ATTI DELLA - SOCIETÀ ITALIANA — SCIENZE NATURALI. Vo Eb ME-XXT, pag ANNO 1878, | Con Li ed una Carta geologica. nisi MILANO, TIPOGRAFIA BERNARDONI DI C. REBESCHINI E C. 1879, A rx Po Pa STE. Mido "i SL, ì > Cz aa " si Sert fora & 4 n i 4 ns "a . A ba, LI ia ti hh sè sa * pes s a. a iS ved - » Pad si n vi O ina, LTL SARI CIRO Pysc DT AMISIO\DI Cai copert 3 TI e de i nea questa. i AT di a degl gina per 3° pag esi, zia DER Bei cì de lhi Mage
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EM PSTSE EGO SPP 3 Armille di filo. , A PR O ERE AIA 2 i rat A ae een 8 È 2 Uatenollo \.-. (i. Pi ae DE 1 Oggetti indeterminati . "PRETI cui RIT 2 2 4 Totali | 26| 4| 4|{ 1) 5| 2 I 24|23|17)| 106 La tabella I serve ad indicare la frequenza di certe categorie di oggetti in confronto di certe altre, in ognuna delle stazioni perlustrate. La cifra 0 significa che non sì trovò in una data stazione alcun oggetto della natura indicata in margine; l 7 in- dica gli oggetti unici od eccezionali; il 2 gli oggetti rari; il 3 gli oggetti frequenti; il 4 quei frequentissimi; il 5 la sovrabbon- danza spiccata e caratteristica. La tabella II suddivide i bronzi (vi comprendo anche le forme da fusione) in 16 categorie. I numeri nelle finche indicano quanti bronzi di ogni specie si siano rinvenuti in ogni stazione, Nella 499 i P. CASTELFRANCO, penultima colonna sono riuniti i bronzi provenienti dalle paludi intorno ai laghi. i A meglio documentare la tabella II ne ho pure formata una III nella quale è segnato in quali musei pubblici o collezioni private si possono esaminare le 16 categorie di bronzi accennate nella stessa tabella IL Questi quadri sono certamente imperfetti, non essendo io riu- scito a vedere tutte le collezioni ove si conservano oggetti di bronzo delle stazioni varesine, ma, per quanto imperfetti, li ritengo sufficienti a darci una idea abbastanza precisa della ric- chezza relativa delle varie stazioni. La tabella I dimostra che laddove i cocci di stoviglie sono ab- bondanti, lo sono pure le ossa e i denti di animali, e che laddove mancano le ossa, come nelle palafitte di Monate, i semi e le frutta ne tengono il luogo con la medesima abbondanza relativa. Per cui dalla maggiore o la minor frequenza delle stoviglie di- pende la maggior o la minor frequenza delle ossa e delle frutta (cioè di quanto serviva alla alimentazione). Così pure, laddove abbondano le scheggie di selce abbondano pure le freccie; e, dove scarseggiano quelle, scarseggiano del pari anche queste. Osserviamo pure che le due palafitte di Bodio (Keller) e la più grande delle due di Cazzago (Ponti II) sono di gran lunga le più ricche. Quella del Maresco (Desor) viene poi. Le freccie di selce sono numerosissime a Bodio centrale, ancor numerose al Gaggio eda Cazzago grande, rare od eccezionali in tutte le altre stazioni. Si noti bene che non tutti i punti di una medesima stazione danno uguale quantità di selci; su certi spazi le scheggie man- cano affatto o sono rade, mentre invece le stoviglie, su per giù, sono ugualmente abbondanti su tutta l’area della stessa stazione Il Maresco. che è pure una stazione non delle meno ricche, scar- seggia di frecce e quindi di scheggie, mentre le stoviglie e gli avanzi animali, senza essere così abbondanti come nelle altre tre principali stazioni, sono però frequenti. °° 5? Non so perchè lo Stoppani dicesse che il Maresco (Desor) gli sembrava una vera fabbrica di terraglia (Rapporto sulle ricerche, ecc., loc. cit., pag. 431). E un fatto LE STAZIONI LACUSTRI DEI LAGHI DI MONATE E DI VARANO. 423 È da notarsi che, mentre al Maresco la proporzione tra le stoviglie e le selci non è più quella stessa del Gaggio e di Bo- dio, si conserva però ancora la medesima tra i cocci e gli avanzi animali. Ne viene di conseguenza che gli abitanti del Maresco, mentre seguivano il medesimo metodo di vita quanto alla ali- mentazione, non si dedicassero con uguale attività come a Bodio ed al Gaggio alia fabbricazione delle freccie; per cui ritengo che gli abitanti del Maresco si contentassero di fabbricare quelle poche cuspidi che loro occorrevano pel proprio uso, mentre quelli del Gaggio e di Bodio fabbricavano anche pel commercio. Dalla maggiore o minor frequenza di delle freccie su tale o tal altro punto della palafitta si può argomentare dove fossero le capanne dei migliori artefici. I fratelli Giorgetti, i più noti e più esperti pescatori delle palafitte varesine, hanno designato col nome capriccioso di Giardino pubblico un certo luogo della pa- lafitta di Bodio, verso il largo, dove le freccie si raccolgono più abbondanti e più belle. Ed ho esperimentato anch'io la verità di questo fatto. Qualunque sia però la maggiore o la minor perfezione del la- voro delle freccie, si tratti pure di freccie finite, di abbozzi o di scarti, appartengono tutte ad un tipo unico ®* salvo qualche ac- che al Maresco le stoviglie sono di gran lunga più abbondanti degli altri oggetti ma non lo sono poi come a Bodio ed al Gaggio. Un’ ora di lavoro non interrotto, al Maresco, mi ha sempre dato in media da 1 a 2 chilogrammi di cocci, mentre nello stesso spazio di tempo, a Bodio o al Gaggio, ne ho sempre ottenuto da 5 ad 8 chi- logrammi. i 53 A, ANGELUCCI, Le palafitte del lago di Varese. Torino, 1871, pag. 18, fig. 2. C. MARINONI, loc. cit., tav. II, fig. 1-8, 13 e 14. I. REGAZZONI, loc. cit., tav. IV, fig. 11-15. % Io non classificherei tra le cuspidi di freccia le così dette cuspidi a mandorla (ANGELUCCI, Le armi di pietra donate da S. M. ece., pag. 18), a mandorlo (REGAZ- ZONI, p. 38, tav. IV, fig. 1 e 2), 04 ovalari (MARINONI, p. 21, fig. 2). Anzitutto riesce talora difficile distinguerle dagli abbozzi (REGAZZONI, confr. tav. IV, la fig. 3 e la fig. 5); d’altronde le mandorle perfette (che sono rarissime) sembrano qualche volta più accuratamente finite e ritoccate verso la base convessa (REGAZZONI, tav. IV, fig. 1), dimodochè la parte più acuminata, anzichè punta di cuspide diventerebbe il calcio di altro arnese. Il Marinoni (op. cit., pag 20 e 21) avrebbe rilevato che le cuspidi ad alette sono generalmente di selco grigio scura, e le selci ovalari invece più generalmente oliva- De 494 P. CASTELFRANCO, cidentale eccezione ’* così quelle del lago di Monate, come quelle del lago di Varese. Nelle paludi invece le freccie sono tutte di tipi variati,)” non mai abbozzi nè scarti, ma sempre cuspidi finite. Ritengo quindi che le freccie che si ‘rinvengono nelle paludi fossero perdute a caccia anche da uomini di varie altre tribù, oltre che da quelle che abitavano nelle stazioni lacustri dei due laghi. Nei laghi di Varese e di Monate gli oggetti di bronzo sono scarsissimi; dalla tabella I risulta che sono rari in cinque pala- fitte, eccezionali in altre cinque, e che finora non se ne rinven- nero nelle altre. Risulta pure che le palafitte più ricche di altri oggetti sono pure quelle nelle quali si rinviene il maggior nu- mero di bronzi, fors’ anco perchè più lungamente esplorate. | Tutto sommato quindici stazioni lacustri e tutte le paludi dei dintorni diedero in totale 106 oggetti di bronzo. Fra le sedici serie enumerate nella tabella II è indubitabile che le fibule, alcuni aghi crinali, tutte le armille, è braccialetti, le ca- tenelle e qualche altro oggetto indeterminato non vanno ascritti all’età del bronzo ma bensì alla prima età del ferro, ed anzi qual- cuno al secondo periodo di Golasecca, °° epoca in cui comincia ad apparire la scrittura. È notevole che la maggior parte di questi oggetti della prima età del ferro, indicati dagli autori come rin- venuti nelle paludi e nelle torbiere, sono ricoperti da patina verde identica a quella dei bronzi provenienti dai sepolcri di Gola- secca.” I bronzi che si cavano dallo strato umido della torba non stre 0 bionde. Duolmi di non essere del parere suo: la selce olivastra e la bionda e la grigia (più o meno scura) e Za nera e ben anco la rossa'(se i miei occhiiîlmon mi hanno ingannato) servì a foggiare indifferentemente le selcî ovalari e le freccie ad ulette. 54 Mia collezione. 55 C. MARINONI, loc. cit., tav. VI, fig. 3 è 4. I. REGAZZONI, loc. cit., tav. IV, fig. 7. Ed altri tipi nella mia collezione. 56 Si confronti la fibula pubblicata dal Regazzoni, tav. VII, fig. 2, con le analoghe da me fatte conoscere (Due periodi della prima età del ferro, ece. nel Bullett. di Pal. it. Anno II, tav. III, fig. 25 e 26) come provenienti dalle più recenti fra le tombe della necropoli di Golasecca. 57 Osserva anche il Gross nella descrizione dei bronzi della tomba di Auvernier (KeLLER, VII Rapporto, p. 3°): « Tous les objets en bronze étàient recouverts de cette belle patine verte caractéristique des bronzes recueillis dans les Tumulus >». tI Letti SRI ST n. * , e” - - LE STAZIONI LACUSTRI DEI LAGHI DI MONATE E DI VARANO. 425 hanno mai la patina verde, e conservano il color rosso del rame come quelli provenienti dal lago. °° Avrei quindi dovuto escludere dal prospetto circa una trentina di quei bronzi, senonchè ho vo- luto lasciarveli figurare perchè altri paletnologi pigliarono argo- mento dai ritrovamenti fatti nelle paludi per dedurre che nel- l’età del bronzo l’uomo delle palafitte si estendesse particolar- mente nelle vicine torbiere. °° Ora, lo ripeto, di questi bronzi di terra ferma nessuno forse si riferisce all’età del bronzo nè al po- | polo delle palafitte, ma bensì alla civiltà dell’età susseguente, la quale, da quanto risulta dagli studii più recenti, ha una origine molto diversa. °° Il totale dei bronzi dell'età delle palafitte varesine, dietro questo ragionamento, da 106 dovrebbe quindi ridursi a meno di 70, ma ammettendo pure che nel compilare quel prospetto io non sia venuto a conoscere un certo numero di bronzi esistenti in collezioni a me ignote, sussiste sempre il fatto che i pezzi ca- ratteristici di bronzo provenienti dalle palafitte nostre arriva ap- pena al centinaio. Ora, 100 pezzi, in confronto dei 4000 rinvenuti | nelle sette stazioni del solo lago del Bourget, ®' non sono certa- mente una gran cosa, ma pure basta il fatto della loro presenza nelle nostre stazioni lacustri perchè si possa cavarne alcune utili deduzioni. °° 58 È molto probabile che quei bronzi a patina verde, anche per le loro forme di- versissime da quelle dei bronzi del lago, siano stati rinvenuti in vere tombe consimili a quelle di Golasecca. Tali tombe sarebbero state scavate nella terra vegetale sovra- | stante agli strati torbosi, ma l’averle rinvenute nell’ occasione dei lavori per cavare la torba può aver fatto dire che tali fibule provenivano dalle torbiere; non credo però che provenissero dagli strati torbosi. 59 I. REGAZZONI, loc. cit., p. 86. C. MARINONI, loc. cit., p. 47. 60° L. PIGORINI, Le abitazioni lacustri di Peschiera. Estratto dagli Atti della R., Ac- cademia dei Lincei, Anno CCLXXIV, Roma, 1877, pag. 17. P. CASTELFRANCO, Fi- bule a grandi coste e ad arco semplice, nel Bullett. di Pal. it. Anno IV, pag. 58. 61 E. CHANTRE, Age du bronze, ecc. Vol. II, p. 202. 5° Due stazioni possono essere coeve e non essere ugualmente ricche di bronzi. Le cause di tale maggiore o minor frequenza possono essere varie, quali, per esempio, la popolazione più o meno ricca, più o meno industriosa, le comunicazioni più o meno facili coi centri di produzione del metallo, ecc. Si noti inoltre che 7a massima parte dei bronzi del Bourget sono riferibili alla 1.* Età del ferro, ed altri al pieno sviluppo del- VEtà del bronzo, mentre pochissimi sono quelli da attribuirsi all'alba di quella civiltà» 426 P. CASTELFRANCO, 6 Stoppani,°° Ranchet,°* Marinoni,°° Regazzoni,°° ammettono in A sostanza che il popolo delle palafitte si fosse stabilito sui nostri | laghi quando ancora si trovava nell’età della pietra, e che solo | verso la fine della sua esistenza, e per poco tempo, venisse a co- noscere il bronzo, e le prove che ne danno è l'abbondanza degli | oggetti di pietra e la scarsità di quelli di bronzo. Vediamo anzitutto che valore abbia quest’ abbondanza degli oggetti di pietra. Frattanto i coltellini di selce (all’ eccezione del- l’Isolino, dove li troviamo frequentissimi) scarseggiano in tutte le stazioni dei due laghi meglio esplorati. Le freccie abbondano in tre sole stazioni e si trovano eccezionalmente nelle altre do- dici. Ho già cercato di dimostrare che in quelle tre stazioni vi fossero degli artefici distinti i quali sembravano avere per prin- cipale occupazione la fabbricazione ®” delle cuspidi silicee, e che ne producevano in tal numero da bastare non solo ai bisogni del | povero villaggio loro, ma ben anco da fornirne per un commercio di cambio con altre tribù. Quelle freccie di Bodio e del Gaggio sono così belle, così perfette, così ben equilibrate in tutte le loro | parti che dovevano essere desideratissime, non solo dai miseri | selvaggi di quei tempi, ma lo sarebbero state anche dai soldati etiopi dell’esercito di Zerse, i quali, nel 480 av. C., secondo narra Erodoto,°* adoperavano freccie armate di cuspidi. silicee, | mentre le nazioni indiane avevano cuspidi di ferro. La ragione dell'abbondanza delle freccie, limitata dunque a tre sole stazioni, mentre altre palafitte, poco meno ricche di sto- viglie scarseggiano di selci, non sembra già più che possa aver: gran peso per farci ritenere che da noi l’uomo edificasse le sue abitazioni lacustri durante l’età della pietra e che solo molto più tardi venisse a conoscere il bronzo, quando per tuti gli altri 63 Ai STOPPANI, Rapporto sulle ricerche, ece., loc. cit., p. 433. i 64 G, RANCHET, Le scoperte all’Isolino, nella Cronaca varesina del 18 agosto 1878, . N.° 33. 65 C. MARINONI, op. cit., pag. 52. 66 I. REGAZZONI, op. cit., pag. 47. 67 J. EVANS, op. cit., pag. 42. 68 Eroporo, Libro VII, cap. LXIX, LE STAZIONI LACUSTRI DEI LAGHI DI MONATE E DI VARANO. 427 | caratteri le quindici stazioni dei nostri laghi risultano evidente- _ mente coeve. Sta il fatto che nessuno ha mai creduto che nell’aurora del- l’età del bronzo l’uomo abbandonasse ad un tratto l’uso delle armi e degli utensili litici, ed è comune opinione che, per un certo tempo, continuasse a valersi insieme della pietra e del metallo; per cui non dovrei forse insistere molto su questa verità piena- mente ammessa come tale dalla generalità dei paletnologi, non escluso l’egregio prof. Regazzoni.°° Senonchè ad assicurare questo punto che finora non si è mai abbastanza fatto spiccare (o del quale non s'è mai tenuto il conto necessario), e per meglio dimo- strare la contemporaneità dell'uso degli istromenti litici e dei metallici (e fors' anco fin dall’origine delle palafitte varesine), è necessario che aggiunga alcuni schiarimenti di fatto, a rischio magari di ripetere cose già note. Si osservi bene che fra i 106 oggetti di bronzo già citati non fisura alcuna cuspide di freccia; or bene, o si ammetta che giunto all’età del bronzo l’uomo abbandonasse l’uso dell'arco, e allora che istromento adoperava per colpire a distanza? o conservò quel- l’arme, ed allora mi si conceda che si valesse ancora di quelle belle cuspidi silicee, così perfette, così ben equilibrate. Altro ar- gomento che toglie valore all’abbondanza delle freccie silicee per provare l’età della pietra. Così, per esempio, è un fatto che nelle terremare, ove il mas- simo numero delle armi è in bronzo (ed è logico sia così, poichè la maggior parte di quelle stazioni appartiene, probabilmente sin dalla fondazione, al pieno sviluppo di quella civiltà), si trova ancora un certo numero di freccie silicee. Non vi mancano però (mentre difettano tra noi) cuspidi metalliche: “ Poche però, sono le cuspidi di freccia (in bronzo) ..... prevalendo ancora, sebbene rare esse pure, le cuspidi di selce., ?° E poi le freccie vanno maggiormente soggette a perdersi, e 89: toc. cit., p. 78: 7° P. STROBEL e L. PIGORINI, Le terremare e le palafitte del Parmense, loc, cit., pag. 107. 428 - P. CASTELFRANCO, dovevano quindi essere preferite le punte di pietra, che ad un operaio abile dovevano costare relativamente pochissima fatica," a quelle di metallo che nell’aurora dell'età del bronzo do- vevano essere costosissime. Per la medesima ragione anche le cuspidi di giavellotto o di lancia dovevano frequentemente fab- bricarsi con la selce; "* pure, siccome le lancie ed i giavellotti non si perdono con tanta facilità quanto le freccie, riesciva na- turalmente più utile fabbricarle col metallo; epperciò noi troviamo nelle palafitte 17 cuspidi di lancia o di giavellotto in bronzo, in confronto di un numero relativamente piccolissimo di analoghe cuspidi litiche. E queste 17 cuspidi, meno una o due, sono rotte, come vedemmo, nella parte che doveva assicurarle all'asta, per cui si perdettero accidentalmente, nè furono gettate via dal pos- sessore. La cuspide di pietra invece, guasta che fosse, o mal riu- scita durante la lavorazione, si gettava via, costando minor fa- tica il rifarne un’altra che non rimettere la prima in buono stato. La cuspide di bronzo no; la si accomodava, ‘° o la si gettava nel crogiuolo per rifonderla."* | Allo stesso modo potevano usarsi contemporaneamente le azze di pietra e quelle di bronzo, le prime per gli usi comuni, le se- conde per la guerra o le caccie pericolose; le prime dai più po- veri della tribù, le seconde dai più sperimentati guerrieri e dai capi. Ho potuto esaminare la punta di uno dei pali ultimamente scoperti nel sottosuolo dell’ Isolino dal diligentissimo signor Walter K. Foster, e risulta a parer mio che quella punta è stata formata adoperando un arnese di pietra, azza o scarpello che sia. Pos- seggo d’altra parte nella mia collezione alcuni pali delle terre- 74 J. EVANS; Op. cit., p. 25 e 41. 72 C. MARINONI, op, cit., tav. II, fig. 15 e 16 (?). I. REGAZZONI, op. cit., tav. IV, fig. 20 e 21. | 73 V. a pag. 412 la descrizione di una cuspide di lancia accomodata, appartenente al signor ingegnere Giuseppe Quaglia. 74 Che nelle palafitte varesine si fondesse il bronzo lo provano le forme da fu- sione rinvenutevi, due a Bodio (REGAZZONI, tav. VI, fig. 18-21), una all’ Isolino (RE- GAZZONI, p. 131). ARE LODI PRI TE 0 TOTTI E 9 n SITE Mr, E n FP T © i pri SPOTT i aria LE STAZIONI LACUSTRI DEI LAGHI DI MONATE E DI VARANO. 429. mare dell'Emilia; 7" questi furono tutti indubbiamente appuntiti con arnesi metallici, ma non è da farne le meraviglie quando sì | pensi al progresso maggiore della civiltà in quelle stazioni. Questa sola ed unica punta di palo dell’Isolino "° non basta dunque a provar nulla nè pro nè contro, se si ammette l’uso contempo- raneo delle azze di pietra e di quelle di metallo, e si rifletta che il fortunato possessore di un bellissimo coltello-ascia non avrà certo voluto adoperarlo ad un lavoro così volgare come quello di | aguzzare un palo, mentre sappiamo quanto fosse il culto che gli antichi guerrieri, anche nel medio evo, avessero per le proprie armi da guerra, e come un nonnulla, nella mente loro, bastasse a disonorarle. La tabella II ci fa conoscere che ben ventiquattro ami di bronzo sono provenienti dalle palafitte ed uno solo dalle paludi, ed è ben naturale che si sia pescato con la lenza in un lago più che in un pantano. Ne viene però la conseguenza che se togliamo. dal nostro conto gli oggetti metallici rinvenuti nelle paludi, i bronzi delle palafitte si riducono a 71, e 24 di questi sono gli ami, i quali diventano così di gran lunga l’arnese più comune. S' aggiunga a questo che sinora, ch’io sappia, nessun amo di pietra o d’osso è mai uscito dal lago nè dalla palude, per quanto dili- genti siano state le ricerche di tutti gli egregi paletnologi tante volte citati; quanto ad ami di legno non mi risulta che alcun popolo ne abbia mai usati. Gli ami dovevano dunque sempre es- sere di bronzo, anzitutto perchè poco costosi a cagione del pic- colo loro volume, e, finalmente, perchè con la pietra o con l’osso riesce troppo difficile fabbricare vantaggiosi arnesi da pesca. An- che qui porrei dunque il dilemma: O prima dell’ età del bronzo 75 Di Castione e di S. Ambrogio. 76 Ebbi campo, dopo la lettura di questa Memoria, di osservare altre punte di pali ultimamente estratte dal sottosuolo dell’Isolino mercè gli scavi ivi continuati con molta premura dai signori Ranchet e Regazzoni. Quei pali, a me e ad altri dei visitatori convenuti nell’ Isolino il 26 settembre 1878, sembrarono essere stati aguz- zati taluni col fuoco e la pietra, e taluni col bronzo. Per cui le ultime scoperte ven- nero ancora a rafforzare i dubbi miei e consigliare un nuovo esame dell’ardua qui- stione, 430 P. CASTELFRANCO, non si pescava con la lenza, o al primo suo apparire sui nostri laghi l’uomo delle palafitte adoperò ami di bronzo. Le stoviglie, più o meno rozze che siano, non sono un dato sufficiente a determinare l’età precisa di una stazione. Ho ten- tato dimostrare questo asserto in altro mio lavoro.” Dirò inoltre aver osservato nelle stazioni di Monate che solo i cocci più rozzi avevan traccia di quella crosta organica accennata nella descri- zione di quelle palafitte; non mai invece ho potuto notarla nei cocci più fini; per cui sono d’avviso che stoviglie d’impasto più o meno rozzo s'adoperassero contemporaneamente, le une per: gli usi della cucina, le altre per usi meno comuni. — E con ciò si spiegherebbe anche qui la maggior abbondanza delle rozze sto- viglie in confronto delle altre. Passiamo ad un altro ordine di idee. I paletnologi svizzeri s'erano sempre affaticati invano a cer- care le tombe del popolo delle ioro palafitte. Dal canto nostro non sappiamo ancora qual fosse il modo di sepoltura del popolo delle palafitte lombarde nè delle terremare. Il 23 gennaio del 1876, dopo tante ricerche, una scoperta inaspettata è venuta, quanto alla Svizzera, a colmare in parte la lacuna. Intendo parlare della tomba di Auvernier, scoperta sul lago di Neuchatel in una vigna rimpetto alla palafitta lacustre dello stesso nome."* Or bene, quella tomba conteneva, oltre le ossa ed altri oggetti, due azze di serpentino, associate a otto oggetti di bronzo: una perla, un anello, un ago crinale, due paja di braccialetti ed un pendaglio."? La presenza di due azze di pietra in una tomba fornita di 0g- setti di bronzo non implica di necessità che quelle azze si ado- perassero contemporaneamente a questi. Anzi è rimarchevole che le azze della tomba di Auvernier sono forate ambedue verso il margine del calcio, quasi si fossero portate appese al collo per qualche superstiziosa idea, allo stesso modo che qualche monta- 77 P. CASTELFRANCO, I Merlottitt. Atti della Soc. it. di Sc. nat., Vol. XVII, fasci» colo IV. 78 F. KELLER, VII Rapporto, loc. cit., p. 36. °9 Ipem, Ivi, tav. XXII, fig. 1, 2, 6, 7,9 e 13. LE STAZIONI LACUSTRI DEI LAGHI DI MONATE E DI VARANO. 431 naro dell’ Appennino porta sul petto, accanto alle medaglie be- ‘nedette, una freccia silicea che lo deve preservar dal fulmine e ‘da parecchi altri pericoli. La tomba di Auvernier non dimostra quindi menomamente l’uso delle armi di pietra nell’ età del bronzo, ‘ma è bene ricordarsi che ad Auvernier, tomba e palafitta, si ri- . feriscono, non all’aurora dell’età del bronzo, ma bensì alla prima î apparizione del ferro, il così detto Bel dge du bronze degli Sviz- . zeri francesi. Ora può darsi che durante la lunga civiltà del bronzo ‘si sia abbandonato l’uso delle azze di pietra (se non di tutti gli i arnesi litici). Ho voluto parlare della tomba di Auvernier solo per | mostrare che l’unica tomba che si possa attribuire, senza alcun dub- è bio, al popolo delle palafitte, non è però della età della pietra, e che lascia quindi ancora intatto il problema nostro. i Neppure la fauna delle palafitte varesine è quella dell'età i della pietra. Vi troviamo ®° il cane (canis familiaris o camis lu- pus), il cervo (cervus elaphus), il capriolo (cervus capreolus), la capra (capra hircus), il montone (ovis sp.), il bue (bos brachy- . ceros e forse dos domesticus), il porco (sus scropha palustris), il | cavallo (?) (Equus sp.) e il Sus scropha ferus (?). Le terremare . hanno le medesime specie, meno il castoro (per ragioni di loca- lità) e più il bos primigenius il quale però vi è scarsissimo. La fauna delle palafitte svizzere invece è molto più ricca. Nelle più antiche stazioni, come Wauwyl e Moosseedorf, (reputate sinora | dell’età litica) abbondano maggiormente molti animali selvaggi *' che non si rinvengono mai nelle nostre palafitte, mentre nelle | più recenti, come a Nidau (reputate dell'età del bronzo) predo- | minano invece i mammiferi domestici, con l’identica fauna delle stazioni varesine. Ed oramai è tempo di esaminare la questione più dall'alto. Con altre basi di studio il Bertrand, *’ il Chantre, ** il Pigo- 8° C. MARINONI, op. cit., p. 48. $i L. RirimevER, Untersuchung der Thierreste aus den Pfahlbauten der Schweiz, | p. 31 e seguenti. 2? A. BERTRAND, Archéologie celtique et gauloise. Paris, 1876, p. 33. °° E. CHANTRE, Etudes paléoethnologiques dans le bassin du Rhéne, Tomo II, pa- gina 299-301. st. tette. peg Po 432 P. CASTELFRANCO, rini,°* arrivano alle conclusioni che la civiltà dell’età del bronzo ci sia venuta dall’Oriente, e che il corso del Danubio fosse una delle vie per cui giungesse nell’ Europa centrale col mezzo less affluenti suoi principali. Il Pigorini (confrontati lungamente i rapporti tra le seni zioni delle terremare dell’ Emilia e delle palafitte di Peschiera con quelle contemporanee di altri paesi) osserva che gli oggetti di bronzo “ che sono identici nell’ Ungheria e nelle terremare, si mo- dificano e scompariscono col distendersi verso l’ovest o verso il nord, e si arrestano all’Appennino”’ , e che la zona occupata da questa civiltà dell'età del bronzo coincide con quella occu- pata dalle palafitte. Il Pigorini definisce i limiti di quella zona: “queste due maniere di costruzioni (le abitazioni lacustri e le palafitte fuori dei laghi), che in sostanza ci rappresentano un solo sistema, al sud dell'Europa le vediamo appena nell’Italia settentrionale dal Piemonte alla regione delle terremare, senza passare mai l’ Appennino. All’ovest non risulta che valichino i Pirenei, nè tocchino l’Inghilterra. Al nord-est, dopo quelle del lago di Czeszewo nel gran ducato di Posen, le troviamo sol- tanto a Bialka nel governo di Lublin, e quanto al settentrione, oltrecchè non compariscono nella Danimarca e nella Svezia, solo in tempi assai vicini a noi, salvo rare eccezioni, si presen- tano nella Germania superiore. Per contrario occupano tutta l'Europa centrale, cioè le varie provincie dell'Austria a partire dalla Carniola, la Baviera, la Svizzera e la Francia del sud-est, notando che in quest’ ultima nazione ne sono invece prive le provincie oc- cidentali, centrali e settentrionali. Sono quindi indizio di una sola ed sian famiglia che popolò il centro d’ Europa fino al Del- finato. * Tutto serata dunque concorrere alla conclusione che la ci- viltà del bronzo sia venuta nell’ Alta Italia col popolo delle pa- lafitte; quel popolo, dove le sponde dei laghi si mostravano fa- 84 L, PIGORINI, Le abitazioni lacustri di Peschiera, loc. cit., pag. 17. 85 3 » > » pag. 15. 86 xd 3 » » » pag. 15 e 16. LE STAZIONI LACUSTRI DEI LAGHI DI MONATE E DI VARANO, 433 vorevoli all'impianto di un villaggio lacustre (come da noi) pre- N | feriva il lago alla terra ferma, e dove mancavano i laghi (come nell'Emilia), vi formava dei bacini artificiali. A Borneo vediamo attualmente i Dayaks edificare le loro palafitte così sull’ acqua come in terra ferma; nulla quindi che ci debba meravigliare se, anche nei tempi preistorici, l'uomo operasse allo stesso modo. Concludo: Nessuno dei fatti osservati nelle stazioni dei laghi del Varesotto è tale da porre fuori di dubbio che quelle abitazioni appartenes- sero mell’origine all’età della pietra. Varie ragioni dibattute in queste pagine e parecchi confronti istituiti con le palafitte di altre regioni concorrono insieme a farci ritener possibile che le nostre, fin dall'impianto loro, sì ri- feriscano all’ alba dell’ età del bronzo. Non mi lusingo di essere riuscito a far condividere ad alcuno le idee mie, e mi contenterei se le ragioni addotte potessero aver fatto sorgere nella mente di alcuno solo qualche dubbio intorno alla precisa età delle interessantissime stazioni, mentre fino ad oggi era articolo di fede che risalissero all’età della pietra. Gli scavi dell’Isolino, condotti con tanta diligenza dal signor Walter K. Foster, il quale notò tutte Je più minute particolarità osservate negli strati sovrapposti alla palafitta, dovranno gettare una nuova luce sull’importante quistione, poichè, s'anco non si | trovassero oggetti di bronzo negli strati più inferiori, il solo esame dei cocci basterebbe forse a farci conoscere se si usassero contemporaneamente le stoviglie più fine e quelle più rozze, o se, per contrario, le più fine fossero esclusivamente della superficie, e le più rozze del fondo.” PomPEO CASTELFRANCO. Milano, 22 settembre 1878. 87 L'indomani di questa lettura i membri del Congresso dei Naturalisti in Varese, recatisi all’Isolino, poterono rendersi conto co’ propri occhi, del risultato degli scavi iniziati dal Foster, e posteriormente continuati sulle sue traccie dagli egregi Ranchet e Regazzoni, ed assicurarsi che î coccî più rozzi sono i più frequenti nei diversi Vol. XXI. 28 434" P. CASTELFRANCO, LE STAZIONI LACUSTRI, ECC. strati degli scavi; i cocci più fini, ornati di fregi, sono di gran lunga meno abbon- danti dei primi, ma sî rinvengono pure in tutti gli strati, nè sembrano più abbondanti in uno strato che in un altro. Or dunque, se i vasi di fino impasto sono dell'Età del bronzo, come vorrebbero i paletnologi che mi precedettero, dobbiamo ritenere che le palafitte dell’Isolino ve- nissero fondate in quella età poichè tali cocci si rinvengono anche nello strato più inferiore. Ma tali cocci si trovano sempre associati ad altri più rozzi, e quindi: I/ trovare in un terreno qualunque, rimaneggiato 0 vergine che sia, cocci di fattura molto rozza 0 molto civile, non basta per determinare Vetà a cui si riferisce la sta- zione [V. nota 77]. L’egregio signor Cristoforo Bellotti spiegava la maggior frequenza dei rozzi cocci anche dal fatto che i vasi d’uso comune assumono per lo più dimensioni maggiori che non quelli di migliore impasto, per cui uno solo di quei vasi grossolani può dare un cumulo di cocci da pareggiare in volume quello di parecchi altri vasi di più distinta fattura. SPIEGAZIONE DELLA Tavora 148, Fig. 1. Carta topografica della regione dei laghi di Monate e di Varano. © Palafitte. Fig. 22. Planimetria delle stazioni sotto Cadrezzate, secondo la pianta Antonio Borghi. ABCD. Periferia della stazione del Sabbione. E Periferia della stazione di Pozzolo. ta Testate di pali. + Ascia di bronzo rinvenuta alla profondità di 20 4/,, W Canneto. Fig. 32. Profilo della stazione del Sabbione sulla linea CD della fig. 2°. == -- Limite approssimativo tra il fondo naturale del lago e la gittata artificiale. Fig. 42. Profilo della stazione del Sabbione sulla linea AB della fig. 22. = --- Limite approssimativo tra il fondo naturale del lago e la gittata artificiale. Atti.d.Soc.Ital.d.Sc.Nat.XXI tav:14 pnbon p 0794 OET/x VIZZIO tp C1IQUIAOI q À Ai SCO è V, v, "gi (07) JÀ pDILLO,) O EVIVZILANI) Lit Ronchi INTORNO AD ALCUNI OGGETTI D'INDUSTRIA UMANA PREISTORICA TROVATI NELLE TOMBE DI MALGESSO PRESSO GAVIRATE. Nota del Soc. Prof. LeoPoLpo MacGgi dell’ Università di Pavia. Nella Cronaca varesina del 24 dicembre 1871, anno VI, N. 59, venne annunciato che a Malgesso, in un fondo del signor Cava- lier Giuseppe Maggioni, mentre si stava disponendo un vigneto, furono scoperte due tombe antiche. Si rinvennero in esse vasi, alcuni di distinta materia e fattura, contenenti i soliti avanzi di ossa ed i simbolici oggetti di bronzo. L’egregio proprietario si fece in allora premura di annunciare alla Società del Museo Patrio di Varese tale scoperta, espri- mendo la speranza di altre consimili nel progresso dell’ accen- nato lavoro agricolo, e dispose eziandio perchè gli oggetti rinve- nuti fossero consegnati al Museo, cui egli volle farne gradito dono. Non v’ha dubbio che le tombe di Malgesso appartengano alla medesima epoca di quelle di Golasecca, e fu già detto anche che esse sono della prima età del ferro. Il signor Pompeo Castel- franco ' poi, dopo aver distinti i due periodi della prima età del ‘ ferro nella necropoli di Golasecca, ascrive al secondo le tombe di Malgesso. Ma più che della loro cronologia, io voglio fare un piccolo cenno intorno ad alcuni oggetti d’ industria umana, che in esse si trovarono. ' Due periodi della prima età del ferro nella necropoli di Golasecca. Ricerche e studj del prof. PomPEO CASTELFRANCO, regio ispettore degli scavi e dei monumenti nella provincia di Milano (Bullettino di Paleoetnologia italiana. N. 5 e 6, anno II). 436 L. MAGGI, Uno dei loro vasi in terra rossastra, venne disegnato nella Tav. VI, N. 3 degli Studj archeologici sulla provincia di Como, 1872, dal signor A. Garovaglio, e da lui stesso, in quel IRGR: simo opuscolo, a pag. 78, così descritto: “Il disegno che lo gira attorno attorno ove è più larga la circonferenza, e fatto risaltare d’una specie di vernice, non è a sega, ma a linee rette, fitte, incrociate, formanti una larga fa- scia di semplicissima composizione, ma di un bell’ effetto. Altre tre righe a fascia circondano a varie altezze, e gli sono di mag- giore ornamento; talchè la forma del vaso è delle più eleganti. , Nella medesima Tav. VI, al N. 5, il signor A. Garovaglio di- segnò pure un frammento di vaso, che, ancora a pag. 78 del- l'opuscolo sopracitato, dice essere il fondo dei soliti vasi a ver- nice o terra nera lucida, in cui si riponevano ossa combuste, ceneri, fibule, armille, ecc., e che sempre, o quasi, si rinvengono nelle urne grandi o lì presso, a Golasecca, Sesto Calende, ecc. Dalle tombe di Malgesso, io ebbi da esaminare un vaso cine- rario o lacrimatojo, detto anche vasetto accessorio. Esso è leggiero, elegante, con vernice nera, simile nella forma e nelle dimensioni ad uno di quelli trovati dal Giani! nelle tombe di Golasecca, e disegnato anche da Mortillet (fig. 51, pag. 112, nel suo opuscolo: Le signe de la croix avant le Chri- stianisme. Paris, 1866. Secondo la distinzione, che il signor Pom- peo Castelfranco fa, dei vasi di questo genere, provenienti dalle tombe di Golasecca, esso appartiene a quelli della serie del se- condo periodo della prima età del ferro, aventi, cioè delle curve più graziose, ed un collo più alto e più stretto di quelli della serie del primo periodo. Questo vaso, esternamente, porta alla base una croce lucida, costituita da due fascie tra loro perpendicolari, ognuna delle quali è formata da quattro linee; a guisa della croce che si trova sotto il fondo di vasi consimili nelle tombe di Golasecca, 1 G. B. GIANI, Battaglia del Ticino tra Annibale e Scipione, ossia scoperta del campo di P. C. Scipione, delle vestigia del ponte sul Ticino, del sito della battaglia e delle tombe dei Romani e dei Galli in essa periti. Milano, 1324. INTORNO AD ALCUNI OGGETTI D’INDUSTRIA UMANA, ECC. 437 Villanova ed in molte altre, anche al di fuori del nostro paese, — e che Mortillet ritiene essere un simbolo religioso, molto diffuso | prima ancora del cristianesimo. Nel vaso vi stavano delle fibule di bronzo incomplete, dei pez- zetti di bronzo, delle ossa umane calcinate, dei pezzetti di car- bone e degli avanzi di vegetali secchi, certamente erbe aroma- . tiche. Interessandomi di conoscere la composizione del bronzo, ne feci fare l’analisi chimica tanto qualitativa che quantitativa, dal signor dottor Ippolito Macagno, che nel 1872 era assistente al Museo di Storia naturale della R. Università di Pavia. E que- sti al 17 aprile di quell’anno, mi riferiva che il bronzo ritrovato nelle tombe di Malgesso, era costituito da: Rame) helena ii %008 ESTA OI gi ARRE, ROGO SI AERÒ 3: 1: 7. Zinco e tracce di ferro . . . 1,39 FIGINO TIRI ue 0,07 Tei 0,02 100,00 Come risulta dall’ esame fatto, gli elementi di questo bronzo, sono il rame e lo stagno; figurando il zinco, il ferro ed il piom- bo, per la loro pochissima quantità, come parti accessorie, anzi, meglio, come impurità. Il bronzo quindi delle fibule di Malgesso, viene ad essere della lega della cuspide Ranchet, ossia cuspide di lancia in bronzo rinvenuta dal signor Ranchet nella palafitta centrale di Bodio alla distanza di circa 60" dalla riva del lago di Varese, e della lega anche delle fibule di bronzo appartenenti ad alcune tombe della Valcuvia; solamente differisce nella quantità dello stagno, che è in maggior proporzione. Diffatti lo stagno in lega col rame nella cuspide Ranchet, è di 11,40; nelle fibule della Val. cuvia, è di 14,90; mentre in quelle di Malgesso, risultò, come già si disse, di 19,52. Tuttavia è bene notare che nella compo- sizione chimica del bronzo, sia della cuspide Ranchet, sia delle fibule della Valcuvia, non avvi, neanche come impurità, nè dello zinco, nè del piombo, come si ottenne invece dal bronzo delle fibule di Malgesso. 438 L. MAGGI, INTORNO AD ALCUNI OGGETTI D’INDUSTRIA, ECC. Pertanto non essendo le fibule di Malgesso nè di bronzo piom- bifero, nè di bronzo zincifero, si può escludere che esso sia di quello dei Greci, degli Egizj, degli Etruschi e dei Romani; dei quali ultimi, secondo Morlot, il bronzo è dato da rame e zinco, mentre il rame è in lega col piombo nel bronzo degli altri po- poli qui sopra citati. D'altra parte però la loro lega, non è pret- tamente quella preistorica dell’epoca del bronzo. Io non so, nè conosco analisi chimiche di oggetti di bronzo delle tombe di Golasecca, come sarebbe interessante averne per il confronto, e, nel mio caso, per stabilirne le analogie e le dif- ferenze col bronzo delle tombe di Malgesso. E giacchè mi si pre- senta l’occasione, mi permetterò di fare le mie raccomandazioni a tutti quelli che si occupano di paleoarcheologia per togliere. questa lacuna, che esiste specialmente da noi, in un ramo scien- tifico, il cui studio per altri riguardi non è inferiore a quello che fanno le nazioni estere. Le numerose analisi di Fellenberg sui bronzi antichi, pubblicate nei MittheWlungen der Bernischen naturforschenden Gesellschaft (1865), ne dimostrano l’importan- za, potendosi ritrarre da loro dei criterj diagnostici. Nei diversi bronzi antichi trovati in Valcuvia, io ho già constatato che il bronzo zincifero è romano, e, da quel che mi risulta finora, a questo bronzo si giungerebbe in Valcuvia, dopo quello preisto- rico dell’epoca del bronzo. Invece quello di Malgesso, in questo momento di studio, mi si presenta come un bronzo intermediario fra i due accennati della Valcuvia; e questa sua posizione sa- “rebbe mantenuta anche dalle sue condizioni di giacitura, per le quali lo si attribuì a popoli della prima età del ferro. Ma per questa corrispondenza di dati diagnostici, necessita un maggior numero di analisi chimiche. Nessuno, io credo, metterà in dub- bio, che i molti oggetti di bronzo scoperti e che si scopriranno in Italia, studiati chimicamente, recheranno lumi all’archeologia tanto preistorica, che storica. PIE PROC DI ALCUNE TOMBE DELLA VALCUVIA | E DELLA VALMARCHIROLO APPARTENENTI ALLA PRIMA ETÀ DEL FERRO. Descrizione del Socio Prof. LeoPoLDpo MAGGI, dell’ Università di Pavia, Le osservazioni di Mortillet sulle tombe trovate in Lombardia, tra Somma, Golasecca e Sesto Calende, che tendono a porre-ana- logia fra queste e quelle di Hallstadt, dell’epoca del ferro; la contemporaneità, voluta da Pigorini, delle sepolture di Vei, di Tarquinia, di Cervetri e di Vulci, con quelle di Hallstadt e Go- lasecca; il riferimento, secondo Stoppani, Marinoni, Omboni ed altri, delle tombe di Golasecca alla prima età del ferro; i cenni del signor A. Garovaglio intorno alla necropoli di Villa Nessi in val di Vico presso Como; del sepolcreto di S. Ambrogio Olona, presso Robarello, e delle tombe di Malgesso, che egli stesso le riferisce al periodo di Golasecca, parendogli anzi di questo più antica la necropoli di Villa Nessi; da ultimo le interessanti ri- cerche di Castelfranco intorno a due periodi della prima età del ferro nella necropoli di Golasecca, e la conseguente designazione, nel primo periodo della necropoli di Villa Nessi, del sepolcreto presso Robarello e della tomba di Comabbio (ascritta dal Mari- noni all'ultimo periodo della pietra, e poi dallo stesso Marinoni = ‘ indicata come una tomba di Golasecca), e, nel secondo periodo, delle tombe di Malgesso, sono frutti di studj che fanno sempre più acquistare importanza alle descrizioni di tombe antiche. 4400 L. MAGGI, Ond’ è che non inutili saranno anche quelle che ora io vengo a dare di alcune tombe della Valcuvia e della Valmarchirolo, che ritengo appartenere alla prima età del ferro, in quanto che la qualità del loro materiale ed il modo con cui le tombe sono con esso formate, più gli oggetti in esse contenuti, sieno di terra che di metallo, le fanno identiche a quelle di Golasecca. / TOMBE DELLA VALCUVIA. | A Gemonio, a Cuvio ed a Masciago, per quel ch’io mi sappia, furono messe allo scoperto delle tombe antiche. Di quelle di Gre- monio io non ho potuto veder nulla in posto, nè finora ebbi, nè fu data una descrizione. Tralascerò di dire di quelle di Masciago, essendovi le notizie, . se ben mi ricordo, in uno degli antichi almanacchi della pro- vincia di Como. Mi occuperò invece delle tombe di Cuvio, un cenno delle quali fu già da me fatto sulla Cronaca Varesina del 1874, N. 38, in occasione della spedizione degli oggetti da esse tolti, e da me donati al Museo patrio di Varese. Una tomba formata solamente da poche pietre grossolane e lastriformi, stava quasi a fondamento di un muro della casa di un mio parente, il signor Placido Luigi Maggi farmacista, posta, si può dire, nella parte centrale del paese di Cuvio. La tomba giaceva totalmente nella sabbia, che, geologicamente considerata, fa parte dei depositi lacustro-glaciali, già da me indicati nella Valcuvia. Null’ altro che sabbia, di natura silicea, potei vedere dintorno alla tomba, sotto alla quale appariva la roccia in posto, che è un. calcare selcifero. Epperò va notato che la limitata osservazione geognostica veniva obbligata dalla condizione dell’ esistenza della casa, la quale impediva le ricerche oltre lo spazio occupato dalla tomba, messa allo scoperto solamente per alcuni riordinamenti del sito. In questa tomba eravi uno scheletro umano, di cui si vedeva benissimo, in posto, il cranio ed alcune ossa degli arti superiori, essendo stata tolta, nell’ escavazione, una pietra late- rale della tomba. Mentre si stava all’ esame di ciò, ed alla ricerca di altri oggetti, che vi si potevano contenere, il peso sovrincom- DI ALCUNE TOMBE DELLA VALCUVIA, ECC. 441 . bente alla tomba, la fece cadere, schiacciandovi anche il cranio umano. Non molto discosta da questa, nell’area della casa Bozzotti, ex-casa Litta, e precisamente in quel suo riparto che una volta era designato al medico condotto, e che ora serve per gli uffici del Comune e della Pretura, si trovarono altre tombe fatte di pietre non tagliate, e delle sepolture in una semplice buca, fatta nella sabbia terrosa di quella località, e dalle quali ebbi un cranio umano doligocefalo, che ora trovasi nella colle- zione del Museo patrio di Varese. Ma le tombe di Cuvio, da riferirsi con certezza all’ epoca del ferro, sono quelle rinvenute nella località detta la Geretta, vicina al paese di Cuvio, sulla destra del fiume Valronchino o Reno, dove al presente c’ è la casa di Pietro Sartorio; che appunto per gettare i fondamenti di questa casa, si misero a nudo diverse tombe. Esse stavano al di sotto della terra vegetale poco più di un metro; quelle che si poterono contare erano in numero di nove, e tutte costituite da lastre di pietre di gneiss (volgarmente beola) non tagliate. Alcune delle lastre erano lunghe un metro, e larghe da 40 a 50 centimetri; altre molto meno lunghe; al- cune anche decomposte, e lo stadio di decomposizione in certi punti così avanzato, da rendere la roccia friabilissima, in modo che appena tocca andava in polvere. Non tutte le lastre laterali delle tombe erano verticali, ma alcune rovesciate, come anche alcune del coperchio e del pavimento erano spostate. Per queste dislocazioni si rese difficile la conoscenza delle loro dimensioni e configurazioni, che però, in generale, non si allontanavano da quelle di una cassa mortuaria. Nell’interno loro, insieme ad un po’ di sabbia ed a molta terra, in alcuni punti nera, eranvi degli scheletri umani non completi nelle loro ossa, ma tutti aventi il teschio d’una bella conserva- zione; singolare poi quella dei denti di alcuni di loro. Per la massima parte degli scheletri, la loro posizione era supina. Insieme ad essi, da una parte, stavano dei vasi di terra cotta, senza manico; alcuni di un bel color rosso mattone, altri nerastri; 442 L. MAGGI, di varia forma, cilindrica oppure a coppa; di un’ argilla, per la maggior parte del vaso, molto micacea; benchè alcuni sembrino lavorati al torno, tuttavia all’esterno vi sono delle linee circolari, probabilmente fatte senza l’idea di un’ ornatura. Inoltre, in alcune di queste tombe, si trovarono delle spade di ferro, di cui una completa ed un’altra incompleta, ma che pre- senta le tracce di un fodero pure di ferro. I vasi che io ho potuto possedere e donare poi al Museo patrio di Varese, furono tre: due ossarî o vasi cinerarî, ed una coppa- coperchio. Dei due ossarî, uno è più piccolo dell’ altro. Il più grande dei due misura 14 centimetri d'altezza, 13 cen- timetri di larghezza diametrale, al punto più sviluppato del ventre del vaso. Il più piccolo è alto 9 centimetri, largo 10 centimetri al punto più sviluppato del ventre del vaso. La massima circonferenza ventrale del primo è di 42. centi- metri, quella del secondo è di 34 centimetri. Tutti e due però hanno la medesima forma, quella cioè di un orciuolo panciuto, ad apertura non molto larga, ed a base ri- stretta e piatta. La bocca del vaso ossario più grande ha un diametro di 88 mil- limetri, quella del vaso ossario più piccolo è di 65 millimetri. Il diametro della base del primo è di 63 millimetri, quello del secondo è di 55 millimetri. Tuttavia all'apertura del primo, fornita di un regolare orletto, fa seguito un collo alto 17 millimetri, che va allargandosi dal- l’alto al basso, e fatto da una linea rientrante ben decisa, che rappresenta la comun sezione della parte inferiore del collo col principio del ventre del vaso. Il secondo invece manca del collo, ed ha solamente alla sua bocca un orlo non molto regolare. e piuttosto svasato. Appena al di sotto della massima circonferenza ventrale del | vaso ossario più grande, vi ha un foro fatto dall’esterno all’in- | terno, non circolare, misurando un diametro di 6 millimetri, e i : la dh PANNSI A beat LE ati DI ALCUNE TOMBE DELLA VALCUVIA, EC0. SNO 1 3 l’altro 3 millimetri, epperò il primo diametro sarebbe posto ob- | bliquamente all’asse verticale del vaso. Nel primo, ossia più grande, domina il color rosso; nel secondo, ossia più piccolo, il colore dominante è il bruno. In tutti e due le pareti sono sottili. La coppa-coperchio, di un color rosso-bruno in generale, pre- senta tanto all’esterno che. all’interno, dominante in una metà 1 color rosso, e nell'altra il bruno. Essa ha un piede ed un orlo superiore, il quale è rivolto all'indietro; presenta anche un col- letto alto 8 millimetri, dal margine inferiore del quale, il vaso va restringendosi fino al suo piede. È a pareti piuttosto robuste, ed in confronto di quelle dei vasi ossarî sono molto grosse. Tanto esternamente che internamente mostra d’ essere stata lavorata al torno. È alta 95 millimetri, ed il diametro della sua apertura è di 18 centimetri e 5 millimetri; la sua massima circonferenza è data dall’orlo, appena al di sopra del suo margine inferiore che sta in contatto col collo del vaso, e misura 67 centimetri, mentre la circonferenza del collo è di 64 centimetri e 5 millimetri. La superficie esterna della coppa-coperchio, come quella dei vasi ossarî, presenta delle linee circolari. Tali sono i caratteri, pei quali i vasi delle tombe di Cuvio vengorio a rassomigliare a quelli della necropoli di Golasecca e del cimitero di Villanova, già ritenuti appartenenti all’ epoca del ferro. Delle due spade di ferro, che pure donai al Museo patrio di Varese, quella intera è della lunghezza totale di 93 centimetri, di cui 80 centimetri per la lama e 13 centimetri per l’impu- gnatura. Essa è molto piatta ed a due taglienti, senza restrin- gimento nel mezzo, e tutta di un pezzo. Confrontata colle figure che dà Desor, rassomiglia alle spade della Stazione della Tène, “in Isvizzera, che appartiene all’epoca del ferro. L’altra spada, come dissi, è incompleta; tuttavia, la parte che di essa esiste, è identica alla prima, e misura 68 centimetri di lunghezza. I teschî umani che potei poi osservare, ma che circostanze im- prevedute mi impedirono di conservare, e quindi di donare al 444 L. MAGGI, Museo patrio di Varese, erano molto doligocefali, ciò che, come dissi nella mia Relazione alla Presidenza del Museo patrio sud- detto, convaliderebbe ancora più l'analogia degli oggetti di esse tombe con quelli della Stazione della Tène. TOMBE DI VALMARCHIROLO. Secondo un manoscritto del farmacista Borri di Marchirolo, riportato in stampa dal signor Brambilla Luigi, nel vol. I, p. 207 del libro: Varese e suo circondario (Varese, 1874), si rinvennero molte ossa antiche ed uno scheletro ancora intiero, molto alto, precisamente al di sotto della casa dello stesso farmacista Borri. Tra Ardena e Brusimpiano, scrive ancora il Borri, furono tro- vate delle ossa credute di giganti, come quelle che si rinvennero sul Cremasco; e quantunque fossero di una grossezza non ordi- naria, e per ciò credute dai contadini di giganti, non eran tali però, perchè trovate racchiuse in lastre a guisa di sepolcri. Lasciando questi vaghi indizì, io riferirò sopra una tomba della Valmarchirolo, di cui già feci cenno sulla Cronaca Varesina, pure del 1874, N. 42, allorchè spediva in dono al Museo patrio di Varese alcuni oggetti, che io ebbi, provenienti da quella tomba. Essa fu scoperta nell’ottobre del 1870 dal signor avvocato Gia- como Scolari di Marchirolo, il quale, passando per la valle Luera, che giace tra la campagna di Marchirolo ed il prato Bissoni, la trovò precisamente sulla strada che da Marchirolo mette ad Ardena. Il primo indizio della tomba gli fu dato da una lastra di gneiss (beola), che stava, verticalmente posta, a fianco dell’ ac- cennata strada, e che in parte venne messa allo scoperto da una dirotta pioggia scaricatasi nella notte dal 7 all’8 maggio fin dal 1868, rovinando quella strada ed abbassandola di molto. All’occhio intelligente dello scopritore non isfuggì l’osserva- zione che quella lastra non poteva esser stata messa là dal caso, ma bensì dall’ opera dell’uomo. Infatti, levatala dal suo posto, si vide che essa formava parete laterale di una tomba, che con- teneva degli oggetti d’industria umana, Sarete dz “i DI ALCUNE TOMBE DELLA VALCUVIA, ECC. 445 Sei lastre di gneiss, ognuna di forma quadrilatera, avvicinate tra loro e non unite con cemento, costituivano la tomba, la quale anche aveva le seguenti dimensioni: circa cioè 75 centi- metri di lunghezza, 50 centimetri di larghezza, e 50 centimetri di altezza. In essa stavano due vasi di ferra cotta, di cui uno conteneva poca cenere ed alcuni pezzetti di carbone. Questi vasi, che ora si trovano al Museo patrio di Varese, sono diversi fra loro e per la forma e pel colore; sono simili per la qualità dell’ornatura esterna. Uno è il vaso ossario o cinerario, l’altro è la coppa-coperchio ; il primo è più alto del secondo. Il vaso ossario presenta un’ ansa che parte dal suo orlo e va ad inserirsi appena al di sopra della massima circonferenza ven- trale del vaso. Tale ansa rende importante questo vaso ossario, poichè Giani dice di non averne mai veduti nelle tombe di Go- lasecca, ed un solo ne trovò in quella località Mortillet (Signe de la croix avant le christianisme, pag. 111). Un frammento di vaso ad ansa fu tuttavia rinvenuto nelle tombe di S. Ambrogio Olona presso Robarello, nelle vicinanze di Varese (Garovaglio, Studi Archeologici su la Provincia di Como, 1872, pag. 81). Il vaso ossario o cinerario ha la forma di un orciuolo panciuto, con un’apertura ben proporzionata alle sue dimensioni e fornita di un piccolo orlo, e con una base che, a differenza dei vasi ossarî delle tombe di Golasecca, Sesto Calende e di quelle finora note del territorio varesino, presenta un orlo piuttosto rialzato. La base è piatta, solo avvi una piccola incavatura circolare, por- tata dal rialzo dell’orlo. Per ciò il vaso rassomiglia ad alcuno di quelli, pure ad una sola ansa, trovati nel cimitero di Villa- nova presso Bologna dal conte G. Gozzadini (Mortillet, Signe de la croix, pag. 66-67). Tuttavia Mortillet fa osservare che una tal base, presso però vasi senza ansa, esisteva già in Italia, alla fine dell’epoca della pietra, come lo mostrano le stazioni lacustri del lago di Varese. Secondo lui, essa attraversò tutte le mariere dell’epoca del bronzo e si è prolungata fino nell’ epoca del ferro (Mortillet, loc. cit., pag. 67). 446 TL. MAGGI, Il vaso ossario è di un color rosso mattone, epperò chiara- mente si vede che esternamente gli fu data una tinta nerastra, molto leggera e molto diluita. Le sue pareti non sono grosse; robusta invece è l’ansa. Internamente mostra di essere stato lavorato al torno, come quelli di Villanova. È alto 183 milli- metri; largo diametralmente, al punto più sviluppato del ventre del vaso, 13 centimetri; la sua massima circonferenza ventrale è di 41 centimetri. Il diametro dell'apertura del vaso misura 8 centimetri; la cir- conferenza del suo collo 26 centimetri; l'altezza del collo 23 millimetri; la circonferenza dell’orlo della base è di 23 centi- metri e 5 millimetri; il diametro della base, compreso l’orlo, è ‘ di 73 millimetri; senza l’orlo 52 millimetri. L’arco dell’ansa mi- sura 85 millimetri; la grossezza dell’ansa, nella sua parte me- diana, ha la circonferenza di 5 centimetri. Al presente il vaso, in un punto del suo ventre, offre una rot- tura di forma elittica, il cui massimo diametro è di 4 centimetri, il minimo di 2 centimetri. La coppa-coperchio rassomiglia a quelle di Golasecca. È alta 75 millimetri, ed il diametro della sua apertura è di 13 centi- metri; la sua massima circonferenza è di 47 centimetri. All’in- terno di un rosso-bruno, all’esterno nera; a pareti robuste e grosse; non mostra tracce di esser stata lavorata al torno, epperò fu soggetta ad una buona cottura. Laddove la vernice venne sol- levata si vede una bella terra cotta. Essa ha un piede, e l'orlo superiore, alto 24 millimetri, è ri- volto all’indentro. Tanto il vaso ossario, come la coppa-coperchio, sulla loro su- perficie esterna, presentano un’ ornatura che, come già dissi, li fa simili fra loro. Nel primo però l’ornatura incomincia un po’ al di sopra della massima circonferenza ventrale e va sino all'orlo della base; nel secondo, principia alla massima circonferenza ventrale estenden- dosi sino al piede. Tutte le altre parti dei due vasi ne sono prive. L’ornatura consiste di quadretti a rete, i quali vanno restrin- A RI | oO, ST ile e AM ‘ F. t a ui si din elio FINITE AMT e nnt pe Ye net Di DT RAI A REIT LOSE APT e CI ara nt el Aa PERU O, e his: i e SERE vi p a 5 È DI ALCUNE TOMBE DELLA VALCUVIA, ECC. 447 gendosi mano mano che si portano alla base, epperò non sono regolari neanche in questa graduazione, giacchè alcuni sono for- mati da linee incrociantesi molto avvicinate fra loro, mentre queste linee, per altri quadretti, sono allontanate fra loro. Le linee sono leggermente incise sul vaso ossario prima della sua cottura, poichè il loro colore non è di più splendente di quello che ha tutta la pasta del vaso. Quelle invece della coppa-coper- chio sono fatte dopo di aver intonacato di nero il vaso, essendo esse d’un nero brillante, come se fossero inverniciate, e si stac- cano nettamente sulla restante colorazione nerastra non splen- dente. D’un nero brillante, perfettamente liscio, è anche la su- perficie esterna dell’orlo di questa coppa. Tuttavia è da notarsi che lo spazio dei quadretti del vaso os- sario è leggermente tinto in nero, in modo da far spiccare mag- giormente la colorazione rossastra della maglia. Da ciò si può inferire che il rosso del vaso ossario, prima della cottura, venne annerito in quella sua parte che doveva essere ornata, quasi per stabilire la tinta di fondo, su cui far risaltare la rete rossastra, e questa fu ottenuta col levar via, mentre era ancora umida, la tinta nera. Il vaso ossario, per la qualità dell’ornamento esterno, rasso- miglia a quelli delle tombe di Golasecca; tuttavia ne diversifica nella pasta, in quanto che questo è a pasta rossa con ornamenti incisi in croce, quelli; con siffatti ornamenti, sono a pasta bruna; mentre la coppa-coperchio ne è affatto identica per tutte le sue qualità. Il vaso ossario tiene, in parte, a quelli delle tombe di Gola- secca e del cimitero di Villanova; non così la coppa-coperchio, che si unisce solamente a quelle delle prime tombe. È evidente che la tomba, di cui io ho parlato, viene ad avere analogia con quelle di Villanova, e, più di tutte, con quelle di Golasecca, già dichiarate, sì le une che le altre, appartenenti all’ epoca del ferro. All'epoca del ferro, pertanto, va ascritta la tomba trovata in Valmarchirolo. DI ALCUNI CASI DI ALBINISMO NEI RETTILI. Nota del dott. RomuALDO PIROTTA. Mentre sono ben noti e facili a riscontrarsi i casi di albinismo negli uccelli, meno comuni, ma abbastanza frequenti nei mam- miferi, essi appaiono assai rari nei pesci e nei batraci, rarissimi poi certamente nei rettili, poichè non è-a mia notizia che alcuno ne sia stato fino ad ora segnalato. Le ricerche da me fatte a questo riguardo nei più recenti trattati di erpetologia italiani e stranieri, e nelle speciali memorie intorno all’ albinismo negli ani- mali, riuscirono vuote d’ effetto, anzi mi confermarono la man- canza assoluta di notizie sull’argomento. Il Frauenfeld * e molto più recentemente il compianto Panceri? asseriscono che nei verte- brati a sangue freddo i casi di albinismo sono ben rari, e che non si conosce se nei rettili se ne siano mai descritti. La causa di siffatta rarità dell’albinismo nei rettili, la si volle riporre principalmente in ciò, che la sede del pigmento non è per essi, come pei vertebrati superiori, l'epidermide, bensì il derma, strato di tegumento ben differente per origine embriolo- gica e per struttura. Più frequente, per converso, è in questa classe di animali il fenomeno contrario, voglio dire il melanismo, che si verifica specialmente nelle forme localizzate nei monti. Ben di buon grado mi accingo pertanto ad illustrare con brevi parole tre casi di albinismo riscontrati nei rettili, due dei quali ho potuto esaminare nella collezione del Museo civico di Pavia, per gentile condiscendenza del direttore del medesimo, il chia- rissimo prof. Prada. Essi appartengono a tre specie comunissime dei nostri serpenti innocui: il Tropidonotus tessellatus (Laur.), i G. FRAUENFELD, Veber Farbenabweichungen bei Thieren. Verhandl. d. zool. bot. Vereins in Wien. B. III 1853. Sitzungsb. p. 39. ? P. PANCERI, Intorno all’ albinismo del Clarias anguillaris. Rend. Accad. Se. Fis. Mat. Napoli, 1873. Estr. p. 2. DI ALCUNI CASI DI ALBINISMO NEI RETTILI. 449 x il Tr. natrix (L.) e la Coronella austriaca (Laur.). Ecco una succinta descrizione di ciascuno di essi. Tropidonotus tessellatus. L’individuo da me studiato veniva raccolto il 9 agosto u. s. dal signor Riccardo Magnani al luogo detto è Cantone delle Tre miglia, poco lungi da Pavia, sulla gran strada di Milano, e dal medesimo donato al Museo zoologico dell’ Università. Ha una lunghezza di centim. 58 ed è di media grossezza. La colorazione . caratteristica dell’ animale è scomparsa in modo che riesce com- pletamente di un bianco paglierino, che passa ad una tinta di rosa pallido sui fianchi. Soltanto sull’alto della testa si veggono due macchie di color bruno pallido non uniforme, che occupano le due grandi squame superiori del capo, anzi la destra soltanto nel suo terzo interno, ed una lieve sfumatura di bruniccio tinge . le piastre addominali lungo il terzo anteriore del corpo e le pia- strine della coda. Tropidonotus natrix. È un giovane individuo lungo appena 22 centimetri. Il colore generale del suo corpo è, superiormente, d’un bianco sporco; le due grandi macchie gialle al di dietro della testa, che, come è noto, sono assai più manifeste nei giovani, si veggono distinta- mente, ma il loro colore è bianco; le due grandi macchie carat- | teristiche nere poste dietro le prime e quelle del dorso, sono ri- . dotte nelle dimensioni e di una tinta particolare bruniccia-pallida. Le ultime, cioè quelle del dorso, scompaiono poco a poco, e le laterali si fanno sempre meno percettibili col progredire verso la coda. La medesima colorazione delle macchie domina la parte inferiore dell'animale ed è soltanto in modo regolare ed elegante interrotta da macchie bianche, che corrispondono esattamente a quelle di color giallo della tinta ordinaria. Coronella austriaca. L’esemplare di Coronella o biscia rossa, preso, come il prece- Vol, XXI. 29 450 R. PIROTTA, dente, nei dintorni di Pavia, è di dimensioni molto considerevoli, misurando una lunghezza di 63 centimetri ed un diametro trasver- sale massimo di 15 millimetri. Il corpo ha tinta generale cenericcia assai pallida; le squame della sua metà posteriore presentano, ma più rare, le finissime punteggiature nericcie; sulla testa, sul collo, e per circa 5 centimetri di tronco, sono appariscenti le macchie caratteristiche dell'animale; il loro colore è però assai smunto e scompaiono affatto su tutto il resto del corpo; solo in alcuni rari luoghi si osservano delle macchioline pallide, quasi bianche, poco appariscenti, che probabilmente corrispondono alle oscure della colorazione normale. Le squame ventrali sono sco- lorate nei due terzi anteriori del tronco, picchiettate finamente di bruno nel resto, come pure le squammette codali. Non v’ ha dubbio, che tutti questi casi di cambiamento di co- lore sono forme di albimismo ; resta a vedere a quale di esse forme ognuno dei casi suindicati si riferisca. Benchè io non abbia potuto osservare il coloramento dell’ iride nel Tropidonotus tessellatus poichè creduto velenoso fu tosto messo nell’alcoole, ed io non potei esaminarlo che qualche ora più tardi, quando cioè gli umori oculari erano già affatto opa- chi; tuttavia la colorazione assolutamente bianca dell’ animale mi indurrebbe a credere d’aver a fare con un vero caso di Zew- cocroismo od albinismo perfetto, anzichè con uno di clorocroismo o impallidimento di colore, a cui apparterrebbero il Tropidonotus natrix e la Coronella. Infatti, in questo secondo caso la tinta di. fondo della colorazione ed i disegni caratteristici, restano sempre più o meno distintamente manifesti. Assolutamente poi nessuno di questi cambiamenti di colore può attribuirsi all’ essere stati gli animali presi appena dopo la muta, poichè, come è noto, questo fenomeno non influisce che pochissimo ed in un modo af- fatto relativo sulla colorazione, essendo il derma e non l’ epider- mide la sede del pigmento. Quanto alle cause del fenomeno non oso pronunciarmi, essendo DI ALCUNI CASI DI ALBINISMO NEI RETTILI. 451 affatto sconosciute quelle condizioni speciali di vita in cui si tro- varono gli animali studiati, e che debbono aver avuta tanta im- portanza nei cangiamenti di colore, e non potendo attribuirla, come fece il Panceri pel pesce da lui illustrato, alla permanenza in luoghi sotterranei e quindi alla mancanza di luce, essendo co- nosciuti i costumi diurni e all’aria libera dei nostri colubri. Limitandomi pertanto ad indicare i casi agli studiosi, credo pur tuttavia non aver fatto cosa inutile, trattandosi di un feno- meno forse per la prima volta segnalato nella scienza. RAPPORTO SU DI UN’ ESCURSIONE NELLA SARDEGNA compiuta nel dicembre 1877 dal Socio PAOLO MAGRETTI Studente in Scienze naturali. Non per apportare novità nel campo scientifico, ma per ac- quisto di nuove e molto utili cognizioni e per esercizio di deter- minazione, mi proposi lo studio di alcune specie d’animali rac- colti od uccisi in una gita fatta, il dicembre scorso, in compagnia di mio padre, alla bella e sempre interessante isola di Sardegna. E però se, come prima e breve escursione in paese lontano non mi fu dato di far copiosa raccolta, pur mi soddisfece 1’ ap- provazione e l’incoraggiamento degli egregi professori e diret- tori dei Musei dell’ Università di Pavia e specialmente dell’ esimio prof. P. Pavesi, perchè nel suo Laboratorio di Zoologia ebbi pro- digalità d’insegnamenti e di libri per raggiungere lo scopo. Ma, oltre alle specie delle quali più avanti dò l’elenco, perchè ne procurai diversi individui al Museo Universitario, qui faccio menzione d’altre diverse delle quali non potei portare esemplari per l'impossibilità in cui mi trovavo talora d’una pronta pre- parazione o di mezzi di conservazione e di ricerca. 452 . P. MAGRETTI, Fra i mammiferi citerò il Daino (Dama platyceros) volgar- mente colà chiamato: Su Cabriolu, mentre seppi che il vero capriolo non alberga in Sardegna. Di questi graziosi ruminanti vidi quattro individui inseguiti dai cani mastini in una caccia grossa che fecimo sui monti di Villurbana e Siamanna, coperti da folte macchie di lentischi e corbezzoli, nelle quali s’ appiatta assai sovente anche il cinghiale, che però allora non si potè mettere in piedi. Poi la Volpe a pancia nera (Vulpes melanogastra), in sardo: Margiani, molto comune nei succitati luoghi; la lepre (Lepus medi- terraneus) in sardo: Lepori, che v'è abbastanza comune e che notai d’una grossezza di circa un terzo meno di quelle del continente ; il Coniglio (Lepus cuniculus), in sardo: Cunillu, assai abbondante nelle estese e sterili pianure dei dintorni di Cagliari e d’Oristano e sui dolci pendii delle circostanti colline, come pure nelle vaste lingue di terra estendentisi in mare, ove si vedono, ad ogni cespu- glio, i fori dei loro covili. — | Fra gli uccelli, negli stagni di Cagliari e di Oristano, abbon- dano straordinariamente le Folaghe (Fulica atra), in sardo: Sa Fuliga, che vi si vedono in branchi cotali da offrire all’occhio l’imagine di larghe isole nere; ed a loro commisti stanno anche stormi d’altre numerose specie acquatiche, delle quali potemmo ucciderne diverse che sono citate più avanti. Le Beccaccine (Gallinago scolopacinus), in sardo: Beccaccinu reali, sono pure assai comuni nelle vaste paludi circostanti agli stagni; e con esse molto frequenti le Quaglie (Coturnix comunis), in sardo: Quallia, che trovansi in qualsiasi località anche la meno propizia per farne presa. Lungo la spiaggia del mare, o fra i bassi cespugli di ver- deggianti colline, in luoghi anche sassosi, trovammo abbondanti le Beccaccie (Scolopax rusticola), in sardo: Beccaccia, alle quali si fa buona caccia. | D’altri generi d’uccelli veduti, posso indicare branchi nume- rosissimi di Sforni (Sturnus vulgaris), in sardo: Sturru pintu; ma, fra gli uccisi, non potei scoprire lo Storno nero, in sardo: Sturru nieddu, esclusivo della Sardegna. I c sal Miei “ali ” RAPPORTO SU DI UN’ ESCURSIONE NELLA SARDEGNA. 453 Fra le gole dei monti circostanti a Villurbana, vidi un giorno stormi innumerevoli di Colombi, in sardo: Colomba aresti, che sono di passo nella stagione autunnale; rammento inoltre che, percorrendo i lunghi e sterili tratti di pianura nelle vicinanze d’Oristano, ci si alzarono davanti parecchie volte le Galline pra- taiole (Otis tetrax), in sardo: Pedraxiu, ma sempre fuori di tiro, cosicchè non potei portarne alcun esemplare. Più fiate adocchiai l’Avoltoio (Vultur fulvus), in sardo: Ben- traxiu murru, alquanto difficile d’avvicinare col fucile; me ne fu procurato uno più tardi dal signor Meloni, ucciso nelle vicinanze di Cagliari e che donai al Museo Zoologico dell’ Università. In numero considerevole sono i Corvi, in sardo: Crobu nieddu; numerosissime le A/odole, in sardo: Calandria; come pure as- sai abbondanti i Famelli, in sardo: Passarella; i Cardellini, in sardo: Cardanera; gli Zigoli, in sardo: Orgiati; ed altri generi di passeri. Di rettili non potei far grande raccolta, perchè ne vidi po- chissimi stante l'avvicinarsi della fredda stagione. Riportai però un Colubro ed alcune Luscengole, due delle quali tenni vive molto tempo dopo, nutrendole con insetti e lombrici. E di ba- traci presi qualche specie di rana e di rospo. Acquistai i pesci, più ‘avanti citati, da pescatori di Cagliari e d’ Oristano, del pari che alcuni dei molluschi come i Cefa- lopodi e Lamellibranchi; invece i Gasteropodi terrestri ed ac- quatici li raccolsi io stesso nei campi o lungo le rive degli sta- gni o alla spiaggia del mare. In fatto d’artropodi raccolsi quanti individui mi capitarono sott'occhio; di echinodermi lo Strongilocentrotus lividus Acass. var.; e non ho finalmente mancato di trasportar a Pavia saggi di acque di stagno e di mare per lo studio degli esseri infe- riori, che determinai nel Laboratorio di Anatomia e Fisiologia comparate, diretto dal chiarissimo prof, L. Maggi, e notai nel mio opuscolo del dicembre scorso: Alcune osservazioni sugli esseri inferiori d’acqua dolce e marina, fatte nell’anno 1877. Mi lusingo che questa piccola ed incompleta relazione sia per 454 | P. MAGRETTI, essere accolta come un primo tentativo di lavori che mi per- metteranno di far seguire più accurate ricerche nel bel campo scientifico in cui mi trovo iniziato; e termino col volgere sen- titi ringraziamenti ai signori professori Pavesi e Maggi, nonchè ai rispettivi assistenti dottori Pirotta e Parona per le offertemi determinazioni di varie specie di animali, dei quali essi fanno speciale studio. UCCELLI. 1. Pandion haliaetos (Linn.), Falco pescatore (Sard. Achili de pisci, Abila marina). Individuo adulto, ucciso sullo stagno di Cagliari, ove ne pidi altri aggirarsi nelle vicinanze delle peschiere, ed uno tra questi dopo un colpo di fucile mi. fuggì lasciando cadere un grosso pesce di cui aveva già divorata la testa. È assai difficile avvici- narlo, bisogna tirargli a palla ad una distanza considerevole. 2. Astur palumbarius (Linn.), Astore (Stori columbinu). Individuo maschio adulto, ucciso verso la fine di dicembre lungo gli scogli di mare .nelle vicinanze di Cagliari; fu l’unico veduto. Il prof. Salvadori ve lo dice piuttosto comune, il Cara di passaggio soltanto d’autunno. È piuttosto raro sul continente italiano; lo si adoperava, come il Falco peregrinus, nelle caccie medioevali. 3. Accipiter nisus (Linn.), Sparviere (Feridori, Astorittu fe- — ridori). | Individuo femmina giovane, unico visto ed ucciso nei campi dei dintorni di Cagliari. 4, Circus aeruginosus (Linw.), Falco di palude (Stori de suor Astore marinu). Ucciso lungo lo stagno di Cagliari, dove ne vidi parecchi altri aggirarsi sopra gli innumerevoli stormi di uccelli acquatici, dei quali fanno preda. Appartiene alla varietà indicata dal Savi (Ornit. tosc. I, p. 61). 5. Pyrophthalma melanocephala (Gm.), Occhiorosso od Oc- chiocotto (Conca de moru). r di voi gt Bi > | ve. IR n pà LL) RAPPORTO SU DI UN’ ESCURSIONE NELLA SARDEGNA. 455 Individuo maschio, unico che vidi ed uccisi fra una siepe di Cactus ad Elmas nelle vicinanze di Cagliari; lo conservai nel- l’alcool sin che fu imbalsamato. 6. Cisticola schenicola (BP.), Beccamoschino (Pizi-pizi, Topi de mata). Individuo maschio, ucciso fra i giunchi in luogo paludoso delle vicinanze d’Oristano; l’osservai abbastanza comune, ma non potei portarne altri esemplari per la difficoltà d’ ucciderli, tenendosi essi quasi sempre nascosti fra le alte erbe. 7. Melanocorypha calandra (Linn.), Calandra (Calandrioni). Ne portai alcuni individui, uccisi negli ultimi giorni di caccia presso Oristano, dove per la prima volta mi fu dato vederne un numerosissimo branco. 8. Miliaria europaea (Linn.), Strillozzo (Orgiali de denti). Individuo ucciso nei dintorni di Cagliari; qui, come in altre località, nei campi coltivati o vicino a paludi lo vidi comu- nissimo. 9. Perdix petrosa (LATH.), Pernice di Sardegna (Perdixi). Individuo maschio, ucciso nei dintorni di Villurbana circondario di Oristano; v'è abbondantissima, sì che ne fecimo sempre buona caccia. Frequenta i campi coltivati a frumento od a fave, circon- dati da alte siepi di Cactus, e le colline a dolce pendio; s’appiatta fra i verdi cespugli, non si trova però mai fra i dirupi di più ele- vati monti. Si pùò facilmente avvicinare e prende un volo rapido ed orizzontale dopo essersi alquanto innalzata. 10. Vanellus cristatus (Mer. et WoLF), Pavoncella (Lepori de argiola). Individuo maschio, ucciso nelle vicinanze d’Oristano. Vedonsi le pavoncelle in molti e numerosissimi branchi nei luoghi umidi, od anche fra i buoi e le pecore pascolanti; a differenza che da noi, si lasciano facilmente avvicinare. 11. Egretta garzetta (Linn.), Garzetta (Garza bianca). Individuo giovane in abito d’inverno, ucciso sulle rive dello stagno di Cagliari; ne vidi pur qualche altro assieme alle Ardee (Ardea alba) ma non li potei avvicinare. 456 P, MAGRETTI, 12. Phoenicopterus roseus (PaLt.), Fericottero (Mangoni o Zente rubia). | Ne portai otto individui, fra maschi, femmine, giovani ed adulti, alcuni uccisi sullo stagno di Sassu nelle vicinanze d’Oristano, altri sullo stagno di Cagliari; nei quali lioghi li vidi schierati in molte e lunghe file nei bassi fondi o, facendo in aria lunga riga col collo e le gambe dirette orizzontalmente, passare talora sulla città di Ca- gliari quando alla mattina si trasportavano da uno in altro stagno. Veduti da lungi mentre stanno nell’acqua, offrono allo sguardo un aspetto meraviglioso, colle loro livree bianco-rosse, ed in tal numero da sembrare compatti pelottoni di soldati. Sono assai sospettosi, ed. appena si woglia avvicinarli, anche quando si è ancora lungi, si vedono raggrupparsi, avvisati dal rauco grido delle loro sentinelle avanzate, e poscia alzarsi abbastanza velo- cemente nell'aria. I cacciatori del luogo, li attendono di notte stando immersi nell’acqua e spesso ne fanno buone prede. 13. Recurvirostra avocetta (Linn.), Avocetta (Paisanu, Fi- lippa). Individuo giovane, ucciso nelle paludi circostanti allo stagno di Cagliari; ne vidi qualche altro volare quando si trasportano dallo stagno nelle vicine paludi. 14. Pelidna alpina (Linn.) = Pelidna cinclus (Salvadori, Ucc. Sard.); Tringa variabilis (Cara, Ornit. Sard.). Piovanello pancia nera (Beccaccinu brenti nieddu). | Individuo giovane in abito d’inverno, ucciso vicino allo stagno di Cagliari, ove su di piccole isolette ne vidi piccoli branchi. 15. Actodromas minuta (Lzisn.), Gambeccio (Beccaccineddu). 16. Totanus calidris (Linn.), Pettegola (Zurruliu peis ar- rubius). Due individui adulti in abito d’inverno, uccisi lungo le rive degli stagni d’Oristano. Qui, come anche nelle vicinanze di Ca- gliari, vedonsi in grande quantità ed a piccoli branchi, assai diffi- cili d’avvicinare, e volando emettono lunghe e prolungate grida. 17. Aegialites cantianus (LATH.), Fratino (Zurrulìu conca de molenti). | RAPPORTO SU DI UN’ESCURSIONE NELLA SARDEGNA. 457 Parecchi individui, fra i quali un giovane maschio e due fem- mine adulte, uccisi lungo gli stagni di Cagliari e d’ Oristano, dove sono frequentissimi. Volano rapidamente ed a piccoli branchi alla superficie dell’acqua, pascolano alla spiaggia del mare o lungo le rive degli stagni e si lasciano assai facilmente avvi- cinare. 18. Gallinula chloropus (Linn.), GaMlinella d’acqua (Padda d’aba, Cabonisca de acqua). Individuo giovane, ucciso vicino a Santa Giusta nei dintorni d’Oristano. Nel medesimo canneto poco prima avevamo veduto un Pollo Sultano (Porphyrio veterum), che però ci sfuggì. 19. Podiceps nigricollis (Briss.), Svasso piccolo (Cazzolu, Gangorra). Individuo giovane, come sono per la massima parte quelli che frequentano in branchi numerosissimi gli stagni delle vici- nanze d’ Oristano nella stagione invernale. 20. Podiceps minor (LATH.), T'uffetto (Accabussoni). Individuo giovane, ucciso sugli stagni d’ Oristano, dov'è comu- nissimo come la specie precedente. A questa ed alla più grossa (P. cristatus, LATE.) vien fatta una continua caccia pel ricavo delle pelli che vengon messe in commercio ad alto prezzo. 21. Sterna cantiaca (Gm.), Beccapescì (Caitta biccu nieddu). Individuo maschio, ucciso nelle vicinanze d’Oristano ; là ne vidi gran numero svolazzare a qualche altezza sugli stagni e sul mare piombando di quando in quando nell’acqua a far preda di piccoli pesci. 22. Chroocephalus ridibundus (Lixnn.), Gabbiano comune (Cau marinu). Individuo adulto in abito d’inverno, ucciso nelle vicinanze di Cagliari; ne vidi gran numero nuotare sulle onde del mare, e talora posarsi in luoghi paludosi. 23. Gelastes Genei (Breme), = Larus fenuirostris (Cara — Ornit. Sard.); Larus gelastes (Salvadori, Ucc. Sard.). Gabbiano roseo (Cau colori de rosa). Unico individuo portato da Cagliari, dove mi sembra abbastanza 458 P. MAGRETTI, raro; è notevole per la persistenza d’un bel color rosa carnicino sul petto, sull’addome e sulla parte superiore del collo, colore che sostituisce il bianco, come figurò il Bonaparte. 24. Mareca penelope (Linn.) Fischione (Busciu). Individuo maschio adulto, ucciso sullo stagno di Cagliari; vi è assai comune. 25. Branta rufina (PaLt.), Fistion turco (Piberoni). Individuo maschio adulto, ucciso sullo stagno di Cagliari; quivi è piuttosto comune, mentre è quasi raro sul continente. Questo esemplare è notevole per avere le penne degli spallacci, le re- miganti secondarie, le primarie inferiori, ed i fianchi di un bel color rosa; il Savi (Ormit. tosc. INI, 137) le dice di color bianca- stro, ed Salvadori (Ucc. Sard.) non cita tale particolarità. 26. Fulix ferina (Linn.), Moriglione (Cobarossu). Individuo maschio adulto, ucciso sullo stagno di Cagliari; vi è comunissimo. 27. Mergus serrator (Linn.), Smergo minore (Scoccalettu, Strallera, Cucumarzola). Individuo femmina, che fu l’unico ucciso sullo stagno di Ca- gliari. RETTILI. 28.(') Phyllodactylus europaeus (GENE) Synopsis rept. Sard. indigenorum in Mem. della R. Accad. delle Sc. di Torino, serie II", vol. I.°, pag. 263. FiMlodattilo europeo (Pistilloni IRHERRÀ Oristano. 29. (*) Podarcis muralis (WAGLER). a) Var. lincata, = Lacerta podarcis var. Genei (Cara, Monogr. della Lucertola com. in Sardegna). GeNÉ: loc. cit., pag. 265. (Tiliguerta). Villurbana, dintorni d’ Orciano 5) Var. campestris (De-BettA). GENÉ: loc. cit., pag. 265. Cagliari. 30. (°) Gongylus ocellatus (WacLER), Gongilo occetlato (Tili- gugu, Tilingoni, Sazzaluga). GENE: loc. cit., pag. 280. i RAPPORTO SU DI UN’ESCURSIONE NELLA SARDEGNA. 459 Ne trovai parecchi individui nascosti, in istato di torpore, sotto . le pietre nelle colline di Villurbana presso Oristano. 31. (‘) Zamenis viridiflavus (LacxP.), Colubro verde-giallo (Co- luru puzzonargiu). GENÉ: loc. cit. pag. 274. Villurbana, dintorni d’Oristano. , BATRACI. 32. (') Hyla arborea (Linn.), Raganella arborea (Arrana birdi). Gent: loc. cit. pag. 277. Cagliari. 33. (*) Bufo viridis (LAURENTI), Rospo verde o smeraldino (Rana pintada). GeNÉ: loc. cit. pag. 280. Cagliari. PESCI. 34. (') Trigla corax (BP.), Capone gallinella (Trigla boladora, Rundini de mari). Individuo giovane d’Oristano. 35. (°) Labrus turdus (BL.), Labro tordo (Arrocali). Piuttosto raro, Oristano. 36. (°) Labrus festivus (Riss.), Labro festivo (Arrocali de sco- lio). Comunissimo ad Oristano. 37.(*) Labrus mixtus (Linn.), Labro pavone = L. trimaculatus — (Linn.), £ var. 3 di Giinther. Poco frequente ad Oristano. 38. (*) Crenilabrus Roissali (Riss.), Crernilabro macchiato (Ar- . rocali). Comunissimo a Cagliari. 39. (°) Sargus Salviani (Cuv. VaL.), Sargo del Salviani (Sarigu). — Non frequente ad Oristano. 40.(") Mugil auratus (Riss.), Muggine orifrangio (Lissu). Fre- quentissimo negli stagni d’Oristano. 41. (°) Gobius capito (Cuv. Var.), Ghiozzo testone (Maccioni conca manna). Assai frequente a Cagliari. 42. (°) Gobius niger (Linn.), Ghiozzo nero (Maccioni nieddu). Comunissimo ad Oristano e Cagliari. 43. ('°) Gobius paganellus (Linn.), Griozzo paganello (Mac- cioni). Assai frequente a Cagliari. 460 P. MAGRETTI, 44. (!') Gobius elongatus (CAnESTR.), Ghiozzo allungato (Mac- cioni). Stagno di Cagliari. 45. ('*) Gobius minutus (PENN.), Ghiozzo minuto (Maccioni). Stagno di Cagliari. 46. (**) Blennius basiliscus (Cuv. Van.), Bavosa basilisco (Piscialetta). Piuttosto raro a Cagliari. Ne portai quattro esemplari, conser- vati in alcool, i quali presentano grande differenza nel colore e nella disposizione delle fascie trasversali nere orlate di bianco. 47. (‘*) Blennius palmicornis (Cuv. VaL.), Bavosa palmi- corne (Piscialetta). Comunissimo a Cagliari. Nell’esemplare portato riscontrai tutti i caratteri di questa specie, tranne i due canini della mascella superiore, che credo molto rudimentali. 48. ('°) Alosa vulgaris (Vat.), Alosa (Sabaga). È l’Alosa (lomb. Agone) che dal mare passa nei nostri fiumi e laghi al tempo della riproduzione. Assai frequente ad Oristano. 49. ('°) Engraulis encrasicholus (Linn.), Sardella comune. Oristano. | 50. ('’) Lebias calaritana (Bpr.), Lebîia cagliaritana (Conca de mallu). Comunissima negli stagni di Cagliari. 51.('*) Atherina hepsetus (Linn.), Latterino sardaro (Segreti). Comunissimo ad Oristano. 52. ('°) Atherina mochon (Cuv. Van.), Latterino comune (Segreti). Comunissimo nello stagno di Cagliari. 53. (°°) Solea vulgaris (Cuv.), Sogliola volgare (Palaja). Comunissimo a Cagliari. 54. (°!) Arnoglossus laterna (Br.), Suacia cianchetta. I caratteri organici di questo esemplare corrispondono esat- tamente con tutti quelli della specie tipica (Vedi Canestrini, Gun- ther, Bonaparte), ma vuolsi notare, al lato sinistro, un color castagno oscuro, che sostituirebbe il carnicino delle descrizioni. 55. (°°) Anguilla acutirostris (YarR.), Anguilla (Anguidda). tao ue © È: | RAPPORTO SU DI UN’ESCURSIONE NELLA SARDEGNA. 461 Comunissima nello stagno di Cagliari. 56. (°°) Syphonostomus typhlae (Linn.), Sifonostoma tifle — (Agu burdu). Stagno di Cagliari. MOLLUSCHI. | 57.(') Octopus vulgaris (Law.), Cagliari. 58. (°) Loligo vulgaris (Law.), Oristano. | 59. (5) Aplysia depilans (Lixx.), Cagliari. 60. (‘) Murex saxatilis (Linv.), Cagliari. È 61. (*) Patella radiata (Lax.), Oristano. 62. (°) Helix naticoides (Drap.) = ZH. calar itana. Assai co- « mune presso gli stagni ‘e lungo le rive. Cagliari ed Oristano. 63. () H. vermiculata (Mutt.), Cagliari. 64. (*) H. aspersa (Mutt.), Cagliari. 65. (°) H. hospitans (BoneLn1), Cagliari. 66. ('°) H. apicina (Lawm.), Cagliari. 67.(')H. rugosalis (ZiecLer), Cagliari. 68. (‘*) H. pisana (Mutt.), Cagliari. 69. (‘°) H. paucispira? Oristano. 7 70. ('*) Cyclostoma elegans (Drap.), Cagliari. «71. ('’) Bulimus decollatus (Brue.). Assai comune nei campi È dei dintorni d’Oristano e Villurbana, ove trovai sempre conchi- | glie vuote e d’animale adulto. 72. ('°) Tapes decussata (Linn.), Cagliari. | 73.(') Cardium edule (Livn.), Cagliari. INSETTI. 74. (') Pamphagus marmoratus (Burm.). Parecchi esemplari da Cagliari. 75. (°) Isotoma aquatilis (MùLL.). Nei fossatelli e piccoli sta- gni fiancheggianti le strade dei dintorni d’Oristano. 76. (°) Isotoma arborea (Bourt.). Ivi. 77. (*) Orchesella cinceta (Linn.). Ivi. 462 i P. MAGRETTI, 78. (°) Lixus ferrugatus (OLiv.) = L. cribricollis. Cagliari. 79. (°) Chrysomela Banksii (FaBR.), Cagliari. 80. (") Blaps gages (FaBr.), Cagliari. 81. (°) Copris hispanus (Lixn.), Cagliari ed Oristano. 82. (°) Ateuchus laticollis (FABR.), Oristano. 83. ('°) Geotrupes hemisphaericus (OLiv.), Cagliari ed Ori- stano. 84. ('') Necrophorus fossor (ERIcHS.), Oristano. 85. (‘?) Ocypus olens (Mutt.), Cagliari ed Oristano. 86. ('°) Cymatopterus fuscus (Linn.), Oristano. 87. (‘‘) Assida Genei (Sot.), Oristano. 88. ('°) Agabus abbreviatus (FABR.), Oristano. 89. ('°) Carabus morbillosus (Sot.), var. Servillei. Molti esem- plari da Cagliari. 90. ('’) Percus Oberleitreri (Dis.), Cagliari ed Oristano. 91. (!*) Tentyria rotundata (BruLLé). Due esemplari da Ca- gliari ed Oristano. 92. (‘°) Acis spinosa (Linn.). Quattro esemplari da Cagliari. 93. (?°) Pymelia Payraudii (Soc.), Cagliari. 94. (*!) Bubas bison (Linn.), Oristano. 95. (°°) Pyrrhocoris apterus (Linn.), Oristano. ARACNIDI. 96. (') Dysdera crocota (C. L. KocH), Oristano. MIRIAPODI. 97. (') Scolopendra dalmatica (Kocn). Alcuni esemplari dai dintorni d’Oristano e Cagliari. 98. (*) Julus flavipes (Koc&). Varii esemplari da Cagliari. CROSTACEI. 99. (') Carcinus moenas (LracH). Comunissimo fra la sabbia ed il fango lungo le rive degli stagni di Cagliari. RAPPORTO SU DI UN’ ESCURSIONE NELLA SARDEGNA. 463. 100. (*) Palaemon squilla (Fagr.). Assai comune nello stagno di Cagliari. «101. (*) Scyllarus sculptus (Laax. ), Cagliari. PROTOZOARII. 102. (') Amoeba polypodia (F. E. ScuuLze). Osservata abba- « stanza abbondante nelle acque di stagno e di mare portate da Cagliari e da Oristano. Per questa e le specie ut vedi la | citata memoria: Alcune osservazioni ecc. | 103. (*) Amoeba radiosa (Dus.). 104. (°) Monas lens (Dur.). 105. (*) Sphaerophrya pusilla (CLAP. et LAcH.). 106. (°) Acineta compressa (CLAP. et LACH.). 107. (°) Pleuronema chrysalis (PERTY). 108. (‘) Euplotes Iongipes (CLar. et LAc4n.). 109. (°) Cyelidium glaucoma (EnR.). li o 6 i È SNA DELLA TERMINAZIONE DEI NERVI NEI TENDINI E DI UN NUOVO APPARATO NERVOSO TERMINALE MUSCOLO-TENDINEO. Nota del Prof. Cav. CamiLLo GoLsi. Io intendo di fare, più che altro, una dimostrazione di pre- parati relativi ad alcuni recenti miei trovati intorno alle termi- nazioni nervose nei tendini; però, alla dimostrazione, parmi utile far precedere una succinta esposizione dei risultati dei miei studî sull'argomento, alcuni dei quali vennero da me compiuti testè in questi giorni. Due affatto diversi modi di terminazione delle fibre nervose, . vennero da me trovati nei tendini. a) L'uno è rappresentato da particolari corpi assolutamente caratteristici per aspetto, forma, struttura e modo di connessione colle fibre nervose, corpi che trovano un riscontro in nessuno dei conosciuti organi nervosi terminali dell'organismo nostro; la cui significazione, pertanto, molto probabilmente trovasi in ar- monia colla funzione che tendini e muscoli insieme devono com- piere. A questi, a motivo dei rapporti che essi hanno coi mu- scoli e coi tendini, io credo debbasi applicare il nome di organi nervosi terminali muscolo-tendinei. 5) L’altroè ancora rappresentato da corpi che parimenti hanno una propria spiccata fisionomia; ma che insieme, almeno sotto alcuni rapporti, trovano un riscontro in altri conosciuti corpi nervosi terminali dell'organismo nostro, coi quali, in relazione coll’anatomica corrispondenza, probabilmente hanno anche ana- logia di funzione. Noto fin d’ ora che alludo alle così dette clave terminali della congiuntiva. Di quanto questi due tipi di apparati terminali sono fra loro diversi per forma, struttura e rapporti colle fibre nervose, di altrettanto essi caratteristicamente l’uno dall’altro diversificano per la sede; i primi sempre si trovano negli strati profondi delle SULLA TERMINAZIONE DEI NERVI NEI TENDINI. 465 origini dei tendini, nel punto di passaggio del muscolo nel ten- dine, quindi sempre in relazione coi fasci muscolari; i secondi, invece, sempre si trovano negli strati superficiali dei tendini o delle espansioni tefidinee. Primo tipo od organi nervosi terminali muscolo-tendinei. — Hanno generalmente forma fusata, e delle loro estremità l’una è sempre in rapporto coi fasci di fibre muscolari, del cui sarco- lemma il loro stroma fibrillare appare in diretta continuazione; l’altra estremità, talora semplice, più frequentemente divisa in due, segue l'andamento dei fasci tendinei, andando gradatamente a confondersi con esso. Il loro diametro oscilla entro limiti piut- tosto larghi, da 70-80 w in larghezza e 300-400 in lunghezza, a 100-120 w in larghezza, e oltre 800 in lunghezza. Caratteristico è il modo con cui essi trovansi in rapporto colle fibre nervose. Il caso più frequente è che una sola sia la fibra destinata a ‘ ciascuno; però accade abbastanza di frequente che dieno accesso a due o tre, e ben anco a quattro fibre midollate. L’ entrata può verificarsi tanto da una delle estremità, costantemente quella che «va a confondersi coi fasci tendinei, quanto da lato, e precisa- mente da un punto della porzione più grossa della forma fusata. Qualunque sia il numero delle fibre entranti, nel portarsi verso | la parte centrale del corpo, esse continuano a suddividersi dico- È tomicamente; ciascuna fibra di secondo o terzo ordine si dirige | poi verso la periferia. Tuttociò può essere rilevato coi più sem- plici mezzi d’osservazione; l'ulteriore e finale ‘modo di compor- | tarsi delle singole fibre, può solo essere scoperto colla reazione . del cloruro d’oro. Ecco quanto coll’ aiuto di quest'altro metodo cl è dato di rilevare: Trasformatesi le fibre midollate in fibre pallide, queste dando . luogo ad alcune fra loro divergenti suddivisioni, continuano il loro tragitto verso la periferia dei corpi, dove giunte, mediante | più fine e frequenti suddivisioni a brevissimi intervalli, riescono | costituire numerosi circoscritti intrecci reticolari disposti pa- rallelamente alla superficie. Vol. XXI. 30 466 C. GOLGI, Siffatti circoscritti intrecci reticolari a piccolo ingrandimento, hanno apparenza di altrettanti fiocchetti. A questo punto trovo conveniente di rilevare come, le ora de- scritte terminazioni entro i corpi fusati, offrano la più grande analogia e quasi identità con quelle da me trovate, distribuite a gruppi, ma libere da involucro lungo i tronchi nervosi, nei ten- dini della lucertola. Quanto alla distribuzione di questi apparati nervosi terminali, sono portato ad ammettere ch’ essi esistono, se non in tutti, nella grande maggioranza dei tendini. Il fatto, che relativamente alla topografica distribuzione di questi organi, parmi meriti in modo più speciale essere rimar- cato, è la loro esistenza, tanto nei tendini superficiali, quanto nei profondi; riguardo ai singoli muscoli, non meno nelle radici o lamine tendinee superficiali che nelle interne. Nel coniglio trovo sempre i corpi in numero più considerevole nei tendini delle estremità posteriori ed in quelli di alcuni mu- scoletti della doccia vertebrale. Nel topo, nel cane, nel gatto, fatta eccezione d’una maggiore difficoltà a trovare i corpi, ho fatto identiche osservazioni. Negli uccelli, invece, questi organi nervosi terminali si trovano in maggior numero nei tendini dei muscoli delle ali. | Secondo tipo. — Hanno generalmente forma globosa od ovale, la loro grandezza parimenti oscilla entro confini piuttosto larghi; parecchi, e dei più piccoli, vennero da me trovati del diametro di 40-50 v in larghezza e 70-80 in lunghezza; alcuni fra i più grandi misurarono 100-130 pin larghezza e 300-350 in lunghezza. Devonsi considerare tre parti: l'involucro, il contenuto e la fibra o le fibre nervose entranti. L’involucro è composto d’una serie di finissimi strati concen- tricamente disposti, con nuclei ovali interposti. Il contenuto ap- pare sotto forma di una massa gialliccia finamente granulosa. Nella gran maggioranza de’ casi una sola è la fibra, che attra- versando il rivestimento va a mettersi in rapporto col contenuto granuloso; ma non si ponno dire eccezionali i corpi che danno E OTTA SULLA TERMINAZIONE DEI NERVI NEI TENDINI. 467 accesso a due od anche a tre fibre. Nel modo di comportarsi di queste, notansi numerose differenze; il caso più frequente è che la fibra entrante vada a confondersi in modo indeterminato, ap- pena attraversato l’involucro, colla sostanza granulosa. In qualche caso ho verificata la formazione di un’ansa. Caso' più frequente del precedente, è quello di vedere la fibra nervosa dare luogo entro la sostanza granulosa ad una serie, talora assai compli- cata, di anse in direzioni diverse e di diversa forma, in guisa di dare origine nell’insieme a vari gomitoli, che molto davvicino ricordano quelli delle’ clave terminali della congiuntiva, quali sono disegnati da Krause, Axel Rey e da Ciaccio. Circa la disposizione di questi corpi, mi limiterò a notare come di frequente parecchi di essi veggansi situati a breve di- stanza l’uno dall'altro, od in gruppi. Un vicino fascetto ner- voso, suddividendosi, provvede ciascun corpo di una fibrilla. In- torno alla probabile significazione dei due diversi tipi di organi nervosi terminali da me trovati e descritti, riguardo al primo, quello affatto caratteristico ‘pei tendini, se prendo in considera- zione e la distribuzione dei corpi, che indifferentemente ha luogo tanto nelle radici tendinee superficiali, quanto nelle profonde, se considero di più la speciale loro situazione nella zona di pas- saggio del muscolo nel tendine, anzi la loro diretta continuazione col sarcolemma delle fibre muscolari primitive, se finalmente anche prendo in considerazione la forma speciale, tipica, di ter- | minazione delle singole fibrille, a me sembra di potere con suf- ficiente fondamento ammettere che i medesimi organi abbiano | una funzione armonizzante con quella dei muscoli, e precisamente che essi possano essere organi di una speciale sensibilità mu- scolare, od i misuratori della tensione dei muscoli. Forse lo sperimento fisiologico potrà fornire, in proposito, qual- che nuovo dato di giudizio. Quanto al secondo tipo di apparati nervosi terminali, la loro | situazione più superficiale e la stessa loro analogia con altri or- « gani terminali di nota funzione, mi sembrano abbastanza vale- voli argomenti per far ammettere che essi siano corpi tattili. SULLO SBOCCO DELLE VENE POLMONALI DELLA RANA. Nota preventiva del Socio Prof. LropoLno Maggi della R. Università di Pavia. Il primo che si sia occupato seriamente dell’apparecchio cir- colatorio della Rana è lo Swammerdam,* nel 1738; giacchè Mal- pighi,° nel 1687, disse solamente che nei polmoni della rana esiste una rete mirabile, senza però determinare se essa fosse vascolare, nervosa o parenchimatosa. L’autore della Biblia nature,’ parlando del circolo sanguigno nella rana adulta, dimostra nel cuore un’orecchietta, descrive le aorte, le loro divisioni e le loro anastomosi, due vene cave anteriori, la vena cava posteriore, la vena addominale, le vene ascellari, le vene polmonali, ed infine le vene renali. Questi vasi, al dire di Gruby,i ci sono fatti conoscere da Swammerdam così completamente, come si fa nei lavori classici odierni; solamente le vene polmonali sono descritte imperfettamente. Fu su quest’ultima proposizione del Gruby, che io mi son fer- mato; e per giudicarla intrapresi degli studj, dei quali ora non presento che preventivamente una Nota, riserbandomi la pubbli- cazione della Memoria, allorchè essi, secondo il mio modo di ve- dere, saranno ultimati. 1 SWAMMERDAM, Biblia nature. 1738, ‘ ® MALPIGHI, Opera omnia figuris elegantissimis ces incisis. De pulmonibus; Epi- stola ad Borellium, pag. 134. 1687. 3 SWAMMERDAM, Biblia nature, pag. 830. Tractatus de sanguinis circuitu in rana adulta. " 4 GruBY, Recherches anatomiques sur le système veineux de la Grenowille (Annal. des Sc. nat. 1842, tom. 17, pag. 209). SULLO SBOCCO DELLE VENE POLMONALI DELLA RANA. 469 Il Swammerdam * indica nella rana due vene polmonali, le quali poi vanno a sboccare da ciascun lato, nelle vene cave di- scendenti. Nelle Lezioni di Anatomia comparata di Cuvier,? rac- colte e pubblicate da Duvernoy (1805), non si parla delle vene polmonali di questo batracio. Negli Elementi di fisiologia e notomia comparativa del Jacopi (Pavia, 1811), in proposito è detto, che le due vene cave ante- riori riconducono il sangue al cuore proveniente anche dai pol- moni. Nelle Lezioni di Anatomia comparata di Cuvier,° raccolte e pubblicate con aggiunte da Duméril (Bruxelles, 1840), si legge che nei batracj allo stato perfetto, le vene polmonali si rendono, separatamente dalle vene del corpo, nell’orecchietta sinistra; epperò la miscela del sangue ha luogo immediatamente nel ven- tricolo unico di questi rettili. Il Gruby * nelle sue ricerche anatomiche sul sistema venoso della rana, presentato all’ Accademia di Scienze di Parigi, 18 novembre 1841, dice che le vene polmonali tirano la loro ori- gine dai vasi capillari venosi posti alla superficie interna o mu- cosà dei polmoni. Là esse si riuniscono in parecchie branche che percorrono i bordi liberi dei tramezzi delle cellule polmo- nali, ove esse sono costantemente coperte d’una rete vascolare. Le branche venose si avvicinano a poco a poco le une alle altre verso la radice dei polmoni, e, anastomizzandosi, esse formano per ciascun polmone un sol tronco venoso, che è posto tra la superficie anteriore dell'esofago e la superficie posteriore della vena cava ascendente; i due -tronchi venosi posti in una sola guaìna, percorrono così insieme la distanza di 2 millimetri, fino a che essi arrivano all’orecchietta sinistra del cuore, ove si ter- minano con due aperture, che sono separate l’una dall’altra soltanto da un sottilissimo tramezzo. Queste due vene, entrano ! SWAMMERDAWM, Loc. cit. ® CuviER, Legons d’anatomie comparée, etc. 1805, Paris, » Id. Id. Bruxelles, 1840. 4 GruBy, Loc. cit. 470 L. MAGGI, bruscamente nella sostanza muscolare del cuore; dà-i muscoli del cuore formano uno sfintere dintorno alla loro imboccatura, ed è in conseguenza di questa disposizione che il corso del san- gue nei polmoni può essere regolato secondo il bisogno dell’ e- conomia animale. In seguito a questa sua descrizione, Gruby mette ‘in nota quella di Swammerdam, citandone la pagina (833), la tavola (49), la figura (4) e le lettere (0, c); e che io ho qui sopra ri- portato. | . Secondo Siebold e Stannius,! le vene polmonali delle rane si sebiaino sempre nell’orecchietta sinistra, dopo di essersi riunite in un sol tronco. Î Invece nelle Lezioni sulla fisiologia e V anatomia comparata. dell’uomo e degli amimali, di Milne-Edwards,* si trova, riguardo alle vene polmonali della rana, che esse formano sopra ciascun polmone un tronco assai grosso, si avvicinano tra loro e si avan- zano sotto la vena cava posteriore per andare a sboccare vici» nissime l’una all’altra nell’ orecchietta del cuore. i D. G. Fritsch ® dà un disegno del cuore della rana veduto posteriormente e superiormente, in cui le vene polmonali sono fisurate, verso la loro fine, avvicinate tra loro ed unite al mo- mento del loro sbocco, che si fa, tra le due cave superiori, nel seno venoso, il quale è posto dietro alle due orecchiette, e le precede anche nell’entrata del sangue. Nello scritto di Fritsch, accompagnato dalla tavola in cui avvi il suindicato disegno; non ho potuto rintracciare che esso si occupi in particolare di queste vene. Su queste diverse descrizioni sono modellate in genere quelle che si possono ricavàre, intorno alle vene polmonali della rana, dai trattati di anatomia e fisiologia comparata antichi e moderni. ' SIEBOLD e STANNIUS, Anatomie comparée, traduit de l’allemand par SER et Lacordaire. Encyclopédie-Roret. Paris, 1850. Tom. II, pag. 245. , 3 MILNE-EDWARDS H., Lecons sur la physiologie et Vanat. comp. de l'homme et des anim. Paris (ancora in corso di stampa). 3 D. G. FrItsca, Zur vergleichenden Anatomie der Amphibien Herzen., Miller’s Archiv fiir Anat. Phys., etc, 1869, pag. 654. SULLO SBOCCO DELLE VENE POLMONALI DELLA RANA. 471 Se in Meckel ed in Wagner, che io non potei consultare, vi fos- sero altre diversità risguardanti quest’ argomento, credo che sa- rebbero state riportate da Siebold e Stannius, per non dire di altri; nè altro di notevole io trovai finora in Delle Chiaje, in Carus, in Straus-Durkheim, in Owen, in Leydig, in Chauveau, in Huxley, in Gegenbaur, in Van Beneden, in Nuhn, nè nel Com- pendio delle lezioni di anatomia comparata di Panceri, fatto da De Sanctis e Luccarelli, nè nelle Note di anatomia comparata raccolte dalle lezioni del prof. Panceri da Antonio Della Valle. Anche una discreta quantità di Memorie, tanto dei succitati autori, quanto di altri, tra i quali Rusconi, Hyrtl, Davy, Bri- cke e via dicendo, giacchè quando stamperò la mia Memoria ne darò la bibliografia consultata e da consultarsi, fin dove mi sarà possibile di impadronirmi; anche, ripeto, una quantità di Me- morie non mi aumentò il numero delle notizie intorno allo sbocco delle vene polmonali della rana, che, d’altra parte, le già sopra annunciate mi sembrano sufficienti per far ritenere importante l'argomento di cui sto occupandomi. Mi parve che l’injezione dalla parte del ventricolo del cuore della rana, fosse la via migliore per chiarire la questione dello sbocco delle sue- vene polmonali; poichè fosse esso nelle orec- chiette, o fosse nel seno venoso, non poteva impedire al liquido injettato di passarvi ed entrare nelle vene polmonali, mancando queste di valvole. Nel caso invece dello sbocco di queste vene secondo Swam- merdam, si poteva dubitare della riuscita dell’injezione, potendo esso essere al di là della valvola, che si trova in ognuna delle vene cave discendenti, al davanti di quel loro punto in cui con- fluiscono, secondo Gruby, le vene sottoclavicòlare, giugulare ester- na ed innominata, la qual ultima è composta dalla vena giugu- lare interna e dalla vena sottoscapolare; valvola, il di cui ufficio, si sa, è di impedire la circolazione del sangue nella direzione dal centro verso la periferia. Ora sia con injezione a colla colorata, quindi a caldo; sia con injezione d’albume colorato, oppure mediante liquidi colorati, 472 L. MAGGI, quindi a freddo, non vidi mai sbocco di vene polmonali nè nelle orecchiette, nè nel seno venoso; mentre tutte le parti del cuore, e le arterie che da esso si staccano, e le vene che ad esso ar- rivano, si erano sempre egregiamente injettate, qualunque fosse la sostanza d’injezione. Siccome poi venivano riempite anche le vene cave fin là dove esiste la loro valvola, senza dar prima in- dizio di sbocco di vene polmonali, così s’ accrebbe il mio dubbio sopraenunciato, il quale finora, da parte mia, non ho potuto ri-. solvere. Sapendo che il signor dott. cav. Angelo Maestri di Pavia si era occupato del cuore e vasi maggiori della rana, allo scopo di foggiarli in grande colla cera, delle cui preparazioni egli è abi- lissimo e distintissimo, gli comunicai quanto sopra ho detto. Tanto più mi premeva di sentire in proposito il dottor A. Maestri, il quale, oltre ad essere acuto e diligente osservatore, ha avuta la relazione con Rusconi e Panizza, che anche dell’apparecchio cir- colatorio della rana fecero diverse injezioni. Il dott. A. Maestri gentilmente mi rispondeva, e con prepara- zioni alla mano, che lo sbocco delle vene polmonali non si fa in nessuna parte del cuore della rana; mentre, accuratamente inda- gando, aveva trovato di confermare lo sbocco delle vene polmo- nali nelle vene. cave, come già indicò Swammerdam. È facile ora arguire all’ importanza di questo fatto anatomico per la circolazione sanguigna della rana e per la morfologia del- l'apparecchio circolatorio dei vertebrati. Difatti il sangue che ritorna dai polmoni, quindi sangue ar- terioso, non penetra, come è detto da molti fisiologi, nell’ orec- chietta sinistra, ma bensì nelle vene cave; per cui prima di ar- rivare al cuore, il sangue arterioso dei polmoni è già mescolato col sangue venoso che ritorna dall'insieme dell'organismo, il quale poi non va a sboccare nell’ orecchietta destra, come gene- ralmente si dice, ma mette foce nel seno venoso che precede l’orecchietta, divisa internamente da un setto incompleto, il qua- le si trova, longitudinalmente posto, al davanti dell’ apertura del seno venoso, per cui può dirigere la corrente sanguigna; prove- SULLO SBOCCO DELLE VENE POLMONALI DELLA RANA. 473 niente dal seno venoso, nella parte destra dell’ orecchietta, e la- sciarla passare poi, perchè incompleta, nella parte sinistra, da dove vien spinta nell’ unico ventricolo, nel quale si diceva che avveniva la miscela del sangue arterioso col venoso. Bisogna dunque modificare anche l’espressione che nei batracj adulti vi sia una grande ed una piccola circolazione, in ciascuna delle quali il sangue, partito dal cuore, ritorna a quest’ organo prima di introdursi nel circolo complementare; e dire piuttosto che nei batracj adulti vi ha una grande circolazione ed una se- mipiccola circolazione, facendo passaggio dalla semplice circola- zione dei pesci alla doppia circolazione incompleta dei rettili. Nell’apparecchio circolatorio della rana pertanto, vi sono due parti solamente in cui il sangue è prettamente arterioso, le vene polmonali ed i capillari cutanei provenienti dalla così detta vena cutanea magna, che è un grosso tronco, fornito dall’ arteria pol- monale, che si distribuisce alla cute nella regione scapolare e dorsale. Il sangue fatto arterioso in questi vasi capillari sotto- cutanei, si mescola al sangue venoso che dalle parti profonde dell'organismo ritorna al cuore; così che il sangue arterioso dei polmoni va a mescolarsi con quello delle vene cave, che è già per sè stesso un sangue misto. Il cuore dunque riceve un san- gue venoso, che ha subìto due volte la miscela coll’arterioso. Per la correlazione dell’apparecchio circolatorio col respira- torio ne consegue che, nella rana, due sono i punti in cui av- viene l’ematosi, polmone cioè e cute dorso-scapolare, ciò che per altro si sapeva, essendo anche state fatte delle esperienze intorno alla respirazione cutanea della rana, tra le quali figu- rano quelle di Milne-Edwards. Dirò da ultimo, che il fatto dello sbocco delle vene' polmonali della rana, nelle sue vene cave, viene a porre una maggior gra- duata transizione nell’organizzazione dell’apparecchio circolato- rio delle due classi di vertebrati anallantoidei, pesci cioè, e ba- tracj. Fu già detto esistere delle rassomiglianze nella disposi- zione del sistema vascolare tra il pesce sia allo stato d’embrione, sia allo stato adulto, ed il girino della rana. Il cuore del pesce 474 LU. MAGGI, SULLO SBOCCO DELLE VENE POLMONALI DELLA RANA. è sempre prettamente venoso, vale a dire esso non riceve che sangue venoso; e così è del cuore del girino della rana. Nella rana adulta poi, il cuore pur trovandosi ancora sulla corrente venosa del pesce, riceve tuttavia sangue misto. Bisogna fare un passo avanti per avere la miscela del sangue nel cuore, e giun- gere ai rettili; tra i quali il coccodrillo, per es., alla sua volta ci va già preparando la distinzione dei due cuori arterioso e ve- noso, che troviamo nettamente distinti negli uccelli e nei mam- miferi. SULL’APERTURA DEL FORO DEL BOTALLO NEL CUORE DI UCCELLI A COMPLETO SVILUPPO. Comunicazione preventiva del Socio Prof. LEoPoLDO MAGGI della R. Università di Pavia. Interrogato dall'amico prof. Giovanni Zoja, intorno al modo di comportarsi del foro del Botallo nel cuore di uccelli a com- pleto sviluppo, se cioè esso fosse pervio od impervio; io risposi colle cognizioni che aveva avute dalla maggioranza degli Autori di trattati di Anatomia e fisiologia comparata, i quali ammettono che questo foro è impervio. Diffatti per citarne alcuni dei principali, tra quelli che ne parlano, Siebold e Stannius' dicono che il foro ovale negli uccelli è completamente chiuso da un tramezzo sottile, intiipaniata ma d’un tessuto denso. Owen? dà il disegno del cuore di un uccello, Dromaius Nove Hollandie, che è un casoario, nel quale indica anche la fossa 1 SIEBOLD e STANNIUS: Nouveau Manuel d’ Anatomie comparée, traduit de l’alle- mand par Spring e Lacordaiîre. Paris, 1850, Vol. II, pag. 337. ? R, OwEN: On the Anatomy of Vertebrates. London, 1866, vol. II, pag. 186. SULL’APERTURA DEL FORO DEL BOTALLO, ECC. 475 ovale (fossa ovalis), soggiungendo poi che essa è una profonda depressione situata dietro la posteriore valvola semilunare, la quale mostra pressapoco la stessa relazione della fossa coll’amnulus ovalis nel cuore umano. Il setto (septum) membranoso che chiude il foro ovale, è completo e forte, ma sottile e semi-trasparente. Tuttavia io volli tosto accertarmene con delle mie proprie osservazioni, dalle quali mi risultò che il foro del Botallo pure nel cuore di uccelli a completo sviluppo, può trovarsi pervio, come nel cuore di alcuni mammiferi e dell’uomo. Anzi per averlo trovato aperto in alcuni trampolieri, palmipedi, gallinacei, rapaci e passeri, vale a dire in quasi tutti gli ordini degli uccelli, potrei già dire, che, contrariamente a quanto fu asserito, questo foro, in generale, è in loro pervio; e che probabilmente i suaccennati autori si sono limitati a poche specie di uccelli, e, per quest’argo- mento, allo studio del cuore di un corritore, ed anch'io dapprima in un corritore, fhea americana, l’ho trovato impervio. Ciò prova che l’analogia, e sia detto qui incidentalmente, serve fino ad un certo punto, cioè fino a che non si abbia la cognizione diretta del fatto. Ma continuando le mie ricerche intorno al foro del Botallo nel cuore completamente sviluppato in diversi uccelli appartenenti ad un medesimo ordine, l’ho pure trovato impervio in alcune loro specie, mentre in altre era pervio. Così, fra i Trampolieri o gralle, è pervio nel Numemus pheopus, nel Phaenicopterus anti- quorum; invece è impervio nella Grus cinerea. Inoltre anche nel Gallus domesticus © ossia gallina, era pervio; non così in un cappone (Gallus domesticus eviratus). Se quindi, questo piccol numero di fatti osservati, da una parte dimostra che anche negli uccelli vi sono’ delle variazioni come negli altri vertebrati superiori, intorno al modo di comportarsi del loro foro del Botallo; dall’altra, non permette di poter già tirare delle conclusioni generali. Epperò per quanto sia piccolo il numero di questi fatti, essi fanno evidentemente importante l’argomento ch’io sto studiando, di cui spero dar presto un’altra comunica- zione, parendomi che il sistema delle comunicazioni, mano mano che avrò raccolto fatti, sia il migliore per trattarlo; giacchè si 476 L. MAGGI, SULL’APERTURA DEL FORO DEL BOTALLO, ECC. vede che in esso deve entrare anche la parte statistica, per la quale il numero delle osservazioni dev’ essere molto grande. Ond’è che per ora presento il seguente piccolo prospetto: Foro del Botallo nel cuore di uccelli a completo sviluppo, GRALLE 0 TRAMPOLIERI. * Foro pervio Foro impervio. Numenius pheopus. Grus cinerea. Phanicopterus antiquorum. PALMIPEDI. Foro pervio. Foro impervio. Podiceps cristatusi 0 000 cure dele ariete GALLINACEI. Foro pervio. _ Foro impervio Gallus domesticus Q (gallina) Cappone. Meleagris gallopavo d- (Gallus domesticus eviratus). PASSERI. Foro pervio. Foro impervio. Melanocorypha calandra Lin. \/.||_@|_|\||}G Gi... ebivào RAPACI. Foro pervio. Foro impervio. Halisatus calbigilla. ib; (L orstpnitofaa Riese 9 Vultur fulvus. . CoRRITORI. Foro pervio. Foro impervio. venier Rhea americana. dins Caiano PESI TA uva Sea » ve serra» È rune Ein ina — DERE TAR RT SULL’ UTILITÀ DEGLI EUCALYPTUS. Relazione del-Principe Pietro TROUBETZKOY, letta alla Sezione di Botanica. (24 Settembre 1878.) Onorevoli Signori, La scienza ha per fine il miglioramento non solo morale, ma anche fisico dell’umana famiglia; credo perciò opportuno’ di sot- . toporre al savio criterio dei cultori delle scienze naturali le esperienze e gli studî da me fatti per rendere salubri non solo, ma fruttifere, le plaghe che oggi sono infestate da miasmi palu- dosi, e restituire quindi alla coltivazione e convertire in nuove fonti di ricchezza i terreni dai quali ora si fugge, perchè ci si respira la morte. Sebbene straniero per nascita, da quindici anni considero ed amo l’Italia come la mia seconda patria, e da dieci anni mi : adopero con ogni sforzo a introdurre e propagare la coltivazione . dell’Eucalipto, come pianta risanatrice delle regioni nelle quali regna la malaria, pianta che da molti anni fermò l’attenzione di tutti coloro che si interessano al risanamento di territorî insa- lubri, pianta la quale a noi venne dall'Australia, e certamente nota a voi tutti, cosicchè credo inutile di qui farne la storia. Ebbi già l’onore di trattare questo argomento sul principio di questo mese ai Congressi d’igiene e di botanica di Parigi, e ne ebbi la più lusinghiera approvazione. Campo delle mie esperienze fu la mia villa sul lago Maggiore, dove il clima dolce e tempe- rato riesce adatto alla produzione e coltivazione di ogni sorta di vegetali, ed in particolar modo dell’ Eucalyptus. La prerogativa di quest’ albero di risanare luoghi insalubri, il rapido suo cre- 478 P. TROUBETZKOY, scere ad albero gigantesco, lo rese accetto in Francia dapprima dietro la Relazione del signor Ramel, che lo aveva introdotto in Algeria, poi in Corsica. Il dott. Bekerand, incaricato di una in- chiesta officiale, ha potuto accertare i felicissimi risultati otte- nuti in Algeria colla piantagione dell’Eucalyptus, e ne ha stesa la relazione in un opuscolo intitolato: L’ Eucalyptus au point de vue de l’hygiène en Algerie. Un giornale inglese, il Medical Times, in un articolo consa- crato all’ Eucalyptus, dice che quest’ albero ha la singolare pro- prietà di assorbire l’ umidità del terreno dieci volte maggiore del proprio peso, e che, piantato in un terreno paludoso, in. breve lo prosciuga. Secondo il dott. Gimbert, sono gli alberi dell’ Eucalyptus dei veri apparecchi depurativi, che assorbono i carburi idrogenati del’ suolo, restituendoli all'atmosfera in vapori balsamici ed ossi- genati. x Le piantagioni più considerevoli sono state fatte in Algeria, contandonsi omai circa 15,000,000 alberi d’ Eucalyptus in di- verse località. In Europa, grazie all'iniziativa del dott. Regolo Carlotti, di cui la scienza deplora la perdita recente, è la Corsica che ne conta il maggior numero, calcolandosene al presente circa 300,000 alberi, che fra quattro anni s' aumenteranno a 600,000. Il medesimo dott. Carlotti constatò i risultati prodigiosi di questo - albero, sotto il rapporto del risanamento. Si sono organizzate, in Francia, società, affine di estendere la coltura dell’ Eucalyptus nei terreni paludosi, ed il ministro di Agricoltura e Commercio di quella Repubblica mi diceva, pochi giorni sono, che si è formata or ora una Compagnia per fare in Algeria una piantagione di Eucalyptus della estensione di 6000 ettari, e che il governo le fornirà valida sovvenzione. Ora, onorevoli signori, il clima d’Italia si presta per eccel- lenza alla coltivazione dell’ Eucalyptus, ed è.grande ventura; perchè in Italia abbondano terreni incolti, a cagione della insa- labrità del clima, quali sono: l’Agro romano, le paludi Pontine, le Maremme, che occupano grandissima estensione dell’Italia cen- ni BIZ NE IL pEr)» 11 SULL’ UTILITÀ DEGLI EUCALYPTUS. 479 4 trale e meridionale, il territorio del basso Po, che una società È tortonese sta ora restituendo alla coltivazione; plaghe tutte che, a cagione dei miasmi, impedivano sempre i lavori nella calda stagione, micidiale a chi deve sostenerne il peso. Nè io esagero. Eccovi un estratto di ciò che lesse il senatore . Salvagnoli 1’ 11 maggio 1876, sulla bonificazione dell'Agro romano e sulla mortalità dal 1° gennajo al 31 dicembre 1875. Morti negli spedali, di febbre perniciosa, N. 250, il che vuol . dire, che tenuto conto della statistica media regolare delle Ma- | remme, la città di Roma avrebbe contato almeno 752 ammalati i di febbri miasmatiche in sei mesi. Nel 1874 ne morirono 314, . cifra che farebbe calcolare a 907 gli afflitti dalle febbri perni- | ciose, le quali non la perdonano nè ad impiegati, nè a monsi- - | gnori, nè a ministri, tanto che è proverbiale l’inabitabilità di Roma, capitale d’Italia, nella stagione estiva; e ne è prova, che anche coloro i quali non sono colpiti dalle febbri, ma da altre malattie, per risanare sono costretti a fuggire da quelle regioni ed a venire a bere le salubri aure dei nostri laghi. Lo stesso . Presidente del Consiglio italiano è appunto fra noi per ristabilire | la stanca salute che in Roma deperiva. Si facevano recentemente, in Senato, discussioni intorno alle provvidenze da prendersi per la bonificazione dell'Agro romano, e, sulla proposta del senatore conte Torelli, fu preso in consi- derazione il vantaggio che potrebbe ottenersi dalla piantagione dell’Eucalyptus, ed io spero che il ministero attuale, presieduto dal patriota Cairoli, al quale ebbi l’onore di parlare più volte dei prodigiosi effetti prodotti dalla coltivazione di quest’albero . su larga scala, e che seppe comprendermi, vorrà, nella prossima | sessione parlamentare, proporre una legge che incoraggi e pro- dei. Pe 4 paghi una tale coltivazione, perchè trattasi del pubblico bene, della salute e della vigoria di un rispettabile numero di persone, le quali crescerebbero ben più robuste ed atte a sostenere le fatiche dei campi e delle armi, che non siano quelle torme in- — numerevoli, che partono dalle Maremme, ingiallite, flosce, feb- bricitanti, per ridursi nei loro casolari a sciupare i miseri gua- 480 P. TROUBETZKOY, dagni ottenuti a spese della salute e della vita. Ecco ciò che si legge in proposito nel giornale L’Italie di Roma del 14 corrente: “ D’après la nouvelle loi des bonifications ce n’est pas à des syndacats, mais à l’État que sera dévolue l’euvre de la bonifi- cation des 300,000 hectares de terrains marécageux qui ‘se trouvent en Italie; les travaux seraient exécutés au moyen de dépenses graduelles, qui dépasseront, prévoit-on, un total de 100 millions. “ Cette disposition de la loi est basée sur les deux considé- rations suivantes: “ 1. Les travaux ayant pour but la salubrité et l’hygiène publiques, comme aussi la productivité des terrains, sont des tra- vaux d’intérét sénéral. “ 2. L’augmentation de la valeur des terrains bonifiés ne cor- respond pas toujours à l’importance des dépenses faites pour leur bonification; ainsi la bonification de la Maremme toscane a né- cessité une dépense totale de 20,000,000; or la valeur des ter- rains évaluée auparavant 700,000 francs, n’est guère supérieure aujourd’hui a trois millions. , Reputo gran fortuna per me il poter rivolgere le mie parole ai membri onorevoli di questo Consesso, per interessarli a stu- diare una tale questione, e mi dirigo in modo speciale a coloro che abitano quelle provincie d’Italia, nelle quali la temperatura non discende sotto i — 9° C. Vi sono, a quanto si dice, più di sessantasei specie di Euca- Iyptus, quaranta delle quali furono da me, con felice esito, col- tivate, e di trentacinque ne esposi le piante a Parigi, e presen- temente qui a Varese. Dietro le mie esperienze di ben dieci anni posso raccomandare, come la più igienica, la specie Globulus, che resiste a — 7°, e l’Amygdalina, che resiste sino a — 9° ed anche più. Anzi l’Amygdalina possiede in più alto grado le qua- lità comuni agli Eucalyptus, cresce assai meglio nei luoghi umidi, ma si sviluppa pure nei luoghi aridi, a meraviglia. Analisi chi- miche fatte dietro indicazioni date dal prof. Miller, direttore del Giardino Botanico di Melbourne nell’Australia hanno constatato | SULLL’ UTILITÀ DEGLI EUCALYPTUS. 481. che l’Amygdalina contiene olio essenziale quattro volte più che il Globulus. Far boschi di Eucalyptus vuol dire bonificare, vuol dire colo» nizzare luoghi deserti per malaria ed improduttivi; è perciò de- siderabile che un regolamento, una legge parlamentare provveda _ a diffondere la coltivazione di questa pianta meravigliosa che “ prosciuga è terreni, diffonde nell’ atmosfera un aroma speciale, modificando totalmente il clima; offre una medicina gratuita agli abitanti dei luoghi paludosi, e cresce in breve tempo in grandiosi fusti, , come il prof. Spatuzzi scriveva al Pungolo di Napoli dal Congresso d’igiene di Parigi. In otto anni può fornire travi di un legno durissimo, traver- sine per le strade ferrate, pali per fili telegrafici ed altri usi moltissimi. In pari tempo, mentre |’ Eucalyptus fornisce ottimo legname e risana l’aria, non impedisce la coltivazione, tantochè il capitale che può impiegarsi in una piantagione, in dieci anni può rendere, senza esagerazione, il quintuplo. A giustificazione di quanto ho esposto, onorevoli Signori, vorrei che alcuno dei rispettabili Congregati venisse a visitare la mia - villa sul lago Maggiore, per ammirare gli alberi di alto fusto che ho potuto ottenere, dopo soli otto anni che ne gettai la semente. Vol. XXI. 31 DELLE TRAPE DEL LAGO DI MANTOVA E DEL CONNUBIO DELLE STRATIOTES ALOIDES L. Relazione del Socio D. Francesco Mask Arciprete di Castel d’Ario nel Mantovano. Onorevoli Colleghi, Voi sapete, o signori, che l’illustre prof. De Notaris, il cui nome sarà sempre di gloria e di onore all'Italia, ed ahi, troppo presto rapito alle scienze, agli ammiratori, agli amici, in una delle sue escursioni scientifiche sul lago Maggiore, raccoglieva, or fa qualche anno, una Trapa, e scorgendo in essa caratteri di- versi dalla descritta linneana Trapa natans, elevandola, più che a forma o varietà, a vera specie, la intitolava, dal luogo di rac- colta, Trapa verbanensis, De Notaris. Mantova è detta la città dei trigoli, chè tale è il nome attri- buito dai Mantovani ai frutti della Trapa natans, altrimenti | chiamati anche castagne acquatiche. Non appena il De Notaris fece conoscere la sua scoperta, va- rii botanici si rivolsero, e non invano, per lettera a me perchè mandassi loro frutti di questa bella Onagrariea. Ma quei frutti io doveva provvedermeli da quei raccoglitori, che nel febbrajo e nel marzo ne fanno un magro commercio, vendendoli, lessati e sgusciati, tre al centesimo, per cibo ai ra- “gazzi e alla povera gente. Presentatomi adunque ad uno di questi commercianti di tri- goli, gli dimandai se ne avesse di crudi per tentarne la semina- gione nelle fosse delle risaje in Castel D’Ario. gg > DELLE TRAPE DEL LAGO DI MANTOVA, ECC. 483, Alla mia domanda ei mi risponde con tutta serietà: “ Vuole dei trigoli maschi, o dei trigoli femmine? ,, Qui succede un dia- logo ed eccolo: “ Spiegatevi un po’ meglio galantuomo. Che cosa intendete per maschi, e che per femmine? ,, “I maschi sono i più arditi, i più robusti, i più belli, quelli cioè che hanno o tre, o quattro corni. Le femmine sono quelle che più semplici, più modeste, più umili ne hanno soltanto due. ,, A tale spiegazione mi sovvenne tosto il pensiero che potes- sero essere due piante distinte, mentre prima aveva sempre cre- duto che gli uni e gli altri provenissero da una sol pianta, col- l’abortimento di uno, o due corni. La quale credenza, confesso che mi fa poco onore, perchè dinota che nella copiosa mia rac- colta di esemplari non ci misi quella vera attenzione, indispen- sabile al diligente osservatore. Della mia trascuranza n’ ebbi la | pena, ma non ne porto lamento, perchè la ferita mi venne da tale campione. Intanto fatta buona provvista dei ricercati frutti ne spedii a diversi amici, fra i quali all’ora defunto prof. comm. De Visiani, al prof. cav. Gibelli, ed al prof. Saccardo, ma ne trattenni an- che per me, onde coltivarne la pianta e studiarla a maggiore comodità. Non conosco le risultanze avute dagli altri, ma in quanto a | me potei accertarmi essere due piante affatto distinte. Di fatti in quella pianta che vi dà le frutta a due corni non ve ne tro- vate mai nè a quattro, nè a tre; e in quella che vi dà le frutta a quattro corni, ossia nella vera nafans linneana, non ve ne trovate alcuno a due, e se pur ve ne trovate a tre corni, vi scor- gete anche patente l’abortimento del quarto. Se non che una sola volta mi occorse di trovare, in una 7rapa mnatans lin- neana, frammezzo ai frutti a quattro corni, uno a due corna, ma coi segnali palesi dell’abortimento degli altri due, ed anzi essendo questo caso assai strano, lo rendo ostensibile, e lo sot- topongo al vostro giudizio. Ora, quantunque a me sembri che l’unico cargire impor- 484 F. MASÈ, DELLE TRAPE DEL LAGO DI MANTOVA, ECC. tante, che distingua queste due Trape dei laghi mantovani, sia | quello delle due o delle quattro corna, pure essendo tale carat- | tere assai rilevante, io mi unisco al De Notaris, e credo che egli — avesse ragione nel farne una specie separata per quella da lui raccolta sul lago Maggiore, pronto a sacrificare la mia opinione a chi con più torti ragioni mi provi il contrario. Ora poi mi è debito, o signori, dirvi qualche cosa intorno al- l’atto di unione, ossia al connubio da me tentato delle due piante di Stratiotes aloides Linn., e cioè delle piante maschili delle Valli Ostigliesi e del Tartaro, colle piante femminili del Lago di Mantova, eseguito nel giorno 7 marzo 1877, come è de- scritto nella mia Relazione inserita negli Att di questa nostra Società di scienze naturali, al vol. XX, fasc. 1°. Da questo connubio, che pure ho eseguito in doppio col tra- sporto delle maschili ostigliesi alle femminili mantovane e vice- versa, io sperava poterne in seguito ottenere i frutti, ma fino ad ora ho ciò sperato invano. E non per questo ne ho perduta la fiducia, perocchè l’esito favorevole potrebbe essere lento, e verifi- carsi in ‘seguito, mentre mi sembra che le piante abbiano attec- chito, quantunque non siano ancora venute in cerca di nozze a galleggiar sull’acqua. Intanto io metto a cognizione di ciò questa illustre assemblea, perchè se mai venga giorno, in cui qualche botanico scopra la Stratiotes aloides a fiori maschili nei laghi di Mantova, o a fiori femminili nelle Valli del Tartaro, nelle | Ostigliesi, o Veronesi, si sappia adesso per allora, che la co- Î storo comparsa in tali località non sarebbe casuale, ma bensì procurata dall’umile sottoscritto D. Francesco MaAsÌ, Arciprete di Castel d’ Ario nel Mantovano. Castel d’ Ario, 20 settembre 1878. MARINONI. Bronzi preistorici del Friuli. SE | (ES 4 S | S i KS) | x | 9 È gonl 4 È | Y Ss i Pri | \ D] 5 È 4 < 7 ZE IS N | j ÙÀ x È AS (7 Cung: tot. Mill. 200 nel Bosco Scaloli (Fou di goto) 15%. lung. tot Mill. 279, “Ggrn a Belgrado di Varmo Ss org tot Miti. 200 IZ (28, %3 gr. n SN È & d Belgrado di Varmo ssa ? = Cividale 2 aBelgrado di Varmo aBelgrado di Vargno a l'ividale | G N.B. Sc midivre segnale sono tutte im nril'Omeri. . "Lit. Ronchi Marinoni disdalva BRONZI PREISTORICI DEL FRIULI, Rota Nota del Dott. Prof. CAMILLO MARINONI. (V. Tav. 158.) Trascuro tutte quelle reliquie dell’arte bronzaria antica che pervennero in mie mani, o potei esaminare nelle raccolte pub- bliche o private, che si riferiscono ai tempi del dominio romano e dappoi: gli scavi di Aquileja, di Cividale, di Zuglio e qualche accidentale ritrovamento in diverse località del territorio del ‘ Friuli, hanno già a quest'ora fornito materia per studii che sa- rebbero interessantissimi. — Limito le mie osservazioni a quei P Biempi in cui all’uso delle armi di pietra si sostituiva man mano L, quello di arnesi di bronzo; e mi propongo di illustrare alcuni i cimelii che, a mio modo di vedere, debbono attribuirsi a quella Gs remotissima età e al periodo che immediatamente le tenne dietro, | cioè ai tempi anteriori alla influenza civilizzatrice delle colonie | romane quivi stabilite. Finora in proposito nonsi possono consultare che gli appunti det- tati dai signori Coronini," Kandler,° Biilow ?. e Czòrnig,* recente- | mente riepilogati dal prof. Pigorini” in un breve scritto, i quali si | ' CoRONINI F. = Articolo inserito negli Atté e Memorie della Società agraria di Go- | rizia per l’anno 1867. Suppl. 5, pag. 22 a 24. «2 GATTI e KANDLER. = Articolo inserito negli Atti e Memorie della Società agraria | dî Gorizia dell’anno 1868, Appendice al N. 2, pag. 1 a 3. ® BilLow. = Nel Corrispondenzbl. des Gesammtvereins, Jahrg. 1868 n.8; e.nei Jahr- biicher und Jahresbericht des Vereins fiir Mecklemburgisches Geschichte und Al- terthumsk. Tomo XXXIV, pag. 236. ‘ CzognIG F. — Das Land Gòùrz und Gradisca. Parte II°, capo 8, pag. 141 a 144. 5 PicoRINI L. — Fonderia di S. Pietro presso Gorizia ;} nel Bullettino di Paletno- logia italiana, anno 3.°, 1877, giugno, con una tavola. — PicgoRINI L. = Articolo inserito nel Bu/lettino dell'Istituto di Corrispond. archeol., anno 1877, pag. 89 e 90. — Pigorini L. = Compte-Rendu de la 8° session, Buda-Pest 1876, du Congrès inter-. | national d’ anthropologie et d’archéologie préhistoriques. Buda-Pest 1877, I vol. a pagine 270 e pag. 402. sini -”- Mu e dA} 486 C. MARINONI, riferiscono alle antichità dissotterrate nel 1867 presso S. Pietro di Gorizia e ritenute della piena età del ferro: — altri scritti io non conosco; nè tutte codeste pubblicazioni, se pur riuscirono a rac- coglier notizie, valsero ad impedire il disperdimento dei materiali illustrati.! Nel Friuli specialmente, terra situata all’ estremo confine orientale dell’Italia, aperta alle immigrazioni e prima stanza dei nuovi popoli calati dalle Alpi, gli studii di antropologia preistorica hanno necessità di copiosi materiali; e ben valeva la pena di qualche sagrificio onde impedire il disperdimento della suppellettile preziosa che già l’azzardo ne aveva posto fra mano. Ma oramai è conosciuto l’interesse tutto locale che presenta que- sto paese negli studii comparativi delle prische età dell’uomo: — le indagini si fanno secondo uno scopo determinato, per cui giova sperare che ogni annello che ne congiunge alla catena dei tempi trasvolati, sia per essere raccolto, studiato e valutato secondo la sua importanza. Ed appunto anche queste pagine contengono notizie illustra- tive intorno ad alcuni resti di arnesi, per arte riferibili ai tempi remotissimi preromani, pervenuti in mia mano ed ora depositati nel Museo Udinese; nonchè di altri che potei esaminare nel Mu- seo patrio di Cividale, o di cui ebbi contezza per cortesia di privati raccoglitori, ma che tutti ritengo non mai prima d’ora fatti conoscere. — Sono i primi bronzi preistorici trovati nel Friuli a ponente dell’Isonzo, la cui provenienza sia ben nota; ma, è d’uopo il dirlo, il loro rinvenimento fu quasi sempre for- tuito, e la loro giacitura sporadica non permette ancora di col- legare tali scoperte con nesso scientifico le une alle altre. — Pur tuttavia mi pare ne risultino almeno due fatti salienti: quello della loro distribuzione, che potrebbe dar l’ indirizzo alle ricerche future, ed il predominio fra tali reliquie di una forma determinata, quella del palstaab, di cui riscontrai tipi svariati forse più che negli altri depositi di antichità preromane noti in Italia. i Delle reliquie tratte dal ripostiglio di S. Pietro di Gorizia, un pa/staad ben con- servato ed altri oggetti sono all’i. r. Museo di Vienna; alcune si conservano al Museo di Gorizia e in collezioni private; altre ancora poi nel Museo comunale di Trieste. — “n Per quel poco che è rimasto in paese valgano le indagini fatte per questa illu- strazione, i % ica di i i boo PE er git ate e OLA Lal ui” BRONZI PREISTORICI DEL FRIULI. 487 Per quanto riguarda la distribuzione topografica dei luoghi, ac- cennerò sommariamente che si possono distinguere in due gruppi: le scoperte fatte nella regione pedemontana e nella pianura, .e quelle della regione alpestre. Fra le prime noto le località di Ci- vidale e suoi dintorni, di Castel-Porpetto presso Palmanova, di Bel- grado di Varmo sulla sinistra del Tagliamento e di Cavasso Nuovo presso Maniago-grande, allo sbocco del torrente Meduna nella pianura. Presso a poco sono gli stessi punti del territorio dove si incontrano anche gli avanzi dell’ età neolitica, e sono al- lineati sulla strada probabile che avranno seguito le famiglie im- migranti, venendo dall’Illirico, per raggiungere il passo del T'a- gliamento, o spingersi verso il mare. — Nella regione montana il Canal di S. Pietro, l’imbocco del Canal di Gorto ed il Canal di Socchieve, cioè la valle del Tagliamento e quelle in essa con- fluenti che hanno passi alla Carinzia ed al Bellunese. L’ unito specchio valga per ora a registrare senza commenti codeste loca- lità e la qualità dei cimelii finora trovati in ciascuna; cioè a confermare quei fatti che già dissi risaltare più spiccati dal. l’esame dei bronzi preistorici friulani; ARMI UTENSILI ORNAM me_o_o_—_ywm_m_—Y——i —— rr een _—-.rr_a||. rex N î ei 8 ei ,8 1a +2 mea De! 2 LOCALITÀ =" 8] 3 [Fo] 3 |a 828) 2 28/28] £|22| a (SÒ s [#5] 2 Din S° 2) IS Sla ]|s n Rai; 2 è Ei - Ponte S. Quirino (Cividale). | ..|..{.. 1 £ | Cividale? e dintorni . 4 == £-E\ Premariacco (Cividale) . . I 7 =2 | Castel-Porpetto (Palmanova). 4 l'enteall, Dopo | gpl -£ Z| Belgrado di Varmo (Codroipo)| + |..| 1 ila Ao I l ES i? a Cavasso Nuovo (Maniago) . | 1 E ie = = ( Imponzo (Tolmezzo) . . .|.- 1 e] EE Esemon di Sotto (Ampezzo). |. - 1 = =|\ Giaveada (Ampezzo). . . | 1 Totale | 4]—| 1] 1|13| s|1| al 1 NB. Da questo prospetto sono state escluse alcune località da cui si ebbero indizii pubbii o di troppo poca importanza. 438 C. MARINONI, Come punto di partenza in queste ricerche prescelgo, accet- tando gli apprezzamenti già noti, i bronzi della fonderia di San Pietro presso Gorizia. La loro scoperta fu oltremodo importante per le condizioni di giacitura ben definite ivi riscontrate nei due grandi vasi di argilla fittile in cui stava rinchiuso tutto quel pic- colo tesoro, e perchè fu svelata chiaramente la natura del ri- postiglio, tanto dagli oggetti lavorati, quanto dalla presenza di lingotti di bronzo. Per la loro storia illustrativa, rimando alle Memorie originali intorno ad essi già pubblicate; nondimeno farò rilevare che il loro esame ed i giudizii che su di essi furono pro- nunciati, mi hanno convinto che possono giustamente parago- narsi coi nuovi cimelii raccolti. Hanno tutti una certa impronta caratteristica che li collega, come se tutti avessero appartenuto a gente in possesso di una medesima industria od arte, quan- tunque per i tempi diversi più o meno avanzata. Nello studio del ripostiglio di Varmo, che ha qualche analogia con quello di S. Pietro"di Gorizia, di cui dirò più innanzi, sta il fondamento di codesta opinione; nè gli altri rinvenimenti la disdicono, ben- chè ad essi si debba attribuire un valore affatto relativo per il carattere sporadico della loro giacitura. Quindi, allo scopo di dare un più facile sviluppo a questo concetto, anche nella descrizione dei singoli oggetti mantengo il loro naturale raggruppamento, I diversi scavi stati fatti nei dintorni di Cividale, l’antico Forum Julii, dove facilmente un colpo di zappa trae in luce anticaglie romane e medioevali, ivi associate alla rinfusa nel terreno su- perficiale, fornirono fino ad ora sei palstaab: quello di Ponte 5. Quirino, quello di Premariacco, e quattro di provenienza non bene accertata, ma per altro assai interessanti per la loro forma e per la materia. | La forma più comune è quella del palstaad di Ponte S. Quirino. Tre chilometri circa a nord-est di Cividale, appena oltrepas- sata la confluenza del torrente Aborna nel Natisone, sorgono i casali di S. Quirino presso il ponte costrutto in servizio della strada nazionale. Siamo nel thalweg della valle dove il terreno BRONZI PREISTORICI DEL FRIULI. 489 alluvionale sciolto sovrasta ad un conglomerato probabilmente di origine glaciale, e sul triangolo di terra compreso fra i due corsi d’acqua, attraverso il quale sorgeva un antico vallo ro- mano, ora quasi interamente demolito. Alcuni anni or sono, all’epoca dei lavori per la strada, un tale Castellani, mentre presso la spalla di detto ponte stava distruggendo la porzione del vallo che metteva ad un suo campo, rinvenne fra la terra a mezzo metro di profondità il palstaab (fig. 1) ed alcune ferra- glie interamente ròse dalla ruggine: l’arnese fu poi ceduto al signor Andrea Miani di S. Pietro al Natisone, che ebbe la cor- tesia di comunicarmelo, e presso al quale ancora si trova. È conservatissimo, di bronzo, tutto rivestito di grossa patina verde, . fuorchè al tagliente, dove fu affilato alla mola probabilmente per riconoscerne la materia, ed appartiene a quel tipo di forma che è proprio delle terremare attribuite ai primi tempi dell’epoca del ferro. La lama trapezoidale, di lunghezza ben proporzionata .al largo tagliente un po’ricurvo, che nasce ed è rinforzata da alette corte, non molto sporgenti limitate intorno alla testa in forma di cartoccio conico per l’immanicatura, infine lo spessore . di ogni parte ed il peso rilevante, ne fanno un’arme robusta e potente. Affatto simili, sebbene più grossolane e con qualche lieve mo- dificazione di forma, sono due altre ascie di bronzo, l’una intera e perfetta, l’ altra spezzata a metà del fendente, che si conser- vano nel Museo di Cividale:' sono sfornite di notizie esatte sulla loro originaria provenienza, ma probabilmente furono trovate in qualcuno dei molti scavi stati fatti nei dintorni di Cividale stesso per rintracciare avanzi di antiche costruzioni. «Questi tre pa/staab hanno di comune la forma sempre robusta qualunque siano le loro dimensioni; e di essi si potrebbe dire, come osservò il dott. Pigorini per quelli di S. Pietro a Gorizia, che sì scostano alquanto dal tipo primitivo caratteristico dell’età del | 1 Debbo alla gentilezza del m. r. canonico Jacopo Tomadini, attuale direttore del | R. Museo di antichità in Cividale, l’aver potuto esaminare codeste e le altre reliquie colà raccolte. 490 C. MARINONI, bronzo, e richiamano invece quello che dominava in Italia du- rante la prima età del ferro. Infatti sono paragonabili un per uno con quello di S. Quirico di Valdagno, o coll’altro dei monti di Solagna esistenti nel Museo di Vicenza ed illustrati dal signor Lioy;*! poi con quello di Scandiano ? fra gli avanzi preromani dell’ Emilia, infine con pochi altri stati rinvenuti a Narni, nelle necropoli più recenti del Lazio, di Villanova ® e nei sepolcreti etruschi, ‘* mentre fuori d’ Italia ne sono stati raccolti in Savoja ° e nella palafitta di Moeringen nel lago di Bienne in Svizzera. ° Caratteri ed aspetto affatto analoghi sono posseduti dal p al- staab, di dimensioni assai più piccole, pur conservato nel Museo di Cividale e proveniente dagli scavi di Premariacco (fig. 2). Di esso trovai citazione e figura anche in un vecchio catalogo di quel Museo; ” e pare che sia stato raccolto in mezzo a ruderi di antiche mura romane. Più che per la forma sarebbe invece in- teressante per la natura della lega onde è fabbricato, che ad un esame assai grossolano quale l’ho potuto tentare, mi parve dovesse contenere proporzioni «eccedenti di rame e una quantità non trascurabile di ferro. — Accennerò infine come sia somma- mente liscio, arrotondato sugli spigoli, mozzato al tagliente e lo- goro per lungo uso. 1 Lioy P. = Le abitazioni lacustri di Fimon. Venezia, 1876; nelle Mem. del R. Istit. di Sc., lett. ed arti, vol. XIX, pag. 43, tav. XV, fig. 170 e 171. ? StROBEL P. = Avanzi preromani raccolti nelle terremare e palafitte dell’ Emilia, Parma, 1863; pag. 10, tav. IV, fig. 38. i 3 GOZZADINI G. = La mnecropole de Villanova, ecc. Bologna, 1870, pag. 56. 4 DE Rossi M. S. = La paleéoethnologie dans l° Italie centrale 3 nel Compte rendu du Congrès international d’anthropologie et d’archéologie préhistoriques, 5€ session à Bologne 1871; p. 445, tab. II. 5 Museo di Annecy. 6 KeLLER F. = Pfahlbauten; V Bericht, Ziirich 1863, Taf. XIV, fig. 17 und 18 Seit. 176. 7 Vedi il vol. IV della Iconografia, ecc. del Museo eseguita sotto la direzione del m. r. sig. canonico Michele della Torre Valsassina. A tav. VI, sotto la dicitura « Villa di Premariacco .... oltre il fiume Natisone, nelle terre del sig. dott. Pontoni, al numero di mappa 880, dal 23 marzo al 13 aprile 1822...» insieme alla pianta di certe costruzioni romane è disegnato anche il palstaad (fig. 7) colla seguente leggenda esplicativa: Arma da taglio di metallo corinto detto veoTIS, giusta il Museo Arrigoni, ! BRONZI PREISTORICI DEL FRIULI. 491 Il prof. A. Wolf, distinto cultore delle scienze archeologiche, con tratto di squisita gentilezza, mi comunicava non a guari a scopo di studio e di illustrazione, un’altra ascia ad alette di forma non comune. Codesto arnese faceva parte di una massa di anticaglie di vecchio bronzo state rintracciate nei dintorni di Cividale in epoche diverse, e che il fonditore sig. Poli di Udine aveva acquistate per destinare al maglio: la provenienza se non è autenticata da testimonianze irrefragabili è però corroborata da molti indizii di probabilità, fra cui quello del potersi annove- ‘rare altri consimili avanzi dell’ umana industria dissotterrati dal suolo di quell’antichissima dimora. Il bronzo è di color giallo dorato; manca la patina antica, giacchè si tentò lucidarlo sfre- gandolo con sabbia; ed oltre che per la sua forma è rimarche- vole sovra ogni altro per l’accurato lavoro di affilatura con cui fa ridotto a compimento il tagliente della sua lama (fig. 3). È rotto alla testa, probabilmente per staccarlo dal pezzo di fusione; è scabro e striato nell’incavo verticale, ha liscia invece la super- ficie del fendente; e le alette che fiancheggiano parallele tutta la parte superiore dell’ arnese (mill. 68 di lunghezza) non sono nè molto dilatate, nè ravvicinate in modo da formare un vero cartoccio come nelle altre forme di palstaab, ma appena ripie- gate tanto da trattenere il manico. Le alette cessano a metà circa dell’arnese e danno origine a due sporgenze laterali assai pronunciate, come bottoni fatti per arrestare il colpo o per trat- tenere il pugno, dalle quali poi nascono i fianchi ricurvi della lama, che si allarga assai con tagliente, arcuato quasi come nei veri coltelli-ascie. — Come palstaab, una siffatta forma è per me affatto nuova; e mi pare si stacchi da tutti i tipi noti, ep- però sarei propenso a ritenerlo una forma di passaggio tra il vero coltello-ascia ed il palstaab che diventò poi di uso più comune. La forma del fendente a mezzaluna e le alette appena ripie- gate, dritte, parallele, fanno nascere piuttosto l’idea di un ar- nese da impugnare a mano, che non da immanicare e usare come ascia; nel qual caso si dovrebbe tener calcolo anche del peso che è punto considerevole (grammi 197 ‘/2). I due bottoni laterali poi 492 C. MARINONI, avrebbero servito ad impedire lo scorrere innanzi della mano nel maneggio dell’ utensile. Sarebbe, adunque, questo, un altro di quegli esempi in cui l'artefice, pur sempre conservando le forme primitive degli arnesi che fabbricava, le veniva man mano adat- tando ai nuovi bisogni e perfezionando, curandosi perfino della linea pura ed elegante del contorno, fatto che stabilisce un vero progresso nell'arte dei tempi del bronzo. Il Museo di Cividale possiede ancora un altro esemplare di siffatti utensili, pure di non accertata provenienza ma indubbia- mente stato raccolto nel territorio contiguo alla città, il quale ai caratteri comuni dei palstaab dell'età del bronzo, altri ne riunisce che accennano ad un vero perfezionamento dell’arnese stesso. Breve il canale delle alette, queste assai sviluppate e. raccolte nella porzione superiore; lunghissima la lama, a bordi decisi che vanno man mano scostandosi; il tagliente netto, poco esteso ed accuratamente affilato (fig. 4): — vicino alla testa poi ad uno dei lati è fornito di un anello per dar passaggio al legaccio che avrà servito ad assicurarlo più fortemente al manico, oppure per sospenderlo nell'abitazione o alla cintura. Tale tipo non è nuovo, ma già riconosciuto e classificato fra gli utensili più ca- ratteristici dell’ età del bronzo dagli illustratori delle palafitte svizzere, ' che ne figurarono di forme diversissime rappresentanti una serie di graduati passaggi dall’ ascia ad alette fino al vero celt a bossolo ordinario. È piuttosto comune nell’ Europa set- tentrionale, nella Germania del nord almeno, ed in Danimarca; * appare anche in Francia ed in Ungheria;° e di trovati fra le Alpi si posseggono quello del Museo Ferdinandéo di Innsbruck proveniente dalle vicinanze di Taufers nel Tirolo cisalpino, e quello di sconosciuta provenienza che si conserva nel Museo cit- tadino di Trento (Strobel). i Desor E. = Les palafittes du lac de Neuchatel, fig. 35. L’ esemplare figurato è della palafitta di Bevaix. 2 MADSEN = Antiquités préhistoriques du Danemark: Age du bronze, tab. XXII, fig. 15, 16. 3 HILDEBRAND H. = Sur les rapports existants entre l’dge du bronze de la-Hongrie et Vage du bronze Scandinave ; nel Compte-rendu du Congrès international d’anthrop. gt d’archéol. préhist.; 7° session è Stockholm 1874; tome I, pag. 939 e seg. br 2 Hi BRONZI PREISTORICI DEL FRIULI. 493 Allo scopo poi di fornire tutti quei maggiori ragguagli che possono servire a stabilire confronti colle forme di altre località, riferisco qui anche le dimensioni di ciascuno dei palstaab de- scritti : Ùu Palstaab |Palstaah | Palstaab| Palstaah| Palstaab| Palstaab di Ponte di di di Pre- di di S.Quirino|Cividale?|Cividale?|mariaeco|Cividale?|Cividale? (fig. 1) | (intero) | (rotto) | (fig. 2) | (fig. 3) | (fig. 4) Millimetri | Millimetri | Millimetri | MiMimetri | Millimetri Millimetri Lunghezza totale. . . . 200 182 _ 125 132 219 » del solo fendente. 126 96 — 62 . 68 154 » delcartoccio di im- , manicamento . 74 86 68 63 70 65 Larghezza della testa . . 50 52 43 34 30 37 » all’origine del fen- gente 1"... 42 55 43 37 40 44 » al tagliente (corda dell'arco)... . 75 87 — 57 60. 70 Spessore all’origine del fen- dente se At. 10 10 7 6 8 7 Peso . . . . . .. .| Gr. 672| Gr. 657] Gr. —| Gr. 270 [Gr.197!/,| Gr. 473 Questi bronzi antichi stati rinvenuti nel territorio cividalese, potrebbero avere un interesse tutto speciale se la loro giacitura fosse stata per tutti osservata e constatata: entrando in questo ordine di considerazioni nasce spontanea la quistione se il pal- staab di Ponte S. Quirino rinvenuto in un vallo romano, abbia qualche rapporto col vallo stesso, e se sussistono relazioni fra le antiche costruzioni di Premariacco e l’ arnese di bronzo lì presso rinvenuto. — Nulla si sa sulla giacitura degli altri cimelii, ep- però manca ogni criterio per fondare un giudizio anche relativo: io per altro sono propenso a credere una tale associazione pu- ramente accidentale, nè sarebbe nuovo il caso della presenza di reliquie preromane in mezzo a ruderi di monumenti di epoca storica. Dalla collezione di oggetti antichi stata riunita dai signori conti Frangipane, con quanto veniva disotterrato nel lavoro dei 494 C. MARINONI, campi fra Castel-Porpetto e Gonars nel basso Friuli, ed ora passata in proprietà del Museo Udinese, potei scegliere alcune reliquie che sicuramente si devono attribuire ai lontanissimi tempi dell’età del bronzo, o almeno alla 1° età del ferro. È però gran- demente a deplorarsi che sia stata perduta ogni notizia intorno alle condizioni del loro ritrovamento e al nome preciso della località, circostanza che non permette di apprezzare tutto il va- lore di tale scoperta. Tali bronzi sono 8, cioè: un coltello-ascia, 4 palstaab, 1 scal- pello a cartoccio e 2 punte di lancia, tutti ricoperti da una grossa patina antica di color verde, quasi sempre intatta, quan- tunque più o meno ossidata. Una però delle lance è involta da patina bruna: insisto su questo fatto per dedurne che non tutte quelle reliquie dovevano trovarsi associate, potendo esso dipendere, piuttosto che dalla diversità dei materiali della lega, dalle condizioni diverse del terreno in cui i bronzi stettero sepolti. Il coltello-ascia (fig. 5) è fra gli altri il più caratteristico. È un arnese stato lungamente usato, perchè ha guasta l’incavatura lunare della testa, ed il suo tagliente disegna una linea meno arcuata di quella tipica che si riscontra negli esemplari intatti e nuovi: inoltre è leggermente depresso e pianeggiante in mezzo alle alette, che decorrono appena rilevate dalla testa fino al fendente dove scompajono schiacciate sotto le impressioni di ripetuti colpi di martello. Questa osservazione fu già fatta dal signor P. Ca- stelfranco su alcuni coltelli-ascie del Lodigiano * che mi servirono di confronto con questo dell’ estremo lembo orientale d’Italia; e‘ credo che dovrebbe essere sempre estesa anche agli altri consi- mili arnesi conosciuti e particolarmente ai palstaab, nei quali le molte differenti forme potrebbero essere derivate in alcuni casi dal riattamento dell’utensile, anzichè dalla diversità di tipo. — Al- tri confronti si possono stabilire coi coltelli-ascie di Scandiano nel Reggiano, di Castione figurato dallo Strobel?® e posseduto dal I CASTELFRANCO P. = Ripostiglio di oggetti di bronzo nel Lodigiano; nel Bull. di Paletn. italiana, anno IV, gennajo, 1878. 2 STROBEL P. = Op. cit., pag. 5, tav. III, fig. 14. — Vedi anche GASTALDI B. = Nuovi Cenni ecc., tav. IV, fig. 7. BRONZI PREISTORICI DEL FRIULI. 495 i Museo di Torino, di Vienne nel dipartimento dell’Isere! in Fran- cia e del lago di Ueberlinger® in Svizzera, nonchè di parecchie altre località che si riferiscono all’età del bronzo.® Tre dei palstaab appartengono ad un sol tipo, quello più co- = mune nelle terremare italiane dell'età del bronzo; però differi- EA ci det i A), bei a scono fra di loro per peso e per dimensioni. L’esemplare figu- rato (fig. 6) è affatto nuovo, intatto, granuloso alla superficie come se fosse ricoperto da una patina sabbiosa giallo-verdastra, cogli orecchioni poco rilevati, il tagliente appena arcuato, la te- sta libera e incavata da leggera depressione lunare senza uncini, e gli spigoli netti, decisi, robusti. Degli altri due esemplari, uno è intero ma molto logoro, l’altro non rappresenta che il terzo in- feriore, cioè il fendente, essendo spezzato all’origine delle alette. Tutti e tre però si possono confrontare esattamente colle figure di alcuni palstaab del Museo vicentino date dal Lioy, o con quello di Campeggine illustrato dallo Strobel.* — Il quarto palstaab, invece, andrebbe collocato dappresso a quelli del Lazio, di Ci- vidale e di Gorizia per la sua forma riferibile al tipo di Moe- ringen; ma consta di una lamina di metallo dello spessore mas- simo di tre millimetri, ròsa e guasta (essendo alterata in parec- chi punti persino la patina ridotta a un pulviscolo azzurro ci- nericcio), che ad un esame superficiale mi parve essere rame quasi puro. La sottigliezza di tutte le parti dell’arnese, e certe bavosità agli orli potrebbero far supporre che sia stato lavorato a martello, o almeno riattato più volte, come attesterebbe anche l'eccessivo accorciamento del fendente. Il taglio fu di recente 1 CHANTRE E. — L’dge du bronze et la première dige du fer en France ; nel Compte rendu du Congrès international d’anthrop. et d’archéol. préhist., Te session è Stockholm 1874, pag. 418, fig. 15. — Vedi anche CHANTRE E. = Album de l’ige du bronze, tab. III. fig. 3. ? KeLLER F = Pfahlbauten: VI Bericht, Zirich 1864, taf. IX, fig. 36. ® In Italia si conoscono anche quello della torbietra di Trana in Piemonte (GA- STALDI B. = Iconografia, ece., tav. VIII, fig. 15) e quello scavato nel 1876 dalla palafitta Keller alla Stazione di Bodio nel lago di Varese. (ReGAZZONI I. = L’ uomo preistorico nella provincia di Como. Milano, 1878, pag. 55, tav. VI, fig. 3); ma que- sti sarebbero nuovi ed intatti, per cui conservanti la forma tipica primitiva. * STROBEL P. = Op. cit.; pag. 5, tav. III, fig. 13. 496 C. MARINONI, rinnovato alla mola; ma importa notare invece che lo spigolo la- terale della lama porta un certo numero di intaccature che non sono nè recenti, nè casuali e di cui ora non saprei dar ragione. Ecco le dimensioni dei palstaab e del coltello-ascia, a comple- mento della loro descrizione: Coltello-|Palstaab| Palstaab| Palstaab| Palstaab logoro del tipo Moe- (fig. 3) | (fig.6) | logoro — ringen Millimetri | Millimetri | Millimetri | Millimetri | Millimetri ascia nuovo | usato e | rotto Lunghezza totale. . . . . . + 110 180 156 -- 130 » del solo fendente. . . . _ 85 70 _ 70 Larghezza della testa . . . . . 20 28 25 — 36 » all’origine del fendente . . —_ 30 30 _ db » al tagliente (corda dell’arco) 45 52 46 —_ 62 Spessore all’origine del fendente . 10 10 10 _ 3 Posò 0 è ee è 0 a e | AT 174 | Gr All | GEZ01 |) Es ARIETE Associato agli arnesi descritti, di cui conserva tutti i carat- teri di antichità, stava uno scalpello di bronzo di quelli che si appellano sgorbie. È un cilindro leggermente conico, lungo mill. 123, cavo fino alla profondità di mill. 80. La sua sezione più grande è circolare e conformata a cordone rilevato col dia- metro interno di mill. 15 e di mill. 20 all’esterno; l’altra estre- mità, conservando sempre l'andamento conico, negli ultimi 30 millimetri di sua lunghezza è scanalata da una larga docciatura che finisce in un arco tagliente di 10 millimetri (fig. 7). L’affi- latura fatta a mola che oggi vi si scorge è recente; il suo peso è grammi 93 1/2. — Durante l’età del bronzo non erano ignoti gli scalpelli, dacchè ne furono rinvenuti nelle palafitte del lago di Ueberlinger in Svizzera (KeLLER, PfalMlbauten, VI Bericht, tab. IX, fig. 38); ma il loro tagliente era dritto. L'unica figura a me nota di un arnese assai somigliante a questo di Castel- Porpetto, è quella data dal dott. Aspelin di uno scalpello a bossolo con docciatura, proveniente dall’Altai:* — opino quindi che debba 1 ASPELIN J. R. = Sur l’age du bronze altaico-ournalien ; nel Compte-rendu du Congrès international d’anthropol. et d’archéol. préhistor.; 7° session è Stockholm 1874, pag. 573, fig. 40. R BRONZI PREISTORICI DEL FRIULI. 497 | ritenersi per un vero niatpaiio e che possa avere un asia È Mifeecezionale. H La fig. 8 riproduce la donna di una punta di lendità di cui ne ebbi due esemplari identici fra loro in tutto, fuorchè nella qualità della patina, verde come negli altri oggetti nell’ esem- | plare disegnato, bruna e ossidata nell’ altro. Noto addirittura per | maggior chiarezza le dimensioni dell’arme per ciascuno dei due esemplari, avvertendo, come puossi rilevare anche dalla figura, che sono del tipo a cartoccio, col doppio foro laterale per il chio- . detto che serviva ad assicurare l’innastamento: d | Esemplare Altro esemplare i (fig. 8) non figurato a patina verde | a patina bruna ‘Lunghezza totale. . . . . ... +. + | Millim. 163 Millim. 153 » dbliasiamztz:v:*0) 00 Oiogscto:n | »" 95 » 102 i dla eragloczuit ieri rt cala » 68 » 51 » del cavo. interno.. . . . . ... » 70 » 80 Larghezza massima della lama. . . . . . » 27 » 32 Diametro interno del cartoccio alla base . . » 18 » 18 Altezza del foro di innastamento dalla base . » 35 PONE 38 ME AED E SUE POTE VT A Ii Grammi 85 «Il cannuolo s’interna anche nella lama, che perciò riesce at- traversata nel senso della sua lunghezza da un rilievo conico che le da robustezza, ai cui lati poi va degradando e allargandosi il lembo tagliente, diviso in due distinti piani che descrivono un | contorno flessuoso. Nella illustrazione che il Keller fece degli | avanzi di umana industria tratti dal lago di Ueberlinger son ci- i tate alcune cuspidi di lancia di questo tipo; ma più chiara ed "i evidente è la rassomiglianza con quelle trovate nel lago di Bour- 4 get’ e riferite alla bella età del bronzo di quelle palafitte. Mancando notizie positive sul modo di giacitura di cotali 0g- — getti nel suolo, riesce impossibile fondare congetture sulla na- PAS ! CHANTRE E. = Op. cit.; nel «Gone ronda du Congrès international d’anthrop et d’archéol. préhist.; 7° session è Stockholm 1874, pag. 419. Vol. XXI. 32 498 . 0, MARINONI, tura della scoperta; nondimeno mi pare che il loro studio possa condurre ad affermare indubbiamente l’esistenza dell’uomo del- l’età del bronzo anche nel Basso Friuli, fatto che non può esser dubbio se vi lasciò le sue armi e gli utensili della sua Peigiconn Di un interesse assai più grande per l'archeologia preistorica è la scoperta di un ripostiglio di bronzo trovato nella pianura presso il Tagliamento, forse nel sito di un antico suo alveo, della quale credo opportuno di dare una _succinta relazione. — Sul finire dell’anno 1876 (nel dicembre), eseguendosi certi lavori per sradicare una vecchia piantagione di viti in un campo detto Braida di S. Gottardo di proprietà del nob. dott. Carlo Zorzi di Trieste, podere situato nel territorio di Belgrado, verso Gra- discutta, frazione del Comune di Varmo, in distretto di Codroipo, fu rinvenuto ad una certa profondità non ben precisata (all’in- circa di ‘due metri) uri vero deposito di oggetti di bronzo. In diverse circostanze potei raccogliere una-decina circa di quelle reliquie vetuste; ma pare che la quantità delle anticaglie ivi sep- pellite fosse molto più grande di quel che ora è posseduto e de- positato al Museo di Udine, essendochè i testimoni e gli autori stessi della scoperta concordemente attestavano e mi descrivevano oggetti di forme distinte, sommanti in complesso al peso di oltre 50 chilogrammi di bronzo, che da quelli ignoranti villici furono occultamente sottratti al proprietario e per vilissimo prezzo ven- duti ad un battirame di S. Vito al Tagliamento. Fu un caso for- tunato se il signor L. Zambaldi, farmacista di Casarsa, racco- glitore di oggetti artistici ed archeologici, potè salvare ben 7 di quei pezzi, che poi cedette al prof. G. Marinelli, il quale li ac- quistò per conto del Museo di Udine: più tardi poi anche il si- gnor conte Giovanni di Varmo riuscì a rintracciare qualche al- tro frammento di quel tesoro archeologico dilapidato. 1 Ebbi le notizie risguardanti la località dal signor A. Grazzolo, rappresentante dello stesso signor Zorzi. — L'indicazione mi servì poi a verificare sopra luogo, © la località precisa sarebbe a 4 metri dal muro occidentale {della cascina dei conti Rotta. BRONZI PREISTORICI DEL FRIULI. 499 . . È inutile che io rammenti qui l’importanza storica della loca- lità di Belgrado nei tempi medioevali e romani'; le reliquie cui | accennosiriferiscono a tempi ancor più remoti, epperò sarà piut- . tosto il caso di riflettere sul fatto che in alcune delle località —circonvicine furono rinvenuti avanzi dell’èra neolitica. — Per quel che si può concludere dalle indicazioni raccolte, stavano i bronzi tutti insieme sepolti in un suolo molto antico; e lo strato inerte trovato intatto sotto il terreno coltivato superficiale può î attestare l'incolumità di quel nascondiglio, svelato soltanto dalla | circostanza dei lavori nuovi ed alquanto profondi. Quindi io credo che nel caso attuale non possano esser tirate in campo, a met- terlo in dubbio, le condizioni di luogo, la poca profondità, l’ esser presso le sponde di un fiume, o in vicinanza a luogo abitato, cir- costanze che potrebbero far supporre dei rimaneggiamenti del suolo; inquantochè anche le alluvioni del fiume che soggiaciono direttamente allo strato inerte, nel cui lembo inferiore furono scoperte le reliquie, si presentano regolarmente disposte come un fiume le abbandona, e già rese quasi concrete per debole ce- mentazione. Tali condizioni di giacitura notate dagli scavatori, io stesso verificai anche nelle località circostanti e sui fianchi dei campi all’intorno rialzati, essendo quella zona di paese frasta- gliata da canali e da strade. — Gli oggetti di bronzo, come dissi, giacevano nella terra, ma senza riparo alcuno, ammonticchiati alla rinfusa insieme a qualche ciottolo e ai frammenti di un vaso figulinario; e come questo fu malmenato e distrutto dall’ ingorda avidità dei contadini, quelli furono dispersi e non ne rimase al- tra traccia fuorchè la memoria. Prima ancora di descrivere i pochi cimelii salvati, riferirò l’im- pressione lasciata dalla loro scoperta nella mente di quei conta- dini, poichè essa ne porge il destro a congetturare con qualche i La località indicata è sita sulla sinistra del fiume Tagliamento: fu nel medio evo e in tempi posteriori feudo dei conti Savorgnano, e di quest’ epoca si conservano me- morie moltissime, poichè quivi era il passo del fiume. — Molti nomi geografici ed altri indizii accennano anche a memorie probabilmente romane; e in alcune carte x geografiche è quivi segnata appunto una strada romana. 500 C, MARINONI, fondamento quale ne sia la porzione andata perduta sotto il ma- glio del battirame. — Ricordano i testimoni oculari come vi si contenesse una lama di spada, ma corta e dritta, colla costa rilevata nel mezzo fino alla punta e rotta presso l'impugnatura; parecchie scuri quali simili a semplici cunei da spaccar legna, altre di forma un po’ diversa molto allungata; numerosi fram- menti del bordo ricurvo di un gran piatto (orlis de plats) sot- tili e distesi in lamina da un lato, ma con grosso cordone rile- vato dalla parte convessa della curva; infine alcuni ammassi in- formi, assai pesanti, affatto simili alle scorie di rifiuto delle no- stre fucine. — Lo splendore della lega che traspariva di sotto alla patina di idrocarbonato di rame, eccitò la curiosità degli operai e li indusse a portarne un primo saggio a fondere nella fucina del fabbro di Varmo; e l'indomani della scoperta tutto quello che non sfuggi alla bramosìa dell’inatteso guadagno, prese la via del maglio. Io non esito a prestar fede a codesta narra- zione per la sua consonanza con altre fonti a cui attinsi, e per- chè trova conferma negli oggetti stessi pervenuti in mie mani: — mi par di ravvisare la lama di un’antica spada di quelle che corrono sotto il nome di spade galliche, e un’impugnatura iso- lata si trova appunto nelle reliquie da me studiate; le scuri o cunei son rappresentati fra i resti tratti da quel ripostiglio che ora -si conservano al Museo Udinese; e gli orli di piatti sono un'espressione molto pittoresca che non va presa nel senso let- terale, ma invece in quello di porzioni di falci infrante, di cui una punta ne rimane tuttora. Gli altri sono massi informi di bronzo da colatura, pezzi staccati dagli arnesi gittati nelle forme, o rifiuti di fucina, come quello che è pressochè tutto di ferro. — Ma basta di ciò: eccomi alla descrizione degli oggetti capitati in mia mano per vie diverse, ed ora formanti parte delle colle- zioni del Museo patrio di Udine. Sono: 1.° Un palstaab di bronzo (fig. 9) perfettamente conservato, di quelli a margini quasi paralleli, con alette corte ma larghe e se- micircolari, occupanti la porzione mediana e protendentisi verso la testa dell’arnese. La parte superiore è fornita di due punte ri- BRONZI PREISTORICI DEL FRIULI. 501 csì, che con ti curva si vanno allargando verso il taglio i quasi semicircolare, affilato e tagliente. L’esemplare studiato è . fra i più grandi che si conoscono, avendo per dimensioni Lunghezza totale . . +0. i è. è +» è, mill. 200 » del''-solo;fendente.ettietra es ii 92 » del cannuolo di immanicamento. . >» 60 » della parte superiore sporgente. . >» 48 Larghezza della testa. . . +... +, > 35 >» dell'origine dellalama. . . . . > 31 Spessore della lama all'origine . . . . .. >» 15 Massima larghezza del filo tagliente . . . . > 59 Pesa grammi 652 '/g. Ridotto levigato nella porzione inferiore, restano ancora tutto il ruvido e le scabrezze caratteristiche dei lavori di semplice fu- sione nel corpo dell’ascia, nella docciatura fra le alette e al capo. La superficie è in parecchi punti ammaccata dalle tracce della lima e dello scalpello con cui si tentò di assaggiare il metallo, che vi appare di un color dorato rossiccio, splendente fra il verde cupo della patina antica conservatissima. — Due al-. tri frammenti di consimili utensili, cioè una porzione di fendente presso il taglio e la testa superiore a semplice incavatura lunare di un altro, confermano appuntino la natura della lega metallica e le particolarità di forma su riferite: questi mi furono molto tempo dopo procurati dal signor conte G. B. di Varmo e pro- vengono dallo stesso trovamento. Il palstaab descritto è di quelli che, nella classificazione pro- posta nella Révue archéologique, sono designati sotto il nome di hache ailerons et sommet en croissant, tipo caratteristico del- l'epoca del bronzo, al quale appartiene anche buon numero di quelli trovati finora in Italia. Possiede intieramente la forma e le proporzioni di quelli di Campeggine® e di Castellazzo ® nelle ter- È JE 1 Dictionnaire archéologique des Gaules. Vol. 1, tav. XXV, fig. 20. 2 StROBEL P. = Op. cit., pag. 5, tav. III, fig. 13. — GASTALDI B. = Nuovî cenni ecc., tav. IV, fig. 1. ? STROBEL P. = Op. cit., pag. 10, tav. IV, fig. 40. 502 C. MARINONI, remare dell’ Emilia dove, come afferma lo stesso signor Strobel, tal forma non è rara sebbene non comune; in Lombardia furono già illustrati quelli simili rinvenuti nelle torbiere di Bosisio! e di Comabbio," nonchè quello di Castel d’ Ario in provincia di Mantova;* e finalmente lo stesso arnese fu tratto anche dalla pa- lafitta di Peschiera. Senza protrarre più oltre le indagini, ricor- derò come ora debbasi aggiungere a questa lunga lista anche. un altro citato in questa nota e stato rinvenuto a Esemon di sotto, nel distretto di Ampezzo in Carnia, il che può servire ad atte- stare sempre più che da noi codesta era una foyma tipica che si manteneva costante. Una tale conclusione acquista un inte- resse tutto speciale quando si consideri la estensione geografica in cui è sparsa la forma tipica del palstaab in quistione; poichè. la riscontriamo perfetta e comune nella valle del Danubio, più rara e alquanto modificata nella Francia (fonderia di Larnaud nel Giura,°) e nella Svizzera” dove è prova manifesta della im-' portazione dell’industria del bronzo dall'Italia in quei paesi, per poi perderla affatto procedendo verso le contrade più settentrio- nali dell’ Europa. 2.° Due piccole scuri (fig. 10) di un bronzo ricchissimo di rame, pesanti l'una gr. 95, l’altra gr. 81, a forma quasi ret- tangolare, appiattite, a margini parallelli, senza orecchioni, e solo ' VILLA ANT. e G. B. = Armi antiche trovate nella torba di Bosisio, in-fol. Mi- ‘ lano, 1856, fig. 1. — Vedi anche MARINONI C. = Le abitazioni lacustri e gli avanzi di umana industria in Lombardia. Milano 1868, pag. 31, tav. VII, fig. 7. — Re- cazzoni I. = L'uomo preistorico nella provincia di Como. Milano 1878, pag. 94, tav. VI, fig. 1. 2 MARINONI C.—= Nuovi avanzi preistorici in Lombardia ; 2% relazione. Milano 1871, ‘ pag. 8, tav. I, fig. 6. 3 GIACOMETTI V. = Relazione intorno ad alcune scoperte paleoetnologiche ultima- mente fatte nelle adiacenze di Mantova, pag. 62. 4 SACKEN, = Der Pfahlbauten in Garda-See, pag. 17, fig. 1. 5 HAMPEL. = Antiquités préhistorignes de la Hongrie; tab. IX, fig. 28. 6 CHANTRE E. = Op. cit.; nel Compte-rendu du Congrès international d’anthropo- logie et d’archéologie préhistorique, 7° session è Stockholm 1874, tome I, pag. 417, fig. 10. — Vedi anche Dictionnaire archéologique des Gaules. Vol. 1, tab. XXV fig. 20. 7 DEsoR E. = Op. cit.; pag. 37 e 39. — DEsoR. = Die Pfahlbauten des Neuen- burger Sees. Trad, tedesca di F. Mayer, pag. 57, fig. 35, BRONZI ‘PREISTORICI DEL FRIULI. 503 Ù allargate rapidamente verso l'estremità inferiore per formare il E | tagliente. Le misure prese sui due esemplari fanno rilevare che la testa è alquanto più larga e più grossa; ma quivi sono ap- punto spezzate, portano impressioni di colpi e quindi non si può giudicare definitivamente della loro forma ed uso. — La loro | piccolezza però (lunghezza mill. 77, per mill. 27 di larghezza e mill. 6 di spessore medio nella prima, e di mill. 69 di lun- ghezza per mill. 20 di larghezza con uno spessore massimo al 0 capo di mill. 10 nell’altra) ed il loro rapido decrescere mi fanno bo pensare fossero piuttosto dei cune; che non delle piccole scuri, __ inquantochè il poco peso ed il filo assai ottuso non si addatte- — rebbero allo scopo di arme. Fors'anche saranno state vere ac- cette, ma che infrante possono essere state riutilizzate a modo di cuneo; e l’impronte di colpi ripetuti sulla faccia di frattura della testa ingrossata, ormai quasi velate dalla patina antica, | conservatissima anche in quel punto e chimicamente alterata e | ridotta.in polvere bianchiccia come su tutto il resto dell’ arnese, mi pare potrebbero servire ad avvalorare codesto modo di ve- dere. — Considerando per resti di accette cotali reliquie, per la . loro rozzezza, vanno paragonate colla scure di bronzo rinvenuta | nello strato superiore della palafitta di Fimon presso Vicenza! È o con altre trovate a Narni, e all'Isola d’Elba, le più semplici | @ primitive conosciute fra quelle d’Italia; ma la loro forma e le dimensioni richiamano più facilmente agli analoghi strumenti di «| rame posseduti dal Museo di antichità di Dublino provenienti da scavi dell'Irlanda, nonchè a quelli dell'Ungheria,” i quali rappresentano un’ èra speciale di civilizzazione che in quei paesi pare abbia preceduto la vera età del bronzo. Ciò mi indusse . altresì a ricercare la loro composizione chimica, che riferirò più innanzi; ma se il risultato di questa fu negativo e apparve la . lega, resta almeno provata una volta di più la importazione presso di noi delle forme già in uso nella gran valle danubiana. 3 ! Lioy P. = Op. cit.; pag. 43, tav. XV, fig. 164, 165, 166. ni 2? PuLszxy (De) Fr. = L’age du cuivre en Hongrie; nel Compte-rendu du Congrès ‘international d’ anthropologie et d’ archéologie préhistorique, 8° session, Buda-Pest 1876; tom. 1, pag. 220, tab. I, fig. 2. 504 C. MARINONI, 3° Di armi pervenne in mia mano anche la impugnatura di una spada di bronzo quasi completa (fig. 11). Essa è prisma- tica, a sezione esagonale, allungata, adorna, sulle due facce più ampie, di alcune grosse linee in rilievo, che convergendo verso il mezzo formano tre angoli a lati paralleli. L’impugnatura sui suoi spigoli e sui rilievi presenta ancora tutto il fare rozzo del primo getto di fusione; nell’interno poi è cava, e ciò si può benissimo scorgere alla parte superiore dove il bottone termi- nale è nettamente spezzato ed in parte esportato; mentre dal- l’altro capo, dove per la rottura si vede la cavità interna fino ad una profondità almeno di 4 centimetri, sta infisso un altro pezzo di bronzo, pure di forma prismatica e rettangolare, che ritengo fosse la vetta o coda del gladio. In apparenza essa vi è insaldata con un mastice messovi ad arte, ma che mi parve essere o con- tenere del solfato di rame prodottosi probabilmente nelle spe- ciali condizioni di giacitura in cui gli oggetti furono conservati per lunghissimo tempo. Le dimensioni misurate sull’originale danno una lunghezza di mill. 84, una larghezza media sulla se- zione di mill. 34 ed una grossezza di mill. 19, misure che sono appunto calcolabili per una mano non certamente più poderosa dell’ordinario. Tale impugnatura sul cui vero scopo stetti a lungo dubbioso, trova la sua ragione di sussistere in quel ripostiglio, dac- chè par certo che una lama di spada, rotta all’elsa, si trovasse pure in quella porzione del tesoro che andò perduta sotto il maglio. Nè mi pare azzardoso riferire ad epoca così lontana una tal arme, pensando alle belle spade che ornano le collezioni preisto- riche dei più rinomati musei di antichità, e non rare neppure in Italia; ma anche perchè con opportuni esempii tolti da utensili diversi (celt, scalpelli, ecc.) si potrebbero confermare il sistema già in uso di immanicatura ed il motivo dell’ornamentazione. Citerò a proposito soltanto il martello della palafitta del lago di Neuchàtel conservato nella collezione del colonnello Schwab che fu illustrato dal Desor,! un celt ungherese a cartoccio figurato dall’ Hampel * 1 Desor E.= Die Pfahlbauten des Neuenburger Sees, tvad. di F. Mayer. Frankfurt am Mein, 1866, pag. 64, fig. 47. ? HAMPEL, = Op. cit.; pl. 15, BRONZI PREISTORICI DEL FRIULI. 505 . che probabilmente è il medesimo riportato dal signor Hans Hil- debrand nella sua Memoria presentata al Congresso interna- zionale di Stockholm, sui rapporti che esistono fra le età del bronzo in Ungheria e in Scandinavia; * e finalmente altri due celt citati dal signor Aspelin nell’istessa occasione e provenienti dall’ Altai-ournaliano. ® Cotali raffronti provano all'evidenza che l motivo di ornamentazione, semplicissima per sè, che appare sulla impugnatura di Varmo, lo si incontra anche su altri avanzi dell'industria del bronzo rinvenuti in paesi che sono da quell’arte istessa strettamente legati al nostro. 4.° La estrema punta acuminata di una falce. Indubbiamente ‘il frammento a me pervenuto è porzione di un siffatto utensile ; ma assai difficile sarebbe il volersi figurare l’istromento rico- strutto, perchè anche all’epoca del bronzo tale arnese non con- servò sempre un unico tipo di forma. Il fatto dell’avermi i con- tadini, assistenti alla scoperta, ripetutamente parlato di orli di piatti, ma senza fondo, e l'assoluta mancanza nel ripostiglio di resti di lamine metalliche che li potessero in qualche modo rappresentare, mi suggerirono l’idea che si trattasse invece di frammenti di falciuole; nella quale induzione converrebbero ap- punto i caratteri del dorso tondeggiante e rinforzato da un cor- done in rilievo, del margine tagliente ottenuto per martellamento, del quale siiscorgono ancora evidentissime le impressioni dei colpi, e infine della disposizione della lama non pianeggiante, ma in- vece incurvata come nelle falci usate anche oggidì. Del resto ne sono state raccolte in ogni parte d’ Europa, e da noi precisa- mente a Peschiera? nella palafitta, nelle terremare del Man- tovano, del Bresciano e dell’ Emilia, * nelle torbiere e nelle ne- ' HILDEBRAND H. = Op. cit. in Compte-rendu du Congrès intern. ece., 7° session à Stockholm 1874, tomo I, pag. 542, fig. 6. 2 ASPELIN J. R. — Op. cit. in Compte-rendu du Congrès intern. ecc., Te session è Stockholm 1874, tomo I, pag. 568, fig. 15, la. | ® SACKEN. = Op. cit.; pag. 23, fig. 13. 4 GastALDI B. = Nuovi cenni, op. cit., tav. IV, fig. 17 e 18. — Vedi anche KEL- LER. = Pfahlbauten, 5 Bericht, tav. II, fig. 667; — e STROBEL P. = Avanzi ecc, op. cit., tav. II, fig. 6 e 7. 506 i C. MARINONI, di cropoli, insomma in pressochè tutti quei depositi di avanzi di umana industria dell’Italia settentrionale che soglionsi distin- guere col nome molto largo di preromani. Il non poter‘stabilire la forma specifica di essa e se appartenga a quel tipo che è pro- prio delle terremare emiliane della bassa Austria, della Croazia e dell'Ungheria ! è quistione di grave momento;- ma non per questo risulta men provata la sua esistenza insieme alle altre reliquie dell'età del bronzo nel tesoro di Varmo. | 4, 5.° La maggior porzione di una fibula, pure di bronzo, stata recentemente ricuperata dal signor conte G. B. Varmo (fig. 12), che è forse il soggetto più interessante fra tutti questi cimelii perchè getta un vivo raggio di luce sull’età del ripostiglio. È da ascriversi ad uno di quei tipi che il dott. Hildebrand classifica. per italiani, ma non si assomiglia però a nessuna delle tre tratte dagli scavi della palafitta di Peschiera. Il suo corpo è massiccio nel mezzo, a sezione pentagonale, incurvato ad arco ed adorno di qualche intacco e rilievo. Si assottiglia alle due estremità, ed uno de’ suoi capi è cambiato in un grosso filo ravvolto su sè stesso in tre giri di spirale, e quindi ripiegato al di sotto in modo in- gegnoso per riuscire a protendersi nuovamente isolato e dritto nell’ago. L'altro capo invece, dove sarebbe stato l’ardiglione, è spezzato; ma si potrebbe completarlo su altre fibule consimili trovate in paese, nella fonderia di S. Pietro di Gorizia, ° nel Vi- centino, © nel Bellunese, a Golasecca e nel Comasco, * ad Hall- statt e nelle necropoli del Bolognese. Il riccio a doppia spirale che si svolge in ago e l’ornamentazione a coste sono caratteri che distinguono le fibule della prima età del ferro; e a quei tempi senza dubbio deve essa riferirsi, tanto più che la analogia dei raffronti appare nei cimelii delle necropoli di quella età. 1 HAMmPEL. = Op. cit., tav. XVII, fig. 46. ? PicorINnI L. — Fonderia di S. Pietro di Gorizia, fig. 8. — Vedi anche Cz6R- NIG (von) K. = Op. cit., pag. 142. ,‘®.Lrox:P..—.Op..cit.,.; pag:044;fig. 173. 4 Leicat M. = Avanzi preistorici del Bellunese; fig. 2. 5 Rivista archeologica della provincia di Como, fasc. Ie II, tav. VII. — Vedi anche CASTELFRANCO P. = Fibule a grandi coste e ad arco semplice; nel Bull. di Paletn. ital., n. 3 e 4, 1878, pag. 98, BRONZI PREISTORICI DEL FRIULI. 507* «Unaltro oggetto, fra quelli provenienti dal ripostiglio di Varmo (se non wi fu confusione o mistificazione dopo lo scoprimento) che merita menzione, è un tubo leggermente conico, a sezione elittica in alto e più tondeggiante x verso la base di maggior diametro, che è conformata a guisa di labbro ri- gonfio, a cui fan seguito una gola ed un cordone rilevato, ornamento abba- — stanza elegante che produce appunto la maggior dilatazione della parte che | si può ritener per basale. Sul cilindro cavo è tracciato pure in rilievo, ma un po’ rozzamente, un altro ornato di cordoni paralleli e incurvati. Il labbro n superiore è spezzato, e così come è quel bronzo farebbe pensare ad un bos- | solo per incassarvi l'asta di una lancia; non intendo affatto di pronunciare | su di esso giudizio alcuno, perchè ha Y aspetto di arnese relativamente più recente, chi sa per quale ignota circostanza mescolato alle reliquie preziose del ripostiglio di Varmo. i «6.° Alcune piccole masse di bronzo informe, che propendo a | a considerare per avanzi di fusione, o per materiale preparato a . tale scopo. In quel medesimo suolo furono raccolti anche due o — tre noduli di scoria ferruginosa. isa i Per veroi pochioggetti descritti, ele notizie vagheintorno a quanto . andò perduto, non sono sufficienti per fornire una idea chiara e _ completa dell'origine e dello scopo di quel ripostiglio; nondimeno la forma decisamente preistorica dei più importanti e l’essere essi tutti di bronzo, persuadono ad attribuire quegli utensili a tempi in cui l’uso della lega fosse assai comune, o per lo meno a quello | in cui le popolazioni lavoratrici dei metalli non avevano ancora smesso di usare gli strumenti di bronzo più facili a procacciarsi. Intendo cioè di riferirli al periodo di transizione fra l’età del bronzo e la prima età del ferro, o tutt'al più ai primordii di questa. La forma ed il modo di lavorazione del palstaab con- | servatissimo, dei cunei grossolani e della impugnatura di spada, che mi fu possibile di confrontare con buon numero di analoghe reliquie provenienti da depositi e da monumenti ben conosciuti, attestano senz’ altro la industria dell’età del bronzo; ma tale conclusione potrebbe essere invalidata da una circostanza assai rilevante, la presenza del ferro nella composizione della lega. L’analisi chimica di alcuni dei bronzi di Varmo, stata eseguita nel laboratorio della R. Stazione agraria di Udine dal profes- sore G. Nallino, diede i risultati qui trascritti: 503 C. MARINONI, Palstaab (fig. 9)] Ascia-Cuneo | Frammento Fibula e Bossolo (fig. 10) informe di uso incerto _ di colatura CECO TRE A 89, 488 94, 581 93, 646 i ear 10, 230 4, 975 5, 321 O e 0, 282 0, 444 1, 033 Totale | 100, 000 100, 000 100, 000 che ora presento senza commenti, riservando un tale studio a quando si conosceranno molte analisi e sarà possibile paragonare anche sotto questo punto di vista le reliquie di stazioni umane di differenti località. Ciò nondimeno deve esser preso in consi- derazione il fatto che il ferro esiste nella lega dei bronzi di Varmo, mentre, per quanto mi è noto, non ve ne ha traccia in quelli preistorici della età classica (palstaab di Esemon in Carnia, di Bosisio in Lombardia, * ecc.). Resta poi sempre la fibula della forma di quelle della prima età del ferro che convalida la data del ripostiglio in modo definitivo, anche col fatto della compo- sizione della lega metallica onde è fabbricata, la quale si avvi- cina assai a quella di alcune fibule della necropoli di Golasecca in Lombardia, usate da popolazioni degli ultimi tempi dell’ età del bronzo o piuttosto della prima età del ferro. ° Nella pianura friulana mi resta ancora da annoverare una re- liquia interessantissima, una cuspide di lancia, già posseduta dal I Regazzoni I. = L’uomo preistorico nella provincia di Como. Milano 1878, pag. 94. 2 CASTELFRANCO P. = Sur la nécropole de Golasecca; nel Compte-rendu du Congrès international d’anthrop. et d’archéol. préhist., 72 session, à Stockholm 1874, tome I, pag. 388. — L’analisi fu eseguita nel laboratorio chimico della Società di Incoraggia- mento di Milano e diede il seguente risultato: Rame. . . . 86,10 Stagno. +... 12,90 Eerfo> = - au SE ———__ 100,00 BRONZI PREISTORICI DEL FRIULI. 509 | prof. Businelli e dallo stesso poi donata al Museo Civico di Mo- dena, dove ora si trova (cat. n. 296). Fu rinvenuta prima del- — l’anno 1870 (l'epoca non è precisata), insieme ad altri oggetti . di bronzo eda pochi resti di alcuni cranii umani, rimovendo l’al- luvione ammucchiata dal torrente Meduna sulla riva destra, | presso la fornace da mattoni dei contadini Maraldo, non lontano . da Cavasso Nuovo nel distretto di Maniago. Non conoscendo tale | oggetto se non per un cattivo disegno comunicatomi dal profes- — sore G. Marinelli, mi rivolsi al dott. Carlo Boni direttore del | Museo di Modena, dal quale gentilmente mi furono comunicati il disegno della lancia (fig. 13) e le notizie che trascrivo.! La lancia è di bronzo, ricoperta da una bella patina verde quasi incontaminata. Rotta in punta la sua lama è rinforzata da un costone mediano su ambe le facce, degradante verso i bordi che . disegnano il contorno di una foglia di ulivo alquanto allungata: le sezioni normali di questa lama rappresentano per conseguenza tante sezioni romboidi. Alla base invece è munita di un vero cartoccio, conico, vuoto, il cui maggior diametro misura mill. 30, «e quello al punto ove si stacca la lama mill. 18: — il suo cavo | poi si interna per centim. 10 4/2, cioè fino a un terzo circa della lama, e presso al bordo inferiore stanno due fori perfettamente | a riscontro per dar passaggio ai chiodetti di innastamento. Le — dimensioni che si ponno rilevare sono le seguenti: | Lunghezza totale (figura ristaurata) . . . .. +. Mill 220 » della:dsmartiiontizhunta doit » 149 » del'esrtacriosisplato. «e... e e “e Li 004 > Ti Larghezza maggiore della lama (alla sezione). . . » 30 Peso gr. 179. L'aspetto generale ravvicina quest’ arme agli altri numerosi esempi citati nelle relazioni di scoperte paletnologiche; tuttavia Sì distingue per le dimensioni piccole, per la forma della lama a se- zione rombica e non cava internamente, e ancor più per la singola- rità del suo cartoccio percorso da cordoni poco rilevati e ritorti in una spirale che serve di non disadatto ornamento. Volendo poi 1 Colgo l’opportunità per rendere le più vive grazie al sig. dott. cav. Carlo Boni per l'interessamento suo nel soddisfare alle mie ricerche, ‘510 | €. MARINONI, osservare tutto finamente si potrebbe aggiungere che la torsione fu operata a viva forza, dopo estratto la cuspide dalla forma, ‘ sicchè perfino l’asse ne fu spostato ed incurvato. Ciò dinota, è vero, una certa maestrìa dell’artefice e un certo gusto già svi- luppato; ma per questo fatto solo io non credo si possa sepa- rare tale lancia dall’altre trovate in Carnia, nè attribuirla ad epoca diversa, poichè uno è il modo di loro fabbricazione, me- diante il processo della fusione diretta senza ulteriore lavorìo. La lama infatti non porta traccia alcuna di quei fregi che com- binati di linee semplici erano già usate nell'Italia superiore per abbellire le armi durante la prima età del ferro. Gli altri oggetti di bronzo ed i resti di ossa umane pr gia- cevano nelle ghiaie di quell’alluvione, associati alla lancia de- scritta, furono quelli venduti e questi dispersi dai contadini; nè dopo tanto tempo fu possibile di raccapezzarne le tracce. Anche nella regione alpestre non mancarono gli indizii della età del bronzo che, sebbene fino ad ora poco numerosi, due:pal- staab e una lancia, sono però importantissimi per l’ ubicazione dei luoghi dove furono rinvenuti. Provengono dalle vallate co- municanti coi passi alla Carinzia e al Bellunese, collegano le re- gioni confinanti e preludiano alle scoperte future. Uno dei palstaab è assai guasto: non ne resta che la testa dalla quale furono staccate le due punte ritorte, e la porzione me- diana dove è la docciatura formata dalle alette rivoltate; — poco sotto di queste è spezzata là dove il fendente comincia ad allar- garsi. Dalle note del dott. G. Gortani, assiduo ricercatore delle antichità carniche, si rileva come sia stato trovato nell'autunno del- l’anno 1874 in Esemon di sotto, frazione del Comune di Ene- monzo, distretto di Ampezzo, mentre si scavava una cisterna nella corte di una casa di contadini, la prima a mano destra entrando nel villaggio. La cisterna scavata sopra una china formata dalle frane di un colle vicino, ha ora*la profondità di metri 450; ma, gli scavatori rinvennero l’ascia arrivando collo scavo un po’ oltre tre metri, dove eransi osservate tracce di carboni e raccolta an- BRONZI PREISTORICI DEL FRIULI. 511 | che una moneta di bronzo (?) indecifrabile. Nè sopra nè sotto — nessun’altro indizio. Tale palstaab, oggi conservato nel Museo Udinese, in onta ai guasti subìti ricorda il tipo primitivo ca- | ratteristico dei tempi del bronzo, in cui le alette raccorciate sono . collocate verso la sommità o tutt’ al più a 4/3 circa della lunghezza dell’arnese, ed il fendente si protende senza allargarsi, termi- i ‘mando con un taglio leggermente lunato e convesso: — riproduce . adunque la forma di quello rinvenuto nel ripostiglio di Varmo. . La sua composizione chimica fu riconosciuta dal prof. G. Nallino nel laboratorio della R. Stazione agraria di Udine e risultò di RAnòd n.0 rit t, 89,467 SUBRHO «è, è ee 995990 INDORORI?t 2° IT 04 VO0ST 100,000 — L’altro palstaab fu rinvenuto casualmente nell'autunno 1874 da un villico scavando il terreno appiè del Monte S. Floriano, nel Comune di Imponzo, distretto di Tolmezzo, cioè sulla sinistra della valle fra Tolmezzo ed Arta (Canal di S. Pietro). Mancano le no- tizie sulle condizioni del suo giacimento: — ora è in possesso del signor dott. G. Gortani di Arta che lo acquistò nell’anno succes- sivo; ma prima soffrì non poche avarie perchè si tentò di lùci- darlo sfregandolo coll’arena, che ne rovinò la superficie con mi- di. gliaia di sfregi: — nella forma rimase però inalterato. Quest’ascia (fig. 14) è di bronzo a contorni regolarissimi, assai robusta e | differisce da quelle di forma tipica soltanto pel lungo cartoccio | conico più largo in alto verso la testa, formato dalla due alette che sono ampie, semicircolari e rivoltate su sè stesse fin quasi a toccarsi. La testa è massiccia e col suo prolungamento attra- versa in tutta la sua lunghezza il bossolo formato dalle alette, ingrossandosi man mano fino a raggiungere lo spessore di 1 cen- timetro là, dove uscendo fuori dal cannuolo di immanicamento si fa piatta e si dilata in largo fendente. Così i 2/5 superiori dell’ar- nese sono foggiati in una {specie di cartoccio conico del diametro maggiore di mill. 33, e largo soltanto mill. 25 al punto ove inco- 512 C. MARINONI, mincia la lama, separato in due metà dalla radice della lama stessa, che forma poi la testa dell’accetta. Il fendente incomincia largo mill. 25 e diverge rapidamente i suoi bordi fino a mill. 66 che si misurano alla corda dell’ arco formato dal filo tagliente; l’ascia poi è lunga in tutto mill. 157. Aggiungo che esaminata attenta- mente appare essere di primo getto, senza ritoccature, meno al margine tagliente dove si assottiglia tutto d’un tratto. Questa circostanza si verifica osservandone il profilo, e pare effetto dello sfregamento operato contro qualche corpo duro, allo scopo di ottenere il filo che è ancora intero e continuo sebbene reso un po’ attondato dall'uso. La ritengo poi di semplice getto perchè in qualche punto appaiono delle lacerazioni nella materia, do- vute alle bolle gazzose scoppiate durante il raffreddamento della lega nel suo stampo in causa di imperfetta fusione: è facile ri- conoscere l'origine di tali impressioni alla loro forma, ai margini ed al fondo rivestito dalla patina verde antica che vi è perfetta- mente conservata come sulle alette e nei punti più riparati della docciatura. L'aspetto robusto dell’utensile, la larga lama a bordi divergenti e quasi rettilinei, nonchè la conformazione del cartoccio quasi interamente chiuso, preludiano alla forma più comune nei palstaab usati durante l’epoca del ferro, che si in- contra sovente nelle palafitte svizzere * e in tutta l’ Europa al di là delle Alpi, ma che sembra esistesse già presso di noi colla civiltà del bronzo. Sono di questo tipo infatti quello già da me illustrato con figura, e stato trovato in terreno uliginoso a Lon- ghena presso Bagnolo nella provincia di Brescia, altri due rac- colti in Val Sabbia, alcuni probabilmente di quelli di Peschiera” e altri delle terremare dell’ Emilia. La loro esatta comparazione rende incontestabile testimonianza della non assoluta uniformità di tipo nei diversi oggetti usati in una medesima epoca e nello Stesso paese. ? Le figure date dal Keller di alcuni palstaab di ferro della palafitta di Marino (KeLLER. = Pfahlbauten, ecc.; VI Bericht, tav. XII, fig. 8, 9, 10) riproducono esattamente la forma del palstaab di Carnia. ? MaRINONI C. = Nuovi materiali d paleoetnologia lombarda ; negli Atti della So- cietà ital. di sc. nat., vol. XV, fasc, III, agosto 1872, tav, I, fig. 8. 1 SACKEN, = Op. cit., pag. 17. BRONZI PREISTORICI DEL FRIULI. 513 _ di Giaveada (Civiada della carta di St. magg. aust.), presso il . bosco Bernone nel territorio di Forni di sotto (distretto di Am- pezzo). Attualmente essa è in possesso del signor ing. Valentino Marioni dal quale gentilmente ne ebbi notizie e disegni per mezzo del prof. Marinelli. È una lancia (fig. 15) di quelle a can- none, di bronzo, della forma più perfetta a foglia d’ulivo; ma affatto semplice e senza fregi, come tuttora si può verificare, quantunque l'ossidazione abbia prodotti non lievi guasti nella bella patina verde lucente che la riveste e nella massa metallica | stessa in pareechi punti ròsa e lacerata. Per tutta la sua lun- | ghezza è attraversata da un cavo conico a sezione quasi circo- . lare, del diametro maggiore di mill. 28, che alla base si prolunga oltre la lama e finisce in forma di un bossolo, dove sono le nic- . chie per i chiodetti, che posti trasversalmente la fermavano al- . l'asta di legno. Eccone le dimensioni: Lunghezza totale i... . .i » » + Mill. 280 » II MIT ONCE BRIO TE PRADA RETE OA » 230 ; » Wi bossolo ipluto”.: 0... 1. e » 60 Larghezza massima della lama . . . . . a STI «Tale arnese è da assegnarsi alla vera epoca del bronzo per la sua forma semplice, propria delle lance di tal’ epoca state rin- ‘ venute in altre località già note del versante meridionale delle Alpi. Infatti si può mettere in confronto la lancia di Giaveada colle due rinvenute nella palafitta di Peschiera,’ e forse anche con quelle di Vadena nel Tirolo meridionale. La rassomiglianza è ancor maggiore con quelle delle terremare di Bargone, di Salso? e di Casaroldo® in territorio di Parma, nonchè collo stampo da fusione tratto dagli scavi nella terramara di Casinalbo presso Modena, stato illustrato dal signor Carlo Boni;* — del resto 1 SACKEN. = Op. cit., pag. 19, fig. 3. ® SrRoBEL P. = Op. cit., pag. 5, tav. II, fisc. 40. ® STROBEL. = Op. cit., pag. 410, tav. IV, fig. 37. ‘4 Boni CARLO. = Doppia forma da fusioni di Casînalbo; nel Bull. di Paletnoî, ital., anno 1, pag. 35, tav. II, fig. 8. Vol. XXI, 33 D14 C. MARINONI, lance analoghe non sono rare specialmente nelle stazioni pre- istoriche meno remote della gran valle padana. — Fuori d’I- talia poi lo stesso tipo fu constatato nella stazione lacustre del lago di Bourget in Savoja (E. Vacher in fotografie), e nella pa- lafitta dell’età del bronzo del lago di Ueberlinger in Svizzera, di cui l’ esemplare figurato dal Keller,! salvo le dimensioni maggiori. nella nostra, è forse quello con cui la analogia di forma è più evidente; — ma pare piuttosto ancora maggiormente diffuso nelle contrade orientali dell’ Europa, cioè nell’ Ungheria? e fino nel- l’Altai* in depositi di reliquie umane attribuite a quel periodo di incivilimento. Le indagini paletnologiche praticate in Friuli, misero finora in luce qualche reliquia sporadica e le tracce non ben sicure di una palafitta attribuita all’ epoca neolitica, quindi i cimelii dei primi tempi dell’epoca del ferro rinvenuti a S. Pietro di Gori- zia e per ultimo il piccol numero di utensili di bronzo che sono illustrati nel presente lavoro; ma pur troppo le scoperte essendo state quasi sempre avventizie, mancano di un vero carattere che tutte le colleghi fra loro e a quelle delle contrade limitrofe. Sa- rebbe pertanto presumere troppo il mettere innanzi congetture o trarre deduzioni colla pretesa di chiarire i problemi proposti dalla scienza, nondimeno, da confronti accurati essendo risultati alcuni fatti che mi pajono ben sicuri, gioverà accennarli. E prima di tutto che, anche pel Friuli esistette senza dubbio l’età del bronzo, la quale è attestata dalle reliquie di un'indu- stria umana primitiva che usava di tal materia per fabbricarsi ‘1 KeLLER F. — Pfallbauten; VI Bericht, pag. 289, tav. IX, fig. 32, 33, 34. HAMPEL. = Op. cit, tab. IX, fig. 3, 5 e 11. ® ASPELIN. = Op. cit.; nel Compte-rendu de la 7e session du Congrès interna- tional d’anthr. et d’archéol. préhist., pag. 571, fig. 32. 4 TARAMELLI T. = Di alcuni oggetti dell’epoca neolitica rinvenuti in Friuli; ne- gli Annali scientifici del R. Istituto tecnico di Udine, anno VII 1873, pag. 41 a 70, con una tavola. BRONZI PREISTORICI DEL FRIULI. 515 gli utensili di prima necessità: cotali resti furono rinvenuti in | parecchi punti del territorio, tanto nella regione montuosa, quanto i nella parte piana, che dovevano essere già prima abitate. Infatti È sopra una carta mnemonica delle località preistoriche del Friuli," si rileva a colpo d’occhio la coincidenza delle stazioni neolitiche coi ritrovamenti dei resti della civiltà del bronzo e di quella dei tempi posteriori, particolarmente nella porzione piana e meri- dionale venendo dall’ Illirico in cerca del passo del Tagliamento (Cividale, Cormons, Castel-Porpetto, Belgrado di Varmo), o verso il mare (Aquileja). Tale industria ne fu importata dalle contrade del Basso Da- nubio dove si rinvengono gli stessi tipi di quegli oggetti che fu- rono trovati presso di noi; però qui giunta si modificò e perfe- zionò alquanto per l'influenza dei vicini popoli delle terremare prima di procedere verso occidente, passando in Lombardia ed oltr’alpe nella Svizzera ed in Gallia. Il palstaad, per esempio, arnese caratteristico della età del bronzo, apparso in Friuli nella sua forma tipica (Esemon e Belgrado di Varmo) dalle alette . larghe e troncate, colla testa bicorne e col fendente assai allun- gato, identico a quello che contraddistingue i monumenti di que- sto periodo tanto nelle altre parti dell’Italia settentrionale, quanto nella bassa Ungheria e nelle contrade orientali dell’ Europa, qui assume le forme più svariate che un tal tipo può permettere, «non mai però alcuna di quelle che pajono riservate all’ Europa | settentrionale (Montelius) dove il bronzo fu importato da una | razza diversa. E qui a proposito della accennata varietà di forme viene in _ campo un’altra osservazione da registrare: posti a fianco l’un dell'altro i diversi palstaab friulani, dal loro confronto traspare il processo seguìto nel perfezionamento della loro fabbricazione, per cui sarei indotto a non ritenere più per valida la distinzione dei palstaab secondo parecchie forme tipiche primitive, come nella classificazione proposta nella Revue archéologique; ma invece ad ammettere un graduale addattamento di un solo tipo ai bisogni 4 MARINONI C., inedita. i 516 C. MARINONI, nuovi, ai mezzi disponibili dell’artefice ed anche allo sviluppo del suo ingegno, che a poco a poco modificò la forma primitiva. Mi pare che si debba dare molto maggior peso alla circostanza che il succedersi delle diverse forme dei palstaab è in relazione coi progressi dell’industria del bronzo ed anche, come mi parve di scorgere, coll’avanzarsi di questa da oriente verso occidente ; per cui secondo il mio modo di vedere, il loro tipo primitivo sa- rebbe nei cuneî dell’Oural e la forma perfezionata nel celt della Gallia. Propongo di considerare questo fatto che mi parve di leggere a chiare note sui bronzi friulani da me studiati. — I cune? semplicissimi di Belgrado di Varmo (fig. 10) fatti con bronzo ric- chissimo di rame e analoghi a quelli della bassa Ungheria, per essere meglio maneggiati vennero adattati con un lieve ripiega- mento all’interno degli spigoli longitudinali; vediamo quindi na- scere il coltello-ascia di Castel Porpetto (fig. 5) e di Cividale (fig. 3) caratterisco dell’epoca del bronzo. Per aggiungervi un ma- nico, onde usarlo come scure, bastò ingrandire le alette affinchè rinserrassero la immanicatura, ed ecco i primi palstaab colle alette a mezzo del corpo dell’arnese, il fendente robusto e libero, libera la testa e foggiata da leggera depressione lunare, come nella plu- ralità dei palstaab di Castel-Porpetto (fig. 6). Nella bella età del bronzo il semplice incavo lunare si cambia in un’armatura bi- corne adatta a rinforzare l’allacciatura del manico, come a Ese- mon e a Belgrado (fig. 9), costituendo il tipo delle Rackhes è ailerons et sommet en croissant tanto comune nei depositi di avanzi di umana industria della valle padana. Ma i popoli terre- maricoli usarono probabilmente del palstaab, oltrechè come arme, anche come utensile per dissodare la terra: nel nuovo strumento il punto di maggior sforzo era nell’immanicatura; ep- però le alette furono ristrette verso la testa dell’arnese, ma al- largate e sviluppate (palstaab dei dintorni di Cividale, fig. 1, 2 e 4) fino a toccarsi in modo da formare, un vero bossolo (pal- staab di Monte S. Floriano fig. 14) e finalmente comparve anche l’anello per assicurare l’arnese al manico mediante un. legaccio (fig. 4). Codeste ultime forme sono quelle che vanno classificate col BRONZI PREISTORICI DEL FRIULI. 517 tipo di Moeringen attribuito alla età del ferro in Savoja, in Sviz- | zera e nel bacino del Rodano e che non difetta neppure nelle no- stre terremare; il bronzo poi dei palstaad citati presentò all’a- — nalisi chimica non dubbie tracce di ferro. — Ed ora per arri- vare al vero celt è breve il passo: sopprimere la radice del fen- ‘dente che divideva il bossolo di immanicatura e ridurre il car- toccio ad un cavo conico, processo che era già praticato per le lancie e negli scalpelli della bella età del bronzo e nella prima età del ferro (fig. 8, 13 e 15). Io interpreto questo esempio come un’altra prova del progresso che ebbe da noi l'industria bron- zaria, tanto per rapporto alla forma artistica, quanto per quello della materia usata; le palafitte di Peschiera e le terremare sparse nella valle del Po sono le località dove devesi ricercare il tipo artistico più spiccato degli arnesi di bronzo nostrali; il corso del Basso Danubio, quello dove si dovrà rinvangarne il tipo primi- tivo, e oltralpe nelle palafitte della Svizzera, in Germania, in Savoja, nel bacino del Rodano, il punto di arrivo della nuova industria perfezionata. La mescolanza poi di bronzi di diversa materia e di diverso lavoro che si verifica anche per le stazioni friulane, non è argo- mento che osti al procedere graduato di tale industria nel senso indicato, perchè è naturale che a guisa di modelli venissero im- portati oggetti di più perfetto lavoro in quelle contrade dove l'industria cominciava appena ad essere esercitata, o non aveva i mezzi per raggiungere un pieno sviluppo. — Anche lo stesso signor Chantre riconobbe nella Valle del Rodano oggetti tipici, . perfettamente identici a quelli d’Italia, mescolati con quelli gros- solani di industria indigena '; e molte scoperte italiane ripetono il fatto in rapporto alle contrade più orientali d’ Europa. Per cui mi pare giusto l’ammettere che il punto di partenza della ci- vilizzazione del bronzo è unico e che certe forme hanno persi- stito, sebbene coll’ espandersi si siano considerevolmente modi- ficate. ! CHANTRE E. — L’dge du bronze dans le bassin du Rhone; nel Compte-rendu du Congrès internat. d’anthrop. et d’archéol. préhist.; 5e session è Bologne 1871, p. 352. 518 C. MARINONI, Le reliquie giudicate della vera età del bronzo, mescolate a quelle che per la forma e per la presenza del ferro nella lega vanno attribuite al successivo periodo, dimostrano sempre più l’insensibile passaggio dall’ una all’altra età. — Ma se si mo- vesse la quistione, se tali oggetti sono di fattura indigena, o se vennero importati da altre contrade, bisogna dichiarare che la risposta a un tal quesito non può essere peranco pronunciata, poichè, se da una parte moltissime scoperte hanno provato che una popolazione alla quale era già nota l’arte di lavorare i me- talli, prese stanza nel Friuli venendo dalle contrade della bassa Ungheria, e che come è presumibile avrà poi mantenute relazioni colla madre patria, dall’ altra dovrassi tener conto della vicinanza di una contrada metallifera, l’ Agordino, e della natura delle sue miniere (calcopirite). Nello stato attuale delle scoperte paletno- logiche ai piedi delle nostre Alpi non si può nè rifiutare, nè tutta ben calcolare l’importanza di questo fatto; soltanto le ulteriori . | ricerche, e principalmente quelle che ancora saranno fatte nel vi- cino territorio bellunese, potranno gettar luce in una quistione che oggi è permesso solo di adombrare, in base al ritrovamento di avanzi di umana industria in quelle valli alpine che dal Friuli mettono nel Bellunese e in Carinzia. Infine le scoperte di cimelii caratteristici della età del ferro, come la fibula di Varmo e i palstaab di Cividale del tipo di Moeringen, dimostrerebbero ancora che quella civiltà, che era già sviluppata presso i vicini popoli delle terremare, andò gradata- mente infiltrandosi nelle famiglie che in Friuli si mantenevano isolate nei loro naturali recessi; e che propriamente anche un’ arte indigena esistette da noi, ma soltanto più tardi, rappresentata dalla fonderia di S. Pietro di Gorizia, che fu dal Pigorini giudi- cata della fase di transizione fra i due primi periodi dell’ età del ferro in Italia.' » Queste mie convinzioni trovano appoggio nelle opinioni già messe fuori da chi è più addentro di me in siffatte quistioni; io procurai intanto di arrivare alla determinazione sicura dei ci- ! PicorInI L. = La fonderia di S. Pietro di Gorizia, op. cit., pag. 11, + pi Lf —melii trovati presso di noi mediante uno scrupoloso confronto con BRONZI PREISTORICI DEL FRIULI. 519 altre analoghe reliquie già note. Ora sarebbe importantissimo che nuove scoperte confermassero anche colle condizioni di giacitura le fatte induzioni, e un altro raggio di luce viva si rifletterà sulle popolazioni preistoriche del nostro paese. ° Udine, aprile 1878. î APPUNTI GEOLOGICI SULLA PROVINCIA DI BELLUNO del Prof. T. TARAMELLI. (Letti nell’Adunanza della Sezione di geologia del Congresso di Varese il 26 settembre 1878) . La vasta provincia di Belluno, della quale, per incarico della onorevole Deputazione Provinciale sto rilevando la carta geolo- gica, va indubbiamente annoverata tra le regioni italiane, alle quali traggono con particolare predilezione i geologi forestieri, porgendone ogni qual tratto alcuni ragguagli stratigrafici e pa- leontologici e per compenso complicando con lontani riferimenti e con denominazioni non sempre esatte la nomenclatura, così spa- ventevolmente confusa, della geologia alpina. Di quei signori e dei loro lavori io nutro la stima più profonda ed arrivo a dire che sotto qualche aspetto vorrei essere nei loro panni; ma non posso a meno di scorgere in questo fatto una prova di più di una ben triste verità, che è mio debito porre in rilievo, come spetta, a chi può farlo, il porvi efficace rimedio. E la verità, o colleghi carissimi, si è che la schiera dei geologi in Italia si è ormai così. miseramente stremata, in specie per gli studi alpini, e che quei pochi che ci lavorano, sono così discordi di idee e scarsi di mezzi, e che le raccolte paleontologiche alpine sono così sparse, così # 520 T, TARAMELLI, difficili ad esaminarsi, così male determinate in gran parte, che lo studio della stratigrafia alpina, insomma, è così trascurato presso di noi da rimanere troppo largo campo a coloro, che nelle esigenze dei loro studi sentono proprio il bisogno di OCENpArRI delle cose nostre. Vero è che trattandosi di forestieri, è tale la fiducia che si ha in loro, da sembrare che taluni in Italia cre- ‘dano che spetti ad essi di fare la carta geologica del nostro paese, e non si è mancato di acquistare i loro lavori, di incoraggiarli con sussidî, di seguirli in via generale nelle demarcazioni dei terreni e di lasciar loro la compiacenza di fare le prime ricerche in quelle regioni italiane che vanno riferite alle Alpi, quantun- que assai ne distino topograficamente. In quanto a me, nei rilievi che ho fatto delle io di Udine e di Treviso e in questo che vado continuando della pro- vincia bellunese, ho procurato di formarmi una serie di terreni, che potesse gradatamente estendersi attraverso le nostre prealpi col minor possibile imbarazzo di sinonimi, con pochi ma sicuri caratteri litologici e paleontologici, con sicuri confini, desunti da fenomeni geologici d’indole generale. Una serie da porre sott’oc- chio ai miei allievi, quando ho la fortuna di condurne qualcuno sui monti; da riconoscersi per sommi capi in cadauna vallata prin- cipale; da rappresentare non un vocabolario, ma una storia. Per alcun tempo, pur troppo per breve tempo, ebbi a compa- gno in questo lavoro l’egregio geologo, che ha illustrato il Can- ton Ticino e questi dintorni di Varese con una delle migliori carte, che siano sino ad ora comparse per le regioni alpine. Se fosse vissuto, ci saremmo diviso il lavoro e movendo dal Verbano e dall’Isonzo, avremmo appianate le differenze tra i nostri modi di vedere, avremmo raccolto in una sola opera la grande messe di lavori, così frequentemente e così a torto trascurati, del nostro comune maestro e di altri geologi lombardi e veneti; avremmo tratto il massimo partito possibile dalle preziose osservazioni dell’egregio geologo, che in questi giorni ci venne irreparabilmente rapito; si sarebbe affrontata insieme la grande impresa di una sintesi dei lavori geologici risguardanti le nostre prealpi; e giunti alla. si stallo i a PI er È È; î 6. n : APPUNTI GEOLOGICI SULLA PROVINCIA DI BELLUNO. 521 misteriosa voragine del Garda, avremmo procurato di sciogliere . gli ultimi dubbi e di raccogliere in una sintesi coraggiosa la stra- tigrafia mesozoica e cenozoica di questa assai importante regione. Ma pur troppo lui colse prematura la morte e per me doloro- sissime circostanze impedirono di continuare sollecitamente il mio cammino; e solo da poco tempo mi sono riposto in via, e procedo a brevi tratti. Talora debbo altresì soffermarmi per volgere gli occhi giù per l’Apennino, ove la storia delle Alpi si completa o per tendere gli orecchi al frastuono della geologia paleontologica, che si avanza oltre le Alpi con un tale movimento che certa- mente, se la va di ‘questo passo, non la si potrà tra brevi anni non che seguire alla lontana, nemmeno comprendere. Ma per non uscir troppo dal seminato, mi limiterò a deplo- rare due altre circostanze, e sono: che questa sintesi degli studi stratigrafici prealpini non sia stata fatta (e ne son note le ra- gioni) da un geologo, al cui confronto sono ben poca cosa il po- vero mio ingegno ed i miei scarsi mezzi e la mia breve esperienza. Egli, se ne avesse avuta opportunità, avrebbe ben saputo inco- minciare il lavoro della carta geologica d’Italia dal suo princi- pio naturale, cioè dalle Alpi mesozoiche. La geologia delle isole, la si sarebbe fatta dopo e non sarebbe stato male; ed allo studio delle Alpi calabresi si sarebbero accinti dei geologi che conosce- vano le Alpi; e della geologia abbastanza nota dell’Italia cen- trale è di quella molto più studiata della Toscana, meglio si sa- rebbero raccolti i risultati, in armonia colla geologia alpina ed a quest'ora si avrebbe almeno una carta geologica d’insieme del nostro Regno. In secondo luogo lamento che questi studi di stratigrafia pre- alpina, si sieno lasciati ad una ristrettissima compagnia di vo- lontari; mentre il lavoro di rilievo definitivo del nostro Regno sì incominciò nelle regioni le più enigmatiche, ove le ricerche di cronologia geologica era impossibile che non riuscissero a’ quel risultato, che è noto e che doveva prevedersi. Che que- sta compagnia di volontari si sia trovata per molti anni sprov- veduta di raccolte, con pochi mezzi, con musei in continuo tras- 522 i a T. TARAMELLI. loco, con tutti gli impegni dell’insegnante e per giunta col più deplorevole disaccordo in talune questioni più o meno impor- - tanti, le son cose che meritano di non essere sempre taciute. Ed io le accenno anche per giustificare questo mio comparirvi avanti, dopo una lunga escursione alpina, con una memorietta umile, senza tanti nomi, con pochissime determinazioni sicure e con un mondo di dubbi; con poco più che una serie di terreni. I bacini idrografici del Piave e del suo maggior confluente il Cordevole, costituiscono per la massima parte la Provincia di Belluno; anzi nell’attuale posizione dei confini del Regno, questa Provincia non si estende a monte quanto sono vasti quei ba- cini; rimanendone esclusa tutta la bellissima vallata del Boite, da Ampezzo a Camporosso e l’interessante valle di Livinallongo, sul cui versante di tramontana si raccolgono per la massima parte. i fossili di S. Cassiano. Anche la porzione feltrina della provincia stessa, che dovrebbe comprendere tutta la valle del Cismone, è monca al suo mezzo dallo inspiegabile confine del Ponteto; ri- manendo sotto il principato di Trento le valli di Primiero e di S. Bovo. Se fosse completa, questa provincia bellunese presen- terebbe una superficie elissoidale coll’asse diretto secondo la pre- valente direzione delle Alpi Cadorine e precisamente secondo l’asse di un importantissimo vallone di sinclinale, che accoglie le acque del Piave, dell’Ardo, del Cordevole, del Mis, del Cavorame e di altri molti minori confluenti, per convogliarle nella chiusa di Quero. Della storia geologica di questo vallone trattai in altri miei scritti; ora non accenno che alla sua importanza come al- lineamento direttivo nello studio stratigrafico della intera pro- vincia e perchè esso accoglie un’ampia formazione terziaria, che si chiude cogli strati del Miocene medio. Dello studio della sua: stratigrafia ebbe dall’ Istituto geologico viennese recentemente l’incarico il signor Hornes e venne a risultati molto conformi a quelli da me ottenuti e pubblicati in parte otto anni fa nel gior- nale La provincia di Belluno. A monte dell’accennato vallone, sino allo spartiacque del bacino adriatico, si sviluppano a preferenza i terreni mesozoici; i paleo». de soia APPUNTI GEOLOGICI SULLA PROVINCIA DI BELLUNO. 523 zoici non comparendo senonchè in due affioramenti, pur essi alli- ‘ neati ad un dipresso da nord-est a sud-ovest, l’uno nel Comelico, dove origina il Piave e l’altro nell’ Agordino, da Valle al confine con Primiero. L’alto bacino del Cismone è pure sculto nei ter- reni paleozoici, compreso il masso granitico del Cimadasta, di cui l’epoca di formazione costituisce tuttora un arduo problema, siccome quella dei graniti del Verbano, rispetto alle prossime rocce porfiriche. L’affioramento dell’Agordino è interessante an- che per l'ammasso minerario, che esso contiene; quantunque la | condizione di questa industria sia assai triste per la natura del minerale residuo nel giacimento. Prendendo le. mosse da questi terreni paleozoici o dirò me- glio protozoici, siamo ben lontani dal trovarvi la varietà di piani e la ricchezza di fossili, per cui vanno rinomate le Alpi Carniche. Invece non vi affiorano che due formazioni: quella dei calcari saccaroidi, esclusiva al Comelico, e quella degli scisti quarzo-micacei ed argillo-nicacei, che accompagnano i calcari e che nell’Agordino si sviluppano colle più interessanti sfumature litologiche. Presso le amigdale di calcare saccaroide del Come- lico, di cui la più colossale costituisce il monte di Peralba (2870), prevalgono i micascisti, finamente fogliettati e splendentissimi; | ma è pur duopo notare come quivi presso esista una vasta for- mazione iperitica, che nessuno per quanto io sappia ha indicato sino ad ora e che forma, con un contorno irregolarmente elittico, una zona dal Col Quaternè sino alle radici occidentali del M. Kò- nigsberg, attraverso la Val Digone. La roccia, che vi predo- mina, presenta qualche analogia colle iperiti di Comeglians, nel Friuli, quivi pure associate a calcari ed a calcoscisti saccaroidi. Le si aggiungono, come per le ofioliti apenniniche, dei conglome- rati probabilmente eruttivi, degli scisti intensamente colorati, delle grovacche talcose o cloritiche, analoghe assai a quelle delle vicinanze di Paluzza e di Timau in Carnia, degli argilloscisti in- fine che si piglierebbero per il tipo della formazione di Casanna, deplorevolmente estesa sino all’esagerazione dai geologi, ed ora sfasciantesi con non meno deplorevole precipitazione. Non facendo 524 T, TARAMELLI, per ora questioni di epoca per questa formazione iperitica, mi limito ad esprimere il mio parere, che essa rappresenti una vera e propria roccia emersoria, con tutte quelle sfumature colle rocce aggregate, che si presentano già molto problematiche nella serie dei terreni mezozoici e che naturalmente devono essere di gran lunga più numerose e più graduate, trattandosi di un fascio di strati e di formazioni indubbiamente metamorfosate. Mi sembra che per queste zone iperitiche e variolitiche sia necessario lo am- mettere una originaria emissione di un magma eruttivo, quanto è necessario lo ammettere un originario sedimento, assai proba- bilmente di origine animale, per le prossime masse calcari. Che ci sia stata un’azione metamorfica su tutta questa zona di terreni precarboniferi, lo prova la natura dei calcari saccaroidi e la fre- quenza in questi e nello scisto, e meglio al contatto di questo scisto col calcare, i numerosi giacimenti minerari, siccome quelli di Avonza, di Sissanis, di Val Visdende, di S. Pietro di Comelico ed il più colossale di Valle Imperina, presso Agordo. Ma da que- sta azione mineralizzante ad una modificazione, capace di ingene- rare una così immane formazione cristallina a tipo pirossenico nel cuore di una formazione a prevalenza alluminosa o calcare, parmi che occorra un tale salto da non potersi tentare senonchè nella sfera delle ipotesi da gabinetto. Sulla lunghezza di quasi cinque chilometri la massa iperitica raggiunge al Colle Quaternà la potenza di almeno 700 metri; chissà quanto e come si spro- fonda nella massa assai contorta degli scisti, che la comprendono; potrebbe aver avuti in origine dei rapporti di parallelismo colle analoghe del Friuli e con altre arcosi e grovacche dell’Agordino. Ora vorremo noi negare a questa formazione cristallina il signi- ficato, che concediamo ai porfidi quarzosi od augitici dei piani meno antichi; i quali porfidli presentano pur tante sfumature colle arenarie e colle marne e coi tufi con essi alternati? Circa alla posizione stratigrafica della zona scistosa del Co- melico, contenente le dette iperiti ed i calcari saccaroidi, rispetto alla zona puramente schistosa dell’Agordino, non potrei esprimere un sicuro convincimento; poichè ogni continuità di affioramento APPUNTI GEOLOGICI SULLA PROVINCIA DI BELLUNO. . 525 è tolta dal vasto lembo di terreni mezozoici, che forma le mon- tagne del Cadore, dello Zoldiano e dei dintorni di Cortina. Ac- cettando la serie del signor Stache, la quale è quanto di più ve- rosimile, che siasi in questi ultimi anni pubblicato in rapporto ai terreni precarboniferi di quella porzione delle Alpi, la zona agordina verrebbe riferita al gruppo delle quarzo-filliti, il quale segue immediatamente al gruppo dei gneiss centrali e dei gneiss- filliti; mentre l’affioramento dell’alto Comelico apparterrebbe al gruppo del Kalk-thon-Phyllit, sempre precarbonifero ma più recente delle filliti quarzose. Anzi, i talcoscisti così abbondanti nella zona di Agordo e formanti precisamente la teca all’ am- masso metallifero, potrebbero far sospettare la esistenza inter- mediaria del gruppo delle filliti talcose, il quale appunto viene dall’egregio geologo collocato tra le due zone accennate. Ma questa successione sarebbe più teorica che reale, inquantochè nella formazione scistosa di entrambi gli affioramenti si riscon- trano le stessissime forme litologiche prevalenti; vogliansi con- siderare come tali sia gli argilloscisti sia i quarzoscisti. Un fatto solo è realmente ammissibile: che cioè, nell’alto Comelico i cal- cari saccaroidi sono superiori alla zona scistosa, comprendente la accennata mossa iperitica e che nell’Agordino non vi è alcuno rappresentante di quei calcari saccaroidi; mentre vi sono gro- vacche ed arcosi simili alle rocce, che accompagnano al Col Qua- ternè la formazione iperitica. Per la qual cosa, se si può am- mettere in via generale essere le rocce precarbonifere affioranti nell’Agordino più antiche di quelle del Comelico, conviene ag- giungere che in quest’ultima regione, appena sotto il piano dei calcari saccaroidi, stanno scisti e rocce cristalloidi, che trovano stretta analogia e spesso esatta continuazione nell’affioramento agordino. Le due regioni associate costituiscono una serie che si completa assai bene, in armonia colla successione riscontrata nel rimanente della regione protozoica delle Alpi; ma non ‘ponno così nettamente separarsi da riferirle come fa il signor Stache a due gruppi differenti e non attigui. ! G. SracHE. Die paldiozoischen Gebiete der Ostalpen. Jahrbuch der K. K. geolog. Reichsanstalt 24 1874; 11 Heft. 526 Lt > T, TARAMELLI, Giovi però notare che l’egregio geologo viennese, almeno quando scriveva la Memoria accennata, non aveva ancora visitato le due regioni in discorso; e d’altra parte che il contorcersi, l’arrovesciarsi, l'alternarsi di queste formazioni è così complicato, da porre vera- mente alla disperazione chiunque voglia vederci un po’ chiaro, solo in base a criteri petrografici e stratigrafici. Chè di fossili per quanto io sappia non se ne rinvennero, tranne un gran masso con Spirigera che mi fu consegnato dall’oste di S. Stefano senza precisa indicazione di provenienza; ed era di una roccia, che nelle montagne precarbonifere dei dintorni io ho sino ad ora indarno ricercata. , In un lavoro più dettagliato sulla stratigrafia paleozoica delle Alpi venete, nel quale conto di esporre le mie idee sul valore delle innovazioni introdotte dai geologi austriaci nella serie di questi terreni, potrò meglio sviluppare l’ argomento. Per ora accetto, anzi sostengo fortemente, l’idea della relativa antichità di questa zona scistosa in entrambi gli affioramenti bellunesi, in confronto degli altri terreni, che in antecedenti pubblicazioni ho descritto sotto i terreni triasici delle Alpi Carniche. Ma non è certamente per tali formazioni che nello stato della stratigrafia alpina, spe- cialmente del versante italiano, può tornare interessante la espo- sizione e la discussione della serie dei terreni bellunesi. Quanto io desidero che fermi a preferenza la vostra attenzione riguarda la serie mesozoica, la quale colà misura almeno quattro chilometri di potenza, con tale sviluppo di affioramento e con così chiari caratteri nei suoi vari piani da fare di quella provincia una regione tipica, poco meno delle più celebri valli lombarde. E lo desidero tanto più vivamente inquantochè mi vado sempre più persuadendo che molte differenze di piani, moltiplicate dalla più deplorevole sinonimia e mantenute per il già lamentato disac- cordo degli studiosi guardate da vicino, si mostrano nella loro nullità o picciolezza e sono sempre subordinate ad alcuni ge- nerali concetti, che stringono in un sol corpo la zona prealpina meridionale. Mi vorrete infatti concedere, o egregi colleghi, che. trattandosi di formazioni marine la più parte, anzi oceaniche, | APPUNTI GEOLOGICI SULLA PROVINCIA DI BELLUNO. 527 pepate di formazioni eruttive, le quali dovevano abbracciare un’area abbastanza ampia, si può ben a ragione coltivare la spe- ranza che una serie di terreni mesozoici, studiata per esempio lungo il Piave ed i suoi confluenti, non si riduca in ultima ana- lisi molto diversa da un’altra serie isocrona, studiata in Val Trom- pia, oppure nei pressi di Lugano e di Varese. È bensì vero che per indurre in me tale convincimento, val- sero le analogie stratigrafiche e litologiche piuttosto che la co- munanza delle faune; ma non è men vero che queste già si rico- nobbero molto accantonate, e sopratutto dobbiamo ammettere il fatto che ai geologi italiani mancò sino ad ora la opportunità di un esatto confronto dei nostri fossili prealpini, triasici e giuresi. e che costretti a formarsi ciascuno la propria serie, oppure 4 riferirsi a cronologie desunte altrove, hanno poi dato molto valore a delle suddivisioni locali ed a questioni, che ne hanno fatto perdere di vista l’obiettivo di una unificazione dei piani meso- zoici prealpini. Ogni innovazione venutaci d’oltr’alpe, era e do- veva essere accolta con un certo riserbo, per la ragione che $pesso riposava sopra riferimenti e sopra criteri per noi meno im- portanti. D'altronde ogni questione a proposito del valore cro- nologico dei terreni, che venivano gradatamente illustrati, si im- pegnava tra persone, che a preferenza aveano studiato soltanto una regione più o meno ristretta; oppure si arrestava davanti alla convinzione di aver veduto abbastanza; e così, parte per non credere agli altri, parte per non essere creduti, si venne ad una confusione di piani triasici, giuresi e cretacei, così in- tralciata e così sconfortante da spaventare qualunque allievo di buona volontà, che si accingesse a far qualche nuovo studio in questa così bella contrada. Pigliamo, ad esempio, per la Lombardia la serie del signor Curioni e confrontiamola anche soltanto con quella dallo Stoppani fissata nell’ opera sulla Paleontologia lom- barda e nelle ultime sue pubblicazioni stratigrafiche, oppure con la bellissima carta dei signori Spreafico, Negri e Stoppani, e ci troviamo, anche solo nei confini del Trias, di fronte ai più im- portanti divari di opinioni in riguardo alle formazioni eruttive, al Trias medio, al piano di Besano e di Perledo. 928 T. TARAMELLI, Senza essere molto tenero per delle sintesi premature che ponno tornare più dannose che utili, e perciò schivando di entrare in so- verchi dettagli, nelle scorse vacanze mi trovai nella condizione di avere maturata la serie dei terreni desunta sulle Alpi Carniche e di aver appena compiuta una rapida rivista della geologia lom- barda, in occasione di un incarico avuto dalla Società dei Na- turalisti Svizzeri di stendere la descrizione dell’accennata carta del Canton Ticino e delle regioni finitime. Mi trovai così nella opportunità di condurre il rilievo della carta.geologica del Bel- lunese in vista di una più o meno lontana unificazione dei ter- reni prealpini. Inoltre, per orizzontarmi negli ulteriori lavori nella porzione meridionale della provincia stessa e nelle attigue ‘provincie venete (se avrò la fortuna di poterli condurre a ter- mine) ho seguìto i terreni giuresi-liasici dal lago di Garda al Friuli, colla scorta anche degli ultimi lavori dei signori Benecke, Bittner e Wacek; e se non posso dichiararmi molto contento di di tutti i risultati ottenuti, debbo però concedermi la persua- sione di avere allargato vantaggiosamente le mie idee e d’es- sermi accostato di un passo alla tanto vagheggiata unificazione della serie prealpina. Ecco per i terreni triasici quali sarebbero i piani, che mi con- sta sino ad ora esistere nel Bellunese. Formazioni triasiche. — Otto anni or sono io proponeva di addottare nello studio delle nostre formazioni triasiche una sem- plice divisione di terreni inferiori e superiori; ed ora posso an- cor meglio precisare il mio concetto. Reputerei conveniente di assegnare come carattere degli inferiori la prevalenza dei depo- siti litorali ed aggregati e lo imponente sviluppo delle forma- zioni vulcaniche, espanse generalmente sotto al mare, ma talora anche eruttate alla libera atmosfera. Queste formazioni vulcaniche appartengono a due serie di emer- sioni: la prima con prevalenza di rocce feldspatico-quarzose, nel periodo più antico dell’epoca triasica; la seconda, con prevalenza, non però assoluta, di rocce augitiche, nell’epoca del Muschelkalk sino al periodo del S. Cassiano. Tra queste due serie di eruzioni # vi © APPUNTI GEOLOGICI SULLA PROVINCIA DI BELLUNO. DR. . vulcaniche, e sul finire della seconda, vaste formazioni gessifere i accusano le rispettive epoche di emanazione e di attività peri- metrica. Il trias superiore al contrario è caratterizzato dalla % | prevalenza dei terreni calcareo-dolomitici, distinti in due piani, | che a volta si eguagliano in potenza, a volta si sviluppano assai ° disugualmente, quasi l’uno a spese dell’altro e che movendo verso ME; [ il Trentino si uniscono in un solo complesso, per la scomparsa graduale del piano divisorio. E questo piano è noto a tutti es- | sere l’orizzonte ad Hornesia Johannis-Austriae (Gervillia bipar- tita Mer.), colle formazioni di Raibl e di Dogna, di Forni di sotto, di Forcella forada e degli Schlern-plateau-Schichten del signor Lo- retz; colla dolomia a Megalodon e Dicerocardium di sopra, e colle scontinue e più o meno ampie formazioni delle dolomie a Gyropo- — relle e ad Ammoniti globosi, che stanno di sotto. Entrambe queste due formazioni dolomitiche, coronate spesso od in vario modo combinate con lembi di altri calcari e dolo- mie liasiche e giuresi, costituiscono i colossi così detti dolomi- tici, i quali rendono ben a ragione famosa per incomparabili panorami quella zona di montagne, che decorre dallo Schlern | sino al Trigleu. Nel Bellunese tali montagne, con rocce calcareo- . dolomitiche in parte triasiche ma in gran parte liasiche e giu- bi resi, presentano, come è noto, la maggiore grandiosità delle | masse ed il più mirabile frastaglio nei loro dettagli. Al con- | fine nord-ovest della Provincia, si estolle regina la Marmolada (3366”), la cui salita può essere fatta da un ragazzo, purchè | non gli tocchi il tempo indiavolato, che mi ci colse sino alla sua ‘| vetta in uno degli ultimi giorni del passato agosto. Ed è singo- lare che questa massima altitudine delle montagne dolomitiche è toccata esclusivamente dalla dolomia infraraibliana e fortuna- tamente a poche centinaja di metri dalla cima, al rifugio re- centemente scavato nella roccia e nelle morene del bellissimo ghiacciajo, che giù scende sino a 2270", ho raccolto alcune helle specie di chemnizie, di piccole natiche e di ammoniti glo- bosi, che non ho ancora determinato. Per calcolare la potenza reale di questa formazione dolomitica, non dovremo però pigliare Vol. XXI. 34 530 T. TARAMELLI, l'altitudine della Marmolada, nemmeno calcolata dalla valle di Fedaja (2098”), estremo punto di affioramento dei tufi augitici; ma dobbiamo por mente alla ragguardevole inclinazione, che quivi presentano i banchi dolomitici e calcari; per cui è molto se quivi la formazione infraraibliana raggiunga mezzo migliajo di metri di potenza. Esaminando anche gli altri gruppi dolomitici, ove le due dolomie sono associate e per di più si aggiungono anche dei calcari e delle dolomie liasiche e forse anche giuresi, mi pare di poter assegnare uno spessore complessivo di duemila metri a tutte le rocce che stanno tra il rosso ammonitico veneto, ad Ammonites ptychoicus ed a Terebratula diphya e gli strati di S. Cassiano; a tutte le roccie, cioè, le quali entrano a comporre le montagne così poco propriamente chiamate dolomitiche. Come ben vedete, con questi limiti così ampî vi è un bel da fare a svolgere il bandolo dei confini superiori del Trias; ma di ciò più tardi. Ora limitiamoci ai terreni triasici inferiori, che stanno sopra le rocce sicuramente paleozoiche o protozoiche e sotto alla dolomia infraraibliana, o metallifera. Questi terreni sono quanto si può dire vari da piano a piano; ma uniformi nelle loro varietà su cadaun livello. Chiamando cogli stessi nomi le cose stesse e tra i vari nomi scegliendo quelli, che ci sono più famigliari e che comparirono nelle memorie e nelle opere dei nostri maestri ancor prima che il loro valore fosse alterato dai riferimenti stabiliti dai geologi forestieri, io troverei di fissarvi, con qualche analogia a quanto fece il signor Moriseri cinque gruppi distinti, che sono: 1. La zona dei porfidi quarzosi od augitici, coi conglo- merati del servino e colle arenarie micacee non fossilifere, sot- tostanti alla principale zona gessifera; 2. La zona gessifera principale, colle dolomie cariate, colle marne cineree e coi calcari marnosi neri a foraminifere ; 3. Le arenarie, i calcari marnosi 0 micacei o cloritici, a Naticella costata. ' H. LoRetz, Tirol-Venetianische Granzgebiet der Gegend von Ampezzo. Zeitschr. d. deutsch. geolog. Gesellschaft. Jahrg. 1874. APPUNTI GEOLOGICI SULLA PROVINCIA DI BELLUNO. 531 ‘4. Le pietre verdi,i tufi augitici, gli scisti ad Ha/obia e le ti colate di porfidi augitici. ‘5. I tufi augitici fossiliferi, le zone calcareo-dolomitiche a _ Gyroporella ed a spongiari, i tufi marnosi di S. Cassiano e le marne iridate, al limite superiore delle formazioni vulcaniche o — di aggregati vulcanici. I porfidi quarzosi del Tirolo meridionale si spingono per troppo * piccolo spazio nel confine del Bellunese e furono da me troppo | poco visitati per esser abilitato :a pronunciare un nuovo giudizio sulla loro epoca, la quale secondo il Richthofen è lasciata tra il . paleozoico edil Trias inferiore e secondo il signor Suess è riferita . senz'altro al Permiano. D'altronde non vorrei in questo giudizio essere influenzato dal convincimento, che mi sono formato, dietro anche il parere del sig. Curioni della triasicità dei porfidi, anche quarzosi, del Canton Ticino e dei dintorni di Varese. Sottopongo | però ai miei egregi colleghi alcune considerazioni, che mi fanno PI molto dubitare della posizione cronologica, assegnata a questa for- «mazione eruttiva e che mi tenterebbero a ritenere triasico tutto . il complesso vulcanico, che si ammanta sotto le arenarie del ser- vino o che ne sbuca qua e colà, anche entro i confini del Bellu- «nese. Anzitutto osservo che nel più importante lembo bellunese . della formazione porfirica quarzifera, il quale dalla famosa valle | di Fassa per la sella di S. Pellegrino si avanza nella valle del Biois sino a Falcade; là dove possiamo vedere come nei Monzoni 1 porfidi amfibolici attraversare ed alternarsi coi porfidi quar- | zosi, troviamo che entrambe queste formazioni eruttive sono per | così dire compenetrate colle arenarie del servino (od arenaria di Val Gardena) e coi conglomerati così detti del Verrucano. La più | chiara concordanza riunisce le colate eruttive delle due qualità di porfidi colle rocce sedimentari, e quelle a queste fanno passag- gio; di guisa che molte volte male si distingue ove cessi il por- fido ed incominci la roccia aggregata. E così nei limitati ma molto importanti giacimenti porfirici di Vallalta, di Gosaldo e di Fras- senè, già distinti accuratamente dal Fuchs al margine oppure nel cuore dell’accennato affioramento protozoico dell’ Agordino, le 532 T. TARAMFLII], arenarie e le puddinghe del servino fanno tale passaggio al por- fido, e questo è così brecciato oppure coî cristalli così arroton- dati che si è tentati a ritenere quegli espandimenti di un tri- tume eruttivo (come quelli, a cagion d’esempio, che eruttarono nei tempi andati le salse dell’ Appennino) anzichè una vera roccia lavica, cristallina. La presenza del gesso e del cinabro, commisto. ad altri solfuri, nelle miniere di Vallalta sarebbe una conferma di questa maniera di vedere. Nè meno interessanti sono i passaggi dalle arenarie porfiroidi ai porfidi nel Comelico superiore, presso Danta, dove anzi la for- mazione porfirica è rappresentata soltanto da frammenti, com- presi nelle arenarie, quali residui di erose colate. E la eruzione e la erosione di tali colate porfiriche devono essere avvenute dopo incominciato il deposito della formazione del servino; per la ra- gione che questo alla sua base è esclusivamente formata di scisti micacei variegati, spesso talcosi, e di conglomerato ad elementi quarzosi, argillomicacei e non mai porfirici. Quivi evidentemente non si potrebbero i porfidi quarzosi ritenere permiani se non a patto di considerare come tali anche gli strati del servino e la sorprendente formazione gessifera, colla dolomia cariata e coi cal- cari marnosi, neri, a foraminiferi. Il quale riferimento non credo ancora molto accettato. Anzi, tutti i geologi che si occuparono della regione (meno il signor Loretz, che comprende il gesso nel suo Roth) si accordarono nel riferire le arenarie al piano infimo e la formazione gessifera al piano mediano del Trias. Vero è che il signor Stache nella sua carta d’insieme segna un lembo di terreni paleozoici superiori (Jtingere Grauwacken und Perm-ge- steine. Carbon. Rothliegend. Zechstein) ad un dipresso in corri- spondenza dell'alto Comelico; ma nella descrizione cercai indarno una ragione di questo riferimento. La fauna d’altronde di questi calcari a foraminifere, alternati coi gessi e colle dolomie cariate, per quanto si conosce dietro i poco conservati fossili, raccolti da | me e da altri al Monte Croce, al R. Diebba, nella Val Rossa di Auronzo e nelle valli di Paluzza e di Comeglians in Carnia, sem- bra piuttosto triasica che paleozoica; ed il signor Giimbel in fato, eta APPUNTI GEOLOGICI SULLA PROVINCIA DI BELLUNO. 933 roccia analoga presso Toblach potè determinare la Gyroporella fenuiforata e in un campione di Valle di Cadore la Gyroporella monilifera. Secondo il signor Hornes sarebbero quivi stati rinve- | nuti, nei calcari bituminosi scuri, il Bellorophon pellegrinus Lbe, — lo Spirifer alatus, il Nautilus fugax ecc. e si parallelizzerebbe | il deposito con quelli di Cavalese, di Enneberg e di Val Gardena, con probabile riferimento al permiano. Ma nè i fossili da me raccolti si BEGAIARODO a sicura determinazione, nè la serie del servino e dei gessi è quivi in alcun modo distinta dagli analoghi terreni triasici inferiori delle finitime regioni, perchè io possa ora persuadermi dell’epoca paleozoica di codesti sedimenti. Mi sembrano i porfidi quarzosi od amfibolici del Tirolo meri- dionale, dell’ Agordino e dal Comelico assai strettamente con- giunti colle rocce triasiche inferiori; nella guisa stessa che le pie- tre verdi ed i tufi del Trias mediano sono collegati coi porfidi augitici. Mi pare che quelle rappresentino assai bene l’ aprirsi dei primi cicli vulcanici mesozoici, ad eruzioni subaeree o di mare poco profondo, dopo un periodo continentale, accusato dalla ge- nerale discordanza tra la serie paleozoica alpina e la mesozoica. Potrebbe darsi che questa attività endogena fossesi appunto iniziata durante il permiano. Ma in questo caso mi si affaccia il dilemma, o di ritener permiane tutte le rocce, che nel Bellunese ‘e nel Friuli stanno sotto alle arenarie screziate a Maticella co- stata; oppure di riferir al Trias inferiore tutti quei porfidi, quar- ziferi ed amfibolici, e tutte quelle arenarie e puddinghe e filladi micacee, le quali sostengono la principale formazione gessifera, sottoposta ovunque alle dette arenarie screziate. La posizione stratigrafica del piano in discorso non può essere più nota di quanto la è attualmente; la soluzione di questo dilemma, che mi pare abbastanza importante, varrà a precisare la cronologia di un orizzonte così evidente, così anticamente conosciuto eppure così contrastato e così spesso frainteso; epperò io ve ne faccio parola, sottoponendolo alle vostre sagge considerazioni. Circa alla zona gessifera, ne parlai a lungo in antecedenti miei ' Verhandlungen K. K. geolog. Reichsanstalt. 1876, n. 2. D34 T. TARAMELLI, scritti e devo soltanto aggiungere che procede dal Friuli verso il Tirolo con una continuità, che non trova riscontro se non che nell’allinearsi delle gessaje apenniniche; sempre distinta dalle marne cineree, dai calcari dolomitici, farinosi, spugnosi, buche- rellati e dai calcari neri, marnosi, bituminosi, biancovenati. Non rinvenni però il solfo nativo, che esiste in Carnia in più luoghi; nè quello spessore così straordinario di gesso e di marne cineree, che si osserva specialmente nello spartiacque tra i torrenti But e Chiarsò, i quali confluiscono sopra Tolmezzo. Tuttavia il bacino di Pieve di Cadore, specialmente presso a Lozzo e la sella di Monte Croce sino al paese di Padola, presentano amigdali abbastanza sviluppate e mirabilmente contorte. Nell’ampio bacino di Agordo, a ridosso del servino che ammanta a tramontana lo affioramento degli scisti protozoici, trovansi bensì le rocce che general- mente accompagnano il gesso; ma questo minerale per quanto mi consta, fa difetto. Ricompare invece colla fisonomia dei depo- siti carnici nella bella valle di Canale, in una larga ed estesa zona, che da Falcade si continua per la Vallada fino sopra Cen- cenighe, verso S. Tommaso; e quivi affiora secondo l’asse di una assai stretta anticlinale, che va a perdersi alle radici del Pelmo e che forma uno dei tratti stratigrafici più caratteristici e meno co- nosciuti di quella bellissima contrada. E notisi che questo asse è parallelo all’affioramento protozoico delle vicinanze di Agordo, come pure alla direzione del vallone bellunese; mentre taglia a perpendicolo quella porzione della valle del Cordevole, la quale potrebbe esser considerata come traccia di antica frattura, allar- gata dalla erosione nei periodi cenozoici.. Circa al terzo membro della sezione inferiore del Trias, cioè alla arenaria a Naticella costata, Posidonomya Clarae, Myacites fassaensis, Ceratites cassianus, ecc. debbo affermare la sua indi- pendenza dall’accennato piano arenaceo del servino per tutto il tratto esaminato ed appoggiare nuovamente il suo riferimento al | Trias medio, qualora si intenda di conservare ancora questa sud- divisione pel Trias alpino. Interessantissimi sono a questo proposito i dintorni di Agordo e APPUNTI GEOLOGICI SULLA PROVINCIA DI BELLUNO. 535 di Cencenighe; perchè in più siti vi si scorge come queste are- | narie facciano graduato passaggio ai tufi augitici ed alle pietre verdi, per mezzo di calcari micacei e cloritici, contenenti i fossili stessi che le arenarie. Alcuni banchi calcari marnosi, rossastri o bruni di Cencenighe sono letteralmente coperti di tali fossili ed i più belli esemplari di Naticella, identici a quelli somministrati dalle arenarie rosse, micacee di Valle Pesarina in Carnia, si trovano nella valle di Canale, in un calcare marnoso bigio ver- dastro, che non osservato in posto si potrebbe scambiare colle analoghe rocce dei due successivi piani triasici, litorali, del S. Cas- | siano e del Raibl. Identica roccia, con identici fossili però viene lavorata per calce idraulica presso Malborghetto e nella valle della Gailizza passa gradatamente alle brecce policrome, inferiori ai porfidi di Kaltwasser; dimostrando anche in questa località il nesso indissolubile, che stringe le rocce arenarie o marno-cal- cari in discorso coi terreni tufacei e porfirici, anteriori al piano di S. Cassiano. Non osservai sino ad ora, quantunque ne trovai indicati gli esempi nell'opera del signor Fuchs, alcun dicco, o . filone, od interstrato porfirico in tali rocce; eppure esse devono | esser state trapanate dai melafiri e dalle felsiti porfiriche, erut- tate dopo la loro deposizione. Ma a questo riguardo ripeterò la considerazione, che esposi in un lavoro testè pubblicato sulle rocce ofiolitiche dell’ Apennino, circa alla difficoltà estrema di rintracciare e di ricostruire tali dicchi, o filoni e gli interstrati in un complesso di banchi così contorti e così infranti. In pre- senza di qualsivoglia spaccato, appena un poco vasto, anche solo per la percezione delle curve stratigrafiche, si esige la più seria attenzione e sempre rimane qualche cosa di incompreso. Il signor Fuchs, in quale con raro ingegno esplorò e descrisse quelle interessanti regioni or sono sette lustri, non ommise di porre in evidenza tali bizzarrie di stratificazione, porgendone begli esempi, desunti presso Pieve Livinallungo e presso Caprile ed io potrei aggiungerne di molti se non fosse affatto inutile di- mostrare quanto sieno e debbano essere tormentate delle forma- zioni ad elementi eterogenei, sottoposte alla pressione di parecchi 936 T. TARAMELLI, chilometri di rocce mesozoichée, e poscia a più riprese sollevate, infrante e spostate. Quantunque manchino, o meglio non siano ancora ricostituiti sicuramente, questi filoni e questi dicchi di rocce eruttive, i quali possano rappresentare le vie di eruzione; tuttavia nessuno vorrà al presente seriamente impugnare l’origine vulcanica di tali mela- firi o porfidi augitici, noti da lungo tempo e sufficientemente de- scritti dai signori Fuchs e Loretz, nonchè indicati nelle carte di questi autori e del signor Hauer. Tanto meno poi si potranno di- sconoscere i legami, che stringono questi melafiri con dei con- glomerati eruttivi, a pasta cristallina, augitica ed a frammenti felsitici ed anche di porfido quarzoso; oppure con dei tufi più o meno grossolani, che passano ad argille verdi-brune ed alle no- tissime pietre verdi, le quali sono l’ideale delle fanghiglie erut- tive. Come pure è certo che va fatta una distinzione, sulle tracce del signor Loretz, tra prodotti vulcanici aggregati, che si ponno ritenere direttamente eruttati, e quelli, molto analoghi in appa- renza ma a cemento arenaceo, senza zeoliti e spesso fossiliferi, i quali si trovano commisti ai tufi ed alle rocce cristalline spe- cialmente nelle immediate vicinanze di Alleghe e verso il M. Framont, a nord-est di Agordo. Fra gli uni e gli altri, o per dir meglio tra i primi banchi fossiliferi, che compaiono in questo ripetuto alternarsi di prodotti vulcanici e di detrito vulcanico, vanno notati gli scisti ad Halobia Lommelii, i quali affiorano ripetutamente lungo entrambi i versanti della valle del Corde- vole, a monte di Alleghe, sino alle sue origini presso. Araba. Ne trovai una località assai ricca movendo da Chers ai prati dei Pralongei, ove è noto trovarsi i più bassi piani fossiliferi del gruppo di S. Cassiano; ed indico questa località come opportu- nissima per dimostrare come gli strati ad Halobia sieno, almeno: quivi e nelle vicinanze, inferiori ai tufi augitici ed alle marne a cidariti ed ai calcari marnosi fossiliferi del notissimo quanto problematico livello, che piglia il nome dal prossimo villaggio tirolese. Mal si potrebbe indicare il centro od i centri di espandimento APPUNTI GEOLOGICI SULLA PROVINCIA DI BELLUNO. 537 successivo dei melafiri e dei tufi eruttivi dell’alto Agordino, della valle di Zoldo e del Comelico superiore; essendochè, sottosopra, la zona di tali rocce si presenta ovunque con identici caratteri e con non diversa potenza. Però mi sembra che le colate sieno più potenti e più ravvicinate in due regioni non molto discoste, che forse ponno rappresentare un solo centro di eruzione; cioè, l’ uno nel bacino della valle di Gares, la quale confluisce da mezzodì nella valle di Canale e l’altro nello spartiacque tra la valle del Pellina, che conduce ai piedi della Marmolata e la valle di Li- vinallungo. A questa seconda regione ed alla poco discosta valle di Ombrettola, che si sprofonda a mezzogiorno del colosso do- lomitico, sono sino al presente ristretti i giacimenti degli anal- cimi, delle heulanditi e delle stilbiti, che gareggiano in bellezza con quelle di valle di Fassa. Nella valle di Gares abbiamo in compenso maggiore varietà di rocce cristalline e sono assai fre- quenti i conglomerati eruttivi, a pasta oligoclasica ed a grossi frammenti di porfidi ortosici, quarziferi, felsitici. Per la comodità di studio e per essere una regione già esplorata e descritta minu- tamente dai signori Fuchs e Loretz e con molto brio e non minore verità dal mio illustre maestro nel suo aureo Bel Paese, va ri- cordata la sponda orientale del lago di Alleghe; lungo la quale, movendo dal ponte di Calloneghe, si osserva a nord ed a sud una interessante ripetizione di strati, poichè quivi va a battere l’asse della importante anteclinale, che ho disopra accennata at- traverso la Vallada di Canale e la vallicola di S. Tommaso. È quivi appunto che fu la prima volta avvertita, per poi esser rilevata in tutta questa regione, l’ alternanza di due o tre grosse zone calcareo-dolomitiche colla formazione dei tufi e dei mela- firi del trias medio carnico e bellunese. Sono banchi, che misu- rano talora lo spessore di oltre 70”, come nella valle Pellina, ove il torrente e la strada si innabissano nella meravigliosa chiusa dei Saraî, oppure nella non meno mirabile ma meno conosciuta località dell’ Acqua tona di Sappada. Altrove invece hanno lo . spessore di 15 a 20", come lungo le vallicole, che sboccano sulla destra dell’ Ausiei presso Auronzo, alle falde del gruppo dolomi- 538 T, TARAMELLI, tico delle Marmarole. Ora prevale il tipo calcareo e la roccia è un impasto di Gyroporelle, di spongiari, con qualche crinoide e qualche natica o terebratula; ora piglia il sopravvento la forma dolomitica, farinosa, subsaccaroide e le reliquie organiche si sfu- mano gradatamente, e tra le dolomie compajono non infrequenti dei rognoni metalliferi, come si osserva nel versante destro della valle Pellina e meglio ancora appena a nord di Caprile, ove fu- rono fatti escavi in un filone di blenda e di galena, con bellis- sima cerussite. Anche il giacimento calaminario di Piandabarco, presso Auronzo, esiste in uno di cotali interstrati calcareo-dolo- mitici della formazione tufacea; mentre il principale giacimento ca- laminario dell’ Argentiera, che si trova più a ponente sulla sponda opposta e più vicino al letto dell’Augiei, sembra annidato nel calcare dolomitico infraraibliano, che è superiore a tutti gli espan- dimenti endogeni del trias. A proposito di tali banchi dolomitici o calcari, se è dato ammirare bene spesso la straordinaria ab- bondanza di petrefatti che essi rinserrano, è pur troppo altret- tanto difficile farne raccolta e più ancora il determinarli. Per il qual fatto non saprei decidermi a ripartirli nei varî livelli, in cui il signor Loretz (al quale pur dobbiamo i più interessanti ragguagli sopra una porzione del trias bellunese) suddivide il suo Alpiner Muschelkall; ma sembrami che si tratti sempre dei piani superiori, immediatamente sottoposti al livello di S. Cassiano. Anzi secondo il signor Loretz medesimo, tali banchi dolomitici colle stesse gyroporelle sarebbero da considerarsi come i rappresentanti dei tufi di questo livello e si riuniscono coi St. Cassian-artige Schichten. Io trovo però anche troppo problematica la estensione della isolatissima fauna e della assai locale forma litologica di 5. Cassiano, per raggruppare intorno ad essa anche un’aureola di sfumature; e proporrei di ritenere, almeno stratigraficamente, che il trias medio degli autori e la porzione inferiore del trias, secondo il concetto che ho enunciato, si protragga sino alla base della dolomia infraraibliana, la quale, partendo dagli strati a Naticella costata, è il primo orizzonte abbastanza esteso, quan- tunque esso pure non continuo, che possa assumersi con van- taggio della stratigrafia prealpina. APPUNTI GEOLOGICI SULLA PROVINCIA DI BELLUNO. 539 È noto infatti come se noi, appena di qualche chilometro ab- — handoniamo lo spartiaque tra le valli di Badia e del Cordevole, ove si raccolsero i materiali della ricchissima fauna di S. Cas-. . siano, ed esaminiamo gli strati calcareo-marnosi od arenacei, che | ricoprono la formazione dei melafiri e dei tufi augitici, eruttivi eda; n prima e poi sedimentari, è molto se troviamo qualche radiolo delle grosse cidariti e qualche bivalve del tipo badiotico. Tosto il livello si fa litologico, e per conseguenza mal sicuro; perchè di tali calcari marnosi e di tali arenarie ne abbiamo di identiche, nonchè nel trias, nella serie eocenica e miocenica delle nostre prealpi. Ond’è che se noi siamo costretti a cercare un livello li- tologico, per la circostanza di fatto dell’accantonamento della fauna badiotica, tanto per avere un limite tra il trias medio ed il supe- ‘riore, gioverà certamente scegliere la forma litologica più di- stinta e che sia coordinata colle manifestazioni endogene, che ca- ratterizzano l'apertura dell’ èra cenozoica e sufficientemente estesa per supplire alla meglio alla mancanza di un piano paleontolo- | gico, che a questo livello si è indarno tentato di stabilire. Or bene, per la Carnia, e pel Cadore, e per l’ Agordino mi sembra di poter assicurare la costanza a questo livello di una zona di marne iridate, intensamente colorate in rosso, in verde od in az- zurrognolo, gessifere nella valle del Tagliamento, alla sella della Mauria ed alle falde del Monte Popera in Comelico, ed altrove sempre distinta dal colorito delle sue rocce, le quali differiscono da quelle del servino per minore compattezza e per essere assai meno micacee e meno quarzose. In Lombardia se ne avrebbe un esattissimo rappresentante nelle marne iridate, che si alternano coi porfidi bruni nella discesa di Cunardo a Grantola ed un equi- valente, io credo, nelle arenarie rosse di Aquate presso Lecco. In Friuli io credo che appartengano a questo livello anche i gessi di Resia e di Moggio e le arenarie rosse di Muina e di Vinadia. Nel Bellunese, e specialmente nell’ Agordino, questo livello è di una continuità vantaggiosissima, specialmente se si ha cura di rilevare le scarse tracce, che di esso si appalesano sotto lo sfa- celo delle soprastanti rocce dolomitiche, 940 T. TARAMELLI, Non escludo la possibilità che questo livello si sfumi in taluni siti col raibliano; stantechè non è assoluta ]a continuità della do- lomia infraraibliana. Ma ove questa formazione esiste, le marne iridate le sono subordinate o si alternano co’ suoi banchi più profondi. Almeno nel rilievo fatto ultimamente dell’alto Agordino questa relazione mi è parsa di una costanza meritevole di seria attenzione e la presento a voi qui convenuti onde l’abbiate pre- sente nelle ricerche sopra altre porzioni delle nostre prealpi. Ritengo pertanto che appartenga allo stesso piano basilare del trias superiore, o se vuolsi di chiusura del trias porfidico, l'orizzonte carbonifero, altre volte riferito al piano raibliano, coi giacimenti friulani di Lauco, Raveo, Cludinico e Forni di Sotto e con quelli bellunesi della Grigna di Auronzo, di Cibiana, di Selva, di Staulanza, di Dont e del Sagron; località tutte, meno Cludinico, ove i depositi di combustibile furono riconosciuti così esigui ed il minerale fu trovato così piritoso e così pesante da doversi abbandonare la speranza di profittevole coltivazione. Fui di avviso che questi depositi di combustibili rappresentassero la zona degli scisti ittiolitici d Raibl, per aver rinvenuta le Myopho- rie raibliane e la Hornesia nel calcare marnoso, che ricopre le arenarie ed i calcari ad antracite di Raveo, di Lauco e di Clu- dinico; ma di tale determinazione mi sorse qualche dubbio dopo esaminati i distretti di Auronzo, di Pieve di Cadore e di Agordo, dove tale orizzonte antracitifero ricompare con caratteri litologici quasi identici che nella Carnia ed appartiene ad un livello indub- biamente sottostante alla dolomia inferiore. Nè questo dubbio scompare di fronte alle specie raibliane nel soprastante calcare marnoso; poichè è nota la comunanza di forme che esiste tra il piano raibliano e quello di S. Cassiano, appena che ci scostiamo da questo punto di massimo sviluppo di una fauna localizzata, a tipo affatto singolare. Tantochè prevalse l’idea che entrambi questi livelli possano fondersi in alcune località e che le frappo- ste dolomie metallifere, a fauna analoga a quelle di Hallstatt e di Lenna, possano quindi attenuarsi e mancare, oppur assumere un aspetto calcareo marnoso, come sarebbe il caso a Cludinico ed a Lauco, età Si Pe” - l'eta APPUNTI GEOLOGICI SULLA PROVINCIA DI BELLUNO. 541: . Con questo nuovo modo di vedere, il calcare già interpretato | come infraraibliano dei monti Tinizza, Veltri e Cretis nel canale di Socchieve, nonchè i lembi di calcari dolomitici del M. Arvenis, Cucco e Terzadia, con Trachyceras cuccense e Taramellii, e con Na- tica Terzadica, gemmata e cuccensis Mojs. rappresenterebbero la superiore delle accennate zone calcaree dolomitiche, le quali si frappongono alla formazione dei tufi sedimentari e dei melafiri. Appena fuori dei confini del Friuli, questa zona compare eviden- tissima nel versante settentrionale del M. Siara, appena a sud di Cima-Sappada, attraversa il Piave alla chiusa dell’ Acqua tona, accostandosi, anzi fondendosi colla dolomia inferiore ; indi si svolge tutto attorno al bacino di Auronzo, appena sopra le arenarie a Myacites e attraversa tutto l'alto Bellunese, talora unica e stret- ta rasente alla dolomia inferiore, come nella valle di Otten, op- | pure sfasciata in due o più zone calcareo-dolomitiche come nei pressi di Caprile ed a nord-est di Agordo. In una parola, se si accetta questo nuovo riferimento (il quale non altera punto le relazioni stratigrafiche altre volte assegnate a tali depositi da altri geologi o da me medesimo, anzi fa ragione di quanto ave- vano di vero le prime determinazioni dei signori Meneghini e Stur circa il deposito in questione) si avrebbe per quella vasta porzione del Veneto un livello geologico in esatto raffronto con quello del signor Curioni distinto col nome di Piano a Tracki- ceri! e posto alla base del trias superiore. Secondo il mio con- cetto di una divisione dei terreni triasici prealpini in base alla cessazione dei fenomeni endogeni ed allo incominciamento della generale sommersione, la quale riconduceva le condizioni di forma- zioni delle grandi masse dolomitiche, io propenderei a mantenere questo piano dei calcari a trachiceri e le sopraposte arenarie an- tracitifere nella divisione inferiore. Ma è questa una differenza di ben poco momento. Quanto mi importa di affermare si è che almeno nel Bellunese e probabilissimamente nella Carnia, la zona antracitifera è inferiore alla dolomia metallifera e si associa e si parallelizza colle marne di S. Cassiano e colle marne iridate, che 1 G. CuRIONI, Geologia applicata delle provincie lombarde. Vol. I, pag. 166. 542 T. TARAMELLI, sostengono la dolomia metallifera, oppure si alternano per pic- cola potenza coi banchi inferiori di questa formazione. Venendo ora alla dolomia metallifera o dolomia inferiore con- viene dimostrare che ad onta di queste alternanze de’ suoi ban- chi più profondi colle indicate marne iridate (come è il caso no- tissimo al Sett Sass di S. Cassiano) ad onta del suo attenuarsi 0 cessare in alcun sito, sì da permettere una anastomosi tra i due livelli marnosi o calcarei marnosi del S. Cassiano e del Raibl, tuttavia questa dolomia metallifera merita di costituire un li- vello geologico e nella regione esaminata presenta realmente una continuità ed una potenza considerevoli. Per dimostrare questo assunto converrebbe poter accompagnare per tutta la regione il piano raibliano, in guisa da isolare sotto di esso e sopra i tufi e le marne iridate del piano precedente- mente fissato, la formazione in discorso. Questa, così limitata, evidentemente corrisponderebbe ancora alla dolomia dello Schlern, alle dolomie ed ai calcari di Hallstatt e probabilmente a tutta od a parte della dolomia di Esino. Ma ridotto ai suoi varî con- fini, il piano raibliano si mostra come un sottile interstrato are- naceo-marnoso: tra le dolomie; si svolge talora per vette e per montagne inaccessibili ; si sfuma per marne dolomitiche sullo spes- sore di quei colossi cotanto ammirati e così difficili ad esser stu- diati; si perde spesso di vista per moltissimi tratti, e non credo siano a pigliarsi con troppa leggerezza nè la sua mancanza, nè le sue possibili equivalenze. Anzi dichiaro che due autunni di ricerche, quantunque abbia avuto il sussidio delle indicazioni del signor Lo- retz, il quale indica questo livello in tutto l’area della sua carta, non mi hanno lasciato a questo riguardo che dei dubbi e delle in- certezze. Poichè da un lato non posso accettare tutta la loro esten- sione, nè l’associamento di tutte le marne variegate all’ orizzonte dal signor Loretz distinto col nome di Schlern-plateau-Schichten, nè la indicazione di questo livello per tutta l’ampia zona segnata dall’ egregio geologo tra le due valli di Cortina e dell’ Auziei, ove rinvengonsi tufi ed arenarie molto più probabilmente riferibili al piano di S. Cassiano; e dall’altro lato manco ancora di una località APPUNTI GEOLOGICI SULLA PROVINCIA DI BELLUNO. 543 bellunese che mi rappresenti le condizioni stratigrafiche di Dogna, di Valdi Moggio e di Raibl. Gli unici fossili, che ho rinvenuto anni | sono alla Forcella-forada, attendono ancora indarno qualche ag- giunta e sono quegli stessi che trovansi a Cludinico, appena so- pra il deposito antracitifero; epperò provengono da uno strato, al quale si estende l’accennato dubbio, ancora insoluto. Del ri- manente tanto il signor Loretz che io, non trovammo che nuclei di piccoli Megalodon o qualche crinoide o sezione di radiolo di echinide. Almeno per mio conto mi veggo ridotto a riferire al piano raibliano soltanto quella zona dolomitica marnosa, a fitta stratificazione, la quale si osserva presso alla vetta dei più orien- tali colossi dolomitici, quali il Popera, il Patern-Kofel, le Cime di Lavaredo e sul versante sud-est del Monte Pelmo. Osservai di tali strati marno-dolomitici anche sul versante occidentale del M. Antelao, salendo da S. Vito alla Forcella piccola lungo il sentiero che conduce alla Forcella grande; e rimarcai come quivi, al pari che in parecchie località della Carnia, la dolomia che ri- posa sui tufi augitici sia framezzata di tali banchi più erodibili, assai contorti e poco estesi. Di guisa che oltre all’accènnata ana- . stomosi dei due piani, il S. Cassiano ed il raibliano, per difetto della dolomia metallifera, dobbiamo altresì ammettere una scom- posizione della massa di quest’ultima per un reticolato di rocce marno-calcaree od arenacee. Già complicata per sè stessa, non è a dire quanto dovette questa massa eterogenea rendersi in- tralciata per le contorsioni e le fratture causate dal solleva- mento, anzi dai molti spostamenti subìti dai terreni mesozoici. Mancandomi la possibilità di una esatta indicazione del decorso sicuro ed indiscutibile del terreno raibliano, a limite tra la dolomia metallifera e Ia dolomia principale debbo prudentemente rassegnar- mi ad indicare per ora la esistenza di alcune grosse masse dolomi- tiche, le quali, sieno o meno metallifere, si pongono alla base del trias superiore perchè direttamente superiori al piano dei tufi. E tra queste masse primeggia la già accennata della Marmolada, la quale formava un’amplissima volta, che fu poi incisa dalle valli di Fedaja e di Ombrettola; sì da mettere a nudo e da intaccare 544 T. TARAMELLI, per considerevole profondità anche le sottostanti formazioni tu- facee. Ancora entro i confini del Bellunese, altre masse dolomi- tiche con tutta probabilità spettanti a questo piano più profondo sono i monti Piana, Campedello, Campoduro, Croda d’ Agnello, Cima de’ Bagni, Najarnola e Rosiana, già indicati dal signor Lo- retz; ed a mio avviso, la porzione più profonda del Sorapiss, della Marmarjola e dell’ Antelao, nel suo versante occidentale, sopra. S. Vito. Nell’ Agordino orientale e nel Zoldiano, la massa dolo- mitica, sopraincombente alla sempre distinta zona delle marne iridate e delle arenarie soprastanti ai tufi, presenta addirittura i banchi a Megalodon finamente stratificati, presso alla sua base e perciò ritengo che quivi sia realmente una regione, in cui la dolomia inferiore è assottigliata e mancante. In complesso, convinto che in ultima analisi questa distinzione della dolomia inferiore dalla dolomia principale, non era di molto interesse nello scopo del mio studio in quella provincia, pur tenendo calcolo dei fatti da me osservati e delle indicazioni e delle determinazioni del signor Loretz, volli piuttosto lasciar riunite queste due for- mazioni nella carta, che ora vi presento, anzichè distinguerle a caso con induzioni più o meno inesatte. Non debbo però tacere di alcune differenze che mi sembrano esistere di fatto tra le due divisioni delle dolomie triasiche, così interessanti, non foss’altro per il carattere orografico, che desse impartono a quelle regioni. E queste differenze sono: che la porzione inferiore è caratterizzata da piccole e numerose chemni- zie, da ammoniti globosi, da qualche spongiario e dalle giropo- relle; che vi si trovano frequenti gli arnioni limonitici, i quali se diffusi e disciolti impartono alle pareti di quei colossi la tinta rosea assai calda, tanto simpatica agli alpinisti; che vi mancano assolutamente i grossi Megalodon ed i Dicerocardium, sviluppa- tissimi e comunissimi nei piani superiori; che la stratificazione della dolomia inferiore è più irregolare e spesso indistinta, men- tre la dolomia a Megalodon è regolarmente stratificata e si cliva anche secondo piani generalmente perpendicolari al piano dei | suoi strati; che finalmente in generale nei piani più bassi, se- — O APPUNTI GEOLOGICI SULLA PROVINCIA DI BELLUNO. 545 condo gli studî dei-signori Déòlter e R. Hornes, prevalgono le vere dolomie contenendo 17-20 di magnesia; mentre gli strati a Megalodon sono talora piuttosto calcari che vere dolomie. Vedremo però come delle roccie distintamente magnesiache compajano nel Bellunese e nella valle del Brenta a livelli molto più recenti, e come per conseguenza convenga andar molto a rilento nell’ac- cettare anche la teoria ultimamente esposta sull’origine e sul — metamorfismo subìto da queste formazioni. Sulle montagne dolomitiche del Tirolo meridionale e del Ve- neto sta per uscire un’opera dei signori Dolter e Mojsisovic, nella quale non so se verrà mantenuta l’idea dell’origine di tali roccie per formazioni coralline; la quale idea fu dapprima presentata dal signor Richthofen a proposito delle dolomie dello Schlern, quindi sostenuta dai detti geologi e dal signor Hòrnes in base spe- cialmente alla forma di masse amigdaloidi di quelle di esse dolo- mie che meglio meritano questo nome. Esse sembrerebbero quindi corrispondere a degli isolotti corallini, sepolti in una formazione normalmente litorale. Nelcaso che questa teoria si ripresentasse, sembrami le si potrebbero opporre delle assai serie objezioni, trattandosi di una formazione, la quale ad onta degli accennati interstrati nella porzione inferiore è così estesa, così potente, così unita, così scarsa di coralli, così uniforme, in una parola così oceanica. Non una breccia, che accusi il flagellare delle onde sulle scogliere madreporiche, non una rappresentanza anche con- fusa dei punti d’appoggio delle immaginate isole madreporiche. Ma per centinaja di metri di potenza e per centinaja di chilo- metri di estensione, calcari e dolomie, regolarmente alternate, e rappresentanti a mio avviso l’ideale dei depositi di mare pro- fondo. Formazioni infraliasiche e liasiche. — Lo studio degli equi- . valenti dei nostri strati ad Avicula contorta e delle due forma- zioni che a loro succedono cronologicamente, della dolomia su- periore e degli strati di Saltrio, fu lo scopo precipuo delle mie escursioni nella regione ‘calcare delle Alpi venete; e se posso dire di non aver omesso fatiche e continua attenzione, non posso del Vol. XXI. 35 946 T., TARAMELLI, pari rallegrarmi, specialmente prima dello studio definitivo del raccolto materiale, di risultati molto sicuri nè molto abbondanti. Imperocchè in tutte le regioni perimetriche all’affioramento delle dolomie triasiche e nei lembi liasico-giuresi, rimasti a coronare i colossi di quella dolomia, ho potuto fissare una assai semplice serie di terreni e raccogliere pochissimi fossili. Partendo dalla valle di Sappada lungo il Piave e quindi at- traverso iconfluenti di questo sino al fiume Cismone, le montagne dolomitiche, anche a ridosso della zona degli scisti protozoici del- l’ Agordino e del Comelico sono per così dire sostenute e coronate da frammenti di sinclinali di strati molto regolari e molto potenti di calcari bianchi giallastri e di dolomie farinose, quindi nuovamente di calcari grigi od oolitici, della complessiva potenza di tre a quat- trocento metri. Nella dolomia subcristallina, giallognola o can- dida, trovai frequenti dei Diceras e dei grossi Pecten. Rinvenni persino dolomitici alcuni strati presso Sospirolo con Terebratula fimbriaeformis, specie che il signor Benecke riterrebbe caratteri- stica dell’ oolite inferiore ma che in seguito venne dallo Zittel ri- ferita alla 7. Renieri Cat. e ritenuta assolutamente liasica. Le analisi chimiche stabilite dall’egregio mio amico, il cav. Andrea Secco di Bassano, sopra campioni raccolti a brevissima distanza dal piano ammonitico ad Amm. hybonotus e Terebratula diphya mi hanno assicurato che non si tratta soltanto di un’apparenza do- lomitica, ma di una roccia, che contiene al pari delle più normali dolomie triasiche presso al 20 °/o di magnesia. Queste masse cal- careo-dolomitiche a volta sono coronate tuttora dai calcari giuresi sino al biancone o poco meno, come si osserva nella zona calcare più esterna e specialmente nel bel gruppo di Campotorondo e del Monte Agnelasse; oppure sono troncate bruscamente, credo per erosione, appena sopra la dolomia a Diceras come all'Alto di Pelsa ed ai monti di S. Lucano; quivi guadagnando una altitudine di 2500 metri. Ritengo assolutamente identici gli strati, che con tanta regolarità salgono dalle valli di Otten a costituire la parte supe- riore dell’Antelao e ritengo che di tale formazione calcareo-dolo- mitica, liasica od infraliasica, se ne rinverrà traccie anche sui monti are ro o piè, APPUNTI GEOLOGICI SULLA PROVINCIA DI BELLUNO. 547 —_ Pelmoe Cristallo, dei quali non ho ancor fatta la salita. È certo poi che nella porzione del bacino del F. Boite, che sta fuori del confine attuale, cioè nelle montagne le quali accolgono le prime origini di questa corrente, esiste un ampio lembo liasico giurese, che si continua sino al Neocomiano e che fu assai ben descritto dal signor Loretz, come facente corona ai colossi dolomitici del Rothwand e della croda d’ Ancona; ed è noto quanta estensione abbia accordato il Richthofen alle formazioni liasiche e giuresi in questa regione. Dove la serie è continua, la zona dolomitica è costantemente inferiore alle molto ripetute alternanze di calcari oolitici e di cal- cari a crinoidi, le quali mi sembrano caratterizzare il giura in- feriore; come è assolutamente inferiore ad ogni strato ammoni- tico, compresi quelli, che per contenere talune specie del nostro rosso ammonitico di Lombardia, potrebbero esser riferite al Lias superiore. Questo si osserva chiaramente tanto nelle vicinanze di Belluno, entro la valle dell’ Ardo, come nella porzione inferiore dello Zoldiano, quanto nei dintorni di Longarone e di Erto. Qua e là, entro i banchi superiori della così detta dolomia del Dachstein, nel Friuli e nel Bellunese si vede affiorare un impor- tante orizzonte di piroscisti, di cui ho più volte discorso nei miei scritti; ma in questo non rinvenni mai dei petrefatti. Non posso quindi affermare che equivalga ad un altro piano bitumi- noso, che ho esplorato in questo autunno, dietro alcune indica- zioni dell’ onorevole signor cav. Antonio De-Manzoni, precisamente alle casere di Pelsa, che sono di proprietà di questo egregio gen- tiluomo. Questo piano delle casere di Pelsa è interessantissimo per i numerosi fossili, che esso contiene, in ispecie ammoniti e piccole bivalvi, le quali richiamano quelle pur troppo assai dif- ficili a determinarsi degli scisti neri infraliasici di Lombardia. Al presente non lo conosco che in questa unica località; ove lo strato fossilifero è sicuramente inferiore alla dolomia a Diceras e superiore alla dolomia triasica a Megalodon, la quale con enorme potenza affiora nel versante occidentale del monte Pelsa, sopra Listolade. Da un confronto superficiale mi sembrò scorgere molta 948 T. TARAMELLI, analogia tra questi fossili di Monte Pelsa e quelli descritti dal signor Rolle di Waldhiser Hohe presso Tubinga, al confine tra il Keuper ed il Lias.' A differenza della regione prettamente dolomitica, questa dei calcari e della dolomia del Lias e dell’oolite inferiore, si di- stingue per una maggiore regolarità della stratificazione, per formare quando è poco inclinata degli altipiani, ad orografia molto somigliante a quella delle regioni cretacee delle Alpi Giulie me- ridionali, a gore strette, a doline, a solchi regolari e profondi; sicchè quegli altipiani o quei morbidi pendii assumono l’ aspetto di tavole di marmo estesissime, corrose dal tempo. Ma dove queste stesse rocce furono fortemente spostate, come ai monti Peron e di Vedana allo sbocco del Cordevole, di guisa che si formarono delle fratture normali al piano della stratificazione e molto ob- blique all’orizzonte, quivi successe nel principio dell’epoca posgla- ciale un grandioso sfasciamento e si staccarono frane e scoscen- dimenti, al cui trasporto non può negarsi che abbiano contri- buito anche i ghiacciaj nell’ ultima fase di loro ritirata. ? Sino a definitivo studio della fauna ammonitica di Erto e Casso ad Ammomites bifrons, A. Mercati, A. Nilsoni, A. crassus, A. Des- placei, ecc. rimane pure incerto il limite superiore di questa 4 F. ROLLE, Ueber einige an der Grenze von Keuper und Lias in Schwaben auf- tretende Versteinerungen. Site. mathem. naturw. Classe der K. Akad.der Wissensch. B. XXVI. 1858. PI ? Il signor cav. Lucio Mazzuoli, già direttore delle miniere di Agordo, scrisse in proposito a queste frane una interessante Memoria, dimostrando che sono da conside- rarsi depositi glaciali o meglio frane trasportate per breve tratto dal ghiacciajo mentre era prossimo alla sua scomparsa dalla valle del Cordevole. Ho visitato le note frane col detto signore e mi sono persuaso che negli strati inferiori lo sfasciume calcare è commisto alla morena con elementi dell’ alto Agordino e che questi si trovano anche sino ad una certa altezza sui cumuli conici, nei quali la macerie vastissima fu modellata dalla erosione. Non si tratterebbe quindi di vere morene frontali, come vorrebbe il si- gnor Hornes; perchè il ghiacciaio di una valle, sculta in così diverse rocce, non si po- teva edificare delle morene quasi assolutamente calcari e perchè quei cumuli hanno tut- t’altro che l’aspetto di morene, sibbene di residui di una frana. La spiegazione potreb be a mio avviso estendersi anche a qualche altra molto disputata località delle nostre pre- alpi. Nel Bellunese ho raccolto parecchi esempi di frane calcari meno spettacolose ma disperse da ghiacciajo in modo analogo. APPUNTI GEOLOGICI SULLA PROVINCIA DI BELLUNO. 549 zona di dolomie e calcari liasici. Per ora ne ho constatata la presenza, con qualche dettaglio, che mi era prima ignorato. Formazioni giuresi. — Nel Bellunese e nel Feltrino i calcari a crinoidi, gli strati a RAynchonella e la zona ammonitica del titonico, non presentano alcuna differenza dalla successione de- scritta pei Sette Comuni dal signor Wacek e pel Veronese dai signori Benecke e Bittner. Il punto nero, che rimane a deci- frarsi non solo a me ma a chiunque vorrà approfondire gli studi di questi terreni al di fuori della regione esaminata dal signor Benecke, si è la estensione da accordarsi al piano ad Amm. Murchisonae delle ooliti di S. Vigilio, ove il geologo tedesco ebbe la rara ventura di raccogliere tanta abbondanza di fossili. Nella regione giurese della provincia di Belluno, sopra le dolo- mie a Diceras, le quali come dissi si spingono sino al piano a . Terebratula Remieri, osservai la zona ammonitica di Erto e Casso e delle falde settentrionali del Serva; indi i calcari oolitici o selciosi, con banchi zeppi di crinoidi, con qualche piccola Rhyn- conella (bilobata?); poscia. un calcare grigio o roseo; del pari selcifero, con assai frequenti Belemnites; sopra questo immedia- tamente il piano ammonitico a Terebratula diphya, colla fauna di Cesio, di Longarone, e di Campotorondo; e finalmente il Biancone, coll’interessantissimo piano ammonitico del Monfe- nera e dei dintorni di Lamon, nella valle del Cismone. A po- nente della valle del Cordevole, ho perduto di vista il piano ammonitico più profondo e per converso ho osservato che il se- condo, il titonico, pigliava sempre maggiore sviluppo. Il piano del Monfenera cessa verso oriente nei pressi di Valdobbiadene e verso occidente non lo ritrovai nemmeno sopra Bassano; nè credo che ricompaja nell’altipiano di Asiago. I due primi se pur sono di- stinti non sono molto lontani e sono, almeno stratigraficamente, piuttosto attigui che succedentisi; di guisa che almeno ora mi ri- mane la prevenzione che si tratti piuttosto di faune contemporanee e diversamente accantonate secondo le varie profondità marine, anzichè di due livelli tanto lontani quanto sarebbero l’oolite in- feriore ed il Kimmeridgiano. A tale prevenzione contribuisce non 550 T. TARAMELLI, poco il fatto che in Lombardia la zona ammonitica, che fu ri- ferita al Lias superiore, è immediatamente sottostante al rosso ad Aptichi, il quale ad Entratico contiene la Terebratula diphya o per lo meno una forma molto affine a questa specie; e ad Induno diede la Terebratula triquetra Park., della quale specie il signor Benecke raccolse 40 esemplari nel Diphyakalk dei din- torni di Roveredo. Nè so capacitarmi, così a priori, come tante suddivisioni di piani possano stabilirsi in una zona, che ha real- mente una assai tenue potenza tra il biancone e le dolomie liasiche; mentre poi queste, ed i calcari oolitici, che le accompa- gnano potentissimi, ed i calcari selciosi ed a crinoidi e proba- bilmente anche il suaccennato piano bituminosi di Monte Pelsa, vanno condensati nella divisione del Lias inferiore. Vero è che anche il nostro terreno di Saltrio e di Moltrasio misura non in- differente spessore, specialmente nelle montagne tra i due rami del Lario. Evidentemente qui parlo di mie prevenzioni, di dubbi che mi propongo di dilucidare, ben lontano dal voler dare ad essi un valore superiore a quanto ponno avere. Se mi permetto di ester- narli si è perchè sono convinto che anche nella scienza talvolta il progresso stia nel ricorrere sulle idee dimenticate e che si ottenga stabilmente solo col guardare in faccia e da più lati le idee nuove. E questa nuova cronologia della formazione liasico- giurese-delle prealpi nostre sembra che non meriti ancora di esser accettata ad occhi chiusi. Per ora, accettando temporaneamente la serie proposta dallo Zittel e mantenuta nella recente opera del signor Lepsius sul Tirolo occidentale, noi vediamo questa esattamente rappresentata nel Bellunese. Infatti, le dolomie ed i calcari grigi a Terebratula Renieri di M. Pizzocco, M. Serva e dei monti dell’Alpago rappresentano il lias a facies di Noriglio. I calcari oolitici di M. Peron e M. Alto, le rocce brecciate ad A. bifrons di Erto, dello Zoldiano e della Valle dell’Ardo, rap- presentano il lias superiore a facies lombardo. I calcari oolitici del M. Pavione e di Campotorondo corrispondono all’oolite infe- riore (piano di S. Vigilio), mentre l’oolite media è rappresentata Mm n v t 1 n APPUNTI GEOLOGICI SULLA PROVINCIA DÌ BELLUNO. 5510 nella seconda località dal piano ad A. Humfresianus. Sviluppa- tissimo poi il Titonico, si espande a tutte le zone giuresi del . basso Agordino, coi suoi più distinti caratteri, ricchissimo di fos- sili in parecchie località e specialmente a Campotorondo e presso Cesio; e solamente verso sud-est, nell’Alpago, quantunque il Ca- tullo citi di colà la Terebratula diphya, tale piano sembra man- «care od assumere altre forme litologiche, per sfumarsi colla for- mazione calcare del M. Cavallo, probabilmente isocrona ma a tipo corallino. Non saprei trovare i rappresentanti dei calcari gialli a Rhynchonella bilobata; ma è noto che anche nel Veneto occidentale questo piano è ridotto discontinuo e sembra mancare affatto nei monti dei Sette Comuni. Il piano delle filliti, e delle grandi bivalvi, manca del pari nel Bellunese e certamente non può ad esso corrispondere quello dei piroscisti del Friuli e di Lon- garone, poichè questo è molto profondo nelle masse delle dolo- mie ed appartiene probabilmente alla formazione infraliasica. Formazioni cretacee. — Nel rilievo iniziato non toccai la porzione cretacea del Bellunese ; epperò non posso che richiamare quanto è noto in proposito; come, cioè, sia appunto in questa regione e precisamente sulla catena, che divide il vallone di Belluno dalle colline trevigiane, che avviene la sfumatura della formazione cal- care turoniana, a rudiste, colla scaglia rossa a grossi echinidi ed a inocerami, mediante un calcare selcioso-grigio, senza fos- sili, che normalmente inferiore alla scaglia stessa e superiore al piano titonico si accompagna abbastanza continuo dal Ponte delle Alpi alla chiusa di Quero ed all'altra gora del Cismone sopra Fonzaso. Lungo la valle del Cismone pur esso poi si perde nella uniformità della formazione scagliosa. Sarà un bel problema darisolvere lo stabilire i vari piani nelle masse di questi calcari marnosi, iridati, finamente stratificati, che si adagiano concordanti sul piano a Terebratula diphya, prima colla forma del biancone, poscia con quella della scaglia rossa pre- valentemente calcare, quindi con rocce scistose, ossidate, identiche a quelle, che nella valle di Claut e nel Friuli orientale si alter- nano coi banchi nummulitici. Nelle escursioni dello scorso autun- 552 | T. TARAMELLI, no non ho potuto rilevare alcuna prova di discordanza. sicura nella serie degli strati dal giura all’eocene; mentre mantengo la convinzione che uno studio più dettagliato debba dimostrare come per le regioni carniche e giulie, una emersione o per lo meno uno spostamento tra la creta e l’eocene. Di fossili della scaglia, che si scava così attivamente presso Feltre ed alla Secca di 5. Croce, non si rinvengono che grossi Conoclypus? schiacciati, qualche raro inoceramo e quelle fucoidi spirali, che si trovano anche nelle rocce eoceniche tra Salò e Desenzano. Nella cava presso Feltre furono rinvenuti anche dei denti di squalo, che sono posseduti dal signor conte Avogadro, a Bivai di S. Giustina. Dai dintorni di Longarone e di Erto non ebbi nemmeno una trac- cia di fossili nella scaglia rossa; gli strati calcareo variegati, che stanno sotto alla marna e che si scavano a Castellavazzo sono piuttosto giuresi che cretacei e somministrarono altri bellissimi inocerami e dei denti di Ptycodus e di altri pesci. Lungo la sa- lita dal ponte del Cismone a Lamon, osservai e raccolsi degli ‘ Aptichi, dei gasteropodi e degli Scaphytes in strati della scaglia. Ma è tutto materiale da studiarsi e non abbondano certamente 1 materiali di confronto. Si può presumere pertanto che lo stu- dio di questi materiali delle zone cretacee bellunesi tornerà a conferma di quanto fu già da anni scritto sulla fauna e sull’e- poca di analoghe formazioni della Trevigiana é del rimanente delle prealpi venete dell’ egregio signor B. de Zigno. Lo studio di queste formazioni sarà l'obbiettivo della futura campagna autunnale; al presente, a proposito dei terreni cretacei bellunesi, debbo limitarmi ai suesposti semplicissimi cenni. Formazioni terziarie. — Il signor Hornes ha recentemente confermato il riferimento all’eocene degli strati più profondi, che riempiono il vallone bellunese sotto le note glauconie e sopra la scaglia rossa; come pure il riferimento di questa glauconia agli strati di Schio, che io ho proposto otto anni or sono. In queste vacanze esaminai solo di volo la serie terziaria penetrando nella valle dell’ Ardo e rinvenni delle arenarie a piccole num- muliti, precisamente negli strati più profondi di quella fitta al- > : i La i 1 i 3 ci il È i ) | rh =. j a E / (Pelli pei di in APPUNTI GEOLOGICI SULLA PROVINCIA DI BELLUNO. 553 è ternanza di arenarie e di scisti argillo-plumbei, che hanno tanta somiglianza cogli strati del Y/lycsh alpino e del Liguriano apenninico. Le arenarie glauconiose sono sempre discordanti dalla sottoposta serie eocenica, molto più spostata, contorta e nelle sue mosse stratigrafiche associata colla serie mesozoica, | giurese e cretacea. La mancanza del terreno nummulitico, quale è caratterizzato nel Friuli, è anche una prova di tale discor- danza, il valore della quale mi sembra sia sfuggito al signor Hornes; mentre io lo credo assai rilevante, perchè in perfetta armonia con tanti altri fatti, i quali dimostrano come almeno a levante del Brenta probabilmente per tutta la regione pre- alpina carnica e giulia, fuvvi un periodo di emersione tra l’ eo- “ cene ed il miocene. Di più questa discordanza è in relazione coll’altro fatto ancor più generale, che cioè il sollevamento ef- ficiente, non dirò la orografia, ma lo schema della altimetria rispettiva delle varie masse montuose sulle Alpi, data dallo scorcio dell’ eocene. Devo anche aggiungere a quanto scrive il signor Hòrnes, che nell’Alpago, sopra le marne a T'urritella stanno dei lembi di conglo- merato calcare, marino, analogo a quello che ricopre le marne stesse nei dintorni di Bassano. Talilembi mi sembrano un residuo di rocce . dal periodo fortoriano, darante il quale è assai probabile che il mare occupasse ancora la depressione del vallone bellunese, di cui ap- — puntol’ Alpago è una continuazione; in quella guisa che era som- | merso l’anfiteatro friulano sino ad un livello presso a poco uguale ‘a quello di Lamosano e di Chiès, ove rinvenni appunto tali lembi in una escursione quivi fatta coll’ egregio amico dott. cav. Andrea . Pirona, nella sinistra contingenza del terremoto del 1873. Di for- mazioni sarmatiche e plioceniche, marine, neppur l’ ombra in tutto . il Bellunese. Di alluvioni cementate, spostate od ancor in posto ma sicuramente preglaciali, di tufi, di frane cementate ed arro- tondate dai ghiacciai, ‘sono numerosissimi gli esempi, specialmente nel Vallone bellunese e nei bacini di Agordo, di Canale, di Pieve di Ca- dore, di Auronzo e più che altrove presso Padola, in Comelico. Altro |. bellissimo esempio di un’alluvione preglaciale, corrispondente ad un 554 T. TARAMELLI, sistema di Thalboden molto elevato sull’ attuale, si nota a S. Mar- tino di Erto; e dalla sua elevazione, di oltre 300 metri, sull’attual | corso del Vajont si può misurare l’effetto della erosione nell’ ul- tima fase dell’epoca continentale, attraversata da quella regione. Nè è d’uopo che qui nuovamente richiami la importanza di tali fe- nomeni continentali, anteriori all’epoca glaciale; essendo questo un argomento, che ho trattato fin troppo diffusamente in altri miei scritti; eppure non ancora abbastanza ne discorsi per poter | convincere chi era mio desiderio vi ponesse mente, della neces- sità di analizzare senza preconcetti il sran problema della emer- | sione definitiva delle falde alpine prima di continuare una molto dannosa polemica sulla realtà del mare, glaciale al piede delle Alpi. Certamente quanto vale pel Bellunese e pel Veneto non vale precisamente per le prealpi lombarde e pel Piemonte, per la regione cioè interessata nei movimenti dell’ Apennino; ma riscontrate le differenze, queste si devono accuratamente preci- sare e potrebbe anche darsi che si riducessero a molto minori proporzioni di quanto ci sembrava a tutta prima; e ciò non è improbabile, trattandosi di regioni non molto lontane. Formazioni glaciali e posglaciali. — Rimango nell’ opinione che durante il massimo sviluppo glaciale, entrambi i ghiacciaj del Brenta e del Piave, collegati col sistema dei ghiacciai princi- pali per parecchie anastomosi, dimostrate anche dalla natura dei massi erratici, scendessero al mare. Ritengo probabilissimo che | le morene dell’altipiano di Asiago, descritte dall’ egregio collega prof. Omboni, appartengano appunto a questo periodo di mas- sima espansione. Allo stesso periodo appartengono certamente i massì più elevati del Cansiglio, dei monti lungo le chiuse del Brenta e del Cismone, del M. Armarola, a sud-ovest di Agordo, del Cesen e del Monfenera, presso Feltre; nonchè quelli disse- minati sul versante meridionale dei colli di Serravalle e di Ce- | neda. L’ altitudine massima di questi erratici, misurata sul ver- ‘sante settentrionale del M. Pavione, a nord di Aune, è di 850" sul letto della più prossima corrente; più frequente è l’altitu- dine di 700 metri. I terrazzi morenici invece, così continui e così APPUNTI GEOLOGICI SULLA PROVINCIA DI BELLUNO. 555 me ravigliosi nel vallone bellunese, si mantengono da S. Grego- rio alle rovine di Vedana a 350 metri sul Piave. Presso a poco alla stessa altezza sulla sponda sinistra del vallone stesso si os- | servano altre morene sopra la Vena d’oro, sopra Trichiana ed sud di Mel: Entro la vallata del Cordevole, del Boite e del- l’Anziei se ne osservano di conservatissime e ricorderò quelle di Voltago e Frassenè di Agordo, quelle della Vallada di Canale, di Selva e Pescul, di Forno di Zoldo, di Auronzo, di Sappada, di Valle di Cadore e di Cibiana. Questa importante differenza di spessore nelle masse glaciali nei due periodi o nelle due fasi del periodo glaciale, doveva na- "turalmente essere accompagnata da una ragguardevole differenza nella posizione delle fronti. Ond’è che al presente io dubito assai «che nemmeno il ghiacciajo principale del Piave, nella seconda ‘fase, uscisse al piano; oltre la sella di Fadalto ed a sud della stretta di Quero. Ed inclinerei a spiegare la mancanza di una al- luvione terrazzata in corrispondenza di questa corrente, colla considerazione: che le sue due conoidi alluvionali aventi i ri- ‘spettivi apici a Montebelluna ed a Nervesa, ai due estremi del Montello, piuttosto che contemporanee ed entrambe dell’ epoca | posglaciale, possano ritenersi, l’una della seconda fase glaciale | e.precisamente quella ora abbandonata di Montebelluna, e l’al- tra, solcata recentemente dal Piave, di epoca posglaciale epperò È non terrazzata. Allo sbocco della vallata del Brenta, presso Bassano, esiste una potentissima alluvione a grossi massi arrotondati di materiali i alpini ed è incisa questa da profondi terrazzi. Per lo che non è a dubitarsi che nella seconda fase glaciale la fronte del ghiac- | ciajo non si fosse già ritirata da quei paraggi, che sono d’altronde ad una altitudine troppo piccola e mancano di ogni traccia di f i depositi morenici. La stessa alluvione, ma meno potente e meno È i quivi possiamo sorprendere la fronte glaciale nella fase degli an- o sono a circa 400 metri sul fondo della valle, la quale è facile. cora sbarazzata la via nella chiusa a valle, che forse non era ancora. 556 T. TARAMELLI, PR O See cino di Lamon e di Sorriva, dove per fortuna ci attende un me- raviglioso sistema di morene e di formazioni lacustri ed alluvio- nali di arrestamento morenico. ATO. Il bacino di Lamon può definirsi come l’effetto d’un’ amplissima erosione nelle formazioni della scaglia e del titonico. Esso .è at- traversato dal torrente Cismone, che a tramontana ed a mezzo- giorno taglia le gambe di una sinclinale degli strati giuresi più profondi. I torrenti Ausore e Zinaiga convergono nel Cismone | presso il limite inferiore del bacino, segnandone quasi il perime- | tro meridionale ed entrambi rasentano ed incidono di continuo | dei vastissimi lembi morenici, addossati sulle falde settentrionali | dei monti Avena, Col di Frassini e Col Martel. Queste morene ì | | | ì | Se - comprendere come si rinserri all'incontro dei calcari giuresi (cal- care cavernoso) che formano la briglia scendente dal M. Avena. Sopra Faller, Aune e Servo come verso Aricca e S. Donà, sui due versanti del bacino, le morene sono talora conservatissime. Però ad un livello di 250 a 300 metri sul Cismone il carattere morenico degli accumulamenti di materiale alpino passa grada- tamente al carattere alluvionale; grossi blocchi arrotondati stan disseminati in letti di ciottoli più minuti e si alternano con fina belletta. Alcuni strati sono cementati ma per lo più disciolti e _ tutti orizzontali o meglio formanti una regolare conoide, che si | deprime dallo sbocco della valle nel bacino di erosione, presso il 1 Sasso Falarese, sino alla chiusa terminale attraverso la briglia | del M. Avena. Evidentemente le morene più elevate, intorno al perimetro del bacino e specialmente sui suoi versanti meridionali, rappresentano l’arretramento dell’importante ghiacciajo del Ci- smone nel periodo degli anfiteatri morenici. La conoide, in parte di rimestamento morenico per lo sfacelo delle morene formate più a monte, ed in parte prettamente alluvionale, data dai primi tempi dell’epoca posglaciale; quando il Cismone non si era an-. Sin PIMS OI ODE LN A mA ian così profondamente incisa od era tutta ingombra di morene. Quello che sorprende si è lo spessore di questa formazione alluvionale So APPUNTI GEOLOGICI SULLA PROVINCIA DI BELLUNO. —557 in taluni punti. Misurata ad esempio da Lamon al letto del Ci- | smone sotto al ponte della Serra, raggiunge 235 metri e per oltre 300 metri l'alluvione e la scaglia sono incise dal torrente Mo- | lino. La erosione poi avvenne col più regolare terrazzamento, che in alcuni punti è rappresentato persino da sette gradini, come sotto Sorriva. Credo che a spiegare tanta potenza di alluvione | posglaciale occorra por mente anche alla estrema erodibilità dei versanti del bacino, le cui rocce formano ragguardevole porzione del materiale trasportato. Riguardo poi alla quantità dell’inci- ‘sione, è dessa un fenomeno necessariamente collegato collo stabi- | lirsi della pendenza della corrente in una valle assai lunga, della quale il bacino di Lamon già rappresenta la porzione alpestre; di attivissima erosione. È una quantità affatto locale, dovuta ad “una particolare conformazione orografica e che non può dare al- cun criterio cronologico. Essa equivale ad incisioni molto meno profonde, praticate in più ampi bacini, come in quella del Piave lungo il tratto da Capodiponte a Cornuda ed in quella del- l’Astico sotto Arsiero. Si potrebbe pensare che nella sua porzione più profonda que- sta potentissima massa alluvionale del bacino di Lamon fosse . preglaciale o meglio contemporanea al lento espandersi del ri- spettivo ghiacciajo; e questo mi sembra assai probabile. Quanto . sembrami di dover escludere assolutamente, si è che questa allu- | /vione sia pliocenica, siccome i lembi di conglomerato che si os- servano qua e là per le valli principali e nei colli trevigiani; poichè questa alluvione pliocenica è molto più tenacemente ce- mentata, è spostata ed infranta e quel che più importa, si coor- dina con un sistema idrografico, che non è esattamente l’at- tuale. Per esempio, le alluvioni del pliocene inferiore di Asolo e di Montebelluna hanno abbondanti materiali granitici e porfi- rici, i quali rappresentano un’antica confluenza della valle del Cismone nel bacino del Piave, o dirò meglio del Cordevole; sono in strati fortemente inclinati e formano un terreno evidente- mente spostato, con una determinata direzione molto prossima a quella delle rocce mioceniche di quella contrada. Invece le 558 T, TARAMELLI, alluvioni quaternarie, preglaciali o posglaciali, cementate o meno, sono in banchi regolari, tutt'al più parzialmente franati per ero- | sione; essi corrispondono alla idrografia attuale, completata ove occorre cogli effetti del trasporto erratico; costituiscono pianori regolarissimi e non formano giammai un sistema di rilievi, coor- _ dinati colla struttura stratigrafica delle regioni, in cui si osser- . vano. Esse alluvioni sono insomma provvedute di quel carattere | complesso ed indefinibile di attualità, che le fa distinguere da tuttele formazioni anteriori agli ultimi decisivi mutamenti oroidro- grafici; mutamenti che io non ritengo che siano stati così lenti e _ così quieti come propenderebbe a crederlo la pluralità dei geo- logi. Non vorrei, egregi colleghi, comparire ai vostri occhi come retrogrado anche per questo mio sospetto; ma più ci penso e | più mi persuado che devono esser state molto risolute le pulsa- | zioni, che misurarono la vita secolare a questo nostro pianeta. A chiudere questo informe abbozzo dovrei dirvi alcunchè dello stato attuale delle vedrette e dei ghiaccia], se pur si ponno chia- mar tali quelli della Marmolada, del Civetta e dell’ Antelao; ma. ho comunicato le mie osservazioni in proposito al mio illustre maestro, il quale appunto sta occupandosi dello studio delle ul- i time vicende dei ghiacciaj alpini. In quanto alle condizioni stra- tigrafiche, certamente assai interessanti, non credo molto utile { nè divertente il parlarne senza l’ajuto di tavole e di profili; ol- 4 trechè non tutte ponno esser note prima del completo rilievo | di una regione alpestre, ricca di una lunga serie di formazioni e | che per la sua stessa orografia si accusa come il teatro di pro- fondissimi ‘disturbi stratigrafici. Basterebbe un profilo delle for-. mazioni liasico-giuresi della valle di Zoldo o dei dintorni di. Erto, di Claut e di Longarone per mostrarvi, se ve ne fosse ne-! cessità, come furono tormentate e di quanto furono abrase que-. ste masse di terreni mesozoici e terziari; senza parlare delle con-. torsioni e dell’abrasioni subìte in epoca antichissima dalla serie. i | paleozoica e. protozoica. a Le discordanze più evidenti sono appunto tra il protozoico ed. il trias inferiore e tra l’eocene ed il miocene; ma chissà quante. APPUNTI GEOLOGICI SULLA PROVINCIA DI BELLUNO. 559 grafici e stratigrafici a preferenza che per i paleontologici; per- chè rappresenta una lunga serie di gruppi montuosi, con forma- | quella bella regione, la quale, se è desiderabile sia esplorata dai . nostri alpinisti almeno quanto lo è dagli alpinisti forestieri, non è meno da far voti che sia nota ai geologi italiani quanto lo è ai | geologi d'oltralpe. COLLEMBOLA. Ì Saggio di un Catalogo delle Poduridi italiane, del socio Dott. CorraDpo PARONA. Ten continuate e non infruttuose mi pongono in grado | di potere aggiungere parola a quanto dissi altrove * sull’inte- ressantissimo gruppo di Insetti Tisanuri (nel senso lato), che è quello delle Poduridi. Il materiale zoologico lo dovetti, posso | ben dire, procurarlo da me solo e ciò lo dico onde scusarmi della | Sua scarsità, i Tutti conoscono, come altra volta già accennai, che una dif- | ficoltà la quale giustifica, fino ad un certo punto, l’oblìo in cui fu lasciato questo gruppo di animali è la loro estrema piccolezza, | agilità in taluni grandissima ed i luoghi reconditi, o poco vi- ‘sitati nei quali sogliono vivere. Queste circostanze fanno sì che ‘le Poduridi non vengono ricercate da chi, con grande solerzia __ ® Vedi Bibliografia (PARONA dottor CorRADO. Delle Poduridi, ecc.). 560 C. PARONA, va pur raccogliendo altri artropodi e non pochi non le conoscono — o solo imperfettamente; quindi da me, nei pochi momenti di li- bertà, con brevi escursioni, riescii a mettere assieme quanto ora presento a questa nostra Società. Sarei scortese però se tacessi che qualche poco l’ebbi da altri, che qui son lieto di ringraziare pubblicamente; sono: il signor Magretti Paolo, studente di scienze naturali, che me ne recò dalla Sardegna, e mio fratello Carlo Fabricio, assistente di mi- neralogia e geologia, che ne fece raccolta in qualche sua gita geologica. Per questo studio scarseggia, a vero dire, anche il materiale scientifico. Infatti, ad onta di diligenti indagini fatte in questi ; anni, l’elenco bibliografico che riporto, sebbene si possa dire completo, è piuttosto breve. Nei lavori italiani, eccetto la ci- tazione di tre o quattro specie di Poduridi fra le più comuni, e poste quasi in aggiunta ai cataloghi d’entomologia * non ho potuto ritrovare che un breve scritto sull’argomento; però non | poco interessante. | È del signor Grovanni Siva (Memorie di alcuni naturali fe- nomeni. Pavia, 1770) e dedicato al conte CARLO DE FIRMIAN. Parla di una Podura apparsa sui colli di S. Colombano (Lo- digiano) sulla neve, per tre inverni successivi. Minutamente de- } scrive, non senza grande meraviglia “di piccolissime macchie ne- riccie che a guisa di punte alla vista gli si offrivano , ed accortosi | essere invece minutissimi e vivacissimi insetti, subito si fece stu-. pore come essi “in quel freddo elemento ne potessero vantare - l'origine; tanto più in riflettendo che nel nostro clima veggiamo talora scorrere le intere invernate, senza mai nevicare ,, e come. potessero vivere quando la neve erasi disciolta. Osservò, a questo proposito, che essi insetti, trasportati dall'acqua del disgelo ve- nivano radunati “nelle acque scorrenti pe’ solchi delle campa-. 1 DIsconzIi, Entomologia vicentina. Padova 1866. (È uno dei più copiosi e diligenti cataloghi). A pag. 232 cita le sole seguenti specie: Podura arborea, — Podura viridis, — Achorutes aquaticus, — Lipura fimetaria, — Smynthurus fuscus, — Desoria nivalis. COLLEMBOLA. 561 gne in tal quantità, che le rendevan annerite, ma in questo caso si trovavano altresì affatto privi di vita. ,, Non trovando tali in- setti che nella “stagione nevosa , spiega la loro comparsa nel seguente modo: “ Venni adunque ad avvertire, che questi vermi incominciano a farsi vedere, allorchè spirando arie siroccali, e caricatasi l’atmo- sfera di foltissima nebbia, ne stillava semigelata minutissima pioggia, alla quale sovente i contadini esposti per travaglio della campagna, nel medesimo tempo che divenivano i loro abiti molli, li discoprivan anche carichi di questi insetti. Un tale fatto, ab- bastanza provato, unitamente alle accennate osservazioni, fatte particolarmente su’ tetti, mi fece concludere che in questo paese erano avventizî e non originarî. Si può aggiungere ancora il ri- flesso sull’indole loro assai connaturale all’umido e al fresco, ma come potrebbono durarla su queste colline di San Colombano, dove io ho fatte le mie esperienze, nelle più aride stati, in cui qui non resta goccia di umore, e in cui ho veduto mancare per dei mesi le stesse rugiade, disseccar affatto le erbe, e perire anche delle piante più adulte? E poi, negli inverni privi di neve, dove mai qui hanno il loro refuggio? Anzi, nelle stesse invernate ne- vose, se non ricadon le nebbie sopra descritte, non è sperabile la loro comparsa. ,, Pensa quindi, come più innanzi dice, che “ forse le loro ova, o essi medesimi, portati da’ venti insieme co’ densi umidi vapori dai monti nevosi, o dai boschi più folti, a noi ne provengono , e che intendeva “ d’invitare il vivacissimo signor abbate SpAL- LANZANI a ricercarne l’origine e la propagazione ; egli ha un ta- lento ed una abilità singolare in queste scoperte. , Infine ne dà la descrizione, e colla scorta dello SWAMMERDAM, di GoeDART, di ReAUMUR, di DE GEER, di LINNEO e di GEOFFROY, le ritiene Podure, ma non la P. aquatica, perchè esse “ liquefatta la neve periscono nelle acque medesime ove, per esperienze tentate, non possono aver lunga vita. , Volli discendere a questi particolari avendo, a parer mio, molto interesse; dapprima perchè l’autore ci dà qualche cenno biologico Vol. XXI. 36 562 | .C. (PARONA; di tali esseri sì poco noti; poi perchè accenna alla comparsa di si- mili insetti in gran quantità anche fra noi e perchè infine su questo caso si possono fare alcune notevoli considerazioni. Se infatti si confronta la figura, sebben grossolana, che il Silva pose in fine del suo scritto, con quella della Podura aqua- tica dei recenti autori, tosto si scorge essere affatto diversa, as- somigliandole solo pel colorito, mentre invece si osserva che pei caratteri più salienti si avvicina maggiormente alla Degeeria nivalis ; come la forma della testa, la lunghezza e la forma delle antenne, delle zampe e dell’appendice caudale; tranne però nel colorito, che in questa è giallo grigiastro, mentre in quella del SILva è nero. Si dovrebbe quindi piuttosto ritenerla quest’ ul- tima e non la Podura aquatica. Di più, io pure penso doversi considerare la sua comparsa sulla neve come accidentale, perchè sebbene il SiLva la ritrovasse sui colli di San Colombano per tre inverni consecutivi, io, all’incontro (a Pavia), quantunque ne fa- cessi frequentissime indagini, anche colle condizioni atmosferiche accennate dal SILva, e sulla neve, e sui tronchi d’alberi, e sulle acque negli scorsi inverni, giammai fui fortunato di ritrovarla, nè in società, come vorrebbero De GEER, FABRICIUS e BoISDUVAL, nè solitaria, come sempre la ritrovò NicoLeT. La rinvenni invece più tardi, ma in condizioni di luogo e di tempo diversissime, come vedremo a suo luogo. Fuori d’Italia la bibliografia è ben più ricca, essendo più nu- merosi i raccoglitori e gli studiosi di questi insetti. In Inghilterra, ed in Germania massimamente troviamo varî autori che se ne occuparono e se ne occupano con molta lode. Certamente non voglio, nè posso qui dire, neppure in succinto, dei più interessanti di tali lavori stranieri; invece riunirò il più completamente possibile, le indicazioni di quanto fu scritto sui Tisanuri; riferendo ancora quella parte che già ebbi a segnalare in altro mio lavoro. Grer Cart (DE). Osservation ofver Smà Insecter, som kunna happa è hògdeh; in K. Vet. Acad. Handlgr., 1740 (2 Upl.), pag. 265. COLLEMBOLA. 563 Gerr Cart (DE). Observationes de parvulis Insectis, agili saltu corpuscula sua in altum levantibus, quibus Podurae nomen est; in Acta Soc. Upsal., 1740, | pag. 48-67. Grer Carr (pe). Experimenta et observat. de parvulis Insectis (Poduris). Stockholm, 1741, 4, cum tab. Gere Cart (DE). Beschreibung eines Insekts Podura fusca, globosa, nitida, an- tennis longis, articulis plurimis. (1. Taf.); in Abhandign. d. Schwed. Akad., Bd. 5., 1743, pag. 239-245. Linnarus. Fauna Suecica ; 2.* ed., 1761. Grorrroy. Hist. des Insectes qui se trouvent aux environs de- Paris, 1762. SrLva G., già citato, 1770. Fasricius. Systema entomologiae, 1775. MuLLer. Zoologiae Daniae Prodromus. Hafniae, 1776. . ScaranK. Enumeratio Insector. Austriae indigenorum, 1781. Fasricrus 0. Beskrivelse over nogle lidet bekiendle Podurer 0g en besonderlig Loppe ; in K. Danske vid. Selsk. Skrivter, nye Saml. D. 2., 1783, p. 296, 311. Linnaeus. Entomologia Faunae Suecicae descript. auct., ecc., Lugd. 1789, t. IV, pag. 4. Fasricius. Entomologia systematica, 1793. . LarreILLE. Genera Crustaceorum et Insectorum, ecc., 1796. LarrerLLe. Considerations generales sur. Vordre natur. des Crustacés, des Arachnides et des Insectes, 1810. Say. Thysanura of the United States; in Journal of the Acad. of Phila- delphia, 1820. GrurravIsen. Veber Entstehung von Entomostraceen und Podurellen ; in Nova acta, ecc., nat. curios. Bonne, vol. X, pars II, pag. 717 e vol. XI, pars II, pag. 541, 1823. Guerin MeneviLLE. Iconographie du Règne Animal. Paris, 1829-1844. LarREILLE. 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In questo libro troviamo dapprima una copiosa e completa parte d’introduzione, che tratta della bibliografia; in secondo luogo fa un esame delle classificazioni adottate dagli autori an- tecedenti; in terzo luogo dà interessanti ragguagli di questo gruppo in riguardo all'evoluzione degli insetti, considerando la Campodea come il vivente rappresentante del tipo primitivo, dal quale quindi sono derivati tutti gli insetti; in quarto luogo ci porge una descrizione sistematica ed una revisione delle specie conosciute, non ommettendo numerosissime osservazioni proprie. Infine vi aggiunge un saggio sulla struttura delle scaglie dei Ti- sanuri, concordando le proprie osservazioni con quelle di I. BECK e R. Brcx. Di importanza non minore, sotto un altro punto di vista, è lo studio di ULJANIN, Sullo sviluppo delle Poduridi; importante perchè, lo studio dello sviluppo dei gruppi intermediari, ci viene spesso ad indicare il posto che tali gruppi dovrebbero occupare in una classificazione genetica. | Brevemente quindi ne trascrivo le conclusioni : 1.° Le uova appena deposte di due sp. di Degeeria, l’ Achorutes tuberculatus (Anoura muscorum) e l’ Anurophorus fimetarius (Li- pura fimetaria) constano d’una membrana esterna (chorion) con- tenente un vitello incoloro, nel quale non si potè constatare la vescicola germinativa, nè la membrana vitellina, nè il micropilo. 2.° Dopo qualche tempo dalla deposizione comincia il fra- zionamento, il quale è completo e regolare. Compitosi questo, l’uovo risulta da tante segmentazioni disposte in due strati; l’uno interno, centrale; l’altro periferico a quello e che alla sua volta è circondato da uno strato di cellule blastodermiche. 3.° Formato il blastoderma, il contenuto dell’ uovo si contrae. Le cellule blastodermiche moltiplicandosi rapidamente si sovrap- pongono in vari strati. La superficie dello strato blastodermico divien sempre più ineguale, e tale superficie ingrandita per le 568 C. PARONA, ineguaglianze segrega una membrana cuticulare (cuticola blasto- dermica) che scorgesi, attraverso il corion, molto pieghettata per adattarsi alle ineguaglianze del blastoderma. In alcune specie la cuticula va provveduta di appendici piuttosto numerose e di forme svariate, che più tardi’ serviranno a lacerare il corion. 4.° Compiutasi la formazione della cuticola blastodermica, le ineguaglianze del blastoderma scompaiono, e questo lo si vede inspessirsi in due punti opposti (testa e parte caudale dell’ em- brione). Questi due rigonfiamenti si riuniscono e limitano una fossetta, al cui fondo formasi il secondo foglietto embrionale. A questo punto il corion si fende, dopodichè l’ embrione è rico- perto dalla cuticola blastodermica, sotto la quale si distingue una membrana embrionale unita in un punto coll’embrione. 5.° Dopo la comparsa del secondo foglietto nel fondo della suddetta fossetta, vedesi formare, a spese delle cellule del fo- glietto embrionale esterno; un rialzo intorno alla fossetta mede- sima. Questo rialzo, il cui accrescimento è rapido, si trasforma nel così detto organo sferico (Embrione degli Amfipodi e di qual- che altro crostaceo inferiore — MicropyUWlenapparat). La super- ficie dell’ embrione, come anche l'interno dell'organo sferico; se- gregano una membrana embrionale, che si stacca in totalità dalle cellule donde ebbe origine, eccetto che nell'interno dell’ organo sferico. 6.° Il retto si forma per l’invaginazione del foglietto esterno; lo stesso avviene, molto probabilmente, per l’ esofago. La parte mediana del canale alimentare, a quanto sembra, origina da un ammasso di cellule del secondo foglietto. 7. Le antenne provengono dalle placche cefaliche laterali. Gli organi della bocca si formano in tre parti, di cui una man- dibolare e due mascellari. Si formano le tre paia di estremità to- raciche, e le due paia d’estremità addominali, delle quali 1’ ante- riore si trasforma nell’organo enigmatico dell'addome, posto al margine anteriore del segmento addominale; la posteriore nella forca, o coda (Springgabel) dell'insetto adulto. | 8.° Durante la formazione delle estremità si vede comparirà Bd Ln COLLEMBOLA. DES. | in molta vicinanza ed all’indietro dell’organo sferico una dupli- catura trasversale che disgiunge le parti cefalica e caudale. Com- | piutasi questa duplicatura la parte cefalica si allontana poco a poco dalla parte caudale. L’embrione, che avea fin allora le estre- mità rivolte verso la periferia dell'uovo, muta grado grado la | posizione in un’altra diametralmente opposta, rotando nelle mem- brane embrionali e blastodermiche. sulla sua parte ventrale. Quando avviene la sortita dall’ uovo, la prima membrana a rompersi è l’embrionale. «—’—‘9.° Alcuno dei Tisanuri (Lepismatidi) differenzia essenzial- mente dal modo di sviluppo delle Poduridi. Queste differenze con- | sistono principalmente in ciò — che l’ embrione resta colle estre- mità sue rivolte alla periferia dell'uovo fino alla sua sortita; — i che l’embrione è munito d’un apparecchio provvisorio per la ‘rottura delle membrane embrionali; — ed infine che 1’ organo sferico ha una posizione differentissima da quella che ha nelle Poduridi. I fatti citati provano che i Tisanuri per il loro modo di svilup- | po si ravvicinano molto più ad alcuni Artropodi inferiori (quali'i Crostacei ed i Miriapodi), che non agli Insetti. Nel loro sviluppo ‘i Tisanuri hanno molta somiglianza coi Crostacei inferiori, nei ‘quali, come nei Tisanuri, il vitello subisce un frazionamento com- ipleto; il blastoderma segrega una cuticola blastodermica ed in- fine in essi il primo organo a formarsi nell'uovo è l’organo sferico. Per le osservazioni di MerzwIKorr sullo sviluppo dei Mi- t lapodi si conosce che essi differiscono dalle Poduridi: 1.° per .l’assenza, nella maggioranza dei Miriapodi, della cuticula blasto- «dermica (non fu osservata che nelle ova dei Julus); 2.° per 1’ as- isenza dell’organo sferico trovato negli embrioni di tutti i Tisa- nuri finora osservati. 13 i Il posto nella serie zoologica di questo gruppo fu grande- ‘| mente e spesso mutato. Considerando alcuni caratteri, piuttosto che certi altri, dai 1a . . . . . . . . . . . ‘vari autori, i Tisanuri furono trasportati dai Crostacei ai Miria- 570 C. PARONA, podi, agli Aracnidi, agli Insetti, e fra questi ora vennero ascritti | all’ordine degli Atteri, ora ad altri ordini degli Insetti, ai Neu-, rotteri, agli Ortotteri, e perfino se ne formò un ordine speciale. | Linneo collocò i generi Lepisma e Podura dopo i Ditteri, fra gli Atteri, nel qual ordine ascriveva anche le Termiti, i Pidoc- chi, le Pulci, gli Acari, ecc. FagrIcIus li riunì ai Simistata, gruppo d’insetti che corri- sponderebbe ai Neurotteri d’oggi giorno; ciò che venne ei altresì da BLAINVILLE. | LATREILLE, che nel 1796 istituì l’ordine dei Tisanuri, li pose nella classe degli Insetti, non tacendo che quantunque abbiano grande affinità cogli Ortotteri, per certi caratteri si avvicinano. ai Miriapodi ed agli Aracnidi. | LAMARK li assegnava agli Aracnidi, distinguendoli col nome. di Aracnidi antenne-tracheali. i BuRMEISTER ne fece una sezione degli Ortotteri. î Da BourLeT e da Lucas furono posti fra gli Insetti Atteri ; da GERVAIS pure negli Atteri; da GERSTAECKER di nuovo fra gli. Ortotteri; da NicoLeT negli Atteri esapodi; da LuBBocK sareb-. bero ritenuti come un gruppo separato e molto più affine agli | Insetti, che ai Crostacei ed agli Aracnidi. i Vedemmo che anche secondo ULJANIN i Tisanuri si ravvicine- v, rebbero molto di più agli Artropodi inferiori, che non agli In-. setti. | Ultimamente da CLaus (Traité de Zoologie; trad. p. Moquin- | Tandon, pag. 563, 1877) li vediamo posti ancora fra gli Ortot-.. teri, mentre lo ScamaRDA (Zoologie; aufl., II B., s. 114, 1878) ne. fa ancora un ordine speciale fra gli Insetti (il 2.° degli Ameta-! boli omomorfi) fra.gli Emitteri e gli Ortotteri. Infine GEGENBAUR. (Grundriss d. Vergleich. Anat.,) 1878 serbò l’ordine degli Af#- teri (Collembola e Thysanura) alla base della classe degli In- setti (Hexapoda). I . Chiaramente da questo si vede di quanta utilità debbano es« sere gli studî di ULJANIN sullo sviluppo di questi artropodi; essi | studî, una volta completati e comparati cogli altri che si fecero, COLLEMBOLA. 571 e si fanno sullo sviluppo dei gruppi vicini, daranno la via sicura per trovare il vero posto nella serie degli animali per tali esseri. È: | Modificazioni rimarchevoli furono dai vari autori portate al- tresì alla classificazione dei Tisanuri ed alla istituzione e distri- ‘buzione delle loro varie famiglie e dei loro diversi generi. Troppo lungo sarebbe il voler ricordare tutti questi diversi cambiamenti; riporterò solo le classificazioni di BouRLET, di NI- pr di ila e di CLAUS, quali più accreditate, o più re- centi . BourLer limitasi alla classificazione delle PODURIDI. Antenne.lunghe, di tre ar- I ticoli, dicui l’ultimo molto Coperte di scaglie. { più lungo degli altri . . 1° Genere, Macrotoma. I Antenne corte, di quattro articoli. . . . . . . 2° Genere,Lepidocyrtus. Antenne di media lunghezza, va- rianti da due a cinque articoli, ineguali . . . 3.° Genere, 4Atheocerus. Antennecorte, co- stantemente di Con quattro articoli ao pressochè eguali. 4.° Genere, Podura. Antenne cortissi- me di quattro ar- ticoli; organo del salto attaccato sotto il ventre e non alla sua e- stremità . . . 5.° Genere, Hypogastrura Nessun organo pel salto . 6.° Genere, Adicranus. TERRI — PENTIRSI === - = de E s [= ‘SNI i -NnY7uAwuIs do D 2) £ *eIlosoqoI1O È © ks ‘eruooSad emi L=; emi = (-S ‘snI990WI0I, a li o = ‘snI o -19poydAn < È uo © > * ‘elIoso( Sa =) [SF emi 3 ‘"eanpod o [= CS) S' S a ‘SNI ° Ss -o4domuy ER RR = =) SI (cb) ep ve?) 12) e Sa Ve) "5 ‘SOMIOUOY *o]B199e] oddni3 19d IQ®90 Tos *O[BI9IVI oddniS I10d 1990 0930 *0[B199C] oddn13 10d 1990 0739S *O[B19])e] oddni3 10d Tq900 0730 *o[B19FE] oddn13 10d 1]990 97J9g ‘o[B197] oddni1i3 10d IQ990 0330 ‘ontq -2IICA 01001 -nu Ul 1]990 *0[2199) -g] oddni3 red 1q9 -90 0INZEND *UOpI “UOPpI “MopI *WOpI ‘MOPpI ‘MOpI "LIO BITS -euI 17798 -U] ‘9][99s8 “81. 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D ° . DI . . ° . O ° . . ° . . . . 07]8s [od ouegio uo9 Hi “eutuIsiderEa + 000.00. e... « > « — oA0Ig ‘| @prusidoT ‘8 “eg @ sewasidargo > > >} >... + ++ + > - elepneo cotpuodde ezuog ogres [od oueSIo unsseN HI HD (cè) . S | z «sl zZ Di (<= a *8139[09IN . . . ° O . . . . . . . . . . . . . D € «_ QI], z > E E 3 “ona dn n an = E, ‘eapodurer . Re . . ° . . . . . ° “pr @ . . . ° . ITepneo TuewatCIg enq p p 10) (4 ta ‘xXAdegr D . . . . o . . . . . . . . . . e. e ° è . . . . . . . . . . . . moprbhdnr «T ‘mei (cò) =: i SOG *L07 Tp: è elle e n emla "i @guumoofio, e Ue - *.- < < < * * Qpunuy *9 ei i R= meandri o * ve... * e[oqrpueu: ud e9000g * * * “ ogres [od oweZio unssoN © * @prendtT ‘q Weg HQ "°F i la. ‘"eIinpod . . . . . . . . . . . . . . . e . . . . . . . . erqgan VOS gun « « È s *SOGnaIOUOY » . . . . . . . . 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IIC, . . . . urne . . . . . . . più . . . . . ampranypuiwg “E “Uu8.{ otto e ‘eUIOZI AIA ne: : ì 8g pe 574 C. PARONA, Darò termine colla classificazione che adottò CLAUS nel suo Tratt. di Zoologia, riducendola, per maggior chiarezza, in piccolo specchio; | ORTOTTERI, Sott’ ordine 1,9 3 THISANURA. 1.* Famiglia 2.» Famiglia 3.* Famiglia Campodidee. Poduridee. Lepismidee. | | Generi 1° Sotto-famiglia 2.* Sotto-famiglia Generi | Japix, SMYNTHURINZ. Popurina. Lepisma, Campodea. Generi Generi Machilis, Smynturus, Podura, Achorutes. Papirius. Orchesella, Tomocerus, Degeeria, Lepidocyrtus, Desoria, | Lipura, Anoura. Le specie di Tisanuri conosciute al tempo di Linneo e di De- GEER erano pochissime, ora invece, quantunque moltissime regioni dell’ Europa stessa siano tuttora inesplorate per riguardo a questi animali, tuttavia da LuBBOCK nella sua citata Monografia, pag. 25, se ne trovano già registrate 176 specie, così distribuite: Macnilis . L'EURO Nicoletia Lo... g(Pepismili. > 46 Cadipodoa: -#Y9. .-3 2 mayitburus. ET. SE Dioyrtonia .- i. Seu d Orchesella. #2 00% al NaN20 Merceria (5A Ci deotoma nta. 000: Burn... Ri e eg 1) Poduridi> E B3I Arhorutes . ‘. 0. fs 8649 dB noceruS.... | MOR d Giphoderas::.. (0. 0018 Amuropaari8z. .. . 5 ADORA 0, 5, i, 8 176 COLLEMBOLA. — 575 Seguendo la classificazione dataci da LuBBock darò ora il Ca- talogo! delle specie di Poduridi (Collembola) che finora mi fu possibile raccogliere. | A questo punto sento vivo desiderio di fare appello agli ento- mologi ed agli altri zoologi italiani onde abbiano a ricercare nelle iverse regioni d’Italia questi interessanti animaletti, e ne fac- ciano loro studio, od almeno ne facciano invio a me, del che ne ò loro gratissimo; potendo in tal modo dar maggior valore e verità al titolo che posi in fronte al mio lavoro. Fan. SMYNTHURIDX, Lubbock. Corpo globoso. Antenne a quattro articoli, di cui l’ultimo lungo, anellato. Appendice del salto composta di un pezzo ba- sale e di due setole terminali. Trachee ben sviluppate. Smynthurus, Latreille. Antenne a quattro articoli: nessun tubercolo dorsale. SMYNTHURUS Fuscus, De Geer. . Podura globosa fusca, Lisn. Faun. Suec. Lr — Decrer. Kongl. Svensk. Vet. Ac. 1743. | La Podure brune ronde, Deceer. Gesch. d. Ins. _ brune enfumée, Grorrrov. Ins. Env. Paris. Podura atra, Lisx. Syst. Nat. _ — Scaranz. Enum. Ins. Austr. aa 1 — Fasricius. Ent. Syst. wii signata ” ” ” — atra, Mixer. Zool. Dan. Prod. Smynthurus fuscus, LarREILLE. Gen. Crust. et Ins. -- signatus , »” » b) ] — — Lac. Boisd. Faun. Ent. Env. Paris. x F fi UScCus » —» » » » ” 3 ater ” ” ” » ” » —! Im questo catalogo credo indispensabile il dare la descrizione delle singole spe- ie, perchè, come più volte dissi, essendo da noi uno studio trascurato mancano ezian- 576 C. PARONA, Smynthurus fuscus, BurmersteR. Handb. d. Ent. — ater, TempLeton. Trans. Ent. Soc. Vol. I. — signatus, Lucas. Hist. Nat. Anim. Art. ng” f USCUs » ” » » 0» = aver ” ”» ”» » ”» — signata, Guerin. Iconogr. R. An. T. I, fig. 4. —_ fuscus, BourLer. Mem. Soc. Roy. Lille, 1839. — e “ Ò ni ni Dovaiy 1842. — signatus, NicoLer, Mem. Soc. Helv. 1842., _ _ GeRrvaIs. Suit. à Buff. Aptères. e ater » ” » » — Buski, Lussocx. Trans. Linn. Soc. Vol. XXIII. _ signatus, Porata. Of. af k. Vet. Akad. Forhandlingar, 1869. fuscus, Disconzi. Entom. Vic., pag. 232.. i Corpo globuloso. Addome rigonfio alla sua estremità con un angolo rientrante da ciascun lato. Di un bruno oscuro, coperto da peli fini, serrati, tendenti al grigio e talvolta un po’ al ver- dastro. Testa di un bruno meno oscuro, pochissimo vellutata. «Macchie oculari nere, aventi ciascuna al lato interno due tuber- coli elissoidi, biancastri e disposti longitudinalmente. Antenne molto pelose, grigie all’estremità, fulve alla base e lunghe quasi quanto il corpo. Zampe egualmente fulve e vellutate. Coda bian- castra, sopratutto all’estremità. Macchie irregolari sui lati del- l'addome ed una linea trasversale di punti fulvi, o talora gialla- stri sul torace. In questa specie il torace sembra separato dall’addome d’una linea abbastanza visibile, avente la forma d’un triangolo, la cui sommità, diretta verso l’addome, sarebbe tronca. Lunghezza 1-2 mill. Trovasi sulle piante e sui legni tarlati, nei luoghi umidi; vive | solitario. Inghilterra, Svizzera, Italia. Disconzi lo cita del Vicentino; io non 1’ ho peranco potuto trovare. Figure: NicoLeT (Mém. Soc. Helv.), tav. 9°, fig. 7. GuERIN-M.(Iconogr.), tav. 1°, Ins., fig.4(Dict. pitt., ecc.), | tav. 588, fig. 6. Che dir È COLLEMBOLA. 977 SMYNTHURUS NIGER, Lubbock. Smynthurus niger, Lussocx. Trans. Linn. Soc., 1867, —_ —_ » Monograph of the Collemb., pag. 111. Nero-bleu; piedi, segmento terminale dell’appendice pel salto ed una porzione frontale tra gli angoli interni di ciascun oc- chio sono più chiari. Peli brevi, bianchi e dal più al meno in serie lungitudinale. Lungh. 1 ‘/s mill. Trovato da LuBBocx (Inghilterra) sotto i legnami, non comune, solitario dall'agosto al settembre ; io lo rinvenni sotto a verdure marcescenti; Pavia * nel settembre. Figure: LuBBOCK (Monogr.), tav. 6°. È (Trans.), tav. 1°, fig. 11. Fam. PAPIRIIDK, Lubbock. Corpo globoso; antenne a quattro articoli, segmento terminale breve, con peli. Appendice del salto composta d’una porzione ba- sale e da due ramificazioni. PapIRIUS Fuscus, Lubbock. Podura fusca, non mitens, Grorrrov. Ins. Env. Paris. Smynthurus fuscus, Lucas. Hist. Nat. Anim. Art. _ — Gervass. y » Ins. Aptères. — — Nicorer. Mem. Soc. Helv., 1842. Papirius cursor, Luszocx. Trans. Linn. Soc., 1862. — fuscus è Monogr. of the Collembola, ece., pag. 120. Corpo ovale, quasi sferico, variante dal rosso tegola al bruno carico al disopra; più chiaro al disotto; vellutato su tutta la sua superficie; alla parte anteriore tre piccoli solchi trasversi pa- i L'indicazione Pavia sempre adoperata indica la città non solo, ma anche le cam» pagne e comunità circostanti. Vol. XXI. 37 578 C. PARONA, ragonabili ai solchi del torace. Testa liscia; occhi neri;i tre primi segmenti delle antenne rossastri, l’ultimo grigio pallido; zampe rosse, semi-trasparenti, ad articolazioni nere. Lunghezza da ‘/» ad 1 cent. Si trova sulle terre umide, nei giardini, sotto le foglie marcie in autunno. Lo rinvenni anche in estate. Comune in. Francia, Inghilterra, Svizzera, Italia (Pavia). I Figure: NicoLet, Mém. Soc. Helv., tav. 9°, fig. 10. Parona, Delle Poduridi, ecc., tav. 2°, fig. 9. LuBBock, Monogr. the Collembola, tav. 8°. PAPIRIUS ORNATUS, Nicolet. Smynthurus viridis, TemeLeton. Trans. Ent. Soc. Vol. I, 1834. . — * ornatus, Nicorer. Mem. Soc. Helv., 1842. | ha Coulomi, » ” ” ” ”» — — Gervars. Mist. Ins. Aptères. Vol. III Papirius Saundersti, Lussocx. Trans. Linn. Soc., 1862. Smynthurus ornatus, Porata. Of. af k. Vetensk-Akad. Forhand., 1869. Papirius ornatus, Lussocx. Monogr. of the Collembola, pag. 123. Corpo ovoide, poco vellutato, d’un bruno rossastro più fulvo verso l’estremità posteriore e coperto di macchie irregolari gial- lastre e brune: Testa e zampe giallo pallide. Chiazze oculari nere. Antenne lunghe quanto il corpo, ripiegate a gomito all’e- stremità del secondo articolo, il quale è lunghissimo; i primi tre articoli giallo-rossastri, bruno o grigio scuro l’ultimo; coda bianca colle setole più sottili che nel P. fuscus e pezzo basilare meno lungo. Al disotto del corpo è giallo-bruno, tendente al grigio con qualche macchia giallo-pallido. Lunghezza 1 */s mill. Sotto le foglie marcie, i muschi, le pietre. Inghilterra, Svizzera, Italia (Pavia). Figure: NIcoLET, cit., tav. 9*, fig. 11 (Smynth. ornatus). LuBBocKk (Monogr. cit.), tav. 9°. COLLEMBOLA. i 579 Fam: DEGEERIADX, Lubbock. Corpo cilindrico; appendice del quinto segmento addominale sviluppato in un apparecchio pel salto, che consta d’una porzione basale e di due diramazioni. Orchesella, Templeton. Corpo cilindrico, spesso fusiforme, molto vellutato e peloso, come lo è la testa; segmenti del corpo ineguali, in numero di otto; il sesto eguaglia in lunghezza i due precedenti presi insieme; il primo del torace più lungo che i seguenti; il primo dell’ad- dome ordinariamente cortissimo. Testa spesso globosa. Antenne a gomito al secondo articolo, più gracili all’estremità, quasi lun- ghe quanto il corpo e composte di sei articoli di ineguale lun- ghezza, il primo sempre cortissimo; i quattro primi articoli poi hanno peli lunghi, forti, diritti; gli altri appena vellutati. Sei oc- chi in ciascuna macchia e disposti su una linea curva. Zampe lunghe, gracili, vellutate e pelose, come le antenne, ma in tutta la loro lunghezza. Coda egualmente lunga. Quasi tutti insetti agilissimi sia camminando, sia saltando. ORCHESELLA CINCTA, Linn. La podure porte-anneau, Grorrr. Ins. Env. Paris. Podura cincta, Linn. Faun. Suec. _ _ » Sys. Nat. URBE n n ‘n | —_ — — Fagricius. Ent. Syst. — cincta i Kong. Dansk. Vid. Sels. Skr., 1783. —_ — Latrerce. Gen. Crust. et Insect. — — — Boss. et Lac. Fauna Ins. Env. Paris. Orchesella cincta, Tempr. Trans. Ent. Soc. Vol. I va filicornis ” ” ” ” ” Podura cingula » Di 9 FIRE ;; Choreutes cingulatus, Burm. Hand. d. Entom. Orchesella cincta 5 A do 580 C. PARONA, i Heterotoma pulchricornis, BourLer. Mém. Soc. R. Lille, 1839. — musci » 7) » «1? == vaga ” i ” » » a septemguttata î sua ”» BL quadripunctata v ” ” ” — cincta E, ) » ” » = livida D) ” b}) ” Podura variegata, Guer. u. Perch. Gen. d. Ins. Orchesella sylvatica, NicoLer. Mem. Soc. Helv., 1842. diodi fi Astuosa » ” ” ” ” "TRE dif asciata » » ” » ” pri umifasciata » ” ”» ” ” Ztheocerus pulchricornis, BourLer. Mem. Soc. R. Douai, 1842. — cinctus 3 n 5 i Orchesella filicornis, Lucas. Hist. Nat. Crust. Ar. et Myr. sti cincta » ” ” ” ” » — © succinta, Guerin. Ex. des Planch.l Icon. du Regne An. de Cuvier. —_ — Lucas. His. Nat. d. Crust. Ar. et Myr. Podura cincta A È, fi 5, ; È — vaga » ”» » » b}) b,) “Tal cingula » n » n ” n Orchesella filicornis, GervaIs. Hist. Ins. Aptères. di cincta ” ” b}) b}) _ melanoceph. ,, U A » _ fastuosa d, 5 n si —_ umifasciata , Di 2A 4 _ bifasciata fi x po ni —- succinta $ Li ; 5 Heterotoma livida È i a B — pulchricorn. , 1 DE ù Fossi MUSCi » » ” b}) nr vaga » ”» » » ni septemgutt. ,, È Sì » dn quadripunc. ” » b}) ” —_ cincta MN L, $ ” Orchesella filicornis, Nicorer. Mem. Soc. Ent. France, 1847. —_ fastuosa ” ” ” ” » ”» dae cincta » D) ” ”» » D) — melanocephi , ì Po » ”» ”» — unifasciata s ” ”» ” » ”» sono sylvatica » D) ” ” ”» » — dif asciata ” ” ” ” » » COLLEMBOLA. 981 | Orchesella septemgutt, Nicorer. Mém. Soc. Ent. France, 1847. fr quadripune. ni TA MAO ” ” —_ rufescens . ò n _ fastuosa, PoraTA. Ofr. af k. Rien pai Forhand., 1869. _ cincta, Lussocx. Monogr. of the Collembola, ecc., pag. 129. Questa bella specie varia molto nei colori ed essa venne cone seguentemente descritta dai varii autori sotto nomi diversi. Il terzo segmento addominale ed il terzo anello delle antenne sono neri; la metà posteriore del secondo anello addominale, due macchie sul margine posteriore del quarto segmento addominale sono bianchi; i due segmenti addominali sono bruni. Il restante del corpo è picchiettato. Si possono trovare del resto esemplari di ogni colore fra il ros- siccio bruno, o chiaro ed il nero cupo. Negli esemplari neri la fascia oscura sul terzo segmento ad- dominale cessa di essere spiccata e quella pallida del secondo anello addominale risalta pel contrasto. Tali esemplari costitui- scono la Podura vaga di Linneo e degli autori posteriori. Negli esemplari pallidi la fascia nera sul terzo segmento addominale è il carattere saliente, e questi individui sono quelli che costi- tuiscono la Podura cineta di LINNEO. Questo ultimo nome. specifico a Lubhock, come pure a me, sembra il migliore di tutti quelli che furono dati a questa specie, perchè in ogni caso l’una o l’altra delle fascie trasversali addo- minali è la caratteristica di questa specie. Lunghezza 3, 4 mill, , Norvegia, Svezia, Inghilterra, Svizzera, MICA Italia (Sar- degna). Figure: NicoLeT, (Mém. Soc. Helv.), tav. :9.* Bourne, (Mém. Douai), fig. 8. GueRrIN M. (Iconogr.), tav. 1°, fig. 4 (Diction. pitt. d. hist. nat.), tav. 588, fis. 3 LuBBOCK, (Monograpà, ecc.), tav. 12°, 13%, 14°. Parona, (Delle Poduridi, ecc.), tav. 2°, fig. 8. 582 C. PARONA, Parecchi esemplari furono portati dalla Sardegna e gentilmente a me donati dal signor PaoLo MaerEttI. Essi furono da lui rac- colti nel dicembre 1877, ad Oristano. Appartengono tutti alla varietà pallida e hanno marcatissima la fascia trasversale sul terzo segmento. O s Tomocerus, Nicolet. Corpo cilindrico, scaglioso e peloso, diviso in otto segmenti ineguali; i primi più lunghi, arrotondati alla parte anteriore; il quinto più lungo dei tre precedenti insieme misurati. Testa glo- bosa; antenne filiformi, lunghe quanto il corpo, o poco più, lun- ghissimo il terzo articolo, più corto il quarto. Occhi sui mar- gini presso le antenne in numero di sette per ciascun lato. Zampe lunghe e gracili. Coda assai lunga colle setole articolate alla sommità. Addome terminato da due piego uncini posti superior- mente all’ano. Agilissimi. TomocERUS PLUMBEUS, Linn. Podura teres plumbea, Linn. Fauna Suec. 2 La Podura grise commune, Grorrr. Ins. Env. Paris. Ho, violette ” ” ” ” Poaura corpore tereti nigroceruleo plumbeo, De Grrr. Ges. d. Ins. — plumbea, Lisn. Syst. Nat. — — Scarancx. Ent. Ins. Austr. —_ — Fasricius. Ent. Syst. —_ —_ O. Fauna Groenl. — — MiiLLer. Zool. Dan. Prodr. - _ LarRrerLe. Gen. Crust. et Ins. _ _ Bois. et Lac. Faun. Ent. Env. Paris. - TempLEeron, Trans. Ent. Soc. Vol. I. — gigas, O. Fasr. Kong. Danske. Vid. Sels. Skr., 1874. Choreutes plumbeus, Burm. Hand. d. Entom. Macrotoma plumbea, BourLer. Mém. Soc. Roy. Lille, 1839. # — 3 » >» Douai, 1842. Podura plumbea, Lucas. Hi Nat. des Crust. Ar. et Myr. Macrotoma plumbea, Gervars. Hist. Ins. Aptères. - minor, Lussocx. Trans. Linn. Soc., 1862. _ plumbea, Porata. Of. af k. Vetensk. Akad. Forh. 1869. Tomocerus plumbeus, Lussocx. Monogr. of the Coll., ecc. pag. 188. COLLEMBOLA. 583 Molto somigliante alla 7°. longicornis sebben più piccola. An- tenne più corte del corpo; questo è di color piombo intenso. Il segmento anteriore ha delle macchie chiare, ovali, allungate. Il primo segmento addominale è più breve dei due, coi quali è unito. Parte basilare dell’ appendice pel salto con nove spine nere. LuBBocK riscontrò questa specie fra la segatura di legno, an- che durante i tempi più freddi; io la ritrovai in gennajo nelle cantine, sotto legni molto umidi e coperti da muffe. Varia nella grandezza fino a 5-6 mill. Inghilterra, Francia, Svizzera, Italia (Pavia). Figure: LuBBock (IMonograph, ecc.), tav. 19°. non 7°. plumbeus di NicoLet (Mém. Soc. Helv.), tav. 7°, fig. 8. BourLet (MMém. Soc. Douaî), fig. 1, 2, 3, 4. N (Mem. Soc. Lille), fig. 5. GuerIN-M. (Dict. pitt., ecc.), tav. 588, fig. 1. TOMOCERUS NIGER. .Bourlet. Macrotoma nigra, BourLer, Mém. Soc. Roy. Lille, 1839. se ferruginosa ,, ” ua ” n Tomocerus celer, NicoLer. Mém. Soc. Helv., 1842. Macrotoma celer, GervaIs. Ins. Aptères., Vol. II. ar: nigra ”» ”» ”» » » sd ferrugm. ,, ”» ”» » n 7° lepida , ” ”» » n» Tomocerus celer, Nicorer. Mém. Soc. Ent. France, 1847. “pi lepida ” ” 6}, » ” ” —_ niger, Lussocx. Monogr. the Collembola, 1873. _ celer, Parona. Delle Poduridi, ecc., 1875. Di un color grigio piombo; antenne non più lunghe del corpo; quinto segmento del corpo mai più lungo dei due precedenti presi insieme. La base delle antenne della coda e le coscie sono gialle pallide e con scaglie argentee. Due macchie allungate ed oblique sul primo segmento del torace; il sesto segmento è co- nico. Lunghezza 2 mill. Trovasi sotto le pietre nelle località umide. 584 C. PARONA, Inghilterra, Francia, Svizzera, Italia (Pavia, Miradolo, agosto). Figure: NicoLer (Mém. Soc. Helv.), cit., tav. 7°, fig. 9 (T°. celer). GERVAIS, (Ins. Apt.), tav. 50°, fig. 7. PARONA, (1. cit.), tav. 2°, fig. 7 (7. celer). Templetonia, Lubbock. Corpo lungo, cilindrico, provvisto di grossi peli, simili a quelli della Degeeria e dell’'Orchesella ed anche con squamme. Otto segmenti, subeguali. Capo diritto, o quasi. Antenne più lunghe del corpo a cinque articoli, di cui il segmento basale breve, i tre seguenti subeguali; l’apicale anellato. Piedi biungulati. Parte ba- sale dell’appendice pel salto lunga quanto le due setole termi- nali. Questo genere fu proposto da LuBBocK nel 1862, per la Po- dura mitida, Templ. TEMPLETONIA CRYSTALLINA, Muller. Podura crystallina, MiLter. Zool. Dan. Prodr. — mitida, Teme. Trans. Ent. Soc., Vol. I — — Burw. Hand. d. Entom. Heterotoma crystallina, BourLer. Mém. Soc. Roy. Lille, 1839. Degeeria margaritacea, Nic. Mém. Soc. Helvet., 1842. theocerus crystallinus, BourLer. Mém. Soc. Roy. Douai, 1842. Podura nitida, Lucas. Hist. Nat. Crust. Ar. et Myr. Heterotoma crystallina, Gervats. Ist. Nat. Aptères. Vol. III. Degeeria margaritacea , ANTE 5 Orchesella crystallina, Nicorer. Ann. Soc. Ent. France, 1847. Degeeria margaritacea , NI n Isotoma nitida * Ò ippico n È Templetonia crystallina, Lussock. Monogr. of the Collembola. D) Pri. D,) Di un bel bianco madreperlaceo lievemente cinerino e traspa- rente, tanto sopra che sotto il corpo. Questo colore è prodotto da sottili scaglie argentee iridescenti. Masse oculari brune, spesso una linea longitudinale bruna sul dorso; ma esso non è dovuta che alla materia fecale, contenuta nel tubo intestinale. COLLEMBOLA. 585. Sesto segmento del corpo della lunghezza dei due precedenti, presi insieme. Ultimo articolo delle antenne striato trasversal- ‘mente da sembrar quasi suddiviso. Scaglie punteggiate. Peli bian- chi. Priva di scaglie questa specie è d’un bianco opaco coperto da punti irregolarmente disseminati di un bianco rossiccio chia- rissimo. La si trova quasi sempre in questo secondo aspetto. Lunghezza 1-2 mill. Sotto le foglie cadute sul suolo; nelle terre umide e sopratutto sotto le foglie a mezzo marcite dei citriuoli, meloni e cocomeri; abbastanza comune verso l’autunno; solitaria, agilissima. Io pure la riscontrai sotto i resti di cocomeri, ecc.; in luglio; solitaria. \ Figure: NicoLet (Mém. Soc. Helv.), tav. 8*, fig. 9. LuBBocK (Monogr., ecc.), tav. 20°. Seira, Lubbock. Corpo squammoso. Antenne a quattro articoli, dei quali il segmento terminale non anellato. Occhi sopra un campo oscuro. Torace non sporgente al di sopra del capo; segmenti addominali ineguali. SEIRA DOMESTICA, Nicolet. Degeeria domestica, Nicorer. Mem. Soc. Helv., 1842. — -- — Am. Soc. Ent. France, 1847. Seira o Lussocx. Monogr. of the Collembola, pag. 144. Antenne filiformi, setacee, quasi lunghe quanto il corpo, bian- che; come pure è tale il disotto del corpo, le zampe e la coda. Il disopra del corpo è scaglioso, d’un bianco lucentissimo con quattro fasce trasversali e molte macchie d’un grigio scuro, al- quanto rossastre. Testa bianca; occhi neri; peli grigi e lunghi. Sesto segmento lungo quanto i quattro precedenti insieme misurati. Lunghezza 1 '/»-3 mill. Vive nelle case; rara e solitaria. Svizzera, Inghilterra, Italia (Pavia). Figure: NicoLet (Mém. Soc. Helv.), tav. 8°, fig. 11. 586. °C. PARONA, SEIRA PLATANI, Nicolet. Degeeria platani, Nicorer. Mém. Soc. Helv. 1842. Podura argentea tinta, Bourrer. Mém. Soc. Roy. Douai, 1842. Degeeria platani, Gervars. Hist. Ins. Aptères. v. II. — — Nicorer. Am. Soc. Ent. France, 1847. _ — —Lussocx. Trans. Linn. Soc. Vol. XXI. — — Parona. Delle Poduridi, ecc., pag. 26. Seira platani, Lussocg. Monograph of the Collemb. Corpo scaglioso a riflesso metallico. Peli neri, testa e primo segmento toracico di un giallo-aranciato piuttosto oscuro e con- tornato anteriormente di nero; primo segmento addominale an- ch’esso giallo, ma più pallido, i due seguenti neri e separati d’una linea trasversale finissima dello stesso giallo. Il quarto segmento, pure giallo-aranciato pallido, porta una larga macchia irregolare nera nel suo centro ed una linea trasversale dello stesso colore al suo margine posteriore. Ano e margine posteriore dell’antipe- nultimo segmento egualmente neri. Antenne, zampe, disotto del corpo e coda di un giallo pallidissimo ; le prime un po’ più oscure ed anellate di nero all’estremità delle coscie posteriori. Lunghezza circa 2 mill. Trovasi sotto la corteccia dei Platani ed io la riscontrai (giugno, agosto) anche sotto la corteccia di altri grossi vegetali; in tutto l'estate comunissima. Inghilterra, Svizzera, Francia, Italia (Pavia, Varese). Figure: NicoLet (Mém. Soc. Helv.), tav. 8°, fig. 4. SEIRA PRUNI, Nicolet. Degeeria pruni, Nicorer. Mém. Soc. Helv., 1842. _ — Gervars. Hist. Ins. Aptèr. Vol. IL — — Nicocer. Amm. Soc. Ent. France, 1847. Seira pruni, Luszocx. Monogr. of the Collembola, 1873. La stessa forma della precedente, dalla quale differisce per il suo colore. Corpo scaglioso, a riflesso plumbeo, variato di bruno, nero e bianco, più oscuro all’estremità posteriore e sui lati, col COLLEMBOLA. 587 primo segmento toracico d’un giallo aranciato meno scuro di quello della S. platani. Testa dello stesso color giallo; occhi e bocca neri. Antenne grigie colla base degli articoli giallo pallidissimo. Di- sotto del corpo, zampe e coda della stessa tinta; le zampe hanno le articolazioni e le estremità grigie. Peli neri. Lunghezza 1 4/5-2 mill. Piuttosto comune sotto le corteccie dei Cerasi e dei Pruni, non- chè d’altri alberi da frutti, siccome io riscontrai. Inghilterra, Francia, Svizzera, Italia (Pavia). Figure: NICOLET, cit., tav. 8°, fig. 5. SEIRA ELONGATA, Nicolet. Degeeria elongata, Nicorer. Mem. Soc. Helv., 1842. — — Gervars. Hist. Ins. Aptères. Vol. III. — — NicoLer. Ann. Soc. Ent. France, 1847. = — Parona. Delle Poduridi, ecc., 1875. Seira elongata, Luszocx. Monogr. of the Collembola. Corpo scaglioso, vellutato, allungato, fusiforme anteriormente, ristretto e cilindrico posteriormente, è grigio plumbeo. Sesto seg- mento lungo quanto i quattro precedenti presi insieme. Testa, antenne, zampe, coda, ultimo segmento e disotto del corpo di un grigio giallastro sporco. Scaglie punteggiate. Coda lunga. Occhi neri. Lunghezza 2 mill. Abita nelle case, nelle fessure dei vecchi mobili e delle fine- stre abbandonate, nella polvere degli appartamenti negletti. Al- quanto comune; solitaria. Inghilterra, Francia, Svizzera, Italia (Pavia, maggio, giugno). Figure: NicoLet (IMém. Soc. Helv.), tav. 8°, fig. 6. PARONA, cit., tav. 2°, fig. 7. SEIRA ERUDITA, Nicolet. Degeeria erudita, Nicorer. Mém. Soc. Helv. — — Gervars. Hist. Ins. Aptères. Vol. III. _ — Nicorer. Ann. Soc. Ent. France, 1847. _ — Parona. Delle Poduridi, ecc. Seira erudita, Lussocx. Monogr. of the Collembola. 588 C. PARONA, Molto somigliante alla Seira elongata, dalla quale differisce per il sesto segmento del corpo che non è più lungo dei tre seg- menti che lo precedono e per la testa che è più larga e meno allungata anteriormente. Corpo scaglioso a riflesso argentino macchiato di bruno su un fondo bianco sporco, o lievemente tinto di rosso-bruno. Testa dello stesso colore con una macchia bruna in forma di regolo nel mezzo. Occhi neri. Antenne, zampe, coda e disotto del corpo molto più chiari che il disopra e senza macchie. Peli grigi. Lunghezza 2 mill. Frequentemente si rinviene nelle biblioteche, sui vecchi libri e vecchie carte, nelle guardarobe, ecc.; se ne sta solitaria. Inghilterra, Francia, Svizzera, Italia (Pavia, giugno). Figure: NICOLET, cit., tav. 8°, fig. 7. Beckia, Lubbock. . Corpo scaglioso, antenne a quattro articoli. Occhi mancanti. Torace non sporgente sopra il capo. Segmenti addominali ine- guali. | BecKIA ALBINOS, Nicolet. Cyphodeirus albinos, NicoLer. Mem. Soc. Helv., 1842. Lepidocyrtus — Grrvars. Hist. Ins. Apt. Vol. II Cyphodeirus —.NicoLer. Ann. Soc. Ent. France, 1847. Lepidocyrtus — Lussocg. Trans. Linn. Soc., 1867. Cyphodeirus ‘— Parona. Delle Poduridi, ecc., 1875. Beckia — Lussocx. Monogr. of the Collembola. Oblungo, intieramente bianco; primo e terzo articolo delle an- tenne corti ed a coni capovolti; il secondo ed il quarto molto più grandi ed oblunghi. Corpo pata vellutato e brillantissimo. Lunghezza 1 mill. circa. Lo si riscontra nei tronchi tarlati ed al piede dei vecchi al- beri, in società numerosa, o sotto i muschi nei boschi, solitario. Comunissimo nell’autunno e sul principio dell'inverno. Inghilterra, Svizzera, Italia (Pavia, maggio). Figure: NicoLet (Mém. Soc. Helv.), tav. 7°, fig. 7. LuBBOCK, (Monogr., ecc.), tav. 24°. COLLEMBOLA. 589 Lepidocyrtus, Bourlet. Corpo cilindrico coperto di squamme; segmenti ineguali; to- | race sporgente più o meno sopra il capo. Otto occhi in ciascun | gruppo. Antenne a quattro articoli, più brevi del corpo. Piedi biungulati. Appendice caudale lunga. LEPIDOCYRTUS CURVICOLLIS, Bourlet. Lepidocyrtus curvicollis, BourLer. Mém. Soc. R. Lalle, 1839. n ni ” ” & Douai, 1842. Cyphodeirus capucinus, Nicorer. ©, A Helv., 1842. Lepidocyrtus curvicollis, Gervars. Hist. Ins. Apt. Vol. III pe capucinus » » » » ” » Cyphodeirus capucinus, Nicorer. Ann. Soc. Ent. France. 1847. — — Parona. Delle Poduridi, ecc. Lepidocyrtus curvicollis, Lussocx. Monogr. of the Collemb., ecc. Intieramente d’un giallo aranciato, salvo le antenne, di cui i due primi articoli sono di un giallo più chiaro ed i due ultimi di un grigio piuttosto oscuro. Corpo cilindrico, lucente, poco vel- lutato a peli cortissimi. Primo segmento allungatissimo anterior- mente, triangolare, scavato al disotto e ricoprente la testa in modo da non lasciarne visibile che il. bordo anteriore quando lo si guardi pel disopra. Secondo anello del doppio più lungo del seguente. Il sesto più lungo dei tre precedenti misurati in- sieme e ricoperto sui lati da un prolungamento angolare del quinto. Occhi neri. Setole della coda bianche e finamente striate trasversalmente. L’insetto offre inoltre un leggier riflesso metallico. Lunghezza circa 2 mill. — Lo si trova sulla terra nei giardini, rarissimo, solitario, se- condo Nicolet; Bourlet gli assegna anche come abitato i legni fracidi, il disotto delle pietre, in ogni stagione, eccetto 1’ in- verno. Inghilterra, Francia, Svizzera, Italia (Pavia-Miradolo, agosto). 590. C. PARONA, Figure: NicoLet (Mém. Soc. Helv.), tav. 7°, fig. 1. LUBBOCK, cit., tav. 25°. BourLet (Mém. Soc. Douad), fig. 5, 6. - GERVAIS, cit., tav. 51%, fig. 6. LEePIDOCYRTUS LIGNORUM, Fabricius. Podura lignorum, Fasr. Ent. Syst. T. II, pag. 67. — —, Larr. Gen. Crust. et Ins. _ — — Borsp. et Lacorp. Faun. Env. Paris. T. I, pag. 114. Choreutes. —. Burmrrster. Hand. der Entom. Cyphodeirus— NicoLer. Mém. Soc. Helv. 1842. Lepidocyrtus argentatus, BourLer. Mém. Soc. R. Douai. — lignorum, Gervars. Hist. Ins. Aptères. Vol. II. Podura — Lucas, Hist. Nat. Crust. Arach. et Myr. Cyphodeirus — Nicorer. Ann. Soc. Ent. France, 1847. De Arg entatus ” ” ” ” ” » Lepidocyrtus — Lussocx. Trans. Linn. Soc., 1862. Cyphodeirus lignorum, Parona. Delle Poduridi, ecc. Lepidocyrtus — Lussocx. Monograph of the Collembola. Somigliante al L. gibbulus per la forma; un poco più stretto. Testa, parte anteriore del torace, zampe, primo articolo delle antenne e disotto del corpo bianco giallastro pallidissimo; il re- stante del corpo grigio piombo. Occhi, bocca ed i tre ultimi ar- ticoli delle antenne nere; l’appendice pel salto bianca. Lunghezza 1-1 4/: mill. Inghilterra, Francia, Svizzera, Italia (Pavia, giugno). Nelle foreste, sotto i vecchi tronchi e sotto le pietre, comu- nissimo per tutto l’estate. Lo ritrovai in società sul gambo dei funghi. Figure: LuBBock, (Monogr. cit.), tav. 26°. LEPIDOCYRTUS GIBBULUS, Nicolet. Cyphodeirus gibbulus, Nicorer. Mem. Soc. Helv., 1842. Lepidocyrtus rivularis, BourLet , =» £ Dowuai,, - gibbulus, GervaIs. Hist. Ins. Aptères. Vol. III Isotoma pulex (2) ”» » 0» n ” COLLEMBOLA. 591 . Cyphodeirus gibbulus, Nicoer. Ann. Soc. Ent. Aptères, Fai pulex DARNE 1 ” ”» D) _ gibbulus, PARONA. Delle Poduridi, ecc. Lepidocyrtus —Lussocr. Monogr. of the Collembola. Somigliante al L. curvicollis pel colore, ma più corto e pro- porzionalmente più largo. Primo articolo delle antenne giallo, i seguenti grigio fulvo, lievemente violaceo. Primo segmento del corpo molto convesso, poco prolungato in avanti e ciliato al bordo anteriore. Secondo segmento un poco più lungo del se- guente. Bordo inferiore del sesto segmento rossastro. Setole della . coda corte e bianche. Pezzo basilare dello stesso colore del corpo. Occhi neri. Corpo lucente molto vellutato. Lunghezza 1 mill. . Trovasi sotto i muschi, sulle piante acquatiche, nei giardini; in estate ed autunno; piuttosto raro. Inghilterra, Svizzera, Italia (Pavia). Figure: NicoLet (Mém. Soc. Helv.), tav. 7°, fig. 2. GERVAIS, cit. tay. 50° (Isotoma pulex). PARONA, cit. tav. 2°, fig. 5. LuBBock (Monogr), tav. 27°. h (Trans., 1868), tav. 2°, fig. 22. LEPIDOCYRTUS AGILIS, Nicolet. Cyphodeirus agilis, Nicorer. Mém. Soc. Helv., 1842. Lepidocyrtus — Gervars. Hist. Ins. Aptères. Vol. III Cyphodeirus —NicoLet. Ann. Soc. Ent. France, 1847. — — Parona. Delle Poduridi, ecc. Lepidocyrtus agilis, Lussocx. Monogr. of the Collembola, ecc. Di un bruno metallico oscuro quasi nero ed uniforme, quando l’insetto va coperto delle scaglie; d’un bruno chiaro punteg- giato di bruno, quasi nero nel mezzo del corpo e quattro mac- chie allungate e triangolari al bordo anteriore del secondo seg- | mento, quando è privo delle scaglie. I due primi articoli delle antenne, le zampe e la coda sono di un giallo pallido. Il corpo 592 C. PARONA, è coperto da peli neri; infine gli occhi ed i. due ultimi articoli | delle antenne sono neri. Lunghezza circa 1 mill. Abbastanza comune sotto i muschi nelle foreste. Svizzera, Francia, Italia (Pavia, giugno). Figure: NicoLet (Mém. Soc. Helv.), tav. 7*, fig. 5. LEPIDOCYRTUS PUSILLUS, Linn. Podura pusilla, Linn. Syst. Nat., II, 1014. — — Fasricius. Ent. Syst., IL, pag. 67. -. — 0. Fagricius. Faun. Groenl. — — Larreitce. Gen. Crust. et Ins., pag. 77. _ — © Borsp. et Lac. Faun. Ent. em. Paris. Cyphodeirus pusillus, NicoLer. Mém. Soc. Helv., 1842. Podura — Lucas. Hist. Nat. Crust. Arach. et Myr., pag. 565. i gg pusillus, Gervars. Hist. Ins. Aptères. = Poratz. Of. af k. Vetensk. Akad. Forh. 1859. nia — —Lussocx. Monogr. of the Collembola, ecc. Corpo cilindrico di un color bronzo-cupo, iridescente. Antenne quasi granulose, piuttosto grosse e di un grigio scuro. Occhi neri, orlati di giallo anteriormente. Corpo peloso; primo segmento poco prolungato e ciliato al bordo anteriore; il sesto lungo quanto i tre che lo precedono, presi insieme. Zampe e coda di un bianco . sporco, o giallastro. Testa e corpo coperti di scaglie piccolissi- me; le antenne, le zampe e la coda ne sono prive. Lunghezza 1 mill. Comunissimo nei giardini sulla sabbia dei viali, sui legni, sui tronchi d’alberi; solitario. Groenlandia, Svezia, Inghilterra, Francia, Svizzera, Italia (Pa- via, Miradolo, giugno). Figure; NicoLert (Mém. Soc. Helv.), tav. 7°, fig. 3. Degeeria, Nicolet. Corpo fusiforme, diviso in otto segmenti ineguali, coperto di scaglie. Testa alquanto inclinata; antenne filiformi, più lunghe COLLEMBOLA. 593 della testa e corsaletto insieme misurati ; otto occhi da ciascun lato. Zampe lunghe e gracili; coda egualmente lunga, col pezzo basilare che misura la metà della lunghezza totale dell’organo. DEGEERIA NIVALIS, Nicolet. Podura nivalis, Linn. Faun. Suec. La Podure jaune è amneaux noires, GrorrRrov. Ins. env. Paris, Podura nivalis, Linn. Syst. Nat. i — — Scaranx. Ent. Ins. Austriae. — — Fasricius. Ent. Syst. _ — Miircer. Zool. Dan. Prodr. —_ —. Borsp. et Lac. Faun. Ent. env. Paris. — —. ;Burwmersrer, Hand. der Ent. — annulata, Fazr. Ent. Syst. _ — LarrerLe. Gen. Crust. et Insect. _ — Borsp. et Lac. Faun. env. Paris. Choreutes nivalis, Burm. Hand. der Entom. Isotoma —. BourLer. Mém. Soc. R. Lille. 1839. — cursitans. , ” ss010. dla Degeeria nivalis, NicoLer. Mém. Soc. Helv. 1842. Podura nivalis, BourLer. Mém. Soc. R. Douai. 1842. DE: cursitans » » DATI ” ” — mivalis, Lucas. Hist. Nat. Crust. Arach. et Myr. Degeeria nivalis, Gervars. Hist. Ins. Aptères. T. IIL Isotoma cursitans ù ni n E Degeeria nivalis, NicoLer. Ann. Soc. Ent. France. 1847. _ _- Lussocx. Trans. Linn. Soc. Vol. XXIII. _ —_ o Monogr. of the Collembola, ecc. —_ _ Porata. Of. af k. Vetensk. Akad. Forh. 1869. Testa e corpo di un grigio giallastro; quest’ultimo oblun- go, con una fascia trasversale nera al bordo posteriore di cia- scun segmento ‘ed una linea egualmente trasversale di mac- chie irregolari e dello stesso colore quasi nel mezzo del sesto. Una piccola macchia nera in forma di Ancora sulla testa. Occhi neri. I due primi articoli delle antenne sono gialli, i due ultimi | grigio scuri. Sesto segmento del corpo lungo quanto i tre pre- | cedenti presi insieme. Zampe gialle; coda al tutto bianca. Lunghezza 1 4/:-2 mill. Vol. XXI. 38 594 C. PARONA, Sotto i muschi, sulla neve e talora, ma raramente, sulle ac- que stagnanti; comune. Secondo NicoLet, DE-GEER, FABRICIUS e BorspuvAaL, questa Podura vivrebbe in numerose società sulla neve e sui tronchi degli alberi. Svezia, Inghilterra, Francia, Svizzera, Italia (Pavia, Vicen- tino). Figure: NicoLet (Mém. Soc. Helv.), tav. 8°, fig. 1. LuBBocK (Monogr. cit.), tav. 31°. NicoLeT descrisse due varietà: p: Degeeria nivalis montana, giallo-verdastra, colla base della coda giallo-pallida. Fascie nere meno pronunciate. Due punti neri all’estremità dell'addome. Peli bianchi. Lunghezza 1-2 mill. Nelle foreste del Giura. Degeeria nivalis interrupta, somiglia alla tipica, solo le fa- scie trasversali nere sono interrotte nel mezzo del dorso da una fascia longitudinale gialla. Antenne giallastre, anellate di nero, Lunghezza 1-2 mill. Nelle foreste. LuBBocK (Monogr. of the Collembola, ecc., p. 159), descrive pure delle varietà nei suoi esemplari. Egli dice: “I miei esemplari, tuttavia, mentre corrispondono colla descrizione di NICOLET, riferita più sopra, nella generale distribuzione dei colori, differiscono però in qualche punto. Il corpo al sesto segmento addominale era largo quanto lo era al primo; la macchia oscura sul capo era talvolta mancante; la linea trasversale oscura sul primo e secondo segmento addominale era sovente incompleta nel centro e lo stesso per la zona anteriore del quarto; il quinto oscuro all’in- dietro; le antenne erano grigie, e, finalmente, la metà, anteriore del capo aveva un orlo oscuro. Le appendici pel salto arriva- vano appena al tubo ventrale. ,, Io ne trovai un’ altra varietà elegantissima. Intieramente di un giallo paglierino. Il capo presenta inoltre una macchia arcuata bruna quasi nera congiungente gli occhi, che sono neri; le antenne sono gialliccie, lievemente violacee, mas- sime agli ultimi articoli; questi sono anche anellati di bruno scuro alla loro estremità superiore. Il corpo manca delle fascie nere i corpo. Al sesto segmento le due fascie la- . terali si rivolgono verso la parte mediana | terminando a punta, senza che quella di . lato opposto. Due fascie trasversali nere l’una COLLEMBOLA. 595 trasversali, ma invece vi sono due fascie nerastre sui fianchi di ciascun anello e che nel loro assieme for- mano due linee longitudinali all’ asse del un lato vadi a toccare quella dell’ altra del curva sul margine superiore$ l’altra, più o meno ondulata, su quello inferiore trovansi sullo stesso sesto segmento. Una macchia nera nel cui centro vi è un punto del co- lore generale giallo paglierino, s’ osserva all’ estremità dorsale dell’ addome. Zampe giallo-pallide colle articolazioni anellate di bruno. Coda pure giallo-pallida. Lunghezza 1 '/s-2 mill. Questa varietà la riscontrai frequentissi- ma sulle rive sabbiose del Ticino e del Po; nel mese di luglio. DEGEERIA ANNULATA, Fabricus. | Podura arborea grisea, De GeèR. Ges. des Ins. wi annulata, Fasr. Ent. Syst. ps nivalis, LarremLe. Gen. Orust. et Ins. _ - amnulata, Borsp. et Lac. Faun. Ent. env. Paris. Podura nigro-maculata, Teme. Trans. Ent. Soc. Vol. I. — minuta, Burwmeister. Hand. d. Entom. Isotoma fusiformis, BourLet. Mém. Soc. R. Lalle. 1839. Podura cursitans è L » » Douai. 1842. — annulata ” ” ” ” » ” — migro-maculata, Lucas. Hist. Nat. Crust. Arach. et Myr. — annulata ” PRE NO ” » Isotoma fusiformis, Gervars. Hist. Nat. Aptères. Vol. III Degeeria -. Nicorer. Ann. Soc. Ent. France, 1847. — _ HerxLors. Mém. de la Soc. Ent. de Pays-Bas. 1858. 596. C. PARONA, © Corpo fusiforme, giallo-verdiccio pallido, o del colore dei sassi. Capo rotondo con una fascia nera anteriormente, racchiudente gli occhi. I margini posteriori del secondo, quarto e quinto segmento con una macchia nera, più o meno triangolare su cia- cun lato della linea mediana; il margine posteriore del quinto segmento nero; la metà posteriore del sesto segmento con una macchia nera, la quale è larga e più o meno divisa al davanti; la metà, posteriore del settimo segmento nera; il segmento po- steriore bruno; lungo i lati sonvi macchie nere, espanse e tal- volta in una quasi continua fascia. In altri esemplari le macchie sul secondo e quarto segmento sono appena visibili. La parte anteriore del corpo è più pallida, la parte posteriore è più gialla ed i disegni di un bianco. più carico. Le antenne, in realtà, sono a cinque articoli; ma l'articolo basale è molto piccolo. L'articolo apicale non è distintamente anellato. Le mandibole hanno quattro o cinque denti. Il tarso è provveduto di due unghie, come usualmente. L’unghia larga ha due denti sulla parte inferiore. La piccola unghia è inerme. Lunghezza 3 mill. Sotto i frantumi di legno tutto l’anno. Svezia, Inghilterra, Irlanda, Francia, Italia (Pavia). Io la ritrovai sotto le foglie marcie nei mesi di marzo e di giugno. DEGEERIA DISJUNOTA, Nicolet. Degeeria disjuncta, Nicorer. Mém. Soc. Helv. 1852. — — Gervars. Host. Ins. Aptères. Vol. III _ — Lussocx. Monograph of the Collembola, ecc. Di un giallo sporco, grigiastro, col disotto del corpo, le zam- pe, la coda e le antenne molto più pallide; queste ultime anel- late con tinta alquanto più oscura. Occhi neri. Tre fascie lun- gitudinali di macchie triangolari e nere sul dorso; esse fascie si stendono dalla parte anteriore del torace al bordo posteriore del terzo segmento addominale; questo poi marginato di nero po- hi COLLEMBOLA. : 597 Le steriormente; alcune macchie nere, il cui numero e disposizione variano, sul sesto segmento. Peli neri. Lunghezza 1 4/. a 2 mill. Nelle foreste, sotto i muschi piuttosto comune; solitaria. Io la rinvenni sotto la corteccia dei platani. Francia, Svizzera, Italia (Pavia). Figure: NICOLET, cit. tav. 8°, fig. 2. DeGEERIA coRTICALIS, Nicolet. | Degeeria corticalis, NicoLer. Mém. Soc. Helv. 1842. du; _ _ GervaIs. Hist. Ins. Aptères. ì È — Porama. Of af k. Vetensk. Akad. Forh. 1869. _ — Lussocx. Monogr. of the Collembola. 1873. È Bianco sporco al disopra ed al disotto; corpo poco fusiforme, | quasi cilindrico. Testa grossa, un po’ più larga del corpo. Occhi neri. Antenne bianche. anellate di grigio scuro.! I due primi segmenti del corpo marginati di nero tutto all’ intorno; i due se- guenti solo sui lati. Una larga fascia nera irregolare e trasver- sale sul quinto segmento ed una simile sul sesto; queste due fa- scie si ripetono al disotto del corpo. Zampe e coda bianche. Salta di raro, cammina con grande velocità. i Lunghezzal'/. a2 mill. | Sotto la corteccia delle quercie morte. La rinvenni (ottobre) nei dintorni di Pavia, sotto la corteccia dei Platani. Figure: NICOLET, cit. tav. 82, fig. 3. DeGEERIA MUSCcORUM, Nicolet. Degeeria muscorum, Nicorer. Mém. Soc. Helv. 1842. _ - GervaIs. Hist. Ins. Aptères. — — Parona. Delle Poduridi, ecc. —_ — Lussocx. Monogr. of the Collembola, ecc. | Antenne filiformi, setacee, lunghe quasi come il corpo e d’un bruno giallastro chiaro, anellate di giallo alle articolazioni. Corpo 1 Frequentissime osservai le anomalie negli articoli delle antenne in questa Podura. 598 C. PARONA, stretto, allungato, fusiforme, giallo al disopra ed al disotto, con due fascie longitudinali di un bruno rossastro, macchiato di bruno scuro sul dorso; queste fascie più ravvicinate, riunite anterior- mente e senza macchie brune sul sesto segmento. Una macchia nera all’ estremo del settimo segmento e due altre poste tra- sversalmente all’estremità posteriore del sesto ; quest’ ultimo lungo quanto i quattro antecedenti presi insieme. Occhi neri. Zampe gialle ad articolazioni brune. Pezzo basilare della coda giallo chiaro. Setole bianche. Peli biancastri. Lunghezza 1-2 mill. Sotto i muschi in autunno, piuttosto frequente, solitario. La rinvenni a Pavia in settembre. Sopra i grappoli d’uva molto ma- tura la si riscontra frequentemente. Figure: NicoLeT, cit. tav. 8°, fig. 10. Isotoma, Bourlet. Corpo cilindrico; segmenti subeguali; sette occhi per ciascun gruppo; antenne a quattro articoli, più brevi del corpo; non squamme e grossi peli; piedi biungulati; appendice caudale lunga. ISOTOMA ARBOREA, Bourlet. Podura campestris nigra, De Geèr. Acta Soc. Upsal. 1840. — arborea nigra y Ges. d. Insect. Vol. III. — _ — Linn. Fauna Suec. _ _ — ScHRANK. Enum. Ins. Austriae. _ — — MiiLLer. Zool. Dan. Prodr. _ — — Fasricrus. Ent. Syst. — — — LarrerLLe. Gen. Crust. et Ins. —_ —_ _ Burxmeister. Hand. d. Entom. _ — —_ Borsp. e Liacorp. Faune env. Paris. — fuliginosa, TemeLeron. Trans. Ent. Soc. Vol. I Isotoma arborea, BourLer. Mém. Soc. R. Lille. 1839. ,— rubricauda, BourLer. Mém. Soc. R. Douai. 1842. Desoria cylindrica, Nicover. Mém. Soc. Helv. 1842. — pallida — ebriosa b}) »” ta) ” » sein tt. STE asta di } RO a dre COLLEMBOLA. 599 Podura arborea, BourLer. Mém. Soc. R. Douai. 1842. _ — Lucas. Hist. Nat. Crust., Arach. et Myr. — fuliginosa,« ,, ” ” ”» ” dg Desoria ebriosa, GervaIs. Hist. Ins. Aptères. Vol. III — cylindrica , Lipidi. ”» » n Podura arborea, Disconzi. Ent. Vicent. Isotoma cylindrica, Porata. Of. af k. Vetensk. Akad. Forh. 1869. Isotoma arborea, Lussocx. Monogr. of the Collembola, ecc. DE GEER ne aveva data la seguente descrizione: “ Podura ob- lunga nigra, antennis quadrinodiis; pedibus furcàque pallide fu-. scis. , Nera; zampe ed organo pel salto pallidi; occhi neri; antenne appena più lunghe del capo, cogli articoli pressochè uguali fra loro in lunghezza; tutto il corpo comprese le zampe e le antenne rivestito di corti peli; 1’ organo del salto è breve e non arriva al tubo ventrale. Le ova sono rotonde e gialle, tendenti al rosso porpora. Allorchè sono appena sortite dall’ovo le giovani Podure hanno un color rossiccio. Secondo LuBBocx la Desoria ebriosa di NicoLeT è fondata su un pallido esemplare di Zsotoma arborea, il quale aveva da poco tempo deposto le uova. Egli si incontrò di frequente con individui corrispondenti alla descrizione di quell’autore e riscontrò che il colore dell'addome era dovuto alle uova gialle contenute in esso. Dopo che queste erano state deposte, i segmenti posteriori pre- sero la stessa tinta degli altri. Negli esemplari oscuri la pelle essendo pressochè opaca le uova non influiscono sul colore. Trovasi nei mesi d’inverno sulla terra nei giardini,. ai piedi degli alberi. Lunghezza 1 #/», 2, 3 mill. Svezia, Inghilterra, Francia, Italia (Pavia, Oristano, Vicentino). Viene citata anche dal Marroni da Ponte, I tre regni della natura nella Provincia bergamasca, nelle Mem. Soc. Ital. sciene. Tom. XIX, 1825, pag. 333 (Podura arborea) e la trovai pure registrata: AnonIMo, Cremona e la sua provincia. Cremona, 1863, pag. 121 (Podura arborea). Figure: NICOLET, cit. tav. 6* fig. 3. 600. C. PARONA, ) Isoroma vIRIDIS, Bourlet. Podura viridis, MiLver. Zool. Dan. Prodr. Isotoma È—"— BourLer. Meém. Soc. R. Lille. 1839, — coerulea 5 x sistanit a Desoria virescens, NicoLer. Mem. Soc. Helv. 1842. SR pallida b}) » » Podura viridis, BourLet. Mém. Soc. R. Dida 1842. Heterotoma clorata; Gervars. Hist. Nat. Aptères. Vol. IIL Desoria pallida A da ” ” n n — virescens È b ” ” » n Isotoma viridis ” » » ” » ”» — coerulea n ”» ” n n n — Desmarestii È È ” ” ” — vtrescens, Nicorer. Ann. Soc. Ent. France. 1847. — pallida ” D) D) D) Podura viridis, Disconzi. Entom. Vicent. Pag. 932, Isotoma viridis, Lussocx. Monogr. of the Collembola, ecc. Il corpo è verde; occhi neri, aggruppati; disotto del corpo pallido; organo pel salto bianco; meso e metatorace quasi uguali in grandezza; addome allargato al terzo segmento; corpo coperto. da peli brevi. Nei giardini sulla terra umida. Lunghezza 1-2 mill. Inghilterra, Danimarca, Svizzera. Francia, Italia (Disconzi la cita nel Vicentino e 1’ Anonimo la cita nel Cremonese (Podura viridis). Figure: BourLet (Mém. Soc. Lille), fig. 4. NicoLet (Mém. Soc. Helv.), tav. 5°, fig. 3 e 11. GERVAIS, cit. tav. 50°. Isorowa AQUATILIS, Miller. Isotoma aquatilis, MiirLer. Zool. Dari. Prodr. — trifasciata, Bourrer. Ann. Soc. R. Lille. 1839. — bifasciata » ” » » ” ”» Podura trifasciata oo D » » Douai. 1842. — bifasciata > , » » » ” » COLLEMBOLA. 601 . Desoria riparia, Nicorer, Mém. Soc. Helv. 1842. fi -- Gervars. Hist. Ins. Apt. Vol. III. " Iotoma bifasciata , n cpna af — trifasciata , gr. prio n — riparia, Nicorer. Ann. Soc. Ent. France. 1847. — bifasciata ,, » ”» ” D) — lineata, Lussocx. Trans. “Edati Soc. 1862. — riparia, Porata. Of. af k. Vetensk. Akad. Forh. 1869. — aquatilis, Lussoce. Monogr. of the Collembola, ecc. Testa pressochè globosa. Corpo subovale, od oblungo, coperto da peli finissimi, nonchè da altri più lunghi. Antenne, zampe, . coda e disotto del corpo grigio giallastro pallido; disopra del corpo e testa grigio, tendente lievemente al verde olivo. Tale colore, molto carico sui fianchi, diminuisce d’ intensità in vici- nanza al dorso, sulla linea mediana del quale vi è una ‘larga fa- scia, che si restringe verso l’ estremità e va a ricongiungersi sulla testa con una macchia nera in forma di lunula, posta fra gli occhi e sormontata da un punto dello stesso colore. Una li- nea stretta, irregolare, bruna o nera occupa ciascun lato di que- sta fascia. Occhi neri. Lunghezza 2-3 mill. Vive in società, sotto le pietre, talora sulle acque Prata tte Svezia, Inghilterra, Francia, Svizzera, Italia (Pavia [PARONA], Oristano [signor MAGRETTI]). Figure: NicoLeT (Mém. Soc. Helv.), tav. 6°, fig. 6. LuBBocK (Monogr. cit.), tav. 37°. ISOTOMA SALTANS, Agassiz. Desoria saltans, NicoLer. Bibl. Univ. Genève. Tom. 32. 1841. — glacialis, Nicorer. Mém. Soc. Helv. 1842. _ -— GervaIs. Hist. Ins. Aptères. Vol. IL Isotoma — Nicorer. Ann. Soc. Ent. France. 1847. — saltans, Lussocx. Monogr. of the Collembola. 1873. Tutta di un nero cupo, molto vellutata. Peli corti e bianchi. Collo molto distinto, un poco rigonfio. Torace cilindrico. Addome 602 C. PARONA, lievemente fusiforme. Terzo articolo delle antenne un poco ovale. Setole della coda arcuate maggiormente che nelle specie affini. Fu portata dai ghiacciaj alpini da Desor e data ad AGAssIz. E colà abbondantissima vive in società grandissime; e si spinge nelle fessure del ghiaccio anche a rilevanti profondità. Non è raro. di vedere alcuni tratti della superficie del ghiacciajo coperti da codeste Podure (Pulci del ghiacciajo). Io ne raccolsi gran copia sul ghiacciajo del Forno (1800 m. e più) (S. Caterina in Valtellina); sotto le pietre che si affondano sulla superficie del ghiaccio. È presumibile del resto che la si debba trovare anche sugli altri nostri ghiacciaj. G. CAVANNA, (An- nuario scient. indust., anno 15° 1878) dice d’averla trovata (agosto) in gran numero sulle nevi del Monte Amaro (Majella a 2700 m. Figure: NicoLet (Mém. Soc. Helv.), tav. 5°, fig. 10. — Bibl. Umv. Genève, tom. 32, pag. 32, 1841. IsoToMA TIGRINA, Nicolet. Desoria tigrina, NicoLer. Mém. Soc. Helv. 1842. _ — Gervars. Hist. Ins. Aptères. Vol. II. è» _ — Nicoter. Amn. Soc. Ent. France. 1847. _ — Parona. Delle Poduridi, ecc. Isotoma tigrina, Lussocx. Monogr. of the Collembola, ecc. Corpo cilindrico; fianchi di un grigio biancastro pallidissimo ; testa più oscura. Occhi neri. Dorso. punteggiato di nero; una linea lungitudinale grigia nel mezzo del dorso. Lunghezza 1-2 mill. Di trova sulla terra; solitaria; piuttosto rara. AG la rivede gono una varietà del D. virescens. Inghilterra, Francia, Svizzera, Italia (Pavia, ottobre). Figure: NicoLert (Mém. Soc. Helv.), tav. 5°, fig. 11. IsoTOMA CINEREA, Nicolet. Desoria cinerea, Nicorer. Mém. Soc. Helv. 1842. — —- GervaIs. Hist. Ins. Aptères. Vol. III — — NicoLer. Ann. Soc. Ent. France. 1847. Isotoma — —’Luszoca. Monogr. of the Collembola, ecc. - i ì ] COLLEMBOLA. 603 Piccolissima. Testa e corpo di un cenere bluastro, punteggiati di nero al disopra; più pallido al disotto; con due linee lungitu- dinali di macchie oblunghe e pallide sul dorso; antenne bianca- stre, anellate di nero alle articolazioni. Occhi neri. Primo seg- mento addominale piuttosto corto; zampe bianche; pezzo basilare e coda dello stesso colore del corpo; setole terminali bianche e trasparenti; coda cortissima, comparandola con quella delle altre specie. Insetto poco agile. Lunghezza 1-1 4/s mill. Frequente sotto le corteccie dei vecchi alberi; vive in società. Francia, ‘Svizzera, Italia (Pavia). Figure: NicoLet (Mem. Soc. Helv.), tav. 6°, fig. 9. IsoroMa ANNULATA, Nicolet.. Desoria annulata, Nicorer. Mém. Soc. Helv. 1842. -- -_ GervaIs. Hist. Ins. Aptères. Vol. IL Isotoma — Nicoret. Ann. Soc. Ent. France. 1847. _ — Lussocx. Monogr. of the Collembola, ecc. Bruno-livido pallido, anellato di bruno scuro, o nero. Corpo molto vellutato. Occhi neri. Qualche macchia bruna sulla testa e sul corpo. Setole della coda bianche. Lunghezza 3 mill. Trovasi nei giardini sulla terra e sotto le pietre; molto co- mune; vive solitario. Figure: NicoLet (Mém. Soc. Helv.), tav. 6°, fig. 5. IsoromA FUSCA, Nicolet. Desoria fusca, Nicorer. Mém. Soc. Helv. 1842. —_ — Gervars. Hist. Ins. Aptères. Vol. III . Isotoma — Nicorer. Ann. Soc. Ent. France. 1847. Desoria fusca, Parona. Delle Poduridi, ecc. Isotoma — Luszock. Monogr. of the Collembola, ecc. Piccolissima. Testa, antenne, zampe e coda di un giallo scuro tendente al bruno. Corpo rosso, molto vellutato e senza macchie. 604 C. PARONA, Occhi e peli neri. Vi si scorge il tubo digerente, quando è nu- trita, per una fascia dorsale, più oscura. Se ne osserva una va- rietà a testa e corpo giallo superiormente, biancastro inferior- mente; occhi ed una macchia nel mezzo della testa nera; an- tenne grigie. Trovasi sulle acque stagnanti. Lunghezza 1-2 mill. Sotto i muschi nelle foreste; piuttosto rara. Francia, Svizzera, Italia (Pavia). Figure: NicoLet (Mém. Soc. Helv.), tav. 6*, fig. 7. PARONA, cit., tav. 2°, fig. 4. Fam. PODURIDE, Lubbock. f Corpo cilindrico. L’appendice del quarto segmento addominale. sviluppato in organo pel salto. Achorutes, Templeton. Corpo cilindrico; segmenti subeguali. Occhi otto su ciascun lato. Antenne composte di quattro articoli; piedi biungulati; non scaglie e grossi peli. Appendice pel salto breve. AcHORUTES sIMILATUS, Nicolet. Podura similata, NrcoLet. Mém. Soc. Helv. 1842. Hypogastrura fuscoviridis, BourLer. Mém. Soc. Douai. 1842. Achorutes similatus, GervaIs. Hist. Ins. Aptères. Vol. IIL Podura similata, Parona. Delle Poduridi, ecc. Achorutes similatus, Lussock. Monogr. of the Collembola, ecc. Intieramente grigio-piombo non metallico; più chiaro al di- sotto, con alcune linee lungitudinali gialle, pochissimo apparenti sul dorso. Due piccole macchie della stessa tinta sul collo. Occhi d’un nero appannato. Coda chiara. Lunghezza 1-2 mill. La si riscontra più di sovente sulle acque stagnanti nell’estate, RR COLLEMBOLA. 605 e sulle terre umide sul finir dell’autunno e nell’inverno. Comune. Io la riscontrai nell’aprile in gran numero sui tronchi di Bigno- — nîa, vicino al suolo, assieme alla Lipura corticina. Francia, Svizzera, Italia (Pavia). Figure: Nicoret (Mém. Soc. Helv.), tav. 5°, fig. 3. PARONA, cit. tav. 2°, fig. 2. ACHORUTES CYANOCEPHALUS, Nicolet. Podura cyanocephala, Nicorer. Mém. Soc. Helv. 1842. Achorutes cyanocephalus, Gervars. Hist. Ins. Aptères. Hypogastrura agaricina, BourLet. Mém. Soc. R. Douaî. 1842. Achorutes cyanocephalus, NicoLet. Ann. Soc. Ent. France. 1847. Podura cyanocephala, Parona. Delle Poduridi, ecc. Achorutes cyanocephalus, Luszocx. Monogr. of the Collembola, ecc. Piccola, allungata, fusiforme; corpo di un bianco pallido, pun- teggiato e macchiato di grigio. Testa ed antenne di un bleu chiaro; la prima offre talora delle piccole macchie di un leggier bruno. Occhi neri. Questa Podura è alquanto trasparente e poco agile. Lunghezza 1 mill. Vive nelle cave nell'interno in società; sui funghi agarici nel- l’autunno. Inghilterra, Francia, Svizzera, Italia (Pavia). Figure: NicoLet (Mém. Soc. Helv.), tav. 5°, fig. 8. AcHorRUTES ARMATUS, Nicolet. Podura armata, Nicorer. Mém. Soc. Helv. 1842. Achorutes armatus, Gervars. Hist. Ins. Aptères. Vol. III. — — Nicorer. Ann. Soc. Ent. France. 1847. _ - LueBocx. Trans. Linn. Soc. 1867. Podura armata, Porataz. Of. af k. Vetensk. Akad. Forh.1869. Achorutes armatus, Lussocx. Monogr. of the Collembola, ecc. 1873.‘ Grigio verdastro sul capo e sul dorso; disotto del corpo, an- tenne e zampe grigio pallido. Una macchia triangolare bruno- 606 C. PARONA, oscura fra gli occhi e qualche altra macchia dello stesso colore sul resto della testa. Occhi neri. Due linee longitudinali e paral- lele di macchie pressochè triangolari ed egualmente brune sul dorso. Peli grigi. Appendice pel salto cortissima. Due uncini ri- curvi in alto all’estremità dell'addome al dissopra dell’ano. Lunghezza 1 4/s mill. Sulle acque stagnanti; non molto comune. Inghilterra, Francia, Svizzera, Italia (Pavia). Figure: NicoLet (Mém. Soc. Helv.), tav. 5°, fig. 6. LuBBock (Monograph.). tav. 40°. ACHORUTES PURPURESCENS, Lubbock. Achorutes purpurescens, Lussocx. Trans. Linn. Soc. 1867. e tai TuLLsere. Skand. Podur. CS _ LusBocx. Monogr. of the Collembola, ecc. Di color porpora bruno; nella parte inferiore del corpo un po’ più pallido; occhi non posti in un campo oscuro; corpo co- perto da brevi, radi e bianchi peli; due uncini unguiculati alle estremità posteriori del corpo. Dapprima LuBBocK inclinava ri- ferire questa specie all’Achorutes armatus di NicoLET, ma essa ne differisce pel colore del corpo e per la mancanza delle mac- chie brune sul dorso. Inoltre le antenne sono brevi e composte di quattro articoli, le loro articolazioni sono alquanto oblique, i due articoli termi- nali foggiati a modo di clava. Le mandibole hanno rispettiva- mente quattro, o cinque denti. La pelle è granulosa, coperta da rari, brevi e bianchi peli. L’unghia larga delle zampe porta un unico uncino alla parte inferiore, la piccola ha una forma al- quanto peculiare e termina in un filamento. L’appendice caudale è semplice ed a due articolazioni. Sul concime e sotto i rami degli alberi; tutto l’anno. Lunghezza 2 4/s mill. Svezia, Inghilterra, Italia (Varese, Pavia). Figure: LuBBOcK (IMMonogr.), tav. 41°. % (Trans., 1867), tav. 2°, fig. 24. COLLEMBOLA. 607 Podura, Auct. Corpo cilindrico; segmenti subeguali. Occhi in numero di otto | per ciascun lato. Antenne brevi a quattro articoli. Piede con una sola unghia. Non scaglie e grossi peli. Appendice caudale breve. PODURA AQUATICA, Linn. Podura aquatica nigra, De Grèr. Acta Soc. R. Sc. Upsal. 1740. — _ — Linn. Fauna Suec. La Podure noire aquatique, Grorrroy. Ins. env. Paris. Podura aquatica nigra, De GréRr. Ges. des Ins. 23 — — Ln. Syst. nat. -d ne — — ScmRranx. Ent. Ins. Austriae. Ò PIA —- — Fagricrus. Ent. Syst. DI Lee — MiLLer. Zool. Dan. Prodr. Di i — 0. Fasrrcrus. Fauna Groenl. — Larrerte. Gen. Crust. et Insect. naz i — Borsp. et Lacorn. Faune env. Paris. i a — Ross P. Fauna etrusca. Vol. II, pag. 7. Achorutes — — Burmeisrer. Hand. d. Entom. © Hypogastrura aquatica, BourLer. Mém. Soc. R. Lille. 1839. _ Sa n sir. ca Power 1942, Podura aquatica, NicoLer. Mém. Soc. Helv.. > _ Lucas. Hist. Nat. Anim. Art. — _ Marroni. I tre regni, ecc. 1825. ORI — Awonimo. Cremona, ecc. 1863. Achorutes aquaticus, Gervars. Hist. Ins. Aptères. Vol. III Podura aquatica, NicoLert. Ann. Soc. Ent. France. 1847. Achorutes aquaticus, Disconzi. Ent. Vicent. 1868. Podura aquatica, PARonA. Delle Poduridi, ecc. -- — Lu8socx. Trans. Linn. Soc. 1867. + —_ Ò Monogr. of the Collembola, ecc. Corpo leggiermente fusiforme, di un nero bluastro molto oscu- ro, colle antenne e zampe rossastre, o talora di un bruno cupo. Placche oculari convesse, poste ciascuna in ‘un’ infossatura pro- nunciata. Vertice saliente con tre punti disposti a triangolo. Corpo striato trasversalmente sul dorso e longitudinalmente sui 608 C. PARONA; fianchi. Coda a base assai stretta, a setole molto arcuate ed estendentisi nel riposo, poco in là dalle zampe intermedie. Lunghezza 1 #/s-2 mill. Sulle acque stagnanti comunissima: vive in società. Io la ri- scontrai in gran numero sulle acque delle nostre risaje. Groenlandia; tutta Europa. Figure: BourLet (Mém. Soc. Douai), fig. 12. NicoLer (Mém. Soc. Helv.), tav. 5°, fig. 4. GERVAIS, cit. tav. 50°, fig. 4. LUBBOCK, cit. tav. 42°. PARONA, cit. tav. 2°, fig. 3. Fam. LIPURIDE, Lubbock. Corpo cilindrico; segmenti ineguali; nessun apparecchio pel salto; bocca con mandibole. Lipura, Burmeister. Antenne brevi a quattro articoli; mandibole e mascelle; seg- menti dell'addome subeguali. LIPURA CORTICINA, Bourlet. Podura terrestris nivea, BourLer. Mém. Soc. R. Douai. 1842. Anurophorus laricis, Nicorer. Mém. Soc. Helv. 1842. Lipura laricis, GervaIs. Hist. Ins. Aptères. — corticina , È A 5 Anurophorus laricis, Nicorer. Ann. Soc. Ent. France. 1847. Lipura corticina, Lussoor. Trans. Linn. Soc. Vol. XXIN. Anurophorus laricis, TuLLsERe. Skand. Podur. -_ — Parona. Delle Poduridi, ecc. Lipura corticina, Lussocx. Monogr. of the Collembola, ecc. Nera, o bruna lucente, tinta di verdastro; più pallida al di- sotto; segmenti alquanto rilevati con due infossamenti trasver- sali al margine anteriore di ciascun anello; antenne più chiare del corpo; occhi neri in numero di sei ed in forma di lunula; zampe fulve; solco ventrale largo e profondo; nessun uncino al- l’estremità dell'addome. LL COLLEMBOLA. 609 Lunghezza 1 ‘/: mill. Vive sotto la corteccia del Larix europaea ed anche sotto quella dei pomi; io la rinvenni, come dissi, sul tronco di Bignonia col- l'Achorutes similatus. Svezia, Francia, Svizzera, Italia (Pavia). Figure: NicoLet (Mém. Soc. Helv.), tav. 5°, fig. 3. LuBBocK (Monogr.), tav. 45°. PARONA, cit., tav. 2°, fig. 2. LIPURA FIMETARIA, Lubbock. Podura fimetaria, Linn. Syst. Nat. “i — Scaranx. Ent. Ins. Austriae. _ _ Fagricius. Ent. Syst. _ _ MiiLLer. Zool. Dan. Prodr. Podura fimetaria, Larremne. Gen. Crust. et Insect. Lipura — BurmerstER. Hand. d. Ent. Podura . — Lucas. Hist. Nat. Anim. Art. Anurophorus fimetarius, Nicorer. Ann. Soc. Ent. France. 1847. Lipura fimetaria, Lussocx. Trans. Linn. Soc. 1867. Anurophorus fimetarius, Porata. Of. af k. Vetensk. Akad. Forh. 1869. Lipura fimetaria, Lussocx. Monogr. of the Collembola, ecc. Di un bianco-avorio splendente. Secondo e terzo articolo delle antenne tronchi obliquamente. Occhi bianchi in numero di ven- t otto, di cui quattordici posti in due file su una linea curva . e trasversale, occupano i due lati della testa all’indietro delle antenne. Corpo liscio, appena vellutato; stigme visibili a pic- colo ingrandimento. Labbro superiore molto intagliato. Zampe corte. Posto della coda segnato d’una piccola placca semi-circo- . lare inetta al salto. Solco ventrale quasi nullo. Due uncini ri- . volti all'insù all’estremità dell’ addome. Lunghezza 2-3 mill. Sulla terra grassa, nei giardini, sotto i vasi di fiori, sul fieno e su tutte le sostanze in decomposizione. Comunissima. Svezia, Inghilterra, Francia, Svizzera, Italia (Disconzi la cita . del Vicentino, io la rinvenni frequentissima a Pavia). Vol. XXI. 39 610 C. PARONA, Figure: BourLET, (Mem. Douai), fig. 8. LuBBock (Monogr.), tav. 46°. (Trans., 1867), tav. 2°, fig. 27. 2 Fam. ANURIDYE, Lubbock. Antenne a quattro articoli conici. Non mandibole nè mascelle. Segmenti addominali subeguali. AnouRA MuscorUM, Lubbock. Achorutes muscorum, Tempr. Ent. Trans. Soc. Vol. I —- O Burmerster. Hand. d. Entom. _ _ Lucas. Hist. Nat. Crust. Arach. et Myr. _ tuberculatus, Nicorer. Mém. Soc. Helv. 1842. _ — GreRrvaIs. Hist. Ins. Aptères. Anoura tubercolata, NicoLer. Ann. Soc. Ent. France. 1847. _ -_ muscorum, Lussocx. Trans. Linn. Soc. Vol. XXIII. — — TuLLsera. Skand. Podur. Achorutes tuberculatus, Porata. Of. af Vetensk. Akad. Forh. 1869. = Tui Parona. Delle Poduridi, ecc. Anoura muscorum, Lussocx. Monogr. of the Collembola, ecc. Grigio terreo al disopra, più chiaro ed un poco giallastro al disotto. Corpo leggermente fusiforme alla parte posteriore. Primo segmento toracico, metà più corto dei due seguenti; gli addomi- nali d’egual lunghezza. Due solchi lungo il dorso ed un altro a ciascun lato del corpo. Testa triangolare; spazî oculari ovali, di color fulvo; occhi appena visibili. Zampe cortissime e quindi cam- mina lentamente. Lunghezza 2 mill. circa. Trovasi sotto le foglie in putrefazione, sotto i muschi, sotto le pietre e sotto le corteccie dei vecchi alberi. Svezia, Inghilterra, Irlanda, Francia, Svizzera, Italia (Pavia, Miradolo). Figure: NicoLet (Mém. Soc. Helv.), tav. 5°, fig. 1. GERVAIS, cit., tav. 50°. PARONA, cit., tav. 2°, fig. 1. LuBBocK (Monogr.), tav. 48°. COLLEMBOLA, i COL ELENCO DELLE SPECIE DESCRITTE. n Ca i I ro, 0 pagine = niger Si a i ie (VILLA E A IA RE a nen. AZ Si a it o PR e DA i dii de O Ri DLE RT ste Korn Ca 970 ocra par es 3 at BA - Paci SEPRIO 0 lele ice Dig I eg GRATTA I» MER RICRONIA: CIYSRRIONA E E e 0 DD eni domenica antiaereo a er vorilia; in Pat 85 E i e ue ll Ar 86 MEDE RI TINO ERE US AR 0. PEOO SM AE N TI e ENO, SRI O AU TTI negli rh area di aste in BS7 0 DEE RR RR I POET; (0. MIEI ET EEUS CUTVIGOLIO LL n e I GIG 16. — eo ALENIA e LL, l'i BOO FT. ss I Ae Or ST SEE RIETI — Co60. MOT BOO 18. _ n onba:-totit ni DOTTI QUAI 30.01 10051001 135 BOL 19. _ iO LIT A AAA de Bo e ot Daabie pprerdà 4 GL O E I O DI A RO, CIO 21. SR AS n e PT rt 22. eni disgunetayint 0) dl MURI. di fentaltà: 000 apt 96 23. I PU AE e GARA ll reni da a Sal ph. Liga dle beata] PIRRO 19: 1 24. SORA SCONTRI A SLA LIZ NZIRISTI eo E e OTO SE TO DIL I E TAM 300 26. Maniglie. L. prote iezaae Nor atto. Stig» e000 27. EER AAT e DE e e AS LE Ue o A 28. PEPE ETA STI, Sii ire n NL LEN RR Ue Lao 29. age nina oe 3/9 DIN o STUDI Res, DI, Fei Vis CUZ 30, DIRE RIME ila pe hot tt pan 6 "AT 7002 31. ne io e Li LL Runie LA, Ae Leti 609 32. PERA EE DT PI ri gr R609 fn nbonotesisimsilatusi bano) ibra, CHO A IpELIvo 3'60£ 34. —_ fganocaphalais » fi. (ins citò sro ssaRg osienrt dat L00 35. — MEA Mr ron eni ri 8 005 36. — pe erede ei SATO Pea. Pro forati» saud06 i ioira a guaticoli ufo, urti II LIA ILIDISO go, OO (LIV 15007 MR ORA convinto ch ads g.187008 39. RENALE, DREI 0 La VT t608 anni rado ttt) CT Ln asta e, IR (000 O 00 I D) Ot Ha 00 Ma Pavia, settembre 1878. NUOVE SPECIE O FORME POCO NOTE DI MOLLUSCHI. Contribuzione alla fauna malacologica d'Italia del Socio NAPOLEONE PINI. Nella communicazione da me fatta a questa Società nella se- duta del 10 ottobre 1876, rapporto ad in allora recenti scoperte malacologiche, che aumentavano la fauna lombarda di due spe- cie di molluschi,” la cui esistenza in questo territorio era tut- tora ignorata, esternai la lusinga che con nuove, diligenti ed estese esplorazioni, la fauna di Lombardia potesse di nuovo es- sere arricchita. Nè male mi apposi, chè i fatti coronarono l’aspet- tativa più che non osassi sperare. | Replicate diligenti esplorazioni, praticate durante questi ul- timi due anni in località nuove, od anche già antecedentemente esplorate, mi posero in grado di aggiungere alla fauna delle no- stre provincie, nuove specie di molluschi non solo, ma di con- statare eziandio in modo assoluto l’esistenza di altre, la cui pre- senza nel nostro paese era stata solo, od accennata erroneamente da stranieri e riportata da qualche nostro autore; od accennata dubitativamente da alcuni sulla fede altrui, senza poter fare cenno di località certa di ritrovamento. Potevasi dire per alcune di esse che fossero come l’araba fenice. 1 Atti della Società Italiana. Vol. XIX, fase. I, pag. 499 (1877). 3 Vertigo Moulinsiana Dupuy, e Pomatias Canestrinii Adami. NUOVE SPECIE 0 FORME POCO NOTE DI MOLLUSCHI. 613 Il risultato degli studii fatti sopra grande quantità di esem- plari di molluschi, raccolti a migliaja in nuove località ed anche in alcune già esplorate, se da un lato è lusinghiero per la copia delle specie rinvenute, fra le quali non poche tuttora scono- sciute che portano un notevole incremento alla nostra fauna, dal- l’altra è increscioso considerando quanto forse noi siamo ancora discosti dal conoscerla intieramente, visto come anche in loca- lità più e più volte esplorate si possano rinvenire specie dap- prima inosservate, sfuggite alle più diligenti ricerche, sia perchè localizzate in piccolo tratto di terreno sul quale non siasi posto piede casualmente dapprima, sia perchè mutate forse le epoche di ricerca o le condizioni climatologiche, alcune di esse non po- terono mai essere osservate e rinvenute nelle condizioni diffe- renti in cui ebbero luogo le anteriori esplorazioni. Ciò non ostante non è senza soddisfazione che posso anno- verare oggidì oltre alcune nuove forme di conchiglie italiane, al- tresì buon numero di varietà sfuggite alla diligenza di chi mi precedette nello studio di questa classe d’ animali, che sebbene non ancora abbastanza noti nei loro costumi e nella influenza che possono arrecare sull'equilibrio della natura, pure non sono privi nella vita animale di un certo interesse. È parimenti con. compiacenza che rifletto, che mercè le mie fortunate osservazioni sarà messa in sodo l’esistenza di date spe- cie in località precisate, e quindi meglio conosciuta la disper- sione geografica ed orografica delle stesse nel nostro paese; per cui Se ne potranno dedurre successivamente nuovi ed importanti corollarii, studiando la nostra fauna in confronto di quella di altre regioni. Descriverò dapprima quelle specie che sembrandomi scono- sciute dovetti denominare nuovamente, facendovi seguire quelle altre varietà di forma di specie già note, che la diversità di dimora ha modificato sul nostro suolo; enumerando per ultimo quelle che non offrendo per sè stesse variazioni dal tipo, vanno ciò non ostante ad arrichire la fauna italiana. 614 N. PINI, Testacella Stabilei Pini. Testa parva, ovalis-elongata, supra fulva, subconvexa, irregu- lariter concentrice striata; intus subconcava, laevigata, inferius albo-lutea, superius albo-porcellanea; columella laevi, alba, pel- lucida, subplana, tenuiter ac regulariter arcuata, antrorsum de- flexa; apice recto, elongato, exiguo, laevigato, albidulo; mar- gine dextero laeviter incrassato, a columellari parum disjuncto, externe convexo ut oppositum est convexum. Anfractus 1 t/2el@ro leriter crescente. Long. 5.® Lat. 2." Alt. 1.9 Habitat in Friuli prope Utinum. Conchiglia piccola, di forma ovale allungata quasi ovoidea, celeremente crescente, ristretta nel senso della larghezza, di color fulvo, leggermente convessa al di sopra, irregolarmente solcata da rugosità arcuate concentriche; internamente concava, di colore gialliccio nella parte inferiore, e bianco porcellaneo nella superiore per il tratto dell’ impressione muscolare. Columella ristretta, bianca, pellucida, leggermente arcuata, quasi piana all’esterno, che si ripiega internamente nella parte superiore ed inserisce sulla parete del margine destro od esterno a circa un millimetro dall’apice. Inferiormente raggiunge il cen- tro del margine basale in modo che calando una perpendico- lare dal centro dell’apice a quella del margine basale. dell’a- pertura, la conchiglia viene divisa in due parti Dressngh eguali longitudinalmente. Il margine destro è internamente alquanto incrassato, e de- scrive una convessità corrispondente alla concavità dell’opposto, formando per tal modo assieme un’ apertura ovoidea coll’ asse maggiore in basso. Spira composta di un giro e mezzo, apice quasi diritto, sot- tile, bianco levigato inferiormente, alquanto allungato. Misura 5.” di lunghezza per 2.° di maggior larghezza, ed è alta 1." Vive ad Udine, nel Friuli, ove la rinvenni nel gennajo 1873, sotto grosse pietre lungo una muraglia che cinge il castello. è) ) { i ] L] ly baeri è TA d LI } i È Pelle FP NUOVE SPECIE O FORME POCO NOTE DI MOLLUSCHI. 615 Animale limaciforme di color giallo-zolfino vivace, legger- mente aranciato, cosperso superiormente di macchiuzze irrego- lari e punteggiature bruno rossiccie; col margine esterno del piede di color giallo vivace. Il colorito del corpo è più carico e diafano nella metà anteriore o cervicale, e più pallido ed opaco in quella posteriore o caudale. Il piede è diviso longitudi- dinalmente in tre zone di cui la mediana è bianchiccia e diafana, le laterali color giallo vivace, ed opache. Tentacoli in numero di quattro, i superiori allungati, cilin- drici, decrescenti in diametro verso l’estremità superiore od ocu- lifera, di colore cinerognolo pallido, semi-diafani; gli inferiori assai più sottili e corti, un terzo circa dei primi, di tinta an- cora più pallida nella parte superiore, bianchicci nella inferiore o cervicale, e diafani. Gli occhi sono globulosi, lucentissimi, color cinerino intenso e sono situati all’estremità superiore dei grandi tentacoli. Il corpo è longitudinalmente attraversato da due leggerissimi solchi che partendo dall’apice della conchiglia percorrono pres- sochè quattro quinti della lunghezza dell’ animale, descrivendo uno spazio mediano o dorsale, e due laterali o lombari. Da que- sti solchi longitudinali ne partono altri ai lati che si dirigono verso il piede. Un altro solco percorre longitudinalmente verso il piede tutto il corpo dell'animale, dando luogo al margine del piede che ha circa mezzo millimetro di larghezza. Il dorso, come i lombi, sono intieramente solcati d’una quan- tità di leggerissimi altri piccoli solchi che incontrandosi fra loro in ogni senso, costituiscono degli interstizi una specie di gra- nulazione irregolare e piuttosto grossolana. Questi interstizii di- minuiscono di volume ed aumentano di numero verso il capo ove assumono una forma più uniforme e regolare originando tanti piccoli poligoni. L'organo della generazione è situato al lato si- nistro inferiore del capo, mentre quello della respirazione è collocato posteriormente alquanto a destra dell’animale. L’animale geme un umore denso, incoloro, assai vischioso, quasi cristallino; la secrezione di questo umore pare soggetta 616 N. PINI, alla volontà dell’animale, poichè, allorchè è tranquillo e cam- mina, esso è assai scarso, o nullo; mentre, allorchè viene stuz- zicato, la secrezione si fa copiosa a guisa di goccioline di ru- giada in modo che attrae la terra e le materie che lo circondano. Allorchè si dispone al moto, dallo stato di maggiore contrazione va lentamente allungandosi, e come i congeneri sporge dapprima i tentoni inferiori, poscia quelli superiori. La conchiglia è situata in posizione alquanto obliqua sulla parte posteriore o caudale del dorso, coll’asse columellare ri- volto verso il piede dell’animale, ed il margine inferiore della conchiglia verso il dorso; libera per una terza parte anterior- mente ed aderente per gli altri due terzi posteriori. L’unica specie colla quale mostra qualche affinità nella con- chiglia è la 7. Pecchioli Bourguignat, dalla quale si distingue per minore statura, maggior ristrettezza dell’ultimo mezzo giro di spira e depressione del margine columellare, minore convessità e sporgenza del margine destro superiormente all’ inserzione della, columella. Oltre a ciò la Testacella Stabilei ha le strie d’accresci- mento assai più marcate ed irregolari che non la 7. Pecchioli, il margine destro dell’apertura ingrossato leggermente all’interno, non che il colorito più pallido. i Del rinvenimento di questa specie ebbi già a dare comunica- zione a questa Società nella seduta del 26 gennajo 1873.' Nes- suno fino a quel giorno aveva potuto confermare l’esistenza di questo genere di molluschi nelle provincie Lombardo-Veneto, e nessuno dei nostri autori ebbe a comprenderlo nei loro lavori malacologici come vivente in questa zona, se ‘si eccettuano i fra- telli Villa che, nel loro Catalogo sinonimico delle specie e varietà di molluschi della Lombardia," annoverarono la 7. Pecchioli Bourg., come esistente in questa regione, sulla fede però del- l’autore stesso che nella Revue et magasin de zoologie pure et ap- pliquée, serie II, vol. XII, che fu pubblicata a Parigi nel 1861, accennava essere stata rinvenuta questa specie nel Veneto e 1 Atti della Società Italiana. Vol. XVI, pag. 21, 22 (1873). 2 Bollettino malacologico italiano. Vol. IV, pag. 83-95. Pisa, 1871. \ NUOVE SPECIE 0 FORME POCO NOTE DI MOLLUSCHI. 617 Lombardia, senza però dire da chi ed in quale località; ma spe- cialmente nei dintorni di Bologna, Pisa, Firenze, Settignano, Roma, Palermo, ecc. Tale asserzione del signor Bourguignat non ebbe conferma dai fatti che negli esemplari da me rinvenuti ad Udine; è quindi a ritenersi l’esistenza del genere Testacella come assodata soltanto per le provincie venete, rimanendo tuttora a constatarla anche pelle lombarde, ove fino ad oggidì, se vi esiste, sfuggì alle ri- cerche le più diligenti di indefessi malacologi. Clausilia tenuistriata Pini. (Iphigenia Gray.) Testa vix rimata, subventroso-fusiformis, confertissime undu- lato-striata, fusco-rufescente, tenuiter albo strigillata, epidermide interdum decidua; spira regulariter crescente, apice acutiusculo nitido. Anfractus 10-11 convexiusculi, ultimus antice tumidus, sub- tiliter striato-costulatus, basi laeviter gibbosus; apertura subcir- cularis, intus fuscula; lamella supera valida, marginalis, cum la- mella spiralis continua; infera conspicua, parum immersa, antice saepus biramosa, retrorsum reflexa; subcolumellaris sat emersa, crassa, lamellam inferam attingente; plica palatalis distincta oblique ascendente; lunella valida, a plica columellari distincta, a palatali usque ad spiralem producta. Spatium interlamellare rarius laeve, interdum 1-2, saepius 3-4 pliculatum. Peristoma continuum, solutum, tenuiter incrassatum, porcella- neum, reflexiusculum. Long. 12 4/.*", Diam. 3 1/,"". Habitat in monte Amiata, Etruriae. _ Conchiglia appena perforata, leggermente ventrosa, fusiforme, È ornata di minutissime striature ondulate, color bruno-rossiccio, alquanto macchiuzzata in bianco, epidermide caduca: spira cre- scente regolarmente, apice acuto, levigato; giri di spira da 10 . ad 11 piuttosto convessi, l’ultimo rigonfio in avanti, sottilmente costulato, leggermente gibboso alla base; apertura quasi circo- 618 N. PINI, lare, internamente bruna; lamella superiore sviluppata, che raggiunge il margine, unita alla lamella spirale; lamella infe- riore pronunciata, alquanto immersa, spesso bifida nella parte anteriore risvolta all’ indietro; plica columellare abbastanza spor- gente, robusta, che .si congiunge colla lamella inferiore; plica palatale ben marcata obliquamente ascendente; lunella svilup- pata, che non tocca la plica columellare, che dalla plica pala- tale si estende fino alla lamella spirale. Spazio interlamellare ra- ramente liscio, alle volte munito di una a due pliche, spesso da tre a quattro. Peristoma continuo, fuso, leggermente ingrossato, porcellaneo, alquanto risvolto. Questa specie si approssima alla Densestriata Ziegler; differi- sce però dalla stessa per minore statura, maggiore gonfiezza, minor numero di giri di spira, e maggior convessità degli anfratti che crescono più rapidamente. Il suo tessuto è meno consistente, le striature leggermente più ondulate, e sull’ultimo giro diven- gono più rade e pronunciate, mentre nella specie di Ziegler si mantengono pressochè invariate fino alla base della spira. L°a- pertura in questa nuova specie è meno fosca ed il collo palatale assal meno pronunciato. Non può essere confusa colla Claus. Amiatae Martens, della quale è più che doppia in statura e di forma assai meno conica; ha maggior numero di giri di spira, la plica subcolumellare as- sal più sporgente, e lo spazio interlamellare munito di maggior numero di pieghette. Diversifica poi dalla Claus. Mellae Stabile di Martens,* per sta- tura assai maggiore, minore lucentezza e striatura più fina, per maggiore globosità e numero di giri della spira, per la plica columellare più emersa e sviluppata, per quella spirale più al- lungata, per la plica palatale assai robusta, mentre negli esem- plari di Claus. Mellae dell’Amiata manca affatto o vi è appena. rudimentale. 1 BONELLI, Catalogo dei molluschi raccolti neù dintorni di Siena, negli Atti della Società Italiana di Scienze Naturali. Vol. XV, anno 1872. NUOVE SPECIE 0 FORME POCO NOTE DI MOLLUSCHI. 619 Clausilia Furvana Pini. Iphigenia (Gray.) Testa parva, rimata, ventroso-fusiformis, regulariter et flexuose striato-subcostulata, fusco-brunnea, epidermide saepius albidulo maculata; spira sensim attenuata, apice acutiuscula, laevigata ; anfractus 9 convexiusculi, ultimus basi breviter cristatus, latere parum impressum; apertura obliqua, pyriformi-ovalis, basi cana- liculata, lamella supera tenuis, marginalis; infera valida, laeviter immersa, antice bifurcata, introrsum duplicata vel ramosa; lu- nella conspicua, usque ad lamellam spiralem producta; plica pa- i latalis valida, tenuiter arcuata; subcolumellaris immersa; fauce intus fusca, exterius albo-callosa; spatium interlamellare laeve ‘uniplicatum, lamella spiralis ultra lunellam producta. Sinulum rotundatum; peristoma continuum, albidulum parum reflexum. Long. 9 4/2", Diam. 2 3/4. Habitat in valle Furva super montes Sobretta et Zebrù, pro- | vincia Sondrii. Conchiglia piccola, coll’apertura ombelicale assai ristretta, fusiforme, rigonfia nella parte inferiore, regolarmente sparsa di | strie flessuose leggermente costulate, color bruno-fosco, sovente macchiata in bianco. Spira sensibilmente decrescente nei primi giri, coll’apice levigato, quasi acuto. Nove giri costituiscono la spira, dei quali l’ultimo è lievemente crestato alla base ed al- quanto depresso al lato esterno. Apertura obliqua all’asse della conchiglia, di forma periforme- ovale con una scanellatura interna alla base. La lamella supe- riore è sottile e sporgente fino al margine del peristoma, l’infe- riore è robusta, piuttosto immersa, biforcata nella parte anteriore e ramosa all’interno. La lunella è distinta e si protrae fino alla \lamella spirale. La plica palatale assai robusta è leggermente arcuata, quella subcolumellare profonda. La bocca fosca all’in- | terno, è bianca e callosa al margine, e la lamella spirale sorpassa Sega I RR Pad 4 620 N. PINI, ha la lunella. Lo spazio interlamellare è semplice, o talora munito . d’una plica. Il margine esterno dell’apertura è bianco, continuo ed un poco risvolto. Lunghezza totale della conchiglia millime- tri 9 4/2, diametro maggiore millimetri 2 3/4. Vive in luoghi freschi ed ombreggiati fra i cespugli e sotto le pietre. È rara in val Furva sopra il monte Sobretta e più rara nella valle del Zebrù ad una elevazione fra i 1800 ed i 2000 metri. Limnaea frigida (var. nivalis) Pini. (Limnaea gemina mihi, olim in schedis.) (Gulnaria Leach.) Testa ovata, ventricosa, subimperforata, exilis, minute obsole- teque substriata, brevispira, pellucida, corneo-fulva; apertura ampla, oblique ovata, superius subacuta, inferius rotundata, pe- ristomate simplice, continuo, acuto; margine basali recto, colu- mellari tenuiter reflexo, umbilico pervio; anfractibus 3 celerrime crescentibus, a sutura parum impressa separatis; apice saepe de- cidua. Diam. maj. 6-7"", minor 4 1/4-5 4/2", Alt. 10-11 1/92. Habitat Branziis in lacubus geminis, valle Brembana, provincia Bergomensis. Conchiglia ovata, ventricosa appena perforata, sottile, fragile, minutamente e lievemente striata, pellucida, colore corneo-gial- | liccio. Apertura grande, obliquamente ovata quasi angolosa su- periormente verso il margine esterno, arrotondata inferiormente. Peristoma semplice, acuto, continuo ; margine basale diritto, quello columellare alquanto ripiegato verso l’ombellico che è quasi per- fettamente chiuso. Tre giri di spira crescenti rapidissimamente divisi da sutura piuttosto profonda. L’apice della conchiglia è d’ordinario staccato e mancante. Misura da sei a sette millimetri di maggior diametro per 4 4/4 5 4/» di minore, ed è lunga da 10 ad 11 '/4 millimetri. Vive nelle acque fredde dei laghi gemelli ai Branzi, in valle Bremba- na, a circa 1600 metri. Questa specie venne comunicata già a diversi miei corrispondenti sotto la denominazione di L. gemina. NUOVE SPECIE 0 FORME POCO NOTE DI MOLLUSCHI. 621 Limnaea frigidà (var. glacialis) Pini. (Gulnaria Leach.) Differt a varietate nivali, testa minore, magis ovata, striis 5) usve obsoletis, epidermate viridescenti saepe decidua; apertura ‘elongatiuscula, inferius ovalis-subrotundata, margine columellari ‘expansiusculo. Diam. maj. 5-5 4/s®®, Minor 4-4 4/4, Alt. 8-99°°. Habitat in lacu albo et lacu nigro, vallis Gaviae, provincia è È A a Differisce dalla varietà nivalis per minore statura, per forma più ovoidea, per le strie meno pronunciate, per l'epidermide ver- ‘dognola, spesso caduca, forse per l’azione del sole sull’ acqua fredda in cui vive. L’apertura di questa varietà è alquanto più allungata ed inferiormente ovale, quasi rotonda; il margine co- lumellare un poco più dilatato. Misura da 5 a 5 4/4" di maggior diametro per 4 a 4 4/4" di minore ed è lunga da 8 a 9”. Vive nel lago bianco e nel lago nero in Val Gavia, provincia di Sondrio, a 2000 metri. Helix carthusiana Mull. (var. arvensis Pini). (Fruticicola Held.) Testa umbilicata, subglobosa, minute striatula, subpellucida, O ‘corneo-rosea; spira parum elata, sensim crescente, anfractus 5- ‘convexiusculi, ultimus non inflatus, rubellus, zonulam albidulam ‘(ferente, antice subdeflexus; apertura lunari-rotundata, intus laeve ‘fusco labiata, peristoma acutum, margine basali subrecto, colu- ‘mellari tenuissimè reflexum umbilicum non tegente. Animal om- ‘nino niger. Diam. maj. 7 4/»®® Minor. 5 2/5" Alt. 49°. i i Habitat in agribus vervactis ad Belgiojosum provincia Papiae. NE i. Conchiglia piccola, globosetta, leggermente striata, semidiafana ì | \color corneo-roseo, spira poco dilatata crescente regolarmente, formata da cinque giri piuttosto convessi, l’ultimo non rigonfio, 622 N. PINI, risvolto all’innanzi, rossiccio, con una zona bianchiccia sul terzo superiore. Apertura lunare rotondata con un cercine interno fo- sco-rossiccio; peristoma acuto, margine basale quasi diritto, il columellare leggermente risvolto verso l’ombilico che però non ricopre. È una forma interessante, intermedia alla Helix carthusiana Mull., var. minima di Rossmissler e la H. hispida di Linneo, che parmi opportuno tenere distinta. Differisce dalla prima per minore statura e maggiore globosità, per l’ombilico più aperto, per l'apertura più arrotondata, per la superficie alquanto più striata, per il tessuto fragile e la colorazione rossiccia dell’epi- dermide, segnatamente sopra l’ultimo giro. Dalla hispida si distingue per maggior globosità di forma e consistenza di tessuto, ‘per l’apertura umbilicale più ristretta, per la mancanza di peli, per il colorito più pallido e meno opaco, per il peristoma meno risvolto, per il cercine interno, e per la spira che si svolge più celeremente la quale è formata da mezzo giro di meno. L'animale di questa forma è nero intenso, col piede cinero- gnolo; ha quattro tentacoli dello stesso colore, di cui i superiori conici, gli inferiori cilindrici alquanto più pallidi e semidiafani. La massa viscerale è parimenti nericcia ad eccezione del fegato che è di color rossiccio-ocraceo. Vive nei campi coltivati presso Belgiojoso e benchè localizzata si raccoglie in abbondanza in primavera sugli steli disseccati, .sulle siepi e sugli alberi. Succinea pleurolacha Letourneux (var. Baudoniana Pini.). Differt a typo, testa minore, fragili, spira minus elongata, co- lore pallido. Habitat in nemoribus Belgiojosii provincia Papiae. Differisce dal tipo per minor statura della conchiglia la quale è più fragile, di colorito più pallido, e per la spira meno allun- a i NUOVE SPECIE 0 FORME POCO NOTE DI MOLLUSCHI. 623 gata. Oltre a ciò differisce per alcuni caratteri dell’animale, giu- sta l’esame fattone dal chiarissimo dottor Augusto Baudon a cui ebbi ad inviarne diversi esemplari viventi. Credo di meglio non potere esprimere tali diversità che trascrivendo le sue parole: “L’animal est plus grisàtre que celui du type, les points noirs sont mieux marqués et plus nombreux avec plus de saillie. Les tentacules superieurs ont plus de longueur. Le type a une taille plus considerable. ,, Dedico quindi al dotto autore della Monographie des suc- cinées frangaises, pubblicata nel giornale di conchiliologia di- retto dal dottor Crosse a Parigi, questa nuova forma che chiamo Baudoniana esistendo già una Succinea Baudonii del dottor Drouet. Questa nuova forma vive nei boschi che fiancheggiano il fiume . Po a Belgiojoso, provincia di Pavia, ove questa famiglia ha nu- merosissimi rappresentanti. Clausilia plicatula Drap. (var. plicatulina Pini). (Pirostoma West.) Differt a typo; testa dimidii minore, graciliore; confertissime laeviter flexuose striolata, corneo-fusca; anfractus modo 10-11, spatium interlamellare minus pliculatum, lamella infera magis immersa, fauce callosa. Long. 8-9" lata 2-2 4/s!®. Habitat in valle Trumpia et valle Sabbia provincia Brixiae. Differisce dal tipo per assai minore statura, quasi la metà; per minor numero di giri di spira, da 10 a 11; per la super- ficie fittamente e leggermente striata da costoline ondulate; per | lo spazio interlamellare munito di minor numero di pieghette e la lamella inferiore più profonda, e per il callo palatale legger- mente obliquo dall’esterno verso l’interno. Misura da 8 a 9 millimetri di lunghezza per 2 a 2 */s di mag- gior diametro. Rinviensi in valle Trompia a Collio, Bovegno e Gardone ed in . valle Sabbia ad Ono e Vestone, sul tronco dei salici e dei pioppi vetusti. 624 | N. PINI, Buliminus quadridens Mall. (var. prolicus Pini). (Chondrula Beck.) Differt a typo; statura multo majore, spira lente crescente, an- fractibus 10-11, ultimus ‘/4 modo longitudinis subequante; peristo- mate incrassato, dentibus validioribus, colore pallido. Long. 14°?" RA Habitat Castelarquato, provincia Placentiae. È questa una bella varietà della specie che si distingue per assai maggiore statura e robustezza di tessuto, per la spira che cresce più lentamente, per maggior numero di giri, che nella spe- cie sono da 7 ad 8, ed in questa varietà si compone da 10 ad 11, - l’ultimo dei quali corrisponde a circa un quarto della lunghezza totale, mentre nella specie corrisponde ad una terza parte sol- tanto. I denti sono assai robusti e sviluppati, ed il colore della conchiglia è più pallido di quello del tipo. Misura 14 millimetri di lunghezza per 4 di larghezza. Trovasi abbondante a Castell’Ar- quato sul colle ove è situato il paese, nei campi e negli orti sotto le pietre. Clausilia rugosa Drap. (var. Pini Westerlund*). (Claus. rugosa Drap., var. Amtatensis Pini, in schedis.) (Iphigenia Gray.) Testa gracili-fusiformis, fusca, tenuissime regulariter striata, strigillata, anfr. 10, ultimus distantius costulatus, apertura ovali- pyriformis, clausilium superne intus rotundatum, extus in lobum validum triangulare forte reflexum, apice rectangulatum, finitum, long. 7 4/.”® diam. 2°" (Ital. sup. mons Amiata). E questa una forma abbastanza diversa dal tipo che si distin- gue per minore statura, gracilità di tessuto, colorito rossiccio-fu- ! Monographia Clausiliarum in regione palacoartica viventium. Lundae, 1878, © pag. 136. PRIORI LE RENE, NUOVE SPECIE O FORME POCO NOTE DI MOLLUSCHI. 625 sco, leggerezza e regolarità della striatura, minor numero di giri di spira crescenti regolarmente, l’ultimo dei quali ha le co- stoline più discoste fra loro. L’apertura è ovale piriforme e l’in- terno è colorito in giallo-fosco. Il clausilio è superiormente ro- tondato all’interno, e fortemente riflesso in robusto lobo all’ e- sterno, l’apice rettangolato intero. Misura 7 */» millimetri di lun- ghezza, per 2 millimetri di diametro. | Raccolsi questa specie nel 1872 a Castel del Piano nell’Amiata col dottor Silvio Bonelli di Siena, il quale nel Catalogo dei mol- luschi raccolti nei dintorni di Siena negli Atti della sesta riu- mione della Società Italiana di Scienze naturali la pubblicò sotto la denominazione di Clausilia crenulata Risso (Claus. Isseli Villa var. minor), pag. 243. Questa specie vive in diverse località della Toscana, ma vi subisce leggiere modificazioni; così a Pieve Fo- sciana è alquanto più .corta e rigonfia; a Vallombrosa assume un tessuto più robusto ed un colorito più intenso, quasi nero, mantenendo una forma più abbreviata e rigonfia; in Valle del Serchio si presenta con tessuto abbastanza robusto, ma con stria- ture poco pronunciate; alla Verna, nell’ Apennino toscano, la si osserva ancora leggermente rigonfia più del tipo e colla striatura alquanto più allargata e d’un tessuto ancor robusto. Clausilia fusca De Betta (var. mutata Westerlund *). (Clausiliastra Pfeiff.) Testa rufo-cornea, tenue regulariter striata; peristoma non continuum; callus palatalis tenuissimus, rufescens; plica infera una, longa, obliqua; subcolumellaris infra lamellam inferam sub- occulta; anfr. 10; long. 13, diam. 2 #/:"” (Udine). Cum Claus. commutata saepe confunditur. È questa una forma intermedia alla Clausilia fusca De Betta ed alla commutata Rossmissler. Si distingue dalla prima pel colorito più pallido, per statura alquanto minore e per uno o due 1 Loco citato, pag. 12. Vol. XXI. I 40 626 N, PINI, giri di spira di meno, per striatura più regolare, per il peristoma discontinuo, pel callo palatale poco pronunciato di color rossic- cio, e per la plica columellare quasi nascosta dalla plica infe- riore. , Differisce dalla commutata Rossm., per tessuto più leggero e colorito più pallido e lucente, pei giri di spira leggermente più convessi, pel callo palatale assai meno pronunciato e di colore rossiccio, per minore ventricosità di forma, e per la plica colu- mellare meno emersa. Di questa nuova forma raccolsi abbondanti esemplari nel gen- najo 1873 nella piazza d’armi di Udine sopra i muri che circon- dano il castello, e venne da me communicata a molti corrispon- denti sotto la denominazione di Clausilia commutata Rossm. x Succinea pleurolacha Letour. Debbo la determinazione di questa specie al chiarissimo dottor Baudon. È una specie elegante di forma, che non venne finora citata da alcun autore italiano, la cui esistenza in Lombardia sembra strana, poichè fin’ora non venne rinvenuta questa specie che in Sicilia e nell’ Algeria, al dire di Bourguignat e dello stesso signor Baudon, paesi assai più meridionali del nostro. La rinvenni abbastanza abbondante nelle vicinanze di Bellano sul lago di Como, sopra le roccie stillanti. Succinea breviusculta Baudon.! Elegantissima forma, del tipo della Succinea elongata Drap., intermedia alla S. arenaria Bouch. ed alla S. humilis Drouet, che al pari della precedente appartiene alla fauna della zona meridionale, e di cui nessuno fra gli autori italiani fece cenno fin'ora. Rinviensi piuttosto rara sui muschi che tappezzano le roc- cie lungo la strada lacuale da Bellano a Dervio. ' BauDoN, Supplement à la monographie des Succinées frangaises dans le Journal de Conchyliologie, dirigé par H. Crosse, Paris, octobre 1877. PI. XI, fig. 2. | NTSC NUOVE SPECIE 0 FORME POCO NOTE DI MOLLUSCHI. 627 Succinea Pfeifferi Rossm. (var. brevispirata Baudon). È una forma alquanto più accorciata nella quale la spira si svolge più rapidamente ed è formata da mezzo giro di meno. Ha una statura modesta siccome la var. mediolanensis Villa. Vive sulle cannuccie che circondano il laghetto di Alserio (Phragmites communis), ove in autunno si raccoglie abbondantemente. Pupa doliolum Brug. L'esistenza di questa specie in Lombardia, rimasta fin quì dub- biosa, trova una conferma nel rinvenimento da me fatto di ab- bondanti esemplari lungo una stradicciuola campestre che costeg- gia quella che da Torno, sul lago di Como, mette a Molina. La dispersione di questa specie è assai limitata non conoscendosi fin’ora altra località, all’infuori della succitata, che quella delle rive del Lario, vagamente citate senza indicazione di località precisata, e delle valli dell’ Oglio e del Mella, nelle località indicate dallo Spinelli nel Catalogo dei Molluschi terrestri e fluviali della Pro- vincia bresciana. Verona, 1856; non che quella di Induno presso Varese, accennata dal chiarissimo professore Pellegrino Strobel nel Essai d’une distribution orogéographique des Mollusques ter- restres dans la Lombardie, pag. 24.' Io però non posso ommettere di dichiarare che in quest’ultima località, nè nei dintorni, non vennemi dato rinvenirne pur un esemplare, per quanto diligenti ricerche v’ abbia fatte più volte in differenti stagioni dell’anno per più anni consecutivi. Vive, nella località da me indicata, in famiglie, associata alla P. Ferrarii ed alla P. Pagodula, sui muschi, sulle rupi calcari e sotto le pietre. La sua stazione è assai circoscritta, limitandosi a circa mezzo chilometro quadrato, non avendo potuto rinvenire più un esemplare nè più avanti, nè più in alto, nè in basso del luogo ove dimora. ! Estratto dalle Memorie dell’ Accademia di scienze di Torino, serie II, tomo XVIII. 628. N. PINI, NUOVE SPECIE 0 FORME POCO NOTE DI MOLLUSCHI. RIASSUNTO DELLE FORME DESCRITTE. NUOVE SPECIE. Testacella Stabilei. Clausilia tenuistriata. da furvana. Limnaea frigida var. nivalis. 3 5 var. glacialis. FORME 0 VARIETÀ NUOVE. Helix carthusiana Mull., var. arvensis. Succinea pleurolacha Letour., var. Baudoniana. Clausilia plicatula Drap., var. plicatulina. Buliminus quadridens Mull., var. prolizus. SPECIE E VARIETÀ POCO CONOSCIUTE. Clausilia rugosa Drap., var. Pini Westerl. » fusca De Betta, var. mutata Westerl. Succinea breviuscula Baudon. i Pfeifferi, var. brevispirata Baudon. Pupa doliolum Brug. INTORNO AGLI ORTOTTERI ED. AI MIRIAPODI DEL VARESOTTO. Nota del Dott. RomuaLDO PIROTTA. Il chiarissimo prof. Pietro Pavesi percorrendo nei mesi di ago- sto e settembre del corrente anno per ogni dove il territorio va- resino allo scopo di raccogliere materiali, onde illustrarne la fauna aracnologica e quella d’alto lago, non volle trascurare gli Ortot- teri ed i Miriapodi, che gentilmente mi offerse per studio. E le ricerche dell’ egregio mio maestro, benchè si siano limitate ad una sola stagione dell’anno, tornarono tuttavia molto proficue, poichè mi fornirono i mezzi di redigere il seguente elenco, ab- bastanza ricco per numero di specie ed interessante per la ra- rità di alcune delle medesime. Infatti delle specie raccolte non poche sono nuove per la fauna lombarda, quali ad esempio, Pte- rolepis apterus (Fabr.), Pt. fallax (Fisch. Fr.), Platycleis bicolor (Philippi), Arcyoptera grossa (L.), Stenobothrus declivus (Brisout) e la maggior parte dei Miriapodi; parecchie vengono anche per ‘la prima volta aggiunte all’entomologia italiana e sono: Ptero- lepis fallax (Fisch. Fr.), Platycleis bicolor (Philippi), Glomeris porphyrea Koch, GI. undulata Koch, GI. conspersa Koch, GI. qua- drifasciata Koch, Julus rutilans Koch. Il Catalogo è disposto secondo le più recenti classificazioni, e ciascuna specie è corredata dell’ indicazione della località vare- sina in cui fu trovata e dell’ habitat relativo alla Lombardia, al Piemonte ed al Canton Ticino, le tre regioni che limitano il Varesotto. Il numero complessivo delle specie somma a 92, ri- partite, come è esposto nel seguente Prospetto: 630 R. PIROTTA, PROSPETTO DEGLI ORDINI, FAMIGLIE E GENERI. Class. TINSECTA ».-...:00 | 52 Ordo ORTHOPTERA . . . . . 52 Sect. Fam. . Lasipura Leach. . . LOCUSTIDAE Leach. . ErHyrPpPicERA Serv. Orthoptera genuina . . 31 FORFICULIDAE Steph. . Forricura L. CopisceLis Fieb. . MANTIDAE Leach . . Mantis L. . GRYLLIDAE Her . OgrcantHUS Serv. . Nremogius Serv. a Opontura Ramb. . PHaANEROPTERA Serv. . ConocerHaLus Thhg. PreroLePis Ramb. PLarycLeis Fieb. . 4 1 2 1 1 1 3 Life tifio- ty | eg e DA RNA se | 1 1 1 2 1 lì 2 3 Decricus Serv. 1 JSRCRIDIDAEr Bart ida 12 . ArcyopreRA Serv. 2 Srenosorarus Fisch. Fr. 3 AroLopus Fieb. 4a. | CaLoprenus Burm. . . . . 1 Orpipopa Serv. 2 3 Tertix Chp. . Orthoptera dui ibipica 21 . LIBELLULIDAE Selys. . . 8 n fi al I A e e Class. Ordo Fam. Gen. Fam. Gen. Fam. Gen. . LiseLLA Brau. . . AESCHNIDAK Selys. . Anax Leach. . AGRIONIDAE Selys. . CaLopreryx Leach. CrocorHzeMIs Brau. Arscuna Fab. CorpuLegasteR Leach. . Lestrs Leach. . Sympycna Charp. . Acrion Fabr. Dolo MYRIOPODA.. . 40 CHILOGNATHA Latr. . . 24 GLOMERIDAEK Leach. . PHEDOHNNAH N 8 GLomeris Latr. . . . 8 POLYDESMIDAKJ.E. Gori 6 Craspeposoma Leach. 2 CHorpeuma Koch. . 1 Porypesmus Latr. . Lt JULIDAE Leach. pr. p. . 10 JuLus Li.pr) pista o A50900 Ordo CHILOPODA Latr. . Fam. . Scuricera Lamk. at ; SCOLOPENDRIDAE Newp. 1 . Cryprops Leach. n SEE . LITHOBIIDAE Newp. . . 10 16 SCHIZOTARSIA Brandt. . 1 1 . LirBosius Leach. . . . . 10 . GEOPHILIDAK Leach. .. 4 . GropHILus Leach. . . . . 4 INTORNO AGLI ORTOTTERI, ECC. 631 INSECTA. I. ORTHOPTERA. A. Orthoptera genuina. Fam. FORFICULIDAE Steph. Gen. LABIDURA Leach. 1. L. riparia (Pall.). Reise nach versch. Prov. Russ. Reich., II, 727. — Pirotta, Ortott. gen. Insubrici, n. 1. Ha. Lombardia. Loc. vares. Clivio. Gen. ForrFicuLA L. 2. F. auricularia Linné, Syst. nat., p. 686, n. 218, 1. — Pi- rotta; 10.) 1-2 HaB. Pidgito. Canton Ticino, o Loc. vares. Cazzone, Valgana, Clivio, Cuasso al Piano, Viconago, Val Travaglia, Germignaga, Biandronno. 3. F. pubescens Gené in Serville, Hist. matur. Orth., p. 46. — Pirotta, l. c., n. 4. Has. Lombardia. Loc. vares. Madonna del Monte, M. Campo dei Fiori, Isolino (Isola Virginia). Gen. CoprisceLIs Fiebh. 4. C. minor (Linné), Syst. nat., II, 686, n. 2 (sub. Forficula). — Pirotta, l. c., n. 7. Has. Canton Ticino. Loc. vares. Valganna, Val di Porto Ceresio. 632 sd R, PIROTTA, Fam. MANTIDAE Leach. Gen. MANTIS L. 5. M. religiosa Linné, Syst. nat., II, p. 690, n. 5. — Pirot- ta; dc; n. dia HaB. Piemonte, Lombardia, Canton Ticino. Loc. vares. Dintorni di Varese, Castello di Cuasso, dove è molto comune. Fam. GRYLLIDAE Burm. Gen. OrcANTHUS Serv. 6. Oee. pellucens (Scopoli), Entom. Carn., p. 32 (sub. Gryl- lus). — Pirotta, l. c., n. 18. Has. Piemonte, Lombardia, Canton Ticino. Loc. vares. Besano, Castello di Cuasso. Gen. GryLLUS L. (pr. p.). 7. Gr. campestris Linné, Syst. nat., I, 2, pag. 695, n. 13. — Pirotta: 1 0. O19. Has. Piemonte, Lombardia, Canton Ticino. | Loc. vares. Valganna, M.° S. Elia di Viggiù, Borgnana. Gen. NemoBIUS Serv: 8. N. sylvestris (Fabricius), Entom. syst., Il, 33, n, 18 (sub. Acheta). — Pirotta, l. c., n. 22. HaB. Canton Ticino. Loc. vares. Monte Campo dei Fiori (1227" s. m.). ce dthcnsti Mi _. È, Se ’ 10. 11. INTORNO AGLI ORTOTTERI, ECC. 633 Fam. LOCUSTIDAE Leach. Gen. EPHIPPIGERA Serv. . E. vitium Serville, Hist. nat. Orth., pag. 474. + Pirotta, EI, 24. Has. Canton Ticino. Loc. vares. Varese, Viggiù, Clivio. Gen. OpontuRA Ramb. O. serricauda (Fabricius), Entom. Syst., IV, ‘Append., p. 445, n. 44 e 45 (sub. Locusta). — Pirotta, 1. c., n. 26. Has. Piemonte, Canton Ticino, Lombardia. Loc. vares. Monte Poncione di Saltrio. | 0. punctatissima (Bosc.), in Acf. Soc. hist. nat. Paris, t, I, p. 44, tab. X, f. 5 A. B (sub. Locusta). — Pirotta, I. c. DZ. Ha. Canton Ticino. Loc. vares. Valganna. Gen. PHANEROPTERA Serv. 12. Ph. falcata (Scopoli), Entom. Carn.. p. 108 (sub. GryMlus). — Pirotta, l. c., n, 30. Has. Piemonte, Lombardia, Canton Ticino. “Loc. vares. Arcisate, Besano, Castello di Cuasso. Gen. ConocePHaLus Thbg. 13. C. mandibularis (Charpentier), Horae entom., p. 106 (sub. Locusta). — Pirotta, 1. c., n. 33. Has. Lombardia, Canton Ticino. Loc. vares. Clivio, Saltrio, Valganna, Castello di Cuasso, Rodero, Angera, rive del lago di Biandronno e Bardello. Osservazione. Comunissima ovunque. Degli esemplari raccolti 634 14. 15. 16. Ti, 18. R. PIROTTA, dal prof. Pavesi due soltanto, quelli dei dintorni di Cuas- so, appartengono alla varietà bruna; tutti gli altri sono verdi. Pare che in questa specie le femmine sieno molto più comuni dei maschi, poichè dei molti individui esami- nati nessuno era di sesso maschile. Gen. PrEROLEPIS Fieb. Pt. apterus (Fabricius), Entom. Syst., II, p. 45, n: 43 (sub. Locusta). HaB. Piemonte. Loc. vares. Monte S. Elia di Viggiù. Osservazione. Nuovo per la Lombardia; le località italiane di questa specie fino ad ora conosciute sono il Piemonte ed il Trentino. Pt. fallax (Fischer Franz), Orth. Europ., p. 265, tab. XIII, f. 15, 15a (sub. Thamnotryzon). Loc. vares. Monte Campo dei Fiori. Osservazione. Specie nuova per la Lombardia e per la fauna italiana. Abita la Francia meridionale, la Svizzera e l’ Un- gheria. Gen. PLatYcLEIS Fieb. PI. griseus (Fabricius), Entom. Syst., II, p. 41, n. 3. — Pirotta, l. c., nr41. Has. Lombardia, Canton Ticino. Loc. vares. Monte Poncione di Saltrio, Valganna. PI. montanus (Kollar), Beitràge, ecc., III, p. 79, n. 10 (sub. Locusta). Loc. vares. Saltrio, Valtravaglia. Osservazione. Specie-nuova per la fauna italiana, riscontrata finora in Germania. PI. bicolor (Philippi), Orth. derol., p. 24, n. 9, tab. 1, f. 5 (sub. Locusta). Loc. vares. Due esemplari £ furono raccolti sul monte Campo dei Fiori. INTORNO AGLI ORTOTTERI, ECC. 635 Osservazione. Non fu peranco indicata come io italiana; mula SIOFOnO media. 204 Gen. DectIcuS Serv. 19. D. verrucivorus (Linné), Syst. nat., I. 2, p. 698 (sub. Gryl- DI lus). — Pirotta, l. c., n. 44. Has. Piemonte, Lombardia, Canton Ticino. Loc. vares. Monte Campo dei Fiori. Fam. ACRIDIDAE Burm. Gen. ArcropTERA Serv. 20. A. variegata (Sulzer), Abgek. \Gesch., p. 84, tab. 9, f. 4 (sub. Gryllus). — Pirotta, 1. c., n. 46. HaB. Canton Ticino. Loc. vares. Varese, Val di Brinzio, monte Campo dei Fiori. Osservazione. L'individuo 9 raccolto sul Campo dei Fiori appartiene alla varietà colle ali molto corte. i | 21. A. grossa attinge Syst. nat., I, 2, p. 702, n. 58 (sub. Lo- custa). Loc. vares. Valganna, rive del lago di Biandronno. Osservazione. Specie nuova per la Lombardia; finora la sola località italiana data per questa specie è il Vicentino, dove la raccolse il Disconzi (Entom. Vicent., p. 104). Gen. STENoBOTERUS Fisch. Fr. | 22. St. declivus (Brisout), Ann. Soc. ent. Fr., 1848, p. 420 (sub. Acridium). Loc. vares. Monte Poncione di Saltrio. Osservazione. Nuovo per la entomologia lombarda. 23. St. rufus (Linné), Syst. nat., I, 2, p. 702, n. 56 (sub. Lo- ii pini custa). — Pirotta, l. c., n. 48. 636 R. PIROTTA, Ha8. Canton Ticino. Loc. vares. Valganna. : 24. St. rufipes (Zetterstedt), Orth. Suec., p. 90, n. 9 (ul Gr | lus). — Pirotta, l. c., n. 51. Has. Canton Ticino. Loc. vares. Valganna. Gen. AroLopus Fieb. 25. A. thalassinus (Fabricius), Entom. Syst., II, 57, n. 43 (sub. Gryllus). — Pirotta, l. c., n. 63. Has. Lombardia, Canton Ticino. Loc. vares. Brenno. Gen. CaLoPTENUS Burm. 26. C. italicus (Linné), Syst. nat., I, 2, p. 701, n. 46, p. p. (sub. GryMlus). — Pirotta, 1. c., n. 64. Has. Piemonte, Lombardia, Canton Ticino. Loc. vares. Varese (racc. E. Cantoni), Gaggiolo presso Ligurno. Gen. OepIPODA Serv. 27. Oe. stridula (Linnè), Syst. nat., I, 2, p. 701, n. 47 (sub. GryUus). — Pirotta, l, c., n. 71. Has. Piemonte, Lombardia, Canton Ticino. Loc. vares. Monte Campo dei Fiori. 28. Oe. coerulescens (Linné), Syst. nat., I, 2, p. 700, n. 44 (sub. GryWlus). — Pirotta, l. c., n. 72. Ha. Piemonte, Lombardia, ua Ticino, Loc. vares. Valganna, Clivio, Besano, monte S, Maffeo, monte S. Elia di Viggiù, Cuasso al Monte, Valtravaglia, Borgnana, Laveno, Ispra, Madonna del Monte. LR INTORNO AGLI ORTOTTERI, ECC. 637 Gen. Tertix Chp. 129. T. subulata (Linné), Syst. nat., I, 2, p. 693, n. 8 (sub. Gryl- lus). — Pirotta, l. c., n. 76. HaB. Lombardia, Canton Ticino. — Loc. vares. Varese, Maccagno. 130. T. bipunctata (Linné), Syst. nat., I, 2, p. 693, n. 7 (sub. ' Gryllus). — Pirotta, l. c., n. 77. Has. Piemonte, Lombardia, Canton Ticino. Loc. vares. Val di Brinzio, Maccagno. 31. T. Schrankii Fieber, Entom. Monogr., p. 130, 134, n. 5. tab. X, f. 17-19 (sub. Tetria). Has. Lombardia. Loc. vares. Valtravaglia. Osservazione. Più recenti studii, a quanto ne afferma lo Schoch, farebbero ritenere questa specie una forma lar- vale della 7. bipunctata (L.). B. Orthoptera pseudoneuroptera. Fam. LIBELLULIDAE Selys. Gen. Diprax Chp. 1. D. striolata (Charpentier). Libdell. europ., p. 78, tab. X, f. 2 (sub. Libellula). Has. Piemonte, Lombardia, Canton Ticino. Loc. vares. Varese, Lagozzo di Arcisate, Castello di Cuasso. Osservazione. I tre individui Y raccolti presso Varese dal dot- tor A. Maestri presentano dei caratteri di colorazione, che si staccano alquanto da quelli dati nelle descrizioni della specie e che credo meritino d’essere notati. Le tem- pie offrono soltanto due macchie nerastre ben marcate, e l'addome, a tinta di fondo olivastra chiara, ha il dorso del 638 R. (PIROTTA). Uno 1.° e 2.° anello e porzione talora del 3.° colorati in bruno | scuro. Similmente tinti sono al dorso i segmenti 7.°, 8.9, 9.°, 10.°; ed in un esemplare, in cui anche il 6.° è in parte. O. il tratto nero laterale si osserva pure sul secondo segmento addominale. 2. D. vulgata (Linné), Syst. nat., II, p. 201 (sub. Libellula). Has. Lombardia. Loc. vares. Lagozzo di Arcisate, Val Tresa. Osservazione. Un individuo £ assai adulto presenta, come | dice il Charpentier, il dorso dei primi tre anelli colorato in rosso ed una macchia lineare nera sugli ultimi due. 3. D. Fonscolombii (Selys), Monogr. p. 49 (sub. Libellula). Has. Lombardia, Piemonte. Loc. vares. Laghetto d’ Arcisate, Brenno. 4, D. sanguinea (Miiller), in Act. Nat. Cur., IMI, p. 122 (sub. Libellula). HaB. Piemonte, Lombardia. Loc. vares. Porto Ceresio. | 5. D. depressiuscula (Selys), in Rev. 2ool., 1841 (sub. Li- . bellula). | Ha. Piemonte, Lombardia. Loc. vares. Gavirate, Lago di Monate, Angera. Gen. LiBseLLA Brau. 6. L. coerulescens (Fabricius), Entom. syst. Suppl., p. 234 (sub. Libellula). ; Has. Lombardia. Loc. vares. Castello di Cuasso. 7. L. brunnea (Fonscolombe), Ann. Soc. ent. Fran., 1837-38 (sub. Libellula). Has. Lombardia, Canton Ticino. Loc. vares. Arcisate, pineta del conte Cicognayi I I INTORNO AGLI ORTOTTERI, ECC. 639. Gen. CrocorHEMIs Brau. 8. Cr. erythrea (Brullé). Expl. Morée, III, Ent., p. 102, pl. 32, f. 4 (sub. Libellula). Has. Lombardia. Loc. vares. Lago di Biandronno, Angera. Fam. AESCHNIDAE Selys. Gen. ANAX Leach. 9. A. formosus (Van der Linden), Monogr. Libell., p. 20 (sub. Aeschna). Has. Lombardia. Loc. vares. Varese, alla villa Ponti (racc. dott. A. Maestri). 10. A. parthenope (Selys), Bull. Acad. Brux., 1839 (sub. Aeschna). HaB. Piemonte, Lombardia. Loc. vares. Varese, alla villa Ponti, Lagozzo di Arcisate. Gen. AescHNa Fabr. HIl. A. cyanea Miiller, Act. Curios., t. III, p. 122. Ha. Lombardia. Loc. vares. Varese (racc. E. Cantoni), Porto Ceresio. 12. A. mixta Latreille, Hist. nat. Crust., Ins., t. XIII, p. 7, n. 4. Has. Lombardia. Loc. vares. Laghetto di Arcisate, Cuasso al Piano, Lago di Biandronno. Gen. CorDULECASTER Leach. 13. €. annulatus (Latreille), Hist. nat. Crust. Insect., t. XIII, p. 6 (sub. Aeschna). Has. Lombardia. Loc. vares. Laghetto di Arcisate, sentiero da Borgnana a Porto Ceresio. 640 R. PIROTTA, Fam. AGRIONIDAE Selys. i d Gen. CALOPTERYX Leach. 14. C. splendens (Harris), Exsp. Engl. Ins., t. XXX, £. 1-3 (sub. Libellula). Has. Lombardia. Loc. vares. Val Tresa, tra Ponte Tresa e la Battella. 15. C. virgo (Linné), Syst. nat., p. 904 (sub. Libellula). Has. Piemonte, Lombardia. Loc. vares. Clivio, tra Cuasso al Piano ed il Castello di Cuasso, Valtravaglia da Germignaga a Cassano. | Osservazione. Gli individui raccolti a Clivio ed a Cuasso appar- tengono tutti a quella varietà ad ali completamente tinte di bleu, che servì al Brullé per costituire la specie Agrion festiva. È la prima volta che questa varietà, ritenuta af- | fatto meridionale, viene trovata in una località preva- lentemente ricca di specie settentrionali. Gen. Lestes Leach. 16. L. viridis (Van der Linden), Monogr. Libell., p. 36. (sub. Agrion). | Ha. Piemonte, Lombardia. Loc. vares. Porto Ceresio. Gen. SrmpycNna Charp. 17. S. fusca (Van der Linden), Agrion. Bon. n. 3, f. 3 (sub. Agrion). Has. Piemonte, Lombardia. Loc. vares. Cazzone, Saltrio, Clivio, monte ‘S. Maffeo, | Arcisate, Brenno, Besano, Cuasso al ‘Piano, Val di Brin- zio, Laveno, Angera, Comabbio, Gavirate. 13. 19. 20. 21, INTORNO AGLI ORTOTTERI, ECC. 641 Osservazione. È la specie più comune di tutti gli Agrionidi; s'incontra talora in quantità innumerevole, come accadde di vedere al prof. Pavesi nelle Pinete del conte Cicogna, presso Arcisate. Gen. AerIon Fabr. A. pumilio Charpentier, Libell. europ., p. 154, tab. XXXIX. Has. Lombardia. Loc. vares. Lagozzo di Arcisate. A. elegans Van der Linden Agrion. Bonon., n. 6, f. 5. Has. Piemonte, Lombardia, Canton Ticino. Loc. vares. Arcisate, Valganna, Isolino. A. cyathigerum Charpentier, Libell. europ., p. 163, tab. XLII, POS Has. Lombardia, Canton Ticino. Loc. vares. Maccagno, Laveno, Angera. A. Lindenii Selys, Monogr., p. 167, tab. 2, f. 41. Has. Lombardia. Loc. vares. Porto Ceresio, Ispra, Gavirate. MYRIOPODA. Ord. CHILOGNATA Latr. Fam. GLOMERIDAE Leach. Gen. GLomerIs Latr. . GI. porphyrea Koch, Syst. d. Myriap., p. 88. Loc. vares. Brenno, Poncione di Saltrio, monte dell’ Orsa, Val di Porto Ceresio. | Osservazione. Specie nuova per la Lombardia e per l’Ita- lia; il Koch la indica della Germania meridionale e del- l’ Istria. . Gl. marmorata Brandt, Prodrom., p. 34, n. 4. 29 642 8. R. PIROTTA, Has. Lombardia. Loc. vares. Angera. Osservazione. Finora non fu per anco riscontrata in altre parti d’Italia ed è stata dimenticata, anche dai monografi del gruppo, l’indicazione datane dal Balsamo Crivelli fino dal 1857. . G1, undulata Koch, Deufschi. Orust. Myriap. und Arachn. Heft 40, n. 8. Loc. vares. Madonna del Monte. Osservazione. Nuova per la Lombardia e per l’Italia. — Abita la Germania meridionale. . GI. conspersa Koch, Syst. d. Myriap., p. 89. Loc. vares. Madonna del Monte, Angera. Osservazione. Nuova per la Lombardia e per l’Italia; fu trovata nel mezzodì della Germania. . G1. hexastica Brandt, Prodrom., p. 36, n. 10. Ha. Lombardia. 1 Loc. vares. Cave di schisti bituminosi nelle alture di Be-- sano. . Gl. cuadripunetata Brandt, Prodrom., p. 35, n. 9. Has. Lombardia, Canton Ticino. Loc. vares. Val di Brinzio, Madonna del Monte. . GI. quadrifasciata Koch, Syst. d. Myriap., p. 91. Loc. vares. Saltrio. Osservazione. Nuova per la Lombardia e per l’Italia. Se- condo il Fanzago questa specie e la GI. quadripunctata Koch, sarebbero una sola cosa e sinonimi entrambi della GI. guttata Risso. Già il Fedrizzi faceva rilevare le dif- ferenze tra la GI. quadripunctata e la guttata. Non tro- vando nel Fanzago le ragioni della fusione in una sola delle due specie del Koch e possedendo io un unico esem- plare riferibile alla quadrifasciata, credo, fino a prova con- traria, di dover mantenere l’autonomia delle due specie. Gl. maculata Koch, Syst. d. Myriap., p. 94. Has. Lombardia. Loc. vares. Angera. INTORNO AGLI ORTOTTERI, ECC. 643 Fam. FOLYDESMIDAE J. E. Gray. Gen. CrasPeDposoMa Leach. 9. Cr. Rawlinsii Leach, Trans. Linn. Soc. London, Vol. XI. p. 380. Loc. vares. Val di Brinzio. Osservazione. Nuovo per la Lombardia. 10. Cr. levicanum Fedrizzi, Chord. ital., p. 12. Loc. vares. Angera. Osservazione. Nuovo per la Lombardia. Gen. CaorpeuMmA Koch. 11. Ch. sylvestre Koch, Syst. d. Myriap., p. 124. Loc. vares. Valganna, Valcuvia. + Osservazione. Nuovo per la Lombardia. Gen. PoLypesMmus Latr. 12. P. complanatus (De Geer), Mém. Insect., t. VII, p. 586, | pl. 36, f. 23 (sub. Julus). Ha. Lombardia, Canton Ticino. Loc. vares. Viggiù. 13. P. edentulus Koch, Syst. d. Myriap., p. 134. Loc. vares. Brenno. Osservazione. Nuovo per la Lombardia. 14. P. pilidens Koch, Syst. d. Myriap., p. 136. Loc. vares. Madonna del Monte. Osservazione. Nuovo per la Lombardia. Fam. JULIDAE Leach pr. p. Gen. JuLus Linné pr. p. 15. J. foetidus Koch, Deutschl. Myriap. Crust, etc. Heft. 22, n. 5. Has. Lombardia. 644 R. PIROTTA, 16. Ela Lo. 21; 22. 23. 24. Loc. vares. Clivio. J. ferreus Koch, Die Myriap., II, p. 107, taf. CXVI, f. 229. Loc. vares. Valganna. Osservazione. Nuovo per la Lombardia. J. punetatus Leach, Trans. Linn. Soc. London, t. XI, p. 379. Has. Lombardia. Loc. vares. Madonna del Monte, Castello di Cuasso, An- gera. J. fuscipes Koch, Syst. d. Myriap., p. 110. Loc. vares. Madonna del Monte. Osservazione. Nuovo per la Lombardia; fu indicato di Trie- ste dal Koch e della Campagna Romana da me. . J. rutilans Koch, Syst. d. Myriap., p. III. Loc. vares. Monte S. Elia di Viggiù. Osservazione. Nuovo per la Lombardia e per l’ Italia; è co- nosciuto della Germania. . J. sabulosus Linné, Sysf. naf., I, II, p. 1065, n. 5. Has. Lombardia, Canton Ticino. . Loc. vares. Val di Porto Ceresio, Valganna, Valtrava- glia, Luino, Laveno, Gemonio, Besozzo, Isolino. J. parallelus Koch, Syst. d. Myriap.; p. 113. Has. Lombardia. Loc. vares. Clivio, Saltrio, Monte dell’Orsa. J. terrestris Linné, Syst. nat., I, II, p. 1065, n. 3. Has. Lombardia, Canton Ticino. i Loc. vares. Monte Campo dei Fiori. J. piceus Risso, Hist. nat. Europ. merid., t. V, p. 150, n. 5. Has. Lombardia. Loc. vares. Clivio, Valtravaglia. J. serpentinus Koch, Die Myriap., II, p. 106, tab. CXVI, 1. 228. Loc. vares. Valcuvia. Osservazione. Nuovo per la Lombardia; il Fanzago lo rac- colse nel Padovano, il Fedrizzi nel Trentino. INTORNO AGLI ORTOTTERI, ECC. 645 Ord. CHILOPODA Latr. Fam. SCHIZOTARSIA Brandt. Gen. Scuticera Lamk. 25. Se. coleoptrata (Fabricius), Spec. Insect., t. I, p. 531 (sub. Scolopendra). Has. Lombardia. Loc. vares. Monte S. Elia di Viggiù. Fam. SCOLOPENDRIDAE Newp. Gen. CryPToPs Leach. 26. C. Savignii Leach, Zoolog. Miscell., t. III, p. 42. Has. Lombardia. Loc. vares. Arcisate. Fam. LITHOBIIDAE Newp. Gen. LitHoBIus Leach. 27. L. grossipes C. L. Koch, Syst. d. Myriap., p. 146. Loc. vares. Viggiù. | Osservazione. Nuovo per la Lombardia. 28. L. terreus Fedrizzi, Litob. ital., p. 22. Loc. vares. Malnate. Osservazione. Nuovo per la Lombardia. 29. L. forficatus (Linné), Syst. nat., I, II, p. 1062 (sub. Scolo- pendra). Has. Lombardia, Canton Ticino. Loc. vares. Saltrio, Valganna, Isolino. 30. L. impressus C. Koch in WAGNER, Reise im Regensch. Al- gier., B. III, p. 224, tab. XI. QI E IA SA _ | 646 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. R. PIROTTA, Loc. vares. Monte Campo dei Fiori. Osservazione. Nuovo per la Lombardia. L. Targionii Fanzago, Chilop. ital., p. 21. Loc. vares. Monte Campo dei Fiori. Osservazione. Nuovo per la Lombardia. L. inaequidens Fedrizzi, Litob. ital., p. 33. Loc. vares. Monte Campo dei Fiori. Osservazione. Nuovo per la Lombardia. L. macilentus L. Koch, Die Myriap.-Gattung Lithobius, p. 63. Loc. vares. Valganna. Osservazione. Nuovo per la Lombardia. L. eximius Meinert, Myriap. Mus. Haun., II. Lithob. în Naturh. Tidss., 3, R. 8, p. 333. Loc. vares. Germignaga. Osservazione. Nuovo per la Lombardia. L. communis Koch, Deutschl. Crust. Myr. u. Arachn., H. 40, t. 24. Loc. vares. Monte Campo dei Fiori. Osservazione. Nuovo per la Lombardia. L. lapidicola Meinert, l. c., p. 328. Loc. vares. Biandronno. Osservazione. Nuovo per la Lombardia. Fam. GEOPHILIDAE Leach. Gen. GroPHILUS Leach. G. linearis C. Koch, Deutsch. Crust. Myriap. u. Arachn., HeBicfo | Loc. vares. Isolino. Osservazione. Nuovo per la Lombardia. G. flavus (De Geer), Mém. Ins., t. VII, p. 561 (sub. Sco- lopendra). i Loc. vares. Monte Campo dei Fiori. A È È INTORNO AGLI ORTOTTERI, ECC. 647 Osservazione. Nuovo per la Lombardia. | 39. G. ferrugineus C. Koch, Deutschl. Crust. Myr. u. Arachn., | H. 3,t.2. È: Has. Canton Ticino. Loc. vares. Monte Campo dei Fiori. 40. G. laevipes Koch, Syst. d. Myriap., p. 169 (sub. Himan- tharium). Loc. vares. Clivio. Osservazione. Nuovo per la Lombardia. CONTRIBUZIONI ALLA GEOLOGIA DEL FRIULI. COMUNICAZIONE del Dott. Prof. CAMILLO MARINONI. II. ULTERIORI OSSERVAZIONI SULL’ EOCENE FRIULANO. Nello scorso anno; pubblicando negli Atti del R. Istituto Ve- neto di Scienze una breve Nota sull’eocene del Friuli,” feci rile- vare una nuova località fossilifera nel monte Plauris, le specie di animali ivi rinvenute ed il livello a cui si doveva riferire. — A quelle prime indagini altre ne feci seguire sempre allo scopo di definir meglio la formazione accennata, nonchè di raccogliere i materiali per la illustrazione della fauna eocenica friulana; ed ebbi la fortuna di rintracciare alcune località tuttora inesplorate | 4 MARINONI C., Di un lembo eocenico nelle falde settentrionali del Monte Plauris. O Venezia, 1877. 648 C. MARINONI, le quali, nei loro tratti più caratteristici, confermano pienamente le precedenti deduzioni ed il parallelismo dell’ eocene medio del Friuli con quello di altre contrade italiane e straniere già illu- strate. — Nel lavoro cui attendo di una monografia completa di questa fauna, che possa servire di raffronto e di complemento / allo studio litologico e stratigrafico già pubblicato dal profes: sore T. Taramelli,' ‘troveranno posto alcune considerazioni pa- leontologiche sulla fauna stessa; questa nota ha per iscopo di stabilire soltanto il fatto dei nuovi rinvenimenti e di produrre l'elenco delle specie fossili raccolte e determinate. Nell'autunno 1877 ero nuovamente sul M. Plauris. Ricercai un’altra volta e con qualche frutto le località di Rio Lavaria e di Rio Cideis; quindi esplorai quel tratto di monte che è com- preso fra il corso del Rio Compers e quello del Rio Sarai, alle spalle del villaggio di Resiutta, dove il prof. Pirona aveva segna- lato un affioramento nummulitico. Si incontra il deposito fossili- fero a settentrione delle case di Col-lungo, a quasi 750 metri sul livello del mare (bar. aner.) da dove discende nell’angusto val- lone del Rio Lavinale, confluente del Rio Compers. La sua forma petrografica è quella di una marna calcarea bruna, zeppa di nummuliti, attraversata da venature di marna piombina e da interstratificazioni di calcare bianco a struttura ora fibrosa ed ora lamellare: qua e là poi affiorano pure dei massi di brecciola nummulitica in stato di sfasciume. L’area occupata da questo lembo eocenico è assai limitata; lo spessore suo è presso a poco di 40 metri come quello del Rio Lavaria, ma sotto forma di frana scende nel ristretto vallone fin quasi a 500 metri sul livello del mare; e la stratificazione è inclinata di forse 40° verso nord nord-ovest, ed in perfetta discordanza cogli strati sottostanti di dolomia a Megalodon. Per quante indagini abbia fatte non per- venni a scoprirvi alcuna traccia della puddinga quarzosa rosea impastata di Nummulites spira Roissy, tanto caratteristica del- l’eocene medio friulano e che pure aveva riscontrata più a nord- 4 TARAMELLI T., Catalogo ragionato delle rocce del Friuli; nelle Memorie della R. Accademia dei Lincei. Anno CCLXXIV, (1876-1877). Roma, 1877. CONTRIBUZIONI ALLA GEOLOGIA DEL FRIULI. 649 ovest nelle marne piombine del Rio Lavaria; — invece mi apparve \ caratteristico l'aspetto arenaceo marnoso. . Già in vicinanza delle case di Col-lungo, sul ciglione del monte il terreno è formato da un detrito di piccole Nummuliti papiracee affatto sciolte, a cui sono mescolati frantumi semicalcinati di 3 o 4 | Specie di Gasteropodi e di Radiarii. — Invece sul fianco del bur- — rone, nel cuore del deposito, i fossili si estraggono principalmente dai letti marnosi di color plumbeo, ma sono come rammolliti, per cui non si possono togliere interi se non con somma difficoltà. Molti sono altresì frantumati, ed anzi accennerò ad un fatto che mi pare di una certa importanza: raccolsi parecchi esemplari di una grande Nummulite a forma molto espansa (Numm. exponens Sow.), spezzati per le ineguali pressioni subìte in seno al depo- | sito e poscia i frammenti riuniti da vene spatiche. A mio avviso questo fatto non può essere staccato dall’ altro delle interstratifi- cazioni di calcare fibroso insinuate fra le marne stesse; nonchè da quello del rilevantissimo spessore delle conchiglie di una specie di Ostrea, non per anco determinata, che si rinviene appunto ed esclusivamente in tali marne. Ecco l’elenco delle specie fossili raccolte in questa nuova lo- calità di Rio Lavinale a Col-lungo, che sommano a 21: Serpula spirule®a, Lamk., Var. minor. — Nelle marne piom- bine, con esemplari adulti. Raccolsi questa specie anche al Rio Lavaria e al Rio Cideis nel Monte Plauris; poi si rinviene anche a Buttrio e ad Ottelio nei colli del Friuli orientale. i Fusus sp. ind. Nelle marne piombine; il solo nucleo interno. Se ne trovano di identici anche al Rio Cideis. Cerithium sp. — Nelle brecciole nummulitiche (Pirona 1876). Keilostoma sp. (prope X. minor, Desh.). — Nel detrito mar- noso sul ciglione più alto, alla superficie. Turritella imbricataria Lamk. — Dentalium n. sp. (per la quale si propone di il nome D. heza- gonum nob. —). — Nel detrito marnoso superficiale, sul ciglione più alto. 650 C. MARINONI, Cardium sp. — Nelle brecciole nummulitiche (Pirona 1876). Plicatula sp. — Sulle nummuliti, nelle marne piombine. Pecten sp. ind. (frammenti) — Nel detrito marnoso superfi- ciale del ciglione. Pecten sp. ind. (frammenti). — Id. Altri frammenti sfila specie identica raccolsi nel deposito marnoso del ‘R. Cideis. Ostrea sp. — Nelle marne piombine. E la stessa specie dal guscio poderoso che si trova nelle marne piombine al Rio Lavaria. Cidaris itala Laube, (radioli). — Nel detrito marnoso super- ficiale sul ciglione più elevato. Raccolsi altri radioli di questa stessa specie al Rio Cideis, ma erano già noti nei depositi di Ottelio, Brazzano e Russitz. Conocrinus Thorentii, d’Arch., (articoli separati). — Nel de- trito marnoso superficiale sull’alto del ciglione. | La specie era già stata rinvenuta dal prof. Taramelli nel deposito di But- trio e Ottelio. Trochocyatus equicostatus V. Schaur. — Nelle marne piom- bine. È specie comune nei colli eocenici del Friuli orientale, e fu già da me rin- venuta anche al Rio Cideis. Cyclozeris Perezii J. Haime. — Nelle marne piombine. Orbitoides dispansa Mich. — Nel detrito marnoso superfi- ciale sul ciglione più elevato. i Tale specie fu raccolta anche a Buttrio, e a Rosazzo nel Friuli orientale dal prof. Taramelli. Nummulites perforata d’Orb. — (Pirona 1876) nel detrito superficiale. L’identica specie fu pure da me raccolta al Lavaria, al Rio Cideis e a Col Secondo nel Monte Plauris, a Ottelio e a Rosazzo nel Friuli orientale. Nummulites planulata Lmk. — Nel detrito superficiale mar- noso sul ciglione più alto. Si trova anche a Ottelio di Buttrio. CONTRIBUZIONI ALLA GEOLOGIA DEL FRIULI. 651 _Nummulites exponens Sow. Varietà assai depressa e ampia. — Ne raccolsi numerosissimi esemplari ad ogni livello del deposito, ; d è su alcune di queste nummuliti che stanno appiccicate le È Plicatule. — Nummulites Lucasana Défr. — Nel detrito superficiale. Specie comune anche al Rio Lavaria, al Rio Cideis, e ad Ottelio di Buttrio. Nummulites mammillata d'Arch. — Nel detrito superficiale. TORI Pra} aio Queste specie, almeno quelle definitivamente classificate, ap- | partengono dunque quasi tutte alla fauna dell’eocene medio che si rinviene nelle più classiche località di Nizza, del Vicentino, . del Veronese e nei depositi del Friuli orientale; e parecchie an- cora furono già da me notate per le località vicine di Rio Lava- ria e di Rio Cideis. Riguardo alla loro distribuzione farò osser- «| vare che mentre alcune sono rarissime, come per esempio la Ser- i pula spirulea Lmk., altre invece abbondano, quali la Numm. exponens Sow. che raccolsi a centinaja; e che le marne piombine e la brecciola calcareo-marnosa in sfasciume sono contrassegnate «anche da tipi organici distinti. Le prime contengono di prefe- . renza la Nummulites exponens Sow., i corallarii, la Serpula spi- rulea Lmk. e le grosse Ostrea; — nel detrito della brecciola invece si trovano la Nummulites planulata Lmk., l’Orbitoides di- spansa Mich., il Cidaris itala Laube, il Conocrinus (Bourguet- ticrinus) Thorenti d’Arch.; cioè i rappresentanti delle faune di due piani distinti dell’ eocene medio. D'altra parte ho già fatto notare come la brecciola nummulitica in via di sfasciamento appaja sull’alto ciglione, e affiori sotto le marne piombine; e che queste, tenuto calcolo della inclinazione degli strati e del modo di loro sollevamento, che qua e là ac- | cenna perfino a qualche lieve contorsione, siano da ritenersi per i superiori; infine che manca affatto la puddinga quarzosa. — È Queste condizioni stratigrafiche e paleontologiche mi indurreb- n a riferire la sottostante brecciola al piano dei conglome- î Loi PLAY” _ VIDE ap. rati nummulitici di Buttrio, e a considerare le marne plumbee del /lysch come un insensibile passaggio al piano immediatamente » i . î 652 C. MARINONI, superiore di Rosazzo, qui non chiaramente rappresentato, ma in- vece molto facilmente riconoscibile alle località di Rio Lavaria e di Rio Cideis, per l'abbondanza dei corallarii fra i fossili, e per | la puddinga quarzosa rosea con Numm. spira Roissy che ne è | caratteristica. Il deposito di Rio Lavinale a Col-lungo, sul versante setten- trionale del monte Plauris, appartiene dunque all’eocene medio; e sebbene isolato e così potentemente rialzato, non è che un altro dei lembi, ancora rispettati dalla erosione, di un’unica formazione arenaceo- marnosa che cingeva tutto all’ intorno il. monte gigantesco, e di cui non si scorgono ora che pochissimi avanzi assai limitati. Nella località di Attimis, fra i colli a levante del torrente Torre, nei cui dintorni sono assai ben sviluppate le brecciole calcaree dell’ eocene inferiore, si nota una alternanza di queste con strati ora di arenaria con Retepora sp. e Nemertilites Strozziù Menegh., ed ora di marne, le quali contengono pure dei fossili di specie caratteristiche dell’eocene medio. Ebbi dal dott. Na- scimbene Giordani, ed io stesso quivi raccolsi in una breve escur- sione, alcuni esemplari di petrefatti, che sono: Fusus Noe, Lmk. Natica crassatina, Ad. Brongn. Cerithium giganteum, Lmk.? — È una porzione compren- dente 3 soli degli anfratti medii: spogliata assolutamente del guscio, se ne conservò il solo nucleo interno; e misura così com’ è ben 30 centimetri di lunghezza. Turritella imbricataria Lmk. Cyphosoma cribrum Agazz. Echinolampas affinis Desm. Echinolampas sp. ind. Tutte queste specie, ma quelle degli echinidi ancor più . delle altre, affermano l’equivalenza di quelle marne cogli strati nummulitici a Serpula spirulea Lmk. di Ottelio di Buttrio. È CONTRIBUZIONI ALLA GEOLOGIA DEL FRIULI. 653 Cal a L’ultima e più importante località che mi resta da annove- rare è quella del monticello di Noax presso Corno di Rosazzo, all'estremo lembo orientale della provincia. I colli che gli fan ‘corona furono già il campo di molte ricerche e di accurati studii «del prof. T. Taramelli; ma la nuova località non forni fino ad ‘ora che gli assai interessanti materiali della collezione dell’in- gegnere Giovanni Cabassi (in luogo), quelli non meno pregevoli posseduti dal dott. Gortani in Arta (Carnia), nè gli uni nè gli altri peranco studiati; e finalmente quelli da me raccolti, sog- ‘getto di queste osservazioni e appartenenti al Gabinetto di Storia naturale del R. Istituto tecnico di Udine. Il deposito è in tutto quello stesso che fu già descritto dal prof. Torquato Taramelli* costituente geologicamente le colline da Buttrio a Cormons: cioè un calcare marnoso di color oscuro, facilmente sgretolabile dopo una lunga esposizione agli agenti ‘atmosferici, e delle marne in completo sfacelo, alternantisi senza apparente distacco, che hanno una generale inclinazione verso nord-est. Abbandonando la strada appena oltrepassato il ponte sul torrente Corno, nel declivio dei colli affiorano bentosto, sulla sinistra di chi cammina verso Noax, alcuni banchi di arenaria, che sono gli strati più profondi, giacenti nell’ andamento generale della formazione. Sopra questi appoggiano gli strati marnosi a frattura scagliosa, dapprima scarsi di reliquie organiche, quindi sommamente fossiliferi, in. cui predominano le spoglie dei Molluschi gasteropodi; ma vi si incontrano anche gli Echinidi, la Alveolina oblonga d’Orb., la Nummulites spira de Roissy e la Serpula spi- rulea Lmk., nonchè molte specie di corallarii: — è però degno di ‘osservazione che questi ultimi sono abbondanti soltanto nella parte più elevata del deposito. Tutta la formazione poi è solle- vata, talchè di sotto alle marne fanno capo qua e là le testate rotte dei banchi di lumachelle calcaree nummulitiche in esse se- polti, 1 TARAMELLI T., Sopra alcuni echinidi cretacei e terziarii del Priuli ; negli Atti del R. Istituto veneto di scienze, serie III, vol. XIV, pag. 9. Ip. 1D., Sulla formazione eocenica del Friuli; negli Atti della Accademia di Udine, anno 1870. i 654 C. MARINONI, Le specie dei fossili ho determinate con tutta cura, mediante. confronti con esemplari delle località vicine di Buttrio, Cormons, | e Rosazzo, e rimontando, sempre che mi fu possibile, alle de- scrizioni e alle figure originali dei singoli autori nelle opere clas- | siche di Deshayes, di Ad. Brongniart, di Bronn, Reuss, Fuchs e D’ Achiardi; alcune per altro sono affatto nuove, o per la prima volta rinvenute nell’eocene friulano, per cui danno al deposito di Noax un carattere marcatissimo di individualità. — Il giaci- mento considerato nel suo complesso, non è che una continua- zione del piano di Rosazzo dell’eocene medio, e trova i più esatti raffronti paleontologici col calcaire grossier del Bacino di Parigi, nelle argille di Barton in Inghilterra, e meglio ancora nei de- positi tufacei di S. Giovanni Ilarione e di Roncà nel Vicentino; parallelismo che fu già riscontrato tanto dal Taramelli quanto dal d’Achiardi nello studio stratigrafico e paleontologico del banco - madreporico di Rosazzo e di Cormons. Per altro, facendo uno studio dettagliato delle faune che prevalgono nei singoli strati, e dei rapporti che questi strati hanno fra di loro, sebbene l’a- spetto litologico si mantenga sempre lo stesso, crederei di dover distinguere almeno due formazioni: superiormente la continua- zione del banco madreporico di Cormons e Rosazzo, vero equi- valente del S.Giovanni Ilarione nei depositi vicentini, il quale si adagierebbe su una potente massa di marne di qualche centi- najo di metri di potenza, in cui mescolati ai coralli appajono e predominano alcuni dei fossili caratteristici del piano di Buttrio | appena inferiore, ed equivalente all’ orizzonte vicentino di Monte Postale. — In mezzo poi alla pluralità delle specie eoceniche se | ne incontrano altresì parecchie affatto oligoceniche, di quelle del Bacino di Vienna e dei colli di Torino. È dunque nell'intento di dare un’esatta idea del deposito, col rilevare una tale asso- ciazione e far notare le specie di fossili più interessanti, che riferisco qui con alcune osservazioni, ! l'elenco dei fossili da me raccolti nelle marne di Noax: ' Sono contrassegnate con asterisco (*) quelle specie che non sono ancora state rinvenute nei depositi eocenici friulani, e per queste sole sono anche fornite le cita- ARP rie è » Sy dA CONTRIBUZIONI ALLA GEOLOGIA DEL FRIULI. 655. Serpula spirulea Lmk. — Var. minor. = rara. ) *Strombus (Rimella) Bartonensis Sow. = rara (Woopwarp, Man. conch., pag. 222, pl. 4, fig. 2; ediz. francese). Rostellaria fissurella Lmk. = comune, in esemplari assai ben conservati. *Murex crispus Lmk. = (DesHAYESs, Descript. des Coq. foss. des environs de Paris; Tom. 2, pag. 589, tab. 81, fig. 7 a 12). Un esemplare un po’ rotto, ma in cui l’ornamentazione del guscio assai ben conservata non lascia dubbio sulla determina- ‘zione della specie. *Triton argutum Sow. = un solo esemplare. Ha molta ana- logia col 7. nodulosum Bors., col 7. nodiferum Lmk.j ma si” ‘avvicina anche al ‘7. appenninicum Sassi ed al T. viperinum Lmk., tutte specie di terreni più recenti. Conoscendo pertanto la variabilità di forme pronunciatissima in questa specie, con- frontai il fossile di Noax anche cogli esemplari della collezione paleontologica del Museo di Milano, dove trovai la più grande analogia con un esemplare tipo della specie indicata, dell’ eocene d'Inghilterra, proveniente dalla collezione De Cristoforis e Jan. L’etichetta originale dell’esemplare di Milano porta il seguente ri- ferimento: Catalogus fasc. 2, gen. 55, sp. 16; però debbo far noto che il fasc. 2.° del Catalogus Conchylia fossilia, ecc. della colle- zione De Cristoforis e Jan, non fu mai pubblicato. Non mi fu possibile di consultare la frase originaria di Sowerby, e non trovai citata tal specie neppure nel Bronn Index paleontologicus, per cui riportandola in questo elenco mi riferisco in tutto e per tutto all’esemplare del Museo milanese. *Voluta Besanconii Beyence. zioni delle opere consultate per stabilirne la identità. Indubbiamente però alcune specie sono del tutto nuove, per cui ne stabilii i caratteri più salienti, come li potei rilevare dagli esemplari studiati, non sempre in uno stato di conservazione perfetta. Non avendo ancora potuto consultare alcune illustrazioni di fossili eocenici di recente pubblicazione, ho pensato di riservare le frasi caratteristiche definitive e le figure illustrative, già presentate alla sezione di geologia della VII Riunione della Società italiana di scienze naturali in Varese (settembre 1878), per uno studio ulteriore; epperò saranno comprese soltanto nella Monografia dei fossili eocenici del Friuli cui attendo. 656 C. MARINONI, Fusus Noe Lmk. * — crispus Bors. = (Borson, Saggi oritt. piemont. nelle j Mem. Acad. di Torino, Tomo XXVI, pag. 317; e anche nell’HéR- NES, Die fossilen Mollusken des tertiéir- Beckens von Wien. î Vol. I, pag. 291, tav. 32, fig. 3.) — Sarebbe una specie miocenica. —. *Cassis sp. (prope O. striata Sow.!! = gli esemplari da me | studiati erano tutti o guasti nella regione boccale o deformati | per compressione; per cui non mi riuscì di stabilire se non con | approssimazione la identità specifica. Ancillaria buccinoides Lmk. *Conus deperditus Brug. (non Brocchi). = (DesHaAYes, De- | script. des coq. fossil. des environs de Paris. Tom. 2, pag. 745, — tab. 98, fig. 1 e 2). *Pleurotoma clavicularis Lmk.? = esemplari guasti. *Cyprea amygdalum Brocchi? = il solo nucleo interno. *Ovula sella-turcica, nob. (nuova specie) = Si avvicina alla O. tuberculosa Duclos figurata nell'opera del Deshayes, di Retheuil e di Cuise La-Mothe nel bacino di Parigi; ma ne differisce asso- — lutamente per la forma delle gibbosità che si innalzano sul suo | dorso trasversalmente, una all’avanti, l’altra verso la parte poste- riore, a modo di colline allungate, irregolari, assai rilevate e separate fra di loro precisamente da una depressione a sella. E un fossile di gigantesche proporzioni, e potei studiarne i ca- ratteri sopra 4 esemplari, uno dei quali completo. — La con- chiglia è grossa, ventricosa, pesante, ricoperta da gusci di Ostrea e da Plicatula aderenti; non è perfettamente simmetrica, spezzata e un po’ contorta forse per la pressione degli strati in cui fu rin- chiusa, e colla forma di una vera sella turchesca. L’esemplare completo (coll. Cabassi) da me studiato misu- È rava: lunghezza dalla apertura ant. alla post. . ©. mill. 155 larghezza in corrispondenza al tubercolo post. ;, 106 n » » ant. » 88 La parte boccale è squarciata in tutta la sua lunghezza da una apertura sinuosa e canaliculata, il cui bordo esterno è solcato | CONTRIBUZIONI ALLA GEOLOGIA DEL FRIULI. | 657 da denti numerosi e fitti, e le labbra decorrono molto ravvici- nate, solo che alle due estremità anteriore e posteriore sono un po’ divaricate e rivolte all'insù, contornanti la terminazione del- l'apertura boccale stessa. Per quante indagini abbia fatte coi mezzi a me disponi- bili, non riuscii a stabilire la identità degli esemplari di Noax con alcuna delle specie conosciute; epperò propongo una nuova specie colla seguente frase caratteristica: O. testa magna, irregulare, ventricosa, oblonga, convexa, mar- ginibus involutis; — apertura longitudinalis sinuosa, angustata, ad extremitates effusa; margine externo dentato; — concavitate ad basim ampla, profunda....... Natica maxima Taramelli (non N. maxima, Grat.). *—. hybrida Lmk. = esemplare assai guasto. — perusta Ad. Brong. — intermedia Desh. — ponderosa Desh. * — abscondita Desh. — (DesHayYEs, Anim. sans vertebr., Tomo 3 pag. 68, pl. 70, fig. 21 a 23). — acuta Desh. — — Spherica Desh. *Chemnitzia lactea Lmk. Cerithium vicetinum Bay. — Questa specie in tutti i de- positi eocenici friulani è sempre rappresentata da numerosi esem- plari, che a Noax sono conservatissimi e spesso si ponno racco- gliere in mezzo alle marne, ancora ritti, nella posizione naturale in cui furono abbandonati sul fondo marino. Il prof. Taramelli nei suoi scritti ammetteva il C. cornucopia Lmk., e vi riferiva gli esemplari di Russitz e Brazzano che oggi si possono identificare con quelli di Noax. Sulla scorta dei di lui studii io pure aveva dapprima accettata la specie C. cornucopie Lmk.; — i nuovi esemplari conservatissimi mi fanno invece riportare alla specie C. vicetinum Bay. anche tutti gli esemplari trovati nelle altre località eoceniche del Friuli orientale. Vol. XXI. 42 658 C. MARINONI, *Cerithium Castellini Ad. Brongn. = (Ap. BRONGNIART, Ter- rains trappéens du Vicentin; pag. 63, tab. 3, fig. 20). — funato-granulatum Taramelli. — calcaratum Ad. Brong. = (BRONGNIART, Terr. trapp. du Vicentin; pag. 69, tab. 3, fig. 15). Cerithium submarginatum d’Orb. * — sp. ind., del tipo del C. vulgatum, in esemplari numerosi ma sempre assai guasti. Turritella imbricataria Lmk. Vermetus lumbricalis Taramelli. *Nerita Cumani nobis (nuova specie) — Due esemplari che si rassomigliano alquanto alla N. gigantea Bell. e Mich. — Sono in- completi nella regione boccale; ma però visibili le callosità del ‘ labbro interno, le tracce di un canale presso la base della colu- mella e 5 denti del labbro. Il guscio esterno è solcato da deli- catissime strie di accrescimento equidistanti fra loro ed egual- mente profonde se viste alla lente; si notano però due linee più marcate che decorrono segnando un lieve solco sull'ultimo an- fratto. Sembra inoltre che il guscio potesse essere colorato a zone. Proporrei per la nuova specie la seguente frase caratte- ristica : N. globosa heliciformis; — testa crassa; anfractibus 4 celeriter crescentibus, prioribus tribus minimis, via distinguendis, ultimo maximo illos obvolvente, tenuissime transversim striato; spira brevi, plana, apertura dilatata, labro crassiusculo, dentato... Neritina Schmideliana Chemn. Trochus coronatus Taramelli. — Nuova specie fondata dal Taramelli su un esemplare di Rosazzo e finora inedita. Uno scru- poloso confronto avendo accertata l'identità della specie con un esemplare trovato nelle marne nummulitiche di Noax assai meglio conservato, ne stabilisco qui la frase caratteristica: | Tr. conicus, basi plana; — testa anfractibus 7, planis, subimbricatis, granulatis atque trasversim striatis; columella obli- qua; ultimo anfracto angulato; apertura?.... Si avvicina al 77. CONTRIBUZIONI ALLA GEOLOGIA DEL FRIULI. 659 mitratus Desh., ma ne differisce per la ornamentazione granulare. *Delphinula calcar Lmk. = (DesHaves, Descript. des foss. des envir. de Paris; Tom. II, pag. 203, tab. 23, fig. 11 e 12). — scobina Brongn. *Dentalium substriatum Desh. = (DesHAyEs, Monograph. du genre Dentale. Par. II, pag. 366, tav. 18, fig. 1 e 2). * — hexagonum, nobis (nuova specie). = Conchiglia a sezione esagonale in cui gli spigoli rappresentano le 6 coste principali più rilevate, che poi comprendono fra loro uno spazio leggermente convesso solcato da 7 strie più sottili che si esten- dono per tutta la lunghezza del tubo. Altri individui di questa specie medesima ho rinvenuto nel detrito marnoso eocenico di Rio Lavinale. La frase caratteristica di questa specie che si pro- pone, sarebbe: D. testa tubiforme, leviter arcuata, ad extremitatem posticam sensim attenuata; pervîa utrisque extremitatibus; — sectione hexa- gona, apertura orbiculari; costis longitudinalibus prominentibus 6, inter costas longitudinaliter tenuissime striata ..... *Chama lamellosa Lmk. Ostrea cyatula Lmk. Pecten sp. ind. — Sp. ind. Cardita sp. ind. Cidaris itala Laube = radioli isolati. — suburalis d’Arch. = radioli. Conoclypus conoideus Lmk. = frammenti del guscio. Trochocyatus equicostatus Reuss. - Smilotrochus incurvus d’Ach. Placosmilia elliptica d’Ach. Circophyllia truncata M. Edw. et Haime. Leptaxis (Turbinolia) multisinuosa Mich. _ bilobata d’Ach. Leptophyllia Catulliana d’Ach. Rabdophyllia granulosa d’Ach. 660 C. MARINONI, Plocophyllia? forojuliensis d’Ach. Pachygira Savii d’Ach. Colpophyllia flexuosa d’Ach. Favia sp. (prope F. Meneguzzi d’Ach.), ma impossibile a de- terminarsi con sicurezza per il cattivo suo stato di conservazione. Phyllocenia irradians M. Edw. et Haime. Heliastrea alpina d’Ach. Stylophora pulcherrima d’Ach. Stylocenia taurinensis M. Edw. et Haime. Astrocenia subreticulata d’Ach. Cycloseris Perezii J. Haime. — ephippiata d’Ach. Polytremacis Bellardi J. Haime. Nummulites spira de Roissy. — granulosa d'Arch. — levigata Lmk. — striata Lmk. Orbitoides sp. ind. Operculina canalifera d’Arch. Alveolina oblonga d’Orb. = comunissima nelle marne degli strati inferiori. in numero copiosissimo La fauna fossile di Noax ora a me nota, comprende adunque di aellilt.. 0 ou «nego: ] Gasteropodi . . . —», 37 dicui 19 nuove per i Wrigli Acefali . è 5 Echinidi o 3 Corallatfine 104%: ALGOHIOLEL #29 Rizopodi Ù 7 in totale specie 73; ma è indubitabile che nuovi studii aumenteranno tali cifre, rela- tive soltanto alle scarse indagini da me fatte. Per la stessa ragio- ne non deve far impressione se le nuove specie appajono tutte fra i gasteropodi: cosa naturale, perchè questa classe dei molluschi CONTRIBUZIONI ALLA GEOLOGIA DEL FRIULI. 661 non era ancora stata studiata con dettaglio come lo furono gli echinidi dal prof. Taramelli! ed i coralli dal D’Achiardi ? alle cui pubblicazioni mi sono riferito perchè redatte per buona parte sui materiali stessi che costituiscono la collezione dei fossili del Gabinetto di storia naturale del R. Istituto tecnico di Udine. — Scarsi per vero sono gli Acefali, nè il piccol numero di nuclei indeterminabili che ho potuto raccogliere bastano a controbi- lanciare la copia esuberante dei gasteropodi e dei coralli. Siccome poi queste due forme animali prevalgono in strati di- stinti (i molluschi nei piani più profondi, cogli echinidi, le Al- veoline e certe specie di Nummuliti; ed i zoofiti nei piani supe- riori con qualche Cerithium ed altre specie di Nummuliti), con graduato rimutarsi dell’una nell’altra fauna, pur conservandosi la stessa forma litologica marnosa, io penso doversi attribuire que- sto fatto a condizioni locali di profondità di quel mare. Un sol- levamento eocenico sarebbe stata la causa che ai depositi carat- terizzati della fauna che accompagna la Serpula spirulea si sia sostituito un banco madreporico ricco di svariatissime forme co- ralline, frammezzo alle quali durarono tuttavia alcune delle spe- cie ivi già prima stabilite. Udine, agosto 1878. 1 TARAMELLI T., op. cit. 2 D’ACHIARDI A., Coralli eocenici del Friuli. Pisa, 1875, con tavole. IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. OSSERVAZIONI STRATIGRAFICHE E PALEONTOLOGICHE DEL Dott. CARLO FABRIZIO PARONA. OSSERVAZIONI STRATIGRAFICHE. È I. Delimitazione della regione dove si sviluppa il Pliocene. La regione collinesca della provincia pavese, che è oggetto de’ miei studii, ha per confini naturali: ad ovest il torrente Curone, ad est il torrente Bardonezza, i quali, scorrendo quasi nella mede- sima direzione sud-nord, la separano rispettivamente dalle pro- vincie d’ Alessandria e di Piacenza: a sud la valle del torrente Ardivesta, che, seguendo una direzione da est ad ovest, sbocca pressochè perpendicolarmente nella valle della Staffora: a nord la Via Emilia, aperta nelle estreme pendici delle colline e per gran tratto parallela alla direzione delle formazioni plioceniche. I terreni che compongono questa regione costituiscono quella se- rie di colli che da Pavia si vedono d’un tratto elevarsi dalla va- sta pianura padana a formare i primi contrafforti della catena apenninica, che chiude vagamente a mezzogiorno l’ orizzonte lom- bardo. ' Queste osservazioni stratigrafiche e paleontologiche furono fatte dietro eccitamento e sotto la guida del prof. Taramelli e presentate come tesi alla Commissione per gli esami di laurea nell'estate dell’anno 1878. — L'autore nel presentarle alla stampa è lieto di esprimere la propria riconoscenza all’amatissimo maestro per la sollecitu- dine e per l’amore con cui lo iniziò in quella scienza che professa con tanto plauso. vedi N° “Sc Ma ———_—————r—_———__ n" IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 663 Condizioni orografiche e geologiche.' Le numerose valli dell’ 01- trepò pavese ‘sono percorse da torrenti, di cui i principali, oltre a quelli già sopra accennati, sono la Staffora, il Rile, la Coppa, grosso torrente formato dalla confluenza di altri tre, detti la Schizzola, la Ghiaja di Borgoratto e la Ghiaja Coppa, e quindi lo Scuropasso e l’ Aversa. Ciascuno di essi sboccando nella pianura tocca una di quelle grosse borgate, che si incontrano appunto ai piedi dei colli e lungo la Via Emilia, quali Retorbido, Casteggio, Broni, Stradella. Tutti seguono una direzione da sud a nord, finchè scorrono frammezzo ai colli, ma raggiunto il piano volgono ad est e con- fluiscono nel Po, formando quell’angolo acuto che si chiama go- mito d’inflessione. Questo fatto è una testimonianza evidente delle vicende subite dal Po nell'epoca posglaciale e quaternaria: ci ri- corda quell'epoca in cui esso, 0, per meglio dire, le acque pro- venienti dalle Alpi e scorrenti da ovest ad est, si allargavano tanto da influenzare sui torrènti apenninici persino al loro sbocco dalle vallate. Di più ci rappresenta, insieme all’altro fatto del terraz- zamento, il graduale impoverirsi delle masse d’acqua del Po, per diminuzione di contributi, sino a ridursi all'attuale portata. Tra i fatti geologici, che si potrebbero citare come causa dei suaccennati bacini idrografici, non crederei di poter ricorrere, per spiegare quelle dirette a nord, perpendicolarmente quindi alla di- rezione del miocene e del pliocene, a spaccature, le quali come è noto, lasciano a testimonianza della loro formazione gravi di- sturbi stratigrafici, quali non si riscontrano nella nostra regione. Infatti se ci facciamo ad esaminare la stratigrafia dei colli che circondano la valle della Staffora, per citare un esempio valevole per tutti, non la troviamo per nulla spostata, anzi si potrebbe quasi dire che gli strati di una parte si continuano alla stessa altezza dall'altra, inquantochè l’altitudine che raggiungono le ! La carta idrografica, che correda questo lavoro, è la riduzione a 50000 di quella topografica dello Stato maggiore italiano: quella geologica venne stesa adottando la serie dei terreni stabilita dal prof. cav. T. Taramelli per la sua carta geologica della Provincia di Pavia, presentata alla Esposizione didattica pavese (1877). 664 C. F. PARONA, formazioni variano di pochi metri nei colli che sono di fronte da ciascun lato della valle. 7 La necessità d’ escludere l’origine per spaccatura suggeri- sce quella per erosione, fenomeno anche questo subordinato al modo col quale sarà avvenuto il sollevamento dei terreni suba- pennini, il quale, per quanto regolare vogliasi ritenere, non sarà mai da credersi tale, per cui si debba escludere la formazione di sinclinali, nelle quali si saranno raccolte le acque di scolo dei rilievi prodotti dalle anticlinali. Pel lavorìo di tali acque; con- tinuato per lunghissime epoche geologiche, si saranno adunque scavati i bacini attuali. Oltre a queste vi hanno altre valli con direzione perfettamente . perpendicolare, o quasi, a quella delle prime. Due sono quelle del torrente Ghiaja Coppa e del Rio Ghiaja di Borgoratto, che confluiscono formando il Coppa, una terza è quella del Torrente Ardivesta. La linea curva segnata dalle due prime devesi attri- buire, a preferenza di ogni altra causa, alla natura dei terreni. Infatti questi torrenti, per buon tratto dalla loro origine, seguono la direzione generale sud-nord, poi, incontrando un ostacolo al loro corso nella formazione calcarea di Montalto, piegano ad ovest nella formazione marnosa, nella quale tornò loro agevole lo sca- varsi un vasto letto. La valle dell’ Ardivesta invece presenta ca- ratteri, per cui le si può attribuire un’ origine per spaccatura, apertasi in linea pressochè retta nelle rocce mioceniche, per causa di fratture parallele all’asse di sollevamento subito dai terreni di quest'epoca. i Le valli, di cui abbiamo ora tentato di indagare l’ origine, sono per lo più molto ampie a cagione della poca resistenza che i ter- reni dei primi colli, costituiti in generale da elementi incoerenti, oppongono ai corsi d’acqua, i quali al rapido squagliarsi delle nevi, od in seguito ad abbondanti pioggie precipitano improvvi- samente e con velocità straordinaria. L'ampiezza di tali valli rag- giunge e sorpassa talora il chilometro, come si verifica princi- palmente in diversi punti della valle della Staffora. Ma la so- verchia estensione che assumono i letti dei torrenti a danno della | IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 665. coltivazione, trova un certo compenso nel fatto che presentano un facile piano, dove si poterono aprire quelle comode strade, che staccandosi dalla Via Emilia, dirigonsi con dolce pendìo verso il crinale dell’ Apennino. | Come succede comunemente di tutti gli scoli degli Apennini, anche i nostri in certe stagioni dell’anno sono privi di acqua. La Staffora stessa, la quale nelle stagioni delle pioggie ben si merita il nome di fiume per la portata delle sue acque, nei mesi asciutti ne contiene una quantità che appena basta a far muo- vere qualche ruota da molino e che prima di raggiungere lo sbocco della valle nella pianura si disperde fra le ghiaje. Questo fatto è una naturale conseguenza della natura prevalen- temente argillosa del suolo, su cui l’acqua scorre senza poterlo ‘penetrare a mantenere durature quelle fonti, la cui mancanza rende tanto disagevole il viaggiare su questi contrafforti, quanto per lo contrario lo favorisce l'abbondanza di esse nel vero Apennino ligure, concessa dalla diversa natura delle rocce. Dalle valli salendo sui monti, vi si riscontrano non pochi fatti, dei quali non credo inutile dare una breve descrizione, ed affinchè questa riesca più chiara radunerò artificialmente i colli in tre zone, basandomi sulla differente loro altitudine. Partendo da mez- zogiorno vediamo elevarsi dalla valle dell’ Ardivesta una prima serie di eminenze, la quale le scorre parallela per un tratto, poi sì piega in parte a nord, dirigendosi verso il colle di Montalto pavese e in parte va a costituire, continuando la stessa direzione, quell’argine che fa mutar direzione al torrente Tidone. Queste eminenze raggiungono le maggiori altezze che si riscon- trano nella regione che descriviamo, varianti dai 400 ai 600 me- tri e si presentano costituite da roccie di varia natura. Nel primo tratto abbiamo i monti di S. Ambrogio (529), di Rocca Susella, di Fortunago (564), di Costa de’ Galeazzi (616") formati alla base dalle marne cineree del miocene e nel corpo dai conglome- rati pliocenici. Dalla Costa de’ Galeazzi, per volgere verso Mon- talto, si piega a tramontana e si passa sulla Costa Pelata; epi- teto derivatole appunto dalla natura ingrata del terreno, dove 666 C. F. PARONA, attecchisce scarsa vegetazione. Questo dosso tocca l’altezza di 648 ed è formato quasi per intiero dalle argille scagliose del- l’eocene superiore. Ad est della Costa Pelata abbiamo il gruppo dei Monti di Canevino (449%), costituiti da arenarie e calcari marnosi a fucoidi, sedimenti marini del periodo Aquitaniano, de- posti a mantello delle argille scagliose e delle serpentine, le quali affiorano in altro punto della regione che vado descrivendo, cioè nella valle del Curone, sopra il paesello di Zebedassi. Tutte le rocce già enumerate, quelle stesse che attualmente, insieme alle rocce mioceniche, cui presto accennerò, forniscono ai torrenti i materiali delle loro alluvioni, sono pur quelle che nell’ epoca pliocenica venivano erose dai torrenti, discendenti dai monti superiori, da cui traevano quei pochi ciottoli di roccie emersorie (serpentini e gabbri) e quella ingente quantità di materiali sedi- mentari, calcarei specialmente, con cui innalzavano i vastissimi thalweg ed i delta, di cui troveremo imponenti avanzi nella fascia pliocenica. A questa più alta zona ne succede una seconda, nella quale i colli sono disposti irregolarmente, seguendo la varia struttura geologica del suolo. La forma predominante è quella offertaci dal colle di Montalto Pavese, la cui ossatura è data inferiormente dalle marne cineree e da arenarie che costituiscono il fondo delle valli e per intero i minori rilievi e superiormente da calcari marnosi e da arenarie. Tutte queste sono rocce mioceniche corrispondenti le prime ai periodi Serravalliano e Langhiano, le seconde al Torto- niano, sovrapposte in ordine stratigrafico alle arenarie con ele- menti ofiolitici e diasprigni e con ligniti, che si vedono affiorare sotto il paese di Canevino ed a Pozzol del Groppo (553"). Questa diversità litologica rompe la monotonia data al paesaggio dalla predominante formazione marnosa, specialmente per virtù delle rocce calcared*arenacee, che formano di solito il culmine di quei colli, sfasciandosi in un terriccio sufficientemente fertile. Da ciò ne deriva che la parte bassa delle valli è formata da festoni, a spigolo piuttosto acuto, di marne cineree bene spesso spoglie di vegetazione, mentre la parte coronale degli spartiacqua presenta IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 667 una struttura più accidentata e resa ridente da coltivazione mol- tiforme. A questa serie di colli possiamo ascrivere il monte che si innalza ad ovest di Staghiglione (238), quello già accennato di Montalto Pavese (467%), di Pietra de’ Giorgi (311"), di Ci- cognola (295"), della Castana (320%) e così via. Discendendo alla più bassa zona si entra nelle formazioni del pliocene, orlate, per così esprimermi, a sud dalla formazione delle marne gessifere, che dà un suolo arido, a vegetazione natural- mente meschina, le cui maggiori ricchezze sono le numerose cave di Gesso. Questo minerale presentasi sotto i due stati di gesso sac- caroide, usato come materiale di costruzione e di ornamentazione, scavato attivamente a Codevilla nel letto del torrente Luria ed a Montescano in val dell’Aversa, e di gesso cristallino, che si cuoce, traendone il gesso da presa, specialmente ad Oliva-Gessi. Anche in questa zona delle marne gessifere si verifica il fatto sovraccennato dei colli coronati da terreni diversi da quelli che ne costituiscono la base. Infatti troviamo la Madonna del Monte (496), il Monte Telegrafo (458"-), il Colle di Sant’ Antonino, di Mondondone (464%), di Torre del Monte (383), il Monte Cesa- rino (424"), Calvignano (316%), Mornico ed altri, i quali, mar- nosi nella loro massa principale, sono coronati da conglomerati pliocenici. Il luogo dove meglio che in qualunque altro si può vedere il grande sviluppo che assume la formazione gessifera è la val- letta del torrente Riale, precisamente ad ovest di Oliva-Gessi. La massa gessosa costituisce quivi il versante della collina che da Gessi discende al letto del torrente, in cui fra gli strati sgor- gano parecchie abbondanti polle d’acqua solfurea, annunciata an- che a notevole distanza dall’ odore distintissimo di acido solfidrico. La collina che ne forma il versante opposto è anch’ essa costituita quasi totalmente da banchi di gesso, nei quali è aperta una lunga caverna, che attraversa tutta la collina.' ! Questa caverna presenta tre aperture: la prima, vicina al fondo della valle e quasi sbarrata da un gran masso franato, apre l’adito all’interno; al suo principio ha un’al- tezza di cinque metri all'incirca ed una larghezza di poco difterente; ma poi va mano ‘668 ©. F. PARONA, Le ultime falde apenniniche, formate da colline alla loro volta | costituite da terreni del terziario superiore, formano singolare con- _ trasto collo squallore della regione marnoso-gessifera, perchè pre- sentano un aspetto ridente e un'abbondante vegetazione special- mente di vigneti, i quali prosperano nel mantello di terreno ve- getale feracissimo. . * LES Per farci un’idea chiara della natura dei terreni accennati per ultimo, portiamoci là dove il piano comincia a farsi più acciden- tato ed interniamoci in qualcuna di quelle vallette scavate dai torrenti, i quali colle loro opere degradatrici ci prepararono i più evidenti ed istruttivi spaccati. Una delle più opportune a questo scopo è certo la valle del torrente Limbione, che ha le sue ‘ori- sini al monte Brizzone e scorre ad est di Volpedo e di Casalno- cetto. Risalendo dal piano vogherese (spaccato 1°) si attraversano le alluvioni recenti, che isolano i lembi a piattaforma del 2° periodo glaciale, rispettate dal terrazzamento successivo. Queste, cambiate alla superficie in un buon terreno vegetale, sono costituite da ar- gille molto fine e biancastre, che in taluni punti acquistano le pro- prietà opportune per dare dell'ottima creta da mattoni, come si verifica nella Val del Coppa, dove si trovano rinomate fornaci. mano restringendosi per modo da rendere quasi impossibile il progredirvi. È da no- tare che gli strati che ne formano la vòlta e le pareti, non dimostrano spostamenti di sorta. A mezza collina si incontra un secondo buco inaccessibile ed al termine del versante opposto la terza apertura. Da quanto si osserva all’intorno di quest’ ultima mi pare si possa arguire l'origine di questa galleria naturale, senza ricorrere a salti o dislocazioni,,che non si potrebbero sostenere con prove di fatto. Da Calvignano e fra le colline di Pegazzera e del Fontanone, apresi una vallicola la quale, precisa- mente dopo il buco della Camerà (così è chiamata la caverna in discorso) è sbarrata da un altro colle; sul fondo di essa scorre un torrentello, che attraversando la ca- verna sbocca poi nel Riale. Ora io suppongo che questa galleria sia un effetto della | erosione del medesimo torrente, il quale non avendo potuto aprirsi una via attraverso l’ostacolo poc'anzi accennato, trovò più facile strada per qualche crepatura, prodot- tasi necessariamente col sollevarsi di strati di diversa resistenza ed allargatasi di poi, mediante un diuturno lavorìo d’erosione, fino a trasformarsi nella caverna descritta (Li o : _9 IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 669 Esse nel loro andamento stratigrafico non presentano alcun di- sturbo, per cui si possa dire che furono smosse anche di poco dalla posizione in cui furono deposte. A Casalnocetto il terreno cambia natura e sotto alle alluvioni glaciali si vedono affiorare le marne sabbiose plioceniche, giacenti in posizione discordante colle prime, sotto le quali i loro strati si ‘nascondono. Poco più in alto cessano del tutto le alluvioni ed il terreno superficiale è dato dalle stesse marne giallastre, solo tratto tratto coperte da piccoli banchi di pura sabbia, che vedremo poi essere avanzi dei depositi del primo periodo glaciale. Le marne sabbiose assumono alla superficie per ossidazione un ‘colore giallo-rossastro «intenso e, litologicamente considerate, sono ‘pressochè del tutto calcaree, come lo sono le rocce apenniniche «dal cui sfacelo esse provengono. In taluni siti predominano le ‘sabbie, che altrove si fanno più marnose sino a cambiarsi in vera «imarna, in altri non di rado si incontrano degli strati poco estesi di argille azzurre, le quali però sono collegate alle marne per modo da non poterle ascrivere ad altra formazione. La stratigrafia non è uniforme o, dirò meglio, non è costante, imperocchè ap- ‘pena sotto le alluvioni la postura delle marne è poco lontana ‘dalla orizzontale, ma poi, mano mano ci accostiamo al monte Brizzone, si fanno sempre più inclinate sino quasi a justaporsi agli strati di conglomerati che si avvicinano alla verticale. Col mutare della disposizione stratigrafica, si muta alquanto anche la loro natura litologica, giacchè le fine marne si fanno sempre più grossolane ed avvolgono maggior numero di ciottoli coll’ approssimarsi alla formazione loro sottoposta. Laddove il torrente mette a nudo coll’erosione la roccia in posto, si riscontrano dei fossili, discretamente abbondanti, spe- cialmente in due località, poste vicino alla Cascinella, che deseri- verò parlando della Fauna, della quale quivi si ràccolse buona parte dei materiali. | La formazione delle marne sabbiose cessa poco sopra alla già ‘citata Cascinella e precisamente di poco più in alto del punto dove confluiscono il torrente Brizzone ed il Limbione. Da que- 670 C, F. PARONA, sto punto volgendo ad est e salendo nel letto del Brizzone en- triamo in mezzo ad una potentissima serie di strati a conglome- rati, che s’ innalzano verticalmente a formare il monte Brizzone (432”-), il più alto dei colli pliocenici del territorio di Volpedo. Anche in questa formazione prevalgono gli elementi calcarei, associati a ciottoli di diaspro, di gabbro e di serpentino, però non molto frequenti. I materiali sono piuttosto sciolti, di guisa che è continuo il franare in quei luoghi dove non sono tenuti in sesto dalla vegetazione. L’alternanza che vi si osserva di strati a grossi elementi, sino a ridursi a fina sabbia, è una prova per ritenerli sedimenti alluvionali deposti alla foce di un corso d’ac- qua, che nelle sue varie fasi abbandonava materiali grossolani o minuti. Fra i ciottoli non ne ho riscontrati di improntati; moltissimi invece di quelli rivestiti da valve di ostree, che si potrebbero rac- cogliere a centinaja e molti di quelli forati da litofaghe, delle quali però quivi non mi fu dato di trovare avanzi determinabili. Nel complesso i materiali sono non poco alterati e colorati intensa- mente in rossastro da ossido di ferro. A sud del monte Brizzone affiorano le marne cineree, nelle quali non si riscontrano banchi del noto solfato e ad esse succedono discordanti le formazioni mioceniche ed eoceniche. La serie delle roccie ora descritta non comprende tutte le di- verse forme litologiche che costituiscono il pliocene di questi colli. Essa si presenta più completa (Spaccato 2°) salendo il letto del torrente Luria, che scorre dai monti Telegrafo e Garlazzolo verso Codevilla. Anche quivi le marne sabbiose succedono alle alluvioni sin dalle estreme pendici: esse non si presentano diverse da quelle descritte, solamente vi si osservano più numerosi certi grumi bian- chi, che in quantità si raccolgono dovunque nel mantello di que- ste marne, tanto alla superficie che nell'interno: Sono essi con- crezioni di carbonato di calce, con proporzione piuttosto insolita di fosfato di calce, bianche ed informi, le quali, per la loro non molto grande dimensione e pel modo con cui si trovano dissemi- nate, suggeriscono l’idea che non sieno altro se non la sostanza calcarea di organismi deformata da qualche azione chimica. d IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 671 Procedendo nella medesima direzione, giunti al punto dove il Luria erode le falde della collina di Garlazzolo di sotto, si veri- fica la seguente successione di terreni. Sotto alle marne, prima a comparire è una formazione da 6 a 7 metri di una arenaria marnosa a strati compatti, alternati con altri ad elementi più sciolti. Presenta essa un colore bianco-ce- ruleo ed è priva, per quanto mi fu dato osservare, di fossili ani- mali, mentre contiene certi corpi, che hanno l’apparenza di ve- getali, la cui sostanza organica sia stata sostituita dall’ arenaria stessa, ingiallita ed indurita dall’ossido di ferro. Essa giace in stratificazione concordante coi conglomerati, di potenza a un dipresso uguale, immediatamente sottoposti, i quali hanno un’inclinazione molto minore di quelli del monte Brizzone. Sono anch’ essi costituiti dal solito calcare, da qualche raro pezzo di serpentino e dal quarzo nelle sue varietà; presentano però di particolare il fatto che gli strati alternano con altri, che sem- brano limitati a piccole lenti, di pochi centimetri di potenza, for- mati di quella stessa arenaria poco sopra descritta e di più sono distinti anche perchè in certi punti si mostrano cementati, per cui gli strati così costituiti sporgono dagli altri meno resistenti all’azione degradatrice. Un fatto simile lo osservai anche nella collina che sovrasta a Retorbido, dove dalle marne sporge un gran masso di conglome- rato pure cementato e contenente fossili (Pecten, Venus, Ceri- thium, ecc.). | È ! I conglomerati posano sull’argilla gessifera, che presentasi con un colore bluastro molto carico, a straterelli sottili e privi di fos- sili che coprono i banchi di gesso. Passando in mezzo a questi il letto del torrente si restringe d’assai sino a diventare una pic- cola chiusa, le cui pareti presentano i più bizzarri effetti della forza erosiva dell’acqua. Gli strati, dello spessore di 70 a 80 cen- timetri, sono di varia tenacità ed hanno un’inclinazione di poco discordante con quelli dei conglomerati. Quivi non sono rari i grossi cristalli a ferro di lancia, ma prevale il gesso subsaccaroide, che, | come già dissi, viene estratto. Dagli strati superiori scola un’ ab- 672 C. F. PARONA, bondante sorgente d’acqua acidulata dall’acido solfidrico e nelle vicinanze si osserva un’altra sorgente che si crede ferruginosa. Gli strati inferiori passano ad un’argilla bituminosa gessifera, che segna il passaggio dalle marne cineree molto sviluppate, le quali alla loro volta si addossano alle rocce mioceniche. |. Tale disposizione stratigrafica ne’ suoi tratti più generali si po- trebbe chiamare tipica pel nostro pliocene; tuttavia in taluni siti si notano alcune differenze molto interessanti. A questo propo- sito degni di considerazione sono i dintorni di Casteggio, dove i conglomerati, inclinati di quanto vedemmo a Codevilla, si svilup- pano tanto da costituire buona parte del monte Cesarino, dal quale si accompagnano discendendo giù nella valle del Rile sino alla cascina Tronconero. Quivi costituiscono un’ alternanza di strati sabbiosi ed a ciottoli, distinta per una minore alterazione degli elementi, per l'abbondanza de’ ciottoli diasprigni variamente co- lorati e di quelli forati dalle litofaghe, delle quali il prof. Bal- samo Crivelli! raccolse frammenti, che riferì alla Petricola lamel- losa, Lamk., alla Gastrochaena dubia ed alla G. gigantea. A destra di questo affioramento, che si nasconde sotto le so- lite marne, si estendono le grandiose gessaje della Camerà e di Oliva-Gessi, le quali, inclinate come a Codevilla, non si mostrano coperte dai conglomerati, ma bensì dalle marne rossastre. (Spac- cato III) | Questo fatto è prezioso per decidere la questione, se cioè le due formazioni a conglomerati ed a marne sieno da ritenersi come co- stituenti un solo o due piani distinti. Esso ci prova che laddove, per una accidentalità della spiaggia, non si potevano deporre dei conglomerati, allo stesso piano si formavano strati di una roccia identica a quella, che ricopre dovunque i conglomerati. Insisto su questa osservazione perchè, secondo il mio modo di vedere, quan- tunque isolata, pure serve a convincermi maggiormente, che le marne superiori sono coi conglomerati in così stretti rapporti, per cui non si possono assolutamente distinguere in due periodi, 1 Notizie naturali e chimico-agronomiche sulla Provincia di Pavia. 1864, pag. 32. Dì IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 673 senza incontrare ostacoli‘ nei rapporti stratigrafici e, come ve- dremo in seguito, di Fauna. Un'altra interessante particolarità si può studiare alla casa California, sita a pochi passi da Casteggio, ove sotto ad una pila di strati ghiajosi e sabbiosi, appartenenti, come dimostrerò poi, al 1° periodo glaciale, si scorgono delle testate di strati inclinati a nord. Questi sono costituiti da una sorte di arenaria calcarea, molto fossilifera e formante non un tutto continuo, ma invece una associazione di grumi giganteschi, rappresentanti le più biz- zarre forme stalattitiche, botrioidali, concrezionate, tufacee e così via. A rendere più singolare ancora questa roccia, concorrono certe scagliette di gesso, le quali ci assicurano che essa è legata alla formazione gessifera, per guisa che quivi rappresenterebbe i conglomerati che altrove immediatamente a quella si sovrappon- gono. Tale supposizione è avvalorata dalla osservazione prece- dente e da quella fatta nei campi a nord di Mairano, dove nello scavare una buca si toccarono i gessi sotto alle marne a 5 o 6 metri di profondità. Le forme bizzarre offerte da quest’arenaria ed il gesso conte- nutovi mi suggerirebbero l’idea di un sedimento deposto sotto l’in- fluenza di qualche sorgente incrostante; ma la presenza di una gran quantità di avanzi animali, non trasportati, ma in istato di perfetta conservazione, i quali non avrebbero certamente potuto vivere in tale elemento, mi fa rifiutare tale ipotesi. Piuttosto le scagliette di gesso ed i limpidissimi cristalli di selenite, che riempiono le cavità di taluni fossili, potrebbero rappresentarci l’effetto di fenomeni endogeni sviluppatisi posteriormente alla sua deposizione, o meglio l’effetto di acque filtranti, provenienti dai vicini depositi gessiferi, pregne del solfato, che deponendosi avrebbe servito da cemento all’arenaria. Quest’ ultima supposizione mi sembra la più accettabile anche perchè una analoga arenaria ce- mentata si sviluppa alla Castana (Broni) immediatamente a ri- dosso dei gessi. Questo è un fatto importante e in base ad esso sì deve attribuire alla formazione della California un’estensione ed un'importanza non limitata. Vol. XXI. 43 67th. C. F. PARONA, — La presenza poi di abbondanti avanzi di grossi tronchi di le- gno completamente petrificati m’induce a credere che durante tale trasformazione si sieno determinati certi movimenti moleco- lari di attrazione attorno agli organismi in decomposizione per cui si poterono formare quelle bizzarre concrezioni, che in.certi casi evidentissimamente incrostano i vegetali. Ai tre spaccati, che unisco a schiarimento di quanto ho detto sopra, vorrei unirne un quarto pel territorio di Broni e Stradella, ma certi dubbii che ancora rimangono da risolvere mi consigliano a sospendere. Posso però dire fin d’ora che anche qui il terzia- rio superiore mantiene pressochè la medesima fisonomia, offrendo di particolare la posizione degli strati a conglomerati, rovesciata piuttosto che verticale e la quasi totale mancanza delle marne; mancanza però apparente soltanto, essendo esse coperte dalle de- jezioni del Po, che scorre poco lungi. * i cei Da tutti questi particolari e dalla carta geologica possiamo formarci il concetto di quanto doveva succedere su quest’ area su- bapennina al principio del pliocene marino. Qui non si riscon- trano che sedimenti di spiaggia, o dirò meglio di delta, che ac- quistano la massima estensione all’intorno della valle della Staf- fora, estensione la quale diminuisce quanto più ci allontaniamo da quella. | . Associando questo fatto all’altro, che le marne sabbiose co- prono solo la parte più bassa dei conglomerati, possiamo argo- mentare, che successivamente al sommergersi della formazione dei gessi, un potente corso d’acqua, che avrà percorso presso a poco la valle della Staffora, avrà abbandonati i materiali trasportati molto avanti sugli stessi banchi gessiferi. In seguito continuando il graduale abbassamento si sarà ritirato corrispondentemente dalla zona dei gessi su quella delle marne cineree, il punto dove le acque fluviali perdevano il potere di trasportare i materiali più grossi, mentre nella fascia, che passava mano mano a ‘maggiori profondità, si deponevano contemporaneamente le sabbie marnose. » IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 679 II. © La formazione gessifera è limite fra il miocene e il pliocene. Alla descrizione dettagliata del terreno dell’Oltrepò pavese rite- nuto pliocenico è necessario far seguire quella dei confini, in cui si presume doversi ritenere limitato. Cominciamo dal descriverne gli inferiori. Riconoscendo nel pliocene un’ epoca ben distinta dalla mioce- nica, sembra molto naturale ritenere come punto di partenza, per stabilire la separazione fra quelle due epoche, la formazione ges- sifera. Questa formazione se non è un fenomeno tale da servire di confine preciso, indiscutibile, fra i due periodi, e da togliere quei legami, per cui da ogni epoca si ha un passaggio più o meno graduato ad un’altra, si presenta tuttavia come fenomeno così generale e costante, per la catena apenninica, da persuadere es- sere esso l'orizzonte più sicuro, fra gli altri del terziario medio e superiore, e però più adatto ad esserne il separatore. Questa fisonomia spiccata gli proviene dalla natura degli elementi che concorrono a costituirla, quali sopratutto il gesso e lo zolfo, le sorgenti solfuree e petroleifere, le ligniti e i ben conservati fos- sili vegetali; fatti tutti che accennano l’esistenza ai piedi di tutto _l’Apennino, di una zona di stagni e di paludi, che rappresente- rebbero le attuali maremme in quell'epoca così lontana, prece- dente all’ abbassamento, sul quale poterono depositarsi sopra gli altri sedimenti pliocenici. Nella Provincia pavese la formazione delle argille gessifere ac- quista un altro carattere differenziale nel fatto, che in essa ebbe termine quel fenomeno pel quale era impedita ogni manifesta- zione di vita animale anche in terreni d’ origine anteriore, quali le marne azzurrognole mioceniche. Il prof. Taramelli' attribuisce questo fatto a qualche manifestazione di quei fenomeni endogeni 1 Osservazioni stratigrafiche sulla Provincia dì Pavia. 1877. Rend. Ist. Lomb. 676 | C. F. PARONA, pei quali si erano molto prima generate le serpentine e le ar- gille scagliose e che per ultimo concorsero a produrre le nume- rose amigdali di gesso, le quali rappresenterebbero l’ultima fase di una vulcanicità periferica; essendo confortato lo stesso autore ad escludere la genesi dello zolfo dalla decomposizione del sol- fato di .calce, dalla osservazione diverse volte fatta di zolfo nativo ‘nei grandiosi e nitidi cristalli di selenite. Per tutte queste particolarità sembra dunque veramente ap- prezzabile il valore attribuito a codesta formazione di limite fra i due periodi medio e superiore del Terziario. Rimane ora a de- cidere se le argille gessifere siano da collegarsi al miocene od al pliocene. Per risolvere il dubbio non mi pare da accogliere l'opinione di quelli che le riferiscono al miocene,' in quanto che i dati che of- fre e la stratigrafia e la paleontologia mi confortano a ritenere il contrario. Per riguardo alla stratigrafia basterà accennare le relazioni che passano fra il miocene e la zona gessifera nella località clas- sica di Sant’ Agata nel Tortonese. Chi partendo da Serravalle si dirige verso Tortona, attraversando quella serie di colli che vanno man mano degradando alla pianura, cammina sulle roccie del miocene medio sino a Stazzano, dove si imbatte nella formazione del miocene superiore a strati concordanti con quelli del medio, sollevati quasi alla verticale e costituiti da conglomerati con Aw- cillarie e con altre caratteristiche specie mioceniche. Codesta for- mazione continua, irregolarmente stratificata, sino a Sant’ Agata, dove è costituita da quelle argille universalmente note per la loro ricchezza di fossili. Quivi gli strati presentansi meno sollevati, con un’inclinazione a sud e sopportano, a stratificazione perfet- tamente discordante, le argille coi gessi, che coronano il colle di Sant’ Agata e che più in basso formano il sottosuolo del plio- cene inferiore, il quale loro si sovrappone quasi parallelamente. 1 SEGUENZA, Brevissimi cenni intorno le formazioni terziarie della Provincia di Reggio Calabria. Messina, 1877. IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 677 Questa disposizione così evidente a Sant’ Agata non si deve rite- nere un fatto accidentale, ma bensì generale, imperocchè anche nel nostro Oltrepò si riscontrano ancora le stesse argille gessi- fere, pressochè concordanti col pliocene, coprire le testate ku strati miocenici inclinati a sud. Per riguardo alla prova paleontologica si hanno due dati: uno è la Fauna marina pliocenica, che il Mayer ' riscontrò nel Messiniano - inferiore del Tortonese a marne multiformi di poca potenza e ap- pena indicate sotto è gessi; l’altro è la Flora dei gessi di Mon- tescano (Stradella), nella quale il prof. Sordelli non riscontra specie diverse da quelle trovate nei depositi pliocenici di Val di Chiana.* Questi fatti convincenti credo basteranno, senza insistere più oltre, a provare l'opportunità di assegnare al pliocene la for- mazione gessifera. * x Xx La formazione delle argille di S. Colombano Lodigiano è limite stratigrafico superiore del pliocene dell’ Oltrepò Pavese. Per sciogliere la questione dei confini superiori, devesi premettere che il terreno descritto risultò, dalle osservazioni paleontologiche, ap- partenere al Messiniano superiore, per cui devesi indagare dove trovasi il corrispondente pliocene più recente. Non potendosi cre- dere che quei banchi di sabbia (del 1° periodo glaciale), che si incontrano lungo le falde delle nostre colline, seguano immedia- tamente in ordine stratigrafico ai terreni da essi coperti, sia per la evidente discordanza fra gli strati, sia perchè troppo distinti litologicamente, bisogna rivolgere altrove le ricerche. Senza ab- bandonare la formazione pliocenica della nostra Provincia, tro- viamo quanto cerchiamo alla collina od altipiano, come meglio si vorrebbe chiamarlo, di S. Colombano, legato, come è noto, ai colli oltrepadani pei mezzi di un sepolto sistema di rilievi, coperti dalle 1 Studii geologici sulla Liguria centrale. R. Comitato Geolog. Boll. 11, 12. 1877. 2 Il Museo geologico della Università di Pavia possiede una bella raccolta di ve- getali fossili di questa e di altre località dell’ Oltrepò Pavese, che fu ‘oggetto di stu- dio al prof. F. Sordelli. 678 C. F. PARONA, potenti alluvioni padane, dei quali è ultima traccia il Sasso di Portalbera, scoglio di calcare marnoso a nuclei di bivalvi som- merso nel Po, da cui però affiora lungo le sponde, come riscon- trò l’anno scorso il prof. Taramelli.' Nella parte meridionale dun- que di detto colle e verso l’ est, affiorano le argille plioceniche, quivi circondate ed a nord coperte dalle sabbie gialle del Gla- . ciale. Questa formazione comprende alla base un’ estesissimo banco madreporico dovuto, secondo lo Stoppani, alla Cladocora granu- lata Goldf. che si sfuma in banchi minori nelle sovrapposte ar- gille bleu, potenti talora oltre i venti metri. I risultati degli studii fatti da F. De Filippi e dallo Stoppani sulla fauna ricchis- sima di molluschi, specialmente nel calcare madreporico, ci danno modo a ritenere il pliocene di S. Colombano equivalente del Piano Piacentino. Gli strati ond’è composto sono leggermente inclinati a nord-est, e questo spostamento così poco rilevante delle argille, che non credo discordanti molto col subapennino pavese, mi pare spiega- bile col ritenerlo effetto della minore forza sollevante che agì in questo punto, in conformità della spinta più vigorosa subìta dai sedimenti pliocenici situati più a sud e quindi in maggior pros- simità dell'asse di sollevamento. Questi ultimi sedimenti, siccome costituivano la spiaggia del mare pliocenico, come ci permette di pensare la natura dei loro materiali, saranno emersi molto tempo prima che non quelli di S. Colombano, i cui banchi corallini ed i finissimi depositi argillosi accennano ad una profondità marina sufficiente, perchè vi si potessero deporre durante lo scorcio del pliocene prima di sollevarsi dalle onde marine, nel tempo in cui gli accennati depositi litorali passavano dallo stato di lido a quello di costa di quel mare, che bagnava il nostro suolo poco prima dell’ epoca glaciale. I depositi adunque di S. Colombano sarebbero l’unico lembo manifesto nella provincia di Pavia del piano Piacentino, espor- tato nel resto dall'erosione padana, o coperto dal potente man- tello delle alluvioni. || °° 1 Osservazioni stratigrafiche sulla Provincia di Pavia. 1877. IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 679 * Lal I banchi di sabbie alle falde delle colline appartengono al gla- ciale. Riscontrato a S. Colombano il vero limite stratigrafico su- periore del pliocene subapennino, passiamo a considerare quei banchi di sabbie sopra citati che ne costituiscono il limite appa- rente. Si è già accennato che si ritengono glaciali, ed invero non mancano fatti su cui fondare questa opinione, quantunque nella storia geologica del tramontare del terziario nell’ Apennino non si trovi registrato un mutamento stratigrafico e forse nemmeno paleontologico tanto spiccato o generale di rompere quei passaggi così graduati, per cui dal pliocene si accede al glaciale. Che ciò sia conforme al vero valgono a provarlo le differenze che si ri- scontrano tuttora tra i diversi geologi italiani, quando si fanno & stabilire l’epoca in cui si deposero o le sabbie gialle, o certi al- : tri depositi alluvionali, lignitici e lacustri, in cui si scoprirono i resti dei più grossi mammiferi. Nel caso mio però il parallelismo con altra formazione, di cui si conosce oramai perfettamente la storia, mi ajutò a scegliere fra opinioni così disparate una che, se non m’inganno, è la meglio corrispondente ai fatti da me os- servati; quella cioè enunciata dallo Stoppani! ed accettata anche dal mio maestro, prof. Taramelli,° per la quale si ritengono come rappresentanti del terreno glaciale le così dette sabbie gialle di S. Colombano e dell’ Astigiano, dove assumono il massimo svi- luppo. | Ciò premesso, vediamo le relazioni che passano tra le sabbie di S. Colombano e quelle dell’Oltrepò pavese. Le prime sono quarzoso-micacee, ocracee con numerosi ciottoli porfirici; man- cano assolutamente di fossili ed abbondano di grossi blocchi di roccie alpine. Per questi caratteri si può esser certi che quivi rappresentano un'alluvione alpina disseminata sul fondo di un 1 Corso di geologia. II Volume. 1873. 2 Alcune osservazioni sul Ferretto della Brianza. Atti Soc. it. se. nat. Vol. XIX, fasc. II. 680 C..F. PARONA, estuario; il che è dimostrato anche dalla seguente osservazione. Quantunque le argille passino con una certa gradazione alle sabbie in discorso, perchè si fanno man mano sabbiose e perchè presentano delle scontinuità ‘in cui sì annidano dei letti di ghiaja accennanti ad erosioni e dejezioni per acque scorrenti sull’asciutta sabbia, tuttavia si verifica fra le due formazioni una certa discor- danza stratigrafica; ciò che prova, sempre secondo le vedute.del. prof. Taramelli, che le prime furono sollevate di quanto bastava a far passare la valle padana dalle condizioni di un mare libero e popolato di banchi di coralli, a quello di un estuario. In questo, fra gli altri materiali, venivano portati i grossi blocchi di roccie alpine sopra citati, che si presentano sotto tali condizioni da non lasciar dubitare che essi non furono rotolati da correnti, ma trasportati, sia per mezzo dei ghiacciai fin qui espansi, sia, quando non si voglia attribuire a questi tanto svi- — luppo, mediante il disgelo dei massi galleggianti. Osservazioni non molto diverse si ponno fare anche in quei depositi sabbiosi e ghiajosi, che si incontrano tratto tratto per- correndo la via Emilia e qualche altra delle strade minori aperte nelle falde dei colli. I più importanti di tali giacimenti sono quelli stessi che si vedono a Casteggio, a Stradella e sotto il cimitero di Zenevredo, in cui sono aperte delle cave di sabbia. Tutti presentano una fisionomia analoga e la loro struttura si può studiare molto fa- cilmente a Casteggio, da uno spaccato, dell’altezza d’una ventina di metri, prodotto da una cava ancora in attività, presso il sito già ricordato della California, nel quale gli strati scorrono. oriz- zontali. L'intero giacimento mi sembra costituito da quattro stra- tificazioni di diversa apparenza; quella posta più in alto è uno strato di qualche metro di argilla giallastra, che si stende come mantello su tutte le colline di Casteggio, ed è quello stesso nel quale si rinvennero denti di Ursus spelacus ed un cranio di Rhinoceros incisivus dal signor cavalier Giulietti, quando si aprì la strada per Montalto. Il seguente strato è più piccolo, consta di marna bluastra, sabbiosa; il terzo di sabbia calcare con pic- ti I TO si peo dl I | : IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. . 681 coli granelli di serpentino ed il quarto di un’ alternanza di stra- terelli di sabbia e ghiaja. Alla base di questa pila di strati, nella quale è ancor dubbio se vi sieno fossili marini, affiora quel banco già descritto d’arenaria calcare gessifera. Nelle zone di pura sabbia le sezioni degli strati sembrano — formati da un intreccio di elissoidi, che non sono altro che. i tagli.verticali di straterelli deposti discordanti fra loro per l’a- zione delle onde, come succede sempre nei bassi fondi. Nella descritta alternanza di sabbia, ghiaja e marna credo di non errare ravvisandovi una parte dello stesso estuario in cui vedemmo deporsi le sabbie gialle di San Colombano. I ma- teriali di cui constano hanno apparenza ben diversa da quella presentata dai sedimenti pliocenici sottoposti: questi sono di con- glomerati a grossi elementi o di argille, tutti alterati per l’in- fluenza dei fenomeni meteorici; quelli invece, alterati solamente nella parte a contatto coll’atmosfera, ci rappresentano evidente- mente i materiali di un estuario dove le acque in continuo mo- vimento non lasciano depositare se non corpi di un certo peso, quali ghiaja ed arena, trasportando invece verso l’alto mare gli elementi più sottili destinati a costituire le finissime argille. E questa mia idea non credo si possa impugnare col fatto che quivi gli elementi sono apenninici mentre a S. Colombano sono alpini; primieramente perchè non è improbabile che quei fenomeni, per cui si depositavano materiali alpini quivi, non avessero sufficiente potere per portarli più oltre e raggiungere il lido apenninico; in secondo luogo, perche è naturale che questo lido dovesse costi- tuirsi con elementi delle sovrastanti montagne. Del resto le os- servazioni fatte finora sui depositi sabbiosi dell’apennino non fu- rono tante, nè di tal sorta da far escludere assolutamente la | possibilità di rinvenirvi qualche masso, piccolo o grosso, di roccia alpina, quivi deposto da massi galleggianti spinti a sciogliersi sulle spiaggie di questa regione. Un altro fatto che toglie ogni dubbio sulla determinazione data a codesti depositi sabbiosi è quella notevolissima discordanza, già accennata, che si verifica fra essi ed il pliocene. Quest’ ultimo forma una fascia continua, 682 C. F. PARONA, dove più, dove meno, sempre inclinata verso la pianura sotto cui si nasconde; i primi invece non sono che lembi isolati, disposti orizzontalmente. Per tutti questi fatti credo dunque necessario allinearli coi depositi glaciali, che raggiungono il massimo sviluppo a S. Co- lombano, ma che però, come si deduce della carta geologica tut- . tora inedita del professore Taramelli, si vedono affiorare qua e là, come capistabili, dalle alluvioni terrazzate del secondo pe- riodo glaciale, le quali furono prodotte da materiali di natura ben differente, provenienti dallo sfacelo morenico, oppure diret- tamente dai coni di dejezione delle valli. Tali alluvioni, nella parte che presumibilmente posa sulle sabbie sopra descritte, presentansi formate da finissimi depositi palustri, con abbondante torba e argille smettiche, costituenti il piano areneano del Pare- to, in cui si scoprirono gli abbondanti ossami fossili d’ Arena Po e di altre località, quali il Cervus euryceros, il Bos priscus ed altri. È La fisonomia con cui si presenta questa zona è molto oppor- tuna per rappresentarci il terreno a bassi fondi, o stagni mel- mosi, quale si sarà formato nell’estuario del primo periodo gla- ciale, cambiatosi pel progressivo sollevamento e pei potenti de- positi alluvionali in una spiaggia, emersa dal mare, dalla influenza del quale però non ancora del tutto sottratta. A questo periodo mi pare si potrebbe riferire anche l’argilla giallastra già de- scritta, che corona la formazione sabbiosa di Casteggio, in cui furono scoperti il cranio ed i denti fossili sunnominati. Dalla zona torbosa si passa grado a grado a sabbie ed a ghiaje che formano depositi assai potenti e profondamente terrazzati (25 m.), come si può verificare nella valle e lungo la sponda sinistra del Ticino. Colle considerazioni ed osservazioni sopradette mi sembra di avere sufficientemente giustificato il mio modo di vedere in ri- guardo ai limiti, dentro i quali crederei mantenere il terreno pliocenico dell’ Oltrepò pavese. eee ta ESE DA Ca 1 i me © ne el. Loy, pe fa be ati i IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 683 III. Per poter determinare, con qualche cognizione di causa, a quale zona pliocenica appartenesse quella più volte accennata ‘del territorio vogherese, era necessario che instituissi dei con- fronti, almeno colle formazioni plioceniche dell’Apennino. Ciò non era difficile ottenere mediante i numerosi lavori pubblicatisi, in Italia e fuori, intorno al terziario superiore, e specialmente me- diante quelli che trattano in singolar modo del versante setten- trionale dell’Apennino, dalla Scrivia all’Adriatico. Infatti trovai descritti in tali Memorie fatti abbastanza numerosi e sufficien- temente in accordo fra loro e con quelli che si riscontrano nel pliocene della provincia nostra; sicchè mi sembrò di aver rac- colto dati sufficienti a delineare a larghi tratti le vicende, che per avventura potranno essere accadute nell’ epoca pliocenica lungo l’Apennino settentrionale. Credo però utile richiamare prima, in breve, alla mente del lettore i fatti e le conclusioni cui giunsero i diversi autori nelle loro principali Memorie. Prime, nell’ordine cronologico, sonvi le osservazioni geologiche del professore Sismonda,t il quale considera il terziario supe- riore marino ° (subapennino) del Piemonte, come giacente in istrati orizzontali e talora inclinati in una direzione che, secondo le sue vedute, coincide colla via percorsa dal sollevamento delle Alpi orientali. Lo-*riconosce formato superiormente da sabbie, a strati più o meno potenti, in certi punti cambiate in vera arenaria, o rimpiazzata da un calcare impuro, pieno zeppo degli stessi fos- sili marini soliti a rinvenirsi nella sabbia, ed altrove alternate ! A. SISMONDA, Osservazioni geologiche sui terreni delle formazioni terziaria € cretacea in Piemonte. Memoria dell’Accademia di Torino, 1842. 2 Vedasi anche la carta geologica, dello stesso autore, della Savoja, Piemonte e . Liguria, 1866. 684 C. F. PARONA, con ciottoli nei quali sono raffigurate le roccie de’ monti preesi- i stenti al periodo subapennino di cui ne sono le rovine. Inferior- | mente trova l’ argilla plastica, di color bigio scuro, con abbon- dante gesso in forma di sterminate elissoidi irregolari, dispo- ste le une in seguito alle altre e con ligniti in piccolissima quantità. Riguardo ai fossili attribuisce al terreno subapennino un gran numero di fossili mancanti al mioceno, aggiungendo che non sono molte le specie comuni e che al suo confronto è ricchissimo di specie tuttora in vita nel Mediterraneo. Tra le località, delle quali l’autore discorre in particolar modo, vi è la | valle del Curone, dove riscontra che la fascia pliocenica entra e s’avanza fin oltre Volpedo, il cui sottosuolo è costituito d’argilla azzurra avvolgente moltissimi Strombi (italicus ?). Continua poi a dire che essa segue addossata alle colline mioceniche fino nel Pia- centino, non dimenticando di accennare ai fossili vegetali che si rinvengono in un’ argilla bruna cinerina che alterna coi gessi allo sbocco della valle dell’Aversa. i Il Pareto,! nei suoi studii sui terreni terziari dell’ Apennino settentrionale, unisce alla pliocenica la gran zona delle marne tor- toniane, indotto a ciò dalle sue osservazioni stratigrafiche e dai calcoli fatti sui dati offertigli dalla paleontologia, quella special- mente illustrata nel Catalogo di E. Sismonda. Con esse forma il piano tortoniano, al quale ascrive la formazione piacentina, come | semplice suddivisione superiore. Sarebbe inutile che io mi fermassi a ragionare sulla questione, se si debba o no escludere dal ter- ziario superiore la formazione delle suddette. marne, giacchè fu già risolta contrariamente a quanto credeva il Pareto. Partendo- quindi dalla zona dei gessi, che si sviluppa ordinariamente sopra queste marne e queste molasse, trovo detto dall’autore che que- sta è ricoperta da marne e in molti luoghi da potentisssimi ban- ® March. L. PARETO, Note sur les subdivisions que Von pourrait établir dans les terrains tertiaires de V Apennin septentrional. — Bull. de la Société geol. de France, serie seconda, tom. XXII. IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 685 i chi di ciottoli rotolati e di sabbie giallastre, nei quali alternano ‘strati a conchiglie marine e di acqua dolce, accompagnati da | piccoli banchi di lignite. Sopra tale deposito in diversi luoghi, i nel Tortonese, Piacentino, Monferrato, nelle valli bolognesi e in ‘masse assai considerevoli sotto Castrocaro non lungi da Forlì, affiora un calcare grossolano ricchissimo di Pecten e della Te- \rebratula ampulla. Nell'insieme degli strati che costituiscono il suo periodo tortoniano, il Pareto scorge un terreno che in parte ‘fu deposto in un mare profondo e che finì, per causa del solle- vamento graduale e successivo del fondo del mare, a formare una . ‘Spiaggia ciottolosa, sulla quale si spandeva qualche corrente d’ac- qua. dolce che vi depositava delle Melanopsis, delle Neritine, ecc. L'accennato banco calcare a Pecten costituirebbe il limite su- \periore del piano tortoniano coperto dal piano astiano. Que- st’ ultimo è rappresentato da una formazione sviluppatissima nella i parte più bassa della valle del Tanaro, costituendovi le colline che l’attorniano, formata d’una serie di strati marnosi e sab- biosi con prevalenza di questi ultimi, i quali hanno i loro equi- valenti, secondo l’autore, nelle sabbie grigiastre e nelle sabbie ‘gialle conchifere di Volpedo. Sarebbe questa l’ultima sedimen- Milioni marina che si depositò nel golfo allora occupante la valle del Po e del Tanaro. Essenzialmente marina, essa presenta ‘una fauna molto analoga alla attuale, contenendo tuttavia buon ‘numero di specie estinte e di specie ora viventi in mari diversi dal \ Mediterraneo e dell’Adriatico, prevalentemente in mari più caldi. Sopra all’ Astiano il Pareto distingue la zona Villafranchiana, formazione, in parte d’acqua dolce, che forma delle sorta di ter- razzi un po inclinati, che si possono seguire lungo tutto il piede dell’ Apennino. Il Mayer‘ nel recentissimo studio sulla Liguria centrale, distin- | gue tre diversi piani nel suo Messiniano, L’inferiore (strati a Cerithium o di Billowitz) dimostra poca ! €. MAYER, Studit geologici sulla Liguria centrale. R. Comitato geologico d’ Ita- lia, Bull. 11, 12, 1877. i | | | 686 C. F. PARONA, potenza e spesso è appena indicato o riconoscibile sotto i gessi, non raggiungendo più di venti metri circa. Di natura assai varia è formato, ora da marne sabbiose giallo rossastre, da puddinghe con o senza nullipore, e da marne azzurre intercalate (Stazzano), ora d’una molassa a fini elementi e di colore biancastro (Castel- rocchero-Nizza), ora di marne azzurre a foraminiferi e di marne bituminose nerastre (S. Marzano). Questo primo sottopiano, più .—. facile a riconoscere per la sua posizione stratigrafica, spesse volte ben definita, si distingue per la sua fauna marina plioce- nica, alla quale si uniscono alcune specie mioceniche e parecchi | tipi particolari. I Cerithium ed in singolar modo le due specie | caratteristiche C. pictum e C. rubiginosum, non si trovano che nell’ est (S. Agata-Stazzano). Nell’ovest non si riscontrarono fi- . nora che conchiglie comuni Venus multilamella, Pecten cristatus, Turritella communis, T. subangulata, ecc. (Castelgaro, Castiglio- | le), salvo al sud di Nizza-Monferrato, ove la sua fauna si fa no- tare per numerosi e grossi foraminiferi e per piccole bivalvi di tipi poco comuni. 3 Nel Messiniano medio si sviluppa la formazione gessosa a masse continue o sporadiche, alle quali si aggiungono calcari do- lomitici grigi, marne listate, argille sabbiose o calcari giallastri ed in alcuni punti marne azzurre (Stazzano-Alice) intercalate, colla fauna pliocenica ordinaria. L’autore non rinvenne in mezzo | a questa miscellanea nè zolfo, nè Congerie, nè Adacna, ma vi. incontrò, a Maasca presso Nizza, alle base del gesso, le specie | fluviatili degli strati a Congeria di Bollena, per cui il livello di questi strati è dovunque indicato qui come presso Livorno e nel dipartimento di Valchiusa. 1 Il sottopiano superiore, che chiama strati di Eppelsheim o: strati di Matera è costituito talora da cento metri di ciottoli rotolati, con interposizione di sabbie e marne giallastre e talvolta È - da banchi di ligniti poco estesi (Serravalle-Tortonese), o ridotto ad uno spessore variabile, ma non al di là di venti metri a cin- "quanta, di marne sabbiose, giallastre, omogenee (est di Serra- valle, dintorni di Acqui); talora anche è formato di sabbie ed | IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 687 i argille alternanti in piccoli letti spesso ondulati (Nizza e Mon- | ferrato). A mantello di questi strati ritiene il piano Astiano (Rouville), ì che si suddivide al piede settentrionale dell’ Apennino ligure in | due serie ben distinte e nettamente separate: le marne tipiche i azzurre del pliocene inferiore e le sabbie gialle che loro succe- i. dono. All’autore finora non fu dato riscontrare dal lato di Tor- tona, ne dal lato di Asti le marne azzurre intermedie del Pia- centino, caratterizzate dall’abbondanza di conchiglie bivalvi e i da certi gasteropodi. Crede quindi che vi sia qui una piccola i lacuna, proveniente dal ritiro del mare sul finire dell’ Astiano | superiore. | La regione classica del Piacentino e del Parmigiano è il pro- . fessore G. Cocconi' che ce la descrive. Esso rileva che il plio- i cene è la formazione più estesa, se non esclusiva, distinta per grande quantità di conchiglie fossili. Crede che per esso si po- . trebbero quasi ammettere le divisioni dei terreni che il Mayer . ha tracciato nel suo Z'ableau synceronistique des terrains superieurs e che il piano Messimiano costituisca una formazione interme- dia fra il miocene ed il pliocene, comprendente diversi depositi di fossili marini, di acque salmastre e di acque dolci. Soggiunge altresì che quasi tutta questa formazione corrisponde al piano zancleano del Seguenza, rappresentato dalle marne mio-plioce- miche dei contorni di Messina. Dei tre piani, in cui il Mayer di- vide la serie Messiniana, pone l inferiore, corrispondente alle marne a Ceriziù di Stazzano e di S. Agata, nel miocene supe- ‘riore, mentre gli altri due, il medio o strati a Congerie, in cui è sviluppata la formazione gessifera ed il superiore, o strati di Eppelsheim, nei terreni decisamente pliocenici, per il loro limi- tato sviluppo in quelle provincie e perchè le faune speciali di - 1 Cocconi G., Enumerazione sistematica dei molluschi miocenici e pliocenici delle provincia di Parma e Piacenza. — Mem. Accad. Scienze. Serie III, tom, III, Bologna, 1873. 688 C. F. PARONA, si essi non gli appariscono così chiaramente da tenerle distinte da | quelli della serie astiana, ad essi sovrapposta nell’ordine strati- | grafico. Riconosce facile il seguire in quei colli la stratificazione della serie astiana che distingue nei tre seguenti piani. Zona superiore di Val d’Andona, caratterizzata dalle sabbie gialle, corrispondenti a quelle sviluppatissime nell’Astigiano; in moltissime località esse coronano le marne cerulee plioceniche in strati di maggiore o minore potenza. Zona media, di Castell’ Ar- quato a marne cerulee di grande potenza, formanti la base della maggior parte dei colli del Parmigiano e del Piacentino. Zona inferiore degli strati di Tabiano, litologicamente non dissimili da quelli di Castell’ Arquato, ma caratterizzati da fossili speciali, onde ebbero il nome di marne a Ficula undata, le quali si as- sociano nel Parmigiano a puddinghe e ligniti. ! Il pliocene del Parmigiano si continua nel Modenese e nel Reg- giano dove fu studiato dal professore Doderlein,' che lo ritiéne composto di tutte quelle serie di strati e di depositi compresi fra l’ultimo banco di terreno quaternario lacustre e ciottoloso e le marne gessifere del terreno miocenico, e più giustamente, come egli dice, di tutti gli strati e sedimenti che sì vennero de- ponendo in una gran parte dell’ Europa fra il sollevamento delle Alpi occidentali (nord-nord-est, sud-sud-ovest) e marittime (ovest- nord-ovest, est-sud-est) ed il successivo sollevamento delle Alpi principali. Lo riconosce nelle due provincie per la sua giacitura e posizione stratigrafica evidentemente intermedia fra i sedi- menti del terreno miocenico e del quaternario e per la specialità della sua fauna, in massima parte marina ed assai più affine a quella dei mari attuali, che non a quella dei terreni terziarii medii ed inferiori. Egli divide il pliocene in tre zone: prima zona superiore, 0 Astiano, delle sabbie gialle, (marine) sciolte od agglutinate, con ' P. DODERLEIN, Note illustrative della Carta geologica del Modenese e del Reg- È giano, 1870. = Carta geologica delle provincie di Modena e Reggio. IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 689 . calcari argillosi concrezionati e con conglomerati e puddin- | ghe grossolane conchiglifere ed argille. Non considera le sabbie | gialle come un semplice deposito che andavasi formando sulle | spiaggie plioceniche; ritiene invece che esse formavansi allora i come formansi attualmente, dove il mare subisce continui mo- | vimenti e vicino alle foci dei grandi fiumi; le argille invece lad- i dove vi è tranquillità, nei seni, nelle lagune, nei porti e nelle grandi profondità dei mari chiusi, ricchi di sostanza in sospen- | sione. Nota che la popolazione conchiologica normale di questi È depositi è formata in genere di gasteropodi zoofagi. ; La zona media, o Piacentino, o delle marne turchine, più 0 i meno calcarifere, alternanti con grossi banchi lenticolari di va- | rietà sabbiose, calcaree, silicee, contenenti alle volte alquanti | granuli di serpentina, le quali varietà presentano maggiore te- li nacità e resistenza all’azione delle intemperie atmosferiche. Vi si | rinvengono massi isolati di calcare alberese fluitati, arnioni di calcare siliceo, semi-cristallino, globuli ed arnioni di piriti mar- ziali a struttura radiata. Riguardo alla fauna numerosissima, sonvi i le spoglie di molluschi gasteropodi ed acefali, con un generale n e notevole predominio dei primi sui secondi. «Zona inferiore 0 Tabianese, o delle marne turchine ‘inferiori; divisione basata principalmente sulla costante posizione inferiore e profonda di alcuni strati delle marne turchine e su una spe- ciale caratteristica associazione di conchiglie e di radiali fossili. Il fossile caratteristico è la Ficula undata. A questa zona pare si debba aggregare una puddinga o conglomerato calcareo-ferru- ginoso che interpolatamente concorre a costituire l’estremo lembo inferiore del terreno pliocenico. Dopo il Doderlein si occupò della geologia di questo tratto dell’Apennino il professore P. Mantovani,* secondo il quale, allo strato di argille scagliose e molassa oscura del miocene superiore 41 MANTOVANI Pio. Delle argille scagliose e di alcuni Ammoniti dell’ Apennino del- V Emilia. — Atti Soc. ital. di scienze naturali, vol. XVIII. Vol. XXI. 44 690 C. F. PARONA, si sovrappongono le marne turchine plioceniche, con una potenza di tre a quattrocento metri, indi le sabbie gialle, e finalmente una grande massa di ghiaje ocracee prive di determinata strati- ficazione, le quali coprono tutto il versante nord, ossia la china volta al piano delle Quattro Castella, che sono le ultime colline, cui tosto succede la pianura del Po, ancor leggermente ondulata a qualche miglio dal monte. Dichiara che tali sedimenti pliocenici, tranne le ghiaje ocra- cee, che sono sovrapposte senza alcun indizio di stratificazione, non si scostano molto dalla generale inclinazione, che segue una linea nord-nord-est; fatto questo sfuggito alla osservazione del professore Doderlein, il quale dice invece essere quivi i terreni pliocenici orizzontali o ben poco discosti da tal positura. Aggiunge ancora l’autore che in talune località (Quattro Castella, Torrente Riazzone) dovette essere sollevata anche una parte dei terreni quaternaril. Dal Reggiano passando nel Bolognese troviamo il pliocene de- scritto in tutti i suoi particolari dai professori Capellini e Fo- resti. Quest'ultimo * nella sua seconda Memoria sui fossili delle col- line di quel territorio, nella quale riassume anche i fatti esposti nella prima (1868), osserva che varie sono le roccie che pren- dono parte alla formazione del pliocene, ma che a due forme litologiche principalmente si riducono quelle che contengono in certa quantità avanzi organici fossili e cioè le sabbie gialle e le argille turchine. In ciascuno di questi due tipi di roccie riscon- tra due diverse formazioni costituenti il pliocene vero superiore ed inferiore. A formare quest’ ultimo, corrispondente al Messi- niano superiore di Mayer, concorrono le sabbie gialle compatte o in strati di vere molasse, alternanti con strati più decisa- mente marnosi, che trovansi nella zona di colline piu alte, dove t L. FORESTI, Catalogo dei molluschi fossili pliocenici delle colline bolognesi. — Mem. Acc. Scienze, Bologna, 1874. IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 691 id si riscontra ancora dell'argilla turchina, più chiara di quella del i pliocene superiore, mescolata a sabbia, assumendo il carattere di vera marna, la quale rappresenterebbe la zona più profonda del pliocene inferiore, sia per le osservazioni stratigrafiche, come per quelle malacologiche. Le sabbie marnose giallastre preval- gono e rappresenterebbero, secondo l’autore, la porzione littorale dell’ antico mare pliocenico, e costituirebbero un deposito con- temporaneo delle più profonde argille turchine, le quali stareb- bero a rappresentare il piano Piacentino del Pareto; piano che dal Bolognese passando nel Modenese si estende al Parmigiano ed alla provincia di Parma. Il pliocene superiore, equivalente all’ Astiano (Rouville) sa- rebbe rappresentato dalle sabbie gialle le quali vestono i fianchi ‘. e il culmine delle ultime colline, che sfumano alla pianura, poco agglutinate e che si mantengono sempre collo stesso aspetto più o meno friabile. Contemporaneo a questo deposito littorale è l’altro, di alto fondo, delle argille turchine, d’una tinta turchi- niccia intensa ed in generale composta di sola argilla. Alle os- servazioni stratigrafiche il professore Foresti fa seguire conside- razioni e confronti interessantissimi intorno alla malacologia fossile di questi due piani, da cui risulta chiaramente come più recenti siano i depositi che riferisce al pliocene superiore e come deb- bansi gli altri considerare di un’epoca anteriore. Lo stesso signor dottor Foresti," in un’altra Memoria sul plio- cene antico di Castrocaro, ci pone sott'occhio la formazione ter- ziaria delle colline Forlivesi. La descrive come costituita da un potentissimo strato, sollevato verso l’asse dell’Apennino, di un calcare grossolano, giallastro, sostenente il paesello di Castro- caro, composto in gran parte di frammenti di animali marini, im- pastati da cemento calcareo. L’apparente sottile stratificazione di questa roccia è data specialmente dalla qualità diversa di ma- 1 L. FORESTI, Cenni geologici e paleontologici sul pliocene antico di Castrocaro. — Mem. Acc, Scienze. Serie III, tomo VI. Bologna, 1876, 692 C. F. PARONA, teriale di cui l’intera massa si compone, ed infatti ben si scorge a î come in alcuni punti siano gusci di Pecten, che formano uno straterello di cinque a dieci centimetri di grossezza, oppure di ostree, di lithothammie, di nullipore, che nello spessore della grande massa calcare più e più volte si ripetono. Lungo il rio che conduce alla località, detta dei Cozzi, dove si trovano i pozzi delle acque sulso-jodiche, questo calcare offre in istato di eccellente conservazione un complesso talmente numeroso e va- riato di gusci di molluschi marini e di briozoi da caratterizzarne l’età ed il modo di formazione. Al calcare grossolano a briozoi sovrastano delle argille mar- nose bianco-turchiniccie, molto incoerenti, che contengono un insieme di fossili ben distinto da quello del calcare inferiore, e che potenti verso il piano si vanno assottigliando e si estinguono su per la china. Lo strato di calcare grossolano a Briozoi pog- gia inferiormente, con discordanza ben manifesta, sopra strati d’argilla grigio-scura mista a un poco di sabbia piuttosto com- patta, tutta quanta rigata, senza fossili percettibili. Questi strati sono sparsi di granuli di gesso e carichi di solfuro di ferro, come si osserva pel frequente rinvenimento di cristalli di pirite, per la maggior parte alterati; attraverso queste argille sgorgano le acque salso-jodiche. Dalle osservazioni malacologiche risulta manifesto all’autore che il calcare marnoso a Briozoi è un deposito di spiaggia in preda al moto ondoso del mare o di qualche corrente, mentre le ar- gille marnose rappresentano sedimenti formatisi un poco più lon- tano dalla spiaggia in un fondo non molto alto ed ‘a mare tran- quillo. Dagli studii comparativi fatti sulla fauna di queste due formazioni crede poter stabilire, che, mentre ambidue spettano al pliocene antico, le argille marnose bianco turchinicce spettano alla zona superiore di questa formazione (Astiano o pliocene in parte), corrispondente alle sabbie gialle ed argille turchine su- periori del Bolognese e di altre località; il calcare grossolano in- vece forma la porzione superiore della zona inferiore (Messiniano superiore), corrispondente nel Bolognese alle sabbie marnose gial- ii di |’ PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. ‘ 693 | lastre conglutinate, nonchè alle argille più o meno marnose a quelle associate. La geologia terziaria del Bolognese e del Forlivese, come già $ dissi, la troviamo fatta anche dal professore Capellini,' nella sua Memoria sui terreni terziarii d’una parte del versante settentrio- . nale dell’Apennino, che egli divide in cinque piani. Oligocene; Miocene vero, secondo Mayer, comprendente il miocene inferiore o Elveziano e Langhiano e il miocene superiore o Tortoniano; i Strati mio-pliocenici o Messiniano di Mayer (compresi in tre i zone: Messiniano inferiore o Sarmatiano, Messiniano medio o | strati a congeria (pliocene o miocene secondo i diversi autori); i Messiniano superiore, pliocene o Zancleano in parte). Astiano o | pliocene in parte e Sahariano. Non considerando la prima divisione e il Sahariano troviamo . che l’autore distingue col Messiniano inferiore una zona di ar- « gille pseudo-scagliose con gesso, piriti, denti di pesci incrostati Ì di rame, di marne a Cerithium lignitarum e ligniti, di calcari a Lucina pomum, di tripoli e marne talvolta silicee con resti di pesci, filliti, ecc., complesso di depositi che si attribuirebbe a mare profondo. Sopra ad essi si sviluppa la formazione del Mes- siniano medio, a marne con concrezioni di limonite, cristalli di gesso, ordinariamente con fossili d’acqua dolce. Il professor Ca- pellini dai suoi studii avrebbe dedotto che i gessi, sovente in- tercalati colle marne messiniane, ne fanno parte a tal segno che il loro sviluppo e la loro potenza sono inversamente proporzio- nali allo sviluppo delle marne stesse, delle quali, a suo parere, i i gessi non sono che una dipendenza e, ritenendo i gessi nel i complesso degli strati a Comgerie, li ascriverebbe precisamente al Messiniano medio. Aggiunge in seguito che dopo quel periodo, Î notevoli movimenti di abbassamento ricondussero quasi dovun- i quetale profondità d’acqua salsa, che di bel nuovo si depositarono dl “sla Giù li 1 G. CAPELLINI, Sui terreni terziarii di una parte del versante settentrionale del- . V Apennino. — Mem. Acc. Scienze. Serie III, tomo VI, Bologna, 1876. » DA) è Ni 694 C. F. PARONA, marne poco diverse da quelle Tortoniane e Sarmatiane (Messi- niano inferiore), che avevano preceduto la formazione dei gessi. Ove non si costituirono amigdale gessose e senza interruzione si continuarono i depositi marini, le marne servono a collegare di- rettamente le molasse mioceniche coi a marini riferibili alla zona superiore del pliocene. Alla seguente zona della stessa divisione s ascrive dunque delle marne biancastre a foraminiferi, identiche alle marne vaticane, marne con ligniti, sabbie marnose compatte e conglomerati or- dinarii e con ciottoli improntati. Le sabbie ed i conglomerati si alternano e rappresentano depositi littorali, le marne invece de- positi di mare più profondo e forse in parte una zona sub-marina per età poco diversa dalla littorale accennata. Nell’Astiano, o quarta zona, secondo le vedute del professore Capellini, si distinguono tre orizzonti, l’ inferiore e più potente risultante di marne azzurre con Ficula undata e Xenophora te- stigera, ecc., il medio formato da marne azzurre sabbiose con ga- steropodi e cetacei, il superiore (Astiano o pliocene superiore) costituito da sabbie gialle marine. LI La fisonomia che il pliocene presenta dalla Scrivia a Forlì è poco dissimile da quella che, secondo il recente lavoro del pro- fessore Issel," sembra offri il versante ligure. Quivi la forma- zione risulta principalmente di marne, di argille, di limo, cui si associano talvolta sabbia e conglomerati. Le marne nella loro parte superiore in taluni luoghi si fanno sabbiose e cosparse di ciottoli (Genova-Savona), in altri (Albenga) invece passano su- periormente alle sabbie gialle e si convertono nella porzione più superficiale in un conglomerato conchiglifero. I caratteri presen- tati dai sedimenti accennano ad una formazione littorale; a que- sto riguardo però il professore Issel dice che ciò non esclude che le marne di Genova costituiscano un deposito d’ alto fondo. 1 A, Issen, Appunti paleontologici. — I fossili delle marne di Genova, 1877. IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 695 * * * La rivista di tutte queste descrizioni basta per dare un’idea dello sviluppo dei terreni pliocenici nelle regioni subapennine considerate. Ora mi si permetta di esprimere il modo con cui interpreterei e crederei di associare molti dei fatti in quelle ap- punto rilevati. Sul finire dell’epoca miocenica grandi fenomeni sismici scon- volsero ancora una volta le potenti formazioni terziarie, che ora formano la catena apenninica, ed allora molto probabilmente si formò la grande spaccatura, che presso a poco corrisponde al- l’asse della valle padana. La inclinazione che prese la serie mio- cenica nel nostro Apennino per questo sollevamento è perfetta- mente opposta a quella che mostra la pliocenica; vale a dire essa è piegata a sud-est, mentre la direzione è anche per essa da nord-est a sud-ovest. Per qualche tempo pare che il movimento ascensionale sia continuato, giacchè le formazioni di quest'epoca offrono prova d’una idrografia particolare, indipendente dall’at- tuale e che accenna ad un certo periodo continentale. Questo fu l’ ultimo fenomeno veramente grandioso del quale fu teatro l’Apennino; poichè dopo di esso si riscontrano soltanto le vestigia di continue oscillazioni, le quali non impedirono che tutte le formazioni plioceniche si depositassero concordanti nei loro piani stratigrafici. Primo effetto di questi movimenti in senso discendente fu la formazione delle argille gessifere, le quali, con- tenendo le amigdali di gesso, colla loro stessa fisonomia di de- positi di maremma, sono opportune per rappresentarci un lido che passa lentamente sotto il dominio del mare. Continuando l'abbassamento, le acque marine si allargarono in queste aree, sulle quali vennero mano mano deponendosi quei sedimenti di marne, conglomerati, sabbie, ecc., che si sostituiscono od alter- nano fra loro, costituendo, in un colle accennate argille gessi- fere, quell’ insieme di stratificazioni, cui applicossi il nome di Messiniano (medio e superiore) al quale si devono riferire le for- mazioni plioceniche dell’ Oltrepò Pavese. 696 C. F. PARONA, | | Dai rapporti che passano fra questi ultimi terreni (marne, î conglomerati, sabbie), quantunque diversi, si può arguire che sieno contemporanei. Infatti comune è la loro fauna e la natura | degli elementi, più o meno sminuzzati, di guisa che le marne e le argille rappresenterebbero quei fini depositi che si formavano nei seni profondi e tranquilli, i conglomerati e le. sabbie, i tri- buti che i torrenti ed i fiumi, nelle varie fasi dalle piene alle | magre, portavano sui delta o negli estuarii. Insieme a questi elementi detritici non di rado i corsi d’acqua avranno travolto delle zattere di tronchi d’alberi divelti dalle foreste plioceniche, le quali, giunte al mare, ne avranno lentamente toccato il fondo su cui completare la loro carbonizzazione e mutarsi in quei pic- coli depositi lignitici, che talora si scoprono nei sedimenti plio- cenici. Mer Era naturale che sui delta che così si innalzavano dovessero formarsi delle lagune, dei bacini lacustri di acqua dolce o salma- stra, quali si producono anche attualmente per la prevalenza ora | dell’ una ora dell’ altra delle forze che concorrono a rendere | così varia la superficie dei delta. In questi ristretti bacini vis- sero appunto quei molluschi (Melanopsis, Neritine), che trovano il loro più propizio ambiente in tali acque; qui ancora crebbero i | vegetali palustri che fossilizzati bene spesso vi si rinvengono. Accurate ricerche istituite sui materiali litologici e sugli avanzi | fossili della fauna e della flora di questi sedimenti credo forni- ì rebbero numerosi argomenti e sicuri con cui rendere facile uno | studio monografico sulla idrografia pliocenica, il quale porte- rebbe senza dubbio non poca luce sulla geologia. continentale dell’ultimo periodo terziario. Superiore in ordine stratigrafico al. Messiniano sono i sedi- menti formatisi nelle maggiori profondità raggiunte dal mare î pliocenico lungo l’Apennino. Essi costituiscono il classico terreno chiamato Piacentino, il quale, secondo il Mayer non ancora ri- ì scontrato nel Tortonese, incomincia ad affiorare nella provincia pavese a S. Colombano, si sviluppa a Castell’ Arquato nel Pia= centino, continua ben manifesto nel Parmigiano, Modenese e Reg- IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 697 i gianoe va adassociarsi nel Bolognese alla zona sottostante. A dichiarare di mare profondo il Piacentino concorre non solo l’ar- e. . na gilla di cui è principalmente composto, ma ancora la sua fauna, la quale ci offre specie di mare piuttosto alto e caratteristici fra tutti i banchi di coralli così sviluppati a S. Colombano. La potenza poi raggiunta dai depositi di questo periodo accennano ad un tempo abbastanza lungo di sospensione nei movimenti oscil- latorii. Tutti i terreni, invece, che si adagiano sul Piacentino con un angolo di inclinazione poco diverso, dimostrano per la natura loro un sollevamento graduato e continuo. Questi costituiscono quella serie non ancora definitivamente determinata, detta Astia- na. Essa è un complesso sabbioso marnoso alla base, che grado grado cambiasi nelle caratteristiche sabbie gialle. Questi sedi- menti così sviluppati nel Bolognese vanno mano mano decrescendo in potenza quanto più si avvicinano all’ Apennino pavese, dove questa formazione si unifica con quella delle argille di S. Co- lombano, la cui parte superiore, più sabbiosa, potrebbe essere loro contemporanea; poi prende una fisonomia caratteristica ed un grande sviluppo nel Tortonese e nell’Astigiano, da cui appunto ebbe il nome. Questa serie di strati sollevati ci rappresentano gli ultimi co- nati di quei fenomeni tellurici, che dovevano alla fine esporre alla libera atmosfera gli attuali continenti. Gli alti fondi e tran- quilli del mare Piacentino avranno lentamente risposto al mo- vimento ed in ultimo si saranno cambiate in libera spiaggia a mare sottile, sottoposto alla influenza dei venti e di quegli altri agenti che danno vita al mare, il quale pel continuo agitarsi avrà fatto la cernita dei materiali, non abbandonando che le arene e le sabbie, fra quei detriti che i torrenti avranno tribu- tato, tenendo in sospensione e trasportando in alto mare le par- ticelle finissime. Le sabbie gialle di cui si tenne ora parola non sono però da confondersi colle sabbie gialle del primo periodo glaciale, delle quali in addietro si parlò a lungo. Fra di esse v’ ha differenza 698 C. F. PARONA, non solo d’ età, giacchè la fauna pliocenica delle prime ci ri- manda ad un’ epoca più antica di quella in cui si deposero le È seconde, le quali offrono talora le vestigia di influenze glaciali; ma ancora di origine essendo le une marine, riccamente fossili- fere ed a stratigrafia spostata, concordante coi sottoposti: piani pliocenici, mentre le altre sono evidentamente alluvioni fluviali o d’estuario, totalmente o quasi prive di fossili ed in posizione pressocchè orizzontale. Colle formazioni dell’ Astiano si chiude la serie delle sedimentazioni del pliocene classico. Le distinzioni che si vollero stabilire in esso basano princi- palmente sulla stratigrafia e sulla litologia, piuttosto che sulla diversità della fauna. Infatti, durante quest’epoca, sulla plaga da noi considerata, predominarono generalmente, in quasi tutti i periodi, quei molluschi che soglionsi rinvenire nei depositi for- mati a non grande profondità, quali sono i Gasteropodi e i La- mellibranchi. Nel Piacentino, è vero, troviamo dei coralli ed al- tri generi, i quali accennano ad una profondità maggiore, di quella in cui si sogliono vivere i molluschi suaccennati, ma tale però da potersi ancora considerare appartenente alla littorale. Nella specie tuttavia si osserva un graduale avvicinarsi alla fauna attuale, cosicchè dal principio del terziario superiore alla fine va mano mano diminuendo il numero di quelle specie che finora non furono riscontrate viventi nei nostri mari attuali e di quelle che più non vivono nelle acque europee, essendosi ritirate nei mari tropicali. Credo opportuno far seguire un quadro comparativo delle for- mazioni plioceniche che ammantano le falde settentrionali del- I’ Apennino, dal quale spero le relazioni ed il succedersi delle formazioni appariranno con chiarezza sufficiente. *tioniodns QurIRWI OTTeIS eIqqes ‘1998399 IP _19S9I UO QIINZZE OsoTqqes QUIE]I “199 -8399 IP I]S0I UO 0S0Iqqes QuIgI etle muessed oulgoIny 91]ISIy 699 l'—mr____—__—————_m_—Ò«..._-.- *‘ajuopaoasd ourid Jou osaIdwion) *1)equo1dwIt 1]07p0T9 09 9 INIBUIPIO T7e19UIO] SUO") ‘22.4970% -2879,7 9 2]UOLIIOWNT UO 9SSE]OUI ‘oneduoo aesourmei otqqeg ‘0uzb -29824dUwY 2 QL0d27)nU è FIROTEn ‘2uo09buo7709) CH pe niusi] u09 QuIBHÒ ‘a00/2uumi0OS a 1podod -93d U09 2181 0 01JSCOUCIQ QUIET *2970p enboe.p opuoweriem pio ITISso] ‘0Ss0$ IP IT[eqsiIo ‘TIE]OwI TO]9S ‘OQlUOWII] Ip TUOIZAI9UOI ® QUIET “Tiqsnjed 0 1I7S0119) Q7vuertd Tp oquoIsduit UO9 9YE]EIIQFUT ASSET -0U1 @ QUIBWI ‘DPNVILSSDII 8029 -27 U09 219}ITos-0s0ssa$ *ZeurIo IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 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Quanto ho detto finora servì a definire stratigraficamente la zona del nostro terreno pliocenico; ma per quanto mi sembrino persuasivi gli argomenti addotti in proposito, ad essi tuttavia non si pre- sterebbe forse piena fede, qualora non venissero avvalorati dalle ricerche paleontologiche. Dagli studii istituiti a questo scopo ebbi la compiacenza d’ottenere risultati corrispondenti in tutto a quelli dedotti coll’analisi stratigrafica. I principali depositi fossiliferi finora scoperti sono pochi in nu- mero e non troppo ricchi, nè estesi. Nella zona dei conglomerati se ne riscontrano due in cui i fossili sono piuttosto abbondanti: uno' affiora ad est del monte Brizzone (sud-est di Volpedo), formandone le pendici, lungo la sponda sinistra del torrente Brizzone, che confluisce più sotto col Limbione. Quivi, come ho già detto, la roccia è data da un'alternanza di conglome- rati grossolani e di sabbie più o meno fine ed argillose, e gli strati che ne derivano sono sollevati alla verticale e quasi al- cun poco rovesciati. La minore erodibilità dei banchi a con- glomerati fa sì che in taluni siti questi sporgano, lasciando tra loro un vano corrispondente agli strati sabbiosi, nei quali colano le acque. In questi strati si può studiare la struttura di tali sedimenti; la disposizione più o meno naturale in cui si tro- vano i fossili, rispettivamente allo spostamento del mezzo da cui sono conservati; lo stato di conservazione delle conchiglie, per- fette, erose o in frammenti; e si può formar un’idea della vita che dovevano condurre i molluschi in quei delta, dove bene spesso erano sorpresi da potenti dejezioni, dalle quali venivano sepolti e conservati in posto, oppure trasportati altrove e mal ridotti. Però se vogliamo renderci ragione di alcuni banchi di conchiglie tutte d’una sola specie, dobbiamo ritenere che una tale instabi- lità di fondo non si verificasse dovunque, ma che invece in ta- IL PLIOCENE DELL’ OLTREPÒ PAVESE. 701 È toni punti qualche accidentalità del fondo permettesse a certe | specie sociali di accumularsi una generazione sulle spoglie della | trapassata. Precisamente al monte Brizzone, in un punto dove \ il deposito si fa sabbioso, s’ innalza parallelo agli strati un | banco di Pectunculus insubricus, quella specie stessa che costi- stuisce un’ identica colonia affiorante, per la compattezza mag- i giore, dal suolo a Croce Cabanone a sud-ovest di Godiasco tra il Rio Cagnarello e la valletta sboccante a monte Alfeo. L'altra importante località fossilifera dei conglomerati la si trova salendo dalla borgata di Codevilla lungo il letto del tor- i rente Brignolo e piegando poi nel suo ramo di destra. —. In esso, poco prima di arrivare al banco di gesso, che quivi pure affiora, si incontrano sotto il monte Marsellino quegli stessi | strati di conglomerati, che, dipartendosi dalla sommità di Mon- i dondone e dai colli circostanti, vengono quivi a nascondersi sotto i i sedimenti superiori con un forte angolo di inclinazione. La i raccolta di fossili, che vi si può fare, non corrisponde certo al- l'abbondanza del deposito, e ciò in causa della disposizione delle ripe del Rio, scendenti verticali, per modo che difficilmente s’ar- riva a staccare i fossili affioranti degli strati superiori, e grazie ‘ancora all’incoerenza della roccia, dalla quale è continuo lo stac- carsi dei ciottoli, cke rotolano al fondo non certo ad incoraggia- mento dei raccoglitori. I conglomerati anche altrove si presentano fossiliferi, come alla | località detta Fonte di Recoaro presso Broni, in cui sì rinven- gono delle Ostree; a Tronconero, poco lungi dal colle di Pegaz- i zera, dove raccolsi qualche Anomia, delle piccole Ostree e dei | frammenti di Litofagi, e presso Torrazza-Coste al sito detto i gli Orridi nel versante d’Est del Monte Morsellino. Ai conglomerati vedemmo doversi ascrivere quell’ arenaria, che si estende molto probabilmente da Casteggio (California) a Broni. Alle sue singolarità litologiche, che la rendono così distin- i ta, sono da aggiungersi le paleontologiche. In essa i resti dei i molluschi accennano ad una vita più abbondante e più vigorosa, per cui gli esseri raggiunsero un grado di sviluppo, quale non si 702 Cit PARONA MAO |) osserva in quelli degli altri depositi. Questo fatto è spiegabile | coll’abbondanza dei sali, che dovevano essere disciolti nelle acque | melmose in cui si formò tale deposito, coll’abbondanza dei vege- | tali, come alimenti dei molluschi fitofagi, i quali alla loro volta fornivano una abbondante preda ai zoofagi. È degno di nota anche la singolare abbondanza del Solen vagina e dell’ Ensis Rollei, che nella loro posizione naturale si osservano associati agli altri molluschi. Ad onta dell'abbondanza dei fossili, sono pochi quelli Wa si possono estrarre in istato determinabile, per la notevole compat- tezza dell’arenaria; quando però per avventura spaccandosi la roccia si stacca la conchiglia intatta, essa si presenta con un grado di conservazione sorprendente, sicchè talune, come la Mac- tra stultorum, sembrano conchiglie raccolte sulle spiaggie dei no- stri mari.’ Passiamo ora al piano superiore delle marne sabbiose. Qui i fossili sono più abbondanti e sparsi in diverse località, delle quali le più importanti sono la Cascinella di Volpedo, la cassina Bot- tirolo di Mairano e la cassina Mirandola, posta sotto la collina di Pegazzera. Il maggior numero di fossili si raccolse alla Cascinella di Vol- pedo. Questa frazione giace sulla collina che sovrasta al torrente Limbione che ad est isola il monte Brizzone. Le località fossili- fere sono due: una si trova immediatamente sotto alla Cascinella, dove il torrentello erodendo le sponde mette a nudo gli strati costituiti da marne sabbiose piuttosto fine e da banchi argillosi, ' Per questa ragione mi sarebbe riuscito assai difficile il raccogliere un discreto materiale pel mio Catalogo, senza l’ajuto del signor avvocato cavalier C. Giulietti, il quale, con gentilezza ben nota a tutti i cultori delle cose naturali delle nostre col- line, donò a questo Museo geologico una raccolta di conchiglie che egli raccolse alla Casa California. Ed io son ben lieto che qui mi si presenti l'occasione di rendere sentiti | ringraziamenti all’ egregio avvocato per le molte gentilezze che egli ebbe la bontà i | di usarmi, Con questi sentimenti mi torna gradito rivolgermi anche ai professori T. Taramelli ed A. Sartorio per la loro cooperazione all’ aumento della mia raccolta, ed all'amico mio carissimo Luigi Oliva, per mezzo del quale potei avere molti fossili delle località di Volpedo. IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 703 | che si vedono adagiarsi sui conglomerati del monte Brizzone e i mano mano farsi più orizzontali discendendo alla pianura. Il se- : condo deposito lo troviamo in un altissimo burrone, che dal mar- gine della via, che conduce dal più volte ripetuto monte a Ri- vanazzano, si sprofonda con pareti verticali sino al letto del tor- rente Brizzone quasi di fronte al giacimento suddescritto. La roccia quivi è pura marna sabbiosa ed in essa tratto tratto si vedono disposti straterelli di bianchi fossili, che fanno risalto sull’uniforme colore giallastro della marna. In ambedue questi siti sono conservatissime anche le specie più fragili e vi hanno un certo predominio le bivalvi e singolarmente le piccole Ostree, | i piccoli Pecten opercularis e le Anomie. Alla cassina Bottirolo, invece, i fossili si trovano alla superficie del terreno, specialmente quando, nell'autunno, viene dissodato dall’aratro e meglio ancora alla primavera allorchè, per le nuove piantagioni delle viti, si scavano dei fossati raggiungendo il suolo vergine, in cui si incontrano appunto dei veri banchi di conchiglie, che dai contadini, con epiteto singolarissimo, sono dette orecchie di pesce. Tale condizione di cose si riscontra in tutto quel tratto di colline che si allarga dalla cassina Bottirolo a Pegazzera ed alla frazione Mirandola. Fra i fossili abbondano i piccoli gasteropodi e scarseggiano le bivalvi; di più si nota in generale uno sviluppo piuttosto meschino nella conchiglia, che però si presenta in buon stato di conservazione, e il predominio sugli altri molluschi del- l'Arca diluvi, i cui resti si incontrano ad ogni passo. * * * Prima di passare alla enumerazione delle specie mi si per- metta di fare qualche considerazione sui risultati offertimi dagli uniti specchietti tratti dal quadro comparativo che chiude il Ca- talogo. In tali risultati e confronti trovo diversi fatti che mi confor- tano nell’opinione espressa a riguardo del piano a cui ritengo debba riferirsi il pliocene dell’Oltrepò pavese, e sono: 704°, i C. F. PARONA, i 1.° La predominanza delle specie comuni al pliocene ed al — miocene e la considerevole analogia colla fauna del Bacino di | Vienna, precisamente colla formazione sarmatica (sarmatiche Stufe), che ricopre la formazione detta Mediterranea e che com- prende il calcare del Leitha.' 2.° Il numero delle specie viventi minore di quello delle specie non conosciute come tali. Infatti ne abbiamo 65 delle prime ed 83 delle seconde, le quali, calcolate per cento, danno 43 per le viventi e 56 per le altre. Questi risultati acquistano poi mag- gior valore quando si considera la loro analogia con quelli ot- tenuti dal professor Issel, nei suoi studii sulla fauna delle marne del pliocene antico genovese, in cui trovò il 30 per cento di specie tuttora viventi e la perfetta corrispondenza col numero delle viventi (43 °/0), che risultò al dottor Foresti dai suoi cal- coli sulla fauna della formazione di Castrocaro, che, se ho ben compreso, si distende sull’orizzonte gessifero come si verifica pei nostri depositi. Se nel mio prospetto sul pliocene non avessi distinto anche il piano Piacentino, non mi occorrerebbe spendere ulteriori parole per provare che i conglomerati e le marne sabbiose dell’ Apen- nino pavese spettano al Messiniano superiore. Ma avendo stimato necessario il distinguerlo sono ora in obbligo di prevenire l’ob- biezione, che per avventura mi si potrebbe fare, se cioè, tutto quanto io ascrivo al Messimiano superiore, non spetti invece al Piacentino. Per verità chi considera lo specchietto di confronto tra la fauna pavese e quella del Piacentino e Parmigiano deve restar colpito della poca analogia della prima con quella degli strati di Tabiano e della molta che corre invece con quella di Castell’ Arquato. Questa diversa relazione trova la sua spiegazione nel fatto che il numero delle specie raccolte nel piano di Ta- biano è poco rilevante in confronto a quello stragrande dei fos- sili del Piacentino, e però qual meraviglia se in una raccolta così numerosa si trovano rappresentate molte specie d’ una piccola raccolta di un piano diverso, ma della stessa epoca? 1 HAUER, Geologie der Oesterr=Ungar. Monarchie, pag. 665, 1875. IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 705 i Misi potrebbe opporre che in simil modo si giungerebbe a | spiegare anche l’analogia colla fauna del Bacino di Vienna; ma | io rispondo che questo fatto acquista un valore ben diverso, per- . chè la proporzione, oltre essere maggiore, è anche stabilita con una fauna di uno dei piani più bassi di un’epoca precedente. A | questo proposito è proprio da lamentare che il professore Cocconi ‘non abbia corredato il suo lavoro con quadri, su cui il lettore avrebbe potuto fare delle comparazioni ed avere un’idea chiara del complesso della fauna, in un modo più facile e più sicuro di quello che s’ottenga consultando le singole descrizioni. A quegli che vorrebbe poi dividere le marne sabbiose dal Mes- siniano per ascriverle al Piacentino, ripeterei i fatti stratigrafici già accennati, che mi persuadono del contrario; di più farei os- servare come le piccole diversità, fra le faune delle due forma- zioni pavesi, non è carattere distintivo sufficiente, ma piuttosto da attribuirsi alla diversa natura dei sedimenti marnosi deposti in un mare un po diverso da quello in cui lo furono i conglo- merati. Richiamerei inoltre l’attenzione sullo specchietto, dove sono rappresentate le relazioni fra la fauna di ciascuna formazione con quella del Piacentino e Parmigiano, in cui si vede che i rapporti non variano in modo sensibile passando dai conglome- rati alle marne, il che concorre a provare che si tratta di un piano solo e non di due. Nelle marne sabbiose poi s’osserva una proporzione lievemente maggiore di specie viventi, il che io credo si deve attribuire al lento e misurato modificarsi della fauna durante il tempo in cui si formarono quei depositi, i quali segnano il naturale passag- gio dal pliocene inferiore al piano piacentino. Una prova più caratteristica ancora per escludere l'associazione al Piacentino, i è la differenza che si riscontra tra la fauna dell’Oltrepò e quella di $. Colombano, * nella quale troviamo la Cladocora granulosa 4 Nel Museo. geologico dell’ Università Ticinese si conserva una ricca ed interes- sante raccolta di fossili pliocenici dei colli di S. Colombano, che fu studiata dal dott. Sartorio Achille. ° Vol. XXI. 45 706 C. F. PARONA, Goldf., Arca Noae L. e A., barbata L., il Turbo rugosus Li, il Clanculus corallinus Gmel., la Fissurella italica Defr., il Pecten — varius L., la Nucula nucleus L., Leda fragilis Chemn., Cardium aculeatum L., C. papillosum Poli, C. edule L., Saricava arctica L., il Capulus ungaricus L.. la Terebratula ampulla Lamk., il Mytilus gallo-provincialis Lmk., ed altre specie, delle quali non si riscon- trano vestigia nel depositi fossiliferi dove io rinvenni i materiali della mia raccolta, sebbene la natura dei sedimenti, in taluni siti specialmente, non sia poi così diversa da rendere impossibile la vita alle suaccennate specie. * * * Premesse queste non inutili considerazioni vengo all’ elenco delle specie. In esso ho seguito, per l’ordinamento dei generi, la pregiatissima classificazione esposta dal Woodward nel suo Manual of the Mollusca: per ciascuna specie ho citato l’autore che dà la figura meglio corrispondente al mio esemplare ed in seguito ho ricordato i più importanti lavori sulla fauna del. ver- sante settentrionale dello Apennino, in cui è rappresentata la stessa specie. Sebbene al mio scopo bastasse l’avere semplice- mente la determinazione sicura delle specie, pure non trascurai di notare le varietà e le differenze rimarcate negli individui. Non stimai necessario il dire per ciascuna specie la frequenza o rarità, perchè osservazione di poco momento,. dipendente in gran parte dalle più o meno minute e numerose ricerche del raccoglitore e non suscettibile quindi di seri confronti; non trascurai tuttavia di citare le specie predominanti. Per ultimo faccio seguire un quadro comparativo, nella com- pilazione del quale presi a modello quello stesso che correda le preziose Memorie sui molluschi pliocenici bolognesi del chiaris- simo dottor L. Foresti, il quale acquistò un altro titolo alla mia riconoscenza perchè fu con me liberale del suo competente ‘giudizio sopra un certo numero di fossili, che io non era in grado di determinare per mancanza di materiali di confronto e di alcune opere malacologiche. x IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE, 707 GASTEROPODI LAMELLIBRANCHI % 56 face Pere rei aa n | ss 150 specie di molluschi, delle quali: 36 58 56 sono esclusive ai comuni alle due esclusive alle marne conglomerati formazioni “ut | | 9% AA4 quindi sono quelle che si quelle delle marne riscontrano nei conglomerati 3 sabbiose Sopra 450 specie fossili 84 sono di quelle non ancora riscontrate viventi (56 %0) — 66 sono viventi (44 9/0) — in queste ultime vi hanno: 58 34 25 specie del Mediterraneo dell’ Atlantico dei mari Britannici 6 dei mari del Nord dei mari tropicali Nelle 66 specie viventi si potrebbe stabilire anche quest’altra distinzione: Nelle viventi del Mediterraneo si distinguono poi: 20 16 15 esclusive proprie comuni al del Mediterraneo del Mediterraneo Mediterraneo-Atlantico e dell’ Atlantico e mari Britannici 3 comuni al Mediterraneo-Atlantico, mari Britannici e del Nord 9 A A comuni comune comune al Mediterraneo, al Mediterraneo-Atlantico, al Mediterraneo-Atlantico, mari mari e Mar Rosso Britannici e del Nord Britannici e Mar Rosso Nelle % specie dei conglomerati, 39 sono le viventi (44 0/), 55 le spente (59 9%) Nelle 4114 delle marne sabbiose, 52 sono viventi (45 %/), 62 le SO n et do a e (54 9/0) Relazioni fra la Fauna dell’ Oltrepò Pavese ed altre Faune IG GGNIOE, (gle 0A | oltre a 302 specie esclusive del pliocene e 10? esclusive del miocene, ve ne sono 446 comuni col miocene, delle quali: 89 7A 52 DIA sono rappresentate nei terreni nel miocene in quelle del nel Bacino di Vienna miocenici del Piemonte del Modenese Parm.° e Piac.° 3 59 4 esclusive dei mari Britannici viventi nel Mediterraneo esclusive dei mari tropicali Relazioni col pliocene del Piacentino e del Parmigiano. Le 4150 specie del Pliocene Pavese hanno: 55 MIL 99 rappresentanti negli strati di Tabiano nel Piano Piacentino nell’ Astiano Le 9% specie dei conglomerati ne hanno poi alla loro volta: 2 65 60 negli Strati dî Tabiano nel Piano Piacentino nell’ Astiano e le 114 specie delle marne sabbiose ne hanno: 4 9 82 negli Strati dî Tabiano nel Piacentino nell’ Astiano hLm@@@ccGGlililiiiiiice in trent LIE cir BERT artt 708 VOLPI PARONA MONT n MOLLUSCHI GA STEROPODI. DEIR STROMBUS Linné. LL RATA doratitue Defr. Hornes, Die Foss. Moll. des Tert. Beck. von Wien. Tom. II, pag. 187, | tav. 17, fig. 1. i Foresti, Catologo dei molluschi fossili pliocenici delle colline bolognesi. — Memor. dell’Accad. delle scienze di Bologna, 1868. di Cocconi, Enumerazione sistematica dei molluschi miocenici e pliocenici dere È provincie .di Parma e di Piacenza. — Mem. dell’ Accad. delle scienze di | Bologna. Serie III, tom; III, 1873. & (9 Specie non conosciuta vivente, affine allo Str. bubonius Lamk., vivente nell’ Oceano Indiano. iSiecoGaltti TAg ct io 00 î Trovasi fossile nei conglomerati di Codevilla al torrente Bri: ; gnolo ed in quelli degli orridì di Torrazza-Coste; nelle marne sabbiose di Volpedo, alla Cascinella, dove trovansi individui di | tutte le età, e di Mairano, alla cascina Bottirolo. Genere MUREX Linné. 2. Murex brandaris Linn. MicneLoTTI, Monografia del genere Murex, pag. 14, tav. III, fig. 8. i D’ Ancona, Malacologia pliocenica italiana. — Mem. del Comitato geologico 1 d’Italia, 1871, fasc. I, pag. 19, tav. 2. fig. 1, 2, 7 (pseudo- renano | Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 12. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 25. i 4 Foresti, Cenni geologici e paleontologici sul pliocene antico di Castrocaro | 1876. — Mem. Acc. scien. Bologna, serie III, tom.:.VI, pag. 11. Questa specie vive nel Mediterraneo, nell'Atlantico e sulle co- | ste dell’Africa occidentale sino al Senegal. Trovasi fossile nei conglomerati di Volpedo, al monte Brizzone, | degli orridi di Torrazza-Coste e di Casteggio, nell’arenaria com- | patta con scagliette di gesso della California. IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 709 R Mure 1) 8. Murex truncatulus Foresti. Foresm, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 13, tav. 1, fig. 12. D'Ancona, Malacologia pliocenica italiana, fasc. I, pag. 34, tav. 5, fig. 5 (a-d). BeLrarpi, I molluschi dei terreni terziari del Piemonte. — Mem. R. Acc. .__ di Torino, serie II, tom. XXVII, pag. 121. : Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 32. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati di Codevilla, al torrente Brignolo e di | Volpedo, al monte Brizzone. Si conservano individui giovani ed \ adulti. 4. Murex spinicosta Bronn. Horwnes, Die Foss. Moll. des Tert. Beck. von Wien. Tom. III, pag. 259, tav. 26, fig. 6,8. D’Ancona, Malacol. plioc. italiana, fasc. I, pag. 18, tav. 12, fig. 5 (a-b). BeLLarpI, I molluschi dei terr. terz. del Piemonte, pag. 74, N. 1. ‘Foresti; Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 15. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 25. Specie non conosciuta vivente. Fossile nelle marne sabbiose di Volpedo, alla Cascinella. 5. Murex multicostatus Pecch. Prccniori, Descriz. d’alcuni nuovi fossili delle argille subapennine toscane. — Atti della Soc. ital. di Scienze naturali, vol. VI, fasc. IV, pag. 501, tav. 5, fig. 28, 29. i D’ Ancona, Malac. plioc. ital., fasc. I, pag. 36, tav. 4. fig. 7 (a-b), tav. 7, fig. 1 (a-b). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 33. BeLLARDI, I moll. dei terr. terz. del Piemonte, pag. 114. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 58. ot Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 12. i. Specie non conosciuta vivente. Fossile nelle marne sabbiose di Pegazzera, alla cassina Mi- i randola. a a ui Di, 710 C. F. PARONA, Un unico esemplare conservatissimo, corrisponde assai bene alla forma figurata dal D'Ancona, alla tav. 7°, fig. 1, la quale, secondo il Bellardi, rappresenterebbe una specie diversa, per la fîi- | gura quasi circolare della bocca, per il canale chiuso e per la dif- ferente natura degli ornamenti superficiali, da quella descritta e fisurata dal Pecchioli. Secondo il mio modo di vedere non cre-. derei opportuno di farne una specie distinta, non vedendo, nei caratteri differenziali stabiliti dal Bellardi, argomenti sufficienti; propenderei piuttosto a farne una varietà ben caratterizzata. 6. Murex polymorphus Brocc. Broccn, Conchiologia fossile subapennina, tom, II, pag. 206, tav. 8, fig. 4. | D'Ancona, Malacol. plioc. italiana, fasc. I, pag. 48, tav. 7, fig. 7,9. BeLLarDI, MoWluschi dei terr. terz. del Piemonte, pag. 136. Foresti, Moll. phoc., Bolognesi, 1868, pag. 20. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 36. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati di Volpedo al monte Brizzone. L’ e- | semplare quivi trovato corrisponde alla varietà A, stabilita dal | Bellardi sui caratteri: Anfractus ultimus ventricosior — Varices i numerosiores: trovasi anche nelle marne sabbiose di Volpedo, alla Cascinella. | 7. Murex Dertonensis May. BeLLARDI, Moll. dei terr. terz. del Piemonte, pag. 137, tav. VII, fig. 12 | (a-b). Secuenza, Studi stratigr. sulla formazione pliocenica dell’ Italia meridio- nale. — Bollettino, Comitato geologico, N. 11, 12, pag. 340, 1875. Questa specie, non conosciuta vivente, fu trovata nel miocene | superiore a Stazzano, di Sant’ Agata nel Tortonese, e nel pliocene | di Altavilla di Sicilia; nell’Oltrepò pavese fu raccolto nei com-. glomerati di Codevilla, al torrente Brignolo. | IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 711 8. Murex conglobatus Mich. Brocca, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 178 (M. pomum). MricarrortI, Monograf. del genere Murex, pag. 16. tav. IV, fig. 7. D'Ancona, Malacol. plioc. italiana, fasc. I, pag. 335, tav. 4, fig. 1, tav. 5, fig. 1. BeLLArDI, I molluschi dei terr. terz. del Piemonte, pag. 119. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 31, tav. I, fig, 1. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati di Codevilla, al torrente Brignolo. Gli esemplari quivi rinvenuti sembrano corrispondere assai agli individui descritti dal Michelotti, per le dimensioni, per la for- ma rigonfia, coda breve, molto contorta e ripiegata all’indietro, ombelico larghissimo e molto profondo, imbutiforme. Trovasi an- che nei conglomerati di Volpedo, al monte Brizzone, e degli or- ridi di Torrazza-Coste. Genere RANELLA Lamarck. 9. Ranella marginata Mart. Broccni, Conch. foss. subapenn., tom. II, pag. 109, tav. IV, fig. 13 (Buc- cinum marginatum Mart.). Hornes, Die Foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 214, tav. 21. fig. 7, 11 Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 25. D’ Ancona; Malacol. plioc. italiana, fasc. II, pag. 58, tav. 8, fig. 3 (a-b) e 4 (a-b) (E. laevigata). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 74. BeLrarpI, I moll. dei terr. terz. del Piemonte, pag. 273. Secondo Matheron ed altri questa specie vive ancora sulla co- sta africana dell’ Atlantico (Hornes); da altri è ritenuta estinta. Fossile nei conglomerati degli orridi di Torrazza-Coste e di Co- devilla, al torrente Brignolo. Alcuni degli esemplari quivi trovati corrispondono alla varietà A del Bellardi, caratterizzata da una testa più ventricosa e più breve, da una spira brevissima, da man- 712 GHFi' PARONAZA sot. 004, 0 canza di nodi negli adulti, ecc.; trovasi anche nelle marne sab-. biose di Volpedo alla Cascinella. L’esemplare quivi rinvenuto cor- | risponde assai bene alla fig. 17 della tav. IV del Brocchi, che ci rappresenta un individuo giovane, alla quale riferendosi, il Bronn i stabilì una specie nuova sotto il nome di R. Brocchi. Genere FASCIOLARIA Lamarck. 10. Fasciolaria fimbriata Brocc. Brocca, Conchiol. foss. subapenn. tom. IL pag. 211, tav. 8, fig. 8. (Murex — fimbriatus). Horxnes, Die Foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 299, | tav. 33. fig. 5, 7. D'Ancona, Malac. plioc. italiana, fase. II, fig. 8 (a-b), tav. 11. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 27. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 92. n Questa specie non è conosciuta vivente. PR al Fossile, trovasi nelle marne sabbiose di Volpedo, alla Casci- | nella. Gli esemplari corrispondono perfettamente alle figure del- | l’ Hérnes, poco a quelle del Brocchi; questo fatto fu osservato già — dal dottor Foresti. Genere CANCELLARIA. Lamarck. 11. Cancellaria varicosa Brocc. Brocca, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 84, tav. 3, fig. 8 (Vo- | luta). i i BeLLarDI, Descript. des Cancell. foss. des terr. tert. du Piemont, pag. 251, — tav. 3, fig. 5, 6. Mem. Acc. di Torino, tom. III, ser. 2. j Horwes, Die Foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tav. 34, fig. 6 (a-b), | tom. III i Foresti, Moll. phoc., Bolognesi, 1868, pag. 28. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 166. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati di Volpedo, alla Cascinella e di Co- devilla, al torrente Brignolo. » IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. ViT3 12. Cancellaria uniangulata Desh. BeLLarDI, Descript. des Cancell. foss. des terr. tert. du Piemont, pag. 17, tav. II, fig. 19, 20. Horwnes, Die Foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III pag. 306, tav. 34, fig. 2. D’ Ancona, Malacol. plioc. ital., pag. 217, tav. 13,|fig. 2, 3. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 28. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 169. Specie non conosciuta vivente. Fossile nelle marne sabbiose di Mairano, alla cassina Bottirolo. 13. Cancellaria cancellata Linn. BeLLARDI, Descript. des Cancell. foss. des terr. tert. du Piemont, pag. 27, tav. III, fis. 5, 6, 13, 14, 17, 20. D'Ancona, Malac. plioc. italiana, pag. 233, tav. II, fig. 13 (a-b), 14 (a-b). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, pag. 29, 1868. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 165. Questa specie vive sulla costa africana del Mediterraneo e dell'Atlantico, dall’Algeria alla Guinea. Fossile nei conglomerati di Volpedo, al monte Brizzone, di Co- devilla al torrente Brignolo e degli orridi di Torrazza-Coste. Gli esemplari rinvenuti finora sono di individui giovani. 14. Cancellaria Bonellii Bell. BerLArDI, Descript. des Cancell. foss. des terr. Tert. du Piemont, pag. 24, tav. III, fig. 3, 4. Horwes, Die Foss moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 315, tav. 34, fig. 19. D'Ancona, Malacol. plioc. italiana, fasc., IL, pag. 231, tav. 13, fig. 4 (a-b). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, pag. 30, 1868. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 165. Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 16. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati del Torr. Brignolo presso Codevilla e 714 C. F. PARONA, nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo e della C. Bot- | tirolo di Mairano. Gli esemplari si avvicinano nell’aspetto alla | varietà Dertonensis, figurata dal Bellardi, perchè nella parte su- periore degli anfratti sono piuttosto rotondeggianti; noto però i che questa particolarità non è tale da associarla alla C. serrata. | 15. Cancellaria hirta Brocc. Brocca, Conch. foss. subapenn., tom. II, pag. 215, tav. 4, fig. 1 (a-b) (Vo- luta). BeLLarDI, Descript. des Cancell. foss. des terr. tert. du Piemont, pag. 19, i tav. II, fig. 1, 2 (nodulosa). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 29 (nodulosa). D'Ancona, Malac. plioc. italiana, fasc. II, pag. 221, tav. 12, fig. 10 (a-b-c). — Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 167. Specie vivente nei mari delle Indie. Fossile nei conglomerati di Volpedo, al monte Brizzone; esem- plari somiglianti alla varietà major-del Bellardi, e di Codevilla, al torrente Brignolo. 16. Cancellaria Brocchii Crosse. Brocca, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 80, tav. III, fig. 12 (Vo- | luta piscatoria). BerLarDI, Descript. des Cancell. foss. des terr. tert. du Piemont, pag. 19, tav. II, fig. 9, 10, 11, 12, 18, 14 (nodulosa, non Lamk.). “D'Ancona, Malac. plioc. italiana, pag. 222, tav. 13, fig. 16, 17, fase. IL Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 168. Specie non conosciuta vivente. Fossile nelle marne sabbiose di Volpedo, alla Cascinella. La conchiglia che conservo è di individuo giovane; noto però che in essa non riscontro la differenza che il D'Ancona trova fra gli individui adulti ed i giovani, che cioè la porzione superiore de- gli anfratti invece di essere piana sia declive. IL PLIOCENE DELL’ OLTREPÒ PAVESE. 715 Genere EUTHRIA Gray. 17. Euthria cornea Linn. Hosnes, Die Foss. Moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III tav. 31, fig. (a-b), pag. 280 (Fusus corneus). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 34 (Fusus lignarius). D’Ancona, Malac. plioc. italiana, fasc. II, pag. 137, tav. 14, fig. 13 (a-b), 14 (a-b) (Fusus lignarius). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 42 (Fusus corneus) BerrarpI, Moll. dei terr. terz. del Piemonte, pag. 220. Vive nel Mediterraneo e nell’Atlantico. Fossile nei conglomerati di Volpedo, al monte Brizzone e nel- l’arenaria compatta con scagliette di gesso della California di Casteggio. 18. Euthria Puschii Andr. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 282, tav. 31, fig. 6 (a-b) (Fusus). BeLLarDI, MoMluschi dei terr. terziari del Piemonte, pag. 226. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati di Codevilla, al torrente Brignolo. L’ unico esemplare corrisponde assai ai disegni dell’ Hòrnes. Genere FUSUS Lamarck. 19. Fusus rostratus Oliv. Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 208, tav. 8, fig. 1. BerrarpI e MicaeLoTTI, Saggio orittologico, pag. 12, tav. 1, fig. 15 (Fusus cinctus). Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, III Band. tav. 32, fig. 1. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, pag. 32, 1868. D'Ancona, Malacol. plioc. italiana, fasc. IL, pag. 126 tav. 14, fig. 1 (a-0), tav. 15, fig. 6, 7, 8 (a-b) (Fusus cinctus). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 44. BeLLarDI, Moll. dei terr. terz. del Piemonte, pag. 159. Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 17. 716 | C. F. PARONA, Vivente nel Mediterraneo e nell’ Atlantico alle Canarie. Fossile nei conglomerati di Volpedo, al monte Brizzone. Un esemplare quivi trovato corrisponde perfettamente al F. cinctus, figurato dal D'Ancona, che io ritengo una varietà del F. rostra- tus, piuttosto che una specie distinta. Genere METULA Adams. 20. Metula mitraeformis Brocc. Brocca, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 945, tav. 8, fig. 20, (Murex). Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 288, tav. 31, fig. 7 (Fusus). FORESTI, Moll. phoc., Bolognesi, 1868, pag. 34 (Fusus). D’ Ancona, Malac. plioc. italiana, fasc. II, pag. 254, tav. 14, fig. 12 (Pusus). Cocconi, Moll. mioc. plioc., Parma e Piacenza, pag. 43 (Fusus). BeLLarDI, Moll. dei terr. terz. del Piemonte, pag. 193. Specie non conosciuta vivente. Fossile nelle marne sabbiose di Volpedo, alla Cascinella e di Pegazzera alla cassina Mirandola. Genere TEREBRA Lamarck. 21. Terebra fuscata Brocc. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 198, tav. II, fig, 15, 18, 26. Foresti, MoWluschi foss. plioc., Bolognesi, pag. 37. Cocconi, Moll. mioc. plioc., Parma e Piacenza, pag. 129. Vivente al Senegal e nell'Oceano Indiano. Fossile nei conglomerati di Volpedo, al monte Brizzone (ab- bondantissima), di Codevilla, al torrente Brignolo, e in quelli de- gli orridi di Torrazza-Coste. Nelle marne sabbiose trovasi alla Cascinella di Volpedo. IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. © 717 22. Terebra Basterotii Nyst. Horwes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 132, tav. 11, fig. 27, 28. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, pag. 38, 1868. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 131. Specie non conosciuta vivente, prossima alla 7. duplicata Lamk. | i Fossile nei conglomerati di Codevilla, al torrente Brignolo e di Volpedo alla Cascinella; gli esemplari di quest’ultima località sono piuttosto piccoli ed alcuni presentano distintissime le strie trasversali. | Nelle marne sabbiose trovasi alla Cascinella di Volpedo. 23. Terebra acuminata Borson. Horxes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien,tom. III, pag. 130, tav. 11. fig. 22, 24. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 38. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 131. Specie non conosciuta vivente, affine alla 7. corrugata Lamk. dei mari tropicali. | Fossile nei conglomerati di Volpedo, al monte Brizzone. 24. Terebra pertusa Bast. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 132, tav. 11. fig. 19, 20, 21. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 38. Cocconi, Moll. mioc. e phoc., Parma e Piacenza, pag. 131. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati di Volpedo, al monte Brizzone e nelle marne sabbiose di Volpedo alla Cascinella. 25. Terebra subflammea D’Orbigny D’OrsienY, Prod. de Paléont. stratigr., vol. III, pag. 117, N. 234. 718 C. F. PARONA, Fossile nei conglomerati di Volpedo al monte Brizzone. Classificai questa specie per confronto con esemplari, di pro- prietà del Museo geologico della Università di Pavia, del pliocene di Torsero, classificati dal chiarissimo Michelotti. Genere NASSA Lamarck, 26. Nassa clathrata Born. Born, Test. Museor. Caes. Vindob., pag. 261, tav. 9, fig. 17, 18 (Buc- cinum). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 89. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 76. Specie non conosciuta vivente. | Fossile abbondantissimo nei conglomerati di Volpedo al monte Brizzone e di Codevilla al torrente Brignolo; trovasi anche nelle marne sabbiose di Volpedo, alla Cascinella. 27. Nassa musiva Brocec. Broccani, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 118, tav. 5, fig. 1 (Buc- cinum). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 43. Cocconi, Moll. mioc. plioc., Parma e Piacenza, pag. 78. Specie vivente nei mari Britannici, secondo il Foresti. Fossile nei conglomerati degli orridi di Torrazza-Coste e nelle marne sabbiose di Volpedo, alla Cascinella; tre esemplari ben conservati. | 28. Nassa serraticosta Bronn. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 146, tav. 12. | fig. 15 (Buccinum). ForestI, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 44. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 81. Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 20. Specie non conosciuta vivente. pi. ALS A di a Pea Li ei i | IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 719 Fossile nei conglomerati di Volpedo, al monte Brizzone e nel- l’arenaria compatta con gesso in laminette della California di Casteggio. di raccoglie anche nelle marne sabbiose di Volpedo, alla Cascinella e di Pegazzera alla cassina Mirandola. 29. Nassa turbinella Brocc. Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 653, tav. 15, fig. 17 (Buc- cinum). Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 150. tav. 12. fig. 17 (Buccinum turbinellus). ForestI, Moll. plioc., Bolognesi, pag. 44, 1868. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 81. Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 20. Specie non conosciuta vivente. Fossile nelle Marne sabbiose di Volpedo, alla Cascinella e di Pegazzera, alla cassina Mirandola. 30. Nassa semistriata Brocc. Brocca, Conchiol. foss. subapenn., pag. 485, tom. II, tav. 15, fig. 15 (Buccinum). Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 114, tav. 12. fig. 9, 10 (Buccinum). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 44. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 21. Foresti, Sul phocene antico di Castrocaro, pag. 83. Vive nel Mediterraneo, dove sembra vicina alla sua totale scomparsa (Cocconi), e nell’ Atlantico lungo le coste della Fran- cia meridionale, della Spagna, Portogallo e dell’Africa setten- trionale. Fossile nei conglomerati di Volpedo, al monte Brizzone e di Codevilla, al torrente Brignolo; trovasi anche nelle marne sab- biose di Volpedo, alla Cascinella, di Mairano, alla cassina Bot- tirolo e di Pegazzera, alla cassina Mirandola. Fra i moltissimi esemplari di varie dimensioni ve ne sono molti che corrispondono perfettamente alla varietà turrita, de- scritta e figurata dal Foresti. 720. ef C. F. PARONA, \Oo© 31. Nassa turrita Bors. Borson, Saggio di orittol. Piemont. — Mem. Acc. Se. di Torino, tom. XXV i (1820), pag. 218, N. 16. MicaeLotTI, Descript. des foss. mioc. de VIt. sept., tav. 12, fig. 10. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 46. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 89. Specie non conosciuta vivente. Fossile nelle marne sabbiose di Volpedo, alla Cascinella. 32. Nassa obliquata Brocc. Brocca, Conchiol. foss. subapenn., pag. 118, tom. II, tav. 4, fig. 16 (Buc- cinum). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 46. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. ST. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati di Volpedo, al monte Brizzone e degli orridi di Torrazza-Coste. 33. Nassa prismatica Brocc. Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 115, tav. 5, fig. 7 (Buc- | cinum).: ; Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 146, tav. 12, fig. 13, 14 (Buccinum). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 42. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 78 (N. limata Chemn.). Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 19. # Vive nel Mediterraneo ed alle Canarie. Fossile nelle marne sabbiose di Volpedo, alla Cascinella e di Pegazzera alla cassina Mirandola. Gli esemplari sono piccoli. 34. Nassa incrassata Miller. MiiLrer, Zool. Danicae prodr., N. 2946-1770 (Tritonium incrassatum). Broccai, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 117, tav. 5, fig. 8 (Buc- i cinum asperulum). IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 721 È MicaeLormti, Descript. des foss. mioc. de VItal. septentr., pag. 213, t. XII, i fio. 4(Nassa granularis). Hornes, Die foss. mol. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 148, tav. 12, fig. 16 (a-b) (Buccinum încrassatumì). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 43, (IV. asperula). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 80 (N. Ascanias Brug.). Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 20. Vive nel Mediterraneo e nell'Oceano Atlantico. Fossile nelle marne sabbiose di Volpedo alla Cascinella, in piccoli esemplari, e di Mairano, alla cassina Bottirolo. 85. Nassa Rosthorni Partsch. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 140, tav. 12, fig. 4,5. Non fu riscontrata vivente. Fossile nell’arenaria compatta con scagliette di gesso della Ca- lifornia di Casteggio e nelle marne sabbiose di Volpedo, alla Cascinella. Nel determinare queste specie mi nacque il dubbio che la si dovesse ascrivere alla Nassa ventricosa Gratel., ma confrontati i miei esemplari con altri, dell’accennata specie, trovati nel miocene superiore di Stazzano, riscontrai in questi una forma più ven- tricosa e meno allungata, fatto che notò anche l’Hòrnes, per cui credo di poter ascrivere con sicurezza gli esemplari della Casci- nella e della California alla N. Rosthorni. Noto come in uno de- gli esemplari dell’ultima località accennata si osservino limpidis- simi cristalli di selenite riempiere completamente la cavità. 36. Nassa cacellense Pereira. Fossile nell’ arenaria compatta della California di Casteggio. Determinai questa specie per confronto con esemplari di pro- prietà del museo geologico della Università Ticinese, provenienti dal miocene superiore di Stazzano e dal pliocene d’Asti e classifi- cati col nome succitato dal Michelotti. Vol. XXI. 46 722 (0 SF. PARONA, 37. Nassa labella Bonelli. A Fossile nei conglomerati di Codevilla, al torrente. Brignolo. Classificai l’unico esemplare per confronto con altri che si con- _ servano nel museo Pavese, trovati nel miocene superiore di Staz- zano e determinati col nome di N. labella dal Michelotti. + Genere PHOS Monfort. 38. Phos polygonum Brocchi. Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 123; tav. 5, fig. 10 (Buc- CINUM). Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 160, tav. 12, fig. 14, 15 (Buccinum). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 35 (Buccinum). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 75 (Buccinum). Specie non conosciuta vivente. Fossile nelle marne sabbiose di Volpedo, alla Cascinella. Due | soli esemplari, ben conservati. Genere CYCLONASSA Swainson. 39. Cyclonassa neritea Linn. Born, Test. Mus. Caes. Vindob., tav. 10, fiv. 3, 4 (Buccinum). BroccHi, Conchiol. foss. subapenn., pag. 111, tom. II (Buccinum). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 47 (Nassa neritaea). » » » 1874, » 79 (Cyclope neriteus). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 90 (Ciclops meriteus). | | Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 22. Vive nell’ Atlantico e. nel Mediterraneo. | Fossile nelle marne sabbiose di Volpedo, alla Cascinella. Con- servo un unico esemplare ben conservato, con tracce di colora- zione; lo classificai colle figure del Born, ma posso, ripetere col Brocchi, che in esse non vi è disegnata la profonda slabbratura della columella, quale osservasi nel mio individuo fossile. IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 723 Genere RINGICULA Deshayes. 40. Ringicula buccinea Renier (Voluta). Brocca, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 93, tav. 4, fig. 9 (Voluta). Horwes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 86, tav. 9, fio. 3, 4. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 48. Cocconi, Moll. mioc. e plioce., Parma e Piacenza, pag. 133 (E. buccinata). Foresti, Sul pliocene antico ai Castrocaro, pag. 22. . Vive nel Mediterraneo e nell’Atlantico dalle coste della Spa- gna alle Canarie. Fossile nell’arenaria compatta con scagliette di gesso della California di Casteggio e nelle marne sabbiose di Pegazzera alla cassina Mirandola e di Volpedo alla Cascinella. Alcuni esemplari presentano un principio di costicine trasversali più o meno ap- parenti, per cui si potrebbero distinguere, col Foresti, come va- rietà cincta, che lo stesso autore dice però poco apprezzabile. Genere PURPURA Adams. 41. Purpura tessellata Mngh. PeccHioLi, Descrizione di alcuni nuovi fossili delle argille subapenn. to- scane. — Atti della Soc. ital. di Sc. natur., vol. VI, fasc. IV, tav. 5, fig. 10, 11, pag. 511. SorpeLLI, Nuove osservazioni sulla fauna fossile di cassina Rizzardi, pag. 26. — Atti Soc. Ital. Sc. nat., vol. XVIII, fasc. IV. Specie non conosciuta vivente. Fossile nelle marne sabbiose di Mairano, alla cassina Bottirolo un sol esemplare colle macchie ben distinte. Genere CASSIS Lamarck. 42. Cassis saburon Brug. Horxnes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 177, tav. 15, fig. 2,3,4,5, 6, 7. 724 VD C+ FL PARONA, O Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 51. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma è Piacenza; pag. ForestI, Sul Dianne antico di ii pag. 23. i DÒ: Vive nel Mediterraneo e nell'Atlantico dallo coste della Fran-| | cia meridionale al Senegal. Fossile nei conglomerati degli orridi di Torrazza-Coste € e nelle 1 | marne sabbiose di Volpedo, alla Cascinella. Fra i numerosi esemplari distinguerei. anch'io col Cocconi i È seguenti tipi: a) Laevis evaricosa Bronn; questo non presenta strie, tranne sull’orlo degli anfratti; corrisponde alle fig. 2, 3, tav. 15 del- l’Hornes. Sonvi esemplari di diverse dimensioni. 0) Laevis varicosa Bronn; distinto per una sporgenza longi-. i tudinale, più o meno rilevante, che divide l’ultimo anfratto in j due metà disuguali e chiamato varice. Esemplari di diversa gran- ; dezza. c) Striata evaricosa Bronn; di questo tipo sonvi esemplari di È piccola e grande dimensione corrispondenti alle fig. 4, 7 (a, d), — tav. 15 dell’Hornes e talora ancora più completamente striati. d) Striata varicosa Cocc., corrispondente alla Striata eva- [ ricosa, coll’aggiunta della varice. Genere DOLIUM Lamarck. 43. Dolium denticulatum Desh. Horwnes, Die foss. moll.. des. Tert. Beck. von Wien, tom. II. pag. 164, tav. 15, fig. 1 (a-b). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 52. « Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 113. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati di Volpedo, al monte Brizzone. 4 ht IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 725. Genere COLUMBELLA Lamarck. 44. Columbella nassoides Bell. BeLLarDI, Monograf. delle Columb. foss. del Piemonte — Mem. della R. Ac- cad. delle Scienze di Torino, serie II, X, pag. 16, tav. I, fig. 13. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 122, tav. 11, fig. 9, Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 52. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 107. Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 24. Specie non conosciuta vivente. Fossile abbondante nelle marne sabbiose di Pegazzera, alla cas- . sina Mirandola. 45. Columbella thiara Brocc. Broccm, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 217, tav. 8, fig. 6 (Murex). BerLArDI, Monogr. delle Columb. foss. del Piemonte, pag. 19, tav. I fig. 17. e” ._Horxrs, Die foss. moll. des Tert. Beck.von Wien, tom. III, pag. 667, tav. 51, A fig. 2. ._Foresm, Moll. plioc., Bolognesi, 1868; pag. 55. ; Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 106. i Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 24. I Specie non conosciuta vivente. .Fossile nei conglomerati di Codevilla, al torrente Brignolo, in " quelli degli orridi di Torrazza-Coste e nelle marne sabbiose di i Mairano, alla cassina Bottirolo. I 46. Columbella semicaudata Bon. BeLLaBpI, Monograf. delle Columbelle foss. del Piemonte, pag. 8, tav. I, fig. 3. Horwes, Die foss. mol. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 117, tav. 11, fig. 10. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 53. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 108. e eo a er EI € = Re e Sar c] 726 C. F. PARONA, Specie non conosciuta vivente. Fossile nelle marne sabbiose di Pegazzera, alla cassina Miran- | dola. Un sol esemplare. Genere ANCILLARIA Lamarck. 47. Ancillaria glandiformis Lamk. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 57, tav. 6, Ho, 7,9. Cocconi, IMoll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 92. Specie forse vivente nei mari tropicali. Fossile nei conglomerati di Broni alla fonte Recoaro. Genere CONUS Linné. 48. Conus ventricosus Bronn. Horwes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 32, tav. IMI, NEGRI 6, not Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 54. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 151. Questa specie è il tipo fossile corrispondente al Conus medi- terraneus, vivente, colle sue numerose varietà, nel mare Mediter- raneo e nell’ Atlantico dal Portogallo alle Canarie. | Fossile nei conglomerati di Codevilla, al torrente Brignolo e in quelli degli orridi di Torrazza-Coste; nelle. marne sabbiose di Volpedo alla Cascinella e di Mairano alla cassina Bottirolo. Devo notare che gli esemplari presentano modificazioni, molto graduate però, per cui passano a forme somigliantissime al Conus Pyrula del Brocchi; anzi uno di essi presenta striscie serpeggianti di giallo-rossastro, delle quali fa parola anche il Brocchi a riguardo della sua specie accennata (Brocchi, tom. II, pag. 56, tav. 2, fig. 8). 49. Conus striatulus Brocc. Broccni, Conchviol. foss. subapenn., tom. II, pag. 63, tav. 8, fig. 4. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 55. IL PLIOCÉNE DELL'OLTREPÒ PAVESE. agi, | Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma € Piacenza, pag. 154. bilie Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 25. Specie non conosciuta vivente. ‘Fossile nei conglomerati di Volpedo al. monte Brizzone e nelle marne sabbiose di Pegazzera alla cassina Mirandola. 50. Conus antidiluvianus Brug. Brocca, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. .60, tav. 2, fig. 11. Hornrs, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 39, tav. 5, fio. 2 Wil, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 154. Cocconi, Moll. mioc. e plioc.; Parma e Piacenza, pag. 154. Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 24. Specie non conosciuta vivente. Fossile nelle marne sabbiose di Pegazzera alla cassina Miran- dola. Genere PLEUROTOMA. Lamarck. 51. Pleurotoma turricula Brocc. Brocca, Conchiol. foss. subapenn., vol. II, pag. 230, tav. 9, fig. 20 (Murex), pag. 228, tav 9, fig. 14 (Murex contiguus). BeLLarDI, Monograf. delle Pleurotome fossili del Piemonte. — Mem. della R. Accad. di Torino, ser. II, IX, pag. 45, tav. II, fig. 18. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wie tom. III, pag. 350, tav. 38, fig. 11. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 57. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 52. Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 25. Hornes ritiene che questa specie viva nei mari britannici. Weinkauff la considera come varietà della PI. crispata Jan, vi- vente nel Mediterraneo. Cocconi e Foresti non la citano fra le Viventi. Fossile nei conglomerati di Codevilla, al torrente Brignolo. La conchiglia quivi trovata corrisponde alla figura del Murex con- 728 C. F. PARONA, tiguus disegnata dal Brocchi e quindi corrisponde alla varietà A del Bellardi. Trovasi anche nelle marne sabbiose di Volpedo alla Cascinella e di Pegazzera alla cassina Mirandola. 52. Pleurotoma dimidiata Brocc. Broccn, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 226, tav. 7, fig. 18 (Murex). BeLLarDI, Monogr. delle Pleurotome foss. del Piemonte, pag. 57. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 360, tav. 39, fig. 2, 3. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 57. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 54. Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 25. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati di Codevilla al torrente Brignolo, e nelle marne sabbiose di Volpedo alla Cascinella e di Pegazzera alla cassina Mirandola. 53. Pleurotoma rotata Brocc. Broccani, Conchiol. foss. subapenn., vol. II, pag. 229, tav. 9, fig. 11. BeLLARDI, Monogr. delle Pleurot. foss. del Piemonte, pag. 50. Hornrs, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 354, tav. 38. fio. 18. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 59. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 53. ForestI, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 25. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati di Codevilla al torrente Brignolo e nelle marne sabbiose di Mairano alla cassina Bottirolo e di Pe- gazzera alla cassina Mirandola. 54. Pleurotoma ramosa Bast. Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 231, tav. IX. fig. 12, (Mu- rex reticulatus). Basterot, Mém. géol. sur les Envir. de Bordeaux, pag. 67, tav. III, fig. 15. E, Ri A Ni %& ; 4 Ì * IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 729 e BELLARDI, Monograf. delle Pleurot. foss. del Piemonte, pag. 22. tav. I, Mi fio. 3,4,6,7. | —Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 335, tav. 36, i fig. 10, 14. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 48. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati di Volpedo, al monte Brizzone. Un esemplare corrisponde perfettamente alla varietà D figurata dal Bellardi (Op. cit., tav. I, fig. 4), la quale si distingue dalla spe- cie tipica per una forma molto meno allungata e più rigonfia nel mezzo. Testa ventricosa, îrregulariter costulata-reticulata ; spira i breviori; carina papillosa; papillis confertis, obliquis. , 55. Pleurotoma trochlearis Hòrn. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 363, tav. 39, fio. 14, 15. x Non conosciuta vivente. Fossile nelle marne sabbiose di Mairano, alla cassina Botti- . rolo. 56. Pleurotoma Sotterii Michel. MicHreLoTTI, Descript. des foss. mioc. de VItal. septentr., pag. 302. BeLLARDI, Monograf. delle Pleurot. foss. del Piemonte, pag. 556, var. A (P. rustica). Hornrs, Die foss. moll. des Teri. Beck. von Wien, tom. III pag. 338, tav. 36, fig. 16. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 49. Vive nei mari tropicali (Hòrnes). Fossile nei conglomerati degli orridi di Torrazza-Coste e nelle marne sabbiose di Mairano, alla cassina Bottirolo. Genere DOLICHOTOMA Bellardi. 57. Dolichotoma cataphracta Brocc. Brocc®i, Conchiol. foss. subapenn.; tom. II, pag. 221, tav. 8, fig. 16, (Murex). i CORPI OR RAR RA Ù Niari as Ni 1 N "730 C. F. PARONA, BeLLARDI, Monograf. delle Pleurot. foss. del Piemonte, tav. I, fig. 14 (Pleu- rotoma). Hornrs, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien. tom. III pag. 333, tav. 36, fig. 5, 9 (Pleurotoma). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 56 (Pleurotoma). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 48 (Pleurotoma). Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 28. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati di Volpedo al monte Brizzone e nelle marne sabbiose di Volpedo alla Cascinella e di Pegazzera alla cassina Mirandola. Gli esemplari sono numerosi e di varie. di- mensioni; la fisonomia non è costante, ma varia da individuo ad individuo per gradazione, in modo da non poter distinguere una . varietà sicura. Genere DRILLIA Gray. 58. Drillia Allioni Bellardi. BeLLARDI, Monogr. delle Pleurot. foss. del Piemonte, pag. 607, tav. IV, fig. 9 (Pleurot. brevirostrum). Hornrs, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 371, tav. 39, fig. 19 (Pleur. obeliscus). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 58 (Pleur. brevirostrum). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 58 (Pleur. breviro- strum). Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 27. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati di Codevilla al ‘torrente Brignolo. Gli esemplari quivi trovati corrispondono meglio alla figura del Bellardi, che non a quella del Hòrnes; assomigliano poi perfetta- mente ad esemplari, trovati a Cornare nel pliocene e determinati dal Michelotti, sotto il nome di Drillia brevirostrum. Trovasi anche nei conglomerati. degli orridi di Torrazza-Coste e nelle marne sabbiose di Pegazzera alla cassina Mirandola. IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 731 Genere MANGELIA Leach. 59. Mangelia strombillus Duj. Dusarpin, Mém. s. I. Couch. du Sol en Tour. — Mém. geol., tom. II, pag. 290, tav. XX, fig. 15 (Pleurotoma). Hornrs, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III pag. 279, tav. 40, fig. 2 (a-b) (Pleurotoma). Specie non conosciuta vivente. Fossile nelle marne sabbiose di Pegazzera alla cassina Miran- dola. Questa specie fu determinata anche per confronti con esemplari del pliocene inferiore di Torsero, classificati dal Miche- lotti. Genere RAPHITOMA Bell. 60. Raphitoma harpula Brocc. i Broccat, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 213, tav. 8, fig. 12° È (Murex). BeLLarRDi e MicaeLoTTI, Saggio di orittol. dei Gasteropodi foss. del Pie- | monte. — Mem. dell’Acc. delle Scienze di Torino, ser. 2, tom. III, 1841, | tav. I, fig. 8. Horxes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 376, tav. 40, fig. 12 (Pleurotoma). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 61 (Mangelia). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 67. ‘ Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 29. Specie non conosciuta tra le viventi. Fossile nelle marne sabbiose di Volpedo alla Cascinella. Genere MITRA Lamarck. 61. Mitra fusiformis Broct. Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 99 ( Voluta). BeLLARDI, Monograf. delle Mitre fossili del Piemonte, pag. 5, tav. I, fig. 6, 7,8, 9, 10 — Mem. della R. Accad. delle Scienze di Torino, serie 2, tom. XI, 1851. 732 | reo AGP PARONA VED HornEs, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 98, tav. 10, fio. 4,.b,:6, 7. ForesTI, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 66. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 94. Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 30. Non conosciuta fra le viventi. Fossile nei conglomerati di Codevilla al torrente Brignolo. 62. Mitra recticosta Bell. BeLLARDI, Monograf. delle mitre fossili del Piemonte, pag. 22, tav. 2. fio. 19. HornEs, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 106, tav. 10, fig. 31. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 69. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 101. Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 31. Specie non conosciuta tra le viventi. Fossile nelle marne sabbiose di Mairano, alla cassina Botti- rolo. Genere ERATO Risso. 63. Erato laevis Donovan (Voluta). Broccni Conchiol. foss. subapenn., vol. II, pag. 95, tav. 4, fig. 10 ( Voluta cipraeola). Hornrs, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 79, tav. 8 fig. 16. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 71. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 105. Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 32. Vive nel Mediterraneo, nell’Adriatico e nell’ Atlantico dalle co- ste dell'Islanda al Portogallo. Fossile nelle marne sabbiose di Pegazzera alla cassina Mi= randola. IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 733 Genere NATICA Lamarck. 64. Natica millepunctata. Lamk. Hornes, Die foss, moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III pag. 518, tav. 47, hp, 1, 2. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 71. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 116. Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 32. Vive nel Mediterraneo e nell’Atlantico dall’ Inghilterra alle Canarie. Fossile nei conglomerati di Volpedo al monte Brizzone, in numerossimi esemplari e di tutte le dimensioni, in quelli di Co- devilla al torrente Brignolo e nell’arenaria compatta della Ca- lifornia di Casteggio, dove insieme ad esemplari di media gros- sezza, se ne raccolse uno che sorpassa le dimensioni delle forme rappresentate da Hornes colle fig. 1-16. Trovasi anche nelle marne sabbiose di Mairano alla cassina Bottirolo. 65. Natica helicina Brocc. RIEN AT" Broccmi, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 67, tav. 1, fig. 10 (Ne- rita). Hornrs, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, pag. 525, tom. III, tav. 47, fio. 6, 7. Foresti, Moll. plioc.; Bolognesi, 1868, pag. 73. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 118. ForestI, Sul plocene antico di Castrocaro, pag. 32. Vive nel Mediterraneo e nei mari britannici. Fossile nei conglomerati di Volpedo al monte Brizzone, di Codevilla al torrente Brignolo, degli orrîdi di Torrazza-Coste e nelle marne sabbiose di Volpedo alla Cassinella e di Pegazzera alla cassina Mirandola. 734 ‘Ca FI PARONA; 0 Genere NEVERITA Risso. 66. Neverita Josephinia Risso. Risso, Hist. natur. des envir. de Nice e des Alpes maritt., vol. IV, pag. 149, fig. 43. Hornes, Die foss. moll. de Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 523, tav. 47; fig. 4, 5 (Natica). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, pag. 73 (Natica ONWa M. d. Serr.). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 117 (Natica). Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 32. Vive nel Mediterraneo e nell’ Adriatico. Fossile nei conglomerati di Volpedo al monte Brizzone, di Codevilla al torrente Brignolo, nell’arenaria compatta della Ca- lifornia di Casteggio, in quelli degli orridi di Torrazza-Coste e nelle marne sabbiose di Volpedo alla Cascinella. La maggior parte degli esemplari corrisponde alla varietà che il Cocconi di- stingue col caratteri: spira depressa umbilico partim tantummodo obserrato. Genere EULIMA Risso. Sottogenere Niso Risso. 67. Niso eburnea Risso. Risso, Hist. natur. des environs de Nice et des Alpes marîtt., vol. IV, pag. 219, fig. 98. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 549, tav. 49, fig. 10 (a-d). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 78. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 141. Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 33. Specie non conosciuta fra le viventi. Fossile nei conglomerati di Volpedo al monte Brizzone e nelle % 7 IL PLIOCENE DELL’OLTREPÒ PAVESE. 735° marne sabbiose di Volpedo alla Cascinella e di Pegazzera alla cassina Mirandola. Due degli esemplari sono.grandi una mezza volta di più di quelli figurati dall’ Hòrnes. Genere CERITHIUM Bruguière. 68. Cerithium crenatum Brocec. . Brocom, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 288, tav. X, fig..2 (Murex). | Hòrxrs, Die Foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 408, tav. 42, i fio, 13, 14. «Foresti, Moll. phoc., Bolognesi, 1868, pag. 78. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 177. Specie non conosciuta fra le viventi. | Fossile nei conglomerati di Volpedo al monte Brizzone, di Co- i devilla al torrente Brignolo; in quelli degli orridî di Torrazza- i Coste; nelle marne sabbiose di Volpedo alla Cascinella e di Pe- | gazzera alla cassina Mirandola. Dovunque si raccolgono numerosi esemplari. 69. Cerithium vulgatum Brug. Hornrs, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 386, tav. 41, fig. 1, 2,3, 4 ForestI, Moll. mioc., Bolognesi, 1868, pag. 79. Cocconi, Moll. mioc. e phoc., Parma e Piacenza, pag. 173. Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 34. Vive nel Mediterraneo e nell’ Atlantico dalle coste della Fran- cia al Senegal. Fossile nei conglomerati di Volpedo al monte Brizzone, in quelli degli orridi di Torrazza-Coste, e nell’arenaria compatta della California di Casteggio, dove si raccolsero due individui ri- feribili alla varietà minima Weink. Si raccoglie anche nelle marne sabbiose di Volpedo alla Cascinella con una forma molto vicina alla tipica. 736 | C. F. PARONA, 70. Cerithium varicosum Brocc. BroccHi, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 327, tav. X, fig. 3(Murex). Cocconi, Moll mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 176. Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 34. Specie non conosciuta vivente. Fossile nelle marne sabbiose di Volpedo alla Cascinella, dove raccolsi un unico esemplare somigliantissimo alla figura del Brocchi. 71. Cerithium scabrum Olivi. OLIvi, Zoologia adriatica, pag. 153 (Murex). Broccni, Conchiol. foss. subapenn., vol. II, pag. 246, tav. 9, fig. 17 (Murex). Horwrs, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 410, tav. 42, fig. 16, 17. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 79. » Sul plioc. antico di Castrocaro, pag. 34 (Cerithiolum reticulatum Da Costa). Comune nel Mediterraneo, vive anche nell’ Atlantico dalla Nor- vegia alle Azzorre. Fossile nelle marne sabbiose di Volpedo alla Cascinella e di Mairano alla cassina Bottirolo. Genere CHENOPUS Philippi. 72. Chenopus pespelicani Linné. Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 232, tav. 1X, fig. 16 (Mu- rex gracilis). Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 194, tav. 18, fio. 2, 3, 4. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 80. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 155. Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 34. Vive comunissimo nel Mediterraneo e nell’ Atlantico dalle co- ste della Norvegia a quelle di Spagna; si trova anche nei mari britannici. ) È | | IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 737 Fossile nei conglomerati di Codevilla al torrente Brignolo e nelle marne sabbiose di Pegazzera alla cassina Mirandola, di Mairano alla cassina Bottirolo e di Volpedo alla Cassinella; in queste due ultime località si rinvennero anche esemplari giova- nissimi, privi delle dilatazioni del labbro destro e corrispondenti alla figura di Murex gracilis dataci dal Brocchi. Genere TURRITELLA Lamarck, 73. Turritella subangulata Broce. BroccHi, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 158, tav. 6, fig. 16 (Turbo subangulatus). BroccHi, Opera citata, tom. II, pag. 151, tav. 6, fig. 10 (Turbo acutan- gulus). Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. vonWien, tom. IMI, pag. 428, tav. 43, fig. 5,6, 7. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 81. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 192. Foresti, Sul pliocene antico di Castocaro, pag. 35. Vive lungo le coste della Tunisia. Fossile nelle marne sabbiose di Volpedo alla Cascinella e di Mairano alla cassina Bottirolo; gli esemplari di queste località sono piccoli e piuttostochè alla forma tipica devonsi riferire alla varietà acutangula Brocc. Trovasi anche a Pegazzera, alla cassina Mirandola e quivi si trovano esemplari di varia grandezza della forma tipica e della suaccennata varietà. 74, Turritella communis Risso. Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 147, tav. 6, fig. 8 (Turbo terebra). | Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 82. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 193. Vive nel Mediterraneo, nell'Atlantico e nei mari britannici. Fossile nelle marne sabbiose di Volpedo, alla Cascinella e di Vol. XXI. 47 738 Erra (GR PARONA Mairano, alla cassina Bottirolo; in questi due luoghi si rinven- nero piccoli esemplari; si raccoglie anche alla cassina Mirandola di Pegazzera. | 75. Turritella tricarinata Brocc. Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 159, tav. 6, fig. 21 (Turbo tricarinatus). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 82. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 194. Foresti, Su! plioc. antico di Castrocaro, pag. 36. Specie non conosciuta vivente. Fossile nelle marne sabbiose di Volpedo alla Cascinella; pie- coli esemplari. 76. Turritella Riepeli Partsch. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 421, tav. 43, fig. 2. Cocconi, Moll. mioc. e plioc. Parma e Piacenza, pag. 189. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati di Codevilla al torrente Brignolo. L’unico esemplare, quantunque di dimensioni più piccole, corri- sponde benissimo, per le tre carine che cingono gli anfratti e per le striature che si osservano tra queste, alle figure offerteci da Hornes e ad esemplari, di proprietà del Museo geologico della Università di Pavia, provenienti dal Bacino di Vienna (Gainfarhn.). Genere VERMETUS Adanson. 77. Vermetus intortus Lamk. . HornEs, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag: 184, tv; 46, fio. 16. Foresti, Moll: plioc., Bolognesi, 1868, pag. 82. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 196. Foresti, Sul pliocene ‘antico di Castrocaro, pag. 36. È ì i | IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 739 Vive lungo le coste del Mediterraneo. Fossile nei conglomerati di Volpedo al monte Brizzone e nelle «marne sabbiose di Mairano alla cassina Bottirolo e di Pegazzera alla cassina Mirandola. 78. Vermetus arenarius Linn. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. vonWien, tom, III, pag. 483, tav. 46, fig. 15. Foresti Moll. plioe., Bolognesi, 1868, pag. 82. (V. gigas). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 195 (V. gigas). Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro. Vivente nel Mediterraneo. Fossile nei conglomerati di Montalto pavese. Genere SILIQUARIA Brugnière. 79. Siliquaria anguina Linn. HORNES, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, tav. 46, fig. 18, pag. 487. . Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 197. Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 36. Vive nel Mediterraneo. Fossile nelle marne sabbiose di Mairano, alla cassina Bottirolo. Genere SCALARIA Lamarck. 80. Scalaria communis Lamk. PriLippi, Enumerat. molluscor. Sicil., vol. I, pag. 167, tav. 10, fig. 3. Vol. II, pag. 144. è Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 84. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 121. Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 36. Vive nel Mediterraneo, nell'Oceano Atlantico e nei mari bri- tannici. Fossile nei conglomerati di Volpedo al monte Brizzone. 740 (OL FS PARONA) UU 81. Scalaria pulchella Bivon. Bivona, Nuov. gener. e nuov. spec. di moll., pag. 21, tav. 3, fig. 1. Painippi, Enumerat. moll. Sicil., vol. I, pag. 168, tav. X, fig. 1. Vol. II, pag. 145. Cocconi, Moll. mioc. e i Parma e VOI Di 124, Vive nel Mediterraneo. Fossile nelle marne sabbiose di Volpedo alla Cascinella. Genere SOLARIUM Lamarck. 82. Solarium discus Philip. ? Pririppi, Enumer. moll. Sicil., vol. II, pag. 225, tav. 28, fig. 12. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 75. Vive nel Mediterraneo. Il cattivo stato di conservazione non DReggi la sicura deter- minazione di un esemplare rinvenuto nell’arenaria compatta ges- sifera della California di Casteggio; esso ha però più somiglianza colla specie del Philippi che non con qualunque altra.. Genere XENOPHORUS Fischer von Waldheim. 83. Xenophorus crispus KòOnig. PWippi, Enumerat. moll. Sicit., vol. I, tav. 10, fig. 26 (Phorus crispus) Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 89 (Phorus crispus); 1874, pag. 82, (Xenophora crispa). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 198 (Xenophora crispa). Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 37. Vive nel Mediterraneo. Fossile nelle marne sabbiose di Volpedo, alla Cascinella. IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 741 Genere RISSOA EFreminville. 84. Rissoa Lachesis Bast. BasreRroT, Mém. géol. sur les envir. de Bordeaux, pag. 27, tav. I, fig. 4 (Turbo L.). Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 572, tav. 48, fio. 16, 17. Specie non conosciuta vivente. Fossile nelle marne sabbiose di Volpedo, alla Cascinella. Genere PHASIANELLA Lamarck. 85. Phasianella pulla Linn. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 91. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 214 (Tricolia pulla). Vive nel Mediterraneo, nell’ Atlantico e nei mari britannici. Fossile nell’arenaria compatta gessifera della California di Casteggio e nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. Questa specie fu determinata per confronti con esemplari del pliocene di Villavernia, classificati dal Michelotti. Genere TROCHUS Linné. 86. Trochus patulus ;Broce. Brocca, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 137; tav. 5, fig. 19. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 458, tav. 45, fig. 14. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 91. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 221. Specie non conosciuta tra le viventi. Fossile nei conglomerati di Volpedo al monte Brizzone, nel- l’arenaria compatta della California di Casteggio e nelle marne sabbiose della cassina Bottirolo di Mairano. 742 C. F. PARONA, Sottogenere ZIZIPHINUS Leach. 87. Ziziphinus sp. Il cattivo stato di conservazione non permette di determinare la specie a cui appartiene un esemplare trovato nell’ arenaria compatta gessifera della California di Casteggio. Genere CALYPTRAEA Lamarck. 88. Calyptraea Chinensis Linn. Broccai, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 16, tav. I, fig. 2 (Patella muricata). Hornes, Die foss. moll. der Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 632, tav. 50, fio. 17, 18. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 93. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 199. Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 40. Vive nel Mediterraneo, nell'Atlantico e nei mari britannici. Fossile nei conglomerati di Volpedo al monte Brizzone; esem- plari di piccole dimensioni. Genere ADEORBIS Searles Wood. 89. Adeorbis Woodi Hornes. BeLLarDìi e MicaerortI, Sagg. oritt. terr. terz. Piem. — Mem. dell’ Acc. R. di Torino, tom. III, ser. 2, pag. 161, tav. 8; fig. 13, 14 (Delphinula callifera). Hornrs, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 440, tav. 44, fig. 4 (d). | Specie non conosciuta vivente. Fossile nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. L’u- nico esemplare corrisponde assai alle figure dell’ Hornes ed è delle dimensioni della fig. 4 (d). IL PLIOCENE. DELL’ OLTREPÒ PAVESE. 743 Genere DENTALIUM, Linné. 90. Dentalium sexangulum Linn. Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 25, tav. 15, fig. 25. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 94. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati del monte Brizzone di Volpedo; nelle marne sabbiose della cassina Bottirolo di Mairano e della cas- sina Mirandola di Pegazzera; gli esemplari sono piccoli e corri- spondono molto alla figura citata del Brocchi. 91. Dentalium inaequale Bronn. MicaeLotTI, Descript. des foss. des terr. mioc. de V It. sept., tav. 5, fig. 19. — Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 239. Specie non conosciuta vivente. Fossile nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. Que- sta specie venne determinata per confronti con esemplari del miocene superiore di S. Agata e del pliocene di Torsero, classifi- cati dal Michelotti. 92. Dentalium sexangulare Lamark. Desmaves, Amat. et Monogr. du genr. Dentale. — Mém. de la Soc. d’ Hist. natur. de Paris, tom. II, pag. 350, tav. 17, fig. 4, 5, 6. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 287. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati del monte Brizzone di Volpedo e di Montalto; nelle marne sabbiose della cassina Bottirolo di Mai- rano e della cassina Mirandola di Pegazzera. 93. Dentalium dentalis Linn. DesHAvrs, Anatom. et Monogr. du genr. Dent., pag. 353. tav. 16, fig. 9,10. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 240. Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 40. i GA p* TRA 744 C, F. PARONA, Vivente nel Mediterraneo. Fossile nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo e della cassina Bottirolo di Mairano. La massima parte degli esem- plari sono da ascriversi alla varietà B del Deshayes, distinta per : texta duodecim ad sexdecim costata. Genere ACTAEON Montfort. 94. Actaeon tornatilis Linn. (Voluta). Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. III, pag. 508, tav. 46, fig. 24. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1868, pag. 97. Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 40. » Vive nel Mediterraneo, nei mari britannici e nell’ Oceano At- lantico. Fossile nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. LAMELLIBRANCHI. Genere OSTREA. Linné. 95. Ostrea cochlear Poli. Poi, Testacea utriusque Siciliae, II, pag. 179, tav. 28, fig. 18. Hornrs, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 435, tav. 168, fig. 1, 3 (a-b). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 350. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 47. — Mem. dell’Acc. d. scienze dell’ Ist. dì Bologna, serie III, tom. IV, fasc. 3. » iSul pliocene antico di Castrocaro, pag. 48. Vive nel Mediterraneo e nei mari britannici. Fossile nei conglomerati del monte Brizzone di Volpedo,.e degli orridi di Torrazza-Coste. IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 745 96. Ostrea cucullata Born; Born, Testacea mus. Caesarei vindobon., pag. 114, tav. 6, fig. 11 e 12. Foresm, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 47. / Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati del monte Brizzone di Volpedo. 97. Ostrea Gingensis Schloth. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. Il, pag. 452, ; tav. 76 e 77, fig. 1, 2. Tav. 78, fig. 1 (a-b). Tav. 79, fig. 1,2. Tav. 80, fio. 1 (a-d). | Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 356. Specie affine alla vivente 0. Jugens dei mari della Nuova Ze- landa. Fossile nell’arenaria compatta della California di Casteggio. 98. Ostrea crassissima Lamk. Hornes, Die foss. moll. des Teri. Beck. von Wien, tom. Il, pag. 455, tav. 81, 82, fig. 1, 2. Tav. 83, fig. 1; 2. Tav. 84. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 357. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati di Calvignano e nell’arenaria com- patta della California di Casteggio. 99. Ostrea Boblayi Desh. DesHayrs, Exped. scient. de Morée, pag. 122, tav. 8, fig. 6, 7. Hornes, Die foss. moll. des Teri. Beck. von Wien, II, pag. 443, tav. 70, fig. 1, 4. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 355. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 46. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati di Corvino. L’unico esemplare quivi raccolto è assai ben conservato e ‘corrisponde perfettamente alla descrizione ed alle figure dateci dall'opera dell’Hornes. 746 pria OB PARONA; VvOtÌ 100. Ostrea subarata May. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, page 350, tav. IX, fig. 10, 11. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati di Montalto. Di questa specie on distinta possiedo parecchie valve inferiori, che corrispondono as- sai bene alle figure; alla ‘descrizione ed alle proporzioni, dateci dal Cocconi, per quelle del Museo di Parma, raccolte nel mio- cene superiore di Vigoleno. | 101. Ostrea lamellosa Brocc. Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 382. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 444, tav..71,:;fig.;1, 4. Tav. 72, fig. 1, 2. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 355. Foresti, Moll. mioc., Bolognesi, 1874, pag. 46. » Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 49. e Vive nel Mediterraneo. Fossile nei conglomerati del monte Brizzone di Volpedo, del torrente Brignolo di Codevilla, di Tronconero sopra Casteggio, del colle Guidotti di Canneto, nell’arenaria compatta della. Califor- nia di Casteggio e nelle marne sabbiose della Cascinella di Vol- pedo e della cassina Bottirolo di Mairano. Numerosissimi esemplari di quest’ Ostrea si riscontrano rive- stenti i ciottoli o liberi, specialmente nel conglomerato del monte Brizzone, tanto in esemplari completi, come a valve separate, sparsi od associati in banchi, come avviene per le specie sociali. Le due valve variano molto nelle dimensioni, nella forma ed or- namentazione, tanto da lasciarmi dubbioso sull’ascrivere qualche esemplare ad altra specie, come all’Ostrea Italica May., Lamarcki May., Digitalina Dub. Ma il convincimento che il distinguere una forma da un’altra quando non vi siano caratteri veramente sin- golari e costanti sia contrario alla verità ed al vero concetto IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. TANI di specie, mi distolse dal invi hs numerosi esemplari in ispecie diverse. È Le valve superiori di alcuni tatti si casetta con tal . fisonomia da assomigliare perfettamente all’ Ostrea corrugata fi- | gurata dal Brocchi (Op. cit., tom. II, pag.'508, tav. 16, fig. 15), | il quale ci offre anche una descrizione che non si potrebbe dare più esatta per le valve superiori in discorso. Ora, associando questa | corrispondenza di caratteri col fatto che pochi conchiologi citano | questa specie, mi sembra ne risulti la insussistenza della specie . del Brocchi. Sono spinto a dir questo anche per una contraddi- . zione in cui mi sembra caduto lo stesso autore, perchè mentre i nella descrizione dice di non aver mai trovato, della sua Ostrea . corrugata; chela valva inferiore, nella tav. 16 figura la stessa colla impressione muscolare sulla parte destra, il che, mi pare, costi- tuisce un carattere per la valva superiore. Per tali considerazioni è da ritenersi che l’Ostrea lamellosa . Brocc., sia associata nei nostri, depositi fossiliferi con forme di | passaggio all’O. digitalina Dub. (Hornes, Die Foss., ecc., tom. II, pag. 447, tav. 73, fig. 1-9), all’O. Italica May. (Cocconi, Op. cit., pag. 352, tav. IX, fig. 12, 13, 14) e all’O. Lamarcki May. (Cocconi, Op. cit., pag. 352, tav. XI, fig. 3, 4, 5). Queste forme di passaggio furono riconosciute anche dal chiarissimo paleonto- logo professore Foresti. Genere ANOMIA Linné. 102. Anomia ephippium Linn. Poi, Testac. utrius. Sicil., vol. II, pag. 186, tav. 30, fig. 9, 10. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 346. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 47. » Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 49. Vive nel Mediterraneo, nei mari britannici e nei mari del Nord America. Fossile nei conglomerati del monte Brizzone di Volpedo. Due 748: VASI | 00 PN TPARONA 0 VIOLI valve si ‘avvicinano molto all’'Amnomia radiata, figurata dal Broc-, chi alla tav. 10. Trovasi anche nelle marne sabbiose della Ca- scinella di Volpedo. i 103. Anomia striata Linn. Broccni, Conchiol. foss. subapenn., vol. II, pag. 265, tav. 10, fig. 13. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck.von Wien, tom. II, pag. 465, tav. 85, fig. 8, 11. Dane Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 349. Forest, Moll. plioc,, Bolognesi, 1874, pag. 48. » Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 49. Vive nei mari britannici (Wood.). Fossile nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. Genere PECTEN O. F. Muller. 104. Pecten flabelliformis Broce. Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tor. II, pag. 400 (Ostrea). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 339 (Janira). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 49. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati del monte Brizzone di Volpedo e del monte Bruciato di Canneto, e nelle marne sabbiose della Ca- scinella di Volpedo e della cassina Bottirolo di Mairano. 105. Pecten Reussi Horn. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 407, tav. 67, fig. 1 (a-d). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 50. Specie non riscontrata fra le viventi. Attribuisco con sicurezza a questa specie un frammento, tro- vato nell’ arenaria compatta della California di Casteggio, per la forma delle sue coste longitudinali, per le strie interposte e IL PLIOCENE DELL’ OLTREPÒ PAVESE. 749 ; per le punteggiature che si osservano, coll’ ajuto della lente, | fra gli interstizii‘di ‘tali strie, in concordanza colla frase e colla | figura dell’ Hornes. 106. Pecten opercularis Linn. Broccni, Conchiol. foss. subapenn., vol. II, pag. 396, tav. 14, fig. 10 (Ostrea plebeja). Woopn, Monogr. of the Crag moll., vol. II, pag. 35, tav. 6, fig. 2. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 335. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 51. » Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 49. Vive nel Mediterraneo, nei mari britannici e nell’ Oceano At- lantico. Fossile nei conglomerati‘ del torrente Brignolo di Codevilla, nell’ arenaria compatta. della California di Casteggio e nelle marne sabbiose della cassina Bottirolo di Mairano e della Cas- sinella di Volpedo. Sono numerosissimi gli esemplari piccoli, fra i quali molti corrispondono alla figura del Brocchi, altri invece ne differiscono alquanto per le coste longitudinali più rotondeg- gianti. 107. Pecten dubius Brocec. Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 395, tav. 16, fig. 16. (Ostrea). Woon, Monogr. of the Crag moll., vol. II, pag. 38, tav. 4, fig. 3. Tav. 6, fig. 3. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 3386 (P. scabrellus). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 52. » Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 50. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati del torrente Brignolo di Codevilla e nelle marne sabbiose della cassina Mirandola di Pegazzera. 750 SITA 0T0/0F, PARONA, 4 : à ! 108. Pecten polymorphus Broce. Broccui, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 509, tav. 16, fig. 17. Woop, Monogr. of the Crag. moll., vol. II, part. 3, Appendix, 1856, tav. 31, fig. 20. Cocconi, Moll. mioc. e LIA Parma e Piacenza, pag. 336. Vive nel Mediterraneo. Fossile nelle marne sabbiose della Cassinella di Velpedo: Ri- ferisco gli esemplari alla varietà B Bronn. (Cocconi): radws 12-14, alternis minoribus, corrispondente alla figura citata del Brocchi. Genere VOLA Klein. 109. Vola Jacobea Linn. (Ostrea). Pori, Testac. utriusque Sicîl., vol. II, tav. 27, fig. 1, 2. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 338. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 50 (Pecten Jacobeus). » Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 50. Vive nel Mediterraneo e nell’Atlantico. Fossile nei conglomerati del torrente Brignolo di Codevilla e nelle marne sabbiose della Cassinella di Volpedo. Genere SPONDYLUS Linn. 110. Spondylus crassicosta Lamk. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 429, tav. oliae T(a 6; 64). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 345. Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 52. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati degli orridi di Torrazza-Coste. Con- servo solamente una porzione di valva, sulla quale gli spazi fra le coste maggiori sono meno armati e meno rugosi di quelli de- gli esemplari figurati dal Hòrnes. IL PLIOCENE DELL’ OLTREPÒ PAVESE. 751 Genere PINNA Linné. 111. Pinna tetragona Broce. ? Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom, II, pag. 411. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom, II, pag. 374, tav. 5, Der 19. ‘ Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 319. Specie non riscontrata vivente. Fossile nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. Po- chi frammenti che, confrontati colle figure dell’Hòrnes e con un esemplare di Val di Chiana, sembrano doversi ascrivere a questa specie. Genere ARCA Linné. 112. Arca mytiloides Brocc. Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 280, tav. 11, fig, le Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 323. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 36. Specie non conosciuta vivente. Fossile nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. Que- sta specie la vidi ancora nei conglomerati del torrente Brignolo a Codevilla, senza poterla però raccogliere. 113. Arca lactea Linn. BroccHni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 281, tav. 11, fig. 6 (A. no- dulosa). Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. vonWien, tom. II, pag. 336, tav. 44, fig. 6 (a-e). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag: 325. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 35, » Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 47. 7152 C. F. PARONA, Vive nel Mediterraneo, nell’ Atlantico dalle coste della Gran Brettagna al Senegal e nel Mar Rosso. Fossile nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo e della cassina Mirandola di Pegazzera. 114. Arca diluvii Lamarck. Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 279 (Arca antiquata): Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 333, tav. 44. fig. 3, 4 (a-e). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 323. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 34. » Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 47. Vive nel Mediterraneo, nell’ Atlantico (isola di Madera) e se- — condo il Philippi anche nel Mar Rosso. Fossile nei conglomerati del monte Brizzone di Volpedo. Ab- bondante; gli esemplari variano nella forma, cosicchè taluni sono più rigonfii, altri più allungati della forma tipica, altri ancora presentano l’area legamentare molto larga, Gli individui giovani ritraggono la fisonomia degli adulti e però non sono da riferirsi alla A. dydima del Brocchi. Trovasi nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo, della cassina Bottirolo di Mairano, della cassina Mirandola di Pegazzera. In queste due ultime località è questa la specie predominante; oltre alla forma tipica vi si rac- colgono poi anche in numero maggiore individui offrenti un ca- rattere particolare, per cui facilmente si distinguono; essi, cioè, non presentano quello spazio intercostale così evidente nella forma comune, ma solo una semplice linea di divisione. Il numero de- gli esemplari che presentano invariabile simile carattere, fa sì che non lo si possa ritenere un fatto accidentale, per cui è da ritenere che codesta forma sia una varietà ben distinta. Genere PECTUNCULUS Lamarck. 115. Pectunculus insubricus Brocc. BRroccHI, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 297, tav. II, fig. 10 (Arca insubrica). dee ina IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 753 DI Cocconi, Moll. mioc. plioc., Parma e Piacenza, pag. 327 (P. înflatus). | Foresti, Moll. plioe.; Bolognesi, 1874, pag. 36. » Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 47. Vive nel Mediterraneo e nell’ Atlantico sulle coste della Spagna. Fossile nei conglomerati del monte Brizzone di Volpedo e del torrente Brignolo di Codevilla, nell’arenaria compatta della Ca- lifornia di Casteggio e nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. Questa specie, abbondante dovunque, predomina al monte Brizzone, dove forma quasi da sola uno strato, dai 40 ai . 50 centimetri di potenza, in posizione quasi verticale. Gli esem- plari sono discretamente conservati e un poco arrossati da ossido di ferro; in altre località taluni individui conservano anche i colori, sempre poi gli esemplari maggiori sono accompagnati da piccoli, corrispondenti alla specie A. nummaria del Brocchi (pag. 287, tav. XI, fig. 8, Op. cit.). 116. Pectunculus glycimeris Linn. (Arca). Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 316, tav. 40, fig. 12. — Tav. 41, fig. 1,10 (P. pilosus). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piecenza, pag. 326. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 36. » Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 48. Vive nei mari britannici, nel Mediterraneo e nell’ Atlantico. Fossile nei conglomerati del torrente Brignolo di Codevilla e del monte Brizzone di Volpedo. Genere LIMOPSIS Sassi. 117. Limopsis aurita Brocc. Broccni, Conchiol. foss. subapendì., tom. II, pag. 289, tav. 11, fig. 9 (Arca). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 238 (Trigonocoelia a.). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 37. » Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 48. Vive nei mari britannici. Fossile nelle marne sabbiose della cassina Bottirolo di Mairano e della cassina Mirandola di Pegazzera. Questa specie è frequente e gli esemplari sono ben sviluppati e variano alquanto nella forma; alcuni sono rotondeggianti, altri più allungati. Vol. XXL 48 754 LUMIA OLI ORA RONA, 118. Limopsis Aradasii Testa (Pectunculus). MayrR, Catal. syst. et descr. des foss. des terr. tert. qui se trouv. au Mus. Fedér. de Zurich, III. Cah. moll., 1858, pag. 121, N. 166 (Trigonocoelia Sempert). . Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 329 (Trigon. Semperi). Non conosciuta tra le viventi. Fossile nelle marne sabbiose della cassina Mirandola di Pe- gazzera. I due esemplari raccolti corrispondono ad altri del plio- cene di Torsero, determinati col nome di L. Aradasit dal Mi- chelotti; le dimensioni sono un po’minori. Genere NUCULA Lamarck. 119. Nucula placentina Lamark. PurLippi, Enumer. moll. Sicil., vol. I, pag. 65. Vol. IL, pag. 46, tav. V, fig. 7. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 330. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 38. Specie non conosciuta vivente. Fossile nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. Genere LEDA Schumacher. 120. Leda pella Linné (Arca). Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 284, tav. 11, fig. 5 (Arca). Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 305, tav. 38, fig. 7 (a-e). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 332. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 39. Po Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 48. Vive nei mari britannici e nel Mediterraneo. Fossile nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. Genere CHAMA Linné. 121. Chama dissimilis Bronn. PuiLippi, Enum. mol. Sicil., vol. I, pag. 69. Vol. II pag. 50, tav. 5 fig. 15. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 34. | RE I TI SEI Br; — Specie non conosciuta vivente. IL PLIOCENE DELL’ OLTREPÒ PAVESE. 755 . Fossile nelle marne sabbiose della cassina Mirandola di Pe- gazzera. | 122. Chama gryphoides Linn. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 210, tav. 31, fig. 1 (a-0). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 307. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 33. fa Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 46. Vive nel Mediterraneo. Fossile nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. Genere CARDIUM Linné. 123. Cardium hians Brocc. Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 316, tav. 13, fig. 6. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 295. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 30. di Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 46. Vive nel Mediterraneo sulle coste dell’ Algeria. Fossile nei conglomerati del monte Brizzone di Volpedo e nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. Non ho citato la fi- gura dell’ Hornes perchè i numerosi frammenti che conservo non presentano la costicina longitudinale fra le coste maggiori, quale si osserva nelle figure che quell’autore dà dei suoi esemplari, che il Mayer proporrebbe di chiamare col nome di C. Danubia- num, come rilevo dal lavoro del Cocconi. 124. Cardium echinatum Linn. Pori, Test. utriusg. Sicil., vol. I, pag. 59, tav. 17. fig. 7, 8. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 298. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 31. Pi Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 46. Vive nel Mediterraneo, nell'Oceano Atlantico e nei mari bri- tannici. Fossile nell’ arenaria compatta della California di Casteggio e lata RR “Sale | dt ie RI Dì 756 "7 SERIA CARRO EIA NARO ! nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. Conservo valve e frammenti di individui giovani ed adulti, somigliantissimi a conchiglie della specie vivente che si conservano nel Museo 200- logico della R. Università di Pavia. 125. Cardium multicostatum Brocc. BroccHi, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 313, tav. 13, fig. 2. Hornrs, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. Or pag. 179, tav. 30. fio. 7. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 302. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 33. Specie non conosciuta vivente. Fossile nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. 126. Cardium ciliare Gmel. Poi, Test. utriusg. Stcil., vol. II, tav. 16, fig. 20. Woop, General conchology, tav. 49, fig. 3, 4. Cocconi, Moll. mioc. e phoc., Parma e Piacenza, pag. 297. Vive nel Mediterraneo. Fossile nei conglomerati del torrente Brignolo di Codevilla, nell’arenaria della California di Casteggio e nelle marne sab- biose della cassina Mirandola di Pegazzera. Determinai questa specie anche per confronti con esemplari della raccolta di conchiglie di specie viventi del Museo zoologico della R. Università di Pavia. Genere LUCINA Lamarck. 127. Lucina anceps Michelotti. Fossile nelle marne sabbiose della cassina Mirandola di Pegaz- zera. Anche questa specie fu determinata per confronti con esem- plari di Cornaré (Astigiano, pliocene inferiore), classificati. con tal nome dal Michelotti. 128. Lucina borealis Linn. BroccHi, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 368, tav. 14, fig. 6_( Venus circimnata). IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. i SEA Die foss. Moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 229, tav. 33, | fig. 4 (ae). | Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 309. Foresti, Mo. plive., Bolognesi, 1874, pag. 28. n Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 45. Vive nel Mediterraneo, nell'Atlantico e nei mari britannici, del Nord-America e della Scandinavia. Fossile nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. L’e- semplare corrisponde esattamente alle figure del Brocchi, anche nelle dimensioni, piccole in confronto a quelle degli individui fi- gurati dall’Hérnes, il che concorda con quanto dicono il Cocconi ed il Foresti in riguardo ai loro esemplari. Genere CARDITA Bruguière. 129. Cardita intermedia Broce. Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 380, tav. 12, fig. 15 (Chama). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 312. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 28. 3 Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 45. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati del monte Brizzone di Volpedo ed alla cascinella di Volpedo nelle marne sabbiose. Fra-i numerosi esemplari di ogni dimensione distinguo, oltre alla forma tipica, anche la varietà distinta dal Cocconi colla frase: “transverse abbreviata et tumidior. , 130. Cardita Partschi Goldf. GoLpruss, Petrefacta Germaniae, tom. II, pag. 188, tav. 133, fig. 16. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 270. SorDELLI, Fauna fossile marina di cassina Rizzardi, 1876, pag. 36. — Atti della Società Italiana di Scienze naturali, vol. XVIII, fasc. IV. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati del monte Brizzone di Volpedo e nelle marne sabbiose della cassina Mirandola di Pegazzera. Questa spe- cie è ben distinta dalla C. intermedia per il maggior numero 758 C. F. PARONA, delle coste, per la maggior inclinazione dell’umbone; guardata poi sì esternamente che internamente mostra una forma roton- deggiante, per cui differisce moltissimo dalla suaccennata specie non solo, ma anche dalla sua varietà più breve e più rigonfia. Gli esemplari da me raccolti sono più piccoli di quelli figurati da Hòrnes, corrispondono però perfettamente ad altri prove- nienti dal bacino di Vienna e che si conservano nel Museo geolo- gico della R. Università di Pavia. Genere VENUS Linné. 131. Venus islandicoides Lamarek. Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 370, tav. 14, fig. 5 var. (V. Islandica non Linn.). Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 121, tav. 13, fig. 2 (a-e). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag, 279. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 10. Specie non conosciuta vivente. Fossile nei conglomerati del monte Brizzone di Volpedo e nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. 132. Venus plicata Gmelin. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 132, tav. 15, fig. 4, 6. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 281. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 8. Vive al Senegal e nell'Oceano indiano. Fossile nei conglomerati del monte Brizzone di Volpedo e nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. Si rinvengono esem- plari piccolissimi ed altri adulti; in taluni il numero delle pie- ghe è più numeroso che in altri. 133. Venus crenulata Risso. Broccui, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 506, tav. 16, fir.8 (V. dy- sera, var. Testa suborbiculari). Risso, Hist. naturelle, etc., de Nice et des Alpes marittimes, tom. IV, pag. 358, N. 981. 7 IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 759 Vive nel Mediterraneo (Risso). Fossile nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo e della cassina Mirandola di Pegazzera. Raccolsi parecchi esemplari di questa specie, somigliantissimi e per le forme e per le dimen- sioni alle figure citate del Brocchi. 134. Venus ovata Penn. Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 358, tav. 14, fig. 3 (V. ra- diata.). Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 139, tav. 15, fig. 12 (a-d). a Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 282. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 22. » Sul pliocene antico di Castrocaro, pag 44. Vive nel Mediterraneo, nell’ Atlantico, nei mari britannici e della Scandinavia. . Fossile nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. 135. Venus gallina Linn. Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 353, fig. 13 (7. semilis). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 281 (V. senilis). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 22 (V. senilis). » Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 43. Vive nel Mediterraneo. Fossile nell’arenaria compatta della California di Casteggio. Gli esemplari di questa specie quivi sono abbondantissimi e di tutte le dimensioni; il maggior numero però corrisponde perfet- tamente nella forma e nella grandezza ad altri della raccolta di molluschi viventi del Museo zoologico della Università pavese, ed è perciò che io ho creduto bene ritenere il nome della specie vivente anzichè quello della fossile. Trovasi anche nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo, dove si raccolsero esem- plari piccoli e riferibili alle figure del Brocchi; li classificai an- che per confronti con altri di Torsero (pliocene superiore) de- terminati dal Michelotti. 760 C. F. PARONA, Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, tav. 13, fig. 12 (Venus). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 284. I i Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 44. Vive nel Mediterraneo. Fossile nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. 136. Venus scalaris Bronn. Hornrs, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 137, tav. 15, fig. 10. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 282. È affine alla vivente V. fasciata Don. del Mediterraneo e del- l'Atlantico. Fossile nelle marne sabbiose della cassina Mirandola di Pe- gazzera. Genere CYTHEREA Lamarck. 137. Cytherea pedemontana Agass. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 151, tav. 17, fig. 114, tav. 18, fig. 1, 4. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 283. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 23, Specie non conosciuta vivente. Fossile nell’arenaria della California di Casteggio e nei com- glomerati del monte Brizzone di Volpedo e degli orridi di Tor- razza-Coste. Uno degli esemplari trovati in quest’ ultime località si distingue per l'enorme spessore e per le dimensioni molto maggiori di quelle offerte dagli esemplari figurati da Hornes. 138. Cytherea multilamella Lamk. Hornrs, Die foss. moll. des Tert. Beck. vonWien, tom. II, pag. 130, tav. 15, fig. 2,3 (Venus m.). ‘Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 284. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 21 (Venus m.). Vive nel Mediterraneo. Fossile nei conglomerati del monte Brizzone di Volpedo e nelle ETA A TE VIS ui IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 761 H | marne sabbiose della Cascinella di Volpedo e della cassina Mi- randola di Pegazzera; abbondantissima nelle. due prime località. 139. Cytherea rudis Poli. Poni, Testac. ustriusg. Sicil., vol. II, pag. 94, tav. 20, fig. 15, 16 (Venus non Duj.). Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, tav. 13, fig. 12 (Venus). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 284. Foresti, Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 44. Vive nel Mediterraneo. Fossile nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. LI Genere MACTRA Linné. 140. Mactra subtruncata Da Costa (Trigonella). Broccm, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 348, tav. 13, fig. 7 (Mac- tra triangula Rén.). HornEs, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 66, tav. 7, fig. 11 (a-d) (M. triangula Rén.). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 265 (Hemimactra trian- | gula Rén.). ForestI, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 19 (M. triangula Rén.). % Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 43. Vive nell'Oceano Atlantico e nel Mediterraneo. Fossile nei conglomerati del monte Brizzone di Volpedo, nel- l’arenaria compatta della California di Casteggio e nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. Fra gli esemplari ve n’ ha qualcuno che si discosta dal tipo comune per una forma più triangolare e più rigonfia. 141. Mactra stultorum Linn. Purrippi, Enumerat. moll. Sicil. vol. I, tav. 3, fig. 2. Woop, A monogr. of the Crag. moll., vol. II, part. 3, tav. 23, fig. 3. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 264. Vivente nel Mediterraneo. | Fossile nell’arenaria compatta della California di Casteggio. Determinai questa specie, piuttosto abbondante, per confronto con individui della stessa specie vivente, che si conservano nel 762 | 0, FL PARONA, Museo di zoologia della Università di Pavia, coi quali trovai A fetta corrispondenza. Genere TELLINA Linné. 142. Tellina compressa Broce. Broccni, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 823, tav. 12, fig. 9. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 88. tav. 8, fig. 10. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 271. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 15. Pi Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 43. Vive nel Mediterraneo. Fossile nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. De- gli esemplari raccolti posso ripetere quanto il dottore Foresti dice di quelli del pliocene bolognese; presentano una forma interme- dia fra le figure date dal Brocchi e quelle dell’ Hornes; non mo- strano esternamente quell’angolo così risentito quale si vede nei disegni del conchiologo italiano, e nello stesso tempo hanno una forma un poco più allungata delle figure dell’ Hornes. Le strie oblique sono evidenti. 143. Tellina donacina Linn. BroccHi, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 321, tav. 12, fig. 5 (7. sub- carinata). Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 86, tav. 8, fio. 9. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 272. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 17. 5 Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 42. Vive nel Mediterraneo, nell'Atlantico, nei mari britannici e del Nord. Fossile nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. 144. Tellina pulchella Lamarck. Born, Test. Mus. Caes Vindob., tav. 2, fig. 10 (7. rostrata). PoLi, Test. utriusg. Sici., vol. I, tav. 15, fig. 8 Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 273. Foresti, Sul plocene antico di Castrocaro, pag. 42. IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 763 Vive nel Mediterraneo. Fossile nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. 145. Tellina planata Linn. Pori, Test. utriusq. Sicil,;.vol. I, pag. 31, tav. 14, fig. 1, 3. BroccHi, Conchiol. foss. subapenn., vol. II, pag. 318 (7. complanata). Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 84, tav. 8, fig. 7. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 270. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 15. Vive nel Mediterraneo e nell'Oceano Atlantico. Fossile nei conglomerati del monte Brizzone di Volpedo. Genere SYNDOSMIA Recluz. 146. Syndosmya alba Wood. Brocca, Conchiol. foss. subapenn., tom. II, pag. 343, tav. 12, fig. 8 (Tel- lina pellucida). Hornrs, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 77, tav. 8, fig. 4 (S. apelina). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 276 (apelina). Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 18. ò Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 43 (Abra alba). Vive nel Mediterraneo, nell'Atlantico e nei mari britannici. Fossile nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. Genere SOLEN Linné. 147. Solen vagina Linn. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 12, tav. I, fig. 10, 11, Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 254. Vive nel Mediterraneo. Fossile nell’arenaria compatta della California di Casteggio e 7640 | I .C. F. PARONA, nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. Quivi si osser- vano belli esemplari, ma così fragili, che non si ponno racco- gliere. Genere ENSIS Schum. 148. Ensis Rollei Horn. Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. vonWien, tom. II, pag. 312, tav. 39, fig. 2,3. “on Moll. mioc. e plive., Parma e Piacenza, pag. 255. Vive nei mari britannici. Fossile nell’arenaria compatta della California di Casteggio. Genere CORBULA Brugnière. 149. Corbula gibba Olivi. Broccai, Conchiol. foss. subapenn., vol. II, pag. 327 (Tellina). Hornes, Die foss. moll. des Tert. Beck. von Wien, tom. II, pag. 34, tav. 3, fig. 7. Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 259. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 13. n Sul pliocene antico di Castrocaro, pag. 42. Vive nel Mediterraneo, nei mari britannici e della Scandinavia. Fossile nei conglomerati del monte Brizzone di Volpedo e nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo e della cassina Mi- randola di Pegazzera. Varietà. Nei numerosissimi esemplari, trovati alla Cascinella ed al monte Brizzone, oltre alla C. gibba tipica, ve ne sono altri, in maggior numero, che si distinguono da questa per una forma molto più compressa e più allungata trasversalmente, per le strie trasversali molto meno arcuate, per una carena laterale ben di- stinta in alcuni e per uno spessore della conchiglia: più sottile in molti; il dente però è uguale a quello della forma tipica. Nel dubbio che si trattasse di un’altra specie instituti confronti colla, C. Deshayesi E. Sism., carinata Duj., revoluta Brocc., mediterranea Costa, ma non trovai i caratteri necessarii per ascriverla a nessuna IL PLIOCENE DELL'OLTREPÒ PAVESE. 0 7650 di queste. Confrontando però gli individui in questione colle corbule di una raccolta pliocenica del Museo geologico della Università Ticinese, classificata dal signor Michelotti, trovai due esemplari di Stazzano somigliantissimi ai miei e recanti il nome di C. laevis Duj. Tuttavia non mi tenni autorizzato a distinguerli dalla C. gibba, poichè per verità da essa si differenziano pei caratteri bastevoli solo a separarli come varietà (laevis), tanto più che in nessuno dei quattro ultimi sovracitati autori trovai citato la C. Zaevis Duj. Per escludere ogni dubbio dirò anche che di tale varietà conservo esemplari giovani ed adulti, valve separate e individui completi, come ne conservo anche in tali stati della forma tipica; questo dico per togliere la supposizione che io sia tratto in errore dalla diversità di sviluppo o per aver scambiato la valve superiori colle inferiori. Genere PANOPAEA Ménard de la Groye. 150. Panopaea glycimeris Born. Born, Mus. Caes. Vindob., vol. I, pag. 20, tav. 1, fig. 8 (Mya). ‘Pairippi, Enumerat. moll. Sicil., vol.-I, pag. 7, tav. 2, fig. 2 (P. Aldo- vrandi), fix. 2 (P. Faujasti). i Woon, Monogr. of the Crag moll., vol. II, pag. 283, tav. 27, fig. 1 (P. Fau- Jasù). Cocconi, Moll. mioc. e plioc., Parma e Piacenza, pag. 256. Foresti, Moll. plioc., Bolognesi, 1874, pag. 14. Vive nel Mediterraneo. Fossile nelle marne sabbiose della Cascinella di Volpedo. Fram- menti ben determinabili. Terminerò questa rassegna notando che nell’arenaria compatta della California di Casteggio si rinvengono pezzi di legno fossi lizzati forati dalle Teredini, di cui però non rimangono vestigia determinabili e che nelle sabbie marnose della cassina Mirandola trovai dei resti di Serpula pure indeterminabili. Pavia. — Dal Gabinetto di Geologia della R. Università. Numero progressivo MNHHHHKiHKHKWHWHHHWH © © OL DS Ot VM SO DONI Sì Uta Mi ND ar MININNN DO vN dI VI DO MIN N Om O QODA VI dI dI VI Dì Ot I 37 AE GENERE E SPECIE Gasteropodiì Strombus coronatus Derr. Murex brandaris Linn. truncatulus ForEsTI . spinicosta Bronn. . . multicostatus Peccan. . » Ppolymorphus Broce. . Dertonensis May. . . conglobatus MicÒet. . Ranella marginata Marr. Fasciolaria fimbriata Brocc.. Cancellaria varicosa Brocc. cancellata Linn. . Bonellii BeLn. s hirta Broco. i Brocchii Crosse . Euthrià cornea Linn. * Puschil ANDR. . Fusus rostratus OLIvi . Metula mitraeformis Brocc. . Terebra fuscata Brocc. Basteroti Nysr. acuminata Borson. . pertusa Basr. . subflammea D’OrB. Nassa clathrata Born. . musiva Brocc. serraticosta Bronn. turbinella Brocc. i semistriata Brocc. . . turrita Borson. . obliquata Brocc. prismatica Brocc. . incrassata MiLLER . Rosthorni PaRrTSscH. cacellense PeEREIRA . » labella Bowen. ” %” tv) uniangulata Desx. C. F. PARONA, QUADRO SINO!" Oltrepò Pavese ERO G D = 1 Il Il Il Il sua RSS, "gg | uri I Il 1 e Il Te Il 1 IUNTOT 1 E I lg1 Il NA Il l 1 id RECANO! l up: Il LI Di n «QTA Il l l Il Il e Il Il Il an 1 Il Il 1 1 1 Di Pa VUOI Il l RAIORA A Il oa SUOR aiar Il l Il ; Il S. Colombano Piacentino-Astiano — î dI Pin Piacentino 2 e 5 m Parmigiano = E ® e |(Se| F a 382 & ala |a & luni e | Il Il 1 Il Il Il Il ia TL SPERTA 1 i 1 sue E NE Il ga il 1 1 Pa sf Il Il MESE 1 l ea l LELSADETÌ 1 1 ESA Il 1 DPPA ES RARI PIRRO. SETT l Il 1 RR Il Il L'ATTO Il bh, AVI N Il i Il LÀ 1 Il AMAT 1 (AZ 1 Il 1 1 sl e 1 Il Pali pig Il LA Il Il Il 1 SUITE Il Il Il 1 1 Il Il l 1 Il Il l 1 tina 1 al 1 1 Il Pa l 1 Il Il soda l l . ij J Dlinsana infarinra | ____ bd a DS -— een =rnan — nona recon [\o) = s rs USI . D S (.S ali .2 3 I: È sus È .E | Sd è» 423 nl eri 8 .2 Ue Ss D = 2 l=| ® S Fi “ira EI S =! TÈ Ò D dl (2) pi ‘E S_$ È a) 3 È > = n Coni Unni Unni Coni ° —————12Z<;c<_—_——_124kzkzkdÀà4àddtàdà.2.A2aàm_m—rrrrr r———11———————————————————>— = »@»&y6&ÈyÈy»y>yFwte(w«w«(|._1.. Ei P lo0] © TIVI TI ue Lo gf a et EI Po RR TL N la IRE o A Me LEONE RE: I e, ai fi FIFA RION RAT IR RON e I n i tende Ne relativi Moe Ata, er cairo Po PN Vee OTT. o; roc des. b ° e LIE REA STRA I RE E ate O 40 «d & Ra 5 roruuenag uit | de e Cale ee e ca Me = 5 IIa] - £ conuenv | CARI E SARRI & “n i az i prccienicniia siii ia rito Da RAI ESSO PRI SIRO) TRE IS ego ge a È e Ralen: I RE LT asta >) 5 09UgCII9VIPO]N . . . 9 . . set Lg e ii 3 Lprige ei [de Gc MO n 9) di See PLOT e . . . . . . . (3, Se: Joe WIN (ei LIRE — . . . . . 5 P CUUATIA IP cune "I pu i 9 a uu È mr lm aS BI H ; —————— n —P-_@ CI © ne pra rivincita Se inni iiriarn i nno nei o. 4 E = sog = sug er 43 = Qs0U9po]ji LU eri en mn Mii ae Len E cit Era Se a FIA a SLA IR E O O a SR a AA DIE [to | ougISITI nai Pete sen ie EG MT vi SIE ata SIE A SEUI TE EER 0 A LS ARTESINTET, È eo < Pdei QPOMIPOBORI Tp a figa et e LR MOLE Dr tate e AT È cao Esse e sea ; y manzzia vusss) | Slilie= DIR L= e Ie oe LI E r O | vicuep vinti ATE a e SI RR n pi) Ò D | PeR PRESSE one dl RO ® . . . . . ® x ciali o Ji sone ot UdIy Cilniiant 1 Una end gli e dt SA re © "€ i SONO 768 . : Ra CI 5 i a GENERE E SPECIE | 5 7 s = ae = porta 88 | Phos polygonum Broce. : i 39 | Cyclonassa neritaea Linn. . E 40 | Ringicula buccinea ReNIER .. VEeal, 41 | Purpura tessellata Mnaa.. -. i 492 | Cassis saburon Brusa. 43 { Dolium denticulatum Desa... 44 | Columbella nassoides Brett. -. 45 i thiara Brocc. 46 3 semicaudata Bon. 47 | Ancillaria glandiformis Lamr. . 48 | Conus ventricosus Bronx. i 49 » Striatulus Brocc. 50 » antidiluvianus Bru. -. c: 51 | Pleurotoma turricula Brocc. i 52 » . dimidiata Brocc. 53 fi rotata Brocc. 54 n ramosa Bas. 55 È trochlearis Horn. 56 si Sotterii MicHet. 57 | Dolichotoma cataphracta Brocc. r 58 | Drillia Allioni Ben... . . ; 59 | Mangelia strombillus Duy. -. 60 | Raphitoma harpula Brocc. 61 | Mitra fusiformis Brocc. 1 62 » recticosta Ber. 63 { Erato laevis Donov. 64 | Natica millepunctata Lam. . 65 » helicina Brocc. 66 { Neverita Josephinia Risso dai 67 | Niso eburnea Risso ; 68 { Cerithium crenatum Broce. . 69 È vulgatum -Brue. 70 5 varicosum Brocc. 71 b scabrum OLrvi 72 | Chenopus pespelicani Linn. . 73 | Turritella subangulata Brocc. . 74 sì communis Risso.-. 79 » —tricarinata Brocc. 76 ; Riepeli PaRtscn. . QUADRO SINON Oltrepò Pavese Conglomerati 1 ni E Ù! baie 1 Il Il Il Pesche Lpil Il ne ESpol Ft QUELLE Il Il Lt} Il 1 So TA: bio sE IRE Il LÀ Il IL Il 1 Il 1» ri Il Il Il Ma 2b 1-1 Ria ih Il Il ATTI Pel ERICE Map S. Colombano Piacentino-Astiano rata paria rosi | siamo sabbiose . . - . . . Cd pd . Rae Cerda (© 0001 TR. PARONA; ® . : fd pda . . peri . o» au . C] ° f LEI 6 Piacentino Parmigiano Fedi talpa pi pio A . . » . pedi Kee Fond » : . parte Led . Re lo | Strati di Tabiano uditi È > ” : e. * . . trati di Castel- l’Arquato DI î ù . . S fd i i _ deal i ; . . à HW Nn Ku" : ° 5 Li . bd pd du . È - alii ee O Ù vi 5 sc . È * 3 È ° 1a uu WWWWrWrErH-HWHW'!' n ta n — 4 . . . | Modeneso e dai bt end "pens fed e Sabbie gialle AI . ù. .. [ner] . ni nigi rada % e - x CARTA GEOLOGICA DELL’OLTREPO PAVESE Affi d. Soc.Ital a Sc. Nat. VoLXXI Tav.15.bis. YUYT 77 CE, é sCArcone razara. EG Rasei (352) M. S.Ambrogio 52%m) Canevino , Fozzol del Gro, ; (466) 795 (449) PD: Cis Torr Limbione MBrizzone (439) O varo Codevilla (155 mi) Torrluria Me Telegrafo (456) 7 Ri Lagon California Montugone Montalto (380) Rocca dé Giorgi orte Curone Cascinella ; È E TorrRile___ Ferr.di Casteggio rip; TAL Para È pato _ pù > h Dy = [ n —- "Si E »_ (88) (106) 2. E = rana e a RR — == AAA == NG nor ==>—-277) progr > en > no. 70 SEE ANNO m.07 C.F Parona 5-5.E AVESE, * s OL DELL’ OI + ; at a. RARA TI VO [4 ae \ Pe Lee i ARTI na ue © da PA AL II SERI À } aa 7 Seat RE RE - ARS RZ E n A 3 » ‘© s Ò ‘a v 8 ® h bo) % Ò e uew idv). (Rd i pini E 5 ae © capi e Ma DE POE 3 Rie > ———_________îr_TTtd addretet2](t#++—-+ += *#*=* +} }+ = - = }= =} }à}à à+«+— —_"—+=*a== "====}" bi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . A IIUUEIILIQ LIE] | i _ uri peri ° . . . . . . . . . . . . . PI . « . . . . . . . . . . . . . . . . . . (>) & OE O e E OO o E = IN = coup | iu 11 IMRE rita ——_ mk Gmiiuisii.éééwéwwwwsesséninitntti È EIA SI IERI EIA IE DAI ARI I RIE NDS ID TI EIA ELIA TIE LAI rar rr ______x uva 10 owoea | ri De: ETA ARMATA TA eni Caen ila 5 i È auowota | pnt ai e ai 1a SEN i eni Hd e di Hr _ Hd ur s > PORRE 4 et e cn! mr _mt_————iià‘_+aktittllw-::: /-X-- +2 ” n° . . LI . a n . cri 5 osouapojy ar per dr Ce re ic agri AMNOPA cora ren en n ta i i Hdi i Cna) 4 _ rm or € rr rr rr —r—_r——————_+_—_—-+t--- *'-rr*°l’”- oue18 Tu -IBq 9 OUTZUOOCIT Ipaezzia vujsst) pretore 49 Numero progressivo C. F. PARONA, O: A D.R'O SINO Piacentino e Parmigiano Oltrepò Pavese | Modenese GENERE E SPECIE S. Colombano Piacentino-Astiano Strati di Castel- Marne sabbiose l’Arquato | Pliocene inferiore | —|l Pi n ire TE ae | Sabbie gialle Vermetus intortus Lamx. . s arenarius Linn. Siliquaria anguina Linn. . Scalaria communis Lam. È pulchella Brvon. Solarium discus Puiup.? . Xenophorus crispus KoOwxre. Rissoa Lachesis Basr. . Phasianella pulla Linn. Trochus patulus Brocc. Ziziphinus SP. i Calyptraea chinensis Linx, Adeorbis Woodi Horn. Dentalium sexangulum Linn. È inaequale Bronn. . hi sexangulare Lamx. » dentalis Linn. Actaeon tornatilis Linn. . ia | Conglomerati nega re Strati di Tabiano LE: ! Pliocene è MIO a fd ui (e ne ie in] CINI La di i . . . . fd [e] . fed pena pnl pin pn Lamellibranchi Ostrea cochlear Poti. cucullata Born. Gingensis ScHLOTT. » Crassissima Lam. . subarata May. . Boblayi Desx. lamellosa Brocc. Anomia ephippium Linn. striata Linn. ; Pecten flabelliformis Br. . Reussi Horn. opercularis Linn. . » dubius Brocc. » —polymorphus Bronn.. Vola Jacobea Linn. i Spondylus crassicosta LAwmx. Pinna tetragona Brocc.? Arca mytiloides Brocco. ” ” pid LD lr er fi pn pd nd pedi rel deus . . par Yu . . [er (Sl) fendi pui . ld i [n] (e . ————m6—————m6kmm@@@-soCmra@«L‘mII adi mey: SRI . . . . . . . . . . . PT] . . . . . . . . . . . ped nd find ld pe pl (e rn] 771 Osservazioni 7a ° new uv | LISI I e 5] E DI ee e era Cee e e e e, I gen 7 n gr i (i e RT II E ° > & Ve" VELINE Ue e sa e È | puemawen] (ini l0i- CRAS È © © EVE SENIO ST PORRE TI SD = DLE GA ero I GEE RA O «ca CITE EEEuEEEEAZZa i) - «ka (tin | Wi.-ÈWmieeioieei ener iS (n . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . AS i 3 P CARROO dA RIE Lena e le: ° ia E AA . . . a PA pet Aertees de CT a . . . dea . . LI SIE «a spec > ra < siuowrd | CRE Dee TTI E Se n, i OO IL uu < E = SCE = ic ENEA Pea E a "E ia, OueISTU Lee e an TANT ° 4 serva enna REA a ee e E "" < EDITTO OTO e On E n di sti iN si IE li ERANO ere rd i, + : ira so Fa TRINO SERA, 5 0 UAOUOY) | QIOLIOJUT QUANTA bt: To SILE »] Ca ope GP he 0 È La] a ti è è Wo, m x, dl RD a v È Ma TS TV PI e | _esouIgw OI LEGATA | \ Na ni (luni sir hi i TO Se 772 C. F. PARONA, QUADRO SINOTI Oltrepò Piacentino î i È Pavese z casata 3 c i i: pal 2 GENERE E SPECIE o {58 8/4 Sq = gna iz) ©) Fal : | 5/25] £|Ss| = 8 | È E s|{@5| a sE to — RI | Si @ |w Ixapa 118] Arca lactea Linn. i Il Il 1 l 1 1 Il MAR diluegi Diani e 5 VILLE FISSE 115] Pectunculus insubricus ‘Broce. >; | 1:|;1 flop. Ade | 116 5 glycimeris Linn. al bi 117| Limopsis aurita Brocc. .. . .{1|1|1 lL:bIERAESE 118 4 Aradasii Testa. Leti è Li ORO 119] Nucula placentina Lamr. Lebgd di de RA Il l | 120] Leda pella Linn. Pas Lf PAPI 122] Chama dissimilis Bronn. . 1 SR E E 123 » gryphoides Linn. . l ER Re e 1 1 124] Cardium hians Brocc. MNENSO LI l sele e i 125 » echinatum Lin. . .|1|1 i CALA ‘19 126 5 multicostatum Brocc. 1 BRR | RA RAV 127 preare Gg o Dati LL 1 E 128] Lucina anceps Mic®ELOoTTI ui MR I 1291 , . borealis Lixn.. MEER I i 120| Cardita intermedia Brocc. l l RR A i 131 3" “Partsehu'*Gorpk, l l ET 131| Venus islandicoides Lamx. l 1 1 Il Il << S00I 132f , plicata Gwrtin. n e e E I 188 » crenulata Risso. LR MR . «| 134 s* ovata: Pea ono 0 l l 1. Ind e pallio Lane 1003 PEERIA i MR 1361 , scalaris Bronn. . Fil Cagli Se È = > x (ss) A Sì nei ,8 "e Ù .Q . d 4 e SÒ Su di d ) par È È [1 3 Sì n le) 5 eri è 6 dd =? Rò O "a 7 U2 È d Re A SO 4 3 S le) S par DO D >) i (7) (dro) o ud u©) $ a dI SE rada na 4 ia no 63 e ssa, E & E 5 (>) Zi ds a o BS Pi i vi vi lni Uni _ ri Cani . ru ______@mm__— _uo __o____u__mm__mttovyY__uoe__“eae——_——_—m = mne "e reo - TA ba: SA AO oO e ate 3 Piero, DI I) Te 1I3]V anda dea “E (| nd i a, eun gal) CA A E q 2 È ia Pi ‘a sonIeNN RN | paio Cette ara ra 2 3 A ce = =: 0 PERE E TE cà ara 4 Ra hi % (®) Ei couesonpoN | i i i È $ > di urge PA - a e . z 4 RE TIÀA È ptt lt pei CS i rl Ri las 3 $ CI O . . . . . . . . . . . . fia > ik St EI EI ESA par LO La a H TÀ io] ‘ a RA e ARE TE TORO 3 2 H E SRAOUISIT ren ei alli . ni . . a . . . . Pri . . . oa 0 . VAI . 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Non poche specie di quelle da me studiate ignoravasi che si rinvenissero fossili nel nostro territorio, nè furono da alcuno fin ora pubblicate; non reputo quindi del tutto inutile il radunare qui tutto il ma- teriale fin’ ora conosciuto come primo passo allo studio della nostra fauna fossile delle conchiglie terrestri e fluviali. Il deposito di lignite a Leffe in valle Gandino, offrì già campo di studio a sommi naturalisti, e le conchiglie che giacciono, per la maggior parte nello strato di argilla bianca sovrappostavi, fu- rono già studiate e dal Brocchi, e da Fridolin Sandberger, il ri- sultato dei cui studî trovasi nell’ opera Ueber Pliocen und Eispe- riode auf beiden Seiten der Alpen, pubblicata a Basilea nel 1876 da L. Riitimeyer. Il nostro socio, recentemente perduto, comm. D. Giulio Curioni, fino dal 1844, nel resoconto sullo stato geo- logico della Lombardia inserito nelle Notizie naturali e civili sulla Lombardia, a pag. 77, annoverava già quattro specie di conchi- glie fossili esistenti nella cava di lignite a Leffe, che, secondo Brocchi, erano le seguenti: CONTRIBUZIONI ALLA FAUNA FOSSILE, ECC. 775 Paludina vivipara (Helix) Linn. Limnaea stagnalis (Helix) Linn. Planorbis complanatus (Helix) Linn. Cyclas cornea (Tellina) Linn. Ritimeyer nel precitato lavoro a pag. 42 dà il seguente elenco di specie: Planorbis albus Mueller (var. magna). Limnaea lagotis Schrank (vulgaris Rossm.). Bythinia tentaculata Linn. * Cyclas cornea Linn. A queste specie che sommano a sette io posso aggiungervi, da me raccolte, le seguenti: Valvata piscinalis Mull. Valvata planorbis Drap. Nella breccia di Gandino, chiamata in luogo il Crespone, il signor Ritimeyer nell’ opera citata a pag. 43 annovera esistenti fossili, Helix fruticum Mull. Clausilia sp.? che secondo l’autore potrebbe appartenere alla Ventricosa Drap. per quanto permise l’esame dell’esemplare osservato, ma che io credo possa appartenere ad una forma rigonfia della proteiforme Claus. Itala Mart. var. alboguttulata Wagner, che vive anche og- gidì in abbondanza in quella valle; non vivendo in Lombardia la specie a cui venne riferito l’esemplare rinvenuto. Le torbiere, antichi avanzi dei nostri laghi, che scomparvero man mano pel diuturno affluirvi di materie che le circostanti correnti deposero sul loro letto; o che per sollevamento del . suolo, od alluvioni irrompenti furono ricolmi; offrono pure buon numero di specie fossili rimaste sepolte per secoli, che l’industria ci pose in grado di studiare colla estrazione della torba come combustibile. La torbiera della Polada, nel territorio di Desenzano, scavata 776 N. PINI, per cura del signor dott. Giovanni Rambotti, offre ben dieci specie di conchiglie che fisurarono nell’agosto del 1875 .a Brescia nella esposizione di Archeologia preistorica e Belle Arti della pro- vincia, nella bene ordinata raccolta di oggetti paletnologici, espo- sta dal predetto signore e sono le seguenti: Helix lucorum Mill. » fruticum Mill. Limnaea stagnalis Linn. » palustris Drap. Paludina contecta Millet. È » vivipara Linn. Planorbis corneus Linn. » complanatus Linn. Bythinia tentaculata Linn. Valvata piscinalis Mill. Quella di Maggiolino, frazione di Rogeno nella Brianza, esplo- rata dai benemeriti fratelli Antonio e Gio. Batt. Villa, offre del pari una faunula non dispregevole di molluschi fossili, e debbo alla compiacenza dei medesimi la comunicazione di alcuni pezzi di torba conchiglifera, che mi diedero le seguenti specie che som- mano a ben quattordici, numero abbastanza ragguardevole per la fauna di piccolo tratto di terreno : Zua lubrica Miill. mut. minor. Limnaea stagnalis Linn. var. subulata West. » peregra Drap. » vulgaris Kister. » auricularia Drap. Bythinia tentaculata Linn. var. striata, mihi. Valvata. alpestris Shuttl. var.?! Planorbis complanatus Linn. » » var. submarginatus Jan. _ * Schivo di presentare agli studiosi nuovi; nomi ho determinato come alpestris var? questa specie perchè la più prossima, benchè non vi corrisponda esattamente, Nessuna delle specie di Val/vata viventi si approssima più della citata a questi esem- plari che offrono una spira crescente più lentamente, i giri più convessi e sovrapposti l’uno all’altro, mezzo giro di più e maggiore elevazione, quindi una forma più pi- ramidata che non la a/pestris Shuttlew. È forse una forma estinta. | CONTRIBUZIONI ALLA FAUNA FOSSILE, ECC. 777 Planorbis albus Mill. da leucostoma Millet. Cyclas cornea Linn. » » var. globosa Meg. Pisidium casertanum Poli. Fra Cucciago e Camerlata, nella costruzione del nuovo tronco di ferrovia Como-Lugano , nella palude della Guzza, venne rin- «venuto uno strato di argilla terrosa di colore oscuro che con- "tiene buona quantità di conchiglie fossili. Raccoltane una por- — zione da uno degli ingegneri addetti ai lavori e comunicata al civico Museo di Milano, mi venne gentilmente data a studiare dall’ aggiunto alla Direzione del medesimo. signor Ferdinando Sordelli a cui rendo le più sentite grazie. Vi rinvenni le seguenti specie: Succinea Pfeifferi Shuttl. var.? Valvata alpestris Shuttl. var.? Cyelas cornea Linn. Pisidium pulchellum Jenis. Presso la cascina San Fedele a San Michele alle quattro vie, Riparto VII di Milano, si è attivato un cavo di ghiaia nell’ al- luvione che ricopre buona parte del territorio milanese. Alla profondità di più che tre metri dal piano delle circostanti cam- pagne, il nobile signor Vittorio dei conti Turati, zelante cultore della paleontologia, con occhio perspicace osservò uno strato di argilla sabbiosa color gialliccio, dello spessore da 60 centimetri ad un metro a norma che il medesimo si insinua obliquamente sotto l’alluvione sovrappostavi. I Osservatore diligentissimo, non tardò ad accorgersi che in questa zona argillifera erano giacenti numerose conchiglie, che con opportuno metodo di lavatura potè ottenere da buona quan- tità di quell’argilla. Tali conchiglie avute in comunicazione dalla gentile cortesia del precitato signore per la determinazione, ap- partengono tutte a specie ancora viventi nel nostro territorio e sono le seguenti: 778 | N. PINI, © Limax agrestis Mull. (le sole limacelle) ed altre specie indeter- minabili. Vitrina brevis Drap. Hyalina Draparnaudi Beck. » cellaria Mill. » sp.? (pullus) affine alla hydatina Rossm. Conulus fulvus Drap. Helix pulchella Drap. » » var. costata Mill. » pygmaea Drap. » carthusiana Mull. » unifasciata Poiret. » profuga Ad. Schmidt. Buliminus tridens Mill. Pupa muscorum Linn. Vertigo pygmaea Drap. Cionella lubrica Mull, Coecilianella acicula Mull. Succinea oblonga Drap. Un fatto singolare a rimarcarsi è, come in un sedimento pro- dotto dalle acque non si rinvenga specie alcuna aquatica, ma siano bensì tutte specie terrestri. In terreni più recenti, nelle concrezioni tufacee, rinvenni pure alcune specie di conchiglie fossili. Ad Esino, osservai e raccolsi: Helix. pomatia Linn, » angigyra Ziegl. Pupa pagodula Des Moul. In valle Seriana, nella provincia di Bergamo, lungo la strada che mette a Serina nelle concrezioni calcari trovai fossili, Hyalina cellaria Mill. var. Villae Mortill. Helix tigrina Jan. Pomatias septemspirale Razoum. » Porroi Strobel, In valle Trompia, nella provincia di Brescia, nelle incrostazioni calcari presso Gardone, raccolsi allo stato fossile in parte cal- carizzate, Ì; CONTRIBUZIONI ALLA FAUNA FOSSILE, ECO. 779 — Zomnites gemonensis Fer. Helix colubrina Jan. Pomatias Villae Spinelli. Riassumendo quindi le osservazioni fatte fin qui, abbiamo rap- presentato allo stato fossile ben 19 generi in 53 specie e varietà di forme. Di queste, 12 generi in 30 forme sono terrestri, e 7 ge- neri in 22 forme, acquatiche. Ripetute esplorazioni in altre località nuove, e più diligenti osservazioni in quelle già visitate, potranno aumentare sensibil- - mente il numero delle specie fossili nel nostro territorio per giungere man mano alla conoscenza della nostra fauna. ALCUNE OSSERVAZIONI ALTIMETRICHE SULLE PREALPI LOMBARDE Nota di ELvEZIO CANTONI Studente del II.° Corso di Scienze Naturali. Non è mio intendimento di trattare dell’altimetria barome- trica, considerata teoreticamente o empiricamente, che si voglia (cosa per altro molto discosta da miei studii e troppo alta per il mio sapere), ma solo di riferire su taluni fatti, che mi emer- sero, considerando varie mie osservazioni altimetriche, eseguite in alcune escursioni montane, e specialmente in una fatta lo scorso anno al monte Paglione, monte posto al di sopra di Mac- cagno, a sud del meridiano di Locarno, presso il lago Maggiore. Notando poi quanto in oggi torni utile al naturalista, sia esso zoologo, botanico 0 principalmente geologo, di determinare, ap- prossimativamente almeno, l’altezza, a cui gli venne fatto d’incon- trare o un animale o un vegetale od una roccia, credetti oppor- tuno, presentandomisi la favorevole occasione di un Congresso di 780 | È. CANTONI,® Naturalisti, di accennare a quei metodi facili, e il meglio possi- bile esatti, che si possono seguire in tali determinazioni alti- metriche. Noterò intanto che il barometro, di cui mi servii, è un pic- colo aneroide ossia barometro metallico di Vidi, modello inglese, ottimo esemplare, non soggetto ad alterazione alcuna per la tem- peratura e la di cui graduazione venne due o tre volte verificata, per correggerne le alterazioni nel coefficiente di elasticità, cosa assal importante, dal dott. Guido Grassi, il quale molto si occupò di questi istromenti e dell’ altimetria barometrica, come appare da’ suoi eruditi scritti in proposito. Ebbi campo anche di usare un barometro Fortin per alpinisti, in una gita, che feci pure. l’anno scorso, alla Madonna del Monte e al Campo de’ Fiori, per le quali località potei stabilire un’altezza rispettiva di metri 862 e 1247 sul livello del mare, ritenendo però l’altezza di Varese (da me determinata col confronto fra le medie di un trimestre di osservazioni barometriche fatte a Pavia ed a Varese) di me- tri 385,7 e non di metri 398, come dà l’Oriani,' colla quale al- tezza trovo di avvicinarmi meglio ai dati dell'Atlante Dufour (m. 385) e del livello ferroviario (m. 382). Il barometro Fortin, però, per quanto più esatto lo si voglia ritenere di un aneroide, presenta, a petto di questo, un assai incomodo trasporto, ed una non infrequente causa d’errore nelle bollicine d’aria, che vi si immettono per le scosse, cui, pur contro ogni volere, spesso lo sl sottopone. Nella anzidetta gita al monte Paglione, che compii nei giorni 20, 21, 22, 23 e 24 del mese di agosto 1877, curai lungo il viaggio di osservare barometro e termometro in ogni località importante per la quale passavo, ed anzi, ripassando ad ore diverse per la stessa località, non tralasciai di ripetere l'osservazione, per modo di aver campo ad un confronto. Do qui appunto in un quadro le osservazioni da me stabilite, facendole seguire dai risultati altimetrici ottenuti coi calcoli. i G. C. Brzzozero, Varese ed il suo territorio. ALCUNE OSSERVAZIONI ALTIMETRICHE, ECC. 7810 mm mm 4.55 a.| 724.7| 230.51 732.3] 210.9] + 902.7 (476m.4] + 902,7 [476,4 20 Robarello Rasa <<... .| 5:25 | 20.0 220) 323] 22.9/+ I4.4| 529.8| + 56.4| 532.5 || | Brinzio... ..|65 | 24.0] 241.8) 324] 22.6 + 136.4] 521.8] — 42.0| 520.5 (| | Gabiaglio . . . .|6.50 | 26.7| 22.5] 32.5) 23.1] + .69.0| 454.7|— 67.31 453.2 | Cuvio (chiesa). . .|7.33 | 38.7] 24.3] 32.6] 23.7|— 72.8| 312.9| — 4142.6| 340.6 Boffalora . . . .|9.5 40.6) 26.0] 33.3] 25.4| — 86.9] 298.8] — 22.5| 288.1 Chiesa Sant’ Anna . | 9.25 35.7] 26.4] 33.4| 25.8 27.5 | 358.2 + 58.3| 346.4 Duno . . . . . .|9.50 | 49.8] 25.7| 33.4/ 26.8| + 164.6 | 550.3] + 4191.9| 538.3 } Monte San Martino . | 11.55 |674.4| 24.0) 33.2| 28.8| + 736.7 |1422.4| + 570.7 |1109.0 A Monte San Martino . | 4.30 p.| 73.6| 23.5] 32.5] 28.8| + 738.6 /1124.3] — 40.3 |1098.7 Duno... .. .|3.25 |747.3] 26.8] 34.8) 28.0 + 476.5] 562.2|— 544.7 | 554.0. Chiesa Sant’ Anna . | 3.55 | 33.4] 27.6| 34.7| 27.0] — 16.8| 368.9 — 192.1| 361.9 24 | Cuvio (a valle) . .|3.45a.| 37.4| 25.2] 30.2] 22.5] — 85.4| 300.3] — 51.4| 340.5 Arcumeggia. . . .|5.0 |746.4| 22,5] 30.3] 22.7 + 170.4| 556.4| + 255.7 | 566.2 Monte Nudo. . . .|7.35 |660.3| 20.6] 30.4] 23.4] + 878.4 |1264.4] + 703.0 |1269,2 Monte Nudo. . . .|8.45 | 60.5) 22.0) 30.5] 23.8 + 879.5 |1265.2] + 2.6 |1274.8 Aga. . ... . .|9.35 |719.7| 26.0] 30.4] 27.0| + 430.0 | 515.8| — 750.0 | 521.8 : Casal Zuigno . . .|10.40 | 34.7] 27.9 30.2] 27.5] — 54.4| 331.3] — 481.0] 340.8 Cuvio (a valle). . . |12.45 p.| 37.2] 27.3) 29.8] 28.4| — 89.2] 296.5] — 30.4| 340.7 | Canturia di Rancio . | 4.20 | 37.7] 28.7] 29.8| 28.4] — 95.6| 290.4] — 5.9] 304.8 Gassano . . . . .|440 | 36.5| 28,7] 29.7 28.6/ — 82.7) 303.0/ + 44.3| 349.4 Luino (chiesa). . . | 4.5 42.5 28.0) 29.0| 27.0] — 162.0| 223.7/ + 71.8| 247.3 | Veddo. . . . . .|7.30 | 33.7] 24.0] 29.4] 23.5) — 54.8| 330.9] + 104.7] 352.0 22 | Garabbiolo . . . .|6.0 a.l 43.2) 22.0] 29.5] 22.0] +4 196.7 | 582.4| + 246.5] 598.5 | Gadero -. . . . .|6.30 | 14.2] 24.5] 29.5) 22.3| + 220.0] 605.7] + 24.3| 622.8 | Graglio +... .| 7.10 |688.3| 22,3) 29.6] 22.7 + 506.4| 8921] + 283.7] 906.5 Monte Paglione . . |141.0 34.4] 22.9] 29.0] 28.4] +4263.9 |1649.6| + 749.4 |1655.9 Monte Paglione . .|11.40 | 34.3] 19.4| 28.9) 28.6 +4257.0|14642.7| + 1.3|41657.2 Lago Delio. . . .|2.40p.| 82.4] 24.0] 28.6] 27.6] + 578.8 | 964.5 — 670.8| 986.4 Garabbiolo . . ..|440 |7441.5| 25.2) 27.0| 26.0| + 189.9] 575.6| — 369.2| 617.2 23 | Garabbiolo . . . .|7.0 a.l 414.9] 21.3] 27.8] 20.6 + 4190.8| 576.5|— 49| 642.3 | 1 Maccagno Superiore . | 8.40 40.4| 23.2) 28.4] 241.0] + 145.2) 240.5] — 340.6 | 271.7 Maccagno Inferiore . | 8.55 52.8) 24.4] 28.5] 21.5] — 169.0| 216.7| — 28.7| 243.0 Luino (lago) . . .|4.55 p.| 43.9| 24.2] 28.4| 22.3] — 185.8 | 199.9) — 42.8| 230.2 DI | 24|Montegrino. . . .|6.50a.| 47.8) 16.5) 28.0] 18.0 + 420.4| 505.8| + 306.3 | 536.5 E Montegrino. . . .|7.0 17.8] 47.0] 28.4) 19.0| + 421.6 | 507.3 0.0| 536.5 | Monte Nave (Bederon) | 8.45 |680.7| 18.4| 28.3] 21.5) + 580.0 | 965.7| + 454.1 | 990.6 San Paolo . . . .|1140 | 92.3) 22.5] 28.8] 26.5) + 449.4| 835.4| — 445.9] 844.7 Marchirolo . . . . |12.45p.|716.7| 26.2] 28.8| 27.5) + 147.5] 533.2) — 302.5| 542.2 O Ghirla. . . . . .|4.25 | 23.2 27.0) 28.8 28.0| + 68.4| 453.8] — 794] 462.8 "PET TTI IM GIGIRARRIA GAI, 0 22.4) 23.4) 28.7] 29.0| + 76.3| 462,0] + 9.6| 4724 |a Fontana Ammalati . | 3.50 27.5) 22.4) 28.7| 29.0] + 44.4| 400.4| — 6414| 441.3 782 E. CANTONI, Nella colonna A ho segnato l’ altezza barometrica da me osser- vata in ciascuna località, e nella B la temperatura atmosferica in gradi centesimali della località stessa all’ora dell’osservazione ; nelle C e D notai le presumibili pressione atmosferica e tempe- ratura a Varese nelle ore corrispondenti a quelle delle mie osser- vazioni nelle varie località, deducendole però dalle osservazioni, che in quei giorni, nelle ore stabilite, si facevano a Varese e alla Madonna del Monte, e che qui sotto, in due appositi tabellini, credo giovevole di ripetere: i OSSERVAZIONI DI VARESE — Agosto 1877. BAROMETRO TEMPERATURA S-S-.TT__ te T—__mzea —_T'T_——T_"——t__smu= ——_ Ila 3 p TAR 7a Ila 3 p 7p 21 30.4 30.0 29.1 29.0 23 A 28 .0 28 .8 23 .7 22 29.6 29.0 28.5 27.7 22 .7 28 4 27. 4 23 27,8 28.7 28.4 27.9 20 .6 21.9 22 .8 17.9 4 20 | 732mnm.5. | 733mm4 | 734mm 9 | 794mm.5 | 2392 280.7 299.0 259.0 2 28.1 28.8 28.7 28.6 18,9 26 .2 29. OSSERVAZIONI DELLA MADONNA DEL MONTE — Agosto 1877. Ls BAROMETRO TERMOMETRO î —_-_ _ —_———_t___u 7 FT——_{i__ TT Y_ —————rm1e—. rs & 9a. | 3 p. | 9 pi 9a 3 p 9 p 20 | 6961um4 695mm.5 695mm.0 240,2 219.6 230,4 2A 9.6 93.9 92.3 25 .2 24.0 23 +1 22 92.7 91.6 %U.4 25 4 25 .3 23 .3 23 82, 94.9 90.8 20 .2 20 .8 18.5 2 90.7, 04.7 9.2 24 .0 PA 16, è 21.3 Nella £ scrissi le altezze in metri delle diverse località sopra (+) o sotto (—) Varese, altezze che calcolai col mezzo delle ta- ALCUNE OSSERVAZIONI ALTIMETRICHE, ECC. 783 | vole del dott. Guido Grassi.! In 7° sono indicate le altezze sul . livello del mare di ogni località, ottenuta coll’aggiungere o to- gliere da m. 385,7, altezza di Varese, i numeri segnati nella co- lonna E, a seconda che portano il segno + o —. Nella colonna G poi calcolai l'altezza di ciascuna località, abbandonando le pres- sioni presumibili della colonna C, e usando solo delle pressioni se- gnate nella colonna 4, e determinando successivamente colle tavole di quanti metri una località sia sopra (4) o sotto (—) della precedente. E nella H finalmente scrissi le altezze sul livello del mare di ciascuna località valendomi dei numeri segnati nella co- lonna G, sommando cioè o sottraendo dall’ altezza sul livello ma- rino di una località, secondo sta scritto nella colonna 7, il nu- mero che trovasi marcato nella finca G per la località susseguente a norma che porti il segno + o—. I dati numerici delle due ultime colonne li aggiunsi per mostrare come sempre torni utile il riferirsi ad una stazione fissa, di ben determinata altezza, nella quale si facciano a determinati inter- valli delle osservazioni barometriche, anzichè usare delle sole pro- prie osservazioni, tolte nei varii luoghi, per poi calcolare le al- tezze, senza tener conto delle variazioni barometriche avvenute nella giornata, e tanto più quando si debbano continuare per varii giorni le osservazioni. Se io parto da un determinato luogo e salgo la vetta di un monte, quasi certamente nel tempo impie- gato nella salita sarà avvenuta una variazione barometrica; ora, se vi sarà nel luogo di partenza una persona incaricata di 0s- servare tratto tratto un barometro, potrò sapere la variazione avvenuta nel frattempo e quindi stabilire la giusta pressione at- mosferica del luogo di partenza al momento in cui io osservavo il barometro sul monte, ed avere così la esatta differenza in mil- limetri fra le due località, il luogo di partenza e la cima, diffe- renza che dovrò moltiplicare per il valor medio dell’altezza in metri per un millimetro di pressione, corrispondente alle due coppie di valori della pressione e della temperatura nelle due 1 Dott. Guinpo GRASSI, Sulla altimetria barometrica, Roma, 1876. 784. | Ri. CANTONII 1AXS4O A) diverse località. Ma se al contrario non avrò mezzo alcuno per conoscere la pressione del luogo di partenza, nell’ ora in cui. giungerò sulla vetta del monte, egli è evidente che, qualora nel tempo decorso nell’ ascesa sia avvenuta una variazione barome- trica, questa farà sì che la differenza in millimetri fra le due. località sarà maggiore o minore, a seconda che la pressione sarà diminuita od accresciuta, e quindi fosse pure tale variazione di un sol millimetro, essa mi porterà una differenza nell’altezza del monte sulla località di partenza di più di 10 metri. Questa quindi sarebbe una delle cause per cui preferirei il primo metodo, cioè del riferimento ad una stazione fissa d’ osser- vazione, anzichè alle determinazioni successive, ben s’ intende però. qualora la detta stazione non venga a distare eccessivamente dal luogo d’osservazione, perchè allora la variazione barometrica, che può avvenire alla stazione stessa, potrebbe essere diversissima da quella avvenuta nella località d’osservazione. D'altra parte poi è ben evidente che l’errore in metri, che si viene a com- mettere in una data località dovrà ripetersi per tutte le località successive, causa il metodo delle somme e sottrazioni succedentisi. Basteranno qui due esempii, che voglio togliere dalla mia tavola. Nel giorno 20, in cui si ebbe una sentita variazione barometrica, fra le 7,35 ant. ele 9,5 ant. a Varese st ebbe una presumibile variazione barometrica di 0,7 mill. essendosi il barometro portato da 732,6 a 733,3; ora è naturale che anche a Cuvio, paese rela- tivamente vicino a Varese, avvenisse una tale variazione, per cui, mentre io era a Boffalora alle 9,55, alla chiesa di Cuvio il baro- metro avrebbe dovuto segnare 739,4 circa e non 738,7, come io avevo osservato alle 7,35, per modo che la differenza tra le due osservazioni barometriche sarebbe stata minore, e quindi minore la differenza di livello fra le due località, e precisamente di circa 8 metri, come appunto io ottenni riferendomi a Varese per ‘cal- colare le colonne £ ed 7. Infatti mentre il calcolo nella colonna G mi dà fra Cuvio e Boffalora una differenza di metri 22,5, la differenza fra m. 312,9 e 298,8 della colonna F è di soli m. 14,1. Nel giorno 24 invece, in cui la variazione barometrica fu mi- ALCUNE OSSERVAZIONI ALTIMETRICHE, ECC. 785 di livello secondo la colonna G di .302,5 metri, la differenza fra 835,1 e 533,2 nella colonna 7 è di un numero quasi identico al precedente, cioè di 301,9. D'altra parte, nella colonna 7, è chiaro che la differenza di 8 metri segnati in più fra Cuvio e Boffalora | sì sarà trasmessa a tuttii successivi dati della colonna stessa. Sgr” altra escursione, di cui mi piace ancora parlare, non per altro, che per trattare di una sorta di barometso aneroide, da | poco venuta in uso, si è quella fatta in quest'anno nel mese di- aprile col chiariss. prof. Taramelli, mio maestro, in unione agli . studenti di Scienze naturali della R. Università di Pavia. Il baro- . metro in discorso è quello di Goldschmid. Non credo opportuno di esporre le differenze di costruzione fra l’aneroide comune e questo, supponendole note a tutti coloro che si occupano, pur i personalmente, di altimetria; solo accennerò come lo strumento . Goldschmid, benchè presenti il vantaggio di una più approssimata ‘misura dell'indicazione barometrica, pur tuttavia richiede mag- | giori diligenze nell’uso, e può facilmente guastarsi, se per caso. i non si avverte, quando lo si porta in salita, di sollevare preven- | tivamente ed in bastevole misura la punta annessa al disco gi- revole. È ormai noto, per le recenti dimostrazioni del Grassi, che i i barometri aneroidi, compresi quelli di Naudet, di Casella, di Goldschmid, quali più, quali meno, subiscono. sensibili sposta- | menti ogni volta che sono soggetti a notevoli salti di pressione, | sia per forti perturbazioni barometriche, sia perchè vengono por- tati a differenti altezze, e che in seguito non si riconducono, che lentamente assai, alla primitiva loro indicazione col rinnovarsi di ‘una data pressione. Questa imperfezione è pochissimo sentita nel- W l’aneroide da me usato nelle suindicate osservazioni, mentre lo ‘è molto, in generale, negli aneroidi Goldschmid. A prova di È questo asserto citerò il seguente fatto. Mentre il mio aneroide si mantenne sempre in quasi pieno accordo colla propria curva VW di correzione per varii mesi, in cui si comprendono anche;i giorni, | spesi nella gita geologica, un barometro Goldschmid, piccolo mo- | i dello, che avevo portato meco per confronto, subì un sentito spo- | Vol, XXI. 50 e ta 786 E. CANTONI,. stamento. Il solito aneroide prima della partenza presentava una correzione media di — 1””,2, dedotta dalle osservazioni fatte per È nove giorni consecutivi nel marzo, e ritornato a Pavia dopo il viaggio dava una media di — 1””,4, secondo le risultanze di altri nove giorni di osservazioni, non differendo così dalla prima me- dia che di +-0,2. Circa lo spostamento poi subìto dall’ istro- mento stesso in rispetto alla propria curva, noterò come prima della partenza fosse di + 1”*,1, mentre dopo non fu che di + 0"®,9, mostrando quindi un relativo avvantaggiamento. L’aneroide Goldschmid invece, mentre nelle stesse osservazioni di marzo se- gnava 6°" 1 in più, di quello che avrebbe dovuto segnare corretto colla relativa tavola del costruttore, in seguito al viaggio dava a’ Pavia una media di 9,3 in più, differendo così di + 3,2 dalla prima media. A miglior chiarezza di quanto ora dissi credo non inutile di dare il seguente tabellino, in cui 7» indica il barometro mercurio ridotto a 0°, C segna il mio aneroide, G il Goldschmid, ambedue corretti: G G corretto | corretto Media delle osservazioni prima della partenza | 743mm,9|745mm,0|750mm.0| + 4.1] 4 6.4 Media delle osservazioni dopo il ritorno . . | 749,4 | 750mm,3 | 7582m.7| 4 0.9 | + 93 Ritenuto per ciò le indicazioni del mio aneroide paragonabili alle indicazioni di un barometro a mercurio mercè le debite cor- rezioni, vedrassi nella seguente tavola, ove ancora C e G hanno lo stesso significato che nella tavola precedente, quanto il baro- metro Goldschmid, che meco pure portava nella gita geologica dell'aprile scorso, differisse, e come in modo vario, da un’ esatta indicazione : i REI AIA A 6 LE 49 24 22 6.30 6.40 7.0 7.45 8.40 8.50 41.45 p. 30 5.35 5.30 a. 7.0 4.35 p. 2.35 5.20 a. 9.0 2.45 p. 6.0 7.0 8.48 a. 42.40 p. 3.0 5.45 a. 9.45 3.43 \LCUNE OSSERVAZIONI AL LOCALITÀ Bariano RA Milano . n ; 3 ; s 3 Cucciago 5 4 ; E Cantù Gauos, : 5 . : a | Intimiano Altipiano d’ Intimiano . Lago di Monte Orfano . Monte Orfano comasco. Albese . : È È ° . Albese, sella per la Valle Tavernerio . Monte Gay, verso Ovest Torre Turati . Erba Purtpacioni 1% . ; : Lago di Pusiano Lecco (alto) . Acquate . 7 : È - . Mandello Sella da Lierna ad Esino Esino (chiesa) Perledo . Varenna (chiesa) Menaggio (lago) Porlezza . Lugano . : " : è Lugano +. Bisuschio ; : ‘ 9 } Varese . È A : a 4 3 ia gel: TIMETRICHE, EC G corretto . | 7561m,0 49.7 36.5 30.9 34.0 25,8 21.0 27. 13.7 26.3 dh 650.8 68,7 733.4 34.0. 40.7 4,8 38.9 48,2 680.3 86.9 725.4 4A,9 40,0 34.9 34.5 34.9 29.5 26.7 (0) corretto 750mm.() 44.6 32.3 26.0 25, 21.9 18.6 22.0 09.7 21.4 410.6 644,9 62.6 724,8 27.9 34,2 39.7 34.3 42,3 675.9 82.6 748.7 34,6 33.6 27,2 27.6 29.4 2A 20.4 3.9. 788 E. CANTONI, ALCUNE OSSERVAZIONI ALTIMETRICHE, ECO. Avendo poi di tutte queste località determinate le altezze sati ; livello del mare, trovai i seguenti numeri: Cucciago m. 273,2 Lago di Pusiano — m. 294,1 Cantù » 355,9 Lecco (alto) n - 226,0 Intimiano » 396,7 Acquate i 207,0 Altipiano d’Intimiano - ,, : 435,0 Mandello itai 2. 1208,8. Lago di Monte Orfano .,, 398,1 Sella da Lierna ad Esino ,,. 995,4 Monte Orfano comasco , 542,3 Esino (chiesa) i 48575 Albese » 407,1 Perledo os 441,2 Albese, Sella per Valle Varenna (chiesa) LO Tavernerio » 534,9 Menaggio (lago) Ji 213,2 Monte Gay, verso ovest ,, 1348,3 Porlezza » 286,2 Torre Turati » 11104 Lugano IGIIA 4° 1280;8 Erba » 853,8 Bisuschio gi 300,5 Conchiuderò il mio lavoro dicendo che un barometro aneroide non può prestare un sicuro dato per l’altimetria se non si è fatto prima su di esso un lungo studio per determinare la curva o la formola della correzione da applicarglisi secondo le varie temperature e pressioni, e per argomentare la legge dagli spo- stamenti, che questa curva subisce sotto forti variazioni di pres- sione; mancando un tale studio si è certi di incorrere in errori molto rilevanti. | Varese, settembre 1879. E SAGGIO DI UNA FAUNA ARACNOLOGICA DEL VARESOTTO pel Socio Dott. Pietro PAVESI PROF. ORDINARIO DI ZOOLOGIA NELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA (Seduta del 27 Settembre 1878) Onorevoli Colleghi, Come ad altro dei nostri simpatici Congressi, quello di Vicenza di dieci anni fa, vengo ad intrattenervi di aracnidi; ma ora vi | presento un lavoro ristretto a più modeste proporzioni, che ri- i guarda soltanto il bellissimo paese in cui siamo riuniti, comu- ‘ nemente chiamato il “ Varesotto ,. Il nostro egregio Segretario generale, Sordelli, che ha dato tempo | fa il più esteso catalogo dei ragni di Lombardia, * non accennò che per quattro o cinque specie a località varesine, e vi erano | queste ancora oggidì le sole conosciute. Non appena quindi fu decisa la sede del Congresso del 1878, per riempiere in qual- che modo tale sentita lacuna e per contracambiare con una | parziale illustrazione del territorio alla gentilezza di Varese che ci accoglie, mi sono proposto ed ho compiuto nell’ agosto e set- ‘| tembre una serie di gite aracnologiche, toccando i punti più im- i portanti e disparati del Varesotto, dalle ultime ubertose ondula- | zioni verso la pianura padana alla cima de’ monti di spaziosa, in- cantevole vista, dalle rive dei laghi, che 1’ ingemmano, al fondo delle tortuose vallate. Il mio quartiere era però molto eccentrico, cioè a Ligornetto sul territorio elvetico confinante ; onde cominciai col fare ripetute | escursioni nel distretto più vicino ed orientale di Arcisate. Poi ebbi bisogno d’internarmi maggiormente, e camminai di seguito 1 Sui ragni lombardi (Atti Soc. ital. sc. nat., XI. 1868, p. 459). TIO SE P. PAVESÌ, i lati d'un grande irregolare quadrilatero naturale. Da Induno, — per la romantica Val Gana e la Val Marchirolo calai a Ponte | Tresa; con angolo quasi retto seguii la sinistra della Val Tresa, su quella strada che diventa poi sentiero alpestre faticosissimo, feci capo a Luino e, dopo una punta ai due Maccagno, ritornai per ri- salire da Germignaga l’inferiore Margorabbia o Val Travaglia fino a Cassano; che, lasciato alle spalle, mi diresse nell’ ampia Val Cuvia, giungendo a Laveno; di qui, rifacendo la destra del Boe- sio, passai per Cittiglio e Gavirate a Varese. In altra escursione traghettai laghetti, valicai monti per toccare Angera dalla parte di Biandronno, Monate, Comabbio, Lentate e Taîno; e retrocessi dall'antica Stazzona e dalla sua pittoresca ròcca per Ispra e Besozzo. Le ultime gite furono riserbate al Campo de’ Fiori, che giganteggia sopra la Madonna del Monte a tutto il terri- torio varesino, quasi disteso a manto dal suo vertice; alla Val di Brinzio, che ho poi esplorata da altra parte con alcuni di voi; finalmente alla preistorica isoletta del lago di Varese, conosciuta dai più col nome di Isolino e jeri ribattezzata Virginia. — Le specie di aracnidi del Varesotto, che noto nel seguente elenco sistematico, sommano a 150, appartenenti a 5 ordini, 19 fami- glie, 75 generi. Questo numero è abbastanza rilevante se si calcola che tali aracnidi furono presi per la maggior parte da me solo, in meno di due mesi d’una stagione, percorrendo di fretta più di 250 chilometri e senza salire molte montagne, che dovevano | dare di certo un notevole contributo, specialmente di licosidi, | drassidi ed opilioni; appena quelli di Cuvio ed alcuni di Varese ricevetti dal nostro Presidente straordinario prof. Leopoldo Maggi, dal dott. Corrado Parona e dallo studente Elvezio Cantoni, ai quali rendo vive e pubbliche azioni di grazia, ed aggiunsi per gli | altri pochi sopra detti le località varesine indicate dal collega Sordelli. Io non vi offro questo lavoro colla puerile pretesa che sia com-- Îl pleto; è un saggio, che potrebbe diventare molto meno imperfetto, | quando si facessero più pacate e lunghe ricerche in diverse sta- | gioni ed in nuove località. Esso è però sufficiente per dare un’ i- é SAGGIO DI UNA FAUNA ARACNOLOGICA DEL VARESOTTO. 791 P dea della fauna aracnologica di quest’ angolo della Lombardia e | serve ad arrichire la stessa fauna lombarda delle seguenti specie, . finora trovate soltanto nel Varesotto: Epeira dalmatica 2, Singa pygmaea, Zilla Stroemii, Linyphia thoracica, L. tenebricola, Erigone cucullata, Theridium vimacula- tum, Amaurobius jugorum, Clubiona frutetorum, Drassus scutu- latus, Prosthesima pedestris, Gnaphosa bicolor, G. nocturna, G. exornata, Dysdera laevigata, D. Pavesù, Lycosa bifasciata, Tro- chosa ruricola, Heliophanus Kochi, H. rufithorax, Marpessa nite- lina, Attus pubescens, A. terrestris, Phalangium Canestrinii, Ph. luridum, Liobunum Doriae, Nemastoma quadricorne, Chthonius KRayi, Gamasus crassipes, Trombidium fuliginosum, Rhyncholo- phus cardinalis, Eh. trimaculatus, Actineda cornigera. Anzi 1° He- liophanus rufithorax e la Prosthesima pedestris sono nuove per- sino per l’Italia continentale. L'habitat, che ho indicato per ciascuna, si limita alle regioni circondanti il Varesotto, sulle basi dei cataloghi di Sordelli, Ca- nestrini, Fanzago e di altre mie pubblicazioni, al fine di mostrare quali sono i rapporti che esso mantiene col restante della Lom- bardia, col Canton Ticino e col Piemonte, anche da questo punto di vista. Avverto infine che i nomi specifici dati dal Sordelli nella memoria sui Ragni lombardi sono sempre riferiti per utile raffronto e per revisione sinonimica; quando non cito che il nu- mero corrispondente alla specie in detto lavoro è indizio che egli l’ha annoverata con lo stesso nome di cui mi sono servito. Io spero che gli studiosi di aracnologia, e coloro che qui s’ inte- ressano di cose patrie, vorranno fare buon viso a questo nuovo mio lavoro; il che mi riuscirà di vera soddisfazione, quantunque sia già pago di aver così occupate le vacanze autunnali in belle escursioni e ne’ miei prediletti studii. E mi compiaccio di annun- ciarvi che quelle hanno potuto fruttare, per mezzo del mio distinto Assistente e caro amico dott. Romualdo Pirotta, anche un’ inte- ressante Nota sugli ortotteri, libellulidi e miriapodi del Varesotto, cui volsi nello stesso tempo, ma in via secondaria, la mia atten- zione, sapendoli tra gli artropodi trascuratissimi quì ed ovunque. 792 >» AnvyPHAENA Sund. » CLusiona Latr. >» CrariracantaIum C. L. K. 5 >» Paruroritaus 0. L. K. ». Micaria Westr. . » Drassus Walck.. » Prosrursima L. Koch . GwapuHosa Latr. Fam. DYSDERIDAK . Gen. SecestRIA ‘Latr. . » Zicca CL. Koch ; Mera C. L. Koch TetragenaTHA Latr. . THERIDIDAE . PAacHayGNATHA Sund. Eprsinus Walck. . Linypnia Latr. Ericone Sav. Aud.. PayLLonertHzIs Thor. Tuaeriniom Walck. . SteatoDA Sund.-. Lmraypnantes Thor. AsagenAa Sund. . SCYTODIDAE . . Paorcus Walck. . Srermoprnora Hentz. Scrropes Latr. .AGALENIDAK . . Dicrrna Sund. TrranoecA Thor. . AmavuroBIus C. L. Koch CorLores Blackw. TecenaRrIA Latr. . Hanna C. L. Koch Acarena Walck. TexrrIix Sund. .DRASSIDAK . Lrocranum L. Koch Dyspera Latr. DO (ri Ha pa DIO Ha HH N EHI Ji VINI NIN pa VI peli ND UWONONHHNOEHFEAaAENNNNPEAaEH Fam. Gen. » Ord. Fam. Gen. Ord. Fam. Gen. Fam. Gen. Fam. Gen. » Drakà Thosi g io Xysricus C..L. K... . LYCOSIDAK . ». Auronia O. .L. K. Lycosa Latr. . TarenTtULA Sund. Trocnosa C. L. K. . DoLomepes Latr. . Ocrare Sav. Aud. . OXYOPIDAK . . Oxvopes Latr. . ATTIDAE. . Sanricus Latr. EprsLLMmuMm Hentz ; Heuropganus C. L. K. . Marpessa C. L. K. . Euoparys C. L. K. PuarrAeus Thor. Amrus Walck.. . OPILIONES . . PHALANGIDAE A . AcantHoLoPpHUus C. L. K. . PaAiLanGIOM L. . | Liosunum C. L. K. ‘. AstroBunus Thor. NEMASTOMIDAE . Nemasroma C. L. K. TrocuLus Latr. PSEUDOSCORPIONES . CHERNETIDAK. Carzonius C. L. K. ACARI . . be GAMASIDAE Gamasus Latr. . TROMBIDIDAE . TromsIipium Latr.. . RHYN CHOLOPHIDAE RayncnoLopnus Dug. ActinepA 0. L. Koch PPS ENO pasto ano eee o ‘P. PAVESI; QUADRO DEGLI ORDINI, FAMIGLIE E GENERI FINORA RACCOLTI E DETERMINATI. Clas. ARACHNOIDEA. sp. 150 Gen. Harpacres Templ. . sp. ‘ Ord. SCORPIONES . . ... 1 Fam.FILISTATIDAEK. Fam. PANDINIDAE 1 Gen. Fitisrara Latr. . Gen. Euscorpius Thor. 1 Fam.HETEROPODIDAE. Ord. ARANEAE . 132 Gen. Mricromwmara Latr. Fam. EPEIRIDAE . 26 Fam. THOMISIDAE. 1 Gen. Argiore Sav. Aud, . 1 Gen. Arranes Thor. a » Eprisa Walck. 15 » Pauropromus Walck. . » CrrropHora Sim. » Monarses Thor. . » Singa C. L. Koch » Taomisus Walck. » Cercipia Thor. » Misumena Latr. . (er hu DO CI dp OT i NO IN DE UH HN HW SAGGIO DI UNA FAUNA ARACNOLOGICA DEL VARESOTTO. —‘798 ELENCO SISTEMATICO DELLE SPECIE. 1. Euscorpius italicus (Herbst) 1800. Naturges. ungefliig. Mednis:4;-p. 70, tav. 3, fig. 1. Loc. vares. — Arcisate, Besano, Clivio, Madonna del Monte, Cittiglio, Ispra, Ròcca d’Angera. Da Ispra l’ebbe anche il pro- fessore L. Maggi. Hab. Lombardia?, Canton Ticino ?. Nota. — Esemplari con 6 (giovanissimo) a 9 fossette ocelli- formi nel palmo della mano, 12-13 nel braccio e 8-10 denti ai pettini; quello di Besano è tipico, quello di Cittiglio rappresenta la varietà indicata dal Fanzago (Scorp. ital., p. 6) e figurata dal Koch (Arachn. fig. 243). 2. Argiope Brilnnichii (Scop.) 1772. Ann. hist. nat. V, p. 125. (Nephila transalpina C. L. Koch; N. fasciata Sordll., sp. 89). Loc. vares. — Viggiù, Saltrio, Clivio, Induno, Castello di Cuasso, Val Gana, Val Marchirolo, Ponte Tresa, Madonna del Monte, Gavirate, Laveno, Cittiglio, Cuvio, Val Cuvia, Val Tresa, Maccagno inferiore. A Cuvio la raccolsero i prof. Maggi e Cor- rado Parona; dalla Madonna del Monte l’ottenne anche il pro- fessore Sordelli (Fagni lomb., p. 472 [14]). Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 3. Epeira diademata (Clerck) 1757. Sv. Spindl., p. 25, pl. 1, tab. 4 (E. diadema Sordll., sp. 82). Loc. vares. — Dappertutto comune; la presi fin sulla cima del monte Campo de’ Fiori. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 4. E. angulata (Clerck), 1757. Sv. SpindI., p. 22. pl. 1, tab. 1 (E. pinetorum C. L. Koch var., E. cruciata Sordll., sp. 87). Loc. vares. — Porto Ceresio, Ponte Tresa. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 5. E. circe, Sav. Aud. 1827. Descr. de VEgypte, ed. 2.*; XXII, p. 338, Aracn. tav. II, fig. 9 (E. Schreibersii Hahn e Koch). Loc. vares. — Clivio, Marchirolo. 16 7: (REIT P. PAVESI, Hab. — Liaiaita, Canton Ticino, Piemonte. |” 6. E. spinivulva, L. Duf. 1835. Descr. et fig. d'une nouv. esp. | d’Épeire in Ann. sc. nat., 2.° serie, Zool. III. (Sordll., sp. 85). Loc. vares. — Cuvio (racc. Maggi e Parona). Hab. — Lombardia. Nota. — Giudicata sinonima della precedente anche dal Thorell (Rec. crit. p.14, Rem. on Synon., p. 7), vuolsi ora decisamente una specie a parte dal Simon (Arachn. de France, I, p. 61). 7. E. marmorea (Clerck) 1757. Sv. Spindi., p. 29, pl. 1, tab. 2 Araneus marmoreus; p. 34, pl. 1, tab. 8 A. pyramidatus (E. scalaris Sordll., sp. 78 + E. marmorea Sordll., sp. 84). Loc. vares. — Var. marmorea: Isolino, Biandronno, Cuvio, Cu- | nardo, Luino. Var. pyramidata o scalaris aut.: M. Campo dei Fiori, Ponte Tresa, Val Tresa, Val Travaglia, Luino. A Cuvio la raccolse il prof. Maggi. Hab. — Lombardia, Canton Ticino. 8. E. quadrata (Clerck) 1757. Sv. Spindl., p. 27, pi I, tab. 3 (SordIl., sp. 83). Loc. vares. — Cuasso al piano, M. Campo de’ Fiori a 1220. s. m. var. rosso-bruna, Val Gana. Had. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 9. E. umbratica (Clerck) 1757. Sv. Spindi., p. 31, pl. 1, tab. 7 (SordIl., sp. 77). Loc. vares. — Ponte Tresa. Hab. -- Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. | 10. E. cornuta (Clerck) 1757. Sv. Spindl., p.39, pl. 1 tab. 11 (E. arundinacea C. L. K.; E. apoclysa Sordll., sp. 79). Loc. vares. — Isolino, rive del lago di Biandronno. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. i 11. E. patagiata (Clerck) 1757. Sv. Spindl., p. 38, pl. 1, tab. 10 (E. dumetorum Hahn; E patagiata Sordll., sp. 80). è Loc. vares. — Varese, Isolino, Biandronno, Ispra, Laveno, Val di Brirtzio, Val Travaglia. A Varese me iz raccolse il sig. Elve- zio Cantoni. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. e SAGGIO DI UNA FAUNA ARACNOLOGICA DEL VARESOTTO. 795 12. E dalmatica, Dolesch. 1852. Syst. Verzeichn. Oesterr. Spinn. in Sitzungsb. K. Akad. Wissensch. IX, p. 648. Loc. vares. — Castello di Cuasso. Hab. — Canton Ticino; Lago Maggiore (Thor). Specie nuova per la Lombardia? 13. E. dioidia, Walck. 1802. Fn. paris. II, p. 200 (Zilla al- bimacula C. L. Koch; Zilla dicidia Sordll., sp. 69). Loc. vares. — Viggiù, Arcisate, Val Gana, Val Marchirolo, Val Travaglia. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 14. E. cucurbitina (Clerck) 1757. Sv. Spindl., p. 44, pl. 2, tab. 4 (Sordll., sp. 74). Loc. vares. — Cuvio (racc. Maggi). Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 15. E. acalypha, Walck. 1802. Fn. paris. II, p. 199 (E. ge- nistae Hahn; Zilla acalypha Sordll., sp. 68). Loc. vares. — Saltrio, Clivio. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 16. E. adianta, Walck. 1802. Fn. paris. II, p. 199 (Miranda pictilis C. L. Koch; SordlIl., sp. 75). Loc. vares. — Saltrio, Val Gana. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 17. E. ceropegia, Walck. 1802. Fn. paris. II, p. 199 (SordlI., È sp.73). : Loc. vares. — Val Gana, Val Travaglia. Hab. — Lombardia, Canton Ticino. 18. Cyrtophora conica (Pallas) 1772. Spicdl. zool., I, 9 di 48, tavola I, fig. 16 (Singa conica Sordll., sp. 72). Loc. vares. — Varese, Induno, Arcisate, Bisuschio, Besano, Viggiù, Val Gana, Viconago, Val Tresa, Madonna del Monte, Val di Brinzio, Maccagno Superiore. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 19. Singa hamata (Clerck) 1757. Sv. Spindl., p. 51, pl. 3, tab. 4. (S. tubulosa Sordll., sp. 70). Loc. vares. — Clivio, Isolino, Laveno, Val Travaglia, Germi- È 1 gnaga. REZZA 796 P. PAVESI, Hab. Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 20. S. Herii, Hahn 1831. Die Arachn., I p. 8, tav. II, fg. ii (S. nigrifrons C. L. Koch; Sordll., sp. 71?) Loc. vares. — Val Travaglia. Hab. — Lombardia, Piemonte. 21. S. py&maea (Sund.) 1830. Sv. Spindl., in V. A. H. 1829, p. 121 ad part. £ (S. trifasciata e S. anthracina C. L. Koch). Loc. vares. — Clivio. Hab. — Canton Ticino. Specie nuova per la tonali 22. Cercidia prominens (Westr.) 1851. Fortekn. p. 35 du bella Blkw., Atea spinosa OAl.). Loc. vares. — Val Travaglia, Germignaga. Hab. — Lombardia. 23. Zillax-notata (Clerck) 1757. Sv. Spindl., p.. 46, pl. 2, tab. 5 (Z. callophylla Sordll., sp. 67). Loc. vares. — Varese, Ispra, Angera, Ponte Tresa, Cuvio, Luino, Maccagno inferiore. A Varese racc. E. Cantoni, a Cuvio prof. Maggi. Hab. — Lombardia, Canton Ticino? Piemonte? 24. Z. Stroemii, Thor. 1870. On Europ. Spid. ip. 235; Rem. Synon. I, p. 34. Loc. vares. — Laveno, Ponte Tresa. Hab. — Canton Ticino. Specie nuova per la Lombardia. 25. Meta Merianae (Scop.) 1763. Entom. Carmiol.,. p. 395 (Sordll., sp. 65). Loc. vares. — Varese, Arcisate, Besano, Clivio, Val Gana, Vi- conago, Madonna del Monte, Val di Brinzio, Val Cuvia, Germi- gnaga. A Varese racc. E. Cantoni. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 26. M. segmentata (Clerck) 1757. Sv. Spindl. p. 45, pl. 2, tab. 6 (Zilla reticulata C. L. Koch; Zilla inclinata Sordll., sp. 66). Loc. vares. — Dappertutto, fin sul monte Campo de’ Fiori; a Varese racc. E. Cantoni. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 27. Tetragnatha extensa (Linné) 1758. Syst. nat. ed. 10.° I, p. 621 (SordIl., sp. 90). SAGGIO DI UNA FAUNA ARACNOLOGICA DEL VARESOTTO. 797 Loc. vares. — Varese, Arcisate, Val di Porto Ceresio, Viggiù, Clivio, Cazzone, Isolino, Biandronno, Gavirate, Laveno, Val Gana, Ponte Tresa, Val Cuvia, Val Travaglia, Germignaga, Luino. A Varese racc. E. Cantoni, in Val Cuvia prof. Maggi. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 28. Pachygnatha Clerckii, Sund. 1823. Spec. acad. Aran. suec. exibens, p. 16 (P. Listeri C. L. Koch; P. mazxillosa Sordll., sp. 59). Loc. vares. — Isolino, Germignaga. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 29. P. De Géerii, Sund. 1830. Sv. SpindI., p. 211 (Theridium vernale Hahn, P. Clercki C. L. Koch). Loc. vares. — Gavirate, Laveno, Val Tresa, Luino. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 30. P. Listeri, Sund. 1830. Sv. Spindl. beskr. in V. A. H. 1829, p. 210 (P. De Geéerii, C. L. Koch). Loc. vares. — Arcisate, Germignaga. Hab. Lombardia. 31. Episinus truncatus, Walck. 1809, in Latreille Gen. Crust. Ins. IV, p. 371 (Sordll., sp. 136). Loc. vares. — Val Travaglia. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 32. Linyphia clathrata, Sund. 1830. Sv. Spindl. in V. A. H. 1829, p. 218 (L. multiguttata C. L. Koch). Loc. vares. -— Isolino del lago di Varese. Hab. — Lombardia, Canton Ticino. 33. L. triangularis (Clerck) 1757. Sv. Spindl., p. 71, pl. 3, tab. 2, fig. 1 (L. montana Sordll., sp. 61). Loc. vares. — Dappertutto, fin sul monte Campo de’ Fiori, al- l’Isolino di Varese ecc.; a Cuvio la raccolse il prof. Maggi. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 34. L. frutetorum, C. L. Koch 1834, in Herr. Schaeff. Deut- schl. Ins., 127, 19, 20 (SordIl., sp. 63). Loc. vares. — Saltrio, Biandronno, Rocca d’ Angera. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 798 P. PAVESI, 35. L. pusilla, Sund. 1830. Sv. Spindl. in V. A. H. 1829, p. 214 (L. pratensis Koch e Wid., L. fuliginea Blkw.; L. pra- tensis Sordll., sp. 64). Loc. vares. — Brenno-Useria, Val Gana. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 36. L. thoracica, Wider 1834, in Reuss Zool. Misc. Arachn. Mus. Senkenb. I, p. 254, tav. XVII, fig. 10. Loc. vares. —. Luino. Hab. — Canton Ticino. Specie nuova per la Lombardia: 37. L. tenebricola, Wider 1834, in Reuss Zool. Misc. Arachn. Mus. Senkenb., I, p. 260, tav. XVII, fis. 2 (L. terricola O. L. Koch part.). Loc. vares. — Viggiù, Madonna del Monte, Besozzo. i Hab. — Canton Ticino, Piemonte. Specie nuova per la Lom- bardia. 38. L. rubecula, Canestr. 1868. Nuovi aracn. ital. in Ann. Soc. nat. Modena, II p. 200; Cat. sist. aran. ital. in Arch. Zool. serie 2.°, II, tav. III, fig. 10. Loc. vares. — Viggiù, Clivio, Val di Brinzio. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 39. Erigone cuceullata, C. L. Koch 1836. Die Aran III, p. 45, tav. LXXXIX, fig. 200-201. Loc. vares. — Val Gana. Hab. — Canton Ticino. Specie nuova per la Lombardia. 40. Phyllonethis lineata (Clerck) 1757. Sv. Spindi., p. 60, pl. 3, tab. 10 (Theridium redimitum Sordll., sp. 41). Loc. vares. — Saltrio, Clivio, Val Gana, Viconago, Val Cuvia, Val Travaglia. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 41. Theridium sisyphium (Clerck) 1757. Sv. Spindl., p. 54, pl. 3, tab. 5 (TReridion nervosum Sordll., sp. 44). : Loc. vares. — Varese. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 42. Th. denticulatum, Walck. 1802. Fn. paris., II, p. 208 (Sordll., sp. 47). SAGGIO DI UNA FAUNA ARACNOLOGICA DEL VARESOTTO. 799 2. r i i 2 Loc. vares. — Ponte Tresa, Germignaga. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 43. Th. formosum (Clerck) 1757. Sv. SpindI., p. 56, pl. 3, tab. 6. (TA. lunatum C. L. Koch, Th. sisyphum Sordll., sp. 42). Loc. vares. — Malnate, Clivio, Bisuschio, Arcisate, Madonna del Monte, Val Gana, Marchirolo, Val Tresa, Maccagno inferiore. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 44, Th. riparium, Blackw. 1834. Research. in Zool., p. 354 (Th. saxatile C. L. Koch). Loc. vares. — Varese, Val Gana, Marchirolo. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. % 45. T. bimaculatum (Linné) 1767. Syst. nat. ed. 12.° I, 2, p. 1033 (7%. dorsiger Hahn, Th. carolinum Wlk.). Loc. vares. — Val Gana (€ var. senza fascia dorsale). Hab. — Canton Ticino. Specie nuova per la Lombardia. 46. Steatoda bipunctata (Linné) 1758. Syst. nat. ed. 10.°, I, p. 620 (Phrurolithus ornatus C. L. Koch, Theridion quadripune- tatum Sordll., sp. 50). Loc. vares. — Saltrio, Clivio, Madonna del Monte, Val di Brinzio, Marchirolo, Val Tresa. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 47. $S. triangulosa (Walck.) 1802. Fn. paris. II, p. 207 (T%. venustissimum C. L. Koch, T”. triangulifer Sordll., sp. 49). Loc. vares. — Arcisate, Maccagno inferiore. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 48. Lithyphantes Paykullianus (Walck.) 1806-8. Hist. nut. 4, 4 (Phrurolithus hamatus, lunatus, erythrocephalus C. L. Koch; Latrodectus martius Sordll., sp. 54). Loc. vares. — Saltrio, Marchirolo, Cuvio. In quest’ultima lo- calità racc. prof. Maggi. Hab. — Lombardia, Canton Ticino. 49. Asagena phalerata (Panz.) 1801. Faun. Ins. Germ., 78. 21 (A. serratipes aut.; Sordll., sp. 40). Loc. vares. — Val Marchirolo. Hab. — Lombardia, Piemonte. 800 P. PAVESI, 50. Pholcus phalangioides (Fuessl.) 1775. Vere. Scie Ins., p. 61 (Ph. nemastomoides C. L. Koch; Sordll., sp. 31). Loc. vares. — Ligurno, Gaggiolo, Clivio, Viggiù, Cuasso, Bor- gnana, Ponte Tresa, Viconago, Val Tresa, Germignaga, Cuvio, Gemonio, Laveno, Angera. A Cuvio racc. Maggi Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 51. Ph. opilionoides (Schr.) 1783. Enum. ensect. Austr. p. 530. Loc, vares. — Saltrio, Val di Porto Ceresio, Val Gana, Val Marchirolo, Val Travaglia, Maccagno inferiore, Rocca d’{Angera. Hab. — Lombardia, Canton Ticino. 52. Spermophora senoculata (Dug.) 1836. Observ. sur Tes Aran. in Ann. sc. nat. 5.* serie, VI, p. 160 (£achus quadrima- culatus Sordll., sp. 30). Loc. vares. — Cuvio (racc. prof. Maggi). Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 53. Seytodes thoracica (Latr.) 1804. Tabl. méth. Ins. in Nouv. Dict. Hist. nat. XXIV, p. 134 (S. thoracicus Sordll., sp. 29). Loc. vares. — Marchirolo, Cuvio. In quest’ultima località racc. prof. Maggi. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 54. Dictyna arundinacea (Linné) 1758. Syst. nat. ed. 10,0; p. 620 (D. benigna Sordll., sp. 51). Loc. vares. — Viggiù, Biandronno. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 55. Titanoeca tristis, L. Koch 1872. Ueb. Spinn. gatt. Tita- noeca, in Apterol. aus d. frank. Jura, p. 43 (Abhandl. nat. Ges. Niirnberg). Loc. vares. — Val Gana, Val Travaglia. Hab. — Lombardia, Canton Ticino. 56. Amaurobius fenestralis (Stroem) 1768. Beskriv. ov Norske Ins., p. 462, tav. XVI, fig. XXIII (A. atrox Sordll., sp. 28). Loc. vares. — Val Gana (alle gallerie presso la Fontana degli ammalati), Viconago. Bab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. La A ef CA cè III Bri SAGGIO DI UNA FAUNA ARACNOLOGICA DEL VARESOTTO. —801 È | ..57. A. ferox (Walck.) 1830. Pn. frang., p. 150, tav. 7, fig. 7 . (Sordil., sp. 26). Loc. vares. — Induno, Besano, Gemonio, Val Cuvia, Vico- nago, Maccagno inferiore. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 58. A. jugorum L. Koch 1868. Arachn. Gatt. Amaur. Cyb, Coel., p. 24, fig. XI. . Loc. vares. — Viggiù. Hab. — Canton Ticino. Specie nuova per la Lombardia. 59. A. claustrarius, Hahn 1831. Die Arachn. I, p. 114, tavola XXX, fig. 86; X, p. 114, tav. CCCLV, fig. 830. Loc. vares. — Viggiù. Hab. — Lombardia, Piemonte. 60. Coelotes atropos (Walck.) 1830. Fn. frane. Arachn., p. 170 (C. terrestris Sordll., sp. 25). Loc. vares. — Val Tresa, Val di Brinzio, Val Cuvia, Val Tra» vaglia. Hab. — Lombardia, Canton Ticino. | 61. Tegenaria parietina (Fourcr.) 1785. Entom. paris. (T. | Guyonii Walck., T. intricata C. L. Koch; 7. domestica Sordll., L sp 33). | Loc. vares. — Quasi dappertutto; a Varese racc. E. Cantoni, fi aCuvioil prof. Maggi. | Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. i 62. T. silvestris, L. Koch 1872. Beitr. Arachn. fn. Tirols in | Zeitschr. Ferdinand., p. 288 (7. agrestis Sordll., sp. 35). Loc. vares. — Malnate, Ligurno, Clivio, Saltrio, Val Gana, Val Tresa, Laveno. È Hab. — Lombardia ?, Canton Ticino. (I 63. Hahnia elegans (Blackw.) 1841. Zhe diff. in the numb. ; of eyes in Trans. Linn. Soc. XVIII, p. 619 (H. pratensis Sordll., sp. 39). | Loc. vares. — Val Tresa (secondo Sordelli, Ragni lomb., p. Mi 469[11)): 1A Hab. Lombardia, Canton Ticino. È: Vol. XXI. 51 802. | P. PAVESI, 64. H. “eil, C..L. Koch 1841. Die Arachm. VIII, P. 61 (ad part. 2), tav. CCLXX, fig. 638. Loc. vares. — Maccagno inferiore. Hab. — Lombardia. Nota. — L’ Hahnia pusilla C. L. Koch è tuttora una specie d’intricata e non risolta sinonimia; l'esemplare varesino £ ad. certo non è l’H. pusilla Simon (Arachn. de France II, p. 142), ma l’ H. pratensis Simon ad part. $ (ibid. p. 133) e risponde precisamente alla figura di Koch sopracitata. 65. Agalena labyrinthica (Clerck) 1757. So. Spindl., p.-d9; pl. 2, tab. 8. (SordIl., sp. 37). Loc. vares. — Ligurno, Gemonio, Val Cuvia. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 66. A. similis, Keys. 1863. Beschr. neuer Spinn. in Veni de: B. Ges. Wien, XIII, p. 374, tav. X, fig. 2-3. i Loc. vares. — Varese, Cazzone, Ligurno, Clivio, Brenno-Useria, Bisuschio, Ponte Tresa, Maccagno superiore, Val Travaglia, Val Cuvia, Biandronno, Ispra, Ròcca d’ Angera. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 67. Textrix denticulata (Oliv.) 1789. Encyel. méth., IV, p. 213 (7. lycosina Sordll., sp. 38). i Loc. vares. — Monte S. Elia, Viggiù, Clivio, Val di Porto Ce- resio, Cuasso al Piano, Val Gana, Marchirolo, Viconago, Luino, Val Travaglia, Val Cuvia, Cittiglio, Madonna del Monte. Di Luino la cita anche il Sordelli (Ragni lombd., p. 469 [11]). Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 68. Liocranum domesticum (Wider) 1834. in Reuss, Zool. Misc. Arachn. Mus. Senkenb., I, p. 208, tav. XIV, fig. 9 (Te- genaria notata Sordll., sp. 36). Loc. vares. — Madonna del Monte. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 1 Nel Canton Ticino, secondo Simon (Arachn. de France, IV, 1878, p. 292 e nota 1) vive anche il L. rutilans (Thor.), che non figura nel mio Catalogo sistem. Ragni Canton Ticino (Ann. Mus. civ. Genova, IV, 1873). Il chiar. aracnologo di Parigi dice che l’ho « omise », ma come mai si può parlare di ommissione per una specie che fu SAGGIO DI UNA FAUNA ARACNOLOGICA DEL VARESOTTO. 803 |. 69. Anyphaena accentuata (Walck.) 1802. Fn. paris., II, p. 226 (Clubiona punctata Hahn; Sordll., sp. 19). Loc. vares. — Varese (racc. E. Cantoni). |. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 70. Clubiona frutetorum, L. Koch. 1867. Drass., VII, p. 344, tav. XIV, fig. 224-26. Loc. vares. — Isolino del lago di Varese, Clivio, Gana, Cuvio. In quest’ ultima località racc. prof. Maggi. Hab. — Canton Ticino. Specie nuova per la Lombardia. 71. Chiracanthium italicum, Canestr. Pavs. 1869. Aran. ital. in Atti Soc. ital. sc. nat. XI, p. 851 (114); Catal. sist. Aran. ital. Arch. Zool. serie 2.*, vol. II, tav. IV, fig. 3 (Cheiracanthium nUu- trix SordIl., sp. 22). descritta nel 1875 dal prof. Thorell e ridescritta sotto altro nome nel 1876 dal dott. L. Koch, cioè due 0 tre anni più tardi della pubblicazione del mio lavoro ? D'altronde, prima d’oggi, chi doveva immaginarsi che nelle raccolte del Simon esistesse un esem- plare di L. rutilans proveniente dal Canton Ticino? Farei torto al buon senso del lettore imparziale se mi dilungassi in discolpe. — A riguardo di detta Nota del Si- mon, in cui dichiara che un’altra specie (Euoplrys acripes E. S.) vive nel Canton Ticino sebbene non catalogata da me e, basandosi su di ciò, giudica il mio Ca- talogo « moins incomplet qu’il en est en réalité » devo aggiungere queste doman- de: Da quando in qua un catalogo d’animali d’un paese qualunque può dirsi com- pleto ? Ho io avuta la pretesa di scrivere un lavoro completo? Se tutti i lavori co- rografici fossero tali, in breve tempo ci rimarrebbe ben poco a fare nella sistema- tica e la geografia zoologica non sarebbe più un ramo di scienza ancora in fasce. Egli però non doveva dimenticare quanto io scrissi esplicitamente, che cioè i materiali per quel Catalogo furono raccolti « da me solo » prima del 1871, quando appena comin- ciavo gli studj aracnologici: che più assiduo e numerose ricerche avrebbero porta « occasione di renderlo ricco almeno d’ una metà in più delle specie inseritte», anzi lo chiudeva con un elenco di un’ottantina di specie « possibili a rinvenirsi in appresso » perchè viventi nei paesi che circondano il Canton Ticino (vedi pag. 5, 205, 207, 211): e doveva ricordarsi per ultimo che egli medesimo nella stessa opera, per non dire di un Giurì e di illustri aracnologici d’ Europa; aveva giudicato in modo ben più favorevole quel mio Catalogo. È questa volta così appassionato il Simon, onde difendersi alla meglio da alcuni miei appunti, che si lascia sfuggire dalla penna quell’inopportuna frase che io gli avevo «envoyé mes Attides et beaucoup d’autres araignées du Tessin à déterminer pour en faire le catalogue»; ciò che è vero solo in quanto si trattava di specie dubbie o di impossibile determinazione per me, che era allora in ristrettezze bibliografiche e credo di aver soddisfatto abbastanza il cuique suum citando la sua autorità ogni volta facesse d’uopo nella prefazione o nei paragrafi delle specie in particolare (vedi pag. 14, 189, 190 ecc.). 804 P. PAVESI, Loc. vares. — Varese (racc. E. Cantoni), Cuvio (racc. prof. Maggi); Monte Campo de’ Fiori. Hab. — Lombardia, Canton Ticino. Nota. — Simon (Arachn. de France, IV. 1878, p. 247) lo mette in sinonimia col C'. nutrit aut. e gli dà il nome restau-. rato di Ch. punctorium Villers 1789, fondandosi però su di una figura che non decide la questione specifica e su di una frase troppo breve, mentre nello stesso volume (p. 52, nota 2) critica con queste ragioni e non accetta altre restaurazioni del Thorell. Il Ch. italicum non è soltanto una forma meridionale del nutrix, o punctorium se vuolsi, di maggiore grossezza, a mandibole più grandi e articoli dei palpi più gracili, ma presenta notevoli diffe- | renze nei processi della tibia e del tarso dei palpi, che indussero Canestrini ed io a separarlo specificamente; quindi con Koch e Thorell lo mantengo distinto. Prendendo la femina del Campo de’ Fiori, già chiusa nel suo bozzolo colle uova; ne ricevetti una morsicatura sotto l’ ùnghia del dito medio così acuta che ne portai dolore cocente per più d’ un giorno, limitato tuttavia alla parte offesa; anche un’altra volta nei dintorni di Lugano ne fui aspramente morsicato e posso dire che è l’unica specie nostrale di ragni che m’abbia prodotto grave dolore in tanti anni di pratica, senza però che avvenissero in me quei fenomeni morbosi subìti dal dott. A. Forel (Une araignée venimeuse dans le Canton de Vaud, in Bull. Soc. vaud. sc. nat. XIV. 1875, p. 31) riferiti anche dal Simon (l. cit., p. 248-49). 72. Ch. Mildei, L. Koch 1864. Die europ. Arachn. Gatt. Chei- rac. p. 8; Drass., V, p. 253, tav. X, fig. 161-163 (SordIl., sp. 24). Loc. vares. — Varese (racc. E. Cantoni); Arcisate, Besano, Clivio, Madonna del Monte, Gemonio; Cuvio (racc. prof. Maggi). Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. . 73. Phrurolithus festivus, C. L. Koch 1835, in Herr. Schaeff. Deutschl. Ins., 129, 15; Arachn. VI, p. 110, tav. CCVII, fig. 5911-12. Loc. vares. — Monte Campo de’ Fiori, Laveno, Val Travaglia, Val Marchirolo, Bregano, Rocca d’ Angera. «i SAGGIO DI UNA FAUNA ARACNOLOGICA DEL VARESOTTO. —805 _ Hab. — Lombardia. 74. Micaria fulgens (Walck.) 1802. Fw. paris., II, p. 292 (Drassus relucens Hahn, Macaria fastuosa Koch; Sordll., sp. 8). Loc. vares. — Val di Porto Ceresio, Rocca d’ Angera. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 75. Drassus lapidicola (Walck.) 1802. Fn. paris., II, p. 222 (D. lapidicolis SordIl., sp. 14). Loc. vares. — Besano, Monte S. Elia di Viggiù, Poncione di Saltrio, Val Gana, Monte Campo de’ Fiori, Rocca d’ Angera. Hab. —- Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 76. D. scutulatus, L. Koch 1866. Arachn. fam. Drass., II, p. 93, tav. IV, fig. 61-62 (D. sericeus C. L. Koch). Loc. vares. — Clivio. Hab. Canton Ticino, Piemonte. Specie nuova per la Lombardia. 77. Prosthesima Petiverii (Scop.) 1763. Entom. carn. p. 398 (Melanophora subterranea Sordll., sp. 11). Loc. vares. — Poncione di Saltrio, Val Gana, Val Cuvia. Hab. — Lombardia, Canton Ticino. Nota. — Simon (Arachn. de France, IV, p. 52 nota) non ac- cetta il nome di Petiverii ristorato da Thorell. Cfr. infra. 78. P. pedestris (C. L. Koch) 1837. Ueders. Arachn. syst. I, p. 17; Die Arachn. VI, p. 82, tav. CC, fig. 489. Loc. vares. — Val di Brinzio. Hab. — Nuova per l’Italia (e quindi anche per la Lombardia); è indicata nei cataloghi dei ragni italiani perchè vive in Dal- È mazia, come in molte altre parti d'Europa e in Siria. | 79. Gnaphosa bicolor (Hahn) 1831. Die Arachm., I, p. 123, | tav. XXXVI, fig. 94 (Pythonissa tricolor C. L. Koch). | i Loc. vares. — Monte dell’ Orsa. | Hab. — Canton Ticino. Nuova per la Lombardia. f° so. G. nocturna (Linné) 1758. Syst. mat. ed. 10.*, I, p. 621 (Pythonissa maculata C. L. Koch). Loc. vares. — Viggiù, Val Gana (vicino alla casa delle miniere di Vassera). Hab. — Canton Ticino, Piemonte. Nuova per la Lombardia. 806 | —— P. PAVESI, 81. G. exornata, C. L. Koch 1839. Die Arachn., VI, pi 63. tav. CXCVI, fig. 476-77. Loc. vares. — Val Gana. Hab. — Canton Ticino, Piemonte. Nuova per la Lada 82. Segestria senoculata (Linné) 1758. Syst. nat. ed. 10.°, I, p. 622 (Sordll., sp. 4). Loc. vares. — Cazzone, Gaggiolo, Castello di Cuasso, Ponte Tresa, Val Gana, Val Cuvia, Germignaga, Luino, Massena su- periore, Gemonio, Laveno. Hab. — Lombardia, Canton Ticino. 83. S. florentina (P. Rossi) 1790. Fn. Etrusca, II p. 133, tav. IX, fig. 3 (Sordll., sp. 3). Loc. vares. — Varese (racc. E. Cantoni); Malnain) Brenno- Useria; Cuvio (racc. prof. Maggi). | Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 84. Dysdera crocota, C. L. Koch 1839. Die Arachn., V, p. 81, tav. CLXVI, fig. 392-94 (D. crocea Sordll., sp. 5). Loc. vares. — Biandronno, Ispra, Laveno, Maccagno superiore. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 85. D. laevigata, Thor. 1873. Rem. on synon., p. 562 (D. Scheucheeri Pavs.). Loc. vares. — Cittiglio, Rocca d’ Angera. Hab. — Canton Ticino. Nuova per la Lombardia. . Nota. — Avendo una sola femina giovane a mia disposizione, io descrissi questa specie come nuova due anni più tardi di Thorell in Note araneologiche III. Catalogo generale dei ragni della Svizzera (Atti Soc. ital. sc. nat. XVIII, p. 274) ed il nome da me impostole fu pure ammesso dal compianto prof. Lebert (Die Spinnen der Schweiz, 1877, p. 204). Ora mi son persuaso dell’identità della D. Scheuchzeri mihi colla D. laevigata Thor.; quella mia deseri- zione è però sempre vantaggiosa, perchè in essa tenni conto an- che del maschio, sconosciuto all’ illustre aracnologo svedese. 86. D. Pavesii, Thor. 1873. Rem. on Synon., p. 564. Loc. vares. — Viggiù. Hab. — Canton Ticino. Nuova per la Lombardia. SAGGIO DI UNA FAUNA ARACNOLOGICA DEL VARESOTTO. —807 87. Harpactes Hombergii (Scop.) 1763. Entom. carn.; p. 403 (Sordll., sp. 7; Dysdera tessellata Canestr. e Pavs.). Loc. vares. — Luino (secondo Sordelli, Ragni Lombardi p. 467 [9]). Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. Nota. — Sordelli le mette a fianco il sinonimo Dysdera par- vula Duf., ma questa è-specie diversa (Cfr. Thorell, Rem. on synon., p. 154, 561). 88. Filistata nana, Simon 1868. Sur quelg. Aran. du midi de la France, p. 7, in Rev. et Mag. Zool. 2.* serie XX. Loc. vares. — Clivio, Biandronno. Hab. Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 89. Micrommata virescens (Clerck) 1757. Sv. Spindl., p. 138, pl. 6, tab. 4 (Sparassus smaragdulus Sordll., sp. 132). Loc. vares. — Brenno-Useria, Viggiù, Val Cuvia, Val Trava- glia, Maccagno inferiore. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 90. Artanes margaritatus (Clerck) 1757. Sv. SpimdI., p. 130, pl. 6, tab. 3. Loc. vares. — Varese. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 91. Philodromus aureolus (Clerck) 1757. Sv. Spindi., p. 133, pl. 6, tab. 9 (SordIl., sp. 137). Loc. vares. — Val Gana, Val di Brinzio, Isolino del lago di i. Varese. | Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. È 92. Monaeses piger (Walck.) 1802. Fn. paris. (Xysticus cu- | i neolus Sordll., sp. 143). Î Loc. vares. — Arcisate (pineta del conte Cicogna), Val Mar- | È chirolo. i Hab. — Lombardia, Canton Ticino. | 93. Thomisus albus (Gmel.) in Linné Syst. nat. ed. 13.°, I, | - V, p. 2961(7%. diadema Sordll., sp. 144; Th. onustus auct., Th. T abbreviatus Walck.). Loc. vares. — Besano. Una 9 var. somigliante alla fig. 282 di 808 P. PAVESI, Koch, ma con fascie rosee anche su femore, patella e tibia I e II pajo di zampe. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 94. Misumena vatia (Clerck) 1757. Sv. Spindi., p. 128, pl. 6, tab. 5 (Thomisus citreus Sordll., sp. 145; Th. cucurbitinus Sordll., sp. 146). Loc. vares. — Varese (racc. E. Cantoni); Clivio; Cuasso al Monte, Val Tresa. Tutti gli esemplari appartengono alla var. Thomisus pratensis Hahn Die Arachn., fig. 33. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 95. Diaea tricuspidata (Fabr.) 1775. Syst. entom., p. 433 (Thomisus delicatulus Sordll., sp. 147 4 Tà. capparinus Sordll., sp. 148). Loc. vares. — Isolino di Varese, Laveno. Tutti gli esemplari appartengono al Thomisus capparinus C. L. Koch Arachn. fi- gura 994. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 96. D. globosa (Fabr.) 1775. Syst. entom., p. 432 (Thomisus rotundatus Sordll., sp. 149). Loc. vares. — Isolino di Varese, Viconago, Cuvio. In quest’ ul- tima località la raccolse il prof. Maggi. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 97. Xysticus Kochii, Thor. 1870. On Europ. Spid., p. 185; Rem. on Synon., p. 241 (X. viaticus Sordll., sp. 140; X. crista- tus Walck. e auct. ad part.). Loc. vares. — Isolino di Varese, Viggiù, Cuasso al piano, Val Gana, Viconago, Val Tresa, Val Cuvia. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 98. X. eristatus (Clerck) 1757. Sv. Spindl., p. 136, pl. 6, tab. 6 (X. lateralis Sordll., sp. 141 saltem ad part.). Loc. vares. — Clivio, Val Marchirolo, Viconago, Maccagno su- periore, Gavirate. Hab. — Lombardia. | Nota. — (Gli esemplari varesini da me raccolti sono femine giovani, riferibili alla fig. 1006 Koch Arachn. dello X. audax, | ‘’SAGGIO DI UNA FAUNA ARACNOLOGICA DEL VARESOTTO. —809 da non confondersi con lo X. audax Koch fig. 1007-08 = X. pini Hahn. 99. X. bifasciatus, C. L. Koch 1837. Uebers. Ari Syst. I, p. 26; Die Arachm. IV, p. 59 (ad part. 2), tav. CXXV, fi- gure 287-288 (X. Zanio C. L. Koch ad part. a, fig.1011). ° Loc. vares. — Clivio. Hab. — Lombardia, Canton Ticino. Specie rara. 100. Aulonia albimana, Walck. 1805. Zabl. d. Aran., p. 14, È fig. 19. | Loc. vares. — Val di Porto Ceresio. Hab. — Lombardia, Canton Ticino. W 101. Lycosa lugubris Walck. 1802. Fw. paris., II, p. 239 È (Z. silvicultrix + L. alacris C. L. Koch). Loc. vares. — Monte S. Elia di Viggiù, Clivio. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 102. L. hortensis Thor. 1872. Rem. on Synon., p. 299, 301, 1302 (LZ. saccata Sordl]., sp. 107). — Loc. vares. — Aucito, Brenno-Useria, Val di Brinzio ; Cuvio | (racc. prof. Maggi); Val Travaglia, Luino. Hab. — Lombardia, Canton Ticino. 103. L. monticola (Clerck) 1757. Su. Spindl., p. 91, pl. 4, tab. 5 (Sordll., sp. 108). Loc. vares. — Arcisate, Val Gana. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. | 104. L. bifasciata, C. L. Koch 1834, in Herr. Schaeff., Deut- V schl. Ins., 125, 17, 18; Die Arachn., XV, pag. 34, tav. DXIII | fig. 1439-40. (A Loc. vares. — Val Gana. I. Hab. — Canton Ticino. Specie nuova per la Lombardia. | 105. I. nigra, C. L. Koch 1834, in Herr. Schaeff., Deufschi. fi /ns., 122, 13, 14; Arachn. XV, p. 13, tav. DVIII, fig. 1423-24 (Sordll., sp. 105). . Loc. vares. — Clivio, Porto Val Travaglia (secondo Sordelli, | Ragni lomb., p. 473 [15]). Hab. — Lombardia, Canton Ticino. 810 Sr P. PAVESI,. 106. L. amentata (Clerck) 1757. Sv. Spindi., p. 96, pl. 4, | tab. 8 ad part. (L. saccata Hahn; Leimonia paludicola Sordll., — sp. 104). i Loc. vares. — Careggio di Cuvio (race. prof. Maggi); Palu- daccio di Gana. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Pista 107. Tarentula radiata (Latr.) 1817, in Nowuv. Dict. hist. | nat., 2.° ed., XVIII, p. 292 (Lycosa captans Walck.; L. famelica | C. L. Koch). | Loc. vares. — Val Tresa, Val Travaglia. Esemplari delle yva- rietà a ventre testaceo e a ventre nero. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 108. T. andrenivora (Walck.) 1825. Fn. franc. Arachn., p. 23, tav. 3, fig. 2, 3 (Lycosa [Tar.] inquilina C. L. Koch). Loc. vares. — Val Gana. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. i 109. T. pulverulenta (Clerck) 1757. Sv. SpindI., p. 93, pl. 4; tab. 6.(L. Tar. cuheata C. L. Koch; L. gasteinensis C. L. Koch; | Tarantula graminicola Sordll., sp. 101). i Loc. vares. — Viggiù, Poncione di Saltrio, Val di Porto Ce- | resio, Val Marchirolo, M. Campo de’ Fiori, Val di Brinzio. | Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. i 110. T. cuneata (Clerck) 1757. Sv. Spwmdl., p. 99, pl. 4, | tab. 11 (Lycosa clavipes C. L. Koch; Tarantula aio Sordll., sp. 102). | Loc. vares. — Luino (secondo Sordelli, Ragni lomb., p. 473 [15]). | Hab. — Lombardia, Canton Ticino. 111. Trochosa terricola Thor. 1872. Rem. on Synon. p. 339 | (T. trabalis C. L. Koch; T. agretyca SordIl., sp. 98). i Loc. vares. — Madonna del Monte, Ligurno, Brenno-Useria, Clivio, Val di Porto Ceresio, Val Tresa, Val Cuvia, Val Trava- | glia, Laveno, Rocca d’ Angera. Dalle rive del lago Maggiore, tra | Luino e Porto Val Travaglia, 1’ ebbe anche il Sordelli n .| lomb., p. 473 [15]). | Habi — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. si SAGGIO DI UNA FAUNA ARACNOLOGICA DEL VARESOTTO. 811 |- 112. T. ruricola(De Géer) 1778. Mém., VII, p. 282, tav. 11, | fig. 13-14, tav. 17, fig. 1, 2 ad part. | _ Loc. vares. — Isolino di Varese. . Hab. — Piemonte. Specie nuova per la Lombardia. 113. T. perita (Latr.), 1798. Descr. nouv. esp. Araign., in Bull. | Soc. Philom. I, p. 170 (7. picta aut.; Arctosa allodroma Sordll., sp. 97). Loc. vares. — Porto Val Travaglia Lindka Sordelli, Lagni lomb., p. 473 [15]). Hab. — Lombardia, Canton Ticino, ana 114. Dolomedes fimbriatus (Clerck) 1757. Sv. SpindiI., p. 106, pl. 5, tab. 9 (SordIl., sp. 96). | Loc. vares. — Paludaccio di Gana, Isolino di Varese. T = Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 115. D. plantarius (Clerck) 1757. Sv. Spindl., p. 105, pl. 5, tab. 8. Loc. vares. — Isolino di Varese. Hab. — Lombardia, Canton Ticino. 116. Vcyale mirabilis (Clerck) 1757. Sv. Spindl., p. 108, pl. 5, tab. 10. Loc. vares. — Arcisate, Cuasso, Val Gana. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. È 117. Oxyopes transalpinus (Walck.) 1806-08. Hast. nat. Aran. fas. 4, tav. 8 (Sphasus italicus Walck., S. gentilis C. L. Koch). «Loc. vares. — Clivio. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 118. Salticus formicarius (De Géer) 1778. Mém. pour servir à VU hist. Ins., VII; p. 293, tav. 18, fig. 1-5 (SordIl., sp. 129). Loc. vares. — Isolino di Varese. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 119. Epiblemum scenicum (Clerck) 1757. Sv. Spindl., p. 117, pl. 5, tab. 13 (ad part). (Calliethera scenica + C. histrionica Sordll., sp. 113-114): . Loc. vares. — Varese (racc. E. Cantoni); Poncione di Saltrio, Clivio, Val Travaglia, Biandronno, Rocca d’Angera. VV A READ Pet e RI e pl :% v adi Di TOA 79) 812 P. PAVESI, Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. Nota. — L’ esemplare dei monti di Saltrio, preso a circa 1000": s. m., appartiene alla var. histrionica. | 120. Heliophanus cupreus (Walck.) 1802. Faune paris., II, p. 245 (Sordll., sp. 127). Loc. vares. — Val Gana, Val Tresa, Val frsvadiliai Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 121. H. flavipes (Hahn) 1831. Die Arachn., I, p. 66, tav. XVII, fig. 50 (Sordll., sp. 128). Loc. vares. — Varese (racc. E. Cantoni); Isolino, Arcisate, Clivio, Val Gana, Val Marchirolo, Val Tresa, Val Cuvia, Val Tra- vaglia, Maccagno. | Hab. — Lombardia, Canton Ticino. 122. H. Cambridgei, Simon 1869. Monogr. Attid. europ., p. 695 (229), tav. 7 (III), fig. 12; évis. Attid., p. 349 (127); Arachn. de France III 1876, p. 163, tav. X, fig. 12 (H. tribu- losus Sim., non cognatus Sim.). Loc. vares. — Clivio. Hab. — Lombardia, Canton Ticino. 123. H. Kochii Simon 1869. Monogr. Attid., p. 699 (233), tav. 7 (III) fig. 13; Reévis. Att., p. 350 (128); Arachn. de France III, p. 156, tav. X, fig. 15, 16 (4. cognatus E. Simon). Loc. vares. — Brenno-Useria, Monte S. Elia di Viggiù, Besano, Cuasso al Monte, Val Gana, Val di Brinzio, Maccagno inferiore, Biandronno, Cittiglio. Hab. — Canton Ticino. Specie nuova per la Lombardia. 124. H. rufithorax Simon 1869. Monogr. Att., p. 693 (227); Révis. Att., p: 349 (127); Arachn. de France IMI, p. 162, tav. X, fig19; Loc. vares. — Clivio. Hab. — Specie nuova per la Lombardia, anzi per tutta l’Italia continentale. Simon l’indicò di Corsica ed io la segnalai del- l’isola Gorgona. 125. Marpessa muscosa (Clerck) 1757. Sv. Spindl., p: 116, pl. 5, tab. 12 (Dendryphantes tardigradus Sordll., sp. 124). SAGGIO DI UNA FAUNA ARACNOLOGICA DEL VARESOTTO. 813 Loc. vares. — Cuvio (racc. prof. Maggi). Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. ‘126. M. nitelina (Simon) 1869. Monogr. Attid. europ., p. 33 WD (23), tav.IJ, fig. 8; Révis. Attid., p. 140 (16). | Loc. vares. — Isolino del lago di Varese. Hab. — Canton Ticino. Specie nuova per la Lombardia. Nota. — Vedi la nota nel mio Cat. Ragni Cant. Ticino, p. 193. Qualunque siano i sinonimi di questa specie, l'esemplare varesino è identico alla descrizione della Marpissa Nardoi Ninni in Ca- nestrini e Pavesi Aran. ital., p. 868 (131). Simon nel 1871 (Révis. _ L cit.) dichiara che, dietro esame del tipo M. Nardoi, ne ha ri- conosciuta l'identità coll’ Attus nifelinus; ma nel 1876 (Arachmn. de France, III, p. 41) riferisce la M. Nardo al Dendryphantes nidicolens Walck. A quale delle due asserzioni dobbiamo prestare maggior fede? Parmi alla prima. Osservo altresì che il D. ni- telinus è ora da lui citato in calce (Arachn. de France, III, p. 45, nota 1) come specie estranea alla fauna francese, contraddicen- dosi in quanto asseriva cinque anni prima di averlo preso comu- nemente in Corsica, mentre nella di lui opera più recente le specie corse figurano sempre come francesi. 127. Euophrys finitima Simon 1869. Monogr. Attid. europ., p. 591 (125). Loc. vares. — Arcisate, Clivio. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 128. Philaeus chrysops (Poda) 1761. Ins. Mus. Graec., p. 193 (Philia sanguinolenta Sordll., sp. 111; Dendr yphantes leucomelas C. L. Koch). Loc. vares. — Varese (racc. E. Cantoni); Viggiù, Poncione di Saltrio, Cuasso al Monte, Val Gana, Val Marchirolo, Val Cuvia, Val Travaglia. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 129. Attus falcatus (Clerck) 1757. Sv. Spindl., p. 125, pl. 5, tab. 19 (Zuophrys falcata Sordll., sp. 116; Salticus Blancardii Hahn). Loc. vares. — Arcisate, Cuasso al piano, Val Gana, Val Mar- chirolo, Val Tresa, Val Travaglia. 814 i P. PAVESI, Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 130. A. pubescens (Fabr.) 1775. Syst. entom., p. 438. — Loc. vares. — Maccagno inferiore. Hab. — Canton Ticino, Piemonte. Specie nuova per la Lom- bardia. 131. A. floricola (C. L. Koch) 1837. Ueders. Arachn. Syst.,1, p. 34; Die Arachn., XIV, p. 39, tab. OCCCLXXMII, fig. 1301 (Euophrys foricola Sordi. , Sp. 117). Loc. vares. — Clivio. Hab. — Lombardia. 132. A. erraticus, Walck. 1825. Fn. frane. Arachn., p. 46 (Euophrys tigrina Sordll., sp. 118). i Loc. vares. — Arcisate, Laveno. Hab. — Lombardia, Canton Ticino. 133. A, terrestris, Simon 1871. Révis. Attid., p. 209 (85). Loc. vares. — Val Tresa. Hab. — Canton Ticino. Specie nuova per la Lombardia. 134. Acantholophus granulatus, Canestr. 1872. Nuove sp. di opilion. in Ann. Soc. nat. Mod. VI, p. 5; vrccgia ital. in Ann. Mus. Civ. Genova, II, p. 30. Loc. vares. — Besano, Viggiù, Val di Brinzio, Isolino di Teolo. Hab. — Lombardia, Canton Ticino. 135. Phalangium cornutum, Linné 1767. Syst. nat.; ed. 12.° I, II, p. 1028. Loc. vares. — Quasi dappertutto, fin sul monte Lib dei Fiori; a Varese me lo raccolse E. Cantoni, a Cuvio C. Parona. Hab. — Lombardia, Canton Ticino. 136. Ph. Canestrinii, Thor. 1876. Opal. curop. asiat. in nd Mus. civ. Genova VIII, p. 485 (36) (P%. parietinum Canestr. non Koch). Loc. vares. — Malnate, Ponte Tresa, Val Travaglia. Hab. — Specie nuova per la Lombardia. 137. Ph, luridum (C. L. Koch) 1848. Die Arachn., VI, p. 50, tav. DLV, fig. 1534. Loc. vares. — Gavirate. \l tI il il 3 di DI | n ‘8 vi 4 Î | p TTI sl e i - — = nen N n SAGGIO DI UNA FAUNA ARACNOLOGICA DEL VARESOTTO. 815 RE È ab: — Specie nuova per la Lombardia. | 138. Ph. saxatile (C. L. Koch) 1839. Uebers. Arachn. syst. II p. 32; Die Arachn. XVI, p. 21, tav. DXLVII, fig. 1517-18. . Loc. vares. — Varese (racc. E. Culitetai Hab. — Lombardia, Piemonte. 139. Liobunum limbatum, L. Koch 1861. Bemerk. Arachn. fam. Opîl., p. 140 (L. hemisphaericum Canestr. non Herbst). Loc. vares. — Saltrio, Poncione di Saltrio, alture di Besano, Madonna del Monte, Val Marchirolo, Val Tresa. . Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. 140. L. Doriae, Canestr. 1872. Nuove sp. opilion., pi 6; Opîl. È ital., p. 16, tav. II, fig. 2. Loc. vares. — Cuasso al Piano, Val Gana. Hab. — Specie nuova. per la Lombardia. 141. Astrobunus Pavesii (Canestr.) 1872. Nuove sp. Opil. p. 5; Opilion. ital., p. 21, tav. III, fig. 3. Loc. vares. — Monte Campo de’ Fiori sopra 1000" s. m. Hab. — Lombardia, Canton Ticino. 142. A. laevipes (Canestr.) 1872. Nuove sp. Opîilion. p. 5; Opilion. ital., p. 22, tav. III, fig. 2. Loc. vares. — Isolino di Varese. Hab. — Lombardia, Canton Ticino. Nota. — Ai lati dell'addome tra il 3° e 5° segmento una i grande macchia bruno-nera non indicata dall’ autore. «143. Nemastoma quadricorne, L. Koch 1861. Bemerk. Arachn. i fam. Opil. in Corr. Blatt Z. M. Vereins Regensb. XV, p. 142 | (N. aurosum Canestr. non Koch). Loc. vares. — Monte Campo de’ Fiori a 1000” « Hab.— Canton Ticino, Piemonte. Specie nuova per la Lom- bardia. «Nota. — L’appunto che ho fatto (Aracn. di Grecia in Ann. | Mus. civ. Genova XI. 1878, p. 366 [32] nota 1) al prof. Cane- | strini di aver dimenticato il N. aurosum nell’ Enum. gen. degli . Opilion. ital. è insussistente, perchè m’accorsi più tardi che id l’ egregio collega di Padova aveva già altrove (Chern, e Opil. di 816 P. PAVESI, Calabria, p. 6) dichiarata erronea la sua determinazione di N. 1 aurosum e che gli esemplari così chiamati erano invece di qua- | dricorne. L’aurosum resta dunque finora esclusivo alla Grecia. 144. Trogulus squalidus, C. L. Koch 1839. Die Arachn. V, p. 143, tav. CLXXVIII, fig. 426. Loc. vares. — Val Gana, presso la chiesuola di S. Gelmo in | un unico esemplare. Hab. — Lombardia, Canton Ticino, Piemonte. Nota.-— Nell’esemplare varesino i femori I sono taglienti appena fino alla metà, mentre in altro di Esino, raccolto dal mio amico rag. N. Pini, lo sono un po’ più innanzi, ed in un terzo, che io presi al Castello di Unterwalden sopra Bellinzona, sono taglienti fino all’apice, come nel tipo specifico. 145. Chthonius Rayi, L. Koch 1873. Uedbers. Darst. europ. Chernet., p. 48. Loc. vares. — Arcisate, Viggiù, Clivio, Gavirate, Laveno, Val Cuvia, Luino, Maccagno, Rocca d’Angera. Hab. e Nota. — Specie nuova per la Lombardia. Fra ia centinajo di chernetidi, che raccolsi in provincia di Pavia, non | trovai un esemplare di questa specie, la quale è la più comune | di tutte in Italia. | 146. Gamasus crassipes (Linné) 1746. Fn. suec., n. 1969. Loc. vares. — Madonna del Monte sotto le pietre fra le qui- | squiglie. Hab. Specie nuova per la Lombardia. Nota. — Gli esemplari varesini da me raccolti sono feminei e convengono particolarmente col G. testudinarius J. F. Herm., anzi meglio coll’ agilis C. L. Koch, dichiarati sinonimi del crassipes. 147. Trombidium fuliginosum, J. F. Hermann 1804. Mém. | aptérol., p. 23, tav. I, fig. 3. | | Loc. vares. — Val di Porto Ceresio, Isolino di Varese, Rocca “d’Angera. Hab. — Specie nuova per la Lombardia. i 148. Rhyncholophus cardinalis (Pall.) 1772. Spicil. zool., I, || fas. 9, p. 44. | —’SAGGIO DI UNA FAUNA ARACNOLOGICA DEL VARESOTTO. 817 A , vares. — Clivio, Val Gana, Val di Brinzio. ia . Specie nuova per la Lombardia. Bo 2149. R. trimaculatus (J. F. Herm.) 1804, Mem. aptér., # 27, tav. I, fig. 6. . Loc. vares. — Isolino di Varese. SES — Piemonte. Specie nuova per la Lombardia. Nota. — Il dorso dell’acaro, negli esemplari varesini, invece di essere rosso-sanguigno, è di color bruno-violaceo. «150. Actineda cornigera (J. F. Herm.) 1804. Mém. aptér., E p..98, tav..II, fig.9. Loc. vares. — Clivio, Val Gana, Maccagno. . Hab. — Specie nuova per la Lombardia. È SULLA | DISPOSIZIONE REGOLARE DEL PROTOPLASMA ANTERIORMENTE ALLA FORMAZIONE DI MICRORGANISMI. NOTA SPERIMENTALE del Prof. LropoLpo Macar, dell’ Università di Pavia. (Colla Tavola 16.) Durante la formazione dei primi nuclei di segmentazione del- l’ovo-cellula animale le granulazioni protoplasmatiche prendono una disposizione regolare, a guisa di tanti raggi, che da Auerbach venne indicata col nome di figure cariolitiche, ed alle quali corri- sponde quella stessa disposizione regolare del protoplasma del- l’evo-cellula, tanto anteriormente che posteriormente alla sua fecondazione, che nei lavori embriologici di Biitschli, Hertwig, Van Beneden, Flemming e diversi altri, vien chiamata stella moleco- . lare, e da Foll detta aster. Per le ricerche poi di Strassburger i Vol. XXI. 52 818 | —L. MAGGI, intorno alla formazione libera delle cellule vegetali, si può dire che una tale disposizione del protoplasma, nella generazione di cellule embrionali, sia da ritenersi per un fatto generale e co- stante. Io ho voluto studiare questo fenomeno al di fuori del bionte virtuale, proprio d’un bionte attuale, vale a dire, ho voluto stu- diare questo fenomeno al di fuori dello stadio di sviluppo (bionte virtuale), in cui esso si presenta, proprio d’un essere attualmente e liberamente vivente (bionte attuale). Per ciò ricorsi a corpi organici, i quali, uniti fra loro, po- tessero bensì dare un protoplasma od un corpo protoplasmatico, per la combinazione dei loro elementi chimici; ma che, per sè stessi, non fossero già dei corpi quaternarj oppure protoplasmi di plastidi. Con ciò ho eliminato il bionte virtuale nella produ- zione del microrganismo, non essendovi, nella miscela organica da me composta, nessun germe visibile organizzato, avendo ciò constatato col microscopio. Ecco ora la mia esperienza: Presi dell’ acido fosforico, glicerina, acido oleico ed olio d’ u- live; l’acido fosforico e l'acido oleico in proporzioni eguali tra loro, ma superiori a quelle degli altri due corpi. Fatta con loro una miscela, vi aggiunsi, in gran quantità, dell’ acqua legger- mente ammoniacata. Quest’ acqua in volume sorpassava quello della miscela. In seguito a ciò ottenni una soluzione bianco-lat- tiginosa, che esaminata al microscopio era ripiena di forme mieliniche. Feci poscia un’apposita preparazione microscopica con una piccola porzione di questa soluzione, mettendola quindi tra i due vetri, il porta-oggetti, cioè, ed il copra-oggetti; ed aggiun- tavi ancora un po’ di ammoniaca ed acqua, facendo penetrare queste sostanze tra i due vetri, posi tale preparazione nell’ ap- parecchio umidante, dopo di averla esaminata al microscopio per accertarmi. della mancanza di germi visibili. Essa infatti presentava un liquido opalescente, delle goccie oleose e delle forme mieliniche. Tenendo dietro al suo andamento, ebbi a notare i seguenti SULLA DISPOSIZIONE REGOLARE DEL PROTOPLASMA, ECC. 819. — fenomeni, registrati nel diario che qui trascrivo, dal quale risulta anche il mese in cui fu fatta l’esperienza, cioè il giugno, e per conseguenza la temperatura di circa 27 centigradi. Il giorno dopo (8 giugno) dalla fatta preparazione, mantenuta nelle condizioni umidanti, trovai, ad eccezione di alcune. goccie oleose, che erano scomparse le forme mieliniche, e che il tutto si era ridotto a granulazioni di diverso volume. Quattro giorni dopo (12 giugno) vi erano ancora delle granu- lazioni come quelle dell’ 8 giugno, ma tutte dotate di un movi- mento, frammezzo alle immobili goccie oleose. Inoltre alcune delle sranulazioni, un po’ più grandi, avevano acquistata una forma ovale, mostrando in genere l’aspetto di spora. Al quinto giorno (13 giugno) il movimento delle granulazioni cessò, ed esse presero frammezzo a delle goccie oleose (vedi fig. unita N. 1), una disposizione regolare (vedi fig. qui unita N. 2), che venne assunta poi tanto dalle piccole granulazioni, quanto da quelle di un volume maggiore. È questa la disposizione regolare, che quantunque di forma dendritica, nel fatto morfologico però, ossia nel fatto di sua for- mazione, io credo corrispondente alle forme cariolitiche di Auer- bach o stelle molecolari della maggior parte degli embriologi; in quanto che, conseguentemente ad essa ebbi formazione di micelj e poscia delle spore. Difatti i micelj comparvero il giorno dopo (14 giugno) e andarono sempre aumentando di numero sino al 20 dello stesso mese, mostrando verso la periferia della prepa- razione delle forme di Aspergillus. In questo caso ho potuto osservare che i micelj si formano dalla fusione dei globuli o granuli protoplasmatici, disposti in lunghe serie lineari, a guisa della formazione del Vibrio bacillus Duj. dai granuli vitellini del tuorlo d’ovo, che nell’ ovo-cellula sono i suoi granuli protoplasmatici. Oltre a ciò ho trovato importante di notare, come in alcuni punti della preparazione eranvi delle chiazze occupate da varie linee granulari, ossia granulazioni disposte in serie lineari, rasso- miglianti al Sphaerotilus natans Rabenh., ognuna delle quali in 820 | L. MAGGI, seguito dava luogo ad un micelio mediante la fusione delle loro granulazioni. Ed anche questa disposizione del protoplasma, mor- fologicamente considerata, è regolare come la prima. Benchè, con questi risultati, io avessi raggiunto lo scopo pre- fissomi, pure volli continuare ad osservare il modo ulteriore di comportarsi della preparazione, mantenendola sempre nell’appa- recchio umidante. Venti giorni dopo (10 luglio), si è formato un micelio arti- colato (vedi fig. qui unita N. 3, 4, 5) ad articoli oblonghi ed a doppio contorno, aventi poi dei macrospori pure a doppio con- torno e granulati nell'interno ; il tutto rassomigliante all’ Urocy- stis intestinalis, che Hallier indicò come la crittogama del Cho- lera morbus. Sei giorni dopo (16 luglio), eravi anche la formazione del Botriosporium diffusum Cor. Se dovessi legare tra loro queste forme per modo che 1’ Uro- cystis intestinalis Hall. verrebbe ad essere uno stadio di sviluppo del Botriosporium diffusum Cor., penserei in allora che 10 Sphe- rotilus natans Rabenh., sarebbe il bionte parziale del bionte virtuale, foggiato a forma cariolitica od a stella molecolare, e che questo stadio di sviluppo, in un animale, rappresenterebbe un vegetale, pel quale filogenicamente esso dovette passare. Non credo che mi si vorrà fare l’osservazione, che, secondo questo modo di vedere, tutti gli animali sarebbero o avrebbero dovuto passare per il bionte Spherotilus, poichè qui si tratta di feno- meni biologici, il cui studio incomincia propriamente adesso. Ba- sterebbe, se si volesse trarne una conseguenza, il dire che le forme cariolitiche, le stelle molecolari, o meglio in un modo più generale, la disposizione regolare del protoplasma nella forma- zione di organismi animali, rappresenta nella loro ontogenia uno stadio vegetale; ed in quella di organismi vegetali, indica pure nella loro ontogenia uno stadio vegetale, ma un vegetale inferiore. Così, nel caso suindicato, lo stadio vegetale del SpAherotwWus, ossia il suo bionte virtuale, sarebbe dato dalle granulazioni protopla- smatiche plastiduli, i quali troverebbero, nelle forme bacteriche, Lù pa n Di È È e ì e Su o lai - Al IA Tn , n° o ma (Ac; fe to Li A ” a. f È PACI IE ; e ea È veri lai - ha > — fi CN x a” Capa i 2; PA © i lai © Ro n “n ” so P, = Ma er e N pi “ata € A IBE È. - e c aa rà (5 ; DI ll Renanto en 3 APE n) > " n° r pu n -_P La La E e Li n Krt. Ronchi ve fe nane agnananenno on? __ arasnannan® Magg L des. è | —‘’‘’‘’SULLA DISPOSIZIONE REGOLARE DEL PROTOPLASMA, FCC. 821 2a | gli esseri liberamente viventi, formanti il bionte parziale del — Spherotilus natans considerato come bionte attuale. Ma lasciando queste considerazioni che potrebbero essere giu- dicate troppo premature, dirò da ultimo che la disposizione re- golare del protoplasma anteriormente alla formazione di micro- organismi la osservai anche durante la coltivazione, in apparecchio umidante, delle granulazioni protoplasmatiche sporiformi, trovate da Parona e Grassi * in un ovicino contenuto in un ovo di gal- lina, le quali diedero luogo alla formazione del Leptomitus. Anche in altre coltivazioni di sostanze albuminoidi, mi fu dato di verificare questo fatto morfologico, il quale fa parte della serie di quelli appartenenti alla Plasmogonia; tuttavia, per la sua importanza, ritornerò quanto prima su questo argomento, continuando le mie esperienze. SPIEGAZIONE DEI NUMERI DELLA FIGURA VEDUTA COLL’ INGRANDIMENTO DI 700 d. (Micros. Hartnack). N. 1, Goccie oleose. N. 2. Disposizione regolare delle granulazioni protoplasmatiche in serie lineari, e de- crescenti in volume dalla base all’apice. Sono forme dendritiche, ma mor- fologicamente corrispondenti alle carzolitiche di Auerbach, alle stelle mole- colari dei moderni embriologi, in quanto che dopo la formazione dei micelj quindi dopo la loro scomparsa, si formano le spore, che corrispondono ai nuclei. N. 3, 4, 5. Forme ontogenetiche graduate dell’ Urocystis intestinalis Hall. 1 PARONA e GRASSI, Sovra alcune mostruosità di uova di gallina. Atti della So- cietà Italiana di Se. Nat., vol, XX. fasc. II. pag. 106-107. Milano, 1878. SULLA SCOPERTA DI UNA STAZIONE PREISTORICA NELLA PALUDE BRABBIA. RELAZIONE del Signor NAPOLEONE BoRragi alla Presidenza del Museo Patrio in Varese. * Varese, 23 settembre 1878. Onorevole sig. cav. dott. EzecHIELE ZANZI, Presidente del Museo Patrio, È VARESE. “ Ella sa che nella palude Brabbia, per quanto studiata e benchè indizii non mancassero, non si è mai potuto scoprire la esistenza di stazione alcuna, come non se ne trovarono su quel di Cazzago nei terreni circostanti alle torbiere, dove, pure, l’ ac- certavano i molti oggetti rinvenuti. » Or bene: questa fortuna era riserbata a me, e dico avver- titamente fortuna, per escludere ogni idea di merito mio, doven- dosi la scoperta più al caso che alla scienza, alla quale pur troppo sono profano. s Nella mia torbiera, a località detta Palude Lia, dal so- * La presente Relazione estratta, con poche varianti, dal Supplemento della Cro- naca varesina, 24 settembre 1878, pervenne alla Presidenza della Riunione in Varese dopo. la chiusura delle sedute di Sezione, per cui non potè venir letta e discussa. Nondimeno s’è creduto opportuno di qui accoglierla a complemento delle notizie date in proposito dai soci signori Ranchet e Regazzoni, in appendice alla loro Relazione sulle scoperte fatte all’Isolino, colle quali scoperte strettamente si collega quella an- nunciata dall’egregio sig. Borghi. Li A E RI SULLA SCOPERTA DI UNA STAZIONE PREISTORICA, ECC. 823 prannome del contadino che ivi abita, ad ottanta metri circa dalla falda del colle, scorgesi un rialzo di terreno, formato da una serie di cumuli di terra, il più alto dei quali, che trovasi nel mezzo, si eleva sopra i terreni circostanti: ad oriente di metri 2,20; a mezzodì di metri 1,30; a nord di metri 1,25; e ad occi- dente, ossia verso il colle, di metri 0,70. L’intiero rialzo di terra il quale leggermente declina da tutti i lati, ha una superficie all'incirca di metri quadrati 8000, e cioè, la stazione superiore od occidentale è di metri quadrati 6200, e quella verso la palude, ossia orientale, di metri 1800. » Onde la disposizione di questi cumuli e la loro elevazione, possano da Lei più facilmente essere compresi, Le mando un piccolo rilievo, coi relativi spaccati. » La formazione di questo terreno ed il trovarsi il medesimo in località affatto piana, non ponno a meno di dare nell’ occhio, tanto che io, più di una volta, pensai che questo rialzo potesse essere artificiale ed una specie di isolotto, in parte costrutto dagli antichi abitatori. » Il mio supposto non era infondato, giacchè, messomi all’opera, or sono pochi giorni, e fatto praticare diversi scavi in vari punti di questi cumuli, in ognuno di essi rinvenni oggetti in discreta quantità, tanto da dire accertata in quella località l’esistenza di una o più stazioni. » Dico una o più stazioni, giacchè avvi una marcata divisione fra la prominenza ad occidente e l’altra della palude. Il M. R. don Giovanni Ranchet, instancabile nelle ricerche preistoriche e sentinella sempre vigile quanto intelligente di tali scoperte nel nostro paese, non mancò di recarsi subito sul luogo ed anch'egli ebbe a constatare la suddetta marcata divisione, tanto che espresse il dubbio, che fossero due e non una sola stazione, come io @ tutta prima avevo creduto. E qui, io devo e credo opportuno ac- cennare le altre opinioni espresse dal sullodato signor Ranchet, circa queste abitazioni, e cioè che le medesime fossero anteriori a quelle dell’Isolino, deducendo ciò dalla rozzezza dei cocci rin- venuti e dalla mancanza di varii oggetti scoperti altrove che di- 824 | ui N. BORGHI, notano una maggiore civiltà. Inoltre, il signor Ranchet suppone che questa stazione sia stata non troppo lungamente abitata, anzi forse abbandonata, per la sua posizione, che allora più che mai, deve essere stata insalubre. Queste ipotesi però potrebbero modificarsi colla continuazione delle escavazioni, e già alla prima, a mio credere, contraddirebbe un po’ il fatto d’ aver io trovato un certo numero di cocci nella stazione che chiamerò superiore, i quali ritengo veramente cotti, 1’ azione del fuoco apparendo evidente. Nella stazione palustre, però, non rinvenni che cocci essiccati al sole. s Molti oggetti nella nuova stazione ebbi già la fortuna. di rinvenire: i coltellini di selce, tenuto conto anche dei frammenti, ammontano già al bel numero di trecento e più; di cocci (sgra- ziatamente però son quasi tutti ridotti a piccoli pezzi, e ciò in causa del terreno alquanto compatto e che rende difficile la escava- zione), ne conto già cinquecento e più, ed in questi scarseggiano quelli di fina lavorazione. Abbondanti i nuclei di selce, da dove si veggono ben distintamente spiccati i coltellini e le freccie, ed abbondantissimi gli scheggiati. Riguardo a questi, è rimarche- vole che lo scheggiato trovato alla superficie del suolo è arro- tondato agli spigoli, mentre che quello che si escava ha angoli assai taglienti, tanto che le spaccature sembrano recentissime. In quantità trovasi il carbone, molti sono i legni aguzzati e bru- ciati, molte le fiaccole, trovai qualche legno lavorato, le nostre castagne lacustri (vulgo lagann) e buona copia di nocciuole; qualche ghianda di quercia, un solo dente molare di sus scropha palustris giovanissimo. E qui noto che la natura del terreno, punto atta alla conservazione delle ossa, è forse la cagione della quasi assoluta mancanza di queste. » Trovai pure due pezzi di frecciette, alcuni abbozzi e due ma- gnifiche cuspidi, sempre in selce, una delle quali a cuore (di tali cuspidi Le mando un contorno); inoltre, un cono di legno di bella lavoratura, e fra gli altri, il più interessante perchè forse primo esemplare in' questi dintorni rinvenuto, un arco che tanto io che il sig. Ranchet giudicammo di legno di castano; questo ‘SULLA SCOPERTA DI UNA STAZIONE PREISTORICA, ECC. 825 misura metri 1,14, i cui assi (sezione quasi elittica) nel mezzo sono di metri 0,03 per metri 0,02, e la incurvatura è di metri 0,03. Esso ha le estremità foggiate a punte, evidentemente acu- minate con utensili di pietra e lisciato a sfregamento, ed è ri- marchevole l’esser lievemente tarlato, il che proverebbe il lungo uso. Anche le due belle cuspidi e l’ arco furono scoperte nella parte più orientale della stazione. » Vedrà che quanto rinvenni in solo tre o quattro giorni di lavoro nella nuova stazione, tenuto calcolo delle difficoltà che si incontrano nella escavazione, non è poco, e sì che il più del tempo fu da me consumato in assaggi, onde studiare la forma- zione del terreno dell’isolotto; nè, parmi, fu tempo sprecato, poi- chè mi diè mezzo a persuadermi che le emergenze del terreno in origine erano naturali, rialzate dappoi dall’opera dell’uomo, o dalle sovrapposizioni inevitabili dove esistono abitazioni umane. » Quanto io sia lieto di questa nuova scoperta pel paese nostro Ella lo può immaginare, giacchè ben sa come desiderassi trovare qualche stazione palustre, per offrire materia a studio di con- fronto colle palafitte del lago. » Scrissi a furia, e me lo perdoni, perchè desidero che queste notizie possano giungerle in tempo da renderle note nel giorno dell'apertura del Congresso dei naturalisti che, domani per la prima volta, onorerà Varese e forse potrà destare qualche inte- ressamento negli egregi ed autorevoli uomini della scienza l’an- nuncio della scoperta di questa prima stazione palustre. - » Le stringo la mano e m’abbia devotissimo “ NAPOLEONE BORGHI. ,, SCOPERTA DI UNA FAUNA E DI UNA FLORA MIOCENICA A FACIES TROPICALE IN MONTEBABBIO (Provincia di Reggio Emilia) per ANTONIO FERRETTI, Prevosto di S. Ruffino. Vi presento, o signori, due fossili che io credo del massimo | interesse per la geologia italiana. Furono da me trovati nelle ghiare del torrente Tresinaro, presso all’ arenaria di Montebab- bio che è la continuazione di quella di Castellarano. Lo studio di quest’arenaria menzionata dallo Spallanzani, dal Brocchi, e recentemente dallo Stòhr e dal Doderlein coi fossili che contiene del tutto sconosciuti alla paleontologia ed alla fito- logia forma il soggetto della presente Memoria. | L’arenaria di Montebabbio sorge quasi gigante dai sottoposti terreni a circa tre chilometri da Scandiano, quasi in faccia alla valle padana. Misura in altezza apparente da ben duecento metri. Ha una larghezza in varii punti di un buon chilometro. È for- temente corrosa dagli agenti atmosferici. I suoi rii per lo più scorrono in un letto scavato a grandi profondità, che qualche volta misurano sin quaranta metri a pareti verticali. Dalla parte di est-sud di Montebabbio una tale arenaria pro- lungasi sino ai confini occidentali della parrocchiale di Cadirog- gio. Colà perdesi evidentemente sotto le argille azzurre plioceni- che. Ricomparisce di nuovo a Castellarano, sulla riva sinistra del fiume Secchia, e porta su sè stessa il castello omonimo. Per- desi sotto le ghiare del fiume per ricomparire di nuovo a S. Mi- inistero rit isa TL ITA 97 PAPI aiar A nie ii e AR ii i i ii rta SCOPERTA DI UNA FAUNA E DI UNA FLORA MIOCENICA, ECC. 827 chele dei Mocchietti, sulla riva destra nel Modenese. Dalla parte di ovest-nord, dopochè fu sepolta sotto le ghiare del torrente Tresinaro e del rio delle viole, ricomparisce a S. Romano, e quasi alle origini del torrente Fazzano, nella parrocchiale di Re- gnano. Sepolta di nuovo ricomparisce cogli identici caratteri a Paullo reggiano, e precisamente nella rampa così detta di Mi- lano, per cui con poche interruzioni va da S. Michele dei Moc- chietti nel Modenese sino a Paullo reggiano, descrivendo una linea longitudinale di ben venti chilometri, non retta ma a zig-zag, forse parallela all’asse dell’ Apennino, con una larghezza media di circa un chilometro, e con uno spessore medio dai 100 ai 150 metri. È cementata da un succo calcareo-siliceo, quando più, quando meno tenace. Qualche volta però lo è da ferro disciolto, e de- posto allo stato di perossido in seno alle acque, che vi forma un ottimo cemento, e dà alla massa una tinta ferruginosa, e la trasforma in caranto. È bizzarrissima e sorprendente la sua stratificazione. Quantunque la forma spiccatissima sia l’ondulato- ria, e quale conviensi ad una formazione litorale, pure ti pre- senta mille gradi d’ inclinazione. A Castellarano è inclinata di 30° circa verso est, mentre a Montebabbio è inclinata di circa 20° verso nord-ovest. Inoltre non è un’arenaria comune; cioè un aggregato di granuli quarzosi con mica a cemento calcareo o siliceo; ma è un’ arenaria sui generis, cioè un aggregato di ciot- toletti cristallini, di quarzite, gneiss, graniti, micaschisti, schisti amfibolici, porfidi, serpentini, calcari, ecc., a cemento siliceo- calcareo con molte calcinelle. Impasta talvolta ciottoli di note- vole spessore, da costituire in varii luoghi un vero conglomerato poligenico, una gonfolite. Un ciottolo di granito porfiroide di quest’arenaria, che stava nel torrente Fazzano, aveva il diame- tro di quasi un metro. A _Montebabbio se ne trovano dei massi che hanno un diametro dai cinquanta ai sessanta centimetri. La gonfolite però non compone mai da sola rilievi d’ entità. Si li- mita sempre a qualche punto ristrettissimo, e a pochi metri di spessore. Si scambia mille volte coll’arenaria; le si sostituisce di 828 A. FERRETTI, continuo, e non v’ ha arenaria quasi senza ciottolo di notevole È spessore, come non v’ ha ciottolo, per quanto grossissimo, che non sia impastato entro una finissima arenaria. Non mancano | però anche a Montebabbio le molasse marnose incoerenti, e ad elementi impalpabili. Ma sono piccolissima cosa relativamente al resto della formazione. Come pure non mancano i ciottoli | serpentinosi in vicinanza all’arenaria. Stanno a Montebabbio ed a S. Valentino a sud e a nord di quella. «i Studiando i terreni in vicinanza di Montebabbio e Castella- — 9 rano non può non vedersi che in questa mia parrocchia, ove. hanno incominciamento i primi rilievi subapennini, questi con- stano quasi letteralmente di cumuli di sassi discoidali, a cui sono 1 attaccate. ostriche, anomie, ecc.; di dune di sabbie, intercalate - con banchi di argille fossilifere, costituenti un vero litorale ma- rino. Sono caratteristiche di questa formazione le ostriche e le: .| anomie di quasi tutte le specie, la scolaria pseudoscalaris (Be torulosa (B.), l ovula birostris (Lk.), il cardium hians (B.), la | cassidaria echinophora (R.), ecc., con molti strobili di conifere A e pezzi di lignite. Andando da nord verso sud, cioè internandosi — nel subapennino, scompajono i cumuli dei sassi e le dune delle sabbie, e continuano i banchi delle argille con poche e rade con- i chiglie, ma identiche sempre a quelle del litorale. Solo in vici — nanza delle argille scagliose interstratificate evidentemente colle n I calcarie a fucoidi sviluppatissime in questa mia parrocchia, le ar- | gille azzurrognole cambiano fisonomia. Si convertono insensibil- | mente in una sabbia finissima ed impalpabile biancastra conte- | nente pezzettini di quarzo, di granito, di porfido, di serpentino; ecc., — con molta mica, che producesi sino a toccare le suddette ar- . gille scagliose, ed a coprirle in buona parte qual pesante man- | tello. È maravigliosa la copia di crostacei, pesci e conchiglie d’acque salmastri che stanno in codesta formazione, la quale ha — per caratteristiche le melamie, le columbelle, le pirule e copia ] | immensa di foraminiferi. Fatti pochi passi sulle argille scagliose, — di nuovo si incontrano le argille azzurrognole, che dopo d'aver | coperto buona parte eziandio di quelle a sud, produconsi non ins 2 CO SCOPERTA DI UNA FAUNA E DI UNA FLORA MIOCENICA, ECC. 829 terrotte sino a toccare e a coprire buona parte dell’arenaria in discorso. Le argille azzurrognole a contatto coll’arenaria sono caratterizzate da un banco potentissimo dell’Ostrea cochlear (Poli) e da bellissimi denti di Oxirina, Oxyrhina Desorii (Lawley) ed Oxyrhina Agassizi (Lawley). Egli è di colà che continuando sempre a coprire in parte l’ arenaria, produconsi verso sud-est per Cadiroggio sino a S. Valentino, sino a Castellarano, con uno sviluppo in queste tre ultime parrocchie veramente imponente. Nelle argille di S. Valentino stanno come caratteristiche le grandi pleurotome, i giganteschi coni, i triton, i murici, gl’inniti, le arche e le pinne di dimensioni straordinarie. In vicinanza alla chiesa di S. Valentino, ed al paese di Castellarano, cioè ad est e a ovest, le argille azzurrognole di nuovo insensibilmente con- vertonsi in una sabbia finissima ed impalpabile, biancastra iden- tica perfettamente a quella di S. Ruffino, la quale alla sua volta tocca e copre buona parte dell’arenaria di Montebabbio e Ca- stellarano colà ricomparsa. La sabbia di Castellarano è carat- terizzata dalle melanie, conchiglie d’acque salmastri; quella di S. Valentino dalle merite, conchiglie d’acque dolci. Ciò che ho qui esposto in succinto verrà da me ampiamente descritto, al- lorchè tratterò del pliocene distesamente, e delle faune che lo accompagnano nelle due provincie di Reggio e Modena. Basta ora notare che l’arenaria di Montebabbio e Castellarano è co- perta immediatamente a nord e ad est dalle argille azzurrognole, & a sud dalle sabbie biancastre d’acque salmastri e dolci, e cioè quasi da ogni parte dal pretto pliocene, che riempie i bacini la- sciati dal sollevamento delle argille scagliose interstratificate coi calcari a fucoidi e delle arenarie in discorso. È in mezzo a una tale arenaria che non solo stanno traccie di lignite, come vogliono lo Stéhr ed il Doderlein, ma veri ban- chi di un tale combustibile. Uno può vedersi nella parrocchiale di Cadiroggio nel rio Rocca, che dopo di aver lavate le argille azzurre plioceniche di S. Valentino corre fortemente incassato nell’arenaria per metter foce finalmente nel Secchia di contro a Sassuolo. Affiora primieramente a sud di quella parrocchia, quasi 830 A. FERRETTI. di contro alla chiesa, ove è messo a nudo dalle erosioni acquee. È inclinato fortemente ad ovest, e diretto approssimativamente da nord a sud. Non può misurarsi tutto il suo spessore, perchè emerge dal rio soltanto con una parte del lembo superiore ed approfondasi dall’altra parte in ragione dello spessore sotto l’a- renaria. La parte emersa misura in larghezza quasi un metro, ed ha uno spessore di ben dieci centimetri. È stratificato ; tra strato e strato, talvolta, v° ha uno straterello di sabbia ora pa- piraceo, ora di qualche centimetro. Gli strati inferiori evidente- mente sono di qualità migliore. Affiora di nuovo lungo il rio che mette nel rio Rocca a poca distanza dal primo affioramento, e viene da nord a sud di mezzo all’arenaria, mostrandosi in sei o sette luoghi, sempre al medesimo livello, con uno spessore ri- levantissimo. Lungo questo rio si può seguir detto banco nella sua lunghezza di più di un chilometro. Inoltre è in mezzo a una tale arenaria che sta una ricca flora di piante lignarie. Tali piante, altre sono convertite in pretto carbonato di calce, altre silicizzate, altre eziandio agatizzate. Una soluzione di perossido di ferro o manganese le ha comuni- cato per lo più una bellissima tinta. nera. Non sono soltanto piccolissimi pezzi, ma alcune volte vi assumono proporzioni straor- dinarie. Non è raro scorgervi dei tronchi d’ albero interi. Per mancanza di tempo non ho potuto istituire ancora accurati con- fronti, e studiare tali essenze, da giungere ad una rigorosa de- terminazione. È in mezzo a queste essenze che stavano le due, le quali oggi ho l’onore di presentarvi, o signori. Voi ben ve- dete che qui trattasi della parte superiore di due tronchi di Cicadacea, pianta rarissima, e poco conosciuta sinora allo stato fossile nella nostra Italia. Finalmente, quantunque lo Spallanzani, il Brocchi e recente- mente lo Stòhr ed il Doderlein, abbiano detto con tutta asseve- ranza, l’arenaria di Montebabbio e Castellarano essere affatto priva di fossili marini, io pel primo ho potuto constatarvi una grossissima bivalva, della quale tenni parola, anni sono, nel- l’ Annuario della Società Veneto-Trentina di Scienze naturali. Gi SCOPERTA DI UNA FAUNA E DI UNA FLORA MIOCENICA, Ecc. 831 Questa bivalva sta in molte parti della formazione in discorso, ma principalmente nella sponda sinistra del rio, il quale nasce in . Montebabbio a ovest-nord della casa Gambarelli, e dividendo la proprietà di questi signori dalla comunale scorre da ovest-nord a est-sud fortemente incassato nell’arenaria per metter foce nel rio Rocca, ove ha incominciamento la grande formazione delle marne gialle ed azzurre plioceniche. Chiamai allora una tale bi- valva col Lamark wulsella. Ma esaminata per bene, e fatti i do- vuti confronti, ho trovato che non è altro che l’Ostrea crassis- | sima, l’Ostrea gingensis dell’ Hòrnes comunissima nel bacino di Vienna. Più di quaranta individui veramente giganti di una tal bivalva rendono bella la mia collezione. Uno misura in lunghezza millimetri 250, in larghezza millimetri 170, ed in grossezza mil- limetri 60. Hanno il privilegio di esser sole in una tale forma- zione. Non un tritume, non una scheggia di altra conchiglia marina o terrestre. Con quelle sta inoltre un potentissimo banco di coralli dei generi astrocenia e philocenia ed una specie di echinide. Un altro fossile rarissimo ho pur rinvenuto nell’ arena- ria di Montebabbio che godo descrivervi, o signori, colle parole del Major: “il suo fossile affidatomi per lo studio appartiene a qualche genere estinto, vicino delle foche, come sarebbe lo Squal- lodon, ed abbiamo la certezza che or si tratta di un fossile ra- rissimo, probabilmente unico finora in Italia. , (Lett. 20 dicembre 1872). Non essendomi stato più restituito dal chiarissimo zoolo- go, non posso dare ulteriori schiarimenti. Ecco il catalogo dei fossili sinora raccolti a Montebabbio: 1. Ostrea crassissima (Bruguières). 2. Ostrea gingensis (Schlotheim). 3. Ostrea digitalina (Dubois). 4. Ostrea Boblayi (Hòrnes). 5. Ostrea trigona (nobis). 1 Specie vicina alle precedenti; ma che ne differisce per avere la fossa del car- dine poco profonda, triangolare, e spalleggiata da due risalti pur triangolari, rivolti verso i lati ad angolo marcatissimo colla fossa; per cui danno alla conchiglia la for- ma di un trigono. 832 A. FERRETTI, 6. Ostrea quadrangularis (nobis). 7. Culcita globosa (nobis). 8. Astrocenia specie. 9. Philocenia specie. 10. Cycadacea specie. 11. Squallodon specie. 12. Ossa di mammiferi. Da questa lista di fossili ciascun vede che non trattasi più, come vorrebbe lo Stéhr, di formazione a Montebabbio e Castel- larano entro l’acqua dolce; ma sibbene di formazione marem- mana, ove a quando a quando prevalevano le acque dolci, e vi portavano dai continenti i tronchi degli alberi, i vegetali ter- restri; a quando a quando prevalevano le acque marine, i lim- pidi mari, e vi avevan vita e vi prosperavano rigogliosi i coralli, vi strisciavano gli echinidi, vi carolavano le foche, vi abitavano attaccate alle spiaggie rocciose le gigantesche ostriche. | Cercando ora qualche formazione sincrona alla nostra, io non la saprei meglio vedere che nelle marne e molasse della Sviz- zera, a cui lo Stoppani trovò rispondere le marne con conchi- glie marine che si scoprono alla base dei conglomerati, precisa- mente tra Como e monte Olimpino, ed il conglomerato comense che forma le colline di Baradello, di monte Olimpino, Pedrinate, Monmorello, e accenna a distendersi sopra una zona non inter- rotta verso ovest, riunendosi alle arenarie di Malnate e Bizzo- zero. I ciottoli serpentinosi in vicinanza dell’arenaria a Monte- babbio e S. Valentino segnerebbero, come in Isvizzera il lido, l’arenaria mista al conglomerato, la spiaggia avanzata che s’in- sinua in mare, la molassa marnosa, il fondo marino. Che le due formazioni corrispondino perfettamente, apparisce dal vedersi che i componenti sono gli stessi, quarziti, graniti porfiroidi, gneiss, micaschisti, schisti amfibolici, serpentini, calcari, ecc.; che sì 1 Specie vicina alle precedenti; ma che ne differisce per avere il cardine (consi- stente in una fossa rettangolare profondissima, spalleggiata da due risalti pur quasi rettangolari) tagliato a sbieco e quasi fuori di posto. E collocato al termine di un lato, ad angolo quasi retto col lato contiguo, da dare alla conchiglia la forma di-un quadrangolo. a x red SCOPERTA DI UNA FAUNA E DI UNA FLORA MIOCENICA, Ecc. 833 l’arenaria di Montebabbio che la molassa svizzera per la copia straordinaria di lignite e vegetali terrestri, e pei fossili marini indicano a volte a volte acque dolci, a volte a volte acque sal- mastre e marine, cioè una vera formazione maremmana; che come in Isvizzera a contatto della molassa marina stanno depo- siti d’acqua dolce, di cui sono celebri quelli di Oeningen, così detti dall’abbazia di questo nome, che si trova sulla destra del lago di Costanza, al confine tra la Svizzera ed il gran ducato di Baden; così a contatto della molassa marina di Montebab- bio e Castellarano stanno i depositi d’ acque salmastri e dolci caratterizzati dalle melanie e dalle neriti, corrispondenti alla formazione d° Oeningen, che omai per comune consenso dei geo- logi, lungi dall’appartenere al miocene, viene ascritta al plio» cene. A compiere la perfetta uguaglianza tra la formazione di Mon- tebabbio e Castellarano e quella della Svizzera concorrono inol- tre i sassi improntati nell’una e nell’altra, che denotano all’e- videnza i sollevamenti per mezzo delle oscillazioni terrestri. Siccome la formazione di Montebabbio e Castellarano, come di- cemmo, contiene ciottoli calcarei, è maraviglioso vedere come i ciottoli di quarzo abbiano reagito su quelli più molli, e più compressibili, e vi abbiano lasciato l’impronta. Il fenomeno poi si verifica a grande scala sulle conchiglie e sui coralli. I ciottoli quarzosi compressi contro le bivalvi, ed i polipai dei coralli sonsi internati perfettamente in loro. Da prima ne hanno spo- stato lo strato superficiale, come vien fatto manifesto da una spe- cie di orlo o labbro che la materia ossea trovasi di avere intorno al ciottolo; poscia sonosi inoltrati, lasciando nell’osso una protu- beranza tutto all’intorno. Alcune bivalvi e polipai sono incro- stati di ciottoletti quarzosi, incastonati in loro a guisa delle pietruzze d’un mosaico, lasciando ciascuno la sua impressione molto bene accusata e profonda quando ne sia staccato. A com- piere la perfetta uguaglianza tra la formazione di Montebabbio e Castellarano e quella della Svizzera, concorrono finalmente le ossa di mammiferi nell’una e nell’altra. Vol. XXI. 1069 834 A. FERRETTI, Per cui io credo non si vadi molto lontano dal vero a dire che come potenti fiumane giù scendendo dai versanti settentrio» nali del gruppo già formato delle alpi e prealpi piemontesi e lombarde e seco portando il detrito che nella marcia vorticosa strappavano a quei colossali dirupi, allargando in direzione ap- prossimativa, da sud-ovest a nord-est, i loro delta nel golfo della Svizzera occupata dal mare; così altre potenti fiumane giù scen- dendo dai versanti meridionali, e seco portando egual detrito allargavano i loro delta da una parte nel golfo di Genova, e dall'altra nell’ Adriatico che occupava ancora il Piemonte, com- prendendo nei suoi dominii i colli di Torino; e di là spingen- dosi a est, verso la Lombardia, per Malnate e Bizzozero giun- gevano sino a Como, a Badia ed al Montorfano bresciano, e ad est-sud per le valli della Bormida e della Scrivia giungevano sino a Paullo e Montebabbio nel Reggiano, sino a S. Michele dei Mocchietti nel Modenese. Sta però un’ obbiezione contro il nostro modo di vedere. È stato l’amico Scarabelli che me l’ha posta sotto gli occhi. Se l’arenaria in discorso viene dalle alpi e prealpi del Piemonte e della Lombardia, come hanno potuto giungere sino a Monte- babbio e Castellarano i grossissimi massi di granito, sapendosi per regola, che le fiumane lungo il cammino stritolano i massi grossi ed anche grossissimi, per cui se a monte conducono di quelli, a valle non trasportano che minute ghiare, sabbie e. fi- nalmente impalpabile fango? Che quei massi siano stati roto- lati è fatto palese dagli spigoli sempre smussati e arrotonda- ti. Che abbiano poi dalle alpi e prealpi piemontesi e lombarde potuto venire trasportati sino a Montebabbio e Castellarano può dedursi per più ragioni. Primieramente codesti massi grossissimi nell’arenaria sono di una rarità eccezionale. In secondo luogo dobbiamo pensare alla grande pendenza che stava allora tra le alpi e l’Italia settentrionale e centrale per mancanza dei rilievi subapennini. Finalmente le immense sabbie finissime, prodotte certo dal disfacimento dei graniti di cul sono composti i monti di Vallestra, di Sestola, del Cimone, di Fiesole, del Casentino, ecc., là SCOPERTA DI UNA FAUNA E DI UNA FLORA MIOCENICA, ECC. 835 confermano le nostre vedute; cioè che a Montebabbio le fiumane conducevano un detrito un po’ grossolano, mentre a qualche di- stanza conducevano sabbie e fanghi finissimi. Anche il Po attual- mente conduce dal Monviso sin presso a Piacenza ciottoli, tra quali qualcheduno di notevole spessore. Veniamo ora a fissare l’epoca di formazione della nostra are- naria. Il Doderlein nella sua carta geologica della provincia di Reggio-Emilia senza più l’ascrisse al miocene superiore, dicendola molassa superiore. Lo Stéhr per crederla una formazione entro l’acqua dolce lasciò indeciso a qual piano del miocene si dovesse ascrivere. La mancanza però di fossili metteva i due autori nella condizione di farla a indovinare. Siccome io sono d’opinione, per ragioni che qui sarebbe troppo lungo annoverare, che il miocene nelle due provincie di Reggio e Modena non ammetta diversità di periodi, epoche diverse; ma tutto si riduca ad un solo periodo, ad una sola epoca; e che le differenze che vi hanno tra membro e membro della formazio- ne, attestate dall’impasto litologico diverso, e dalla diversità dei fossili, ascriver debbasi alla maggiore o minore profondità, alla costituzione litorale o d’alto mare del mare miocenico; insomma a mere accidentalità indispensabili ad una formazione marina; quindi al miocene in genere io ritengo appartenere la formazione di cui è parola. La perfetta corrispondenza di lei come ve- demmo colla formazione svizzera non lascia dubitarne. Difatti stando alle opere di Heer, che ci prestano i migliori documenti per riconoscere la successione dei piani componenti la classica formazione svizzera, vediamo ascritta la formazione maremmana all’aquitaniano del Mayer, che questo autore oggi riguarda come il primo piano del neogene dell’ Hoòrnes, cioè miocenica. S’aggiunga che il bacino di Vienna è eminentemente miocenico; e le diverse forme litologiche, più che alle diverse epoche, rispondono alle condizioni diverse del fondo di uno stesso mare. Solo più re- centi delle formazioni marine sono da ritenersi i depositi d’acqua salmastra e dolce, che si venivano formando mano mano che il mare si colmava, o si prosciugava per effetto del sollevamento. 836, | A, FERRETTI, Ora è nell’arenaria di Montebabbio e Castellarano che abbon- dano strabocchevolmente l’Ostrea crassissima e 1° Ostrea gingensis, tanto comuni in quel bacino; ed è pure a Montebabbio e Ca- stellarano che abbiamo i depositi d’acque salmastre e dolci più recenti, che coprono immediatamente il conglomerato e la mo- lassa qual pesante mantello, caratterizzati come vedemmo dalle melamie e dalle nerite. Ma come sta coi due fossili che oggi ho avuto l’onore di pre- sentarvi, o signori? Tutti sanno che le Cicadee fossili apparten- gono alla creta, e nessuna fu trovata sin’ ora, che io mi sappia, in terreni terziarî in qualsivoglia parte del nostro globo, tanto nel nuovo che nell’ antico continente. Quindi le vostre, o non provengono da Montebabbio, o Montebabbio ascriver devesi non già al miocene, ma sibbene ad epoca più antica. Se si potesse prestar fede al signor Pio Mantovani che asserisce d’aver trovato gli ammoniti nel calcare a fucoidi interstratificato colle argille scagliose al monte del Vangelo nella mia parrocchia, sarebbe tosto deciso che sì il calcare a fucoidi, sì l’arenaria di Monte- babbio e Castellarano appartenessero alla creta. Ma io che sono sul luogo, e che ho rimuginato codesti terreni palmo per pal- mo, zolla per zolla, cento e mille volte, non ho mai avuto la sorte del signor Pio Mantovani di imbattermi contro ad un mi- nimo frammento di ammonite. Ho trovato nel calcare a fucoidi delle foladi, pholas rugosa (B.), delle vertebre di Oxirina, delle gorgonie, degli anellidi, dei rettili, e copia immensa di fucoidi; ma non ammoniti. Non solo non ho trovato questi a Montebab- bio e Castellarano, ma nemmeno in tutto il subapennino ed apen- nino settentrionale di Modena e Reggio. Vallestra, Pantano, Car- pineti, Montegazzo, Pietradura, Bismantova, Sologno, Cinque- cerre, Montese, S. Anna Pelago, che sono località eminentemente fossilifere non contengono traccia di ammoniti. Anzi dirò di più: levigata la roccia tanto celebrata e controversa di Bismantova, per attestato pure dello Scarabelli apparisce non esser altro che un impasto di frammenti di briozoi e madrepore, con. piccolis- simi nummuliti di specie quasi microscopiche, per cui è egua- Pi. } A q te, pa ta SCOPERTA DI UNA FAUNA E DI UNA FLORA MIOCENICA, ECC. 837 lissima litologicamente a quella della repubblica di S. Marino, del Sasso di Simone, della Vernia, ecc., ed appartiene al piano inferiore del miocene, e rappresenta da noi l’Acquitaniano o il Bormidiano, e non regge la distinzione fatta dal Doderlein del calcare di Bismantova dai conglomerati nummulitici. Che i due fossili poi in discorso, provengano esclusivamente da Montebabbio, e non da altra località, chiaro apparisce dal vedersi che tutti i terreni, lunghesso il Tresinaro, contengono solo qualche tronco di legno alcun poco carbonizzato, come le argille scagliose, il calcare cristallino di Pantano, ecc.; ma non contengono mai vegetali convertiti in carbonato calcare, siliciz- zati, agatizzati; è solo Montebabbio che ne contiene copia straor- dinaria, il che può vedersi ascendendo i rii fortemente incassati nelle sue arenarie in tempi di grosse piene, ad esempio, gli af- fluenti in Riazzone che bagna questa mia parrocchia. I coralli medesimi che stanno copiosissimi a Montebabbio non lascian dub- bio che anche le Cicadee non appartengano alla medesima for- mazione per alludere gli uni e le altre ad un identico clima. Arroge che le Cicadee non sono i soli fossili dell’arenaria in di- scorso, ed il rimanente della fauna e della flora, accenna evi- dentemente a formazione miocenica, e non mai cretacea. Nel dubbio finalmente che i due fossili non provengano da Mon- tebabbio, ma sibbene da altra località bagnata dal Tresinaro, osservo, che tutti i terreni bagnati dal Tresinaro, dalla sua ori- gine in Fellina a Scandiano, ove incomincia a scorrere in un letto perfettamente costituito da sponde artificiali, e non riceve più tributo di materiali grossolani da alcun affluente, si riducono a tre o quattro; argille scagliose interstratificate colle calcari a fucoidi, arenaria di Montebabbio e Castellarano, molassa di Val- lestra, giastra o calcare cristallino di Pantano, Carpineti, e Mon- tegazzo. Or bene, il mireaster latus (Agassiz) o pericosmus luxus (Doderl.), comunissimo a Vallestra, Pantano, Carpineti e Mon- tegazzo non lascia dubitare che tutte queste formazioni non ne costituiscano geologicamente una sola. La culcita globosa (no- bis) comunissima a Montebabbio, a Pantano, a Carpineti, a 838 À. FERRETTI, Montegazzo, e aggiungo anche a Montese nel Modenese, appalesa che tutte queste formazioni devono raccogliersi esse pure in una sola. Finalmente i resti di Oxirina, comuni alle calcari a fu- coidi e a tutte le località summentovate, ti dicono che tutte son membri di un’ identica formazione. La fauna poi di tutte queste località brillantissima è eminentemente miocenica, come vedrassi allorquando verrà fatta da me di pubblica ragione, il che spero. sarà prestissimo. Per cui sia che i fossili in discorso proven- ghino dall’arenaria di Montebabbio e Castellarano, sia dai cal- cari a fucoidi, sia dalla molassa di Vallestra, sia dal calcare cri- stallino di Pantano, Carpineti, Montegazzo, appartengono sempre al miocene, e non mai alla creta. | Nè si faccian le meraviglie per ciò. Quanti fossili non vi sono che sino ai nostri giorni si credettero di una sola età, anzi di un periodo di una sola età, ma che dietro accurate ricerche fu- rono trovati far parte di altre età, di altri periodi di tempi, per cui sparisce e vien meno tuttodì quella esclusività che si voleva attribuire a certi fossili, e quel mutarsi repentino e brusco delle faune e delle flore. Ma non potrebbe essere che i due tronchi di Cicadea in di- scorso appartenessero alla creta dell’alpi piemontesi e lombarde, e che fossero stati fluitati di là insieme alle materie cristalline che compongono i rilievi di Montebabbio e Castellarano? Oltrechè questo supposto porterebbe che le nostre Cicadee nell’epoca della creta, fossero state còlte tra via dai magma cristallini, allorchè questi in forma di lave fuori sgorgavano dalle bocche crateriche dei vulcani, e giù rotolavano per le sottoposte pendici, lasciando su quelle manifeste traccie di loro incandescenza; faccio riflettere che i due fossili in discorso non appalesano la ben che minima corrosione, il ben che minimo arrotondamento degli spigoli; in una parola il ben che minimo indizio di essere stati fluitati dalle acque, come ciò mostrano evidentemente i massi dei graniti. È dunque certo che le nostre Cicadee hanno vissuto prospere e rigogliose nei pressi di Montebabbio e Castellarano durante il miocene, unitamente a moltissime essenze lignarie, forse a cedri, | ; i SCOPERTA DI UNA FAUNA È DI UNA FLORA MIOCENICA, ECC. 839 a palme, che ombreggiavano i lidi di quei sterminati mari. Onde. la flora italiana miocenica viene arricchita di due, e forse di molte essenze che sino ad ora furono credute esclusivamente della creta. Studiando il signor Heer la flora scoperta presso Kome, nel golfo di Homenach in Groenlandia, ha trovato che componesi in massima parte di conifere, di cicadee e di felci. Facendosi poi ad osservare ove vivano e prosperino attualmente tali piante ha potuto conoscere che vivono e prosperano soltanto nell'Africa meridionale, nell’ India, nel sud America e nell’ Australia. Con- clude quindi che un clima caldo, un clima almeno sub-tropicale regnò in Groenlandia, in paesi cioè, in cui le terre sono in oggi sino al mare avvolte in un mantello di eterno ghiaccio. Per la scoperta dei due fossili in discorso, a cui può aggiungersi la co- pia immensa dei coralli e forse dei cedri e delle palme, possiamo dunque anche noi, appoggiati agli studi del signor Heer, con- chiudere che a Montebabbio nell’ epoca miocenica regnava un clima caldo, un clima a facies tropicale. Questa scoperta è fe- conda di molte altre. Sapendosi che la climatologia è legata alle accidentalità telluriche, e che quanto più un paese è uniforme, ivi la climatologia è costante e regolare; ed all’inverso che quanto più è accidentato e frazionato, ivi la climatologia è va- ria ed irregolare; quindi possiamo arguire che i terreni di questa nostra porzione d’ Italia, non erano così accidentati nell’ epoca miocenica, come li troviamo oggi, e che perciò in seguito a quel- l’epoca dovettero subire una parziale rivoluzione. E siccome non poteva esistere un clima a facies tropicale a Montebabbio atte- stato da una flora tropicale, senza alterare tutta la climatologia del globo, così dovevano essere meno accidentate le terre tutte quante del nostro pianeta, e per conseguenza tutte dovettero su- bire in seguito una generale rivoluzione. Onde i nostri continenti non sono i continenti del miocene. Sono l’opera di sollevamenti posteriori. ? Un clima a facies tropicale a Montebabbio fa inoltre supporre che poche fossero le terre emerse in quell’epoca, e moltissimi ed 840 A. FERRETTI, SCOPERTA DI UNA FAUNA E DI UNA FLORA, ECC. estesissimi i mari, sempre per la gran ragione che la tempera- tura è più regolare e costante sulla superficie uniforme delle acque, di quello che sulla superficie quanto più quanto meno, sem- pre però accidentata dei continenti. Il che vien confermato dai limiti della flora miocenica italiana settentrionale, centrale, che forse tutta riducesi alla flora dell’arenaria in discorso, essendo stato pur trovato dal Mayer che anche la formazione di Cadi- bona, che ha dato sì ricco tributo alla paleofitologia, consta di Nagelfluh e di marne che si assomigliano perfettamente all’an- tica molassa svizzera. S’ aggiunga inoltre che le alture princi- pali mioceniche del subapennino hanno i fianchi, e sin anco gli omeri coperti da depositi pliocenici, per cui in quest’epoca erano in buona parte sommerse. Quindi tanto più lo dovevano essere nel miocene a meno di non ammettere ne’ continenti che furono, un’altalena, un su e giù, un saliscendi continuo, quanto co- modo al geologo, altrettanto destituito d’ogni verosimiglianza. Fu- rono quelle poche cime che a guisa di tanti isolotti o scogli sporgendo dall’onde in qua ed in là lungo la linea del subapennino, poterono col tempo vestirsi di conifere e di Cicadee; le quali poscia travolte dall’acque torrenziali, o ingojate dal mare colle terre su cui lussureggiavano, vennero sepolte nei bacini o seni di mare in prossimità alle terre, ove si mescolarono colle ostri- che, colle foche, cogli echinidi, e cogli innumerevoli coralli, for- mando uno di quei tarti depositi poligenici litorali, sì comuni eziandio pur oggi alle spiagge dei nostri mari. LE TERREMARE DEL MODENESE. MEMORIA DEL Cav. avv. ARSENIO CRESPELLANI. (Modena 1.° settembre 1878.) I monumenti che oggigiorno destano maggior interesse negli archeologi sono certamente le terremare, che, formando una specialità monumentale delle provincie emiliane, * meritavano e meritano di essere attentamente studiate dai terrieri, tenendo . calcolo esatto di ciò che presentano tanto in analogia cogli al- —_ rs tri monumenti dell’ Emilia, quanto nelle differenze con essi; e fu per questo che sino dal 1856, come dilettante di studî archeolo- gici, mi dedicai all’esplorazione delle terremare modenesi, spin- tovi anche dalla lettura di quello che ne dissero, nei loro scritti, il mio prozio don Domenico nel 1807 ed il mio avolo dottor ur rca e Me Arcangelo nel 1822;° raccogliendone la serie dei fatti che verrò brevemente esponendo. î Le terremare sono una specialità della nostra Emilia: nessun’altra fra le pro- vincie italiane ha dato, che io mi sappia, consimili monumenti; poichè non si possono confondere le modenesi con quelle dei laghi. ? CRESPELLANI Don DOMENICO, che aveva preso il pseudonimo di Crispo Ciriaco, in un suo manoscritto dell’anno 1807, parlando delle antichità scoperte a Savignano, tratta delle terremare o marne di Sant’ Anastasio e di Castiglione, da poco scoperte i e sfruttate per concimare i prati. Ne riparlava poi nel 1825 nelle Dissertazioni: Castel Feroniano, inserite alla pag. 27, della Nuova collezione di opuscoli scientifici, edita in Bologna: e Sulla città Sabiniana a pag. 163. CRESPELLANI dottor ARCAN- GELO, tratta esso pure delle terremare o marne nel suo opuscoletto Sulle marne nostrane, edito in Modena nel 1822, 842 A. CRESPELLANI, POSTURA DELLE TERREMARE. Sedici sono le terremare, che il popolo modenese ha chiamato e tuttora chiama marne,' scoperte per ora nell’ antico agro mo- denese ristretto fra i torrenti Samoggia e Secchia, e che per il | loro giacimento topografico possono così ripartirsi: nove sull’alta collina a metri 130 in media dal livello del mare e sono: Baz- | zano, Sant’ Anastasio, Castiglione di Marano, Trinità, Cà dei | Monesi, Monte Barello, S. Pietro in Isola, Gaiano e S. Marco; cin- que sull’altipiano dei colli, superiormente alla via Emilia, deno- i minate: Gorzano, Formigine, Montale, Casinalbo e San Lorenzo; | due, inferiormente alla medesima, coi nomi di Sant'Ambrogio e ; Redù. La maggiore altezza fra le modenesi l’abbiamo a Gaiano che | elevasi a metri 150 dal livello del mare, e la minore a Redù che Ì è a metri 30 dal livello stesso.? Le prime, e sono in maggior numero, coprono cocuzzoli di collinette; quelle dell’altipiano dei colli, o nel piano InISRRrSE mente alla via Emilia, elevansi per quattro o cinque metri a. foggia di monticelli dalla superficie odierna dei campi o sono È in luoghi alti ed asciutti; e tutte indistintamente si adagiano | sopra terreni post-pliocenici; il che fa conoscere come gli au- tori delle terremare preferirono i luoghi salubri ed arieggiati ai _ malsani e palustri della bassa pianura, che in allora figurava com- | pletamente spopolata.* ! Tale denominazione di marne è sempre stata data e si dà tuttora dal popolo Mo- | denese alle ferremare, vocabolo nato col Congresso di materie preistoriche che si tenne in Bologna nel 1871, e furono così dette dal popolo per la loro proprietà fer- È tilizzante che le rende analoghe alle marne in senso geologico. i 2 Avrei desiderato poter dare con esattezza l'indicazione precisa del livello di cia- | ‘seuna terramara, ma mi mancano ancora gli studî di alcune dell’ altipiano e del colle; tuttavia ho creduto sufficiente, per darne un’idea, l’indicare le due estremità, cioè la maggiore e la minore altezza dal livello del mare. Lg ® Inferiormente a Nonartola e nella vera pianura circumpadana, tranne il rialzo della strada antica Colicaria, vi scarseggiano persino i ruderi di epoca romana; il che fa conoscere che soltanto molto tardi i terreni cireumpadani furono adatti ad es-. sere abitati. Veggasi il LOMBARDINI, Della condizione idraulica della pianura Sub- Apennina. LE TERRKMARE DEL MODENESE. 843 Ora passando a parlare partitamente di ciascuna terramara, "dirò che quella: | Di Bazzano, copriva la sommità della collina sulla quale stanno la chiesa parrocchiale colla canonica, e sebbene danneg- | giata da siffatte costruzioni e non restasse del cumulo che 1’ ul- timo strato dello spessore dai 50 ai 70 centimetri, tuttavia ne- gli scavi che vi furono praticati nel 1874 in occasione di riforme nell’interno della canonica, si levarono circa 40 metri cubi di terriccio marnoso, dal quale si raccolsero stoviglie ed oggetti ‘in copia tale, da potersi stabilire con certezza, che i materiali ‘componenti quest’ammasso marnoso non differiscono dagli altri ;° e dai copiosi frantumi di legno, sembra che avesse la palafitta, sebbene posta sulla cima del colle. Fra gli oggetti figurano: un fondo di vaso rozzo del diametro di cent. 27 col segno della croce nell’interno a cordoni rilevati, ed un bellissimo martello di corno di cervo. Nel 1873 fu scoperto, a poca distanza dai resti di questa terramara, il pozzo costrutto con mattoni sagomati a segmento di cerchio, contenente una preziosa SEDIREniao rituale colle sigle arcaiche.” Di Sant’ Anastasio, in Savignano sul Panaro, formava il cocuzzolo, di un diametro di metri 104 e per lo spessore in me- dia di metri 3,’ del colle così denominato, perchè sul cumulo ! Bazzano, grosso paese della provincia di Bologna, sul colle; capo-luogo di Man- damento ed oggigiorno in confine al Modenese a cui apparteneva prima del Lodo di papa Bonifazio VIII, che nel 1299 scostò dalla Samoggia i confini del territorio di Modena. — Bazzano, anticamente Buxo e Busseto. — TrraBoscHI, Diz. Top. ? Resta ancora buona parte di terriccio sotto la sagrestia e nel piazzaletto presso alla torre della chiesa parrocchiale. 3 Il pozzo aveva la croce formata da due travi che tenevano fermo un coperchio di legno: sotto trovaronsi una misura lineare e vasi in legno, un centinaio di vasi in terra cotta ed undici di bronzo, lavorati stupendamente. Vedi il mio opuscolo: Del sepolcreto e degli altri monumenti antichi scoperti presso Bazzano. Modena, 1875. 4 Savignano sul Panaro, comune del Modenese, in destra del torrente Panaro, con- fina a levante col comune di Bazzano bolognese. AMATI, Dizionario corografico d'’ Italia. 5 Per errore di stampa nell’opuscolo Marne Mod., fu dato a questo cumolo il dia» metro di metri 164. 844 A. CRESPELLANI, sorgeva la chiesa di S. Anastasio col cimitero di prima epoca cristiana che aveva tumuli con embrici a capanna, monete del basso-impero e scheletri sepolti nello strato di terreno comune dello spessore di uno ai due metri, che ricopriva la sommità della terramara.! Ai piedi dell'ammasso marnoso estendesi il sepolcreto di com- busti, in relazione a quelli di Villanova, di Bologna degli scavi Arnoaldi e Benacci, di Bazzano, di Golasecca e di altri scoperti nella Lombardia, e che per usare un solo vocabolo chiamerò prero- i mani.’ Fu in questo sepolcreto che trovaronsi, presso a quattro tombe rivestite del ciottolato a secco, il deposito di 96 paalstab od accette in bronzo, deposte in piena terra, affatto nuove per l'ottima loro conservazione e l’una sovrapposta all’altra da for- mare un rettangolo, alto centimetri 18, lungo centimetri 34 e largo 18;° e nell’anno 1875 l’orlo di un vaso colla marca \MI1I11, colla particolarità che il grande deposito di oggetti in bronzo, sco- | perto a Bologna nel piazzale di san Francesco nel 1877, non solo contiene esemplari di paalstab od accette simili alle savi- gnanesi, ma alcuni ve ne sono marcati colla stessa prima espres- | sione numerica dell’orlo di vaso, mettendo così il sepolcreto di | Savignano e gli altri congeneri in pigna relazione coi monu- | menti arcaici di Bologna.* | Di Castiglione di Marano, sulla riva destra del Panaro. * Tutte le terremare modenesi presentano questa caratteristica di essere state co- 8 perte alla superficie ed ai fianchi di uno strato di terreno per opera dell’uomo, che può fissarsi in media dello spessore di un metro per la superficie non così per quello — dei fianchi che varia molto, essendovene alcune che all’esterno sembrano rotonde o ì grandi semisfere, ma nell'interno sono invece rettangolari. | 2 Questo è il vocabolo con che in generale dai dotti archeologi sono indicati i se- 4 polcreti del periodo di Villanova, ecc. ® Ne ho corrette le misure, calcolate inesattamente nell’ altro mio lavoro: Strada L| Claudia alle radici dei colli mod., ecc. i 4 Avv. BORTOLOTTI, Spicilegio epigrafico Modenese, pag. 121, num. 186. — E questa © espressione numerica è pur ripetuta nei vasi di Villanova (Ch. GOZZADINI, La Nécro- poli de Villanova, pag. 52); e sulla Cista trovata nel 1817 alla Traversa di Bazzano | a chilometri 10 da Savignano (Ch. prof. ScHIASSI, Sopra una Cista mistica, pag. 7). è 5 Castiglione di Marano, frazione di Savignano sul Panaro, di fronte all’antico ca- | stello di Marano. AMATI, Dizionario corografico d’ Italia. — TrrABoscHI, Diz. Top. | Mod., tomo II, pag. 15. f° I "N ] e ; Î "i LE TERREMARE DEL MODENESE. 845 Ha forma di rettangolo della lunghezza di metri 114, larghezza 64, | spessore 3, in media. Si adagia sullo strato delle ghiaie Ffmia | ne, che in quella località forma la superficie coltiva dei campi; | è ricca di oggetti in osso ed in bronzo, e di Liza ultimo si rac- colsero due spade.’ Della Trinità, sulle colline di Campiglio:? copriva la cima di un colle ed aveva forma rettangolare, della lunghezza di me- | tri 97, larghezza 74, spessore 2 in media. L’ attorniano ruderi di epoca romana.” Di Cà dei Monesi, sulle colline di Castelvetro: differisce dalle altre perchè deposta entro tre fosse, distanti le due prime metri 32 l’una dall'altra, aventi forma quadrata di metri 3 e centimetri 40 per lato, profonde metri 1,50 e coperte alla bocca con un selciato di ciottoli a secco levati dal vicino torrente Guerro; la terza aveva forma rettangolare, della lunghezza di metri 18, larghezza 10, spessore 3, ed era distante metri 160 dalle altre due. In queste fosse non si rinvennero traccie di palafitte. Di Monte-Barello, sui colli di Castelvetro come la prece- dente:° copriva il cocuzzolo del monticello per un diametro di metri 145 e per lo spessore di metri 2 e centimetri 59. Aveva di particolare una serie di pozzetti, ricolmi di terriccio marno- so, disposti in doppia fila e coperti nel fondo ed alla bocca di sassi disposti intenzionalmente. Vi si rinvennero anche due sche- letri umani: uno aveva intorno al capo una specie di aureola, formata da fusaiuole inframmezzate da gusci di helix pratensis ; 2 1 CAVEDONI prof. C., Indicatore Mod., anno II, pag. 13. ? Frazione del Comune di Vignola nelle colline in sinistra del Panaro: questa lo- calità è detta anche Castelletto. 3 CRESPELLANI, Marne modenesi, pag. 12. 4 Castelvetro. Vedi TrRABOscHI, Diz. Top. Mod., pag. 186, del tom. I. — AMATI, Dizionario corografico d’Italia. 5 Castelvetro ha il territorio gremito di ruderi antichi, poichè oltre alle due terre- mare di Cà dei Monesi e di monte Barello ha il sepolereto preromano alla Galassina, altri sepoleri misti ai romani alla Gnana, estese e ricche rovine di fabbricati a Rola, a Colecchio, ad Ariano ed in altri luoghi che fanno corona al castello medio-evale. Vedi Carta archeologica del Modenese del Crespellani. 846 A. CRESPELLANI, l’altro l'aveva di prette fusaiuole. Lungo gli scheletri una quan ni tità di ganasce di pecora. Vicino a codesto ammasso marnoso vi sono avanzi di pra di combusti, misti ad altri di epoca romana, e copiose rovine di fabbricati romani.* Di San Marco, a chilometri due dal paese di Sassuolo, presso Ponte Nuovo. Ha forma rettangolare e giace a metà costa della collina che costeggia la strada provinciale. Presso ad essa vi sono traccie di tombe di combusti di epoca preromana. Le suddescritte terremare sono sulla linea di un'antichissima strada di cui ignorasi il nome nei periodi etrusco e gallico, e che nel periodo romano fu probabilmente detta Claudia. Essa partendo da Bologna costeggiava le colline bolognesi, modenesi, reggiane, perciò lungo alla medesima vi sono i sepolcreti preroma- ni di Bologna, di Crespellano, di Bazzano,® di Savignano,* di Ca- stelvetro,° ecc., e chi sa quant’altri ancora nascosti, non curati, distrutti per lo passato, i quali unitamente alle terremare e alle. rovine di fabbricati, indicano i luoghi lungo la linea suddetta, ove anche nel periodo romano sorsero vichi o borgate, come può vedersi pel tratto modenese nell’unita Carta archeologica.’ Le altre due poste sull’ alta collina sono a destra del tor- rente Tiepido; la prima a San Pietro in Isola, vicina alla Chiesa parrocchiale, a ridosso della collina, senza traccie di pala- fitta e prossima alle rovine di esteso fabbricato di epoca romana con pozzo costrutto in mattoni a segmento di cerchio;° la se- 1 CRESPELLANI, Opuscolo Marne modenesi, ecc. pag. II-12. 2 GozzapINI, Di alcuni sepolcri della Necropoli felsinea. — Intorno al alcuni se- | poleri scuvati nell’ Arsenale militare di Bologna. — Intorno agli ‘scavi archeologici | fatti dal signor A. Arnoaldi Veli. Bologna, 1877. — CRESPELLANI, Del sepolcreto e degli altri monumenti antichi scoperti presso Bazzano. 3 CRESPELLANI, Di un sepolcreto pre-romano a Savignano sul Panaro. 4 Ch. mons. CAvEDONI, Annal. Ist. Corr., 1842, pag. 67-82. — CRESPELLANI, gior- | nale, Il Panaro, 23 maggio 1874. 5 La Carta archeologica dimostrativa si ommette per viste economiche della Società. % 6 E a desiderarsi che venga esplorato quanto prima coll’ altro della terramara di _ Redù per accertarsi se contengono le stoviglie rituali come quelli delle terremare di — SA Rn o SITI TEOR SEE bo LE TERREMARE DEL MODENESE, BAT “conda a Gaiano, sul pendio del monte, che occupa fra le mode- nesi, come ho detto, il luogo di maggior altezza dal livello del mare; ha forma rettangolare, non presenta resti di palafitta ed ha nelle vicinanze reliquie del periodo romano. Per le terremare poste nell’altipiano della collina superior- mente alla via Emilia e per quelle del piano inferiormente alla | medesima dirò brevemente che quelle di: Gorzano, in sinistra del Tiepido, elevasi dal suolo odierno | dei campi per metri cinque a forma di monticello rettangolare . della lunghezza di metri 100, larghezza 70 e spessore in media . di metri 3, adagiandosi sullo strato delle ghiaie diluviane che è più alto dei terreni. Essa è coperta alla sommità di uno strato . formato dalle rovine del distrutto castello medio-evale, dal ci- | mitero cristiano," da avanzi di epoca romana, e nei fianchi da o un rivestimento artificiale di terreno comune, levato dalla vicina ; campagna, od argine che voglia chiamarsi, che s’addossa all’acervo | marnoso. Specialità sono le fusaiuole d’ ambra ed il pozzo col rivesti- | mento a mattoni semi-circolari.” i Formigine, a due chilometri sud-ovest del paese, nella pos- | sessione detta Cappuccina. Di questa non rimane che la fossa, incavata nel terreno, che mostrasi di forma rettangolare e di di- | mensioni assai più ristrette di quella di Gorzano. Dai pochi cocci i ed oggetti che ho potuto raccogliervi non differiva certamente È dagli altri cumuli marnosi del Modenese, che rivelano un sistema | costante nella loro conformazione e nei materiali che li com- | pongono. | Bazzano, Sant'Ambrogio e Gorzano. CRESPELLANI, I pozzi delle Terremare modenesi. | Vedi Gazzetta Ufficiale del Eegno, N. 27, pag. 1481; e Giornale il Panaro, 30 aprile i 1679. Î * Parecchie delle terremare modenesi hanno sul cumulo chiese parrocchiali anti- i chissime e cimiteri cristiani, e sono: Bazzano, Sant Anastasio, Castiglione, Gorzano, i Montale e Casinalbo. | 8 Di questa terramara il prof. FRANcESCO CoPPI ne ha pubblicata un’ esatta Mo- | nografia ed Iconografia, divisa in tre parti, stampata in Modena negli anni 1871 1 1872, 1874, con 82 tavole. 848 A. CRESPELLANI, | Montale, posto a destra del torrente Grizaga, con sopra | chiesa, canonica ed altri fabbricati parrocchiali. Fu visitata, nel 1871, dagli illustri scienziati intervenuti a Bologna pel Congresso — di scienze preistoriche, e nel 1877 ne è stato intrapreso uno | scavo regolare dall'onorevole Municipio di Modena.' Aperta la trincea, tagliando verticalmente il lato settentrio- | nale della terramara, si rinvennero: uno strato di terriccio mar- | noso dello spessore di centimetri 40 che coprendo il sotto-suolo inoltrasi sotto l’argine; sopra a questo strato sorge l’argine, o |. rivestimento che voglia chiamarsi, dello spessore alla base di metri 16, che innalzandosi irregolarmente raggiunge lo strato | superiore che copre tutta la sommità della terramara. Questo | strato superiore della potenza in media di un metro, contiene i avanzi rom ani e scheletri umani; quello dei fianchi od argine, | mostra traccie di lavoro intrapreso in più volte. L’ammasso mar- | noso interno si adagia sopra lo strato superficiale odierno dei È campi ed è al livello della loro superficie, se non è più alto. Ha _ una palafitta che partendo dall’argine mostra estendersi verso il | centro del cumulo, alta 50 centimetri dal sotto-suolo, di modo | che la maggior parte del cumulo trovasi sulla testa dei pali | omogeneo, non rimaneggiato per successive costruzioni, per lo | spessore di metri 2 ed 80 centimetri. Da questa apertura sem- | bra che il vero cumulo marnoso avesse la forma rettangolare, | come quello di Gorzano ed altri, ridotto poi a forma di disco i dai rivestimenti fattivi per opera dell’uomo levando il terreno | dai vicini campi.” j Specialità di questa terramara si è quella di aver dato due | fusaiuole d’ambra nel 1871 ed un granello da fibula nel 1877.° & ' Anche nel 1871, in occasione dell’escursione degli scienziati a questa terramara, fu- _ rono fatti diversi assaggi che fruttarono buona messe d’oggetti raccolti nel Museo civico. _ 2 Non è ancora stato eseguito il rilievo topografico della terramara, ma vedesi anche | a colpo d’occhio che il sottosuolo su cui dessa basa, è più alto dei campi attigui che vennero appunto ribassati levando il terreno necessario a rivestire il cumulo marnoso. È 3 Specialità che ha comune con quella di Gorzano che ha somministrato due fu- saiuole d’ambra (Vedi Monografia, ecc., di Gorzano del prof. CoPPI, pag. 84), ed al- È tre si potrebbero trovare nei diversi cumuli modenesi, ove:gli scavi fossero eseguiti — con diligenza. LE TERREMARE DEL MODENESE. 849 A cento metri circa da questo monticello vi sono traccie di sepolcri preromani, dei quali nel 1875 fu esplorato un pozzo col rivestimento a ciottoli a secco, come quelli della Certosa di Bo- logna, che, frugato per lo passato, non offerse che pochi fram- menti del cinerario e di altri vasetti componenti la suppellettile funeraria, e nel 1876 altre tombe scoperse il torrente Grizaga corrodendo la sponda sinistra. Casinalbo, a chilometri 7 da Modena, formava un rialzo dello spessore in media di metri 3, a foggia di mammellone sul quale stanno ancora la chiesa parrocchiale col vecchio cimi- tero ed altri fabbricati. Fu in gran parte levata negli anni : 1872 e 1873, fornendo buon numero di oggetti raccolti nel Mu- «seo civico di Modena, ed in allora non si videro traccie di pa- i lafitta. «__ Gazzade o San Lorenzo, luogo del Comune di Castel- nuovo Rangone; ha forma rettangolare ed un massimo spessore di metri 1,80, causato dall’essere stata probabilmente spianata al suolo la parte superiore del cumulo per agevolare la coltiva- zione dei campi. Fra gli oggetti che vi raccolsi nel 1877, figura un bellissimo pugnale tutto in bronzo, ottimamente conservato, col manico terminato a foggia di fau. Lunghezza totale centimetri 15, lama a due tagli con costola longitudinale nel mezzo. È nuovo per le terremare modenesi. sant’ Ambrogio, prossimo alla via Emilia, a 6 chilometri da Modena; così denominata perchè vicina al ponte di Sant'Am- brogio sul Panaro. Essa è continuamente travolta dalla corrente del Panaro e non si scava che nel tempo della massima magra delle acque nel letto del torrente, perciò nulla può dirsi di certo sulla forma, spessore ecc.; gli scavatori però dicono che è deposta in fosse rafforzate da pali. | Questo cumulo ha speciale caratteristica di contenere una quantità straordinaria di frammenti di legno e di semi di vege- tali, a preferenza degli altri tutti del Modenese, che in generale ne scarseggiano; e questa particolarità credo si debba probabil- Vol. XXI 54 850 A. CRESPELLANI, | { i mente ascrivere alle ug subìte dal cumulo per trovarsi È alle porte di Modena romana.’ de Da ultimo quella di Redù, detta Salimbeni dal cognome degli attuali proprietarî, è posta a chilometri 4 dal paese di Nonantola.® Presenta in media uno spessore di un metro, l’esten- sione di circa mezzo ettare, e non è coperta dal solito strato di terriccio comune levato dalle vicine campagne; specialità que- ste che ritengo derivino dall’abbassamento subìto, nei secoli scorsi, dalla parte superiore del cumulo, adeguato al suolo per adattare il terreno ai bisogni rurali, come fecesi per quello della vicina località, detta Rastellino, negli anni 1872 e 1873. Questa terramara trovasi, come ho detto, alla minor altezza del livello del mare, e fisserebbe per ora il limite dell’abitato nella pianura modenese nel periodo del bronzo, poichè nel re- stante piano sino al fiume Po, e così per una linea a volo d’uc- cello di 38 chilometri, non ho notizia che siansi scoperte ter-. remare. A sedici pertanto si riducono, per ora, le terremare scoperte nell’antico agro modenese e tutte dell’epoca del bronzo, poichè con esse non devono confondersi, come si è fatto in alcuni dei primi lavori sulle terremare modenesi, i terricci fertilizzanti delle località dei (razzoli a Magreta, di Cittanova e di Nonantola, de- rivanti da sepolcreti e da rovine di fabbricati d’epoca romana e medio-evale che ne differiscono totalmente, raccogliendosi in essi mattoni, embrici, monete e frammenti di vasi dei periodi ro- mani e medio-evali. 1 Modena romana estendevasi al levante ed ai meriggio della città moderna, ed il chiarissimo Cavedoni opinava giungesse sino alla così detta Fossalta (Fossa-alta) pros- — ; sima al suddetto cumulo marnoso. Vedi TIRABOSCHI, Dizionario Top. Mod. ? Nonantola trovasi a nove chilometri da Modena; e la possessione detta la Puglia ove è la terramara (di proprietà dei signori conti Salimbeni), a quattro chilometri da Nonantola in sinistra della strada che conduce a Redù. Ho creduto poi utile l’in- dicare che le terremare sono attorniate e spesso coperte da reliquie di epoche di- verse perchè non si credesse fossero monumenti isolati e totalmente indipendenti. LE TERREMARE DEL MODENESE. 851 MATERIALI COMPONENTI I CUMULI MARNOSI. I materiali componenti i cumuli marnosi sono: terra, cenere, carbone, stoviglie frammentate, oggetti in bronzo e in osso, ossa di bruti, gusci di molluschi e ciottoli. Stoviglie. — Le stoviglie delle terremare sono fabbricate a mano, cotte a forno aperto, e moltissime hanno sofferto un fuoco così intenso da rimanerne vetrificate, sformate, e leggere in modo da galleggiare poste sull’acqua. Formano due ben distinte clas- si:' una rozza, fina l’altra, che differiscono fra loro per impa- sto ceramico, per forme, per ornati e per colore. . La classe rozza ha stoviglie di un impasto ceramico impuro, gremito di granelli di calcare e di quarzo, pareti di spessore ir- regolare, dal centimetro di grossezza al mezzo centimetro in me- dia, ed in complesso di uno stile robusto, negletto e grossolano. Le forme predominanti sono quelle delle nostre pentole co- muni o di cono tronco rovesciato colla base in alto, orli molto espansi e fondi piatti. Gli ornati sono per lo più sporgenti, cioè a mezzo rilievo, formati con cordoncini aggirantisi in mille guise o con tubercoli disposti bizzarramente. Il loro colore s’attiene al rossiccio ed al bigio, ed hanno la caratteristica speciale che, spezzandole, mostrano tre zone, scura l’interna e rossiccie le due esterne; appunto come quelle dei sepolcreti di Villanova, Bolo- gna, Bazzano, Savignano, Golasecca, ecc. A questa classe appartiene la svariata e numerosa serie dei vasi piccolissimi che trovano riscontro soltanto nella suppellet- tile funeraria, chè invano si cercherebbe per loro un posto ne- gli usi domestici. La classe fina ha impasto ceramico omogeneo, depurato dalle materie più grosse ed eterogenee, pareti sottili e tirate a puli- mento tanto nell'interno quanto nell’esterno. Le forme predomi- i Le stoviglie delle terremare potrebbero dividersi in tre classi, come scrissi nel- l’opuscolo Marne mod., ecc.; tuttavia mi sono limitato a due soltanto, come quelle che colpiscono direttamente chiunque visiti una Collezione di terremare, 852 A. CRESPELLANI, nanti sono Quelle della ciotola a fondo ombellicato o a forma di — ‘cono tronco rovesciato ed a fondo piano. Gli ornati sono comune- mente a graffito tanto all’interno quanto all’esterno del vaso, ed È hanno la caratteristica speciale delle anse a corna! e semi-lunate, | i di un bel colore nero, talvolta lucido. La particolarità di trovarsi costantemente in tutte le terre- mare le due suddette classi di stoviglie ben distinte cogli stessi ornati, forme, colori ed. impasti ceramici, danno alle medesime un'impronta rituale. Bronzi. — Moltissimi dei bronzi delle diverse terremare sono. rappresentati nel grande deposito della fonderia di Bologna, sco- perta nel piazzale di san Francesco nel 1877, che trovati uniti. a quelli delle necropoli preromane dell'Emilia, mostrano come siano cose nostre ed appartengano alla stessa epoca, rannodando così. i rapporti che esistono fra le marne o terremare ed i sepolcreti arcaici emiliani. Le rotelle di bronzo a più raggi, col mozzo allungato, simile nella forma a quella figurata nella tav. 10, n. 147, unita all’ opuscolo: Marne modenesi, ecc.; gli ornati ed i dischi formati da più giri di filo di bronzo, fig. 4, della tav. IMI della Monografia di Gorzano, trovano corrispondenza in quelli della raccolta Nardoni e del Museo capitolino in Roma, provenienti. dagli scavi dell’ Esquilino; gli spilloni da fibula, gli aghi crinali e tant’altri oggetti trovano raffronto nel sunnominato ripostiglio | di Bologna. i Oggetti in osso. — Sono comunissime le spatole, le fusniuolé i e gli spilloni; rari i pettini, le rotelle, le ascie, le freccie ed i punteruoli, per lo più in corno di cervo. 1 Anse a corna o semi lunate, sono state trovate negli scavi di Roma all’ Esquili- no; e la loro presenza in detto luogo è stata attribuita al commercio esistente fra i popoli Emiliani e quello dei Sette colli. (Vedi il dotto lavoro del chiarissimo signore MICHELE STEFANO De-RossI, Copioso deposito di oggetti arcaici, ecc. Roma, 1878, pag. 16 e seguenti.) Aggiungerò che altri oggetti degli scavi di Roma fanno testimo- nianza del suddetto commercio e sono le rotelle in bronzo, i paalstad, la suppellettile funeraria del Museo Capitolino e della bella ed interessante raccolta dell’illustrissimo signor Leone Nardoni, che visitai lo scorso anno durante il mio soggiorno in Roma. 2 Ing. ZANNONI, Bullettino di Paletnologia, anno terzo, gennaio 1877. — £iposti- glio di bronzo dell’età di Villanova in Bologna. — Ch. conte GOZZADINI, Note sur une cachette de fondeur ou fonderie è Bologne, 1877. E TERREMARE DEL MODENESE. 855 Ossa di bruti. — Comunissime in tutte le terremare sono le ossa di bue, pecora, capra e maiale. Piuttosto rare quelle di cane e di cavallo. Rarissime poi quelle di asino, di gatto, di vo- latili, specialmente gallinacei, e di pesci. Gusci di molluschi. — Le valve degli Unio pictorum, non fos- sili, trovansi indistintamente in tutte le terremare del Modenese, dalla cima al fondo dei cumuli, e le valve di fossili di varie spe- cie di molluschi, perforate da sfregamento, sono piuttosto rare. Ciottoli. — Ciottoli appianati, detti macine; macinelli; coti da affilare coltelli; moltissime quarziti in ciottoli. Armi di pietra. — Cuspidi di lancia e coltelli (rarissimi); ascie in giadite ed in serpentino verde.’ APPENDICE. A complemento delle notizie sui periodi preistorici nel Mode- nese, aggiungerò una sommaria indicazione dei luoghi che hanno offerto avanzi dell'industria litica, e sono: Bellaria, posta a destra del torrente Samoggia in prossi- mità del paese di Bazzano, che in un’estesa spianata sulla cima d’un colle ha somministrato larga messe di freccie, di coltellini, di selci romboidali, di nuclei e di scaglie, rifiuti dell’industria, sparsi sul suolo senza traccie di abitato e dei pasti dell’uomo.’ Castelvetro e Fiorano, sulle colline modenesi, che in più luoghi ed alla superficie dei campi hanno dato freccie e coltelli, i quali per essere stati raccolti in più volte ed a non brevi di- stanze fra loro, possono assegnarsi alla categoria degli oggetti sparsi.‘ Sassuolo, nella collina detta Pescale, a destra del torrente 1 Tutte però molto rare. 2 À. CRESPELLANI, Annuario della Società dei naturalisti di Modena, anno VIII, fascicolo I, con una tavola. — CASINI Toxmaso, Bullettino di Paleontologia italiana, anno III, luglio 1877. ® A, CRESPELLANI, Gazzetta di Modena, 1875, N. 343, — Atti e Memorie della I. Dep. dell’Emilia, vol. III, nuova serie, 1878. 854 A. CRESPELLANI, LE TERREMARE DEL MODENESE. Secchia, che oltre ai coltellini, alle selci romboidali ed alle frec- cie, mostra ancora sul suolo frammenti di stoviglie ed ossa di bruti, avanzi dei pasti umani.' Spilamberto, sull’altipiano delle colline castelvetresi, che ha fornito freccie sparse qua e là pei campi, da dimostrare ser- vissero per la caccia. Formigine, che nella villa dell’ illustrissimo signor conte Luigi Gandini,” ha offerto una fossa contenente resti dell’indu- stria litica misti a cocci di stoviglie e ad ossa di bruti; freccie e coltelli, e due bellissime ascie di pietra verde cospersa di granati, del tipo delle affaniti dioritiche, sparse alla superficie del suolo,° di modo che anche il Modenese mostrasi abitato dall’uomo du- rante il periodo della pietra. 4 Prof. CANESTRINI, Annuario citato, 1867, pag. 189. ? Cav. CARLO BonI, Annuario dei Naturalisti citato, anno VI, pag. 228. — CRE- SPELLANI, Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia patria dell’ Emilia, nuova serie, vol. III, 1878, con tavola illustrativa. ° Siffatte pietre o roccie delle Ascie, trovansi nelle Alpi occidentali. INTORNO ALL’ANGUILLULA INTESTINALIS PARASSITA DELL’ UOMO. NOTE ZOOLOGICHE E MEDICHE* dei Dottori Grassi B. e PaRrONA C. in Pavia. Nell’esame microscopico di feci umane ci siamo avvenuti in embrioni vivi e già usciti dall’uovo, simili a quelli d’anchilo- stoma; a differenza di essi però mostravano chiarissima traccia dell'organo genitale. Dopo di aver constatato che si trovavano già nelle feci tuttavia calde, basandoci sulle circostanze che essi non vennero riscontrati mai in Germania là dove manca pure l’anchilostoma, e che li incontrammo sempre assieme ad uova d’anchilostoma, siamo venuti nell'opinione che a questi potes- sero appartenere. Tale nostra opinione però non ci lasciava tranquilli; se si tenea vera, lo sviluppo dell’anchilostoma duodenale veniva a dilungarsi da quello del trigonocephalus esaminato dal Leuckart: lo che ci portava ancora a dubitare delle osservazioni dell’egregio Leuckart; il quale, come l’esperienza ci ha insegnato, è tanto acuto quanto scrupoloso osservatore. Epperò esitavamo; e crebbe l’esitanza quando, moltiplicando le osservazioni, incontrammo parecchi casi di feci che, certo certius, offrivano soltanto embrioni, del resto numerosissimi: e crebbe * Un esteso lavoro su tale argomento venne dagli Autori pubblicato nel vol. III dell'Archivio per le scienze mediche, con 1 tavola. 856 GRASSI B. E PARONA C.; - ancora poichè ci venne dato fissare di sicura scienza che, quando — erano associate, le uova di anchilostoma, tra le sue uova e gli | embrioni mancava sempre l’anello, cioè mancavano le uova con | embrioni, chè tutte erano soltanto in segmentazione o in rari casi — non per anco segmentate. | | Nè venne a farci ricredere la coltivazione degli embrioni dac- chè, invece di convertirsi in larve di anchilostoma si allungarono soltanto, perdettero ogni traccia d’organo genitale, l’esofago si 9 estese fino a metà della lunghezza dell'animale e più oltre non | andarono. ; | Ne porgemmo ad un cane: dopo due mesi l’animale venne sacrificato sull'altare della scienza, ma fu un sacrificio ad essa inutile. Tentammo ripetutamente gli antelmintici, ma pur troppo i nostri tentativi non riuscirono che vani tormenti per i poveri pazienti. Si gareggiava: la natura a celare gelosa il proprio segreto; — noi per istrapparglielo. Il problema, davvero, meritava una soluzione. Contavamo meglio di 15 individui le cui feci fornivano perennemente embrioni, ed in alcune erano tanto numerosi che in un campo di microscopio H. coll’obbiettivo 4 e coll’oculare 2 se ne distinguevano chia- rissimamente 405; a tale che alcuni individui fornivano quotidia- namente forse 2 milioni di embrioni. Dubitammo un istante che essi fossero nell'acqua potabile. Ma numerose ricerche sulle bevande, estese dappoi sui cibi e sui farmaci diedero risultamenti negativi. È però vero che a Ca della Terra, in vicinanza di Pavia si beve non di rado un’acqua che passa sovra feci, nelle quali formicolano gli embrioni da noi stu- diati e che traversa fanghiglia dove sono embrioni ad essi del tutto eguali. Questo fatto però che valeva eccezionalmente per Ca della Terra e che vale per spiegare l'origine degli embrioni, ammesso che i loro genitori siano per esempio vermi analoghi agli altri nematodi umani: questo fatto, dico, non poteva valere per malati da mesi e mesi degenti all'ospedale stantechè qui } } ; È, ; p INTORNO ALL’ ANGUILLULA INTESTINALIS, ECC. 857 l’acqua non è immonda di embrioni o di uova e non tutti i ma- lati ne sono infetti. Tacciamo cent’altre ipotesi e veniamo alla conclusione. Era con le autopsie che speravamo di illuminare l’oscurissima notte: è all’ egregio Mazzucchelli, professore di chirurgia, che dobbiamo l'occasione di aver eseguite autopsie, una delle quali ci portò la soluzione del problema il 17 del corrente mese. Ecco precisamente il reperto nostro nell'intestino: Due anchilostomi femmine ed un maschio ed uova in quantità proporzionale, appena in segmentazione, giusta quanto verifi- cammo le cento volte. In tutto l’intestino a migliaia i quistio- natissimi embrioni; la quantità loro e la discontinuità di sviluppo colle uova d’anchilostoma dimostravano evidentemente che ad esso non appartenevano. Nel tenue, uova non d’anchilostoma ma di altro verme, a noi ignote, più o meno sviluppate; alcune già con embrioni del tutto simili agli altri già nati. E per ultimo numerosissime femmine completamente svilup- pate lunghe 2 millimetri e mezzo: che ci ricordarono tosto le anguillule dei dottori Normand e Bavay. E confrontando arri- vammo a stabilire positivamente che s’avea davanti 1’ anguillula intestinalis e le sue uova e, questa non sembra proprio più una ipotesi, gli embrioni dell’angwuillula intestinalis. Anche in Italia adunque si riscontra quest’elminto che non era stato ancora trovato fuorchè in sei individui provenienti dalla Cocinchina e che è noto soltanto per pochissimi cenni scritti da Bavay l’anno scorso. - Nella nostra Memoria si trovano alcuni nuovi particolari ana: tomici dell'animale e la descrizione accurata delle uova e degli embrioni di varie età. ' Siccome Bavay è inclinato ad accordar importanza all’anguil= lula nel cagionare la diarrea endemica della Cocinchina così è certamente molto interessante l’indagare quale sia il suo valore medico in Italia. Consultando le storie dei nostri malati abbiamo 1 Le seguenti osservazioni mediche vennero fatte colla collaborazione del dottor PARONA ERNESTO, assistente di Clinica Medica, s° tere ene 858 GRASSI B. E PARONA C., INTORNO ALL'ANGUILLULA INTESTINALIS. conchiuso che quest’animale in Italia non produce una forma morbosa decisamente simile alla diarrea cocinchinese. È però a credere che questi piccoli esseri, genitori numerosi ed embrioni favolosamente numerosi come li incontrammo, non se ne stiano. indifferenti per l’uomo che li nutrica: ed alcune delle storie no- stre appoggiano forse l’idea. Finora le cure antelmentiche intraprese da noi come quelle di Normand e di Bavay giacciono senza buoni risultamenti. | Presentiamo le figure di tutte le forme da noi analizzate e per chi lo desidera possiamo fare dei preparati che illustrano il caso. CATALOGO DELLE ROCCE DELLA VALCUVIA FATTO dal Socio prof. LeopoLnvo MaGGI della R. Università di Pavia. La Valcuvia è una delle più ampie e più ubertose valli del j territorio varesino, e sta tra la Valtravaglia, la Valmarchirolo la Valgana, e, per mezzo della catena del monte Campo de’ Fiori, è divisa dal bacino del lago di Varese. Sboccano in essa, tra Cas- sano e Ferrera, la Valtravaglia; tra Masciago e Rancio, la Val- marchirolo; a Bedero, un ramo laterale della Valgana. Alla sua volta la Valcuvia sbocca verso il lago Maggiore, dalla parte di Laveno, tra Caravate e Cittiglio. Nella mia Relazione intorno al terreno erratico della Valcuvia, fatta a questa Società nel 1866 (Atti della Società Italiana di scienze naturali, vol. IX, Milano, 1866), ho dato un’idea topo- grafica di questa valle; ora aggiungererò alcune indicazioni di lo- calità citate nel catalogo delle rocce che presento. Partendo dal monte Valgrande, al di sopra del paese di Orino, CATALOGO DELLE ROCCE DELLA VALCUVIA. 859 sì veggono delle frane (volg. squaràa) le quali si sono formate nella grandiosa morena che ivi esiste. In quella località vi sono due vallette, una è chiamata Cavernaga, l’altra Albiolo. Esse incominciano al così detto Piano delle noci, e vengon giù sino ad Orino. La Saroda è una specie di sperone del monte Val- grande che sta tra Orino e la Rocca d’Orino. Nel monte Val- grande, dopo la Saroda, portandosi quindi verso il monte Bo- scero, si incontra dapprima la valletta del Meriggio (volg. val del merisch), poi quella dei Signori (volg. val di Sciori), e la val- letta detta Valgrande. Azzio è un paese sul monte Valgrande, ma al di sotto di Orino; e così Comaccio, che sta molto al di sotto di Azzio. Il Gaggio di Azzio è una collinetta al di sotto del paese di Azzio, ed al di là di Comaccio, e che basa sul letto della valle Careggio di Cuvio. Da questa collinetta andando verso Gemonio, si incontra la così detta Gimonasca a destra . della strada; mentre a sinistra, un po’ prima di arrivare al paese, vi è la valletta Primarona. Comaccio è una frazione di Cuvio, che si trova sopra una collinetta, divisa da quella del Gaggio d’ Az- zio, per mezzo del fiume Bulgherone; questo dal monte Valgran- de discende, raccogliendo le acque di Orino, e si versa in Ca- reggio nel fiume Boesio. Tra Orino e Comaccio, lungo il fiume Bulgherone, si trova la cascina del Molinazzo; e lungo lo stes- so fiume, ma al di sotto di Comaccio, vi è il Molino del Dolza. La cascina Pora è pure sul monte Valgrande, e la si incontra a sinistra della strada andando da Comaccio a Cabiaglio. La valletta detta FKonchina, nel cui letto scorre il fiume del mede- simo nome od anche chiamato Reno, divide il monte Valgrande, e, in alto, anche il monte Boscero dai monticelli, uniti fra loro, e detti del Fa: e del Fajal, sul qual ultimo sta il paese di Cuvio. Sopra Cuvio, sulla sponda destra della Valronchina, vi è il Gag- gio di Cuvio, sulla sponda sinistra invece, ma dirimpetto al paese di Cuvio, vi è la così detta Fontana dell’ Ufficio. Tra Cu- vio e Comaccio, a destra della strada, se ne incontra un’ altra selciata, clfe conduce in Careggio, ed è denominata Riazzolo. Dalla Fontana dell’ Ufficio di Cuvio, andando a Riazzolo, si ha, a de- 860 Î. MAGGI, fi stra della stradicciuola, la piccola chiesa di S. Rocco. Vira, è una delle prime parti del Careggio, che si incontra venendo — da Cuvio. Broveda, è una località all’origine della Valronchina, | tra il monte Boscero ed il Fajal, e per essa vi passa la strada che tanto da Cuvio e Comaccio, quanto da Azzio e da Orino, — va a Cabiaglio. Là, a sinistra della strada, vi è una cava di calcare per calce; a destra vi è pure un’altra cava per calce, | ma di dolomia, in vicinanza alla quale vi son le fornaci, di cui una è a fuoco continuo. Dopo Broveda, la strada si continua at- traverso il così detto Careggio di Cabiaglio, ampia prateria; ed a destra ‘dirimpetto al paese di Cabiaglio, incomincia la collinetta Felina, la quale sta alla base del monte Boscero e principio del‘ monte Campo de’ Fiori. i Nel monte Boscero vi sono le seguenti vallette, Cigada, Bis- sone, della Volta, e parte della val Cavarella, la quale proviene dal monte Campo de’ Fiori. In quest’ultimo vi è inoltre la valletta detta di Paullo. Nel monte Tre croci, si trovano quest’ altre val- lette, cioè dei Corvi, del Buco e dei Cavalli. Alla base della Mar- tichetta, dopo la Martica, sta Brinzio, e lì dintorno la Valbel- lona, la Valmolina, e la Cattarabbia. Dirimpetto a Brinzio, ma alla base del monte Tre croci, vi è la così detta Valle dei Ferre, dove una volta eranvi le antiche miniere di ferro. Tra Brinzio e la Valle dei Ferrèe, vi è il laghetto di Brinzio, che raccoglie le acque provenienti dalle vallette del monte Tre croci, e che dà origine al fiume Rancina, il quale scendendo giù per la Catta- rabbia, al di sotto di Brinzio, riceve le acque che vengono dalle vallette Cavarella e Paullo ed altre del monte Campo dei Fiori, e corre la Valrancina, che sta tra Cabiaglio e Brinzio ed il Sasso Meraro, sboccando a Rancio. La val di Brinzio,.incomincia dopo il paese di Brinzio, è percorsa dalla strada che mena a Varese, e sta tra la Martichetta, la Martica, il monte della Rasa, ed il monte Tre croci, fin sotto a quello della Madonna del Monte, terminando vicino a Fogliaro. In essa, dopo la così detta Costa rossa della strada postale, vi è la sorgente del fiume” Olona, ed a sinistra di questa si trova una cava di dolomia per la calce, con alla base la fornace. CATALOGO DELLE ROCCE DELLA VALCUVIA. 861 Se da Brinzio si va a Rancio, passando pel Sasso Meraro, che termina la Martichetta, si può, prima di incominciare la gran discesa, deviare a destra, per prendere la strada che conduce a Bedero- Valcuvia, che è posto sul monte Scerè. Questo monte divide in parte la Valgana dalla Valcuvia, ed è diviso dalla Martichetta da una piccola valle percorsa dalla strada che va da Bedero a Gana, a destra della quale, in vicinanza al primo paese, si trova una fornace di mattoni e tegole la cui argilla è dovuta ad un deposito lacustro-glaciale; e più in là vi sono dei fondi detti Pavà, perchè paludosi e torbosi, avanzi di un piccolo laghetto morenico. Da Bedero-Valcuvia, una bellissima strada per Cunardo, fa passare dapprima alla così detta Motta a’Ovrè, e poi all’ origine del Ponte Nivo (Ponte nativo o ponte naturale), ove avvi una fabbrica di carta. L'acqua che passa sotto a questo ‘ponte, viene dal laghetto di Ghirla in Valgana, che alla sua volta riceve la Margorahbia, che nasce in quella valle; e giù si porta a formare la magnifica cascata della Ferrera, il cui paese è confine tra la Val- cuvia e la Valtravaglia. Masciago si trova tra la Ferrera, in basso, e Bedero-Valcuvia, in alto. L’acqua della cascata della Ferrera, va ad unirsi a quella del fiume Rancina, che sotto Rancio riceve la Margorabbia, la quale nasce in Valcuvia tra la Camonica di Cuvio e S. M. di Cuveglio; ed il fiume così ingrossato, sotto il nome semplicemente di Margorabbia, percorre la Valtravaglia per unirsi alla Tresa, quasi sotto il ponte di Germignaga, e gettarsi tosto nel lago Maggiore. Cassano sta quasi dirimpetto a Ferrera, al di là della Margorabbia, ed è altro paese di confine della Valcuvia colla Valtravaglia. Tra Cassano e Rancio, vi è un monticello, su cui trovasi una chiesuola, detta di S. Giuseppe di Cassano. Sovrasta a Cassano il monte S. Martino, che viene ad unirsi a quello di Vergobbio, monte Nudo, Pizzoni di Laveno, Sasso del Ferro 0 Ferro di Cavallo, i quali dividono la Valcuvia dalla Val di Porto sullago Maggiore, una delle tre valli della Valtravaglia. Da Cas- sano, la strada, che entra in Valcuvia, passa per Cantevria, ove avvi una fornace di mattoni e tegole, ed in faccia ad essa, sotto 862 L. MAGGI, Cavona, un’altra, le cui argille sono l’avanzo di un deposito la- custro-glaciale. Continuando la via, prima di arrivare a Cuve- glio, si presenta a sinistra una stradicciuola, che conduce a © S. Maria di Cuveglio, posta sopra un piccolo colle, alla cui base vi era una stazione lacustre preistorica, ed ora vi esiste del terreno torboso. 9 A Cuveglio, una strada conduce a Duno, che gli sta molto in alto; e sopra Duno, vi sono le così dette Alpi di Duno (volg. Biss), . poste su di una grandiosa morena. Tra il monte S. Martino ed il — monte di Vergobbio, vi è la Valle di S. Anna, detta anche del Got- tardo, dal fiume che vi scorre. Tra il monte di Vergobbio ed il — monte Nudo, avvi la Valle della Marianna, percorsa dal fiume che |. ha lo stesso nome. Sulla sponda sinistra di questa valle, molto in 3 alto, è sito il paesello di Arcumeggia, dal quale sì va a S. An- tonio, che è una chiesuola posta sulla parte alta del monte Nudo, ma prospiciente il lago Maggiore. Casalzuigno, si trova quasi alla — base del monte Nudo in Valcuvia, sulla sponda destra della Val- marianna, sopra il quale vi sono le grandi frane della Marianna, | dovute a morene sfasciantisi. Più in là Casale, poi Brenta, col suo colle detto la Breciora di Brenta, e finalmente Cittiglio, alla | base dei Pizzoni di Laveno. Brenta, la Gimonasca, il Gaggio di Azzio, il colle di Comaccio, quello di Cuvio, la Canonica di Cuvio. f o S. Lorenzo, Vergobbio, Casal-zuigno, e Casale, stanno intorno — al Careggio di Cuvio, in mezzo al quale vi passa il fiume Boesio, che nasce al davanti della Canonica, e precisamente dopo la Bof- falora; riceve a sinistra, le acque, di cui ho già detto, provenienti dal monte Boscero e Valgrande, ed a destra quelle della Val di S. Anna, o fiume Gottardo, e le discendenti dal monte di Ver- gobbio, Nudo e Pizzoni di Laveno gettandosi sotto Laveno nel lago — Maggiore. Caravate fa parte della Valcuvia, esso sta alla base del monte S. Clemente, posto al davanti di Gemonio, Brenta e Cittiglio, si direbbe proprio allo sbocco naturale della Valcuvia. Ciò premesso, le rocce raccolte in Valcuvia, e qui avanti elen- cate, si trovano tutte al Museo Patrio di Varese, facenti parte | della mia raccolta geologica, che gli donai alla fine del 1871, e — CATALOGO DELLE ROCCE DELLA VALCUVIA. 863 che venne aumentata negli anni successivi, estendendola a tutto il territorio varesino. Tali rocce furono classificate secondo i me- todi di Brongniart, Daubrée, D’Orbigny, Jannetaz, e vari altri, ma non germanici, non avendo potuto finora istituire delle ri- cerche microscopiche su di loro. Non trascurando quanto dicono le opere italiane intorno alle rocce, e specialmente alcune Me- morie de’ nostri predecessori, in cui quà e là si trovano delle descrizioni di rocce, mi sono servito per la nomenclatura delle seguenti tre opere: A. DAUBRÉE: Classification adoptée pour la collection des roches du Muséum d’ histoire naturelle de Paris. Paris, 1867. CH. D’ORBIGNY: Description des roches composant l’écorce ter- restre et des terrains cristallins constituant le sol primtif ete. Ouvrage redigé d’après la classification, les manuscrits inédites et les legons publiques de F. P. L. A. Cordier. Paris, 1868. . E. JANNETAZ: Les roches, Guide pratique. Paris, 1874. Per maggior chiarezza poi, le ho distinte in: Rocce in posto, ed in Rocce importate da antichi ghiaccia;. A. ROCCIE IN POSTO. 1. Combustibili. 1. Torba muscosa giallastra (1.° strato alto 1 metro), S. Maria di Cuveglio. — 2. Id. bruna (2.° strato alto 50 centm.), loc. cit. — 3. Id. bruna (3.° strato alto da 2 a 3 metri), loc. cit. — 4. Id. sabbiosa (strato profondo), loc. cit. — 5. Id. bruna (1.° strato alto 50 centm.), Vira (Careggio di Cuvio). — 6. Id. con sabbia quarzosa micacea (strato alto 20 cent., interposto alla torba), loc. cit. — 7. Id. sabbiosa (strato superficiale al di sotto dello strato sabbioso), loc. cit. — 8. Id. id. bruna (strato pro- . fondo, alto 1 metro al disotto dello strato sabbioso), loc. cit. — 9. Lignite solida compatta (Jayet) nel calcare selcifero, sotto 5. Rocco di Cuvio. — 10. Terra torbosa (strato superficiale alla torba), Careggio di Cabiaglio. — 11. Idem giallo-bruna (strato 864 L. MAGGI, dii superficiale), Pavù (Bedero). — 12. Id. bruna (strato profondo), È loc. cit, — 13. Legno nella torba, loc. cit. MI 2. Roece metalliche. 1. Pirite triglifa (nel conglomerato quarzifero), Val Bellona (Brinzio). — 2. Id. bianca, entro il porfido quarzifero; sponda destra del torrente Valmolina (Brinzio). — 3. Id. dianca, che passa per decomp. al solfato di ferro; Cattarabbia (Brinzio). — 4. Ferro oligisto, nel porfido della Valle dei Ferrée (antiche cave di ferro), Brinzio. — 5. Id. idrato, nel porfido, per decomp. del ferro oligisto (antiche cave di ferro), Valle dei Ferrée (Brinzio). — 6. Rame piritoso, nel quarzo in filoni entro il porfido quarzifero; torrente Valmolina (Brinzio). — 7. Id. piritoso, nel quarzo in filoni; Cattarabbia (Brinzio). — 8. Id. piritoso, con calcite in romboedri, nel quarzo in filoni; loc. cit. — 9. Galena argentifera, nel porfido quarzifero; letto e sponde del torrente Valmolina (Brinzio). — 10. Stibina, con pirite di ferro nel porfido quarzi- fero; Val Bellona (Brinzio). — 11. Pimnite, Pirite triglifa e solfuro di rame, nel porfido quarzifero; loc. cit. 3. Rocce terrose. Allume, all’ ingresso dell’antica miniera del Buco del peccato; 3 Valmolina (Brinzio). | e 4. Rocce alcalino-terrose. 1. Calcare compatto detto Majolica, monte S. Clemente. — 2. Id. id., Monte di Vergobbio. — 3. Id. id., monte Fajal. — 4. Id. id., Rancio. — 5. Id. id. Sasso Meraro. — 6. Id. ro- seo, monte Fajal. — 7. Id. bianco rosso con vene spatiche, loc. cit. — 8. Id. compatto, Broveda. — 9. Id. compatto con nuclei di selce, monte Fajal. — 10. Id. silicifero, monte di Vergobbio, ATA CATALOGO DELLE ROCCE DELLA VALCUVIA. 865 — 11. Id. id. con calcedonia, monte Fajal. — 12. Id. silicifero, Gimonasca. — 13. Id. id. grigio, monte Fajal. — 14. Id. id. gri- gio nerastro con vene spatiche, Cuveglio. — 15. Id. id. grigio oscuro, monte Saroda. — 16. Id. id. id., Ronco di Brogino. — 17. Id. id. id., monte di Vergobbiò. — 18. Calcare grigio oscuro con vene spatiche, Cuveglio. — 19. Id. id., sotto Orino. — 20. Id., con selce e vene spatiche, Vergobbio. — 21. Id. con selce piro- maca nera, cascina Pora. — 22. Id. con selce piromaca, Sasso Meraro. — 23. Id. oolitico, monte Fajal. — 24. Id. id., Broveda. — 25. Calcare con ooliti, S. Anna. — 26. Id. brecciato, Sasso Meraro. — 27. Id. marnoso, loc. cit. — 28. Id. marnoso rosso con selce piromaca, M.* S. Clemente. — 29. Zd. argilloso rosso, loc. cit. — 30. Id. con schisto bituminoso e vene spatiche, Sasso Meraro. -— 31. Id. id. loc. cit. — 32. Id. schistoso con tracce di bitume, Cuveglio. — 33. Id. schistoso nerastro con lignite, loc. cit. — 34. Id. schistoso bituminoso, Cavona. — 35. Id. id. id. con vene spatiche, loc. cit. — 36. Id. id. con nuclei di selce, loc cit. — 37. Id. id. bituminoso, M." Fajal. — 38. Id. id. id., M.!° di Ver- gobbio. — 39. Id. id. con tracce di bitume, Sasso Meraro. — 40. Tufo calcare, al di sopra di Cantevria. — 41. Id. id., Co- maccio (al Molinazzo) lungo il fiume Bulgherone. — 42. Id. id., Val Ronchina, Gaggio di Cuvio. — 43. Id. îd. în formazione, . Gaggio di Cuvio. — 44. Id. ?d. id. (varietà), loc. cit. — 45. Id. id. id. id., loc cit. — 46. Id. id. id., sul calcare nero con selce, loc. cit. — 47. Dolomia con vene spatiche, M." Fajal. — 48. Do- lomia, cascina Pora. — 49. Id., sopra la fontana dell’ Ufficio di Cuvio. — 50. Zd., Cabiaglio. — 51. /d., Broveda. — 52. Id. (Cava di Calce), collinetta Felina. — 53. Id. con ossido di ferro (id.), loc. cit. — 54. Id., (id. Panosetti), loc. cit. — 55. Id. brec- ciata, (id. id. id.); loc. cit. — 56. Id. 4d., (id. id. id.); loc. cit. — 57. Dolomia, M.' S. Martino (vicino a Cantevria). — 58. Id. con vene spatiche, Cuveglio. — 59. Id., Bedero per Cunardo. — 60. Id. brecciata, Motta d’Ovrè (Bedero). — 61. Dolomia, Ponte nativo (Cunardo). — 62. Jd., Sbocco del Ponte nativo (Ferrera). — 63. Id., Ferrera, — 64. Id., Sasso Meraro, — 65. Id. con geodi Vol. XXI. 55 866. TREIA AE): REGA, di calcite romboedrica, loc. cit. — 66. Dolomia, în vicinanza al- l’arenaria variegata; loc cit. — 67. Dolomia superiore all’are- naria variegata ; loc. cit. — 68. Id. inferiore all’arenaria varie- gata; loc. cit. — 69. Id. compatta con geodi di calcite, loc. citi — 70. Dolomia, loc. cit. (partè superiore). — 71. Id. con vene spatiche, loc. cit. (id. id... — 72. Dolomia superiore ai schisti va- riegati, loc. cit. -— 73. Dolomia, che poggia sul porfido quarzi- fero ; loc. cit. — 74. Dolomia, in decomposizione; cascina Pora. 5. Rocce silicee. 1. Arenaria calcarifera con fucoidi, Cerro. — 2. Id. id. «d., M.!* di Vergobbio. — 3. Id. +4. id., sponde della Valmarianna. — 4. Id. id. 1d., vicino al ponte del fiume Valmarianna. — 5. Id. id. id., Gimonasca. — 6. Id. èd. ‘d., monte S. Clemente. — 7. Arenaria variegata micacea, Valmarianna. — 8. Id. id. èd., M. S. Clemente. — 9. Arenaria variegata, Sasso Meraro. — 10. Id. id., loc. cit. — 11. Quarzo in filoni, nel porfido quarzi- fero; Brinzio. — 12. Id., nello schisto micaceo; Valmolina (Brin- zio). — 13. Selce piromaca nera, nell’arenaria variegata micacea; Valmarianna. — 14. Id. id. rossa, nell’argilla rossa del calcare majolica; M." S. Clemente. — 15. Id. id. verde, nel carcare mar- noso del calcare majolica; loc. cit. — 16. Id. id. bionda, in ho- duli nel calcare majolica; loc. cit: — 17. Selce cariata, nel calcare majolica; loc. cit. — 18. Selce piromaca bionda, ricoperta dalla. Palmella cruenta; Riazzolo (Cuvio). — 19. Grès calcareo, nei de- positi lacustro-glaciali; Gaggio d’Azzio. — 20. Id. id., insieme alla marna ed all’argilla del calcare della formazione di Saltrio; Broveda. — 21. Psammite, Valle di Brinzio. — 22. Puddinga anagenite, addossata-al calcare majolica; M.* S. Clemente. — 23. Breccia selcifera, M. S. Clemente. — 24. Id. id., con selce in de- comp.; loc. cit. — 25. Grès variegato, con vene spatiche; Motta d'Ovrè (Bedero). — 26.-Id. id., id. id.; Sasso Meraro. — 27. Id. id., id. id.j loc. cit. — 28. Id. id., id. id., e marna rossa; loc. cit. — 29. Zd. id., con marna variegata; loc. cit. — 30. Id.» 3 Bekerand >» Berthérand >» AVI > 2 tortonese » torinese ELENCO DEI LIBRI PERVENUTI IN DONO OD IN CAMBIO ALLA BIBLIOTECA SOCIALE NEL 1878 PUBBLICAZIONI PERIODICHE DI SOCIETÀ ED ACCADEMIE SCIENTIFICHE. Italia. Annuario dell’ Accademia delle Scienze in Torino. Torino, 1877, 8.°, Anno I. ; Atti della R. Accademia delle Scienze în Torino. Vol. XIII, disp. 1-8. Torino, 1877-78, 8.0 Bollettino dell’Osservatorio della R. Università di Torino. Anno XII, 1877. TORE, 1878, 4.0 Bullettino meteorologico dell’ Osservatorio del R. Collegio Carlo Alberto in Monca- lieri. Vol. XII, N. 1-12; Vol. XIII, N. 1-5. Torino, 1877-78, 8.° Giornale della Società di letture e conversazioni scientifiche în Genova. Anno I, fa- scicolo XI-XII; Anno II, fasc. I-IX. Genova, 1877-78, 8.0 Rendiconti del Reale Istituto Lombardo di scienze e lettere. Serie II, Vol. X, Fa- scicoli XIX-XX; Vol. XI, Fase. I-XIX. Milano, 1877-78, 8.0 Memorie del Reale Istituto Lombardo di scienze e lettere. Vol. XIV (V della serie. III) Fasc. I. Milano, 1878, 4.0 Atti dell’Accademia Fisio-medico-statistica di Milano. Anno XXXIII dalla fonda» zione, 1877; Anno XXXIV, 1878. Milano, 8.0 Bullettino dell’ Agricoltura. Anno XII, N. 1-52. Milano, 1878, 4.0 Atti dell’ Ateneo di scienze, lettere ed arti di Bergamo. Anno III. Bergamo, 1878, 8.0 Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti. Tomo III, Serie V, di- spensa X; tomo IV, dispensa I-X. Venezia, 1876-78, 8.° Atti dell'Ateneo Veneto. Serie III, Vol. I, Anno accademico, 1877-78, puntata I-IV. Venezia, 1878, 8.0 Memorie dell’ Accademia d’ Agricoltura, Arti e Commercio di Verona. Vol. LV (XII della serie II), Fasc. I-II. Verona, 1877, 8.0 Atti dell’ Accademia Olimpica di Vicenza. II Serie, Vol. VIII, 1 semestre; Vol. XII. Vicenza, 1877-78, 8.0 Atti della Società Veneto-Trentina di scienze naturali, residente in Padova. Vol. V, Fasc. II, Padova, 1878, 8,0 MET e TT 3 LIBRI IN DONO, ECC. 901 | —Bullettino della Associazione Agraria Friulana. Nuova serie, Vol. V, N. 12; Serie III, Vol. I, N. 1-26. Udine, 1877-78, 8.0 Amico (L’) dei campi. Anno XIII, N. 12; Anno XIV, N. 1-12. Trieste, 1877-78, 8.0 . Annuario della Società dei Naturalisti in Modena. Serie II, Anno XI, Fasc. III-IV; Anno XII, Fasc. I-III. Modena, 1877-78, 8.0 + Rendiconto delle Sessioni dell’ Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna. Anno accademico 1877-78. Bologna, 1878-78, 8.0 Memorie dell’Accademia delle scienze dell’ Istituto di Bologna. Serie III, Tomo VIII, Fasc. III-IV; Tomo IX, Fasc. I-III. Bologna, 1877, 4.0 Atti della Società Toscana di scienze naturali. Vol. III, Fase. I-II. Rendiconti delle adunanze: 18 novembre 1877, 13 gennajo 1878, 10 marzo, 5 maggio, 7 luglio, 10 ottobre 1878. Pisa, 1877-78, 8.0 Bullettino della Società Entomologica italiana. Anno IX, trimestre IV; Anno X, tri- mestre I-III. Processi verbali delle adunanze: 2 dicembre 1877, 3 marzo 1878. Fi- renze, 1877-78, 8.° Atti della R. Accademia dei Lincei. Anno CCLXXV, Serie III; Transunti, Vol. II Fasc. I-VI. Roma, 1878, 4.° Bollettino del R. Comitato Geologico d’ Italia. 1877, Bollett. N. 11-12; 1878, Bollett. N. 1-10. Roma. Rendiconti della R. Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli. Anno XVI, fasc, 12; Anno XVII, fase. 1-7. Napoli, 1877-78, 4. Atti del Reale Istituto d’incoraggiamento alle scienze naturali, economiche e tecno» logiche di Napoli. 2. Serie, tomo XIV, parte II; Relazione pel 1877. Napoli, 1877, in-4. Il Picentino. Anno XX, fasc. 10-12; Anno XXI, fase. 1-9. Salerno, 1877-78, 8.° Annali della Stazione agraria di Caserta. Anno VI, 1877, n. 6. Caserta, 1878, 8.° Giornale di scienze naturali ed economiche. Anno 1876-77, vol. XII. Palermo, 1877, in-4. Giornale ed Atti della Società di Acclimazione e Agricoltura in Sicilia. Palermo, 1877-78, 8°. Vol. XVII, n. 9-10; vol. XVIII, n. 1-9. Atti dell’Accademia Gioenia di scienze naturali in Catania. Serie 3. Tomi XI-XII. Catania, 1877, 40. Francia. Bulletin mensuel de la Société d’ Acclimatation. Paris, 1877-78, 8°. 3 Série. Tom. IV, n. 12. Tome V, n. 1-10. Bulletin de la Société botanique de France. Paris, 1877-78, 8°. Tome 24, 1877 : Compte rendu des séances 2-3. Revue bibliographique C-E. Session mycologique è Paris, oc- tobre 1877. Session extraordinarie en Corse, 1877. Tome 25, 1878. Revue biblio- graphique A. Bulletin mensuel de la Société Linnéenne du nord de la France. Amiens, 1877-78 80 Tome 1II, n. 64-75. Mémoires de la Société Linnéenne du nord de la France. Amiens, 1877, 8° T. IX. Compte-rendu de la Société nationale des sciences naturelles de Cherbourg. Cher- bourg, 1877, 8°. Séance extraordinaire du 30 dicembre 1876. ' 902 LIBRI IN DONO, ECC. Mémoires de la Societé nationale académique de Cherbourg. Cherbourg, 1875. Mémoires de la Société nationale des sciences naturelles de Cherbourg. Paris, 1876- 77, 8°. Tome XX, (2 série, tome X). Annales de la Société d’ Agriculture, histoire naturelle et Arts utiles de Lyon. Trony 1877, 8°. 4e Série, tome 9, 1876. Mémoires de la Société des sciences physiques et naturelles de Bordeaux. Paris, 1878, 8°. 2e Série, Tome II, 2e et 3. cahier. Bulletin de la Société d’histoire naturelle du Toulouse. Toulouse, 1877, 8°. XI vo- lume, 1 et 2 fascic. Revue Savoisienne. Annecy, 1877-78, 4°. Année 18, n. 12; Année 19, n. 1-11. Belgio. Bulletin de la Société Royale de botanique de Belgique. Bruxelles, 1878, 8°. Tome XVI. Société entomologique de Belgique. Bruxelles, 1877-78. Compte-rendu; 1I Série, numé- ros 4-57. Annales de la Société entomologique de Belgique. Bruxelles, 1877-78, 80. Tome 20, fasc. III. Tome 21, fase. I-II. Procès verbaua des séances de la Société malacologique de Belgique. Bruxelles, 1877, 8°. Tome VI (pag. III CX). i Annales de la Société malacologique de Belgique. Bruxelles, 1878, 8°. Année, 1874. Tome IX, II fasc. Année 1876. Tome XI. Inghilterra. Proceedings of the Royal Society of London. London, 8°. Vol. XXV, n. 175-173; vol. XXVI, n. 179-183. Philosophical Transactions of the Royal Society of London. London, 1877, 4°. Vol. 166, part. II; vol. 167, part. I. Proceedings of the scientific meetings of the Zoological Society of London. London, 8°. 1869, part. II, and III; 1877. Part. III-IV; 1878, part. I-III. Transactions of the Zoological Society of London. London, 1877-78, 4°. — Vol. X, parts. 3-9. Palaeontographical Society. London, 1878, 4.0 Volume XXXII. Proceedings of the natural history Society of Glasgow. Glasgow, 1877, 8.0 Vol. III part. II. Transactions of the geological Society of Glasgow. Glasgow, 1877, 8.0 Vol. V, part. II. Svizzera. Bulletin de V’Insiitut national genèvois. Genève, 1877, 8.0 Tome XXII. Mémoires de la Société de Physique et d’histoire naturelle de Genève. Genève, 1878, 4.0 Tome XXV, partie II; Tome XXVI, partie I È ; di + iran e A o ol 39 | Si LIBRI IN DONO, ECC. 903 è ® Bulletin de la Société vaudoise des sciences naturelles. Lausanne, 1878, 8.° 2° Série, Vol. XIV, n. 75; Vol. XV, n. 79-80. . Verhandlungen 6 Naturforschenden Gesellschaft in Basel. Basel, 1878, £0. 6 Th. 3 und 4 Heft. Vierteljahrschrift der Naturforschenden Gesellschaft in Ziirich. Zirich, 1876-77, 8.0 XXI, Jahres, 1-4, Heft. XXII. Jahres, 1-4 Heft. Germania. Zeitschrift der deutschen geologischen Gesellschaft. Berlin, 1877, 8° XXIX, Band, 40, Heft. — Schriften der physikalisch-oekonomischen Gesellschaft zu KUnigsberg. Kinigsberg, 1876, 4°, Jahrg. 17. Abth. 1-2. Jahrg. 18, 1878, Abth. 1. Archiv des Vereins der Freunde der Naturgeschichte in Mecklenburg. Neubranden- burg, 1878, 8°, Jahrg. 31. Sitzungsberichte der naturwissenschaftlichen Gesellschaft Isis in Dresden. Dresden, 1878, 8°. Jahrg. 1877, Juli bis december. Notizblatt des Vereins fiir Erdkunde und verwandte Wissenschaften zu Darmstadt und des mittelrheinischen geologischen Vereins. Darmstadt, 1877, 8°, III Folge, XVI Heft. 15ex und 16 Bericht èber die Thitigkeit des Offenbacher Vereins fiir Naturkunde in den Vereinsjahren, vom 10 Mai 1873 bis 9 Mai 1875. 17e" und 18er Bericht vom 9 Mai 1875 bis 13 Mai 1877. Offenbach a;M. 8°. Jahres-Berichte des naturwissenschaftlichen Vereins in Elberfeld, nebst wissenschaft- lichen Beilagen. Elberfeld, 1878, 8°. Heft. V. d56er Jahres-Bericht der Schlesischen Gesellschaft fiir vaterlindische Cultur. 'Bre- slau, 1878, 80. Jenaische Zeitschrift fiir Naturwissenschaft. Jena, 1877, 8°, Band XI, Heft. 4; Band XII, 1878, Heft. 1-4. Verhandlungen der physikal..medicinischen Gesellschaft in Wirzburg. Wirzburg, 1877, 8°, Neue Folge, Band XI, Heft. 3-4, Band XII, Heft. 1-4. Jahrbiicher des nassauischen Vereins fiir Naturkunde. Wiesbaden, 1876-77, 8° Jahrg. XXIX und XXX, Sitzungsberichte der Naturforschenden Gesellschaft zu Leipzig. Leipzig, 1877, 8°, n. 2-10, Bericht iber die Senkenbergische naturforschende Gesellschaft. Frankfurt a/M, 1878, 8°, 1877-78. Stitzungsberichte der mathematisch-physikalische Classe der K. Bayer. Akademie der Wissenschaften. Miinchen, 1877, 8°, 1877, Heft. II-III; 1878, Heft. I-III. Abhandiungen der mathematisch-physikalische Classe der K. Bayer. Akademie der Wissenschaften. Minchen, 1878, 4°, Bd. XIII, Abth. I. Correspondenz-Blatt des zoologisch-mineralogischen Vereins in Regensburg. Regen- sburg, 1877, 8°, Jahrg. 31. 904. LIBRI IN DONO, ECC. RL VE Austria-Ungheria. Verhandlungen der K. K. zoologisch-botanischen par ii in Wien. Wien, 1878, 8°, XXVII Band. Schriften des Vereins zur Verbreitung naturwissenschaftlicher Kenntnisse in Wien. ‘Wien, 1878, 8°, XVIII Band. i Mittheilungen der anthropologischen Gesellschaft in Wien. Wien, 1877, 8°, Bd. VIL, Bi (195 Bd, NIII, 1878, n...l4; | Jahrbuch der K. K. geologischen Reichsanstalt. Wien, 1877-78, 8°, Bd. XXVII, n. 3-4, Bd. XXVIII, n. 1-2. Verhandlungen der K. K. geologischen Fogzioro Wien, 1877, 8°, n. 11-18. 1878, i n. 1-10. Abhandlungen der K. K. geologischen Reichsanstalt. Wien, 1877, 4°, Bd. VII. Hoft: 4; Bd. VIII, Heft. 2. Mittheilungen der Kais. und Kinigl. Geographischen Gesellschaft in Wien. più 1876, 8°, XIX, Band, (IX der neuen Folge). Berichte des naturwissenschaftlich-medizinischen Vereins in Innsbruck. Innsbruck, 1877, 8°, VII, Jahrg. 1876, Heft. 1-3. Verhandlungen und Mittheilungen des Siebenbiirgischen Vereins fiir Naturwissen= schaften in Hermannstadt. Hermannstadt, 1878, 8°, XXVIII Jahrg. i "D Mittheilungen aus dem Jahrbuche der K. ungarischen geologischen Anstalt. Buda- AI pest, 1878, 8°, Band V, Heft, 2. i Russia. Bulletin de V Académie impériale des sciences de St. Pétersbourg. Pétersbourg, 1877, 49, Tome XXIV, n. 4; Tome XXV, n. 1-2. Mémoires de V Académie impériale des sciences de St. Pétersbourg. St. Pétersbourg, 1877, 4°, VII Série, Tome XXIV, n. 4-11; Tome XXV, n. 1-4. Bulletin de la Société impériale des naturalistes de Moscou. Moscou, 1877-78, 8°. Année 1877, n. 3; Année 1878, n. 1. Nouveaux mémoires de la Société impériale des naturalistes de Moscou. Moscou, 1874, 4°, Tome XIII, livrais. IV. Acta Horti Petropolitani. Petropolis, 1877, 8°. Tom. V, fase. I. Stati Uniti. Proceedings of the american Society of Arts and sciences. Boston, 1877, 80. New Series, vol. V. whole Series, vol. XIII, part. I-II. Proceedings of the Boston Society of natural History. Boston, 1877, 8°, Vol. XI, Part. I-II. Memoires of the Boston Society of natural History. Boston, 1878, 4°, Vol. II, part. IV, number VI. LIBRI IN DONO, ECC. 905 The Transactions of the Academy. of science of St. Louis. S. Louis, 1878, 8°, Vol. III, n. 4. — Transactions ‘of the Connecticut Academy of Arts and sciences. New Haven, 1877, 8°, Vol. III, part. II, Vol. IV, part. I. Annual Report of the Board of Regents of the Smithsoniam Institution, for 1876. Washington, 1877, 8°. Ninth Annual Report of the U. S. Geological and Ng ali sn Survey of the Terri- tories, 1875. Washington, 1877, 8°. Messico. Boletin del Ministerio de Fomento de la Republica Mexicana. Mexico, 1878, 4°, To- mo II, n. 36-93, Tomo III, n. 1-59. Revista meteorologica mensual (Publicacion del Ministerio de Fomento de la Repu- blica mexicana). Mexico, 1878, 4°, 1878, Enero-Mayo. Mexican Contributions to the Bulletin of international meteorological observations. Mexico, 1878, 8°. March-May, 1878. Nuova Galles del Sud. Journal and Proceedings of the Royal Society of New South Wales, 1876. Sydney, 1877, 8°, Vol. X. Annual Report of the departement of Mines. New South Wales, for the year 1876. Sydney, 1877, 4°. ZOOLOGIA. VERTEBRATI,. GAsco FrANcESCO. Intorno alla Balena presa in Taranto nel febbraiv 1877 (Sunto dell'autore). Napoli, 1878, 4°. — — Intorno alla Balena presa in Taranto nel febbraio 1877. Napoli, 1878, 4°. GoLci CAMILLO. — Sulla fina struttura dei bulbi olfattori. Reggio d’Emilia, an- no 1875, 8°. — — Intorno alla distribuzione e terminazione dei nervi nei tendini dell'uomo e di altri vertebrati. Milano, 1878, 8°. Ninni A. P. — Materiali per la Fauna Veneta, 1. Chiroptera. Venezia, 1878, 8°. PavesI PieTRO. — Sulla prima e recentissima comparsa in Lombardia del Becca- fico di Provenza. Milano, 1877, 80, — — Monotremi. Milano, 1878, in-fol. 8°. — — Seconda contribuzione alla morfologia e sistematica dei Selachi. Genova, 1878, 80. ReGALIA E. Contributo allo studio dei Chirotteri Italiani. Firenze, 1878, 8°. RiccARDI PAoLO. Intorno ad una rara anomalia dell'osso malare nell’ uomo. Mode- na, 1878, 8. 906 | LIBRI IN DONO, ECO. IL I RiccarDI PaoLo. — Stud? intorno ad alcune anomalie dell’osso malare nell'uomo. Modena, anno 1878, 80. — — Nota intorno ad alcune anomalie riscontrate nella regione palatina del cranio — umano. Modena, 1878, 8°. — — Intorno ad un caso di dente soprannumerario nell’uomo. Modena, 1878, 80. — — Studî intorno ad alcune anomalie del sistema dentario nell’ uomo. Modena, 1878, 80. — — Contribuzione allo studio delle Anomalie del sistema dentario nell’ uomo. Mo- dena. Trois ENRICO FiLippo. — Ricerche zootomiche e istologiche sul Luvarus imperialis. Venezia, 1877, 40. ARTICOLATI. BRUNNER 0. von WATTENWYL. — Monographie der Phaneropteriden. Wien, 1878, 89. DE BERTOLINI STEFANO. -- Catalogo sinonimico e topografico dei Coleotteri d’ Italia. Supplemento, 80. » Giotto ULIVI P. — La nuova teoria di riproduzione. Firenze, 1878, 8°. PaAvesI Pietro. — Nuovi risultati aracnologici delle crociere del « Violante. » Ge- nova, 1878, 8°, — — Intorno all’esistenza della Fauna Pelagica o d’ alto lago anche in Italia. Let- tera al Dott. G. Cavanna. Firenze, 1877, 8°. PAvESI P. e PiROTTA R. — Brevi notizie intorno ad Aracnidi e Miriapodi dell’ Agro Romano. Genova, 1878, d°. PiroTtTA R. — I Miriapodi del « Violante.» Genova, 1878, 8°. PLATEAU FELIX. — Recherches sur la structure de lVappareil digestif et sur les phénomènes de la digestion chez les Araneides dipneumones. Bruxelles, 1877, 8°. — — Note additionnelle au mémoire sur les phénomènes de la digestion chez les in- sectes. Bruxelles, 1877, 80. StaLIO LuIGI. — Catalogo metodico e descrittivo dei Crostacei Podottalmi ed Edriot- talmi dell’ Adriatico. Venezia, 1877, 8°. PLATEAU FELIX. — Communication préliminaire sur les mouvements et l’innervation — p i de Vorgane de la circulation chez les animaux articulés. Bruxelles, 1878, 8°. VERMI ED INFUSORII. MacgdgI LeoPoLDo. — Sulla storia naturale degli esseri inferiori. Milano, 1874, 8°. Pavesi P. — Osservazioni critiche alla memoria di Battista Grassi e dei dottori Corrado ed Ernesto Parona « Intorno all’'Anchilostoma duodenale. » Milano, an- no 1878, 8°. BOTANICA. BARCENA MARIANO. — Descripcion de una nueva planta mexicana. (Gaudichaudia Enrico-Martinezii). Mexico, 1878, 8°. % Ù | a vi a 1 LIBRI IN DONO, ECC. 907 GieeLLI GIUSEPPE. — Di una nuova malattia dei castagni. Torino, 1878, 8°, — — Sulla malattia dei castagni. Torino, 1878, 8°. PirotTA R. — Saggio d’una monografia del genere « Sporormia. » Pisa, 1878, 89. PALEONTOLOGIA. BorTI ULDERIGO. — Sopra una nuova specie di « Myliobates. » Pisa, 1878, 89. Brusina S. Fragmenta Vindobonensia. Paris, 1877, 8°. (Estrait du Journal de Con- chyliologie, 3. Série, Tome XVII, n. 4). LesquerEUXx Leo. — Contributions to the Fossil Flora of the Western Territories. Part. II. The Tertiary Flora. Washington, 1878, 4°. MAZZzETTI G. — Intorno alla roccia di un grosso Ammonite che ha tutto V aspetto di una roccia nummulitica. 1878, un foglio in-8°. PALETNOLOGIA. BoBAN EuckEnE. — Comptoir d’Archéologie préhistorique (Catalogue des Collections). Paris, 1878. 8°. CRESPELLANI ARSENIO. — Di un sepolcreto preromano a Savignano sul Panaro. 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FAvRE ALPH. — Note sur les terrains glaciaires et post-glaciaires du révers méri- dional des Alpes dans le Canton du Tessin et en Lombardie. 1876, 8°. FERRETTI ab. ANTONIO. — Le Salse o Vulcani di fango, e le argille scagliose. Pa- dova, 1878, 8°. 908 LIBRI IN DONO, ECC. GimBitL C. W. — Die Geognostiche Durchforschung Bayerns. Miinchen, 1877, 8°. OmBONI GIOVANNI. — Gita alle Marocche fatta dai naturalisti riuniti ad Arco nel. settembre 1874. Arco, 1875, 8°, — — Le Marocche, antiche morene mascherate da frane. Padova, 1878, 8°. ViLLAa ANTONIO e Giov BATT. — Cenni geologici sul territorio dell’ antico distretto di Oggiono. Milano, 1878, 8°. MINERALOGIA. D'ACHIARDI ANTONIO. — Sull'origine dell’acido borico e dei borati. Pisa, 1878, 8°. FISICA E CHIMICA. BiicaneR Lupwig ANDREAS. — Ueber die Beziehungen der Chemie zur Rechtspflege. Miinchen, 1875, 40. CANTONI GIOVANNI. — Norme per le osservazioni di meteorologia agraria. see anno 1877, 80. — — Osservazioni meteoriche fatte in Varese nell’autunno 1877. Varese, 1878, 8°. GaBBA LuIGI e TExToR OTTO. — Dell’influenza dell’acqua sulla filatura dei bozzoli e sulla quantità e qualità della seta. Milano, 1878, 8°. . DI VARIO ARGOMENTO. danwijzingen Voor=Bezoekers van de Tentoonstelling van Linnaeana, in Nederland Aanwezig. Amsterdam, 1878, 80, CANTONI GIOVANNI. Scritti vari di Ambrogio Fusinieri. Vicenza, 1877, 80. CaRrRUCCIO A. — Notizie sui lavori ed incrementi del Gabinetto anatomo-zoologico e Catalogo metodico della nuova collezione d’anatomia comparata. Modena, 1878, 8°. Gasco FRANCESCO. — Commemorazione di Paolo Panceri. Napoli, 1878, 40, Linnaeana, în Nederland Aanwezig. Amsterdam, 1878, 80, Minucci TomASo. — Relazione letta nel’adunanza della R. Accademia dei Georgo- fili del 80 maggio 1878. Firenze, 1878, 8°. Openingsplechtigheid van de Tentounstelling. Amsterdam, 1878, 8°. MorsoLIN BERNARDO. — Giangiorgio Trissino, o monografia di un letterato nel se- colo XV1. Vicenza, 1878, 8°. MINISTERO DEI LAVORI PuBBLICI. — Cenni monografici sui singoli servizi. Roma, 1878, 8°, in-folio. I. Relazione generale. II. Strade ordinarie (Nazionali e Provinciali sussidiate). III. Strade ordinarie (Provinciali e Comunali). IV. Strade Ferrate. V. Fiumi. VI. Navigazione interna. ;i Giandomenico Nardo. Ver 7 > Herdenking van den Sterfdag van dota Lira Amsterdam, 1878, 8°, N N CHARLES, _ The Progress and Resources of New South Wales. Sydney. TONI ApoLro. Notizie aaa inserite nel « sua Corresp. Blatt 1877 ». 8°. lì fatti nel Laboratorio di, Storia Naturale della R. Università di Pavia. Pavia, i ns Da siologia comparate della R. Uialientii di Pavia. Pavia, 1876, 8°. di fatti nel Laboratorio di Anatomia e Fisiologia comparate della R. Usi verehià li Pavia nell’anno 1877. Pavia, 1878, 80. A FRATELLI. — Elenco cronologico di lavori scientifici. Milano, 1877, 8°. ni PT eta Ara $, RI TE SE 5 Led ha ù a INDICE. Presidenza. pel:1878..... e. atater ani Aia ‘Soci effettivi al principio Galbani 1878 Soci corrispondenti idem . é Istituti scientifici corrispondenti idem Seduta del 27 Gennaio 1878. Seduta del 24 Febbraio 1878 . 3 : Bilancio consuntivo dal 1° Gennaio al 31 RR 1877 Bilancio preventivo per l’anno 1878 Seduta del 31 Marzo 1878 . Nena ie 1 G. CATTANEO, Intorno alla anatomia e fisiologia del Podostoma filigerum Clap. e Lachm. C. Emery, Note ittiologiche (tav. 1.8 doppia) | Seduta del 28 Aprile 1878 PR” F. SorpeLci, Nuovo caso di polimelia nella rana mangereccia. C. Parona e B. Grassi, Sullo sviluppo dell’ Anchilostoma duo- denale (tav. 2.* e 3.2) R. Pirorta, Degli Ortotteri genuini insubrici . — Libellulidi dei dintorni di Pavia . Seduta del 26 Maggio 1878 . G. MercaALLI, Sulle marmotte fossili trovate nei dintorni di Como . : Seduta del 30 cigno 1878. 5 Ri CAINE ug A. e G. B. Viuia, Cenni geologici sil territorio dell’antico Distretto di Oggiono . VARE po: i F. SorpeuLi, Brevi appunti alla memoria del Prof, Mercalli: Sulle marmotte fossili trovate nei dintorni di Como . Seduta del 28 Luglio 1878 . Do RR n TA I Programma della VII riunione straordinaria della Società ita- liana di scienze naturali che si terrà nel prossimo set- tembre in Varese . È SP lan? La ‘ i 4, ai - w È . VU : LG : INDICE. A. Verri, Avvenimenti nell interno del bacino del Tevere antico durante e dopo il periodo pliocenico . . . 1 Eag G. MarrattI, Osservazioni sopra alcuni insetti fossili dell am- bra e del copale Settima Riunione straordinaria in Varese nei giorni 24, 25, 26 e 27 Settembre 1878 . Adunanza generale d’ apertura 24 Settembre 1878 . Processi Verbali delle Sezioni : Adunanza generale di chiusura 27 Satire 1878 2 Gite ed escursioni QUIRRA MOTI L. Magi, Intorno alle condizioni naturali del territorio varesino G. Cantoni, La Meteorologia agraria. DOSI IN RE STE L. Magari, Di un cranio umano trovato nella grotta del tufo in Valgana . . . Si 7 — Contribuzione al Culstago dei Ricopodi dita dolce della Lombardia e loro distribuzione secondo la classificazione di Hertwig e Lesser modificata da Archer — Primo elenco dei Rotiferi o Sistolidi della Valcuvia — I Plastiduli nei ciliati ed i Plastiduli liberamente viventi . G. CartANEO, Intorno all’ ontogenesi dell’ Arcella vulgaris Er. P. Ponti e P. Luccaetti, Nuova analisi chimica dell’ acqua minerale detta di S. Pancrazio in Trescore Balneario, provincia di Bergamo. .G. Rancuet e I. REGAZZONI, Le nuove scoperte preistoriche al- VIsolino nel lago di Varese DO III Id VAI P. CastELFRANCO, Le stazioni lacustri deî laghi di Monate e di Varano e considerazioni generali intorno alle palafitte. L. Maggi, Intorno ad alcuni oggetti d’industria umana prei- storica trovati nelle tombe di Malgesso presso Gavirate . — Di alcune tombe della Valcuvia e della Valmarchirolo ap- partenenti alla prima età del ferro . R. Pirorta, Di alcuni casi di albinismo nei rettili P. MacRETTI, Rapporto su di un’ escursione nella Sardegna . C. GoLei, Della terminazione dei nervi nei tendini e di un nuovo apparato nervoso terminale muscolo-tendineo . 911 149 181 197 200 205 247 257 273 301 308 313 320 326 331 344 369 398 439 439 448 451 464 eni INDICE. ASSO: A ” Macon, Siillo sbocco delle vene Zola della rana. dn Pag. fi — Sull apertura del foro del Botallo nel cuore di uccelli a completo sviluppo n SE dr VAI P. TrousetzEoy, Sul? utilità degli ‘"Eneatyplas. 3: RIDI È. F. Masì, Delle trape del lago di Mantova e del connubio delle SRO prata alotde8 Lu 004 e n | C. Marinoni, Bronzi preistorici del Friuli . ./././.0. T. TarameLLi, Appunti geologici sulla Provincia di Belluno a MAE C. Parona, Collembola, saggio di un Catalogo delle Poduridi i mie ealione i dai in RO N. Pini, Nuove specie 0 forme poco note di molluschi "0 Se di R. PrrottA, Intorno agli ortotteri ed ai miriapodi del Varesotto C. Marinoni, Conzribuzioni alla geologia del Friuli . RT sa C. F. Parona, Il pliocene dell’ Oltrepò pavese . . ite, i. . n 66 da; N. Pini, Contribuzione alla fauna fossile postpliocenica della è N: mite LOMBARDIA gt AI a ii Fa 1 E. Cantoni, Alcune osservazioni altimetriche sulle io lom- hi $i | (00: 47 RIAPRONO O PORRE SISI RARA RE E AN e P. Pavesi, Saggio di una fauna aracnologica del Varesotto Di L. Magai, Sulla disposizione regolare del protoplasma. ante % riormente alla formazione di microrganismi . . . . i N. BoreHI, Sulla scoperta di una stazione preistorica nella fica ipalude-Brobbtd: . a wo suora del 0007 TORE RA IR I CI din Pda; : ) kS Ù Vf ‘x Settembre 1878 alia j n è . C) . E) ° 9 hh .DI7 af. i 1 pih ra3 \dunamz® cenérale d’ apertura 23 Settembre 1878, 1 ua SI 200. peessi Verbali delle BERIO Din e ‘n 205 panza generale di vhiusura 27° Settembre ‘1878> La n 247 P gsotrsioni . © #9 4 a Zi di ARRE La ta dg dia 2 257 vi _ cer "La ig agraria. bi toi ca DO QUORE » ‘301 4 | to er Macar Di %n ’cranio umano trovato nella grotta del tifo LO), | di Valgana a DI#8S0 bi SER DE RO ia 308 A È Contribuzione al Catalogo ‘dei Pizopodi d’acqua dolce ro c sera 1a | Lombardia e loro distribuzione secondo la classificazione on, "di Herhwig e e° Lésser modificata da Archer (3 RARO Pu t, » 313 (I "Primò' elenco dei Rotiferi” o Sistolidi della Valcuvia april ” ‘820 i: CE Pla stiduli nei ‘ciliati ‘cd è Plastiduli liberamente viventi » ‘926 E erre TO Er N da Carraneo, Intorno all’ ontogenesi dell’Arcella vulgaris Eh. n 331 V:: . Pottt è P. "Tucorenti, Nuova ‘analisi chimica dell’acqua si È se © minerale detta di S. Pancrazio in ‘Trescore Balneario, i LU | provincia di Bergamo. . ra DEE Dasngo9 2 dunaan 784 va. Rasomer*e P. Reeazzone, Le nuove scoper te preistoriche ale © di Ba VIsolino itel lago di Varese RR o IN n -d60 fp CasteLirinco, Le stazioni lacustri dei laghi di ‘Monàtè © ai ei TB " Varano:e considerazioni generali intorno-alle palafitte . ia ‘998 F 6%. Mavor Intorno ad alcuni ‘oggetti d’industria umana prete! sm sil SME ‘storica trovati nelle tombe di Malgesso presso Gavirate 0% 435 va Di- alcune tombe della Valcuvia e della Valmaroktrolo: sia Ea partenenti ‘alla prima badeferrdi ine i d m 439 OR. Pirorta,‘ Di alcuni casò di albinismo nei rettili. . +0. n 448 O, MAGRETTY, Rapporto *su» disun? escursione nella COTI . n 451 "0. GoLer, Della terminazione dei nervi nei tendini e di un | ‘nuovo apparato nervoso terminale muscolo-tendineo. . +. n 464 (Segue l’InpIice in VJ,* pagina). Sul Ln del a: dell Putatio nel cuore di uccelli obmapizio eaftuppo rg ORA P. e Sull utilità degl pesos Sa È: LAS RADI AE SEU Stratiotos aloidos x POR eo eta fi da C. MARINONI, Bronei preistorici del Friuli. ca ar . IT. TARAMELLI, Appunti geologici sulla From di B. ‘C. Parona, Collembola, saggio di un Catalogo delle 0) ù italiane. 0 00 Ò . eee VER CORO RNC T tt N. Pini, dan specie 0 ogni 09) note di molluschi. 100. Micia “Contribuzioni alla giaro del Friuli + . Lr C. F. Pancse su Hu dell Aa papooe Ha . bs la da > Lombardia C) ® . cè fa C) I] e. ©. "9 T di Li n n Cf ui si LA ni t DA Ri “donde CN NGI MO I È TER. uao . . vd. E e a) È viormente alla. ADONE di microrganismi . | N. BorenI, Sulla scoperta «di una stazione pro nella | i palude Brabbia ni e LIES, AIR a I AR co è. °° ni; “°.. @ facies tropicale în Montebabbio . PER t A. CrespeLLANI, Le terremare del Modenese ii N AN B. Grassi e C. Parona, Intorno all’Anguillula intestinalia fit range dell'uomo ina iipi nei cera e Pa Se L. F. di nani, 6 STR Ra ME Ri | ‘Elenca dei libri pervenuti in dono ‘od in cambio alla Biblio. teca sociale nol:1878.. 0. ela Lal ere engrale cervetP 8 Indice. e 0 0 000 0 0.00.60 0.» ri DI ICI naN 7 (an) ui A Fi \ VO NALI OI Of ; nia | BIS DARA Ugo PRAGA. IERI IVO MESRT RETTA VA SRI CRILE PS in, CONE AE N) » Prezzo del presente volume: Per 1.80 | Per gli estranei alla Società . 2%