva- mente macromiofili. Proteroginia pronunziatissima. Uvaria nicaraguensis. Fiori ancora più grossi della precedente specie. Colore atro-purpureo, livido. Odore cadaverico pronunzia- tissimo. Specie verisimilmente sapromiofila. Thottea grandiflora (Griffiths, On the root-parasites ecc., nelle Transaz. della Soc. linn. di Londra, vol. XIX, pag. 325 e segg.).. Bellissima riproduzione del tipo in tutti i suoi essenziali ca- ratteri. 39. TIPO STAPELIOIDE. Car. Dimensioni maggiori e medie. Fiori eretti. Colori varie- gati, atro-purpurei, lividi. Tipo sapromiofilo in alcuni casi, macro- miofilo in altri, ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 367 . Stapelia. Tutte le specie. Dimensioni per lo più maggiori. Po- | tente odore cadaverico. Specie sapromiofile. _Bucerosia, Caralluma ed altri generi affini. Dimensioni medie, | Verisimilmente macromiofili. 40. TIPO MELANTINO. Car. Poco differisce dal precedente, salvo nelle dimensioni che | sorio minori e minime. Fiori spesso dotati d’odore spiacevole. Co- lori più o meno atrati e lividi. Tipo esclusivamente macromiofilo. | Periploca graeca. Dimensione minore. Fiori luridi, che eser- | citano una grande attrazione sopra i ditteri più diversi. Microstemma, Brachystelma e generi affini. Fiori spesso puz- zolenti. Cymanchum migrum. Dimensioni minime. Odore di lezzo. Evonymus verrucosa. Dimensioni minime. Odore di lezzo. Aucuba japonica. Fiori piccoli, atro-purpurei. Xanthorrhiza aprifolia. id. id. Bragantia Wallichii. id. id. Asiphonia piperiformis. id. id. Ruscus aculeatus. id. id. Streptopus amplexifolius. id. id. SEZIONE TERZA. APPARECCHI APERTI, POLIANTI. Car. Gli apparecchi sono composti. I flosculi sono approssimati in calatidi raggianti, oppure in capolini, oppure in cime corimbi- formi. Le dimensioni di tali infiorescenze possono essere grandis- sime, medie, piccole. Distinguiamo tre tipi: l'asteroide, lo scabio- sino, il valerianoide, i -_ - 368 _ F. DELPINO, pp AT ci 41. TIPO ASTEROIDE. i Car. Flosculi approssimati in calatidi o capolini Mi. ha lori ordinarii. Odori per lo più nulli. Il tipo è preferentemente | melittofilo, ma, per la totale apertura delle calatidi e per la fa- cilità della impollinazione sternotriba, possono concorrere valida- mente anche le mosche e le farfalle diurne. ; Composte. Una gran parte dei generi di questa vasta iris vanno qui annoverati. i Actinotus helianthi. Astrantia maxima, major, media, minor. Bupleurum. Alcune specie. ud Cupularia viscosa. Floribonda in alto grado. È un bell’esem- pio di adattamento misto. Perocchè in alcune località e a sta- gione meno innoltrata (Firenze, settembre) ne vidi i fiori avida- mente frequentati e visitati dalle api e da eristalidi, e altrove in più avanzata stagione (Chiavari; ottobre) erano con estrema fre- quenza esclusivamente visitati e fecondati da Pierîs, Vanessa e parecchie altre farfalle diurne. Riconobbi che il polline estrema- mente attaccaticcio si appiccicavava in cumuli vistosi alle loro zampe e al loro sterno; cosicchè dette farfalle si addimostravano efficacissime per promuovere la fecondazione incrociata, 492. TIPO SCABIOSINO. Car. Somiglia molto al precedente. Per altro i flosculi essendo approssimati in capolini lassiflori, oppure in cime corimbiformi, e le antere e gli stimmi essendo più esserti dei flosculi, rispetto alla efficacia dell’azione pronuba, le farfalle :diurne rivaleggiano colle apiarie. È dunque pur questo un tipo misto, presso a poco in egual grado psichefilo e melittofilo. Cephalaria, Scabiosa. Quasi tutte le specie. Brunonia australis. Eleganti capolini a flosculi azzurri, cea i da scapi slanciati. Fragranza deliziosa. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 369 Pimelea spectabilis. Capolini rosei, assai appariscenti, involu- crati da larghe e belle brattee. Pimelea Mspida, P. Hendersoni ed altre specie del genere. Presso a poco come la precedente. Valeriana officinalis. Infiorescenze in cime corimbiformi. Valeriana tripteris. Come la precedente, Fedia cornucopiae. id. Jasione montana. Infiorescenze in capolini. ce 43. TIPO TRACHELINO. È Car. Somiglia assaissimo al precedente, massime alla forma della Valeriana, avendo le infiorescenze foggiate a larghi corimbi, ma differisce per avere quando un tubo, quando uno sperone mel- . lifero di tale e tanta esilità, che ad altra proboscide non può es- sere adatto, salvochè a quella delle farfalle diurne. Cosicchè noi riteniamo per indubitato questo tipo essere esclusivamente psi- . chefilo, sebbene non manchino apiarie le quali calano su dette in- 1 fiorescenze e si sforzano di carpire in qualche maniera il miele, oppure si contentano soltanto di pigliare il polline. Del resto la esserzione delle antere e degli stimmi e la natura attaccaticcia | del polline sono visibilmente bei caratteri di adattamento per la . impollinazione dello sterno e delle zampe delle farfalle diurne; le quali, volubilissime per natura e perseguitate dai maschi, eseguono « assai bene la trasposizione pollinica da una ad altra infiorescenza. i Trachelium coeruleum. Le sue infiorescenze cerulee hanno una grande attrazione per le farfalle diurne. Il suo tubo mellifero è — lunghetto ed esilissimo. _Centranthus ruber. Infiorescenze simili ma rossastre. Ha uno i sperone mellifero esilissimo, ed esercita pure grande attrazione sulle farfalle diurne. A n Vol, XVII. 24 370 | | F. DELPINO, 125 At SEZIONE QUARTA. — ; APPARECCHI APERTI, CALLIPETALI. Car. I fiori sono regolarissimi, semplicissimi, a petali co dp; disposti in rosetta. Il loro significato è poco pronunziato. Si adate 4 tano a tutti i pronubi ed a nessuno. Sono visitati quasi indiffe- rentemente da apiarie, da mosche, da coleotteri. Occupano gl’in = fimi scalini nella scala della perfezione florale. Distinguiamo tre dimensioni; grande, mezzana, piccola; e tre tipi: be POE il rosaceo, il: ranunculaceo. TRO È 44. TIPO PAPAVERINO. Car.I petali sono cospicui, larghi, assorgenti per lo più a cam- pana, di colore per lo più rosso, talvolta giallo o bianco, con una macchia nerastra alla base interna. La riproduzione di questi ca- ratteri in fiori appartenenti a diverse famiglie di piante, ne fa certi della realtà di questo tipo; ma noi non potemmo fin qui decifrarne il significato funzionale, nè sappiamo a quali pronubi siano preferentemente designati. Dimensioni sempre grandi, tal- volta massime. Papaver Rhoeas, P. orientale, P. argemone ed altre specie. Fiori porporini. Tulipa gesneriana. Fiori porporini. Tulipa clusiana. Petali rossi, marginati di bianco. ‘ Chelidonium glaucium. Fiori gialli. Cistus ladaniferus. Grossi fiori bianchi con macchia mett rea alla base dei petali. Cistus formosus. Petali grandi, gialli. Una macchia atro-sangui- nea alla base di ciascuno di essi. Anemone hortensis, A. coronaria. Petali di un bel rosso, con macchia nera alla base. ULTERIO I OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 371 Br: 45. TIPO ROSACEO. Car. I petali sono cospicui, larghi, espansi, unicolori, non mac- - chiati di nero alla base. Le dimensioni sono grandi e medie. Le | forme maggiori forse sono preferentemente designate a coleotteri 4 antofili. I pronubi delle altre forme sono affatto promiscui (apia- rie, mosche, cetonie). Questo tipo indubitabilmente si collega col | tipo magnoliaceo, da cui differisce principalmente perchè i petali | essendo espansi, non preparano punto un ricovero ‘ai pronubi. «Rosa bengalensis, R. damascena ed altre specie a fiori aventi 3 Mio grandi. Petali rosei o rossi. Camellia japonica, Gordonia lasianthos AR i Eho- doleja Championi (Amamelidee). Riproduzione perfetta del tipo Rosa. Hibbertia volubilis. Fiore grosso, giallo. Orribile puzzo ster- coreo. Dillenia scabrella, D. ornata. Fiori gialli, grandi, fragranti. Dillenia speciosa. Fiore grossissimo, magnifico, forse canta- rofilo. Rosa canina, R. sempervirens ed altre specie nostrali. Fiori spesso odorosi, di dimensioni mezzane. 46. TIPO RANUNCULACEO. Car. Si distingue dal precedente per i suoi fiori di minor di- mensione. Così resta esclusa quasi totalmente l’azione pronuba delle Cetonie. Questo tipo, infimissimo nella scala della perfezione biologica e funzionale, si riproduce in un gran numero di fa- miglie. __ Ramunculus, tutte le specie. Macromiofilo e melittofilo in egual grado. Eranthis. Melittofilo esclusivamente, ma per la circostanza dei suoi vascoli nettariferi ben chiusi, irreperibili ad insetti meno in- telligenti delle apiarie. ui e 372 F. DELPINO, ed altre specie sa, Aremonia, Agrimonia, Fragaria, Rubus, Potentilla, pe Tutte le specie nostrali. "3 Vive Hypericum perforatum, humifusum, montanum ed altro specie nostrali. QI@ESITOA Erodium, Geranium. Molte specie. pi ‘landa Scilla bifolia, S. autummalis ecc. . dota SEZIONE QUINTA. APPARECCHI APERTI, BRACHIPETALI. 47. TIPO MICRANTO. Car. I fiori sono esigui, di color bianco o di un violaceo sla- vato. Avendo petali brevissimi e odori poco o punto sviluppati esercitano pochissima attrattiva sui pronubi, e segnano, da un lato un infimo grado di perfezione biologica, dall'altro lato una decisa tendenza alla omogamia. È un tipo che si ritrova in molte specie appartenenti alle più svariate famiglie. Noi ci limiteremo: ai pochi esempi che seguono. Alsinee. Una gran parte delle specie di questa famiglia sono micrante. Si adduce ad esempio l’ Alsine media. Questa specie, malgrado la sua micranzia, in alcune favorevoli circostanze di luogo e di tempo, è visitata con grande avidità dalle api, perchè isuoi minuscoli fiori non scarseggiano di miele. Crucifere. Vanno qui registrate tutte le specie a piccoli fiori. Si adduce ad esempio la Capsella Bursa pastoris, V Erophila verna ecc. Non manca il miele. Veronica. Non poche specie sono micrante e non ostante pos- seggono un nettario relativamente assai sviluppato. Ecc., ecc. Giunti alla fine di questo nostro catalogo dei diversi tipi d’ap- parecchi florali zoidiofili, tanto laboriosamente e lungamente esco- gitato, formoliamo il quesito: questi 47 tipi florali, della cui na- ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 873 | turalezza e oggettiva realtà siamo coscienziosamente persuasi, sono | gli unici ben definiti tipi che ritrovar si possono fra le fanero- | game zoidiofile? Vorremmo essere in grado di rispondere affer- | mativamente; ma non possiamo. Nutriamo bensì la speranza che . ulteriori ricerche ed altri osservatori completeranno ed emende- ranno il nostro tentativo, e coroneranno l’ edifizio della fisiologia . florale fin qui tanto negletta, benchè tanto necessaria per la co- | gnizione scientifica delle piante e delle loro cause. SEZIONE QUINTA. ALCUNI CENNI INTORNO AI PRONUBI' DELLE PIANTE | E AI LORO COSTUMI. | Se nelle pagine che precedono, dedicate alla esposizione dei caratteri proprii delle specie zoidiofile, noi abbiamo passato a ras- segna gli svariati adattamenti delle piante agli animalcoli pro- nubi, in questa parte noi dovremmo per converso esporre i ca- ratteri di adattamento dei pronubi alle piante. Ma l’ argomento è tanto vasto e la messe delle nostre osservazioni è tanto scarsa, da doverci limitare a segnare in quest'ordine di conoscenze al- cuni punti soltanto, che potranno forse servire di partenza per ulteriori e più adeguati studii. 1 Inoltre l’ argomento è affatto nuovo e giammai tentato, se si fa un’ eccezione relativa agli adattamenti degli insetti nostrani alle piante europee, che furono felicemente investigati ed esposti da Erm. MiiLLER in tre suoi lavori.! Ma nulla è stato scritto in proposito delle relazioni ai fiori per parte degli insetti esotici e degli uccelli mellisugi. In separati paragrafi toccheremo alcune cose concernenti gli 1 « Anwendung der Darwin’ schen Lehre auf Blumen und Blumenbesuchende Insekten » nelle Verhandlungen des naturhistor. Vereins fiir Rheinl. und Westfalen, 1869. <«Anwendung der Darwin'schen Lehre auf Bienen » nelle medesime Verhandlungen, 1872. — «Die Befruchtung der Blumen durch Insekten., ece., Lipsia, 1873. pagg. 28- 58 451-468. STA | F. DELPINO, ordini principali degl’ insetti antofili (coleotteri, ditteri, imeno teri, lepidotteri) e degli uccelli mellisugi. Passeremo sotto. silenzio gli ortotteri, i nevrotteri, gli emitteri e i tisanotteri, sebbene non 4 manchino a ciascuno di essi alcune specie che vivono sui fiori, l’azione delle quali per altro cade in assoluta insignificanza. ri spetto all’azione di altri insetti. Da: Pea $ 1. COLEOTTERI. Erm. MiiLLER (Lefrucht. der .Blumen, ecc., pag. 451-453) an- novera ben 129 specie di coleotteri visitatori dei fiori. Ma la gran maggioranza di queste visite, secondo la opinione che ci siamo formata, sarebbero affatto insignificanti ed accidentali. Per- fino le specie del genere Meligethes, le quali in quantità conside- revoli d’ individui frequentano i fiori di molte piante, per noi non avrebbero importanza. Non basta che una data specie d’ in- setti viva soltanto sui fiori; bisogna considerare le sue abitudi- ni. Se la specie è pigra e sedentaria (come, per esempio, sono i Meligethes, le formiche ed altri insetti), se non si trasloca con certa frequenza da un fiore all’altro, non potrà mai essere eletta e utilizzata, nè geneticamente nè in progresso di tempo educata alla funzione di pronubo dei fiori. Anzi, nonchè essere inutile, essa riesce dannosa e contraria alla legge dicogamica, in quanto che usurpa un posto che meglio sarebbe occupato da altri in- setti, e in quanto che consuma invano una preziosa porzione di esca, predesignata ad esseri più utili. Fatta questa considerazione i coleotteri veramente utili alla dicogamia e che come tali vennero fino ad un certo punto dalla ro — —-———n —ra natura educati a pronubi dei fiori, si riducono ai soli lamellicorni antofili e a pochissime specie di longicorni. Dei longicorni ab- biamo a considerare soltanto i generi Pachita, Leptura, Gram- moptera, Strangalia; dei lamellicorni le tribù dei Cetoniadi, Gla- firidi, Rutelidi e alcune Melolonte. Pachita octomaculata. Si può consultare Erm. MiiLLER (1. c.) che la osservò in parecchie Rosacee (Rubus), Ombrellifere, Com- poste, Dipsacee. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 375 . Leptura livida. Osservata da MiiLLER (1. c.) sopra i fiori di di- verse Ombrellifere, Rosacee, Convolvulacee, Dipsacee, Composte. — Strangalia armata, S. attenuata, S. melanura e S. migra. Os- servate da MiiLLER (1. c.) sopra i fiori di diverse famiglie (Cor- nee, Rosacee, Dipsacee, Composte, Ombrellifere, Ranunculacee, Cistinee). Possiamo aggiungere che MAURIZIO GIRARD notò indivi- dui di Strangalia nigra portare affisse al vertice del capo masse a polliniche di Orchidee (Ann: de la Soc. entom. de France, IV ser.,. vol. 9, p. XXXI), e parimente notò individui di Strangalia atra . . visitare con frequenza i fiori di Orchis maculata ed affiggersi al «| capo numerose masse polliniche (ib.). Si aggiunge da ultimo che Kuxcxrt vide individui di Strangalia melanura visitare con avi- . dità i fiori di rovo, ed altri ne trovò con affisse al capo masse polliniche di Orchidee (Ann. de la soc. entomol. de France, IV ser., vol. IV, p. 154). Grammoptera laevis. È uno dei pochi insetti cooperanti alla fecondazione della Listera ovata, giusta congruenti osservazioni di | E. MiLLER e C. C. SprENGEL. Grammoptera livida, G. ruficornis. Trovate da E. MiLLER a visitare i fiori di parecchie famiglie (Cornee, Ombrellifere, Ro- sacee). Coleotteri lamellicorni. Parecchi generi e specie di questo gruppo hanno, a petto dei longicorni, ben altra importanza per la ese- cuzione della legge dicogamica. Mentrechè non si può citare || neanco una specie vegetale i cui fiori siano principalmente riser- bati alla visita di longicorni, abbastanza numerosi esempi invece . abbiamo di fiori designati esclusivamente o preferentemente alla visita di lamellicorni. Melolontha farinosa. A Vallombrosa la vidi visitare in grande mumero d’individui, e con alacrità notevole, le infiorescenze di Fraxinus Ornus. Cetoniadi. Questa tribù si distingue fra i lamellicorni per mag- giore attività ed efficacia ‘nel promuovere le nozze incrociate di «talune piante. Quasi tutti i generi e le specie, allo stato d’insetto perfetto, vivono sui fiori, sia leccando i nettarii, sia suggendo al- 376. - F. DELPINO, cuni organi florali, sia mangiando polline. Consideriamo breve: } mente i generi Cetonia, Inca, Gnorimus e Trichius. (BM Cetonia aurata. A Firenze effettuava le nozze promiscue della Magnolia grandiflora. La vidi anche in quantità notevoli sulle infiorescenze di Sambucus ebulus, Cornus paniculata, Hydrangea | quercifolia. Egm. MiLeR la notò sul Sambucus migra, sopra al- cune Ombrellifere, Rosacee, Crucifere e Composte. Cetonia metallica. Molto affine alla precedente, così nella forma come nei costumi. Cetonia stictica e marmorata. Figurano tra le Cetonie presso di noi più primaticcie. Le vidi frequentare fiori di molte piante in primavera. Cetonia hirta. Più vorace delle precedenti specie, pare che si attacchi agli stami di molte piante a fiori poliandri e ne distrugga una porzione. CLAUDON, a Colmar, la osservò divorare gli stami nei fiori di pero, argomentando che faccia con ciò grave danno alle piante in discorso. Ma siccome i fiori di pero sono poliandri | è probabile che il vantaggio dell’attuate nozze promiscue superi il danno di una parziale distruzione dell’androceo. Inca. Genere proprio dell'America tropicale. LACORDAIRE (Htst. nat. des. ins. III, 1856, p. 556) di quest’insetti dice: “ malgré leurs formes massives ils volent assez bien pendant la grande chaleur du jour et fréquentent alors les fleurs des arbres. » Gnorimus. Ha specie native dell’ Asia e della regione mediter- tanea. Si trovano tutte sui fiori. Trichius. Gareggia col genere Cetonia quanto alla sua efficacia nella dicogamia. Trichius nobilis. Trovato da E. MiLLeR sui fiori di Chrysan- themum leucanthemum. Secondo LATREILLE si trova preferente- mente nei fiori di Rosa, Sambucus, Viburnum. Trichius fasciatus. Specie molto più attiva e diffusa della pre- cedente, Venne da E. MiiLLeR osservata sui fiori di molte fami- glie (Ombrellifere, Ranunculacee, Rosacee, Caprifogliacee, Dip- sacee, Composte, Valeriane). Trichius sp. Venne osservata da ScHomBURGK frequentare & ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 377 ventine d’individui i fiori di Victoria regia, e corroderne il fi. Mico assai allungato, in guisa che può raccogliere e sug- gere il miele, anche se riposto in nettaroconche di una certa profondità. Siffatto lobo è ancora più allungato nel vicino genere Lichnia; supera in lunghezza il corpo stesso dell’ insetto ed ac- ‘cenna a un maggior grado di adattamento al vitto florale. L’An- thipna dell’Italia, il Glaphyrus della Siberia e dell’ Africa del Nord, l’ Amphicoma della Siberia si trovano costantemente sui fiori ed avendo il corpo assai peloso, secondo PALLAS, sono idonei . ad agevolare le nozze fiorali. Mancano dig circa le specie di . fiori che più prediligono. Rutelidi. Terza tribù di lamellicorni, Para delle due sopra citate nel còmpito di promuovere la dicogamia delle piante. Quasi tutti i suoi rappresentanti sono proprii dell’ America tropicale. . Dobbiamo considerare principalmente i generi Cyclocephala, Areo- 4 da, Pelidnota, Macraspis. Secondo Westwoon la Cyclocephala . melanocephala si trova in quantità entro i fiori di Datura arbo- rea; la Pelidnota micans frequenta i fiori di Geonoma, genere di palme brasiliane pigmee; le Macraspis volano attorno agli alberi con .un ronzio singolare e corrodono i fiori. Spesso il manto dei Rutelidi è adorno dei più brillanti colori. Coleotteri saprofagi e cadaverini. Anche questi possono talvolta | promuovere la dicogamia, ma in quelle specie soltanto i cui fiori, | foggiati a carcere o a ricovero di mosche o di moscherini, vanno . esalando un fetore cadaverico ed urinoso. La loro azione per al- «tro è da ritenersi succedanea e inferiore a quella delle mosche È e dei moscherini. Nelle caldaje dell’ Arum Dracunculus rinvenni © numerosi rappresentanti di Dermestes, Hister, Silpha, Saprinus, Nitidula e diversi brachelitri. Un concorso analogo ha luogo nelle . caldaje fiorali di una Hydnora d’ Abissinia, giusta quanto mi riferì il dottor EpoARDO BeccARI. Infine nel carcere fiorale micromiofilo 378 F. DELPINO, A dell’'Arum Italicum notai talvolta numerosi Oxytelus, ivi. attratti o dall’odore urinoso o dalla speranza di preda. |__| Prima di lasciare i coleotteri, dobbiamo parlare ancora di « specie, cioè dell’ Henicopus hirtus e di una specie di Nemognatha. i Il primo è un insetto dal corpo pelosissimo che osservammo in un _ prato montano visitare ad una ad una con grande alacrità le in- fiorescenze della Festuca ovina (Monte Senario presso Firenze, maggio, 1868). Certo è che così facendo promoveva egregiamente le nozze incrociate di detta graminacea: fatto tanto più notevole in quanto che la Festuca ovina è pretta anemofila. Ma quale era il movente delle sue visite? Non potei chiarire questo punto. Forse ricercava nei fiori di Festuca acari od altri animalcoli che | fornirebbero il suo nutrimento. Quanto ad alcune specie del ge- | nere Nemognatha, proprie dell'America tropicale, la loro predesti- i nazione a fiori provvisti d’un tubo mellifero è rivelata dalla me- | tamorfosi delle mascelle, le quali, analogamente a ciò che si os- serva nei Lepidotteri, sonosi allungate e assottigliate in modo tale da costituire un tubo aspirante, lungo circa 12 millimetri. FRITZ MiiLLER nel Brasile meridionale notò come una specie di questo genere visitava i fiori di una Convolvulacea (vedi E. MiLLER, 1. c., | pag. 33, in nota). $ 2. DITTERI. | J 1 I 4 . Nella qualità di agenti fecondatori delle piante i ditteri ven- nero nella natura di gran lunga preferiti ai coleotteri. Quali do- vettero essere le cause di questa preferenza? Senza dubbio la fa- coltà di più rapida locomozione, accordata ai ditteri a fronte dei coleotteri. Presso questi ultimi il pajo anteriore delle ali assu- mendo una funzione puramente integumentale e protettiva, non solo non serve al volo, ma impedisce colla sua rigidezza il libero moto delle ali membranose appiccate al metanoto. | Malgrado questa elezione e preferenza dei ditteri, malgrado sa molti apparecchi florali siano esclusivamente, preferentemente +0 promiscuamente, secondo i casi, adattati alla visita di determinate 1 _ ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 379 specie di ditteri, ciò nulla di meno ben pochi sono i ditteri che abbiano assunto forme, costumi e caratteri esclusivamente desi- gnati alla visita di dati fiori; e, ciò che è ben singolare, quei pochi che offrono adattamenti ai fiori, sono i meno attivi e i meno proficui per la dicogamia. Così le mosche carnarie, pronube delle piante sapromiofile; le psicode ed altri moscherini pronubi degli apparecchi micromiofili; le mosche ordinarie infine, pronube dei fiori di Periploca, Cynan- chum, Asimina, ecc., non hanno la menoma predestinazione alla | vita florale, e potrebbero vivere egregiamente, anche se non esi- | Stessero quelle piante, i cui fiori sono da esse mosche esclusiva- mente fecondati. Per converso quei pochi ditteri che mostrano predestinazione . alla vita florale, vogliasi in considerazione del polline e del miele | di cui si nutrono, come i sirfi, gli eristalidi, le volucelle; vogliasi ‘in considerazione di una lunga tromba aspirante atta a suggere | il miele, come i generi Rhingia, Empis, Bombylius, possedono al confronto minore efficacia ed attività nella faccenda di promuo- | vere la dicogamia nei vegetali. Ad ogni modo è certo che non si | può citare neanco una specie i cui fiori siano esclusivamente o anche solo preferentemente designati alla visita di ringie, em- . pidi e bombilii. * «La ragione di questa apparente anomalia crediamo che sia ri- | posta in uno dei più cospicui caratteri che segnalano i ditteri, nel | carattere cioè della stupidità. Laonde dovettero essere preferiti | fra i ditteri quelli che offrono tale prerogativa in grado insigne; È e infatti nei mirabilissimi apparecchi a carcere sapromiofilo e mi- i cromiofilo vediamo accorrere i predesignati ditteri in forza d’un inganno; inganno di odori e inganno di colori. Le mosche cada- verine accorrono ai fiori di Arum dracunculus ingannate dall’ o- dore cadaverico e dai colori luridi; le psicode entrano nelle spate 1 E. MiLLER (Die Befruchtung der Blumen, ecc., p. 68-69) congettura che della Iris pseudacorus esista una forma con fiori adattatisi all’azione della R%ingia ro- strata. Noi non possiamo accostarci a questa opinione, pur ammettendo i fatti da lui addotti in proposito. 380. F. DELPINO, dell’ Arum italicum e A. maculatum ingannate dall’odoré È che ne esala. Inoltre è principalmente presso parecchi fiori pone 4 fili (Ophrys, Cypripedium esotici, ecc.) che si produce 1’ inganno. dei falsi nettarii. Da ultimo giova riflettere che apparecchi florali a carcere non potevano razionalmente attuarsi se non che in re- lazione ad animalcoli stupidi al segno da lasciarsi incarcerare, e di rientrare subito in eguale trappola appena usciti dalla prima: | C. C. SPRENGEL aveva osservato questa particolare stupidità (Dummbheit) dei ditteri, facendone cenno in più punti della sua opera “ Das entdeckte Geheimniss, ecc: , Le nostre osservazioni c’ indussero la stessa persuasione in proposito e molte volte ci si presentò il destro di constatare la stupidità, anche in quelli che la offrono in grado minore, come gli eristalidi e i bombilii, — osservandone a lungo gl’ incongrui e frustranei diportamenti nel- l’atto di visitare certi fiori. Vedemmo per esempio un Bombylius ronzare assai tempo attorno a una fiorente pianta di Borago of-. ficinalis, i cui fiori non gli sono punto adatti; lo vedemmo passare quindi a circostanti fiori di Trifolium pratense, egualmente inu- tili per lui, ritornare dopo ciò ai fiori di Borago, poi di bel nuovo ai fiori di Trifolium, e ripetendo molte volte questo inutile andi- . rivieni perdere il suo tempo invano, senza mostrarsi suscettivo di essere edotto dalla esperienza. Bisogna per altro fare una eccezione per la R%ingia rostrata e per alcune specie di Empis, le quali svelano nelle visite. dei fiori una intelligenza non inferiore a quella di parecchie apiarie. Premesse queste cose passeremo in rapida rassegna quei dit- teri che nelle visite florali attirarono di preferenza 1’ attenzione nostra ed altrui. Moscherini pronubi di apparecchi florali a carcere. Apparten- gono alcuni alla famiglia degli Atericeri, altri a quella dei 7%- pularti. Altrove diemmo il catalogo delle specie trovate incarce- rate nei fiori di Ceropegia elegans, Arum italicum e di parecchie specie di Aristolochia. Appartenevano ai generi Lonchaea, Phora, Oscinis, Drosophila, Limosina, Gymmnopa, Chironomus, Ceratopo- | gon, Sciara, Psychoda, Cecydomya, Scatopse. MiiLLER (Befrucht. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 381 d. BI., ecc. p. 110) aggiunse due specie, la Sapromyza apicalis ela Myodina fibrans. | Moscherini visitatori di altri fiori. Piante fiorenti di Rhamnus Alaternus, Euphorbia sylvatica ed altre, vidi a Chiavari frequen- ‘tate talvolta da nubi di moscherini; pronubi succedaneissimi, se ‘si considera la esiguità del loro corpo sproporzionata ai fiori, mentre i pronubi veri sono mosche di grossa e mezzana statura. Altri moscherini sono addotti da MiiLLER (1. c.) come. visitatori dei fiori di 4doxa, Chrysosplenium e di altre specie, ma la loro azione come pronubi cade nell’insignificanza. Culex pipiens. Venne da me osservata a Firenze due volte in ‘anno diverso visitare con grande avidità i fiori di una Coccoloba. . Ricercava i nettarii e suggeva colla proboscide il miele. Riferisco ‘il fatto, non già perchè la zanzara debba essere annoverata fra i pronubi delle piante, ma perchè questa deviazione d'istinto parmi un fenomeno interessante in alto grado. Erm. MiLLER (1.c. pag. 153) osservò lo stesso insetto visitare i fiori di Ahamnus frangula e | suggerne il miele. Mosche carnarie: e cadaverine. Furono elette in natura a fe- . condatrici esclusive dei fiori sapromiofili, ossia di quelli che span- . dono fetori cadaverici, o di carne putrida o di pesce marcio e si- mili, con solenne inganno per parte dei fiori e solenne stupidità ‘per parte dei pronubi, i quali, credendosi sopra un cadavere, ‘| spesso depongono sulle corolle le loro uova o i loro bachi, con- . dannandoli a certa morte. Le specie principali appartengono ai generi Calliphora, Sarcophaga e Lucilia. Accorrono anche sui fiori delle piante macromiofile (Buxus, Ilex, Rhamnus ete.); ma in tal | caso non sono pronube esclusive, condividendo illoro compito con ; una infinità di altre mosche. Mosche ordinarie di manto disadorno. Elette ad esclusive o almeno preferite pronube dei fiori macromiofili. Possono essere di « grande o di mezzana statura. Oltre le mosche cadaverine succi- | tate qui figurano le specie di Anthomyia, Cyrtoneura, Echinomyia” e di moltissimi altri generi. .. Mosche florali di manto adorno. Appartengono alla tribù dei 382 F. DELPINO, ; Sirfidi, e più specialmente ai generi Erystfalis, Helo phus, Chrysotorum, Volucella, ecc. La loro azione pre stimiamo inferiore a quella delle mosche e dei mos citati, quantunque siano assai moltiplicate. Esse accom verità sopra una grande quantità di ‘fiori limo svariate famiglie, e per solito colorati in bianco e in gialle cotali fiori sogliono essere Di preferenza designati agli api 5 quindi è che la loro azione è subordinata a quella degli ‘apiarii stessi, ed acquista una certa importanza soltanto allorquando o. la stagione fredda o una fredda località ha impedito lo sviluppo. degli insetti apiarii. Acquistano pertanto importanza nei primi giorni di primavera, nei giorni autunnali e nelle località montane. ed alpine. In tali condizioni di tempo e di luogo esse manifesta-. mente surrogano gli apiarii, di cui, spesso con sorprendente mi- mismo, vestono la livrea. I Oltre i gruppi di mosche, fin qui contemplati, troviamo oppor- tuno di considerare PORRI le seguenti specie e generi di ditteri: | Lomatia Belzebul. Nei dintorni di Firenze notai più volte que- sta specie visitare con alacrità i fiori di Leucanthemum e di An- themis tinctoria. Tale predilezione fa sì che debba essere anno- verata fra le normali pronube di dette piante. Rhingia rostrata. Questa specie, sia per la sua proboscide. lunga circa 11 millimetri ed atta ad estrarre il miele da tubi mel- liferi di eguale o minore profondità, sia per la intelligenza ed at- tività che spiega nel visitare i fiori, merita di essere considerata come un’apiaria. A Chiavari, a Firenze, a Vallombrosa la vidi visitare con regolarità ed alacrità fiori di Lychmis Flos Cuculi, Calamintha nepeta, Geranium pyrenaicum. Erm. MiLtER (1. c.) adduce una quantità di specie appartenenti alle più svariate fa- miglie, aventi fiori visitati da questo dittero. Nelle nostre regioni per altro stimiamo assai scarsa la sua azione pronuba, iidanae. una specie da noi poco moltiplicata. Empis. Le specie di questo genere, massime quelle di piccola statura, emulano in intelligenza la RWhingia. Notammo con quale i a ra I ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA, 383 avvedutezza giungevano a scoprire i nettarii di Z'ulipa sylvestris, di Potentilla Fragariastrum e di altre piante. Sogliono essere assai moltiplicate nel numero degl’individui, e non ostante sti- iamo debolissima la loro azione pronuba, per la lentezza e pi- grizia dei loro movimenti, e fors’anco perchè, saziandosi con poca quantità di miele, non hanno incentivo a passare con cele- rità da un fiore all’altro. Facciamo eccezione per una piccola specie, la quale visitava con regolare prestezza i minuscoli fiori | della Lobelia Erinus, equivalendo certamente in attività ed effi- | cacia ai piccoli Halictus che frequentavano i fiori stessi. Bombylius. Le specie di questo genere mi sembrano di gran . lunga meno intelligenti delle Empidi e delle Ringie. Mi parve di | osservare in essi una predilezione ai fiori delle Labiate. Malgrado | che contino un numero grande d’individui, la loro azione pro- nuba noi la reputiamo affatto insignificante. La loro proboscide è assai lunga, ma tanto esile e liscia che poco o nulla si presta alla trasposizione pollinica. Il loro corpo è pelosissimo, ma non . suol venire in contatto nè colle antere, nè cogli stimmi dei fiori che visitano. È da .avvertire che i peli, i quali costituiscono il loro ornamento, sono tanto caduchi, che verisimilmente e per quanto potei osservare essi evitano ogni contatto con corpi resistenti. ° Nei bombilii abbiamo così un bell'esempio di adattamento uni- laterale ed egoistico. Essi vivono a spese dei fiori, poichè unica- mente di miele si cibano, ma senza prestare ai fiori notevole van- taggio. Forse si deve fare una eccezione per alcune specie di Myo- sotis e di Vinca, i cui tenui tubi florali vedemmo esplorati anche dai bombilii, con plausibile effetto dicogamico, considerando che il polline di dette piante può aderire alla esile e liscia loro pro- — boscide o mercè la propria glutinosità (nel Myosotis), o mercè | speciali disposizioni di agglutinamento (nella Vinca). Per altro non si deve perdere di vista che i Myosotis e le Vinche sono de- signati preferentemente a pronubi ben più idonei e robusti dei bombilii. 384 F. DELPINO, 190 $ 3. IMENOTTERI. oa rai 87 Ki MISE È CHAT] Nessun ordine di animalcoli ha dato tanti iran al regno ve- | getabile quanto quello degli imenotteri. Cinque sono le famiglie che forniscono un contingente di pronubi più o meno appropriati, più o meno numerosi. Principale è quella degli Apiarii; poi ven- gono quelle dei Vesparii, dei Fossori, degli Icneumonidi, dei Gal- licoli. Gli Apiarii, legati quanto al cibo onninamente alla vita florale, sia durante lo stato larvale che in quello d’insetto perfetto, vi- sitano i fiori per doppio incentivo, cioè per raccogliere polline e miele. Vesparii, Fossori, Icneumonidi, se Frog usnABe fiori, ciò fanno soltanto per prendere miele. | Per valutare l’importanza dei differenti Apiarii, rispetto alla esecuzione della legge dicogamica, bisogna considerarli sotto di- versi aspetti. Dobbiamo da prima distinguere Apiarii sociali e Apiarii solitarii. Gli Apiarii sociali, mediante la facoltà della par- tenogenesi e procreando una casta apposita, quella delle operaje, dedicata alla raccolta del polline e del miele, sono i più impor- tanti ausiliarii delle nozze vegetali, in quanto che, mercè detti due spedienti biologici, si moltiplicano nelle diverse località in "esatta proporzione dello sviluppo delle piante ad essi designate. Tali sono le specie dei generi Apiîs, Melipona, Trigona, Euglossa, Bombus. | Un secondo aspetto, pure assai importante, è la considerazione delle parti pelose del loro corpo, predesignate all’ablazione del polline e alla impollinazione degli stimmi. Sotto questo punto di vista il primo posto spetta ai bombi, tutto il loro corpo essendo vestito di fitti peli, e potendo essi eseguire con eguale facilità ogni sorta d’impollinazione cefalotriba, nototriba, sternotriba, pleurotriba. Altri apiarii hanno una fitta spazzola di peli disposti sotto l'addome, "e sono designati a quei fiori melittofili, la cui struttura rende opportuna un’impollinazione sternotriba. Tali sono le specie dei genéri Osmia, Megachile, Heriades, Chelostoma, / ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 385 Altri generi, cioè HMalictus e Andrena, hanno i peli pollinilegi di- sposti lungo i femori; ciò indica predesignazione a visitare flo- sculi disposti in calati e capolini alquanto lassiflori, quali sareb- bero per esempio quelli di molte Dipsacee è Composte. In terzo luogo devesi por mente alla varia lunghezza dell’ ap- parato buccale suggente. È manifesto che quelli che lo hanno as- sal lungo (Bombus hortorum, Bombus italicus, le specie di An- thophora), o lunghissimo al punto d’eguagliare o anche superare in lunghezza il corpo (Euglossa), possono diventare pronubi esclu- sivi di quei fiori melittofili, che hanno un tubo o sperone melli- fero lungo in proporzione. - Bisogna infine por mente alla maniera di volare; perchè se quegli apiarii i quali raccolgono il volo ad ogni fiore che visitano (Apis, Bombus, Halictus ecc.), potranno fare in un determinato tempo una data quantità di lavoro, assai maggiore ne verrà fatto da quegli altri i quali, forniti di volo più potente, possono soste- nersi librati sulle ali alla guisa delle sfingi (Anthophora, femmine di Eucera). Fra tutti gl’insetti pronubi dei fiori, gli Apiarii si distinguono per un più alto grado d'intelligenza. I fiori riserbati agli Apiarii corrispondono meravigliosamente a questa prerogativa, e se le specie sapromiofile e micromiofile, conformemente alla stupidità : dei pronubi, preparano loro inganni, trappole e carcere, le spe- cie melittofile invece serbano agli Apiarii un prezioso liquore ge- losamente custodito in recipienti reconditi, non reperibili da ani- malcoli forniti di scarsa intelligenza. Dei fiori melittofili altri si adattarono a essere visitati promi- scuamente da molte specie di Apiarii, altri restrinsero il cerchio dei loro visitatori mediante congrui adattamenti ai costumi, al volo, al vestito, e sopra tutto alla conformazione dell’ apparato buccale dei preferiti pronubi. i Da parte loro gli Apiarii si adattarono a visitare un maggiore o minore numero di specie melittofile. Le api sopra ogni altro imenottero possono essere dette onnivore, giacchè frequentano . non solo quasi tutti i fiori melittofili, ma vanno eziandio su fiori Vol. XVII. I 25 - 386 F. DELPINO, macromiofili, e, per raccogliere polline frequentano talvolta i fiori | delle piante anemofile più decise (Fagus sylvatica, Mercurialis. annua, Plantago lanceolata, ecc.). Nella qualità di onnivori dopo le api vengono i bombi. Gli altri Apiarii sogliono limitare le loro visite a un cerchio più ristretto di specie fiorenti, finchè netro-. viamo alcuni i quali non visitano che una o poche specie di fiori. Così, come abbiamo altrove già accennato, la Macropis labiata, per ragioni che sarebbe difficile definire, restringe le sue visite quasi esclusivamente ai fiori della Lysimachia vulgaris e L. pun ctata, e questo è il risultato conforme delle osservazioni fatte in Vestfalia, -a Firenze, a Vallombrosa; perciò non è a temere che si tratti d'una mera accidentalità. Parimente l’ Anthidium mamica- tum visita quasi sempre fiori di Labiate. 30 Del costume che osservano le api e.i bombi in visitare dal basso verso l’alto i fiori nelle infiorescenze racemose, con tanto profitto per la dicogamia, abbiamo già fatto parola, e così pure del co- stume delle api di visitare in ogni loro escursione una sola ‘sorta di fiori. | I Vesparii yisitano i fiori nell'unico scopo di prendere il miele. Inferiori di gran lunga agli Apiarii quanto alla efficacia dell’ azione pronuba, meritano di essere presi in considerazione in grazia prin- cipalmente dei generi Vespa e Polistes. Per concordanti osserva- zioni fatte in Germania, in Inghilterra, in Italia da C. C. SPREN- GEL, da C. DARWIN, da E. MiiLLER e da noi, si adattarono a pro- nubi quasi esclusivi dei generi Scrophularia, Epipactis, Simpho- ricarpus. I motivi di questa reciproca preferenza, di questo mutuo adattamento non si conoscono. Grande importanza per la dicoga- mia, nei luoghi ove è indigena, deve avere la Polistes Lecheguana, giacchè aberrando dal'costume delle sue congeneri, fa raccolta di miele e lo depone nelle celle delle sue nidiate; miele velenoso o innocente, secondo le specie fiorenti che visita. I Fossori non sono senza importanza per la dicogamia, giacchè le specie dei numerosi generi di questa famiglia prediligono più | o meno il miele dei fiori. Non ostante non conosco una pianta della quale si possa dire che sia preferentemente adattata ai Fos- . wi ULTERIORI OSSERVAZIONI E: CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 387 sori: Fra tutti il più importante, almeno in Italia, è il’ genere Scholia. Alcune sue specie mi è sembrato che preferiscano i fiori tinti in ametistino e ceruleo, massime se appartenenti a piante corolliflore. La Scholia flavifrons ha una singolare predilezione per le ombrelle dell’ Asclepias Cornuti. .. Gl’Icneumonidi non dovrebbero punto figurare in questo para- grafo, se non esistesse in Europa una pianta, la quale, per un fenomeno inesplicabile, si è adattata ad essere quasi esclusiva- mente visitata e fecondata da essi. Alludo alla Listera vata. Da C. C. SprENGEL e da Erm. MiiLLeR in Germania, da CARLO DAR- WIN in Inghilterra e da noi in Italia (a Vallombrosa) è-stata 08- servata l’ablazione pollinica e la impollinazione degli stimmi per parte di alcune piccole specie di Icneumonidi. MiiLLER (Die Be- frucht. der BI. ecc., pag. 79). dà l'elenco delle specie da lui sor- ‘ prese nei fiori di Listera, che sono 1’ Ichneumon uniguttatus, il Microgaster rufipes, una specie di Alysia, una di Campoplex, due specie di Phegadeuon, due di Triphon, tre di Cry sera Quali pos- sano essere le cause di questa strana preferenza s° ignora ORE tamente. Infine la famiglia dei Gallicoli dà un genere dol di pro- nubi al regno vegetale, cioè il genere Cynips. Alcune sue specie, come è notissimo, sono gli agenti della caprificazione, ossia delle nozze incrociate nel vasto genere Ficus. $. 4.° LEPIDOTTERI. I lepidotteri, allo stato d’insetto perfetto, o non mangiano punto, 0, salvo qualche rara eccezione, vivono soltanto del miele dei fiori. In relazione a ciò le loro mascelle si sono metamorfiz- zate in una-tromba aspirante sottilissima, di lunghezza variabile e spesso prodigiosa, destinata a suggere il miele dai più profondi ed esili tubi e speroni melliferi. Riferito questo costume dei lepidotteri, non è già detto che tutti debbano riuscire. utili per l’incrociamento delle piante, e che tutti siano stati eletti in natura per tale scopo. Di essi ben si può dire: multi sunt vocati, pauci vero electi. 388 | F. DELPINO, La famiglia dei Diurni non ha grande importanza per la dico- gamia, a quello che si può giudicare dallo scarso numero delle piante ad essi designate, o preferentemente (Centranthus ruber, Trachelium coeruleum ecc.), o promiscuamente cogli Apiarii (Cu- pularia viscosa, parecchie altre Composte e Dipsacee, Asclepias curassavica ecc.). Le specie più importanti SPpaE cr] ai ge- neri Pieris, Ehodocera, Limemitis, ecc. La famiglia dei Notturni non è verisimilmente senza impor- tanza; ma poco si può dire di bene accertato in proposito, ostando l'oscurità della notte a farsi un fondato criterio in proposito. Per contro nella famiglia dei Crepuscolari vi è il gran genere Sphinx, i cui rappresentanti debbono aversi fra i più attivi pro- nubi esistenti, come si può arguire, non solo considerando il ve- locissimo loro diportamento nel visitare i fiori, ma più ancora enumerando le numerose e caratteristiche specie, i cui fiori, con insigni adattamenti, si addimostrano sfingofili nella maniera la più recisa ed esclusiva. Le Sfingi fra tutti gli insetti hanno il volo rapidissimo$ quindi in un breve tempo possono eseguire uno straordinario numero di visite florali. Questa è senza dubbio la ragione per cui furono elette a fecondatrici esclusive di non poche piante. Ma queste piante, per attirare le sfingi, dovettero eliminare le visite degli altri insetti, ed acquistare caratteri armonizzanti colla natura degli eletti pronubi. Gli è perciò che si fissarono nei fiori sfin- gofili i caratteri: 1° della fioritura crepuscolare e notturna; 2° di odori soavi e fortissimi; 3° di colori o bianchi o gialli o calendo- lacei che meglio spiccano nella penombra notturna; 4° di tubi e speroni melliferi, esilissimi, di lunghezza variabile entro i limiti più distanti, e ciò in armonia colle diverse lunghezze della probo- scide nelle diverse specie di sfingi. Già nelle Sfingi europee si verifica una diversità notevole nella lunghezza della proboscide. Presso alcune specie, per esempio, presso la Sphinxa Euphorbiae, la proboscide è lunga poco più di due centimetri, in armonia cogli speroni e tubi melliferi di L2- lium Martagon, Lilium croceum, Platanthera chlorantha, ecc., ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 389 mentre in altra specie, per esempio, nella Sphinx Convolvuli è lunga sette od otto centimetri, in armonia coi lunghi tubi melli- feri di Pancratium maritimum. Ma devono esistere Sfingi esotiche, provviste di proboscide ben , più lunga. Già notammo che nelle Antille, nella Gujana, a Sierra Leone debbono esistere Sfingi aventi una proboscide lunga al- — meno due decimetri e più; tanto occorrendo per poter libare il miele da tubi e speroni melliferi d’ enorme lunghezza, quali si osservano nei fiori di non poche specie esistenti in detti luoghi ed appartenenti a svariate famiglie. L’azione delle Sfingi nel visitare e fecondare i fiori, sia sotto l’aspetto della rapidità e del modo di volare, sia sotto quello della lunghezza spesso enorme dell’ organo suggente, ha una estre- ma analogia con quella dei trochili. Quindi anche nell’ esterna configurazione del corpo le Sfingi ripetono con singolare mimismo le forme dei Trochili. Da questa considerazione si possono trarre i seguenti due corollarii: 1° che in quelle regioni ove i Trochili fanno difetto, le Sfingi possono surrogarli nella fecondazione di alcune specie; 2° che debbono esistere forme fiorali promiscua- mente designate ai Trochili e alle Sfingi, in quei paesi ben inteso ove coabitano gli uni e le altre. La visita delle Sfingi ai fiori si effettua nelle ore serotine e not- turne; ma, per una eccezione assai notevole, la Macroglossa stella- tarum va in giro eziandio di giorno, e anche quando splende il sole. La proboscide dei lepidotteri essendo sottilissima, si crederebbe non poter adempiere la sua funzione, salvochè nell’interno di un tubo mellifero esile. Ma una volta osservai un individuo di Lime- nitis Camilla leccare il disco mellifero, espanso ed apertissimo, di un’ombrellifera, per altro non senza addimostrare un certo di- . sagio. | O $ 5.° UCCELLI MELLISUGI. Uno dei più importanti ordini di animalcoli intermediarii delle ‘nozze florali è quello degli uccelli mellisugi. Il discorrere della | parte ch’essi hanno nel promuovere la dicogamia fra le piante è YO: AIMEDODIE A one F. DELPINO, —— RAI >) 0a Est un argomento non mai stato trattato ex professo fino ‘a. punto. Anche dopo che CARLO DARWIN, mercà le sue belle presi hi stigazioni sulla impollinazione delle Orchidee, fece convergere l’attenzione dei naturalisti sui naturali bon delle piante, s "> SRORE omise di prendere i in considerazione l’agenzia es uccelli in di- SCOrSO. | To hh ara Non venne accordata quell’importanza dia meritavano i ‘mol- teplici cenni dati da tanti e tanti viaggiatori e naturalisti sulla costante -circumvolazione di detti volatili intorno agli alberi in fioritura. Neanco venne data importanza ad un a priori che spontaneamente si presenta all’intelletto. Se in natura a pronubi dei fiori vennero, per via di lenti accomodamenti, elette ed edu- cate molte stirpi d’insetti, i quali tuttavia sotto l’aspetto della celerità e. della potenza del volo stanno di gran lunga addietro agli uccelli, o perchè talune stirpi di questi ‘celerissimi volatili non doveano parimente in progresso di tempo essere, usufruite per la trasposizione pollinica da fiore a fiore? Indagini apposita- mente instituite avrebbero subito giustificato questo @ priori. Causa di questa omissione fu probabilmente un errore divul- gato assai largamente dagli autori di trattati di zoologia. Con- sultiamo per esempio Van der Hoeven (Handbuch der Zoologie; vol. 2°, pag. 483-484, Lipsia, 1852-56). Egli afferma che i Tro- chilidi si nutrono soltanto d’insetti, e che la loro lingua, bifida alla cima e lunghissima, serve soltanto ad estrarre gl’insetti dal calice dei fiori. Trattatisti anche più moderni, ad esempio Schmar- da e Canestrini, ripetono lo stesso errore, e male interpretano la funzione d’un apparato buccale, che, al pari di quello degli Apia- rii e delle Sfingi, è nella più evidente correlazione coi nettarii florali. PI) E con ciò non si vuol negare che gli uccelli ici isa pren nutrimento anche da piccoli insetti ; soltanto si vuole affermare che la forma e i caratteri del becco e della lingua loro, la configura- zione del loro corpo e il modo di volare che ripete con sorpren- dente mimismo quello delle Sfingi, hanno principalissima attinenza colla visita dei fiori provvisti di tubi o speroni o sacchi melliferi ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 391 più o meno lunghi, e collo scopo di sorbire il miele ivi abbon- dantemente raccolto. à Ma dalla erronea opinione diffusa dai trattatisti si tennero de- bitamente lontani i monografi dei Trochilidi, Lesson e GouLp fra gli altri. Il primo, per esempio (Histoire naturelle des Oiseaux Mouches, des Trochilidées, ecc.), dice che il vitto melleo è stato da molti negato agli uccelli-mosche, ma che sono tante le prove che si hanno del contrario da non valer la pena di combattere questo errore. Acquiescendo noi pienamente a questa sentenza, accenne- remo appena che il padre MoNTDIDIER, il generale DAVIES, Quoy e GavmarD, GouLp ed altri mantennero in vita per assai tempo molte specie di trochili e di nettarinie, somministrando loro miele o sciroppo. Con esperimento ancor più decisivo LEVAILLANT man- tenne vivo per lungo tempo in cattività il Roi des sucriers (Pro- merops ?) dandogli a suggere unicamente fiori di Protea e di una Labiata. Adunque i caratteri di adattamento degli uccelli mellisugi ai fiori sono: 1° un becco più o men lungo, sottilissimo, dritto od arcuato, da cui esce una lingua sottilissima, lunga, retrattile, bi- fida profondamente, a lacinie canaliculate, spesso piumosa alla cima, atta allora ad imbeversi come spugna del miele dei fiori ; 2° un volo, potentissimo, mercè cui non solo è possibile una rapi- dissima locomozione da uno ad altro fiore, da una ad altra pianta, ma può anche essere sostenuto il corpo immobile dinanzi all’a- pertura dei fiori predesignati, i quali possono perciò far senza di ogni tavola d’appulso e di ogni fulcro; 3° una statura insolita- mente piccola, proporzionata alle medie dimensioni dei fiori or- nitofili. I caratteri di adattamento dei fiori soli uccelli mellisugi, come già abbiamo altrove accennato, sono i seguenti. {l miele deve es- sere prodotto in straordinaria abbondanza, giacchè detti volatili, forniti di polmoni e di attivissima respirazione, banno bisogno di grande quantità di alimento respiratorio. Non è il senso dell’odo- rato che predomina in siffatti pronubi; quindi i fiori ad essi de- 392 F. DELPINO, 1 01an E signati sogliono essere inodori. Esaltatissimo invece è il senso | estetico delle forme e dei colori, come si evince dal brillantissimo. | vestito proprio di tali uccelli; quindi i fiori ornitofili sogliono svi- luppare i più splendidi colori e le più vaghe forme. La generale struttura poi dei fiori, la configurazione dei tubi melliferi, la gros- | sezza e lunghezza dei medesimi tubi, la orientazione fiorale, la mancanza d’organi di fulcro sono in corrispondenza cogli uccelli mellisugi in genere, o con diverse stirpi di essi in ispecie. Gli uccelli mellisugi appartengono a due grandi famiglie, dei Cinniridi, cioè e dei Trochilidi. Ma, quasi a dimostrazione del modo come in natura si produssero siffatte stirpi per via di pro- gressivi adattamenti al gibo florale, possiamo addurre esempi di uccelli d’ altre famiglie, che mostrano una tendenza iniziale di vi- sitare i fiori e di suggerne il miele. | Curzio SPRENGEL (Bau und Natur der Gewichse, Halle, 1812, I pag. 551)! riferisce che il Parus ater e una specie di Certhia | furono osservati visitare i fiori di Agave vivipara. | | Lesson (Hist.. des Vis. Mouches ecc., vol. 1) riferisce di avere | osservato in alcune specie di Psittacula abitudini mellisughe, e una lingua conformata allo scopo di estrarre miele dai fiori. | ALrreDo WaLLace (The Malay Archipelago, Londra, 1872, pag. 330) riferisce che-nell’Isola di Batchian (arcipelago delle Molucche), allorchè fiorisce una specie di Eugenia, un altro psit- taco, la Charmosyna placentis vola a frotte sui fiori e ne sugge il miele. Ma queste sono eccezioni o, se si vuole, inizii di stirpi mellisu- ghe, laddove i Cinniridi e i Trochilidi tutti i loro numerosi rap- presentanti li hanno legati più o meno strettamente alla vita. florale. Latissima è la distribuzione geografica degli uccelli mellisugi. Correlativamente lata è la diffusione delle piante ad essi desi- gnate. I Trochilidi sono confinati esclusivamente nell’ America, ‘ossia ta dt iii rei den ! Citato da AXELL, Om anordningarna ecc. Stoccolma, 1869, pag. 51. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 393 nella parte occidentale del globo. Con perfetto antagonismo i Cin- niridi occupano la parte orientale della terra, cioè l’ Africa, l’ A- sia, l’Australasia; ma bisogna fare una eccezione del genere Coe- reba, nativo dell’ America del Sud. Mentre America, Africa, Asia, Australasia hanno ciascuno i pro- prii uccelli mellisugi, 1 Europa ne manca assolutamente. Con mi- rabile correlazione mancano in Europa altresì quelle forme flo- rali brillanti e splendidissime che si ammirano in tutte le altre parti del mondo. Il fatto ‘di questa mancanza è alquanto difficile a spiegarsi. Al- tri sarà propenso a credere che sia ciò dovuto alla più bassa tem- peratura dell’Europa. Ma questa opinione perde di valore se si riflette che alle elevate e fredde montagne dell’ Abissinia non mancano le Nettarinie, come non mancano Trochili alle nevose Ande, alla Patagonia e al Canadà. Vero è che il numero degl’individui e delle specie, massimo nelle zone più calde della terra, gradatamente diminuisce nelle zone temperate. Nelle zone fredde più non penetrano se non che poche specie peregrinanti, che vi si trattengono nella state e ri- passano in autunno a climi più caldi. Premesse queste generalità, passeremo ad alcune poche osser- vazioni di dettaglio, relative a parecchi generi e specie d’ uccelli mellisugi, e raccolte da diversi autori. FAMIGLIA PRIMA. CINNIRIDI. I generi principali di questa famiglia sono Nectarinia, È ace Promerops, -Melithreptus e Meliphaga. Nectarinia (Cinnyris Cuv.). Genere abbondantissimo di specie, sparse in quasi tutta l’ Africa, nell’Indie Orientali e nelle isole dell’ Arcipelago indiano. Le Net- tarinie abbondano sopratutto al Capo di Buona Speranza. Sono chiamate Suimanga dai Madagassi, Blomsuyger o suggifiori dai 394 F. DELPINO, a) coloni olandesi, Sucriers dai francesi. Al Capo di Buona Spec “ le mois d’avril est l’époque è la quelle les souimangas fréquen- tent les environs de la montagne de la table; ils y sont attirés par la grande quantité des Protéas mellifères, dont les cònes leurs fournissent en abondance une liqueur sucrée, et. lorsque ces arbrisseaux ne sont pas fleuris, ce sont les Virgilias qui nour- rissent ces charmants oiseaux. Les fleurs de ce dernier arbre res- semblent è celles du Robinia Pseudacacia; elles en ont la blan- cheur et le parfum, mais paraissent ne contenir qu’une très-pe- tite quantité de nectar. Aussi voit-on les: Souimangas voltiger . de branche en branche et plonger leur langue rétractile et plu- meuse dans chaque fleurs.... Ces oiseaux sont faciles à c nser- ver vivants. Nous en avons eu un pendant quelque jours, qui, du matin au soir, ne faisait que tremper sa langue dans l’eau su- crée. , Quor et GAMARD, Voyage autour du monde par Freycinet, Zoologie, 1824, pag. 25-26. Nectarinia famosa, HeueLIin (Ornithologie Nordist-Afrika?s, 1869) la osservò visitare fiori di Erica, Echinops, Rhinchopeta» lum montanum nelle alpi dell’ Abissinia centrale, all'altezza di 10 a 14 mila piedi sopra il livello del mare. Nectarinia tacaziena. Osservata da HeuaLIN (1. c.) in luoghi bassi ed elevati dell’ Abissinia. Talvolta si trova a 13 mila piedi d’ elevazione. Nectarinia pulchella. Specie assai ra trovandosi in Abis- sinia, nell’ Alto Egitto, nella Nubia, al Senegal, al Capo di Buona Speranza. Nectarinia metallica. Anche questa specie è molto diftusa. Tro- vasi nell’ Alto Egitto, nella Nubia, nell’ Abissinia, ecc. Nectarinia platura. Osservata dall’ Antinori nel paese dei Djur frequentare i fiori di Cassia (?). Nectarinia erythroceria. Abita le sponde del Nilo Bianeo e del Fiume delle Gazzelle. HeUGLIN (1. c.) la osservò frequentare i fiori di Kigelia. | Nectarinia Jardinei. Trovata nel Gabun, in Angola, Zanzi- bar, a Madagascar. E RE SI O IOANNIS POE PORTA ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 395 Nectarinia cruentata. Gli alberi'da questa specie preferiti ap- partengono ai generi Euphorbia, Dalbergia, Cordia, Acacia. Heu- GLIN (I. c.). Nectarinia habessinica. refer boschetti d’ Acacia e di Asdepias HeuGLiN (I. c.). +. Nectarinia affinis. Dell’ Abissinia e del Tigre. Ama i boschetti d’Acacia, d’ Asclepias, d’ Euphorbia. Nectarimia Longuemarti. Del Senegal e della Nigrizia. ii gli alberi di Morelia e di Butyrospermum. Nectarinia Osca. Specie interessantissima sotto 1’ aspetto geo- grafico, essendo stata trovata in Siria nelle pianure di Gerico. HeuGLIN (I. c.). Nectarimia cardinalis. Del paese dei Namachesi presso il Capo di Buona Speranza. Secondo LEVAILLANT vive principalmente del nèttare di Aloe dichotoma e di una liliacea a fiori di colore scar- latto. Nectarinia formosa e N. chalybaea. Dell’ Africa del Sud ad oriente del Capo. Ronzano a stormi numerosi intorno ai fiori di Agave americana, pianta che ivi si è naturalizzata ed estrema- mente moltiplicata. Firsca, Drei Jahre in » Biid- Afrika, 1868, pa- gine 237-238. -Nectarima Medaluralrticto Del EROE Nectarinia Lotenius. Del Madagascar e delle coste dell’ Africa orientale sino a Ceylan. Nectarinia subflava. Dell’ Tadia; Nectarinia chrysoptera. Del Bengal. Nectarinia amboinensis. D’ Amboina. | Nectarinia Kuhlii. Di Giava. Osservata visitare i fiori di Lo- ranthus lepidotus e L.fulvus. KortHALS, Verhandeling over de op Java, Sumatra en Borneo verzamelde Loranthaceae ; pag. 32. Nectarinia auriceps e N. Proserpina. Delle Isole Molucche. Waxtace, Malay Archipelago, ediz. 1872, pagine 330 e 391.” > Nectariniae spec. Delle Isole Marianne. “ Des souimangas rou- ges et noirs sans reflets metalliques habitent entre les. larges feuilles des palmiers et pompent leur sève sucrée. , Quor et GAI- MARD, Voyage autour du monde, par Freycinet, 1824, pag. 35. 396 F. DELPINO, i. } casa Coereba. I 20 perse LAMIPOO. | Questo genere poco differisce dal precedente. Tutte le specie per altro si trovano nell’ America meridionale. Circumvolano pa-. rimente attorno agli alberi in fioritura. Alcune specie ficcano an- che il becco nelle naturali screpolature dei culmi di canna da. zucchero, suggendo il succo dolce e vischioso che ne cola. Coereba cyanea. Della Gujana. Promerops. “ Le second genre que nous avons à mentionner est celui des Promerops, qui comme les Souimangas ont une langue plumeuse, canaliculée, et recherchent les plantes mellifères ,. Quor et Gai- mard, Voyage autour du monde par Freycinet, 1824, pag: 26. Promerops cafer. È forse l'uccello mellisugo di maggior mole che esista. Vive principalmente a spese delle grosse calatidi di Protea, al Capo di Buona Speranza. Melthreptus. Melthreptus vestiarius. Dell’ Isole Sandwich. Melithreptus lunulatus. Dell’ Australia e della Tasmania. Meliphaga (Philedon Cuv.). “ Nouvelle Hollande, Terre d’ Endracht et Nouvelle Galles du Sud... Les arbrisseaux et les plantes herbacées ont leurs feuilles du- res, épineuses; mais la pluspart ont un caractère particulier, c’est que leurs fleurs sont remplies d’une liqueur sucrée abondante, seule nourriture que la nature ait, pour ainsi dire, accordée è quelqu? espèces d’oiseaux, et pour la quelle ils ont regu, par une admi- rable prévoyance, une langue rétractile en pinceau, remplissant l’office d’un siphon vivant. C'est ainsi que nous avons vu au Cap ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 397 de Bonne Espérance les Sowimangas et les Promerops, toujours suspendus aux Virgilias et aux Proteas employer presque tout leur temps àè pomper un aliment aussitòt digéré que pris. , “Au Port Jackson une famille toute entière participe de la méme organisation. Si les Philedons ont aussi la langue plumeuse et sont obligés de picorer comme les abeilles, la nature ici plus soigneuse a mis à leur portée, avec une sorte de profusion, un bien plus grand nombre de végétaux mellifères. En effet on ne peut faire un pas sans rencontrer d’énormes Banksias dont les cònes élégants fournissent un suc abondant; des foréts entières de gigantesques Eucalyptus, des Xanthorrheas, des Styphélias, et une foule d’autres arbres donnant plus ou moins de liqueur miel- leuse aux oiseaux qui parcourent leurs branches. , “Le plus grand des vrais Philedons est celui à pendeloques. Vient après une espèce grisàtre, dont nous avons nourris pendant quelque jours des individus, en leur présentant de l'eau sucrée dans laquelle ils plongeaient tout d’abord leur langue éffilée. , Quor e GamaRD, Voyage autour du monde par Freycinet, 1824, pag. 74. Noi abbiamo voluto riportare qui per intiero 1’ ammirabile brano di due naturalisti circumnavigatori, dove con mano mae- stra sono colpiti i reciproci adattamenti tra i Cinniridi e le piante nutrici. La prima specie di Philedon cui essi alludono, verisimil- mente è la Meliphaga carunculata. Altre specie di Meliphaga no- tevoli per la loro stazione sono la M. fasciculata dell’isole Sand- wich, la M. cireinnata della Nuova Guinea, la M. corniculata della Nuova Galles del sud. FAMIGLIA SECONDA. TROCHILIDI. Il tipo di questi animalcoli è assai uniforme, per cui LINNEO aveva compreso tutte le specie nel solo genere Trochilus. Ma sic- come dette specie sono numerosissime, forse un trecento, gli or- nitologi. moderni hanno suddiviso il genere linneano in molti generi. Abbiamo già detto che i Trochilidi si trovano esclusiva- 398 éi F. DELPINO, — ‘quasi. nina mente in America. Generalmente sono sensibilissimi al freddo, cosicchè la gran maggioranza si trova nelle parti più calde. Ma a questa regola si danno eccezioni; conciossiacchè alcune specie, come gli Oreotrochilus, vivono a considerevoli altezze e visitano i fiori che crescono ben vicino alle nevi eterne delle Ande; una specie, il Trochilus colubris, peregrinando visita in estate 1’ America del Nord fino al 54° di latitudine; ed altra specie, ben più ru- stica, il Trochilus forficatus, dalle coste del Perù, peregrinando oltre 2 mila miglia, si estende fino alla Terra del Fuoco, e non è raro di vederlo in piena attività anche allora quando nevica fortemente, come riferisce CARLO DARWIN (Journal of resear- ches, ecc., ediz. 1870, p. 271). Adunque quasi tutta la Flora americana può essere soggetta più o meno all’azione dei Troché- lidi, e infatti tanto nel Nord, quanto nell’estremo Sud, nelle calde pianure quanto nell’ elevate e freddissime regioni delle Ande pre- senta forme florali prettamente. ornitofile, quali mancano total- mente alla Flora europea (Lobelia fulgens, TMmebaudiae sp. Fuchsiae sp.). Se si considera il numero grandissimo così degl’ individui che delle specie dei Trochilidi, la estrema vivacità e prontezza del loro movimenti, e la grande quantità delle piante americane i cui | fiori hanno caratteri d’ ornitofilia, si può formare uno adeguato concetto della grande importanza dei Zrockhilidi nell’ economia della natura vegetabile. Scarseggiano per altro positive osserva- zioni di dettaglio circa le relazioni tra le specie dei trochili e le specie vegetali. Quel poco che si sa è quasi tutto consegnato nella costosa Monographie of the Trochilidae or Hummingbirds, di Jonn GouLp; dalla quale noi abbiamo estratto le poche cose che - Seguono. . Oreotrochilus Pichincha. Pichinca e Cotopaxi. Secondo JAMESON si eleva fin quasi alla linea delle nevi eterne di detti due monti vulcanici. Estrae principalmente il suo cibo dalla Chuquiraga insignis, composta che ha realmente caratteri d’ ornitofilia. Eutoxeres aquila. Panamà. Ha il becco stranamente incurvo, in modo da formare un semi-circolo. GouLD afferma che sia un . ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 399 adattamento per poter visitare i fiori ricurvi e tubulosi di parec- chie Orchidee e di altre piante di quella località. - Glaucis Ruckeri. America del centro. Visita i fiori della ,So- bralia decora. — Calothorax Heliodori. Magdalena, Santa Fè di Bogota. Sui fiori delle Inghe. | . Calothorax Mulsanti. Columbia, Bolivia. Visita i grossi fiori imbutiformi della Datura arborea e anche quelli delle Inghe. Calothorax micrurus. Perù. Visita i fiori delle Inghe. Mellisuga minima. Giamaica, S. Domingo. Di statura piccolis- sima, visita i fiori di Stachytarpeta, di Moringa e di altre erbe ed arbusti. - ITrochilus Stanleyi. Pichinca. Sugge i fiori di Chuquiraga insi- gnis, e muove perciò guerra accanita al concorrente Oreotrochilus pichincha. Lesbia amaryllis. Regioni temperate delle Ande equatoriali. Assai comune a Bogota, ove visita i giardini e pare prediligere the flowers of the scarlet Geranium. Burcieria torquata. Columbia. Frequenta i Paramos, ossia alti- piani erbosi, ed estrae -il cibo dai frutici comuni a tali luoghi, massime dallo Psidium (Gujava selvatica). Burcieria inca. Bolivia. Osservata alla elevazione di 6 ad 8 mila piedi visitare i fiori di Befaria. Helianthea typica. Bogota. Si trova nei Paramos alla elevazione di 9 a 10 mila piedi. Predilige i fiori della Gujava selvatica (Psidium), frutice assai diffuso in detti luoghi. Eriocnemis Luciani | Aglaeactis cupripennis Monti di Quito. Osservati da JA- Helianthea Lutetiae MESON visitare i fiori di Siphocam- pylus giganteus alla elevazione di 10 mila piedi. Detti fiori, come pure quelli dei generi Inga, Chuquiraga, Datura, hanno decisi caratteri d’ ornitofila. Phaetornis striigularis. Ande di Bogota. JAMESON l’ osservò a circa 7 mila piedi d’elevazione visitare i fiori di una TWebaudia. Invero le specie di questo genere figurano tra le ornitofile più decise. ì 400 F. DELPINO, Mir Palloni gigas. Perù, Bolivia, Chili. È il più grosso tro P rilid avendo le dimensioni di un’ allodola. Può elevarsi nei monti fir ( i a 14 mila piedi. Visita una grande quantità di fiori, pre lilige ndo quelli dei cacti. ya NR Helianthea violifera. Bolivia, Perù. Quiet alla clereleni di circa 6 mila piedi visitare avidamente i fiori di Salvia ipa flora. ) Campylopterus Delattrei. America centrale, Messico. DELAMIRE afferma che ha una predilezione per una specie fruticosa che giam- mai abbandona, cacciando via con furore ogni altra specie di tro- chili che gli si avvicinano. Eugenia imperatrix. Regioni temperate delle Ande equatoriali. All’altezza di circa 7 mila piedi venne da JAMESON osservata vi- sitare i fiori di un’ Alstròmeria e di una Datura. Avocettula recurvirostris. Cajenna, Demerara. Il suo becco lun- ghissimo e ricurvo dal basso all’ alto, evidentemente implica pre- destinazione a fiori grossi, pendoli, di forma speciale. GouLD esprime la stessa congettura. Calypte Anne. Messico, California. Secondo il dottor GuMBEL, questa specie è assai moltiplicata, e passa l'inverno in California, abitando in tale stagione i poggi e le pianure più riparate, dove non mancano mai alcuni frutici in fioritura. Lamprolaima Rhami. Messico. Abita le più dense foreste e pro- cura il suo cibo dai fiori di un Loranthus. Aglacactis Pamela. Cochacamba. Osservata alla altezza di 10. mila piedi visitare avidamente i fiori di un’ Alstroemeria. Calliphlox amethystina. Cajenna, Bahia, Rio de Janeiro. È pic- colissimo. Frequenta i giardini quando gli aranci fioriscono, le valli quando fiorisce la Marianeira, e le foreste quando i fiori altrove scarseggiano. Cometes sparganurus. Bolivia, Caracas, ecc. È una specie mi- gratoria. A Cochacamba il suo cibo più gradito lo piglia da una Salvia a fiori scarlatti. Altrove fu osservata nei giardini frequen- tare le più svariate sorta di fiori (di. Pomacee, Leguminose, Cac- tacee). diet deine i te inn i ita se ME} ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 401 Clytolaena rubinea. Rio de Janeiro. Dapprima visita i fiori di f 1rga; in luglio, agosto e settembre quelli di Guachimba (?); più tardi quelli della Marianeira (?), pianta che raramente rimane in — fiore più di 14 giorni. Trochilus colubris. Il colibri, conosciutissimo e il più diffuso fra tutti i trochili, è una specie migratoria per-eccellenza. Dalla . Florida, ove suole passare l’ inverno, si avanza perfino nella Geor- gia, nel Canadà, nella Pensilvania. È assai sensibile al freddo, ed ama, come gli Apiarii, i raggi solari. Visita a preferenza i fiori che sono tubulosi, per esempio, quelli delle Lonicere. Si battono tra di loro con furore se si trovano sulla stessa pianta. Spesso essi e i bombi si perseguitano reciprocamente, tentando di scac- ciare l’ un l’altro dalla pianta occupata. Il volo suo da fiore a fiore somiglia quello delle sfingi. Spesso entra nelle stanze da una finestra, esamina rapidamente e visita i mazzi di fiori che per av- ventura vi sono, e se ne vola via poco stante. Secondo GouLp, an- noverare tutti i fiori frequentati da questa specie, equivarrebbe a ripetere il nome di metà delle piante proprie dell’ America del Nord. Mostrano una particolare predilezione pei fiori della Balsa- mina noli me tangere. È facile vederli ivi accorrere ed azzuffarsi accanitamente. Nell’inverno si riducono di bel nuovo nella Florida. Con questi cenni sugli ordini e sui generi principali degli ani- malcoli pronubi noi poniamo un termine alla seconda parte delle . nostre osservazioni sulla dicogamia. Resterebbero ancora a svol- gersi alcuni principii generalissimi e trascendenti che derivano dalla considerazione delle mirabili armonie attuatesi tra le piante e gli animali nello scopo di agevolare e assicurare le nozze incro- ciate. Ma questo sarà l'argomento d’ un ulteriore lavoro, che, se Dio ci dà vita, abbiamo intenzione di estendere. Per via di anti- cipazione intanto, e animati dalla più intima convinzione, pro- clamiamo che i fatti da noi esposti sono affatto inconciliabili colla ipotesi della fissità delle specie. Per il che siamo lieti di avere | contribuito secondo i nostri mezzi al trionfo di una contrastata verità e alla consolidazione dell’ edifizio innalzato dal più grande naturalista del nostro secolo. Vol. XVII. 26 402 i F. DELPINO, APPENDICE. DIMORFISMO NEL NOCE (Juglans regia) E PLEIONTISMO NELLE PIANTE. Nella primavera scorsa, a Vallombrosa, per un concorso di fa- vorevoli circostanze, potei osservare un caso interessantissimo di doppia dicogamia nel noce; caso unico nel suo genere e che come tale potrebbe passare per una mera accidentalità, se, sotto l’ a- spetto funzionale, non corrispondesse a capello coi fenomeni di dimorfismo studiati da DARWIN, Scott, HiLDEBRAND ed altri presso parecchie piante. Circostanze favorevoli furono di aver potuto esaminare la fioritura di una quarantina circa di individui di noce, e ciò colla massima facilità, per essere gli alberi piantati a breve distanza gli uni dagli altri, e per avere, a causa della elevata e rigida stazione, una statura tanto bassa da permettere lo studio dei fiori senza salirvi sopra. Esaminata la fioritura del primo indiidanii in cui m’ imbattei, trovai tutti i suoi fiori femminei coll’ovario turgido e cogli stimmi ben dilatati ed espansi, insomma nel vero punto di maturità per essere fecondati. Gli amenti maschili invece erano ben lungi an- cora dal loro completo sviluppo ; tutte le antere erano immature e indeiscenti. Questo marcatissimo asincronismo di maturazione dei due sessi in una pianta monoica ed anemofila, cominciò a farmi qualche sorpresa, e m’ indusse a osservare subito dopo la ‘ fioritura d’ un altro individuo. Il secondo albero di noce che esaminai aveva tutt’altri carat- teri. Gli amenti maschi erano tutti quanti maturi; le antere erano tutte deiscenti, ed avevano già perduto quasi tutto il loro polli- ne; invece i fiori femminili erano affatto rudimentarii; 1’ ovario pochissimo ingrossato e gli stimmi piccolissimi. Era ovvia la conclusione da trarsi da siffatte due osservazioni. To e Lo VR 2g Co TA a RE PT ge . x dont. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 403 Credetti che il noce fosse una specie poligamo-dioica; che alcuni suoi individui fossero soltanto maschili con aborto parziale dell’ al- tro sesso; che gli altri fossero androgini e in alto grado proterogini, | per modo da favorire la fecondazione incrociata nel caso che fos- sero vicini alberi maschili; oppure, in mancanza di questi, da per- mettere una postuma impollinazione e fecondazione omogama de- gli stimmi perduranti qualche tempo in attesa delle nozze. Questa conclusione per altro, malgrado la sua apparente razio- nalità, non mi soddisfaceva totalmente, tanto più che, sezionando i pretesi fiori rudimentarii femminei del secondo albero, aveva notato la presenza di un ovulo, di cui, era regolarmente iniziata, anzi quasi compiuta la formazione. Ora esistono bensì nelle piante numerosi esempi d’ovarii abortivi, ma in questi la formazione de- gli ovuli non suole avere sviluppo notevole. Sei o sette giorni dopo trovandomi casualmente presso il se- condo albero, mi venne curiosità di osservare che cosa ne fosse stato de’ suoi fiori femminili rudimentarii. Ma qual non fu la mia sorpresa osservando che essi erano cresciuti più del dop- pio, che avevano l’ ovario turgidissimo, e gli stimmi grossi ed espansi, insomma che essi erano nel vero punto di maturità per la concezione? Ma in tal tempo i proprii amenti maschili erano tutti defunti, anzi disarticolati e caduti a terra. Questo rilievo fu un lampo di luce; io aveva dinanzi un caso di dimorfismo di nuovo genere, attuatosi in una specie anemofila. Infatti, esaminando su- bito dopo tutti gli altri alberi di noce ivi presso esistenti, dai ca- ratteri delle loro infiorescenze, vidi che appartenevano tutti quanti o alla forma del primo albero o a quella del secondo, senza che si dessero punto forme intermedie e forme miste. Adunque la Juglans regia è una specie dimorfa, ma dimorfa nel tempo, non nello spazio. Alcuni individui sono proterogini in supremo grado, maturando è fiori femminili all'incirca una setti- mana prima dei maschili; gli altri sono proterandri in supremo grado, maturando è fiori maschili all'incirca una settimana prima dei femminili. Essa è una specie doppia con impollinazione e fe- condazione in due tempi. La impollinazione e fecondazione degli 404 F. DELPINO, stimmi negl’ individui proterogini accade sei o sette giorni prima dell’impollinazione e fecondazione degli stimmi negli individui pro- | terandri. Gli stimmi degli individui proterogini vengono mediante il vento impolverati col polline degli individui proterandri, e gli stimmi degli individui proterandri col polline dei proterogimi. In numero gl’ individui proterogini fanno presso a poco equilibrio coi proterandri. ì Ne segue che se si dà una pianta di noce della forma pri gina, affatto isolata e distante da altre piante di noce; potrà per avventura aver luogo una postuma impollinazione omogama; ma se la pianta isolata è della forma proterandra, necessariamente è condannata a sterilità; giacchè quando sono maturi gli stimmi, gli amenti si disarticolarono e caddero dall’ albero qualche giorno prima. Quindi se si vuole avere una regolare raccolta di frutti di noce, occorre che la coltivazione ne sia fatta a gruppi non mi- nori di cinque o sei individui, piantati in qualche vicinanza tra loro, nello scopo di assicurare la presenza in ogni gruppo d’ indi- vidui dell’una e dell’altra forma. Questo singolare dimorfismo nel tempo, che abbiamo scoperto nella Juglans, ci sembra di grande interesse perchè forma un in- siene riscontro al dimorfismo nello spazio (forma e dimensioni), il cui significato funzionale è stato scoperto e constatato esperi- mentalmente da CARLO DARWIN nei generi Linum e Primula. Forma poi un riscontro tanto più notevole, in quanto che le specie di- morfe e trimorfe fin qui cognite sono zoidiofile, laddove il noce è anemofilo. Le specie dimorfe nello spazio sono necessariamente zoidiofile e singinandre, ed un a priori ci avverte che se un fenomeno ana- logo in funzione e negli effetti debbe aver luogo in una specie anemofila, non può essere ‘più dimorfismo nello spazio, ossia di- morfismo di figura e dimensioni, ma dimorfismo nel tempo. La specie non potrà essere più sincronogona, ma dovrà essere rap- presentata da due forme, proterogina l’ una, proterandra l’altra. Questa tesi per altro vuol essere dimostrata e spiegata più am- piamente. ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 405 Consideriamo l’una o l’altra di queste tre specie, Primula ve- ris, Hottonia palustris, Pulmonaria officinalis. a to: ® Esse sono rappresentate da due sorta d’ individui, cioè macro- »] stili e microstili. Esaminiamo un individuo macrostilo. Lo stilo è lungo il doppio di quello dei microstili. Le papille stimmatiche sono più grosse, perchè destinate a ricevere il polline più grosso della forma mi- crostila. Per contrario i suoi filamenti sono metà più brevi, ed essendo riposte le antere entro il tubo della corolla, questa si è ampliata al punto corrispondente ed è imbutiforme. Il polline è più piccolo perchè è destinato a fecondare gli stimmi della forma — microstila. | Esaminiamo dopo ciò un individuo microstilo. Lo stilo è metà più | breve di quello della forma precedente. Le sue papille sono più Rei ihiatetinitti sore tnt Ar ste LE . piccole perchè destinate a ricevere il polline più piccolo degli in- dividui macrostili. Invece i suoi filamenti sono più lunghi del doppio, le antere vengono a deiscere fuori della fauce della. co- rolla (Hottonia), oppure nella stessa fauce (Primula, Pulmonaria). Congruamente la corolla non è più imbutiforme ma è ipocrate- rimorfa. Il polline è più grosso essendo destinato a fecondare gli stimmi dell’altra forma. Così essendo disposti gli organi nell’una e nell'altra forma, supponiamo che un bombo visiti i fiori di una di dette specie. Vediamo dapprima come impollina il suo corpo, estraendo pol- line dall’una e dall'altra forma, di poi come le parti impollinate del suo corpo impolverino gli stimmi dell’ una e dell’altra forma. Detto pronubo visitando le corolle imbutiformi degl’individui macrostili impollina le sue mascelle. Visitando le corolle ipocra- terimorfe degl’ individui microstili, impollina invece la gola e la testa. Questo quanto alla impollinazione del corpo del pronubo. Quanto alla impollinazione stimmatica, il pronubo stesso, visi- tando le corolle degl’individui macrostili,. confrica collo stimma “ la gola o la testa, e con ciò lo impolvera col polline estratto da individui microstili; visitando invece le corolle dei microstili, con- frica collo stimma non più la gola ma le. mascelle, impolveran- dolo perciò con polline tolto a individui macrostili. 406. F. DELPINO, ama Con questo processo d’impollinazione reciproca delle due forme “n di una specie dimorfa è svelato l’arcano del dimorfismo nello spazio; arcano presentito da C. C. SPRENGEL, rivelato e investi gato in primo luogo da DARWIN, in seguito da Scott, HILDEBRAND, Asa GRAY, FrITz ed Ermanno MiiLLer. Ma è chiaro che siffatte specie dimorfe debbono essere necessariamente zoidiofile, perchè nè il vento, nè l’acqua possono’ eseguire il complicato processo d’impollinazione che abbiamo sopra descritto e che i bombi od altri designati animalcoli facilmente eseguiscono. Ciò posto, se quel medesimo pensiero o concetto funzionale che ha provocato iù dimorfismo sessuale presso alcune stirpi zoidio- file, doveva pure attuarsi presso qualche stirpe anemofila, quale via restava alla natura? Evidentemente, per dare sfogo a un’ equi- valente funzione ed ottenere lo stesso effetto, altra via non rima- neva, se non che scindere la specie anemofila in due forme, pro- terogina l'una, proterandra l’altra; ciò che precisamente si avvera nel noce. Egli è per questo motivo, per quest’assoluta concordanza di fun- zione e di effetto, che il fenomeno da noi osservato nel noce lo abbiamo assimilato al dimorfismo darwiniano. Del resto il senso, il significato. di questi fenomeni è molto più profondo di quello che sia parso a taluni. Quindi i termini eteromorfismo, dimorfismo e trimorfismo proposti da DARWIN, ete- rostilia proposto da HILDEBRAND, dovrebbero essere eliminati, per- chè nè corrispondono al senso vero di tali fenomeni, come dimo- streremo, nè sono applicabili a tutti i casi, per esempio, a quello della Juglans, il quale abbiamo chiamato dimorfismo pig provvisoriamente. Ci limiteremo ad enunziare brevemente il nostro concetto, senza dargli per ora quello svolgimento di cui è suscettivo. Adunque, secondo la nostra maniera di vedere, le specie vege- tali possono essere semplici o multiple; quindi le dividiamo in due categorie, in aplonte e pleionte. La gran maggioranza è quella delle aplonte. Le specie pleionte si dividono in doppie o triple; quindi ab- | i È PI a TOUT ULTERIORI OSSERVAZIONI E CONSIDERAZIONI SULLA DICOGAMIA. 407 \ biamo specie diplonte e specie triplonte. Le specie triplonte, quelle almeno sin qui conosciute appartenenti ai generi Lythrum, Oxa- lis, Pontederia e a pochi altri, sono tutte zoidiofile, e producono tre sorta d’individui: macrostili, mesostili, microstili. Le specie diplonte possono essere o zoidiofile (specie di Linum, Primula, Hottonia, Faramea e di molti altri generi), o anemofile (specie unica fin qui nota; Juglans regia). Le diplonte zoidiofile producono individui singinandri di due sorta, cioè macrostili e microstili. Le diplonte anemofile produ- cono pure individui di due sorta ma asincronogoni, cioè prote- rogini gli uni, proterandri gli altri. Che la Primula veris sia una specie doppia, cioè la riunione in uno di una specie macrostila e di una specie microstila, è chiaro se si pon mente alle nozze che sono doppie, alle differenze razionali, e costanti nella corolla, negli stami, negli stili, nelle papille stimmatiche e nel polline. Tanto l'una, quanto l’altra di queste specie riunite in una, sono dioiche. Ciascun individuo ma- crostilo rappresenta la specie macrostila mediante il suo gineceo, la specie microstila mediante il suo androceo. Viceversa ciascun individuo microstilo coll’androceo rappresenta la specie macro- stila, e la specie microstila col gineceo. | Analogo ragionamento si può fare per la Juglans regia. Essa è la riunione in una di due specie dioiche,. fecondantesi l’ una sei o sette giorni prima dell’altra, cioè proterogama l’una, istero- gama l’altra. Ciascun individuo proterogino co’ suoi fiori femmi- nili rappresenta la specie proterogama, mentre co’ suoi amenti maschili rappresenta la specie isterogama. Viceversa ciascun in- dividuo proterandro co’ suoi fiori femminili rappresenta la specie isterogama, e co’ suoi amenti maschili la specie proterogama. Seduta del 29 novembre 1874. Presidenza del prof. Emilio Cornalia. Il presidente apre la seduta colla presentazione del seguito della Memoria del socio prof. Delpino: Ulteriori osservazioni e con- siderazioni sulla dicogamia nel regno vegetale. In questa parte del manoscritto l’autore dà due paragrafi a compimento della se- zione III del suo lavoro già pubblicato nel XVI volume degli Atti, nonchè la Sezione IV del medesimo, che tratta della classi- ficazione degli apparecchi attuati nei fiori delle piante zoidiofile, allo scopo di predisporle alla visita efficace degli animaletti favo- reggiatori delle nozze incrociate delle piante medesime senza al- cun riguardo ai caratteri organogenetici dei fiori. L’autore si preoc- cupa esclusivamente della disposizione delle loro parti, diversa secondo che la dicogamia deve effettuarsi per mezzo di certuni piut- tosto che di certi altri animali, in guisa da escludere più o meno la visita delle specie non predesignate, nonchè secondo le varie mo- dalità che devono accompagnare l’atto della visita ai fiori e della. trasposizione pollinica. Propone perciò il riconoscimento di 47 tipi florali ageruppati alla loro volta in 13 classi e dà, oltre i caratteri di ciascun gruppo, numerosi esempi a chiarir meglio le sue ve- dute. — Di codesto lavoro, che sarà inserito per intiero nel volume in corso degli Attì, viene letto un sunto dal segretario Sordelli. SEDUTA DEL 29 NOVEMBRE 1874. 409 Lo stesso segretario legge indi una lettera direttagli dal socio . prof. Pellegrino Strobel nella quale tende a confutare alcune as- | serzioni contenute nell’articolo del socio N. Pini, Sopra una nuova forma di Campylaea del gruppo della H. cingulata Studer. A co- desta lettera che il socio Strobel permise fosse comunicata qual- che giorno prima della seduta al socio Pini, questi risponde con alcune Osservazioni critiche la cui lettura vien fatta subito dopo dallo stesso socio; in esse procura di dimostrare come fosse in piena buona fede citando alcuni passi di una lettera privata di- rettagli dal socio Strobel e chiarisce alcune sue idee relative al modo di intendere la circoscrizione delle specie del gruppo delle Campilee e segnatamente della H. cingulata. Viene in seguito presentata una Nota di 53 specie di conchiglie fossili marine del terreno erratico di Cassina Rizzardi presso Fino, determinate dall’ora defunto socio ingegnere E. Spreafico, accompa- gnata da alcune brevi notizie avute dalla viva voce del medesi- mo. Al proposito della qual Nota il presidente professor Cornalia ringrazia il segretario Sordelli di averla comunicata alla Società, ed aggiunge alcuni schiarimenti intorno al giacimento da cui dette conchiglie provengono. Dice di avere da pochi giorni visitata la località che trovasi nei possedimenti dei nobili signori Giulio e Giberto Porro Lambertenghi e precisamente a pochi passi lontano dalla loro villa; aggiunge che la collina in cui giace il deposito è costituita dall'alto al basso da terreno vegetale per un metro cir- | ca, indi da ghiaje di diversa natura, grossa e minuta, tra cui straterelli di sabbia, più o meno fina talvolta mista a poca ar- gilla, entro i quali stanno le conchiglie fossili marine. Il deposito non contiene del resto alcun ciottolo striato; dice di aver portato dalla sua gita buon numero di tali conchiglie ed assicura che i nobili proprietari del fondo saranno sempre lietissimi di poter contribuire all’ incremento degli studj nostri col cercare che non vadano disperse sì preziose reliquie e col favorire le ricerche so- pra luogo degli studiosi. 410 | SEDUTA DEL 29 NOVEMBRE 1874. Il segretario Sordelli riferisce verbalmente sull’ adunanza dei | naturalisti italiani tenuta in Arco, nel Trentino (21-24 settembre 1874) ed annuncia che tale Relazione sarà inserita negli Atti della Società. Ricordando le gravi perdite che la Società ebbe a fare durante lo scorso periodo di vacanza, il Presidente annunzia commosso la morte recentissima del socio pr of. Giuseppe dei marchesi Balaatao Crivelli e pronuncia le seguenti parole: Compio al tristo dovere di annunciarvi, o signori, la morte dell’ il- lustre collega nostro, il prof. Giuseppe dei marchesi Balsamo Crivelli. A questo nome il pensier nostro ricorre agli anni della giovinezza, quando maestro affezionatissimo, con quell’ amore e quella bontà che in grado sommo possedeva e gli traspariva dalla vivace persona, sorreggeva i nostri primi passi sulla via della scienza. i Compagno ed amico ai più chiari naturalisti italiani di questo se- colo, quali Jan, Vittadini, Bassi, De-Cristoforis, Villa, Porro, Cesati, di cui non pochi il precedettero nella tomba, egli fu alla sua volta maestro di molti che tengono alta in Italia la bandiera delle nostre scienze. La sua carriera fu. lunga e feconda, e morì sulla breccia. Giovane ancora professò nei licei di Milano durando nell’ onorevole incarico per lunga serie di anni, finchè fu chiamato, per la morte del Zen- . drini, nel 1852, alla cattedra di storia naturale nell’Ateneo Ticinese. Di spirito osservatore acuto, di ferrea memoria, d’una assiduità di lavoro senza pari, egli potè con successo percorrere il’ vastissimo _ campo del triplice regno della natura. Fu botanico sulle prime, poi geologo; da ultimo coltivò la zoologia ed in ognuno di questi regni troppo ampio terreno. Numerose sono le pubblicazioni fatte dal chiaro naturalista, che io non posso qui ricordare; gli argomenti attinenti al nostro paese at- tirarono maggiormente la sua attenzione, e da’ suoi studj, la zoologia impresse incancellabili orme, forse meno profonde perchè stampate su e la geologia patria meglio s’ avvantaggiarono. Circondato da una fa- 4 n DA “ pr "i i SEDUTA DEL 29 NOVEMBRE 1874. 411 miglia che l’adorava, egli condusse una vita lunga e tranquilla, tutta dedita alle gioje intime della casa e della scienza; finchè un attacco fulmineo ce.lo rapiva il 15 di questo mese. Chiamato gia io in altro consesso a stendere più adequato elogio al chiaro uomo, intesi qui solo parteciparvene la morte, invitandovi a deplorare la grave perdita che hanno fatto la nostra Società, le nostre scienze e il nostro paese. Indi il segretario Sordelli legge la seguente Commemorazione del socio defunto ingegnere Emilio Spreafico. Grave perdita pel nostro sodalizio e per le scienze naturali fu quella del nostro socio ingegnere Emilio Spreafico, mancato addì 16 dello scorso settembre, nella verde età di 31 anni. Chi egli fosse .non è d’uopo ch’io.lo dica a voi che lo aveste compagno per ben undici anni nelle vostre adunanze e, più che compagno, amico caris- simo, studioso, modesto e pieno nel conversare di quell’attico sale che lo rendeva così piacevole, così simpatico a quanti lo avvicinavano. All’ opposto di tanti giovani che sciupano nei piaceri mondani gran parte del loro tempo e del loro talento, il nostro Emilio ebbe sem- pre sin da giovanetto la mente rivolta esclusivamente agli studj se- veri che dovevano in breve acquistargli fama di maestro. Nessun ramo delle scienze positive, si può ben dire, gli fu estraneo, ma in parti- colar modo coltivò le matematiche e le naturali discipline, così che appena ricevuta nel 1867 la patente d’ ingegnere presso il nostro Istituto Tecnico superiore, venne subito, nel successivo anno, in quella medesima scuola, incaricato dell’ insegnamento pratico della minera- logia, istruendo nelle analisi dei minerali e' delle rocce quegli stessi alunni che avrebbero quasi potuto chiamarsi suoi condiscepoli. La mineralogia e la malacologia furono i rami di studio da lui predi- letti e di essi giovossi non poco facendone utile applicazione allo studio della geologia e della paleontologia del nostro paese, nel quale sì manifestò veramente la sua rara perizia nell’ osservare, che lo avrebbe collocato tra i sommi se un tristo fato non ce lo avesse ra- pito nel fior degli anni e nella pienezza del suo sviluppo intellettuale. 412 SEDUTA DEL 29 NOVEMBRE 1874. Dissi Emilio Spreafico quanto dotto altrettanto modesto: ed. ET, È rifiutò sempre ogni onorifica distinzione che gli venisse offerta, pago com’ egli era di quella soddisfazione morale che suol ricompensare sempre i ricercatori e conoscitori del vero. Più che amante del pro-. prio dovere, egli ne fu piuttosto la vittima, sottoponendosi"a maggior _lavoro che la sua cagionevol salute non comportasse, allorquando gli parve delitto il vivere altrimenti che del sudore della sua fronte. Alle esercitazioni mineralogiche aggiunse: ancora l’ insegnamento, a nes- suno meglio che a lui affidato, della scienza dei materiali da costru- | zione nello stesso Istituto, non chè quello delle scienze naturali in iscuole private della città nostra, spezzando così il, pane del sapere ai molti giovanetti che in lui vedevano un amico affettuoso, non, già un pedante maestro. Le sue cognizioni, scompagnate mai da estrema diffidenza delle proprie forze, ebbero per tal modo poco campo a diffondersi all’ in-. fuori delle aule scolastiche e della cerchia delle sue personali rela> zioni. Giacchè .mai s’indusse da solo a pubblicare i risultati dei suoi studj. Il solo lavoro che di lui abbiamo di pubblica ragione si è quello scritto in compagnia del nostro socio, dottor Gaetano Negri, e letto all’ Istituto lombardo nel 1869 col titolo: Saggio della geologia dei dintorni di Varese. Fu quello il punto di partenza per le successive . | continuate ricerche che il nostro Emilio fece dappoi in tutto quel tratto di paese che dal Lago Maggiore si stende alla valle del La- rio e comprende, oltre poca parte del suolo lombardo, tutto il canton Ticino meridionale. Nel saggio pubblicato scoprì per tal modo qual- che inesattezza in cui era caduto ed invece di tacerne amava al con- trario confessare i propri abbagli, anelando il momento di farne am- pia dimostrativa rettificazione. L'occasione doveva essergli pòrta dal- l’opera di maggior mole che cominciata dapprima in compagnia del suo amico e consocio il dottor Negri, sotto gli auspicii della Commissione geologica della Società Elvetica di scienze naturali, editrice dei Mate- riali pella carta geologica della Svizzera, spingeva in questi ultimi anni da solo a compimento, non avendo potuto il Negri, chiamato da altri studj e da onorifiche incumbenze, essergli al fianco ad ajutarlo. SEDUTA DEI, 29 NOVEMBRE 1874. 413 Quanta copia di dati e di illustrazioni geologiche e paleontologiche lo Spreafico abbia, con ogni più attenta cura, radunate per codesto lavoro, non lo s' immagina di certo alcuno che non l’ ebbe visitato in questi ultimi tempi al nostro Civico Museo, dove, senza compenso di sorta, condusse avanti una enorme quantità di ricerche, sopratutto paleontologiche, che ora in molta parte giaceranno condensate nelle ‘schede della collezione nostra dei fossili. ed in quella del nostro segre- tario prof. Stoppani. Un’altra parte, invece, godo potervelo dire, ve- drà la luce ad illustrazione del suo lavoro geologico sul Cantone Ti- cino, al cui ordinamento attende il prelodato nostro socio dottor Gae- tano Negri, con affetto d’ amico e colla illuminata cura dello scien- ziato. In seno alla Società nostra voi lo voleste, suo malgrado, vice-segre- tario nel 1870, e tre anni dopo conservatore della Biblioteca, modeste funzioni, a cui attese sempre, senza darsene importanza, coll’opera vo- lonterosa e con ponderato consiglio. Ben posso dirlo io che spesso l’ ebbi compagno di studio e di lavoro e spesso a lui ricorreva nei passi difficili, dai quali con-amabile e schietta parola ben sovente mi toglieva. Nessuno dei volumi del nostro periodico contiene, per altro, qualche suo scritto che ne attesti il suo sapere e la sua attività, di- ‘ sdegnoso cotanto egli era di far mostra di sua dottrina. Perciò, men- tre una parte de’ manoscritti suoi verranno, ordinati che siano, pub- blicati colle dovute cure, a spese della Confederazione Elvetica, nel citato lavoro sul Canton Ticino, 4 mi sia lecito interpretare un vostro desiderio di veder fregiati i nostri Atti colla sua preziosa Nota sulle conchiglie fossili delle vicinanze di Fino, in oggi da me presentata, che già servì a precisare il valore delle scoperte fatte recentemente in quella località, a cui lo Spreafico ha preso tanta parte, e diedero già materia allo scritto pubblicato dal prof. Stoppani che si inti- ‘ tola: Il mare glaciale a piè delle Alpi.? Fu questo l’ultimo suo lavoro » e voi, accogliendolo benignamente, renderete così sensibile testimo- 1 Abbraccia, più precisamente, tutte quella parte del territorio compresa nel foglio 24 della Carta federale di Dufour. 2 Vedi la Rivista Italiana del 1874 (Vol. II, pag. 292). 414 SEDUTA DEL 29 NOVEMBRE 1874. nianza dell’affetto sincero che ci legava al perduto amico, all’ ottimo Emilio. i Il Presidente annuncia ancora la morte dei socj Gian France- sco Dolci, di Milano, e dottor Domenico Cipolletti professore al- l’ Osservatorio di Firenze. Viene data comunicazione: 1.° di una lettera del socio corrispondente dottor Amedeo Le Plé di Rouen, con cui ringrazia la Società della sua nomina, in- via due volumi dei Bulletins de la Societé libre d’émulation de Rouen e chiede il cambio dei nostri Atti per quella Società; il che viene accordato; 2.° di una lettera del socio prof. Arturo Issel, di Genova, in cui dichiara di voler uscire dalla Società. o Il vice-presidente signor A. Villa presenta alcuni fossili della lignite di Leffe, cioè mascelle e denti di ruminanti. È data infine lettura del processo verbale della seduta antece- dente 26 luglio 1874 che viene approvato. F. SORDELLI, Segretario. > xi Pi N Li NI ni x n WI “E INTORNO ALLE HELIX CINGULATA STUDER E FRIGIDA JAN VAR. HERMESIANA PINI. Osservazioni e rettifiche DEL PROF. PELLEGRINO STROBEL dirette al signor Segretario della Società Italiana di Scienze Naturali ‘in Milano. Egregio signor Segretario. Poichè al signor Napoleone Pini, in aggiunta ed in nota alle sue osservazioni sopra una nuova forma di Campylaea, e dopo di averle presentate a codesta Società, in seduta del 1.° febbrajo pas- sato, piacque publicare due brani staccati di una lettera da me ‘direttagli, il 15 susseguente, intorno a quella forma di conchiglia terrestre, a modo suo interpretati, la prego di volere leggere nella prossima seduta della Società la seguente rettifica a quanto il signor Pini vi ha erroneamente asserito, e di volerne pure chie- dere l'inserzione per esteso negli Atti, in omaggio al principio d’imparzialità. Non ho potuto presentare prima la mia difesa, perchè il fascicolo degli Atti, nel quale la Memoria in questione trovasi inserita, non fu prima d’ora pubblicato. Innanzi di entrare nei particolari, farò osservare: 1.° che tra le varie forme che una specie presenta, una sola suolsi ritenere per tipica, tutte le altre venendo considerate quali variazioni della medesima. Di questo avviso non sembrami essere il signor Pini, per cui riesce molto vago il significato ch'egli at- tribuisce alla voce tipo; 2.° che col nome di Helix cingulata Studer i malacologi non | hanno inteso d’indicare tassativamente ed unicamente la forma 416 | P. STROBEL, Pe ® così denominata dallo Studer; ma, come è usanza per tutte del specie e per tutti i nomi delle medesime, hanno pure compreso sotto quella denominazione di H. cingulata di STUDER tutte quelle altre forme, che ogni singolo malacologo, secondo i suoi proprj cri- teri, giusti od errati, non importa, ha creduto bene di dovere unire a quella forma, siccome spettanti, secondo lui, ad un’unica spectie. Però, alfine di evitare malintesi, comprenderò in questo scritto tutte quelle forme, unite a torto od a ragione alla H. cingulata dello Studer, sotto la comune denominazione di H. cingulata Auc- TORUM, in luogo di Studer; e quando invece vorrò accennare se-. gnatamente alla forma H. cingulata di questo autore, la indicherò col nome, ritenuto ora sinonimo, di H. Luganensis Schinz. Ciò premesso sta, che io non considero quale tipo della H. cim- gulata auct. la H. Luganensis Sch., e-ne ho indicato il motivo, la differenza anatomica, affermata da A. Schmidt. Ed a proposito devo far rimarcare un equivoco nel quale è caduto il signor Pini. Non sono punto dello Schmidt le parole stampate nel mio Essa d’ une distribution etc. pag. 16 (244) nota 1., e riprodotte dallo Stabile nel suo Prospetto sistematico-statistico ecc. pag. 54 nota, le quali parole così suonano: “ Spira producta instar Helicis cin- gulatae, fasciis 003-45, inferis pallidis , ma queste parole sono invece mie. Di Schmidt non è che il giudizio circa alla natura del- l’animale: “ Animal H. Preslii verae simile. , E per distinguere appunto le parole che esprimono questo dalle mie relative alla conchiglia, le ho separate mediante una lineetta, riprodotta con maggiore evidenza dallo Stabile. Tutto il ragionamento che il si- gnor Pini basa su quelle parole, cade dunque da sè. Se poi egli non vuol accordare che poca importanza alle differenze anatomi- che, dando invece la preminenza alle testaceologiche, io certo non posso nè voglio imporgli il contrario avviso mio e di molti altri. Però convengo con lui nell’ammettere che non s’abbia da conce- dere nè meno a differenze anatomiche, quando solamente secon- darie e relative, tale peso da valersene come criterio per stabi- lire delle differenze specifiche; ma, finchè si riterrà, come per lo passato, la H. Preslii specificamente diversa dalla H. cingulata, MELIX CINGULATA STUDER E FRIGIDA JAN VAR. HERMESIANA PINI. 417 io, basandomi sul carattere differenziale anatomico, unirò la H.4Lu- — ganensis alla prima, e non mai alla seconda. Se poi, in seguito, $ venisse mai provato che Schmidt abbia errato nel suo giudizio È anatomico, io, lasciando al medesimo tutta la responsabilità di È questo, muterò consiglio, ma solo allora e solo in tale caso. Prima ancora che Darwin avesse pubblicata la sua teoria su la. i trasformazione degli organismi, lo era strenuo partitante della ri- . duzione dell’antinaturalmente soverchio numero di specie nomi- — nali e nemico della speciomania, la quale mia affermazione viene | provata dai fatti che varie forme, anche nuove, da me distinté sem- | plicemente come varietà, furono in seguito da altri inalzate al | rango di specie, e che prima d’altri ho fatto tavola rasa di al- | quante così dette specie dell'Alta Italia. E pertanto dichiaro espli- citamente, che, în massima, sono pienamente d’accordo col si- gnor Pini nel ritenere necessaria la riunione di molte forme, che passano per specie, in un solo gruppo specifico, purchè però questo non ne comprenda troppe. Asserendo nella mia lettera al signor Pini “ chela H. cingulata (non ho aggiunto nome di autore) del Tirolo è la forma figurata da Rossmaessler (fig. 88) quale H. cingulata di Studer , e non già la forma di Lugano, non ho accennato ad opinione alcuna, come appare chiaramente, ma ho addotto semplicemente un fatto. E così pure, proseguendo nel mio scritto, dissi che “ Rossmaessler unisce la H. Luganensis come sinonimo colla H. cingulata ;, ed è questo un altro fatto incontestabile, ammesso anche dal sig. Pini. Ho citato questi fatti unicamente come tali, senza punto espri- mere un’opinione in proposito; e pertanto il sig. Pini non potea perciò tacciarmi di contradizione. L'opinione di Stabile poi è precisamente conforme a quanto scris- si al signor Pini, checchè egli affermi in contrario, poichè non ho fatto che trascrivere testualmente quanto leggesi alla pagina 27 n. 16 del citato Prospetto sistematico-statistico; di più, nella mia lettera indicai quanto lo Stabile espose alla pag. 54, nota 13, e che il signor Pini riporta, senza punto fare cenno, come parmi avrebbe dovuto, ch’io pure mi vi riferiva, avendogli scritto, che Vol. XVII. 27 418 P. STROBEL, nella opinione ivi espressa dallo Stabile conveniva del pari. Il si gnor Pini grazie al malinteso di cui parlai da principio, e che | stilate viene causato dall’uso invalso di estendere la denominazione di | H. cingulata Studer a tutte le forme che ritengonsi appartenere, con essa, ad una medesima specie, mi fa apparire un cattivo in- terprete. Stabile a pag. 27, n. 16, citati, ha postotrai sinonimi della H. Luganensis, che ‘così e non H. cingulata egli chiama la Cam- pylaea di Lugano, la “ H. cingulata (partim), Studer, System. Ver- zeich. der Schweizer Conch. ecc. — Férussac, Hist. moll. pa- gina 31, ecc. , Mi pare che quel partim parli abbastanza chiaro, dica, cioè, che solo una parte delle forme della H. cingulata, cioè una, in questo caso, sia sinonima della H. Luganensis. Qui lo Sta- bile evidentemente ha inteso parlare della H. cingulata auct., ossia in senso lato, e così ho interpretato quel passo nel secondo brano del mio scritto publicato dal signor Pini; e così lo si deve interpre- tare, se non si vuole mettere lo Stabile stesso in contradizione, questo passo facendo, altrimenti, a pugni coll’altro a pag. 54 della stessa opera. Quivi invece l’autore restringe i suoi ragionamenti alla sola H. cingulata dello Studer, cioè alla H. cingulata in senso stretto, e di questa la 7. Luganensis sarebbe precisamente, come afferma Stabile, sinonimo e non varietà. Tanto è vero ciò che ho or ora esposto, che lo Stabile vi dice doversi circoscrivere il nome di H. cingulata alla sola H. Luganensis, e creare un altro nome per le altre forme, che è quanto asserire implicitamente che il nome di H. cingulata Studer fu esteso a delle forme diverse da quella cui Studer impose una tale denominazione, e che la H. Luganensis Schinz non è che una delle forme della H. cingulata, s° intende qui, degli autori, non di Studer, poichè di questa è sinonimo. Però in onta a queste osservazioni ed a questi apprezzamenti lo Stabile, alla pag. 11 della sua Memoria: Mollusques terrestres vi- vants du Piemont, pubblicata cinque anni dopo, enumera tuttavia | tra le specie lombarde mancanti al Piemonte anche la Helix Pre- sli F. Schmidt var. Luganensis Schinz. Dalla erronea interpretazione data dal signor Pini alle mie pa- role, passando ora alla sua Memoria, non posso a meno di fargli TRAI HELIX CINGULATA STUDER E FRIGIDA JAN VAR. HERMESIANA PINI. 419 osservare che, mentre egli afferma essere le conchiglie della H. cin- gulata auct. del Bresciano e del Trentino, per forma, grandezza, colorazione e struttura identiche a quelle della H. Luganensis Schinz, cingulata Stud. (ciò che io, che ho visitato in lungo ed in largo quelle contrade, sopra tutte il Trentino, nego recisamente), il di lui maestro, lo Stabile, è invece di opposto parere, come risulta dal passo riprodotto dal signor Pini stesso, poichè quegli così si esprime: “ forma, abbastanza diversa, delle contrade Bre- sciana e Trentina. , Inoltre farò avvertito il signor Pini di un altro errore nel quale è incorso nell’enumerare le varie forme, ch’ egli riunisce nel suo gruppo specifico H. cingulata. La forma che vive nel territorio d’Innsbruck, ove la raccolsi nella Zirler Klamm, o gola di Zirl, non è punto la macchiata H. misoria Rossm., ma la mia H. cin- gulina, che è immaculata, unifasciata. La vera H. Presti Schmidt poi, quale viene rappresentata da Rossmaessler alla fig. 225, è “ dilute sub-tri-fasciata , cioè, presenta le fascie 023-40, e questa forma non viene punto accennata dal sig. Pini. Ripeto poi qui quanto ho già pubblicato nell’Essai d’une distri- bution, ecc. pag. 16 (244), e scrissi anche al signor Pini, che cioè la H. frigida mutazione (o varietà individuale) fasciata non è punto come egli ed altri credono, l’H. Insubrica di Jan; del che ognuno può convincersi leggendo la diagnosi che ne dà l’autore nella sua Mantissa n. 6-1014 pag. 2, ma sopra tutto osservando la figu- ra 512 del Rossmaessler, e gli esemplari che raccolgonsi al monte Baldo. La H. Insubrica sarà una varietà locale o geografica della H. frigida, a mutazioni parallele, cioè ora fasciata ed ora senza fascia, H. Insubrica var. inornata de Betta *!, ma non mai una semplice varietà individuale della H. /rigida della Grigna, la quale, a sua volta, non incontrasi punto sul Monte Baldo. E tra queste varietà geografiche della H. frigida va posta, a parere mio, come esternai al signor Pini, la nuova H. Hermesiana del 1 Catalogo dei molluschi viventi sul M. Baldo. Nel Giornale di Malacologia, da me compilato, anno II, 1854, pag. 134. — Mentre nella H. frigida prepondera la mutazione senza fascia, nella var. Iusubrica sembra più comune la fasciata. 420 P. STROBEL, HELIX CINGULATA STUDER E FRIGIDA JAN VAR., ECC. medesimo, sia per la consistenza del guscio, sia per la sua colo- razione, sia pel numero degli anfratti, il quale, almeno nell’ esem- plare favoritomi dal signor Pini, il quale mi scrisse che la forma ne è costante, sale a 6 e nona soli 5, come egli ha indicato nella sua Memoria, sì che, al pari della H. frigida, ha un giro di spira di più della H. Luganensis e della H. cingulata auct., e quindi la sua spira stessa cresce assai più lentamente che in queste. In- fine, altro motivo che mi induce ad unire la nuova Helix in di- scorso alla H. frigida, anzi che alla H. Luganensis od alla cin- gulata, trovo nella sua stazione, analoga a quella delle H. frigida ed Insubrica, ed è l’alpe Polzone sul monte Presolana in val di Scalve nel Bergamasco. Questi sono i fatti che adduco in appoggio della mia opinione; ed io. persisterò in essa sino a tanto che si ri- sguarderà la H. frigida specificamente diversa e dalla H. Pres e dalla H. cingulata auctorum, nec Studer, e sino a tanto che, co- me dichiarai al signor Pini, l’esame anatomico non mi avrà per- suaso del contrario. . À Termino colla osservazione che le idee svolte dal signor Pini, in fine della sua Memoria, intorno ad una provvida disposizione della natura nella costruzione della conchiglia della H. frigida furono già da me esposte succintamente, diciotto anni or sono, nel ricordato Essaì a pagina 36 (264) nota 1. S. Ilario d’ Enza, ‘ottobre 1874. P. STROBEL. pe OSSERVAZIONI CRITICHE ALLE OSSERVAZIONI E RETTIFICHE DEL Pror. P. STROBEL SOPRA LA NUOVA FORMA DI CAMPYLA. H. HERMESIANA PINI. Allorchè il signor Strobèl nel suo esordio dice: “ fra le varie forme che una specie presenta, una sola suolsi ritenere per fi- pica, tutte le altre venendo considerate quali variazioni della me- desima , accenna ciò, di cui io forse più d’ogni altro sono con- vinto e cercai mettere in evidenza in occasione, che parlando d’una nuova forma del gruppo della Helix cingulata Studer, pas- sai in rassegna tutte le forme italiane a me note della mede- sima, che dagli autori vennero distinte come varietà della spe- cie o con nomi speciali descritte. Fu appunto per chiarire quale fra le molte forme dell’ Helix cingulata, genericamente parlando, dovesse ritenersi per il tipo di Studer autore di tale denominazione, che io pubblicai un brano della lettera 15 febbrajo scorso del chiarissimo signor prof. Stro- bel nella Nota che contro ogni mia previsione doveva spiacere al medesimo e meritarmi l’onore di una sua critica. Siccome egli si duole ch’io abbia pubblicati due drani staccati, che dice in- terpretati a modo mio, così onde sia manifesto ch’io era in tutta buona fede nel pubblicarne solo una parte, ed onde cia- scuno possa giudicarne, faccio oggi di pubblica ragione per intero quella parte di essa che riguarda le sue osservazioni sopra la H. cingulata Studer (non auctorum) come io gli segnai nella mia 11 stesso mese gli esemplari di Lugano inviatigli, sopra i quali si riferisce il giudizio da lui espresso nella precitata sua lettera, che così suona: “La sua H. cingulata tipo è la H. Luganensis Schinz di #a gano, Valsolda e Tremezzina. A. Schmidt in una lettera invia- 422 N. PINI, tami dichiarò che il suo animale è simile a quello della H. Pres-. slii e diverso da quello della ZH. cingulata del Tirolo, che è la forma figurata da Rossm. (fig. 88) quale H. cingulata di Stu- der. Rossm. unisce la H. Luganensis come sinonimo, colla H. cim- gulata. Stabile, nella seconda edizione della malacologia di Lu- gano, ammette la H. Luganensis come una forma della H. cingu- lata “ cingulata (partim) Stud. , ma non come semplice sinonimo. Ammesso, come è probabile, che la H. Luganensis sia la H. cin- gulata di Stud. tipo, che l’ animale sia quale asserisce Schmidt, bisogna modificare la nomenclatura delle due specie H. cingu- lata Rossm. et Auct. e cingulata Stud. Presslii Schmidt, nel modo seguente, secondo la proposta Stabile, opera citata, p. 54. ! I. Helix cingulata Stud. nec auctorum. cingulata Stud. tipo. 1. var. unifasciata, anfr. converis ; Luganensis Schinz. Dog k n Compressis: cingulina Strob. Innsbr. Buia si » depressis, maculata; nisoria Rossm. 4. , trifasciata , »compressis, Presslii Schm. Hiodgleliiocb. due. (Zonaria?) l.-var. unifasciata: cingulata auctorum. 2. e maculata, colubrina Jan, ecc. , Nella mia pubblicazione io tendeva a stabilire appunto che per tipo della H. cingulata Stud. devesi unicamente ritenere quella forma che Schinz chiamò Luganensis e prima di lui Studer chiamò cingulata, e che tutte le altre forme o varietà più o meno ti- piche, cioè più o meno prossime o scostantesi dali #ipo, note sotto denominazioni diverse, debbonsi ritenere come varietà seriali 0 geografiche, quindi citare colla denominazione di cingulata Stud. partim o varietas secondo i casi. Tale è il concetto generale del mio lavoro, e credo di avere della voce tipo un concetto assai definito e non vago, come pare al signor Strobel al quale osservo che la voce tipo fra i malacologi si usa non solo per indicare la forma di una data specie che serve ad identificarla sotto una data denominazione, ma ben’anche più ristrettivamente per di- . «notare gli esemplari d’ una data località che furono descritti ! Nè alla pagina citata, nè in alcun’altra delle pubblicazioni dello Stabile rinviensi la accennata proposta nomenclatura. OSSERVAZIONI CRITICHE ALLE OSSERVAZIONI E RETTIFICHE, ECC. 423 dall’autore della specie, chiamandosi tipiche, perciò, tutte quelle — forme, anche di località differenti, che sono identiche al tipo. Se dunque per tipo, come giustamente accenna il signor Strobel - _ nel suo “ I.° farò osservare ,, devesi intendere soltanto una forma . di una data specie, questa forma che stabilisce il #ipo, non potrà | essere che quella descritta dall’ autore della specie stessa; quindi nel nostro caso per la H. cingulata si riterrà per tipo la forma di Lugano che è quella descritta da Studer. Nelle sue osservazioni e rettifiche il signor Strobel dice: “ Ciò premesso stà che io non considero quale tipo della H. cingulata Auct. la H. Luganensis Schinz, ecc. ,; dunque havvi secondo il signor Strobel anche un tipo di cingulata auctorum, sotto la quale denominazione devonsi intendere (sono sue parole) “tutte quelle al- tre forme che ogni singolo malacologo secondo i proprj criterii, giu- sti od errati non importa, ha creduto bene di dover unire a quella . forma, (cioèalla cingulata Stud.) “ siccome spettanti ad un’unica specie ,. Ma se ogni altra forma che non sia il tipo di Studer è a dirsi cingulata Auct.; come puossi parlare di un tipo della medesima? Quali sono i confini in cui il signor Strobel intende racchiudere i caratteri specifici di questa cingulata Auct. dal momento che in tale generica denominazione egli comprende an- che il fipo vero ossia la Luganensis Schinz, e che ogni altra forma della cingulata potrà essere tipo a norma dei criterj di ogni sin- golo malacologo? Avremo quindi tanti tipi di. H. cingulata, Auct. quante sono le sue forme, le sue stazioni di dimora e quanti i malacologi che ne parlarono e parleranno! L’ espressione quindi di cingulata Auct. tipo è erronea e non può sussistere qualunque sia la forma a cui voglia riferirsi, per- chè ogni autore può dare a questo nome una appreziazione di- versa più o meno estesa ed abbraccerebbe quindi non solo forme ben differenti fra loro; ma ben’ anche specie simili nella forma della conchiglia e specificamente diverse fra loro, come lo stesso Strobel accenna nel suo Essai d’une distribution, avvenire tra la -forma di Lugano e quella del Tirolo ove dice parlando della H. Presslù var. Luganensis “ spira producta instar H. cingulate, fa- sciîs 003-45, inferis pallidis. — Animal H. Presslii vere simile , ammesso che l’ anatomia confermi la differenza dell’animale di queste due forme di Lugano e del Tirolo come Strobel riferisce aver detto Schmidt. 434 N. PINI, Adolfo Schmidt per l’anatomia della forma tirolese si è servito di esemplari raccolti a Riva allo stato giovanile, conservati e cresciuti nel suo giardino di Aschersleben, anatomizzando due anni . dopo l’unico esemplare rimastogli come egli stesso dichiara nel suo lavoro: Der Geschlechisapparat der Stylommatophoren, a pag.:36, tav. 8, fig. 62. Ma il risultato di quelle anatomie potrebbe per avventura variare per il modo imperfetto da lui usato nell’ese- guirle ed avendo eziandio riprodotto figure tolte da preparazioni a secco coperte da uno strato gsommoso, come egli stesso ne a pag. 7 dell’opera citata. Per potere adottare la citazione cingulata Auct. bisogucitiibe in ogni modo dire sempre di quale autore intendesi parlare, poi- chè troppo divergenti sono le opinioni di ciascun d’esso in Lore campo. Il signor Strobel col ritenere che la cingulata Studer sia la forma figurata dal Rossm., alla fig. 88, comprende nella cingu- lata Auct. la H. Presslù Schmidt e ® Luganensis Schinz, ma non considera quest’ ultima come il tipo per la differenza dell’a- himale affermatagli da Schmidt, ed intanto non dice quale sia quella che egli considera come #ipo di questa Cingulata Auct. Del resto la differenza anatomica riscontrata dallo Schmidt fra le forme del Tirolo e la Luganensis che il signor Strobel (non Schmidt) caratterizza “ Spira producta instar Helicis cingulate, fasciis 003-45, inferis pallidis , non proverà altro che benchè si- mili «nella spira queste due forme sono specie differenti. fra loro, ma giammai questa differenza anatomica farà prova per esclu- dere che la H. cingulata Stud. tipo sia quella di Lugano che servì, come già dissi nel mio lavoro, all’ autore per stabilirne la specie. Ognuno che legga la frase specifica inserita a pag. 16, Nota 1, dell’opera Essai d’une distribution, ecc., del signor Strobel sa- rebbe incappato nell’equivoco che mi viene oggi dallo stesso rimproverato. Se il signor Strobel mesce la propria farina a quella altrui non è mia la colpa. La piccolissima lineetta che divide i caratteri della conchiglia da quelli dell’animale, usasi del pari da altri autori perchè spicchi a prima vista la divisione di tali ca- ratteri; e se il chiarissimo autore avesse collocato in fine della sua frase il suo riverito nome od un equivalente (chè per tale non OSSERVAZIONI CRITICHE ALLE OSSERVAZIONI E RETTIFICHE, ECC. 425 puossi riconoscere la microscopica lineetta) nello stesso modo che | pose dopo la frase riflettente l’animale, il nome di A. Schmidt in litt., neppure lo Stabile che .la riprodusse, dimostrando evi- dentemente ch’egli pure riteneva l’ intiera frase di Schmidt avendo egli pure collocato in fine di frase la citazione “ Ad. Schmidt in litt. ad Dom. P. Strobel, (benchè qui il tipografo abbia usato di una lineetta alquanto più lunga per la divisione delle due frasi): neppur egli, dico, sarebbe al par di me e di altri amici del signor Strobel caduto in tale equivoco. Rettificato adunque che la prima frase riguardante la conchiglia appartiene al signor Stro- bel, e solo la seconda riflettente l’animale allo Schmidt, le de- duzioni da me fatte nella nota della mia Memoria sull’ H. Her- mesiana non cessano punto di sussistere, poichè chiunque sia dei due chiarissimi autori che asserisca che la H. Luganensis nella forma della conchiglia sia per la spira eguale alla H. cingulata del Tirolo figurata dal Rossm., ma il suo animale simile a quella della Presstii, il mio ragionamento sta pur sempre perchè basato sopra l’essenza di un fatto non sul giudizio di uno piuttosto che d’altro autore. È una verità indiscutibile che allorchè il signor Strobel nella sua lettera asserisce “chela H. cingulata del Tirolo è la forma figurata da Rossm. (fig. 88) quale H. cingulata di Studer , non accenna ‘con ciò opinione alcuna; ma come oggi egli dice apparire chiaramente, egli ha addotto semplicemente un fatto. Ma è pure una verità indiscutibile che allorchè un autore cita l'opinione di un altro per avvalorare la propria, egli la fa sua e diviene responsale dell’ opinione citata. Se adunque il signor Stro- bel mi dice nella sua lettera 15 febbrajo in prova che la Helix da me inviatagli come cingulata tipo di Studer è invece la H. Luganensis Schinz, egli citandomi 1’ opinione di Rossmissler che figurò la forma prevalente in Tirolo quale H. cingulata Stud. fa sua tale opinione che io per quanto concetto e stima nutra pel chiarissimo autore non posso dispensarmi dal dire erronea dal momento che è accertato che Studer formò la sua specie sopra esemplari provenienti da Lugano al pari di Schinz; e se il ce- lebre Rossmissler figurò nella classica sua opera Iconographie der Land-und susswasser Conchilien, ecc. la forma tirolese quale tipo della I. cingelata di Studer, ciò vuol dire ch’ egli pure ha 426 N. PINI, © errato e non giustifica gli altri autori ad appoggiarsi alla sua fig. 88 per riconoscere come tipica quella forma. L’avere poi il Rossmiissler riunita la H. Lugamensis Schinz alla sua cingulata Stud. cioè alla forma del Tirolo e 1’ avere & pag. 1 della Heft II, dell’opera citata promiscuamente assegnato i la dimora della specie di Studer a Lugano, Roveredo, Bolzano, ecc., non dimostra forse che Rossm. stesso riteneva indifferen- temente come forma tipica di Studer, tanto quella del Tirolo da lui figurata che quella di Lugano descritta dallo Studer? Non pare al signor Strobel che allorchè mi dice la sua H. cin- gulata tipo (quella cioè di Lugano) è la Luganensis Schinz, am- metta che questa non è adunque secondo lui la forma tipica della Cingulata Stud.? Tanto è ciò evidente che indi per avvalorare questa asserzione mi cita che Rossm. figurò per tale alla fig. 88 la forma del Tirolo; mentre dappoi soggiungendomi che il Rossmiissler riunisce a questa come sinonimo la Luganensis, cioè risguardan- dole come una stessa specie, cade in contraddizione colla opi- nione dapprima esternata! Se lo stesso Rossm. riunendo queste due forme come sinonimi (riguardandole quindi come una iden- tica specie), va in opposizione alla opinione di Schmidt che le separa per differenze anatomiche, ed.il signor Strobel che si ap- poggia al giudizio d’entrambi, non dovrebbe rivolgere a me i suoi rimproveri se io rivelai la contraddizione delle opinioni da lui communicatemi. Rapporto poi all’opinione dello Stabile mi riferisco nuovamente a quanto già dissi nella mia Nota a pag. 49 del vol. XVII de- gli Atti della Società italiana di scienze naturali, poichè se egli, citando a pag. 27 del suo prospetto Sist. Stat. dei molluschi vi-' venti nel territorio di Lugano, la Helix Luganensis Schinz vi ap- pose: la sinonimia di H. cingulata (partim) Stud., ciò fu per mag- giore identificazione della specie, poichè avendo adottato quel nome che più sembravagli appropriato per una forma Focale non poteva tralasciare di mettervi quel “(partim), che parla abba- stanza chiaro, poichè nessun’ altra forma più della H. lugamensis faceva parte della specie di Studer, dal momento che ne è sino- nimo, e perchè la sua opinione sopra questa forma apparissè chia- ramente fece ivi richiamo alla pag. 54, ove nella Nota N. 13 dà la sinonimia colle osservazioni critiche, omettendo la frase (par- "a Sr va > 1° OSSERVAZIONI CRITICHE ALLE OSSERVAZIONI E RETTIFICHE, ECC. 427 tim) sulla quale: il signor Strobel fa un lungo ragionamento di H. cingulata in senso lato ed in senso stretto che io non posso ammettere appunto perchè come già dissi, una sola deve essere la denominazione di Helix cingulata, e questa dev’ essere quella della forma cui Studer impose tal nome; tutte le altre essendo a considerarsi come variazioni della medesima, o se differenti spe- cificamente, non nella forma, ma nei caratteri dell’ animale (ciò che fin’ ora nessuno ha con certezza seriamente dimostrato), do- versi adottare nomi differenti per le medesime, onde evitare la confusione che deriverebbe dal conservare un istesso nome a due o più specie fra loro simili più o meno in quanto ai caratteri te- staceologici ma differenti fra loro specificamente per l'animale. Allorchè nella mia Memoria sulla H. Hermesiana asserisco che “identica in forma, grandezza, colorazione e struttura la Helix cingulata Stud. rinviensi oltre le località citate anche in alcuna del Tirolo. e che questa forma è la stessa di quella di Lugano , non dico con ciò che tutte le forme del Tirolo siano simili alla H. Luganensis; ma dico che questa forma, benchè per verità raramente, rinviensi anche in alcune località tirolesi, giacchè esa- minai esemplari di tale provenienza per nulla differenti dalla me- desima. . Il signor Strobel stesso era meco d’accordo su tale eguaglianza di forma allorchè nella Nota 1, inserita a pag. 16 del più volte citato lavoro, nel dare i caratteri testaceologi della H. Presslà var. luganensis, com’ egli ivi la chiama, ammetteva già che la forma della spira della medesima è come quella della H. cingulata del Tirolo, poichè quando dice: Spira producta instar Helicis cin- gulate, evidentemente si riferisce alla forma del Tirolo figurata da Rossm. come tale, ciò che in parte stà: ma oggi egli ha mu- tato avviso e lo nega ricisamente, e vorrebbe da ciò dedurne che io mi trovi in contraddizione coll’ opinione da me citata del mio maestro Stabile, mentre chi sarebbe in contraddizione coll’ opi- nione di Stabile sarebbe la frase specifica data dal signor Strobel sulla H. Luganensis in raffronto alla cingulata del Tirolo nel suo Essai: poichè Stabile chiamò la forma “ delle contrade Bresciana e Trentina abbastanza diversa , da quella di Lugano, Valsolda, Tremezzina, ecc. Le parole di Stabile non escludono genericamente parlando dm 428 N. PINI, che, benchè nel complesso la forma delle contrade Bresciana e 4 Trentina sia abbastanza diversa, possa ciò non ostante rinvenirsi in alcune di quelle località anche la forma di Studer. Ed in prova mel. quale tenni distinte anche le altre forme differenti dal tipo, note | sotto le denominazioni di Carrarensis Porro, Baldensis Villa, di quanto asserisco rimando il signor Strobel al mio lavoro fascelina Ziegler, Inornata Rossm. Anauniensis De Betta, Co- lubrina Jan, le quali modificazioni tutte citai riscontrarsi anche — in Tirolo, ove questa specie pare offra maggiori variazioni che in ogni altro tratto di terra italiana. LIATT) Se la var. cingulina Strob. tipica poi proviene dal territorio d’Innsbruch dalla Zirler Klamm, o gola di Zirl, come mi osserva l’autore, ciò non impedisce che questa varietà possa rinvenirsi altresì altrove come nelle località citate nel mio lavoro. pa Dal complesso delle osservazioni del signor Strobel. emerge ch’ egli ritiene per due le specie di H. cingulata, una quella di Studer o Luganensis Schinz, Presslii Schmidt, nisoria Rossm., cingulina Strob., e l’altra cingulata Auct. nella forma del Tirolo colle altre sotto varietà; la quale più propriamente dovrebbe dirsi cingulata Rossm. in luogo di Auct. essendo la forma da esso pub- blicata: mentre io sono d’avviso debbasi ritenere un tipo unico di H. cingulata Stud., al quale aggruppare come varietà geogra- fiche e seriali tutte le altre denominazioni subordinatamente però sempre a quella di cingulata Stud., ed in tale convinzione io pure rimarrò finchè non sieno dimostrate chiaramente le dif- ferenze specifiche che ponno esistere fra i diversi animali delle forme di questo gruppo, e queste accertate, non adotterò per di- stinguerle di certo il nome di cingulata Auct., ma bensì un nome più appropriato a distinguere ciascuna specie constatata per evi- tare i malintesi. Pato La credenza di molti malacologi sopra la H. insubrica Jan è che dessa sia una variazione minore, fasciata, dalla H. frigida Jan che vive sulle Grigne. Il signor Strobel dice erronea tale cre- denza dichiarando che la vera H. insubrica Jan è quella che rin- viensi al monte Baldo nel Veronese. Io possiedo esemplari di entrambe le località e la forma ed i caratteri trovo essere simili o ben poco differenti, se si eccettua che gli esemplari dal monte Baldo sono ordinariamente più pic- OSSERVAZIONI CRITICHE ALLE OSSERVAZIONI E RETTIFICHE, ECC. 429 coli ciò che potrebbe per avventura provenire dalla differente nu- trizione del mollusco e dalla diversa condizione geognostica del suolo, non che dalla differente elevazione e temperatura. Imappoggio alla sua opinione mi cita le diagnosi delle due specie date dall'autore che leggonsi a pag. 2, N. 101 e 101 44 della Man- tissa inserita nel Catalogus rerum naturalium in musco extantium, Sectio II, pars I; ed io pure a quelle mi riporto poichè l’autore per descrivere la sua H. frigida si "servi della frase testa de- pressa, umbilicata, substriata, albida intus flavescente (3" alt. | 9" lat.). Per designare invece la H. Insubrica disse: testa de- pressa, umbilicata, striata, lactea, linea brunnea zonata, intus fla- vidula (2° alt. 7 14” lat.), entrambe poi queste specie caratte- rizzò: apertura semilunari, peristomate reflexo. Ora le frasi di striata o substriata sono sempre soggette ad una interpretazione più o meno elastica a norma del giudizio di chi esamina o de- scrive una specie e dei confronti che ne fa con un’altra più o meno striata non essendovi confini in cui circoscriversi le specie a dirsi striate da quelle a denominarsi substriate come accade per le due specie o varietà, se così vuolsi, di cui è parola, alle quali entrambe le frasi ponno adattarsi secondo gli esemplari che sì esaminano. Per citare un esempio, nella raccolta del Civico Museo di Mi- lano sotto il N. 426 esiste un esemplare di Campylea senza fa- scie mandato dal signor Strobel sotto il nome di H. frigida Jan delle Grigne, il quale offre striature ‘assai più marcate che non gli esemplari del Monte Baldo, e volendo descriverlo dovrebbe dirsi festa valde striata e non substriata come nella frase speci- fica dell'autore della specie. Io possiedo qualche centinajo d’esem- plari da me raccolti sulle Grigne, fasciati e non fasciati, ma di ambe le varietà vi sono esemplari che possono dirsi striatî come substriati. Questo carattere quindi nel nostro caso è di poco valore. Un carattere invece ben distintivo nella frase specifica della H. insubrica Jan è quello di linea brunnea zonata,. col quale l’ au- tore non distinse la H. frigida a cui attribuisce il solo carattere di albida. Il nome istesso impostogli di insubrica dinota che l’autore volle distinguerla come specie esclusivamente lombarda, poichè non gli 430 N. PINI, avrebbe dato tal nome se la provenienza degli esemplari da lui studiati fosse stata del Veneto in cui è situato il Monte Baldo. Rossmiissler nella Heft. VIII, pag. 33, cita la H. insubrica Jan | come varietà della frigida Jan, e L. Pfeifer la cita nella Ion. Hel. I pag. 350 come “ minor unifasciata della H. frigida Jan I diam. maj. 18", min. 15”; alt. 8" ,, misure queste nè quelle re- trocitate di Jan, che non raggiunge mai la'varietà che vive sul Monte Baldo, mentre gli esemplari delle Grigne dalle modeste proporzioni di quelle del Baldo raggiungono le dimensioni della frigida. Il signor Strobel mi cita in appoggio della sua opinione altresì il Catalogo dei molluschi viventi sul monte Baldo nella provincia di Verona del signor De Betta Ed. inserito nell’anno II del Giornate di Malacologia da lui redatto, ove leggesi: “ H. insubrica Jan et var. inornata, al telegrafo poco al di sotto di Monte Maggiore. Con ciò egli vorrebbe oggi provarmi che la H. insubrica Jan sia quella del Baldo piuttosto che quella delle Grigne. Assai male a proposito egli fa ricorso alla citazione del chia- rissimo De Betta, il quale d’altronde non dice che quella sia la specie tipica di Jan, ma ve la riferisce; alla quale citazione il si- gnor Strobel non dovrebbe proprio fare richiamo perchè in aperta contraddizione con quanto egli stesso pubblicò. Infatti nel medesimo Giornale di Malacologia, Anno I, N. VI, pag. 94. Il signor Strobel stesso sotto la rubrica, Notizie, par- lando della H. frigida Jan, così si esprime: “ Verso il 1830 i noti naturalisti affratellati Giorgio Jan, ora direttore del Museo civico di Storia naturale in Milano, ed il defunto Giuseppe De-Cristoforis raccolsero pei primi sulle Grigne, monti posti ad oriente della pro- vincia comasca, la Helix, che, avuto riguardo alla sua dimora, chiamarono H. frigida, e diedero alla sua variazione minore, uni- fasciata, che abita le stesse montagne, il nome di H. insubrica. Dopo questa pubblicazione del signor Strobel stesso, nulla più mi resta ad aggiungere per comprovare che per H. insubdrica, Jan riteneva la varietà fasciata vivente sulle Grigne, non la forma che vive sul monte Baldo; la quale secondo me è una sotto-va- rietà da collocarsi fra la H. intermedia di Fér. e la specie di Jan a meno che differenze anatomiche dell'animale non la facciano rite- nere come specie distinta. OSSERVAZIONI CRITICHE ALLE OSSERVAZIONI E RETTIFICHE, ECC. 431 Ringrazio il signor Strobel delle osservazioni fattemi sulla nuova forma da me descritta sotto il nome di H. Hermesiana, rapporto alle quali in massima sono con lui d’accordo, specialmente pel po- sto cui va collocata geograficamente e serialmente parlando, ma sigcome nella mia Memoria esternai l’opinione che anche la H. fri- gida Jan non sia che una modificazione estrema della Cingulata di Studer, così per tale ragione la chiamai cingulata var. Her-" mesiana (non frigida var.), nello stesso modo che per dinotare la specie di Jan avrei detto cingulata var. frigida. © Il numero dei giri di spira che giustamente mi fa osservare il signor Strobel essere 6 in luogo di 5, come nella frigida Jan, non è sempre costante in quest’ultima specie variando dai 54/4 ai 6; però sarebbe un carattere distintivo di un certo valore allorchè l’ anatomia del mollusco delle varie forme di. cingulata Studer e degli autori, della frigida ed insubrica Jan ed Hermesiana mihi, stabilisse quali sono le diversità specifiche dell’animale che abita ciascuna di esse, onde raggrupparle o distinguerlo con certezza fra loro, con nomi appropriati. Siccome errare humanum est, così anche il celebre L. Pfeiffer nella classica sua Monog. helic. viv., vol. I, pag. 350, attribuisce alla H. frigida Jan, solo cinque giri di spira in luogo di sei, non avendo l’autore della specie nella frase specifica fatto menzione dèl nu- mero degli anfratti. Sono grato al signor Strobel di avermi fatto avvertito. di queste inesattezze delle quali io m’ era già avveduto, e spero vorrà persuadersi che non fu in me intenzione alcuna di recargli nocumento colle mie osservazioni critiche, bensi fu movente delle medesime il desiderio di appurare una terminologia che parmi difettosa ed oscura così come è oggidì intesa da molti; e vorrà essere convinto del pari che i suoi lavori malacologici, i quali re- puto ottimi per aver abbandonate specie puramente nominali e tenuto calcolo pel primo fra noi delle naturali circostanze che accompagnano l’esistenza dei molluschi, ossia della geografia ma- lacologica, saranno sempre da me consultati, come quelli che con- tribuirono non poco a formarmi di lui quel concetto di stima pel quale non posso che apprezzare le sue osservazioni. NAPOLEONE PINI. mbatti8 o Lal MiA é CONCHIGLIE MARINE Last i | NrO, Pi; NEL TERRENO ERRATICO DI CASSINA RIZZARDI PRESSO FINO. ce. À ‘ NELLA PROVINCIA DI COMO Rap asti i DETERMINATE dall’ ingegnere EMILIO SPREAFICO. Nota postuma presentata alla Società Italiana di Scienze Naturali nella seduta del 29 novembre 1874 da F. SORDELLI. i Nella scorsa primavera, il dottor G. Casella, di Laglio, inviava al professor A. Stoppani un certo numero di conchiglie fossili, provenienti, a suo dire, da una cava di ghiaia delle vicinanze di Fino, e chiedeva al medesimo se per avventura potevano es- sere di qualche interesse per la scienza. Tali conchiglie avevano il noto aspetto di quelle che si ottengono in copia dalle sabbie subappennine, e, ad un superficiale esame, palesavano un miscu- glio di specie estinte con altre tuttora viventi nel nostro mare. Erano infatti resti del periodo pliocenico, ma di una località ignota finora ai geologi e rinvenuti in tali condizioni di giaci- tura, da lasciar sulle prime impresso nell’ animo il dubbio che le indicazioni sommarie avute dal dottor Casella fossero mai per caso inesatte, giacchè si sa che i dintorni di Fino sono, si può dire, per intero occupati dal terreno erratico, proveniente dalla gran valle lariana, mentre, d’altra parte, nessuno vi aveva mai notato relitti marini di sorta. Ma il fatto veniva confermato dai signori marchese L. Rosales Cigalini e F. Franceschini, i quali, dimorando nelle vicinanze, si presero tosto cura di verificare, dietro invito del professor Stop- pani, l’esattezza di cotali indicazioni. Il marchese Rosales, anzi, avutane licenza dai proprietarii del fondo, faceva praticare uno scavo che fu prima visitato dal pro- ditte CONCHIGLIE MARINE. 433 _ fessor Stoppani ed una seconda volta da me assieme ai professori Desor e Schimper, di passaggio per Milano, addì 22 dello scorso maggio. Da entrambi le escursioni riportammo buon numero di «conchiglie fossili, le quali, unite a quelle già prima avute dal dottor Casella e dai signori Rosales e Franceschini, costituivano un materiale sufficiente per dare un'idea dell’ indole della fauna novellamente scoperta. Quelle recate dal professor Desor vennero da lui spedite a Fi- renze al dottor Cesare d’Ancona per la determinazione, e contri- buiranno anch’ esse, ne son certo, ad illustrare una località la quale, appena nota da ieri, ha già cominciato a sollevare intorno a sè le discussioni dei dotti e sembra dover contribuire non poco ad illuminarci intorno alla storia degli ultimi periodi geologici nel nostro paese. Le altre, recate al Museo civico di Milano, fu- rono subito da me studiate, impaziente com’ era di fare la loro conoscenza e di poter aggiungere alle specie plioceniche offerte dalle località comasche di Folla d’ Induno e del Faido, la schiera non piccola fornita dal nuovo giacimento. Le conchiglie fossili di Fino, che così le chiamo per brevità, non si rinvengono sempre intatte: anzi, le più grandi, quali, ad esempio, gli Strombi, i Murici, i Fusi, le Pleurotome, le Veneri, i Cardii, si trovano sempre ridotti in pezzi, ed i loro frammenti cogli spigoli smussati, come se avessero a lungo rotolato in balìa delle onde; al contrario, le piccole facilmente si ottengono in- tere: così i Buccini, le Colombelle, le Nerite, ecc.} specie minu- tissime, quali le Rissoe, le Ringicule, le Defrancie, ecc. sono di una conservazione perfetta, e vanno ancora ornate delle loro co- sticine e strie caratteristiche. Lo studio di queste mi riuscì, com’è naturale, più facile; ma non trascurai, per altro, di occuparmi anche delle altre, come che rotte, e di prenderne nota ogni qual volta, con un attento esame, potei accertarmi del loro nome. Così, nel materiale avuto a mia disposizione, potei riconoscere e determinare 53 specie, di cui porgo la lista qual tenue mio con- tributo alla Paleontologia di quel tratto di paese che formò, in. modo più particolare, l'oggetto dei miei studii. Vol XVII. 28 434 NOME 1.Strombus coronatus Defr. .. 2.Murex cfr. trunculus L. ... 3. +. 4. — spinicosta Bronn. ... scalaris Brocchi (Coral- liophila) . +. «+ 4.0 ne 5. Ranella laevigata Lk. (margi- nata IBEst.) Teo 6. Triton distortum Brocchi . . . 7.Cancellaria cancellata Lmk. . 8. Ficula geometra Borson. . . . 9. Fusus lignarius Defr. . . ... 10. — aduncus Bronn. .... 11. Buccinum polygonum Brocchi 12. Terebra fuscata Brocchi ... 13. 14. 15. Nassa 16. lgs 18: 19. 20. 21. —_ Basteroti Nyst ..... acuminata Borson . . . clathrata Born. .... limata Chemn. ...... serraticosta Bronn. . . semistriata Brocchi . . costulata Renieri corniculum Olivi . ... obliquata Brocchi .. . 22. Ringicula buccinata Renieri . 23. Cassis variabilis Bell. e Micht. 24. Columbella subulata Brocchi . 25. — scripta L........ . 26. Conus pyrula Brocchi. .... 27. —. striatulus Brocchi . . . 28. —. Mercati Brocchi .... 29. -— . deperditus Brug.. ... 30. Pleurotoma turricula Brocchi nel Medit. =—__—_—rrcr—_|——-......r. *r—r_r | 'tieetieelitiiuLo. E. SPREAFICO, - —FT ——_—__cc rr r1r.rg1(911t11lron ‘root ert1 Viventi |Plioc.sup.|Plioc. inf. nei mari tropic. puo pa HH E 2 f 38 E Bolognese 1 E LA L'ad ELLA 1.1 ed Lit RA LASE TARE Pps: i fs Lips Lic N LU de 1» ee Lat I-bel i fa e Li Part Lee 1) 31 PAESI * Secondo Hoernes si trova vivente al Senegal. *#* Secondo Weinkauff C. pyrula Brocchi sarebbe sinonimo da esso riuniti al vivente C. mediterraneus Brug. Monte Mario Piacentino HO magi 1'| CALA CAEN — j-,L an ij ed — |-14 96 i OE N e LL PENSAI 1 RE 1 ea — [ae — 1 dl E 1. — SS 1| L'|iase | — One -—|4j TS — 1] 14 1|1| 1 |a Meg e E —- | egg I 1. | |a 1]1-| SS 1 di C. pelagicus e C. turricula Br. NOME sabbie Toscana e Parmig. Modenese Piemonte Hu | | Hi Hi pupi] pipi pa | E RA pui e ue gl tea | PIE RIT, © RETE TT. - nel Medit nei mari tropic Monte Mario Piacentino tel rota dimidiata Brocchi || — | 1 fon pi | [ar 1 132. — intorta Brocchi ....|—|T—-|— 1 FRA pa “ sMbollardi Desni!;'.:-P_-|_-_|_ 1 _ 34. Defrancia clathrata M. d. Serr. 35. Mitra serobiculata Broéchi d.ssa fio. ped pd [ari I 36. Natica millepunctata Lmk... 37. -- Josephinia Risso.... pio pl | 38. — Guillemini Payr.. ... 39. Cerithium vulgatum Brug. var. intermedia Weink....... | a Ra | | se e O È | 40. — (Cerithiopsis) scabrum Olivi 41. Chenopus pespelecani L. ...| 1|— 1 1 42. Turritella vermicularis Brocchi | — |—{|—-]| 1|— 143. — subangulata Brocchi .j|T—|{|—T-|T—- | 1 44. Vermetus intortus Lmk....| 1 É 45. Solarium simplex Broon....| 1/|—|T—| 1 46. Rissoina pusilla Brocchi ... | — 47.Nerita Bronni Jan ...... cubi 1 TZ = 48. Dentalium sexangulare Luk.|T—-|T-|T|{ 1 49 — inaequale Broon ...{--|—-|T—-{—-|-{[|-[|-{-|-{[-|{|[—- 50. Venus plicata Gmel. ..... —_ IIC PI EEE PL PI Be 51. Lucina miocenica Micht....|-{|JT-]|--{T—-{|—-{[|T-]|—-{[|=-|—- far (EE 52. — ,spinifera Mont...... restii ai Neil 53. Cardium hians Brocchi. ...| 1|—-|—- | 1 È. i 1 174 dg geo: Onde farmi un’idea dei rapporti della fauna di Fino con quella ora vivente e con le faune fossili di altre parti-d’ Italia, ho se- gnato di fianco a ciascun nome la presenza od assenza delle spe- cie stesse nei mari attuali e nelle singole regioni fossilifere, va- lendomi in particolar modo delle opere di Bellardi, Brocchi, Coc- coni, D'Ancona, Doderlein, Foresti, Hoernes, Weinkauff, ecc. Da ciò risulta che sopra 53 specie, 31 sono estinte, 20 vivono an- CONCHIGLIE MARINE. 435 Viventi |Plioc.sup.|Plioc. inf. Pliocene Miocene Piac. e Parm. 436 E. SPREAFICO, cora nel Mediterraneo e 2 abitano nei mari tropicali; 45 si rin- vennero fossili nei terreni pliocenici dell’ alta e media Italia, mentre 22 soltanto furono trovate anche nel miocene. | Rispetto alla distribuzione loro nei terreni attribuiti ai ue: di- versi periodi, esse si ripartiscono così: esclusive al \pliocenp ;- CL. pi pole 31 esclusive al miocene . . - + «+; nessunas ove si eccettui il Dinar ssaa ‘che gli autori citano concordi soltanto nel’ mio- cene, ma che a Fino si trova misto alle specie plioceniche; comuni ad entrambi, per conseguenza . . . 22 Circa le diverse località prese come termine di confronto, si hanno i in comune con quella di Fino: del Piacentino e Parmigiano . . 44 specie 200) del Modenese .. ..-. l. ...020005 Li del Bolognese, . _. |. lt. litri BORE Edi. Thecapa i vu DU See de. c ia sii di Monte Mario. . .. .°.... oa nel del Piemonte .. . . . °° POT miocene { del Piacentino e Parinigitho Me Che se si tien calcolo della divisione del pliocene bolognese,” adottata dal signor dottor Lodovico Foresti nel suo recente Ca- talogo, e si distinguono, come ragion vuole, le sabbie e le argille della parte superiore del pliocene, da quelle che appar- tengono all’inferiore, secondo l’ordine segnato in testa al mio Prospetto si osserva che le specie di Fino si ripetono nel plio- cene bolognese come segue; nel pliocene (| sabbie/superiori . . . .... 17 superiore | argille superiori . «Ul. 0 SON nel pliocene ( sabbie marnose inferiori . . . . 26 inferiore i argille inferiori: (. 0 4.00 Issa deducendosene che il massimo numero (più del 77 °/,) delle con- chiglie, oggetto di questa nota, appartiene a quella zona che nel Bolognese è rappresentata dalle argille superiori plioceniche, Z TIRI TAMA OR n = oe ‘ e Seduta del 27 dicembre 1874. A Presidenza del Presidente prof. Emilio Cornalia. È fatta presentazione alla Società della fine della Memoria del professor Federico Delpino, intitolata: Ulteriorì osservazioni e considerazioni sulla dicogamia nel regno vegetale, già pubblicata in molta parte nei precedenti volumi degli Atti. Nel manoscritto presentato, l’ autore dà alcuni cenni intorno ai pronubi delle piante e ai loro costumi, ed il Segretario ne legge quelle parti che si riferiscono alle generalità intorno agli insetti (coleotteri, ditteri, imenotteri, lepidotteri), ed agli uccelli mellisugi; ivi l’au- tore. dimostra quali gruppi di codesti animali siano stati pre- scelti ed adattati allo scopo di favorire la fecondazione incrociata delle piante e quali, tuttochè frequentino i fiori, si mostrino in- vece inetti a tale ufficio. Riassume quindi verbalmente una nota dallo stesso socio inviata in appendice al complesso del suo la- voro, nella quale tratta della scoperta da lui fatta di due diversi modi di fiorire del noce comune, in cui alcuni alberi avrebbero gli amenti maschili fiorenti in anticipazione sui fiori femminei, mentre su altri alberi si osserverebbero fiori femminei precoci in confronto ai maschili. Per tal modo la fecondazione dei pistilli non potrebbe effettuarsi per mezzo del polline dei fiori maschili situati sullo stesso albero, perchè questi o non avrebbero ancora le antere in istato di deiscenza, oppure la loro fioritura sarebbe 438 SEDUTA DEL 27 DICEMBRE 1874. rise, e bs 3 LIA già di parecchi giorni trascorsa, mentre può benissimo effettuarsi mediante il polline proveniente da altri alberi, sui quali la dei- scenza delle antere avviene contemporaneamente. | Il professor Pompeo Castelfranco viene quindi invitato a leg- gere una sua Memoria sulla stazione umana della prima età del ferro, denominata dei Merlotitt, sulla riva destra del Ticino. In essa l’autore descrive in modo assai particolareggiato la giacitura della nuova stazione, i resti d’umana industria ivi rinvenuti e ri- chiama l’attenzione dei paleoetnologisti sulla identità perfetta che si osserva tra i cocci dei Merlotitt e le figuline delle tombe della necropoli di Golasecca, sia che si considerino i vasi più fini, quali | sono quelli che ordinariamente si traggono dalle tombe, sia che si considerino i più rozzi, i cui cocci abbondano ai Merlotett, ma che non mancano neppure qua e là fra gli oggetti sepolti nel . vasto e ormai celebre cimitero. A provare la verità del suo as- serto, l’autore presenta ai soci buon numero di pezzi originali tratti dalla sua privata collezione, nonchè un disegno della loca- lità da lui descritta. Di codesta Memoria viene ammessa la pub- blicazione negli Atti, accompagnata dalle figure degli oggetti più importanti accennati nella medesima. Il Segretario legge quindi un articolo inviatogli dal socio pro- fessor Strobel, intitolato: Controsservazioni alle osservazioni cri- tiche del signor N. Pinì relative alla Helix cingulata Studer, in. | cui conferma quanto aveva detto nella sua lettera comunicata nella scorsa seduta e si difende dall’accusa di contraddizione per aver egli mutato parere circa la H. insubrica di Jan. Il socio | Pini, presente alla seduta, chiede la parola per dichiarare che |. egli non intende di continuare nella polemica col socio Strobel, ritenendola affatto inutile per la scienza, fintanto che la discus- sione non si fondi sopra nuove osservazioni ben constatate, sopra- tutto per ciò che si riferisce alla anatomia delle specie in que- stione; dichiara di avere un alto concetto dei lavori malacologici del professor Strobel, pel quale nutre molta stima, pur mante- ‘nendosi seco lui in disaccordo circa la circoscrizione delle specie di Campilee, di cui ebbe a intrattenere la Società ne’ suoi scritti antecedenti. a l'al ii n ci Sn SEDUTA DEL 27 DICEMBRE 1874. 439 Il Segretario legge il processo verbale della seduta precedente 29 novembre 1874, che viene approvato. Si passa indi alla votazione per nominare socio effettivo il signor i | CaAstELFRANCO professor Pompeo, di Milano, proposto dai soci ‘Villa Antonio, Napoleone Pini e Ferdinando Sordelli. Viene am- messo alla unanimità. È dato quindi l’ annuncio della pubblicazione, a Parma, di un Bullettino di Palcoctnologia italiana, per parte dei signori G. Chie- rici, L. Pigorini e P. Strobel. Viene, del pari, annunciata la fondazione d’una Società Archeo- logica pel Musco patrio novarese, sotto la presidenza del signor ingegnere Giuseppe Fassò, e fatta presentazione, da parte dello : stesso signor Presidente, nostro socio, di una copia dello Statuto della nascente Società. | È data comunicazione della circolare inviata dai soci professori G. Zoja e P. Panceri alla Presidenza della Società, colla quale è fatto invito a prender parte alla sottoscrizione per un monu- mento. alla memoria del professor Giuseppe Balsamo Crivelli, da erigersi nella R. Università di Pavia. Da ultimo, il Presidente annuncia la morte del socio padre Giovanni Cavalleri, avvenuta in Monza nel corrente mese. F. SORDELLI, Segretario. SULLA RIVA DESTRA DEL TICINO, | descritta dal. prof. POMPEO CASTELFRANCO. (Seduta del 27 dicembre 1875). ‘Chiudendo la mia relazione sulla stazione del Molinaccio * nel febbraio 1873, lasciai intravedere la possibilità di fare altre scoperte di simil genere nelle sponde sabbiose del Ticino. La mia speranza non andò delusa; difatti, mentre quella breve Memoria trovavasi in corso di stampa, nuove escursioni fatte nelle mede- sime località, mi condussero ad altra scoperta consimile, e mi af- frettai a farne cenno in fine di quella stessa Memoria; di modo che, mentre quell’aggiunta non venne letta nel seno di questa Società, trovò nondimeno un posticino, quasi come un poscritto, negli Atti della Società stessa. è. Intendo parlare della stazione dei Merlotitt, collocata in una breve valletta di erosione tributaria del Ticino, la quale, a prima giunta e per mancanza di tempo, io aveva affrettatamente giudi- cata più moderna sì di quella del Molinaccio, ma pur sempre, come quella, dell’età neolitica. La rozzezza dei cocci dei Merlotttt, segnati pure da impronte di unghie con intenzione ornamentale, avevami tratto in inganno, e solo più tardi, quando rinvenni nel medesimo tratto, in terreno non rimaneggiato, e miste ai rozzi cocci, altre figulime di fattura più distinta ed elegante, e alcune scorie di ferro, mi persuasi d’aver preso abbaglio, e mi accinsi 1 CASTELFRANCO, La stazione del Molinaccio. Atti della Secietà Italiana di Scienze nat. Vol. XVI, fasc. I. Pi ; 1 n= I MERLOTITT. | 441 allo studio della nuova stazione con maggior cura e scrupolosa esattezza. Cancellando quindi in quella brevissima aggiunta, quanto si riferisce alla stazione dei Merlotitt, imprendo a descriverla ex novo, mantenendo così la promessa fatta a codesta onorevole Società. Il Ticino, dopo essersi allargato tranquillamente fra le sponde del vasto bacino denominato Lago Maggiore, giunto a Sesto Ca- lende riprende il suo corso travaglioso a traverso le terre e le roccie, e rodendo profondamente la morena frontale dell’ antico immenso ghiacciaio, la divide in due parti ad un dipresso uguali, lasciando a sinistra un alto bastione dominato da Golasecca e Coarezza sulla riva lombarda; a destra, Castelletto e Borgo Ti- cino sulla riva piemontese. Attratte dal profondo solco del Ticino e aiutate dalla gradinata, se così mi posso esprimere, dei tre terrazzi alluvionali, ben distinti e rimarchevoli in quella località, le acque piovane cadute nell’ altipiano precipitano verso il fiume, trascinando seco le sabbie finissime e le ghiaie che compongono quel terreno erratico, formando così, ad ogni minima accidenta- lità del suolo, in pochi anni, una valletta di erosione di breve svi- luppo, ma di una larghezza sempre crescente ad ogni pioggia no- vella. Un sentiero che segua una di quelle depressioni, o un fos- sato tendente a dividere due campi o due brughiere, diventa una chiamata alle acque; in breve il fossato o il sentiero s° allarga, s’incava, le sponde sabbiose si sfasciano e precipitano a valle. La valletta dei Merlotitt si è così formata, e scorgesi tuttora, alla radice della medesima, la traccia del primitivo sentiero, il quale partiva e parte ancora da un cascinaggio denominato dei Savoja. Ora, al punto stesso in cui il sentiero finisce e la frana comin- cia, cioè, alla radice della valletta medesima, ha principio anche la stazione umana dei Merlotitt, che si prolunga nella parte de- stra della frana per un tratto di 24 metri, pre$entando in quello spaccato naturale, facile studio all’occhio dell’osservatore. Nel disegno unito a questa Memoria (tav. 12, fig. 1) il punto D segna la fine del sentiero laddove precipita nella frana;il punto . 442 P. CASTELFRANCO, C l'estremo limite sinistro delle traccie dell’uomo. Più a sinistra | ancora la valletta sabbiosa seguita a scendere gradatamente e tortuosamente sino al Ticino, e senz’ altre traccie dell’ uomo, al- l’infuori di quegli avanzi spostati dalle pioggie e trascinati ar l’alto fuori del deposito. tc AI Questa valletta di recente formazione si trova quindi posta sulla sponda destra del Ticino, rimpetto al luogo della barca di . passaggio di Presualdo, «vicino alla casa della Finanza, ossia la dogana al tempo in cui il Ticino era confine di Stato. La valletta dei Merlotitt si è formata in mezzo ad un terreno ancor vergine. Ivi non vedonsi, sul dosso della collina, se non po- chi cespi di eriche, pochi muschi e licheni, e, qua e là, rari ce- spugli di miseri castani e di robinie; più in là, un campo col- tivato. Quella misera vegetazione da tanti secoli oprante non ha tut- tavia saputo produrre che un sottile strato di terra vegetale mi- sta a ciottoli e ghiaie, e di cui possiamo valutare la potenza a soli pochi centimetri. Al disotto ghiaie e ciottoli senza terra vegetale, se non quella pochissima, filtrata colle pioggie e. cogli anni; questo strato può valutarsi a circa un metro e venti centi- metri, con potenza varia, a seconda della ondulazione della parte superiore, rimanendo la parte inferiore delle ghiaie nettamente delineata. Al disotto dello strato di ghiaia, quella ben nota sab- bia del Ticino, un poco più scura alla parte superiore per la fil- trazione degli strati sovrapposti. Quella sabbia forma, come dap- pertutto in queste località, la base od il corpo stesso delle dro (Vitavi 12; fig: 1) Gli avanzi d’umana industria di questa stazione si trovano solo nello strato ghiaioso. Verso la radice della valletta troviamo anzitutto numerose scorie di ferro miste a pochissimi cocci di terra cotta e a molto. carbone; più in basso, in un seno, cagionato da più profonda frana, non riscontransi traccie dell’ uomo, se si vuole eccettuarne qualche rarissimo coccio di terra cotta, già staccato però dal letto del deposito. Più in basso ancora, al centro della stazione, I MERLOTITT. 443 j cocci sono più abbondanti, e misti a molto carbone e a pochis-” sime scorie di ferro (tav. 12, fig. 1). Nell'ultimo tratto. molti cocci, ma nessun carbone e nessuna scoria. Oltre gli avanzi dell’ industria dell’ uomo trovati nella parte ghiaiosa, che chiameremo il letto del deposito, molti altri se ne rinvengono anche nella sabbia, ma solo nella parte franata e ca- duta al basso, quindi spostati, e di valore molto minore per le argomentazioni e le conclusioni. Nella mia Relazione mi attengo più scrupolosamente allo studio degli avanzi trovati in posto, e sopra questi si baseranno specialmente le mie conclusioni. La massa di quel deposito si compone quasi unicamente di ghiaie miste a terra vegetale, annerita dal carbone, e più parti- colarmente nera verso il centro della stazione (trai punti A e 5). Disseminati nei punti più ricchi di carbone rinvengonsi cocci gene- ‘ ralmente rozzi e quasi sempre rozzissimi, segnati da impronte di unghie, di dita, ecc., con intenzione ornamentale, ma in modo così elementare che li avrei, come dissi, creduti a tutta prima dell’età della pietra, senonchè continuando a scavare fra i car- boni e la ghiaia, mi venne fatto di rinvenire, e di cogliere dn posto, frammaischiati ai rozzi cocci e disseminati qua e là, alcuni altri cocci di fattura più elegante e di materia finissima. Premettiamo bene anzitutto che questi avanzi, di fattura più civile, sono in piccol numero relativamente agli altri, e che fra parecchie centinaia di pezzi mi fu dato trovare solo una ventina di cocci più fini. Corsi naturalmente ai confronti, e quì non occorreva un grave sforzo di memoria per trovar subito un riscontro a questi cocci più fini. Li riconobbi tosto di consimile fattura, per non dire identica, di certi vasi da me stesso trovati nelle sepolture della necropoli di Golasecca, e dei quali ne posseggo nella mia rac- colta circa 200. E neppure poteva esservi posto al minimo dubbio; e quantunque io sia uso, in via scientifica, a non assicurar mai nulla senza una conveniente e prudente riserva, questa volta credo proprio superflua qualunque reticenza; ripeto quindi ehe questi.cocci più fini sono della medesima argilla, della identica 444 P. CASTELFRANCO, fattura, portano la medesima vernice, hanno lo stesso grado di i | cottura, sono segnati dai medesimi fregi di molti fra i vasi delle tombe di Golasecca, le quali si riferiscono, come ognuno sa, alla fine dell'età del bronzo, primordì dell’età del uni senza ‘alcuna traccia di influenza romana. 20 Tale è la mia intima convinzione, che ora procurerò di far passare anche nella mente dei d'gtinti scienziati che mi fanno l’onore di ascoltarmi. i Per questo, passiamo ad esaminare, confrontare ed analizzare queste figuline, rozze o meno, descrivendole mano mano. Scegliendo fra le più rimarchevoli, dovremo notare anzitutto un pezzo dell’orlo di un’urna a labbro rivolto all'infuori (tav. 13, fig. 9a e 90). L’impasto ne è fino, e di argilla lavata accurata- mente. Senza alcun dubbio, il vaso di cui esso faceva parte venne formato al tornio. L’esterno ne è di un bel nero lucido; la super- : ficie interna è del pari nera, ma lucida soltanto verso l’orlo. Alla rottura si scorge invece che la pasta interna è di un rosso un po’ pallido, e siccome è di uno stesso rosso uniforme in tutto lo spessore della parete, così si può argomentare sia stato cotto in forno chiuso. Il nero delle due superficie è da attribuirsi alla vernice di cui venne coperto, se pur trattasi di vernice; poichè quantunque il Gozzadini, parlando di vasi consimili nella necro- poli di Villanova,' attribuisca quest’ annerimento alla maniera di cottura che dicesi a riverbero, aggiuntavi raschiatura di legno e creda si possa ottenere il lucido per via di vernice, citando pei due casi gli esperimenti di Brongniart notati nel suo Traité de la Céra- mique, pure, dal canto mio, quanto al nero non so, ma inclinerei an- ch’io a credere alle fumigazioni di raschiatura di legnò; il lucido poi crederei si possa ottenere strofinando il vaso con un corpo duro, a foggia di brunitoio. Ad ogni modo, si tratti pur di vernice o di brunitura, sono convinto che l’ annerimento e la lucidatura siano il frutto di due distinte operazioni, non simultanee, ma suc- cessive. Difatti, sul collo del vaso (Tav. 13, fig. 9@), laddove finisce 1 GIOVANNI GozzaDInI, Di un sepolcreto etrusco scoperto presso Bologna. | | I MERLOTITT. 445 il labbro e comincia la pancia, notansi tre leggieri solchi che do- vevano correre tutto all’ingiro dell’urna quale ornamento. E frà gli intervalli, laddove il brunitoto (come inclino più particolarmente a credere) non è passato, cioè negli spazî intermedìî dei solchi, il colore del vaso è più pallido e non lucido. Le traccie del medesimo brunitoio si scorgono pure, per 1’ attento osservatore, anche sul resto del vaso, dovunque il nero è di un bel lucido. Così la super- ficie interna del labbro rivolto all’infuori, e solo în vista allor- quando il vaso era intiero, è lucida come l’esterna, mentre 3 0 4 centimetri al disotto di questo labbro, sempre sulla parete interna, il nero lucido finisce, continuando solo il nero pallido non bru- nito. Esposti sulla bragia ardente di una stufa, i cocci neri per- dono in pochi minuti, e completamente, la tinta nera, senza la- sciare alcun residuo, rimanendo così di un rosso uniforme in tutto lo spessore; tuttavia scorgesi ancora, sulle due superficie, la diffe- renza primitiva tra le parti non lucide e quelle lucide; questa volta però in rosso, invece che in nero.' Tra i vasi della necropoli di Golasecca molte urne hanno un orlo consimile coi medesimi tre solchi lucidati, sul collo, tra il labbro e la pancia, nonchè la medesima differenza di lucentezza tra l'interno e l'esterno (tav. 12, fig. 2). Ho voluto insistere su questi minuziosi particolari, poichè sono per noi una delle poche, ma più sicure prove della contemporaneità del deposito dei Mer- lotitt coll’età delle tombe. Un altro coccio dei Merlotitt, cioè l’orlo di un vasetto pic- colo (tav. 13, fig. 125 e 12 a) merita pure una speciale menzione, poi- chè ricorda per dimensione e forme e lucidatura e ogni altro carat- tere, consimili e frequentissimi vasetti della necropoli (tav. 12, fis. 4a). Tali graziose figuline trovansi al solito nell'interno di tia- scun’urna cineraria; sono di ignota destinazione, e vengon desi- gnati dal Giani? sotto il nome di vasetti lacrimatori. Sotto il ! Devo tuttavia far notare che possiedo nella mia raccolta un coccio di un’ urna a due colori, nero lucido e rosso carico, a zone alternate ; la presenza di questi due co- lori sulla medesima urna sembrerebbe escludere, almeno per certi vasi, le fumigazioni di raschiatura di legno, e lascierebbe supporre invece qualche vernice. Al fuoco il rosso lucido si smarrisce un poco, ma non mai completamente, nè così presto come il nero. 2 Gio. BATTISTA GIANI, Battaglia del Ticino fra Annibale e Scipione, 446 P. CASTELFRANCO, fondo di tali vasetti neri della necropoli vediamo una croce. due > 3 cidissima, formata di tanti fregi paralleli traversati, ad angolo È quasi retto, da altrettanti altri, formando così una specie di croce (tav. 12, fig. 40). Che sia un segno di fabbricazione o altro non saprei precisare, fatto sta che codesta croce (o asterisco, essendo talvolta con sei braccia o otto) è caratteristica dei vasi della ne- cropoli di Golasecca; e pochissimi sono i vasi neri di quelle tombe i quali non abbiano un segno consimile. — Ora, fra i cocci dei IMerlotitt, trovo un fondo di vaseuei del pari nero, colla identica croce, ottenuta, come si può rilevare da un’attenta osservazione, col medesimo processo. (tav. 13, fig. 13). Un pezzetto di ansa (tav. 13, fig. 10@ e 108) rinvenuto ai Mer- lotitt, trova pure un riscontro in un vasetto della necropoli, sca- vato da una tomba presso Castelletto (vedi tav. 12, l’ansa del vaso fig. 3). . Altrettanto caratteristico dei precedenti vuol essere notato un orlo di vaso a labbro rientrante (tav. 13, fig. 11a e 11b); que- st orlo doveva esser parte di una ciotola o scodella di forme e dimensioni identiche ad altra scodella lucida della necropoli. I vasi di una tal forma si trovano in quelle tombe (tav. 12, fig. 5) gene-. ralmente capovolti sulla bocca delle urne cinerarie, a mo? di co- perchio. Questi coperchi vengono dal Giani, dal Biondelli,® e da altri designati col nome di patere. Ma le patere classiche sono di forma affatto diversa,” e queste nostre scodelle della necropoli per la forma dell’orlo, come dissi, a labbro rientrante, ci sembrano invece indicatissime per uso di coperchio, riuscendo la chiusura, per questa forma del labbro, più completa e più ermetica. Anche . questo coccio dei Merlotitt somiglia quindi, per impasto, forma, fattùra e dimensioni ai più bei coperchi d’urna delle tombe di Golasecca e dintorni. Esaminati che abbiamo questi rari cimelii, passiamo a studiare ! G. B. GIANI, Op. cit. ? B. BIONDELLI, Di una tomba gallo-italica (?) scoperta a Sesto-Calende sul Ticino. ° ANTHONY RIcH, Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, Paris, 1861 p. 461. i $ i È I MERLOTITT. 447 gli altri più rozzi cocci. Questi, per la massima parte, mostrano: un impasto rozzissimo di argilla non lavata mista a granelli re- nosi, quarzosi e micacei. Sono formati senza l’aiuto del tornio, e cotti malamente a fuoco aperto. Alcuni portano l'impronta delle . dita dell’operaio, il quale, non contentandosi dei segni lasciativi accidentalmente dalle sue mani nel modellare, ha voluto spesse volte ornarlo ad arte, a pasta molle, con impronte di unghie (tav. 13, fig. 16 e 21) e del polpastrello del dito (tav. 13, fig. 17). Talora l’artefice innalzandosi ad un certo perfezionamento lo ha | graffito, sempre a pasta molle, con una punta tagliente, lasciandovi delle linee oblique, quasi parallele, giranti intorno al collo del vaso (tav. 13, fig. 18). Tal altra volta un secondo giro di linee oblique consimili, ma in senso opposto alle prime, è venuto a col- locarsi in seconda fila, con effetto non privo di una certa grazia (tav. 13, fig. 19). In altri cocci le linee oblique, destre e sini- stre, si alternano a formare un’ornamentazione a zig-zag o a linea spezzata (tav. 13, fig. 15 e 20). Coi numerosi cocci dei Merlotitt non sono riuscito a ricom-, porre un vaso intiero tale da poterci dare un’idea dell’uso a cui avesse potuto servire. Tuttavia, di una di quelle figuline ho potuto riunire alcuni pezzi, e quantunque ancora molto incompleta (tav. 13, fig. 14) accenna alle medesime forme di un vaso ansato della necropoli e di cui ho già fatto parola (tav. 12, fig. 3). Il vaso dei Merlotitt è però molto più rozzo d’impasto e di fattura di quello della necropoli, ed è nerissimo internamente ed esternamente. Sulla parete interna rimangono ancora alcune traccie di una crosta, non so se di avanzo organico o altrimenti. I cocci rozzi portano quasi tutti delle traccie evidenti di un fuoco vivo che li ba anneriti, e talvolta bruciati, quando sulla parete interna e quando su quella esterna. Talora le traccie di fuoco vedonsi sulle due faccie. Non così pei cocci più fini, i quali del resto avrebbero in questo caso perduta la tinta nera, come abbiam veduto dal mio semplice esperimento che ho accennato più indietro. L’intima associazione dei cocci più fini coi più rozzi darebbe 448 P. CASTELFRANCO. molto da pensare se si trattasse di un terreno rimaneggiato, qui ogni dubbio è impossibile, e dopo i precedenti confronti g ( ammetterne la contemporaneità di deposito. |\/\/ (0/00 E quasi non bastassero tutte queste prove e tutti questi roll $ fronti, posso facilmente aggiungerne un’altra ancora che toglierà, n ne son Dogi qualunque dubbio anche ai più increduli. Quest’ul- i tima prova è la seguente: 0 Re? E Mentre’ ai IMerlotitt troviamo fra numerosi cocci rozzi poche. figuline di fattura più civile, per contrapposto, nelle sepolture, ‘accanto alle numerose urne e vasetti di fino impasto, trovansi ta-. lora, accidentalmente, dei rozzissimi cocci di fattura consimile, identica ai più rozzi dei Merlotitt; Inoltre, due di questi, delle tombe, portano delle traccie d’ornamentazione ottenuta coll’unghia (tav. 12, fig. 6 e 7). Tal altro è segnato dai caratteristici segni dei tagli obliqui (tav. 12, fig. 8). Il deposito dei Merlotitt essendo quindi contemporaneo. alla necropoli, porterà qualche raggio più vivo di luce sugli usi do- mestici, mentre le tombe ci tesseranno più particolarmente la sto- ria degli usi funerarî. Ho voluto pure fare qualche osservazione sulle scorie di ferro trovate fra quei rottami. Sono bullose ed ancora molto ricche di metallo, e lasciano quindi supporre che sia stato messo in uso un metodo molto elementare per la lavorazione. pu di Queste scorie vennero analizzate dal distinto chimico signor professor Gabba il quale vi'riscontrò gli estremi per giudicarle scorie da fabbro ferraio; contengono silice, ferro, calce, rame e traccie di fosfati. Il ferro vi è contenuto in ragione del 40 al 43 per ‘/,. Se volessi ora, dalle fatte premesse, «determinare qual fosse il popolo della necropoli, argomentandolo anche da questa stazione dei Merlotitt; se volessi battezzarlo col nome di etrusco, di gallo, di celtico o qualunque altro, non avrei che a seguire le traccie di alcuni dei distinti archeologi che mi hanno preceduto nello studio degli antichissimi avanzi di quelle tombe, i quali peraltro sgraziatamente non s’accordarono finora tutti nello stesso parere. tg > IPA EI ATI O DT ST LT PIT ' ea i ele riti JI MERLOTITT. 449 Ma, a dirla schietta, non credo che abbiamo tanto in mano da trarne una scrupolosa ed incontrastabile conclusione. L’illustre direttore del R. Museo di antichità di Parma, signor cav. Luigi Pigorini, è d’avviso, e con lui molti distinti scienziati tedeschi, danesi, inglesi ed italiani, “ che ci troviamo sul principio, può » dirsi, delle ricerche fatte con tutto il rigore della scienza mo- » derna, e che perciò il compito nostro, per molti anni avvenire, » debba essere quello soltanto di compilare una particolareggiata » Statistica dei fatti dello stesso genere e dei luoghi ove si osser- 1 Solo per attenermi fedelmente a queste norme mi sono un po’ dilungato nelle circostanze della giacitura e della descrizione dei cocci. Per concludere mi limiterò quindi ad accennare brevemente i corollarii che risultano più evidenti dai fatti esposti. I. Per la identicità dei cocci dei Merlotitt con quelli delle tombe è da arguirne che la nuova stazione appartenga alla me- desima età della necropoli di Golasecca, Sesto Calende, Arquello, Castelletto, Pozzolo, cioè alla prima età del ferro. II. Non rinvenendovisi nè ossa, nè alcun altro avanzo organico, nè alcun metallo all'infuori delle scorie, ma bensì cocci di foggie diverse-e carboni, ritengo non si tratti qui nè di una terramara, nè di un fondo di capanna, ma bensì del rifiuto di qualche offi- cina di checchessia. Neppure la forma dei cocci, nè l’ ornamentazione, benchè poca, non induce a vedervi gli avanzi di vasi per la cucina. III. Iltrovare in un terreno qualunque, rimaneggiato o vergine che sia, cocci di fattura molto rozza o molto civile, non basta © per determinare l’ età a cui si riferisce la stazione ; poichè nei Merlotitt troviamo cocci quasi altrettanto rozzi di quelli delPetà della pietra, intimamente associati con altri di foggia e di mate- ‘ ria sceltissima. E questa conclusione è tanto più importante in quanto che vediamo pubblicare ogni giorno Memorie di paleoet- nologia in cui si vuol determinare la maggiore o minore anti- 1 Rivista paleoetnologica di LuIGI PIGORINI, Annuario scientifico ed industriale. Milano 1874, pag. 193. Vol, XVII, 29 450. E, P. CASTELFRANCO. he chità di un vaso di terra cotta, dal grado di rozzezza d’impasto e di forme. iii Altre conclusioni potrei trarre ancora dagli oggetti studiati ai Merlotitt, ma siccome dette conclusioni si collegano più inti- mamente con altre osservazioni fatte nelle tombe della necropoli, così mi riservo di farle conoscere nel venturo anno 1875, in un più particolareggiato lavoro che intendo pubblicare intorno alla necropoli stessa e pel quale mi venne fatto, in questi anni, di raccogliere un non iscarso materiale. E dò termine al presente lavoretto chiamando di nuovo 1’ at- tenzione dei dotti sulla possibilità di fare altre scoperte di tal genere sulle poco esplorate rive del Ticino, ben lieto se, dietro a queste mie indicazioni, verranno a collocarsi, accanto alle già | descritte, altre .stazioni, e nuovi materiali per la storia ancor bambina dell’uomo antico. vi 3 b n . 3pidagt elfra ned: Merlotite. eo Atti Socital.sc nat. VoTNVII. tav. 12. — « sieridontio_— À _ vi e Za stazione der Merlotitt estratti dalle tombe della Necropoli DI GOLASECCA —_ A : Merlotitt. Atti Soc.ital.sc.nat. Vol.XVII tav.13 della Stazione dei Merlotitt codeste figure sono a 1/3 del T.V.Paravicini dis. Lit.Ronchi CONTROSSERVAZIONI ALLE OSSERVAZIONI CRITICHE DEL sSIGNOR N. PINI relative alla Helix cingulata Studer, (Seduta 27 dicembre 1874). | Altro è lo scopo di una lettera privata, ed altro quello di uno scritto da dare alle stampe. Diversa e diversamente curata ne è per- tanto la forma, e diverso l’ impegno col quale si stendono. E quindi credo che non s’abbia da rendere pubblica una lettera, o parte di essa, ad insaputa di chi la scrisse. Chi invia una lettera, ha in mira di co- municare ad altri le proprie idee e cognizioni, per ragionare intorno ad esse e per discuterle, ed avere schiarimenti all'occorrenza. Ciò po- sto, non posso-a meno di deplorare che il sig. Pini, riscontrando nel mio scritto, a parere suo, delle contraddizioni, non abbia sospettato, che non mi sia espresso abbastanza chiaramente, e non abbia quindi preferito chiedermi delle spiegazioni in proposito, anzi che denunciarmi senz’ altro in contravvenzione innanzi al pubblico. Però, checchè ne dica il signor Pini nelle sue Osservazioni critiche, io insisto nel negare di essere caduto in contraddizione, e ciò mi rie- sce ora più agevole, dacchè egli ha pubblicato per intero il brano relativo del mio scritto. Leggendolo tutto ed attentamente, si si per- suade tosto, che la prima sua parte, nella quale sono esposti i fatti, non fu seritta per nulla al fine di avvalorare la mia opinione, ma che ha semplicemente per iscopo di stabilire la base di partenza per pas- sare a quel saggio di divisione in gruppi delle forme simili alla Helix cingulata Studer, secondo lo spirito della proposta di Stabile, col quale saggio terminai quel brano della mia lettera. E quindi non ho per nulla sposata la causa degli autori citati in quella prima parte, nè sono menomamente responsabile delle opinioni loro ivì espresse, e tas- 452 | P. STROBEL, sativamente di quella del Rossmaessler. Nè comprendo poi, come, io asserito che la forma del Tirolo è quella figurata da R sler (fig. 88) quale, ossia siccome, H. cingulata Stud., si possa diri sostengo essere la H. cingulata di Studet quella Pane: dal detto 3a: tore, tanto più che poco dopo contrappongo la H. cingulata mp auct., come diversa, alla H. cingulata Studer. Nè comprendo come si 3 possa sostenere che nego essere la H. cingulata Stud. tipo la forma SI di Lugano, mentre che ho scritto al sig. Pini che «la sua H. cingu= — lata tipo è la He Luganensis Schinz di Lugano », e più innanzi « Am»: messo, come è probabile, che la H. Luganensis sia la H. CNTRAI S Studer tipo, ecc. n. E mi arresto a segnare queste inversioni d’argomentazione, per le quali il sig. Pini mi fa dire l'opposto di quanto ho asserito, poichè se volessi curarmi di tutte, dovrei di troppo dilungarmi. vzò Nego che, coll’avere stampato che la spira della H. Luganensis è « producta instar H. cingulatae » io ammetta l’identità della H. Lu- ganensis colla H. cingulata Rossm., poichè, sostenendo ciò, bisogne- - rebbe concludere che tutte le Melices, la di cui spira è sporgente come quella della così detta H. cingulata, le sono anche uguali, ciò che sarebbe un assurdo. Il sig. Pini, nelle sue Osservazioni critiche dà alla voce partim, ora il significato di varietà, ed ora quello di sinonimo. Non credo che sia equivalente nè. dell’ una, nè dell’ altra parola, ma abbia di esse un senso ben diverso, cioè quello di ex parte, in parte. Ritengo pertanto che i suòi ragionamenti, basati sopra questa erronea interpretazione della detta parola, non possano reggere. Nell’Essai d’une distribution ecc., segnai, in nota,i caratteri diffe- renziali più saglienti delle conchiglie di alquante varietà e mutazioni, senza punto ritenermi obbligato a mettere dopo tali annotazioni il mio nome, e così feci anche per la H. Luganensis ; e la lineetta (più o meno lunga, non importa) posta tra le parole che ne caratterizzano la conchiglia e quelle che si riferiscono ai caratteri del suo animale riscontrati da Schmidt, potea essere sufficiente ad indicare, per ana- logia, ove cessava la mia farina ed incominciava quella d’altri. Ripeto che non posso ammettere, col sig. Pini, che nel tipo di una specie abbiansi a comprendere, oltre alle forme identiche, an- che le assai simili, in quanto che, în tale caso, si avrebbe del tipo un concetto assai elastico e vago. Il sig. Pini mi chiede quale sia il snc A CONTROSSERVAZIONI ALLE OSSERVAZIONI CRITICHE. 453 tipo, da me ammesso, della ZH. cingulata auctorum. Nella mia lettera gli ho già dato la risposta: la forma rappresentata da Rossmaessler alla figura 88, proveniente dal Tirolo. . Nego di nuovo che gli individui della H. cingulata Rossm. di Val- sugana, valle di Non, Rovereto e Bolzano, nelle quali località ne raccolsi a centinaia, siano . RELAZIONE SULLA ADUNANZA DEI NATURALISTI ITALIANI, TENUTA IN ARCO (Trentino) nei giorni 21-24 settembre, fatta alla Società italiana di Scienze Naturali, nella seduta del29 novembre 1874, dal Segretario F. SORDELLI. Con eccellente pensiero la Società Veneto-Trentina di scienze naturali, sedente in Padova, mandando ad effetto anché nel cor- rente anno l’idea di convocare i suoi soci ad una adunanza straor- dinaria fuori della sua sede sociale, estendeva l’invito anche a tutte le altre società che abbiamo in Italia, aventi con quella in comune. lo scopo: di giovare, cioè, al progresso degli studj naturali me- diante pubblicazioni, adunanze, scambio di opere e di periodici scientifici; con ogni mezzo infine atto ad ottenere, mediante l’ a- zione efficace di molti riuniti in mutuo consorzio, ciò che diffi- cilmente si può avere coi mezzi sempre insufficienti di cui può di- sporre un privato che voglia attendere a studj serj e frut- tuosi. Invitate erano, pertanto, oltre la nostra Società italiana, anche la Società dei Naturalisti di Modena, l'Associazione dei medici e naturalisti di Napoli, la Società entomologica di Firenze, la So- cietà malacologica di Pisa, la Società agraria di Roveredo, l’Ate- neo di Venezia, nonchè le sezioni del Club alpino italiano. Nobile era il fine che la Società Veneto-Trentina si proponeva prendendo l’iniziativa di tale Congresso: quello di inaugurare anche in Italia una serie di adunanze annuali di tutti i cultori delle scienze na- turali, sotto gli auspicii ora dell'una, ora dell'altra delle società esistenti, togliendo lo sconcio di una deplorevole dispersione di forze quale si verifica colla moltiplicità de’ Congressi. 456 F. SORDELLI. i L, Al] pensiero non corrispose però punto l’effetto, poichè malga le attrattive del luogo scelto a convegno, malgrado la simpatia con. cui venne accolto il nome del presidente, signor dottor Prospero. Marchetti, secondato nella sua attività dal segretario signor pro-. fessor Giovanni Omboni, l'adunanza riuscì ben poco numerosa, contando appena 27 intervenuti, dei quali 6 soli appartenenti alla nostra Società. — Non venne meno per questo l’ardore della pic-. cola ma eletta schiera che per la prima volta si riuniva, nel sacro. nome della scienza, in un punto così settentrionale del bel paese; ma strettasi quasi famiglia attorno al suo capo, seppe utilmente impiegare i quattro giorni fissati dal programma alle escursioni ed alle discussioni scientifiche. Alle ore 2 pomeridiane del giorno 21 il presidente dottor Pro- spero Marchetti inaugurava il Congresso con un acconcio discorso, tessendo in breve la storia di Arco, dal tempo in cui semplice for- tilizio! romano difendeva il varco delle Alpi, fino al suo passag- gio sotto il dominio di Casa d’Austria. Narrò le principali vicende di quella terra italiana, ne descrisse il circostante territorio, l’ ame- nità del soggiorno, la favorevole esposizione, per la quale vedesi, come per incanto, trasportato in seno alle Alpi il dolce clima delle spiagge liguri e dell’ Istria. Diede infine il benvenuto ai membri del Congresso invitandoli a por mano ai lavori. Annunciate le rappresentanze delle varie Società presso il Con- gresso, e presentati all’adunanza alcuni libri ed opuscoli inviati in dono dagli autori, si passò alla lettura dei seguenti lavori: Del professor Francesco Ambrosi: Intorno all’ alta antichità del- V uomo, a proposito dei libri di L. Jacolliot, la Bible dans l’Inde, les Fils de Dieu e lV Histoire des vierges. Dello stesso: Elenco di oggetti preistorici trovati nel Trentino. Del professor Apelle Dei: Misure preventive e repressive contro la Fullossera. Il dottor Stefano Bertolini presentò un elenco di insetti italiani che rinvengonsi anche nel Trentino. Tale elenco comprende 68 specie, la più parte delle quali sono proprie alle parti più calde 1 Arx, Castello. RELAZIONE SULLA ADUNANZA DEI NATURALISTI ITALIANI. 457 della penisola italiana, alla Toscana, alla Calabria, alla Sicilia, e trovano nel Trentino e segnatamente nelle vicinanze di Arco il loro limite settentrionale. Così Carabus italicus, Dischirius La- fertei, Achenium basale, Phyllopertha campestris, Anoria austra- lis, Acmeodera pilosella, 6-pustulata, Cantharis laeta, Ebacus col- laris, Hoplocnemus aestivus, Psoa italica, Asida grisea, ecc. sono comuni alla Toscana ed al Trentino. Alla fauna calabra appar- tengono parecchie specie trentine, quali: Cychrus italicus, Nebria . psammodes, Oryctes grypus, Pentodon punctatum, Aplidia tran- sversa, Anthypna abdominalis, Morimus lugubris e funestus. E- gualmente Scopaeus sericans collega il Trentino con Napoli. La Sicilia è rappresentata invece da Saprinus detersus, grossipes, apricarius, Dendarus tristis, Hamaticherus velutinus, Blaps gages, Quivi ha l’ estremo suo confine la Lucciola d’Italia (Luciola ita- lica), ove pure un raro coleottero, il Malacosoma lusitanicum, tra- sporta il pensiero alle lontane spiagge della Spagna e del Porto- gallo. Tra gli ortotteri il Bertolini nota Forficula gigantea, Gryl- lus burdigalensis, Phacocleis dorsata, Platycleis intermedia, Ca- loptenus italicus, Acridium tartaricum, Truxalis nasuta, come caratteristici del Trentino. La Truzalis non fu però rinvenuta se non în un sol esemplare ad Arco, mentre si sa essere comune in molte parti d’Italia, sui colli Euganei e nella pianura del Po. Il riferente la osservò infatti nei prati presso Milano ed il dottor E. Bettoni la trovò copiosissima, in tutte le varietà, nelle vicinanze di Pavia. La Fulgora (Pseudophana) europaea, non rara nella valle del Po, rinviensi pure a Bolgiano presso Arco. Numerosa è pure la variopinta schiera delle farfalle che il Trentino ricetta nelle sue più calde vallate, tali, ad esempio: Thais Polycena, Vanessa trian- gulum, V. album, Libythea celtis, Apatura iris, Argynnis pandora, Epimphele Ida, Thecla roboris, Polyommatus hyppothoe, Sphina neri, ecc. onore di spiagge ben più meridionali. Nella stessa seduta venne presentato un breve elenco di piante del circondario di Arco, compilato dal signor Porta. Comprende appena 57 specie; fra esse son notate però alcune cose di sommo interesse per la Flora nostra: Paliurus aculeatus, Pistacia tere- 458 F. SORDELLI. Riano © binthus, Lathyrus setifolius, Punica granatum, Opuntia vulgaris, | Umbilicus pendulinus, Eryngium amethystinum, l’ Ulivo (Olea eu- ropea) i cui rami sono spesso corrosi da un coleottero, il Phlaeo- tribus oleae, due varietà della Fillirea (PhyMirea stricta e latifo- lia), Linaria chalepensis, Lavandula vera, Rosmarinus officinalis, - Laurus nobilis, Celtis australis, il Leccio (Quercus ilex), la Val- - lisneria spiralis, Agave americana, Narcissus incomparabilis, ecc. Da questi pochi nomi ognun vede quanto il territorio d’Arco sia favorito sotto il rapporto della mitezza del clima, giacchè vi pro- sperano all’aperto piante che nella nostra pianura non soppor- tano il gelo degli ordinarii inverni. L’influenza del Benaco vi è evidentissima e se si tien calcolo ancora dell’ esposizione a mezzodi presentata dai monti che circondano Arco, si comprende come la Flora di codesto territorio possa rivaleggiare con quella che s’in- contra varcando l’Apennino. A motivo dello scarso numero di intervenuti essendosi deciso di non passare alla costituzione di speciali sezioni, ma di tenere una sola seduta nel giorno 23, oltre quella di chiusura già stabilita: dal programma, la giornata del 22 e la mattina di quella del 23 vennero impiegate a fare delle escursioni nei dintorni e special- mente ai laghetti di Cavedine e di Toblino, a Pietra murata, al monte di Calodris ed alle pittoresche rupi delle Marocche. Non senza interesse fu la raccolta di oggetti naturali e, per quanto lo permetteva la stagione, copiosa. Gli escursionisti attesero in par- ticolare a raccogliere piante e molluschi ed estesero due cataloghi che presentarono alla seduta del giorno 23. I signori G. B. Cobelli, F. Masè e P. A. Saccardo raccolsero poco meno d’una ottantina di piante vascolari tra cui Centranthus ruber, Cupressus horizontalis, Foeniculum officinale, Jasminum officinale, Rhus cotinus, Ruta graveolens, Salvia officinalis, indizi di un clima meridionale. Osservarono pure spontanei l’ ulivo, il leccio, il terebinto, il melograno, già ricordati nell'elenco Porta, l’orno (Fraxinus ornus), il pugnitopo (Ruscus aculeatus), Arcto- staphylos uva-ursi, Cytisus radiatus, ed altre piante di non vol: gare interesse. RELAZIONE SULLA ADUNANZA DEI NATURALISTI ITALIANI. 459 Ventisette specie offersero i Molluschi, ed il signor arciprete D. Francesco Masè ‘ne presentò la lista al Congresso *. Non v’ ha dubbio che se la stagione fosse stata più piovosa, il numero delle specie sarebbesi accresciuto, sopratutto col contingente delle piccole forme (Pupa, Vertigo, Zua, Carychium); le quali d’altronde richiedono lunghe e pazienti ricerche su spazii assai circoscritti : di terreno. Le specie sono quelle, in generale, che caratterizzano la fauna malacologica della Lombardia; il signor Masè osservò per altro che della H. Ammonis rinvenne “ frequente sopratutto la var. alba, , la qual frase mi lascia grandemente sospettare che sotto il nome di Helix Ammonis abbia confuso anche 1’ H. candi- cans, lumaca che se pel guscio rassomiglia alquanto all’ Helix Am- monis, ne differisce però tanto anatomicamente, quanto pomosa differire tra loro due Xerophile diversissime tra loro. Nella seduta del giorno 23 il professor Francesco Rossetti pre- sentò un suo lavoro Sul disparire del gas tonante svolto nell’ elet- trolisi dell’acqua, esponendone verbalmente un sunto. Il professor G. Canestrini presentò un sunto manoscritto d’ un lavoro del professor Pietro Pavesi intitolato: Contribuzione alla storia naturale del genere Setache, in cui oltre una illustrazione del genere è più particolarmente descritto uno squalo singolare preso a Lerici ed ora facente parte delle collezioni del Museo Ci- vico di Genova. Il Canestrini espresse l’ opinione che non si tratti di una specie distinta dalla Selache maxima, come vuole il Pavesi (S. rostrata Macrì), ma piuttosto di una mostruosità. La quale Opinione venne del resto discussa dal Pavesi stesso nel suo dotto 1 Zonîtes cellarius Mill.; Helix cincta Mill. (grîsea L.); H. nemoralis: L. a 1, 4, | 5 fascie, inornata e leucostoma, in generale di piccole dimensioni. H. fruticum Mill.; H. carthusiana Miil.; H. Ammonis Ad. Schm. frequente la var. a/ba, nei luoghi più asciutti sulle pietre; H. colubrina Jan, a dimensioni doppie di quella che si trova a Riva (diam. 25 mm. alt. 14); H. obvoluta Mull.; H. unifasciata Poir.; H. rupestris Drap.; Bulimus detritus; B. tridens Miill.; B: quadridens Miill:; Clausilia albogut- tulata Wagn.; Pupa frumentum Drap.; P. avenacea Brug. var.; Limnaea auricularia Drap.; L. stagnalis L.; L. peregra Drap.; L. vulgaris Rossm.?; Ancylus fluviatilis L.; Cyclostoma elegans Miill.; Pomatias septemspirale Razoum.; Bithynia tentacula- ta D.; Unio pictorum L.; Unio sp.? Anodonta cygnea L. Le specie ACgRARORP nel lago * Cavedine e nei fossi delle vicinanze di Arco. 460 F. SORDELLI. e coscienzioso lavoro e trovata poco ammissibile cl sarebbe affatto nuovo in teratologia il caso di una amomalia in aumento della mascella superiore. Mentre, d’altra parte, sopra una ventina, od anche meno, di esemplari conosciuti di Selache, parecchi si do- n vrebbero riguardare come mostruosi, offrendo gli stessi caratteri osservati nello squalo di Lerici. me Il professore E. Paglia lesse Sui terreni specialmente Loiri nelle adiacenze del bacino del Garda. Il professor Paolo Bonizzi, Sul!’ bridismo del Colombo domestico colla tortora domestica. sl L’abate Antonio Ferretti, Sul pliocene subappennino. È Ed il dottor Filippo Fanzago intrattenne il Congresso Sopra un nuovo genere di Chilognati della Calabria e sopra il bozzolò co- struito da altri miriapodi per subirvi entro le loro mute. In questa seduta infine il signor D. Francesco Masè presentò l’elenco delle specie di molluschi raccolti durante le escursioni ed il dottor P. A. Saccardo presentò quello delle piante raccolte da lui e da altri botanici nei dintorni di Arco. La mattina del successivo giorno 24 venne dedicata alla seduta di chiusura. In essa l’abate D. Antonio Ferretti lesse una sua Memoria Sul terreno glaciale subappennino considerato come ap- parato litorale dell’epoca glaciale e disturbato dalle eruzioni fan= gose delle salse. Il professor Omboni espose indi verbalmente le ragioni per le quali le colline fra Arco ed il lago di Toblino devono venir con- siderate come altrettante morene antiche sulle quali son venute a cadere altresì delle frane antiche e moderne. dit ù 1 Vedi la nota seguente. 2 In una gentilissima su@- lettera il chiarissimo autore mi comunicava un breve cenno su codesto lavoro, nonchè sulla Memoria letta il giorno antecedente .SwZ plio- cene subappennino. Eccone, colle parole stesse dell’ autore, le principali conclusioni : « Il pliocene inferiore subappennino consta di argille grigiastre sabbionose ed accenna per lo più a formazioni littorali, a maremme, a laghi d’acqua dolce, contro l’ opinione del Doderlein. Il pliocene medio consta delle aspire! azzurre note a’ geologi, ed accenna a mari aperti e profondissimi che allagavano la maggior parte d’Italia, di mezzo a’ quali RELAZIONE SULLA ADUNANZA DEI NATURALISTI ITALIANI. 461 A proposito delle misure preventive e repressive contro la Phyl- lorera, suggerite nella Memoria inviata dal professore A. DEI, e letta nella seduta del giorno 21, il presidente invitava una com- missione, formata dai signori Bonizzi, Calegari e Fedrizzi, a prenderle in esame ed a riferirne poi al Congresso. A nome di co- desta commissione il professore Calegari prendeva la parola per dire che le proposte del signor DEI giungevano un po’ troppo tardi e sembravano un po’ troppo radicali e tali da spaventare i proprietari e -trattenerli dal fare le volute denuncie. Si sa infatti che il signor APELLE DEI proponeva già fin dal 1872 l’estirpa- zione coatta delle prime viti attaccate dal fatale parassita e la loro distruzione col fuoco. Che poi con tal mezzo sì possa real. mente porre argine alla sempre crescente invasione della Fillos- sera ed all’annientamento dei vitigni non vi sarà persona che il pensi, quando rifletta che colla distruzione delle prime viti invase bisognerebbe esser sicuri di poter distruggere anche tutti gli in- dividui di Fillossera che si trovano nel campo e nelle località tutte circonvicine; giacchè altrimenti basta la presenza di un solo ‘ individuo atfero per assicurare dal marzo all’ ottobre la propaga- zione di miliardi di individui. Inoltre sarebbe necessario che l'estirpazione avvenisse nel primo anno ed avanti la comparsa sporgevano come isole, scogli e lingue di terra, non pochi rilievi del miocene e l’alte giogaie del nummulitico costituente la cresta o meglio il dorso dell’ Appennino. Il pliocene superiore consta delle marne gialle riposanti immediatamente sulle ar- gille azzurre e con loro costituenti il terreno subappennino, ed accenna esso pure a mare aperto e profondo, e differisce dal pliocene medio solo per mancanza di grossi cetacei, di cui è dovizioso questo periodo. I vulcani di fango in piena attività, smosse, contorte, stritolate le calcari a fucoidi si aprono un varco di mezzo a loro, e concorrono coi loro espandimenti a colmare quei mari. - ‘ La formazione del periodo glaciale consta di argille azzurrastre e ‘marne gialle al- ternanti con ciottoli discoidali, ed è la sola, contro il sostenuto sin qui, che in forma di superbo apparato littorale, chiude a mo’ di fascia od orlatura la catena dei rilievi subappennini, tanto ad oriente quanto ad occidente e protraesi oltre verso la grande depressione adriatica, il cui interrimento dall’Appennino all’Alpe non è che un por- tato della continuazione litorale del mare glaciale coadiuvato dai delta dei torrenti appennini e specialmente alpini e prealpini sboccanti dalle porte degli enormi ghiac- ciai di quelle regioni, » 462 | F. SORDELLI. questa forma LIO del pari a garantire la. cropioli dell’ insetto. Ora, nel primo anno, e spesso nei primi due o i anni, la presenza del terribile invasore è di rado avvertita. giace chè non è se non più tardi che vedonsi languire e perire cesto dei SOT loro umori. Emerge quindi chiara la necessità di dichiarare. dal guerra non alla vite stessa, ma all’insetto direttamente, veti i mezzi per distruggerlo, impedirne la moltiplicazione, e nel tempo stesso curando la vite perchè possa più a lungo resistere ai mi- cidiali attacchi del suo nemico. Per questa e consimili ragioni la Commissione non credette di incoraggiare il Congresso ad appoggiare la proposta del signor DEI, quantunque lo scopo ne fosse altamente lodevole. A] finire della seduta il professor CANESTRINI presentò una Ri- vista bibliografica delle opere finora pubblicate intorno alla fauna del Trentino, lavoro di cui coloro che si danno agli studj intorno alla fauna locale possono apprezzare l’importanza, e che sarebbe oltremodo desiderabile vedere esteso a tutta Italia. Il Congresso si chiuse quindi con un discorso d’addio e di rin- graziamento pronunziato dal presidente, Mg co ELENCO DEI PERIODICI E DELLE OPERE PERVENUTI ALLA BIBLIOTECA SOCIALE IN CAMBIO 0D IN DONO durante l’anno 1874. PUBBLICAZIONI DI SOCIETÀ E ACCADEMIE SCIENTIFICHE. Italia. Atti della R. Accademia delle scienze di Torino. Vol. IX, Disp. 1-5. Torino, 1873-74, in-8.° Bullettino meteorologico dell’Osservatorio del R. Collegio Carlo Alberto in Moncalieri, con corrispondenza degli osservatorii di Piacenza e di Lodi. Vol. VII, N. 4-6; vo- lume VIII, N. 8-12; Vol. IX, N. 1-2. Torino, 1873-74, in-4.° Effemeridi della Società di letture e conversazioni scientifiche. Anno 4.°, fasc. VIII, Nuova serie, disp. 1-7. Genova, 1873-74, in-8.0 Reale Istituto lombardo di scienze e lettere. Rendiconti. Serie II, 1873, vol, VI, fa- seicolo XX; 1874, vol. VII, fasc. I-XVIII. Milano, in-8.° Memorie del Reale Istituto lombardo di scienze e lettere. Classe di scienze matema- tiche e naturali. Vol, XIII, fasc. I. Milano, in-4,9 Atti della Società italiana di scienze naturali. Vol. XVI; Vol. XVII, fase. I-III, Milano, 1874, in-8.° Atti della Accademia fisio-medico-statistica di Milano. Anno XXX. Milano, 1874, in-8,9 Ateneo di scienze, lettere ed arti in Bergamo. N. 1-2. Bergamo, 1874, in-4.° Commentarii dell’Ateneo di Brescia per V anno 1874. Brescia, 1874, in-8.° Atti del Reale Istituto veneto di Scienze lettere ed arti. Serie IV, Tomo III, disp. 1-10. Venezia, 1874, in-8,° Memorie dell’Accademia d’ Agricoltura, Arti e Commercio di Verona. Vol. I, faso. I e II; Vol. L], fasc. I-II. Verona, 1873-74, in-8.0 Atti dell'Accademia Olimpica di Vicenza. II Semestre 1873. Vicenza, in-8.° . È PI 464 LIBRI IN DONO, ECC. Rassegna di Agricoltura, Industria e Commercio ; pubblicazione della Società dir coraggiamento in Padova. Anno II, Vol. II, N. 2-4. Padova, 1874, in-8.0 Ma Annali scientifici del R. Istituto Tecnico di Udine. Anno VII, 1873. Udine, e VAI Bollettino della Associazione-agraria Friulana. Vol. II, 1874. N. 1-9. Udine, ins L'amico dei campi; periodico mensile di Agricoltura ed Orticoltura della società agra- ria di Trieste. Anno IX, N. 12, 1873; Anno X, N. 1-9, 1874. Trieste, in-8.0 Rendiconto delle sessioni ETICI delle scienze dell’ Istituto di Bologna. An- no 1873-74. Bologna, in-12.° Memorie dell’ Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna. Serie III, Tomo III fasc. 3-4; Tomo IV, fasc. 1-4; Tomo V, fasce. L Annuario della Società dei Naturalisti in Modena. Serie II, Anno VII, 1873, fase. 4; Anno VIII, 1874, fasc. I-II. Modena, in-8.° Bullettino della società Entomologica italiana. Anni I-V, 1869-73; Anno VI, fase, I-II, 1874. Firenze, in-8,° Atti della Regia Accademia dei Fisiocritici di Siena. Serie III, Vol. I, fase. T-IV, 1873-74. Siena, in-4,9 Rivista scientifica pubblicata per cura della R. Accademia dei Fisiocritici. adel Y, fasc. VI; anno VI, fase. I-IV, 1873-74. Siena, in-8.° Rendiconto della R. Accademia delle scienze fisiche e matematiche. Vol. XII, 1873, N. 11-12; vol. XIII, 1874, N. 1-11. Napoli, in-4,0 Regio Istituto d’ incoraggiamento alle scienze naturali, economiche e tocco tai di Napoli. II Serie, Tomo VIII, parte II; tomo IX-X. Napoli, 1872-74, in-4.0 Il Picentino; Giornale della Real società economica di Salerno. Anno XVII, fasci colo 1-10. Salerno, 1874, in-8.° Atti dell’Accademia Gioenia di scienze naturali di Catania. Serie III, tomo VII, VIII; Catania, 1872- 73, in-4,° Atti della Società di acclimazione e di agricoltura in Sicilia. Tomo XIII, N. 9-10. Palermo, 1874, in-8,° da scam Francia. Bulletin mensuel de la société d’ Acclimatation. 1873, N. 12. III Série, Tome IT, N. 200. Paris, 1874, in-8.0 Bulletin de la Société botanique de France. Tome XIX, 1872. Session essre à Prades-Montlouis. Tome XX, 1873. Compte-Rendu 1-2, Session extraordinaire en Belgique. Tome XXI, 1874, Revue bibl. A. B. C. 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Geologischen Reichsanstalt. 1873, N. 14; 1874, N. Ir. Abhandlungen herausgegeben von der K. K. geol. Reichsanstalt. Band VII, Heft I-IL, Wien, 1874, in-4.0 i Jahrbuch des Oesterreichischen Alpen-Vereines: TX Band. Wien, 1873, in-8.° Jahrbuch des naturhistorischen Landes-Museum von Kirnten. Klagenfurt, 1873, în-8.9 Eilftes Heft. Berichte des naturwissenschaftlich-medicinischen Vereins in Innsbruck. TV Jahrg. I-II Heft. Innsbruck, 1874, in-8.° Verhandlungen des Vereins fiir Natur-und Heilkunde zu Pressburg. Neuo Folge, Heft II, Jahrg. 1871-72. Pressburg, 1874, in-8.° Mittheilungen aus dem Jahrbuche der Kùn. ungar. geologischen Anstalt. I und II Band. Pest, in-8.° à A magyar Kirdlyi Foldtani Intezet évkinyve. Két Foldtani Terképpel. Pest, 1871, in-8.0 — II Kotet, I-III Fizet. Pest, 1873. Verhandlungen und Mittheilungen des Siebenbiirgischen Vereins fiir Naturwissenschaft in Hermannstadt, Hermannstadt, in-8.°, XXIII und XXIV Jahrg. LIBRI IN DONO, ECC. 467 Svizzera. 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To- rino, 1874, in-8.° PANCERI PaoLO e GaAsco FrANoESCO. — Intorno alla resistenza che V icneumone ed alcuni altri carnivori oppongono al veleno deî serpenti, coll’ aggiunta di espe- rimenti dimostranti l’azione funesta del veleno della Mygale olivacea. Napoli, 1874, in-4.0 Pavesi PreTRO. — Sopra una nuova specie di ragno (Nesticus speluncarum), appar- tenente alla collezione del Museo Civico di Genova. Genova, 1873, in-8.° RigAccI GIOVANNI. — Catalogo delle conchiglie componenti la collezione Rigacci. Prima parte: Conchiglie viventi. Roma, 1874, in-4.0 StaLIO Luci. — Notizie storiche sul progresso dello studio della Malacologia del- V Adriatico. Venezia, 1874, in-4.0 VILLA (fratelli). — Entomologia. Riassunto di comparse entomologiche dell’anno 1873. Milano, 1874, in-8.0 ZosAa GIOVANNI. — Di un teschio boliviano microcefalo. Milano, 1874, in-4.0 — — Il gabinetto di anatomia normale della R. Università di Pavia. Osteologia. 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Lecce, 1874, in-8.° MARINONI CAMILLO. — La terramara di Regona di Seniga e le stazioni preistoriche al confluente del Mella nell’ Oglio nella Bassa Bresciana. Milano, 1874, in-8,9 MARTINATI P. — Paleoetnologia veronese. Verona, 1874, in-8.° STROBEL P. — Intorno all'origine delle terremare. Firenze, 1874, in-12.0 TARAMELLI Torquato. — Di alcuni oggetti dell’epoca meolitica rinvenuti nel Friuli. Udine, 1874, in-8.° PALEONTOLOGIA. BIANCONI GIAN GIUSEPPE. — Osservazioni addizionali intorno alla brevità del fe- more di Aepyornis. Bologna, 1874, in-4.0 470 LIBRI IN DONO, ECC. BottI ULDERIGO. — Scoperta di ossa fossili nella terra d’Otranto. Firenze, 1874. in-8.9 BRUSINA SPIRIDION. — Fossile Binen-Mollusken aus Dalmatien, Kroatien und Sla vonien, nebst einem Anhange. Agram, 1874, in-8.° CAPELLINI G. — La formazione gessosa di Castellina marittima ed i suoi fossili. Bologna, 1874, in-4.0 i ForEsTI Lopovico. — Catalogo dei Molluschi fossili pliocenici delle colline Bolo- gnesi. 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Imola, 1874, in-4.0 TASSANI ALESSANDRO. — L’ospizio provinciale degli esposti in Como nel 1872. Como, 1874, in-8.° VogeL Aucust. — Justus Freiherrn von PA als Begrinder der Agrikultur-Che mie. Minchen, 1874, in-4,° INDICK. —____—_—_—____ — Presidenza pel 1874. . . | dti Aa Soci Effettivi al principio dell’anno 1874 vi Soci Corrispondenti idem. . . . MPa o Istituti Scientifici Corrispondenti Mah cdi RAI a ” Seduta del 1 febbrajo 1874 . . . . à Bilancio consuntivo dal 1° gennajo al 31 Bacoli: 1873. È Bilancio preventivo per l’anno 1874... .0.0..» R. Owen, Lettera al prof. G. Bianconi . . . P F. SoRDELLI, Elenco dei molluschi raccolti dal socio Pag Carlo Ermes Visconti in alcune località del Bergamasco , N. Pix, Sopra una nuova forma di Campylaea del gruppo Miele Cingulata. Studer uo iau ian Seduta del 22 febbraio 1874. . . . L L. PaoLucci, Sopra una forma Monfrin “lella Myliobatis Noctula Dum. (tav. 1-2) . . . n L. MAGGI, Sopra un nido singolare lla Fora la | RAEE RR. Seduta del 29 marzo 1874. . . . n C. MaRINONI, La ferramara di Regona di Golino e le di zioni preistoriche al confluente del Mella nell’Oglio nellà e rosciana (tav. 7:11). li Sa Seduta del 26 aprile 1874 . . . . Ii Sei E. PacLia, Valli salse di Sermide nel Mando ea oro 1874. i e ella Seduta del 28 giugno 1874 . . . Ò V. TREVISAN DE SAInT-Lfon, Sylloge ados Talia n e o 26 Inglio 1874 nl san ri inverno del. 187374 i F. DetPiNno, Ulteriori osservazioni e prete, cogamia nel regno vegetale (Continuazione e în) Seduta del 29 novembre 1874. . . . . P. SrroBeL, Intorno alle Helix Cingulata Studer € ; Frig gi Jan Var. Hermesiana: Pini... 0 ea N. Pini, Osservazioni critiche alle osservazioni e rettifi del sd P. Strobel . 3 SIVE a LE + sd i Seduta del 27 dicembre 1874 Maicon do. LT P. CasteLFrRANCO, I Merlotitt, Stazione umana della pri di età del ferro sulla riva destra del Ticino (Tav. 12- 113). fe Me P. StROBEL, Controsservazioni alle Osservazioni critiche de pr sig. N. Pini, relative alla Helix Cingulata Studer . Ra F. SorpELLI, Relazione sulla adunanza dei Naturalisti Ita- liani tenuta in Arco (Trentino), nei giorni 21-24 sette I È bre SITA 3 BESATE Elenco dei periodici e delle opere pervenute alla Biblioteca sociale, in cambio od in dono, durante l’anno 1874 . » 4 | ATTI E MEMORIE Gli ATI si danno gratis a tutti i Socj, effettivi e corrispondenti. — Gli estranei alla Società li possono comperare al prezzo di lire 20 per ciascun volume, domandandoli direttamente ai segretarj della Società. — Per i Socj attuali, i quali desiderano avere i volumi degli anni anteriori a quello in cui hanno cominciato a far parte della Società, .i prezzi sono ridotti alla metà, — I volumi I e II sono esauriti. Le MemoRIE si pubblicano in altrettanti fascicoli distinti. Ciascuna Memoria ha un prezzo particolare, minore per i Socj che per gli estranei alla Società. Il prezzo totale di ciascun volume è la somma dei - prezzi delle Memorie che lo compongono. — L’ associazione a ciascun volume delle Memorie è fissata pei Socj a L. 10. Per avere gli Atti e le Memorie bisogna dirigersi ai segretarj della Società. Agli autori che ne fanno domanda si danno gratuitamente 25 copie dei loto lavori stampati negli Atti o nelle Memorie. L’autore d’ogni Memoria che volesse avere un numero di copie maggiore delle 25 gratuite, dovrà pagarle al prezzo stabilito pei Soc]. Quanto ai lavori stampati negli Atti l’autore potrà far tirare un numero dn di egpie al seguenti prezzi: Esemplari "o 25 50 "5 100 Mi/} di foglio (4 pagine) . . |L.1—|L.2—|L.225|L.350 jafioglio (8 pagine) . . . » 1.50.) » 38 — | ».83 501 » 5 — “I, di foglio (12 pagine) . . » 220] » 450] » 6 —| » 8 — BERIO (16 pagine) . . . |» 250. 5_-| .1=|.94% INDICE. F. DeLPINO, Ulteriori osservazioni e considerazioni sulla di- cogamia nel regno vegetale (Continuazione e di . | Pag Seduta del 29 novembre 1874 P. SrroBeL, Intorno alle Helix Cingulata Sidi e Frigida Jan Var. Hermesiana Pini oa N. Pini, Osservazioni critiche alle osservazioni e rafael del prof. P. Strobel . E. SPREAFICO, Conchiglie marine da Sco i di Cag sina Rizzardi, presso Fino, nella provincia di Como. . Seduta del 27 dicembre 1874 P. CastELFRANCO, I Merlotitt, Stazione umana dii prima età del ferro sulla riva destra del Ticino (Tav.12-13). P. StroBEL, Controsservazioni alle Osservazioni critiche del sig. N. Pini, relative alla Helix Cingulata Studer . F. SorpeLLI, Relazione sulla adunanza dei Naturalisti Ita- liani tenuta in Arco (Trentino), nei giorn 21-24 settem- 107 ARRONE ARAN I SORA MER ae Elenco dei periodici e delle opere pervenute alla Biblioteca sociale, in cambio od in dono, durante l’anno 1874 » » vi » » » 451 455 463. CALIF ACAD OF | 3 MILLA 1853 10007 5980 vi Prezzo del presente volume Pera Bon et ene LADA Per gli estranei alla Società. , 20. —