VESTINZIIROI qu Faro DI NEU der 4 i - 0: ATTI DELLA TLC : È P - AO SOCIETÀ ITALIANA © 0... SCIENZE NATURALI. di Ì VOLUME #0) La x GL { du - Io sa ANNO 1876/77 VELI i / | Con VI tavole litografiche. : e da MILANO, COI TIPI DI GIUSEPPE BERNARDONI. : e. 1876-74. | DELLA . ETÀ ITALIANA 2 DI SCIENZE NATURALI — VOLUME XIX. FascicoLo I. — Foctli 1-5. MILANO, . COI TIPI DI GIUSEPPE BERNARDONI. PER L'ITALIA: . PER L'ESTERO: È | PRESSO LA PRESSO LA | SEGRETERIA DELLA SOCIETA’ | LIBRERIA.DI ULRICO HOEPLI 3 MILANO «| | MILANO NAPOLI Palazzo del Museo Civico. | Galleria De-Cristoforis, Via Roma, già Toledo, Via Manin, 2. 59-60. 224, Giueno 1876. E i I CNMI IO I ANN III SE Ie ARI nt de T rene DI FR fi) La > sa ag Pe } ZA ina. i questa copert inad pagina 3.° Per 1% compera degli ATTI e delle MEMORIE si veda la Se AR SI 16 e N A a te Sale cy MET C SA ina r° se ; ini LP Ng DI i scs È ns NATE È À Ae ; Hi: BAOR, | ) fi dive pra n ur 4 Pg ue RR LA Pri ì deg, pier è; har 80 ha ; LA Ù À Tn Di Esso della Società è wi UR in Italia un prog res A — relativi ‘alle scienze naturali. i 5A e O DEE x ‘Socj effettivi pagano it L. 20 n in una sola? ta, cal pi | mestre dell’anno. Sono ‘invitati particolarmente alle si lute. i alm | dimoranti nel Regno. d’Italia), vi ‘presentano le loro Men big ‘ zioni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società, vi sh A See ice 1 si da gp DERE distinte. nelle si scie fonti mat VISTE NOE È ME Ki pi LETI ta è : 5 # î Et sola Atti della Sgoleta; a FI vr 0 i è PANEL) ATO RI La proposizione per l ammissione di ‘un nuovo socio — firmata da ire: socj effettivi. oto wi 4 ge E Qi EST Socj. effettivi. che non ‘mandano la loro C ta della fine dell’anno sociale (che termina col 3, i sore tenuti per socj; se sono in ritardo nel paga NI SARTI ti anno, e, invitati, non lo ‘compiono nel primo trime i +4 | cessano di. fatto. di. appartenere : alla Società, sal ( i suoi diritti per le quote non ancora pagate. Luo Le Comunicazioni, presentate. nelle. ui s i gt 7 negli Atti o nelle Memorie della Società, He a 0) . la loro estensione ed importanza. — SN LOR La cura delle pubblicazioni. spetta alla Presidenza. al fa da a di n° di “Agli Atti ed alle Memorie. non si ponno unire ta formato degli Atti 0 delle Memorie Stesse. dr sa 1 et; Tatti: Soc) possono approfittare dei libri della bi Fo ai chè li domandino a eno dei membri. della Presi ubi et i Ty ‘ ma N ae î i pin RR regolare ricevuta. RR NCAA api Do, di 8 È FEES Pi dA x SR : di a agi et pito) \ i O. | PRESIDENZA PEL AR | pb b ca S gs tI sy Hi : i "E da; n Mi; ù mo | Presidente, da Hob i , direttore I, de Musco Cc Tato A Naturale di Milano, via Monte Napoleone, 36. “i vena Vitta ANTONIO. e via Sala e. si “Segretari. cdi Milano: via. ara forta) mis sona Cassiore, Garcasmi-Piarm GIUSEPPE, Milano, vi Îi Mat, LAU UVA DIBAA N) ° i no ln * SEE i LA ; 7 { À I x RA DIR Cio | : ) y 9 , NO su Ù l ti fr BE LI UII ) I RO p ; era va , RS dI Ri A n "i SR Hr fe 5) 3 r à li ni >) : * 4 Pac x N ì L'ART 1 Dr x Ai td) La $o VÙù t aa a dr 3 O. v Pri +è Y pes vi Ò è) $. 6) 4 23 : O, Meta | x é e: | mp Ku o fa dit i ih 4 è AO IRR Fo 9) pr: 4 Ù È Ao a nia ta sar = Ag el ESE AIAR $ Digitized by the Internet Archive in 2012 with funding from California Academy of Sciences Library nttp://archive.org/details/attidellasocieti6898soci ATTI DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI. ——m__——————m&m6&——P_—.mÉn—tÉ@ VOL. XIX. ANNO 1876. MILANO, TIPOGRAFIA DI GIUSEPPE BERNARDONI. 1876. SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI, PRESIDENZA PEL 1876. Presidente. — CORNALIA prof. cav. EmiLio, direttore del Museo Civico di storia naturale in Milano, via Monte Napoleone 36. Vice-Presidente. — ViLLa cav. Antonio, Milano, via Sala 6. STOPPANI ab. cav. ANTONIO, professore di geologia nel R. Istituto Tecnico sup. in Milano, via Palestro, 2. PASTA SORDELLI FERDINANDO, aggiunto al Museo Civico di storia naturale in Milano, via Monforte 7. Conservatore. — Pini NAPOLEONE, via Crocifisso 6. Vice-Conservatore. — FRANCESCHINI rag. FELICE. Cassiere. — GARGANTINI-P1ATTI Giuseppe, Milano, via Senato 14. Economo. — DELFINONI avv. GOTTARDO. Sr GARAVAGLIA rag. ANTONIO. rione Visconti Ermes march. CARLO. ammmnaisiratwa e CAVALLOTTI ing. ANGELO, SOCJ EFFETTIVI al principio dell’anno 1876. . ALBANELLI rag. FiLippo, Milano. Aresi Vincenzo, alunno nella R. Università di Napoli. ALESSANDRI sac. prof. ANTONIO, civico bibliotecario, Bergamo. AraDAS cav. ANDREA, professore di zoologia nella R. Università di Catania. ArconaTI-Visconti march. GranmaRrtTINO, Milano. ARNABOLDI GAZZANIGA comm. BERNARDO, Milano. ArRrIGoNI conte Oppo, Padova. BALESTRA sac. SERAFINO, Como. BeLLENGHI dott. TimoLEONE, assistente alla cattedra di agraria nella R. Università di Bologna. BeLLOTTI dott. CrIstororo, Milano. BeLLuccI dott. GIusePPE, Perugia. BerLA Ettore, Milano. BeRNARDONI FILIPPO, tipografo, Milano. BerNASscONI sac. BALDASSARE, Torno (Como). BERNASCONI ing. GIUSEPPE, Caserta. BeRrToLONI GIUSEPPE, professore di botanica nella R. Università . di Bologna. BesaNA dott. CARLO, professore all’ Istituto Tecnico di Santa Marta, Milano. ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI, AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1876. 5 Bienawi ing. Emizio, Milano. Boccaccini CorrADO, Ravenna. Borromeo conte Carro, Milano. BortI cav. ULDERICO, Lecce (Terra d'Otranto). Borzi dott.. ANTONINO, assistente alla cattedra di botanica nel R. Istituto forestale di Vallombrosa. BrioscHI comm. FrANcEScO, senatore del Regno e direttore del R. Istituto Tecnico superiore di Milano. BurtI sac. AncELO, professore nel R. Istituto Tecnico, Milano. Buzzoni sac. Pietro, Milano (CC. SS. di Porta Romana). CALDERINI sac. Pietro, direttore dell’ Istituto Tecnico di Varallo (Val-Sesia). CaLpesI Lopovico, Faenza. CanETTI dott. CARLO, Milano. CantoNI cav. GAETANO, direttore della Scuola superiore di agro- nomia, Milano. CAPELLINI comm. GIOVANNI, professore di geologia nella R. Uni- versità di Bologna. CAPRIOLI conte Tommaso, Brescia. CASELLA dott. GiusePPE, Laglio (Como). CassanELLO dott. NicoLò, Tunisi. CastELFRANCO prof. Pompeo, Milano. CasteELLI dott. FEDERICO, Livorno. CavaLLoTTI ing. AngeLO, Milano. CAVEZZALI dott. FRANCESCO, Milano. CeRUTI ing. GIovannI, Milano. Cesari barone Vincenzo, professore di botanica alla R. Univer- sità di Napoli. Certi ing. GIovANNI, Laglio (Como). Cocchi cav. IcIno, professore di geologia al Museo di storia na- turale, Firenze. Cocconi prof. GeRoLAMO, Bologna. CoLignon dott. NicoLaA, professore di meccanica nel R. Istituto Tecnico, Firenze. CoLocna avv. AcHiLLe, Milano. 6 ‘ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI, CoLucci NuccHeLLI dott. PARIDE, proféssore di storia naturale al Liceo di Pisa. CornaLia dott. cav. Emiio, direttore del Museo Civico di storia . naturale, Milano. Corvini dott. LoRENZO, prof. nel R. Istituto Veterinario, Milano. CrESsPI-REGHIZZO, sac. GIOVANNI, reggente 1° Istituto in Legnano (provincia di Milano). CriveLLI march. Lurci, Milano. CurIoNnI Giovanni, Milano. CurionI nob. comm. GruLio, Milano. Curò ing. ANTONIO, Bergamo. D’AcHIARDI dott. AnTONIO, assistente di geologia al Museo di storia naturale dell’ Università di Pisa. D'Ancona dottor CESARE, Firenze. De-Bosis ing. FRANCESCO, Ancona. DELFINONI avv. GortARDO, Milano. DeLLA Rocca ing. Gino, Genova. DeL Mayno march. NorBERTO, Milano. DeLPINo FEDERICO, professore di botanica al R. Istituto Agrario di Vallombrosa. De-ManzonI ing. ANTONIO, direttore della Società montanistica veneta, Agordo. Dr-Romita dott. VincENZO, prof. di storia naturale al Liceo di Bari. De-SANCTIS LEONE, professore di anatomia comparata alla R. Uni- versità di Roma. | De-Zieno bar. cav. AcHLLe, Padova. DoperLEIN Pietro, professore di zoologia alla R. Università di Palermo. | Doria march. GIAcoMo, Genova. DUsARDIN cav. GIOVANNI, professore di mineralogia e geologia nel- l’ Istituto Tecnico di Genova. Direr BernARDO, Villa Sommariva presso Tremezzo (Lago di Como). Emery CARLO, dottore in scienze naturali, Napoli. | FERRERO OTTAVIO LUIGI, professore di chimica al R. Istituto Agra> rio di Caserta. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1876. 7 Foresti dott. Lopovico, assistente al Museo geologico dell’ Uni- . versità di Bologna. FRANCESCHINI rag. FELICE, Milano. GALANTI ANTONIO, prof. di agraria nel R. Istituto Tecnico, Milano. GARAVAGLIA rag. Antonio, Milano. GARBIGLIETTI cav. ANTONIO, dottor collegiato in medicina, Torino. GaRDINI GALDINO, professore di storia naturale all’ Università libera di Ferrara. GARGANTINI-PrATTI Giuseppe, Milano. GAROvAGLIO cav. SANTO, professore di botanica nella R. Univer- sità di Pavia. Ù GaAsco prof. LEONE, assistente alla R. Università di Napoli. GEMELLARO GAETANO GIORGIO, di di geologia nella R. Uni- versità di Palermo. GenTILUOMO dott. CamiLLo, direttore del. Bullettino ii italiano, Pisa. GuHiorti ALEssaNDRO, Milano. GiacomeTTI dott. Vincenzo, Mantova. GigeLLi dott. GiusePPE, professore di botanica nella R. Univer- sità di Modena. GIovannINI dott. FiLippo, Bologna. GoLa conte CarLo, Milano. Gouin ing. LEONE, Cagliari. Gramizzi ing. Massimiano, Milano. GuaLtERIO CARLO RAFFAELE, Bagnorea (Orvieto). GuiscarDI dott. GUGLIELMO, professore di Asa nella R. Uni- versità di Napoli. IeninAa padre FiripPo, professore di storia naturale nel Collegio di Carcare (Liguria). i Lancia FEDERICO duca di BRoto, segretario dell’Accademia di scienze e lettere di Palermo. LAZzonI conte CARLO, Carrara. LawLey RoseRTO, Montecchio, presso Pontedera (Toscana). LeEssona dott. MICHELE, professore di zoologia alla R. Vniversità di Torino. 8 ELENCO DEI S0OCJ EFFETTIVI, LEZZANI march. MASSIMILIANO, Roma. LicopoLi dott. GAETANO, assistente di botanica alla R. Università di Napoli. Maggi dott. LeoPOLDO, assistente alla cattedra di zoologia e ana- tomia comparata nella R. Università di Pavia. MaJ ANDREA, Travagliato (Brescia). MaLrattI BartoLOMEO, professore di storia antica all’ Accademia scientifico-letteraria di Milano. MatinveERNI ALESSIO, Quinto (Vercelli). MANTOVANI Pro, professore di storia naturale nella R. Università di Sassari. Manzi padre MicHeLANGELO, barnabita, Lodi. MARANI cav. GiovAnNI, Moncalvo (Monferrato). MARCHI dott. Pietro, Firenze. Marinoni nob. CAMILLO, professore all’ Istituto tecnico di Udine. MarsiLi LuIei, professore di fisica nel Liceo di Pontremoli. MartinaTI dott. Pietro PaoLo, Verona. MaruLLO conte GiusePPE, Messina. Mask sac. FrANcESCO, arciprete a Castel d’ Ario (provincia di Mantova). MazzoccHi ing. LuIci, assistente al R. Istituto Tecnico superiore di Milano. MeLLA conte CarLo ARBORIO, Vercelli. MenecHnINI GIUSEPPE, prof. di geologia nella R. Università di Pisa. MercaLLI sac. prof. Giuseppe, Monza. Motino-Foti Lopovico, Barcellona (Sicilia). MotLon cav. ing. FRANCESCO, Vicenza. Montanaro Carto, all’Intendenza di Finanza, Verona. Mora dott. AntoNnIo, Bergamo. MoragLIA ing. Pretro, Milano. Mori Tommaso, professore di storia naturale nella Scuola not- male di Aquila. NEGRI avv. FRANcESCO, Casalmonferrato. NEGRI dott. cav. GAETANO, Milano. ì NicoLucci cav. Giustiniano, Isola, presso Sora. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1876. 9 Ninni conte ALESSANDRO PERICLE, Venezia. Nocca CarLo FRANCESCO, Pavia. - OmgonI dott. GIovANNI, professore di mineralogia e geologia nella R. Università di Padova. PADULLI conte PIETRO, istruttore pratico di chimica nel laboratorio della Società d’Incoraggiamento d’arti e mestieri, Milano. PANcERI PAOLO, professore di anatomia comparata nella R. Uni- | versità di Napoli. PaoLucci dott. LuisI, professore di storia naturale nel R. Istituto Tecnico, Ancona. ParLaToRE FiLipPo, professore di botanica al Museo di storia na- turale, Firenze. PARONA dott. CorRADO, assistente al Museo di storia naturale nella R. Università di Pavia. PASSERINI GIOVANNI, prof. di botanica nella R. Università di Parma. Pavesi dott. PieTRo, prof. di zoologia nella R. Università di Pavia. PerAZzi Costantino, ingegnere del Corpo reale delle miniere, Torino. PranzoLa LuIeI, dottor in legge, Milano. Pini nob. rag. NAPOLEONE, Milano. Prrona dott. GIULIO ANDREA, professore di storia naturale al Liceo di Udine. PoLLI PietRO, professore di storia naturale all’ Istituto Tecnico di Milano. Ponte cav. GAETANO, Palagonia (Sicilia). Pozzi ANGELO, prof. di fisica al R. Istituto Tecnico di Vigevano. PrapA dott. Troporo, professore di storia naturale all’ Istituto Tecnico di Pavia. RAINERI ARISTIDE, professore nel R. Istituto professionale di Mo- dica (Sicilia). RamorINO prof. GIOVANNI, Buenos-Ayres (Repubblica Argentina). RAncHET ab. GiovaNNI, Biandronno (Varese). RanzoLI dott. ANDREA, conservatore del Gabinetto anatomico del- l’Università di Pavia. RavioLi cav. GiusePPE EpoARDO, maggiore nel Genio militare, Alessandria. 10 . ELENCO DEI SOCI EFFETTIVI,. Regazzoni dott. Innocenzo, professore nel R. Liceo di Como. Risorpi sac. Agostino, professore nel Seminario di Monza. Ricca dott. LuIeI, Arona. Rocca SaporiTI march. APOLLINARE, Milano. RomanIN dott. EMMANUELE, Padova. RosaLes-CigALINI march. LuIGi, Bernate (Como). Rossetti dott. FRANCESCO, prof. di fisica all’Università di Padova. SALMOIRAGHI ing. FRANcESCO, Milano. SaLvaDORI dott. Tommaso, Torino. SANSEVERINO conte FaustINO, senatore del Regno, Milano. ScARABELLI-GomMi-FLAMINI GiusEPPE, senatore del Regno, Imola, ScoLa dott. Lorenzo, Milano. Scorti dott. GIBERTO, medico municipale, Como. SeGuENZzA GIUSEPPE, professore di storia naturale nel Liceo di Messina. . SELLA QUINTINO, ingegnere delle miniere, deputato al Parlamento, Roma. SILVESTRI ORAZIO, professore di chimica alla R. Università di Catania. SORDELLI FERDINANDO, aggiunto al Museo Civico di storia naturale di Milano. SPAGNOLINI ALESSANDRO, professore di storia naturale nella Scuola militare. di Modena. SPEZIA ing. Grorero, Piè di Mulera (Domodossola). SPINELLI GIOVANNI BATTISTA, Venezia. STALIO prof. Luigi, Venezia. STEFANELLI Pietro, professore di storia naturale alla Scuola ma- gistrale di Firenze. o StoPPANI ab. AntonIo, professore di geologia nel R. Istituto Tec- nico superiore di Milano. STOPPANI sac. CARLO, professore a Modica (Sicilia). STROBEL PELLEGRINO, professore di storia naturale nell'Università di Parma. | TAPPARONE-CANEFRI avv. CesARE, Torino. TarameLLI Torquato, professore di geologia nella R. Università di Pavia. | AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1876. 11 Tareioni-TozzetTI ApoLro, professore di zoologia al Museo di storia naturale di Firenze. TASSANI dott. ALESSANDRO, consigliere sanitario, Como. TERRACCIANO cav. NicoLa, direttore dei Giardini Reali a Caserta. TORNABENE cav. FRANCESCO, professore di botanica nella R. Uni- versità di Catania. TRANQUILLI GIOVANNI, prof. di storia naturale nel Liceo di Ascoli. Treves ing. MicHELE, Torino. TREVISAN conte VITTORE, Monza. TRINCHESE SALVATORE, professore di zoologia alla R. Università di Bologna. TuratI conte ErcoLE, Milano. Turati nob. ErNESTO, Milano. VariIsco ACHILLE, Bergamo. Vigoni nob. Grucio, Milano. ViLLa cav. AntoNIo, Milano. Vira cav. GIovanNI BATTISTA, Milano. Vita VirtorIo, Milano. VIMERCATI conte ing. Guino, Firenze. Visconti conte ALFonso MARIA, Milano. Visconti Ermes march. CarLo, Milano. Visconti DI Moprone duca RaAImonpo, Milano. VoLta dott. ALessanpRO, prof. nel Liceo di Sassari (Sardegna). ZIiMMERMANN BERNARDO, assessore di Collegio, Pietroburgo, (Russia). Zosa dott. GIOVANNI, prof. di anatomia nella R. Università di Pavia. Zuocni dott. CarLo, medico-capo dell'Ospedale Maggiore, Milano. SOCJ CORRISPONDENTI. AscHERSON PaoLo, addetto alla direzione dell'Orto botanico, Berlino. BARRAL, direttore del giornale L’Agriculture pratique, Parigi. BoLLe CARLO, naturalista, Leipziger Platz 13, Berlino. Bou Ami, Wieden Mittersteig, Schlossel-Gasse 594, Vienna. BruSsINA SPIRIDIONE, soprintendente del Dipartimento zoologico nel Museo di storia naturale in Agram (Zagrab), Croazia. DARWIN Carro, della R. S. e G. S., Londra. Davis GiusePPE BERNARDO, presidente della Società antropologica di Londra. Desor EpoarDo, professore di geologia nella Scuola Politecnica di Neuchatel. FavRE ALFonso, professore di geologia, Ginevra. FicuieR LuIcI, rue Marignan 21, Parigi. FinscH dott. Orto, conservatore del Museo zoologico in Brema. GeIinITz Bruno, direttore del Gabinetto mineralogico di Dresda. GorPPERT H. R., direttore dell’Orto botanico di Breslavia. HAUER FRANCESCO, direttore dell’I. R. Istituto geologico di Vienna. . HrER OsvaLpo, professore di botanica nel Politecnico di Zurigo. JANNSENS dott. EUGENIO, medico municipale, rue du Marais 42, Bruxelles. Le PLÉ dott. AmeDEO, presidente della Società libera d’emula- zione, Rouen. Lory Carto, professore di geologia alla Facoltà delle scienze a Grenoble. | MERIAN, professore di geologia al Museo di storia naturale di Basilea. | MortILLET GABRIELE, aggiunto al Museo Nazionale di Saint-Ger- main en Laye, presso Parigi. Netto dott. LapisLAo, direttore della Sezione botanica del Museo Nazionale di Rio-Janeiro. ELENCO DEI SOCJ CORRISPONDENTI AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1876. 13 PilLet LuIcI, avvocato, direttore del Gabinetto mineralogico di Chambéry. Pizarro dott. GioacHINo, direttore della Sezione zoologica del Museo Nazionale di Rio-Janeiro. PrancHoN GIuLIo, professore di botanica a Montpellier. RanmonpI dott. AntoNIO, professore di storia naturale all’ Univer- sità di Lima (Perù). RAMsAY ANDREA, presidente della Società geologica di Londra: Museum of practical geology, Jermin Street, S. W. SENONER cav. ApoLFo, bibliotecario dell’I. R. Istituto geologico di Vienna, Landstrasse Hauptstrasse 88. StUDER BERNARDO, professore di geologia, Berna. VALLET, abate, professore nel Seminario di Chambéry. WALTERSHAUSEN bar. SARTORIUS, Gottinga. ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI al principio dell’anno 1876, ITALIA. . R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. — ° Milano. . Ateneo di scienze. — Milano. . Società d’incoraggiamento d’arti e mestieri. — Milano. . Società Agraria di Lombardia. — Milano. . Accademia Fisio-medico-statistica. — Milano. . Ateneo di Brescia. . R. Accademia delle scienze. — Torino. . Accademia di agricoltura, commercio ed arti. — Verona. . R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti. — Venezia, . Ateneo Veneto. — Venezia. 5 bai 5 © Q LO UI UV fn 14 Li. 12, 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19: 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29, 30. 31. 32. 39. 94. 35. 36. 37. 38. 39. 40. 41. 42, ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI, Accademia di agricoltura, arti e commercio. — Verona. Accademia Olimpica. — Vicenza. Società Veneto-Trentina di scienze naturali. — Padova. Associazione Agraria Friulana. — Udine. Società Italiana delle scienze. — Modena. Società dei Naturalisti. -— Modena. Accademia delle scienze. — Bologna. Accademia dei Georgofili. — Firenze. Società Entomologica. — Firenze. Società toscana di scienze naturali. — Pisa. R. Comitato Geologico d’Italia. — Roma. Accademia dei Fisio-Critici.. — Siena. Società di letture e conversazioni scientifiche. — Genova. Società Reale delle scienze. — Napoli. | R. Istituto d’Incoragg. per le scienze naturali. — Napoli. Associazione dei Naturalisti e Medici. — Napoli. Società Economica del Principato Citeriore. — Salerno. Accademia Palermitana di scienze, lettere ed arti. — Palermo. Consiglio di perfezionamento. — Palermo. Commissione Reale d’agricoltura e pastorizia. — Palermo. Società d’acclimazione e agricoltura. — Palermo. Accademia Gioenia di scienze naturali. — Catania. Società d’orticoltura del litorale di Trieste. SVIZZERA. Naturforschende Gesellschaft Graubiindens. — Chur. Institut National Génèvois. — Genève. Société de physique et d’histoire naturelle. — Genève. Société Vaudoise de sciences naturelles. — Lausanne. Société des sciences naturelles. — Neuchàtel. Naturforschende Gesellschaft. — Ziirich. Naturforschende Gesellschaft. — Basel. Società Elvetica di scienze naturali. — Berna, Naturforschende Gesellschaft. — Bern, 43. 44. 45. 46. 47. 48. 49. 50. DI. 52. DI. D4. 55. 56. DI. 98. 99. 60. 61. 62. 63. 64. 65. 66. 67. 68. 69. 70. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1876. 15 GERMANIA ED AUSTRIA. Naturwissenschaftliche Gesellschaft Isis. — Dresden. Zoologische Gesellschaft. — Franckfurt am Mein. Zoologisch-mineralogisches Verein. — Regensburg. Physicalisch-medizinische Gesellschaft. — Wiirzburg. Nassauisches Verein fiir Naturkunde. — Wiesbaden. Offenbaches Verein fiir Naturkunde. — Offenbach am Mein. Botanisches Verein. — Berlin. Verein der Freunde der Naturgeschichte. — Neubrandenburg. Geologische Reichsanstalt. — Wien. Geographische Gesellschaft. — Wien. Zoologisch-botanische Gesellschaft. — Wien. Siebenburgisches Verein fiir Naturwissenschaften. — Her- mannstadt (Transilvania). Verein fiir Naturkunde. — Preshurg (Ungheria). Deutsche geologische Gesellschaft. — Berlin. Physikalisch-medizinische Gesellschaft. — Erlangen. Senkenbergische naturforschende Gesellschaft. — Frankfurt am Mein. Verein firr Erdkunde. — Darmstadt. Naturforschende Gesellschaft. — Gorlitz. +» Schlesische Gesellschaft fir vaterlindische Cultur. — Breslau. Bayerische Akademie der Wissenschaften. — Munich. Preussische Akademie der Wissenschaften. — Berlin. Physikalisch-oeconomische Gesellschaft.. — Ké6nigshberg. Naturhistorisches Verein. — Augsburg. Deutsch-Oesterreichisches Alpen-Verein. Section “ Austria , — Wien. | K. K. Hof-Mineralien-Cabinet. — Wien. Medizinisch-naturwissenschaftliche Gesellschaft. — Jena. Naturwissenschaftlich-medizinisches Verein. — Innsbruck. Verein zur Verbreitung naturwissenschaftlicher Kenntnisse, — Wien. 16 da, na: To. 74. 75. 76. TAC 78. 79. 80. Od 82. 83. 84. 85. 86. Sil 88. 89. 90. ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI, K. ungar. geologische Anstalt. — Budapest. Antropologische Gesellschaft. — Wien. Naturwissenschaftliche Gesellschaft. — Chemnitz. SVEZIA E NORVEGIA. Kongelige Norske Universitet. — Christiania. Académie Royale Suédoise des sciences. — Stockholm. RUSSIA. Académie Impériale des sciences. — St-Petershourg. Société Impériale des Naturalistes. — Moscou. BELGIO. Académie Royale de Belgique. — Bruxelles. Société Royale de botanique de la Belgique. — Ixellos-les- Bruxelles. | Société Malacologique de la Belgique. — Bruxelles. Société Entomologique. — Bruxelles. è FRANCIA. Institut de France. — Paris. Société d’Acclimatation. — Paris. Société Géologique de France. — Paris. Société Botanique. — Paris. Société Linnéenne du Nord de la France. — Amiens (Somme). Académie des sciences, arts et lettres. — Rouen (Seine inf.). Société des sciences naturelles. — Cherbourg (Manche). Société des sciences physiques et naturelles. — Bordeaux (Gironde). Académie des sciences, belles-lettres et arts de Savoie, — Chambéry. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1876. 17 91. Société Florimontane. — Annecy. 92. Société d’agriculture, d’histoire naturelle et des arts utiles de Lyon. 93. Société d’histoire naturelle. — Toulouse. INGHILTERRA. 94. Royal Society. — London. 95. Geological Society. — London. 96. Zoological Society. — London. 97. Geological Society. — Glascow. 98. Literary and philosophical Society. — Manchester. 99. Natural History Society. — Dublin. 100. Royal physical Society. — Edimburg. AMERICA (Stati Uniti). 101. Smithsonian Institution. — Washington. 102. American Academy of arts and sciences. — Cambridge. 103. Academy of sciences. — S. Louis (Missouri). 104. Boston Society of natural history. — Boston. 105. Connecticut Academy of arts and sciences. — New-Haven (Connecticut). 106. Orleans county Society of natural sciences. — Newport. Vol, XIX. 2 ; DAI Pa È ‘ O Nea sa; nh. da Hat si nia ed ji e | Bro sa ‘ 1 ) " vi \ d i 2 ty) De “ C. Fn 0 LI ba ky 54 à ui _ 4 4 PETS K Pi, x #;€ è YEAR a | A; Li à * 9 Ai; ( 7 ‘ x ’ 2% t gt ) i i SALARI) VARO 0;° oa) - : SEL MIABNINIONI ere Tra DI ioni ti x } dI L PAPI "la TE o , LS due ' È \ dro N ì % MEDA At HAT, papi l ? AUT LA n DLL N SI i novit À DI * : x bal C ll x Ù ‘ red up TA ALTRE iS n ta ‘ x ) I e) { È % f % I Ù hi . . Ù x Ù Ù è È ì p i > 1 « IDE, © IRC) è k ; : LL 7] | Edo fi v ; « dl è , Ù - Ti { PR 3 i ft Ù Le ; il * Î , À Mii ® ì w ì x - s ‘ SAGGIO SUI RAPPORTI ESISTENTI FRA LA NATURA DEL SUOLO E LA DISTRIBUZIONE 1 DEI MOLLUSCHI TERRESTRI E D'ACQUA DOLCE DEL Prof. PELLEGRINO STROBEL. (Seduta 27 febbrajo 1876). Sino dal principio del secolo si divinò, e si espresse poi va- gamente l’idea che il suolo dovesse esercitare un'influenza sulla fauna malacologica, ossia sulla distribuzione geografica dei mol- luschi terrestri e d’acqua dolce, sulla loro dispersione ed ab- bondanza, sul volume, sulla forma e robustezza delle loro con- chiglie. Una tale influenza fu in seguito generalmente riconosciuta ed ammessa; ma evvi disparere nell’ assegnarne la causa, nello stabilire cioè, se la medesima risieda nelle qualità chimiche dei terreni, oppure nelle fisiche o meccaniche, ovvero nelle geo- logiche. Comunque sia, tale influenza può essere tanto diretta quanto indiretta. Nel primo caso, il terreno agisce, sia somministrando ai molluschi l’acqua e le sostanze minerali occorrenti per la for- mazione della conchiglia, sia apprestando loro la necessaria di- mora, oppure accordando rifugio durante le epoche o nelle cir- costanze poco favorevoli al loro organismo. Nel secondo caso, l'influenza si esercita dal terreno, o per mezzo dell’ambiente nel quale respirano i molluschi, ch’esso può modificare, o per mezzo della vegetazione, la quale dipende naturalmente dal terreno ed è l'officina immediata o mediata del nutrimento dei molluschi, 20 P. STROBEL, sì come è pure l’officina della sostanza organica del guscio, la conchiolina. | Alcuni, come avvisai, hanno creduto che l’influenza del suolo sui molluschi dipenda dalla natura sua geologica, e parve loro di riscon- trare delle differenze nella fauna malacologica, a seconda che i terreni spettano alle formazioni primarie, od alle secondarie, od alle terziarie; anzi, di più ancora, a taluno è sembrato di trovare co- tali differenze nella detta fauna persino secondo le suddivisioni, 0s- siano i diversi piani delle dette formazioni. Forbes, seguendo que-. st’ordine d’idee, ha stabilito , per l’ Inghilterra, la seguente scala discendente dei terreni, a seconda cioè, che sono più o meno favorevoli ai molluschi, incominciando dal terreno più favo- revole: 1.° terreni cretaceo ed oolitico; 2.° carbonifero; 3.° ter- ziario; 4.° salifero; 5.° scistoso; 6.° granito e gneis. Alcuni altri, come, per esempio, IMoquin-Tandon e Drowuét, non sembrano avere un concetto chiaro circa l’ influenza dei ter- reni sulla fauna in discorso, poichè parlano promiscuamente, ora di ripartizione geologica de’ molluschi secondo i terreni primari, secondari, terziari e quaternari, ed ora, come vedremo più particolarmente in seguito, ascrivono l’azione di questi terreni alla loro composizione mineralogica, la quale, come ognun sa, può variare assai nella stessa formazione e nello stesso terreno, mentre che, per l'opposto, una medesima roccia, e precisamente il calcare, per esempio, può costituire parte di qualunque. di quelle formazioni, o di quei terreni. Drouét fa dipendere l’ in- fluenza dei terreni anche dalla configurazione loro; ma nè meno questa caratterizza le singole formazioni. E pertanto io, a rigor di logica, non so persuadermi che possa esistere un nesso reale tra la pretta natura geologica del suolo ed i detti organismi, tanto se si voglia ammettere un nesso diretto, quanto uno indiretto per mezzo della flora. Il nesso è soltanto appa- rente, esiste cioè, solo in quanto che rocce di natura fisico-chimica particolare caratterizzano quei terreni geologici, e quando queste rocce dominano, per avventura, nella contrada che fu campo SUI RAPPORTI FRA IL SUOLO E I MOLLUSCHI, ECC. 21 delle ricerche dei singoli autori. Così, per esempio, se i terreni primari della provincia di Como, al dire di Porro !, sembrano poco favorevoli all’ esistenza de’ molluschi terrestri e sono poveri di specie, ciò non può certamente dipendere dalle proprietà loro geologiche, cioè, dal modo di loro origine, dalla loro età o re- lativa sovrapposizione, bensì dal predominio in essi de’ graniti, de’ gneis, de’ micaschisti, rocce sfavorevoli, come vedremo; e se certi generi e certe specie preferiscono i terreni secondari, ciò avviene pel calcare che vi domina; e se talune specie prediligono invece i terreni terziari, è ciò dovuto alle arenarie che vi abbon- dano. Le specie, le quali nel dipartimento de 1° Aube, secondo Drouét, caratterizzano il piano superiore della formazione della Creta, sono dotate d’ una conchiglia calcarea, mentre che le caratteristiche del piano dell’ Arenaria verde sono nude o se- cernorio un guscio corneo, come suol dirsi, ossia povero di so- stanza minerale, calcarea. Vi scorgiamo adunque un rapporto, un nesso, tra la natura chimica del terreno e la sostanza mine- rale della conchiglia; e quindi dobbiamo supporre che l’azione diretta dei detti terreni sulla fauna malacologica sia dovuta alle loro qualità chimiche, anzichè alle geologiche: del che ci persuade- remo maggiormente pei fatti che esporrò in seguito. — Ma di più, come dissi, ritengo che la natura geologica del suolo non possa influire sui molluschi, nè meno per mezzo della vegetazione, in quanto che neppure tra le piante e le condizioni geologiche dei terreni mi sia dato di riscontrare un nesso, ed in quanto che, inoltre, per gli studi di Thurmann ?, sia stato accertato, essere specialmente la natura fisico-meccanica dei terreni, e non mai la geologica, quella che esercita un influsso sulla flora soprastante. Sino dal 1847 *, ossia avanti 29 anni, quando avea mosso ap- pena i primi passi nelle ricerche malacologiche, dirigendole ap- punto specialmente a quella parte della malacologia, che ho 1 Malacologia terrestre e fluviale della provincia comasca. Milano, 1838, pag. 7. 2 Essai de Phytostatique appliqué à la chaîne du Jura. Berne, 1849. ® Alle pagine 4 ed 8 delle Note malacologiche d'una gita in Valbrembana. Milano 1848. Inserite nel giornale dell'Istituto Lombardo. 22 P. STROBEL, dippoi chiamata Malacostatica', e seguendo in ciò un piano al- l’uopo prestabilito, sino d’allora, ripeto, avea espressa l'opinione, che quella qualunque influenza che le rocce ponno avere sui molluschi, non possa dipendere che dalla loro condizione geogno- stica, dalla loro natura chimica, cioè, o mineralogica, o dalle loro qualità fisiche o meccaniche. Ed in tale opinione persisto tuttora. Ancor io potrei convenire, con Drouét?, nell’ammettere una relazione tra la fauna malacologica attuale di un terreno e la formazione geologica cui questo appartiene. Ma la relazione che vi scorgerei in tal caso, non è quale la ravvisa Drouét; non è tra il mollusco ed il terreno geologico, bensì tra i molluschi vi- venti ed i fossili di una data località; è un rapporto genealogico o paleontologico. E di questo rapporto, e della distribuzione dei molluschi dipendente dal medesimo, ci occuperemo in altro scritto. Riconosciuto che le qualità chimiche, fisiche e meccaniche del suolo esercitano un’ influenza sui molluschi terrestri e d’acqua dolce, passiamo ora a distinguere e classificare i varii terreni se- condo quei caratteri, e ad indagare quale possa essere il risul- tato dell’azione del suolo, ed a quali sue proprietà possa essere attribuito ogni singolo fatto o supposto effetto. Rispetto alla natura mineralogica o chimica, i terreni ponno distinguersi in calcarei, silicco-alluminosi, silicei, misti e salati. Che tale qualità delle rocce eserciti un’influenza sui molluschi, almeno su talune loro specie, viene provato e dall’osservazione e dall’esperienza stessa’. Certe specie, per esempio, non campano ! Notizie malacostatiche sul Trentino. Pavia, 1851. 2 Répartition géologique des mollusques vivants dans le département de V Aube, Troyes, 1855, page 8. ® «l’Helix cingulata en proximité de la plaine ne peut se construire qu'une co- quille mince (mut. fascelina). » » transportée de nos alpes... à Pavie, elle s’y est propagée sur la poudingue; cette première génération a engendré des individus appartenants è la mut. fascellina. » >» Sur ces roches (métamorphiques et granitiques) et dans la plaine l’ H. cingulata ne s’'étend pas. » STROBEL, Essai d’une distribution orographico-géographique des. mollusques terre- SUI RAPPORTI FRA IL SUOLO E I MOLLUSCHI, ECC. 23 che sulle rocce calcaree, ed ove queste cedono il posto ad altre rocce, bruscamente cessano. Altre specie, all'incontro, continuano a campare anche su di una o diverse delle rocce che trovansi a contatto col calcare, ma non vi prosperano, poichè, o vi sì pre- sentano più rare, o non vi raggiungono più le maggiori dimen-. sioni, od il loro guscio cambia di consistenza, diminuendo in esso la sostanza calcarea. Un tale mutamento nella conchiglia si ottenne anche ad arte mediante esperimenti di acclimazione, o si verificò per acclimatazione naturale, per cui molluschi che trovano sulle rocce calcaree le condizioni più propizie al loro svi- luppo, trasportati su rocce o terreni di natura chimica diversa, nei quali scarseggia il carbonato di calce, vi intristiscono, sia diminuendo in quantità, sia rimanendo più piccoli, sia infine se- cernendo una conchiglia più fragile, ossia, nella quale il com- ponente organico prevale sull’inorganico. Questa influenza del suolo si fa sentire maggiormente sui molluschi terrestri che non su gli acquatici, e tra quelli, come è naturale, di più sui rupi- coli, che non sui terricoli o sui frondicoli o planticoli*. Sulla di- spersione delle specie acquatiche la natura meccanica delle acque esercita maggiore azione che non le proprietà chimiche delle me- desime, dipendenti alla loro volta soprattutto da quelle chimi- che del terreno; e nel riconoscere questo fatto convengono an- che Irossmaessler®? e Drouét”. Nei tentativi di acclimatazione di molluschi acquatici converrà dunque tenere in maggior conto la natura meccanica dell’acqua che non le proprietà chimiche del suolo. Queste invece influiscono su la secrezione della con- SI stres dans la Lombardie. Turin, 1857. Inserito nelle Memorie dell’Accademia delle scienze. Pag. 40, 41 e 51. ! Come per rispetto all’abitazione i molluschi terrestri ponno distinguersi in frondi- coli, terricoli e rupicoli, così per riguardo alla regione della loro abitazione ponno dividersi, del pari che quelli d’acqua dolce, in molluschi littorali, planicoli, collicoli, monticoli e culminicoli. StROBEL, nelle Actas de la Sociedad Paleontolbgica de Bue- nos Aîres. I, pag. XIV. Buenos Aires, 1866. 2 Iconographie der Land-und Stiisswasser-Mollusken. Dresden u. Leipzig, 1835- 1844, XII, pag. 2. sila, pag. i. 24 P. STROBEL, chiglia, poichè si è osservato che la medesima specie acquatica secerne un guscio più consistente, se il terreno è calcareo e l’acqua tiene sciolta maggior quantità di carbonato di calce; e viceversa, ha una conchiglia più fragile e corrosa, se il ter- reno è siliceo e l’acqua contiene poco carbonato calcico. Essendo questo, nella struttura di Aragonite o di Calcite, la sostanza, che, associandosi alla conchiolina dà la consistenza alla conchiglia, ne vengono i seguenti corollari: 1.° che i molluschi dovranno togliere quel composto mine- rale o direttamente dal terreno o dalle acque, oppure dalle pian- te!, o dalle conchiglie o da altri gusci calcarei*; 2.° che, per questo rispetto, l’unico componente chimico im- portante del suolo è il carbonato calcico, o quanto meno la calce, e possiamo quindi limitarci a distinguere i terreni sem- plicemente in calcarei e non calcarei, o, tutt'al più, in calciferi e non calciferi; Si 3.° che i molluschi veramente nudi, ossiano privi affatto di conchiglia, saranno, per tale riguardo, del tutto indipendenti dal terreno sul quale vivono, mentre che, all’ incontro, i mollu- schi a guscio calcareo, reso, cioè, consistente per carbonato cal- cico, sia Aragonite, sia Calcite, specialmente se il guscio è esterno, saranno i più legati al suolo; i molluschi a conchiglia cornea ter- ranno il mezzo; 4.° che i molluschi a guscio calcareo, specialmente se ester- no, si troveranno, a condizioni del resto pari, circoscritti entro certi limiti, quelli, cioè, posti al suolo calcareo, ossia, si pre- senteranno accantonati, e gli altri, invece, si troveranno più o meno sparsi ; i ! Lo asserisce anche GRATELOUP, nel suo Essai sur la distribution géographique des mollusques terr. et fluv. dans le département de la Gironde, 1858, pag. 55, n. 11. DI 2 Grazie agli aquari si è potuto studiare meglio i costumi anche de’ molluschi acquatici,e si è scoperto che in caso di bisogno si procurano l’occorrente calcare col corrodere le conchiglie d’altri molluschi, — CLESSIN, nel Correspondenz-Blatt des zool. min. Vercins in Regensburg, vol. XXV, pag. 125 (1871), afferma che gli individui della Bythinia tentaculata, del pari che quelli di certe Clausiliae ed Helices, su ter- reni poveri di calcare si rosicano vicendevolmente i vertici delle conchiglie, perchè questi sono più facili da corrodere. # SUI RAPPORTI FRA IL SUOLO E I MOLLUSCHI, ECC. 25 5.° che il suolo calcareo, salvo condizioni sfavorevoli, dipen- denti da altri fattori, sarà più ricco in molluschi che qualun- que. altro terreno, perchè offre a dovizia e per tutte le specie conchiglifere la necessaria sostanza minerale, e perchè tutte le specie ponno prosperare sul medesimo, mentre che le specie particolari del suolo calcareo non ponno campare su gli altri; 6.° che le specie a guscio calcareo cresceranno, sul terreno calcareo, a maggiori dimensioni che su qualunque altro suolo, dato del resto pari condizioni; e che desse, se campano pure su altri terreni, vi secerneranno una conchiglia meno calcarea. Infatti, già Férussac, 1819, asseriva che i terreni calcarei sono assai più ricchi in polmonati che gli altri. Rossmaessler, 1844, espresse l’opinione che le conchiglie raggiungono maggiori dimensioni sul suolo calcareo. Morelet, 1845, osservò che nel Por- togallo, i molluschi terrestri abbondano sui terreni calcarei, men- tre che si presentano rari sugli altri terreni, e che le specie munite di un guscio opaco e resistente vi si accumulano di pre- ferenza sul suolo calcareo, mentre che i molluschi a conchiglia sottile e quasi membranacea vivono indifferentemente anche sulle rocce schistose e granitiche. Nel 1847 indicai che, nella Val- brembana, il massimo numero di specie terrestri incontrasi sul. calcare. Boll, nel 1851', constatò che, nel Meclemburgo, la fauna è specialmente ricca di molluschi terrestri, tanto d’indivi- dui, quanto di specie, là ove la Creta emerge dal Diluvio, for- mando come delle isole o delle oasi. Drouét, 1855, in base a fatti da lui osservati nel dipartimento dell’Aube, sostiene che il suolo ha un'influenza decisa sulla natura del guscio dei mollu- schi, poichè l’animale ne trae più o meno, secondo i casi, i prin- cipii calearei per la costruzione della sua conchiglia. Moquin- Tandon, nel 1855, riscontrò come in Corsica il numero delle specie e degli individui tocchi il massimo verso le due estremità dell’isola, ove precisamente l’ elemento calcareo trovasi sparso 1 Die Land-und Stisswasser-Mollusken Meklenburgs. Inserito nel 5. Bericht des Vereins der Freunde der Naturgeschichte in Meklenburg. 26 P. STROBEL, in abbondanza; e come le specie a conchiglia robusta ed opaca, ordinariamente bianca o biancastra, pullulino, a rigor di ter- mine, in quelle due contrade. Nel 1857° dimostrai, come, in Lombardia, alcune specie terrestri a guscio assai calcareo non vivano che sulle rocce calcaree, e come molte altre, campando pure su diverse sorta di terreni, non prosperino però che sul calcareo. Anche Grateloup, 1858, ammette un'influenza delle roc- ce, e specialmente del calcare, sui molluschi, sia direttamente, sia per mezzo dell’acqua e della vegetazione. E non è molto, Bec= cari ?, esplorando le isole di Ceram e Timor nell’Arcipelago in- diano, tra altre interessanti osservazioni intorno alla distribu- zione degli animali, fece anche questa, che ivi sul terreno cal- careo abbondano i molluschi terrestri. — I fratelli Villa, 1844 °, affermarono che, in Lombardia, le Helix a conchiglia depressa frequentano particolarmente le rocce calcaree, e Puton, 1847, dichiarò che certe specie, le quali vivono nella regione calcarea dei Vosgi, non vi si incontrano mai nella regione granitica. Dall’ esposto parmi che scaturisca spontanea la conseguenza, che la natura chimica del suolo ha un’azione decisa sulla fauna malacologica, e che il terreno calcareo è il più favorevole alla medesima, mentre che, invece, tutti gli altri terreni le sono meno propizi, s'intende sempre a condizioni del resto pari o quasi pari. Le rocce però le più sfavorevoli di tutte sembran essere il granito ed il gnesio. Almeno così la pensano e Rossmaessler, il quale afferma che sul terreno granitico le conchiglie sono più piccole che altrove, e Forbes, il quale pone il granito ed il gne- sio ultimi nella già menzionata scala discendente dei terreni del- l’ Inghilterra. Morelet constatò la scarsità di molluschi terrestri nelle provincie granitiche del Portogallo, e Moquin-Tandon ri- marcò come sui terreni primari della Corsica, nei quali predo- minano notoriamente le rocce granitiche, non s’incontri che un 1 Essai d’une distribution, ecc., citato. 2 CORA, Spedizione italiana alla Nuova Guinea. Roma, 1872, pag. 24. è Catalogo dei molluschi della Lombardia. Milano. Estratto dalle Notizie naturali e civili su la Lombardia. SUI RAPPORTI FRA IL SUOLO E I MOLLUSCHI, ECC. 27 picciol numero di specie, rappresentate da rari individui. Quasi tutte queste specie sono difese da una conchiglia sottile, cornea, trasparente, ed in quelle poche a conchiglia opaca egli osservò una tendenza a costruirla pellucida e sottile. Ciò non ostante, al dire di Férussac, il granito, sovratutto nelle alte montagne, è di preferenza abitato da certe specie di polmonati. Tra i due estremi, il terreno calcareo cioè, o più propizio allo sviluppo dei molluschi, e le rocce granitiche, o le più sfavorevoli, van collocate le altre sorte di suolo. Le rocce più sfavorevoli, dopo le ora accennate, sarebbero le scistose, almeno, tanto nel- l’ Inghilterra, secondo Forbes, come vedemmo, quanto nel Porto- gallo, secondo Morelet. Un suolo forse altrettanto sfavorevole quanto la roccia granitica è l’ arenoso; per lo meno, nel Me- clemburgo, al dire di Boll, la regione sabbiosa di quel paese, composta dai detriti di rocce sfavorevoli ai molluschi, è eviden- temente povera di specie terrestri. Ed il dottor Kobelt, in un ar- ticolo sulle specie terrestri che si mangiano in Italia *, afferma che sul terreno siliceo alluvionale di Messina, sì come sulla lava di Catania, nessuna di quelle specie è abbastanza comune, perchè valga la pena di raccoglierla. Ecco degli esempi, i quali sono sufficienti per avvalorare le mie parole. Non si creda però che intenda di addurre tutti i fatti in proposito conosciuti ed accennati dai vari autori, ma a questi.esempi, presi a caso, mi limito. Nè voglio coi fatti, men- zionati in ultimo, provare che l’azione delle nominate rocce sia unicamente chimica, la penuria di molluschi su di esse potendo dipendere anco da altre circostanze combinate colla sfavorevole natura chimica. Le qualità mineralogiche del suolo non agiscono sui molluschi soltanto per l'influenza che esercitano sulla secrezione della conchiglia. A tutti è noto che il terreno salato, contenente cioè sali marini, dà luogo ad una fauna terrestre particolare, siccome ad una flora speciale. Le specie marittime non ponno fare a ! Inserito nel periodico: Der zoologische Garten. Francoforte a. M., 1873, p. 203. 28 P, STROBEL, meno di quei sali; eppure questi non occorrono per la fabbrica- zione del calcareo loro guscio. Esse sono legate ad un suolo par- ticolare, bensì ovunque sparso, ma ovunque circoscritto. I cinque gruppi di terreni, da noi sopra distinti, ponno es- sere caratterizzati da certe specie, oppure date specie ponno pre- diligere l’uno di essi piuttosto che gli altri. Si potranno quindi indicare cotali specie, a seconda che caratterizzano V’uno o l’al- tro gruppo di terreni, coi nomi di calcaricole, silicicole, argillicole ; ed a seconda della sorta di terreno che preferiscono, colle deno- minazioni di calcarofile, silicofile, argillofile. Le specie marittime, o peculiari dei terreni salati, comporranno [pure una fauna a sè. Chiamerò chimicamente indifferenti tutte le altre specie, giacchè prosperano o ponno prosperare indifferentemente su più terreni diversi. Ed alle medesime appartiene forse il maggior numero. Come accennai da principio, l’azione del suolo sulla fauna ma- lacologica è dovuta anche alle sue proprietà meccaniche, ossia, specialmente, alla maggiore o minore disaggregabilità delle rocce ed alla qualità del prodotto della loro disaggregazione. Chia- mansi eugeogene le rocce facilmente disaggregabili, le quali per- ciò danno abbondanti detriti; disgeogene invece diconsi le rocce le quali si sgretolano difficilmente, e non producono quindi che pochi detriti. Naturalmente, tra questi due estremi, evvi il me- dio, ossia vi sono delle rocce che non sono nè eugeogene, nè dis- geogene. Avuto riguardo al prodotto della disaggregazione, le rocce ponno dividersi in psammogene o generatrici di arena o sabbia, in pe- logene, che si sminuzzano, cioè, in una sostanza argillosa o ter- rosa, ed in pelopsammogene, i di cui detriti sono argilloso-sabbiosi. I terreni incoerenti che ne derivano o ne sono derivati (AWluvium, Diluvium, sabbie plioceniche, ecc.), sono, alla lora volta, psam- mici, pelici o pelopsammici, ossiano sabbiosi, argillosi od argillo- sabbiosi. I molluschi che prediligono i terreni psammici, si distinguono col nome di psammofili, e con quello di pelofile s' indicano le SUI RAPPORTI FRA IL SUOLO E I MOLLUSCHI, ECC. 29 specie, le quali preferiscono il suolo pelico. Le specie che rinven- gonsi sui terreni pelopsammici saranno più o meno ?ndiferenti, potranno, cioè, campare e sulle rocce pelogene e sulle psammo- gene. L'influenza dei caratteri meccanici delle rocce sulla fauna malacologica, anzi che diretta, sembra essere soltanto mediata: dalle proprietà meccaniche dei terreni dipendendo, almeno in parte, le loro qualità fisiche e la loro flora, e quelle e questa agendo poi anche sui molluschi. Anche le qualità fisiche del terreno, come ho or ora asserito, influiscono sulla dispersione dei molluschi terrestri e fluviali. Per questo rispetto possiamo classificare i terreni in umidi, in sec- chi, ed in tali che non sono nè l’uno, nè l’altro. Queste loro pro- prietà fisiche in parte, come dissi poc'anzi, dipendono ancora dalle accennate qualità meccaniche, ed in parte sono dovute, in parti- colare, al colore ed alla natura della superficie delle rocce. Rocce biancastre ‘ed a superficie che s’avvicina alla levigata, come sa- rebbero, per esempio, le rocce scistose e le pseudoregolari, ri- verberando maggiormente i raggi solari, aumentano la tempera- tura dell’aria ambiente e la rendono secca; rocce all’ incontro nerastre ed a superficie scabra, irregolare, mantengono l’aria fre- sca ed umido il suolo. Le rocce che chiamammo eugeogene sono ordinariamente umide, e secche le disgeogene, l’acqua meteorica venendo da quelle facilmente assorbita, e trascorrendo invece quasi totalmente sopra le disgeogene. Tra le disgeogene le più aride van poste le compatte ’, e tra le eugeogene, le più umide sono le pelogene, sì come il suolo pelico è il più fresco, umido ed irrigato, mentre che, viceversa, un terreno psammico è or= dinariamente secco ed arso, specialmente quando è mobile, come le dune, le pampas, i deserti. Le specie, le quali preferiscono i terreni umidi, si denomine- ranno dgrofile, e xerofile si chiameranno quelle che prediligono 4 « Certains terrains trés-compacts sont défavorables è la multiplication des mol- lusques. » DROUET, op. cit., pag. 22. 30 P, STROBEL, le rocce secche; fisicamente indifferenti nominerò quelle specie, le quali campano tanto su d’un suolo umido quanto su di uno secco, e queste, naturalmente, prospereranno ed abbonderanno in un terreno che tiene il di mezzo fra quei due estremi; e le specie che prediligono un tale terreno intermedio, potranno non difficilmente attecchire anche negli altri. L'influenza delle qualità fisiche dei terreni, delle quali par- liamo, si farà specialmente sentire sull’organo respiratorio e sulla sua funzione, e ce lo provano in particolar modo i molluschi acquatici. Quanto più gli animali sono inferiori, tanto più l’esi- stenza loro è legata all’acqua, ed il numero, senza paragone, mas- simo dei molluschi vive appunto nelle acque. Da ciò possiamo già arguire che coloro fra essi i quali sono terrestri, preferiranno in generale i terreni bagnati, umidi. Infatti, vediamo che predi- ligono i luoghi ombrosi, oscuri, che s’aggirano di preferenza nei giorni piovosi o dopo una pioggia temporalesca, che, nelle gior- nate calde e serene, solo di notte tempo lasciano le piante od i sassi ai quali stanno attaccati, se sono xerofili, ed escono dai loro nascondigli, se sono invece igrofili. I molluschi terrestri hanno poi bisogno d’umidità e di acqua, specialmente, per la secrezione mucosa. — Dal predetto segue, che la quantità delle specie terre- stri igrofile sarà assai maggiore di quella delle xerofile. Queste sono conchiglifere, e la loro conchiglia è generalmente assai cal- carea e robusta, più o meno bianca, per lo più liscia, qualità tutte opportune per difendere l’animale dal calore esterno e ren- derne minore la traspirazione e la perdita dei proprii umori, 0s- sia l’essicazione *. Le specie xerofile sono di solito assai socievoli, e si è fra esse che osservansi le specie dotate di maggiore vita- lità, sempre che non si alteri di molto l’ambiente. Infatti si provò con varie esperienze, ch’esse ponno resistere, all’asciutto, in uno stato di letargo, per tre e forse più anni”, per poi ridestarsi a 1 La Helix variabilis negli incolti, lungo i soleggiati ciglioni delle strade, coperte di bianca polvere calcarea, è piccola, a conchiglia robusta, liscia, assai bianca e senza fascie. STROBEL, Alcune note di Malacologia Argentina, inserite negli Atti della Soc. Ital. di sc. nat., vol. XI, pag. 552. Milano, 1868. ui ? Una Helix candidissima ed una Pupa cinerea Drap., conservate senza cibo in SUI RAPPORTI FRA IL SUOLO E I MOLLUSCHI, ECC. 31 vita normale, per lo più, quando pongansi in un ambiente umido. In questo però, come or ora ho fatto allusione, non resistereb- bero senza cibo, mentre che reggono invece in ambiente secco, come dissi, ritirate entro la loro conchiglia, di cui hanno coll’e- pifragma turata l’apertura. Dall’esposto si può dedurre, che i molluschi terrestri con gu- scio calcareo, biancastro, non ponno essere igrofili, e che, se sono rupicoli, devono essere calcaricoli od almeno calcarofili; che le specie xerofile comporranno il minor numero delle specie terrestri, e saranno circoscritte, ossia accantonate, al pari delle calcaricole e calcarofile, come abbiamo già veduto; ed al pari di queste, of- friranno un carattere particolare, saranno le caratteristiche della contrada. Però l’azione delle proprietà fisiche del suolo della indicata na- tura non si limita soltanto ai molluschi terrestri, ma si estende, indirettamente, anche ai molluschi d’acqua dolce, in quanto che le dette proprietà del terreno esercitano un’influenza diretta sul- l’ambiente nel quale vivono quei molluschi; poichè in un terreno umido abbondano e le correnti ed i serbatoi d’acqua, e sì le une che gli altri vi sono più facilmente perenni. All'incontro nei ter- reni arsi accade in generale l'opposto. — Quanto all’organo della respirazione dividonsi i molluschi acquatici in polmonati e bran- chiati; questi sono, com’ è naturale, maggiormente legati all’ac- qua, sono i veri molluschi acquatici, e, per così dire, i pesci fra i molluschi, mentre che i polmonati ne sarebbero i cetacei. Quelli non ponno vivere fuori dell’acqua, non potendo respirare l’aria libera; i polmonati invece ponno resistere per un tempo mag- giore o minore anche all’asciutto, coperti dal limo *. Dai fatti pre- una scatola di legno, vi si mantennero vive per ben due anni. StROBEL, Note malaco- logiche di Valbrembana già citate, pag. 25. — La Melix apicina Lam. sì conservò in tale stato per due anni e mezzo. SCHMIDT A. 1 Come esperimentai con dei Limnaeus minutus raccolti in Valbrembana. Note malac. relative citate pag. 25. — L’apparizione di una specie branchiata sul pendio di una roccia bagnata non può altrimenti spiegarsi, che coll’ammettere che lo scolo d’acqua vi sia perenne, oppure che quella colonia vi sia stata trasportata acciden- talmente dalle acque che precipitarono da un serbatoio perenne, e ch’ essa verrebbe poi a morire colla cessazione dello scolo. Note precitate, pag. 26. 32 P. STROBEL, messi segue, che sui terreni umidi vivrà una copia assai maggiore di specie e di individui acquatici, e specialmente di branchiati, che non in un suolo arido, ove non potranno campare quasi fuor- chè specie polmonate. E combinando questa deduzione con l’altra, relativa ai mollu- schi terrestri, verremo alla conclusione finale, che i terreni umi- di, a parità di circostanze *, sono i più ricchi in molluschi, e che secondo il maggiore o minore bisogno che questi hanno dell’ ac- qua, si ponno disporre secondo la seguente scala ascendente; molluschi terrestri xerofilî, terrestri igrofili, acquatici polmonatt, acquatici branchiati, scala inversa di quella della resistenza biolo- gica e perfezione fisiologica. Oltre alle proprietà chimiche e fisico-meccaniche delle rocce influisce sulla fauna malacologica rupestre, e direttamente, la na- tura loro, che chiamerò geognostica, nel senso meno ampio, ossi la loro struttura in grande. Per tale riguardo si ponno distin- guere le rocce in schistose, pseudoregolari, e massicce od amor- fe, ossia senza struttura determinata. Le prime e le seconde sono piene di fessure e di crepacci, le ultime non ne presentano che pochi o punto. È chiaro che tra le dette qualità delle rocce e la dimora dei molluschi terrestri rupicoli vi avrà un nesso, poichè questi, avendo bisogno di nascondigli nelle epoche e nelle circo- stanze sfavorevoli, li troveranno abbondanti nelle rocce screpo- late, e punto o raramente nelle altre. Quindi a condizioni chimi- che e fisiche pari, le rocce fesse saranno popolate da una quan- tità maggiore di specie e di individui che non le massicce. Di più, siccome per potersi nascondere entro le fessure oc- corre che la conchiglia presenti assai piccola, almeno una delle sue dimensioni, così i molluschi rupestri conchigliferi devono es- sere e sono effettivamente tutti, o piccoli o dotati di un guscio 1 Se la contrada fresca ed accidentata presso Portalegre nel Portogallo, al dire di Morelet, alberga pochi molluschi, ciò dipende dalla qualità mineralogica del suolo, composto di schisti e di arenarie, SUI RAPPORTI FRA,IL SUOLO E I MOLLUSCHI, ECC. 133 depresso (Helix), oppure assai allungato (Bulimus, Clausilia, Glandina, ecc.). Se un mollusco terrestre è fornito di una con- chiglia grande e globosa, possiamo già asserire @ priori che non «sarà rupicolo nel senso vero della parola, non abiterà, cioè, uni- camente, nè meno preferibilmente sulle rocce. Fin quì abbiamo veduto che il suolo influisce direttamente sulla distribuzione dei molluschi terrestri e d’acqua dolce. Ma esso esercita inoltre sopra questi un’ influenza indiretta, per mezzo della sua flora, ossia per la sua natura fitica o botanica ; poichè sone le piante, che il medesimo produce, quelle che preparano il nutrimento ai molluschi, sì come a tutti indistintamente gli ani- mali, direttamente se sono fitofagi, ed indirettamente se sono zoofagi. Però l’azione della flora su la fauna malacologica, rimar- chiamolo sin d’ ora, ad ogni buon fine, non si limita alla sola somministrazione del cibo. Grateloup, tra altri, si è dato speciale pena di rendere evidenti ‘i rapporti che passano tra l’alimentazione e la dimora dei mol- luschi e la flora d’una data contrada, ed ha, di conformità, con- trapposto alle florule del dipartimento della Gironda le rispet- tive faunule malacologiche*. Di queste la più meschina è la fauna delle sabbiose e secche lande, Zaunula ericetorum, composta da sole e pochissime (9) specie terrestri, e corrispondente alla 7o- rula ericetorum la più povera di tutte (26 specie fanerogame); e la fauna più ricca si è quella del suolo diluviale calcareo siliceo di Médoc, ossia la faunula viticola, rappresentata da 49 specie terrestri e 45 acquatiche. — Alcuni ritengono che la sola influenza della vegetazione sui molluschi terrestri e fluviali, basti per pro- «durre i fenomeni di distribuzione dei medesimi. Ma è provato che ad una flora abbondante di individui e ricca di specie non cor- risponde sempre una fauna malacologica analoga *, poichè quella non riunisce in sè tutte le condizioni necessarie all’uopo; e fa 1 GRATELOUP, op. cit., pag. 17, 43, 44 e 56. ? DROVET, op. cit., pag. 14, 15 e 18. Vol, XIX. 3 34 P., STROBEL, mestieri quindi convenire che nella costituzione della fauna ma- lacologica devono concorrere anche altri fattori. Di più, credo di dovere far riflettere, a tale riguardo, che i molluschi fitofagi non sono vincolati pel loro nutrimento a determinate specie o famiglie di vegetali, come lo sono invece, per lo più, gli insetti fitofagi; non limitano la loro alimentazione, come si esprime Morelet, ad un piccolo numero di piante, legate a certi terreni; per cui la presenza di una specie fitofaga di molluschi in una località, non dipende tanto dall’esistenza in questa di certe specie di piante, ma piuttosto dal trovare queste nel terreno e nell'ambiente i prin- cipii necessari per poter elaborare quei composti plastici, quali occorrono per la nutrizione di quella data specie di molluschi, e che la medesima specie di pianta potrà produrre, in proporzioni maggiori o minori, appunto secondo la natura diversa del suolo e dell'ambiente. L’ influenza della vegetazione sui molluschi si ri- duce dunque, quanto all’alimentazione, ancora in massima parte, ad una influenza mediata del suolo, colle differenze del quale con- cordano differenze nella flora. Dissi fin da principio che sono dif- ferenze nei caratteri fisico-meccanici quelle che producono sopra tutto differenze nella vegetazione'; ma sta pure sempre che an- che le qualità chimiche del terreno influiscono sulla sua flora, e quindi, mediatamente, anche sulla fauna malacologica. Ne abbiamo un-esempio nella flora delle spiagge marittime e dei terreni sa- lati, alla quale corrisponde pure una fauna malacologica carat- teristica. Asserii poco sopra che non è soltanto nel somministrare il cibo ai molluschi che la flora agisce sui medesimi; essa può inol- tre esercitare un'influenza su di loro col fornire i principii occor- renti per la secrezione della sostanza testacea, come ho pure già avvisato. I principii minerali, come sappiamo, ponno essere presi dal mollusco, come da qualunque animale, anche direttamente 1 Secondo il prof. G. Monselise, tra le proprietà fisiche del terreno, la più influente ulla vegetazione si è la porosità. VIMERCATI, Rivista scientifico-industriale. Firenze, 1873, pag. 224. SUI RAPPORTI FRA IL SUOLO E I MOLLUSCHI, ECC. 35 dal regno inorganico, ossia dal suolo o dall'ambiente; però ponno anche, e forse di preferenza, introdursi nell’organismo per mezzo del cibo. Ma noi sappiamo che la natura e le proporzioni di tali sostanze non variano solamente tra specie e specie di vegetali, ma benanco nella medesima specie secondo il suolo' che le alimenta. E quindi ancora in questo caso non possiamo a meno di scorgere un nesso tra le proprietà chimiche, ovvero’ mineralogiche del suolo e la composizione chimica delle piante. Mentre che dal terreno e dal clima dipende in massima parte la flora, questa, a sua volta, influisce su quelli ed anche sopra parte di sè medesima, e può quindi modificare e clima e suolo ed anche sè stessa. Mentre che un terreno umido favorisce la flora, e per di lei mezzo la fauna malacologica, una vegetazione boschiva rende, per esempio, alla sua volta, più umido il clima ed il suolo, e perciò più ricca la flora stessa, e di conformità an- che la fauna malacologica; e viceversa, diboscando un paese, il clima ed il terreno ne diventano più secchi e la flora e la fauna più povera. In questi casi la vegetazione si pone, ora in rapporto diretto coi molluschi, ora in rapporto indiretto; abbiamo un nesso intricato di cause e di effetti reciproci. Comunque, resta sempre con ciò stabilito che la flora può influire anche sulla re- spirazione dei molluschi come il suolo stesso. Ma la vegetazione non agisce solamente sulle funzioni di re- spirazione, di secrezione e di nutrizione dei molluschi. Sono se- gnatamente le specie planticole, nonchè le terricole, quelle che dalla medesima dipendono in particolar modo, e per la dimora, poichè sono i vegetali che ne mantengono la necessaria frescura ed umidità, e per la protezione, in quanto che le specie terricole si rifuggino non solo sotto le pietre, ma anche tra le radici delle piante, e le planticole s’appiattino sotto la corteccia dei tronchi d’albero, o si nascondano tra le foglie dei vegetali. Ricapitolando quanto ho esposto circa l'influenza della vege- tazione sulla fauna malacologica, possiamo stabilire: 1.° che i molluschi dipendono dalla vegetazione, e pel mu- trimento, e per la fabbricazione della conchiglia, e per la respi- razione, e per la dimora loro; 36 P: STROBEL, 2.° che sono più legati alla flora i molluschi terrestri plam- ticoli, che non i terricoli ed i petricoli, l’azione delle piante su quelli essendo più estesa ed intensa, mentre che 1’ influenza ‘di- retta del suolo su di essi è minima o quasi nulla, ed è, all’oppo- sto, massima sui sassicoli; ‘ 3.° che la flora esercita la sua influenza per lo più diretta- mente, talora però anche indirettamente, pel suolo e pel clima ch’essa modifica; 4.° che, in ultima sintesi, l’azione della flora sui molluschi dipende quasi sempre ancora da quella che esercita il suolo sulla flora stessa, e questa non è quindi fuorchè il mezzo, pel quale il terreno influisce sulla fauna malacologica ; 5.° che questa influenza del suolo è dovuta sì alle sue pro+ prietà fisico-meccaniche, che alle chimiche; 6.° che il terreno non somministra le sostanze plastiche per l’alimentazione de’ molluschi che per mezzo della vegetazione; 7.° che le specie terrestri planticole sono le più indipenden- ti, e quindi, a condizioni pari, le più sparse; le rupicole, all’ in- contro, sono le più dipendenti dal terreno e perciò le più limi- tate, circoscritte nella loro diffusione, accantonate; le terricole tengono il mezzo. Le specie planticole sono pertanto più facil- mente acclimabili delle altre. Chiuderò questi cenni intorno ai rapporti esistenti tra roccia e mollusco colle seguenti osservazioni e deduzioni. Secondo Thurmann, l fumus non esercita che poca influenza sulla vegetazione; è, invece, massima l’azione delle rocce sotto- giacenti, essendo desse che formano : il terreno. All’ incontro, i molluschi, specialmente i terrestri, trovansi in rapporti di di- pendenza, e coll’ Rumus e coi terreni di trasporto mobili, e colle rocce che affiorano. L'azione delle rocce, quando non dipenda dalla loro natura chimica, si manifesterà generalmente în grande, sopra vaste esten- sioni, sì che la fauna malacologica e la flora delle rocce subordi- nate, ancor quando di natura diversa, non varieranno punto da SUI RAPPORTI FRA IL SUOLO E I MOLLUSCHI, ECC. 37. quelle della roccia dominante. E, viceversa, una contrada, il cui suolo è geognosticamente uguale, potrà per l’azione di fattori d’altra sorta, offrire delle località, in cui la flora e la fauna si di- stingueranno notevolmente dal rimanente di quella contrada. Certe casi ne sono un esempio. Talora un effetto simile od uguale può dipendere da cause dif- ferenti. Infatti abbiamo veduto, che tanto le specie terrestri cal- carofile, quanto le xerofile, sono difese da una conchiglia calcarea più o meno biancastra. Nelle prime questo fenomeno è dovuto alla natura chimica del terreno; nelle seconde alle qualità fisiche del suolo e dell'ambiente *. Drouét* ha inoltre osservato, come una medesima specie terrestre secerna un guscio più o meno cal- careo e biancastro, a seconda che si nutre di uno piuttosto che di altro genere di piante. In questo caso lo stesso fenomeno è pertanto l’effetto di una terza causa, cioè, dell’influenza diretta della vegetazione sui molluschi terrestri. La massima ricchezza di molluschi viene stabilita dalla con- correnza di tutte le condizioni propizie; la mancanza di una di queste farà diminuire la quantità dei molluschi, e talora potrà perfino rendere una contrada povera affatto, mentre che, all’op- posto, una sola condizione favorevole non basta a determinare «un’abbondante fauna malacologica. Le specie, le quali vivono sui terreni misti, ponno campare su qualsiasi suolo, e sono quindi le più abbondanti e le più sparse. Del pari, le specie igrofile sono in maggior numero delle xero- file, e maggiormente sparse. Lo stesso dicasi delle planticole a fronte, specialmente, delle petricole. Sarà dunque fra le planti- cole, le igrofile e le indifferenti che dovremo scegliere, a prefe- renza, le specie da acclimare. All’ incontro dovremo cercare le specie caratteristiche, peculiari di un paese fra le specie accan- 1 «Il ne faut pas oublier, que le méme effet peut ètre produit par différents agents. » Il faudrait décomposer ces agents dans leurs é1éments, qui sont les véritables in- fluences primitives, etc. > STROBEL, Essai citato, pag. 49 e 50. Veggansi pure le citate Notizie malacostatiche alle pag. 15 e 38. 2 Opera citata, pag. 23. 33 P. STROBEL, tonate, quali sono le rupicole, le xerofile e le calcarofile. Le spe- cie marittime sono bensì xerofile, ma appartengono alle planti- cole, ed in certo qual modo alle indifferenti *, e mentre sono li- mitate alla marina, si spargono però per lunghissimi tratti della medesima, e sono facilmente acclimabili, s'intende, in riva al mare. FÀ Per dare maggior valore ai miei ragionamenti ed alle mie de- duzioni rissuardanti le leggi di distribuzione geognostica dei mol- luschi di terra e d’acqua dolce, quali le or ora enunciate, potrei, oltre ai fatti di cui mi sono occupato nelle memorie malacologi- che sull’alta Italia e sul Tirolo, addurre ancora quelli ch’ebbi campo di osservare darante il bienne mio soggiorno nell’Argen- tinia meridionale. Siccome però l’esposizione di tali fatti deve far parte d’un mio lavoro in corso di stampa ?, così mi limito qui a porgere solo le finali conclusioni, cui sono stato condotto dalle ricerche e dagli studii relativi. Pur troppo in questi dovetti li: mitarmi quasi unicamente ai fatti ch'io stesso ho potuto osser- vare, non conoscendo autori che siansi occupati, non già di stu- diare con proposito la distribuzione dei molluschi nell’Argentinia, ma di notare almeno le particolarità delle dimore de’ molluschi da essi raccolti *. I fatti, cui accenno, vengono in conferma specialmente delle se- suenti leggi di distribuzione dei molluschi, a seconda della natura del suolo. 41 Poichè vivono su qualunque sorta di suolo, ma specialmente sul misto, purchè sia impregnato di sali marini. 2 Materiali per una Malacostatica di terra e di acqua dolce dell’ Argentinia meri- dionale. Essi costituiscono il vol. IV della Biblioteca malacolugica, edita in Pisa. Pur troppo, per motivi che non importa esporre in pubblico, di tale mio lavoro, corre- dato di due tavole e di una carta fisico-geografica, che tracciai nel 1870, lavoro con- segnato agli editori sino dal 1871, non furono sinora pubblicati che una tavola e dieci fogli di stampa, di sei dei quali rese conto il prof. E. von MARTENS nei Ma- lakologische Jahrbicher, 1875. ® 11 dottor ADOLFO DOEHRING, nei recenti suoi Apuntes sobre la Fauna de Moluscos de la Republica Argentina (nel Boletin de la Academia nacional de ciencias exae- tas, ete. Buenos Aires, 1875), non indica la qualità del terreno della dimora che di sole due specie nuove. SUI RAPPORTI FRA IL SUOLO E I MOLLUSCHI, ECC. 39 1.° La natura chimica del terreno esercita un’influenza, di- retta od indiretta, sui molluschi che lo abitano, e segnatamente sulla secrezione della loro conchiglia. A tale uopo essi hanno bi- sogno di una quantità maggiore o minore di carbonato di calce. Le rocce che lo contengono, e quindi sopra tutto il calcare, fa- voriscono quella secrezione, e pertanto sono malacofile, ossia pro- pizie all’esistenza di molluschi, e peculiarmente dei terrestri; e viceversa le rocce che, o non contengono punto nè carbonato calcico nè meno calce, come le quarzose pure, o contengono della calce solo in piccola quantità, come le granitiche, vengono schi- vate dai molluschi”. Sulle quarzose non ponno vivere che mollu- schi nudi, poichè questi, pel bisogno di cui parlasi, sono del tutto in- dipendenti dal suolo; le rocce granitiche sono inoltre popolate da molluschi a conchiglia interna e da quelli a guscio corneo?, cui basta una minima quantità di carbonato di calce. Le specie a conchiglia calcarea, e particolarmente le terrestri petricole, che abbondano e prosperano sul calcare, sono calcarofile. Queste trovansi pertanto circoscritte entro determinati confini, ossia sono accantonate, e sono limitate di numero, al pari delle specie terrestri marittime, alla pro- sperità delle quali occorrono i salì marini, non però per la secre- zione del loro calcareo guscio. Sono dunque queste e le calcarofile quelle che maggiormente dipendono dalla natura chimica del ter- reno, sebbene per bisogni diversi. Il massimo numero di mollu- schi, non avendo punto conchiglia calcarea, è, chimicamente, quasi indifferente, e predilige i terreni misti, e tra questi, sopra tutti, quello di trasporto incoerente, perchè generalmente fresco od an- che umido. î Il mollusco può procurarsi dall’ aria l'occorrente anidride carbonica, sia diretta- mente, sia, e più probabilmente, per mezzo dei vegetali di cui si nutre. In questo caso è l'organismo vegetale che determina la combinazione dell’ acido carbonico, tolto al- l'atmosfera, colla calce ottenuta, per scomposizione, dal suolo, e che somministra al mollusco il carbonato di calce per tal modo ottenuto. 2 La bassa catena montuosa tra il Capo Corrientes e la Sierra de Tapalquen è singolare per la mancanza di calcite, e le lumache che vivono sulle arenarie e sugli schisti di quelle montagne posseggono una conchiglia assai fragile. HEUSSER U. CLARAZ, Beitrùge zur geognostischen u. physikalischen Kenntniss der Provint Buenos Aires. Ziirich, 1864. 40. P. STROBEL, 2.° Non si può negare che le proprietà fisico-meccaniche del suolo influiscono moltissimo, e con preponderanza, sia mediata- mente, sia immediatamente sulla fauna dei molluschi terrestri e d’acqua dolce, la distribuzione loro in una data contrada, e nel. caso concreto nell’ Argentinia meridionale, dipendendo sopra tutto da quella proprietà del suolo. — L’acqua è indispensabile ad ogni organismo e specialmente a quello dei molluschi *. Questi la pren- dono dall'atmosfera e dal terreno, i quali a vicenda la ricevono l’uno dall’altra, e se la rendono. La quantità delle specie cono- sciute di molluschi d’acqua dolce importa la metà circa delle ter- restri. Il numero delle specie terrestri igrofile, che hanno, cioè, n bisogno di molta acqua, è assai maggiore di quello delle xerofile od amanti delle località asciutte. È dunque chiaro che i terreni umidi (fra. i quali evvi di solito, come avvertii or ora, il ter- reno di trasporto incoerente) devono favorire la fauna malaco- logica, ed avversarla all’ opposto il suolo arido; e che i primi devono essere ricchi di molluschi, e povero il secondo. —I mollu- schi terrestri igrofili, secernono conchiglia piuttosto fragile, cor- nea che calcarea; all’ incontro i molluschi terrestri, xerofili, si difendono dal calore per mezzo di un guscio assai calcareo, bian- . castro. — I molluschi terrestri marittimi costituiscono, un gruppo particolare di xerofili. Questi sono limitati nella loro, dispersione, ma i marittimi in modo diverso degli, altri. Le specie xerofile non marittime trovansi accantonate, le marittime invece. vivono sparse per vaste estensioni di costiera. — Nelle acque dei terreni aridi, le quali facilmente evaporano o si sperdono e scompajono per qualche tempo, non ponno campare che molluschi acquatici polmonati; ai molluschi branchiati occorrono le acque perenni dei terreni umidi. Le proprietà fisiche del suolo esercitano quindi, come si vede, anche un’azione sull’organo e sulla funzione della respirazione. 3.° Di qualche influenza sulla distribuzione dei molluschi, e 4 BRACONNOT, facendo l’analisi chimica del Limax agrestis, riscontrò in esso sopra 100 parti, 84,60 di acqua, più 8,33 di un muoo particolare e 2, 64 di carbonato di calce. Annales de Chimie, marzo 1846. ì ] I 3 f SUI RAPPORTI FRA IL SUOLO E I MOLLUSCHI, ECC. 41 tassativamente dei terrestri yupicolì, è la natura geognostica ossia la struttura in grande delle rocce. Quelle scistose e le pseu- doregolari offrono nelle loro fessure, più facilmente delle altre, un nascondiglio ai detti molluschi, i quali per potervisi meglio appiattare sono, o nudi, o piccoli, o forniti di conchiglia piatta od allungata. 4.° La massima quantità di molluschi è fitofaga; moltissimi sono inoltre planticoli. È dunque potente il legame tra questi e la flora di una contrada, ossia la natura fitica del suo suolo, sia per l'alimentazione, sia per l'abitazione di quei molluschi *. Meno dipendenti da essa sono le specie ferricole, e meno ancora le petricole, le quali compongono un numero assai minore delle altre. — Le località sterili sono dunque povere di molluschi, e viceversa sono, di solito, ricche di specie e di individui i terreni coperti da lussureggiante vegetazione spontanea. — La flora, ossia la natura fitica del suolo, è in rapporto colla sua matura fisico- meccanica e chimica. 5.° Una contrada con suolo calcareo, fresco, con alture for- mate da rocce screpolate, irrigata da molte acque, coperta da ricca e variata flora, è, a condizioni di altezza e di temperatura pari, più ricca di molluschi terrestri e d’acqua dolce di qualun- que altra. E, viceversa, un paese con suolo. siliceo, arso, con rocce massicce, poco o punto irrigato, sterile; qualunque sia la sua elevazione ed il suo calore, sarà poverissimo o sprovvisto affatto di molluschi; a meno che, qua e colà, a guisa di isole 0 di oasi, non si presentino dei tratti in cui le condizioni siano, almeno in parte, mutate; in questi spazi isolati, ma, solo in que- sti, si ponno trovare sporadicamente dei molluschi. Per ispiegare la loro esistenza isolata, la loro colonizzazione, per così dire, in quelle località, converrà risalire a cause ed a fatti remoti, dei i DARWIN nella relazione de’suoi viaggi, edizione tedesca 1844, IT, pag. 274, narra come nell’isola di S. Elena siansi estinte una Coch/ogena ed altre specie terrestri, dac- chè le capre ed i porci, introdotti ed abbandonati in quell’isola nel 1500, e straor- dinariamente propagatisi, due secoli dopo la loro importazione, v' ebbero distrutti i boschi. È questo altro dei fatti i quali provano il nesso esistente tra pianta e mol- lusco. 49 P. STROBEL, quali ragionerò altrove. — Le rocce subordinate corrono, rispetto alla fauna malacologica, la sorte delle dominanti. 6.° Le specie terrestri chimicamente indifferenti, igrofile, plan- ticole o terricole, sono le più acclimatabili, perchè le più indipen- denti. Fatti osservati in altre contrade, fuori dell’ Argentinia, confermano l’asserzione, che le specie terrestri marittime, xero- file ma planticole, si ponno del pari facilmente acclimare, però soltanto lungo le spiagge marine, come è naturale *. 7.° Tra le specie terrestri, le sassicole, calcarofile e le xerofile sono quelle che maggiormente caratterizzano un paese, e quindi anche l’Arsentinia meridionale. ' In prova del mio assunto offro una lista di 20 specie europee acclimate in altro parti del globo, ma segnatamente nelle Americhe. Arion fuscus Miller, hortensis Férussac. Limax maximus Linné. » fiavus L., variegatus Draparnaud. » agrestis Linné. Hyalina cellaria Miller. > nitida Mill., lucida Draparnaud. » fulva Draparnaud. Helix pulchella Miiller. >» hispida Linné. >» vufescens Pennant. » hortensis Miller. » nemoralis Linné. » lactea Miller. - >» aspersa Miller. Cionella subcylindrica L., lubrica Miiller. Caecilianella acicula Miller. Stenogyra decollata L., decapitata Spix. Bulimus solitarius Poiret (Isole). » ventricosus Draparnaud (Isole). Pupa muscorum Linné. Seduta del 27 Febbrajo 1876. Presidenza del V. Presidente Cav. ANTONIO VILLA. Viene presentata la relazione del socio prof. P. Pavesi Sul congresso dev Naturalisti Svizzeri in Andermatt, nel Settem- bre 1875, ed il Segretario Sordelli ne lesse i due brani relativi al traforo del Gottardo ed alle misure prese dal Governo di Gi- nevra contro la fillossera, annunciando che questa relazione uscirà del resto fra breve e farà parte del volume per l’anno 1875. Dallo stesso prof. P. Pavesi è presentata poi anche una Nota intitolata: Studw sugli Aracnidi Turchi. La precede una breve introduzione, letta dal Segretario, nella quale l’autore accenna i confini entro i quali si restringe nel suo lavoro e indica i materiali e le fonti a cui ha attinto. Sarà anch’ esso pubblicato negli Atte. Il Socio prof. P. Strobel ha inviato una [Memoria col titolo: Saggio sui rapporti esistenti fra la natura del suolo e la distri- buzione progressiva dei molluschi terrestri e d’ acqua dolce. È un capitolo staccato che doveva far parte d’un più esteso lavoro sulla Malacostatica argentina, affidato sin dal 1871 per le stampe agli editori della Biblioteca malacologica, che si pubblica in Pisa, ma di cui non furono finora impressi che pochi fogli. Questo ca- pitolo tratta in modo affatto generale dell'influenza dei mezzi e sopratutto del terreno sullo sviluppo e la propagazione dei mol- luschi e si chiude con alcuni corollarii desunti dalle osservazioni dell'autore sopra i molluschi estramarini dell’ Argentinia. È fatta quindi presentazione d’una Memoria del prof. Tamer- lano Thorell, naturalista svedese ed aracnologo distinto, intito- AA SEDUTA DEL 27 FEBBRAJO 1876. lata: Etudes Scorpiologiques. Di questa il Segretario legge il breve sunto che segue, tradotto da quello già fornitogli dall’ autore. medesimo: In questo lavoro, steso in latino, l’autore dà le descrizioni particolareggiate di 52 specie di Scorpioni, delle quali 36, appartenenti a 17 generi diversi, crede sieno nuove per ‘la scienza, e le altre sono poco od imperfettamente co- nosciute. Inoltre trovansi qua e là note descrittive di parecchie specie e vi è discussa la sinonimia di moltissime altre, tra le quali quelle descritte da Linneo e da De Geer. Precede una introduzione, scritta in francese, in cui l’autore, dopo di aver dato un breve cenno del contenuto del suo lavoro, parla delle difficoltà che s'incontrano nel voler dare delle descrizioni abbastanza esatte di codesto gruppo di animali. Indi richiama l’attenzione sopra quei caratteri che gli parvero della maggiore importanza per la distinzione delle specie. Seguono alcune osservazioni sulla terminologia da esso adoperata e sulle regole della nomenclatura ; dopo di che 1’ autore dà un prospetto delle fami- glie, sotto famiglie e generi degli Scorpioni, non che un disegno schematico per indicare le affinità dei singoli ordini nella classe degli Aracnidi ed il po- sto che vi occupano, giusta il suo modo di vedere, l’ ordine degli Scorpioni e le varie famiglie di questo ordine. A proposito del qual disegno, passa a fare delle considerazioni sui cosidetti “alberi genealogici ,, in zoologia. Secondo lui questi “ Stammbiume , non possono, fuorchè in certi casi, essere considerati siccome rappresentanti le vere affinità genealogiche degli animali; al pari delle classificazioni tutte essi non sono altro, infatti, fuorchè degli accozzamenti fondati sulle nostre cogni- zioni attuali dell’organizzazione degli animali e del loro sviluppo embriologico (e geologico); e noi non possiamo mai sapere in che cosa e sino a qual punto tali sche- mi rassomiglino o differiscano dai veri alberi genealogici, a noi del tutto ignoti. Ciò premesso, egli è evidente che l’autore non vuole che si prenda il suo schema per un albero genealogico (Stammbaum) nel senso di Haeckel e dei suoi proseliti. La quistione degli “ alberi genealogici.,, strettamente collegata con quella del darwinismo, presenta occasione all'autore di fare delle osservazioni sulle due teorie affatto diverse che vi hanno parte, la teoria, cioè della discen- denza: e quella della scelta naturale (natural selection). L'autore mentre dichiara di aderire esplicitamente alla prima, si. rifiuta in- vece di riconoscere nella scelta naturale la ‘causa principale delle mutazioni successive il cui risultato si è lo stato attuale della creazione organica. Cita ad esempio alcuni fatti (lo sviluppo degli organi genitali in genere, delle mam- melle e dell’ utero dei mammiferi, ecc.) che gli pajono incompatibili coll’ opi- nione di coloro che vedono nella scelta naturale e nelle cause esterne che la determinano, il vero movente delle modificazioni subìte dagli organismi dopo la loro. prima apparizione sul nostro globo. L'autore si vede costretto ad am- mettere, con Nzigeli ed altri, una tendenza o forza innata a svilupparsi in una certa direzione. Per esso, gli è solo così modificato che il darwinismo può ve- ramente venir chiamato una teoria d’evoluzione, ed i suoi aderenti, evoluzionisti. ver SR EDI LIO gl Fimpci Lp gia SEDUTA DEL 27 FEBBRAJO 1876. 45 Di questa pregevole Memoria la Presidenza, valendosi della fa- coltà accordatagli dall’ art. 28 del Regolamento, propone la stampa nel Vol. XIX degli Atti, il che viene accordato. È letto ed approvato il processo verbale della seduta prece- dente 2 gennajo 1876. Il Socio Cassiere ing. Gargantini-Piatti presenta indi i bilanci sociali, consuntivo 1875 e preventivo 1876. Dal primo (Allegato 4) risulta un totale incassato di L. 7473, 62, comprese L. 3473, 22, esistenti al 1.° sennajo 1875 di fronte ad una spesa di L. 4424, 70: d’onde una rimanenza attiva a pareggio di L. 3048, 92. Dal bi- lancio preventivo 1876 (Allegato 5) appare una attività presunta di L. 7628, 92, contro una passività di L. 5990; per cui si pre- sume un residuo attivo a fin d’anno di L. 1638, 92. — Entrambi i bilanci vengono approvati. Si procede indi alla votazione per la nomina di un Segretario, di un vice Conservatore, di un Cassiere, di un Economo e di tre membri componenti la Commissione amministratrice, in luogo di quelli uscenti di carica per anzianità. Dietro proposta unanime dei Socj presenti vengono rieletti per acclamazione i Soc]: Prof. cav. ANTONIO STOPPANI, Segretario. — FRANCESCHINI rag. FE- LICE Vice Conservatore. — DELFINONI cav. avv. GOTTARDO, Economo. Visconti ERMES march. CARLO. — GARAVAGLIA rag. ANTONIO. — CAVALLOTTI ing. ANGELO, a far parte della Commissione ammini- stratrice. Astenendosi quindi dal votare il Socio GARGANTINI-PIATTI, viene il medesimo rieletto alla carica di Cassiere. Il Presidente annuncia quindi con parole di rimpianto la per- dita dei Socj MaAIMERI ing. Antonio che fu dei fondatori della nostra. Società, e del marchese GIANMARTINO ARCONATI. F. SORDELLI, Segretario. 46 O (Allegato 4) ul BILANCI( Dal 1° Gennaic Attività. i i 1 | Esistenti in cassa al ristretto conti 1.° gennajo 1875. L. [| 3473 | 22. ci | Inberesgi 0 LU ALe ROIO 3 | Importo N. 80 quote arretrate, cioè: + Noa d'anofa ASTI: Cat a O FEO ISTRIA E I SRO ERITAAI I CORO ASL SR o TOTO A Lo TA SO Totale L. 1020 — || 1020. a 4 | Importo di N. 118 quote anno corrente a L. 20. . ,|| 2360 5 | Ricavo rimborso copie a parte (0° 0%. ie. REA 6 | Ricavo vendita Afti e Memorie . ././. 0.1 19 Totale attività. . L. || 7473 Passivo da dedursi , || 4424 Rimanenza attiva a pareggio L. || 3048 47 CONSUNTIVO 1 31 Dicembre 1875. Passività. 1 | Al tipografo Bernardoni per stampe Atti e circolari L. || 2689 | — 2 | Al lHitografo Ronchi per lavori di litografia . . . ,|| 600 | — 3 | Al librajo Hoepli per somministrazioni librarie e porto 330 | — libri o MI INCIFONO: Line. . Sla) | ESE 5 | A Tito Vespasiano Paravicini per disegni in litografia , 92 | — 6 | Spese d’amministrazione, posta, segreteria e porto 1844070 minano Sordolli. n. 0.0.0. L.0 a 92|— 8 | Associazione all'opera Iconographie des Ophidiens . » 12|— 9 | A Colombo Ettore, aiuto alla segreteria . . . . n] 200] — ugo Lipendio agli inservienti . 0.0). La n 190 | — Totale delle passività L. || 4424 | 70 >_>Pr ___— 48 i (Allegato B) d Attività, 1 | In cassa al ristretto conti 1.° gennajo 1876 2 | Importo di N. 13 quote arretrate 1874 a L. 20 n pin 48. LU ; 1875 A 3 | Importo di N. 160 quote pel 1876 a L. 20 4 | Importo presumibile per rimborso copie a parte 5 | Ricavo presumibile per vendita Atti e Memorie . ° » » BILANCIO PREVENTIVO) | 3048 | 92 260 | —|| 960 | — È | I 8200 | — | I 1004 I 60 —dl i î | | A I) | | dI il 7028 | 92 Î| ads | W il | i bai 49 BERIL'ANNO 1876. Passività. em npa Ato e circolari veve 0org bui. n Le 2500 |] — pa Memorie: AID sont A£ ib pitt)... 0. po 1000 |] — amino litografia! ii. 0.0.0... 0.0. || 1000°] — 4 | Spese di cancelleria, posta, enciana e riunione diaoedmaria,‘.. vv. . . , SELLA 300 | — Sa alatecoreteria dio Gotevonio ae) osa ip ZOO — 6 | Ai librai Hoepli e Dumolard per associazioni diverse sfiermamnmmistrazioni liprarie .. . *.. . ... . . n|| 6001 — TON I I lo gi 190 — ei a Ln cono gi Lun 100385 = L.| 5990 | — Attività a pareggio , || 1638 | 92 ÎIL.} kr 6628. 92 4 Vol. XIX. GLI ARACNIDI TURCHI. Studî del prof. P. PAVESI. (Seduta del 27 febbrajo 1876). Non ha guari che il dotto prof. di Agram Fr. Bradaska dava principio ad un suo lavoro etnografico con queste parole: Die Turkei geh6rt jedenfalls unter die am wenigsten bekannten Theile Europa's '; e noi potressimo sempre metterle in testa, con maggior diritto, a qualunque lavoro anche sulla fauna della Turchia. Intendo parlare della europea e pre- cisamente dentro i confini politici, non esclusi i piccoli Stati più o meno vassalli; in caso diverso mi porterei troppo lontano dallo scopo, dovendo allargare la regione quanto tutta la penisola orientale, perchè bisognerebbe comprendervi Corfà colle altre isole Jonie che costeggiano l’Albania, la stessa Grecia propria, la Morea, le Cicladi e le Sporadi, non meno della Tessaglia, Macedonia, Tasso e molto più di Creta, la quale chiude in basso il mare Egeo. Ben pochi naturalisti invero perlustrarono questo paese col- l'intento di raccogliervi animali, é fra quelli pure ne troviamo, come lo Spallanzani, che non pubblicarono punto le loro osser- vazioni. Restano difatti tuttora manoscritti i volumi del viaggio del celebre scandianese a Costantinopoli e, di ritorno, alla Bul- garia e Valacchia ?, dai quali risulta che egli, nella capitale del- 1 Die Slaven in der Tiirkei (Petermann’s Geogr. Mitth., XV. 1869, p. 441). 2 Il prof. A Corradi, rettore dell’Università di Pavia, ne parlò a lungo, con quella profonda erudizione che tutti gli riconoscono, nella memoria: I manoscritti di Laz- zaro Spallanzani, serbati nella Biblioteca comunale di Reggio nell'Emilia (Rend. R. Ist. Lomb., serie 2.2, vol. V, 1872, p. 821). P. PAVESI, GLI ARACNIDI TURCHI, 5I l'impero, studiò e raccolse coralli, pesci, mammiferi ed in parti- colare uccelli, e di là ne spedì parecchie casse al Museo ticinese, che trovasi ora sotto la mia direzione, dove disgraziatamente non si possono più riconoscere per mancanza di indicazioni di località. Certamente molte specie turche saranno citate qua e là nelle ‘opere generali, ma dirette contribuzioni a questa fauna non mi sono note all’infuori di quelle che io riferisco più innanzi in un elenco bibliografico. Ognuno potrà quindi vedere che si ignora tutto ciò che concerne vermi, pesci, rettili, batraci ecc. e che pure si sa pochissimo del rimanente, tanto più quando si lasci da parte Creta. Però gli aracnidi non sono rimasti più sconosciuti degli altri ani- mali, giacchè Herbst, Lucas, C. L. e L. Koch, Thorell, Simon, Butler e Stecker ci diedero alcune informazioni sulle raccolte di Raulin, Sturm, Keyserling, Erber, Nordmann, Jolski, Clair e del Museo britannico, per l'isola di Creta, Costantinopoli ed i Balkan, Va- lacchia e Montenegro, Moldavia, o Turchia in generale. Ma non sono tutte attendibili, siccome p. es. il Simon * attribuisce alla Turchia l’Eresus Walckenaeriv Brullé, sulla fede dell’autore del cap. Articolati nell’Expédition scientifique de Morée, mentre costui non la citò che dei dintorni di Sparta ?! Io prenderò appunti ‘da questi scritti e formerò un catalogo generale ragionato degli aracnidi di Turchia, riunendovi ciò che io vengo ora a conoscere direttamente per l’esame di una ventina di specie, raccolte l’anno scorso, in parte dal mio ottimo collega prof. Alessandro Spagnolini, della Scuola militare di Modena, nei dintorni di Costantinopoli e preferibilmente nel tratto di paese fra le paludi della grande e piccola Ai-Mama ed il golfo Kutschuk- Tschekmedsche?, in parte da un altro amico, il signor Adolfo Oli- vero di Lugano, ad Huiven, a Vratza ed a Tirnova, l’antica 1 Histoire naturelle des Araignées, p. 303. Paris, 1864. 2 Vol. III, part. 1.8, Zool., p. 55. Paris, 1836. 3 Questi aracnidi divennero proprietà del Museo Zoologico dell’Università di Modena, e mi furono gentilmente comunicati dal direttore prof. A. Carruccio, 92 P. PAVESI, capitale bulgara, tutti sull’ultimo contrafforte settentrionale dei Balkan, che si stende fino a Schumla. Il numero delle specie è molto piccolo, ma può già dirci quale tipo di fauna presenti la Turchia. Intanto, si trovarono finora appena entro i confini turchi le 15 seguenti: Buthus stenelus C. L. Koch, B. Schubert C. L. Koch, Epeira byzanthina Pavs., Tegenaria cretica Luc., Prosthesima nana Thor., Gnaphosa thressa - Pavs., Cyrtocarenum lapidarium Luc., Lycosa melanognatha Luc., Euophrys fucata Sim., Attus flavipalpis Luc., Egenus simister Sim., E. Clairi Sim., Acantholophus annulipes L. Koch, Platylo- phus strigosus L. Koch, Opilio molluscus L. Koch. Le altre sono comuni principalmente all'Italia e sue isole (n.° 59), Ungheria n.° 49), Russia meridionale (n.° 40); poi, descrescendo, alla Ga- lizia e Bukovina, Grecia, Palestina e Siria, Tunisia, Basso Egitto Istria, Transilvania, Carniola, cioè a tutti i paesi che confinano colla Turchia. Si tratta quindi di una fauna mista europeo-me- diterranea. Il Méllendorf * venne alla medesima conclusione, su una scala più ristretta, per la fauna malacologica bosniaca, la quale ap- partiene al centro Europa nella parte settentrionale e media, e all’ Adriatico nel S. O. ossia nell’ Erzegovina. D'altronde questo corollario zoo-geografico poteva prevedersi guardando alla carta della Turchia, così esposta alle immigrazioni dall’Asia minore, per gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli, e dal centro Europa, cui serve di ponte, per mezzo dei Carpazii e della grande valle del Danubio; ma poteva essere anche molto diverso, siccome ciò avvenne per altri paesi. Ed anche da questo mio lavoro risulta non essere la cresta dei Balkan una linea netta di separazione di due regioni zoologiche turche distinte, nel modo che vorrebbe il Fauvel colla sua interessantissima introduzione alla Faune Gallo- Rhénane® dei coleotteri, perchè diverse specie mediterranee si troveranno indicate di Vratza, quindi al nord dei Balkan e già molto addentro nella regione europea. 1 Beitrùge zur Fauna Bosniens. Gorlitz, 1873. ® Bull. Soc. Linn. de Normandie, serie 2.2, tom. XI, p. 193, tav. 1 GLI ARACNIDI TURCHI. 53 APPUNTI PER UNA BIBLIOGRAFIA ZOOLOGICA DELLA TURCHIA. Sclater and Sandwith. ExWibition of a Specimen of the Wild Ibex of Crete (Proc. Zool. Soc. of London, 1874, p. 89). Sestini D. Opuscoli IV. Della caccia turca, con una descrizione degli animali e degli uccelli che si osservano annualmente lungo il canale di Costantinopoli. Firenze, 1785. id. Osservazioni storiche, naturali e politiche intorno la Va- lacchia e Moldavia. Napoli, 1788 (Un’altra ediz. Milano 1853 porta il titolo di Viaggio in Valacchia e Moldavia con osservazioni ecc.). Vaillant J. A. La Romanie ou histoire, langue, littérature, orogra- phie, «statistique des peuples de la Langue d'Or Ardaliens, Vallaqgues et Moldaves résumés sous le nom de Romans. Tom. II, p. 22. Pa- ris, 1845. Drummond H. M. Catalogue of the Birds found in Corfu and the other Jonian Islands, also on the coast of Albania; from Notes made during a sojourn of four years (Ann. and Mag. Nat. Hist., XII. 1843, p. 412). id. List of the Birds of the Island of Crete; from observa- tions made during a stay of nearly two months from the 27 April to 18 June 1843 (ibid., p. 423). i id. List of the Birds observed to winter in Macedonia; from Notes made during a two month’s shooting excursion in the interior during the winter of 1845-46 (ibid., XVIII. 1846, p. 10). Powys Th. L. Notes on Birds observed in the Jonian Islands, and the provinces of Albania proper, Epirus, Acarnania and Montenegro (The Ibis, II. 1860, p. 1). Spratt. Travels and Researches in Crete. Append. V. Birds no- ticed in the Island of Crete during a stay of nearly two Months by Drummond-Hay H. M. and Strickland H. E. London, 1865. Vol. II, pag. 397. Helves H. J. and Buckley T. E. A List of the Birds of Turkey (Ibis, 1870, p. 59, 188, 327). Alleon M. et Vian J. Explorations ornithologiques sur les rives européennes du Bosphore (Rev. et Mag. Zool. 1873, p. 235). Walderdorff (Graf von). Systematische Verzeichniss der in Kreise Cattaro in sidlichen Dalmatien, mit Ausnahme der Biela- Gora, und 54 P. PAVESI, in einigen angrenzenden Theilen von Montenegro und Tirkisch Alba- nien vorhandenen Land-und Stisswasser-Mollusken (Verhandl. Zool. Bot. Ges. Wien, XIV. 1864, p. 503). A Mòollendorf 0. (von). Excursionsberichte aus Bosnien (Nachr. ma- lak. Ges., III. 1871, p. 65): id. Beitrige cur Fauna Bosniens. Gorlitz, 1873. id. Zur Molluskenfauna von Serbien (Malak. BI., XXI. 1873, pag. 129, tav. IV). Ménétriés E. Insectes nouveaux de la Turquie (Bull. scient. Acad. de St. Petersbourg, I. 1836, p. 149; Institut, V. 1837, p. 260). id. Catalogue d’ Insectes recueillis entre Constantinople et le Balkan (Mém. Acad. St. Petersbourg, ser. 6, V, Sc. nat. III 1840, pi 1} tav. I-ID: Bielz E. Alb. Beitrige eur Kéiferfauna der Walachei (Verh. u. Mitth. Siebenbirg. Ver., I Jahrg. 1850, p. 39). Zeller P. C. Beschreibung der von H. Loew in der Turkey und Asien gesammelten Lepidoptera (Isis, 1847, p. 3). Schneider W. G. Verzeichniss der von H. Loew in der Turkei und Kleinasien in Sommer 1842 gesammelten Neuroptera (Stettin. entom. Zeit., 6. Jahrg. 1845, p. 110, 153). Aracnidi. Herbst J. F. W. Natursystem der ungefliigelten Insekten. I Heft (Solpuga u. Phalangium). Berlin, 1797. Gervais P. in Walckenaer Histoire naturelle des Insectes. Aptères. III. Paris, 1844. (Suites è Buffon). Lucas H. Essai sur les animaua articulés qui habitent Vile de Crète (Rev. et Mag. Zool., serie 2.2, V. 1853, p. 418, 461, 514, 565, tav. 16; VI, p. 28, 165, 278, 487, 562). Hi L. Die Mart Familie der Drassiden. Fas. I-VII, tav. I- XIV. Niirnberg, 1866-67 (Monogr. non continuata). id. Zur Arachniden und Myriapoden- Fauna Std-Europa's (Verh. Z. B. Ges. Wien, XVII. 1867, p. 857). id. Die Arachnidengattung Amaurobius, Coelotes und Cybaeus, Niirnberg, 1868 con 2 tav. (Abhandl. naturhist. Ges. in Niirnberg). Simon E. Monographie des espèces européennes de la famille des — iii I-II I uit ie SS cA bia à né si Sinai vitecia ide SA GLI ARAONIDI TURCHI. 5D Attides. Paris, 1869 con 3 tav. (Ann. Soc. entom. Fr., ser. 4, VIII. 1868, p. 11; 529, tav. 5-7). id. evision des Attidae européens. Suppl. è la Monogr. des Attides. (ibid., 5.* ser., I. 1871, p. 125, 329). Pavesi P. Catalogo sistematico dei ragni del Cantone Ticino, con la loro distribuzione orizzontale e verticale e cenni sull’ Araneologia elvetica. Genova, 1873 con fig. (Ann. Mus. civ. di Genova, IV, p. 5). Butler A. G. List of the species of Galeodides, with description of a new species in the collection of the British Museum (Trans. Entom. Soc. of London 1873, p. 415). Thorell T. Remarks on Synonyms of European Spiders. Upsa- la, 1871-73. id. Verzeichniss Siidrussischer Spinnen. St. Petersburg, 1875. (Horae Soc. entom. Rossicae, XI). id. Descriptions of several European and North-African Spi- ders. Stockholm, 1875 (K. Svenska Vet. Akad. Handl., vol. XIII, n.° 5). . Simon E. Les Arachnides de France. Vol. II. Paris 1375. id. [Note sur une collection d’Arachnides de Costantinople] ‘ (Ann. Soc. entom. Fr., ser. 5, V. 1875, Bullet. p. CXCVI). Stecker Ant. Ueber die geographische Verbreitung der europaci- schen Chernetiden (Pseudoscorpione) (Troschel’s Archiv fur Natur- geschichte, Jahrg. XLI. 1875. Heft II, p. 159. Herman 0. Magyarorsedg Pok-faundja, I. (Ungarns Spinnen- fauna) con tav. 3. Budapest, 1876. CI. ARACHNOIDEA. Ord. SCORPIONES. Fam. Androctonidae. 1. Buthus stenelus (C. L. Koch) 1839. Arachn. VI, p. 135, tav. CCXI, fig. 527, sub: Androctonus. Costantinopoli? (GOL: K.): Il Simon (Arachn. de Syrie, in Ann. Soc. entom. Fr. 5* serie, II. 1872, p. 250) la inscrive con dubbio fra i sinonimi dell’ 4x- 56 P. PAVESI, droctonus leptochelis Hempr. Ehr. A me pare piuttosto che possa riferirsi al B. europaeus (Linn.) 1754 (non 1758), più volgar- mente conosciuto per occitanus Amor. o tunetanus Herbst; però, sull’incertezza, ho conservato il nome di Koch, non avendo esem- plari di confronto. L’europaeus è difatti la specie di Buthus più co- mune nella regione mediterranea, quindi trovasi anche nella vi- cina Grecia, dove vive insieme col .B. pelopponensis (C. L. K.), in Cipro, Egitto, Tunisia ed Italia. Cito quest’ultima località sulla fede di parecchi autori, quantunque la specie medesima non venga inscritta nella monografia del dott. Fanzago Sugli scor- pioni italiani (Atti Soc. Ven. Trent. Sc. nat. in Padova, I. 1872, p. 75, tav. III), credo per insufficienti ricerche. Anch'io in un articolo generale sugli Aracnidi (Encicl. med. ital. del dott. Val- lardi, 1872) l'ho indicata d’Italia, senza avervela ritrovata; dip- più feci una deplorevole confusione cogli scorpioni fumestus e vicolor, che mi affretto a correggere. 2. B. Schuberti (C. L. Koch) 1841. Arachn. VIII, p. 23, tav. CCLIX, fig. 606, sub: Vagjovis. Costantinopoli (C. L. K., Gerv.). l Io sospetto assai un errore di località o di determinazione successo al Koch, perchè il Vejovis è un genere affatto straniero all'antico continente, cioè americano; nè la specie fu riveduta posteriormente in Turchia. Fam. Pandinidae. 3. Euscorpius flavicaudus (De Géer) 1778. Mém. pour servir à Uhist. des Ins., VII, p:. 339, tav. 40, fig. 11-13, Enbe Scorpius (Scorpius massiliensis C. L. K., Fanz.). Candia, Kis- samos, Selino (Lucas, sub: Scorpius). Riguardo a questa specie, propria all’ Europa meridionale siamo ben lontani dall’aver accordate le tante divergenze di opi- nioni. Il Lucas mette sinonimi del suo /lavicaudus cretese gli Scorpù europacus Schr., germanicus Schaefi. e terminalis Br, GLI ARACNIDI TURCHI. 57 che sarebbero specie distinte per alcuni, comunemente invece confuse sotto il nome di europaeus, il quale accresce l’imbroglio, perchè lo S. europaeus Linné 1754 è un Buthus, come ho detto più sopra, e lo S. curopaeus Linné 1758 e 1764, che è lo stesso dell'omonimo di De-Géer, è invece una specie americana del genere Isometrus Hempr. Ehr. Vedansi in proposito le note del prof. Thorell nella memoria del gennajo p.° p.°. On the Classi- fications of Scorpions (Ann. a. Mag. Nat. Hist., serie IV, vol. 17, 1876, -pi-1). 4. E. italicus (Herbst) 1800. Natursyst. ungefl. Ins., IV, p. 70, tav. 3, fig. 1, sub: Scorpio. Costantinopoli (Simon, sub: Scorpio). Regione mediterranea. Italia, Triestino, Tirolo, Marsiglia. 5. E. gibbosus (Brullé) 1832. Artic. in Expéd. scient. de Morée, II, part. I. Zool., p. 57, tav. XXVIII, fig. 1, sub: Bu- thus. Candia, Messara (Lucas, sub: Scorpius gibbus). Specie incerta da rivedersi, trovata prima in Morea. Sl prof. Spagnolini raccolse pure presso Costantinopoli tre scorpioni giovanissimi, ma il caso vuole che io non possa esa- minarli. Ord. ARANEAE. Fam. Epeiridae. 6. Argiope lobata (Pall.) 1772. Spicil. zool., I, fas. 9, p. 46, tav. III fig. 14, 15, sub: Aranca (Epeira sericea aut.) Regione dei Balkan (C. L. Koch, sub: Argyopes praelautus; Thor.), Costantinopoli! * Specie meridionale, che vive anche nella Russia australe, in Ungheria, Dalmazia, Istria, Italia e sue isole, in Tunisia, Basso Egitto, Morea. 7.A. Briinnichii (Scop.) 1772. Ann. hist. nat. V, p. 125, sub: 1 Il segno ! dopo una località turca significa che io ho visti e determinati esem- plari di aracnidi da essa provenienti. 58 P. PAVESI, Aranea. Candia (Lucas, sub: Epeira fusciata), Costantino- poli! Vratza! Specie dell’ Europa centrale e della regione mediterranea. Vive nelle confinanti Russia austr., Bukovina, Galizia, Transilvania, Ungheria, Carniola, Dalmazia, Istria, Italia e sue isole, Egitto, Grecia. 8. Epeira angulata (Clerck) 1757. Sv. Spindi., p. 22, pl. 1, tab. 1, fig. 1-3, sub: Araneus. Tirnova! Fauna europea e mediterranea. Vive pure nella Turchia asia- tica, in Crimea, Bukovina, Galizia, Ungheria, Dalmazia, Istria, Italia. 9. E. circe, Sav. Aud. 1827. Descr. de V_Egypte, 2.* ed., XXII, p. 338, Aracn. tav. 2, fig. 9 (E. Schreibersii aut.). Costanti- nopoli (Sim.). Europa centrale e reg. mediterranea. Russia merid., Ungheria, Dalmazia, Istria, Italia, is. di Capri, Tunisia, Egitto, Palestina, Grecia. 10. E. cornuta (Clerck) 1757. Sv. Spindl., p. 39, pl. 1, tab. 11, sub: Araneus. (E. apoclisa aut., arundinacea C. L. K.). Costantinopoli! F. europea e mediterranea. Trovasi anche nella Russia mer., . Galizia, Ungheria, Italia e Sicilia, Tunisia, Palestina, Grecia. 11. E. dalmatica, Dolesch. 1852. Syst. Verz. Oester. Spinn., in Sitz. k. Akad. Wiss. IX, p. 648. Costantinopoli (Sim... Europa meridionale. Dalmazia, Corsica, is. Capraja e Capri. 12. E. Redii (Scop.) 1763. Entom. Carniol., p. 394, sub: Aranea (E. sollers aut., agalena Hahn, sclopetaria C. L. Koch). Costantinopoli (Sim.). Europa, reg. mediterranea, Africa equatoriale, Bombay, Ceylan, Russia merid., Bukovina, Galizia, Ungheria, Italia e sue isole, Egitto, Palestina. 13. E. dromadaria, Walck. 1802. Fw. paris. II, p. 191, sub: Aranea. Costantinopoli (Sim.). Tutta Europa. Russia merid. Bukovina, Galizia, Ungheria, Italia e sue isole, Palestina. GLI ARACNIDI TURCHI. 59 14. E. byzanthina n. sp. cephalothorace patella + tibia IV paris breviore, testaceo, vittis tribus longitudinalibus brunneis, internodiis pedum apice nigro-annulatis, abdomine ovato, brun- nescente, dimidio antico et dorsi medio maculis albis ornato, di- midio postico utrinque lineis 4 transversalibus anum versus de- crescentibus nigris, ventre nigro lineis duabus pone rimam ge- nitalem et punctis circa mamillas flaventibus picto, scapo vulvae prominente, clavoque longitudinaliter sulcato. Q ad. long. 10-12 mill. o ignotus. Femina. — Cefalotorace lungo 4-5 mill., con la parte cefalica ristretta, fulvo, coperto da peli sericei bianchi e percorso longitudinalmente da tre linee brune; la mediana, molto manifesta, si divarica all’innanzi per comprendere in parte il capo, sul quale continua sempre allargandosi fino agli occhi, le fascie laterali larghe e diffuse all’ interno. Occhi mediani quasi eguali, for- manti un trapezio più lungo che largo, gli anteriori più scostati dei poste- riori, cioè distanti reciprocamente 1 diam. ; questo intervallo è minore dello spazio fra 1 mediani ed i laterali. Clipeo alto circa 1 diam. degli occhi me- diani anteriori. Mandibole lunghe il doppio della larghezza alla base, meno grosse dei femori anteriori, ristrette all’estremità, assai convesse in alto, ar- mate di due denti robusti sul margine anteriore della doccia che riceve l’uncino e da quattro più piccoli sul margine posteriore, fosche al disopra e lateralmente, testacee all’interno e alla superficie inferiore ; uncino robusto e rosso verso l’estremità. Le altre partè boccali nere, con largo margine te- staceo. Sterno fosco-nerastro, sparso di pelo chiaro. Palpi fulvi, riccamente forniti di spine lunghe sui tarsi. Zampe testaceo-rossastre, con anelli neri all’ estremità dei femori, patelle e tibie, e nere sulla punta dei metatarsi e tarsi; i femori delle due paja anteriori sono interamente bruni di so- pra, oppure soltanto lungo la superficie esterna, e quelli del IV pajo pre- sentano una striscia longitudinale bruna al davanti; su tutto l’arto spine ro- buste, più brevi ma numerose sotto i tarsi. 1. 4. 2. 3. Lungh. I. pajo 17-21 imill., IL. 16-19, III 11-12, IV. 17-20; patella e tibia del IV misurano circa 1 mill. dippiù della lunghezza del cefalotorace. Addome ovoidale, lungo 6-8 mili., un po’ più grosso all’avanti, bruno chiaro, cosparso di macchiettine bianche, con disegni bianchi limitati di nerastro sulla metà anteriore, e su ciascun lato della metà posteriore quattro linee nere, marginate di bianco all’indietro, trasversali, brevi e decrescenti verso l’ano. I disegni bianchi, più o meno distinti, sono formati sulla base dell'addome da una sorta di ma- glietta interrotta, ossia da un pajo di macchie con le estremità ingrossate e contorte all’esterno, seguìto da altre paja di macchie sempre più vicine tra 60 P. PAVESI, loro e poste ai lati della regione mediana del dorso; le prime irregolari e grandi, le seconde lineari e divergenti, le altre quattro minori al livello delle linee nere trasversali suddette; infine sulle spalle rappresentano un ,S inversa da ciascun lato, segnata di nero verso l’interno. Parti laterali dell’ addome bruniccie, con ramificazioni oblique più scure. Ventre, dopo l’epigina, neris- simo, ornato da due linee giallognole parallele, più larghe all’ estremità an- teriore, quasi separata in una macchia distinta; quattro punti del medesimo colore circondano le filiere, gl’inferiori più grandi. Anche i sacchi polmonali e la rima trasversa vaginale sono più chiari del resto. Tutto l addome è coperto da folta pelurie breve e sottile, con alcuni peli sparsi più lunghi e neri sul dorso. Filiere fosche. Vulva bruno-nera, scapo stretto ed assai spor- gente, striato pel traverso, clavo un po’ più lungo che largo, ottuso all’ e- stremità e scavato da un ampio solco longitudinale sulla superficie esterna. Somiglia per grandezza e colore di fondo all’E. ceropegia Wlk.; ma appartiene al gruppo dell’E. adianta Wl]k. Il prof. Spagno- lini ne prese parecchi esemplari adulti presso Costantinopoli, sfortunatamente tutti feminei. 15. Zilla x-notata (Clerck) 1757. Sv. Spindl., p. 46, pl. 2, tab. 5, sub: Araneus litera x-notatus. Candia (Luc., sub: Epeira callophyla). F. europea. Russia mer., Galizia, Ungheria, Italia. Fam. Therididae. 16. Theridium (?) mandibulare, Lucas 184.. Expl. Algér. Artic. p. 260, tav. 17, fig. 11. (Epeira diversa Blackw., Zilla Iossu = Z. mandibularis Thor., Pachygnatha mandibulare Cambr., Theridium mandibulare Sim.). Costantinopoli (Simon, sub: Steatoda). Reg. mediterranea, Africa centrale. Italia merid., is. Capri, Tunisia, Egitto, Palestina. 17. Steatoda castanea (Clerck) 1757. Sv. Spindl., p. 49, pl. 3, tab. 3, sub: Araneus. Huiven! Vratza! F. europea, più rara nel nord. Russia mer., Bukovina, Galizia, Ungheria. 18. S. triangulosa (Walck.) 1802. x. paris. II, p. 207, sub: Aranea. Costantinopoli (Sim.). GLI ARACNIDI TURCHI. 610 — Europa centr., reg. mediterranea e is. S. Elena. Russia merid., Ungheria, Bassa Austria, Italia e sue is., Tunisia, Egitto, Grecia. 19. Lithyphantes corollatus (Linn.) 1758. Syst. nat., ed. 10°, I, p. 621, sub: Aranea. Costantinopoli (Simon, sub: Sfeatoda). Fn. europea. Russia merid., Ungheria, Italia sett. 20. L. Paykullianus (Walck.) 1806-8. Hist. nat. d. Aran. 4, 4, sub: Theridion (Phrurolithus hamatus, lunatus, erythrocepha- lus C. L. Koch). Costantinopoli (Simon, sub: Sfeatoda). Regione medit., Europa ed Africa centrale. Russia merid., Un- gheria, Italia, is. Galita, Tunisia, Egitto, Grecia. Fam. Scytodidae. 21. Pholcus phalangioides (Fuessl.) 1775. Verz. Schwesite. Ins., p. 61, sub: Aranca. Candia (Lucas, sub: Ph. [Aranea] Pluchii). “ Cosmopolita. Russia mer., Ungheria, Italia e sue isole, Basso Egitto, Grecia. 22. Scytodes thoracica, Latr. 1804. Tabl. méth. Ins. in Nouv. Dict. d’ Hist. nat. XXIV, p. 134, sub: Aranea [Scytodes] (S. tigrina C. L. K.). Candia (Lucas). Estesa dal nord-Europa al sud-Africa. Russia mer., Ungheria, Italia e sue isole, Tunisia, Basso Egitto, Palestina, Grecia. Fam. Agalenidae. 23. Titanoeca albomaculata (Luc.) 184. Expl. Alg. Artic., p. 250, tav. 15, fig. 6, sub: Eperra. Costantinopoli! Europa australe e reg. mediterranea. Russia meridionale, Italia e sue isole *, Tunisia. 4 Il prof. Canestrini, a pag. 10 (estr.) delle sue recentissime Osservazioni aracnolo» giche (Atti Soc. Ven. Trent. sc. nat. in Padova, vol. III, fas. II. 1876, p. 206, tav. VIII-X) la conserva nel gen. Amaurobius, come quando la descrisse (Nuovi aracnidi italiani, in Ann. Soc. nat. in Modena, III. 1868, p. 204) quale specie nuova, sotto il nome di A, 12 - maculatus, invece di riferirla al gen. Titanoeca di Thorell, come fanno gli 62 P. PAVESI, 24. Caelotes inermis, L. Koch 1855. Zur Charakt. Arten- untersch. Spinn. insbes. Gatt. Amaurobius, in Korr. Blatt Zool. Min. Ver. in Regensburg, IX, p. 161, fig. 1, sub: Amaurobius. Montenegro (L. Koch, Simon, Herman). Europa centrale, preferibilmente nella reg. alpina. Galizia, Un- gheria. 25. Tegenaria parietina (Fourcr.) 1785. Entom. Paris. (sec. autori moderni. Potrebbe sorgere il dubbio che il nostro valente aracnologo avesse ragioni contrarie, non dichiarate, ad ammetterla in questo genere; ma il dubbio sva- nisce presto vedendo nello stesso lavoro riferite ancora al gen. Theridium la Steatoda triangulosa e l’Euryopis acuminata (Luc.): la Marpessa nitelina (Simon) agli Attus ecc., e specialmente dando un’ occhiata al suo Catalogo degli Araneidi del Trentino, facente parte del lavoro: Intorno alla fauna del Trentino — Notizie bibliografiche e nuovi studj (Atti Soc. Ven. Trent. sc. nat. in Padova, vol. IV, fas. 1, ottobre 1875) che è tutto informato alle classificazioni viete delle Memorie sui ragni italiani, scritte da noi in comune e contiene moltissimi nomi di generi e di specie da pa- recchi anni abbandonati per ragioni di priorità, ad onta delle classiche opere di Thorell e degli appunti di L. Koch e Simon. E pare che egli non si occupi molto anche del movimento scientifico italiano. Così per esempio dal paragrafo sull’A#-* tus multipunetatus Sim., delle Osservazioni aracnologiche sopradette (pag. 11) sem- brerebbe che questa specie non fosse stata trovata in Italia che dal Simon (Sici- lia) e dal Canestrini (Trentino e Veneto), mentre io l'ho catalogata per il Pavese fino dal 1873 (Enumerazione dei ragni dei dintorni dì Pavia, in Atti Soc. îtal. se, nat., XVI, p. 68. Vedi N. 145 a pag. 78, estr. p. 11). Ed allorchè dice di dare un catalogo di « tutte le specie » di opilionidi « finora osservate nel nostro paese » ne trascura una importantissima, l’Ischyropsalis manicata L. Koch, scoperta in Tran- silvania e che io ho indicata del Cantone Ticino nella mia III.® Nota araneologica: Catalogo generale dei ragni della Svizzera (Atti Soc. ital. sc. nat., XVIII, 1875, p. 254. Vedi in calce a pag. 265, estr. p. 32), ciò che non è sfuggito neppure ai redattori della Rassegna semestrale italiana di scienze fisiche e naturali (anno I. 1875, vol. I, p. 348). Così anche, nel catalogo del Trentino, trovansi specie ripetute fin quattro volte con nomi diversi (p. 33, Philaeus sanguinolentus, Ph. haemorrhoicus, Ph. chrysops, Dendryphantes dorsatus per il solo P%. chrysops (Poda)) o specie differenti sotto un medesimo nome (p. 30, Zia calophylla per Z. atrica (C. L. Koch) e Z. x-notata (Clerck)), specie con nomi già aboliti per essere preoccupati (p. 30, Linyphia albomaculata Canestr. Pavs. per L. Camnestrinii Pavs.) o già accusate di troppo dubbia determinazione (p. 32, Tarantula fabrilis non è la T. fabrilis (Clerck) Thor., ma 7. radiata (Latr.); p. 30, Singa prominens è un’ altra specie del ge- nere, mentre la vera Cercidia prominens Westr. che le sarebbe sinonima, è facil- mente distinta e fu raccolta in Italia sul pavese). Le quali cose risultano dai miei lavori araneologici e specialmente dal libro sui Pagni del Cantone Ticino (Ann. Mus. civ. di Genova, vol. IV. 1873, p. 5), che non può essere sconosciuto all’egregio collega di Padova, nè sono poche per crederle semplici sviste, che accadono a tutti. e e N TTT TV 7 GLI ARACNIDI TURCHI. 63 Simon) sub: Aranea. (T°. intricata C. L. K., Guyomii Wlk.). Co- stantinopoli! F. europea e mediterranea. Russia mer., Italia e sue isole, Tu- nisia, Basso Egitto, Palestina, Grecia. 26. T. cretica, Lucas. 1853. Art. de l’ile de Crète in Rev. et Mag. Zool., serie 2°, vol. V, p. 524, tav. 16, fig. 4. Candia (Luc.). Esclusiva finora all’isola di Creta. 27. T. pagana, C. L. Koch. 1841. Arachn., VII, p. 31, tav. CCLXII, fig. 612-13. Vratza! F. mediterranea. Grecia, Italia ed isole, Tunisia. 28. Agalena labyrinthica (Clerck) 1757. Sv. Spindl., p. 79, pl. 2, tab. 8, sub: Araneus. Costantinopoli! Vratza! F. europea e mediterranea. Russia mer., Bukovina, Galizia, Ungheria, Carniola, Italia e sue isole. 29. A. similis, Keys. 1863. Beschr. neuer Spinn. in Verh. Z. B. Ges. Wien, XIII, p. 374, tav. X, fig. 2-3. Vratza! Europa centrale e reg. mediterranea. Russia mer., Bukovina, Galizia, Ungheria, Italia e sue isole. 30. Textrix vestita, C. L. Koch. 1841. Die Arachn. VIII, p. 52, tav. CCLXVII, fig. 628-29. Costantinopoli! (Sim.). Russia mer., Grecia, Italia mer. Fam. Drassidae. 31. Clubiona montana, L. Koch. 1867. Drass., VII, p. 308, tav. XII, fig. 197. Orsova (L. Koch, Pavs.). Caucaso e Russia mer., Ungheria, Italia e sue isole. 32. C. coerulescens, L. Koch. 1867. Drass., VII, p. 331, tav. XIII, fig. 213-15. Orsova (L. Koch). F. europea. Ungheria. 33. C. paradoxa, L. Koch. 1867. Drass., VII, p. 342, tav. XIV, fig. 222-23. Orsova (L. Koch). Ritrovata soltanto in Ungheria. 34. C. frutetorum, L. Koch. 1867. Drass., VII, p. 344, tav. XIV, fig. 224-26, Orsova (L. Koch, Pavs.), 64 P. PAVESI, F. europea e mediterranea. Caucaso, Galizia, Ungheria, Italia ed isole. 35. C. brevipes, Blackw. 1841. The diff. in the numb. of eyes, ecc. in Trans. Linn. Soc. XVIII, part. IV, p. 603. Orsova (L. Koch, sub: C. fuscula). F. europea. Ungheria. 36. Micaria fulgens (Walck.) 1802. Fn. paris., II, p. 222, sub: Aranea. Orsova (L. Koch). F. europea. Galizia, Italia. 37. M. cineta, L. Koch. 1866. Drass., I, p. 53, tav. III, fig. 36-38. Orsova (L. Koch). Ritrovata soltanto in Ungheria. 38. M, Lucasii, Thor. 1871. Lem. Syn., p. 172. Orsova (L. Koch, sub: M. formicaria). F. europea mer. e mediterranea. Russia mer. 39. DBrassus lapidicola (Walck.) 1802. Fw. paris., II, p. 222, sub: Aranea. Costantinopoli (Simon, sub: D. lapidicolens). Europa, reg. mediterranea. Palestina e Siria, Russia mer., Ga- lizia, Transilvania, Ungheria, Italia, Sardegna. 40. Prosthesima Petiverii (Scop.) 1763. Entom. carn., p. 398, sub: Aranea. Orsova (L. Koch, sub: Melanophora subterranea ; Pavs.), Retimo (Luc., sub: Drassus after). Tutta Europa. Galizia, Transilvania, Ungheria, Carniola, Italia. 41. P. pedestris (C. L. Koch) 1839. Arachn., VI, p. 82, tav. CC, fig. 489, sub: Melanophora. Orsova (L. Koch, sub: Melanophora), Vratza ! F. europea e mediterranea. Palestina, Ungheria, Dalmazia. 42. P. praefica, L. Koch. 1866. Drass., III, p. 155, tav. VI, fig. 97-99, sub: Melanophora. (Drassus petrensis Westr., Mela- nophora moerens Thor.). Orsova (L. Koch). F. europea e mediterranea. Ungheria, Dalmazia, Italia. 43. P. nigrita (Fabr.) 1775. Syst. entom., p. 432, sub: Aranca. Orsova (L. Koch, sub: Melanophora pusilla; Pavs.). F. europea. Ungheria, Italia sett. 44. P. nana, Thor. 1875. Descr. sev. Europ. a. N. Afr. Spid. eo "LT I) A GLI ARACNIDI TURCHI. 65 «in K. Svenska Vet. Akad. Handl., XII, n.° 5, p. 107. Galatz (Thor.). Finora esclusivamente conosciuta di questa località. 45. Gunaphosa lucifuga (Walck.) 1802. Fn. Paris., II, p. 221, sub: Aranea. Vratza! F. europea. Russia merid., Galizia, Ungheria. 46. G. nocturna (Linn.) 1758. Sysf. nat., ed. 10.*, I, p. 621, sub: Aranea (Pythonissa maculata C. L. K.). Orsova (L. Koch, sub: Pythonissa ; Pavs). Tutta Europa. Italia e sue isole. 47. G. thressa x. sp. cephalothorace patellam et tibiam IV paris aequante, testaceo-brunneo, limbo angusto circumdato, \V partem cephalicam amplectenti retro interrupto et maculis tho- racicis utrinque binotato, nigris; coxis femoribusque pedum te- staceis, tarsis exceptis brunneis, aliis articulis sordide olivaceis, patellis inermis; abdominis dorso pallido-brunnescente, postice lineis /\ - formibus quatuor et punctis duobus supra’ anum fu- scis; apice lateris exterioris partis tibialis palporum & in pro- cursis longis producto, infero minore recto, supero extrorsum « recurvo; bulbi genitalis basi valde .inflata, conica, brunnea; vulva sat magna pentagonali, cuius margo anticus in costam longitudinalem brunneam, foveam dimidiantem, persequutus est, tuberculis rotundis posticis. Long. ® ad. 8, Q 9-10 millim, Femina. — Cefalotorace lungo 4 millim., cioè quanto la patella e tibia del IV pajo, abbastanza ristretto all’innanzi, cosicchè la larghezza della fronte è metà di quella del torace, che misura 3 mill. ; testaceo-rossastro, imbrunito nella regione frontale, coperto da peli sericei bianchi, frammisti ai quali sono alcune setole nere, specialmente nella parte posteriore e sul davanti, circon- dato da’ un sottile margine nero, \V nero che comprende la parte cefalica poco manifesto ed interrotto all'indietro; due macchiette nere, le prime lu- nate, da ciascun lato fra i solchi raggianti. Serie anteriore degli occhi leg- giermente procurva, i mediani molto più piccoli dei laterali, l’ intervallo fra questi e quelli minore dello spazio che separa i mediani fra loro, che è circa 1 diam. ; serie posteriore recurva, occhi laterali rotondi e maggiori, circon- dati da un’areola nera, mediani ovali, convergenti, distanti poco più di 1|, diam. e reciprocamente separati come dai laterali; i mediani anteriori Vol. XIX. 5 66 P. PAVESI, distano dai posteriori 2 diam., più dei laterali fra di loro. CYipeo alto 1 diam. degli occhi laterali anteriori, ovvero più basso della lunghezza della fronte. Sterno, mascelle e labbro testaceo-rossastrij; mascelle marginate di bianco. Mandibole bruno-rossastre, lunghe meno del doppio della loro larghezza alla base e più strette dei femori del I. pajo ; lamina della doccia bidentata, un- cino breve e robusto. Palpi testacei, articolo tarsale rosso-bruno. Zampe te- staccee alla coscia e femore, olivastre all’apice del femore, alla patella, tibia e metatarsi, rosso-brune all’apice dei metatarsi e ai tarsi. 4. 1. 2. 3. Lungh. del I. pajo 13 mill., II. 11, III 10 1/,, IV. 14, Patelle tutte inermi e tarsi anteriori muniti di scopula. ARMATURE. I° pajo. Femore sopra 1. 1, avanti 1 (apice). Tibia sotto 1. 1.1, Metatarsi sotto 2. 2. 2. 3 II° pajo. Femore sopra 1.1, avanti 1. 1, Tibia sotto 1. 2. 1. Me» tatarsi sotto 2. 2. 2. III° pajo. Femore sopra 1. 1, avanti 1. 1, dietro 1. 1. Tibia sopra 1 (base), avanti 1. 1, dietro 1. 1, sotto 2. 2.2. IV° pajo. Femore sopra 1. 1, avanti 1 (apice), dietro 1 (apice). Ti- bia avanti 1. 1, dietro 1. 1, 1, sotto 2. 2. 2. Addome lungo 5-6 mill., ovoide schiacciato, bruno pallido sul dorso, con tre paja di punti impressi, 1 posteriori più grandi ocellati e posti a metà, seguiti da quattro accenti circonflessi più scuri e da due punti bruni, posti sopra lano; parti laterali ed inferiori di colore uniforme e assai pallido. La vulva consta di una depressione abbastanza grande, quasi pentagonale ad angoli tondeggianti e margini bruni, colla base più stretta all’innanzi, da cui deriva un processo o costa rosso-bruna, che la divide per metà e si allarga repentinamente all’estremo posteriore; nel fondo si osservano due corpi pel- lucidi a ? limitati all’avanti da un piccolo arco bruno e assottigliati al di- dietro, dove sono due tubercoli rotondi rosso-bruni ai lati della costa longi- tudinale. Filiere inferiori più grosse, più lunghe e bruniccie, le altre pallide. Maschio. — Conviene in quasi tutti i caratteri coll’altro sesso, ma è un po’ più piccolo (lungh. tot. 8 mill.), specialmente più breye e stretto 1’ ad- dome (4 mill.); cefalotorace e parti boccali talvolta di colore più bruciato ; mandibole rosso-bruno-scure, più grosse dei femori e finamente punteggiate ; zampe assai più lunghe di quelle della femina, I. pajo più lungo del IV. (1. 4. 2. 3.) L mill. 18 1/,, II 14-15, III. 18 circa, IV. 17 circa; metatarei anteriori del tutto rosso-bruni come i tarsi. Palpi testacei, imbruniti nel trocantere, base del femore, superficie esterna della tibia e base della lamina; GLI ARACNIDI TURCHI. 67 tibia un po’ più breve della patella e più grossa, continuata all’apice esterno da due processi più lunghi dell’ articolo, l’inferiore quasi dritto a punta ot- tusa incoloro, il superiore, maggiore in grossezza e qualche poco in altezza, terminato ad uncino acuto rivolto in basso e all’indietro, incoloro nella base e rosso-bruno nella metà apicale; tarso appena meno del doppio della sua larghezza, eguale alla lunghezza di patella e tibia presi insieme ed insensi- bilmente più grosso della tibia; sul margine della lamina 1 setola al lato esterno superiore e 2 al lato interno. Bulbo genitale rosso-bruno, circondato in basso ed all’interno da una piastrina, che arriva fino a metà della lamina, assai rigonfio, sporgente perpendicolarmente in forma di cono ottuso al ver- tice, aperto al disopra verso la base e continuato da due processi curvi ed acuminati. È del gruppo della G. ecornata (C. L. K.), ma non si può riferire a questa, nè alle specie affini già pubblicate, nè ad altre inedite che io conosco, per molti caratteri, particolarmente poi per gli organi genitali. Alcuni esemplari adulti d’ambo i sessi vennero raccolti presso Costantinopoli dal prof. Spagnolini. Fam. Dysderidae. 48. Segestria fiorentina (P. Rossi) 1790. Fauna Etrusca, II, ‘p. 133, tav. IX, fig. 3, sub: Aranea. Canea (Luc.). F. europea (preferibilmente meridionale) e mediterranea. Un- gheria, Istria, Italia ed isole, Corfù, Grecia, Palestina, Basso Egitto. 49. S. senoculata (Linn.) 1758. Syst. nat. ed. 10.°, I, p. 622, sub: Aranea. Canea (Luc.). F. europea, medit. e maderense. Russia mer., Galizia, Ungheria, Italia ed isole. 50. Dysdera Cambridgii? Thor. 1873. Rem. Syn., p. 465. Retimo, Messara (Luc., sub: D. erythrina). Russia mer., Ungheria, Italia. 51. D. crocota, C. L. Koch. 1839. Arachn. V, p. 81, tav. CLXVI, fig. 392-94. Vratza! F. mediterranea. Russia mer., Italia ed isole, Grecia, 68 P. PAVESI, Fam. Filistatidae. 52. Filistata testacea, Latr. 1810. Consid. gén., p. 121. Candia (Luc., sub: F. dicolor). F. mediterranea. Italia, Tunisia, Basso Egitto, Palestina. . Fam. Theraphosidae. 53. Cyrtocarenum lapidarium (Luc.) 1853. Amim. artie. de l’ile de Crète, in Rev. Mag. Zool., serie 2.*, V,'p. 514, 'tav.M6, fig. 2, sub: Cyrtocephalus. Gonia presso Canea e versanti del monte Ida (Luc., Auss.). Esclusiva all'isola di Creta. Fam. Thomisidae. 54. Thomisus albus (Gmel.) 1778, in Linné, Syst. nat. edi- zione 18.°, I, v, p. 2961, sub: Aranea (Th. abbreviatus Wlk., diadema Hahn e Koch). Costantinopoli (Simon, sub: 7%. onw- stus). Europa, reg. mediterranea. Russia merid., Transilvania, Un- gheria, Istria, Italia e sue isole, Tunisia, Egitto, Palestina, Asia minore, Grecia. ” 55. Misumena vatia (Clerck) 1757. Sv. Spindl., p. 128, LI 6, tab. 5, sub: Aramneus (Thomisus citreus aut., calycinus C. L. K., pratensis Hahn, ecc.). Costantinopoli! (Sim.), Candia pei sub: Thomisus citreus). F. europea e mediterranea. Russia mer., Bukovina, Galizia, Ungheria, Carniola, Italia ed isole. 56. Synema globosum (Fabr.) 1775. Syst. entom., p. 432, sub: Aranea (Thomisus rotundatus aut.). Costantinop oli (Sim.), Candia (Luc., sub: Thomisus). F. europea (specialmente del sud) e mediterranea. Russia mer.; Galizia, Transilvania, Ungheria, Dalmazia, Istria, Italia e sue isole, Tunisia, Basso Egitto, Palestina. 07. Pistius truncatus (Pall.) 1772. Spicil. zool., 9, p. 47, GLI ARACNIDI: TURCHI. 69 tav. 1, fig. 15, sub: Aranca (Thomisus horridus: aut). Candia (Luc., sub: T'Aomisus). F. europea e mediterranea. Russia mer., Galizia, Ungheria, Istria, Italia ed isole, Basso Egitto, Palestina. 58. Heriaeus Savignyi, Simon. 1875. Arachn. de. L'rance, II, p. 205, tav. VII, fig. 6. Costantinopoli (Sim.): Regione mediterranea. Corsica, Sicilia. 59. Xysticus Kochii Thor. 1870. On. Europ: Spid., p. 185; Rem. Syn., p. 241. (X. viaticus e cristatus part. aut.). Costan- tinopoli (Sim.). . Kuropa centr. e reg. mediterranea. Russia merid., Bukovina, Ga- lizia, Ungheria, Istria, Italia, Corsica, Tunisia, Egitto ?. 60. X. sabulosus (Hahn) 1831. Arachn., I, p. 28, tav. VIII, fig. 24, sub: Thomisus. Costantinopoli (Sim.). Fn. Europea. Ungheria, Italia. 61. X. lateralis (Hahn) 1831. Arachn. I, p. 40, tavola X, fig. 31, sub: Thomisus. Tirnova! F. europea e mediterranea. Russia mer., Ungheria, Istria, Italia ed. isole. 62. X. luetator, L. Koch. 1870. Beitr. Kennt. Arachn. fauna Galiz., p. 29, in XLI Jahrb. k. k. Gel. Ges. Krakau (X. impa- vidus Thor.). Vratza! F. europea. Russia mer., Galizia, Ungheria, Italia sett. 63. X. acerbus, Thor. 1872. Rem. on Synon., p. 237, nota 1. Costantinopoli (Sim.). Europa centr. e reg. mediterranea. Crimea, Ungheria, Corsica. 64. Oxyptila albimana, Simon. 1870. Aran. nouv. ou peu conn. du midi de PV Europe, I, p. 51, sub: Thomisus; Arachn. de France, II, p. 218, tav. VII, fig. 16. Costantinopoli (Sim.). Reg. mediterranea. Francia mer., ed anche is. Pianosa, Capraja, Vacca, Galita e Tunisi. l'am. Lycosidae. . 65. Lycosa melanognatha, Lucas. 1853. Anim. artie. de Crète, in Rev. et Mag. Zool., serie 2.*, V, p. 518. Candia (Luc.). Specie di incerta sede, non più ritrovata costì, nè altrove. CS 70 P. PAVESI, 66. Tarentula narbonensis, Latr. 1806. Gen. Crust. Ins., I, p. 119, sub: Lycosa tarentula narbonensis. Candia (Luc., sub: Lycosa). F. mediterranea. Russia mer., Italia, Palestina, Morea. 67. T. radiata (Latr.) var. liguriensis (Walck.). Ins. apt., I, p. 288, sub: Lycosa (L. chersonensis Kryn., hellenica C. L.- K., cylina C. L. K., praegrandis C. L. K. Arachn. fig. 180 non 414, Tarentula liguriensis Simon, Thor.). Costantinopoli! Varietà mediterranea di una specie dell'Europa australe. Gre- cia, Russia mer., Italia ed isole, Tunisia, Basso Egitto. I diversi esemplari turchi presentano tutte le varietà di colo- razione del ventre. I più grandi, uno dei quali raggiunge 24 mill. di lungh. tot., hanno le parti inferiori del corpo completamente nere; un altro di 15.” ha l'addome interamente testaceo, ma lo sterno nero, marginato e percorso da una striscia anteriore me- diana pure di colore testaceo e le coscie nere soltanto sulla linea mediana. 68. T. albofasciata (Brullé) 1832. Expéd. de Morée, Zool. II, p. 54, tav. XXVIII, fig. 7, sub: Lycosa. Costantinopoli (Simon, sub: Lycosa albovittata Br. per errore, in luogo di albofasciata). Europa centr. e reg. mediterranea. Ungheria, Dalmazia, Italia e sue isole, Tunisia, Palestina, Asia minore, Grecia. 69. Trochosa infernalis (Motsch.) 1849. Note sur deux araign. venim. de la Russie mérid., in Bull. Soc. Imp. Nat. de Moscou, XXII, p. 289, tav. II, fig. 1, 2, sub: Lycosa. Costanti- nopoli (Sim.). Russia merid., Ungheria. 70. T. terricola, Thor. 1872. Rem. Syn., p. 339 (7. trabalis C. L. K.). Vratza! F. europea e mediterranea. Bukovina, Galizia, Ungheria, Italia ed isole. 71. Ocyale mirabilis (Clerck) 1757. Sv. Spindi., p. 108, pl. 5, tab. 10, sub: Aramneus. Costantinopoli (Sim.). Tutta Europa e reg. mediterranea. Russia merid., Bukovina, Galizia, Transilvania, Ungheria, Italia, Corsica, Sardegna, Mon- tecristo, Tunisia. GLI ARACNIDI TURCHI. 71 Fam. Attidae. 72. Epiblemum tenerum (C. L. Koch) 1846. Arachn., XIII, p. 43, tav. CCCCXL, fig. 1113, sub: Calliethera (Callietherus zebraneus Sim.). Galatz (Thor.). F. europea e mediterranea. Russia mer. ?, Ungheria, Italia e sue isole, Siria. 73. Marpessa imperialis (F. W. Rossi) 1846. Neue Art. A- rachn. in Haidinger Naturwiss. Abhandl., I, p. 12, sub: Attus. (Attus regillus L. Koch, A. argenteo-lincatus Sim.). Turchia (Sim.). F. mediterranea. Is. Tinos, Siria, Sicilia, Corsica. Essa fu dimenticata nei cataloghi degli Araneidi italiani di Canestrini e Pavesi del 1868 e 1870, ad onta che il Rossi F. W. l’indicasse di Sicilia più di vent’anni prima. 74. Hasarius Adansonii (Sav. Aud.) 1825-27. Descr. de VE- gypte, 2.* ed., XXII, p. 404, Aracn. tav. 7, fig. 8, sub: Attus. Candia (Luc., sub: Salticus striatus). F. mediterranea. Palestina, Egitto. 75. Dendryphantes neglectus, Simon. 1868. Monogr. Att. Eur. in Ann. Soc. entom. Fr., serie 4.*, VII, p. 639 [173]; Revis. Att. Europ., ibid. serie 5.*, I, 1871, p. 190 [66]. Turchia (Sim.). Siria. 76. Euophrys fucata (Sim.). 1868. Monogr. Att. Eur., p. 592 [126] sub: Attus. Turchia (Sim.). Esclusiva finora a questo paese. 77. Philaeus chrysops (Poda) 1761, Ins. Mus. Graec., p. 123, sub: Aranca (Attus sanguinolentus aut.). Turchia (Simon, sub: Attus xanthomelas), Costantinopoli (Sim., sub: Attus). F. europea (sud) e mediterranea. Russia mer., Ungheria, Car- niola, Istria, Dalmazia, Hliria, Italia, Palestina e Siria, Grecia ?. 78. Attus flavipalpis (Luc.) 1853. Anim. art. de Crète, in Rev. Mag. Zool., 2.* serie, V, p. 520, tav. 16, fig. 3, sub: Sal- ticus. Retimo (Luc., sSim.). Trovato soltanto finora nell’is. di Creta. 72 P. PAVESI, 79. A. diagonalis, Simon 1868. Monogr. Att. Europ. in Ann. Soc. entom. Fr., 4. serie, VIII, p. 46 [36] (A. lippiens L. Koch £ non a). Turchia (Sim.). F. mediterranea. Corfù, Sira, Palestina. 80. A. ammophilus, Thor. 1875. Vere. Stidruss. Spinn., p. 81, in Horae Soc. entom. Ross., XI. Galatz (Thor.). Russia meridionale. 81. Aelurops Bresnieri (Lucas) 184.. Expl. Alg. Artie., p. 154, tav. 7, fig. 8, sub: Salticus. Costantinopoli (Simon, sub: Attus). Europa centr. e reg. mediterranea. Italia merid. e sue isole, Tunisia, Palestina, Grecia. Ord. PHALANGII. Fam. Opilionidae. 82. Egaenus mordax (C. L. Koch) 1839. Die Arachkn. V, pag. 152, tav. CLXXX, fig. 431; XV, pag. 106, tav. DXXXIV, fig. 1492, sub: Zacheus (Z. trinotatus C. L. K. Uebers. Arachn. Syst. II, p. 26). Costantinopoli (Simon, sub: Zacheus). Europa centr. e reg. mediterranea. Transilvania, Dalmazia, Italia mer. (Canestrini, racc. Pavesi), Grecia. 83. E. sinister, Simon 1875. [Note sur une coll. d’ Arachn. de Costantinople]in Ann. Soc. entom. Fr., serie 5.8, V, Bullet. p. CXCVII. Costantinopoli (Sim.). Finora esclusiva alla Turchia. 84. E. Clairi, Simon 1875. [Note Arachn. Costantin.] ibid. Costantinopoli (Sim.). Scoperta ora soltanto in Turchia. 85. Acantholophus annulipes, L. Koch. 1867. Arachm. Myr. Fn. Sud-Europ. in Verh. Z. B. Ges. Wien, XVII, p. 885. Mon- tenegro (L. Koch). Esclusivo a questo paese. 86. Platylophus strigosus, L. Koch 1867. Arachn. Myr. Fn. Sud-Eur., p. 884. Montenegro (L. K.). Conosciuto soltanto di questa località. GLI ARACNIDI TURCHI. () 87. Cerastoma cornutum (Linn.) 1789. Syst. nat. ed. Gme- lin, V. i, pag. 2943, sub: Phalangium. Costantinopoli (Sim.). Fauna europea. Galizia, Tirolo, Italia. L’avevano segnalato da noi anche Pollini (Viaggio al lago di Garda e al Monte Baldo, p. 32) pel Veronese e Rossi (L'auna etrusca, II, p. 138) per la Toscana, prima del Canestrini (Opilion. ital., p. 34). 88. Opilio parietinus (De Géer) 1778. Mém. pour servir à l hist. des Ins., VII, p. 68, tav. 10, fig..1-3, sub: Phalangium. Huiven! Tirnova ! Tutta Europa. Galizia, Calabria. 89. 0. molluseus, L. Koch 1867. Arachn. Myr. Fn. Sud- Eur., p. 887. Montenegro (L. Koch). Non venne trovato altrove. Ord. SOLIFUGAE. Fam. Galeodidae. 90. Galeodes araneoides (Pall.) 1772. Spicil. Zool., fas. IX, p. 37, fig. 7-9, sub: Phalangium. Creta ? (Herbst, sub: Solpuga arachnodes ; Gervais, sub : S. arancoides). Dall’Europa meridionale al Capo di Buona Speranza. Russia mer., Morea, Sardegna ?. 91. G. graecus, C. L. Koch 1842. Syst. Ueb. Fam. G'aleo- den, in Arch. f. Naturg., VII, I, p. 353 (G. araneoides Hahn Arachn. fig. 164-165). Turchia (Butler). Grecia, Siberia. 92. Solpuga scenica, Herbst 1797. Natursyst. ungefl. Ins., I, p. 46. Creta (Herbst, Gerv.). F. mediterranea. Grecia, Italia mer. ?, Sardegna ?. Ord. PSEUDOSCORPIONES. Fam. Cheliferidae. 98. Cheiridium museorum (Leach) 1816. Zool. Misc., III, n. 5, sub: Chelifer. Turchia (Stecker). 74 P. PAVESI, GLI ARACNIDI TURCHI. Tutta Europa. Russia, Austria, Italia, Grecia. 94. Chernes cimicoides (Fabr.) 1793. Entom. syst., II, p.436, sub: Scorpio. Turchia. (Stecker). Tutta Europa. Russia, Austria, Italia, Grecia. Questa e la precedente specie non sono citate dal Canestrini (Oss. aracn., p. 20) nell'elenco delle italiane, mentre le indica anche per tali lo Stecker (Geogr. Verbr. d. europ. Chernetiden, in Troschel’ s Archiv f. Naturg. 1875, p. 159). 95. Chelifer heterometrus, L. Koch 1873. Uebers. Darst. d. europ. Chernet., p. 29. Turchia (Stecker). Is. Sira (Grecia). 96. Oipium Hermanni (Sav. Aud.) 1825-27. Descr. de V E- gypte, ed. 2.8, XXII, p. 414. Aracn. tav. 8, fig. 5, sub: Chelifer |Obisium]. Turchia (Stecker). F. mediterranea, is. Canarie. Grecia, Egitto, Tunisia, Corsica. 97. Garypus Beauvoisii (Sav. Aud.) 1825-27. Ibid., p. 414, tav. 8, fig. 6, sub: Chelifer. Turchia. (Stecker). Egitto. Fam. Obdbisidae. 98. Obisium validum, L. Koch 1873. Ueders. Darst. europ. Chernet., p. 56. Turchia (Stecker). Siria. Ord. ACARÌI. Fam. Irodidae. 99. Hyalomma aegyptium (Linn.) 1767. Syst. nat., ed. 12.*, I, 11, p. 1022, sub: Acarus. Creta (Lucas, sub: 4xodestizi carus|] aegyptius). F. mediterranea. Morea, Egitto, Barberia. ETUDES SCORPIOLOGIQUES PAR T. THORELL. (Séance du 27 février 1876.) Je réunis ici, sous le titre qui précède, quelques annotations d’une nature principalement descriptive, sur un certain nombre de Scorpions en majeure partie nouveaux ou très-incomplètement connus. J'ai cru trouver des raisons suffisantes pour la publica- tion de ces notes dans la circonstance bien connue que, malgré toute l’attention qui lui a été consacrée depuis les temps les plus anciens, le groupe des Scorpions n’a pas été à beaucoup près l’objet d’études aussi approfondies que la plupart des autres groupes d’Arthropodes. Ainsi, un apport, si minime qu'il soit, à la connaissance de ces animaux, sera-t-il, je l’espère, regu avec bienveillance du petit nombre de zoologistes qui s’intéressent è ces grandes arachnides si remarquables à tant d’égards. Les matériaux à ma disposition se composaient, outre ma col- lection insignifiante, presque exclusivement des scorpions conser- vés au Musée zoologique de Stockholm et au Musée d’histoire naturelle de Gothembourg.! Quoique relativement peu considé- rables, ces matériaux m’ont fourni un nombre assez grand d’espèces nouvelles; nombre qui nous permet de pressentir ce qu'il reste en- ! Ce m’est un devoir particulièrement agréable d’exprimer ici les obligations que (0) j'ai è la bienveillance des intendants de ces Musées, M. le Professeur C. STAL et M. le Doeteur A. W. MaLw, lesquels m’ont fourni toutes les facilités désirables pour étudier les scorpions des Musées précités. 76 T. THORELL, core à faire dans ce champ plein d’intéréèt. Il est assez probable, cependant, que quelques-unes de ces espèces doivent dans la suite étre réunies avec d’autres espèces déjà décrites; car, dans les cas douteux, et ceux-ci sont malheureusement en nombre con- sidérable, j’ai suivi la règle de décrire plutòt une espèce comme nouvelle, que de lui donner un nom ancien qui n’est pas sîùr, dans la croyance que ce procédé entraîne les moindres inconvé- nients, ou du moins ne contribue pas à augmenter la confusion. Selon moi, le problème le plus important pour le présent dans cette petite branche de la zoologie systématique, c’est de dé- crire autant de formes que possible avec une exactitude suffisante pour qu’on puisse les déterminer avec sùìreté. Plus tard, les sa- vants qui connaissent les types des descriptions souvent insuffi- santes des anciens auteurs, sauront bien débrouiller peu à peu la synonymie de ces types, comme j'ai essayé de le faire plus loin pour une partie des espèces de Linné et de DE GERR. Mais les difficultés que l’on rencontre du moment où il s’agit de donner des descriptions suffisamment exactes, sont singulière- ment grandes, surtout pour quiconque n’a pas à sa disposition les collections des Musées les plus riches. On ne possède pas méme une idée approximative du nombre des espèces apparte- nant en réalité à l’ordre des Scorpions; on n°’a que des présomp- tions que les types décrits jusqu’ici ne constituent qu’une partie probablement assez peu considérable de l’ensemble de ce groupe d’animaux. Il est déjà, à cause de ce fait, difficile et parfois impos- sible de déterminer ce qui doit ètre positivement compris dans une description, et ce qui en doit ètre écarté comme superflu, de di- stinguer entre les caractàres essentiels des espèces et ceux qui ne le sont pas. Plus un groupe d’animaux ou de plantes est exactement connu, moins il faut de mots pour caractériser les espèces qui y appartiennent, et vice-versa: dans le traitement de groupes peu étudiés, — et à ces groupes appartiennent la plu- part, sinon la totalité des arachnides, — l’on est en général forcé de donner des descriptions très-étendues, dans l’espérance que les caractères essentiels ne feront pas défaut parmi la foule des ca- ETUDES SCORPIOLOGIQUES PAR ET HORELE: (Séance du 27 février 1876.) Je réunis ici, sous le titre qui précède, quelques annotations d’une nature principalement descriptive, sur un certain nombre de Scorpions en majeure partie nouveaux ou très-incomplètement connus. Jai cru trouver des raisons suffisantes pour la publica- tion de ces notes dans la circonstance bien connue que, malgré toute l’attention qui lui a été consacrée depuis les temps les plus anciens, le groupe des Scorpions n’a pas été à beaucoup près l’objet d’études aussi approfondies que la plupart des autres grou- pes d’Arthropodes. Ainsi, un rapport, si minime qu'il soit, à la connaissance de ces animaux, sera-t-il, je l’espère, recu avec bien- veillance du petit nombre de zoologistes qui s’intéressent à ces grandes arachnides si remarquables à tant d’ égards. Les matériaux à ma disposition se composaient, outre ma col- lection insignifiante, presque exclusivement des scorpions conser- vés au Musée zoologique de Stockholm et au Musée d'’ histoire naturelle de Gothembourg.! Quoique relativement peu considé- rables, ces matériaux m’ont fourni un nombre assez grand d’espèces nouvelles; nombre qui nous permet de pressentir ce qu'il reste en- 1 Ce m'est un devoir particulièrement agréable d’ exprimer ici les obligations que j'ai è la bienveillance des intendants de ces Musées, M. le Professeur C. SAL et M. le Docteur A. W. MaALw, lesquels mont fourni toutes les facilités désirables pour étudier les scorpions des Musées précités. 160 @ T. THORELL, core à faire dans ce champ plein d’intérét. Il est assez probable, cependant, que quelques-unes de ces espèces doivent dans la suite étre réunies avec d’autres espèces déjà décrites; car, dans les cas douteux, et ceux-ci sont malheureusement en nombre con- sidérable, j'ai suivi la règle de décrire plutòt une espèce comme nouvelle, que de lui donner un nom ancien qui n’est pas sùr, dans la croyance que ce procédé entraîne les moindres inconvé- nients, ou du moins ne contribue pas à augmenter la confusion. Selon moi, le problème le plus important pour le présent dans cette petite branche de la zoologie systématique, c’est de dé- crire autant de formes que possible avec une exactitude suffisante pour qu'on puisse les déterminer avec sùreté. Plus tard, les sa- vants qui connaissent les types des descriptions souvent insuffi- santes des anciens auteurs, sauront bien débrouiller peu è peu la synonymie de ces types, comme j’ai essayé de le faire plus’ loin pour une partie des espèces de Linné et de DE GEER. Mais les difficultés que l’on rencontre du moment où il s’agit de donner des descriptions suffisamment exactes, sont singulière- ment grandes, surtout pour quiconque n’a pas à sa disposition les collections des Musées les plus riches. On ne possède pas. méme une idée approximative du nombre des espèces apparte- nant en réalité à l’ordre des Scorpions; on n’a que des présomp- tions que les types décrits jusqu'ici ne constituent qu’une partie probablement assez peu considérable de l’ensemble de ce sroupe d’animaux. Il est déjà, è cause de ce fait, difficile et parfois impos-. sible de déterminer ce qui doit ètre positivement compris dans une description et ce qui en doit étre écarté comme superflu, de di- stinguer entre les caractères essentiels des espèces et ceux qui ne le sont pas. Plus un groupe d’animaux ou de plantes est exactement connu, moins il faut de mots pour caractériser les espèces qui y appartiennent, et vice-versa: dans le traitement . de groupes peu étudiés, — et à ces groupes appartiennent la plu- part, sinon la totalité des arachnides, — l’on est en général forcé de donner des descriptions très-étendues, dans l’espérance que. les caractères essentiels ne feront pas défaut parmi la foule des ca- ETUDES SCORPIOLOGIQUES. il ‘ractères indiqués. C'est sans nul doute la raison pour laquelle, par exemple, les descriptions de L. Kocn, le célèbre Arachno- logiste de Nuremberg, sont en général assez longues, tout en étant des modèles d’exactitude et de clarté. À l’effet de faciliter la détermination des types décrits dans ces pages, j'ai cru devoir faire précéder les descriptions d’un résumé en forme de dia- gnose, par- lequel j'espère que les inconvénients résultant de leur longueur seront supprimés en assez grande partie. À la difficulté mentionnée ci-dessus viennent s’en ajouter en- core diverses autres, particulières au groupe d’animaux dont il est ici question, et dépendant soit de notre ignorance des limites dans lesquelles les espèces varient, soit des différences entre les sexes, de mèéme qu’entre les individus adultes et les jeunes exem- plaires. Rarement le naturaliste européen possède une série nombreuse d’exemplaires d’àges différents et de localités diffé- rentes, ce qui l’expose facilement à la méprise de considérer un in- dividu non développé ou une simple variété comme une espèce particulière; souvent, surtout quand il n’a que des individus des- séchés à -sa disposition, il reste dans l’incertitude sur le sexe auquel ils appartiennent. Certains d’entre les caractères qui pa- raissent étre en général parfaitement constants et tout-à-fait sùrs dans le méme sexe, sont parfois assez variables; ainsi, p. ex., la granulation du corps (comme chez le Pandinus Africanus), la denticulation ou la granulation des carènes de la queue (7i- tyus spimnicauda, etc.), la longueur de la queue relativement au tronc (Centrurus biaculeatus), les arètes des mains, qui, parfois (Palamneus costimanus), sont plus fortement marquées chez les jeunes individus que chez les vieux, etc. Le nombre des dents aux peignes, qui varie en général légèrement et d’une manière peu sensible chez des individus différents du méme sexe, peut toutefois varier de temps à autre méme dans la proportion de 2à 3 (Opisthacanthus levicauda). Il se présente des différences encore plus considérables entre les deux sexes de la mème espèce; cependant les màles et les femelles d’un grand nombre d’es- pèces paraissent ètre parfaitement semblables pour ce qui con- 78 T. THORELL, cerne la forme extérieure et la couleur. Les différences sexuel- les les plus ordinaires consistent, comme on le sait, en ce que le màle a la queue plus longue, les palpes et les mains plus longues et plus étroites, et les dents aux peignes plus nombreuses (parfois aussi plus longues) que la femelle'. Les plaques gé- nitales sont parfois (Iurus granulatus) de formes différentes chez les deux sexes. Souvent le bord du doigt de l’une des pinces forme chez le mile (parfois chez les deux sexes) un lobe fort et arrondi, auquel correspond une échancrure du bord de l’autre doigt (comme, p. ex., chez un Zsometrus que je considère iden- tique à Scorpio armillatus GeRv., chez Iurus granulatus, Hor- murus caudicula, etc.); parfois le dernier segment caudal pré- sente une forme toute différente chez le màle que chez la fe- melle (Tityus triangulifer, p. ex.)j} parfois encore, chez le mile, la main présente, à son còté intérieur, une épine qui manque cu qui n’est que rudimentaire chez la femelle (T'ityus trianguli- fer, etc.). Or, la difficulté consiste surtout en ce qu'il est impos- sible de savoir d’avance les différences sexuelles extérieures qu’une espèce doit présenter, car mème dans un seul et mème genre des espèces diverses font preuve de très-grandes divergences à cet égard. | Ces observations préalables serviront, je l’espère, jusqu'à u certain point d’excuse à plusieurs des méprises dont je me suis sans nul doute rendu coupable, et elles excuseront en outre la longueur des descriptions. Ces dernières auraient été encore plus étendues si je n’en avais pas exclu les caractères qui peuvent étre tirés de la grandeur relative des différentes parties du corps, et qu'il est facile de déduire des mesures données par moi. Ces chiffres ne tirent naturellement leur valeur que du fait qu’ils indiquent les proportions existant entre la grandeur des différen- tes parties; mais ces proportions paraissent étre parmi les carac- ' Chez un mîle d’Opisthacanthns levicauda, j'ai compté 9 dents aux peignes, tan- dis que le nombre en varie de 4 à 6 chez la femelle; d’après GERVAIS (Remarques sur la famille des Scorpions, dans les Archives du Museum, IV, p. 229), le nombre de ces dents peut varier de 15 è 31 chez.le Bothriurus vittatus, e Rn e — e E ETUDES SCORPIOLOGIQUES. 79 tères les plus constants que l’on puisse trouver, et elles méritent en conséquence une grande attention. On aura surtout égard à la longueur du céphalothorax et du tronc, relativement à celle de la queue et des palpes, à la longueur de la main par rapport à celle des doigts et du bras, et à la largeur de la première par rapport à celle du dernier; il faudra prendre ensuite en consi- dération le rapport entre la longueur de la main et sa largeur tant maxima que mimma, de mème qu’entre la longueur du 1° et (surtout) du 5”° segment caudal par rapport à leur largeur. L’on peut également tirer des caractères d’une certaine valeur pour la limitation de quelques espèces, de la {largeur mutuelle des autres segments (surtout des deux derniers), de leur hauteur comparée avec la largeur, de la largeur de la queue en compa- raison de celle du bras, de la distance des yeux dorsaux du bord antérieur et du bord postérieur du céphalothorax, etc. D’autres caractères d’une grande importance sont fournis par la sculpture du corps et des extrémités, principalement par l’arrangement etc. des carènes et des granules, de l’armement dentelé ou granuleux de la queue et des bords de contact des doigts des palpes, du nom- bre des dents aux peignes, de la forme de la vésicule è venin, souvent aussi de la couleur, etc. Par rapport à la terminologie dont je me suis servi, je crois devoir donner les indications suivantes: je nomme scapula l’ar- ticle des palpes qui vient immédiatement après la maxille; je donne la dénomination d’humerus è l’article qui suit, et celle de brachium è celle qui vient après cette dernière. Quand le còté extérieur de la main présente une aire allongée, limitée par deux fortes arétes longitudinales (comme dans la famille des Pandinoi- dés), je donne è cette aire le nom de manus aversa. J'ai attribué au tarse les trois dernières articulations des pattes, et je nomme pour cette raison fibia l’articulation en précédence immédiate, donnant le nom de femur à celle qui, précédant à son tour cette dernière, est articulée avec les longues hanches (core). Des pe- tites plaques dont se composent les peignes pectorales, je donne n à la première rangée le nom de lamelle dorsuales, è celle qui 80 T. THORELL, est la plus rapprochée des dents de la peigne, le nom de Zam. ful- cientes ou de fulcra dentium, et à la rangée ou aux rangées in- termédiaires, celui de Zam. intermedie *. Dans les descriptions des segments abdominaux, j'ai donné au premier segment libre (en réalité le 3”° segment) le nom de premier segment, de sorte que le dernier porte celui de cinquièòwme segment. J'entends par truneus le céphalothorax et l’abdomen réunis. Au lieu du terme postab- domen, j emploie l’expression plus courte de cauda. Dans les mesures données, la vésicule et l’aiguillon sont attri- bués à la queue, comme son 6"° segment. Les surfaces mémes d’articulation ne sont pas comprises dans l’indication des mesures de longueur, ce qu'il importe surtout d’observer par rapport aux segments caudales, dont la longueur est mesurée sur le còté du segment, en dessus, et non pas sur la ligne médiane de sa face dorsale cu abdominale. De mème que la longueur de la mazille ne doit pas étre comprise dans celle des palpes, je n’ai pas compris non plus les hanches dans la longueur des pattes, et les mesures ne se rapportent en conséquence qu’à la longueur depuis la pointe de la hanche jusqu’àè celle de la 3"° articulation du tarse. Les mesures de l’humérus et du bras sont également prises au coté (intérieur) de l’article, en dessus. La longueur de la main a été prise en dessus, à partir de sa racine étroite (le carpe, qui n'est pas compris dans la mesure), jusqu’au bord intérieur et le plus en arrière du trou d’articulation du doigt mobile, la distance de ce bord postérieur jusqu’à la pointe du doigt immobile constituant la longueur de ce dernier doigt. J'entends par la longueur po- stérieure de la main (manus postica) la distance, au còté extérieur de la main, du carpe au bord extéro-antérieur du trou d’articula- tion du doigt mobile. La longueur du doigt mobile est naturel- lement la longueur maxima de ce dernier (depuis la base du còté intérieur jusqu’à la pointe). Quand j’indique la longueur du cé- phalothorax ou de la distance des yeux dorsaux du bord antérieur 1 Voir THORELL, On the Classification of Scorpions, dans les Ann. and Mag. of Nut. Hist., 4 Ser., XVII (1876), pp. 3 et seq. i ATTI MEMORIE mn dii n si danno: gratis. a tutti. i Sogj, effettivi. e corrispondenti. - — Gli estranei alla Società li possono comperare al prezzo di lire 20 per ciascun x volume, domandandoli direttamente ai segretar; della Società. — Per i Socj attuali, she quali desiderano avere i volumi degli anni anteriori ‘a quello in cui hanno cominciato a far parte della Società, et sono ridotti alla metà. — I volumi I e II sono esauriti. © ti | ate . Le Memorie si pubblicano in altrettanti fascicoli distinti. ; | Ciascuna Memoria ha un prezzo particolare, minore per i Socj che per gli estranei alla Società. Il prezzo totale di ciascun volume; è la ‘somma dei prezzi delle Memorie che lo compongono. — L’ associazione a ciascun i volume delle Memorie è fissata pei Socj a L. 10. Per avere (gli Atti e le ale I bisogna dirigersi al segretari. della Società. SAR | | 2: vAgli. autori che ne fanno na si SES gratuitamente 25 re dei DI lavori stampati negli Atti o nelle Memorie. © dina | L'autore d’ogni Memoria che volesse avere un numero di como maggiore delle 25 gratuite, dovrà pagarle al prezzo stabilito pei Socj. N Quanto ai lavori stampati negli Atti l’autore potrà far tirare un numero qualunque di copie ai seguenti prezzi: du : Mpa. x È 4 vi , AA) URI ì Ò È ) PRA DPR e Esemplari: O #9 LUES Rs 50 | 75 100 a di foglio di pagine) | E pe 50 1/9 foglio (8 pagine) IR SO — | » 3.50] "5 — af de foglio 12 Pagin) UR e SO E RC ORTI EA SE | 1 See ha pagine) DE ZA RE a, pa » ge | INDICE. Presidenza pel. 1876 in 2° 00 gig 13 tie Soci effettivi al principio Ulaso 187 6 Soci corrispondenti . Istituti scientifici corrispondenti AC P. STROBEL, Saggio sui rapporti esistenti fra la sica del suolo e la distribuzione dei molluschi terrestri e d’acqua dolce Seduta del 27 Febbrajo 187 6 Bilancio consuntivo dal 1° Gennajo al 31 Dico 1875 Bilancio preventivo per ni 187 6 P. Pavesi, Gli aracnidi turchi T. THORELL, Etudes Scorpiologiques Ae] » 4 12. 13 19 43 46 48 DO 75 ATTI DELLA ’ SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI VOLUME XIX. FascicoLo lI. e III. — Foti 6-24. I Con 7 Tavole. MILANO, COI TIPI DI GIUSEPPE BERNARDONI. PER L'ITALIA: PRESSO LA PRESSO: LA MILANO MILANO Via Manin, 2 59-62. i ApRILE 1877. PER L'ESTERO: SEGRETERIA DELLA SOCIETA’ ! LIBRERIA DI ULRICO HOEPLI i NAPOLI Palazzo del Museo Civico. Galleria De-Cristoforis, Yia Roma, già Toledo, 224. Per la compera degli ATTI e delle MEMORIE si veda la 3° pagina di questa copertina. SUNTO DEI REGOLAMENTI DELLA SOCIETÀ. “A Scopo della Società è di promuovere, in Ifalia il progresso degli stud | relativi alle scienze naturali. 53 È I Socj sono in numero illimitato, effettivi e corrispondenti. I "e I Socj effettivi pagano it. L. 20 all’anno, in una sola volta, nel primo tri- | mestre dell’anno. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno quelli | dimoranti nel Regno d’Italia), vi presentano le loro Memorie e Comunica- | Li zioni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. d i A Socj corrispondenti si elegg ono persone distinte nelle scienze naturali, Je | quali dimorino fuori d’ Italia. —_. . Possono diventare, soc] ‘effett tivi ‘quando si Î assoggettino | alla tassa annua di lire venti — Non Sono | i HO (partico- larmente alle sedute della Società, ma possono ‘assistervi e presentarvi ol farvi leggere delle Memorie o delle Comunicazioni. — Ricevono gratuita- | n mente gli Atti della Società.! | i La LEO per l'ammissione d’ un nuovo socio i essere fatta 0 firmata da tre soc) effettivi. I Socj effettivi che non mandano la loro rinuncia almeno tre mesi prima. della fine dell’anno sociale (che termina col 81 dicembre) continuano ad es- sere tenuti per soc]; se sono in ritardo nel:;pagamento della quota di un anno, e, invitati, non lo compiono nel primo trimestre dell’anno successivo; cessano di fatto di appartenere alla Società, salvo a questa il far valere | ì suoi diritti per le quote non ancora pagate. Le Comunicazioni, presentate nelle adunanze, possono essere stampate negli Atti o nelle Memorie della Società, per estratto o per esteso, secondo la loro estensione ed importanza. La cura delle pubblicazioni spetta alla Presidenza. Agli Atti cd alle Memorie non si ponno unire tavole se non sono del formato degli Atti o delle Memorie stesse. Tutti i Soc] possono approfittare dei libri della biblioteca sociale, pur- chè Ii domandino a qualcuno dei membri della Presidenza, rilasciandone | regolare ricevuta. PRESIDENZA PEL 1876. S Presidente, CornaALIA dottor EMILIO, direttore del Musco Civico di Storia Naturale di :Milano, via: Monte Napa 86. i #9 Vice-presidente, Vira Antonio. Milano, via Sa 6: STOPPANI Sac, ANTONIO, prof. di geologia ‘nel’ ‘Rèale Istituto Segretarj | tecnico superiore in o via, Palestro, vr SORDELLI FERDINANDO aggiunto al Museo di storia natura \_ di Milano, via Monforte; 7. Cassiere, denti elia Giuseppe, Milano, via del Senato, 14: ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 81 du céphalothorax, les mesures sont, dans le cas où le céphalo- thorax est échancré à son bord antérieur, prises d’une ligne droite tangeant les deux lobes frontales, et non pas du fond de l’échan- crure. Pour ce qui concerne la nomenclature, j'ai suivi les règles expo- sées et discutées dans mes ouvrages ’0On European Spiders” et ’ Re- marks on Synonyms of European Spiders, où j'ai essayé de retenir autant que possible les vieux principes Linnéens, et me suis ef- forcé de mettre les règles de la nomenclature arachnologique en parfait accord avec ce qui m’a paru éètre la pratique la meilleure et la plus généralement en usage dans les autres branches de la zoologie, dont la nomenclature ne doit pas, à son tour, ètre sou- mises à d’autres règles que celles en vigueur dans la botanique. Pour des raisons suffisamment exposées dans ces ouvrages (voir spécialement Item. on Syn., pp. 590-591), je mets, après un nom complet, “ l’autorité , en parenthèse, quand l’auteur en ques- tion a rapporté l’espèce à un autre genre que celui auquel je l’attribue. Après le nom générique seul, l’autorité se trouve entre parenthèses, quand le genre a chez l’auteur cité une étendue ou une limite différente de la mienne. J'évite de la sorte la faute de citer sans réserve un auteur après un nom dont il ne s'est Ja- mais servi, ou par lequel il entendait tout autre chose que moi. J'ai corrigé les noms écrits incorrectement (Brotheas, Vejovis), ainsi que les barbarismes (p. ex. pallipes). — Dans un travail pré- cédent', j'ai donné l’exposé systématique des familles, sous-familles et genres dans lesquels l’ordre des Scorpions me paraît devoir étre réparti d’après l’état actuel de la science. Je ne crois pas inutile de donner ici un résumé de ce plan systématique, avec les modifications qu’a provoquées l’examen de quelques espèces qui m’étaient alors inconnues. 1 On the Classification of Scorpions, 1. c., pp. 6-15. Vol. XIX. 6 82 T. THORELL, CONSPECTUS FAMILIARUM ORDINIS SCORPIONUM. A. Sternum sub-triangulum. Pectinum lamelle intermedie seriem singulam formantes, plerumque pauciores, ad maximam partem angulatae et majores quam fulcra dentium.. . . . . -. +00 ERI Androctoneda: B. Sternum brevissimum, falcem anzio transversam recurvam for- mans. Pectinum lamelle intermedie in series 1-2 (-83) ordinate, crebre, plereque rotundate et fulcris non majores. . . . . .IL Telegonoida. C. Sternum sub-pentagonum. 1. Pectinum lamelloe intermedie in series 1-2 {-3) ordinate, crebre, ple- reque rotundata et fulcris non majores. . . . +... IL Vejovoida. 2. Pectinum lamelle intermedize seriem singulam formantes, plerumque pau- ciores, ad maximam partem angulate et fulcris majores. IV. Pandinoid®. CONSPECTUS SUBFAMILIARUM ET GENERUM,! Fam, I. Androctonoide. A. Margines et superior et inferior digiti immobilis mandibularum dentibus binis armati Nt OE - + + +. + Subfam. I. Androctonini. 1. Segmentum caude gu supra late excavatum, marginibus superioribus carinam elevatam denticulatum vel granulosam formantibus . . , SO: Aire Androctonus (Hempr. et Ra 2. Magno superiores segm. caude 5i SI non in carinam eleva- DAI CONMAFESSIN SE GET De .- + +0. + Buthus (Unaon). B. Margo superior digiti insolita Lo dentibus binis, inferior dente nullo vel singulo munitus. . . 0. «0... Subfam. Jean a. Margo inferior digiti mobilis mandibularum muticus. 1. Dentes laterales aciei digitorum palporum in latere interiore seriem raram simplicem formantes, in latere vero exteriore seriem ad partem simplicem, ad partem e dentibus constantem qui bini inter se proxi- mi et transverse positi sunt... i... n 2. Dentes laterales in acie digitorum palporum et intus et extus seriem formantes, e dentibus qui bini inter se proximi et transverse positi sunt compositam . . . . : e. Tyus OO b. Margo inferior digiti Ln Daiano die minuto (nonnumguam obsoleto) armatus. ! Les genres dont je n’ai pas vu moi-méme d’espèces, sont indiqués par une asté- risque. » ? Le genre Uroplectes PET. n’est probablement pas différent de Tityus (C.L. KocH), THOR, ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 83. * Dentes laterales digitorum palporum et intus et extus seriem simpli- cem formantes. 1. Segm. caude 5" supra late excavatum, marginibus superioribus carinam elevatam formantibus. . . . < + + « +. Phassus Tror. 2. Margines superiores segm. cauda 5! rotundati, carinam elevatam non formantes. . LL + è. Lsometrus'(Hewer.-et Eur.) ** Dentes laterales digitorum palporum et intus et extus in series breves obliquas, e dentibus saltem trinis compositas, ordinati. 1. Segm. cauda 5" supra late excavatum, marginibus superioribus ca- rinam elevatam formantibus . . . . . . +. . Rhopalurus Tror. 2. Margines superiores segm. caude 5! rotundati, carinam elevatam non formantes. . . .*. . . . +. . . Centrurus (Hemer, et Eng.) Fam. II Telegonoide. A. Segm. cauda 5" subter ad apicem area magna antice rotundata plus mi- nus impressa et serie dentium vel granulorum limitata instructum. . . . SE n ne Bothniurus (Per.). B. Segm. cauda 5” subter area apicali magna impressa carens. 1. Pectinum lamelle intermedie saltem in duas series ordinate. . . . MR I O di a Me E Telegonus:(C. L. Koca). 2. Pectinum lamelle intermedie seriem singulam formantes. . . . . . SR It ie Cercophonius (Per.). Fam. III Vejovoida. * 1. Digitus mobilis mandibularum modo in margine superiore serie dentium I AS n e e ev, (C. L. Koca). 2. Digitus mobilis mandibularum non tantum in margine superiore serie den- tium armatus, sed etiam dente in margine inferiore. . . Hadrurus Tuor. Fam. IV. Pandinoida. A. Digitus mobilis mandibularum non tantum in margine superiore serie 1 Dans cette famille, comme dans la précédente, les différences dans le nombre des rangées de lamelles intermédiaires aux peignes pourront sans doute fournir de bons caractères génériques: ainsi, p. ex., Vejovis intrepidus THOR. possèòde deux rangées de lamelles intermédiaires, Hadrurus maculatus Tror. n’en possède qu’'une seule, outre le rudiment d’une seconde rangée. Mais, comme je n’ai vu, de cette famille, qu’un très- petit nombre d’espèces, et de ces espèces parfois un seul exemplaire détérioré, je n’ai pu ici tirer parti, pour la division générique, des caractères fournis par le nombre des rangées de lamelles. 84 T. THORELL, dentium armatus, sed etiam dente vel serie dentium in margine infe- TIONCII enna a Ci 0 + pie e gie) SAI 1. Margo inferior ian mobilis E dente "i instructus. . RESINAIIN (IONI REP O 2, Margo inferior digiti mobilis mandibularum serie dentium armatus. . . DS REST POR PNE REOROTIA I e B. Digitus mobilis mandibularum serie dentium singula, in margine ejus su- periore sita, instructus. . . +. + + +» + +» Subfam. IL Pandinini, A. Oculi laterales principales trini. a. Segmenta cauda rotundata, non carinata. . . . . .*Dacurus Per, b. Cauda evidenter carinata. a. Vesica sub aculeo spina vel dente instructa. . *Diplocentrus Per, B. Vesica sub aculeo mutica. a. Manus aversa sub-infera, cum latere manus superiore angulum acutum formans. +. Oculi dorsuales non longe ante vel pone centrum cephalothoracis siti. Vesica subter sulcata et granulis in series ordinatis instructa. $. Humerus anterius teretiusculus, latere antico non a lateribus superiore- et. inferiore margine. forti diviso... Me ° 00. +0. +.» + + Heterometrus (Hemer. et Eaz.). $$. Humerus sub-prismaticus, latere antico plano, sub-rectangulo, et supra et infra margine distinctissimo limitato. * Cephalothorax in margine antico sat late et profunde emar- ginatus, lobis frontalibus antice rotundatis. 1. Manus margo interior fortiter compressus, tenuis. . +. eee e 8 in ie SI a IL ret TT ZITTO 2. Manus margo interior crassissimus, non compressus. . . ei Se nai e e a *#£ Cephalothorax in medio margine antico anguste et parum profunde emarginatus, lobis frontalibus antice late trun- catis; oculi dorsuales non parum pone centrum cephalotho- racis siti. ot /ationbef 00. 0%... Aeon] ++. Oculi dorsuales fere duplo longius a margine cephalothoracis antico quam a postico remoti. Vesica subter granulis in series ordinatis et sulcis distinctis carens. Opisthophthalmus C. L. Kocx. b. Manus aversa cum latere manus superiore angulum obtusum vel sub-rectum formans. | +. Cauda parum compressa, marginibus superioribus rotundatis, non carinatis. 1. Margo elevatus cephalothoracis sub oculis lateralibus pro- currens; hi oculi igitur paullulo supra marginem siti. . . . ev eee ee eee OpisthaentiasiRanni PR RI EÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 85 2. Oculi laterales in ipso margine cephalothoracis siti. Truncus et manus valde deplanati. . . . . . + Hormurus TÒor. +-+. Cauda fortius compressa, et supra et subter carinata. . . PERO ee chine (CL. Koca):t B. Oculi laterales principales bini. &. Cauda subter 3 tantum carinis instructa . . . . .*Urodacus Per. P. Caudae segmenta 1% — 4% subter carinis 4 (nonnumquam obsoletis vel nullis) munita. a. Sternum angustius quam lobi labiales 2° paris conjunctim. Tubercu- lum oculorum. dorsualium, qui longe ante centrum cephalothoracis siti sunt, sulco non persectum. Manus crasse, convex®, manu aversa: gulsinlera nea. ct... gr ep roseasi (Cala KocH). b. Sternum eque a oa lobi labiales 2° paris conjunctim. * Sternum longius quam latius. Margo posticus cephalothoracis an- gulato-excisus. Manus deplanate, angulatae.. . *Scorpiops Per. ## Sternum latius quam longius. Manus aversa rectum vel obtusum angulum cum latere manus superiore formans. + Oculi dorsuales fere in medio cephalothoracis siti; tuberculum eorum sulco longitudinali persectum. . . . . Ioctonus Tuor. ‘+-+. Oculi dorsuales longe ante centrum cephalothoracis locati; tuberculum eorum integrum, sulco non persectum. Cauda debi- lior, carinis sepe obsoletis. 1, Manus crassa; brachium supra et extus teretiusculum. Cepha- lothorax antice emarginatus. . . . . + Chactas (Gerv.). 2. Manus et brachium deplanata; cephalothorax antice non vel parum emarginatus. . . . . . +. +» + Euscorpius Tror. ! C'est probablement ici que l’on doit placer le genre Hemiscorpius PET., qui se di- stingue par deux tubercules latéraux è la base de l’aiguillon (du moins dans lo màle). 86 T. THORELL, ARACHNOIDEA. I | 4 A VA 0 cours id RILENTO eva (Insecta) (Myriopoda) (Crustacea) (Vermes) I. Subcl. Thoracopoda. 1. Ordo Scorpiones. 2. >» Pedipalpi. 5. Ordo Solifuga. 8. Ordo Araneae. 4. » Opiliones. © 6. >» Pseudoscorpiones. Mi A Aia 8. » Linguatulina. II. Subcl. (9. Ordo) Cormopoda. c. Fam. Vejovoide. a. Fam. Androctonoide: d. >» Pandinoide. db. » Telegonoide. EÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 87 Le diagramme ci-dessus est destiné a montrer la place que: l’ordre des Scorpions, avec les 4 familles dans lesquelles je le divise, doit occuper, selon moi, dans le système zoologique par: rapport aux autres ordres de la classe des Arachnides *. Comme un dessin pareil, indiquant les affinités réciproques des diverses familles d’araignées (voir On European Spiders, p. 42), a donné. naissance © à la supposition que j'ai voulu présenter par-là un “ arbre généalogique , à la fagon de HxcKEL, qu'il me soit per-: mis d’exposer ‘ici rapidement ma manière de voir tant sur la. valeur d’arbres généalogiques de cette nature, que sur l’opinion qui leur sert de base, le Darwinisme. Pour ce qui concerne, en premier lieu, les “ arbres généalogi-. ques ,,, Je suis bien loin de nier que dans certains cas, comme, p. ex., quand on essaie d’indiquer, au moyen d’un arbre pareil, dans ses traits les plus généraux les rapports d’affinité des Vertébrés, ces arbres ne soient, en grand, l’expression da la connexité d’ori- gine entre les groupes en question. Mais du moins quand on descend à des sroupes moins vastes, à des classes, à des ordres, à des familles, etc., la valeur de ces arbres me paraît toujours «plus problématique. Ils ne sont en réalité jamais rien autre qu’un arrangement systématique ordinaire auquel on a donné la forme d’un arbre généalogique, et qui est exclusivement basé sur notre connaissance actuelle de l’organisation et du développement em- bryologique des divers groupes, parfois en outre sur quelques traits épars de leur histoire géologique; et l’on admet seulement, sans preuves quelconques, que cet arrangement constitue aussi une expression adéquate de leur affinité réelle ou d’origine. Mais si méme toute personne adoptant la théorie d’évolution de DARWIN est autorisée à poser avec lui que ce sont réellement des degrés différents de “ propinquity of descent , qui trouvent en parte leur expression dans nos classifications, il est, cependant, parfaite- i Mes Cormopoda sont les Arachnides désignés communément sous le nom de Tar- digrada. Voir On the Classif. of Scorpions, p. 6. : 2 Voir Verslag v. d. 268te Zomervergadering, ete., dans le Tijdschrift voor En- tom., XV (2 Ser., VII, 1872), p. XVIII et seq. % . 88 T. THORELL, > ment impossible de dire jusqu’à quel degré età quels égards l’ar- rangement systématique adopté par nous concorde avec un arbre généalogique fondé sur une consanguinité réelle: en effet, il nous est impossible d’établir un vra% arbre généalogique pour un seul groupe d’animaux. Nommer arbre généalogique (ou “ phy- logénique ,) un arrangement systématique ordinaire, mème en lui donnant la forme particulièrement convenable d’un arbre avec ses branches, est par conséquent un abus de ce mot; et mème la thèse qu'il constitue une expression passablement fidèle des diffé- rents degrés de consanguinité réelle, n'a donc que la signification d’une opinion subjective plus ou moins probable, mais nullement celle d’un fait scientifique. Prenons, par exemple, l’arrangement donné ci-dessus de la classe des Arachnides, lequel se base presque exclusivement sur la connaissance que nous possédons de leur organisation (l’em- bryologie n'è pu fournir ici que peu d’éléments importants, et le développement géologique n’en a guère fourni un seul). Pour que cet arrangement soit un véritable arbre généalogique, il est nécessaire en premier lieu que la ressemblance ou la dissemblance d’organi- sation soit toujours une mesure certaine d’une consanguinité plus ou moins rapprochée ou plus ou moins lointaine ; or, l'embryolo- gie, tant de ce groupe que d’autres groupes d’animaux, nous a. fourni les preuves que ce n’est pas toujours le cas; et par l’ex- tinction de générations intermédiaires, un groupe peut arriver è se trouver beaucoup plus près d’un autre, avec lequel il ne pos- sède en réalité que peu d’affinité, que d’un troisièéme auquel il ressemble moins dans toute son organisation, mais dont l’on ne mettrait pas en doute la proche parenté, si les générations in- termédiaires existaient encore !. Il est en outre nécessaire que i Il me paraît probable que les Cormopoda (Arctiscoidés) se sont séparés de la Province des Vers longtemps avant les autres Ordres d’Arachnides, et avant les Insectes et les My- riopodes; que les Linguatulina ont eu une origine commune avec les Crustacés infé- rieurs, et que les Solifuge, du moins, se sont développés des premiers Insectes. Mais, méme si tout cela pouvait étre prouvé, je ne considérerais pas convenable de dissoudre la Classe des Arachnides, ni de lui donner des limites différentes de celles qu’on lui donne à présent; car il ne me paraît nullement certain que la connexité d'origine soit la seule qui doive trouver une expression dans nos classifications. ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 89 notre connaissance actuelle de l’organisation de ces animaux soit si complète que des découvertes futures n’entraînent pas de mo- difications dans leur classification, admission que sans doute per- sonne ne considérera comme probable; il faut en dernier lieu «que l'on ait compris pleinement la valeur systématique de toutes les modifications différentes de l’organisation des arachnides (dans la supposition qu’elle soit connue avec une exactitude suffisante) de sorte que la place appartenant dans le système à chaque groupe par suite de ces modifications, soit également sure et décidée è tout jamais, ce qui est tout aussi improbable. — On comprend déjà, par ce qui précède, que je suis un parti- san décidé de la doctrine de l'origine et du développement des espèces l’une de l’autre, ou de la théorie dite de descendence et d’évolution. D’après cette théorie, tous les animaux et toutes les plantes de la période actuelle de la création sont en connexion d’origine avec ceux des périodes écoulées, et ils descendent d’un nombre plus ou moins grande d’organismes d’une extrème sim- plicité, qui, dans le cours de générations innombrables, se sont développées dans les types du monde animal et végétal actuel. C'est le mérite immortel de DARWIN d’avoir exposé d’une manière si claire et si convaincante les preuves de cette doctrine, qu’il existe aujourd’hui à peine un seul naturaliste digne de ce nom, qui croie que les espèces animales et végétales vivantes aient eu dès le principe leur forme présente, — mérite qui ne diminuera pas si méme il se montrait que DARWIN a attribué à certaines cir- constances influant sur les modifications successives des organismes, une importance plus grande qu’elles n’en ont en réalité. Des nom- breuses raisons qui militent en faveur de la théorie de descen- dence, une est pour moi d’une importance décisive; c’est celle que l’on ne peut expliquer qu’avec cette théorie l'origine des animaux comme les mammifères, par exemple, qui dépendent, pour leur existence, d’autres individus de la méme espèce. Per- sonne n’admettra, sans doute, qu’un animal d’une organisation aussi compliquée qu’un mammifère, ait pu apparaître tout è fait 90 T. THORELL, bi n développé et en état de pourvoir à sa subsistance, à moins que l’on ne croie aux miracles; mais il n'y a pas de place pour les miracles dans les sciences naturelles: le naturaliste ne peut recone naître comme inexplicable aucun fait du monde matériel, si ce n’est l’existence mème de ce monde matériel ou des sens. Chaque mam- mifère aura donc nécessairement dù traverser, pendant une suite de générations, des phases de développement pendant lesquelles il aura été indépendant d'une mère pour sa nourriture, ce qu'il n’est plus maintenant; et dans ces phases de son développement, il a dù posséder une organisation le rapportant è des groupes inférieurs et tout-à-fait différents. Les opinions ne peuvent ètre partagées que sur la question de savoir si les formes originaires ont été une, en petit nombre ou nombretses. Il me paraît probable que, quand survinrent les circonstances à nous inconnues qui pro- voquèrent sur notre terre l’apparition spontanée des premiers étres vivants, une grande quantité d’individus se présentèrent simul- tanément; ces circonstances n’étant sans doute ni simultanées ni identiques partout, il naquit probablement, sur des points divers, des types lésèrement différents, qui formèrent les points de dé- part de séries nombreuses d’organismes en général divergentes, et différant plus ou moins les unes des autres. Mais, si je suis convaincu de la variabilité des espèces et de leur transition successive en des espèces nouvelles, il m’est ce- pendant impossible d’admettre sans réserve l’hypothèse formulée par DARWIN et WALLACE pour expliquer ce développement, c'est à dire la théorie dite de sélection. Ce n'est, ilest vrai, l’objet d’aucun doute qu’une concurrence plus ou moins violente ou “la lutte pour l’existence , n’existe en gsénéral pour les individus et les espèces vivant à chaque moment de temps, et encore moins que ceux qui sont les mieux organisés pour trouver leur subsistance dans le milieu où ils existent, triomphent dans la lutte, vivent plus longtemps et se perpétuent avec les particularités de leur organisation qui leur avaient fourni le moyen de vaincere dans cette lutte rivale, tandis que les plus faibles et ceux dont l’organisa- tion est inférieure, succombent et périssent peu à peu. Il est donc = ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 91 impossible de contester raisonnablement que la “ sélection natu- relle , par laquelle on désigne cette victoire des types les plus convenablement organisés sur les types moins bien adaptés aux circonstances, ne joue un très-grand ròle dans la nature et n’ait contribué d’une manière essentielle à donner au monde animal et végétal l’aspect qui lui est propre à chaque période. Mais cela n’im- plique en aucune fagon que cette sélection naturelle soit la cause des modifications subies par les différents organismes. La sélection naturelle ne fait que faire disparaître les individus et les espèces les plus faibles ou les moins appropriés aux circonstances, de sorte que les mieux organisés restent seuls; les différences d’organisa- tion d’où dépendait la victoire ou la défaite, n’ont pas été pro- duites: par la sélection naturelle, car ces différences ont dù exister avant qu'elle pùt commencer à agir. Si l’on dit que la sélection naturelle est la cause des modifications par lesquelles les types existants se distinguent de ceux qui ont disparu, on pourrait pré- tendre avec tout autant de raison qu’une épidémie par laquelle tous les individus inférieurs à un certain égard ont été détruits, est la cause de la supériorité d’organisation des survivants, qui leur a conféré la puissance de résister à la maladie; ce qui serait évidemment erroné. On a prétendu, il est vrai, que les orga- nismes varient également dans toutes les directions possibles, et que c’est par conséquent la sélection naturelle qui seule décide, dès le commencement, les variations qui doivent rester et conti- nuer à se perpétuer. Mais il n’a pas été prouvé qu’une variabilité si foncièrement indéterminée existe réellement dans la nature or- ganique; au contraire, tout semble indiquer que les variations su- sceptibles de développement et ayant la puissance de se perpé- tuer, sont dirigées vers certains points, et contenues dans des li- mites déterminés, dans lesquelles le champ d’action des effets de la sélection naturelle est restreint. Ce doit donc éètre parmi les causes des variations des individus, que ces causes soient intérieu- res ou qu’elles soient extérieures, que l’on doit chercher la cause de la variabilité des espèces. Aussi la plupart des parti- hi sans de DARWIN s’accorderont-ils sans doute à admettre que 92 T. THORELL, les différentes variations par l’augmentation continue desquelles se sont produites enfin les différences qui séparent les espèces, les genres, les familles, etc., divers, ont leur cause dans un nombre de circonstances extérieures qui nous sont encore in- connues en grande partie, et que c’est dans ces circonstances et non dans une tendance innée à se développer dans une certaine direction, que l’on doit chercher la cause principale de la varia- tion continue des espèces, et de la multiplicité et de l’harmonie merveilleuse que présente le monde organique. C'est donc contre cette forme de la théorie de sélection que je veux présenter ici quelques observations. ; Il est impossible de nier que les circonstances extérieures n’ex- ercent, dans certains cas, une action modificatrice sur l’organisme, et que ces modifications ne puissent étre héritées et ne continuent à augmenter. Un organe, par exemple, qui ne fonctionne pas du- rant une longue suite de générations, s'atrophie peu a peu, de- vient rudimentaire ou disparaît. Mais l’action des circonstances extérieures se restreint sans nul doute à ce que d’un còté elles produisent un regrès dans le développement, et que de l’autre elles accélèrent et facilitent le développement de modifications qui se sont déjà fait valoir, ou les font apparaître de nouveau si elles ont été supprimées par d’autres circonstances. Je ne sache pas que l’on ait observé jusqu'ici qu’elles puissent créer quelque chose de foncièrement nouveau, comme, p. ex., un nouvel organe. Evidem- ment dansla plupart des cas les circonstances extérieures ne sont pas la cause des modifications qu’elles paraissent produire, mais elles constituent seulement les conditions nécessaires pour que la tendance de modification inhérente à l’organisme puisse entrer en activité. Une certaine température est, par exemple, nécessaire pour qu’un ceuf de poule puisse se développer en un pouletj mais la chaleur n'est pas la cause du développement, lequel dépend en dernier lieu d’une tendance ou force innée dans l’oeuf. Or, c’est d'une force analogue que dépend sans doute le développement par lequel un organisme supérieur sort d’un organisme infé- rieur. Ce n’est qu’en connexion avec cette manière de voir que la ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 93 doctrine de la descendence mérite le nom de théorie d’évolution, et ses partisans le nom d’ évolutionistes; car la notion de déve- loppement implique nécessairement que ce en quoi quelque chose se développe, se trouve déjà potentié ou virtuellement dans ce d’où le développement est sorti. Ainsi, par exemple, un gland se dé- veloppe en un chéne, parce que le chène se trouve virtuellement dans le gland. Toute modification qui ne dépend que de circon- stances extérieures, ne peut ètre nommée développement que dans un sens impropre ou figuré. C'est, comme l’on sait, une conséquence nécessaire de la théo- rie de sélection, une conséquence avec laquelle cette théorie triomphe ou succombe, que la sélection naturelle ne conserve et ne fixe que les modifications utiles à l individu dans sa lutte pour l’existence, tandis que toutes les formations nouvelles superflues ou nuisibles sont successivement éliminées et disparaissent. Si, maintenant, il pouvait ètre démontré qu'il ait apparu des modi- fications qui, tout en n’ayant été d’aucune utilité pour l’individu, se sont graduellement développées dans le cours d’ une foule de générations, et ont fini par se présenter comme des organes n’a- yant aucune importance pour les individus qui les possèdent, mais étant au contraire utiles ou nécessaires, p. ex., à d'autres individus; alors, comme DARWIN le reconnaît lui-méme, ce fait mème prouve- rait l’insuffisance de la théorie de sélection à expliquer le dévelop- pement des formes nouvelles et supérieures d’autres plus basses, et l’on serait poussé à l’admission d’une tendance inhérente è l’organisme, à se développer précisément dans cette direction déterminée. Or, il serait, ce semble, rien moins que difficile de signaler des faits pareils, incompatibles avec la théorie de sélec- tion. Pour n’en citer que deux, je demanderai: de quelle utilité les commencements des organes sezuels ont-ils été pour les indi- vidus chez lesquels ils ont apparu en premier lieu, ou pour ceux chez lesquels ils se sont successivement développés à travers une foule de générations, avant le moment où ils ont commencé à remplir leurs fonctions? Évidemment cette utilité était nulle, tandis que d’autre part ces organes jouent un ròle si important 94 T. THORELL, dans le développement de la création organique, — parfaite- ment indifférent au bien-ètre des individus, — que sans eux le monde des animaux et des végétaux supérieurs n’aurait jamais existé. Comment expliquer, encore, par la théorie de sélection, la naissance d’organes comme l’utérus et les glandes lactaires des animaux mammifères, organes qui ne sont utiles qu’à leurs petits 2 Combien de générations n’ont pas dù se suivre avant que ces or- ganes aient recu un développement qui leur a permis de com- mencer à fonctionner! Pendant ce long espace de temps ils n’ont pu étre de la moindre utilité pour les individus qui les pos- sédaient: mais, malgré cela, loin de s’éliminer et de disparaître, ils se sont développés parallèlement, et ont fini par devenir des organes qui se présupposent mutuellement! En présence de tels faits, il me paraît inexplicable que l’on puisse nier la naissance et le développement d’organes parfartement inutiles è 1° individu qui les possède, dans sa lutte pour l’existence; d’organes qui, pour cette raison, ne se laissent pas expliquer par la théorie de sélection, — qui se sont développés, non comme une conséquence, mais en dépit de la sélection naturelle. Mais, si la théorie de sélection ne suffit pas à expliquer l’or- ganisation du monde animal et végétal, la difficulté d’expliquer au moyen de'-cette théorie les différentes formes et les manifesta- tions de la vie organique, me paraît encore plus grande. Quand nous voyons dans un ceuf la vie simplement végétative se trans- former en vie animale, en la puissance de perception et de. mou- vement, et mème, chez l'homme, en la conscience de soi-méme, nous ne pouvons nous expliquer cela qu’en admettant que la perception et la conscience de soi-méme, la vie animale et la vie raisonnable, se trouvaient déjà virtuellement ou comme pré- dispositions dans l’oeuf, et qu’elles se sont successivement déve- loppées de la vie végétative de ce dernier. Car, sans cela, la conscience de soi-mème, par exemple, aurait été introduite, de l’extérieur, dans l'homme à un certain moment, ce que proba- blement aucun naturaliste actuel ne sera disposé è admettre; ou bien elle serait venue de rien: or, e mililo nihil. ETUDES SCORPIOLOGIQUES. 95 Si maintenant les animaux et l’homme descendent d’organis- mes très-simples, doués seulement de la vie végétative, pour des raisons totalement identiques les formes supérieures de la vie que nous constatons chez leurs descendants supérieurement or- ganisés, doivent aussi avoir existé potentia ou virtuellement chez les organismes primitifs les plus bas, et s’ètre développées succes- sivement de leur vie pendant une suite de générations'!; les cir- constances extérieures et la sélection naturelle ne peuvent avoir eu ici d’autre influence que de fournir les conditions sous. les- quelles le développement a pu avoir lieu ou a dù faire défaut. Une foule d’autres remarques, tout aussi fondées, peuvent ètre faites et ont été faites contre la théorie de sélection; mais ce qui vient d’étre dit suffira è expliquer pourquoi, avec NEAGELI et d’autres auteurs, je considère que le développement successif des organismes de formes en général inférieures en des formes su- périeures ne peut se comprendre qu’en admettant l’existence, dans ces organismes, d’une force innée agissant dans une direc- tion déterminée. L’on devait d’autant moins hésiter, ce me semble, à admettre cette explication, que l’on est bien forcé d’admettre une force similaire pour expliquer comment un individu peut se développer d’un ceuf en un animal parfait, et que nous voyons souvent cette force plastique agir à travers toute une série d’in- dividus présentant les organisations les plus divergentes, comme c'est le cas dans les phénomènes connus sous le nom de généra- tions alternantes. Les considérations qui précèdent ne peuvent toutefois avoir de force probante que pour ceux qui, comme moi, sont convaincus de 4 Il est facile de comprendre que les molécules de charbon, d’oxygène, d’hydro- gène, de ,phosphore, de fer, etc., dont se compose un corps vivant, doivent aussi étre vivantes; mais, si elles n’avaient pas été douées de vie dès le principe et avant leur entrée dans l’organisme, elles n’auraient jamais pu recevoir la vitalité; leur vie la- tente fut simplement éveillée à leur entrée dans l’organisme dont elles constituent Ges moments. Il faut admettre comme une conséquence logique de ce raisonnement que toute force est, dans son essence, la vie et la conscience de soi-méme, et que tous les étres sont à un certain degré vivants et doués de raison; si, par contre, la théorie de sélection était juste, ils seraient réduits è l’état de machines plus ou moins compliquées. 96 T., THORELL, la réalité indépendante de l’esprit ou de la vie. Bien des natu- ralistes de l’époque actuelle nient cette réalité, et ne voient dans les phénomènes: de la vie que des manifestations de forces chi- miques et physiques *. Ils ont sans doute été amené, en général, à cette conviction par le sentiment de ce qu'il y a d’inadmis- sible dans une foule des idées courantes sur les qualités de Dieu, sur la création, les miracles, etc., et sur le dualisme indissoluble auquel ces idées conduisent; plus d’un se sera rattaché à cette méème conviction par suite d’une perception claire et nette de l’inanité des philosophèmes “ idéalistes , les plus généralement recus, dans lesquels on se figure, par exemple, l’ètre absolu comme se développant, et par suite comme variable et imparfait, dans les- quels le principium contradictionis est supprimé, etc. Ils croient avoir triomphé de ces difficultés et ètre arrivés sur les traces de la vérité, en rejetant la croyance en des étres spirituels indépen- dants, et croient avoir trouvé la seule et vraie réalité dans la nature et dans ses forces chimiques et physiques. Il est cependant indisputable que le dualisme n’en existe pas moins dans toute sa force avec cette opinion®; on ne sait que trop où elle conduit ! Si cette opinion était juste, la vie, la conscience de soi-méme, pourrait se ré- soudre en forces « inorganiques » ou se montrer composée de ces forces; or, cela est impossible, car ce qui est composé peut seul se résoudre en éléments plus simples et trouver son explication par leur moyen; la vie, par contre, n’est pas la somme ou le multiple des forces physiques, mais une unité qui les domine, et dans laquelle elles entrent comme moments, à peu près comme les organes entrent dans un organisme, qui est évidemment bien autre chose que la somme de ses organes. La conscience de soi-méme non plus n’a pu naître, par exemple, d’une intensité multipliée de la puis- sance de perception matérielle, ni celle-ci d’une potentiation de la vie végétative; car une forme infériceure de vie ou de force ne change ps de nature, n’importe com- bien de fois on se la figure multipliée ou renforcée. Ce qui est inférieur et imparfait ne peut étre saisi, si ce n’est comme expression imparfaite de ce qui est supérieur et parfait; aussi, en réalité, aucune force finie ne se peut comprendre qu’avec la présup- position d’un étre absolument parfait, conscient et personnel. 2 On ne rend certainement pas le rapport entre la force et la matière plus com- préhensible en disant que « la force et la matière sont une seule et méme chose», ni (comme le mème auteur l’a fait dans le mème ouvrage, sans s’inquiéter de cette con- tradiction) en prétendant que la force est une propriété de la matière. Pourquoi ne pas dire tout aussi volontiers que la matière est une propriété de la force? Tout aussi bien que de parler d'une matière qui a la force pour propriété, c.-4-d. d’une ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 97 au point de vue pratique. S'il était vrai que cette opinion (d’a- près laquelle la matière possède une réalité indépendante) permît une idée nette de l’unité de la force et de la matière, ses parti- sans devraient étre en possession d’une faculté spéciale de trou- ver la vraie connaissance, faculté dont manquent les autres hom- mes, et toute discussion avec eux serait dès lors naturellement sans résultat. La plupart des hommes ont l’intime conviction que le vrai moî est autre chose que leur corps; ils peuvent toujours distinguer entre ce moi qui sent le plaisir et la douleur, qui pense et qui veut, et les phénomènes des organes corporels qui ac- compagnent les perceptions différentes. Tout aussi bien qu’ils trouvent que la manifestation de la. volonté par laquelle ils ploient, par exemple, un bras, est tout autre chose que le mou- vement du bras, ou que la manifestation de la douleur qu'ils res- sentent s’ils tiennent un doigt dans le feu, est autre chose que les modifications matérielles dans le membre brùlé, tout aussi cer- tainement ils distingueraient, par exemple, d’un còté entre une pensée, et de l’autre entre les mouvements et les modifications dans le cerveau qui accompagnent sans nul doute cette pensée, supposé que ces modifications nous fussent déjà connues. Pour la plupart des hommes, il n’est rien dont on ait une certi- tude aussi immédiate que du fait que l’on existe parce que l’on pense, que l’on sent et que l’on veut: ils pourraient douter de tout, excepté de l’éxistence de leur moi, comme l’unité con- sciente, personnelle de leurs perceptions. Entre ce moi, d’un còté, et leur corps et tout le reste du monde matériel, de l’autre, il existera pour eux (aussi longtemps que l’on attribuera à la ma- tière une réalité indépendante), un abîme que ne combleront ja- mais tous les sophismes imaginables. Les partisans de l’opinion matière spirituelle, ou d’une force matérielle, on peut parler d’une cerele triangulaire ou d’un triangle circulaire. Et cependant ces fantasmagories auraient une importance telle, qu’elles ont inauguré une nouvelle période de civilisation, la période « moni- Stique », en opposition aux périodes « dualistes » précédentes! — Cf. HaxcKaL, Gene- relle Morphologie dei Organismeti, Vol. XIX. ban | 98 T. THORELL, “ mécanique , ou matérialiste opposée prétendent par contre comprendre clairement que tous les organismes ne sont que des machines, que tous les phénomènes qui s’y passent peuvent ètre expliqués par la voie purement “ mécanique ,», que les sentiments, les pensées, la conscience de soi-mème ne sont rien autre que le mouvement des molécules du cerveau, etc., et ils doivent donc, comme je l’ai dit, se considérer doués d’une fa- culté leur permettant-de saisir l’unité de deux espèces de phéno- mènes qui se présentent à nous autres comme opposés et incompa- tibles l’un avec l’autre. Ils se rapprochent à cet égard des “ phi-. losophes de la nature , du commencement de ce siècle, lesquels prétendaient ètre en possession d’une faculté leur appartenant à titre esclusif, “ l’intuition intellectuelle ,, qui les mettait à mème de saisir l’unité de l’objet et du sujet, de la nature et de l’esprit; prétention qui ne tarda naturellement pas à se montrer illu- soire. Or, nous croyons avoir démontré que le matérialisme, sil est de bonne foi, présuppose une erreur analogue. Une chose doit cependant ètre considérée acquise, savoir qu'il n’existe aucun moyen privilégié d’obtenir la vraie connaissance, et que seule la pensée conséquente conduit à des résultats incontestables *. Les opinions qui présupposent un autre organe pour obtenir la vé- rité que celui dont se trouvent en possession tous les hommes normalement doués au point de vue intellectuel, ou qui exigent la suppression d’une loi de la pensée, comme, par exemple, que chaque conséquence a sa cause, et que dès lors il faut y avoir 1 Que la pensée conduit toujours è des résultats vrais si les prémisses sont justes, voilà la présupposition nécessaire de toute science, de toute discussion; c’est aussi ce qui arrive toujours, dès que les prémisses sont parfaitement claires, ce qu’elles ne sont toutefois que quand elles sont abstraîtes, comme, par exemple, dans les ma- thématiques. Le fait qu’en religion, en politique, etc., l’on arrive à des résultats si différents, dépend en principale partie de ce que ces matières sont si concrètes, c.-à-d. contiennent une telle multiplicité de còtés et de déterminations, qu'il est difficile, sou- vent impossible, d’en obtenir une connaissance parfaite. Or, tous ces còtés pouvant étre pris comme points de départ ou prémisses de déductions, et tel homme se fixant de préférence si non exclusivement è certains de ces còtés, tandis qu’un autre se fixe è d'autres còtés, les déductions seront forcément très-différentes. ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 99 une cause dernière !, ont abandonné déjà de ce fait toute préten- tion à une valeur générale, c'est à dire à la vérité. Le naturaliste part toujours de l’admission de la réalité du monde matériel?; mais il ne peut éviter d’ observer qu’en dehors de l’expérience des sens, qui fournit les matériaux des sciences naturelles, il existe aussi une autre expérience, obtenue par l’ob- servation de la vie psychologique de l’homme. La logique, la psychologie, etc., sont aussi des sciences basées sur l’expérience. Ignorer ou nier dès lors tout simplement cette dernière expé- rience, par suite d’opinions précongues, ou encore fausser les faits qui s’y rapportent, ne peut ètre conforme au devoir de celui, qui, à l’instar du savant, a fait de la recherche de la vérité le but de sa vie. Les sciences naturelles ne fournissent, heureusement ou malheureusement, aucune preuve pour ou contre le matérialisme ou l’idéalisme. Il est heureux pour le naturaliste s’il possède une conviction par laquelle la contradiction entre l’esprit et la ma- tière peut se résoudre; s'il ne la possède pas, la meilleure chose qu'il puisse faire est de reconnaître loyalement son impuissance et de s’y résigner jusqu’è nouvel ordre. Dans tous les cas, il doit savoir résister à la tentation de violenter les faits dans sa pro- pre science afin de chercher à les adapter è un certain système ‘ philosophique. Et le matérialisme moins que toute autre opinion mérite un sacrifice pareil, mème au point de vue théorique. 4 Le fait que chaque effet dans le temps a sa cause dans le temps, et qu’il est impossible d’arriver par cette voie è une cause dernière, que la pensée ne laisse pas d’exiger, prouve seulement que cette cause n’est pas dans le temps, mais qu'elle est un étre pour lequel le temps n’existe pas. ? Il appartient è la philosophie, è la science des causes dernières de tout ce qui existe, et non aux sciences naturelles, de chercher è expliquer les rapports entre l’esprit et la nature, entre la force et la matière (l’extension dans les trois dimen- sions de l’espace). Comme l’espace, le temps, le mouvement comportent des contra- dictions insolubles pour la pensée, il est clair qu’ils ne peuvent avoir (et avec eux tout le monde extérieur) qu’une réalité relative, c-.à-d. qu’ils ne sont réels que pour nous, et pour autant que nous sommes doués d’une perception bornée et imparfaite. Le fait que sîé quelque chose existait réellement en dekors de nous, nous n’en aurions jamais la moindre connaissance, est évident de ce que, dans notre conscience, nous ne pouvons jamais comme sortir de nos propres perceptions et les comparer avec uno I autre réalité située è còté et en dehors d’elles, 100 T. THORELL, Le matérialisme part, en effet, de deux prémisses également insoutenables. L’une, c'est que les sens sont les moyens d’obtenir la vraie connaissance; l’autre, c'est que tout est composé de pe- tits corps indivisibles, les afomes, qui constitueraient par consé- quent l’existence vraie ou l’absolu, è l’aide duquel tout Ri ètre expliqué. Or, il est tout aussi impossible de se figurer des corps indi- visibles que des ètres immatériels divisibles: quelque petit que l’on puisse se figùrer un corps, il se compose toujours de parties et peut étre divisé à l’infini; — on n’arrivera jamais par cette voie à quelque chose de simple, à quelque chose qui ne présup= pose pas une autre chose, ce qui est justement ce’ que cherché toute philosophie. Personne n’a jamais vu;:du reste} ces atomes, et si rien autre n’oxiste que ce qui peut ètre percu par les sens; les atomes n’existent pas. Nous obtenons d’autant moins la vraie connaissance au moyen des sens, que ceux-ci sont hors d’état de nous procurer une connaissance quelconque, et qu’ils ne nous en fournissent que les matériaux: toute connaissance doit revétir la forme d’un jugement, et celui-ci présuppose nécessairement à som tour un sujet qui juge, par conséquent un ètre spirituel*. 1 Parmi les systèmes philosophiques construits sur une base vraiment idéaliste, nous en signalerons un qui, se rapprochant principalement des doctrinesde PLATON et de LEIB- NITZ, semble donner une explication compréhensible de la possibilité du monde des sens. Suivant cette théorie, l’absolu est un étre personnel, parfait, spirituel et éternel (par conséquent immuable), qui comprend ex soi toute réalité: celle-ci, pour cette cause, est clle-méme en sa vérité spirituelle et éternelle, c.-à-d. elle n’existe ni dans l'espace, ni dans .le temps. En d’autres termes, l’absolu est un système d’idées vivantes, d’ètres raisonnables et personnels dans lequel les inférieurs entrent comme moments dans. les Fupéripure, et tous dans l’ètre supréme, qui est Dieu. L’homme, étre imparfait, ne peut, è l’instar de Dieu, saisir cette réalité comme dans un point et dans un in. stant: ce-qu’il pergoit, il le saisit suecessivement, comme divisible en des parties existant l’une à còté de l’autre et l’une après l’autre, et de là résulte pour lui l’es- pace et le temps, qui ne sont dès lors que des formes sous lesquelles il saisit la réa- lité spirituelle et éternelle, le monde de Dieu. Le monde matériel n’existe done comme tel que pour l’homme (et pour tous les autres étres dont la perception est imparfaite de la mème manière); ce monde est un produit de ses sens; le commencement et la fin, la naissance et la mort n’ont que la signification de lever et de couchant è l’ho- rizon de la conscience humaine. — Cf. C. J. BostROM, Dissertatio de nutionibus Re- ligionis, Sapientie et Virtutis, etc. Upsalia, 1874 (Ed. 2.). Sa ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 101 Malgré ce qu’ellés ont d’incomplet, les remarques rapides qui précèdent feront suffisamment connaître, je l’espère, ma manière de voir par rapport aux doctrines Darwiniennes de descendance et de sélection, de méme que vis-à-vis du matérialisme.' On se demandera, selon toute probabilité, ce que les' épanchements qui précèdent ont à faire avec des “ Etudes Scorpiologiques ,. J'avouerai sans peine que la connexion entre ces remarques et le sujet du présent travail n’est pas des plus intimes, du moins è première vue. Elle existe pourtant, car la question de “l’arbre généalogique , des scorpions et des autres arachnides, conduit, pour ainsi dire, d’elle-méme à plus d’une réflexion sur la théorie sélectioniste de DARWIN, laquelle présuppose à son tour le matéria- lisme, ce qui n'est peut-ètre pas parfaitement clair pour tout le monde, mais que l’on comprendra facilement après un peu de réflexion. On a si souvent, au reste, pris, par exemple, les Mo- nères et les Éponges pour thème du matérialisme, que l’on peut bien une fois faire servir d’autres animaux — et pourquoi pas alors les scorpions — comme point de départ pour quelques remarques contre cette opinion. L’objet principal de ces lignes à été, dans tous les cas, d’ex- primer mon opinion dans une question qui émeut profondément la génération actuelle des naturalistes; et J'ai considéré cette oc- casion comme tout aussi convenable qu’aucune autre à ma disposi- tion. Le temps n’est heureusement plus, — et nous le devons aussi principalement à DARWIN, — où l’on considérait que les zoologi- stes et les botanistes n’avaient guère à s’occuper d’autre chose que de décrire et de classifier, et où le spécialiste surtout ne croyait avoir ni le droit, ni le motif de jeter ses regards au-delà des étroites limites de son petit domaine scientifique. On reconnaît dé- sormais que de mème que chaque branche spéciale d’une science ne parvient à sa vraie signification que du moment où on la com- prend dans sa connexion avec la science dans son entier, et cel- le-ci à son tour dans sa connexion avec les autres branches du sa- voir humain, de mème aussi aucun naturaliste ne doit ètre indif- 102 T. THORELL, férent aux grandes questions naturelles et philosophiques agitées par ses contemporains: il doit connaître sa place dans le combat et ne pas hésiter à exprimer sa manière de voir, pourvu qu'il pos- sède les connaissances nécessaires pour se former une opinion in- dépendante sur ces questions. Bogliasco (Ligurie), le 15 Févr. 1876. Fam. ANDROCTONOID. Suspram ANDROCTONINI. Gen. BUTHUS (LEACH). B. villosus (PeT.) nigro-fuscus, palpis plerumque clarioribus, pedibus sub-testaceis; cephalothorace costis carenti, crasse gra- nuloso; cauda fortissima, dense, fulvo-pilosa, a basi ad apicem sensim parum angustata, carinis omnibus fortibus et fortiter granulosis; palpis angustis, manibus leevibus, brachio angustio- ribus vel saltem non latioribus, digito manus mobili manu po- stica duplo longiore; dentibus pectinum 35—42. — Long. circa 128 4/» millim. Syn.? 1800. Scorpio australis Herssr, Naturgesch. d. ungefliig. Ins., 4, Ra 49, Tab. IV. fio È 1862. Prionurus (Androctonus) villosus Per., Eine neue Skorpio- nenart, ete., in Monatsber. d. K. Preuss. Akad. d. Wissensch. zu Berlin, 1862, p. 26. 1876. Buthus craturus Tuor., On the classification of Scorpions, capa. Var. 0, dilutus, paullo subtilius granulosus, corpore toto ci- nereo-flavescenti, cauda modo apice paullo infuscata, aculeo apice late nigro, palpis et proesertim pedibus purius flavis; pra- terea ut in forma principali diximus, sed minor. Forma princip. — Cephalothorax in margine antico levissime rotundatus, mox pone oculos laterales levissime sinuatus, lateribus praterea rectis, postice 104 T. THORELL, truncatus, angulis late rotundatis; minus convexus, paullo ante marginem posticum sulco transverso leviter bis. procurvo praeditum, '/, latitudinis ce- phalothoracis posticae longitudine fere sequanti, a quo sulco procurrit sul-. cus medius profundus versus tuberculum oculorum dorsualium, pone medium ramum transversum sub-procurvum utrinque emittens; impressionibus binis obliquis versus margines instructus est cephalothorax, posteriore earum valde profunda; in medio, circa tuberculum oculorum dorsualium, depressus est, hoc tuberculo latissimo, sub-plano, paullo longiore quam latiore, anteriora versus angustato et antice late truncato, sulco latissimo medio vel impressione lon- gitudinali levi instructo, que ut sulcus profundior pene usque ad marginem anticum continuatur; costis caret et granulis crassis dense est sparsus, gra- nulis tamen minoribus utrinque ad tuberculum oculorum dorsualium et ante hoc tuberculum, quod pene leve est. Ocul dorsuales spatio disjuneti quod oculi diametrum 3—4: plo majus est. Oculi laterales principales tres eque fere magni et sub-contingentes, in seriem rectam paullo supra marginém cepha- lothoracis dispositi et ab eo sulco profundo disjuncti; paullo pone posticum (tertium), et magis intus, oculus accessorius distinctus adest, principalibus oculis circiter duplo minor; oculum accessorium alterum non certo detegere potui. Segmenta abdominalia dorsualia 19—6% sat subtiliter at dense granulosa, granulis ad marginem posticum crassioribus ; segm. 2"—6% in medio leviter im- pressa et hic postice costa longitudinali humili, sub-leevi, posteriora -versus angustata predita, que antice in aream latiorem sub-levem transit, apud quam utrinque linea brevis obliqua laevis conspicitur. Segm. 7%, quod in medio antice tuberculum humillimum latum, antice leve, postice sranulosum habet, pone id in medio densissime et subtiliter granulosum est, preterea sat crasse et minus dense granulosum ; utrinque costas duas angulatim foras curvatas ostendit, que serie granulorum predite sunt; margines laterales segmenti cre- nulati. Venter leevis, punctis paucis impressis, excepto sem. 5° (ultimo) quod magis inequale est, costis utrinque binis (exteriore longiore, foras curvata) parum expressis munitum, et magis versus margines sat subtiliter sed minus dense granulosum. > Cauda longa et fortissima, dense falvo-pilosa (preesertim dense in vesica), a basi versus apicem paullulo tantum angustata, segmentis sensim paullo lon- gioribus, segm. anterioribus desuper visis in lateribus levissime rotundatis, 4° et 5° rectis. Segm. 1"—5® supra late excavata et in medio sulcata; secundum medium, supra, aream granulorum densissimorum minutorum ostendunt segm. anteriora, hac area in segm. 1° usque ad marginem segmenti posticum perti- nenti, in segm. sequentibus 2°—4° sensim minore et angustiore, in segm. 49 parum perspicua, in segm. 5° nulla; segmenta praterea supra inter carinas levia, Segm. 1®—4® carinis 10 fortibus et fortiter granulosis praedita (carinis. me- duis, inferioribus in segm. 1° interdum, sub-levibus tamen), interstitiis, in. las TEO VI: TE SITO Pa fin" a deri RT nn n” PSA 29 da € "n î I dì, ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 105 teribus et subter granulosis quoque, prasertim in segm. 3° et, 4°. Segm. 5", a latere visum, supra 2qualiter et fortiter, subter levius arcuatum. est; subter carinas tres habet, quarum exteriores du serie granulorum fortium vel potius dentium obtusorum instructe sunt (his dentibus versus apicem segmenti majo- ribus, magis compressis et obtusis), carina vero media, ut interstitia inter ca- rinas, crasse et minus 2equaliter granulosa; in margine superiore sive carina dorsuali seriem granulorum ostendit hoc segmentum, et paullo magis intus in carinam vel costam brevem longitudinalem elevatum est, que serie dentium acutorum circiter 4 est armata. Etiam in segm. 4° series brevis dentium. paur corum paullo intra carinam dorsualem adest. Latera segm. 5 minus dense et crasse granulosa. Vesica latitudine apicem segm. 5' cequans, supra cordiformis fere et sub-plana, basi utrinque procursu brevi obtuso sub-aurito munita, qui seriem granulorum paucorum magnorum. obtusorum extus ostendit; subter sulcos duos longitudinales leves parum expressos, et in lateribus, supra, sulcum ejusmodi sat latum et profundum habet; subter fere globosa est, granulis magnis, in lateribus minoribus, sparsa. Mandibule breves, apice granulose. i Palpi breves et graciles, testaceo-pilosi; Rumerus postice leviter arcuatus, antice rectus, apice paullo latior quam basi, latere superiore sub-plano, gra- nulis minutis sat dense sparso, a latere postico serie granulorum minus aequali diviso ; latus ejus anticum ®que fere latum ac latus superius, sub-rectangulumj dentibus obtusis fortibus fere in duas series digestis instructum. et inter eos granulis minoribus obsitum, et supra et subter serie densa et aequali dentium obtusorum limitatum. Brachium teretiusculum, latere antico tamen ab apice versus basin sensim paullo inorassato-dilatato, sat dense granuloso et versus basin in medio dentibus paucis non magnis armato, tum, ad ipsam basin, rur- sus subito angustato; latus posticum costam humilem longitudinalem fere le- vem ostendit, latus superius parce granulosum est, costis carens. Manus parva, ‘ brachio angustior vel saltem non latior, s2eque crassa atque lata ad digitos, intus leviter arcuata, extus fere recta; impresso-punctata, costis et granulis carens. Digiti parum curvati, teretes, dense impresso-punctati, costa singula longitudinali tenui levi; acie leviter et sequaliter curvata (non basi sinuato» lobata vel emarginata), ordinibus denticulorum secundum medium aciei bre» vissimis, 12—14. Sternum triangulum, latius quam longius; lamina genitales sub-triangule, apice rotundate, in latere exteriore leviter emarginata. Pectines dense punctati et pilosi; lamella intermedia prima postice ‘dilatata, duplo latior quam lamella proxime sequens, angulato-rotundata; dentes pee- tinum 35—42. Pedes sat longe et dense pilosi, granulis parvis plus minus dense sparsi, his granulis ad marginem superiorem et inferiorem. femorum. saltem. anteriorum seriem distinctam formantibus; margines ipsì superior. et. inferior femorum granulosi quoque. 106 T. THORELL, Color corporis piceus, palpis plerumque paullo clarioribus, pedibus pallide fusco-testaceis, laminis genitalibus et pectinibus sordide testaceis. Mensure. — Longitudo corporis (totius animalis) 128 !/, millim.; long. cephalothoracis 15 !/,, latitudo ejus maxima 18, lat. frontis 9, lat. cephaloth. ad oculos laterales 3" paris 10 */, millim.; distantia oculorum dorsualium a margine cephaloth. antico 7, a margine postico 7 */, millim. — Cauda 78 1/, millim. longa: segm. ejus I(1') longitudo 10 !/,, latitudo 10 !/,, altitudo 8 ?, millim. ; segm. II long. 111/,; lat. 10; II long. 12, lat. 9 #/,; IV long. 12 1/,, lat. 9 1/,; V long. 14 #/,, lat. 8 4/;, alt. 8; VI long. 16 (vesica 9 1/,, acu- leus 7 1/,), lat.8 1/,, alt. 7 1/,. — Palpi 49 millim. longi: humeri long. 11?/,, lat. 41/,; brachii long. 11 ?/,, lat. 5!/,; manus cum digitis 21 1/, millim. longa; manus long. 9 !/,, lat. ejus maxima 5 +- (i. e. paullo plus 5), minima 4!/, millim.; manus postice long. 7; digitus mobilis 14!/,, immo- bilis 12 millim. longus. — Pedes I (l' paris) 28 !/,, II 86 1/,, II 45, IV 51 */, millim. longi. — Pectines 15 !/, millim. longi, 3 */, millim. lati ad ha- sin, dentes eorum circiter 1 ?/, millim. longi. Patria: Africa. Exempla nonnulla in spiritu vini condita vidi, alia in Caffraria a Cel. J. A. WAHLBERG annis 1840-1845 col- lecta et in Museo Holmiensi deposita, alia a Cel. C. J. ANDERSSON in Africa meridionali capta et ex Museo Gothoburgensi ad me missa. Specimen quod descripsit Cel. Peters in agro Herero Africa occidentalis inventum est. — Varietatis f exemplum sin- gulum, cujus patria est ignota, in Mus. Holm. asservatur. Transitum format hic Buthus ad gen. Androctonum (HEMPR. et Enr.), THoR.; differt ab Androctonis eo preesertim, quod ipsi margines superiores segmenti caudalis 5' carinam compressam non formant. Verisimiliter eadem est hac species atque Scorpio australis HerBst, loc. cit., ad quem S. australis Linn. * a HeRBST relatus est, sed vix jure. In descriptione S. australis LinnzI hec tantum verba in nostram speciem cadunt:“ manibus levibus, , et “ ha- bitat in Africa ,; dentes pectinum in specie LinnzI 32 esse di- cuntur, in nostra vero specie plures sunt, saltem in exemplis sat multis a nobis lustratis. Ut jam diximus ?, S. australem Linn. 1 Syst. Nat., Ed. 10, I, p. 625. 2 On the Classification of Scorpions, I. c., p. 7. ETUDES SCORPIOLOGIQUES. 107 ad Androctonum funestum HemPr. et EHR.'!, cujus speciei exem- plum veterrimum in Museo Holmiensi sub nomine “ Scorp. austra- lis LINN. , asservatur, referendum censemus. — Num eadem est species B. villosus noster atque Androctonus Iros C. L. KocH °, qui (ut preterea S. australis HeRBST) 32 tantum dentes in pec- tinibus habere dicitur, aliisque rebus quoque a 2. villoso differre videtur? B. Dori n. luteo-testaceus, cephalothoracis carinis latera- libus posticis evidentissimis, longis et sinuatis, segmentis abdo- minalibus costis trinis, lateralibus antice divaricantibus, munitis, caude carinis superioribus granulosis vel crenulatis; segmentis cauda 2° et 3° paribus trinis tuberculorum magnorum subter munitis, 3° preterea et 4° serie transversa tuberculorum ejus- modi 4 ad basin subter ; segmento cauda 5° plus duplo lon- giore quam latiore, carinis inferioribus lateralibus versus apicem tuberculato-lobatis; vesica ad basin subter paullo granulosa, pre- terea levi; manibus brachio latioribus, digito manus mobili manu postica duplo longiore; dentibus pectinum circa 20—22. — Long. citciter 74 millim. Cephalothorax antice truncatus, angulis leviter rotundatis, postice levissime ter sinuato-emarginatus, angulis posticis rotundatis et retro sub-productis, ca- rinis ordinariis granulosis optime expressis, inter carinas subtiliter rugulosus et hic illic granulis sparsus; prope marginem anticum seriem densam et rectam granulorum habet; carine media antice due, non parum pone oculos ini- tium capientes, primum leviter incurvae sunt, tum, ante oculos, foras et de- nique rursus intus curvate, spatio interjecto (interoculari) excavato usque ad marginem anticum pertinenti, plus duplo longiore quam latiore, in medio constricto, parte anteriore breviter ovata paullo longiore et latiore quam parte posteriore ea quoque breviter ovata; in lateribus ante oculos dorsuales utrin- que granulis nonnullis sparsus est cephalothorax. Postice ad marginem ejus series transversa granulorum adest peene dimidium latitudinis maxime ce- phalathoracis occupans, que series, leviter sinuata vel bis sub-procurva, cum A Vorliufigo Uebersicht der in Nord-Africa und West-Asien einheimischen Scor- pione, etc., în Verhandl. d. Gesellsch. d. Naturforsch. Freunde in Berlin, I, 6, p. 356; EBRENBERG, Symb. Phys., p, 7, Tab. II, figghba — 5 f. ? Die Arachn., V, p. 93, Tab. CLXIX, fig. 401. 108 T, THORELL, carinis lateralibus ordinariis juncta est. Carine laterales magis extus, ad marginem posticum cephalothoracis, initium capiunt, primum intus et paullo anteriora versus directa et leviter sinuate, tum anteriora versus directa (hic igitur parallele), tum (in medio inter marginem posticum et oculos dorsua- les) foras et anteriora versus, denique rursus anteriora versus duct@; area quam postice includunt (antequam foras diriguntur) postice plus duplo; antice pene duplo latior est quam longior. Mox pone aream illam excavatam intra- ocularem carine duae breves sub-incurve postice paullulo divaricantes con- spiciuntur, que aream parvam dimidio latiorem quam longiorem definiunt: inter apicem eorum . posticum. et. carinas laterales ordinarias granula pauca adsunt. Oculì dorsuales spatio disjuneti quod eorum diametro pene duplo majus est; oculi laterales 3 principales sub-wequales, spatiis minutis sejuneti; oculus accessorius parvus apud posticum, paullo magis intus, adestj supra se- riem oculorum lateralium series granulorum paucorum rotundatorum adest. |, Segmenta abdominis dorsualia, 1% — 6% subtiliter: rugulosa sunt, in mar. gine postico serie granulorum et versus medium costis tribus longitudinalibus predita, quarum laterales anteriora versus divaricant et apice antico, pra- sertim in segmentis anterioribus, foras sunt curvate, omnes he coste serie densa granuloram munite; preterea utrinque, magis postice, in fagum latum humillimum elevata: sunt segmenta 1°— 6%, et in his jugis granulis sparsa, exceptis segmentis 1° et 2°, ubi loco jugorum carina brevis granulosa utrin- que adest, que a margine postico intus et paullo anteriora versus ducta cum apice antico carine lateralis Iongitudinalis conjuncta est. Seem. 7 5 costas fortes et dense granulosas habet, mediam postice abbreviatam, laterales fora curvatas, preesertiminteriorem. Segmenta ventralia levia, nitida; 1%—4® utrin- que costa levi humillima ad longitudinem,, et punctis impressis, saltem. binis prope centrum, munita; segm. 4° vestigia. costarum duarum secundum. me». dium ostendit, segm. 5” costas 4 crenulatas habet, exteriores apice abbre-, viatas. Cauda longa,. sat fortis, segmentis desuperne visis in lateribus leviter (segna. 1° fortius) rotundatis. Segm. 1% — 4", secundum medium leviter excavato= sulcata, carinas 8: ordinarias bene expressas habent, et preeterea carinam la- teralem. mediam. in segm. 1° — 3°, in 1° perfectam, in duobus sequentibus ab- breviatam. Carine dorsuales granulose, in segm. tamen 4°, ubi minus sunt. express; obsoletius quam in reliquis granulose. Carina laterales superiores in omnibus his. segmentis granulose, laterales inferiores:in segm. 1° et 2° crenula» te,in sequentibus potius granulosee dicende. Carine inferiores media in segm. 1° crenulate, in sequentibus granulose; pretereatuberculisaltis, quorum plera- que per paria carinis mediis inferioribus sunt imposita, subter armata sunt segm. ga — 4: duo tubercula liumiliora ad basin et tria paria tuberculorum ma- jorum paullo longius pone ea ostendit segm. ‘2%, quattuor in seriem procurvam ordinata ad ipsam basin et tum tria paria habet segm. 3% (pari primo in his stre Me e ae e n citi dar _ ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 109 duobus segmentis pàullo ante medium segmenti sito, pari tertio in apice seg» menti); seem. 4% modo 4 tubercula, in lineam transversam ordinata, in mar» gine basali sita ostendit. Insterstitia inter carinas in lateribus et subter sub- tiliter coriacea et granulis inequalibus sparsa. — Segm. 5” in lateribus pa- rum rotundatum, apice 2eque latum ac basi, a latere visum supra leviter, sub- ter parum arcuatum; supra transversim leviter convexum, secundum maxi- mam partem longitudinis sulco sat lato sed non profundo munitum, versus latera parum granulosum, nitidum, in ipso margine laterali superiore serie granulorum parvorum instructum; latera ejus granulis nonnullis inequalibus sparsa sunt, subter carinas tres crasse granulosas habet, quarum laterales in- ter medium et apicem in 2 vel 8 tubercula vel dentes magnos apice rotunda- tos elevate sunt; ipse apex segmenti in lobos rotundatos circiter 5 (vel 7) di- latatus est, quorum laterales superiores reliquis majores sunt, inferiores tres breves, apice emarginati. Insterstitia inter carinas subter in hoc segmento granulis et tuberculis ineequalibus sparsa, quorum maxima duas series longi- tudinales apice abbreviatas formant. Vesica brevis, crassa, a latere visa sub- hemispheerica, supra paullo convexa et ad basin leviter impressa, in lateribus ad basin profunde impressa; fere laevis, subter versus basin tamen granulis humilibus paullo inequalis; aculeus longus et fortis (in exemplis a me visis summus apex abruptus est). Palporum humerus 4 series denticulorum in marginibus habet; in latere superiore plano vel: potius levissime concavo granulis minutis ineequalibus sparsus est; latus ejus anticum secundum longitudinem in costam obtusam elevatum et in hac costa granulis nonnullis majoribus sparsum. Brachium po- stice et supra teretiusculum, nitidum ; latus ejus anticum subter ab apice ver- sus basin sensim paullo elevato-incrassatum est et hic secundum. longitudinem costas duas, versus basin internodii paullo appropinquantes et serie denticulo- rum sat magnorum munitas habet; in marginibus superiore et inferiore hoc latus serie denticulorum vel potius granulorum limitatum est. Supra secun- dum medium vestigia coste sub-granulose ostendit brachium; magis postice vestigia costarum duarum levium certo saltem situ visibiles sunt. Manus subovata, brevis, intus fortiter, extus parum arcuata, ad longitudinem le» viter convexa, leevis fere, punctis modo nonnullis impressis piliferis sparsa, Digiti longi, acie recta, ordinibus denticulorum secundum medium ejus cir» citer 13. - Pectinum dentes 20—22; lamella intermedia prima angusta, non deorsum fortiter dilatata. Pedes femora in margine inferiore serrulata, in superiore denticulata vel crenulata habent, et praeterea lineis duabus elevatis denticulatis munita sunt; tibie quoque subter et in margine inferiore plus minus dense et, fortiter den- ticulate, vestigiis linea vel linearum duarum elevatarum. Color luteo-testaceus, dorso abdominis saturatiore, macula circum oculos 110 T. THORELL, dorsuales nigricanti; vesica pallide testacea, linea singula in lateribus duabus- que subter fuscis, aculeo apice late fusco. Mensure. — Long. corp. 74; long. cephaloth. 9, lat. 10; lat. front. 5 !/,; dist. oc. dors. a marg. ant. 3 !/,, a marg. post. 5. Cauda 44: se&m. I long. 51/0, dat. 5!/,; II long. 6, lat.5./4-; IN. Ig. 64/,, lat. 4%/,; (IVde. 705, lat. (41/; Vle. 8#/,, lat. 4, VI lg: saltem 8), (ves. 54/5, ‘acul.42), lat. 4, alt. 31/,. Palpi 33: hum. lg. 74/y, dat. 21/,; brach.lg..84/,\lat.34;; 59 man. c. dig. 15 3/,; man. lg. 6 !/,, lat. max. 4, min. 3 !/,, alt. 3; man. post. 51/,; dig. mob. 11, immob. 9!/,. Ped. I 18, II 22, I 27 1/,, IV 80. Pecti- num latera 7, 5 5/,, 2; dentes eorum circa ?/, millim. longi. Patria: Persia. Duo exempla vidi, in spiritu vini condita, que ad Teheran invenit et ex Museo Civico Genuensi benigne mecum communicavit Illustr. March. JAc. Doria. — Armatura singulari in latere inferiore caude hac species sine dubio ab omnibus aliis huc usque cognitis facile distingui poterit. B. brevimanus n. fusco-testaceus, palpis pedibusque sordide testaceis; cephalothorace costis carenti, sat subtiliter et aequa- liter granuloso; abdomine subtiliter granuloso quoque; cauda versus apicem sensim paullo angustata, segmento 4° carinis in lateribus et infra carenti; segmento 5° pene duplo longiore quam latiore, carinis lateralibus inferioribus primum granulosis, tum, versus apicem segmenti, sub-lobatis; palpis brevibus, gracilibus, manibus laevibus, brachio parum latioribus, digito mobili manu postica circiter dimidio longiore, ordinibus denticulorum secun- dum mediam aciem ejus 7,—8; dentibus pectinum circa 24 (2) vel 30 (o). — Long. £ circa 50, & circa 42 millim. Var. (?) 8, segnis, manibus brachio non parum latioribus, in- flatis, ordinibus denticulorum secundum mediam aciem digitorum 9—11, dentibusque pectinum 36 (cauda ignota); preterea ut in forma principali est dictum. — Long. trunci 27 millim. Forma princip. — Cephalothorax antice levissime rotundatus, postice trun- catus, granulis minutis dense et 2equaliter obsitus, impressionibus omnibus pa- rum profundis, costis carens; ad marginem posticum adest sulcus transver- sus ordinarius bis procurvus, a quo exit sulcus ad tuberculum oculorum dor- sualium, utrinque ramos binos transversos leves et breves emittens; hoc tu- berculum sulco medio lato et profundo in arcus duos supraciliares leeves di- visum est, qui ut sulcus etiam latior pane usque ad marginem anticum conti- ETUDÉS SCORPIOLOGIQUES. 111 nuatur. Spatium inter oculos dorsuales eorum diametro circiter dimidio ma- jus. Oculi laterales principales parvi, equales fere et sub-contingentes, in seriem rectam dispositi; oculi laterales accessorii bini distincti, etsi minutissimi. Segm. abdominalia dorsualia, in dimidia parte postica dense et subtiliter gra» nulosa, antice omnium subtilissime rugolosa sunt; aream mediam oblongam a limbo antico ad marginem posticum pertinentem ostendunt, que subtilissime granulosa est et in medio in costam longitudinalem distinctissimam posteriora versus angustatam elevata. Segm. 7%, preeter elevationem mediam antice, co- stas duas leves granulosas (exteriorem longiorem, foras curvatam) postice u- trinque habet; praterea, ut segmenta priora, in medio subtilissime, in late- ribus paullo minus dense et paullo crassius granulosum est. Venter nitidus, levis; segmentum ejus ultimum vestigia costarum tenuium duarum levium utrinque ostendit et ad margines laterales postice paullo granulosum est. Cauda mediocris, a basi versus apicem sensim paullo angustata. Segmenta ejus. 1"—4" inter carinas granulosa, supra ad longitudinem sat late sulcata et secundum medium omnium densissime et subtilissime granulosa, carinis superioribus in segm. 1°—3° debilibus, sat subtiliter granulosis, carina media laterali tenui granulosa in segm. 1° et 2° et (ad partem) 3° manifesta quoque, carinis inferioribus in his segmentis distinctis et granulosis (in segm. 1° ta= men minus expressis magisque leevibus), lateralibus earum posteriora versus appropinquantibus; segm. 4% forma est segm. 3", sed aqualiter et sat dense granulosum, et caret omnino carinis lateralibus et inferioribus. Segm. 5”, a ‘ latere visum supra fortius, infra leviter modo arcuatum, in lateribus et supra sat dense granulosum est; supra ad basin sulcum habet ad medium segmenti pertinentem et tum in foveam levem vel impressionem magnam dilatatam ; in margine superiore rotundato granulosum est, granulis vix seriem forman- tibus; carina ejus inferior media non distincta, serie parum aquali granulo- rum indicata, carine inferiores laterales parum expresse, serie granulorum munite, que versus apicem segmenti majora, compressa et obtusiora evadunt, lobos tres gradatim majores formantia; ipse apex segmenti utrinque in lo- bum ejusmodi etiam majorem retro productus est. Vesica ad basin utrinque dentem fortem crassum vel angulum acuminatum format; a latere inferiore visa ovata est, granulis sat magnis sparsa. Palpi breves, graciles; humerus antice rectus, postice parum arcuatus, supra subtilissime granulosus, ordinibus 4 ordinariis granulorum in marginibus, or- dine superiore posteriore e granulis minoribus et minus aqualiter ordinatis composita; latus anticum granulis nonnullis majoribus aliisque parvis sparsum. Brachium supra subtiliter granulosum, sed costis vel ordinibus granulorum ibi carens, teretiusculum, in latere antico sensim ab apice basin versus in- crassatum et sub-angulato-elevatum et granulis dentibusque paucis munitum, dente uno, in ipso angulo sito, sat magno, obliquo. Manus parva, brevis, intus leviter, extus vix arcuata, laevis, nec costata nec granulosa. Digiti 112 T. THORELL, sat crassi et breves, param curvati, ordinibus denticulorum secunduta mediam aciem 7—8. : Pectinum lamella intermedia prima lata, deorsum rotundato-dilatata ; dentes pectinum 24. Pedes longi, graciles, subtiliter granulosi, granulis hic illic in series longi- tudinales singulam vel binas ordinatis. | Color. Corpus supra sordide fusco-testaceum, subtet pallidius, cum palpis et pedibus sordide testaceum : tuberculum oculorum et oculi nigra ; aculeus fuscus. Specimen jam descriptum verisimiliter femina est. Marem ejus exemplum duco, quod vix differt nisi cauda longiore et segmentis abdominalibus etiam antice evidenter, etsi subtilissime, granulosis (magis tamen subtiliter quam postice). Hoc exemplum longe et dense pilosum est; segmentum cauda 1° paullo longius est quam latius, segm. 5® vix longius quam segm. 4%; dentes pectinum 29—30. Cum femina supra descripta asservatur exemplum mutilatum (cauda carens), quod fortasse varietas (B, segnis) ejus est, quamquam majus et aliis quoque notis paullo aberrans. Cephalothorax eodem modo formatum et granulosum est ut supra scripsimus; segmenta dorsualia abdominis postice subtiliter, ans tice subtilissime granulosa, costa media minus evidenti. Manus crassior multo est quam brachium, intus fortiter arcuata et inflata, extus leviter arcuata; digiti paullo longiores sunt, ordinibus denticulorum 9—11 secundum mediam aciem. Dentes pectinum 36. An propria species ? ‘ Mensura. — £. Lg. corp. 50 millim.; lg. cephalotk. 5 !/,, lat. ej. 6, lat. frontis 3 +; dist. oc. dors. a marg. ant. 2!/,; a marg. post. 24/, millin. Cauda 27/1 seem. Io 3 to. vat. 31/55 alt. 0; No. 4 lat. 3 4-; IV lo. 4/,, lat. 34; Vo. 51/,, lat. 3, alt. 20, —«(Cé paullo minus quam 2 !/,); VI lg. 5 (ves. 3, acul. 21/,), lat. 21/,, alt. 23), Palpi 16: hum. 1g. 4, lat. ‘13/0; braci ip. 4%, lat. 1°) alone mar. lg. 31/,, lat. max. 2, min. 1°/,, man. post. lp. 24/,; ds. mob: #4, immob. 3 !/, millim. Pedes I 10 1/,, II 13, II 17, IV 20 millim. Pectines lg. 5 5, lat. 1 !/,; dentes eorum. circa */; millim. longi. o. Lg. corp. 42, lg. cephaloth. 5 millim.; cauda 28 3/,: ses. I lo. 4 +, lat.20 tc: 0Vilo. 5 8, lat. 305. Var. B, segnis. Lg. trunci 27, lg. cephaloth. 9, lat. ej. 10 1/,, lat. front. 6; dist. oc. dors. a marg. ant. 4, a marg. post. 4 1/,. Cauda? -- Palpi 29: hum. le. 69, lat. 3*/,; brach. lg. 7, lat/3 4; man. €. die. do, aio lat. max. 4, min. 3 !/,, alt. 3 1/,; man. post. lg. 5 !/,; dig. mob. 8, immob. 6 1/, rhillim. Ped. I 18, II 24, III 80, IV 34:!/,. Pectines lg. 10!/,, lat. 2; den: tes 1 4 millim. longi. Patria: Africa meridionalis. Feminam forme principalis supra descriptam et exemplum singulum Var. 8, a Cel. C. J. ANDERSSON ETUDES SCORPIOLOGIQUES. 113 inventa, ex Mus. Gothob. obtinui; mas forme principalis in Mus. Holm. asservatur, a Cel. J. A. WAHLBERG in Caffraria captus. Omnia tria exempla in spiritu vini condita. B. Hedenborgii N. nigro-fuscus, digitis et apice pedum palli- dis; cephalothorace crasse granuloso, costis duabus longitudinali- bus parallelis postice; cauda mediocri, versus apicem sensim paullo angustata, segmentis 1°—4° et supra et subter evidenter carinatis, carinis denticulatis, granulosis vel crenulatis, segmento 5° duplo longiore quam latiore, in margine superiore granulato, carinis inferioribus lateralibus serie densa dentium minorum obtusorum munita, vesica subter crasse granulosa; digito manus mobili manu postica duplo longiore; dentibus pectinum circa 23—24. — Long. saltem 56 millim. Cephalothorax antice tota latitudine levissime emarginatus, postice trunca- tus, in lateribus ad angulos posticos sub-rotundatus, lateribus tum fere rectis, denique pone oculos laterales sinuato-emarginatus et fortius angustatus, limbo subtiliter granuloso ; supra granulis crassis sat dense sparsus, que in lateri- bus in series elevatas minus equales ordinata sunt; ad marginem posticum adest sulcus transversus ordinarius, !/, latitudinis cephalothoracis longitudine 2equans, cujus a medio sulcus profundus ad tuberculum oculorum dorsualium ductus est, hoc sulco utrinque ramos duos transversos emittenti; ab extre- mitatibus sulci medii transversi postici coste due parallele anteriora versus sese extendunt, serie granulorum munite; tuberculum oculorum dorsualium sulco lato divisum, lateribus hujus sulci in medio lavibus, postice et antice granulosis, antice in costas duas granulosas primum divaricantes, tum rursus paullo appropinquantes productis, interstitio inter has costas oblongo, sub-ovato, sub-excavato, parum granuloso. Oculi dorsuales spatio diametro sua duplo circiter majore disjuncti; oculi 3 laterales principales aequales et spatiis minutis tan- tum et 2qualibus inter se remoti, sulco sat profundo a margine cephalothora- cis sejuncti; oculos accessorios non certo a tuberculis pone et supra oculos la- terales principales dignoscere possum. Segmenta abdomnalia dorsualia 1°—6% in medio costam longitudinalem granulosam habent, antice ramulum parvum oblique foras et retro directum utrinque emittentem; postice costam obliquam fortiter foras curvatam granu- losam utrinque ostendunt quoque, his costis non usque ad limbum anticum seg- menti pertinentibus; pone eas crasse et sat dense granulosa sunt segmenta, preterea minus dense et crasse. Segm. 7%, in marginibus lateralibus et postico dense granulosum, antice costam latam abbreviatam sub-granulosam habet, et utrinque costas binas; quarum interior fortiter foras curvata est, apice an- xx. $ 114 © T. THORELL, tico pene ad apicem costa exterioris leviter modo sinuate pertinenti ; spa- tium inter costas minus dense et minus fortiter granulosum quam sunt ipse co- ste. Venter levis, segmento ultimo excepto, quod 4 costas sub-granulosas habet, medias parallelas, antice abbreviatas, laterales breviores, et antice et postice abbreviatas ; preeterea hic illic granulis paucis minoribus sparsum est hoc segmentum, preesertim ad ipsum marginem eum quoque granulosum. Cauda mediocris, versus apicem sensim paullo angustata, segm. 5° fere du- plo longiore quam latiore basi, versus apicem paullo angustiore. Segmenta 1»— 4% supra sat late excavato-sulcata, ordine longitudinali granulorum inter carinas dorsuales utrinque (his ordinibus in segmentis 1° et 4° preesertim con- spicuis), in lateribus et infra inter carinas sparsim granulosa; carine omnes octo sat fortes, dorsuales denticulatae (dentibus obtusis), laterales superiores granulose potius dicende, inferiores crenulate; segm. 1"—3" preterea ca- rina laterali media granulosa pradita, in segm. saltem 3° antice abbreviata. Segm. 5", a latere visum, supra et subter sat leviter arcuatum et versus api- cem magis angustatum; supra ad basin sulco medio praditum, qui mox in impressionem magnam oblongam dilatatur fere usque ad apicem posticum segmenti pertinentem; ad margines supra granulis sparsum est; latera serie granulorum supra limitantur et preterea granulis sparsa sunt. Subter carinas ires ostendit hoc Segmentum, laterales serie dénsa granulorum fere equalium vel potius dentium obtusorum munitas, mediam minus distinetam et minus eequaliter granulosam; interstitia inter carinas granulis sat magnis sparsa, que versus basin segmenti utrinque pane in seriem longitudinalem ordinata sunt. Vesica inverse ovata fere, subter et in lateribus granulis magnis sub-seriatis munita, sulcis mediis ordinariis parum expressis, lateralibus latis sed non pro- fundis; ad basin, supra, utrinque tuberculum minus ostendit. Mandibule leves, apice tantum inequales; digitus mobilis furcam format apicibus aeque fere magnis; in margine superiore dentibus 4 compressis sub- triangulis, duobus basalibus minoribus, instructus est, in margine inferiore dentibus binis longis; digitus immobilis apicem singulum habet et in mar- gine superiore dentes binos compressos, basalem apice bifidum, alterum sub- triangulum (ita in omnibus Androctonoidis a me visis); margo inferior digiti immobilis dentes duos sat longos ostendit, ut in reliquis Androctoninis. Palpi sat graciles, longitudine trunci. Humerus et postice et antice pene rectus, vix arcuatus, latere superiore ordinibus duabus parallelis granulorum definito, opaco, subtilissime tantum et inequaliter granuloso, pene levi; latus anticum, transverse convexum sive teretiusculum, infra quoque serie granulo- rum definitur et series duas longitudinales granulorum majorum habet. Bra- chium paullo longius et crassius quam humerus, ab apice versus basin sensim paullo dilatatum, in latere anteriore granulosum, granulis majoribus series duas longitudinales formantibus, granulo primo (basali) horum ordinum majore, den- tiformi; latus superius duas series longitudinales granulorum parvorum habet, ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 115 quarum exterior in medio angulatim intus curvata est, interior magis recta; coste due levissime longitudinales laeves in latere postico adsunt quoque. Ma- nus parva, latitudine fere brachii, intus arcuata, extus fere recta, fere leevis, non costata, tantum in latere interiore subtiliter granulosa. Digiti longi, gra- ciles, teretes, costa expressa nulla; ordinibus denticulorum secundum medium aciei 12—13. Sternum triangulum, parum longius quam latius; lamine genitales apice rotundate. Pectines angusti; lamella intermedia prima parva et angusta, non deorsum dilatata; dentes pectinum 23—24. Pedes graciles, femoribus et, in pedibus saltem posterioribus, tibiis et tarso- rum articulo 1° costis binis granulosis vel ordinibus binis granulorum longi- tudinalibus munitis, femoribus et tibiis praeterea in margine superiore et in- feriore granulosis vel crenulatis. Color nigro-piceus, subter pallidior, sub-cinereo-variatus; manus reliquo corpore paullo dilutiores, digiti, ut apices pedum, testacei. Cauda supra quo- que paullo pallidior; aculeus sub-ferrugineus. Mensure. — Lg. corp. 56; lg. cephaloth. 6, lat. ejus 7, lat. frontis 3 1/,; dist. oc. dors. a marg. ant. 2 +, a marg. post. 3 !, +: Cauda 32: segm. ejus I Ioia 41) alt::31,,; IL le. 44/;, lat. BEI Jo. 41/.. lat. 35/jp: IVrle. 5, lat. 3 2/,; V Ig. 6 #/,, lat. 3 ‘/,, alt.31/, — (i. e. paullo minus quam 3 1/, millim.); VI Ig. 6 1/, (ves. 4, acul. 3), lat. 3, alt. 3 millim. Palpi 24 !/,: bum. loto [-olat2: brach..Jg, 6:1/,, lat. 25/,;-man..c.dig..111/;;(man.)g. 48/, lat. max. 2 ?/,, lat. min. 2, man. post. lg. 4; dig. mob. 8, immob. 7 —. Ped. I 128/,, II 13 ‘/,, IIl 18, IV 21 millim. Pectines lg. 5 #,, lat. 1; dentes circa 1 millim. longi. Patria: Syria. Exemplum ibi a Cel. D.'° J. HEDENBORG captum, in spiritu vini asservatum possidet Mus. Holm. (quod supra de- scripsi), ut et alterum paullo majus (long. cephaloth. 7 '/s millim.) siccatum, id quoque ex Syria. B. Judaico Sim.! haec species valde affinis videtur: in eo au- tem carine cauda inferiores laeves dicuntur et sesmentum cauda 5” 4/3 tantum longius quam latius, quibus notis nonnullisque aliis B. Judaicus a nostra specie differre videtur. B. conspersus n. olivaceo-testaceus, nigro-maculatus, abdomi- ne supra ordinibus 5 longitudinalibus macularum nigrarum ornato, mediis tribus prasertim conspicuis; cephalothorace postice costis 4 Arachnides de Syrie, rapportés par M. Ch. Piochard de la Brulerie (Scorpions et Galéodes), in Ann. de la Soc. Ent. de France, 5° Sér., II, 1872, pp. 247, 252, 116 T. THORELL, duabus anteriora versus appropinquantibus munito; segmentis abdominalibus trinis costis sub-parallelis instructis; cauda basi apiceque paullo crassiore, carinis omnibus ordinariis bene expres- sis et granulosis, carinis dorsualibus apice dente majore praditis, vesica subter granulosa, aculeo brevissimo; palpis longis et gra- cilibus, digitis manu postica duplo saltem longioribus; dentibus pectinum circa 14. — Long. circa 39 millim. Cephalothorax antice non evidenter emarginatus, sed potius ad rectam li- neam truncatus, postice truncatus; granulis parvis inequalibus densis scaber, postice sulco transverso ordinario et sulco ab eo ad tuberculum oculorum dorsualium procurrenti munito, hoc tuberculo scabro, sulco lato et forti in duos arcus supraciliares granulosos diviso, qui anteriora versus ut coste granulosae pene ad marginem anticum continuantur, ita curvati ut aream sub-excava- tam, anguste ovatam fere, minus crasse granulosam circumdent; a margine postico coste due ingequales fortes sranulose usque ad medium cephalotho- racis product sunt, anteriora versus evidenter appropinquantes; spatium quo postice sunt disjuncta !/, latitudinis maxima cephalothoracis non equat. Oculi dorsuales:inter se spatio distant quod oculi diametro duplo saltem majus est. Oculi laterales principales, in seriem rectam dispositi, sub-equales et contin- gentes pene; oculi accessorii bini minuti distincti. Segmenta abdominalia dorsualia 1"—6" granulis parvis sat densis scabra, granulis in ipso margine hic illic majoribus et magis prominentibus; in medio trinas carinas fortes, sub-parallelas (laterales posteriora versus paullulo tantum appropinquantes), paullo granulosas ostendunt, quarum apex posterior ut dens retro directus prominet. Segm. 7® carinam mediam abbreviatam antice habet, et in lateribus utrinque carinas vel costas binas obliquas longas granulosas, interiorem fortius quam exteriorem foras curvatam ; inter carinas granuloso- rugosum est, ut reliqua segmenta dorsualia. Venter fere loevis: segm. 4° et o" tamen costis 4 longitudinalibus sub-granulosis (in segm. 4° antice abbre- viatis) instructa sunt, segm. 2% et 3" postice duas ejusmodi costas brevis- simas, singulam ad utrumque latus, ostendunt. Cauda mediocris, basi et apice paullo crassior quam in medio, inter cari- nas in lateribus et subter sat subtiliter granulosa. Segmenta 1%—4® supra ad longitudinem excavato-sulcata et paullo crassius granulosa, carinis ordinariis 8 bene expressis et omnia preterea carina media laterali perfecta (non abbreviata) instructa; carine omnes serie distinctissima granulorum preedite, granula, carinarum superiorum dentes potius dicenda, dente ultimo majore, magis acu- minato. Segm. 5" desuperne visum non versus apicem angustatum, supra ad basin in medio sulcatum, hoc sulco fere a medio segmenti in impressionem oblongam dilatato, supra versus margines sat crasse granulosum, granulis po- ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 117 ‘stice fortioribus, sub-acuminatis; a latere visum supra paullo fortius quam infra arcuatum est, versus apicem paullo angustatum, carinis lateralibus su- perioribus et inferioribus bene expressis, serie granulorum acuminatorum sive denticulorum instructis, his denticulis versus apicem segmenti non in lobos dilatatis; carina inferior media bene expressa quoque, serie densa denticulorum minutorum munita ; interstitia inter carinas granulosa, granulis infra utrinque, in medio interstitii, versus basin, in seriem minus gequalem ordinatis. Vesica crassa, ovata, subter granulosa, ad basin supra non in procursus producta, subter et in lateribus granulosa, sulcis duobus inferioribus spatio valde an- gusto separatis; aculeus brevissimus, debilis. Palpi longi, graciles; humerus postice fere rectus, ut antice, costis 4 mar- ginalibus optime expressis, serrulatis; latere antico carina media longitudinali densissime serrulata preedito, lateribus superiore, antico et postico praterea magis subtiliter granulosis. Brachium in latere anteriore ab apice basin versus sensim paullo incrassatum (ut fere semper), costis 8 granulosis longitudinalibus circumdatum, quarum du, in latere ejus anteriore, dente sat parvo, versus basin internodii sito, terminantur ; inter costas supra subtilissime granulosum est brachium. Manus parva, angusta, intus paullo arcuata, extus fere recta, intus subtiliter granulosa, supra quoque subtiliter et minus 2equaliter granu- loso-reticulata, costis paucis longitudinalibus tenuibus granulosis munita, in medio manus supra minus @equalibus, versus latera continuis et perfectis. Di- giti longi et gracillimi, teretes, leviter incurvi, ordinibus denticulorum secun- dum mediam aciem circa 12. Sternum triangulum, vix longius quam latius. Pectines breviores, dentibus 14; lamella intermedia prima angusta, non deorsum fortiter dilatata. Pedes granulosi, lineis elevatis crenulatis in femoribus, tibiis et articulo saltem 1° tarsorum, margine presertim inferiore femorum et tibiarum acu- tissime serrulato. 1 Color olivaceo-testaceus, subter pallidior, cephalathoracis costis posteriori- bus, costis ejus mediis anticis incurvis, tuberculo oculorum dorsualium et his oculis, ut et stria laterali utrinque antice nigris, angulis anterioribus late nigris quoque. Abdomen ordinibus tribus parallelis macularum nigrarum, in quibus costa posite sunt, et utrinque, versus margines, serie macularum minus expressarum ejusdem coloris ornatum. Cauda subter versus apicem (in segm. 9° preesertim) lineis 4 longitudinalibus obscuris picta, punctisque paucis nigri- cantibus in lateribus sparsa; vesica testacea, subter vitta media sub-geminata longitudinali fusca notata, sulcisque lateralibus infuscatis; aculeus apice late fuscus. Palpi et pedes supra maculis parvis et punctis nigris sparsi, digitis tarsisque immaculatis. Mensure. — Lg. corp. 39; lg. cephaloth. 5 2/,, lat. ej. 6 3/,, lat. front. 3 1/3, dist. oc. dors. a marg. ant. 2 !/,, a marg. post. 3 —. Cauda 24: segm. I lg. 3 + lat. 3 +, alt. 2 4/;; II ig 3 */g; lab. 2%; II Ig. 8 *, lat. 25, +; IV 118 T. THORELL, lg 4, lat. 2 1/,; Vle. 5, lat.21/, +, alt. 2 1/,; VI le. 5 1/, (ves. 4, acul. 19/), lat: 2#/,, alt. 24/0! Palpi 21:hum.vVlo, ere e lo.'54/,, lat. 1:54; man‘ c.‘dip.19;? man. Ip. 84/3 latina ti ae man. post: lg. 8; dig. mob.'6-1/, immob.15%)). Ped W10,c eee 15; IV 17 millim. Pectines lg. 3 !/,, lat. 1 !/, —; dentes circa !/, millim. longi. Patria: Africa meridionalis. Unicum exemplum vidi, in Caf- fraria a Cel. J. A. WAHLBERG captum (Mus. Holm.). Hexec species affinis certe est B.[Androctono] variegato (GuER.) 1833 * ex Nova Irlandia, qui tamen carinam singulam tantum in segmentis abdominis ostendit et cujus brachium in latere su- periore costas leeves habere dicitur. Figura a Cel. Gufrin data 12 tantum dentes in pectinibus hujus speciei ostendit. SuBFAM 6CENTRURINI Gen. LEPREUS TtHor. L. pilosus Tror. densius pilosus, pallide vel sub-cinereo-testa- ceus, oculis nigris, cauda apice plus minus infuscata; cephalotho- race subtiliter granuloso, segmentis quoque abdominalibus sub- tiliter et parce granulosis, costis trinis abbreviatis parallelis versus medium postice; cauda gracili, segmentis 1° — 4° sub-cylindratis, carinis inferioribus mediis carentibus, reliquis carinis debillimis, subtiliter denticulatis, segmento 5° carinis superioribus carenti, saltem 2 ‘/s longiore quam latiore, vesica sub aculeo longo mu- tica; brachiis non costatis; digito manuum mobili manu postica non vel vix duplo longiore, ordinibus denticulorum secundum me- diam aciem ejus 9; dentibus pectinum 29—31. — Long. circa 47 millim. Syn: 1876. Lepreus pilosus Tnor., On the classific. of Scorp., l. c., p. 7. Mas (haud dubie). — Totum corpus sat longum et angustum, pilis undique, in cauda, palpis et pedibus preesertim densis, vestitum. Cephalothorax, antice leviter sed late emarginatus, a latere visus dorsum fere rectum ostendit, tu- 1 Androctonus variegatus Guin., in Mag. de Zool., II (1832), Classe VIII, PI. 2. e I ÉTUDES SCORPIOLOGKUES. o 119 berculo oculorum dorsualium tamen fortiter eminenti; subtiliter et minus dense granulosus est, costis longitudinalibus postice carens, et sulco medio lon- gitudinali preeditus, qui a sulco transverso postico fere "——- formi procur- rit et sat profundus est, versus tuberculum oculorum dorsualium dilatatus at mi- nus profundus, utrinque ramum brevissimum transversum emittens; tubercu- lum oculorum sulco medio lato parum profundo excavatum, qui ante id in fo- veam parum expressam est dilatatus, arcubus supraciliaribus parce et subtiliter granulosis. Oculî dorsuales magni, spatio diametro sua fere dimidio majore disjuneti. Oculi laterales principales parvi, sub-xquales (posticus. tamen, ut videtur, reliquis paullulo major), contingentes, in seriem rectam dispositi, @ margine cephalothoracis spatio diametro sua paullo majore remoti; mox pone posticum eorum, et paullo magis intus, adest. oculus accessorius paullo mi- nor; oculum accessorium secundum paullo pone oculum principalem medium, intus, vidisse videor. Segmenta abdominalia dorsualia 1°"—6% versus medium marginis postici trinas costas gracillimas, brevissimas, parallelas, sub-crenulatas ostendunt, qua- rum media lateralibus longior est, in segmentis 5° et 6° dimidiam segmenti longitudinem circiter ®equans; praeterea pene levia, granulis tantum paucis minutissimis sparsa. Segm. 7® costam mediam latiorem subtiliter granulosam habet, granulis acuminatis, et utrinque duas costas bene expressas foras cur- vatas granuloso-denticulatas; interstitia inter has costas omnes granulis par- vis minus densis sparsa sunt. Venter laevis, nitidus, segmento ultimo magis opaco, sed costis et granulis distinctis carenti. Cauda longa et gracilis, segmentis 1°—4° sub-cylindratis (1° tamen desu- perne viso versus apicem sensim et levissime angustato). Segm. 1®"—3® (vix vero 4%) supra levissime et non late sulcato-excavata sunt, carinis superiori- bus omnium debillimis sed distinctis, dorsualibus subtiliter denticulatis, dente apicali paullo fortiori, carinis lateralibus superioribus (cum laterali centrali in segm. 1° et 2°), ut et vestigiis lateralium inferiorum etiam subtilius sub- denticulatis vel -granulosis; omnia heec segmenta carinis mediis inferioribus carent. Interstitia inter carinas, superius, granulis minutis non dense sparsa. Segm. 5”, prioribus paullulo latius, desuperne visum versus apicem paullo angustatum est, in lateribus levissime modo arcuatum, sulco medio angu- sto secundum medium; a latere visum versus apicem paullo angustatum et supra paullo magis quam infra arcuatum; subtiliter et dense granulosum, carinis superioribus carens, carinis inferioribus ordinibus tribus sub-infuscatis granulorum majorum indicatis. Vesica longius ovata, subter et in lateribus sat crasse granulosa, dente vel tuberculo sub aculeo carens; aculeus longus et gracilis. | Palpi graciles, longi; humerus supra, inter marginem anteriorem subtiliter et inequaliter denticulatum et marginem posteriorem denticulis minutis in eriem dispositis munitum quoque, planus est, margine inferiore-anteriore paullo 120 » T. THORELL, crassius denticulato; in latere anteriore dentibus paucis ad partem sat cras- sis instructus est, in latere posteriore seriem tuberculorum piliferorum pa- D rum expressam ostendit; ut reliquum palpi sat dense est pilosus. Brachium È teretiusculum, in latere interiore versus basin sensim leviter incrassatum et - granùlis dentibusque nonnullis, versus basin preesertim sat fortibus, preditum; supra, antice, pilis munitum tuberculis parvis impositis, preeterea leve. Manus ad longitudinem extus leviter, intus paullo magis arcuata, levis, costis et granulis carens; digiti longi, graciles, leviter incurvi, ordinibus denticulorum secundum mediam aciem 9. Inter laminas genitales parvas sub-triangulas lamina angusta oblonga in- serta est, que apice postico in duos dentes sub-erectos (penes) desinit. Pec- tines longi et angusti, dentibus 29—50. Pedes longi, graciles valde, parum granulosi, vix elevato-lineati. Color. Cinerascenti-testaceus, segmentis abdominalibus supra ad marginem anticum, prope medium, binis lineis longitudinalibus suh-impressis obscuris notatis, pedibus et palpis pallide testaceis, maculis oculorum nigris; cauda seomento 5° paullo obscuriore, subter lineis tribus nigricantibus notato ; vesica nigricanti, supra cum sulcis ordinariis testacea, aculeo basi late testaceo, pra- bi ierea ferrugineo-fusco. Mensure. — Lg. corp. 47; lg. cephaloth. 4 1/,—, lat. ej. 4 1/, , lat. front. 2; ì dist. oc. dors. a marg. ant. 1, —, a marg. post. 9 1,. Cauda 81 1/, : segm. I ig. 41/,, lat. 21/;, alt. 21), —; Il lo. 5, lat. 2/1/,; II 10.5 1}. i noRo Ad IV lg. 5 2; lat. 2 5/;; V 1o..54,, lat.124/4; alt2 SL Vee 2%, acul. 24, +); lat.:2—, alt. 1 38/{+ Palpi 19 */, : hum. Je. 5, td vix 13/;; brach. le. 5 1),; lat. 1.5/, +; man..e. dig. 8/:—: man. ig N00 max. 1?/;, min. 1!/, +; man. post. lg. 3 1/,; dig. mob. 51), —, immob.4 8/,. I Ped. I 10 #/,, II 13 ?/,, III 18, IV 21. Pectines Ig. 6 8/,, lat. 1 1/,; dentes | circa */, millim. b.: Specimen parum pilosum (verisimiliter detritum), quod sine dubio femina Junior hujus est. speciei, differt palpis et cauda brevioribus, pectinibus quoque brevioribus, dente eorum ultimo (apicali) reliquis duplo breviore, cephalo- thorace etiam magis subtiliter granuloso, segmento caude 5° ad maximam | partem nigro, testaceo-lineato, segmentis 3° et 4° subter nigro-lineatis, vesica | fere levi, vix granulosa, nitida, pallida, lineis ‘duabus nigricantibus subter. Oculus lateralis accessorius secundus distinctissimus. Nulla lamina intermedia inter laminas genitales. Pectinum dentes 31. — Long. corp. 32;1g. cephaloth. 3 i[,—, caude 18: segm. caude I lg. 2 1/,, Vle. 3 1, lat. 15, —; VI lg. 31/3 (ves. 2, acul. 1 8/,); palpi 13 i/,: brach. 16. 4, lat. 13), +; man. e. dig. 6, man. lg. 2 1/, —, lat. max. 11/, +, min. 14/,; man. Dos lg. 21/5; dig. mob. 4. Pectines lg. 3 3/,, lat. 31,3 dentes circa !/, millim. longi. Patria: Caffraria, ubi specimina duo supra descripta, nunc in spiritu vini asservata, invenit Cel. J. A. WauLBERG (Mus. Holm.). ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 121 L. vittatus n. pallide fusco-testaceus, cauda saturatiore, ab- domine sub-fusco, vittis tribus longitudinalibus flavo-testaceis, palpis pedibusque pallidis, digitis infuscatis; trunco sat dense et subtiliter granuloso, segmentis abdominis costa media singula munitis; cauda longa et gracili, supra tantum in segmentis 1° et 2° evidenter carinata, his carinis subtilissime denticulatis, preterea levi, segmento 5° plus 2 4/» longiore quam latiore, ve- sica sub aculeo tuberculo obtuso instructa; brachiis gfanulosis, non costatis, manibus apice intus dentieulatis, preeterea laevibus, digito manus mobili manu postica vix dimidio longiore, ordini- bus. denticulorum secundum mediam aciem 11; dentibus pecti- num circa 17—18. — Long. circa 53 millim. Mas (sine dubio). — Cephalothorax antice leviter sed late emarginatus, dorso a latere viso recto, tuberculo oculorum dorsualium parum prominenti; sulco transverso postico medio preeditus, sulcum medium longitudinalem sat profun- dum emittenti, qui per tuberculum oculorum dorsualium continuatur et ante id in foveam parum profundam dilatatus est; granulis parvis sat dense.sparsus, arcubus supra-ciliaribus modo subtilissime granulosis. Spatium inter oculos dorsuales eorum diametro paullo majus est; oculi laterales principales trini, qhi pene contingentes et sub-sequales sunt et lineam rectam designant, a margine cephatholoracis spatio distant quod oculi diametrum aquat; apud tertium eorum, paullo magis intus, oculus accessorius paullo minor adest; oculum accessorium secundum non certo videre possum. Segmenta abdominalia dorsualia 1—6% eodem fere modo ac cephalotho= rax granulosa, costa media longitudinali angusta parum crenulata instructa ; segm. 7 preter costam mediam postice abbreviatam costas utrinque duas satis distinctas, leviter foras curvatas, granuloso-denticulatas habet, et inter omnes has costas satis equaliter et subtiliter (ut reliqua segmen‘a) granulo- sum est. Venter leevis, nitidus; segm. ejus ultimum non evidenter costatum vel granulosum. Cauda longa et gracilis valde, pilosa, segmentis teretiusculis, evidenter latio- ribus quam altioribus. Segm. 1"—4 sulco evidenti sat forti supra exarata sunt, marginibus superioribus rotundatis, carinis dorsualibys in segmentis saltem 1° et 2° evidentibus, etsi debillimis, et omnium subtilissime denticulatis; carine relique omnes obsolete, vix ullae dicendae, nullis granulis indicate. Segm. 5" forma fere pracedentium, versus apicem modo paullo angustatum, sulco lon- gitudinali supra, inter medium et apicem in foveam lanceolatam paullo di- latato; a latere visum subter rectum, supra vix vel parum arcuatum, carinis omnino carens. Vesica a latere visa supra basi sub-depressa, preterea supra 122 T. THORELL, et subter levissime arcuata, tuberculo obtuso sub aculeo (qui sat fortis sed non longus est, et fortiter curvatus) munita, ut reliquum cauda punctulato- coriacea et punctis majoribus impressis sparsa. . Palpi minus graciles; humerus margines superiores anteriorem et poste- riorém (inter quos planus est, granulis minutis sparsus), ut marginem ante- riorem-inferiorem serie densa denticulorum parvorum munitos habet; latus ejus anticum granulis et tuberculis ad partem sat crassis densius sparsum est. Brachium teretiusculum, in latere anteriore ab apice versus basin sen- sim leviter incrassatum, in hoc latere granulis parvis et dentibus nonnullis sat crassis sparsum; supra antice et praesertim postice sat dense et subtiliter granulosum est, remanenti vitta longitudinali sub-plana fere levi, magis an- tice (intus); subter granulis subtilissimis minus dense est sparsum. Manus extus parum, intus levissime arcuata, ad apicem subter dentibus nonnullis parvis sparsa, preterea levis, costis et granulis carens. Digiti graciles, leviter et sequaliter incurvi, ordinibus denticulorum secundum mediam aciem 11. Pectines sat breves, dentibus 17 vel 18. Color. Pallide fusco-testaceus, trunco subter cinerascenti-testaceo, cephalo- thorace in formam trianguli inter oculos infuscato et praeterea striis paucis fuscis notato, oculis nigris; abdomine testaceo-fusco, vittis tribus (quarum me- dia multo evidentior quam marginales esse videtur) longitudinalibus flavo- testaceis, ex maculis trinis in singulis segmentis compositis ornato, his maculis in postica segmenti parte preesertim conspicuis; cauda preesertim versus api- cem saturatius testaceo-fusca. Palpi leetius fusco-testacei sunt, digitis infuscatis; pedes pallide fusco-testacei. ‘ Mensure. — Lg. corp. 53; lg. cephaloth. 4 3/,, lat. ej. 4 1/,; lat. frontis 2 1/,; dist. oc. dors. a marg. ant. 1 1/, +, a marg. post. 3. Cauda 34: segm. ej. Ilg.4°/,, lat.2-1/,, alt. 2; Io.54/,, lat.2%,—; IN lo. 50 IV'Ig. 61/3, dat. (2°, —; Vs. 6 09, dat. 2 155 al. 15 -MA (ves. 3 1/,, acul.2 —), lat. 1 8/, +, alt. 1 ?/,. Palpi 19 1: hum. lg. 4 1), lat. 1 !/,; brach. lg. 5 +, lat. 1 #/,; man. c. dig. 9; man. lg. 4.1), —, lat. max. 2, min. 1 */, +; man. post. lg. 4 —; dig. mob. 5 !/,, immobil. 4 8/,. Pppunes lo, 38), lat. 5l;, dentes circa !/, millim. longi. Patria: Caffraria. Exemplum singulum, in spiritu vini asser- vatum, a Cel. J. A. WAHLBERG captum possidet Mus. Holm. Gen. Lepreus transitum evidentissimum a Centrurinis ad An- droctoninos (Buthum) format, preesertim species nostra prima, L. pilosus, qui oculis duodecim, vesica sub aculeo mutica, co- stis trinis in segmentis abdominalibus, brachiis non costatis, dentibus pectinum creberrimis, cet., cum multis Buthis conve- nit, vix ab iis nisi alia armatura mandibularum distinctus. — ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 23 Lychas melanodactylus L. Koct !, quem ad gen. Lepreum re- fero, a formis duabus supra descriptis satis differt, preesertim dente sub aculeo et brachiis supra granuloso-costatis. Gen. TITYUS (C. L. KocH). T, triangulifer x. nigro-fuscus, sat crasse granulosus, cepha- lothorace testaceo-variato, abdomine vittis tribus longitudinalibus testacels et in singulis segmentis utrinque > ejusdem coloris or- nato, cauda, palpis et pedibus testaceis, his plerumque in femo- ribus et tibiis nigricanti-maculatis, cauda subter fusco-lineata, segmento 5° sepe subter nigricanti, brachiis et manibus plus minus infuscatis; segmentis cauda 4° et 5° carinis mediis infe- rioribus carentibus, segmento 5° latitudine plus dimidio longiore, vesica sub aculeo dente brevi crasso vel tuberculo munita; manu ad apicem intus dente (o) vel tuberculo (£) instructa, digito mobili manu postica circiter dimidio longiore, ordinibus 10 den* ticulorum secundum mediam aciem munito; dentibus pectinum 20—24. — Long. circa 42 (2) vel 47 (7) millim. Var. B, tristis, olivaceo-niger, abdomine supra linea tantum media angusta testacea plus minus evidenti notato, cauda nigro- olivacea vel nigra, lineis duabus pallidis subter, palpis sub-te- staceis, brachiis et manibus nigricantibus, humeris quoque in- terdum in medio late infuscatis, pedibus testaceis, femoribus et tibiis in medio late nigricantibusj pectinum dentibus 18—20; preterea ut in forma principali est dictum. — Long. circiter 36 3/4 (2) vel 43 (2) millim. Femina (Forme prince... — Cephalothorax in margine antico pene trun= catus (vix evidenter latissime emarginatus), dorso a latere viso pone tuber- culum oculorum dorsualium depresso; sat crasse granulosus, impressionibus ordinariis fortibus et linea obliqua utrinque, anterius, sub-laevibus; sulcus ordinarius transversus posticus brevis, fere .—__-formis (bis procurvus), ! Beschreibungen neuer Arachniden und Myriapoden, in Verhandl. d. zool.«hot. Gesellsch, in Wien, XVII (1867), p. 239 (67). 124 T. THORELL, cum impressionibus lateralibus unitus; sulcus longitudinalis medius ab eo pro- currens utrinque ramum brevem transversum emittit et per tuberculum ocu- lorum dorsualium productus est, hic sat latus, et ante id in impressionem levem granulosam breviter ellipticam dilatatus; arcus supra-ciliares humiles, nitidi, leves, modo postice paullo granulosi. Spatium inter oculos dorsuales eorum diametro saltem dimidio majus. Oculi laterales trini principales sub- xequales, fere contingentes, spatiis exiguis tantum disjuncti; oculus accesso- rius adest quoque, iis paullo minor, et paullo pone posticum eorum, paulloque magis intus locatus. Segmenta abdominalia dorsuala 1% — 6% supra sat crasse granulosa, preesertim posterius, costa media longitudinali angusta nitida, parum crenu- lata; ad latera ejus, presertim antice, subtilius granulosa sunt haec segmenta, que preterea lineam transversam sub-levem plus minus distinetam utrin- que ostendunt, et limbum anticum laevem, in summo tantum margine subti- lissime et densissime granulosum habent. Segm. 7" costam mediam postice ab- breviatam, latam et humilem, antice utrinque dilatatam et parcius granu- losam habet, utrinque vero duas costas fortes, foras curvatas, ut interstitia sat crasse granulosas. Segmenta ventralia nitida, leevia, ultimo excepto, quod au latera, preesertim posterius, granulis parvis rarioribus sparsum est, costis distinctis carens. Caude segm. 1% — 4% desuper visa in lateribus leviter rotundata sunt (segm. 1° versus apicem paullo angustatum), supra late excavata et hic, inter carinas dorsuales aequaliter denticulato-granulosas, granulis parvis parce sparsa, preterea sat crasse granulosa, carinis lateralibus superioribus et inferioribus (cam media saltem in segm. 1° — 3%) bene expressis, granulosis, carinis inferioribus vero vix ullis, in segm. 4° saltem omnino deletis. Segm. 5%, re- liquis segmentis paullulo latius, desuperne visum lateribus leviter rotundatis posteriora versus paullo angustatum est; supra leve, versus apicem fovea maxima profunda paullo ante medium segmenti initium capienti excava- tum, marginibus superioribus basi carinam granulosam formantibus, preterea levibus; a latere visum supra fortiter et aqualiter, subter leviter arcuatum est, in lateribus et subter crasse granulosum, carinis lateralibus inferioribus serie granulorum expressis, carina media inferiore carens. Vesica sat parva, brevius ovata, a latere visa supra ad basin depressa, subter ut in plerisque fortiter arcuato-convexa, in lateribus sat subtiliter granulosa, subter secundum medium paullo fortius granulosa, dente parvo crasso sive tuberculo acuminato sub aculeo, qui sat longus est, instructa. Palpi sat breves et graciles; humerus sub-rectus, sub-prismaticus supra co= stas duas humillimas subtiliter et minus xequaliter granulosas ostendit, inter ‘quas planus est et granulis etiam minoribus sparsus; latus ejus anticum trans- versim rotundatum (non carinatum), granulis crassioribus sparsum; margo inferior-anterior subtiliter et dense granulosus, inferior-posterior paullo cre- ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 125 nulatus. Brachium teretiusculum, costis distinctis carens, in latere antico le- viter incrassatum, supra versus hoc latus sat crasse granulosum, in ipso latere antico dentibus paucis obtusis sat parvis sparsum. Manus parva, extus pa- rum, intus sat fortiter rotundata, sparsim impresso-punctata, versus apicem subter granulis paucioribus parvis sparsa et ad medium apicem, ad digito- rum basin, tuberculo obtuso munita, preeterea nec costata nec granulosa. Digiti teretes, crassiusculi, leviter curvati, ordinibus denticulorum secundum mediam aciem 10. Pectines mediocres, dentibus 20 — 21. Pedes sat subtiliter granulosi, lineis elevatis parum expressis; art. 1 tar- sorum in pedibus posterioribus aculeum fortem subter habet. Color. Cephalothorax et abdomen supra nigro-fusca, ille lineis obliquis et maculis testaceis variatus, hoc vittis tribus longitudinalibus continuis plus mi- nus latis testaceis, media et marginali, ornatum; segmenta ejus 1'*—6® utrin- que lituram > - formam, angulo intus directo, ostendunt. Subter testaceus est truncus cum appendicibus suis, segmento ultimo ventrali interdum infuscato. Cauda testacea, subter et in lateribus, magis infra, lineis compluribus fuscis vel nigricantibus notata, segm. 5° subter sepe ad maximam partem fusco vel nigricanti; vesica quoque plerumque infuscata, et tum sulcis duobus inferio- ribus pallidioribus notata; aculeus testaceus, apice late fusco. Palpi testacei, brachio, basi excepta, et manu infuscatis vel nigricantibus, manu interdum ad longitudinem lineis sub-ramosis nigricantibus supra munita; digiti pallidi. Pedes testacei, femoribus et tibiis plerumque fusco- vel nigricanti-maculatis vel -striatis. — Color testaceus a fusco-testaceo ad flavo-testaceum variat; in Junioribus vittae abdominis latiores quam in adultis videntur. Mas his tantum rebus a femina differre videtur. Longior est et angustior, cauda preesertim longiore et angustiore, segmentis plerisque in lateribus rectis, vix ut in femina leviter arcuatis; versus basin inter carinas minus crasse et dense sranulosa videtur cauda, et carine dorsuales ejus in segm. 1°—4° evidenter denticulate sunt, dentibus 1 vel 2 in apice seriei reliquis dentibus paullo majoribus.- Vesica formam peculiarem habet: ovata est, supra ad basin depressa, subter plana sed in apice in carinam longitudinalem obtu- sam inaequalem elevata, cujus apex in dentem crassum obtusum desinit: a latere visa igitur a basi versus apicem subter quasi oblique truncatum sen- sim dilatata est, ante apicem pene duplo latior quam basi, inverse piriformis fere. Aculeus paullo brevior quam in femina. Palpi longiores quam in illa; brachium supra magis granulosum; in latere interiore, ad apicem, manus dentem sat fortem valde obtusum eodem loco ostendit, ubi femina tuber- culum habet; segmentum ventrale ultimum pene leve est, utrinque prope marginem opacum, subtilissime coriaceum ; pectines longiores, dentibus 21—24. — In mare juniore palpi et cauda etiam graciliores sunt quam in mare ad. Mensure. — - formium supra in abdomine hxc forma a forma principali vix differt nisi trunco et cauda paullo cras- sius granulosis et carinis lateralibus et inferioribus segmenti 5' etiam magis obsoletis, vix nisi versus apicem segmenti serie granulorum indicatis, et tuberculo vesicae sub aculeo in mare vix conspicuo. Vesica ad formam ut in forma principali, manus eodem modo atque in illa dente obtuso (o) vel tuberculo (2) ad api- cem, intus, munita. Cephalothorax in £ dimensa 4 millim., cauda 20 1/», segm. ejus IV 3 4/; millim. longum, paullo plus 2. millim. latum, segm. V 4 4/5 millim. longum, 2 #/» latum, vesica paullo plus 13/4 millim. lata: palpi 13 4/», manus postice 2 5/s, digitus mobilis paullo plus 33/4 millim. longus. In © cephaloth. 4, cauda 25 4/4 millim. longa, segm. cauda IV 4 4/5 millim. longum, pene 2 8/4 latum, V 5 millim. long., 2 4/5 millim. lat., vesica paullo plus 2 millim. lata; palpi 15 ‘/:, manus postice 2 5/6, dig. uditi n ETUDES SCORPIOLOGIQUES. 127 mob. 4 +/5 millim. longus. Pectinum dentes 18—20, ordines den- ticulorum secundum mediam aciem digitorum palporum 10. — An propria species? Gen. PHASSUS THOR. Ph. Columbianus Tuor. sat crasse granulosus, cephalothorace nigro- et fusco-testaceo-variato, abdomine nigricanti, ordinibus 5 longitudinalibus macularum fusco-testacearum; cauda basi fusco- testacea, apice late nigricanti, a basi ad segmentum 5° gradatim paullo incrassata, tum sat fortiter angustata, vesica parva, ob- longa, crasse granulosa, sub aculeo dente forti, compresso, in margine superiore denticulis duobus parvis instructo armata; manibus brachii latitudine fere, evidentissime granuloso-costatis, digito mobili manu postica duplo longiore, ordinibus denticulo- rum secundum mediam aciem circa 8 ; dentibus pectinum fere 12. — Long. circa 32 millim. Syn.: 1876. Phassus Columbianus Tror., On the Classification of Scorpions., Jeeg p.23: Truncus depressus, sat latus. Cephalothorax antice late et levissime emar- ginatus, inequaliter granuloso-rugosus, granulis majoribus sparsus, his gra- nulis in carinis posticis, qua sat evidentes sunt, in seriem digestis, et pre- terea hic illic lineas breves inaequales formantibus; sulcus transversus posticus ordinarius latus est, in sulcum medium longitudinalem eum quoque latum tran- siens; tuberculum oculorum dorsualium latum, sulco longitudinali valde lato, sed levi, ruguloso divisum, qui antice in impressionem ordinariam anteriora versus sensim latiorem, dimidiato-lanceolatam fere, transit; arcus supra-ciliares rugosi; spatium inter oculos dorsuales eorum diametro circiter dimidio majus. Oculus lateralis anticus reliquis evidenter minus, cum oculo medio contin- gens; oculi medius et posticus intervallo evidenti disjuncti. Segmenta abdominalia dorsualia 19—6% supra sat fortiter granuloso-rugosa; in medio utrinque transversim in costa lata humillima procurva crassius granulosa sunt, linea leviter procurva magis lavi ante hanc costam; segm. 7% costas quinque fortissimas crasse granulosas habet, quarum media postice abbreviata est, laterales fortiter foras curvatae: costa lateralis interior apice anteriore inaequaliter biramis est, et fere in medio ramum quoque ad co- 128 T. THORELL, stam exteriorem emittit; ha coste et rami areas sub-excavatas limitant. Ven- ter sat crasse granuloso-rugosus: segm. 4" costas longitudinales duas antice abbreviatas habet, segm. ©" costas quatuor (laterales brevissimas), omnes granulosas. Cauda fortis, segmentis a basi ejus ad segm. 5® sensim paullo latioribus; deinde apicem versus angustata est. Segm. 1"—4" supra late et in segmentis posterioribus profunde quoque excavato-sulcata, carinis fortibus, denticulatis vel granulosis (segm. 1°" et 2" costam lateralem mediam habent quoque, segm. 8" loco ejus seriem granulorum minus equalem); interstitia sat for- titer et dense granulosa sunt, prasertim in segm. posterioribusj dens cari- narum dorsualium ‘apicalis in segmentis 2° et 3° reliquis dentibus fortior. Segm. 5® desuper visum in lateribus leviter rotundatum est, versus apicem sat fortiter angustatum, supra late excavato-sulcatum, marginibus superio- ribus carinam elevatam minus tamen acutam formantibus, serie granulorum fortium minus aquali, hic illic fere duplici, munitis; a latere visum supra fortiter, infra paullo levius arcuatum est segm. 5, in lateribus crasse et dense granulosum, carinis inferioribus fortibus, crasse granuloso-dentatis, interstitiis quoque crasse et secundum medium dense granulosis. Vesica parva, sat longa, inverse ovata fere, granulis crassis in series dispositis subter et in lateribus munita; sub aculeo longo et gracili dente forti compresso est armata, qui in margine inferiore sub-crenulatus, in superiore utrinque dente parvo in- structus est. Palpi ad formam et costarum dispositionem ut in genere Isometro (vid. infra), supra granulis minutis minus dense sparsi; coste superiores humeri sat fortiter granulose, costa ejus posterior-inferior serrulata, dente primo basali fortiori; latus humeri anticum in carinam mediam longitudinalem sat for- titer serrato-dentatam elevatum est. Coste omnes dracht evidenter et, sal-. tem superiores, fortiter granulose; latus ejus anticum incrassatum dentem fortem obliquum acutum versus basin in angulo, aliosque paucos inaquales ostendit. Manus brachio fere angustior, intus modice, extus parum arcuata, costis sex fortibus granulosis, et preterea septima abbreviata ad basin supra, magis extus, serieque brevi granulorum fere in medio subter instructa, inter- stitiis fore leevibus vel omnium subtilissime coriaceis. Digit longi, graciles, leviter et aqualiter curvati, lobo vel emarginatione ad basin carentes, dg bus denticulorum secundum mediam aciem 8 (11 ?). Pectines breves, dentibus 12. Pedes granulosi, lineis elevatis fortibus Hitaiatonte instructi, femoribus et; tibiis in margine inferiore acute et fortiter serratis, femoribus minus fortiter . in margine superiore quoque serrulatis. Color. Cephalothorax fusco-testaceus, maculis et lineis nigris variatus; abdo- men nigrum, maculis multis fusco-testaceis ornatum, quae series quinque minus‘ distinctas secundum dorsum formare videntur, segmento ultimo preesertim ver- ETUDES SCORPIOLOGIQUES. 9 gus latera fusco-testaceo-maculato; ventre quoque maculis nigris et pallidis variato; cauda fusco-testacea, segmentis saltem 5° et 6° nigricantibus, aculeo basi nigro, in medio testaceo-fusco, apice late ferrugineo-fusco; palpi et pe- des fusco-testacei, dense nigro-maculati, manus et digiti quoque nigro-maculati, hi in medio clariores. Mensure. — Lg. corp. 31 ?/,; lg. cephaloth. 4, lat. ej. 4 !/,, lat. front. 2 +; dist. oc. dors. a marg. ant. 1 !/,—, a marg. post. 24. Cauda 19 ?/,: segm. I lg. 2 1/,, lat..2 1/., alt. 2; IIlg. 2 4, lat. 24; IN 1g. 3 1/,, lat. 21/5; IV lg. 38/3, lat. 2; V lg. 4 1/.+, lat. 2 !/, (versus medium; apice 1 1/;), VI lg. 4 (ves. 2.1/,, acul. 1 #/,), lat. 1 1/,, alt. 1°1/,—. Palpi 16: hum.-lg.:3.4/,, lat. 1/5/,; brach. 1g. 44, lat. 1 */,, man. c..dig. 7—;.man. lg.3—, lat. max. 1 8/,-, min. 1 2/3; man. post. lg. 2 1/3; dig. mob. 4 ?/,, immob. 4. Pectines lg. 2 mill. Patria: America meridionalis: Columbia (Bogotà). Unicum exemplum mutilatum vidi, in spiritu vini asservatum, quod pos- sidet Mus. Gothob. Gen. ISOMETRUS (Hewpr. et EnR.). I. crassimanus n. testaceo-fuscus, cephalothorace et abdomine sat subtiliter granulosis, abdomine ordinibus tribus ex maculis trinis geminatis in singulis segmentis formatis ornato, cauda a basi ad segmentum 5” breve sensim incrassata, basi testaceo-fu- sca, versus apicem, presertim subter, late nigricanti et crasse et densissime granulosa, carinis dorsualibus parum expressis ; vesica brevi, granulosa, dente exiguo sub aculeo armata; palpi pedibus- que pallidis, nigricanti-maculatis, manibus crassis et latis, fere levibus, immaculatis, digitis apice excepto nigris, ordinibus den- ticulorum secundum mediam aciem eorum circa 15; dentibus pectinum circa 17. — Long. circiter 78 4/» millim. Cephalothorax in medio margine antico non parum emarginatus, lobis froa- talibus leviter rotundatis, postice truncatus; sat subtiliter et inequaliter, versus margines laterales, anterius, preesertim subtiliter, immo subtilissime granulosus, costis posticis evidentibus et paullo fortius granulosis, rectis, pa- rallelis; sulcus ordinarius transversus posticus parum -profundus, sulcus me- dius ab eo procurrens latus quidem sed non profundus, ramum transversum levem in medio emittens, per medium tuberculi oculorum dorsualium conti- Vol, XIX, » 9 130 T. THORELL, nuatus, hic et latus et profundus, et ante id in aream sub-excavatam sub- ovatam dilatatus, arcubus supraciliaribus nitidis, leviter modo crenulatis: ante eos utrinque, ut ad ipsum marginem anticum, crassius granulosus est cepha- lothorax. Spatium inter oculos dorsuales eorum diametro non multo majus; oculi laterales principales eequales (medius reliquis fortasse paullulo major), contingentes, in seriem rectam dispositi, spatio diametrum suam vix quanti a margine cephalothoracis remoti. i Segmenta abdominalia dorsualia 1""—6 costa longitudinali media angusta paullo crenulata, et utrinque costa transversa humili lata sub-procurva pre- dita, in his costis, ut in media parte marginis posterioris, paullo crassius, praeterea subtiliter, antice immo subtilissime granulosa, limbo antico nitido, omnium subtilissime coriaceo; ad hunc limbum utrinque, versus medium, striam brevissimam nitidam ostendunt segm. 3®—6%, Segm. 7% costam mediam humilem nitidam ineequalem, ad medium segmenti pertinentem habet, et in lateribus utrinque duas costas sub-nitidas foras sub-curvatas fere parallelas, interiorem apice antico biramem; inter costas minus crasse sed dense granu- losum est. Segmenta ventralia antice et in lateribus (excepta area nitida ante spiracula in segm. 2°—4°) opaca et subtilissime coriacea, remanentibus spatio triangulo postice in segmento 1°, et margine postico late in reliquis, nitidis et leevibus; segmentum ultimum dense et subtiliter granuloso-rugosum, costis quattuor humillimis magis nitidis ineequalibus. Cauda fortis, a basi usque ad segm. 5® sensim evidenter dilatata, seg- mentis 1°—4° supra leviter et non late sulcato-excavatis, supra nitidis, reticulato- rugosis, carinis dorsualibus humillimis, fere nullis, levissime sub-crenulatis : reliquo carine evidentes etsi humillime, saltem serie granuloram humilium majorum indicate. Segm. 1" et (ad apicem) 2% carinam mediam lateralem habent; interstitia inter carinas in segmentis anterioribus minus dense, in posterioribus densissime et crasse granulosa. Segm. 5® desuper visum versus apicem sensim paullo angustatum; supra sulco sat lato non profundo impres- sum, granuloso-rugosum, sub-planum; a latere visum supra equaliter et mo- dice, subter paullo levius arcuatum, densissime et crasse granuloso-rugosum, marginibus superioribus non rotundatis sed carinam obtusam, serie granulo- rum rotundatorum humilium minus equali munitam formantibus; subter crassissime et densissime granuloso-rugosum, carinis inferioribus lateralibus ‘serie eequali granulorum munitis, carina media parum evidenti, sed granulis in seriem satis equalem digestis indicata. Vesica parum longior quam latior, a latere inferiore visa hemispherica fere, in lateribus et subter granulis humilibus sparsa ; in latere supra, ad basin lateris superioris, dentes obtusos vel granulos fortes prominentes paucos utrinque ostendit; sub aculeo dente minutissimo munita est; aculeus longus, fortis. Palpi fortes, breviores; humerus et brachium supra granulis minutis sparsa: ille (extus leviter arcuatus, antice pene rectus) costas superiores et ante- ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 131 riorem inferiorem sat fortiter denticulatas habet, inferiorem posteriorem minus fortiter et inequaliter denticulatam ; latus humeri anticum in carinam longitudinalem elevatum est, serie dentium ad partem sat fortium et acutorum armatum; preterea granulis parvis superius sparsum. Brachium postice sat fortiter rotundatur, supra transversim satis convexum quoque; coste, quibus limitatur latus ejus anticum versus basin sub-incrassatum ibique dentibus paucis fortioribus armatum, sat fortiter granulosae sunt; coste dua supe- riores minus expresse, levissime modo granulose, posterior media parum crenulata, posterior inferior lavis. Manus late, crasse, fortiter convexee, extus leviter, intus fortiter rotundate, nitide, rugulose, costa debili levi postice, supra costis 4 humillimis, parum distinctis, non evidenter granulosis instructe; intus, magis inferius, evidenter granulose sunt manus; ad basin supra, magis intus, impressionem sat fortem ostendunt. Digiti sat fortes, bre- viores, leviter incurvi, lobo ordinario ad basin digiti mobilis parum lato; emarginationem pro eo in acie habet digitus immobilis; series denticulorum secundum mediam aciem 14 vel 15. Pedes granulis minutis sparsi, lineis elevatis granulosis laterum minus evi- dentibus; margine femorum saltem inferiore denticulato. Pectinum lamella intermedia prima intus rotundata et paullo dilatata, major quam lamella proxima sequens. Dentes pectinum 17. Color testaceo-ferrugineus, trunco subter pallide fusco ; cephalothorax ad marginem. posticum utrinque macula geminata nigra notatus; abdomen maculis trinis, maculà vel lineà nigra geminatis ad marginem posticum segmentorum ornatum, que macule in series tres longitudinales ordinate sunt; cauda segmenta tria anteriora testaceo-fusca, subter nigro-sub-maculata, segmenta sequentia in lateribus et praesertim subter obscuriora, picea, segm. 5" subter nigrum. Palpi testaceo-fusci, humero et brachio supra nigricanti-sub-maculatis, manibus immaculatis, digitis nigris apice pallidis. Pedes pallide fusco-testacei, fascia media ex maculis nigricantibus formata in femoribus et tibiis, meta- tarsis et tarsis immaculatis. Pectines testaceo-cinerei. Mensure. — Lg. corp. 78 !/,; 1g. cephaloth. 8, lat. ej. 81/,, lat. front. c:a 41/,; dist. oc. dors. a marg. ant. 3, a marg. post 4 —. Cauda 49!/,: segm. J lg. 68/,, lat. 4°/,, alt. 41/,; II lg. 8—, lat. 43/, +; II lo. 81/,, lat. 5—; EViilo::89/{}(lat. 5; tV le 9;Jlat. 5,.alt./41/,; VI lg.7 4 /(ves. 43/;; acul.,3.!/,), lat: 34/.,-alt.31/—. Palpi 80: hum. lg. 61/,, lat. 21/,; brach. le. 7!/,, lat, 31/,; man. c. dig. 14; man. lg. 7+, lat. max. 45/,, min. 4; man. post. lg. 6; dig. mob. 8!/,, immob. 7. Ped. I 16!/,, Il 20, III 24, IV 27!/,. Pectines lg. 5, lat. 1!/,; dentes circa */, millim, longi. Patria : Mexico. Exemplum singulum vidi, in spiritu vini con- ditum, quod in Mus. Holm. asservatur, ex thesauro Hamburgensi Godefroyi emptum et nomine Atre? crassimanus KEYS. notatum. 132 T. THORELL, I. stigmurus n. fusco- vel luteo-fiavus, abdomine vitta media e maculis nigris, carina pallida geminatis, formata, segmento cauda 5° apice subter inequaliter nigro, digitis fuscis ; cephalothorace et abdomine subtiliter granulosis, cauda carinis evidentibus den- ticulatis granulosisve munita, dente apicali carinarum dorsualium segmentorum saltem 3" et 4' reliquis dentibus paullo majore, ve- sica oblonga, sub aculeo dente forti compresso supra bidenticu- lato armata; manibus supra granuloso-costatis, brachio paullo la- tioribus, digito mobili manu postica pene duplo longiore, ordi- nibus denticulorum secundum medium aciei circa 15; dentibus pectinum circa 21—23. — Long. circiter 65 millim. Cephalothorax subtilissime granulosus, tantum ad marginem anticum late et leviter emarginatum crassius granulosus, costis posticis tamen evidentibus, spatio !/, latitudinis cephalothoracis postice non equanti disjunctis, leviter sinuosis, sub-parallelis; sulcus transversus ordinarius inter eas igitur brevis, suleus ab eo procurrens sat fortis, ramo parum profundo utrinque. Tuberculum oculorum dorsualium sulco lato et forti divisum, arcubus supraciliaribus cre- nulatis; area ante hoc tuberculum leviter excavata vix vel parum longior est quam latior, subtilius granulosa, in lateribus serie sranulorum crassiorum levissime incurva limitata. Segmenta abdominalia dorsualia 12—6% subtilissime granulosa, 3% —6% saltem transversim in medio pone lineam levissime impressam et paullo procurvam, ut et ad ipsum marginem posticum, paullo crassius granulosa, costa longitu- dinali media postica crenulata predita; segm. 7° costis ordinariis 9 granu- losis instructum, media ad centrum segmenti pertinenti, lateralibus fortiter foras curvatis, interiore earum apice antico birami; interstitia subtiliter gra» nulosa et granulis majoribus rotundatis nitidis sparsa. Venter ad maximam partem opacus, omnium subtilissime coriaceus, segm. 4° prope medium, ad ‘ marginem posticum, costis duabus brevissimis nitidioribus instructo; segm, 9" subtilissime coriaceum costas 4 tenues crenulatas habet. Cauda brevior, apice angustata; segm. 1"—4" carinis omnibus ordinariis expressis (segm. 1®—2% carina laterali media quoque) instructa, dorsualibus denticulatis, dente apicali saltem in segmentis 3° et 4° dentibus ceteris evi- denter majore, reliquis carinis granulosis vel crenulatis; supra late et sat profunde sulcato-excavata, inter carinas 4 superiores granulis parvis sparsa, inter carinas 4 inferiores minus evidenter granulosa (in segm. 1° et 2° hic pene levia). Segm. 5", desuper visum, versus apicem sat fortiter angu- statum est (versus basin pene dimidio latior quam apice), sulco evidenti, in apice sub-dilatato, secundum medium instructum, granulis parvis supra spar- ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. N99 sum, marginibus superioribus non acutis sed leviter rotundatis, carinis supe- rioribus serie minus 2equali granulorum parvorum indicatis; a latere visum supra et subter equaliter et leviter arcuatum est, in lateribus inequaliter et sat crasse granulosum; carinis tribus inferioribus evidentibus, serie granu- lorum munitis, granulis in interstitiis inter eas versus basin segmenti utrinque se- riem quoque ineequalem formantibus. Vesica oblonga, elliptica fere, angulis basa- libus supra tamen fortibus, sub-rectis; granulis parvis rarioribus sparsa, sub aculeo longo et forti dente magno, compresso, triangulo, qui in margine superiore utrinque dente minuto instructus est, armata. Palpi sat graciles, supra granulis minutis sat dense sparsi, costis omnibus fortibus, in humero denticulatis, in brachio granulatis crenulatisve; latus hu- meri anticum carinatum serie paullo ineequali denticulorum parvorum serru- latum est; latus anticum brachù versus basin dentem paullo fortiorem habet. Manus satis angustae, intus sat fortiter, extus parum arcuate, costa po- stica subtilissime crenulata, costisque supra et intus 5 evidentissimis, granu- losis, preter costam abbreviatam basalem supra, magis extus; subter, extus, costam laevem, et subter, intus, costam abbreviatam granulosam minus di- stinctam ostendunt. Digiti longi, graciles, ordinibus denticulorum secundum mediam aciem circa 15. Pedes granulosi, lineis elevatis evidentissimis crenulatis granulosisve in fe- moribus, tibiis et tarsorum art. 1°; femora in margine superiore et preeser- tim in inferiore, tibie in margine inferiore saltem serrulate. Pectines breviores, dentibus 21—22. Color. Fusco- vel luteo-testacea est heec species, trunco subter clariore, ce- phalothorace in medio margine postico macula nigra plus minus distincta no- tato et ad marginem anticum infuscato, tuberculo oculorum dorsalium nigro ; abdomen vitta media ex macula singula (carinà pallidà geminata) in singulis segmentis formata ornatum, que macule brevissima sunt, ad ipsum margi- nem posticum segmenti site, sed anteriora versus, quamquam multo magis dilute, continuate. Segmentum cauda 5" apice subter late et valde ineequa- liter nigrum, nigrore utrinque in dentes binos acutos ineequales et in medio in lineam producto; palpi et pedes flavi, digiti illorum fusci. Mensure. — Lg. corp. 65; lg. cephaloth. 7, lat. ej. 7 !/,, lat. front. 3 4/;; dist. oc. dors. a marg. ant. 2 !/,, a marg. post. 3 !/,. Cauda 38: segm. I lg. 41/,, lat.-4, alt. 31/,; I lg. 5 1/,, lat. 4; IM lg. 6, lat. 4; IV Ig. 7—, lat. 4; Vip 71/,, lat. 38/,, alt.'3; VI le. 61/, (ves. 3#/,; acul. 25/,), lat. 24/,;alt. 23/, —. Palpi 281/,: hum. lg. 6 1/,, lat. vix 2; brach. lg. 7 +, lat. 21/,; man. c. dig. 13 1,,; man. lg. 58/,, lat. max. 2 #/,, min. 21/,; man. post. lg. 48/,; dig. mob. 8 #/,, immob. 7 4/;. Pedes I 15, II 18 1/,, III 21 !/,, IV 28!/,. Pecti- num lo. 4/,, lat. 1; dentes parum plus !/, millim. longi. Patria: America meridionalis. Exempla duo in spiritu vini ) 134 | T. THORELL, asservata ex Pernambuco Brasilie obtinuit Museum Holmiense ; tria specimina siccata ex Mus. Gothob., unumque in spiritu vini servatum ex Mus. Wisbyensi (a Cel. Prof. G. LinpstRéòM commu- nicatum) vidi quoque, quorum patria vero ignota est. Omnia sex exempla verisimiliter feminea. I. Antillanus n. testaceus, cephalothorace cum abdomine sub- tiliter granuloso, antice \V crasso nigro ornato et preterea po- stice nigricanti-sub-maculato, abdomine ordinibus macularum majorum tribus secundum dorsum, mediis earum costa pallida geminatis ; cauda versus apicem dense et sat crasse granulosa, carinis omnibus evidentibus, testacea, saltem in lateribus. et (presertim) subter nigricanti-variata, segmento 5° subter magis nigricanti, vesica testacea, dente parvo crasso sub aculeo armata; palpis pedibusque testaceis, supra dense nigricanti-variatis, ma- nibus sitpra costis humillimis peene laevibus. munitis, brachium latitudine sequantibus, digito mobili manu postica pene duplo longiore, ordinibus denticulorum secundum mediam aciem circa 14; dentibus pectinum circa 17. — Long. circiter 53 millim. Cephalothorax in medio margine antico non late sed satis profunde emar- ginatus, lobis frontalibus leviter rotundatis; subtiliter et non derse granulosus, area tamen sat lata utrinque ad marginem anticum crassius granulosa; costis posticis evidentibus, parallelis, iis quoque paullo crassius granulosis; sulco or- dinario transverso postico brevi; sulco medio ab eo procurrenti forti, ramo transverso utrinque levius impresso. Tuberculum oculorum dorsualium sulco: forti et lato persectum, qui ante tuberculum in aream sub-ovatam dilatatus est; arcus supraciliares leviter crenulati; spatium inter oculos dorsuales eorum diametrum vix eequat. Oculi laterales, lineam piene rectam formantes, sub- xequales, contingentes, a margine cephalothoracis spatio diametrum suam quanti pane distantes. Segmenta abdominis dorsualia 1"—6" subtiliter granulosa, costa longitu- dinali media parum granulosa munita, utrinque transversim fortius granulosa. Segm. 7” costam mediam brevissimam habet et costas laterales ordinarias binas (interiorem apice biramem) granulosas, granulis versus apicem segmenti in dentes sat fortes transeuntibus; interstitia minus subtiliter et minus dense granulosa. Venter ad maximam partem opacus, omnium subtilissime coria- ceus, linea media tenui sub-nitida in segmentis saltem 3° et 4°; segm. 5 paullo evidentius etsi subtilissime coriaceum costas 4 nitidas, peene laeyes, non evidenter granulosas habet. ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 135 Cauda mediocris, nitida, segmentis 1°—4° supra: sat late et leviter exca- vato-sulcatis, carinis omnibus 8 ordinariis cum media laterali in segm. 1° et 2° (in segm. 2° abbreviata) distinctis, serie denticulorum parvorum sat obtu- sorum munitis vel (subter in segmentis anterioribus) plus minus evidenter crenulatis; interstitiis granulosis, in segmentis posterioribus densius et fortius quam in antecedentibus. Segm. 5% desuper visum versus apicem paullo an- gustatum, supra granulosum, sulco sat forti, apice sub-dilatato secundum me- dium, marginibus superioribus non rotundatis, sed acutis, carinam obtuse den- ticulatam formantibus; in lateribus dense et sat crasse granulosum, subter inter carinas serie denticulorum obtusorum munitas etiam crassius et den- sius granulosum; a latere visum supra equaliter et paullo fortius quam subter arcuatum. Vesica ovata fere, nitida, granulis humilibus sparsa, sub aculeo sat longo et forti dente parvo crasso, in margine superiore ut videtur lèevi armata. Palpi mediocres; humerus et brachium supra granulis parvis minus dense sparsa; costa marginales humeri fortiter denticulate, latus ejus anticum ca- rinatum secundum medium fortiter serratum. Coste superiores brachii mi- nus fortiter crenulatae, costa ejus posterior inferior leevis; latus brachii anti- cum versus basin dentibus paucis fortioribus quam reliquis armatum est. Manus sat parve, intus modice, extus parum arcuate, intus, magis subter, sub-granulosze, preterea non evidenter granulose sed reticulate-rugos®e, costis ad numerum et locum quidem ut in specie priore, costis vero tribus supe- rioribus parum elevatis, nitidis, hic illic sub-undulatis, non evidenter granu- losis. Digiti sat graciles, nitidi, leviter curvati, lobo ad basin digiti mobilis vix ullo; ordinibus dentium secundum mediam aciem circiter 14. Pedes subtiliter granulosi, costis sub-granulosis (in tarsorum art. 1° levibus) muniti, marginibus femorum, preesertim inferiore, denticulatis, tibiis quoque in margine inferiore paullo denticulatis, Pectines sat breves, dentibus 17; lamella intermedia prima ovata fere, deorsum paullo dilatata. Color. Cephalothorax testaceus, macula crassa fere \V-formi antice, tuber- culum oculorum dorsualium apice postico amplectenti; marginibus lateralibus et postico plus minus nigro-maculatis. Segmenta abdominis 1"—6" testacea, ordinibus tribus macularum magnarum nigrarum, quarum media carinà pal- lidà geminata est, laterales minus aequales; subter truncus pallide testaceus est. Cauda flavo-testacea , saltem in lateribus et proesertim subter dense ni- gricanti-variata, segm. 5° nigricanti, sub-testaceo-maculato dicendo; vesica flava, apice aculei fusco. Palpi testacei, humero et brachio dense nigricanti- bus et testaceo-variatis, manibus testaceis, extus nigro-maculatis, digitis ni- oris apice sat late (circiter ad !/, longitudinis) testaceis. Pedes testacei, femo- ribus et tibiis nigro-maculatis. I Mensure. — Lg. corp. 53; lg. cephaloth. 5 8/,, lat. ej. 6, lat. front. 3 1/,; 136 T. THORELL, dist. oc. dors. a marg. ant. 2, a marg. post. 8. Cauda 34: seem. I le. 41/,, lat. 3, alt. 28/,; II le. 51/,, lat. 3 —; II lg. 6 —, lat. 3 —; IV lg. 65, lat:3; V'lo/6/1/)) lat. 3,'alt./24//5VIMe1 51/)/(ves3 3/0 cal (21/5), Jets alt. 21/, —. Palpi 22'/,: hum. lg. 5—, lat. 18/,; brach. lg. 6, lat. 21/3; man. c. dig. 10 8/,, man. lg. 4 ‘/,, lat. max. 2!/,, min. 2; man. post. lg. 4; dig. mob.7 +, immob. 6!/,. Ped. I 12, II 141/,, III 18, IV 20?/,. Pecti- num lg. 3 3/,, lat. 1; dentes circa */, millim. longi. Patria: America (India Occidentalis). Exemplum supra de- scriptum (“ex Antillis,), in spiritu vini asservatum, Cel. Lib. Baro Dr. C. CEDERSTROM amicissime mihi dedit. I. variatus n. opacus, crassius granulosus, cephalothorace et abdomine nigro- et sub-testaceo-variatis, palpis cum manibus, ut pedibus, testaceis et nigro-maculatis, digitis basi nigricanti- bus; cauda mediocri, fusco-testacea, nigro-maculata, apice late nigra, dente apicali carinarum dorsualium segmentorum 1'—4É reliquis dentibus fortiori, segmento 5° (ut reliquis evidenter cari- nato) saltem 2 */. longiore quam latiore, vesica anguste ovata, dente compresso supra bituberculato sub aculeo armata; mani- bus parvis, peene leevibus, brachio paullo angustioribus, digito . mobili manu postica vix vel non duplo longiore, ordinibus denti- culorum secundum mediam aciem ejus circa 6; dentibus pecti- num circa 17.— Long. circiter 39 4/3 millim. Cephalothorax in medio margine antico evidenter emarginatus, postice trun- catus, a latere visus dorso recto, tuberculo oculorum dorsualium tamen satis eminenti; sat sequaliter et sat crasse granulosus, hic ‘illic, prasertim ad la- tera tuberculi oculorum dorsualium, tamen magis subtiliter granulosus, costis posticis parum expressis; sulcus ordinarius transversus posticus parum pro- fundus, brevior quam '/, latitudinis cephalothoracis postice sulcus medius lon- gitudinalis ab eo usque ad tuberculum oculorum dorsalium procurrens parum profundus, hoc tuberculum sulco lato levi longitudinali medio divisum, qui ante tuberculum in impressionem ordinariam sub-ovatam parum profundam dila- tatus est; arcus supraciliares subtiliter granulosi. Spatium inter oculos dor- suales diametro eorum evidenter majus. Oculi laterales parum a margine cephalothoracis remoti, spatiis minutis disjuncti; spatium inter medium et posticum paullulo majus est quam spatium inter medium et anticum, qui re- liquis duobus oculis paullulo minor videtur. Segmenta abdominis dorsualia 1%—6% carinam angustam mediam longitu- EÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 137 dinalem subtiliter crenulatam habent; praterea satis sequaliter et sat crasse granulosa sunt (limbo antico subtilius granuloso), fascia transversa sub-pro- curva minus granulosa in medio utrinque, hac fascia minus tamen distincta; costa utrinque transversa evidenti carent hac segmenta. Segm. 7° costam mediam postice abbreviatam et preterea utrinque costas duas longas fortes foras curvatas habet, quarum interior fortius quam exterior (quasi angulato-) curvata est et antice ramum brevem minus distinctum versus limbum seg- menti anticum emittit; inter has costas, quae omnes crassius granulose sunt, eodem modo atque reliqua segmenta granulosum est segm. 7. Segmenta ven- tralia anteriora levia, nitida, penultimum ad margines laterales, posterius, sat subtiliter granulosum ; segmentum ultimum quoque subtiliter et non dense granulosum, costis 4 angustis, levissime crenulatis, antice paullo abbreviatis munitum. Cauda mediocris, carinis omnibus ordinariis in segm. 1°—4°, que supra late et profunde excavo-sulcata sunt, optime expressis (seem. 1° et 2" pre- terea carina media laterali perfecta instructa, cujus vicem in segm. 3° series granulorum tenet), carinis inferioribus crenulatis, superioribus denticulatis, dente apicali carinarum dorsualium reliquis denticulis evidenter fortiori; in- terstitia omnia sat crasse rugosa sunt, praesertim supra et in segmentis ante- rioribus ; in seem. 4° granula ejusmodi seriem utrinque supra formant. Segm. 5®, desuper visum, versus apicem leviter angustatum est, supra sat crasse et minus dense granulosum, et sulco medio sat lato instructum, qui paullo pone medium in impressionem latam parum profundam est dilatatus; a latere vi- sum supra fortius, infra paullo levius arcuatum, versus apicem magis angu- statum, carinis lateralibus superiore et inferiore distinetis, crassius crenulato- granulosis, interstitio sat crasse quoque granuloso; carina inferior media cras- sius granulosa quoque est, interstitia inter eam et carinas laterales inferiores ineequaliter et prasertim postice crasse granulosa, granulis crassioribus utrin- que versus basin segmenti in seriem longitudinalem, quasi carinam granulo- sam abbreviatam, sub-confluentibus. Vesica anguste ovata, sulcis ordinariis sat profundis et granulis in series ordinatis subter et in lateribus munita; sub aculeo dente sat forti compresso armata est, qui in margine superiore utrinque dentem parvum obtusum sive tuberculum ostendit. Aculeus sat lon- gus et fortis fuisse videtur: apex ejus in exemplo a me viso abruptus est. Palpi graciles; humerus inter costas duas superiores granulosas granulis inequalibus sparsus, quorum majora preesertim secundum medium lateris su- perioris digesta sunt; latus ejus anticum sub-carinatum subtiliter et ineequali- ter est denticulatum; costa antica inferior sat subtiliter serrulata. Brachium desuperne visum antice satis eequaliter arcuato-convexum est, in latere an- tico dentibus inequalibus sparsum ; supra tres costas granulosas habet, inter- stitiis inter eas granulis minutissimis sparsis; costa ejus anterior inferior minus distincta est, minus aequaliter granulosa, costa posterior inferior vix manifesta. 138 T. THORELL, Manus parve, extus recte fere, intus fortiter arcuatae, supra, magis intus, in costam latam valde obtusam et granulis minutis obsitam elevate, preeterea non evidenter costata nec granulose. Digiti graciles, leviter et aequaliter curvati, basi non emarginati vel lobato-dilatati, ordinibus denticulorum se- cundum mediam aciem digiti mobilis 6. (Digitus immobilis in meo exemplo apice mutilatus est). Pedes sat subtiliter granulosi, lineis elevatis granulosis in femoribus, tibiis et tarsorum art. 1°: lineis in marginibus superiore et inferiore femorum sal- tem 3 paris potius serrulatis dicendis. Pectinum dentes 17. Color. Corpus supra opacum, nigro- et testaceo-variatum. Cephalothorax obscure testaceus, maculis et striis ingequalibus nigris dense variatus ; abdo- men potius nigrum dicendum, dense testaceo-maculatum, vitta transversa ejusdem coloris plus minus distincta in singulis segmentis utrinque, hac vitta in segmentis posterioribus furcata, fere >-formi, angulo ejus in segmentis 5° et 6° intus directo, in segm. 7 magis exteriora versus. Subter cephalothorax, pedes, lamine genitales et pectines pallidi sunt, segmenta ventralia saltem anteriora pallida quoque. Cauda fusco-testacea, dense nigro-maculata, segm. 5° et 6° ad maximam partem nigris, sulcis vesice pallidioribus, aculeo sub- testaceo, apice obscuro. Mandibule testacea, nigro-reticulate, linea trans- versa ineequali nigra pone apicem. Palpi testacei, maculis majoribus angu- latis nigris picti, que macule lineis longitudinalibus nigris aliisque transver- sis inter se unite sunt; subter pallidiores, immaculati; manus quoque maculis nigris supra et extus ornate, subter et magis intus immaculate, digitis te- staceis, basi nigricantibus. Pedes testacei, nigro-maculati, maculis angulatis fascias transversas abruptas formantibus; apex tarsorum pallide testaceus, immaculatus, Mensure. — Lg. corp. 39 1/,, lg. cephaloth. 4 1/, +, lat. ej. 4 !/,, lat. front. 2 !/,; dist. oc. dors. a marg. ant. 1 !/, —, a marg. post. 2 s,+. Cauda 22 ‘/.: segm. I lg. 2 ‘/, +, lat. 2 5/,, alt. 2.1/,; II lg. 2.3/, lat. 2.1/,; II lg. 3 +, lat.2 +; IV lg. 8 #/,, lat. 24; Vlo. 5 5, lat. 24, alt. 2.4+.; VI lg. 4.‘/? (ves. 83—, acul. 1 .2/,9), lat. 15, +, @lt.15+. Palpi: 16: hum. lg.:3.4/,, lat. 1.4/;; brach. lg. 4 .1/,, lat. 15, 4; man. e. dig. :6 1/,; man. lg. 3, lat. max. .1.1/,, min. 1:1/,; man. post. e.24/ 00. mob. 4 '/,, immob. 3 3/,? Pectinum lg. 3 !/,, lat. 1; dentes circa !/, millim. Patria: Nova Hollandia. Exemplum singulum, haud dubie fe- mineum, in spiritu vini asservatum dono mihi dedit Cel. Prof. R. LeucKaRT: aliud siccatum ex Mus. Holm. vidi. Hwî species yo marmorato C. L. KocH *, qui 13 dentes in . (1) Die Arachn., XI, p. 36, Tab. CCCLXX, fig. 868. ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 139 pectinibus habere dicitur, valde affinis videtur, sed verisimiliter ab eo est distincta. Femine IZ maculati (DE GEER), sive Scorp. Americi LINN. *, similis quoque est forma supra descripta; sed I. maculatus £ caudam multo graciliorem habet, segm. 5" et 6° preesertim longiora: in ea segm. 5” pene 4:plo longius quam la- tius est, non ut in I. variato crasse et dense, sed subtiliter et spar- sim granulosum, cet. |. gracilis N. angustus, deplanatus, sat subtiliter granulosus, cephalothorace et pedibus nigricanti- et testaceo-variatis, abdo- mine fusco, cauda basi late testacea, apice nigra, palpis testaceis, brachiis basi excepta nigricantibus, manibus supra et intus te- staceis, digitis basi late nigricantibus; cauda gracillima, segmen- tis 2° et 3° apice spinis binis erectis, segm. 4° ibidem dente sat forti armatis, segm. 5° cylindrato, vix carinato, vesica sub- cylindrata quoque, sub aculeo brevi dente crasso armata; ma- nibus brachio paullo latioribus, digito mobili manu postica paullo longiore, ordinibus denticulorum secundum mediam aciem circa 7 ; dentibus pectinum circa 11. — Long. circiter 46 4/4 millim. Cephalothorax deplanatus, tuberculo oculorum dorsualium humillimo, pa- rum distincto quum a latere inspicitur cephalothorax; supra satis equaliter et subtiliter sranuloso-rugosus, costis posticis parum evidentibus; sulcus or- dinarius transversus brevis, !/, latitudinis cephalothoracis non @equanti; sul- cus medius ab eo procurrens satis 2equaliter per tuberculum oculorum dot- sualium prene usque ad marginem anticum pertinens, ante hoè tuberculurn dilatatus ; arcus supraciliares angusti, parum rugulosi, spatio inter oculos dor- suales eorum diametrum vix eequanti. Oculi tres laterales parum a margine cephalothoracis remoti, pane contingentes, sub-equales. Segmenta abdominalia dorsualia 1n—6% sat subtiliter granulosa, granulis transverse utrinque in medio segmenti et in margine postico paullo crassio- ribus, costa media angusta longa subtiliter granulosa; segm. 7 costam me- diam longam pene ad marginem posticum pertinentem et utrinque costas duas longas habet, has costas omnes granulosas. in segmento ventrali ultimo _ duas tantum costas debiles laeves video. Cauda longa et angusta, carinis omnibus ordinariis (et media laterali in seem. 1° in segmentis anterioribus distinctissimis, denticulatis vel crenulatis ; segmenta saltem 3 anteriora supra sulco evidenti longitudinali sat lato pra- 41 De S. Americo Linn. et S. Americano ID. vid. infra. 140 T. THORELL, dita; coste dorsuales segm. 2° et 3' apice sua queque spina sat longa et gracili erecta nigricanti armata sunt, segm. 4% eodem modo apice dentibus duobus brevioribus fortibus armatum. Segm. 5” cylindratum, carinis vix ullis, saltem non supra, ubi sulcum tenuem ostendit. Vesica cylindrata, plus duplo longior quam latior, sub aculeo dente crasso, in margine superiore denticu- lato armata; aculeus brevissimus, dente illo angustior, fortiter deorsum cur- vatus. Palpì graciles valde, costis omnibus ordinariis humeri et brachir bene expressis et sat fortiter granulosis; manus parve et anguste, intus sat for- titer, extus parum arcuate, fere leeves, costa in latere postico carentes, ve- stigiis, ut videtur, costarum sub-granulosarum duarum supra, in medio; digiti graciles, breviores, ordinibus dentium secundum mediam aciem circa 7. Pedes granulis sparsi, lineis elevatis granulosis vel rugosis sat distinetis muniti et in margine saltem inferiore femorum et tibiarum posteriorum sub- tiliter serrulati. Pectinum dentes 11. Color. Fuscus, segmento saltem ultimo abdominis clariore, nigricanti -sub: maculato, cephalothorace nigro- et testaceo-variato, cauda segmentis tribus basalibus testaceis, tribus apicalibus nigris; palpi testacei, brachio nigricanti, basi anguste testaceo, manu extus obscuriore, digitis nigricantibus apice pallidioribus ; pedes testacei, fusco-sub-lineati vel -maculati. Mensure. — Lg. corp. 46 !/,; lg. cephaloth. 4!/, —, lat. ej. 4; dist. oc. dors. a marg. ant. 11/,, a marg. post. 2!/,. Cauda 291/,: segm. Ilg. 35/, lat. 1 #/,, alt. 15/, +; II lg. 45/, +, lat. 11/,; II le. 5, lat. 15/,; IV lo. 5 */,..lat. 1; V.le. 6 +, lat..1!/,, alt..1%,; VI do. 4 ee cul. 1), lat. 1 1/,, alt. 15. Palpi 174/,: bum. .lg.:4,, lat. degree 43/,, Jat..11/,; man, c..dig. 7 *,; man. le, ,3.8/,, lat. max: Lone —;j man. post. lg. 3 !/,; dig. mob. 4, immob. 3 !/, millim. Patria: Australia. Specimen singulum siccatum, haud dubie masculum, in Mus. Holm. asservatum vidi. Num est mas spe- ciei praecedentis, L variati N.? I. fuscus w. obscure ferrugineo-fuscus, opacus, vesica ferru- gineo-testacea, pedibus apice testaceis; cephalothorace et abdo- mine crasse granulosis, hujus segmentis anterioribus costis trinis parallelis granulosis instructis; cauda undique carinis fortibus denticulatis granulosisve preedita, vesica brevi, crassa, pene levi, sub aculeo brevi mutica ; manibus crassis et latis, brachio pene duplo latioribus, costis 9 granulosis munitis, digito mobili manu . postica non dimidio longiore;, ordinibus denticulorum secundum — din nio na ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 141 mediam aciem 11 fere; dentibus pectinum circa 12. — Long, circiter 61 millim. Cephalothoram in margine antico satis profunde emarginatus, in lateribus supra maxillas (ubi limbus crenulatus desinit) oblique truncatus et sub-emar- ginatus, lobis frontalibus igitur sat parvis, antice parum rotundatis, pene truncatis ; postice truncatus, levissime bis sinuatus, supra crassissime, inxe- qualiter et dense granulosus et scaber, impressione oblonga pone marginem anticum, que ut sulcus per tuberculum oculorum dorsualium posteriora ver» sus continuatur, arcubus supraciliaribus granulosis; impressiones laterales po- steriores bine sat profunde, posterior multo longior quam anterior. (Exem» plum singulum quod vidi cephalothoracem in medio postice contusum habet, quam ob rem hanc ejus partem accurate describere non possum). Ocul dor» suales spatio diametro sua pene duplo majore disjuneti; oculorum lateralium bini sat magni et distinctissimi sunt, tertius (posticus) vero minor et non fa- cilis visu (an ita semper ?). Segmenta abdominalia dorsualia, ut cephalothorax, opaca; segm. 1m—6" postice crasse et ineequaliter, antice minus crasse granulosa, granulis majo» ribus nitidis, limbo antico sat subtiliter granuloso; versus medium postice costas trinas longitudinales parallelas granulosas habent, mediam lateralibus longiorem. Segm. 7%, minus dense sed crasse granulosum, costas 5 fortes gra- nulosas ostendit, mediam postice abbreviatam, laterales interiores pone api» cem ramum rectis pane angulis ad costam lateralem exteriorem foras cur- vatam emittentes. Segmenta ventralta ad maximam partem opaca, 4 ante- riora versus latera inaqualiter et minus crasse granulosa, linea tenui media nitida; segm. 2" et 3" costam humillimam latam utrinque habent, 4" co- stas 4 granulosas, medias antice abbreviatas; segm. 5% costis 4 granulosis quoque, mediis antice, lateralibus et antice et postice abbreviatis, instruc- tum est. Cauda sat gracilis, segmentis opacis, praesertim subter, desuperne visis in lateribus parum rotundatis. Segm, 1"—4® supra sat profunde sulcato-exca- vata, carinis 8 ordinariis fortibus et sat fortiter granuloso-denticulatis munita ‘(denticulo apicali reliquis non majore), segm. 1% et 2% preeterea carina ejus- modi laterali media predita, in segm. 1° perfecta, in 2° antice abbreviata (in segm. 3° obsoletissima, vix nisi serie granulorum parvorum indicata). In- terstitia inter carinas granulis inequalibus parvis sparsa, hic illic fere in se- ries dispositis. Segm. 7° a latere visum supra sat fortiter et @aqualiter, sub- ter levius arcuatum; desuper visum vix versus apicem angustatum, supra transversim planum, granulis nonnullis ingequalibus sparsum, sulco angusto secundum medium, in marginibus crassius granulosum ; in lateribus, qua rec- tum angulum cum latere superiore formant, granula secundum medium vit» tam vel lineam fortius granulosam formant. Subter hoc segmentum tres ca» 1aDI T. THORELL, rinas fortes et denticulatas habet, dentibus carinarum lateralium versus api- cem segmenti fortioribus, ad partem magnis et obtusis; utrinque, in inter- stitiis inter has carinas, adest carina obsoletior granulosa a basi ad medium segmenti pertinens. Vesica breviter ovata, crassa, subter ad basin paullo gra- nulosa, praterea lavis, sulco laterali forti et profundo, sulcis inferioribus sat levibus; aculeus brevis, debilis, fortiter curvatus. Dente vel spina sub aculeo caret vesica. Palpi opaci, fortiter costati. Humerus sub-rectus, latitudine aequali, pene undique granulis parvis inequalibus dense obsitus et coriaceus, costis 4 mar- ginalibus fortibus, dense denticulatis vel granulosis, et carina secundum me- dium lateris antici crassius denticulata preditus ; latus ejus superius planum est. Brachium quoque dense et subtiliter granulosum, extus sat fortiter convexo- arcuatum, in latere anteriore versus basin elevato-incrassatum et hic supe- rius dente sat forti acuminato armatum, a quo series brevis obliqua granu- lorum initium capit ; ad basin marginis inferioris dentem acuminatum habet quoque hoc latus. Supra costas tres ostendit brachium dense granulosas, inter quas planum vel potius sub-excavatum est, et quarum interior latus anticum supra limitat: media fere recta est, apice et basi abbreviata, postica vero api» cem versus fortiter incurva et paullo sinuosa; secundum medium lateris po- sterioris costa fortis granulosa extenditur; latus inferius planum et a latere posteriore et ab anteriore margine vel costa granulosa limitatur, Manus late et crasse, supra fortiter convex, extus modo leviter arcuate, intus fortiter dilatato-rotundate, subtilissime coriacee, et praterea supra ad ba- sin intus granulose; costas 9 distinctissimas granulosas habent, 4 supra (preter eas que latus superius a lateribus interiore et exteriore parum di- stinctis definiunt), quarum 1* (extus) brevissima est, ad basin manus sita, re- lique perfecta; coste tres subter et exterius site magis obtuse sunt et ex- cavatione levi inter se disjuncte. Digit breves, leviter curvati; acies digiti mobilis versus basin lobum parum altum et sinum parum profundum format, quibus respondunt sinus et lobus in acie digiti immobilis: quum clausa est manus, spatium modo angustissimum sive linea fere —-formis inter digitos relinguitur. Ordines denticulorum secundum mediam aciem 11 vel, 12. Pedes granulis sat crassis sparsi et preeterea lineis et marginibus elevatis, denticulatis granulosisve instructi, 4—6 in femoribus, 6 in tibiis; tarsorum art. 15, immo 2°, lineas elevatas granulosas ostendit. ‘ Lamelle genitales breves, sub-transverse. Pectines breves, dentibus 12. Color obscure ferrugineo-fuscus, trunco subter et pedibus paullo clariori- bus, his apice testaceis; vesica ferrugineo-testacea, mandibule et pectines lu- rido-testacei. i - Mensure. — Lg. corp. 61; lg. cephaloth. 7 ?/,, lat. ej. 8; lat. front. 4; dist. oc. dors. a marg. ant. 3, a marg. post. 4. Cauda 35 !/,: segm. I. le. 43/,y lat. 3 ?/:; II lg. 54, lat. 3 +; II lo. 51/,, lat. 3; IV lg. 6, lat. ETUDES SCORPIOLOGIQUES. 143 3; V le: 64/;, lat. 23/,--; VI lg. 62/, (ves. 41/,; acul. 2 1/,), lat. 3, alt. 3. Palpi 27: hum. lg. 6 +, lat. 2/,; brach. lg. 7, lat.3-+4-; man.c. dig. 13 !/,; man. lg. 7 3/,, lat. max. 58/,, min. 4‘/,, alt. 4?/,; man. post. 6 4; dig. mob. 8, immob. 6 !/.. Ped. I 14 !/,, Il 17, III 19, IV 22. Pectinum latera 3 !/, +, 3!/,, 1!/,; dentes eorum circiter */, millim. longi. . Patria: America merid., Argentina. Exemplum singulum in spiritu vini asservatum vidi, quod ad Cordubam (Cérdova) in- ‘venit et dono mihi dedit Cel. Prof. H. WEIJENBERGH. — Dens in margine inferiore digiti immobilis mandibularum in I. fusco ob- soletissimus est, qua re ad genera Tityum et Lepreum transitum format hac species; sed dentes laterales in acie digitorum pal- porum ejus seriem simplicem in utroque latere formant, ut in reliquis Isometris. Gen. RKOPALURUS THOR. .. Rh. laticauda Tror. sub-testaceus, cauda a basi ad segmentum 5" dilatata, tum fortiter angustata, apice late infuscata ; mani- bus subtiliter granulosis, plus minus evidenter costatis, brachio circiter dimidio latioribus; digito mobili manu postica paullo plus dimidio longiore, ordinibus denticulorum secundum mediam aciem circa 8; dentibus pectinum fere 19—23. — Long. circa 44—50 millim. Syn.: 1876. Ehopalurus laticauda Tror., On the Classification of Scor- pions; 1..6., p..9. Femina. — Truncus sat latus, sub-depressus. Cephalothorax antice late et levissime emarginatus, granulis sat crassis minus dense sparsus, preesertim late utrinque ad marginem anticum et ad angulos posticos, his granulis preeterea hic illic lineas breves inaequales in costis posticis parum distinetis et in la- teribus formantibus ; inter granula subtiliter et inaequaliter granuloso-rug'osus; sulcus ordinarius transversus posticus et sulcus medius ab eo procurrens fortes, hic per tuberculum oculorum dorsualium productus et ante id in excava- tionem sub-lanceolatam dilatatus; arcus supraciliares crenulati; oculi dorsuales spatio diametrum suam circiter equanti disjuncti, oculi laterales 3 contingen- tes, fere 2equales, in seriem rectam dispositi. | Segmenta abdominalia dorsualia 1®—6% in limbo antico subtiliter sed inze- qualiter granulosa, paullo crassius granulosa ad marginem posticum et trans- 144 T. THORELL, versim in medio utrinque, ubi preterea lineam transversam tenuem nitidam ostendunt ; costa angusta sub-crenulata secundum medium segmentorum ex- «3 tensa est, Segm. 7" costam mediam crassam granulosam ad medium segmenti 9 pertinentem habet, et utrinque costas duas fortes foras curvatas crasse gra- nulosas, interiorem apice antico inequaliter biramem; interstitia granulis crassis aliisque minoribus ineequalibus dense sparsa. Venter nitidus, leevis, segm. 5° excepto, quod costas 4 sub-crenulatas habet, et inter eas sat subtiliter et dense granulosum est. . Cauda brevior, crassa, segmentis 1°—4° desuper visis in lateribus leviter rotundatis, sensim paullo latioribus, cauda tum fortiter angustata; segm. Im_4® |, supra late, posteriora eorum profunde quoque, excavato-sulcata sunt, carinis preesertim superioribus fortibus, sat subtiliter denticulatis, mediis inferioribus. + in segmentis anticis potius crenulatis dicendis; interstitiis inter carinas supra mi- H nus dense, in lateribus et subter fortius, in segmentis posterioribus immo crasse et dense granulosis. Segm. 5" supra late excavatum est, marginibus elevatis et crasse granulosis; desuper visum versus apicem fortiter (lateribus leviter modo rotundatis) angustatum, a latere visum supra sat fortiter et aqualiter, subter levius arcuatum; supra granulis paucioribus sparsum, in lateribus et subter dense et crasse granulosum, carinis inferioribus evidentibus, serie den- sissima granulorum crassorum munitis. Vesica parva, a latere visa hemispha- rica fere, angulis tamen basalibus, supra, fortiter eminentibus ; sat dense et crasse granulosa, dente parvo conico sub aculeo longissimo et fortiter cur» vato armata. i Palpi ut in Centruris ad formam et costarum dispositionem ; humerus et brachium supra granulis minutis sparsa. Margines humeri costis fortiter gra- nulosis muniti, costa posterior inferior tamen serrulata, dente primo (basali) magno; latus humeri anticum dentibus nonnullis sat fortibus sparsum est. Co- : ste brachii superiores et posteriores fortiter sranulose; latus anticum ejus, ab | apice. versus basin sensim paullo incrassatum, in angulo versus basin dentes duos | fortiores ostendit. Manus mediocres, intus fortiter rotundato-dilatate, extus | parum arcuate, undique sat subtiliter granulose, costa sub-laevi in latere exte- i riore, costis in digitum immobilem continuatis 4 supra, qua satis inequaliter et ‘ subtiliter granulose sunt; magis extus et ad basin coste due abbreviata ejusmodi adsunt. Digiti sat graciles, leviter incurvi, lobo vel emarginatione ad basin carentes, spatium inter se clausi non relinquentes, ordinibus denti- culorum secundum mediam aciem 8. Pedes supra granulosi, lineis elevatis granulosis; femora et tibie in mar- ginibus, preesertim inferioribus, serrulata. Dentes pectinis alterius 19, alterius 21 in exemplo a me descripto. Color. Truncus supra sordide testaceus, tuberculo oculorum dorsualium ni- gricanti; cauda subter apicem versus infuscata, segmento 5° nigro vel, supra, nigro-fusco, vesica nigro-fusca, aculeo fusco, apice late nigricanti. Truncus subter, palpi et pedes paullo clarius, testacei digitis palporum infuscatis. ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 145 Mas differt, saltem in exemplo singulo a me viso, manibus latioribus, magis inflatis, supra, apice, et intus costis tribus parum distinetis munitis, digitis basi crassioribus et ita sinuatis, ut spatium longum lanceolatum, a basi peene ad apicem pertinentem inter se reliquant quum manus clausa est; preterea, et presertim, differt forma caude, que postice latissima est, segmentis 4° et 5° in lateribus fortiter rotundatis, 2eque fere latis ac longis, 5° versus apicem fortiter rotundato-angustato. Dentes pectinum 283. Mensure. — 9. Lg. corp. 49; lg. cephaloth. 6 +, lat. ej. 6 */,, lat. front. 8 +; dist. oc. dors. a marg. ant. 2!/,j —, a marg. post. 3 !/;. Cauda. 28: segm. Ig. 32/, lat. 32/,,alt.3; II lo. 41/,; lat. 32/,; ID lg. 455; lat. 4 —; IV lg. 5+, lat. 41/,; V lg. 5 8/,, lat. 4 (apice 2/, tantum), alt. 3 —; VI lg. 41/, (ves. 24, acul. 21/, +), lat. 21/,, alt.2 +. Palpi 212/,: hum. lg. 5!/,, lat. 14/;; brach. lg. 6, lat. 2!/,; man. c. dig. 10; man. lg. 43/,, lat. max. 3 —, min. 2!/;; man. post. lg. 4; dig. mob. 6!/,, immob. 5!/. Ped. I 124/,, Il 15, IIl 17, IV 191/,. Pectinum lg. 4 +, lat. 11/,. a'. Lg. corp. 44 !/,, cephaloth. 5 ?/,. Cauda 26 1/,: segm.Ile. 3 1/,, lat. 3.1/,, alt. 3 —; I lg. 41/,, lat. 3 1/,; II lg. 4°2/,, lat. 4!/,; IV lg. 48/,, lat. 5 +; V lg. 51/,, lat. versus medium 5 +, lat. apice 2!/,, alt. 3; VI ls. 41, (ves. 21/,, acul. 21/,), lat. 2-+, alt. 2 —. Palpi 21: man. c. dig. 10; man. lg. 5, lat. max. 3 !/,, min. 3 1/,; man. post. lg. 4; dig. mob. 6 !/,, immob. 5 —. Patria: America meridionalis (Columbia, Bogotà). Exempia duo supra descripta, que mas et femina ejusdem speciei haud dubie sunt, in spiritu vini condita possidet Mus. Gothob.; femi- nam siccatam vidi quoque, in Mus. Holm. asservatam, cujus pa- tria ignota est. Gen. CENTRURUS (Hewpr. et Enr.). C. elegans w. pallide fusco-testaceus, cephalothorace vittis 4 longitudinalibus posteriora versus paullo appropinquantibus ni- gris ornato, mediis per oculos dorsuales ductis et postice abbre- viatis, abdominis dorso ordinibus duabus macularum majorum nigrarum, binis in singulis segmentis, picto; cephalothorace mi- nus dense granuloso, costis duabus foras curvatis postice, seg- mentis abdominalibus granulosis quoque, costa longitudinali me- dia; cauda inter carinas omnes evidenter sranulosas granulis minutissimis sparsa, vesica dente gracili sub aculeo longo pre- Vol. XIX. 10 146 T. THORELL, dita; manibus brachio paullo latioribus, digito mobili manu po- stica pene duplo longiore, ordinibus denticulorum secundum me- dium aciei circa 8; dentibus pectinum 22—24. — Long. circa 82 millim. Cephalothorax antice leviter emarginatus, postice truncatus et, in medio, vix visibiliter emarginatus; granulis sat magnis minus dense sparsus, costis duabus longitudinalibus granulosis foras sub-curvatis, antice divaricantibus, granulosis, a margine postico procurrentibus, vix ad medium inter marginem posticum et tuberculum oculorum dorsualium pertinentibus munitus, spatio inter apices eorum posticos !/, latitudinis maxima cephalothoracis equanti. Sulcus transversus ordinarius ad marginem posticum inter has costas adest, a quo anteriora versus, ad tuberculum oculorum dorsualium, exit sulcus pro- fundus, in medio ramum transversum utrinque emittens et ante eos ramum utrinque breviorem, parum distinctum. Tuberculum oculorum dorsualium sulco lato in duos arcus supraciliares granulosos divisum, qui anteriora ver- sus paullo continuati sunt et divaricantes, partem posticam aree sub-excavate lanceolate sive sulci lati, a tuberculo oculorum ad marginem cephalothoracis anticam extensi amplectentes. Impressiones ordinarie laterales utrinque due sat profunde sunt. Oculi dorsuales spatio diametro sua evidenter majore dis- juneti; oculi laterales principales spatio oculi diametro vix aquanti a mar- gine laterali cephalothoracis remoti, fere contingentes, in seriem rectam di- spositi, anticus reliquis duobus paullulo minor; oculum lateralem accessorium non certo distinguere possum. Segmenta abdominis dorsualia 1°—6" pone limbum anticum subtilissime coriaceum elevationem humilem subtiliter granulosam ostendunt, cujus ad latera impressio parva levissima leevi utrinque conspicitur (cum impressionibus ejusmodi ad marginem posticum limbi antici rectangulum transversum for- mantes): heec elevatio postice in costam mediam granulosam producta est; in segm. saltem 5° et 6° utrinque versus medium dorsi praterea costa brevis- sima foras sub-curvata obliqua a limbo antico intus et retro directa conspi- citur. Utrinque in medio transverse crassius granulosa sunt hac segmenta, area hoc modo granulosa linea longa transversa procurva levi notata; ad ipsum marginem posticum seriem ejusmodi granulorum habent quoque, pre- terea subtiliter modo granulosa vel rugulosa sunt. Segm. 7% costam abbre- viatam, posteriora versus angustatam, granulosam in medio antice habet, in lateribus vero utrinque costas duas granulosas ostendit, interiorem longiorem, apice antico in ramos duos exeunti, exteriorem paullo breviorem et magis curvatam; interstitia inequaliter et ad maximam partem subtiliter granulosa. begmenta ventralia levia, nitida, punctis impressis hic illic et impressionibus binis longis et parallelis notata; in segmento 4°, postice, coste 4 parallele humiles leeves conspiciuntur, in segm. 5°, quod subtilissime coriaceum est, ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 147 coste 4 magis subtiliter granulose, quarum medie antice, laterales et an- tice et postice abbreviate sunt. Cauda sat longa et gracilis, versus apicem sensim paullo angustata, inter carinas granulis minutissimis sparsa; segm. 1"—4%, supra late sed non pro- funde sulcato-excavata, carinas 8 ordinarias bene expressas, aequaliter et sat subtiliter granulosas habent; carine inferiores medie in segmentis anterioribus potius modo crenulate dicende. Segm. 5" desuperne visum in lateribus le- vissime rotundatum, versus apicem non parum angustatum (apice circa !/, angustius quam versus basin); sulco angusto medio supra impressum est, hoc sulco pone medium segmenti sensim paullo dilatato; a latere visum supra paullo fortius quam infra arcuatum, brevius et paullo abruptius versus basin quam versus apicem angustatum, carina laterali superiore vix expressa, sed serie granulorum parvorum indicata, carinis tribus inferioribus manifestis, serie granulorum ‘squali distinctissima munitis. Vesica angustius et inverse ovata, subter et in lateribus granulis humillimis parvis sat dense sparsa, sulcis 4 ordinariis, 2 subter, 1 in utroque latere, superioribus non. profundis; sub aculeo dente parvo et gracili munita est; aculeus longus, gracilis. Palpi trunci pene longitudine, opaci, omnium subtilissime coriacei, granu- loso-costati. Humerus prismaticus, desuperne visus antice et postice fere rectus, apice vix latior quam basi, in latere antico granulis ad partem sat magnis et sub-conicis sparsus, costis 4 ordinariis fortibus, dense et 2equaliter granu- losis, costa tamen posterior inferior potius denticulata vel serrulata dicenda, dente basali obliquo, majore. Brachium in latere anteriore ab apice basin versus sensim paullo incrassatum, ipsa basi rursus repente angustatum, in an- gulo hoc modo elevato dentibus duobus paullo. majoribus instructum; supra costas tres, secundum medium lateris postici costam singulam tenuem habet; latus inferius quoque et antice et postice costa limitatur: omnes coste gra- nulose. Manus intus fortiter, extus parum arcuate costam rectam granulosam in latere exteriòre sive postico habent; supra et intus tres costas sranulosas ostendunt, in digitum immobilem continuatas, exteriorem earum perfectam, reliquas duas, preesertim interiorem, basi abbreviatas; etiam magis intus, in manus latere interiore, vestigia seriei longitudinalis granulorum adsunt. Di- giti sat longi et graciles, leviter intus curvati, ordinibus denticulorum se- cundum mediam aciem circa 8; digitus mobilis ad basin lobum rotundatum habet, qui‘in emarginatione ad basin digiti immobilis excipitur. Pedes in femoribus et tibiis lineis longitudinalibus binis trinisve subtiliter granulosis instructi, in marginibus, praesertim inferiore, preterea crenulati vel serrulati. Pectines sat longi, dentibus 22—24; lamella intermedia prima parva, non deorsum dilatata. Color pallide fusco-testaceus, trunco et extremitatibus subter pallidioribus, digitis et costis palporum et cauda paullo obscurioribus. Cephalothorax vit- 148 T. THORELL, tas 4 longitudinales nigras habet posteriora versus paullo appropinquantes : vitte medie, spatio angusto tantum disjuncte, per oculos dorsuales ducte sunt, et non longe pone eos continuate, vitta exteriores longiores, ab oculis lateralibus posteriora versus ductae; margo cephalothoracis quoque plus minus distincte et late nigricans. Abdomen secundum medium series duas macula- rum majorum habet, binarum in singulis segmentis, que macule ad basin segmenti (in limbo antico) site sunt et spatio macule diametrum maximam saltem equanti inter se disjuncte. Margines laterales segmentorum saltem anteriorum anguste nigricantes quoque. Aculeus ferrugineo-testaceus, basi an-. gustius nigricans, apice latius fuscus; dens vesice fuscus. Mensure. — Lg. corp. 82; lg. cephaloth. 8, lat. ej. 8, lat. front. ‘4 3/,; dist. oc. dors. a marg. ant. 22/,, a marg. post. 4!/,. Cauda 49!/,: segm. I lg. 61/,, lat. 45/,, alt. 3 #/,; I lg. 73/,, latt 4+; IM lg. 81; lat. 4; IV lg. 81/5 lat. 35/,;, immob. 6 !/,. Ped. I 13, II 16 ‘/,, IN 19 !/,, IV 22. Pectinum Ig. 4/3, lat. 1; dentes eorum circa ?/, millim. longi. o' (?). Lg. corp. 65, le. cephaloth. 6 8/,, caude 39; séom. caude I lg. 5 +, lat. 3 1/,; segm. V lg. 71/;, lat. 3 1/, + millim. Patria: America (India Occidentalis). Exempla nonnulla exa- minavi ad Kingston insule Jamaice capta, in spiritu vini con- dita et in Mus. Gothobh. asservata, et preterea duo exempla sic- cata, ea quoque ex Jamaica, que possidet Mus. Holm. C. olivaceus x. pallide olivaceus, cephalothorace nigro-va- riato, abdominis vittis duabus longitudinalibus latis summoque margine nigris, cauda subter, segmentis 5° et 6° saltem exceptis, saltem interdum nigricanti-sub-maculata , humero et brachio apice anguste nigris, manibus extus sub-nigricanti-maculatis, di- gitis basi sub-infuscatis, pedibus testaceo-olivaceis, immaculatis ; cephalothorace crasse granuloso, costis posticis duabus distinc- tissimis; segmentis abdominalibus crasse granulosis, costa media longitudinali praeditis; cauda segmento 5° plus duplo longiore quam latiore, in lateribus et supra subtilissime coriaceo, vesica leevi, sub aculeo dente parvo acuminato armata; manibus brachio paullo latioribus, costis supra subtiliter crenulatis, digito mobili manu postica pane duplo longiore; dentibus pectinum 18—22. — Long. circa 46 4/» millim. vel ultra. Speciei priori, C. insulano N., simillima est hac species, notis in diagnosi allatis fere unice distinguenda. Minor esse videtur, preter colore alio digitis longioribus et cauda apice pene levi presertim dignoscenda. Area illa trans- yersa sub-elliptica utrinque in segm. abdominis dorsualibus in hac specie minus manifesta est quam in C. insulano; venter nitidus est, loeevis, segm. 5° ex- cepto, quod 4 costas distinctissimas crenulatas habet et inter eas dense et subtiliter granulosum est, crassius tamen versus latera quam in medio. Seg- menta caudalia 1%—4% eodem modo atque in specie priore carinata sunt, in- terstitiis inter carinas evidenter etsi subtiliter (in segmentis 1° et 2° immo sat dense) granulosis, supra et subter vero vix granulosis; segm. 5” omnium subtilissime coriaceum vel sub-granulosum est, tantum subter tribus carinis levissimis subtiliter granulosis, et in lateribus supra serie granulorum minu- tissimorum, locum carine superiores tenenti, preditum; reliquae carine cauda evidenter et subtiliter denticulata vel (subter) granulose. Vesica parva ovata leevis est, non granulosa, sub aculeo longo gracili fortiter curvato dente parvo sed gracili armata. 152 T. THORELL, Mensure. — Lg. corp. 46 !/,;.1g. cephaloth. 5 ?/,, lat. ej. 6.1/,, lat. front. 38; dist. oc. dors. a marg. ant. 2, a marg. post. 3 1/,. Cadda. 30: seom. I lg. 3 */,; lat, alta.3. ce; bla, 414; lat, (3a Wo a, tg ee 51/,, lat. 3; V lg 6 ‘/,,,dat:3 —, altt 3.—;\VI lg. 5 (ven.3, acul. 2°/)), lat. 2, alt. 2. Palpi 22 ?/,: hum. lg. 5 !/,, lat. 18/,; brach. lg. 6, lat. 24-; man. c. dig. 9*/,; man. Ie. 44/,} lat. max. 2 ?/,; ‘min. 2; ‘mas. ‘post. le. 31/, +; dig. mob. 6 +, immob. 5 amillim. longus. Patria: America septentrionalis. Exempla pauca siccata, ex California, in Mus. Holm. asservata examinavi. C. nitidus w. testaceus, cephalothorace presertim antice nigro- sub-variato, abdominis ordinibus duabus dorsualibus macularum (binis maculis in singulis segmentis) margineque nigricantibus, cauda testacea, subter versus apicem obscuriore, plus minus nigricanti-maculata, pedibus et palpis testaceis, nigricanti-sub- maculatis, manibus in ipso apice cum digitis nigris, horum sum- mo apice pallido; cephalothorace secundum medium et antice sat crasse granuloso, praterea subtilissime modo granuloso, costis posticis parum evidentibus; segmentis abdominis minus dense granulosis, costa media distincta; segmento cauda 5° du- plo (2) vel duplo et dimidio ‘(0) longiore quam latiore, brachiis evidentissime (pene ‘/3) latiore, vesica sub aculeo tuberculo parvo munita; manibus brachio multo latioribus, supra costis leevibus munitis, digito mobili manu posticà non dimidio longiore, ordi- nibus denticulorum secundum mediam aciem circa 8; dentibus pectinum 18—21. — Long. circa 64—69 millim. | Hc species quoque adeo similis. est O. insulano, ut. vix nisi pictura alig notisque, reliquis in diagnosi allatis ab, eo internosci possit. Laevior. et niti- dior est multo quam C. insulanus, cauda supra et in lateribus nitidissima, pene levi, in lateribus segm. 5! tamen evidenter granulis humillimis sparsa, subter, praesertim in segmentis posterioribus (4° et 5°), inter carinas eviden- tissime granulosa, carinis granulosis, inferioribus mediis segmenti li exceptis; vesica pene laevis est, granulis humillimis sparsa. Venter lavis, nitidissimus, segm. 5° tantum ad margines subtiliter ruguloso, costis 4 ordinariis. parum expressis, non granulosis. Praterea, exceptis differentiis quarum in diagnosi meminimus, ut in C. insulano dictum est. Mas a femina differt corpore angustiore et cauda multo longiore, quam cephalothorace circiter 7 !/, longiore, segm. 1° e. gr. paullo plus duplo lon- EÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 153 giore quam latiore, segm. 5° latitudine sua pene duplo et dimidio longiore; vesica praterea magis deplanata est, breviter elliptica, pene dimidio latior quam altior; digitus palporum mobilis manu postica paullo tantum longior. Mensure. — Q. Lg. corp. 64 1/,; lg. cephaloth. 6 1/,, lat. ej. 6 */,, lat. front. 3 3/13 dist. oc. dors. a marg. ant. 2 !/,, a marg. post. 3 ?/,. Cauda 40 1j,: segm. I lg. 5, lat. 3 /,, alt. 3 +; IT lg. 6 1/,, lat. 3 1/,; ID. lg: 6 ?/,, lat. n. 71), lat 9 as los lat 4),, alto age NI dea 6.1/ ila dial alt: 2 1. Palpi 25: hum. lg. 5 #/,, lat. 1.5/,; brach.lg.6 1, lat. 2.5; man. c. dig. 12; man. lg. 6 ‘,, lat. max. 4, min. 24/,; man. post. lg. 5 2/,; dig. mob. 7 !/;, immob. 6. Pectinum lg. 5, lat. 1 1/,; dentes */, — millim. longi. o. Lg. corp. 68 !/,; lg. cephaloth. 6 !/,, lat. 6 1/,, lat. front. 3 1/,; dist. oc. dors. a marg. ant. 2 !/,, a marg. post. 3 !/,. Cauda 46 3/,: segm. I lg. Gate. 35 Il 1g. 8, lat. 3.5/, 1g 84, lat. 3: 4/03,IV.;1o,..80/, lat della Va dg: 8 t/a, lat. 31/2; VI 1g. 6 (ves. 4, acul: 2:1/,), lat. 3.1/,; alt. Dircssorach lab. 2:/,; man, c.. diesnd1.1/,.: man, lg. 6.i/,; lat. max. ,8.5/,, min. 3; man. post. lg. 6; dig. mob. 6 !/,, immob. 5 !/, millim. longus. Patria: America (India Occidentalis). Mas et femina siccati ex » San Domingo ,, in Mus. Gothoh. asservantur; mas valde mutilatus, in spiritu vini conditus, ibi quoque adest, qui , New-York , signa- tus est ®. Feminam in spiritu vini asservatam, , ex Antillis ,, dono mihi dedit Cel. C. CEDERSTROM. C. tenuis w. testaceus, cephalothorace, preesertim antice, cum pedibus et palpis nigro-maculato, apice manuum et digitis nigris, abdomine margine angusto nigro et vittis duabus dorsualibus latis nigris, e vittis binis nigris in singulis segmentis compositis ornato, que vitta in medio segmenti abrupte et testaceo-macu- late sunt, spatioque diametro sua majore disjuncte; cauda subter sub-infuscata et nigro-variata, in lateribus et supra lineis binis e maculis parvis nigricantibus compositis notata, vesica quoque nigro-sub-maculata ; cephalothorace granulis sat crassis preesertim secundum medium sparso, praterea subtilissime modo ruguloso, costis posticis parum evidentibus; segmentis abdominis minus dense granulosis, costa media evidenti; segmento caude 5° aut plus duplo et dimidio (£), aut circa quadruplo (#) longiore quam 4 Verisimiliter ibi nuper importatus vel in navi captus. 154 T. THORELL, latiore, brachiis non vel parum latiore; vesica sub aculeo dente minuto compresso armata; manibus brachio paullo latioribus, costis sub-granulosis, digito mobili manu postica paullo longiore, ordinibus denticulorum secundum mediam aciem circiter 8; den- tibus pectinum 17—18. — Long. circa 47 ‘/e (2) vel 57 (P) millim. Formis prioribus duabus, preesertim C. sitido, simillima est haec species, sed minor, et cauda graciliore, brachium latitudine vix vel non superanti, precipue dignoscenda. Fortius et densius nigro-maculata est, tarsorum arti- culis trinis basi nigricantibus, et cauda etiam in lateribus et interdum supra quoque nigricanti-sub-maculata vel -lineata: immo vesica in Q nigro-maculata est. — Sub-nitida est C. tenuis 9, parcius tantum, ut C. nitidus, granulosa. Area transversa sub-elliptica utrinque in segmentis abdominalibus parum ex- pressa. Segm. ventrale 4" omnium subtilissime, segm. 5" crassius (attamen subtilissime) et dense granulosum, costis 4 granulosis. Latera caude versus apicem granulis parvis inter carinas, quee omnes evidenter granulose sunt, sparsa; subter fortius granulosa est cauda. Sulcus segmenti cauda 5i angustus, apice in foveam oblongam majorem dilatato. Vesica circa dimidio longior quam latior, inverse ovata, granulis humilibus subter et in lateribus sparsa. Costa palporum ut in prioribus disposite, in manibus plerumque minus evidenter granulose, manus supra inter costas vix granulosa. Mas differt palpis paullo longioribus caudaque longissima, cephalothorace 8--9: plo longiore, versus apicem sub-fusca et immaculata, segm. 5° quadruplo longiore fere quam latiore, in lateribus vix granuloso, serie granulorum, que in Q carine superioris locum tenet, carenti, infra quoque vix evidenter carinato vel granuloso. Vesica omnino aliter formata atque in C. nitido di: sub-cylin- drata est, plus duplo longior quam latior (vel altior), vix granulosa, aculeo plus duplo longior. Vid. praterea diagnosin. Mensure. — 9. Lg. corp. 47 !/,; lg. cephaloth. 4 1/,, lat. ej. 4'/,, lat. front. 21/,; dist. oc. dors. a marg. ant. 1!/,, a marg. post. 24/,. Cauda 271/,: seg Ig. 3.1/.,-lat.2:1/,, alt.02; 1g! 43), lat.\2; Ig IV lg. 5, lat. 2; V lg. .5.1/,, lat. 2, alti 21/,; VI lg. 5.1/. (ves. 21/), acul. 2); lat. 1.8/,, alt. 1*/,. Palpi 18: hum. ds 41]. lat. 1!/, —, brach. lg. 4!/,, lat. pene 2; man. c. dig. 8; man. Ig. 4 i/,, lat. max. 2 +, min. 1 #/,; man. post. lg. 42), —; dig. mob. 5 —, immob. 4 !/, millim. dg. Lg. corp. 57; lg. cephaloth. 4 1/,, lat. ej. 4 */,, lat. front. 2 1/,. Cauda 39: segm. 1:1g.5/, lat..2.—;.II Jo. 6 1/,, dat. 2; II lg, 60, lak SV: 73; lat. 2; Vlo.8—, tua; DC INTEL pe 43/,, acul: 15/4), lat 15/5, alt. pene 2. Brach. lat. prene 2; lg. man. c. dig. 9, man. lg. 4 8/,, lat. max. 2 !/,, 7oin. 2; man. post. lg. 4 !/,; dig. mob. 5, immob. 4 !/, millim. ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. OS. | Patria: America (India Occidentalis). Feminas duas in spiritu vini asservatas (ex Antillis) Cel. C. CepeRstROM dono mihi dedit; duo exempla siccata, masculum et femineum, ex S. Domingo examinavi quoque, in Mus. Gothob. servata, feminamque ibi in spiritu vini condita, que ad New-York inventa esse dicitur, ve- risimiliter navi advecta. C. granosus n. fuscus, subter pallidior, palpis et pedibus fu- sco-testaceis, cauda testaceo-fusca, segmento 5° plus minus, pra- sertim subter, infuscato ; cephalothorace crasse granuloso, granulis in lateribus, anterius, in lineas obliquas satis sequales ordinatis, costis posterioribus fortibus, granulosis ; segmentis abdominis co- sta media granulosa preeditis, crasse granulosis; cauda apice granulosa, carinis omnibus perfectis, sat fortibus et denticulatis crenulatisve, segmento 5° supra et in lateribus sub-plano, fere prismatico, duplo saltem longiore quam latiore; manibus parvis, brachio parum latioribus, costis fortioribus levibus supra muni- tis; digito mobili manu postica pene duplo longiore, ordinibus denticulorum secundum mediam aciem 8; dentibus pectinum 26—27. — Long. circa 54 millim. Var. p, simplex, pallide fusco-testaceus totus, aculeo rufescenti- ferrugineo, segmento cauda 5° circa 31/3 longiore quam latiore, vesica sub aculeo dente carenti, vestigio tuberculi ibidem tantum munita; manibus brachio pene dimidio latioribus; dentibus pecti- num 25: preterea ut in forma principali diximus. — Long. circa 61 millim. Forma princip. (verisimiliter femina). — Cephalothorax ad formam ut in prio» ribus, modo paullo longior quam latior, antice in medio levissime emargina- tus, granulis crassis ita sparsus, ut lineas non tantum in costis posterioribus evidentissimis antice sub-divaricantibus forment hac granula, sed etiam in lateribus, magis antice, in lineas satis aequales obliquas disposita sint, inter- stitiis sat magnis subtiliter rugulosis; sulcis postico transverso et medio lon- gitudinali ordinariis profundis, hoc per tuberculum oculorum dorsualium con- tinuato et ante id in excavationem ovato-lanceolatam dilatato; arcubus supraciliaribus crassius granulosis. Oculî dorsuales interstitio diametro sua majore disjuneti; laterales principales aequales fere, contingentes, antico et postico a margine cephalothoracis spatio diametro oculi evidenter minore disjunctis; oculum lateralem accessorium non certo videre possum. 156 T. THORELL, Segmenta abdominis doysualia 1»—6"% costa media granulosa et reliqua sculptura ut in prioribus, granulis crassis proesertim transversim utrinque et ad marginem posticum sparsa, preterea subtiliter modo rugulosa; segm. 7 costas 5 ordinarias fortius granulosas, eodem modo directas et formatas at- que in prioribus, habet, costam mediam pone centrum segmenti pertinen- tem; inter costas subtilius et ineequaliter granulosum et rugulosum est segm. 7. Segmenta ventralia leevia, nitida, 5° excepto, quod ad margines, preesertim anticum et laterales, sat subtiliter granulosum est, praterea subtilissime modo rugulosum, costis 4 optime expressis, sub-crenulatis, omnibus antice, ex- terioribus postice quoque abbreviatis. Cauda mediocris; segmenta 1°—4% supra leviter et late excavato-sulcata, subter non vel parum granulosa, supra et in lateribus granulis minutis sparsa; cavinis fortibus, superioribus sat subtiliter denticulatis, reliquis eodem modo crenulatis, mediis inferioribus tamen in segm. 1° (quod carinam mediam la- teralem habet quoque) levibus. Seem. 5" desuperne visum a medio versus apicem non parum angustatum,. supra granulis parvis sparsum, sulco medio longitudinali angusto, qui apice in foveam levem dilatatus est; marginibus superioribus non rotundatis, sed acutis (superficies segmenti superior cum lateribus rectum angulum format); a latere visum subter sat leviter, supra paullulo fortius arcuatum, in lateribus evidenter et sat dense granulosum, sub- ter carinis tribus optime expressis et sequaliter granulosis instructum, inter- stitiis eorum granulosis, his granulis versus basin segmenti, in medio intersti- tio, in lineam longitudinalem minus aequalem dispositis. Vesica sat parva, ovata, subter et in lateribus evidenter granulosa, a latere visa supra paullulo convexa, sub aculeo, qui sat longus et fortis est, dente sat forti, conico,in mar- gine superiore non evidenter dentato instructa. Palpi graciles, supra omnium subtilissime rugulosi, costis humeri et bnachis ut in prioribus; dentes et granula majora in latere antico humeri in series duas parum equales ordinata, costa brachii fortes, due superiores anteriores dense granulose, superior postica, ut posticae media et inferior, levissime modo crenulata. Manus parve, intus fortiter, extus parum arcuate, costa exte- riori forti, levi; coste 4 superiores fortes quoque et laeves, modo ad basin debiliores et sub-granulose vel inequales; in latere interiore manus granulis parvis sparse sunt. Digiti graciles, leviter curvati; digitus mobilis lobum le- vem ad basin habet, digitus immobilis emarginationem ad eum recipiendum; ordines denticulorum secundum mediam digitorum aciem 8. Pedes granulosi, lineis elevatis granulosis in femoribus et tibiis, levibus in tarsorum art. 1°, muniti; margines, preesertim inferior, femorum et (quamquam minus fortiter) tibiarum acute serrulati. Pectinum dentes 26—27. Color. Truncus supra sordide testaceo-fuscus, segmento ultimo abdomi- nis paullo clariore, subter pallide testaceo-fusco; cauda fusco-testacea, seom. 5° ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 157 presertim subter obscurius fusco vel nigricanti, carinis nigro-fuscis; vesica fusco-testacea, aculeo apice late nigro-fusco; palpi et pedes pallidius fusco- testacei, manibus paullo saturatius coloratisj digitis non infuscatis. Mensure (forma princip.). — Lg. corp. 54; lg. cephaloth. 6, lat. ej. 5 1/,, lat. front. 3 —; dist. oc. dors. a marg. ant. 2, a marg. post. 3 !/, —. Cauda SN seg: iI ilp.' 44/3) lati 83/40, (alt. 21/53 IPlo0544/}; date 31); I do. att 30/0 do58fgat. 3 V Io 61/,, lat. ‘9, /alt.<2 3//3eVE.lo. B (ves. 3 1/,, acul. 21/,), lat. 2 1/;, alt. 2. Palpi 22: hum. lg. 5.1/,, lat. 1 */,; brach. le, 6; lat.21/,; man. c. dig. 91/,: man. lg. 4!/,, lat. max. 25/,, min, 2; man. post. lg. 3 ‘/.; dig. mob. 6 +, immob. 5 !/,. Ped. I 12, II 141/,, II 17 1/,, IV 20. Pectinum ]g. 5, lat. 1 -+; dentes !/, + millim. longi. Patria: America: insula S. Josephi (in sinu Panamà maris Pacifici). Specimen supra descriptum et duo alia multo minora a Cel. Prof. J. G. H. KinBERa lecta possidet Mus. Holm. — Haec species Scorp. margaritato GeRv.! certe valde affinis est, sed veri- similiter diversa: in C. margaritato, secundum figuram a Cel. GER- vAIS datam, coste manuum fortiter granulos®e sunt, in nostra specie fere omnino sunt laeves. Exemplum verisimiliter masculum, quod fortasse varietas est speciei jam descripte, et quod Var. f, simplex, vocari potest, ab ea vix differt nisi colore pallidiore, fusco-testaceo immaculato (aculeo tantum rufo-ferrugineo), granulis cephalothoracis in lateribus in series paullo minus equales et evidentes dispositis, segmento ventrali 5° inter costas levi, modo granulo singulo magno utrinque versus basin, et cauda longiore et graciliore, praesertim vero segmento ejus 5° (cujus latera ut in forma principali cum superficie superiore angulum fere rectum formant, marginibus superioribus non rotundatis sed carinas forman- tibus) circiter 3 !/, longiore quam latiore; manibus denique latioribus et cras- sioribus, brachio pene dimidio latioribus. Pectinum dentes 25. Mensure Var. BP. — Lg. corp. 61; lg. cephaloth. 6 1/,, lat. 5 8/,, lat. front. 3 —; dist. oc. dors. a marg. ant. 2, a marg. post. 3 !/,. Cauda 43 1/,: segm. I lo. 51/,, lat. 31/,, alt. 2!/,+; I lg.7 —, lat. 31/,; IN lo. 71/,, lat. 3 +; IV lo. 8 1/;, lat.3; Vlg.9 +, lat. 24/,; VI le. 61/, (ves. 4!/,, acul. 3), lat. 2 !/,j alt. 21/,. Palpi 21!/,: bum. lg. 6, lat. 1 1/,; brach. lg. 6 8/,, lat. 21/4; man. c. dig. 11 ‘/,; man. lg. 5 1/,, lat. max. 3 1/,, min. 21/,; man. post. lg. 44/,; dig. mob. 7, immob. 6 '/,. Pect. lg. 5 3/,, lat. 1 millim. Exemplum sirigulum siccatum hujus forme vidi, in Mus. Holm. asservatum. Patria ejus ignota est. — An propria species? 1 WaLcK. et GeRV., H. N. d. Ins. Apt., III, p. 55; Erpoux et SouLEYET, Voyage de la Bonite, Atlas, Ins. Apt., PI. 1. figg., 13-17, 158 T. THORELL, ‘C. Bertholdii N. angustus, fuscus, cauda saltem apicem versus paullo pallidiore, palpis pedibusque fusco-testaceis; cephalotho- race crasse et ineequaliter granuloso, costis posticis fortibus et granulosis; segmentis abdominalibus crasse granulosis quoque, costa media granulosa; cauda parum granulosa, carinis in seg- mentis 1°—4° bene expressis et subtiliter denticulatis granulosisve, segmento 5° carinis tantum inferioribus (subtiliter granulosis) preedito, in marginibus superioribus late rotundato, sub-tereti, longo; vesica dente parvo conico sub aculeo instructa; manibus brachio latioribus, supra granuloso-costatis, digito mobili manu postica circiter dimidio longiore, ordinibus denticulorum secun- dum mediam aciem 8; dentibus pectinum circa 26—27. — Long. circa 79 +/» millim. Cephalothorax paullo longior quam latior, in margine antico leviter et non late emarginatus, postice truncatus et in medio levissime emarginatus vel sub-retusus, supra valde inaqualis, granulis crassis sat dense sparsus, his gra- nulis series equales non formantibus, interstitiis (ex. gr. area sat magna cir- cum tuberculum oculorum dorsualium) subtiliter coriaceis, costis duabus po- sticis distinctissimis, crasse granulosis, parallelis, apice postico tamen paullo foras curvatis; sulco postico transverso et sulco medio longitudinali ordinariis valde profundis, hoc in medio inter marginem posticum et tuberculum ocu- lorum dorsualium ramum sat profundum rectum utrinque emittenti, per hoc tuberculum continuato et ante id in impressionem sub-lanceolatam, prene ad marginem anticum pertinentem producto; arcubus supraciliaribus granu- losis, antice paullo longius productis. Oculi dorsuales duplo longius a margine postico quam a margine antico -distantes, spatio diametro sua paullo majore inter se remoti; oculi laterales principales 2equales, contingentes, seriem rec- tam formantes; oculum lateralem accessoritm non vidi. Segmenta abdominalia dorsualia 1» —6"ut in formis affinibus costam me- diam granulosam, et utrinque costam brevissimam obliquam versus medium antice sitam costamque humilem latam transversam, linea impressa sub-levi procurva notatam, crasse granulosas habent, seriemque granulorum crassiorum ad marginem posticum; proeterea sat subtiliter rugosa sunt. Segm. 7° costas 5 crasse granulosas habet, mediam ad centrum segmenti pertinentem; ad basin utrinque impressionem ostendit trarisversam profundam, granulis paucis crassis sparsam et ramis duobus, in quos apex coste lateralis interioris divisa est, limitatam; preeterea subtiliter rugulosum et granulis minoribus raris spar- sum. Segmenta ventralia nitida, paullo inaequalia, basi et pone spiracula (segm. 1% etiam ad margines) tenuissime coriacea; preterea laevia, ultimo ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 159 excepto, quod costas 4 crenulatas habet, omnes basi paullo, exteriores quoque apice abbreviata, et proterea ad margines anteriorem et laterales subtilis- sime granulosum est, granulo magno utrinque versus basin inter costam exte- riorem et marginem exteriorem munitum. Cauda longissima, angusta; segmenta 1"—4" subtilissime coriacea, ante- riora preterea supra granulis minutis sparsa, supra levissime. et late impresso- excavata, carinis omnibus bene expressis, superioribus subtiliter denticulatis, inferioribus crenulatis vel, in segmentis posticis, potius granulosis; segm. 5" sub-teres, granulis minutissimis rarioribus sparsum, desuperne visum apice paullo angustatum, sulco medio longitudinali angusto, qui apice paullo dila- tatus est; a latere visum supra leviter, infra levissime arcuatum, marginibus superioribus late rotundatis, non carinatis, attamen serie granulorum minu- tissimorum munitis; carinis inferioribus debillimis, serie granulorum minuto- rum preeditis, interstitiis granulis paucioribus minutissimis sparsis. Vesica ovato- cylindrata, duplo fere longior quam latior, a latere visa supra parum con- vexa, subter vix visibiliter granulosa, sub aculeo sat longo et gracili dente minore conico instructa. Palpi ad formam et distributionem costarum ut in prioribus omnino, supra subtilissime granuloso-rugosi; coste Rumeri sat fortiter denticulate, dente basali costa posterioris inferioris majore; latus anticum humeri dentibus ma- joribus ineequalibus sparsum est; brachium in latere interiore dentibus non- nullis fortibus sparsum, basalibus reliquis parum majoribus; costa ejus omnes evidenter granulose sunt. Manus mediocres, extus leviter, intus fortiter ro- tundate, costa exteriore subtiliter granulosa, tribus costis interioribus (in di- gitum immobilem continuatis) granulosis quoque; magis extus, supra ad basin, manus paullo granulosa est, sed non costata, in latere interiore granulis sparsa quoque, preterea lievis. Digiti leviter curvati, graciles, lobo ordinario ad basin digiti mobilis sat levi; digitus immobilis emarginationem ad basin habet; ordines denticulorum secundum medium aciei 8. Pedes granulis sparsi et lineis elevatis in femoribus, tibiis et tarsorum art. 1° notati, in hoc articulo leevibus, preterea granulosis; margines femo- rum tibiarumque superior et inferior (preesertim femorum margo inferior) serrulato-dentati sunt. Pectines longiores, angusti, dentibus 26 vel 27. Color fuscus, sub-ferrugineus, cauda saltem versus apicem paullo pallidiore, sub-testaceo-fusca, aculeo apice late rufescenti-fusco, pedibus fusco-testaceis, palpis et mandibulis iis paullo obscurioribus. Mensure. — Lg. corp. 79 !/,; lg. cephaloth. 6 1/,, lat. ej. 6 1/,, lat. front, 31/5; dist. oc. dors. a marg. ant. 2+, a marg. post. 4 !/j. Cauda 51 !/,: segna lg lato n3:1/, alto 23/g3+ Ig 8 1/;olat.,3; Ma lgan9 plat 3; IV lg. 9 1/,, lat. 3; V lg. 101/,, lat. 3 —, alt. 3 —; VI lg. 61/, (ves. 41/,, acul. 3), lat. 21/,, alt. 2!/,. Palpi 28‘/,: hum. lg. 7, lat. 14/,; brach. lg. 160 T. THORELL, 75/3 man. !lg. /53/,, lat. max. 3/1/,, min. 23/,; man. post. lg. 5 2/,; dig. mob. 8, immob. 6 3/,. Ped. I 14 8/,, II 17 ‘/,, II 21 1/,, IV 241/,. Pectinum lg. 6 !/,, lat. 1!/,; dentes eorum ?/, millim. longi. Patria: Mexico, secundum signaturam exempli unici, in spi- ritu vini asservati, quod in thesauro Mus. Gothob. vidi. — Vix mas speciei prioris, C. granosi N., est hic scorpio, quum formam. omnino aliam segmenti 5° cauda habeat, et aliis quoque rebus ab ea differat. C. testaceus (De GerR) angustus, testaceus pene totus, digitis et apice aculei infuscatis; cephalothorace subtiliter modo ruguloso, pene levi, costis posticis sub-parallelis, parum expressis; abdomine sub-levi, parum granuloso; cauda longa, versus apicem paullo granulosa, carinis debilibus, subtiliter denticulatis, segmento 5° sub-tereti, carinis superioribus omnino carenti, inferioribus parum expressis, subtilissime granulosis, in o circa 3 4/:, in £ circa 2 4/a longiore quam latiore; manibus brachio latioribus, supra costis evidentibus carentibus, sub-levibus, digito mobili manu postica circiter dimidio longiore, ordinibus denticulorum secundum me- diam aciem circa 7; dentibus pectinum 19—23. — Long. &' circa 60, £ circa 77 ‘/s millim. Syn.: 1778. Scorpio testaceus De Grer, Mém., VII, p. 347, PI. 41, fig. 11. Mas. — Cephalothorax paullo brevior quam segmentum caude primum, in margine antico leviter at late emarginatus, supra subtiliter tantum et mi- nus distincte granulosus, sulco postico transverso et sulco ab eo ad tubercu- lum oculorum dorsualium ducto distinctissimis, costis posticis duabus ordina- riis parum expressis, vix granulosis, sub-parallelis, anteriora versus paullo ap- propinquantibus ; tuberculo oculorum dorsualium sulco profundo in duos arcus supraciliares diviso, qui subtiliter rugulosi sunt, parum anteriora versus ad basin impressionis medie antica ordinarie producti. Oculì dorsuales spatio diametro sua evidenter majore disjunceti, laterales principales spatio parvo inter se remoti, 2quales fere, in lineam rectam dispositi ; in latere altero ocu» lum accessorium saltem unum vidisse videor. Segmenta abdominalia dorsualia costam mediam sub-levem et utrinque costam transversam latam humilem procurvam, linea levi impressa procurva notatam habent, ut et costam brevissimam obliquam utrinque versus medium antice, ut in formis plerisque; sed fere laevia sunt, granulis parvis et raris tantum sparsa. Venter levis, nitidus, segmento ultimo paullo inaequali, non ETUDES SCORPIOLOGIQUES. 161 evidenter granuloso, costis 4 debilibus levibus, quarum exteriores a margine postico ad marginem anticum pene pertinent, interiores postice paullo ab- breviate sunt. Cauda longissima, cephalothorace circiter 8:plo longior, latitudine bra- chium equans; segmenta ejus tria anteriora supra sulcum Ilongitudinalem valde debilem, in medio segmento vix manifestum habent, hoc sulco in segm. 4° secundum totam segmenti longitudinem evidenti; segm. 1"—3% carinis evidentibus etsi debilibus instructa sunt, superioribus debillime et hu- millime serrulatis crenulatisve, inferioribus mediis in segm. 1° laevibus, in segm. 2° parum evidenter granulosis vel crenulatis; in segm. 4° tum carine quum granula parum manifesta sunt; inter carinas cauda est leevis. Segm. ejus 5” desuperne visum apice paullo angustatum, a latere visum et supra et subter levissime arcuatum, pene teres; leve est vel omnium subtilissime rugulosum, carinis et granulis carens, eo excepto quod carine inferiores la- terales serie granulorum minutissimorum vix manifestorum reprasentantur; supra lineam longitudinalem impressam tenuem mediam ostendit, que in segmenti parte tertia posteriore in sulcum brevem et latum dilatata est. Ve- sica cylindrata fere, prene duplo longior quam latior, pene lavyis, tamen subter granulis raris minutis humilibus parum manifestis sparsa, tuberculo parvo parum expresso sub aculeo munita, qui fortiter curvatus est, multoque brevior quam vesica. Palpi forma ordinaria, humero et brachio inter costas (ut in prioribus or- dinatas) supra. subtilissime coriaceis; humeri coste superiores et anteriores fortius denticulatae, posteriore inferiore debilius denticulata, dente basali sat forti; latus anticum serie inaequali dentium sat fortium armatum. Coste brachu debiles, subtilissime modo granulose; in latere anteriore sub-incras- sato dentibus paucis inequalibus sparsum est brachium, duobus versus basin et uno versus medium reliquis paullo majoribus. Manus, in latere interiore sat fortiter, extus levissime arcuata, costam: in latere exteriore subtiliter granulosam habet, reliquas costas vero humillimas, parum distinctas, laeves; inter costas manus supra levis est vel omnium subtilissime coriacea, gra- nulis humilibus sed sub-acuminatis.minus densis sparsa. Digit sat longi, sat leviter incurvi, lobo ad basin digiti mobilis et emarginatione pro eo in di- gito immobili; ordinibus denticulorum secundum mediam aciem circa 7. Pedes subtilissime coriacei, lineis elevatis vix vel non granulosis; presertim femoribus in margine inferiore subtiliter serrulatis. Pectinum dentes in exemplo singulo a me viso in uno latere 22, in altero 23 esse videntur (secundum De Greer 22—28 in hac specie sunt). Exempla, quae ut feminas ad hanc speciem refero, differunt manibus an- gustioribus, intus leviter modo arcuatis, cephalothoracis et abdominis costis paullo evidentius at levissime granulosis, caudaque fortiori, inter carinas de- biles evidentius granulosa, prasertim versus apicem; supra et evidenter et Vol. XIX. pl 162 T. THORELL, late sulcata. Segm. caude 5" desuperne visum apice leviter angustatum, sulco medio satis angusto, versus apicem segmenti in impressionem levem dilatato, marginibus superioribus late rotundatis et carinis carentibus, subter carinis de- | billimis praeditum, serie granulorum minutissimorum instructis, inter carinas ut in lateribus subtiliter granulosum quoque, supra granulis etiam minoribus parum evidentibus sparsum; a latere visum supra leviter, subter parum ar- cuatum. Vesica longius elliptica, a latere visa supra ad longitudinem leviter convexa, subter granulis minutis parum evidentibus sparsa, tuberculo parvo humili sub aculeo, qui sat brevis est. Manus supra granulis minutissimis sparse, series duas ut videtur inaequales formantibus. In exemplo alteroa me viso ocu- lus lateralis accessorius sat longe ab oculo laterali principali postico, intus et paullulo ante eum positus, manifestus est in utroque cephalothoracis latere, in altero exemplo tantum in latere sinistro. Color totius corporis pallide testaceus, in g digitis infuscatis, aculeo testa- ceo-fusco, apice fusco; in 9Q digiti vix vel parum infuscati sunt, et oculi pigri. Mensure. — gi. Lg. corp. 60; le. cephaloth. 6 !/,, lat. front. 3; dist. oc. dors. a marg. ant. 2 +, a marg. post. 3 !/,. Cauda 51/,: segm. I lg. 6%/, Tat2:3/, (alte2 1/,;INlg: 9, dato 2/4/5600 1g.1918/7) late 20 INA, lat. 21/,; Vdg. 10/4, lat. 2/4/,, alt. 2 +//; VI! lg. (6/4 (vesto 21/, —), lat. 25, —, alt. 21/}. Palpi 27 ‘/,: bum. lg. 6% 0abhMie/f bach: lg. 7, lat. 25/, +; man. c. dig. 121/,; man. lg. 6 ‘/,, lat. max. 3 i/,, min. 2/, +; man. post. lg. 5 !/, +; dig. mob. 7 #/,, dig. immob. 6 ?/, millim. ® (verisimiliter hujus speciei). Lg. corp. 77 !/,; lg. cephaloth. 7 8/,, lat. ej. 73/,, lat. front. 4 '/3; dist. oc. dors. a marg. ant. 2!/,, a marg. post. 41/,. Cauda 51: seem. I lg. 6 8/,, lat. 4, alt. 3 1/-5.Il lg:8; lat. 34] en lat:13:3/,; IV 19.9, lat. 34; Vle. 98/; lat. 3 4/ppalt: 84 5, acul. 3 1/,), lat. 3 1/,; alt. 31/,. Palpi 38: hum. lg. 81/,, lat. 2; brach. lg. 84, lat. 2%/;; mani. c. dig.\144/,;.man.;lg7, lat man ene man. post. lg. 6 !/,; dig. mob. 9, immob. 8 —. Pedes I 161/,, II 191/,, II 23 !/,, IV 25. Pectinum lg. 54/,+, lat. 1 ‘/,, dentes circa !/, millim. longi. Patria: America (secundum DE GEER). Mas siccatus quem supra descripsi, in Mus. Holm. asservatus, ex thesauro DE GEERI est, ab eo ipso nomine S. testaceì signatus: feminas duas a me descriptas, verisimiliter ejusdem speciei, ex Mus. Gothob. obtinui. Ubi in- vente sint ignoro. De Scorpionibus a De Geer descriptis. — In Museo Hol- miensi etiam hodie scorpiones nonnulli asservantur qui thesauri De GeERI fuerunt et ab eo ipso determinati sunt; quorum exa- ETUDES SCORPIOLOGIQUES. 163 minandorum facultas quum facta mihi fuerit, de synonymis qui- busdam eorum hic paucis disserere supervacaneum non erit. Exempla typica De Geeriana a me visa ad septem species sunt referenda, que omnes a Viro Celeberrimo in opere suo “ Mém. pour servir a l’Hist. d. Insectes ,, VII, (1778) descripte sunt; ex formis ibi illustratis una tantum, S. punctatus DE GEER (loc. cit., p. 343, PI. 41, figg. 1-4), mihi ignota est. Ad hunc S. punctatum quod attinet, eum nihil nisi exemplum junius esse S. europei De GEER (S. americani Linn.) facile crediderim. S. punetatus Gerv. *, si ex descriptionibus judicare licet, alia species atque De GeERI haud dubie est. 1. “ S. maurus , (Conf. De Greer, Mem., VII, p. 337, PI. 40, fio. 18), = Broteas Herbsti Tuor. Est hac species eadem quidem atque S. (Chactas, Brotheas) maurus HERBST et script. recent., sed non eadem atque S. maurus Linn. ( = MHeterome- irus palmatus HempR. et EnR.). S. maurus DE GEER igitur novo nomine Broteas Herbstii a me appellatus est °. S. maurum Linn. perperam a DE GEER ad speciem America- nam, quam sub eodem nomine descripsit, relatum esse, satis con- stare mihi quidem videtur. Lines suum S. maurum in Africa habitare dicit °, et vox ipsa maurus satis evidenter demonstrat, eum speciem in Africa septentrionali inventam ante oculos ha- buisse. In descriptione forma manuum iisdem verbis, “ manibus sub-cordatis ,, usus est, quibus manus “ S. afri , descripsit; quum de manibus praterea dicit, eas “ punctatas , esse (conf. verba: “ adspersa punctis eminentibus ,;, in descriptione manus “ S. afri, quam in Mus. Lud. Ulricae dedit), hoc multo melius in Heterom. palmatum Hewpr. et EHR. * quadrat quam in S. maurum De Geeri, HerBsti ceterorumque. Nec male in 4. palmatum ca- SSHERUN di Ins. Apt. ITL, p:pbò: 2 On the Classif. of Scorp., l. c., p. 14. *Meyd6. Nat., Ed. 10, I, p. 624;Ed3 12,0, Pars_II,p. 1134. 4 Vorliufige Uebersicht der in Nord-Afrika und West-Asien einheim schen Scor- pione, cet., in Verhandl. d. Gesellsch. Naturforsch. Freunde in Berlin, I (Sechster Stick), p. 351; EzRENB., Symb. Phys., Arachn., p. 2, Tab. 1, figg. 1a—1f, 164 T. THORELL, dunt que de pectinibus S. mauri sui scripsit Linnaus: “ pecti- nibus 8-dentatis , : H. palmatus enim 8—10 dentes in singulo pectine habet. Dubium igitur esse vix potest, quin sit nomen spe- cificum maurus Linn. H. palmato HempR. et EHR. restituendum. S. flavicaudis , (1. c., p. 399, PI. 40, figg. 11—13). Hic scor- pio pr VAL illa Scorpii europei SCHRANK, cet., quam C. L. KocH Scorpium Massiliensem* vocat. Quae forma, quum BIEpRA species esse videatur, et non cum S. carpathico Linn. 1767 ? conjungenda, Euscorpius flavicaudis (De GEER) appellari igitur debet. Exemplum DE GEERI (quod cauda articulis ultimis caret) in manus latere inferiore, ad apicem extus, seriem habet puncto- rum ocelliformium impressorum 4; brachium subter ad marginem exteriorem seriem punctorum ejusmodi 12 ostendit. 3. “ S. indus , (1. c., p. 341). Est eadem species quam sub nomine Pandini megacephali (C. L. KocH) adumbravi (vid. infra). Linnar “ S. indicus , et “ S. afer , verisimiliter ad partem referendi sunt ad hanc speciem, quae a HerBst * ut “ S. afer , a C. L. Kock * sub nomine Buthi megacephali descripta est et depicta. Heterometrus megacephalus Sim. ® alia est species, quam Palamnaum Petersi vocavi °. De his formis et affinibus uberius infra disputetur. Specimen singulum “ S. indî , continet thesaurus DE GEERI, quod valde est mutilatum, pedibus plerisque et segmentis 4 po- sterioribus cauda carens. Pectinum dentes in hoc exemplo modo 12 sunt, nec plures fuisse videntur. [4. S. punctatus De GEER in Mus. Holm, deest. De eo vid. supra, p. 163]. 5.“ S. europ@eus ,, (1. c., p. 343, PI. 41, figg. 1-4). Mas est Die Arachn., III, p. 89, Tab. CIII, figg. 237—239. Syst. Nat., Ed. 12, I, Pars II, p. 1137. Natursyst. d. ungeflig. Ins., p. 38, Tab. I, fig. 1. Die Arachn., 1II, p. 73, Tab. XCVTII, fig. 224. Etudes sur les Scorpions, în Revue et Mag. de Zool., 1872, pp. 3, 9, PI. 6, fig. 2. On the Classif. of Scorpions, l. c., p. 13. > _ ® è W N se ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 165 S. (Atrei) obscuri Gerv.!, et haud dubie = Isometrus Ameri- canus (LINN.) 1754 ?, quem LINnNnEUS postea (1758) S. europeum appellavit, qui autem cum S. europeo Linn. 1754 sive S. occi- tano Amour (Butho Europao (Linn.), THOR.) non est confunden- dus. Vid. THor., On the Classif. of Scorp., p. 7, et infra. C. L. KocH, in opere suo Die Arachniden, XI, p. 29, S. curo- paum Linn., Fagr., et S. hottentottam Fagr. (Syst. Ent., II, p. 435) unam eandemque speciem esse voluit. Que opinio falsa haud dubie est. De S. enim hottentotta FABRICIUS dicit: “ manibus leevibus ,; quum contra S. europeus “. manibus angulosis , recte ab eo describitur. — Jam quod ad S. hottentottam FABR. attinet, KocH omni jure hanc speciem ad suum Androctonum Pandarum * retulisse credo, qui manus laeves et dentes pec- tinum 22—24 habet, cujus exempla sat multa ex “ Sierra Leona , vidi, et quem igitur Buthum hottentottam (FABR.) ap- pellandum censeo. Postea vero KocH sententiam mutavit et S, hottentottam FABR. ad suum Tityum hottentottam * (formam mihi ignotam) retulit, qui ejusdem esse speciei videtur atque S. hot- tentotta HeRBST °; sed neque in hunc neque in 7. Rottentottam C. L. Kock cadunt hac verba FaBRICIT: “ manibus levibus ,. Ad Isom. Americanum (Linn.), sive S. obscurum GeRv., Ti- tyum longimanum C.L. Koca ° — cujus femina 7. @thiops I. esse videtur — sine ulla dubitatione referendum crederem, nisi has formas ex Java esse dixisset KocH. Quae species ab eo 7. ! Remarques sur la fam. d. Scorpions, 1. c., p. 219; H. N. d. Ins. Apt., IIT, p. 55; Expéd. dans les parties centr. de l’Amér. du Sud de CasteLNAU, Myriap. et Scorp., p- 42, PI. I, fig. 3. | ? Mus. Adolphi Friderici, p. 84. Ad descriptionem som. Americani, quam hic dedit LinnzuSs (« Scorpio pectinibus octodecimam dentatis, chelis sub-cylindraceo-an- | gulatis »),.in Mus. Lud. Ulrite haec addidit: « Corpus precedenti /S. afro/ angu- stius. Chele supra angulate, admodum angusta ». In Syst. Nat., Ed. 10 et 12, diagno- sis, ut in Mus. Lud. Ulrice, hace est: « Scorpio pectinibus 18-dentatis, manibus an- gulatis ». : è Die Arachn., V, p. 94, Tab. CLXIX, fig. 402. Ibid., XI, p. 27, Tab. CCCLXVII, fig. 863. Natursyst. d. ungefliig. Ins., 3, p. 45, Tab. 2, fig. 4. Die Arachn., XI, p. 13, Tab. CCCLXIV, fig. 857. Ibid., p. 11, Tab. CCCLXIV, fig. 856. gi. me‘ a» 166 T. THORELL, hottentotta vocatur (ex Sierra Leona) ad eandem speciem prope accedere videtur. Atreus Gervaisi BertHOLD *, qui 15 tantum dentes in pecti- nibus habet, et in quo carine dorsuales segmentorum caudalium 2',3% et 4' spinà finiuntur, verisimiliter nihil est nisi varietas Isom. Americani: in Mus. Gothob. exemplum I. Americani (ex Bogotà Columbie) asservatur, in quo carine ille dentem ulti- mum fortiorem, spine similem habent, quod ita non est in aliis exemplis hujus speciei (ex Bogotà aliisque locis) a me visis; sed pectinum alter 17, alter 18 dentibus in exemplo illo instructus est. In exemplo DE GeERrI “ S. europei , sive Isom. Americana, quod tempore valde expalluit, brachium 12 millim. longum, 2 4/s millim. latum est; manus, quae secundum longitudinem in latere exteriore leviter est concavata, 9 millim. longa, 3 millim. lata; digitus mobilis 12 ‘1/2, immobilis 10 */4 millim. Long. cephalotho- racis 8 4/3 millim., = long. segmenti caudalis 2°. 6.“ S. maculatus , (1. c., p. 346, PI. 41, figg. 9 et 10). sido) plum cui hoc nomen imposuit De GEER mas mutilatus est S. a- merici Linn. ? sive Isometri filì HempR. et EnR. ?, a me Zsom. ma- culatus (DE GEER) appellatus, quum alia species (S. obscurus GERV.) Isometrus Americanus (Linn.) vocari debeat. Conf. THoR., On the Classif. of Scorp., p. 8, et supra, p. 165. 7.“ S. testaceus , (1. c., p. 347, PI. 41, fig. 11.) Hujus de- scriptionem supra (pp. 160—162) dedimus. 8.“ S. australis , (1. c., p. 348). Specimen hoc nomine no- tatum mas est Centruri biaculeati (Lueas) * et (GERV.) °; femi- 1 Uebet drei neue Scorpionen-arten Neu-Granadas, in Gottingische Gelehrte An zeigen, 1846, Bd. III, p. 57. 2? Syst. Nat., Ed. 10, I, p. 624. ® Vorliufige Uebers., cet., p. 352; EHRENB., Symb. Phys,, Arachn., p. 3, Tab. I figg. 3a — 9f. 4 In WEBB et BertHELOT, Hist. Nat. d. Îles Canaries, II, 2, p. 45. 5 Rem. sur la fam. des Scorpions, l. c., p. 218; H. N. d. Ins. Apt.; III p. 55; Expéd. dans les parties centr. de l’Amér. du Sud de CASTELNAU, Myriap. ef Scorp., p. 43, PI. II, fig. 4. p 167 nam ejusdem speciei, sine nomine, in thesauro DE GEERI adest quoque. S. australis Lisn., a De GkeR huic speciei perperam sub- Jectus, alia est species, verisimiliter ad Androctonum funestum Hempr. et EnR. referenda. De qua re vid. THoR., On the Classi. of Scorpions, p. 7, et supra, p. 106. Centr. biaculeatus (Luc.) valde variat et ad longitudinem caud®e cum longitudine trunci comparatam, et ad numerum dentium pectinum, crassitiem manuum, cet. Recte mihi judicare videtur Cel. Woop® quum $S. (Atreum) Edwardsi Gerv.? cum hac spe- cie conjungit. Centr. De Geeri (GeRv.) © contra bonam esse spe- ciem existimaverim: non modo clarius coloratus est et, preser- tim in cauda, crassius granulosus, sed palpos pilis brevibus sat densis villosos habet et secundum mediam aciem digitorum. or- dinibus denticulorum obliquis 8 (9, si ordo imperfecta apicalis additur) instructos, quum C. biaculeatus una plures, 9 (10) ejus- modi ordines in digitis palporum ostendit. — S. (Atr.) obscurus GeRV., quem Woop ad C. bdiaculeatum refert, alius est generis, et Isometrus Americanus (LINN.), ut supra diximus, vocandus. — Ex formis a C. L. KocH descriptis, Tityum macrurum * et T. congenerem ® sine dubitatione ad C. biaculeatum refero; ei for- tasse subijciendus quoque est 7. mulatinus C. L. Kocg °, cujus figura a Kock data tamen majorem cum C. De Geeri similitu- dinem pra se fert. ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. \ Scorpiones a DE GEER descripti hi igitur sunt: 1. S. maurus = Broteas Herbstii THor. 1876. 2. “ flavicaudis , Euscorpius flavicaudis (De GEER) 1778. È ì On the Pedipalpi of North America, în Journ. of the Acad. of Nat. Sciences of Philadelphia, New Ser., V, Part IV, p. 362. 2 Rem. sur la fam. d. Scorpions, p. 11, figg. 13—15; IH. N. d. Ins. Apt., III, p. 53; Expéd.. de CAstELNAU, Myriap. et Scorp., p. 41, PI. I, fig. 1. * Rem. sur la fam. d. Scorpions, p. 217; H. N. d. Ins. Apt.; III, p. 54 (Scorpio [Atreus] De Geeri). 4 Die Arachn., XI, p. 16, Tab. CCCLXV, fig. 859, © Ibid., p. 19, Tab. CCCLXVI, fig. 860. © Ibid.; pi 9, Tab, CCCLXII, fig. 852. 168 T. THORELL, . S. indus = Pandinus megacephalus (C. L. Koc®) 1836., 3 4. , punctatus , Isometrus Americanus (Lixn.) 1754, jun. 2? D. , CUTOPaus , s Americanus (LiNN.) 1754, 6. , maculatus , È maculatus (De GEER) 1778. 7. , testaceus ,, Centrurus testaceus (De GEER) 1778. 8. , australis , > biaculeatus (Luc.) 1839. Fam TELEGONOIDA. Gen. BOTHRIURUS (Per.). B. vittatus (Gurr.), Var. rugosus N., nigro-piceus, trunco sub- ter fusco, digitis ferrugineo-rufis, pedibus apice sub-testaceis, ve- sica apice rufescenti; cephalothorace et palpis totis rugulosis et opacis, segmentis tribus primis cauda subter sat crasse rugulosis; dentibus pectinum circiter 20.— Long. circa 34 1/3 millim. Inter exempla nonnulla B. vittati » (= Brotheas erythrodac- tylus C. L. KocHn) ex S. Leopoldo, in Mus. Holm. asservata, unum est, quod forma singulari segmenti cauda ultimi distinguitur, et quod deformitatem modo hujus speciei putaverim, nisi etiam cau- de segmentis tribus anterioribus subter sat crasse rugulosis dif- ferret, et quod fortasse varietas est, quam nomine B. rugosi no- tare volumus; etiam manus et brachia et pedes in hac forma opaca sunt et fortius rugulosa quam in forma principali, cujus segmenta caudalia anteriora subter l@via sunt et nitida. — Segmenta cau- de 4 anteriora eandem speciem atque in forma principali habent; segm. quoque 5" pene ut in illa conformatum est, modo paullo fortius apicem versus angustatum, et in lateribus (in altero pree- sertim) impressionibus ingequalibus, supra vero, versus apicem, rugis paucis transversis munitum, area semi-elliptica ordinaria ad apicem subter minus bene expressa, attamen evidentissima. Segm. 6” forma mirabili est: versus basin stricturam fortem et latam ostendit et versus apicem vesic®e quoque repente angustatum est, ETUDES SCORPIOLOGIQUES. 169 ita ut haec a partibus tribus constare videatur, quarum due prime transverse sunt (secunda longior quam prima), tertia :co- nica, in aculeum transiens; aculeus forma ordinaria est, paullo curvatus, at limite evidenti vel quasi gradu a vesica distinctus ; hac nigro-fusca, supra ferrugineo-rufescens, parte tertia (apicali) tota ferrugineo-rufescenti; aculeus nigro-fuscus. Forma. insolita segsmentorum 5' et 6° haud dubie ex deformitate quadam pendet, quod tamen de rugositate, cujus supra memini, vix credere pos- sum. — Long. corp. 344/», cephaloth. 4 +, cauda 18 4/2, pal- porum 11 ‘/2; manus cum digitis 53/4 millim. longa. Patria: Brasilia. Exemplum singulum, ut supra dixi ex S. Leo- poldo, vidi, in spiritu vini asservatum (Mus. Holm.). Nomen 25. vittati (Gu£R.) in formis usurpavi que a C. L. Kocg Brotheas Bonariensis * et B. erythrodactylus ? vocantur, et qua- rum illum marem, hunc vero feminam ejusdem speciei credo : Cel. GervaAIS jim dudum has formas sub nomine Scorpionis (Tele goni) vittuti Guir. descripsit et delineavit *, illum fig. 30, hunc fig. 31 evidenter imitatione exprimens. GERVAISII opinionem se- cutus hanc speciem S. vittato Gufr. (ex Chili) subjeci, etsi in- ter exempla sat multa (ex Montevideo et Brasilia, cet.) a me exa- minata nullum est quod, ut varietas a GufrIN descripta, vittas transversas in abdomine habeat, nec pedes “ jane sale, légère- ment variés de brundtre ,, sed nigros vel piceos, interdum (in £) apice pallidos. Exemplum tamen ex Montevideo vidi (siccatum, in Mus. Gothob. asservatum), quod reliquis exemplis nigris vel ni- gro-fuscis multo est pallidius: abdomen ejus et cephalothorax ni- gricantia sunt, maculis pallidis variata, cauda, pedes et palpi sor- dide flavi vel testacei, aculeo et digitis obscurioribus. Nomen igitur GUERINI, vittatus, parum quidem in formas ordinarias sive varie- tatem principalem hujus speciei quadrat ; sed vix eam ob causam rejiciendum videtur. ! Die Arachn., X, p. 12, Tab. COCXXIX, fig. 762. ? Ibid., p. 16, Tab. CCCXXX, fig. 764. è Rem. sur la fam. d. Scorp., p. 227, PI. XI (I), figg. 30, 31. 4 In Voyage de la Coquille, Zool, II, Partie 2, p. 50. 170 T. THORELL, In B. vittato mandibularum digitus mobilis furcam non for- mat: dens enim 4° (ultimus), qui dente 2° parum major est, cum 3° et cum ipso apice digiti longo, fortiter curvato et acuto seriem pene rectam format. Lamelle intermedie pectinum in seriem singulam ordinate sunt, modo vestigiis seriei altera inter eam et seriem fulcrorum (lamellarum fulcientium). _B. d’Orbignyi (Gurr.) testaceo-fuscus vel testaceus, nitidissi- mus, pene levis, cephalothorace segmenta 1" et 2" cauda con- juncta longitudine non 2equanti; cauda cephalothorace circiter 4 1/» longiore, deplanata, segmentis 4 anterioribus subter lavissimis, supra carinatis, carinis denticulato-granulosis; segmento cauda 5° plus dimidio latiore quam altiore, in margine laterali supe- riore subtiliter granuloso, prope marginem inferiorem carina com- pleta granulosa munito, que a carina laterali inferiore antice abbreviata sub-incurva et denticulata modo sulco disjancta est, carina media inferiore minus distincta, granulosa, area impressa apicali in lateribus carina inferiore laterali limitata, antice vero carina denticulata leviter recurva definita; dentibus pectinum 18—27. — Long. usque ad 86° millim. Syn.: 1843. Scorpio d’Orbignyi Guir., Iconogr. du Règne Anim., Arachn., pi (12: 1844. } (Telegonus) Dorbignyi Gerv., Rem. sur la' fam. d. Scorp., 1.0, piN22b: 1844. » Dorbignyi 1D., in Warcx. et Gerv., H. N. d. Ins. Apt.; III, p. 58. Femina (verisimiliter). — Cephalothorax transversim fortiter convexus, an- tice saltem interdum levissime retusus, angulis late et sat fortiter rotundatis, postice truncatus vel levissime rotundatus, angulis sub-truncatis ; laevis, modo omnium subtilissime coriaceus, et in lateribus posterius subtilissime sed non dense granulosus, ut reliquum corpus nitidissimus; pone marginem anticum impressio media sat rmaagna sub-triangula levissima (interdum vix manifesta) conspicitur; tuberculum oculorum dorsualium, impressione utrinque limita- tum; oblongiim, lseve, ante oculos ubi evanescit sub-dilatatum; ab hoc tu- berculo pene ad marginem posticum extensus est sulcus profundissimus, pone medium, ubi ramum brevem transversum utrinque emittit, in foveam dila- tatus; utrinque in lateribus sulcus profundus transversus adest, cum ramo illo sub-conjunctus, et ante hune sulcum linea impressa parum evidens trans- ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 171 versa et paullo magis obliqua. Oculî dorsuales spatio diametro sua multo majore disjuncti; oculi laterales tres minuti, contingentes, in-triangulum vel lineam fortissime incurvam ordinati, a margine cephalothoracis laterali pa- rum remoti, longe vero a margine ejus antico. Segmenta abdominalia dorsualia 1%—6% pane levia, modo postice gra- nulis minutis conspersa, et in medio limbi antico retro sub-producto granulis nonnullis minutis sparsa quoque; ad hunc limbum impressiones duas levissi- mas ostendunt, aliamque mediam, interdum non visibilem. Segm. 7% secun- dum medium pau.lo evidentius impressum est, costis duabus brevibus sat crasse granulosis utrinque munitum et in lateribus sat subtiliter granulosum. Segmenta ventralia laevissima et nitidissima, 7% impressione lavi ad angulos posticos munitum, reliqua impressionibus binis longitudinalibus oblongis; spi- racula angusta, sat magna. Cauda longa et fortis, preesertim postice valde depressa, segmentis desu- perne visis in lateribus leviter rotundatis, leevissimis, excepto in carinis; segm. Jm_4m, que supra late et leviter excavato-sulcata sunt, carinas dorsuales et laterales superiores optime expressas et denticulato-granulosas habent, et preterea carinam lateralem mediam granulosam, antice abbreviatam ostendunt ; subter leevissima sunt, carinis carentia. Segm. 5", desuperne visum, apicem versus leviter ang'ustatum, supra ad basin impressione lata levi munitum, que ut sulcus laevissimus retro producitur, praterea planum, in marginibus su- perioribus serie granulorum minutorum preditum; carinam lateralem gra» nulosam, parum a margine inferiore segmenti remotam ostendit quoque ; subter carinas duas marginales (laterales inferiores) denticulatas habet, quae a ca- rina laterali illa modo sulco disjunete sunt, apice paullo intus curvate et basi abbreviate; carina inferior media debilis, sub-granulosa; ad apicem seg- menti subter area magna sub-transversa leviter impressa antice leviter ro- tundata adest, que in lateribus carina laterali inferiore denticulata est limi- tata, antice carina transversa granulosa leviter recurva definitur, postice vero margine reflexo et crenulato ipsius segmenti; hac area impressa subtilissime granulosa est, interstitia ante cam granulis nonnullis minutis sparsa quoque. Vesica sub-cordiformis, supra fere plana et laevis, angulis basalibus prominen- tibus, subter ad basin carina marginali crenulata utrinque munita et hic magis plana, preterea a latere visa fortiter convexa, subter et in lateribus sat crasse sed minus dense granulosa, granulis secundum medium series duas, sulco levi disjunetas, formantibus; aculeus fortis, sat longus. Mandibule leves, digitis longis; digitus mobilis 4 dentes, primum et ter- tium parvos, habet. Palpi nitidissimi, fere leeves. Humeri latus superius inequale, granulis pàrvis ineequalibus sparsum, costa forti obtusa sub-granulosa postice limita- tum; latus anticum paullo et inaequaliter granulosum quoque, in margine inferiore preesertim; limes inter haec duo latera parum expressus. Brachum 172 T. THORELL, supra et postice rotundatum, laevissimum, punctis nonnullis impressis; latus ejus anticum planum, pene leve, margine granuloso supra et infra limitatum. Manus crassa; convexa, extus leviter arcuata, intus anterius leviter quoque, postice vero fortiter arcuata, subter impressionibus duabus versus basin no- tata; leevis, punctis nonnullis impressis sparsa. Digiti breves, fortes, leviter incurvi, acie digiti mobilis leviter concavo-, immobilis leviter convexo-ar- cuata; secundum medium acies dense et sat crasse denticulata est, et preete- rea extus serie dentium majorum fere 6, intus serie dentium ejusmodi fere 5 armata. Lamina genitales in latere exteriore emarginato-angustate, quasi in den- tem obtusum retro producte. Pectinum lamelle intermedia seriem singulam formant, modo vestigiis seriei secunde ad basin. Dentes pectinum 18—22. Pedes levissimi, non granulosi. Color testaceo-fuscus vel -ferrugineus, interdum magis testaceus; pedes, ut truncus subter, preesertim vero pectines, pallidi sunt, manus interdum paullo infuscatae. Apex aculei late piceus. Mensure. — 9 (?). Lg. corp. 86; 1g. cephaloth. 10 8/,, lat. ej. 10.1/,, lat. front. 6; dist. oc. dors. a marg. ant. 5 +, a marg. post. 43/,. Cauda 50/,: segm. l ig.-6 —, lat..61/,; alt. max. 43/,; II lg. 62/,, lat. 64, II do./% lato 6:1/4;;IV1e.8 1/35 lato; 6.4, V do. 10,1/.clat. 64/; ialt 4; 0g ddt (ves. 7, acul. 4 ‘/,), lat. 5, alt. 4. Palpi 304: hum. 1g. 7 —, lat. 3+; brach. lg. 7, lat. 3 1/,; man. c. dig. 15; man. lg. 9, lat. max. 64/,, lat. min. 54; man. post. 7; dig. mob. 8 '/,, immob. 6 !/.. Pectinum latera 7, 6 !/,, 2; den- tes circa 1 millim. longi. Alter sexus vix differt nisi lamellis genitalibus brevioribus, parum longio- ribus quam latioribus, sub-triangulis, in latere exteriore-posteriore vix emar- ginatis, ut et pectinibus paullo longioribus, dentibus 23—27. Patria: America meridionalis: Bolivia (Gufr.), Argentina. — Exempla nonnulla in spiritu vini asservata possideo, a Cel. Prof. WeEWENBERGH ad Cordova et S. Juan capta et ad me missa. In- ter ea unum est, quod a reliquis paullo differt, ut ex hac dia- gnosi ejus videre licet: Var. B, obfuscatus N., obscure olivaceo-testaceus, cauda cephalo- thorace circa 44/6 longiore, segmento 5° pane dimidio latiore quam altiore, in margine superiore (non granuloso) serie modo punctorum impressorum piliferorum munito, prope marginem in- feriorem serie longitudinali granulorum versus apicem internodii obsoletorum instructo; pectinum dentibus 17. Praterea ut in forma principali est dictum. ETUDES SCORPIOLOGIQUES. 173 Species quam supra descripsi, et que ad S. d’Orbignyi Gurr. referenda esse videtur, magnam cum Bothr. vittato (GuEÉR,) simi- litudinem habet ; in hoc vero cephalothorax paullo densius gra- nulosus est, palporum humerus quoque densius (interdum sat dense et non ita subtiliter) granulosus, cauda altior, segmentis 4 anterioribus supra minus evidenter carinatis, carinis modo ad apicem granulis paucissimis munitis, segmento 5° allo modo ca- rinato: hoc segmentum in B. vitato subter et in lateribus tere- tiusculum est, carinis et granulis carens, ils exceptis quibus area impressa apicalis in formam semi-ellipsis limitatur, et granulis quibus haec area rugosa est et quorum nonnulla vestigiis carine medie sunt imposita. In B. vittato cephalothorax longitudinem segm. caud& l' et 2° conjunctim pene equat; cauda cephalothorace in Q circiter 4 4/3, in 1 44/:—5:plo longior est, segmentum 5” ejus modo quarta parte latius quam altius. Caret vesica in. u- troque sexu B. d’Orbignyi fovea illa magna profunda, qua in B. vittati supra munita est.! Gen. TELEGONUS (C. L. Kock). T. Weijenberghii w. testaceus, nigricanti-maculatus et -stria- tus, cephalothorace segmentum cauda 1" cum dimidio 2' longi- tudine pane aequanti, subtilissime granuloso, segmentis abdomi- nalibus posterius crassius, antice subtiliter granulosis, segmentis ventralibus granulosis quoque; cauda cephalothorace 44/» lon-, giore, ad maximam partem et supra et subter granulosa, supra carinis carenti, subter in segmento 5° carinis lateralibus denti- culatis munita, hoc segmento supra maculis duabus secundum medium impressis anguste ovatis albicantibus notato, vesica sat parva, impressione media supra munita, aculeo longo; dentibus pectinum circa 27.— d. Long. saltem 31 millim. 1 Quum h®e scribo, nulla exempla B. vittati ad manus mihi sunt, paucis excep- tis qua ex Argentina (C6rdova) mecum communicavit Cel. Prof, WEIJENBERGH. 174 T, THORELL, Mas jun. (baud dubie). — Cephalothorax supra deplanatus, in lateribus declivis, a latere visus in medio depressus, tuberculo oculorum dorsualium eminenti; antice late truncatus et in medio margine non retusus sed potius paullulo productus, angulis breviter rotundatis; postice truncatus, levissime modo rotundatus et in medio parum retusus, angulis posticis rotundato-trun- catis; subtiliter valde et non dense granulosus, sulco medio longitudinali exaratus, qui a margine antico, ubi preesertim profundus est, per tuberculum oculorum pene usque ad marginem posticum ducitur, arcubus supraciliaribus levibus, nitidis, anteriora versus in costas duas humiles, hreves, granulosas productis; ad ipsum marginem posticum adest sulcus longus, transversus, in medio leviter angulatus, et utrinque in lateribus, postice, sulcus profundus, transversus, obliquus, recurvus conspicitur. Ocul dorsuales spatio diametro sua paullo majore disjuncti; oculi laterales tres minimi, contingentes fere, in seriem fortiter incurvam vel in triangulum ad ipsum marginem lateralem cephalothoracis dispositi, a margine ejus antico non longe distantes. Segmenta abdominalia dorsualia 1?—6% utrinque posterius in jugum trans- versum elevata et in hoc jugo paullo crassius granulosa, preterea subtilis- sime granulosa; segm. 7" postice impressionem magnam fere \V-formen o- stendit, ante quam subtiliter granulosum est, in lateribus vero crasse granu- losum. Segmenta ventralia postice (ultimum pane totum) sat crasse granu- losa, costis carentia. Cauda longa, nitida; segmenta ejus 1"—4" desuper visa in lateribus le- viter rotundata (pressertim 1”, quod versus apicem non parum angustatum est), supra leviter excavato-sulcata, carinis carentia, in lateribus, ad apicem, vestigiis carinmarum binarum abbreviatarum pradita, subter carinis carentia, supra et in lateribus sat crasse et dense granulosa; segmenta 1" et 2% subter quoque granulosa, vix vero 3" et 4", que pene levia sunt, nitidissima. Segm. 5" desuperne visum versus apicem sat fortiter angustatum et in late- ribus leviter rotundatum, supra sulco medio praditum, in marginibus et la- teribus rotundatis granuloso-rugosum, subter carinis lateralibus inferioribus distinetissimis denticulatis munitum (carina inferiore media vix ulla); subter postice late et crasse granulosum est segm. 5", antice leve; supra magis versus basin duas lineas breves impressas, crassas, opacas, pene parallelas (antice paullo divaricantes) ostendit, que albicantes sunt et late pallido-te- staceo-limbatae, hoc modo maculas duas anguste ovatas pallidas formantes. Vesica parva, anguste ovata, supra laevis, fere in medio fovea levi sat magna predita, ad ipsam basin impressa quoque, angulis basalibus prominentibus; subter nitida, peene laevis, modo granulis nonnullis sat crassis preesertim ver- sus apicem evidentibus sparsa; aculeus gracilis, longus. Mandibule nitidissime, digitis longis et gracilibus, eodem modo atque in Bothriuro d’ Orbignyi dentatis. Palpi breves, graciles. Humerî margines parum expressi; supra series duas ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 175 versus basin appropinquantes granulorum non multorum et inequalium ha- bet; in latere anteriore secundum longitudinem tuberculis vel granulis non- nullis majoribus sparsus est. Brachium in latere antico series granulorum duas breves versus basin appropinquantes ostendit, et in margine superiore quoque granulosum est. Manus extus parum, intus postice sat fortiter ar- cuata, levis, in latere inferiore ad basin digiti immobilis dente fortissimo, basi compresso, apice anteriora versus et sursum directo armata. Digiti pa- rum curvati, acie recta et integra (non lobata), secundum medium subtili- ter denticulata et praterea utrinque serie denticulorum paullo majorum, in altero latere 8, in altero 7, muniti. Lamine genitales non vel parum longiores quam latiores, a basi versus a- picem angustate, in latere exteriore paullo emarginate, apice postico rotun- dato. Pectinum latus anticum cum latere interiore angulum rectum format; lamelle intermedie in series duas disposite sunt, anteriorem posteriore plus duplo breviorem; dentes pectinum curvati, 27. Pedes leves, femoribus et tibiis in margine modo hic illic granulis paucis parvis sparsis. Color lurido-testaceus, maculis nigris. Cephalothorax duas vittas laterales posteriora versus appropinquantes habet, et circum vel pone tuberculum ocu- lorum dorsualium nigrum nigro-maculatus vel nigricans quoque est; seg- menta abdominis anterius fasciam transversam in tres maculas divulsam ostendunt, quarum media lateralibus minor est, et_ praeterea maculas binas parvas nigras versus medium postice; caude segmenta 1"—3% ad apicem supra maculas binas parvas nigras habent, 3%—5" subter versus apicem u- trinque infuscata sunt et lineam mediam nigricantem ostendunt; segm. 5" supra versus basin maculis duabus anguste ovatis albicantibus est notatum; vesica testacea, aculeus apice late fuscus; mandibule ad apicem fasciam trans- versam nigram habent; palporum humerus basi supra, brachium vero in marginibus infuscatum est, femora quoque saltem posteriora basi infuscata, tibie saltem posteriores in margine inferiore nigricanti-maculate. Mensure. — Lg. corp. 31 !/,; lg. cephaloth. 4, lat. ej. 4, lat. front. 24/,; dist. oc. dors. a marg. ant. 1!/, +, a marg. post. 2 —. Cauda 18: segm. I loi 21/55 lat..21/-4-; Illg 028), +; lat. 21/,; IN lo. 3*//—, lat.21/,T+; INSte4 a aao2 Lo ge Vila Mato pane 23/5 VI ig 41), Gres opp, acal-ol +/); lat. 13/6, altéb4/;) Palpi 61/3 bum. 1g#28/,; “lat: 1jbrack. lg. 23), +, lat. 14; man. c. dig. 5!/;; man. lg. 4, lat. max. 1 ?/;, min. 1*/,, alt.1'/,;1g. man. post. 2 !/, +; dig. mob. 3, immob. 2 !/,. Ped. I 7 #/,, Il 10'/,, II 14, IV 15?/;. Pectinum latera 4, 4 +, 1; dentes !/, + millim, longi. Patria : Argentina America meridionalis. Marem supra descrip- tum, nunc in spiritu vini asservatum, ad Cordova invenit et ami- cissime dono mihi dedit Cel. Prof. WEIJENBERGH. 176 | T. THORELL, Impressionibus illis duabus supra in segm. 5° cauda et gra- nulatione densa corporis hc species (saltem w) satis est insi-. gnis. Dens in latere manus inferiore verisimiliter maribus pro- prium est. T. ferrugineus x. rufescenti-fuscus, cephalothorace segmen- tum caude 1" cum 8/ 2' longitudine equanti, levissimo, tantum in lateribus postice subtilissime granuloso; abdomine supra sub- tilissime granuloso, ventre levissimo; cauda cephalothorace circi- ter 44/» longiore, supra et subter laevissima, modo segmentis 1° et 2° supra paullo granulosis, carinis dorsualibus serie granulo- rum parvorum reprsentatis, et segmento 5° subter carinis la- teralibus granulosis instructa apiceque granuloso; vesica sat parva, subter versus basin subtiliter granulosa; dentibus pectinum circa 25. — Long. circiter 37 millim, Cephalothorax antice late truncatus, immo levissime rotundatus, nitidissi- mus, leevis, modo in lateribus postice subtilissime granulosusj pone margi- nem anticum fovea magna sub-triangula impressus, cujus apex pane ad tu- berculum oculorum pertinet; a medio hujus tuberculi, quod. laevissimum est et utrinque impressione limitatur, incurva, in medio transversim paullo pro- fundiore, sulcus ductus est profundus usque ad sulcum transversum in medio sub-angulatum, qui prope marginem posticum conspicitur; in lateribus postice impressio transversa sive sulcus valde profundus obliqurs parum curvatus adest, apice postico pene ad sulcum illum transversum portinenti. Oculî dor- suales spatio diametro sua multo majore disjuneti; oculi laterales. trini ad ipsum marginem lateralem cephalothoracis in lineam incurvam dispositi sunt. Segmenta abdomimis dorsualia 1°—6% subtilissime granulosa, impressione media evidenti, que in medio tumorem humilem plus minus manifestum o- stendit; segm. 7" in medio antice in tumorem amplum humilem elevatum est et pone eum impressum, hic igitur utrinque paullo elevatum, sat crasse granulosum et costis binis brevissimis granulosis praeditum, quarum exterior longior est et magis distincta. Segmenta ventralia omnia laevissima, mitidis- sima. Cauda sat fortis, usque ad segm. 5" latitudine aequali, segmentis desuper visis in lateribus modo levissime rotundatis, supra in medio sulcatis et utrin- que, et ad longitudinem et transversim, late convexo-arcuatis, pilis binis lon- gioribus utrinque; in segm. 1° et 2° series obliqua antice abbreviata granu- lorum nunnullorum locum carina dorsualis tenet; in medio latere, ad apicem, segm. 1’ et 2" carinas bihas brevissimas granulosas habent, quarum vestigia ETUDES SCORPIOLOGIQUES. 177 etiam in segm. 3° conspiciuntur; supra versus-latera sat subtiliter granulosa sunt segm. 1"! et 2”, hoc tamen modo ad apicem; preterea segm. 1m—4 levissima sunt, carinis et granulis carentia, pilis paucis in series ordinatis loco carinarum. Segm. 5" desuper visum in lateribus leviter rotundatum et apicem versus non parum angustatum, supra sulco medio longitudinali longo munitum, preterea leevissimum, versus margines rotundatos pilis binis lon- gioribus instructum; in lateribus, paullo superius, seriem punctorum impres- sorum piliferorum ostendit, subter carinas duas laterales versus apicem di- stinctas et crasse granulosas habet, serie pilorum (ut in plerisque hujus generis formis) instructas: carina media inferiore caret, sed ad apicem subter oranulusum est, ipso apice crenulato, praterea subter levissimum, ut in lateri- bus et supra, punctis modo paucis impressis piliferis sparsum. Vesica sat parva, sub-ovata, basi truncata, desuper visa anguste cordi-formis fere, angulis forti- bus et eminentibus, modo ad basin impressa, non vero in medio, levis et nitida; subter versus basin subtilissime et dense granulosa est, serie transversa granulorum majorum ad ipsam basin, preterea punctis impressis piliferis sparsa; aculeus longus et gracilis. Palpi breves et graciles; humerus et brachium non granulosa videntur, sed modo extus et in marginibus parum expressis punctis nonnullis impressis pi- liferis sparsa. Manus parva, extus fere recta, intus postice sat fortiter arcu- ata, leevis et nitidissima, modo punctis nonnullis piliferis conspersa. Digiti breviores, acie secundum medium sat subtiliter denticulata et utrinque serie dentium majorum, 6 in altero latere, 5 in altero, armata. Lamina genitales latiores quam longiores, triangule, apice foras directo. Dentes. pectinum circiter 25. Pedes leves, nitidissimi, punctis modo piliferis sparsi. Color. Exemplum singulum a me visum (primum siccatum et tum in spi- ritu vini immersum) rufescenti-fuscum est totum, apicibus modo aculei et man- dibularum nigricantibus. Mensura. — Lg. corp. 37; lg. cephaloth. 5 1/, —, lat. cj. 5 3/,, lat. front. 4; dist. oc. dors. a marg. ant. 2/,, a marg. post. 2!/,. Cauda 24; segm. f lg. 21/x, lat. 31/,; Il le. 3, lat. 3; III lg. 31/,, lat. 3; IV lg. 4, lat. 3; V lg..5, dat. 3; VI lg. 6.4, — (ves. 31/,, acul. 2.1/,), lat. 2, alt. 1*/,. Palpi 12°, Dum. le. 3 -i-..Jat, 1; bragh, le..34/,; lat. 11, .-L: man,c. dig, 5.!/,; man. lg. 3, lat. max. 11/, sug min, 15, —; man. post. 2!/, —; dig. mob. 3 +, immob. 2 !/, millim, longus. Patria: Argentina. — Exemplo etiam hujus speciei, ad Cér- dova a se invente, Cel. WEISENBERGH me donavit. Vol. XIX. Jia 178 T. THORELL, Gen. CERCOPHONIUS (Pet.). C. Ssquama (GeRv.) nitidus, fere leevis, niger, testaceo-macula- tus, cauda, palpis et pedibus sub-testaceis, nigro-maculatis -linea- tisque; cephalothorace longitudine segmenta cauda 1" 4 2° x- quanti fere; cauda cephalothorace circa 4 ?/s longiore, segmentis 1° et 2° latioribus quam longioribus, segmentorum l'—4' carinis dorsualibus subtiliter denticulatis, lateralibus superioribus sub- granulosis, lateralibus inferioribus parum distinctis, levibus; seg- mento cauda 5° in margine superiore vix granuloso, carinis infe- rioribus granulosis; manibus non duplo longioribus quam latiori- bus, brachio non parum latioribus, levibus, vix costatis, digito mobili manu paullo longiore; dentibus pectinum circa 14.— Long. circiter 35 millim. Syn.: 1844. Scorpio (Telegonus?) squama Gerv., Rem. sur la fam. d. Scor- pions, ‘n Archives du Museum, IV, p. 227, PLEXI, figg. 19-21. 1844. _, squama m., in Warcx. et Gerv., H. N. d. Ins. Apt., III, p. 64. 1861. Cercophonius squama Per., Ueb. eine neue Eintheil. d. Scor- pione, cet., in Monatsber. d. K©nigl. Akad. d. Wissensch. in Berlin, 1861, p. 509. 1861. Acanthochirus testudinarius m., ibid. Cephalothorax in margine antico late sed levissime emarginatus, postice sub-truncatus, subtiliter coriaceus, vix granulosus, impressionibus posticis la- teralibus sat profundis, impressione media postica ut sulcus latus sub-trian- gulus ad tuberculum oculorum dorsualium producta, hic sulcus etiam in tu- berculo oculorum manifestus at levissimus, ante hoc tuberculum vero rursus fortis et sensim paullulo dilatatus, ad marginem anticum pertinens. Tubercu- lum oculorum dorsualium humile, leve, oculis spatio diametro sua parum ma- jore disjuncetis. Oculi laterales duo anteriores sub-requales, ad ipsum margi- nem lateralem cephalothoracis positi, parvi (dorsualibus multis partibus mi- nores), spatio minuto tantum disjuncti; oculus tertius (posticus) iis etiam multo minor, multo magis intus positus et spatio paullo majore a medio quam quo distat ille ab antico remotus; omnes tres lineam fortiter incurvam tormantes, 4 ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 179 Abdomen supra nitidum, leve vel omnium subtilissime coriaceum, impressio- nibus duabus levibus ad marginem anticum segmentorum l'—Gi, segmento tan- tum ultimo utrinque ad apicem costis duabus brevibus granulosis munito et preterea in lateribus granuloso. Segmenta ventralia levia, nitida, ultimum quoque costis carens. Cauda minus fortis, paullo latior quam altior, non longa, segmentis 1°—5° supra sat late canaliculatis, levibus. Carine dorsuales et laterales superiores in segm. 1°—-4° evidentes sunt, illa subtiliter denticulate, ha sub-granulos® ; laterales inferiores laeves, parum distinctae, inferiores medie nulle; vestigia carine lateralis medie quoque versus apicem habent hac segmenta. Segm. 5" a latere visum subter leviter arcuatum, supra versus basin paullo fortius arcuatum, versus apicem fortius, versus basin minus fortiter angustatum, desuperne visum versus apicem (et versus basin quoque, sed minus evidenter) paullo angustatum, in lateribus leviter rotundatum; margines ejus superiores vix evidenter granulosi, carine laterales superiores valde obsolete; carine inferiores magis distincta, laterales eorum serie granulorum munite, media versus apicem granulis seriem furcatam formantibus notata, interstitia quoque granulis paucis sparsa. Vesica anguste ovata, supra plana, subter et in lateri- bus granulis minutis rugosa, sulcis lateralibus distinctissimis, sulcis duobus levibus subter. Aculeus brevis, sat fortiter curvatus. Mandibule leves, nitide, foveis duabus ad apicem, exteriore maxima, sub- transversa, interiore parva. Digitus mobilis seriem singulam dentium 5 (3" et 4% parvos) habet, digitus immobilis seriem dentium 2, dente basali bilobo. Palpi nitidi, fere leeves, sparsim pilose; etiam scapula levis est. Humerus sub-prismaticus quidem, sed in lateribus quattuor nullis costis evidentibus li- mitatus, tuberculis tantum piliferis ineequalis, antice et postice sub-rectus, apice vix latior quam basi. Brachium postice leviter arcuatum, antice sub- angulatum, latere postico a lateribus planis superiore et inferiore costa levi obtusa limitato; latus anticum quoque saltem ad basin supra eodem modo limitatum. Manus extus fere recta, intus sat fortiter arcuata, basi oblique truncata, leevis, nitida, costis evidentibus vix ullis 4, puncetis impressis series longitudinales tres, supra, formantibus; digitî angusti, sat fortiter incurvi, acie non sinuata, subtilissime crenulata. Pedes neque in margine superiore neque in inferiore granulosi. Sternum evidentissimum, ex partibus duabus transversis sub-triangulis, de- pressione media profunda et lata separatis, angulum obtusissimum postice inter se formantibus compositum. Dentes pectinum 13 vel 14. Color. Cephalothorax et abdomen nigra, maculis testaceis variata. Cauda fusco-testacea, nigro-maculata et, presertim in lateribus, nigro-vittata, vittis ad apicem segmenti confluentibus. Palpi testaceo-fusci, nigro-maculati et -sub- 1 In exemplo juniore vestigia costarum longitudinalium adsunt, 180 T. THORELL, lineati, digitis ferrugineis; pedes fusco-testacei, femoribus et tibiis in latere anteriore nigris, testaceo-maculatis. Subter corpus fusco-testaceum est, seg- mento ultimo ventrali maculis duabus nigris notato. Mensure. — Lg. corp. 35; lg. cephaloth. 4'/,, lat. ej. 4 3j,, lat. front. 3; dist. oc. dors. a marg. ant. 13/,, a marg. post. 2!/,. Cauda 20 —: segm. I lx. 2,dat,2 %/,, alt. 2 3/,; IL lo..23/..lat.215,4- Ile. 2%, L20060: lat. 21/,—, alt. 21/,; V lg. 5, lat. 2'/,, alt. 2;.VI lg. 5/, (acul.‘1°4/.), lat. 2:1/- alt. 2. Palpi.15 ?/,: bum, lp. 3!4,—, lat. 14/,; brach. lo, An man. c. dig. 7 !/,; man. lg. 4 +, lat. max. 2/,, min. 14/,; man. post. lg. 3!/, +; dig. mob. 44/,, immob. 8‘. Pectinum lg. 8—, lat. 1; dentes plus !/, millim. longi. Patria: Australia. Duo specimina siccata, verisimiliter feminea, in Mus. Holm. asservata vidi, alterum majus (quod supra descrip- si) verisimiliter ex Nova Hollandia occidentali, alterum ex Tas- mania. Species jam a me descripta vix a S. squama GERV. diversa est, etsi in hoc, secundum Cel. GERVAIS, oculi laterales “ sur une méme ligne ; positi sint, quibus verbis eos lineam rectam for- mare verisimiliter exprimere voluit; in exemplis supra descrip- tis oculi laterales seriem fortiter incurvam designant, ut in “ 7'é- légones » GERVAISI, a quibus in H. N. d. Ins. Apt., III, pag. 63 “ S. squamam , segregavit. In S. squama pectines 16—17 den- tes habere dicit GERVAIS; in exemplis a me visis 13 vel 14 sunt dentes pectinum. Acanthochirus testudinarius Pet. verisimiliter est mas Cercopl. squame, ut voluit GERSTECKER. * C. brachycentrus w. luteo-flavus, nigro-variatus, abdomine su- pra quattuor ordinibus macularum nigrarum ornato; cephalotho- race et abdomine parum granulosis, illo segmentis cauda 1° 4- 2° breviore; cauda cephalothorace circiter 5:plo longiore, carinis superioribus in segmentis 4 anterioribus distinctis, in 1° et 2° granulosis, segmento 5° plus duplo longiore quam latiore, modo subter carinato, carinis granulosis; vesica longa, levi, supra fovea © Bericht iib. die wissensch. Leist. im Gebiete d. Entomol. wahrend d. Jahres 1861, p. 510. ÉTUDES' SCORPIOLOGIQUES. 181 magna oblonga notata, aculeo brevissimo; manibus latis et crassis, subter ad apicem crista denticulata munitis, digito mobili manu postica breviore; dentibus pectinum circa 18. — Long. circa 28 millim. — Cephalothorax antice truncatus, angulis sat late rotundatis, postice trunca- tus quoque vel levissime modo rotundatus; a latere visus in dorso pene rectus, tuberculo oculorum dorsualium parum prominenti; supra omnium subtilissime . coriaceus, ad marginem anticum rugosus, utrinque in medio latere et ad marginem. posticum subtilissime granulosus, sulco medio longitudinali exara- tus profundo, per tuberculum oculoram ducto, ante et pone id in foveam dilatato, arcubus supraciliaribus levibus; sulcus ordinarius lateralis posticus obliquus profundus sed sat brevis est; in medio latere praterea impressio sat magna levis (subtiliter granulosa) conspicitur. Ocul dorsuales spatio diametro sua evidenter majore inter se remoti; laterales trini triangulum vel lineam fortissime incurvam ad ipsum marginem lateralem formant. Segmenta abdominalia dorsualia omnium subtilissime coriacea, modo po- stice, utrinque, subtiliter granulosa; segm. 7% postice costas 4 brevissimas valde divaricantes granulosas ostendit. Segmenta ventralia nitida, levia vel subtilissime coriacea, ultimum granulis paucis ingequale. Cauda, ut palpi et pedes, pilis longis conspersa, segmentis 1°—4° desuper visis in lateribus leviter rotundatis, supra sat late excavato-sulcatis, carinis dorsualibus et lateralibus superioribus distinctis, in segm. 1° et 2° subtiliter granulosis, in segm. 3° et 4° levibus vel modo paullo inaequalibus, carinis inferioribus saltem in segmentis duobus primis, que subter ‘granulis crassis inequalia sunt, evidentibus et granulis crassis sparsis, in segm. 3° et 4° non vel parum expressis. Segm. 5® desuper visum primum latitudine pene - quali est, tum, inter medium et apicem, posteriora versus sat fortiter angu- statum; supra ad basin sulco forti impressum, versus apicem planum, in mar- gine superiore modo serie pilorum munitum; in lateribus leve, subter carinis tribus sat inequaliter granulosis, lateralibus saltem antice abbreviatis, preedi- tum. Vesica magna, longa, levis et nitida, supra in medio fovea magna opaca ovata munita; aculeus brevissimus, debilis. Palpi nitidi, vix granulosi nisi in marginibus lateris antici humeri — qui apice versus paullulo latior evadit et tuberculis paucis piliferis ineaegualis est — ut et in margine inferiore lateris antici brachii; margines humeri reliqui parum expressi; brachium intus versus basin incrassatum quidem sed non dentatum, latere superiore sub-excavato costa evidenti levi a latere postico rotundato et inzequali limitato, latere inferiore plano. Manus lata et crassa, extus parum, intuz fortiter arcuata, laevis, punctis impressis piliferis sparsa, hic illic in series ordinatis; subter ad hbasin digiti mobilis cristam brevem compressam obliquam in margine denticulatam ostendit. Digiti bre- 182 T. THORELL, viores, acie vitta densa denticulorum minutissimorum vestita et preeterea in lateribus serie denticulorum paullulo majorum utrinque circa 5 munita. Lamine gemitales paullo longiores quam latiores, sub-triangulae. Pectinum dentes 18. Color luteo-flavus vel testaceus, nigro-maculatus; truncus subter cum vesica et pedibus nigro-maculatis pallidior. Cephalothorax presertim in medio cir- cum oculos dorsuales et in lateribus maculis et striis nigris variatus est. Abdo- men series 4 longitudinales macularum ineequalium habet, duas secundum ‘medium, duas laterales; macule dure in medio uniuscujusque segmenti sub- incurve sunt, minores quam laterales et inter se satis appropinquantes, lon- gius vero a maculis lateralibus remote; ipse margo lateralis segmentorum saltem nonnullorum angustissime niger. Cauda subter et in lateribus macu- lis et striis nigris, vittas vel lineas ineequales longitudinales fere formantibus sat dense variata; supra ad apicem binas maculas vel strias nigricantes osten- dunt segm. 1©—4": segm. 5" supra, magis versus basin, maculam talem utrinque habet. Vesica supra immaculata, subter nigricanti-maculata; aculeus apice late niger. Palpi subter immaculati, supra maculis et striis inequalibus variati, in manibus proesertim supra et in lateribus lineas vel vittas longitu- dinales formantibus; digiti immaculati. Femora apicem versus et tibie ni- gro-maculata. Mensure. — Lg. corp. 28; lg. cephaloth. 31/,, lat. ej. 3 !/,, lat. front. 2; dist. oc. dors. a marg. ant. 1!/,, a marg. post. 1!/,. Cauda 17: segm. I lg. 11/,, lat. 21/,;; I lg. 2 —, lat. 2; II lg. 21/,, lat. 2—;IV lg. 3, dat. 15; V..lg. 4 lat.2—; VI lg..45/.:(ves.:34/;0acul. 14); dati dia ale Palpi 10.1), : hum. lg. 2, lat. 1; brach..le. 23/,, dat. Li; nea 53/,; man. lg. 3 1/,, lat. max. 2, min. 1?/,, alt. 1 ?/2; man. post. 3. —; dis. mob. 2 */,, immob. 2 millim. longus. Patria : Argentina. Exemplum supra descriptum, quod mascu- lum credo, ad S. Juan invenit et mihi donavit Cel. Prof. WeI- JENBERGH; in spiritu vini asservatum est. Pullulum quoque (ex Cordova) misit Cel. WelsENBERGH 15 millim. longum, haud dubie hujus speciei et femineum, qui manus oblongas et angustas (bra- chio non latiores) habet, manus subter crista carentes, digitum mobilem manu postica, ut videtur, paullo longiorem, pectinum dentes pauciores, et vesicam supra fovea carentem. — Pullulum alium paullo majorem, ex S. Juan, ab eodem amico obtinui, eum quoque in spiritu vini conditum et haud dubie femineum: te- staceo-olivaceus est et nigro-variatus, abdomine modo duabus vit- tis latis nigris ornatum; differt praterea digito manus mobili quam ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 183 manu postica dimidio longiore, carinis dorsualibus et lateralibus superioribus non tantum in segmentis caudee 1° et 2° verum etiam in 3° (dorsualibus immo in 4°) granulosis, pectinum dentibus 15, cet. Var. 6, divittatum, hanc formam appellare licet; num propria species ? Fam. VEJOVOID.. Gen. VEJOVIS (C. L. Koc8). \. intrepidus Tror. ferrugineo-fuscus, vesica ferrugineo-testa- cea, manibus pallidius ferrugineis, costis obscurioribus; cepha- lothorace crasse granuloso, longitudine segmenta caudalia 12-42" pene equanti; segmentis abdominalibus antice levibus, nitidis; cauda cephalothorace circa 4 ‘/» longiore, latiore quam altiore, carinis superioribus in segmentis 1°—4° denticulatis, dente api- cali fortiori, carinis inferioribus granulosis, inferioribus mediis segmentorum anteriorum lavibus tamen, segmento 5° in margi- nibus superioribus subtilius sranuloso, carinis inferioribus subti- liter dentatis; palporum humero supra plano, granulis tantum minutissimis sparso, manibus crassis, tumidis, costis longitudina- libus 8 granulosis, digito mobili manu postica circiter dimidio longiore; dentibus pectinum circa 22.— Long. circa 84 millim. Syn.: 1876. Vejovis intrepidus Tuor., On the Classif. of. Scorp., l. c., p. 10. Cephalothorax anteriora versus satis sequaliter et fortiter angustatus, in margine antico late sed omnium levissime emarginatus, «postice truncatus; fortiter transversim convexus, valde insequalis, sat crasse granulosus, granu- lis non in series 2equales digestis, area antica magna sub-triangula (inter- oculari fere) subtiliter tantum granulosa, pone impressiones laterales posticas valde profundas parce tantum et subtiliter granulosus quoque, nitidus; im- pressio media transversa ad ipsum marginem posticum formam sulci habet, a quo alius sulcus anteriora versus ad foveam magnam ineequalem pone tu- berculum oculorum dorsualium ducta est; hoc tuberculum longum, postice 184 T. THORELL, acuminatum, antice sulco medio impressum, qui ad marginem anticum ce- phalothoracis pertinet; utrinque ad hoc tuberculum impressionem sub-trian- gulam ostendit dorsum. Oculi dorsuales spatio diametro sua majore disjuneti; laterales tres, spatiis sub-equalibus, oculi postici diametrum fere 2equantibus disjuncti, lineam fortiter incurvam formant; anticus eorum saltem dimidio longius a margine cephalothoracis antico quam a margine laterali remotus est; oculus posticus reliquis duobus lateralibus sub-sequalibus duplo pane minor. Abdomen supra nitidum, ad maximam partem leve, segmentis 2°—6° tan- tum ad margines laterales et posticum subtiliter granulosis, costa media lon- gitudinali parum expressa; segm. 7% utrinque costas duas distinctissimas gra- nulosas habet, exteriorem leviter incurvam, interiorem foras curvatam; inter has costas et margines laterales granulosum est segm. 7", in medio inter eas vero magis leve, ad basin costis tribus brevibus sat latis humilibus munitum, media longiore, lateralibus divaricantibus. Segmenta ventralia nitida, fere le- via, ultimo costis tantum humilibus sub-granulosis munito. Cauda longa, fortis, a basi ad segmentum 5% vix vel parum Mporhata; hoc segmento apicem. versus sensim paullo angustato; segm. 1®"—5" sensim longiora, latiora quam altiora, supra late sed non profunde excavato-canali- culata, levia; carina dorsuales et laterales superiores bene expresse, sat sub- tiliter et acute denticulatae, dente ultimo reliquis paullo fortiore (excepta carina laterali superiore segmenti 4i, que non parum longior est quam ca- rina dorsualis et apice integra); inter eas, in segm. 1°—5°, carina: lateralis media denticulata adest, in segm. 1° aeque pene longa atque segmentum, in segm. 2° et 4° vero abbreviata, apicalis. Carine 3 inferiores bene expresse, sub-crenulatae, exceptis carinis mediis in segm. 1°, 2° et (apice excepto) 3°. Segm. 5” a latere visum subter leviter, supra paullo fortius arcuatum et versus apicem magis quam versus basin angustatum; margines superiores sat subtiliter granulosos habet, carinas laterales superiores serie granulorum, ca- rinas tres inferiores serie dentium minutorum instructas, interstitia inter has carinas granulosa quoque. Vesica ovata, desuperne visa ovato-sub-cordiformis, fere plana, angulo prominenti sub-aurito ad basin utrinque, subter granulis humilibus parvis minus dense sparsa; aculeus sat fortiter curvatus, non longus. Mandbularum digitus mobilis seriem singulam dentium 6 (3° et 4° parvis) habet, digitus immobilis singulam quoque, binis dentibus, basali bilobo. Palporum humerus depressus, antice et postice levissime arcuatus, vix latior apice quam basi; latera ejus superius, anticum et posticum (angustum) costa distinctissime granulosa utrinque limitata sunt, latus superius planum, granulis omnium minutissimis sat raris preesertim versus medium et basin sparsum ; latus anticum serie hic illic abrupta granulorum majorum minus densorum superius, aliisque paucis seriatis quoque magis infra preditum, his ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 185 ordinibus cum marginibus internodii parallelis ; latus inferius, ad longitudinem concavo-curvatum, ad hasin vittam abbreviatam granulorum habet. Brachium paullulo altius quam latius, postice (extus) levissime, antice versus basin for- tius curvatum, lateribus omnibus quattuor costa distincta granulosa limitatis; latus superius planum, granulis omnium minutissimis sparsum (sub oculo arte munito); latus anticum versus basin, superius, ad longitudinem paullo ele- vato-incrassatum est et hic serie longitudinali abbreviata dentium parvorum instructum, latus posticum granulis parvis sparsum, que series duas parum xequales secundum longitudinem internodii formant. Manus crassa, tumida, fere breviter ovata, extus leviter, intus fortiter rotundata, costis munita 8 sat latis et humilibus, granulis densis obsitis: tribus earum secundum latus superius manus ductis, duabus secundum latus ejus inferius, duabus manum aversam satis angustam a lateribus ilis limitantibus, ultima latus ejus supe- rius a latere inferiore dividenti. Interstitia 8 inter has costas fere laevia, sulcos latos levissimos formantia, exceptis duobus exterioribus, que magis plana sunt. Digiti sat longi et angusti, acies eorum versus basin bis leviter sed late sinuato-emarginata, subtiliter crenulata et magis infra serie dentium 6 in- structa: etiam supra vestigia dentium sex adnatorum ostendit. Pedes longi, femora in margine superiore et inferiore serie duplici granu- lorum vel dentium minutorum instructa, tibie posteriores lineis binis lon- gitudinalibus sub-elevatis et subtiliter granulosis praditae, anteriores tibie linea ejusmodi singula. Tarsorum art. 15 et 2° angulato-compressi. Lobi la- biales pedum 2* paris longi et angusti, conjunctim latitudine spo quod po- stice 2/, millim. latum est, duplo latius quam longius. Pectines longi et angusti, dentibus 22. Color. Truncus supra cum cauda tota, segm. 6° excepto, obscure. ferrugi- neo-fuscus; palpi, preesertim manus, pallidius ferruginei, costis et granulis saturatius coloratis, digitis quoque pallide ferrugineis; vesica ferrugineo-testa- cea, aculeus apice late niger. Pedes fusco-testacei, tarsorum articulo 3° flave- scenti. Mandibule pallide fusco-testaceze. Corpus subter fusco-testaceum, la- minis genitalibus et pectinibus pallide testaceis. Mensure. — Lg. corp. 84; le. cephaloth. 11!/,, lat. ej. 10 1/,, lat. front. 6.1/,, dist.*oc. dors. a marg. a. 4, a marg. p.7. Cauda 52 1/,: segm.Ilg. 5 1/,, lato erat Don Galati: a Dldo Ge olat. 64 Vo dell lat. 5 4- (apice 4 1/,), alt. 43/,; VI lg. 11), (acul. 4), lat45 —, alt. 4. Palpi 2812: vhum. Jg.-94/; lat: 334 brach. ‘Io:*10, 239 3*/,; mani c. dig. 17; man. lg. 98/,, dat. max. 6 3/,, min. 54/,, alt. 5 1/,; man. post. lg. 7 !/,; dig. mob. 11, immob. 8. Pedes I 22 1/,, II 26 #],, HI 321/,; IV 39. Pect. lg. antice (ex- tus) 7 !/,, postice 6 */,, lat. 2 —; dentes circa 1!/, millim. longi. Patria: Mexico. Unum exemplum vidi, in spiritu vini asserva- tum, quod possidet Mus. Gothob. 186 T. THORELL, Hc species eadem forsitan est atque V. Mezxicanus C. L. Kocun *, aut V. nitidus n.°. Sed in illo (V. Mexicano) Kocar e. gr. dicit carinas segmenti cauda 5' obtusas esse et “ sranulosas tantum , dentesque pectinum 15; sranulorum in costis manuum nullam mentionem facit. In V. mitido omnes carine inferiores segmentorum l'—4' caudalium leaves esse dicuntur; nihil de gra- nulis, neque in cephalothorace neque in manibus, legimus. — De- scriptio parum copiosa Buthi punctipalpis Woo $ ° (ex Cap. S. Lucas Americ® septentr.) satis bene in nostram speciem quadrat, exceptis verbis “ palpis dense minutissime punctatis ,, et “ the sting is very long ,, que vix in eam cadunt. Genus Vejovis — saltem V. intrepidus — manibus magnis tumi- dis ad gen. Juri familie proxime sequentis satis prope accedit; manuum tamen altitudo non ut in /Juro minor est quam minima. earum latitudo, sed hanc latitudinem saltem aquat; neque sunt coste, quibus limitatur manus aversa, reliquis costis manuum dis- similes; sternum minus est quam in Zuro; duplo latius quam lon- gius, et partes ejus dua longitudinales transversim sunt convex®, non ut in Zuro ad longitudinem excavate; pectines, quae multo longiores sunt, duas series lamellarum intermediarum habent, qua- rum postica ex lamellis parvis, fulcris dentium similibus compo- sita est. Gen. HADRURUS TtuoRr. H. maculatus n. fusco-testaceus, nigro-maculatus, cephalotho- race granuloso, antice leviter rotundato, segmenta cauda 1"4-2" longitudine fere equanti; oculis dorsualibus ante centrum cepha- lothoracis sitis; segmentis abdominalibus subtilissime coriaceis, postice subtiliter granulosis, ultimo sat crasse granuloso; cauda 1 Die Arachn., III, p. 51, Tab. XCI, fig. 206. 3 Ibid., X, p. 4, Tab. COCXXVII, fig. 758. * On the Pedipalpi of North America, é» Journ. of the Acad. of Nat. Sciences of Philadelphia, New Ser., V, Pars IV, pp. 369, 369. ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 187 cephalothorace circiter 44/s longiore, supra et in lateribus gra- nulosa, carinis superioribus in segmentis 1°—4° denticulatis, dente ultimo reliquis non majore, carinis vero inferioribus me- diis levibus; segmento cauda 5° in margine superiore granuloso, carinis inferioribus denticulatis ; palpis gracilibus, manu ovato-cy- lindrata, levi, brachii latitudine, vix duplo longiore quam latiore, digito mobili manu postica pene dimidio longiore; dentibus pec- tinum circa 14.— Long. saltem 38 millim. Corpus parum pilosum. Cephalothorax anteriora versus satis equaliter et fortiter angustatus, margine antico non emarginato, sed contra levissime ro- tundato, postice quoque levissime rotundatus et in medio paullulo impressus; transversim fortiter convexus, valde inequalis, subtiliter coriaceus et prete- rea granulis sat parvis dense sparsus, antice tamen l:evis, nitidus; impressio- nibus lateralibus posticis profundis, media postica sulcum transversum ad marginem posticum formanti, a quo anteriora versus ducitur sulcus brevis angustus profundus, qui tum in foveam longam et angustam sive sulcum la- tum ad tuberculum oculorum dorsualium continuatur, paribus tribus sulco- rum radiantium ab hoc sulco exeuntibus, quartoque pari tuberculum oculo- rum includenti. Ad marginem cephalothoracis anticum fovea magna non pro- funda adest: tuberculum oculorum anteriora versus usque ad hanc foveam ut costa continuatur, et secundum totam longitudinem sulcum habet parum profundum, in marginibus serie granulorum parvorum munitum, inter ocu- los tamen levem. Oculi tres laterales in seriem leviter incurvam ordinati, spatiis sub-wequalibus disjuncti, his spatiis oculi postici diametrum vix ®- quantibus; oculus posticus plus duplo minor quam reliqui duo. Abdomen supra subtilissime coriaceum, segmentis dorsualibus 3°—6° ver- sus marginem posticum granulis minutis sparsis, impressionibus binis levissi” mis antice, vix vero costa manifesta longitudinali instructis; segm.. 7% cras- sius granulosum, preesertim versus latera, ubi eranula postice duas series breves utrinque formant; in medio costam latam humilem postice abbrevia- tam ostendit hoc sesmentum. Segmenta ventralia loevia, nitida, summo mar- gine sub-granuloso; segmentum ultimum omnium subtilissime coriaceum, preterea costis duabus tenuibus utrinque munitum, exteriore saltem evi- denter granulosa. Cauda longa et fortis, posteriora versus paullulo angustata, subtilissime . coriacea, etiam inter carinas supra et in lateribus granulosa; segmentis .la- tioribus quam altioribus. Segm. 1°—4" supra sat profunde sed non late ca- naliculata, carinis dorsualibus et lateralibus superioribus bene expressis, den- ticulatis, dente apicali reliquis non majore; carina granulosa inter carinas laterales superiorem et inferiorem segmentorum 2'--4' adest quoque, in 188 |. THORELL, seom. 3° et 4° abbreviata tamen, apicalis. Caririse laterales inferiores distinctee, granulose, saltem in segmentis 1°, 3° et 4°; medie inferiores leves, in segm. 4° obsolete. Segm. 5”, quod a latere visum eadem est forma atque in Vejovi intrepido Turor., et cujus canalicula media postice in foveam magnam dila- tata est, marginem superiorem dense granulosum habet et latera quoque sat dense et insequaliter granulosa, carina laterali superiore parum, ad basin tantum segmenti, manifesta; carine tres inferiores bene express, dense et subtiliter denticulate, interstitiis sat dense granulosis. Vesica angustius ovata, supra ovato-cordiformis fere et sub-plana, angulo prominenti extus crenulato ad basin utrinque; subter et in lateribus sat dense granulosa est, sulco forti utrinque in lateribus supra et sulcis duobus angustis leevibus subter. Aculeus sat brevis, levius curvatus. Mandibule leves; ad apicem supra foveam magnam, tuberculo pilum ge- renti in medio munitam ostendunt, aliamque minorem pone illam intus. Di- gitus mobilis quoque impressiones duas majores inequales supra habet. Hic digitus, preeter seriem dentium 5 (quorum 3° et 4° parvi sunt) in margine superiore, in margine inferiore versus basin dentem singulum fortem acumi- natum sub-conicum habet. Digitus immobilis duos dentes, basalem bilobum, ut fere semper, ostendit. Palpi sat graciles, nitidi, ad maximam partem leaves. Humerus non latior quam altior, antice fere rectus, postice levissime sinuato-arcuatus, apice pa- rum latior quam basi; nitidus est, latus ejus superius planum tamen granulis minutissimis sparsum et antice posticeque serie granulorum limitatum; latus anticus infra quoque serie ejusmodi limitatur et granulis paucis praterea est sparsum; latus posticum granula pauca in seriem fere digesta ostendit. Latus anticum brachit costa tenui supra et infra limitatur, que paullo gra- nulosa est, et preterea sranula nonnulla, superius preesertim, et magis ver- sus basin, ostendit; costee obtusissimae, quibus latus ejus posticum a lateribus superiore et inferiore planis distinguitur, leeves sunt. Brachii latus anticum ab apice versus basin sensim paullo elevatum est, hac elevatione dentibus duobus parvis, superiore et inferiore, armata, ipsa basi rursus celeriter an- gustata. Manus parva, brachio non latior, ovato-cylindrata, levis, costis gra- nulisque carens, punctis tantum rarioribus impressis sparsa. Digiti graciles, parum curvati, acie subtiliter crenulata et serie duplici dentium munita. Pedes femora et tibias in marginibus superiore et inferiore et in latere superiore (anteriore) granulosa habent, granulis plerisque in series longitu- dinales ordinatis. Sternum sat parvum, duplo latius quam longius, sulco longitudinali medio profundo divisum; partes ejus laterales convex®, non ad longitudinem sul- cate vel excavata. Dentes pectinum 14. Color. Fusco-testaceus, cephalothorace, palpis pedibusque (tarsis exceptis) nigro-maculatis; abdomen potius nigricans dicendum, serie macularum sub- ETUDES SCORPIOLOGIQUES. 189 testacearum ad segmentorum marginem posticum. Cauda magis unicolor, ve- sica pallidiore, lineis binis obscuris in lateribus, supra, notata; apex aculei nigro-fuscus. Subter corpus paullo pallidius testaceum est. Mensura. — Lg. corp. 38; lg. cephaloth. 5 !/,, lat. ej. 5, lat. front. 3 1/,; dist. oc. dors. a marg. ant. 9 +, a marg. post. 2!/,. Cauda 221/,: segm. I lg. 2), —, lat. 8, alt. 21/,; Ile. 21/,, lat. 3 —; Ill lg. 3, lat. 25/,; IV lea, lat..21/, +; Vle. bi, lat.21/., alt. 21; Nilo ble (aci. circa 2), lat. 25/, —, alt. 2 —. Palpi 16'/,: bum. lg. 4, lat. 11/,; brach. ei lt: man. c. dig. 7 iman. lo. 3°, lat. ia Za Qin: Li #1, alt. 1!/, 4; man. post. lg. 3; dig. mob. 4!/,, immob. 3 !/,. Ped.1 9, II 11 — , II 14, IV 16 */,. Pectinum latera 3 1/,, 2 !/,, 1 ‘/,, dentes eorum !|, — Entry longi. Patria: America meridionalis (Perù). Specimen singulum supra descriptum, verisimiliter non adultum, ad Callao invenit Cel. Prof. J. H. G. KinpeRG; in Mus. Holm. asservatur, in spiritu vini conditum. An eadem est hec species atque S. glaber GeRrv.?* In eo segmenta caude 1°—3", secundum figuras a GERVAIS datas, non parum longiora sunt quam latiora; preterea vero non multum a nostra specie differre videtur S. glaber GERY. H. hirsutus (Woon) flavo-testaceus, trunco obscuriore, sub-fu- sco, cephalothorace subtiliter granuloso, antice leviter rotundato, segmentis cauda 1°--2° paullo breviore; oculis dorsualibus paullo pone centrum cephalothoracis sitis; segmentis abdominalibus po- stice granulis minutis sparsis; cauda cephalothorace circiter 44/s longiore, denticulo ultimo carinarum superiorum sub-denticula- torum reliquis non majore, carinis inferioribus in segmentis 1°, 2° et maxima parte 3% leevibus; segmento cauda 5° in margine superiore granuloso, carinis inferioribus denticulatis, vesica sub- ter granulosa; palpis brevioribus, manu sub-ovata, brachiis la- tiore, in marginibus interiore et exteriore granulosa, praterea levi; digito mobili manu postica pene duplo longiore; dentibus pectinum circa 29.— Long. circa 79 millim. | 1 In Voyage de la Bonite, Atlas, Ins. .Apt., PI. I, figg. 23—33; H. N. d. Ins. Apt. III, p. 59. 190 . T. THORELL, Syn.: 1863. Buthus hirsutus Woop, Proceed. Acad. Nat. Sc., Apr. 1863 (sec. Woop, loc. infra cit.). 1863. È da Ip., On the Pedipalpi of North Amer., loc. cit., pp. 360, 367, PI. 40, figg. 1. 1876. Hadrurus , Tuor., On the Classific. of Scorp., Il. c., p. 11. Cephalothorax anteriora versus satis aequaliter angustatus, antice non emar- ginatus sed levissime rotundatus, postice truncatus, transversim sat fortiter convexus, sat dense et subtiliter granulosus; impressio media ordinaria trans- versa postica ad marginem posticum sulcum breviorem format, a quo ante- riora versus ductus est sulcus sat fortis, qui ad tuberculum oculorum dor- sualium pertinet et hic furcatus tuberculum illud postice amplectitur: fere in medio inter marginem posticum et tuberculum oculorum sulco alio vel im- pressione transversa decussatur hic sulcus, quae impressio in impressiones la- terales posticas ordinarias fortes transit; utrinque ad tuberculum oculo- rum impressionem fortem transversam latam ostendit cephalothorax. Tuber- culum oculorum dorsualium magnum, latum, postice sat breviter acuminatum, supra sulco lato parum profundo impressum, qui anteriora versus pene usque ad marginem anticum continuatur, tum et latus et sat profundus; arcubus supraciliaribus levibus. Oculî dorsuales paullo pone centrum. cephalothoracis siti, spatio oculi diametro plus duplo majore inter se remoti. Oculi laterales trini, a marginibus cephalothoracis antico et laterali longe (spatio oculi dia- metro saltem triplo majore) remoti, seriem fortius incurvam formant: oculi anticus et medius sub-aequales, spatio exiguo tantum disjuncti, oculus po- sticus, iis duplo saltem minor, a medio multo majore intervallo, oculi medii diametrum pane aequanti, sejunctus est. Segmenta abdominalia dorsualia 1"—6" versus marginem posticum granu- lis parvis raris conspersa, preeterea ut videtur levia vel omnium subtilissime coriacea; segm. 7" granulis paullo majoribus sat densis scabrum, utrinque versus apicem vestigiis binarum ordinum granulorum parum expressis muni- tum; segmenta ventralia levia, excepto ultimo, quod costas 4 parum elevatas et paullo granulosas ostendit, medias foras STEFANO spatio multo minore inter se quam a lateralibus distantes. Cauda sat fortis, longa, desuper visa versus apicem vix vel parum angu- stata. Segm. 1"—5"% desuper visa in lateribus levissime rotundata, 5" apice paullo angustatum et hic segm. 6° paullulo angustius; supra segm., 1%—4m sulco angustiore exarata sunt, utrinque jugo lato humili paullo granuloso li- mitato; carine dorsuales, in latere exteriore horum jugorum (non summo jugo) ducte, evidenter granuloso-crenulate, granulo ultimo reliquis non ma- jore; carine laterales etiam paullo evidentius granulose vel potius sub-den- ticulate sunt, in segm. 1°, 2° et 3° antice, in 4° et antice et postice in la- minam parvam prominentem non dentatam desinentes. Inter carinas laterales ETUDES SCORPIOLOGIQUES. . 191 superiores et inferiores carina media crenulata adest, in seem. 1° perfecta, in segm. 2°—4° antice abbreviata; carine 4 inferiores distinctissime, in segm. 1°, 2° et 3°, apice 3# excepto, laves, in 4° et apice 3 crenulate. Segm. 5", a latere visum, supra et subter leviter arcuatum et versus apicem paullo angustatum est; supra latum, antice sulco leviore canaliculatum, po- stice fere planum, impressione levissima preditum, ad margines supra gra- nulosum, margine ipso superiore serie granulorum definito; carina lateralis superior serie granulorum munita, non ad medium internodii pertinens, ca- rin tres inferiores serie densa granulorum conicorum vel dentium parvorum preedite, interstitiis inter eas sat dense et inequaliter sranulosis. Latera segm. 5' inter carinas sub-rugosa, interstitia inter carinas reliquorum seg- mentorum lxevia fere, parum vel non granulosa. Vesica non multo longior quam latior, desuper visa formà fere cordis, procursu sub-aurito ad basin utrinque ; subter valde convexa, a latere visa sub-hemispheerica; supra plana, leevis, subter granulosa, granulis versus basin ejus fortibus et, extus, sub-acu- minatis quoque. Aculeus sat longus et fortis. Mandibula leves, nitide, fovea majore prope apicem. Digitus eorum mo- bilis in margine superiore seriem e dentibus saltem 3 formatam ostendit, quorum basalis minor est; inter reliquos duos dentes duos minutos vidisse videor (?). Margo inferior versus medium dente -longiore forti armatus. Di- gitus immobilis dentes duos, basalem bifidum habere videtur. Palpi non longi, non multo deplanati; proesertim intus pilis longis rectis (ut pedes) sparsi. Humerus desuperne visus antice rectus, postice levissime arcuatus, a basi versus apicem paullo tantum dilatatus, prismaticus fere, lateribus superiore et antico planis, hoc granulis nonnullis piliferis sparsum et supra infraque serie granulorum limitatum; latus superius postice quoque serie granulorum minorum limitatum, preterea leve vel subtilissime co- riaceum. Brachium desuperne visum postice leviter arcuatum, antice versus basin sub-angulato-rotundatum (sensim ab apice versus basin paullo dilata- tum et tum repente et fortiter angustatum), latere antico lato et transver- sim plano granulis piliferis sparso, supra et subter serie granulorum definito; [atus superius — planum et omnium subtilissime granulosum — et latus inferius planum guoque costa minus evidenter granulosa etiam postice definita sunt; latus posticum costam longitudinalem mediam ostendit. Manus brachio latior, sub-ovata, latior quam altior, basi late et oblique truncata, desuperne visa in latere interiore versus basin fortius, antice vix arcuata, in margine ex- teriore sat leviter arcuata, supra secundum medium in costam vel jugum latissimum et obtusissimum elevata, versus marginem interiorem sulcis duo- bus longitudinalibus latis excavata, interiore antice abbreviato : interstitium inter hos sulcos costam granulosam quasi format, et ipse margo interior vitta sat lata granulorum obtusorum nitidorum munitus est; praterea manus supra est laevis. In latere ejus exteriore coste duae ab angulis exterioribus 192 T. THORELL, baseos digiti mobilis ad carpum ducte, quarum superior granulis parvis ob- sita est, aream longam, ad longitudinem sub-excavatam limitant; subter ma- nus levis est, jugis binis latis humillimis longitudinalibus, sulcos duos latos parum expressos definientibus. Digiti longi, graciles, paullo incurvi; acies eorum denticulata et utrinque serie dentium majorum sat multorum (in digito immobili fere 7 vel 8 extus, 9 intus) instructa; series denticulorum versus apicem non continua videtur, sed in lineas paullulo obliquas divulsa. Pedes in latere superiore leaves, lineis elevatis carentes, femoribus in mar- gine inferiore denticulatis. Sternum parvum, duplo saltem latius quam longius; latitudo ejus °/, latitu- dinis loborum labialium 2:di paris conjunctorum aquat. Pectines longissimi et angusti, lamellis intermediis seriem singulam for- mantibus; dentibus 29. A Color flavo-testaceus, cephalothorace et preesertim abdomine supra magis fuscis, aculeo caude basi late rufo-ferrugineo, praterea atro. Mensure. — Lg. corp. 79; lg. cephaloth. 10 1/,, lat. ej. 10, lat. front.7 +; dist. oc. dors. a marg. ant. 5 !/,, a marg. post. 4'/,. Cauda 46!/,: segm. I lg.,5 1, lat. Di, alt. 48/6 I.lo6 A lat. 5: II do. 68/0 al Ae 7%, lat. 5; V lg. 98/, +, lat. 5 —, alt. 4; VI lg. 10 i/, (ves. 6, acul. 4 i/,), lat. 4!/,, alt. 4. Palpi.37: hum. lg. 7.8/,; lat. 2!/, +; brach.-1g..9, lat. 3% —; man. c. dig.. 16.4; man. lo.:7.i,.lat. max. di eee 3.!/,; lg. man. post. 6; dig. mob. 11!/,, immob. 8 */,. Pectinum latera 8,6, 2 !j,, dentes circa 1 millim. longi. Patria: California (secundum Woop). Ubi inventum sit exem- plum siccatum supra descriptum, in Mus. Holm. asservatum, ignoro. Corpus in hoc exemplo non valde, sed potius parcius pi- losum mihi videtur, verisimiliter detritum; etsi vero descriptio quoque cauda a Cel. Woop data paullo a nostra specie discrepat, non dubito quin sit haec eadem atque Buthus hirsutus Woop. ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES 193 Susram. IURINI. Gen. IURUS TroR. } granulatus (C. L. Kocn) obscure ferrugineo- vel testaceo- fuscus, corpore subter cum pedibus pallidiore ; trunco supra dense et subtiliter granuloso, cephalothorace segmenta cauda 1"+4-2"+ 2/3 3" longitudine circiter equanti; manibus costis 8 longitudina- libus distinctissimis preeditis, acie digitorum versus basin in € le- viter bis sinuata, in o' profunde sinuato-lobata; dentibus pecti- num 10—13.— Long. o' circa 68, £ (quum gravida est) usque ad 100 millim. Syn.: 1838. Buthus granulatus C. L. Kocn, Die Arachn., IV, p. 46, Tab. CXXII, fig. 279 (= PD. Mas. — Cephalothorax antice satis deplanatus, leviter modo in margine antico excisus, lobis frontalibus antice leviter rotundatis, pene truncatis; ine- qualiter et satis dense granulosus, granulis inaqualibus, in lobis frontalibus paullo majoribus, hic illic areis parvis laevibus nitidis praeditus, lineis vel vittis duabus levibus preesertim conspicuis, que ab oculis lateralibus ducte paullo pone centrum cephalothoracis coéunt, aream magnam triangulam in- cludentes, cujus in medio oculi dorsuales locum tenent: tuberculum horum oculorum oblongum granulosum lineis duabus levibus includitur. Sulcus or- dinarius medius longitudinalis costa utrinque non definitur; elevationes (tu- mores) ordinarie posteriores a superficie que ante eas est non sunt divise; impressiones laterales debiles, praesertim anterior. Oculi dorsuales inter se spatio oculi diametro paullo majore disjuneti; oculi laterales seriem incurvam formant, spatiis sub-equalibus disjuneti; posticus eorum reliquis duobus sal- tem duplo minor est. Segmenta abdominalia dorsualia densissime et subtiliter rugosa, transverse sub-striata, rugositate versus limbum anticum subtiliore, versus latera cras- siore; segmentum ultimum crassius granulosum, vestigiis costarum duarum brevium longitudinalium crasse granulosarum utrinque, postice. Segmenta Vol. XIX. 13 194 T. THORELL, ventralia in margine postico parum emarginata, leevia, impressionibus bi- nis longitudinalibus predita; segm. ultimum, in marginibus lateralibus paullo granulosum, costas duas laterales brevissimas leves in medio habet, et duas alias appropinquantes longiores ad marginem posticum. Cauda satis angusta, non altior quam latior, evidenter carinata; segmenta ejus 1®"—4", gradatim longiora, ad longitudinem supra leviter excavata et subtilissime granulosa sunt; segm. 1" transversum, versus apicem angusta- tum, segm. 2% paullo longius quam latius; segm. 5%, latitudine xequali, supra omnium subtilissime granulosum, versus basin leviter excavatum. Carina dor- suales satis subtiliter denticulate, magis subtiliter in segm. 5° quam in re- liquis; carine laterales superiores subtiliter et debiliter denticulate, preeser- tim in segm. 5°, ubi valde sunt abbreviata; carine inferiores in segm. 1° et 2° laeveò, in seom. 8° subtiliter granulos®e, in segm. 4° subtiliter denticu- late, in segm. 5° crassius denticulata. Vesica longa et angusta, supra trans- versim leviter convexa et omnium subtilissime granulosa, subter leevis, punctis impressis sparsa et setis tenuibus dense obsita; aculeus circiter duplo brevior quam vesica. i Mandibule supra omnium subtilissime (apice paullo crassius) granulose. Digitus mobilis, supra crasse rugosus, in margine superiore seriem dentium 4 habet: dens basalis in medio in formam trianguli acuminatus est, descensione quadam humiliore utrinque, dens 2° triangulus, descensione parva antice, 8% triangulus, 4° reliquis multo longior, versus apicem sensim angustatus, in- curvus, cum apice mandibule eo quoque incurvo furcam formans; pone hune apicem, versus medium marginis inferioris, dentem longum fortem acumina- tum et curvatum ostendit digitus mobilis. Palporum humerus apicem versus parum latior, nitidus; latus ejus superius planum, subtiliter granulosum, versus margines tamen laevissimum, antice et postice margine limitatum, quod serie denticulorum satis parvorum munitus est; latus anticum infra serie denticulorum parvorum definitur et serie lon- gitudinali dentium paullo majorum preditum est. Brachium costas plures fortes habet, quarum ex que latus ejus anticum limitant dentate sunt, relique granulose ; interstitia inter costas levia; ad basin antice 3 vel 4 dentes majores transverse ordinatos ostendit brachium, 2 supra, 1 vel 2 infra. Manus crassa, intus leviter et equaliter arcuata, extus levissime mo- do arcuata, pene recta, paullo angustior ad digitos quam in medio, etiam paullo angustior ad basin (que non in lobum retro producta est). Supra manus costas duas humiles inequales (non equaliter granulosas) habet, et in margine interiore vittam angustam granulorum acuminatorum: interstitia tria leviter ad longitudinem excavata sunt. Manus aversa plana cum latere manus superiore angulum obtusum format; coste due quibus limitatur gra- nulosi sunt: superior earum supra angulum basalem superiorem exteriorem digiti mobilis sita est. Latus manus inferius tres costas habet, exteriorem ETUDES SCORPIOLOGIQUES, 105 humilem et obtusam, vix dentatam, reliquas duas serie dentium instructas; interstitia ad longitudinem excavata. Superficies manus nitida, leviter et raro reticulato-rugosa, preesertim supra et postice. Digiti opaci, parum gra- nulosi; digitus mobilis ad basin emarginationem magnam et profundam ha- bet, ante quam acies lobum latum rotundatum in medio digito format; ante hunc lobum acies recta est. Digiti immobilis acies paullo pone medium emar- ginationem magnam et profundam ostendit et ante eam recta est; lobus ille tamen hac emarginatione non excipitur, quo fit, ut, quum clausa est manus, spatium latum apertum fere — -forme inter digitos relinquatur. Femora et tibie debiliter granulosa, illa tamen paullo fortius in latere inferiore. » Sternum seque saltem latum atque longum, lobos labiales 2° paris conjunc- tos latitudine equans. Lamine genitales conjunetim triangulum formant, cujus apex anteriora versus directus, basis leviter rotundata et in medio emarginata est; singule triangulares sunt, longiores quam latiores, in latere postico le- Viter rotundate. Dentes pectinum 13—14. Color rufescenti-fuscus; palpi, presertim manus, clarius rufo-fusci, vesica ferrugineo-fusca. Truncus subter cum pedibus fusco-testaceum, laminis genita- libus et pectinibus pallidius testaceis. Mensure. — '. Lg. corp. 68; lg. cephaloth. 10 !/,, lat. ej. 10!/,, dist. oc. dors. a marg. ant. 3 !/,, a marg. post. 6; lg. abd. 18. Cauda 39: segm. Bosa eeelat. 44/1 Vele, 10; lat: 3°; VI lg. TI (resr:84/ ) lat: 3; alt. pene 3. Palpi 39: hum. lg. 10, lat. 3 1/,; brach. Ig. 9, lat. 4; man. c. dig. nare tio e DR lat max.07/) Inin. 5 !/;y alta 5; man posti. le. Sckdig, mob. 12: immob::8:5/. Ped. 1 203/1125, II»291/, IV .321/0. Pectinum latera 5 2/,, 51/,, 14/, millim. longa. . De femina videatur C. L. Kocn, loc. cit. A mare eo presertim facile di- stingui potest, quod digitorum acies modo leviter bis sinuosa est, ita ut, quum manus est clausa, digiti vix ullum spatium inter se relinquant; la- mine genitales in Q conjunctim laminam transversam plus duplo latiorem quam longiorem formant, antice truncatam, in lateribus fortiter, postice le- viter et late rotundatam; singule lamine genitales latiores quam longiores sunt, semi-elliptice fere. — Abdomen in feminis gravidis amplissimum et de- forme evadit. Patria: Grecia (sec. C. L. Kocn); ins. Rhodus; /gyptus. E- xempla nonnulla in spiritu vini asservata, a Cel. D." HEDEN- Bore collecta—inter ea marem unicum— et ex Museo Holmiensi mecum communicata vidi. 196 T. THORELL, Gen. UROCTONUS Tror. U. mordax Tror. saturate fuscus, costis palporum nigris, ab- domine supra plerumque dilutiore, pedibus pallidioribus, vesica testaceo-fusca; cephalothorace subtiliter granuloso, segmentis duobus primis caudze conjunctim paullo longiore; digito palpo- rum mobili manum posticam longitudine aequanti; dentibus pec- tinum 8—10. — Long. circa 50 millim. Syn. : 1876. Uroctononus mordax Tuor., On the Classif. of Scorpions, l. c., Pete Cephalothorax antice non late sed satis profunde emarginatus, postice fere truncatus, levissime modo rotundatus, transversim satis convexus, lobis fron- talibus latis, sub-truncatis, antice levissime modo rotundatis; supra inequa- lis, lobis frontalibus sub-rugosis, pone eos magis nitidus et laevis, praterea subtiliter coriaceus et granulis parvis conspersus, impressionibus laevibus; im- pressio media postica sub-triangula, brevis, lateralibus binis fortibus; ab im- pressione media postica sulcus procurrit ad tuberculum oculorum dorsualium, quod magnum et oblongum est, postice acuminatum, antice leviter furcatum, convexum, leve et nitidissimum, sulco tenui utrinque limitatum, in impres- sione magna parum distineta locatum; antice ab hoc tuberculo sulcus brevis latus parum profundus ad marginem anticum cephalothoracis ductus est. Spa- tium inter oculos dorsuales eorum diametro multo majus. Oculi trini laterales in seriem incurvam supra marginem crenulatam cephalothoracis positi, po- stico reliquis minore, cum medio contingenti, antico et medio spatio parvo disjunctis. } Segmenta abdominalia dorsualia nitida, fere levia, in margine postico tantum sub-rugosa, foveis binis parvis oblongis parallelis in medio mox pone limbum anticum notata; segmentum ultimum granulis sparsum, utrinque li- neas duas antice abbreviatas formantibus, margine quoque laterali granuloso. Segmenta ventralia nitida, levissima, impressionibus binis ordinariis brevio- ribus, spiraculis parvis, in fovea rotunda locatis; segm. ventrale ultimum vestigia costarum duarum utrinque ostendit. Cauda sat longa, non compressa, basi latior, granulis paucis sparsa; segm. 1"—4" supra sat late sed non profunda excavato-canaliculata, segm. 5" in parte dimidia anteriore canaliculatum, postice planum. Segmenta 1"—4® sen- sim paullo longiora, carinis dorsualibus et lateralibus superioribus distinctis, EÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 197 subtiliter sed distinctissime denticulatis predita, denticulo carinarum dorsua- lium apicali reliquis denticulis non evidenter majore ; in segm. 5 margo su- perior non distincte carinatus est, sed granulis parvis sat dense munitus; carine ejus laterales superiores quoque obsoleta, sub-granulose ; in segm. 1° series granulorum inter carinas laterales superiorem et inferiorem ‘adest. Carine inferiores bene express®e, in segm. 1° et 2° minus distinete, in 3° et 4° evi. dentissime granulose, in segm. 5° denticulate, serie denticulorum media apice furcata ; interstitia inter eam et laterales inferiores granulis sparsa. Vesica fere inverse ovata, paullulo latior versus aculeum quam versus basin, supra plana et sub-canaliculata, versus basin subter subtiliter grauulosa; aculeus mediocris (2 !/, mill. longus), sat fortiter curvatus. Mandibule leves et nitide; digitus earum mobilis ordinibus duabus den- tium armatus, ordine inferiore e 5 dentibus sat parvis conicis formata (pra- ter dente magno apicali sive apice digiti), ordine superiore quoque e dentibus 5, sub-triangulis, quorum 8* et 4° parvi sunt, ad vel in basi dentis magni ul- timi (5!) positi; digitus immobilis seriem singulam habet, e binis dentibus (preter apicem) formatam, quorum primus (basalis) bicuspis est. Palpi non depressi; humerus parallelipipedus, eque altus atque latus, an- tice et postice parum arcuatus, pene rectus; supra planus, omnium subtilis- sime granulosus, granulis preterea nonnullis minutis sparsus, et serie granu- lorum limitatus; latus anticum, quod infra serie granulorum et dentium ine- qualium limitatur, serie longitudinali media granulorum munitum est; latus posticum versus apicem, superius, seriem abbreviatam granulorum habet, et magis infra, ad basin, vittam granulorum angustam longitudinalem abbreviatam. Brachium supra planum, omnium subtilissime granulosum: hoc latus superius fusiforme est, antice et postice serie granulorum cur- vata limitatum ; latus anticum versus basin im tuberculum sat forte trans- verse elevatum est, quod superius dentibus 2, inferius saltem dente 1, sat for- tibus acuminatis armatum est, infra serie granulorum limitatur hoc latus; latus posticum latum, et transverse et ad longitudinem convexum, ineequale et sub- rugosum, costa longitudinali media inaequali minus bene expressa; latus inferius planum. Manus crassa, paullo longior quam latior, intus fortius, extus parum arcuata, versus digitos satis angustata; latus ejus posticum, quod transverse convexum est, duplo tantum longius quam latius, sub-rugosum, co- stam longitudinalem mediam paullulo obliquam parum expressam habet et supra et subter costa forti limitatur, costa superiore levi, inferiore sub-gra- nulosa; latus superius levissime modo convexum, granulis minutissimis areo- latum, costa media humili sed evidenti secundum medium, in margine inte- riore sat crasse granuloso-rugosum; subter, magis extus, manus costam hu- milem latam longitudinalem subtiliter granulosam, leviter foras curvatam ostendit, qua in partem exteriorem subtilissime granuloso-areoalatam et par- tem interiorem preterea granulis sat parvis conspersum dividitur latus infe- iI 198 T. THORELL, rius manus, hac parte latiore quam illa et cum ea angulum valde obtusum formanti. Digiti leviter incurvi, acie densissime crenulata, praterea prope aciem infra serie dentium minutorum 7 vel 8 prediti. Pedes graciles, nitidi; femora in margine inferiore granulosa, in margine superiore quoque granulis conspersa. Sternum non magnum, sed seque latum atque lobi labiales 2° paris con- junetim, multo latius quam longius, in medio postice in formam trianguli ex- cisum. Dentes pectinum 8—10. Truncus, cauda et palpi subter breviter pilosi. Color. Cephalothorax et cauda saturate fusca, vesica testaceo-fusca, abdo- men dilutius sub-cinerascenti-fuscum, mandibulie testace®, digitis saturatius coloratis, palpi saturate ferrugineo-fusci, costis nigris, digitis apice ferrugineis. Corpus subter cum pedibus pallide fusco-testaceum, ante sternum paullo ob- scurius. Mensura. — Lg. corp. 50, lg. cephaloth. 6 !/,, lat. ej. 6 1/,, lat. front. 4; dist. oc. dors. a marg. ant. 2!/,, a marg. post. 2 1/,. Cauda 26: segm. ej. I lg. 21/,, lat. 3 +4-; Ill. 8, lat..2.8/,; V le. 6, lat.2 4-;. VI 1g./68/, (@cul 21/); lat.2 1/5,alt.21/,Palpi 224j,: bum. lg:5, dat./2; brach le, paullo ante protub. 2 +, cum protub. 2'/,; man. c. dig. 10 ?/;; man. Ig. 6 1/,, lat. max. 4!j,, min. 3 !/,, alt. 31/,; man. post. lg. 6; dig. mob. 6, im- mob. 41/,. Ped. I 12—, II 131/,, III 15!/,, IV 181/,. Pectinum lg. antice 3!/,, postice 2 !/,, lat. eorum 1!/,; dentes circa ?/, millim. longi. Patria: California. Tria exempla in spiritu vini asservata exa- minavi, que ad Sun Francisco invenit et dono mihi dedit ami- cissimus G. Ersen, Phil. Cand., Zoologie@ Docens Upsaliensis; exemplum siccatum id quoque ex California in Mus. Holm. vidi. Ab luro, cui generi quam maxime affinis est, differt Urocto- nus mordax presertim costa singula in latere manus inferiore, et manu aversa lata; porro crenulatione aciei digitorum palpo- rum lineam continuam (non multas lineas obliquas) formanti, spiraculis parvis in fovea rotunda positis (in Zuro longa sunt spi- racula, ut in Pandino, Palamneo, cet.), margine inferiore digiti mandibulorum mobilis dentibus 5, non 1 tantum dente, armata. In luro granulato pretera oculus lateralis posticus (ut in Uroc- tono reliquis minore) a medio distat spatio saltem aeque magno atque eo quo hic ab antico remotus est. Di ETUDES SCORPIOLOGIQUES. 199 SuBFAM. PANDININI. Gen. PANDINUS Tor. P. asper n. sub-ferrugineo-fuscus, pedibus et corpore subter paullo pallidioribus, vesica testacea; cephalothorace sat crasse et dense granuloso, segmentis cauda 1° et 2° conjunctim pa- rum breviore, segmento ultimo abdominis crasse, reliquis satis subtiliter granulosis; cauda cephalothorace pane quadruplo lon- giore, segmentis 1°—5° in lateribus sub-rectis, gradatim longio- ribus, longioribus quam latioribus, carinis dorsualibus et latera- libus superioribus denticulatis, inferioribus in segmentis 1°—4° leevibus; vesica oblonga, ovata, quam segm. 5° non latiore, aculeo longissimo; manibus latis, valde depressis, postice intus in lobum magnum rotundatum dilatatis, versus digitos margine fere recto fortiter angustatis, supra granulis crassis sub-conicis dense tec- tis, non parum longioribus quam latioribus, digito mobili manu postica pene dimidio longiore ; dentibus pectinum circa 17.— Long. circa 97 millim. Cephalothorax preesertim antice sat fortiter rotundato-angustatus, in medio margine antico sat profunde, fere in formam trianguli incisus, lobis frontali- bus antice et extus rotundatis et in margine crenulatis; postice sub-trunca- tus; impressione maxima sub-rhomboidi in dorso anterius, tuberculum oculo- rum dorsualium postice excipienti praditus, impressionibus ordinariis lateralibus posticis profundis, media postica triangula, sub-eequilatera, utrinque costa recta granulosa limitata, non usque ad tuberculum oculorum dorsualium pertinenti, sulco medio persecta qui anteriora versus inter oculos dorsuales usque ad marginem cephalothoracis anticum continuatur, ante et pone hoc tuberculum serie ‘granulorum limitatus, inter oculos vero fere levis; granulis sat magnis et densis obsitus est cephalothorax, granulis versus margines laterales et po- sticum minoribus, impressionibus illis mediis ut et loco utrinque pone lobos frontales magis levibus. Tuberculum oculorum dorsualium fere ovatum, non longum, oculis spatio diametro sua majore disjuncetis. Oculi 3 laterales dor- sualibus oculis evidenter minores, seriem levissime incurvam formantes, an- ticus spatio diametrum suam fere equanti a medio remotus, medius paullo longius a postico quam ab antico distans; posticus oculus reliquis duobus 200 T. THORELL, paullo minor est. Spatium inter oculum lateralem anticum et marginem ce- phalothoracis anticum diametrum oculi illius non equat; a margine laterali longe remoti sunt oculi laterales. Segmenta abdominalia dorsualia granulis parvis preesertim postice dense ob- sita, costa media longitudinali angusta sat evidenti munita et, saltem in segm. 38°—6°, vestigiis coste ejusmodi versus medium utrinque; segm. 7% in medio anterius elevationem magnam humilem magis levem ostendit, et in lateribus crasse granulosum est, vestigiis versus apicem costarum duarum utrinque quarum exterior longior est et magis distincta. Segmenta wventralia nitida, levia; segm. ventrale ultimum utrinque costis duabus leevibus parum distine- tis instructum. Cauda longa, segmentis desuperne visis in lateribus vix rotundatis sed fere rectis. Segmenta 1"—4" supra ad longitudinem sat leviter canaliculata, ca- rinis omnibus bene expressis; carinas dorsuales et laterales superiores sub- tiliter sed distincte denticulatas habent: supra utrinque, inter carinas dor- suales, granulis in seriem vel vittam longitudinalem digestis preeterea munita sunt hac segmenta, inter carinas dorsuales et laterales superiores serie quo- que granulorum minorum preedita, saltem in segmentis 1° et 2°; spatium in- ter carinas laterales superiores et inferiores subtiliter granulosum; carine 4 inferiores in segmentis 1°—3° leves, interstitiis leevibus, in segm. 4° sub- denticulate. Segm. 5% in margine superiore carina carenti granulis sub-co- nicis late sparsum; carina lateralis superior, solito longior, eodem modo gra- nulosa, sub-denticulata; carine tres inferiores distinctissime, serie dentium acutorum munite, interstitiis granulis paucis sparsis; apex internodii utrinque spina fortissima deorsum, foras et retro directa armatus. Segm. 6" paullo brevius quam 5% ejusque latitudine; vesica pane dimidio longior quam latior, ovata, desuperne visa sub-triangula, sulco medio versus basin; in lateribus supra sulco singulo, subter sulcis tribus longitudinalibus exarata est, quorum medius reliquis duobus latior est et profundior; subter et in lateribus gra- nulis sub-conicis dense sparsa, granulis subter in series 4 longitudinales ordi- natis. Aculeus longissimus, vesicam longitudine pene equans, minus fortiter curvatus. Palpi granulis valde scabri, granulis pletisque in latere vel in margine interiore (anteriore) internodiorum conicis, acuminatis. Humerus versus api- cem. sensim paullo latior est, latere superiore sat dense sed minus crasse granuloso, a latere postico serie granulorum majorum acutorum limitato, a latere antico minus bene definito, lateribus preterea serie granulorum limita- tis; latus anticum dense et crassius granulosum; latus inferius apice excepto granulis minoribus sat dense sparsum; latus posticum latum, pane rectangu- lum et planum (leviter modo deorsum curvatum), seriem longitudinalem mediam granulorum circiter 3 ostendit, preterea fere leve est. Brachium, antice in tu- berculum obtusum elevatum,; in latere antico infra et in latere inferiore intus ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 201 (antice) preesertim granulosum; latus ejus posticum costis duabus sub-inequa- libus longitudinalibus limitatur, et in medio inter eas ad longitudinem pre- sertim inaqualiter elevato-granulosum est. Manus lata, anteriora versus fortius angustata, extus leviter modo arcuata, intus versus basin fortiter dilatata et in lobum retro et intus directum late rotundatum producta, margine ante hune lobum usque ad digitos pene recto; intus valde depressa, supra levis- sime modo et sequaliter convexa, granulis sat magnis sub-conicis dense tecta, his granulis versus marginem exteriorem magis obtusis, humilibus, in mar- gine interiore magis acuminatis, dentiformibus. Subter manus granulis sat magnis dense obsita est, granulis series duas longitudinales parallelas forman- tibus: altera earum fere in medio manus sita est, altera in medio inter eam et costam sub-granulosam qua infra limitatur manus aversa; spatium inter has series ad maximam partem, postice, leve. Manus aversa infera, cum la- tere manus superiore angulum acutum formans, costa fortissima lavi supra limitata, saltem triplo longior quam latior, granulis minutis sparsa. Digiti compressi, lati, incurvi, subter granulis minoribus sat dense sparsi, supra ine- quales et impresso-punctati; acies subtilissime crenulata fere tres emargina- tiones leves ostendit, interstitiis lobos latos sub-dentiformes fere formantibus, suo quoque dente innato suffultos. Femora in margine inferiore evidentissime, in margine superiore minus distincte granulosa. i Sternum eque fere latum atque longum, lateribus parallelis, lobis labiali- bus 2* paris conjunctis saltem duplo angustius. — Pectines 17 dentes longos habuisse videntur. Color. Totum animal pallide ferrugineo-fuscum, corpore subter, mandibulis et pedibus pallidioribus, vesica testacea, aculeo apice late nigricanti. — Pa- rum. pilosa sunt corpus et manus in exemplo (verisimiliter detrito) a me viso. Mensure. — Lg. corp. 97, lg. cephaloth. 15 !/,, lat. ej. 14 !/,, lat. front. 8 1/,; dist. oc. dors. a marg. ant. 7 */,, a marg. post. 6 #/,. Cauda 60: segm. Rei favi (basinapico vero ‘613/,)5 IPlo!9) lat: 60/,; I 1g. °9,tat. GREENE 00 goal: Ne 13) dat: 5; "alti * 43 yVIVIo. 12 4/7 lat 5, alt. 4. Palpi 47 #/,; hum. lg. 101/,, lat. 5; brach. lg. 101/,, lat. 51/,, alt. ornate dio 25 o emanidod5 lat. ‘maxi 123/,, min. 8-7/,, alt. dD. Sf; man. aversi lg. 101/,; dig. mob. 14'/,, immob. 10 !/, millim. longus. Patria ignota. Unum tantum exemplum siccatum cognovi, in Mus. Gothob. asservatum. P. Swammerdami (Sm.) * valde affinis est P. asper: forma manuum in utraque specie eadem, sed P. Swammerdami ma- ! Etudes sur les Scorpions, 21 Revue et Mag. de Zool., 1872, pp. 8, 6, PL. 6, fig. 3. (Heterometrus Swammerdami). 202 T. THORELL, jor est, obscurior, minusque scaber, et granula in superficie su- periore manuum ejus majora sunt, humilia et rotundata (tantum in margine manus interiore acuminata), cephalothorax multo bre- vior quam segmenta cauda 1"--2", cauda circiter 4 4/s longior quam cephalothorax, vesica latior quam segm. caude 5”, parum longior quam latior (latit. = °/10 longitudinis), aculei longitudo vesice latitudine minor. Hujus speciei specimen singulum sicca- tum, ex India Orientali, in Mus. Holm. asservatum vidi. Forma quoque quam descripsit Cel. Stmon sub nomine Hete- rometri afri * nostro P. aspro rebus quibusdam similis videtur, sed haud dubie species est peculiaris, mihi incognita: cephalo- thorax ejus est “ entièrement et uniformement revétu de gros tu- bercules, terminés chacun par un petit mamelon arrondi, très brillant. ... Les arceaux de l’abdomen, ainsi que les arceaux caudiformes sont, aussi, fortement granuleux; sur ces derniers les granules forment plusieurs lignes parallèles aux carènes, ce qui ne se voit chez aucune autre espèce du genre. ,, (Stm., 1. c.). Manus hujus speciei — quam P. scabrum appellare licet — ma- gis pilose quam in reliquis formis affinibus esse dicuntur. — Buthus Cesar C. L. Kock * granulis parvis modo sparsus esse dicitur: hoc in speciem, ab Heterom. afro Sim. sive P. scabro N. haud dubie diversam, cadit, quam equidem P. Cesarem (C. L. KocH) appellandam credo, et que non aliter atque e. gr. P. Afri- canus (Linn.) sive Heterom. Roeseli Sim. granulosa est. De formis quibusdam aliis, que sub nomine “ S. afri , con- fuse videntur, pauca hic afferre volumus; diagnoses, cet., duarum principalium, ex exemplis paucis que vidimus sumptas, primum dabimus. P. Africanus (Linn.) niger vel obscure fuscus, abdomine sub- ter pallidiore, cephalothorace granulis parvis saltem versus latera sparso, longitudine segm. 1"-+2" cauda tantum equanti, his segmentis longioribus quam latioribus; oculo laterali medio lon- ! Etudes sur les Scorpions, l. c., pp. 3, 11, PI. 6., fig. 1. ? Die Arachn., IX, p. 6, Tab. CCXCI, fig. 697. ETUDES SCORPIOLOGIQUES. 205 gius a postico quam ab antico remoto; segmentis abdominalibus levibus, in margine postico tantum sub-granuloso-rugosis; cauda cephalothorace 3 4/s longiore, vesica parum ('/4) longiore quam latiore, latiore quam est segm. 5”; manibus valde depressis, la- tissimis, intus fortissime dilatatis et satis aequaliter arcuatis, 2eque peene latis atque longis, pene duplo latioribus quam altioribus, supra granulis magnis humilibus dense obsitis, longitudine ma- nus avers® latitudinem minimam manus non «quanti; digito mobili manu aversa dimidio saltem longiore; dentibus pectinum circa 16. — Long. circa 138 millim. Syn.: 1754. Scorpio africanus Lisn., Mus. Adolphi Friderici, p. 84. 1758. È afer 1p., Syst. Nat., Ed. 10, I, p. 624 (ad partem). 1872. Heterometrus Roeseli Sim., Etudes sur les Scorp., l. c., p. 3, Ri4.6,.fio. de Mensure (exempli siccati). — Lg. corp. 138 !/,; le. cephaloth. 21, lat. ej. 19, lat. front. 13 !/,; dist. oc. dors. a marg. ant. 11, a marg. post. 9; lg. sterni dee: lo. lob;labial::2*: di paris conjunctim 7.°/,, .lat..8°/,. Cauda' 80: segm. Tg. 10 1/,, lat. 10; I Ig. 113/, lat. 9; HI lg. 12 +4, lat. Id eiiondA lat 70: Wilo. 171), lat- 6), VI le. 16,,(ves. ‘10; sacul. ba); Mat 8, (alt. 6.3), Palporum. hum. lg. 13/,; lata7 145; brach.1g. 135; Mae muan..ci dio. .99;, man..le. 23/0 lat. max./20 5}; min. 15; man. averse lg. 14; alt. manus 11; dig. mob. 22 !/,, immob. 15 !/,. Pectinum la- tera 10, 8 5/,, 3 !/,, dentes eorum 2 millim. longi. Patria: Africa. Tria exempla vidi, duo siccata, ex Mus. Go- thob. mecum communicata, tertium in spiritu vini servatum, in Mus. Holm. depositum. In uno eorum tota superficies cephalo- thoracis granulis parvis obsita est, que versus latera subtiliora et paullo densiora evadunt; in altero exemplo pone lobos fron- tales leevis est cephalothorax, granulis carens. Latus inferius ma- nus granulosum, ut in specie sequenti, P. megacephalo (C. L. KocH). P. megacephalus (C. L. KocH) niger vel piceus, abdomine subter pallidiore, cephalothorace saltem in lateribus granulis consperso, segmenta cauda 1” et 2" (quae latiora sunt quam lon- giora) cum 4/s5—+/» 3" longitudine aquanti; oculo laterali medio 204 T. THORELL, longius a postico quam ab antico remoto ; segmentis abdomina- libus levibus, in margine postico tantum sub-granuloso-rugosis ; cauda cephalothorace 4: plolongiore vesica brevius ovata, sal- tem 4/3 longiore quam latiore, segm. 5" latitudine equanti; ma- nibus valde depressis, latissimis, intus fortissime dilatatis et sa- tis equaliter rotundatis, 2eque pene latis atque longis, pene duplo latioribus quam altioribus, supra granulis magnis humili- bus dense obsitis, longitudine manus averse latitudinem minimam manus superanti; digito mobili manu postica non dimidio longiore; dentibus pectinum 11—15. — Long. circa 125 millim. Syn.: ? 1754. Scorpio indicus Linn., Mus. Adolph. Frid., p. 84 (ad partem). D1708, PI afer 1p., Syst. Nat., Ed. 10, I, p. 624 (ad partem). 178.983 indus De Greer, Mém., VII, p. 341. 1800.4415 afer Hersst, Natursyst. d. ungefliig. Ins., 4, p. 38, Tab. 1, fig. 1 (Salt. ad part.). 1836. Buthus megacephalus C. L. Koca, Die Arachn., III, p. 73, Tab. XCVII, fig. 224. Mensure. — Lg. corp. 125; lg. cephaloth. 18, lat. ej.18 1/;, lat. front. 12 !/,.. Cauda .66 1/%segm.T lei 7.1; lat/094; IMTo. 81/, , lat. St RR lat. 84/5 IV lp. 11, lat. 74/5; W le. 157 lat. (645 VE do 144 acul. 6 1/,), lat. 6.:1;,, alt. 54/,. Palpi 66:hum. Ig. 15, lat. (6.#%**brachMlio: 155/{, lat.'‘7/,; man. ‘c. dig. 32: man. le. 021 1), lat. marx 10,0 man. avers®e lg. 14*/,; dig. mob. 19 !/,, immob. 14 millim. longus. Patria: India Orientalis. Specimina tria, duo siccata, unum in. spiritu vini conditum, in Mus. Holmiensi, Upsaliensi et Gotho- burgensi asservata vidi. — Quum alia species (vid. infra) Pand. Indicus (Linn.) appellari debeat, hane Pand. Indum vix vocare possumus: nomen KocHir, megacephalum, igitur preetuli. P. imperator (C. L. Kock) * a P.Africano et P. megacephalo facile distinguitur oculo laterali medio longius ab antico quam a postico remoto *, cephalothorace non parum breviore quam seg- menta caudalia 1° -+ 2", cauda cephalothorace plus 4:plo lon- giore, cet.; vesica ejus inverse ovata est, circiter dimidio longior i Die Arachn., IX, p. 1, Tab. COXXXIX, fig. 695 (Buthus imperatori). ? Sic se rem habere in exemplo typico KocHI, quod in Mus. Berolinensi asserva- tur, benigne ad me seripsit Cel. Prof, PeTERS. ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 205 quam latior, segmentum 5" latitudine sequans, * dentes pecti- num circa 15. P. Cesar (C. L. Koca)* magnitudine minore, manu intus an- teriora versus sensim fortiter angustata et sub-recta, cephalotho- race longitudine segmenta cauda 1" -}- 2" cum dimidio 3" sal- tem sequanti, cauda cephalothorace parum plus triplo longiore, vesica oblongas ovata, paullo angustiore quam est segm. 5", acu- leo paullo tantum (circa 1 millim.) breviore quam vesica, cet., distingui potest. Long. cephalothoracis in exemplo uno P. Cesaris 17 ‘/4 millim. est, long. caude 53 millim.; segm. caud. VI lg. 13 (ves. 7 4/4, acul. 6), lat. 4?/3 millim.; dentes pectinum in hac specie circiter 10—14 sunt. Quam primam fecit mentionem LINNnEUS scorpionis ad genus Pandinum verisimiliter referendi, in dissertatione Academica in- venimus, a L. BALK ?, “ praesidio C. LINNEI ,, anno 1746 edita, sine dubio autem ad maximam partem ab ipso LInN&US scripta ’. ! Die Arachn., IX, p. 6, Tab. COXCI, fig. 697 (Buthus Cesar). ° Haec dissertatio inscribitur: « Museum Adolpho Fridericianum, quod cum con- sensu ampliss. Fac. Medica in Regia Acad. Upsaliensi, sub Presidio Viri Celeberrimi D. D. CAROLI LIiNNzeI, Medic. et Botan. Profess. Reg. et ordin. Acad. Imper. Regg. Monsp. Stockh. et Upsal. Socii hujusq. Secretarii, Speciminis Academici loco publico bonorum examini submittit LAURENTIUS BALK fil., Gevalia-Gestricius. In Aul. Carol. Majori, die XXXI Maji Anno MDCCXLVI,. horis ant. Meridiem consuetis. Holmie, Typis Lau- rentii Salvii. » 3 Descriptio his verbis gonfecta est (1. c., pp. 49-46): « 69. ScoRrPIoO pectinum denticulis XIII. Scorpio Javanicus major pilosus e nigro coerulescente splendens. Peti. gazoph. 20. t. 13. f. 2. Scorpio indicus niger magnitudine cancrum fluviatilem equans. Herm. Leyd. i 144. Scorpio ceylonicus niger maximus, Sibb. mus. 116. Scorpio ceylonicus, Seb. thes. I, p. 112 t. 70. f. 4. Rostrum constat duabus chelis sessilibus introrsum dentatis: Oculi duo contigui in centro thoracis. Dein oculi tres distinceti ad marginem anteriorem thoracis utrin- que. Labium inferius oris quadrifidum connivens. Abdomen septem segmentis a tergo & quinque in abdomine constans, horum qua- tuor praecedentes linea lateralis oblique exarata. Pectines ubi thorax abdomine jungitur, subtus duo albi, quorum singulus tredecim denticulis instruitur. Pili per totum corpus sparsi et erecti sunt. 206 - T. THORELL, Ut infra demonstrabitur, “ Scorpio pectinibus denticulis XIII ,, qui ibi describitur, verisimiliter eadem est species atque Buthus reticulatus C. L. Kock '. In Syst. Nat., Ed. 6 (1748) hec spe- cies a Linnzo “ Scorpio indicus , vocatur, quae vero denomina- tio non pro “nomine triviali , est habenda, quum Linnz&us tune temporis rationem illam plantarum et animalium binis tantum vocibus nominandorum nondum proposuisset *. (@Prater “ S. in- dicum , in Ed. 6 Syst. Nat. duos alios scorpiones offendimus : “ S. africanum pectinum denticulis 18 , et “ S. italicum pec- tinum denticulis 30 , °, quae nomina — forte fortuna! — negli- gere possumus). Posterius in thesauro regine Ludovica Ulrice scorpionem cognovit Linnzus, quem 1754, in opere illo “ Mu- seum Regis Adolphi Friderici , * S. africanum vocat, et his Cauda sex articulis angulatis, tuberculis scabris, quorum ultimus spina curva acuta armatur, articulus vero penultimus cateris longior est. Pedes, preter chelas, utrinque quatuor, singuli duobus unguibus acutis terminati, & tuberculo calloso ad flexuram articulorum instructi. Chel@ pilis hispide, digitis interiore latere sinvatis. Color fuscus in toto corpore. Magnitudo cancri fluviatilis. Obs. differt a scorpione majore ea India orientali Swammerd. 4:0 147. t. 6. quod Swammerdami cauda tantum modo quatuor articulis instructa sit. » 4 Die Arachn., IV, p. 25. Tab. CXV, fig. 265. 2 Rationem binorum nominum primum in « Philosophia Botanica », 1751, publici is fecit LINNAUS. 3 Hunc « scorpionem italicum » postea, in Mus. Ad. Friderici, S. europaeum vocat Linnzus:haud dubie eadem est species atque S. occitanus AMOUR. sive S. Tunetanus HERBST, qui solus inter scorpiones europe®os « pectinibus triginta dentatis » preditus est, et quem igitur Buthum europeum (LINN.) loc. cit., p. 7 appellavi. 4 Quum hic liber minus cognitus videatur, et primum sit opus, in quibus scorpiones sub nominibus re vera « trivialibus » sint descripte, inutile non erit, omnia que ibi de his animalibus dixit LINNZUS, et quae in pag. 84 legimus, hic transcribere: « SCORPIO. Scorpio (africanus) pectinibus duodecim dentatis, chelis sub cordatis pilosis. Mus. Regin. i Scorpio. Seb. thes. I, p. 112. t. 70, f. 4. Habitat ia Africa. ScorpIo (americanus) pectinibus octodecimam dentatis, chelis sub-cylindraceo-angu- latis. Mus. Regin. Scorpio surinamensis. Seb. thes. I, p. 112, t. 70. f. 1. Habitat in America. EÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 207 verbis describit: “ Scorpio pectinibus duodecim dentatis, chelis sub-cordatis pilosis. Habitat in Africa ,. “ S. indicus , contra ibidem sic definitur: “ Scorpio pectinibus tredecim dentatis. Habitat in Asia ,. In libro qui “ Museum Ludovica Ulrica , inscribitur (1764) pleniorem descriptionem forme illius, quam in Mus. Ad. Frid. S. africanum appellaverat, tradit Linnaus *: nomen africanum in afrum mutat, retinens Africam ut patriam ejus, quamquam ex scriptoribus et locis allatis videre licet, Lix- nEeUM hic “ S. indicum , cum “ S. africano , sive “ afro , con- junxisse — ut praterea jam in Ed. 10 (et sequentibus) Syste- matis Nature fecit, ubi ambas formas ad unam speciem sub nomine S. afrîì redactas invenimus, etsi patria jam India esse dicitur! — Perperam Linnrum S. africanum et S. indicum in unum confudisse, manifestum nobis quidem videtur: alter est incola Africe, alter Indie Orientalis. Quum “ Mus. Ad. Frid. , LINNEI triennio post editam “ Philosophiam Botanicam , ejus typis descriptum sit, et in libro illo ratione binorum nominum ubique et constanter usus est Linnxus, dubium esse non potest, quin sint nomina trivialia ibi proposita recentioribus anteferenda. Videndum est igitur, qui scorpio sit nomine Africani (LINN.), qui Indici (i.) appellandus. e ScoRrPIo (indicus) pectinibus tredecim dentatis. Syst. Nat. 68. Habitat in Asia. ScorPIO (europ@eus) pectinibus triginta dentatis. Syst. Nat. 68. Habitat in Ita/ia. » 1 Descriptionem illam (1. c., p. 429) hic reddimus: « Scorpio (afer) pectinibus 13-dentatis, manibus sub-cordatis pilosis. Syst. Nat. 624. Mus. Adolph. Frid. 84. Seb: -thes. Hp. 112, t. 70} f. 4 Habitat in Africa. Chele cordate, sed exteriore latere minus, adspersa Punctis eminentibus pilisque rectis. Brachia angulata, punctis scabra. Chelae 2 minores ad os acutius introrsum dentata. Oculi ut in congeneribus. Thorax antice profunde emarginatus. Pectines dentibus 12, non 18. Abdominis segmenta quatuor, subtus utrinque spiraculis linearibus. Cauda segmentis 8, pilosis. Mucro cheliformis cauda pilosus. > 208 T., THORELL, S. indicum LinNEI, saltem exemplum in BaLku dissertatione et in Mus. Adolphi Frid. descriptum, ut supra dixi ad Buthum reticulatum C. L. Kocn* referendum censeo. Posterius verisimi- liter dux species, et fortasse plures, sub hoc nomine a Lin- NEO confuse sunt. Qua pauca (nec magni quidem momenti) de iis comperi, hic afferre mihi liceat. — Quum thesauri rerum naturalium regis Adolphi Friderici et regine Ludovico Ulrico a rege Gustavo III universitati que floret Upsalie condonati. fuerint, thesaurum veterum Upsaliensem a THUNBERGIO ordinatum, cui sunt adjecti, examinavi, sperans fore ut ita de scorpionibus quibusdam Linneanis certior fierem; que spes, etsi non plane quidem ad irritum redacta, tamen expleta non fuit. Neque enim ubi capta fuerint haec animalia indicatum inveni, neque annota- tum, si que exempla a LINnNZOo ipso determinata sint: omnia nomina (ad magnam partem mendosa) a THUNBERGIO imposita videntur. Duo vero ibi extant scorpiones qui ad S. indicum Linn. referri possunt: alter (“ S. afer, è , : THUNB.) est exemplum Buthi reticulati C. L. Kock, et hoc exemplum, quod 13 dentes în pec- ! Die Arachn., IV, p. 25, Tab. CXV, fig. 265. — Ad hanc speciem duo quoque exempla siccata, ex Java, refero, que possidet Mus. Gothob.: colore nigro-fusco sunt, manibus, praesertim digitis, colorem ceeruleo-viridem sentientibus. Manus versus api- cem intus fortius angustat®e, inverse sub-ovate sunt, latitudine maxima quam lat. minima pene dimidio majore; supra valde deplanate, a latere visa dorso secundum maximam longitudinis partem recto, supra crasse et dense reticulato-rugos®, costis carentes, in latere interiore, postice, in lJobum maximum (circa 4 millim. longum, 10 millim. latum) retro producte. Exempli alterius (majoris) longitudo 112 1/, millima, est, lg. cephaloth.. 18 i/, (= segm. caud. 1+2+ dimid. Sii, vel paullo minor)., lat. ej. 18 millim.; cauda lg. 57 4/,, vesica lg. 8 1/,, lat. ej. 6 {major quam lat. segm, di, quod 54/, millim. latum est); man. c. dig. 29, man. lg. 20, lat. ej. max. 15 '/y, min. 11, alt. sive crass. 8; man. aversa lg. 144/,; dig. mob. 17 4/,, immob. 12 1/, millim, longus. Dentes pectinum 13 vel 14 (15 sec. C. L. KocH). In exemplis duobus non parum minoribus (iis quoque ex Java, siccatis et in Mus. Gothob. asservatis), quae LButho cyaneo C. L. Kocgk (Die Arachn., III, p. 75, Tab. XCVIII, fig. 225) subjicio, manus eandem formam atque in ?. Indico (LINN.) sive Butho reticulato C. L. KocH habent, sed non adeo depresse sunt, dorso a latere viso non perfecte plano sed levissime arcuato-convexo, lobo postico minore quoque; supra crasse et dense granuloso-rugosa sunt, sub-reticulatàe, costis evidentibus carentes, ut in P. Indico (B. reticulato). Color fere totius animalis caeruleo- vel nigricanti-vire- scens. Long. corp. 74 millim., lg. cephaloth. 14 (paullo major quam Ig. segm. caud. 120.4 1/, 3ii), lat. ej. 12 mill.; cauda lg. 39 1/,, vesic® lg. 5 ‘/,, lat. 3 1/2; magis ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 209 tinibus habet, verisimiliter idem est, quod in Bark disserta- tione et in Mus. Ad. Frid. describitur; B. reticulatus igitur Pan- dinus Indicus (LiNN.) vocandus mihi videtur. Alter (“ S. afer ,: THUNB.) est S. indus DE GEER sive Buthus megacephalus C. L. KocH ‘, et hoc exemplum quoque a Linnzo ad S. indicum rela- tum esse credo, quoniam huic speciei (ut S. africano) “ Scor- pionem Ceylonicum , SeBE ? subjicit, qui mihi idem ac P. mega- cephalus esse videtur; sed dentes pectinum hujus exempli 11 modo sunt, nec plures fuisse videntur. Credere non possum. hoc exemplum, 11 dentibus in pectinibus preditum, S. africanum esse LinnzI, quum P. megacephalus, quantum scio, non nisi in Asia inventus sit, S. africanus vero in Africa habitare dicatur. Exemplum typicum hujus speciei Linn®ani, ut, multarum alia- rum in Mus. Adolphi Frid. et Mus. Ludov. Ulrice descriptarum, verisimiliter deperditum est °. Sed descriptione manuum et ver- bis “ habitat in Africa, equidem satis explicatum arbitror, S. africanum LinnzIi eandem esse speciem atque nostrum P. Africa- num, qui haud dubie cum Heterometro Resela Sim. * convenit. Nullum quidem exemplum hujus specie 12 tantum dentibus in pectinibus munitum vidi; quum vero numerus dentium in P. me- gacephalo inter 11 et 15 variet, in P. Africano certe nonnumquam a 16 (vel 17) ad 12 descendere potest ®. Nec sententi® nostre elliptica est vesica, non vel vix evidenter latior quam segm. 5%, Man. lat. max. 9 1/,, min. 6 4/, millim.; man. avers®e lg. 9, dig. mob. 12, immob.8'/, millim. Dentes pec- tinum 12 vel 13. In Mus. Holm. exemplum siccatum adest, quod ad magnitudinem cum P. Indico (LINN.), NOB. convenit, sed manus minus deplanatas habet, et quod ad formam et la- titudinem vesice, cum latitudine segmenti 5i comparatas, medium inter « B. reticu- latum » et « B. cyaneum >» fere tenet; quam ob rem B. cyaneum nihil nisi formam gjuniorem B. reticulati sive P. Indici esse cum Cel. Simon crediderim. 4 Die Arachn., III, p. 73, Tab. XVII, fig. 224. 3 Thesaur., I, p. 112, Tab. LXX, fig. 4. ® In parte Thunbergiana Thesauri Upsaliensis non tantum S. indicus LINNAI, ve- rum etiam S. americanus et S. europeus ejus adhuc supersunt. 4 Etudes sur les Scorpions, l. c., p. 8, PI. 6, fig. 4. ° Numero dentium a Linnzo dato ceterum non nimis est confidendum: genus suum Scorpionem in universum minus accurate et diligenter tractavit; quum internodia caude perperam numerare potuerit (dicit « S. afrum » 8 segmenta caudalia habere) Vol. XIX. 14 210 T. THORELL, repugnant verba illa “ chelis , (i. e. manibus) “ pilosis, quibus in diagnosi S. africani usus est LinNnEUS: manus enim hujus spe- ciei re vera pilose sunt, nec Linnz&0 cognita fuit alia species, de qua meliore jure dicere potuisset, manus ejus esse pilosas. — No- men Africani vel Afri speciei non posse adhiberi que in Africa numquam fuerit inventa, nemo est qui non videat. S. afrum HerBst non P. Africano, sed P. megacephalo (sal- tem ad partem) subjiciendum credo, quum ex India (“ Tranque- bar ,) esse dicatur. Duo exempla HerBsra 15, unum (minus) 13 dentes in pectinibus habuisse dicitur, unum vero 16. Descriptio et figura vix melius cum una quam cum altera harum forma- rum conveniunt. “ S. indus , est, secundum DE GEER, “un scorpion des plus remarquables par sa grandeur peu commune et égale au volume d’une grande écrevisse de rivière ,; pectines ejus sunt “ garnies chacune de treize dents et quelquefois de quatorze ,; manus “ garnies de plusieurs tubercules et inégalités qui les rendent comme chagrinées ,; segmenta 4 prima cauda “sont courts ,; vesica formam habet “d’une boule oblongue ,. Haec omnia in speciem quam supra P. megacephalum appellavi optime cadunt. Ceterum inspectione exempli S. indî a De GEERO ipso determi- nati meam de hac specie opinionem confirmatam habui (vid. sup., p. 164). Ad Buthum megacephalum suum C. L. KocH scorpionem illum magnum refert a Raeserio (Ins.-Belust., III, Tab. 65) depictum, qui vix a P. megacephalo nostro discrepat: dicit lobos frontales Buthi megacephali setis rigidis (“mit steifen Borsten ,) esse munitos, nec mentionem ullam granulorum vel dentium in hoc margine facit, quod vix pratermisisset, si Heterometrum mega- cephalum Sim. * sub oculis habuisset. De manibus Buthi mega- cephali apud KocH legimus, eos esse “ durchaus dicht mit groben sumendum est, eum etiam in dentibus pectinum dinumerandis errare potuisse: aliter ne quidem S. americum ejus ad S. maculatum DE GEER referre auderes, qua species 17—19 dentes in pectinibus habet, non 14, ut dicit Linnzzus. 1 Etudes sur les Scorpions, l. c., pp. 3, 9, PI. 6, fig. 2. ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. Il Kornern bedeckt ,, quum contrain Heterom. megacephalo Sm. manus superficies superior, secundum Son, est “à peu près lisse et marquée de quelques points sétigères , ‘. Gen. PALAMN/ZEUS THOR. P, angustimanus x. longus et angustus, piceo-niger, cephalo- thorace segmenta caudalia 1" + 2” cum 4/, 3% sequanti; cauda cephalothorace circiter 3 5/6 longiore; palpis longissimis, cepha- lothorace saltem 5:plo longioribus, brachio pene quadruplo longiore quam latiore, manu angusta, plus duplo longiore quam latiore, digitum mobilem longitudine superanti; dentibus pecti- num 16—17.— Long. circa 117 millim. 1 Species generis Scorpionis a Linnzo nominibus trivialibus descripto ha sunt (vid. qua de iis supra diximus): S. africanus (S. afer ad part.) = Pandinus Africanus (LINN.) 1754. » Indicus (LINN.) 1754. » megacephalus (C. L. KocH) 1836. » americanus (S. europeus 1758) = Isometrus Americanus (LINN.) 1754. » ‘indicus (S. afer ad part.) = » CUropeus > = Buthus europeus (LINN.) 1754. » mMaurus = Heterometrus Maurus (LinN.) 1758. » australis = Androctonus australis (LINN.) 1758. » americus = Isometrus maculatus (De GrER) 1778. » carpathicus = Euscorpius Carpathicus (LINN.) 1767. Ad S. Carpathicum LinN. quod attinet, credo ad eum speciem in Hungaria, ut vi- detur, vulgarem esse referendam, quam C. L. KocH sub nominibus S. concinni, S. Ba- natici, S. Oravitzensis, cet., descripsit (= $S. Provincialis FANZ., non vero = S. Pro- vincialis C. L. KocH, cujus manus seriem foveolarum ocelliformium octo subter ha- bere dicitur, et qui sine dubio varietas modo est .S. italici HERBST). Hujus £. Car- pathici (LINN.), NoB. 12 exempla, 8 feminea, 4 mascula, ad Orsovam lecta Cel. 0. HERMAN amicissime ad me misit; seriem rectam foveolarum ocelliformium 3 in ma- nus latere inferiore habent, quarum tertia (postica) paullo ante medium manus po- sita est, et seriem 8 ejusmodi foveolarum subter in brachio (in duobus exemplis, non- dum adultis, in altero brachio ha foveola 7 sunt, 8 in altero). Dentes pectinum ad numerum paullo variant: tres feminarum 7+7 dentes (i. e. utrinque 7) habent, du® alie 6+6, dux 7+6 (7 in latere uno, 6 in altero), una 7+8: e maribus unus 9+9, duo 8+7, quartus 8+8 dentes in pectinibus habent. Numerus foveolarum ocelliformium in serie brachii hujus speciei igitur plerumque 8 est, nonnumquam 7 vel, secundum FanzAGO (Sugli Scorpioni Italiani, #n Atti della Soc. Ven.- Trent. di Scienze Nat., I, 2, p. 76), 9. S. Carpathicus C. L. Kock, qui 10 ejusmodi foveolas in serie brachii ha- ZII T. THORELL, Cephalothorax in margine antico sat profunde rotundato-excisus, impres- sione media circa tuberculum oculorum dorsualium magna, levi, fere ovata, impressionibus postica media et lateralibus posticis profundis, elevationes duas anguste ovatas, nitidas, postice divaricantes limitantibus ; nitidus, pene levis, versus latera in impressionibus et in lobis frontalibus planis sub-impressis sat subtiliter et raro granulosus, costis sulcum longitudinalem medium ordina- rium limitantibus humilibus, antice et postice paullo granulosis, inter oculos dorsuales levibus. Tuberculum oculorum dorsualium humile, intervallo inter ocu- los eorum diametrum non equanti. Oculi laterales sub-2equales; interstitium inter medium et posticum interstitio inter anticum et medium duplo majus, diametrum oculi non @quans. Segmenta abdominalia dorsualia nitida, pene levia, tantum in margine superiore limbi lateralis et in margine postico, versus latera, subtiliter gra- nulosa; in medio impressionem levissimam ostendunt, quae elevatione media oblonga parum manifesta in duas dividitur et in lateribus tuberculo eo quo- que parum distincto limitatur: ad utrumque latus hujus impressionis, saltem in segmentis 3°—6°, costam transversam humillimam latam videmus, pene ad marginem lateralem segmenti pertinentem. Segm. 7" inequale, versus latera fortiter granulosum; postice utrinque costas duas breves longitudina- les ostendit, que sua quoque serie granulorum acuminatorum munita est. Segmenta ventralia levia, nitida; segm. tamen ultimum costas 4 debiles an- gustas posteriora versus appropinquantes habet et in lateribus paullo ine- quale est. . Caude segmenta 1°—4% versus apicem paullo angustata, segm. 5® latitu- dine sequali; omnia hac segmenta supra ad longitudinem leviter excavata et hic leevia, carinis dorsualibus et lateralibus superioribus sat subtiliter (la- teralibus superioribus segmentorum li—4' et superioribus segm. 5! magis de- biliter) denticulatis; in segm. 5° carina lateralis superior minus manifesta est, abbreviata; carine 4 inferiores segm. li—4' humiles sunt, laeves et nitide in segm. 1°—39, in segm. 4° granulose; carina inferiores tres segm. 5' humiles, acute denticulate; interstitia inter eas granula pauca acuminata ostendunt: margo posticus hu]jus segmenti subter subtiliter denticulatus est. Vesica an- guste ovata, supra plana, sulco medio longitudinali valde obsoleto; subter series 4 granulorum longitudinales ostendit, interstitiis inter has series levi- ter excavato-sulcatis; sulcum levem longitudinalem in lateribus quoque, supra, habet, et granula nonnulla in lateribus ad basin. Aculeus fortis, basi fere rectus, tum sat fortiter deorsum curvatus. bet, forsitan is quoque ad hane speciem est referendus. — Exempla nonnulla E. Car- pathici ad Bogliasco et Casellam (in Liguria) capta possideo. Preter E. Carpathicum, E. Italicum ex Hungaria obtinui. Cel. HERMAN, qui duo exempla hujus quoque speciei dono mihi dedit (ex Mehadia et Oravitza), ad me scrip- sit, nullam scorpionum speciem in ipsis montibus Carpathicis vitam degere. ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. dio Mandibularum dentes obtusi, quasi detriti; dens basalis digiti immobilis incisura triangula in lobos duos triangulos divisus est; digitus mobilis tres tantum dentes habere videtur. Palpi longissimi. Humerus versus apicem sensim paullo dilatatus; latus ejus superius planum est, modo ad apicem et basin leviter concavatum, ni- tidum et leve, granulis parvis tantum duobus tribusve munitum, antice et postice serie dentium sat fortium limitatum; latus anticum hbumile infra se- rie denticulorum parvorum definitur et secundum medium seriem inaequalem dentium satis crassorum habet; latus inferius, sub-curvatum, deplanatum et versus apicem leviter excavatum, versus basin costa dentata a latere postico divisum est, quod latus secundum medium granula vel dentes obtusos pau- cos ostendit. Brachium supra et antice rotundatum, subter planum, costis 5 longitudinalibus parum elevatis crassis paulloque insequalibus preditum, in- terstitils costarum ineequaliter et crasse (hic illic obsolete) reticulatis; latus anticum sive interius mox ad emarginationem basalem ordinariam dentes saltem duos sat fortes habet, et, magis versus apicem, dentes nonnullos mi- nores. Manus valde est longa et angusta, latitudine fere eequali, vix magis in latere interiore quam in latere exteriore arcuata; 6 costas longitudinales humiles pene leeves in latere superiore ostendit, costamque singulam se- cundum medium lateris exterioris, et praterea costas duas fortes manum aversam limitantes duasque secundum medium lateris inferioris, que versus apicem paullo granulose sunt: interstitia inter eas et costam proximam ca- naliculato-excavata; supra et extus manus inter costas crasse et humiliter reticulato-rugosa est, preesertim versus latus interius; in hoc latere, quod crassum est, parum compressum, reticulatio in granula acuminata transit. Di- giti longi et angusti, leviter incurvi; digitus mobilis seque longus atque ma- nus aversa; digitus immobilis 3—4 dentes latos et granulosos, a basi versus apicem digiti gradatim humiliores ostendit, qui inter dentes vel lobos ejus- modi in acie digiti mobilis excipiuntur; latus digitorum inferius sat dense granulosum, latus superius magis leave, sed punctis impressis inequale. Femora anteriora in margine inferiore paullo (parum distincte) granulosa. Sternum paullo longius quam latius, duplo circiter angustius quam lobi labiales 2: di paris conjunetim. Pectines anteriora versus leviter curvati, dentibus 16 vel 17, quorum api- ces lineam sat fortiter procurvam (an semper?) formant. Color nigro-piceus, subter paullo pallidior, rufescenti-niger vel piceus ; ven- ter secundum medium testaceo-fuscus; segm. caudale ultimum et pedes ru- fescenti-fusca; mandibule versus basin ferrugineo-testace®, pectines pallide testacei. Mensure. — Lg. corp. 117; lg. cephaloth. 16 8/,, lat. ej. 16, lat. frontis 10 1/,; dist. oc. dors. a marg. ant. 6 /,, a marg. post. 7 ?/,. Cauda 63 : segm. Biel latta o), lavo, I lp. 95, lat; IV lp. 10, lat. 214 T. THORELL, 51/,; V lg. 15—, lat. 5; VI lg. 148/, (ves. 10, acul. 6), lat. 51/,. Palpi 85: hum. lg. 21, lat. 5 #/,; brach. lg. 211/,, lat. 5 3/,; man. c. dig. 38 1/,; man, le. 23 3/,, lat. max. 10, min. 8!/,, alt. pene 7; man. lg. postice 20; manus aversee lg. 17 1/,, lat. 2!/,; dig. mob. 20!/,, immob. 15 !/,. Ped. 1 37, II 39, III 45 #/,, IV 53. Pectinum latera 9 !/,, 8 1/,, 3!/,, dentes circa 2!/, millim. longi. Patria: India Orientalis. Exemplum singulum (verisimiliter a) in spiritu vini asservatum, ex Mus. Gothob. mecum communica- tum vidi. — Hac species Butho longimano C. L. KocH ! sive Scorpio longimano HerBsTt ® (ex Africa) valde est affinis; differre videtur manibus angustioribus et digito mobili longioribus (in P. longimano, secundum figuram KocH, manus hoc digito multo brevior est), cet. — Num @ tantum P. longimani (HERBST) ? P. Petersii Tnor. piceus, pedibus rufo-piceis, vesica ferruginea: cephalothorace segmenta caude 1” et 2" cum 4/3 3% longitudine circiter equanti, cauda cephalothorace circiter triplo et dimidio longiore; manibus magnis, crassis, dimidio longioribus quam la- tioribus, intus sat fortiter rotundato-dilatatis et hic versus di- gitos paullo angustatis, supra nitidis, levibus, vix evidenter re- ticulato-rugosis, digito mobili manu parum breviore; dentibus pectinum circa 16, apicibus lineam procurvam formantibus. — Long. circa 126 millim. Syn.: 1872. Heterometrus megacephalus Srm., Etudes sur les Scorp., l. c. Pp, 9,09, Pl 6, oe 1876. Palamnaus Petersiù Taor., On the Classif. of Scorp., l. c., pilo: Cephalothorax longitudine segmenta caudalia 14-24-!/, 3 circiter aequans, in margine antico fere in formam trianguli rectanguli incisus, versus latera, presertim in impressionibus lateralibus anterioribus, sat crasse granulosus, lo- bis frontalibus in margine crasse granulosis, pretera subtiliter granulosis, costa humili supra oculos laterales granulis rotundatis humilibus scabra; co- ste sulcum medium limitantes parallele sunt, et ante et pone oculos dor- suales granulos:e, at etiam magis postice, ubi in tumores sive elevationes ordinarias transeunt, divaricantes, paullo incrassate et leves; tumores illi 4 Die Arachn., VIII, p. 1, Tab. CCLIII, fig. 595. ? Naturgesch. d. ungefliig. Ins., 8, p. 42, Tab. 2, fig. 1. ETUDES SCORPIOLOGIQUES. 215 ovati, versus apicem anticum acuminati, posteriora versus divaricantes, im- pressione transversa antice a costis illis limitati, et impressione parva ro- | tundata in medio preediti. Oculi ut in specie insequenti. Segmenta abdominalia dorsualia 2"—6%, versus marginem exteriorem, po- stice, raro et subtilissime granulosa, in medio impressionem levissimam osten- dunt, quae elevatione media obsoletissima in duas impressiones incurvas et posteriora versus divaricantes dividitur; segmentum ultimum in' medio tu- morem evidentem habet, et versus latera postice granulosum est; versus apicem ejus granula pauca majora magisque acuminata utrinque series duas imper- fectas brevissimas formant. Segmentum ventrale ultimum, quod, ut antece- dentia, ad marginem anticum impressiones duas oblongas habet, levissimum est, granulis et costis carens. Cauda longa et fortis, versus apicem paullo angustata. Segm. 1% versus apicem paullo angustatum est, segm. 5" latitudine fere aequali. Segm. 1m—4 supra leviter excavata, levia et nitida, modo ad apicem paullo et subtiliter granulosa, prasertim segm. 1"; seem. 5® supra planum, ad basin modo exca- vatione levi preeditum, que ut linea impressa tenuis secundum fere ?/, lon- gitudinis segmenti continuatur. Carine dorsuales in omnibus his segmentis dentibus acutis armata sunt, carine laterales superiores debilius et minus ordinatim dentate; carine inferiores in segm. 1° et 2° et maxima parte 3îi leves, in segm. 4° acuminato-granulose, in segm. 5° dentate; interstitia in- ter carinas laterales superiores et inferiores preesertim in segm. 1° et 2°, et inter carinas inferiores segmenti 5i paullo granulosa. Vesica subter tres sul- cos latos leeves ordinibus 4 granulorum parvorum limitatos habet et sulcum lateralem superius minus evidentem; latera ejus peene omnino levia sunt. Mandibularum digitus mobilis supra valde rugulosus, dentibus 3 satis e- qualibus ; dens basalis digiti immobilis incisura triangula profunda in lobos duos triangulos divisus. Humerus supra pene planus, leevis et nitidus, granulis tantum paucis sub- tilissimis sparsus, praesertim versus marginem posteriorem, qui serie dentium fortium armatus est; margo quoque superior anterior seriem dentium paullo minorum habet, qua a latere antico humeri limitatur latus superius; latus anticum infra serie denticulorum etiam paullo minorum definitur; inter series superiorem et inferiorem hoc latus dentes nonnullos sat fortes ostendit, que non in seriem singulam diagonion ordinate sunt, sed potius series duas ab- breviatas formant, alteram prope apicem internodii, alteram prope basin ejus initium capientem. Latera inferius et posticum modo versus basin serie granulo- rum inequali disjunguntur; latus inferius nitidum est, granulis carens, latus po- sticum granula pauca minuta ostendit. Brachium in latere superiore-posteriore leviter curvato et rotundato debilissime reticulato-rugosum est, costis tribus cras- sis nitidis (praeter eam qua hoc latus antice limitat) munitum, media versus apicem dilatata; latus anticum obliquum nitidum secundum marginem superiorem 216 T. THORELL, versus basin paullo granulosum est et apud marginem inferiorem versus basin dente forti acutissimo armatum, ante quem dentes nonnullos acuminatos ostendit. Latus inferius leve nitidum magis versus marginem anticum costam debilli- ‘ mam habet. Manus cum digito mobili femur + tibiam + tarsi art. 1" pe- dum 4' paris longitudine equat; crassities sive altitudo ejus paullo minor est quam latitudo minima; in latere interiore sat fortiter dilatata est manus, le- viter arcuata, paullo retro in lobum aqualiter et late rotundatum, circa 2 millim. longum producta, versus digitos angustata ; supra fortiter et 2- qualiter convexa, nitida, omnium subtilissime et rarissime, vix evidenter (versus latus interius et apicem magis evidenter) reticulato-rugosa, ipso la» tere interiore in latitudine circiter 3 millimetrorum granulis acuminatis for- tibus obsito; in latere superiore manus costas 4 obsoletissimas vix manifestas habet, quarum 2* et 3* ad carpum bene expresse sunt, 2* et 4* (intima) versus apicem manus quoque, ubi inter se appropinquant, manifesta; costa 8* secundum digitum immobilem continuatur. Manus aversa supra costa forti levi limitatur: costa qua infra limitatur prater ad apicem et basin parum distincta est. Subter manus nitida est, costis instructa duabus latis, humilibus, postice paullo divaricantibus et serie granulorum parvorum acuminatorum munitis, excavatione lata profunda separatis; etiam inter exteriorem harum costarum et costam illam debilem vel marginem, qui manum aversam infra limitat, adest excavatio lata levis postice sat profunda. Acies digitorum lobos sive dentes quattuor humiles compressos subtiliter crenulatos format. Femora in margine inferiore subtiliter granulosa. Sternum eeque circiter longum atque latum, lobis labialibus 2° paris con- junctis vix duplo angustius. Pectines dense punctati, pilosi, margine antico leviter procurvo; dentes eorum 16, apicibus lineam procurvam formantibus. Color piceus, subter piceo-fuscus, segmentis ventralibus testaceo-fuscis, ul- timo obscuriore; segmentum caudale ultimum ferrugineum, aculeo obscure fusco, in apice nigro; pedes rufo-picei, apicibus tarsorum testaceo-fuscis; la- mine genitales et pectines fusco-testacei. Mensure. — Lg. corp. 124; lg. cephaloth. 17 8/,, lat. ej. 171/,; dist. oc. dors. a marg. ant. 8, a marg. post. 81/,. Cauda 64: segm. I lg. 7, lat. 78/,; II lg. pene 8, lat. 7 1/,; II lg. 8 1/,, lat. 62/,; IV lo. 10, lat. 6; V le. 14 1/,; lat. 51/,; VI lg. 15?) (ves. 10, acul. 6), lat. 6 1/, ‘alt. Spe MBalpi 62: hum. 1g. 14!/,, lat. 6; brach. lg. 141/,, lat. 61/,; man. ce. dig. 32; man. Ig. 20, lat. max. 13 !/,, min. 10—; man. post. lg. 151/,; man. averse lg. circa 13 !/,, lat. 3; dig. mob. 19, immob. 14. Ped. I 84, II 88 2/,, HI 45, IV 92 !/,. Pect. latera 81/,, 7, 34/,; dentes 2 millim. longi. Patria: India Orientalis. Mus. Gothob. exemplum singulum ex Singapore, in spiritu vini conditum, possidet, quod supra de- ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 217 scripsi. — De Butho megacephalo C. L. KocH et Heterom. mega- cephalo Sim. vid. sup., p. 210. P. costimanus (0. L. Kocn), Var. }, Borneensis N. nitidus, su- pra piceo-niger, colorem caruleo-virescentem parum sentiens, pedibus piceis, vesica ferrugineo-fusca; cephalothorace segmenta caudalia 1" et 2" cum 4/3 3% longitudine pane 2equanti, cauda ce- phalothorace pene 3/3 longiore; palpis cephalothorace in pene 3 */s, in * pene 4'/» longioribus, manibus mediocribus, crassis, in £ dimidio, in e duplo longioribus quam latioribus, cum digitis in £ reliquum palpi, in e modo humerum cum bra- chio longitudine 2equantibus, supra nitidis, costatis et evidenter re- ticulato-rugosis; digito manus mobili manum longitudine aequanti; dentibus pectinum 14—16.— Long. circa 114, o' circa 107 millim. Syn.: ? 1838. Buthus costimanus C. L. Kocx., Die Arachn., IV, p. 27, Tab. . CXVI, fig. 266.» Femina. — Cephalothorax in margine antico sat late et profunde incisus, granulis sat crassis et densis sparsus, pone lobos frontales leviter impressos et etiam ad ipsum marginem granulosos laevis, utrinque versus tuberculum oculorum dorsualium, ut in tumoribus posticis et ad angulos posticos, leevis quoque; coste sulcum ordinarium longitudinalem limitantes anguste, inter oculos laeves, ante et pone oculos granulose, postice divaricantes et in tu- mores ordinarios transeuntes, qui antice impressionem levem ostendunt. Spa- tium inter oculos dorsuales, qui, ut mihi quidem videtur, in ipso centro ce- phalothoracis siti sunt, eorum diametro evidenter minus; spatium inter ocu- los laterales posticum et medium paullo majus est quam spatium inter me- dium et anticum, et oculi diametrum quat. Segmenta abdominalia dorsualia 1®°—6% leevia, nitida, modo in marginibus lateralibus et postico (in segm. 6° paullo ante hune marginem quoque) sub- tiliter granulosa, in medio impressione levissima in lateribus rotundata pre- dita, que elevationem humillimam in medio ostendit. Segm. 7%, quod — in lateribus late, ad marginem posticum angustius — sat crasse granulosum est, postice duas costas brevissimas ostendit, exteriorem parum expressam, den- ticulis vel granulis vix ultra binis, interiorem longiorem, granulis paucis muni- tam; in medio tumorem evidentem postice inequalem et sranulosum habet hoc segmentum. Segm. ventralia leevia, nitidissima, impressionibus longitudina- libus ordinariis; segmentum ultimum vix ulla vestigia costarum ostendit. Cauda cephalothorace pene 2 ?/, longior. Segmenta 1%—4% supra leviter 218 T. THORELL, excavata, supra et in lateribus inter carinas parum granulosa; carine dor- suales sat subtiliter denticulatae sunt, laterales superiores etiam paullo magis subtiliter; carine inferiores in segmentis 1° et 2° leeves vel modo paullo ine- quales, in 3° subtiliter sub-crenulate, in 4° subtiliter denticulatae. Segm. 5" supra excavato-sulcatum, carinis superioribus subtiliter denticulatis, carina laterali ultra medium pertinenti granulosa, praeterea granulis nonnullis mi- nutis in lateribus sparsum; carine ejus tres inferiores denticulis fortibus ar- mate, dentibus apicem versus sensim paullo majoribus: in interstitiis gra- nula nonnulla ineequalia seriem inaequalem fere formant. Vesica in medio su- pra plana, leevis, subter granulosa, granulis in series ingequales vel vittas 4 ordinatis, et preterea granulis parvis in lateribus, infra, sparsa; sulci late- rales inferiores levissimi, medius latus et sat profundus. Dens basalis digiti immobilis mandibularum in duas lacinias sub-triangulas sat profunde divisus. Palporum humerus supra pene planus, tumore humili versus medium, apice levis, proterea granulis minutis sat dense sparsus; antice serie dentium par- vorum, postice serie majorum limitatur latus humeri superius; latus ejus an- ticum infra serie dentium parvorum quoque limitatur, et secundum longitu- dinem seriem diagonion denticulorum nonnullorum majorum habet. Latus posticum basi serie abbreviata granulorum definitum est. Brachium nitidum, sub-rugosum, costis 4 longitudinalibus, tribus exterioribus levibus, quarta, qua supra limitatur latus brachii anticum, sub-granulosa: hoc latus dentibus paucis fortibus versus basin infra armatum est, dente basali reliquis fortiori. Manus cum digito immobili longitudinem femoris, tibie et art. 1° tarsorum 4i paris equat; in latere interiore versus digitos paullo angustata est manus et levissime modo arcuata (parum magis quam in latere exteriore), postice vero fortiter et 2equaliter arcuata est et in lobum late rotundatum retro producta; supra sat fortiter et 2equaliter convexa, debiliter et raro areolato- rugosa, non granulosa, costis 4 longitudinalibus debilibus pradita, quarum dux in digitum mobilem continuantur, interiores dure modo ad basin et api- cem bene expresse sunt; manus aversa supra costa forti limitatur, infra costa obtusa et debili, modo ad basin et apicem bene expressa; latus manus interius granulis crassis acuminatis sat dense obsitum est; latus inferius costas duas longitudinales humillimas parallelas ostendit, granulis parvis acuminatis spar- sas et excavatione separatas; versus apicem quoque hoc latus granulosum est, preterea leve. Digiti subter sat dense et magis subtiliter granulosi, supra granuloso-rugosi quoque; acies subtiliter crenulata dentes et sinus 4 latos (dentem basalem acuminatum) format. Femora in margine inferiore subtiliter denticulata vel potius granulosa. Pectinum dentes 14 vel 15, et eadem fere longitudine inter se; apices eo- rum lineam rectam vel leviter modo recurvam formant. Color nigro-piceus, presertim in digitis subter in caeruleo-virescentem colo- ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 219 rem exiens; truncus subter ferrugineo-piceus; vesica ferrugineo-fusca; pedes ferrugineo-picei, apice pallidiores; mandibule basi late sub-testacea; pectines ferrugineo- vel luteo-testacei. Mas parum a femina differt, nisi palpis multo longioribus et magis angu- statis (conf. mensuras), et pectinum dentibus longioribus et apicibus lineam recurvam formantibus. Humerus supra magis leevis et nitidus est, eminentia media carens et granulis modo paucis sparsus; costa qua supra limitatur bra- chium fere leevis, vix granulosa. Costa in latere manus superiore melius expresse quam in Q. — In &' jun., quem vidi, pectinum dentes 16 sunt (in adulto 15), et pedes colore corporis, virescenti-nigri, apice pallide ferruginei. Mensure. — Q. Lg. corp. 114; lg. cephaloth. 17 !/,, lat. ej. 17 !/,, lat. front. 10 !/,; dist. oc. dors.?a marg. ant. 8, a marg. post. 8. Cauda 63: segm. es lato dol 71/3; lat6:11/ 10 lg.};84/53 lat 64/3 IV lg. 10, Ia; VV lg. 14, lat. 5; VI lo.? (ves. 94/., acul..?), lat. 6,. alt. 51/,. Palpi 63: hum. lg. 14 1/,, lat. 6; brach. lg. 15, lat. 6 !/,; man. c. dig. 32 !/,; man. Jostli88,,, lat. max. 12, min..9, alt. 8.1/,; man. post. 14 !/,; dig. mob. 18.1/,, immob. 14 1/,. Pect. latera 8, 6 1/,, 3 1/3; dentes 1!/, millim. longi. o'. Lg. corp. 107; lg. cephaloth. 16, lat. ej. 15 8/,, lat. front. 10; dist oc. dors. a marg. ant. 7 !/,, a marg. post. 7 1/,. Cauda 57 !/,: segm. I lg. Gear; Ilp:7, lat 631 1p:#7:8/0) lat. 5:15; IV lg. 9 lat. 5; Vo lanfzdlat (42/7: VI lo; 14 (ves: 9} acul. 6),:lat. 5:9/,, alt. 4.8/). Palpi.711/,. bamilo:16:8/,, lat. ‘6:brach. lo. 18, lat. 5 1/,; man. cum.'‘dig» 33 1/2; man. lg. 19!/,, lat. max. 10, min. 8, alt. 6 #/,; man. post. 16; dig. mob. 19, im- mob. 14 */,. Pect. latera 8 1/,, 7 !/,, 3, dentes 21/, millim. Patria: Borneo. Marem et feminam, ut videtur adultos, cum mare Jjuniore ad Sarawak a se et a Cel. D." O. BECCARI captos et jam in Mus. Civico Genuensi asservatos benigne mecum com- municavit Cel. March. Jac. Doria: hac exempla, in spiritu vini condita, supra descripsi. Feminam siccatam ex Mus. Holm. vidi quoque. — Alia specimina duo, sine dubio feminea, ex Mus. Gothob. obtinui: minora sunt et aliis quibusdum rebus diversa quoque, quare ea ut propriam varietatem (y) hic breviter adum- brare volo: Var. 1, glaucus N. supra niger, ad maximam partem sub-cae- ruleo-virescens, pedibus piceis, vesica ferrugineo-fusca; cepha- lothorace segmenta caudalia 1" et 2” cum 2/3 3# longitudine cir- citer 2equanti, cauda cephalothorace circiter 3 4/5 longiore, den- tibus pectinum 13—15.— Long. circa 102 millim. — Preaterea ut in diagnosi Var. Borneensis diximus. 220 T. THORELL, Mensura Var. glauci. — Lg. corp. 102; lg. cephaloth. 15 !/,, lat. ej. 15; dist. oc. dors. a marg. ant. 7 !j,, a marg. post. 7 !/,. Cauda 52: segm. I lg. 51), lat. 6-+; IT Ig. 61/,, lat. 6—; II lg. 6%,, lat. 5?/,; IV lg. 8, lat. 44/;; V lg. 111/,, lat. 41/,; VI lg. 14 (ves. 7 1/,, acul. 6), lat. 5. Palpi 55: hum.:16.12:8/,} lat. :5/1/,; rach.. lg. 13.8/; lat. 55/5 manie: We N264) man. lg. 16 !/,, lat. max. 11 !/,, min. 8 8/,, man. post. lg. 13 (manus averse lg. 111/,, lat. 3 +); dig. mob. 16. Pectinum latera 7, 5 !/,, 3 millim. Patria hujus varietatis verisimiliter est India Orientalis: duo exempla a me visa “?? Bengalen , signata sunt. Differunt a for- ma Borneensi presertim cauda breviore et graciliore, et, ut ple- reque hujus generis forme, oculis dorsualibus paullulo longius a margine cephalothoracis posteriore quam ab anteriore remotis, segmento ventrali ultimo costis 4 humillimis quidem sed satis evidentibus preedito, interstitiis inter carinas cauda vix granu- losis, dente basali digiti mandibularum immobilis minus profunde inciso. An propria species ? Mas forma P. Borneensis, que vix specifice a Butho costimano C. L. Kocga — ex Java — distincta est, cum Scorp. longimano Herpst® magnam similitudinem habet ; sed in Pal. longimano (qui Africa incola esse dicitur) brachii latus exterius, secundum figuras HerBst et Kocn ?, desuperne visum sub-concavo-ar- cuatum videtur, quum contra in nostra specie convexo-arcuatum est; digiti cum manu comparati longiores in P. longimano quam in nostro mare videntur. — Femina “ B. costimani , castaneo- et rufo-fusca esse dicitur, et secundum figuram KocHi angustior quam nostre forme videtur, quas, quum saltem alio sint colore, ut varietates ab illa segregavi. — DButhus Bengalensis C. L. KocH ° certe alia est species, quum manus supra dense granu- losas habere dicatur. A P. Petersii, cui simillimi sunt, differunt P. Borneensis et P. glaucus colore paullo alio, manibus minoribus et evidenter areo- lato-rugosis et costis munitis, qua etiam in latere manus superiore secundum totam longitudinem ejus evidentes sunt; dentes majores ! Natursyst. d. ungefi. Ins., 4, p. 42, Tab. 2, fig. 1. 2 Die Arachn., VIII, p. 1, Tab. CCLIII, fig. 595. ® Ibid., IX, p. 3, Tab. CCXC, fig. 696. ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 221 in latere humeri antico in his formis in lineam singulam diago- nion satis 2equaliter dispositi sunt, cet. Species alia haud dubie affinis est HMeterometrus spinifer HEMPR. et EnR.!, qui tamen 19 vel 20 dentes in pectinibus habere di- citur (19 secundum figuram, 20 secundum orationem contextam in EARENBERGI Symb. Phys. ?). P. levigatus N. rufescenti-fuscus, nigro-cerulescenti- vel -vire- scenti-variatus et -maculatus, parum granulosus, manibus medio- cribus, crassis, saltem dimidio longioribus quam latioribus, intus levius rotundato-dilatatis et versus digitos paullo angustatis, su- pra nitidis, levissime modo reticulato-rugosis et costatis; cauda cephalothorace plus triplo et dimidio longiore; dentibus pectinum circiter 17, apicibus lineam procurvam formantibus. — Long. circa 98 millim. Hac species priori, P. Borneensi (presertim vero P. glauco) adeo similis est, ut, quibus rebus ab eo differre videatur, satis sit indicare; ceterum ad descriptionem ejus lectorem revocamus. — Truncus supra magis leevis est: cephalothorax vix nisi versus latera granulis subtilissimis sat raris sparsus; immo lobi frontales tantum circum marginem liberum evidenter et sat crasse sunt granulosi, ceterum pr@ene laeves omnino; coste sulcum medium limitan- tes modo ante oculos dorsuales granulos®e, inter et pone oculos laeves. Seg- menta abdominalia dorsualia granulis in margine postico carent; ad limbum anticum impressiones duas parallelas evidentissimas habent, sed carent im- pressione illa levi, tuberculo humillimo in duas divisa, que in specie priore in medio segmentorum adest. Segmentum ventrale ultimum costas 4 longi- tudinales tenuissimas vix manifestas habet. Seem. caude 5" 2 ?/, longius quam latius. Manus supra obsoletius costata et reticulato-rugose sunt quam in P. Borneensi; area granulis obsita in manus latere interiore angustior est quam in eo, modo 3 millim. lata, granulis humilibus et obtusis; secundum costas duas in latere manus inferiore series modo brevissima granulorum sub- tilissimorum adest. Pectines leviter anteriora versus curvati, dentibus 17. Color rufescenti-fuscus, sub-cerulescenti-micans, cr@rulescenti-nigro-varia- tus; pars trunci posterior et cauda paullo obscuriores, vesica ferrugineo-fu- sca, aculeus fusco-testàceus, apice nigro-fusco. Subter ante pectines truncus 1 Vorlàuf. Uebersicht, cet., l. c., p. 352. ? Symbolx» Physicae, Anim. Art., Arachnoidea, pag. tertia; Atlas, Arachn., Tab. I, fig. 2 f. — 222 T. THORELL, obscure testaceo-fnscus est; segmenta ventralia testaceo-fusca, margine po- stico fusco-testaceo, segmentum ultimum tamen versus apicem obscurius. Pe- des quoque testaceo-fusci, ceerulescenti-nigro-variati, apice tarsorum fusco-te- staceo. Mensure. — Lg. corp. 98; 1g. cephaloth. 15 !/,, lat. ej. 14 1/,. Cauda 51!/,: seguo. T1g:050/,, lat. 64/55 Vide. 0110//, data 4/,; VISI acul. 5), lat. 4 #/,. Palpi 54!/,: hum. lg. 12, lat. 5 4/,; brach. lg. 13, lat. 54/,; man. c. dig. 26; man. lg. 16 +, lat. max. 10 !/,, min. 8; man. post. lg. 13; dig. mob. 15 ?/,, immob. 11 !/,. Ped. I 27 !/,, II 30, II 344), IV 40 :/,. Pectinum latera 7, 51/5, 8 i/; millim. Patria: Nova Hollandia, (?): exemplum singulum, in Mus. Go- thob. asservatum et “ Melbourne , signatum vidi. In spiritu vini conditum est. — Nonne propria species ? A P. Petersiù differt haec forma magnitudine minore, colore variato, manibus evidenter etsi debiliter reticulato-rugosis, seg- mentis abdominalibus alio modo impressis, dente basali digiti im- mobilis mandibularum leviter emarginato, non in formam trianguli inciso, dentibus secundum medium latus anticum humeri in li- neam satis equalem diagonion ordinatis, cet. Gen. MIZEPHONUS Tor. M. Wahlbergii Tror. supra fusco-testaceus, segmentis abdo- minalibus basi late nigricantibus, cauda versus apicem plus mi- nus late infuscata, subter cum pedibus testaceus; cephalothorace segmenta caudalia 1”, 2" et dimidium 3° conjuncta longitudine superanti; cauda leviter carinata, cephalothorace triplo longiore; manibus latis, intus fortiter arcuatis, supra pane levibus; den- tibus pectinum circa 18. — Long. circa 80 millim. Syn.: 1876. Miaphonus Wahlbergi Tror., On the Classif. of Scorp., l. c., pi da Cephalothorax anteriora versus fortiter angustatus, latitudine ad oculos la- terales ?/, latitudinis maxima aquanti, in margine antico leviter et anguste incisus, lobis frontalibus igitur latissimis et brevissimis, transversim et parum oblique truncatis, in angulo exteriore rotundatis; impressiones laterales po- steriores profunde, tumores duo postici breves, fere quadrati, paralleli, an- I I I ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 229 tice non limitati, sulco profundo _L-formi postice limitati et inter se dis- juncti; tuberculum oculorum dorsualium humile, in excavatione levi positum, sulco longitudinali levi munitum, qui costis duabus brevibus leviter granulosis, antice divaricantibus et postice quoque paullo divaricantibus limitatur; que ubi desinunt initium capit sulcus ad incisuram marginis frontalis pertinens. In lateribus cephalothorax sat dense et fortiter granulosus est, praterea vero subtilissime granulosus; utrinque, mox pone lobos frontales omnium debillime et subtilissime granulosos, nitidus est, omnino levis. Ocul laterales seriem leviter incurvam formant; posticus eorum reliquis duobus plus duplo minor est, et ab oculo medio spatio hujus diametrum eaquanti remotus; spatium inter oculos anticum et medium minimum, vix ullum dicendum. Mox pone oculos laterales tuberculum magnum humile nitidum conspicitur. Segmenta abdominalia dorsualia 1"— 6% levia et nitida, summo margine postico paullo inequali;- antice impressiones duas longitudinales parallelas non longe inter se remotas ostendunt, et pone eas vestigia impressionis me- die, que elevatione oblonga humili in duas dividitur. Segm. ultimum versus latera sat fortiter et 2equaliter granulosum est, in medio et antice leve, im- pressionibus duabus minoribus antice et tumore sat magno humili rotundato nitido in medio, pone eas. Segmentum ventrale ultimum leve, costis evi- dentibus carens. i Cauda posteriora versus angustata, sat debilis, carinis debilibus. Seom. lm eque pene longum atque latum, posteriora versus angustatum; segm. 2" et 3® eadem fere longitudine inter se, quam segm. 1" vix longiora; segm. 4® longius, pene duplo longius quam latius; segm. 5%, quod pene aquali est latitudine (parum latius postice quam antice) triplo longius est quam latius, paullulo latius quam altius. Segm. 1%—4® supra leviter excavata sunt ; segm. 5% sulcum postice evanescentem supra habet. Carine dorsuales in apice po- stico dentibus paucis, quorum posticus reliquis major est, et ante eos granu- lis nonnullis munite, in segm. 4° magis evidenter denticulate; in segm. 5° carine superiores subtilissime et raro, vix visibiliter, sunt granulose. Carine laterales superiores obsoletius granulos®e; interstitia inter eas et carinas dor- suales evidenter etsi debiliter granulosa, saltem in segmento 1°; carine in- feriores in segm. 1°—3° obsoleta, leves, in segm. 4° paullo granulose, in segm. 5° acuminato-granulose vel denticulatae: interstitia in hoc segmento granulis paullo minoribus vel sub-2equalibus sparsa. Vesica anguste ovata, su- pra transversim paullo convexa, linea longitudinali tenui postice evanescenti; subter sulcos tres ordinarios sat leves habet et granulis sat magnis sparsa est, in series nonnullas (circiter 6) ordinatis; in utroque latere, superius, sul- cum secundum totam longitudinem habet. Aculeus longus, sat leviter et 2- qualiter curvatus. Mandibule ad apicem paullo granulose sunt, digito mobili supra ine- quali et foveolato. 224 T. THORELL, Palporum humerus in latere superiore pene plano granulosus, presertim postice: margines hujus et reliquorum laterum serie granulorum acuminato- rum armati sunt; series abbreviata granulorum ad partem majorum secun- dum medium lateris antici conspicitur. Brachium secundum marginem supe- riorem lateris anterioris subtiliter granulosum est et paullo granulosum quo- que postice; versus basin hujus lateris series transversa dentium circiter 5 adest, quorum inferior reliquis paullo fortior est. Manus lata, duplo longior quam altior (crassior), in latere interiore fortiter arcuata, posteriora ver- sus parum dilatato-producta, versus digitos evidenter angustata; supra sa- tis sequaliter et fortiter convexa est, nitida, pane laevis, obsoletissime modo reticulato-rugosa : versus apicem coste du obsolete in digitum immobilem continuate conspiciuntur, quarum exterior paullo longius quam interior retro producta est; in latere exteriore costas duas evidentes habet manus, supe- riorem paullo granulosam, inferiorem laevem; in margine interiore com- presso granulis acuminatis munita est; latus ejus inferius granulis modo pau- cioribus parvis est sparsum, quorum nonnulla seriem brevem longitudinalem in costa obsoleta magis versus marginem exteriorem formant. Digiti leviter intus et deorsum curvati; acies eorum sinus 4 vel 5 parum profundos format, quorum interstitia subtiliter granulosa in medio dente forti innato, summo tantum apice libero, fulciuntur; qui dentes 5 in singulo digito sunt. Femora in margine inferiore debiliter granulosa, 4 paris tamen pene om- nino levia. Sternum eeque longum atque latum, lobis labialibus 2° paris conjunetis pane dimidio angustius. Lamine genitales sub-triangule, longiores quam. latiores, basi (latere antico) fortiter rotundata, in latere exteriore leviter rotundata ; conjunctim laminam rotundato-triangulam, latiorem quam longiorem, apice retro directo formant. Pectines longi et angusti (equali latitudine pene), den- tibus 18. : Color. Fusco-testaceus, segmentis abdominalibus antice vitta nigricanti transversa maculisve nigris notatis, cauda pallidius fusco-testacea, apice plus minus late nigro, aculeo ferrugineo, apice nigro. Palpi clarius fusco-testacei, digitis sub-ferrugineis. Truncus subter cum pedibus clarius testaceus. Mensure. — Lg. corp. 80 !/,; lg. cephaloth. 15, lat. ej. 15, lat. frontis 9 —; dist. oc. dors. a marg. ant. 7, a marg. post. 8. Cauda 44: segm. I lg. 5, lat. 5.4/,; seom. V.lg. 101/,; lat..34/,;.VI lp. 91), (7es.6, a lee | 31). Palpi 55 !/,: bum. lg. 10, lat. 4; brach. lg. 10!/,, lat. 4/; man. c. dig. 22; man. lg. 12 !/,, lat. max. 11—, min. 7 !/,; man. post. lg. 10; dig. mob. 15, immob. 10 !/,. Ped. I 22.1/,, II 251/,,, III 32; IV._,38. Pectnum lg. 8, lat. 1!/,; dentes fere 3/, millim. longi. Patria: Africa meridionalis. Exemplum singulum in Caffraria a Cel. J. A. WAHLBERG captum, in spiritu vini asservatum pos- ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 2925 sidet Mus. Holm., cujus mensuras supra dedi; alterum exemplum siccatum, cujus patria ignota est, ex Mus. Gothob. communica- tum examinavi quoque. In hoc exemplo cauda segmenta 4" (ad maximam partem), 5" et 6” (basi aculei excepta) nigricantia sunt, in exemplo Holmiensi segmentum tantum 5° versum api» cem (cum apice aculei) nigricans est, vesica testacea. Gen. OPISTHOPHTHALMUS C. L. Kock. 0. latro n. nigro-fuscus, cephalotboracis lateribus intus nigris et hic crassissime granulosis, area interoculari testacea; seg- mento ventrali ultimo crasse granuloso-rugoso; cauda fusco-pi- cea, vesica clariore, segmento 5° in margine superiore granuloso ; pedibus testaceis; palpis ferrugineis, basi late nigro-fuscis, costis et granulis nigris, manibus supra*testaceo-fuscis, margine interiore nigro, supra parum convexis, subtiliter reticulato-rugosis et co- stis binis completis nigricantibus munitis; dentibus. pectinum circa 14 vel 15. — Long. circa 89 millim. Mas (haud dubie). — Cephalothorax segmentis cauda 1° -|-- 2° parum lon- gior, ad latera fortiter convexus, secundum longitudinem leviter modo con- vexus, fere planus, inter oculos in formam trianguli depressus, in margine antico leviter emarginatus, in lateribus intus (supra) crassissime granosus, versus margines et pone impressiones laterales ordinarias profundissimas ma- gis subtiliter granulosus, sulco longitudinali medio a sulco ordinario transverso apud marginem posticum usque ad marginem anticum ducto ibique in duos ramos diviso. Tuberculum oculorum dorsualium parvum, costa brevi foras cur- vata lavi utrinque, ad latus interius oculorum. Ocul laterales in seriem parum incurvam, p@ene rectam, dispositi; duo anteriores e®quales, intervallo diametro oculi paullo minore disjuncti, et sat longe (spatio duplam oculi diametrum equanti fere) a margine cephalothoracis remoti; oculus posticus ils multo minor, longius ab oculo medio quam hic ab antico remotus. Segmenta abdominalia dorsualia subtiliter granulosa, ultimum crassius gra- nulosum, ordinibus granulorum duobus abbreviatis parum evidentibus utrin- que versus apicem. Segmentum ventrale ultimum granulis crassis humilibus dense granuloso-rugosum: segmenta quoque proxime antecedentia granuloso- rugosa, sed minus crasse, et sensim magis debiliter anteriora versus (in Q ve- risimiliter laevia sunt). Vol. XIX, 15 226 T. THORELL, Cauda segmenta supra leviter excavata, segm. 5" tamen modo leviter ca- naliculatum ad ?/, longitudinis, versus apicem planum; segm. 5” et 6" valde pilosa; vesica desuperne visa fere ovata, supra pene plana, et ad longitudi- nem et transversim levissime convexa, subter sulcis et granulis carens, pilosa. Carina superiorés in segm. 1°—4° denticulate, inferiores granulos®e; in segm. 4 5°, cujus carine superiores non expresse sunt, margo superior serie granulo- rum parvorum obtusorum inequali, fere duplici, est instructus, carine infe- riores denticulate@e; interstitia inter carinas omnes, preasertim ad basin cauda, in latere ejus inferiore, dense granulosa, segm. 1” etiam supra, pene in tota superficie, granulosum, segmenta duo sequentia supra tantum versus latera paullo granulosa. Mandibularum digitus mobilis dentes 4 fortes pene triangulos habet; den- tes duo digiti immobilis in medio triangulato-acuminati sunt, dilatatione sive lobo humili utrinque: horum quatuor loborum duo, qui alter versus alterum directi sunt, reliquis duobus sunt majores et leviter rotundati. Humerus anteriora (interiora) versus valde deplanatus, quo fit, ut latus ejus anticum valde inaequale (non planum) humillimum sit, pene 5: plo lon- gius quam latius; crasse et dense granulosus est non tantum in marginibus sed I etiam inter eos, excepto in latere po#tico, quod pene leeve est. Brachium tres margines nigros habet, quorum anterior inferior seriem granulorum cras- | sorum obtusorum gerit, reliqui paullo ineequales sunt, pene laeves; latus po- sticum paullo inequale, vestigiis costarum duarum secundum medium; latus anticum subtiliter granulosum est ante seriem transversam dentium qui in loco crassissimo brachii adest, et quorum inferiores sat fortes sunt et acu- minati. Manus fortiter pilosa, satis angusta, versus digitos paullo angustata, in latere interiore postice rotundata et evidenter (circa 1 millim.) posteriora - versus producta, antice fere recta; supra costas 4 longitudinales ostendit, qua- rum prima (exterior) brevissima est, secunda fortissima et perfecta, due in- teriores debiles, altera earum (3°) versus apicem abbreviata, altera (4*) pene perfecta. Margo manus interior serie inequali pene duplici granulorum cras- sorum sive dentium obtusorum preditus est; manus aversa costis duabus fortibus parallelis limitatur; latus manus inferius leviter excavatum est, laeve, vestigiis modo linearum duarum longitudinalium elevatarum, granalorumque paucorum subtilium in exteriore harum linearum. Digiti angusti, dentibus paucis, quorum duo basales magni et fortes sunt et emarginatione longa se- Juncti; inter dentes acies subtiliter est crenulata. . Color. Cephalothorax niger, versus margines parum clarior, nigro-fuscus, area magna triangula inter oculos omnes testacea, marginibus ejus sub-fuscis. Abdomen nigro-fuscum, segmentis in margine postico paullo pallidioribus ; cauda clarior, piceo-fusca, segmento ultimo pallide ferrugineo-fusco. Subter corpus piceo-fuscum est, segmentis ventralibus in margine postico pallidiori- bus. Mandibule fusce, digitis obscurioribus. Palporum scapula et humerus ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 227 nigri, brachium rufo-fuscum, costis nigris, manus supra fusco-testacea, extus magis obscura, costis et margine interiore nigris, digitis nigro-fuscis. Pedes et pectines pallide testacei. Mensure. — Lg. corp. 89; lg. et lat. cephaloth. 12, lat. front. 8 1/,; dist. oc. dors. a marg. ant. 8!/,, a marg. post. 4. Cauda 53: segm. I lg.'51/,, lat. 6; V lg. 12, lat. 41/.; VI lg. 114/, (ves.-71/,, acul. 48/,), lat. 5, alt. 4. Palpi 45 1/,: bum. lg. 101/,, lat. 4; brach. lg. 11, lat. 5; man. c. dig. 211/,, man. lg. 10 */,, lat. max. 7 #/,, min. 6-+; man. aversa lg. 8; dig. mob. 14, fimo Ped. 1204; 11 22°), IIl-28, IV 33 ‘/,. Pectinum latera, 9°/,, 5, 15/; millim.; dentes eorum 1— millim. longi. Patria ignota; verisimiliter Africa meridionalis. Exemplum sin- gulum in spiritu vini conditum et in Mus. Holm. asservatum vidi. O. latro ab O. Capensi (HeRBST) * facile distinguitur magnitudine majore, scapula et humero nigris, et cephalothorace in lateribus nigro, ad margines nigro-fusco, cet. ; ab 0. pallidipede C. L. KocH * 1 O. Capensis (HERBST) fuscus, cephalothorace in lateribus testaceo-fusco, vitta utrinque lata obliqua nigro-fusca erassissime granulosa, aream interocularem flavo- testaceam limitanti, ad margines laterales subtiliter rugoso; segm.abdom. dorsuali ul- timo granulis humilibus crasse rugoso, ordinibus granulorum duabus unitis utrinque munito, segmentis antecedentibus quoque ad margines posticum et laterales plus mi- nus granulosis; segmento ventrali ultimo, ut cauda subter ad basin, granulato-rugoso; cauda testaceo-fusca, segm. 5° in margine superiore subtilissime granuloso, vesica te- stacea; pedibus et palpis testaceis, his nigro-costatis, manibus supra parum conve- xis, subtiliter modo reticulato-rugosis, costa perfecta nigra singula.— Lg. cephaloth. in o* circa 11 millim., cauda 41; palpi 41, man. e. dig. 17 4/,; man. lg. 8*,, lat. ej. max. 64/,, min. 5; dig. mob. lg. 11!/,. In 2 lg. cephaloth. 10 */,, cauda 24; palpi 32, man. ce. dig. 15 ‘;g millim.; man. lg. 8 ‘/,, lat. ej. max. 8 ‘/,, min. pene 6; dig. mob. lg. 9 4/, millim. Ad speciem quam cum PETERS (loc. cit., p. 512) nomine O. Capensis vocamus, «mas » Scorp. capensis HERBST (Natursyst. d. ungefl. Ins., 4, p. 62, Taf. V, fig. 2) re- ferendus est, a C. L. KocH sub nomine 0. pilosi descriptus (Die Arachn., IV, p. 91, Tab. CKXXXIV,. fig. 309); S. capensis « femina » HERBST (loc. cit., fig. 3) verisimi- liter eadem est species atque O. latzmanus C. L. KocH (Die Arachn., VIII, p. 65, Tab. CCLXXI, fig. 640). O. Capensis C. L. KocH (ibid., IV, p. 89, Tab. CXXXIII, fig. 308) forma verisimiliter est qua infra 0. fallax a nobis appellatur. — 0. Capen- sis (HERBST), NOB. est species ad urbem Cape Town vulgaris: hi scorpiones ibi « in , campis sub lapidibus inveniuntur, foveas in arena facientes in quibus prede insidian- tur >», secundum annotatiunculam DE VrLDpERI in Mus. Holm. ? [O.:pallipes]} Die Arachn., X, p. 3, Tab. COCXXVI, ‘fig. 757. — In exemplo valde mutilato hujus speciei, quod in Mus. Gothob. asservatur (segmenta tria ultima caud® desunt), cephalothorax 16 1/, millim. longus est, palpi 50, man. c. dig. 25; Ig. man. 15 millim., lat. max. ejus 12, min. 10 millim.; dig. mob. 16 millim. longus. 228 T. THORELL, dignoscitur segmento ventrali ultimo et segmento primo cauda subter granulosis, dentibus pectinum paucioribus, cet. 0. laeviceps n. obscure ferrugineo-fuscus, area ‘interoculari leevissima fusco-testacea, lateribus cephalothoracis subtiliter gra- nulosis, segmento ventrali ultimo crasse granuloso-rugoso, seg- mento caude 5° in margine superiore granuloso; vesica et pedibus pallide fusco-testaceis, palpis ferrugineo-testaceis et granulosis; manibus supra subtiliter granulosis, costa completa fusca e gra- nulis majoribus formata; dentibus pectinum circa 18.— Long. circa 105 millim. Cephalothorax segmentis cauda 1° et 2° conjunctis paullo longior, versus latera minus fortiter convexus, impressionibus lateralibus posticis non multo profundis, sinuosis, impressione (linea impressa) paullo ante eos breviore, le- viter curvata; impressio magna ordinaria pone oculos dorsuales triangulo equilatero definita; ab his oculis antériora versus impressio debilis fusiformis ducta est, antice in sulcum profunde demissum, qui usque ad marginem an- - ticum vix emarginatum pertinet, transiens; ad latus interius utriusque oculi costa brevis nitida leviter foras curvata adest, inter quas costas sulcus ad marginem anticum producitur. Area interocularis levissima, nitida; ceterum cephalothorax opacus est et granulis minutissimis inequalibus sparsus. Segmenta abdominalia dorsualia quoque subtilissime (oculo arte non adjuto vix manifeste) granulosa, segmentum ultimum tamen versus latera crassius granulosum, ordinibus granulorum duobus abbreviatis versus apicem utrinque. Segmenta ventralia inter impressiones longitudinales paullo inaequalia sunt; segmentum ultimum granulis humillimis plus minus confluentibus dense et; crasse est rugosum et duas lineas longitudinales ex granulis ejusmodi forma- tas ostendit. Cephalothorax in partibus suis nigris crassissime granulosus est (etiam versus margi- nes laterales), modo pone impressiones laterales profundas subtiliter granulosus. Seg- menta abdominalia dorsualia 1m—6w in margine postico et versus latera subtilissime granulosa, preterea levia. Segmenta ventralia omnino lavia sunt, ultimum costa modo debili utrinque; segmenta caudalia duo prima subter, ut carina eorum inferio- res. laevia quoque, non granulosa; manus supra obsoletissime reticulato-rugosa, tamen apice intus granuloso-rugosa; costa lateris superioris imperfeeta debillima. Secun- dum Kocx 0. pallidipes 26 dentes in pectinibus habet: in exemplo Gothoburgensi pectines adeo mutilati sunt (alter eorum omnino abest), ut dentes eorum dare non possim: videre tamen licet, dentes sub duabus ultimis lamellarum dorsualium 13 esse; quum dentes iidem in O. Zatrone 7 sint (= numerus dentium sub lamella dorsuali prima sive dimidium numeri dentium omnium), etiam hoc exemplum, ut KocHII, den- tes 26 habuisse videtur. ETUDES SCORPIOLOGIQUES. 229 Caudae segmenta 4 anteriora subter eodem modo ac segmentum. ventrale ultimum rugosa, carinis inferioribus humillimis, ejusmodi granulis preeditis. Carine dorsuales horum segmentorum serie dentium minutorum, carine vero laterales superiores granulis parvis munita; interstitia inter carinas subtiliter granulosa. Segm. 1° supra subtilissime granulosum est; segmenta tria se- quentia utrinque supra seriem obliquam granulorum minutissimorum osten- dunt. Segm. 5", versus apicem paullo angustatum, carina dorsuali evidenti caret et in margine superiore rotundato ineequaliter granulosum est; carina ejus lateralis superior valde imperfecta, serie granulorum minutorum indicata; carine laterales inferiores bene expresse, denticulatae, interstitiis inter eas granulis sat crassis acuminatis sparsis, que seriem equalem secundum cari- nam inferiorem mediam parum manifestam non formant. Vesica ovata, supra plana, subter fortiter convexa, laevis et nitida. Mandibularum digitus mobilis dentes 4 crassos satis triangulos habet ; di- giti immobilis dens basalis fere quadratus est, apice leviter emarginatus, den alter humilis, latus, oblique triangulus. Palporum humerus in marginibus tribus, proaesertim in anteriore superiore; granulis crebris obtusis obsitus est; latus ejus superius magis posteriora ver- sus granulis minutis sat raris est sparsum, latus vero anticum planum, gra- nulis crassioribus; in limite, versus basin, inter latera nitida et laevia posti- cum et inferius series inequalis granulorum minorum adest. Brachium sub- rugosum marginem superiorem paullo et crasse crenulatum habet, marginem posteriorem pene levem; margo inferior secundum totam longitudinem gra- nulis nigris munitus est et dentem sat parvum in loco crassissimo, paullo magis supra, habet. In latere postico brachium .costis carens granula hu- millima aream angustam secundum longitudinem ejus formantia ostendit. Manus granulis parvis sat crebris, humilibus, pallide fuscis coriacea est, his granulis in ipso margine interiore majoribus et nigris; quattuor coste ordi- nibus granulorum humilium nigro-fuscorum indicantur, 2* (a latere exteriore) evidentissima et secundum totam manus longitudinem pertinenti, 1* in me- dio manifesta, 3* obsoletissima, 4* ad apicem manus optime expressa. Latus manus inferius versus basin excavata, serie insequali granulorum obscurorum extus, granulisque ejusmodo minutissimis crebris intus versus apicem. Digi- torum acies tres vel quattuor dentes fortes ostendit, quos disjungunt sinus sat magni. Pectines longe ultra apicem coxarum pertinentes, dentibus sub-sequalibus 18. Color. Cephalothorax obscure ferrugineo-fuscus, area interoculari pallide fusco-testacea. Abdomen obscure ferrugineo-fuscum, segmentis in margine postico paullo clarioribus. Cauda ferrugineo-testacea; vesica pallidiore, vittis duabus subter singulaque in lateribus, supra, paullo obscurioribus, aculeus ferrugineo-fuscus, apice obscuriore. Truncus subter ante pectines testaceo-fu- scus, venter ferrugineo-fuscus. Palpi ferrugineo-fusci, marginibus et granulis 230 T. THORELL, dl nigris; humerus in latere antico nigro-fuscus; manus supra ferrugineo-testa- cea, costis nigro-fuscis; digitis rufo-fuscis. Pedes et pectines testaceo-fusci; lobi labiales 2* paris coxis vix obscuriores. Mensure. — Lg. corp. 105; lg. cephaloth. 15 !/,; lat. ej. 15; lat. (frontis) ad oc. lat. post. 10 !/,; dist. oc. dors. a marg. ant. 10, a marg. post. 4 !/;. Cauda 57: segm. I lg. 611/,; lat..6%ceV le. 124, lab ot ei (ves. 8), lat. 5!/,, alt. 41/;. Palpi 49: hum. lg. 11, lat. 45/,; brach. lg. 12, lat. (5: mian.‘c. dig..23:1/;; manwlg. 13, lat. ‘ej: max. 104), nina nane post. lg. 9 !/,; dig. mob. 16, immob. 12. Ped. I 22, II 26, III 301/,, IV 37. Pectinum latera 10, 8 !/,, 3; dentes 1 millim. longi. Patria: Caffraria, unde exemplum singulum in spiritu vini as- servatum ad Mus. Holm. misit Cel. J. A. WAHLBERG. Hxc species, O. pugnaci et O. predoni (de quibus vid. infra) valde affinis, ab utroque facile distinguitur pectinibus longis, 18- dentatis, et area interoculari laevissima, non rugosa, ab 0. pu- gnaci preterea manibus multo subtilius granulosis. Granula ce- phalothoracis subtilissima sunt, subtiliora quam in 0. predone. 0. predo N. obscure ferrugineo-fuscus, cephalothorace versus margines clariore, in lateribus subtiliter granuloso, area intero- culari subtiliter rugulosa, fusco-testacea; segmento ventrali - ul- timo crasse granuloso-rugoso; cauda segm. 5° in margine superiore granuloso; vesica et pedibus fusco-testaceis, palpis ferrugineo-te- stacelis, nigro-costatis et granulosis, manibus antice angustatis, supra subtiliter granulosis et costa saltem singula completa ni- gra e granulis densis nigris formata munitis; dentibus pectinum circa 14. — Long. circa 87 millim. Cephalothorax segmentis cauda 1° et 2° conjunctis paullo longior, ad for- mam ut in specie priore, modo paullo fortius declivis in lateribus et eviden- ter emarginatus in margine antico; ante oculos dorsuales sulcum fortem o- stendit, qui parum fusiformis est antequam in impressione profunda antica continuatur; impressio postica media triangulo limitata, cujus basis longior est quam latera. Area interocularis nitida, non laevis, sed evidenter et ine- qualiter rugulosa; superficies cephalothoracis praterea subtiliter sed eviden- ter granulosa est, subtilissime granulosa versus margines laterales et pone impressiones laterales. Segmenta abdominalia dorsualia 1" —6® subtilissime granulosa, paullo cras- sus in margine postico, et in segm. 6° etiam versus latera; segm. 7% ad ETUDES SCORPIOLOGIQUES. Zol marginem anticum et in medio subtiliter, versus latera, praesertim postice, crasse granulosum, ordinibus granulorum duobus abbreviatis utrinque postice. Segmenta ventralia anteriora paullo inaequalia vel rugosa, presertim inter impressiones longitudinales; segm. ultimum crasse rugosum, granulis inequa- libus humilibus densis, quae postice duas series longitudinales formant. Cauda posteriora versus paullo angustata (segm. ultimum tamen penultimo paullo latius); supra segmenta leviter excavata sunt, 5" canalicula debili lata antice et impressione levi longitudinali ante apicem praditum. Segm. 1©-4" carinas dorsuales denticulis parvis obtusis munitas habent, et supra inter eas subtiliter grarulosa sunt, ita prasertim in segm. 1° et 2°; carine laterales superiores subtiliter granulosae; in latere inferiore hac 4 segmenta granulis obtusis humilibus insequalibus crasse rugosa sunt; carine obsoleta inferiores serie densa granulorum ejusmodi majorum predita. Segm. 5”, quod carina dorsuali evidenti caret, in margine superiore rotundato satis dense et inequaliter granulis parvis obsitum est; carine laterales superiores debil- lime, serie granulorum minutissimorum predite: carine inferiores manife- ste, omnes tres serie denticulorum acuminatorum munite. Interstitia inter carinas laterales superiores et inferiores segmentorum omnium paullo gra- nulosa. Mandibularum digitus mobilis dentes 4 triangulos habet, quorum 8* reli- quis minor est; dens basalis digiti immobilis pane quadratus, apice late et leviter emarginatus, dens alter triangulus. Palporum hbumerus et brachium ad formam ut in specie priore; granula in margine humeri superiore anteriore tamen vix crassiores quam in mar- gine inferiore; tota superficies ejus superior granulis minoribus inequalibus sparsa. Dens in latere brachii antico, in loco ejus crassissimo, parvus est, dentibus proximis in margine brachii inferiore-anteriore parum major. Manus supra, ut in priore, granulis parvis humilibus fuscis sat dense sparsa, et costis 4 debilibus munita, duabus exterioribus nigris, sepe interruptis et e serie densa granulorum plus minus confluentium igitur compositis, prima ab- breviata, secunda completa et optime expressa; coste du interiores debil- lime sunt (lineis duabus sub-fuscis in manu pallide fusco-testacea modo repra- sentate), intima (4*) magis evidens et versus apicem nigra. Margo manus in- terior niger vitta angusta granulorum obtusorum magnorum instructus. Latus manus inferius versus apicem granulis subtilissimis sparsum; coste due fortes pene continue nigre manum aversam limitant. Digiti longi, angusti, levi- ter arcuati, nigro-fusci, dentibus ut in specie priore. De pectinibus et colore (codem fere ut in specie priore) vid. preterea dia- gnosin. Mensure. — Lg. corp. 87, lg. cephaloth. 12, lat. ej. 12, lat. front. 8 1/5; 27 dist. oc. dors. a marg. ant. 8 1/,, a marg. post. 3 1/,. Cauda 49: segm. I lg. 5), lat. 64,; V lg. 11, lat. 41/,; VI lg; 10*/, (ves. 63/,; acul. 4); 232 ©. THORELL, lat. 5, alt..4. Palpi 39 1/,: hum. lg. 93/,dat.-3.3gbrach: dg. 8° man. e. dig... 20. man. lg. 9, lat. ej. max. 8, min. 64. Ped Jelena III. 23; IV 28 .1/,. Pectinum latera 6 1/.,.5*,,, 25, dentes pane doni longi. Patria: Caffraria. Exemplum singulum in spiritu vini asserva- tum (verisimiliter masculum) vidi, a Cel. J. A. WAHLBERG captum (Mus. Holm.). 0. pugnax x. obscure ferrugineo-fuscus, cephalothorace in la- teribus subtiliter granuloso, area interoculari fusco-testacea sub- tiliter rugulosa; segmento ventrali ultimo crassissime granuloso- rugoso; cauda cephalothorace 4:plo longiore, segmento 5° in margine superiore granuloso; vesica et pedibus fusco-testaceis, palpis supra fuscis, granulis et costis nigris; manibus latis, intus fortiter rotundatis, supra granulis majoribus nigris sat dense ob- sitis, et costis quattuor nigris completis e granulis magnis con- fluentibus compositis instructis; dentibus pectinum circa 14—15. — Long. circa 89 millim. Cephalothorax ad formam ut in 0. predone, parum longior quam segmenta caude 1%-|-2%, in margine antico parum emarginatus, sulco medio ordinario ante tuberculum oculorum dorsualium. manifeste, in formam fere fusi, dila- tato; impressione media postica triangulo limitata, cujus basis reliquis late- ribus longior est. Area interocularis nitida, evidenter rugulosa; preeterea ce- phalothorax subtiliter granulosus est (magis subtiliter quam in 0. predone), prope margines et pone impressiones laterales posticos subtilissime granu- losus. Segmenta abdominalia dorsualia dense et subtiliter granulosa, ultimum tamen modo antice subtiliter, praterea vero sat crasse granulosum. Segmenta ventralia posteriora presertim versus marginem posticum inequalia, paullo striato-rugosa; segm. ultimum crassissime granuloso-rugosum. Cauda ut in O. predone, eo excepto, quod segmentum 1" subter (ut seg- mentum ventrale ultimum) granulis magnis rotundatis obtusis etiam crassius ruyosum est, et quod denticule carina inferioris media: segmenti 5' non se- riem equalem denticulorum sat fortium formant, sed seriem duplicem satis ordinatam denticulorum, qui minores sunt quam denticuli carinarum infe- riorum lateralium; denique quod vesica inverse ovata segm. 5" latitudine equat, non superat; segm. 5® supra, antice, canaliculam satis profundam et angustam ostendit, quae inter medium et apicem segmenti in foveam longam sat latam parum profundam dilatata est. ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. Pa) Palporum humerus et brachium quoad formam et granula ut in 0. predone omnino; manus contra aliam speciem pre se fert, in latere interiore fortiter dilatata et secundum totum hoc latus fortiter rotundata, postice in lobum latissimum rotundatum, 1'/, millim. longum producta (In 0. predone hoc latus posteriora versus rotundatum quidem est sed versus basin digiti immo- bilis pene rectum, postice parum productum). Supra manus ®equaliter et sat fortiter convexa est, granulis sat magnis (etsi valde inaqualibus) obtusis ni- gris, hic illic confluentibus satis dense sparsa, granulis in margine interiore magis conicis et acuminatis; costis 4 longitudinalibus fortibus nigris munita est, que e granulis nitidis plus minus confluentibus composita sunt et omnes pene complete. Manus latus inferius versus apicem granulis minutis sparsum, quorum nonnulli, magis versus marginem interiorem, crassiores sunt tamen; series ineequalis granulorum paullo crassiorum etiam versus marginem exte- riorem adest, cum costa illa forti manum aversam infra limitanti parallela. Digiti sat breves, leviter curvati, dentibus munitis trinis crassis (preter paucis minoribus versus apicem), emarginationibus latis separatis, et praterea in margine subtiliter crenulati. Mensure. — Lg. corp. 89; lg. cephaloth. 12 1/,, lat. ej. 12 !/,, lat. front. 8 !/,; dist. oc. dors. a marg. ant. 7 #/,, a marg. post. 4!/,. Cauda 50 !/,: Bean o soi lat 68/7 o 18/3 lat. 42/0; alt.'44/; VI lo. Dl (ves ee), lat. 45, alt. 35/,. Palpi 39!-,: bum. lg: 94, lat 41/5; brach. lg. 9!/,, lat. 5; man. c. dig. 19; man. lg. 11!/,, lat. ej. max. 10, min. 81/,; man. post. lg. 74/.; dig. mob. 13, immob. 9 1/,. Ped. I 18, II 20 !|,, IN 241/,, IV 291/,. Pectinum latera 6!/,, 53/,, 2; dentes 1 + millim. Patria: Caffraria. Exemplum singulum a Cel. J. A. WAHLBERG captum, in spiritu vini asservatum possidet Mus. Holm. Num femina speciei prioris est hic scorpio ? Valde affinis ei certe est, praesertim manuum forma, colore et granulis distin- guenda. — Ab O. calvo L. Kocg, ! qui is quoque costas quattuor distinetas in manibus supra habet, O. pugrnacem nostrum diversum ducere debeo, quum O. calvus caudam brevem et angustam, cepha- lothorace non triplo longiorem, babere dicatur. — 0. latimanus C. L. KocH ° costa tantum singula in manibus supra, segmentis abdominalibus levibus, cet., abunde differt. 1 Beschreibungen never Arachniden u. Myriap., in Verhandl. d. zool.-hbot. Gesellsch. in Wien, XVII (1867), p. 233 (61). 1 Die Arachn., VIII, p. 65, Tab. CCLXXI, fig. 640, 234 T. THORELL, 0. curtus x. ferrugineo-fuscus, cephalothorace in lateribus sub- tiliter granuloso, area interoculari fusco-testacea, subtilissime rugulosa, segmento ventrali ultimo granuloso; cauda cephalotho- race circiter triplo longiore, segmento 5° in margine superiore granuloso, vesica et pedibus fusco-testaceis, palpis cephalothorace non triplo longioribus, ferrugineo-testaceis, costis et granulis ob- scurioribus; manibus latis, supra sat fortiter convexis, crasse gra- nuloso-rugosis et granuloso-sub-costatis; dentibus pectinum 10— 12. — Long. circa 73 4/3 millim. Cephalothorax segmenta caudalia 1" et 2% cum dimidio 3" longitudine su- perans, ad formam ut in 0. predone, antice vix emarginatus, impressione fusiformi inter oculos dorsuales et depressionem anticam mediam profundam ; impressione media postica sub-transversa. Area interocularis antice opaca, postice nitida, subtilissime rugulosa; latera cephalothoracis subtiliter rugulosa, eque subtiliter intus sive supra atque versus margines laterales, densius et fortasse etiam paullo subtilius pone impressiones laterales posteriores gra- nulosa. Segmenta abdominalia dorsualia antice subtiliter, ad marginem posticum crassius granulosa; magis postice, apud impressionem mediam costa humili in duas divisam, costam transversam latam humillimam magis nitidam subtiliter granulosam vel inequalem utrinque ostendunt; segm. ultimum dense et sat crasse granulosum est, utrinque, postice, costis duabus optime expressis gra- nulosis munitum. Segmenta ventralia laevia, nitida, ultimo excepto, quod gra- nulis humilibus rugosum est et costas duas humiles ex ejusmodi granulis for- matas habet. Cauda brevis et anguista, versus apicem paullo angustata; segmenta 114 supra leviter excavata, 5" leviter et late ab apice usque ante medium exca- vatum et preeterea impressione levi sulciformi a basi pone medium ducta preditum. Carine dorsuales serie denticulorum parvorum munite; carina laterales superiores subtiliter granulos®e; in latere inferiore cauda ad basin crasse granulosa est, carinis inferioribus in segmentis duobus primis crasse et ineequaliter, in duobus insequentibus vero magis subtiliter et aequaliter gra- nulosis; supra inter carinas segmenta 4 anteriora (preesertim 1" et 2") sub- tiliter granulosa sunt. Segm. 5" in margine superiore seriem inequalem, pene duplicem, granulorum parvorum acutorum habet; carina lateralis superior obsoletissima est, subtilissime, vix visibiliter granulosa, carine tres inferiores manifesta, serie denticulorum acuminatorum munite; interstitia inter eas antice subtiliter granulosa, postice granulis nonnullis crassis acuminatis pra- ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 235 dita quoque. Latera caude subtilissime rugosa. Vesica longior et angustior, forma fere piri; aculeus sat longus, versus apicem sat fortiter curvatus. Mandibularum digitus mobilis dentes 4 triangulos habet, 3" reliquis paullo minorem; dens basalis digiti immobilis fere quadratus, in apice, postice, le- viter emarginatus. Palpi breves; humerus antice rotundatus, lateribus superiore et antico al- tero in alterum transeuntibus (non margine forti disjunctis) et serie granu- lorum minutorum tantum separatis; latus superius granulis minutis presertim versus basin sparsum est, et in et ad marginem posticum granulis crassiori- bus munitum; latus anticum a latere inferiore margine manifesto, serie gra- nulorum sat crassorum instructo dividitur, et granula nonnulla ejusmodi pre- terea ostendit; latera inferius et posticum leevia et nitida granulis minutis- simis inter se limitata. Latus posticum brachii vittam longitudinalem costarum et granulorum oblongarum humilium et inequalium ostendit, costisque duabus paullo inequalibus hic illic abruptis definitur; in limite inter latera anticum et inferius granula tantum pauciora subtilissima habet brachium, et in loco crassissimo, paullo magis supra, dentem minutum sive granulum acuminatum. Manus brevis et lata, intus fortiter dilatata et in toto latere interiore for- titer arcuata, et postice in lobum late rotundatum circa 1!/, millim. lon- gum retro producta; supra fortiter et aqualiter convexa, granulis sat magnis humilibus nitidis plus minus confluentibus coriaceo-rugosa quasi, costisque in- structa 4 e oranulis ejusmodi formatis, quarum modo 2* (a latere exteriore) completa est, relique abbreviate et minus expresse. Margo interior granulis paullo crassioribus obtusis obsitus, vix plus quam seriem singulam inxequalem formantibus. Coste due, quibus definitur manus aversa, fortes, peene laeves. Latus inferius manus jugum vel elevationem debilem magis extus ostendit, serie brevi granulorum minutissimorum munitam; praterea obsoletissime re- ticulato-rugosum est, nitidissimum, versus apicem granulis minutis sparsum. Digiti breves, parum curvati, dentibus 3 vel 4 crassioribus, emarginationibus latis sed non profundis separatis. Pectines breves, dentibus 10—12. Color. Supra ferrugineo-fuscus, cauda paullo clariore, area interoculari ob« scure fusco-testacea; vesica fusco-testacea, aculeus fuscus, apice niger. Subter cum laminis genitalibus et pectinibus fusco-testaceus est truncus, lobis labia= libus et ‘apice sterni piceis; segmentum ventrale ultimum saltem in medio nigricans est, segmenta antecedentia utrinque; inter impressiones ordinarias longitudinales, infuscata. Palpi obscure testaceo-fusci vel ferrugineo-testacei, costis et granulis obscurioribus; manus supra ferrugineo-testacee, extus ru- bescenti-fusc®. Mensure. — Lg. corp. 73 1/,; lg. cephaloth. 12, lat. ej. 12, lat. front. 8; dist. oc. dors. a marg. ant. 7 1/,, a marg. post. 3 */,.. Cauda 36 !/,: segm. I lg. 4, la Vila. 8; lat. 3), VI le 850 (ves. Db‘, acul. 3-20), lat. 34, 236 T. THORELL, alt. 3. Palpi 33: hum. lg. 71/,, lat. 3 1/,; brach. lg. 7 1/,; lat. 4; man. c. dig. 17; man. lg. 9 !/, (ab apice lobi 104,,), lat. ej. max. 9 8/,, min. 7 1/,; man. post. 1g. 7; dig. ‘mob. «11 1), ;immob! 8.' Ped. Iids, 10178, I 27. Pectinum latera 5, 4%, 2 +; dentes circa */, millim. longi. Patria: Caffraria. Exempla duo a Cel. J. A. WAHLBERG col- lecta, in spiritu vini asservata et ex Mus. Holm. mecum commu- nicata examinavi. Ad formam manuum hac species magnam cum 0. pugnaci si- militudinem habet; sed facile distingui potest palpis et cauda brevioribus, dentibus pectinum paucioribus, et forma humeri, qui margine illo forti crasse granuloso caret, quo in 0. pugnaci ce- terisque latus humeri superius a latere antico separatur. Num idem atque O. calvus L. KocH * est O. curtus noster ? Sed ille costas quattuor evidentes in manibus habere dicitur, et cau- dam cephalothorace non triplo longiorem. 0. macer x. ferrugineo-fuscus, area interoculari subtiliter ru- gulosa, cephalothoracis lateribus sat subtiliter granulosis, seg- mento ventrali ultimo levi; cauda fusco-testacea, segmento 5° in margine superiore granuloso; pedibus palpisque fusco-testaceis, his nigro-costatis et granulosis, manibus supra costis nigris, qua- rum du® complete sant, ornatis et granulis parvis angulatis sparsis, digitis longissimis; pectinum dentibus circa 16. — Long. circa 70 millim. Cephalothorax longitudine segmenta caudalia 1" et 2" cum !/, 8 circiter x2quans, versus margines laterales fortiter declivis, antice leviter emarginatus, impressione media postica multo latiore quam longiore; sulcus medius ab ea ad depressionem mediam anticam profundam ductus non in impressionem fusiformem dilatatus est: talis impressio tamen costis duabus brevibus latis humillimis paulloque divaricantibus indicatur, que ab oculis dorsualibus ut continuationes arcuum supraciliarium anteriora versus ducte sunt. Area in- terocularis evidenter rugosa, nitida; latera cephalothoracis versus margines laterales et postice subtiliter, intus (supra) paullo crassius granulosa. ! Beschreib. neuer Arachn. u. Myriap., ## Verhandl. d. zool.-bot. Gesellsch. in Wien, XVII (1867), p. 233 (61). ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 257 Segmenta abdominalia dorsualia 1"—6" subtilissime granulosa, segm. 6" tamen paullo crassius granulosum ad latera; segm. 7% versus latera satis sub- tiliter granulosum, ordinibus granulorum duabus abbreviatis ad latera utrin- que munitum. Segmenta wventralia lavia, nitida, ultimum tamen opacum et ad latera omnium subtilissime (oculo arte non munito vix manifeste) granulo- sum, costis duabus tenuibus paullo ingequalibus. Caude segmenta 1"—4" supra leviter excavata, duo priora inter carinas dorsuales paullo et subtilissime granulosa: ho carine in segmentis 1°—4° serie denticulorum acutorum armate, quorum ultimi sat longi sunt; carine laterales superiores serie granulorum paullo minorum munite; carine infe- riores laeves, primum in segm. 4° evidenter granulose. Segm. 5" canalicu- lam a basi ad */, longitudinis fere ductam et ante apicem impressionem le- vissimam brevem latam ostendit; in margine superiore granulis acuminatis satis inordinate munitum est; carine laterales superiores debillim®, serie gra- nulorum minutorum distinctissimorum preditae ; carine tres inferiores suam queque seriem granulorum sat parvorum acuminatorum vel denticulorum ha- bent; interstitia inter eas granulis minoribus sparsa. In segmentis 1°—4° in- terstitia inter carinas laterales superiores et inferiores granulis nonnullis mi- nutis sparsa sunt. Vesica longius ovata; aculeus longus, ad basin parum, versus apicem modice arcuatus. Mandibularum digitus mobilis dentes 4 triangulos habet, 3" reliquis paullo minorem; dens basalis digiti immobilis fere quadratus, in apice, postice, levi- ter emarginatus. ; i Palpi longi et graciles. Humerus anteriora versus fortiter compressus: la- tus ejus anticum igitur angustum, nec planum nec rectangulum, sed conve- xum et versus apicem latius, versus basin a latere superiore limite minus forti separatum; latus superius, granulis minimis sat raris sparsum, in et ad marginem posticum serie granulorum majorum preditum est, et secundum marginem anticum, qui non fortiter est expressus, seriem granùlorum mino- rum ostendit; latus anticum granulis ejusmodi aliisque paullo majoribus spar- sum; limes inter latera inferius et posticum serie granulorum satis quali versus basin internodii indicatur. Brachium seriem granuloruam secundum marginem anteriorem inferiorem habet et granulum ejusmodi paullo magis supra, in loco crassissimo; latus posticum costis duabus nitidis definitur, qua- rum superior inferiore magis inequalis est: secundum longitudinem costas duas nitidas paullo inequales ostendit hoc latus, et praterea elevationibus nonnullis parvis humilibus, striis vel granulis similibus, insequale est. Manus tenuis (i. e. non crassa), intus non fortiter dilatata, sed leviter arcuata, versus apicem tamen fere recta, margine interiore dentibus acuminatis et sat fortibus obsito; supra parum convexa, granulis sat parvis obscuris in- qualibus et ad maximam partem angulatis minus dense sparsa: preterea co- stas 4 e granulis majoribus (vel jugis parvis) nigris humilibus nitidis forma- 238 T. THORELL, tas ostendit, quarum 1* et 3* abbreviate sunt, relique due completa, 2* reliquis fortior, modo bis vel ter abrupta. Latus manus inferius versus ‘mar- ginem exteriorem seriem granulorum parvorum obscurorum habet et versus apicem, intus, granulis minutissimis sparsum est. Digiti parum curvati, longi et angusti, dentibus fortibus 4, qui spatiis longis sunt disjuncti, muniti, Pectinum dentes 16 sunt. Color. Supra obscure ferrugineo-fuscus, cauda testaceo-fusca, versus apicem fusco-testacea; vesica pallide fusco-testacea, vittis 4 obscuris, 2 subter, 1 u- trinque in lateribus, magis supra; aculeus ferrugineus, apice nigro. Subter corpus testaceo-fuscum est, ventre paullo obscuriore, segmento ejus ultimo et cauda subter ferrugineo-fuscis, granulis carinarum obscurioribus; lamine ge- nitales et pectines fusco-testacei. Pedes obscure fusco-testacei. Palpi ferrugi- neo-testacei, costis et granulis nigricantibus (granulis lateris superioris humeri tamen pallidis); digiti obscure ferrugineo-fusci. Mensure. — Lg. corp. 70; lg. cephaloth. 10!/,, lat. ej. 9 1/,, lat. front. 7; dist. oc. dors. a marg. ant. 7 !/,, a marg. post. 2!/,. Cauda 38!/,: segm. I lg. 43/, ; lat. 4/3; V lg. 88, lat. 3/,; VI lg. .9.5/, (res. 54 Maeniedc; lat:-3-:9/,;. alt. 3. Palpi 38.1; hum. lg. 8 */,, lat. 3; brach. le. 8Xlatd00n man. c. dig. 19; man. lg. 8, lat. max. 7, min. 6; man. post. lg. 61/,; dig. mob. 14.1! immob. 11!/,. Ped.I 15 .1/,} II 17, IL 201), IN 2400 latera 6 !/., 6, 2; dentes 1 millim. longi. Patria: Africa meridionalis. Specimen unicum, haud dubie ma- sculum, quod hic descripsi, ad Caput Bone Spei a Cel. J. VicTORIN inventum et in spiritu vini asservatum possidet Mus. Holm. 0. fallax x. nigro-fuscus, area interoculari subtiliter rugosa, fusco-testacea, cephalothoracis lateribus sat subtiliter granulosis, segmento ventrali ultimo levi; cauda apice fusco-testacea, seg- mento 5° in margine superiore granuloso; pedibus sub-testaceo- maculatis; palpis obscure testaceo-fuscis, nigro-lineatis, subter clarioribus, manibus latis, supra costis nigris, quarum bine com- pletee sunt, munitis et granulis angulatis nigricantibus sparsis; di- gitis brevioribus; dentibus pectinum circa 11—13. — Long. circa 09 t/a millim. Syn. :? 1838. Opisthophthalmus Capensis C. L. Koca, Die Arachn., IV, p.89, Tab. CXXXIII, fig. 308. Hc species a priori parum differt, vix nisi palpis brevioribus, manibus latis, digitis brevioribus (conf. mensuras, infra) et colore quam solito obscu- riore distinguenda. EÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 239 Cephalothorax longitudine segmenta caudalia 1"®+-2" cum ?/, 3 2equat fere. Manusintus fortiter dilatate, et in toto latere interiore fortiter arcuate sunt; den- tes in margine earum interiore obtusi, granulis similes. Corpus supra nigro-fu- scum, area interoculari fusco-testacea ; cauda versus apicem testaceo-fusca, vesica fusco-testacea, fusco-lineata. Subter corpus nigrum est, venter totus nitidus, segmento ultirmo non versus latera granuloso, costis duabus tenuibus sive lineis elevatis nitidis utrinque instructo. Sternum nigrum, marginibus latera- libus sub-testaceis. Pedes, preesertim cox®, nigri et. paullo testaceo-variati, lobis labialibus pure nigris. Palpi subter fusco-testacei, linea longitudinali nigra in latere inferiore humeri, lineisque duabus nigris in latere inferiore manus; supra paullo obscurius fusco-testacei, costis et granulis nigris eadem forma et distributione, etiam in manibus supra, atque in specie priori: gra- nula in hùmeri latere antico nigro-fusca. Lamina genitales et pectines (quo- rum dentes in unico exemplo a me viso in altero latere 11, in altero 13 sunt) fusco-testacei. Mensure. — Lg. corp. 59 !/,; lg. cephaloth. 10, lat. ej. 8 8/,, lat. front. 6 !/,; dist. oc. dors. a marg. ant. 7, a marg. post. 2 !/,. Cauda 29 !/,: segm. calle; lat. 4;-V lg. 64/,, lat.13 —;. VI lo. 74, (es. 4!/,, acul. sg) lat: 3. —, alt..2:1/;. Palpi.27!/,: hum..lg. 62/;, lat..:2:2;,;. brach.. lg. 6!/,, lat. 3; man. c. dig. 141!/,, man. lg.8 — (amarg. postico lobi paullo plus 8), lat. ej. max. 7 !/,, min. 5 3/,; man. post. lg. 6; dig. mob. 9 #/,; im- mob. 7 !/y. Ped. I 131/,, IL 15 #/,, DI 19, IV 23. Pectinum latera 4 +, 33, 1.1/,; dentes ?/, millim. longi. Patria: Africa meridionalis. Exemplum supra descriptum, in spiritu vini conditum, in Mus. Holm. asservatur, ex Mus. Gode- froyi emptum et nomine “ 0. pilosi C. L. KocH ,, signatum. For- tasse femina est speciei precedentis, 0. macrì N. 0. Anderssonii x. fuscus vel sub-olivaceus, cephalothorace te- staceo-fusco, in margine antico crasse crenulato, in lateribus sat subtiliter granuloso, area interoculari fusco-testacea, segmento ventrali. ultimo levi; cauda et palpis sub-olivaceis vel -testaceis, illius segmento 5° in margine superiore subtilissime granuloso ; Manibus fusco-testaceis, supra costa debili singula instructis, et, magis intus, leviter tantum reticulato-rugosis; dentibus pectinum circa 18.— Long. circa 88 1/s millim. Cephalothorax segmenta caudalia 1%, 2% et 3 conjunctim longitudine fere equans, versus margines laterales minus fortiter declivis, in margine antico 240 T. THORELL, evidenter emarginatus, hoc margine toto, usque ad insertionem pedum li paris, crasse et inaequaliter crenulato; depressio media antica brevis et pro funda, impressio media postica 2eque longa atque lata; sulcus ab ea inter oculos dorsuales ductus ante hos oculos in formam fusi dilatatus, tum rursus angustus, denique furcatus, depressionem anticam ramis furce amplectenti. Area interocularis leevis, nitida, impressione illa sub-fusiformi tamen paullo et subtiliter granulosa; latera cephalothoracis intus sive supra sat subtiliter granulosa, antice paullo crassius, prope marginem posticum vero subtilissime granulosa. Segmenta abdominalia dorsualia levia, nitida, costa media longitudinali evidentissima, segmentum tamen ultimum in lateribus, postice, subtiliter gra- nulosum, ordinibus duobus granulorum utrinque ad marginem posticum ob- soletissimis. Segmenta ventralia omnia levissima, nitida. Cauda sat debilis, apicem versus paullo angustata. Segmenta 1"—4"® supra excavata et loevia, inter carinas dorsuales et laterales subtilissime et debil- lime granulosa, in latere inferiore leevia, ut carine inferiores (segm. 4% ejus- que carine inferiores tamen paullo rugosa); carine dorsuales serie denticu- lorum minutorum instructe, quorum ultimus tamen fortis est, acuminatus, spine similis; carine laterales superiores pane laeves, parum expresse gra- nulose. Segm. 5", latitudine aequali, supra canaliculam ostendit saltem ad 8/, longitudinis segmenti pertinentem; margo superior carina manifesta caret et granulis subtilissimis sparsus est: granula ejusmodi nonnulla locum carma lateralis superioris imperfecta indicant. Carine tres inferiores sua quaeque serie aequali denticulorum sat parvorum munite sunt; interstitia inter eas magis subtiliter granulosa. Vesica satis anguste ovata; aculeus longus, sat leviter et 2equaliter curvatus. Mandibularum digitus mobilis dentes 4 triangulos habet, 2" et 3% reliquis minores et magis acuminatos. Dens basalis digiti immobilis in duos lobos triangulos divisus est, quorum posterior anteriore multo minor est magisque acuminatus; dens alter latus, humilis, oblique triangulus. Palporum humerus series duas densas granulorum cerassoruam obtusorum nigrorum ostendit, latus anticum supra et infra limitantes: hoc latus planum est, rectangulum, granulis paucis crassis nigris secundum medium; Jlatus su- perius supra granulis sat parvis fuscis sparsum, postice serie denticulorum sat crassorum nigrorum limitatum; latus inferius subtiliter fusco-granulosum est, et a latere postico serie abbreviata granulorum sat crassorum obtusorum nigrorum divisum. Brachi latus posticum supra costa nigra forti pene levi” limitatur, infra vero costa debiliore fusca magis ingequali vel granulosa: gra- nulis parvis pallide fuscis rugosum est, que secundum medium. series tres inequales formant. Latus inferius Ievissimum, planum; latus superius granu- lis raris sparsum, que ad maximam partem subtilissima, vix visibilia, sunt: a latere inferiore serie granulorum nigrorum obtusorum satis crassorum di- ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. — 241 : videtur, et in loco crassissimo seriem transversam denticulorum ostendit, quo- rum duo prope marginem inferiorem siti sat fortes sunt, reliqui minuti. Ma- nus intus fortiter dilatata, lobo postico 1 !/, — 2 millim. longo, in medio postice pene truncato; margo interior antice rectus, tum posteriora versus magis magisque arcuatus. Supra manus satis debiliter et equaliter convexa est, atinter costam superiorem et costam illam, qua supra definitur manus aversa, fortiter declivis, quasi secundum longitudinem truncata: supra enim costam unam tantum habet, magis versus marginem exteriorem locatam, que postice e granulis fuscis formata est, antice nigra et continua; extra hanc costam latus superius granulis majoribus et minoribus sat dense spar- sum est, intra eam vero leve, modo obsolete reticulato-rugosum, nitidum; margo interior vitta angusta granulorum acuminatorum sive denticulorum nigrorum et fuscorum munitus. Manus aversa omnino infera; costte due, qui- bus limitatur, fortes sunt, pene aequales, leves, nigra; interstitium inter eas levissimum. Latus manus inferius (intra costam inferiorem manus averse) ad maximam partem — excepto ad basin — granulis sat parvis sparsum, quo- rum nonnulla series duas longitudinales abbreviatas sat inequales formant, excavatione debili et lata sejunctas. Digiti breves et fortes, dentibus 3 (vel 4) crassioribus muniti, 1° et 2° emarginatione duplo breviore separatis quam qua distat 25 a 3°. Pectinum dentes 18. Color. Cephalothorax testaceo-fuscus, in lateribus antice paullo obscurius fuscus, area interoculari paullo clariore. Abdomen nigricans, colorem vire- scentem vel olivaceum sentiens. Latus inferius ante laminas genitales fusco- testaceum; he lamine et pectines clarius testacei; venter sordide olivaceo- fuscus, margine segmentorum postico pallidiore. Cauda testaceo-fusca, sub-oli- vacea, subter versus apicem paullo obscurior; vesica testacea, vittis longitu- dinalibus ordinariis obscuris. Pedes pallide testacei. Mandibula fusco-testacere, digitis pallide ferrugineo-fuscis. Palpi fusco-testacei, latere humeri antico ni. gro-fusco, costis et granulis denticulisque nigris vel nigro-fuscis: granula ta- men in humeri lateribus superiore et inferiore, in brachii lateribus anteriore et posteriore et in manus latere saltem inferiore fundo parum sunt obscu- riora. Digiti nigro-fusci, apice ferrugineo-fusci. Mensure. — Lg. corp. 88 !/,; lg. cephaloth. 16 1/,, lat. ej. 15, lat. front. 10 !/,; dist. oc. dors. a marg. ant. 9 ?/,, a marg. post. 6. Cauda 44 1,5 Segm. I lg. 5, lat. 55/,; V lg. 101/,, lat. 3#/,; VI le. 11 (resti 6: gualculo 48/9; lat. prene 4, alt. 3 !/,. Palpi 49: hum. lg. 12, lat. 9 brachi dg01:14/3) lab. 5 !/; man. c. dig. 24; man. lg. 14 (ab apice lobi postici 15), lat. max. 12 !/,, lat. min. 9!/,; man. post. lg. 11; dig. mob. 15, immob. 10 Lp Peds 125 UGE II 28 1/,, IIl 83 !/,, IV 88. Pectinum latera 8 1/,,6!/,, 3; dentes circa 3/, millim. longi. In exemplo juniore, 50 !/, millim. longo, cauda, ut abdomen supra, ad Vol. XIX, 16 242 T. THORELL, maximam partem olivaceo-fusca est, segmento modo 5° supra sub-testaceo et. 6° flavo; palpi obscurius olivaceo- vel fusco-testacei, manus pallide fusco-te- stace®, digitis paullo obscurioribus. Manus angustiores quam in adulto sunt, intus minus fortiter arcuate, costa lateris superioris debiliori et, ut coste manus averse, colore fundi. Cephalothorax 8 */, millim. longus, cauda 25 1/,. Man. c. dig. 12!/,, man. 7 !/, millim. longa, latitudo ejus max. 5/,, min. 4 millim.; man. aversee lg. 6; dig. mob. 7, immob. 5 millim. longus. Patria: Africa meridionalis. Exempla duo que supra descripsi, a Cel. C. J. ANDERSSON capta et in spiritu vini condita, in Mus, Gothob. asservantur. 0. histrio x. niger, cephalothorace, pedibus et manibus fusco- testaceis, his supra lavibus, non reticulato-rugosisj; cauda seg- mento 5° in margine superiore lavi; dentibus pectinum circa 28, — Long. adulti ignota (exempli junioris 26 millim.). Speciei priori, O. Anderssonù, affinis est haec forma, sed non tantum co- lore alio, et pectinibus longis, angustis, latitudine sequali et dentibus circiter 28 praeditis diversus, verum etiam multis aliis notis (quarum nonnulle tamen ex statu nondum adulto exempli singuli a me visi pendere possint). Cepha- lothorax, segmenta caudalia 1" et 2% cum !/, 35 longitudine 2equans, lavis est, non granulosus, et in margine antico 2equalis, non crenulatus; latus su- perius humeri a latere antico non serie squali granulorum dividitur, sed granulis tantum paucioribus in margine rotundato; brachium costis secun- dum longitudinem lateris posterioris caret, et manus supra levis est, 2equalis, non obsolete reticulato-rugosa; segm. 5" caude in marginibus superioribus rotundatis omni vestigio granulorum caret. In segmentis 4 anterioribus caud®e caringe dorsuales denticulos paucos ad apicem ostendunt; carine laterales leves sunt, ut carin® inferiores medie, que tamen in segmento 4° paullo granulose evadunt. Carine tres inferiores segmenti 5° sua quaque. serie denticulorum evidentium predite sunt; interstitia inter eas granula bina trinave magna acuminata ostendunt. Praterea tota cauda pane lavis est, modo omnium subtilissime coriacea, ut reliquum corporis supra. Vesica sen- sim in aculeum sat crassum transit. Mandibularum digitus mobilis dentes 4 triangulos acuminatos habet, 1% et 3® reliquis multo minores. Dens basalis digiti mobilis fere quadratus, apice late emarginatus, et ita in duos lobos acuminatos divisus, quorum posterior anteriore multo minor est. Manus palporum angusta, in latere interiore parum dilatata, et hic in mar ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 243 gine postice modo arcuata, antice recta, supra satis fortiter transversim con- vexa, digitis brevibus, parum curvatis. Color. Niger, cephalothorace, pedibus et manibus fusco-testaceis, digitis basi fusco-testaceis, versus apicem nigro-fuscis, vesica nigra, olivaceum vel te- staceum colorem sentiens, aculeus rufo-fuscus; subter corpus fusco-testaceum est, segmentum ventrale ultimum tamen et segmenta caude 1%—5" nigra; brachii apex subter modo, ut manus, fusco-testaceus. Proeterea 0. Anderssomi valde similis. Mensure (junioris vel pulli). — Lg. corp. 26, lg. cephaloth. 44‘/,. Cauda Idiota VINo: 3/0, (ves. 2,-aculi13/). Palpi 14 5/3: man.c. dig.7 ‘|; manle4 1), lat.‘e). max. 3%/,, min. 2; man. post. lg. 3!/,; dig. mob. 4, immob. 3 !/, millim. longus. Patria: Caffraria. Specimen singulum corrugatum, evidenter non adultum, a Cel. J. A. WAHLBERG captum possidet Mus. Holm. In spiritu vini asservatum est. Obs. In genere Opisthophthalmo dens ultimus digiti mobilis man- dibularum non multo est elongatus, et cum apice digiti igitur fur- cam evidentem talem ut in Pandino, Palamneao, Opisthacantho, Hormuro, Ischnuro non format. Miephonus et Heterometrus hac in re Opisthophthalmo magis similes sunt, ad quod genus Mia- phonus transitum a Pandino et Palamnao format, ut Opistha- canthus transitum ostendit ab Hormuro et Ischnuro ad Palam- NAUM. Gen. OPISTHACANTHUS (Per.). 0. validus x. niger vel fuscus, vesica ferrugineo-testacea, seg- mentis ventralibus plerumque figura magna testacea, ferro equino sub-simili ornatis; cephalothorace subtilissime granuloso, longi- tudine segmenta duo prima cauda cum dimidio 3" fere equanti; cauda cephalothorace pene 34/3 longiore, supra leviter canali- culata et inermi; brachio antice tuberculo sat humili dentato munito; manus crassa, supra crasse reticulato-rugosa, digito mo- bili manu postica paullo longiore; dentibus pectinum circiter 6.— Long. circa 70 millim. Var P, Capensis, vesica nigricanti, pallido-lineata, brachii la- 244 T. THORELL, tere antico in protuberantiam sat fortem dentiformem producto. Praterea ut in forma principali diximus. Forma princip. — Cephalothorax segmenta caudalia 1% et 2% cum dimidio gii longitudine fere 2equans, antice late et sat profunde emarginatus, lobis fron- talibus apice rotundatis; postice levissime rotundatus, transversim satis con- vexus, a latere visus dorso ad maximam partem recto, modo antice versus mandibulas leviter arcuato-proclivi, tuberculo oculorum dorsualium eminenti ; pone lobos frontales utrinque magis convexus et nitidus, dense et subtilis- sime impresso-punctatus, maculis paucis nitidissimis non punctatis; preterea non tantum «dense et subtiliter impresso-punctatus, verum etiam granulis mi- nutis plus minus dense sparsus et rugosus; impressiones laterales fortes; ab impressione postica triangula, eque circiter lata ac longa, postice levi pro- currit sulcus inter oculos dorsuales ad marginem anticum, ubi furcatus est et aream sub-triangulam minutam antice rotundato-emarginatam includit. Oculi laterales lineam .omnino rectam designant; sub-2quales sunt, spatiis sub-equalibus, oculi diametro paullo majoribus disjuncti; interdum spatium inter oculum medium et posticum paullo majus videtur quam spatium inter anticum et medium. o Segmenta abdominalia dorsualia subtilissime et densissime impresso-pune- tata, sub-rugosa; sex anteriora pone limbum anticum costam mediam longi- tudinalem leviorem, humilem sed evidentissimam, antice latam, posteriora versus angustatam habent, et utrinque apud eam, antice, impressionem obli- quam anteriora versus et foras directam, aliamque transversam ad latus u- trinque, qua definitur costa lata humilis transversa utrinque paullo ante mar- | ginem posticum sita; segmentum ultimum, magis granuloso-rugosum, impres- siones duas longitudinales costam latam parum expressam includentes tantum ostendit. Segmenta ventralia nitidissima, subtilissime impresso-punctata, im- pressionibus binis ordinariis, his impressionibus in segmento ultimo (quod versus apicem evidentius punctatum et sub-rugulosum est, fovea rotundata ad ipsum apicem utrinque) longioribus, posteriora versus appropinquantibus, costis binis levibus humilibus limitatis. ; Cauda sat longa, gracilis, paullo tantum compressa, segm. 1°—5° gradatim longioribus, subtiliter impresso-punctatis, granulis minutis preesertim supra et in lateribus versus apicem sparsis, carinis superioribus omnino carentibus, vestigiis modo, ad basin, carine lateralis superioris; segm. 1"—4® supra sulco, levissimo at distincto exarata, 5" transverse leviter rotundatum, apice pla- num: subter omnia 5 segmenta evidenter carinata sunt, carinis in segmentis duobus anticis levibus, in 4° et 5° expresse granulosis, granulis in segm. 5° acuminatis et que potius dentes vocari possint. Vesica anguste ovata, com- pressa, supra ad longitudinem leviter convexa et sub-sulcata; aculeus non ita brevis, sat fortiter curvatus. ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 245 Palpi non deplanati; humerus tantum supra fere planus, impressione ma- gna parum profunda ad ipsam basin, et granulis parvis, antice paullo majo- ribus, sparsus; latus ejus anticum ineequale eodem fere modo at minus dense et paullo fortius granulosum est, et supra et subter serie granulorum limi- tatum; latus posticum supra ejusmodi serie limitatur, et mox sub ea, versus apicem, seriem alteram abbreviatam habet; latus inferius nitidum versus ba- sin costa forti inaequali, vix vero evidenter granulosa, a latere posteriore li- mitatur. Brachii latus anticum planum, fere leve, nitidissimum, tuberculo humili, dentibus duobus parvis plerumque armato, versus basin, supra, mu- nitum; costa qua hoc latus infra limitatur dentibus parvis armata, costa su- perior ineequalis tantum. Latus supero-posterius convexum, impressione forti curvata prope apicem, costa longitudinali ingequali forti secundum medium, ante hanc costam crasse reticulato-rugosum, pone eam sat crasse granuloso- rugosum, granulis seriem longitudinalem satis distinetam formantibus : costa, qua a latere inferiore sub-plano, nitido, levissime modo reticulato-rugoso li- mitatur, levis est, non granulosa. Manus lata et crassa, in latere interiore fortius, in exteriore levius arcuata, non ad basin oblique truncata, sed hic in- tus lobum latum rotundatum formans; versus latus exterius costam longitu- dinalem fortem ostendit, qua limitatur latus manus exterius a latere supe- riore, cum quo angulum satis obtusum format ; latus superius leviter convexum crasse reticulato-rugosum est, hac reticulatione secundum medium minus forti; margo interior manus crasse granulosus vel sub-dentatus; latus manus exte- rius granulis sat magnis obtusis dense obsitum, parum plus duplo et dimidio longius quam latius in medio. Latus inferius convexum, fere lave, costa crassa humili sub-granulosa, a basi intus oblique ad digitum mobilem ducta: spatium intra hanc costam granulis parvis sat dense obsitum est. Digitus immobilis prope basin rotundato-emarginatus est, acies digiti mobilis lobum rotunda- tum format, qui hac emarginatione excipitur. In junioribus lobus et emar- ginatio parum sunt expressi. Pectinum dentes plerumque 6, interdum 5 vel 7 esse videntur. Pedes omnium subtilissime et densissime punctulati, hic illic granulis mi- nutissimis sparsi; femora saltem 6 anteriora in margine inferiore subtiliter granulosa. Color. Cephalothorax niger, virescentem vel fuscuni colorem sentiens; palpi subter, digitis exceptis, clariores; manus intus ferrugineo-picea; cauda segm. 6" ferrugineum, aculeo apice nigro; pedes nigri quoque, tarsis testaceo- fuscis, subter (postice) cum coxis et laminis genitalibus obscure testaceo-fu- sci, plus minus nigro-maculati. Lobi labiales nigro-picei, pectines fusco-testacei. Abdomen subter nigricans; segmenta ventralia 1"—4" plerumque vittis binis longitudinalibus testaceis antice incurvis et sub-unitis ornata sunt, aream ma- gnam postice apertam, sub-quadratam vel ferro equino similem includentibus; in medio apice quoque plerumque testacea sunt. 246 T. THORELL, Variat pallidior, corpore supra, cauda et palpis nigro- vel ferrugineo-fu- scis, horum costis nigris, corpore subter cum pedibus testaceo-fusco, segmentis ventralibus sub-unicoloribus. Mensurae. — Lg. corp. 70; lg. cephaloth. 11 !/,, lat. 11 */,; lat. front. 7 !/,j; dist. oc. dors. a marg. ant. 5 !/,, a marg. post. 5 !/,. Cauda 37: segm. I lg. Fi +, lat. 31/,; V.lg.8 +, lat. 25/, +, alt. 3; VI 1lg..81/,; lat.224/, all 3 1/,. Palpi 38: hum..1g. 9; lat..41/;; brach. lg. 9.4/,, lat. 4.4/-G man: ce. digi 19 1/,; man. lg. :13, lat. max. 8 1/,, lat. min. 7 1/,, alt. 5.*/,; man:tpostia; 10 $/,; dig. mob. 12; immob.:8. Ped. 1194/0218 325 sl 284 Pectinum latera 4 —, 2 4/,, 2; dentes 1 millim. longi. In exemplis ex CoO: Bon Spi (parvis, non adultis) vesica Mud est, supra fusco-testacea et vittis 4 fusco-testaceis ornata; in his exemplis tuber- culum in latere antico brachii fortius et dentiforme est; corpus cum pedibus supra densissime et subtilissime granulosum, minus evidenter impresso-punc- tatum; cauda granulis minutis densis magis scabra quam in forma principali, cum qua ad colorem ceteraque preterea omnino convenire videtur hac va- rietas, quam Var. Capensem appellavi. Mensura (exempli junioris) Var. 8, Capensis. — Lg. corp. 69; lg. cepha- loth.. 10 4>,-lat. ej. 10. Cauda 31 1/,: segm. Vle. 7, lat. 2 altA26 ona lg. 7, lat. 2%, alt. 34/;,. Palpi: 3415: hum. lg.8, lat! 4; bre ei0n lat. 4 (lat. cum protub. 5 —); man. c. dig. 16 #/,; man. lg. 11, lat. max. 8, min. 6 !/,, alt. 6; man. post. lg. 9; dig. mob. 9 ?/3, immob. 6 !/, millim. Patria: Africa meridionalis. Exempla nonnulla in spiritu vini asservata, ex Mus. Holm. mecum communicata vidi, quorum alia (forme princip.) in Caffraria a Cel. J. A. WaAHLBERG, alia (Var. €) ad Caput Bone Spei a Cel. J. VicrorIN inventa sunt. O. validus haud dubie valde affinis est Ischnuro aspro Per. (Ueb. eine neue Eintheil. d. Skorp., 1. c., p. 513). Z asper in pectinibus 8—9 dentes habet, et emarginatione et lobo basali- bus in digitis palporum caret: saltem nullam eorum mentionem neque in mare neque in femina fecit Cel. PeTERS. 0. Kinbergli n. nigro-fuscus, subter pallidior, abdomine sub- fusco, pedibus obscure fuscis, vesica pallido-lineata; cephalotho- race satis subtiliter granuloso, longitudine segmenta tria anteriora caude conjunctim pene equanti; segmentis abdominalibus postice sub-granulosis; cauda cephalothorace circiter 2 #/4 longiore, su- pra canaliculata et inermi; brachio protuberantia sat forti den- ETUDES SCORPIOLOGIQUES. 247 tiformi antice munito, manu oblonga, supra et subter sat crasse granuloso-rugosa, digito mobili manum posticam longitudine e- quanti; dentibus pectinum circiter 11.— Long. circa 60 millim. Var. £, levicauda, cephalothorace subtilissime granuloso, seg- mentis abdominis postice rugulosis, dentibus pectinum 4—9. Pra- terea ut in diagnosi forme principalis dictum est. Forma princip. — Cephalothorax seque prene longus atque segmenta cauda tria prima conjunetim, antice profunde et late rotundato-emarginatus, lobis frontalibus rotundatis, postice truncatus; transversim satis convexus, a latere visus dorso recto omnino, tuberculo modo oculorum dorsualium eminenti, opacus (maculis tamen nitidis), granulis minoribus sat dense obsitus; impres- sio media postica triangula, laevis, paullo longior quam latior; sulcus sat te- nuis inter oculos ab ea anteriora versus procurrens ad ipsum marginem bre- vissime bifurcatus est, hic non triangulum evidentem sed lunulam potius li- mitans. Oculus lateralis posticus reliquis duobus paullo minor est et ab oculo medio intervallo paullo minore remotus quum quo distat ille ab antico; paullo longius quoque a margine laterali cephalothoracis remotus est oculus posticus quam sunt duo anteriores. Segmenta abdominalia dorsualia 2"—5" subtiliter granuloso-rugosa; pone limbum anticum costam mediam bene expressam levem habent, et utrinque ad eam vestigia fovearum binarum levissimarum, anterioris majoris; versus marginem utrinque foveam magnam sub-transversam parum profundam ostendunt quoque; segmentum ultimum versus latera subtiliter granuloso- rugosum est, elevatione levi, parum distincta, posteriora versus sensim angu- stata secundum medium preaditum. Segmenta ventralia nitida, non rugosa, impressionibus binis longitudinalibus munita, ultimum preeterea fovea magna parum profunda opaca ad apicem utrinque. Cauda non ita gracilis, pilosa, teretiuscula, paullo tantum compressa; seg- menta 1"—5% sensim paullo longiora, supra canaliculata, granulis parvis paucis munita, non vero carinata, carine laterales superiores granulis paucis parvis hic illic tantum indicate; carine inferiores omnes, excepto in segm. 5°, sat evidentes, in segmentis 1° et 2° laves, in 3° et 4° parum eviden- ter granulate, in 5°, ubi parum distincte sunt, denticulate, denticulis series parum ordinatas formantibus. Vesica anguste ovata, compressa; aculeus brevis. Humerus antice rectus, postice leviter arcuatus, supra planus, opacus, gra- nulis omnium minutissimis et, ad basin et ad latera anterius, granulis paucis paullo majoribus- quoque sparsus; subter lavis, nitidus; latus ejus anticum planum, supra et subter serie granulorum parvorum definitum et praterea granulis ad partem minutis ad partem sat magnis sparsum; latus posticum angustum ordinibus quoque granulorum duobus parallelis limitatum. Brachium 248 l°. THORELL, antice in procursum fortem dentiformem apice dentatim productum; latus anticum granulis parvis sparsum, subter et supra serie dentium vel granulo- rum inequalium limitatum; supra et postice satis convexum est brachium, evidenter granuloso-rugosum, presertim postice, impressione forti sub-lunata prope apicem; subter nitidus, obsoletissime sub-reticulato-rugosus. Manus ob- longa, basi oblique suh-truncata, versus digitos paullo angustata, in lateribus leviter et satis aequaliter arcuata, carina longitudinali parum elevata, munita qua latus superius a latere exteriore limitatur, hoc latere cum illo angulum valde obtusum formanti et non adeo ab eo distincto, ut manus prismatica vocari possit; latus superius sub-planum, levissime modo convexum; latus vero exterius et ad longitudinem et transverse convexum, triplo longius quam latius in medio, dense et crasse granulosum; latus superius quoque sat crasse rugoso-granulosum, sed magis nitidum, granulis humilioribus, magis intus se- riem longitudinalem sat evidentem formaptibus; margo manus interior sat crassus, granulis magnis acuminatis scaher. Subter manus nitida est, levissi- me reticulato-rugosa, impressione sat forti sub-cuneata ad basinj series gra- nulorum a basi manus, intus, ad basin digiti mobilis oblique ducta intus a- ream oblongam sub-triangulam, quasi latus interius manus, definit: haec area granulis minutis est sparsa. Acies digitorum vestigia evidentissima dentium 5 ostendit, inter quos subtiliter crenulata est et versus basin digitorum levis- sime sinuata. Puncta ocelliformia 4 rhomboidem in digito immobili supra, versus basin ejus, formant. Pedes antice opaci, omnium subtilissime coriacei, maculis parvis nitidis le- vibus, et granulis minutissimis hic illic sparsi; femora in margine inferiore N - evidenter granulosa. Dentes pectinum 11. Color. Cephalothorax et palpi supra; ut cauda, nigro-fusci, digiti nigri; palpi preeterea subter ad maximam partem ferrugineo-fusci. Abdomen supra sub-luteo-fuscum, subter sordide testaceum: ante laminas genitales corpus subter pallide fuscum est. Pedes antice (supra) picei, postice (subter) palli- dius fusci, apice sub-testacei. Vesica dilutius nigro-fusca, lineis utrinque dua- bus sub-testaceis. Mandibule lute@, apice et digitis nigro-fuscis, his apice sub-ferrugineis. I Mensure. — Lg. corp. 60; lg. cephaloth. 10, lat. ej. 10, lat. front. 6 8/,; dist. I oc. dors. a marg. ant. 4!/,, a marg. post. 4!/,. Cauda 27 !/,: segm. Ilg. 3, | lat.3; V lg. 5%/,, lat: 24-yalt.25,} VI lg. 61/,; lat-2'%4, alt20 28 Baipione I hum. lg. 8-4/,; lat. 3 1/2; brach. lg. 81/,, lat. 4 (anté’ protursumsifenmimee | 5); man. c. dig. 181/,; man. lg. 12, lat. max* 7 1/,, lat. min. 6; man. post. lg. 10‘; ‘dig. mob,-10; ‘immob.': Ped. I 18 1/,, I°21; 242 Meo Pectinum latera 4, 2 8/,, 2 !/3; dentes circa 1 millim. longi. In Mus. Gothob. 4 exempla in spiritu vini condita asservantur, quorum patria ignota est, et quae ad O. Kinbergi prope accedunt, forsitan non nisi ETUDES SCORPIOLOGIQUES. 249 varietas ejus putanda. A forma principali haec varietas, quam nomine Var. b, levicaude, notatam volumus, his rebus differre videtur: 1°. Cephalotho- rax magis subtiliter (oculo arte non adjuto vix visibiliter) granulosus est. 2°. Segmenta abdominalia dorsualia postice subtiliter rugulosa sunt, sed non granuloso-rugosa. 3°. Cauda magis est laevis: omni vestigio carinarum late- ralium superiorum caret, neque in latere inferiore carinas evidentes habet; segm. 5% ne minimum quidem vestigium earum ostendit, et granula parva sine ordine in latere ejus inferiore sparsa sunt. 4°. Segmentum 5" caude paullo longius est quam in forma principali, paullo plus triplo longius quam latius. 5°. Vesica paullo evidentius segmento 5° latior est quam in forma princip. 6°. Dentes pectinum pauciores sunt, in duobus exemplis 4, in tertio 6, in quarto (verisimiliter masculo) 9. 7°. Color obscurior est: cephalothorax, cauda et palpi pene nigri, colorem fuscum vel viridi-ceruleum sentientes, abdomen clarius vel obscurius fuscum vel nigro-fuscum, pedes supra pene nigri, tarsis fuscis; latus inferius fusco-testaceum. In exemplis duobus cauda cephalothorace evidenter plus 2 */, longior est. Praterea omnibus numeris cum forma principali convenire videtur. Mensure Var. B, levicaude (exempli maximi, haud dubie feminei). — Lg. corp. 66; lg. cephaloth. 10 !/,, lat. ej. 10 !/,, lat. front. 7; dist. oc. dors. a marg. ant. 4 ?/,, a marg. post. 5. Cauda 29!/,: seom. I lg. 3 1/,, lat. 31/,; e ea alt 2 VIMg 7, lat 24/0, alt 2/2), Palpi 98: hum. lg. 9, lat. 3 4j,; brach. lg. 9, lat. 4!/, (ante procursum; cum hoc 5 !/,); Dorieidio.;19*/); man. °lg::121/,; lat. max: 7:4/;, ‘min.-65 man. post: le. bigdis*mob: 11, ‘immob. 8: Ped. T17, Il 21, 11 231), IV ‘25:8//. Pecti- num latera 3, 1*/,, 1!/, millim. o ? Lg. corp. 48 !,,, cephaloth. 9 +; cauda 25millim ; palpi 32: man. c. dig. 16 !/,, man. lg. 10 ‘/,, lat. max.7, min. 5 !/,; man. post. lg. 9; dig. mob. 9, immob. 6 !/, millim. i Patria forme princip.: Ins. S. Josephi America (in Sinu Pa- namà maris Pacifici). Exempla duo, verisimiliter feminea, ibi in- venit Cel. Prof. J. H. G. KINBERG, que in spiritu vini condita te- net Mus. Holm. — Patria varietatis £, ut jam dixi, ignota est. Gen. HORMURUS T4uor. H. caudicula (L. KocH) nigro-fuscus, subter pallidior, abdo- mine sub-fusco, pedibus et vesica luteo-fuscis; cephalothorace 250 | T. THORELL, subtilissime granuloso, segmenta tria prima caud®e conjunctim longitudine equanti, cauda cephalothorace circa 2 4/3 longiore, in medio paullo altiore quam latiore, supra canaliculata et iner- mi; brachio antice protuberantia forti dentiformi instructo; manu sub-prismatica, oblonga, supra subtiliter rugosa, digito mobili breviore quam est manus postica; dentibus pectinum 6 vel 7. — Long. 45—60 millim. Syn.:? 1844. Scorpio (Ischnurus) Waigiensis Gerv., Rem. sur. la fam. d. Scorp., loc. cit., pag. 237, PI. XII, figg. 45, 46. 1867. Ischnurus caudicula L. Koca, Beschr. neuer Arachn. u. My- riap., ‘n Verhandl. d. zool.-bot. Ges. in Wien, XVII (1867), p. 237 (65). 1876. Hormurus x Tuor., Onthe Classific. of Scorp., loc. cit., p. 14. Femine descriptionem optimam Cel. L. Kocx® loc. cit. dedit: forma, quam marem ejus esse duco, vix nisi palpis longioribus et digitorum forma alia ab ea differt. Quum in 9 acies digiti mobilis palporum versus basin leviter modo et 2equaliter arcuato-concava sit, et acies digiti immobilis ibidem leviter arcua- to-convexa, in o contra acies digiti mobilis primum, ad ipsam basin, rotun- dato-emarginata est, et tum lobum fortiter rotundatum format: digiti vero immobilis acies lobum rotundatum ad ipsam basin ostendit et mox ante eum emarginationem; quum manus clausa est, digiti inter se aperturam angustam fere -—- formem relinquunt. In Q palpi cephalothorace vix vel non 4:plo longiores sunt, in g1 vero eo 4'/, longiores; humerus in £ pene 2!/, lon- gior est quam latior, in 7 pene 3 !/, longior quam latior; cephalothorax in Q humerum longitudine saltem equat, in g cephalothorax humero bre- vior est, cet. Mensure. — gd. Lg. corp. 47; lg. cephaloth. 7!/,, lat. ej. 7 !/,, lat. front. 41/,; dist. oc. dors. a marg. ant. 3 !/,, a marg. post. 3*/,. Cauda 19!/,: segm. l'lg. 2 +, lat. 3; Vie 4%, lat.1',; Vi Re ea pene 1?/,. Palpi 38: hum. lg. 81/,, lat. 3; brach. lg. 8, lat. 81/, (paullo ante procursum, cum hoc procursu pene 4); man. c. dig. 14*/,; man. lg. 10, lat. max. 44/,, min. 4!/,, alt. max. 3; man. post. lg. 9!/,; dig. mob. 73/,, immob. 5 !/, millim. Q. Lg. corp. 60; Ig. cephaloth.9, lat. ej. 9, lat. front. 5; dist. oc. dors. a marg. ant. 3 */,, a marg. post. 4. Cauda 24: segm. ej. I lg. 21/,, lat. 21/4 segm. V lg. 5 +, lat.11/,; VI lg. 58/,, lat. 1*/,, alt..2. RalpiMioo:-nne lg. 81/,, lat. 3!/,; brach. lg. 8!/,, lat. 3 ?2/, (ante procursum; cum procursu 41/,); man. ci dig. 17; man. lg. pene 12, lat. max; 7 !/,; min. b!/,, mani ETUDES SCORPIOLOGIQUES. 251 post. lg. 10!/,; dig. mob. 8 3/,, immob. 6. Ped. I 15 !j,, II 16 3/,, II 20, IV 21*/,. Pectinum latera 8, 2, 2; dentes circa !/, millim. longi. Patria: Nova Hollandia. Exempla nonnulla siccata, quorum unum masculum est, et duas feminas in spiritu vini asservatas (“ Ischnurus caudicula L. KocH, Brisbane, Mus. Godefr. , signa- tas) ex Museo Holmiensi mecum communicata examinavi. Marem H. caudicule eandem esse formam atque Scorp. (Isch- nurum) Waigiensem GeRrv. certo credidissem, nisi in hac specie manus cum digitis, cum cauda comparata, longior videretur quam in H. caudicula d: in eo enim longitudo manus cum di- gitis ad longitudinem cauda ut 3 ad 4 est, in H. Waigiensi, se- cundum mensuras a Cel. GeRvaIS datas(19 millim., 23 millim.), ut 5 ad 6. Nomen L. KocH igitur praeferre pro tempore satius visum est. | H. Australasia (FABR.) supra pallide fuscus, cauda nigro-fu- sca, in lateribus testaceo-maculata, vesica testacea, palpis fer- rugineo-fuscis, pedibus obscure testaceo-fuscis; cephalothorace subtiliter impresso-punctato, segmenta tria prima caude conjunc- tim longitudine sequanti; cauda cephalothorace circiter 2 4/3 lon- giore, paullo altiore quam latiore, supra non evidenter canali- culata, in apice segmentorum 3" et 4' utrinque dente parvo instructa; brachio antice protuberantia forti dentiformi munito, manu sub-primatica, oblonga, subtiliter rugulosa, digito mobili manu postica multo breviore; dentibus pectinum 5 vel 6.— Long. circa 30 millim. Syn.: 1775. Scorpio Australasie Fasr., Syst. Ent., p. 399. ? 1838. Ischnurus Australasie C. L. Koca, Die Arachn., IV, p. 71, Tab. CXXVIII, fig. 294. Cephalothorax eque longus atque segmenta tria prima cauda conjunctim, antice late sed non profunde emarginatus, fundo emarginationis in medio, quum desuperne inspicitur cephalothorax, sub-recto, vel potius tuberculum parvum formanti; sub-planus, dorso a latere viso supra recto omnino, modo tuberculo oculorum dorsualium eminenti; nitidus, sat dense et subtiliter im- presso-punctatus, impressione postica media triangula levi (non impresso: 252 | T. THORELL, punctata); sulcus medius longitudinalis inter oculos dorsuales (arcubus su- praciliaribus carentes) procurrens antice furcatus, triangulum parvum ad marginem anticum definiens. Ocul laterales multo minores quam oculi dor- suales, ad ipsum marginem cephalothoracis siti, inter se COMA ZO, oculus medius reliquis duobus paullo major videtur. Segmenta abdominalia dorsualia nitida, impresso-punctata, costa media hu- mili sat lata pone limbum latum anticum segmentorum 3'—G6i, et impressio- nibus binis transversis utrinque ad hanc costam munita, anteriore majore sub- procurva, posteriore minore sub-obliqua. Segmenta ventralia nitidissima, im- pressionibus ordinariis binis parallelis; segmentum ultimum subtilissime, at evidentius quam segmenta anteriora impresso-punctatum. Cauda brevis, angusta, leviter compressa; segmenta 2% et 3% prosertim evidenter altiora quam latiora, eque fere longa, paullo longiora quam segm. 1"; segm. 1"—5"® nitida, impresso-punctata, supra non evidenter canalicu- lata, carinis dorsualibus et lateralibus superioribus omnino carentia, segm. tamen 3" et 4" dentibus parvis 1—2 apice utrinque, supra, munita; carine inferiores evidentes: in segm. 1° media earum unum alterumve dentem par- vum versus apicem ostendunt, in segm. 2° ha carine dentibus paucis forti- bus retroversis armata sunt, et carina inferiores laterales quoque denticulat® ; in segm. 8° et 4° carine non evidenter granulose vel dentata sunt, modo paullo ineequales; segm. 5" tres ordines denticulorum sat magnorum subter habet, mediam abbreviatam. Vesica anguste ovata; aculeus brevis. Mandibularum digitus mobilis preeter dentem magnum, qui cum apice fur- cam format, dentibus duobus parvis tantum munitus est. Dens basalis digiti immobilis plerumque bicuspis, interdum triangulus, cuspide unica. Palpi valde deplanati, nitidi, subter sat dense impresso-punctati; humerus antice pene rectus, postice leviter arcuatus, supra planus, impresso-punctatus, impressione longitudinali ad basin antice; latus anticum humeri subtiliter ° punctato-rugosum, grano singulo majore munitum, supra et subter serie densa dentium parvorum limitatum; latus posticum paullo inequale, serie granu- lorum parvorum supra et subter limitatum. Brachium supra levissime con- vexum, impresso-punctatum et sub-rugosum, impressione profunda recurva ad apicem extus, postice leviter arcuato-convexum ; latere antico paullo pone medium in procursum fortem dentiformem, apice dentibus 2 vel 3 instruc- tum producto, supra et subter costa sub-dentata limitato, excepto-ad basin, ubi ha coste leaves sunt; latere postico costa levi inequali vel sub-granu- losa supra et subter limitato. Manus multo longior quam latior, basi oblique truncata, extus et intus ad longitudinem leviter arcuato-rotundata, supra fere plana, subtiliter sed fortius quam reliquum palpi rugulosa et impresso- punctata; latus ejus exterius, quod circiter 4:plo longius est quam. latius, sub-planum (at ad longitudinem arcuatum) et crassius granuloso-rugosum, cum latere superiore angulum fere rectum, parum obtusum format; margi- ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 253 nes ejus superior et inferior serie granulorum densa occupantur, et vestigia carine longitudinalis secundum medium ostendit. Subter manus fere plana est, serie granulorum recta a basi intus oblique ad basin digiti mobilis ducta et latus interius manus limitanti; hoc latus versus digitos sensim paullo dilata- tum est, plus triplo longius quam latius in medio, granuloso-rugosum, margine sat evidenti et granuloso a latere superiore manus distinctum. Digiti breves, leviter incurvi; digitus mobilis magis sub digito immobili quam extra eum positus. Pedes valde compressi, tibiis sub-dilatatis, femoribus subter subtiliter gra- nulosis, tibiis, saltem posterioribus, apice subter paullo granulosis quoque. Color. Cephalothorax et abdomen supra pallide sub-cinereo- vel testaceo-fu- sca, cauda nigro-fusca, in lateribus testaceo-maculata; vesica testacea. Man- dibule dilute, digiti earum saturatius ferrugineo-fusci. Palpi ferrugineo-fusci (humeri latus anticum nigricans), costis marginalibus nigricantibus; manus extus obscurior, subter paullo pallidior quam supra, digitis nigris, apice sub- ferrugineis. Pedes obscure testaceo-fusci, tarsis clarioribus. Corpus subter sor- dide fusco-testaceum, pectines et lamine genitales pallide fusco-testacei. Mensure. — Lg. corp. 30; lg. cephaioth. 41), —, lat. ej. 45, —, lat. front. 2!/, +; dist. oc. dors. a marg. ant. 1*/,, a marg. post. 2!, —. Cauda 10 #/,: segm. I lg. 1!/, —,lat.1, alt.1 +; Vlg. 2, lat. vix 1, alt. 1; Mel=R24/0 (es. 13/;, acul..5/)), lat. .psone 1, alt. vix: 1. Palpi 16: hum. lg. 34, —, lat. 13/,; brach. lg. 3!/,, lat. 2 +4- (cum protuberantia 2 !/,); man. eNdio. 7-5; man. lg. 5.5/,, lat. max..3 4/,, min. 2; man. post. 5 —; dig. Tinbo8oimmob. 24 PediT'7, Il85 DI 10/3, IV 11. Pectinum' latera / 1 1/ . >] 1 1]]1 i i 2061: denites (circa) 1/, millim. longi. Patria: Australia; India orientalis. Sat multa exempla hujus speciei ex insula Tahiti in Mus. Holm. asservanturj duo ibidem adsunt quae “ Ischnurus complanatus C. Koca, Upolu, Mus. Go- defr. , signata sunt; unum, verisimiliter hujus speciei, ex Sin- gapore esse dicitur. Omnia in spiritu vini condita. Species Jam descripta sine omni dubio verus est Scorpio Australasie FABR., “ pectinibus 6 dentatis, manibus levibus. Ha- bitat in insulis Oceani Pacifici. Parvus depressus, supra fu- scus, caude ultimo articulo pallido. Subtus et pedes pallidiores ,. Ischnurus Australasie C. L. KocH verisimiliter eadem est species, quamquam dentes 7 in pectinibus habere dicitur: Cel. GERVAIS ! tamen KocHi speciem a FABRICI diversam esse credit. i H, N. d. Ins. Apt,, III, p. 69. 254 T. THORELL, Hc species simillima est Ischn. complanato C. L. KocH * (cujus tria exempla siccata, in Mus. Holm. asservata vidi), sed differt cephalothorace breviore quam est manus latus posticum et tria segmenta cauda prima conjuncta longitudine equanti, pectinum dentibus quinis senisve tantum, et colore, ut videtur, pallidiore. In Hormuro (Ischn.) complanato (C.L. KocH) color corporis magis nigro-fuscus est, et dentes pectinum 7; cephalothorax lon- gitudine latus manus posticum equat et evidenter longior est quam tria segmenta anteriora caude. Scorpio Australasie HeRBST (1. c., p. 57, Tab. VI, fig. 1) alia species, mihi ignota, est, ad genus Broteam verisimiliter refe- renda. Gen. ISCHNURUS (C. L. Kocg). I. teniurus x. sub-fuscus, cephalothorace in lateribus antice et cauda obscurioribus, palpis sub-ferrugineis, costis, granulis et digitis nigris, corpore subter et pedibus fusco-testaceis; cepha- lothorace antice late sed levissime emarginato, subtilissime co- riaceo, longitudine segmenta 1” et 2" cauda conjunctim non quanti: cauda cephalothorace saltem 3 i/s longiore, segmento 1° latiore quam altiore, segmento 3° 2 4/: longiore quam latiore postice; palpis valde deplanatis, manu pene duplo longiore quam latiore, sub-prismatica, plana, supra ad latera rugosa; digito mobili manu postica breviore, lobo rotundato ad basin munito; denti- bus pectinum circa 15.— Long. circiter 123 ‘/2 millim. Var. {, phylodes, nigro-fuscus totus, trunco, pedibus et palpis subter pallidioribus, testaceo-fuscis, digitis ad maximam partem nigris; cephalothorace segmentum cauda 1” cum dimidio 2° lon- gitudine 2equanti, cauda cephalothorace circiter quadruplo lon- giore, segmento 1°, ut reliquis, fortiter compresso, altiore quam latiore, segmento 3° fere 3‘/. longiore quam latiore postice; manibus supra, ad latera prasertim, subtilissime rugulosa ; den- 1 Die Arachn., IV, p. 73, Tab. CXXVIII, fig. 295. A 4 e EA di È PERE” A ci und e > ETUDES SCORPIOLOGIQUES. 295 tibus pectinum circa 14; preterea ut in forma principali dixi- mus. — Long. circa 113 millim. Forma princip. — Cephalothorax valde deplanatus, antice latissime sed levissime emarginatus, postice leviter rotundatus; impressio ejus media po- stica formam habet sulci brevis, crassi, qui versus apices et medium angu- status est et costa brevi obliqua angusta utrinque ab extremitatibus posticis impressionum lateralium posticarum dividitur; ab impressione media postica sulcus inter arcus.supraciliares (pane leves) oculorum dorsualium ad mar- ginem cephalothoracis anticum ductus est, antice in formam furca divisus; omnium subtilissime (oculo arte non munito vix visibiliter) coriaceus est cephalothorax, versus latera antice et in area oblonga antice acuminata, quae ante oculos dorsuales sita est et ad triangulum frontalem pertinet, paullo crassius, attamen subtilissime, granulosus. Oculi laterales seriem omnino rec- tam ad ipsum marginem cephalothoracis formant, et pene magnitudine - quali sunt, anticus tamen reliquis ‘fortasse paullo minor; spatium inter ocu- los anticum et medium minimum, vix ullum dicendum, inter medium et posticum paullulo majus. Segmenta abdominalia dorsualia nitida, impressionibus parvis punctisque paullo inequalia, elevatione media longitudinali humili sat lata pradita et impressione rotundata ad utrumque latus ejus antice, mox pone limbum la- tum anticum, sita; vestigia impressionis ejusmodi etiam prope marginem po- sticum utrinque ad elevationem illam ostendunt, ut et vestigia impressionis utrinque prope marginem lateralem. Segmentum ultimum elevatione illa et impressionibus majoribus caret; limbus anticus ejus foveas duas parvas ver- sus medium, ad marginem posticum emarginatum, ostendit ; margines seg- menti laterales postice et infra fortiter prominentes sunt. Segmenta ventralia levia, nitida, impressionibus binis longitudinalibus ordinariis; segmentum ul- timum, preter puncta nonnulla impressa rara, ad apicem foveas duas magnas valde profundas habet, antice oblique truncatas, postice rotundatas, inter- vallo disjunetas quod latitudine fovearum vix majus est. Cauda longa, valde compressa et angusta, fortiter pilosa, presertim subter segm. 2% pane dimidio longius quam 1”, parum longius quam 3%; 4" aeque longum ac 5". Segm. 1° segmentis sequentibus non parum latius est, latius quam altius, versus basin angustatum, impressione longitudinali levissima su- pra; segmenta sequentia fortiter compressa, canalicula angusta levi supra; segm. 5" versus apicem sensim paullo latius, segm. 1"—3® (quod reliquis altius est, postice 4 millim. altum) a basi versus apicem sensim paullo al- tiora; sesm. 4” altitudine aequali est, 5" versus apicem paullo humilius; latera canalicule segmentorum 2i—4' in margine superiore (carina dorsuali humili) subtiliter denticulata sunt, dente ultimo reliquis majore; in segm. 5° hi dentes quam in reliquis segmentis paullo majores sunt. Segm. 1" tantum 256 T. THORELL, ad basin vestigia carinarum dorsualium levium habet, sed carine laterales superiores in eo evidentes sunt, pene leeves: he carine vero in segmentis sequentibus desunt, et serie pilorum gracilium modo representantur. In segm. 1° carine 4 inferiores manifeste sunt, pene laeves; etiam in segmentis tri- bus sequentibus visibiles sunt, et granulis munite, que in segm. 2° non pa- rum fortiores sunt quam in duobus sequentibus (carinis inferioribus mediis tamen parum separatis, et ordinibus granulorum earum satis confusis); segm. 5% tres carinas inferiores bene expressas habet, sua quamque serie denticu- lorum sat fortium munitas. In lateribus segm. 1"—5" omnium subtilissime (oculo arte non adjuto non visibiliter) coriacea sunt. Vesica anguste ovata, supra pene plana; aculeus brevis, sat 2aequaliter et fortiter curvatus. Dens basalis digiti immobilis mandibularum bicuspis. Palpi valde pilosi, depressi, supra plani, humero immo supra sub-excavato, brachio contra levissime convexo; latus posticum quum humeri tum brachii angustum, leviter arcuatum, paullo granulosum et a latere inferiore omnium subtilissime coriaceo serie granulorum satis crassorum divisum. Latus anti- cum humeri rectangulum, supra et subter serie densa granulorum erassorum nigrorum limitatum et granulis paucis crassioribus multisque subtilissimis conspersum; latus ejus superius omnium subtilissime granulosum, postice gra- nulis paullo minoribus, quam quibus definitur margo anterior, limitatum; la- tus posticum ad limitem lateris inferioris satis inordinate granulosum. Bra- chium prope basin in protuberantiam fortissimam, latam, anteriora versus arcuatam (saltem 4 millim. latam) productum; est latus brachii anticum sub-planum, et leviter excavatum supra et infra granulis crassis humili- bus limitatur, qua in apice protuberantie illius in dentes duos vel tres acuminatos transeunt; pone protuberantiam haec granula magis confluentia sunt, costam humilem hic illic abruptam formantia. Manus longior, valde depressa, digitis brevibus, et extus et in margine interiore leviter modo arcuato-rotundata, versus digitos paullo angustior; latus ejus superius levis- sime convexum, pene planum est, secundum medium subtilissime granulo- sum, versus latera paullo crassius sed subtiliter reticulato-granulosum, et extus et intus serie densa granulorum limitatum, quae in margine exteriore cras- siora sunt quam in margine interiore rotundato: hic margo infra granulis inequalibus ad partem sat magnis et acuminatis sparsus; latus exterius (ma- nus aversa) angulum pane rectum cum lateribus superiore et inferiore format, et subtilissime granulosum est, saltem 5:plo longius quam latius ad apicem, infra serie ejusmodi granulorum atque supra limitatum. Manus latus inferius subtilissime coriaceum, serie duplici punctorum impressorum ocelliformium ad marginem externum instructum: sulcos duos leevissimos latos secundum medium ostendit, quorum in fundo subtiliter areolato-rugosum est; versus marginem interiorem alium marginem serie denticulorum sat crassorum mu- nitum ostendit: area inter hunc marginem et verum marginem interiorem, Bea Bate EÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 257 que area angulum obtusum cum reliquo latere manus inferiore format et latus manus interius vel anticum appellari posset, versus digitos sensim la- tior evadit, et ibi peene duplo latior est quam ad basin manus, circiter qua- druplo longior quam latior in medio. Digitus mobilis lobum crassum rotun- datum prope basin habet, digitusimmobilis emarginationem pro eo ad ipsam basin; acies preeterea dentibus crassioribus omnino caret, subtilissime modo crenulata. Pedes valde compressi, omnium subtilissime (oculo arte non munito vix manifeste) granulis minutis coriacei; femora omnia in margine inferiore serie duplici denticulorum parvorum munita, tria paria anteriora in latere supe- riore granulosa; tibi® subter paullo et subtiliter granulosa sunt. Pectinum dentes 15. Color. Cephalothorax testaceo-fuscus, versus latera antice nigro-fuscus. Ab- domen fusco-testaceum, cauda nigro-fusca, vesicae lateribus testaceis. Subter truncus, ut pedes, fusco-testaceus est, lobis labialibus nigro-fuscis. Mandi- bulae olivaceo-testace®, digiti earum nigricantes, apice ferrugineo-fusci. Palpi ferrugineo-fusci, latere antico humeri nigricanti et omnibus costis et granulis crassioribus, ut et digitis, nigris, ad partem colorem viridem vel olivaceum sentientibus. Mensure. — Lg. corp. 1283 !/,; lg. cephaloth. 16 8/,, lat. ej. 17, lat. front. 9 /,; lg. trianguli frontalis 2, lat. ej. 1 1/,; dist. oc. dors. a marg. ant. 8, a Inarg. post. 7 !. Cauda 61: segm.I lg. 71/,, lat. 3#/,, alt. 3; Vlg.124/,, lat. (in medio) 2, alt. 3; VI lg. 88/, (ves. 6, acul. 2 +), lat. 8 8),, alt.3.1/,. Palpi 62: hum. lg. 16, lat. 64/,; brach. lg. 14 1/,, lat. max. (cum. protub.) 9, lat. versus apicem 6; man. c. dig. 30 1/,; man. lg. 20 1/,, lat. max. 11, min. 9, alt. 5 +; dig. mob. 15 !/,, immob. 101/,. Ped. I 26, Il 32!/,, II 36 */p, IV 40 !/,. Pectinum latera 7 ?/,, 6!/,, 2'/,, dentes circa ?/, millim. Exemplum aliud (siccatum) vidi, quod specimini Jam descripto simillimum est, sed totum nigro-fuscum, et cauda aliter formata distinctum: segmentum enim cauda 1" valde est compressum (etsi non adeo compressum atque seg- menta sequentia), paullo altius quam latius, et canalicula angusta ejusmodi atque in segmentis sequentibus videmus supra instructum, iis parum latius; segmenta 2" et 3" modo parum altiora sunt postice quam antice; vesica a latere visa supra ad longitudinem leviter concava est, non, ut in forma prin- cipali, leviter convexa, pene recta. — Num alter sexus forme supra ut “ form. prince. ,, descripte est hic scorpio, quem nomine I. teniuri, Var. £, phyl0lodis notavimus ? Mensure Var. B, phyWodis. — Lg. corp. 113; lg. cephaloth. 14 1/,, lat. ej. . 15. Cauda 63: segm. I lg. 91/,, lat. 24/,, dlt. 3: II Jo li lat 20 alt 3*l2, IN lg. 115/,, lat. 2/,, alt. 31/,; IV lg. 13, lat. 2, alt. 21/,; V Io. 12 tla» lat. 2 +, alt. 2!/,; VI lg. 8 (ves. 6, acul. 31/,), lat. 21/,, alt. 3. Palpi 571/,: hum. lg. 14 1/,, lat. o gbrach. (dp. 192; lat. 0° (mox ante Vol. XIX, 17 258 T. THORELL, dentem); man. c. dig. 26 1/,; man. lg. 18, lat. max. 81/,, min. 7; man averse lg. 15; alt. manus 4/,; dig. mob. 14, immob. 10 + millim. Patria forme principalis: Africa meridionalis, ubi exemplum singulum invenit Cel. C. J. AnpeRrsson; hoc exemplum, in spiritu vini conditum, in Mus. Gothob. asservatur. Ibi quoque exem plum siccatum Varietatis £, quod supra adumbravi, depositum est: patriam vero ejus ignoro. I. teniurus noster sine dubio Scorp. (Ischn.) trichiuro GERY. ! valde affinis est, in quo tamen mentio nulla facta est lobi et emarginationis ad basin digitorum palporum;in I. trichiuro pre- terea manus “ sub-cordiforme allongée , esse dicitur, quod vix in nostram speciem quadrat, cujus manus duplo longior est quam latior, modo parum versus digitos angustata, et extus et intus modo leviter arcuato-rotundata. Secundum figuras Cel. GERVAISII cauda in /. trichiuro carinam evidentem secundum medium la- terum habere videtur, qua in /. feniuro non adest; secundum figuras easdem cauda segm. 3" in I trichiuro paullo longius est quam segm. 2", in Z. taeniuro vero hoc segmento paullo brevius est. — I. melampus C. L. KocH ® a forma principali nostre speciei non tantum colore obscuriore differt, sed etiam, ut a Var. phyllode, si fides figure Kocn est habenda, digito mobili palporum manu aversa longiore; cauda ejus tamen eandem for- mam habere videtur atque in I. teniuro, forma principali. I. troglodytes Pet. ® sine dubio alia species est, etsi affinis: femorum latus inferius pane leve habere dicitur (in nostra spe- cie femora et tibie in margine inferiore ordinibus duobus den- ticulorum manifestorum instructa sunt), et pectinum dentes multo crebriores, 18—20 in femina, 22—23 in mare. I. pectinator x. niger vel fuscus, pedibus et corpore subter pallidioribus, vesica pallido-lineata; omnium subtilissime coria- 4 4 Remarques sur la fam. d. Scorp., l.c., p. 237, PI. XII, figg. 52, 53. ? Die Arachn., X, p. 1, Tab. CCCCXXV, fig. 756. ® Ueb. eine neue Eintheil. d. Skorp., l. c., p. 513, EÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 209 ceus, cephalothorace segmenta caude 1" et 2" cum '/s 3% lon- gitudine 2equanti, cauda cephalothorace circiter triplo longiore; manibus duplo longioribus quam latioribus, sub-prismaticis, supra subtiliter areolato-sub-rugosis, digito mobili manum posticam longitudine 2equanti; dentibus pectinum 17—19.— Long. (adul- t1?) saltem circa 37 4/» millim. Cephalothorax, ut totum corpus, depressus, antice late sed non profunde emarginatus, lobis frontalibus late rotundatis, postice leviter rotundatus, le- vis vel (oculo arte adjuto) omnium subtilissime coriaceus; impressio ordi- naria postica media sulcum transversum fortem format, a quo sulcus sat te- nuis anteriora versus inter oculos dorsuales (qui arcus supraciliares sat evi. dentes et leves habent) ad marginem anticum ductus est, hic furcatus et triangulum parvum distinctum amplectens. Ocul laterales seriem rectam de- signant et aquales mihi videntur; posticus eorum paullo longius a medio quam hic ab antico remotus est. Abdomen supra eodem modo ac cephalothorax leave; segmenta dorsualia 2—5® pone limbum anticum costam longitudinalem bene expressam habent, et foveam sat magnam utrinque apud eam antice. Segmenta ventralia levia, sulcis tantum ordinariis binis longis munita, in segmento ultimo abbreviatis et costis humilibus binis limitatis. Cauda sat longa, evidenter compressa, segmento tantum 1° 2eque lato at- que alto, segm. 1°—5° sensim longioribus, eo excepto quod segm. 2% et 3" eeque longa sunt; omnium subtilissime coriacea, supra fortiter sed non late per totam longitudinem canaliculata, carinis dorsualibus manifestis, serie rara granulorum parvorum munitis, quorum apicale in segm. 2° et 3° fortius est, dentem parvum formans; carine laterales superiores modo in segm. 1° sat evidentes, in reliquis serie pilorum tantum indicate; carine inferiores bene express, in segm. 1° leeves pene, in segm. 2° serie dentium retroversorum sat fortium armate, in segm. 3° vix evidenter, in segm. 4° expresse etsi raro granulose, in segm. 5° fortiter et sat dense denticulate. Vesica angu- ste ovata, supra sulco longitudinali notata; aculeus brevis, fortiter curvatus. Dens basalis digiti imraobilis mandibularum bicuspis. Palpi deplanati: humerus antice rectus, postice leviter arcuatus, supra pla- nus, levis vel modo omnium subtilissime coriaceus; latus ejus anticum pla- num, rectangulum, granulis paucis inaequalibus sparsum, supra et subter serie granulorum densa limitatum; latus posticum superius series duas granulorum parallelas ostendit, quarum superior limitem contra latus superius format; costa brevissima sub-granulosa ad ipsam basin internodii limitem minus di- stinetum inter latera posticum et inferius, quod leve est, format. Brachium in latere superiore subtilissime granuloso-rugosum, impressione fortissima cur- 260 T. THORELL, vata ad apicem munitum; latus posticum dense et crasse granuloso-rugosum est, tumlinea levi, denique serie granulorum, qua a latere inferiore limitatur, instructum; latus inferius postice leviter reticulato-rugosum, serie punetorum ocelliformium secundum marginem. Brachii latus anticum granulo uno alte- rove crassiore sparsum est, et supra et infra serie granulorum limitatum, versus basin in protuberantiam fortem dentiformem apice dentatam produc- tum. Manus angusta, supra leviter transversim convexa, intus et extus le- vissime modo arcuata, sub-prismatica ; latus ejus superius, cum Jatere ex- teriore angulum paullo obtusum formans, secundum medium subtilissime, versus margines evidentius areolato-rugulosum est, granulis minutissimis spar- sum, costa forti sub-granulosa a latere exteriore, costa minus forti sed di- stincta et sub-crenulata a latere interiore limitatum, et vestigiis costarum dua- rum longitudinalium parallelarum levissimarum preeditum; latus manus ex- terius 4!/, longius quam latius, sat crasse rugosum, costa distinctissima a latere inferiore divisum, quod ad latus exterius serie duplici punetorum den- sorum ocelliformium notatum'est et carina dense granulosa a latere inte- riore limitatur; latus interius 4—5: plo longius est quam latius in medio, ingequaliter granuloso-rugosum. Digità angusti, acie subtilissime cerenulata; digiti mobilis acies arcuato-concava, immobilis arcuato-convexa est. Femora plus minus dense in margine inferiore et in superiore quoque sub- tiliter granulosa, tibie in margine inferiore subtiliter et rarius granulose. Pectines longi, angusti, dentibus 19. Color. Corpus pene totum nigrum; truncus subter cum pedibus paullo pallidior, cauda nigricans, vesica utrinque lineis duabus sub-testaceis notata, aculeo ferrugineo. Mensure (num adulti?) — Lg. corp. 37 !/,; lg. cephaloth. 6, lat. ej. 6, lat. * front. 4!/,; dist. oc. dors. a marg. ant. 2!/,, a marg. post. 25/,. Cauda 17 1/,: segm. I lg. 21/,, lat. et.alt..11/,; Vlg. 34,, lat i, Glen VI lg. 2%/;, lat. 1 +, alt. 1/,. Palpi 20: hum. lg. 5, lat. 2'/,; brach. lg. 43/,, lat. 2 !/, (cum procursu 3); man. c. dig. 10 +; man. lg. 6 */,, lat. max. 3 +, min. 21!/,, alt. 1!/, +; man. post. lg. 5 3/,; dig. mob. 5 8/,; immob. 4 3/,. Pectinum latera 3, 21/,, ‘/, millim. In exemplo minore, evidenter non adulto, cephalothorax, cauda et palpi, apice ferrugineo digitorum excepto, nigro-fusci sunt, abdomen :‘obscure cine- rascenti-fuscum, pedes nigricanti-testacei, apice pallidiores, corpus subter ob- scure cinereo-testaceum; manus angustiores sunt quam in exemplo majore pene duplo longiores quam latiores, supra paullo magis transversim convex®, costis illis duabus longitudinalibus evidentioribus et, ut reliquis costis, nigris; caude carine minus express®e, segm. 5" tantum subter carinis evidenter den- ticulatis instructum, carine inferiores reliquorum segmentorum laves, non evidenter granulose. Pectines 17 dentes habent. Lg. corp. 24,]g. cephaloth. 35, cauda 11; palpi 15, man. c. dig. 7 !/, millim. longa. ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 261 Patria: Caffraria. Exempla duo supra descripta, in spiritu vini condita etin Mus. Holm. asservata, domum reportavit Cel. J.A. WAHLBERG. Majus eorum tantum ex. fragmentis constat. Obs. In generibus Opisthacantho, Hormuro et Ischnuro (Ischnu- rinis) eosta, que manum aversam a latere manus superiore li- mitat, a basi manus ad latus interius et superius insertionis di- giti mobilis ducta est; in Pandino, Palamneo, Heterometro, Mia- phono, Opisthophthalmo contra limes superior inter manum, aversam et manus latus superius costa formatur, que a basi manus ad latus exferius digiti mobilis est extensa. In Iuro ma- nus in latere exteriore tres costas fortes ostendit, areas duas zeque pene magnas definientes quarum superior (a nobis manus aversa vocata) manum aversam in Ischnurinis representat, in- ferior manum aversam in Pandino, Opisthophthalmo, cet. % Gen. IOCTONUS THOR. ì. manicatus Taor. fuscus, palporum costis nigris, vesica fu- sco-testaceo-lineata, pedibus apice late flavo-testaceis; cephalo- thorace subtilissime granuloso, segmenta duo prima cauda con- Junctim longitudine paullo superanti; cauda cephalothorace qua- druplo longiore, segmentis anterioribus desuper visis in lateri- bus leviter rotundatis; dentibus pectinum circiter 13.— Long. circa 54 millim. Syn.: 1876. Ioctonus manicatus Tror., On the Classif. of Scorp. 1. c., p. 14. Cephalothorax longitudine segmenta caude 1" et 2% conjunctim paullo superans, in medio marginis antici sat profunde emarginatus, fundo emargi- . nationis potius recto, vix rotundato, lobis frontalibus antice leviter rotun- datis, sub-depressis, postice fere truncatus, levissime modo rotundatus; mox pone lobos frontales utrinque convexus, nitidus, fere leevis, praterea subti- lissime granulosus, relictis hic illic maculis levibus, nitidis; impressionibus lateralibus posticis valde profundis, media postica profunda quoque, triangula; que fere longa ac lata: ab ea anteriora versus procurrit sulcus inter oculos dorsuales usque ad marginem frontalem, hic in triangulum minutum planum dilatatus; ante tuberculum oculorum dorsualium hoc sulco persectum, quod 262 T. THORELL; levissimum est et parum altum, impressionem mediam sat latam sed le: vem ostendit cephalothorax. Oculî dorsuales spatio oculi diametro majore disjuneti. Oculi laterales duo spatio diametrum posterioris oculi (minoris) sal- tem eequanti inter se remoti, a margine cephalothoracis spatio oculi diame- trum xaequanti distantes quoque. Segmenta abdominalia dorsualia 2—6% fere leevia, costa angustissima lon- gitudinali secundum medium, foveis binis minus evidentibus ad latera ejus, et vestigiis coste late humillime transverse utrinque, magis postice munita. Segm. 7% magis ineequale, postice et versus latera subtilissime et inequaliter granulo- sum, costa media latiore sub-levi, binisque costis bene expressis subtiliter granulosis utrinque. Segmenta ventralia nitidissima, leevia, impressionibus tan- tum binis ordinariis longitudinalibus, punctisque paucis impressis piliferis preedita; spiracula parva, oblonga. | Cauda a bai posteriora versus paullulo angustata, latior quam altior, seg- mentis anterioribus gradatim paullo longioribus, 1° transverso, 2° aeque lon- go ac lato; desuperne visa segmenta anteriora in lateribus leviter rotundata sunt, segm. 1v—4® supra late et leviter excavato-canaliculata, segm. 5" vero pianam. Nitida est cauda, peene laevis, preesertim in lateribus hic illic granulis minutis sparsa; carine omnes in segmentis 1° —4° distinctissima, carine dor- suales denticulata, dente ultimo reliquis paullo majore, sed non spinam for- manti. Margo superius in segm. 5° minus evidenter carinatus, subtiliter gra- nulosus. Carine laterales superiores evidenter granulos® ; inter carinas laterales superiorem et inferiorem carina obliqua granulosa in segm. 1° adest, cujus ve- stigia quoque ostendunt segm. 2" et 3" ad apicem. Carina inferiores optime expresse, in segm. 1° et 2° laeves, in 3° parum, in 4° distincte crenulata; in segm. 5° dentate sunt, dentibus carinarum lateralium versus apicem seg- menti crassis et inequalibus, serie dentium media apice postico furcata. Vesica breviter ovata, et proesertim in lateribus, versus basin, granulis parvis sparsa ; aculeus longus (2 !/, millim.), modice curvatus. Mandibularum digitus mobilis serie singula dentium 4 (3° parvo), digitus immobilis quoque singula serie, dentium 2, basali bifido, instructus. Palpi non depressi; humerus supra sub-convexus, granulis parvis sparsus et serie granulorum majorum antice et postice limitatus; latus ejus anticum subtilissime granulosum est, preterea granulis paucis majoribus sparsum et infra versus basin serie granulorum abbreviata instructum; infra hanc seriem, ma- gis in latere inferiore (a quo latus anticum non bene limitatum est) granula nonnulla seriem parum ordinatam formant. Brachium altius quam latius; latus ejus anticum planum est, nitidum, costa paullo inequali supra et infra limi- tatum, tuberculo humili tantum, dente parvo munito, versus basin supra instruc- tum; latus supero-posterius transverse et longitudinaliter convexum nitidum punc- tis ocelliformibus sat multis impressis sparsum ; in latere inferiore, ad marginem exteriorem, circiter 8 ejusmodi puncta seriem abruptam formant. Manus lata SARESTE E IS A a ETUDES SCORPIOLOGIQUES. 265 et crassa, nitida, leevis vel potius subtilissime areolata, extus leviter, intus fortiter arcuata, ad basin digitorum sat fortiter et abruptius angustata; latus ejus exterius transversim convexum est, elevatione longitudinali media sive costa obtusissima instructum, et supra et infra costa levi distinctissima li- mitatum, quarum superior secundum totum digitum mobilem continuatur; punctis impressis, inter ea nonnullis ocelliformibus, sparsum est hoc latus. Latus ma- nus superius cum exteriore latere angulum obtusum format, et costa media obtusa humili longitudinali munitum est; in margine interiore crasso manus granulis sat parvis in seriem fere ordinatis est instructa. Subter manus secun- dum marginem (costam) exteriorem seriem punctorum ocelliformium habet, ma- gis intus (at paullo extra medium) costam longitudinalem obtusam ostendit, tum, in medio ad basin, impressionem vel sulcum latum antice abbreviatum. Digiti breves, leviter curvati, acie nec' sinuata nec dentata, granulis parvis nigris densissimis (non in seriem singulam ordinatis) sat late et 2equaliter vestita; digitus immobilis duas series punctorum ocelliformium ostendit, exteriorem 4, interiorem 2 (3) punctorum. Pedes sat graciles, femoribus, ut tibiis anterioribus, in margine inferiore granulosis. Sternum duplo fere longius quam latius, latitudine lobos labiales 2° paris conjunctim equans, margine postico leviter recurvo (sub-emarginato). Lamine genitales magne conjunctim aream semi-circulatam fere, antice leviter modo rotundatam formant. Pectinum dentes 13. Color. Truncus supra dilute nigro-fuscus, cephalothorace saturatiore; palpi et cauda ferrugineo-fusci, illi costis granulisque nigris, hujus vesica sulco u- trinque, superius, lineisque duabus, infra, fusco-testaceis ornata, aculeo apice late nigro. Mandibule fusco-testacee, nigro-maculate. Pedes fusci, tarsorum articulis trinis omnibus fiavo-testaceis. Truncus subter pallidius fuscus, lami- nis genitalibus et pectinibus pallide testaceis. Mensura. — Lg. corp. 54; lg. cephaloth. 6 1/,, lat. ej. 6 3/,, lat. front. 41/, - dist. oc. dors. a marg. ant. 3, a marg. post. 3. Cauda 26 1 seg Lig. SR A en e ont beat 20; alt 2 VI le. 5°), lat. 2/,, alal e200 hu er A lata, alt. 25; brach. le. 51/,, lat. 21|;, alt. 2°/,; man. c. dig. 101/,; man. lg. 6 ?/,, lat. max. 5, min. 4, alt. manus 3 !/,; man. post. lg. 5.1/,, lat. 3; dig. mob. 6, immob. 4!/,. Ped. I e St AO SIVA183/Bectinum ‘latera, 3 !/, 8, 1%, dentes circa */, millim. longi. Patria: Nova Hollandia. Duo exempla possideo, a Cel. Prof, R. LeuckART dono mihi data. 264 T. THORELL, I. orthurus x. fusco-testaceus, costis palporum et digitis fer- rugineis, vesica pallidiore, cephalothorace subtiliter coriaceo, gra- nulis minutis sparso, cauda segmenta duo prima conjuncta longi- tudine non equanti; cauda cephalothorace quadruplo longiore, segmentis 1°—5° desuper visis in lateribus rectis; dentibus pec- tinum circa 14. — Long. circiter 75 millim. Cephalothorax paullo brevior quam segmenta caudalia 1” et 2% conjunctim, transversim sat fortiter convexum, in margine antico profunde emarginatus, fundo emarginationis rotundato, lobis frontalibus antice leviter rotundatis, supra impressis; postice truncatus, angulis rotundatis, limbo lato anterius an- gustiore et marginem reflexum formanti in lateribus circumdatus; subtiliter coriaceus, granulis minutis inaqualibus sparsus. Impressiones posteriores for- tes, media eorum triangula, longior quam latior, antice sulco forti continuata inter oculos dorsuales ad marginem anticum cephalothoracis procurrenti et hic in formam fere trianguli dilatato; tuberculum oculorum dorsualium hoc sulco persectum, longius, duos arcus supraciliares parallelos laeves formans. Oculi dorsuales sat parvi, spatio diametro sua saltem triplo majore disjuncti. Oculi duo laterales parvi, sub-requales, spatio diametrum suam fere aequanti sejuncti, spatio hoc diametro majore a margine cephalothoracis remoti. Segmenta abdominalia dorsualia subtiliter coriacea; segm. 2"—6" costa media angusta humili longitudinali evidenti munita, impressionibusque binis levibus apud eam; segm. 7" elevationem mediam latam humilem et abbre- viatam antice habet, utrinque vero costas duas bene expressas angustas sub- granulosas. Segmenta ventralia levia, nitida; ultimum costam angustam optime expressam utrinque ostendit. Cauda longa, angustior, a basi versus apicem paullulo tantum angustata, Segmentis in lateribus rectis (non, desuperne visis, rotundatis), segm. 1°—5° elongatis, supra canaliculato-excavatis; segm. 1"—4" posteriora versus al- tiora sunt, carinis omnibus bene expressis, dorsualibus leviter modo crenula- tis et apice in dentem fortem sive spinam desinentibus, carinis lateralibus su- perioribus quoque leviter crenulatis; in segm. 1° carina obliqua sub-inequalis inter carinas laterales superiorem et inferiorem adest; carine inferiores in segm. 1°—3° leves, in segm. 4° leviter crenulate ; carine dorsuales et laterales supe- riores in segm. 5° quoque subtiliter crenulat®, inferiores tres vero in hoc seg- mento serie denticulorum crassorum ineequalium armate, serie media apice furcata. Vesica ovata, duplo fere longior quam latior, subter versus basin subtilissime granulosa, desuper visa fere triangula, lateribus rotundatis, supra fere plana, impressione sat forti ad basin; aculeus sat longus (fere 3 millim.), minus fortiter curvatus. ETUDES SCORPIOLOGIQUES. 265 Mandibularum digitus mobilis seriem dentium 4 (preter apicem) habet, digitus immobilis duos dentes, basalem bifidum. Palpi non valde deplanati; humerus tamen supra planus, immo versus ba- sin paullo concavus, antice posticeque levissime arcuatus; latus ejus superius granulis minutis paucisque majoribus (his ad margines) sparsum est, serie granulorum minus equali antice et postice limitatum. Brach latus superius sub-planum, costa levi parum expressa a latere posteriore ineequali sub-limi- tatum, antice non costa singula continua, sed costis duabus abbreviatis gra- nulosis limitatum, costa basali initium paullo ante finem coste apicalis ca- pienti; latus anticum brachii versus basin, prope marginem superiorem, tu- berculum conicum dente parvo auctum ostendit, latus posticum infra costa tenui antice abbreviata limitatum est; subter ad marginem posticum seriem punctorum majorum ocelliformium ostendit brachium. Manus crassa, lata, extus modice, intus fortius arcuata, versus digitos sat fortiter angustata, levi, subtilissime modo areolata, latere exteriore supra et subter costa forti fere leevi limitato, secundum medium in costam valde obtusam et humilem elevato; latus superius manus parum convexum, costa humili levi longitudi- nali secundum medium, paullo magis intus, ducta; margo manus interior granuloso-rugosus. Subter costa valde obtusa a basi manus paullo oblique ad digitum mobilem ducta manum inferiorem in duas partes aeque pene latas dividit, exteriorem (latus manus inferius) versus apicem paullo angustatam, secundum marginem exteriorem serie punctorum ocelliformium notatam, in- teriorem impressione ad basin extus et tum costa longitudinali obtusa abbre- viata parum distincta munitam. Digiti sat fortiter incurvi, acie granulis mi- nutis densis vittam (non seriem singulam) formantibus vestita. Femora in margine inferiore secundum totam longitudinem serie duplici granulorum instructa, in margine superiore quoque basin versus sub-granu- losa. Tibia anteriores quoque in apice marginis inferioris sub-granulos®e. Sternum non magnum, multo latius quam longius, suleo medio longitudi- nali forti, margine postico leviter recurvo; lamine genitales conjunetim fi- guram postice fortiter rotundatam, fere semi-circulatam, antice tamen non rectam sed leviter rotundatam formant. i Pectines (in exemplo a me viso mutilato) 14 dentes habent, nec plures habuisse videntur. Color. Totum corpus pallide fusco-testaceum, vesica flavescenti, costis ple- risque palporum, preesertim manuum, cum digitis pallide ferrugineis. Mensure. — Lg. corp. 75; lg. cephaloth. 11, lat. ej. 11, lat. front. 6 #/,; dist. oc. dors. a marg. ant. 5, a marg. post. 5. Cauda 44: segm. I lg. 5, lat. Ae io.) lat 80, ae lat. 84/3 IV lo. #1/,,1at.8; V.lg..9:3/,; lat. 3, alt. 2.5/;; VI le. 8, lat. 3.1/,;. alt. 8. Palpi 89: hum. lg. 8 1/5, lat. 3 ?/,; brach. lg. 9, lat. 41/,; man. c. dig. 19; man.lg. 111/,, lat. «max. 7 */,, min. 6; man. post. lg. 10, lat. 4 4; alt. manus 5*/,j dig. mob. 11, immob. 8 !/,. Pectinum latera 5 +, 4 1/,, 2‘/,; dentes */, millim. longi. 266 T. THORELÎ, Patria ignota. Exemplum singulum siccatum cognovi, in Mus. Holm. asservatum. Genus Ioctonus differt ab Euscorpio, cui sat simile est, ce- phalothorace antice sat profunde emarginato, oculis dorsualibus in medio cephalothoracis positis, tuberculo oculorum dorsualium sulco persecto, acie digitorum palporum vitta granulorum ve- stita. In Euscorpio cephalothorax antice vix vel non emargina- tus est, tuberculum oculorum dorsualium longe ante medium ce- phalothoracis situm et n0n sulco medio persectum; acies digito- rum granulis crenulata est, qua seriem singulam formant, et pra- terea hac series et intus et extus serie dentium parvorum suf- fulta est (Loctonus caudam fortiorem quam Euscorpius habet et manus crassiores). Gen. Broteas Ioctono magis affine est; sed in illo oculi dorsuales longe ante medium cephalothoracis siti sunt, tuberculum eorum sulco non est persectum, et manus latus exterius cum superiore latere angulum acutum format, parti inferiori la- teris exterioris in /octono et Euscorpio tantum respondens. Gen. CHACTAS (GERV.). Ch. lepturus N. piceus, cephalothorace et palpis nigro-piceis, pedibus et vesica testaceo-fuscis; cephalothorace nitido, versus latera subtiliter granuloso, segmenta caude 1°—3" conjuncta longitudine pene aequanti; cauda gracili, cephalothorace pene triplo et dimidio longiore, segmentis anterioribus subter leevibus, modo carina singula evidenti in lateribus munitis, segm. 2° ®- que longo atque lato, 5° plus duplo et dimidio longiore quam latiore, humerum latitudine non equanti; palpis fortibus, cras- sis, cephalothorace circiter triplo et dimidio longioribus, digito * mobili manum posticam longitudine fere 2equanti; dentibus pec- tinum circa 5 vel 6.— Long. circiter 42 millim. Femina. — Cephalothorax transversim fortiter convexus, in medio margine antico evidentissime, sed nec late nec profunde emarginatus, lohis frontalibus latis, modo leviter rotundatis, sub-granulosis; in medio margine postico levi: ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 267 ter retusus; nitidus, in lateribus subtilissime granulosus, impressionibus multis ineequalis : a tuberculo oculorum dorsualium humili sub-ovato antice posti- ceque acuminato et utrinque impressione vel sulco incurvo limitato sulcus profundus ad marginem anticum ductus est aliusque ad lineam impressam in medio leviter angulatam que ad ipsum marginem posticum cephalotho- racis adest; in lateribus anterius impressio magna parum profunda conspi- citur, qua versus tuberculum oculorum dorsualium continuata est ibique angustata; pone oculum lateralem posteriorem alia adest impressio multo minor sed profundior; in lateribus posterius impressionem ‘profundam obli- quam habet cephalothorax, que strias 2 vel 3 sub-radiantes loves in fundo ostendit, et intus biramis est: hi rami tubera duo rotundata levia, que sulco medio inter se separata et postice linea illa impressa sub-angulata definita sunt, extus amplectuntur. Oculi dorsuales spatio diametro sua sal- tem 2equanti disjuncti. Oculi bini laterales oculos dorsuales magnitudine e- quant fere; spatio inter se remoti sunt quod diametro oculi paullo est ma- jor; anterior eorum prope marginem anticum cephalothoracis positus est et prospiciens, axis alterius extus et paullo retro dirigitur. Segmenta abdominalia dorsualia 1?—6" leevia, nitida, impressione geminata levissima in medio ad marginem anticum munita, hic illic subtilissime modo co- riacea, vix granulosa. Segm. 7° magis inequale est, versus apicem granulosum et tuberculis obtusis vel potius costis transversis duabus parum altis munitum. Segmenta ventralia levia, nitida, impressionibus binis ordinariis oblongis, ultimum impressione levi subtilissime coriacea ad marginem utrinque, poste- rius, praditum; spiracula ovata. Cauda gracilis, basi paullo crassior, nitida, pene leevis. Segm. 1"—32 su» pra ad longitudinem levissime excavato-sulcata, hoc sulco utrinque costa lata humili rotundata ad apicem posticum sub-granulosa limitato, subter leevis- sima et nitidissima, carinis carentia; segm. 4" supra pane planum, leviter secundum medium sulcatum, serie longitudinali granulorum utrinque; subter carinis obsoletissimis levibus 4 munitum. In lateribus segm. li—4i, superius, carina evidentissima apice plus minus abbreviata adest, cujus vestigia etiam ad basin segm. 5i conspiciuntur. Segm. 5" a latere visum infra parum ar- cuatum, supra modo versus basin sat fortiter arcuatum, preterea vero rec- tum, desuperne visum versus basin parum latius quam apice, supra ad basin mode leviter sulcatum, tum planum, nitidissimum, utrinque in margine sub: rotundato subtiliter granulosum; subter ordinibus 3 longitudinalibus granulo- rum vel denticulorum instructum. Vesica fere ovata, depressa, supra plana et ad basin sub-impressa; nitidissima, omnium subtilissime coriacea, sulcis duobus longitudinalibus levibus subter. Mandibule nitide, ad ipsum apicem ingequales et fovea magna munite ; digitus mobilis in margine superiore 5 dentes ostendit, 5% longiorem et cur- vatum, cum apice digiti furcam quasi formantem; duo ei proximi reliquis 268 T. THORELL, dentibus multo minores sunt. Dens posterior digiti immobilis in duas lacinias triangulas fissus, dens anterior triangulus. Palpi sat fortes, non depressi. Humerus in lateribus superiore et anteriore fere planus, subtiliter granulosus, his lateribus rectum angulum inter se for- mantibus et marginibus tribus denticulatis limitatis; latus anterius preterea seriem denticulorum longitudinalem sub-obliquam paullo magis infra osten- dit. Brachium in latere anteriore sub-plano et nitido utrinque ad basin dentes binos (vel singulum) fortiores habet; supra et subter hoc latus serie denti- culorum limitatur. Supra et postice brachium teretiusculum est, nitidum et paullo ingequale sed parum granulosum; latus posticum, quod non a latere superiore costa evidenti dividitur (vestigiis modo coste ejusmodi versus api- cem et basin internodii) paullo magis ineequale est, costa longitudinali ine- quali secundum medium munitum aliaque costa inaequali a latere inferiore limitatum; latus inferius ad marginem posticum seriem foveolarum vel punc- torum impressorum ocelliformium 5 habet. Manus crassa, nitida, supra con- vexa, crasse granuloso-rugosa, costis 3 (prater costam apice abbreviatam qua manus aversa supra definitur), quarum prima (exterior) brevissima est, modo ad basin manus expressa, secunda paullo longior, tertia — quo manus latus interius definitur — valde obtusa, completa. Latus manus exterius sive manus aversa cum latere manus superiore angulum paullo obtusum format et secundum longitudinem costam fortem humilem postice paullo abbrevia- tam habet; supra et subter costa definitum est, qua ut coste priores basi inequalis est vel crasse sub-granulosa. Latus manus interius apice vix an- gustius quam basi, minus dense sed crasse granuloso-sub-rugosum, impressione basali sat profunda; latus inferius, quod granulis paucioribus sparsum et sub- rugosum est punctisque impressis sparsum, costam longitudinalem sub-obli- quam valde obtusam et humilem habet, et secundum marginem exteriorem seriem inequalem foveolarum ocelliformium circiter 4 ostendit (4* in ipso margine sita), que foveole tamen minus bene expresste sunt, aliasque tres ad apicem intus. Digiti robusti, leviter interiora versus curvati, acie recta, dentibus 7 majoribus armata et inter eas subtiliter crenulata. Pedes nitidi, femoribus, presertim 3% paris, et tibiis in margine inferiore granulis nonnullis sparsis. Sternum paullo latius quam longius, basi eque latum atque lobi labiales pedum 2' paris conjunctim. Pectines brevissimi; lamelle eorum inter se coalite, parum distineta ; dentes in exemplo singulo a me viso in altero pectine 5, in altero 6. Color. Cephalothorax et palpi piceo-nigri; abdomen supra obscure fuscum; cauda picea, vesica obscure testaceo-fusca excepta. Mandibule obscure te- stacex, apice cum digitis picer. Pedes obscure testaceo-fusci. Subter corpus ante sternum piceum est, segmenta abdominis ventralia testaceo-fusca. Oculi sub-cinerei. ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES. 269 "4 Mensure. -- Lg. corp. 42; lg. cephaloth. 6 1/,, lat. ej. 5; dist. oc. dors. a marg. ant. 2 -+, a marg. post. 4. Cauda 211/,: segm. I Ig. 2, lat. 2 8/,; II e, at.21) —;. II lg.,2.5/, ;dat.42:5/,p DV lg.:3,-lat.2; V lo: 54; lat. 2; VI lg. 5/, (ves. 31/,, acul. 2 +), lat. 21/,, alt. 13/,. Palpi 221/,: dune 5, lat. 25/,:.brach..1g.:5.1/,,, lat.-2/;;man.»c. «dig, 114/;; man. Jesginiat. max. 4!/,, min. 3.1/,, alt.,8.1/.; man..post../6. =; ‘dig; mob. 6, Wspinob: £‘'/.. Ped. I 11, Il 12 1/;,, II 144} ,.IV, 17,1), Pectinum lg. 2, lat. 1/,, dentes vix 1 millim. longi. Patria: Columbia Americe merid. Unicum exemplum femi- neum vidi, in spiritu vini conditum, quod ex Mus. Holm. obtinui. Hc species haud dubie S. (Chact.) Fuchsii BERTA. ! valde af- finis est, sed verisimiliter diversa, quum Ch. Fuchst ex. gr. ce- phalothoracem totum leevissimum, non granulosum, 9 dentes in pectinibus (et in * et in Y) et oculos rufos habere dicatur; qua in nostram speciem non quadrant. Gen. Chactas (GERV.), NoB. ad Broteam propius quam ad Eu- scorpium accedit, ab eo sterno lobos labiales 2° paris latitudine equanti et cauda laviore et graciliore distinctum, ab hoc vero cephalothoracis margine antico non parum profunde emarginato palpisque crassis, supra non deplanatis. ! Ueb. drei neue Skorpionenarten Neu-Granadas, 1. c., p. 60. 270 T. THORELL, INDEX. Pag. . Acanthochirus testudinarius 178, 180 ANDROCTONINI. 82, 103 ANDROCTONOIDZA 82, 103 Androctonus (HEeMPR. et EER.) . 82 funestus HEMPR. et EHR.. 107 Iros C. L. KocH 107 Pandarus L. KocH . 165 variegatus GuER. 118 villosus PET. 103 Atreus De Geeri GERV. . 167 Edwardsii GrRv. 167 Gervaisii BERTH. : obscurus GERY. Lo, 107 Bothriurus (PET.) . 83, 168 d’Orbignyi (GuER.) . 3 170 » sVar. obfuscatus N. . az vittatus (GuéR.). . 78, , 169, 173 » s Var. rugosus N. 168 Broteas (C. L. KocE). 85 Herbstii THOR. 163 Brotheas Bonariensis C. L. KocH 169 erythrodactylus C. L. KocH 169 maurus C. L. Kocg, cet. 163 Buthus (LEACH). x 82, 103 Bengalensis C. L. Lu ; 220 brevimanus Ne: ; 110 » ,Var. (?) segnis N. 110 Cesar C. L. a 202, 205 conspersus N. 3 115 costimanus C. L. UL 21,220 craturus THOR. : 103 cyaneus C. L. Kocg 208, 209 Dorie N. - s 107 Europaus (LINN.) 165 granulatus C. L. KocH 1983 Hedenborgii N. 113 hirsutus WooD 190 Hottentotta (FABR.). 165 imperator C. L. KocH 204 Judaicus Sim. . 115 longimanus C. L. Kocg megacephalus C.L. KocH 204, 209, 210 punctipalpis Woop reticulatus C. L. KocH variegatus (GUÉR.) villosus (PET.). » ,Var. dilutus N. Chactas (Gut dix Fuchsii BERTH. lepturus N. maurus GERV. CENTRURINI . ca 166 | Centrurus (HEMPR. et EER.) Bertholdii N biaculeatus (Luc.), (GeRv.) x De Geeri (GERV.) elegans N. : granosus N. » ,Var. son N. insulanus N. margaritatus GERV. nitidus N. olivaceus N. tenuis N. e e testaceus (DE cal Cercophonius (PET.) brachycentrus N. Pag. pa =. 209 82, 166, 155, 83, » , Var.( (A)bivittatus N. squama (Cai \ RERS Dacurus PET. Diplocentrus PET. Euscorpius THOR. Carpathicus (LINN.) flavicaudis (DE GEER) Italicus (HERBST) Hadrurus THOR. hirsutus WooDp maculatus N. Hemiscorpius PET. Heterometrus RAI et EHR.) . afer Sim. megacephalus SIm. 214 186 118 164, 210, 211, 214 ÉTUDES SCORPIOLOGIQUES, Pag. palmatus HEMPR. et EnR. 219,160 Roeseli Srm. 203, 209 spinifer HEMPR. et mi - 221 Swammerdami Sim. 201 Hormurus THOR. 85, 249 Australasia (FABR.) 251 caudicula (L. KocH) 249 complanatus (0. L. KocH) 5 204 Ioctonus THOR. Soy dol manicatus THor. 261 orthurus N. ; 264 Ischnurus (0. L. Kia). 859, 254 asper PET. 5 Sii240. Australasie C. L. Lu 251, 253 caudicula L. KocH . 250 complanatus C. L. KocH 254 melampus C. L. KocH 253 pectinator N. 258 teniurus N. 294 » sVar. aan N. 254 dura GERV. ; 258 troglodytes PET. " 258 Waigiensis GERV. 290, 251 Isometrus (HEMPR. et En.) 83, 129 Americanus (LINN.). .-. 165, 166 Antillanus N. 3 3 134 armillatus (GERV.) . 73 urassimamus Ni. i... 129 filum HEMPR. et EHR. 166 fuscus N. 140 gracilis N. È DUI 139 maculatus (DE Gre). 19 166, 168 stigmurus N. O nt 132 variatus N. ; 186 IURINI 84, 193 Iurus THoR. n 84, 193 granulatus (C. L. i) 5 È 193 Lepreus THOR. 82, 118 pilosus THoR. 118 vittatus N. RAI Lychas melanodactylus C.L. KocH . . 123 Miephonus Tror. 84, 222 Wahlbergii THOR. .. 222 Opisthacanthus (PET.) 84, 243 Kinbergii N : 246 » ,Var. ORA N. 247 validus N. È 243 » ,Var. coi N. 243 Opisthophthalmus C. L. KocH. 84, Anderssonii N. LR ba calvusslo RocH- nto nea 294; Capensis C. L. Koc®..:. (è0227, Capensis (HERBST) curtus N. fallax N. histrio N. leviceps N. latimanus C. L. Loi latro N. SOI macer N. . 236, pallidipes [pallifca] o. Li boa pilosus C. L. Kocn c praedo N. pugnax N. A . . . Palamnaeus THOR. DE pei RAIOS, angustimanus N . costimanus C. L. KocH » s Var. Borneensis N. , Var. glaucus N. levigatus N. A es longimanus (HERBST) . . . 214, Peters STHnor= tab Matto 001604; PANDININII NSA AIAR PANDINOLDA:=- = 8289; (Pandinis (THOR IS, Africanus (LINN.) asper N. Cesar (C. L. ilo) imperator (C. L. KocH) : Imdicus, (LINN.)peet e 2084 megacephalus C. L. Kocx 164, ‘203, scaber N AS Swammerdami (Snx.) Phassus THOR. AS T09, Columbianus THOR.. Prionurus villosus PET. tion Rhopalurus TaOR.. . . . . 83, » laticauda THOR. Scorpio afer HerBst . . . . 164, 204, afer Linn. . . . 164, 203, 204, africanus LINN. . 202, 206, 209, americanus Linn. . . 165, 206, americus LINN. . . . . -. 139, armillatus GERV. E australis De GrER . . . . 166, 210 207 210 209 210 78 168 272 T. THORELL, ETUDES SCORPIOLOGIQUES Pag. Pag. australis HERBST . . 103, 106, 107 Banaticus C. L. Koog . . . + 211 sustralis LINN. .. o . 106,04 Carpathicus C. L. KocH . . . 211 Australasizo FABR..<809®,-2517253 concinnus €. L. KocH STRA 211 biaculeatus Luc., Gerv. . . 166, 167 europ®us SCHRANCK . . . + 164 Capensis HERBST IRE CRT] Massiliensis C. L. Koca |. 164 carpathicus Linn. .: .. . . 164, 211 Oravitzensis C. L. KocH. . . 211 De Geeri GERV. MA 167 Provinceialis C. L. KocH . . . 211 Dorbignyi GER. e 170 Provincialis (FANZ: 75), ALARE 211 d'Orbignyi ‘GuUERr: VE E 170 | TELEGONOIDA: 0° SA 89,165 Kdwardsil GrEEV 008. 0 2000 167 | Telegonus (C. L. KocE) . . . 83, 173 europeus DE GeER . 164, 166, 168 Dorbignyi GrRrv. (SS 170 europaeus Linn. 1754 . 165, 207, 209 ferrugineus. N. (D'ANNI 176 europeus Linn. 1758 i o 165 squama GERV.- . .< SOSIO flavicaudis De GeER . 164, 209, 167 vitratus GeERv.Mi OR 169 glaber GERV. . RE 189 Weijenberghii N°... .. 173 hottentotta FABR. . ... .. 165 Tétyus (C. L. KocH) . . «82; 123 hottentotta Hersst . . .<. ‘'165|] sthiops C. L. Koca IMM indicus LINN. . . 164, 206, 209, 211 congener C. L. KocH . . . . 167 indus DE GEER 164, 168, 204, 209, 210 hottentotta C. L. Koca. . 165 italicus HERBST Riso) dice I) e) longimanus C.L. KocH . . . 165 longimanus HERBST . ... 214, 220| macrurus C. L. Koc8. . . .. 167 maculatus DE Greer. 166, 168, 210| mulatinus C. L. Koca' . . . 167 margaritatus GERV. ISO 157 marmoratus C. L. Koca . . 64, 138 maurus DE GEER, HerBst . 163, 167 triangulifer N. U.44 anno 1253 IRRURUS LINN ion IRA 163 » , Var. tristi 00h 1283 3: obscurus;GEBV.. .. ... 4 01630167 spinicauda (GERV.) . . . . . TI occitanus: Amourz, Neca, i 165.) Urocionus. THOR... ARMI punctatus DE GEER e. L'695 164,168 mordax THoR. |... a 196 punctatus GERV. P 168 | Urodacus Pet... 0a 85 squama Gery. 001. 01718, 180 Uroplectes Pet. (MAE 7 82 testaceus DE GEER set 160 | Vejovis C. L. KocgH _. . 83, 183, 186 trichiuras /Girw; 7a AEIRIE intrepidus Tor. © «0 MEM vattatustiGaRva bt SL N dda 169 Mexicanus C. L. KocH . . . 186 Waigiensis GERV..... ... 250; 251 nitidus .C.\L.°KocH 0102, ito » gd; 53 dense, » dense > 104,9 208: preditum 1% preditus » 205, >» 17 ET O, LINNAUS » LIiNNA:0 za 206, » 26 » » » is » juris » 212, » 2] » » » quoque » quaque Seduta del 30 Aprile 1876. Presidenza del Vicepresidente Cav. Antonio Villa. Il Segretario SorpELLI legge dapprima una breve nota dell’ ing. Giacomo Frassi, col titolo: Notizie sulla sorgente del Lambro, nella quale l’A. descrive quella tra le sorgenti del fiume cono- sciuta col nome di Menaresta, ed espone le osservazioni da lui fatte intorno al fenomeno ch’ essa presenta di una irregolare in- termittenza, ma senza punto indagarne la causa probabile. Il Segr. SorpELLI fa osservare che il fenomeno dell’ intermit- tenza della Menaresta non è nuovo poichè esso era già conosciuto fin dallo scorso secolo parlandone, tra gli altri, assai esplicita- — mente l’Amoretti. nel suo’ Viaggio ai tre laghi. — Questa nota dell'Ing. FrASSI, presentata dal sig. prof. Stoppani, viene am- messa alla stampa negli Atti, in virtà dell’ Art. 28 del Rego- lamento. Dello stesso sig. FrassI vien letta un’altra notarella Sopra due piccole grotte poste vicino alla sorgente del Lambro, ossia a nord- ovest, a circa tre minuti di strada dalla Menaresta. La prima, visibile stando presso la sorgente, ha circa mezzo metro di lar- ghezza, lunga circa 4, non è accessibile all’ uomo. La seconda, un pajo di metri più in là della prima, è larga all'ingresso me- tri 0.80, alta 0.90, ma dopo ùn metro e mezzo circa si allarga in una comoda camera ovoidale lunga m. 6 larga 3. L’A. ag- giunge di avere scandagliato col bastone il suolo della grotta, ma di non avervi trovato nulla che possa interessare la zoologia e la geologia. Al quale proposito il socio CASTELFRANCO fa notare come un semplice tasteggiamento col bastone attraverso il copioso deposito di immondizie accumulatevi dagli armenti non esclude punto che Vol, XIX 18 274 SEDUTA DEL 30 APRILE 1876. sotto non vi possa essere qualche crosta di stalagmite od altro, pro- teggenti forse delle reliquie rivelatrici della presenza di antichi abitatori della caverna. Alla quale idea si associa il Segretario STOPPANI, facendo osservare che molte delle nostre caverne rinser- rano probabilmente residui dell’ uomo preistorico, ma che in ge- ‘nerale nessuno vi pon mente, e cita a conforto della sua opinione, le caverne del lago d’Iseo visitate dal dottor Major e dall’ ing. Spreafico, nelle quali rinvennero indubbie traccie dell’ antica in- dustria umana, mentre ad altri visitatori, sotto questo riguardo almeno, nulla offersero di particolare. Il Socio prof. MERCALLI, legge indi la memoria: Osservazioni geologiche sul terreno glaciale dei dintorni di Como, nella quale dà conto non solo della gita alle località fossilifere già note di C. Rizzardi, Ronco e Bulgaro, situate sulla sinistra della Lura, ma annuncia ancora l’esistenza di altre cave di sabbia e ghiaja con fossili marini, da lui visitate alla destra del torrente, lungo la strada fra Bulgaro e Caccivio. In tutte le dette località l'A, ebbe a riscontrare le stesse circostanze di materiali e di giacitura già conosciute a Cassina Rizzardi, ripetendo poi, quanto alle conclusioni, le stesse idee già espresse del prof. Stoppani or fa un anno, avanti a questa Società, nell'adunanza del 25 Aprile. Quali documenti in appoggio alle opinioni ammesse dal socio Mercalli, vengono dal medesimo presentate parecchie conchiglie, stategli determinate dal socio Sordelli, provenienti da Ronco e dalle cave tra Bulgaro e Caccivio, nonchè alcuni ciottoli striati. Terminata la lettura di tale memoria, il socio SoRDELLI dichiara che avrebbe molte obbiezioni a fare intorno alla medesima, ma siccome tali obbiezioni sono le stesse ch’ egli ebbe ad opporre fin dall'anno scorso contro identiche opinioni già divulgate dai prof. Stoppani e Desor, così crede far cosa grata ai soci rispar- miando loro un’inutile ripetizione, potendo all’uopo bastare un richiamo alle cose dette nelle sedute 30 Maggio 1875 e 2 gen- naio corrente anno. SORDELLI ringrazia il socio Mercalli delle cortesi espressioni usate a suo riguardo là dove ammette i risultati delle diligenti SEDUTA DEL 30 APRILE 1876. 275 ricerche fatte da Sordelli per dimostrare che la Fauna di Cas- sina Rizzardi è una Fauna littorale e non abissicola, ed assicura che per quanto fu in suo potere non tralasciò di porre in opera eguali diligenze anche in quelle altre ricerche dalle quali fu con- dotto ad ammettere fatti e conclusioni affatto opposte a quelle cui fa eco in oggi il socio Mercalli; fatti e conclusioni delle quali per altro il socio Mercalli non ha tenuto alcun conto nel suo lavoro. Il socio Sordelli si limita quindi a fare soltanto poche osservazioni ad alcune cose dette da Mercalli. Anzitutto Mercalli trova in errore il Sordelli, là dove questi dice che i litofagi non hanno per vezzo di perforare i sassi isolati che giacciono sul fondo e possono essere rotolati dalle onde, e contro tale asserzione mostra dei ciottoli perforati su varie faccie anche opposte. Al che il Sordelli risponde che nella sua prima memoria su Cassina Rizzardi, egli ebbe principalmente di mira i Litodomi, che hanno infatti le abitudini descritte come appare del resto assai bene dal testo e delle note appostevi. Non fu se non più tardi che potè studiare dei litofagi appartenenti ad altri generi, tra cui la Gastrochaena dubia che ha costumi alquanto diversi, ed alla quale appartengono appunto i ciottoli isolati e perforati su tutte le faccie. Il socio MERCALLI obietta inoltre che le conchiglie spezzate of- frono delle perforazioni sulle spezzature medesime, dal che vorrebbe argomentare che furono spezzate mentre erano ancora in mare, e non lo furono durante un trasporto posteriore. Ma SoRDpELLI fa notare come quelli che il Mercalli piglia per nicchie di litofagi non siano invece che perforazioni di animali inferiori marini (probabilmente briozoi) i quali scavano lunghissime gallerie nello | spessore medesimo delle conchiglie, per lo più già morte, e cri- brano poi di piccoli fori la superficie delle conchiglie stesse, come sì vede appunto negli esemplari presentati dal preopinante. A conferma infatti delle cose dette da Sordelli, qualche socio avendo spezzato una conchiglia che presentava delle perforazioni sulla superficie di fratture antecedenti, si poterono vedere dei fori identici anche sulle nuove spezzature. AT SEDUTA DEL 30 APRILE 1876. A proposito infine delle conchiglie plioceniche che si dicono rinvenute parecchi anni or sono tra Limbiate e Mombello, nella Groana, SorpeLLI chiede al socio Mercalli se gli consti che si trovassero associate a materiali di origine glaciale. Dietro ri- sposta negativa, il Sordelli fa quindi osservare come tale rinve- nimento, qualora venisse con nuove osservazioni confermato, non sarebbe altro se non una nuova dimostrazione dell’esistenza del mare pliocenico in Lombardia, già nota per altre numerose prove e da nessuno posta in dubbio. Il socio prof. CAstELFRANCO fa la seguente comunicazione : Le tombe della 1% età del ferro finora note delle nostre Prealpi Lombarde, formano tre gruppi distinti. Il principale a Golasecca e località circonvicine, il secondo nei dintorni di Como, il terzo nelle vicinanze di Varese. Tali tombe occupano per lo più le cime delle colline o i pendii dei monti dolcemente rialzati, sede prediletta dei popoli di quell’ età, Due zone intermedie, tra Golasecca, Varese e Como, ricche del pari di amene colline e di dolci pendii, non avevano dato sinora alcuna consimile stazione. L’esame di una carta topogra- fica mi fece nascere la ferma persuasione che altre tombe della 1% età del ferro si dovessero rinvenire nelle intermedie zone sovraccen- nate. Formai quindi il progetto di dedicare alcune escursioni a tale ricerca. Effettuai la prima il giorno 15 di questo mese di Aprile, par- tendo da Vergiate, con un tempo piovosissimo, ma colla speranza in cuore. La fortuna mi sorrise più che il cielo. — Ero guidato dall’ e- gregio signor Amilcare Colombo di Vergiate, al quale le mie inter- rogazioni avevano fatto nascere il ricordo di certi sassi delle vicinanze che gli erano sembrati regolarmente disposti. Dopo tre quarti d’ ora di cammino giungemmo sulla cima dei monti posti a N. N. E. di Ver- giate, verso Corgeno. Quivi, in un luogo denominato la Bonella, di proprietà del nob. signor Erardo de Daverio di Venezia, ebbi la dolce sorpresa di trovare ie traccie umane delle quali andavo in cerca. Quelle cime sono sassose e solo rallegrate da magri boschi di pini e da alcuni cespi di eriche; esaminando con attenzione quelle sparse pietre, osservai distintamente sette circoli del diametro medio di 6 a 7 metri, identici per costruzione a quelli già notissimi delle brughiere di Golasecca. Non vi poteva esser luogo al minimo dubbio; eravamo in presenza di una nuova stazione preistorica, e le mie previsioni si avveravano. Un piccolo scavò di saggio, al centro del più piccolo di quei circoli (del quale presento la pianta al vostro esame), mi fruttò SEDUTA DEL 30 APRILE 1876. 277 pochi carboni e alcune lastre di pietra rozzamente sfaldate, indubitate traccie della presenza dell’uomo. Ma; lo scopo principale di questa mia semplice comunicazione, o signori, non è tanto di farvi nota questa scoperta, la quale verrà fatta di pubblica ragione in miodo più completo, allorquando avrò praticato sistematici scavi in quella località, quanto di rivolgervi una preghiera. I distinti naturalisti a cui ho l’onore di parlare, e tutti quelli che hanno frequenti occasioni di recarsi fra i nostri monti, intorno ai nostri laghi, sogliono dirigere i loro passi nei luoghi meno frequentati, sulle cime e sui pendii non traversati da sentieri. D'altra parte, il loro oc- chio pratico, abituato ad analizzare, ad investigare, a rendersi ragione di tutto è più d’ogni altro l’ alleato che invocherei. In poche parole ‘ vorrei pregarli, mentre si ‘aggirano nei boschi, o nelle brughiere, di por mente anche al minimo sasso che si presentasse alla loro vista, e, laddove i sassi abbondano, guardare se non ve n’hanno di raggruppati regolarmente a formare un circolo od altra figura geometrica, badando bene che, al solito, tali recinti sono poco appariscenti e a distinguerli sì richiede una certa applicazione. — Tali gruppi di sassi sarebbero, molto probabilmente, una stazione preistorica. — Un simile invito mi ha già fruttato una speranza; un nostro socio mi volle indicare sui monti del lago di Lugano, e quasi dirimpetto alla necropoli di Rovio, un luogo dove gli pareva di aver veduto, in altri tempi, qualcuno degli accennati recinti; forse la speranza andrà delusa, ma pure mi recherò sopra luogo a chiarire il dubbio. — Sarò grato a quanti mi vorranno dare consimili indicazioni, e sono certo che non mancheranno fra loro i fortunati ricercatori, e i cortesi colleghi che mi vorranno, dato il caso, esaudire. Del che ne anticipo loro le più vive grazie. È letto ed approvato il processo verbale della seduta prece- dente 27 febbraio 1876. Si passa da ultimo alla votazione per scrutinio segreto onde nominare socio effettivo il signor Coppi dott. prof. FRANcESco, di Modena, ‘proposto dai soci A. e G. B.'Villa e Sordelli, il quale riesce eletto all’ unanimità. Il Segretario F. Sordelli. OSSERVAZIONI GEOLOGICHE SUL TERRENO GLACIALE DEI DINTORNI DI COMO. del Prof. Sac. MERCALLI GIUSEPPE. (Seduta del 30 Aprile 1876.) La tesi della immediata successione dell’epoca glaciale alla pliocenica, già da parecchi anni sostenuta con molti e validi ar- gomenti dall’illustre mio maestro abate Antonio Stoppani, ebbe . recentemente la più splendida conferma nelle scoperte di depo- siti marino-glaciali, fatte nei dintorni di Como, a Balerna ed a Cassina Rizzardi.' Stimando tali scoperte di somma importanza per la storia geo- logica del nostro paese, visitai ripetutamente quest’ultima loca- lità, affine di persuadermi sempre più della esattezza delle nuove osservazioni ivi fatte, e di estenderne l’orizzonte, se mi fosse stato possibile. E se non m’ inganno parmi di aver raggiunto al- meno in parte il mio duplice scopo. Potei infatti, nelle mie escur- sioni, constatare la presenza del deposito di Cassina Rizzardi su un’area più che doppia di quella, sulla quale era stato finora osservato; e potei nello stesso tempo persuadermi, non avere al- cun serio valore le varie objezioni che alcuni distinti naturali- sti° mossero contro la natura marino-glaciale di tale deposito. Nelle mie gite nei dintorni di Cassina Rizzardi trovai con- chiglie, oltre che nelle cave già note, nelle seguenti località: 1.° In una cava, che s'incontra lungo la strada, che da Fino conduce a Cassina Rizzardi, distaccandosi verso la metà di essa pochi minuti verso nord. 4 A. STOPPANI, Il mar glaciale al piede delle alpi (Rivista Italiana 1874). — Suî rapporii del terreno glaciale col pliocenico nei dintorni di Como (Atti Società Ital. di Sc. Nat., vol. XVIII, pag. 172). — DESOR, Le paysage morainique. 2 F. SorDELLI, La fauna marina di Cassina Rizzardi, e Nuvve osservazioni sulla fauna marina di Cassina Rizzardi, nel Vol. XVIII degli Atti della Società Ital. di Sc, Nat. — ALPu. FAvRrE, Note sur le terrain glaciaire, ecc. (Archives des sc. de la Bi- bliothèque Universelle. Janvier, 1876). EIA — P. MERCALLI, OSSERVAZIONI GEOLOGICHE SUL TERRENO ECC. 279 2.° In una cava, che si trova a settentrione di Bulgaro Grasso, lungo una stradicciuola di campagna, che da questo paese conduce a. Caccivio.* 3.° A Caccivio, in due cave: l’ una posta pochi minuti a sud del paese, l’altra a nord-ovest, appena fuori dell’ abitato. Come proveniente poi da uno scavo fatto a fianco della chiesa parroc- chiale, mi venne gentilmente donato dal molto reverendo parroco del luogo D. G. Pedoja, un magnifico Strombus coronatus Dfr., che misura non meno di un decimetro, sebbene manchi degli ultimi anfratti e di una parte della columella. In tutte le nominate località, in cui ho potuto osservare de- positi di ghiaja conchigliferi, incontrai quella struttura caotica, che è caratteristica dei depositi morenici. Abbondano dappertutto i massi da 3-4 decimetri, fino ad 1 metro di diametro, spesso angolosi, ossia, non rotolati, accanto a ciottoli d’ogni dimensione e d'ogni forma. A Fino, dal suolo di una porzione abbandonata della cava sporge un masso granitico di oltre due metri di dia- metro. Massi erratici si vedono pure ad ogni piè sospinto, spor- gere dal suolo in cui tutte le cave sono praticate. La parte più fina del deposito, in tutte le località, è sempre formata da una sabbia, o meglio da una minutissima ghiaja, che, come si vede, venne, mentre andava deponendosi, lavata e liberata in tal modo della parte più fangosa.’ Finalmente in tutte le cave conchi- glifere, da me visitate, osservai i ciottoli striati. Essi in generale vi sì trovano in quello stato, in cui devono trovarsi in una mo- rena non terrestre, ma rimestata, mentre si formava, dall’onda marina; non ne mancano però di quelli che, essendo capitati in ‘luoghi riparati, hanno conservato il liscio e le strie glaciali più delicate. Nella cava S. Anna a Bulgaro, per esempio, esiste una lente di argilla, nella quale trovai due ciottoli ambedue coperti 4 La cava di Bulgaro, già conosciuta come fossilifera, da cui il dottor Grilloni ebbe le conchiglie inviate per la determinazione al signor Sordelli, è la cava di S. Anna, che si trova ad est del paese sulla sinistra del Lura, ed è aperta in ug piccolo monticolo che si eleva per dieci metri circa sul livello di questo torrente. 2 A. STOPPANI, Sur rapporti del terreno glaciale, ecc., pag 177-78. 280 P. MERCALLI. dalle strie più fine, e portanti una di quelle spezzature a spi- goli acuti, che sono affatto caratteristiche dei ciottoli glaciali. Ma se della natura glaciale dei depositi conchigliferi in di- scorso, mi persuasero la struttura caotica, i massi erratici, i ciottoli striati; della natura marina di essi, mi convinsero le conchiglie, i ciottoli perforati dai litofagi, i galets. Ed anzitutto una parola delle conchiglie. i Nelle cave da me visitate, le conchiglie si trovano accumulate abbondantemente, senz’ ordine, spesso rotte, corrose e colla su- perficie percorsa dalle gallerie e dai cunicoli di animaletti marini litofagi. È in questo stato precisamente che si trovano i fossili in tutti i depositi marini littorali attuali e delle passate epoche geologiche;° anche il deposito di Cassina Rizzardi si deve quindi ritenere un deposito marino e precisamente littorale. Questa con- clusione è confermata non solo dai ciottoli perforati e dai galets, come si vedrà più avanti, ma anche dal fatto che la fauna di Cassina Rizzardi è una fauna costiera, “è una fauna essenzial- mente littorale,° , come venne a concludere, dietro ampî e dili- genti studî fatti intorno ad essa, il nostro egregio segretario pro- fessore Sordelli. 4 Non insisto sopra questo argomento, perchè dei ciottoli striati di Cassina Rizzardi e di Ronco ha già parlato a lungo il professore STtoPPANI nella sua Memoria: Sui rapporti del terreno glaciale, ecc. (Atti Suc. Ital. Sc. Nat., vol. XVIII, pag. 175.) E inutile poi avvertire essere inesatto quello che il signor Favre, nella Nota sopra citata, dice dei ciottoli striati, in quel passo in cui dopo di avere narrato di non aver lui trovato a Cassina Rizzardi che un solo ciottolo portante «traces des stries glaciai- res... entièrement couvert de coups,» conclude «je presume que les cailloux striés, qui ont été trouvés ici par les savants... sont dans le méme état que celui que j'ai recueilli. » 2 VEZIAN nel suo Prodromo di geologia, parlando dei depositi littorali dice: « quant aux animaux dont ces couches contiennent les debris,ils sont touts còtiers, et ces de- bris, presque toujours roulés ou reduits en fragments, offrent les traces d’ une usure prolongée. » Ed HEER (Le Monde primitive de la Suisse, pag. 528), così parla dei fossili del grès coquiller della molassa svizzera: «le grès coquiller nous a conservé la faune de còtes basses: le péle-méle de coquilles, souvent brisées et roulées qui gi- sent dans toutes les positions, les dents de squales et les morceaux de bois qui s’y trouvent mélés indiquent un dépòt còtiér. » ° F. SorpELLI, La fauna di Cassina Rizzardi, pag. 25. OSSERVAZIONI GEOLOGICHE SUL TERRENO GLACIALE ECC. 281 Quando poi si rifletta che sui lidi vengono in quantità get- tate dalle onde, nelle tempeste principalmente, le spoglie di ani- mali che vivono a ragguardevoli profondità, dove il fondo è già fangoso, sì vede come sia naturale che il signor Sordelli sia ve- nuto anche a concludere, che la maggior parte delle conchiglie di Cassina Rizzardi sono proprie dei fondi argillosi; ed abbia osservato che alcune di esse portano ancora nel loro interno le tracce del fango in cui vissero.' Mi pare quindi, per le cose dette, evidente che, per dar ra- gione dello stato in cui si trovano i fossili nei depositi di Cas- sina Rizzardi, Ronco, ecc., non sia per nulla necessario, come vorrebbe il signor Sordelli, supporre che quei fossili siano stati rotolati dalle acque di un torrente.? Anzi credo che non man- chino ragioni per dimostrare che questo non solo non avvenne ; ma non può essere avvenuto. Infatti, se fra le conchiglie che vi presento, osservate attentamente quelle più rotte e corrose, non tarderete a rilevare, che i labbri stessi delle spezzature sono fo- rati e mangiati da animaletti marini, e che fra i pezzi più cor- rosi ve ne sono di quelli, che portano sulla loro superficie in- tatte le gallerie da essi scavate. Ciò dimostra che queste conchi- glie, già rotte e corrose, come voi le avete sotto gli occhi, dovevano trovarsi in mare : dunque le spezzature e le corrosioni di tali conchiglie non ponno essere effetto dell’azione meccanica subìta in un torrente, dopo che furono levate da un deposito marino. A confermare la mia conclusione osservo che, sebbene, come sopra ho detto, le conchiglie in discorso sono spesso spez- zate e corrose, se ne trovano però fra esse in buon numero di quelle così ben conservate: (e non solo piccole, ma anche di 3-4 centimetri), che è veramente inconcepibile il supporre che sieno rotolate in seno ad un torrente; e questa impossibilità si palesa sempre più quando si pensi che nel deposito pliocenico, da cui sì vuol supporre che sieno state tolte quelle conchiglie, esse do- 1 F. SoRDELLI, La fauna di Cassina Rizzardi, pag. 19 e Nuove osservazioni, ecc., pag. 16 e seguenti. ? F. SORDELLI, La fauna di Cassina Rizzardi, pag. 12-25. 282 ‘@. MERCALLI, vevano trovarsi già più o meno calcinate e spesso anche fessu- rate o spezzate. A caratterizzare meglio i depositi, dei quali discorriamo, con- corrono i ciottoli perforati dai molluschi litofagi,* rinvenuti in notevole quantità a Cassina Rizzardi, eda me osservati anche a Ronco e Fino. Questi ciottoli provano un’altra volta che a Cassina Rizzardi, a Ronco, a Fino si distendeva proprio un lit- torale ghiajoso nell’epoca in cui i depositi glaciali di queste lo- calità si formavano. Se infatti esaminiamo attentamente lo stato dei cunicoli che portano questi ciottoli perforati, possiamo osser- vare che la maggior parte di essi si presentano più o meno profondamente corrosi, mentre qualcuno su ciascun ciottolo si mostra invece conservatissimo, esibisce nessuno o quasi nessun segno di corrosione, e nel suo interno reca ancora intatte le valve delicatissime dell'animale perforatore (Gastrochaena dubia Penn.). È quindi evidente che l'erosione subìta dalla maggior parte dei cunicoli dev’ essere avvenuta anteriormente alla forma- zione di quelli che si vedono benissimo conservati, e quindi che quella corrosione dev’ essere avvenuta nel tempo in cui i ciottoli si trovavano ancora in mare, e non, come vorrebbe supporre il signor Sordelli, quando facevano parte del detrito di un ghiac- ciajo o di un torrente. ° 4 A. STOPPANI, Suî rapporti del terreno glaciale, ecc., pag. 176. ? F. SoRDELLI, La fauna di Cassina Rizzardi, pag. 23-24. — Il signor Sordelli, nel luogo ora citato, mette in dubbio anche la possibilità che i ciottoli perforati di Cassina Rizzardi sieno stati perforati in posto; egli infatti dice: «comunque sia (la specie perforatrice), è un mollusco bivalve e noi sappiamo che tali animali non hanno per vezzo di perforare i sassi isolati che giacciono sul fondo... essi preferiscono le rupi e gli scogli. » Ora mi permetto di osservare: 1.° che i ciottoli in questione sono in generale perforati da tutte le parti, dimanierachè non si vede per qual parte della loro superficie potessero trovarsi attaccati ad una rupe; 2.° che tutti i conchi- gliologi, e lo stesso signor Sordelli a pag. 26-28 delle sue Nuove osservazioni, ecc., asseriscono che la Gastrochaena dubia, la Petricola lithophaga e tutte le altre bi- valvi perforatrici di Cassina Rizzardi si trovano spesso innicchiate nelle pietre o nelle grandi conchiglie. — Del resto il signor Sordelli per non volere ammettere che i ciottoli suddetti sieno stati perforati in posto, come poi ne ha spiegata l'origine? Ha dovuto supporre che il ghiacciajo del Lario abbia incontrato un deposito a ciottoli perfo- rati (Nuove osservazioni sulla fauna di Cassina Rizzardi, p. 12); se ne sia imposses= OSSERVAZIONI GEOLOGICHE SUL TERRENO GLACIALE ECC. 283 Finalmente, come già osservarono i signori Desor e Stoppani, a Cassina Rizzardi i piccoli ciottoli sono trasformati in quelle piastrelle o galets tanto caratteristici dei lidi. Io constatai anche nelle altre cave la presenza di tali ciottoli; i quali quindi, con- cordemente colla natura della fauna e coi ciottoli perforati, ci rivelano la natura marino-littorale dei depositi in discorso. Riassumendo: le sette cave conchiglifere da me visitate sono evidentemente sette punti di un unico deposito marino-glaciale- littorale; il quale sarebbe così constatato che da Fino passa sotto le morene terrestri di Firenzuola, Cassina Rizzardi, Mon- ticello e si spinge fino oltre Caccivio, od in altre parole sarebbe dimostrato che in queste località il terreno glaciale dal basso al- l’alto presenta: 1.° un deposito marino-glaciale inferiore; 2.° un deposito glaciale terrestre superiore.' Ma per ammettere, come si è concluso dalle osservazioni ora esposte, che il mare nell’epoca glaciale flagellava ancora il piede delle Alpi, è necessario supporre che tutta la pianura lombarda ne sia stata, e più a lungo, ricoperta. Ora com’ è che in essa non si trovarono mai le tracce, i depositi di questo mare così recen- te? Come segno di una più larga risposta, che forse presto verrà data a questa domanda, la quale da alcuno potrebbe credersi una objezione alla tesi da me sostenuta, presento a questa onorevole Società alcuni esemplari di Perna Soldanive di Ostrea lamellosa,* trovate già da parecchi anni’ nell’ argilla (ferretto) che com- sato, li abbia depositati in una morena, dalla quale poi siano stati trascinati da un torrente a Cassina Rizzardi; questa sarebbe l’ origine di tutti i ciottoli perforati, se pur se ue eccettua uno (ibid., pag. 15), pel quale egli ha dovuto supporre che non abbia fatto parte di un ghiacciajo, ma sia provenuto dal deposito stesso pliocenico, da cui suppone sieno derivate le conchiglie. 4 A. STOPPANI, Sui rapporti del terreno glacia'e, ecc., pag. 179.180. ? Questi fossili appartengono evidentemente per la loro natura e stato di conser- vazione, alla fauna delle sabbie gialle, ch’io ritengo dimostrato essere in parte equi- valenti al glaciale. ® Non sono che poche settimane ch’io ebbi notizia di questo importante fatto; non ho potuto quindi finora raccogliere io stesso sul luogo un numero maggiore di questi preziosissimi fossili. 284 G. MERCALLI, OSSERVAZIONI GEOLOGICHE SUL TERRENO ECC. pone l’ altopiano della Groana,' da un mio amico il nobile signor Achille Varisco, amante ed intelligente cultore delle scienze naturali. Queste conchiglie furono rinvenute precisamente a qual- che metro di profondità, mentre si scavava per porre le fonda- menta d’una chiesuola, che si vede ora innalzata sull’orlo orien- tale dell’altipiano argilloso, a metà strada fra Limbiate e Mom- bello, 17 chilometri a sud di Cassina Rizzardi, e 10 circa a mezzodì dell’ anfiteatro morenico del lago di Como. Non volendo ad un solo fatto, per quanto certo e luminoso, appoggiare una proposizione di somma importanza, propongo per ora soltanto, come cosa probabile, la seguente conclusione: l’ar- gilla della Groana era il fango che andava deponendosi a sud, ad una certa profondità, in quello stesso mare glaciale che aveva il suo lido a Cassina Rizzardi, Bulgaro, Caccivio. In queste loca- lità le morene terrestri vennero in seguito a sovrapporsi con rego- lare transizione al deposito marino; a sud invece il deposito marino rimase allo scoperto, e venne tratto in luce ancora nudo ed in- tatto dal sollevamento. Così le due scoperte si illuminano e si confermano a vicenda. ! BREISLAK, Descrizione geologica della provincia di Milano, pag. 98. Il ferretto, che compone la Groana nella località dove si trovarono le conchiglie, è un’argilla plastica un poco sabbioso-micacea che non dà quasi nessuna effervescenza agli acidi; ed ha un colore giallognolo, misto spesso ad un grigio-cenerino (vedi BREISLAK, Op. cit., pag. 100). urnvi io Ciare PS NOTIZIE SULLA SORGENTE DEL LAMBRO Dell’ Ing. Giacomo FRASSI. (Seduta del 30 Aprilo 1876) . Magreglio, piccolo paese della Valassina, è posto dove il fiume Lambro, avente ancora l’ aspetto di un modesto torrentello, ab- bandona la breve vallata che da lui prende nome, ed attraver- sando la strada provinciale, si avvia in corso quasi sempre pa- rallelo alla medesima, ingrossandosi coi contributi dei monti laterali. Salendo da Magreglio la valle per cui discende il Lambro sì giunge in poco più di un’ora alla sua sorgente, che ora im- prendiamo a descrivere. Essa è posta al principio di un altipiano alquanto esteso de- nominato il Prarancio o Piano rancio, che si protende verso nord- ovest sominato a sinistra dai monti chiamati il Poncivo e le Caldere, appartenenti alla catena del S. Primo. La sorgente, che in luogo si chiama la Menaresta, consiste in un piccolo bacino scavato nel ceppo, di forma quasi circolare, del diametro di circa metri 0,90 e della profondità media di metri 0,10, nel quale l’acqua s’introduce orizzontalmente da nord-ovest per un’ aper- tura in cui l’ occhio puo spingersi per circa un mezzo metro di distanza. A nord-ovest e sud-est è circondato da piccoli ceppi, dagli altri due lati lo spazio è piano ed'aperto, e l’acqua smal- tisce dal bacino sfiorando il suo lembo e dirigendosi per piccolo tratto verso nord-est, per poi piegare a sud-est discendendo nella vallata verso Magreglio. Passandovi a caso, quando è scarsa l’ac- 286 G. FRASSI, qua che, ne scaturisce, difficilmente si potrebbe accorgersi di tro- varsi in presenza ad una sorgente ; ma se si vorrà soffermarsi ad esaminarla, accadrà entro un minore o maggior spazio di tempo, come si dirà in appresso, di rilevare un fenomeno non affatto comune alle altre sorgenti, voglio dire quello dell’ intermittenza. Da alcune accurate osservazioni fatte nei giorni 20 ottobre 1874 e 27 agosto 1875, mediante un apposito galleggiante collocato nel bacino della sorgente, si è rilevato quanto segue: La differenza massima fra lo stato di magra e quella di piena si vide arrivare fino a 54 millimetri in un’ ora e trentotto minuti di tempo. Le differenze di livello ed il tempo impiegato a passare dall’uno al- l’altro limite non presentano però alcuna regolarità, poichè tal- volta in una quantità di tempo minore della suaccennata si hanno diverse alternative di aumento e di decrescenza, che non raggiun- gono nè la massima magra nè la massima piena, di cui sì disse essendosi contati quindici cambiamenti sensibilissimi di livello in due ore e venti minuti nel giorno 27 agosto suddetto mentre nel giorno 11 dello stesso agosto per la durata di ore quattro e trentotto minuti, non si manifestò alcun cambiamento di livello nel pelo d’acqua come se il fenomeno dell’intermittenza non esi- stesse affatto. L’innalzamento di livello è assai più rapido che non l'abbassamento, e questo ha per lo più un periodo di lenta de- crescenza piuttosto lungo. La massima piena dura brevissimo tempo, e la massima magra dura alquanto di più; epperciò lo stato più consueto nel quale può essere trovata la sorgente da chi vi si reca a caso ad esaminarla e non vi si ferma che poco tempo, sarà quello di una lenta decrescenza. Si osserva però che nel giorno 11 agosto in cui, come si disse, fu constatata la staziona- rietà per ore 4, 38, la sorgente era straordinariamente abbon- dante, forse in causa delle molte pioggie dei giorni precedenti. Quando la quantità d’acqua è quella ordinaria, la portata della sorgente può valutarsi ad un litro ogni 10 secondi per la mas- sima magra, e decupla per la massima piena ; e dicesi che la fonte non si esaurisce mai totalmente per qualunque siccità anche stra- ordinaria. La voce che corre fra gli abitanti dei luoghi circonvi- - NOTIZIE SULLA SORGENTE DEL LAMBRO. 287 cini che un forte rumore sotterraneo precede lo stato d’ innalza- mento di livello, può considerarsi assolutamente come una fiaba. L’amenità del luogo ed il facile accesso per la vicinanza della strada provinciale Valassina vi conduce sovente dei visitatori, che per lo più appartengono a quella zona di paese in cui è cono- sciuto il fiume che vi ha la sua origine, e là, fra un boccone e l’altro di una più o meno lauta colezione inaffiata colla limpida e fresca acqua della fonte, vi si getta qualche pezzetto di carta o si fa qualche segno sopra una pietra per constatare il feno- ‘ meno dell’intermittenza, tanto per sdebitarsi di un certo qual dovere cui si tengono obbligati questi alpinisti in sessantaquat- tresimo, per essersi arrischiati fino in quei paraggi. Siccome però queste fermate non durano più in là del tempo occorrente per una breve refezione, così non di rado succede che avendo còlta la fonte in uno di quei lunghi stadj di lenta decrescenza, od anche di una probabile stazionarietà non ancora bene accertata, taluni se ne partano colla convinzione che il fenomeno dell’intermit- tenza sia una frottola, e cercano di persuaderne anche gli altri. Sopra due piccole grotte poste vicino alla sorgente del Lambro. Dalla Menaresta guardando verso nord-ovest si scorge nel monte un'apertura quasi circolare alla distanza di circa tre mi- nuti di strada. Essa è l’ ingresso di una piccola grotta in forma tubulare non accessibile all'uomo, perchè è del diametro di circa metri 0,50, e si protende per circa metri 4 di lunghezza a fondo e pareti affatto chiusi. Però a sinistra di questa ed alla distanza di un paio di metri dalla medesima trovasi altra apertura che dalla Menaresta non si scorge, perchè coperta da piccoli dirupi. Quest'ultima della larghezza di metri 0,80 ed altezza 0, 90, in- troduce dopo un metro e mezzo circa in una grotta dall’ aspetto di una comoda camera, avente la pianta ovoidale coll’ asse maggiore in direzione dell’ ingresso, della lunghezza di metri 6, 288 G. FRASSI, NOTIZIE SULLA SORGENTE DEL LAMBRO. e l’asse minore, trasversale al primo , di metri 3. Le pareti per circa un metro e mezzo sono irregolarmente verticali con varie sporgenze e poi si inclinano a formare una specie di cupola ovoi- do-conica, che può raggiungere al suo vertice l’altezza di metri 3 dal pavimento. Di contro all’apertura d’ingresso nella parete tro- vasi una spaccatura larga in media metri 0,30 che da terra sì pro- tende fino al vertice della cupola. Le pareti presentano qua e là delle leggiere incrostazioni calcari, ed il pavimento è coperto da un denso strato di escrementi, essendo questa grotta l’ asilo del gregge pecorino che pascola su quei monti, contro gli ardori estivi delle ore meridiane. Tasteggiando il pavimento colla punta ‘ ferrata del bastone lo si sente omogeneo, di durezza pietrosa e sensibilmente piano, nè indizio alcuno si rileva nel complesso ‘della grotta che vi si possano trovare oggetti interessanti la zoologia e la geologia. Essa non ha altra apertura che quella-d’ingresso e quindi non ha nemmeno alcuna comunicazione coll’altra piccola grotta già nominata. i Seduta del 28 maggio 1876. Presidenza del vicepresidente cav. Antonio Villa. Il socio segretario Sordelli dà comunicazione di una lettera a lui inviata dal socio Trevisan, nella quale questi si scusa di - non poter trovarsi a Milano all’ora della seduta e chiede di ri- mandare ad altra adunanza la presentazione dell’annunciato suo lavoro: Carestiaca, nuovo genere di Andraeacee. Si passa quindi alla lettura della memoria inviata dal socio prof. Omboni, e diretta al socio Sordelli, col titolo: II mare glaciale ed @l pliocene al piede dell’ Alpi lombarde, nella quale memoria il prof. Omboni dichiara di non poter riconoscere nelle ghiaje e sabbie fossilifere di Cassina Rizzardi, null’ altro fuorchè un deposito alluvionale affatto superficiale; nel mentre però non è alieno dall’ammettere che i ghiacciai nei primordi della loro fase d’estensione abbiano potuto incontrare il mare poco tempo-prima che questo si ritirasse del tutto dal suolo lombardo, ed anzi re- clama per questa sua idea la priorità, per averla già fin dal 1861 chiaramente espressa. Viene letto ed approvato dopo brevi osservazioni del socio prof. Mercalli il processo verbale della seduta precedente 30 aprile 1876. St procede infine alla votazione segreta per l'ammissione a soci effettivi dei signori: Pirotta Romualdo, dottore in scienze naturali, assistente al Museo zoologico della R. Università di Pavia. Sartorio Achille, dottore in scienze naturali, assistente al Museo di geologia e mineralogia della stessa Università. — En- trambi proposti dai soci Pavesi, Taramelli e Sordelli. Sono ammessi all’ unanimità, Il Segr. F. SORDELLI. Vol. XIX, 19 Seduta del 2 luglio 1876. Presidenza del vicepresidente cav. Antonio Villa. Il segretario dà lettura della parte introduttiva della Me- moria inviata dal socio prof. Spagnolini: Catalogo sistematico degli Acalefi del Mediterraneo. — Sifonofori e Meduse craspe- dote, nella quale l’autore dichiara lo scopo del suo lavoro e av- visa ai modi tenuti nel condurla a compimento. Accompagnano tale Memoria le tavole con figure a contorni delle più rimar- chevoli forme menzionate nel testo. È data in seguito lettura del processo verbale della seduta precedente, 28 maggio 1876, che viene approvato. Il segretario dà inoltre comunicazione: 1.° Delle lettere di ringraziamento inviate alla presidenza dai signori dottori Francesco Coppi, Achille Sartorio, Romualdo Pi- rotta, stati nominati soci effettivi nelle ultime sedute. 2.° Di una circolare a stampa inviata dal R. Istituto ve- neto, nella quale è annunciata la morte del cav. Giulio Sandri, membro dell’Istituto stesso, avvenuta in Verona il 31 maggio del 1876. 3.° Di una circolare della presidenza della Riunione annuale della Società elvetica delle scienze naturali, nella quale si av- verte che detta Riunione avrà luogo in Basilea nei giorni 20, 21, 22 e 23 agosto p. v. sotto la presidenza del professore Rii- timeyer. 4.° Della morte del socio sacerdote D. Carlo Grancini, nonchè di quella dell’insigne zoologo inglese John Edward Gray, diret- tore delle collezioni zoologiche del Museo britannico. , Il Segretario F. SoRDELLI. CATALOGO SISTEMATICO DEGLI ACALEFI DEL MEDITERRANEO COMPILATO DA ALESSANDRO SPAGNOLINI DOTTORE IN SCIENZE NATURALI, PROFESSORE DI STORIA NATURALE NELLA SCUOLA MILITARE IN MODENA. SIFONOFORI E MEDUSE CRASPEDOTE. (tav. 1-6) PREFAZIONE. Fra gli animali marini inferiori che offrono vasto campo di studio ai naturalisti, voglionsi certamente annoverare quei singo- lari organismi, da gran tempo noti ai zoologi co] nome di Aca- lefi (dal greco Acalephe che significa ortica); nome derivato dalla sensazione spiacevole, molto somigliante «a quella che produce il contatto dell’ ortica, che questi animali fanno provare al minimo toccarli; sensazione dovuta agli organi speciali che essi posseg- gono alla superficie del loro corpo, e che ebbero perciò il nome di organi orticanti. Il tessuto che costituisce questi esseri è mucoso o gelatinoso, talvolta di una trasparenza eguale a quella del cristallo. La forma del corpo degli Acalefi varia assai, somigliando ora a quella di un ombrello (Meduse in generale), ora a quella di una sfera, di un cilindro o di un nastro (Beroe, Callianire, Cesti), e talvolta a quella di ghirlande o corde gelatinose, delicate, variopinte, di va- ghissimo aspetto (Colonie di Sifonofori). Agli Acalefi è dovuto in parte lo stupendo fenomeno conosciuto col nome di fosforescenza del mare, godendo molti di essi della proprietà di emettere una luce fosforica, intorno alla cui natura ed agli organi che la producono, la scienza fu di recente arric- chita di chiare notizie fondamentali, per gli accurati studi che 292 A. SPAGNOLINI, sopra questo argomento pubblicò il chiarissimo professore Paolo Panceri (Vedi bibliografia). Gli Acalefi sono animali pelagici; generalmente trovansi in alto mare, dove galleggiano e nuotano a varie profondità: stando a mare tranquillo alla superficie, ed invece discendendo verso il fondo quando le acque sono più o meno agitate. Facilmente si lasciano trascinare dalle correnti, e seguendo il corso di queste, si avvicinano spesso alle coste, onde è neces- sario un accurato studio dell'andamento delle correnti prima di porsi alla ricerca di questi animali; e trovata una buona corrente, si è certi di fare dei medesimi una pesca copiosa. Quando imperversano le forti burrasche e le acque sono messe in movimento fino ad una considerevole profondità, dalla forza dei marosi vengono gli Acalefi gettati alla riva in gran numero, e per la poca consistenza della sostanza che costituisce il loro corpo, rimangono in mille guise frantumati. Ciò avviene assai di fre- quente lungo le spiaggie del Mediterraneo, dove in alcuni luoghi veggonsi alle volte accumulati in veri ammassi i cadaveri di alcune specie di Acalefi, per esempio, di Pelagie e di Velelle. Nella zona superficiale dell'Oceano tropicale, dove, come dice l’Allmann (Vedi bibliografia), l’aria, «2 calore, la luce combinano e concentrano con più intensità le condizioni della vita animale, gli Acalefi offrono la più grande varietà e maggiore ricchezza di forme; ma anche nel Mediterraneo, che per la sua felice posi- zione, prende talora quasi i caratteri di un mare tropicale, tali organismi si sviluppano bastantemente svariati e copiosi. Alcuni luoghi del medesimo Mediterraneo, quali, ad esempio, sulle coste d’Italia il golfo di Villafranca, quello di Napoli, le acque di Messina, sono visitate con sicuro profitto dagli scien- ziati nostri e stranieri, che allo studio di questi animali sì dedi- cano; e ne fanno fede le pregevoli opere pubblicate dal Delle Chiaje, da G. O. Costa, dal Quatrefages, dal Vogt, dal Leuckart, dal Kolliker, dal Gegenbaur e da altri. Sei anni di permanenza in Napoli, mi diedero agio di dedi- carmi allo studio degli Acalefi, e ciò potei fare massimamente CATALOGO SISTEMATICO DEGLI ACALEFI ECC. 293 perchè, frequentando il gabinetto d’ anatomia comparata della R. Università, ebbi da quell’insigne direttore, professor Paolo Panceri, forniti con premura e cortesia indimenticabili gli aiuti che m’erano necessari. Ecco in qual modo venni a capo di compilare il catalogo de- scrittivo degli Acalefi del golfo di Napoli, in parte già pubblicato (Vedi bibliografia). Con questi studi da me fatti in Napoli, continuati poi, in con- dizioni meno favorevoli, nel mare di Livorno, giovandomi degli autori che trattarono degli Acalefi del Mediterraneo e dell’ Adria- tico, mi studierò di compilare un catalogo delle specie di cui è stata constatata la presenza nei nostri mari; catalogo che certo non potrà essere completo, attesa l'insufficienza dei miei studi su tale argomento, causata dalla distanza dal mare in cui ordi- nariamente mi trovo da alquanti anni. Il catalogo sarà semplicemente sistematico, e gli studiosi po- tranno avere notizie circa l’organizzazione generale di questi animali e la descrizione delle singole loro specie dall’articolo so- pra i Celenterati del chiarissimo dottor Pietro Pavesi, professore della R. Università di Pavia; articolo testè pubblicato nell’Enci- ctopedia medica italiana edita dal dottor Francesco Vallardi, e dai miei cataloghi degli Acalefi di Napoli. Quantunque siffatti animali abbiano da molto tempo richia- mata l’attenzione degli studiosi, pure la loro collocazione nella serie animale fu solo di recente nettamente stabilita. Le osser- vazioni di cui gli Acalefi sono stati oggetto ai nostri giorni, hanno posta in evidenza l’intima relazione fra alcuni di essi e i po- lipi. Infatti gli studi di Léven, Nordmann, Dujardin, Gegenbaur, Wagner, Van-Beneden, Quatrefages, Hincks ed altri hanno dimo- strato che molte Meduse Craspedote provengono per gemmazione da colonie poliparie, e non sono altro che lo stato sessuale di alcuni polipi idrari. Una tale scoperta, di grande entità per lo studio di questi animali, va continuamente convalidandosi con nuovi esempi; nulladimeno, nello stato odierno delle nostre co- 294 A. SPAGNOLINI, ° gnizioni a questo riguardo, è impossibile unire tutte le specie di Meduse ai polipi che ad esse danno origine. Nelle recenti classificazioni zoologiche, gli Acalefi ed i polipi trovansi riuniti in un solo gruppo o tipo detto dei Celenterati (Coelenterata). Il nome di Celenterati fu proposto dal Leuckart per esprimere una particolarità anatomica di questi animali (Aca- lefi e Polipi), quella cioè di avere lo stomaco in libera comuni- cazione colla cavità generale del corpo: ed in vero la cavità ga- strica con i suoi annessi, sono le sole parti cave che trovansi nel corpo dei Celenterati, ed il loro insieme forma la cavità generale del corpo stesso, la quale, funzionando contemporaneamente per la nutrizione e per la circolazione, fu detta sistema gastro-vascolare od apparato coelenterico. E questo carattere di grande impor- tanza, non appartiene a nessuno altro gruppo di animali. Fra le classificazioni nelle quali gli Acalefi vengono considerati in unione ai veri polipi, come facenti parte del gruppo dei Ce- lenterati, meritano di essere consultate quelle date dal Gegen- baur (Vedi bibliografia), dal Leuckart nelle aggiunte fatte al V. D. Hoeven (Vedi bibliografia), dal Reay Greene (Vedi biblio- grafia) e dal professor Pietro Pavesi nel sopraccitato suo articolo sui Celenterati. Io però nella compilazione di questo catalogo si- stematico degli Acalefi del Mediterraneo, credo di dovere adot- tare l’antica classificazione data dall’ Eschscholtz (Vedi bibliogra- fia), e per le Meduse in particolare, quella del Gegenbaur (Vedi bibliografia), perchè un catalogo degli idroidi italiani, considerati nella doppia forma di idroidi polipiformi e di meduse, ora non riescirebbe che un lavoro imperfettissimo, avendosi ben poche no- tizie circa i polipi idrari delle coste italiane. Pertanto mi restrin- gerò ad indicare il nome dell’ idroide generatore di quelle spe- cie di Meduse che si conoscono provenire dai polipi idroidi. Colgo poi l’ occasione della stampa di questo catalogo sistema- tico per unirvi alcune figure di Acalefi medusarii, che trassi dal vero, in Napoli, parendomi ciò opportuno, perchè molte volte, a fare comprendere l’organismo complessivo di un animale, val me- glio una figura, sia pure imperfetta, che una lunga descrizione. CATALOGO SISTEMATICO DEGLI ACALEFI ECC. 290 Le figure che io semplicemente abbozzai, furono copiate e meglio disegnate dai signori Conte Francesco Ferrari Moreni e Vincenzo Ragazzi di Modena, e di questa gentile cooperazione al mio la- voro, rendo ad essi le dovute grazie. Modena, Giugno 1876. ALESSANDRO SPAGNOLINI. CELENTERATI ACALEFI Ordine I. — SIPHONOPHORA. — Sifonofori. Famiglia I — Diphyidae. — Difidi. Genere I. Praya, Quoy e Gaimard. 1. Praya cymbiformis, Leuckart. Siphonoph. von Nizza, p. 286, tab. XI, fig. 18-24. = Physalia cymbiforinis, Delle Chiaje. = Praya maxima, Gegenbaur. Nizza. Leuckart. Messina. Gegenbaur. Napoli. Delle Chiaje, Keferstein ed Ehlers, P. Pavesi, A. Spagnolini. A Napoli trovasi specialmente nei mesi di febbraio, marzo ed aprile, ed è assai comune. 2. Praya filiformis (Delle Chiaje), Keferstein ed Ehlers. = Ehzophysa filifornmis, Delle Chiaje. = Praya diphyes, Kéòlliker. Schwimmpolypen von Messina, p. 33-36, taf. X. Nizza. Vogt. Niapoli. Delle Chiaje, Keferstein ed Ehlers, A. Spagnolini. Messina. Kolliker e Gegenbaur, Keferstein ed Ehlers. MOB A. SPAGNOLINI, Più comune della precedente tanto a Nizza quanto a Napoli ed a Messina; Vogt dice averne raccolti esemplari della lun- ghezza di un metro. Genere SII. Diphyes, Cuvier. 1. Diphyes Sieboldii, Kolliker. Schwimmpolypen von Mes- sina, p. 36-41, taf. XI. «=. Diphya-bipartita;: 0. ‘G. Costa: Messina. KoWlker, Keferstein ed Enhlers, Gegenbaur. Napoli. O. G. Costa, A. Spagnolini, P. Pavesi. A Napoli abbonda, specialmente nei mesi di marzo ed aprile. 2. Diphyes gracilis, Gegenbaur, 1853. Beitrige, pag. 309- 31b-itafte XVI: fio: (buy: Messina. Gegenbaur. 3. Diphyes turgida, Gegenbaur, 1854. Ueber D. turgida in Zeitschr. f. Wiss. Zool. Vol. V, pag. 442-448, taf. XXIII. Messina. Gegenbaur, Sars. Napoli. Keferstein ed Ehlers. Gegenbaur e Sars dicono che trovasi frequentemente nelle acque di Messina. 4. Diphyes conoidea, Keferstein ed Ehlers, 1860. Nach- richt. K. Soc. Gottingen, p. 260. Napoli. Keferstein ed Ehers. Specie creata sopra un solo esemplare raccolto presso Castel dell’ es in Napoli nel dicembre 1859. 5. Diphyes ovata, Keferstein ed Ebhlers, 1860. Pera K. Soc. Gottingen, pag. 260. Messina. Keferstein ed Ehlers. Ne fu osservato un solo esemplare trovato non lungi dal Laz- zaretto di Messina. | 6. Diphyes acuminata, Leuckart, 1854. Siph. von Nizza, p. 274-279, taf. XI, fig. 11-13. Nizza. Leuckart. 7. Diphyes Kochii, Will. Horae Tergestinae ecc. Adriatico presso Trieste. Will. CATALOGO SISTEMATICO DEGLI ACALEFI ECC. 297 8. Diphyes quadrivalvis, Gegenbaur. = Galeolaria filiformis, Leuckart. = Galeolaria aurantiaca, C. Vogt. Siphonoph. de Nice p. 110-119. PI. XVIII, XIX, XX, fig. 1-3 — PI. XXI, fig, 1-2. . Nizza. C. Vogt, Leuckart. Messina. Gegenbaur, Sars, Keferstein ed Ehlers. Napoli. Keferstein ed Ehlers, O. Costa, A. Spagnolini, Delle Chiaje, P. Pavesi, A. Costa. Comune assai nelle località citate, dove vedesi in lunghe ca- tene galleggianti alla superficie del mare tranquillo. Il genere Eudoxia, Eschscholtz, che nella classificazione adot- tata segue il Genere Diphyes, non deve più ammettersi, poichè è stato riconosciuto che l’Eudoxie non sono altro che frammenti staccati di Difie. Leuckart dice (1. c. p. 19) che Vl Eudoxia Lessonii, Eschscholtz, da lui trovata presso Nizza, eda Will presso Trieste, è un fram- mento (individuo sessuale isolato) della sua Diphyes acuminata. Genere III. Abyla, Quoy e Gaimard. i. Abyla pentagona, Eschsch.- Kolliker, 1853. Schwimmpol. von Messina, p. 41-46, taf. X. = Calpe pentagona, Quoy e Gaimard. = Diphya tetragona, O. G. Costa. Nizza. Leuckart. Napoli. 0. G. Costa, Delle Chiaje, Keferstein cd Ehlers, A. Spagnolini, P. Pavesi. Messina. KoMiker, Gegenbaur. A Napoli è molto comune, specialmente in primavera. 2. Abyla trigona, Quoy e Gaimard. — C. Vogt. Siphon. de Nice, pag. 121-126, PI. XX, fig. 4-7, P1. XXI, fig. 3-6, 10-13. = Diphyes abyla, Quoy e Gaimard. Nizza. Vogt. Il Vogt dice (1. c.) che l’Abyla da lui trovata frequentemente 298 A. SPAGNOLINI, nella baia di Villafranca, è la stessa specie scoperta da Quoy e. da Gaimard a Gibilterra. Genere IV. Cuboides, Quoy e Gaimard. 1. Cuboides vitreus, Quoy e game. Ann. Sc. Nat., 1827, t:R po 19 CEL Cone 0ì Gibilterra. Quoy e Gaymard. Nizza. Leuckart. - Leuckart (Zur nih. Ken. der Siphon. von Nizza, p. 20), opina che il Cuboides vitreus sia un frammento dell’ Abyla pentagona (individuo sessuale staccato); il non essere tale opinione da altri partecipata (Huxley l. c.), m’induce a mantenere questo genere nel catalogo. La Cymba sagittata, Quoy et Gaim. (Ann. Sc. Nat. t. X. 1827. PI. 2, C.fir.1a9) e l’Enneagonum hyalinum, Quoy e Gaim. (1. c. PI. 2, D. fig. 1 a 6), trovate presso Gibilterra, probabilmente sono pure frammenti di Abyle. Genere V. Diplophysa, Gegenbaur. 1. Diplophysa inermis, Gegenbaur. Neue Beitrige. 1860, pag. 9. Messina. Gegenbaur. Huxley (l. c.) accetta questo nuovo genere di Gegenbaur; fa osservare però che la specie descritta offre qualche somiglianza col Cucubalus cordiformis, Quoy e Gaimard (Astrol. pl. 4, fig. 24 a 27), specie che quei naturalisti rinvennero nella rada d’Am- boina alle Molucche. Famiglia II — Mippopodiidae. — Ippopodidi. Genere I. Hippopodius, Quoy e Gaimard. i. Hippopodius luteus, Quoy e Gaimard. — €. Vogt. Siphon. de Nice, pag. 93-98. PI. XIV, fig. 7e 12. — PL XV, fig. 1e 2. CATALOGO SISTEMATICO DEGLI ACALEFI ECC. 299 = Hippopus excisus, Delle Chiaje. Hippopodius neapolitanus, Kélliker. Hippopodius gleba, Leuckart. Nizza. Vogt, Leuckart. Napoli. Delle Chiaje, G. O. Costa, A. Spagnolini, P. Pavesi. Messina. KoMker, Keferstein ed Ehlers. Diffuso in tutto il Mediterraneo e comunissimo. Dai marinai napoletani è chiamato Cianfa. | Genere II. Vogtia, Kolliker. i. Vogtia pentacantha, Kolliker. Schwimmpolypen, p. 31- SMnitoXefig sd. Messina. KoMiker, Keferstein ed Ehlers. Napoli. A. Spagnolin. Questo sifonoforo non sembra tanto comune, e, per ora, è stato trovato soltanto nel Mediterraneo. Famiglia III — Physophoridae. — Fisoforidi. Genere I. Physophora, Torskal. i. Physophora hydrostatica, Forskal. — C. Vogt. Siphon. dovNaice!p.099. DI. I. IV, V, VI - Physophora disticha, Griffith. == Physophora corona, C. Vogt. — Physophora Philippii, Kélliker. Nizza. C. Vogt, Leuckart. Napoli. Delle Chiaje, A. Spagnolini, P. Pavesi. Messina. Aollker, Keferstein ed Ehlers. Sembra che sia più comune nel Mediterraneo meridionale. Il Delle Chiaje (Memorie 1829. T. IV. p. 4. Tav. 50. fig. 11 e 12) ammette un Genere Iacemis con specie Iacemis cvalis, Delle Chiaje, e dice essere un’altra specie di Fisofora, ma siccome tanto le figure quanto la descrizione sono molto SOI o mi limito perciò a farne qui soltanto cenno. 300 A. SPAGNOLINI, Genere II. Agalma, Eschscholte. 1. Agalma rubra, C. Vogt. Siphon. de Nice, p. 62-82. PI. VII-XI. = Agalmopsis punctata, Kéòlliker. = Agalmopsis rubrum, Leuckart. = — Halistemma rubrum, Huxley. Nizza. C. Vogt, Leuckart. Napoli. A. Spagnolini, P. Pavesi. Messina. A0MWker, Keferstein ed Ehlers. Specie assai comune nelle località citate. 2. Agalma Sarsii, Leuckart. — Kolliker. Schwimmpolypen p. 10-15, taf. III = Agalmopsis Sarsii, Kolliker. Nizza. Leuckart. Napoli. Keferstein ed Ehlers, A. Spagnolini. Messina. Koliker, Keferstein ed Ehlers. Trovasi, sembra, meno frequentemente della precedente. 3. Agalma clavatum, Leuckart. Siphon. von Nizza, p. 89. Nizza. Leuckart. Osservata solo dal Leuckart e da lui ritenuta specie distinta. L’ Agalma minimum, Graeffe, sembra che sia un giovane di Agalma rubra (Keferstein ed Ehlers. 1. c. p. 25). Genere III. Apolemia, Eschscholte. i. Apolemia uvaria, Eschscholtz. — Kélliker. Schwimmp. p. 185.1. VIE: 6-9. =- Stephanomia uvaria, Peron e Lesueur. = Physophora ulophylla, G. O. Costa. Nizza. Leuckart, Vogt. Livorno. A. Spagnolini. Napoli. Delle Chiaje, G. O. Costa, Keferstein ed Ehlers, A. Spagnolini, P. Pavesi. 0 Messina. Kolliker, Gegenbaur, Keferstein ed Ehlers. CATALOGO SISTEMATICO DEGLI ACALEFI ECC. 301 È uno dei Sifonofori che trovasi più facilmente nel Mediterra- neo. Se ne vedono alle volte esemplari della lunghezza di qual- che piede. I marinari napoletani denominano le Apolemie lane di mare, e quando sono contratte, sembrano proprio fiocchi di lana nell’acqua. Genere IV. Forskalia, KoMWiker. 1. Forskalia Edwarsii, Kolliker. Schwimmp. von Messina p. 2-10, taf. 1-2. s Napoli. A. Spagnolini, P. Pavesi. Messina, Kolliker, Keferstein ed Ehlers. Specie assai comune. 2. Forskalia contorta, Leuckart. Siphon. von Nizza, pag. 350-351, taf. 8-17. = Stephanomia contorta, Milne Edwards. = Apolemia contorta, C. Vogt. Nizza. Leuckart, C. Vogt. Napoli. Keferstein ed Ehlers. A. Spagnolini, P. Pavesi. Il Vogt (1. c. p. 85) fa osservare che questa specie non tro- vasi tutti gli anni in eguale abbondanza nel mare di Nizza; a me pure accadde di notare un fatto simile in Napoli. 8. Forskalia prolifera. = Stephanomia prolifera, Milne Edwards. Ann. Sc. Nat. t. XVI (1841), p. 226, PI. 9 e 10. Nizza. Mine Edwards. Secondo il Vogt (1. c.) 1’ Apolemia prolifera non sarebbe altro che una porzione dell’ asse dell’ Apolemia (Forskalia) contorta, mancante delle placche protettrici e dei fili pescatori. 4. Forskalia ophiura, Leuckart. Siphon. von Nizza; p- 351-354, taf. XIII, XVIII-XI. = Stephanomia ophiura, Delle Chiaje. Nizza. Leuckart. Napoli. Delle Chiaje, Keferstein ed Ehlers, A. Spagnolini. Specie gigantesca, alle volte lunga ben quattro piedi. Gli 302 A. SPAGNOLINI, autori la dicono comune nel Golfo di Napoli; io ne ho veduto un solo esemplare. 5. Forskalia formosa, Keferstein ed Ehlers, 1860. Nachr. K. Soc. Gottingen, p. 261-262, e Zoologische Beitriige, 1861, p. 28. Messina. Keferstein ed Ehlers. Keferstein ed Ehlers dicono che a Messina trovasi solo in esemplari isolati, ma non vi è rara. Sono le Forskalie che i marinai napoletani chiamano pigne, ed i nizzardi penne. Famiglia IV. — Anthophysidae — Antofisidi. Genere I. Athorybia, Eschscholte. i. Athorybia rosacea, Eschscholtz. — Kélliker. Schwimm- polypen, p. 24-28. taf. — Physophora rosacea, Forskal. Napoli. Delle Chiaje, Sars. Messina. Kolliker. Sembra che questo bellissimo Sifonoforo non sia raro in autunno tanto a Napoli che a Messina, io però non l’ho trovato a NAPal 2. Athorybia heliantha, Eschscholtz. = Rhodophysa heliantha, de Blainville. Man. Ac. p. 123. PI. 2. fig. 5 Nel Mediterraneo presso Gibilterra. D’ Urville. 3. Athorybia melo, Eschscholtz. “ Ehizophysa melo, Quoy e Gaimard. Ann. Sc. Nat. t. X.:1827; PL 5; cc. = Ehodophysa melo, De Blainville. Mediterraneo presso Gibilterra. D’ Urville. Ho indicate anche queste due specie che sembrano distinte dall’ Athorybia rosacea di Eschscholtz; almeno il Lesson (Aca- lèphes p. 498 e 499), le dà come tali, CATALOGO SISTEMATICO DEGLI ACALEFI ECC, 303 Famiglia V. — Rhizophysidae — Rizofisidi. Genere I. Rhizophysa, Peron e Lesueur. 1. Rhizophysa filiformis, Lamarck. — Gegenbaur, 1853. Beitrige, p. 324-330, taf. XVIIL fig. 5-10. — Physophora filiformis, Forskal. = Epibulia filiformis, Eschscholtz. Napoli. Delle Chiaje, A. Spagnolini. Messina. Gegenbaur, Keferstein ed Ehlers. In tutte le località dove è stata veduta si è mostrata rara. Famiglia VI. — Discolabidae — Discolabidi. Genere I. Discolahe, Eschscholtz. 1. Discolabe Mediterranea, Eschscholtz. == Ehzophysa discordea, Quoy e Gaimard. Ann. SceolNatot. XXI, p: 441. PL 4, Mediterraneo presso Gibilterra. Quoy e Gaimard. Famiglia VII. — Physaliadae — Fisalidi. Genere I. Physalia, Lamarck. 1. Physalia caravella, Eschscholtz. — Quatrefages, 1854. Mem. sur l’ organisation des Physalies. Ann. des Scienc. Nat. iVsserier fp. 107-142. PI. III, n. 4. = Physalia pelagica, Lamarck. == Physalia arethusa, Tilesius. Napoli. Delle Chiaje, Sars, Gegenbaur. Messina. owalevsky. Più volte navigando nel Mediterraneo. G. Acton. Questo gigantesco sifonoforo trovasi essenzialmente in alto mare, dove vedesi riunito in grandi aggruppamenti. Se si avvicina alle coste, è solo perchè vi viene trascinato dalle correnti o spinto dalla persistenza di forti venti; allora, e specialmente durante le 304 A. SPAGNOLINI, burrasche, può essere gettato sulle spiaggie in grande quantità. Sembra che entri accidentalmente nel Mediterraneo. La Fisalia ha attirata da tempo remotissimo l’attenzione dei marinai e dei naturalisti, e la troviamo indicata con vari nomi quali Urtica marina, Galera, Caravella, Vascello portoghese. Famiglia VIII. — Velellidue — Velellidi. Genere I. Velella, Lamarck. 1. Velella limbosa, Lamarck. "= Holoturia spirans, Forskal. Velella spirans, Eschscholtz. — C. Vogt. Sipho- nophores de Nice, p. 5, Pl. I e II = Velella mediterranea, Delle Chiaje. Cc Armenistarium velella, G. O. Costa. Nizza. C. Vogt, Leuckart. S. Martino presso Mentone. Forskal. Livorno. A. Spagnolini. Genova. P. Pavesi. Napoli. Delle Chiaje, G. O. Costa, Keferstein ed Ehlers, A. Spagnolini, P. Pavesi. Messina. Kolker. Comune nel Mediterraneo. Generalmente stanno le Velelle in alto mare, ed il loro approssimarsi alla riva è piuttosto acciden- tale. Esse pure dai forti venti e dalle burrasche vengono spinte sulle spiaggie, dove alle volte i loro cadaveri vi formano dei veri ammassi. I marinai chiamano le Velelle per lo più Velette. Genere II. Porpita, Lamarck. 1. Porpita glandifera, Lamarck. = Holoturia denudata, Forskal. = Porpita mediterranea, Eschscholtz. — Kéolliker. Schwimmpolypen. p. 57-63, Taf. XII Presso Marsiglia e presso Malta. Forskal. CATALOGO SISTEMATICO DEGLI ACALEFI ECC. 305 Nizza. Leuckart. Napoli. A. Spagnolini. Messina. £oMWker, Keferstein ed Ehlers. A Napoli l’ho veduta una sola volta, a Messina non sembra rara. Ordine II. — DISCOPHORA. — Discofori. A. — CRASPEDOTA. — Craspedoti. Famiglia I. - Oceaniadae. - Oceanidi. Genere I. Steenstrupia, Forbes. 1. Steenstrupia lineata, Leuckart, 1856. Beitr. zur Kennt. der Medusenf. von Nizza, p. 29; taf. II, fig. 6. Nizza. Leuckart. Napoli. A. Spagnolini. Leuckart ne vide solo pochi individui a Nizza. È specialmente nei mesi di febbraio e marzo che nel mare di Napoli possonsi trovare queste Meduse. Tav. I. fig. 1, 2, 3, 4. 2. Steenstrupia crancides, Haeckel. Besch. neu. Crasp. Med. aus dem Golf von Nizza. Ienaische Zeitsch. fiir Med. und Natur, vol. I, fasc. 3, 1864. Nizza. Haeckel. Napoli. A. Spagnolini. Più volte osservai questa specie in Napoli. Le Steenstrupie erano credute meduse proprie dei mari set- tentrionali (Scozia, Norvegia, Islanda), ma ora sappiamo che tro- vansi anche nel nostro Mediterraneo ed in assai abbondanza. Le specie del Genere Steenstrupia, Forbes, sono meduse libere (gonofori), provenienti da polipi idrari del Genere Corymorpha, DATrs. Vel XIX: 20 306 A. SPAGNOLINI, Genere II. Kuphysa, Forbes. 1. Euphysa globator, Leuckart. Beitr. zur Kennt. der Medusenf. von Nizza, p. 28, taf. II, fig. 4. Nizza. Leuckart. Veduta una sola volta da Leuckart a Nizza. 2. Euphys: mediterranea, Haechel. Besch. neu. Crasp. Med. aus dem Golf von Nizza. Ienaische Zeitsch. fiir Med. und Natur. Vol I; fasc Apt Nizza. Haeckel. Haeckel dice che questa specie è molto rara a Nizza. Non vidi a Napoli meduse del Genere Euphysa. È stato riconosciuto che l’Euphyse provengono dai polipi idrari del Genere Syncoryne Ehrenberg. (pro parte). Genere III. Sarsia, Lesson. 1. Sarsia pulchella, Forbes. A_ Monograph of the British Naked-Eyed Medusae, pag. 57, PI. VI, fig. 3. Napoli. A. Spagnolini. Ebbi una sola volta in Napoli un individuo di questa specie, che fino ad ora, almeno che io sappia, si ritenne propria dei mari settentrionali, e specialmente fu trovata da Forbes sulle coste delle Isole Britanniche. 3 Per la descrizione di questo unico individuo raccolto, vedasi il mio Catalogo descrittivo delle Meduse Craspedote di Napoli (1. c. p. 202). Aggiungo un disegno di questa specie, vedi Tav. IP ao. Ada 2. Sarsia dolichogaster (Dipurema dolichogaster), Haec- kel. Besch. neu. Crasp. Med. aus dem Golf von Nizza. Ienai- sche Zeitsch. fur Med. und Natur. Vol. I, fasc. 3, 1364, Nizza. Haeckel. Napoli. A. Spagnolini. Haeckel trovò rara questa Medusa a Nizza. Un solo individuo fu raccolto a Napoli, del quale detti una succinta descrizione (1. c. p. 206). Unisco al Catalogo un disegno di questa specie, vedi Tav. IL. fig. 3, 3a. CATALOGO SISTEMATICO DEGII ACALEFI ECC. 307 La forma idraria da cui provengono le Sarsie, è il Genere Syncoryne, Ehrenberg (pro parte), ed anche il Genere Stauridium, Dujard., essendo dimostrato che la Sarsia turricola deriva dallo Stauridium productum di Wright. Genere IV. Zanclea, Gegenbaur. 1. Zanclea costata, Gegenbaur.. Versuch eines Systemes der Medusen. Zeitschr. fiir wiss. Zool. p. 229-230. taf. VIII, fig. 4-6. 1856. Messina. Gegenbaur. Non conoscesi l’idrosoma della Zanclea costata di Gegenbaur, però quello della Zanclea implexa delle coste d’ Inghilterra, fu chiamato Tubdularia implera da Alder, poi Coryne pelagica, briareus, implexa da Allman, e dallo stesso autore finalmente gli fu dato il nome di Zanclea implexa, comprendendo sotto la stessa denominazione la Medusa e la forma idraria. Genere V. Cytaeis, Eschscholts. 1. Cytaeis pusilla, Gegenbaur. Versuch eines Systemes der Medusen. Zeitschr. fiir wiss. Zool. p. 228-229, taf. VIII, fig. 8. 1856. Messina. Gegenbaur, Keferstein ed Ehlers. Rara a Messina. 2. Cytaeis polystila, Will. Horae Tergestinae, oder Besch- reibung und Anat. der in Herbste, 1845 bei Triest beobach. ‘ Akalephen. Trieste. Wil. Napoli. A. Spagnolini. Ne ho raccolto un solo individuo che per alcuni caratteri mi determinava a stabilire una nuova specie, ma che poi dovetti ri- conoscere appartenere alla specie trovata da Will. (Vedi Cata- logo descrittivo delle Craspedote di Napoli, p. 214-215). 308 A. SPAGNOLINI, Genere VI. Cybogaster, Huaeckel. 1. Cybogaster gemmascens, Haeckel. Besch. neu. Crasp. Med. aus dem Golf von Nizza. Jenaische Zeitsch. fiir Med. und Natur. Vol. I. fasc. 5, 1864. Nizza. Haeckel. Haeckel trovò a Nizza un solo esemplare di questa elegantis- sima medusa, sul quale fondò un nuovo genere molto affine a quello delle Cytaeis. Genere VII. Bougainvillia, Lesson. 1. Bougainvillia mediterranea, Busch. Beobachtungen ùb. Anat. und Entwickelung einiger Wirbellosen Seethiere Berlin BD Beobachtungen iiber einiger niedere Thiere Mull. Archiv. 1849. 2. Bongainvillia maniculata, Haeckel, 1864. Besch. neu. Crasp. Med. aus dem Golf von Nizza. Ienaische Zeitsch. fir Med. und Natur. Vol. I, fasc. 3. Nizza. Haeckel. Sembra che questa specie sia rarissima, almeno Haeckel la trovò tale nel mare di Nizza. x Secondo Claparède e Hincks, la forma idraria delle Bougainvil- lie è il Genere Podocoryne, Sars, del quale la specie Podocoryne carnea, Sars, dei mari del Nord, fu trovata dallo stesso autore anche nel Golfo di Napoli sulle conchiglie contenenti il Pagu- rus. Sars trovò pure a Napoli una nuova specie, la Podocoryne fucicola. Alcune Bougainvillie, quali la Bougainvillia ramosa e la Bou- gainvillia fruticosa di Allman, provengono però dal genere idra- rio Eudendrium, Ehrenberg, e dalla specie Eudendrium ramosum, Van Beneden, che abbiamo anche nel Mediterraneo e fu descritta da Cavolini (1. c.) sotto il nome di Sertularia racemosa. Genere VIII. Lizzia, Forbes. 1. Lizzia Kollikeri, Gegenbaur. Zur Lehre vom Genera- CATALOGO SISTEMATICO DEGLI ACALEFI ECC. 309 tionswechsel, und der Fortpflanzung bei Medusen und Polypen 1853 p. 175-181. taf. II, fig. 1-9. Nizza. Leuckart. Napoli. Keferstein ed Ehlers, A. Spagnolini. Messina. Gegenbaur. Questa bellissima medusa è assai comune nel Golfo di Napoli, specialmente dal decembre al marzo. Il Gegenbaur (1. c.) fa giustamente osservare che i generi Bougainvillia Lesson, Lizzia Forbes, Hippocrene Mertens, Mar- gelis Steenstrup, poco si distinguono fra loro e potrebbero essere riuniti in un solo genere. La forma idraria delle Lizzie propriamente dette, sarebbe il Genere Leptoscyphus, Allman, (Allman On the construction and limitation of genera among the Hydroida. Ann. of. Nat. Hist. May. 1864) Genere IX. Saphenia, Eschscholte. 1. Saphenia balearica, Eschscholtz. Acalephen. p. 93. — Quoy e Gaimard. Voyages de l’Uranie. pl. 84. fig. 3. p. 566. Coste di Valenza e delle Isole Baleari. Quoy e Gaimard. Genere X. Oceania, Péron. 1. Oceania pileata, Péron. — Gegenbaur, Medusen, p. 221- 223, taf. VIII, fig. 1. — Delle Chiaje. Mem. Tav. 75, fig. 3-5. = Dianea pileata, Lamarck. = Tiara papalis. Lesson. Nizza. Forskal, Leuckart, Risso, Péron. Napoli. Delle Chiaje, A. Spagnolini, P. Pavesi. Messina. Gegenbaur. Keferstein e Ehlers. È comunissima nei mesi dell’inverno e della primavera tanto a Nizza, quanto a Napoli ed a Messina. Fra i molti individui che ho studiati in Napoli, ne ho osservati alcuni forniti delle vescicole marginali che non furono vedute nè da Leuckart, nè da Keferstein ed Ehlers. Già notai questo fatto 310 A. SPAGNOLINI, nel mio Catalogo descrittivo delle Meduse Craspedote di Napoli (1. c. p. 196). Vedasi per il disegno la qui unita Tav. III, fig. 1, la, 2. 2. Oceania flavidula, Péron. — Gegenbaur. Medusa, p-:223, —- Dianea flavidula, Lamark. Nizza. isso, Péron e Lesueur. Napoli. A. Spagnolini. Messina. Gegenbaur, Kefersiein ed Ehlers. Risso dice che questa specie è comune sulle coste di Nizza nell’autunno; Keferstein ed Ehlers la trovarono rara a Messina; io pure ne ho veduti pochi individui a Napoli. Tav. III fig. 3-4. 3. Oceania coccinea, Leuckart. Medusenfauna von Nizza, p. 24. = Tiara coccinea, Haeckel. Nizza. Leuckart, Haeckel. Leuckart trovò rara questa Medusa nelle acque di Nizza, men- tre Haeckel la indica come comune nella stessa località. Leu- ckart, che descrive questa specie facendola distinta dalle altre, dice però che potrebbe essere: quella già veduta a Nizza da Risso e da lui nominata Oceania Lesueuriana. 4. Oceania smaragdina. = Tiara smaragdina, Haeckel. Besch. neu. Crasp. Med. aus dem Golf von Nizza (1. c. Vol. I, fasc. 3). Nizza. Haeckel. Trovata rara da Haeckel. 5. Oceania armata, Kolliker. Zeitschrift, p. 323. Nizza. Kolliker. | Molto assomiglia all’Occania favidula, Péron. 6. Oceania sedecimcostata, Kolliker. Zeitschrift, p. 324. Nizza. Kollker. Anche questa specie si crede una semplice varietà. 7. Oceania funeraria, Eschscholtz. Acalephen. p. 100. — Isis, XXI, 343. pl. 5, fig. 10-15. = Dianea funeraria, Quoy e Gaimard. E Tholus funerarius, Lesson. Stretto di Gibilterra. Quoy e Gaimard. CATALOGO SISTEMATICO DEGLI ACALEFI ECC. 311 8. Oceania Lesueur, Eschscholtz. Acalephen. p. 98. = Oceania Lesueuria, Risso. =é Dianea Lesueur, Lamarck. Coste di Nizza. Péron. Vedesi in primavera ed in autunno. 9. Oceania rotunda, FEschscholtz. Acalephen. p. 100. — Quoy e Gaimard. Ann. Sc. Nat. t. X, pl. 6, fig. 1 e 2 (1827). = Dianea rotunda, Quoy e Gaimard. == Pandea rotunda, Lesson. Stretto di Gibilterra. Quoy e Gaimard. 10. Oceania conica, Eschscholtz. Acalephen. p. 99. — Quoy e Gaimard, Ann. Sc. Nat., t. X, pl. 6, fig. 3 e 4 (1827). = Pandea conica, Lesson. —- Dianea conica, Quoy e Gaimard. Mediterraneo presso lo Stretto di Gibilterra. Quoy e Gaimard. Napoli. A. Spagnolini. Messina. Gegenbaur. Una sola volta, il 19 marzo 1867, ebbi in Napoli una medusa che offriva tutti i caratteri di questa specie. 11. Oceania cacuminata, Eschscholtz. Acalephen. p. 100 — Risso, Nice. p. 298. — Lesson. Acalèphes, p. 294. = Laodicea crucigera, Lesson. = Aurelia crucigera, Risso. “i Medusa cruciata ? Forskal. Nizza. isso, Forskal 2 Spezia. Panceri. Risso dice. che vedesi galleggiare alla superficie delle acque nell'autunno. Panceri la prese in autunno alla Spezia, pescandola colla draga dai fondi algosi di Lerici, a 20 metri circa di pro- fondità. 12. Oceania lineolata, Péron. — Lesson. Acalèphes. p. 318. = Dianea lineolata, Lamark. Nizza. Risso, Péron. È stata trovata non lungi dalla riva, in primavera. 312 A. SPAGNOLINI, 13. Oceania thelostyla, Gegenbaur. Versuch eines Sy- stemes der Medusen. Zeitschr. fiir wiss. Zool. 1856. p. 224. Taf. VII. fig. 9. Messina. Gegenbaur. Genere XI. Cladonema, Fo 1. Cladonema radiatum, Dujardin. Obser. sur un nouveau genre de Medusaires. Ann. Sc. Nat, II série, XX, p. 370-373. — Gegenbaur. Medusen, p. 230, 231. Messina. Gegenbaur, Keferstein ed Ehlers, Krohn. Krohn ha trovate le meduse. di questa specie molto comuni a Messina. Dalle uova di queste meduse ha visti escire embrioni ci- liati, e da questi ha veduti nascere polipi idrari del Genere Stauridium, Dujardin, i quali, alla lor volta, generavano meduse, (Ved. Krohn, Ueder die Brut des Cladonema radiatum und de- ren Entwickelung zum Stauridium. Miller’ s Archiv. 1853 p. 422) La specie descritta da Gegenbaur è probabilmente identica a questa. Non è anche bene deciso se la specie stata trovata nel mare del Nord, nella Manica e sulle coste del Belgio, sia la stessa di quella di Sicilia. Genere XII. Eleutheria, Quatrefages. 1. Eleutheria dicotoma, Quatrefages. Compt. rendus de l’Ac. des Sciences. 1842 — Ann. Scien. Nat. t. XVIII 1842. — De Filippi. Sopra due idrozoi del Mediterraneo. Atti dell’Acc. di Torino, 1865. Nizza. Krohn. Genova. De Filippi. Napoli. P. Pavesi. L'amico e collega Prof. Pietro Pavesi mi comunica per lettera alcune notizie sull’Eleutheria dicotoma, Quatrefages, che, avutone gentilmente il permesso, qui trascrivo. “ Vidi una sola volta l’ Eleutheria dicotoma Quatr. a Napoli, 1 16 Maggio 1872, e dev’ essere stata quella studiata da Cla- CATALOGO SISTEMATICO DEGLI ACALEFI ECC. Bio parède (Beob. iiber Anat. und Entw. wbell. Thiere, 1863, tav. 1) ed ha otto braccia, e non quella di De Filippi (Acad. Torino. Se- rie II. Vol. XXIII. 1865) e Krohn (Troschel’s Arch. f. Nat. 1847) che ne ha soltanto sei. Essa era in istato di gemmazione di quat- tro meduse in varj stadi di sviluppo, cioè ne produceva una ap- | pena segnata come un bottone, due altre con braccia più o meno ‘ pronunciate, ed una ben sviluppata, ma ancora congiunta alla madre. , Il Prof. Pavesi trasse di questa Eleutheria un disegno che mi concede di pubblicare. Vedi Tav. IV. fig. 2. L’Eleutheria dicotoma Quatref., è la medusa libera (gonosoma) proveniente dal polipo idrario Clavatella prolifera, Hincks (1. c. tav. XII) ed Allman (A 'monograph of Gymmnobiastice 0v Tubula- rian Hydroids 1872 London, tav. XVII). Allman dice di avere ricevuto dal prof. S. Trinchese alcuni esemplari deila Clavatella prolifera pescati a Genova. Genere XIII Chrysomitra, Gegendaur. 1. Chrysomitra striata, Gegenbaur. Versuch eines syste- mes der Medusen. Zeitsch. fiir wiss. Zool. 1856. p. 232. tav. VII. fio. 10,11. Messina. Gegenbaur. La sola specie conosciuta è del Mediterraneo. Il chiarissimo prof. P. Pavesi, nel suo articolo sui Celenterati (1. c.) dà alcune notizie circa la provenienza delle meduse di que- sta specie dalle velelle, che qui trascrivo. “ Anche le velelle e forse le porpite tra i sifonofori si molti- plicano per gemmazione, alternando con la sessiparità, come fossero dei polipi idrari non fissi, ma natanti e di forma de- terminata e stabile. Sotto il disco, all’intorno del polipite nutritore, sì osservano numerosi altri zooidi, che sono i riproduttori. Alla base di questi esistono dei piccoli grappoli, di colore giallastro, composti di gemme, che nell’epoca opportuna si allungano e prendono a poco 314 A. SPAGNOLINI, a poco la forma di vere meduse. Queste poi si staccano dalla ve- lella e nuotano libere, acquistando gli organi sessuali. Le meduse sarebbero del tipo delle Oceanidae, ed il Gegenbaur che, oltre il Vogt, fece i migliori studi su questi animali, crede che la forma medusoide della velella sia la Chrysomitra striata Gegenbaur. , Famiglia II — Thaumantiadae — Taumanziadi. Genere I. Thaumantias, Eschscholtz. 1. Thaumantias mediterranea, Gegenbaur. Medusen. Zeit- schr. fiir wiss. Zool. 1856, '‘p. 237-239, faf. VIII, fig. 1-3. = Cosmetica mediterranea, Haeckel. Nizza. Leuckart, Haeckel. Napoli. A. Spagnolini. Messina. Gegenbaur, Keferstein ed Ehlers. Haeckel la cita come rara a Nizza. È comune nelle acque di Napoli nei mesi d’inverno e di primavera. 2. Thaumantias corollata, Leuckart. Beitrige zur Kennt- niss der Medusenfauna von Nizza, p. 16-18, Taf. 1, fig. 12. Nizza. Leuckart. Messina. Keferstein ed Ehlers 2 Il Leuckart fa osservare la somiglianza che ha questa medusa colla Medusa cruciata, Forskal e colla Thaumantias pilosella, For- bes. Sembra che Keferstein ed Ehlers (1. c.) la ritenessero iden- tica alla Thaumantias mediterranea, poichè la citano nella sino- nimia di quest’ultima. È molto comune a Nizza. 3. Thaumantias punctata. | = Cosmetica punctata, Haeckel. Besch. neu. Crasp. Med. aus dem Golf von Nizza. Ienaische Zeit. fir Med. und Natur. 1864. Vol. I, fasc. 3. Nizza. Haeckel. Napoli. A. Spagnolini, Delle Chiaje ? Vidi a Napoli due Thaumantias che credo fossero di questa specie; ne detti una succinta descrizione nel mio Catalogo descrit- CATALOGO SISTEMATICO DEGLI ACALEFI ECC. 315 tivo delle Meduse Craspedote di Napoli (1. c. p. 194 e 195) e ne abbozzai un disegno Ved. Tav. IV. fig. 1, la. 4. Thaumantias dubia, Kolliker e Siebold. Zeitschrift fiir wissen. Zool. herausgegeben von Carl Theodor von Siebold und Albert Kolliker. Vierter Band. 1853. Messina. Kolliker e Siebold. A Napoli non vidi questa medusa. 5. Thaumantias leucostyla, Will. Horae Tergestinae, oder Beschreibung und Anatomie der in Herbste 1843 bei Triest beo- bachteten Akalephen. 1844. Taf. II, fig. XVI. Adriatico presso Trieste. Wall. Secondo il Van Beneden (Il. c.); del Genere Thaumantias si conosce soltanto la forma sessuale ossia il gonoforo o medusa. Invece Hincks ed anche Leuckart (l. c.) sono d’ opinione che i polipi idrari da cui provengono le Thaumantias, appartengono in parte al Genere Obelia, Péron et Lesueur (Hist. gèn. des Me- duses), ed in parte al Genere Campanularia, Lamarck. Genere II. Tima, Eschscholte. 1. Tima flavilabris, Eschscholtz, 1829. Acalephen. p. 103. Taf. VIII, fig. 3. — Delle Chiaje, 1844. Anim. senz. vert. t. IV, p. 93. = Dianea Lucullea, Delle Chiaje. Napoli. Delle Chiaje, A. Spagnolini, P. Pavesi. A Napoli vedesi più facilmente nell’ estate, ma non v'è tanto comune. I pescatori napoletani la chiamano Fungia, nome che danno anche alle Geryonie. 2. Tima Cari, Haeckel. Die Familie der Russenquallen. {e- naische Zeitsch. fiir Med. und Natur. Vol. I. fasc. 3. Nizza. Haeckel. Napoli. A. Spagnolini. Rara a Nizza ed a Napoli. 316 A. SPAGNOLINI, Genere III. Calyptra, Leuckart. 1. Calyptra umbelicata, Leuckart. Beitr. zur Kenn. der Medusen. Archiv. f.i Natur. Iahrg. 22. A. p. 14. taf. I, fig. 9.10. — Ehopalonema umbelicatum, Haeckel. Nizza. Leuckart, Haeckel. Napoli. A. Spagnolini? Nel febbraio del 1870 ebbi a Napoli una giovine medusa che credo appartenesse a questa specie. Genere IV. Phialidium, Leuckart. 1. Phialidium viridicans, Leukart, 1856. Beitr. zur Kenn. der Medusen von Nizza, Archiv. f. Natur. Jahrg. 25. p. 1, 10. = Oceania viridicans, Agassiz. Nizza. Leuckart, Haeckel. Napoli. A. Spagnolini. | Sembra che questa specie sia rara a Nizza, invece a Napoli è assai comune, particolarmente alla fine dell’inverno e nella pri- mavera. Ved. per il disegno. Tav. V. fig. 3, 3a, 4, 5, 6. 2. Phialidium .ferrugineum, Haeckel. Besch. neu. Crasp. Med. aus dem Golf von Nizza. Ienaische Zeitschr. fiir Med. und natur. 1864. Vol. I, fasc. 3. Nizza. Haeckel. Napoli. A. Spagnolini. Haeckel trovò questa medusa comune a Nizza; a Napoli è più rara della precedente. Ved. Tav. V. fig. 1, la, 2. Famiglia II. — Aequoreadae — Equoridi. Genere I. Stomobrachium, brandt. i. Stomobrachium mirabilis, Kolliker. Zeitschrift fir Wis- senschaftliche Zoologie. IV Band. p. 334. Messina. Ko00Uker. o Questa piccola medusa abbonda nelle acque di Messina. CATALOGO SISTEMATICO DEGLI ACALEFI ECC. 317 Genere II. Mesonema, Eschscholtz. 1. Mesonema eoerulescens, Brandt. — Kolliker 1853. Zeit. fir Wissen. Zool. IV Band. p. 325. Napoli. P. Pavesi. Messina. Koliker. Kolliker trovò questa specie assai comune a Messina. Pavesi la vide due sole volte a Napoli, il 28 marzo ed il 15 aprile 1872. 2. Mesonema coelum-pensile, Eschscholtz. Acal. p. 112. — Lesson. Acalèphes, 316. È indicata dagli autori come propria del Mediterraneo. Genere III. Aequorea, Lamarck. 1. Aequorea Forskalea, Péron. Ann. du Mus. t. XIV (1809) p. 336. — Lesson. Acalèphes. p. 305. = Medusa aequorea, Forskal. Nizza. Lisso, Péron. Napoli. Delle Chiaje, A. Spagnolina. In altre località del Mediterraneo. orskal. Forskal la vide più volte navigando per il Mediterraneo. Risso dice che a Nizza trovasi in primavera. A Napoli sembra piuttosto rara secondo Delle Chiaje, ed io pure l’ebbi tre sole volte dal 1865-1870. 2. Aequorea violacea, Milne Edwards. Ann. sc. nat. (2° sé- rie), t.. XVI, p. 195. — Lesson. Acalèphes, p. 306. Coste della Provenza presso Cette. Milne Edwards. Napoli. Delle Chiaje? Edwards dice che questa specie non si può confondere colle altre Equoree conosciute, che però molto somiglia all’ Aequorea Forskalea, che trovasi nei medesimi luoghi, ed all’ Aequorea ci- liata delle coste d'America. Il Delle Chiaje (1. c. p. 92) crede che l'individuo descritto da Milne Edwards col nome di Aequorea violacea e quello descritto da Eschscholtz col nome di Aequorea ciliata, siano giovani dell’Aequorea Forskalea stati pescati morti. 3. Aequorea Rissoana, Péron.—Risso. Nice, t. V. pag. 294, PI. 7. fig. 38. — Lesson, Acalèphes. p. 311. 318 A. SPAGNOLINI, Nizza. Risso, Peron. Napoli. Delle Chiaje. Il Risso trovò questa Aequorea in primavera. Delle Chiaje dice di averla veduta a Napoli una sola volta nel 1829. La provenienza delle meduse «del Genere Aequorea dai polipi idrari, che io sappia, per ora non si conosce. Il Leuckart dice che l’Equoree vanno soggette a semplici metamorfosi, il qual fatto egli ha notato nelle aggiunte che fece al Van der Hoeven (Nachtrige und Berichtigungen zu dem ersten Bande von J. v. d. Hoeven Handbuch der zoologie, pag. 37). Genere IV. Paryphasma, Leuckart. 1. Paryphasma planiusculum, Leuckart. Beitràge zur Medusenfauna von Nizza. p. 39. tav. 2*, fig. 10. 11. Nizza. Leuckart. Il Leuckart crede che 1’ Aequorea dipartita degli autori sia que- sto suo nuovo genere. Famiglia IV. — Eucopidae. — Eucopidi. Genere I. Aglaura, Péron e Lesueur. 1. Aglaura hemistoma, Péron e Lesueur, 1809. Ann. du Mus. t. XIV, p. 351. — Lesson. Acalèphes. p. 294. Nizza. Péron e Lesueur, Risso, Haeckel. Messina. Keferstein ed Ehlers. Gegenbaur. Péron e Risso la videro sulle coste di Nizza in primavera, dove pure la trovò molto comune Haeckel. Keferstein ed Ehlers di- cono che non è rara a Messina. A Napoli non m'è stato possibile averne. i 2. Aglaura Peronii, Leuckart. Beitrige zur Kenn. der Medusen. Archiv. f. Natur. Jahrg. 22. A. p. 10-14, taf. I, fig. 5. Nizza. Léuckart. L’Aglaura hemistoma è la stessa medusa che Leuckart chiamò Aglaura Peronii avendone data migliore descrizione, CATALOGO SISTEMATICO DEGLI ACALEFI ECC. 319 Genere II. Eucope, Gegendaur. 1. Eucope polystyla, Gegenbaur. Versuch eines Systemes der Medusen Zeitschr. fiir wiss. Zool. 1856. p. 242, taf. VIII, fig. 18. Nizza. Haeckel. Messina. Keferstein ed Ehlers, Gegenbaur. Trovata comune da Haeckel a Nizza, e da Gegenbaur, Kefer- stein ed Ehlers a Messina. 2. Eucope exigua, Keferstein ed Ehlers. Zoologische Bei- trige, p. 88, taf. XIII, fig. 15. Messina. Keferstein ed Ehlers. Fu presa nel gennaio. 3. Eucope picta, Keferstein ed Ehlers. Zoologische Bei- trige, 1861. p. 88, tav. XIII, fig. 11-12. Messina. Keferstein ed Ehlers. Come la precedente fu presa nel gennaio. Le forme idrarie da cui provengono le meduse del Genere Eucope, appartengono in parte al Genere Clytia, Lamouroux ed in parte al Genere Obelia, Péron e Lesueur. Genere III. Obelia, Péron. 1. Obelia gymnophtalma, Péron et Lesueur. Histoire gé- nérale et particulière de la famille des méduses. Annales du Mu- seum d’Hist. nat. T. XIV. Paris 1809. — Eucope gymnophtalma ? Nizza. Péron et Lesueur. Napoli. A. Spagnolini. Vidi in Napoli più volte, nell'inverno e nella primavera, pic- cole meduse di questa specie, delle quali ho data una breve de- scrizione nel mio Catalogo delle Craspedote di Napoli (1. c. p. 186). Ved. per il disegno la qui unita Tav. VI. fig. .1, la. 2. La for- ima idraria di questa specie è la Laomedea geniculata, Hincks. Genere IV. Sminthea, Gegendaur. 1. Sminthea globosa, Gegenbaur. Versuch eines Systèmes 320 A. SPAGNOLINI, der Medusen. Zeitschr. fiir wiss. Zool. 1856. p. 246. taf. IX. fig. 17. Messina. Gegenbaur, Keferstein ed Ehlers. Fu presa nel gennaio. 2. Sminthea campanulata, Keferstein ed Ehlers. Zoolog. Beitrige. 1861, p. 89, taf. XIV, fig. 1-2. Messina. Keferstein ed Ehlers. Keferstein ed Ehlers, che trovarono questa specie a Messina, fanno osservare che la sua collocazione nel Genere Sminthea non è certa, non avendo veduti gli organi genitali. 3. Sminthea eurygaster, Gegenbaur. Versuch eines Syste- mes der Medusen. Zeitschr. fiir wiss. Zool. 1856, p. 245. Taf. IX, fig. 14-16. Messina. Gegenbaur. 4, Sminthea leptogaster, Gegenbaur. Versuch eines Sy- stemes der Medusen. Zeitschr. fiir wiss. Zool. 1856, p. 246. Tav. IX. ii cognial RS Messina. Gegenbaur. 5. Sminthea tympanum, Gegenbaur. Versuch eines Systemes der Medusen. Zeit. fiir wiss. Zool. 1856, p. 246. Taf. IX. fig. 18. Messina. Gegenbaur. Genere V. Eurybiopsis, Gegendaur. 1. Eurybiopsis anisostyla, Gegenbaur. Versuch eines Sy- stemes der Medusen. Zeitschr. fiir wiss. Zool. 1856. p. 247-248. Tal. Vo, I2. Messina. Gegenbaur. Famiglia V. — Trachynemidae. — Trachinemidi. Genere I. Trachynema, Gegendaur. 1. Trachynema ciliatum, Gegenbaur. Versuch eines Sy- stemes der Medusen. Zeitschrift fir wiss. Zool. p. 250. taf. IX. fio. 6. — Keferstein ed Ehlers, 1861. Zoolog. Beitr. p. 90, taf. XIII. Messina. Gegenbaur, Keferstein ed Ehlers, | CATALOGO SISTEMATICO DEGLI ACALEFI ECC. DAL Genere II. Rhopalonema, Gegendaur. 1. Rhopalonema velatum, Gegenbaur. Versuch eines Sy- stemes der Medusen. Zeitsch, fir wiss. Zool, 1856, p. 251, 252, taf. IX, fig. 1-3. Nizza. Haeckel. Napoli. A. Spagnolini. Messina. Gegenbaur, Keferstein ed Ehlers. A Nizza Haeckel lo trovò raro. A_ Napoli è assai comune dal novembre all'aprile. Tav. VI. fig. 3, 30, 4, 5. 2. Rhopalonema placogaster, Keferstein ed Ehlers. Zool. belt pag. 91, taf. XIV, fis: 3, 4. Napoli. A. Spagnolini. Messina. Keferstein ed Ehlers. Due sole piccole meduse vidi a Napoli che per i loro caratteri si potrebbero riferire a questa specie, ma mancando esse degli organi della riproduzione, potrebbero anche essere stati giovani della specie antecedente. Famiglia VI. — Geryoniadae. — Gerionidi. Genere I. Liriope, Lesson. 1. Liriope (Geryonia) exigua, Eschscholtz. — Quoy e Gai- mard. Ann. Sc. Nat. t. X, pl. 6. fig. 5-6. — Lesson. Acalèphes p. 331. — Dianea exrigua, Quoy e Gaimard. Presso Gibilterra. Quoy e Gaimard. Nizza. Leuckart. Genova. Leuckart. Napoli. A. Spagnolini, P. Pavesi. Comune nelle località citate. 2. Liriope cerasiformis; Lesson. Acalèphes. p. 332. — Dianacacezigua, Var. Quoy e Gaim. Presso lo stretto di Gibilterra. Quoy e Gaim. È forse identica alla specie precedente od una semplice varietà. Vol. XIX, 21 322 A. SPAGNOLINI, 3. Liriope (Geryonia) pellucida, Will. Horae Tergestinae. p.70.1-ILcaxo: Adriatico presso Trieste. Will. Propendo a credere che questa e la specie seguente, non siano che varietà della Liriope exigua. 4. Liriope (Geryonia) planata, Will. Horae Tergestinae, p.- (9.4. Mie RITI Adriatico presso Trieste. Wall. 5. Liriope eurybia, Haeckel. Besch. neu. Crasp. Med. aus dem Golf von Nizza. Ienaische Zeit. fir Med. und Natur. 1864. Vol-I/tasc. 3: Nizza. Haeckel. Napoli. A. Spagnolini. Haeckel trovò questa specie molto frequente a Nizza. Anche a -Napoli non è rara. 6. Liriope mucronata, Gegenbaur. Versuch eines Syste- mes der Medusen. Zeitsch. fiir wiss. Zool. 103 p. 257-258. Cas VIII Ao Messina. Gegenbaur, Keferstein ed Ehlers. Fu trovata comune a Messina. Genere II. Geryonia, Péron. 1. Geryonia proboscidalis, Esch. — Gegenbaur. Versuch eines Systemes der Medusen. Zeitschr. fiir wiss. Zool. p. 254- 256, taf. VIII, fig. 16 — Lesson. Acalèphes, p. 331. c- Medusa proboscidalis, Forskal. = Dianea proboscidalis, Lamarck. =i Geryonia hesxaphylla, Cuvier. = Liriope proboscidatis, Lesson. Nizza. Risso, Leuckart. Livorno. A. Spagnolini. Genova. P. Pavesi. Napoli. Delle Chiaje, O. Costa. A. Spagnolini, P. Pavesi. Messina. Gegenbaur, Keferstein ed Ehers. CATALOGO SISTEMATICO DEGLI ACALEFI ECC. 323 Sembra assai comune in tutto il Mediterraneo e più special- mente nei mesi dell'inverno e della primavera. A questa medusa, più che alle altre, i marinai napoletani, con similitudine molto propria, danno il nome di fungia. 2. Geryonia (Carmarina) hastata, Haeckel. Besch. neu. Crasp. Med. aus dem Golf von Nizza. Ienaische Zeitsch. fiir Med. und Natur. Vol. I. fasc. 3. Nizza. Haeckel. Napoli. A. Spagnolini. Haeckel trovò questa specie assai comune-a Nizza, e nell’opera sopracitata ne dette una dettagliata e bella descrizione, facendo notare la singolare riproduzione per gemme a cui va soggetta. A Napoli la vidi più volte dal 1867-1870. Genere III. Qctorchis, Hacckel. 1. Octorchis Gegenbauri, Haeckel. Besch. neu. Crasp. Me- dusen aus dem Golf von Nizza. Ienaische Zeitsch. fiir Med. und Natur. Vol. I, fasc. 3. Nizza. Haeckel. Con questa bella specie, non rara a Nizza, Haeckel fondò una nuova famiglia, molto affine a quella delle Geryonidae, a cui dette il nome di Octorchidae. Genere IV. Eirene, Eschscholte. 1. Kirene gibbosa, Eschscholtz. System der Acalephen, p. 94. = Occania gibbosa, Péron. = Dianaea gibdosa, Lamarck. Nizza. Péron. Genere molto incerto. Famiglia V. — Aeginidae. — Eginidi. Genere. I. Cunina, Eschscholte. 1. Cunina lativentris, Gegenbaur. Versuch eines Systemes der Medusen. Zeit. fiir wiss. Zool. 1856. p. 260, taf. 2. X, fig. 2. 324 A. SPAGNOLINI, Napoli. A. Spagnolini. Messina. Gegenbaur, Keferstein ed Ehlers. Assai comune a Messina. A Napoli sembra rara, avendone ve- duti due soli individui. 2. ('unina albescens, Gegenbaur. Versuch eines Systemes der Medusen, pag. 260, 261, taf. X, fig. 3. 4. Nizza. Haeckel. Messina. Gegenbaur, Keferstein ed Ehlers. Fu trovata piuttosto abbondante a Nizza ed a Messina. 3. Cunina moneta, Leuckart. Beitr. zur Kenn. der Me- dusenf. von Nizza, Archiv. f. Natur. Jahrg. p. 36, 37, taf. I, fig:hi®: Nizza. Leuckart. Napoli. P. Pavesi. Probabilmente è identica alla Cunina albescens, Gegenbaur. Il Pavesi la vide a Napoli nel dicembre e nel marzo. 4. Cunina? costata, Leuckart. Beitr. zur Kenn. der Me- dusenfauna von Nizza, Archiv. f. Natur. Jahrg. 22. Nizza. Leuckart. Leuckart dice che a Nizza non è rara, anzi assai più comune della Cunina moneta. Ne dà notizie incomplete, tratte da figure abbozzate. Emette il dubbio se questa specie debba riferirsi al Genere Cunina. 5. Cunina discoidalis, Keferstein ed Ehlers. Zool. Beitràge. 1861. p. 95, taf. XIV, fig. 12, 13, 14. Napoli. Keferstein et Ehlers. Fu presa nel dicembre. 6. Cunina rbhododactyla, Haeckel. Besch. neu. Crasp. Med. von Nizza. Ienaische Zeitsch. fir Med. und Naturwissenschaft. 1864: Nol.}.J,\fase®3. Nizza. Haeckel. Napoli. A. Spagnolini, P. Pavesi. Haeckel la indica comune a Nizza, invece a Napoli io e Pavesi la vedemmo due sole volte i CATALOGO SISTEMATICO DEGLI ACALEFI ECC. 325 7. Cunina vitrea, Gegenbaur. Versuch eines Systemes der Medusen. Zeit. fiir wiss. Zool. 1856, p. 259-260. Taf. X, fig. 1. Messina. Gegenbaur. Genere II. Aegina, Eschscholte. 1. Aegina capillata, Eschscholtz. — Quoy e Gaim. Ann. sc. nat. t. X, pl. 6, fig. B. — Lesson. Acalèphes, p. 302. Aequorea capilata, Quoy e Gaimard. Mediterraneo presso Gibilterra, Quoy e Gaimard. — Specie assai incerta. | Genere III. Aeginopsis, Brandt. 1. Aeginopsis mediterranea, Ioh. Miiller. Ueber eine ei- genthiimliche Meduse d. Mittelmeeres u. ibren Jugendzustand Arch. f. Anat. u. Physiol. 1851, p. 272-277, taf. XI. = Campanella mediterranea, Agassiz. Nizza. Miller, Leuckart, Haeckel. Napoli. A. Spagnolini, P. Pavesi. Messina. KoMliker 2 Keferstein ed Ehlers, Gegenbaur. A Nizza fu trovata comune, a Napoli la vidi poche volte e nel- l’inverno, a Messina sembra che abbondi, a quel che ne dicono Keferstein ed Ehlers. 2. Aeginopsis bitentaculata, Kolliker. Bericht. p. 320, 321. Messina. KoMWliker. Si crede identica alla specie precedente. Genere IV. Aegineta, Gegendaur. i. ‘Aegineta sol-maris, Gegenbaur. Versuch eines Sy- stemes der Medusen. Zeitschr. fiir wiss. Zool. 1856, p. 265-266. Taf. X, fig. 4-5. = Pegasia sol-maris, Agassiz. Nizza. Haeckel. Messina. Gegenbaur. Abbastanza comune a Nizza. 326 A. SPAGNOLINI; 2. Aegineta flavescens, Gegenbaur. Zur Lehre vom Ge- nerationswechsel und der Fortpflanzung bei Medusen und Poly- pen. 1853 — Versuch eines Systemes der Medusen. Zeitschr. fur wiss. Zool. 1856. = Pegasia flavescens, Agassiz. Nizza. Haeckel. Messina. Gegenbaur. Molto comune a Nizza. 3. Aegineta prolifera Gegenbaur. Versuch eines Systemes . der Medusen. Zeitschr. fiir wiss. Zool. 1856, p. 262. Messina. Gegenbaur. 4. Aegineta corona, Keferstein ed Ehlers. Zoolog. Beitr.. l'864:-p- 94; tai XIV e 21011 Napoli. Keferstein ed Ehlers, A. Spagnolini, P. Pavesi. A Napoli vedesi dal novembre all’aprile, non è però comune. Somiglia molto all’Aegineta sol-maris di Gegenbaur, ma ne dif- ferisce per il numero delle sacche gastriche e delle vescicole marginali. 5. Aegineta gemmifera, Keferstein ed Fhlers. Zoolog. Beitr. 1861, p. 93, taf. XIV; pag. 7, 8,9. Napoli. Keferstein ed Ehlers, A. Spagnolini. Non è rara a Napoli nei mesi dell’inverno e della primavera. Somiglia all’Aegineta prolifera di Gegenbaur. 6. Aegineta rosea, Gegenbaur. Versuch eines Systemes der — Medusen. Zeit. fiir wiss. Zool. 1856, p. 261-262. Taf. X, fig. 6,7. — Messina. Gegenbaur. 7.Aegineta paupercula, Gegenbaur. Versuch eines Systemes der Medusen. Zeitschr. fiir wiss. Zool. 1856, p. 263. Taf. X, fig. 10. Messina. Gegenbaur. 8. Aegineta globosa, Gegenbaur. Versuch eines Systemes der Medusen. Zeitschr. fiir wiss. Zool. 1856, p. 263. Taf. X, fig. 8. @ Messina. Gegenbaur. 9. Aegineta hemisphaerica, Gegenbaur. Versuch eines ta Systemes der Medusen. Zeitschr. fiir wiss. Zool. 1856, p. 263. Messina. Gegenbaur. CATALOGO SISTEMATICO DEGLI ACALEFI ECC. 327 I pescatori napoletani chiamano tutte le meduse di questo Ge- nere: Soli di mare. Genere V. Foveolia, Péron. 1. Foveolia mollicina, Péron et Lesueur. — Lesson. Aca- lèphes. p. 299. | | Ea Medusa mollicina, Forskal. = Aequorea mollicina, Lamarck. Nizza. Risso. Dice Risso che comparisce in estate nelle acque di Nizza. 2. Foveolia bunogaster, Péron et Lesueur. — Lesson. Aca- lèphes, p. 30. Péron la vide a Nizza. 3. Foveolia lineolata, Péron et Lesueur. — Lesson. Aca- lèphes p. 300. Come la specie precedente fu trovata a Nizza. Famiglia VIII — Eudoridae? — Eudoridi. Genere I. Pileola, Lesson. i. Pileola Gibraltarica, Lesson. Acalèphes, p. 261. = Phorcynia pileata, Quoy e Gaimard. Presso lo Stretto di Gibilterra. Quoy e Gamard. Genere II. Phorcynia, Péron. 1. Phorcynia striata, Kolliker. Zeitschrift fiur Wissenschaft- liche Zoologie. IV Band. 1853. Messina. Kolliker. È una piccola medusa (3 linee di diametro) trovata da Kélli- ker una sola volta a Messina. 328 A. SPAGNOLINI, APPENDICE. GENERI D’INCERTA SEDE. Genere. Mitrocoma, Haeckel. Mitrocoma Annae, Haeckel. Besch. neu. Crasp. Med. aus dem Golf von Nizza. Ienaische Zeitsch. fiir Med. und Natur. Vol. I, fasc. 3. 1864. Nizza. Haeckel. Haeckel non sa bene in quale famiglia collocare questo nuovo Genere; dice che per l’aspetto generale somiglia una medusa del Gen. Tiaropsis, Agassiz (Famiglia delle Thaumantiadae, Gegen- baur), ma ne differisce per la struttura delle vescicole marginali, dello stomaco e dei tentacoli. Haeckel la trovò piuttosto co- mune a Messina. Genere. Mnestria, Krohn. Mnestria parasitica, Krohn. Wiegmanns’ und Troschel’s Arch. f. Naturg. 1853, p. 278-281. = Mnestra parasttes. Napoli. P. Pavesi, Panceri, Lankaster. Il prof. P. Pavesi mi scrive di avere osservato in Napoli (12 marzo 1872) il caso del parassitismo delle meduse di questa specie sopra la Phyllirhoe bucephala; le piccole meduse parassite erano due, senza tentacoli e con quattro canali radiali; aggiunge inoltre che quasi contemporaneamente il prof. (Dr.) Lankaster di Londra gli co- municò d’ aver veduto altre quattro meduse nelle stesse condi- zioni. Anche il prof. P. Panceri notò questo parassitismo della Mmnestra più volte. Krohn descrive la sua Mnestra parasites in un articolo che porta per titolo: Ueber die Natur des kuppel- formigen Anhanges am Leibe von Phyllirhoe bucephalum (1. c.). Il Krohn accenna soltanto che questa medusa /appartiene alle Gimnoftalme (Gymnophthalmata = Discophorae cryptocarpae) baia n n alli CATALOGO SISTEMATICO DEGLI ACALEFI ECC. 329 ed infatti mancano caratteri per meglio determinare la famiglia, essendo queste piccole meduse mancanti di tentacoli ed organi genitali, a quello che sembra. Genere. Eurystoma, KoWker. Eurystoma rubiginosum, Kolliker. Zeitschrift fir Wissen- schaftliche Zoologie. IV. Band, p. 322. Messina. KoMliker. Questa piccola Medusa (diametro 5 a 6 linee) è comune a Mes- sina. Genere. Pixidium, Leuckart. Pixidium truncatum, Leuckart. Beitràge zur Kenntniss der Medusenfauna von Nizza, p. 31, taf. II, fig. 7. Nizza. Leuckart. Leuckart non seppe in quale famiglia collocare questa medusa, a causa della mancanza degli organi genitali, della cavità nata- toria, dei canali radiali e delle vescicole marginali; potrebbe darsi che fosse un frammento di sifonoforo, oppure qualche giovane medusa in via di sviluppo. Genere. Stenogaster, Kolliker. Stenogaster complanatus, Kolliker. Zeitschrift fur Wissen- schaftliche Zoologie. IV. Band, pag. 323. Messina. Kollker. Lo Stenogaster complanatus fu una sol volta trovato da Kolli: ker nello stomaco dell’Eurystoma rubiginosum; ha una linea di diametro. Genere. Pachysoma, KoMWiker. Pachysoma flavescens, KoMWMiker. 1853. Zeitschrift fiir Wis- senschaftliche Zoologie. IV. Band, p. 322. Messina. Kolliker. - È comune a Messina, ha un diametro di 5 a 6 linee. Tavola I. de E; 9. 3 4, Tavola II Fig. 1. 1.a Di 5) 3a. Tavola IIL Mp1. 1.0 2. 3. d.4 Tavola IV. Fig. 1. 1.0 2: Tavola V. Fig. 1. 1.0 2. 3. D:4 4, 6. 6. | INDICE DELLE TAVOLE. . Dipurema dolichogaster, Haeckel. 5 / i. Jac fe Ch | SPAGNOLINI, det Steenstrupia lineata, Leuckart. Tentacolo isolato della stessa. Dimensioni. Porzione del tessuto della campana. | Sarsia pulchella, Forbes. Dimensioni. Tentacolo ed ocello della Ta Dimensioni. Oceania pileata, Péron. Dimensioni. 3 Base di un tentacolo, ocello e vescicola mar- ginale della stessa. Ra Oceania flavidula, Péron. Dimensioni. Fd Thaumantias (Cosmetica punctata, Tese È Dimensioni. Eleutheria dicotoma Quanta Phialidium ferrugineum, Haeckel. Dimensioni. agri Organo genitale maschile e tentacolo dello stesso. Phialidium viridicans, Leuckart. Dimensioni. 387 Vescicole marginali e basi dei tentacoli. Organo genitale femmineo dello stesso. Porzione d’un tentacolo. vo X tav 1° N Aso alive -Meduse ini Spagnol za: > i: n dx & e cai Ia IR SGREIO a sd apri Pi ian Ren nica rei stria ERI Ti Pat " hd Il ANTA IR HRIA) Ur; a; Atti Soc.Ital. Sc. Nat. Vol, XIX tav.2 Spagnolini-Meduse. Milano. lit Ronchi 1 ge Raro 9 LEA . gta DI CI av Vat.Vol XIX t nre Li fi, lini-Meduse agnolini DE SL ORPATTI e RI i ES [to ] = (=) Da 5 QI [<©) (e las) d 4 Nat. Vol.X]X tav. Sc ditole tti Soc A Spagnolini- Meduse. - CRE SPE SENO Lie ra RANE sa 7° Milano,Lit Ronchi at. Vol XIX. tav.5 5 { tal.Sc.\ Atti SOC [ pers ME i) BR e Seti edazi Pd E —_ NRE mati tO, A tie MITO He di De MI i] CATALOGO SISTEMATICO DEGLI ACALEFI ECC. SS; Tavola VI. Fig. 1. Obelia gymnophtalma, Péron. 1.a La medesima, grandezza naturale. 2. Tentacolo e vescicola marginale della stessa 5. Ehopalonema velatum, Gegenbaur. 3.a Dimensioni. 4. Tentacoli, vescicola marginale e velo. 5. Tentacolo isolato e molto ingrandito. BIBLIOGRAFIA. Almann. On the construction and limitation of genera among the Hydroida. Ann. of Nat. Hist. May, 1864. id. Notes on the Hydroids. Ann. of Nat. Hist. Iune, 1865. id. A monograph of Gymnoblastic or Tubularian Hydroids. London, 1872. Blainville Henri Marie. Manuel d’ Actinologie ou de Zoophytologie. Paris, 1834. Bronn. Die Klassen und Ordnungen des Thier-Reichs. Actinozoa. Leipzig, 1860. Busch W. Beobachtungen iiber Anatomie und Entwickelung einiger Wirbellosen Seethiere. Berlin, 1851. Cavolini Filippo. Memorie per servire alla storia de’ Polipt marini. 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Gegenbaur, Zur Lehre vom Generationswechsel und der Fort- pflanzung bei Medusen und Polypen. 1855. id. Versuch eines Systemes der Medusen, mit Beschrei- bung neuer oder wenig gekannter Formen; cugleich ein Beitrag zur Kenntniss der Fauna des Mittelmeeres. Zeitschrift f. wissensch. Zoo- logie v. C. Th. v. Siebold u. Kélliker VIII. Bd. 2 Hft. 1856. Giglioli E. La fosforescenza del mare. Note pelagiche ed osserva- gioni fatte durante un viaggio di circumnavigazione 1865-1868. Bol- lettino della Società Geografica Italiana. Fasc. IV. Marzo 1870. Haeckel E. Die Familie der Riissenquallen. Ienaische Zetitsch. fiir Med. und Natur.. Vol 1, fase. 3, 1864. Id. Beschreibung neuer craspedoter Medusen aus dem Golf von Nizza, Ienaische Zeitsch. fir Med. und Natur. 1864. Hineks Ih. A History of the British Hydroid Zoophytes. London, 1868. Huxley I. H. l'he Oceanic Hydrozoa, a description of the Caly- cophoridae and Physophoridae observed during the voyage of H. M. Lattlesnake in the years 1846-1850. 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Voyages de VUranie et de V Astrolabe. 1822- 26 avec les observations zoologiques faites è bord de l Astrolabe en mai 1826, dans le détroit de Gibraltar, extr. Ann. Sc. Natur. Janvier, 1827, avec pl. color. Spagnolini A. Catalogo degli Acalefi del Golfo di Napoli. Atti della Società Italiana di Scienze Naturali. Parte Prima: Stifonofori, Vol. XIi. Fasc. III. 1870. Parte Seconda: Discofori (Meduse cra- spedote) Vol. XIV. Fasc. III. 1871. Van Beneden P. J. Recherches sur la Faune littorale de Belgique. Polypes. Bruxelles. 1866. Will. Horae T'ergestinae, oder Beschreibung und Anatomie der im Herbste 1843 bei Triest beobachtenten Akalephen. 1844. ALCUNE OSSERVAZIONI SUL FERRETTO DELLA BRIANZA DEL Professore T. TARAMELLI. (con una tavola) (Seduta del 30 luglio 1876.) Nell’altopiano milanese, tra 1’ Adda e il Ticino, ove si sten- dono più inclinàte e meno fertili le alluvioni delle correnti se- condarie intermedie a questi due fiumi, si presentano eziandio alcuni lembi di un terreno assai distinto per colorito, per strut- tura e composizione, nonchè per la assai scarsa sua produttività agraria. Lo si distingue generalmente col nome di Ferretto, e quantunque questo nome venga dato anche ad altri terreni assai meno ocracei, tuttavia io credo si debba conservare, non poten- dosi sostituire un altro nome più semplice e parimenti inteso. Questo terreno si presenta alla superficie come un’argilla ge- neralmente assai fina, intensamente colorata in gradazioni dal rosso mattone al giallo d’ocra, con chiazze azzurrognole qua e là, con straterelli biancastri o con nuclei color terra d’ ombra. Le varietà molto colorate si prestano assai bene alla fabbrica- zione dei laterizii, i quali spesso sortono dalla fornace con un colorito rosso vinato assai caratteristico; le varietà più scialbe, assai plastiche e finissime, servono invece per majoliche, rimpiaz- zando le terre di Vicenza e di Biella. f A primo aspetto, quest’ocra presenta un’apparente analogia col deposito siderolitico, che occupa un’estensione grandissima alle falde delle Alpi orientali nella Dalmazia e nella Grecia, e T. TARAMELLI, ALCUNE OSSERVAZIONI SUL FERRETTO ECC. 335 che ricompare al di qua dell’ Adriatico sulle rocce calcari eoce- niche e cretacee della Terra di Lavoro, nella Romagna e nella Toscana. Ma in realtà il Ferretto lombardo differisce dalla Terra Rossa per assai minore contenuto di sesquiossido idrato di ferro e per non presentare giammai quelle pisoliti e quelle agglome- razioni oolitiche e botroidali, che al terreno siderolitico assicu- rano l’origine endogena, come ho procurato di dimostrare in una Nota comunicata tre anni or sono a questa Società. Osservansi bensì anche nel deposito lombardo degli straterelli limonitici si- mili al caranto, dello spessore di oltre un centimetro e della esten- sione di qualche metro; ma questi straterelli, generalmente ab- bondanti soltanto nelle porzioni superiori e rimestati della for- mazione in discorso, esistono altresì negli strati più profondi delle superiori alluvioni. Accennano evidentemente ad una fissa- zione di limonite dovuta ad azione organica; sia per organismi che si vestivano di un involucro ferruginoso, sia per sostanze organiche vegetali, che lentamente si decomponevano e si pseudo- morfizzavano. La formazione del Ferretto, come distinta per colorito e com- posizione e perchè alimenta numerose fornaci ed anche perchè il terreno da esso costituito, sia al piano come al colle, non con- sente altra vegetazione oltre l’ erica ed il pino (d’onde quel ca- rattere di paesaggio assai marcato e distinto col nome di Groana), non sfuggì certamente all'attenzione dei geologi. Infatti il dili- gentissimo Scipione Breislack ne discorre ampiamente nel capi- tolo III, consacrato alle Argille, della sua Descrizione geologica della Provincià di Milano; ne descrive la varietà di colorito e di struttura, ne riconosce la natura chimica, vi rimarca la presenza di materiali alpini in istato di estrema decomposizione, ed anche in rapporto all’ origine sua non moltolfiiscorda da quanto io sarò per dire. Onde l’argomento si potrebbe ritenere esaurito, almeno pel geologo, se non si connettesse con altre questioni, non an- cora aperte ai tempi del Breislack e tuttora non molto chiarite, sulla serie dei fenomeni posterziari nel versante meridionale delle Alpi; alle quali questioni potrò portare col presente scritto qual. 336 T. TARAMELLI, che vantaggio, se perverrò a stabilire la posizione stratigrafica ed i rapporti cronologici di questo singolarissimo terreno, od anche soltanto se otterrò che esso non sia dimenticato in un momento che lo studio dei terreni posterziari, ‘come la più splendida ap- plicazione . della dinamica terrestre, forma una delle parti più brillanti e più sicure della scienza geologica. E devo grazie al- l’amico prof. Sordelli per avermi fatto sorgere il desiderio di occuparmi di tale ricerca con una nota alla sua seconda Memoria sulla Fauna di Cassina Rizzardi; come ringrazio il molto reve- rendo sig. prof. Mercalli per avermi gentilmente accompagnato in alcune escursioni e per aver messo a mia disposizione i dati da lui raccolti. Uno studio completo di questo deposito potrà in avvenire far parte d’una dettagliata monografia del Sistema continentale del- l'Alta Italia; opera che da parecchi anni io vagheggio, e per la quale raccolsi materiali abbondanti e desidero meglio assicurate le basi teoretiche, colla soluzione delle questioni d’ ordine gene- rale che tuttora si dibattono. Frattanto ho affidati alcuni cam- pioni dell’argilla in discorso e delle rocce che essa contiene, al chiarissimo signor professore comm. Brugnatelli, colla preghiera che voglia istruir sopra essi le convenienti analisi chimiche. Al presente conosco e descrivo solamente cinque lembi di Fer- retto, che sono l’uno dall'altro separati per alluvioni glaciali o posglaciali, ma che potevano, anzi dovevano formare un unico de- posito, assai fortemente inclinato da nord e sud e limitato dalle due conoidi di dejezione dell’ Adda e del Ticino. Il Lambro, il Seveso, la Lura e l’Olona, hanno tolto la continuità e sepolto gran parte del deposito; limitando gli accennati cinque lembi, i quali, da le- vante a ponente, si presentano circoscritti e caratterizzati nel modo seguente: » Un primo deposito si incontra a tramontana di Monza, nelle leggere ondulazioni di terreno a ponente della strada postale, prima di Usmate. Il Lambro ne lambe il limite occidentale ; in- cidendone tutto lo spessore e mettendo allo scoperto, anzi intac- cando il conglomerato pliocenico, che si osserva più a monte lungo ALCUNE OSSERVAZIONI SUL FERRETTO ECC. 337 tutta la vallata del fiume, sino a Nobile di Inverigo. Di questo conglomerato, delle sue varietà e delle sue cave molto discorre il Breislack nel Capitolo IV dell’opera accennata, associandolo, a ragione, a quello di Trezzo e di Brembate. Un secondo lembo si osserva a levante del Torrente Seveso, nell’area trapezoidale tra Meda, Figino, Brenna e Carrugo, e quivi la formazione dispiega tutto il carattere distintivo di colo- rito e di vegetazione. Nei punti più elevati e verso gli orli dell’af- fioramento, come pure nelle vallicole, che lo solcano e che met- tono tutte nel Torrente Terrò, si rimarca una prevalenza di ma- teriali alpini in ciottoli di mezzana grandezza, sempre rotolati e più o meno alterati alla superficie. Evvi poi una profonda de- pressione, che decorre da nord a sud-est-sud, dal Molino Rogoredo di Alzate sino a Mariano e che attraversa tutto lo spessore del Ferretto; raggiungendo il sottoposto conglomerato, analogo a quello del Lambro. Questa depressione servì indubbiamente in epoca pos- glaciale a scaricare in parte le acque del bacino lacustro-more- nico, nel quale stagnano tuttora i laghi di Pusiano, Alserio e Mon- torfano. Lungo le sue sponde, nei dintorni di Brenna, ho osser- vato la seguente serie di depositi, della complessiva potenza di circa 65 metri: 1.° In alto, morene caotiche, a grossi elementi angolosi, tra cui distintivi i serpentini, il serîzzo ghiandone e le dioriti, così vaghe e così varie della Valtellina; della potenza in questo punto di circa 20 metri. 2.° Strato di 10-15" di Ferretto, con ciottoli di elementi al- pini più o meno alterati. 3.° Sabbie sciolte, passanti al precedente. 4.° Conglomerato assai tenace, ad elementi prevalentemente calcari, con cemento arenaceo, spatico, identico a quello di Car- rugo, Briosco ed Inverigo. Nel traforo del pozzo di Brenna, per quanto ho potuto raccogliere dai testimoni oculari della sua esca- vazione, si attraversò ad un dipresso la stessa serie e si vide come il conglomerato non formava una massa continua, ma si alternava con sabbia e ghiaja, sì da richiedere a più riprese il rivestimento del Vol. XIX 22 338 T. TARAMELLI. pozzo. Tale condizione pare comune a tutta la formazione alluvio- nale, che sta sotto a terreni evidentemente glaciali a ponente del- l’ Adda; ma non credo che essa costituisca per questa differenza un orizzonte geologicamente diverso da quello del Ceppo di Brembate; essendo assai meno importante il grado od il modo della cementazione in confronto della natura della alluvione, ce- mentata 0 meno. Questa alluvione è sempre con elementi preal- pini, prevalentemente calcari e diversissimi da quelli, che entrano nelle formazioni più recenti, alluvionali o moreniche. Non man- cano elementi granitici, gneisici e porfirici; nè sempre possiamo comprendere come possano trovarsi per puro trasporto fluviale; ma conosciamo noi a sufficienza la idrografia preglaciale per me- ravigliarci di tale nostra ignoranza? Dal complesso delle analogie e dai rapporti stratigrafici risulta che tanto il conglomerato del Lambro come quello dell'Adda appartengono ad un periodo an- teriore al glaciale, e ritengo questione puramente di nomi il chia- mare tale periodo pliocenico anzichè preglaciale". Un terzo lembo, assai più vasto, si estende a ponente di Bar- lassina col vasto altipiano della Groana, sopra un’area elittica, molto allungata da nord a sud, di circa 12 miglia quadrate; lo delimitano le alluvioni terrazzate del Seveso e della Lura. Questo altipiano non è in realtà più elevato dell'asse delle due conoidi di dejezione degli accennati torrenti; ma sul margine di esse si eleva in media da 10 a 15 metri, in guisa da presentarsi come 1 In altro mio scritto, che ha qualche rapporto colle questioni qui trattate, ho par- lato a lungo di una alluvione preglaciale nel versante meridionale delle Alpi, spesso confondendola con alluvioni più antiche del periodo messirniano e persino del periodo miocenico. Ma posteriormente, almeno per la regione tra il Brenta e l’Isonzo, procu- rai di spiegarmi un pò meglio in una monografia dei terreni alluvionali e morenici del Friuli (Udine, tip. Seetz 1875); proponendo il nome di conglomerato inframore- nico per questa alluvione precisamente formatasi durante od appena prima la espan- sione, che fu certo lentissima, dei ghiacciai alpini. Sicuramente anche in questo senso rimane ancora la sinonimia coll’epiteto di plioceniche, ritenuto il periodo dell’Astiano superiore come immediatamente anteriore al primo periodo glaciale. Il chiarissimo prof. Stoppani ha poi giustamente allargato i confini di questa importante forma- zione, sulla quale richiamo l’ attenzione specialmente dei geologhi forestieri, che si occupano di questi terreni nell’alta Italia. ra ALCUNE OSSERVAZIONI SUL FERRETTO ECC. 339 un distintissimo rilievo da tutti i paeselli che lo circondano. Sol- cano questi lembi di Ferretto parecchie vallicole, di cui sono a ricordarsi quelle della Galbuzzara, della Limbia e del Tirone; le quali tutte mettono le loro acque, più o meno temporanee, nella rete di canali irrigatorii, che appena sotto si distende. Queste val- licole non solcano il deposito tanto profondamente da mostrarne la base, costituita dal conglomerato; questo però affiora coi me- desimi caratteri di sopra accennati lungo le falde orientali della Groana da Cesano-Maderno a Birago, e più a tramontana, sotto la morena, all’abbadia di Vertemate. Lo incontrano poi tutti i pozzi scavati tanto dal lato opposto, quanto nell’altipiano stesso della Groana. Quello, a cagion d'esempio, fatto costrurre ‘dal si- gnor Dott. Domenico Madini nella sua villa presso Seveso, ha attraversato, secondo i dati comunicatimi dal gentilissimo pro- prietario, le seguenti serie: Ferretto con sabbia alla base (. . . . . Metri 22 Conglomerato 240 AMIR IRAP E DM RE Sabbie e ghiaje con piccoli letti di conglomerato , 29 COIPIOMEFATO COMPALbO e n 6 ORA E e) 0 Metri 62 I pozzi nella circostante pianura, verso Desio, Bosisio e Sere- gno, trovano pure banchi di conglomerato potenti da cinque a dieci metri. Un quarto lembo, di Ferretto ancora più vasto e più po- tente, affiora a nord-est della strada postale di Saronno a Varese, trai corsi dei due confluenti di sinistra del Fiume Olona, il Qua- dronno ed il Bozzente. Vi sorgono i paesi di Tradate, Venegono, Castelnovo, Berigazzo, S. Bartolomeo, Lurate-Marinone, Abbiate- Guazzone e Mozzate. Anche a tramontana di Cirimido e Lomazzo sporgono alcuni monticoli di Ferretto. Le così dette Cento-valli, le quali mettono nel Gradeluso, nel Bozzente e nella Roggia di Tradate, incidono assai profondamente la massa del terreno incoe- 340 © ©. TARAMELLI, rente ed un’ampia estesa di pinete ricopre quella superficie di suolo così dolcemente accidentato di circa 16 miglia quadrate; ovunque presentandosi ad un dipresso le stesse condizioni di ter- reno. A Berigazzo, presso la Velza e verso S. Bartolomeo, si osser- vano banchi di argilla azzurrognola e grigiastra, alternati coll’ scra e quelli della Velza sono lavorati per materiali di stoviglia dal si- gnor Gondani Giuseppe di Lurate. A Castelnovo, Berigazzo, 01- trona ed Appiano, la formazione scompare sotto le morene, quivi allineate nella cerchia più esterna dell'anfiteatro morenico del Lario. Non ho potuto verificare nella breve mia dimora in quei dintorni se le accennate vallicole raggiungano il conglomerato terziario. Lo vidi però affiorare più a tramontana presso Lurate Abbate e colla considerevole potenza di almeno 60 metri nei dintorni di Varese, superiormente alle Sabbie gialle ricoprenti le note ar- gille della Folla e del Faido; e quivi osservai come esso conglo- merato, tranne che in alcuni lembi prossimi alle incisioni più strette e più profonde (come per esempio a Valmejo e presso S. Fermo di Varese) non sia punto spostato dalla sua originaria orizzontalità; mentre la sottoposta formazione delle argille az- zurre plioceniche presentasi leggermente ma evidentemente incli- nata. Nè sembrami facile decidere se e per quanto ciò dipenda dalla inclinazione originaria del fondo marino, nel quale dispo- nevansi le argille, oppure da uno spostamento concomitante il sol- levamento pospliocenico. Quivi il conglomerato presenta quasi esclusivamente elementi calcari; ma pur contiene qualche porfido e qualche ciottolo di gneiss. Lungo la valle dell’ Olona, nel tratto da Castiglione a Gorla, quest’ alluvione terziaria ricompare assai potente e sempre caratterizzata dall’abbondanza dei calcari. Presso Vico-Seprio, se ne vede una bella sezione lungo la strada per Torba e si rimarca come si alternino degli strati ancora in- coerenti di sabbia e di ghiaja con banchi di conglomerati e di un’arenaria così tenace da ricordare al tatto e al suono sotto il martello, le più compatte arenarie delle Alpi. Manco di dati per conoscere sino a quale profondità questa formazione si spinga; ALCUNE OSSERVAZIONI SUL FERRETTO ECC. 341 ebbi solo la conferma del fatto che, tanto verso Tradate come nel piano più a levante, i pozzi la incontrano sempre e della stessa natura. Finalmente un ultimo lembo di Ferretto si estende da Galla- rate alla valle dell’ Olona, tra le alluvioni terrazzate di questo fiume e la cerchia più esterna dell’ anfiteatro morenico ticinese, la quale passa per Carugo, Castelseprio e Caronno. La potenza del deposito è quivi poco minore che a Tradate; specialmente nell’isolato gruppo di colli di Rovato, ove misura almeno 80 me- tri sopra il piano del conglomerato. In complesso questi cinque lembi, idealmente congiunti col rico- strurre le porzioni erose, rappresentano una massa di Ferretto . di circa 800 chilometri quadrati, la quale affiora dalle alluvioni terrazzate dell’altipiano milanese, con una superficie assai più inclinata a valle, dai 300 ai 130 metri sul livello marino attuale. Mentre le alluvioni hanno al massimo una pendenza del 7 per mille, la superficie della massa del Ferretto, misurata da Beri- zago ai dintorni di Garbagnate, inclina quasi del 12 per mille e forse non è molto diversa la sua pendenza da quella del con- glomerato dell’Adda, nei dintorni di Vaprio e Trezzo. À monte ha una potenza di almeno 80 metri; ma anche presso la parte mediana è già ridotta ad una media di 20, che si potrebbe adot- tare per tutto il deposito, volendo formarsi un’idea approssima- tiva di questa massa. Questa ad un dipresso equivarrebbe ad una collina alta trecento metri sopra una base quadrupla dell’area di Milano. In vero è una massa ingente, che certo equivale al volume di uno dei più vasti apparati morenici prealpini. Ignoro se a ponente di Gallarate ed oltre il Ticino siavi altro affioramento di Ferretto o del conglomerato, che lo sostiene ; ma ritengo abbastanza probabile che sieno entrambi stati rico- perti da tanto spessore di alluvione di sfacelo morenico del Ti- cino, da non esser poi stati raggiunti ed intaccati dal profondis- simo terrazzamento, che il fiume ha praticato nell’alluvione stessa in epoca posglaciale. Nè tale potenza deve sorprendere qualora si pensi che il sistema alluvio-morenico di questo fiume 342 T. TARAMELLI, non fu disturbato da quelle accidentalità orografiche, le quali causarono più a levante il rimaneggiamento e la più estesa di- spersione del materiale incoerente del bacino lariano. Anzi questo spessore così ragguardevole di alluvioni spettanti al periodo degli anfiteatri morenici, considerata l'ampiezza del bacino idrografico ticinese, trova perfetta corrispondenza collo sviluppo delle conoidi tanto alluvionali che di sfacelo morenico allo sbocco delle altre vallate dell’ Alta Italia, dalla Stura all’Isonzo. Il signor Gastaldi ne’ suoi lavori parla frequentemente di alluvioni cementate o meno, che sopportano le morene degli anfiteatri piemontesi; ma non credo che abbia voluto scorgervi una formazione diversa dal Diluvium, che quivi si stende sulle Sabbie gialle. È assai proba- bile però che ovunque sboccano valli alpine o prealpine nell’area occupata prima dal mare e quindi dagli estuari pliocenici, si for- massero ancora in epoca terziaria e si continuassero durante l’a- vanzamento dei ghiaccia] delle conoidi di dejezione, sulla cui im- portanza orografica nella delimitazione dei bacini lacustri, ho in- darno chiamata l’attenzione dei geologi in alcuni miei scritti. Nel Veneto e nelle provincie del Litorale, come tutto all’ ingiro delle Alpi, ove il mare erasi ritirato sin dall’epoca miocenica, questa alluvione si confonde colle potenti formazioni dei conglo- merati neocenici e solo si può distinguere con un accurato stu- dio delle condizioni stratigrafiche, che io ebbi opportunità di fare soltanto pel picciol tratto tra il Piave e l’Isonzo. Però ri- terrei di massima importanza lo estendere tale distinzione al- meno a tutta la valle Padana; specialmente allo scopo di stabi- lire i rapporti tra le varie forme di dejezioni continentali, for- matesi sui due opposti versanti di essa valle allo scorcio dell’e- poca terziaria. Tornando al soggetto del presente scritto, poichè abbiam visto le condizioni di affioramento e di superficie della formazione del Ferretto, converrà che ne esaminiamo la struttura, onde dedurne l'origine e tentare di stabilirne i rapporti cronologici. Alla su- perficie il Ferretto è costantemente un’argilla, o meglio un’ocra più o meno fina. Alle meteore si scolora, come fanno anche le ALCUNE OSSERVAZIONI SUL FERRETTO ECC. 343 argille plioceniche e le argille scagliose dell’ Appennino. Già alla superficie si rinvengono però, come dissi, dei ciottoli alpini, evi- dentemente prima contenuti nel deposito e lungo le vallicole e rasente 1 margini degli accennati lembi, ove fu questo deposito eroso dalle correnti, che nei periodi glaciale e posglaciale de- positarono le justaposte alluvioni, i ciottoli abbondano maggior- mente, pel lavaggio che esso ha quivi subìto. Questi ciottoli sono sempre tondeggianti, grossi al massimo un mezzo metro e tutti di provenienza alpina. I calcari sono estremamente rari; i graniti 1 gneiss, i micascisti sono abbastanza. comuni, ma tutti più o meno alterati; le amfiboliti, le pietre verdi, le quarziti, sono quasi in- tatte; i massi porfirici, sempre profondamente alterati, alla su- perficie sono assai scarsi. Se noi esaminiamo le sezioni di fresco praticate nella forma- zione in discorso, rimaniamo colpiti da un altro fatto, che fu pur avvertito, ma incompletamente o meglio troppo difficilmente spie- gato dal Breislack. Allora si osserva come non si abbia a che fare con una massa originariamente ocracea, con disseminati de- gli elementi alpini; sibbene con una alluvione ghiajosa e ciotto- losa di elementi alpini, de’ quali i più ricchi in feldspato ed in specie i porfirici ed i felsitici, sono in uno stato di completa cao- limizzazione. Quando si estraggono ancora umidi dal terreno, sono scuri, rosso-violacei, bruni, variegati, colle sezioni evidentissime dei cristallini ortosici convertiti in argille. Asciutti, si scolorano e si fanno leggerissimi; ma sempre si ponno facilmente tagliare col coltello e sotto il taglio sentonsi scricchiolare i granelli ed i cristallini non decomposti di quarzo. I graniti, quando sono in massi alquanto grossi, sono decomposti e disaggregati nella por- zione periferica ed ancora compatti all’interno; i gneiss sono bu- cherellati e spesso si sfasciano sotto le dita ed hanno al pari dei graniti la loro mica sciolta ed ingiallita. Il signor Breislack, per spiegarsi tale alterazione, ricorre alla decomposizione di piritìî, che immagina abbondantemente conte- nute in origine negli elementi di questa alluvione. Ma tale ipo- tesì non è punto necessaria; quantunque anche la decomposizione 344 T. TARAMELLI, delle piriti, abbastanza frequenti specialmente nei graniti, avrà contribuito alla disaggregazione fisica e meccanica del deposito e più ancora ad aumentarne il contenuto di ferro limonitico. Il fe- nomeno essenziale però è la decomposizione e la soluzione degli elementi alcalini, esercitata sulle rocce feldspatiche dalle acque che lentissimamente infiltravano. È un caso, del resto, molto ovvio di caolinizzazione, che però non cessa dall’ essere importantis- simo, almeno per la grandiosità del suo effetto. Esso presenta eziandio l'interesse di ur argomento molto valido per assegnare al deposito una maggiore antichità in confronto delle morene degli anfiteatri prealpini, le quali specialmente pel Ticino e per 1’ Adige sono tanto ricche di porfidi, senza esser per questo convertite in ammassi di ocra 4. Potrebbe darsi che la mancanza di ciottoli calcari abbia contri- buito.a permettere questa decomposizione, nel senso che essa rese impossibile la formazione di un cemento, che si sarebbe indubbia- mente formato e deposto per quegli stessi processi che diedero la caolinizzazione dei feldspati; ma osservo che poco avrebbe gio- vato una teca di calcare per impedire tale alterazione. Infatti anche i ciottoli porfirici e granitici dei conglomerati sottoposti al Ferretto, come si osserva ad Inverigo, a Carrugo e lungo l’Olona, sono assai profondamente decomposti; come lo sono tutti gli ele- menti feldispatici contenuti nei conglomerati terziari e quater- nari del Veneto e dell’Illiria. Comunque sia, l'alterazione fu profondissima. Gli elementi minuti ne furono spappolati e si ri- dussero a formare la pasta ocracea, che involge gli elementi più grossi, pur essi rammolliti come si è detto. La massa assunse un coloramento quasi uniforme per la infiltrazione degli ossidi formatisi e disciolti durante il lunghissimo processo. Alla superfi- cie il deposito fu rimestato, decantato, lavato; rimanendo in 4 Il signor Wanden-Bròkin una nota inserita nei Comptes rendus de V’ Académie des Sciences (Paris Déc. 1876) attribuisce ad un analogo processo non solo la intensa co- lorazione del Diluvium rouge della Francia e della Crag d’ Inghilterra, ma eziandio la scarsità dei fossili nella porzione superficiale di questi terreni, ove il colorito è più intenso. ALCUNE OSSERVAZIONI SUL FERRETTO ECC. 345 alcuni punti accumulati i ciottoli, in altri condensati i mate- riali più leggieri e ridotti a potenti banchi di finissima ocra. Certamente non avrei potuto formarmi un’adeguata idea della struttura e dello stato di quest’alluvione se non avessi avuto un’assai favorevole opportunità per anatomizzarla. nel suo spes- sore, sopra un tratto considerevole ed in una località, ove certa- mente non fu mai in alcuna maniera rimaneggiata. . Presso Seveso, lungo la strada per Ceriano, il signor Dome- nico Madini seppe ridurre a varia coltura una estesa tenuta, la quale meritamente desta l'ammirazione di quanti sanno apprez- zare gli sforzi ed i successi di un agronomo colto e sagace. Que- sto signore, nell'intento di aver ghiaja e sabbia, si mise a far scavare sotto la sua casa delle gallerie alla profondità di 8 me- tri; e veduto come per la singolare tenacità dell'ammasso argil- loso queste gallerie si sostenevano senza armatura e per la im- permeabilità del terreno si mantenevano asciutte, le continuò in parecchie direzioni sotto l’ampio fabbricato rustico, che cir- conda la sua elegante abitazione, con uno sviluppo di oltre 300 metri; riducendole ad eccellenti cantine, che il proprietario af- fitta come magazzeni di vino e di cacio. La sabbia estratta e l'affitto delle cantine lo compensarono largamente della spesa di scavo; ed io, percorrendo quelle specie di catacombe, mi beava nel mirare la singolare struttura di quell’ alluvione così marcita, eppure così tenace e consistente, nell’ esaminarne la assai varia litologia, che sotto le antiche sembianze ancora si tradiva dai ciottoli rammolliti, ma ancora interi e che per un lentissimo pro- cesso chimico era quasi confusa in un’unica ed uniforme composi- zione chimica. Chi sa quante roccie aggregate, nella serie dei ter- reni, passarono per tale stadio di decomposizione e quante strane apparenze di conglomerati a contorni mal definiti, di are- narie a chiazze ed a rognoni, di argille variegate con grossis- simi massi di rocce poco decomponibili, potrebbero esser spie» gate da una così profonda e così semplice azione delle sole forze esogene! Qua e là nel deposito argilloso a grossi ciottoli, vedevansi letti 346 T. TARAMELLI, lenticolari di una sabbietta quarzosa ed altri di pura argilla. Vedevansi anche dei filoni, che attraversavano tutta la potenza del deposito messa a nudo ed erano ripieni di sabbia e di fanghiglia. Non osservai alcun ciottolo angoloso e tanto meno striato; non vidi traccia di regolare stratificazione. Il signor pro- prietario mi assicurava come non siasi rinvenuta negli scavi, fatti sempre sotto la sua sorveglianza, alcuna reliquia organica e che neppure aveva sentito che fossero stati raccolti dei fossili nei dintorni. Soltanto presso le sue fornaci, come anche nelle ar- gille che scavansi a Meda, si trovarono delle selci lavorate, pro- babilmente neolitiche. | Se però quivi non furono rinvenuti dei fossili, poco più a mez- zogiorno presso Limbiate e Mombello, furono raccolti anni ad- dietro parecchi esemplari di Perna Soldani e recentemente il re- verendo signor prof. Mercalli raccolse altri frammenti del fossile stesso e di due specie di Ostrea. Lo stato di conservazione del- l'esemplare di Perna, che potè procurarsi l’ egregio professore ed anche i frammenti da lui raccolti escludono l’idea di un tra- sporto; epperò devesi accettare l’esistenza dei fossili marini in posto nella formazione del Ferretto, come un fatto di cui ognuno vede la estrema importanza. Stabilendo questo fatto, il signor prof. Mercalli ebbe il merito di portare il più forte appoggio alla parte fondamentale del concetto brillantemente enunciato dal mio illustre maestro nelle pubblicazioni, che diedero origine alle dispute che tutti sanno. Questo rinvenimento, quantunque ancora isolatissimo, ci costringe a considerare il Ferretto come una for- mazione fattasi sotto al mare, in un periodo più recente dell’ al- luvione parzialmente cementata e distinta dagli-elementi preal- pini. Questa ad ogni modo, se non può esser intesa come una formazione sottomarina, può esser benissimo considerata come una formazione di spiaggia, temporalmente sommersa o che len- tamente si sommergeva. Prima però di fissare cronologicamente e topograficamente i li- miti di tale sommersione, e di accordarla colle altre vestigia dei fenomeni posterziari, che si presentano nel distretto e nel ri- \ ALCUNE OSSERVAZIONI SUL FERRETTO ECC. 347 manente della Lombardia, intendiamoci sulla provenienza e sul modo di trasporto o di deposito del Ferretto, quali indubbiamente e facilmente risultano dai caratteri, che ho menzionato. Prescindendo dallo stato di caolinizzazione de’ suoi elementi e dal conseguente carattere ocraceo, tale massa di terreno alluvio- nale consta essenzialmente di materiali alpini e prealpini. Questi elementi affiorano in posto in un’area separata da tratti più o meno lunghi di laghi, i quali venivano ridotti ad un perimetro poco diverso dell’attuale allo scorcio del pliocene, per opera di quella stessa alluvione, che sostiene ovunque il Ferretto. Erano depressioni profondissime, che passavano dallo stato di F}ords, allo stato di laghi e che in niun modo potevano essere attra- versate da correnti acquee. È quindi impossibile che mediante il solo trasporto per correnti potessero esser portati sino presso a Monza i graniti dello Spluga, ed a Tradate e Gallarate i por- fidi del bacino di Lugano ed i graniti ed i gneiss del Gottardo, del Reinwald e del Bernardino. Dobbiamo ricorrere al trasporto glaciale per spiegare almeno la discesa di tali rocce sino ai li- miti del mare in cui depositavasi il Ferretto. Ma d'altra parte, la non estrema grossezza dei ciottoli e la loro forma arrotondata e la presenza di amigdale sabbiose ed il carattere della superfi- cie di quell’immane dejezione di materiali alpini ci persuadono che non si tratta di una vera morena e nemmeno di una morena rimaneggiata. È un’enorme talus litorale di sfacelo morenico dei due ghacciaj riuniti dell'Adda e del Ticino, formatosi allor- quando essi presentarono la loro fronte allo sbocco delle rispettive vallate e delle depressioni di Mendrisio e di Arcisate. Quando essi furono giunti in riva all’estuario, che ancora avanzava dell’ an: tico mare pliocenico, per lo allargarsi-improvviso della loro massa e per la stessa vicinanza della spiaggia marina, la loro "fronte si arrestò per un’epoca considerevole e le copiose acque di di- .sgelo, disperdendo e rotolando gli elementi alpini sullo stretto litorale, li consegnarono all’onda marina, che li distribuì in un alti- piano, al quale manca ogni orografia morenica. Nessuno ancora, per quanto io sappia, ha fissato nella valle del Po il limite mas> 348 T. TARAMELLI, v simo, che raggiunsero in seguito i ghiacciaj alpini; quando quelli del Rodano, del Reno, del Danubio e della Drava si spin- gevano sino a Lione, a Bahlingen nel Wiirtemberg, sin presso Vienna e sino ai limiti delle pianure ungarica e croata, e quando i ghiacciaj dell’Isonzo, del Tagliamento, del Piave, del Brenta e dell’ Adige scendevano indubbiamente nel mare Adriatico, allora già quivi ridotto per le alluvioni terziarie ad un peri- metro poco diverso dall’ attuale. i Nessuno ancora ha sciolto il problema del limite frontale di questi nostri ghiacciaj lombardi, quando i loro lati si innalza- vano sino a 1200 metri sul fondo dei bacini lacustri, dovunque tanto considerevolmente più elevati del limite massimo dei de- positi morenici. Potrebbe anche darsi che tali limiti si scopris- sero nell’ Appennino. Epperò il primo periodo glaciale, nel ver- sante meridionale delle Alpi, ha qualche cosa del mitologico, della sfumato, dell’indefinito; cioè ci accorgiamo di aver molto ancora da studiare in proposito e troviamo spesso troppo cor- rivi allo affermare gli stranieri, che vengono a raccogliere qual- che fatto o qualche gruppo di fatti isolati per poi confonderli con quelli, che hanno riscontrato in altre condizioni orografiche in altri paesi. Ad ogni modo questo primo periodo di massima espansione glaciale corrisponde assai bene alla formazione, di cui ora tratto e che io ritengo affatto distinta dal sistema degli anfiteatri mo- renici. Le morene continentali, a cerchie definite e più o meno conservate, la ricoprono in parte; ma piuttosto si sviluppano al- quanto più a monte e chiaramente accennano ad una già av- venuta separazione delle tre fronti glaciali del Verbano, del Sebino e del Lario. Osservo poi come la formazione del Ferretto, comunque vo- gliasi interpretare, non ha nulla di comune coll’alluvione terraz- zata o di sfacelo morenico del secondo periodo glaciale. Questa alluvione è costituita da tante conoidi alluvionali, dipendenti nella loro posizione e nella natura dei loro elementi dalla oro- grafia e dalla litologia degli anfiteatri morenici, e più a valle da 7 SS ALCUNE OSSERVAZIONI SUL FERRETTO ECC, \ 349 altre alluvioni più fine, meno inclinate ma evidentemente terraz- zate, che pure vanno riferite al periodo glaciale. Sibbene il Fer- retto corrisponde per epoca alla formazione delle Sabbie gialle, fossilifere o meno, caratterizzate dalla presenza di elementi al- pini; quali appunto si osservano superiormente ed in posizione alquanto discordante dalla pretta formazione marina pliocenica nell'alta valle del Po. Che se questo parallelismo viene accet- tato, anche indipendentemente dalla prova di fatto della esi- stenza della Perna negli strati superficiali del Ferretto, ne risulta una conferma del fatto importantissimo, che durante la prima fase dell’epoca glaciale, il bassopiano lombardo era ancora som- merso in un mare poco profondo, ed aveva l’aspetto di un estua- rio, quale appunto ci viene attestato dalla formazione delle Sab- bie gialle. Ebbi ultimamente occasione di studiare con qualche dettaglio questa formazione al Colle di S. Colombano, tra Lodi e Pavia e mi permetto una breve digressione per sancire un fatto, che si- curamente troverà riscontro altrove e che a mio parere dimo- stra ad un tempo e la sommersione del bassopiano lombardo nel primo periodo glaciale e la dispersione per massi galleggianti di materiali alpini nell’area occupata da questo estuario. Il colle di S. Colombano forma, come è noto, un rilievo allun- gato sulla sinistra del Po, coll’asse diretto a nord-ovest per la lunghezza di quasi nove chilometri e colla larghezza di tre. Esso è tutto all’ingiro circondato da alluvioni, profondamente terrazzate e perciò spettanti senza dubbio al secondo periodo glaciale, de- poste dall’ Olona, dal Lambro e dal Po. Meglio che un colle od una serie di colli, presentasi come un grande altipiano, elevato in media 70 metri sul piano delle alluvioni circostanti e non più di 130 sull’attuale marea, in vari sensi eroso da molte convalli e quasi morente nel piano verso Miradolo. Come ho indicato nella Tavola, questo rilievo è costituito per la massima parte da Sabbie gialle, quarzoso-micacee, ocracee, con ciottoli porfirici abbondantis- simi. La formazione delle argille plioceniche affiora più sotto, ai lati meridionale e di levante del rilievo; soltanto presso il paese di 350 T. TARAMELLI, San Colombano forma qualcuno dei dossi pianeggianti presso al vertice. Essa poi manca assolutamente nel versante occidentale. Come assai bene la descrissero i signori De-Filippi e Stoppani, risulta alla base di calcare madreporico, prima unito e compatto in estesissimo banco, poi in lenti circondate dall’argilla. Se- guono quindi per 20-30 metri le argille plioceniche, compatte e potenti, con profonde sfaldature simili a quelle, che osservansi a Pontegana di Balerna e ad Induno. Esse.sono ricche di fossili, però con un numero di specie assai minore che il calcare madreporico. Ri- cordo quanto già ha osservato il chiarissimo sig. Stoppani; che cioè gli strati superiori delle argille si fanno sabbiosi e presentano delle scontinuità, in cui si annidano dei letti di ghiaja, accennanti ad erosioni e dejezioni per acque scorrenti sull’asciutta spiaggia. Questo fatto si ripete identico a Pontegana di Balerna ed in un sito e nell'altro si rimarca come queste amigdali alluvionali siano ricoperte da sabbie e da argille marine e quanto assai importa di notare si è, che in un sito e nell’altro gli elementi litologici di questi interstrati alluvionali sicuramente pliocenici sono as- solutamente diversi da quelli che entrano a S. Colombano nelle Sabbie gialle e nelle ghiaje che le accompagnano, e nei dintorni di Balerna nelle morene. A S. Colombano sono ciottoli calcari, spesso con aderenti ancora le Plicatule oppure serpentinosi, pro- venienti indubbiamente dall’ Apennino; a Balerna sono di calcari giuresi e cretacei delle prossime pendici. Più sopra seguono le Sabbie gialle, con elementi porfirici e gneisici più o meno decom- posti e queste sabbie, non solo ricoprono in alto la formazione pliocenica marina, ma ne circondano lo affioramento ; presentan- dosi esse affatto orizzontali, mentre le argille marine, coi calcari madreporici subordinati, pendono distintamente a nord-est. In tal guisa le Sabbie gialle, non solo coronano i dossi più elevati, ma formano altresì la massima parte del rilievo e si sviluppano anche all’ingiro nel piano. Anzi, più a ponente, affiorano di nuovo dalle alluvioni dell’ Olona alla Manzola di Corteolona e persino nei dintorni di Pavia presso Torre d’Isola, ove costituiscono un rilievo a settentrione della strada per Bereguardo, ALCUNE OSSERVAZIONI SUL FERRETTO ECC. 351 Manca in queste Sabbie gialle ogni traccia di fossile, sia ter- restre che marino; poichè ho verificato che i fossili esistenti al Museo di Pavia coll’indicazione di S. Colombano (Cervus eury- ceros ed Elephas meridionalis) provengono dalle alluvioni del Lam- bro; ed è certamente singolare questo brusco cessare della vita ad un livello geologico, al quale nelle porzioni più elevate della valle Padana e sui prossimi colli appenninici si osservano nume- rosi avanzi di fauna pliostocenica. Se non che tale mancanza di reliquie organiche si associa con un altro fatto, sul quale ri- chiamo l’attenzione del lettore; coll’esistenza, cioè, di grossi blocchi di rocce alpine, quali graniti, gneiss, porfidi, conglomerati quarzosi del Verrucano, amfiboliti ed argilloscisti, che io stesso raccolsi sulla collina di S. Colombano. Anche il Breislack al $ 98, senza lasciar luogo al menomo dubbio, ricorda il fatto citato dall’ Amoretti del rinvenimento di un grosso masso porfirico di 320 piedi cubici tra Miradolo e S. Colombano in un sito detto la Valle di Giosafat. Ritengo eziandio che in parte anche le Sabbie gialle provengano da una decomposizione di più grossi elementi alpini ed è facile infatti rinvenire in esse dei ciottoli gneissici, ca- riati per esportazione del feldspato e dei ciottoletti argillosi, a- naloghi a quelli che osservansi nel Ferretto. La tinta ocracea, talora assai intensa, di queste sabbie e la loro stessa feracità sono due prove della modificazione molecolare da esse subìta. Quivi dunque le Sabbie gialle rappresentano precisamente un alluvione alpina, disseminata al fondo di un mare o meglio di un estua- rio, al quale arrivavano dei materiali alpini erratici. Come arrivassero questi materiali alpini; se per un espan- sione sin quivi dei ghiacciaj oppure per semplice disgelo dei massi staccati e galleggianti, non saprei al presente affermare. ‘ Ma quello che mi pare evidente si è che queste Sabbie gialle, costituite esse stesse da elementi alpini e con grossi blocchi di rocce alpine e prealpine (quale il conglomerato quarzoso rosso del Verrucano o meglio del Trias inferiore) rappresentano assai bene un estuario, che andava ricolmandosi e nel quale il tra- sporto per correnti venne per un certo periodo a combinarsi col 352 i T. TARAMELLI, trasporto glaciale, effettuato 0 per ghiacci galleggianti o diret- tamente per ghiacciaj, che rapidamente si ritiravano da un li- mite, ancora ignorato, di espansione massima al limite degli an- fiteatri morenici. Siccome esse Sabbie gialle sono discordanti dalle argille marine ricoprentiil banco madreporico, così è chiaro che queste furono spostate da un sollevamento, già avvenuto sullo scorcio dell’epoca pliocenica, ma che non fu in tale misura da prosciugare completamente l’area del bassopiano lombardo. Fu semplicemente una oscillazione capace di far passare la valle Padana dalla condizione di mare libero e popolato da banchi di coralli, quale ora è l'Adriatico presso la Dalmazia, alla condizione di un estuario, come l’attuale lido da Rimini a Trie- ste o come è tuttora per vastissima estensione il Mar Germanico. Badisi però che anche le Sabbie gialle e quindi anche il Fer- retto furono sollevati; e di questo subìto sollevamento è prova l’attuale loro altitudine sul livello marino e la profonda ero- sione, che hanno provata, in guisa da non avanzarne in Lombardia che scarsi lembi, mentre formano tanta estensione di molli col- line nel Piemonte. Questi lembi poi, limitati tutto attorno dalle alluvioni del secondo periodo glaciale e dalle alluvioni posglaciali, rappresentano assai bene un lido sollevato e tuttora emerso; trac- cia orografica, che indarno si ricerca nell’ apparato di quest’ altre più recenti alluvioni. Può darsi che sia avvenuto anche un solleva- mento posglaciale; ma questo venne certamente obliterato da una depressione e per ora nessun fatto ne conforta a supporlo. Ma di un sollevamento avvenuto durante l'epoca glaciale, tra i due periodi, che la compongono (fossero anche fallaci le prove de- sunte dai rinvenimenti di fossili) io non credo si possa dubitare. Esso fu l’ultimo atto di quella forza endogena, che dopo il pe- riodo miocemico ha mirato a delimitare il perimetro del Mediter- raneo e dell’Adriatico; stabilendo l’altimetria dell’ Apennino e delle varie porzioni delle Alpi. Dopo d’ allora avvenne la forma- zione delle cerchie moreniche, la quale per sè stessa è un fatto, che esclude la sommersione dell’area da esse occupata sotto il livello, a cui dovrebbesi far pervenire il mare per spiegare le PET 9 ALCUNE OSSERVAZIONI SUL FERRETTO ECC. 353 prossime formazioni di estuario ; tanto più che il livello della base di questi anfiteatri, dall’ Adige alla Dora-Riparia ed al Ta- gliamento varia dai 50 ai 300 metri, entro limiti quindi che male si potrebbero assegnare ad una varia misura di un sollevamento po- sglaciale. Avvenne la formazione delle ampie conoidi di sfacelo ‘morenico del Ticino, dell’ Olona, della Lura, del Seveso, del Lam- bro e dell'Adda; le quali in complesso formano un piano incli- nato dal 9 al 6 per mille; precisamente come nell’altipiano ve- neto e friulano, ove si è avverata certamente una sommersione po- sglaciale. Avvenne, giù nel bassopiano, la formazione di alluvioni finissime, argillose, ricche di ossami di fauna terrestre posplioce- nica, con letti di torba compatta e carbonizzata, come quella di Leffe e di Val d’ Arno; e queste alluvioni sono pur esse terraz- zate in un sistema di letti successivi, che non presentano in ve- run punto nemmeno una traccia di terrazzi marini; sibbene ac- cennano al cangiamento idrografico, che tenne dietro al cangia- mento climatologico, per cui si sono ritiratii ghiacciai. Nella se- conda fase dell’epoca glaciale, abbiamo insomma un complesso di fenomeni assolutamente continentali, dei quali neppur uno ri- chiede per esser spiegato la ipotesi di un sollevamento posgla- ciale e che anzi sarebbero avvenuti identici anche se si fosse avverata una leggera sommersione di spiaggia; probabilità che per quanto al presente sarebbe inopportuno il ricordare o pre- maturo l’ esaminare, tuttavia non va dimenticata. Da queste considerazioni parmi dimostrato che la formazione del Ferretto, parallelizzata con quella delle Sabbie gialle pliosto- ceniche, accenna ad una sommersione del piano lombardo sino ad un livello di circa 200 metri sul livello delle spiagge attuali; che questa sommersione non riprodusse per nulla in epoca glaciale la orografia pliocenica, stata alterata già sullo scorcio del plio- cene dalle dejezioni, che intercettarono i jords, mirando a convertirli in bacini lacustri e che sono rappresentate dal con- glomerato inferiore al Ferretto medesimo; che finalmente que- sta sommersione venne a cessare, non solo per interrimento pro- gressivo, ma precisamente per un sollevamento avvenuto dopo Vol. XIX 23 354 T. TARAMELLI, la prima fase dell’epoca glaciale. Questo sollevamento è compro- vato dalla altezza dei lembi di questa formazione sopra il livello delle alluvioni del secondo periodo glaciale, dal modo col quale questi lembi furono staccati ed erosi tutto all’ingiro, dalla pre- senza di fossili marini nelle Sabbie gialle e nel Ferretto, dal pre- sentare finalmente tanto le Sabbie gialle che il Ferretto tali ca- ratteri di composizione litologica e di disposizione da doversi rite- nere formazioni di estuario o di mare poco profondo, influenzate anzi dipendenti entrambe dal trasporto glaciale. Evidentemente questi pochi cenni se mi conducono ad appog- giare l’idea di una prima discesa dei ghiacciaj alpini in mare (fatto che ho dimostrato in altro lavoro, come avvenuto indub- biamente per gli antichi ghiacciaj del Veneto) mi portano poi d’altra parte in piena opposizione coll’idea di una immediata successione delle morene, formanti l’apparato glaciale lariano, alle argille plioceniche, nelle quali vollero i signori Stoppani e Desor riconoscere gli equivalenti nelle argille della Camerlata e di Balerna ed a dividere l’idea, che in proposito a questi depo- siti ed alle morene fossilifere di Fino e Cassina-Rizzardi, si sono fatta i signori Favre, Rutimeyer e Sordelli. Intendo che è forte pretesa la mia, dopo tanti e valenti scien- ziati, che trattarono l'argomento, di voler esporre bruscamente le mie idee, col dispiacere di mostrarmi ribelle ad una autorità, che io venero ed amo, ed anche colla convinzione di complicare almeno momentaneamente la già arruffata matassa dei fenomeni posterziari nella valle padana. Ma d’altra parte presento colla massima riserva le mie osservazioni e confido che alla fine il vero si farà strada; perchè ritengo le questioni insorte essere effetto dell’indole induttiva della scienza geologica anzichè della sover- chia tenacia di egregie persone, non meno forti nel sostenere le loro convinzioni, che nel modificarle ove possa loro entrarne il menomo dubbio. Dirò quindi brevemente come io la pensi a proposito delle vestigia della fauna pliocenica marina, commi- ste così abbondantemente colle morene rimaneggiate di Cascina Rizzardi e dintorni e riguardo alla reale condizione stratigrafica delle argille glaciali a ciottoli striati di Balerna. ALCUNE OSSERVAZIONI SUL FERRETTO ECC. 305 Incominciamo dall’area morenica, abbastanza vasta, ma tut- tora isolatissima, nella quale si raccolsero così abbondanti i fos- sili pliocenici studiati dal compianto Spreafico e dal signor Sordelli. Quest'area fa parte dello spazio poco accidentato e mo- dellato più dalla erosione posglaciale, che dalle varie densità del deposito morenico, il quale si estende tra due cerchie moreniche. La più esterna di queste cerchie, assai profondamente ed am- piamente intaccata dall’apice del talus glaciale della Lura, scorre da Castelnovo a Minoprio per Appiano, Guanzate e Vertemate e si continua a levante del Seveso colle morene di Cantù. La più interna si svolge da Geronico a Bernate, pur essa incisa nella fronte sud-ovest dalla Lura e dal lato di levante dalle prime origini della valle del Seveso. Anche solo dal confronto della orografia di questo tratto del- l’anfiteatro morenico lariano colla regolarità delle cerchie, che osservansi in altri punti di questo e meglio ancora negli altri anfiteatri dalla Dora all’ Isonzo, ognuno può scorgere che quivi la continuità delle cerchie venne o impedita o tolta; onde l’an- fiteatro morenico, come in parte risulta dal profilo rilevato dal signor Marchese Rosales, si riduce quivi ad una justa-posizione di piani ondulati e collocati ad un livello sempre decrescente verso il lago e verso il piano, partendo da una linea mediana che cor- risponde al punto di più lungo arrestamento del ghiacciajo. An- che la struttura del suolo, specialmente nei dossi meno elevati di Cassina Rizzardi, Monticelli, Fino, Caccivio ecc., ove raccol- gonsi a migliaja i fossili pliocenici, presenta qualche non trascu- rabile differenza dalle vere morene frontali e laterali, diretta- mente abbandonate da un ghiacciajo. I massi voluminosi esistono, ma più o meno rotolati; i ciottoli calcari sono striati, ma le strie: sono più o meno obliterate, e la terra che li involve è piut- tosto una sabbia che un limo glaciale; i massi straordinariamente grossi, piuttosto rari, specialmente nelle cave fossilifere; il com- plesso abbastanza irregolare per non confondersi con un letto di una corrente del piano, ma non abbastanza caotico per esclu- dere l’idea di un intervento del trasporto ucqueo effettuatosi [| 356 T, TARAMELLI, o sotto la massa del ghiacciajo, che noi sappiamo dover essere stata percorsa da vere fiumane, oppure alla fronte del ghiac- ciajo stesso. Epperò la conformazione orografica e la struttura del suolo concorrono ad ammettere un rimaneggiamento dei ma- teriali abbandonati dal ghiacciajo ; rimaneggiamento che ritengo immediato, con trasporto sopra distanze limitatissime, tanto dei materiali abbandonati dal ghiacciajo, quanto di quelli incoerenti che vi potevano esistere prima della discesa di esso ghiacciajo. Certamente un tale rimaneggiamento è un fatto molto comune nelle morene in tutti i nostri anfiteatri; ma in questo punto del- l’anfiteatro morenico del Lario fu più pronunciato. Ora dobbiamo attribuire coi signori Stoppani e Desor, tale ri- maneggiamento all’azione dell’onda marina, ed ammettere con loro una sommersione della Lombardia sino ad un livello di oltre 300 metri in epoca secondo-glaciale, in base alla presenza delle conchiglie plioceniche, che in questa formazione si contengono? Oppure dobbiamo coi signori Rutimeyer, Mayer, Gastaldi e Sordelli, ritenere il rimaneggiamento stesso come conseguenza di una parti- colare condizione della fronte glaciale; la quale venne quivi a dare sopra un terreno assai accidentato dagli affioramenti delle rocce in posto, di cui parecchie potevano essere poco coerenti e capaci quindi di somministrare un abbondante detrito, che me- scolavasi alle morene rimaneggiate ? E dobbiamo quindi attribuire la presenza dei fossili pliocenici all’erosione di un vasto lembo di marne e sabbie plioceniche, che in quest'area prima della di- scesa dei ghiacciaj si stendesse a mezzogiorno delle note località di Pontegana, Coldrerio, Valle Faido e Folla di Induno? E ponendo la questione dal lato geologico, si può formulare nella dimanda; se o meno la presenza e lo stato di conservazione dei fossili pliocenici nella porzione occidentale dell’ anfiteatro la- riano, obbligano veramente ad ammettere una sommersione nel secondo periodo glaciale, quando mancano assolutamente altri fatti, che accennino alla stessa sommersione per gli altri anfitea- tri più orientali, aventi la loro base ad assai minore altitudine sul livello marino. voi. ALCUNE OSSERVAZIONI SUL FERRETTO ECC. 357 Il signor Sordelli ha provato in modo sicuro che la Fauna di Cas- sina Rizzardi è fauna assolutamente pliocenica e sino a che verrà dimostrato che si possa trascurare un tale carattere paleonto- logico, essa fauna! non si può confondere colla fauna pliostoce- nica, di cui abbondano i depositi recentemente sollevati nella re- gione circummediterranea e che è precisamente dell’epoca, in cui discesero e si mantennero i ghiacciaj alpini nell’area e presso al limite della nostra pianura. In generale i geologi, per quanto disposti ad accettare l’idea di un clima mite nel periodo glaciale, provano una scusabile ripugnanza ad ammettere che quivi, in questa limitata particella del piano padano, sopra il livello delle alluvioni cementate o meno, che si formarono allo scorcio del pliocene, ripullulasse ai limiti di un ghiacciajo la fauna, che con- torna il banco madreporico di S. Colombano. Io stesso, se visi- tando le località ed ancora per molto tempo dopo fui fortemente attratto dalla prima interpretazione; dappoi, postimi innanzi spas- sionatamente i fatti, considerando il carattere paleontologico della fauna e la stessa stranezza dell’abbondanza di quelle con- chiglie di mare caldo in un deposito che si formava presso una massa che si sdiacciava, e ricordandomi come tanti altri fatti escludessero invece la sommersione generale del piano lombardo- veneto nel secondo periodo glaciale, mi sentii convinto dalle objezioni e dagli argomenti degli oppositori dell'opinione dello Stoppani. Anzi mi veggo costretto a rinforzare uno di questi argomenti, e precisamente quello dei ciottoli perforati .dalle fo- ladi, che si trovano commisti alla morena. Tutti quelli, che io esa- minai non presentavano strie glaciali, e se taluni pur presen- tano qualche irregolare solcatura ed ammaccatura, questa evi- dentemente si mostrava di data posteriore alla perforazione. Di più osservai come essi sieno sempre costituiti di quei calcari pro- babilmente non più antichi del Lias, che formano i ciottoli 4 È noto come questa fauna marina dell’ epoca glaciale in Sicilia comprendesse buon numero di specie mancanti alla fauna pliocenica ed ora riparate nei mari set- tentrionali d'Europa. (Vedi C. de Stefani. Sedimenti sottomarini dell’ epoca posplioce- nica in Italia. Boll. Com. Geologico Ital. — Roma 1876, VII.) 358 T, TARAMELLI, parimenti perforati o coperti dalle conchiglie, o formanti letti ricoperti da strati marini in tutte le località plioceniche del- l'Alta Italia ed anche a Pontegana di Balerna. Non ne vidi alcuno di calcare dolomitico o di calcare saccaroide; nè credo vi fosse ragione, perchè tali rocce fossero rifiutate dai litofagi, che a Pozzuoli hanno con tanto vantaggio della scienza così ben tra- forate le colonne di marmo cipollino del tempio di Serapide. Non sarebbe più naturale il pensare che questi ciottoli provino sem- plicemente l’esistenza in questi paraggi di un lido pliocenico, in un periodo del progressivo sollevamento avvenuto nelle Alpi orien- tali tra il periodo piacentino ed il periodo secondo glaciale e che all’epoca della formazione dell’anfiteatro morenico fosse 1° avanzo di questo lido distrutto e commisto colle morene ? Davvero sa- rebbe questa la opinione più naturale, se si potesse dimostrare che un ghiacciajo può trasportare per un certo tratto delle con- chiglie involte nel fango senza romperle, o che le acque di di- sgelo, conservandone ancora intatte un certo numero, poi le po- tessero mescere colla morena leggermente rimestata. L'ipotesi di un tale giacimento di sabbie ed argille plioceni- che, non ricoperte da talus alluvionali, in questo tratto delle col- line briantee, a poca lontananza dalle località ormai celebri di Folla d’Induno, Balerna e Pontegana, mi sembra verosimile: tanto più quando si pensi come quivi la orografia preglaciale fosse assai adatta a presentare un qualche insenamento del golfo pliocenico, riparato dall’interrimento delle correnti. Quivi doveva infatti esistere un arcipelago pliocenico, il quale, per poco che sì imagini prosciugato dal sollevamento accusato indubbiamente dalla discordanza dell’ alluvione pliocenica dalla superiore allu- vione terziaria, doveva appunto portare a giorno dei fondi ar- gillosi abbondantemente fossiliferi. Ma l’idea, da parecchi avan- zata, che il ghiacciajo potesse poi trasportare anche per breve tratto delle conchiglie proprio nella sua massa come faceva dei suoi massi alpini e dei ciottoli striati (ad onta di alcuni esempi che si potrebbero addurre di rigetto dai ghiacciaj di cadaveri, abiti, utensili da alpinista, dopo anni del loro seppellimento) non ALCUNE OSSERVAZIONI SUL FERRETTO ECC. 309 ha incontrato molto favore presso persone di me certamente più competenti. A dir vero, me pure essa non soddisfa. Piuttosto avanzerei l’idea di attribuire la presenza dei fossili pliocenici nelle morene di questa porzione dell’anfiteatro lariano all’azione delle acque di disgelo, che inferiormente al ghiacciajo, special- mente presso alla sua fronte, dovevano rimaneggiare la morena profonda, erodendo nel tempo stesso'e sciogliendo e traspor- tando i terreni in posto, se erodibili. Trattandosi di acque fan- gose, capaci di proteggere durante lo stesso trasporto i fossili più minuti, verrebbe per tal modo spiegata la conservazione di questi a preferenza dei più grossi e più che tutto spiegata la loro distribuzione a tratti isolati e dispersi senza.alcun ordine in tutta la massa dell’ altipiano morenico-fossilifero da Lurate Abbate a Fino. Io confido, che se anche questa mia ipotesi può presentare qualche difficoltà i signori sostenitori del lido gla- ciale vorranno pur concedermi che anche la loro teorica, appa- rentemente così semplice, non è punto al coperto di forti obie- zioni, pur tralasciando quella più rilevante del carattere di que- sta fauna; anzi tralasciando tutte quelle altre, e sono parimenti gravissime, che essi incontrerebbero tosto o tardi nell’accordare la loro teoria col complesso dei fatti già constatati riguardo al sistema alluvio-morenico della valle Padana. Infatti come spie- gano la mancanza assoluta d’ ogni traccia di stratificazione in nessun punto della massa morenica, se le onde marine così a lungo se ne fecero lor trastullo? come la mancanza di ciottoli di calcare alpino forati dai litofagi? come la coesistenza di pic- coli ciottoli, così finamente striati che è dubbio sieno stati smossi di qualche metro, con quegli altri discoidali, in cui vogliono forse a ragione scorgere dei galets di spiaggia marina ? A qual punto infine collocano il livello marino di questo supposto lido rispetto alle regioni circostanti? Se era quello precisamente il lido plio- cenico di Folla d’Induno, Pontegana, Almenno e Nese, cioè presso a 350 metri sul lido attuale per quella porzione di prealpi, ne vien soperchiato quasi completamente tutto l'apparato morenico della Brianza. Se era precisamente quivi presso, sì da sommergere 360 T. TARAMELLI, solo in parte l’anfiteatro in costruzione (il che ammesso si en- trerebbe già nell’idea di un iniziato sollevamento in epoca gla- ciale) trovansi poi nella necessità di supporre che quivi appun- to esso livello rimanesse sin quasi alla fine dell’epoca glaciale, comparendo i fossili pliocenici sin quasi al sommo di alcuni rilievi ed alla superficie dell’altipiano morenico; come a Caccivio e Mon- ticello io stesso osservai in compagnia dei signori Stoppani, Desor, Mercalli e Rosales. Ma allora, come spiegare appena più a valle il sistema delle alluvioni terrazzate della Lura, del Seveso, del Lambro, dell’ Olona? dove trovare le prove di un sollevamento posglaciale nella valle Padana? Le quali objezioni, per poco valore esse possono presentare, pure misembrano abbastanza serie per met- tere in guardia gli ingegni i più audaci; trattandosi specialmente di una teorica, la quale, presenta tali corollari da modificare com- pletamente o dirò meglio da rendere di assai difficile e com- plicata spiegazione tutto il sistema delle formazioni continentali, formatesi dal secondo periodo glaciale sino al giorno d’oggi, nel versante meridionale delle Alpi. Laonde anche affrontando il sospetto di soverchio scetticismo, mi rassegno a attendere in pro- posito nuovi studi. Può certamente parer strano, che mentre in presenza ad una fauna marina di oltre 150 specie rifiuto di ammettere la som- mersione dell’area briantea nel secondo periodo glaciale, abbia poi, soltanto in base a quei pochi fossili della Groana e per in- duzioni e più o meno lontane, appoggiato l’idea dell’esistenza nell’alta valle del Po di un estuario nel primo periodo glaciale, sino ad un livello di circa 200 metri sull’attuale marea. Ma parmi questa idea sufficientemente in accordo col complesso dei feno- meni posterziari nella valle Padana e più acconcia a mostrare altri fatti da studiare e da spiegare, in confronto della ipotesi di una sommersione sino al livello di quasi 300 metri, protratta sino all’epoca della ritirata dei ghiacciaj e dell’ iniziamento della formazione dei terrazzi alluvionali. Poco ho da dire oltre a quanto scrissero i signori Sordelli e Ru- timeyer, circa all’altro ordine di prove, che adduce lo illustre ALCUNE OSSERVAZIONI SUL FERRETTO ECC. 361 prof. Stoppani in appoggio alla sua idea e che desume dalle ar- gille a ciottoli striati di Balerna e di Camerlata; per lui marine, per me assolutamente lacustri, glaciali e posglaciali; per lui de- positate sul fondo di fjords conservati in comunicazione col mare sino alla discesa e durante la presenza dei giacciaj; per me de- positate in bacini, che già da tempo ho dimostrato e tuttora ri- tengo sieno stati abbozzati in epoca preglaciale dal sollevamento combinato colla dejezione delle valli secondarie, non intercette prima da fjords. Il bacino di Balerna è ben delimitato, a levante dalla briglia di calcari giuresi e dalle soprastanti morene di Chiasso; a tra- montana dalle falde dei monti Generoso e Bisbino, separati dalla profonda valle della Breggia; a mezzodì dalla catena dei colli terziari e cretacei di Camerlata e S. Stefano di Pedrate e da altri affioramenti di calcari giuresi presso Novazzano. Quivi presso esso bacino comunica coll’ altro bacino parimenti argilloso, ove sono le fornaci di Bernasca e più a ponente si svasa nell’ampio pianoro, parimenti paludoso e ricco di argille di Stabbio e Li- gornetto. In complesso, il bacino di Balerna fa parte di una va- sta depressione, allo sbocco della valle di Mendrisio ed un in- nalzamento di nemmeno 50 metri delle acque del lago di Lu- gano lo porrebbe in comunicazione con questo lago; mentre più di cento metri lo separano dall’ attuale livello del lago di Como, che è più basso. Più a sud, nel piano a sera di Bernate e tra Olgiate e Albiolo, sonvi anche altri depositi di argille, ma perchè affatto prive di fossili e di ciottoli striati, non occorre ora di parlarne. Come descrisse lo Stoppani, presso Balerna, al pari che alle fornaci di Bernasca, di Boscarina e come nelle argille della Ca- merlata, si rinviene una quantità straordinaria di massi, di ciot- toli, di ciottoletti calcari, colle strie meravigliosamente conser- vate; sì che non si può menomamente dubitare che sieno stati quivi abbandonati da un ghiacciajo contemporaneamente alla formazione del finissimo deposito limaccioso. Questa abbondanza e quasi esclusività dei ciottoli calcari, corrisponde perfettamente 362 T. TARAMELLI, alla circostanza che in quest'area dovevano essere abbandonate le morene, assolutamente calcari, del gruppo di montagne me- sozoiche, che erano abbracciate dalle propagini del ghiacciajo la- riano, insinuato nel bacino di Lugano per Porlezza ed il suo con- giungimento od avvicinamento per la depressione di Mendrisio al ramo principale che si avanzava per Chiasso. Ed ognun vede come nel caso assai probabile di un avvicinamento di questi due ghiacciaj, stante la orografia preglaciale ivi esistente, dovesse per necessità formarvisi un bacino lacustro-glaciale, assai vasto ed ab- bastanza profondo. È appunto nell’area di questo bacino che sfiioranti o che sono sepolte delle argille plioceniche fossilifere, litologicamente assai simiglianti alle argille con ciottoli striatij come a vero dire, si rassomigliano litologicamente le argille turchinicce di tutte le for- mazioni e come doveva accadere anche nel caso che nel lago glaciale, che io quivi suppongo coi signori Rutimeyer e Sordelli, si sciogliessero in parte le argille plioceniche ivi affioranti. Queste affiorano tuttora al colle di Coldrerio; ove appena rimosso un super- ficiale addossamento di sfasciume morenico, si trovarono ricca- mente fossilifere alcuni anni fa dal mio collega ed amico pro- fessore Pavesi e poi abbondantemente si scavarono in servizio delle vicine fornaci di Balerna. Sono invece sepolte sotto il de- posito parimenti argilloso, ma @ ciottoli striati e senza fossili, probabilmente in tutto il tratto tra Coldrerio e Balerna e fu- rono raggiunte da un pozzo praticato presso il primo casello a ponente di quella stazione ferroviaria. I testimoni allo scavo del pozzo affermavano che si trovarono soltanto pochi massi striati, ed erano contenuti negli strati superficiali, e che quindi si rag- giunsero le argille fossilifere, affatto identiche a quelle prossime di Coldrerio e Pontegana. A Pontegana poi, lungo il Torrente Breg- gia le argille plioceniche, passanti a marne ed a molasse giallo- gnole con vegetali, sono ricoperte da un conglomerato calcare, con qualche elemento alpino, a ciottoli rotolati. Non credo che questo conglomerato possa essersi formato così ristretto, ma piut- tosto ritengo che invece rappresenti un frammento di un antico ALCUNE OSSERVAZIONI SUL FERRETTO ECC. 363 cono di dejezione della Breggia; che sia cioè un lembo di quel- l’ alluvione pliocenica, ad elementi prevalentemente locali, la quale ovunque sostiene gli edifici glaciali presso alle falde preal- pine. Ad ogni modo lo ricordo; e fosse anche più recente del conglomerato che ovunque nei dintorni ricopre il pliocene ma- rino e di estuario, siccome anche quivi sostiene la morena di Pontegana, è certo però che esso toglie ogni continuità tra la formazione marina e la morena stessa. Circa alle condizioni stratigrafiche delle argille di Balerna e di Pontegana, ebbero perfettamente ragione, tanto il signor Stop- pani nel dire le prime regolarmente e finissimamente stratificate e disturbate solo dalla presenza dei ciottoli e dei massi striati, che cadevano di mano in mano e che esse dovevano sostenere e seppel- lire, quanto il signor Rutimeyer nel considerar le seconde (cioè quelle di Pontegana, che io associo a quelle di Coldrerio ed a quelle trovate dal pozzo ferroviario) indipendenti dalle prime. Poichè queste sono inclinate e contorte; hanno straterelli alluvionali di natura assai diversa della alluvione cementata, che a luoghi la ricopre; hanno una compattezza certamente maggiore, quando non sono sciolte dall’acqua o dalle meteore, che le argille lavo- rate alle fornaci di Balerna. Le quali condizioni delle une e delle altre ho avuto occasione di constatare in due gite fatte sul luogo ed a me sembrarono sufficienti per togliere ogni idea di iden- tità geologica. Se non che la identità sarebbe sancita in modo irrecusabile dal fatto citato dal Desor, il quale dice che il compianto Sprea- fico gli mostrò al Museo di Milano un pezzo di argilla proveniente dalle fornaci di Balerna e che questo pezzo aveva da un lato un Brissopsis edall’altro unciottolo striato. Invero, poichè si tratta di un fatto sino ad ora così isolato, dimanderei rispettosamente al si- gnor Desor, se egli, considerando come alle fornaci di Balerna si por- tavano le argille fossilifere del vicino Coldrerio e si gettavano sopra un’area ingombra di ciottoli striati, non credesse di spie- gare a questo modo la sua reminiscenza, pur troppo non confortata dal testimonio del compianto mio amico, alla cui carissima memoria 364 T. TARAMELLI, io certamente non credo di portare offesa con questo mio dubbio. Io stesso per molto tempo, ed anche dopo visitate le località, di- visi e durai molta fatica ad abbandonare la idea del nostro co- mune, venerato ed amatissimo maestro. Ma trattandosi di un fatto tanto isolato, non vorrò certo disconoscere l’altro fatto più generale che in nessun punto di questa regione sl son trovati ciottoli striati nei banchi argillosi a fossili pliocenici e che con tanto consumo di argilla a ciottoli striati, che si decanta, sì plasma, si stende in tegole e mattoni e si esaminò da tanti na- turalisti, non avvenne mai che si rinvenisse in posto un fossile marino, sicuramente associato alla presenza dei ciottoli striati. Considero d’altronde che anche volendo accettare il modo di ve- dere del sig. Stoppani circa la regolare ed immediata successione del sedime morenico, a ciottoli striati, al pretto deposito marino fossilifero (oltre a molte contradizioni coi fatti accennati nella presente memoria e specialmente col fatto dell’esistenza e del- l'enorme sviluppo e dei rapporti stratigrafici dell’ alluvione plio- cenica o preglaciale, la quale in Lombardia si stende sino al livello di Milano ed anche più in basso) abbiamo un’altra gra- vissima difficoltà nel livello, che dovressimo nella sua idea asse- gnare al mare pliocenico all’epoca della formazione di questa morena fangosa marina; difficoltà analoga, ma ancor più forte di quella accennata a proposito del lido marino glaciale di Cas- sina Rizzardi. Io infatti ritengo, che affinchè quivi fosse possibile una fauna marina sotto un grandinare di morene e presso ad una massa ingente di ghiaccio che si sgelava (anche ammesso che il ghiaccio strisciasse sul fondo marino, essendo molto più potente della profondità del fondo stesso) dobbiamo sempre assegnare a questo golfo ipotetico almeno una cinquantina di metri d’ acqua e quindi abbiamo il livello marino ad un’altitudine almeno di cento metri superiore a quella, che, anche secondo le idee dello Stoppani, si dovrebbe assegnare alla spiaggia marina di Cascina Rizzardi. E concludendo, sembrami che si possa attendere di rin- venire quivi o altrove qualche altro fossile marino sicuramente vivente all’ epoca dell’ abbandono di ciottoli striati e mantengo ALCUNE OSSERVAZIONI SUL FERRETTO ECC, 365 l opinione che il deposito di Balerna non rappresenti altro che unlago glaciale, probabilmente della seconda fase, affatto indipen- dente dal mare. Analogamente il deposito argilloso-morenico della Camerlata e quegli altri che esistono nei dintorni ed alla estremità dell’ al- tro ramo di Lecco, mi rappresentano l'antico perimetro del Lario; prima che avvenissero le erosioni posglaciali, per cui l’Adda si è lentamente inalveata, non solo sbarazzando le mo- rene, ma invadendo a fatica e per considerevole profondità la sottostante alluvione cementata. Certamente anche a propo- sito dei bacini lacustri dell’ Alta Italia, come in tutto lo studio dettagliato della genesi della orografia e della idrografia attuale, ogni nuova scoperta sarà argomento e occasione di mille incer- tezze e di mille discussioni, che poi condurranno a sempre più elevate deduzioni; ma dappoichè questo ramo di scienza sorse, si può dire, tra noi, e fu portato ad un punto di quasi matema- tica certezza dalle ricerche di tanti geologi italiani e stranieri e specialmente dal genio dell’illustre Stoppani, che a questo argo- mento consacrò così belle pagine del suo incomparabile trattato di geologia, io oso di richiamarlo alle antiche convinzioni ed an- tepongo in questa questione di procedere a rilento, anzichè ri- nunciare al risultato di tanti anni di lavoro, per tornare alle. idee del Brocchi e del Breislack, che volevano le nostre alluvioni del piano deposte nel mare. Nelle serie dei terreni posterziari, dal limo pliocenico, straricco di fossili, alla fanghiglia ed alla sabbia che ora è trastullo delle onde adriatiche, dall’alluvione cementata alla sabbia incoerente dei nostri torrenti, dalla decomposta allu- ° vione glaciale del Ferretto alle morene dei ghiacciaj attuali si ponno distinguere troppo numerosi e svariati fenomeni, troppo per esser tutti collocati in un periodo continentale, che per la bassa Lombardia daterebbe soltanto dal principio dell’ era an- tropozoica e per l’altopiano e le falde collinesche rimonterebbe al massimo all’epoca dei terrazzi. Siccome dubito di non essermi ancora spiegato a sufficienza, anche ad onta dell’ajuto della Tavola, chiudo questa breve mia 366 T. TARAMELLI, nota, fissando cronologicamente i principali termini della lunghis- sima serie delle vicende posterziarie avvenute tra la sedimen- tazione prettamente marina delle marne azzurre e la comparsa dell’uomo sul nostro suolo; accennando eziandio ad alcuno dei risultati di altri miei studi in vari punti del versante meridio- nale delle Alpi. Nel periodo Piacentino un’ampia pianura si stendeva tutto at- torno ai colli Berici ed Euganei ed in corrispondenza dell’attuale golfo di Venezia e Trieste; mentre il mare Adriatico, assai più occidentale che al presente e per molte comunicazioni congiunto ‘ al Tirreno, rasentava 1’ Apennino e s’accostava alle Alpi; sol- tanto al di qua della Chiusa dell'Adige addentrandosi nella massa alpina con profondi’ fjords, in corrispondenza agli attuali bacini lacustri. Non credo facil cosa lo stabilire così sui due piedi il perimetro, l’ampiezza e la profondità di questi fjords e nem- meno i dettagli della idrografia pliocenica, certamente in alcuni luoghi e specialmente nelle più ampie depressioni alpine diversa dall'attuale. Come pure non saprei precisare la quantità delle oscillaziori delle Alpi orientali, che certamente si abbassarono dopo il pliocene. Per la Lombardia, senza occuparci di indagare se fuvvi o meno una depressione posglaciale, possiamo asserire che tuttora è attestato un sollevamento pospliocenico di almeno 350 metri. Tale sollevamento io credo aver dimostrato che siasi av- verato per gradi tra il periodo del Piacentino ed il secondo pe- riodo glaciale. Il periodo Astiano, come lo dimostra anche la litologia e la fauna delle formazioni, che gli appartengono, ci si presenta già con un deciso sollevamento, accompagnato dalla formazione di vaste conoidi alluvionali, già fuse nell’alta Lombardia come sul Veneto in una vera pianura preglaciale; questa pianura però era assai ristretta e moriva rapidamente in un estuario, steso in corrispondenza dalla bassa valle. Padana sin nel Piemonte e lungo le falde appenniniche. L’alta valle Padana è già prosciugata e popolata da una fauna diversa dalla glaciale; come stabilì già da tempo il chiarissimo prof. Gastaldi. ALCUNE OSSERVAZIONI SUL FERRETTO ECC. 367 DI Il periodo Astiano però non è che il passaggio al periodo Gla- ciale; anzi è assai probabile che si fonda colla prima fase di que- sto. Infatti la stessa litologia delle Sabbie gialle e poco dopo la presenza dei massi alpini sui colli di S. Colombano e la for- mazione della potentissima formazione marino-glaciale del Fer- retto, attestano una prima discesa dei ghiacciaj ed il loro sviluppo sino a limiti tuttora sconosciuti. In questa prima fase glaciale, tutti i shiacciaj del Veneto, anche quelli che si costrussero poscia i loro anfiteatri, come i tre del Garda dell’ Adige, e del Tagliamento e quelli dell’ Isonzo e del Brenta, che si arrestarono quindi nelle ‘ rispettive vallate, erano scesi all’ Adriatico. Il mare, sino alla seconda fase glaciale, occupava tuttora il bassopiano sin presso al livello dei 200 metri sul livello attuale. Un ultimo sollevamento prelude all'ultima ostinata lotta tra la velocità e la ablazione degli enormi ghiacciaj alpini. Le Alpi s'innalzano verso occidente, dove se ne staccano gli Appennini e si delimita la regione tirrena, che in più siti presenta depositi marini, glaciali e pliocenici. S'abbassano invece verso oriente, ove fanno parte di una regione, che aveva attinto la massima attitu- dine sul livello marino in epoca terziaria e che tutto attorno al bacino adriatico presenta numerose prove di una depressione posterziaria ed anche posglaciale. La rotazione, per così espri- mermi, della catena alpino-peninsulare, è per tal modo accusata nella massa stessa delle Alpi e costituisce un fenomeno endogeno, che forse corrisponde ad un risveglio dell’ attività vulcanica lungo l’asse della catena stessa. Per tale sollevamento la pianura lombarda gradatamente si prosciuga; l’ edificio degli anfiteatri mo- renici si compie ovunque all’asciutto ed a valle di essi si sten- dono le contemporanee alluvioni terrazzate. Nel bassopiano le acqué, copiosamente rinascenti alla base dei falus pedemontani, erodono i lembi del litorale marino, disperdono e dispongono i materiali più fini e più feraci, formando la livellata ed irrigua pianura, su cui prima delle specie domestiche pascolarono a torme gli elefanti ed i cervi dell’epoca glaciale, non ancora atterriti dall’accetta e dalla lancia dell’uomo archeolitico, 368 T. TARAMELLI, Come furono così disposti ed accumulati i materiali incoerenti del piano e dei colli morenici, avvenne l’ultimo decisivo muta- mento climatologico, causato da cangiamenti orografici che avve- nivano in regioni assai discoste dalle Alpi. I ghiacciaj, poichè loro venne meno la provvista delle nevi, prontamente si ritirarono. I fiumi stabilirono e sprofondarono gradatamente il loro letto, ter- razzando le conoidi e le alluvioni del piano; il Po che tutti li accoglie, innalzò gradatamente il suo prisma di dejezione e si avanzò di un certo tratto nel mare. Dove fosse il lido glaciale dell’ Adriatico non credo sia noto ai geologi; solo per un picciol tratto della spiaggia Friulana e perla seconda fase di questo pe- ‘ riodo lo rintracciai nell’area stessa dell’attuale apparato lito- rale dell’Isonzo. Ma a questo proposito ricordo come i pozzi ar- tesiani di Venezia trovino torba e sabbia fluviatile sino a oltre cento metri di profondità. Quando fu già avanzato il periodo dei terrazzi, uomo com- parve e dalle sue stazioni lacustri e palustri assistette all’ ultimo definitivo prosciugamento, non già dell’estuario padano, ma dei laghi morenici,-delle paludi, dei corsi secondari esauriti, degli stagni, delle fonti troppo abbondanti del bassopiano; assistette insomma, al completo assetto di questa bella pianura, nella quale certamente i geologi non si aspettavano di trovare le tracce di una così complicata combinazione e confusione di fenomeni, Qualche mese dopo la lettura della presente memoria e qual- che mese prima della correzione delle bozze di stampa, ricevetti dall’illustre signor Desor il grazioso invio della sua Memoria, in- titolata Controverse glaciale ed inserita negli Archives des Scien- ces. de la Bibliothèque umwverselle, Dicembre 1876, la quale credo che sia l’ultimo lavoro, risguardante la questione dibattuta. Cer- tamente non posso che accettare i fatti, che ebbi in gran parte la fortuna di verificare in compagnia dell’egregio geologo e sono perfettamente del suo parere nell’interpretare l’ altipiano more: ad ALCUNE OSSERVAZIONI SUL FERRETTO ECC, 369 nico fossilifero come una morena profonda; ma per quanto ho detto, da questi fatti stessi, da questa stessa interpretazione e dal complesso di altre ricerche, istituite in una escursione fatta circa un mese dopo allo scopo specialmente di visitare la lo- calità fossilifera di Coldrerio presso Balerna e di studiare le condizioni del Ferretto, mi veggo condotto a conclusioni preci- samente opposte alle sue. Certamente ciò mi è di poco conforto nello sperare di poterlo convincere; ma qualora considero che . in ultima analisi, rimanendo provata la origine marino-glaciale del Ferretto, la tesi più importante della discesa dei ghiacciaj nell'Adriatico padano, viene-ad essere rinforzata e meglio defi- nita e sciolta di tutte le difficoltà, che presenta l’idea di una dimora del mare stesso fin quasi alla chiusura dell’ epoca gla- ciale; e nella lusinga che il mio modo di vedere riguardo ai due periodi dell’epoca glaciale si accordi, non solo con quanto ognuno può rilevare nel versante meridionale delle Alpi ma anche a quanto meglio ancora si osserva nel versante settentrionale ed occidentale della catena alpina, mi azzardo a sperare che nem- meno il signor Desor avrà detto nella questione l’ultima parola. Tantopiù perchè desidererei che le prove desunte dallo studio della flora pliostocenica fossero anzitutto fondate sopra materiali tolti da giacimenti sicuramente pliostocenici o che, mirandosi a dimo- strare che tali sieno dei depositi da altri ritenuti terziari, quali sono quelli di Pontegana, Folla d’ Induno, Almenno e Nese, po- tesse la scienza arricchirsi di determinazioni specifiche anzichè di approssimazioni generiche. Il signor Desor chiude poi il suo scritto coll’annunciare i fatti rilevati dai signori Bruno e Stoppani nell’ anfiteatro della Dora Baltea, ed il signor Stoppani stesso mi ha mostrato delle conser- vatissime conchiglie plioceniche quivi raccolte. Attendo che i fatti stessi sieno resi di pubblica ragione; solo osservando che, ben lontano dal voler estendere a priori il valore della spiegazione ora proposta per l’altipiano fossilifero di Cassina Rizzardi, non escludo punto la possibilità che il sollevamento in seguito al primo periodo glaciale sia avvenuto tanto gradatamente ed in Vol. XIX 24 370 T. TARAMELLI, tal misura da permettere, in corrispondenza dello sbocco di uno de’ più importanti ghiacciaj alpini, che una formazione marino- glaciale analoga al Ferretto si continuasse con un anfiteatro ma- rino, quale viene immaginato dai signori Stoppani e Desor. Nè fino al presente volli visitare la regione; nella certezza chase vi è qualcosa di vero in questo lavoretto, sapranno gli altri trarne mi- glior partito di me; mentre se io fossi andato troppo lungi dal vero, avrei corso rischio, con idee preconcette, di aumentare gli errori ed il dispiacere di enunciarli nella poco gradita occasione di un disparere così aperto dall’opinione del mio amatissimo maestro. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA. Nella regione montuosa e collinesca, compresa dalla Tavola, ho indicato approssimativamente la composizione litologica delle Prealpi e dell’Apennino; poichè dalle prime dipendono i carat- teri litologici della formazione del Ferretto ed in parte anche dell’alluvione terziaria e lungo il versante apenninico, in questa regione volli indicare come. il terreno veramente pliocenico (piacentino e astiano) sia rappresentato soltanto da pochi lembi ; sviluppandosi invece nel gruppo dei colli astigiani ed ai colle di S. Colombano. Devo poi osservare che da più recenti ricerche mi risulta sicuramente che i conglomerati di Casteggio, Broni e Stradella sono da riferirsi al Messiniano, come gran parte dei conglomerati lacustri, alluvionali o marini del Veneto. Epperò invece della tinta 8 va quivi intesa la tinta 9; essendo quivi presso invece sviluppate le Sabbie gialle, stese sopra gli scarsi lembi di marna pliocenica. Nella regione alpina scorgesi lo sviluppo dei porfidi, al quale sino ad un certo punto corrisponde la natura litologica e 1’ 'at- tuale caolinizzazione del Ferretto, che però poco diversa si mostra anche più ad occidente, a nord di Monza. Mentre ho segnato con punteggiatura rossa il Ferretto, ho in- dicato con cerchietti azzurri le morene, formanti l’ anfiteatro molto irregolare del Lario e quelle regolarissime del Ticino; nonche le morene insinuate più importanti ed il livello più ele- vato degli erratici, corrispondenti ad una prima e massima espan- Vadenza Alessandria Zi TARAMELLI. . Osservazioni sul Ferretto di Lombardia Atti Soc Ital. di SN VAXIX: Tav. F oGalliate È. 146 travellena o |, er, x Sontteatea? iaia È dg \ Mbiategg> da HR VANG. TA d%. Pasi vi 103 g Mortara dé t02> TNA PalerndSW6 7 VALLI oGartasco DFelgiojoso 9. lefti aBbandonati dell'Adda \- oVorgonzola AK Cassano: si StAngiolo®.\ = mb ano" ID ATI 276 Sq sadpusterletigo 65 N ZiuighettoniAE == Ve Carl - N e Codogno “£ SCA dr tes) Vaftarie lémia 2 tesi scisti Arenarie puddinghe 3| | A ima) 200/;0; SMB Ones è Granito UT__IA super. Facene, Miocene Tresa] Z/iocene PEZZA Ferretto |morene caolinizzate)S/ace/o g/zc/ale antico BEZIavione di risultiva [ba «= )de2 basso prano. ACT Falus ed Alluvioni posglaciali ed antropozoiche 1| 4 IESUES A/uvione pliocenica (Capo) Ii Sabbie gialle Glaciali gi” [SISSA Anfitestro morenico (Glaciale recente) IAA Falus di sfacelo (idem) VZZZZA Seist eristallini marino TTaramelli Ha Tortona Scala Hsgodo It Ronchi, Milano DI È 4 1 î sa tn inten E i OR i SA ALCUNE OSSERVAZIONI SUL FERRETTO ECC. SUR sione glaciale, avvenuta a mio avviso quando il piano era ancora occupato dal mare. Tra le formazioni avvenute in questo mare o sulla sua spiaggia, le Sabbie gialle (9) rappresentano le alluvioni di delta, influenzate dal trasporto erratico, il ceppo (8), più an- tico forse che le dette Sabbie gialle nei suoi strati profondi, rap- presenta le conoidi dei fiumi di costa. Oltre alle morene, tra le formazioni da riferirsi alsecondo periodo glaciale, distinguo: a monte, le assai inclinate conoidì dei vari scari- catori degli scomparsi ghiacciaj oppure dei torrentii quali, come il Serio ed il Brembo, provenivano da valli solo in parte invase da ghiacci; a valle, un alluvione (13) dovuta al lavaggio della prima, poco inclinata e che rappresenta il lavorfo delle acque rinascentialla base delle conoidi delle anzidette correnti. Questa alluvione come le conoidi è profondamente terrazzata. La tinta bianca è poi riser- bata alle alluvioni posglaciali non terrazzate ed ai depositi lacustri, che nelle regioni dei laghi prealpini rappresentano 1’ estensione di questi appena dopo la ritirata molto rapida dei ghiacciaj. Debbo anche aggiungere che presso Belgiojoso ho trovato recen- temente un’altro avanzo dell’alluvione del primo periodo glaciale, siccome quelli dei dintorni di Camporinaldo (Ov. di Miradolo) e di Pavia. Riguardo alla località di Pontegana, ove è il solo giallo, andavano estesi i punti azzurri per indicare l’esistenza del conglomerato inframorenico quivi, ricoprente la marna fossilifera ed i piccoli letti di alluvione calcare in essa insinuati. Ho cercato di abbracciare nella Tavola tanto tratto di paese da potervi rappresentare, come in un abbozzo, le principali de- marcazioni e i criteri coi quali sembrami si dovrebbero esse rilevare ed indicare, qualora convenisse estendere un analoga ricerca a tutta la valle Padana, per evitare le confusioni, alle quali per la pic- cola scala della Carta e per incompleta conoscenza delle località è andato incontro per questa regione il sisnor Rutimejer. Osservo che manca l’indicazione dell’espansione laterale dei ghiacciaj nei due periodi, la quale si potrebbe facilmente introdurre con se- gni convenzionali; poichè trattasi di una regione troppo cono- sciuta per essere una tale indicazione necessaria, e perchè in parte vi può supplire l’indicazione delle più elevate morene. IL MARE GLACIALE E IL PLIOCENE AI PIEDI DELLE ALPI LOMBARDE. Lettera del prof. G. OmgonIi al prof. F. SorpELLI, Aggiunto alla Direzione del Museo Civico di Milano. (Seduta del 28 Maggio 1876) Padova, 30 aprile 1876. Chiarissimo amico, Ho ricevuto le di Lei Nuove osservazioni sulla fauna fos- sile di Cassina Rizzardi;* e Le scrivo anzitutto per ringraziarla di questo gentile invio, e poi per farle conoscere che io vado d’accordo con Lei nel modo di considerare questa questione, in- teressantissima, del mare glaciale ai piedi delle Alpi lombarde; ed anche per aggiungere alcune considerazioni a quelle già da Lei così bene raccolte ed esposte, tanto nelle prime Osserva- zioni,° quanto in queste, intorno alla- accennata quistione. Appena seppi dal professore Stoppani e da altri la scoperta di ciottoli striati in un? argilla pliocenica, fatta da Lei, da Spreafico e da Pavesi, a Balerna, nel 1873, e venne a mia cognizione anche quell'altra, delle conchiglie fossili plioceniche in una morena presso Fino, dovuta al dottor Casella, al marchese Rosales ed al signor Franceschini, sentii, naturalmente, il desiderio di re- carmi anch'io a vedere quei fatti singolari. E quello, che vidi 1 Estratte dal vol. XVIII degli Atti della Società Italiana di Scienze naturali. Milano, 1876. ? La Fauna marina di Cassina Rizzardi. Negli Atti già citati, vol. XVIII, Mi- lano, 1875. G. OMBONI, IL MARE GLACIALE E IL PLIOCENE ECC. 373 lo stesso e pensai, credo bene di farle io conoscere, con questa lettera, che La prego di leggere alla prossima seduta della So- cietà italiana di scienze naturali, affinchè (nel caso che i colle- ghi vi consentano) ne sia fatta inserzione negli Atti della Società; e questa pubblicazione io desidero perchè, senza di essa, taluno, vedendomi citato dal professore Stoppani *! fra coloro, che hanno visitato la località di Cassina Rizzardi, potrebbe prendermi come un testimonio favorevole alle. idee di questo; illustre professore. Venni, dunque, come Ella si ricorderà, a Milano nell'autunno del 1874, raccolsi da Lei e da altri le opportune indicazioni sui luoghi da visitare, e ripartii subito per questi luoghi. ; A Bernate trovai il marchese Rosales e il Franceschini; e que- st’ultimo, colla sua solita gentilezza, mi fece da guida. — Vidi con lui la cava di sabbia aperta nel piccolo rialzo coperto di robinie, che fu preso per una morena, e che è precisamente in mezzo al triangolo, che ha i suoi vertici a Fino, Fiorenzuola e Cassina Rizzardi, tre luoghi indicati nella carta topografica: au- striaca. La cava era stata in gran parte riempita, dopo le visite di Stoppani, Desor, ecc., coi materiali che ne erano stati estratti; così che non ne potemmo vedere le parti inferiori; ma vidi bene quelle superiori. Raccogliemmo alcune conchiglie, qualche ciot- tolo morenico, ed un ciottolo traforato da molluschi; e vidi la sabbia coi ciottoli mancare della disposizione a strati, ma essere priva anche del fango, che nelle vere morene è sempre abbondan- tissimo e contiene in sè la sabbia e i ciottoli. — Vidi, dunque, le stesse cose, che furono vedute da Stoppani e dagli altri; ma in quel rialzo di sabbia, con ciottoli e conchiglie marine, piuttosto che una morena sottomarina dell’epoca pliocenica; mi parve di vedere una massa di sabbia e di ciottoli, che dapprima aveva fatto parte d’una vera morena, ma poi era stata smossa dalle acque d’ un torrente 0 d’un fiume, e dalle stesse acque era stata mista a conchiglie tolte ad un sedimento marino pliocenico. Ora, 1 STOPPANI, Sui rapporti del terreno glaciale col. pliocenico, ecc. Negli Atti della Società italiana di Scienze naturali. Vol. XVIII. 374 G. OMBONI, poi, che Ella, nelle sue Osservazioni, ha fatto conoscere che le conchiglie sono identiche a quelle del vero pliocene marino, e contengono dell’argilla eguale a quella pliocenica marina, e non già della sabbia eguale a quella della cava, mi trovo confermato nel mio modo di vedere del 1874, che è pure quello da Lei esposto, ed anche quello espresso più recentemente dal profes- sore Favre.! | Come Ella dice benissimo, le conchiglie fossili, colla argilla pliocenica marina che contengono, e coi loro guasti, dimostrano che fecero parte d’un sedimento pliocenico marino prima d’ es- sere miste alla sabbia e ai ciottoli morenici; l’esistenza di questi ciottoli, senza l’accompagnamento del solito fango morenico, prova che le sabbie e i ciottoli fecero parte d’una morena prima che un’acqua corrente smovesse i materiali di questa morena, per deporre qui, presso Fino, la sabbia ei ciottoli, e portare più lontano il fango argilloso; ed anche i ciottoli traforati dai mol- luschi, ma con arrotondati i margini dei fori, provano che il misto di sabbia, ciottoli e conchiglie di Cassina Rizzardi non sè fatto nel mare, ma fu formato con materiali presi altrove, da sedimenti veramente marini. Ed a queste considerazioni ne ho da aggiungere una, che mi pare nuova ed importante. Se quel rialzo di Cassina Rizzardi fosse davvero, come vor- rebbe lo Stoppani, una morena sottomarina, formata al principio del periodo glaciale, potrebbe essa trovarsi ora alla superficie della pianura, come quelle grandi morene frontali e laterali, fra le quali passa la ferrovia da Monza a Como? No, di certo. Essa dovrebbe trovarsi ad una grande profondità, sotto, almeno, a quelle alluvioni moderne, che si sono formate coi materiali tolti dai fiumi e dai torrenti alle morene superficiali; e non si do-. vrebbe vedere, come di fatto si vede, alla superficie di siffatte alluvioni. — Che se si volesse persistere a crederlo un avanzo di una morena, si dovrebbe ritenerlo un avanzo di una morena eguale a quelle, che stanno alla superficie della alluvione al sud 1 Note sur les terraîns glaciaires et postglaciaires du revers méridional des Al- pes. Negli Archives della Bibliothèque de Genève, del 15 gennajo 1876. IL MARE GLACIALE E IL PLIOCENE ECC. 375 di Como. Main tal caso, essendo ben noto che, quando un ghiac- ciajo ha lasciato una serie di morene frontali concentriche, quelle più antiche sono le più lontane dall’origine del ghiacciajo, e quelle meno antiche sono le più vicine, il rialzo di Cassina Riz- zardi, trovandosi meno lontano dal lago di Como che altre mo- rene, collocate più a mezzodì, n0n sarebbe una delle più antiche morene frontali sovrapposte all’ ulluvione, e quindi non avrebbe potuto formarsi se non durante la diminuzione del ghiacciago, poco prima che questo si riducesse ad avere la sua estremità meridionale là, dove è ora Como; sarebbe dunque ben lontano dall'essere una morena formata nel mare, prima che il ghiac- ciajo acquistasse la sua massima grandezza. — Ma quel rialzo di Cassina Rizzardi non ha punto la composizione delle vere mo- rene; e, come Ella ha fatto osservare, trovandosi altri simili de- positi sabbiosi e con conchiglie plioceniche in altri luoghi vicini, sotto la superficie delle pianure di Fino, quel rialzo non può es- sere considerato che come appartenente ad una alluvione, la quale altre volte ebbe un livello più elevato, ma poi fu dalle acque corrosa e ridotta ad avere una superficie ondulata, con depres- sioni e sporgenze. A Balerna mi recai solo, e, col mezzo delle indicazioni detta- gliate avute a Milano, trovai facilmente il luogo delle Fornaci, vicino alla ferrovia in costruzione. E, per dirla in poche parole, vidi una argilla giallastra contenente molti ciottoli striati, ed una argilla azzurrognola, sottoposta a quella giallastra, somigliante molto a quella pliocenica marina, con altri ciottoli striati; ma, nè in quella, nè in questa, scoprii conchiglie fossili. — Non ebbi tempo di andare a cercare la vera argilla pliocenica con conchiglie, che sta presso alla Breggia. — Ma ciò, che potei vedere, mi fece sospettare che si sia confuso questo sedimento veramente pliocenico con quello con ciottoli striati, da coloro che sostenevano l’esi- stenza di fossili pliocenici e di ciottoli striati nell’argilla azzur- rognola di Balerna; o che, almeno, sia stata presa per plio- cenica anche questa argilla coi ciottoli striati, a motivo della sua somiglianza con quella con fossili, e ad onta dei suoi ciottoli mo- 376 G. OMBONI, renici. Ed a trasformare questo secondo sospetto in certezza, vennero recentemente le di lei Osservazioni, e quelle, che il pro- fessore Favre ha pubblicato intorno ai terreni visibili fra Men- drisio e Como. Non è, tuttavia, impossibile che sia veramente pliocenica la parte inferiore della argilla delle Fornaci di Ba- lerna, se è vero che proprio da essa sia stato estratto dal com- pianto Spreafico un echino pliocenico, che è nel Museo Civico di Milano come proveniente da questa località, ma senza alcuna indicazione della profondità, a cui fu trovato. E si può credere che la parte inferiore di quest’argilla delle Fornaci si sia de- posta durante l'epoca pliocenica, ma verso la fine di quest’ epoca, e poi, sul principio dell’epoca glaciale, si sia deposta la parte superiore, coi ciottoli striati. La conclusione di tutto questo è facile: — non v'è alcun fatto ben accertato, il quale provi che i ghiacciaj siano giunti nell’e- poca pliocenica a tale lunghezza, da deporre è loro ciottoli striati e le loro sabbie nel mare pliocenico, cioè in un mare, nel quale continuassero ancora a vivere le conchiglie proprie del Pliocene. In altri termini, non è provato da fatti positivi che, fra è depo- siti glaciali esistenti al piede delle Alpi lombarde, ve ne siano alcuni appartenenti all’epoca: pliocenica. 1 Cade così a terra una gran parte di ciò che i professori Stop- pani, Desor e Martins dicono nelle loro rispettive pubblicazioni sul mare glaciale a’ piedi delle Alpi, sul paesaggio morenico e sul periodo glaciale; * ma non cade tutto, come risulterà da un breve esame, che dell’opuscolo del professore Stoppani sul mare glaciale ai piedi delle Alpi mi permetterò di fare quì, aggiun- gendo alcune altre pagine a questa lettera. Mi pare dimostrato e completamente ammissibile, e quindi .4 STOPPANI, IZ mare glaciale aè piedi delle Alpî. Nella Rivista italiana del 1874. — Sui rapporti del terreno glaciale col pliocenico nei dintorni di Como, negli Atti della Soc. it. di Sc. nat. 1875, vol. XVIII. DESOR, Le paysage morainique, ete. Paris et Neuchatel, 1875. MARTINS, Recherches récentes sur les glaciers actuels et la période glaciaîre, nella Revue des deux Mondes, del 15 aprile 1875. Me 3 en I, MARE GLACIALE E IL PLIOCENE ECC. 377 ammetto, col professore Stoppani, che le Alpi abbiano assunto le loro attuali dimensioni e forme dopo Vepoca miocenica; che anche al loro piede, in un mare pliocenico, si siano deposte le argille azzurre plioceniche, coi loro fossili caratteristici; e che dopo l’epoca pliocenica sia avvenuto un notevole sollevamento nelle Alpi e negli Appenmini; ma it mare, meno profondo di prima, sia rimasto a battere il piede delle Alpi anche per la prima parte dell’epoca glaciale, succeduta immediatamente a quella pliocenica. Ammetto eziandio che le valli alpine si siano aperte, a guisa di spaccature, dopo l’epoca miocenica, e in essi, come in altrettanti fiordi, sia penetrato il mare pliocenico, e vi abbia deposte delle argille fossilifere; e che, pel sollevamento posteriore all’ epoca pliocenica, siano stati portati î sedimenti pliocenici all'altezza, a cui ora si trovano. E mi pare anche na- turale e logico credere che, per lo stesso ultimo sollevamento, le valli alpine si siano allargate, e i sedimenti pliocenici già de- posti in esse si siano spaccati e smossi, in modo che le acque e i ghiacciaj abbiano potuto successivamente e con molta faci- lità distruggerli o meglio corroderli e trasportarli fuori, quasi tutti, dalle valli stesse, fin nel mare al piede delle Alpi. Questo mare glaciale al piede delle Alpi lombarde, non solo lo ammetto assai facilmente, oggidì, come una cosa certa, ma l'avevo, già ammesso nell’anno 1861, nel mio lavoro sui ghiac- ciaj antichi della Lombardia'; e trovo singolare che il profes- sore Stoppani, nel suo lavoro sul mare glaciale, non ne fac- cia alcun cenno, ed anzi, a pag. 17, dica d’aver trovato che “ tutti ammettevano, almeno col non farne menzione, che il mare si fosse già ritirato dalle Alpi, quando i ghiacciaj scendevano a cercarne i confini. , — Il professore Stoppani avrebbe dovuto ricordarsi delle conclusioni del mio lavoro, pubblicato negli Atti d’una Società, di cui egli era uno dei segretarj!* i OMmBONI, I ghiaccia) antichi e îl terreno erratico di Lombardia, negli Atti della Soc. ital. di Sc. nat. Vol. III ? Ecco, testualmente, quella parte di conclusione, nella quale parlai abbastanza 378 G. OMBONI, Venendo ora ai rapporti fra il terreno glaciale e il terreno plio- cenico, ammetto collo Stoppani che le morene stiano immedia- tamente sulle argille plioceniche della Folla d’ Induno, e su quelle del bacino di Balerna; ma, come Ella l’ha così bene dimostrato, non è provato che le argille con ciottoli morenici siano vera- mente plioceniche come quelle con conchiglie fossili; e le sabbie con ciottoli e conchiglie di Cassina Rizzardi non sono una vera morena. i Si può dunque continuare a credere che, dopo finita l’ epoca pliocenica, cioè dopo spente le specie marine caratteristiche di quest'epoca, in conseguenza di un cambiamento nel clima, sia rimasto il mare a battere il piede delle Alpi, ed i ghiacciaj siano venuti a finire su di esso, ed a deporre sul suo fondo i loro ciottoli, i loro massi, le loro argille e le loro sabbie. Si può chiaro, mi pare, di un mare, nel quale si deposero i materiali, che dai gRiacciaj fu- rono portati fuori dalle valli alpine: « L’ultima parte della Storia geologica della Lombardia si può suddividere nel modo seguente: » 1.0 Epoca pliocenica. — La valle del Po fa parte del mare pliocenico. Si de- pongono le rocce con fossili marini, di Varese, Nese, San Colombano e Castenedolo. » 2.° Dislocazioni lente e graduate, per le quali le Alpi e gli Apennini acqui- stano la loro forma ed estensione attuale. La valle del Po diventa un gran golfo del mare Adriatico, con acque poco profonde. Formazione dei più antichi depositi qua- ternarj, che fanno passaggio ai plioceni, e di quelli con ossami di grossi quadrupedìi. — Cominciano a formarsi, o almeno ad estendersi i ghiacciaj alpini, in conseguenza del clima freddo e umido, e della produzione del ghiaccio, che vince la distruzione. — Prima parte dell’epoca glaciale quaternaria. » 3.° I ghiacciaj hanno occupato tutte le valli alpine e î bacini del laghi, giun- gendo fino ai luoghi ove ora sono Sesto-Calende, Porto, Mendrisio, Como, Lecco, Iseo, ecc. Cominciano i grossi torrenti e spargono i materiali apportati dai ghiacciaj. Formazione dell’alluvione antica con questi materiali. S'innalza così il fondo del golfo, sì formano e poi si colmano delle lagune e degli stagni, si estende la terra ferma e si ristringe il golfo. I materiali dell’ alluvione si dispongono a strati nelle acque ab- bastanza profonde e quiete, irregolarmente là, dove agiscono soltanto i torrenti. I ciot- toli apportati dai ghiacciaj perdono la levigatezza, le righe e le strie, e si arroton- dano, entrando a far parte dell’alluvione; e i massi perdono i loro spigoli e si arro- tondano. — Seconda parte dell’epoca glaciale. » 4.0 I ghiacciaj si estendono ancora un poco. Corrodono la parte superiore del- l'alluvione antica, e giungono fin là, dove si vedono tuttora le morene estreme..E continua la produzione dell’alluvione all’esterno degli anfiteatri morenici. — Terza parte dell’epoca glaciale. » IL MARE GLACIALE E IL PLIOCENE ECC. 379 così spiegare come i depositi morenici siano immediatamente so- vrapposti alle argille plioceniche fossilifere; e come, in certe parti del mare abbiano continuato a deporsi delle argille azzurrognole, somiglianti a quelle del Pliocene, ma non contengano conchiglie | plioceniche, e contengano invece i ciottoli striati. Continuando l'esame del lavoro del prof. Stoppani, giungo alla quistione del ceppo; e in proposito rammenterò che nel 1869 il prof. Maggi ha pubblicato uno scritto sul Ceppo dell’ Adda, e in esso ha dimostrato essere questo ceppo d’origine glaciale, e fatto con materiali, i quali possono essere venuti tanto dalla Valle Brembana quanto dalla Valtellina. — Questo ceppo dell’ Adda “non sarebbe, dunque, pliocenico, come vorrebbe lo Stoppani, ma si sarebbe formato coi materiali morenici portati al mare glaciale dai ghiacciaj della Valle Brembana e della Valtellina. — Altret- tanto deve certamente dirsi di quello dell’ Oglio e degli altri, che per Mortillet, per me e per altri, fanno parte dell’ alluvione an- tica, collocata sopra alle argille veramente plioceniche, e sotto alle morene frontali della Brianza, del lago d’Iseo, ecc. — Che se nella valle del Brembo, sugli strati cretacei, a destra del fiume si vede l'argilla pliocenica ed a sinistra il ceppo, ciò non prova punto la contemporaneità dell’ argilla e del ceppo, ma prova sol- tanto che alla destra non s'è formato il ceppo, ed alla sinistra o non s'è deposta l’argilla pliocenica, o si depose, ma poi fu di- strutta dalle acque prima che vi si formasse il ceppo. — È, se, altrove, sul ceppo, come sulle argille azzurre, si vede senza al- cun intermezzo il terreno glaciale, ciò Foa soltanto che, dopo formato il ceppo, i ghiaccia]} deposero sovr’ esso altri sedimenti, meglio caratterizzati come morenici. Lascio ad altri la quistione delle sabbie gialle subapennine, e ad altri ancora a giudicare certe parole dello Stoppani relative al Congresso geologico di Foma, o meglio alle sedute dei geologi italiani, che furono riuniti in Roma nell’aprile del 1874, dal Mi- nistro di agricoltura e commercio, per trattare alcune quistioni ! Nei Rendiconti dell’ Istituto lombardo, 1869. 380 G. OMBONI; relative alla Carta Geologica del. Regno d’Italia: dirò solamente che non mi pajono poi tanto da criticare quei geologi, perchè hanno messo come terreno d’epoca dubbia le sabbie gialle su- bapennine, che da alcuni fra essi si volevano quaternarie e glaciali, e da altri plioceniche ; e aggiungerò che la. classifica- zione adottata da loro si riferisce ai ferreniì e non ai periodi, come parrebbe dalle parole del prof. Stoppani (pag. 39). Que- sta distinzione è importante, poichè si può benissimo dire che dopo il periodo pliocenico sia venuto immediatamente quello qua- ternario, colla sua parte glaciale; cioè, si può credere che, dopo l’estinzione delle specie plioceniche per un cambiamento nel clima; e dopo il sollevamento generale della regione alpina, abbiano sù- bito cominciato a formarsi, nelle valli alpine, i ghiacciaj, per in- grandirsi poi a poco a poco. durante l'epoca glaciale; ma; dopo ciò, st può ancora discutere se le sabbie gialle si siano formate nell'epoca pliocenica o in quella glaciale, ed è ancora necessario distinguere le morene degli anfiteatri. morenici, formate durante la seconda parte dell’epoca glaciale (dopo che i ghiacciaj ebbero raggiunto la loro massima estensione), da quei sedimenti, che stanno sotto a quelle morene, e sopra alle argille plioceniche, perchè si sono formati nella prima. parte dell’ epoca glaciale (prima che i ghiacciaj acquistassero la loro massima estensione). Orbene, quei geologi hanno deciso di chiamare preglaciale quel terreno, che sta sotto alle morene degli anfiteatri, e sopra alle argille certamente plioceniche, e che da molti è chiamato alluvione antica (e com- prende il ceppo), per distinguerlo dal terreno, che hanno chia- mato glaciale, perchè formato appunto dalle morene degli an- fiteatri. Forse avrebbero fatto meglio, adottando altri nomi, in- vece di questi due, chiamando, per esempio, alluvionale antico 0 alluvio-glaciale il terreno inferiore, e morenico il. superiore; ma non potevano esimersi dal distinguere siffatti due terreni, quan- tunque si siano ambedue formati nella stessa. epoca glaciale; poichè. questi due terreni esistono, ben distinti, in natura, es- sendo composto quello inferiore di materiali dati dai ghiac- cia], sparsi sul fondo del golfo marino a guisa di alluvioni, e IL MARE GLACIALE E ‘IL PLIOCENE ECC. 381 spesso cementati in ceppo, ed essendo quello superiore intera- mente e solamente formato di morene frontali o laterali, oppure di materiali tolti a morene frontali e laterali da acque correnti, e dispersi dalle stesse acque, a guisa di alluvioni, durante la se- conda parte dell’epoca glaciale. Se ora volessi esaminare gli altri opuscoli citati prima, insieme con quello di Stoppani sui rapporti del terreno glaciale, io avrei solo da ripetere alcune delle cose già dette; e per quelli di Desor e Martins avrei da far inoltre rimarcare le inesattezze, che in essi sono contenute, e che Ella ha già così opportunemente notate nelle sue Osservazioni. La scoperta di sabbie con ciottoli e conchiglie plioceniche, fatta a Ronco ed a Bulgaro, in fosse aperte nel suolo, prova soltanto che la alluvione formata con materiali morenici e pliocenici, misti insieme, si è sparsa su un’estensione di parec- chi chilometri. Per finire questa già troppo lunga lettera coll’esporre, in po- che parole, ciò che penso dei principali fenomeni geologici avve- nuti nell'epoca pliocenica e in quella glaciale nella Lombardia, non ho che da ripetere quello che ne ho già detto nel 1861, svi- luppandone qualche parte. E dico, dunque, che ora ammetto, nell’epoca pliocenica e in quella glaciale, la seguente successione di fenomeni e di fasi: 1° il mare phocenico penetrò nelle valli alpine, che erano aperte dopo l’ epoca miocenica, e depose sedimenti con fossili. plio- cenici su tutta l'estensione fra le Alpi e gli Apennini, ed anche nelle valli alpine; 2° un movimento d’innalzamento nella regione alpina avvenne alla fine dell’epoca pliocenica, accompagnato da spaccature nei sedimenti pliocenici, in guisa che le valli alpine ritornarono pro- fonde e larghe come erano prima dell’epoca pliocenica, e furono occupate, a guisa di fiordi, dal mare, che anche dopo quel solle- vamento rimase a battere il piede delle Alpi; 3° si formarono dei ghiacciaj nelle stesse valli alpine, op- pure cominciarono ad ingrandirsi quelli, che già esistevano nelle parti più alte di esse, e questo fatto si può considerare come il principio dell’epoca glaciale; | 382 G. OMBONI, 4°. avvenne un rapido aumento dei ghiacciaj, pel quale i ghiac- ciaj stessi occuparono le valli alpine fin ailoro sbocchi nel mare ra °. dopo che è ghiacciaj giunsero ad avere le loro estremità me- i là, dove ora sono Arona, Sesto Calende, Como, Lecco, ecc., rimasero per un tempo molto lungo colle acquistate dimensioni, e portarono al mare glaciale una grande quantità di materiali, coi quali si formò la così detta alluvione antica, destinata a cemen- tarsi poi in molti luoghi, e diventare il ceppo dell’ Adda, dell’ 0- glio, ecc.; 6°. finita la produzione della alluvione antica, ci fu un aw- mento di estensione dei ghiacciaj, in modo che questi, allungandosi al di sopra della alluvione antica, giunsero colle loro estremità fin là, dove ora sono Somma, Gallarate, la Brianza meridionale ecc., e vi costruirono le loro morene frontali più lontane ba: piede ve Alpi, sopra l’ alluvione antica ; . fatte queste morene frontali più meridionali, cominciò la uti d’estensione dei ghiacciaj, così che si formarono altre morene frontali, sempre meno lontane dalle Alpi, e tutte sopra l alluvione antica; 8°. ridotti in tal modo i ghiacciaj entro i limiti delle valli alpine, diminuirono successivamente, fino a trovarsi colle loro di- mensioni attuali; è durante questa distruzione dei grandi ghiac- cia), e coll’acqua data da essi, che si formarono copiosi torrenti c fiumi, i quali distrussero molte parti delle morene, e produssero le alluvioni con materiali morenici, talora (come intorno a Fino) con fossili pliocenici, tolti ad argille fossilifere del vero pliocene dagli stessi torrenti e fiumi dell’ ultima parte dell’ epoca glaciale. E con ciò ho finito. Non mi resta che da domandarle perdono, chiarissimo Collega, della lunghissima cicalata; e di ringraziarla anticipatamente di quello, che Ella farà per la presentazione e pubblicazione di que- sto scritto. E La prego di credermi sempre Suo devotissimo G. OMBONI. MERE PS IL MARE GLACIALE E IL PLIOCENE ECC. 383 P. S. In questa lettera ho dimenticato d’occuparmi dell’ opu- scolo del prof. Gastaldi: Sur les glaciers phocéniques de M". De- sor; e non ho parlato del lavoro del sig. Rutimeyer: Ueber Pliocen und Eisperiode auf beiden Sciten der Alpen, ? perchè non ho ancora potuto vederlo. Chi paragonerà la conclusione della mia lettera con ciò, che dice il prof. Gastaldi nel suo opuscolo ora citato, troverà che vado d'accordo quasi completamente con lui nella quistione del mare pliocenico, e delle morene sovrapposte all’ alluvione antica, da lui chiamata diluvium; poichè anch’ egli ammette che i ghiacciaj non abbiano cominciato a formarsi se non dopo l’epoca pliocenica, ed abbiano avuto Za loro massima estensione dopo formato il dilu- vium, in modo da formare su questo le loro morene frontali, che tuttora si osservano. Ma, dove non andiamo d’accordo, è in ciò, che si può credere dei fenomeni della prima parte dell’ epoca gla- ciale. Egli ammette che i ghiacciaj si siano estesi lentamente nelle valli, in modo che queste abbiano conservato i loro sedimenti pliocenici, e siano state riempite di alluvioni prima d'essere oc- cupate dai ghiacciaj; e che quindi i ghiacciaj, nell’ estendersi ad in- vaderle, abbiano dovuto cacciarne fuori tanto î sedimenti pliocemici, quanto le abluvioni quaternarie, per dare origine ai bacini lacustri. Io credo, invece, che essi le abbiano occupate rapidamente, prima che le alluvioni le colmassero fino a quel livello, a cui le alluvioni stesse giungono sotto alle morene; e che a ciò sia dovuta l’ origine dei bacini lacustri. E, siccome la sua ipotesi della riescavazione di questi bacini incontra, anche per lo stesso prof. Gastaldi, molte difficoltà, ed è poi combattuta dagli altri geologi, mentre la ipotesi da me accennata spiega più facilmente l'origine dei ba- cini lacustri, così mi pare che questa seconda ipotesi sia da pre- ferirsi. Tanto più che anche con questa ipotesi, come con quella del prof. Gastaldi, si spiega il fatto, ritenuto per fondamentale dallo stesso professore, del diluvium torrenziale collocato normal- 1 Negli Atti della R. Accademia di scienze di Torino. Vol. X, febbrajo 1875, 2 Basilea, 1875, 384 G. OMBONI, mente fra le sovrastanti morene e le sottoposte marne plioceniche; poichè, secondo la mia ipotesi, il diluvium si sarebbe formato coi materiali portati dai ghiacciaj fin allo sbocco delle valli alpine, smossi e dispersi dai fiumi dati dagli stessi ghiacciaj, dopo finita l'epoca pliocenica, durante la prima parte dall’epoca glaciale, durante la lunga permanenza dei ghiacciaj negli attuali bacini la- custri, e prima che i ghiacciaj acquistassero le loro massime di- mensioni, per deporre sullo stesso diluvium le loro morene fron- tali tuttora visibili. Quanto al lavoro del signor prof. Rutimeyer, so soltanto, dagli Archives della Bibliothèque de Genève, del 15 aprile scorso, che esso ha le stesse conclusioni, alle quali siamo giunti, Ella, signor Sordelli, ed io. E ciò mi basta e mi conferma sempre più nelle cose, che Le ho scritte in questa lettera.! i 1 Dopo scritta, nell’aprile del 1876, questa lettera, ebbi dallo stesso prof. Ruti- mayer il suo lavoro, e venni a conoscenza dei lavori pubblicati da Desor, Mayer e Renevier sui sedimenti in quistione; ma di essi mi occuperò probabilmente in altro scritto. (Nota aggiunta nell’aprile 1877, correggendo le prove di stampa per la pubbli- cazione della Lettera negli Atti della Società Italiana ecc.) PI ATTI E MEMORIE | Gli Arri si danno gratis a tutti i Socj, effettivi e corrispondenti. — Gli ‘estranei alla Società li possono comperare al prezzo di lire 20 per ciascun volume, domandandoli direttamente ai segretarj della Società. — Per i Soci pr i quali desiderano avere i volumi degli anni anteriori a quello in ‘cui hanno cominciato a far parte della Società, i prezzi sono ridotti alla Bis e lai Le IF sono. esauriti. ry ih ia è Le MemoRIE si pubblicano in altrettanti fascicoli distinti... i Ciascuna Memoria ha un prezzo particolare, minore per i; Soc) ;che per : di estranei alla Società. Il prezzo totale di ciascun volume è la. somma dei prezzi delle Memorie chè lo compongono. ES associazione a ciascun volume delle Memorie è fissata pei Socj a L. 10. fas . Per avere gli i e le a bisvgna: Cee al Segretari, della Ss ocietà. LIZA | Agli ‘autori che ne fanno domanda si danno Lit ‘25 copie dei loro lavori stampati negli Atti o nelle Memorie... i uoamt .»3 i L’autore d’ogni Memoria che volesse avere un numero di copie maggiore delle 25 gratuite, dovrà pagarle al prezzo stabilito pei Socj. . Quanto ai lavori stampati negli Atti l’autore potrà far tirare un numero ° ualunque di copie ai seguenti prezzi: LI —_—___—_TT———————————_—_——tt__———— mt _numurmo_m_—_—É——stt_-_ ——— LITOO Esemplari Re a Ni. O 73 | 200. Mj}'/, cdi foghio (4 pagine) . . {1.1 — Lig —- |L.225)L.3 50 1% foglio (8 pagine) a (Arti | 1. 150, #°/, di foglio (12 pagine) . . DIRLO | ” gel foglio (16 pagine) . . . | n IAA % ” Ct a I OS SD % INDICE. T. THoRrELL, Etudes Scorpiologiques (Cont.° e fine). Pag. 81 a del 30 Aprile 1876 . I DP278 . MERCALLI, Osservazioni geologiche ‘soll darne gla- ciale nei dintorni di Como . . . 200200 70 a IE G. Frassi, Notizie sulla sorgente del Tae © 268 Seduta del 28 Mapgeto ‘I8TD. 0. 0 e Seduta del 2 Luglio 1876 . . . . BU A. SPAGNOLINI, Catalogo sistematico degli cala n Mediterraneo (tav. 1-6) . . . SERA T. TARAMELLI, Alcune osservazioni sul Ferretto della Briancas(taya 7). caselli ir0)892 . OmBoni, Il mare glaciale e il ‘pla ai di delle Alpi lombarde 05 0. veri. 00, 370 A questo fascicolo è unito un foglietto sciolto colle pa- gino 75-76 da sostituirsi a quelle del fascicolo precedente per errore ivi incorso. DELLA SOCIETA ITALIANA DI SCIENZE NATURALI VOLUME XIX. I FascicoLo 1V. — FogLI 25-32. | Con 4 Tavole. | MILANO, | | ; COI TIPI DI GIUSEPPE BERNARDONI. I PER L'ITALIA: PER L'ESTERO: | PRESSO LA PRESSO LA SEGRETERIA DELLA SOCIETA’ | LIBRERIA DI ULRICO HOEPLI Î MILANO MILANO Palazzo del Museo Civico. Galleria De-Cristoforis, Via Mavin, 2. 59-62. SETTEMBRE 1877. Per la compera degli ATTI e delle MEMORIE si veda la 3° pagina di questa copertina. FE .u SUNTO DEI REGOLAMENTI DELLA SOCIETÀ, ‘0 ® Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso degli s relativi alle scienze naturali. 0° d e: "N I Socj sono in numero illimitato, effettivi e corrispondenti. — < hag e È I Socj effettivi pagano it. L. 20 all’anno, în una sola volta, nel primo tri> | mestre dell’anno. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno quelli dimoranti nel Regno d’Italia), vi presentano le loro Memorie e Comunica- | zioni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. ue | A Socj corrispondenti si eleggono persone distinte nelle scienze naturali, le quali dimorino fuori d’ Italia. — Possono diventare SOG] effettivi, quando si. | assoggettino alla tassa annua di lire venti. — Nor sono invitati partico- larmente alle sedute della Società, ma possono assistervi e presentarvi on farvi leggere delle Memorie o delle Comunicazioni. — Ricevono gratuita- i mente gli Atti della Società. . | Ne La proposizione per l'ammissione d'un nuovo socio deve essere fatta e firmata da tre socj effettivi. "i I Socj effettivi che non mandano la loro rinuncia almeno tre mesi prima della fine dell’anno sociale (che termina col 31 dicembre) continuano ad Cs | sere tenuti per socj; se sono in ritardo nel pagamento della quota di un anno, e, invitati, non lo compiono nel primo trimestre dell’anno successivo, cessano di fatto di appartenere alla Società, salvo a questa il far valere | i suoi diritti per le quote non ancora pagate. en I Le Comunicazioni, presentate nelle adunanze, possono essere stampate negli Atti o nelle Memorie della Società, per estratto o per esteso, secondo 3 la loro estensione ed importanza. bi: La cura delle pubblicazioni spetta alla Presidenza. ee da Agli Atti ed alle Memorie non si ponno unire tavole se non sono del formato degli Atti o delle Memorie stesse. i Tutti i Socj possono approfittare dei libri della biblioteca sociale, pur-o chè li domandino a qualcuno dei membri della Presidenza, rilasciandone regolare ricevuta. PRESIDENZA PEL 1877. Presidente, CorNALIA dottor EmiLio, direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Milano, via Monte Napoleone, 36. "a Vice-presidente, ViLLA ANTONIO. Milano, via Sala, 6. STOPPANI Sac. ANTONIO, prof. di geologia nel Reale Istituto Segretarj tecnico superiore in Milano, via Palestro, 2; SORDELLI FERDINANDO aggiunto al Museo di storia naturale ; x di Milano, via Monforte, 7. dii Cassiere, GARGANTINI-PIATTI Giuseppe, Milano, via del Senato, 14. Bal ULTERIORI CENNI SULLA POLIMELIA NELLE RANE. del prof. di Mineralogia P. StroBEL. (CON UNA TAVOLA). (Seduta del 30 luglio 1876). Nella seduta di codesta Società del 2 scorso gennaio fu pre- sentato e letto un mio Cenno sulle rane polimeliche conservate nel Museo di Storia Naturale dell’Università di Parma. In esso cenno insisteva sulla erroneità, a parer mio, dell’opinione che la_ polimelia sia più rara nei vertebrati a temperatura variabile che non in quelli a temperatura costante. In appoggio di tale mia asserzione esporrò ora altri fatti di polimelia nelle rane, dei quali venni a cognizione dopo la lettura di quel cenno. Una rana polimelica esiste nel Museo Civico di storia natu- rale in Milano, e di essa rende conto l’amico Sordelli, segretario di codesta Società, nello scritto che ebbe la gentilezza d’inviarmi e di unire a questi miei cenni. | Di altri tre casi di Polimelia nelle rane il compianto mio mae- stro, prof. Balsamo Crivelli, dava notizia * tre mesi dopo il mio primo annuncio di due delle rane polimeliche del gabinetto par- mense ?. Sì come a lui sfuggì tale brevissimo e semplice annun- 1 Sovra alcuni nuovi casî di polimelia (membra sopranumerarie) osservati in al- cuni individui del genere Rana. Nota inserita nei Rendiconti del ER. Istituto lom- bardo di scienze e lettere; classe di scienze matematiche e naturali. Adunanza del 20 luglio 1865. Vol. II pag. 261-263. Milano, 1865. 2 Batraciens avec membres surnuméraires. Nei Matériaux pour l’histoire positive et philosophique de l'homme par G. De MoRTILLET. Première année, mars 1865, p. 302. Vol. XIX, 25 386 P. STROBEL, cio, così io ignorai la breve sua relazione sino all’ avviso dato- mene dal Sordelli, dopo la lettura del cenno sopra citato; ed a scusa di tale mia ignoranza valgami il fatto che all’ epoca della pubblicazione dell’articolo di Balsamo mi trovava assente dall’Ita- lia e dall'Europa, e pertanto in condizioni sfavorevolissime per potere tenermi al corrente di quanto pubblicavasi in questi paesi, e che quando, due anni dopo, rimpatriai, non mi occupava più di tale argomento. Le rane polimeliche di cui rese conto il Balsa- mo, sono conservate nel Museo zoologico dell’Università di Pavia, e spettano tutte alla specie Kana esculenta. In tutte la Polime- lia è posteriore e sinistra. In due il piede del membro sopranu- merario risulta dalla fusione di due piedi incompleti; nella terza invece il piede sopranumerario non presenta che due dita. Dal valente erpetologo nostro De Betta venni a sapere che nel gabinetto anatomico dell’università di Modena si conservano delle rane con gambe sopranumerarie. Pel-mezzo cortese dell’ a- mico prof. Gibelli e per gentilezza del dott. Eugenio Giovanardi, prof. di anatomia nella predetta università, mi fu reso possibile di studiare le medesime, e perciò rendo loro quì le dovute grazie. Due sono le rane polimeliche del nominato gabinetto, l’ una pentamelica, come quelle già descritte da Balsamo, da Fabretti e da me, e l’altra esamelica, o quanto meno esapoda. Entrambe diconsi raccolte a Formigine, in quel di Modena, ed appartengono alla specie frana esculenta. — L’anomalia della rana pentamelica (fig. 1) alla semplice vista non sembra distinguersi da quella della rana polimelica parmense, rappresentata dalla fig. 2 della tavola che accompagna il precedente mio cenno sulla polimelia, fuorchè per la posizione dell’arto sopranumerario, il quale anzi che al lato sinistro del foro anale trovasi impiantato al disopra ed a destra dell’articolazione superiore del femore sinistro, pro- babilmente sulla faccia interna dell’ileo, e perchè la coscia e la gamba sono più muscolose. Però, e dalla detta rana parmense, e da tutte le altre in discorso; questa modenese differisce pel fe- nomeno della osteomalacia, per cui la diafisi delle ossa cilindri- che dell’arto mostruoso non è rappresentata che da un sottile è ULTERIORI CENNI SULLA POLIMELIA DELLE RANE. 387 cordone di sostanza apparentemente fibrosa, al pari della diafisi delle ossa dell’arto normale sinistro, e quindi probabilmente di tutti gli altri arti. La rana esapoda modenese è preparata a secco e quasi mum- mificata, come si può convincersi dalla figura (fig. 2) che ne dò. È singolare che in essa quasi tutte le macchie edi punti si pre- sentano di colore sanguigno. L’ arto sopranumerario è inserito posteriormente alla coscia destra e nel piano di questa, tra la medesima e l’apertura anale. Vedesi che nel preparare la rana esso fu attortigliato un poco da sinistra a destra, sì che la pianta della zampa, composta, è rivolta in basso, mentre che nello stato . naturale dovea guardare in alto, o per lo meno a destra. Questo membro anormale sembra essere alquanto indipendente dal com- pagno normale destro, mancando, a quanto pare, di femore, e quindi di rapporti d’articolazione col medesimo e con qualunque altra parte dello scheletro. L’osso della sua gamba (tibia-fibula) è discretamente grosso (Diafisi: larghezza minima 3 millimetri. Capo articolare inferiore largo 4 mill.), per cui sospetto che ri- sulti dalla fusione di due; è poco più breve delle ossa delle gambe normali (lungo 29 mill.; le gambe normali son lunghe 32 mill). Gli ossi tarsali sono due; ma cadauno di essi risulta forse del pari della fusione di due. La zampa poi risulta patentemente dalla fusione di due, essendo eptadattila, ossia composta delle ossa metatarsiane e falangee delle dita 3, 4 e 5 delle due zampe e di un settimo, risultante dalla fusione del 2° di entrambe. Mancano i pollici. La lunghezza massima della zampa e dei tarsi insieme è di 46 mill., uguale a quella delle membra normali corrispondenti. Per cui la lunghezza totale dell’arto sopranume- rario è di 75 mill., mentre che quella degli arti posteriori normali, senza coscia, s'intende, è di 80 millimetri. La colorazione del membro sopranumerario non differisce punto da quella delle membra normali, salvo che per maggiore quantità di macchie e di punti, sopratutto nella zampa. Nell'occasione di una visita fatta recentemente al Museo Spal- lanzani, in Reggio dell’Emilia, vi osservai un altro caso di poli» 388 i P. STROBEL, i melia, in una rana temporaria. L’esemplare fa parte della rac- colta lasciata dal celebre naturalista, di cui il museo porta il nome; e debbo alla cortesia del conservatore del medesimo, si- gnor Gaetano Mantovani, se ne posso qui rendere conto parti- colareggiato. La rana è esamelica (fig. 3), ed i due arti posteriori sopranumerari sporgono dal lato sinistro, dal disopra della coscia dell'arto normale posteriore sinistro, alla quale sono tenuti uniti, sino al ginocchio, dal rivestimento cutaneo-epidermico; dal. gi- nocchio in giù sono liberi. Di questi arti anormali solo il destro consta di tutte le ossa, mentre che il sinistro manca del femore, a meno che l’unico femore non debba riguardarsi come due fusi insieme. Il capo articolare superiore della sua gamba viene da tessuto fibroso tenuto aderente al lato sinistro del capo. artico- lare inferiore del femore anormale destro., Le gambe ed i tarsi e le zampe d’ambo i membri sopranumerari, all’incontro, sono affatto regolari, mentre che invece la zampa dell’ arto normale sinistro è mostruosa, essendo soltanto tetradattila per mancanza del pollice. Di più, e femore e gamba di questo membro normale sinistro sono meno lunghi e meno muscolosi del femore e della gamba del membro normale destro!. Degli arti anormali il de- stro è un po’ meno lungo del normale sinistro”; le parti esistenti dell’anormale sinistro invece ne sono più lunghe, e la samba sua è la più muscolosa dopo la destra normale. Il colore degli arti sopranumerari non è punto diverso da quello dei normali. Se in pochissimi mesi e senza speciali indagini ho potuto ai tre esempi di polimelia nelle rane, già da me illustrati, aggiun- gere altri sette, e se tutti questi 10 individui polimelici trovansi in cinque soli musei e soltanto nell’Alta Italia, parmi di poter conchiudere che se ne troveranno almeno il triplo nei musei del 41 Lunghezza dell’ arto normale destro: femore 15, gamba 17, tarso 9, zampa 20 = lunghezza totale 61 millimetri — Lunghezza dell’ arto normale sinistro: femore 13, 5, gamba 15, tarso 7, zampa 15 = lunghezza totale 50, 5 millimetri. 2 Lunghezza: femore 11, gamba 15, tarso 7,5, zampa 16 = lunghezza totale 49, 5 millimetri. ._ 3 Lunghezza; gamba 16, tarso 8, zampa 18 = lunghezza totale 42 millimetri, ULTERIORI CENNI SULLA POLIMELIA DELLE RANE. 389 resto d’Italia, e proporzionatamente una quantità rilevante nelle altre contrade dell’ Europa. Già Balsamo Crivelli terminava la citata sua relazione esternando l’avviso che i casi di polimelia nelle rane “sono meno rari di quello che si crede ,, e con ra- gione. Per potere dai fatti esposti trarre qualche conseguenza rela- tiva alle leggi che regolano la polimelia, conviene distinguere prima e classificare le diverse sorta della medesima. A tale uopo credo poterla dividere in anteriore e posteriore, destra e sinistra, con membra fuse ed isolate o semplici, in polimelia mostruosa ed ‘anomala, in pentamelia ed esamelia. Stando ai soli casi di polimelia da me illustrati od accennati, nonchè a quelli descritti dal Sordelli e dal Fabretti!, i quali in tutto sommano a 12, veniamo tratti alle seguenti deduzioni: 1. La polimelia posteriore è assai più frequente dell’ante- riore, poichè quella sta a questa come 11: 1. 2. La polimelia sinistra è molto meno rara della destra, la proporzione relativa essendo di 10: 2. 3. La polimelia accompagnata da fusione parziale o totale delle membra sopranumerarie è alquanto più rara della poli- melia con arti sopranumerari semplici e distinti, trovandosi con questa nel rapporto di 4: 8. 4. Non sembra esservi differenza tra la quantità di polimelie mostruose, ossia concomitanti con mostruosità degli arti sopranu- merari, e le polimelie semplicemente anomali, ovvero con membra sopranumerarie regolari. 5. L’esamelia è assai più rara della pentamelia, stando 2) questa come 2:9. Tutte queste proporzioni tra le diverse sorta di polimelia non vengono punto mutate, se ai 12 casi accennati si aggiungano i 10 casi di polimelia nei batraci anuri addotti dal Duméril °. 1 Cenni, su due casî di polimelia nei batraci; già citati nel mio primo cenno. 2 Observations sur la monstruosité dite polymélie ou augmentation du nombre des membres chez les batraciens anoures. Nelle Nouvelles Archives du Muséum d’histoire natuvelle de Paris. 1865. Tome I, pages 309-319. 390 P. STROBEL, Dalla rana esamelica di Reggio (fig. 3.) si passa a quella emde- samelica di Modena (fig. 2.), da questa alle due esapode di Pavia, indi alle pentameliche mostruose, infine alle pentameliche sempli- cemente anomali. — Non saprei ravvisare nella esamelia fuorchè una anormalità o mostruosità doppia, nè saprei spiegarla se non ammettendo, con Geoffroy de St. Hilaire, o la formazione dell’ em- brione su due linee anzi che su di una, o meglio, l'unione e la compenetrazione di due embrioni, una geminazione in termine mineralogico. Nè vale ad infirmare tale avviso l’asserzione che le rane girini sono sfornite di arti; poichè se questi non sono in esse ancora apparsi, conviene però sempre ammettere che vi esi-. stano le cellule dalle quali dovranno poi svilupparsi durante la vita larvale. E credo anzi che siavi appunto un nesso tra il fatto, che nelle rane girini compaiano primi gli arti posteriori, e la fre- quenza assai maggiore della polimelia posteriore a fronte dell’an- teriore. Non posso poi ammettere la spiegazione della polimelia, nè meno della pentamelia, per afavismo o per produzione di parti sopranumerarie a guisa quasi di gemme, poichè pei passaggi sopra indicati dalla esamelia alla pentamelia non saprei stabilire ove cessi il fenomeno della gamnazione per dar luogo a quello dell’ atavismo. Però comunque sia, poichè coll’ascendere la scala zoologica si pronuncia sempre più l’individualità e viceversa discendendo, sì che si giunge infine ai polizoi ed agli organozoi, ossia a quegli esseri animati, nei quali i confini tra individuo. ed organo non sono più ben marcati, così ritengo, per analogia, che discendendo nella scala zoologica anche le eccezioni alla individualità debbano aumentare anzi che diminuire, come vorrebbesi da taluni, quindi nel caso nostro, credo che la polimelia debba farsi in generale meno rara discendendo dai vertebrati a temperatura costante a quelli con temperatura variabile. E se le apparenze sembrano finora contrarie, ciò devesi, a parere mio, alle circostanze già da me indicate nel cenno precedente. A queste aggiungerei, per quanto spetta alle mostruosità in genere degli animali metamorfici, e segnatamente degli insetti, Strobel,Polim.d Rane Atti Soc.Ital.Sc.Nat Vol. XIX, t. & < 4 Se ire : 1 i al b- . P Ceccotti dis. Grandezza naturale Lib P Dall'Olio Parma ULTERIORI CENNI SULLA POLIMELIA DELLE RANE. 391 l'osservazione giustissima del prof. H. Weyenbergh*®, che desse pajono cioè più rare, perchè di solito si raccolgono e studiano gli insetti perfetti anzi che le larve loro, mentre che, all’ opposto e naturalmente, le mostruosità si presentano in queste, e morendo le larve mostruose facilmente prima di raggiungere lo stadio d’i- magine, siccome anche negli animali superiori i mostri hanno gene- ralmente vita assai breve, così ben difficilmente si potranno sco- prire individui mostruosi negli insetti perfetti. Monticelli parmense, luglio 1876. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA. Fig. 1. I'ana esculenta pentamelica, del Museo Anatomico Modenese; vista dal dissopra. » 2. Rana esculenta esapoda, del Museo suddetto. a, D. L’osso della gamba sopranumeraria, risultante probabilmente dalla fusione di due. d, c. I due ossi tarsali sopranumerari, cadauno composto probabilmente di due. d. Dito mediano della zampa sopranumeraria composta, risultante dalla fusione delle due seconde dita; mancano le prime od interne. > 2.b. La stessa rana. Pianta della detta zampa, per mostrare in @ la scanalatura longitudinale mediana del dito secondo composto, traccia forse della linea di fusione delle due dita. 3. Rana temporaria esamelica, del Museo Reggiano; vista dal fianco sinistro. a. Arto posteriore sinistro normale. b. I due arti posteriori sopranumerari. c. Il femore normale sinistro ed il sopranumerario destro tenuti riuniti da rivestimento cutaneo-epidermico comune. > 3.a. La stessa rana vista di fronte. » 3.0. Zampa tetradattila dell’arto posteriore normale sinistro della medesima. » 3.€. Le gambe sopranumerarie della stessa viste di fronte, per mostrarne in a la congiunzione. » 3 d. Articolazioni del femore sopranumerario della medesima colle gambe. a. Osso iliaco sinistro. v. Capo articolare superiore del femore sinistro normale. c, d. Femore dell'arto destro sopranumerario. d, e. Osso della gamba del medesimo. f, 9g. Osso della gamba dell’arto sinistro sopranumerario. 1 Sobre un monstruo dicéfalo (larva de Chironomus) y sobre monstruos de insectos en general. Nel Peribdico zoolégico. Buenos Aires, 1874. Tomo I, pagina 90. DESCRIZIONE DI UNA RANA POLIMELICA DEL MUSEO CIVICO DI MILANO CON ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA POLIMELIA E SULLA POLIDATTILIA NEGLI ARTICOLATI del prof. F. SORDELLI. (Seduta del 30 luglio 1876). Quando il prof. Strobel comunicò alla nostra Società il suo Cenno su tre casi di polimelia nelle Rane*, ero lieto di potergli scrivere che mi trovava perfettamente del di lui parere col cre- dere io pure alla relativa frequenza di tal sorta di mostruosità nei Batrac], e confortava tale opinione col citare, oltre i casi di polimelia già fatti conoscere da alcuni autori, quello di una Rana a cinque gambe conservata nel Civico Museo di Milano. E io credo infatti che se ci fossero noti tutti i casi di polimelia veri- ficatisi nella Rana, se ne avrebbe tal contingente da persuadere chiunque, come in codesto gruppo ed in altri di animali a tem- peratura variabile, il caso di membra supranumerarie non sia meno frequente di quello che lo sia nei mammiferi, per es., o ne- gli uccelli, insomma fra gli animali a temperatura costante. Una novella conferma di codesta nostra opinione ce la offre oggi stesso lo Strobel coll’annuncio di altre tre Rane polimeliche che giacevano, si può ben dire, affatto ignorate nei Musei di Mo- dena e di Reggio, e la cui descrizione precede questa breve no- terella. Dal canto mio ecco quali osservazioni ho potuto fare sull’esemplare di Milano: La Rana a cinque gambe del nostro Civico Museo appartiene 1 È pubblicato negli Atté vol. XVIII, pag. 405, tav. 9. F. SORDELLI, DESCRIZIONE DI UNA RANA POLIMELICA Ecc. 393 alla comune specie mangereccia, Rana viridis Roesel od esculenta L. Essa è preparata a secco e questa circostanza toglie ad essa certamente nor poco del suo valore scientifico, giacchè limita assai il campo delle indagini che, in caso diverso, si potrebbero fare sopra di essa, pur rispettando 1’ esemplare. Non ha alcun numero di catalogo, ma sul cartellino porta scritto per mano del benemerito fondatore e direttore del Museo, prof. Giorgio Jan, “ Rana viridis Roesel (monstruosa), Lombardia ,; onde pare che realmente codesto esemplare sia stato preso nelle provincie lom- barde e, chi sa ? fors’anco nei pressi di Milano *. Pel colore sem- bra appartenesse piuttosto a qualcuna delle varietà cenerine, che non alle varietà verdi. I quattro arti normali erano assai bene conformati e di rego- lare sviluppo. L’arto sopranumerario sporge dietro e un poco inferiormente alla samba posteriore sinistra. Di ciò si può assi- curarsene osservando la continuazione e l'integrità della pelle in tutta la regione posteriore sinistra del corpo ; l’ano, ora cucito, si apriva dunque fra l’arto supplementare e. l’arto destro nor- male. Nella preparazione l’arto anormale è diretto all’ indietro, secondo la mezzaria dell’animale, atteggiato quasi al riposo; la sua coscia s'innalza un poco, poi la gamba si abbassa con un angolo quasi retto verso il suolo, per cui sembra in certo qual modo voler puntare contro terra con questo suo arto soprannu- merario. . / Ma qualunque sia stata l’idea del preparatore nell’atteggiare l’animale, io dubito assai che questi si servisse del suo membro accessorio per la locomozione sulla terra; potrei anche asserire il contrario e sostenere che la posizione attuale di quest’arto è forzata e diversa di quella che aveva in vita; il che si riconosce dalla diversa tinta della pelle, sopra e sotto, per cui appare che 4 Pei lettori non milanesi, gioverà forse il sapere che il mercato di Milano si for- nisce di rane provenienti quasi esclusivamente dai prati a marcita e dalle risaje che si stendono sopratutto al sud della città. In alcuni villaggi, ed è notissimo tra essi quello di Ronchetto delle rane, gli abitanti si addestrano sin da ragazzi alla caccia di tali animali, e vi si dedicano durante tutta la bella stagione, serbandone in ap- positi locali anche pel consumo invernale, 394 F. SORDELLI, l’arto doveva essere diretto naturalmente a sinistra, e fu girato alquanto verso la sua metà nel montarlo, onde metterlo nella posizione attuale, come per dargli un po’ più di "evidenza. Forse è più probabile gli fosse di qualche ajuto nel nuoto. Poichè, del resto, è abbastanza ben conformato e solo è un poco più piccolo dell’arto normale corrispondente. Questo misura al presente * 88 millimetri dalla base della co- scia all’estremità del dito più lungo. L’arto abnorme misura in- vece solo 65 millimetri; e cioè, 22 per lacoscia, 21 per la gamba e 22 per il piede. La scarsità nello sviluppo si vede adunque es- sere in proporzione maggiore per il piede che non per le altre parti dell’arto; per quanto, almeno, è lecito giudicare dal pre- parato a secco. Î Minore doveva essere la muscolatura dell'arto abnorme in con- fronto dei normali. Infatti esso è più sottile e la pelle per quanto distesa sulla bambagia che servì a riempiere il preparato, non permise di raggiungere la grossezza degli arti normali, i quali del resto si mostrano non dissimili da quelli delle rane di me- diocre statura che si prendono presso Milano. Il piede sfuggì quasi tutto all’imbottitura colla bambagia, così che si vedono benissimo, a traverso la pelle essiccata ed aderente, parte delle due ossa lunghe tarsali, quelle del metatarso e le falangi. Queste sono .disposte nello stesso ordine di sviluppo pre- sentato dall’arto normale corrispondente. Infatti il piede normale offre le seguenti misure in lunghezza, prese su ciascun dito (metatarso e falangi presi assieme): I dito 18. millimetri II D) 29,4 n Tic è 1808 i EV gog d9; 4 " ju » 7,9 DI) 4 Trattandosi di un esemplare a secco le misure non possono essere che approssi- mative. Nella preparazione è impossibile impedire che certi tessuti vengano stirati di soverchio, mentre poi durante la essiccazione la pelle e le ossa più delicate son soggette a restringersi assai inegualmente. DESCRIZIONE DI UNA RANA POLIMELICA ECC. 395 Le stesse parti, invece, misurate sul piede soprannumerario, offrono le.lunghezze seguenti: Totale del I dito 11,3; metatarso 5,3; falangi 6,0. Tre falangi. Bi II 12,7; s [parita 5, 7. Esistono due sole falangi, ma l’articolazione a nudo della falangina, di- mostra che vi doveva essere anche la IH falange o falangetta. La lunghezza complessiva del metatarso e delle falangi doveva quindi essere maggiore di quella qui segnata, e cioè di circa 13 4/3 millimetri. Totale del III dito 12,1; metatarso 6,7; falangi 5,4. Vale la osservazione precedente; manca cioè la II Te che avrebbe aggiunto due o tre millimetri alla lunghezza del dito. | Totale del IV dito 9,3; metatarso 5,3; falangi 4,0. Tre fa- langi. La falangina e più ancora la falangetta son quasi rudi- mentali. Totale del V dito 4,6; metatarso 3, 4; falangi 1,2. Le falangi son ridotte ad una sola. Salvo un minor sviluppo nel piede, il membro soprannume- rario è dunque un arto posteriore sinistro, corrispondente affatto per la forma e per la posizione all’arto normale presso il quale trovasi inserito. Ha gli stessi colori di quello, a fondo più scuro di sopra, pallido di sotto, con macchie nerastre. A qual causa si debba ascrivere la polimelia non saprei deci- dere; ma tra le varie opinioni messe innanzi per ispiegare que- sta ed altre consimili anomalie, quella di Geoffroy St-Hilaire mi par tale da aversi le maggiori apparenze della verità. Suppone l’illustre teratologista che ciò possa dipendere da una riunione di due individui dei quali uno solo si sviluppa normalmente e l’altro è ridotto appena ad una parte degli arti. Nelle rane esameliche, come, per esempio, in quella figurata da Duméril,! pare anzi questa la sola spiegazione possibile. Ma io credo che anche nelle pentameliche può benissimo la deficienza di sviluppo del II indi- viduo estendersi al punto da non lasciar sussistere altro fuorchè ' DuMÉRIL AUG. Observations sur la monstruosité dite polymélie ete. (Nouv. Arch, du Museum d’hist. nat. I) pl. XX, fig. 3. Sg F. SORDELLI, un arto solo. Così se riteniamo alle parti mancanti suppliscano le corrispondenti che vediamo nell’individuo normale, possiamo renderci ragione anche del perchè, nella rana del Museo di Mi- lano, l’unica parte rimasta dell’ individuo in soprannumero si trovi affatto vicina alla parte omologa dell’ individuo normal- mente sviluppato. Non giungo a comprendere, invece, come la po- limelia semplice si possa far dipendere da atavismo, come fa il prof. Fabretti. Da quanto mi è noto, parmi invece evidente esistere un gra- duato passaggio fra la semplice aderenza di due individui per un limitatissimo tratto, come quella dei famosi fratelli siamesi, la saldatura più o meno completa del tronco e la fusione o meglio virtuale compenetrazione di gran parte dei due corpi in uno, la quale può spingersi fino a lasciar sussistere anche un dito solo dell'individuo rimasto meno favorito. Certo anche in queste sue aberrazioni, la natura non agisce a caso e devesi appunto all’alto ingegno di Geoffroy St-Hilaire d’ aver dimostrato l esistenza di leggi speciali anche nell’apparente caos delle mostruosità animali. Negli invertebrati poi, la presenza di estremità soprannume- rarie non è punto rarissima, e se questa ed altre anomalie non ci appajono più frequenti, non esito io pure ad attribuirlo, come fa l’amico mio prof. Strobel, a ciò che certe mostruosità ben difficilmente potrebbero superare la prova delle varie metamor- fosi! allé quali la più parte di quegli animali vanno soggetti. Malgrado tutto ciò, quando io già varî anni or sono, assieme al nostro socio F. Franceschini, andavo raccogliendo notizie in- torno alle anomalie degli insetti per un lavoro rimasto poi nel ‘guscio, trovai non raramente citati casi di estremità soprannu- merarie, sopratutto tra i Coleotteri, in quell’ ordine, cioè, ch’ è 1 Non sono mai stato tanto fortunato da poter osservare una larva polimelica nei suo passaggio allo stato di immagine. Solo una volta potei studiare un baco da seta di razza giapponese, anormale per irregolare segmentazione degli anelli 7, 8 e 9, che lo rendeva alquanto gibboso. L’ anomalia si ripetè identicamente tanto nella crisalide quanto nella farfalla. Poichè era una femmina, l’accompagnai con un maschio della stessa razza e ne allevai per due generazioni di seguito i bachi che ne ottenni; ma l’anomalia non si riprodusse più in nessuno, DESCRIZIONE DI UNA RANA POLIMELICA ECC. 397 tra i più generalmente studiati da naturalisti ed amatori di rac- colte. In questi animali ho notato sia la anormale moltiplicità delle antenne, sia quella delle zampe, con graduati passaggi tra la completa separazione «fra il membro normale e quelli in sopran- numero, e la loro compenetrazione maggiore o minore. Le antenne anormali, di cui conservo memoria, danno l’ idea di una fusione più 0 meno estesa dell’organo che appare. unico alla base e ‘duplice verso l’estremità. In ‘3 casi l’ anomalia è a destra, in 2 soli a sinistra. Un’antenna a tre rami appartiene essa pure al lato destro. Nove casi di polimelia delle zampe, di cui conservo i disegni nel mio Album vanno così distinti: Zampe anormali più o meno completamente distinte dalla nor- male colla quale trovansi inserite: Tre casiì a destra, uno solo & simistra. Zampe anomale co? soli tarsi distinti: Quattro casi a destra, uno solo a sinistra. | Se le antenne mostruose doppie son più frequenti delle triple, il contrario invece avviene colle gambe; fra i casi precedentemente numerati se ne osservano 4 in cui l’intiera gamba è tripla, nes- suno in cui sia soltanto doppia. I tarsi doppii da me notati sono tre; quelli tripli soltanto due. Ed è naturale, la multiplicità del solo tarso indicando una compenetrazione maggiore che non quella dell’ intiero arto. La polimelia sembra quindi prediligere il lato destro, almeno nei Coleotteri, all’opposto di quanto accade nei Batracj. Ma tale contrasto potrà sembrare soltanto apparente, quando si rifletta alla diversa disposizione dei principali apparati organici negli Invertebrati e nei Vertebrati, e, sopratutto, del sistema centrale nervoso, ventrale negli uni, dorsale negli altri. Curioso è pure l’osservare la posizione dell’ anomalia rispetto ai vari zooniti in cui virtualmente si suole immaginare distinto il corpo dell’insetto. Infatti vidi la polimelia manifestarsi negli arti I e III, più frequente nel pajo HI o, posteriore; Il II pajo di zampe, ossia quello mediano, pare invece sfuggire alla polimelia, 398 F. SORDELLI, Ho voluto aggiungere queste osservazioni, benchè incompletis- sîme, per provare due cose: 1.° che anche negli insetti la polimelia è più frequente di quello che generalmente si crede;* 2.° che uno studio attento di cotal genere di mostruosità lascia con fondamento sperare di poter giungere alla scoperta di certe norme che ne regolano la manifestazione. Nei crostacei non è rara la polidattilia, sopratutto delle chele. Ma sopra 22 casi citati da Hercklots ?, 13 vennero osservati sul gambero comune. In questi animali la polidattilia pare collegata alla facoltà che hanno di perdere le estremità e di riprodurle, come accade delle lucertole che perdono la coda e la riproducono, talora doppia o tripla. Se poi riflettiamo che il più della metà dei casi di polidattilia furono riscontrati in quella specie di cro- staceo di cui si fa il maggior consumo come cibo, possiamo ca- pacitarci del come un assai maggior numero di cosiffatte anomalie possa passare inavvertito, senza per questo trovarci autorizzati a concludere essere cotali aberrazioni più frequenti negli animali superiori che non negli inferiori. 1 Se ne fosse il caso, potrei raccogliere qui numerosi appunti bibliografici riferen- tisi alla polimelia negli Articolati. Anche recentemente il dott. G. Kraatz descrisse e figurò un Procustes coriaceus con un doppio tarso alla gamba posteriore destra. Ed il dott. J. Karoli descrisse del pari e figurò una chela sinistra di Astacus lepto- dactylus col dito mobile a tre rami (Termeészetrajzi Fiizetek del Museo nazionale di Budapest, 1.° fase., 1877). 2 Archives Néerlandaises, vol. 5, pag. 410. STUDI ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ED IN PARTICOLARE DI UNA INNOMEINATA CON UNA TAVOLA del Socio Prof. LeoroLnpo MAGGI. (Seduta del 30 luglio 1876) Volendo parlare in oggi di Amibe, non è possibile entrare in campo senza prima porre particolare attenzione alla parte sto- rica di questi esseri; anzi più che importante, essa è necessaria | giacchè quantunque di questo genere di Rizopodi si sieno occu- | pati celebri naturalisti, pure variano ancora le opinioni sia in- torno alle diverse loro specie, sia intorno alla loro natura, come anche la loro parte anatomo-fisiologica lascia aperta la via a lar- ghi studj. Tutte le Amibe scoperte da Réosel a Blainville, vennero da Ehrenberg ritenute per sinonime di una sola specie, da lui detta Amaba diffluens. Tali sono: Der Kleine Proteus, R6sel (Insecten belustigung III. pag. 621. Tom. 101. A-W.) 1755. Volvox Chaos, Linn. (System. Natur. ed. X®): 1758. Volvox Proteus, Pallas (Elenchus Zoophyt. pag. 417). 1766. Chaos Proteus, Linn. (System. Natur. ed. XII°). 1767. Volvox Spherula, Mill. (Hist. Vermium, pag. 31). 1773. Kugelthierchen und Proteus, Gleichen (Infusionsth. pag. 151, 168, Tav. 28 fig. 18). 1778. Vibrio Proteus, Gmelin (Linn. System. Natur. ed. XIII°). 1788. Proteus difluens ...( Mill. (Animale. Infus. pag. 9. Tav. IL fig. 1-12). Proteus (Gleichent) ? 1786. 400 L. MAGGI, Proteus difluens . . . Proteus crystallinus . Proteus Gleichenii . . Proteus Tenax. . .. Amiba Roselii . . .. (p ip na pagani Amica Gar at ory de S. Vincent (Diction, classig. d’ hist. nat.) Amiba Gleichenii. . . pi Amiba Milleri, Bory de S. Vincent (Encyclop. meth.) 1824. Proteus (69? specie), Losana (Memorie di Torino, Tom. XXIX). 1825, Proteus diffluens, M. Surirai, Blainville (Dict. des Sc. naturelles). 1826. Schrank (Fauna boica, III. 2. pag. 24-25). 1803. Ehrenberg ci indicò anche essere, dei veri infusorj, altre spe- cie di Bory, il creatore del genere Amiba. Così: Abhandl. d. Akad. let Wissensch. zu Berlin, classiq. pag. 43. 1830. Amba cnnor., (Borydd? hist.1= Amphileptus anser Ehr.} Die Infusionsth, als. Lo nat. vollkom. Organism. 1822. pag. 355. T. XXXVII, fig. IV. 1888. Abhandl. d. Akad. Ency- d. Wissensch. zu Ber- clop. lin. pag. 16. 1829. Amiba eydonea.{Bory meth. ‘= Colpoda cucullus Ehr. <. Die Infusionsth. als. Vers. vollkom. Organism. 1824. pag. 347. T. XXXIX. fig. V. 1888. ‘ Abhand. d. Akad. Ency- Wissensch. zu Berlin. Miniba: ob clop. pag. 42. 1830. Ao Diet }Bory meth. ‘= Trachelius anas Ehr. Die Infusionsth. als : Vers. vollkom. Organism. 1824. pag. 320-321. Tavola XXXIII. f. VI4888: Abhandl. d. Akad. Ency- i d. Wissensch. zu Ber- clop. lin, pag. 316, 1833. Amiba olor. (Bory meth. ‘= Trachelocerca olor Ehr.i Die Infusionsth. als. ( Vers. vollkom. Organism. 1824. p. 342. T. XXXVIII. fig. VII. 1888. La vera fase scientifica, pertanto, della storia di questi esseri, si può dire che incominci con EBRENBERG, il quale, alla sua spe- cie, ne aggiunse altre tre; per cui secondo il naturalista berli- nese, se ne hanno quattro : STUDI ANATOMO-FISIOLOGIGI INTORNO ALLE AMIBE ECC. 401 1. Amazba diffluens, Ehr. (Abhandl. d. Akad. d. Wissensch. zu Berlin, p. 39, 61, 68, 75, Tav. I, fig. V). 1830. EdEhr. (Die Infu- sionsth. als. vollkom. Organism. p. 127. Tav. VII. fig. XII). 1838. 2. Amazba radiosa Ehr. (Abhandl. d. Akad. d. Wissensch. zu Berlin, pag. 39). 1830-1831. Ed Ehr. (Die Infusionsth. als. voll- kom. Organism. pag. 128. Tav. VIII. fis. XIII). 1838. 3. Amada princeps Ehr. (Abhandl. d. Akad. d. Wissensch. zu Berlin, pag. 28, 79). 1831. Ed Ehr. (Die Infusionsth. als. voll- kom. Organism. pag. 126. Tav. VIII, fig. D). 1838. 4. Amacba verrucosa Ehr. (Die Infusionsth. als. vollkom. Or- | ganism. pag. 126. Tav. VIII. fig. XI). 1838. DuysArpIn (Histoire naturelle des Zoophytes — Infusoires — Paris 1841), dopo le quattro specie di Ehrenberg: Amaba princeps Ehr. (Duj. Loc. cit. pag. 232, Tav. I fig. 11). Amaeba diffluens Ehr. (Duj. Loc. cit. pag. 233, Tav. III fig. 1). Amaba verrucosa Ehr. (Duj. Loc. cit. pag. 236). Amaba radiosa Ehr. (Duj. Loc. cit. pag. 236, Tav. IV. fig. 2, 3.), ne ammette altre undici; tenendo distinte dall’ Ameba dif- fluens Ehr. le: 5. Amaeba Roselii, Bory (Encyclop. Zooph. pag: 46); e Duj. (Loc. cit. pag. 232); e 6. Ameba Gleicheni, Bory (Encyclop. Zooph. pag. 46); e Duj. (Loc. cit. pag. 234, Tav. IV pag. 6). Per cui secondo il naturalista francese, le specie di questo ge- nere ammonterebbero a quindici, di cui nove di sua scoperta: 7. Amiba marina, Duj. (Loc. cit. pag. 233). 8. Amiba multiloba, Duj: (Loc. cit. pag. 234). 9. Amiba limax, Duj. (Loc. cit. pag. 235). 10. Amiba guttula, Duj. (Loc. cit. pag. 235). 11. Amiba lacerata, Duj. (Loc. cit. pag. 235). 12. Amiba brachiata, Duj. (Loc. cit. pag. 238, Tav. IV. fig. 4). 13. Amiba crassa, Duj. (Loc. cit. pag. 238). 14. Amiba ramosa, Duj. (Loc. cit. pag. 239, Tav..IV. fig. 5. 15. Amiba inflata, Duj. (Loc. cit. pag. 239). Vol. XIX. 26 402 L. MAGGI, PertY (Zur Kenntniss kleinster Lebensformen d. Schweiz. Bern. 1852), che vidde nella Svizzera, le: Amaba princeps Ehr. (Perty, Loc. cit. pag. 188). Amaba diffluens Ehr. Duj. (Perty, Loc. cit. pag. 188). Amaba verrucosa Ehr. (Perty, Loc. cit. pag 188). Amaba limux Duj. (Perty, Loc. cit. p. 188. Tav. VIII. fig. 12). Ameba guttula Duj. (Perty, Loc. cit. p. 188, Tav. VII. fig. 13). Ameba radiosa Ehr. e Duj. (Perty, Loc. cit. pag. 188). ne aggiunge due nuove specie della stessa località: 16. Amaba natans, Perty (Loc. cit. pag. 188, Tav. VIII. fi- gura 14). 17. Amaba striolata Perty (Loc. cit, pag. 188, Tav. VDI. fi- gura 15). AurrBAcH (Ueber die Einzelligkeit der Amoeben. — in Zeits- chrif. f. Wissensch. Zool. pag. 365, con 4 tav. 1856), parla della: Amaba radiosa Ehr. e Duj. e la disegna (Auerb. Loc. cit. pa- gina 400, Tav. XXI. fig. 1-11); così anche parla e dà il disegno della: i Ameba princeps Ehr. (Auerb. Loc. cit. pag. 407. Tav. XXII. fig. 1-10). Disegna solamente le: Ameba guttula (Auerb. Loc. cit. Tav. XXII. fig. 17-18); Ameba limax (Auerb. Loc. cit. Tav. XXII. fig. 11-16), che dice esser forse una giovane Amaba princeps. Nella memoria di questo autore, si trovano anche descritte e disegnate due nuove specie: 18. Amaba bilimbosa, Auerbach (Loc. cit. pag. 374, Tavola XIX. fig. 1-25). 19. Amaba actinophora, Auerbach (Loc. cit. pag. 392, Ta- vola XX. fig. 1-14). Da CLAPAREDE e LAcHMANN (Etudes sur les Infusoires et les Rhi- zopodes. — Paris et Genève, 1858-59-60-61), ho rilevato altre specie d’Amibe: 20. Amaba polypodia Schultze (Ueber den organismen der Polythalamien. Tav. VII. fig. 21). 1854. Leipzig. STUDI ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. ‘403 - 21. Amaba longipes Ehr. (Monatsh. d. Berlin Akad. pagina 198). 1840. i 22. Amaba punctata Eichw. (Dritter Nachtrag zur Infuso- rienkunde Russlands. pag. 92). Moscau. 1852. . 23. Amaba globularis, Schultze (Ueber den Organism. d. Polythalamien. Tav. VII. fig. 20). Leipzig. 1854. 24. Amaba porrecta, Schultze (Loc. cit. pag. 8. Tav. VII. fi- gura 18). 25. Amaba quadrilineata, Carter (Notes on the freshwater Infusoria of the Island of Bombay. — in Ann. and Magaz. of Nat. hist. 2. Ser. XVIII. pag, 247). 1856. Ed anche Funke: Physiologische studien, 2 heft, Tav. IV. fig. 27. Bremen. 1854. Nei Bericht tiber die wissenschaftlichen Leistungen in der Na- turgeschichte der miederen Thiere von D. R. Leuckart, dal 1857 . al 1871, trovai di poter aggiungere alle Amibe suaccennate, le seguenti specie: 26. Ameba giganiea, Sundahl o Sandahl.(Bericht cit. 1858, stampato nel 1860. pag. 149). 27. Amaeba lateritia, Sundahl o Sandahl (Bericht cit. 1858, stampato nel 1860, pag. 150). 28. Amaba Auerbachi, Lachmann (Bericht cit. 1859, stam- pato nel 1861, pag. 159); e Verhandl. des Naturf-Vereins der pr. Rheinlande Bd. XVI. pag. 57. Mit Nactrag ebendas pag. 93). 29. Ameba oblonga, Schmarda (Bericht cit. 1859, stampato nel 1861, pag. 159); e Schmarda: Zur Naturgeschichte Aegy- ptiens. 1859. 30. Amaba vermicularis, Weisse (Bericht cit. 1859, stam- ‘pato nel 1861, pag. 159). 31. Ameba viridis Ehr. (Bericht cit. 1859, stampato nel- l’anno 1861. pag. 159). 32. Amaba vilosa, Wallich (Bericht cit. 1863, stampato ‘ nel 1865, pag. 136); e Ann. and Magaz. Nat.. hist. Tom. XI. pag. 287-291, 365-371, 434-454. Tav. VII-IX. In estratto: Quart. Journ. micros. Sc. pag. 194. 1863. 404. I. MAGGI, 33. Amaba buccalis, Steinberg (Bericht cit. 1863, stampato nel 1865, pag. 132); e Zeitschrif. f. neuere Medicin von Prof. Walter, stampato in Kiew in lingua russa, N.° 20-24. 1862. 34. Amaeba monociliata, Carter (Bericht cit. 1864-65, stam- pato nel 1867, pag. 217); e Ann. and Magaz. nat. hist. T. XIII. pag. 18-39, Tav. I e II. 1864. Dalle ricerche intorno ai Rizopodi, fatte da Leidy di Filadelfia (Procedings of the Acad. of Natur. Scienc. of. Philadelphia. — 1874), si conoscono, oltre all’ Amaba quadrilincata Carter, an- cora di quella località, le seguenti nuove: 35. Ameba sabulosa Leidy (Loc. cit. Parte II°, pag. 87. — Notice of some Fresh-water and Terrestrial Rhizopods. —). 36. Amada zonalis Leidy (Loc. cit. Part. II°, pag. 87. ecc.) 37. Amaba viridis Leidy (Loc. cit. Part. II°, pag. 164%, = Notice of Rhizopod.). 38. Amaba tentaculata Leidy (Loc. cit. Part. Il", pag. 167. =.0€60.) Finalmente si hanno le Amibe terricole di i. GreEFF (Ueber einige in der Erde lebende Amb6ben und andere Rhizopoden. — in Archiv. fir Mikroskop. Anatomie von Max Schultze. 1866. Vo- lume II. pag. 298. Tav. XVII e XVIII). cioè: 39. Amaba terricola, Greeff (Loc. cit. pag. 300, Tav. AVI, fig. 1-11). 40. Amcaba brevipes, Greeff (Loc. cit. pag. 321, Tav. XVHI. fig. 17). 41. Ameba gramifera, Greetf. Loc. cit. pag. 322, Tav. XVII. fig. 20). 42. Ameba gracilis, Greefl (Loc. cit. pag. 322, Tav. XVII. fig. 21). A queste si potrebbero aggiungere, pel trattato di Zoologia di Schmarda (Zoologie — Wien — 1871), la: 43. Amazba hamatobia (Schmarda, Loc. cit. pag. 161). STUDI ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. 405 E per la memoria di Lieberkiihn (Ueber die Psorospermien. — in Miiller’s Archiv f. Anat. Physiolog. etc. 1854, pag. 1. etc.) la: 44. Amaeba rotatoria, Mayer (Miiller: Archiv. f. Anat. Phys. ecc. 1854, pag. 12). Vi sarebbero ancora altre Amibe da citare, come quelle di cui parla Dujardin (Loc. cit. pag. 235), in seguito all’Amiba la- cerata, e dopo l’Amiba inflata (Loc. cit. pag. 289). Il gran nu- mero di Amibe vedute da Valentin nel sangue del Salmo fario (Miiller’s Archiv. f. Anat. und Phys. etc. 1854, pag. 11); quelle parassite delle intestina delle Rane (Miiller: Archiv. etc. 1854, pag. 12), e di altri Batracj, ed ancora di altri animali. Le Amibe non denominate di Claparede e Lachmann. (Loc. cit. pag. 427, 438, 440). L’Autamaba dell’albume, da me osservata insieme al mio compianto suocero ed illustre Maestro, prof. Giuseppe Bal- samo Crivelli (Rend. dell’ Ist. Lomb. di Milano, Serie II. Volumo III. pag. 367. 1870; ed Ibid. Vol. IV. fasc. VII. pag. 198, 1871). Un’ altra di Archer con un rimarchevole processo lineare alla parte posteriore, “ like a bundle of dip-candles ,, (Quarter. Journ. of. micros. sci. 1874, Vol. XIV. pag. 212), ma dal punto di vi- sta specifico, esse meritano tutte di essere di nuovo studiate. La Boderia Turneri, che è detta un’Amiba straordinariamente grossa, avendo i/1—4/4 di linea, e che venne descritta da Wright (The Journal of Anatomy and Physiology, I. 1867. pag. 332- 338, Tav. XIV-XV), è un nuovo genere ed una nuova specie di Rizopodo. | La Deinamaba (Din-) mirabilis di Leidy (Leidy: Notice of a remarkable Amzeba; Procedings of the Acad. of Natur. Scienc. of Philadelphia, 1874. Part. II, pag. 142; ed Am. J. Sci. (3), VII, pag. 153-156), che venne annunciata dal suo scopritore come una Amaba rimarchevole, forma pure, tra i Rizopodi, un nuovo genere ed una nuova specie. «E così è anche della sua Ouramaba (Ouramazba vorax Leidy, Ourameba lapsa Leidy) (Leidy: Notice of some new fresh — water Rhizopods; loc. cit. Part. Il. 1874. pag. 77. Anche: Am. 406 L. MAGGI, J. Sci. (3), VIII, pag. 224-226; e Ann. N. H. (4) XIV. pagine 383-385). | Una maggior conoscenza di specie, io non potei fare, benchè abbia cercato di estendere le mie indagini bibliografiche. Pertanto il numero delle Amibe, secondo gli accennati au- tori, arriva a quarantaquattro. E tra queste, sono : Tre parassite, cioè: Amazba rotatoria Mayer nel sangue della Rana, ed anche nella sostanza renale di questo animale, secondo Lieberkiihn. Amaba hematobia Lieberk.? o Mayer? trovata nel sangue della Rana e della Trota. Amoeba buccalis Steinberg nella sostanza bianca ammassata fra i denti umani. Cinque terricole : Amazba terricola Greeff. Amoaba brevipes Greeff. Amaba granifera Greeff. Amaba gracilis Greeff. | Amaba sabulosa Leidy. Tutte le altre sono acquatiche. Di esse poi: Tre provengono da infusioni artificiali : Amoaba Gleichenii Bory. Amaba multiloba Du. | Amaba brachiata Du. Le restanti appartengono ad infusioni naturali, che si fanno distinguere in marine e d’acqua dolce. E delle prime, ossia le Amibe marine, sono: Amoaba marina Duj. Amaeba crassa Duj. Amoaba gigantea Sandahl. Amaeba lateritia Sandahl. Amagba globularis Schultze. Amoba porrecta Schultze. del Mar Adriatico presso Ancona. STUDI ANATOMI-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. 407 Amaba polypodia Schultze. delle lagune di Venezia. Delle seconde, ossia le Amibe d’acqua dolce, sono: Amaba princeps Ehr. Amazba diffluens Ehr. Amaba verrucosa Ehr. Amaba radiosa Ehr. Amaba Rkoselvi Bory e Duj. Amaba limax Duj. e Auerb. Amozba guttula Duj. e Auerb. Amazba lacerata Duj. Amaba ramosa Duj. Amaba inflata Duj. Amazba bilimbosa Auerb. Amaba actinophora Auerb. Amaba natans Perty. Amazba striolata Perty. Amaba quadrilineata Carter. Amaba oblonga Schmarda. Amoacba vermicularis Weisse. Amaba Auerbachii Lachmann. Amocba villosa Wallich. Amaba monociliata Carter. Amaba zonalis Leidy. Amaba viridis Leidy. Amaba tentaculata Leidy. Delle seguenti : Amazba longipes Ehr. Amazba viridis Ehr. Amaba punctata Eichw. mi è incerta la loro sede, non avendo potuto consultare i lavori originali. Quando si considera la parte critica della scienza, dopo Ehren- berg, si trova che già Dujardin (Loc. cit. pag. 233 e 234), ri- 408. L. MAGGI, tiene la sua Amaba marina quasi una varietà dell’ Amada dif- fluens Ehr.; e la sua Amaba multiloba, esser forse una modifi- cazione dell’Amada Gleichenii Bory. Pick (Einige Maittheilungen iiber die lebenden Ehizopoden Wien's. in Verhandl. des Zool.-botan. Vereins in Wien. — Band VII. 1 Quart. pag. 35. 1857), crede essere nel giusto unire 1° Ameba princeps Eh., e Vl Ameba verrucosa Ehr. coll’ Ameba diffluens Ehr. ritenendo questa, distinta dall’ Ameba radiosa Ebhr. Claparede e Lachmann (Loc. cit. pag. 439 e seguenti), dicono: “« quante volte accade nel seguire un’Amiba, di vederla conser- vare per parecchie ore la forma stellata. così caratteristica, che Ehrenberg chiama Amaba radiosa; e poi tutto ad un tratto lo stesso individuo si distende, sotto lo sguardo dell’osservatore sor- preso, in una sottil foglia a contorni irregolari, alla quale Ehren- berg applicherebbe immediatamente il nome di Ameba diffluens. — La forma alla quale Auerbach dà il nome di Ameba actinophora può anch’ essa distendersi in Ameba diffluens (forse volevano dire Ameba radiosa). Qual garanzia dunque abbiamo noi che l’Amaba actinophora e lAmeba radiosa, non siano una sola e medesima specie? — L’Ameba Gleichenii Duj., e l’Ameba mul- tloba Duj. sono singolarmente difficili a separarsi dall’ Ameba limax Auerb., benchè si riscontrino quà e là delle forme che cor- rispondono molto meglio alla descrizione che Dujardin diede della sua Amaba multiloba, che a quella che Auerbach diede della sua Ameba limax. — Una quantità d’altre pretese specie, come l’Ameba polypodia Schultze, 1 Ameba lacerata Duj., 1 Amaba crassa Duj., l’Amaeba bracchiata Duj., Vl Ameba longipes Ebr., lAmaba punctata Eichw., sono altrettanti protei che si permu- tano a volontà gli uni negli altri, o in qualcuna delle forme precedentemente citate. — L° Ameba porrecta Schultze, è una di quelle specie da escludersi dal genere Ameba. Ed in quanto all’Ameba globularis Schultze, essa non ci è nota; ma noi non saressimo lontani dal credere che essa debba formare nella fa- miglia delle Amibide, un genere a parte. , Secondo Hseckel (Biologische Studien — Leipzig. 1870), le tre A STUDI ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. 409 Amibe di Schultze sopracitate, sarebbero altrettanti Protisti; e forse sono da ritenersi: l’Am@eba polypodia Schultze, come Pro- tamaba polypodia Hreckel; 1 Ameba porrecta Schultze, per il Protogenes primordialis Heckel; e l’Ameba globularis Schultze, una Protamaba limbosa Heeckel. F. E. Schulze (Rhizopodeustudien, V.°, con tavole. — In Ar- chiv fur Mikrof. Anatom. di Max Schulze, contin. da La Valette St. George e W. Waldeyer; eilf. Band. 1875, pag. 583), avendo trovato il nucleo nell’Amabda polypodia di Max Schulze, prove- niente però da Napoli, essa va considerata come un Protoplasto, quindi un’ Autameba, e propriamente una Gymnameba; e non come une Monere, e quindi non come una Protameba. (Ved, nel- Archiv cit., a pag. 592) l’articolo di F. E. Schulze: Beobactung einer Kerntheilung mit nachfolgender korpertheilung bei Amoaba polypodia, M. Schulze). Lachmann (Loc. cit.) ammette lAmeba guttula Duj. e 1 Ameba vermicularis Weisse, come forme temporarie. Da Archer (On some Freshwater Rhizopoda, New or Little- Known. — in Quart. Journ. of micros. Sci., pag. 107. — 1871) l’Ameba bilimbosa Auerb., è riferita alla sua n ve- stila. L’Ameba villosa Vallich, è secondo Carter (Bericht cit. 1868, stampato nel 1835, pag. 137; e Ann. and Magaz. nat. hist. Tom. XII, pag. 30-32. Tav. ILL), sinonima di Ameba princeps Ehrenberg. L’Amaba hematobia, al dire di Schmarda a (Zoologie — Wien — 1871, pag. 161), è forse soltanto una cellula sanguigna in- colora. L’Amaba rotatoria Meyer, secondo Lieberkiihn (Loc. cit. in Miiller's Archiv etc. 1854) dev'essere riferita ad un Infusorio, perchè mostra il particolare movimento d’una membrana ondu- lante. L’Ameba terricola Greeff, appartiene, secondo Gagliardi (&ha- zopods in London, — in Quart. Jour. of micros. Sc. 1871 — © pag. 80) insieme all’Ameba bilimbosa Auerb., al genere Corycia 410 | L. MAGGI, " Duj. — E secondo lo stesso autore, l’Amaba brevipes Greeff, è uno stadio incompleto di Amphizonella digitata Greeff. Anche Schmarda (Loc. cit. qui retro) chiama 1’ Ameba brevi- pes Greeff, una specie amfibia. L’Amaba sabulosa Leidy, (Loc. cit.) è probabilmente, al dire dello stesso autore, un membro del genere Pelomyzra di Greeff (Arch. f. Mikr. Anat. Tom. X. 1873. pag. 51). Archer (Loc. cit. 1874. pag. 212) della sua Ama@ba con un ri- marchevole processo lineare alla parte posteriore, così dice: “And the behaviour (of regards flow of contents, locomotion etc.) was quite that of an Amaba villosa. , Risulterebbe adunque dalla critica di questi Autori, ghe finora non sl sarebbe parlato, dopo la loro scoperta, delle seguenti Amibe : . Amaeba ramosa, Dij. (Loc. cit.) d’acqua dolce. . Ameba inflata, Duj. (Loc. cit.) d’acqua dolce. . Amaba natans, Perty. (Loc. cit.) d’acqua dolce. . Ameba striolata, Perty (Loc. cit.) d’acqua dolce. . Amaba oblonga, Schmarda (Loc. cit.) d’acqua dolce. . Ameba Auerbachii, Lachmann (Loc. cit.) d’acqua dolce. Amaba monociliata, Carter (Loc. cit.) d’acqua dolce. . Ameba quadrilineata, Carter (Loc. cit.) d’acqua dolce. . Amaba viridis, Ehr. (Loc. cit.) incerta sede. 10. Amaba lateritia, Sandahl (Loc. cit.) marina. i 11. Ameba gigantea, Sandahl (Loc. cit.) marina. 12. Amaeba granifera, Greeff. (Loc. cit.) terricola. 13. Amaeba gracilis, Greeff. (Loc. cit.) terricola. 14. Ameba buccalis Steinberg (Loc. cit.) parassita. 15. Ameba zonalis Leidy, (Loc. cit.) d’acqua dolce. 16. Amazba viridis, Leidy, (Loc. cit.) d’acqua dolce. 17. Amaba tentaculata, Leidy (Loc. cit.) d’acqua dolce. E che non si sarebbe pronunciata ancora l’ultima parola su quest’altre : 18. Ama@eba princeps, Ehr. (Loc. cit.) d'ansia dolce. 19. Ameba diffluens, Ehr. (Loc. cit.) d’acqua dolce. D 0 IO US 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. ROLE 28. STUDI ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. 411 Ameba verrucosa, Ehr. (Loc. cit.) d’acqua dolce. Amaeba radiosa, Ehr. (Loc. cit.) d’acqua dolce: Amaba Roselti, Bory (Loc. cit.) d’acqua dolce. Ameba actinophora, Auerb. (Loc. cit.) d’acqua dolce. Amaba limax, Auerb. (Loc. cit.) d’acqua dolce. Amaba guttula, Auerb. (Loc. cit.) d’acqua dolce. Amaba marina, Duj. (Loc. cit.) marina. Amaba multiloba, Duj. (Loc. cit.) da infusioni artificiali. Amaeba Gleicheni, Duj. (Loc. cit.) da infusioni artificiali. Di queste Amibe, senza assumermi ora la responsabilità della loro specificità, io ho osservato nelle diverse acque dolci di Lom- bardia, le seguenti forme: Sdi OL . Amaba princeps . Amaba diffluens | . Amaeba radiosa Ehr. (Loc. cit.) Duj. (Loc. cit.) Auerb. (Loc. cit.) Ehr. (Loc. cit.) Duj. (Loc. cit.) . Amaba verrucosa Ehr. (Loc. cit.) Ehr. (Loc. cit.) Duj. (Loc. cit.) Auerb. (Loc. cit.) \ . Amaeba ramosa Duj. (Loc. cit.) . Amaba natans Perty (Loc. cit.) . Amaba guttula Auerb. (Loc. cit.) — Oltre a ciò mi si presentarono anche le forme che Dujardin indica col nome di: 8. Amaba brachiata Duj. (Loc. cit.) E quelle disegnate da Auerbach, fig. 6 e 8 della Tav. XX (Loc. cit.) per la: 9. Amaba actinophora Auerb. (Loc. cit.) Non che l’Amaba di Archer, col rimarchevole processo lineare alla parte posteriore; la quale si tradusse in una forma molto vicina all’Am@eba princeps Ehr. 412 Ì,. MAGGI, [ Principalmente poi viddi nella Lanca di S. Lanfranco presso Pavia, a'circa 80” sul livello del mare : a) Amaba princeps Eh. (Loc. cit.) 6) Amaba diffluens Ehr. (Loc. cit.) c) Amaba radiosa Ehr. (Loc. cit.) A x Duj (oe. ‘ett.) Nelle acque del Redefossi di Milano, a circa 120" sul livello del mare. a) Amaba diffluens Eh. (Loc. cit.) 6) Amaba radiosa Ehr. (Loc. cit.) F a 01 Duje (oc; cit.) c) Amaeba guitula Auerb. (Loc. cit.) In quelle della Valcuvia, dai 260” ai 280” sul livello del mare. a) Amaba diffluens Ehr. (Loc. cit.) b) Ameba radiosa Ehr. (Loc. cit.) È S Duj. (Loc. cit.) J n'e Auerth: (uoencite) c) Ameba verrucosa Ehr. (Loc. cit.) d) Amaba ramosa Duj. (Loc. cit.) e) Ameba brachiata Duj. (Loc. cit.) f) Amaba guttula Auerb. (Loc. cit.) g) Amaba actinophora Auerb. (Loc. cit.) h) Amaba natans Perty (Loc. cit.) Nella provincia di Pavia, feci esame particolare delle acque solforose della Val di Staffora (Vogherese); e nei rigagnoli vi- cini alla fonte solfurea della Caneretta, ed in quelli della fonte alla base di Monte Alfeo, trovai moltissime Am@be, sorprenden- temente piccole, con una sola vescicola contrattile; ed altre più grandi, a pseudopodo ottuso, e con due vescicole contrattili. Queste rassomigliano alle forme di Amebe, che io insieme al mio illustre e compianto maestro, prof. Giuseppe Balsamo Cri- velli (Rend. del R. Istituto Lombardo di Milano, Serie II, Vo- lume III, 19 maggio 1870), abbiamo ottenuto da soluzioni fatte con ova intere di pollo, aggiungendovi dell’acido'solfidrico, e te- nute in vasi ermeticamente chiusi. STUDI ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. 413 Nelle acque non scorrevoli, ed in cui si lava la biancheria, ho osservato varie volte delle forme di Amebe piccolissime, si- mili a quelle sopracitate delle acque solforose. Ma qui si entra nelle infusioni artificiali che danno Amebe, le quali sono molte, e di cui io già mi occupai (Maggi: Intorno alla comparsa del nucleolo nello sviluppo di alcuni Protozoj — nei Rend. del R. Istituto Lombardo di Milano, Serie II. Vol. IX. Fasc. XIII. pag. 504. 1876), e me ne occuperò in un altro lavoro. Seguendo ancora la critica intorno alle Amebe, si presentano molte domande, per rispondere alle quali occorrono le osserva- zioni anatomo-fisiologiche. ° Avanti tutto sono le Amibe esseri autonomi, 0, per meglio espri- mermi, sono esse forme permanenti di organismi autonomi 2 Per tali furono e sono considerate da molti autori. Tuttavia da Leuckart e da Leydig, la maggior parte delle Amibe venne ritenuta non altro che forme di sviluppo di ani- mali e di piante inferiori. Le ricerche del Lieberkiihn * sullo svi- luppo delle Gregarine potrebbero dare appoggio all'opinione che le Amibe debbansi considerare come forme larvali di animali, in quanto che dalle psorospermie si sviluppano dei corpi amiboidi per poi passare a Gregarine. — Le ricerche di De Bary? sui Mixo- miceti appoggierebbero l’altra opinione, che ritiene cioè le Amibe come forme larvali di vegetali inferiori, poichè quando le loro spore si aprono, da ciascuna si vede sortire un corpo globoso, incoloro, offrente dei movimenti e dei cangiamenti di forma par- ticolare, il quale subisce in seguito delle divisioni reiterate, co- stituendo durante questa fase del suo sviluppo degli organismi simili alle Amibe, che alla lor volta danno origine a cordoni di sarcode, nei quali si vede una circolazione interna, e sopra i quali infine si sviluppano i corpi dei frutti dei Myxomiceti. | LIEBERKUUHN. Evolution des Gregarines. (Mém. cour. et Mém. des sav. étrang. de l’Accad. roy. de Belgique. Tom. XXVI. 1855). ? D. A. DEBARY: Die Mycetozoen. (Zeit. f. Wiss. Zool. Zehnter Band. pag. 88. Ta. vola VI-X). 1860, 414 L. MAGGI, Il Lieberkiihn* però ha fatto egli stesso osservare che i corpi amiboidi delle Gregarine non posseggono vescicole'contrattili, ed è probabilissimo, dicono Claparéde e Lachmann,? che ad essi debbansi riferire quelle Amibe di piccola statura, che si veggono qualche volta libere nell'acqua e sopratutto viventi parassitica- mente nell’intestino delle Rane e dei Tritoni. Simili corpi ami- boidi e specialmente quelli che son detti provenire dalle psoro- spermie delle Gregarine, io viddi liberi nell’ acqua, senza che in essi vi fosse una vescicola contrattile. Nondimeno questo carattere perderebbe la sua importanza da- vanti alle ricerche di De Bary ° sui Micetozoi, avendo egli nei corpi amiboidi di questi organismi osservata la vescicola contrat- tile. Io non credo di dover suscitare dei dubbj su questa sco- perta, benchè Claparéde e Lachmann * dicano, che se le osserva- zioni di De Bary sono esatte, si avrebbe un dato di più per trovare impossibile od almeno difficile una netta separazione fra il regno vegetale ed il regno animale. Il carattere di distinzione però fra le Amibe vere, acquatiche, e le Amibe dei Mixomiceti, starebbe, per ciò che risulta dalla Memoria di De Bary, nella presenza del nucleo presso le prime, che manca nelle seconde. De Bary nelle figure delle sue tavole, non ha disegnato il nucleo delle Amibe dei Mixomiceti, nè di esso parla nel testo. È vero che egli raffrontando le sue Amibe con quelle dei Zoologi, dalle quali non le può distinguere, e specialmente dall’Amaba radio- sa Ehr., in cui esiste il nucleo, può far presumerne l’ esistenza anche nelle sue; ma come ha fatto risaltare la presenza dei va- cuoli contrattili, così poteva anche indicare nettamente se c’era quella del nucleo. Comunque, di contro all'opinione che ritiene le Amibe: come forme larvali dei Mixomiceti, stanno varie osservazioni. A Tu- lasne° sembrano le Amibe, provenienti dalle spore dei Mixomi- ! Loc. cit. ? Loc. cit. 3 Loc. cit. 4 Loc. cit. ° TuLASNE. Ann. des. Sc. nat. Bot. IV. Ser. Tom. XI, pag. 153. 1859, STUDI ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. 415 ceti, più numerose delle spore che restano vuote. Wigand *! dice che la trasformazione delle Amibe dei Mixomiceti in cordoni sarcodici, non sia che verosimile, ma non provata in nessun modo definitivo, avendo Hoffmann ® recisamente negato quest’ ul- timo fatto. Hoffmann ® domanda infatti: “che avviene più tardi dei spermatozoidi (Schwàrmer) dei Mixomiceti? Quali relazioni hanno essi colla germinazione comune, quella che si traduce nella produzione di filamenti? Sono analoghi alle gemme che nascono da certe spore al momento della loro germinazione, oppure go- drebbero essi qualche posto in un fenomeno di fecondazione? Ecco delle questioni alle quali mi sembra impossibile di rispon- dere in questo momento. La sorte ulteriore degli spermatozoidi, mi è totalmente ignota. Le Amibe gigantesche che si incon- trano frequentemente nel corso dell’esperienza, e che De Bary tiene per delle Amibe escite dagli spermatozoidi, ma assai accre- sciute, oppure parecchie saldate insieme, queste Amibe, dico io, soventi volte mancano, ed io le credo una produzione straniera. Il Lieberkiihn* per distinguere i corpi amiboidi, ritenuti forme transitorie, dalle Amibe, considerate come forme permanenti; ci indica, che i primi non li ha mai veduti a prendere il nutri- mento. E ciò fu osservato da Claparede e Lachmann”, per le pic- cole Amibe parassite e viventi liberamente nell'acqua; e da me per quelle che sono simili ai corpi amiboidi provenienti dalle pso- rospermie, anzi che sono corpi amiboidi viventi liberamente nel- l’acqua. Ma, secondo De Bary,° i corpi amiboidi dei Mixomiceti pren- derebbero cibo. Egli dice, benchè non abbia potuto assistere pre- cisamente all’ingestione della materia alimentare, di aver veduto frequentemente nel corpo di queste Amibe, delle spore di funghi, 1 WiganD: Sur la morphologie des genres Trichia et Arcyria ect. — in Ann. des Se. nat. Bot. IV. Ser. Tom. XVI. pag. 295. 1862. ? HoFFMANN: în Bot. Zeit. 1859. pag. 20. ® Loc. cit. + 4 Loc. cit. 3 Loc. cit. 5 Loc. cit. 416 L. MAGGI, delle cellule di Alghe, e sopratutto delle spore stesse di Mixo- miceti, sieno intiere, sieno rotte, e la di cui tinta quasi sempre pronunciata, attirava frequentemente la sua attenzione. De Bary ricorda particolarmente che simili osservazioni furono fatte su delle Amibe assai grandi ed abbondantemente granulose, otte- nute dall’ Aethalium septicum; inoltre che cercò di evitare gli errori che avrebbero potuto far credere esservi, nell’interno delle Amibe, dei corpi, i quali invece non esisterebbero che sulla loro superficie esterna. E siccome è generalmente ammesso dai zoo- logi che i corpuscoli ingeriti dalle Amibe che vivono nell’ acqua, servono realmente all’ alimentazione di questi piccoli esseri, e sono, almeno parzialmente, assimilati da loro; così De Bary non trova motivo per professare un’opinione contraria riguardo alle sue Amibe, che rassomigliano così esattamente alle prime. Wi- gand,! tenendo calcolo che De Bary non ha osservato diretta- mente nelle sue Amibe, l’atto della ingestione dei corpuscoli su- accennati, emette il dubbio che siano entrati accidentalmente nel loro corpo poco solido; ed i cangiamenti subìti. da questi corpi solidi ingeriti, invece d’una digestione, siano la conseguenza.d’un semplice atto di decomposizione. D'altra parte è duopo ricordare che queste grandi Amibe, dotate della facoltà di mangiare, sono appunto quelle che da Hoffmann vengono eliminate dal ciclo di generazione dei Myxomiceti. Il confronto istituito fra le Amibe ‘o corpi amiboidi dei Mixomiceti, e le Amibe o corpi amiboidi delle Gregarine, per stabilire vieppiù il loro stato larvale di ve- getali inferiori nel primo caso, di animali inferiori nel secondo, non può reggere per Wigand; giacchè, astrazion fatta delle con- dizioni della vita — sì poco rassomiglianti qui a quelle dei Mi- xomiceti, che si trovano su dei frammenti vegetali in via di de- composizione, mentre che le Gregarine popolano l’interno di animali viventi — resta sempre questa differenza capitale: che la cisti delle Gregarine non è formata di cellulosi, come la è in- vece la vescicola delle spore dei Mixomiceti. Per le osservazioni suesposte non si può dunque ritenere le Amibe dei Mixomiceti, essere forme larvali di vegetali inferiori, 1 Loc. cit. STUDI ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. 417 La soluzione poi delle questioni risguardanti la non larvalità delle forme amibiche tra gli animali inferiori, vien portata dagli accurati studj del Van Beneden ' sullo sviluppo delle Gregarine, coi quali si dimostra che dalle psorospermie nasce una piccola massa protoplasmatica, che è il punto di partenza della evolu- zione della Gregarina, e che si distingue dalla vera Amiba per la mancanza di un nucleo, e sovente anche di un vacuolo contrat- tile; ciò che hanno invece le vere Amibe. Stando anzi al valore funzionale di quella massa, invece di protoplasma, la chiama di plasson, essendo formatrice e non formata, come indicherebbe la prima denominazione. Essa morfologicamente è del tutto parago- nabile ad un citode, che si distingue dalla cellula per la man- canza del nucleo, e nello sviluppo delle Gregarine rappresenta lo stadio monerico. : Ma va ancora un’altro studio comparativo a farsi intorno alle Amibe, prima di stabilire la loro autonomia. Osservando attentamente uno dei corpuscoli incolori o bianchi, che si tro- vano nel sangue di tutti i vertebrati e di molti invertebrati, ‘lo si vede subire dei cangiamenti di forma dello stesso carat- tere di quelli presentati dalle Amibe; e questi movimenti di- vengono più attivi, allorchè i corpuscoli incolori sono mantenuti, con un mezzo riscaldante, alla temperatura del corpo da cui de- rivano. Ciascun corpuscolo consta, come le Amibe, d’ una massa di protoplasma contenente un nucleo, ed il suo protoplasma manda fuori dei prolungamenti chiamati pseudopodi, che sono stretta- mente paragonabili a quelli delle Amibe; e per mezzo dei quali tanto l’ uno quanto le altre subiscono un cambiamento di posi- zione, ma con nessuna costanza di direzione. Come si sa alcuni corpuscoli incolori del sangue di qualche vertebrato a sangue freddo, come Rana, Tritone, ponno essere tenuti viventi parec- chie settimane nel siero convenevolmente protetto dall’ evapora- zione. Ora se a questi corpuscoli, come anche a quelli che si tro- vano nel corpo dell’ animale, vien loro somministrata della ma- 1 Ep. VAN BENEDEN: Rechérches sur l’évolution des Grégarines. (Mém. extrait du Bulletin de l’Acad, roy. de Belgique pour 1871). Vol. XIX. 27 418 i L. MAGGI, teria calorante, finamente divisa, come dell’ indaco, essi la pren- dono nel loro interno, come fanno le vere Amibe. Epperò i cor- puscoli incolori del sangue degli animali, mancano di una carat- teristica importante per essere riferiti alle Amibe; essi cioè non posseggono la vescicola contrattile che hanno le vere. Amibe (vc, di tutte le figure della tavola). Nè si deve confondere con que- sta vescicola, i così detti vacuoli contrattili che si formano nel protoplasma tanto dei corpuscoli incolori del sangue, altrimenti detti Amiboidi, quanto delle Amibe vere (vac, di tutte le figure della tavola); giacchè ne vedremo più avanti le differenze, sia per la loro posizione, sia per il modo loro di comportarsi, ecc. Si può pertanto concludere che le Amibe sono forme perma- nenti di organismi autonomi. E come Claparéde, Lachmann, Hx- ckel, Huxley e molti altri, che conoscevano i fatti tendenti a far entrare le Amibe nei cicli di generazione d’animali o di vegetali inferiori; anche il Van Beneden, colla dimanda se le Gregarine sono Amibe che hanno subìto uno sviluppo regressivo, vien ad ammettere implicitamente l’autonomia delle Amibe, ossia la per- manenza della loro forma come organismo animale. Io credo di corroborare quest’ opinione, aggiungendo che le Amibe vere, hanno il loro ciclo di riproduzione; in quanto che Auerbach * sospettò per un’ Am@eba, e Tatem® presentì per lA- maba villosa una conjugazione, che io ® osservai presso 1’ Am@ba diffluens Ehr. e lAmaba verrucosa Ehr. E Leidy * trovò poi in una larga Amaba di Absecom Pond New Jersey, d’intorno alla vescicola contrattile, una mezza dozzina di sfere granulate, i cui granuli apparivano di figura uniforme ed offrivano un attivo mo- vimento vagante o di formicolio, rassomigliante al movimento dei zoospori; per cui suppose che quelle sfere fossero dei sper- ' Loc. cit. 2 TATEM: On conjugation of the Ameba (The monthly Microscop. Journal, Dic. 1. 1871). ® MAGGI: Sulla conjugazione o zigosi delle Amibe. (Rend. del R. Ist. Lomb. Ser. II Vol. IX. Fasc. XII. pag. 436. — Milano. 8 giugno 1876). 4 LeIDy On supposed spermaries in Amaba (Proced. of the Acad. Nat. Sc. of Philadelphia. 1874. Part. III. pag. 168). STUDI ANATOMI-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. 419 matogeni. Questo ciclo, secondo le mie ricerche *, viene ad esser dato da due modalità della riproduzione così detta agamica, vale a dire: per fisiparità dapprima, e poi per sporiparità, previa la conjugazione per quest’ultima, Le' Amibe come organismi autonomi, sono da ascriversi ai ve- getali 0d agli animali 2 Dalla composizione chimica delle Amibe non si ponno avere rilevanti caratteri in proposito, sapendosi assai poco. Essa è si- mile a quella di altre forme di protoplasma, e consiste di acqua contenente un composto proteico. La sarcode loro, o sostanza con- trattile, o protoplasma, è facilmente solubile negli alcali; coll’jo- dio solo si raggrinza adagio adagio, e divien bruna. Auerbach ? nell’Am@ba bilimbosa, vi osservò delle sferette di Amido, ma, come già sopra dissi, questa specie non appartiene più al genere Amzeba. Se la soluzione di jodio rende visibili, nel corpo delle Amibe, delle piccole macchie bleu, è in allora probabile, dice Huxley, che l’amido che esse svelano, sia stato ingoiato. Del resto anche senza l’amido dei reni o del cervello umano, la scoperta del glicogene nel fegato, fatta da Cl. Bernard e V. Hensen, sem- bra dimostrare l’ esistenza di una specie di amido animale; e Schiff si è assicurato che questo esiste sotto la forma di gra- nuli d’una costituzione particolare. — Il nucleo ed i corpuscoli del nucleo nelle Amibe sono, secondo le .osservazioni di Auer- bach, facilmente solubili negli alcali; diventano oscuri cogli acidi allungati; nei concentrati si fanno alquanto pallidi, si rigonfiano ed alle volte si sciolgono totalmente. Il nucleo, dopo la tratta- zione coll’acido acetico non molto diluito, si imbeve della tintura di carmino, come io trovai presso le Amibe avute da una miscela di albume d’ovo di pollo ed acqua distillata. E lo stesso feno- meno avviene, se si usa il medesimo trattamento, nel loro pro- toplasma granuloso; lasciando però sempre spiccare, per inten- sità di colorazione, il nucleo. Il protoplasma delle Amibe, a guisa di quello degli animali, 1 MAGGI, loc. cit. 2 Loc. cit. 420 IL. MAGGI, non è mai racchiuso da una parete composta di cellulosi; nè di cellulosi è la capsula anista che le Amibe segregano, quando spontaneamente si incistano, e nella quale si sa che vi riman- gono chiuse per un periodo breve o lungo, e senza movimenti. Ma i plasmodj, ad esempio, dei Mixomiceti, che per una parte della lor vita sono chiusi da una parete di cellulosi; per un’al- tra, sono invece nudi. Benchè le Amibe, e specialmente quelle d’acqua dolce e le pa- rassitarie, si presentino per la massima parte incolore, e se avvi colorazione in loro, questa la si debba ai corpi stranieri che si trovano nel loro organismo; pure l’endocromo non può finora es- sere, per tutto ciò che si sà di questo elemento negli esseri inferiori, impiegato come carattere distintivo fra i vegetali e gli animali. L’ importanza adunque che Naegeli dava alla clorofilla, al fico- cromo, all’eritrofilla, alla diatomina ecc., per differenziare i primi dai secondi, in oggi non è più sentita. Noi siamo usi di asso- ciare ad una materia colorante che si trova negli esseri orga- nizzati, eccetto che essa derivi dal loro nutrimento, il potere di decomporre l’acido carbonico, e nei vegetali il carbonio reso libero vien combinato cogli elementi dell’acqua. Ma l’endocromo, p. es., manca in molti funghi. Secondo Claparéde e Lachmann,’ l’esistenza di una vescicola contrattile, della natura di quelle dei Rizopodi amibici e degli In- fusorj, mancherebbe in' ogni organismo appartenente con certezza al regno vegetale. Ma i zoogonidj dei Mixomiceti, se si vogliono addottare le idee di De Bary, vi potrebbero fare opposizione. Le Amibe assorbono ossigeno ed emettono acido carbonico, e la presenza del libero ossigeno è necessaria per la loro esistenza. Tuttavia vi sono Amibe, che vivono parassite nell’ intestino retto di var) animali; altre che si sviluppano in presenza dell’acido sol- fidrico, dell’acido fenico diluito dal 4/io00 sino al 4/100, ed anche dell’azoto; altre ancora che'stanno nelle acque solforose. E la parte sperimentale risguardante l’ambiente respiratorio di questi esseri, è ancora da studiarsi. I caratteri per.determinare la natura vegetale od animale delle 1 Loc. cit. STUDI ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. 421 Amibe, non vanno certamente rintracciati nella sensibilità, per- chè finora siamo all’oscuro intorno a questa proprietà, le di cui manifestazioni si hanno tanto nelle Amibe, come in alcuni vege- tali; nè nella loro contrattilità, ossia potere di locomozione, che è il risultato della contrazione, riscontrandosi questa proprietà anche nelle cellule vegetali. I così detti movimenti sarcodici od amiboidi perchè richiamanti quelli delle Amibe, manifestati da varj elementi anatomici, che si trovano negli animali di tutte le classi, sono pure presentate dal contenuto di giovani cellule delle piante fanerogame, dal contenuto cellulare azotato dei Mixomi- ceti, dal contenuto delle cellule della Vaucheria e di altre al- ghe, dallo stroma mucoso di alcuni Imenomiceti ecc. In questi movimenti, tanto delle Amibe quanto degli elementi anatomici, dice Robin, ' bisogna distinguere dapprima le contra- zioni lenti della sostanza jalina fondamentale, che danno luogo alle deformazioni della massa, alla produzione de’ suoi prolunga- menti con o senza varicosità cangianti, ed alle ondulazioni della superficie. In secondo luogo bisogna distinguere i movimenti di trasporto meccanico che le contrazioni precedenti fanno subire ai granuli diversi che contiene la sostanza fondamentale. Questo spostamento, questo trasporto di granuli con aggruppamento nel tale o tal punto della massa, è sovente assai manifesto nei vitelli e nei globi vitellini, durante la produzione dei globuli polari, ecc. E non lo è meno sotto l’influenza della luce nell’interno anche delle cellule vegetali per i granuli di clorofilla, ed anche per degli altri granuli di alghe e di funghi in certe cellule, il di cui contenuto azotato non è allo stato utricolare. Nè dall’azione degli agenti fisici e chimici sui movimenti ami- boidi, :si può trarre valido argomento di determinazione della natura delle Amibe, giacchè si sa che essi si rallentano a_mi- sura che la temperatura discende al di sotto di 10°, tanto per i vegetali, che per gli animali. Essi si accelerano tra 10° e 20° o 22°; al di là si rallentano per cessare tra 43° e 45°, quando si tratta di animali, e tra 45° e 48° se si opera su delle cellule ve- 1 RoBIN, Anatomie et physiologie cellulaires. Paris, 1873. pag. 535. 429 L. MAGGI, getali. Ed in particolare, i movimenti delle Amibe si arrestano quando la temperatura è a 0° ma vengono tosto ricuperati, quando essa viene elevata. Ad una temperatura di circa 35° C., i loro movimenti sono arrestati, e passano in una condizione di rigi» dità termica, da cui, al dire di Huxley, guariscono se questa temperatura non è continuata a lungo; dai 40° ai 45° C, esse vengono uccise. La scossa elettrica di forza moderata fa assumere alle Amibe una forma sferica senza movimenti, ma esse vi riparano dopo un po’ di tempo. Le forti scosse le uccidono. Così le correnti ener- giche rallentano il corso dei granuli, rendono negli elementi anatomici varicosi i prolungamenti amibiformi, e questi prolun- gamenti si ritirano, per non mai più estendersi, scomparendo quindi in loro ogni movimento. I L’acqua non ha alcuna influenza, almeno pronta, sui movi- menti delle Amibe, nè sui movimenti amiboidi del vitello e dei globuli vitellini degli animali che depongono le loro ova nell’ ac- qua. Ne è lo stesso per quelli dell’utricolo primordiale delle Cha- racee e delle Diatomee. | Gli acidi e gli alcali, anche diluiti, li fanno cessare pronta- mente e nelle une e negli altri. Una piccola diversità si osserverebbe allorchè si tratta dei mo- vimenti amiboidi del contenuto delle cellule di piante aeree, di quello della maggior parte delle cellule animali, come globuli bianchi del sangue, cellule delle cartilagini ecc., che coll’ acqua vengono arrestati. Si sa che per l'esame dei movimenti amiboidi delle cellule, oltre che la temperatura del corpo dell’animale da cui derivano, sono necessari dei liquidi così detti indifferenti, come siero, jod- siero, idramnios, soluzione di cloruro sodico ecc. V. Czerny! ha fatto delle ricerche intorno all'influenza sul corpo delle Amibe d’acqua dolce, delle soluzioni di cloruro sodico diversamente ti- tolate, ed ha riconosciuto che la capacità a resistere contro que- 1 V. CZERNY, Zinige Beobactungen tiber Amoeben. in Archiw f. mikros. anat. von Mhultze Sacx. Band. V. pag. 158. 1869. STUDI ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. 423 bi sto reagente è individualmente diverso. Con queste soluzioni si va dall’ indifferenza delle Amibe fino alla lor morte; epperò vi sì possono anche acclimatizzare. Qualche cosa ancora di diverso si osserva in riguardo alle espansioni amibiformi delle suddette cellule, che si allungano in generale con una velocità di un millesimo di millimetro per se- condo, raramente di più; mentre nelle Amibe la loro velocità e quella delle deformazioni dei contorni, può essere due volte più grande. Tuttavia avviene nelle Amibe un fenomeno biologico, che io credo opportunissimo per decidere della loro natura, e pel quale esse vanno annoverate tra gli animali. Egli è che essendo le Amibe destituite del potere di fabbricare proteina dai corpi di una composizione chimica comparativamente semplice, esse la de- vono ottenere già preparata, come appunto fanno gli animali. E per conseguenza, come questi, anche le Amibe sono dipendenti per la loro esistenza da qualche forma della vita vegetale. Le Amibe infatti si cibano di Oscillarie, Navicule, Bacillarie, Zeno- desmos, Protococcus viridis e simili. Auerbach vidde alcune volte anche degli avanzi di Trachelomonas. Sieno poi esse solamente erbivore o carnivore, oppure l’uno e l’altro insieme, ciò che serve alla loro nutrizione, è il contenuto molle di queste parti, il quale si scolora, vien diviso in una massa granulare, ecc., finchè for- nisce alle Amibe la sua proteina. Auerbach osservò pure che la clorofilla spesso si tramuta in una sostanza colorata in rosso, oppure in bruno giallo. Egli crede poi chei giovani individui delle Amibe debbano nutrirsi o soltanto per assorbimento di mate- riali già sciolti, o mangiando piccoli corpi incolori che rapida- mente vengono digeriti. Le Amibe, come organismi autonomi animali, sono esseri uni- cellulari ? Anche sotto questo punto di vista, le opinioni degli autori sono varie. Da Ehrenberg ! vennero considerate come esseri poliga- ! Loc, cit. 424 L. MAGGI, strici; da Dujardin! invece, come esseri formati unicamente di una sostanza glutinosa, senza tegumento, senza organizzazione apprezzabile. D’una sostanza amorfa fondamentale, le ritiene pure formate il Perty.° Altri, e tra questi Auerbach, * vi trovano tutti gli elementi della cellula; nelle Amibe, cioè, avvi: 1. una massa di protoplasma, che è più o meno granulare e fluido nella sua parte centrale, chiaro, trasparente e d’ una certa consistenza verso la sua periferia; 2. un corpo rotondo, oppure ovale, che è il nucleo, e la di cui struttura qualche volta è distintamente vescicolare; esso contiene un granulo rotondo, il nucleolo. È per Auerbach, il quale ammetteva che le cellule fossero costi- tuite da una membrana, da un contenuto e da un nucleo, sono le Amibe pure provvedute di membrana. In proposito dicono Claparède e Lachmann, è certo che Auerbach ha perfetta- mente ragione nella descrizione della sua Amada bilimbosa presso la quale si vede esternamente uno strato spesso, ‘distinto dal resto del parenchima. Noi non abbiamo però potuto assicu- rarci che le altre Amibe siano realmente munite d’ una mem- brana inviluppante. Anzi noi dobbiamo dire che non abbiamo alcuna idea .dell’ organizzazione istologica del parenchima del corpo. Mediante i nostri attuali mezzi d’ osservazione, noi non possiamo riconoscere una membrana esterna distinta. Noi credia- mo dare un'idea più esatta del vero stato delle cose, col dire che il parenchima del corpo delle Amibe sembra aumentare di densità verso la periferia. La sua superficie è perciò formata da uno strato più denso. Se questo strato venisse a separarsi con una netta delimitazione dal resto del parenchima, ciò sarebbe la membrana di Auerbach; ma ci sembra piuttosto ch’ esso si continui perdendo insensibilmente della sua densità in questo stesso parenchima, e che non è possibile di dire ove lo strato più denso finisce, ed ove il parenchima propriamente detto inco- Loc. cit. Loc. cit. » cit. Loc. cit. è» è (0 mo lei (©) (©) STUDI ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. 425 minci. Riguardo però all’Amabda bilimbosa, come già s'è detto, essa fa parte del genere Amphizonella secondo Archer, o del genere Corycia secondo Gagliardi, è quindi esclusa dal genere Ameeba. i La questione della membrana delle Amibe, legatasi con quella della membrana delle cellule, andò soggetta alle medesime fasi di questa; e benchè una vera membrana possa far parte di molte cellule dell’ organismo, pure trovo in Beale, Schultze, Briicke, Kihne, Preyer, Mors, Forster, Robin, Bizzozero,! Visconti,” ed in molti altri, degli oppositori, che la negarono nella maggior parte di esse. Tra questi il Kiihne® ha fatto vedere che si può esser tratti in errore sull’esistenza di un tal elemento costituente il corpo delle Amibe, poichè agendo su di esso con diversi reagenti potè ottenere la coagulazione degli strati più superficiali, i quali si manifestavano poi all'occhio dell’osservatore fin sotto le forme di una membrana a doppio contorno. Il professor Bizzozero * fece osservare che 1’ azione dell’ acqua sulle cellule dà luogo qualche volta a fenomeni che sembrano dipendere dall’ esistenza di una parete cellulare. Non è raro, egli dice, il caso in cui trattando coll’acqua una preparazione contenente numerosi corpuscoli se- moventi, si scorgano alcuni di questi gonfiarsi enormemente e poi, quando la distensione è giunta al maximum, scoppiare ed eftondere nel liquido tutte le granulazioni che costituivano il loro contenuto. La spiegazione di questo fatto, che in apparenza parebbe dimostrare senza bisogno di commento la presenza di una membrana, ci vien data dalla conoscenza dell’azione dell’ac- qua sul protoplasma della cellula. L’acqua fa coagulare gli strati più esterni di protoplasma, ed è lo straterello coagulato, che scoppiando, quand’è disteso eccessivamente, ci può indurre in errore, facendoci ammettere l’esistenza di una membrana. Allor- 1 Brzzozero, Sulla neo-formazione del tessuto connettivo e sulle cellule semoventi. (Giornale il Morgagni. Napoli 1866). 2 VIscoNTI, La cellula semovente nei tessuti normali e patologici (Milano 1870). , 3 KiHNE, Unters. iiber das Protoplasma und die Contractilitàt. Leipzig, 1864. 4 Loc. cit. 426 L. MAGGI, chè si trattano le Amibe mediante la pressione, tutto il corpo si rompe, eccetto qualche volta il nucleo, ed anche questo, dopo un certo tempo, scompare; ed in questo fenomeno -non vi è nes- suna traccia di una membrana esterna resistente. Ultimamente l’ Huxley scrisse, che il corpo gelatinoso delle Amibe non è cir- condato da un qual cosa che possa essere propriamente chia- mato una membrana; tutto quello che si può dire è, che il suo strato esterno oppure limitante, è di una costituzione un po’ dif- ferente dal resto; così che' esso acquista una certa apparenza di distinzione, quando è attaccato dall’acido acetico, oppure quando l’animale è ucciso coll’elevare la temperatura a 45° C. Le Amibe che io trattai con acido acetico diluito, dopo di essersi ridotte in palla, a forma più o meno sferica, presen- tarono il loro protoplasma galino, circondante la massa proto- plasmatica granulare, come filamentoso concentricamente, e nello stesso tempo punteggiato, a guisa di un pezzo d’ albume che si coagula. Questo strato non venne mai imbibito dalla tintura di carmino. Se si fa reagire sulle Amibe la soluzione di magenta e quella di jodio, tutto il loro corpo annerisce, meno lo strato e- sterno, che alla sua volta non presenta membrana. Ma anche senza la membrana, l’unicellularità delle Amibe può stare ancora; ed Auerbach sarebbe sempre il primo che la di- mostrò chiaramente, avendo egli scoperto la presenza del nucleo presso tutte le vere Amibe. Questi esseri sarebbero dunque delle cellule nude, e da Hockel! vennero indicate col nome di Gym- namebe, per distinguerle appunto dalle Amibe che presentano un involucro, e che chiamò Lepamabe. Come nelle cellule poi anche nelle Amibe si trovano delle parti formate, quali sa- rebbero minuti granuli pallidi, che in parte diventano bruni coll’jodio e si sciolgono negli alcali, ma in parte vi sono inso- lubili. Inoltre, abbondantissimi granuli fortemente rifrangenti la luce, la maggior parte rotondi, oppure ellittici, ed alle volte .cri- stallizzati in forme rombiche. Essi sono facilmente solubili negli alcali e negli acidi acetico e solforico concentrati, e diventano ' HrxcHEL, Biologische Studien. Leipzig. 1870. STUDI ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. AT bruni coll’jodio, per cui non sono di sostanza grassa, ma proba- bilmente di una sostanza organica quaternaria. Epperò nel corpo delle Amibe, vi è una parte che merita particolare considerazione, ed è quella indicata da Dujardin col nome di vacuolo contrattile, da Claparéde e Lachmann detta ve- scicola contrattile, e da Huxley chiamata spazio contrattile, forse per allontanare da una parte l’idea che essa abbia una mem- brana, come la farebbe supporre il nome di vescicola; e dall’al- tra per non confonderla coi vacuoli contrattili della sarcode di Dujardin. i Dujardin' non ammise nessuna distinzione fra vacuolo e vesci- cola contrattile. Egli disse essere le vescicole contrattili non al- tro che vacuoli suscettibili di formarsi spontaneamente in una parte qualunque del corpo, per scomparire in seguito subita- mente e formarsi di nuovo altrove. Questa idea, dicono Claparéde e Lachmann, ? sembra aver dominato vagamente nello spirito di molti osservatori; ed Auerbach stesso, al quale noi siamo debi- tori di osservazioni così accurate sulle Amibe, non seppe difen- dersi completamente dal patronato di Dujardin. Anch' egli in- fatti confondé più o meno le*vescicole contrattili colle cavità ripiene di liquido, che si incontrano nel chimo, di cui è piena la cavità del corpo. I vacuoli che si osservano in numero variabile nelle Amibe, dice Auerbach, non ponno essere altra cosa a’ miei occhi, che delle cavità nella sostanza fondamentale, cavità che sono ripiene di un liquido acquoso di debole densità, sebbene im- puro. Esse si formano in seguito a ciò che il liquido, di cui è imbibita la sarcode, si riunisce provvisoriamente in goccie a certi punti; ma queste goccie spariscono ben tosto, contraendosi la sarcode concentricamente intorno ad esse, e riassorbendo di nuovo il liquido tra le sue molecole. Presso gli individui che non con- tengono questi vacuoli che in piccol numero, se ne vedono ordi- nariamente uno o due, la di cui apparizione e scomparsa si ri- pete alternativamente di tempo in tempo allo stesso posto. Essi 1 Loc. cit. ? Loc. cit. 428 I L. MAGGI, corrispondono alle vescicole contrattili degli altri Infusorj e ser- vono senza dubbio ad una specie di circolazione diffusa dei li- quidi del corpo. Spesse volte avviene che un vacuolo contenga un corpo straniero nel suo interno. . . . . . Da questa citazione si vede, dicono Claparéde e Lachmann, * che Auerbach non fa dif- ferenza essenziale tra i vacuoli del chimo che ponno contenere degli oggetti stranieri, e le vescicole contrattili, che non ne con- tengono mai. Altrove Auerbach asserisce che tutti i vacuoli sono suscettibili di cangiare la loro posizione relativa, ciò che è esatto pei veri vacuoli, vale a dire pei vacuoli del chimo, ma non per le vescicole cantrattili. La confusione che ha fatto Auerbach, osser- vano Claparéde e Lachmann, proviene da ciò, che egli pone tutti i vacuoli nella zona granulosa, vale a dire nella cavità del corpo; mentre che le vescicole contrattili sono in fatto sempre situate ‘ nella zona periferica, vale a ‘dire nel parenchima. Bisogna dunque stabilire una differenza fra ciò che è semplice vacuolo del chimo (vac, di tutte le figure della tavola) e ciò che è vacuolo contrattile o vescicola contrattile (vc, di tutte le figure della tavola). Io le riassumo così: i vacuoli si trovano nella ca- vità del corpo, invece le vescicole contrattili vi stanno nel paren- chima; i vacuoli si formano spontaneamente, le vescicole contrat- tili esistono già formate. I vacuoli dopo essersi presentati in un punto della cavità del corpo, scompajono per formarsi di nuovo in un altro punto di essa; le vescicole contrattili hanno una de- terminata posizione nel parenchima del corpo, che solo varia colla specie. I vacuoli ponno contenere nel loro interno un corpo stra- niero, le vescicole contrattili non ne contengono mai. i Oltre a ciò Claparéde e Lachmann con Schmidt, Lieberkiihn, Miiller e Carter, contrariamente a Siebold, Perty, Stein, Leuckart, Kolliker, Huxley ecc., ammettono proprio che la vescicola contrat- tile abbia una membrana; ed in ciò non fanno nessuna differenza fra quest’organo delle Amibe e quello degli Infusorj. Essi hanno osservato nell’Enchelyodon farctus, che questa ve- scicola si contrae, come nella maggior parte degli infusorj, dall’in- 4 Loc. cit. STUDI ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. 429 terno all’esterno. Essa è aderente alla cute, e scompare comple- - tamente dopo la diastole, non sussistendo che come un ammasso di sostanza parenchimatosa aderente alla faccia interna della cuticola. La sistole si opera relativamente con lentezza. Da che però incomincia, si vede ‘la vescicola circondarsi d’ una aureola chiara, che non è altra cosa, che un ammasso di liquido circon- dante la vescicola. Se noi consideriamo la vescicola a metà della sistole, vale a dire nel momento in cui non ha ricuperata che la metà del suo diametro primitivo, noi la troviamo sotto forma di una vescicola rotonda, dotata d’una membrana a doppio contorno ben distinto, aderente in un punto (alla. sua parte posteriore) alla cuticola, e sospesa liberamente in un serbatojo pieno di li- quido. Questo serbatojo non è altro che un seno inviluppante la vescicola da tutte le parti, eccetto il punto in cui essa ade- risce alla cuticola. La vescicola si contrae poco a poco comple- tamente, e la sua membrana pare che si fondi colla cuticola. La sistole è finita. Si vede in allora un seno irregolare e pieno di liquido al posto in cui vi era poco prima la vescicola. Ma ben tosto la diastole incomincia. Si vede come un piccolo rigonfia- mento, che si solleva dalla faccia interna della cuticola, e che fa prominenza nel seno. È la vescicola contrattile che riappare e cresce rapidamente, mentre che il seno scompare nella stessa proporzione. Al momento in cui la diastole è terminata, la ve- scicola ha riprese le sue dimensioni primitive, ed il seno è com- pletamente scomparso. Il liquido nutritivo passa dunque alter- nativamente dalla vescicola nel seno (una parte penetra senza dubbio più avanti nel parenchima), poi, dal seno nella vesci- cola, e così di seguito. Le pareti della vescicola hanno uno spes- sore micrometrico perfettamente misurabile, perchè esse sono spesse di 0”, 0013. Stando adunque con Claparéde e Lachmann, bisognerebbe esclu- dere dalla nomenclatura anatomo-fisiologica per le Amibe, la de- nominazione di vacuolo contrattile, e per conseguenza anche quella di spazio contrattile. Ma vha di più. Claparéde e Lachmann, ! ! Loe. cit. 430 L. MAGGI, in un’Amzeba non descritta nè da loro denominata, ma che per la statura rassomiglia all’Ameba princeps, hanno veduto formarsi, dopo la contrazione della vescicola contrattile, parecchie vesci- cole; in generale quattro o cinque, qualche volta fino sette a otto, sopra diversi punti dell’ animale, spesse volte assai lungi dalla prima. Allorchè queste vescicole hanno raggiunta una certa dimensione, esse si mettono in movimento dal lato della vesci- cola contrattile, colla quale esse vanno ad unirsi, vale a dire, nella quale esse si versano. Questo fatto non si può spiegare, ci pare, che per l’esistenza di vasi, o se si ama meglio (a fine di risparmiare il pudore istologico di certi spiriti, che potrebbero offendersi sentendo parlare di vasi in un’Amiba) di canali pree- sistenti, nei quali il liquido della vescicola contrattile è scacciato al momento della contrazione. Il liquido si raduna nei princi- pali canali, che egli dilata in modo da formare una specie di vacuolo; poi questo canale contraendosi successivamente dalla periferia verso il centro, spinge il suo contenuto fino alla vesci- cola contrattile. Risulterebbe pertanto che, nell'organismo di una Amiba, vi ha un sistema irrigatore; e per le differenze stabilite fra vacuoli del chimo e vescicole contrattili, vi si deve ricono- scere, nel loro protoplasma granuloso, anche una cavità gastrica sia questa permanente, oppure soltanto avventizia, e nella quale stanno i suddetti vacuoli del chimo, e, come io dirò più avanti, i globuli del chilo ed i granuli di riduzione. Fosse quindi solamente per le parti che servono alla nutri- zione, come: cavità gastrica e vescicola contrattile; l’organizza- zione delle Amibe si mostra superiore a quella di una semplice cellula. Ed in Claparéde e Lachmann pare infatti che domini l’idea che questi esseri siano un qualcosa di più d’ una cellula. Dopo di aver criticata la denominazione di nucleo data ad un certo organo che si trova presso gli Infusorj ed i Bizopodi, quindi anche presso le Amibe, invece di adoperare il nome di embrio- seno o di glandola sessuale, essi dicono che la vescicola contrat- tile è un organo ben imbarazzante a porre in una semplice cel- ! Loc. cit. STUDI ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. 431 LI lula, sopratutto se, come ciò è possibile, essa è in comunica- zione con un sistema vascolare. Gli scrupoli che Auerbach espri- meva dapprima a proposito di cellule mangianti, rampanti, do- tate di sentimento e di volontà, noi li abbiamo sempre in pre- senza delle Amibe. Tuttavia, essi concludono, noi ci accontentiamo di pensare che la nostra conoscenza intorno a questi animali, è così imperfetta come quella che noi avressimo dell’ uomo, se co- noscessimo del suo interno solo il fegato, il canal digerente ed il cuore. Se però noi consideriamo le Amibe dal lato del loro sviluppo in allora esse vanno dichiarate unicellulari, tanto più poi se con Hackel, ! tra gli ultimi naturalisti che ne parlarono, si ritengono tali tutti gli infusorj ed in particolare i Ciliati, che in organizza- zione sono superiori alle Amibe. Io ebbi campo di poter studiare lo sviluppo di questi esseri, e di constatarlo sperimentalmente. Nelle infusioni naturali che albergano Amibe, non infrequenti si osservano dei corpuscoli sferici, immobili, a doppio contorno, internamente granulosi, e nei quali si vede a comparire dapprima un granulo, con un contorno più marcato degli altri, quasi oscu- ro — è il nucleolo, il quale poscia si circonda di una zona tra- sparente, che alla sua volta si presenta con un doppio contorno, avendosi con ciò l’apparenza del nucleo nucleolato. Lateralmente ad esso, e verso la periferia, si manifesta in seguito la vescicola contrattile. Durante questi cambiamenti interni, il corpuscolo va aumentando di volume; e dopo,-da immobile che era, incomincia a muoversi. Dalla zona di protoplasma jalino circondante il pro- toplasma granuloso, ossia dall’exoplasma che circonda l’endopla- sma di ciascun corpuscolo, si estendono i pseudopodi dell’ essere amibico. | Il medesimo sviluppo si osserva colle infusioni artificiali, ‘che ponno esser fatte con farina, fieno, piselli, pepe, prezzemolo, carne, tuorlo d’uovo con acido solfidrico ecc.; ed anche lo si può stu- diare sperimentalmente, conservando in vasi l’acqua di lavatura delle mani, specialmente in primavera. Oltre a ciò si ponno fare 1 HacgeL. Zur Morphologie der Infusorien (Sep. Abdruk. aus d. Jenaischen Zei., Bd. VII. 1873). i 432 L. MAGGI, delle infusioni con albume d’ovo di pollo, sia fresco, sia essiccato, in acqua semplicemente distillata, oppure fenicata al */1000, per- chè vi sieno le condizioni opportnne, che io già indicai, di pro- porzione e di temperatura. ! Le Amibe adunque, se in rispetto alle cellule degli organismi dimostrano una differenzazione già avvenuta nel loro protopla- sma, dal lato del loro sviluppo non sono esseri policellulari. Se- condo me, esse rappresentano un grado di avanzamento nella perfezione di un organismo unicellulare, autonomo e vivente allo stato libero. i Si può riconoscere nelle Anvibe degli esseri facilmente designa- bili come forme tipiche? AI dire di Claparéde e Lachmann ? sono tali, benchè sia dif- ficile di fissarne i limiti, lAmada princeps Ehr., 1 Amaeba ver- rucosa Ehr. (fig. 1-3 della tavola), l’Amaba radiosa Ehr., VA- meeba limax Auerb., l’Amaba guttula Auerb. La ricognizione di queste Amibe, è anche aiutata dai disegni che si hanno delle loro figure. Ed ammettendo che la determinazione di un essere naturale non debba mai farsi unicamente per mezzo di disegni, non posso però negare il gran valore che essi hanno nello stu- dio delle Amibe, tanto più in questi momenti, in cui si cerca di venirne a capo di qualche cosa. Si può rilevare una morfologia generale delle Amibe ? Allorchè, dicono Claparéde e Lachmann, * si considera atten- tamente un’Amiba in movimento, si riconosce tosto che bisogna distinguere in essa due zone, l’una periferica (ect di tutte le fi- gure della tavola), l’altra centrale (end, di tutte le figure della tavola). È una distinzione che Schultze dimenticò di fare. Auer- bach e Carter sono, per così dire, i soli scrittori che abbiano distinte ben chiaramente queste due zone, di cui l’ esterna (ect di tutte le figure della tavola) è chiamata da Auerbach: lo strato ! Maggi: Mem. cit. nei Rend. dell’Ist. Lomb. di Milano. Serie II. Vol. III pa- gina 367, 1870, e ibid. vol. IV. pag. 198. 1871. 2 Loc. cit. - 3 Loc. cit, STUDI ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. 433 esterno, o l’aureola (der Hof). Questo osservatore riconobbe che i granuli che si vedono circolare vivamente nel corpo dell’Amiba, allorchè si muove, appartengono allo strato interno e non pe- netrano mai nella sarcode dell’aureola, ciò che è perfettamente esatto. Egli constatò che, presso un gran numero di specie, i gra- nuli non penetrano mai nei pseudopodi, che questi qui non sono per conseguenza, che formati dalla sostanza dell’ aureola: osser- vazione pure perfettamente giusta. Non vi hanno che le Amibe, le quali camminano mediante espansioni eccessivamente larghe, come l’Amaba princeps, presso le quali si vedono i granuli e le sostanze straniere ingoiate dall’ animale, penetrare in queste espansioni; ed anche in questi casi, lo strato esterno è desso re- lativamente molto spesso all’ estremità dell’ espansione. Tuttavia Auerbach, pare che non si sia ben reso conto della natura di queste due zone; sembra ammettere che esse non siano separate in modo ben deciso l’una dall’altra; o perlomeno pensa che la stessa sarcode che forma i pseudopodi e l’aureola trasparente, esi- sta anche tra i granuli della zona centrale. Ciò è, secondo Clapa- réde e Lachmann, inesatto. I granuli di questa zona si muovono qualche volta con una rapidità tale, che essi sembrano non in- contrare mai nessun ostacolo davanti loro; rapidità che non si può spiegare che per la circostanza che essi .sono in sospensione in un liquido d’una densità poco considerevole. Se la sarcode della così detta aureola, fosse della medesima natura della sostanza intergranulare della zona centrale, in allora sarebbe bene un li- quido eccessivamente fluido. Ma non è così, giacchè lo mostra di già la circostanza, che giammai un granulo penetra nello strato esterno. Nel fatto lo strato esterno, l’aureola sarcodica di Auer- bach, costituisce da sola il corpo dell’ Amiba, la zona centrale rappresenta la cavità del corpo, che è nello stesso tempo, come presso gli Infusorj, la cavità digestiva. Questa opinione è già stata emessa da Carter. Gli oggetti ingojati, come Diatomee, De- smidiee, frammenti d’alghe, di pietre, qualche volta anche degli Entomostracei, circolano col chimo nell’interno di questa cavità, fino a che le parti digestibili siano digerite. Vol. XIX, 28 434 L. MAGGI, Io, piuttosto che di due zone, trovo essere il corpo in generale di un’ Amiba, costituito da una massa di protoplasma granuloso (end, di tutte le figure della tavola), circondato da una zona di protoplasma jalino (ect, di tutte le figure). La massa protopla- smatica interna, o endoplasma, è la così detta zona centrale degli Autori, od endosarco di Carter. La zona esterna di protoplasma jalino, o ectoplasma od anche exoplasma, corrisponde alla così detta aureola (der Hof) di Auerbach, alla zona diafana di Carter od anche all’ectosarco di quest’ultimo autore. Il protoplasma jalino (ect, di tutte le figure), o strato esterno o ectoplasma, è conosciuto da Claparéde e Lachmann! anche sotto il nome di parenchima del corpo; e questo parenchima che rifrange la luce molto più fortemente dell’ acqua, perchè è im- merso in questo liquido, lascia scorgere in un modo perfetta- mente distinto il suo contorno esterno. Al contrario il suo con- torno interno, non essendo in contatto coll’acqua, ma col chimo, vale a dire con un liquido che contiene una quantità di sostanze in dissoluzione ed in sospensione, e la di cui densità è per con- seguenza ben più considerevole di quella dell’acqua pura, e più vicina a quella del parenchima del corpo dell’Amiba, si disegna molto meno nettamente. Tuttavia questo parenchima, anche secondo . Claparéde e Lachmann, non si mostra perfettamente omogeneo, coi soli nostri istrumenti pure osservato. Esso contiene infatti delle macchie, dei granuli trasparenti, che non circolano col conte- nuto della cavità del corpo. Per cui si potrebbe distinguere due strati di protoplasma jalino, circondante l’endoplasma; uno cioè esterno (ect, di tutte le figure), l’altro interno (mes, di tutte le figure della tavola). E quest’ultimo, in relazione alla sua posi- zione, si può dire mediano, trovandosi fra l’esterno e 1’ endopla- sma. Benchè i suoi limiti non siano facili a designarsi, tuttavia per ciò che osservai intorno al Podostoma filigerum Claparéde e Lachmann, ® io non trovo difficoltà ad ammetterli, e a ritenere 1 “Loc. cit. ? MaGGI: Intorno aî Rizopodi d’acqua dolce della Lombardia, ed in particolare pel Podostoma filigerum Clap. e Lach. (Rend. del R. Ist. Lomb. di Milano, — 1876 6 luglio), STUDÌ ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. 435 per conseguenza anche nelle Amibe un mesoplasma (mes, di tutte le figure); il quale per essere finamente punteggiato, si distingue dal vero ectoplasma, che è sempre jalino, incoloro ed omogeneo. Non tutti i momenti sono opportuni per osservare il mesopla- sma nelle Amibe, ma esso si vede non difficilmente, quando l’a- nimale, avendo l’interno del corpo privo di sostanze alimentari, si muove. Il mesoplasma va ricercato là dove esiste la vescicola contrattile, giacchè questa si trova in quello; ed ebbero ragione Claparéde e Lachmann di insistere sulla determinazione esatta del posto che la vescicola contrattile occupa nel corpo delle A- mibe, giacchè non è nè nell’ectoplasma, nè nell’endoplasma, ma sulla superficie esterna di questo, ossia in quella parte appunto dove vi è il mesoplasma. Dall’ectoplasma o exoplasma, si hanno gli organi exoplasma- tici, vale a dire i pseudopodi (ect, di tutte le figure), che servono alla locomozione, e nello stesso tempo, si può dire che abbiano anche una certa sensibilità, specialmente tattile. \ Dal mesoplasma, gli organi mesoplasmatici, ossia la vescicola contrattile (vc, di tutte le figure), talora fornita di canali. La vescicola contrattile serve alla circolazione, escrezione ed espira- zione, giacchè, senza negare la così detta respirazione cutanea nelle Amibe, si può vedere in loro, come nel Podostoma filige- rum,* una prima localizzazione di questa funzione nella vescicola contrattile. Dall’ endoplasma si hanno gli organi endoplasmatici come: cavità digerente (9, di tutte le figure), nucleolo (n, della fig. 1), e nucleo (n, di tutte le figure). La cavità digerente serve alla digestione, ed i vacuoli del chimo (vac, di tutte le figure), che in essa sì vedono, indicano ad una chimificazione; come i glo- buli del chilo, ad una chilificazione; ed i granuli di riduzione ad una conseguente defecazione. Fenomeno quest’ultimo non dif- ficile a vedersi da chi, dedicandosi allo studio .degli esseri infe- rioti, sa stare diverse ore al microscopio anche per osservare Amibe. Il nucleolo ed il nucleo, sono i loro organi di riprodu- t MagGI: Intorno ai Rizopodi d’acqua dolce della Lombardia ecc. (Loo. cit.) 436 L. MAGGI, zione, i quali entrerebbero in funzione solamente nell’ autunno, per la formazione di spore (polisporogonia) previo l’atto della conjugazione o zigosi, quale loro nutrimento speciale. * Gli organi exoplasmatici e gli endoplasmatici, sono i primi che si veggono a comparire, studiando lo sviluppo delle Amibe. I me- soplasmatici sono gli ultimi. Lo stadio monerico delle Amibe per- tanto si differenzierebbe in ectoplasma ed endoplasma; nell’ in- doplasma si forma la cavità gastrica, poi il nucleolo, indi il nu: cleo; in seguito compare il mesoplasma, e con essò la vescicola contrattile — mentre dall’exoplasma si hanno i pseudopodi. Anche nelle Amibe quindi, come nel Podostoma filigerum, si può vedere una corrispondenza fra il loro ectoplasma, mesoplasma ed endo- plasma, con tre foglietti germinativi o blastodermici degli esseri policellulari. Gli organi ectoplasmatici, sono per la vita di rela- zione; i mesoplasmatici, con parte degli endoplasmatici (cavità digerente), per la vita di nutrizione: l’altra parte degli organi endoplasmatici (nucleolo e nucleo), sono per la vita di riprodu- zione. In altri termini, gli organi ectoplasmatici, sono per la vita animale; gli organi mesoplasmatici ed endoplasmatici, per la vita vegetativa, ossia di nutrizione e di riproduzione. Vi sono nelle Amibe delle forme specifiche 2 Già Ehrenberg, ® ed altri primi ancora, le ammisero; ed il modo di progressione delle Amibe, se cioè vivo o lento, rettilineo o sinuoso, e la forma che esse presentano più abitualmente, e il colore loro ecc., ne erano 1 caratteri per la distinzione delle spe- cie. Ma Dujardin® per il primo, ed a torto Claparéde e Lach- mann * lo rimproverarono di troppa audacia per dare dei nomi a delle Amibe da lui trovate, così scriveva: “essere impossibile stabilire delle specie zoologiche con degli animaletti senza forma determinata, senza apprezzabile organizzazione, di cui si ignora il modo di origine o di riproduzione, e sui quali infine si può sup- 1 MaAGGI: Intorno alla conjugazione o Zigosi delle Amibe (Loc. cit.) 2 Loc. cit. ® Loc. cit. 4 Loc. cit. STUDI ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ATLE AMIBE ECC. 437 porre che la natura del liquido produce delle grandissime modi- ficazioni. L’aver descritto in particolare le Amibe, e sopratutto le circostanze di loro apparizione, io ebbi adunque solamente per scopo di mettere gli osservatori in grado di trovarle e di stu- diarle. ,, Auerbach * cercò di chiarire la questione delle specie nel ge- nere Amaba, ed è inconstrastabile, dicono Claparéde e Lachmann, ? che il suo lavoro ha fatto fare alla scienza un passo avanti, ma non è che un primo passo. Essi però soggiungono che, finora, non si hanno caratteri positivi, netti, anatomici per poter separare chiaramente le differenti specie le une dalle altre, e non avendo in mano i materiali sufficienti per tentare una riforma sistema- tica delle Amibe, amano far nulla piuttosto che far male. Noi attireremo in particolare l’attenzione degli osservatori sulle spe- cie a vescicole contrattili numerose, specie che non furono stu- diate fin qui. Molto frequentemente si trova nei dintorni di Ber- lino una forma, eccessivamente piccola, che possiede tre o quattro vescicole contrattili; un’altra molto più grande, e che addotta in generale la forma d’una foglia sottilissima, ne possiede una ventina, tutte di dimensioni molto piccole. — Infine, egli è evi- dente che le azioni esteriori hanno una grande influenza sulla forma ed energia dei movimenti delle Amibide. Sarà, in parti- colare, interessante di studiare l’ influenza esercitata dalla con- centrazione dei liquidi. Fino a che i limiti di queste azioni non saranno conosciuti, la discussione delle specie del genere Ameba resterà assai arida. Tuttavia nella rassegna che Claparéde e Lachmann, * fanno delle specie, in un punto così essi si esprimono: “ vi sono senza dubbio delle forme,'le quali sono così positive e così costanti, che non può regnare alcun dubbio sul loro valore specifico. Tali sono: l’Amaba quadrilineata Carter, 1 Amada bilimbosa Auerb. della quale però dubitano che possa appartenere invece al genere 1 Loc. cit. 2 Loc. cit. ? Loc. cit. 438 L. MAGGI, Corycia Duj., come di'fatto vi appartiene. Tali sono ancora: parecchie Amibe non descritte fin qui; e l° Ameba figurata da Lieberkihn nella fig. 10 della Tav. XI, della sua: Evolution des. Gregarines Loc. cit. , (fig. 4 della qui unita tavola). Ora è appunto di quest’ultima che io intendo parlare in par- ticolare, giacchè mi fu dato di poterla osservare. E siccome essa non venne denominata nè da Lieberkiihn, nè da Claparéde e Lach- mann, così io la dissi: Amoazba innominata. Ma questo nome non è dato che momentaneamente, per indi- care cioè un’ Amada, che io mi prefissi di studiare. Essa invece come io credo, merita d’essere chiamata : Amba Lieberkilhnia n. sp. [figura 6-10 della tavola]. per ricordare chi pel primo la .vidde, ed anche la disegnò. Infatti la sopracitata memoria di Lieberkiilhn ne presenta, come già fu detto, alla Tav. XI. fig. 10, solamente il disegno. Di questa figura, nella spiegazione della tavola, l’Autore non dice altro, che: Amiba d’acqua dolce; ingrand. 450, Obh. Nel testo della Memoria, per quanto io lo passassi e ripassassi attenta- mente, non ho trovato un cenno di descrizione, e nè anche una parola per indicare al lettore che nelle tavole essa si trova fi- gurata. Io non conosceva questa figura di Lieberkiihn, quando viddi la detta Amida per la prima volta; ed in allora restai perplesso fra una nuova specie od un caso di parassitismo, poichè essa portava alla sua estremità posteriore delle appendici, che a primo aspetto si potevano prendere tanto per delle parti integranti: il corpo dell’animale, ossia per delle spine, quanto per dei vibrio- nidi attaccati ad essa. La rarità del suo individuo me ne impedì la decisione. STUDI ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. 439 Rileggendo attentamente gli studj sugli Infusorj e sui Rizopodi di Claparéde e Lachmann, * trovai a pag. 437, vol. I, che vi è un’ Amaba, la di cui estremità posteriore è arricciata di piccole spine (sp. fig. 4) e che è stata figurata da Lieberkiihn (in Loc. cit.) Mi diedi tosto a constatare questa indicazione, in seguito alla quale mi sovvenni d’una Memoria di R. Greeff.® sopra al- cune Amibe terrestri, in cui vi è descritta a pag. 322, e dise- gnata sulla Tav. XVIII, fig. 21, sotto il nome di Am@ba graci- lis n. sp. (fig. 5, della qui unita tavola), una forma molto vicina a quella di Lieberkiihn, senza però che l’Autore ne faccia parola, La rassomiglianza adunque di queste due Amibe colla mia, ac- cresceva in me il desiderio di riosservarla. Ma nelle vacanze au- tunnali del 1874, che seguivano a quelle dell’ anno in cui l’ a- veva scoperta, non mi fu dato di rivederla. La fortuna mi ar- rise nell’agosto dello scorso anno, in cui, non desistendo mai dal ricercarla, la trovai di nuovo, facendomi così conoscere due lo- calità della Valcuvia, che la AIDERERNO, e tutte due vicine al paese di Cuvio. Una, è un piccolo seno formato da un ruscello, collaterale alla vecchia strada, che da Cuvio conduce ad Orino, e che precisa- mente si trova a pochi passi dalla Fontana dell’Ufficio di Cuvio. L’altra, è pure un piccolo seno, ma formato dal Rio di Cuvio, che sta a fianco del giardino della mia casa di campagna. Anche questa volta l’individuo era unico, ma avendo già fatto lo studio concernente la sua letteratura, mi bastò per estendere le mie osservazioni, mediante le quali distolsi il dubbio del parassitismo e m’accertai dell’identità con quella solamente disegnata da Lie- berkiihn, e semplicemente citata da Claparède e Lachmann. Mi rimaneva la diagnosi differenziale fra essa e l’Am@ba gracilis di Greeff. Ma intanto, io aveva sotto gli occhi una buona specie d’ Amada (fig. 6-10) per il carattere delle spine (sp, della fig. 6-10) all e- 4 Loc. cit. 2? GrEEFF, Uedber einige in de Erde lebende Amòben und andere Rhizopoden (Ar- chiv. f. Mikrof. Anat. von M. Schultze. 1866. pag. 299. Tav. XVII. XVIII. 440 _—L. MAGGI, stremità posteriore del suo corpo. Ciò unito all'autorità di valenti zoologi, quali Claparéde e Lachmann, nel mentre mi dispensa, come io credo, dall’obbligo quasi incontrato qui sopra, di dover trattare la questione della specie nel genere Amada; mi appog- gia ad ammettere la suddetta Amada come specie. Specie che, finora, si può dire rara, non avendola trovata i molti naturalisti che, dopo Lieberkiihn, si diedero allo studio di questo genere di esseri; ed essendosi presentata a me, in tre anni, due volte, nel 1873 cioè, e nel 1875; e con un esemplare per volta. Riguardo ai rapporti ch’ essa a primo aspetto, presenterebbe coll’Ameba gracilis Greefi, ecco quanto debbo far osservare. L’Ameba gracilis Greff, (fig. 5 della qui unita tavola) ha la parte posteriore del corpo, che presenta una grande rassomiglianza con un disco succhiante terminale (d, fig. 5), intorno alla periferia del quale si fissano delle corti setole, che ponno allungarsi ed accor- ciarsi. All’autore sembra che queste parti vengano a costituire nel loro insieme, un’ organo di difesa e di offesa per l’animale. Eb- bene il disco succhiante non esiste presso la mia Amiba, nè io l’ho mai veduta fungere la funzione devoluta ad un tal organo; nè le sue spine si ponno allungare od accorciare, ma esse sono rigide; per cui ammettendo la specie di Greeff, essa ne è diversa. Tuttavia seguendo i varj movimenti del corpo, che mi presen- tava l’Amaba che io osservava, notai in certi momenti, che la sua estremità posteriore mi offriva l’apparenza dell Ameba gra- cilis; e ciò si dava allorquando qualche granulazione dell’endo- plasma sottostante si trovava entro il contorno formato dall’ in- serzione delle spine (fig. 9). Ond’è, che si potrebbe anche dubi- tare dell’ esistenza specifica dell’ Ameba gracilis; e per la sua piccolezza si potrebbe ritenerla uno stadio di sviluppo dell’Am@ebda Lieberkiihma. Certo che sarebbe stata opportuna una compara- zione fatta da Greeff, fra la sua Am@eba gracilis e quella dise- gnata da Lieberkiihn. Ma tanto nel caso d’una diversità fra que- ste due Amibe, che in allora il carattere differenziale starebbe nel disco succhiatore presso la prima, e mancante alla seconda; quanto nel caso d’una identità, che in allora, per me, la prima STUDI ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. 441 diventerebbe sinonima della seconda, io credo di poter ritenere per la mia il nome di Amada Lieberkihnia, essendo essa: un rizopodo senza guscio, avente dei pseudopodi, che non sì esten- dono alla loro estremità in fogli sottili; i quali alla lor volta sono di una sola specie, atti alla progressione; e portante, all'estremità posteriore del suo corpo, delle spine. È però importante che io qui faccia conoscere anche quanto Leidy ! ha scritto sul suo nuovo genere Ourameba, in quanto che tutt’ a prima si-potrebbe credere ad una somiglianza col- l’ Amaba Lieberkùhnia. “L’Ourameba, dice Leidy, è differente dall’Amaba, per essere provveduta di un ciuffo di semplici appendici, non ramificati, si- mili a coda, che projettono dalla parte posteriore del corpo; questi raggi non sono retrattili, e differiscono intieramente dai pseudopodi, e paragonati ai delicati raggi dell’ Actinophrys, sono rigidi e grossolani. Essi poi, sono semplici oppure non ramificati eccetto alla loro origine; cilindrici, di larghezza uniforme e di lunghezza non uniforme. Staccati che siano dal corpo, si osser- vano all’ origine attaccati, mediante un tronco comune, ad una eminenza rotonda. Non sono usati per procacciarsi il cibo, ed è ignota la loro funzione. L'Ouramaba si muove come un Amebdba ordinaria, e nell’istesso modo di questa si procura il cibo. Parecchie forme di Ouramaeba furono da lui osservate, ma egli è incerto se esse appartengano ad una od a parecchie specie. Una delle forme ha un corpo oblungo, ovoide, lungo circa ‘/s di una linea, e largo ‘/s di una linea. I raggi simili a coda for- mano una mezza dozzina di ciuffi, che misurano in lunghezza circa la larghezza del corpo. Il corpo era così pieno di Diatomee come Navicula viridis insieme a Desmidiee e Conferve, che l’esi- stenza di un nucleo non potè essere accertata. La specie può es- sere distinta col nome di Ouram@ba vorax. Una seconda forma forse di una specie differente, si muoveva attivamente, ed esten- deva i suoi larghi pseudopodi come l’ Amida princeps. Quando 1 Leipy: Notice of some neu fresh-water Rhizopods (Proced of the Acad. of Nat. Sci. of Philadelphia 1874. pag. 77-79). 442 L. MAGGI,, la viddi per la prima volta al microscopio, essa appariva irre- golarmente globulare, e misurava circa 4/4 di una linea in dia- metro. Essa si allungava ad ‘/s di una linea, e muoveva colle sue appendici simili a coda all'indietro. Queste appendici formavano cinque ciuffi lunghi circa '/5 di una linea. L’interno del corpo offriva una larga vescicola contrattile ed un nucleo disoidale. Questa seconda forma può essere distinta col nome di Quramaba lapsa. Un'altra QOurambea (che sarebbe una terza), ha due ciuffi di raggi, comparativamente corti; ed una quarta, di figura più piccola delle altre, ha un sol ciuffo di tre raggi moniliformi. Egli è possibile, continua l’autore, che l’Ourameba sia la stessa Pla- giophrys di Claparede, benchè la descrizione di questa non ne dia appoggio. La Plagiophrys è detta essere un’ Actinofrino, for- nito di un pacchetto di raggi, che emanano da un sol punto del corpo, ma i raggi sono descritti come dello stesso genere e dello stesso uso di quelli dell’ Actinophrys. La Plagiophrys è determinata ancora per essere provveduta di un distinto tegumento simile alla Corycia di Dujardin, od al Pamphagus di Bailey; ma il corpo del- l’Ouramaba è libero da qualunque vestimento, come un’ ordinaria Ameaba, ed i raggi sono fissi come appendici simili a coda senza nessun potere di allungamento oppure di contrazione. Queste spe- cie di Ouramaba furono trovate tra le Desmidiee e le Diatomee, sulla superficie del limo al fondo di uno stagno, vicino a Darby Creek in Filadelfia e West Chester Railrond. , Ora, benchè Leidy non abbia dato i disegni delle sue figure, coi quali io avrei potuto stabilire vieppiù le analogie e le diffe- renze colle mie; pure dalle sue descrizioni riesce evidente che l’Amaba, Lieberkùhma diversifica anche dalle Quramebda. Le spine infatti che ha all’estremità posteriore del suo corpo, non formano mai ciuffi, e se tutte insieme si volessero considerare come costi- tuenti un sol ciuffo, per modo da rassomigliare alla quarta forma di Ouramaba, ne starebbe ancora la diversità, perchè esse non formano un ciuffo di tre raggi moniliformi. Certo che il profes- sore di Filadelfia, sig. Leidy, potrà dire un’ ultima parola, allor- chè vedrà le mie figure; io intanto debbo ritenere diverse delle sue, l’Ameba Lieberkùhnia. / STUDI ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. 443 Egli è perciò ch'io passo a descriverla nè suoi particolari ana- tomici, non trascurando di riferire quanto potei finora osservare intorno ai suoi fenomeni fisiologici. Il corpo dell’ Amaba Lieberkiinia, è nudo, ossia non coperto da membrana. Esso è costituito da parti protoplasmatiche, di cui due, una esterna (ect, delle fig. 6-10) e l’altra interna (end, delle fig. 6-10), sono ben distinte. Queste parti rispetto a quelle del corpo delle altre Amibe, corrispondono: l’ esterna al protoplasma esterno, ectoplasma, exoplasma, aureola (der Hof) di Awuerbach, zona diafana di Carter, ectosarco di Carter; l’ interna al proto- plasma interno, endoplasma, zona centrale degli autori, endosarco di Carter. Se non sempre, è tuttavia facile il vedere in alcuni momenti seguendo 1 movimenti dell’ animale, anche una terza parte pro- toplasmatica, intermedia alle due sopracennate, e che perciò va detta mesoplasma (mes, delle fig. 6-10). Quando l’animale si vede disteso e quiescente (fig. 6), si ponno distinguere in esso due estremità: una, allargata e circondata da un largo margine di ectoplasma; l’altra opposta alla prima, è più stretta, formata per la massima parte di endoplasma, con un legger velo di ectoplasma, che gli dà l'apparenza di un doppio contorno. Progredendo l’animale sempre dalla parte allargata, ed essendovi alla parte stretta le appendici in forma di spine, si può denominare la prima: estremità anteriore, e posteriore la seconda. Se invece l’animale lo si osserva dall’alto al basso, (fig. 9), in allora l’estremità posteriore, cioè quella che porta le spine, di- venta la parte superiore; e quella anteriore, la parte inferiore del suo corpo. Ciò è importante di notare, perchè l’Amaba Lie- berkiihmia si presenta spesse volte sotto questa visuale. La sua sezione longitudinale quindi, vale a dire dall’ alto al basso,.da- rebbe la figura di un triangolo ad angoli smussati. L’exoplasma (ect, delle fig. 6-10) od anche ectoplasma, è ja- lino,'e presenta all'estremità posteriore del corpo dell’ animale, quand’esso è disteso, le appendici spiniformi; ed all’estremità an- 444 L. MAGGI, teriore forma uno o due pseudopodi, che talora figurano dei ten- toni. Le appendici spiniformi oppure spine, (sp, delle fig. 6-10) pure di potoplasma jalino, poste alla parte che si potrebbe dire caudale, giacchè per questa l’animale non progredisce mai, vanno considerate come appendici rigide dell’ectoplasma. Esse sono sem- pre immobili, e non penetrano mai nè nel mesoplasma, nè nel- l’endoplasma. Sono sette, epperò non posso garantire la costanza del loro numero; ma la loro dispozizione, dà alla parte caudale dell'animale, la figura di un aspersorio. I pseudopodi (p, delle. fig. 6-10), di ectoplasma jalino, in numero di due, ottusi, quando l’animale progredisce, ed in allora anche foggiato a guisa di ten- toni, si riducono ad un solo, quando l’animale è disteso e quie- scente. i Il mesoplasma (mes, delle fig. 6-10) si presenta come un pro- toplasma jalino, finamente punteggiato. In esso si trova la vera vescicola contrattile (vc), la quale non differisce da quella delle altre Amibe, Essa apparentemente si mostra, anche nell’ Amebda Lieberkiihnia, come se fosse sulla superficie esterna dell’ endo- plasma, quindi in contatto coll’ ectoplasma. Non è molto disco- sta dal nucleo, e ad esso posta un po’ al davanti e lateralmente. Anche in questa Amiba, come in altre hanno già fatto osser- vare Claparéde e Lachmann, si può pensare all’ esistenza di ca- nali, che partano dalla vescicola contrattile e che si distribui- scano nel parenchima del corpo, e nei quali il liquido della ve- scicola contrattile è scacciato al momento della contrazione giacchè non è difficile, quando la posizione dell’ animale rispetto all’ os- servatore lo permetta; di vedere a formarsi, in seguito alla si- stole, alcune vescicole pure contrattili e di diametro più piccolo della prima, sopra alcuni punti del suo corpo. Esse non sareb- bero altro, che le diverse sezioni trasversali dei canali contra- entisi. È L’endoplasma (end, della fig. 6-10) è incoloro, granuloso, @ granulazioni più fine nella parte anteriore ve posteriore, e più stipate nella prima che nella seconda parte. L’ endoplasma, che rappresenta l’interno del corpo, contiene alla sua volta scavata STUDI ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. 445 la cavità gastrica (g) dell'organismo, nella quale stanno gli ali- menti presi dall’esterno, i vacuoli del chimo (vac) i globuli chili- feri (ch.) edi granuli di riduzione. L’ espulsione di quest’ ultimi granuli, come io ;) ho veduto non solo nell’Ameba Lieberkiihnia, ma anche in altre, avviene dalla parte profonda e centrale del pseudopodo, in contattoscolla ca- vità digestiva (a fig. 8). In allora il pseudopodo si loba in modo ‘da lasciar libera l'apertura della cavità digestiva verso l’esterno disponendo i suoi due o più lobi pseudopodiformi d’ intorno ad essa. Per effetto solo della posizione che può avere in questo mo- mento l’Amiba, si veggono talora i granuli di riduzione, escire come se passassero attraverso al pseudopodo. La posizione di quest’ apertura (a, fig. 8), essendo costante, e l’animale non pren- dendo mai il cibo se non dopo di aver digerito il materiale dap- prima introdotto ed espulso quello rimasto inutile alla sua dige- stione, fa sì che essa possa venir considerata non solo come aper- tura di egestione, ma anche d° ingestione; e perciò come apertura unica che fa da bocca e da ano a tempo opportuno. L’ Ameba Lieberkiihnia è adunque monostoma, e la sua cavità gastrica, piuttosto che avventizia, è permanente. Nell’endoplasma inoltre, vi è il nucleo (n, delle fig. 6-10) che fa salienza nella cavità digestiva. Esso precisamente si trova verso la parte centrale del corpo dell’ animale. È discretamente grande, attondato, a doppio contorno, ed internamente granuloso. Fra le funzioni che funge l’ Amada Lieberkihnia, merita di essere considerato il suo movimento, in quanto che essa è già stata, benchè soltanto col nome generico, citata da Claparéde e Lachmann come esemplare atto a combattere l’ idea emessa da molti che il corpo dell’Amiba rotoli sopra sè stesso, ed a dimo- strare per lo contrario che questo rotolamento, non è che ap- parente. Claparéde e Lachmann ' sono quelli, io credo, che me- glio di tutti hanno riassunta la questione intorno al modo con cui si effettua il movimento delle Amibe. Essi dicono infatti: “ è importante di rendersi conto per qual processo si muovono. gli 1 Loco. cit, 446 L. MAGGI, animali amibidi, non essendo questo uno studio facile, e non essendo, la maggior parte degli autori, benchè colpiti dalla stra-, nezza dei movimenti di questi rizopodi, entrati nello studio del loro meccanismo. In generale si sono accontentati di dire che le Amibe progrediscono emettendo delle espansioni sarcodiche; ed a questo «modo di progressione si è pure convenevolmente dato il nome di strisciamento (reptation), ma non si è andato al di là. Epperò vi hanno due maniere distinte di comprendere il mo- vimento di questi animali. Da una parte si potrebbe dare che le Amibe girassero sopra loro stesse, senza che vi abbia presso loro nessuna opposizione d’una superficie ventrale o rampante, e d’una superficie dorsale. Tutte le parti del corpo arriverebbero in questo caso successivamente in contatto col suolo. D’altra parte è ammissibile, che vi sia presso questi animali un’ opposizione costante tra una faccia ventrale o rampante o strisciante, ed una faccia dorsale tutt’affatto inetta a produrre la locomozione. L’esame di certe specie d’Amibe sembra parlare tutt’affatto in favore della prima ipotesi. Allorchè si considera attentamente l’Amaba limax Auerh. (A. guttula Perty), o l Ameba quadrili- neata Carter, si crede positivamente di vedere l’ animale girare sopra se stesso. Così si comprende come Perty caratterizzasse la progressione delle Amibe per una specie di strisciamento o piut- tosto di lento rotamento (eine Art sehr langsames Kriechen, oder besser Fortwàlzen). Tuttavia è già a priori, precisamente presso queste specie, molto difficile di comprendere come un rotolamento del corpo so- pra sè stesso possa aver luogo. Queste due specie hanno una forma pressapoco simile. Esse sono allargate all’avanti, e sì ter- minano in punta all’indietro. È la parte larga che progredisce in un modo attivo, e sembra rotolare sempre sopra sè stessa; la parte posteriore pare essere trascinata in un modo puramente passivo. Di più l’Ameba quadrilineata presenta sulla sua super- ficie superiore delle coste elevate longitudinali, che furono figu- rate da Carter! e da Focke. ® Queste coste vanno perdendosi in- 1 Loc. cit. 2 Loc. cit. STUDI ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. 447 sensibilmente nella parte anteriore, ove il loro livello viene a confondersi con quello della superficie generale. La superficie superiore dell’ animale rassomiglia perfettamente ad una mano umana, di cui i diti sono allontanati gli uni dagli altri, e vanno attenuandosi all’estremità. Se l’Amiba rotolasse realmente sopra sè stessa, bisogna ammettere che le coste elevate spariscano con- tinuamente al bordo anteriore, e si formino di nuovo egualmente senza posa nella parte posteriore. Nessun punto dato della super- ficie del corpo non fa allora parte in modo costante d’una costa o d’un intervallo intercostale; ma l’immagine che presenta la fac- cia superiore dell’animale, resta non meno perpetuamente la stessa Su questa ipotesi la costanza di forma della superficie superiore dell’Amiba, potrebbe essere paragonata alla costanza della curva d’una cascata. Infattila cascata presenta sempre lo stesso aspetto, benchè gli elementi che la compongono spariscano costantemente per far posto ad altri. Il testimonio dei sensi sembra parlare tut- t'affatto in favore di questo modo di vedere, e benchè un simil fenomeno sembri strano, non presenta nulla d’ impossibile in sè stesso. Tuttavia vi è un’altra circostanza che ci difende d’accor- dare qui piena ed intera confidenza al testimonio dei sensi. È la persistenza della vescicola contrattile allo stesso posto. Questa vescicola è situata un po’ all’avanti dell’estremità posteriore. Du- rante la progressione dell’Amiba, essa subisce dei leggeri sposta- menti all’avanti, all'indietro, a dritta od a sinistra: ma questi spostamenti non sono mai considerevoli, e si può dire arditamente che la posizione della vescicola contrattile resta costantemente all'indietro. Ora non è possibile di concepire che il corpo del- l’Amiba rotoli sopra sè stesso, e che nemmeno la vescicola con- trattile, situata nello spessore del parenchima, non prenda parte a questa rotazione. Non si potrebbe spiegare il fenomeno, se non ammettendo che la vescicola contrattile non sia che lo spaccato del piano focale d’un vaso circolare longitudinale che farebbe tutto il giro dell’ animale. Noi ci siamo assicurati che non vi è nulla di ciò, e che non esiste nessun vaso simile. Teoricamente non è dunque possibile d’ammettere che l’ Amada 448 L. MAGGI, quadrilineata rotoli sopra se stessa; e si viene a domandare se questo rotolamento apparente non fosse una pura illusione ottica. È ben questa la nostra opinione. I granuli contenuti nella cavità del corpo sono sottomessi ad un movimento reale, e noi traspor- tiamo involontariamente questo movimento a tutta la massa del corpo. Si può assicurarsi che è così, fissando non un granulo della cavità digestiva, ma un granulo del parenchima. Egli è vero che non è sempre facile di riuscirvi, perchè spessissime volte il pa- renchima, veduto anche a forti ingrandimenti, si mostra d’ una omogeneità desolante. E tuttavia si trovano qua e là degli indi- vidui più proprj degli altri a questo genere di osservazione, e si può assicurarsi presso loro che la faccia dorsale è permanente e che l’animale non si rotola punto sopra sè stesso. Anche Lieber- kiihn è arrivato alle medesime conclusioni, e si è convinto che l’Amaba quadrilineata striscia sulla sua faccia ventrale. L’Amaba limax Auerb. (A. guttula Perty) può servire di sog- getto a siffatte ricerche. In fatti la sua vescicola contrattile oc- cupa un posto costante non lungi dall’ estremità posteriore, e presso essa anche il rotolamento del corpo, non è che apparente. Altre specie offrono delle particolarità anatomiche che permet- tono egualmente di assicurarsi che le Amibide non rotolano so- pra sè stesse. Tale è p. es. un’ Ameba, la di cui estremità po- steriore è arriciata di piccole spine, e che è stata figurata da Lieberkiihn (è Ja mia Amiba innominata o Ameba Lieberkihma). Tale è ancora una grossa specie vicina a quest’ ultima, ma che in luogo delle piccole spine, porta un’agglomerazione d’appendici rigonfiate a clava. Egli è dunque accertato per noi che lo Amibide, si muovono mediante una propria superficie di strisciamento, che è sempre la medesima, e la quale anche è la sola incaricata di emet- tere e di ritirare le espansioni destinate a produrre il movi- mento. È un fatto che era già fuori di dubbio per le Arcelle e le Difflugie, ma che è vero altresì per le Amibe propriamente dette. , A queste osservazioni e considerazioni, io voglio aggiungere le mie. L’Amaba Lieberkùhnia non rotola sopra sè stessa, perchè STUDI ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. 449 le spine della sua parte caudale rimangono sempre visibili ed in una posizione costante, qualunque sia il movimento ch’essa faccia col suo corpo; ciò che non accadrebbe se essa rotolasse. È adun- que per una superficie di strisciamento che anche l’Am@ba Lie- berkùhnia si muove. Tuttavia è duopo osservare che, in questa Amiba, tale superficie non è, come in ‘altre specie, opposta ad una detta dorsale; ma sibbene a quella che porta le spine, che, come ho detto più sopra, talora si presenta dall’indietro all’avanti, talora dall’alto al basso. E quindi, la superficie di strisciamento viene ad essere nel primo caso, anteriore; nel secondo, inferiore, Io anzi sono convinto per le osservazioni da me fatte, che la po- sizione naturale del suo corpo, sia quella dal basso all’alto, pre- sentando la parte delle spine in alto, e la superficie di striscia- mento in basso; mentre l’ altra posizione, che si direbbe oriz- zontale, colla parte delle spine. posteriormente, e quella della superficie di strisciamento anteriormente, non è che accidentale. Ciò che non può essere assolutamente ammesso, si è la sua su- perficie dorsale, poichè anche quando l’animale è orizzontale, la sua vescicola contrattile si mostra, in un movimento, a destra; in un altro, a sinistra, e sempre il pseudopodo è all’avanti.. Il modo di comportarsi dei pseudopodi dell’Amaeba Lieberkùh- nia, come si può anche supporre di quelli delle altre Amibe, «fanno pensare ad una sensibilità, specialmente quando essi si di- spongono a lobi dintorno a qualche corpo. È un fatto, che se il corpo toccato è p. es. un loro alimento, lo involgono; in caso con- trario lo lasciano in libertà. Nei fenomeni di nutrizione, oltre la presa del cibo, ho potuto vedere che, delle sostanze introdotte, essa prende la parte pro- toplasmatica, lasciando il resto come in uno stato di avvizzi- mento, che poi viene espulso. Le sue materie alimentari, non sono solamente delle particelle vegetali, ma anche degli altri organismi, come Diatomee, tra le quali, delle Navicule. Sul modo con cui le Amibe prendono il cibo, Leidy 4 riferisce la se- 1 Leipy: On the mode in which Ameba swallows its Food. (Proced. of the Acad- of. Nat. Sci. of Philadelphia, 1874. Parte II, vag. 143). 450 L.. MAGGI, guente osservazione: “ Un’Amiba (Ameba princeps) aveva preso con due pseudopodi un’ Urocentrum; i pseudopodi alle loro estre- mità si erano fusi; un momento dopo, una membrana sottile e delicata procedeva dal corpo dell’ Amiba, al di sopra ed al di sotto, e gradatamente si estendeva, esternamente, in modo da convertire il circolo dei pseudopodi in un completo sacco, rac- chiudente l’Urocentrum,. Ma questa membrana, io non 1’ ho scorta nell’ Amada Lieberkiihnia, durante il primo atto della nu- trizione. In seguito alla presa dell’alimento, compajono i vacuoli del chimo ed i globuli del chilo. I primi, non vogliono essere confusi colla vera vescicola contrattile, e già qui sopra ne diedi i caratteri differenziali. I globuli del chilo, sono estremamente tenui ed irre- golari, e solo per la loro densità si distinguono dal protoplasma granuloso che costituisce il parenchima del corpo. Sono quei glo- buli, che già Dujardin, in altre Amibe, era portato a ritenerli. come un prodotto di secrezione, e che secondo lui sembrano scorrere colla massa glutinosa nelle espansioni che invia ? ani- male. Essi sono di fatto ‘in movimento, ma ‘non penetrano nei pseudopodi. Vi sì formano inoltre, i granuli di riduzione, i oali sono ovoidi omogenei, consistenti e molto rifrangenti la luce; essi scorrono e refluiscono da un lato all’ altro a misura che si formano. le espansioni sarcodiche, ossia i pseudopodi, finchè ad uno ad uno vengono ad essere espulsi, accennandosi con ciò ad una defeca- zione. La funzione della dea contrattile, è dapprima quella della circolazione. Le sue contrazioni si succedono piuttosto a lunghi intervalli, per modo che dopo la sistole, sparendo completamente, sembra mancante; mentre in seguito alla diastole, si potrebbe ri- manere incerti sulla sua natura. Dopo la contrazione la vesci- cola incomincia a “manifestarsi con un piccolo diametro, poscia si ingrandisce regolarmente, mostrandosi in ultimo con una forma nettamente sferica. La sistole pure non è repentina, ma più pre- sta della diastole, e gradatamente si vede l’impicciolimento della vescicola fino alla sua scomparsa. viva A Ù Î n 44 ne DANTE Io RETI sio MST i n 1 4 dall (DI \ * 7. SI F dl Massi. Amibe” RTRT Im TIR Ca TOI Maggi Pro? L dis. Meri, Segn Ea su Cuando Lit Ronchi. STUDI ANATOMO-FISIOLOGICI INTORNO ALLE AMIBE ECC. 451 Senza negare all’ Ameba Lieberkùhnia la così detta respira- zione cutanea, si può ritenere anche per essa, che la sua vesci- cola contrattile possa fungere una prima respirazione localizzata. Per il fatto poi che la vescicola contrattile si apre talora al- l'esterno, emettendo del liquido contenuto, inserviente all’ econo- mia dell'animale, per cui la si disse. anche organo di drenaggio, è permesso d’ammettere che essa rappresenta anche un primo passo alla funzione dell’escrezione. Riguardo alla funzione della riproduzione e quindi del nucleo dell’ Ameba Lieberkùhnia, mi abbisognano ancora delle : osser- vazioni. è) SPIEGAZIONE DELLE FIGURE. Fig. 1-3, Amaba verrucosa Er. (Ingrand. 700). » 4, Amoba disegnata da Lieberkihn nella Tavola XI, fig. 10, della sua Me- moria: Evolution des Gregarines (Loc. cit. 1855). >» 5, Amaba gracilis Greeff. > 6-10, Amzba Lieborkiihnia, n, sp. SPIEGAZIONE DELLE LETTERE. a, apertura di ingestione e di egestione. 9, cavità gastrica. vac, vacuoli del chimo. vo, vescicola contrattile. n, nucleo. ect, ectoplasma o exoplasma. mes, mesoplasma, end, endoplasma. SP, spine. P, pseudopodi. d, disco succhiante terminale. ; 4 DEGLI ORGANI RIPRODUTTORI D'UNA VACCA-TORO 0 FREE-MARTIN DEGLI INGLESI DESCRIZIONE E CONSIDERAZIONI del Dottore CorRRADO PARONA ASSISTENTE D'ANATOMIA COMPARATA, ____———____— Il vivissimo desiderio di vieppiù far conoscere il vasto sapere e la grandissima attività di quel valente naturalista che fu il professore Giuseppe Balsamo-Crivelli, suggerì al prof. Leopoldo Maggi, di lui successore nella direzione del Museo e nell’ Inse- gnamento della Anatomia Comparata, già suo assistente e degno compagno di lavoro, di dare a me l’incarico dell’illustrazione di alcuni preparati, che nel detto Museo, già da tempo, aveva de- posto il suaccennato defunto Direttore e compianto scienziato. E sembrando in tale rassegna che uno di questi preparati me- ritasse speciale attenzione, per la rarità dell’alterazione ed anche perchè nel catalogo apposito è corredato da alcuni appunti sto- rici, scritti per mano dello stesso profess. Balsamo, il sullodato prof. Maggi, mi invitò a fare, colla scorta di quelle notizie, più dettagliate ricerche e qualora lo credessi del caso, a prenderlo ad argomento di particolare studio ed illustrazione. Tale incarico l’accettai con lieto animo per poter altresì in qualche modo esternare la mia gratitudine ed affetto all’ illustre naturalista perduto, che con affettuosissime cure mi iniziò negli studj delle scienze naturali e per corrispondere ad un altro giu- sto desiderio del prof. L. Maggi, che, quale Direttore del Laho- ratorio d° Anatomia Comparata, vuol vedere il lavoro ed il pro- fitto di coloro che lo frequentano, non discostandosi per tal modo dai dettami e dallo scopo del nostro grande maestro, DEGLI ORGANI RIPRODUTTORI D'UNA VACCA-TORO ECC. 453 Alcuni anni or sono vennero portati al prof. Balsamo-Crivelli gli organi riproduttori d’un vitello, da un cuoco, il quale, sor- preso di trovarvi alcun che di anormale li volle conservare per offrirli all’osservazione di qualche studioso. Il Balsamo esaminando tali organi, sùbito s’ accorse trattarsi d’ un caso d’ermafroditismo incompleto e, fatte alcune annota- zioni, donò tal pezzo, come aveva fatto di altri al Museo di cui era direttore. Da tali annotazioni ricavo: Già lo Scarpa nelle Memorie della Società Italiana di Mate- matica e Fisica! aveva pubblicata una Memoria intitolata “ Os- servazioni anatomiche sopra un vitello-vacca detto dagli Inglesi Free-Martin , nella quale descrive un caso non molto discordante da quello in discorso, che però presentava alcune particolarità degne di nota, come si vedrà fra breve. Lo Scarpa prima di descrivere l'individuo che gli fu presen- tato, riferisce i due casi riportati da Hunter nella sua Memoria Account of the Free Martin ® e dimostra le analogie e le di- scordanze fra il suo preparato e quelli del Hunter; nei quali ul- timi si vedeva la vagina all’esterno, ma gli organi interni erano un composto di ambedue i sessi più o meno completi, mentre nel suo le parti maschili interne erano complete e solo si osser- vavano le parti esterne riferibili ad organi femminili. Scarpa ebbe altresì la fortuna di poter esaminare l’ animale intero e quindi di indicare le relazioni delle parti, ciò che non fu possibile, nel caso nostro. Inoltre 1’ anatomico Ticinese, in- nanzi d’ esporre i fatti osservati dall’ Hunter, premette una no- tizia che dir si può completamente tolta dal lavoro dell’Hunter stesso; notizia che lo spinse a verificare l'osservazione dell’ anato- mico inglese; che se è, come pare, ben conosciuta dagli alle- vatori inglesi, ben poco la è dai nostri e ben meriterebbe d’essere verificata anche in oggi. 1 Tomo I, Parte 2, pag. 846. ? Philosophical Transact. An. 1779. T. 69. P. 1 pag. 285; ed anche: Observation on certains part of the animal cconomy. London 1792. 454 | C. PARONA, L'autore inglese nel suo scritto, e lo ripete lo Scarpa, riferisce essere un fatto noto alla generalità degli agricoltori che ogni qual volta una vacca depone due gemelli e che uno di questi sia decisamente maschio, l’altro sembri femmina, questo secondo in- vece non è precisamente nè l’uno nè l’altro, ma si trova fornito degli organi di ambedue i sessi più o meno perfetti. Il primo divien toro nella via ordinaria, il secondo arrivato alla matu- rità, non mostra la più piccola inclinazione pel toro; nè il toro per lui. Non così succede se i gemelli sono ambedue o femmine o maschi. Infine un disegno accurato che trovasi unito alla Memoria dello Scarpa, fa conoscere le particolarità di tali organi sessuali; ed assomiglia di molto a quello che-si unisce alla presente nota. Venendo ora all-esame del pezzo esistente nel nostro Gabinetto sotto il N.° 103 del Catalogo speciale delle Mostruosità, dalle mie osservazioni risulta che all’esterno vedesi la vulva (Vedi la tav. X, A) fornita d’un ciuffo di peli abbondanti, come in quello studiato da Scarpa. Nella parte superiore della vulva appare un corpicciuolo (B), tondeggiante, un poco ricurvo in alto, quasi ravvolto su sè stesso e sporgente dalla commessura superiore circa 1 4/» centim. Al di sopra scorgesi l’apertura dell’uretra (C), per la quale fatto entrare uno specillo, percorse liberamente un buon tratto. L'apertura uretrale dista dall’anale otto centimetri e nul- l’altro si rimarca di notevole all’esterno. Internamente evvi un corpo (E) piuttosto grosso che è real- ‘ mente la prostata attraversata dall’uretra. Essa misura una lar- ghezza di 4 centim., è lungo 6 */s cent. ed ha una forma che si avvicina alla conica colla base in basso. Spaccata la prostata lungo la parte mediana vi si nota un canale in perfetta comu- nicazione colla vescica orinaria in alto e l’ apertura uretrale in basso e nella porzioue centrale e superiore di esso canale scor- gesi un rialzo presentante quattro aperture elittiche di cui le due superiori molto più allungate. Esse non sono altro che gli sbocchi dei canali delle ghiandole seminali e dei condotti defe- renti. DEGLI ORGANI RIPRODUTTORI D'UNA VACCA-TORO ECC. 455 Sul lato destro della prostata sorge un altro corpicciuolo (D) carnoso, tondeggiante della grossezza d’un nocciuolo; della quale appendice il Balsamo dice, nella sua nota, che non gli era pos- sibile per allora conoscerne la significazione. Spaccatolo nella parte posteriore mi risultò cavo per un canale nel quale uno spe- cillo si dirigeva obliquamente verso il canale dell’uretra. In rap- porto certamente diretto con questo corpicciuolo (D) quantun- que nascosto da cellulare, di: cui difficilmente si può liberarlo, trovasi un altro corpo, di forma flessuosa, cilindrico, che de- scrive ben cinque curve, per finire in corrispondenza dell’uretra al di sopra d’un altro corpo, di cui vedremo fra breve. Tale or- gano è tenuto in posto da due legamenti speciali, uno per lato. Fattovi un taglio longitudinale si trovò pervio da un canale, il quale seguendo le curve riescì all'apertura esterna dell’uretra. Il corpo discendendo dal corpicciuolo (D) si porta prima in basso, poi volge a destra e con due curve a sinistra e tre a destra va a riferire, come già si disse, allo sbocco uretrale. L’altro corpo, di cui si è già fatto cenno, si presenta come una piccola borsa schiacciata fra il tessuto cellulare e le curve del corpo flessuoso sopradescritto. Esso trovasi in piena comuni- cazione col canal vaginale e nell’interno si appalesa una super- ficie rugosa, colla cavità interna foggiata a due fondi, sì, da ri- chiamare l’utero bicorne dei ruminanti. Di questi ultimi due corpicciuoli però ne riparleremo più in- nanzi, stante la loro importanza, per non interrompere ora la rimanente descrizione del pezzo. All’ estremità superiore della prostata trovansi le vescichette seminali (F,F) le quali per nulla differiscono da quelle disegnate dallo Scarpa. Esse sono lobulate, una alquanto ricurva, l’ altra diritta, e.misurano un poco più di 7 centim. di lunghezza. Fra l'attacco delle vescichette seminali trovasi pure la inserzione dei due canali deferenti (G), i quali sono molto lunghi e pervii in tutto il loro decorso per modo che una setola od un specillo vi scorrono facilmente, sboccando nell’uretra per le due fessure su- periori già notate. 456 C. PARONA, All’estremo di questi condotti trovansi i due testicoli (H) di forma ovoidale, compressi alquanto da ambedue i lati; le due superficie sono liscie ed arrotondate, visi scorge altresì il rilievo dell’ epididimo contro il bordo superiore, e tali quindi da ritenerli come due testicoli affatto normali. Le loro dimensioni sono le seguenti: spessore 2 '/s cent.; altezza 3 4/» cent.; diametro tra- sversale 5 cent. Alla parte posteriore delle vescichette seminali e della inser- zione dei condotti deferenti, dalla prostata si continua la vescica urinaria (K) con un collo abbastanza allungato e che del resto nulla, presenta d’anormale ed interessante. Dalla surriferita descrizione chiaramente si rileva che il pre- parato, deposto dal professore Balsamo-Crivelli nel Museo d’Ana- tomia comparata, è realmente riferibile al Freemartin degli In- glesi, o Vacca Monna, Toro-Vacca, Toriera degli Italiani, o Taura dei Latini. Confrontando questo preparato e quello dello Scarpa, con quelli dell’Hunter, si vede che tanto nei primi che nei secondi vi ha un misto di organi maschili e femminili, colla differenza che negli animali presi in esame dall’anatomico inglese gli or- gani genitali interni erano un composto di ambedue i sessi, più o meno perfezionati, negli altri e nel nostro, gli interni sono al tutto maschili e solo femminili gli esterni; se non del tutto al- meno in parte, per la presenza d’ una vagina e del corpo ca- vernoso paragonabile alla clitoride. Dopo la conoscenza del preparato ci è ora facile il poter classificare tale alterazione nelle forme molteplici di Ermafrodi- tismi e trovare il posto nella classificazione degli Ermafroditismi dataci da Is. Geoffroy Saint-Hilaire nel suo Trattato delle Ano- malie '* che qui credo opportuno trascrivere a maggior chiarezza. CLasse 1.° Ermafroditismo senza eccesso nel numero delle parti. Ord. 1.° Apparecchio sessuale essenzialmente maschile. Ermafroditismo maschile. » 4.° Apparecchio sessuale essenzialmente femminile. Ermafroditismo femminile. ' Hist. génér. et particul. des anomalies chez l'homme et les animaua. Paris, 1836. Vol. 2. p. 36. i DEGLI ORGANI RIPRODUTTORI D'UNA VACCA-TORO ECC. 457 » 3.° Apparecchio sessuale che presenta delle condizioni intermedie tra quelle del maschio e quelle della femmina, non essendo realmente di alcun sesso. Ermafroditismo neutro. n 4° Apparecchio sessuale in parte maschile ed in parte femminile. Ermafroditismo misto. Varietà a. Organi maschili e femminili sovrap- è posti. Ermafrod. misto sovrapposto. b. Organi da un lato d’un sesso, dal- l’altro gli uni maschili, gli altri femminili. Ermafrod. misto semilaterale. c. Organi a destra d’un sesso a sini- stra dell’altro. Ermafroditismo laterale. d. Organi profondi del lato destro ed i mediani del lato sinistro di un sesso, gli altri dell'altro sesso. Ermafroditismo incrociato. CLasse 2.° Ermafroditismo con eccesso nel numero delle parti. Ord. 1.° Apparecchio sessuale maschile con alcune parti femminili sopranumerarie. . Ermafr. maschile complesso. n 4.° Apparecchio sessuale femminile con alcune parti maschili sopranumerarie. Ermafrod. femm. complesso. » 3.° Unapparecchio sessuale maschile ed uno femminile. Ermafroditismo bisessuale. Varietà a. Uno degli apparecchi o tutti e due incompleti. Ermafr. bisess. incompleto. b. I due apparecchi completi. Ermafroditismo completo. | imo che non si è mai realizzato). 458 C. PARONA, Il preparato del nostro Museo spetta adunque, secondo la sue- sposta classificazione, alla Classe 2°; cioè a quella con eccesso di parti e più precisamente alla prima varietà del 3° ordine Erma- froditismo bisessuale incompleto. I fatti del resto d’Ermafroditismo, massime nei Ruminanti, non sono stati rari ed erano ben conosciuti anche dagli antichi. Ed infatti è certo che ne avessero cognizione, avendo essi denomi- nati, come già si disse, col nome di Taura, quei bovini che pre- sentavano dubbi sul loro sesso e di tali esempi troviamo darne Columella,® Varrone, ® Aristotile *® ed altri. Inoltre i casi d’Ermafroditismo bisessuale sono abbastanza fre- quenti, ma però ognuno presenta qualche cosa di loro proprio, predominandovi ora alcune parti, ora altre. Anche Mascagni 4 descrisse un caso di toro o vacca ermafrodita, nel quale a diffe- renza dei casi di Hunter, era il sesso mascolino che vi predomi- nava per modo che, come egli narra, si potè impiegare l’ ani- male come toro. Tali animali hanno altresì caratteri loro speciali da poterli distinguere anche esternamente. E ad esempio eccone quali sono i segni principali — Testa grossolana, occhio piccolo, corna più robuste,5 vulva ristretta con un ciuffo di peli sporgenti da essa; ghiandole mammarie rudimentali, capezzoli allontanati e piccoli e distinguonsi infine perchè orinando, lanciano il liquido oriz- zontalmente. i De RE rustica Lib. VI. Cap. XXIL 2? DE RE rustica Lib. II. Cap. V. ® De Generat. Animal. Lib. IV. Cap. 4. 4 Istoria d’un ermafrodito nella specie bovina. — Atti dell’Accad. delle scienze di Siena, t. 8. p. 201, anno 1800. 5 Che vi sia uno stretto rapporto fra lo sviluppo dello corna e gli organi genitali è una cognizione abbastanza volgare e tutti i trattatisti ne parlano. « Les cornes des vaches stériles, connues sous le nom d’hermaphrodites, sont longues, écartées; les cer- cles s’y trouvent faiblement dessinés. Cette monstruosité dependant d’ un développe- ment incomplet des organes sexuels, sont une preuve de plus des rapports antagoni- stes existant entre le cornes et les parties génitales. Chez les hermaphrodites, où le systeme générateur est inactif, la corne pousse régulierement comme chez le boeuf, elle n’éprouve pas des arrets périodiques. >» (Nouv. Diction. prat. de médec. chirurg. _ et hyg. Vétérinaires par Bouley et Reynal). Paris 1858. T. 4. p. 402. SO pren - TRE DEGLI ORGANI RIPRODUTTORI D’ UNA VACCA-TORO ECC. 459 Ma ritornando al caso nostro, degni di speciale rimarco sono certamente i due corpi accennati, cioè quello in corrispondenza all’altro piccolo corpo D e la borsa posta al di sotto di questo, perchè essi sono i rappresentanti, a mio modo di vedere, di due organi importantissimi. Infatti il corpo flessuoso, se ben si bada al suo posto, alla sua forma, alla sua struttura, al tro- varsi il canale interno sboccare al meato urinario esterno,-di leg- gieri si accorge rappresentarci un vero pene, il quale non potò, per condizioni speciali di sviluppo svolgersi in modo normale, cioè farsi in parte all’esterno e rivestirsi del proprio fodero, come avviene nel caso normale. La verga infatti nei bovini è lunga, sottile; essa descrive delle curve sovrapposte e su una di queste vanno a terminare i legamenti sospensori. ‘ Al contrario il secondo corpo, cioè quella borsa schiacciata fra le curvature del pene e la parete cutanea, mi sembra un vesti- gio di utero, se si considera la sua posizione, la sua comunica- zione ampia e diretta colla vagina e dalla sua conformazione che nella porzione superiore ci richiama, come accennai, l’ utero bi- corne dei ruminanti. Questi fatti rendono, come ben si vede, molto più importante il presente caso, di quelli riportati dagli autori citati e presenta direi quasi un grado maggiore di perfezione nell’ermafroditismo, essendovi i rappresentanti di pressochè tutti gli organi riprodut- tori, sia maschili che femminili. Ma se ben si considera il complesso di questi organi e se si confrontano coi relativi organi normali, si scorge che questo caso si allontana da quelli che riferisconsi ai fatti di ermafrodi- tismo. Riflettendo difatti si vede che essi appartenevano ad un individuo veramente maschio, al quale, come dissi, per circo- stanze speciali di sviluppo non si poterono svolgere in modo normale le parti genitali esterne, che al contrario assunsero una apparenza di organi femminili. E per vero la clitoride nei Bovini trovasi costantemente nella parte inferiore. ed il meato ! CHAUVEAU A., Traité d’Anat. Compar. d. animaux domest. — Paris 1857, pa- gina 789. 460 — ©. PARONA, urinario sbocca al punto di mezzo della vagina, mentre ciò non avviene nel nostro caso, ove all'incontro la pretesa clitoride sarebbe posta nella commisura superiore, ove pure vi è lo sbocco esterno dell’uretra. La vulva poi non sarebbe che il fodero del pene, il quale fodero al pari dell’estremità del pene non si svolse regolarmente, avvolgendo il pene quando doveva farsi all’esterno. Sviluppandosi quindi questa vulva si sviluppò eziandio un ru- dimento di utero. Perciò questo caso, a mio modo di vedere, non sarebbe da ri- tenersi nè come un caso d’ ermafroditismo perfetto, perchè man- cano le ovaje, nè un ermafroditismo incompleto, perchè, quan- tunque fosse un individuo per verità maschio, pur tuttavia, giunto ad età adulta si sarebbe sicuramente comportato in modo affatto diverso degli altri maschi. Certo che i testicoli avrebbero potuto elaborare lo sperma, questo discendere nelle vescichette e da qui farsi anche all’esterno, ma è fuori di dubbio che con tali organi non avrebbe potuto fecondare alcuna femmina. Infatti anche pen- sando al caso non ammissibile che i due individui si ponessero colle due vulve per modo da farle fra loro combacciare, lo sperma non avrebbe potuto passare negli organi femminili per la posi- zione inclinata in basso e per la mancanza del getto necessario per portarlo nelle parti alte ed interne. Non è del resto improbabile che lo Scarpa stesso, partigiano, come gli altri autori, dell’ermafroditismo, anche negli animali su- periori, avesse avuto per mano un caso identico, ma che occu- pato e convinto trattarsi d’un semplice caso di ermafroditismo, abbia tenuto poco conto di «fare ulteriori ricerche, e quindi gli sfuggissero queste considerazioni che ritengo fondate sul vero ed importantissime. Nè quì voglio dar fine a questa relazione senza ancora far voti affinchè si assecondi il desiderio accennato dal prof. Bal- samo-Crivelli, che cioè gli allevatori del bestiame, massime bo- vino, prendino cura di esaminare se realmente nei parti gemelli succede quanto asserì l’Hunter; cioè che uno degli individui sia sempre sterile; nè senza raccomandare un’altra osservazione; UV, nr “n i é pur Tao Ù ini: Pi He lu dn i co N cuagri #17) MRI i ì RARE MT I a Hli rare ; é Ùi gun din » CR Ade e » i x L) è x ? à FRAN, i » x Î ba è LI LÌ sl Î s Mr pan tesa de LE i pi RA (PAPI SN Dt 4) (RI , IU dae RS sagl oa. LOR Rip Ago Meina % 4 Pala k ùi x x x _ [2 È ‘ a . î » 4 2 ì w 4 x N » ; Cel 3 3 e - si ‘ F LI x . si a f : i Y “" o f P - ì 040 Pa { "e 4 LO. e Rica ‘ 0] baby = ) dad) Ù È È » à 3 DI sha = fi t è ) i > I NPA » 1. tato | ti Soc .It.Sc.nat. Vol.X { A s.incompl. S Parona. Ermafr. bise Lit. Ronchi. Parona dis. DEGLI ORGANI RIPRODUTTORI D'UNA VACCA-TORO ECC. 461 cioè se, come accenna il Cavagna ! molte vacche che entrano in calore senza mai concepire, dipenda in esse veramente da un grado d’ermafroditismo più o meno avvanzato. Dal Laboratorio di Anatomia comparata della R. Università*di Pavia, Giugno 1876. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA . Vulva. . Corpo cavertioso comparabile alla clitoride. . Sbocco dell’uretra. . Corpo interno (pene). . Prostata. . Vescichette seminali. . Condotti deferenti. . Testicoli. . Vescica orinaria. tino szsibotdp * 1 CAVAGNA G. — Zootecnia, Organizzazioni ed attitudini degli animali domestici. Milano 1871, a pag. 164. Ben giustamente dice: Molte vacche entrano in calore senza mai concepire. Se queste vacche, condotte al macello, venissero sezionate dal- l’uomo dell’arte, sarebbe possibile stabilire i rapporti fra tale uno stato e l’organica disposizione dell'apparato genitale. Potrebbe darsi un primo grado d’ ermafroditismo e lo scienziato e zootecnico hanno pari interesse a constatarlo, ALCUNE PARTICOLARITÀ DI DUE INDIVIDUI DELL’ ANAS BOSCHAS. Nota del Dottor PARONA CorrADO. La ragione che m’induce a pubblicare questo breve cenno è la stessa per la quale già feci pubblico un altro mio lavoro; * cioè quello di accondiscendere ad un lodevole intendimento del . prof. Leopoldo Maggi, Direttore del Museo e Laboratorio di Anatomia Comparata, di far conoscere sempre più il sapere e l’attività del compianto scienziato professore Giuseppe Balsamo- Crivelli. Come pel preparato del lavoro accennato, anche di que- sto trovansi scritte dal defunto professore alcuni dati storici il- lustrativi, dei quali mi valgo, avendoli gentilmente messi a mia disposizione il sullodato sig. Direttore. I Questo scritto era destinato a comparire nel Volume “ Stud} fatti nel Laboratorio di Storia Naturale della R. Università di Pavia, diretto dal prof. L. Maggi, 1874-75, ; ma circostanze spe- ciali lo impedirono, e però lo pubblico invece negli Atti della nostra Società. In generale si ritiene che negli uccelli, quando la femmina si presenta coll’abito maschile, ciò non si fa se non in età avanzata. Ora si ebbe occasione già fin nell’aprile 1864 di esaminare un individuo ancora giovane e femmina di Anas boschas che pre- sentava il caso di abito in parte maschile. Quest’individuo wenne portato e dato in dono al fu Cav. Giuseppe Brambilla, dotto Ornitologo Pavese, e l'esemplare ora trovasi presso il Museo Ci- 1 Degli organi riproduttori d’ una Vacca-Toro ecc. — Atti d. Soc. italiana di Sc, natur. Vol. XIX fas . 4.0 ALCUNE PARTICOLARITA’ DI DUE INDIVIDUI DELL’ANAS ECC. 463 vico di Pavia, al quale il detto signor Brambilla legò la sua bellissima raccolta di uccelli dell’agro pavese. Chi l’aveva portata assicurava essere un’ anitra selvatica ad- domesticata. Era nata nel luglio 1863, nei dintorni di Pavia e nell’aprile del susseguente anno, nove mesi dopo la nascita pre- sentava l’abito del maschio. Essa non dava alcun grido e se ne stava continuamente separata dalle altre. In seguito gli si svi- luppò una piuma che presentava del maschio e della femmina e sorse quindi il sospetto trattarsi d’ un individuo ermafrodito. Il citato sig. Brambilla, desideroso di ciò verificare, presentò il vo- latile al Gabinetto Zoologico, con preghiera che ne fosse fatta la sezione onde constatarne il sesso, o se vi fossero anomalie spe- ciali. La dissezione venne infatti eseguita dall’egregio sig. prof. Pietro Pavesi di questa Università, che in quel tempo frequen- tava quale studente il Gabinetto, ed eccone quali furono le par- ticolarità anatomiche osservate : Spaccato l’animale si riscontrò che 1° ovario, posto alla parte mediana superiore dei reni, sembrava atrofizzato, era di forma piramidale, schiacciato dall’avanti all’ indietro colla base in alto e l’apice all’ imbasso, offrente una scissura longitudinale laterale a destra. I diametri erano i seguenti: larghezza della base 14 mm. e quella dell’ apice di 3 mm. circa; la lunghezza totale del- l organo di 18 a 20 millim. Le uova che in numero scarso pre- sentavansi alla superficie erano piccolissime e di color giallo sbia- dito. Al N.° 990 del Catalogo nel Gabinetto evvi la prepara- zione dell’ovario, ovidotto, cloaca e porzione di retto intestino. Per l’ovario vi corrisponde quanto scrisse il prof. Pavesi; l’ovi- dotto mostrasi un poco atrofico, formante alcune curvature ed assottigliantesi dalla estremità inferiore alla superiore, ove ter- mina; come di norma, a frangia. Spaccato lateralmente presenta la parete interna pervia in tutta la sua lunghezza; la mucosa a rughe longitudinali, numerose e paralelle; il suo sbocco, posto alla parte mediana della cloaca è strettissimo per modo che non lascia passare neppure un piccolo specillo. La sua lunghezza to- tale è di circa 5 centim. ed il maggior diametro è di 1 centim, 464 C. PARONA, che è al suo terzo inferiore. La cloaca ed il retto nulla presen- tano di anormale. La laringe inferiore poi non presentavasi nè dilatata, nè for- mante alla parte sinistra quella protuberanza ossea, propria del maschio. ] Vediamo ora come offrivasi l’abito esterno di questa anitra per verità femmina. Tutta la piuma era d’un bruno scuro sopra un fondo grigiastro, presentando qua e là delle penne grigie bian- castre, striate assai finamente a zig-zag. Testa e collo superior- mente verdi con riflessi dorati, lateralmente bruno sopra un fondo grigiastro, misto di verde. Specchio delle ali poco lucente di color violetto tendente al nerastro, marginato al di sopra ed al di sotto da una fascia bianca. La piuma della base della coda d’una tinta verde carico con una penna di mezzo ricurva a se- micircolo. Il becco coi due terzi posteriori neri, ed il terzo an- teriore rosso aranciato, coll’unghia nera. I piedi aranciati. L’iride bruna. Alla base del becco, inferiormente la piuma offriva due piccole macchie laterali ed una mediana bianche. Per tutti i sopracitati caratteri questo individuo differisce dal- l’Anas boschas maschio: 1.° Per la mancanza del collare bianco alla base del collo. 2.° Per il piumaggio del petto che nel maschio è di color marrone carico. 3.° Per avere una sola penna delle quattro, che nel ma- schio mostransi arricciate. 4.° Pel colorito generale delle piume. Ma al contrario differisce dalla femmina: 1.° Per il verde a riflessi dorati che presenta alla parte su- periore e leggermente alla parte laterale della testa e del collo. 2.° Per la mancanza della fascia biancastra, macchiata di bruno che passa al di sopra degli occhi e della nerastra che li attraversa. 3.° Per la piuma della base della coda, che nelle femmine è eguale a quella del rimanente del corpo, mentre in quest’ in- dividuo è verde carico. gta ALCUNE PARTICOLARITA’ DI DUE INDIVIDUI DELL’ANAS Ecc. 465 4.° Per avere una delle penne della coda ricurva a semi- cerchio. Presso gli ornitologi non trovasi indicato che l’ Anas boschas giovane assomigli alla femmina, mentre invece lo è per altre specie di anitre, come per la Petrocyanea cincia, per le F'uli- gula fusca, Y. nigra, F. leucocephala, F. nerita F. clangula e qualche altra. Perciò mi sembrò, come parve anche al Balsamo, quest’individuo una forma molto singolare nella specie dell’ ani- tra domestica e quindi degna d’un rimarco speciale. L’altro individuo, di cui desidero far parola, fu portato in dono al Gabinetto di Storia Naturale, dal nobile sig. Giuseppe Ca- rena, che lo uccise nel febbrajo 1873 nelle paludi del Po presso Zinasco (Provincia Pavese) e che si deve ritenere quale una va- rietà molto interessante di Anas boschas. La lunghezza totale dell'animale è di 52 centimetri. Il becco + lungo 5 centim. e mezzo, ed alto alla base, nel resto rosso scuro coll’unghia nera. Al vertice della testa scorgesi una gran mac- chia formata da penne sottili nere nel mezzo e marginate di fulvo; da questa macchia si estende lungo la parte posteriore del collo sino alla sua base una striscia formata da piume eguali a quelle del capo. Alla base del becco una macchia bruna che con- tinua con quella della testa: ed ai lati della base del becco par- tono due bende fulve ristrette che si allargano al di sopra del- l’occhio sino all’ occipite. Le redini con piccole piume simili a quelle della testa, e al di sotto di esse, poco lungi dall’occhio, una piccola fascia di piume simili pure a quelle della testa. Il dorso porta delle penne lunghe, nere, e marginate di ful- ‘ vo e le più posteriori talvolta con macchie fulve nel mezzo. Le copritrici fuliginose col margine più chiaro. Lo specchio è costituito da penne fuliginose alla base, bianche nel mezzo e marginate di nero; seguono poi delle penne all’ esterno bleu e fuliginose terminate di bianco verso il lato interno, per cui lo specchio mostra dapprima una grande fascia nera indi bleu vio- lacea per finire in una bruna e nera. Penne delle sottoali con piccole remiganti bianche, dappoi delle biancastre con fascia tra- Vol. XIX. 3005 466 - C. PARONA, sversa più oscura. Grandi remiganti in numero di dieci di color ferruginoso collo stelo bianco. Penne superiori del groppone come quelle del dorso. Coda con sette penne bianche per lato, termi- nate egualmente in punta, come in tal modo terminano quelle di mezzo, ma che sono di color nero marginate di fulvo. Zampe di color aranciato vivo. Iride rosso-bruna. Da quanto si è esposto risulta che la predominanza del color fulvo fa sì che debbasi ritenere tale individuo come tendente all’albinismo; nè questo può essere posto in dubbio dal fatto del- l’iride bruna, perchè ciò non si può ritenere come un vero carat- tere dell’albinismo; avendosi infatti nello stesso Museo una Athene noctua certamente albina pel perfetto color bianco delle sue piu- me e che ha pure l’iride al tutto nera. * Lo stesso si può dire d’un bellissimo e raro esemplare d’ Anas doschas albina, esistente nel nostro Civico Museo, che anch’esso presenta gli occhi di tinte normali, e della quale già parlò il dottor Angelo Maestri in uno scritto sul giornale La Libertà, N. 15 e 16. Pavia 1876. Nella raccolta ornitologica del Museo Universitario trovasi un altro individuo d’ Anas bdoschas, più piccolo del precedente, che devesi ritenere una femmina e che molto assomiglia all’ ultima descritta. Essa ha infatti le piume del capo simili a quelle del- l'individuo sopradetto, ma non offre le redini. Le penne del collo e della parte inferiore della testa sono d’una tinta bianco sporca, le piume del petto sono lionate con macchie oscure. All’ addome divengono più bianche, con macchie maggiormente scolorite fino all’uropigio. Le piume del dorso sono affatto eguali a quelle della precedente, come pure eguali le remiganti e le penne dello spec- chio, caratteristiche della femmina dell’Anas boschas. Il becco è bruno tendente al giallastro, con unghia nera. Fra le diverse varietà dell'Anas boschas annoverate dai vari autori ne va citata una, la quale ha bensì la femmina colle piu- me tutte di una tinta isabellina, ma negli individui sopracitati 4 Alcuni uccelli albini del Museo Zoologico della R. Università di Pavia. - Nota di Berinzaghi E., e Lanza. E, — Studj fatti nel Laboratorio di St. Nat. d, R. Univ. di Pavia. 1874-75. ALCUNE PARTICOLARITA’ DI DUE INDIVIDUI DELL’ANAS ECC. 467 del nostro Museo hanno le penne del dorso simili a quelle della femmina, come pure eguale è lo specchio, ma per il colore del becco rosso bruno con l’ unghia nera, l’ iride, la sua statura identica a quella del maschio ed il color fulvo lionato del collo, petto ed addome, bastano a distinguerla dalla varietà già co- nosciuta. CARESTLEA NUOVO GENERE DI ANDREAACEE NOTA del conte V. TREVISAN DE SAINT-LÉ0N (Seduta del 30 luglio 1876). Il genere Andreda, fondato da Ehrhart (in Hannov. Magaz., pag. 1601) nel 1778, così denominato in memoria dell’ annove- rese G. G. Andreti,' comprende umili pianticelle, rarissime nelle pianure europee, a preferenza abitatrici delle zone fredde e delle più alte montagne sino oltre i limiti inferiori delle nevi perpetue in tutto l’orbe terrestre, sulle rupi e sui sassi di formazione si- licea, giammai calcarea.* Ascritte, in generale, ai Muschi, da questi però a prima giunta si ‘allontanano per la maniera tutta affatto speciale con cui la loro capsula, giunta a maturità, si schiude per dare uscità alle spore in*essa contenute. Infatti, nel massimo numero de’ Muschi (Briacee) la porzione superiore della capsula, pervenuta a maturità, sotto forma di un segmento con- vesso sferico o conico, appellato operculo, si stacca per vera disarticolazione, e cade; mentre in alcuni altri (Fascacee e Ar- chidiacee) la capsula a maturità si rompe irregolarmente, vale ' Men correttamente Necker (1790) scrisse Andraea, Hedwig (1801) Andréaca, Pa- lisot de Beauvois (1805) Andraeea, Saint-Hilaira (1805) Andrea, Desvaux (1825) An- draaea. 2 Secondo Bertoloni (Flor. ital. crypt. I, pag. 123. — 1858) in Italia non se ne avrebbero che due specie, Andretia alpina (W. et M.) e rupestris (Roth.) In fatto però ve ne crescono otto, cioè, oltre le due precedenti, Andrea alpestris, sparsifolia, grimsulana, falcata, crassinervia e Carestiaea mnivalis. Possediamo quindi tutte le specie europee, meno Andreîa Dillenii e le quattro esclusivamente scandinave: obda- vata, Thedenii, Hartmani, Blyttii. V. TREVISAN, NUOVO GENERE DI ANDREAACEE. 469 a dire, con altri termini, è priva di operculo. Nelle Andreda in- vece la capsula, verso la maturità, s'apre mediante l’allontana- mento di valve longitudinali, d’ordinario quattro di numero, di rado sei od otto eguali, coerenti tra di loro nella porzione in- feriore ed alla sommità della capsula. Nelle Andreda in generale la capsula si scinde in valvule dal- l'ima sua base alla sommità, laddove in Andreda Wilsoni J. Hook. (in Lond. Journ. of Botan., 1844, pag. 538), resta indivisa nella porzione inferiore, e solamente nella porzione superiore, oltre la metà della sua lunghezza, si scinde in valvule. Questa specie pertanto fu elevata dapprima dai ch. G. Dalt. Hooker e Wilson (loco citato, 1844, pag. 536) a tipo di un sotto-genere, poi da ‘Lindley (Veget. Kingd., pagine 163-1847) a tipo di un genere Acroschisma, che a piena ragione si deve tenere distinto, ed al quale indubbiamente appartiene pure Andreda subenervis J. D. Hooker et Wils. (in. Lond. Journ. of Botan., 1847, pag. 289, tab. 10), a torto riferita eziandio da C. Miiller (Syn. musc. frond., I, pag. 8) ad Andreda nel più ristretto senso. Fra le specie sinora ascritte alle vere Andreda havvi però un’altra che per fermo se ne allontana almeno con altrettanto buon dritto quanto Acroschisma, vale a dire Andretia mnivalis Hook. (in Transact. of Linn. Soc. X, pag. 395, tab. 31).-In tutte le Andreîa la capsula è, come ne’ Sfagni, dapprima immersa in un grande perichezio e affatto sessile con breve vaginula; più tardi il ricettacolo si allunga in guisa da formare una maniera di pedicello molle, biancastro, di cui è agevole riconoscere la natura a causa della presenza degli archegonj sterili che tra- scina seco. A mezzo di questo sostegno, che Schimper denominò pseudopodio, mentre da C. Miiller è considerato come un sem- plice pedicello ordinario, la capsula finisce per emergere dal pe- richezio. Or, mentre in tutte le vere Andreéa la porzione basi- lare della capsula, che resta sempre indivisa e pallida, è foggiata a guisa di collo, nella nivalis invece quel così detto collo manca * « Collum vocatur pars illa parenchymate impleta quae a limite inferiore spo- « rangii incipiens capsulam sensim, coni instar inversi, in pedicellum continuat. » (Schimp. Syn. muse, eur., edit. 2, I, pag. XXIV.) 470 V. TREVISAN, affatto, e le valvule, in cui si scinde la capsula, si separano sino all’ima base di questa. Di più, laddove in tutte le Andreda, egualmente che in Acroschisma, le foglie del perichezio sono, ora tutte, ora in parte, dissimili dalle foglie cauline, e più o meno attortigliate, in Andreîa mnivalis invece sono sempre affatto eguali e conformi alle cauline, e tutte spianate formano insieme un perichezio aperto. Aggiungasi, come giustamente ricordò l’il- lustre Schimper (Syn. musc. eur., edit. 2. II, pag. 823), la ca- littra minima e la reticolazione delle foglie più lassa. Andreda nwalis costituisce così, a mio credere, il tipo di un terzo genere, che appellerei Carestiaca, in memoria dell’abate Antonio Care- stia, strenuo ed acutissimo investigatore delle crittogame delle aspre regioni del monte Rosa. L’ordine delle Andredacee Lindl. (Nia. plant., 1833, pag. 37) comprenderebbe di tal guisa tre generi, così essenzialmente ca- ratterizzati : I. Acroschisma Lindley. — Perichaetium clausum, phyllis plus minusve convolutis, a foliis caulinis difformibus. Capsula collo basilari praedita, e basi ad medium vel ultra indehiscens, apicem tantum versus in valvulas 4-8 dehiscens. Spec. Acroschisma Wilsoni Lind. (Andreiia Wilsoni J. Hook.); Acr. subenerve Trevis. (Andrea subenervis J. Hook. et Wils.) II. Andreîia Elrh. — Perichaetium clausum, phyllis plus minusve convolutis, a foliis caulinis difformibus. Capsula collo basilari praedita, ad basin usque in valvulas 4 dehiscens. Spec. — A. (Folia ecostata.) Andrea alpina Web. et Mohr; Bot. Taschenb. pag. 383, tab. 11, fig. 3. 4. (Jungermannia alpina Linn. Spec. plant., ed. II, pag. 1601; Andrezia petrophila E%rk. Beitr. I, pag. 192, et Plant. crypt. exs. Dec. VII, n. 67!!, Bruck et Schimp. Bryol. eur. VI, tab. 623., Schimp. Syn. musce. eur., ed. 2, II, pag, 812.; Andr. rupestris C. MM. Syn. musc. frond., I, pag. 6); Andr. alpestris Schimp.; Andr. turgescens Schimp.; Andr. vulcanica Lorentz Moosst. pag. 156; Andr. obovata Theden.; Andr. Hartmani Theden.; Andr. Thedenii Schimp.!; Andr. spar- sifolia Zettersì.; Andr. Dillenii Trevis. (Lichenastrum alpinum NUOVO GENERE DI ANDREAACEE, i ATI atrorubens teres, calycibus squamosis DiMlen. Hist. muse. pagi- na 506, tab. 73, fig. 39. C. D.; Andrea alpina Turn. Muse. Hibern. pag. 13. — 1804, non Wed, et Mohr, loco cit. — 1807 (nec autem Jungermannia alpina Linn.), C. M&Wl. Syn. musc. frond. I, pag. 7., Bruch et Schimp. Bryol. eur. VI, tab. 628., Schimp. Syn. musc. eur., ed. 2., II, pag. 818.); Andr. marginata J. Hook. et Wils.; Andr. acutifolia J. Hook et Wils.; Andr. mutabilis J. Hook. et Wils.; Andr. laxifolia J. Hook. et Wils.; Andr. nitida J. Hook. et Wils. B. (Folia costata.) Andr. rupestris foth Neue Beytr. zur Bo- tan. pag. 234. — 1802 (Jungermannia rupestris — foliis subu- latis secundis — Linn. Flor. suec. n. 1045; Andrea Rothii Web. et Mohr Bot. Taschenb. pag. 386, tab. 11, fig. 7,8,9. — 1807); Andr. grimsulana Bruch; Andr. falcata Schimp.; Andr. crassinervia Lruch; Andr. Blyttii Schimp. (Andr. perichaetialis Zetterst.); Andr. subulata Harv. III. Carestiaea Trevis.— Perichaetium apertum phyllis, foliis caulinis conformibus. Capsula collo basilari omnino destituta, ad basin usque in valvulas 4-6 dehiscens. Spec. Carestiaea nivalis Trevis. (Andrea nivalis Hook.) Del rimanente la separazione di Acroschisma e Carestiaca è in piena armonia colla regola, che qualunque volta un genere passa a formare da sè solo una famiglia a parte, le stesse divi- sioni sin allora considerate quali sottogeneri o sezioni devono essere elevate al grado di veri generi (De Cand., Théor. élém. de la botan., $ 185), regola riconfermata dalle Leggi della no- menclatura botanica adottate dal Congresso internazionale di bo- tanica tenuto a Parigi nell’agosto. 1867 (Cap. III. Art. 58.) E riguardo a Carestiaca in particolare, questo genere era già stato presentito, almeno come sezione, dal principe de’ viventi briolo- chi, il sommo Schimper. Quanto al valore tassonomico del gruppo delle Andreiacee ed al posto ad esso spettante in una classificazione naturale, gli scrittori sono concordi in ammettere che abbiano a costituire un ordine nella classe de’ Muschi, quasi intermedio tra questi e 472 V. TREVISAN, le Epatiche. Niun dubbio che tale apprezzamento fosse in ad- dietro il più conveniente; al presente però, in cui pel progre- dire della scienza, l’osservatore è portato a dover tener calcolo di fatti per lo avanti passati inavvertiti, può sembrare discuti- bile che lo sia egualmente. Muschi ed Epatiche insieme costituiscono quella grande asso- ciazione di crittogame, o sporofite che dir si vogliano, successi- vamente appellata delle Muscose da Gleditsch (1764), delle Muscoidee da Scopoli (1777), delle Cellulari fogliacee da De Candolle (1813), delle Pseudocotiledonee muscoidee. da Agardh (1822), delle Cellulari muscoidee da Lindley (1830), delle Mu- scinee da Bischoff (1835), delle Acrobrie Anofite da Endlicher (1336), e più recentemente delle Antogame da Giacobbe Agardh. In tutte esse le spore germinanti danno origine ad un protallo proembrionale," dal quale si svolge più tardi la pianta perfetta e fornita di sessi. Ma mentre nei veri Muschi, cioè negli ordini delle Briacee, delle Fascacee e delle Archidiacee, questo protallo è composto di filamenti confervoidei articolati ramosi, nelle Epatiche consta di un tessuto frondiforme e lobato. Nei Sphagnum, distintissimi per un abito affatto proprio, le spore germinanti procreano un protallo proembrionale — dap- prima nodoso — filamentoso, assolutamente briaceo, che in ap- presso dà origine ad un altro protallo espanso, frondiforme, lobato, formato da un unico strato di cellule, epaticaceo, esclusi- vamente dal quale si syolge la pianta perfetta e sessuata. Que- sto carattere di un doppio protallo, il primitivo del tutto con- forme a quello de’ Muschi, il successivo affatto conforme a quello delle Epatiche, associato all’altro carattere non meno peculiare delle spore biformi,° giustifica appieno la proposta di Schimper, i Non sarebbe affatto superfluo ricordare di non confondere, come da qualcuno si è fatto, il protallo proembrionale col protallo radicale, egregiamente distinto da Schimper. 2 Le une più grandi, tetraedriche, papillose, fertili; le altre poliedriche, quasi glo- bulose, sterili. È tuttora un mistero la reale significazione di quest’ ultime, che mai germogliano, nè possouo essere tenute per spore giovanili, nè paragonabili ad una delle sorta di spore biformi sessuate delle protallogame a fecondazione fitogenica (Mar- sigliacee, Salviniaceo, Isoétaceo, Selaginellacee.) NUOVO GENERE DI ANDREAACEE. 473 accolta da KRoze (in Bull. de la Soc. bot. de France, tom. XIV, pag. 179); da De Notaris (Epi. della Briol. ital., pag. 8), da Boulay (lor. erypt. de l'est) e da altri, ribadita nella seconda edizione della classica Synopsis muscorum curopacorum, di ele- vare le Sfagnacee al rango di classe di affatto eguale valore di quelle dei Muschi e delle Epatiche, intermedie fra entrambe. Nelle Andreziacee invece le DU ce germinanti danno origine ad un protallo proembrionale espanso, frondiforme, lobulato, emettente al margine delle pallide radicelle, strettamente ap- pressate al substrato. Tale maniera di protallo ha adunque nulla di comune sia col protallo filamentoso uniforme dei veri Muschi, sia col protallo biforme dei Sphagnum, laddove presenta la più ‘ grande analogia col protallo frondiforme lobato delle Epatiche; alle quali, in particolare alle Jungermanniacee, le Andrezacee si avvicinano per l’abito e per la deiscenza valvata della capsula, mentre d’altra parte se ne allontanano per l’infiorescenza e la calittra briacea, per la presenza di columella centrale e di pseudopodio nella capsula, e per la mancanza di colesula e di elateri. Così le Andreziacee con ben più ragione formerebbero, parmi, una quarta classe di Antogame, intermedia tra Muschi ed Epatiche, e più propriamente tra Sfagnacee e quest’ ultime. Dalle osservazioni in ispecialità di Nordstedt e Wahlstedt ° risulta che le spore germinanti delle Caracee danno origine a produzioni transitorie differentissime dalla pianta da cui pro- vengono, cioè a veri protalli proembrionali; con che le que- stioni relative al posto che devono occupare sarebbero inappel- labilmente risolte. Infatti, constatata l’ esistenza di protalli, quan- tunque pochissimo sviluppati, esse nè possono appartenere alle Anarchegoniali (Areschoug Lérob. è Botan., pag. 334) o Apro- tallogame (Licheni, Funghi, Alghe), perchè le spore germinanti di queste danno origine immediatamente ad un vegetale simile 6 L. J. Wuhlstedt Om Characeernas Knoppar och éfver vintring — 1864; 0. Nord- stedt Nagra iakttageleer éfver Characeernas groning, in Act. Univ. Lund. II. — 1866; O. Nordstedt und L. J. Wahlstedt Ueber die Keimung der Characeen, in Flora 1875, num. 6, pag. 94. 7 474 V. TREVISAN, alla pianta madre; nè possono essere riferite alle Protallogame perchè il protallo non si presta, come in tutte queste, ai feno- meni d’una fecondazione sessuale. Per lo contrario convengono affatto colle Antogame, o Noterogame di alcuni, o Briofite di Cohn (in Hedwigia, 1872, num. 2, pag. 18), poichè, egualmente che in queste, il protallo non costituisce che la prima fase dello sviluppo vegetativo della pianta che allo stato adulto porta or- gani sessuali. D'altronde le mie proprie osservazioni intorno alla fruttifica- zione delle Caracee porterebbero ad eguale conclusione. Investi- gando diligentemente, nel 1873, una forma non rara nel lago di Lu- gano, che pare l’anello di transizione tra Chara foetida e Chara rudis (A. Braun), mi venne fatto d’incontrare, precisamente nel luogo ove più tardi si scorgono le capsule, un organo minutis- simo bicellulare, che sembrerebbe rappresentare l’archegonio delle Briofite. Così, quantunque specialmente a cagione del mu- tamento di più abituale residenza, siami mancata in appresso opportunità d’instituire, come mi era prefisso, convenienti ulte- riori ricerche a quest’uopo, pure quanto vidi e rividi in quel- l'occasione persuaderebbe che eziandio le Caracee, al pari di tutte le Briofite, sieno fornite di archegonj ancorchè rudimen- tali, e che in essi i fenomeni della fecondazione si compiano in modo affatto a queste conforme. ; Le Antogame pertanto comprenderebbero cinque classi, che, sull'esempio di Lindley ed onde dare ai nomi dei gruppi del medesimo grado una opportuna armonia di forma e di desinenza, riservata alle classi la desinenza in ales, denominerei delle Mwu- scali, delle Sfagnali, delle Andreciali, delle Epaticali, delle Ca- rali, e delle quali esporrei sinotticamente i caratteri essenziali come appresso: Cryptogamarum vel Sporophytarùm Archegonialium * i In generale appellate dagli autori Sporangy. ? Archegoniales Areschoug (Lirob.i Botan., pag. 334.) — Plantae sporiferae, or- ganis generationis bisexualibus, masculis nempe (antheridia spermatozoidifera, sper- matozoidiis agilibus, spiraliter tortis, ciliatis) atque foemineis (archegonia pistillifor- mia) gaudentes. Sporae germinantes prothallium transitorium, e quo planta perfecta evolvitur, procreant. NUOVO GENERE DI ANDREAACEE. 475 Regio Il * Anthogamae (JI. Agardh). — Plantae e contextu mere celluloso, vasis destituto, conflatae, adultae, organa gene- rationis bisexualia ferentes. Foecundatione directa spermatozoi- diorum ope instituta, e cellula carpogena archegonii fructus evol- vitur capsuliformis. Sporae capsulis inclusae, germinantes pro- thallum organis generationis destitutum, e quo planta perfecta sexuata evolvitur, procreant. X Subregio I. Bryophytae Cohn (in Hedwigia 1872, num. 2, pag. 18, exclus. Phycobryis). — Plantae e contextu celluloso pleiomorpho conflatae, ut plurimum caule foliisque discretis in- 1Cryptogamarum Archegonialium Regio I. Prothallogamae. —- Plantae e contextu celluloso, vasorum fasciculis plus minusve perfectis, centralibus vel peri- phericis, percurso, conflatae, adultae esexuatae sporiferae, Sporae sine foecundatione directe in planta adulta procreatae, sporangiis inclusae, aut uniformes germinantes prothallium organis generationis sexualibus instructum evolvunt. Sporae biformes aut macrosporas aut microsporas sistunt; macrosporae germinantes prothallium archegonia ferentem procreant, microsporae antheridia evolvunt. F'oecundatione directa sperma- tozoidiorum ope instituta, e cellula centrali archegonii planta perfecta esexuata evolvitur. Subregio I. Heterosporae Sachs (Lehrb. der Botan., 2. Aufi., pag. 324, exclus. Lycopodiaceis.) — Sporae biformes, sporangiis biformibus inclusae. Sporangia aut ma- crosporangia aut microsporangia sistunt; macrosporangia macrosporas, microsporangia microsporas gignunt. Classis I Marsigliales Trevis. Subclassis 1. Angiosporangiae Luerssen (in Mittheil. aus dem gesammtg. der Bo- tan. I, pag. 404.) — Sporangia conceptaculis discretis inclusa. Maerosporangia ma- crosporam solitariam, mamilla instructam continent; microsporangia microsporas nu- merosas gignunt. Ordo I. Salviniaceae Du Mort. (Anal. des famill., pag. 67. — 1829.) Ordo II. Marsigliaceae S. Y. Gray. (Natur. Arrang. of. Brit, plant. II, pag. 24. — 1821.) — Il genere Marsilea di Linneo essendo intitolato dal nome del conte Luigi Ferdinando Marsigli, dovrà appellarsi Marsiglia, non Marsilia, come, del resto con migliore dizione, fu più di recente proposto. Subclassis 2. Eleuthosporangiae Trevis. — Sporangia solitari, conceptaculis di- scretis nunquam inclusa. Macrosporangia macrosporas plures {(usque 80), striis tribus notatas; continent; microsporangia microsporas numerosissimas, stria solitaria vel striis tribus notatas, gignunt. Ordo III. Isoétacaee 7revis. (Herb. erypt. Trevis, 1, pag. 16. — 1851. Ordo IV. Selaginellaceae Roze (in Bullet. de la Soc. bot. de France, fasc. XIV, pag. 179. — 1867. Subregio II. Isosporae Sachs. (loc. cit.) — Sporae uniformes, sporangiis unifor- mibus inclusae. 476 V. TREVISAN, structae, raro frondosae. Archegonia pistilliformia. Sporae cap- sulis intra calyptram primitus clausam, dein varie apertam, ra- rissime deficientem, evolutis inclusae, nunc sporangiis sacculifor- mibus receptae, nunc sporangiis destitutae. Legio I. Muscinae Trevis. (non Bischoff in Nov. Act. Acad. Leop. Carol. XVII, 2, pag. 958. — 1853 = Bryophytae Trevis.) .— Calyptra apici semper clausa, demum capsulae vertici auferta. Sporae elateribus destitutae. Classis I. (Cryptogamarum V.) Muscales Trevis. non Lindley ' — Plantae caule foliisque discretis instructae. Flores involucrati. Classis II. Equisetales 7revis. Ordo V. Equisetaceae L. C. Richard (in Michaux Flor. bor. am. II, pag. 281. — 1803. Classis III. Lycopodiales Trevis., non Lindley 1833. Ordo VI. Lycopodiaceao L. C. Richard (in Michaux Ho bor. am, II, pag. 281. — 1803.) Classis IV. Filicales Lindley. (Nix. plant., pag. 36. — 1833.) Subclassis I. Pseudofilicales Zrevis. Prothallus hypogaeus tuberosus. Ordo VII. Ophioglossaceae Presl. (Tent. pterid., pag. 6. — 1836. Subclassis II. Eufilicales Trevis. — Prothallus epigaeus monomorphus fo- liaceus. Cohors I. Synangiosorae Bommer Monogr. de la class. des Foug., pag. 92. — Sporangia inter se in synangia connata. Ordo VIII. Marattiaceae Kaw/f. (Enum. fil., pag. 31. — 1824. Ordo IX. Danaeaceae Agard% (Aphor., pag. 117. — 1822.) Cohors 2. Eleutherosorae Zrevis. (Eleutherangieao Bommer loc. cit. pag. 86.) — Sporangia inter se libera. Ordo X. Angiopteridaceae Zrevis. (Angiopterideae Pres! 1845.) Ordo XI. Osmundaceae R. Brown. (Prodr. Flor. Nov. Holl. I, pag. 161. — 1810.) Ordo XII. Lygodiaceae Presl. ‘(Supp. tent. pterid., pag. 98. — 1845.) Ordo XIII. Schizaeaceae Zeichend. (Consp. regn. veget., pag. 39. — 1828.) Ordo XIV. Gleicheniaceae Gaudich. (in Freyc. Voy. Bot., pag. 260. — 1826.) Ordo XV. Polypodiaceae R. Brown. (Prodr. Flor. Nov. Holl. I, pag. 145. — 1810.) I Ordo XVI. Cyatheaceae Reichenb. (Consp. regn. veget., pag. 37. — 1828.) Subelassis III. Bryofilicales Trevis. — Prothallus epigaeus dimorphus, primo confervoideus, e quo postea prothalli foliacei oriuntur. Ordo XVII. Hymenophyllaceae Gaudich. (in Freye. Voy. Bot., pag. 262. — 1826.) 1 Muscales di Lindley (Nix. plant., pag. 37. — 1833) corrispondono a tutt’ insieme Muschi ed Epatiche. NUOVO GENERE DI ANDREAACEE, 477 Fructificatio colesula ambiente destituta, intra calyptram mem- branaceo-scariosam, in paucissimis infimis tenuissimam, maturi. tatem versus ob capsulae incrementum circumscissam et capsulae vertici aufertam, evoluta. Capsula pedicellata vel rarissime ses- silis, columella centrali rarissime deficiente instructa, matura ad sporas emittendas parte sua superiore operculo transverse cir- cumscisso dehiscens, operculo dejecto stomate peristomio ornato vel rarius aperistomato, aut in paucissimis infimis operculo de- stituta et dilaceratione irregolari dehiscens. Sporae sporangiis sacculiformibus inclusae vel in paucis infimis sporangiis desti- tutae, tuneque capsulae paries internus vel cellula sporarum ma- tricalis specialis locum sporangii tenet, elateribus destitutae, uni- formes; germinantes prothallum proembryonalem e filamentis confervoideis articulatis ramosis conflatum, plus minusve diu per- sistentem, e cujus cellula quadam, nunquam e terminali, planta perfecta evolvitur, procreant. Ordo I. Bryaceae Endlich. (Gen. plant. pag. 47, exclus. gen. 477-482.) — Calyptra membranacea-scariosa, in fructu ma- turo basi a receptaculo circumcirca soluta et capsulae vertici auferta. Capsula pedicellata, operculo transverse circumscisso dehiscens. / Ordo II. Phascaceae Bruch et Schimp. (Bryol. eur. fasc. I. — 1834, exclus. gen. Archidium.) — Calyptra membranacea- scariosa, in fructu maturo basi a receptaculo circumcirca soluta et capsulae vertici auferta. Capsula pedicellata, post maturitatem de pedicello vel una cum eo integra decidua, operculo destituta, irregulariter dehiscens. Ordo III. Archidiaceae Bruch et Schimp. (Bryol. eur. I; pag. VII.) — Calyptra tenuissima, capsulae arcte adhaerens, in fructu maturo irregulariter dilacerata, partim ad capsulae basin persistens partim capsulae vertici auferta. Capsula sessilis, oper- culo destituta, irregulariter dehiscens. | Classis II. (Cryptog. VI.) Sphagnales Trevis. (Sphagna Fiirnrohr in Flora II Erginzungsbl.,, pag. 60. — 1829.) — Plantae caule foliisque discretis instructae. Flores involucrati. 478 V. TREVISAN, Fructificatio colesula ambiente destituta, intra calyptram tenuis- simam imperfectam maturitatem versus ob capsulae incrementum irregulariter dilaceratam, partim ad capsulae basin persistentem; partim capsulae vertici aufertam, evoluta. Capsula primitus et usque ad maturitatem perfectam sessilis perichaetioque immersa, dein prolongatione receptaculi in pseudopodium elata, columella centrali crassa abbreviata instructa, matura ad sporas emittendas parte sua superiore operculo transverse circumscisso dehiscens, peristomio destituta. Sporae sporangio concavo-hemisphaerico columella obtegente inclusae, elateribus destitutae, biformes, aut macrosporas tetraédras fertiles aut microsporas polyedro-subglo- bulosas steriles sistentes: macrosporae germinantes prothallum proembryonalem primitus nodoso-filamentosum muscaceum, tan- dem lobatum hepaticeum atque e singulo cellularum strato con- flatum, e quo planta perfecta evolvitur, procreant. Ordo IV. Sphagnaceae Endlich. (Gener. plant., pag. 47.) — Gen. 1. Sphagnum Linn. (Sphagnum $ IL C. Mall. Syn. muse. frond. I, pag. 91.) Folia fibrillis annularibus instructa. — Gen. 2. Sphagnopsis Trevis. (Sphagnum $ I. C. Mull. loc. cit., pag. 90.) Folia fibrillis annularibus destituta.'! Classis III. (Cryptog. VII.) Andredales Trevis. — Plantae caule foliisque discretis instructae. Flores inyolucrati. Fructifi- catio colesula ambiente destituta, intra calyptram tenuissimam, capsulae arcte adhaerentem, maturitatem versus ob capsulae in- crementum basi a receptaculo irregulariter solutam et capsulae vertici aufertam, evoluta. Capsula primitus et usque ad maturi- tatem perfectam sessilis perichaetioque immersa, dein prolonga- tione receptaculi in pseudopodium elata, columella centrali si- nuoso-prismatica instructa, operculo destituta, matura ad sporas emittendas rimis longitudinalibus symmetricis 4-8 in segmenta totidem aequalia, apice inter se cohaerentia, dehiscens. Sporae sporangio columellam digitalis ad instar obtegente inclusae, ela- teribus destitutae, uniformes; germinantes prothallum proem- ‘4 Spec. Sphagnopsis macrophylla Trevis. (Sphagnum macrophyllum BernA.); Spha- gnopsis sericea Trevis. (Sphagnum sericeum O. MWll..) NUOVO GENERE DI ANDREAACEE. 479 bryonalem anguste lobatum, margine radiculas pallidas emitten- tem, substrato arcte adpressum, e quo planta perfecta evolvitur, procreant. Ordo V. Andrecaceae Lindley. (Nix. plant., pag. 37. — 1833.) Legio II. Hepaticinae Trevis. — Calyptra apici semper demum aperta, capsulae vertici nunquam auferta. Sporae vulgo elateribus instructae. Classis IV. (Cryptog. VIII.) Hepaticales Trevis. (Hepaticae Juss. Gen. plant., pag. 7.) — Plantae caule foliisque discretis instructae, in infimis frondosae. Flores involucrati vel nudi. Fruc- tificatio colesula ambiente, post foecundationem patefacta, in- terdum deficiente, involucrata, intra calyptram membranaceam, maturitatem. versus ob capsulae incrementum apici apertam, cap- sulae vertici nunquam aufertam, raro nullam, evoluta. Capsula pedicellata vel in paucis infimis sessilis, columella centrali, in An- thocerotaceis solummodo obvia, vulgo destituta, matura ad sporas emittendas varie dehiscens. Sporae sporangiis destitutae, elate- ribus parieti capsulae interno adnatis, in Ricciaceis tantum- modo nullis, intermixtae, uniformes; germinantes prothallium proembryonalem lobatum, e quo planta perfecta evolvitur, pro- creant.! Ordo VI. Jungermanniaceae Du Mort. (Comm. bot., pag. 112. — 1822.) — Capsulae solitariae, pedicellatae, colu- mella destitutae, in segmenta 4, rarissime plura, plerumque val- viformia, regulariter dehiscentes. Elateres intermixti. Ordo VII. Monocleaceae Cohn (in Hedwigia 1872, num. 2, pag. 18.) — Capsulae solitariae, pedicellatae, columella desti- tutae, rima longitudinali dehiscentes. Elateres intermixti. Ordo VIII. Targioniaceae Du Mort. (Anal. des famill., pag. 68-70, exclus. gen. Monoclea. — 1829.) — Capsulae soli- 12 Veggasi il mio Schema di una classificazione delle Epatiche, Memoria presen- tata nell’ adunanza del 6 aprile 1876 del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere (Nelle Memorie dell’ Istituto stesso, Serie III, Classe di Scienze Matematiche e natu- rali, Vol. IV.) 480 V. TREVISAN, NUOVO GENERE DI ANDREAACEE tariae, pedicellatae, columella destitutae, irregulariter dehiscentes. Elateres intermizti. Ordo IX. Marchantiaceae Corda (in Opiîz. Beitr. I, pag. 646. 1829.) — Capsulae in receptaculo communi pedunculato aggre- gatae, pedicellatae, columella destitutae, varie dehiscentes. Ela- teres intermixti. Ordo X. Anthocerotaceae Trevis. (Prosp. della Flor. eugan., pag. 47. — 1842.) — Capsulae solitariae, pedicellatae, columella centrali libera instructae, in segmenta bina valviformia dehiscentes. Elateres intermixzti. Ordo XI. Ficciaceae Du Mort. (Anal. des famill., pag. 68-70. — 1829.) — Capsulae solitariae aut in acervulos aggregatae, sessilis vel raro pedicellatae, columella destitutae, irregulariter dehiscentes. Elateres nulli. Subregio II. Phrycophytae Trevis. — Plantae filiformes, e cellulis tubulosis conflatae, caule articulato foliisque homomorphis verticillatis instructae, corticatae vel ecorticatae. Archegonia ru- dimentalia. Sporae capsulis nudis e cortice diaphano et nucleo sinistrorsum gyrato compositis, coronula uni-bicirculari, quinque- decemcellulari, persistente vel caduca, vertici ornatis, inclusae. Classis V. (Cryptog. IX.) Charales Lindley (Nix. plant., pags L8855) a Ordo XII. Characeae L. C. Richard (in Humb. Bonpl. et Kunth Nov. plant. gen. I, pag. 45. — 1815.) Seduta del 30 luglio 1876. Presidenza del V. Presidente cav. Antonio Villa. È data comunicazione di un lavoro inviato dal socio prof. T. TarAaMELLI intitolato: Alcune osservazioni sulla formazione del ferretto in Lombardia: nel qual lavoro, dopo aver descritto i caratteri e l'estensione del ferretto fra noi, sono accennati i suoi rapporti colle altre formazioni, sopratutto glaciali e quaternarie, concludendo coll’idea che il ferretto nostro altro non sia, in so- stanza, fuorchè un prodotto del trasporto e di una sorta di cao- linizzazione dei materiali morenici situati più a monte di cui ri- mangono ancora gli avanzi grandiosi. L'A. concilierebbe in tal modo coi fatti da lui osservati, l'opinione, sostenuta già da altri, della presenza del mare durante il principio almeno della prima epoca glaciale. Accompagna la memoria una carta geologica di- mostrante la distribuzione ed i rapporti dei terreni di cui è fatto parola nel testo. Il Segretario legge indi una nota del socio prof. P. STROBEL, Ulteriori osservazioni sulla polimelia delle rane, in cui si tratta di tre nuovi casi di membra soprannumerarie, due dei quali 0s- servati in esemplari della rana comune, nel Museo di Modena, l’altro nel Museo di Reggio in un individuo di Rana temporaria. Accompagna la breve nota una tavola rappresentante le più no- tevoli particolarità degli esemplari descritti. —- In appendice a detta nota il segretario SORDELLI legge pure la descrizione di una rana polimelica esistente nel Museo Civico di Milano, chie- dendo di poterla inserire in seguito al lavoro dello Strobel nel volume in corso degli Att, il che viene accordato. Vol. XIX. 31 482 SEDUTA DEL 30 LUGLIO 1876. £l socio prof. L. Macci ha inviato per la stampa una estesa memoria: Studî anatomo-fisiologici intorno alle Amibe ed in par- ticolare di una innominata, nella quale è messa in rilievo una certa relativa complicazione nella struttura delle Amibe, che sino a questi ultimi tempi erano creduti siccome mancanti di parti distinte, il che viene dimostrato con numerose osservazioni e sperienze sia sopra varie specie già note, sia sopra una figurata senza nome di Lieberkiihn e dall'A. chiamata Amaeba Lieberkihnii. Una tavola accompagna la memoria del professor Maggi. Viene poi data lettura di due note del socio dott. PARONA: la + prima riguardante gli Organi riproduttori di una vacca-toro 0 free-martin degli Inglesi, ossia un caso di ermafroditismo bises- suale incompleto; l’altra Su alcune particolarità di due individui dell'Anas boschas. Viene letta parimenti la nota del socio TREVISAN col titolo: Carestiaca, nuovo genere di Andretiacee, nella quale propone di creare con detto nome un apposito genere a spese dell’ Andreda nivalis dei briologi. Indi il vicepresidente A. ViLLa legge la sua comunicazione: Confronto di apparizioni entomologiche negli anni 1875-1876, nella quale mediante la citazione di numerosi esempi, dimostra quanto le vicende della stagione influiscano sulla comparsa o meno di determinate specie ed invita gli entomologi a studiare meglio tali fenomeni e ad indagarne le cause. È data lettura del processo verbale della seduta precedente 2 luglio 1876, che viene approvato. Infine, mediante votazione a scrutinio secreto, vengono no- minati soci effettivi i signori: CATTANEO Giacomo di Milano, studente in scienze naturali presso la R. Università di Pavia. CoLomBo dott. GrusEePPE assistente alla cattedra di anatomia patologica della R. Università di Pavia. i l Segretario F. SORDELLI, Seduta del 26 novembre 1876. Presidenza del Segretario Prof. A. Stoppami. Dichiarata aperta l'adunanza, il segretario F. Sordelli legge una nota inviata dal socio G. CATTANEO, intorno ad un’ Escre- scenza frontale osservata in un bue e conservata nel gabinetto d’anatomia comparata della R. Università di Pavia. Accompagna la nota un disegno il quale dà una chiara idea della anomalia descritta. Il segretario SORDELLI enumera quindi le specie di serpenti a lui note dell’ Argentinia ed accenna come il Museo Civico di Milano si sia trovato nella favorevole circostanza di potere avere di là buon numero di esemplari, tra i quali sono rimarchevoli quelli d’alcune specie assai caratteristiche per quella regione, come a cagion d’esempio: Coronella pulchella Bibr. Heterodon d' Orbignyi DB., De Filippii Jan, Liophis poccilostietus Jan, Trigonocephalus alternatus DB. L'A. descrive poi i principali caratteri di un serpe che Jan riteneva come varietà del Brachy- rhyton plumbeum, ma che gli paiono più che sufficienti per co- stituire una buona specie, ch'egli vorrebbe chiamata Bracky- rhyton Jani. | Il socio N. Pini legge poi una sua nota: Notizie malacologiche relative alla fauna lombarda. Esse si riferiscono alla Vertigo Moulinsiana Drap. ed al Pomatias Canestrinii Adami, specie di recente accertate nella fauna insubrica. È data in seguito lettura del processo verbale della seduta antecedente 30 luglio 1876, che viene approvato, 484 SEDUTA DEL 26 NOVEMBRE 1876. È nominato socio ‘effettivo il signor: | Zincone dott. ANTONIO, proposto dai soci Panceri, Sordelli e Gasco. Il segretario annuncia che la Redazione dei Wiirtembergische Jahreshefte che si pubblicano a Stoccarda, ha chiesto alla So- cietà il cambio di quella pubblicazione coi nostri Atti. Al che l'adunanza acconsente, coll’adottare il temperamento proposto dal segretario di chiedere, cioè, in cambio quei volumi dei Jah- reshefte che mancano a completare la serie di cui esistono già le prime annate nella Biblioteca del Civico Museo, onde non creare dei duplicati inutili. Lo stesso segretario presenta infine il diploma e la medaglia commemorativa che l'Accademia Gioenia di Catania ha inviato a tutte le società consorelle, in occasione della ricorrenza del 50.° anno dalla sua fondazione. Il Segretario F. SORDELLI. — ce To@stte cus CONFRONTO DI APPARIZIONI ENTOMOLOGICHE NEGLI ANNI 1875-1876. Comunicazione di ANTONIO VILLA. (Seduta del 30 luglio 1876). Nessuno degli entomologi ignora esservi varie specie d’insetti che vengono a giorno in certi determinati tempi dell’anno, e che alcuni di essi fanno comparsa due o tre volte nell’anno istesso. Si è dietro la verificazione di tal fatto che si è trovato conveniente la formazione di un Calendario Entomologico, di cui il Giorna fu il primo espositore. Le nozioni però dedotte da una semplice osservazione a questo riguardo, fatte una sol volta pos- sono ingannare, perchè l’incostanza delle stagioni, le innonda- zioni, gli uragani, ecc., sono perturbazioni delle quali gli insetti si risentono, e producono deviazioni nella loro vita; onde antici- | pano o ritardano od anche annullano le loro comparse, per cui come scrisse il Giorna, niun tempo si può giustamente fissare a questo riguardo; nulladimeno vi sono alcune specie il cui tempo è assolutamente limitato, e lo vediamo per gli Apali alla cui comparsa richiedesi lo scioglimento delle nevi, e mancando que- sto, manca pure la comparsa annuale; lo vediamo pei Cebrù nella Toscana e nella Spagna, al cui sviluppo richiedonsi le piog- gie autunnali, e tardando o mancando queste, tarda o manca pure la loro apparizione. Ma un caso di deviazione presentasi appunto quest’ anno, dovuto probabilmente alle lunghe e conti- nuate pioggie, susseguite a pochi giorni di gran caldo primave- rile, per cui l’entomologo che cerca certe date specie nella gior- nata consueta di loro apparizione, non le trova o per la loro tardanza o per la fallita loro comparsa. 486 A. VILLA, Già da più di tre mesi noi abbiamo incominciate le consuete caccie d’insetti nei dintorni di Milano, ma in quest'anno troviamo più che scarsità, una vera mancanza anche delle specie comuni. Mio fratello è stato parecchie volte con compagni nei dintorni di Milano a Monluè, Lambrate, Vigentino, Garegnano, ecc., e non ha potuto trovare che insetti acquatici, Ditischi, Colymbetes, Gi- rini, Nepa, Notonecta, Naucoris, Ramatra, Gerris, Velia, Hy- drometra, ecc. Raccolte limitate pur fecero i miei compagni ed amici Taccani, Pini, Crespi, Porta, Emilio e Francesco Turati e tutti i nostri entomologi, senonchè i cugini Turati, accuratissimi lepidotteristi, ebbero la sorte di rinvenire nella Brianza un buon numero di larve di una Psyche che anche il celebre lepidottero- logo Staudinger di Dresda ha riputato possa essere una nuova specie, ed in tal caso la dedicherebbe ai giovani ritrovatori deno- minandola Psyche Turatù. I medesimi hanno rimarcato che l’ap- parizione delle singole specie avvenne almeno 15 giorni più tardi «del consueto, ed in assai scarso numero di esemplari, e che di certe altre specie non ne hanno ritrovate neppure. Memore delle abbondanti raccolte fatte l’anno scorso verso la fine del giugno specialmente di ditteri ed imenotteri in un vil- laggio del basso Milanese, mi recai colà anche in quest’anno nella medesima epoca, e mi vi fermai dal giorno 19 al 24, ma con quanta sorpresa trovai che le specie che raccolsi in abbon- danza l’anno scorso, quest'anno mancavano onninamente! Le ombrellifere affollate d’insetti al solito in questa stagione, ora erano nude e deserte. Le carote in fiore che dovevano ospitare una miriade di Cistela sulphurca, ora ne erano quasi prive; solo comparivano pochi Trichodes apiarius ed alcuni Telephorus me- lanurus, diversi Malachius; non così il Dasytes bipustulatus che l’anno scorso era comunissimo nei fiori dell’ Alcea rosea, e que- stanno non si è mostrato. Il finocchio solitamente abitato da vari ditteri ed imenotteri ora era deserto. Che più? i fiori di ci- polle che l’anno scorso nella medesima località, nelli stessi giorni, nelle stesse ore, mi fornivano abbondante caccia di Cerceris tu- berculata e variabilis, Scolia hirta, Andrena atrocerulea, Eumenes CONFRONTO DI APPARIZIONI ENTOMOLOGICHE, ECC. 487 pomiformis, coarctata e coangustata, Odimerus parvulus e Dan- tici, Philantus apivorus, Hylotoma coerulescens, Bembex rostrata, Stilbium calens ed altre chrysidide e molte specie di Bombus con vari altri imenotteri, in quest’anno, nelli stessi giorni, ne rin- venni neppur uno. È singolare però che oltre qualche Bombus e Xylocopa violacea, tra gli imenotteri osservai abbondante più del solito il Polistes gallicus, nè saprei per quali cause abbiano scampato alle pioggie torrenziali ed alla ricerca del loro terri- bile nemico, che, parassita, depone le uova nelle loro larve e cri- salidi, il Crypturus argiolus Rossi (Eudurus argiolus Rondani) Ichneumon aries Chr. Ichn. arlequinatus Vill.; più singolare poi, che mentre io teneva in serbo diverse crisalidi di Polistes, nes- suna ebbe il suo sviluppo naturale, ma è sortito da tutte l’ich- neumone parassito sopraindicato. Non rare erano pure le libel- lule perchè esse non vennero distrutte dalle pioggie, abitando allo stato di larva nelle acque. Non tralasciai la ricerca dello Ptinus lepidus Villa, sui pali delle viti al tramonto del sole, ma inutilmente, che come ho indicato nel Aiassunto di comparse. entomologiche dell’anno 1873, diretto al segretario Bargagli della Società entomologica italiana in Firenze, anche in quest'anno non ne trovai neppur uno; anche della Laphria Maroccana di cui alla metà di giugno ne aveva un paio di dozzine, in quest’anno non ne fu vista una. Unico insetto che era certo di trovare, sebbene fosse difficile ad accalappiare, era la Gracilia pygmaea e la Gracilia brevipennis (Grac. Spinola Marietti) che vivono nei vimini delle grandi corbe dei bozzoli da seta: difficilmente si possono prendere perchè corrono sulle fessure dei contesti delle corbe, e non vi ha altro metodo per farne abbondante caccia che quello usato dal mio amico ed allievo Enrico Meda, accu- rato entomologo milanese, quello cioè di battere fortemente a colpi di bastone i corboni stessi quando sono vuoti, sottoponen- dovi una tovaglia od un lenzuolo. Del resto grande scarsità an- che di lepidotteri, perfino delle più comuni, Leuconea crategi, Pieris brassice, rapace e non mi fu dato di raccogliere che qual- che esemplare di Hesperia lineola, Crambus rorellus, Cidaria bi- 488 A. VILLA, CONFRONTO DI APPARIZIONI ENTOMOLOGICHE, ECC. lineata, Scoparia ambigualis, Botys nubilalis, Acidalia incanata e caricaria, Erycreon verticalis e Plusia circumflexa. Anche dalla Brianza ho potuto aver poco, ed il migliore si fu nell’ordine dei ditteri, tra questi alcuni esemplari della Chelosia favimana, Syrphus balteatus, cinctus e mellinus, Empis ciliata, Xylota segnis, Limnophila pictipennis, Asilus cingulatus e Minto precox. Nell’ordine dei coleotteri assai poche specie e tra queste una sola comunissima, il Pederus ruficollis. Relativamente alla grande scarsità d’insetti di. quest'anno, molti villici si sono già accorti e credono ridondi tutto in van- taggio dell'agricoltura, senza pensare che se vi fu distruzione d’insetti nocivi, vi fu pur quella degli insetti utili; anzi si ve- rifica il caso che in quest'anno riescono nocivi anche gli uccelli granivori; i quali solitamente all’ epoca degli amori sono inset- tivori, ed in quest'anno, per la scarsità degli insetti, non potendo cibarsi di essi, si attaccano ai grani, quindi distruggono anche le sementi dei campi. ; sE La : NI 9) s È E, 5a È RPS Ai Lt RE AR I LI A TR a » xy Lelli O hi tas NEI 4 Cattaneo Escresc.frontale &c. fe TRee Lit. Ronchi IN d- Parona di ESCRESCENZA CORNEA FRONTALE IN UN BOS TAURUS. NOTA di GIACOMO CATTANEO. (Seduta del 26 novembre 1876.) ir Il raccogliere descrizioni e storie di casi teratologici può avere importanza maggiore che soddisfare la curiosità, foss’ anche scien- tifica; poichè la conoscenza delle cause e dello sviluppo di una anomalia conduce alla conoscenza dell'intimo lavorfo dei corpi organici, e in certi casiy una anomalia può ben equivalere, per le variate condizioni in cui un certo tessuto od organo deve svilupparsi, ad una esperienza fisiologica. Per accertarsene basta leggere i lavori di Camillo Dareste', sulla Teratologia sperimen- tale, in cui l’autore cerca di determinare le condizioni fisiche e fisiologiche della produzione delle più svariate anomalie. Tra i tessuti animali, uno dei più facilmente anomali è lo strato corneo dell’ epidermide, in causa della struttura, del modo di ac- crescimento e del contatto multiforme e immediato con gli og- getti esterni. Non sono quindi rari i casi di escrescenze cornee, generate da irritazioni, contusioni, scottature, cicatrici, e anche talvolta ve- nute per eredità o in seguito a tumori cistici ateromatosi *; ma in confronto delle numerose e dettagliate storie anatomiche e cli- Archives de zool. expér. et génér. d. p. DE-LACAZE DUTHIERS. GEGENBAUR. Grundziige der vergleichenden Anatomie. pag. 550. 4 2 ® GRITTI. Cornee escrescenze nel Diz. med. di Bizzozero e Mantegazza. 490 G. CATTANEO, niche di escrescenze cornee umane, sono rare e compendiose le stotie d’escrescenze verificatesi su altri mammiferi. Eppure la struttura più complessa dello strato corneo in molti di questi, dà luogo ad anomalie più frequenti e notevoli, e di natura e conformazione abbastanza diverse da quelle dell’uomo, perchè meritino d’esser studiate in sè stesse e comparativamente. An- zitutto, l’idea che convien farsi delle escrescenze cornee umane, come vennero descritte da Musaeus!, dal Carradori?, dal Me- ckel®, dal Piccinelli *, dal Reghellini®, da E. Howe ®, e dal San- galli nella sua opera sui Tumori, è quella di cornetti non molto consistenti, aventi una circonferenza basale da 1/2 a 10 centi- metri, originati per accumulamento di piastre epidermoidali o nei follicoli sebacei, o alla superficie dell’ epidermide, e composti di cellule depresse e granulose, contenenti spesso un nucleolo calcare. | Venendo alle anomalie osservate negli animali domestici, Val- lisnieri, Conrado Furer, Eusebio di Nieremberg e Renaudot tro- varono cornetti su lepri, gatti, cani e cavalli. Ma specialmente interessanti sono le osservazioni del Barto- lino e del Malpighi. | Il Bartolino trovò e studiò un corno crescente sull’ipocondrio destro d’ una pecora, grosso tanto da non potersi abbracciar con la mano, duro all’apice, molle alla base, e, circostanza nuova non osservata generalmente nei cornetti umani, cavo interna- mente e pieno d’ un liquido sieroso. Il Malpighi‘, per dirlo con le sue parole, mactandum bovem lustravit,... a cujus collo în dextris, ubi jugum apponitur, in- signe pendebat Cornu. Hujus longitudo decem et sex digitorum 1 Dissert. de vunquibus monstruosis. 1716. 2 Oss. su due corna umane. Opusc. scelti, 1798. 3 Sur les cornes accidentales. 4 Esp. di un corno umano. Gazz. med. lomb. 1851. 5 Unghie e corna in un membro virile. 6 Transact. philos. 1791. ? Dissertatio epistolica varii argumenti. Opera omnia. Lugduni Batav. 1687. Vol, II, pag. 213 e seg. ESCRESCENZA CORNEA FRONTALE IN UN BOS TAURUS. 491 crassitiem aequabat. Non longe a basi, ubi latius erat, octo digi- torum latitudinem explebat... In basi tamen, ubi collo necteba- tur, arctius erat. Interius exapositum cornu concavum erat, ita ut | crassities ipsius in basi nativam corîi altitudinem parum excede- ret... Tota concavitas referta erat subflavo turbidoque sero, quod igni appositum, totum fere in naturam albuminis ovi concrescebat. Molto interessante, abbastanza simile a quello descritto dal Malpighi, e solo diverso per la diversa posizione, è un grosso corno soprannumerario sorgente sulla fronte d’un dos taurus, la cui testa si conserva nel Museo d’Anatomia Comparata della Uni- versità di Pavia, e della cni conoscenza, insieme a consigli ed aluti per la redazione della presente Nota, son debitore alla gen- tilezza del prof. Leopoldo Maggi. Tal corno è sviluppato in corrispondenza all’ osso frontale, e il suo piano mediano, almeno alla base, prossimamente coincide col piano mediano della testa. La circonferenza della base è di metri 0,451, sì che occupa gran parte dell'osso frontale, il quale è ampissimo negli artiodattili !, e il suo margine superiore dista m. 0,070 dalla cresta superiore del frontale. La forma della base è grossolanamente trigona, col vertice in basso, ma a lati ton- deggianti e ad angoli smussati. Dalla base il corno s'avanza quasi orizzontale per breve tratto, ingrossandosi sempre più, finchè raggiunge una circonferenza mas- sima di m. 0,496 alla distanza di m. 0,071 dalla base. Di là scende rapido, formando un angolo medio di 50° col piano fron- tale e piegando sensibilmente a destra; a misura che scende va rastremaàndosi, finchè termina in punta smussata, la quale dista m. 0,302 rettilineamente dal margine inferiore della base. Il corno è notevolmente più convesso sopra, che concavo sotto, tanto che la superficie convessa misura m. 0,368 di lunghezza, e la concava solo m. 0,348; è depresso orizzontalmente, essendo il diametro orizzontale m. 0,161, e il verticale m. 0,105. La su- perficie esterna è formata d’un tessuto assai cedevole, quasi co- ! T. H. HuxLEy. A manual of the Anatomy of the Vertebrated animals. London, 1871. [| 492 G. CATTANEO, riaceo nella parte superiore, ove è anche molto disquammato, e presenta una fibrosità ashestica. Tale disposizione di cose vedesi nettamente nella figura che accompagna questa Nota, e di cui ringrazio l’egregio dott. Corrado Parona. In seguito diminuiscono le squamme, e si accresce la durezza, la quale raggiunge, verso l’apice, la consistenza dell’ unghia bovina. Il corno è cavo internamente, almeno in gran parte, e la pa- rete, non più grossa d’un cuojo di bue all’origine, aumenta sempre più, tanto che, congiungendosi le superficie interne a qualche centimetro dall’apice, la parte terminale del corno a affatto massiccia. i L’esame microscopico del tessuto mi mostrò cellule epidermi- che schiacciate e rozzamente poligone, senza nucleoli calcari, mancanza provata anche dalla facilità con cui il tessuto in di- scorso può spappolarsi entro soluzione di carbonato potassico. Questa escrescenza, fuorchè nella posizione, e un po’ nel vo- lume, offre molti punti di contatto con quella descritta dal Mal- pighi; e specialmente nell’esser cava e con piccola grossezza la- minare, nell'avere squamme e fibre esterne, maggior durezza al- l’apice che alla base, «e circonferenza massima un po’ distante dalla base medesima. Essendo l’ esemplare, di cui parlo, prepa- rato da tempo, non ho potuto riscontrare la presenza del liquido interno, accennato sì dal Bartolino, che dal Malpighi; ma tutte le somiglianze e l’esistenza della cavità corducono a supporre che questo liquido ci fosse realmente. Può inoltre asserirsi con certezza che l'individuo da me studiato fosse d’età avanzata, no- tandosi che tali escrescenze si generano sempre su animali vec- chi, e che sarà occorso tempo considerevole perchè quel corno, col lento accrescimento delle formazioni epidermiche, raggiun- gesse un volume così rilevante. i NOTIZIE MALACOLOGIGHE RELATIVE ALLA FAUNA LOMBARDA COMUNICAZIONE del Socio NAPOLEONE PINI. (Seduta del 26 novembre 1876.) Nel volume VI degli Atti di questa società il distinto malaco- logo fu abate Giuseppe Stabile nel diligentissimo lavoro Mollu- sques terrestres vivants du Piemont annoverava a pag. 104 fra le altre specie la Vertigo Moulinsiana Dupuy e maravigliavasi come questa specie pressochè cosmopolita, non fosse, peranco stata rinvenuta nè nella regione cispadana del Piemonte, nè nella Lombardia. Per spiegare questo fatto egli esternava il dubbio che fosse. sfuggita sin’allora alle ricerche dei conchigliologi perchè la sua dimora fosse circoscritta soltanto a poche località le quali per avventura non fossero peranco state esplorate. Male infatti non si apponeva il chiarissimo autore colla fatta ipotesi poichè nè fino a quel giorno, nè posteriormente fin'ora, ch’io sappia, nessuno ebbe a raccogliere questa interessante specie in Lombardia, nè io stesso che da più anni vado esplorando di- ligentemente questo territorio fui più fortunato degli altri nostri malacologi. Verso la metà dello scorso mese di marzo l’egregio mio cor- rispondente signor Tommasi cav. Anselmo, esperto raccoglitore di conchiglie e malacologo appassionatissimo, mi spediva, fra le altre specie, diversi esemplari di una Vertigo colla determinazione di Anzivertigo Drap. , Come è mio costume, prima di ammettere nella mia collezione 494 N. PINI, quanto ricevo, volli fare la conoscenza intima di quanto gentil- mente mi era stato inviato dal predetto signore. La sensibile differenza di forma e statura della Vertigo in- viatami in confronto della vera Antivertigo Drap. mi pose tosto in sospetto trattarsi d’altra specie. Infatti dall'esame dell’aper- tura mi persuasi tosto non essere certamente gli esemplari ri- cevuti, appartenenti: alla Antivertigo, poichè in questa specie essa è sempre munita di sei lamelle o denticoli e qualche volta d’una settima, disposte 2 nel centro della convessità del penul- . timo giro di spira, 2 sul margine interno della columella ove alle volte se ne distingue una terza rudimentale, e per i 2 nel centro del palato. Anche la forma degli esemplari in esame differisce sensibil- mente da quella della specie presa a confronto, nella quale la spira volgesi molto più lentamente ed uniformemente e si com- pone di 6 a 7 giri, mentre nella specie ricevuta per Antivertigo la spira si svolge assai rapidamente negli ultimi due giri, l’ultimo dei quali eguaglia in lunghezza tutti gli altri 4, componendosi questa specie di soli 5 anfratti, ed essendo di e, assal più globosa. Oltre di ciò, il margine destro dell’ apertura negli esemplari presi a studiare offre un solco esternamente che dà luogo ad una depressione piuttosto sensibile colla convessità verso l’aper- tura. La statura poi è assai maggiore non solo della V. Antiver- tigo ma eziandio d’ogni altra specie di questo genere che vive da noi. L’apertura di questi esemplari è alquanto più ampia ed ob- bliqua che quella della Antivertigo ed è munita, nella maggior parte di quelli ricevuti, di sole cinque lamelle ed in qualcuno di una sesta, distribuite 2 sul centro del margine parietale piut- tosto immerse, 1 sulla porzione inferiore del margine columellare ed altre 2 nel palato; delle quali una è quasi perpendicolare alla lamella parietale, e l’altra in corrispondenza della depres- - sione del margine destro del medesimo. Qualche esemplare forse più adulto degli altri lascia scorgere una sesta lamella nella NOTIZIE MALACOLOGICHE RELATIVE ALLA FAUNA, ECC. 495 parte superiore del margine columellare assai immersa ed affatto rudimentale. Il complesso di questi caratteri specifici, il confronto colla figura che l’autore della Vertigo Moulinsiana presenta nel fa- scicolo IV, pl. XX, N. 11 della sua Histoire Naturelle des Mol- lusques terrestres et d’eau douce qui vivent en France, non che colla descrizione ch’esso dà a pag. 415 di questa specie; mi convinsero pienamente che gli esemplari avuti dal signor Tom- masi appartengono ad essa. Confrontati eziandio con esemplari avuti dalla Sicilia da me determinati or non è molto, colla scorta dei tipi esistenti nella collezione Stabile, che per quanto riguarda gli esemplari pro- venienti da Bex nel cantone di Vaud egli ebbe da Charpentier col nome di V. Charpentieri Shuttlewort; quelli provenienti da Versailles, da Baudon col nome di V. Moulinsiana Dup. e quelli provenienti da Serravalle Scrivia in Piemonte ebbe dal sig. conte Carlo Mella; vi corrispondono esattamente. Gli esemplari che mi furono inviati dal sig. Tommasi vennero da lui stesso raccolti in località umida nel fondo denominato Cavallara presso Castelgoffredo, circondario di Castiglione delle Stiviere, provincia di Mantova. È quindi messa fuori di dubbio l’esistenza anche in Lombardia di questa specie che chiamata da Dupuy col nome di Moulinsiana venne pure pubblicata da altri autori con nomi diversi come da Shuttehvort con quello di Charpentieri, in Kiister et Chemnitz edit. II. pag. 119, N. 134, tav. 16, fig. 41-43; da Kokeil con quello di levigata, in Galle- stein Conch. v. Kzrnthen pag. 80, non che quello di ventrosa da Heynemann in Malakologische Blitter tom. IX, pag. 11, tav. I, fio. 6-8. Pareva infatti strano ed inconcepibile come questa specie che vive i Svezia, Norvegia, Danimarca, gran parte della Germania, Francia, Tirolo, Svizzera e Piemonte non dovesse esistere pure in Lombardia che è paese posto fra questi ultimi e coi medesimi confinante; ma ora mercè la solerte diligenza del signor Tom- masi viene arricchita anche la nostra fauna di questa bella 496 ù N. PINI, quanto interessante specie; e mi è caro potergli esternare la meritata lode a cui di certo meco si associeranno di buon grado tutti coloro che amano il progresso degli studi malacologici e la conoscenza della fauna patria. Non devo però, per amore del vero, nascondere che nel vol. I fascicolo III del Bullettino della società malacologica italiana, il sig. Tommasi pubblicò un “ Catalogo di Molluschi terrestri e fluviatili viventi nel territorio di Castelgoffredo , nel quale a pag. 175 sotto il progressivo N. 47 è citata una Ver- tigo Antivertigo Drap. Se gli esemplari di cui il detto signore si è servito per la compilazione di quel catalogo corrispondono, come havvi ragione a credere, a quelli inviatimi come tali, si dovrà ritenere vivere in sua vece in quel territorio la Vert. Moulinsiana Dup., quando non vi viva, come è assai probabile, eziandio la vera Antivertigo Drap. Un'altra specie oltre ogni dire interessantissima per la fauna lombarda è il nuovo Pomatias rinvenuto da me or son pochi giorni in abbondanza sopra i monti della Presolana in Valle Seriana, nell’andare in traccia della Helix Hermesiana da me descritta negli Atti di questa società vol. XVII fasc. I; Poma- tias che venne pure rinvenuto sull’opposto versante dello stesso monte verso la Valle di Scalve, dal mio amico e corrispondente sie. Giovanni Battista Adami, dal quale venne comunicato è schedis a diversi malacologi sotto la denominazione di Pomatias Canestrinii. Ma essendo la sola specie che in Lombardia si scosti dalle altre straordinariamente, ed essendo bene caratterizzata per la forma speciale e la maggiore statura e per il luogo di ritrovamento, parmi sarebbe stato meglio distinguerla con nome che ricordasse la sua patria, come per esempio quello di: POMATIAS INSUBRICUM Qualunque sia però il nome che venga adottato, credo fare cosa grata agli studiosi dandone la frase specifica, NOTIZIE MALACOLOGICHE RELATIVE ALLA FAUNA, ECC. 497 Testa conico-clongata, angustissime rimato-subperforata, soli- diuscula, fusco cornea, opaca, uniformiter cinerascens pruinosa cet maculis omnino destituta, minutissime et obsoletissime sub lente undulato-substriata; apice obtuse acutiuscula, levi, mitente cornea, levigata; anfr. 10-11 vix converiusculis, regulariter lenteque cre- scentibus sutura parum impressa scparatis, superiores tenues, polti, cornei; ultimo prope aperturam albicante, ad insertionem labri laeviter subcarinato, in zonula albidula transeunte, sub ca- rina planulato. Apertura subrotundato-pyriformi, superne acute angulata; fauce flavicante brunnea, peristomate simplea subcontinuo, tenuiter re- flexo, crassiusculo, albo labiato, margine columellari auriculato atque impresso, marginibus tenui callo albido junctis. Operculum subrotundatum, oblique spiraliterque undulatum, cartilagineum, tenue, ct pellucidum. Alt. 14° a 16.7 Diam. 5" a 54/5." È il gigante di questo genere e la maggiore delle specie fin ora rinvenute sul nostro suolo. Nell’aspetto generale rassomiglia al Pomatias Patulum Drap. var. Henrice Strobel, ma è però specificamente ben differente dal medesimo tanto peri caratteri dell'animale come per quelli della conchiglia. Dei primi fece soggetto di particolare studio il benemerito nostro socio Ferdi- nando Sordelli, che vorrà fra non molto, io spero, renderne di pubblica ragione il risultato; non accennerò quindi di volo che quelli della conchiglia. Di consistenza assai robusta e di statura più che doppia del P. Henrice, Strob. raggiunge i 16” di lunghezza per 5 a 5 4/s di grossezza; è del medesimo più striato, benchè la striatura per la sua finezza non appaia che coll’aiuto della lente colla quale si scorge finamente ed obliquamente striato. La sua spira si compone di 10 ad 11 giri crescenti regolarmente nei primi sel, e più rapidamente negli altri che sono piuttosto piani, e la sutura è poco profonda. Il suo colorito è cinerino-roseo opaco quando è giovane, e cinerino-bruno pruinoso, come ricoperto di Vol, XIX, 82 498 N. PINI, un leggerissimo pulviscolo bianchiccio, allorchè è adulto; ma i primi due o tre giri di spira si mantengono sempre cornei e sono privi di striatura e levigati, mentre l’ultimo in prossimità dell'apertura nella parte dorsale è di un color bianco opaco. L'apertura di forma subrotonda è munita di un peristoma robusto, bianco porcellaneo, lucente, incrassato internamente e leggermente risvolto all’infuori, e negli esemplari adulti è soluto. Îl penultimo giro di. spira è in.corrispondenza all'attacco del margine esterno del peristoma alquanto piano, in guisa di dare origine ad una leggerissima carena ottusa che partendo da questo punto e dirigendosi all’ indietro verso il margine columellare divide per metà l’ultimo giro di spira segnando nel suo decorso una striscia bianchiccia. Il palato come l’interno della conchiglia è tinto in color fosco gialliccio più o meno intenso, mentre la columella si mantiene per tutta la sua lunghezza di un bianco porcellaneo. Il margine destro ed esterno dell’apertura sporge sul penul- timo giro della spira, mentre quello columellare giunto in pros- simità dell’ombilico forma un seno rientrante, in direzione po- steriore obliqua, nel margine del peristoma e ricopre quasi in- tieramente l'apertura ombilicale che è piccolissima. L’operculo di forma subrotonda è cartilaginoso, diafano, levi- gato, esilissimo, obliquamente e regolarmente segnato da sotti- lissime impressioni flessuose visibili solo coll’aiuto della lente. Questa conchiglia perde facilmente i primi due o tre giri di spira probabilmente perchè si staccano nel cadere dalle rupi calcari dolomitiche fra cui vive, come avviene di alcune specie di Clau- silia specialmente delle regioni meridionali, e della Stenogyra decollata Linn.j colla differenza che in quelle, tale circostanza si verifica nella pluralità degli individui, mentre in questa specie avviene solo parzialmente. È una specie eccezionale nel territorio lombardo e sembra as- sal circoscritta. ed isolata benchè non possa dirsi scarsa ove di- mora. Io la raccolsi in buon numero ad una elevazione di 1500 metri all’incirca, e gli esemplari comunicatimi dal signor Adami NOTIZIE MALACOLOGICHE RELATIVE ALLA FAUNA, ECC. 499. provenienti dalla Valle di Scalve sono perfettamente identici a, quelli da me raccolti nella Valle Seriana. Nel complesso è specie intermedia fra il Pom Arryensis St. Si- mon ed il Pom. Nouleti Dupuy, entrambe specie dei Pirenei e può considerarsi come il loro rappresentante nelle nostre mon+ tagne; come ebbi già ad accennare nel mio lavoro sui Molluschi viventi nel territorio d’ Esino pubblicato quest’ anno nel Bullet- tino Malacologico Italiano vol. II fase. II, pag. 110 nel quale erroneamente venne stampato P. Partioti in luogo di P. Nouleti. ‘Il rinvenimento di questa ed altre straordinarie specie sulle nostre Alpi lascia la lusinga che con nuove diligenti ed estese esplorazioni la fauna lombarda possa essere di nuovo arricchita per giungere fra non molto alla sua completa conoscenza. Milano, 10 ottobre 1876. ELENCO DEI LIBRI PERVENUTI IN DONO OD IN CAMBIO ALLA BIBLIOTECA SOCIALE NELL’ANNO 1876 PUBBLICAZIONI PERIODICHE DI SOCIETÀ ED ACCADEMIE SCIENTIFICHE Italia. Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino. 8°, 1875-76, Vol. XI, disp. 1-6. Bollettino meteorologico ed astronomico del R. Osservatorio della R. Università di To- rino. Torino, 1876, Anno. IX, X. Atti della R. Università di Genova. Genova, 8°, 1875, Vol. III. Effemeridi della società di letture e conversazioni scientifiche. Genova, 1875, 8°, Anno 1875, disp. 1, 5; Anno 1876, disp. 6. Rendiconti del R. Istituto Lombardo. Milano 1875-76, 8°, Vol. VIII, fase. 19, 20. Vol. IX, fasc. 1-17. Atti dell’ Accademia Fisiv-medico-statistica di Milano. 8°, Anno accademico 1876. Bullettino dell’ Agricoltura. Milano, 4°, 1875, N. 41-52, 1876, N. 1-51. Commentarii dell’ Ateneo di Brescia. Brescia, 1875, 8.° Anni 1875, 1876. Atti del R. Istituto Veneto. Venezia, 1875-76, 8°, Serie V, Tom. II, disp. I-IX. Atti dell’ Ateneo Veneto. Venezia, 1875, 8°, Vol. XII, punt. II-IV. Memorie dell’ Accademia d’ Agricoltura, Arti e Commercio di Verona. Verona, 1874- 1875, 8°, Serie II, Vol. 52, fasc. 1, 2; Vol. 53, fase. 1. Atti della Società Veneto-Trentina di Scienze Naturali. Padova, 1876, 8°, Vol. III, fasc. II. Atti della Accademia Olimpica di Vicenza. 1875, 8°, Vol. 7 e 8. Bullettino della Associazione Agraria Friulana. Udine, 1876, 8°, Nuova Serie, Vol. III» N. 11-12 (dic. 1875). Vol. IV, N. 1-11. L’Amico dei campi. Trieste, 1874-75, 8°, Anno X, N. 11, 12; Anno XI, N. 12; 1876, Anno XII, N. 1-10. Annuario della Società dei Naturalisti in Modena. Modena, 1876, 8°, Serie II, Anno X, fase. 1-3. Memorie dell’Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. Bologna, 1876, 4°, Tomo VI, fasc. 2-4; Tomo VII? fase. 1. i LIBRI IN DONO, ECC. DOL Atti della Società Toscana di scienze naturali. Pisa, 1876. 8°, Vol. I, fase. 3°, Vol. II, fasc. 1.° i Bollettino della Società entomologica italiana. Firenze, 1875-76, 8°, Anno VII, Trim. IV; Anno VIII, Trim. I-III Rivista scientifica pubblicata dalla R. Accademia de’ Fisiocritici di Siena. Siena, 1875, 8°, Anno VII, fase. IV-VI. Memorie della Società italiana delle scienze fondata da A. M. Lorgna. Firenze, 1869- 76, 4°, Serie IIT, Tom. II. Rendiconti della R. Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli. Napoli, 1875, 4°, Anno XIV, fase. IV-VI, 11, 12, Anno XV, fase. II-VIII. Atti della R. Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli. 1875, 4°, Vol. VI. stti del R. Istituto d’incoraggiamento di Napoli. Napoli, 1875, 8°, II Serie, Tom. XII, Relaz. 1875. Annali del Circolo Giambattista Vico. Napoli, 1876, 4°, punt. IV, Statuto. Il Picentino. Salerno, 1875-76, 8°, 1875, N. 11, 12; 1876, N. 1-4, 8-9. Giornale di scienze naturali ed economiche. Palermo, 1875, 49, Vol. XI, fasc. I-IV. Atti dell’ Accademia Gioentîa di scienze naturali in Catania. Catania, 1876, 4°, Serie III, Tomo X. Francia. Bulletin mensuel de la Société d’acclimatation. Paris, 8°, 1875, N. 12; 1876, N.1-10. Bulletin de la Société botanique de France. Paris, 8°, 1873, Tome XX, Index; 1874, Tome XXI, Session à Gap, Index; 1875, Tome XXII, Comptes-Rendus N. 2, 3, Revue bibliographique A-B. 1876, Tome XXIII, Comptes-Rendus N. 1-2, Revue bi- bliograph. C-D. Liste des membres de la Société botanique de France au 1ex Janvier 1876, Paris, 8°. Bulletin de la Société libre d’ Emulation, du Commerce et de V’Industrie de la Seine Inférieure. Rouen, 89, Années 1875 et 1876. Bulletin mensuel de la Société Linnéenne du Nord de la France. Amiens, 8°, 1876, T. III, N. 43-54, i Mémoires de la Société nationale des Sciences naturelles de Cherbourg. Paris, 8°, 2e Série, Tomes XIX-XX. 1 I Annales de la Société d’agricolture, histoire naturelle et arts utiles de Lyon. Lyon, 1874, 8°;°IV Série, Tome VII. Bulletin de la Société d’ Histoire naturelle de Toulouse. Paris, 1875, 8°, IX Annéo, 1874-75; X Année, N. 1-2. Société des sciences physiques et naturelles de Bordeaux. Bordeaux, 1875, 8.° Extrait des procès verbaux des Séances, 18 nov, 1875. Mémoires de la Société des sciences physiques et naturelles de Bordeaux. Bordeaux 1876, 8°,.II Série, Tome I, 2e-3e cahier. Mémoires de lV Académie des sciences, belles-lettres et arts de Savoie. Chambéry, 1875, 8°, III Série, Tome I-IV. Revue Savoisienne. Annecy, 4°, 1875, N. 7, 12; 1876, N. 1-11. 502 LIBRI IN DONO, ECC. . Belgio. Bulletin de V Académie royale des sciences, des lettres et des beaux-arts de Belgiqhe: Bruxelles, 8°, II Série, Année 43, T. XXXVIII; Annége 44, T. XXXIX. Mémoires de V Académie Royale des sciences, dés lettres et des beanx-arts de Belgi- que. Bruxelles, 4°, 1875, Tome XLI, I et II Partie. Annuaire de V Académie royale des sciences, des lettres et des beaux-arts de Belgi- que. Bruxelles, 12°, 1875, XLI et XLII Année. 7 Mémoires couronnés et autres memoires publiés par VAcadémie Royale des sciences, etc., de Belgique. Bruxelles, 1875, 8°, T. XXLV-XXVI. Mémoires” couronnés et méemoires des savants étrangers publiés par V Académie Royjalé des sciences, etc., de Belgique. Bruxelles, 1876, 49, T. XXXIX, I Partie. Bulletin de la Société roydle de botanique de Belgique. Bruxelles, 80; T. XII-XIV. Procès-verbaux de la Société malacologique de Belgique. Bruxelles, 8°, N. IV et V. Annales de la Société malucologijue de Belgique, Bruxelles, 8°, Année 1874, T. IX. Société entomologique de Belgique. Comptes-Rendus. Bruxelles, 8°, 1875-76, II Série; N. 19-31. Annales de la Société entomologique de Belgique. Bruxelles, 1875, 8°, T. XVIII, XIX; fasc. I, II. Inghilterra. Proceedings of the royal Society. London, 12°, Vol. XXII, N. 151-155; Vol. RETI, N. 156-163. Philosophical Transactions of the royal Society of London. 4°, Vol. CLXIV, Part II; Vol 'CLXV, Part.h The royal Society — 30th November 1874, London, 4.9 Proceedings of the scientific meetings of the zoological Society of London, for thé year 1875. London, 8°, Part II-IV. Transactions of the zoological Society of London. Londra, 1875, 4.°, Vol. IX, Parts IV-VII. Revised list of the vertebrated animals now or lately living in the gardens of thé zoological Society of London. London, 8.9 Palacontographicdl Society. London, 4°, 1875, Vol. XXIX; 1876, Vol. XXX. Svizzera. Verhandlungen der Schweizerischen naturforschenden Gesellschaft in Andermati, den 12, 13 und 14 september 1875. Luzern, 1876, 8°, 58€ Jahresversammlung. Bulletin de l’Institut national génevois. Genève, 1876, 8°, Tome XXI. Mémoires de la Société de physique et d’histoire naturelle de Genève. 1875-76, 49; Tome XXIV, II Partie. Bulletin de la Société des sciences naturelles de Neuchatel. 1876, |8°, Tome X, II cahier. LIBRI IN DONO, ECC. 503 Bulletin de la Société vaudoise des sciences naturelles. Lausanne, 1876, 8°, II Série, MolxlV, N. 76. o Mittheilungen der naturfoschenden Gesellschaft in Bern aus dem Jahre, 1875. Bern, 1876, in 8°. Vierteljahrschrift der Naturforschenden Gesellschaft in Ziirich. 19 Jahrg. 1874; 20 Jahrg. 1875. Zurich, 12.0 Jahresbericht der naturforschenden Gesellschaft Graubiindens. Chur, 1876, 8°. Nene Folge, XIX Jahrg. Vereinsjahr 1874-75. Germanià. Zeitschrift der deutschen geologischen Gesellschaft. Berlin, 1875, 8°, XXVII Band, II Heft (Juli-September 1875); XXVIII Band, II Heft. Schriften der physikalisch-vekonomischen Gesellschaft zu Konigsberg. Kinigsberg, 1873-75, 4°, XIV Jahrg. 1873 Abhandl. I, II, XV-Jahrg. 1874 Abb. I. II XVI Jahrg. 1875. Verhandlungen des botanischen Vereins der Provina Brandenburg. Berlin, 1875, 8°, Jahrg. XVII. Archiv des Vereins der Freunde der Naturgeschichte in Mecklenburg. 29 Jahrg. Neubrandenburg, 1875, 8.0 | Sitzungberichte der naturwissenschaftlichen Gesellschaft Isis: in Dresden. Dresden, 1875-76, 8°, Jahrg. 1875; Jahrg. 1876 (Januar bis Juni). Sttzungsberichte der physikalisch-medicinischen Societit zu Erlangen, 1875, 8°, VII. Heft (November 1874 bis August 1875); 8°, Heft. Notizblatt des Vereins fiir Erdkunde. Darmstadt, 1675, 8°, III Folge. XIV Heft. Jenaische Zeitschrift fiir Naturwissenschaft. Jena, 1875, 89, Band III, III-IV Heft. PH (Band, I-It Supplement-Hoft. Verhandlungen der physikal.-medicinischen Gesellschaft. Wiirzburg, 1875, 8°, IX Band I-IV Heft. X Band, I-II Heft. Wiirtembergische natiirwissenschaftliche Jahreshefte. Stuttgart. 1876, 8°. Jahrg. 32, Hefte I-II, Bericht iiber die Senkenbergische naturforschende Gesellschaft 1874-75. Frankfurt aa. ,M., 1876, 80. 53er Jahres-Bericht der Schlesischen Gesellschaft. Breslau, 1876, 80, Sitzungsberiehte der mathem.-physikal. Classe der K. buyer. Akademie. Minchen, 1875, 8°; Jahrg. 1875, Heft III; Jahrg. 1876, Heft 1-2. Abhandlungen der mathem.-physikal. Classe der K. bayer. Akademie. Minchen, 1875, 40, XLIV Band. I-II Abtheil. (XII Band der Reihe). Dreiundzwanzigster Bericht des Naturhistorischen Vereins in Augsburg. 1875, 8.0 Correspondenz-Blatt des zool. mineralog. Vereines in Regensburg. 1875, 8°, 29, Jahrg. IDE. | Abhandlungen des zoologisch.-mineralog. Vereines in Regensburg. Mùnchen, 1875, 8°, X Heft. Austria-Ungheria. w Verhandlungen dev K. K. zoologisch-botanischen Gesellschaft in Wien. Wien, 1876, 8°, Jahrg. 1875, XXV Band. 5O4 LIBRI IN DONO, ECC. Festschrift 258 Bestehens der K. K. SEDUTA DEL 29 APRILE 1877. Vengono inoltre eletti i signori: SALMOIRAGHI ing. FRANCESCO a Vice Segretario. BeLLOTTI nob. dott. CRISTOFORO ni 2088 a Consiglieri d’ Ammin. CrIvELLI march. LUIGI . i F. SoRpELLI, Segretario. BILANCI 24 (Allegato A) BILANCIO Dal 41.° Gennajo. Attività. 1 | Esistenti in cassa al ristretto conti al 1° gennajo 1876. L. || 3048 | 92 2: | Interessi “eno La e RIS I O II 100 | — 3 | Importo N. 26 quote arretrate, cioè: N... 1 quota 187400... 0088 ee Liegi "i nagza tea Rito E po CR AIN AC 5 201 IACIRTART (E /A E ; Totale L. 520 —|| 520 | — 4 { Importo di N. 98 quote 1876 a L.20 |... QI: Di |-Ricavo rimborso copié.a parte .. . 0. ee 78 | 25 6 | Ricavo vendita Affi e Memorie. |... 92 | 40 Totale attività. . L..||\5100N00, Passivo da dedursi , || 2993 | 53 Rimanenza attiva a pareggio L. | 2806 | 04 _—____.o lr ——!" 25 ONSUNTIVO. | 54 Dicembre 1876. Passività. 1 | Al tipografo Bernardoni per stampa Atti e Circolari L. A Ronchi per lavori di litografia DI Al librgjo Hoepli per somministrazioni librarie e porto libri . e benna zd'por:porto libri. o .. . .4.. 5 A Tito Vespasiano Paravicini per disegni in litografia , A Bergomi Andrea ajuto alla Segreteria. . . . . , 4 a) 6 | A Colombo Ettore ajuto alla Segreteria. . . ... , 7 8 |A Bertotti Pietro per lavori litografici . . ./. . » 9 | A Pietro Dall’Olio litografo a Parma . ui: 10 | Spese d’Amministrazione, posta, Segreteria e porto libri , 11 | Allegatore Sordelli. 12 | Stipendio agli inservienti . CI Lp tti ye = x " Totale delle passività L. 26 (Allegato 5) BILANCIO PREVENTIV Attività. 1 | In cassa al ristretto conti al 1.° gennajo 1877. . .0 L.|] 2806 | 0. 2! Importo di N. 16 quote 1875, Site Le Ae 320 | — 5° on 640 ST 1876 eso i Importo di N. 150 quote 1877 a L.20. . . . . » || 3000 | — Rimborso presumibile per copie a parte. . . . . » 100 | — Ricavo presumibile per vendita Atti e Memorie . . > 60965 __— L. || 7566 | 0 BERGGSANNO 1377. SJ VOLE CINI pi Passività. Stampa Atti e Circolari. Stampa Memorie Spese per litografia. Spese di cancelleria, porto, Segreteria Ajuto alla Segreteria . . . 4. Agli inservienti . Per legatura libri . DI Le|}t800 agg 0004 = JO0dS— 100 | — EL. 4390 — Attività a pareggio L. || 3176 | 04 —— L. || 7566 | 04 Tse - 6-1 =T=—_— DEI MERITI SCIENTIFICI DEL DEFUNTO SOCIO PROF. COMM. PAOLO PANCERI discorso letto nell’ adunanza 22 aprile 1877 DAL DOTTORE PIETRO PAVESI L’amore per gli studi e gli studiosi, #per le nobili arti e per la patria, è pur dolce sentimento che conforta e sostiene nelle tempeste della vita. PANCERI. Al pari di molti sodalizii scientifici d’ Europa, il nostro ha fatto una recente gravissima perdita in PaoLo PANCERI, mila- nese di nascita, dottore in medicina e professore di anatomia comparata nell’ Università di Napoli, dove morì quasi repenti- namente la notte dell’ 11 marzo 1877, innanzi il 44° anno. L’inattesa ed infausta notizia si sparse come lampo e com- mosse tutta Italia, da ogni parte della quale s’ udirono spontanee manifestazioni di cordoglio. Altri si è presa o si prenderà la cura. di scrivere acconcie biografie dell’illustre estinto; ma non può aprirsi questa prima seduta della Società dopo la di lui morte, senza che ne venga ricordata la memoria; ed a me, come a discepolo ossequente ed affezionatissimo, come ad intimo suo amico, Vi prego di concedere il tesserne un elogio scientifico, breve, direi quasi improvvisato, ancora sotto il peso della grande sventura. PANCERI fu tra i primi ad entrare nel novero dei soci, non appena assistente alla cattedra di zoologia nell’ Università di Pavia, cioè fino dal 4.° aprile 1860; e le nostre pubblicazioni si fregiano di alcuni suoi lavori. P. PAVESI, DEI MERITI SCIENTIFICI DEL PROF. P. PANCERI. 29 La Memoria sul coloramento dell’ albume d’ uovo di gallina e dei crittogami che crescono sulle uova, che conserviamo negli Atti e fu letta nell'adunanza d’agosto dello stesso anno, è molto interessante, sia pel fatto in sè stesso, come per la dimostrata possibilità del passaggio di crittogame attraverso gli involucri dell'uovo, per applicazioni nell’ ardente lotta sulla generazione spontanea, cui certo egli non ha mai creduto di prestare appog- gio. Nè lasciò più sfuggirsi le occasioni di ripetere queste sue ricerche e dilucidarle, poichè tredici anni dopo in Cairo, esa- minando un uovo di struzzo, lo vediamo scoprirvi e studiare ancora il micelio bruno di una mucedine sulla membrana testacea, ciò che prova essere il fenomeno assai più comune ed esteso di quanto sì pensi. Nella seduta dell’ aprile 1861, comunicò altre sue osser- vazioni sopra la malattia allora dominante dei gamberi, in- torno alla quale, poco tempo prima, il nostro egregio presidente Cornalia aveva chiamata l’ attenzione. Con la Nota sulle va- ginicole parassite dei gamberi comuni, inserita pure negli Atti, venne quindi a provare come le branchie del crostaceo fossero coperte da infusorii del genere Cothurnia di forme diverse; i quali per tanto furono accusati di essere principio dell’epidemia, per l'ostacolo meccanico e chimico che oppongono alla respi- razione dell’animale, su cui vivono parassiti. Nel 1867 mandò alla Società un importante studio sopra un Alciopide parassitico della Cydippe densa, che forma parte delle nostre Memorie, scritto insieme col chiarissimo suo amico professore E. R. Claparède di Ginevra. Pari d’ingegno, corsero entrambi gloriosa carriera e sacrificarono la vita alla scienza, non prima però di essersi fortunatamente incontrati a fare, alle stesse spiagge, osservazioni simili, che completarono a vicenda. Essi poterono seguire lo sviluppo di quegli elegantissimi vermi pelagici dal corpo di cristallo, che sono le alciopi, e ne trova- rono parassiti nei canali gastro-vascolari d’ un beroideo; per la quale forma crearono un genere nuovo. Fu questo il primo caso di endoparassitismo fra gli anellidi, osservato poi per altre larve di alciopine dal prof. Buchholz e confermato dal PANCERI anche in una EAynconereella. . Finalmente volgono appena due anni che il compianto nostro 30 P. PAVESI, collega ci presentava per gli Atti, col suo Catalogo degli Anel- lidi, Gefireù e Turbellarie d’ Italia, il più esteso che abbiamo su tal gruppo di animali nostrali, di compilazione penosissima, ma guida preziosa per chi volesse qui da noi riprenderne lo studio. Pei vermi egli ebbe sempre una particolare predilezione: ne raccolse, studiò e descrisse ovunque si trovasse, e la sua ultima Memoria, letta il 2 dicembre 1876 alla R. Accademia di Napoli, tratta ancora di nuove forme di nematodi marini. Ma i lavori sullodati sono ben lungi dall’ offrire un’immagine della sua straordinaria operosità. Residente in Napoli, membro ed anche presidente di varie Accademie ed Associazioni, ha in- ‘ serito altrove i maggiori suoi studii; ha portato lo scalpello anatomico, il microscopio, i suoi talenti, si può dire, su animali di quasi tutte le classi. Né ha trascurata l’antropologia, poichè illustrò una. mummia peruviana del Museo nazionale di Napoli; durante i recenti viaggi in Egitto, ad onta della malattia che lo travagliava e l’obbligò a cercarvi aure più miti, fece osservazioni sulla sutura frontale negli Arabi, e sulle operazioni che si praticano ai pu- dendi delle donne di qualche popolazione dell’ Africa intertropi- cale; pubblicò poi altri studi sui famosi due Akka del venerando Miani, ch’ egli stesso condusse in Italia per presentarli a S. M. Vittorio Emanuele da parte del Vicerà d’Egitto, e conferì il 4. giugno 1876 sulle razze umane in genere e particolarmente sulla vita e perfettibilità della nera. Fino dal 1858 scrisse un rapporto sull’anatomia della giraffa, scoprendovi una particolare glandola faringea, conformazioni spe- ciali ed assenza di certi altri organi, e valvole disposte a coppie nelle vene giugulari. Nel 1873 notò la disposizione e lo sviluppo delle glandole molari nel dromedario; e l’anno seguente un caso di fecondità in una mula, coperta da un asino e che partorì un feto, che egli chiamò Onomione, per distinguerlo dai Mionippi, pure ibridi di secondo grado, ma con padre di specie cavallina, aggiungendo parecchie considerazioni sugli ibridi del genere Equus. Col dottor Gasco, uno dei suoi coadiutori, imprese e pubblicò le esperienze con le naje, le cerasti e le vipere delle Piramidi, per dimostrare gli effetti del veleno sui mammiferi, uccelli, ret- tili e sopra di lord medesime; e ritornò più tardi sulla resi- DEI MERITI SCIENTIFICI DEL PROF. P. PANCERI. SU stenza che oppongono l’icneumone faraonico ed altri carnivori al veleno di siffatte serpi. Esperienze condotte con mirabile dili- genza, difficili, pericolosissime, spaventose, che fanno rabbrividire al solo pensiero che questi due arditi investigatori fossero, per più mesi, ad un punto di finire come Cleopatra. Ottenne negli acquarii del suo gabinetto la metamorfosi di un axolotl in Amblystoma, e scrisse in proposito alcune Note, fa- cendo rilevare anche gl’importanti problemi, che attendono tut- tora la soluzione, ed illustrando l’argomento per via di confronti con altri animali, che, come questi, presentano doppia forma sessuale. Già quand’era studente in Pavia s’occupò del siluro e dei pesci elettrici in generale. Riprendendo più volte di poi lo studio dei pesci, vide nel 1867 l’entrata degli spermatozoi nelle ova del bran- chiostoma con un metodo proprio di fecondazione artificiale; nel settembre del 1873 descrisse l’albinismo di due Heterobranchi o Clarias anguillaris, comperati da lui medesimo in Cairo, fatto che si presenta rarissimo nel pesci e non mai citato in questa specie. Egli lo spiega per la mancanza di luce, supponendo che tali individui fossersi introdotti dal rigonfiato Nilo, per crepa- ture anfrattuose, in labirinti sotterranei, dove avessero dimorato a lungo e d’onde riuscissero poi al fiume dopo il ritiro delle ac- que. Intorno al medesimo pesce, già rimarchevole per la strut- tura dell'apparecchio respiratorio, scrisse poco dopo di una molto singolare conformazione dei testicoli, non solo pel margine esterno digitato, ma più ancora per essere prolungati a modo di due na- stri, muniti di lunghe appendici, come non si osserva forse che in pochissimi altri vertebrati. La sua Memoria ittiologica più considerabile è tuttavia quella sulla Cephaloptera Giorna, scritta insieme col coadjutore Leone De-Sanctis, attualmente professore all’ Università di Koma. La parte trattata dal PANcERI riguarda l'apparecchio respiratorio, il bulbo. dell'arteria branchiale ed una rete mirabile celiaca. L’at- tenzione è sopratutto chiamata su certe appendici fogliettate, che egli denomina prebranchiali, perchè precedono le branchie di questo plagiostoma e in parte le ricoprono e le seguono, e che dimostra con ragioni anatomiche non essere organi di respira- zione, bensì destinati a dividere la faringe dalle ampie cavità respiratorie e a distribuire l’acqua alle vere branchie, 32 P. PAVESI, Quanto ai molluschi e molluscoidi abbiamo di lui due noterelle di antica data sulle differenze nell’ apparecchio riproduttore di specie assai affini di elici e sul braccio ectocotiliforme dei cefa- lopodi; e parecchi recenti lavori intorno alle terminazioni ner- vose esterne dei rinofori della Carinaria, alla struttura e signi- ficato del proventricolo dei pettinibranchi, del diverticolo esofageo e dell'organo di Delle Chiaje del Dolium e di una glandola im- pari del Conus mediterraneus, che non è venefica, come dimo- strò per l’aulicus il comandante Belcher; non che interno alla struttura del mantello comune e del sistema muscolare sociale del Pyrosoma, con schiarimenti sul suo sviluppo. Di più grande valore sono però i suoi studii e le sue scoperte sulla secrezione dell’acido solforico, preannunciata dai chiar. Tro- schel e Giovanni Miiller nel Dolium galea e che il PANCERI con- statò poi in altri gasteropodi prosobranchi ed opistobranchi, toc- cando tutte le quistioni anatomiche, fisiologiche e chimiche, che sì riferiscono all’ argomento. In diverse Note ed in una estesa Memoria, pubblicata negli Atti della R. Accademia di Napoli, dimostrò che nel Dolium e specie affini le glandole dell’acido solforico costituiscono il lobo maggiore delle salivari, differente per struttura tubolare, i cui tubi, cinti da fibre muscolari e da una rete di vasi capillari, contengono cellule a protoplasma omogeneo; invece nei pleuro- branchi e simili la glandola è diffusa, i tubi sono numerosi nelle lacune della cavità del corpo, mancano dei capillari e con- tengono cellule a protoplasma granelloso, nelle quali però è una vescicola di secrezione a contenuto omogeneo. L’acido solforico è assai probabilmente il prodotto della de- composizione dei solfati del mare, elaborati nella glandola. Esso viene mandato fuori e non deglutito dall’animale, non ha ingerenza alcuna nella funzione digestiva, non serve per traforare le roccie od il guscio calcare di altri animali, perchè i molluschi prov- veduti di tale secrezione non sono perforatori, nè serve per di- fesa come fenomeno diretto; insomma l’acido solforico è forse soltanto il caput mortuum del movimento chimico dell’organismo in questi molluschi, parimenti che in noi l’ urea ed i sali del- l’orina. Rispetto agli altri animali inferiori, oltre le Memorie sopra DEI MERITI SCIENTIFICI DEL PROF. P. PANCERI. 309 ricordate, il prof. PANcERI esperimentò sull’azione del veleno ed investigò la struttura degli organi relativi nella Mygale olivacea e nella Tarantola di Puglia, concludendo che “il celebre falan- gio è minor di sua fama e non molto dissimile negli effetti dai ragni affini ,. Nel 1858, insieme col chiar. Cornalia, scopriva già nella laguna veneta e ritrovava nel golfo ligure un nuovo genere di crostacei parassiti, la Gyge branchialis, che fu |’ 0g- getto di una monografia zoologico-anatomica, con tutta la sto- ria genetica dell’animale e le sue affinità. sistematiche, vero mo- dello in tale sorta di lavori. Descrisse nuove specie di Polynoe, nuovi generi di polipi; pubblicò su Cestodi, sulla Cavernularia ed altri due pennatularii nuovi pel Mediterraneo o pel golfo Parte- nopeo, su di una forma non per anco notata negli zooidi delle pennatule; fece una lettura pubblica e diede alle stampe una dissertazione interessantissima sul corallo, considerato dai punti di vista -zoologico ed industriale, in occasione della Mostra. in- ternazionale marittima tenuta in Napoli nel 1871, dove la storia del corallo occupava un posto eminente. Ma l'argomento che il PanceRI ha prescelto in questi ultimi tempi e più profondamente trattato, in cui fu più originale e per cui si levò in grido di naturalista. insigne, è quello della fosforescenza di gran numero di animali marini, che o non si sapevano luminosi, o non si conosceva il come e per quali or- gani lucessero, ad onta degli studii di Viviani, Spallanzani, Ehren- berg, Phipson, Quatrefages e d’altri molti. Oltre all’aver parlato di alcuni casi di fosfuria e sudore fos- forescente nell’ uomo, il nostro egregio collega si preparò an- zitutto il terreno col descrivere il brillantissimo fenomeno presen- tato dai Trachypteri dopo la morte, che lo condusse a ritenere essere il grasso e non altro che il grasso la sede della fosfore- scenza. Poi ampliò di continuo le sue ricerche sulla luce e sugli organi luminosi in parecchi anellidi, nei molluschi, nei piroso- - mi, nelle ofiure, nelle meduse, nelle campanularie, nelle beroe, nelle pennatule; e studiò anche la luce emanata dagli occhi di una specie di farfalla, che però ripete la causa da un fatto fisico di riflessione e non fisiologico. Nel chetottero variopedato trovò luminosi i tentacoli, spesso soltanto in parte, le pinnule del primo pajo di piedi della re- o Vol. XX 3 54 P. PAVESI, gione media del corpo, alla base delle quali esistono due grandi glandole fosforescenti, la borsetta a mezzo il corso dell’ intestino epatico, il margine o tutta la superficie delle tre tasche bran- chiali, porzione dei rami di tutti i piedi della regione posteriore dell'animale; nel balanoglosso, alcune cellule in forma di botti- glia dell’epitelio cigliare; nei policirri, nelle Odontosyllis e nelle sillidi in genere, glandole unicellulari del tegumento, in parti- colare dei cirri. In tutti, le glandole contengono goccioline di un liquido giallo, che ha i caratteri del grasso. Le polinoe invece lucono soltanto nelle elitre labilissime, che presentano fiocchi di ramoscelli nervosi, i quali appunto furono creduti dal Panceri la sede della fosforescenza, come già egli prima aveva dichiarata illuminazione nervosa quella di un pic- colo mollusco pisciforme, cui Péron diede nome di PhyMWirkoe bucephala. Lungo i rami nervosi, che si distribuiscono alla super- ficie del corpo di questa, notansi rigonfiamenti, che 1’ autore chiama cellule del Muller, a grossi contorni e contenenti un corpo sferico, rifrangente, giallo; senza dubbio è questa la ma- teria illuminabile, che anche in tal caso è associata alla nervosa. La luce delle foladi, conosciuta da tempi remotissimi, non è secrezione fluida, nè un muco luminoso di tutto l’esterno, ma pro- viene, come ha dimostrato il PAncERI, dal margine superiore del mantello, da due aree triangolari sporgenti nella base del sifone anteriore e da due altri corpi paralleli, come fossero cordoni, lungo il sifone medesimo. Queste parti sono costituite dal tessuto con- nettivo e tappezzate da un epitelio cigliare, le cui cellule presen- tano il solito nucleo granelloso di grasso. Anche nel pirosoma, il celebre tunicato, che i marinari dicono lanterna ed in atto di splendore sembra un cilindro incandescen- te, i veri organi della fosforescenza non sono quelli creduti da altri per tali. Certamente constano di due ammassi di cellule alla base del collo di ciascuna ascidia, non protetti da speciale membrana, le quali offrono un contenuto omogeneo, trasparen- te, un po’ gialliccio, rifrangente, che si comporta nel solito modo. L'opacità dei tessuti, impregnati di calce, impedì al professore di Napoli di studiare la sede della luce nelle ofiure. Però nel- l Amphura squamata, egli potè almeno concludere che le cose vanno diversamente di quanto disse il Quatrefages, vale a dire DEI MERITI SCIENTIFICI DEL PROF. P. PANCERI. 3D che non vi è una fosforescenza muscolare, ma che essa si osserva appena in coppie di aree limitate delle braccia, presso al punto d’onde escono i pedicelli e resta indipendente dal divellersi del- l’animale. Per riguardo alle meduse, il PANCERI diresse principalmente le sue ricerche sulle pelagie e le cunine; e trovò essere sede della fosforescenza nelle prime la parte esterna del corpo e gli organi interni, nelle seconde. non mai il disco, ma solo i ten- tacoli e quel velo che pende sotto il loro verticillo; in entrambi i casì essa è dovuta all’ epitelio con granulazioni rifrangentissime e gialle. Studiando poi anche le forme idroidi, e precisamente le campanularie, scoperse che i fenomeni luminosi si verificano tanto nei polipetti quanto negli steli, e hanno origine dalle cellule del- l’ectoderma. La luce splendidissima dei beroidei, già manifesta negli em- brioni, come in quelli dei pirosomi, deriva pure da una materia particolare gialliccia, chiusa in microscopiche vescicole, che cir- condano i grossi tronchi gastro-vascolari delle coste nelle beroe ed anche il vaso marginale inferiore nel Cinto di Venere. Finalmente le Penne di mare s’illuminano nel gambo e nel vessillo per la presenza di otto organi fosforescenti o cordoni, i quali aderiscono alla superficie esterna dello stomaco dei po- lipetti e degli zooidi o polipi rudimentari, e si continuano in ciascuna delle papille boccali. Essi sono costituiti da cellule, con- tenenti una sostanza che ha pure le proprietà delle materie gras- se; nella Pennatula phosphorea il nostro professore trovò di più una sostanza minerale, bianca, granellosa, indeterminata. Insomma per riassumere i suoi studii sugli organi di fosfore- scenza, non puossi far di meglio che riportare la conclusione enunciata dal PAncERI medesimo all'Accademia di Napoli nell’a- dunanza del 2 settembre 1876, quasi presago di prossima fine. “ Come nelle Foladi, egli dice, nei Pirosomi, nelle Filliroe, negli Anellidi, del pari che negli Insetti luminosi, gli organi fosforescenti sono masse cellulari provenienti dallo strato esterno del blastoder- ma, cioè o epiteliv semplici 0 nevro-epiteliù o epitelii trasformati in parte in glandole unicellulari a prodotto luminoso, ovvero an- che masse epiteliali sottocutanee o sottocuticolari, così nelle Me- duse e neì Sifonofori, come anche nelle Campanularie, VP organo 36 P. PAVESI, luminoso non è soltanto una parte dello strato esterno, ma tutto quanto questo strato, le cui cellule reagiscono alla diretta eccita- zione collo illuminarsi, qualunque sia l aspetto, 0 sia per essere chiarita la natura del movimento chimico del loro contenuto. Nelle Pennatule e nei Beroidei le masse cellulari luminose sono in re- lazione con le vie digerenti, e quindi più profonde. , La parte sperimentale e fisiologica dei suoi lavori sulla fosfore- scenza non fu meno copiosa di risultati importantissimi. Anzitutto da lui venne formalmente dichiarato che “gli animali marini non lucono mai spontaneamente, ma esclusivamente in forza della stimolazione e quindi in nessun caso in modo continuo ,. Onde ancora a parer suo “la credenza di alcuni naturalisti che la luce degli idroidi serva a diradare le tenebre delle grotte marine, ove sogliono scegliere la loro dimora, è certamente poetica, al par di quella del vecchio marinaro della canzone di Coleridge che vedeva le anime dei naufraghi nelle scintille notturne del mare spumante ,. i Questi stimoli ad illuminarsi, negli animali marini tentati dal PANCERI, sono meccanici, fisici e chimici. Diffatti l’urto, la com- pressione, lo sfregamento bastano per determinare la luce. Il calore non ha in generale grande influenza, ma talora la ec- cita, poi la rende permanente fino ad un certo grado di tempera- tura: la corrente elettrica è senza effetto in alcuni casi, applicando gli elettrodi sull’esterno dell'animale, che è troppo spesso cattivo conduttore, però, potendo agire direttamente sulla materia fo- togenica, sl ottiene luce ad ogni chiusura di circolo: la luce so- lare e persino la lunare esercitano talora un'influenza rimarche- vole (sopratutto nei beroidei e fatta eccezione dei pirosomi) sulla fosforescenza, che è temporariamente ammorzata e non ritorna a farsi palese se non dopo qualche tempo che l’animale è posto nell’oscurità. Tutti gli animali marini fosforescenti subiscono egualmente l’a- zione dell’acqua dolce, la quale consiste nel rendere fissa la luce e persino nel ravvivarla se spenta, come avviene talora con l’ammoniaca. Del pari l’alcool, l’etere, la soluzione di potassa e d’ammoniaca prima stimolano la luce e poi la estinguono non appena il reattivo è giunto in contatto della sostanza fotogenica, mentre gli acidi energici la spengono prontamente. Anche l’aria DEI MERITI SCIENTIFICI DEL PROF. P. PANCERI. 37 e l’ossigeno eccitano e mantengono viva la luce perfino a putre- fazione dell’animale, come in particolare Panceri ha provato nelle foladi; al contrario l’acido carbonico la estingue. Le quali cose danno a credere che il fenomeno luminoso sia un fenomeno di ossidazione della materia lucente, tanto è vero che questa s'illumina anche tolta dall’ animale, così nelle foladi che nelle pennatule. Ma l’ossidazione o le reazioni chimiche, che ma- nifestansi negli organi fosforescenti, sono accompagnate soltanto dalla luce, in sostituzione del calore, poichè non s’ è mai verifi- cato, durante la fosforescenza, un aumento di temperatura apprez- zabile con qualunque mezzo di cui dispone la termometria e nem- meno collo stesso delicatissimo apparecchio di Melloni. Ecco una nuova e splendida conferma della equivalenza delle forze fisiche. I diversi modi di eccitazione su punti differenti del corpo, spe- cialmente nei pennatulari, rendono visibili, sotto forma di cor- renti luminose, la sua direzione e velocità di propagazione. Queste correnti sono ascendenti, discendenti, convergenti o divergenti, sfuggenti sempre dallo stimolo; e nelle pennatule assai più lente della eccitazione motrice dei nervi della rana, del ratto e del- l’ uomo, impiegando 10'—11’' a percorrere lo stesso spazio che quest’ ultima percorre in 1°, ed è 160 volte più piccola di quella constatata nei gatti ubbriachi. Finalmente PANncERI trovò quasi sempre che il colore della luce di fosforescenza è l’azzurro vivace, che comparisce verde a chi abbia l'occhio impressionato da altre luci; soltanto in un beroideo, cioè nella Bolina Ribernica, vide che tende al giallo. Analizzata allo spettro, dà una sola fascia, similmente a quella delle luci monocromatiche, posta tra le linee £, F. Nè a questo sarebbesi egli arrestato; prometteva già di oc- cuparsi di studiare quali fossero gli organi, che in talune spe- cie di meduse, punto lucenti alla superficie dell’ombrello, appa- riscono a modo di lumicini intorno al margine del medesimo. Anzi mi diceva sempre, allorchè avevo la fortuna di assistere alle sue esperienze e di ajutarlo nelle sue ricerche, i cui risultati potrei confermare, che non avrebbe mai lasciata la questione della fosforescenza prima di sviscerarla completamente, per quanto gli fosse possibile. Questa massa ingente di opere, scritte dal 1853 al 1877 è ' » 38 P. PAVESI, sempre corredata da tavole, che PANCERI medesimo con rara maestria disegnava, sopratutto le cromolitografiche, le quali sono di una bellezza e verità sorprendente; e va accresciuta di tutti i sunti che l’autore soleva scrivere quasi ex-novo pei Rendiconti dell’Accademia di Napoli, per il Bollettino dell’Associazione dei naturalisti e medici e via dicendo. I più importanti si trovano tradotti o compendiati anche nell’ Institut, nei Comptes Rendus, negli Annales des sciences naturelles di Parigi, negli Archives di Ginevra, ecc. Dal complesso di codesti lavori spicca l’indole del fisiologo, non meno di quella dell’ anatomico, che abbia sodi fondamenti di zoologia; così a buon diritto possiamo considerare il nostro PaoLo PANCERI degnissimo continuatore ed emulo di Delle Chiaje a Napoli, e noverarlo fra i più illustri di quella scuola di Pavia, che diede i Panizza, i Rusconi e i De-Filippi, riveriti sempre ancora come maestri in tutto il mondo. Vedesi quanta sagacia nelle indagini più astruse, quanta profondità di dottrina, quanta larghezza di vedute e forza continua di sintesi egli avesse, e come andasse guardingo nel trarre le conclusioni, memore sempre, come lasciò scritto, di quella celebre sentenza “essere difficile l’osservare con finezza e precisione, ma essere ancora più diffi- cile il non dedurre, da quanto si è veduto, più di quanto la osservazione stessa contiene ,. Il che viene a cappello per dire, a chi non avesse discusso secolui intorno alle moderne teorie della trasformazione delle specie, com’egli vi era tutt’altro che favorevole. Alcune sue frasi .lo mostrano ad evidenza. Discorrendo della mefite e dell’icneu- mone, così si esprime “ È molto probabile che quelli fra gli odierni naturalisti che sogliono collo appoggio di pochi fatti trovar le ragioni di tutto, felici di aver conosciuto le cause delle cose, facilmente si acconterebbero nella credenza che in tanto è possibile la vita della mefite nei deserti di Libia e dell’ icneu- mone nei campi egiziani, in quanto resistono alla Naja l’uno e alla Ceraste entrambi, senza di che la loro specie sarebbe stata distrutta chi sa da quanti secoli. Noi però avendo estese per quanto potemmo le osservazioni, ci permettiamo di domandare perchè poi sia avvenuto che la volpe, la quale vive tanto nei de- serti con la mefite, come nei campi in compagnia dell’ icneumone, DEI MERITI SCIENTIFICI DEL PROF. P. PANCERI. 39 al pari del cane, soccomba all’azione di questi veleni, e ciò non ostante la stirpe sua non sia scomparsa ». E recentissimamente, a proposito di quei nematodi singolari, di cui costituisce una nuova sezione dei loricati, è più esplicito col dire “ Non man- cheranno certo zoologi che vedranno negli Echinoderi, crostacei degenerati, ovvero, nematodi perfezionati; io, a rigore di logica, non so veder altro che nematodi, i quali hanno il corpo cata- fratto e diviso allo esterno in anelli, come già lo hanno altri nematodi, e gli annulosi in generale e gli armadilli fra i mam- miferi, le loricarie fra i pesci, i chitoni fra i molluschi, senza sentire esigenza di farmi garante di discendenze e parentele, che non si saprebbero dimostrare ,. Però nella sua lealtà e moderazione “ lasciando liberissimo il campo delle credenze , riconosce i vantaggi che i libri di Dar- win hanno portato e vorrebbe soltanto che quei dati di fatto, sopra cui venne poggiata la teoria, fossero “per sicurezza mag- giore ridiscussi in appello, in omaggio a Galileo, il quale voleva che quello che si asserisce venga provato, e che quello che è provato resista alla riprova ,. | Infine non vuolsi tacere che PANCERI non era soltanto un uomo dottissimo in materia speciale, ma possedeva una vasta coltura generale. Aveva cognizioni di fisica e chimica assai più che l’ e- sigesse la natura delle cose, s’interessava d’ogni scoperta di sto- ria naturale e medica, e dedicavasi inoltre con vera passione ai grandi scrittori; onde la sua frase sempre forbita, spesso latina: basta aver letta la brillante orazione di riapertura dell’ Univer- sità di Napoli nel 1875-1876: Speranze nell’avvenire delle scienze naturali, per farsene tosto capaci. Fin quì lo scienziato, ma in lui era anche il professore, il di- rettore di un museo; ed in ciò pure la sua splendida tradizione è ammonimento per chi gli succederà e per molti che professano l'anatomia comparata. Nella sua qualità d’insegnante dettava lezioni chiare, ordinate, dottissime, con voce simpatica, con modi semplici e modesti. Dal suo labbro pendevano centinaja di uditori, studenti e già addot- torati; egli avvalorava le sue parole con numerose preparazioni, aggiungendo sempre a quelle di raccolta le fresche, con tavole murali, di cui aveva curata l’esecuzione, con frequenti disegni 40 P. PAVESI, improvvisati sulla lavagna, con esercizii microscopici, e scioglieva poi con l’abituale affabilità i dubbi che gli presentavano gli stu- denti. Io non saprei a quale altro professore fosse e potrà essere secondo, pochissimi sapendo diffondere tanto entusiasmo per la scienza; niuno forse riuscirà ad esercitare sulla sua cattedra un fascino irresistibile al pari di lui. E dico appena dei corsi nor- mali, non delle applaudite: conferenze pubbliche, che spesso te- neva, l’ultima delle quali fatta alla Società Zoofila, sul baco da seta, fu una delle cause della sua morte. i Noi siamo gratissimi al dottor Della-Valle, distinto suo allievo, di averci raccolto, in un bel volume, le lezioni di anatomia com- parata del PancERI, che è il miglior trattato che abbiamo in Italia e che non cede al confronto dei più rinomati dell’estero, spe- cialmente per l’esposizione delle scoperte degli italiani, le quali sono quasi sempre dimenticate. Lasciando poi in disparte quanto egli fece innanzi il 1861 in riordinamento, classificazione delle raccolte e confezione di gran numero di preparati anatomici e di cataloghi nel già Museo di storia naturale dell’ Università di Pavia, dirò che a Napoli di Gabinetto di anatomia comparata non esisteva traccia prima di lui e che in poco tempo, col coltello anatomico e colla penna, aprendo larghissimi scambi, egli seppe fare il primo Museo d’I- talia, il secondo d’ Europa. Sviluppato parallelamente nelle varie collezioni e così ben te- nuto, forma la meraviglia degli scienziati visitatori. Nei primi sei anni, cioè dall’ottobre 1861 al dicembre 1867, epoca in cui ne pubblicò il Catalogo sistematico con la collaborazione del dottor De-Sanctis, ajutato da questi e dell’altro assistente dot- tor Francesco Lucarelli, accumulò 2000 preparati; poi in meno di un lustro, come vedesi dal Primo supplemento al Catalogo, edito nell’agosto 1872, che io ho compilato sotto la sua guida, li accrebbe di altri 1000; e pochi giorni prima di morire mi scri- veva ch’era pronto un Secondo supplemento, il quale uscirà pre- sto per le stampe e dimostrerà la ricchezza di oltre quattromila preziosissime preparazioni, a cui bisogna aggiungere più di 500 microscopiche! È il più grande monumento che potevasi innal- zare alla sua memoria. In pari tempo egli ha arricchito moltissimi musei d’ Europa e DEI MERITI SCIENTIFICI DEL PROF. P. PANCERI. 41 tutti quelli d’Italia, che ottennero da lui svariate collezioni di animali marini ed egiziani. Il Laboratorio fu sempre frequentato da alunni, che vi studia- vano con ardore e vi composero parecchie Memorie, sull’ esem- pio e col sussidio del Direttore che metteva a loro disposizione materiali di lavoro, libri, sopratutto il suo sapere ; ricorderò soltanto fra i migliori Francesco Gasco, Leone De-Sanctis, Alessandro Spagnolini, ben conosciuti da tutti noi. Prima che sorgesse la Stazione zoologica, fondata dal Dohrn, questo Laboratorio era inoltre il ritrovo ed il luogo di studio preferito anche dagli stra- nieri, che accorrevano a Napoli per istruirsi su nuove forme e nuove organizzazioni. Tale, o Signori, fu il collega che abbiamo perduto, decoro della patria. Se quì fosse il luogo di parlare delle qualità morali, la sua aureola diverrebbe anche più fulgida. Vedreste in lui, che non fu sempre felice, il cittadino esemplare, il perfetto gentiluomo, l’amico impareggiabile. Il suo nome imperituro vivrà stimato negli annali della scienza; quanti lo conobbero, come l’amarono fino alla venerazione, così ne gli serberanno grato ricordo. Ed io che anelavo di riabbracciarti presto, di rinnovare la memoria di quei giorni che ti ero compagno assiduo là nelle tue stanze, assorto in colloqui scientifici, che m'’ispiravi all’ incanto del Golfo, alla maestà di un’ eruzione vesuviana, non ti vedrò più mai? Rifuggo tuttora dal credervi: ma, se fa pur d’uopo che mi rassegni alla dura sorte, sappi almeno, caro PANCERI, che mi sta- ral sempre quì nel cuore, accanto a mio padre. 42 P. PAVESI, Elenco in ordine cronologico delle pubblicazioni del prof. PaoLo PANCERI. 1853. = Ricerche sullo sviluppo dei Pettinibranchi, di J. Koren e D. C. Danielssen. Estratto. (Giorn. di Malacologia di P. Strobel, anno I, n. ], pag. 9-11, in-8). Differenze anatomiche tra V Helix pomatia L. e V H. lucorum Mill. (Ibid., n. 2. p. 30-32, in-8). Dell’Ectocotile (Ibid., n. 5, p. 72-75; n.9, p. 138-141, in-8). . Ulteriori ricerche sullo sviluppo dei Pettimibranchi. Estratto. (Ibid., anno II, n. 1, p. 1-3, in-8). . Dell’ apparecchio respiratorio. Dissertazione inaugurale di lau- rea. Pavia, 1856, di p. 39, in-8. . Studj sull’ anatomia della Giraffa. Rapporto al prof. G. Bal- samo-Crivelli (Atti I. R. Ist. Lombardo Sc. Lett. e Arti, I, p. 346-351, in-4 col. con una tav. litog.) Osservazioni zoologico-anatomiche sopra un nuovo genere di cro- stacei isopodi sedentari (Gyge branchialis) in collaborazione col prof. E. Cornalia (Mem. R. Acc. Sc. di Torino, serie II, tom. XIX, 1861, p. 85-118, con una tav., in-4). Notizie sopra il Siluro elettrico (Ann. Univ. di Medicina, vol. CLXV, p. 489-501, in-8). . Nota intorno ai pesci elettrici (Ibid., vol. CLXVII, p. 102- 106, in-8. . Sul coloramento dell’albume d’uovo di gallina e dei crittogami che crescono sulle uova. Memoria (Atti Soc. Ital. Sc. Nat. di Milano, II, p. 271-285, tav. IX, in-8). . Sulle vaginicole parassite dei gamberi comuni. Nota. (Ibid., ITI, p. 334-335, tav. 1, in-8). Prelezione al Corso di Anatomia comparata nella R. Università DEI MERITI SCIENTIFICI DEL PROF. P. PANCERI. 43 di Pavia (Ann. Univ. di Med.} vol. CLXXVI, p. 268-283, in-8). Programma al Corso di Anatomia comparata per le Università di Bologna e Napoli. In collaborazione col prof. S. Ric- chiardi. Bologna, 1864. Lettura sul Corallo. Programma e dati statistici. Napoli, 1865, di p. 4. Sopra un Alciopide parassito della Cydippe densa. Nota in col- laborazione col prof. E. R. Claparède (Mem. Soc. Ital. Sc. Nat. di Milano, vol. III, n. 4, di p. 8 con 1 tav. cromolit., in-4). Dedicata alla memoria di F. De-Filippi. Ricerche sulla saliva e sugli organi salivali del Dolium galea. In collaborazione col prof. S. De Luca. (Rendic. R. Acc. Sc. di Napoli, fasc. 8, agosto 1867, p. 212-216, in-4; Nuovo Ci- mento, XXVI, fasc. settembre e ottobre 1867, p. 221-226). Memoria tradotta in Annales des sc. natur., 5. ser. Zool. VIII. 1867, p. 82-88: Kecherches sur la salive et sur les organes salivaires du Dolium galea; in Comptes Rendus de.l’Acad. de sc., LXV, 30 settembre 1867, p. 577-579, in-4; suntegg. nell’ Institut, XXXV, N.1765, 30 ottobre 1867, p. 345-346, in-4. Ricerche sulla saliva e sugli organi salivali del Dolium galea e di altri molluschi. In collaborazione col prof. S. De-Luca (Rendic. R. Acc. Sc. di Napoli, fasc. 9, settembre 1867, p. 266-268, in-4); Nuovo Cimento, XXVI, fasc. novembre e e dicembre 1867, p. 426-428). Nota tradotta in Comptes Rendus Acad. sc., LXV, 28 ottobre 1867, p. 712-715. Circa particolari appendici delle branchie della Cephaloptera Giorna (Rendic. R. Acad. sc. Napoli, fasc. 10, ottobre 1867, p. 298-302, in-4). Sulla fecondazione artificiale e sull’'entrata degli spermatozoi nelle uova del Branchiostoma (Ibid., fasc. 12, dicembre 1867, p. 397-398, in-4; Nuovo Cimento, XXVII, fasc. aprile 1868, p. 237-238, in-8). Sulla presenza dell’acido solforico nella saliva di alcuni mollu- schi. Lettera al Senatore Matteucci in data ottobre 1867 (Nuovo Cimento, XXVII, fasc. gennajo 1868, pag. 17-21, -8). Oronzio Gabriele Costa. Elogio (Rendic. R. Acc. Pontaniana, letto 1'8 dicembre 1867. Napoli 1868, di pag. 20, in-8). Catalogo sistematico del Gabinetto di Anatomia comparata nella R. Università degli studiî di Napoli. Con la collaborazione del dott. L. De-Sanctis. Napoli 1868, di p. 107, in-8, con una pianta. dd P. PAVESI, 1868. Nuovo genere di polipi actiniani (Cladactis) (Rendie. R. Acc. Sc. di Napoli, fasc. 2, febbrajo 1868, p. 30-32, in-4). Due fatti relativi ai Cestodi (Ibid., p. 32-34, in-4). Gli Axolotl recati per la prima volta in Napoli (Ibid., fasc. 3, marzo 1868, p. 50-51, in-4; Nuovo Cimento, XXVII, fase. maggio-giugno 1868; p. 326- 328). Altre larve di Alciopide (Rinconereella) parassite della Cydippe densa. Nota (Rend. R. Acc. Sc. Napoli, fasc. 3, p. 52-54, in-4; Nuovo Cimento, XXVII, fasc. maggio-giugno 1868, p. 354-356, in-8). Ricerche sugli organi che nei gasteropodi segregano Vacido solforico. Nota (Rendic. R. Acc. Sc. Napoli, fasc. 4, marzo 1868, p. 80-91, in-4; Nuovo Cimento, XXVII, fasc. mag- gio-giugno 1868, p. 368-380, in-8; Giornale di Chimica e Farmacia di Napoli, vol. I, di p. 8, in-8). La Mummia peruviana del Museo Nazionale di Napoli (Atti R. Accad. Pontaniana, IX, p. 1-12, con tav. fotog. in-4). Esperienze sopra il veleno della Lycosa tarantula (Rendic. R. Ace. Pontaniana, fase. di luglio 1868, di p. 12, in-8). Nouvelles observations sur la salive des Mollusques Gastéropodes (Ann. Sc. Nat., 5. sér., Zool. X. 1868, p. 89-100, in-8). L’ Università di i Studio storico-critico (Cuore e mente, Anno I, n. 16, 22 agosto 1868, p. 123-127; n. 17, 29 ago- sto, p. 129- 138; n.189 dino P. 137-139; n. 19, 12 set- tembre, p. 148-150; n. 20, 19 settembre, p. 156-159; n. 22, 8 ottobre, p. 171-173; n. 23, 10 ottobre, p. 181-182; n. 24, 17 ottobre, p. 188-190; n. 25, 31 ottobre, p. 196-198 in-8 grande). 1869. Sopra alcuni organi della Cephaloptera Giorna, Memoria in col- tiri laborazione col dott. L. De-Sanctis (Atti R. Acc. Pontaniana, letta il 13 giugno 1869, di p. 40, in-4, con 2 tav. cromolit.). Dedicata alla memoria di Bartolomeo Panizza. Gli organi e la secrezione dell’acido solforico nei Gasteropodi, con un’ appendice relativa ad altre glandole dei medesimi. Memoria (Atti R. Acc. Sc. di Napoli, vol. IV, n. 10, di p. 56, in-4., con 4 tav., due cromolit.). 1869. Intorno a due nuovi polipi, Cladactis Costa ed Halcampa Clapa- ni ina redii. Memoria (Ibid., n. 11, di p.11, in-4, con 1 tav. cromolit.). Intorno agli Axolotl A nell’ Orto Ho osi (Rendic. k. Acc. Sc. di Napoli, fasc. 9, settembre 1869, p. 147-148, in-4). Nota intorno agli Axolotl, che fa seguito alla precedente di settembre (Ibid., fas. 11, novembre 1869, p. 167-168, in-4). 1870. 1871. 180 1872, DEI MERITI SCIENTIFICI DEL PROF. P. PANCERI. 45 Intorno ad una forma non Per. anco notata negli zooidi delle Pennatule. Nota (Ibid., fasc. 2, I RORTRIO 1870, p. 23-28, con fig. nel testo, in-4). Id. Sunto (Bollett. Assoc. Naturalisti e Medici di Napoli, I, p. 31-32, con 1 tav., in-8). Intorno allo metamorfosi degli Azxolotl ed agli altri animali che come questi presentano doppia forma sessuale (Ibid., p. 12- 15, in-8). ira alla natura della sostanza che rende fosforescenti gli animali morti (Ibid., p. 124-128, in-8). Intorno alla luce di dal grasso (Rendic. R. Acc. Sc. di Napoli, fase. 4, aprile 1871, p. 79-81, in-4). Intorno alle cellule olfattive della Carinaria mediterranea (Bol- lett. Assoc, Nat. e Med. di Napoli, II, p. 83-87, con 1 tav. n. 7, in-8). Il Corallo considerato come specie animale e come prodotto industriale (L’ Esposizione internazionale marittima, Napoli, disp. 7, 3 giugno 1871, p. 50-52; disp. 10, 17 giugno, p. 73-76; disp. 14, 16 luglio, p. 105-109, in-4 col. con incis. in legno). Intorno a due Pennatularii, VU uno non per anco trovato nel Mediterraneo, l’altro nuovo pel nostro Golfo (Rendic. R. Acc. Se. di Napoli, fasc. 6, giugno 1871, p. 113-115, in-4; Bollett. Assoc. Nat. e Med. di Napoli, II, p. 20-22, in-8). Intorno alla sede del movimento luminoso nelle Meduse (Rendic. R. Ace. Sc. di Napol', fasc. 8, agosto 1871, p. 140-146, in-4; Boll. Assoc. Nat. e Med., II, p. 22-29, in-8). Intorno ad un caso di sudore luminoso (Rendic. R. Acc. Sc. di Napoli, fasc. 9, settembre 1871, p. 188-190, in-4). Gli organi luminosi e la luce delle Pennatule. Memoria (Atti R. Ace. Sc. di Napoli, V, n. 10, di p. 46, in-4, con una tav. . cromolit.). Id. Sunto (Rendic. R. Accad. Sc. di Napoli, fasc. 10, ottobre 1871, p. 204-211, in-4 con incis. in legno; Boll. Assoc. Nat. e Med. di Napoli, II, p. 38-46, in-8, con incis.). Trad. in Arch. des Sc. Phys. et Nat. Bibl. Univ. Genève, nouv. pér., + XLIII. :1872, p. 129-139, in-8 con incis.: Organes lumineux et lumiètre des Pennatules, preceduto da: La phosphorescence animale. Brève analyse de diverses publications du prof. P. Panceri, p. 121-128. Anatomia comparata. Articolo (Enciclop. med. ital., edita dal dott. F. Vallardi, vol. I, parte I, p. 1054-1057, in-d col.). Gli organi luminosi e la luce dei Pirosomi e delle Foladi. 46 P. PAVESI, Memoria (Atti R. Acc. Sc. di Napoli, V, n. 13, di p. 58, in-4, con 3 tav. lit. e cromolit.). Dedicata alla memoria di Guglielmo di Ehrenberg. 1872. Gli organi luminosi e la luce dei Pirosomi. Sunto (Rendic. R. Ace. Sc. di Napoli, fasc. 3, marzo 1872, p. 43-49, in-4; Boll. Assoc. Nat. e Med. di Napoli, III, p. 3-9, in-8). Intorno alla luce che emana dalle cellule nervose della Phyllirhoe bucephala. Memoria (Atti R. Accad. Sc. di Napoli, V, n. 14, di p. 12, in-4, con una tav. lit.). I. Gli organi luminosi e la luce delle Foladi. Sunto. — II. In- torno ad un pennatulario fosforescente non per anco rinvenuto presso Napoli. Nota. — III. Intorno alla luce che emana dalle cellule nervose della Phyllirhoe bucephala. Sunto (Ren- dic. R. Ace. Sc. di Napoli, fasc. 4, aprile 1872, p. 83-96, in-4). La prima riprodotta in Boll. Assoc. Nat. e Med. di Napoli, III, p. 55-60; e la terza pure ibid., p. 60-64, 67-69, in-8. Intorno ad un pennatulario fosforescente non per anco rinvenuto presso Napoli. Sunto (Boll. Assoc. Nat. e Med. di Napoli, III, p. 70-72, in-8). Tentativi per discoprire se durante la fosforescenza dei Piro- somi e delle Foladi vi abbia aumento di temperatura (Ibid., p. 73-79, in-8). Etudes sur la phosphor escence des animaux marins. Ann. des Sc. nat., 5 sér., Zool. XVI, 1872, pl. 14, in-8. La luce e È Bh Mia dei Bern adi Memoria (Atti R. Ace. Sc. di Napoli, V, n. 20, di p. 15, in-4, con 1 tav. cromolit.). Id. Sunto (Rendic. R. Acc. Se. di Napoli, fasc. 8, agosto 1872, p. 172-178, in-4). Supplemento I. al Catalogo sistematico del Gabinetto di Anatomia comparata della È. Università di Napoli. Con la collaborazione del dott. P. Pavesi. Napoli, 1872, di p. 63, in-8. La luce negli occhi delle farfalle (Rendic. R. Acc. Sc. di Napoli, fasc. 10, ottobre 1872, p. 213-218, in-4; Bollett. Assoc. Nat. e Med. di Napoli, III, p. 104- 109, in- 8). Intorno a due casi di fosfuria (Heltare R. Acc: Se.di Napoli fasc. 11, novembre 1872, p. 232-234, in-4; Boll. Assoc. Nat. e Med. È Napoli, III, p. 109-112, noi 1873. La frequenza della sutura frontale negli Arabi egiziani. — Le operazioni che nell’ Africa orientale si praticano sugli organi genitali. — Pensieri intorno alla perfettibilità dei neri. Let- tera al prof. Paolo Mantegazza (Archivio per l’Antrop. Etnol., III, p. 353-372, tav. V, in-8). 1873. 1874. 1875. __— DEI MERITI SCIENTIFICI DEL PROF. P. PANCERI. 47 Intorno ad alcune crittogame osservate nell’uovo dello Struzzo. Memoria (Atti R. Acc. Sc. di Napoli, VI, n. 5, di p. 4 in-4, con 1 tav. cromolit.). Id. Sunto (Rendic. R. Ace. Sc. di Napoli, fase. 6, giugno 1873, p. 68, in-4). Intorno all’ albinismo del Clarias anguillaris (Ibid. fasc. 9, settembre 1873, p. 110-114, in-4). Esperienze intorno agli: effetti del veleno della Naja egiziana e della Ceraste. Memoria in collaborazione col dott. F. Gasco. (Atti R. Acc. Sc. di Napoli, VI, n. 7, di p. 25, in-4). Id. Sunto (Rendic. R. Ace. Sc. di Napoli, I 10, GUnDES 1873, p. 125-128, in-4). Intorno alla disposizione ed allo sviluppo delle glandole molari nel Dromedario (Annali Mus. civ. di Genova, IV, p. 269-274, tav. IV, in-8 gr.). Cetaceî. Articolo (Encicl. Med. Ital., edita dal dott. F. Vallardi, vol. II, parte I, p. 723-727, in-4 col.). Intorno ai due Akka condotti in Italia nel maggio scorso dal socio Paolo Panceri (Atti R. Istit. d’Incoragg. di Napoli, 2.* serie XI, di p. 8, in-4). Intorno alla resistenza che l’icneumone ed alcuni altri carnivori oppongono al veleno dei serpenti, col’aggiunta di esperimenti dimostranti l’azione funesta del veleno della Mygale olivacea. Nota in collaborazione col dott. F. Gasco (Rendic. R. Acc. Sc. di Napoli, fase. 7, luglio 1874, p.102-109, con incis. in legno, in-4). Intorno alla speciale forma che presentano gli organi maschili del Clarias anguillaris (Ann. Mus. civ. di Genova, VI, p. 361- 365, tav. XIII, in-8 gr.). Caso di fecondità în una mula, coll’aggiunta di considerazioni intorno agli ibridi del genere Equus. Memoria (Atti R. Istit. d’Incoragg. di Napoli, 2.8 ser., XI, di p. 14, con un prospetto, in-4). Intorno alla luce che emana dai nervi delle elitre delle Polynoe (Rendic. R. Acc. Sc. di Napoli, fasc. 10, ottobre 1874, p. 143- 147, in-4). La luce e gli organi luminosi di alcuni anellidi. Memoria (Atti (R. Acc. Sc. di Napoli, VII, n. 1, di p. 20, in-4, con 4 tav. cromolit.). Dedicata alla memoria di G. Balsamo-Crivelli. Id. Sunto (Rendic. R. Acc. Sc. di Napoli, fasc. 1, gennajo 1875, p. 21-25, in-4). Speranze nell’avvenire delle scienze naturali. Discorso inaugu- 48 P. PAVESI, rale all’ anno 1875-76, letto nella R. Università di Napoli. Napoli. 1875, di p. 31, in-8. Tradotto in tedesco (Die Natur- wissenschaft der Zukunft) in Das Neue Blatt di Lipsia, 1876, n.40, p. 631-634; n, 41, p. 644-647; n. 42, p. 666-667; n. 43, p. 685-686; n. 44, p. 699-703, in-4. col. 1876. Catalogo degli dda Gefirei e T'urbellarie d’Italia (Atti Soc. Ital. Sc. Nat. di Milano, XVIII. 1875, p. 201-253, in-8). Sulle razze umane. Lettura pubblica. (Vedasi un cenno nel giornale Foma di Napoli, anno XV, N. 154, 5 giugno 1876). Intorno alla sede del movimento luminoso nelle Campanularie. Memoria (Atti R. Acc. Sc. di Napoli, VII, n. 9, di pag. 6, in-4, con 1 tav.). «Idi Guate (Rendic. R. Acc. Sc. di Napoli, fasc. 9, settembre 1876, p. 193-195, in-4). Osservazioni intorno a nuove forme di nematodi marini. Memoria (Atti R. Acc. Sc. di Napoli, VII, n.10, di p.10in-4,con 1tav.). Id. Sunto (Rendie. R. Acc. Sc. di Napoli, fasc. 12, dicembre 1876, p. 225, in-4). 1875-77. Note alle Lezioni di Anatomia comparata del prof. P. Panceri, raccolte dal dott. A. Della-Valle. Napoli, 1875-77. Un vol. di p. 546, in-8. Pubblicazioni Postume. 1877. Supplemento II al Catalogo sistematico del Gabinetto di Ana- cc tomia comparata della kE. Università di Napoli. Con la colla- borazione del dott. F. Gasco. Preceduto da un elenco di tutte le Memorie, Note ecc. composte in esso dal Direttore, dai Coadiutori e dagli Alunni dalla sua fondazione in poi. Il baco da seta. Conferenza pubblica del 4 marzo 1877. (Rivista Soc. Zoofila napoletana, III). Vedasi un cenno nel Piccolo di Napoli, anno X, n. 66, 7 marzo 1877, p. 2-3. ATTO DI UNIONE TRA LE PIANTE MASCHILI DELLE VALLI DEL TARTARO, E LE PIANTE FEMMINILI DEL LAGO SUPERIORE DI MANTOVA DELLA STRATIOTES ALOIDES (LINN.). Nota del Socio D. FRANCESCO MASÈ ARCIPRETE DI CASTEL D'ARIO letta nella Seduta 29 ‘aprile 1877, PREMESSE. L’illustre botanico e medico sienese Pier Andrea Mattioli, così ben difeso dal Moretti, che gli rivendicò i meriti scientifici, la- sciava scritto che la Stratiotes aloîdes non alligna in Italia. Tale opinione fu seguita da tutti i botanici, fino a che nel 1825, l’ora defunto mantovano Paolo Barbieri ed il professore Lanfossi, sco- prirono nel lago superiore di Mantova, questa bella Idrocari- dea, ma solo per altro la pianta a sesso femminile. Il Nolte, dan- done i confini geografici, assegnava dal grado 68 al 55 di lati- tudine boreale alla sola femmina, dal 55 al 52 a tutti e due i sessi; dal 52 al 50 alla sola pianta maschile; ciò che venne smentito, in quanto alla femmina, dal fatto del Barbieri e del Lanfossi. Il Moretti poi, che fece su questa pianta diligentissimi studii anche in Germania, conchiudeva che al nostro grado 45-46, non vi alligna che la pianta femmina. Se non che il 13 agosto 1866, facendo io la mia prima escur- sione botanica nelle valli del Tartaro, che è quanto dire nelle valli ostigliesi e veronesi, arrivai in larghe fosse, ove mi ve- niva difficoltato l’accedere della barca, perchè ingombre di piante acquatiche, fra le quali ne conobbi tosto una quantità di Stra- Vol. XX. 4 50 F. MASÈ, tiotes in fioritura, che per altro a prima vista mi si presenta- rono più gentili e più ben portanti che non le rozze del lago di Mantova. Raccoltane copiosa quantità, ne feci a casa più accu- rate osservazioni, e potei riscontrare essere di fatto la Stratio- tes aloides Linnaei, ma a sesso maschile con gli scapi a due, tre fino a sette fiori, e questi picciuolati e non sessili, come quelli delle femmine. | Nel 1868, al Congresso dei naturalisti in Vicenza, ne feci rap- porto alla Sezione di Botanica, con una mia relazione, avente a titolo: Una escursione botanica nelle valli ostigliesi, distribuendo ai presenti copiosi esemplari di fiori e di foglie di questa pianta da me scoperta, la prima volta, in Italia, e che per tale fu da tutti riconosciuta. In quella mia relazione io faceva appello ai botanici, perchè venissero ad assistermi in altre escursioni. Molti vi corrisposero a parole, ma niun altro a fatti, fuorchè i due illustri professori, i cavalieri Passerini di Parma e Gibelli di Modena, professori di botanica in quelle Università e direttori dei rispettivi Orti bo- tanici, assieme ai quali, poichè vennero a favorirmi, si visita- rono le valli del Tartaro, ostigliesi e veronesi, ove fummo ac- colti ed ospitati, con insuperabile cortesia, dal cavalier Emanuele Romanin-Jacnr, giovane studiosissimo e caro a quanti lo cono- scono. Si perlustrò pure il lago superiore di Mantova, facendo dovunque buona raccolta di Stratiotes: là di piante e fiori ma- schili, chè non vi si trovano femmine; qui di piante femminili, che per tali, e le une e le altre, essi pure riconobbero. In seguito, e da questi illustri convisitatori e da altri botanici, miei corrispondenti, venni officiato e pressato a voler fare un connubio di questi due sessi, onde poterne ottenere così la fe- condazione degli ovarii e la maturanza dei frutti. Operazione era questa non troppo facile, o per lo meno al- quanto incomoda, attesa la distanza delle rispettive località, e cioè da Mantova a Castel d’Ario 14 chilometri, ‘e da Castel d’ Ario alle valli del Tartaro chilometri 12, cui si debbono ag- giungere le grandi difficoltà che presenta il trasporto delle piante acquatiche, pel loro trapianto da un luogo all’ altro. ATTO DI UNIONE TRA LE PIANTE MASCHILI ECC, DI ESECUZIONE DEL CONNUBIO, Ciò non pertanto, annuendo alle ripetute ed insistenti racco- mandazioni in proposito, jeri, finalmente, mi portai alle valli del Tartaro, nella. parte veronese, in su quel di Macacari, distretto di Sanguinetto, nella proprietà Jacur, ed alla continua presenza dei signori Gastaldelli Gaetano di Castel d’Ario e Mantovani Pietro di Macacari, levai, dal fondo limaccioso di quei fossi, 70 di quelle piante, quasi tutte munite di stoloni, le trasportai con tutta cura a Castel d’ Ario, le misi tosto in acqua nella Molinella, da dove estrattele, questa mattina, mi sono recato a Mantova, ed associa- tomi il farmacista chimico signor Luigi Tommasi, mio buon ami- co, e presentatomi nell’ Arsenale militare di S. Francesco, al ca- valiere signor Paolo Taccinelli tenente-colonnello di artiglieria, lo pregai a voler assistere, nell'interesse della scienza, a questo maritaggio, e facilitarmene i mezzi. Visitò egli le mie piante in compagnia del capitano d’artiglieria signor Gozzi Goffredo. Mi chiesero tutti e due alcune spiegazioni in proposito, e dopo le mie risposte, mi venne fornita colla più squisita gentilezza una leggiadra barca col timoniere e relativi rematori. E qui mi è grato rendere giustizia al merito, porgendo i più vivi ringraziamenti al suddetto tenente-colonnello cavaliere Taccinelli per la cortesia usatami e per l'interessamento preso a questa mia operazione, i quali ringraziamenti mi è debito estenderli anche al signor capi- tano Gozzi. COMPIMENTO DELL’ ATTO. Intanto, entrato io nella barca, assieme all’amico Tommasi, che debbo pure ringraziare per questa sua cooperazione, in un giorno di pioggia, di vento, di freddo, che a dir vero non era il più propizio per andare sul lago; intanto, dico, entrato nella barca, feci volgere dapprima a nord-ovest, indi a nord e da ultimo a nord-est per raggiungere le principali e più ricche ubicazioni delle piante femmine, a lato alle quali di mano in mano vi deponeva 1 maschi. 92 F, MASÈ, ATTO DI UNIONE TRA LE PIANTE, ECC. = Così fu compiuto l’ atto di connubio dei due sessi di questa bella pianta. Quale ne sarà la conseguenza? Lo vedremo nella prossima stagione estiva. Vedremo, cioè, se le mie piante maschili compariranno galleggianti sull’ acqua a far pompa dei loro can- didissimi fiori e andare in cerca dei più schifiltosi, sessili e soli- tarii femminili. A tutto questo promettiamo di tener d’occhio e di darne in seguito esattissimo conto. Mantova, 8 marzo 1877, NOTE ITTIOLOGICHE. OSSERVAZIONI FATTE SULLA COLLEZIONE ITTIOLOGICA DEL CIVICO MUSEO DI STORIA NATURALE IN MILANO DAL SOCIO CRISTOFORO BELLOTTI. (Seduta del 29 aprile 1877.) I. — I Paralepidini del Mediterraneo. Nella famiglia Scopelidae, secondo il catalogo di Giinther, vol. V, pag. 393 e nel gruppo Paralepidina, sono registrati due generi, Paralepis e Sudis, rappresentati nel Mediterraneo e di cui il no- stro Museo possiede esemplari di quattro specie, tre già note e la quarta nuova, della quale darò in seguito la descrizione. Farò notare anzi tutto che il genere Sudis dedicato all’unica specie S. /hyalina Raf. non ha ragione di esistere distinto dal ge- nere Paralepis e dovrebbe perciò essere in questo compenetrato; in tutte le specie note del genere Paralepis, gli intermascellari sono finamente seghettati; la mascella inferiore offre denti lun- ghi, acuti, fra loro distanti, tanto nel genere Sudis che nel genere Paralepis, proporzionatamente alle dimensioni del corpo nelle di- verse specie, se si eccettui una sola, descritta nel Cuvier e Va- lenciennes, tomo VII, pag. 510, col nome di Paralepis corego- noides Risso, la quale avrebbe i denti minuti, eguali fra loro anche nella mascella inferiore e di cui si dirà in appresso; la posizione delle pinne ventrali rispettivamente alla prima dorsale varia secondo le diverse specie e non ha l’importanza di carat- tere generico. A parer mio quindi, il genere Paralepis dovrebbe 54 C. BELLOTTI, contare nel Mediterraneo le seguenti specie così caratterizzate, secondo gli esemplari da me esaminati per le prime quattro specie e secondo la descrizione di Cuvier e Valenciennes per la quinta: 1. Paralepis sphyraenoides Risso. D. 10, A. 30. Il capo sta 5 volte e 1/4 nella lunghezza totale (esclusa la caudale). Le pinne ventrali sono inserite anteriormente alla dorsale per una distanza eguale a quella che corre dal margine anteriore dell’ occhio al lembo posteriore del preopercolo; l’anale dista dalla caudale un diametro dell'occhio; le pettorali sono lunghe una volta e mezza il detto diametro. La mascella inferiore è provvista di denti lun- ghi, acuti, fra loro distanti e diseguali. Cinque esemplari da Nizza lunghi cent. 14-16 (esclusa la caudale). 2. Paralepis speciosus nob. D. 10, A. 22. Il capo sta 4 volte nella lunghezza totale (esclusa la caudale). Le pinne ven- trali sono inserite appena anteriormente alla dorsale; l’anale dista dalla caudale un diametro dell’occhio; le pettorali sono lunghe due volte il detto diametro. La mascella inferiore è prov- vista di denti, come nella specie precedente. Due esemplari da Nizza lunghi cent. 7,5 il minore e cent. 9 il maggiore (esclusa Ta Real 3. Paralepis hyalinus Raf. D. 13. A. 22. Il capo sta 3 volte e 1/2 dun lunghezza totale (esclusa la caudale). Le pinne ven- trali sono inserite anteriormente alla dorsale per una distanza eguale a due terzi il diametro dell’ occhio, e questa stessa distanza intercede fra la pinna anale e la caudale ; le pettorali sono lunghe più di tre volte e mezza il diametro dell’occhio. La mascella in- feriore è provvista di denti egualmente lunghi, fra loro distanti, acuti, triangolari, compressi, col margine seghettato. Un esem- plare da Napoli lungo cent. 40 (esclusa la caudale). 4. Paralepis coregonoides Risso. D. 10, A. 30. Il capo sta poco più di 4 volte nella lunghezza totale (esclusa la caudale). Le pinne ventrali sono inserite in corrispondenza al settimo rag- gio dorsale; la seconda dorsale e l’anale sono assai ravvicinate alla caudale; le pettorali sono lunghe due volte il diametro del: l'occhio. La mascella inferiore è provvista di denti come nelle due NOTE ITTIOLOGICHE. 5D prime specie. Due esemplari da Nizza lunghi cent. 21 il mag- giore e cent. 15 il minore (esclusa la caudale). 5. Paralepis cuvieri Bp. D. 10, A. 23. Il capo sta 5 (?) volte nella lunghezza totale (esclusa la caudale). Le pinne ventrali, (secondo la figura di Cuvier, Régne anim., pl. 18, fig. 2), sono in- serite in corrispondenza al terzo raggio della pinna dorsale; la pinna anale è distante dalla caudale un diametro dell’ occhio; le pettorali sono lunghe tre volte il detto diametro. I denti della mascella inferiore sono assai piccoli, eguali fra loro e ravvicinati. Mancante alla collezione. La sinonimia di alcune delle specie testè citate è rimasta as- sai confusa. Essendone gli esemplari molto rari nei musei e spesso mutilati, vennero diversamente descritti e collocati dai var) au- tori che non ‘potevano avere sufficienti materiali di confronto. Così il P. sphyraenoides Risso (Hist. nat. Eur. mer., pag. 473, pl. 7, fig. 16),-di cui Bonaparte (Fauna dt., all'articolo P. corego- noides Risso) mette in dubbio l’esistenza sospettandolo giovane esemplare del Paralepis (Sudis) hyalinus Raf., venne ammesso con quel nome dal Giinther (Cat. of fishes. vol. V, pag. 419) e dal Cuvier e Valenciennes (Hist. nat., t. III, p. 360). Erronea- mente però Giinther accettò come sinonimo il P. coregonotdes Risso ‘ descritto e figurato come tale da Cuvier e. Valenciennes (t. III, p. 357, pl. 66) e dal Johnson (Amn. and Mag. of. nat. hist., 1862, t. X, pag. 283), come erroneamente lo stesso Cuvier e Valenciennes (t. VII, pag. 510) riferì al P. splhyraenoides Risso la specie da lui, come sopra, descritta e figurata col nome di P. coregonoides Risso e che tale e non altra deve ritenersi per la posizione delle ventrali sottoposte alla dorsale e della pinna anale assai più ravvicinata alla caudale di quanto si scorge nel P. sphyraenoides Risso. Per le stesse ragioni il P. coregonoides Risso (loc. cit., pag. 472, pl. 7, fig. 15), benissimo descritto e fi- gurato come tale nel Cuvier e Valenciennes (t. III, pag. 357, ‘pl. 66) e dal Johnson (loc. cit.), non è a confondersi col P. sphy- raenoides Risso (loc. cit.), come lo stesso Cuvier e Valenciennes (t. VII, p. 510) credettero di dover rettificare, e nemmeno col 56 C. BELLOTTI, P. coregonoides, di cui all'articolo susseguente di Cuvier e Va- lenciennes (t. VII, p. 510), che, pel carattere dei denti minuti eguali alla mascella inferiore si mostra distinto dal P. coregonot- des Risso in cui questi denti sono lunghi, acuti, ineguali, distanti fra loro, e potrebbe sospettarsi specie nuova cui Bonaparte (loc. cit.) proporrebbe il nome di P. Cuvierdi; una figura di quest’ ul- timo Paralepis parmi possa riscontrarsi, ancora col nome di P. coregonoides Risso nel Règne anim. di Cuvier (pl. 18, fig. 2), dove è detto nel testo esplicativo delle tavole che i denti sono en velours ras. Che se nella diagnosi di cui sopra ho assegnato al P. coregonoides Risso, 30 raggi alla pinna anale in luogo di 22 secondo Risso e 23 secondo Bonaparte, egli è perchè nei due. esemplari ben conservati del nostro Museo, il loro numero è pre- cisamente tale e puossi sospettare che Bonaparte e Risso abbiano avuto fra mani esemplari mutilati, essendo fragilissimi i raggi delle pinne in queste specie di Paralepis, mentre anche nella de- scrizione di Cuvier e Valenciennes (t. III, p. 357) i raggi della pinna anale sono notati come 30. Il nostro Museo non possiede alcun esemplare che pel carattere sopraccennato dei denti possa riferirsi al P. Cuvieri Bp., nè si può credere che Cuvier e Va- lenciennes siano caduti in errore sotto questo rapporto, o che si tratti di un'anomalia, avendo essi esaminato varj esemplari iden- tici raccolti a Nizza. Quanto al Paralepis (Sudis) hyalinus Raf. (Caratteri di alcuni nuovi generi, ecc., tav. 1, fig. 2), la descrizione e figura che ne dà Bonaparte (loc. cit.) è assai accurata, come solitamente si ri- scontra nelle opere di questo distinto naturalista italiano. Però nell’ esemplare da noi posseduto lungo cent. 40 (esclusa la cau- dale), le pettorali non hanno il margine posteriore arrotondato, come asserisce Bonaparte, ma sono falciformi coi raggi superiori prolungati in punta, in modo che la loro lunghezza è eguale a due terzi di quella del capo, e ciò come vedesi nella figura citata di Rafinesque, facendo passaggio all’altro esemplare descritto da Giinther (loc. cit., pag. 420) nel quale le pettorali si estendono fino all’origine della prima dorsale; tali differenze possono attri- NOTE ITTIOLOGICHE. DI buirsi all’ età e allo stato di conservazione dei singoli esemplari. Così nel nostro esemplare i raggi della dorsale sono 15 e quelli dell’ anale 22 e non D. 10, A. 24, come in Giinther e Bonaparte. Non credo che tale differenza abbia valore specifico in mancanza di ogni altra. Premesse tutte queste osservazioni, la sinonimia delle specie mediterranee finora note del genere Paralepis dovrebbe modifi- carsi come segue: 1. Paralepis sphyraenoides Risso. Hist. nat. Eur. merid., pag: 0473, pl. 7, fig. 16; Cuv. et. Val., t. HI, pag. 360. (nec Cuv. et Val., t. VII, pag. 510; nec P. coregonoides C. V., t. II, p. 357, pl. 66; nec Johnson, Ann. and. Mag. of. nat. hist., 1862, X, pag. 283). 2. Paralepîis speciosus nob. 3. Paralepis hyalinus Raf. Cuvier et Valenciennes, t. III, p. 361; Sudis hyalina Raf. Caratteri, ecc., pag. 60, tav. I, fig. 2; Bonap. Faun. it. fig. (nec P. sphyraenoides Risso ex Bp. loc. cit.). 4. Paralepis coregonoides Risso, loc. cit. pag. 472, pl. 7, fio. 15; Bp. Faun. ît. fig.; Cuvier et Valenciennes, t. III, p. 357, pl. 66; Johnson, Ann. and. Mag. of. nat. hist., 1862, X, p. 283; P. sphyraenoides Cuv. et Val., t. VII, pag. 510 (nec P. corego- noides Cuv. et Val., t. VII, pag. 510). 5. Paralepis cuvieriù Bp., loc. cit.; P. coregonoîdes Cuv. et Val. (nec Risso), t. VII, pag. 510; Cuvier, Règne anim., pag. 55, pi.al8, fig.2. Mi rimane ora a descrivere la nuova specie : Paralepis speciosus nob. (grandezza naturale) D. 10, A. 22, V.9. Il capo è un quarto della lunghezza totale (esclusa la caudale); l'occhio vi è compreso cinque volte e mezzo, e 58 0. BELLOTTI, due volte e mezzo nella lunghezza dei muso. Le ventrali sono inserite appena anteriormente al primo raggio dorsale; l’anale è distante dalla caudale un diametro dell’ occhio; le pettorali sono lunghe due volte il detto diametro. Squame mancanti (decidue). Opercoli e parte inferiore del ventre argentini iridescenti; corpo bianco lat- teo (bruno-chiaro dopo lungo soggiorno nello spirito), punteg- giato di nero lungo il dorso e posteriormente sulla coda. Sette grandi macchie nere (bruno-intenso dopo lungo soggiorno nello spirito), inferiormente tondeggianti, superiormente troncate, oc- cupano la metà inferiore del corpo dall’opercolo fino al foro anale, diminuendo in grandezza dall’ avanti all’ indietro. Lun- ghezza dei due esemplari: cent. 9 il maggiore, cent. 7,5 il mi- nore (esclusa la caudale). I due esemplari posseduti dal Museo civico di Milano provengono entrambi da Nizza; il più piccolo mi fu donato dal defunto naturalista Giovanni Battista Verany fino dal 1856 senza alcuna determinazione, nè credetti opportuno il descriverlo tosto apponendogli un nuovo nome specifico, non possedendo allora altra specie del medesimo genere che mi po- tesse servire di confronto e temendo potesse trattarsi di carat- teri accidentali dipendenti dall'età; il secondo esemplare, il mag- giore, lo rinvenni a Nizza lo scorso febbrajo, ed essendo in tutto identico al primo, non esito a ritenerlo specie distinta dalle al- tre finora note e a registrarlo come tale in aggiunta alla fauna ittiologica del Mediterraneo. II. — Sul Scyllium acanthonotus De-Filippi. Nella Revue et Magasin de Zoologie dell’anno 1853 a pag. 169, ra le altre specie di pesci descritte dal dott. Filippo De Filippi, allora professore di zoologia all’ Università di Torino, havvi un Scyllium proveniente dal Mediterraneo e precisamente dalle ac- que di Albenga, caratterizzato per due serie di aculei lungo la regione dorsale. Più tardi, cioè, nel 1859, lo stesso esemplare venne nuovamente citato dal medesimo autore e figurato nelle Memorie della R. Academia delle scienze di Torino (t. XVIII, pag. 193, fig. 2), apponendogli il nome specifico di acanthonotus NOTE ITTIOLOGICHE. 59 ad indicare il carattere di cui sopra. Il Duméril, nella sua Zehthyo- logie generale (t. I, pag. 324), ammise senz’altro la nuova specie; ma il Giinther (Cat. of fishes. vol. VIII, p. 403) appoggiandosi sul fatto che l’esemplare descritto dal De-Filippi era allo stato di feto, essendo ancora munito del sacco vitellino esterno e che tali spine si rinvengono negli embrioni di altre specie di Scyllium, ritenne che il S. acanthonotus De-Fil. dovesse riferirsi ad altra delle due specie del Mediterraneo: S. stellare o S. canicula. Fra i var) pesci da me raccolti a Napoli nel 1865, e che tro- vansi ora nella collezione del Museo, havvi un giovane esemplare di ScylMlium stellare che presenta le due serie di aculei lungo il dorso nello stesso numero di 35-36, come ‘fu accennato dal De-Fi- lippi e nella identica posizione, quale scorgesi nella figura citata. Il nostro esemplare però è più adulto, essendo privo del sacco vitellino e misurando in lunghezza mill. 165 in luogo di 115 assegnati da De- Filippi all’esemplare di Albenga; oltre a ciò il corpo non è grigio- chiaro senza macchie, còme nell’esemplare di Albenga, ma è gri- gio-bruno superiormente sparso di grandi macchie più fosche, con poche biancastre come nel S. stellare L., cui il nostro pesce si riferisce sotto ogni altro rapporto. Epperò questo carattere delle due serie di spine lungo il dorso deve ritenersi transitorio, non riscontrandosi in esemplari adulti del S. stellare, come a modo d’ esempio nei due altri (maschi) che possiede il Museo, prove- nienti da Genova e lunghi da 40-42 cent. Il S. acanthonotus De- Filippi, deve quindi ritenersi un feto non già del S. camicula, ma del S. stellare, mostrando i caratteri di questa ultima specie, se non nel colore del torpo, pure attribuibile all’età, nella posizione della pinna anale sottoposta alla seconda dorsale e nella minore lunghezza delle ventrali troncate posteriormente. E che il carat- tere delle spine lungo il dorso si osservi di preferenza nel S. stel- lare che non nel suo compagno del Mediterraneo il S. canicula, si desume dal piccolo esemplare di questa seconda specie pure da me raccolto a Napoli nel 1869, e che, quantunque più giovane del piccolo S. stellare, misurando appena 130 mill. in lunghezza, pure non presenta traccia di tali spine lungo il dorso. Rimane 60 C. BELLOTTI, perciò non solo confermata l’opinione espressa dal Giinther (loc. cit.), ma anche definito a quale delle due specie mediterranee deb- basi riferire il S. acanthonotus De-Fil., vale a dire al S. stellare L. III. — Notidanus (Heptanchus) cinereus Gmel. var. pristiurus (var. aetatis). Un carattere analogo a quello testè osservato nel S. stellare L. si riscontra in un esemplare di Notidanus cinereus Gmel., egual- mente da me raccolto a Napoli nell'inverno 1865. Ma qui gli aculei invece di formare una serie a ciascun lato del dorso, si scorgono in tre e più serie ravvicinate lungo il margine superiore della coda per tutta la estensione che corrisponde al lobo inferiore della pinna caudale, formando un cordone assai somigliante a quello che si scorge nel Pristiurus melanostomus. L’esemplare è di sesso femminile ed è lungo 34 cent. Di questo stesso carattere si scor- gono traccie poco cospicue in due altri esemplari che ebbi a Ge- nova, entrambi di sesso femminile e della lunghezza l’uno di 75 e l’altro di 86 cent., mentre in un altro da me raccolto a Napoli nello stesso inverno 1865, pure di sesso femminile e lungo cent. 119, non ne rimane quasi traccia visibile. Si sa che la specie in di- scorso oltrepassa talvolta i tre metri di lunghezza, per cui gli esemplari qui citati non possono considerarsi ancora in istato adulto. Anche questa anomalia deve quindi ritenersi dipendente . dall’età giovanile e transitoria come quella più sopra descritta nel S. stellare. Perciò mi limito ad accennare questo fatto per sem- plice notizia ai cultori di ittiologia, che potranno verificare se sia o no costante in individui di egual sesso e dimensioni. Si avrebbe qui l'esempio di un carattere che essendosi finora trovato perma- nente nel Pristiurus melanostomus, è invece transitorio nel No- tidanus cinereus, il che potrebbe far nascere il sospetto che anche il Pristiurus, in condizioni di sviluppo finora a noi sco- nosciute, possa perdere il carattere distintivo del genere cui ap- partiene come unica specie e ridiventare pei naturalisti un sem- plice ScyMium da cui non avrebbe altro motivo di essere distinto. Seduta del 5 Agosto 1877. Presidenza del Vice-Presidente Cav, AntoNIO VILLA, La seduta viene aperta colla lettura di alcune Notizie sulla Doryphora decemlineata fatta dal Vicepresidente ANTONIO Vira. Esse si limitano all'annuncio della comparsa in Europa del te- muto parassita delle patate e precisamente a Miihlheim presso Colonia, nonchè ad un cenno svi provvedimenti presi dal governo prussiano onde distruggere sul campo stesso d’azione quei primi invasori ed impedire, per quant’ è possibile, l’estendersi del fla- gello in Europa. A proposito di questa comunicazione il segretario Sordelli legge una lettera del presidente prof. CorNALIA, nella quale si duole di non poter venire alla seduta ed aggiunge i seguenti partico- lari a quelli forniti dal signor Villa: La Doryphora (o Leptinotarsa) decemlineata comparve non solo a Colonia, ma anche in Irlanda e, secondo tutte le apparenze, fu introdotta col mezzo di materie d’ imballaggio che servirono per una spedizione di lardo venuto dall'America, e che furono get- tate alla concimaja. Il governo di Malta proibì ogni importa- zione di patate dal Regno Unito e dalla Germania. Il segretario SORDELLI dà quindi lettura di una sua memoria intitolata “ Piante fossili dei dintorni di Città della Pieve, nell’ Um- bria, raccolte dal Capitano A. Verri. , In questo suo lavoro l’autore espone in succinto le vicende geologiche del territorio pievese, desumendole dagli stud) pubblicati e dalle comunicazioni 62 SEDUTA DEL 5 AGOSTO 1876. gentilmente avute dal signor Verri medesimo; passa poi ad enu- merare le specie finora determinate e ne fissa il livello geologico mediante la comparazione loro colla Flora fossile d’altri paesi d’Italia e dell’estero. Codeste filliti verrebbero in tal modo a col- locare le sabbie gialle argillose del delta pievese nel pliocene inferiore e forse più precisamente nel piano di Oeningen, colla cui Flora coincidono la più parte delle specie studiate dall’autore, per non dir tutte, quando si prescinda da alcuni tipi che non fu- rono fin qui constatati al nord delle Alpi, ma si trovano in Italia e nella Francia meridionale assieme alle specie oeningiane meglio caratterizzate. L’autore presenta all’ adunanza buon numero delle filliti in discorso, generoso dono fattogli dal capitano Verri, e dall'autore stesso riunite alla Collezione di piante fossili ch’egli sta ordi- dinando nel Civico Museo; e fa notare come codeste filliti inte- ressino in particolar modo la Lombardia, giacchè le nostre ar- gille marnose marine della Folla d’Induno, di Pontegana, del Tornago, di Nese, ecc., posseggono per lo appunto una Flora fossile quasi in tutto identica a quella del delta pievese, scoperta dal Verri, ed entrambe vengono ad arricchire le nostre cogni- zioni intorno a quella splendida vegetazione che ammantava le terre italiche durante l’epoca pliocenica e che ora si riflette, per così dire, nelle specie analoghe, ma non identiche, dimoranti più dappresso ai tropici. È letto ed approvato il processo verbale della seduta prece- dente 29 aprile 1877. Si passa infine alla votazione segreta sulla proposta dei socj Taramelli, Pavesi, Sordelli, di nominare socio effettivo il signor VERRI ANTONIO, capitano nel Genio militare. Viene eletto ad unanimità. F. SorDELLI, Segretario. NOTIZIE SULLA DORYPHORA DECEMLINEATA Comunicazione del Socio ANTONIO VILLA (Seduta 5 agosto 1877.) La Doryphora decemlineata o come vogliono alcuni la Lepti- notarsa decemlineata o meglio Polygramma decemlineata, è com- parsa anche in Europa. Un giornale tedesco, il Eheinisches Vollis- blatt N. 75 del 30 giugno 1877, ne dà i dettagli col nome di scarafaggio del Colorado. Esso sarebbe apparso sui pomi di terra presso la città di Miihlheim in quattro campi vicini, e per evi- tare che si estendesse, si è subito ordinato un isolamento di que- ste campagne. Il presidente Bernuth colle autorità del paese, fecero consiglio in presenza del sindaco e dei periti, per pren- dere le misure necessarie e veniva ordinato di spandere sui luo- ghi danneggiati della segatura di legno imbibita con petrolio e di darle il fuoco, la quale operazione venne eseguita da pompieri. Si spera in questo modo di avere distrutti non solo le uova ed 1 bachi attaccati alle piante, ma anche le larve che si trovavano sotto terra: tuttavia è a temersi che il pericolo non sia del tutto allontanato; poichè’ potrebbe darsi benissimo che qualche insetto perfetto si sia già evaso e posato su altro campo, quindi è ne- cessario una estrema sorveglianza di rigore. Il Magistrato Comunale ha fatto. affiggere la seguente dichia- razione ufficiale: “ Faccio pubblicamente conoscere che nel distretto di Miihlheim “ lo scarafaggio di Colorado si è mostrato in alcuni campi col- “ tivati a pomi di terra. Portando l’attenzione su questo insetto “ nocivo, si prega gli abitanti di fare immediatamente la dichia- 64 A. VILLA, “ razione della sua comparsa all’ ufficio di polizia, che avrà cura 4 di togliere subito a queste terre la comunicazione colle altre ,. La notizia dell'apparizione di questi insetti a Miihlheim ha , fatto ordinare al Ministero degli affari agricoli le misure più energiche per sterminare con successo questo insetto pericoloso. - Il Governo dipartimentale ha ricevuto i mezzi necessari all’ e- secuzione delle misure per la distruzione dell’insetto, e nello stesso tempo si è imposto di far ricerche onde conoscere in qual modo tale insetto sia stato introdotto. La città di Miihlheim ha nominato il prof. dott. Gerstaeker di Greifswald quale perito, col mandato di studiare l’insetto, ed al bisogno di prestare il suo concorso scientifico all'autorità del paese. Lo stesso giornale Ehesmisches Vollkisblatt al N. 83 del 19 luglio dà una descrizione ed una figura (non troppo buona) dell’in- setto, presentandone la storia ed i danni arrecati in America. Il nostro Ministero dell’interno ha indirizzato ai prefetti ed ai presidenti dei Comizi agrari del regno la circolare seguente; “ La Dorifora della patate è comparsa in un possedimento “ vicino a Miihlheim sul Reno. Finora non si è esteso che a “ pochi ettari di terreno, e si ha la speranza di poterla isolare “ e distruggere, ma in ogni caso è grande il pericolo che sovra- “ sta alla nostra agricoltura, ed è imperioso il dovere per le au- “ torità, i corpi morali ed i privati di vegliare alla sicurezza “ di uno tra i nostri importanti prodotti. I signori prefetti, i “ comizi, i privati sono pregati di riferire immediatamente al “ Ministero ogni fatto che possa indurre il sospetto della pre- “ senza di questo insetto nelle nostre campagne ,. LE MAROCCHE, ANTICHE MORENE MASCHERATE DA FRANE. Nota del Socio Prof. G. OmBONI. (Seduta del 27 gennajo 1878.) Si chiamano Marocche, ed anche Lavini di Drò, certe colline caotiche, tutte coperte di massi e detriti calcarei e dolomici, che stanno al nord del lago di Garda, nella valle del Sarca, fra Arco e il lago di Toblino, e più precisamente fra il villaggio di Drò e quello di Pietramurata. Orbene, esse diedero origine a discussioni intorno al modo della loro formazione, e su ciò i geologi non si sono ancora messi d’accordo. Chi le guardò per- correndo la strada postale, non vide che il loro aspetto caotico, di mucchi formati con materiali caduti dai vicini monti calcarei e dolomici; e le considerò come semplici prodotti di frane e di scoscendimenti. Altri, invece, esaminandole meglio, trovarono in esse i caratteri delle colline di detriti formate dai ghiacciaj; e le considerarono, quindi, come antiche morene. — Chi ha ragio- ne? Secondo me, sbagliano tanto coloro, che le ritengono for- mate solamente con materiali franati dalle montagne vicine, quanto coloro, che le prendono solamente per antiche morene; poichè, per quello, che abbiamo veduto io, il prof. Paglia ed altri, esse presentano tanto i caratteri delle frane quanto quelle delle antiche morene, e sono morene antiche, mascherate da frane moderne. Fra quelli, per i quali le Marocche non si sono formate che per mezzo di frane e scoscendimenti, sta il professore Stoppani. — Ecco, infatti, ricopiata testualmente, la splendida descrizione, che egli diede delle colline in discorso, nelle pagine 96, 97 e 98 della sua opera incorso di pubblicazione, intitolata: L’ Era Neo- Vol. XX. 5 66 G. OMBONI, zoica, e facente parte dell’Italia sotto l’aspetto fisico, ecc., edita dal dott. F. Vallardi in Milano: | “ Quest'ultimo tratto della valle della Sarca (dal lago di To- blino al lago di Garda), contrariamente a quanto si osserva nelle altre valli subalpine, mostra quasi nessun indizio del pas- saggio di un antico ghiacciajo. Il suo aspetto è dall’ epoca gla- ciale in poi interamente cambiato. Forse nulla al mondo, che presenti più vivo lo spettacolo del caos. Le frane, gli scoscen- dimenti, anche i più colossali, di cui le valli alpine ci offrono esempi ad ogni passo, non danno che una smorta imagine di quel subisso, di quelle cataste di massi prismatici d’ogni dimen- sione, spesso colossali, di quelle montagne di sfasciume, le quali rappresentano, si direbbe, altrettante montagne sfasciate lì per lìi. Tale è l'aspetto, che presenta la Sarca, per forse tre ore di cammino, lungo la via detta delle Marocche. Quelle Marocche consistono appunto in una lunga serie di colli, allineati nel senso della valle, composti di massi calcarei accatastati, nudi nudi, tra cui la Sarca dovette aprirsi il passo, direbbesi a viva forza, con cento giri e rigiri. Quelle montagne di rupi rappresentano una serie di scoscendimenti, o piuttosto un solo colossale scoscendi- mento delle montagne calcaree che fiancheggiano la Sarca a de- stra, e sorgono così nude, a picco, talora strapiombanti, a spi- goli acuti, a sfaldature gigantesche, con tale aspetto, insomma, che si direbbe essersi ieri soltanto squarciati i fianchi di quelle montagne, ed avere il prodotto di quella frana mostruosa im- provvisato ieri sul fondo della valle quelle montagne di rupi. Naturalmente colla roccia in posto venne a franare quel po’ di detrito glaciale, il quale poteva essersi arrestato su quelle mon- tagne già per sè scoscese; naturalmente scomparvero i lisci e gli arrotondamenti glaciali, sostituiti da fresche superficie di frattura; naturalmente il detrito morenico che ingombrava il fondo della valle o si appoggiava, sotto forme di morene laterali, ai fianchi di essa, fu coperto, e reso invisibile da quell’immane ac- cumulamento delle frane. Si badi bene che qui non è il caso di quelle lente frane, le quali dovunque in seno alle Alpi veggonsi LE MAROCCHE, ECC. 67 mascherare almeno parzialmente il detrito morenico. Qui trat- tasi, ripeto, di un grande scoscendimento, che ha abbattuto in un sol tratto una gran parte delle montagne costituenti una grande formazione calcarea sulla destra della Sarca. Quelle ca- taste di rupi tutte egualmente fresche, dicono che il tutto ri- monta alla stessa epoca, e fu l’opera di un sol giorno, forse di un solo istante. L’idea che le Marocche rappresentano un solo grande scoscendimento, avvenuto certamente dopo l’ epoca glaciale, mi venne suggerita dal prof. Taramelli; ed avendo visitato la località, parmi difficile di poterne riportare un’idea diversa da quella espressa dal mio ottimo amico. Si sarà notato principalmente che in luogo di essere semplicemente addossate alla montagna, for- mandone la base a scarpa, come tutte le frane ordinarie, le frane delle Marocche, coprendo da prima le basi della montagna cal- carea, si rilevano dappoi verso il mezzo della valle, formandovi, come abbiam detto, quasi una catena di colline, allungata pa- rallelamente alla valle stessa. Così deve avvenire nei casi di sco- scendimenti repentini. Fra i massi che franano, e quelli che si arrestano già nel mezzo della valle, ha luogo, per mutua rea- zione, quello che si dice una risultante, per cui i massi devono cambiare il moto orizzontale in verticale, accumulandosi in forma di collina. “ In mezzo a quel recente sfasciume tutto calcareo, non re- stano visibili, del terreno glaciale, che ciottoli e massi sparsi qua e là, e come perduti fra le macerie. , «Ed ecco anche le due note aggiunte a questa descrizione dal prof. Stoppani: “ Il prof. Omboni pubblicò recentemente una Nota, che ha per titolo Gita alle Marocche, fatta daù naturalisti riuniti ad Arco-:mnel settembre 1874 (Arco 1875). — L'Autore vi riporta le diverse opinioni sulla origine di quella formazione, e vi sostiene la sua, la quale per vero non poteva attendersi da nessuno meno che da lui. Sostiene in fatti che le Marocche rappresentano le morene frontali dell’antico ghiacciajo della Sarca in ritirata. Che l’egregio professore non abbia mai osservato una morena.?..... Ma 68 «. G, OMBONI, se invece fu uno dei primi, che studiassero il terreno glaciale sui versanti italiani, parlandone e scrivendone con perfetta co-’ gnizione di causa! Degni di tutta lode e veramente fondamentali sono i suoi scritti sugli antichi ghiaccia] di Lombardia, già più volte citati in quest'opera. Dunque?.... Bisogna dire che, a furia di osservare morene, ne veda anche dove non esistono; anche in ciò che può dirsi veramente negazione delle morene. È un fenomeno psicologico, che si verifica sovente negli specialisti in ogni ramo di scienze. Sarebbe una morena frontale ben strana quella che corresse parallela alla valle, invece di attraversarla; come strana ugualmente sarebbe una morena laterale, che si tenesse ritta nel ‘mezzo della valle, in luogo di appoggiarsi alle montagne che la fiancheggiano. Frontale poi o laterale che fosse, sarebbe sempre un problema una morena di ghiacciajo alpino tutta di massi an- golosi, tutta quanta di roccie locali, mentre il signor Omboni sa benissimo che una morena frontale, laterale o mediana, nel punto in cui si trova, rappresenta sempre e necessariamente la somma del detrito di qualunque genere, proveniente da tutte le masse rocciose a monte di quello stesso punto. È legge, che non pati- sce eccezioni. Il detrito locale non potrà mai rappresentare altro che una parte del detrito componente la morena. Si pensi come doveva essere formata la morena frontale di un ghiacciajo che si dipartiva dalle cime granitiche del M. Adamello, senza tener conto del fatto che il ghiacciajo prevalente nella valle della Sarca, da Sarche a Riva di Trento, era indubbiamente quello dell’Adige, il quale colle sue morene porfiriche riempì il lago di Garda e la valle stessa della Sarca, non lasciando al ghiacciajo della Sarca propriamente detto che un posto affatto subalterno. Vorrei vedere, del resto, se una sola delle mille e mille morene dei ghiacciaj alpini antichi e moderni abbia presentato al signor Omboni qualche cosa di somigliante a ciò che presentano le Marocche. , “ Nello scritto citato nella nota precedente il prof. Omboni dice che in mezzo a quelle montagne di massi calcarei trovansi sparsi (assai radi certamente) ciottoli e massi di granito, gneiss, micaschisti e porfidi, e ricorda come fortuna (fortuna singolare LE MAROCCHE, ECC. 69 davvero, trattandosi di morene tutte calcaree) che uno dei natu- | ralisti del Congresso d’ Arco abbia trovato wr ciottolo (!) lisciato e solcato. , Fra igeologi che considerano le Marocche come altrettante an- tiche morene, non va annoverato il signor De Mortillet, perchè egli, nel suo lavoro pubblicato nel volume III degli Atti della So- cietà Italiana di scienze naturali, e intitolato Carte des anciens glaciers du versant italien des Alpes, citò bensì come un’ antica morena quel famoso ammasso di pietre calcaree, che è presso a Mori, ma non fece parola delle Marocche. Da un articolo del signor Mario Manfroni nel giornale 17 T'rew- timo del 15 e del 16 aprile 1874 risulta che anche il signor Moi- sisovics, in un lavoro inserito nelle Mittheilungen des Oesterrichi- schen Alpen-Vereins, si è occupato delle traccie lasciate dagli antichi ghiacciaj nel Trentino, e che altrettanto fece il signor Sar- dagna; e pare che ambedue abbiano considerato le Marocche co- me effetti d’un antico ghiacciajo, ma non abbiano dato delle prove a sostegno di questa loro opinione. Nello stesso articolo, poi, si legge che il signor Ball, nella sua Guida delle Alpi Orientali, si espresse, a proposito delle Maroc- che, nel seguente modo: — “ Per alcune miglia sotto le Sarche la valle presenta l'alternanza di una ricca coltivazione e di ste- rili ruine, e l’aspetto suo dimostra che ebbero qui luogo parec- chie considerevoli frane, una delle quali sopra grandiosa scala. Ma la posizione attuale di alcuni massi può forse. essere meglio spiegata mediante l’azione glaciale. , Ma non fu se non nel settembre 1874 che furono esaminate bene le Marocche, in modo da raccogliersi parecchi fatti certa- mente comprovanti la natura morenica di quelle colline. Già più volte, prima d’allora, io aveva veduto le Marocche, ma sempre dalla strada postale, e viaggiando in carrozza, così che non ne avevo osservato che l’aspetto caotico, di antiche e re- centi frane; e, se avessi dovuto pubblicare la mia opinione senza fare altre osservazioni in quei luoghi, avrei certamente conside- rato le Marocche come fa tuttora il professore Stoppani. Fortu- 70 G. OMBONI, natamente, però, nel mese or ora citato, trovandomi al Con- gresso di naturalisti ed alpinisti riunito in Arco, in occasione d’una Assemblea generale del Club Alpino Trentino, presi parte alla gita, che molti fra quei naturalisti e alpinisti fecero alle Marocche. E in quella escursione il prof. Paglia, il sig. Carlo De Stefani, altri geologi ed io, vedemmo molte cose che non si pos- sono punto osservare dalla strada postale, e delle quali credetti bene di render conto dapprima verbalmente, in una seduta di quel Congresso, e poi in iscritto, in una breve comunicazione, che fu pubblicata, col titolo Gita alle Marocche, nell’ Annuario della Società Alpina del Trentino per @l 1875, e in un piccolo numero di esemplari a parte. — Ritornai poscia sullo stesso argomento, collo scopo di far conoscere maggiormente i risultati geologici di quella gita, in una comunicazione al R. Istituto Ve- neto di scienze, lettere ed arti, pubblicata negli Att del detto Isti- tuto, nell’anno 1876, col titolo: Delle antiche morene vicine ad Arco nel Trentino. — E in ambedue questi scritti mi sforzai di de- scrivere chiaramente tutti è fatti osservati da me e dai miei com- pagni, dai quali fui condotto a considerare le Marocche come antiche morene in gran parte coperte da materiali forniti da frane moderne. Ecco qui, ricopiate testualmente, quelle parti della mia prima relazione stampata, che contengono la descrizione delle Maroc- che e delle cose osservate in esse, relativamente alla loro na- tura geologica: “Le Marocche sono sette od otto colline allungate, colla forma di argini giganteschi ma guasti e tondeggianti, composte di sab- bia, ciottoli e massi di varie grandezze, e collocate parallele l’una all’altra, attraverso alla valle della Sarca, fra Drò e Pie- tramurata, in modo d’essere attraversate dal fiume e dalla strada postale. (pag. 4). “ Ve ne è poi una, che è posta al nord delle altre, diretta da nord a sud, ed unita, verso mezzodì, alle altre, in modo da tro- varsi fra il fiume Sarca e il laghetto di Cavedine, e da lasciare che questo laghetto mandi le sue acque soverchie al fiume Sar- LE MAROCCHE, ECC. 71 ca, verso tramontana, per mezzo di un ruscello, che passa a poca distanza da Pietramurata. (pag. 4 e 5). “ Quasi tutti i naturalisti riuniti ad Arco partirono, dunque, la mattina del 22 settembre, in parecchie carrozze, per Drò e le Marocche, insieme con alcuni fra gli alpinisti del Trentino, che presero parte al loro Congresso, guidati, tutti quanti, dal dottor Marchetti. A Drò lasciarono le carrozze, ed a piedi si avviarono verso il fiume, e lo raggiunsero là, dove appunto esce dall’alveo scavato nelle Marocche. E da quel punto fino quasi a Pietramu- rata, camminando ed osservando tutto con cura, la maggior parte di essi studiò quelle colline sotto l’aspetto geologico, men- tre gli altri vi raccolsero animali e piante, per arricchire sem- pre più la Fauna e la Flora del Trentino. (pag. 6 e 7). “ Così progredendo, la processione (di alpinisti e naturalisti) percorse dapprima e per poco la riva sinistra del fiume, e vide la sezione della più meridionale collina, fatta dal fiume stesso nell’aprirsi il suo alveo; poi lasciò il fiume, per internarsi fra la prima e la seconda collina; e poi salì su quest’ultima, discese nel vano fra questa e la terza, e salì sulla terza; e, sempre sa- lendo e discendendo, per sentieri ondulati, in modo d’ attraver- sare tutte le sette od otto colline, giunse, alla fine, al lago di Cavedine, ove la aspettavano molte barchette. Percorse su que- ste il laghetto, che ha la sua lunghezza nella direzione da sud a nord; e poi anche una parte del canale di scolo, che scende al fiume, ed è assai ingombro di canne, e col fondo fangoso, as- sai popolato di conchiglie bivalvi. Giunta, così, a poca distanza da Pietramurata, e lasciate le barchette, si recò in pochi mi- nuti al villaggio, dove l’attendevano una allegra colazione e le carrozze pel ritorno ad Arco. (pag. 8). “ In quella parte della gita, che fu fatta lungo la riva sini- stra del fiume, i geologi osservarono prima di tutto la sezione trasversale della prima collina, colla forma triangolare, che è propria specialmente delle morene moderne ed antiche. Consta= 72 G. OMBONI, tarono poi anche la struttura caotica visibile in quella sezione; videro, cioè, che quella prima collina consta di un misto. di fango e sabbia, il quale non ha alcuna stratificazione paragona- bile a quella dei depositi di formazione tranquilla nei laghi, nei mari e nei fiumi, e contiene, sparsi irregolarmente, e tutti insie- me, ciottoli grandi e piccoli, e massi angolosi di ogni dimensione. Videro, insomma, che la prima collina ha la struttura propria delle morene. Osservarono pure che la maggior parte dei ciot- toli e dei massi è di roccia calcarea o dolomica, eguale 0 somi- gliante a quella dei monti vicini e sovrastanti; ma trovarono anche un buon numero di ciottoli e massi di granito, di gneiss, di micascisto e di porfido. Finalmente, uno di essi ebbe la for- tuna di trovare un bellissimo e caratteristico ciottolo lisciato e solcato: uno di quei ciottoli, che caratterizzano nettamente, e senza lasciare alcuna ombra di dubbio, certe morene dei ghiac- ciai moderni ed antichi. (pag. 9). “ Durante il resto della escursione a piedi, fatta ora salendo ed ora discendendo, in modo di attraversare da sud a nord tutte le colline e tutti gli intervalli compresi fra esse, i geologi eb- bero ad osservare ed a far rimarcare ai loro colleghi che quelle colline hanno in generale la forma d’argine propria delle morene dei ghiacciai, sono collocate attraverso alla valle al modo delle morene frontali o terminali dei ghiacciai, hanno ancora, come le morene, la loro superficie formata di massi angolosi, di ogni grandezza e disposti in tutti i modi possibili, e finalmente, benchè principalmente formate di massi calcarei e dolomici, pure hanno frequenti massi di graniti, scisti cristallini e porfidi, provenienti da monti lontani. — In una delle vallette comprese fra le col- line, ebbero ad esaminare un laghetto simile a quelli, che esi- stono fra le antiche morene di Ivrea, della Brianza, ecc. — E finalmente, guardandosi attorno da ogni parte, e portando bene la loro attenzione sui materiali componenti le colline, e sulle pa- reti dei monti a levante ed a ponente, videro qua e là delle traccie d’antiche frane; videro, cioè, nelle pareti dei monti, dei luoghi, da cui devono essersi distaccate grandi masse di: roccie, - LE MAROCCHE; ECC. i 48 e su alcune parti delle colline certe accumulazioni di massi, a superficie tanto più elevata quanto più vicina ai monti, le quali devono essere state formate coi materiali caduti dagli stessi monti. Vi fu poi taluno (e precisamente chi scrive queste righe), che cre- dette di poter distinguere, nella superficie delle colline, certe parti con i massi e detriti coperti da arbusti e da erba abbon- dante, perchè formate da materiali morenici, non mai stati co- perti da frane, ed altre parti, invece, con poca erba ed anche senza erba, ma sempre senza arbusti, perchè, dopo la loro for- mazione per opera di un ghiacciajo, furono coperte da frane più o meno grandi, più o meno antiche. “ Con ciò i geologi della comitiva giunsero al laghetto di Ca- vedine affatto persuasi della natura generalmente morenica delle colline fin là esaminate, e dell’esistenza di frane, venute a ma- scherare qua e là la antica superficie di origine glaciale. Per- correndo poi quel laghetto, osservarono alla loro destra, cioè verso levante, i fianchi calcarei del monte di Cavedine, e alla loro sinistra, cioè verso ponente, una collina lunga e bassa, della forma delle precedenti, ma diretta dal sud al nord, parallela- mente al fiume ed alla valle, invece che trasversalmente. E, guar- dando questa collina, parve loro di vedere la stessa struttura delle altre in tutte le sue parti, meno che in alcune più basse e vicine al pelo dell’acqua, ed in quel promontorio, con cui la col- lina stessa finisce verso il nord; poichè in queste parti sembrò a loro di vedere sporgere delle roccie in posto. — Certamente essi avrebbero dovuto e voluto esaminare più da vicino e con maggiore attenzione quei luoghi, e tutta quella collina, come avrebbero dovuto e voluto esaminare meglio e più minutamente le colline già percorse, ed anche i monti vicini, per cercarvi dei massi erratici, delle roccie lisciate e solcate in posto, ed altre traccie dell’antico ghiacciajo; ma in quel giorno non potevano separarsi dai compagni, e dopo di esso furono obbligati, da altri loro doveri, ad abbandonare quell’interessantissimo campo di studj. Due di essi, però, (il prof. Paglia e lo scrivente) avevano già raccolto, prima della riunione ad Arco, molti dati comprovanti 74 C. OMBONI, il passaggio d’un antico ghiacciajo per la valle della Sarca, ed uno di essi (il prof. Paglia) ne raccolse, e molto interessanti, anche durante il Congresso, su pei monti attorno ad Arco. “ L’origine morenica delle Marocche, secondo le cose fin quì dette, è provata dalla forma d’argine e dalla struttura caotica di quelle colline, e poi anche dal ciottolo lisciato e solcato, che fu trovato in una di quelle colline; e 1’ esistenza di materiali pro- venienti da frane è provata dalla forma d’alcune accumulazioni di massi, che si vedono qua e là, e dai corrispondenti vani esi- stenti nelle pareti delle vicine montagne. Chi vorrebbe, poi, com- battere l’ origine morenica, troverebbe un argomento in suo fa- vore nella natura calcarea o dolomica di quasi tutti i massi, pezzi angolosi e ciottoli, che compongono le colline in discorso. Ma questo fatto singolare, quello del piccolo numero dei massi e ciottoli di graniti, scisti cristallini e porfidi, ed anche quello della grandissima rarità dei ciottoli lisciati e solcati, si possono, a mio credere, spiegare colle circostanze, in cui devono essersi formate le antiche morene da noi esaminate. (pag. 9, 10, 11 e 12). , Qui, nella pagina 12, dimenticai, lo confesso, di rammentare tra le prove della origine morenica delle Marocche, il fatto, già accennato, del resto, a pag. 4, che tutte queste colline, meno una, sono dirette trasversalmente alla valle, alla guisa di tutte le mo- rene frontali; ma nelle pagine successive, cercando di spiegare chiaramente come si siano formate le Marocche durante il riti- rarsi del ghiacciajo, distinsi nettamente quelle #rasversali, come morene frontali, e quella longitudinale come morena laterale. Credo bene di aggiungere qui anche la descrizione, che delle Ma- rocche feci nel secondo mio opuscolo relativo a queste colline, cioè in quello pubblicato nel 1876, negli Atti del R. Istituto Veneto. Eccola, testualmente copiata dalle pagine 3, 4 e 5 di detto opu- scolo: “Vedemmo dapprima un torrentello vicino a Drò, col fondo coperto di ciottoli porfirici, granitici, ecc., provenienti, come ha ben osservato il prof. Paglia, da qualche antica morena in posto sulla catena del M. Bondione. Poi esaminammo la collina sas- LE MAROCCHE, ECC. 75 sosa più vicina a Drò; e la vedemmo colla forma ad argine e colla struttura caotica, che sono proprie delle antiche morene. La vedemmo, infatti, formata di un misto di fango e sabbia, senza alcuna stratificazione paragonabile a quella dei sedimenti dei fiumi e dei laghi, e con un gran numero di ciottoli grandi e pic- coli, di grandi e piccoli frammenti angolosi, tutti sparsi senza alcun ordine nella miscela di fango e di sabbia. Vedemmo pure che la maggior parte dei ciottoli, frammenti e massi è di calcare e di dolomia, cioè di quelle rocce, che compongono i vicini monti, ma anche altri lontani, sulle rive del Sarca, fino a Tione; e ve- demmo anche un buon numero di ciottoli e massi di granito, di gneiss, di micascisto e di porfido, cioè di rocce componenti i monti attorno alle parti più alte della valle del Sarca. E final- mente trovammo un bellissimo e caratteristico ciottolo calcareo, lisciato e solcato, cioè uno di quei ciottoli, che caratterizzano nettamente certe morene dei ghiaccia} moderni ed antichi. “ Continuando nella nostra escursione, attraversammo, ora ascendendo ed ora discendendo, tutte le colline, che attraversano la valle, osservammo in tutte la forma esterna propria delle mo- rene, la posizione trasversale delle morene frontali o terminali, e la superficie coperta, come quella delle morene, di massi an- golosi d’ogni forma e grandezza, e in ogni possibile posizione. Ve- demmo le creste ondulate, ma generalmente orizzontali, le col- line leggermente arcuate, colla concavità verso il nord, e fra due di esse un bacino con acqua ferma, abitata da gamberi. Tra i massi, in generale calcarei e dolomici, ne trovammo sempre, come nella prima collina, alcuni di altre rocce, cioè di granito, di mi- cascisto, di gneiss; ed uno di gneiss è ben noto agli abitanti di quei paesi, sotto il nome di sasso d’argento, per le laminette di mica argentea, di cui è ricco. Finalmente, qua e là vedemmo al- cune tracce di vere frane, cioè accumulazioni di massi e fram= menti colla superficie tanto più elevata quanto più vicina ai monti, dai quali possono essere caduti quei massi e frammenti; ed io credetti di trovare, nella mancanza o presenza di una tal quale vegetazione, un carattere per distinguere le accumulazioni 76 G. OMBONI, di massi e frammenti dovuti a frane da quelle interamente di ori- gine glaciale; poichè mi parve che le accumulazioni dovute a frane fossero ancora senza erba od anche affatto nude, ma ad ogni modo senza arbusti, e invece avessero erbe ed arbusti quelle parti delle colline, che non furono mai coperte da frane, e presentano perciò ancora a nudo la loro superficie antica. “ Giunti al laghetto di Cavedine dopo avere attraversato tutte le colline parallele fra loro, vedemmo quella diretta da sud a nord, e che divide il bacino del laghetto dall’alveo del fiume. In essa sono visibili la stessa struttura e la stessa forma generale che nelle altre; e sono visibili anche alcune sporgenze di roccia calcarea in posto, la quale forma dei promontorj quasi totalmente mascherati e coperti dal misto di fango, sabbia, ciottoli e massi, che costituisce la gran massa della collina. “ Dal fin qui detto risulta che le colline delle Marocche de- vono avere avuto un’origine glaciale, cioè devono essere altret- tante morene abbandonate da un antico ghiacciajo, ma poi de- vono essere caduti su di esse molti detriti, frammenti e massi, per delle frane venute giù dai monti vicini, così che la superficie loro deve essere in parte d'origine antica e glaciale o morenica, e in parte moderna, prodotta dalle frane. E per ispiegare poi la posizione singolare dell'ultima collina, non più trasversale, ma nella direzione della valle, come per ispiegare la rarità dei ciot- toli lisciati e solcati, il piccolo numero dei massi e ciottoli di graniti, di porfido, di micascisti e di gneiss, e quello, invece gran- dissimo dei massi e ciottoli calcarei, bisogna applicare opportu- namente quello che si sa dei ghiacciaj attuali, alla ricerca di ciò, che deve essere avvenuto degli antichi ghiacciaj di questa parte del Trentino. , Anche il prof. Paglia, nel suo lavoro sui terreni glaciali nelle valli alpine confluenti ed adiacenti al bacino del lago di Garda, pubblicato nel 1875, negli Atti del R. Istituto Veneto, parlò delle Marocche, e delle cose che vi vedemmo insieme, cioè degli argini arcuati, attraversanti la valle, delle loro creste disposte quasi oriz- zontalmente, della loro concavità rivolta verso settentrione, dei LE MAROCCHE, ECC. VAI massi di rocce non calcaree, ecc.; e, naturalmente, giunse alla stessa conclusione, a cui era venuto io, cioè considerò le Maroc» che come antiche morene. Paragonando a queste descrizioni, date da me e dal prof. Pa- glia, quella data dal professore Stoppani, risultano chiare due cose. — La prima è che questo nostro collega non vide nelle Marocche, se non il caos delle frane; e quindi deve aver osser- vato quelle colline soltanto dalla strada postale; poichè è evidente che, se le avesse esaminate come le esaminammo noi, anch'egli le avrebbe vedute e descritte come le vedemmo e descrivemmo noi, cioè colla forma ad argine, colla posizione per lo più trasver- sale e non longitudinale, con certe parti coperte di un po’ di vegetazione ed altre affatto nude, insomma con tutti i caratteri delle antiche morene oltre che con quelli, affatto superficiali, delle frane e degli scoscendimenti. — E la seconda è che dei fatti accennati negli scritti del Paglia e miei, il nostro chiarissimo collega ne cita alcuni, e passa gli altri sotto silenzio. Cita, per esempio, il fatto dei massî erratici di rocce non calcaree, e quello del ciottolo lisciato e rigato; e passa sotto silenzio quello della posizione trasversale delle colline rispetto alla valle, quello della forma ad argine delle colline stesse, ed altri, che pur sono im- portantissimi. Per trovare una spiegazione a queste due cose singolari, che risultano dal paragone delle descrizioni, bisogna supporre, mi pare, che il nostro illustre collega abbia studiato le Marocche prima di aver consultato la mia prima relazione intorno ad esse; e che, in generale, non abbia dato agli opuscoli miei e del Pa- glia se non una troppo rapida occhiata. — Se, infatti, egli a- vesse letto per intiero la mia prima relazione (che è quella da lui citata) prima di fare la sua visita alle Marocche, le cose dette da me lo avrebbero certamente indotto ad un più completo esa- me di quelle colline; ed allora avrebbe veduto, come vedemmo noi altri, i caratteri delle antiche morene oltre a quelli delle frane. — Se poi egli andò a vedere le Marocche prima di co- noscere la mia prima relazione intorno ad esse, e quindi rice- 78 G, CMBONI, vette da me e dal prof. Paglia i nostri opuscoli dopo di aver fatto la sua gita alle Marocche, egli avrebbe ben potuto (altri direbbero, forse, dovuto), prima di pubblicare la sua descrizione, averela pazienza di leggere per intero almeno uno dei nostri opuscoli; e, se avesse fatto ciò, sarebbe forse rimasto colpito da tutte le cose dette da me e dal Paglia sulla posizione trasversale e sulla struttura morenica di quelle colline, ed avrebbe creduto, senz’al- tro, a noi, eadottato il nostro modo di vedere, oppure avrebbe trovato opportuno di fare una nuova gita alle Marocche; colla quale avrebbe verificato sul sito, con opportune ricerche, le nostre asserzioni (e sarebbe giunto alle stesse nostre conclusioni), oppure ci avrebbe trovati completamente in errore, e l'avrebbe potuto dimostrare. — Egli, invece, non avendo dato agli opuscoli miei e del Paglia se non un’occhiata troppo rapida, vi lesse bensì le frasi relative ai massi di rocce non calcaree, al ciottolo lisciato e rigato, ed all’origine morenica di quelle colline, ma non vide quelle intorno alla forma, alla posizione trasversale, al paralle- lismo, ecc., delle stesse colline. Così, egli non venne a conoscere tutte le ragioni, per le quali il Paglia ed io considerammo.le Ma- rocche come antiche morene, e non fu indotto nè a credere a noi, nè a fare una nuova visita alle Marocche; e quindi, avendo egli stesso osservato le Marocche soltanto dalla strada postale, non avendo perciò veduto se non delle colline longitudinali e composte di materiali franati, e non sapendo che altri avessero veduto la forma di argine, la posizione trasversale e il paralleli- smo delle Marocche, si trovò, naturalmente, in diritto e in dovere di credere e di stampare che io, per un particolare fenomeno psicologico, abbia commesso lo sbaglio di prendere delle colline longitudinali per altrettante morene trasversali. Io non mi lamento della troppo rapida occhiata che il pro- fessore Stoppani diede ai miei opuscoli, e nemmeno me ne mara- viglio. — Egli stesso ha stampato, a pag. 160 della sua Era neozoica, che “ è ben ingenuo chi scrive dei libri perchè siano letti dagli scienziati. , — E non mi misi a scrivere queste pagi- ne, se non quando lessi nella stessa opera, nelle pagine 144 e 145, LE MAROCCHE, ECC. 79 bj che, “ difendersi dagli assalti è non solo diritto, ma dovere, quando si tratta della verità; confutare le obiezioni non è mancare di stima e di riguardo alle persone; poi la lotta è il principale fattore d’ogni progresso fisico, intellettuale e mo- rale. , Ma io non voglio nè difendermi, nè confutare, nè lottare; io mi limito a dirigere al nostro collega le stesse parole, che ebbi occasione di dire, anni sono, ad un altro illustre geologo, il quale non voleva punto credere ad una mia asserzione positiva, a pro- posito di un fatto da me stesso osservato, così come ora il pro- fessore Stoppani non vuol credere a me ed al prof. Paglia, quando affermiamo che le Marocche presentano i caratteri certi delle antiche morene. Il professore Stoppani si ricorderà, forse, che una volta, tro- vandoci noi due con tre geologi svizzeri sui monti d’ Erba, e parlandosi della provenienza dei massi erratici colà frequentis- simi, io dissi di essere sicuro della esistenza del serizzo-ghian- done in posto in un determinato luogo fra Chiavenna e Campo- dolcino, lungo la strada postale; e che, subito, uno di quei geo- logi svizzeri saltò su a dichiarare impossibile che quella roccia si trovasse in quel luogo, perchè non vi era stata mai veduta dagli autori della Carta geologica generale della Svizzera. Io re- plicai che l’aveva veduta io stesso, quella roccia in posto, in quel luogo, e più volte; ed egli ripetè che ciò era impossibile. Allora misi fine alla discussione col dire a lui: — “ebbene, vada Lei stesso, osservi, e mi farà poi conoscere, in altra occasione, il ri- sultato delle di Lei osservazioni. , — Or bene, che cosa fece il vecchio ed autorevolissimo geologo svizzero, per rispondere a tanta insistenza di quell’impertinente allievo in geologia, che osava ‘affermare l’ impossibile? Andò, osservò, e un anno dopo, appena mi vide arrivare ad uno dei simpatici congressi della So- cietà Elvetica di scienze naturali, mi venne incontro, mi strinse la mano, e mi disse: vous aviez raison. — Queste tre sole pa- role, dette da quell’illustre geologo, bastarono a togliere dal mio animo la cattiva impressione della smentita inflittami da lui 80 G. OMBONI, stesso un anno prima; e ci mettemmo, senz’altro, a discorrere di. altre cose, come vecchi amici, o meglio come maestro e scolare. Al professore Stoppani, dunque, io dico semplicemente: — “ va- da a vedere di nuovo e bene le Marocche, e mi faccia poi cono= scere, in uno dei futuri fascicoli dell’ Era meozoica, il risultato delle sue nuove osservazioni. ,, —- E sono sicuro che anch’ egli, esaminando bene le Marocche, come lo facemmo il Paglia ed io, vi vedrà, come vi vedemmo noi, le colline trasversali, colla forma e colla struttura delle morene, e colla superficie in parte antica, morenica, e in parte moderna, per gli scoscendimenti; e non tro- verà più strano che il Paglia ed io abbiamo considerato quelle colline come morene antiche, coperte in parte da materiali iii nati dalle vicine montagne. Ho finito colle Marocche; ma, giacchè ho in mano la penna, e. parlo di morene antiche, soggiungerò che nell’autunno del 1876 vidi anch'io, nelle mani del signor Forsyth-Major, dei bellissimi ciottoli morenici, lisciati e solcati, di marmo saccaroide, prowe- nienti dalla valle di Arni, e appartenenti alla antica morena ve-. duta dal professore Stoppani al piede delle Alpi Apuane; e.da. lui descritta nella pag. 128 dell’ Era neozoica; e che in una: gita fatta dai Bagni di Lucca a Castelnuovo di Garfagnana; percor- rendo nell’andata una riva del Serchio, e nelritorno l’altra, vidi in tutto quel tratto di paese molti depositi alluvionali, antichi e moderni, oltre alle rocce più antiche; ma non vidi alcuna trac- cia dei depositi morenici o glaciali indicati dal professore Moro, e dei quali parla il nostro collega Stoppani nelle pagine 128 e. 129 dell’opera già più volte citata. Il non averli visti io, però, non prova punto che essi non vi esistano; ma io non, crederò alla loro esistenza se non quando questa sia stata ben compro- vata col mezzo di fatti incontrastabili, da persone ben pratiche di ghiacciaj e di morene moderne ed antiche. Padova, 10 gennaio 1878. 6: SUNTO DEI REGOLAMENTI DELLA SOCIETÀ. Scopo della Società è di promuovere in, RT il progresso degli studj relativi alle scienze naturali. O I Socj sono in numero illimitato; effettivi e corrispondenti. I Socj effettivi pagano it. L. 20 all’anno, în una sola volta, nel primo tri- mestre dell’anno. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno quelli dimoranti nel Regno d’Italia), vi presentano le loro Memorie e IC zioni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. A. Socj corrispondenti si eleggono persone distinte nelle scienze naturali, le quali dimorino fuori d’Italia. — Possono diventare soc] effettivi, quando si assoggettino ‘alla tassa annua di lire venti. — Non sono invitati partico- larmente alle sedute della Società, ma possono assistervi e presentarvi o farvi leggere delle Memorie o delle Comunicazioni. — Ricevono gratuita- | mente gli Atti della Società. La proposizione per pi ammissione d’ un nuovo socio deve essere fatta © firmata da tre socj effettivi. I Socj ‘effettivi che ‘non mandano la loro rinuncia «almeno tre mesi prima | della fine dell’anno sociale (che termina col.31 dicembre) continuano ad es- sere tenuti per soc]; se sono in ritardo nel pagamento della quota di un anno; e, invitati, non lo compiono nel primo trimestre dell’anno successivo, cessano di fatto di appartenere alla Società, salvo a In il far valere i suoi diritti per le quote non ‘ancora pagate. Le Comunicazioni, ‘presentate nelle adunanze, possono essere stampate negli ‘Atti o-nelle Memorie della Società, per estratto o per esteso, secondo .la loro estensione ed importanza. La cura delle pubblicazioni spetta alla Presidenza. Agli Atti ed alle Memorie non si ‘ponno unire tavole se non sono del formato degli Atti o delle Memorie stesse. Tutti i Socj possono approfittare dei libri della biblioteca sociale, pur- «chè li domandino a qualcuno-dei membri della Presidenza, rilasciandone regolare ricevuta. Al Ma MO Aes È È, uf » "a ha 13 844 PR y de : DI sat Dre ARCA da x ali pa PD ; vi $ i pt di . ni È n è° ) r AA i La Ù v : J i A É hÒ + I è I Ù v N DA VET der, A ASTA? È. * Pa x ‘ dia LS pia CA % i ai ‘ so i È ì A = di agree uo Î) POI, sii » S ‘ pri Da di à È : Do: } i : % LO REA il Ti; i î ì i Va È ja Î È CRT | BUSI 0 INAIL KERALA fi è I : . n Rio y L v di LI x hi ” n b | ; : i PARINI a LI {LOSE LOLA ini) Len E vet f tri Ta peter ” ti v (O ISTE OO ROTAIA pQOil i bj L < : il ha di PI Nd | 1 1640 doh: Jago sE dali ca 7 so Bain da 1871. gi (iui SLEDAST i fa seit Soci effettivi al principio dell'a anno 187 PO ‘ Soci corrispondenti . SARA PRA Was TINCNI vi 3) Lai Istituti scientifici oi RAP Vita RRGIOAT — Seduta del, Li sad 1877, 4 nat Ù Dic ug SRI gr ER, Note dtilogiche. a eni . Seduta del 5. Agosto 1877. A paola Ba A. Vitna, Notizie sulla Dia decemlin G. OMBONI, Le marocche, 1 morene m ao frane . I ela ci pr PASS Ir \ e osa I i SI * PP to di : (e) ) x - o Li ATTI DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI VOLUME XX. FascicoLo 2: — FogLI 6-10. MILANO, COI TIPI DI GIUSEPPE BERNARDONI. PER L'ITALIA: PER L'ESTERO: PRESSO LA PRESSO LA SEGRETERIA DELLA SOCIETA’ LIBRERIA DI ULRICO HOEPLI MILANO MILANO Palazzo del Museo Civico. è Galleria De-Cristoforis, Via Mavi, 2. 59-62. Agosto 1878. 9 nto riti noci tardi fini n cio idrico dini | Per la compera degli ATTI e delle MEMORIE si veda la 3° pagina di questa copertina. PRESIDENZA PEL 1878. Presidente, CornaLIA dottor Emilio, direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Milano, via Monte Napoleone, 36. Vice-presidente, Vira ANTONIO. Milano, via Sala, 6. SORDELLI FERDINANDO aggiunto al Museo di storia naturale Segretar) di Milano, via Monforte, 7. Pini rag. NAPOLEONE, via Crocifisso, 6. Cassiere, GARGANTINI-PraTTI Giusepp®, Milano, via del Senato, 14. STAZIONE LITICA DELL'ISOLA DEI CIPRESSI NEL LAGO DI PUSIANO, E SEPOLTURE DI MONTORFANO, PRESSO COMO Contribuzione palcoetnologica di P. CASTELFRANCO. (Seduta del 27 gennajo 1878.) . La Direzione gencrale degli Scavi e Musei d’ Antichità ‘mi a- veva incaricato di fare alcune ricerche paleoetnologiche intorno ai laghetti della Brianza. Le precedenti esplorazioni dell’ egregio nostro socio prof. Antonio Stoppani! avevano fornito già tali pre- ziose nozioni intorno ai laghi di Pusiano e d’Oggionno che ri- solvetti di valermene come di sicura base alle mie prime opera- — zioni. Il 15 ottobre u. s., giunto appena a Pusiano e trovatovi una guardia del lago che mi aspettava con una barca, mi feci tra- ghettare alla punta settentrionale dell’isola dei Cipressi, al luogo dove lo Stoppani annunziava aver scoperto nel 1863 le traccie di una miserabilissima palafitta dell'età della pietra. Il lago era in una delle massime magre, limpidissimo, e con la superficie piana come quella di uno specchio; perciò mi riuscì facilissimo trovare, con la pratica acquistata sul lago di Varese, le testate di quattro o cinque pali sporgenti dal fondo, e questi dissemi- nati sopra una distesa di soli 3 o 4 metri al più, alla profon- dità di circa due metri dal pelo d’acqua, e conficcati tra i cre- pacci dello scoglio; tale scoglio, alla distanza di quattro metri circa dalla riva, cade a picco nel lago, non presentando quindi che un’area ristrettissima nella quale conficcar pali. Sia per la natura del fondo roccioso, sia per la ristrettezza dell’area, sia infine perchè quei pali sorgono assai più dal fondo fangoso di quelli del lago di Varese, non mi parve che si potesse riconoscere in questo luogo una palafitta preistorica. Tuttavia, a chiarire ! Atti della Soc. Ital. di Sc. Nat. Vol. V, p. 154-163, Vol. XX. 6 82 P. CASTELFRANCO, ogni dubbio, decisi di intraprendervi all’ indomani alcuni scavi d’assaggio. — Frattanto volli approfittare del tempo favorevole e continuai lentamente il giro dell’isola con gli occhi fissi sul fondo del lago a cercarvi più sicure traccie di palafitta. Sulla punta meridionale della stessa isola scorsi altri due o tre pali, non avvertiti dallo Stoppani, ma anche questi nelle medesime sfa- vorevoli condizioni di quelli della punta settentrionale. E nep- pure una accurata e lenta ispezione delle altre rive del lago fatta a diverse riprese in quel giorno e nei susseguenti, si mostrò più feconda di buoni risultati. L’indomani di quel primo giorno, fatto innestare un lungo e robusto manico nel cartoccio della mia cucchiaja di ferro (draga) ripresi la barca e mi recai di nuovo alla punta settentrionale del- l'isola dei Cipressi. Ivi raspammo con sollecitudine tra il poco fango e le canne lacustri alla superficie dello scoglio, senza che il nostro lungo e faticoso lavoro ci fruttasse altro che pochi car- boni (i quali potrebbero essere anche moderni), due scheggie in- formi di pietra focaja e alcuni pezzi delle teste dei pali. — Il lavoro sulla punta meridionale fu ancora più sfortunato non va- lendoci altro che due piccoli pezzi di carbone. — Terminate que- ste operazioni mi feci sbarcare nell’isola; era desideroso di tro- vare qualcuna di quelle scheggie di selce delle quali fa cenno lo Stoppani nella Memoria intitolata: Prima ricerca di abitazioni lacustri, ecc.' Giova qui far presente che tali scheggie, esposte in una delle vetrine del Museo Civico di Milano, non hanno al- cuna forma spiccata, a segno tale che aveva sempre ritenuto che fossero scheggie accidentali e non intenzionali, e quindi che non si trattasse di una stazione preistorica. Eppure, ad onta delle prevenzioni contrarie, dovetti convincermi che lo Stoppani aveva veduto bene, con questa sola differenza, che invece di cinque o sei scheggie informi, fui tanto fortunato, in quel giorno e nel susseguente, raschiando tra le screpolature dello scoglio e la mi- nuta ghiaja, di raccogliere una trentina di frammenti di veri col- tellini e raschiatoj di selce, due frazioni di denti di ruminanti e due 1 Atti della Soc. Ital. di Sc. Nat. Vol. V, p. 154-163. STAZIONE LITICA DELL'ISOLA DEI CIPRESSI, ECC. 83 o tre chilogrammi di scheggie simili a quelle di questo Museo. Non contento della bella messe, volli far praticare nell'interno del- l’isola alcune trincee a circa 15 metri dalla sponda rocciosa, in un luogo dove poca terra vegetale ricopre lo scoglio. Era mia intenzione di accertarmi se mai il sottosuolo fosse più ricco di selci della già esplorata nuda sponda. Due ore di lavoro mi val- sero pochi altri frammenti di coltellini, una frazione di altro dente di ruminante e due piccoli nuclei, da uno dei quali, bel- lissimo, di selce rossa, sembra che siano stati staccati almeno 7 minuscoli coltellini o scheggie allungate. Taluni paletnologi sono d’avviso, che mentre i così detti coltellini possono essere il ri- sultato di frattura naturale ed accidentale della selce, i nu- clei invece possono sempre essere riguardati come opera dell’uo- mo;! per questo voglio sperare che la scoperta di due di tali pezzi, in simili condizioni, convincerà anche i più increduli che alla superficie dell’isola dei Cipressi ci fosse, nei tempi preisto- rici, una stazione umana. i Il luogo dell’isola più ricco (o meno povero) di selci, è la sponda nord-est, il più povero quella nord-ovest. Nessuna selce affatto sulle sponde sud-est, sud e sud-ovest. Sembrami che questa dell’isola, per la mancanza di stoviglie e di numerose ossa di animali, non fosse vera stazione, ma semplice luogo d’ap- prodo di selvaggi dell’età della pietra. È notevolissimo il fatto che, fra tante scheggie e tanti pezzi lavorati, non si rinvenga nessun frammento nè alcun abbozzo di freccia,° mentre molte freccie si sono trovate, e talora si trovano ancora nelle vicine torbiere di Bosisio.” Quanto a me, dall'esame delle selci dell’ i- sola, argomenterei che quelle popolazioni fossero diversissime da 4 P. StrOBEL. Delle cautele necessarie nelle ricerche paletnologiche. Bull. di Pal. Ital. Anno II, p. 170. ? La selce che il Marinoni ci dà per un abbozzo di freccia trovata suile rive del- l’ isola dei Cipressi ed esposta come tale in una vetrina del Museo Civico di Milano è, secondo me, un pezzo senza alcuna traccia di lavorazione. 3 Parecchie trovansi nella raccolta dei signori fratelli Villa, ed otto altre freccie di tipi variati mi vennero donate recentemente dall’ egregio signor dott. G. Oriani di Cesana-Brianza, 84 P. CASTELFRANCO, quelle del lago di Vares» e da quelle delle torbiere di Bosisio e di Régeno. A Varese le freccie sono di gran lunga più frequenti dei coltellini, ed è rimarchevo!e che, anche nei fondi di capanne di Campeggine, la freccia è completamente sconosciuta, e vi ab-. bonda il coltellino. L'esplorazione che feci in quel turno di tempo anche sulle rive del lago d’Oggionno non fruttò alcuna scoperta; non ebbi neppur la fortuna di vedere le traccie di palafitta segnalate dallo Stoppani al luogo dello stretto che divide i due bacini di quel lago. -—— Scorsi bensì la indicata serie di cumuli! formati di sassi riquadrati e di mattoni cementati, alcuni dei quali ancora collegati insieme, ma nessun'altra cosa. È tradizione che antica- mente fosse quivi un ponte il quale univa la penisola d’Isella alla sponda meridionale, ed infatti l'allineamento di quei cumuli, tutti equfdistanti, sembra proprio accennare ad un ponte. Ognu- no dei cumuli occuperebbe il luogo di una delle pile, e le brevi depressioni tra ognuno dei cumuli stessi, il luogo delle arcate. Siccome lo Stoppani avea veduto i monconi dei pali lateralmente alla linea di cumuli, volli vederli anch'io, o per lo meno toc- carli, e, dato mano alla cucchiaja, scavammo profondamente, or di qua, or di là, senza riuscire ad altro che a cavar fango, torba in formazione, nocciuole, castagne, rami anneriti dall'acqua e dal tempo e qualche raro carbone, per cui dopo un lavoro di circa un'ora abbandonai l’impresa. Volli pure verificare se, tra le sabbie e le roccie della sponda del promontorio d’Isella si rinvenissero selci lavorate consimili a quelle della riva dell’isola dei Cipressi, ma per quanto cercassi e scavassi, anche sulle cime dei nudi monticelli, non mi venne fatto di portare a casa la più piccola scheggia di selce. Nei giorni successivi visitai le preziose anticaglie riunite per cura della Commissione archeologica di Como in una delle sale del Liceo Volta. Dall'esame dei vasi e dei cocci, e dall’indica- zione delle molte località, mi confermai nell’idea, già da me più ' G. MarinonI. Le Abitazioni lacustri, ecc. nello Memorie della Soc. Ital. di Sc. Nat. Tomo IV, n. 8, p. 26. STAZIONE LITICA DELL'ISOLA DEI CIPRESSI, ECC. 85 volte espressa, “ che una lunga serie di piccole necropoli della prima età del ferro si estenda tra Golasecca e Como e forse più in la nelle prealpi lombarde.* , Il signor cav. Paolo Manusardi, ricco possidente di Montorfano, avevami parlato a Milano di un coccio di stoviglia rinvenuto in un suo bosco non lungi da Mon-° torfino stesso. —- Profittai dell’ occasione che mi trovava in paese ad esplorare le acque del laghetto di Montorfano? per recarmi a far visita a quell’ egregio signore, ed esaminare il coccio accennatomi. — Il cav. Manusardi mi mostrò gentilmente quel prezioso cimelio, che riconobbi tosto per un frammento di scodella molto simile, potrei dire identico, per impasto e fat- tura, a certuni di Golasecca.® Era stato rinvenuto dai contadini nel fare alcuni assaggi onde cercare una cava di sabbia nelle vicine brughiere e boschi di proprietà Manusardi. Chiesto a quel signore di poter visitare il preciso luogo dello scavo, questi cortesemente si offrì di condurmivi egli stesso. La località, denominata i Guasti (come uno dei boschi di Golasecca) è situata 2a circa mezzo chilometro al sud di Montorfano; è que- sto un bosco ed una brughiera ancora vergini dall’aratro. Sul- l’orlo della buca ancora aperta donde cra stata estratta la sco- della rinvenimmo pochi altri cocci simili al primo, a miglior conferma della verità del fatto. — Qualche vecchio contadino da me interrogato, se mai nell’atterrar piante si fosse, nei din- torni di quella buca, rinvenuto nessuna tomba o vaso consimile a quello di cui gli mostravo i cocci, rispose negativamente, per cul cominciai a temere si trattasse di un caso isolato; tuttavia, senza perdermi d’animo, messo mano alla trivella, esplorai di- ligentemente tutta quell’area, e dopo un breve lavoro, acquistai la certezza che un certo numero di tombe consimili alla prima, (ed a quelle di Golasecca) trovavansi ancora nascoste sotterra. 1 Atti della Soc. Ital. di Sc. Nat. Vol. XIX, fase. II c III 2 Tale esplorazione diede un risultato negativo In un luogo detto I'Zncastro, presso la riva occidentale del laghetto, sonovi sott'acqua le traccie di alcune travature, ma non è questa una palafitta, bensì il risultato di altri lavori più moderni. ® P. CastELFRANcO. I Merlotitt, stazione umana, ecc. Atti della Soc. Ital. di Se. Nat. Vol. XVII, fase. IV, tav. 12 fig 5, e tav. 13 fig. 11% e 110, 86 P. CASTELFRANCO, Essendo però l'ora già troppo avanzata per mettermi a scavare, rimandai tale lavoro all’indomani, chiedendone il permesso al signor Manusardi. — Infatti, tornato a Montorfano l’indomani mattina, e presi con me quattro braccianti del paese, cominciai tosto a fare eseguire uno scavo laddove sembravami che fossero le due più belle tombe, cioè nel luogo più elevato del hosco, a circa 30 metri dalla prima buca. Il lavoro, proseguito con tutte le cautele scientifiche, mise ben presto allo scoperto una bellis- sima tomba; era questa formata da quattro sponde di rozze sfal- dature di pietra, e ricoperta da un'enorme lastra irregolare. — Era tutto contornato il coperchio da una corona di grossi ciot- toli destinati forse a sostenere l'enorme peso e impedire che schiac- ciasse la tomba sottostante; la faccia inferiore di quei ciottoli era tutta annerita dal carbone del rogo. — Simile disposizione dei ciottoli intorno al coperchio è comunissima a Golasecca. Dopo lunga fatica, riuniti i nostri sforzi, riuscimmo ad alzare il grave peso, indi, sceso io solo nella cavità (in mancanza del mio pra- ticissimo Guazzoni) diedi mano a liberare la tomba dalla terra ‘che vi era lentamente penetrata con la pioggia, lungo i secoli. — Tale lavoro richiese più di tre ore, ma, ad onta di tutte le mie precauzioni, non riuscii ad estrarre intatti i vasi che vi erano rinchiusi, il peso del coperchio avendoli già tutti screpolati fin da tempo. Lo stesso si dica anche della seconda tomba. Darò una breve descrizione dell’una e dell’ altra. Tomba A. — Conteneva cinque vasi. Lungo la parete nord est, l’urna cineraria di cotto, diversa da quelle di Golasecca, simile però per forma alle ben note situle di Trezzo! e di Sesto Calende, ° ma senza manici. Era posata sul fianco, e quindi con la bocca verticale rivolta a sud sud est, e questa bocca ricoperta da larga scodella o ciotola capovolta; tra il fondo della scodella e la parete sud est della tomba un vasetto di piccola dimensione in posizione retta, cioè normale; a sud ovest dell’urna una coppa con piede alto, ! A. CAIMI. La situla di Trezzo. Bollett. della Consulta Archeologica di Milano. Tav..II 3 ? B. BIONDELLI. Di una tomba gallo-italica, ecc. Tav. II STAZIONE LITICA DELL'ISOLA DEI CIPRESSI, ECC. 87 capovolta, cioè col piede rivolto all’ insù, ed accanto a questa al- tra scodella consimile alla prima, in posizione normale. Nell’urna cineraria le ossa combuste in frammenti minutissimi e marcite, e un pezzetto di ferro consumato dalla ruggine (forse una fibula o un ago crinale). Tomba B. — Di forma quadrangolare e ricoperta anche questa da grossa lastra di pietra. Conteneva del pari cinque vasi. Nell’ an- golo nord est l’urna cineraria della stessa forma della prima, ma con piccola ansa perpendicolare verso l’orlo. Era pur questa posata sul fianco, colla bocca verticale rivolta ad est; non la sola bocca, ma tutto il vaso ricoperto da grande ciotola capovolta. Un va- setto in posizione normale tra i due primi e la sponda sud est; vicino a questo, ma più verso sud, altro vasetto di forma identica ad altri di Golasecca, e molto simile all’ urna cineraria della stessa tomba, con piccolo manico perpendicolare presso l’orlo. Verso sud ovest coppa con piede alto in posizione normale. Nel- l’urna altre poche ceneri e ossa combuste, e un pezzetto di ferro consimile a quello della prima tomba. Nell’una come nell'altra tomba, salvo piccolissime divergenze, le forme e la tecnica dei vasi sono identiche a quelle del secondo periodo di Golasecca.® Sono rimarchevoli quelle urne cinerarie, non soltanto per la forma affine a quella delle situle di bronzo dei nostri paesi, ma ben anco per la loro posizione coricata e colla bocca verticale rivolta a sud sud-est nella tomba A e ad est nella tomba £. La bocca dell’urna A era ricoperta da sco- della allo stesso modo che si osserva nella tomba delle Corne- liane ricostruita nel Museo preistorico di Roma, e da me spedi- tavi il 25 ottobre 1875. Anche l’urna delle Corneliane era cori- cata con la bocca verticale rivolta a est. È probabile che tale posizione dell’urna avesse una ragione rituale, ed è da ricordarsi qui che altri fatti i quali lasciano supporre lo stesso rito, oltre- chè a Golasecca e a Montorfano, furono osservati a Casaltone dal 1 P. CASTELFRANCO. 1 Merlotitt, ecc. Loc. cit., tav. 12 fig. 3. 2 P. CAsTELFRANCO. V. Due periodi, ecc. Bullett. di Palet. Ital. Anno II, p. 87 e seguenti. 88 P. CASTELFRANCO, Pigorini,! a Villanova dal Gozzadini,° ecc. Parlerò più distesa- mente di questa circostanza importantissima in un prossimo mio lavoruccio. Terminato lo scavo di queste due tombe avrei voluto metterne all’aprico almeno un’altra, interessandomi vivamente di verificare con gli occhi miei se anche in queile si sarebbero trovati i vasi collocati alla stessa maniera; ma il signor cav. Manusardi, avendo espresso il desiderio di rimandar tale lavoro ad altra stagione, per farvi assistere qualche suo amico, dovetti pur rassegnarmi ad aspettare, dietro la promessa formale di quell’ egregio signore che mi avrebbe avvisato qualche tempo prima di praticare que- gli scavi. Verso la fine dello stesso mese di ottobre, recatomi a fare una lunga passeggiata sui monti tra la Camerlata e Montorfano, in compagnia del mio fedele scavatore Guazzoni, ebbi la fortuna di trovare le traccie di altre tombe consimili a quelle del fondo Guasti, in altro bosco confinante con quello del Manusardi, di proprietà del nobile signor Lossetti-Mandellij; spero di ottenere il desiderato permesso anclie da quel signore e così avere presto l'occasione di continuare le mie ricerche nella medesima regione. Oltre la necropoli di Montorfano ho già alcuni preziosi dati che mi fanno presagire consimili scoperte presso Lora, Lipomo, Reb- bio e Torno. — È soltanto una quistione di tempo e di danaro; e riprenderò le mie escursioni, tosto avrò a mia disposizione l’uno e l’altro. PomPEO CASTELFRANCO. 1 L. PicoRrIXI. Tombe preromane in Casaltone. Nel Giornale Ia Gazzetta di Parma, N. 95 del 25 aprile 1874, ? G. GOZZADINI. Di un sepolcreto etrusco scoperto presso Bologna. Bologna, 1855. : SULLA PRODUZIONE DI MICROFITI NELL’INTERNO DELLE OVA. CONSIDERAZIONI ED ESPERIENZE DI GIACOMO CATTANEO. (Con uni tavola.) (Seduta del 27 gennajo 1878.) È un fatto accertato, e noto da tempo ai naturalisti, che nel- l’interno delle ova degli uccelli, ed anche talora dei rettili e dei pesci, si trovano dei corpi organizzati perfettamente estranei alla normale costituzione morfologica dell’ ovo; e questi corpi estranei sono per lo più da annoverarsi fra i microfiti. Fu tro- vato da Bardach lo Sporothricum albuminis, da Schenk lo Spo- rothricum brunneun, da Rayer e da Montagne il Dactylium 00ge- num; altre crittogame trovarono, pure in ova integre, Spring, Wittich, Kolaczek, Harless, Robin,! Panceri? e Achille Fuma-- galli.* Queste crittogame si trovano in ova, ben s'intende, al tutto integre, qualche tempo dopo la deposizione, ed anche, ciò che è più notevole, appena deposte. È naturale che, dopo la constatazione di questi fatti, gli inve- stigatori si sian fatta la domanda: Donde vengono e come si for- 1 Hist. nat. des végétaua parasites qui croissent sur homme et sur les animaux vivants. Paris, 1853. 2 Sul coloramento dell’ albume d’uovo di gallina, e dei crittogami che crescono nelle ova. Atti Soc. Ital. Sc. Nat. T. 1I, 1862. ® Sopra un microfito trovato in un uovo integro di gallina. Send. Ist. Lomb. 10 marzo 1870, 90 G. CATTANEO, mano queste crittogame? Alla quale domanda furon date più o meno plausibili risposte, informate alcune al prudente riserbo scientifico, altre anche a qualche idea preconcetta, che invade sempre più o meno il campo della scienza. Si lasciò da parte la possibilità che si fossero formate internamente per modificazione degli elementi morfologici dell’ovo; dovevano ad ogni costo esser venute dall’esterno e tutto si ridusse a studiare o ad imaginare come e quando fosse proceduta questa penetrazione. Si noti a questo proposito che alcune crittogame delle meno semplici, come il penicillium, l’aspergillus, ecc., son sempre o quasi sempre tra il guscio e la testacea, ed evidentemente venute dall’ esterno; ma altre semplicissime, come il leptothrix e il leptonutus, si trovano nell’interno di ova anche appena deposte, cosicchè il volerle ve- nute dall'esterno non appare a prima vista una spiegazione molto ovvia. Si disse: Sul guscio delle ova caddero spore, le quali diedero origine a micelii che saranno penetrati nell’ovo. — Ciò succede infatti assai spesso, ed è stato luminosamente dimostrato vero dal prof. Paolo Panceri;! ma può valere tutt’al più per ova deposte da tempo, e già visibilmente coperte all’ esterno da muffe, non per ova appena deposte. Allora si pensò, per analogia al fatto certo degli svariatissimi modi di penetrazione di germi ed individui parassiti nei corpi or- ganizzati, che le spore delle crittogame fossero penetrate nell’or- ‘ ganismo degli uccelli, e di lì nelle ova. Questa ipotesi non implica nulla di impossibile ; tuttavia dà luogo a qualche obiezione, non rispetto alla sua verità, ma riguardo alla frequenza dei casi in cui può venire adoperata per spiegare i fatti di cui ci occupiamo. Anzitutto, le spore possono penetrare, nel caso degli uccelli, che è l’unico che considereremo, per le vie respiratorie, e si può pensare che si addentrino nell'organismo per mezzo dei sacchi e dei canali aerei; ma è da osservarsi che il passaggio è con- trariato dal moto ascendente delle cilia dell’epitelio tracheobron- chiale, e che è ben difficile che corpi estranei arrivino fino agli 1 Loc. cit. | O SULLA PRODUZIONE DI MICROFITI NELL’INTERNO DELLE OVA. 91 ultimi canali aerei e trapassino varie membrane per giungere all’ovidotto e all’ovario. Potrebbero anche le spore penetrare per l’una o l’altra delle due aperture terminali del tubo dige- rente. Se penetrano per la bocca, ossia se vengono ingerite in- sieme con l'alimento, posson venir digerite e allora non han più nessuna influenza nella produzione di crittogame nelle ova; ma questo dev’ essere un caso assai raro, anzi forse insussistente. Per quanto si sa finora, le spore delle crittogame, non meno che i semi delle fanerogame, hanno la proprietà, tanto vantaggiosa per la conservazione della specie e per la disseminazione, di non essere attaccabili nelle loro parti esteriori dai liquidi digerenti degli animali. Pei semi delle fanerogame questo è un fatto ben noto, anzi volgare; l’uguale sicurezza non si ha per le spore delle crittogame, ma è certo che numerose spore ancora intatte furon trovate nelle materie vomitate dall’uomo e da altri animali, ed anche nelle materie rinvenute nel duodeno e nel colon. Dato però anche questo caso dell'arrivo intatto delle spore ingerite nella cloaca d’un uccello, ben si vede ch’esse ponno avere assai poca influenza sulle ova; poichè esse discendono per ben altra via, e passano, senza fermarsi, nella cloaca. E poi, dato anche il caso che qualche spora possa aderire al guscio dell’ ovo e produrre micelii che si introducano in esso, ciò non servirebbe a spiegare quei casi, molto frequenti, in cui sì trovano crittogame ben ad- dentro nell’ovo, aderenti al tuorlo o immersi nell’albume, e, ad ogni modo, al di dentro della membrana anista. Si sa, per gli studi sulla formazione dell’ovo degli uccelli e sulla loro discesa lungo l’ovidotto,' che il tuorlo e l’albume si formano, a strati con- centrici successivi, nell’ovario e nelle parti superiori dell’ovidotto, lungo il quale lentamente discendono. Onde, perchè le crittogame trovate al di dentro della testacea si sian sviluppate da spore cadutevi, bisognerebbe ammettere che queste spore avessero po- 1 W. NarHustus. Ueder die Hiillen welche den Dotter des Vogeleies umgeben. Zeitschr. der wiss. Zool. von Siebold und Kòlliker. Leipzig, 1868. S. 225-271. Taf. XIII-XVII. — P.L.PaNuUM. Unters. iiber die Entstehung des Missbildung in der Eiern der Vò- gel. Berlin, 1860. i 92 G. CATTANEO, tuto salire fin alle parti superiori dell’ovidotto, anzi fin nell’ova- rio. Questa supposizione non fece arretrare parecchi investiga- tori i quali l’ammisero come certa, mentre è solo probabile, e si presta a molte e gravi obiezioni. Per entrare nell’ovidotto, bisogna che prima sieno entrate nella cloaca; ciò che non è troppo facile, opponendovisi la chiu- sura normale dello sfintere, il quale non si apre che ad inter- valli, e dall'interno all’esterno. — Non merita d’esser tenuta in conto la supposizione che le spore possano entrare nell'atto del- l'accoppiamento, non avendo gli uccelli un vero pene esterno su cui possan trovarsi casualmente le spore; tutt'al più questa sup- posizione può valere per gli struzzi,! i quali hanno un accoppia- mento alquanto prolungato e col mezzo di un pene rudimentale e senza corpi cavernosi. Supposto però anche che o in questo modo o in altro sian pe- netrate le spore nella cloaca, nuova difficoltà si presenta nel pen- sare come possano ascendere in essa e nell’ovidotto. Il movimento peristaltico di tutto il tubo digerente è normalmente di discesa; all’infuori dei casi patologici di volvulo, che qui non hanno a che fare perchè son rari e passeggeri, mentre le crittogame si tro- vano frequentissimamente in ova normali di animali sani. Sup- posta una particella qualunque sulle pareti interne della cloaca, in qualsiasi modo pervenutavi, essa deve necessariamente discen- dere e non ascendere. Lo stesso può dirsi dell’ovidotto; i suoi moti peristaltici, e, secondo Frey, il moto delle cilia dell’epitelio ciliare che lo tapezza, sono, nell'uomo e in altri animali, di discesa e non di ascesa,? all’infuori di rari casi patologici, che, come ho detto sopra, non hanno a che fare con la presente questione. — È ben vero che lo sperma, injettato nella cloaca, ascende per essa e per l’ovidotto fino all’ovario; ma questa ascesa ha luogo per i moti propri degli spermatozoi. Supponendo però an- che che qualche spora siasi introdotta nell’ ovidotto, ma sapen- 1 PANCERI. Crilt. nelle ova di struzzo. Napoli, 1873. ? Frey. Histologie et histochimie. Paris, 1971. è 278. pag. 653. SULLA PRODUZIONE DI MICROFITI NELL’INTERNO DELLE OVA. 93 dosi che le ova impiegano poche ore nella discesa,' non si può capire come appena deposte contengano già crittogame nume- rose e ben sviluppate. Date queste considerazioni che mi sembrano irrefutabili, sì vede quanto sia poco probabile che i microfiti trovati nell’in- terno delle ova appena deposte siano normalmente dovuti a spore penetrate dall’esterno. Ciò potrà darsi per alcuni casi, cioè per quelli in cui si tratta d’ova deposte da tempo e già coperte di muffe esteriori; non per ova il cui guscio è pulito e che sono ap- pena state deposte. Eppoi, non si tratta di qualche raro e isolato microfito che trovisi nell’interno delle ova ; nella maggior parte dei casì se ne trova un numero grandissimo: si trova la parte interna della membrana testacea ricoperta di crittogame; se ne trova zeppo l’albume e il tuorlo. Se queste spore o se questi micelii fos- sero penetrati, si dovrebbero trovar le traccie del loro passag- gio. Invece il guscio e la membrana testacea di molte ova, ri- piene di crittogame non offrirono neppure una di queste trac- cie. Il guscio calcareo delle ova degli uccelli è formato, come ognuno sa, di varie reti a maglie microscopiche sovrapposte, atte, non meno del cotone che si adopera per filtrar l’aria, a imprigionare e rattenere le particelle solide che vi son conte- nute. Ora il cotone, per cui sia passata aria inquinata da spore, esaminato al microscopio, si presenta quale un intreccio di fili, che circondano e stringono tra di sè centinaia di corpicciuoli subrotondi. Il guscio di molte ova a crittogame, esaminato minutissima- mente al microscopio, presentò le reti e le maglie libere affatto da qualsiasi spora e da qualsiasi micelio. — Se essi penetrarono di là è affatto improbabile che niuno sia rimasto impigliato. E come si trovan le maglie libere, così la membrana anista di ova piene di crittogame è affatto imperforata, aderente comple- tamente al guscio, e senza traccia di quei rialzi e di quelle ve- ' Owen. Anat. comp. of vertebr. Tom. II. pag. 253. ® Owen. Anat. comp. of vertebr. Tom. II. pag. 250. — NarHusIvs. Loc, cit. = 94 G. CATTANEO, scichette formate dai micelii protrudenti di cui parla il Panceri. — Lo stesso dicasi dei pori-canali, che furono trovati liberi di spore e di micelii. Che micelii generati da spore cadute sull’esterno del guscio pos- sano penetrare all’interno per le maglie o pei pori-canali, è pos- sibilissimo, e si vede succedere alcuna volta; che questa pene-. trazione sia facile e rappresenti un caso normale, non è vero. — Altro è far aderire delle spore sul guscio col mezzo d’una tela ce- rata, altro è farvele cadere liberamente. — Nel primo caso il nu- trimento fornito dalla cera (su cui si sviluppa rigogliosissimo il penicillium e Vaspergillus) fa fruttificare le spore; e i micelii, tro- vandosi imprigionati tra la cera e l’ovo, si aprono a forza l’ unica via loro possibile, cioè le maglie e i pori-canali, come fanno del resto molti altri corpi organizzati in casi di simile costrizione. — Ma se la spora caduta sull’ovo è libera di svilupparsi in ogni senso, è troppo naturale che il micelio si sviluppi nel libero spa- zio, e non vada a insinuarsi fra gli strettoj del tessuto calcare dell’ovo. I vapori organici e inorganici che escono dall’ovo* e so- pratutto la materia organica fornita dalla cuticola dell’ovo basta a nutrire queste muffe. Se ne ha una controprova nel fatto che su ova spogliate di cuticola col mezzo dell’acido cloridrico, il quale alla sua volta genera dei cloruri che chiudono e lutano i pori del guscio, non sì hanno all’esterno il penicillium e 1° asper- gilus essendo tolti alla nutrizione di questi e i gaz che uscivan dall’ovo e la materia organica della cuticola. Taluno e tra gli altri Donnè? credette di dimostrare ad evi- denza la penetrazione delle spore o dei micelii attraverso alle pareti anche più compatte, tenendo in osservazione delle ova di struzzo, che, come si sa, hanno un guscio grosso e durissimo, quasi eburneo. Si trovarono crittogame nelle ova di questi struzzi, le quali erano ad evidenza penetrate dall’esterno; dunque, si disse, ! DONNÉ. Experiences sur Valteration spontanée des @ufs. C. R. Acad. Paris. Vol. 57. pag. 448. ° Noutelles observations sur la putrefaction des eufs. C. R. Acad, Paris. Vol. 61, pag. 332. SULLA PRODUZIONE DI MICROFITI NELL’INTERNO DELLE OVA. 95 se spore e micelii penetrano attraverso il suscio d’ovo di struzzo a fortiori dovran penetrare attraverso il guscio d’ ovo di gallina, anitra o piccione. — Chi fece simile ragionamento commise l’ er- rore di non sapere che il guscio d’ovo di struzzo è bensì grosso, durissimo e compatto, ma che i pori-canali sono assai più larghi che nelle ova degli altri uccelli, e quindi sono più facilmente pervii ai micelii delle crittogame. Se, dopo quello che abbiamo detto, ci rivolgiamo ancora la do- manda che ci rivolgemmo in principio, cioè: — come e donde pe- netrano o come si formano le crittogame trovate in ova integre, o appena deposte, o deposte da tempo? — ci troviamo di non poter dare, con quello che fu osservato finora, una risposta decisiva; tutt’ al più si può concludere che in alcuni casi la penetrazione dall'esterno è evidente e vera, ma in altri questa spiegazione si ribella assolutamente ai fatti più accertati ed alla logica più sem- plice. Per concludere, insomma, la questione del modo di produzione delle crittogame nelle ova, per quanto sembri un facile tema, non è ancora chiaramente e plausibilmente risolta. Data quest’incertezza in argomento tanto comune, volentieri accolsi il consiglio datomi dal prof. Leopoldo Maggi di istituire delle esperienze su ova tenute in condizioni atte allo svolgimento delle muffe, cioè in ambiente caldo-umido. Le mie sperienze fu- rono continuate per più d’un anno e in varie stagioni, e con- dussero ai risultati che esporrò, i quali, se non esauriscono la questione (e chi può esaurire una questione scientifica ?), fanno conoscere dei fatti ben constatati in alcuni casi di essa. II Sospesi adunque, a varie riprese, delle ova di gallina appena deposte, al di sopra d’un largo bacino d’acqua distillata, il quale, insieme coll’ovo, veniva ricoperto da una campana di vetro. L’ovo dunque si trovava in una camera umidante. — Furon poste, a titolo di confronto, sotto altre campane e nelle medesime condi- 96 G. CATTANEO, zioni, delle ova coperte di un grosso strato di cera o verniciate con copale. — Dal giornale di osservazioni tenuto regolarmente estraggo quanto segue: 1.° esperienza. O)vo non verniciato, posto in camera umi- dante il 15 maggio 1876, e osservato dopo due mesi e 12000 cioè alla fine di luglio 1876. All'esterno è coperto da una fitta pelurie verdastra, dovuta a rigogliosa vegetazione di penicillium e di aspergillus, con qua e là chiazze biancastre e rancide di verticillum. — Questo strato di muffa però si rimove al minimo tocco, o ad un soffio un po’ forte, lasciando pulita la superficie del guscio; segno che i micelii non hanno contratta aderenza col guscio, ossia non son penetrati nei pori-canali e nelle maglie — fatto che vedremo confermato in seguito dall’osservazione dell'interno. Pulito l’ovo dalle crit- togame esterne, esso si presenta tutto ricoperto di punteggiature nere o brune, più c meno grandi e raggruppate con maggior frequenza in alcuni punti, come vedesi nella figura 1.° È da no- tarsi che la frequenza e la grossezza di queste punteggiature non ha nessun rapporto colla frequenza del verticil!um, dell’aspergil- lus e del penicillium, trovandosi indifferentemente punteggiature frequenti, dove il peniculium è rado, e rade dove il pericillium è frequente. Per esaminare l’ interno, tentai sollevare delicatamente una parte del guscio, in un luogo ove non si trovavano punteg- giature, e lo vidi infatti staccarsi dalla membrana testacea sot- toposta; ma giunto, nell’alzamento, al luogo ov’era una grossa punteggiatura, la membrana testacea mi si mostrò aderente, in quel punto, al guscio. — Così trovai per tutte le altre punteg- giature, e solo con molta difficoltà e pazienza, aiutandomi spesso con injezione d’acido acetico allungato, riuscii a separare e ad asportare una piccola porzione di guscio della membrana testacea. Qui, dunque, al contrario del caso descritto dal Panceri, non solo non si trova la membrana testacca rialzata verso l’interno dai micelii penetranti e originanti vescichette, ma la si trova anzi compressa, in direzione dall'interno all’esterno, verso il guscio. Esaminata internamente la porzione di guscio staccata, si trovano SULLA PRODUZIONE DI MICROFITI NELL’INTERNO DELLE OVA. 97 punteggiature corrispondenti appuntino a quelle esteriori, solo al- quanto più grosse, come si vede nella fig. 3.* che le rappresenta in grandezza naturale, e nella fig. 5.* che le rappresenta coll’ in- grandimento di cinque diametri. — Sulla membrana testacea po- sta allo scoperto vi son le stesse punteggiature, egualmente di- sposte a quelle della parte esterna del guscio, e simmetricamente a quelle della parte interna (fig. 2.°), solo alquanto più grandi di queste ultime, e presentanti traccie di fili intrecciati o radianti. Tagliata ed asportata poi una porzione di membrana testacea, e osservata internamente, vi si trovano delle chiazze o placche nericcie, corrispondenti sempre alle punteggiature esterne, solo ancora più grandi, e formanti, per chi guarda la pagina interna della testacea, una specie di lenticella oscura adagiata sulla mem- brana stessa e colla convessità verso l’interno dell’ovo (vedi fi- gure 4 e 6). Questa lenticella, all’ingrandimento di 300 diametri, sì presenta come un ammasso o una corona di filamenti, che sono un intreccio di leptothrix e leptomitus; questi fili attraversano la testacea, si insinuano nei pori-canali, e talor nelle maglie, e protrudono all’esterno comprimendo la testacea contro il guscio e producendo le punteggiature esteriori. Ciò mi fu dato di osser- vare, in una sezione trasversale del guscio, di cui si vede una co- pia semischematica nella fig. 7. Le punteggiature esterne, affatto indipendenti dal pemicillium e dall’aspergillus ricoprente l’ ovo e formatosi evidentemente per spore esteriori, le punteggiature non sono altro che le termina- zioni dei fili del leptothrix e del leptomitus, formatisi sulla parte interna della testacea. — Tutto qui conduce a vedere una pro- duzione centrifuga, dall’ interno all’esterno. L’albume e il tuorlo sono in istato di buona conservazione e solo alquanto più liquidi che normalmente; ma non contengono il leptothrix e il leptomitus. 2.° esperienza. Ovo non verniciato, posto in camera umidante nel settembre 1876, e osservato il 1.° febbraio 1877. Si presenta sì all’esterno che all’interno affatto identicamente a quello dianzi osservato. Vol. XX. Ù 98 G. CATTANEO, 3. esperienza. Ovo non verniciato posto in camera umidante il 15 giugno 1876 e osservato nel gennaio 1877... 3 All’esterno è coperto di rigogliose crittogame, levate le cli non si presentano i punti nericci notati sopra. — Questi punti mancano anche all’interno del guscio e sulla testacea. Deve no- tarsi però che questa è affatto fracida, e che l’albume e il tuorlo, in causa di una fessura casualmente formatasi nel guscio, è in istato di avanzatissima putrefazione. 4.* esperienza. Oro non verniciato, posto in camera sad nell’agosto 1876 e osservato nel febbraio 1877. Si hanno le solite muffe esterne, levate le quali non sì trovano punteggiature nè all’esterno nè all’interno. — Anche qui, in rapporto alla mancanza di questi punti, si nota che la membrana fade il l’albume e il tuorlo sono in istato di decomposizione. . .* esperienza. Ovo tenuto per 50 minuti alla temperatura di A posto in camera umidante il 27 gennaio 1877, e osservato il 22 febbraio. Vi sono le muffe esterne solite, alcune delle quali in un punto, e precisamente in corrispondenza alla camera d’aria, attrayer- sano il guscio, che internamente è verdiccio, senza però attraver- sare la testacea. Tolte le muffe si hanno piccole e rare punteg- giature all’esterno e all’interno, simili, fuorchè nella frequenza, a quelle delle esperienze 1.* e 2.° L’albume e il tuorlo sono ben conservati. 6.* esperienza. Oro tenuto per 7 minuti alla temperatura di 100° posto in camera umidante il 27 gennaio 1877 e osservato il 22 febbraio. Si trovano le solite crittogame esterne, ma nè punteggiature, nè muffe interne. — È però da notarsi, in corrispondenza alle esperienze 3.° e 4.°, che l’albume e il tuorlo sono in parte de- composti. * esperienza. Ovo coperto di cera, posto in camera umidante nel gennaio 1876 e osservato nel giugno. Sulla cera trovansi copiosissimi, ma superficiali, il penicillium e l’aspergillus. — Sotto la cera e sul guscio e all’interno nessuna SULLA PRODUZIONE DI MICROFITI NELL’INTERNO DELLE OVA. 99 crittogama, nessuna punteggiatura. — La testacea, l’albume e il tuorlo sono bene conservati. 8.° esperienza. Ovo coperto di cera, preparato nell’agosto 1876 e osservato nel gennaio 1877. Risultati come nell’esperienza 7.* 9.* esperienza. Ovo coperto di cera, preparato nel settembre 1876 e osservato nel febbraio 1877. Risultati come nell’esperienza 7.* e 8.* 10.° esperienza. Ovo con vernice copale, preparato nel giugno 1876, osservato nel gennaio 1877. Manca ogni crittogama sulla vernice,-ed ogni punteggiatura sul guscio o sulla testacea. — Il tuorlo e l’albume sono perfetta- mente conservati. 11.° esperienza. Ovo con vernice copale, preparato in agosto 1876 e osservato in febbraio 1877. Risultati come nell’esperienza 10.* 12.° esperienza. Ovo con vernice copale, preparato nel settem- bre 1876, e osservato nel febbraio 1877. Risultati come nell’esperienza 10.* e 11.° Le risultanze delle suesposte esperienze si possono ordinare e compendiare nel prospetto che trovasi nella pagina seguente. Possiamo adunque concludere: 1.° Le ova poste in un ambiente caldo-umido si ricoprono, dopo qualche tempo, di abbondanti penicillium, aspergillus, ecc., che provengono evidentemente da spore cadute sul guscio, e che talora, ma raramente (un caso su sei) immettono i loro micelii attraverso il guscio, senza però passare oltre la membrana testa- cea, salvo che a ciò si costringano col forzarveli per mezzo di tela cerata (Panceri). La formazione di queste muffe esterne suc- cede sia l’ovo crudo o cotto, conservato o putrefatto. 2.° Le ova crude o cotte, poste in ambiente caldo umido, e successivamente putrefatte, danno le suddette muffe esterne, ma non mai leptothrix e leptomitus interni. 3.° Le ova crude o cotte poste in ambiente caldo-umido, e non putrefatte, danno, oltre le muffe esterne, abbondanti leptothria e G. CATTANEO, 100 ‘snyrux03 do] o XxIIY07do] Ip'ezuedUEl,i 0°g TSO -quodns egmur Ip eZuBoue,i o‘ *OYBAIOS -U09 QJUOUIE] -Joj10d 0]10N} o QuNAIV ol d'IVIAOO HOINUNA IC ULYHAKO9 YAO ‘sn7ru1o9 do] o XIIT90FdO] Tp eZzugoueii o°6 "VI -90 Bs ITeloy -10dns Ogm “G *TYeAI9S -U09 Uaq o]10NY o oumqIV st | VUaO IA MLUAIOO YA( *sNYIU1O] -do] 9 x11]709do] Ip ezueoueli 0g ‘LI0VISOY E[[B91}]O uou QIod ‘Teor Top ouorze1z9uad tp 0ATYeYu99 u09 ‘oT0s -n$ [ns WN][IoIqIoA O WIM MuSde 06 1}7ejo1mnd o] -10N7 9 QUNQTy o°l *sn} -tu107 do] 9 XI1YZ0Y -de] tp suorzapoad 2I[OP EZUBIUE] 0°g ‘OIOSnd [us ITero -qrodns wNIoIY -J9A 9 SN][iS10ds 2 ALT IO TO dt ole Tqpezoamd O]I0ON} 9 QUNATV o'IL ONVINUSH Id a E ge i > a __afdi > > 53 _r__r1r__ir HLVIOINUHA NON TLLOO YA) ULVIOINIMA NON AAAUO VA ‘QUI9Y -UI 9 0UI9YSO SY -1u109 do] 9 XIIYFOY -do] Ip aqooeld e QINYRITSOFUNT 0g *otosnd us T]ero -gIodns W][IoIt] -IJ9A 9 snqp.Saods “8 uni] [IoIUOT 0° "TEA -I0sUod U9q Tpos O]10N7 9 STUNATY oI IL VIOINUMA NON ILLOO YA ‘OUI9ZUI © QuI199Sa SNO? do] © XIITJOdo] Tp 10 -0917ur 9 eqoog]d ‘o1mgerddogung 0° -J9A 9 Ssu][io10ds -e ‘UMIomog 0° OLIBUTpao,p dYI OP -mbi]nid oguenb]e 0]0s ‘07 gA19SUO9 0] -10N7 2 QUINATY ‘ol es «eg e _ —___ _C6C punteggiature dovute al Zeptothrix e leptonvitus interni. 2, Ovo simile al precedente, a cui s'è asportata una parte del guscio, per mettere allo scoperto la membrana testacea. — Si noti che le punteggiature della testacea son più grandi che quelle del guscio. A. Guscio a piccole punteggiature. B. Testacea a grandi punteggiature. 3, Porzione di guscio, parete interna. — Le punteggiature son più grosse che quelle della parete esterna, visibili nella fig. 1.2 e 2.2 4, Porzione di testacea, parete interna. Le punteggiature son più grosse che quelle della parete esterna, visibili nella fig. 2.8 5, Porzione di guscio, ingrandita a 5 diametri; parete interna. Le punteggia- ture appaiono cei bordi orlati di filuzzi, che sono dovuti a leptothrix e leptomitus. 6, Porzione di testacea, ingrandita a 5 diametri; parete interna. Quelle che a occhio nudo sembravan punteggiature, qui si vedon formate da una len- ticella a bordi filamentosi, dovuta a intreccio fittissimo di leptothrix e leptomitus. 7, Sezione trasversale semischematica del guscio dell’ovo rappresentato nella fig. 2.2, veduta al microscopio. A. Cuticola dell’ ovo. B. Tessuto calcareo a maglio. P-C. Pareti dei pori-canali. C. Testacea. D. D'. D'. Lenticelle e intrecci di Zeptothrix e leptomitus che compri- mono verso il guscio la testacea, e fuorescono, passando pei pori-canali (D, D') o insinuandosi nelle maglie (D"). £. E'. Uscita all’esterno dei filuzzi micelici, che danno alla superficie del guscio l’ aspetto punteggiato. Dal laboratorio d’Anatomia e Fisiologia comparate dell’ Università di Pavia, gen- naio 1878. Cattaneo, Microf nelle ova. Sail SN fav 1° gi N III, sk Cal Giacomo Cattaneo dis 4 Milano Lìt Ronchi SOVRA ALCUNE MOSTRUOSITÀ DI UOVA DI GALLINA PER PARONA dott. CORRADO E GRASSI BATTISTA laureando in medicina. CON UNA TAVOLA (Seduta del 24 febbrajo 1878). L’abnormità che qui descriviamo veniva osservata a Pavia il 4 gennajo 1878 in uovo gallinaceo. All’esterno si presentava esso di configurazione normale (fig. 1.%); il grande asse era di sessantadue millim., di quarantadue il pic- colo. Nell’interno attirò subito la nostra attenzione un corpo che sembrava un ovicino. Prima di descrivere il quale giova premet- tere che l'uovo non presentava altro di anormale tanto macro- scopicamente che microscopicamente; notiamo però che la camera d’aria avea una base del diametro di due centim. e mezzo; che gli strati esterni dell’albume erano molto più fluidi di quei che sta- vano vicini al tuorlo e lo strato, che rivestiva immediatamente il tuorlo, più fluido di tutti; che infine la cicatricola era feconda'; mostrava cioè una macchia bianca uniforme centrale, circondata da una zona giallo-oscura, la quale era essa stessa circondata da un’altra zona bianca. Tornando al corpicciuolo sovraccennato, aderiva sessile al tuorlo sull’emisfero che corrispondeva alla camera d’aria in un meridiano passante per la cicatricola; da questa distava circa un centim. e mezzo e vergeva verso la camera d’aria. Veniva distaccato senza difficoltà dal tuorlo, su cui lasciava ! DARESTE, Production artific. des monstruosités. Paris, 1877, PI. 1. 104 C. PARONA E B. GRASSI, però una piccola squamma bianchiccia; e tolta anch'essa con un ago non vi rimaneva che un lievissimo avvallamento. Era ovale; il grande asse misurava diciotto millim., tredici il piccolo. Un polo era più sottile dell’altro; con quello (che era alquanto appiattito in punta) il corpicciuolo aderiva al tuorlo. Era parzialmente involto da membranelle incomplete, irrego- lari, che dai caratteri fisici si sarebbero dette di albume con- densato. Qua e là tra di esse si rilevavano dei noduli quasi grani di riso cotto; tanto i noduli che le membranelle al microscopio si presentavano composti di sostanza jalina irregolarmente striata. Svestito di queste buccie, appariva tempestato di tubercoletti migliari; bianco di colore, di consistenza carnosa (fig. 2.*). Alla sezione che veniva fatta sull’equatore trovavamo un invo- lucro esterno dello spessore di un millim.; il quale di qui an- dando verso i poli si assottigliava, ma ai poli pel raggio di un quarto di centim. era grosso due millim. All’interno di questo involucro stava una membrana che ri- cordava la testacea, di spessore però maggiore e meno traspa- rente di quel che in uovo normale. Questa membrana corrispon- dentemente all’estremità piccola del corpicciuolo sdoppiandosi formava una camera d’aria che alla base aveva il diametro di mezzo centim. ed era alta tre millim. Il contenuto era gazoso; non abbiamo potuto farne l’analisi chimica. Lo strato esterno (fig. 4.*) che grossolanamente si sarebbe detto un guscio di uovo senza sali calcarei (hardè) appariva all'occhio nudo formato da quattro o cinque foglietti disposti come gli strati di una cipolla; al microscopio risultava di molte lamelle irregolarmente sovrapposte e mal limitate l’una dall’ al- tra; aderiva non colle eminenze coniche (mamillae) normali, ma con una superficie liscia alla sottoposta membrana; l'aderenza con questa era molto più lassa di quella delle lamelle tra di loro. Al microscopio le più esterne erano formate da una trama a maglie larghe assai irregolari, riempiute con sostanza qua e là granulosa, qua e là omogenea; i filamenti che formavano le maglie erano sottilissimi ed a contorni mal delimitati. Queste SOVRA ALCUNE MOSTRUOSITÀ DI UOVA DI GALLINA. 105 lamelle passavano gradatamente ad altre in cui i filamenti in- grossavano e si demarcavano più fortemente, le maglie diventa- vano assai più strette e la sostanza interposta quasi dapper- tutto omogenea. Più ci approfondavamo più questi caratteri spic- cavano (fig. 5.° 6.* 7.°). Questa struttura permaneva immutata dovunque; nessun corpo straordinario, non ostante ripetuti ed attenti esami. Per quanto ricercassimo non trovammo traccia di canalicoli aerei, nè di spazi d’aria (luftraiimen).' La membrana interna (fig. 8.°) all’involucro descritto era ana- loga alle lamelle più interne; delle quali (dalle maglie un po’ più strette e dai filamenti più fortemente segnati) si poteva giu- dicare un’altra gradazione. Sotto questa teca compariva albume bianchiccio semi-traspa- rente, viscido; senza dubbio più denso di quello dell’ uovo con- tenente. L’albume però delle zone contigue alla teca era più fluido di quel degli strati più interni. Al microscopio appariva composto di una quantità sterminata di elementi morfologici (fig. 10.*); qua e là interpolatamente mucchi di granulazioni, qua e là goccie adipose. Gli elementi morfologici accennati, già di primo acchito, si sa- rebbero giudicati spore. Taluni erano tondeggianti, taluni ovali; incolori, quasi trasparenti, rifrangevano abbastanza fortemente la luce. Il diametro nei rotondi variava da millim. 0.01 a mil- lim. 0.02 e millim. 0.03; gli ovali avevano in media un massimo diametro di millim. 0.02, un minimo di millim. 0.15. Resistevano all’ acido acetico, alla potassa, all’etere ed all’alcool caldo. Pos- sedevano, in poche parole, tutti i caratteri fisici e chimici delle spore.- Nè qui ci arrestammo, ma quasi per scrupolo ci siamo do- mandati se quei corpicciuoli potevano essere qualcos’ altro che spore. Erano per avventura spermatozoi? Quest’ ipotesi venne subito 1 NATHUSIUS, Zeitsch. f. wissensch. Zool. Bd. 18, H. 2, 1868. Uber die Hiillen, wel- che den Dotter des Vogeleies umgeben. 106 C. PARONA E B. GRASSI, rigettata, dacchè, per quanto si suppongano alterati, gli sperma- tozoi non potrebbero assumere le forme e le proprietà sovrac- cennate, nè trovarsi in numero sterminato, come gli elementi in quistione, ned essersi accumulati appena nel corpicciuolo e mancare del tutto nell'altro albume che lo involveva. Alcune forme ovali potevano ricordare i globuli rossi scolo- riti; ma anche questo pensamento cadde davanti alle seguenti considerazioni: 1.° l’albume non era nè rosso nè roseo; mancavano tanto i cristalli che le zolle di pigmento sanguigno; nè vi si rin- venivano strie analoghe a quelle della fibrina: mancavano cioè i dati in base ai quali Panceri! diagnosticò in un caso molto oscuro (in cui l’albume era tutto rosso) la presenza di sangue intimamente commisto all’albume; 2.° nelle uova furono trovati coaguli sanguigni recenti rutilanti; sempre però disseminati sul vitello tra la membrana vitellina e la membrana delle calaze, giammai però al di là di questa; 3.° un coagulo sanguigno an- tico esaminato da Davaine non mostrava traccie di globuli san- guigni; 4.° i corpuscoli sanguigni rossi antichi hanno diametri molto minori di que’ degli elementi in questione; 5.° gli acidi e gli alcali che alterano assai le emasie non alteravano i nostri elementi. Non si poteva pensare a leucociti e per ragioni analoghe alle già accennate e perchè anche coll’acido acetico non si aveva trac- cia di nucleo. Non si potevano ritenere gocciole di grasso perchè non pre- sentavano un contorno oscuro ed un centro brillante spiccato, non avevano una colorazione giallastra e non si scioglievano nè in al- cool caldo, ned in etere. Non molti giorni dopo (e ciò dileguò ogni dubbio) abbiamo avuto un’altra prova che i nostri elementi erano spore; dacchè coltivati colla solita camera umida, in ambiente piuttosto caldo, ! PANCERI, Sul coloramento dell’albume, ecc. Atti della Soc. ital. di Sc. nat. Vo- lume II, 1861, pag. 271. ; 2 DAVAINE, Mem. s. les anomalies d. l’aeuf. Comp. Rend. d. l. Société de Biologie. Ser. 3, T. 2, 1860. ie E Teo LEO ERE SOVRA ALCUNE MOSTRUOSITÀ DI UOVA DI GALLINA. 107 dopo dieci giorni germinarono e si svilupparono moltissimi lepto- mitus. Continuiamo lo studio del corpicciuolo: dentro l’albume stava un piccolo tuorlo (fig. 3.*); non era facile delimitarlo inquanto- chè era involto da membranelle incomplete, irregolari, bianchic- cie, più o meno aderenti, qua e là tempestate da noduli; mem- branelle e noduli macroscopicamente analoghi a que’ che abbiamo già descritti all’esterno del corpo in questione. Erano di strut- tura omogenea; qualche striatura, non rari campi di spore. Ai due poli del tuorlo erano evidenti le rispettive calaze, benchè piccole. Con molta pazienza si arrivava ad isolare il tuorlo che somigliava ad un bozzolo di baco da seta, coll’estremità corri- spondente alla camera d’aria più grossa dell’altra. L’asse longi- tudinale era di sette millim. e mezzo, il trasversale di quattro millim. Era di color giallo sbiadito ; sull’incavatura mediana del bozzolo si notava una macchia che aveva i colori della cicatri- cola dell’uovo contenente, quantunque più piccola e di forma un po’ irregolare. Dal tuorlo si staccava con difficoltà una membrana vitellina di struttura finamente fibrosa; all'esame non si poteva chiara- mente distinguere il tuorlo giallo dal bianco, nè la struttura della cicatricola; ma si trovavano appena rari corpuscoli vitel- lini normali, moltissimi globuli adiposi, moltissime goccie adipose di vario volume, qua e là cristalli di margarina e qualche glo- bulo vitellino rotto (artificialmente ?). Non si incontrava spora alcuna. Conviene soggiungere che non si poteva giudicare fracido, chè non dava odore di acido. solfidrico, non era verde intenso, nè verdiccio il suo albume, come accade nelle uova fracide. Il reperto delle spore nel corpo (che ora possiamo giudicare un ovicino) ci indusse a riesaminare l’uovo contenente: ripetiamo che non vi trovammo abnormità di sorta. Riepilogando il fin qui detto, si può conchiudere che noi ave- vamo un uovo fecondo inchiuso in un ovo fecondo e che. V’albume dell’ovo contenuto era pieno zeppo di spore. 108 C. PARONA E B. GRASSI, Questo nostro caso si può considerare sotto un doppio aspetto : da una parte come mostruosità, da un’altra come prova di ete- rogenesi. Cominciamo a studiare questo uovo come mostruosità.! Il nostro caso entra chiaramente nella classe delle anomalie delle uova prima della covatura (Panum) e nella sottoclasse del cosidetto 0vum 0vo pregnans, o meglio 0vum in ovo. Giova no- tare che per uovo in uovo si intende un uovo che ne racchiude un altro, il quale però è sempre stato trovato al di fuori del tuorlo. Davaine, nella sua Monografia (in cui sono accuratamente rac- colti i casi pubblicati fino al 1861) riepiloga coi seguenti con- cetti, oggi ancora accettabili, i casi di uovo in uovo. È un’ano- malia molto rara; l’uovo che ne racchiude un altro è più o meno voluminoso di uno ordinario; possiede guscio ed albume normale, tuorlo normale o solamente deformato dalla pressione dell’ uovo inchiuso. Rarissimamente questo è di volume naturale; spesso è piccolissimo ed è costituito soltanto di guscio e di albume. Tale almeno è il maggior numero dei casi sin qui noti. Se ne conoscono però alcuni nei quali esisteva anche il tuorlo. Clayer® (1682) per primo ha raccontato uno di questi casi; l'uovo inchiuso era piccolissimo. Jung? (1671) vide un caso molto simile; il vitello dell’uovo interno era piccolissimo ed aveva le sue due calaze. Rayer* nel 1849 ha osservato il terzo caso di questa abnormità. Si trattava di un uovo d’oca voluminosis- simo che ne conteneva un altro di volume normale e fornito di tuorlo, albume e guscio. L’esterno era completo; il suo vitello ! Citiamo le opere principali che abbiamo consultate per questa parte del nostro lavoro: PaNUM, Untersuchungen w. d. Enstelhung. d. Missbildungen. Berlin, 1860. DAVAINE, Op. cit. De MuRSs, Traité d’ ovologie. Paris, 1861. MILNE EWARDS, Legons d’anat. et de phys. compar. T. 8.° II, 1865. DARESTE, Op. cit. ® Miscellan. nat. cur., 1682. SIdi 16071. * Compt. Rend. Soc. Biologie. Tom. I, pag. 123, 1849. 70 FORT AE Pare SOVRA ALCUNE MOSTRUOSITAÀ DI UOVA DI GALLINA. 109 era fortemente appiattito e sembrava schiacciato dal guscio del- l’interno. Pochi anni dopo vennero pubblicati tre casi affatto simili: uno da De Moroga, un altro da Aucapitaine;! Alessandrini? cita un uovo normale contenente un piccolo uovo intero, però senza gu- scio solido. Nel 1856 venne fatto conoscere un caso di tre uova rinchiuse in un altro.” Poco tempo dopo Flourens* trovò un altro caso affatto simile a quello di Rayer. Panum, che ha studiato per molti anni le anomalie delle uova d’uccelli e ne ha raccolti numerosissimi esempi, dice d’aver visto una sol volta il così detto 0vum în 0v0; il caso rassomigliava a quello di Rayer; l’uovo proveniva da un pollo d’India; la gros- sezza dell’uovo contenuto corrispondeva press’a poco a quella di un uovo di pollo d'India; il contenente aveva proporzioni rela- tivamente colossali. Lo stesso autore soggiunge che nel 1858 venne pubblicato su varii giornali “ un caso di uovo di gallina cochinchinese che pe- sava moltissimo e conteneva due tuorli ed un uovo comune con guscio solido. ,, Bert° nel 1861 descriveva come rarissimo un altro fatto ana- logo a quel di Rayer. Non abbiamo potuto trovare altri esempi di questa singolare abnormità. Potremmo però ricordare meglio di trenta casi di pic- cole uova senza tuorlo inchiuse in un altro uovo del resto nor- male, come anche alcuni casi dubbjj ma per amore di brevità, taciamo gli uni e gli altri. Dalle precedenti notizie storiche risulta chiaro che % mostro caso è singolarmente raro molto più che nella maggior parte di quelli finora noti VPuovo inchiuso era di volume normale, laddove 1 Citati dal De MuRS (Op. cit.). 2 Gabinetto d’anat. comp., ecc. dell’ Università di Bologna, 1854. ® Citato dal DAVAINE (Op. cit.). Citato dal DAVAINE. L’ Institut, Tom. 30, 1861, pag. 42. 110 C. PARONA E B. GRASSI, uovo contenente era relativamente colossale. Il nostro poi acqui- sta anche un singolare interesse da ciò che le descrizioni di chi ci ha preceduto sono incomplete. L'origine di questa anomalia è spiegabile colla guida della fi- siologia dell'uovo di gallina. È noto infatti che quando il vitello è maturo, la sua capsula viene abbracciata dall’estremità dilatata dell’ovidotto; si rompe e l’uovo sfugge nell’ovidotto col grand’asse diretto parallelamente all'asse del condotto e il disco germinativo per conseguenza tro- vasi respinto sul fianco. Nella discesa attraverso l’ ovidotto, si for- mano le parti accessorie dell’ uovo. | L’ovidotto viene distinto dagli anatomi in quattro parti: la prima è imbutiforme; la seconda lunga, tubulare, s’apre per un condotto stretto (o istmo) nella terza parte che è ampia; una quarta angusta conduce nella cloaca. Gli involucri del tuorlo si formano esclusivamente nel secondo e terzo tratto; nel secondo si forma l’albume; nell’istmo fra il secondo ed il terzo la testacea; nel terzo infine il guscio. È noto che l’uovo arriva nel terzo tratto in meno di quattro ore e che qui si ferma da dodici a quattordici ore. Ciò premesso, si può ragionevolmente supporre che il tuorlo dell’ovicino, prima che si distaccasse dall’ovario l’uovo conte- nente, sia entrato nell’ovidotto e sia disceso nell’istmo; lungo questa strada man mano sarebbe stato ravvolto dall’ albume ; nell’istmo avrebbe ricevuto una testacea e forse qui, per un sog- giorno troppo prolungato, si sarebbe formato l'involucro esterno alla testacea, che per la struttura le rassomigliava moltissimo. Dappoi, per una ragione (a dir vero) non molto chiara, sa- rebbe stato rimandato per movimenti antiperistaltici nella prima porzione dell’ovidotto, dove avrebbe trovato il tuorlo dell’ uovo contenente non ancora involto dall’albume; qui avrebbe contratto aderenza col tuorlo; con esso sarebbe disceso come regolarmente discende un tuorlo; e perciò sarebbe stato involto dall’ albume, dalla testacea e per ultimo dal guscio dell’uovo contenente. : ia SOVRA ALCUNE MOSTRUOSITÀ DI UOVA DI GALLINA. i Questa ipotesi viene confortata dai seguenti ragionamenti: 1.° Sono registrati moltissimi casi di uovo con due vitelli ed un solo albume e di uova con due vitelli e due albumi ed an- che di uova a tre vitelli. Niente di più facile che spiegarli quando si faccia la semplicissima ipotesi, che invece di un sol calice del- l’ovario se ne possano aprir due (od anche più) contemporanea- mente, od a brevi intervalli; nel primo caso i due tuorli si ri- vestiranno di un albume comune; nel secondo ciascuno di un albume proprio ed amendue di un guscio comune; 2.° L’istologia dell’ovidotto dimostra possibili i movimenti antiperistaltici. La patologia ha fatto conoscere vari casi di in- vaginamento dell’ovidotto. Movimenti antiperistaltici si devono ammettere per spiegare l*ascesa più volte riscontrata di corpi stranieri su per l’ovidotto. I movimenti antiperistaltici spiegano ancora i casi di uova forniti, all’esterno del guscio, di testacea uguale all’ interna. Fin qui ciò che favorisce l’ipotesi in questione; altri argo- menti fanno contro, e di questi ne citeremo il principale, cioè dire che applicandola agli altri casi di uovo in uovo, è difficile credere che per es. nel-caso di Bert una contrazione antiperi- staltica abbia potuto far retrocedere e ricondurre fin presso al padiglione della tromba un uovo della grossezza di un uovo co- mune, pesante perciò 40 o 50 grammi ed a guscio inflessibile. Non sarà inutile di fare alcune considerazioni sulla grossezza dell’ovicino. Si danno casi non molto rari di uova piccole; tal- volta le uova di gallina sono appena come uova di colomba, e talvolta anche meno. Di solito ad una diminuzione di volume va compagna anche un'alterazione di forma. Nelle uova al di sotto od uguali in grossezza ad un uovo di colomba, Baer non trovò tuorlo, sibbene in quelle alquanto più grosse. Panum invece asse- risce di aver tanto nelle une quanto nelle altre riscontrato sem- pre un piccolissimo tuorlo, quando le aprì ancora recenti: tal- volta il tuorlo era appena grosso una capocchia di spillo. Altri autori sono d’accordo col Baer, altri col Panum. Ad una cica- tricola in queste uova, nessuno accenna. i è E C. PARONA E B. GRASSI, Colla scorta di queste cognizioni si può concludere che um ovicino con cicatricola feconda piccolo come il nostro è senza dub- bio una singolare rarità. | Resta un’ ultima considerazione. Il tuorlo dell’ovicino era piccolo, alterato di forma e di co- lore; al microscopio appariva chiaramente infiltrato e quasi tra- sformato in grasso. Dov’ ha avuto luogo quest’alterazione? Se è vero che molti descrissero casi di uova piccole, non è meno vero che forse nessuno si occupò di farne l’esame microsco- pico e perciò nella spiegazione del nostro non possiamo giovarci di altri fatti, com'è necessario per formulare una ipotesi seria. Il tuorlo. subì l’alterazione quand’era già fuori dell’ ovidotto, ovvero ancora nell’ ovidotto, od anche nell’ovario. Si potrebbe cioè immaginare un’alterazione ad uovo già uscito dall’ovidotto. Si potrebbe anche supporre che sia un frammento di un tuorlo normale e che, arrestatosi per un tempo più lungo del solito nell’ovidotto, abbia subìta l'alterazione sovraccennata. Si potrebbe per ultimo pensare che il tuorlo ripetesse la sua alterazione già dall’ovario; nel quale sarebbe stato in corso un processo di par- ziale atrofia e (ciò che spesso si accompagna all’atrofia) dege- nerazione adiposa. La credenza volgare che le uova piccole ven- gono fatte da galline che sono per cessare l’ovificazione (o per l’età loro, o per la stagione impropizia) appoggierebbe l’ultima delle tre supposizioni. Noi non andremo oltre: diremo appena che nel nostro caso non possiamo accettare l'opinione di Panum, che cioè le uova piccole siano uova immature che racchiudono il contenuto di un follicolo scoppiato troppo presto. Veniamo ora alla seconda questione cioè alla presenza delle spore. Necessariamente derivarono dall’esterno, ovvero si formarono SOVRA ALCUNE MOSTRUOSITÀ DI UOVA DI GALLINA. © 113 nell'interno per generazione spontanea (0, come meglio si do- vrebbe dire, per Plasmogonia). Z'ertium non datur! È inutile ac- cennare che in forza delle cognizioni botaniche non si può am- mettere che appena poche spore siano penetrate nell’ovicino e siansi in esso moltiplicate, dando origine ad altre spore simili. Se l’origine si deve ripetere dall'ambiente esterno, ciò è av- venuto o per la via dell’ovidotto o quando l’uovo era già stato deposto. E qui ci sembra necessario ricordare fatti che sono in intimo nesso col nostro in discorso. Si conoscono pochi esempi di crit- togame riscontrate nelle uova. Lasciando da parte i casi dubbj, citiamo anzitutto lo Sporothricum albuminis che era per Burdach la prova irrefragabile dell’ eterogenesi; lo Sporothricum brun- neum lo sarebbe stato per Schenk, se avesse potuto constatare l'integrità del guscio; il Dactylhium cogenum scoperto da Rayer fu osservato una sol volta; Spring notò una volta sola un mi- celio non fruttificato; il micelio osservato in un unico caso da Wittich non è determinato; Harless trovò micelii dell’aspetto di quelli di Wittich nella camera d’aria. Robin® cita tutti questi casi e dice di non aver osservato altro che un micelio in uovo di Natrix. Più oltre ricorda che è facile trovare l’Achlya prolifera (un’alga) nell’ova di pesci e di tritoni. Hoffmann? descrisse un’hetophora nell'uovo di gallina, Altri esempi di crittogame si leggono in Hessling,? in Kolaczek* e in Rabenhorst.° Panceri® ebbe a rilevare il fenomeno di Mucedinee nelle ova di gallina, massime nelle puntate. Tentò di scoprire come si producono o meglio come si introducono, ed a tal uopo istituì interessanti esperienze, le quali lo persuasero che ha luogo veramente un passaggio dall’esterno all’interno di miceli o spore, attraverso il guscio. i Hist. nat. des végétaua parasites, ecc. Paris, 1853. 2 Verhand. der physik. medie. Gesell. in Wiirtzburg., 1850, 1. $ 73, 75. IU. med. Zeit. v. Rubner, 1. 1852, pag. 45. Verhand. des Vereins f. Naturkunde 2. Presburg. 1857, II. 2, pag. 40. 3 4 S Ein Notizblatt f. Kryptog. Studien. N. 11, 1863 © Loc. cit. Vol. XX. 8 TIE > C. PARONA E B. GRASSI, Mosler! provò di nuovo sperimentalmente la possibilità di pe- netrazione delle spore di molti funghi attraverso il guscio d’ uovo di gallina e conchiuse che nella maggior parte dei casi, se non in tutti, la putrefazione viene incoata da crittogame penetrate nell’ uovo. Fin qui abbiamo una serie di fatti che dimostrano da una parte la presenza di funghi nelle uova già deposte; dall’ altra il probabilissimo sviluppo di funghi per penetrazione di spore dal- l'esterno. Donnè? sostenne che nella putrefazione spontanea delle uova non si sviluppano esseri viventi. Aggiunse che se si rompono queste uova putrefatte e si espongono all’aria, dopo il breve lasso di ventiquattro ore, si trovano già popolatissime. Appoggiati a questi fatti, supponiamo la penetrazione delle spore nelle uova già deposte ed esaminiamo se e quanta luce piova sulla nostra questione. Le esperienze negative del Donnè provano poco, inquantochè mille fatti negativi non potranno mai abbattere un sol fatto po- sitivo; molto più che il Panceri ebbe a rilevare talvolta il con- trario, cioè la presenza di mucedinee in attività di vegetazione nelle uova fracide. Le osservazioni del Panceri e del Mosler non trovano preciso riscontro nel nostro caso. L’ uovo contenente non presentava tra il guscio e la testacea cellette piene di micelii, nè la camera d’a- ria era tapezzata di microfiti come nei casi di Panceri e di Mosler. In questi le spore ed i micelii percorrevano una via relativa- mente breve; nel nostro invece doveva essere stata ben altra! Là un guscio, qui divideva dall'ambiente esterno un guscio, una testacea, un grosso strato d’albume, un altro guscio che quasi si direbbe formato di varie testacee addossate e finalmente una grossa testacea. Nei casi sovraccennati, siccome erano presenti interi funghi in ! Archiv. v. Wirchov. 1864, Tom. 29, pag. 623. Compt. rendus. 1868, 1864 (in varj luoghi). SOVRA ALCUNE MOSTRUOSITÀ DI UOVA DI GALLINA. 115 fruttificazione, riusciva facile spiegare come le spore fossero nu- merose. Nel nostro, per contrario, una miriade di spore avrebbe dovuto penetrare dall’esterno ; lo che è certamente inammissibile. Per ultimo riesce molto arduo il supporre che tutte, proprio tutte, siano state quasi attirate, non sappiamo per qual forza, dall’albume dell’ovicino. Sembra che qualcuna avrebbe dovuto arrestarsi in via, almeno in una testacea, se è vero quel che dice Pasteur, che cioè “on peut dépouiller Vair de tous les corps les plus ténus qu'il tient en suspension en la tamisant à travers des tampons de coton cardé. , Molteplici strati, quasi feltro, a fila- menti ben più fitti che nel cotone cardato, stavano a difesa del- l’albume dalle spore! Per queste ragioni eliminiamo l’ ipotesi che siano penetrate dall'esterno dopo che l’uovo venne deposto. Passiamo all'altra, che cioè siano arrivate nell’albume per l’intermezzo dell’ ovidotto. Ammettendo la teoria comunemente accettata sull’origine delle uova a doppio tuorlo e sulla sede di formazione dell’albume, la nostra ipotesi dà luogo a due altre secondarie. Si può pensare che siano penetrate direttamente nell’ovicino prima che si for- massero i suoi involucri e venisse trascinato nell’orbita dell’ uovo contenente e ravvolto dal di lui albume; oppure conviene sup- porre che le spore abbiano dovuto percorrere tutta o gran parte della lunghissima strada attraverso gli involucri già sovraccen- nati. Questa seconda supposizione non merita di essere conside- rata, dacchè le ragioni già sovradette la. confutano. Resta la prima ed ora appunto entriamo a parlare di questa. Abbiamo da cercare come le spore si trovassero nell’ovidotto. Il tramite della circolazione è senza dubbio contrario alle teori- che ed ai fatti. Se le spore sono penetrate, la via dev'essere stata l’intestino o per la comunicazione normale della cloaca, ovvero per anomala comunicazione di prima formazione, o mor- bosa. Anomale comunicazioni di prima formazione fra intestino ed ovidotto non vennero forse descritte." Sono bensì noti cas ' O. LARCHER, Mem. s. I. affect. des parties génital. fémelles chez les ciseaua Mélanges de Pathol. comp., etc. Fasc. II. Paris 1874. 116 C. PARONA E B. GRASSI, di fistole nei quali però passavano dall’intestino all’ovidotto non appena spore ma sostanze d’ogni sorta, lo che non avveniva nel nostro caso. Di più, dopo una tale spiegazione, si cercherebbe ancora invano perchè l’uovo contenente fosse normale. Non avanza che l'ipotesi della penetrazione attraverso la nor- male comunicazione dell’ovidotto colla cloaca. | Premettiamo i fatti che per avventura potrebbero avvalorarla. Panceri! sostenne appunto questa teoria in un caso di mucedinee trovate in uovo di struzzo; formavano esse macchie in grembo all’albume e nello spessore della testacea. Attentamente osser- vando ebbe però trovato che alcune delle macchie non erano fatte dalle mucedinee, ma da granelli di sabbia silicea gialla, siccome quella dai deserti africani. Pensò allora, che come ave- vano potuto penetrare i granelli di sabbia nell’ovidotto portativi insieme collo sperma del pene, sempre a contatto per ragione del suo posto nella cloaca, con sostanze provenienti dall’esterno; così avrebbero potuto pervenire anche le mucedinee in forma di micelio, ma più probabilmente allo stato di spore, che vennero avviluppate dall’albume che stava deponendosi, tallirono e forma- rono le macchie sovraccennate. Corpi estranei di diversa maniera si trovarono nelle uova; bi- sogna però confessare che questi casi sono piuttosto rari. Da- vaine (loc. cit.) cita la presenza di uno spillo; De Murs (loc. cit.) ricorda uova d’uccelli nello spessore del cui guscio si tro- varono frammenti d’insetti (un caso di Rogier ed uno di Moquin- Tandon) ma piuttosto che supporli passati dalla cloaca nell’ovi- dotto, pensa “ che quegli insetti si trovassero al luogo dove du- rante l’ovificazione posava l’ano dell’ uccello e, sorpresi nella materia calcarea ancora molle, dibattendosi vi saranno rimasti incrostati in parte od in totalità; ed il raffreddamento quasi istantaneo della stessa materia ve li avrà quasi inchiodati dentro. ,, Secondo Pouchet® zampe d’insetti ascesero dalla cloaca nel- ‘ Intorno ad alcune crittogame osservate nell'uovo di struzzo. Vol. VI degli Atti Wella R. Accademia delle Sc. fis. e mat. di Napoli. 1873. ? Citato da Panceri. Noi non abbiamo potuto attingere alla fonte originale. SOVRA ALCUNE MOSTRUOSITÀ DI UOVA DI GALLINA. DI? l’ovidotto per mezzo delle loro spina, rivolte tutte per un senso. Il distoma ovatum, che abita la borsa di Fabricio, nella gal- lina, può passare nell’ovidotto (e vi fu riscontrato da Otto) e può trovarsi nell’ uovo (Hanon, Purkinje, Eschschholz, Schilling, Gurlt). Raccogliamo fatti d’ ordine un po’ diverso. Gayon* sostenne che la putrefazione delle uova è subordinata alla presenza di vi- brioni. Quando la gallina si sgrava, l’ ovidotto penetra nella cloaca e vi si invagina; se in questa vi sono vibrioni (e ve ne sono spesso in gran quantità) ponno passare sulla mucosa del- l’ovidotto e mescolarsi all’albume nel momento in cui è se- creto e va a rivestire il tuorlo. Fin qui i fatti patologici: non dobbiamo però passare sotto silenzio i fisiologici. È naturale di rivolgere l’attenzione al come gli spermatozoi si rechino nei recessi genitali a fecondare l’uovo e dove avvenga il loro contatto. Tutti consentono che il luogo ordinario dell’incontro siano le trombe. Per lo sperma si deve tener conto del moto di trasla- zione proprio dei filamenti spermatici; in secondo luogo Bischoff ed altri hanno spesse volte notato, dopo il coito, il vivo movi- mento dell’ovidotto in forma di antiperistaltica, cioè diretto dal basso in alto. E Pouchet calcola molto una specie di suechia- mento che l’ovidotto esercita sullo sperma ejaculato, perciocchè si dice che nell’atto del coito quest’organo fatto convulsivo si contragga in modo da cacciar fuori il muco che erasi in esso raccolto e da diminuire il ‘proprio diametro; indi si dilata, ed ognuno capisce come succede l’indicato succhiamento. Dobbiamo per ultimo richiamare altre considerazioni, già fatte più sopra, le quali ci autorizzano ad ammettere frequenti volte nell’ovidotto movimenti antiperistaltici. Con tutta questa coorte di fatti (e crediamo di aver serupolo- samente riportati almeno i principali che riguardano la nostra questione), si può ammettere la presenza di spore nel nostro 4 Rech. sur les alterat. spont. des eufs. Paris, 1875, 118 C. PARONA E B. GRASSI, ovicino per la penetrazione dalla cloaca? Checchè si immagini fanno sempre contro le seguenti gravissime difficoltà: Uno sfintere là dove l’ovidotto sbocca nella cloaca; subito al di là dello sfintere una cavità relativamente ampia in cui i corpi stranieri dovrebbero arrestarsi, uno stringimento dappoi (istmo); queste vie tortuose e relativamente lunghe dovevano venir per- corse dalle spore prima di arrivare là dove viene secreto l’al- bume, cioè dove ragionevolmente si dovrebbe ammettere siano penetrate nell’ovicino. Su tutta la via una mucosa spalmata di muco e pieghettata; pronta così ad arrestare quei corpi che per avventura sorpassassero lo sfintere. Arroge che l’epitelio vibratile di questa mucosa è discendente, e perciò tende ad estrinsecare ogni corpo straniero.' Nè offre buon gioco al passaggio delle spore il lume dell’ovidotto che è appena virtuale, cioè esiste appena in- tanto che passano corpiì stranieri o l’uovo. E se queste migrazioni hanno facilmente luogo, come mai non si trovano descritti in ovidotti d’uccelli crittogame parassite® quali vennero riscontrate invece frequenti volte nei loro polmoni e nei loro sacchi aerei? Un numero tanto grande di spore, senza un sol micelio, è an- cora un argomento contrario; e già Panceri ragionando sovra un suo caso aveva ammesso che il sospetto di ascesa era tolto dalla copia delle spore. E ascendere nell’ ovidotto e mettersi nell’ albume mano mano che si secerne e tutte racchiudersi esclusivamente in questo al- bume dell’ovicino, sono tali cose che per supporle richiedesi piuttosto fede che ragionamenti. Il pene dello struzzo, che penetra nella cloaca della femmina, la presenza di sabbia potevano confortare l’ipotesi nel caso del Panceri; mancano però a suffragare per il nostro. i In base all’osservazione di PURKINJE e VALENTIN che nelle branchie del Myti- lus la direzione delle ciglia s’ inverte a dati intervalli, venne supposta una inversione di corrente anche per gli ovidotti. Questa opinione non venne accettata e recente- mente KRAUSE, nella sua accreditata opera d’istologia, scrive: sîe schwingen stets în derselben Richtung auf und nieder. pag. 31. ? RoBIN, loc. cit. — HAUSSMANN, Die parasiten der weiblichen Geschlectsorganen. Pag. 24 e seg. Berlin, 1870. SOVRA ALCUNE MOSTRUOSITÀ DI UOVO DI GALLINA. 119 Quanto ai fatti di Gayon osserveremo che, dato pure che i vibrioni raccolti nella cloaca passino sulla mucosa dell’ovidotto, prima che arrivino fin lassù dove viene secreto l’albume, deb- bono inerpicarsi per una lunga via che il signor Gayon sembra non abbia percorso. Dopo tanti dibattiti confessiamo che le ipotesi fin qui addotte non esplicano il nostro caso. Ve ne ha invece un’ altra ammessa la quale il problema diventa semplicissimo e la luce vien fatta. Cotale ipotesi trova la sua base nella Plasmogonia. Ed è quella che noi sosteniamo fortemente. Non ha bisogno di esplicazione; la composizione chimica dell’albume dell’ovicino era capace di dar luogo alla formazione di spore. Come ciò succe- desse, appariva quasi evidente sotto gli occhi di chi osservava l’albume al microscopio. Si potevano, cioè, fissare graduali pas- saggi dal protoplasma granuloso alle spore. Ad appoggiare vieppiù questo nostro pensamento, ricordiamo in generale i molteplici fatti oggidì conosciuti in favore dell’ete- rogenesi (Mantegazza, Cantoni, Balsamo-Crivelli, Maggi, ecc.), in particolare la presenza dei leptomitus (non ben spiegabile che per una successiva trasformazione della mielina dell’albume) con- statata in un uovo di gallina da Fumagalli*' ed anche altri fatti recentemente riscontrati da G. Cattaneo sotto la direzione del prof. L. Maggi. DI, Di vivo interesse è anche il seguente caso. Si tratta di un uovo di gallina il cui grand’asse misurava cin- quantotto millim. e quaranta millim. il piccolo.* La figura era affatto normale; normale anche il guscio. Ad un polo dell'uovo 1 Nell’uovo normale il grand’asse misura in media 60 millim., appena 40 mill. il piccolo. 2 Sopra un microfito trovato in un uovo integro di gallina. Rendic. del E. Istit, Lomb. Ser. II, Vol. III, 1870, 120 C. PARONA E B. GRASSI, si notava una camera d’aria della capacità di un cucchialino da caffè. La membrana del guscio non era punto alterata. Nel. l’interno si trovava un pulcino, le membrane proprie del pulcino, un tuorlo colle calaze regolari e circa due cucchiaiate di albume. Il tuorlo aveva le seguenti dimensioni: i il grand’asse era di ventisei millimetri, il piccolo asse era di ventiquattro millimetri.‘ Era di figura normale; però alquanto depresso da un lato. Non era facile di rilevarne la cicatricola; tantochè noi a tutta prima credemmo che mancasse, ma poscia più attentamente osservando la trovammo sulla parte schiacciata. Si appalesava come una cicatricola feconda un po’ sbiadita in un uovo non covato (Dareste, op. cit.). La membrana vitellina era normale; le sfere del vitello affatto simili alle fisiologiche. Gli annessi fetali, da quel poco che potemmo rilevare, nulla presentavano di anomalo. Il feto, a giudicare dalla testa, aveva l’età di nove o dieci giorni. Senza dubbio era affetto da altera- zione di prima formazione. Quanto alla specie del vizio noi ta- ciamo, perchè le condizioni del pezzo da noi esaminato non per- mettevano di formulare una diagnosi precisa. Spieghiamo ora questo nostro uovo mostruoso. Ci sembra molto ragionevole ammettere che aveva doppio tuorlo; che uno si è sviluppato ed ha dato luogo ad un mostro e l’altro invece non si è punto sviluppato. La presenza simultanea di un tuorlo completo (come in uovo comune non covato) e di un pulcino, dà luogo al dilemma o che il feto siasi sviluppato da un tuorlo o non da un tuorlo; delle quali due supposizioni si deve ammettere la prima per non an- dar contro ai più sani concetti fisiologici. Il volume normale è un’eccezione nelle uova a doppio tuorlo, che sono in generale molto grosse (Davaine, op. cit.) ma venne già varie volte riscontrato; il perchè non ne nasce argomento contrario alla nostra ipotesi. Il tuorlo normale ha le seguenti dimensioni: il grand’ asse due centim. e cinque millim, il piccolo due centim. SOVRA ALCUNE MOSTRUOSITÀ DI UOVA DI GALLINA. 121 Vari autori (Valenciennes, Thompson, Broca, Dareste) hanno tentato coll’incubazione artificiale le uova a doppio tuorlo. Panum (op. cit.) ha fatto il maggior numero di esperienze su quelle d’ uccello (gallina ed oca). In ottanta casi ottenne colla incu- bazione artificiale i seguenti risultati: in ventitre, nessuna traccia di sviluppo nè sull’uno nè sull’altro tuorlo; in sedici, sull’uno svi- luppo di un embrione normale vivente, sull’altro nessuna traccia di sviluppo; in dieci, su ciascuno sviluppo di un embrione nor- male vivente; in nove, un tuorlo portava un embrione mostruoso od appena traccia di uno sviluppo interrotto od irregolare, l’altro non mostrava traccia di sviluppo; in sette, ogni tuorlo portava un embrione mostruoso o traccia di interrotto od irregolare svi- luppo; in sei, un tuorlo portava un embrione vivente normale, l’altro un embrione anormale, oppure soltanto traccia di svi- luppo interrotto od irregolare. Il nostro caso trova riscontro nella classe dei nove casi citati da Panum. La tavola 4.* fig. 7.* del lavoro di Panum rappre- senta un uovo analogo al nostro. È molto più piccolo del nor- male; ha una sola camera d’aria; si vede un embrione anor- male sopra un tuorlo molto più piccolo del normale e un altro tuorlo ancor più piccolo senza traccia di sviluppo. Si noti che venne aperto dopo ventidue giorni di incubazione. Il nostro caso però differisce anche da questo, pei seguenti particolari: 1.° Per le dimensioni normali del nostro uovo; 2.° Per le dimensioni normali del nostro tuorlo non sviluppato; 3.° Per il presumbile cessato sviluppo del mostro per man- canza di tuorlo nutritivo ; il quale a giudicare dal volume dell’uovo doveva essere assai piccolo. La mancanza di ogni traccia di un se- condo tuorlo appoggia validissimamente questa ipotesi sulla causa della morte. i Ciò ammesso convien confessare che dopo gli studi di Dareste . (op. cit.) sulle cause della morte precoce degli embrioni mostruosi che appartengono alla classe degli uccelli, il nostro caso acqui- sta maggior interesse. 122 C. PARONA E B. GRASSI, Dareste osserva che i mostri semplici autositi dei mammiferi (i quali stanno attaccati per la placenta alle pareti della cavità uterina) ponno vivere fino al termine della gestazione. Per con- trario que’ degli uccelli (che si sviluppano tutt’affatto indipenden- temente dall’ organismo materno) periscono d’ordinario durante l’incubazione. D’onde proviene questa differenza di vitabilità ? «4 Mancano le osservazioni necessarie per sciogliere questo pro- blema (continua Dareste). Pel momento io devo limitarmi a far conoscere le due evenienze patologiche che fanno di soa pe- rire i mostri durante l’incubazione. “ Sono l’anemia e l’asfissia. Io non posso però affermare che non sianvi altre cause di morte per gli embrioni mostruosi. , L’anemia è caratterizzata da una diminuzione notevole della quantità de’ globuli rossi e però risulta o da deficiente formazione di globuli ovvero dall’impossibilità meccanica per questi globuli di penetrare nel cuore e nell’apparato circolatorio dell’ embrione. La prima forma d’anemia dipende da una temperatura d’in- cubazione relativamente bassa, dall’ essere il guscio coperto ad esempio da una vernice, ecc. ossia è subordinata a condizioni esterne sfavorevoli. La seconda forma è il risultato di un fatto teratologico, cioè l'arresto di sviluppo delle isole di sangue, luogo di produzione dei globuli. Se gli embrioni mostruosi muoiono per anemia, ciò accade prima della comparsa della respirazione allantoidea. Ma spesso sorpassano quell’epoca e muoiono allora per asfissia. L’asfissia dell'embrione in generale viene prodotta da causa in- sita nell’organismo stesso ed appena per rara eccezione può essere determinata artificialmente per es. da vernici applicate al guscio. Abbiamo riportate queste osservazioni (e l’opera del Dareste per quanto sappiamo compendia tutti i fatti fino ad oggi noti) affine di poter concludere che molto probabilmente, per non dir certamente, alle cause di morte degli embrioni sovraccennate sì deve aggiungerne un’altra, cioè la mancanza di tuorlo nu- tritivo, SOVRA ALCUNE MOSTRUOSITÀ DI UOVA DI GALLINA. #23 III. Il 17 febbraio 1878, in un uovo di gallina a cicatricola non feconda, probabilmente recente,! abbiamo trovato sull’equa- tore, all’altro estremo del diametro che parte dalla cicatricola, una chiazza triangolare; ciascun lato misurava circa un terzo di centimetro; era di color rosso sanguigno vivo; stava nello strato fluidissimo d’albume contiguo alla vitellina, fra la vitellina e la calazifera. A poca distanza dalla chiazza, ma nello stesso strato di albume, tre striscie sottili e lunghe un terzo di centimetro, esse pure rosso vivo. Non fu difficile l’isolare tanto la chiazza che le striscie, dacchè erano compatte, quasi croste secche, e ben delimitate dall’ albume. Erano di difficile dilacerazione. Al microscopio risultavano di pigmento in parte nerastro, in parte rosso vivo e di moltissime emasie di una tinta lievemente giallognola, a contorno quasi regolare; molto più piccole di quelle di gallina; qua e là granulazioni; non trovammo cristalli di sorta, non corpuscoli tondeggianti rossi (prodotti di trasfor- mazione dell’ ematosina). In quattro altre uova fatte dall’istessa gallina, alcuni giorni dopo, abbiamo riscontrato anomalie affatto simili tranne che nella forma e nel numero delle chiazze e delle striscie, le quali in cia- scuno erano diverse. È chiaro trattarsi di grumi sanguigni, derivati, molto probabil- mente, da emorragia dei vasi del calice ovarico. Abbiamo descritti questi casi non molto rari di grumi in vi- cinanza al tuorlo; perchè non è a nostra cognizione che alcuno abbia’ per anco dilucidati questo fatto con accurata osservazione. 1 Cioè con camera d’aria piccola, con fluidità dell’albume poco differente nei vari strati, con tuorlo giallo vivo, ecc. Dal Laboratorio di Anat. e Fisiol. comp. dell’ Univer. di Pavia (28 febbraio 1878), 124 Cc. PARONA E B. GRASSI, SOVRA ALCUNE MOSTRUOSITÀ, ECC. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA. Fig. 1. L’uovo e l’ovicino (fig. semischematica per mostrare la posizione dell’ovicino). » 2. Ovicino (grand. natur.). >» 3. Tuorlo dell’ovicino (fig. ingrand.) (a) cicatricola. » 4. Sezione trasversale dell'involucro (guscio) dell’ovicino (100 d.). » 5. Strato superficiale dell’involuero dell’ ovicino (450 d.). » 6. Strato medio » » (450 d.). » 7. Strato profondo » » (450 d.). » 8. Testacea dell’ovicino (450 d.). > 9. Tuorlo » (450 d.). 10. Albume » (450 d.). a. Granulazioni e spore. db. Spore tondeggianti. c. Spore ovali. d. Altre forme di spore riscontrate dopo alcuni giorni di coltivazione. GI Milano Lit Ronchi Affi Soc. Ital. Sc.Nat Vol M{.2° arona e Grassi Mostruos.in uova di Gallina Birmna dis. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI IN ORDINE ALLA FISIOLOGIA E ALLA BIOLOGIA STUDI DEL socio Pror. L. PAOLUCCI (Seduta del 24 febbraio 1878). PARTE PRIMA. FONETICA DELLE VOCI DEGLI UCCELLI IN CONFRONTO ANCHE AI SUONI EMESSI DAGLI ALTRI ANIMALI. CAPITOLO I. Mezzi naturali del linguaggio in generale. Intendesi comunemente colla parola linguaggio la facoltà esclu- sivamente posseduta dall'uomo di comunicare ai suoi simili le idee mediante certi suoni articolati detti parole. Ma tale definizione a me non avrebbe potuto servire, dacchè intenda ricercare in ultimo negli uccelli, quel tanto che equivarrebbe in funzione al linguaggio dell’uomo. Adottai pertanto e usai sempre la parola linguaggio, per esprimere qualunque espediente comunicativo fra tutti gli esseri che hanno necessità di un rapporto mentale. Ciò premesso, l’uomo che rappresenta il vertice supremo del grande albero zoologico, così per la complessa organizzazione del corpo, come per le facoltà del cervello, viene secondo alcuni a staccarsi completamente dal regno animale, se non fosse altro perchè dotato (egli solo) di ciò che diciamo favella, parola, lin= guaggio, mercè cui e’ verrebbe a formare un regno a parte, e lo studio dell’uomo una scienza indipendente, l’antropologia. La favella dell’uomo è in vero un meraviglioso potere, col quale si concreta, si attua, si perfeziona la più gran parte della vita di relazione. Essa è oggi il necessario strumento della comu- 126 L.. PAQLUOGI, nicazione dell'idea, e si è fatta, per lunghissima abitudine, l’ au- siliario indispensabile nella concezione del pensiero. E tanto più ne è perfetto l’organamento, quanto più civile è la razza umana che parla. Lo studioso pertanto dell'umano linguaggio si smarrì in mal fondate ipotesi sulla sua origine, fino a tanto che rimase a con- templarne gli alti uffici, ad ammirarne l'economia, a magnifi- carne gli effetti, facendosi scrupolo, come un fedele mussulmano farebbe riguardo al corpo d’un uomo morto, di anatomizzarne gli elementi e dico pure gli organi, dacchè il linguaggio sia una entità organica, prodotta dalla più perfetta creatura, dotata di una vita evolutiva, definita. I Cosicchè nella scienza del linguaggio, falsate in principio le norme della etimologia, male intese e contrariamente intese le sue cause seconde, si stabilì per causa prima quella stessa, che pur tante altre volte ha comodamente servito all'uomo, si cre- dette il linguaggio umano di divina origine (il dono della parola di Siissmilch). Alcuno non meno dei primi judex în causa propria, volle che la favella si originasse dall'uomo, come un’ arte volontariamente scientemente inventata e convenuta, prestabilendone le norme, dandole a fondamento il convenzionalismo. Tali teoriche sulla origine della favella, le quali chiamerei de- duzioni letterarie, si mantennero, e specialmente fra i letterati, fino a che la scienza del linguaggio, scienza novella che non ha trovato ancora il giusto mononimo sufficiente a definirla, non entrò nel vasto campo delle naturali scienze, a cui si avVicina per un infinito numero di analogie, e fra le quali anzi il Max Miiller vorrebbe comprenderla. Prima l’ Humboldt, il Bopp, il Grimm, oggi fra tanti altri il Max Miiller, il Withney, l’ Ascoli, ‘fondarono le basi dello studio sui linguaggi, seguendo le norme stesse per le quali da Cuvier a Owen, da Humboldt a Lyell, nac- quero e si svilupparono l’Anatomia comparata e la Geologia mo- derna. In tal modo, concordi se vogliamo con antiche ipotesi (Epicuro) sulla genesi della favella umana, si venne ad inda- SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 127 sarne la origine mediante quelle giuste analisi che direi per contrapposto deduzioni scientifiche, e dalla esatta conoscenza delle forme risalendo alle funzioni, si sorprese per così dire il linguag- gio ne’ suoi momenti vitali, si vide che egli esiste per continue evoluzioni, per incessanti metamorfosi, e senza tregua si logora da un lato e si rinnova dall'altro, proprio come esiste e conti- nuamente si logora e rinnova l’ essere organizzato, precisamente come si tramuta la specie. La vita dell'animale consisterebbe in ultima analisi nella incessante ossidazione de’ tessuti (Kiihne) come la vita del linguaggio nell’azione continua del corrompimento fonetico e della rigenerazione dialettale (Miiller.) Entrata dunque la scienza del linguaggio o fonologia o glotto- logia come vuolsi, fra le scienze naturali, non si tardò ad at- tribuire agli elementi definiti del discorso cioè alle parole, una origine simile a quella cui credono oggi quasi tutti i zoologi per gli animali, e quasi tutti i botanici per le piante. Vale a dire una origine naturale. L’uomo sentì, appena nel mondo, il bisogno di porsi in rap- porto co’ suoi simili, nella lotta per la esistenza in cui venìa slan- ciato dalla natura e che in lui, naturalmente fra le più imbelli creature, sarà stata nei primordi terribile. A tale rapporto in- tellettivo fra gli uomini e anche fra questi e gli animali, vale tutto ciò che agisce sovra uno qualunque dei tre sensi del- l’ udito, della vista e del tatto. E difatti oltre all’udito che è il mezzo per cui udiamo i suoni che compongono le parole, vi ha la vista che serve a farci percepire i così detti segni espressivi, coi quali ciascun uomo dal più civile al selvaggio (Lubbock), av- valora sempre più o meno il discorso. La vista è l’espediente esclusivo con cui i muti s'intendono con noi, e noi intendiamo quel loro speciale linguaggio, che non può essere se non esclusi- vamente mimico, almeno senza una paziente istruzione di quegli infelici. V’è in fine, quale agente del linguaggio umano, il senso del tatto; sebbene questo sia come tale assai più adoperato da certi animali che dall’ uomo. Se adunque così la vista, come l’udito, come il tatto, possono 128 I. PAOLUCCI, più o meno valere a farci intendere quegli atti significanti una idea o una parte d’idea, espressi o colla voce, o coi segni, o col contatto, vuol dire che l’uomo avrebbe potuto costruire un lin- guaggio semejotico, tattile, come ne ha costruito uno fonetico. Se egli ha naturalmente creato il linguaggio fonetico, fu per elezione spontanea, giacchè si fu tosto avveduto che questo era il più adatto, il più pronto, il più comodo, il migliore (0. Darwin, Bagarotti). E così ha più o meno abbandonato gli altri, a cui dovette necessariamente ricorrere quando gli mancò il mezzo di udire le parole (sordi) o di udirle e pronunciarle (muti). Ora, lasciate anche in disparte alcune facoltà intellettuali che l’uomo possiede in comune cogli animali, rammentiamo che al- cuni fenomeni naturali alla razza umana e conseguenti ad atti volitivi (p. e. la curiosità, l'imitazione, l’attenzione) o a condi- dizioni speciali dei centri nervosi (p. e. l’ira, il dolore, l’ alle- grezza), sono anche manifestati da molti animali. E come nel- l’uomo servono alla espressione di tali fenomeni o la voce o più raramente i moti del corpo e il tatto, così lo stesso parmi avve- nire negli animali; in quelli, s'intende, fra gli animali che non scendono oltre un certo punto nella serie di degradazione degli organismi, giacchè ove non esista più la capacità di creare il più semplice atto intellettuale, non avrà più luogo in conseguenza. alcuna espressione dell’atto stesso. Ammesse dunque le tre forme di linguaggio fonetico, semejo- tico, tattile nell’ uomo, tenterò qui appresso di addimostrare, con alcuni fatti scelti nel campo della zoologia, come gli animali possano fruire degli stessi mezzi nella vita di relazione. 1. Linguaggio tattile. — Se in certi animali di bassa or- ganizzazione (celenterati, echinodermi, mixocestoidi, rizopodi) avesse aberrato natura, sottraendo la forma animale alle leggi della sua evoluzione e principalmente alla correlazione di sviluppo, col concedere ad essi un centro nervoso (cervello), conservando l’elementarismo e la imperfezione degli organi, io credo che avremmo veduto i piedi ambulacrali a pennello di certi spatan- gidi, le braccia cirrose delle ofiure, i tentacoli di certi ctemofore, SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 129 di molti acalefi, delle idre e dei polipi, l’appendice filiforme delle noctilucae, i pseudopodi delle foraminifere, ecc., servire a espri- mere e intendere col tatto ciò stesso che altri animali manife- stano e concepiscono mediante i segni colla vista, mediante la voce coll’ udito. Nei suddetti animali di bassa organizzazione sa- rebbe così necessariamente avvenuto per esclusione, mancando gli organi della voce, dell’udito, della vista, più adatti alla espres- sione e alla percezione di certe facoltà cerebrali. Ma per queste elevate facoltà cerebrali i bassi animali non sono capaci. E quelli d’altronde dotati di siffatti poteri, prefe- riscono per manifestarli i mezzi più comodi. Ecco la ragione per cui, sembrami, sono assai scarsi gli esempi di animali che fra loro in qualche modo s’ intendano, mediante l'ufficio del tatto; ammessa anche l’altra che col tatto non sì esprimano se non le idee semplicissime, mentre colla vista e coll’udito la percezione si fa più complicata e più specializzata. Ecco pertanto alcuni esempi di ciò che noi riteniamo linguag- gio tattile, quali ce li fornisce la storia degli animali. Huber ® consacra molte pagine al linguaggio delle formiche, che esso ritiene si effettui realmente mercò i tentacoli coi quali due formiche palpeggiandosi in mille guise, si riconoscono, si av- | visano, si chieggono ajuto, si dichiarano un duello mortale. Sir Lubbock citato dal Prof. C. Darwin ? racconta come “ il ma- schio dello Smynthurus luteus (tisanuri) che è molto più piccolo della femmina, le corre incontro, e si urtano poi fra loro stando faccia a faccia, e movendosi indietro e intorno come due giocondi agnelli. Poi la femmina fa le viste di fuggire e il maschio le corre dietro con un ridicolo fare burbero e va a portarsele di fronte di nuovo; allora essa tutta ritrosa si volge indietro, ma egli più svelto e più attivo le corre qua e là intorno e sembra sferzarla colle sue antenne; poi per un momento stanno in faccia l'uno dell’altra, trastullandosi colle loro antenne e sembrano essere compenetrati l’uno dell'altra. ,, 1 HupeR, Recherches sur les maurs des fourinis. 1810. ? C. DARWIN, Origine dell’uomo. Trad. it. di M. Lessona. 1871 pag. 252. Vol. XX. 9 130 I, PAOLUCCÌ, Anche le farfalle, esseri affatto muti e in cui la naturale scelta per la lotta sessuale avvenne nello splendido coloramento del corpo e delle ali, potrebbero fornirci molti esempi di rapporto intellettivo effettuantesi fra maschio e femmina o anche fra in- dividui di ugual sesso, mediante il tatto. Ho potuto osservar solo alcune specie. Nell'ultima forma del baco da seta (Bombix mort), il maschio gira ripetute volte attorno alla femmina, prima di conquistarla, e intanto pare che la predisponga all'atto conju- gale toccandola con un delicato e veloce tremolio delle ali. L’ac- coppiamento della nostra comune zigena (2ygacna filipendule), è preceduto da un reciproco toccamento al capo mediante le antenne. Nell’ incontro casuale o nel duello o nel congresso fra le farfalle della rapa (Pieris rapae), le vanesse del cardo (Va- nessa cardui),i papili ni (PapwWio Podalirius, P. machaon), la co- liade volgare (Colias edusa) e probabilmente fra molte altre specie, ho visto spesso adoperare in modi svariatissimi da uno dei combat- tenti o amanti il primo pajo anteriore di zampe, come per ca- rezzare e dichiararsi benevolo, ovvero esprimere i sensi bellicosi. Ma con siffatti esempi tolti da inferiori animali, in cui la ne- cessità e la potenza di manifestare fra loro gli scarsissimi e istin- tivi sentimenti di cui sono dotati è ridotta quasi a nulla, noi po- tremmo probabilmente confondere ciò che davvero è linguaggio tattile, colla mera eccitazione dei sensi, che mediante il tatto si effettua su larga scala in moltissimi animali, e che funziona per uno scopo sempre fisso, determinato dall’agente al paziente. Però tale dubbio diminuisce via via che si ascende nella scala zoologica. In quanto ai pesci e a molti altri animali acquatici, della cui biologia potranno solo sufficientemente informarci gli acquari, nulla quasi sappiamo che possa interpretarsi come una specie di linguaggio effettuato a mezzo del tatto. Eppure sono miriadi in- finite di animali, migliaia di specie, talvolta dotati di alta or- ganizzazione, stimolati indubbiamente allo incessante esercizio di tutte le funzioni che giovano alla conservazione dell’individuo, alla durabilità della specie. Non avrà concesso Natura alcuna SULLE VOCI DEGLI'UCCELLI ECC. logi facoltà tattile comunicativa a que’ muti abitatori delle acque, costretti continuamente a difendersi dai nemici, spinti dalla fame alla rapina, trasportati dall’istinto amoroso a corteggiare la fem- mina, obbligati dalle leggi ancor poco note dell’odierno accanto- namento delle Faune, ad imprendere lontani viaggi? — Molti organi accessori dei pesci che verrebbero invero considerati dal Darwin e da’ suoi seguaci, come agenti indiretti nella evoluzione della specie o come adornamenti utili nella lotta sessuale, po- trebbero anche servire come istrumenti di tatto fra individuo e individuo. Valgano gli esempi seguenti: Le triglie comuni (Mul- lus barbatus, M. surmuletus) e l’Upeneo dei mari delle Indie (Upeneus trifasciatus), portano dei cirri mobilissimi nell'angolo della mascella di sotto. Il pesce S. Pietro (Zeus Faber) ha i lobi inter-spinosi della pinna dorsale prolungati in delicate ondeg- gianti fettuccie. La volgare rana pescatrice (Lofius piscatorius) ha un vero tentacolo appendicolato sopra la regione del naso. Il pesce Pipa (Fistularia tabacaria) porta oltre la pinna caudale un prolungamento filiforme lungo poco meno la metà del corpo. Il Pteroide volante dell’ Oceano Indiano (Pterois volitans) è adorno di tre paia di tentacoli sul labbro superiore, sul naso e sulla fronte, oltre alle numerose frangie delle pinne toraciche e dorsali. Due specie di corna seghettate si erigono sulla fronte di una bavosa (Blennius oceltaris). I Siluri fra cui quel singolare Sciarmut (Heterobranchus anguillaris) dell’ Egitto, e il Raasch degli Arabi e dei Senegalesi (Malapterurus electricus) hanno tutto il contorno esterno delle labbra ricco di prolungamenti vermiformi. Però, ripeto, mancano dati positivi per poter ritenere con certezza che i suddetti organi possano venire usati come mezzi alla comunicazione tattile. Fra i rettili, la lingua vibratile e mobilissima degli Ofidi, e anche quella protrattile di certi Sauri, hanno a considerarsi come organi tattili di molta importanza, quando si rifletta alla corazza cornea che riveste siffatti animali. E tali organi di tatto potreb- bero forse supplire ai mezzi comunicativi più comuni (suoni) di cui gli stessi animali sono quasi sforniti. 92 1. PAOLUCCI, Tutti gli esempi addotti fin qui, portano dunque alla con- clusione, che ove mancarono mezzi comunicativi vocali e semejo- tici (e fa negli animali meno perfetti) si ricorse al tatto come inserviente alla partecipazione di certi atti intellettivi che pos- sono compiersi anche da un organismo elementare. L’uomo e molti fra i superiori animali, capaci come sono del- l’uso comunicativo della voce e della mimica, abbandonarono, forse dal principio di loro esistenza, quel che direbbesi il lin- guaggio del tatto. Fu il non uso (Darwin) che eliminò in tal caso questo speciale significato della funzione di un organo. L’uomo però, unico essere creatore della parola, a cui mai non avanzano i mezzi usati alla partecipazione delle idee, conservò, e coll’incivilimento perfezionò anche qualche spediente comunica- tivo tattile, capace talora ad esprimere i sensi dell'animo più delicati, il più nobile moto del cuore. Quanto non dice la tacita stretta di mano del vero amico, del giusto protettore, del ma- gnanimo benefattore? Quanto l’agitarsi della povera madre, muta dal traboccante affetto, eppure così eloquente nel palpare la faccia, la fronte, il collo dell'amato figliuolo, e stringerselo e comprimerlo al seno? Quanto il primo bacio, che rivela alla vergine il soave mistero dell'amore, e compendia talvolta in sè tutta una storia lunghissima ? Tali apprezzamenti potrebbero, a taluno, sembrare esagerati ; ma in fondo sono veri, ammesso che ogni azione portata sovra un punto qualunque periferico del nostro sistema nervoso sen- ziente, può essere il segno di una idea, allorchè l’azione sia con- venzionale o resa significante dall’ uso. Ora facciamoci ad analizzare brevemente il linguaggio seme- jotico. 2. Linguaggio semejotico. — Il linguaggio semejotico o mimico o dei segni, richiede anzitutto un alto grado di organiz- zazione, così per essere concepito e creato, come per essere in- teso. E in importanza è di molto superiore a quello rudimentale eseguito mercè il tatto; e vicinissimo, massime allorchè perfezio- nato dalla estesa intelligenza di certe razze umane, al linguaggio SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC, 133 dei suoni e della parola. Anzi, in riguardo alla capacità intellet- tuale voluta talvolta per intendere e produrre il linguaggio seme- jotico, io sarei per ritenerlo, in qualche caso, superiore al lin- guaggio dei suoni. E di fatti non avvi nessuna traccia di lui negli infimi e negl’inferiori animali! e apparisce in maniera dubbia e fugace negli animali superiori. Dall’uomo, che trasse grandissimo vantaggio col linguaggio dei segni, scendendo nella scala dei vertebrati, è forse alla prima apparenza strano il fatto che gli animali a lui più vicini, cioè i mammiferi, abbiano tale attitudine in grado debolissimo, mentre l'attitudine stessa, sebbene abbozzata, è probabilmente assai più spesso posta in effetto da quelle gentili creature eminentemente estetiche che sono gli uccelli. Ma la ragione di ciò deve rintrac- ciarsi negli scopi precipui cui deve servire qualunque linguaggio, quello dei segni compreso, e che dopo gli studi di Wallace, di Darwin, di Heckel, di Canestrini, ece., sarebbero due: la lotta per la esistenza e la lotta sessuale. Fra gli uccelli pertanto accenneremo all’agitarsi della testa in quel modo tanto singolare di alcuni rapaci notturni, come delia nostra civetta (Strix passerina), e del barbagianni (Strix Alam- mea). Non può negarsi che tale segno sia avvertito ancora dagli altri uccelli, giacchè sa ognuno come, all’apparire della civetta, eccoti l'appello di una moltitudine di passeracei attorno al ridi- colo dispensatore di ossequi, e un incessante andargli d’ attorno dei curiosi motteggiatori, che s’agitano e svolazzano e cicalec- ciano e strepitano come in pazze risate. Fra gli oscines sono comunemente conosciuti gl’inchini inevi» : Volendo dividere gli animali in ordine al maggiore o minore differenziamento de- gii organi e delle funzioni, invalsero già nei libri di zoologia i nomi di animali su- periori, inferiori, e infimi. Non parmi tuttavia bene delimitata e da tutti ugualmente intesa tale sistemazione artificiale. Adoperando i tre termini suddetti io volli com- prendere negli animali superiori tutti i vertebrati o ipocotiledoni di Van Beneden (P. I. VAN BENEDEN, Anatomie comparce. Bruxelles); fra gl’inferiori, i molluschi, gli artropodi, i vermi, cioè tutti gli epicotiledoni e alcuni allocotiledoni di Van Be- neden; fra gli énfimi, gli echinodermi, i celenterati e i protozoi, vale a dire la più parte degli allocotitedoni di Van Beneden, 134 L, PAOLUCCI,. tabili a cui si abbandonano i pettirossi (Sylvia rubdicola), tosto dopo saliti su un ramo o sopra una zolla. Ed ho potuto avver- tire come tali reverenze si succedano con una singolare insistenza specialmente pochi istanti prima della pugna, che avviene spesso fra noi durante la stagione invernale, fra due o più individui che si contendano il dominio di una siepe, di un giardino, di una boscaglia, Si appostano a breve distanza i due combattenti, si agitano varie volte nel modo suddetto, indi, emesso un fischietto speciale sibilante, si slanciano in una lotta accanita. È ben vero che il ritenere tali rapidi moti del petto come un mezzo qualunque siasi comunicativo, non è opinione più probabile di quella che vogliano credersi effettuati per porre in mostra le proprie bellezze, come fa appunto il pavone (Pavo cristatus), quando espande la sua splendida coda, l’arara (Ara macao), al- lorchè si appende sui rami allargando le bellissime ali e la coda, l’upupa (Upupa Epops) se agita il ciuffo sincipitale. Il pettirosso difatti compendia nel petto rosso tutta la umile beltà del suo abito. E come lui, sciupano pure a profusione gl’inchini il pettaz- zurro (Sylvia suecica), il culbianco (Sazicola oenanthe), il sal- timpalo (Sax. rubicola), il codirossone (Monticola saxatilis), che potrebbero solo un pochino pretenderla a farsi belli colla scami- ciata tinta in azzurro o in rossastro. Certi altri uccelli, come le cutrettole (Motacillae), il codirosso (Ruticilla phoenicura), la cincia codona (Parus caudatus), agitano spesso la coda dall'alto al basso, camminando o posando. Altri la sollevano in modo quasi verticale come il merlo (Turdus me- rula), il merlo dal petto bianco (Turdus torquatus), 1’ usignolo (Luscinia philomela), lo scrìcciolo (Troglodites europaeus). Altri la sferzano lateralmente, come molti /ringillini. Il tordo motteg- giatore degli Stati Uniti (Minus polyglottus), allarga e restringe rapidamente la coda, saltellando e volando. Ma siffatti esempi potrebbero pure farci cretlere con fonda- mento che i moti della coda negli uccelli, addivenuti per retaggio istintivi, servissero più specialmente a fugare gl’insetti ascosi nel terreno e fra le foglie, onde siano questi più facilmente veduti e mangiati, SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 135 Le osservazioni insomma sui segni usati dagli animali come mezzi comunicativi, sono assai scarse e non sempre fondate. Solo nell'uomo astretto dalla tremenda sventura della sordità e del mutismo, divenne il linguaggio semejotico un’arte, dalla pietà dell’uomo civile elaborata a beneficio di chi ne abbisogna. E io non ardirei a giudicare che in siffatto linguaggio non siavi pro- prio nulla di naturale; ma il non avere trovato di esso fra gli animali che qualche parvenza, quasi lo proverebbe. E un rapido esame fatto su quel po’ di linguaggio semejotico usato da pres- sochè tutti i popoli nelle occorrenze della comune vita, riesce d’altronde a dimostrare che l’arte sua è tutta un convenziona- lismo, la sua genesi un arbitrio. Così il no si esprime da molti Italiani e da molti altri Europei con un moto di semi-rotazione della testa sull’atlante; un Na- politano invece dice n0 con una lieve smorfia delle labbra chiuse che si sollevano in alto, e un Turco muovendo il capo come quando noi affermiamo il sì. Gli Orientali si pongono la mano al cuore invece di offrirla all'amico salutandolo. Un Cinese, per rispetto, si mette il cappello in testa; i Polinesi, i Malesi e altri di razze asiatiche, anche abbastanza civili, sì credono in dovere di porsi seduti innanzi ad un superiore. ' Per un abitante di Vatavulu," del Congo,’ fra i Wahuma dell’ Est,° nell’Africa cen- trale,” sarebbe grave sconvenienza il non voltare il dosso a per- sona distinta con cui si parla. Gli abitanti di Mallicollo (Cook), esprimono la loro ammirazione per un uomo, pigliandolo a fischiate. Tra i Toda (Lubbock) si addimostra ad uno rispetto, facendogli colla mano quell’atto stesso che fanno fra noi i fanciulli cuccan- dosi. E potremmo continuare gli esempi. Da quanto abbiamo detto fin qui possiamo dunque concludere che il linguaggio semejotico è al più rudimentale fra gli animali, ! I. LuBBOCK, I tempi preistorici — L'origine dell’ incivilimento. Trad. italiana di M. Lessona. Torino, 1875. 2 Figi and the Figians. 3 AstLEY, Voyages and travels. Vol. III, pag. 72. 4 SPEKE, Discovery of the Svurce of the Nile. Pag. 206. > DENHAM, Travels and discoveries in Africa. Vol. II, pag. 27, vol. III, p. 19, 136 L. PAOLUCCI, e quando esiste nell'uomo, non può, generalmente parlando, con- siderarsi se non come effetto dell’artifizio. Ci resta a dire del linguaggio de’ suoni che, considerato prima in tutti gli animali, poi negli uccelli, formerà oggetto di tutti i capitoli seguenti. 3. Linguaggio fonetico. — Sebbene, come abbiamo fin qui tentato di addimostrare, tanto l’uomo, come alcuni animali, ado- perino talvolta il tatto e certi speciali moti del corpo per riu- scire in alcuni rapporti intellettuali, il mezzo tuttavia che serve, così al primo, come ai secondi, in un grado immensamente mag- giore e del linguaggio tattile e del semejotico, consiste nei suoni, siano parole, armonie, grida, rumori, raggiungano la divina effi- cacia dell’umana eloquenza, o scendano soavissimi al cuore. dal vibrare delle corde toccate da un Paganini, facciano perdere dal terrore i sensi, se uscenti dalle fauci d’un inquieto leone, o siano la fonte dell’odio di certuni per le cicale clamorose. Gli organi degli animali e dell’uomo, adoperati per la produ- zione dei suoni, sono assai variabili. Il più spesso corde elastiche tese, o tubi, o casse vibranti; talvolta espansioni molli e vesci- coliformi, tal altra linguette rigide, archetti dentati, membrane a tamburo, lamine delicatissime. Ma il fatto fisico del suono è sempre lo stesso; la vibrazione d’ una colonna d’aria più o meno limitata e interclusa; e lo stesso pure il medium della percezione, il nervo acustico. Senza scopo adunque sarebbero stati i suoni (se è vero che anche fra gli animali valgono alla comunicazione intellettiva) negl’inferiori e infimi organismi, che hanno l’appa- recchio auditivo nullo o appena abbozzato. Difatti muto è tutto quel parossismo di vita che s’agita nel fondo dei mari, ove ai più perfetti abitatori, i pesci e i molluschi, è concessa sovente una vescica con otoliti, la quale è proprio l'orecchio per l’ana- tomista, ma non più dell’informe simulacro dell’ organo auditivo pel fisiologo. Chi ne ha detto mai quanto e come odano i mol- luschi e i pesci? L’organo dell’audizione basta loro appena per udire un rumore che si faccia nell’aria, e il mezzo in cui vivono non è il più proprio alla propagazione delle onde sonore. LI Il linguaggio dei suoni è pertanto la dote esclusiva degli ani- SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. TOT mali che respirano nell’aria. Esso è comune all’ uomo, ai mam- miferi (eccettuati i cefaceì che mancano delle corde vocali), agli uccelli, a molti rettili, a molti batraci, a moltissimi insetti. Ma sebbene lo scopo dei suoni prodotti dagli animali sembrami sempre lo stesso, la differenza nel grado è immensamente grande. Ed è in ragione della grandissima differenza nella capacità men- tale. L'uomo più selvaggio, per questa sola, è lontanissimo dal più perfetto mammifero. Tuttavia, per quelle facoltà psichiche, che nell’uomo rappre- sentano gli elementi più semplici della intelligenza; ma che negli animali sono tutta la loro intelligenza, il linguaggio fonetico po- trebbe interpretarsi equivalente nell’uno e negli altri. Nei ven- turi capitoli cercherò di addimostrarlo per quanto riguarda gli uccelli. Dicasi pure che l’ animale non parla, ma per carità, una mente sana e un cuore non agghiacciato dal pregiudizio, non nieghino che il povero agnello chiama la madre, fin tanto che il coltello non lo abbia ucciso. E qui dobbiamo stabilire una capitale divisione di tutti i segni usati come linguaggio fonetico dall’uomo e dagli animali, pigliando per base la struttura degli organi capaci a produrlo. Nei vertebrati a sangue caldo questi organi consistono in un apparecchio detto lar:ngeo, situato ora all’estremità superiore della trachea, ora alla base di questa, in comunicazione diretta col polmone o con altri ambienti aerei, capace di allargarsi e restringersi a volontà del parlante, del cantante, del gridante. In tutti gli altri animali invece, tali espedienti del linguaggio de’ suoni, restano diversamente sparsi nel corpo, e, come più am- piamente tratteremo nel seguente capitolo, consistono in parti- colari strumenti, in trombette, in violini, in cannuccie da organo. Ciò posto, noi deduciamo che i suoni prodotti mercè della la- ringe sono modificabili, entro un certo limite più o meno esteso, nella intensità, nell’altezza, nel timbro, a volontà dell’ animale. Gli altri suoni invece, che possono prodursi soltanto mediante istrumenti speciali, le cui parti rimangono fisse e sempre nello 138 L. PAOLUCCI, stesso rapporto fra loro, non sono modificabili a volontà dell’ ani- male, e somiglierebbero appunto ai suoni prodotti da un dato tasto dell'organo, da una data posizione del violino. Dalle qui esposte considerazioni, noi possiamo dunque stabilire che fra gli animali capaci di produrre dei suoni, altri hanno ancora l’attitudine di modificarli, combinarli, scinderli a loro proprio talento; altri sono condannati alla stessa nenia o a po- chi accenti per tutta la vita. Ai primi appartiene l’uomo anzi- tutto, quindi i mammiferi, quindi gli uccelli; ai secondi tutti gli altri animali capaci di usare un linguaggio qualunque fonetico. E dacchè nessuno ci abbia preceduto in tali considerazioni, e dobbiamo perciò creare due termini per distinguere questi due gruppi fondamentali in cui dividonsi gli animali riguardo alla natura e all’attitudine della loro voce, noi stabiliamo di chiamare i primi eferofoni (7006 = altro, Qh@vh= voce), cioè colla voce mutabile, e i secondi autofoni (aù7òs = stesso, 0wwvh= voce) cioè con voce immutabile. CapitoLo II. Meccanismo dei suomi negli animali autofoni. A bene intendere il meccanismo del canto negli uccelli, e i molteplici scopi biologici cui esso è destinato, converrà trattare brevemente degli organi di suono esistenti negli animali inferiori e anche in alcuni bassi vertebrati. Così poste in chiaro le differenze anatomiche fra gli organi di fonazione invariabile, e quelli capaci a produrre suoni mutabili, speriamo di avere dimostrato la grandissima distanza che li se- para, in quanto sono un mezzo del rapporto intellettivo fra gli animali. Gli esempi che prenderò a descrivere nel presente ca- pitolo, varranno a farci intendere che lo scopo dei suoni negli inferiori animali è quasi sempre lo stesso, e giova per lo più nella lotta sessuale: è la gara dei maschi pel possesso delle fem- mine (Darwin). E difatti i soli maschi hanno, in generale, il po- tere del canto; e muti anch’essi nelle. prime forme della vita, SULLE YOCI DEGLI UCCELLI ECC. 139 allorchè sono eunuchi impotenti, spiegano tutta la possibile loro arte fonica nel breve periodo sessuale, alla cui agitazione feb- brile mirabilmente li spinge l’amore per il mantenimento e il progresso della specie. Passeremo qui appresso partitamente in rivista i diversi gruppi zoologici che possono fornirci gli esempi utili allo scopo nostro. Però è necessario avvertire che trattando del canto degli insetti, noi intenderemo dell’assieme di suoni più o meno armonici, e non di certi rumori prodotti da molte specie o con subitanei moti del corpo, o collo sfregamento dei bordi seghettati di qualche anello toracico e addominale, senza un vero apparecchio suo- nante. Così per le attente osservazioni di Becker in un anobio (Anobium tessellatum) sappiamo che anche la femmina invita il maschio battendo colla fronte e il margine anteriore del pro- torace sulla vòlta della propria dimora. Becker eccitò ripetute volte a siffatto segnale una femmina che teneva prigione, imi- tando il suono dell’insetto col battere sul tavolo un ferro da calza. E vide una coppia congiungersi dopo la strana e reci- proca seduzione, eseguita da ambi gli amanti con appassionata insistenza. Anche fra gl’insetti eterogini (Latreille) esiste una specie di mutilla (Mutilla Europaea) in cui secondo il Goureau e. il Darwin *' i maschi sono capaci di emettere un rumore stridu- lante, di cui non è ancora intravveduto lo scopo. Un gran numero di specie di coleotteri, hanno i due sessi ca- paci di produrre certo rumore, mercè un tratto di superfice ra- spante e una rigida sporgenza vicina. Ora è la raspa che stride su e giù nel raschiatojo; ora è questo che si stropiccia in quella. Nei becchini (Necrophorus) sono due raspe poste supe- riormente al 5° anello addominale che vengono fregate dal bordo interno delle elitre (Landois); in una crisomelina (Clythra qua- dripunctata) la serie delle lamelle raspanti è posta sulla parte 1 0. DARWIN, Origine dell'Uomo. Trad. Ital. pag. 264, 140 L. PAOLUCCI, più alta e superiore dell'addome; in alcuni carabici (Elaphras uliginosus — -Blethisa multipunctata) e curculionidi, sono in- vece degli orli addominali che sfregano contro raspe elitrali; avviene presso a poco lo stesso in un ditisco (Pelobius Her- manmi); nello scarabeo stercorario (Geotrupes stercorarius) è l’addome che stropiccia in un rialto lamelloso posto obbliqua» mente sulle coscie. Simili esempi potrebbero moltiplicarsi assai, ma basteranno i qui adotti per confermare che tali attitudini a emettere alcuni rumori, così abbozzate e insufficienti, non saranno davvero con- siderabili come mezzi di comunicazione intellettiva. Essi sono inutili almeno nella lotta sessuale, dacchè tanto i maschi che le femmine ne siano forniti. E non potranno al più rappre- sentare che lo stadio primitivo dei veri apparecchi suonanti di altri insetti, perfezionati nella evoluzione delle forme dalla so- pravvivenza del più adatto. Ora veniamo alla rassegna degli animali cantanti autofoni. 1, Insetti. Ecco come Freiin di Droste Hulshoff ricorda colla bellissima eloquenza dei versi seguenti! l’abilità de’ più noti insetti can- tori e fa conoscere anche per giusta similitudine la natura dei suoni da essi prodotti: Là, sotto i rami dell’aperta landa, \ Brulica lieta un’infinita gente; Va, corre, balza, vola, e dolcemente Un vario suono su per l’aere manda. La sua viola d’amor suona soave Il Grillo affaticando lo zampino; Lo spalma a la rugiada del mattino, E ne alterna la nota, or alta, or grave. Lo Scarabeo suona ronzando il corno, E ben si mostra suonator valente; Affila i vanni argentei acutamente La Zanzara, e il suo strido freme intorno. i D. A. E. BrEenM, Zlustrirtes Thierleben, Trad. italiana di G, Branca, S. Travella, ecc Vol. VI, pag. 17. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 141 L'Ape è impegnata come contrabasso, E tardi e pigri in mezzo ai fior novelli, I Pecchioni la fan da violoncelli Con un lungo ronzìo languente e basso. Così fra i rami dell’aperta landa, Brulica lieta un'infinita gente; Va, corre, balza, vola, e dolcemente Un vario suono su per l’aere manda. Noi distingueremo anzitutto i suoni prodotti dagl’insetti mercè il rapido vibrar delle ali, dagli altri emessi con un istrumento sonoro, appositamente fatto e usato. È chiaro che dovrassi ri- volgere l’attenzione nostra solo a questi ultimi suoni, giacchè i primi, sebbene forse utili nella lotta per la esistenza, sono con- tinuamente e involontariamente prodotti dall’ animale che vola. Onde non essendo sottoposti all’impero della volontà, non po- tranno mai riguardarsi come attuazioni del rapporto intellettivo, le quali esigono sempre il volere in chi le compie, acciò abbiano la potenza di essere intese. Natura ha fornito molti insetti di organi vibranti, o nerva- ture rigide o linguette elastiche, veri istrumenti da corda o da fiato. Il maschio che ne va fornito, generalmente li usa nella gara con altri maschi per il possesso della femmina, la quale sceglie il più esperto suonatore. Ma non credasi perciò all’abilità del- l’eletto, come capace di essere riuscito meglio, per aver saputo usar meglio l’istrumento: no. L’istrumento non avrebbe potuto suonare che in quel modo: egli fu il più bravo, perchè ebbe l’arco e le corde migliori. Vedremo quanto diversamente av- venga negli uccelli, ove il linguaggio de’suoni scaturisce, si mi- gliora, si muta, come il linguaggio naturale delle parole. Sarà utile trattare delle voci degli insetti, considerandoli negli ordini stabiliti dalla zoologia. 1. Ditteri. — Nelle mosche (Muscidi) e nelle Zanzare (Ti- pulidi) oltre al ronzìo prodotto dalle veloci oscillazioni delle ali, oltre a quello causato dallo sfregamento degli anelli addominali e dei bilancieri, vi è da notare una specie di suono, bene studiato dal signor Landois, che può essere prodotto mediante un vero 142 I. PAOLUCCI, apparato armonico in comunicazione colle 4 stimme toraciche anteriori o colle posteriori. I numerosi canalicoli tracheali sboc- cano in una specie di ambiente comune la cui apertura esterna è lo stimma: esistono in tale ambiente numerose laminette ela- stiche e tese, le quali vibrano tanto per l’aria inspirata come per quella espirata. Ma sfortunatamente non abbiamo notizie sull’uso e lo scopo di tali suoni, d’altronde di non facile studio. E non può dirsi, quanto e come giovino, sia alla conservazione dell’ individuo, sia alla elezione della forma. A naturalista pazientissimo e del più scrupoloso e attento potere d'osservazione sarà forse dato di rivelarci il misterioso perchè di quell’acuta nota lamentevole con cui sembra si quereli la molesta zanzara, allorchè ci vola d’attorno e non può gustare la leccornia del nostro sangue: e da esso sapremo anche la ignota ragione di quei concerti che si odono fra gli odiati mosquitos (Culex molestus, trifurcatus, pu- licaris) dell'America Meridionale, allorchè uno sciame infinito di maschi, travolti in danza frenetica, si agita come in una me- ravigliosa nube armonica, mentre le femmine, quelle stizzose trompitas del diablo, non cessano di punzecchiare le carni del mal capitato viaggiatore. In ogni modo tali suoni hanno a considerarsi come propri di animali autofoni, e perciò sempre in un assai ristretto e basso limite zoologico. 2. Ortotteri. — Trovansi fra gli ortotteri i più esimi can- tori che possa vantare la serie lunghissima degli animali inver- tebrati; e ve ne ha degni di attenzione, così per la intensità, come per l’armonia della voce. Anzi, sembra strano a tutta prima, che di siffatti mezzi istrumentali essi non usino se non per gara amorosa. Ma la capacità loro è ristretta a un sol grido, a una sola nota, sempre sullo stesso tono, sempre dello stesso timbro, quasi sempre della stessa potenza; e un segno solo non poteva bastare che ad esprimere una cosa sola: e na- tura se ne servì appunto per l’espressione dell’amore. In ciò più delicato e patetico di tutti i cugini è il Grilletto SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 143 delle Vigne (Locusta cantans, Fabr.) dalla verde livrea, che in- contriamo spesso fra i campi e perfino sulle vie delle nostre città verso il terminare d’estate. Simile nello istinto al più gran numero degli animali, piace a lui il velo pudico della notte per i misteri del talamo; e quando si spenga la calda giornata d’a- gosto in una notte calma e serena, tu odi il gran concerto di queste lessiadre creaturine, che dura incessante fino alla scom- parsa dell’ultima stella. Il canto è una dolce nota e lieve, come un fischietto oscillante e morente: la nota è diversa secondo la leggera diversità dell'apparato vibrante nei vari cantori. Cosic- chè ascoltandone molti a un tempo, nell’alternativa de’ suoni sembra che essi si chiamino e rispondano scambievolmente a vi- cenda. Ecco quale ne sarebbe approssimativamente la tradu- zione musicale: Un grillo: p====== — en ur pera “see COSE: ect, rea nt st o ———z@ = ————————— ESTE CESTI RESI RIZZA FRA I TIR e n IT n A en) EI aa) tonici e penoso pesa sg pie ernia CE — a Ge daga a gna E 3° i) ala gr dosso pera CENSIS p 0a L’istrumento di tali armonie è una delicata membrana tesa, cerchiata da un bordo saliente (corda), la quale occupa la parte triangolare dorsale dell’elitra destra che giace sotto alla sini- stra. Nella faccia inferiore di questa, in corrispondenza alla detta membrana, si trova un rilievo fatto di varie nervature contorte e segnate da numerose lamelle trasversali (arco). Quando 144 L. PAOLUCCI; l’insetto canta, è l’elitra sinistra che stropiccia rapida sulla de- stra: e l’arco fa l’attrito sulla corda, e la membrana vibra sotto le elitre, che costituiscono l'apparato della risonanza. Col sopravvenire delle prime pioggie e del fresco, i Grilletti delle vigne ammutiscono; la loro missione è compiuta e con essa compiuto ancora lo scopo del canto. Assai più strillante, alta e sonora è la musica di un altro Ortottero, comunissimo nei nostri prati durante il maggio, cioè il noto Grillo nero campestre (Gryllus campestris). La serenata di cui si mostra spesso per la intera notte instancabile accanto all’uscio ove la bella dimora, è un fischio stridulo, tremolante, breve, quasi la stessa nota in tutti gl’individui, che si ripete a corti intervalli per moltissime volte. In musica ho tentato tra- durlo nel modo seguente: Wegro. = EEE=E Daini Ep PPS Spe] Anche qui è la nervatura dentata dell’elitra destra che pro- duce il suono stropicciando un’altra nervatura liscia, sporgente, e dura dell’elitra sinistra. La sola differenza sta nella trasposi- zione della corda e dell’ arco. In fine anche gli Acridi o cavallette sono capaci di emettere alcuni suoni sordi, interrotti, quasi rumori, fregando i femori (ove esiste internamente una minuta e lunga serie di denti ela- stici, lanceolati) contro le elitre. È anche questa una specie di violino. L'animale ne ha due e li suona alternativamente. Io so- miglierei il rumore che fa in tal modo la Cavalletta volgare (Oedipoda migratoria) al fruscio di rami secchi, e quello della comune Tetrice (Tetrix subulata) al sibilo interrotto di un liquido schizzante. Abbiamo in breve riassunto e descritti gli apparecchi musi- cali degli Ortotteri, traendo esempio da insetti indigeni appar- tenenti alle 3 famiglie dei Locustidi (Locustidae) degli Achetini SULLE VOCI DEGLI ‘UCCELLI ‘ECC. 145 (Achetidae) e degli Acridi (Acrididac). Ma numerosi altri dello stesso ordine ripetono pure, all’epoca degli amori, le loro ca- ratteristiche nenie, come la Phasgonura viridissima d’ Inghil- terra, la Pneumora del Capo, il Tananà (Chlorocoelus Tananà) delle Amazzoni, e via dicendo. Tutti insomma gridano sempre lo stesso accento e non esprimono con esso che una sola inten- zione. 3. Omotteri. — Fino dai tempi di Anacreonte* che sulla cicala cantava: gentil musa canora (Corsini) e dell’ arguto Se- narco da Rodi che la cicala invidiava quale fortunato vivente cui fu dato il dono di una sposa muta, era salito l’insetto al- l’onor del Parnaso. Ma forse nessuno le fu più benevolo dopo l’erotico vecchio di Teo. Però l'utile animaluccio ha sfidato tutte le imprecazioni degli uomini soverchiamente sensibili, e canta an- cora ogni anno in grandiosi concerti fino alla sua ultima ora. Condannata a diecisette anni della più grama vita letargica sotto la terra, ? non le resta appena che il fugace compendio di un mese per il godimento dell’aria, del caldo e della luce. Mettia- moci dunque ne’suoi panni e siamo indulgenti della sua febbrile esultanza. Il canto della cicala comune (Cicada Plebeja) e de’ suoi vi- cini parenti, è prodotto da un apparecchio speciale che esiste inferiormente al corpo fra il torace e l'addome. Esso appa- recchio è protetto da larghe squame cornee, le quali sono li- bere posteriormente e ai lati, e fisse anteriormente nell’ ultimo anello toracico. Sotto a tali squame esiste uno spazio non molto grande, ove penetra liberamente l’aria esterna, quando l'addome si alza. Il fondo di tale ambiente o vestibolo (immaginato l’ani- male capovolto nella dissezione anatomica) è limitato da due membrane ripetute in ogni lato e divise da uno spazio triango- lare rigido e chitinoso: la membrana anteriore è gialla, delicata, molle come una pelle di guanto e rilassata allorchè l’animale 1 Avoxpeovtos Tuiov peln . an MI. eis TETTIYA . Maxapitopev ce Tetti x. 1. 2 Prof. G. CANESTRINI, Compendio di zoologia e anatomia comparata. Vol. II, pag. 130. Milano 1870. Vol. XX, 10 146 L. PAOLUCCI, n sta in riposo; quella posteriore è iridescente, trasparente, sotti- lissima, costantemente tesa; e chiude un’ampia cavità biloculare posta entro l'addome, che è la cassa di risonanza e la quale comunica con due ampie stimme laterali. Una complicata serie di muscoli è in stretto rapporto coll’apparecchio descritto, che in ultima analisi si riduce ad un tamburo, la cui pelle tesa viene posta in vibrazione da un muscolo fissato nel suo centro, piuttosto che da una corrente d’aria. Questa almeno è l’opinione recentissimamente emessa da M. C. Carlet. * La cicala fa sentire il suo canto stridulo vibrante, sonoro, prima interrotto e concomitante collo alzarsi e abbassarsi del- l'addome, poi continuato e morente, allorchè l’apparecchio pied e particolarmente le camere d’aria si vuotano. Le altre specie di cicale non rare fra noi hanno ciascuna un accento caratteristico. Quello della cicala del frassino (Cicada Orni) è più basso, debole e interrotto a più lunghi intervalli, in confronto della specie precedente. L°’altro della cicala rossa (Cicada Haematodes) è invece stridulo e quasi continuo, o al- meno una sola volta interrotto. 2. Batraci e Rettili. Ascendendo nell’albero genealogico degli animali e oltrepas- sata la numerosissima classe degl’insetti in mezzo ai quali in- contriamo centinaja di suonatori, potenti ajuti di 2° fila nella grande orchestra del mondo, si entra nella classe dei molluschi, numerosa anch'essa e cosmopolita, ma in cui regna universale il mutismo, dal polpo che fende veloce l’oceano, alle indolenti chiocciole, alle variopinte conchiglie, ai minuti clionidi, a tutti i molluscoidi minori. Tale mutismo riguardo ai molluschi acqua- tici, è conseguenza naturale del mezzo in cui vivono, e perciò identifichiamoli ai pesci. In quanto ai molluschi terrestri la vita loro di relazione è talmente ristretta, da non aver quasi mai 1 M. C. CARLET, Le chant de la cigale. Faculté des Sciences de Grénoble. Zoo- logie. Decembre 1877. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 147 bisogno dei mezzi comunicativi. Gli strumenti fonici adunque, sic- come inutili, mancano. E quasi quale un primo passo fatto verso di essi nella correlazione di sviluppo, esistono talvolta le otoliti in un abbozzo d’apparecchio auditivo, il che varrebbe a dire che siffatti animali, sebbene possano avere la capacità di udire, han- no sempre la incapacità di essere intesi o foneticamente di in- tendersi. Salendo ancora nella serie zoologica, eccoci fra gli animali superiori o vertebrati, ove ne converrà passar sopra a tutta la falange afona dei pesci, per incontrare nei datracì e nei rettili il primo e più semplice rango di vertebrati cantanti, da non confondersi mai cogli insetti, in cui non abbiamo visto se non suonatori d’istrumenti da corda. Il meccanismo in fatto con cui alcuni rettili e batraci emet- tono voci, grida, sibili, soffi, è identico a quello col quale can- tano gli uccelli, gridano i mammiferi e parlano gli uomini. Vale a dire consta sempre dell’apparecchio laringeo, in rapporto col- l’attività dei polmoni che fanno da mantice (rettili), oppure in comunicazione con certi magazzini dell’aria, rappresentati da saccoccie poste sotto o ai lati della testa (anuri), vere tasche aeree funzionanti come quelle che vedremo entro il corpo degli uccelli. Noi ci avviciniamo dunque a quell’ apparato vocale di spe- ciale struttura che permette la modulazione dei suoni. Il tipo formale anzi di questo apparecchio, lo stampo anatomico, per dire così, è lo stesso nei rettili e batraci, come nei mammiferi e negli uccelli. Soltanto nei primi manca la perfezione della struttura, quella appunto che rende gli ultimi capaci della modulazione fonica. L’osservazione rende pienamente persuaso che il soffio delle testuggini, il sibilo di alcuni serpenti, le grida di certi cocco- drilli, assieme al canto delle rane e dei vicini parenti anfibi, sono voci sempre identiche per ciascuna specie; all'animale non è dato se non ripetere quel soffio, quel fischio, quel grido, quella nota. Desso animale è in conseguenza autofono, nè più 148 . PAOLUCCI, nè meno che un insetto, sebbene emetta dei suoni mediante la laringe, cioè non suoni ma canti, come gli animali eterofoni. I rettili e i batraci pertanto, forniti di apparecchio vocale la- ringeo, eppure incapaci alla mutabilità ‘dei suoni nello stesso individuo, starebbero a rappresentare come il passaggio tra gli animali inferiori di necessità anatomica autofoni, e quelli supe- riori per capacità di struttura e d’intelligenza eterofoni. L’appa- recchio vocale di tali vertebrati a temperatura variabile, si sa- rebbe arrestato nello sviluppo. E tale arresto potrebbe essere dependente dal non uso (Darwin) in conseguenza delle ristrette facoltà intellettuali di siffatti animali. In ogni modo i suoni emessi da quei rettili dotati di una qualche voce, sono scarsi, rari, insufficienti, come lo permette proprio la inferiorità di quelle insignificanti creature. Alcune te- stuggini emettono, al dire di Brehm, dei soffi e dei fischi quando siano al massimo grado irritate o tormentate; e lo stesso dicasi dei serpenti, sul sibilo dei quali si sono dette e ripetute tante fiabe. Ma così il soffio delle testuggini, come il fischio degli ofidi, sono prodotti dall’animale in circostanze troppo straordinarie, per voler annetter loro una qualche importanza nel linguaggio degli animali. Più intelligenti sono senza dubbio le grida del co- codrillo; veri muggiti di belva, de’ quali assai bene intende il tremendo significato chi dee talvolta cimentarsi con quel mo- struoso superstite di orride famiglie già spente. Così pure il geco (Hemidactylus verruculatus) allorquando esce di notte fra i mobili della casa a dar la caccia agli insetti, fa sentire delle piccole grida caratteristiche espresse con un chiaro ed acuto cich cich. E fin qui parlando dei rettili, non siamo tornati mai sul lin- guaggio sessuale, di cui si trattò quasi sempre fra gl’insetti. Nessuno, ch'io sappia, dei cheloni, degli ofidi e dei sauri emette alcun grido amoroso così nella lotta sessuale come nell’uso della femmina. Fra i batraci invece, i cantori usano ed abusano degli organi vocali, soltanto nei giorni della missione generativa. E sono 1 soli maschi che cantano, e cantano finchè non abbiano posse- SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 149 duta la femmina, unico tema delle loro canzoni: rispondono in somma fra i vertebrati autofoni, alla cavallette, ai grilli, alle cicale. Chiunque abbia anche per poco abitata qualche città vicina alle acque morte e ai paduli avrà dovuto, se ammirare o dete- stare non so, ma avrà dovuto sentire le musiche insistenti delle raganelle, o le. dichiarazioni sgarbate delle ranocchie, o il me- lanconico e quasi lugubre sibilare dei rospi. A chi vive col cuore appassionato per le delicate aure e per l’aroma delle giovani foglie, il ricordo di tali concerti è soave; e il sentirne già in marzo gli accordi precoci lo rallegra tutto, dacchè siano dessi i forieri della universale risurrezione di cui ogni anno gioisce tutta la natura delle contrade temperate. Ma perchè quelle ti- midi abitatrici dello stagno, torpide e mute durante tutto l’in- verno, addivengono in breve così agili e snelle e canore? L’au- mentato calorico, questo supremo fattore di tutte le forze della vita, agisce sovr’ esse come sulla maggior parte degli animali e delle piante: e le spinge in breve all’apice della loro energia, acciò compiano la più importante missione, cioè la riproduzione degli individui. Durante l’attività sessuale debbono dunque spie- garsi nell’ animale tutte le facoltà che vi sono inerenti. Da qui lo sviluppo degli organi della difesa, il comparire delle sfolgo- ranti vesti da nozze, e le canzoni amorose, tutti mezzi usati nella battaglia sessuale. Efficace spediente nella gara dei maschi pel possesso delle femmine, parmi appunto il canto di molti batraci, che io ritengo per una specie di vero linguaggio amoroso. A confermarci in tale supposto stanno primieramente due fatti, cioè l’uso di tali canti solo all’epoca degli amori, e la mancanza di essi fra le femmine che restano sottoposte all’azione selettiva dei maschi. Inoltre è raro il caso che i batraci cantino soli; ed il concerto mi sembra così un’altra prova dello scopo del canto. In quel concerto avviene fra i maschi un concorso a premi, ed avrà vinto la gara fonetica, quello fra i rivali che avrà cantato nel modo più accetto alla femmina, Io sono venuto a questa conclusione 150 L. PAOLUCCI, per analogia, riflettendo al fatto stesso che avviene come ve- dremo, assai più esplicitamente fra gli uccelli. A pensare che il canto dei batraci sia generalmente un lin- guaggio sessuale, sono stato indotto anche dall’osservare che nel rospo smeraldino (dufo viridis) avviene il fatto stesso indicato per l’acridio verde. Alcuni' maschi talmente vicini da intendersi scambievolmente, emettono alla ora istessa il canto caratteri- stico, che è una specie di fischio ottuso, gorgogliante, sonoro, e la cui espressione musicale potrebbe essere Andante sostenuto ee» pese e i fre —ariemicroeo ans asi ddd ds dd 3 - Ma non avviene quasi mai che due fra i cantori agiscano con- temporaneamente; per lo più comincia uno, quando l’altro fi- nisce; talchè l'accademia è alternatamente sostenuta da succes- sivi a solo. Or mi sembra opportuno avvertire che la nota mu- sicale espressa da tale canto, non è la stessa nei vari individui, ma diversifica talvolta fino di 2 o 3 toni, abbenchè la intensità della voce sia la medesima. Onde la vittoria fra i rospi rivali, non sarà per chi canta più forte, ma per chi canta la nota più gradita. Si capirebbe da ciò come ciascuno abbia interesse di esser piaciuto a solo, pel proprio corista. Lo stesso avviene, abbenchè assai più confusamente, fra le rane comuni (/tana esculenta). Ma qui la nota o l’assieme delle note emesse è in tutti i cantori molto vicino ad un sol tono, onde la gara si fa più forse per la intensità che per quest’ ul- timo. Un maschio difatti, come osserva anche il dott. Brehm,* intona il concerto e tosto insorge il frastuono degli indisciplinati cantanti; vero frastuono per il disaccordo prodotto dalla con- temporaneità d’una nota con altre a lei troppo vicine. Bre&eké grida il maestro concertatore e subito: ! IMustrirtes Thierleben, Vol. V, pag. 428. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 151 Brekeke — brekeke, brekeke — Koah — brekeke, brekeke — brekeke, quarch brekeke — brekeke, brekeke, brekeke — brekeke, brekeke, brekeke, brekeke — Koah koah, tuu — bre- keke tuu — brekeke — brekeke... con quanta forza hanno si affrettano a rispondere i pretendenti vicini. paivaco nelle raganelle (Hyla viridis) la struttura della la- ringe è talmente simile in tutti i maschi, che ognuno, può dirsi, canta la stessa nota e dell’identico timbro. È quello stridulo e alto farac tarac tarac a tutti noto, e che potrebbe scriversi mu- sicalmente così: (CERTE SEE In questo caso per tanto non può più aver luogo la gara col- l'alternarsi di voci, poichè queste perfettamente fra loro somi- gliano; solo sarà meglio sentito chi canterà più forte: vi sarà per questo bisogno della contemporaneità dell’azione. Il cantare delle Raganelle è difatti un gran coro, e talvolta così bene al- l’unisono, da sentire la perfetta contemporaneità di centinaia e più dei garruli farac tarac tarac tarac. È meraviglioso in tali batraci lo scoppio con cui una falange infinita di maschi risponde immediatamente al primo farac, senza permettere la isolata successione di un secondo. Certe speciali circostanze atmosferiche come, ad esempio, l’ u- midità dell’aria, valgono probabilmente a ravvivare in molti anuri gli appetiti della venere, e concorrono così quali eccita- tori del canto. Nelle raganelle inoltre, secondo quanto ho os- servato e che qui appresso riferisco, parmi che valga a promuo- verle al canto qualunque forte suono. Era una placida notte di ‘maggio e tutti tacevano i garruli abitatori di certi stagni che circondano le fortezze di Ancona, allorchè un prolungato squillo intimava anche ai soldati quel dolce silenzio. Ma lo squillo stesso fu come il segnale della prima 152 L. PAOLUCCI, battuta per innumerevoli raganelle che all’istante scoppiarono in un grande coro assordante. Ebbi la sorte di essere anche altra volta testimonio del fatto stesso, e propendo a credere che lo squillo agisse sulle raganelle come eccitatore del canto, forse emulandole nel modo stesso che avrebbe fatto il grido di una loro compagna. Ciò che ho detto qui pel canto dei tre anuri tolti ad esame, vale anche per quello di altri batraci, abitatori specialmente dei paesi tropicali e spesso autori di fragorosi concerti. Così il sapo dei Brasiliani (ZJyla luteola) canta, secondo il principe di Wied, in modo assai somigliante alle nostre raganelle. Viaggiatori e naturalisti degni di fede si accordano nell'attribuire una po- tente voce alla rana muggente (Rana mugiens) del Nord-Ame- rica. Furono distinte le diverse voci di un ceratofride (Cera- tophrys Bojei), del Matlamatlo (Pyaxicephalus adspersus® ), di alcune Hylae®, e di pochi altri batraci. Però le osserva- zioni fatte sovr’essi fin qui sono vaghe ed insufficienti; onde non possiamo trarvi sopra alcuna deduzione in rapporto al tema del nostro lavoro. Concludiamo dunque dicendo che l’autofonismo esiste negli insetti mercè mezzi istrumentali, e nei batraci mercè mezzi vo- cali. E che lo scopo dei suoni in tutti questi animali è ristretto, perciò che può dedursi dalle osservazioni fatte sin qui, alla lotta sessuale. CapiroLo IIIL Meccanismo dei suoni negli animali eterofoni. Abbiamo già distinto col nome di eferofono l’animale capace a emettere voci diverse in diverse circostanze e a molteplice scopo. E dopo avere trattato nel precedente capitolo delle classi zoo- 1 A. E. BreHnmM, IMustrirtes Thierleben. Vol. V. pag. 440. 2 C. DARWIN, L'origine dell Uomo. Pag. 321, SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 1005 logiche comprese nella grande divisione degli animali autofoni, ci restano per esclusione i mammiferi e gli uccelli, i quali tutti sono appunto a considerarsi capaci dell’eterofonismo. Questo dunque parmi il privilegio degli animali superiori, e più esclusivamente dei vertebrati a temperatura costante. Dunque potrebbe asserirsi in tesi generale che la capacità nell’animale a modulare e variare la voce, è in ragione diretta del mag- giore differenziamento degli organi, cioè a dire della maggiore perfezione e del più alto posto nell'albero zoologico. Ma siffatta legge non sembra avverarsi allorchè si considera e si confronta la capacità vocale nei minori gruppi di classi, di generi, di famiglie dei vertebrati a sangue caldo. Però parmi che le difficoltà che si presentano a tutta prima, in gran parte scompaiono, fatte alcune osservazioni biologiche. Tenterò in effetto di addimostrare nel seguito del presente scritto, che gli uccelli hanno il potere della variazione de’suoni, generalmente assai più sviluppato dei mammiferi. Ciò contraddi- rebbe alla legge suddetta, abbenchè dicessi che questa deve ap- plicarsi agli animali su larghissima scala. Ma la ragione princi- pale per cui gli uccelli in genere usano più e più variabilmente dei mammiferi la facoltà della voce, parmi dipenda da una legge di biologia che spessissimo ho intraveduta fra gli animali, la quale chiamerei di sostituzione funzionale, e che si verifica in essi quando ad un dato scopo nella vita di relazione, l’animale compie un atto, sostituendolo ad un atto diverso compiuto allo scopo stesso da un altro animale. O in altre parole quando un animale per insufficenza biologica non potendo eseguire due 0 ‘più atti di relazione con mezzi diversi, li eseguisce con un mezzo solo, che sostituisce tutti gli altri dell'animale più perfetto. L’indole di questo lavoro non mi permette di addurre am- pliamente le prove di quanto asserisco, e che per ora mi ac- contento di avvalorare solo con qualche riflessione generale. Gli atti di sostituzione funzionale si avvereranno tanto più fa- cilmente negli animali, quantò più sarà in questi minore il dif- ferenziamento degli organi, poichè allora appunto accadrà più 154 L. PAOLUCCI, facile il caso che un organo stesso debba eseguire più d’una funzione *, e così un atto medesimo della vita di relazione sia usato a più scopi. Tanto per povertà di organi, quanto per in- feriorità d’intelligenza, dovranno, per esempio, certi animali com- piere due funzioni con un solo organo, o eseguire due atti di re- lazione colla stessa specie di segni, le quali funzioni e i quali atti in altri animali a quelli superiori, si eseguiranno rispettiva- mente con due diversi organi e con due diversi segni. Quegli animali adunque di più bassa organizzazione sostitui- rono un organo o sostituirono un atto, compendiando le attitu- dini loro fisiologiche e biologiche. Il caso stesso avviene negli uccelli confrontati ai mammiferi, in quanto sono capaci all'attuazione dell’eterofonismo. La voce degli uccelli sarà usata sovente per un numero maggiore di scopi che quella dei mammiferi; e ciò appunto dacchè per sif- fatti diversi scopi, al raggiungimento dei quali un uccello usa sempre la voce, sarà dato a un mammifero usare atti diversi da quello della voce istessa. Generalmente parlando può dirsi che i vari scopi biologici, i quali un mammifero raggiunge spessissimo coll’ odorato, colla vista, coll’udito, colla potenza dei suoi muscoli e delle sue difese, colla sua vita per lo più terrestre, sono istessamente raggiunti da un uccello col solo atto del canto. Ed uno dei motivi per cui può esso adoperarlo a scopi molteplici e variabili, può essere l'attitudine sua al volo, che gli rende spesso facilissimo e natu- rale quell’atto della vita, che riuscirebbe al mammifero assai difficile e talvolta anche impossibile. E noi vedremo nei capitoli seguenti in quanti diversi modi può interpretarsi il canto degli uccelli, considerato come una specie di linguaggio animale. Ma quando dicesi che gli uccelli usano più dei mammiferi il linguaggio fonico, perchè sono a questi inferiori nella struttura, devesi considerare la spiegazione del fatto non certamente va- levole come legge applicabile a tutto il regno animale, poichè in tal caso dovrebbero i rettili essere più loquaci e canori degli 1 G. CANESTRINI, Compendio di zoologia e anatomia comparata. Vol. 1, pag. 11, SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 155 uccelli, i batraci più dei rettili e via dicendo. La spiegazione del fatto vale finchè lo permette un grado sufficiente d’ intelligenza negli animali cui esso si applica. Il che si verifica negli uccelli appunto, cui la inferiorità relativa rispetto ai mammiferi, non toglie quella capacità cerebrale per cui gli animali riescono a comunicarsi certe volontà, e manifestare certe loro passioni. In tesi generale dunque dicevamo che la maggiore attitudine alla molteplicità e alla modulazione dei suoni noi la troviamo negli animali superiori. L'uomo, posta per un istante da parte la intelligenza sua immensamente più sviluppata di quella del quadrumane più an- tropomorfo, è l’ essere vivente che assai meglio d’ogni altro riesce ad emettere suoni diversi, in causa principalmente della sua struttura anatomica. È la forma e disposizione delle labbra, della lingua, dei denti, della volta palatina, del velo palatino, dell'ambiente orale, oltre la cavità del naso e della faringe, che lo rendono capace a modificare in modo così delicato e mera- viglioso le articolazioni dei vari linguaggi in esso sviluppati. Colla sola laringe e le sole corde vocali, egli sarebbe stato suscettibile appena della espressione delle vocali: avrebbe avuto cioè del materiale linguaggio fonetico, tanto quanto ne può avere un altro qualunque mammifero. E se anche potessimo immaginare un mammifero dotato della umana intelligenza, a quell’animale mancherebbe sempre la struttura anatomica neces- saria all’ uso della favella. La fisiologia ne istruisce con esatto rigore scientifico della diversa posizione che debbono rispettivamente assumere, la lingua, le labbra, il velo palatino, la faringe, nella emissione delle con- sonanti, secondo che sono queste linguali, dentali, labiali, na- sali, gutturali, e via dicendo. E se certi animali (pappagalli) riescono a pronunciare più o meno esattamente intere parole o frasi, per darci ragione di cotesta loro attitudine, giova ram- mentare in essi la forma speciale della cavità buccale, della la- ringe superiore, e più che altro la muscolosità e ottusità della lingua, non molto diversa da quella dell’uomo, 156 L. PAOLUCCI, In tutti i mammiferi è identico il meccanismo inserviente alla emissione della voce. I polmoni, riempiti di aria fino alle vesci- chette nell’atto inspiratorio, fanno da mantice nella espirazione, spingendo una colonna d’aria, la quale pone in moto vibratorio più o meno rapido le corde vocali, e la laringe, mentre si at- teggia la bocca come un apparecchio di risonanza o campana. Dal numero delle ‘vibrazioni prodotte in un dato tempo dalle corde vocali, dipende la elevazione della nota o voce emessa; dall’ampiezza dell'onda sonora, la sua potenza o forza, e dalla forma delle vibrazioni (esperienze di Helmholtz) il timbro, o come efficacemente dicono i Tedeschi, il colore del tono (Tonfarbde). Ciascuna delle vocali pronunciate rappresenta inoltre secondo gli studi di Helmholtz, un timbro o colore diverso. Laonde pro- nunciando o cantando a e è 0 «, vale come se la nota mede- sima fosse prodotta da un flauto, da un violino, da un oboe, da una tromba, da un clarinetto. L'apparecchio vocale dunque di un mammifero è un istrumento musicale così complicato, come ancora non ve ne sia uno più complesso inventato dall'uomo. Esso rappresenta un'orchestra tanto più numerosa, quanto più è grande il numero delle vo- cali che l’animale riesce ad emettere, dacchè sebbene siano 5 considerate come capitali, fondamentali, tipiche, pure il loro numero, avvertite le minori degradazioni, è assai più grande. Volli così toccare della capacità meravigliosa: dell'apparecchio vocale nei mammiferi, onde potermi servire del paragone di esso col meccanismo fonetico degli uccelli. In queste gentili e vivaci creature, meravigliosamente privile- giate dalla estetica naturale, spesso primogenite figlie della bel- lezza e del canto, fra cui è rarissimo caso eccezionale il mu- tismo, ha rivelato il coltello anatomico uno stupendo apparato istrumentale, nell'azione del quale s'impegna talvolta il corpo intiero dell’ appassionato cantante. Talchè la voce sua può so- vente rivelarci un’assai complicata armonia, sottomessa e ubbi- diente agl’istantanei capricci del compositore, che rapido passa dal più flebile adagio della sinfonia all’allegro della danza, dal- SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 157 l’agile trillo alla nota lunga insistente, dalla rauca strappata dal violino, al molle solfeggio del flauto. L’ apparecchio vocale degli uccelli fa parte, come nei mam- miferi, di quello respiratorio, e consta esso pure in essenza di una laringe costituita di pezzi cartilaginei mobilmente articolati fra loro. Siffatta laringe però non è posta, come nei mammiferi, all’ e- stremità superiore della trachea, ove generalmente esiste una semplice fessura longitudinale senza epiglottide, che potrà in- fluire appena sulla potenza vocale. Cosicchè negli uccelli la ca- vità della bocca non può più, per il mutato rapporto anato- mico, funzionare come l’apparecchio della risonanza o campana, e resta difatti anche socchiusa mentre l’animale canta. L’or- gano della fonazione è situato presso la biforcazione dei bronchi nell'ultimo anello tracheale, e perciò alla estremità polmonare della trachea, che serve a sua volta di ambiente armonico alle vibrazioni sonore, come la: bocca serve all’ uomo e ai più per- fetti animali. Ma onde la trachea negli uccelli possa servire di campana alla voce, fa duopo che essa agisca come modificatrice della voce stessa, stringendosi, dilatandosi ed accorciandosi a seconda del timbro della nota emessa, cioè a dire secondo la vocale o istru- mento espresso in quella data nota. M. Girardi con uno spirito d’osservazione assai esatto ha rico- nosciuto fino dal 1784! quanto confermarono tutti gli anatomici moderni, cioè l’esistenza di 2 o 4 muscoli fissi sulla trachea, i quali avvicinandola ai bronchi o da questi allontanandola, influiscono potentemente sulla intensità dei suoni. La trachea degli uccelli debbesi dunque ritenere come un po- tente modificatore dei suoni emessi dalla laringe. Questa, come abbiamo già detto, risulta da una dilatazione dell'ultimo anello cartilagineo inferiore della trachea. La sua @ struttura è varia e più o meno complicata nelle diverse famiglie 1 M. GIRARDI, Saggio di osservazioni anatomiche intorno agli organi di respira- zione degli uccelli. Mem. di Verona. Vol. II, parte 2, pag. 732. 158 ì. PAOLUCCI, di uccelli, in ragione della loro capacità. fonetica. Ecco quanto ne dice in modo succinto, ma sufficiente per noi, il prof. Cane- strini:! “ Nella linea di divisione della trachea nei due bronchi esiste una lamina ossea che si prolunga in basso anteriormente e posteriormente e che tiene distesa una membrana, la quale dalla lamina ossea suddetta sporge in dentro e chiamasi mem- brana timpaniforme interna (membrana tympamiformis interna). Tra l’ultimo anello tracheale e il primo bronchiale esiste una seconda membrana, la quale, quando gli anelli si accostano, si piega ed è spinta verso l'interno, incontro alla timpaniforme in- terna; la seconda descritta è la membrana timpaniforme esterna. A queste due membrane che funzionano da corde vocali, se ne aggiunge una terza negli uccelli cantatori, che parte dalla la- mina ossea, essendo un prolungamento della timpaniforme in- terna, e chiamasi membrana semilunare (membrana semilunaris). La porzione inferiore della trachea è talvolta allungata in una specie di cassa, che serve di apparato risonante. Vi sono infine dei muscoli per rendere quelle membrane più o meno tese. , Egli distingue inoltre tre tipi di laringe inferiore, secondo che: 1.° La laringe è formata dalla sola trachea, senza il concorso dei bronchi, e mossa da 1-3 paja di muscoli posti lateralmente ; 2.° La laringe è formata dalla trachea e dai bronchi, e munita di 1-3 paja di muscoli laterali; 3.° La laringe è formata dalla trachea e dai bronchi e munita di muscoli posti davanti e di dietro in numero di 2-5 paja. Cosicchè gli uccelli riguardo alla diversa struttura della laringe inferiore, potrebbero dividersi in tracheofoni, gridatori, cantori. Io ritengo tuttavia, che apprezzata quanto vuolsi l’attività e l’importanza della laringe inferiore nella emissione della voce fra gli uccelli, debbasi pure tener conto de- gli altri organi che concorrono a modificarla, quali sono la tra- chea già da noi ricordata, e le tasche aeree, di cui eccoci a par- lare brevemente. Gli uccelli, generalmente parlando, sono senza dubbio supe- riori ai mammiferi in molte attività della vita, come nella rapi- 1 G. CANESTRINI. Op. cit. Vol. I, pag. 159 e seg. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI] ECC. 159 dità dei loro movimenti, pieni di gioconda impetuosità e di leg- gerezza, in alcuni loro sensi squisiti, nella energia perfino delle loro passioni, confermataci dallo straordinario furore con cui lottano, gioiscono, amano. E siffatta effervescenza vitale è in rap- porto colla rapida ossidazione dei loro tessuti, giacchè la tempe- ratura media del corpo degli uccelli si ritiene di oltre 5° supe- riore a quella dell’uomo.* Tutti questi fenomeni si spiegano colla esagerata attività pol- monare, la quale può avvenire appunto negli uccelli, perchè l’al- bero polmonare non termina più come nei mammiferi, in tante vescichette chiuse, ma assume l’aspetto di rete labirintiforme, in comunicazione con ampi serbatoi dell’aria, i quali ne permet- tono l’arrivo perfino entro le ossa e le piume. Tali serbatoi o tasche aeree vollero certi osservatori paragonare alle vescichette polmonari dei mammiferi, mentre altri, come scrisse il dott. Pà. C. Sappey in un’accuratissima monografia, ? le ritengono organi proprii, analoghi alla speciale struttura dei vertebrati che ne ab- bisognano. Il suddetto anatomista * ne enumera 9, che sono: 1.° Il serbatoio toracico, situato nella parte anteriore del torace. 2.° I due serbatoi cervicali situati alla base del collo. 3.° I due serbatoi diaframmatici anteriori, posti fra i due diaframmi. 4.°Idue serbatoi diaframmatici posteriori, situati pure fra i due diaframmi, dietro ai precedenti. i D.° I due serbatoi addominali, addossati alla faccia inferiore della addominale parete. Di ‘questi 9 sacchi aerei, il primo è impari, tutti gli altri sono pari e simmetrici. In quanto al loro rapporto anatomico col i E. MENAULT, L’intelligence des animaua. Paris, 1872. ? Pu. C. SapPEY, Recherches snr Vappareil respiratoire des oiseau. Paris, 1847. _.3 Op. cit. pag. 28 e seg. Tav. IIL e IV. 4 Pu. C. SAPPEY, Op. cit., pag. 21, distingue il diaframma polmonare inserviente alla dilatazione dei polmoni, e il diaframma toracico-addominale che interseca la ca- vità del tronco. 160 L. PAOBUCCI, polmone, giova ricordare che il serbatoio toracico e i due cer- vicali stanno avanti a quest’organo; quelli addominali dietro e quelli diaframmatici sotto. Per cui possono tutti quanti dividersi in anteriori, posteriori e medi. | Fra gli usi importanti cui sono destinate queste saccoccie aeri- fere, oltre alla grande loro influenza sul peso del corpo, sull’e- quilibrio dell’animale, sul meccanismo dello sforzo, serve a’ no- stri studii il conoscere che desse agiscono potentemente anche sul canto. Come spiegare infatti la sorprendente forza del canto in certi uccelletti di piccola o piccolissima mole, quali l’ usi- gnuolo, il pettirosso, il canarino, il luì, colla semplice capienza aerea dei polmoni, relativamente assai piccola, senza il soccorso di mantici ampi e robusti? Ora gli esperimenti del dott. Sappey provano che i serbatoi aerei medii sono i soli che spingono l’aria verso la laringe nell’atto della espirazione, mentre i serbatoi an- teriori e posteriori sì riempiono d’aria allorchè l’ uccello canta, servendo così a indebolire la potenza della voce, piuttosto che ad accrescerla. L’arte adunque della modulazione della voce, di cui i- riamo la perfezione in tanti cantori dei nostri boschi viene, a parer mio, plausibilmente spiegata dal meccanismo delle tasche aeree anteriori e posteriori, il quale agisce in contrapposto delle tasche mediane. - I polmoni negli uccelli sono come il naturale mantice dell’ or- gano, mentre i serbatoi aerei diaframmatici rappresentano il pe-. dale di rinforzo, e gli altri quello dell’indebolimento fonico. Ricorderò infine come certi uccelli che emettono alcuni suoni speciali durante l’epoca degli amori, vadano anche muniti di speciali cavità risonanti poste ai lati della testa e del collo, le quali si gonfiano mentre vibra la trachea inferiore. Così al Tetraone delle Praterie (Cupidonia Americana) si svi- luppano durante l'epoca degli amori due vesciche di colore giallo- arancio ai lati del collo, con cui esso produce uno speciale ru- more, simile al suono del tamburo.! E le esperienze di Audubon 1 A. E. BrREHM, Op. cit. Vol. IV, pag. 352. SUNTO DEI REGOLAMENTI DELLA SOCIETA, Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso degli studî relativi alle scienze naturali. | | I Socj sono in numero illimitato, effettivi e corrispondenti. I Socj effettivi pagano it. L. 20 all’anno, in una sola volta, nel primo tri- mestre dell’anno. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno quelli dimoranti nel Regno d’Italia), vi presentano le loro Memorie e Comunica- zioni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. A Socj corrispondenti si eleggono persone distinte nello scienze naturali, le quali dimorino fuori d’Italia. — Possono diventare soc) effettivi, quando si assoggettino alla tassa annua di lire venti. — Non sono invitati partico- larmente alle sedute della Società, ma possono assistervi e presentarvi o farvi leggere delle Memorie o delle Comunicazioni. — Ricevono gratuita- mente gli Atti della Società. i La proposizione per l'ammissione d’ un nuovo socio deve essere fatta e firmata da tre socj effettivi. I Socj effettivi che non mandano la loro rinuncia almeno tre mesi prima della fine dell’anno sociale (che termina col 81 dicembre) continuano ad es- sere tenuti per socj; se sono in ritardo nel pagamento della quota di un anno, e, invitati, non lo compiono nel primo trimestre dell’anno successivo, cessano di fatto di appartenere alla Società, salvo a questa il far valere i suoi diritti per le quote non ancora pagate. Le Comunicazioni, presentate nelle adunanze, possono essere stampate negli Atti o nelle Memorie della Società, per estratto o per esteso, secondo la loro estensione ed importanza. La cura delle pubblicazioni spetta alla Presidenza. Agli Atti ed alle Memorie non si ponno unire tavole se non sono del formato degli Atti o delle Memorie stesse. Tutti i Socj possono approfittare dei libri della biblioteca sociale, pur- chè li domandino a qualcuno dei membri della Presidenza, rilasciandone regolare ricevuta. , 3 [hi A ts È ES i vw 9 x AFRO w nta fe vs rà v ab a > S > 3, 4 e di Da oa e 1473 ica 7 SIAMO” da sl * dl E PISCINE Lui 108 ALA init CASSE hu Pb Es i Si; * TESA bos e & CE de ITACEN IO CROTONE Ù siti aL Mago ton ida SAISERAE ica we CEE Pec «LI 05 n.fode ETOd È cioe E LAInita civu SORA , OGM LIS: SA fi ofsgri Mat i alto) 6g19a e ola ST Me ICONOLUO Apart ni prob MOLLI pe So ook 01 ansi Avon da uibsì ri î oo loto KISY Pale slo SIrodie tin por 1 UN su DIGA Los osuizi BENE TOE La 86 MISI E, 1 (33509 908 ve pr Gate) x4I) onoso - sf = Sint i e —_——tme«A-SSnRNM©© 14. Emberiza cirlus L. (Zigolo It.). Sinonimia onomat. — Zizì (Piem.). Sia (Mil.). Zivola (Roma). Zigola (Ancona). Zita (Macerata). Zinzicula to .). Zinzia (Sard.). Espressione sillabica : zi zi (Brehm). Espressione musicale: ac ac SIE Allegro È È E == peessssesa = 15. Emberiza cia. L. (Zigolo mucciatto It.). Sinonimia onomat. — Zia, sia, (Lomb.). SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 179 Espressione sillabica: ziiie Ziile (Nob.). Espressione musicale : as e er Sa e ar WERE Tee === dI e #00 a 16. Fringilla Coelebs L. (Fringuello It.). Sinonim. onomat. — Schinsoun (Piem.). Quinquin (Susa). Pincione, Spincione (Roma). Pinzuni, Spinzuni (Sic.). Spunzun (Malta). Espressione sillabica: finch finch (Brehm). Espressione musicale: Allegro vivo 2. 2. = cl I es gi peg e a e SI Lo SEE TRANI IR METE N (fee sera Gs seria int — PIRA dai _——-—__——€6€& E EEE 2: e e eee 17. Oriolus galbula L. (Rigogolo It.). Sinoninia onomat. — Ouriéul, ouriéu (Piem.). Rigogolo (Fior.). Gràvolo (Roma). Graulo (Ancona). Gajulu (Sin.). Espressione sillabica: di — tleò, gidadi — tléò (Naumann). Espressione musicale: feta 18. Chrysomitris spinus Boîe (Lucarino It.). Sinonimia onomat. — Lugarin, Tarin (Piem.). Legorin, Lugarì (Lomb.). Ogarì (Ancona). 180 i L. PAOLUCCI, Espressione sillabica : luglî luglî (Nob.). Espressione musicale : ga LIL PILLS 4 LI SIIT PLL VS PP N N N SRI bibi a co x 0: — i nagiatnn ae = ie Da: — re Sa ma ts i 19. Aegialites curonicus X. et BI. (Corriere piccolo It.). Sinonimia onomat. — Cirrivi (Messina). Ciurlì (Ancona) Espressione sillabica : hididì (Brehm). Espressione musicale : garrese rosanero Sar 20. Totanus fuscus BeXs. (Chiò-chiò It.). Sinonimia onomat. — Chiò-chiò (Pisa). Ciuvet (Malta). Espressione sillabica : chiù chiù. Espressione musicale: ea DI 6, =." [G=i= == dad Sdi | REVO Te II = Anche gli uccelli gridanti emettono talvolta dei suoni che fu- rono scelti dall’ uomo per la creazione di epiteti onomatopeici. Allora anzi con maggiore similitudine di quello che nel caso di uccelli fischianti, poichè la voce dei primi può venire con assai facilità e fedeltà imitata mercò l’ apparecchio vocale umano. | SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 181 Valga per tutti l'esempio del Corvo Imperiale (Corvus Cora), che in alcuni dialetti d’Italia si dice: corv, crov, crova, crobu, in francese corbeau, in tedesco Rabe, mentre la frase consueta del richiamo di tale uccello si esprime assai bene colle aspre sillabe kork, kork oppure rabb rabb (Brehm), delle quali componesi il noto cicaleccio che fanno i corvi all’ epoca degli amori. Cicaleccio che valse alla strana fantasia di Dupont de Nemours d’argomento per creare il suo Dictionnaire des corbeaux, lavoro che gli è co- stato, egli dice: deux Rivers, et grand froid aua pieds ct aux mains.* Specialmente per la traduzione musicale della voce che in molti uccelli ha creato l’onomatopeia, mi fu forza ricorrere a spe- cie indigene, il cui canto mi fosse noto esattamente. Però limi- tando le ricerche alla sola espressione sillabica, noi troveremmo una serie assai lunga di uccelli esotici, il cui nome ricorda, non saprei dire quanto esattamente, ma ricorda una peculiare forma del loro linguaggio fonetico. Per citarne alcuni rammenterò il bien teveo (Saurophagus sulphuratus) di Malndonado, il Teru-tero (Vanellus Cayanus), il Guid-guid (Pteroptochus Tarn), le Arare, i Cacatua, i Ciaia del Brasile (Chauna chavaria), ecc. Riassumendo quello che abbiamo detto fin «qui riguardo al canto degli uccelli considerato nel suo valore fonico, cioè in quanto rappresenta de’ suoni, concluderemo dicendo che esso dif- ferisce essenzialmente da quello degli animali inferiori (insetti), dacchè sia sempre suscettibile di essere modificato a volontà dei cantori; che perciò viene prodotto da un apparecchio pneumatico, le cui parti essenziali sono il condotto tracheale mobile, la la- ringe inferiore e le tasche aeree; che per quanto molteplice e va- riabile, concorrono sempre a formarlo ed esprimerne le sfumature anche più delicate, pochi suoni o timbri fondamentali fra cui ab- biamo distinto il lene, l’acuto, aspro, il trillante; che la musica in fine, mediante speciali convenzioni, varrebbe il più delle volte ad esprimerlo assai meglio delle combinazioni sillabiche. ' DupoNT DE NEMOURS. Quelgques memotres, ecc. 182 L. PAOLUCCI, Il compito che ora ci resta, senza dubbio assai più arduo del primo, è quello di rintracciare le finalità biologiche di siffatte at- titudini canore, di cui abbiamo vista condotta in maniera così perfetta la struttura materiale, l’ entità fisiologica. PARTE SECONDA ESPRESSIONE PSICHICA DELLE VOCI DEGLI UCCELLI CapitoLo I. Intelligenza degli uccelli in rapporto al valore comunicativo del loro canto. Quanto sia facile creare talvolta la scienza, ove riesce difficile l'osservazione, e quasi impossibile l’ esperimento, ce lo dicono an- che troppo coloro che pretendono speculare colla fantasia, in- nalzando a dogma indiscutibile un supposto superiore al severo controllo e allo scrutinio dei fatti. E adatto a tale facilità di speculazione scientifica potrebbe sembrare l’arduo tema di psicologia zoologica che io sto per trat- tare, a chi superficialmente lo considerasse o in base a quanto ne asserì, gratuitamente davvero, qualche visionario intelletto. Grandissimo numero di scrittori, naturalisti o no, si occupa- rono fino dai tempi remoti della intelligenza degli animali, e spesso toccarono anche il tema della voce e dei mezzi comunica- tivi fra essi. E disparatissime furono le loro opinioni, da chi esa- gerò le attribuzioni intellettive degli animali che si vollero quasi come l’uomo pensanti e ragionanti, fino a chi cadde nella esa- gerazione opposta, facendo degli animali, anche i più perfetti, semplici automi materiali, di cui tutte le manifestazioni vitali non fossero che il risultato diretto dell’azione della natura esterna sui loro sensi. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 183 Così il Dupont de Nemours * che ha voluto interpretare a modo suo sulla espressione intellettiva del canto fra gli uccelli, ci ha dato fra le tante altre bizzarrie e il dizionario de’ suoi corvi, la traduzione in versi francesi della canzone amorosa dell’ usi- gnuolo. Eccola: Dors, dors, dors, dors, dors; dors, ma douce amie, Amie, Amie, Si belle et si cherie! Dors en aimant, Dors en couvant, Ma belle amie, Nos jolis enfants; Nos jolis jolis jolis jolis jolis Petits enfants dt. (pausa) Mon amie Ma belle amie, À l'amour, A l amour ils doivent la vie, À tes soins ils devront le jour. Dors dors dors dors dors dors ma douce amie, Après de toi veille l’amour, L’amour, Après de toi veille 1’ amour. Questa si chiama davvero poesia fatta eco di certe antiche fi- losofie sulla natura degli animali e della loro anima, ove mili- tarono già tutti gli Scettici. Platone e Pitagora accordavano agli animali un'anima ragionevole. Aristotile ? trovava in essi perfino la scintilla del genio. Plutarco ° ammetteva la ragione negli animali come fattrice delle loro industrie; e Seneca (Epist. CXXI) riconosceva la capacità per queste ultime come scienza infusa. Agli antichi di siffatta scuola eminentemente spiritualista, si i DuPont DE NEMOURS, Op. Cit. 2 ARISTOTELES, Hist. Anîmalium. Lib. VIII, Cap. I ? PLUTARCHUS, IHepi Toù TU dioyx )olw ypiisdut. 184 L. PAOLUCCI, associarono alcuni moderni, fra cui ricorderemo il Montaigne * il quale, ammettendo il linguaggio fra gli animali, conclude che essi possano qualificarci per bestie, come bestie li stimiamo noi, per la semplice ragione che non abbiamo, bestie ed uomini, il potere d’intenderci. Anche E. Menault*® in una pregiata raccolta di fatti desunti dalla storia dei costumi degli animali, per dimostrare l'alto grado delle loro potenze psichiche, in un trasporto di quella poesia che armonizza più o meno il libro da capo a fondo, ci traduce il linguaggio dell’amoroso uccelletto che ne ripeterebbe da mat- tina a sera: mais aimez-vous, armez-vous, aimez-vous donc. Il faut vous aimer, toujours vous aimer, rien que vous aimer ! Di contro a tali opinioni sulla intelligenza degli animali, stanno le altre che non ammetterebbero fra questi proprio nulla di quanto distingue intellettualmente l’uomo. Galeno niega a tutti gli animali la possibilità di compiere col- l'intelligenza qualunque atto della vita. Descartes pretende di- mostrare che tutti gli atti degli animali possono spiegarsi colle semplici leggi del meccanismo, come conseguenze necessarie degli agenti esteriori influenti sovra essi. E Buffon, s’ accorda presso a poco colle idee di quest’ ultimo, abbenchè ammettesse di più fra gli animali una vita capace della percezione del piacere e del dolore. E Reimar,° che ha trattato della intelligenza degli animali dietro un ricco corredo di osservazioni scientifiche e pratiche, giunge fino a trovare quasi sempre analogia fra gli atti psichici dell’uomo e quelli degli animali, cui concederebbe anche una specie di libera scelta. Ma Reimar oppugna qualunque 2denzità di natura fra la vita intellettiva degli animali e dell’uomo. Del resto ai pochi citati come sostenitori dell'una teoria e dell'altra, se ne potrebbero aggiungere moltissimi altri che per brevità ommettiamo. 1 MONTAIGNE, Essais. 2 G. MENAULT, L’intelligence des animaua. Paris, 1872, Vol. unico. Pag. 97. 3 E. REIMAR, Observations physiques et morales sur Vistinet des animaua. Vol. 2. Amsterdam, 1770. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC, 185 In mezzo a queste due filosofie, la prima che fa degli animali altrettanti uomini, la seconda tanti automi, sorse fino da molti secoli l’opinione che la differenza fra le facoltà intellettuali del- l’uomo e degli animali, non fosse nella natura del potere in- tellettivo, sibbene nel grado, nella quantità sua. Il vescovo Ne- mesius; che scriveva nel IV secolo dell’ Éra nostra, additava quanto dovevano più tardi dimostrare i razionalisti. Esso di- ceva: “ Sembra che il Creatore abbia impercettibilmente legati » fra loro gli oggetti di diversa natura, onde mercè questo » legame essi non formassero se non un tutto. , E più in- nanzi: “... e volendo passare dagli animali irragionevoli al- » l’animale ragionevole che è l’uomo, non lo fece che per gra- » dazione, dotando più o meno gli altri animali di certe luci naturali, acciò questi per approssimazione potessero elevarsi fino alle creature ragionevoli. , La maggior parte dei naturalisti moderni, compresi tutti 1 seguaci del darwinismo, di cui fu posta da Lamarck la prima grande pietra, concordano nel concetto della gradazione, fra la intelligenza animale e l’intelligenza umana. A. De Quatrefages, abbenchè si mostri titubante nel ritenere la specie fissa o sotto il dominio della evoluzione, si esprime con mirabile chiarezza dicendo: “ L’animal a sa part d’intelligence; ses facultés fondamen- tales, pour étre moins développées que chez nous, n’en sont pas moins les mémes au fond. L’animal sent, veut, se sou- vient, raisonne, et l’exactitude, la sùreté de ses Jugements, ont par fois quelque chose de merveilleux, en mème temps que les erreurs qu’on lui voit commettre démontrent que ces jugements ne sont pas le résultat d’une force aveugle et fa- gi talesiy T. Vignoli, in un accurato lavoro di psicologia comparata, è venuto testè alle conclusioni stesse del Quatrefages. Anzi il Vi- gnoli* si spinge anche più innanzi di tutti quelli che hanno la b)) ” 1 A, DE-QUATREFAGES, Unité de VEspèce humaine. Paris, 1861, pag. 19. 2 T. VignoLI, Della legge fondamentale dell’ intelligenza mel regno animale, Vol. XI della Bibl. scient. internaz. di Dumolard, Milano, 1877. 186 L. PAOLUCCI, sua stessa opinione sulla natura della intelligenza animale, cer- cando di addimostrare che l’istinto si eredita come un’abitudine che scatttrì in origine dalla intelligenza. Precisamente come disse assai tempo prima Condillac: “ L’istinto non è che l’abitudine privata della riflessione.’ ,, Secondo dunque la opinione dei moderni evoluzionisti la na- tura e le cause della intelligenza fra gli animali, sono identiche alla natura e alle cause dell’ intelligenza dell’uomo. La differenza, per quanto grande, incalcolabile, è solo di grado. Gli animali spiegano i poteri del cervello, fin dove lo permette la minore o maggiore perfezione di questo. Ora per ciò che riguarda l’argomento di cui trattiamo, noi ci accordiamo perfettamente con essi. Il canto degli uccelli è una forma rudimentale di linguaggio: ecco quello di cui tenteremo addurre le prove nel seguito di questo lavoro, dopo «averne fin qui anatomizzato la costituzione fonica materiale. E come lin- guaggio esso è fra gli uccelli un espediente potentissimo nella lotta naturale che mira alla conservazione dell'individuo, e nella lotta sessuale che opera incessantemente al miglioramento pro- gressivo della specie, la quale perciò deve continuamente assu- mere caratteri nuovi, perdendo pel non uso quelli fatti inutili; cioè, in una parola, tramutarsi. Abbenchè inferiori per organizzazione ai mammiferi, è certo che gli uccelli spiegano talvolta durante tutta la vita, una gran- dissima attività così nelle funzioni vegetative, come negli atti di relazione; e per certi riguardi sono perciò superiori a tutti i vertebrati a sangue caldo. L’agitazione della loro esistenza sfi- derebbe talvolta quella delle farfalle e delle efemere. La tempe- ratura stessa del loro corpo, superiore di quasi 5° a quella del- l’uomo, li mantiene spesso in una iperestesia quasi febbrile, e li rende robusti a sfidare le più ardue fatiche. Fra essi è scono- sciuto il letargo. Brevissima hanno la infanzia e la vecchiaja, in confronto della giovinezza e della virilità, spesso assai lunghe. ® CONDILLAC, Traité des Animanx. Cap. V, parte 2. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. me 1.7 Poche ore passa la maggior parte di essi nel sonno. Ed io vidi che vale allora il più sottile rumore a destarli. Tutti conoscono l’at- titudine al volo dei laridi, delle procellarie, della famiglia delle rondini, che fino dai tempi di Spallanzani si sapeva emigrassero in breve tempo al Senegal. Si ritiene che i rondoni comuni (Cyp- selus apus) possono passare intere notti estive sulle alte regioni dell’aria," ed io stesso, certo di non essermi ingannato, ne ho sentite le grida passeggiando in una placida notte estiva lungo la spiaggia d’ Ancona. In quanto ai fenomeni intellettuali fra gli uccelli, sono innu- merevoli i fatti citati da quanti li studiarono davvicino, e che li porrebbero al livello stesso dei mammiferi. Chi non conosce la memoria della pica, la furberia del corvo e dei passeri, la circo- spezione dello stornello, la tenerezza amorosa dei colombi? Chi non ha letto le commoventi storie del famoso Zako (Psittacus erythacus) che lasciavasi morire di dolore per la perdita del pa- drone Kleinmayrn?* E di quell'altro che sostituiva parole te- desche alle olandesi, quando queste in qualche frase manca- vangli?° E di quell’altro infine posseduto da Wood che erasi fatto allevatore, protettore dei poveri uccelletti abbandonati, e andava superbo di recarsi sulle spalle gli amati pupilli?* Pieni d’interesse sono i racconti lasciatici da Schinz e dal natu- ralista Cornely de Saint Gerlach * sulla intelligenza e le buone doti del Gracchio alpigino (Fregilus graculus). Un giorno mentre io stava rubando a una coppia di allodole (Galerida cristata) i piccini ancor dentro il nido, arrivò la tenera madre colla im- beccata, spinta dall’immenso amor pei figli, obliò tosto la tema di accostarmisi, e avvedutasi dell’atto crudele, cadde vinta dal dolore in preda a un forte eccesso convulsivo fra le strida più desolanti. i Vedi T. SALVADORI, Ornitologia italiana. Milano, 1872, pag. 50. 2 A. E. BREHM, Op. cit. Vol. III; pag. 54. ° A, E. BrEHM, Op. cit. 4 A, E. BREHM, Op. cit. S A, E. BREEHW, Op. cit. Vol. III, pag. 561 è seg. 188 I. PAOLUCCI, I pochi esempi accennati basteranno per farci conoscere che la natura non fu certo matrigna nel largire fra gli uccelli le attitudini fisiche e le capacità morali. Riconosciuto dunque l’alto grado di loro intelligenza e la sensibilità squisita con cui pi- gliano parte ai più nobili affetti della vita, vorremmo poi degra- darli quando si tratterà d’interpretarne la più ammiranda ca- ratteristica che è il canto? Diremo noi col Flourens® che “ le » loro voci (degli animali in generale), le loro grida, i loro ac- » centi non sono se non l’espressione forzata e non voluta dei » sentimenti? che la loro voce può risvegliare un'idea, senza » essere il prodotto d’una idea? che le loro grida non sono » Segm convenuti? ,, Io non credo che le osservazioni che ho accumulate da vari anni siano sufficienti a dimostrare tutta l’importanza intellet- tuale che ha la voce fra gli uccelli. Troppo inesplorato è il tema che tratto, e troppo facilmente si è condotti in errore dalla difficoltà e dalla fugacità delle osservazioni. E perciò non. presumo di avere incontrata la» verità sempre. Tuttavia a me basterebbe di poter fare persuaso chi avrà la pazienza di leggermi, che gli uccelli, dotati assai piu d’ogni altra classe zoologica di segni comunicativi fonici, possono e sanno usarli a loro prò in un grandissimo numero di casi; che siffatti segni della voce sono l’espressione voluta e non forzata dei sentimenti, e che fra essi sussiste più spesso una reale con- venzione. Facendo l’esame fisiologico degli elementi fonetici da cui sca- turiscono tutte le voci e tutti i canti degli uccelli, abbiamo visto come con pochi semplici timbri sonori, si. compongono, fatte poche eccezioni, gli accenti di tutti gli uccelli conosciuti, dal meno loquace al più canoro. E ciascuna specie ha d’altronde nel canto proprio qualche maniera caratteristica che varrebbe da sè, senza alcun distintivo zoologico, a determinarla. Perchè, ciò non sia posto in dubbio, basta averne interrogati i cacciatori di lunga pratica. ! FLOURENS, De l’instinct et de l'intelligence des animaua. Paris. Trois. édit. 1851 pag. 64 e seg. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 189 ‘Ora io non comprenderei tanta dovizia e molteplicità di espres- sione fonica in faccia a tanta povertà di elementi formativi, senza l’idea che lo sviluppo delle infinite modalità della voce fra gli uccelli sia conseguente ad un qualsiasi potere psichico. Il che non è ammesso da coloro che ritengono col Flourens la espressione della voce degli animali una cosa forzata e non voluta. Di più, per escludere qualunque espressione intellettuale sul canto degli uccelli, bisognerebbe ammettere che questo fosse in ogni sua forma posseduto istintivamente dall’animale, sia pure nel principio in maniera latente, fino dalla nascità. Ma noi ve- dremo fra poco come il canto degli uccelli, meno le poche voci del nido che pajono realmente istintive, sia un potere che il figlio apprende a seconda della istruzione a lui data dal padre e dalla madre, o anche da un’altra specie ornitologica. E riguardo, infine, al pretendere anche la mancanza di con- venzionalismo fra l’animale che emette una voce e altro animale che lo ascolta, vedremo quante volte gli uccelli, mercè i segni della voce, si avvisano, si amano, si sfidano, si radunano, si motteggiano. Con un sibilo acuto, per addurre fin da ora qualche esempio, zittiscono i fringuelli nel roccolo, s'immobilizzano i tordi sul ramo, volano molte silvie precipitandosi nella più folta e vicina bosca- glia. Ciò significa assai chiaro che quel sibilo fu per essi l’an- nuncio della presenza del nemico, d’un animale rapace. Gorgheg- giano in modo strano i pettirossi, le allodole, i passeri, quando s'impegnano in lotta fra loro. Gridano gli stornelli, i verzellini, i passeri, i calderugi, i fanelli, i corvi e tanti altri quando s’in- vitano reciprocamente a convegno. Schiamazzano le cingallegre attorno alle ridicole pose della civetta sonnolenta. E in ogni angolo si può dire della terra, echeggiano gli appassionati ac- centi con cui i maschi di tutti gli uccelli cantori fanno a gara pel possesso delle femmine o esprimono a queste le compiacenze amorose, 190 L. PAOLUCCI, CAPITOLO II Diversità del canto fra gli uccelli secondo l'età e W sesso. Nei capitoli precedenti noi abbiamo studiato le voci prodotte dagli uccelli in quanto esse costituiscono un fatto materiale per- cepito dai sensi nostri, e per ciò che vale acusticamente. Ab- biamo studiato, in una parola, l'anatomia della fonetica animale, più particolarmente contemplata fra gli uccelli. Ora dobbiamo entrare nell’arduo problema che ne riguarda lo scopo, il perchè, la funzione in quanto si possa considerare come un mezzo della vita di relazione, come l’espediente che pone gli uccelli in rap- porto intellettivo fra loro; dobbiamo farne cioè la psicologia, dacchè esiste in un atto biologico l’intenzione psichica, nel modo stesso che esiste in una forma organica viva, l’attività fisio- logica. * Il prof. G. Dwight Whitney in un dotto lavoro sulla scienza del linguaggio ® dice: “ La differenza essenziale che distingue » Così per natura come per grado i mezzi di comunicazione del- » l’uomo da quelli degli animali è che, mentre questi ultimi sono » istintivi, quelli sono in tutto e per tutto arbitrarî, e con- » venzionali. , E più innanzi aggiunge: “ Nessun animale che » Sî sappia ha alcuna espressione che esso impari, cioè che non » Sia il dono diretto della natura a lui. , Quest’unico asserto quando fosse dimostrato vero, distrugge- rebbe senz'altro qualunque pretesa idea di finalità psichica nel canto degli uccelli, e tutti gli studi già fatti e da farsi sovra 1 Sulla espressione psichica comparata dei diversi atti animali veggasi la recente opera del sig. T. VIGNOLI: Della legge fondamentale dell’ intelligenza nel regno ani» male. Bibl. scient. internaz. Vol. XI. Milano, 1877. ? G. D. WaITNEY, La vita e lo sviluppo del linguaggio. Traduzione italiana del prof. F. d’Ovidio. Bibl. soient. internaz. Vol. VIII. Milano, 1876, pag. 338 e 39. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 191 essa sarebbero inutili. Tantochè le espressioni foniche degli ani- mali in genere non potrebbero mai considerarsi per un lin- guaggio, comunque siasi elementare, sibbene per altra cosa tut- t’affatto diversa che il prof. Whitney non ha invero definita. Nel presente capitolo cercheremo di addimostrare come tale asserto ci sembra vero in piccolissima parte e solo in una data circostanza; mentre ne pare in gran parte e nel maggior nu- mero dei casi, insostenibile e assurdo. Nei capitoli seguenti ad- durremo una serie di fatti i quali, speriamo, varranno a porre in chiaro l’assurdità di ritenere il canto di un uccello, un dono diretto della natura a lui. Fummo però assai lieti che lo stesso prof. Whitney ! poco dopo aver dichiarato la istintività e l’au- tomatismo dei mezzi comunicativi degli animali, abbia riconosciuto la importanza dello studio di essi mezzi, dicendo: “ È in verità cosa interessantissima ed istruttiva l’investigare il più minuta- mente possibile i mezzi di comunicazione degli animali infe- riori,° così da determinarne la natura e l’estensione; ma quel che più importa è, fin dove le intonazioni naturali della » Voce, i suoni e le pose e i movimenti siano presso gli animali y Usati secondariamente e mediatamente, allo scopo di significar » qualche cosa. , Mentre pareva dianzi non ammessa da lui nelle voci degli animali neppure la più lontana parvenza col linguaggio dell’ uomo. | Nelle voci degli uccelli esiste l’istintività propugnata dal Whitney fino a tanto che questi non siano addivenuti capaci della imitazione e dell’ apprendimento; fino a che, cioè, il loro cervello non abbia ricevuto un grado di sviluppo che lo renda atto almeno alle più elementari funzioni intellettive. Tale periodo di vità negli uccelli, in cui essi emettono delle voci totalmente e assolutamente istintive, è il periodo infantile, quello in cui sono più o meno sottoposti all’educazione materna e paterna. Tutti gli uccelli nidiacei hanno dunque un canto, una voce » » ” b)) 1 Op. cit. pag. 348. ? G. D. Whitney chiama tutti gli animali in genere animali inferiori, dalle scimmie antropomorfe in giù fino al protozoo. 192 L. PAOLUCCI, per necessità istintiva, o, per esprimermi con un attributo meno controverso, ereditaria. I lunghi e pazienti lavori di C. Darwin e di Heckel per non citare altri, hanno ormai addimostrato la eredità psichica fra gli animali con argomenti non meno veri e inconcussi di quelli che stabilirono già da molti secoli l’eredità organica. E perciò senza che io mi dilunghi nella invocazione dei fatti dimostrativi, si vorrà ritener vero che un uccello possa ere- ditare dalla madre il canto del nido, come eredita l’indole, le abitudini, il tipo specifico. Ma siffatta capacità ereditaria del canto ha negli uccelli un limite ristrettissimo e cessa appunto quando l’uccello si fa adulto, vale a dire quando cessa di essere nidiaceo. Che se il potere ereditario del canto fosse fra gli uc- celli illimitato, sarebbe vera l’asserzione citata dal Whitney, mentre io ritengo, come tenterò di sostenere, che la maggior parte delle voci degli uccelli non siano istintive, ereditarie, ma invece neomorfiche, apprese. Per far conoscere ciò con Suirsnati basta togliere degli uc- celli dal nido nei primordi della loro esistenza, quando non pos- seggono che la prima voce, e quando non abbiano ancora lo svi- luppo cefalico capace di ricordare il canto che pure avrebbero potuto sentire dal padre o dalla madre. Allora o questi si alle- vano senza permetter loro di udire il canto di alcun altro uccello, o si concede ad essi un maestro. Nel primo caso avverrà che esprimeranno in tutto il resto della vita soltanto la voce infantile, più o meno modificata a loro arbitrio; nel secondo apprende- ranno più o meno perfettamente la voce di altro uccello, secondo l’affinità maggiore o minore che questa ha specialmente nel timbro con quella dei loro padri. Io infatti tolsi dal nido, quasi ignudi, due usignuoli (scegliendo appunto il principe dei cantori), quando non possedevano se non quell’accento sordo e croccolante proprio’ dei neonati, che si mantiene in ambi i sessi anche durante tutto il resto della vita. I due uccelletti furono allevati in una stanza chiusa, lungi dalla possibilità di apprendere qualunque canto che somigliasse anche poco a quello dell’ usignuolo, e crebbero quasi muti, SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 193 se si eccettua la voce rauca di cui ho accennato di sopra. Volli ripetere l'esperimento sulla allodola del ciuffo, che possiede la capacità d’imitare il canto di moltissimi passeracei, e avvenne lo stesso, come pel rossignolo: crebbero due graziosi e intelligenti animalucci che vivono ancora presso di me, ma capaci soltanto di emettere l’accento del nido che dessi fanno sentire e ripetono allorchè si destano, poco prima di appollaiarsi, quando porgo loro il cibo consueto, quando si spaventano per la presenza di un oggetto sconosciuto, vale a dire in tutte le occasioni, ove i loro parenti, cresciuti ed educati dai fratelli selvaggi, usano voci diverse e diversamente articolate. Assai più facile riesce l’allevare un uccelletto cantore senza la cautela di allontanarlo da qualunque maestro, anzi porgendo- gliene per esperimentare fin dove giunge la sua capacità d’imi- tazione. Così un maschio del codirossone (T'urdus saratilis) ap- prese soltanto un versetto bizzarro da me insegnatogli e diver- sissimo da quello proprio della specie. Un merlo imparò a per- fezione alcune strofe musicali, gli accenti di richiamo comuni alla panterana (Alauda arvensis), al culbianco (Sazicola Oe- nanthe), al passero solitario (Turdus cyaneus) che modificò poi al suo talento, facendone uso e abuso specialmente nell'epoca degli amori; ma non espresse mai una voce propria della stessa specie selvaggia. Due maschi della ziola capinera (Euspiza me- lanocephala) furono da me tolti in campagna poco dopo nati. Entrambi perdettero l’accento del nido, ed uno fra essi apprese a perfezione il verso sessuale di un maschio dell’ortolano che gli diedi a maestro; mentre l’altro non imitò che assai male il verso di un fringuello, vicino a cui visse alcun tempo. Come e perchè riuscisse il primo così bene, quanto male il secondo, ve- dremo in seguito, allorchè si tratterà della capacità d’ imi- tazione. Tali fatti parmi addimostrino dunque chiaramente come la maggior parte delle voci degli uccelli cantori siano piuttosto apprese che ereditate. Allorchè il neonato d’uccello rompe la scorza dell'uovo ove Vol. XX. 16, 194 L. PAOLUCCI, egli si venne formando ed entra nel novero delle creature vi- venti, sente subito il bisogno di essere soccorso più o meno dalle cure dei genitori, esca egli alla luce entro un soffice nido, op- pure vagabondo sulla nudità d’una spiaggia, d'una landa, di un deserto. Tosto che è nato, egli dovrà dunque invocare le cure materne, a discrezione delle quali ha sottoposta, per una suprema legge di natura, la vita. Ecco perciò l'immediato bisogno di comunicare alla madre le sue necessità, le sue sofferenze, i suoi timori nella già iniziata lotta per la esistenza, ove si trova su- bito slanciato; ecco l’uso e lo scopo di un mezzo comunicativo che è appunto il canto del nido. Chi non ha intese le note sup- plichevoli con cui la creaturina di un passero, di un fringuello, di un usignolo, tolta dal nido invoca l’insetto o il tenero seme che era solita a portarle la nutrice affettuosa? Chi non ha visto la disperazione dello smarrito pulcino, che allontanatosi dalla madre per dar la caccia ai moscherini, si accorge d’un tratto di essere rimasto solo, e grida e piange a tutta gola la madre smarrita ? Tutti gli uccelli sono dotati del canto di nido o della culla, che essi adoperano più o meno a lungo, secondo il tempo più o meno esteso in cui la vita loro è al materno affetto fidata. Sopra il canto del nido conviene fare anzitutto una impor- tante osservazione: se gli uccelli adulti sono gridanti, esso ma- nifesta un timbro generalmente diverso da quello del canto pa- terno e materno. Se gli uccelli adulti sono fischianti, negli ac- centi dei nidiaci, che potrebbero paragonarsi ai vagiti del fan- ciullo, si presenta spessissimo il timbro che formerà poi la base. fonetica o sarà almeno un importante elemento del canto adulto. Talchè gli elementi semplicissimi del canto infantile vengono allora, per dire così, fusi nella formazione di tutte le voci che l’uccello sarà capace d’apprendere in seguito. Ora giova distinguere l’accento infantile negli uccelli secondo che sono questi autofagi, cioè capaci di cibarsi da sè appena usciti dall’uovo, ovvero insessori, vale a dire incapaci della rac- colta del cibo e alimentati perciò dalla madre o da entrambi i SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 195 parenti. Gli uccelli autofagi, come si sa, nascono già vestiti di piumino che li ripara dagli agenti atmosferici, nei quali sono subito immersi; e quasi appena nati corrono alla ricerca del cibo. Il tipo di tali uccelli autofagi è rappresentato dai galli- nacei. E qui avvertasi ‘che nessuno di essi appartenenti anche ad altri ordini, viene mai compreso fra gli uccelli cantori, ma sempre invece fra i gridatori. Ora, mentre i gridatori in generale non emettono fischi, i nidiacei autofagi potrebbero per la natura della voce considerarsi generalmente come uccelli fischianti. La indole pertanto dei suoni emessi dai nidiacei autofagi è total- mente diversa dalla natura dei suoni degli stessi uccelli fatti adulti, vale a dire del padre e della madre. Prenderemo ad esempio il gallo domestico (Gallus Bankiva), ove a ciascuno sarà dato facilmente di fare le osservazioni che qui riferisco. Ognuno conosce la voce rauca e gridante che di tale specie posseggono il maschio e la femmina. Il pigolare del pulcino è cosa tutt’ af- fatto diversa, poichè entra indubbiamente fra le voci fischianti. Nei primi giorni della vita il pulcino emette le note interrotte e accentate che ognuno conosce, e colle quali chiama la chioccia e risponde alle sue chiamate. Quando ha già bene impennato le ali e la coda, tale fischio lo emette anche a volontà prolun- gato e trillante; e il giovane pollo lo fa sentire, sia maschio o femmina, quando scorge qualche pericolo o cosa di cui abbia sospetto. In seguito all’età di un mese o poco più, comincia se è gallo a far sentire il canto sessuale caratteristico, ma in tono fischiante piuttosto che gridante. Io ritengo pertanto che nel pulcino e in tutti gli altri nidiaci autofagi, l'età induca un mutamento nell’apparecchio fonetico, per cui la voce di fischiante addiviene tracheofona. Ma cotesta è fino ad oggi una ipotesi logica dedotta per analogia, e sarà ne- cessario che accurate osservazioni anatomiche la confermino. Quel che dissi per il gallo vale per le pernici, per le anitre, per l’oca e per gli altri uccelli autofagi. In quanto agli uccelli insessori, nascono essi per lo più ignudi, talvolta coperti di la- noso piumino, raccolti nel nido in cui vengono nutriti dalle cure 196 L. PAOLUCCI, dei due genitori o dalla madre soltanto. Poco dopo la nascita fanno essi pure sentire un accento proprio della specie, vera- mente istintivo ed ereditario, col quale invocano il cibo. Gene- ralmente parlando si può dire che tutti gli uccelli cantori sono anche insessori, e che in essi il canto dei nidiaci possiede già in sè il timbro, il colore fonico del canto adulto. Anche su tale ar- sgomento non ho potuto estendere le mie osservazioni oltre i nostri uccelli indigeni. Nella cingallegra (Parus maior) la frase infantile possiede il timbro aspro, come noi lo definimmo, tal quale si risente in un verso speciale del maschio e nel canto adulto di altri congeneri, come nella cinciarella (P. coeruleus). Nel verdone (Ligurinus chloris) è una nota breve piuttosto bassa, col timbro molle identico a quello della frase di richiamo del verdone adulto. Nell’allodola panterana (Alauda arvensis) il canto emesso dai figli entro il nido ha lo stesso timbro trillante che si emette pure spessissimo dal padre. Nel cardellino (Frin- gilla carduelis) la voce del nido è un sibilo alto e breve, avente il timbro acuto. Ho citato quattro esempi riferibili alle quattro diverse specie di suoni fondamentali o timbri da noi già stabiliti, per mostrare come nella voce infantile degli uccelli cantori, si trovano difatti tutti i materiali elementari fonetici che servono alla costruzione del canto adulto. Osservazioni identiche ho ripetuto sul canto di nido dell’allo- dola dal ciuffo, del merlo comune, della tordela (Turdus visci- vorus), del passero solitario (Monticola cyanea), del codirossone, dell’averla (Lamius collurio), del passero comune (Passer Italiae), dello zigolo capinero (Passerina melanocephala), dei fringuello, del cardellino, e in tutti si è avverato il fatto della somiglianza di tale voce del nido coll’accento dello stesso uccello entrato nella capacità sessuale. Ma tale somiglianza, o a dir meglio identità, deve ritenersi il più delle volte solo in quanto: si riferisce al colore del tono, giacchè la misura, la forza e l’altezza del canto infantile, sono per lo più doti a lui proprie, e quelle appunto che le caratte- SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 197 rizzano e lo distinguono. Vi ha tuttavia qualche raro caso in cui l'accento infantile entra a far parte del canto adulto in tutta la sua integrità musicale. In generale parlando, così come fra i mammiferi, è la madre quella fra i genitori degli uccelli, destinata alle prime cure del- l'allevamento. Da essa accolgono i piccini l’imbeccata, lei sie- guono impacciati e strillanti appena capaci a volare, essa per la prima accorre, grida e combatte a difenderli. Conseguenza na- turale di ciò sarà dunque che il primo canto appreso dai fi- gliuoli somigli al canto materno. E infatti, abbenchè il padre, specialmente fra i cantori, si affatichi d’insegnare ai figli fin quasi dalla loro nascita il canto particolare dei maschi o ses- suale, pure i figli stessi, fintanto che la passione dell'amore non li spinga a fruire di qualunque mezzo utile per il possesso della femmina, adoperano il canto che è comune ai due sessi, e che probabilmente appresero dalla madre. Il canto comune ai due sessi è costituito in tutti gli uccelli da quegli accenti o anche da quelle frasi musicali, il cui scopo è la comunicazione intellettiva per îl mantenimento, la prosperità e la salvezza dell’individuo. Esso concorre potentemente nella lotta per la esistenza. È in una parola il complesso di tutte quante le voci espresse da una specie ornitologica, eccettuate quelle ca- ratteristiche dei maschi adulti, ed emesse in particolari circo- stanze (età di nozze), la cui efficacia si riflette precipuamente nella lotta sessuale. Considerate adunque le voci degli uccelli riguardo alla loro differenza fonica nella stessa specie, e riguardo all’età in cui sono usate dail’animale, possono facilmente dividersi in tre categorie, cioè: I: Canto del nido. II. Canto comune ai due sessi adulti. III. Canto proprio ai maschi adulti. I due primi che trovano il perchè della loro funzione nella lotta per la esistenza, hanno ragione di essere utili agli uccelli, come giovano ad essi la robustezza del becco e degli artigli se vivono di rapina, i tarsi e i piedi lunghissimi se abitano nei luoghi melmosi, i piedi palmati e il becco piatto se ricercano il 198 1. PAOLUCCI, cibo entro l’acqua, il color verde se prediligono la dimora dei boschi sempre verdi, il. color grigio di terra se vivono sui ter- reni nudi (uccelli terragnoli), e via dicendo. Il terzo canto, cioè quello proprio dei maschi adulti, e che mira anch’esso con tanti altri mezzi alla scelta sessuale, può in- vece paragonarsi e porsi insieme alla serie quasi infinita degli organi ornamentali di cui si rivestono moltissimi uccelli maschi, quando indossano la così detta livrea delle nozze, come il co- lore splendido che assumono certe parti del corpo, non escluso il becco e le zampe, lo sviluppo di penne speciali nella coda (es. pavoni), sui fianchi (es. paradisee), sul capo (es. acrido- teres), ecc. A questo canto speciale e unisessuale fa dato dal volgo ‘e dai naturalisti il nome di verso (ramage), come per significare la strofa ritmica espressa da. esso, e alla quale può sempre appli- carsi un movimento musicale. Fino dai tempi antichi ne fu colpita la comune attenzione del- l’uomo che apprese anche spesso come tale verso non fosse altro che una espressione d’amore. Però la sua importanza biologica è tale, da dovercisi fermar sopra alquanto, non ostante ciò che ne dissero scrittori troppo creduli o troppo fantastici e poeti. Ne parleremo nel capitolo seguente. Toccando qui per ora della sua importanza fonetica, diremo che essa è la più armonica espressione vocale di cui può essere capace una data specie di uccelli. E la facilità con cui si prestano gli organi della voce o del canto a modularne talora ad ogni istante la forza, l'altezza, il tono, è spesso invero sorprendente. E certi uccelli conservandone intatto il fondamento ritmico, os- sia il colore, ossia il tema musicale, sono capaci d’indurvi sin- golari variazioni, che ne moltiplicano per delicati passaggi in mille guise le armonie e forse valgono anche a modificarne la espressione psichica, e le quali costituiscono altrettanti versi. DI L’usignolo, secondo M. Bechstein,' è capace di esprimere per- 1 M. BECHSTEIN, Manuel de l’amateur des oiscaua de volière. Trad. de l’allem. par Anon. Bruxelles 1858. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 199 fino 25 versi distinti e tradotti assai bene dal dotto ornitologo tedesco colle seguenti forme sillabiche, per quanto queste pos- sano riprodurre il canto degli uccelli: fi O O DAS LUI WIN beige pl pd dn nm DÒ CU È do N ri pani pd fd o DO N DO DN NNION H>_ 09 DD MA 2 . Tio, tioù, tioù, tioù. . Spe, tiou, squa. . Tiò, tiò, tiò, tio, tio, tio, tio, tix. . Contio, contio, contio, contio. . Squò, squò, squò, squò. . Tzù, tzù, tzù, tzù, tzù, tzù, tzù, tzù, tzù, tzi. . Corror, tion, squa pipiqui, . Zozozozozozozozozozozozo, rirrhading! @ri fit, 0; ja: 0. 0x9 . Dzorre, dzorre, dzorre, dzorre, hi. . Tzatn, tzatn, tzatn, tzatn, tzatn tzatn, tzatn, dzi. . Dlo, dlo, dlo, dlo dlo dlo dlo dlo dlo. . Quio tr rrrrrrrr itz. . Lu lu lu lu, ly ly ly ly, lié lié lie lié. . Quio didl lu lulylie. . Ha gurr, gurr guipio! . Coui, coui coui coui, qui, qui qui qui, gui gui gui gui. . Goll goll goll goll gùia hadadoi. . Couigui, horr, ha diadia dill si! . Hezezezezezezezezezezezezezezezezeze couar hodze hoi. . Quia quia quia quia quia quia quia quia, ti. . Ki ki ki, fo, Î0, i0, ioioioio ki. . Lu ly li le lai la leu lo, didl io quia. . Higaigaigaigaigaigaigai guiagaigalgai. 2 Couior dzio dzio pi. Il fringuello, giusta quanto riferisce il Lenz, citato da Brehm, fa sentire i diciannove versi seguenti: i. Brindisi acuto: zizizi willillilltih dappldappldappl de weingiche. 200 2. 10. 11. 12. 13: 14. L. PAOLUCCI, Cattivo brindisi: zizizizi illillillillillil sjibsjibsjibsjiwihdre. . Olio di pino: zizizizi = rrrrezwoif zwoif zwoif zwoifidre. . Buon capo d’anno rumoroso: . Buon capo d’anno della selva Ercinia: ziziwillwillwillwillsespeuziah. . Buon capo d'anno ordinario : ziziziwihewihewihezespeuziah. . Cavaliero : . Cavalcata: zizizizirrrriht]objobjobjobjeroitihe. . 4ogga: ziziteuteuteutezellilljoteuzipah. Zozza ordinaria : Avviso : zizizizeuzeuzeuwillillillwoifziah. Sibilo : zizizidisdisdisdisjibjibjibjibjaziah. Primo ‘spegnitojo : zizizitolllelelelzwoifzwoifzwoifzihe. Secondo spegmitojo : zizizizitoitoiwillwillzihe. . Terzo spegmitojo : disdisdistritritriclapclapclapzihe. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 201 16. Quarto spegnitojo : zizizillillillilitototozihe. 17. Canzone di Turingia: zizizirrihtjibjibjibjiweidieh. 18. Verso fiorito: zizizizullullullullullullteufzziah. 19. Battuta doppia: Tale molteplicità e mutabilità di versi non si ritenga poi tanto rara fra i nostri cantori boscherecci e terragnoli, quanto comu- nemente si crede. Se fu rimarcata e tenuta in conto solo nel- l’usignolo, nel fringuello e in pochi altri, ciò avvenne dall’atten- zione maggiore che fu fatta sul canto di tali uccelletti eminen- temente melodici. Ma certo, posta in disparte la melodia, per molteplicità e ricchezza al canto dell’usignolo non la cede quello del pettirosso, della sterpazzola, della cincia e di tanti e tanti altri, come ai versi del fringuello non sono inferiori, a parer mio, quelli dell’ortolano, del cardellino, del fanello, ecc. In quanto alla espressione psichica nel verso fra gli uccelli cantori, possiamo fino da ora stabilire che desso generalmente parlando è uno dei mezzi di lotta fra i maschi pel possesso delle femmine; e la dimostrazione di ciò tenteremo esporre nel ca- pitolo seguente. CapiroLo III. Del verso. — Suoi scopi biologici. Colla parola verso (ramage) intenderemo quella voce propria degli uccelli adulti di sesso maschile, specialmente cantori, com- posta di accenti più o meno armonici, più o meno melodica- mente legati fra loro, e a cui potrebbesi più propriamente dare il nome di canto. 202 L. PAOLUCCI, Esso è comunemente avvertito fra gli uccelli cantori, ove spicca per la grande arte che sovente rivela in quelle gentili creature; ma ne vanno forniti ancora, sebbene in maniera assai più semplice e spesso imperfetta, molti degli uccelli tracheofoni e gridatori. Musicalmente considerato il verso possiede sempre un movi- mento cui può essere subordinato per la misura del tempo. Ri- guardo al timbro delle note che lo compongono, io non ho po- tuto scorgervi norma alcuna che abbia potuto regolare la vici- nanza delle note molli colle aspre, piuttosto che colle sorde e colle trillanti. Il fatto dipenderà probabilmente dai processi pri- mitivi con cui si sviluppò il canto nelle varie specie, i quali ci sono completamente ignoti. | Ora predomina nel verso il colore del tono molle, che è il più dolce e più somigliante a certi istrumenti da fiato. E allora. esso risulta dolce e armonioso; come ad es. nell’usignuolo, nella capinera, nel pettirosso, in molti turdus, nel luî verde, nell’ al- lodola, nell’oriolo, nel zigolo comune, ecc., specialmente se i pas- saggi delle varie voci che lo compongono si trovano per rara combinazione nelle leggi dell'armonia, come accadrebbe, secondo Horsfield in una timalia (Timalia pileata) che esprimerebbe il verso colle 5 note della scala musicale dal mi al sî. Ora pre- domina ne’ suoi accenti il tono aspro, come nello storno, nel ver- zellino, nel passero. Ora è ùn grato assieme di diversi timbri, come nel fringuello, nel fanello, nel cardellino. Generalmente parlando del verso dei nostri uccelli cantori, può dirsi che esso è a preferenza melodico e dolce fra le sylwie; marcato invece e meno omogeneo nei conirostri. Negli uni e negli altri però risulta più spesso di note brevi, espresse or senza pause, or con qualche aspetto (Fringuello, Verdone, Lu- cherino, Ciuffolotto), e tale ricchezza di suoni parmi che lo. faccia più che altro distinguere dal verso degli altri uccelli, for- mato comunemente di poche note come nel gallo comune, di due come nell’Astore (Astor palumbarius) che fa sentire un semplice ghek ghek nell'atto degli amori. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 2105 In qualche raro cantore esotico l'armonia e la risonanza del verso rispondono alle leggi musicali. Ecco ad es. come si esprime Schomburgk d’accordo con Waterton, riguardo al verso del fa- moso uccello Campanaro (Casmarlynchus tricarunculatus) del- l'America meridionale: “ Io sentii nel vicino bosco suoni singo- » lari che non aveva mai udito. Pareva che mani invisibili toc- » Cassero contemporaneamente parecchi campanelli di vetro in » &rmonico accordo. Dopo alcuni minuti di pausa il suono rico- » Minciava, poi succedeva un lungo intervallo di sei od otto » Minuti, indi ricominciava ancora... niun’altra armonia potè » farmi obliare il meraviglioso cantore. , . Nel maggior numero di casi mentre i soli maschi, come dissi, esprimono ciò che dicesi verso, le femmine usano gli altri ac- centi comuni ai due sessi, senza aggiungervi nulla di proprio. Però non è questo un fatto scevro di eccezioni. Così la femmina della quaglia comune canta nel maggio un trillante e sommesso frickich o bribrib (Brehm!) tutt’affatto di- verso dal risonante quequerelk del maschio. La femmina d’una ci- vetta dell'Europa settentrionale (Nyctea nivea) esprime durante la incubazione un grido particolare rîk iX, mentre il maschio fa sentire il suo rauco kra kra (Brehm). Racconta il Gourney citato da Brehm, che in una specie di Tucano dell’Africa (Bu- corax Abyssinicus), il maschio invita la femmina con un cupo bù, e questa risponde trasportando l'altezza della nota stessa di un’ottava sopra. Pare inoltre che l’addomesticamento sottraendo gli uccelli alla lotta e alla selezione naturale e perciò all’uso degli espe- dienti di questa, influisca assai nello sviluppo del verso fra le femmirie, dopo averne pervertita, per dire così, l’espressione psichica primitiva nei maschi. Pochissimi sono i casi, come qui sopra vedemmo, di femmine che, fra tutta la lunga serie degli uccelli più noti, abbiano un canto ad esse speciale. Invece nei nostri pochi uccelli domestici troviamo facilmente delle galline che cantano da gallo, delle canarine che gorgheggiano e trillano come i maschi, delle colombe che tubano. 204 L. PAOLUCCI, Sebbene siaci spesso sconosciuto il processo genetico del verso negli uccelli, pure fra i cantori possiamo talvolta scorgerne gli elementi fonici in altrettanti accenti isolatamente usati dal- l’animale in circostanze psichiche diverse, e a scopi diversi. Così nel passero comune il canto che fa sentire il maschio gau- dente sui tetti al primo sole aprilino, è l’ insieme delle grida di allegrezza, di avviso, di richiamo, a cui si mescola perfino, per una singolare reminiscenza sessuale, la voce infantile. L’allodola, che sembra ricordarsi in primavera con tanta gioia dell’amore, tu la sentirai trillare sospesa nell’alto dell’aria, come faceva in inverno avvisando, le compagne, come faceva in autunno chia- mandole, come faceva nel nido chiedendo alla madre l’imbeccata; e tutti questi accenti riunendo con arte sempre diversa e spesso immischiandovi le voci di molti altri cantori perfettamente da essa imitati. Lo stesso potrebbe dirsi del cardellino, del fanello, del lucherino, della ballerina comune (Motacilla boarula), della rondine bianca (Hirundo urbica), ecc., sebbene il verso di questi uccelli abbia qualche accento caratteristico fondamentale, che non viene mai di per sè solo usato altrimenti dall’animale. Il verso di alcuni cantori ci rivela insomma che questo possa es- sere come il riassunto di tutte o pressochè tutte le voci usate da una specie, le quali avrebbero ciascuna un’espressione comu- . nicativa diversa, quando fossero usate isolatamente, e concorre- rebbero ad una espressione sola, se riunite insieme. Siffatta espressione del verso è a parer nostro nel maggior nu- mero dei casi l’amore; talvolta la gioia. Che il verso sia in moltissimi casi il linguaggio amoroso degli uccelli ci verrebbe fatto credere con molta probabilità : 1.° Dall’età in cui i cantori lo spiegano in tutta la sua po- tenza. 2.° Dalle circostanze naturali atte ad eccitarlo. 3.° Dalla gara dei maschi nell’esprimerlo. 4.° Da certi periodi della vita di nozze capaci di spegnerlo. 5.° Dal rapporto che esiste fra le attrattive della livrea e le attrattive del canto. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 205 E qui sarà necessario fermarsi sopra questi cinque ordini di fatti, giusta le osservazioni da cui possiamo trarre profitto, e dalle quali abbiamo dedotto il nostro opinamento. Intanto voglio citare un fatto che verrebbe a dimostrare come negli uccelli può darsi anche il caso di una vera corrispondenza fonetica per il maschio e per la femmina. Racconta Brehm par- lando di un’Averla dell’ Africa (Lanarius Aethiopicus) che la femmina risponde costantemente al canto limpido del maschio. E a proposito del picchio nero d’ Europa, lo stesso naturalista dice che il maschio produce un rombante crrrrv a cui la fem- mina risponde kl kkk. Ma tali casi sono insufficienti per esone- rarci dalle osservazioni che seguono. 1.° Età in cui sviluppasi d verso negli uccelli. Riteniamo d’aver dimostrato trattando delle voci degli uccelli, quando le distinguevamo in voci innate ed apprese, che il verso è indubbiamente della natura di quest'ultime. Troppo chiaro lo conferma la totale ignoranza del verso paterno in quei cantori sottratti ancor giovanissimi dal nido. Il giovane uccello adunque apprende il verso del proprio genitore o anche da altri maschi, se la nidificazione è sociale. Ma tale apprendimento, per un fatto singolare che dimostra la rara potenza della memoria nella classe ornitologica, non viene da esso posto in pratica se non dopo molto tempo dalle lezioni ricevute. È volgarmente noto infatti che i nidiaci non fanno sentire il verso proprio della specie, se non dopo compiuta la seconda muda in primavera. Ma durante il primo periodo ‘della vita gio- vanile, l’uccelletto non stà inoperoso e come per mantenersi viva in mente l’espressione di quella frase che egli dovrà poi usare e ripetere con tanto sciupo, studia e fa sommesso le prime prove. Io ho tenuto e tengo presentemente in gabbia molti dei nostri comuni conirostri, presi giovani sul finire dell’estate. Sempre riuscii a notare che rimangono perfettamente silenziosi fino al compimento della prima muda, la quale si fa durante il settembre. Avanti a quest'epoca non posseggono che il canto infantile. Ma circa un mese dopo, se abbiano cangiate le piume senza gravi 206 L. PAOLUCCI, sofferenze, e se si tengono in ambiente tiepido e con lauto cibo, comirciano già ad esprimere le prime note del verso, sebbene tronche, interrotte, scorrette e a bassissima voce. Difficilmente però possono allora distinguersi tali accenti dagli altri del canto adulto comune ai due sessi, il quale si è già in essi perfettamente sviluppato. Col crescere della età cresce anche nei nidiaci la capacità di esprimere il verso. Ma chi crederebbe in essi tale capacità es- sere frutto di lunga e perseverante occupazione, colla quale rie- scono finalmente alla espressione spiegata e perfetta di quanto appresero nella età più tenera? Piacquemi portare un tal ge- nere di osservazione sui maschi giovani della Tordela (T'urdus viscivorus), dell’ allodola dal ciuffo (Galerida cristata), del frin- guello, del cardellino, del verdone (Ligurina chloris), e sempre con soddisfazione somma ho constatato il processo medesimo, che qui appresso racconto. L’uccelletto s' abbandona all’ eserci- tazione fonica dopo il pasto. Sale sopra un bastoncello della gabbia, si accoccola nel modo più comodo, arruffa talvolta le piume, e poi comincia lo studio. L'attenzione che esso vi pone è grandissima. Tutte le note, tutte le modulazioni del tono, tutti i passaggi del tempo si eseguiscono a voce bassissima. Sulle prime esercitazioni si capisce che esso esprime i diversi colori del tono con grande difficoltà. Però è cosa assai rara anche per chi rammenta in tutte le più delicate sfumature il verso dei maschi adulti di quella specie, sorprenderlo in un falsetto, in una stonatura, in qualunque errore mnemonico. Il novello artista procede lentamente e sempre con grande prudenza; e se per — disgrazia qualche rara volta sbaglia, torna tosto daccapo, e tu lo senti un infinito numero di volte ripetere sempre la medesima strofa. Così egli si perfeziona nell’arte del verso, fino a che giunga l’epoca in cui deve spiegarlo in tutta la sua forza. Tale epoca è la giovinezza matura che principia dal tempo in cui l’animale diviene atto alla propagazione della specie. Il nesso dunque fra lo sviluppo dei poteri sessuali e lo svi- luppo del verso nei maschi degli uccelli è strettissimo. Per cui SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 207 essi spiegano il canto caratteristico, proprio quando la vita loro deve essere consacrata per intero alla riproduzione, la quale non accade fra essi a caso, quando un maschio qualunque incontra la prima femmina della specie, ma esige sempre una certa vita coniugale più o meno vigorosa e fedele, che garantisca in qualche modo la prole, e vuole esser preceduto come da un intendi- mento morale fra i due membri di ciascuna coppia. E noi rite- niamo appunto che per siffatto intendimento morale valga il canto speciale dei maschi, espresso volitivamente come segno della passione amorosa. Lo studio che gli uccelli cantori fanno del proprio verso fu anche avvertito dal Bechstein ! e da qualche ornitologo fran- cese che lo distingue con verbo marmotter, ma secondo noi non a sufficienza interpretato, e ritenuto un semplice esercizio vo- cale. 2. Circostanze naturali atte a eccitare il verso. In primavera, in quella gran festa di nozze fatta insieme da tutti gli esseri organizzati, gli agenti naturali che influiscono potentemente sull’attività sessuale in quasi tutte le piante e negli animali, risvegliano pure fra gli uccelli le brame amorose. E spinti perciò al possesso delle femmine, essi fruiscono di tutti i mezzi posseduti a tale scopo, fra i quali ritengo sia princi- palmente il verso dei maschi. Il calore è la causa precipua che muove al canto gli uccelli. Ciò si esperimentò artificialmente con quelli che si custodiscono nelle nostre case. Vengono quindi la luce e la calma dell’aria. Le giornate primaverili diffatti in cui trascorrendo le nostre campagne può sentirsi il maggior numero di versi del maggior numero di specie, sono quelle tiepide, serene, non agitate dal vento. Appena abbassi la temperatura di qualche grado o si copra il cielo di folte nubi, o muovasi l’aria un po’ impetuosa, la maggior parte de’ nostri cantori terragnoli e boscherecci az- zittisce. ! BECHSTEIN, Naturgeschichte der Stubenvoegel, 1840. 208 L. PAOLUCCI, Che il calore principalmente valga a suscitare il verso non può revocarsi in dubbio asserendo quanto avviene negli uccelli domestici e in quelli che svernano fra noi. Addurremo esempi presi fra i primi e fra i secondi. Ebbi per molti anni un grazioso canarino il quale durante l'inverno restava muto il giorno, riserbandosi a spiegar con gran forza tutte le sue abilità canore quando nella sera riscaldavasi | colla stufa la camera. Un usignolo preso adulto che tengo oggi presso di me, spiega il verso anche nelle fredde giornate di febbrajo, purchè senta il tiepido alito d’un braciere. Ed esempi della stessa natura mi fu- rono raccontati da persone degne di fede per molti altri uccel- letti cantori. Se splende il sole durante le giornate invernali, escono lungo le vie i pettirossi, e immobili sui rami degli olmi, degli aceri, delle quercie, odonsi per lunghe ore trillare i loro gorgheggi pieni di varietà e di melodia. Ad essi fanno eco fra le alberate le allegre cincie e le capinere dalla voce molle e armoniosa. 3.° Gara dei maschi mell’esprimere il verso. Un’osservazione caduta già da un secolo sotto l’attenzione di Daines Barington di Selborne (Philosophical transactions of London, 1813) e ricordata da C. Darwin, ma che io sappia, non compiuta dai moderni naturalisti, sta nel fatto della emulazione con cui spesso s'abbandonano al canto i maschi di varie specie. Toccai già di essa parlando degli animali autofoni e più spe- cialmente dei batraci. Ora torno sul tema istesso riguardo agli uccelli, poichè parmi una prova di non poca importanza per la ipotesi da me proposta, che cioè il verso sia un linguaggio di amore. Risulta dalle mie osservazioni e da quelle di qualche intelli- gente cacciatore da me interrogato, che i maschi dei nostri uc- celletti migratori fanno sentire il verso con maggiore frequenza e con maggior forza nei primi giorni dopo il loro arrivo fra noi. Questo è un fatto di somma importanza per noi, conside- rando che i primi giorni di stanziamento nella dimora estiya, SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 209 sono appunto quelli in cui avviene tra i maschi la distribuzione e la scelta delle femmine. Se dunque in quei giorni viene più che mai usato il verso, ciò vuol dire che questo avrà presso i maschi un valore nella scelta della compagna. Resta a vedere se un tal valore viene utilizzato istintivamente e senza cognizione di causa, ovvero voli- tivamente. In quest’ultimo caso, il valore del verso sarebbe compreso dall’animale che l’usa e basterebbe dimostrare ciò per aver pure posto in chiaro che il verso è una forma di lin- guaggio, vale cioè come spediente comunicativo. Addurremo in proposito le osservazioni seguenti. Nei primi di maggio, quando gli ortolani (Emberiza ortulana) giungono nelle nostre colline e si dispongono a nidificare, mi accadde spesso d’incontrare vari maschi poco lungi da una sola femmina. E tutti parevano esclusivamente consacrati a cantare. Ma l’espressione del canto non veniva fatta da essi a caso, senza una qualche intenzione. Invece, secondo quanto adesso dirò, potetti arguire come ciascuno di essi ponesse attenzione al verso degli altri. Era infatti quasi regolare e costante la pausa fra il verso di uno e il verso dell’altro. Parea che si chiamas- sero e rispondessero a vicenda, ciascuno con certe modulazioni di voce e certe sfumature di tono speciale. Era insomma una gara fra i vari cantanti della stessa specie lì convenuti. Ho po- tuto annotare la stessa osservazione nei maschi dello strillozzo (Emberiza miliaria), riuniti spesso in gruppi considerevoli, tutti intenti, sulla cima di vicini cespugli, a ripetere incessantemente il loro verso aspro e sgradevole, mentre qualche femmina svo- lazzava in mezzo ad essi. Anche lo zigolo comune (Emberiza Cirlus) canta in gara as- sieme ad altri maschi; come pure i fringuelli, secondo mi rac- conta mio padre che fece lunghe e coscenziose osservazioni or- nitologiche. Meravigliose sono le melodie -che fanno sentire più che alla notte nelle prime ore del mattino gli usignoli durante l’ epoca del passo. M’accadde di ascoltarne molti contemporaneamente in Vol. XX. 14 210 L. PAOLUCCI, una stessa siepe, lo che non avviene più quando siansi già ac- compagnati colle femmine. Alle osservazioni citate potrei aggiungerne altre della stessa importanza, riguardo al fringuello, al passero, al cardellino, alla cincia. E per toccare anche degli uccelli domestici, dirò del gallo che ci fornisce su tale argomento un fatto assai conosciuto. Chi non udì i maschi di quest’uccello, liberi o rinchiusi in vi- cini pollai, gareggiare col noto Riki riti, a cui ciascuno dà una accentazione speciale? Racconta Brehm seniore (La vita degli uccelli) che i maschi del colombaccio (Palumbus torquatus) si riuniscono a cantare in due o tre nei vicini rami degli alberi e durano finchè la femmina non si diriga verso il prescelto fra essi, che tosto ammutolisce e fa sentire un sommesso pu pw di trionfo. Anche a C. Darwin! fu detto che degli esimì uccelli cantori, posti in gara con altri, sarebbero morti dal troppo sforzo per la rottura di qualche vena polmonare. Ma tutte queste osservazioni conducono in ultimo alla con- clusione che il verso dei maschi è spesso usato come una gara nella conquista della femmina, sia come espressione di sfida fra i rivali, sia come voce di tenerezza verso la sospirata compagna, Ciò appunto che avremmo voluto dimostrare probabile. Che un principio di emulazione possa realmente esistere fra gli uccelli nell’uso del verso, noi potremmo conoscerlo ancora dai mezzi artificiali valevoli a destarlo. Così osservai molte volte come anche il rumore che fa l’acqua corrente a sbalzi fra i sassi d’un ruscello, possa promuovere ed eccitare il verso dell’usignolo, del luî piccolo, dello scric- ciolo (Troglodites europacus) e di altri uccelletti. Un usignolo, tenuto un tempo da mio padre, si abbandonava a cantare, ap- pena sentiva il fruscio di un cumulo di carta velina stretta fra le mani. I canarini, i cardellini, i lucherini, i fanelli, ecc., che teniamo domestici nelle nostre stanze, spiegano le loro canzoni 1 C. DARWIN, Origine dell'uomo. Trad. it. di Lessona, pag. 337. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 211 con vero furore, quando sentono il parlare di molte persone, la lettura ad alta voce, il girare d’una ruota, il muoversi d’ una macchinetta da macinare, il suono del pianoforte e via di- cendo. In tutti questi casi potrebbe il principio di emulazione quasi istintivamente eccitarli, e spingerli al canto. Questa tuttavia è una ipotesi poco fondata, e converrà considerarla con molta ri- serva, fino a che osservazioni di un maggior valore non vengano a darci una ragione più soddisfacente del perchè valgano certi suoni a destare spesso il canto degli uccelli. Dalle osservazioni suesposte potrebbe dunque dedursi che real- mente possa esistere fra gli uccelli una gara nel verso, dovuta alla loro conoscenza dell’ espressione di questo, ed utile per il possesso della femmina. Però bramo aggiungere un altro fatto osservato fortunatamente da altri, che riguarda l'intelligenza spiegata dagli uccelli nel verso. C. Darwin nella sua opera: L'origine dell’uomo (pag. 340) dice, parlando del canto degli uccelli: “ è fino a un certo punto un'arte, e la pratica la mi- gliora. , Il grande evoluzionista inglese invoca, per provar ciò, l’abilità di molti uccelletti ad apprendere il verso di altra specie, o qualche arietta musicale. Ma noi ci riserbiamo trattare un tale ordine di fatti quando parleremo del principio d’ imitazione, cui ci sembra si addicano e riferiscano più direttamente. Piut- tosto ritenendo vero quanto ha detto il Darwin, citeremo per confermarlo ciò che fanno i cacciatori dei roccoli per avere dei bravi richiami. Essi rigettano sempre i maschi giovani, e scel- gono i più vecchi distinti da certi caratteri come il bianco della fronte e delle ali assai estese, i quali essendosi più degli altri esercitati, riescono sempre più abili tanto nella forza e nella in- tonazione del verso, come nell’attitudine a cangiarne alcune strofe quando piaccia lor meglio. 4.° Periodi della vita di nozze in cui il verso si spegne. Abbiamo detto che l’energia maggiore nel verso si spiega nei cantori durante la scelta delle femmine. Dopo una tale epoca, essi continuano a cantare, sebbene con minor frequenza e pas- 212 L. PAOLUCCI, sione, mentre aiutano la femmina nella fabbricazione del nido, e le prodigano le cure più affettuose durante l’incubazione. Ma colla nascita dei piccoli, si spegne in essi l’ardenza dell’amore, sostituita dalle placide gioie della figliolanza, e per alcuni giorni non rallegrano il bosco del consueto ritornello. In essi ammu- tisce il lusinghiero linguaggio dell'amante, cui subentra l’accento della tenerezza e della premura paterna. Ho notato che ciò ac- cade nell’usignolo e nel fringuello; ma lo stesso potrà con pro- babilità constatarsi anche sopra altre specie. L’usignolo perde tutta la sua meravigliosa loquacità, e risponde solo col dolce ki ki all’affettuoso crrrr della femmina. Il fringuello usa una voce speciale trillante bassa e flebile, riconosciuta anche da Bechstein ! che l’espresse col monosillabo rif, quando esprime la sua tenerezza. Ma il non uso del verso nei maschi delle due specie indicate non dura molto. Tosto che i piccoli cominciano ad aprire gli occhi e spuntan le piume, e le assidue cure materne bastano a farli crescere, si ode di nuovo la dolcissima voce dell’usignolo, e l’allegra battuta (Schlag dei Tedeschi) del fringuello. Però il verso in quest’ultimo caso piuttosto che cantato a scopo di con- quista, viene usato, come si è già detto, per la educazione fonica dei figli, e forse anche per espressione di gioja. Si sospende dunque il verso dei maschi tosto che essi siansi accertati della efficacia delle nozze, tosto che lo scopo sessuale sia raggiunto. Perciò non è incompatibile anche per questo fatto, il credere che il verso concorre come mezzo comunicativo fra i maschi e le femmine, per la fecondazione di queste ultime. 5.° Rapporto fra le attrattive della livrea e le attrattive del canto. C. Darwin, parlando della scelta e della lotta sessuale fra gli uccelli," adduce esempi per dimostrare come in essa siasi potuto sostituire la bellezza del canto ai vivaci colori del man- tello. Ma se il canto vale in cotesta lotta come noi preten- 1 BECHSTEIN, Oiseaua de volière. Bruxelles, 1838. pag. 150. 2 C. DARWIN, Origine dell’uomo, Trad. cit. pag. 341. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 213 diamo, ciò potrà essere soltanto ammettendo nel canto un po- tere comunicativo atto a sedurre la femmina, e compreso al tempo stesso dai maschi. Ciò varrà insomma per appoggiare 1 nostri concetti sul merito intellettuale del verso; concetti esten- sibili anche a tutte la altre voci espresse dagli uccelli, ma delle quali sotto lo stesso punto di vista si parlerà partitamente in seguito. Sarà utile pertanto richiamare altri fatti in aggiunta a quelli citati dall’egregio naturalista britanno, il quale ricorda fra gli uccelli europei che indossano brillanti vesti di nozze, ma che non esprimono se non voci brevi e disarmoniche, il Gruc- cione (Merops apiaster), il Martin pescatore (Alcedo Rispida), la Gazza marina (Coracias garrula), 1 Upupa (Upupa pops), i Picchi (Picus major, viridis); ma non fa cenno di altri, nè vi contrappone esempi di esimî cantori guarniti di piumaggio in- significante. Trarremo gli esempi dalla stupenda e grandiosa opera: Llu- strirtes Thierleben del prof. Brehm, il quale non accetta mai i racconti dei viaggiatori e di altri naturalisti, senza un severo controllo. Quasi tutte le specie della ricca famiglia dei Pappagalli si distinguono per la bellezza del colori, fra i quali predomina il verde, a cui si uniscono con meravigliosa armonia molte altre tinte, quasi mai sfumate, per lo più nette; decise, purissime, legate in abbagliante contrasto. Ma le voci emesse da questi leggiadri uccelli sono poche, brevi, rauche, strillanti. Anzi, trat- tando del verso, si potrebbe dire che ne vadano sforniti. Sa- rebbe stato in essi completamente sostituito nello scopo dai co- lori del mantello. Ricorderemo i generi: Chrysomis, Piornis, Psittaculus, Strigops, classici d’altronde per l’abitudine dei con- certi, ai quali si possono aggiungere i Kakatua, le Are, i Par- rocchetti. Cadrebbe un’eccezione fra questi ultimi nella Rosella d’Australia (Platicercus erinius) e nel Parrocchetto canoro (Me- lopsittacus undulatus), abbenchè quest’ultimo possegga piuttosto la dote d’imitare il canto altrui, che di emetterne uno proprio e armonioso. 214 L. PAOLUCCI, Il Trombettiere del deserto (Bucametes githagineus) è un hel- lissimo passeraceo d’Africa tinto di grigio lucido. e di rosso fiammeggiante ed esprime soltanto delle voci melanconiche insi- gnificanti. | Il Cardinale della Virginia (Cardinalis Virginianus) tutto ve- stito di rosso vivace colle parti anteriori della testa nere splen- denti, non possiede, secondo il Principe di Wied, alcuna voce canora. Un gruppo di passeracei (Amadinae) d'Australia si compone di uccelletti bellissimi e vivacissimi, che non fanno sentire se non voci basse, disarmoniche, come di ventriloqui. Il nostro elegante storno roseo (Pastor roseus) uno dei più belli uccelli d’ Europa, possiede un povero verso senza grazia, e sen- z’armonia, che potrebbe esprimersi con un aspro critsch, critsch, curr, cirr. i L’Oriolo (Oriolus Galbula), anch’ esso vestito con brillante niti- dezza di giallo e di nero splendente, non fa sentire se non il suo monotono verso che finisce come in una stonatura, e che bene espresse il Naumann col polisillabo ditleò, gidaditleò. Fra tutti gli zigoli, tanto modesti nel bruno dell'abito, altret- tanto esimî cantori, si hanno due eccezioni e per l’una dote e per l’altra nel zigolo capinero (Passerina melanocephala) e nel zigolo giallo (Emberiza citrinella) ne’ quali si estingue la melodia del verso, e appariscono i colori spiccanti. La meravigliosa famiglia degli uccelli di paradiso, in cui sotto ì generi Paradisea, Cicinnurus, Lophorina, Seleucides, Epimacus, Astrapia, sono riuniti uccelli di una bellezza incomparabile, ric- chissimamente ricoperti di piume, ove natura volle spiegare un lusso sorprendente di pennacchi, di festoni sericei, di delicate fila ondeggianti, tutto splendido delle refrazioni più abbaglianti e più soavi che può dare la luce, non riunisce dal lato del canto che infelici e disarmonici attori. Molti uccelletti elegantissimi della numerosa tribù dei piglia- mosche (Muscicapae), fanno sentire soltanto dei brevi accenti ai quali si potrebbe assai difficilmente dare un valore musicale. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 215 Il maschio del beccofrosone (Bombycilla garrula), posto esso pure fra i più belli passeracei europei, esprime il suo affetto con un semplice sibilo, imitato, secondo Brehm, da chi fischiasse en- tro una chiave. Il maschio del codirosso (Ruticilla phoenicura) riccamente va- riopinto nella stagione delle nozze, possiede un verso assai infe- riore a quello dei modesti cugini. E così dicasi pure del codi- rossone (Petrocincla saxatilis). Il bell’ uccello lira (Menura superba) ha il canto simile ad uno strano e stonato ventriloquio. I numerosissimi colibrì, lilliputiane meraviglie coperte di scin- tillanti semme e d’oro, hanno come carattere zoologico negativo la mancanza di un canto, che possa definirsi realmente tale. Fra i gallinacei d’ Europa sono eleganti più specialmente il gallo cedrone (Tetrao Urogallus), e il fagiano di monte (Lyrurus tetrix), i quali manifestansi cattivissimi cantori nelle loro famose gare sessuali. Istessamente dicasi del gallo comune (Gallus Ban- kiva), del fagiano argentato (Nycthemerus argentatus), del fagiano reale (Phasianus veneratus), e del fagiano dorato (Thaumalea picta). Ma è pur necessario avvertire che non tutti i casi sono favo- revoli alle nostre vedute, dacchè vi siano eccezioni di specie in cui la lotta naturale ha scelto come armi nella gara del sesso, tanto i colori seducenti delle piume, quanto i versi melodiosi. Ri- corderò fra i più noti il ciuffolotto delle pinete (Pinicola enu- cleator), il frosone dal petto rosso (Coccoborus Ludovicianus), il cardellino (Carduelis elegans), il tordo motteggiatore (Mimus po- lyglottus), il poe della Nuova Olanda (Prosthemadera circinata). Però questi esempi sono in numero insignificante, ritengo an- che aggiungendovi gli altri che non mi fu dato conoscere, a pa- ragone della serie lunghissima di quelli in cui la bella livrea ha sostituito il bel canto. Ora passiamo ad un ordine di fatti opposti, che in natura av- vengono spessissimo, e che conducono pure alle nostre conclu- sioni nello scopo e l'efficacia del canto, vale a dire quando que- 216 L. PAOLUCCI, sto supplisce alla bellezza del mantello, come vedemmo che la livrea suppliva al canto. E senza dilungarci qui in particolari esempi, a Ri 1 più abili cantori dell’ Europa sono coperti di piume a tinte smorte o brune. Domina l’olivastro e il bigio fra i Turdidi e i Luscinidi ei Suvidi; il fulvo pallido mescolato al grigio fra gli Alaudini; il verdastro e il cinericcio nei £ringillidi. Fin qui dunque abbiamo trattato del verso come espressione dell’ amore. Ma ciò non induce a credere che desso sia sempre necessariamente la espressione del trasporto sessuale. Infatti, come abbiamo già accennato, pare che venga usato dai maschi anche per significare un sentimento di gaudio, che deve ritenersi tale, avuto riguardo alle speciali circostanze in cui viene espresso; e alla mancanza di rapporti colla femmina. La luce, il sole, la splendidezza degli orizzonti, 1’ azzurro tra- sparente dell’ aria, possono influire sugli uccelli, proporzionata mente, come influiscono sull’ uomo e sugli altri superiori animali, ravvivandone il sentimento e destando quel soave benessere che si gode in seno alla schietta natura. E in tale caso non parmi improbabile che gli uccelli facciano uso del verso, come farebbe l’uomo delle interiezioni ammirative, del riso, del canto, i quali atti umani sono con eguale efficacia altrettante forme così di linguaggio di gioia come di linguaggio d’amore. In certi casi non è facile distinguere se il verso sia causato da un sentimento di semplice contentezza del maschio, ovvero dallo stimolo sessuale che lo spinge a conquistare la femmina. Di tal natura dubbia io ritengo i canti notturni. Non dimenticherò più una bellissima notte d’estate in cui sa- livo fra le cedue boscaglie di un nostro apennino. Splendeva la luna in mezzo al cielo limpidissima, e la calma dell’aria ispirava 1 più dolci sensi di pace. Là chiunque si sarebbe sentito felice. E siffatta felicità che avrebbe potuto traboccare dall’ anima ispi- rata dell’uomo sotto forma della più nobile lirica, era sentita forse in quell’ora da certe creaturine gentili abitatrici di quelle macchie, d’onde partivano di cespuglio in cespuglio melodiosi SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 217 gorgheggi, sibili, note querule, squilli echeggianti. Erano i ma- schi dell’usignolo e della loquacissima sterpazzola (Curruca cine- rea) i mirabili artisti di quell’orchestra solenne. Ma chi potrà dirci se quelle canzoni davvero esprimessero piuttosto la gioia dell’ esistenza che il sospiro del trovadore? Anche il tordo comune (Turdus musicus), il merlo, la bigiarella (Accentor modularis), il passero solitario (Petrocincla cyanea), ho intesi talvolta cantare di notte. Assicurano gli Svedesi che il ciuffolotto delle pinete canti nelle placide notti estive. E lo stesso viene raccontato di un frosone dell'America meridionale. Ho parlato fin qui quasi esclusivamente del verso degli uccelli cantori. Però anche gli altri, sebbene in grado minore, hanno certe voci speciali nell'epoca degli amori, sulle quali possono farsi identiche considerazioni. Un minuto esame di esse riusci- rebbe inutile. E perciò chiudo il presente capitolo, comprenden- dole in una rassegna di tutte quelle voci amorose che ho rite- nuto più adatte, fra gli uccelli, ad essere accennate approssima- tivamente mercè una espressione sillabica : UCCELLI ESPRESSIONE OSSERVAZIONI SILLABICA DEL VERSO 1. Ciuffolotto tof-tof-toî toi-tiò toî (del- Con voce un po’ aspra, me- (Pyrrula vulgaris) l’autore) lanconica, morente in fine. 2. Fringuello vedi pag. 199 _ (Fringilla coelebs) 8, Fanello gekgekli6 gekgliiio lilili Si ripete indefinitamente la (Cannabina linota) gl0... (dell'autore) strofa. 4, Lucherino cekceklsî ceklsî ceklsî ce- Le prime tre strofe si ripe- (Spinus viridis) klsiieeeé (dell’autore) | tono in modo variabile, e il verso si chiude colla quarta, la cui ultima nota è lunghis- sima e accentata in principio. 5, Calderugio pisopelzi - topelziiio pizi- Si ripete tutto il verso a (Carduelis elegans) pi-zopelzi-pizilziò - pi- | piacere dell’animale, che ne ziziio ..... (dell’au- | alterna anche a volontà le va- tore) rie strofe. 218 UCCELLI 6. Passero (Passer Italicus) 7. Verdone * (Chloris hortensis) 8. Cardinale (Cardinalis Virginianus) 9. Strillozzo (Militaria valida) 10. Ortolano {Glycispina hortulana) 11. Zigolo mucciatto (Glycispina cia) 12. Zigolo di Lapponia (Centrophanes Lapponica) 13. Zigolo della neve. (Plectrophanes nivalis) 14. Storno roseo (Pastor roseus) 15. Oriolo (Oriolus galbula) 16. Falcone (Falco peregrinus) 17. Falco lodolaio (Hypotriorchis subbuteo) 18. Astone (Astur palumbarius) 19. Aquila dal ciuffo (Lophoatthos occipitalis) 20. Civetta pescatrice (Khetupa Ceylonensis) L. PAOLUCCI, ESPRESSIONE SILLABICA DEL VERSO zvorr zvorr cihî cihî cihf (dell’autore) l’autore) dihn dùi dùi dùi dui (Brehm) zi-zi-zi zizizisrrrrrr (del- l’autore) tilo-tilo-tilo chrrrrrr (del- l’autore) zi zi zi zizz (Bechstein) tjue tjueb (Brehm) fit zirr (Brehm) suit suit, critsch, critsch, eirr cirr (Brehm) dîtleo gidadîtleo ( Nau- mann) kgak kgak, kajak kajak (Brehm) ghik ghik (Brehm) ghek ghek, hjak bhjak (Brehm) Vevve, Vevve, ve, ve, ve, ui, ui, u, u (Bernstein) OSSERVAZIONI Le due prime strofe sono piuttosto basse e strillanti, le altre tre alte, strillanti e ac- centate. Le tre prime strofe sono ra- pide; segue la quarta aspra e sonora. La finale è un trillo aspro, lungo, decrescente. La prima strofa ha un suono molle di flauto; la seconda è un trillo dolcissimo in tono più acuto. In tono patetico. DI Il primo canto è acuto, il secondo tintinnante. Le due prime sillabe sono dolci; le due seconde stridule; le due terze aspre. Il tono è molle di flauto. In tono alto e sonoro. In tonò acuto limpido. Le due ultime note sono assai più rapide delle prime. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. UCCELLI 21. Allocco | (Otus sylvestris) 22. Rondone arboreo (Dendrochelidon Klecho) 23. Succiacapre (Caprimulgus Europeaus) 24, Balia (Muscicapa albicollis) 25. Pigliamosche minore (Erythrosterna parva) 26. Usignolo (Luscinia philomela) 27. Pettirosso (Rubecola sylvestris) 28. Saltimpalo (Pratincola rubicola) 29. Passero solitario (Petrocinela cyanea) 30, Tordela (Turdus viscivorus) 81. Tordo comune (Turdus musicus) 32. Culbianco (Saxicola oenanthe) 93, Crateropo (Crateropus leucopygius) 34, Bigia grossa (Curruca orphea) ESPRESSIONE SILLABICA DEL VERSO ui, ui, vump vump (Brehm) ciaffel, ciaffel, cleco cleco (Brehm) OIIT Orrr vutivutivu zizizi (Droitau- mont) tink tink tink ci-da ci-da (Baldamus) vedi pag. 198 bi-lololololozhiiiiî zibiliò zibiliò biziziziiiii (del- l’autore) tékrrr tékrrr tékrrr (del- l’autore) titoloîtio tiîlilili, krr (del- l’autore) to ri tiò tof, to to ri tié, to ri tiò (dell’autore) lo ri ti6, quaquarî, quarf (dell’autore) is bdlieò (dell’autore) 12 garegara gare ghighek gara gara ghera ghe- ra garak; 22 tara taar tarut (Brehm) Jett cerr iruii ra ra ra (Brehm) 219 OSSERVAZIONI Le due prime note sono alte e sonore. I due suoni sembrano emessi negli atti respiratori dell’ ani- male. Il primo accento è forte; il secondo più cupo. La prima strofa produce un suono acuto, melanconico; la seconda scende morendo. Comincia ciascuna strofa ir tono molle, modulato, e finisce con un sibilo aspro, morente. Alcuni elementi del verso sono assai variabili, La prima sillaba di ciascuna strofa s'apre come uno scatto. Tutte le note sono molli ar- moniose, meno l’ ultima che è cupa trillante. Ciascuna strofa ha un suono basso melanconico di flauto. =] La strofa è aspra; e l’ultima cupa, più lunga delle altre. La seconda parte è in tono più alto della prima. 220 UCCELLI 35. Luì grosso (Phyllopneuste trochilus) 36. Cannareccione (Acrocephalus turdoides) 37, Reattino (Troglodites parvulus) 38. Reattino della Luigiana (Thryothorus Ludovi- cianus) 39. Pispola (Anthus pratensis) 40. Pispolone (Anthus arboreus) 41. Ballerina (Motacilla alba) 42. Passera scopajola (Tharrhaleus modularis) 43. Cincia maggiore (Parus major 44, Upupa (Upupa Epops) 45. Piechio muratore (Stitta caesia) 46. Picchio muraiolo (Tichodroma muraria) 47. Rampichino (Certhia familiaris) 48. Colombaccio (Columba palumbus) 49. Colomba d’America (Ectopistes migratorius) L. PAOLUCCI, ESPRESSIONE SILLABICA DEL VERSO OSSERVAZIONI x zieo toîn zieù, zieo toîn Ciascuna strofa è separata zièu (dell’autore) per una brevissima pausa dalla seguente. — Se” dorre, dorre, karre, kar- Tutte le strofe sono acute e re, herr, herr, herr, kai,| gracidanti. kai, harre, kitt (Brehm) mrrrr mrrrr (dell’autore) È una voce aspra d’imita- zione difficilissima, alta più o meno. tullie tullie tullie, err errr vigte vigte, vitt zik zik jik jik tirr tirr (Nau- mann) tîo lîo lilililf tio (dell’au- In tono molle, simile a quello tore) del canarino. quirirî quirirf (Brehm) Sommesso. didideidé (Brehm) stiti sizizidi, sitidn, sitidn (Naumann) hup hup (Brehm) Cupo, gutturale. tiu, tiu, qui qui tirr — (Brehm) du du du duiii (Girtan- Le prime sillabe sono vi- ner) branti; l’ultima più alta di pa- reccchie note. zi zi zi bleuilizi (dell’au- Le tre prime note distinte, tore) rukukuk (Brehm p.) limpide. Sî ripete anche varie volte, ha suono gutturale. cu cu cu (Audubon) In tono cupo. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 221 UCCELLI 50. Tortora d’America (Melopeleia meloda) 51. Francolino di monte (Bonasia sylvestris) 52, Starna (Perdia cinerea) 53, Quaglia dal ciuffo ‘(Lophortyx Californianus) 54. Quaglia (Coturnix communis) 55, Gallina pratajola (Otis tetraa) 56. Occhione (Oedicnemus crepitans) 57. Piviere dorato (Caradrius auratus) 58. Corriere piccolo (Aegialithes minor) 59. Pavoncella (Vanellus cristatus) 60. Beccaccia (Scolapax rusticola) 61. Beccaccino reale (Gallinago scolopacinus) 62. Frullino (Philolimnos gallinula) 63. Verderello (Glottis chloropus) 64. Pittima (Limosa melanura) 65. Monachina (Recurvirostra avocetta) 66. Tarabuso (Botaurus stellariîs) ESPRESSIONE SILLABICA DEL VERSO cu cu li (Tschudi) tii, tii titi diri (Brehm) girrich (Brehm) chilinch (Brehm) verre verre quéquérék (Brehm) terks kerks (Brehm) dich dich dich (Brehm) talud talud talud talud (Brehm) di di dill dill lillil Hill. (Brehm) sce querk vit chivit chi- vit chivit chivit (Nau- mann) prip jurk (Brehm) diep (Brehm) tettettettettet (Brehm) daidl daidl daidl (Brehm) tabie tabie (Brehm) cliu cliu cliu (Brehm) uuprumb buch(Wodricki) OSSERVAZIONI In tono melanconhico, si .ri- pete varie volte. Si modifica spesso tanto nella prima strofa che in fine. Forte e sonoro, In tono fischiante. Le due prime strofe sono co- me un sommesso miagolìo; l’ul- tima formata di tre accenti forti, staccati. Alto e sonoro. Dolce e patetico. Le quattro strofe sono fischi strillanti. La fine della strofa è un fi- schio strillante, Il verso viene emesso volan- do e accompagnato dalle più strane evoluzioni. Il primo accento è fischiante; il secondo sommesso. In tono patetico. In tono cupo forte come di ruggito. 222 L. PAOLUCCI, UCCELLI MSRRRECIO RE OSSERVAZIONI SILLABICA DEL VERSO 67, Idrofagiano giub giub giub (Brehm) Grida alte e sonore, (Hydrophasianus Sinensis) 68. Anatra volpoca tiùiciailiei (Naumann). - (Vulpanser Tadorna.) CapitoLo IV. Canto comune ai due sessi adulti. i’ epoca degli amori fra gli uccelli, per quanto questi siano fecondi, è sempre breve in paragone di tutto il resto dell’anno consacrato al mantenimento dell'individuo. Perciò posta da parte la grande importanza fonetica e fisiologica del verso, esso è sem- pre una stessa e sola espressione psichica; o al più può valere come vedemmo, a due scopi, cioè alla gioia e all'amore. Ci si aggiunga anche, se vuolsi, l’uso del verso per l'educazione dei figli; rimarranno sempre tutte le altre espressioni foniche emesse indistintamente dal maschio e dalla femmina, le quali noi riu- niremo sotto il titolo di canto comune ai due sessi adulti. Quando si rifletta alle leggi che governano l’ esistenza delle specie ornitologiche e la loro evoluzione, sempre in rapporto stretto colle condizioni di suolo e di clima di un paese, talvolta in rap- porto perfino coi fatti più generali e coi fenomeni più grandiosi della geografia fisica e della meteorologia, e quando si tenga conto dell’attitudine degli uccelli a volare si vedrà facilmente come gli atti di relazione fra questi animali debbano essere assai più variati e molteplici di quanto possa credersi a tutta prima. Assai rari inoltre sono i casi di uccelli che conducano vita perfetta- mente solitaria; e dall’abitudine del socialismo scaturisce in ta] caso, a parer mio, la dovizia dei mezzi fonici adoperati per la comunicazione intellettiva. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 223 Il fatto delle emigrazioni periodiche per un grandissimo numero di specie è omai constatato non solo da tutti gli ornitologi, per ciò che riguarda la zona temperata, ma anche nel centro della zona torrida sotto all’equatore (ultimo giornale di Livingstone). E tali emigrazioni generalmente si effettuano dagli uccelli, ora riuniti in strupi che convengono a congrega prima della par- tenza, come accade in quasi tutti i nostri fringillidi, negli stor- nelli, nelle allodole, ecc., oppure in legioni di parecchi individui che si chiamano e si avvisano, specialmente se durante il viag- gio siano sorpresi dagli uragani. Il rapido e straordinario raffreddamento, o viceversa il troppo caldo dei paesi scelti come stabile dimora in alcune epoche del- l’anno, costringono sovente molte specie ad emigrare temporaria- mente dal monte alla pianura. e alle spiaggie, ovvero dai colli coltivi alle ombrose boscaglie. I nemici da cui debbono guardarsi moltissimi uccelli obbligano questi ad una continua vigilanza che si fa indistintamente da uno qualunque dei componenti la compagnia (fringuelli, cincie, merli, allodole), o da qualche prescelto alla vedetta (passeri, storni, corvi, gru). Il contento, infine, l'allegria, il timore, l’ira, il trionfo pos- sono agire indubbiamente come altrettanti stimoli potenti alla estrinsecazione fonica, vale a dire alla produzione di voce con cui gli uccelli vogliono esprimere quell’ allegria, quel timore, quel- l’ira, quel trionfo. Dalle accennate considerazioni pertanto parmi potersi ar- guire che il linguaggio degli uccelli (mi si permetta l’espressione) comune ai due sessi adulti, debba avere un alta importanza psi- chica. Il corredo dei fatti da me raccolti finora e che adduco qui appresso, spero che riescano a confermarlo. Tuttavia pre- metto di non aver potuto trovare in molti casi se non pochis- sime osservazioni altrui, e perciò mi trovai spesso a fronte di gravissimi problemi da risolvere e di serie difficoltà da superare, così per la mancanza di elementi necessari alla giusta inter- pretazione, come per la inaccessibilità di certi esperimenti. Al- 224 L. PAOLUCCI, cune considerazioni pertanto, abbenchè giuste in massima, potreb- bero interpretarsi nella fattispecie diversamente da quello che io ritengo. Ma in tal caso attendo un ulteriore controllo che raf- fermi o smentisca quanto io abbia asserito. Gioverà riunire le diverse voci di cui trattiamo, in alcuni gruppi, secondo la loro etiologia psichica, vale a dire giusta il diverso loro significato. Noi avremo dunque: 1.° Le voci di richiamo. 2.° Le voci di avviso. 3.° Le voci di sorpresa o paura. 4.° Le voci di gioja e tenerezza. 5.° Le voci di angoscia ed ira. 6.° Le voci di convegno o concerti. 1.° Voci di richiamo. Le voci di richiamo sono quelle con cui gli uccelli annunciano reciprocamente la loro presenza, o si invitano a portarsi vicini. Esse sono generalmente semplici, brevi, sommesse, usate tanto dagli uccelli che vivono in piccole turbe nelle siepi, nelle pra- terie, nei boschi, come i pettirossi, gli usignoli, i tordi, i merli, i pispoloni, ecc., quanto da quegli altri che, eccettuata l'epoca degli amori, vivono in grandi e compatte associazioni, come le allodole, gli storni, i corvi. Le voci di richiamo sono quelle più facilmente sentite in ogni epoca dell’anno da chi osserva i costumi degli uccelli liberi in aperta campagna; ma vengono usate più spesso all’ epoca del passaggio. Uscivo a caccia lungo la costa adriatica in un mattino di marzo; l’aria era tiepida e tranquilla; s’ aprivano appena i primi chiarori dell’alba, quando le voci degli uccelli che allora giun- gevano presso la costa, cominciarono a ripetersi con rapidità me- meravigliosa sulla calma distesa delle acque. Era un chiamarsi insistente dei tordi, delle viscarde (Turdus viscivorus), dei merli, che si rispondevano come tante eco sparse a caso per l’aria. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 225 Durante l'emigrazione del finire d’ottobre o del principio di novembre, non è raro che gran numero di uccelli vengano sor- presi nella notte dalla bufera, mentre passano sull’ Adriatico. In quell’ oscurità profonda, sbattuti dal vento e dalla pioggia, essi facilmente smarrisconsi, e allora tu senti i tordi, i merli, le allo- dole, i pettirossi, le pavoncelle, i pivieri, ed anche altri uccelli gridare con singolare insistenza la caratteristica voce del richiamo, e rispondere ed avvicinarsi quando tu imiti i loro trilli, i loro zip, 1 loro fischi lamentevoli. Quasi ogni anno si ripete il caso in Ancona, e nel 1874 fu tanto il numero degli uccelli emigranti sorpresi dalla tempesta presso le nostre spiaggie, che quantità grandissima ne fu raccolta lungo le vie, attirata nella città dalla luce dei fari e dei fanali, ove quelli animalucci desolati venivano clamorosi a battere. È da tutti conosciuta l’utilità che ricavano i cacciatori dall’ uso delle voci di richiamo con cui fanno volar vicini o scendere sui rami di appositi alberi, i nostri uccelli di bosco e di prateria. Col zip e il tac tac s’invitano i tordi, col 2irl i merli, col tic tic i pettirossi, col ?st ist le pispole, col bsiià i pispoloni, col vitié le ballerine, col pio pio le allodole, col finck chiò, finck fink i fringuelli, col trochidchiò i verdoni, col pizpeck i cardellini, col zuffolo viù i ciuffolotti, ecc. Giova avvertire che il richiamo fatto dall’ uomo riesce molto meno o per nulla efficace, allorchè gli uccelli si sono accompa- gnati per la riproduzione. Durante tale epoca l'istinto sessuale spegne infatti la brama della sociabilità, anzi è contrario a que- st’ ultima; e perciò gli uccelli sfuggono piuttosto che accorrere all’invito dei loro simili. Ma sono allora usate in contraccambio voci speciali con cui i maschi chiamano le femmine e viceversa. Tale sarebbe un sommesso pigolio di tenerezza delle quaglie e dell’allodola, un flebile chi dell’ usignolo, un trilletto particolare del fringuello, ecc., le quali voci d’altronde non debbono venire confuse col verso, di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente. Le voci di richiamo rappresentano infine uno de’ mezzi più effi- caci alla formazione e al mantenimento della società di moltis- Vol. XX. 15 226 L. PAOLUCCI, simi fra i nostri uccelletti che vivono abitualmente in stormi. Basta osservare che cosa fanno le allodole, gli storni, i fringuelli, quando si trovano riuniti sugli alberi o meglio girovagano insieme pascolando sul terreno: ogni qualvolta passa sovr’ essi qualche individuo della stessa specie, probabilmente smarrito da qualche stormo cui apparteneva, viene tosto invitato colla voce di richia- mo da qualcuno della compagnia, e subito egli scende a far parte di questa, in seno alla quale viene amichevolmente accolto. Du- rante il passaggio del marzo e dell’ottobre ho visto così raddop- piarsi in poco tempo il numero dei membri d’uno stuolo d’ emi- grazione. E dicasi lo stesso per quegli uccelli che svernano in certe località riuniti in branchi numerosissimi, i quali facilmente possono venire agitati e momentaneamente dispersi dalle insidie del cacciatore. 2.° Voci di avviso. I numerosi nemici da cui sono contornati gli uccelli condus- sero questi ad uno espediente efficacissimo nella continua lotta per la esistenza, rappresentato dall’uso di certe voci speciali con cui si avvisano dell'imminente pericolo. Queste voci sono per lo più adoperate dai maschi, come quelli generalmente prescelti alla vedetta. Sempre brevi e sommesse nei nostri uccelletti cantori, rauche e strillanti in certe specie di grossa mole. La specie di gallo domestico fa sentire delle strida speciali all’apparire di un uccello rapace, e tosto le galline si nascon- dono. Il fringuello posto in sospetto da qualche cosa sconosciuta o intimorito dalla presenza del falco, emette un sibilo acuto, al quale tutto lo stormo che dianzi cinguettava, tosto azzittisce e si dà alla fuga presso la boscaglia più vicina, se giunse l’avviso mentre rimaneva scoperto nel terreno, oppure resta ciascuno im- mobile, muto, rannicchiato fra le foglie degli alberi, ove la turba svolazzava.I passeri procurano di occultarsi con rapidità somma nelle siepi, sui tetti, sotto le capanne, fra i cumuli di pietre, ovunque scorgano un nascondiglio, allorchè uno di loro abbia data l’intimazione del pericolo, con un fischio speciale, basso, guttu- SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. AT rale, trillante, che si ripete due o tre volte. Le rondini che aleg- giano per lo più a fior di terra imboccando gl’insetti, si slan- ciano all'impazzata verso l’alto dell’aria, se una fra esse emette uno speciale accento simile a quello dei passeri, con cui, dicono i cacciatori pratici, fa la spia. Fra le numerose osservazioni originali che resero celebre la grande opera di Brehm sulla vita e i costumi degli animali (l- lustrirtes Thierleben) ho notato quelle assai importanti fatte da lui sulle voci d’avviso che emettono certi uccelli quando vogliono annunciare l'allarme. Egli avverte al sordo st si sibilante del fringuello, al gutturale tellterellte!lltelltell del passero (che per noi Italiani assai meglio potrebbe imitarsi colle sillabe grid griò grid), all’aspro fel tek della capinera (Curruca atricapilla), al sicsale sicse del vannello speronato (Moplopterus spinosus). Io conosceva già da molto tempo l’espressione psichica di sif- fatte voci quando ebbi il piacere di trovare l'opinione del dot- tor Brehm identica alla mia. * Evvi però in tutti i canti d’avviso che ho potuto studiare una caratteristica singolare molto importante, per cui essi distinguonsi da tutti gli altri emessi dagli uccelli. Vale a dire che siffatte — voci d’allarme sono comuni non ad una sola specie, ma a molte, spesso a molti generi, i quali d’altronde possono avere il canto di natura affatto diverso. E tutte quelle specie e tutti quei ge- neri intendono ugualmente l’espressione di quel dato suono con- venzionale. Le voci d’allarme rappresenterebbero dunque una specie di linguaggio comune, originario forse e di altissima im- portanza nella lotta naturale, atteso appunto il fatto speciale della sua espressione intesa al tempo stesso da specie e da ge- neri diversi. Ecco le osservazioni da cui dedussi l’ apprezzamento prece- dente. Il così detto sordino del fringuello comune viene ugualmente espresso e ugualmente inteso fra i passeracei dalle famiglie in- ! A, E. BrEHM, Op. cit. Vol. III, pag. 923. 9928 L. PAOLUCCI, tere dei ciuffolotti (Pyrrhulae, generi: ciuffolotto, verzellino, ca- » narino), dei fringuelli (Fringillac, gen.: fringuello, fanello, lu- cherino), dei frosoni (Coccothraustae, gen.: verdone, frosone), degli zigoli (Emberizae, gen.: strillozzo, zigolo, ortolano). E inoltre, fra gli oscines, da tutti i cantori terragnoli (Humicolae, gen.: usignolo, pettazzurro, pettirosso), dalle sassicole (Monticolae, gen.: codirosso, saltimpalo, culbianco, tordi rupestri), dai tordi (Turdì, gen.: tordo, merlo), dai luì (PhyMWoscopi, gen.: lui, bec- cafichi, canepini), dalle cutrettole (Motacillae, gen.: cutrettola, strisciaiole), dai sordoni (Accentores, gen: passere, scopaiole, sordoni), dalle cincie (Pari, gen.: fiorrancini, pendolini, basettini, cincie codone, cincie vere). Il fischio gutturale, trillante, che abbiamo ricordato nel pas- sero, giova allo scopo stesso quando viene usato dalla passera mattugia (Passer montanus), dal passero montanaro (Petromia rupestris), dal fringuello della neve (Montifringilla nivalis), dal zigolo di Lapponia (Centrophanes Lapponicus), dalle cincie pro- priamente dette, e in tono strillante dalla rondine rustica, dal balestruccio (Chelidon urbica), dal rondone, e probabilmente da altri uccelli che non mi riuscì di osservare a lungo. Il tek tel della capinera l’ho inteso adoperato assai spesso come accento avvisatore dal reattino (Troglodites parvulus) dalle averle. (Land, gen.; averle, enneottoni) e da tutte le specie della famiglia delle silvie (Sylviae, gen.: silvie, occhirossi). Non sono riuscito fino ad oggi a rintracciare altre voci co- muni d’avviso, oltre il siò sé (tipo il fringuello) il griò grid (tipo il passero), il te& tek (tipo la capinera). Ciò non significa. però che non ve ne siano ancora, usate dagli altri uccelli europei e dagli esotici, costituenti gli ordini ricchissimi dei rampicanti, dei levirostri, delle gralle, dei palmipedi, ecc. Bramo che altri possano portare ulteriori e più ampie contribuzioni su questo tema di studî, da me qui iniziati, e che ritengo di considerevole importanza biologica. 3. Voci di paura. Il sentimento della paura assalisce, come gli altri animali, SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 299 anche gli uccelli, quando trovansi nella imminenza del pericolo, e specialmente quelli insidiati incessantemente dall'uomo. Ed esprimono un tale sentimento, emettendo dei suoni particolari, più spesso acuti, ripetuti sovente, vere interiezioni del linguaggio animale. | Gli uccelli fanno sentire tali voci quando siano dispersi da qualche rapace, allorchè vengono sorpresì in viaggio dalla tem- pesta, o se la insaziabile avidità del cacciatore giunga ad assa- lirli nella silente ombra dei boschi o fra le fitte erbe dei prati. Perciò si odono più spesso gli accenti di paura quando gli uc- celli sono costretti a spiccare il volo. Così il merlo e il tordo comune fugati davvicino nelle siepi, costretti a volare dai folti cespugli, emettono una serie di grida brevi, sonore, sempre più acute, che i cacciatori fra noi chiamano sgaggiare. Le quaglie trillano sommessamente allorchè il cane le fuga dalle folte erbe dei prati; le allodole croccolano in modo speciale quando si danno alla fuga, sorprese sul limitare d’un poggio; i cardellini emettono e ripetono con celerità un som- messo pi pih poco prima di fuggire alla vista dell’uomo o di qualche oggetto sconosciuto; nei casi stessi, secondo quanto ri- levai dall’opera di Brehm, la ghiandaja comune grida Keh Kel kreh; quella delle Indie (Urocissa Sinensis) pink pink pink; lo sparviere (Nisus communis) ki ki ki, l’Astore (Astor palumba- rius) un sommesso vie vie, il balestruccio scir scir, l’usignolo un rauco kré, il bigione (Curruca hortensis) rar rar, il beccafico canapino (Hypolais hortensis) un armonioso tek tek terit, il reat- tino d'America (T'Aryothorus Ludovicianus) cie cie cie... tirr tirr, la cincia codona (Orites caudatus) un acutissimo ziriri, la cincia comune pink pink, la cinciarella (Parus coeruleus) ziste- retetet, il torcicollo (Yuna torquilla) scek scek, il cuculo dal ciuffo (Coccystes glandarius) hkerk kerk, la pernice (Caccabis rubra) un dolce e sonoro red, red, scerb, l’otarda adorna del Bengala (Sypheotidis Bengalensis) uno stridulo e ripetuto cich cich, il corriere piccolo (Aegialithes minor) dii, du, dii, rapida- mente ripetuto, la beccaccia un fischiante psip seguito da un 230 L. PAOLUCCI, acuto scecci, la sciabica (Stagnicola chloropus) chirg, cherr, tett, tett, l’oca paglietana (Anser cinereus) kakakak, kakak, kaka- kakakak, il germano reale (Anas boschas) un rauco red reb, la sterna piccola (Sterna minuta) crek kek ripetuti. Tali accenti di paura non assumono una qualche importanza biologica se non quando servono anche come voci di avviso per altri uccelli, e perciò il loro uso è stato molto ristretto dall’e- conomia naturale, specialmente per gli uccelli che vivono lungi dalle insidie dell’uomo. 4. Voci di gioia e di tenerezza. Parlando del verso abbiamo veduto come oltre alla espressione del sentimento amoroso, esso valga ancora a significare la gioia, il benessere, quella specie di felicità insomma che pure dovranno sentire, per quanto possono, gli uccelli, liberi in seno a tutti 1 sorrisi della Natura. Il verso però è una prerogativa dei maschi, mentre l’estimazione della gioia si sente così da questi come dalle femmine. Perciò oltre al verso, vi sono degli accenti comuni ai due sessi, con cui gli animali che ne usano vogliono esprimere il proprio contento. Agli accenti di gioia possono essere uniti quelli di tenerezza, confusi sempre e sostituiti dai primi. Gli accenti di gioia e di tenerezza si odono sovente quando gli uccelli abbiano rinvenuto abbondante dose di cibo, e si trastullino del suo possesso; nelle prime ore del mattino, allorchè s’apre il giorno tiepido tran- quillo e sereno; nelle calde ore d’estate, quando godono l’ombra e la frescura presso qualche corso d’acqua; all’epoca degli amori, allorchè le coppie si sono già date alla costruzione del nido, alla incubazione delle uova, all’allevamento e all'educazione della famiglia novella. Le voci di cui parliamo sono per lo più armoniose, sommesse, e non è raro che rappresentino qualche elemento fonico del verso, se gli uccelli che lo emettono stanno fra i cantori. Una fra le più distinte ed espressive voci di tenerezza e di gioia al tempo stesso, è per esempio quella del fringuello, com- posta di un trilletto breve, dolce, armonico che emettono i | SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 231 maschi intenti all’affettuose cure dei figli. Essa è benissimo avvertita dagli uccellai dei nostri monti Apennini e che la chia- mano morella, e rappresenta il segnale appunto della nascita dei nidiaci. Lo stesso uccello emette pure un accento sommesso ap- pena percettibile, ripetuto con insistenza, quando sia vicino al- l’amplesso. Molte fra le nostre silvie e fra gli uccelletti conirostri gor- cheggiano in maniera speciale, emettendo una serie svariata di vocine interrotte, quando meriggiano appollaiati nelle hbassure della siepe o entro il folto degli alberi. I passeri che alzano voluttuosamente le piume e distendono le penne al sole aprilino, esprimono il loro piacere con un me- lodico fischietto che rammenta la voce infantile. E lo stesso fanno sentire allorchè ruspano e si satollano nei campi di fresco seminati di biade. Le anitre. croccolano di gioia imbeccando i lombrichi fra le fangose acque dello stagno: le galline par che si rammentino di pigolare strette intorno alla premurosa massaia che sparge fra esse la scodella di grano. E di siffatti esempi potrei qui addurre una lunga serie, tratta da numerose osservazioni che ho fatte sulla vita libera e sulla .domesticità di molti uccelli. L’atto biologico però, mutate le circostanze, è sempre della stessa natura e dello stesso valore. Perciò parmi sia sufficiente concludere, come feci nel paragrafo precedente, col dare, mercè l’espressione sillabica, un’idea ap- prossimativa delle varie voci di gioia e tenerezza notate dal ‘ prof. Brehm e da me. La voce di soddisfazione del cacatua è un dolce Xa ka du La ka du; quella di tenerezza del becco in croce (Lozia cur- virostra) un breve e debole gip gip; quella del verdone un dolce erni erni; dello strillozzo tic tic; dell’ortolano Ai ki seguito tal- volta da un brevissimo e dolce pjhù ; dell’oriolo dilov; della ron- dine comune vit prolungato talvolta in videvit; del boccalepre (Muscicapa grisola) vistet; dell’usignuolo tak tak; del pettaz- zurro un-dolce fid fid; del higione di ve ve vi; del pispolone un 232 L. PAOLUCCI, leggero ki Ri; del calandro (Agrodroma campestris) critlin etrlmi ziir; della ballerina un sommesso quiriri; della cincia maggiore civui civui; dell’upupa un sordo queg queg; del rampichino sw srî sì si; del picchio verde (Gecinus viridis) gich gich. chech chipp; della ghiandaia marina (Coracias garrulus) un flebile e acuto kerh krek; della starna un profondo curruc; della quaglia un debolissimo bi-bi-vi; del beccaccino reale diep; del chiurlo maggiore (Numenius arquatus) tvì tvi; del nonnotto (Ardetta minuta) un cupo pumm pumb, espresso nell'atto dell’accoppia- mento; dell’oca tattattattatat; della volpoca tiwiciaivieò (riferito dal Naumann); della sterna piccola Aekerrek Rikerek; del gab- biano comune ek sùrr, ecc. 5. Voci di angoscia e di ira. Spinti dalle insoddisfatte brame sessuali, eccitati nelle lotte in cui si impegnano talvolta con tenacissimo impeto, sofferenti per la penuria del cibo o per i soverchi rigori del clima, emet- tono molti uccelli delle voci con cui esprimono l'affanno o il dolore, ai quali spesso s’unisce il sentimento della stizza, dell’ira, della vendetta. Tali voci sono or cupe, melanconiche, ora alte, gridanti. Come è chiaro ad intendersi, vengono emesse più specialmente e fa- cilmente dagli uccelli battaglieri e da quelli più procaci all’ec- citamento amoroso. | | Il piccione torraiuolo (Columba Livia) tipo di tutti i piccioni domestici, si querela dell’assenza della femmina col suo lamen- tevole gutturale hu Wu hu che viene tosto sostituito dal verso, quando essa gli sia giunta vicina. Quando furenti si azzuffano i passeri nelle lotte sessuali di primavera, e ciechi dalla rabbia si attaccano e si capovolgono al suolo, tu li senti schiamazzare #ell silp dis scile — tell silp dis scilc, fra le strette delle unghie, le beccate e i colpi di ala. Il tordo comune, il tordo bottaccio, la tordela, il merlo, il pettirosso e probabilmente anche altri cantori boscherecci hanno un grido particolare, comune a tutti, rappresentato da un sonoro e alto trtrtrtr, che fanno sentire o quando incappano nelle reti SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 233 e sono raggiunti dalla mano del cacciatore e stretti per le ali, o nel più vivo delle loro battaglie. Il fringuello della neve, secondo Brehm, fa sentire nell’estrema angoscia un pigolio lamentevole. I cardellini che si contendono gli acheni del cardo aggrappati in autunno sulle ciocche di questo, accompagnano le beccate con un rauco e scoppiettante rererere. Racconta Audubon, parlando dell’Agelaio dalle ali rosse (Agelaius phoemiceus): “ Il maschio appalesa tutte le sue tene- » Tezze e il suo coraggio. Vigila ansiosamente la covante com- » pagna, assale con alte strida, che direbbonsi esprimere paura » ©d imprecazioni, qualsiasi estraneo si avvicini, volando auda- » Cemente perfino incontro all’uomo, che forse innocentemente o n inavvedutamente s’avvicina al pacifico ostello. Nel pericolo si » pone sopra un ramo in vicinanza del, nido e manda gemiti » Sì pietosi che soltanto l’uomo senza cuore potrebbe sentirlo » Senza esserne commosso. * ,, Le rondini, secondo anche il Naumann, esprimono con un tre- molante zec zec la estrema angoscia. Il pigliamosche si lamenta con un rauco cè rech tech tech. Il codirossone con un sommesso e ripetuto wt it. Dice Homeyer parlando del tordo acquaiolo che teneva prigione: “ Il suo fine fu commovente. Io l’aveva » preso per imbeccarlo un’altra volta, allorchè intonando un » flebile canto, mi morì in mano. , La passera scopaiola esprime l'angoscia con un limpido di di; la sterpazzola con un vil vik vik emesso rapidamente; il torcicollo preso dall’ira grida som- messo ved ved; la ghiandaja marina re re re o rek. I Pterocli (Pterocles Lichtensteini) si preparano alla lotta minacciando colle voci drod dro dra dre. Il grido guerresco del Sirrapte dell'Asia (Syrraptes paradoxus) viene scritto col polisillabo cricricri&. Le starne si querelano con un sonoro rip rip rip rip. La pavon- cella geme creit creit. Il verderello si duole con uno stridulo cri cri e il chiurlo maggiore con un penetrante creh o crih. L'oca colombaccio (Bernicla torquata) presa dall'ira fischia. La rondine i Vedi E. BrEHM, Op. cit. Vol. III pag. 306. 234 L. PAOLUCCI, di mare si lamenta con un sommesso crech che viene con gran celerità ripetuto nell’aria. I gabbiani accesi di rabbia stridono cherechek ghirr. Le procellarie Karv, ecc. Gli esempi adotti mi sembrano dunque sufficienti per. pa mare che gli uccelli possono usare accenti particolari come espres- sioni dell’ira e dell’angoscia, nel modo stesso che ne usano altri per il richiamo, per l’avviso, per la paura, per la gioia e per la tenerezza. 6. Concerti. Dicemmo come tutte le diverse specie di voce di cui abbiamo. parlato, compreso anche il verso, vengono usate isolatamente per un dato scopo, da un solo individuo, sia desso nidiaceo ov- vero adulto, tanto maschio che femmina. Ma ciò non accade sempre; almeno negli uccelli sociali, o che hanno l’abitudine di riunirsi alla sesta e all’annottare. Fra i costumi di questi vi è la pratica delle congreghe, per le quali può essere scelta qua- lunque ora del giorno. E non sarà inutile ricordare come esempi, ciò che fanno fra noi alcuni conirostri. Nell'autunno eleggono i nostri passeri le fitte piantagioni e le boscaglie, i fort dei fiumi per passarvi la notte. Comincia l’ap- pollaiata subito dopo il tramonto (o anche prima se l'occidente occulti tosto il sole fra dense nubi); giungono i passeri e piom- bano nel luogo prescelto, o isolati o a piccoli strupi; e così se ne adunano perfino parecchie migliaia. Fanno ugualmente i giovani della stessa specie in agosto e settembre, riuniti in branchi numerosissimi presso qualche om- brosa frescura durante le calde ore del giorno. Sul finire dell'estate si riuniscono pure in grandi turbe presso qualche ruscello i cardellini, i verdoni, assieme ai verzelli, agli zigoli, alle passere mattugie. Ora tanto le riunioni diurne e serali dei passeri, come quelle degli altri uccelletti accennati, sono accompagnate da un cica- leccio, da un gran concerto, da uno strepito indescrivibile, pro- dotto dalle voci, dai canti, dalle grida di tutti gl’intervenuti. Lo schiamazzo che fanno i passeri è invero sorprendente e somi- glierebbe da lungi al rumore d’una grande cascata d’acqua. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 235 Ho voluto nascondermi nel più fitto di qualche macchia per osservare davvicino siffatta singolare abitudine. Il chiasso scoppia tutta un tratto, quando la congrega siasi fatta abbastanza nu- merosa. E allora ciascun individuo s’agita di ramo in ramo, si batte col vicino, e quale fa il verso infantile, quale l'adulto, chi stride, chi avvisa colla solita nota trillante, chi geme sotto le beccate dell’inquieto compagno, e da tutta quell’agitazione febbrile, esce uno schiamazzo, un frastuono indescrivibile. Se nel più forte del chiasso ti rilevi con un rumore qualunque dal tuo nascondiglio, lo stormo intero si pone subito in attenzione e im- mediatamente azzittisce, ma per ricominciare poco dopo se tutto torna tranquillo. Accade press’a poco lo stesso per le congreghe dei verzellini che si riuniscono all'ombra durante le calde ore di estate as- sieme ai verdoni, ai cardellini, ecc. Fra essi però non è così tur- binosa l’agitazione, come fra i passeri, e l’assieme delle loro voci risulta meno stonante e sgradevole. Ecco dunque i clamorosi ritrovi che ho creduto distinguere col nome di concerti. Qualunque possa essere il loro scopo, essi ri- velano sempre negli uccelli che li compongono, l’intenzione di emettere delle voci insieme contemporaneamente. Il dottor Brehm, che non accenna agli esempi da me riportati, ricorda invece le riunioni più o meno clamorose di molti altri uccelli. Il pappagallo «notturno della Nuova Olanda (Strigops habroptilus), omai fatto rarissimo, costuma di unirsi in forti compagnie che fanno un rumore assordante. Lo stesso natura- lista rammenta di un tessitore d’Africa (Textor Dinemella) a pro- posito del suo canto, “... uno dei maschi incominciava: tè, ti, terr, terr, terr, zerr, zeh; l’altro rispondeva: gaî, gai, eh, ed un terzo: guik, guik, guk, guk, gheh. Ve ne erano altri che stril- lavano con quanto fiato avevano gi gi gi gù, gheh. Mi pareva di vedere un alveare, chi andava, chi veniva, quasi mi sembrava che tutti i giovani si fossero dati convegno sull’albero, ecc. , Dice il Lenz, parlando degli stornelli comuni: “si raccolgono da molte miglia di lontananza, e verso sera si vedono arrivare "AO 336 L. PAOLUCCI, a frotte da tutte le direzioni. Sulla fine di agosto, quando le canne sono giunte a qualche altezza, lungo i fiumi, i laghi e le paludi, gli stornelli dispersi di giorno in estesi tratti, vi accor- rono a sera a centinaia di migliaia. Volano in fortissimi stuoli, ora radi, ora fitti che sembrano nugoli, scendono qua e là sui prati, nelle canne, e col crepuscolo. vespertino, gridando, stri- dendo, chiocchiando, litigando, recansi al riposo, ecc. , Il Crateropo che vive nei boschi dell’ Abissinia (Crateropus leucopygius), è fra i più singolari schiamazzatori, ed ha per abi- tudine di riunirsi in frotte che gridano in coro in maniera in- descrivibile. Racconta Bates che i Tucani costumano riunirsi in brigate e allora posati sui rami di qualche albero altissimo, cantano in coro. “ Uno di essi, dice il naturalista, posa più alto degli al- tri e sembra dirigere la poco armoniosa sinfonia, gli altri si al- ternano con diverse intonazioni. ,, Le oche e le anitre fra i palmipedi costumano pure, quando sono riunite in turbe, pascolanti sugli stagni, di gridare insieme come se conversassero. Aggiungendo qualche altro esempio a quelli che abbiamo ci- tati, si troverebbe dunque che l’ abitudine dei concerti, meno forse fra i rapaci, si rinviene in tutti gli ordini d’uccelli. Essa è un fatto che richiama già la mia attenzione da molto tempo. Però, per quanto mi sia riuscito osservare nei nostri uccelli in- digeni e interpretare le descrizioni fatte in proposito da altri naturalisti, non ho potuto intenderne nettamente lo scopo. Molte volte parrebbero i concerti l’espressione della gioja, del benessere sentito insieme da tutti gli allegri convenuti. Nei casi in cui il concerto sia prodotto dagli uccelli all’ora e nel luogo del riposo, potrebbe ritenersi a tutta prima che le grida fossero l’espressione dell’ira nella lotta con cui essi si contendono il posto più adatto a dormire. I passeri difatti e gli storni sono in tal caso instancabili a sfidare i vicini. Però non dovrebbe al- lora, come succede, ripetersi il concerto nel momento della sve- glia. Si potrebbe ritenere in fine che siffatti concerti fossero una soddisfazione acustica degli stessi cantanti. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. Dgr Riepilogando dunque ciò che abbiamo trattato nel presente capitolo diremo, come dall’ osservazione portata sui diversi usi che gli uccelli adulti fanno delle voci che posseggono in comune, e sulle varie circostanze atte ad eccitarle, può ritenersi che que- ste voci abbiano un significato così per 1’ animale che le espri- me, come per l’animale che le ode. Il quale significato sarà, se- condo i casi, la manifestazione di uno qualunque dei sentimenti di cui gli uccelli, come animali superiori dotati di un centro nervoso abbastanza sviluppato e complesso, possono essere capaci. CapitoLo V. Voci d’ imitazione. Salvo il rappresentante supremo della serie animale, che collo sviluppo dell’intellisenza educata nel proprio addomesticamento, è riuscito ad aprire un abisso fra sè e il gorilla, non esiste un solo mammifero che abbia il potere, nè abbia mai manifestata l'intenzione di riprodurre coi suoi organi fonici, la voce anche del più vicino parente. Questo è un fatto negativo che ci lascia maggiormente sorpresi, quando consideriamo l’ opposto positivo che si verifica negli uccelli, i quali sono forniti unicamente e talora in grado altissimo della dote di imitare le voci dei loro simili. E possiamo dire fin dapprincipio che tale imitazione si fa, ge- neralmente parlando e per quanto essa si effettua sopra voci di altri uccelli, in maniera perfettissima. Tantochè il più delle volte non si'riesce a distinguere l’ accento proprio della specie da quello imitato da un’altra. Chi si è presa la cura di studiare i costumi e la vita degli uccelli deve essere pienamente persuaso di ciò. Sono moltissime le osservazioni che constatano l’attitudine imitativa degli uccelli pel canto. Le doti del Pappagallo passate in proverbio sono talmente co- 238 L. PAOLUCCI, nosciute da tutti che parmi qui inutile doverle ripetere. Avver- tirò soltanto che varie specie di Psittaci manifestano il potere dell’imitazione fonica anche allo stato libero, senza l’educazione data loro dall'uomo; la quale d'altronde conduce l’attitudine di questi singolari uccelli all’ imitazione delle parole, il che è un fatto fuori del tema nostro. Noi intendiamo più specialmente della imitazione fonica che avviene fra gli uccelli spontanea- mente, e che per questo può ritenersi di qualche valore nella biologia ornitologica. Dopo i pappagalli, potremo tuttavia ricor- dare, come ripetitori più o meno capaci della parola, i corvi, gli storni, le gazze, le ghiandaie. Il più noto fra gli uccelli cantori imitativi, li chiameremo così, è la comune Calandra (Melanocorypha Calandra), tenuta in gab- bia dagli amatori per siffatta abilità. Il canto proprio della spe- cie è breve e poco significante. Ma a ciò supplisce il potere imi- tativo realmente meraviglioso; anche se si riflette alla perfezione con cui essa ripete le voci e il verso degli altri uccelli. L’ho sentita molte volte cantare l’intera battuta del fringuello, la strofa del rondone, gli accenti del passero e i trilli del merlo, e tante altre voci con una fedeltà propriamente scrupolosa. Il padre di Brehm, scrive in una lettera al conte Gourey, che una calandra da lui tenuta prigione imitava o in parte o per intero il canto della rondine, del tordo bottaccio, del cardellino, della quaglia, della cincia maggiore, del verdone, del fanello, della pan- terana, della cappellaccia, del fringuello, del passero, del picchio e dell’airone, oltre un'infinità di canzoni imparate da cantori a lui ignoti. Ecco quanto ne dice maestrevolmente anche il Cetti, riportato da Brehm.' “ Quanto la calandra eccede le altre al- lodole in mole, altrettanto le supera essa in valore e talento al canto, e non solo supera le allodole, ma può contrastare in que- sto merito con qualunque uccello più rinomato. La naturale me- lodia della calandra è un cicaleccio di non molta soavità, ma quanto entra per quelle orecchie, tutto si fissa in quella fanta- ' Op. cit. Vol. III, pag. 281. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 239 sia, e tutto si ripete da quell’armoniosa bocca. In campagna la calandra è un eco di tutti gli uccelli, e quasi basta udirla per udirli tutti; gridi di rapaci, voci di striduli, arie di canori, tutto tiene in acconcio, di tutto fa essa incetta e tutto prodiga sospesa in aria, intrecciando senza fine mille vezzi, arpeggi, gor- gheggiamenti, salti, tirate. Posta alla scuola dell’organetto, non vi è discepola la quale uguagli la perfezione, la rapidità e 1’ e- stensione dei suoi progressi; piglia fedelmente quanto le si mo- stra, e dentro poco tempo diviene essa medesima un organetto vivente, soave, vigoroso, infaticabile. , .Il merlo è forse dopo la calandra l’ uccello che manifesta la più lata capacità nello apprendere e riprodurre i suoni che sente ripetuti. Ciò dimostrano i merli che si allevano da nido e dai quali non è raro sentire delle intere canzonette. Quel che pos- seggo in casa, allevato già da dieci anni, apprese con bastante esattezza il canto della panterana, il verso del passero solitario e del codirossone, qualche strofa dell’usignolo e alcune battute di una polka e della marcia reale. Tutto quanto insomma ebbi cura di insegnargli, oltre ciò che imparò da sè, fra cui v'è per- fino lo strano rumore prodotto dal girare di uno sportello che sente aprirsi ogni mattina. Oltre la calandra, sono abili imitatrici dell’altrui canto alcune sue cugine, cioè l’allodola dal ciuffo e la panterana, che librate al- tissime in aria si odono mescolare armoniosamente al canto pro- prio gli accenti del passero, del cardellino, del fringuello, del fanello, ecc. Tra i cantanti imitatori più comunemente sentiti e più abili, conviene anche ricordare due specie di bigiarelle o sterpazzole (Curruca Orphaca, C. nisoria) e il beccafico canepino (Hypolais hortensis). Nell'ora che si abbandonano al canto, salgono per lo più sugli alti e sfogliati rami delle siepi e delle boscaglie, e lì gaudenti al caldo sole d’estate, tu li odi gorgheggiatori instan- cabili, chè sembra vogliano riepilogare in un sol verso 1 vari ac- centi della cincia, del fringuello, del cardellino, della rondine, dell’usignolò. 240 L. PAOLUCCI, I trattatisti ricordano fra gli uccelli esotici dei cantori abi- lissimi nella imitazione. Il tordo beffeggiatore dell’ America (Mi- mus polyglottus) ritenuto dall’Audubon per il re dei cantori, tiene fra essi il primato. Brehm, sulla fede di Gerhardt e di Wilson, dice di quest’uccello: “le canzoni variano coi luoghi. Nel bosco il mimo poliglotto imita gli uccelli silvani, presso le abitazioni va intercalando nel suo canto tutti quei suoni che si odono presso i cascinali, il chiocciare delle galline, il gracidare delle oche e delle anitre, il miagolare dei gatti, l’abbaiare dei cani, il gru- gnire dei maiali, e non basta, lo stridere delle banderuole, il cigolare delle porte, il rumore che fa la sega, il mulino, e cento altri rumori imita colla più sorprendente naturalezza. Talvolta gli animali domestici ingannati da certi suoi gridi si veggono in sussulto; il cane s'alza precipitoso credendo udire nel sonno il fischio del suo padrone, la chioccia si dispera sentendo il pigo- lio che fanno i piccini quando sono in pericolo, i timidi volatili domestici si spaventano sentendo il grido del falco, il gatto in- namorato si guata inutilmente d’intorno in cerca della gatta della quale gli parve di udire l’amoroso invito. ,, Anche l'uccello lira (Menura superba) è maestro nell’unire al canto proprio, altre voci; oltre i garriti degli altri uccelli, vi intese il Becker l’abbaiare dei cani, lo stridere della sega, le risa dei coloni, il pianto dei bambini ripetute da un individuo della specie che aveva preso stanza presso un’ officina nella con- tea di Gippsland. Termineremo gli esempi, ricordando fra gli uccelli che spie- gano l'attitudine di produrre voci imitate, oltre quelle proprie alla loro specie, un ittero dell'America Meridionale (Zeterus Za- macati), i Cacico (Cassicus cristatus), il Mimo degli Indiani (Gra- cula musica), 1 oriolo, l’averla piccola (Lamius collurio) il pet- tazzurro, il codirosso spazzacamino (Ruticilla Titys), il saltimpalo (Pratincola rubicola), il codirossone, il re delle siepi d’America (Iryothorus Ludovicianus), il forapaglie (Calamodus phragmitis). Naturalmente si intende che il potere dell’imitazione fonica negli uccelli è in rapporto sempre colla struttura dell’apparec- SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 241 chio vocale; vale a dire che la loro loquacità simulata si spinge fino a quel punto in cui lo permette la natura dei suoni che possono essere prodotti da' una data laringe. Ciò spiega come il canerino apprende più che altro con facilità la canzoncina del- l’organetto che ha un colore di tono molto simile a quello della sua voce naturale. E mi ricorda l'esempio dei due zigoli capineri (Passerina melamocephala) citato altra volta, di cui uno tentò l’imitazione del verso del suo cugino ortolano (Emberiza hortu- lana) e vi riuscì a meraviglia, mentre l’altro riprodusse molto sgarbatamente la battuta del fringuello che canta con timbro di voce assai differente da quello delle Emberizae in genere. Però ciò non esclude il concorso dell’intelligenza, la quale vi debbe pure avere una parte grandissima. La tendenza alla imitazione mi sembra il principio psichico che desta negli uccelli la volontà di ripetere le voci che odono. Talvolta, come nel caso del canerino, potrebbe anche concorrerci la capacità di concepire l’armonia musicale e di gustarla. Tale altra dovrà l'imitazione fonica mirare a un qualche scopo bio- logico finora ignoto. L’abitudine di cui si parla noi la vediamo spiegata, eccezione fatta dei pappagalli, soltanto nel vasto ordine dei passeracei (secondo la classificazione di Cuvier), a cui appartengono tutti i cantori. E fra tutte le famiglie nostrane, quelle che si distin- guono per ciò maggiormente sono gli Alaudini, le Umicole, le Silvie. Nel resto di tutta la lunga serie ornitologica non sono riuscito a trovarne esempio. Ciò verrebbe a dire che seppure vi ha davvero nei canti di imitazione un qualche effetto nella scelta naturale, questo è di assai poca importanza. E diremo in fine come il canto proprio degli uccelli imitatori è il più delle volte breve, ingrato, insignificante. Per quanto al- meno riguarda le specie che ho potuto sottoporre ad esame. In ogni modo la dote singolare di cui abbiamo qui brevemente parlato ci appalesa fra gli uccelli un elevato grado d'intelligenza e di mnemonica. Bastano talvolta pochissime lezioni perchè il pap- pagallo ci ripeta la frase, il merlo l’arietta, il canerino la canzone. Vol, XX. 16 242 L. PAOLUCCI, E spesso l'imitazione si fa improvvisamente fedele, completa, perfetta. È tanta la passione con cui vi si abbandonano talvolta i leggiadri artisti, che li ho sentiti ripetere nel sogno quanto avevano prima ascoltato e imparato. CapitoLo VI. Corrompimento e rigenerazione fonetica nel canto degli uccelli. Conclusione. Le molte e accurate ricerche fatte in questi ultimi anni, dacchè la glottologia è salita nel rango delle grandi scienze, così sulla origine e lo sviluppo come sulla vita e il decadimento degli umani linguaggi, hanno confermato che la favella dell’uomo è un prodotto naturale, proporzionato alla sua maggiore o minore intelligenza, il quale si svolge, si perfeziona e decade, come si svolge e decadé una forma fra gli esseri organizzati. E perciò le leggi della evoluzione di questi ultimi scoperte e confermate dai Darwinisti e dagli Heckeliani, possono molte volte applicarsi per spiegare la genesi delle lingue e dei dialetti. Ora per quanto ristrettamente possano considerarsi le varie voci usate dagli uccelli come un mezzo della comunicazione in- tellettiva fra essi, vale a dire come un linguaggio, noi riteniamo che certe leggi fondamentali inerenti allo sviluppo del linguaggio umano, siano pure applicabili al canto degli uccelli. Ciò potrebbe argomentarsi da molti fatti esposti nei capitoli precedenti che trattano dei suoi elementi fonici e del loro uso. Però gioverà aggiungerne qualche altro che trovi più direttamente riscontro su quanto è stato detto per i linguaggi dell’uomo. Il Max Miiller, e molti altri con esso, rintracciano le cause principali del mutamento che subisce una lingua, in due agenti continui che sono il corrompimento e la rigenerazione fonetica. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 243 I loro effetti sovra le eliminazioni e le neoformazioni di una lingua viva, troverebbero quasi riscontro nelle eliminazioni pel non uso e nelle neoformazioni pel nuovo uso che accadono in- cessantemente nella evoluzione delle specie in zoologia e in bo- tanica. Cosicchè un linguaggio dietro queste considerazioni po- trebbe ritenersi per una entità vivente, come vive e si trasforma una pianta e un animale. Ora per quanto riguarda le voci degli uccelli, noi abbiamo potuto scorgere in esse tanto il corrompimento quanto la rige- nerazione fonetica. E perciò riteniamo che possano tramutarsi e corrompersi e rigenerarsi come accade in un linguaggio. Il primo avviene sotto un impulso accidentale fortuito, ovvero in conse- guenza di mutate condizioni biologiche; la seconda dipende dal- l'efficacia nell'uso di nuovi suoni; entrambi hanno per regola- trice e limite la struttura degli organi vocali, e inducono muta- menti lievi nella natura delle voci di una stessa specie, ovvero danno il colorito, cioè la tempra alle diverse voci degli uccelli di una stessa famiglia. Prima di passare alla esposizione di fatti che riguardano quanto abbiamo enunciato, giova avvertire che sebbene questi possano ritenersi generali, pure non si riesce a studiarli se non quando emergono in modo da poter venire apprezzati e sottomessi al- l’analisi. Perciò non abbiamo potuto accertarli se non studiando il verso dei più abili cantori. I mutamenti fonetici che acca- dono in una specie quando questa non possiede che poche e brevi voci, ci sono per la loro fugacità inaccessibili. Il corrompimento dunque e la rigenerazione fonetica comin- ciano ad agire nel canto d’una specie inducendo delle differenze foniche fra il verso di un individuo e quello di un altro. Così attentamente ascoltando l’espressione amorosa dell’ortolano, del pettirosso, della cincia, ho potuto avvertire che esso varia lie- vemente in diversi maschi della stessa specie: non è riprodotto sempre con eguale fedeltà nel movimento, nel tempo, nell’ al- tezza, nel timbro. Se tale cambiamento è minimo, esso si spegne colla morte 244 L. PAOLUCCI, dell’individuo che l'aveva prodotto. Se invece è distintamente sensibile può fissarsi nei figli. E in tal caso avverasi il fatto singolare che una data specie di cantore indigeno di un paese, possegga un verso differente da quello della stessa specie di un altro paese. Viene a crearsi, per dir così, due o più dialetti in cui si smembra il linguaggio primitivo della specie. Gli esempi che posso addurre in proposito si riferiscono al co- mune fringuello e all’allodola dal ciuffo. Sanno i nostri cacciatori che i fringuelli i quali hanno sta- bile dimora nell'Appennino, posseggono nella loro battuta una strofa speciale che giova a distinguerli dagli altri nidificanti nella regione delle colline o presso l'Adriatico. Accenna Bechstein, ‘ parlando dei fringuelli che tanto si estimano in Turingia, al verso di quelli che vivono nei boschi di Hartz, i quali perciò differiscono dagli altri dei dintorni di Rouhl, delle montagne di Voigtland, di Langfeld, dell’Austria, ecc. In quanto alle allodole dal ciuffo racconta Homeyer che il canto di quelle che incontrò in Spagna, differiva grandemente dal canto delle allodole di Germania e di altri paesi. Io stesso ho notato fra le allodole delle nostre colline e quelle delle mon- tagne centrali d’Italia una differenza spiccata nel canto. La rigenerazione fonetica conseguente al corrompimento è poi un mezzo naturale di somma importanza sullo sviluppo e sulia vita di un linguaggio, per cui questo assume una somma di ca- ratteri propri, sufficienti a dargli una propria fisonomia e 2 staccarlo così da tutti gli altri, anche da quelli a lui vicini, con cui ebbe in comune la origine. In tal modo le lingue sorelle sono assai bene distinte fra loro, sebbene una serie grandissima di vocaboli e una stessa impalcatura grammaticale le avvicini e ne faccia conoscere la unica emanazione di una lingua madre. Ora la stessa rigenerazione e lo stesso corrompimento fonico, sebbene in grado sommamente inferiore e più semplice, noi ri- teniamo che abbiano agito e agiscano sui canti delle diverse fa- 1 Manuel de l’amateur, ece. SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 245 miglie ornitologiche, istituendo fra essi così certi confini, come certe somiglianze, certe affinità, certe parentele. Non vogliamo dire con ciò che le voci degli uccelli possano paragonarsi davvicino ai linguaggi dell’uomo; ma crediamo che in quanto si è dimostrato essere queste voci dei mezzi elemen- tari di comunicazione intellettiva, agiscano pure fra esse quelle stesse leggi generali che valgono per la favella umana. La serie insomma delle voci di una specie ornitologica, le quali rappresentano il canto di quella specie, può trovare una gradazione di somiglianze foniche con una serie di altri canti, coi quali rivela perciò una parentela più o meno stretta e vicina. Nel modo stesso che a rintracciare la parentela vera fra due lingue, giovano anzitutto le investigazioni etimologiche, con cui si trovò ad esempio nel sanscrito il latte succhiato dalla prima infanzia di moltissime lingue europee, piuttosto che le somi- glianze superficiali e talvolta accidentali di nomi, di aggettivi, di verbi, così è il timbro della voce di vari canti d’uccelli, e più specialmente del verso se sono cantori, che deve condurci alla ricerca della consanguineità di tali voci, invece del movimento musicale, della durata e dell’altezza delle note espresse. Seguendo dunque le traccie del timbro armonico, il quale dà la fisonomia al canto di una specie, cerchiamo di addurre qualche esempio sulla parentela dei vari linguaggi adoperati dagli uccelli. Fra i tracheofoni o gridanti sceglieremo i corvidi. In tutte le specie da me conosciute, cioè nel Corvus corax, C. Corone, C. Monedula, C. Pica, C. Glandarius, ho sempre avvertita la voce dello stesso timbro aspro, rauco, strisciante, che non potrebbe mai venire confusa cogli accenti strillanti e trillanti dei rapaci diurni, colle voci quasi sibilanti dei laridi, con quelle gutturali di moltissimi palmipedi. Nella lunga serie dei cantori ove i confronti di cui parliamo possono farsi con assai maggiore facilità e certezza di quello sia fra i tracheofoni, notiamo già a tutta prima una differenza mar- 246 L. PAOLUCCI, catissima fra le voci dei conirostri e quelle dei fissirostri e dei tenuirostri. In quest’ultimi dominano gli accenti molli, tenuti, melodici; nei fissirostri invece le voci brevi, trillanti; nei coni- rostri un miscuglio più o meno armonico di voci aspre, molli, acute o anche trillanti, ma giammai prolungate come quelle dei tenuirostri. E se da tale differenziamento istituito fra interi ordini di uccelli, ci facciamo ad un’analisi più minuta, potremmo benissimo distinguere fra i conirostri le voci dei passeres, delle fringillae, delle emberizae, dei parus, delle alaudae; fra i fissirostri quelle delle hirundines e dei cypseli; e fra i tenuirostri quelle dei turdi, delle humicolae, delle sylviae, delle motacillae. In tutte le voci di ciascuna di queste famiglie si scorge una singolare somi- glianza, e talvolta, trattandosi dello stesso genere, distinguonsi soltanto da qualche accento speciale e da qualche sfumatura di tono, come avviene fra l’Alauda pratensis e VA. calandrella, fra il Parus ater e il P. caudatus, fra il codirossone e il passero solitario, fra la Sylvia atricapilla e varie altre sterpazzole, fra il Turdus piuaris e il T. iliacus, fra le specie europee di balle- rine, ecc. | Dalla somiglianza pertanto delle voci degli uccelli, la quale si fa gradatamente più stretta, via via che scendiamo dagli or- dini, ai sottordini, alle famiglie, ai generi, alle specie, noi pos- siamo in certo qual modo stabilire la parentela dei linguaggi ornitologici. E ciò facendo ci avvediamo che alla genealogia dei canti degli — uccelli, corrisponde la genealogia delle specie. Per cui lo studio delle voci di questi animali è da tenersi in gran conto anche nello stabilire i metodi naturali di classificazione, poichè esso potrebbe condurci in qualche caso alla esatta conoscenza della consanguineità di due specie, forse meglio dei caratteri desunti dall’anatomia. Valga ad esempio la passera lagia (Petronia stulta). Quest’uccello venne dagli ornitologi considerato fino a quest’ul- timi anni appartenente alla tribù delle Loziae, tenendo calcolo delle forme del corpo e più specialmente della configurazione SULLE VOCI DEGLI UCCELLI ECC. 24.7 del becco. Oggi è giustamente compreso fra i passeres (Brehm, Salvadori), ai quali è somigliantissimo nella forma del canto, mentre perciò si stacca affatto dal verdone, dal frosone, dal ciuffolotto. Seguendo dunque il tramite dell’evoluzioni organiche, noi dob- biamo concludere che lo studio comparativo delle voci degli uc- celli potrebbe essere un importante tributo alla costruzione del loro albero genealogico. Qui finiscono le nostre ricerche sul canto degli uccelli, colle quali, analizzata la loro struttura, visti i loro rapporti fonici, riconosciutone il valore intellettivo, abbiamo voluto dimostrare: I.° Che essi stanno a rappresentare fra questi animali una forma rudimentale di linguaggio, giustamente paragonabile, come ha fatto il Lussana, al linguaggio delle interiezioni che costitui- scono il materiale formato primitivo e più semplice della favella umana. II° Che il loro scopo biologico serve insieme agli altri e assai più efficacemente di molti altri, o nella lotta per la esi- stenza come è del canto dei nidiaci e delle voci comuni ai due sessi adulti, o nella lotta sessuale come è del verso e di molti accenti imitativi. E noi bramiamo che altri possa presentare ulteriori e più vasti studî sopra un tema il quale può recare ancora importan- tissime contribuzioni alle dottrine degli evoluzionisti, di cui ha tanto progredito la scienza moderna. ELENCO DEI LIBRI PERVENUTI IN DONO OD IN CAMBIO ALLA BIBLIOTECA SOCIALE NELL'ANNO 1877. PUBBLICAZIONI PERIODICHE DI SOCIETÀ ED ACCADEMIE SCIENTIFICHE. Italia. Attî della R. Accademia delle Scienze di Torino. — Torino, 1876, 8.° Volume XIÎ, disp. 1-5, Bollettino dell’Osservatorio della R. Università di Torino. — Torino, 1877, 4° Anno undecimo. Bullettino Meteorologico dell’Osservatorio del R. Collegio Carlo Alberto în Monca- lieri. — Torino, 1876-77, 4°, Vol. X, N. 8-12; Vol. XI, N. 1-12. Rendiconti del Reale Istituto Lombardo di scienze e lettere. Milano, 1876-77, 8°. Se- rie II, vol. IX, fase. XVIII-XX. Vol. X, fasc. I-XVIII. Memorie del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. Milano, 1877, 4°, Serie III; Vol. XIII, fase. III. i Atti dell’ Ateneo di scienze, lettere ed arti di Bergamo. Bergamo, 1877, 8°, Anno 2.° disp. 12. Commentari dell'Ateneo di Brescia per l’anno 1877. Brescia, 1877, 8°. Memorie dell Accademia d’ Agricoltura, Arti e Commercio di Verona. Verona, 1877, 8°, Vol. LIV della Serie II, fasc. II. Atti dell’Accademia Olimpica di Vicenza. Vicenza, 1876-77, 8°, Vol. IX, I. Seme- stre 1876; Vol. X, 2° sem. 1876 e 1° sem. 1877. Atti della Società Veneto-Trentina di Scienze naturali, residente in Padova. Padova, 1876, 8°, Vol. V, fasc. 1, Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti. Venezia, 1875-77, 8°, To- mo II, Serie 5°, dis. 10. Tomo III, disp. 1-9. Atti dell'Ateneo Veneto. Venezia, 1876-77, 8°, Serie II, Vol. XII, punt. V. Vol. XIII, punt. I-III. Vol. XIV, punt. I-II. Bullettino della Associazione Agraria Friulana. Udine, 1876-77, 8°, Nuova Serie, vo= lume IV, N. 10-12, Vol. V, N. 1-11. LIBRI IN DONO, ECC. 249 Giornale della Società di Letture e conversazioni scientifiche di Genova. Genova, 1877, 8°, Anno I, fasc. 1-10. Annuario della Società dei Naturalisti in Modena. Modena, 1877, 8°, Serie II, An- no X, fase. IV, Anno XI fasc. 1 e 2. Rendiconto delle Sessioni dell’ Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. Bolo- ‘ gna, 1877, 8°. Memorie dell’Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna. Bologna, 1877, 4°, Se- rie III, Tomo VII, fasc. 2,3. Tomo, VIII, fasc. 1, 2. Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna. Concorso ai premi Aldini. Bologna, 1877, 80, Atti della Società Toscana di scienze naturali, residente in Pisa. Pisa, 1876, 8°, vo- lume II, fasc. 2°. — Verbali delle adunanze 14 gennaio, 14 marzo, 6 maggio, 1 lu- glio 1877. Bullettino della Società Entomologica italiana. Firenze, 1876-77, 8°, Anno VIII, Tri- mestre IV, Anno IX, Trim. I-III. — Resoconti delle Adunanze 31 dicembre 1876 e 7 marzo 1877. Atti della R. Accademia dei Fisiocritici di Siena. Siena, 1877, 4°, Serie III, Vol, I, fase. VII. Atti della R. Accademia dei Lincei. Roma, 1877, 4°, Anno CCLXXIV, 1876-77. Se- rie 3°. Transunti, vol. I, fasc. 1-7. Bollettino del E. Comitato Geologico d'Italia. Roma, 1876, 8°, N. 11-12. — 1877, nu- mero 1-10. Rendiconti della R. Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli. Na- poli, 1876-77, 4°, Anno XY, fasc. 9-12. Anno XVI, fase. 1-10. Atti del Reale Istituto d’Incoraggiamento alle scienze naturali, economiche e tecno- logiche di Napoli. Napoli, 1876, 4°. 2% Serie. Tomo XIII, XIV. Novi GrusePPE. Relazione de’ lavori Accademici del E. Istituto d’ Incoraggiamento alle scienze naturali, economiche e tecniche di Napoli, nell’anno 1876. — Napoli, 1877, 40 Annali della stazione agraria di Caserta, annessa all'Istituto agrario della Provin- cia di Terra di Lavoro. Caserta, 1877, 8° Anno V, 1876, N. 5. . Al Picentino, Giornale della Reale Società economica di Salerno. Salerno, 1876-77, 8°, Anno XIX, fasc. 10-12. Anno XX, fase. 1-9. 1 Giornale ed Atti della Società di Acclimazione e Agricoltura in Sicilia. Palermo, 1876, 8°, Vol. XVI, N. 1-12. Vol XVII, 1877, N. 1-6. Giornale della R. Commissione di Agricoltura e Pastorizia per la Sicilia. Palermo, 1877, 8°, Serie VIII, Vol. I, fasc. 1-2. Francia. Bulletin mensuel de la Société d’acclimatution. Paris, 8°. 3€ Série: Tome III, 1876, N. 11, 12. Tome IV, 1877, N. 1-11. Bulletin de la Société botanique de France. Paris, 8°. Tome XXI. Session extraordi- naire è Angers. Tome XXII. Index. Tome XXIII, 1876, Comptes-Rendus, 3,4; Re- 16 250 LIBRI IN DONO, ECC. vue bibliogr. C-E ; Session mycologique è Paris; Session extraordinaire è Lyon; Index. Tome XXIV, 1827. Comptes-Rendus, 1; Revue bibliogr. A-B. Bulletin mensuel de la Société Linnéenne du Nord de la France. Amiens, 8°, 62 An- née, 1877, Tome III, N. 55-63. Société nationale des Sciences naturelles de Cherbourg. Compte-Rendu de la séance extraordinaire tenue par la Société le 30 décembre 1876, è l’occasion du 25° an- niversaire de la fondation. Cherbourg, 1877, 8°. Mémoitres de lu Société des sciences physiques et naturelles de Bordeaux. Paris, 1877, 8°. 2° Série, Tome II, ler Cahier. | Bulletin de la Société d’études scientifiques de Lyon. Lyon, 1874, 8°, N. 1, 2. Annales de la Société d’ Agriculture, histoire naturelle et arts utiles de Lyon. Lyon, 1876, 8°, 4e Série. Tome 8e (1875). Bulletin de la Société d’histoire naturelle de Toulouse. Toulouse, 8°, 10° Année (pa- gine 169-210); lle Année, le livr. Revue Savoisienne, journal publié par la Société florimontane d’ Annecy. Annecy, 4°, 17e Année 1876, N. 12; 18e Année, 1877, N. i-11. Belgio. Bulletins de î Académie royale des sciences, des lettres et des beaux-arts ‘de Belgi- que. Bruxelles, 1875, 8°, 44e Année (2° Série, Tome XL). Société entomologique de Belgique. Bruxelles, 8°, Comptes-Rendus, II Série, N. 32-43. Annales de la Société entomologique de Belgique. Bruxelles, 8°. Tome 19€, 1876, 3 fasc.; Tome 20€, 1877, 1e-2e fasc. Procès-verbaux de la Société malacologique de Belgique. Bruxelles, 1876, 8°. 2 juil- let, 6 aoît, 3 sept., 1 octobre, 5 nov, 3 déc. 1876. 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Genève 1876- 17, 4°. Tome XXV, le partie. FAVRE ALPHONSE. Rapport du Président de la Société de Fhysique et d’ Histoire na- turelle de Genéve pour la période annuelle du 31 mai 1876 au 1 juin 1877. Genè- ve, 1877, 40. Mémoires de l’Institut national genèvois. Genève, 1877, 4.0 Tome XIII. Bulletin de la Société des sciences naturelles de Neuchatel. Neuchatel, 1877, 80, To- me XI, ler cabier. Germania. Leitschrift der deutschen geologischen Gesellschaft. Berlin, 1876-77, 8.° Bd, XXVIII, Heft. 3, 4; Bd. XXIX, Heft. 1-3, Verhandlungen des botanischen Vereins der Provinz Brandenburg. Berlin, 1876, 8°, 13 Jahrg. drchiv des Vereines der Freunde der Naturgeschichte in Mecklenburg. Neubranden» burg, 1876, 8°, 30 Jahrg. Sitzungs=Berichte der naturwissenschaftlichen Gesellschaft Isis in Dresden. Dre- sden, 1876-77, 8°, Jahrg. 1876, Juli bis Decemb. J. 1877, Januar bis Juli. 252 LIBRI IN DONO, ECC. Sitzungsberichte der naturforschenden Gesellschaft zu Leipzig. Leipzig, 1875-77, 8°, Jahrg. 1875, N. 1-10; Jahrg. 1876, N. 1-9; Jahrg. 1877, N. 1. Bericht tiber die Senckenbergische naturforschende Gesellschaft, 1876-17. Frankfurt a. M., 1877, 8°. Jenaische Zeitschrift fiir Naturwissenschaft. Jena, 1877, 8°, XI Bd. (Neue Folge, Bd. IV) Heft. 1-3. Notizblatt des Vereins fiir Erdkunde. Darmstadt, 1876, 8°, III Folge, XV Heft. ea der Physikal-medicin. Gesellschaft in Wireburg. Wurzburg, 1877, 8°. Neue Folge X Band, 3, 4 Heft. XI Band, 1, 2 Heft. 54er Jahres-Bericht der Schlesischen Gesellschaft fiir vaterliindische Cultur fiir 1876. Breslau, 1877, 80, Mittheilungen der Vereinsfiir Erdkunde zu Halle a. S. 1877. Halle, 1877. 8°. Correspondenz-Blatt des zoolog. mineralog. Vereins in Regensburg. Regensburg, 1876, 8°, 30e. Jahrg. Sitzungsberichte der math. phys. Classe der K. bayer. Akademie der Wissenschaf- ten în Minchen. Minchen, 1876-77, 8°. Bd. VI, Heft, III; Bd. VII. Heft. I. Abhandlungen der Mathem.-physik. Classe der K. bayer. Akademie der Wissenschaf- ten. Minchen, 1876, 4°, Bd. XII, Abth. III. DoLLINGER J. Rede in der òffentl. Sitzung der K. MES der Wissenschaften. Miinchen, 1873, 4°. Bericht (24°) des Naturhistorischen Vereins iu Augsburg. Augsburg. 1877, 8°. Stitzungsberichte der phys.-medicin. Societùt in Erlangen. Erlangen, 1877, 8°. Heft. 9. Austria-Ungheria. % Verhandlungen der K. K. geologischen Reichsantalt. Wien, 4°. 1876, N. 11-17 ; 1877 N. 1-10. Jahrbuch der K. K. geologischen Reichsanstalt. Wien. 4°. Jahrg. 1876, XXVI, Band. N..3, 4; Jahre 1901. XXVIL BIN: Abhandlungen der K. K. geologischen Reichsanstalt. Wien, 1877, 4°. IX Band. Verhandlungen der K. K. Zoologisch-botanischen Gesellschaft in Wien. Wien, 1877, 8°. XXVI Bd. 8°, Jahrg. 1876. Schriften des Vereins zur Verbreitung naturwissenschaftlicher Kenntnisse in Wien. Wien, 1877, 8°. XVII Bd. Jahrg. 1876-77. Mittheilungen der anthropologischen Gesellschaft in Wien. Wien, 1876-77, 8°- Band, VI, N. 5-10; Band, VII, N. 1-6. : Berichte der naturwissenschaftlich-medizinischen Vereines in Innsbruck. Innsbruck, 1876, 8°. VI, Jahrg. 1875, 2e Heft. Mittheilungen aus dem Jahrbuche der K. ungarischen geologischen Anstalt. Buda- pest, 1876, 8°, Bd. IV, Heft 3, 4; Bd. V, Heft 1; Bd. VI, Heft 1. Termésgetrajzi Fiizetek, etc. (Fascicoli di Storia naturale del Museo Nazionale un- gherese a Budapest). Budapest, 1877, 8°, Elsé Kétet, I-IV Fiizet. Verhandiungen und Mittheilungen des Siebenbiirgischen Vereins fiir Naturwissen- schaften in Hermannstadt. Hermannstadt, 1877, 8°, XXVII, Jahrgang. LIBRI IN DONO, ECC. 253 Atti e Memorie dell’I. R. Società Agraria di Gorizia. Gorizia, 1876, 8°, Anno XV, nuova serie, N. 12. L’Amico dei Campi. Periodico mensile d’agricoltura ed orticoltura della Società Agra- ria in Trieste. Trieste, 1876-77, 8°, Anno XII, N. 11-12; Anno XIII, N. 1-8, 11. Russia. Bulletin de l’Académie imperiale des sciences de St. Petersbourg. 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Istituti scientifici monde Ra Seduta del 29 Aprile 1877 Bilancio consuntivo dal 1 Gennaio al 31 Dicanta 187 6. Bilancio preventivo per l’anno 1877 P. PAVESI, Dei meriti scientifici del defunto socio TR comm. Paolo Panceri I F. Mask, Atto di unione tra le sei coni nr (o del Tartaro e le piante femminili del lago superiore di Mantova dello Stratiotes aloides (Linn.) C. BeLLOTTI, Note ittiologiche. S-Auta del 5 Agosto 1877 A. Vira. Notizie sulla Doryphora dia G. OmBonI, Le marocche, antiche morene mascherate da frane . P. CASTELFRANCO, Stare 0 ‘dell'Isola dei Ouissi ST Lago di Pusiano, e sepolture di Montorfano presso Como . 28 49 53 61 63 65 31 260 INDICE. G. CATTANEO, Sulla produzione di microfiti nell’ interno delle ova (tavola 1.5) .0 ul «ATA C. Parona e B. Grassi, Sovra alcune mostruosità di uova di gallina (tavola 2.) . . . Mione. a, L. PaoLucci, Sulle voci degli uccelli in i‘ prio alla fisiolo- w gia e alla biologia . . . 227 TE Elenco dei libri pervenuti in dono AL in pasti alla Bi- blioteca sociale, nell'anno 1877... .. Rea 'SUNTO DEI REGOLAMENTI DELLA SOCIETÀ, Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso degli studi relativi alle scienze naturali. I Socj sono in numero illimitato, effettivi e corrispondenti. I Socj effettivi pagano it. L. 20 all’anno, in una sola volta, nel primo tri- 100 re dell’anno. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno quelli dimoranti nel Regno d’Italia), vi presentano le loro Memorie e Comunica- zioni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. | A Sogj corrispondenti si eleggono persone distinte nelle scienze naturali, ie quali dimorino fuori d’ Italia. — Possono diventare soc)j effettivi, quando sì assoggettino alla tassa annua di lire venti. — Non sono invitati partico- larmente alle sedute della Società, ma possono assistervi e presentarvi o ‘'arvi leggere delle Memorie o delle Comunicazioni. — Ricevono gratuita- mente gli Atti della Società. La proposizione per l’ ammissione d’ un nuovo socio deve essere fatta e firmata da tre socj effettivi. I Socj effettivi che non mandano la loro rinuncia almeno tre mesi prima della fine dell’anno sociale (che termina col 81 dicembre) continuano ad es- sere tenuti per socj; se sono in ritardo nel pagamento della quota di un anno, e, invitati, non lo compiono nel primo trimestre dell’anno successivo) cessano di fatto di appartenere alla Società, salvo a questa il far valere i suoi diritti per le quote non ancora pagate. . Le Comunicazioni, presentate nelle. adunanze, possono essere stampate fogli Atti o nelle Memorie della Società, per estratto o per (RG secondo la loro estensione ed importanza. | La cura delle pubblicazioni spetta alla Presidenza. Agli Atti ed alle Memorie non si ponno unire tavole se non sono del » degli Atti o delle HEeoso stesse. chè li domandino a Va dei membri della na. TEREZA fegolare ricevuta. Ù i ; i i tao i .