be Pata b N x ’ Pr : “ erre 4 ), ) Pi . scia SR si 4 È è x via 7 ge « { . "Da Por "1 Î e) - } Ct ? sd Me” "ye Ro A "AGRO IR PI" pon Pi . td DI CNF " A -) i at, ; - e DS : 2% A UITEOÌ ii ù f A 5 u Ro “- PRA n a È b) ' Fa: p ; DO] n S Pe: î a se ba » podi (Mg lt, Ò x HI sea di. w Ù à z ‘ ‘ È « n . / pre "o de Mata N si ui, » La a ia Note pote ci (9 MI DIVRAISCI : LARE L CIAO 1 = i È È Ea 3 ” z i era “ a MILA è DAI di } So TAC . A sd i : n 9 l se A P È i ae e ale”, x; ati x £ ai: ; CI 4 di i R ca LAO sl i Va N) ARI] a va . SATA Me SU it Li - REI urvali î SI uo ia ; Ò il EM des TA E ° 5 “a. tene P 4 È > iS MA ì . nn URI " . n : ; È è $ co h SI sula " i : Meat ee È s . . ni È a x A 4 Ù . - n n n Ù : l” - al i, sa EIN "DA 2 ita CENE DI dr Periti ISO ZAO % d ; : h î 7 - SOCIETÀ ITALIANA: DR SO 4 na Ùi (o © VOLUME XXVI/xavieo . =. VE e» n 4 str e ” Er I Con D53 tavole; n Ml Sr sli DOS REATI, . MILANO; 0055 * TIPOGRAFIA BERNARDONI DI co; REBESCHINI «E [i | 188465, “È |’ SEGRETE Pal e — VOLUME XXVI. SALA ‘Fascicoro 1 — Foti 1-7. dè, con tre tavole eo, l oe I di a A È AR POCA i LA, MILANO TIP. BERNARDONI DI C. REBESCHINI E C. | PER L'ITALIA: . PER L'ESTERO: ‘PRESSO LA n gica PRESSO LA RIA DELLA SOCIETA’ LIBRERIA DI ULRICO HOEPLI MILANO ——— MILANO azzo del Museo Civico. Galleria De-Cristoforis, Via Manin, 2. . È j | A 59-62. Giugno 1883. Per la compera degli ATTI e delle MEMORIE si veda la 3° pagina di questa copertina. px 47 Ka rt ve hs a IA ba \ ‘ $ 2, i Db, A) LA e iacli i MlRa.s n | È 8; 94 IPPICA by © 007, È sy ingr di 3 REALI ia NO ut. è, [Sai RA: e. ce VT? . TESA E. GI Si : % Pola? { a, POSA. v toa v ì ss . "4 ite el Sa: mi E #4 o PD A ri i | A on a i gi 2 È 24 pi : mi 1 Pte, fd è sa Fe Pi si, Sara pio e SR 1 vile i vg i Pei ; È ; a i " it (5 Me ce Re E SOM 9° ED 9 È SI. 16 dd de FR} GP i | 1A î 2 sg È { ta È br PRE $ i ted 914 È dC BEL LA M sa SA 9 bi È ; ; ‘ fi. PEA È, ER Te” Ci SET MAS DICA RECATA Ps I n #1 RI ' Pai "I cda po 9A ti fi; ER ATA RERSS SA i eu \ di “gf La ES Kat, PRESIDENZA PEL 1883. RC VA STR ta s ) FAR st sa Ove Presi ente, STOPPANI prof. AntoNIO, Direttore del Civico Museo di fe) ; naturale di Milano. i. | ci A 4 e i REGIS 10 tugio Y da , n $ Ly a Ù 70 rata. sto | rogast I pa) «Tara e ia ca feta to Ma i odi ni E oa “st È LI | sli sa a je verza terne DORATO ra IO SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI. DIREZIONE PEL 1883. Presidente. — StopPanI prof. cav. ab. AntoNIO, direttore del Museo Civico di storia naturale in Milano, via Appiani, 13. Vice-Presidente. — ViLLAa cav. Antonio, Milano, via. Sala, 6. \ SORDELLI FERDINANDO, aggiunto al Museo Civico di Segretarj storia naturale in Milano, via Monforte, 7. | Pini nob. rag. NAPOLEONE, via Crocifisso, 6. Conservatore. — MOLINARI ing. FRANCESCO. CONSIGLIO D’ AMMINISTRAZIONE. BeLLOTTI dott. CRISTOFORO. CriveLLi march. LUIGI. TuraTI nob. ERNESTO. | Cassiere. — GARGANTINI-PiATTI Giuseppe, Milano, via Senato, 14. Economo. — DELFINONI avv. GOTTARDO. Commissione amministrativa SOCJ EFFETTIVI al principio dell’anno 1883. ALBANELLI rag. FiLippo, Milano. ALesI Vincenzo, alunno nella R. Università di Napoli. ARRIGONI conte Oppo degli Onpr, Padova. Bazzi Eusenio, Milano. BeLLONCI GIUSEPPE, prof. di zoologia nella R. Scuola SOR di Milano. BeLLOTTI dott. Cristororo, Milano. BeRrLA Ettore, Milano. Besta dott. RiccaRDO, Ivrea. BettoNI dott. EucENIO, Brescia... Bignami ing. Emizio, Milano. Boccaccini prof. Corrapo, Ravenna. Borromeo conte CarLo, Milano. Botti cav. ULDERICO, consigliere delegato presso la R. Prefet- tura di Reggio Calabria. BrioscHi comm. FRANCESCO, senatore del Regno e direttore del R. Istituto Tecnico superiore di Milano. Burti sac. ANGELO, professore nel R. Istituto Tecnico, Milano. Buzzoni sac. Pierro, Milano (CC. SS. di Porta Romana). fisici. ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1883. 9 CaLpERINI sac. Pietro, direttore dell'Istituto Tecnico di Varallo (Val Sesia). Camerano dott. Lorenzo, Torino. Campacci dott. Cesare, Milano. Canetti dott. CarLo, Milano. Cantoni Comm. Garrano, direttore della Scuola superiore di agri- coltura, Milano. Cantoni ELvezio, Pavia. CapRrIOLI conte Tommaso, Brescia. CarRuccIO prof. cav. Antonio, della R. Università di Modena. UASTELFRANCO prof. Pompeo, Milano. Casreti dott. FepERICO, Livorno. CatTANEO: dott. Giacomo, Pavia. CavaLLottI ing. AneeLo, Milano. Ceruti ing. Giovanni, Milano. Certi ing. Giovanxi, Laglio (Como). Cocconi prof. SI Bologna. CoLianon dott. NicoLa, professore di meccanica nel R. Istituto Tecnico, Firenze. CoLoena avv. AcHiLLE, Milano. CoLomo dott. GiusePPE, Monticello di Casirago (Brianza). CoLomBo-ParAccHI sac. FEDERICO, professore nel Collegio di Gorla Minore. CoLoni sac. GAETANO, professore di Scienze naturali a Crema. CrESPELLANI cav. ARsENIO, Modena. CriveLLi march. Lurei, Milano. Curò ing. ANTONIO, Bergamo. DeLFINoNI avv. GortaRDO, Milano. DeL Marno march. NorserTo, Milano. De LEONE dott. Vincenzo, Castiglione Messer Raimondo (Abruzzo). Dorra march. Giacomo, Genova. Exery dott. CarLo, professore di zoologia nella R. Università di Bologna. Fanzaco dott. Filippo, professore di storia naturale nella R. Università di Sassari. a ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI FERRARIO dott. cav. ERCOLE, Gallarate. Ferrero Ottavio LuIci, professore di chimica ri R. Istituto Agrario di Caserta. FERRETTI sac. ANTONIO, parroco di S. Ruffino (Scandiano). FrancescHINI rag. FeLice, Milano. GALANTI ANTONIO, professore di agraria nel R. Istituto Tecnico, Milano. GARBIGLIETTI cav. Antonio, dottore collegiato in medieita, hd rino. GARGANTINI-PrATTI ing. Giuseppe, Milano. Gasco FRANCESCO, professore nella R. Università di Genova. GervasoNI dott. TuLLio, Bergamo. GiacomETTI dott. Vincenzo, Mantova. GigeLLI dott. GrusePPE, professore di botanica nella R. Univer- sità di Bologna. | Govin ing. Leone, Cagliari. Grassi dott. Barista, Rovellasca (prov. di Como). Guarrerio march. Carro RarraELE, Bagnorea (Orvieto). GuiscarpI dott. GuaLIELMO, professore di geologia nella R. Uni- versità di Napoli. | LepoRI dott. CESARE, assistente al Museo zoologico dell’ Univer- sità di Cagliari. Lezzani march. MassimiLiAno, Roma. LinciarDI dott. GIAMBATTISTA, Pavia. MaacI dott. LeoPoLpo, professore di anatomia comparata nella R. Università di Pavia. MacrettI dott. PaoLo, Cassina Amata (Milano). MacLrattI dott. Giovanni, Milano. MatiNnvERNI ALEssio, Quinto (Vercelli). MantoVvANI Pio, professore di storia naturale nell’ Istituto e nico di Reggio Calabria. MANZI prof. MicHELANGELO, Lodi, Marcuni dott. Pietro, Firenze, Marsini Lurer, professore di fisica nel R. Liceo di Pontrerati. MARTELLI- RORARNI conte IppoLito, Pistoja. i AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1883. 7 Mask sac. Francesco, arciprete a Castel d’Ario (provincia di Mantova). | MartIRoLo dott. OrEsTE, Torino. Mazza FELICE, studente in medicina, Varzi (Voghera). MazzoccHI ing. Luicr, assistente al R. Istituto Tecnico superiore di Milano. MazzuccHELLI ing. Vittorio, Milano. Mazzetti sac. GiusepPE, Modena. MeLLA conte CarLO ARBORIO, Vercelli. MeNEGHINI GiUsEPPE, professore di geologia nella R. Università di Pisa. i MercaLLI sac. prof. Giuseppe, Monza. Mezzena ELvino, Milano. MoLiNARI ing. FRANCESCO, assistente al Museo Civico di Milano. MoLon cav. ing. FRANCESCO, Vicenza. MontANARO cav. CARLO, reggente l’Intendenza di Finanza, Aquila. Mora dott. AnToNIo, Bergamo. NeGRI Francesco, avvocato alla Corte d’ Appello in Casalmon- ferrato. NEGRI dott. cav. GaretANO, Milano. NEGRI dott. Luier, Milano. Nicoris ENRICO, Verona. NicoLucci cav. Giustiniano, Isola presso Sora (Napoletano). — NiNnNI conte ALessanpRo PERICLE, Venezia. Nocca Carro Francesco, Pavia. Norsa Giuseppe, Milano. OmBonI dott. Giovanni, professore di mineralogia nella R. Uni- versità di Padova. PADULLI conte PieTRO, istruttore pratico di chimica nel labora- torio della Società d’Incoraggiamento d’arti e mestieri, Mi- lano. PaoLucci dott. LuIGI, professore di storia naturale nel R. Isti- tuto Tecnico, Ancona. Parona dott. CarLo FABRIZIO, assistente di geologia nella R. Università di Pavia. 8 ELENCO. DEI SOCJ EFFETTIVI Parona dott. Corkapo, professore di zoologia e anatomia com- parata nella R. Università di Cagliari. PasseRINI dott. GiovannI, professore di botanica nella R. Uni- versità di Parma. PauLucci Marchesa Marianna, Villa Novoli presso Firenze. Pavesi dott. Pietro, professore di zoologia nella R. Università di Pavia. ; i Perugia dott. ALBERTO, direttore onorario del Museo civico di Trieste. PranzoLa Lusi, dottore in legge, Milano. PicagLia dott. Lurer, Modena. Pini nob. rag. NAPoLEONE, Milano. Pirona dott. GiuLio ANDREA, professore di storia naturale al Liceo di Udine. PirottA dott. RomuALDO, professore di botanica, direttore del- l’orto della R. Università di Modena. PoLLi PIETRO, professore di storia naturale all’ Istituto Tecnico di Milano. PRADA dott. TEroporo, professore di storia naturale all'Istituto Tecnico di Pavia. ReBEscHINI CrIsTIANO, Milano. Regazzoni dott. Innocenzo, professore nel R. Liceo di Como. RiBoLpi mons. AcostINo, vescovo di Pavia. RosaLes-CicaLiNI march. Luiei, Bernate (Como). Rossi cav. ANTONIO, ingegnere capo del genio civile (Como). SaLmosragHi ing. Francesco, prof. di mineralogia nel R. Istituto Tecnico Superiore di Milano. SARTORIO dott. ACHILLE, professore di storia naturale nel R. Li- ceo di Pistoja. SCARABELLI-GoMMI-FLAMINI GIUSEPPE, senatore del Regno, Imola. SCANDER-LEVI barone comm. ApoLrFo, Firenze. SCARPA dott. GiusePPE, Treviso. Scoca dott. Lorenzo, Milano. SELLA comm. QuintINo, ingegnere delle miniere, deputato al Par- lamento, Roma. rr E AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1883. 9 SoRDELLI prof. FERDINANDO, aggiunto al Museo Civico di storia naturale di Milano. SPiNELLI GIOVANNI BATTISTA, Venezia. StoPPANI ab. ANTONIO, professore di. geologia nel R. Istituto Tecnico Superiore di Milano. StROoBEL PELLEGRINO, professore di mineralogia nell'Università di Parma. TARAMELLI Torquato, professore di geologia nella R. Università di Pavia. TaRrcIoni-Tozzetti ApoLFo, professore di zoologia al Museo di storia naturale di Firenze. Terracciano cav. NicoLa, direttore dei Giardini Reali a Caserta. TestarocHi avv. Ernesto, Moncalvo (Monferrato). Tommasi dott. AnnIiBALE, Mantova. TranquiLLi Giovanni, professore di storia naturale nel e di Ascoli. TREVISAN conte Vittore, Milano. Turati nob. Ernesto, Milano. Turati nob. GianFRANcO, Milano. VALLE dott. ANTONIO, assistente presso il Civico Museo di storia naturale di Trieste. VERRI ANTONIO, capitano nel Genio militare, Terni. Vigoni nob. Giunio, Milano. VinLa cav. Antonio, Milano. Via ing. CauListo, Milano. Vira VirtoRIO, Milano. Visconti conte ALFonso MARIA, Milano. Viscoxri Ermes march. CARLO, Milano. Visconti di Moprone duca Raimonpo, Milano. ZuccHi dott. CARLO, medico-capo dell’ Ospedale Maggiore in Milano. SOCJ CORRISPONDENTI. AscHERSON dott. PaoLo, addetto alla direzione dell’Orto botanico, Berlino. BARRAL, direttore del Giornale L’Agriculture pratique, Parigi. BoLLe CaRrLo, naturalista, Leipziger Plate, 13, Berlino. BruSsINA SPIRIDIONE; soprintendente del Dipartimento zoologico nel Museo di storia naturale di Agram (Zagrab), Croazia. FavrE ALFonso, professore di geologia, Ginevra. Fieuier -Luici, rue Marignan, 21, Parigi. Geinitz Bruno, direttore del Gabinetto mineralogico di Dresda. GorpPErRT H. R., direttore dell'orto botanico di Breslavia. HAuER FRANCESCO, direttore dell’I. R. Istituto Geologico di Vienna. HeeR OsvaLpo, professore di botanica nel Politecnico di Zurigo. JANNSENS dott. EUGENIO, medico municipale, rue du Marais, 42, Bruxelles. Le PLÉé dott. Amepro, presidente della Società libera d’emula- zione, Rouen. Lory Caro, professore di geologia alla Facoltà delle scienze a Grenoble. Merian, professore di geologia al Museo di storia naturale di Basilea. MORTILLET GABRIELE, aggiunto al Museo Pie Ala di Saint-Ger- main en Laye, presso Parigi. — Netto dott. LapisLao, direttore della Sezione botanica del Mu- seo Nazionale di Rio Janeiro. Piet LuiGi, avvocato, del Gabinetto mineralogico di Cham- béry. Pizarro dott. GioAcHINo, direttore della Sezione zoologica del Museo Nazionale di Rio Janeiro. PrancHon Giutio, professore di botanica a Montpellier. SOCJ CORRISPONDENTI. 11 Raimonpi dott. AntToNIO, professore di storia naturale all’ Uni- versità di Lima (Perù). Ramsay ANDREA, presidente della Società Geologica di Londra; Museum of practical geology, Jermin Street, S. W. SenonER cav. ApoLro, bibliotecario dell’I. R. Istituto Geologico "di Vienna, Landstrasse Hauptstrasse, 88. StubeR BERNARDO, professore di geologia, Berna. ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI al principio dell’anno 1883. ITALIA. . R. Istituto Lombardo di scienze e lettere. — Milano. . Ateneo di scienze. — Milano. . Società d’incoraggiamento d’arti e mestieri. — Milano. . Società Agraria di Lombardia. — Milano. . Accademia Fisio-Medico-Statistica. — Milano. . ‘Ateneo di Brescia. . R. Accademia delle scienze. — Torino. . Accademia di agricoltura, commercio ed arti. — Verona. . R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti. — Venezia. . Ateneo Veneto. -— Venezia. . Accademia Olimpica. — Vicenza. . Società Veneto-Trentina di scienze naturali. — Padova. . Associazione Agraria Friulana. — Udine. . Società dei Naturalisti. — Modena. . Accademia delle Scienze. — Bologna. . Accademia dei Georgofili. — Firenze. ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI . Società Entomologica italiana. — Firenze. . Società toscana di scienze naturali. — Pisa. . R. Accademia de’ Lincei. — Roma. . Società Italiana delle scienze detta dei Quaranta. — Roma. . R. Comitato Geologico d’Italia. — Roma.. . Accademia dei Fisio-Critici. — Siena. . Società di letture e conversazioni scientifiche. — Genova. . Società Reale delle Scienze. — Napoli. . R. Istituto d’Incoraggiamento per le scienze naturali. — Napoli. . Associazione dei Naturalisti e Medici. — Napoli. . Società economica del Principato Citeriore. — Salerno. . Accademia palermitana di scienze, lettere ed arti. — Pa- lermo. . Società di scienze naturali ed economiche. — Palermo. . Commissione Reale d’ Agricoltura e pastorizia. — Palermo. . Società d’acclimazione e agricoltura. — Palermo. . Accademia Gioenia di scienze naturali. — Catania. . Società d’ orticoltura del litorale di Trieste. SVIZZERA. . Naturforschende Gesellschaft Graubiindens. — Chur. . Institut National Genèvois. — Genève. i . Société de physique et d’histoire naturelle. — Genève. . Société Vaudoise de sciences naturelles. — Lausanne. . Société des sciences naturelles. — NeuchAtel. 9. Naturforschende Gesellschaft — Ziivich. . Naturforschende Gesellschaft. — Basel. . Società Elvetica di scienze naturali. — Berna. . Naturforschende Gesellschaft. — Bern. 43. dd. 45. 46. 47. 48. 49. 50. DI. 92. 59. 94. DD. 56. DT. 58. 59. 60. 61. 62. 63. 64. 65. 66. 67. 68. 69. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1883. 13 "GERMANIA ED AUSTRIA. Naturwissenschaftliche Gesellschaft ‘sis. — Dresden. Zoologische Gesellschaft. — Frankfurt am Main. Zoologisch-mineralogisches Verein. — Regensburg. Physikalisch-medizinische Gesellschaft. — Wiirzburg. Nassauisches Verein fiir Naturkunde. — Wiesbaden. Offenbaches Verein firr Naturkunde. — Offenbach am Main. Botanisches Verein. — Berlin. Verein der Freunde der Naturgeschichte. — Neubranden- burg. Geologische Reichsanstalt. — Wien. Geographische Gesellschaft. — Wien. Zoologisch-botanische Gesellschaft. — Wien. Siebenburgisches Verein fiir Naturwissenschaften. — Her- mannstadt (Transilvania). Verein fir Naturkunde. — Presburg (Ungheria). Deutsche geologische Gesellschaft. — Berlin. Physikalisch-medizinische Gesellschaft. — Erlangen. Senkenbergische naturforschende Gesellschaft. — Frankfurt am Main. Verein fiir Naturkunde. — Cassel. Verein fiir Erdkunde. — Darmstadt. Naturforschende Gesellschaft. — Gòrlitz. Schlesische Gesellschaft fiir vaterlindische Cultur. — Breslau. Bayerische Akademie der Wissenschaften. — Miinchen. Preussische Akademie der Wissenschaften. — Berlin. Physikalisch-oeconomische Gesellschaft. — Kébnigshberg. Naturhistorisches Verein. — Augsburg. Deutsch-Oesterreischisches Alpen-Verein, Section “ Austria , — Wien. K. K. Hof-Mineralien-Cabinet. — Wien. Medizinisch-naturwissenschaftliche Gesellschaft. — Jena. 14 70. 71. Va. 73. 74. 75. 76. dI. 78. 19. 80. 81. 82. 83. 84. 85. ISTITUTI SCIENTIFICI. CORRISPONDENTI Naturwissenschaftlich-medizinisches Verein. — Innsbruck. Verein zur Verbreitung naturwissenschaftlicher Kenntnisse. — Wien. K. ungar. geologische Anstalt. — Budapest. Antropologische Gesellschaft. — Wien. Naturwissenschaftliche Gesellschaft. — Chemnitz. Direction der Gewerbeschule-Bistritz (Transilvania). SVEZIA E NORVEGIA. Kongelige Norske Universitet. — Christiania. Académie Royale Suèdoise des sciences. — Stockholm. © RUSSIA. Académie Impériale des sciences. — St.-Pétersbourg. Société Impériale des Naturalistes. — Moscou. Societas pro fauna et flora fennica. — Helsingfors. BELGIO x PAESI BASSI. Académie Royale de Belgique. — Bruxelles. Société Royale de botanique de Belgique. — Ixelles-lés- . Bruxelles. Société Malacologique de Belgique. — Bruxelles. Société Entomologique. — Bruxelles. Musée Teiler. — Harlem. 86. 87. 88. 89. 90. 9h, 92. 93. 94. 95. 96. o. 98. DO. 100. 101. 102. 103, 104. AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1883. 15 FRANCIA. Institut de France. — Paris. Société d’acclimatation. — Paris. Société Géologique de France. — Paris. Société Botanique. — Paris. Société Linnéenne du Nord de la France. — Amiens (Somme). Académie des sciences, arts et lettres. — Rouen (Seine inf.). Société des sciences naturelles. — Cherbourg (Manche). Société des sciences physiques et naturelles. — Bordeaux (Gironde). I Académie des sciences, belles-lettres et arts de Savoie. — Chambéry. Société Florimontane. — Annecy. Société d’agriculture, d’histoire naturelle et des arts utiles de Lyon. Société d’histoire naturelle. — Toulouse. INGHILTERRA. Royal Society. — London. Geological Society. — London. Zoological Society. — London. Geological Society. — Glascow. Literary and philosophical Society. — Manchester. Natural History Society. — Dublin. Royal physical Society. — Edinburgh. 16 105. 106. 107. 108. 109. 110. 1LLE ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI, ECC. AMERICA (Stati Uniti). Smithsonian Institution. — Washington. American Academy of arts and sciences. — Cambridge. Academy of sciences. — S. Louis (Missouri). Boston Society of natural history. — Boston. Connecticut Academy of arts and sciences. — New-Haven (Connecticut). | Orleans county Society of natural sciences. — Newport. ì) ASIA (Indie Orientali). Geological Survey of India. — Calcutta. Seduta 28 gennaio 1883. Presidenza del segretario, prof. F. SORDELLI. Non essendo pervenuto alla Società il Ms. annunciato dal socio dott. C. LePoRrI, relativo alle sue osservazioni sul maschio dell'anguilla, la parola è data al socio ing. MOLINARI, il quale comunica la prima parte dei suoi Studî geo-mineralogici sulla regione situata fra il lago d’ Orta e il lago Maggiore. Essa verte sulla miniera di blenda e di galena denominata Agogna e Motto Piombino; ed intorno ad essa l’A., dopo aver premesso un breve cenno storico, entra in particolari sulla topografia del filone at- tualmente in coltivazione, sulla quantità e sulla giacitura dei detti minerali e di altri coi quali s’accompagnano, unendo per maggior chiarezza e precisione un piano ed una sezione della mi- niera stessa. È data poi comunicazione della memoria del socio prof. Cor- RADO PARONA, intitolata: La pigomelia nei Vertebrati e il segre- tario Sordelli ne legge il sunto quale fu compendiato dall’ au- tore, e che qui si riporta: LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. “ L'autore dopo aver accennato ad alcune idee generali sulle mostruosità, per dimostrare come lo studio teratologico non debba andar disgiunto dal morfologico, dà la definizione della. Vol. XXVI. i 2 18 SEDUTA 28 GENNAIO 1883. pigomelia, secondo i diversi autori. In seguito indica la fre- quenza di questo sgenere teratologico, basandosi sulle osserva- zioni di altri autori e delle proprie. Un capitolo speciale viene dedicato dall’ Aut. per parlare delle cause e genesi di questa alterazione; ricordate le varie opinioni e dimostrata la difficoltà di trovare una spiegazione, accenna al suo modo di vedere in proposito. » Lungamente discorre dei caratteri che fanno distinguere la pigomelia e dell’ andamento che tiene, indicando le analogie e le differenze che passano fra la pigomelia stessa e le altre for- me teratologiche affini; nè dimentica, dopo aver descritte le par- ticolarità anatomiche dell’alterazione e quelle ad essa concomi- tanti, di far cenno del modo di comportarsi delle diverse fun- zioni che dipendono dalle parti compromesse. » Brevemente parla della prognosi e della cura; considerando la pigomelin come malattia e come alterazione che interessa l'estetica e la vita del pigomelico ; illustra una copiosa serie di casi nuovi e riepiloga la storia di moltissimi già conosciuti. Par- tendo dai Batraci sale agli Uccelli e termina ai Mammiferi col- l'Uomo; disponendoli sistematicamente e corredando, i nuovi casi principalmente, con piccoli disegni, ad evitare una troppo rilevante spesa. » Col corredo di tali descrizioni indica le distinzioni che si possono fare nella pigomelia, dimostrando come i limiti di di- stinzione fra questa anormalità e le affini siano incerte; e passa in seguito a .proporre una nuova classificazione delle numerose varietà di pigomelia, fondandola sui rapporti anatomici che cor- rono fra l’autosita ed il parassita. » Completano il lungo lavoro due prospetti riassuntivi, in cui ‘sono elencati tutti i casi di pigomelia finora conosciuti; ed ove ‘è apposto il nome degli autori che l’ebbero a descrivere, l’anno ‘e la località e le principali particolarità del pigomele, nonchè la varietà, alla quale spetterebbe secondo la nuova classificazione proposta dall’ Autore. , Di questa memoria, illustrata da numerose figure, la Società (SEDUTA 28 GENNAIO 1883. 19 accetterebbe in massima l’inserzione nei propri Atti; ma per la sua mole che verrebbe a gravare assai sulle finanze sociali, è del pari ammesso che per una definitiva deliberazione al ri- guardo debba attendersi la prossima presentazione dei bilanci. Il socio CASTELFRANCO presenta un corno di cervo (Cervus elaphus) stato trovato nello scavare della ghiaia nel letto del Po, presso Port’ Albera, territorio di Stradella, alla profondità di circa 2 0 3 metri dalla superficie attuale del suolo. Esso gli fu comunicato dal sig. Angelo Coelli il quale desiderava averne ‘un giudizio circa l'interesse che può avere. Detto corno è di un adulto ben conservato alla parte inferiore, rotto e fortemente corroso in alto, e reca aderente ancora porzione dell’osso fron- tale, onde riesce chiaro che non è caduto spontaneamente, ma appartenne ad un animale forse ucciso alla caccia. La porzione d’osso frontale è poi conformata rozzamente a cuneo mediante tagli a sbieco, che hanno tutto il carattere d’essere intenzio- nali e per tali sono riconosciuti dai socî presenti. Il colore del corno è terreo chiaro, come quello dei nume- rosi fossili quaternarî che si ottengono di tanto in tanto dalle sabbie del Po, ma le manifeste tracce di lavorazione di cui s’è fatto cenno, dimostrano abbastanza la sua contemporaneità col- l’uomo; nè fa ostacolo l’essere il pezzo ove più ove meno cor- roso, condizione troppo naturale nelle circostanze in cui esso ha potuto conservarsi. Il socio SORDELLI esprime il desiderio che l’oggetto in discorso venga donato al Museo di Milano ove acquisterebbe qualche in- teresse col trovarsi vicino ad altri fossili della stessa indole e provenienza, mentre isolato non avrebbe alcun valore; e il so- cio Castelfranco risponde che ne parlerà al possessore colla spe- ranza che questi voglia aderire. E data indi comunicazione delle lettere di adesione e di rin- graziamento dei socî MezzeNA, ViLLa CALLISTO e SCARPA, stati nominati nella passata adunanza. 20 SEDUTA 28 GENNAIO 1883. È annunciata la morte del socio comm. Francesco de Bosis, direttore del R. Istituto Tecnico di Ancona, mancato' nella an- cor fresca età di 50 anni, il 16 corrente gennaio; ed anche quella del collega dott. Camillo Marinoni, già segretario di questa Società, e da ultimo professore di Storia naturale nel R. Istituto Tecnico di Udine. Come pure, a nome del Comitato promotore per l’ erezione ‘ in Scandiano di un monumento al sommo naturalista Lazzaro Spallanzani, viene comunicata la circolare d’invito a concorrere alle relative spese. SÌ passa da ultimo alla votazione per ammettere socio effet- tivo il signor LinerarpI dott. GIAMBATTISTA, di Pavia, proposto dai socî Cat- taneo, Maggi e Taramelli. È ammesso all'unanimità. Prof. F. SORDELLI Segretario. sta o Molinari Mi Soc. Ital. d'S.N.Vol. XXVLta dee Ago gurale Mollo Combi Iro filo longitudinale frorverione orizzontale. . Meridiano magnelrco Schi sti . . » CI _- cristallini \ Scavato | Scala /4000 Tipo GEOGNOSTICO Dei Cereni! frau Hd Lago Maggiore eil Lago d Uta Ati, CA 30071 p, Soc.Ital,d.S.N.Vol XXXVI fav. 13 sas Ageno $ “Mn Granito | Porfido ESS o Schisti Dotonsia (N o torta |A. 7? } ] SNEZZIZA COAA Loy, “ont nin gl sui sd hi È valido (MET Bros DOVGOMARHOEr: (NV A ero $ NP ANNE k SU Wil 7, (7008 ibi ZI e, - n tl MAMBA, TN ab > Di Molinari - MITA 432. Alano, lt. Lech ivi eta di KMg, È pai doll ti FONT id HRRME Rene DAL LAGO MAGGIORE AL LAGO D’ORTA. STUDIO GEOMINERALOGICO del socio MoLinarI Ing. FRANCESco. (Tavole 1.8 e 2.2). INTRODUZIONE. Allo sbocco della valle Toce si trova una regione montuosa, circondata dal lago d'Orta, dalla valle Strona, dal lago Mag- giore e congiunta a mezzodì colle terre dell'Alto Novarese, fra Gozzano ed Arona. Comprende il Vergante, la Riviera ed è co- stituita da varie roccie antichissime, ricoperte da colli morenici con massi erratici giganteschi. La sua maggior vetta, il Motte- rone, si eleva sino a m. 1491 sul livello del mare, m. 1299 sul lago Maggiore e m. 1194 sul lago d'Orta.‘ Il suolo qua e là franato, interrotto da spaccature profonde, mette a nudo l'andamento stratigrafico e le trasformazioni che le roccie hanno subito sotto l’azione degli agenti naturali. Il nucleo montuoso è concentrato a settentrione, e le falde a mez- zodì si distendono a guisa d’altipiano inclinato, ricoperto da colli ondulati, morbidi, che si collegano cogli anfiteatri more- nici dei laghi Cusio e Verbano. Lungo la sponda di quest’ul- timo le roccie sono sollevate a picco e, malgrado la denudazione ed il terreno erratico, in molti luoghi si distingue benissimo la 1 Carta dello Stato Maggiore. 24 F. MOLINARI, zarre, mostruose, pare che dalla cima minaccino rovina. Le. meraviglie aumentano per chi sale la china; sentieri ripidi pra- ticati nelle roccie, spaccature, frane, burroni, torrenti, cascate, zampilli d’ acqua fresca e salubre guidano all’altipiano morenico, dove panorami stupendi rendono quei luoghi deliziosi. È rino- mato il punto di vista dell’albergo Alpino, al Prato Fiorente, che si specchia nelle acque del Verbano sopra Stresa e domina la Lombardia; ma le più belle scene naturali si ammirano dalla vetta del Motterone. A nord si stende a semicerchio la catena delle Alpi colle gigantesche cime del monte Bianco, monte Rosa, San Gottardo, ecc.; a levante si vedono i laghi di Lu- gano, Como, Varese, Verbano, i monti e la pianura Lombarda; dalle altre parti, il lago d’Orta, il Piemonte solcato dai fiumi Sesia, Agogna ed in fondo all’orizzonte si scorgono gli Appen- nini. Di queste bellezze scrissero l’ Amoretti, * il Boniforti,? il De-Vit,° ecc.; ma è certo che la massima parte rimangono ignorate e gli amatori di bellezze naturali vanno cercando in Svizzera ed in altri paesi ciò che sul Vergante madre natura profuse con larga mano. Non meno interessante è questa regione per uno studio geomine- ralogico. Le miniere di blenda, galena e calcopirite; i felspati, tutta la serie dei minerali nascosti nelle roccié, i massi erratici, le mo- rene, le torbiere, gli schisti talcosi-micacei, il porfido, il calcare, i graniti, costituiscono altrettanti argomenti di studio. E seb- bene parlando di minerali e di roccie si prova poca attrattiva in generale, e pochi siano coloro che li studiano con amore, pure queste cognizioni sono molto importanti. Lo studio delle sostanze minerali, ben condotto, contribuisce non solo al pro- gresso della scienza; ma, per le utili applicazioni che possono ricevere, influisce anche sulla prosperità dei popoli e su tutti i particolari della vita. Le mie ricerche tendono ad illustrare i minerali e le roccie 4 AMORETTI, Guida ai tre laghi. 2 BoxIFORTI, Il lago Maggiore e gita al S. Gottardo. 3 DE-VIT, Storia del lago Maggiore. DAL LAGO MAGGIORE AL LAGO D'ORTA. 25 che si trovano fra il lago Maggiore e quello d’Orta, principal- mente con uno studio chimico e microscopico. Senza pretendere di risolvere le ardue questioni d’origine, spero contribuire, se- condo le mie forze, a preparare un materiale sicuro per chi vo- glia tentare quella gran sintesi, da cui solamente si potranno dedurre le leggi che governano la materia e la trasformazione del nostro globo. Prima di entrare in argomento ho consultato necessariamente tutti i lavori che ad esso si riferiscono, sia per stabilire un punto di partenza, sia per valermi all’ uopo delle cognizioni già acquisite per la scienza. La viva discussione sostenuta sul principio di questo secolo fra plutonisti e nettunisti intorno alla classica regione di Lugano; il risveglio degli studî geologici che tenne dietro, furono causa di non poche ricerche, le quali, in diversi casi, si estesero anche alla regione del Vergante. Basta' citare la carta geologica dei terreni compresi fra. il lago d’Orta e quello di Lugano, pubbli- cata nel 1829! da L. de Buch; la memoria postuma del Brei- slak intitolata: Osservazioni sopra i terreni compresi tra il lago Maggiore e quello di Lugano (1838);? la memoria di L. Pareto: Siti terreni ai piedi delle Alpi nei dintorni del lago Maggiore e del lago di Lugano (1858); ° la carta geologica del Sismonda (1862); i Javori del Gastaldi, Omboni, Gerlach, Stoppani, ‘.Sprea- fico, G. Negri, C. F. Parona e molti altri che per brevità tra- lascio di menzionare. Questi scritti pregevoli trattano del Ver- gante quasi tutti per incidenza. Alcuni segnano a grandi tratti i rapporti che esistono fra i terreni costituenti il Vergante con quelli della catena alpina, oppure con quelli dei dintorni di Lu- 1 Biblioteca italiana, tomo LVI. 2 Memorie del R. I. Lombardo, 1838. 3 Bulletin de la Société géologique de France, 1858-59. 4 Carattere marino dell’anfiteatro morenico del lago Maggiore. 26 F. MOLINARI, gano; altri studiano in particolare e con vario intento i graniti di Baveno, il calcare di Gozzano, le morene, ecc., restringendo le osservazioni. a limitate località, a determinati argomenti. Il Gerlach nella memoria: Die Penninischen Alpen,* descrive bre- vemente tutti i terreni del Vergante; ma con tutto ciò la geo- logia di questa regione è ben lungi dall’ essere completa anche dal lato descrittivo. I lavori puramente mineralogici sono pochis- simi e quasi tutti sì occupano dei graniti. Riguardo all’ interpretazione dei fatti ed alle conclusioni, i diversi autori, molto differiscono fra loro. I graniti, i porfidi d’o- rigine acquea e metamorfici pel Gastaldi,? sono lave per E. Sprea- fico e Gerlach; gli schisti talcosi-micacei, verdastri ritenuti giu- resi metamorfici dal Sismonda, sono permiani o carboniferi per G. Negri, E. Spreafico; sono riferiti al laurenziano dal Gastaldi e sono siluriani per l’ing. Perazzi. Meno disparate sono le idee sul calcare e sul terreno glaciale; sebbene il primo si riferisca ora al lias, ora al trias e l’ultimo non sia studiato nella zona dell’ Alto Vergante, ove si trovano bellissime morene laterali e diversi bacini torbosi, che contengono moltissimi tronchi d’ al- beri. Coltivando in questi ultimi anni le torbiere di. Magognino e di Vezzo si scopersero delle vere cataste di tronchi di larice, abete, faggio, rovere, ontano, betula, castano, ecc. Si noti che molte essenze, come: l’abete, il larice, sono scarse in luogo, nè si trovano nei dintorni traccie di vecchie ceppate. Un sì ricco materiale attende ancora chi lo studii. L'importanza dello studio geologico di questa regione fu ben compresa dal compianto ing. E. Spreafico, il quale, nelle sue Osservazioni geologiche nei dintorni del lago d’Orta e della Val- sesia,® così scriveva: “ Evidentemente è questo un campo di i Boll. d. r. Comitato geol. italiano, 1870. 2 GASTALDI B., Studî geologici sulle Alpi Occidentali, 1874. ® Atti Soc. Italiana di Sc. naturali, memoria postuma, 1880. , DAL LAGO MAGGIORE AL LAGO D'ORTA. pari nvovi studî, da farsi senza dimenticare l’unità di carattere che le singole formazioni presentano dall’uno e dall’ altro lato di una depressione orografica, la quale, per quanto importante, pure si deve a fenomeni posteriori d’assai all’epoca dei terreni in questione. , i E tali studî sono necessarî per poter. più sicuramente rico- noscere i rapporti che stringono le formazioni antiche delle Alpi occidentali, colle altre molto analoghe della Valtellina, dei Grigioni e del Tirolo meridionale. La morte immatura dell'ing. E. Spreafico ha troncato questi studî sul principio, per cui ora si può dire che la geologia di questa regione, come quella delle Alpi, è appena incominciata. È non progredirà tanto facilmente, perchè i terreni metamorfici ed eruttivi sfuggono ai criterî paleontologici, senza offrirne altri facili e sicuri, che valgano alla soluzione degli ardui problemi d’origine degli antichi terreni cristallini. La regione che forma argomento di questo studio, per quanto limitata in estensione, presenta una bella serie litologica ricca. di varietà. Il terreno glaciale con grossissimi massi erratici, ciottoli, ghiaie, sabbie, ecc., ricopre quasi tutte le roccie anti- che e dalla cima del Motterone si stende giù giù sino ai din- torni di Oleggio e Borgomanero. Fan seguito dall’alto al basso la dolomia, il porfido, in continuazione di quelli della Lombar- dia; gli schisti talcosi-micacei che a guisa d’ampio mantello ri- coprono i graniti di Baveno, i quali rappresentano apparente- mente la base di tutta la serie. Con nuove ricerche si potranno forse mettere in luce altre roccie, altri terreni; ma per ora io prendo come punto di partenza la serie litologica quale appare ad un primo esame e come risulta dallo schizzo geognostico (vedi tav. I); salvo, a studio inoltrato, a portare le modificazioni richieste e conchiudere colla carta geologica della regione. 23 | F. MOLINARI, PARTE I. Miniera Agogna e Motto Piombino. Sul fianco del Motterone, in prossimità delle sorgenti del torrente Agogna, si trova una miniera di blenda e di galena, molto interessante per la scienza e per l’industria. CenNo sToRICO. — I primi lavori di coltivazione risalgono ad epoca remota; però, in proposito, non si è potuto finora sta- bilire date con qualche precisione. Nell’ eseguire gli attuali la- vori sotterranei si sono scoperti avanzi di vecchie gallerie, di- versi arnesi ed anche qualche armatura ben conservata; ma queste reliquie per trascuranza furono tutte disperse. * Proba- bilmente i primi lavori sono del medio evo e forse anche del- l'epoca romana; perchè le vecchie armature avevano forma trian- golare con piccola altezza, per modo che l’ estrazione si doveva certamente eseguire entrando carpone in galleria. In ogni caso è certo che i lavori furono in seguito abbandonati; le gallerie franarono, si chiusero completamente, per cui scomparve dalla superficie ogni indizio di coltivazione. Ad una propaggine del Motterone, dove probabilmente furono più estesi i lavori, rimase il nome di Motto Piombino; ad una località vicina, rimase quello di Piumbiera o Piombera; ma col tempo tutto fu dimen- ticato e questi nomi rimasero vuoti di senso. Nel 1860, l' inge- gnere inglese E. Francfort, ha fatto eseguire una serie d’inda- gini minerarie sulla regione posta fra il lago Maggiore e quello d’Orta; le quali condussero ai lavori di ricerca eseguiti più tardi a Brovello, Nebbiuno, Alpe Agogna e Motto Piombino. In tutte queste località si scoperse la galena e la blenda, riu- nite in varie proporzioni, accompagnate da una matrice sempre 1 Ciò consta dalla testimonianza di più minatori che hanno trovato avanzi di pic- coni, zappe, badili, ccc. di srt e n mirri nt a DAL LAGO MAGGIORE AL LAGO D'ORTA. 29 formata di antichi schisti cristallini. Questi fatti provano l’esi- stenza di un sistema di filoni metalliferi, che penetrano le roc- cie schistose sovrapposte ai graniti del Motterone. In quasi tutti i luoghi, sebbene si trovassero la galena e la blenda, le ricer- che riuscirono poco soddisfacenti e quindi furono troncate. So- lamente a Motto Piombino (in territorio di Gignese) si scoper- sero subito, a pochi metri di profondità, grosse masse metalli- fere, molto promettenti per un’impresa industriale. Perciò fu chiesta la relativa concessione mineraria, estesa a 358 ettari di terreno, e nel 1863 si diede principio regolarmente alla col- tivazione della miniera Agogna e Motto Piombino, per opera di una società inglese, diretta dall’ing. E. Francfort. In breve si apersero gallerie, s'impiantarono meccanismi per la prepara- zione degli schlich, utilizzando come forza motrice le acque del torrente Agogna, che lambiscono le imboccature delle gallerie. Più tardi l’esercizio passò ad altre imprese, e da sette anni, alla Società Genovese per le miniere, la quale diede non solo un grande sviluppo all'estrazione; ma, per utilizzare tutto il minerale, eseguì l’impianto di una laveria, secondo i dettami suggeriti dal progresso della scienza. La produzione annuale de- gli schlich è salita a circa 6000 tonnellate, ed il numero degli operai è considerevole; ora però si crede che il giacimento ac- cenni ad un prossimo esaurimento. È pur sorta in questi ultimi anni una grave questione per le acque della laveria, le quali re- cano danno all’agricoltura; per cui l'esercizio della miniera verrà forse troncato. Intanto resta ben accertata l’esistenza di filoni metalliferi, anzi da qualche tempo se ne scoperse un’altro al- l’Alpe Feglio e si ottenne anche la concessione relativa. CENNO TOPOGRAFICO. — Chi da Gignese volesse andare alla Riviera d’ Orta, dopo breve cammino ai piedi della morena Sciarrè, giunge alla pittoresca valle del Molino, molto interes- sante pel naturalista. La depressione segna una spaccatura profonda nella morena Sciarrè — Alpe Agogna — Monte Cor- naggia e negli schisti sottostanti, per cui sono messe a nudo diverse pile rocciose, altissime, che mostrano evidentemente d’es- 30 F. MOLINARI, sere state un tempo unite fra loro. Le acque dei torrenti Ai- rola e Scoccia penetrano nella valle per una gola rocciosa, tra- scinano enormi massi erratici, scavano rapidamente il letto e producono continuamente delle frane, favorite dallo sfascelo de- gli schisti piritosi. Oltre la valle per via piana, fra i monti Alpe Scinzinna ed Alpe Pirio, si arriva in breve al torrente Agogna, là dove confina il territorio di Gignese con quello di Nocco. Precisamente in quest’ultima località trovasi la miniera Agogna e Motto Piombino, con una laveria ben ordinata, con un binario di servizio che va fino alla valle del Molino ed un trasporto aereo a funi metalliche che la attraversa. | I lavori d’estrazione sono tutti praticati in un contrafforte schistoso del Motterone, in territorio di Gignese, a circa 600 metri sul livello del mare. Le due principali gallerie si aprono nel fianco S-O del Motto Piombino, a pochi metri sul letto del- l’Agogna; penetrano la roccia da S a N per oltre 500 metri, con una leggiera pendenza, che giova assai per scaricare le ac- que d’ infilttazione. Il giacimento minerario è stato attaccato in diversi punti per mezzo di gallerie secondarie, pozzi e camini; sicchè gran parte del filone si trova già spogliato dei minerali utili, i quali sono stati raggiunti anche alla profondità di oltre 35 metri, sotto il letto dell’ Agogna. Il profilo longitudinale e la proiezione orizzontale dei lavori sotterranei (vedi tav. II, fig. 1 e 2) forniscono un'idea abbastanza esatta sulla distribu- . zione delle masse metallifere scavate e sullo sviluppo delle rela- tive opere di estrazione. GIACITURA DEI MINERALI. — I minerali utili che formano lo scopo della coltivazione, sono: la galena e la blenda ferrifera, nei quali si trovano qua e là disseminati: la pirite marziale, la calcopirite, la stibina, il ferro spatico, il quarzo e la pirrotina in piccolissime quantità. Costituiscono delle grosse lenti, delle amigdale in un filone di spaccatura, che attraversa gli antichi schisti talcosi, micacei e cloritici. Il filone, diretto da N a S (segnato nella tav. I con una linea in rosso carminio) inclinato di 40°, s’abbassa da oriente ad occidente, discordando colla [ear DAL LAGO MAGGIORE AL LAGO D’ ORTA. 3 * roccia incassante, i cui strati (a Motto Piombino) con dire- zione NE-SO, s’ abbassano invece da NO a SE, formando un an- golo di 35° coll’ orizzonte (vedi fig. 3). La potenza del filone è di circa 3 metri; gli affioramenti, ossia testate, non si possono fa- cilmente scoprire, perchè lo 7 sfasciume degli schisti na- sconde ogni traccia ed inol- tre il suolo è quasi intera- mente ricoperto da terreno erratico. Malgrado questi ostacoli il filone fu rin- tracciato a Brovello, a Neb- biuno, all’ Alpe Agogna, a Motto Piombino; anzi, in quest’ ul- tima località, coi lavori d’estrazione, fu messo a nudo per una estensione di circa 500 metri in lunghezza e 140 in larghezza. Non è possibile seguirne l’andamento in tutti i suoi minuti par- ticolari, però è certo che il filone attraversa gli schisti talcosi, stendendosi dal Motterone a Brovello, a Nebbiuno e forse spinge le sue radici ai graniti ed ai porfidi sottoposti. Esistono pure altri filoni di minor importanza industriale, come lo provano le ricerche fatte all’ Alpe Feglio; ma questi sono probabilmente ra- mificazioni del filone sopra descritto, col quale sembra che ab- biano comune l’origine. I minerali utili si trovano irregolarmente distribuiti, per modo che le zone ricche alternano colle sterili, le quali per l’ estensione prevalgono considerevolmente. La galena e la blenda furono rinvenute in molti luoghi, cioè: a Nebbiuno, in vicinanza della filatura di cotone Crosti, a Brovello, all’Alpe Agogna, a Coiro- monte, all’Alpe Feglio, a Motto Piombino, ecc. Anzi faccio no- tare che l’estrazione fu tentata all’Alpe Agogna, fu continuata per qualche anno a Brovello; ma solamente a Motto Piombino il minerale fu trovato copioso e già da 20 anni alimenta una ‘impresa industriale. i Studiando i lavori sotterranei ed i materiali scavati a Motto l’iombino, ho potuto chiarire diversi particolari intorno a que- Disposizione del filone nella roccia incassante, 32 i F. MOLINARI, sto giacimento. Esso è già stato scavato per metri 250 in lun-- ghezza, m. 150 in larghezza e sebbene il filone sia molto più esteso, pure fuori di questa zona non si crede conveniente l’e- strazione. Come risulta dal profilo e dalla proiezione orizzon- tale dei lavori sotterranei (tav. II, fig. 1 e 2), le gallerie furono assai inoltrate verso il nucleo del Motterone; ma dopo un certo punto il filone diventa povero ed anche sterile. In profondità, veramente, i pozzi non furono spinti a più di 35 metri, sotto il letto dell’Agogna, dove esiste ancora minerale utile; ma pare che anche da questa parte il filone impoverisca, perciò si teme un prossimo esaurimento. La galena e la blenda in generale sono unite senza essere mescolate; anzi si distinguono benissimo le linee di giunzione e l’un minerale dall’altro. Formano lenti ed amigdale, più o meno grosse, collegate fra loro da vene sottilissime, che spesso vanno perdendosi nella matrice. | Tenendo conto di questa distribuzione, bisogna conchitidere che la blenda e la galena si produssero in tempi diversi, ma successivi. Non è facile stabilire con esattezza l’ ordine crono- logico della loro formazione, perchè spesso la blenda s’ insinua o sta sotto alla galena; altre volte questa penetra quella o ne è ricoperta; anzi in certi punti si trovano mescolati fra loro ed includono anche del quarzo. Nessun fatto decisivo ho potuto fi- nora raccogliere che valga a risolvere questo difficile problema; tuttavia faccio osservare: 1.° che al muro si trovano superfici levigate, striate, pro- dotte da scorrimento e da frizione, tra il filone e la roccia in- cassante; 2.° che la blenda sta di preferenza sotto alla galena e for- ma degli specchi neri, levigati, striati; i quali sembrano model- lati sulle superfici di sfregamento; 3.° che, dove la matrice è formata da una breccia di riem- pimento, la blenda serve non di rado come cemento. Dal complesso di questi fatti si può congetturare che la ga- lena è più recente della blenda, la quale giungendo per la prima - erre DAL LAGO MAGGIORE AL LAGO D'ORTA. da nella spaccatura filoniana avrà potuto cementare i frammenti della breccia e modellarsi sulle superficie levigate preesistenti. MatrIcE. — La matrice è formata da schisti della stessa roccia incassante, da quarzo e da una breccia a frammenti schi- stosi, cementati da silice concrezionale d’origine idrotermale. Si notano come minerali accidentali: la calcite, la fluorina, la pi- rite marziale, la pirrotina, la calcopirite, l’ antracite, il granato, il siderosio, ecc. Gli schisti considerati litologicamente variano fra loro per la struttura, compattezza, tenacità, schistosità e per l’ attitudine più o meno grande ad alterarsi sotto l’azione de- gli agenti naturali; sicchè converrebbe distinguerli e non com- prenderli tutti sotto un sol nome generico, come si è fatto fi- nora. Infatti questi schisti ora sono micacei, lucenti, compatti, tenaci, ricoperti da ossido di ferro, vere ftaniti; ora sono tal- cosi, schistosissimi, friabili, untuosi al tatto ed hanno superfi- cie argentina. Molte volte la massa è compatta, la schistosità appena segnata e la roccia si fende con grande facilità in po- liedri a sei faccie, che richiamano il romboedro della calcite ; altre volte invece sono esili straterelli contorti, ripiegati in mille modi diversi e che si sfasciano appena rimossi. Le grada- zioni sono moltiplicate dal metamorfismo e, dove la pirite ab- bonda e l’aria e l’acqua vi possono agire in concomitanza, la trasformazione si fa più rapida; gli esili schisti talcosi, mica- cei, antracitiferi si disgregano con facilità sorprendente. Il pro- dotto di scomposizione forma quasi sempre una pasta argillosa con frammenti di roccia indecomposta, ricca di solfato ferroso, acidissima, di colore bleu-oscuro, fina, untuosa al tatto, come la. piombaggire. Le salbande del filone risultano pure da una sostanza terrosa analoga; ma questa differisce per l'origine, es- sendo prodotta per sfregamento. . Gli schisti differiscono molto fra loro anche riguardo ai mi- nerali costituenti. Ora predomina la silice; ora il talco, ora. .il mica, ora il felspato, come risulta da analisi chimiche e dall’e- same delle. sezioni sottili col microstauroscopio, e tutti questi minerali comunicano alle roccie proprietà diverse. Non parlo Vol, XXVI. 3 Sd | F. MOLINARI, dei numerosi minerali accessorî sparsi in piccola quantità, per- chè troppo mi farebbero deviare; ma spero di ritornare su que- sto argomento con un lavoro particolare. Il secondo componente della matrice, cioè il quarzo, rappre- senta una’ parte importante, anzi accompagna quasi sempre la blenda e la galena, e perciò può servire di guida al minatore nei lavori di ricerca. Forma nuclei, vene più o meno grosse, che si ramificano negli schisti, ed alcune volte s’insinua fra gli ele- menti angolosi della breccia di frizione, dove funziona da ce- mento. In generale si presenta compatto, vitreo, bianco, latti- ginoso, grasso; ma varia molto dove tocca gli schisti e dove fa passaggio alla breccia. La breccia risulta di frammenti della roccia incassante, ce- mentati da silice sedimentaria, concrezionale, ora bianca, ora grigia, spessq giallastra, verdastra, azzurrognola, ecc., ricca di geodine, tappezzate di minuti cristalli. La blenda non di rado rimpiazza la silice come cemento o forma nel cemento. stesso delle mosche con altri minerali metallici. Senza entrare in maggiori particolari faccio osservare che il cemento della brec- cia è formato talvolta dalla blenda, parecchie altre dalla si- lice sedimentaria che fa passaggio al quarzo. Questo include ed è incluso dai minerali metallici; ciò prova che la deposi- zione della silice fu contemporanea a quella della blenda e della galena. BLeNDA. — È noto che il solfuro di zinco — Zn S + si trova abbondante in natura e rappresenta una specie minerale ben definita: la blenda, la quale cristallizza in tetraedri, rom- bododecaedri, ecc., del sistema monometrico. Spesso lo zinco è sostituito in parte dal ferro, o dal cadmio, oppure dal rame; in tal caso si producono le varietà di blenda denominate: Mar- matite o blenda ferrifera, Przibramite o blenda cadmifera, Ra- thite o blenda cuprifera, ecc. .Uno dei minerali industriali, scavati a Motto Piombino, è precisamente la marmatite. Essa si trova molto sviluppata, ed include frammenti schistosi verdastri, profondamente alterati, | i E DAL LAGO MAGGIORE AL LAGO D'ORTA. 35 nuclei e vene di calcite, mosche di silice quarzosa, traccie di calcopirite sparse qua e là in pagliuzze e venature iridescenti che appena si scorgono ad occhio nudo. La struttura è cristal- lina; lamellare; il colore varia dal rosso-bruno al nero lucente, con riflessi giallo-colofonia, simili a quelli della blenda gialla. Di quest’ ultimo colore. si mostrano tutte le laminette sottili, esaminate sotto al microscopio e, quando la luce sia polarizzata, offrono i caratteri della cristallizzazione monometrica. La massa minerale ha l'aspetto metallico, la superficie splendente, striata e tutto accenna ad un lavoro di cristallizzazione molto avan- zato; tuttavia veri cristalli non ho potuto rintracciarne. La sfaldatura è facile secondo diversi pianij ma difficilmente si giunge al rombododecaedro proprio della blenda, perchè il mi- nerale fragile, friabile si riduce in frammenti ed anche in pol- vere, la quale è sempre di color rossiccio. La durezza è 4; il peso specifico 4,01. La marmatite si scioglie nell’acido cloridrico, lasciando qualche residuo; al cannello non si fonde, ma si rico- pre di una pellicola lucente, di color giallo dorato e, quando la fiamma è molto energica, gli spigoli si rammolliscono e si atton- dano. Sul carbone, con carbonato di soda, fonde, sublima, dà aureola gialla a caldo, bianca a freddo, che prende un bel color verde sotto l’azione del nitrato di cobalto. La perla di borace, a fiamma riducente, presenta una debole colorazione verde bot- tiglia. L’analisi quantitativa, eseguita su due grammi di blenda scelta, mi ha fornito i seguenti risultati centesimali: e a i Li n I tte See DIO di ite 0,90 i i il ie AR AE 100,00 36 va F. MOLINARI, ..Lo zinco fu dosato allo stato d’ossido; il ferro allo stato di sesquiossido; l’antimonio allo stato di acido antimonioso e. lo zolfo allo stato di solfato di bario. Essendo il ferro e lo zinco fra loro isomorfi, le suddette pro- porzioni rispondono bene al concetto che il ferro rimpiazzi lo zinco nella blenda, dando luogo alla marmatite. GALENA. — Il minerale di piombo più importante, 1’ unico trattato industrialmente, quello che fornisce tutto il piombo del commercio, è la galena o solfuro di piombo — Pd S —. Rap- presenta una specie minerale ben definita, cristallizzata nel pri- mo sistema in cubi, cubiottaedri, rombododecaedri, tetraesae- dri, ecc.; ma le belle cristallizzazioni sono rare. La sfaldatura è facile secondo tre piani e conduce al cubo, che è pure la forma cristallina più comune. Il solfuro di piombo puro è scarso in natura; frequentemente si trova associato col solfuro d°’ ar- gento, di ferro, di rame, di zinco, d’ antimonio; altre volte lo zolfo stesso è rimpiazzato dal selenio o dal tellurio. Perciò si distinguono molte varietà di galena chiamate: Cuproplumbite o solfuro di piombo e di rame; Steinmannite o solfuro di piombo con piccola quantità di solfuro d’antimonio e di solfuro di ferro; Huascolite o galena commista a blenda, ecc. Nella miniera Agogna e Motto Piombino abbonda la uiatilicà e più propriamente quella che fa passaggio alla Steinmannite con pochi decimillesimi d’argento. Questo minerale rappresenta la ricchezza della miniera; anzi nei primi anni della coltivazione era l’unico prodotto utilizzato e la blenda, che si trovava as- sociata, veniva abbandonata come materiale inutile. La galena si presenta in masse bleuastre, a superficie splen- dente, speculare, d’ aspetto metallico argentino; la struttura è decisamente cristallina, largamente lamellare, però varia e fa passaggio alla struttura granulare in quei punti dove la galena è commista alla blenda. La sfaldatura, facile secondo tre-piani, DAL LAGO MAGGIORE AL LAGO D'ORTA. 37 produce bellissimi esaedri ed anche dove sembra meno svilup- pata, i frammenti (esaminati sotto il microscopio) si trovano costituiti di tanti cubetti regolarissimi. Il peso specifico è 7,22, la durezza inferiore a quella della calcite e la polvere sempre grigia. Non mancano le inclusioni di sostanze estranee, come quelle già indicate per la blenda; inoltre si può constatare che gli schisti verdastri inclusi sono non di rado assai alterati e, là dove toccano i minerali metallici, danno luogo ad un invo- lucro siliceo, probabilmente prodotto dall’ azione metamorfica reciproca. Colla galena si rinvengono anche: la fluorina, la ba- ritina, raramente la cerussite e l’ anglesite, in minuti cristalli “ che ornano delle geodine. La galena è attaccata dall’ acido ni- trico; sul carbone col cannello fonde, dà un granello di piombo ed un’aureola gialla contornata di sublimato ‘bianco, azzurro- gnolo, caratteristico dell’ antimonio. L'analisi quantitativa eseguita sopra cinque grammi di galena scelta, mi ha dato i seguenti risultati centesimali : A n nie di oa i mina c: $1 i an ie sai id È tiriamo 4 Lusi 46.) dg cade editi n Anita dt 04 i O eo Sn. CSRIBOCTE iaia a dmn Seta ini Ri i). * Argento, ferro e perdite. . . . . 0,89 100,00 Il piombo fu dosato allo stato di solfato, l’antimonio allo stato di acido antimonioso, lo zolfo allo stato di solfato di bario e l'argento fu trovato operando su cinquanta grammi di galena. A'confermare i fatti sovraesposti ho presentato all’ adunanza della Società Italiana di Scienze naturali i minerali, le roccie e sei sezioni sottili, che mi hanno servito per questo studio. ORIGINE DEL FILONE. — Prima di chiudere questo argomento accennerò anche alle spiegazioni che si possono dare sulla na- 38 F. MOLINARI, tura e sull'ordine dei fenomeni generatori del filone ‘metal- lifero. Chi visita il Vergante può facilmente persuadersi che le roc- cie schistose, sovrapposte ai graniti, ai porfidi, sono spaccate, interrotte in moltissime direzioni e contorte nel modo più biz- zarro. Ciò indica un lavoro meccanico, uno di quei grandi la- vori di sconvolgimento, prodotto dalle forze endogene; le quali anche attualmente scuotono di frequente il nostro suolo. Te- nendo conto del rapporto stratigrafico tra gli schisti ed il por- fido d’ Arona; tenendo conto che questo è più recente di quelli, si può congetturare che le forze interne, le quali produssero l’e- ruzione del porfido, abbiano causato anche lo sconvolgimento degli schisti e favorito in seguito la formazione dei filoni me- talliferi, come manifestazione secondaria della vulcanicità. In ogni caso un’azione meccanica energica diede origine alla spac- catura filoniana, estesa da Motto Piombino alla sponda del lago Maggiore. Ne conseguirono spostamenti, scorrimenti, frizioni, ecc.; si produssero naturalmente superficie levigate e molti detriti, i quali si rinvengono oggidì nella spaccatura, come breccia di riempimento. Le parti della roccia squarciata si ricongiunsero in molti luoghi; ma per quanto gli schisti talcosi. siano poco duri, facili a contorcersi, ad adattarsi, tuttavia saranno rima- ste delle cavità, delle fessure od almeno un indebolimento lungo tutta la linea di rottura. In queste cavità penetrarono la blenda, la galena e tutti gli altri minerali trascinati dall’ acqua circo- ‘lante nelle roccie e vi si depositarono, formando il giacimento metallifero. Potrebbe darsi che l’acqua contenesse soltanto gli elementi della blenda, della galena allo stato di composti di- versi e che, solamente dopo l’ infiltrazione nella spaccatura, si siano generati i minerali costituenti il deposito metallifero; ma in ogni caso gli agenti principali sono: il calore interno;e l’ac- qua circolante nelle roccie. Questa, filtrando dalla superficie ter- restre a smisurata profondità, scioglie, trasforma, trasporta. e deposita tutte le sostanze minerali. Tale lavoro è reso poten- tissimo dall’azione del calore e di tutte le forze endogene con- DAL LAGO MAGGIORE AL LAGO D'ORTA. 39 comitanti, le quali poi rimandano le acque ricche di minerali verso la superficie del globo, dando luogo alle manifestazioni secondarie della vulcanicità e conseguentemente ad un lavoro metamorfico nelle roccie. Principalmente, durante quest’ ultima fase della circolazione; le acque sotterranee depositano le so- stanze minerali; per cui è da questo ordine di fenomeni che dobbiamo ripetere l’ origine del filone metallifero di Motto Piom- bino. Basterà ammettere che l’acqua circolante, o dal basso al- l'alto, o per infiltrazione laterale, sia giunta nella spaccatura filoniana, prima carica di silice e blenda, successivamente ca- rica di silice e galena, per rendere ragione di tutti i fatti par- ticolari del filone di Motto Piombino. Allora si comprende benissimo come la silice funga da cemento nella breccia di riem- pimento colla blenda e come questa ricopra le superficie levi- gate, costituisca amigdale e lenti; si comprende benissimo come la galena formi delle masse distinte ed in generale sovrapposte alla blenda, colla quale di rado si trova intimamente mescolata. Tale spiegazione mi pare molto verosimile; armonizza colle teorie sostenute da distinti geologi ed anche colla teoria della secrezione laterale di M. Fridolin Sandberger. * EstRAZIONE. — I lavori d’estrazione si compiono coi ben noti metodi dei gradini diritti, rovesci e per riempimento. Là sul luogo d’estrazione si fa subito, dai minatori, una cernita del materiale abbattuto, il quale vien diviso in minerale di prima, minerale povero e sterile. Il primo si manda diretta- mente al magazzino di spedizione, il secondo alla laveria; lo sterile viene usato parte per riempimento e parte inviato alla discarica. PREPARAZIONE MECCANICA. — Il minerale povero rappresenta una parte importante nell’ economia della miniera; perciò vien trattato con processi meccanici onde separare la galena, la blen- da e lo sterile, in modo di ridurre la prima ad un tenore in piombo di 68 °/0 circa, la seconda ad un tenore in zinco di I Untersuchungen iiber Erzgiinge. Wiesbaden, 1882. 40 F. MOLINARI, 50 0/0 circa; lo sterile poi si manda alla discarica. Il lavoro è molto complesso e si eseguisce alla laveria usufruendo il diverso peso specifico dei singoli minerali. LaAverIa. -—— Questo opificio si trova sulla destra del tor- rente Agogna, allo sbocco della galleria di ribasso, colla quale comunica mediante apposito binario. Un canale d’acqua, deri: vato dal vicino torrente, dà movimento a due cilindri acciacca- tori, per mezzo di una ruota idraulica; esso fornisce abbondan- temente d’acqua tutta la laveria. Una macchina a vapore, con caldaia fissa, comanda tutti gli altri meccanismi, cioè: due tam- buri lavatori, quattro classificatori, sette crivelli continui a fondo filtrante, due tavole a scosse Rittinger ed un round-buddle. Inoltre meritano d’ essere ricordati un cassone alemanno ed un labirinto per lavare e classificare la polvere minuta. Dallo specchio unito si può rilevare le operazioni che subisce il minerale povero, prima di essere mandato alla fonderia. I risultati che si ottengono sono eccellenti. Colle tavole a scosse e cogli ultimi tre crivelli (medio, fino e finissimo) si separa benissimo la galena, la blenda e lo sterile del minerale minu- tissimo. Ineltre anche le fanghiglie, depositate dalle acque di lavag- gio, s1 lavorano a perfezione, usando prima i labirinti ed i cas- soni e per ultimo le tavole a scosse od il round-buddle. La spedizione è fatta in sacchetti del peso di circa 50 chi- logrammi. Appositi vagoncini, montati su di un binario, condu- cono il minerale sino alla valle del Molino e là con un trasporto aereo a funi metalliche lo si trasmette all'altra sponda. Il tra- sporto viene poi continuato, sino a Stresa, con carri e quindi spedito per acqua e per ferrovia. La galena vien tutta fusa alla Pertusola, mentre la blenda si manda nel Belgio. Sarebbe desiderabile che quest’ultimo minerale fosse lavorato in Italia, tanto più che può servire benissimo . per fabbricare del solfato di zinco. DAL LAGO MAGGIORE AL LAGO D'ORTA. 41 s | 3 pi € sa, ad sa A ppt e 1 ti parve tr f% » Graticla ERETTI ERA Lavaggio fe 3dI0DII LANE FUTTOAIOIIIA > L “i Alla _ Cernita V cv discarica ad Sterile — Ta mano È Grosso Minuto vi i ia y V "TTM falena iena { | Grosso. Mico i duci . : povero crediti RIA allo: Voxo Vv E Bini Ms che I Ita so — S ‘ Acciaccatori. nt ex e TT et Sirio usogsi #* ; I e I SE +e ea a Mi a pnt ne O NRE ‘eut1S19 « si 1 a = a _S Sie AI la” de) ER . . . . . . . . uef ‘gurIqu]oo « E° sd -- a I J — x — = e Raro] eyomespun. vee 4 ra cd Sn 1 Fa ri e pat e pangoa Vv ‘28nJo1d “ n $ È -É I I Sa 5 = fn er > «#0 «INN ‘ewersnggieo “ == sen —B i, a I AZ O È so. ae sug: peg Sedie ‘der ‘B][9q0uTO « ra ni es Ri J le da coda ire Sori . . . » . . . . ‘UUlT “epidsiq (19 = se = * at Bre “a f-; Se + +e + 1. -derg ‘erppSims “ | ri — | - cs — ee Rd a ‘TM ‘vamormaz “ ; << cs SE he A I e" CZ) Dal ra ef ‘89 eIS00 “ILA « “ es td 0 3 Ce J SL ta ina sea . . . . . . . ‘der ‘etrogomna « I ta SE Dal cale "n I Fog met a. . . . . O . ° ‘]99rz ‘e1fSidue “ Ta vd CA 2 SR J A: Se — a e e e "o 8g. ‘euro fd - xr[0H ; 2a ca te Ses E T — — -_ aj tto #7 gi] ‘SAT; SANUo”g) 5 = alle pie i e MA nà T —— nr pid ve . . . ° . . . . ‘snfnd ‘ds [14 | A | Do & DE a — T —_ — — — ||** * * * xoog ‘pueureder 5 3 s 2 o I Cab È te sa coda ed CA E ION “IMA “IRA “ “ = z e T br — | Ep e ea ee TT 9a: GRA] & J = AR — _ —_ Da — — ||uto + * * 419] ‘sisuouoweS sogruo7z da de = SR — I — —_ — = dedi ge. e e e TITO A ‘SIAGIQ* GULIITÀ — - —_ — ca >» n mr iper ne = TR Asse SN] S| 90 souogg ©/2 flo S| epel | ourors pi > > E sè # S | -4 |-SW|_$ È Ip i ele ero I Pa : ja | IUOTZ9.19UOA) de Si IO LSP | È |&8g Fre o ae ER 33 rp e E E Ip = Si T}U909I LIBO[BO TUOIZBUIIO { tprsodo(q Si QI9IQIOI 68 *0Ug UI CZOU T[ IPIATEK% QITA ‘NNYS 8112820) 0700)0 4 0109 GL8I [9U e}eno osoads essa}s tI DO se ‘rione 1]Tep o}urgso ognuegii our1o; o emads ol eoIpur (0 *IICpy “CD FUN II pa 10d9wamny "IT SN II ‘iuotIing otnto g “N IT ‘ojuaAtios OI I “N [! ‘QuIiwmI9};Op e[ 9UI G10}NE ] 0IV}OUIP V}l]e90[ e[odurs el[ap toIquIie IHomna I x 69 5 dA sr: rel te tn pes ei PE I e: Huni ‘&qen1;s COL È Li (i. 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2 SHIOHdS UTITHC UNOIZYNINONHT n ss en u©) Tin — Ò Ss Ò ] Ip = o 1}U909I LIBO]RO TUOIZEULIO] tprsodo(q iù QIAQIO], i I È; | NOTAZIONI CRONO-GEOLOGICHE dell’ Ingegnere . FRANCESCO SALMOJRAGHI. Sono note ai geologi le difficoltà create alla scienza dalla no: menclatura stratigrafica e cronologica dei terreni, per la mol- tiplicità dei sistemi di divisione, per il disuguale e arbitrario valore delle divisioni stesse e per le sinonimie. . Fino dal 1847 il d’Archiac, e dopo di lui molti altri, segna- larono queste difficoltà e più di tutti, con fine acutezza di os- servazioni e chiarezza di esposizione, le segnalò nel 1873 il prof. Renevier di Losanna nel tentativo che imprese per risol- verle colla pubblicazione della sua Tabella dei terreni sedi: mentari °, che rappresenta tuttora la miglior sintesi, che la scienza possegga, di cronologia geologica. Ma l’opera di un solo, frammezzo ai molti dispareri e di fronte alle esigenze delle diverse lingue scientifiche, non poteva imporsi alla universalità dei geologi. Solo un accordo interna- zionale poteva regolare in modo armonico ed uniforme la divi- sione cronologica e la nomenclatura. L'argomento in tutte le sue particolarità venne esaminato e discusso dalla Commissione sorta dopo il Congresso geologico di Parigi del 1878 ?, e por- tato sul tappeto al Congresso di Bologna del 1881. Quivi un primo passo si è fatto nello stabilire invariabilmente il valore dei nomi generici delle divisioni geologiche. Al Congresso di 1 RENEVIER, Tableau des terrains sédimentaires, etc. Bull. de Ia Soc. Vaud. des Se. Nat. Lausanne, 1873-74, 3 Rapport des Commissions internationales pour l’unification de la nomenclature, ete. Bologne, 1881. i 72 F. SALMOJRAGHI, Berlino del 1884 fu rimandato l'ulteriore accordo sul nome par-. ticolare delle singole divisioni. Ma non è da farsi illusioni sull’efficacia di un tale procedi- mento; il risultato stesso del Congresso di Bologna lo prova. Per quanto l’uniformità della nomenclatura geologica sia nei voti di tutti, sarà pur difficile lo stabilirla completamente. AI- cune vecchie divisioni ed alcuni vecchi nomi, specialmente lo- cali, non potranno mai essere abbandonati. D'altronde anche dato che i geologi arrivino dopo una serie di Congressi ad ac- cordarsi unanimemente per una data divisione e per una data nomenclatura, sarebbe un immobilizzare la scienza il pretendere che esse non si modifichino più; fuor d’ogni probabilità poi che si modifichino sempre col consenso di tutti. In tal caso la mol- tiplicità di divisioni e le sinonimie si riprodurranno. Niuno può prevedere cosa prepara la scienza alla cronologia geologica; un gran cammino si è fatto da quando si conosce- vano 3 divisioni sole, quelle dei terreni primario, secondario e terziario, fino ad oggi che si contano un’ottantina di suddivi- sioni. Se non erro, la meta finale deve essere quella non solo di determinare gli avvenimenti geologici di ciascun punto della terra e l’ordine con cui si succedettero, ma precisare bensì an- ‘ che la posizione del tempo in cui essi ebbero luogo rispetto ad una data fissa, rispetto alla storia. La meta finale della .crono- logia geologica, che forse non si potrà raggiungere che imper- fettamente, è quella di collegarsi alla storia. Ora se ciò è, non è avventato il prevedere che le 80 divi- sioni d’oggi sono destinate a crescere ancora, e in tal caso le difficoltà lamentate circa la divisione e la nomenclatura crono- logica si faranno più intense. | Parmi che queste difficoltà potrebbero almeno menomarsi se le divisioni cronologiche, oltre che coi nomi già proposti ed ac- cettati o proponibili, venissero individuate anche con delle for- mole o notazioni numeriche. Un sistema di tali notazioni ado- pero da qualche tempo ne’ miei studî, e, benchè l’esperienza sia bisnte 3 | È | NOTAZIONI CRONO-GEOLOGICHE. 73 troppo limitata, pure sembrami che possano dare qualche van- taggio quando siano generalizzate. Ecco in che cosa’ consistono queste notazioni cronologiche. Ogni sistema di cronologia geologica comprende una gerar- chia di divisioni di diverso grado. Tutti ammettono 8 o 4 o più grandi divisioni di 1.° grado, e suddividono ciascuna divisione di 1.° grado in altre di 2.° grado. Tutti, ad eccezione di pochi, come per es. A. d’Orbigny, che si arrestano a 2 gradi soli, tutti, dico, suddividono ciascuna suddivisione di 2.° grado in altre di 3.° grado. Tali sono i sistemi del Lyell, del Meyer, ecc. Alcuni infine, come il Renevier, spingono la gerarchia ad un 4.° grado, ed i casi in cui un 5.° grado si rende necessario, già si presentano. |. Ora qualunque terreno o insieme di terreni appartenenti ad una data divisione di ennesimo grado può rappresentarsi con frazioni scritte di seguito l’una all’ altra, ciascuna delle quali abbia un numeratore ed un denominatore numerico semplice. La 1.* frazione a sinistra esprime col suo denominatore il nu- mero delle divisioni di 1.° grado che fu adottato, col numera- tore il numero d’ordine partendo dal basso di quella partico- lare divisione di primo grado nella quale è compreso il terreno considerato. La 2.° frazione, che fa seguito a destra, esprime col denominatore il numero delle divisioni di 2.° grado in cui fu divisa la precedente di 1.° grado e col numeratore il corri- spondente numero d’ordine sempre partendo dal basso. E così di seguito con altre frazioni fino a che nell’ultima scritta a de- stra il denominatore denota il numero della divisione di enne- simo grado, il numeratore il numero d’ordine di quella che si vuol rappresentare. Per chiarire questo sistema di notazioni con un esempio ab- biasi .sott’ occhio la Tabella dei terreni sedimentari del Rene- vier, che è riportata in fine del presente scritto. Il Renevier stabilisce la seguente gerarchia: tI i ni VEE ZAN Ri i Eni 740 | F. SALMOJRAGHI, 3 divisioni di 1.° grado dette Ere 10 suddivisioni , 2.°, so Periodi 29 n ni alii a) poche 0 Sistemi 79 na SOI lara » Età o Piani. Il Congresso di Bologna ha conservato i nomi delle divisioni cronologiche del Renevier, ma ha modificato e completato quelli. delle corrispondenti divisioni stratigrafiche: ! Ecco il riassunto delle sue deliberazioni: di Divisioni Cronologiche Stratigrafiche di 1.° grado Era Gruppo ASA LIA, Periodo Sistema po BUTI Epoca Serie o Sezione LEE PRRERTOE Età Piano ° Ciò posto, le 3 ere del Renevier sono la Paleozoica, la Me- sozoica e la Cenozoica; esse verranno rispettivamente rappre- Bea Ra È sentate dalle notazioni “abi 9 . . . 2 . . . . f Consideriamo l'Era Mesozoica (È ; essa si divide in 4 pe- (9) riodi, il Triasico, il Liasico, il Giurassico e il Cretaceo. Avremo per questi periodi, secondo il principio stabilito, le notazioni. iti Det Triasico. 3 PE Dia Liasico . Praia ) s DB Giurassico . ZIE 2.4 Cretaceo Laga i Congrès géol. internat. Compte rendu de la 2 Session. Bologne, 1882. 2 Il Congresso di Bologna ha anche dato un nome alla divisione stratigrafica di 5.° grado senza fissarne la corrispondente divisione cronologica. Il nome è Assise in. francese e i suoi equivalenti rigorosi nelle altre lingue. In italiano dovrebbe quindi essere filare 0 corso, ma finora da niuno usati. NOTAZIONI CRONO-GEOLOGICHE. VA 15 Il periodo Zriasico (7 3) si suddivide, sempre secondo la Tabella Renevier, in due epoche, Conchigliana e Keuperiana che sl scriveranno: »_ 7; 7° SARI SOA | Conchigliana . 204 3 va) D'ARGA Gaa Keuperiana . . . pio: Prendendo infine ad esempio l’epoca Keuperiana (S si 3) e considerando come essa venga suddivisa in 4 età, avremo queste rappresentate colle notazioni Oeniana 2 t 2 i dee PD a I tag: MRS PER Haloriana. ape Sit > IRR, IT e Raibeliana Pre ARESE DA [RSRO? NASY. | Lariana FUTROTI Occorrendo una suddivisione di 5.° grado basterebbe aggiun- gere collo stesso metodo una quinta frazione. Tali notazioni evidentemente si presenterebbero egualmente intelligibili e determinative se, invece di tenersi distinte le sin- gole frazioni che le compongono, si raggruppassero i numeratori e i denominatori sotto la forma di una frazione unica. L’ età ; FARO redizale do dE ; | Lariana quindi invece di Ppttio Ii potrebbe più semplice- mente scriversi e 3424.” Quando poi un sistema di divisione è adottato, il denomina- ha 1 IA OLIO RIA 3 Meg a 1049 eri i CL IAC INA |«—_’‘’V. SALMOJRAGHI, tore, che per ciascun grado resta costante, può sopprimersi. Nel. caso precedente l’età Lariana si scriverebbe senza possibilità di confusione con 2124. E queste notazioni con o senza deno- minatore potranno leggersi o coi singoli numeri distinti, come sì leggono le notazioni cristallografiche di Miller, o coi numeri raggruppati in decine, centinaia e migliaia. L’uso, se mai avrà luogo, deciderà. i Sullo stesso principio si comporrebbero le notazioni di tutte le altre divisioni di qualsiasi grado. Fra quelle della Tabella Mg i i i 11 Renevier il periodo Eozoico, per es., si scriverebbe 39° l e- . 241 l'epoca Neocomiana ——, l'età Tor- poca Carbomifera 345 309° ; 9220 4 SOR, toniana l’età del Ferro e così via. 3333’ 3323’ Lo stesso sistema di notazioni poi si piega a rappresentare le divisioni e suddivisioni cronologiche formulate con qualsiasi altro metodo passato e futuro, purchè gerarchicamente ben sta- bilito.! Il Carbonifero, per es., che colla divisione del Renevier si n con quella di d’ Orbigny si scriverebbe ù poi- ‘chè in essa si hanno sette periodi come divisioni di 1° grado, e fra questi il Paleozoico occupante il 2° posto partendo dal basso, comprende 5 piani o suddivisioni di 2° grado, dei quali scrive il 4° è appunto il Cardonifero. Nella divisione di Dana si seri- 2 1 Satta Ia verebbe invece co e così di altre. Le notazioni quindi do- vrebbero di regola completarsi coll’apposizione del nome intiero od abbreviato dell'autore della divisione, cui si riferiscono, come i Non credo, per es., rappresentabile con notazioni la divisione cronologica adot- tata dal Curioni nella sua Geologia delle Provincie lombarde, dove tra gli altri ve-- desi il Neocomiano elevato al livello di 1.° grado al pari del Terziario. 279 ‘MO pr * (73 Ve it A A RA STRA de Ve 64 SPED pr à 1 VE cf } AR ia è MIEI. i % leg MATA pr 2 RE Ci pet Lori SEGA vr MAI or i BM CARg ASI i CTR TRINITA VEC y i le _ ARA La 1,5 n. 4 - : hi ta st) Za Sr i ty LT gi NOTAZIONI CRONO-GEOLOGICHE. i DTS POM sì usa nella nomenclatura delle specie organiche. Nell’ esempio 132 333 RENEV.; precedente il Carbonifero sarebbe rappresentato da sinti 00) 1282 È d’ORB., 533 DANA. Esaminiamo ora quali vantaggi sono da aspettarsi da questo sistema di notazioni cronologiche, quando esse venissero adottate o sole o in concomitanza dei nomi. Anzitutto possono esse in qualche caso avere uno scopo ab- breviativo. Per vero l’abbreviazione in confronto dei nomi ordi- nari non è molto sentita, quando si tratti delle divisioni infe- riori richiedenti frazioni di 4 o più cifre. Ma per le divisioni dei gradi superiori, e specialmente se è concesso di sopprimere i denominatori, il vantaggio diventa apprezzabile. Invece di pe- 9 ì vi 4 : of riodo nummulitico, ad esempio, potrebbe bastare lo scrivere 33 o solamente 31. Le stesse notazioni, prive del denominatore, sa- rebbero poi adottabili nelle carte geologiche invece dei mono- grammi dei terreni formati, secondo il Congresso di Bologna, con le iniziali dei nomi eventualmente sussidiate da esponenti numerici. Così nelle opere paleontologiche le notazioni possono rappresentare con brevità ed evidenza il tempo della comparsa, del massimo sviluppo e della disparizione degli esseri organiz- zati. Più vantaggiose riescono le notazioni come segni mnemonici. È un fatto sicuro che una serie di enti di qualsiasi natura si attacca maggiormente alla memoria dell’uomo, quando sia rap- presentata da numeri anzichè da nomi, purchè i numeri non siano meramente convenzionali, ma indichino un rapporto di posizione od uno di tempo o qualsiasi altro sottomesso a leggi fisse. . Nelle notazioni proposte un rapporto esiste fra il valore dei numeri, che le compongono, e gli enti che esse sono destinate a 3 dr Ù 18. F. SALMOJRAGHS, rappresentare. Anzitutto il numero delle frazioni indica tosto il grado della divisione che si considera. Un terreno poi è tanto più recente quanto più il numeratore della sua notazione tende ad eguagliare il denominatore, tanto più antico quanto più que- sta s'accosta ad avere il numeratore formato di sole unità. Un geologo cui per la prima volta capitasse sott’occhio il nome di Piano Meneviano senz’ altra indicazione, non saprebbe a qual gradino riferirlo della scala cronologica; ma egli si oriz- zonterà subito se il nome di Meneviano è seguito dalla nota- | 212 Questa gli indica di primo sguardo che trattasi di un terreno zione che gli corrisponde secondo la divisione Renevier di ; : 1 : siano) compreso nell’era paleozoica 3): nel periodo silurico 33) 4 121 4 nell'epoca cambriana | 33) e precisamente nel centro di que- st’ epoca, che agibitimo denominatore a destra appare diviso in 3 piani. Del resto il vantaggio mnemonico non può apprezzarsi, se non. immaginandosi l'occhio e il pensiero abituati coll’ esercizio a colpire i rapporti dei singoli numeri componenti le notazioni. La lettura di esse deve riuscire così facile come quella delle parole e dei segni musicali. V°ha di più. Le notazioni possono dare nella designazione dei terreni una maggior precisione scientifica di quella che è consentita dai soli nomi. Un geologo citando un terreno non solo col suo nome ma anche colla sua notazione è obbligato ad esprimere simbolicamente il sistema di divisione che segue. Quando poi il terreno di un autore non coincide pienamente nella sua estensione col terreno omonimo di un altro autore, e tali casi sono frequenti, la notazione varrà a distinguerli con tutta quella esattezza che si può desiderare. Nè vale l’obbiezione che infar- cendosi i libri dì numeri il cui significato non è chiaro a tutti, la geologia diventerà meno popolare. Anche le notazioni cri» NOTAZIONI CRONO-GEOLOGICHE. 79 stallografiche hanno reso inintelligibili i trattati di Mineralogia ai non mineralogisti; ma la scienza con esse ha progredito. Da ultimo parmi di intravvedere nelle notazioni cronologiche uno scopo di opportunità non trascurabile. Ho accennato che il Congresso di Bologna si è limitato a fissare sia nella scala cro- nologica. che nella stratigrafica i nomi generici delle divisioni; ai futuri Congressi è riservato di stabilire i nomi particolari. Finchè si tratterà delle divisioni di grado superiore 1’ accordo sarà facile; certi nomi, come liasico, triasico, carbonifero, silu- riano ecc., sono così radicati in tutte le abitudini che non po- ‘ tranno mai essere sostituiti da altri. Ma lo stesso non può dirsi per le divisioni di grado inferiore. Il nome di queste in mas- sima parte deriva dal nome di località, che di regola sono quelle ove il terreno corrispondente fu primamente studiato o dove ha maggiore sviluppo o è più caratteristico. Ma di tali località spesso per un dato terreno ne esistono parecchie nei diversi paesi e la copia dei sinonimi specialmente nel grado delle età o piani sta a provarlo. In questo caso la scelta definitiva di un nome implicante l'abbandono de’ suoi sinonimi più difficilmente può ottenere l'accordo dei geologi, anche perchè non mancherà di destar l’amor proprio delle diverse nazionalità. Colle nota- zioni la difficoltà, se non superata, viene girata. Le notazioni sono una specie di linguaggio neutro, che tutti possono accettare, perchè tutti comprendono, linguaggio che come precisa il signi- ficato dei terreni omonimi, rilega insieme 1 sinonimi. Il piano più basso della serie subappennina potrà chiamarsi indifferen- temente Ocninghiano coll’Heer, Sarmatiano col Suess, Zancleano col Seguenza, Messiniano col Meyer, purchè ciascuno di questi 2831 3333 RENEV. nomi sia accompagnato dalla comune notazione Un paragone fra la Storia e la Geologia metterà meglio in evidenza il carattere delle notazioni proposte. Anche la Storia vien divisa in ere, epoche, periodi ecc., che prendono nome da S0 . F. SALMOJRAGHI, avvenimenti memorabili o caratteristici, ma hanno nullostante ciò un’ impronta convenzionale. Però la convenzionalità di quei nomi è in certo modo tolta dal fatto che essi si accompagnano. a dei numeri esprimenti quantità di tempo costanti e note, cioè agli anni decorsi da un dato avvenimento più o meno storica- mente accertato: la creazione biblica, la fondazione di Roma, la nascita di Cristo, la fuga di Maometto ecc. | In Geologia i nomi delle divisioni e suddivisioni, per quanto presi da circostanze topologiche, petrografiche e paleontologiche sono sempre convenzionali. Ora le notazioni proposte tendono appunto a menomare la convenzionalità di quei nomi sussidian- doli con dei numeri, che, sia considerati come frazioni uniche, sia considerati soltanto pei loro nominatori si presentano è vero. come quantità astratte, ma come quantità crescenti nel senso cronologico, e che per ciò, per quanto crescano a sbalzi e non partano da uno zero fisso, possono anche ritenersi come l'e- spressione di quantità di tempo, solo che quelle quantità non sono costanti e non sono note. Chi sa che l'irregolarità di quella serie numerica e la mancanza di un punto di partenza non possano a poco a poco essere tolte dal progresso della scienza, forse anche non possano quei numeri ridursi a rappresentare quantità di tempo meno indeterminate di quello che lo siano ora? | Intanto col sistema proposto le notazioni potendo piegarsi ad esprimere ogni futuro perfezionamento dei sistemi di divisione, quelle che successivamente corrisponderanno agli stessi terreni conosciuti nella loro ubicazione, petrologia e paleontologia, sta- ranno come dati per rappresentare le diverse fasi attraverso le quali è passata nel suo sviluppo storico la cronologia geo- logica. Non mi faccio l’illusione di credere che questo sistema. di notazioni crono-geologiche, come lo propongo ora, possa venir sen- z’altro accettato. E un'idea semplice che metto innanzi, forse o o balla: stesso. agio sono ‘inapplicabil, sarà cr o: un fatto negativo acquisito al problema della unifica- do e semplificazione della nomenclatura, che in oggi occupa nto i geologi dei due PIERRE Teri n (Segue Tabella.) o rat E 7 5 : EEEE | eee UNIUDSD °° munodegn va SEC “Did ESCO 198 «Se eee Vi, LI ASSI US i * cege ISP RE Lil P gi {\____11É1____1_yyCT_2T__——— ——— ———€€—— : RR EGEE ELSE AAA IMIMIIDTI Dal UQIANTI(] CLEE 166 eee IE a110190]6-9.4T a.410190]6-380T 66 TNDIIOTHINY GE EGEE anbrynogu 90 IEEE 270% yV n __—__ PETRI ONDE FITTE EIA ECEE CCEE sd | F. SALMOJRAGHI, ozuosq np 267 UTe10duI9Z UO GER. o EGEE ECEE I Er —r—e—yr=eo_-e-e-e e=&€me-Ò=—"=Syzy=T|<-**(-T3WcÈ ‘isso1ddos e1osso 0UOssod IUOIZEZOU 9T[9P 1107euturouep I *SIN sof np 967 ‘8]80do4d 1uo/ze]ou a|jap equnigge | 00 UFIA3NIH OPUOIS IUVININIOHS INHIHUHIL IHCO VITHAVIL 82 fe POSE mLE x» MOTALI et Ta Me E APT IE -0.) f e ra) , Ca Lf Di n x Mv i Lab (Afe i % La \ I ' Ò n a CESE rongUDYT ‘ee ILLE CER Se TRS e ProEsone as —_ &E5E uoruopuorr er ti CITE i SARI ian da DARI UIPIXNAT tal se rn, ILE ESE U9ISTIEA 86 FODILITA NIKON E A bk TA LIRA TE i UNUOFNNT : COLE SESSI dora uagsg = | rn i; SES. | "E. U9I1SUO[, | —— SES uordungg | | Es Tese. a eee i uanunpnb 22° troruegmb gg E eg I | | È €86 —— U9Iun]e È Y Dun Dì uguo gpumpount | E i uorgdy-Sig ; si i i gore | Pet: i TAR, MZ) d' \ ; . : ALA 8676 agi di ITA le CGIE i pre Spi u2LAV LET CFE i cere RO du | €76 di A TIOVLIA £ onbrozos Gere È ki #3 Ò z - 9 ipogei» | | | ET uabvwoo SETE OT (0 89. 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Dal primo appare un totale incasso fatto entro l’anno di L. 3123,74 che unite al residuo attivo del 1881 di L: 797,07, danno una totale attività di L. 3920,81; ed una spesa totale di L. 3308,06. Per cui havvi alla fine del 1882 una rimanenza attiva di L. 612,75. Nel bilancio preventivo pel corrente anno sono inscritte . L. 4580,75 di entrata, che unite al residuo attivo di L. 612,75 . darebbero L. 5192,75 di attività presunta; alla quale contrap- . posta la spesa pure presunta di L. 3290, residuerebbe alla fine - dell’anno un'attività a pareggio di L. 1902,75. ‘Rispondendo ad alcune osservazioni del socio Castelfranco il segretario Pini fa notare, che la spesa per lo scorso anno 1882 | sarebbe stata alquanto minore se in essa non fossero stati com- . presi alcuni pagamenti per varie circostanze ritardati, e che più propriamente avrebbero dovuto figurare nei bilanci anteriori; per cui il preventivo attuale, non contemplando altri impegni | arretrati, riguarda soltanto l'esercizio in corso. Lo stesso segretario Pini propone che le copie a parte tirate 90 seDUTA 25 PERBRAIO. 1883. per conto dei socî vengano rimborsate anticipatamente alla $o-- cietà, la qual proposta viene adottata. Dopo di che entrambi i bilanci vengono approvati. Si passa indi alla votazione per la nomina del Presidente, di un Segretario, del Conservatore, dell’ Economo, del Cassiere e dei Consiglieri d’° Amministrazione; e dallo spoglio delle schede se- grete, riescono eletti: StoPPANI prof. ANTONIO, Presidente. SORDELLI prof. FERDINANDO, Segretario. MoLINARI ing. FRANCESCO, Conservatore. GARGANTINI ing. GIUSEPPE, Cassiere. DELFINONI avv. GOTTARDO, Economo. BeLLorTI dott. CRISTOFORO ) CrivenLi march. LUIGI Turati nob. ERNESTO Consiglieri d’ Amministrazione. Il socio Pin: dà comunicazione della sua Nuova contribuzione alla Fauna fossile postpliocenica della Lombardia, nella quale vengono enumerate alcune specie di conchiglie terrestri rinve- nute nell’alluvione del Po, presso Stradella, e nel loro complesso identiche alla fauna oggidì vivente in paese. | Il socio BeLLONCI comunica alcune sue osservazioni embriolo- giche Sui lobi ottici degli uccelli, e vi unisce a maggiore schia- rimento alcune figure semischematiche. Quindi il socio SALMOJRAGHI legge parte di una proposta di Notazioni crono-geologiche da lui ideate allo scopo di poter se- gnare nelle carte e descrizioni geologiche l’età relativa che cia- scun’epoca, periodo o piano, occupa nella serie dei terreni stra- tificati, seguendo per questi le distinzioni adottate dal Renevier nei suoi Tableaux des terrains sedimentaires, 1873-75. Il segretario Sordelli dà infine comunicazione: della morte del socio barone Vincenzo CesaATI, tanto beneme- rito degli studî botanici in Italia, mancato in Napoli il 15 cor- rente febbraio; A A TI ALI tt e CELERE iii pens | thai, Tai; REI anioni mma di concorso pe “premio: Bressa aperto presso 4; Didi delle scienze di Torino; LI l'annuncio inviato fai DE: SARE De © Gregorio, di Paler- Prof. F. SORDELLI Segretario. pe) Po e e ; Lai na b e 9 o 1 "SE A z A ° »i si Niesi 1087 E e DICA AME A 4 iù a MA: a. - 7 - 5 L) : Cee gato A). CRRIITA rt, pr È BESTIA PIE METE ORTA "E aut ire prata "o SA rd gi » t “ [i go Ch; s + Se “a n DI RU x le REDS TARRA FURIE, AIA) ]l Attività. ‘| 4|un cassaal ristretto conti 1° Gennaio 1882... L, {ia Interessi i, a TOI n; Importo di N. 33 quote arretrate a L. 20 cad., cioè: Di I Sr N. 2 quote 1878 . . L. 40 Sa saegiato? sa ASTI ca 80 “aa | o STA SE > DO a. 880 IRA N. 33 L. 660 È LOS | 4 | Importo di N. 101 quote 1893: ni Rae a Rimborso=copies parto RSA Vendita Az e Memorie . . —. dea RT Totale delle Attività . . Passivo da dedursi . Rimanenza Attiva L. DI i RR RIEe ER TE) Miane Nan i & Re A 2 na NSUNTIVO — Dicembre (RISDI 1, È | Ss Passività. MAIL Tipografia Rebeschini e C. per stam- | pa Affi e Circolari iola |: 41725;| LAI Litografo Ronchi per lavori . ) E LA Parravicini per disegni. » [0g Sp DA Mantovani per incisioni È PIF |A Carabelli Ferdinando per copie delle È SS memoria Grassi » 3 [10 Re | AI prof. Strobel per rimborso spese lito- e. A, 102 | — Al prof. Strobel per abbonamento delle i annate 1881, 1882, 1883 del Bu//ettino di Paletnologia Italiana » i. Alla Zoological Society of London. ’ 139 | — ‘Per spese di Segreteria na 163 | 06 IA Sordelli Ferdinando per saldo fascicolo È. 50, frontispizio ed indici Des Ophidiens » boa ;A Bergomi aiuto alla Segreteria » 150 | — ‘Al Libraio Hoepli per somministrazioni | librarie e porto libri . » RO LA .Sordelli Antonio per legatura libri » | 70| — | Stipendio agli inservienti . » 190 | — I Totale delle Passività L. || 3308 | 06 _—_ — _ 09” Mandati 92 90 87 82 67 71 7581 si RE E i Siti Ed de Pa < af dei E e 0 A el RISP MR SIE Bat I ERI Cee RE Sr ai #3 STO Ra TSI EE] i IR TO » TRILLO È 3. seat ar ear È di Seo "NE * - a b; ore TANA] aa PA) o) 3 VR a DI. sq cai tea L TRE) > Kan e ti pan 94 È, pi | è Me (Allegato 5). Attività. {1 | Esistenti in cassa al ristretto conti . . . . +. .L. 2 | Importo di N. 84 quote arretrate a L. 20 cad., cioè: Ni quota AGR e n Bate ARTO a A ai RI ORI To: eli 09 a RR, 1 90 3960 va ASSI: i a N. 84 L: 1680 — 3 | Importo di N. 125 quote 1883... +... . . . L 4 | Importo presumibile per copie a parte... . . >» 5 | Ricavo presumibile per vendita A# e Memorie . -» BILANCIO PREVENTIÙ À «Peli È! î 612. Ì 3 1 “| | Passività. xi di x i a Atti, Circolari gi Momento 5155 e, Luk 4800 | DS ue 500 | — G . > (DO) («® DI l Logatura MRO e te rara 150 foci: iui alla Saprolona EI I SIT RR È 90 Pe È a Agli inservienti DI SIIRPIZONI 100° Sede at oe (0:00 ee, In Mr A SAR REST) 23 at + “Sag Attività a pareggio L. || 1902 | 75 Sean Prete” N SE 4 "ua Lr (e. Mi a vu , ri Re sti. VO d he. ’ 1 dA 14 à, A meet Bra Fid TO UN'TY si) ri e TI AP pei aa re I VLZIOI Apa ei Rc Feo AR a SOSTA A? sI fe * Ca $ N» x da el e e eee O * A vp A Te ate ai : È lg. L 0492” 10 ACRAE sa Da tig. . vs ’ » È La : ù "i tion LS , * "a ne n ZIO drei PRA L°ALI * i ri A i er de n 3a #4» SA _ eds TAI E dI5 e aa PO, = & sè sv CIA IN ATA RT noe 5° dgr ut E x ‘sE ia (a Ras pori o- vi Da in Par za Seduta del 29 Aprile 1883. Presidenza del Presidente prof. ANTONIO STOPPANI. Il Presidente apre la seduta col ringraziare i soci dell’onore, che vollero tributargli nominandolo a loro Presidente, e dice come fosse peritoso nell’accettare tale carica, primo atto della quale fu di ricevere la dimissione di uno dei Segretarî, e la ri- nuncia di un Consigliere d’amministrazione; quelle cioè del prof. Sordelli e del dott. Ernesto Turati. Dichiara tuttavia di accettare la Presidenza, facendo assegna- mento sulla cooperazione di tutti i membri della Società, e di quella dei colleghi nella Presidenza e nella Direzione in par- ticolare. Esprime il dispiacere che prova, e che ritiene che sarà con- diviso da tutti i soci, per la risoluzione presa dal prof. Sordelli, che da diversi anni copriva in modo tanto lodevole la carica di Segretario, di non voler più continuare a disimpegnarla nep- pure provvisoriamente; per cui dovrassi procedere alla nomina di altro dei soci a coprire il posto rimasto vacante. Invita quindi il segretario Pini a dare lettura della memoria del socio Ninni sopra una forma di Vesperugo nuova pel Veneto. L’autore accenna che la forma di cui è parola, stata catturata. dal dott. Giuseppe Scarpa nel Trevigiano, gli pare identica a quella raccolta dal prof. Giglioli nella Pineta di Ravenna. . PA , a site. ») ein insite aa SEDUTA DEL 29 APRILE 1883. 97 . Tale forma non differirebbe dal V. molossus 'Temm., dal V. noctula s. sp. molossus e var. lasiopterus Dobson e dal V. noc- tula var. maxima Fazio, e pare che anche l’ esemplare grandissimo dell’Ascolano esaminato dal Buonaparte sia identico alla forma di cui è oggetto la presente communicazione. Accenna come il Regalia non sarebbe alieno dal considerare questa forma come una specie. L'autore però si limita ad annunciare il fatto che questo colossale Vesperugo, di cui fornisce dettagliatamente le dimensioni, vive anche nel Veneto. Lo stesso Segretario dà quindi communicazione delle osserva- zioni sulle mute del Larus melanocephalus Natt. e del Larus canus Lin. dello stesso Ninni. In questa memoria l’autore di- mostra che il carattere delle penne remiganti bianche non co- stituisce sempre nel Larus melanocephalus l’abito d'inverno uè quello delle penne macchiate in nero l’abito di nozze come ac- cenna il Temminck. Parlando del Larus canus, di cui il Savi dice che la muta di primavera è limitata alle penne della testa del collo, l'A. crede col Temminck, che essa si estenda anche al petto ed alle altre parti del corpo avvenendo dei cambiamenti regolari e periodici nella colorazione delle penne. Contrariamente a quanto accen- nano la maggior parte degli autori riguardo alla colorazione delle parti inferiori, che asseriscono esser bianco candido, osserva che avendo tenuto in muta diversi esemplari di Larus canus notò che il collo e il petto ed i fianchi avevano una tinta rosea assai manifesta. Lo stesso segretario Pini dà quindi lettura di una breve . nota del Socio dott. Riccardo Besta sulla deformazione del becco in un Gecinus viridis stato preso presso Ivrea e conservato nel Museo del R. Liceo di quella città, consistente nella mascella superiore, che scavalca l’inferiore passando vicino all’apice della medesima, descrivendo poscia una curva rivolta in basso ed al- l’indietro. Il Presidente invita quindi il socio prof. Taramelli a dare lettura dei cenni biografici sul compianto prof. Camillo Mari- Vol. XXVI. 7 _9S — SEDUTA: DEL 29 APRILE 1883. noni. L’autore segue in essi l’ordine cronologico, comincia a parlare del già nostro socio fino dalla prima sua giovinezza, seguendolo man mano in tutta la sua carriera, tanto quale cit- tadino, che quale naturalista. Mette in evidenza le belle doti del suo cuore, la mitezza, nobiltà, e fermezza del suo carattere, che gli fecero sopportare con virile rassegnazione una grave ed. imprevveduta sventura domestica, e raddoppiare di attività e lavoro onde riparare alla dura necessità di accettare i soccorsi altrui per se e suoi. Accenna come, dopo pagato il suo tributo alla patria quale volontario negli usseri di Piacenza, venisse nominato assistente presso il nostro Museo civico, applicandosi con amore all'ordinamento delle collezioni, specialmente di quelle paletnografiche, che illustrò con. pregiate pubblicazioni, nelle quali fu sempre preciso e dettagliato. Dice come la riconosciuta di lui competenza in siffatti studî gli meritasse la nomina di Segretario del Congresso preistorico di Bologna, che gli valse una ben meritata onorificenza. Accenna quindi come fosse il Marinoni anche geologo e fosse cauto nel- l’accogliere le presunte prove dell’uomo pliocenico o quaternario nella valle del Po. Come disimpegnasse con diligenza per diversi anni il segretariato di questa Società, che lasciò per la nomina di Professore nel R. Istituto Tecnico provinciale di Caserta, ove pubblicò notevoli lavori. Come, passato più tardi in qualità di Professore titolare nel R. Istituto Tecnico di Udine, attendesse al riordinamento delle collezioni sconvolte in causa di cambio di locale, e predisponesse una ricca illustrazione sulla fauna fossile eocenica del Friuli di cui giunse a pubblicare solo un assai interessante saggio, ed una numerosa nota di specie di . molluschi spettanti per la maggior parte al piano di S. Gio- vanni Illarione. | Riassume per ultimo gli scritti da lui pubblicati dal 1865 al 1879, che ascendono a 33 oltre minori lavori pubblicati in gior- nali lettterarî o scientifici. Dietro invito del Presidente il socio prof. Giuseppe Mercalli - legge una sua nota sull’ Eruzione dell'Etna del 22 marzo 1883. » va dei Kina LIE GA RI PTT aida Saint (aa Tir 3 | ®» i videata MIRI A a a re n a LA ; De RE RE ì 23 BEE SEDUTA DEL 29 APRILE 1883. n ‘99 È Premesso un breve cenno storico sui fenomeni dell’eruzione, l’au- n tore osserva che essa è un fatto straordinario nella storia del- + l'Etna, specialmente per la piccola quantità delle materie emesse. Dimostra che la spaccatura del 22 marzo è stata preparata fin dal 1879 e forse fin dal 1874, e discorre in generale dei rap- porti esistenti tra le spaccature di diverse eruzioni laterali di un medesimo vulcano. Infine fa vedere le relazioni esistenti fra il periodo eruttivo attuale dell'Etna e l’attività degli altri vul- ‘ cani italiani, specialmente dello Stromboli. Il socio Pini dà quindi lettura di una breve nota sopra al- cune nuove forme di Clausilia italiane del gruppo della Itala Mart., che sono l'anello di concatenazione con forme affini vi- venti nel vicino Tirolo nella valle Ampola e valle Lorina, e con - altre forme dei monti del vicentino e del Monte Baldo. Il segretario Pini dà poscia lettura del verbale della seduta del 25 febbrajo 1883, che non trovando osservazioni viene ap- | provato. Si procede quindi alla votazione per la nomina delle cariche vacanti, per cui sono fatte diverse proposte, fra le quali quella di una votazione per acclamazione; ma avendo il socio prof. Castelfranco fatto osservare che, trattandosi di nomi, è più regolare e consentaneo ai precedenti il procedere alle nomine | per schede, si passa alla votazione segreta. Risultano eletti «a Segretario, il prof. GirusePPE MERCALLI a Vice Segretario il prof. BeLLoncI che dichiara di non poter | accettare, e viene nominato in sua vece il prof. ing. FRAN- CESCO SALMOJRAGHI. a Consigliere d’ Amministrazione riunisce maggior numero. di voti .il socio march. ErMES Visconti. Avendo qualche socio fatto osservare che il medesimo è dimissionario e difficilmente accet- terebbe la rielezione, il Presidente si incarica di interporre i propri buoni ufticì, perchè il medesimo accetti. Il Presidente annuncia che sarebbe suo vivissimo desiderio di tessere una Commemorazione del defunto nostro Presidente e di lui carissimo amico il prof, Emilio Cornalia, ma che si tiene di- 100 | © SEDUTA DEL 29 APRILE 1883.‘ STI spensato, sapendo che venne già in precedente seduta assunto l’incarico da altro fra i soci, che certamente l’adempirà in modo lodevole, e spera vorrà presentarla quanto prima alla Società. D'altronde egli avrà occasione di tenerne parola quando verrà inaugurato il monumento al defunto Direttore del Civico Museo, che fu pure il nostro benemerito Presidente. Il Presidente invita quindi i soci a nominare una Commissione per suggerire il modo di dar nuovo impulso alla vita della nostra Società. Il socio Castelfranco crede inutile tale nomina, ben sa- pendo per esperienze come d’ordinario tali Commissioni non approdino a verun risultato pratico. Il Presidente opina che sia necessaria tale nomina, cudi si possano concretare delle proposte da sottoporre alla discussione. dei soci in altra seduta. | Il socio prof. Pavesi crede che la causa del poco sviluppo della nostra Società debbasi ricercare principalmente nel sorgere in questi anni di molte altre le quali sono per modo di dire divise in due maniere, per regione, cioè, e per materia; così vediamo sorte: una Società Toscana di Scienze Naturali, una Veneto-Tren- tina, quella dei naturalisti di Modena e quella di Pisa, una So- cietà geologica, una malacologica ed una entomologica. Dimostra la necessità di radunare le forze disperse ricostituendo la nostra Società sopra nuove basi in modo che essa possa farsi centro ove mettano capo le altre a guisa della Società Elvetica, che rac- chiude le Società di Berna, Ginevra, Neuchatel, ecc. ecc. Salmojraghi dice che dovrebbesi organizzare la nostra Società, collegandola colle altre esistenti, a guisa del Club Alpino e de- sidererebbe, che tutte si accentrassero nella nostra. Taramelli svolge esso pure il concetto dell'utilità, che ne de- riverebbe alla scienza ed a tutti i soci d’ogni singola società, se esse si riannodassero colla loro madre naturale che è la nostra, siccome la prima sorta in Italia e quella che anche oggidì conta maggior numero di soci. Pavesi ritorna a parlare sulla convenienza di tale rannoda- mento di forze intellettuali, ma non dissimula la difficoltà della riescita. e, | ‘.—’senura DeL 29 aprite 1883. ‘REA sono da lui condivise e trova che lo scarso sviluppo vuol fors’an- che essere attribuito al poco che si pubblica, ed all’ abbandono delle Memorie, non che alla irregolarità con cui la pubblicazione degli Atti viene fatta. Dopo diverse osservazioni del Presidente e dei soci Parona, Salmojraghi, Pini, Molinari e Bellonci, viene dato incarico ai soci professori Pavesi e Taramelli di concretare delle proposte per la prossima seduta, che valgano ad ottenere il maggiore sviluppo della nostra Società. Il socio dott. Bellotti trova che una delle cause va forse anche ascritta allo scarso numero dei congressi che si tengono dalla nostra società, e propone che se ne tenga uno quest'anno tanto più che dai bilanci sociali gli pare siavi sufficente attività. _ Il Segretario Pini fa notare che la cifra di L. 1902,75 di atti- vità inscritta in bilancio non è effettiva, mw solo presunta, e che le finanze sociali compromesse col congresso di Varese benchè migliorate, non sono ancora in istato da permettere spese stra- ordinarie come quelle inseparabili da un congresso, essendovi ef- fettivamente in cassa al 1° giugno 1883 solo lire 612,75. Il Presidente dice che si potrebbe tenerlo unitamente a quello che la Società geologica Italiana terrà quest'anno a Fabriano. Il socio Castelfranco crede sia meglio differirlo al prossimo anno: e proporrebbe fosse tenuto a Torino, ove nell’Esposizione italiana vi sarà una sezione preistorica. Il Presidente communica quindi che la Società africana di Napoli chiede il cambio delle sue pubblicazioni con quelle della nostra Società, ed a nome della Società d’esplorazione d’Africa residente in Milano fa per essa la stessa domanda. Entrambe sono ammesse. Il prof. Bellonci chiede che, valendosi del cambio d’una copia degli atti della Società si faccia l’acquisto delle Zoologisches An- zeiger di Carus in Leipzig. Dopo brevi osservazioni di alcuni soci il cambio è ammesso ed il Presidente assume di fare le op- portune pratiche. Ago 2 Mg TT }#; nd er A bee, ce DIARI pere A Pio A a o i SEZ, NT Pala Cw di i - 102 | —"SEDUTA DEL 29 apRILE 1883. | Annuncia quindi la domanda fatta dal Museo Nacional di Rio Janeiro a mezzo del suo Direttore sig. Ladislao Netto del cam- bio delle nostre pubblicazioni cogli Archivos do Museu Nacional, che viene del pari ammessa. Per ultimo annuncia l’Esposizione mondiale di Calcutta, pre- sentandone il relativo programma, ed il concorso dell’ Accademia delle scienze fisiche e matematiche di Napoli, che conferirà un premio di 500 lire all’autore della. migliore Monografia degli Anellidi tubicoli del Golfo di Napoli, indi scioglie l'adunanza. Il Segretario NAPOLEONE PINI. RATA) DA Di RAMI i i A Di È "i $ OSSERVAZIONI SULLE MUTE DEL LARUS MELANOCEPHALUS, Natt. E DEL LARUS CANUS, Linné. del Socio ALESSANDRO PERICLE NINNI. 1. Larus melanocephalus. Lo Schlegel, ripetendo presso a poco le parole del Temminck e che nei Larus, si può ammettere, come muta generale “ que le blanc des rémiges, lorsqu’il est propre à l’espèce, n’ac- quiert toute son étendue que lorsque l’oiseau a endossé la li- vrée très parfaite , e descrivendo il Larus melanocephalus scrisse che esso è “ très caractérisé à l'àge adulte, par ses gran- des rémiges d’un blanc uniforme, è l’exception d’un liséré noir . le long de la barbe externe de la première de ces rémiges. ,, È ammesso poi generalmente dagli Ornitologi che le Remiganti bianche costituiscano nel Larus melanocephalus il carattere del- l’ adulto. Il Temminck (Man. 2 ed. t. IV, p. 481) pel primo parla di questo carattere degli adulti; ritenendo che quegli individui che hanno le R. p. con l'estremità nera e con la punta bianca non abbiano ancora compiuti i cangiamenti, ai quali queste penne devono sottostare nelle diverse mute. TERE a BALI A III STRA | | Csa: pat TA SS i v sur È PETRA n l È î ; È ta ha LA “| ui : I: NA — DI pesa Il Savi descrisse e figurò (non troppo esattamente) ' il La rus melanocephalus, ammettendo queste differenze nelle due mute: Adulti in abito perfetto d’ inverno: R. “ alla base son di co- lor perlato sericeo, bianche nella cima. La prima ha il margine esterno sino al terzo superiore, d’un bel nero morato. ,, Adulti in abito di nozze: “ R. primarie candide, leggermente tinte di perlato-sericeo. La prima ha il margine esterno nero sino quasi verso la cima della penna. La seconda ha nero que- sto stesso margine, ma solo nel terzo superiore, e non nella punta. La terza ha nero uno spazio minore del margine esterno, e verso la punta s’ estende anche sul margine interno. La quarta ha una simile macchia ma più piccola. La quinta non ha che una macchia fatta a cuore verso la cima. Tutte le altre remi- ganti sono cenerino-perlato-sericee. , Riscontrata dal Savi la differenza che esiste tra le sue dia- gnosi e quelle del Temminck, mentre quest’ultimo autore parla di R. intieramente candide, ritiene che gl’ individui a R. chiare sieno in abito d’inverno, mentre quelli a RK. macchiate di nero sieno in abito di nozze, come si rileva dalle sue descrizioni più sopra riportate. fo ebbi occasione di osservare Gabbiani corallini di età dif- ferenti, e presi in epoche diverse, ed in proposito delle R. P. trovai quanto segue: Individui con coda bianca, e col dorso, scapolari e cuopritrici superiori delle ali perfettamente di colore cenerino-perlato: a) R. P. intieramente bianche (la prima soltanto col mar- gine esterno in parte nero) (febbraio, marzo, agosto, settembre). 6) R. P. cenerine, tranne la loro parte estrema, che. è bianca (con la barba della 1.* esternamente nera) (inverno, au- tunno). c) R. P. cenerine macchiate di nerò verso l’ estremità, con largo spazio bianco alla cima (agosto). 1 La forma del cappuccio somiglia più a quello del Larus ridibundus, che a quello del L. melanocephalus. OSSERVAZIONI SULLE MUTE, ECC. x 23405 «Tra questi ultimi (c) ne osservai alcuni in muta, nei quali . le R. vecchie erano perfettamente bianche, ma consunte dal — lungo uso, e le nuove spuntavano col sistema di colorazione in- dicato dalla fig. 1, vale a dire con penne cenerine adorne della «nota macchia nera e dello spazio bianco verso l’ apice della penna. Deduco da questa mia ‘osservazione che o il color candido delle R. (già veduto da me in tutte le stagioni), non è sempre l’ultima tinta che assumono queste penne, o che al- cuni individui adulti possono alternativamente indossare i due diversi sistemi di colorazione; e dico alcuni, mentre la maggior parte dei Larus melanocephalus con coda perfettamente bianca e col dorso, scapolari e cuopritici su- periori delle ali uniformemente cenerino-per- lato, ha le remiganti senza macchie nere, tranne quella ch’ esiste lungo il margine ester- no della prima. | Il Temminck dice che il Larus melanoce- phalus ha, nella livrea di nozze, il “ devant du cou et ventre d’un très-beau rose ,. Io non ho mai veduto individui che presentino questo carattere, ma trovai sempre le parti inferiori di questo Larus bianco-candide. I Larus melanocephalus ritenuti adulti (dal colore della coda, del dorso, ecc.), non tengono sempre il becco della medesima tinta; alcuni l'hanno coll’apice giallo-livido o appena appena rosso in contatto della macchia verticale nera, altri lo presen- tano intieramente rosso.con la parte nera più o meno manife- sta, od anche quasi totalmente sfumata. Lo Schlegel dice che “ 1 parait que les Mouettes à capuchon n’offrent cet ornement que dans l’une partie de l’année. , Ge- neralmente ai primi di febbraio cominciasi a vedere il nero sul 106 E E 4, NINNI, capo del L. melamocephalus, ma qualche raro individuo ne 0$- servai anche nelle epoche seguenti: 16 gennaio. 1873. Individuo col capo intieramente nero. R. e T. bianche. 30 dicembre 1875. Individuo col capo non i perfettamente nero. R. e T. bianche. 23 dicembre 1876. Individuo col capo in parte coperto di penne nere. R. e T. bianche. 13 dicembre 1879. Individuo col capo in gran parte co- perto di penne nere. KR. e T. bianche. 9%. Larus canus. Dice il Savi che “ vi hanno degli uccelli nei quali la muta di primavera limitasi alle penne della testa e del collo, come nelle Sterne e nei Gabbiani. , * Più giustamente (mi pare) scrisse Temminck che “ dans le plus grand nombre des oiseaux riverains, de marais et de hautes mers, on voit la double mue opérer, soit totalement, soit pour quelque partie du corps, de changements réguliers et periodique dans les couleurs du plumage des deux sexes. , Difatti i Larus anche in primavera (circa dal febbraio a tutto aprile) si trovano in muta non solo al capo, ma eziandio al collo, al petto, ecc. Le penne che spuntano, ad e., nelle parti infe- riori del L. ridibundus sono di un bellissimo color roseo, ed io i Non saprei come mettere in accordo queste parole del Savi, con quelle dette dallo stesso autore poco prima cioè « .... gli uccelli di ripa ed acquatici, i quali — abitando sempre i luoghi aperti, viaggiando costantemente sui mari, o lungo il corso . dei grandi fiumi, ove i venti e lo tempeste con più frequenza e maggior forza im- perversano, e che per conseguenza di continuo hanno le penne della veste loro, e quelle delle ali e della coda esposte tanto più spesso e tanto più fortemente alle azioni deterioranti ed erodenti, di certo non avrebbero potuto adempiere la missione loro, se non avessero avuto il vantaggio d’ esser dotati di doppia muta. » (SAVI, Orn. It., op. post. I, pag. 49). ‘ OSSERVAZIONI SULLE MUTE, ECC. 107 credeva invero che tra i Gabbiani nostrali soltanto il comune presentasse questa tinta tanto fugace, ma ciò avviene anche nel Larus canus. . Tutti gli autori (intendo sempre di quelli che io consultai, mentre pur troppo le biblioteche son poverissime di opere Or- nitologiche) dicono, che le parti inferiori del Larus canus sono bianco-candide. Nel marzo del corrente anno io ho avuto pa- recchi esemplari in muta di questa specie, nei quali il collo, il petto ed i fianchi avevano una tinta rosea, assai manifesta, spe- cialmente se si spostavano le penne in qualcheduna delle indi- cate regioni. Ignoro ancora se tale fatto avvenga normalmente nella Gavina, o se sia una di quelle variazioni individuali, delle quali i Larus offrono numerosi esempi. SOPRA UNA FORMA DI VESPERUGO NUOVA PEL VENETO. Comunicazione del Socio ALESSANDRO PERICLE NINNI. Questa forma, trovata lo scorso anno nel Trevigiano dal mio carissimo amico dott. Giuseppe Scarpa, è identica a quella rac- colta dal prof. E. H. Giglioli nella Pineta Ravennate e della quale parla il dott. E. Regalia negli Atti della Società Toscana di Scienze naturali (Adunanza dell’8 maggio 1881). * Sembra che non differisca dal V. molossus, Temm., dal V. 1 Pare che anche il Bonaparte abbia esaminato un esemplare di questa forma, poichè dice di aver avuto un noctula « grandissimo dall’ Ascolano >. 108 A. NINNI, noctula s. sp. molossus e v. lasiopterus Dobson e dal V. noctula v. maxima, Fatio. I caratteri offerti dai su menzionati autori offrono pochi det- tagli, ma tutti mostrano la grande affinità di questa forma col noctula. i Secondo Temminck il V. molossus ha “ taille plus forte que. n la noctula d’Europe et du Japon; formes à peu-près les mèmes mais sur une échelle plus grande; museau extrémement obtus, gros et large, semblable au museau des molosses (dysopes) ... Ce grand vespertilion ressemble par l’ensemble de ses formes à la moctule; mais il a des dimensions plus fortes, un museau beaucoup plus obtus, des oreilles plus développées...*, Dobson del V. molossus, Temm., fece una sottospecie del YV. noctula,® ma più tardi lo presentò come semplice var. del moc- tula, denominandola v. lasiopterus (V. lasiopterus, Schr.) seb- bene egli stesso esprima un dubbio sull’ identità di queste due ultime forme. I caratteri distintivi della v. lasiopterus sono presso a poco quelli dati dal Temminck per il V. molossus, ma il Dobson si ferma maggiormente nel descrivere la diffusione del pelo, spe- cialmente sulla pagina inferiore del patagio. Il Fatio* non dà nessun carattere distintivo (tranne quello della grandezza) tra il noctula tipo e la v. maxima. Noi non possiamo però, come dice anche il Regalia, stabilire senza confronti, se la nostra forma sia identica al V. molossus e alle var. Zasiopterus e maxima da me sopra menzionate. È certo però, che dai caratteri offerti dagli Autori si è inclinati ad ammettere questa identità, e, se ciò fosse comprovato, anche il V. noctula v. lasiopterus verrebbe ad avere una larga distri- buzione geografica al paro del tipo. 4 TEMMINCK, Mon. II, pag. 269-270. ? DoBson, Mon. of the As. Chir. pag. 90. ® DoBson, Cat. of the Chir. in the Coll. of the Brit. Mus. pag. 214, PI. XII, f. 4 (capo). Anche il dott. Trouessart nel suo Cat. des Mam., |fasc. 1, pag. 79, risguarda il lasiopterus come var. del noctula. 4 FaTtIO, Faune des Vert. de la Suis. 1. p. 57, 58. " aa PCN IRA y dl PRE e ” SOPRA UNA FORMA DI VESPERUGO. 109 Il Regalia crede che non “ sembri esistere una seria obbie- zione al considerare la forma trovata dal prof. Giglioli quale «una “specie, dal momento che altre, ritenute specie, differi- scono tra loro non più che questa dal noctula, e per es., il Vi abramus (V. Nathusiù K. et BI.) e il V. pipistrellus. , Dal mio canto, desiderando maggiori confronti, mi basta di aver annun- ciato che questo colossale Vesperugo vive anche nel Veneto, e mi limito a dare le dimensioni dell'esemplare ch’ io conservo in alcool, perchè possano servire per ulteriori esami tra esemplari di varie località. Varietà del V. noctula presa nel Veneto. IBRIDO RIE opto pata RR "DL cd Bufhpgaesza: totale PILL cussi ant aaiv031450 È corpo: ila nea VO A Ida n IU È IVAITAGOIO ECO SATO i libia Soros: iu ste ittu rpg a piedi: (0 unghia) :Tp TA 0014 ; gregelue: (00) «<= dee tr_0:0920 E tra (PP ar eli. GR 007 Dercdita: Mg) 093 ) Ele Sha ELoseie «g" 19 ; pavone leggio] k PE REI LA 0045 i REI A Fat 009 L MR ti eg CREIOE0025 + WERE RR SONO 4 genoa Ubi 007 : Se e a od Met. in ordine di lunghezza 3.°, 2.°, 4.°, 5.° (il 4.° supera il 5.° di 0”,009). ico Li PRO V NINNI, SOPRA UNA FORMA DI VESPERUGO. . Dita: III 3' si flette verso l'interno ad angolo prGAIDA retto. ; IV il tratto ingistaginzio (3) si rivolge verso la sa e- - sterna dell'ala, quella del V verso l'interno. L’orecchio disegna superiormente una curva più svilupphtai e più bichinkra di quello che apparisce dalla figura data dal Dob- son °, nella quale questo margine è diretto più obliquamente al- l’indietro. . Il pelo nella pagina inferiore del patagio è così distribuito: il plagio-patagio è coperto di denso pelo dai fianchi sino ad una linea retta tirata dal gomito al ginocchio, e si estende poscia. lungo l’ avambraccio per una distanza da esso che è di circa 152”, ma che va gradatamente aumentando sino a che alla base del V dito raggiunge la lung. di 22” circa. Alla base delle dita il grande e medio dactilopatagio sono pelosi, il primo per un tratto di 15" circa. Anche il propata- bi gio è pure rivestito di densissimi peli. 4 Nella fig. del noctula data dal Bonaparte (Fn. it.) manca, anche nel III dito ni | 3 tratto. ? DoBson, Cat. T, XII, f. 4 (capo). la 1 Ma SULL’ERUZIONE ETNEA DEL 22 MARZO 1883. Nota del socio Prof. GiusePPE MERCALLI. Dopo l’ultima eruzione violenta accaduta all’ Etna nel mag- gio-giugno 1879, questo vulcano stette in moderata ed intermit- tente attività stromboliana fino al settembre del 1880; e poi, in seguito ad un riposo quasi perfetto di 14 mesi, alla fine di dicem- bre 1881, riprese l’attività stromboliana, tornando ad emettere fumo e detriti. In tutto il 1882, e specialmente dopo il settem- bre, le esplosioni si succedettero al cratere terminale con quella forza e quei caratteri, che normalmente presentano quelle dello Stromboli, e tali continuarono anche nel gennaio-marzo dell’anno corrente. Ma verso il 20 di quwest’ ultimo mese le esplosioni si fecero assai violente, e le ceneri eruttate caddero abbondante- mente fino a Catania ed a Messina. Intanto, nel 20 e 21 marzo, parecchie scosse di terremoto . violente, ma non rovinose, e moltissime leggiere agitarono tutte le falde dell’ Etna e specialmente le regioni di Est, Sud e Sud- Ovest. Le scosse furono prevalentemente sussultorie. Nella notte del 21 al 22 alla 1 e #/ ant., mentre a Nico- losi si sentivano scosse più violente di tutte le precedenti ed accompagnate da più forti fragori, il fianco dell’ Etna si squar- ciava in un punto situato a tra 1050 e 1100 m. di altezza sul livello del mare, 6 chilometri circa a Nord di Nicolosi.’ 4 Precisamente la spaccatura corre alla base orientale di monti Concilio, Rinazzi e San Leo (tre antichi coni di epoca ignota) in un avvallamento detto Renatura. 112. | G. MERCALLI, Dopo poche ore la spaccatura si prolungò al basso in modo da avere una lunghezza totale di oltre 2 chilometri. Essa è diretta da Nord 30° Est a Sud 30° Ovest, e prolungata superiormente passerebbe per il cratere terminale del vulcano, perchè segue la direzione di una generatrice del gran cono etneo. A fianco e parallelamente alla spaccatura principale se ne aprirono altre minori. In alcuni tratti essa è netta e quasi rettilinea, altrove invece il suolo è tutto sconnesso ed arrovesciato. Contemporaneamente da tutte le parti più larghe della spac- catura escì una piccola quantità di lava scoriacea. Poco dopo, sulla parte centrale ed inferiore, ' si determinarono 8 centri principali o bocche d’eruzione, le quali per due giorni lancia- rono fumo, detriti, scorie e masse di lava incandescente. Dalle bocche inferiori sgorgò anche una piccola quantità di lava, la quale, secondo O. Silvestri, piuttosto che vera lava in corrente non era che un ammassamento di scorie roventi e pastose. Le scorie ed i materiali detritici accumulati lungo la spaccatura formarono diversi conetti d’eruzione allineati sopra di essa, il maggiore dei quali non ha che 30 metri circa d’altezza sul suolo circostante. Le esplosioni erano accompagnate da frequenti e cupe deto- nazioni come d’un temporale sotterraneo, e da forti scuotimenti del suolo prossimo al luogo dell’eruzione. La mattina del 24 marzo l’eruzione era già cessata: ed il nuovo apparato eruttivo non emetteva più che materie gasose. Durante questo breve parossismo i terremoti si localizzarono nei dintorni del teatro dell’eruzione. Ma, appena cessate le esplosioni, le scosse ripresero ancora su tutto il fianco Est, Sud e Sud-Ovest dell'Etna, come nei giorni precedenti: e replica- rono fin verso il 10 aprile, accompagnate da molti e forti rombi sotterranei. —* Sulla parte superiore della spaccatura si aprirono 13 bocche, che prima emisero poche .scorie e poi solo materie gasose. 2 Queste notizie sulla eruzione del 22 marzo sono tolte specialmente dal PRap- porto mandato dal prof. Orazio Silvestri al Governo e dal bollettino 1’ Eywzione pubblicato dal Club Alpino di Catania. de Se ni Bi Società è di promuovere in Italia il progresso degli studi alle scienze naturali. i d sono in numero illimitato, effettivi e corrispondenti. i effettivi pagano it. L. 20 all’anno, in una sola volta, nel primo tri- Bia dell’anno. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno quelli ti nel Regno d’Italia), vi presentano le loro Memorie e Comunica- € e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. \ Socj corrispondenti si eleggono persone distinte nelle scienze SR le li dimorino fuori d’Italia. — Possono diventare soc] effettivi, quando si oggettino alla tassa annua di lire venti. — Non sono invitati partico- Sa | alle sedute della Società, ma possono assistervi e presentarvi o vi vi leggere delle Memorie ‘0 delle Comunicazioni. — Ricevono gratuita- nie e gli Atti della Società. dI è a proposizione per 4 ammissione d’ un nuovo socio deve essere fatta e 4 ta da tre socj effettivi. iS ocj effettivi che non mandano la loro rinuncia alineno tre mesi prima la fine dell’anno sociale (che termina col 381 dicembre) continuano ad es- e tenuti per s0cj; se sono in ritardo nel pagamento della quota di un 6, e invitati, non lo compiono nel primo trimestre dell’anno successivo a o di fatto di appartenere alla Società, salvo a questa il far Valete Lom per le quote non ancora pagate. ff unicazion, presentate nelle adunanze, possono essere stampate B li Atti o nelle barone della Società, per estratto o per esteso, secondo Ò loro estensione ed importanza. La cura delle pubblicazioni spetta alla Presidenza. . \gli Atti ed alle Memorie non. si ponno unire tavole se non sono del dr: o degli Atti o delle Memorie stesse. utti i Socj possono approfittare dei libri della solaio: sociale, pur- li domandino a Lg dei membri e Presidenza, rilasciandone olare i ricevuta. i RR anto. ai lavori stampati negli Atti Paso” potrà far tirare un numero lunquo di copie ai seguenti prezzi: un i Esemplari SMR se VT “a = 00. Lai foglio (4 pagine) . . tz 2 20 hai la foglio RAR e Se Sr a fi di foglio (12 pagine) . . |. 250] 5—-|> foglio (Roc pane i 275 | 501 0 x bi cous (>, © Ù SAS ma : Roi Pe) n Ù :9 È; v : » 4 1 | "ERCIRENIGE, INDICE. Direzione Del 1883. : ; AVIO . Soc) effettivi. al principio dell anno 1883. drcirati ? Socj corrispondenti A E can le dine w é Istituti scientifici corrispondenti AGt9: + SA Seduta del 28 gennaio 1883 . Ti #74 i F. MoLinarI, Dal Lago Maggiihe al Lago d Orta (av 9 G. BELLONCI, Su? lobi ottici degli uccelli (tav. 3.8) . N PINI, Nuova contribuzione alla Fauna fossile postplio.. } kl ; cenica della Lombardia . DR MRO _F. Sarmorraom, Notazioni crono-geologiche Ri i a io 7 Seduta del 25 febbraio 1883 .. ...,. ._. SÌ pr di Bilancio Consuntivo dal Ls gennajo al 81 dicembre 1882. È ci Bilancio Preventivo per l’anno 1883 . catari col 33 ni: di Saditia. del.99. aprile! 188315 5 ja eK34F imp/vPoi, be: 1 961 A. PericLe NINNI, Sulle mute del Larus Melanocephalus, | dd Natt. e del Larus Canus, Linné . . è. . fan CI i A, PERICLE NINNI, Sopra una forma di i Vesperugo nuova DI o NO AIN È, pel Veneto ni RI CINESE Dee Segno gt | Fe, È MERCALLI, Sull’ eruzione etnea del I, Marzo 1883, È: i l 1 7 F (D ATTI ERO “RI €, DELLA: bi pPat.t f Sw I vi <] Fascicoro 2 — Fot _ con due tavole TIP. BERNARDONI DI C. REB PER L'ITALIA: AG, . PRESSO LA E SEGRETERIA DELLA SOCIETA” î MILANO Palazzo del Museo Civico. - Via Mavin, 2. » | | I I I Agosto 1883. DI SCIENZE NATURALI MILANO, SOCIETÀ ITALIANA VOLUME XXVI. I 8-14. ESCHINI E C. PER L'ESTERO: PRESSO LA LIBRERIA DI ULRICO HOEPLI MILANO Galleria De-Cristoforis, 59-62. Per la compera degli ATTI e delle MEMORIE si veda la 3° pagina di questa copertina. PRESIDENZA PEL 1883. Presidente, StoppANI prof. ANTONIO, Direttore del Civico Museo di Storia| i naturale di Milano. Vice-presidente, ViLLA ANTONIO, Milano, via Sala, 6. Mercanti prof. GirusebPe, Milano, via S. Andrea, 10. retarj | i Segretar] Pini rag. NapoLrone, Milano, via Crocifisso, 6. Cassiere, GARGANTINI-PIATTI GIUSEPPE, Milano, via Senato, 14. E° Sera rat 113 I. bI ——L’eruzione del 22 marzo è notevole per la breve durata, e | più ancora perchè nella storia delle eruzioni dell'Etna è forse È l’unico esempio di un'eruzione laterale, che abbia dato una così piccola quantità di lava e di materie detritiche. 4 Tra le eru- | zioni etnee moderne quella del 1874 rassomiglia alla attuale per la brevissima durata, ma allora in poche ore vennero alla ia dtt luce più di 2 milioni di metri cubici di lava parte in corrente parte in detrito. E nelle altre 27 eruzioni eccentriche, accadute all’ Etna dal 1669 al presente, la lava in corrente sgorgò sem- pre in quantità non minore di 10 milioni di metri cubici, ac- compagnata da quantità pure enormi di detriti. Tra le eruzioni etnee anteriori al 1669 ne trovai solo due forse alquanto ras- somiglianti alla attuale. Una del 1633, in cui nella notte del 21 di febbraio un terribile terremoto atterrò molte case di Ni- colosi, ‘ed all’aurora del giorno seguente “ la eruzione scoppiò ma non si conosce se vi fosse stato corso di lava , (così un Mss. di Vincenzo Macrì citato da C. Gemellaro).*® E l’altra del 1643 in febbraio, in cui l'Etna si aprì a Nord sopra Mojo, e ne sgorgarono 4 rivoli di lava, che non si estesero al di là di un miglio. E tanto più reca meraviglia la piccola quantità di materia venuta alla luce per la spaccatura del 22 marzo, perchè essa si è aperta ad un livello molto basso; e la storia ci insegna, che quando altre volte si squarciò il fianco dell’ Etna ad un livello così poco elevato sempre ne sgorgarono enormi quantità di lava.° E ciò è naturale, perchè le pareti dell’ Etna devono pre- 4 Circa 14,000 metri cubici della prima e 15,000 della seconda (Bollettino 1’ Erw- zione). _ 2 GEMELLARO, Vulcanologia dell'Etna, pag. 97. ® Citerò, per esempio, le eruzioni del 1329, del 1334, del 1381, del 1408, del 1608, del 1634, del 1669, le quali sì sfogarono nella bassa regione dell’ Etna in punti poco lontani dall’attuale spaccatura. Vol. XXVI. 8 114 G. MERCALLI, sentare uno spessore tanto più grande, e quindi una resistenza tanto maggiore alla rottura, quanto più corrispondono ad una parte bassa del cono vulcanico. E però non si apriranno ad un livello molto basso, se non quando una quantità straordinaria di lava si agita nell'interno delle viscere del vulcano. Il fianco meridionale dell’ Etna dopo il 1669 non si era mai aperto ad una altezza egua'e od inferiore a quella, ove si spaccò attual- mente, | Per spiegare almeno in parte l’apparente eccezionalità della attuale eruzione, io penso che la spaccatura del 22 marzo non sia che il prolungamento della spaccatura meridionale del mag- gio 1879; e che quindi sia stata preparata ed iniziata da quella spinta gigantesca, che allora spaccò per mezzo il cono dell’Etna sopra una lunghezza di 10 chilometri circa. Nel 1879 l'Etna si squarciò contemporaneamente lungo due generatrici quasi oppo- ste, ossia a Nord sopra Mojo, ed a Sud alla base del monte Fru- mento meridionale. Orbene, osservando una buona carta topo- grafica dell’ Etna è facile rilevare, che la spaccatura attuale si trova precisamente sul prolungamento della medesima genera- trice, di cui fa parte la spaccatura meridionale apertasi nel 1879 al piede del monte Frumento. Si aggiunga che anche la spaccatura settentrionale di quel- l’anno pare sia stata preparata fin dal momento, in cui si formò quella del 1874, della quale non è che il prolungamento verso il basso. Non è quindi improbabile che, fin dal 1874, l’urto enorme, pel quale nel 28 agosto si aprì sul fianco settentrionale dell’ Etna una spaccatura di 3 chilometri di lunghezza, abbia fatto sentire i suoi effetti anche sul versante meridionale del vulcano, e lo abbia predisposto alle rotture del 1879 e del 1883. III. Queste relazioni esistenti tra le spaccature di diverse eru- zioni laterali avvenute sul medesimo fianco o sui due fianchi diametralmente opposti del gran cono dell'Etna, sono esse una SULL’ERUZIONE ETNEA DEL 22 MARZO 1883. 115 eccezione ed un fatto nuovo nella storia delle eruzioni di que- - sto vulcano? No: anzi io credo che sono la regola, ed eccezioni invece le eruzioni laterali, che si presentano isolate e senza nes- sun rapporto con quelle che da vicino le precedono o le se- guono nel tempo. Diamo uno sguardo alle eruzioni etnee degli ultimi tre secoli, la cui storia ci è maggiormente nota. Nel 1607 l'Etna si squarciò quasi contemporaneamente da due parti opposte, cioè ad E.N.E. e ad 0.5.0; nel 1610 si aprì di nuovo ad 0.5.0, e poi nel 1609 e nel 1614 verso Randazzo ossia un poco ad Ovest della spaccatura Nord-orientale del 1707. L’eruzione del 1633, già citata-sopra, probabilmente accadde sopra di Nicolosi.' Nel 1634 si spaccò il fianco dell’ Etna prima un poco al di sopra di Nicolosi presso il monte Serrapizzuta, e 10 giorni dopo più in alto e forse alquanto più ad Oriente. Nel 1643 e nel 1646 ruppe ambedue le volte dalla parte op- posta a Nicolosi, ossia sopra Mojo. Nel 1651 l’Etna si squarciò quasi contemporaneamente lungo due generatrici opposte, cioè ad Occidente sopra Bronte e ad Oriente verso Mascali. Negli anni 1682, 1688 e 1689 si aprì ripetutamente il fianco dell’ Etna: verso la Valle del Bove, prima molto in alto, poi più basso, ma sempre su direzioni poco differenti. Ed al periodo 1682-1689 va fors’anche unita l’eruzione del 1702, in cui il vulcano si spaccò ancora nella Valle del Bove, sopra il Trifo- glietto. Nel 1747 e nel 1755 l’Etna si aprì ad Oriente verso la Valle del Bove, prima assai in alto, poi al basso. Nel 19 aprile 1759 si squarciò il fianco dell’ Etna da due parti opposte ossia a Mezzodì ed a Settentrione. Nel 1763 si spaccò nuovamente a Sud sopra Nicolosi al disotto della spacca- tura meridionale del 1759. Nel 1764 si aprì il vulcano sopra 1 Veramente il Macrì, che accenna a questa eruzione, non dice da qual parte essa accadesse; ma, trovandosi egli a Nicolosi, con tutta probabilità parla di un’eruzione avvenuta nei dintorni di questo paese od almeno sul medesimo fianco dell’ Etna. 116 G. MERCALLI, Randazzo ossia a Settentrione. Infine nel 1766 si spaccò 4 mi- glia al disotto delle bocce meridionali del 1763. Nel 1802 e nel 1811 l’Etna si aprì ad Est nella parte set- tentrionale della Valle del Bove. Nel 1832 in ottobre si spaccò a Sud-Est, molto in alto alla base del cono terminale, e contemporaneamente ad Ovest,' nel sito stesso dell'eruzione del 1651 (Gemellaro). Da Sud-Est sgorgò poca lava, moltissima invece da Ovest. Nel 1° novembre si aprì una terza spaccatura sopra il bosco di Randazzo, ossia in posizione quasi opposta alla spaccatura di Sud-Est del- ‘ l'ottobre. Nel 1838 si formò una spaccatura alla base del cono termi- nale, assai vicino alla spaccatura di Sud-Est del 1832. Nel 1843 si aprì di nuovo l’Etna ad occidente, a circa 3/4 di miglia dai crateri del 1832. | Infine nel 1852 il vulcano si squarciò ad Est nella Valle del Bove in una direzione quasi opposta alle spaccature occidentali del 1832 e del 1843. Dunque si può concludere, che le spaccature di diverse eru- zioni laterali dell'Etna, vicine nel tempo, in generale sono tra loro dipendenti, come io suppongo che sia la spaccatura del 22 marzo con quelle del 1879 e del 1874. Poche sono le eru- zioni eccentriche che sembrano isolate. Forse furono tali quelle del 1669, 1780, 1792, 1809 e poche altre. Del resto che all’ Etna le eruzioni eccentriche si ripetano di preferenza sul medesimo fianco, ovvero su fianchi diametralmente opposti, lo si rileva facilmente anche dalla generale distribuzione dei numerosi coni avventizî laterali disseminati sopra il gigan- tesco vulcano. Se, infatti, si osserva attentamente la carta topo- grafica dell’Etna al 50,000 pubblicata del nostro Istituto topo- grafico militare, si vede che tali coni sono in gran numero avvicinati tra loro ed allineati a Sud tra Nicolosi e la cima dell’ Etna, ed L’ultima grande eruzione etnea del 1819 aveva spaccato il monte ad Oriente in direzione quasi opposta a questa del 1832. to a lt LA j si È ; : ‘i ] ; si ioni dl Cioni SULL’ ERUZIONE ETNEA DEL 22 MARZO 1883. ii: a Nord tra questa e Mojo, e pure in buon numero a 5.0.0. verso Adernò, ed a N.E.E. sopra Piedimonte. Nè questi caratteri e rapporti reciproci delle spaccature vul- caniche sono proprî solamente dell’ Etna, ma si ripetono, in ge- nere anche negli altri vulcani, quando presentano eruzioni la- terali ossia eccentriche. Citerò alcuni esempi tolti dalla storia delle eruzioni vesuviane degli ultimi 100 anni. Nell'ottobre 1767 il cono vesuviano si aprì dalla parte di N. O. verso l’Atrio del cavallo, e poco dopo dalla parte opposta a S.E. nel luogo, ove si era spaccato nel marzo dell’anno precedente, e contemporaneamente si vide la lava sgorgare da ambedue le parti. A N.0. si aprì il cono del Vesuvio due volte di seguito nel 1785 e nel 1786. Nel 1788 invece si squarciò lungo una gene- ratrice opposta, ossia a S.E. Nel 15 giugno 1794 il Vesuvio si squarciò a N.E. ed a S.0. contemporaneamente, Il 22 novembre 1804 si aprì il fianco del cono vesuviano a S.0., e la medesima spaccatura si riaprì, ed emise nuovamente lava, nel 13 febbraio e nel 12 agosto 1805 e nel 1° di giugno del 1806. Nella notte del 22 ottobre 1822 il cono del Vesuvio si aprì ad Est nel medesimo punto, ove si era spaccato nel 1813. Il 2 gennaio 1839 si spaccò contemporaneamente il cono del Vesuvio da due bande opposte, e sgorgò la lava ad occidente verso il monte Canteroni ove ora è l'Osservatorio e ad oriente verso Bosco Tre Case. Nel 1850 e nel 1855 il cono vesuviano si aprì nel medesimo luogo a Nord; e nel novembre 1868, nel 13 gennaio 1871 e nel 26 aprile 1872, a N.O., sempre press’ a poco in una medesima posizione. o 118 G. MERCALLI, IV. Come si vede, tanto al Vesuvio che all’ Etna le spaccature la- terali seguono sempre una generatrice del cono vulcanico. Ciò era già comunemente noto; ma non si era avvertito, che fre- quentemente le spaccature si aprono contemporaneamente od a breve lontananza di tempo su due generatrici opposte 0 quasi opposte della montagna vulcanica. Questi fatti provano 1.° che la gola, per la quale ascende la lava nell’ interno di un cono vulcanico, occupa press’ a poco l’asse geometrico del cono stesso; 2.° che la forza elastica dei vapori ed il peso delle materie la- viche agiscono sulle pareti del cono, come agirebbe un sistema di forze irraggianti dalla parte centrale del cono; e prementi in tutti i sensi sulle sue pareti. Dalle cose dette poi risulta, che per l'Etna la gola, per cui ascende la lava nei tempi moderni, corrisponde all’asse moderno o doleritico del vulcano, alla cui cima si apre il cratere termi- nale attivo, e non all’asse antico o feldispatico della Valle del Bove; poichè dal primo e non da quest’ultimo irradiano, come da centri, le spaccature delle eruzioni laterali dei tempi storici.' All’Etna ed al Vesuvio vedemmo, che in generale il medesimo fianco del cono (ovvero quello diametralmente opposto) è col- pito più volte di seguito. Il che lascia supporre che spesso du- rante un’ eruzione laterale venga iniziata od almeno preparata la spaccatura di un’ eruzione prossima, come è probabilmente accaduto nel 1874 per quella del 1879, e nel 1879 (e forse già nel 1874) per quella della recente eruzione. È notevole però, che, mentre al Vesuvio spesso si riapre una stessa spaccatura e proprio nel medesimo punto ove fu attiva altra volta (es.: bocche del 22 novembre 1804), all’ Etna invece questo non accadde quasi mai. Solo. per Peruzione del 1832 1 Sull’esistenza del duplice asse eruttivo dell’ Etna annunciata la prima volta da Mario Gemellaro si veda: Mercalli, Vulcani e fenomeni vulcanici d’Italia, a pa- gine 109-111. Milano, 1882, ed. F. Vallardi. SULL’ ERUZIONE ETNEA DEL 22 MARZO 1883. 119 trovo asserito da C. Gemellaro, che le bocche principali si apri- rono nel luogo stesso di quelle del 1651. V. L’eruzione etnea del 22 marzo e tutto il periodo eruttivo, a cui appartiene, sono notevoli anche per le coincidenze, che si ve- rificarono con l’attività degli altri vulcani italiani e specialmente dello Stromboli. L'Etna cominciò a dare fumo più abbondante alla fine del novembre 1881, ed a mettersi in attività stromboliana alla fine del dicembre successivo. Orbene, nel 17 ottobre 1881 e nel gen- naio 1882 lo Stromboli ebbe due parossismi; e nel 15 novem- bre 1881 avvenne un terremoto non molto forte, ma generale a tutta Italia, dalle Alpi fino al piede dell'Etna. Il Vesuvio, che dal 1876 si trova in moderata attività, ebbe delle recrudescenze nel dicembre 1881 e nel gennaio 1882; e nel 5 di quest'ultimo ‘mese accade un’eruzione sottomarina (?) all’entrata del golfo di Patrasso. L’Etna aumenta in aprile 1882 la sua attività. E lo Strom- boli ha un eccitamento eruttivo il 13 marzo, ed altro nel 18 aprile; ed anche Vulcano nel 19 aprile emette molto fumo e fa sentire rombi più dell’usato. Infine nel marzo 10-11 un fortissi- mo terremoto sì sentì ad Alì, tra Catania e Messina. Di nuovo le esplosioni dell'Etna riprendono vigore in ottobre 21-31, e nel novembre. Orbene, il 10 ottobre si apre una nuova bocca nella Fossa di Vulcano e dal 17 al 30 novembre lo Strom- boli erompe in una eruzione la più violenta, di cui si abbia memo- ria nella storia di questo vulcano. Verso il 13 febbraio l'Etna si mette in forte attività strom- boliana, ed il signor Picone di Lipari mi scrive, che il giorno 8 dello stesso mese lo Stromboli fece un’eruzione, e nel 9, ad 1 ora ant., un’altra più violenta, in cui dopo un forte rombo 1 Bull. del Vule. italiano, an. 1882. 120 G. MERCALLI, lanciò pietre ed una polvere rossiccia finissima, della quale si trovò ricoperto il mare per più miglia. Nella notte dal 5 a 6 marzo si sentì una scossa violenta all’isola Lipari, ed una mediocre in Piemonte alla sera del 7. Lo stesso signor Picone poi mi informa, che nel giorno 15 marzo (ossia pochi giorni prima dei terremoti e dell’eruzione dell'Etna) verso le 11 ant. nell’isola Stromboli si sentì un rombo di lunga durata, e che nel medesimo tempo il cratere fece eruzione, rico- prendo di pomici il mare vicino. Quanto al Vesuvio dopo il gennaio 1882 non ebbe più recru- descenze molto forti, ma continuò in attività piccola ed uniforme fino al presente. Trascriverò tuttavia le notizie precise dello stato di questo vulcano, poco prima e durante l’ eruzione dell’ Etna, quali vennero registrate dal chiarissimo dott. Lewis di Napoli, ed a me gentilmente comunicate dall’egregio dott. Pasquale Franco. Nel 23 e 24 febbraio le esplosioni al Vesuvio furono un po’ più energiche del solito: nel 25 si fanno meno energiche, e nel 26 sgorga un po’ di lava che scende in direzione di Torre Annunziata. Il 6 marzo la cima è illuminata per riflessi di lava nel cratere: dal 7 al 30 marzo il Vesuvio è quasi tranquillo; e nel 31 marzo ricominciano ancora le esplosioni mediocri, e continuano nei pri- mi giorni di aprile, fino ai quali giungono le notizie che possiedo. A questi fenomeni concomitanti l’attuale periodo eruttivo del- l'Etna si potrebbero aggiungere i terremoti della provincia di Murcia (nel Sud-Est della Spagna), replicati con tanta frequenza dall'ottobre 1882 all’aprile 1883, e quelli sentiti in Bosnia verso la metà dello scorso febbraio. In altri miei lavori! ho sostenuto, che tra i massimi eruttivi dei diversi vulcani italiani (come pure tra i massimi sismici con- frontati tra di loro e con quelli dei vulcani) non si può am- mettere nè una totale indipendenza, nè una relazione che lasci supporre una libera comunicazione delle materie laviche sot- terranee dei diversi focolai vulcanici. Questa tesi generale è 1 Vedi specialmente l’opera già citata sui Vulcani e fenomeni vule., ecc., a pag. 177 e 357-359, SULL’ ERUZIONE ETNEA DEL 22 MARZO 1883. IDZI pienamente confermata dalla storia delle eruzioni dell’ Etna e dei due vulcani eolici. È innegabile che ci sono intimi rapporti tra i focolai di questi vulcani. Tutte senza eccezione le mag- giori eruzioni recenti dell’ Etna (del 1865, del 1874, del 1879, del 1883) furono precedute o seguite a breve distanza da pa- rossismi dello Stromboli. Ed i massimi qualche volta (1865, 1879 giugno) furono anche contemporanei. Ma d’altra parte non credo, che si possa ammettere una libera comunicazione dei ma- teriali lavici. tra i focolai dei vulcani eolici e quello dell’ Etna, perchè 1° dovrebbe esservi antagonismo tra i massimi eruttivi di questi vulcani e non quasi sincronismo come in generale si verifica; 2° la natura delle lave emesse da questi vulcani do- < 600). 4.-D; varî gradi di contrazione dello stesso individuo = », nucleo; v, vescicole ‘ contrattili. Fig. 5. Acineta linguifera — n. var. interrupta. (Hartn. x 340). n, nucleo. Fig. 6. Acineta Cattanei, n. f. (Bartn. x 340). Fig. 7. Magosphera Maggii, n. f. (Hartn. > 600). a, a. Cellule che si allontanano dal cenobio. SOPRA DUE RARISSIME SPECIE DI UCCELLI POSSEDUTE DAL CIVICO MUSEO DI VENEZIA. Comunicazione del Socio ALESSANDRO PERICLE NINNI. 1. Somateria mollissima (Linné). La boreale Somateria mollissima è assai rara in Italia, ed io non conosco che due sole catture di questa specie annunciate in.modo accertato. A queste io posso ora aggiungerne altre due, come può vedersi nel seguente prospetto: 4. 1882 20 Nov. Venezia. | giov. Q | Museo di Venezia Ninni Epoca Sesso Luogo dove si conserva | Osservatore | e rr della cattura ed età l'individuo | BET, 1. 1836. Vecchiano (Pisa) | giov. Museo di Pisa Savi 2. 1856 Ott. Savona . .| giov. | Museo di Firenze | Padre David 3. 1882 1° Ott. Venezia . | giov. 7 | Museo di Venezia Ninni Oltre a questi individui il Perini ne menziona uno, che a torto annovera tra gli uccelli del Veneto. Difatti dalle parole stesse dell’ Althammer riportate nel Manuale di Ornitologia Veronese * 1 Manuale di Ornitologia Veronese di Gaetano Perini. Verona, 1874, Parte II, pag. 312. SOPRA DUE RARISSIME SPECIE DI UCCELLI, ECC. 161 risulta che fu preso “ nelle acque non molto discoste da Rove- reto ,. Trovo però poca concordanza sull’epoca della comparsa straordinaria di questa Somateria. Perini dice di averla avuta in mano nell’aprile 1858 (1. c., p. 314) poche ore dopo che era stata uccisa, mentre dal libro maestro del Bonomi di Torino, ch’io ho esaminato, la Somateria fu spedita in dicembre del 1857.! In ogni modo il Comm. De Betta, al quale ricorsi, non mi potè dar prove indubbie dell’esistenza di un Edredone veneto nella Raccolta Perini. Questa specie è adunque nuova per le nostre Provincie. Il maschio fu ucciso all’imboccatura dei Tre Porti ed era solo; la femmina nella Laguna morta prossima alla città di Ve- nezia. Un altro individuo fu pure veduto ai 25 dicembre 1882 frammezzo a parecchi Germani di mare, ma sgraziatamente non rimase ucciso sotto il colpo di fucile del cacciatore, mentre egual sorte nori toccò a cinque Oidemie, che ebbi poscia in mia mano tra le quali trovavasi anche un maschio perfettamente adulto. I due Edredoni da me avuti mi presentarono le seguenti misure : MS i I LT it ca Lunghezza totale. . . . 0”,680 0”,616 1.6). Wigo 0. 20D. pal 204 Tarso . U2UDi: DE.046 Coda . 02,055 .-05.08D Becco . rapiti mo PT 1 al 01 E de] Apertura del becco . . . 0”,077 0”,070 Peso: chilogrammi . . . 2,450 4 Il fu signor Luigi Bonomi, primo preparatore al R. Museo Zoologico di Torino, mi scriveva di aver avuto dal signor Althammer una sola Somateria în carne e în ossa nel dicembre 1857, e che avendo in seguito comperata l’intiera raccolta Ornito- logica dell’Althammer, vendette cotesto Edredone al sig. Perini di Verona (Vedi an- che quanto ne dice in proposito lo stesso Perini a pag. 313 della 2.° Parte del suo Manuale.). Non so poi comprendere come il Perini mostrasse al Bonomi la poca fi- ducia, che avea dell’asserzione del sig. Althammer, cioè che quell’ anitra fosse stata presa sopra acque poco discoste da Rovereto, mentre lo stesso sig. Perini, come scrissi più sopra, dice di avere avuta in mano la Somateria poche ore dopo che era stata uccisa. Vol. XXVI, Il 162 A. NINNI; Il Museo Civico di Venezia è il solo, che possiede il maschio e la femmina di Somateria mollissima presi in Italia. 2. Phalaropus fulicarius (Linné). Il Falaropo a becco largo, del quale faccio ora menzione, con- servavasi da parecchi anni da un signore di Treviso appassio- nato per la caccia, il quale non conosceva il pregio dell’ esem- plare da lui posseduto. L’individuo era stato imbalsamato in modo assai grottesco da un preparatore trevigiano e dallo stesso battezzato col nome di Sterna minuta! L’ignoranza del su nominato preparatore avrebbe senza dub- bio fatto passare inosservata l'importante cattura, ma volle for- tuna, che il raro uccello cadesse sotto gli occhi dell’ egregio mio amico dott. Giuseppe Scarpa di Treviso, che tosto lo rico- nobbe e seppe così arricchire l’ Ornitologia Veneta con questa specie non mai riscontrata per lo innanzi nella nostra regione. Con somma gentilezza il dott. Scarpa volle poi donarmi il Pha- laropus, per cui ora la rarissima specie fa bella mostra di sè nel Civico Museo di Venezia. Il primo possessore di questo volatile non potè fornire noti- zie precise sul fatto occorso, egli ricorda però di avere ucciso il Falaropo sul greto della Piave e precisamente alle Cà strette (Treviso), ricorda inoltre di averlo tenuto vivo per parecchi giorni nutrendolo con mosche, e che al momento che 1’ abbattèà.. con un colpo di fucile, trovavasi in compagnia di due altri con- simili individui, che si allontanarono da quei luoghi senza farsi più vedere. Il soggetto che ho ora dinnanzi a me, è giovane in abito au- tunnale incompleto, per cui, anche dai dati raccolti diligente- mente dal dott. Scarpa, suppongo con molta probabilità, che sia stato ucciso alla fine di ottobre o nel novembre. Eccone la descrizione, SOPRA DUE RARISSIME SPECIE DI UCCELLI, ECC. 163 Phalaropus fulicarius (Linné). Sinonimia: 1766. Tringa fulicaria Linné, S. N. I, 249. 1760. Phalaropus rufescens Briss., Ornith. VI, 20. 1788. Tringa glacialis L. Gm., S. N. I, 675. 1790. Phalaropus lobatus et glacialis Lath., Ind. II, 776. 1809. L rufus Bechst., Nat. Deuts. IV, 381. 1815. x platyrhynchus Tem., Man. II, 459. 1816. 1! griseus Leach, Syst. Cat. M. and B. Brit. Mus. 34. 1817. Crymophilus rufus Vieill., N. Diet. VIII, 521. 1831. Phalaropus lobatus Savi, Orn. Tosc. III, 13. 1838. L fulicarius Bonap., B. of Eur. 54. 1849. È Degland, Ornith. II, 249. 1864. e " Schlegel, Scol. 58. 1867. L Ù Degl. et Gerbe, Orn. II, 236. 1871. i : Salv., F. it. Ucc. 210. 1875. 4 i Savi, Orn. It. II, 397. 1881. L Gigl., Elen. 120. » Dim. L. t. 0,200 circa; ala 0”,125; becco 0%,021; tarso 0”,021; coda 0”,060. Fronte, lati del capo e pileo di color bianchiccio, quest’ ul- timo con qualche penna nerastra. Occipite bruno; questo co- lore si estende sino al disopra degli occhi; altra macchia della stessa tinta dal disotto dell’occhio si dirige verso la regione au- ricolare, e va ad unirsi posteriormente alla macchia occipitale, rinchiudendo così un tratto bianco. Cervice e parte posteriore del collo brunastre. Dorso e Scapolari cenerino-bluastre con penne brune marginate di giallo rossastro sparse qua e là. Groppone e sopraccoda bruni, le piume di quest’ultima parte con largo margine bianco-giallastro. Parti inferiori candide, tranne le penne dei lati del petto, che son di color cenerino con alcune altre brune marginate di gial- lastro e quelle dei fianchi, che hanno il centro cenerino. a 164 A. NINNI, SOPRA DUE RARISSIME SPECIE DI UCCELLI, ECC. Ali brune. Remiganti con la base bianca. Grandi cuopritrici con l’estremo margine ed un buon tratto verso l’apice biancastri, per cui l’ala è attraversata da una larga fascia che decresce dall’indietro all’innanzi. Le medie hanno margine biancastro. Cuopritrici inferiori bianche: quelle delle Remiganti primarie col centro cenerino-bruno. Timoniere brune col contorno bianco-giallastro. Becco depresso, allargato verso l'estremità e terminato in punta ricurva nella mascella superiore; di color bruno con la base dei margini delle mascelle più chiari. Piedi bruni. La base delle dita riunita da una membrana, che si estende a lobi sino all'estremità delle dita. Il Phalaropus fulicarius è specie propria delle parti boreali del vecchio e del nuovo continente, ed è avventizio e raro in Italia. Il Savi dice che qualche individuo si vede d’ inverno sui grandi laghi dell’ Italia superiore, ma come osserva il Salvadori egli non dà particolari notizie di alcun caso di cattura. Pochi sono gl’individui presi: secondo Althammer uno ne sarebbe stato ucciso sul lago di Castellano nel Tirolo, altri due sono menzio- nati dal prof. Costa come catturati nelle vicinanze di Napoli, l'uno presso il lago di Agnano alla fine di dicembre 1869 e l’altro presso il Parcone nei primi di gennaio del 1870. Nella Collezione Fiorentina conservansi due individui predati il primo a Genova nell’agosto 1845 l’altro a Borgo S. Lorenzo non lungi da Firenze nell’agosto 1870. NOTE ITTIOLOGICHE. OSSERVAZIONI FATTE SULLA COLLEZIONE ITTIOLOGICA DEL CIVICO MUSEO DI STORIA NATURALE, IN MILANO dal socio CRISTOFORO BELLOTTI. (Seduta del 26 maggio 1883.) VII. — I Leptocefali del mare di Messina. Durante il febbrajo e marzo del corrente anno 1883, essendo rimasto alcune settimane a Messina, ebbi campo di raccogliere varie fra le specie di pesci di quel ricchissimo mare che, inte- ressanti per la fauna italiana, erano pure desiderate in aumento alla collezione del nostro Civico Museo. Non tralasciai pure di acquistare tutti gli esemplari delle varie specie di Leptocefali che mi venivano recati da un pescatore di Ganzirri, villaggio posto a poca distanza da Messina sulla via che conduce a Faro. Invano avrei fatto ricerca di simili pesciolini sul mercato di Messina ove non si portano, come per tutto altrove, che le sole specie mangereccie o di un volume che non può facilmente sfuggire dalle maglie non molto fitte delle ordinarie reti da pesca. Invece quel pescatore, al quale cercava di spiegare quali fossero press’ a poco le specie di pesci che desiderava mi procurasse, servendosi di reti finissime riescì, debbo dire con una intelligenza e diligenza non comuni, a procurarmi ampia messe di rarissimi pesciolini fra i quali citerò: 16 giovani esem- plari di Cubiceps gracilis, 2 Hymenocephalus italicus, 3. Mi- 166 C. BELLOTTI, croichthys coccoi, 1 Notacanthus mediterraneus,! 11 Paralepiîs speciosus, varî esemplari di Pleuronettidi giovani che presen- tano ancora gli occhi bilaterali, 22 Porobronchus linearis, 1 Schedophilus medusophagus, ecc., tutte specie che pochi Musei posseggono, oltre a parecchi esemplari di 14 specie di Lepto- cefali pure assai rare per la massima parte nei Musei, per la difficoltà sia di procurarle che di conservarle. Farò notare che forse in nessun’ altra località del Mediterraneo italiano, che non sia lo Stretto di Messina, si potrebbe sperare di ottenere in sì breve tempo tanta copia di rarità ittiologiche che unita- mente alle molte specie di Sternoptichidi, Scopelidi e varie altre più voluminose, ma non meno rare, che giungono anche talvolta sul mercato, rendono assai proficuo agli ittiologi il sog- giorno in quell’ameno paese, vero Eldorado anche per chi si occupa dello studio degli innumerevoli animali inferiori che po- polano le acque di quel piccolo tratto di mare. La maggior facilità colla quale si possono ottenere nello Stretto di Messina varie specie di pesci che sogliono vivere a grandi profondità, come quelle accennate appartenenti ai Generi Cubiceps, Hymenocephalus, Notacanthus, Paralepis, Schedophi- lus, ecc. e che nondimeno si pescano con reti che non si approfondano più di un centinajo di metri, credo si possa at- tribuire alla circostanza che attraverso allo Stretto e precisa- mente tra Ganzirri siculo e Cannitello calabro (4 Chilometri circa) si erge sul fondo del mare una cresta montuosa continua, quasi muraglia, che in altra epoca geologica segnava probabil- mente l’unione tra il continente e l’isola, in modo che lungo tutta questa tratta fra i due opposti lidi gli scandagli non 4 Non pare vi sia differenza specifica fra Notacanthus bonapartii Risso e Nota- canthus mediterraneus Fil. e Ver. La forma e le proporzioni di entrambi sono iden- tiche; i raggi delle pinne possono alquanto variare in numero; nell’ esemplare da me raccolto a Messina, lungo millimetri 104, sì contano come segue: D. 7, A. 7, V. 3/5, P. 12, C. 5. Anche il prof. Giglioli ebbe ad esprimere lo stesso parere sulla identità delle due specie sopranominate. Ben distinto rimane invece il Notacanthus rissoanus Fil., riducendosi così a due sole le specie finora note, di questo generc, nel Mediterraneo. NOTE ITTIOLOGICHE. 167 trovarono profondità maggiori ai 120 metri, mentre la media si aggira fra i 50 e i 70. Egli è lungo questa linea che si trat- terebbe di costruire il tunnel sottomarino destinato ad unire l’isola col continente mediante ferrovia. Ora accade che i pesci abitatori di grandi profondità, che sì accingono a passare lo stretto, o pel loro naturale istinto, o nelle periodiche emigrazioni cui vanno soggetti, o perchè tra- scinati dalle forti correnti che si verificano normalmente tra Capo Peloro e Capo Spartivento, ad intervalli di sei ore, da Sud a Nord (montante) e da Nord a Sud (scendente), o perchè in- seguiti da più grossi carnivori, od essi medesimi inseguitori di stuoli di giovani pesci per farsene cibo, incontrando questa cresta montuosa sottomarina che si innalza tra il mar Tirreno e il mare siculo, debbono necessariamente abbandonare gli abissi da loro favoriti e salire a sufficiente altezza per eseguire il tra- gitto da Nord a Sud, o viceversa. Avviene così che pescando in quelle vicinanze con reti che discendono a poca profondità, si possano ottenere molte fra le specie, che diversamente occorre- rebbe rintracciare con mezzi straordinarî a tre o quattrocento metri sott'acqua, con esito assai meno soddisfacente. Venendo ora a discorrere dei Leptocefali, cui la presente memoria in particolare si riferisce, credetti non dovesse riuscire affatto privo di interesse per gli ittiologi specialmente italiani il raccogliere in una breve nota i caratteri più salienti che val- gono a distinguere fra loro con sufficiente facilità le varie specie di questo genere da me osservate nel mare di Messina, fra le quali mi parve poterne distinguere una rimasta finora scono- sciuta. Fin dal 1856 il prof. Kaup publicava una monografia rela- tivamente completa di questi pesci, corredata di buone figure e di descrizioni abbastanza esatte !. Poi lo stesso autore nel 1860 vi faceva poche aggiunte e rettifiche inserite nel Vol. VI (5° serie) degli Annals and Magazine of nat. hist.; ma dopo di 1 Kaup Apod. fish. 168 C. BELLOTTI, lui non mi è noto che altri siasi occupato in modo speciale dei Leptocefali talchè, per la parte almeno che si riferisce alla fauna italiana, nessun aumento venne fatto alle specie già note. Anzi il prof. Giinther nel Vol. VIII del suo Cat. of the Fishes in the british Museum, riportando quasi per intero quanto era stato publicato dal Kaup, dietro sue speciali considerazioni, cre- dette opportuno ridurre il numero delle specie ammesse prece- dentemente da quell’ autore, raggruppando alcune forme sotto un solo nome specifico, quando gli sembrò che non presentas- sero sufficienti caratteri costanti per tenerle distinte. Anche riguardo alla natura di questi esseri, che presentano nella loro classe un’ organizzazione così semplice e in molte parti affatto rudimentale, non è a mia notizia che siansi fatte osservazioni di qualche rilievo; e assai difficile invero è il loro studio che dovrebbe intraprendersi in opportuna località, quale sarebbe Messina meglio di qualunque altra, trovando modo di conservare vivi in un acquario questi delicatissimi animaletti durante il tempo necessario per sorprenderne lo sviluppo o le trasformazioni. Così rimane ancora dubbio se debbansi ritenere forme larvali di Murenidi, specialmente del genere Conger, de- stinate normalmente a subire una metamorfosi nella corrispon- dente specie di più complessa organizzazione e ciò secondo l’o- pinione emessa dal prof. Gill *, oppure se, come osserva il prof. Giinther °, debbano considerarsi come individui arrestati nel loro sviluppo ad un periodo assai precoce della loro vita, continuando pure a crescere fino a un certo volume, senza il corrispondente sviluppo dei loro organi interni, per morire senza aver raggiunto i caratteri dell'animale perfetto. Contro l’opinione di Gill si po- trebbe osservare che, se i Leptocefali sono larve normali di spe- zie principalmente appartenenti al genere Conger, non si sa- prebbe come spiegare il perchè, mentre abbondantissima è ovunque nel Mediterraneo la pesca dei varî Gronghi, rarissimi sono dap- i Proceedings of the Acad. of nat Sciences of Philad. 1864 p. 207. 2 Giinther, Cat. of the Fishes ecc. Vol. VIII, pag. 138. PORRE META SE 0 Lat. | e NOTE ITTIOLOGICHE. © 169 pertutto i Leptocefali, tranne forse soltanto a Messina, non avendone mai potuto ottenere che qualche raro esemplare a Genova, Nizza, Napoli, malgrado le indagini fatte, e nessuno a Palermo, Catania, Siracusa che da Messina non distano gran fatto. Questa stessa circostanza militerebbe invece a favore del- l’opinione di Giinther sopraccennata. Se i Leptocefali sono a considerarsi quali aborti di specie destinate ad una organizza- zione superiore, è lecito supporre che le condizioni del mare di Messina, eccezionali sotto varî rapporti, per le impetuose cor- renti che attraversano lo Stretto e i vortici numerosi, che vi resero sempre pericoloso il tragitto ai naviganti non abbastanza esperti, ' siano quelle che determinano siffatti arresti nello svi- luppo di questi pesci, a differenza di quanto avviene normalmente in altre località ove tali speciali condizioni non si verificano, Bisognerebbe però ridurre alquanto il numero delle specie di Leptocefali perchè possa corrispondere al limitato numero finora conosciuto delle specie di Murenidi appartenenti al Mediter- raneo. Anche il fatto di trovarsi ordinariamente presso la su- perficie delle acque avvalora l’idea che questi pesci siano nel primo stadio del loro sviluppo, quantunque non destinati a com- pletare la loro organizzazione. Finchè non siasi fatta maggior luce su questo importante ar- gomento, mediante osservazioni precise instituite con mezzi op- portuni, credo che volendo registrare la nomenclatura assegnata alle varie forme finora note, sia meglio attenersi al lavoro ci- tato di Kaup, tanto più che nei varî esemplari da me raccolti delle singole specie (in tutto 238), non ho potuto riscontrare che affatto eccezionalmente piccole varietà di forme o propor- zioni che accennino alla possibilità di un passaggio dall’una al- l’altra specie, mentre tengo di molti numerosi esemplari iden- tici in tutti i loro caratteri, pei quali ben si possono distin- guere le varie specie l’una dall’altra. 4 Per più ampî dettagli sulle condizioni del mare di Messina, vedi: Giornale di Messina, 1750 oppure: il Canale di Messina e le sue correnti, di Francesco Longo di Capo Peloro; Messina, 1882. Tip. Ribera. 170 C. BELLOTTI, Circa al metodo per la migliore conservazione di questi esili animali a scopo di studio anatomico o sistematico, occorre- rebbe tentare qualcuno dei varî espedienti immaginati dal di- stinto prof. Dohrn, e che diedero così splendidi risultati alla Stazione zoologica di Napoli, applicati alla conservazione speci- almente di quei singolari animali marini di consistenza quasi gelatinosa, quali sono la Pelagia moctiluca, la Beroe ovata, il Cestum veneris e molti altri, di cui finora non si riscontravano nelle collezioni che informi ammassi rattrappiti, riconoscibili sol- tanto per l’ etichetta appiccicata al vaso che li contiene nello spi- rito, mentre ora mediante speciali e svariati procedimenti si rag- giunse poco a poco lo scopo di conservare ai medesimi la loro forma e apparenza quasi identica a quanto può osservarsi nel- l’animale vivo, con sommo vantaggio degli studiosi di quel ramo importante della storia naturale. Per facilitare il riconoscimento delle diverse specie di Lepto- cefali, che frequentano il mare di Messina, ho esposto nel se- guente prospetto i caratteri principali per cui fra loro vanno distinte, riservandomi ad aggiungere in seguito per ciascuna di esse quei pochi altri dati che possono giovare a completarne lo studio, ben inteso che per più ampî dettagli e pel confronto colle ottime figure che accompagnano il testo nei citati lavori di Kaup, sarà sempre di grande utilità il ricorrere ad essi, li- mitandomi io a dare un sunto dei medesimi a guisa di pron- tuario. ; Gli esemplari conservati nell’alcool sono spesso deformi per- chè più o meno raggrinzati; sovente riesce perciò impossibile il determinare con precisione la posizione del foro anale. Ho notato che il sistema di punteggiatura è abbastanza costante nelle singole specie, e che i punti neri si possono scorgere anche negli esemplari di vecchia data; perciò ne ho fatto sempre cenno come mezzo per distinguere più facilmente le varie specie. NOTE ITTIOLOGICHE. PROSPETTO 171 delle specie del genere Leptocephalus. Corpo più o meno tondeggiante, lineare. Senza denti. Con pettorali. a. Un bulbo anale; muso breve, ottuso; tronco cau- dale metà circa della lunghezza totale; una serie di punti soltanto lungo la dorsale e l’anale. b. Senza bulbo anale; muso breve, conico; tronco cau- dale più della metà della lunghezza totale; due se- rie di punti lungo il ventre ravvicinati presso l’ano e una serie lungo l’anale. - 4 ; . e. Senza bulbo anale; muso breve ottuso; tando cau- dale più della metà della lunghezza totale; due serie oblique di punti lungo il ventre, una serie lungo l’anale ed una di punti fra loro distanti lungo la linea laterale . ì È Corpo compresso, crasso. Con NEGA a. Muso breve ottuso; talvolta denti minuti; tronco caudale la metà o più della lunghezza totale; due serie oblique di punti lungo il ventre; una serie lungo l’anale ed una di punti fra loro distanti lungo la linea laterale dietro l’ano . . ; : Corpo compresso fogliaceo (tenioide). 1.° Denti poco o nulla distinti. Con pettorali. a. Muso breve; tronco caudale metà e più della lun- ghezza totale; denti appena visibili; due serie di punti lungo il ventre, assai ravvicinati presso l’ano; una serie lungo l’anale . k : b. Muso breve; tronco caudale meno della pan della lunghezza lla. denti indistinti; due serie di punti lungo il ventre, assai ravvicinati presso l’ano; una serie lungo l’anale (Corpo più alto del precedente). 2.° Denti ben distinti; pettorali più o meno distinte, o ru- dimentali. a. Muso breve; tronco caudale compreso da 3 a 3 !/2 volte nella lunghezza totale; corpo alto, breve; due serie di punti lungo il ventre, una lungo l’anale 1. diaphanus. 3. kéllikeri. 2. punctatus. 4. morrisii. 5. gegenbauri. 6. bibronii. 7, yarrelli. 172 C. BELLOTTI, d. Muso breve; tronco caudale '/7 della lunghezza to- tale; corpo allungato; due serie di punti lungo il ventre, una lungo l’anale : ù - . 8. heeckeli. c. Muso breve; tronco caudale !/7 della lingherdé to- tale; corpo allungato, stretto; punti fra loro distanti, occellati lungo il ventre; una serie di piccoli punti lungo l’anale e pochi"altri lungo la sonia: caudale della linea mediana . ) . : 10. stenops. d. Muso breve; tronco caudale un po’ meno della n della lunghezza totale; da 7 a 12 grandi macchie formate di punti lungo il ventre; una serie di pic- coli punti lungo l’anale; linee brevi oblique di punti lungo i solchi dei muscoli sotto la linea mediana; le linee sono, ad intervalli irregolari, più lunghe e più cospicue . i i 4 ? . . 12. kefersteinii. e. Muso breve; capo piccolissimo; ni idoli bre- vissimo; due serie di minutissimi punti ravvicinati lungo il ventre partendo dalla gola ed una lungo l’anale; una serie di punti più grossi e meno rav- vicinati lungo tutto il margine dorsale partendo dalla nuca; una breve linea obliqua di punti minutissimi lungo ciascun solco muscolare sotto la linea mediana, essendo le linee fra loro egualmente lunghe . . 13. tenia. f. Rostro sottile, allungato ; capo esile; tronco caudale più della metà della lunghezza totale; punti di- stanti aggruppati irregolarmente lungo il margine ventrale, con una serie interrotta di minutissimi punti; una serie di punti lungo il margine caudale; quattro punti neri in semicerchio lungo la regione operco- lare dietro l’occhio; coda desinente in punta sottile, . acuta ; j È ” ‘ i j ; «+ 11. oxyrhynchus. g. Muso brevissimo; capo minutissimo; corpo alto breve; tronco caudale un terzo della lunghezza to- tale; senza punti . 1 : ; . 9. brevirostris. h. Muso piuttosto lungo, acuto, iUbititandenao quasi due volte il diametro dell'occhio; corpo assai alto, breve, coi due margini che si allargano bruscamente dietro l’occipite; tronco caudale poco più della metà della lunghezza totale, desinente in punta filiforme; «una piccola area di punti neri presso l’ angolo in- feriore del corpo in corrispondenza al peritoneo . 14. longirostris. NOTE ITTIOLOGICHE. 173 Come appendice ai Leptocefali accennerò pure i caratteri delle specie appartenenti ai generi Hyoprorus e Tilurus che a primo aspetto ai Leptocefali si rassomigliano. Il genere Hyoprorus presenta caratteri che lo fanno sospettare forma larvale o abor- tiva del genere Nettastoma, mentre il genere Tilurus si ritiene non possa appartenere alla famiglia dei Murenidi. Hyoprorus Kolliker Senza pettorali. Tronco caudale circa due terzi della lun- ghezza totale, desinente in punta filiforme; corpo breve compresso, alto, coi due margini che si allar- gano bruscamente dietro l’occipite; capo tondeg- giante; muso assai allungato, comprendendo più di tre volte il diametro dell'occhio; denti appena vi- sibili. Una grande macchia nera per trasparenza del peritoneo a circa metà della distanza fra lano e l'apice del muso. Una sola specie . : ; L A 1 . H. messinensis. Tilurus Kolliker Corpo compresso, allungato; coda desinente in lungo fila- mento colla punta nereggiante; lano è posto assai oltre la metà dalla lunghezza totale; testa breve, conica (come nei Leptocefali): denti distinti. I fasci musculari trasversali non si piegano ad angolo ri- volto all’ innanzi alle loro estremità superiore ed in- feriore, ma sono soltanto disposti ad angolo lungo la linea mediana, colla punta rivolta all’ innanzi. a. Margine inferiore del corpo con tre serie di punti, la mediana formata da molti punti riuniti a ben- dello; il margine superiore senza punti; corpo più alto . ° a F ? : 6 è A + 1 hyalinus b. Margine inferiore del corpo con due serie di punti e pochi punti frammezzo ad esse lungo il ventre anteriormente; il margine superiore con due serie; corpo più stretto . : ; : 3 7 . 2. rafinesquii 174 C. BELLOTTI, 1. Leptocephalus diaphanus Kaup (Costa) Questa specie nel Giinther (loc. cit.) è posta come sinonimo di L. pellucidus Risso, yarrelli Kaup e heckeli part. Kaup. Quanto alla prima sinonimia non credo si possa accertare, es- sendo tanto la descrizione che la figura del Risso troppo im- perfette per poterne cavare un costrutto qualunque. Quanto alle altre sinonimie col L. yarrelli e haeckeli non mi pajono accettabili, sempre prescindendo da supponibili mutamenti per effetto dell'età o di un più completo sviluppo, del che non si hanno prove sufficienti. Il L. diaphanus è più tondeggiante che nol siano l’yarrelli o l’heckeli, dai quali differisce pure pel muso più ottuso, per la mancanza di denti, pel diverso sistema di punti e per avere un bulbo anale che manca in tutte le altre specie finora note. Ne raccolsi un solo esemplare a Messina ed uno a Nizza. 2. L. punetatus Kaup (Raf.) Facilmente riconoscibile per la presenza di punti fra loro di- stanti lungo la linea mediana, oltrechè per gli altri caratteri accennati nel prospetto. Anche di questa specie non potei rac- cogliere che un solo esemplare a Messina ed uno a Genova. 3. L. kollikeri Kaup È specie comune a Messina avendone raccolti 82 esemplari. Parecchi ne vidi pure presso il prof. Kleinenberg alla R. Uni- versità e presso il dott. Facciolà che si occupa con preferenza di questo ramo dell’ittiologia non privo di interesse. Fra gli esemplari da me raccolti ne osservai alcuni pochi nei quali i punti neri lungo il ventre sono più radi e meno distinti; non essendovi altra differenza, non credo che questa sola possa co- stituire un carattere specifico, bensì una semplice varietà. A si nin NOTE ITTIOLOGICHE. 175 questa specie potrebbe riferirsi la Congromurena mystax Delar. giudicando dai giovani esemplari da me raccolti pure a Mes- sina, i quali presentano molta analogia di forma e proporzioni, mostrando ancora sufficienti traccie di punti disposti nello stesso modo lungo il margine ventrale e anale. 4. L. morrisi Penn. Per la forma del corpo fa il passaggio fra i Leptocefali a corpo tondeggiante e quelli a corpo assai compresso, fogliaceo. Anche quì esistono pochi punti lungo la linea laterale, ma sol- tanto sul tronco caudale. A questa specie si vorrebbe di prefe- renza riferire il L. Spallanzani Risso (Hist. Eur. merid. Vol. III p. 205); ma anche in questo caso l’imperfezione della diagnosi del Risso non permette di giudicare in modo abbastanza atten- dibile; però è questa la specie che si mostra a Nizza quasi ad esclusione di ogni altra. Ne ebbi a Messina 4 esemplari e 6 a Nizza a lunghi intervalli di tempo. 5 e 6 L. gegenbauri Kaup e L. bibroni Kaup Difficilmente si distinguono fra loro queste due specie quando non si osservino esemplari freschi; il corpo del L. gegenbauri è proporzionalmente più stretto e allungato che non lo sia quello del L. bibroni e il foro anale in questa ultima specie è posto più lontano dal capo che non lo si scorga nel L. gegendauri. Le due specie sono press’apoco egualmente frequenti a Messina avendone raccolto sei esemplari della prima e otto della se- conda. 7. L. yarrelli Kaup Più facile a distinguersi dalle specie precedenti è questa per la presenza di denti ben visibili anche ad occhio nudo; per la forma del corpo assomiglia al L. bibroni, ma il foro anale nel = 176 C. BELLOTTI, L. yarrelli è più ravvicinato all’estremità posteriore. È pure specie non rara a Messina avendone raccolti 13 esemplari. 8. L, heckeli Kaup Si distingue dalla specie precedente per avere il corpo meno alto e più lungo e il foro anale ancora più ravvicinato all’e-. stremità caudale; i denti sono egualmente ben distinti. Ne ebbi 25 esemplari a Messina. var. etatis. Di tutte le specie di Leptocefali raccolte a Messina in varî esemplari questa sola mi presentò individui di dimensioni minori di quelle normali per ciascuna specie. Infatti mentre i 25 esem- plari di L. heckeli sopra menzionati hanno una lunghezza che varia dai 110 ai 125 millim., in altri dieci esemplari raccolti negli stessi giorni trovai una lunghezza di 55 a 90 millim. es- sendo nel resto eguali non solo le proporzioni del corpo, ma anche tutti gli altri caratteri, per cui non credo che per le sole dimensioni minori, quantunque riscontrate appena in questa specie, sia lecito l’applicare un nuovo nome specifico agli indi- vidui sopra mentovati. 9. L. brevirostris Kaup Giinther (loc. cit.) considera gli esemplari così determinati da Kaup come appartenenti alla medesima forma del L. heckeli. Secondo me, sempre astrazion fatta da un supposto ulteriore sviluppo, se ne distinguono assai nettamente, oltrechè per le proporzioni del corpo assai più raccorciate, per la somma picco- lezza del capo e per la mancanza assoluta di punti. Cinque esemplari raccolti a Messina sono fra loro identici per forma, grandezza e per ogni altro carattere, in modo da riconoscerli a un primo sguardo fra mille altri, laici etereo nere NOTE ITTIOLOGICHE. 177 10, L. stenops Kaup Il nome dato da Kaup a questa specie è fondato sopra un carattere che non ho riscontrato nei molti esemplari raccolti a Messina; infatti gli occhi non sono straordinariamente grandi, come asserisce il Kaup, tratto forse in errore dall’esame di esem- plari mal conservati, o nei quali l’azione troppo rapida dell’alcool, restringendo i molli tegumenti del capo, fece comparire l’occhio assai più grande in proporzione che non lo sia negli esemplari freschi e ben conservati. Fatta astrazione dal nome, la specie è ben caratterizzata dalla brevità del tronco caudale, dalla forma del corpo meno alta e più allungata che nel L. heckeli, coi margini superiore e inferiore quasi paralleli. Le macchiette lungo il ventre sono distanti fra loro e formate da piccolissimi punti disposti in anelli; è costante la presenza di pochi punti lungo la porzione caudale della linea laterale. Scorgesi sovente una depressione nel profilo superiore del capo a circa metà dell’in- tervallo fra l’apice del muso e il margine anteriore dell’occhio. È questa specie una delle più frequenti a Messina avendone raccolti 54 esemplari durante il mio breve soggiorno colà. In un solo di essi ho osservato che il corpo è proporzionatamente più alto, essendo identici tutti gli altri caratteri. 11. L. oxyrhynchus n. sp. Questa piccola specie non è gran fatto dissimile dagli altri Leptocefali a corpo compresso fogliaceo; ma ciò che la rende da tutti distinta è la forma del capo esile, arrotondato, col muso assai allungato e sottile e le mascelle munite di finissimi denti ben visibili. Il numero delle vertebre è maggiore di quanto sì osserva negli altri Leptocefali ammontando a circa 240, delle quali circa 70 appartengono al corpo, il resto alla coda. Per la forma del capo, il numero delle vertebre e la posizione del foro anale si potrebbe supporre che la specie in discorso sia il rap- Vol. XXVI. 12 178 | C. BELLOTTI, presentante abortivo dell’Ophichthys serpens; * un altro carattere che manca nelle specie finora mentovate è la presenza di pochi punti neri disposti a semicerchio dietro l’ occhio lungo la re- o i ZI I __r= ) Cee gione opercolare. La figura rappresenta il pesce di grandezza naturale; il capo venne riprodotto ingrandito tre volte. Sembra specie assai rara, non avendone ottenuto che due esemplari a Messina; forse per le sue piccole dimensioni sfugge più facilmente alle ricerche dei pescatori. 12. L. kefersteini Kaup È specie che fra tutte facilmente si distingue per la serie di 7 a 12 grandi macchie formate di punti raggruppati lungo l’ad- dome e per le brevi linee di punti che scorgonsi lungo i solchi dei muscoli al di sotto della linea laterale; tali linee sono, ad intervalli irregolari, alquanto più lunghe e più cospicue. Il corpo è di forma allungata e stretta. Difficile riesce il conservare que- sti animaletti; i loro tessuti sono così delicati che per l’azione dell’alcool, quantunque allungato, il corpo si sforma con gran fa- cilità. Questa specie è assai rara avendone potuto ottenere sol- tanto 3 esemplari a Messina, dei quali uno offre la particolarità di essere assai più corto degli altri due, essendo nel resto iden- tici gli altri caratteri. 4 In uno scheletro dell’ Ophickthys serpens, che si trova nel Museo di Palermo, si contano 208 vertebre, delle quali 79 appartengono al corpo, il resto alla coda. Si può dubitare che il numero delle vertebre caudali possa variare, entro certi li: miti, per la facilità colla quale la coda può essere mutilata nell’età giovanile. RE NOTE ITTIOLOGICHE. 179 13. L. tenia Quoy et Gaim. È affine alla specie precedente e come quella, delicatissima e di assai difficile conservazione. Se ne distingue per avere il capo piccolissimo, il corpo più alto; l’apertura anale quasi all’e- stremità posteriore; mancano le grandi macchie sotto il ventre ed è differente il sistema di punti. Anche qui si scorgono le brevi linee di punti lungo i solchi dei muscoli, ma queste linee, a dif- ferenza di quanto ho notato pel L. kefersteini, sono tutte fra loro egualmente lunghe. Anche questa specie è piuttosto rara, meno però della precedente avendone raccolto a Messina 14 esemplari. 14. L. longirostris Kaup Ebbi due soli esemplari di questo Leptocefalo che assai fa- cilmente si distingue dalle altre specie congeneri per l’altezza straordinaria del corpo, che bruscamente si allarga tanto supe- riormente che inferiormente appena dietro il capo, ricordando sotto questo rapporto la forma del Hyoprorus messinensis, col quale si potrebbe confondere limitandosi ad uno sguardo super- ficiale, mentre ne differisce per parecchi caratteri. Il tronco caudale è poco più della metà della lunghezza totale; la coda è desinente in punta filiforme; il capo è compresso, breve, conico; il muso è lungo un po’ meno di due diametri dell’occhio, con denti ben distinti; anche le pettorali sono abbastanza sviluppate. Un esemplare di questa specie venne pure trovato alla Nuova Zelanda dal prof. Haast !. 1 Tr. New Zealand Inst. VII, p. 238. 180 C. BELLOTTI, Hyoprorus messinensis Kéolliker Dalla descrizione data sia dal Giinther come dal Kaup, in base alle osservazioni di Kolliker !, parrebbe doversi ammettere in questa specie la presenza di piccoli rudimenti di pettorali; nei due esemplari da me raccolti a Messina non potei scorgere traccia di tali organi, la cui mancanza sarebbe in relazione alla supposizione che l’ Hyoprorus messinensis sia la forma abortiva del Nettastoma melanurum Raf., come parrebbero dimostrarlo anche la forma allungata del muso, la posizione delle narici e lo sviluppo delle pinne verticali. Tilurus hyalinus Raf. e rafinesquii Facciolà. Nel lavoro più volte citato di Kaup è fatta menzione di due specie di Zilurus col nome specifico di trichiurus per l'una e di rissoi per l’altra; in seguito nelle aggiunte fatte dallo stesso au- tore e inserite nel Vol. VI degli Ann. and Mag. of nat. hist. pag. 272 le due specie sono ridotte ad una sola, dichiarandosi che il Tilurus rissoi era fondato soltanto sopra un esemplare mutilato del Tilurus trichiurus. Senonchè sotto quest’ultimo nome erano veramente confuse due specie ben distinte, come ebbe a dimo- strarlo recentemente il dott. Luigi Facciolà di Messina in una nota inserita nel giornale: il Naturalista siciliano Anno 1.° N. 8, nella quale egli diede una accurata descrizione e figura delle due specie, nominando l’una col nome di Oxystomus hyalinus Raf. che era finora ritenuto sinonimo del T'ilurus trichiurus Cocco se- condo Kaup e dedicando l'altra specie al naturalista Rafinesque. Siccome mal si saprebbe decidere a quale di queste due specie meglio convenga la descrizione e figura del Tilurus trichiurus di Kaup per non essere abbastanza dettagliate, così pur rimandando gli studiosi alla citata memoria del dott. Facciolà per le precise i Verh. d. phys. Med. Gesellsch. in Wirzburg, IV, 1854, p. 101. î A 4 NOTE ITTIOLOGICHE. 181 osservazioni in essa raccolte, parmi debbansi accettare senz’altro i due nomi specifici proposti da quest’ultimo, fondati sopra carat- teri ben distinti, ch'io pure ho facilmente riscontrato negli esem- plari raccolti a Messina. Ebbi infatti undici esemplari del Tilurus hyalinus e altrettanti del Tilurus rafinesqua Facc., uno tra i più grandi di questi donatomi pel Musec civico dall’egregio prof. Kleinenberg dell’Università di Messina. Farò notare che in que- ste due specie i varî individui presentano molta differenza di grandezza, assai probabilmente dipendente dall’età, essendo gli esemplari più piccoli anche più difficili a conservarsi per la minor consistenza dei loro tessuti. Anzi posso dire che gli esemplari di grandi dimensioni, che raggiungono cioè la lunghezza totale di cent. 33, sono in assai minor numero dei piccoli esemplari che quantunque non mutilati pure hanno una lunghezza che non ol- trepassa talvolta gli undici centimetri, 11 che è l’opposto di quanto si verifica nei Leptocefali, in cui gli esemplari di dimen- sione minore della normale per cadauna specie sono affatto ecce- zionali. A dar ragione di questo fatto si potrebbe supporre che lo sviluppo normale nelle varie specie di Leptocefali avvenga in un tempo relativamente assai più breve di quello che occorre perchè gli individui appartenenti al gen. Z'ilurus raggiungano le dimensioni di cui sono suscettibili. RICERCHE MICROPALEONTOLOGICHE SULLE ARGILLE DEL BACINO LIGNITICO DI LEFFE. IN VAL GANDINO. Nota dei Dott.i E. Bonarpi E C. F. PARONA. Allorchè ci proponemmo di fare delle ricerche micropaleon- tologiche, oggetto del nostro lavoro non doveano essere soltanto le argille di Leffe, ma bensì tutti quei depositi argillosi dei quali avremmo potuto avere campioni di materiali da esaminare. Era dunque molto ampio il nostro programma; se non che presto ci accorgemmo che in siffatti depositi gli avanzi di organismi microscopici sono ben lungi dall'essere tanto copiosi, quanto noi lo speravamo e quanto ce lo faceva supporre la ricchezza eccezionale, per non dire unica, di quello di Leffe. Infatti sottoponemmo all'esame microscopico molti campioni di sedi- menti provenienti da località distinte non soltanto topografica- mente ma anche per epoca di loro formazione: ma per tutti ot- tenemmo dei risultati negativi. A questo proposito ci affrettiamo però a soggiungere che tali risultati non sono da considerarsi come prove assolute della mancanza di microorganismi; dap- poichè, come vedremo in seguito parlando dell’ argilla di Leffe, in uno stesso deposito taluni strati possono esserne ricchissimi, mentre altri ne sono affatto privi. Questo fatto indubbiamente RICERCHE MICROPALEONTOLOGICHE, ECC. 183 dipende dalle diverse profondità sotto le quali avvenne la se- dimentazione delle argille, dalla varia natura e vegetazione del fondo, nonchè dalla composizione del fondo stesso e del- l’ acqua. Ecco l’elenco dei depositi esaminati: Marna gessifera e solfifera del miocene superiore dell'Oltrepò pavese. Schisti micaceo-marnosi ad ittioliti del tortoniano dell’Oltrepò pavese (Retorbido). Marna lacustre del miocene superiore di Badia, presso Brescia. Argille e marne plioceniche dei lembi di Gozzano, Taino, Folla di Induno, Almenno e Nese. Torba preglaciale di Torre d’Isola presso Pavia, del letto dell’Olona presso Corteolona e della torbiera della Polada passo Desenzano. Argilla marnosa bianca sottostante alle torbiere del lago di Varese. Argitla marnosa bianca con conchiglie lacustri (postglaciale) delle vicinanze di Lugano. Argilla cinerea del bacino glaciale di Tovo in Valtellina. Argille del bacino lacustre di Leffe in val Gandino. Fra questi depositi solo l’ultimo nominato ci presentò al mi- croscopio forme organiche, mentre tutti gli altri non ce ne of- frirono traccie. Di guisa che reputammo conveniente il sospen- dere per ora l’esame di altri sedimenti, per limitarci a quello delle argille di Leffe, che ci portò ai risultati, che passiamo ad esporre. Sarà opportuno innanzi tutto riassumere, il più brevemente che ci sarà possibile, quanto è già noto intorno allo interes- sante bacino di Leffe. Parecchi autori ne fecero oggetto di studio 184 E. BONARDI E C. F. PARONA, a partire dal 1785 in poi; * noi però ci atterremo agli ultimi scritti, nei quali vennero poste a profitto le notizie raccolte precedentemente. In questi ultimi anni ebbero ad occuparsene i professori Stoppani, Riitimeyer e Varisco. Il prof. Stoppani ? nel suo Corso di Geologia ne fece una descrizione, che poi ripro- dusse, corredandola con nuove osservazioni ed argomentazioni, nella sua opera sull’ Éra Neozoîca e che noi ora riassumiamo come segue. Il bacino di Leffe si presenta sotto forma di un piano con- cavo, limitato all’ingiro da dirupate montagne : è una vasta cul- mina scavata negli schisti dell’ Infralias, cinta all’ingiro di cal- caree infraliasiche e da dolomie triasiche. In origine doveva aprirsi con larga foce, come molte altre culmine infraliasiche, nella valle Seriana; ma una sbarra le si attraversò formata dal de- trito fluvio-glaciale, derivato dalla morena della Selva del ghiac- ciajo del Serio, durante il periodo glaciale e che doveva levarsi ben alto entro l’angusta gola, che corre appunto tra il bacino di Leffe e la morena della Selva. Il cono di dejezione del Serio, sbarrante la val Gandino e costituito da elementi locali e da elementi derivanti dall’ alta valle Seriana (conglomerato), fu profondamente eroso, per circa 100 m., dalle due correnti del Serio e del suo confluente di val Gandino, così da averne un gran terrazzo. La superficie del bacino poi è dato da un conglomerato di detrito locale, ad ele- 1 MAIRONI DA PONTE G., Dei carboni fossili di Gandino (Opuscoli scelti. Milano), 1785. Sulla Geologia della Provincia Bergamasca, Bergamo, 1825, pag. 157. BROccHI G. B., Sulla lignite di Val Gandino. (Giornale della Società d’ Incoraggiamento, Tom. IV. Milano), 1838. TATTI L., Notizie sugli scavi di Ligniti in Val Gandino. (Gior- nale dell’Ingegnere Architetto. Milano), 1854. CorNALIA E., Monographie des Mam- mifères fossiles de la Lombardie (Paléont. Lombarde, IIe Série). SORDELLI F., Sulle tartarughe fossili di Leffe. (Atti della Soc. ital. di Sc. natur. XV, 1872, pag. 171). Descrizione di alcuni avanzi vegetali delle argille plioceniche di Lombardia, ibidem, XVI, 1873. B. GASTALDI, Cenni sulla giacitura del Cervus euryceros. (Atti della R. Accad. dei Lincei. Roma, 1875, pag. 6). F. MAJOR, Atti della Soc. tosc. di Sc. natur. 1875. 2 A. STOPPANI, Corso di Geologia, 1873, II, Cap. XXVII. Éra Neozoica (Geologia d’Italia, 1876-80. Milano, Vallardi) pag. 247. RICERCHE MICROPALEONTOLOGICHE, ECC. 185: menti piuttosto minuti, sotto al quale compajono i letti argil- losi e marnosi alternanti colle ligniti. Da un pozzo, spinto alla profondità di circa 58 m., si riscontrò la seguente serie stra- tigrafica discendente. m. 1 — terra vegetale. n 2 — ghiaja. » 3 50 argilla plastica. »s 10 — argilla refrattaria, conchifera. s 1 — lignite impura. » 20 — argilla conchifera come sopra. s 2 — argilla bianca. ‘» 9 50 lignite del tronco maestro. » 3 — argilla nera conchifera. Il signor Stoppani aggiunge, che le ligniti sarebbero meglio. definite quando si chiamassero torbe legnose, e ritiene che il le- gname d’onde ebbe origine questo combustibile non sia stato fluitato e deposto in seno al lago, ma che rappresenti invece una foresta, cresciuta vigorosa sul fondo paludoso del bacino e che di poi fu invasa e sommersa dalle acque e dalle alluvioni, in conseguenza dello sbarramento della porta del bacino. Le specie fossili vegetali riscontrate dal prof. Sordelli in questi strati lignitiferi sono: Trapa natans L. Juglans bergomensis Bals. (I. tephrodes Ung., J. Goepperti Lud.) Castanea vulgaris Lk. (C. Tattiù e C. Maiîronii Mass.) Corylus avellana I. (var. a frutto ovato.) Abies excelsa DC. (Pinus abies LL.) Folliculites neuwirthianus Mass. ; Le specie animali determinate da F. Major sono: Elephas meridionalis Nest. Rhinoceros leptorhinus Cuv. Bos etruscus Falc. Cervus (due specie.) 186. E. BONARDI E C. F. PARONA, Castor europaeus. Arvicula sp. (non A. agrestis.) Alle quali devesi aggiungere, secondo il signor Sordelli 1’ Emys europaea Schn. Per ultimo il prof. Stoppani accenna alla presenza nelle ar- gille di abbondanti nicchi di molluschi d’acqua dolce: gli antichi ‘autori ritenevano spettanti a specie tuttora viventi, ma l’abate Stabile sostenne dappoi, che tali forme sono assolutamente estra- nee alla attuale malacologia lombarda. Il prof. Stoppani avrebbe riscontrato la Valvata piana Mull. ed il Planorbdis compla- natus L. Contemporaneamente all’ Éra meozoica del prof. Stoppani venne pubblicato uno studio del sig. Riitimeyer' intorno al Pliocene ed al Periodo glaciale sui due lati delle Alpi: in esso l’autore, dopo aver accennato a quanto lo Stoppani ebbe ad esporre in argomento nel suo Corso di Geologia, dice che le sue proprie osservazioni lo conducono a convinzioni alquanto diverse. Anzi- tutto osserva che non si può collegare il bacino di Leffe colla immediata vicinanza di un ghiacciajo; infatti nella valle Seriana non sì hanno traccie di depositi glaciali neanche sulle falde delle montagne, laddove la conformazione del suolo sarebbe stata op- portuna per dar ricetto a simile terreno. Sembra che la val Seriana non sia stata mai occupata da un ghiacciajo al di sotto di Clusone, e per spiegare lo sbarramento dell’antico lago di Leffe basta al signor Riitimeyer la presenza di potenti dighe calcari che attraversano la valle appena sotto Leffe e che non sono ancora completamente erose dal fiume. Nel bacino si osservano potenti banchi di lignite alternanti con sottili letti di creta lacustre. Questi sono generalmente potenti un piede, mentre quelli di lignite lo sono persino di 10 piedi e la loro successione è regolare; solo il banco superiore di lignite è coperto da uno strato di creta quasi dello stesso spessore. La i L, RutIMEYeR, Veber Pliocen und Eisperiode auf beiden seiten der Alpen. 1876, pag. 36. RICERCHE MICROPALEONTOLOGICHE, ECC. 187 LI parte del giacimento lavorato a giorno è di 50 o 60 piedi, e finora non se ne è trovato il letto roccioso. L'intera formazione di lignite e di creta, sebbene in strati perfettamente piani, cade in legger grado a nord. Esiste quindi una discordanza tra le stratificazioni della creta ed il più alto terreno orizzontale (con- glomerato). Lignite e creta si alternano quattro o cinque volte; lo strato maestro di lignite sottostante raggiunge i 9 metri di spessore. Di terreno erratico non se ne trova traccia nè sotto nè sopra: il fondo della comba consta di Dacksteinkalk quasi verticale, che decorre parallelamente alla val Gandino, attraverso la val Seriana. Il tetto della formazione lignitica è dato da un conglomerato calcare della potenza di 50 m., detto in sito Cre- spone; su questo sta il paese di Peja e sul terrazzo formato dal deposito lignitico sta quello di Leffe. Nel mezzo della valle il conglomerato fu eroso dai torrenti Romna e Rino. Le notizie circa la fauna e mammiferi ci sembrano più in- certe di quelle risultanti dallo studio del signor Major: le spe- cie citate sono le seguenti: Elephas meridionalis Nest. Rhinoceros. Fra il RA. leptorhinus Cuv., il RA. De- Filippi Bals. ed il A%. etruscus Falc., citati dai varî autori, dà la pre- ferenza all’ultimo. Bos etruscus Falc. Cervus: accenna al C. elaphus, al C. Dama, al C. affinis Corn. ed al 0. Orobius Bals.; pone in dubbio queste due ultime specie, che probabilmente devono essere confuse col C. Dama. Castor Fiber L., identico all'attuale. Nota poi l’Arvicula agrestis ed una marmotta e ricorda le osservazioni del prof. Sordelli a proposito delle tartarughe. Presenta infine l’elenco delle conchiglie lacustri, determinate dal prof. F. Sandberger; quelle delle argille sono: Planorbis albus Miill. Lymnaeus lagotis Schrauk. Bythinia tentaculata Linn. sp. e quelle del Crespone sono l’ Helix fruticum ed una Clausilia affine alla CI. ventricosa Drap. 188 E. BONARDI E C. F. PARONA, Secondo poi lo stesso signor Sandberger, fra le conchiglie esa- minate non vi sarebbero forme artiche nè alpine; 1’ Helix fru- ticum, la Clausilia ventricosa ed il Planorbis albus sono specie viventi già comparse nel pliostocene inferiore ; il Lymmnaeus la- gotis, specie vivente, ebbe una sua varietà in tutto il pliostocene e la Bythinia tentaculata, che pure è specie vivente, ebbe i suoi primi rappresentanti negli strati a Congeria. Più tardi il prof. Varisco, ! nella descrizione della sua bella carta geologica della provincia di Bergamo, espose sull’ origine del deposito di Leffe talune idee pure poco conformi a quelle espresse dal signor Stoppani. Egli ritiene che il bacino è sbar- rato a valle indipendentemente dalla alluvione fluvio-glaciale del Serio: l’argine che fermò le acque in questa conca fu una cre- sta di roccie dolomitiche ed una emersione di porfido anfibolico in corrispondenza del punto ove trovasi l’attuale ponte detto di Fiorano. Il lago si formò nel periodo preglaciale e si con- servò nel glaciale, alimentato da numerosi torrentelli, che di- scendevano dai monti circostanti. I banchi di ligniti sarebbero per lui il risultato dell’accumulamento dei vegetali, non cre- sciuti in sito, ma fluitati dalle foreste prosperanti nella valle Gandino; il che contradice colla idea dello Stoppani, che cioè le montagne circostanti dovevano essere in quel tempo, come ora, rocciose e d’una nudità desolante. Le notizie paleontologiche sono scarse in confronto di quelle offerte dal prof. Stoppani; accenna però alla presenza negli strati argillosi di pesci fossili non ancora studiati, dei quali qualche resto si conserva anche nel museo geologico della Uni- versità di Pavia, e nota come determinate queste cinque specie di molluschi. | Planorbis albus, Limnea auricularia, Paludina vivipara, By- thinia tentaculata, Cyclostoma elegans. Da questo riassunto dei tre ultimi scritti, pubblicati intorno 1 A. VARISCO, Note illustrative della carta geologica della Provincia di Bergamo. 1881, pag. 35. RICERCHE MICROPALEONTOLOGICHE, ECC. 189 al bacino di Leffe, il lettore si sarà accorto della incertezza che ancora regna sulla vera causa che ne determinò l’allagamento e sul periodo geologico durante il quale il fenomeno si effettuò e si mantenne. Riconoscerà poi la necessità di una nuova re- visione dell'intera fauna; compito che non deve tornare arduo per le osservazioni ed i materiali già raccolti dagli studiosi. In conseguenza di che saranno sempre opportune le ricerche di- rette a scoprire nuovi fatti che possano concorrere a sciogliere le questioni in un modo o nell’altro. A questo riguardo crediamo pure cosa utilissima ricordare l’opinione che su questo argomento suole esporre nelle sue le- zioni di geologia il nostro chiarissimo maestro prof. T. Taramelli. Egli pensa che lo sbarramento di val Gandino conseguì al co- lossale e rapido sviluppo del cono di dejezione del Serio, effet- tuatosi anteriormente al periodo degli anfiteatri morenici, vale a dire nei periodo preglaciale (pliostocene); il che corrisponde a quanto il prof. Stoppani espose fin dal 1858 ne’ suoi studî geologici sulla Lombardia. Sarebbe poi confortato in questa idea dalla analogia litologica che passa tra il conglomerato terraz- zato del Serio ed il ceppo preglaciale brianteo ad elementi preal- pini, pure inciso dalle correnti attuali. Noi non visitammo la val Gandino e però non possiamo esporre nuove osservazioni nè stratigrafiche, nè orografiche; ci dobbiamo quindi limitare alle conclusioni suggeriteci dal nostro studio mi- croscopico. Il museo geologico della Università pavese possiede buon numero di campioni delle diverse qualità dei depositi che ricolmarono la comba di Leffe: cosicchè sono ben rappresentate le varie argille, dalle purissime e bianche a quelle riccamente carbo- 1 A. STOPPANI, Studî geologici e paleontologici sulla Lombardia. Milano, 1858, pag. 182 e 188. 190 E. BONARDI E C. F. PARONA, niose, e le ligniti, dalle terrose a quelle di pura sostanza le- gnosa. Cogli esami microscopici istituiti sopra ciascun campione potemmo convincerci che gli organismi microscopici non sono punto comuni a tutto il deposito, ma bensì quasi esclusivamente accumulati nell’argilla nera per la grande abbondanza di so- stanze vegetali carbonizzate, e che, secondo la serie stratigra- fica data dallo Stoppani, corrisponderebbe allo strato più pro- fondo attinto finora cogli scavi. Osservammo poi che col passare a campioni di argilla gradatamente più puri, scarseggiano sem- pre più le diatomee, poi non si trovano che spongoliti, le quali alla loro volta scompajono nell’argilla bianca priva di parti car- boniose. Fatta astrazione dalla maggiore o minore proporzione di so- stanze carboniose, queste argille non presentano fra loro sensi- bili differenze per riguardo alla natura chimica. Trattandole coll’acido non si scorge nessun cenno di effervescenza; carattere questo sufficiente per esser sicuri che non sono marne, ma vere argille. Ciò venne anche comprovato dall’analisi chimica, colla quale uno di noi (Bonardi) ottenne i seguenti risultati. Gr. 1,000 Perdita per calc. (acqua-acido carbon.-sost. organ.) Gr. 0,2250 Parte solubile in H CI. (dopo 24 ore): gr. 0,0800. DMiceur: Protossido, dI Texro ©. LL 7.00 e lle Sesquiossido di Alluminio . . . . . » 0,0400 OBSIGO Gi CAIGIO - °° 50 gol ae I 5 » Magnesio . .. 0... LE AGRA, o gt e Ig O ALI RI E TT AGIO CIOMIOFICO ,.0 0, io io E tracce Parte insolubile in H Cl.: gr. 0,6935. DISCRETA SINCICO, . >,» deo NIN N I E PIOCGOSSIOO' GI RETTO” 0,0 e e LIT Sesquiossido di Alluminio . . . . . , 0,1545 Ussido cui Ualcio <. C. 99. en, 1. N Ù n° Magnesio vir bipsagà ibi 00000 Gr. 0;9905 RICERCHE MICROPALEONTOLOGICHE, ECC. 191 Da questa analisi si rileva la grande deficienza di carbonati in confronto coll’abbondanza di acido silicico. Questo risultato sorprende ove si pensi alla natura litologica prevalentemente calcare della regione circostante al bacino d’onde necessaria- mente dovettero provenire i materiali costituenti questi sedi- menti argillosi. È bensì vero che i calcari marnosi dell’Infralias sono ricchi di arnioni di selce e che il porfido anfibolico, per essere roccia a silicati, è più facilmente alterabile che non le roccie calcari per influenza delle meteore; sta però sempre il fatto che le masse dolomitiche e calcaree sono di gran lunga più estese dei filoni di porfido. La difficoltà della spiegazione di questo fatto potrebbe forse essere in parte eliminata, sup- ponendo che queste argille siano il prodotto della alterazione ed erosione di più numerosi dischi porfirici ora in gran parte sepolti sotto le alluvioni del bacino stesso. D'altra parte non bisogna dimenticare che la soluzione chimica meteorica delle roccie calcari lascia appunto un residuo eminentemente ar- gilloso. Ma basti di questo: veniamo piuttosto a dire qualche cosa dei microorganismi da noi riscontrati. Le forme constatate con sicurezza sono 48, numero che riteniamo potrà difficilmente es- sere di molto accresciuto con ulteriori osservazioni sui campioni da noi esaminati, e che non è inferiore a quello delle forme elencate da Ehrenberg per la più parte dei giacimenti da lui tanto splendidamente illustrati nella sua Mikrogeologie. Fra le 42 forme di Diatomee ve ne hanno 28 riferibili a specie viventi, delle quali però 2 soltanto non conosciute fossili, e 15 specie non conosciute viventi. Risultato questo che siamo dispiacenti di non potere garantire come rigorosamente esatto, non avendo trovato modo di consultare tutte le opere che ri- guardano l’argomento; è vero però che quelle alle quali noi abbiamo attinto sono fra le più importanti ed a questo pro- posito ci torna grato il soggiungere che l’esame di esse ci fu 192 E. BONARDI E C. F. PARONA, permesso dalla cortesia del nostro maestro, il chiarissimo prof. L. Maggi. ! Le forme più comuni sono: la Pinnularia nobilis e la Pinn. viridis, la Fragilaria construens, la Synedra ulna, la Melosira distans, la Navicula appendiculata, la. N. Ehrenbergi, \ Epi- themia Zebra e la Epith. Argus. Molto abbondanti sono anche le spongoliti, specialmente la Spongolithis acicularis. L’ opera suaccennata di Ehrenberg ci permette di stabilire dei confronti fra l’elenco delle diatomee da noi riscontrate nel- l’ argilla di Leffe con quelli che il celebre autore espone per i depositi a microorganismi da lui esaminati. Secondo questo raf- fronto risulterebbe che il deposito di Leffe ha la maggior ana- logia colla marna d’acqua dolce di Santa Fiora, col tripoli del sottosuolo di Berlino e col deposito siliceo di Down in Irlanda. Le forme comuni col primo di questi giacimenti sono 20, col secondo 19, col terzo 14. Dalle ricerche fatte ci consta che delle 52 specie di diatomee della farina fossile di Santa Fiora 49 sono tuttora viventi; delle 92 specie del tripoli di Berlino 80 sono viventi; delle 100 spe- » Bonardi, Mem. cit., pag. 7. Fossile: (Ehrenberg, op. cit. 1854) nel deposito siliceo di New- York, di Blue Hill-Pond, di Andòwer, di Spencer, di Stratford, di Franzensbad, Down, Wrentham (Massachusetts), nel tripoli di Liison, di Zamuto, di Bilin, Berlino, nella marna di Santa Fiora, di Eger, di Lillhaggsjon, di Savitaipal, di Caltanissetta, di Farmington, nel deposito torbifero di New Haven, negli schisti fra i tufi basaltici di Cassel, ecc. Vivente: Dovunque in Europa, Asia, America, (Kiitzing, Ra- benhorst), comunissima nelle acque vive e stagnanti del piano, del Giura e delle Alpi (Brun), in Val d’Intelvi ed in Valtellina (Bonardi), a Portofino nei rigagnoli, con altre diatomee (Ard. e Straff.). 26. PINNULARIA NoBILIS Ehr. Tav. V.*, fig. 30. Navicula nobilis, Kiitzing, op. cit., pag. 80. Pinnularia , Rabenhorst, op. cit., pag. 44,. Tav. 6, he, 47. ' RICERCHE MICROPALEONTOLOGICHE, ECC. 203 Pinnularia nobilis Brun, op. cit., pag. 84, Tav. 8; fig. 6. È » Bonardi, mem. cit., pag. 7. Fossile: (Ehrenberg, op. cit., 1854, Pinnularia mesogongyla (nobilis 1840) nel deposito siliceo di Blue Hill Pond, di Andòwer e di Boston, di Smithfield, di Down, di Earlton, di Wrentham, nel #ripolt di Berlino, nella marna di Savitaipal e di. Kymméne Gard. Vivente: America, Francia, Italia, Bosnia (Kiitzing e Raben- horst), nel Giura, nelle acque stagnanti, comune nel piano (Brun), in Valtellina ed in Val d’Intelvi (Bonardi). 27. PINNULARIA SEMEN Ehr. Tav. V.*, fig. 35. Pinnularia semen, Kitzing, op. cit., pag. 82. Fossile: (Ehrenberg, op. cit., 1854) nel tripol? di Bilin, nella marna della Morea. Vivente: nel Labrador (Kiitzing). 28. Pinwucaria ELLIPTICA Ebr. Tav. V.*, fig. 31. Navicula elliptica Kiitzing, op. cit., pag. 8. Pinnularia , Rabenborst, op. cit., pag. 42, Tav. 6, fig. 230. i o Bonardi, mem. cit., pag. 7. Vivente: Francia (Kiitzing), Italia (Rabenhorst), in Valtellina ed in Vall’Intelvi (Bonardi). 29. PinnuLaARIA PoRRECTA Ehr. Tav. V.*, fig. 36. Pinnularia porrecta Kitzing, op. cit., pag. 81. Fossile: (Ehrenberg, op. cit., 1854) nella marna di Santa Fiora, nella torba di New-Haven. Vivente: nell'America boreale (Kiitzing). 30. PinnucarIA crUx Ehr. Tav. V.*, fig. 33. Navicula? crux, Ehrenberg, op. cit., 1839, pag. 266. Navicula inflata? Kitzing, op. cit., pag. 81. Fossile : (Ehrenberg, op. cit., 1854. Pinnularia [ Navicula crux]|), nella marna di Lillhaggjon, negli schisti tra i tufi basaltici di Cassel. Vivente: Nelle acque dolci della Germania, (Kiitzing). 31. PinnucarIA virmuLa (Ktz.) Tav. V.*, fig. 32. 204 E. BONARDI E C. F. PARONA, Navicula viridula, Kitzing, op. cit., pag. 69. Pinnularia. , Rabenhorst, op. cit., pag. 43, Tav. 6, he; 39, Fossile: (Ehrenberg, op. cit., Pinnularia decurrens?) Tripoli di Bilin. Vivente: Germania Francia (Kiitzing), tutta Europa, America, Persia (Rabenhorst). i Tribù FRAGILARIEE Brun. Gen. Odontidium Ktz. 32. OponTIDIUM HJEMALE Ktz. Tav. V.*, fig. 34. Odontidium hjemale, Kiitzing, op. cit., pag. 13. EI i Rabenhorst, op. cit. pag. 34, Tav. 2, fig. 4. N ; Ardissone e Strafforello, op. cit., pag. 89. f K Brun, op. cit., pag. 115, Tav. 4, fig. 2, 7. Vivente: nelle acque fredde delle Alpi (Kiitzing), a Bogotà in America (Rabenhorst), specie alpina e giurese, abbonda nelle sorgenti fresche e nei torrenti delle alte vallate, in generale in tutte le acque glaciali delle montagne, anche in quelle che sco- lano limpide dai ghiacciai durante l'inverno (Brun), in Valtellina (Bonardi), nelle acque stagnanti a Forto Maurizio e a Monte Bego (Ardiss. e Straffor.). Gen. Fragilaria Ag. e Griin. 33. FRAGILARIA CONsTRUENS (Ehr.) Griin: Tav. V.*, fig. 42. Fragilaria construens, Brun, op. cit., pag. 120, Tav. 4, fig.::910246 Fossile: (Ehrenberg, op. cit., 1854 [|.Staurosira construens]) nella marna di Santa Fiora, nel tripolî di Surdseli presso Achalzich (Asia). Vivente: nelle acque stagnanti e melmose, rara nel Giura (Brun). EP RL, RICERCHE MICROPALEONTOLOGICHE, ECC. 205 34. FraGILARIA BINODIS Ehr. (Griin), Tav. V.*, fig. 37. Fragilaria constrieta, Rabenhorst, op. cit., pag. 34, Tav. 1, fig. 5. 3 construens, Grin, var. dinodis Griin, Brun, op. cit., pag. 120, Tav. 4, fig. 10. Fossile: (Ehrenberg, op. cit., 1854) nella torba di New Haven e di Lillhaggsjòn, nel tripoli di Bilin. Vivente: in America (Rabenhorst), ordinariamente parassita sopra altre diatomee; nel Giura (Brun). 35. FRAGILARIA MUTABILIS Griin, Tav. V.*, fig. 38. Fragilaria mutabilis, Brun, op. cit., pag. 119, Tav. 4, fig. 8. È i Lanzi, mem. cit., pag. 3. Fossile: (Ehrenberg, op. cit., 1854, Frag. pinnata), deposito si- liceo dell'Isola di Francia, di Spencer, nel tripolî di Geistingen, di Jastraba, di Bilin, di Oran, nella marna di Santa Fiora, della Morea, di Caltanissetta, nel deposito torboso di New Haven, di Bridgwater, nelle ghiaje di Tor di Quinto (Lanzi). Vivente: nel Giura, nei ruscelli, laghi, stagni del piano e delle alte valli (Brun). 36. FRAGILARIA VENTER Ehr. Tav. V.*, fig. 39. Fossile: (Ehrenberg, op. cit., 1854) nel tripoli di Jastraba, di Oberohe, di Berlino. 37. FRAGILARIA RHoMBUS Ehr. Tav. V.*, fig. 40. Fossile: (Ehrenberg, op. cit., 1854) nel fripolî di Jastraba. 38. FRAGILARIA (?) BINALIS Ehr. Tav. V.*, fig. 41. Fossile: (Ehrenberg, op. cit., 1854) nel deposito siliceo dell’ I- sola di Francia e nel #ripol? di Berlino. Gen. Synedra Ehr. 39. SYyNEDRA ULNA Ebhr. Synedra ulna, Ehrenberg, op. cit., 1839, pag. 281. ; » Kiitzing, op. cit., pag. 44. } » Rabenborst, op. cit., pag. 54, Tav. 4, fig. 4. Ù » Ardiss. e Straff., op. cit., pag. 90. 206 E. BONARDI E C. F. PARONA, Synedra ulna, Brun, op. cit., pag. 125, Tav. 6, fig. 20. » Bonardi, mem. cit., pag. 8. fa: (Ehrenberg, op. cit., 1854) nel deposito siliceo di Pelbiak di Andower, di Smithfield, di Ceyssat, di Down, nel tripoli di Berlino, nella marna di Savitaipal, negli schisti tra i tufi basal- tici di Cassel. Vivente: in tutte le acque stagnanti e correnti (Kiitzing), nel Giura è la specie più comune nelle acque stagnanti e vive sino a 2000 m. (Brun), in Valtellina e Valle Intelvi (Bonardi), a Ge- nova, sulla melma del ietto del Bisagno (Ardiss. e Straff.). Tribù MELOSIREE Brun. Gen. Melosira Ag. 40. MreLoSsIRA DISTANS (Ehr.) Tav. V.*, fig. 44. Gallionella distans, Ehrenberg, op. cit., pag. 258 e 1839. Melosira distans, Kiitzing, op. cit., pag. 29. 3 x Rabenhorst, op. cit., pag. 13, Tav. 2, fio. 9. È ; Brun, op. cit., pag. 135, Tav. 1, fig. 3. Fossile: (Ehrenberg, op. cit., 2954, Gallionella distans) nel deposîito siliceo di Franzensbad, dell’ Isola di Francia, di New- York, di Blue Hill-Pond, di Ceyssat, di New-Hampshire (N. Ame- rica), nel #ripoli di Lusén, di Jastraba, di Oberohe, di Sardseli presso Achalzich (Asia), nella marna di Santa Fiora, di Degen- fors, di Lillhaggsjin, di Savitaipal, di Kymméne-Gard, del lago di Garrag, nel deposito torboso di Islanda, di Bridgwater, di Me- lilli, negli schist: tra i tufi basaltici di Cassel, nel fango dei bagni di Bad Loka, ecc. Vivente: nelle acque dolci della Germania e dell'Olanda (Kiit- zing), in Europa, Africa centrale (Ukamba), nella Persia meri- dionale, molto diffusa (Rabenhorst), nelle acque tranquille, ra- rissima al piano, frequente nelle alte Alpi (3000 m.) del Giura, (Brun): in Valtellina (Bonardi). RICERCHE MICROPALEONTOLOGICHE, ECC. 207 41. MELOSIRA cRENATA (Ehr.) Tav. V.*, fig. 45. Fossile: (Ehrenberg, op. cit., 1854, Gallionella crenata) nel "deposito siliceo dell'Isola di Francia, di Blue Hill Pond, di Boston, di Smithfield, di Ceyssat, di Earlton, nel tripolî di Oberohe, nella marna di Santa Fiora, di Savitaipal, di Kymméne-Gard, nel deposito torboso di Bridgwater, ecc. 492. MreLosIRA MaRCHICA (Ehr.) Tav. V.*, fig. 46. Fossile: (Ehrenberg, op. cit., 1854, Gallionella marchica) nel deposito siliceo di Ceyssat, nel tripoli di Coswiz e di Berlino, nella marna di Morea e di Santa Fiora. Gen. Discoplea Ehr. 43. DiscopLea GRAECA Ebr. Tav. V.*, fig. 47. Fossile: (Ebrenberg. op. cit. 1854), nella marna d’acqua dolce di Morea. CELENTERATI. Spicule di Spongiarà. 44. SPONGOLITHIS RAMOSA Ebhr. (?) Tav. V.*, fig. 52. La Spongolithis ramosa fu trovata fossile da Ehrenberg (op. cit., 1854) nel depostto siliceo di Blue-Hill-Pond, nel tripoli di Liison, nella marna di Savitaipal e di Zante. Il bellissimo spongolite che noi presentiamo figurato ha molta affinità con quello di Ehrenberg, cui noi lo confrontiamo senza però arrischiarci ad assicurarne la identificazione. La configu- razione sua generale e specialmente quelle sorta di articolazioni, per le quali le ramificazioni si inseriscono sul corpo principale, ci fecero sospettare per un momento d’ aver sott’ occhio qual- che organismo di natura diversa; se non che, avendolo noi trat- tato colle materie coloranti (Metil violetto, Genziana, rosso ma- 208 FE. BONARDI E C. F. PARONA, genta) senza ottenere colorazioni di sorta, ed essendo rimasto inalterato all’azione dell’acido nitrico, dovemmo escludere ch’esso potesse essere una forma organica di natura diversa dalle Spicule. | 45. SponGoLITHIs mesogoneyLa Ehr. Tav. V.*, fig. 48. Fossile: (Ehrenberg, op. cit., 1854) nel deposito siliceo di New- York, nel zripoli di Lusén e di Oran in Algeria, nella marna di Santa Fiora, della Morea, di Kymméne-Gard. 46. SponcoLitHIs AsPERA Ehr. Tav. V.*, fig. 51. Fossile: (Ehrenberg, op. cit., 1854) nel deposito siliceo di New York, di Stratford, di Smithfield, di Down, di New-Hamp- shire, nel tripolé di Bilin, Berlino, nella marna di Santa Fiora, di Lillhaggsjon, di Savitaipal, di Kymméne-Gard, di Zante, nel deposito torboso di Bridgwater, ecc. Secondo Ehrenberg questa forma di spicula apparterrebbe alla Spongilla erinaceus. 47. SPONGOLITHIS APICULATA Ehr. Tav. V.°, fig. 49. Fossile: (Ehrenberg, op. cit., 1854) nel deposito siliceo di An- dower, di Boston, di Blue-Hill-Pond e di Down; nel tripolî di Berlino. 48. SPoNnGOLITHIS ACICULARIS Ehr., Tav. V.*, fig. 50. Fossile: (Ehrenberg, op., cit., 1854) nel deposito siliceo dell' I- sola di Borbone, di New York, di Blue-Hill-Pond, di Pelham e di Boston, di Stratford, di Smithfield, di Franzensbad, di Down, nel #ripoli di Liison, di Geistingen, di Jastraba (Ungheria), di Zamuto, di Bilin, di Oberohe, di Oran, nella marna di Santa Fiora, della Morea, di Degernfors, di Lillhaggsjon, di Savitaipal, di Kymméne-Gard, di Caltanissetta, del lago di Garrag, di Far- mington, nel deposito torboso di Bridgwater, ecc. ecc. Secondo Ehrenberg questa forma di spicula apparterebbe alla Spongilla lacustris. | Atti d. Soc.it, di Sc. Nat.VoLXXVI TavV EBonardi e € FLarona. Ricerche micropaleont. ecc. WE SEA (FRETTA REN) ND oO SÙ CS IMALLISERE TV ga creo Tatreszizita (000 v0R3I ns ee Ue mA SN pr TT 4 P A sà 20-21. 40. | RICERCHE MICROPALEONTOLOGICHE, ECC. 209 DESCRIZIONE DELLA TAVOLA. Gomphonema dichotomumKtz. (Ebrenberg, Mikrogeologie. Tav. 6, fig. 38 Santa Fiora). Gomphonema tenellum Ktz. (Ehr. tav. 10, fig. 16. Franzenshad). Gomphonema acuminatum Ehr. (Ehr. tav. 6, fig. 34. S. Fiora). Epithemia Zebra (Ehr.) (Ebr. tav. 6, fig. 24. S. Fiora). Epithemia Argus (Ehr.). Epithemia Textricula (Ehr.) (Ehr. tav. 5, fig. 3. Connecticut). Epithemia zebrina (Ebr.) (Ehbr. tav. 13, fig. 16. Germania). Epithemia ocellata (Ehr.) (Brun. Diatomés des Alpes ecc., tav. 2, fig. 12, b. forma lacustre). Epithemia gibberula (Ehr.) (Ehr. tav. 6, fig. 26. S. Fiora). Eunotia Hellenica Ehr. (Ehr. tav. 6, fig. 17. Morea). Eunotia praerupta Ehr. Eunotia Jastrabensis Ehr. (a db Ehr. tav. 8, fig. 3. Jastraba). Eunotia cistula Ehr. Eunotia Diodon Ehr. (Ehr. tav. 15, fig. 71. Down, Islanda). Eunotia Luna Ehr. (Ehr. tav. 15, fig. 58. Down). Amphora rimosa Ehr. (Ehr. tav. 5, fig. 27. Islanda). Cymbella affinis Ktz. var. leptoceras (fig. 20. Ehr. tav. 6, fig. 20. Morea). (a-b) Cymbella affinis Ktz. (fig. a. Ehr. tav. 11, fig. 33. Bilin). Cymbella Ehrenbergi Ktz. Navicula appendiculata Ktz. (Brun., tav. 7, fig. 27). Navicula mesotyla Ehr. (Ehr., tav. 1, fig. 14. Isola di Francia). Navicula silicula Ehr. (fig. a. Ehr., tav. 6, fig. 11. Morea). Navicula biceps Ehr. Navicula dicephala Ehr. (Ehr., tav. 6, fig. 10. d. S. Fiora). Pinnularia viridis (Ehr. fig. a. Ehr., tav. III, fig. 1. Spencer). Pinnularia nobilis Ehr. (Ehr., tav. 6, fig. 5. S. Fiora). Pinnularia elliptica Ehr. Pinnularia viridula Rab. (Ehr., tav. 11, fig. 27. Bilin). Pinnularia crux Ehr. (Ehr., tav. 12, fig. 37. Cassel). Qdontidium hjemale Ktz. Pinnularia semen Ehr. Pinnularia porrecta Ehr. (Ehr., tav. 6, fig. 12. S. Fiora). Fragilaria binodis Ehr. Fragilaria mutabilis Grin. (Brun., tav. 4, fig. 87). Fragilaria venter Ehr. (Ehr., tav. 8, fig. 12. Jastraba). Fragilaria rhombus Ehr. (Ehr., tav. 8, fig. 16. Jastraba). Vol. XXVI. 14 pisa, 42. 43. 44. 45. 46. 47. 48. 49. 50. 51. 02. E. BONARDI E C. F. PARONA, RICERCHE, ECC. Fragilaria (?) binalis Ehr. (Ehr., tav. 1, fig. 14. Isola di Francia). Fragilaria construens Griin. Synedra ulna Ehr. Melosira distans (Ehr.) (Ehr., tav. 1, fig. 22. Isola di Francia). Gallionella crenata Ehr. (Ehr., tav. 1, fig. 23. Isola di Francia). Gallionella marchica Ehr. (fig. a. Ehr., tav. 6, fig. 52. S. Fiora). Discoplea graeca Ehr. (Ehr., tav. 6, fig. 1. Morea). Spongolithis mesogongila Ehr. Spongolithis apiculata Ehr. Spongolithis acicularis Ehr. Spongolithis aspera Ehr. Spongolithis ramosa Ehr. (?). À - TREE PT i LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. Monografia del socio Prof. CorrADO PARONA. INTRODUZIONE. A. — Anomalie, mostruosità, deviazioni più o meno comples- se, più o meno gravi da un tipo specifico, furono per lunga se- rie di tempo considerate quali fatti completamente estranei al- l’ordine naturale e quasi da escludersi dal campo scientifico. Ciò nondimeno pochi furono i fenomeni che scossero l’immagi- nazione degli uomini quanto queste aberrazioni, che, in uno colla meraviglia, non mancarono di destare spavento e ribrezzo. Come si producono queste forme, spesso così diverse dalle normali e sempre strane? Ecco la prima e capitale domanda che dovette sorgere nella mente del volgo e dello scienziato, riflettendo a questi casi; ma quanta oscurità, quante superstizioni, quante ipotesi e teorie, l’una dell’altra più strana, le prime alle seconde contrarie, ven- nero mai sempre ad oscurare e ad intralciare maggiormente la soluzione del problema. È superfluo al nostro scopo riandare quì tutto questo com- plicato avvicendarsi di idee; tutti questi dibattimenti, non sem- pre calmi e spassionati; ma soltanto, a prova dell’antichità della questione, accenneremo come già Aristotile asserisse che: nulla sì produce contrariamente alla natura. 212 C. PARONA, Oggigiorno però sarebbe ridicolo sostenere che la produzione e l’organizzazione dei mostri non siano questioni scientifiche. Attualmente è rimosso ogni dubbio, che anch’ esse si debbano spiegare con una particolare applicazione delle leggi generali, le quali determinano la produzione e l’ organizzazione degli es- seri normali. Al presente questo è un fatto compiuto. Si riconobbe difatti che le organizzazioni anormali e mostruose sono regolari al pari delle organizzazioni normali, perchè guidate dalle stesse leggi, sebbene in modo differente. Tale importantissimo risultato non fu posto in chiara luce che in tempo a noi molto vicino, per opera principalissima dei due fondatori della teratologia: Stefano ed Isidoro Geoffroy Sàint- Hilaire, mediante i loro memorabili studî e scritti. Essi, racco- gliendo quanto era stato osservato e riscontrato volta a volta, senza che i numerosissimi fatti trovassero un nesso l’uno col- l’altro, arricchendo l’argomento di nuove ricerche, diedero alla teratologia fondamenti sicuri; ordinando e fissandone le leggi, che reggono siffatti fenomeni. La teratologia per tal modo venne elevata al grado di scienza autonoma. Tuttavia le rimaneva ancora innanzi molta strada prima di arrivare al punto, dal quale avrebbe veduto la meta. Se molte- plici questioni e ricerche trovarono la loro piena soluzione, al- meno pei vertebrati, dall’embriologia, non fu lo stesso per quel- l’altra parte di scienza che si limita a ricercare l'origine ed il modo di formazione delle mostruosità: la teratologia cioè, non era peranco sostenuta dalla teratogenia. Ora l’incaglio che si aveva alle ricerche teratogeniche è fa- cile ad essere conosciuto, per poco che si consideri come 1’ evo- luzione degli esseri anormali presupponga la conoscenza della ontogenia normale; in altre parole come la teratologia presup- ponga la conoscenza dell’ embriogenia. Aggiungasi inoltre il pre- dominio della dottrina della preesistenza dei germi (sostenuta dall'autorità dei nomi più grandi e che durò con varie vicende fino a nostri giorni) e si troverà che esse cause siano. più che f? È ran] MERA na 107 = "= peer _ cat sr — LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 213 sufficienti a convincere chicchessia come la teratogenia non ab- bia potuto incominciare che in questi ultimi tempi. Dareste istessamente così si esprime: ; _“ La doctrine de la préexistance des germes supprimait donc "complètement la tératogénie, comme elle supprimait l’embryo- génie elle-mème. Or, bien que cette doctrine soit généralement abandonée, son influence persiste encore. En France, l’embryo- génie, surtout celles des animaux supérieurs, est à peine con- nue. On compterait facilement le nombre des personnes qui l’ont un peu étudiée. Il en résulte que la plupart des auteurs qui traitent des questions spéciales de la teratologie en sont encore aux idées de Lémery et de Winslow; de Lémery lorsque les faits semblent facilement s’expliquer par une cause mécanique, ou par une maladie de l’embryon; de Winslow, lorsque ces ex- plications font défaut. La tératologie n’est donc généralement considérée que comme un chapitre de l’anatomie pathologique, c’est-à-dire de cette branche des sciences médicales qui étudie les desordres matériels produits par les maladies. Mais, bien que l’imagination se soit donné pleine carrière pour expliquer les faits tératologiques par des causes mécaniques ou pathologiques, elle rencontre tot ou tard une barrière infranchissable et se voit finalement, contrainte d’avouer son impuissance. , La teratogenia, o l’ontogenia degli esseri anormali, deve adun- que essere costituita, al pari dell’ontogenia degli esseri normali, dallo studio diretto dei mutamenti successivi che l’ evoluzione de- termina nell’organizzazione. Ma se con non gravi difficoltà si riescì a rinvenire i mezzi di studio per l’embriologia, lo stesso non fu, e non lo è ancora, per la teratogenia. Molto difficile; anzi possiamo dire che spesso solo per azzardo, è possibile l’avere in natura embrioni mostruosi; essendo le anomalie e le mostruosità avvenimenti relativamente rari e quasi sempre non prevedibili; perciò l’ osservazione sem- plice non essendo sufficente nella teratogenia, di necessità si do- vette ricorrere all’ osservazione provocata; cioè all’ esperimento. Se i mostri non preesistono, se risultano da cause acciden- 214 C. PARONA, tali, che modificano il germe quando si produce, o si sviluppa, è naturale che si abbia a tentare di praticare quello che talora offre spontaneamente la natura; vale a dire. di provocare la comparsa dei mostri, modificando le condizioni fisiche, o biolo- giche, che determinano la produzione e l'evoluzione degli esseri normali. Da quì il punto di partenza della teratogenia sperimentale; ‘iniziata probabilmente dallo Swammerdam, ripresa con principî di vera scienza dai due Geoffroy Saint-Hilaire e ravvivata di nuova luce dai lunghi e pazienti studî, coronati dai più brillanti successi da Camillo Dareste; degno continuatore della scuola dei Geoffroy Saint-Hilaire. La teratogenia sperimentale, in una parola, dopo gli sforzi fatti dal Dareste, trionfante di infinite difficoltà, è destinata a grandiosi risultati per l'avvenire; e questi studî permettono già di stabilire leggi sulla formazione dei mostri e di poter riunire i dati per la soluzione di uno dei più grandi problemi; quello dell’ origine della specie. | B. — D'altra parte ben conosciamo come l'anatomia compa- rata sia andata tramutandosi nella morfologia, seguendo le stesse sorti, le stesse fasi della teratologia; presentandoci così un per- fetto parallelismo, quella con questa. L’anatomia comparata ha per oggetto l'esposizione dei feno- meni relativi alla forma nell’ organizzazione del corpo animale e risolve le questioni che hanno rapporto col metodo compara- tivo; essa ha uno scopo affatto sintetico. Ma a raggiungere tale intento vi dovette precedere l’analisi; una analisi scrupolosa, fondata su fatti numerosi e sicuri e per- ciò ci volle tutta la lunga serie di tempo, che passò dai primi tentativi di siffatti studî fino ad epoca a noi molto vicina. L’ ultima metà del diciottesimo secolo trovò una accumula- zione di ricchissimo materiale; nuove tendenze all’apprezzamento dei fatti e la loro trasformazione in dati filosofici ed intellet- tuali erano posti in chiaro e preparavano il terreno alle opinioni moderne. Però ancora prima che queste idee avessero ad apparire ict > nulli | LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 215 in piena luce, la comparsa di Cuvier fu di immenso giovamento e di validissimo impulso per dare saldi fondamenti a questa scienza. L'estensione delle ricerche anatomiche sull’ organizzazione delle diverse divisioni del regno animale praticate da Cuvier, portarono a far conoscere una quantità strabocchevole di fatti, che, dopo la verifica di quanto erasi eseguito prima di lui, si cercò di coordi- nare e di studiare sotto un punto di vista più elevato. La gran- de legge della correlazione delle parti, risultato finale, potressi- mo dire, degli studî di Cuvier, recò i più grandiosi beneficî alla ricerca, alla ricostruzione ed alla spiegazione degli avanzi d’a- nimali fossili. Ma l'anatomia comparata non avrebbe potuto subîre la radicale trasformazione, nella quale ora si trova, se le ricerche embrio- logiche non si fossero poste con rapido passo, a percorrere il lungo ed oscuro cammino loro assegnato, e la embriologia, ini- ziata per opera principale di Wolf e di Bier, in breve non avesse avuto da potenti ingegni una validissima spinta. Lo studio dei così detti animali inferiori aprì inoltre un nuovo mondo alle ricerche e le scoperte fatte nei sistemi d’ organi, tessuti, elementi, o plastidi; lo sviluppo di questi e di quelli trovarono quì la loro completa soluzione e più facili ne divennero le indagini anatomiche ed embriologiche. L’ ampia estensione che andò assumendo, per tal modo, l’ a- natomia comparata, richiedette un corrispondente rinnovamento della scienza. I fatti riuniti ad altri, le scoperte ed i progressi ottenuti mercè le opere di Cuvier e di Baer, non costituivano, come si disse, che un accumulo di cognizioni, le quali richie- devano di essere sottoposte ad una vera comparazione. La teoria Darwiniana venne allora a preparare tale progresso. Le prime idee di una graduata trasformazione trascinarono a quella della variazione della specie e della selezione naturale; come ne scaturirono le leggi fondamentali dell’eredità e dell’a- dattazione. La teoria della discendenza trovò nell’anatomia com- parata la sua pietra di paragone; nessun fatto in questo ramo di scienza mai lo contradisse; ed in conseguenza la teoria della 216 C. PARONA, discendenza inaugurava un nuovo periodo nella storia dell’ana- tomia comparata. Uno scopo più avanzato però spettava ancora a questa scien- za; era il connubio dell’ anatomia comparata colla storia dello sviluppo, che diede luogo alla vera morfologia, ed esse infatti sono i due rami che costituiscono questa, ed il loro nesso è inti- mo e necessario; giacchè il passato non può essere spiegato che col presente. La morfologia è affatto sintetica ed è la scienza che, divenuta autonoma, ci fece conoscere leggi importantissime e generali; tra cui la legge meccanica che unisce l’ontogenia alla filogenia. Lo scopo a cui tende in generale la morfologia è di consolidare sempre più la grande teoria della discendenza degli organismi; per mezzo della quale si possa abbracciare la biolo- gia al pari dell’abiologia; coll’ unico concetto dell’ evoluzione meccanica. Inoltre la morfologia invece di essere considerata quale un ramo parallelo della fisiologia e coordinato con essa per modo che ambedue siano subordinate alla biologia, si deve, secondo Gegenbaur, considerarla come una parte della fisiologia, perchè anche la forma è una funzione della materia e quindi non si deve dimenticare la funzione morfologica nella trattazione fisiologica. Infine aggiungeremo che essendo la dottrina delle malattie, non altro che una fisio-patologia, tosto si riconosce la necessità che ancora la patologia debba essere morfologica; così che nes- suno dei rami della biologia può sottrarsi attualmente al nuovo indirizzo morfologico. Riassumendo, possiamo dire come alla teratologia (la quale studia tutte le deviazioni, più o meno complesse, da un tipo specifico) fu indispensabile la teratogenia (che si occupa di ri- cercare il modo di sviluppo dei mostri) per cavarne leggi ge- nerali all’ interpretazione dell’ organizzazione di questi esseri; analogamente all’ anatomia comparata (avente per oggetto 1’ e- sposizione dei fenomeni relativi alla forma nell’organizzazione del corpo), la quale non potè stare disgiunta dall’ ontogenia (ossia di quella parte di scienza che si interessa dello studio dello svi- | LA PIGOMELIA NEl VERTEBRATI. 21% luppo individuale), per ricevere luce in molti problemi e per trasformarsi così nella morfologia. Allora si comprende di leg- | gieri come la teratologia, seguendo le medesime fasi percorse dall’anatomia comparata, debba tramutarsi in una teratologia morfologica; e che anzi non occorrono grandi sforzi per rico- noscere come vi sia già iniziata. La teratologia, colla guida delle due grandi leggi dell’eredità e dell’adattazione, saprà trionfare di ogni ostacolo e riescirà a decifrare i numerosi ‘enigmi, o quanto è ancora avvolto dall’ i- gnoto. La teratologia per tal modo verrà a collocarsi parallela alle altre scienze sorelle: coll’anatomia, coll’ ontogenia, colla fi- siologia e colla patologia; e con esse tutte entrerà in un nuovo periodo di vita, onninamente scientifico e dal quale soltanto po- trà ritrarre incontestabili risultati. Lo studio della teratologia risulta quindi essere non solo ana- tomico, ma anche morfologico; e come tale viene ad essere in- separabile dall’anatomia e dalla fisiologia comparata, poichè l’in- tento di questi studî è sempre quello di conoscere le leggi dell’or- ganizzazione animale. Cosicchè col nuovo indirizzo morfologico dato alle scienze anatomiche i soggetti mostruosi od emitterici, anomali, o normali, hanno tutti il medesimo valore scientifico ed anzi sono legati gli uni agli altri; e vengono solo distinti nel campo tecnico per facilitarne la loro conoscenza. È con tale concetto che io mi diedi cura raccogliere quanto fu possibile di materiale, di ipotesi e di pensamenti riguardanti un argomento di teratologia, limitato ma pure intricato, nella speranza che questo tentativo, insieme a quanto altri potranno fare, possa giovare allo scopo. La Pigomelia, è la parte che assunsi a trattare in questo mio lavoro; e se per ora essa lo è sotto il solo punto di vista anatomico, la ragione sta nel difetto quasi assoluto di una vera storia dello sviluppo di essa, rimasta fin quì restia a qualsiasi | ricerca anche sperimentale e nella mancanza altresì di una sto- ria anatomica completa; basi per imprimere un vero indirizzo morfologico a questo studio. 218 C. PARONA, CAPITOLO PRIMO. Definizione. È noto come Isidoro Geoffroy Saint-Hilaire ! dividesse i mo- stri doppî in due ordini: Autositari e Parassitari, a seconda che i due individui componenti la mostruosità sono sensibilmente eguali, o molto disuguali e quindi più o meno distinti nella loro organizzazione; l’uno pressochè simile alla norma e che vive da sè, l’altro imperfetto, impiantato sul fratello ed obbligato a vi- vere a spese di questo: quindi Autosita il primo, Parassita il secondo. Fra mostri doppî Parassitarî trovasi la famiglia dei polime- liani; gruppo molto naturale, caratterizzato dalla presenza di membra in numero superiore alla norma. Lo stesso Isidoro Geoffroy Saint-Hilaire distinse infatti questa modalità di alterazione col nome di polimelia; suddividendola inoltre in varî generi, a seconda delle differenze di forma, di disposizione, di grado di sviluppo, del numero degli arti acces- sorî; e più di tutto per riguardo al punto di loro attacco sul corpo principale. È appunto partendo da quest’ultimo criterio che egli ripartì i mostri polimeliani nei seguenti generi: 1.° Uno o due arti accessorî inseriti alla regione ipogastrica dietro o fra gli arti pelvici. Pigomele. 2.° Uno o due arti accessorî inseriti all'addome fra gli arti toracici e gli addominali. i Gastromcle. 3.° Uno o due arti accessorî inseriti sul dorso. Notomele. 4.° Uno o due arti accessorî inseriti sulla testa. Cefalomele. 1 GEOFFROY SAINT-HILATRE (Is.), Histoire des anomalies, ete. ou Traité de Tera- tologie. Yol. III. Bruxelles, 1838. LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 219 5.° Uno o due arti accessorî inseriti per le loro basi sugli . arti normali, siano toracici o pelvici. Melomele. La semplicità e la facile distinzione di questa classificazione nel maggior numero dei casi, ci dispensa di ricercarne altre, quand’anche fossero più moderne; tanto più che essendo essa senza dubbio la più conosciuta è ancora la più frequentemente adoperata dagli scrittori. Ed a far ciò abbiamo anche l’appoggio di Dareste,' il quale, parlando delle classificazioni generali di Geoffroy Saint-Hilaire, ebbe a dire: È una classificazione veramente naturale e che dà l’espressione esattissima dai rapporti dei tipi teratologici. Ag- giunge inoltre che le sue esperienze teratogeniche gli avrebbero poco giovato e sarebbero rimaste pressochè sterili, se la classi- ficazione teratologica non gli avesse permesso dinanzi ad un nuovo fatto, di porlo immediatamente al suo posto e di trarne. tutte le conseguenze, anche le più lontane. Dalle sopra stabilite divisioni della polimelia, la più comune è certamente la prima, cioè la Pigomelia; come difatti venne riscontrato in molteplici esempi delle diverse classi dei verte- brati; e come ci persuaderemo dalla rassegna al capitolo VI. La Pigomelia (da rvyh, o #vÉ regione deretana e p.i20; arto), Hetorodidymus tetrascelus, Melodidimoplasia (in parte), di altri autori, come vedemmo, viene caratterizzata dall’esistenza di uno o due arti accessorî attaccati alla regione ipogastrica, al di die- tro, o nell’ intervallo degli arti normali. Charlier ® studiando un pollo pigomele, il quale presentava una disposizione tutta particolare, fu indotto a modificare la in- i DARESTE CAM., Mémoire sur l’origine et le mode de formation des monstres dou- bles. — Arch. d. Zool. éxper. par Lacaze-Duthiers. T. 3, 1874, pag. 954. — Réch. sur la Production artificielle des monstruositées, ou Essais de Tératogénie expéri- ment. Paris, 1877. ? CHARLIER E., Observat. d’un poule pygomele présentant une nouvelle varieté de ce genre de monstruosité. Mém. de la Soc. r. d. sc. de Liége. P. 16, 1868. 220 C. PARONA, dicata definizione coll’aggiungervi: anche al di fuori; ampliando così il concetto della definizione stata data da Geoffroy Saint- Hilaire. CAPITOLO SECONDO. Frequenza. Al pari delle altre polimelie, la pigomelia è più appariscente nei vertebrati che negli invertebrati; più comune alle bestie che all'uomo. Il Sangalli," fondandosi sui dati statistici della sua scuola, prova che queste alterazioni di prima formazione non occorrono in troppo piccol numero e sono più frequenti nei maschi che nelle femmine. Meckel? avrebbe trovato l’opposto. Vedremo, dal- l'elenco dei casi descritti in questo lavoro, doversi ritenere la ‘pigomelia una deformità non rara, quando si ponga attenzione che quasi nessuno degli autori, i quali illustrarono siftatti casì, si sia posto a farne ricerche speciali e continuate. Oggimai tutti sanno essere soprattutto negli uccelli, dove la pigomelia fu più frequentemente osservata, mentre invece man- cano, per quanto mi consta, esempi accertati nei pesci e nei rettili. Frequente molto più di quanto si credeva nei batraci anuri (rane e rospi), non si registrano finora casì nei batraci urodeli (salamandre e tritoni). L’oca, l’anitra, la fulica, la beccacina, il passero; il cardellino fra gli uccelli, presentarono pochi esempi, ma in grande mag- gioranza i gallinacei e per primo il pollo domestico. Parecchie volte l’offrì anche il piccione e forse soltanto due casi sono re- gistrati per la pernice. Geoffroy Saint-Hilaire (op. cit. pag. 188) dice aver egli riscontrata la pigomelia dieci volte nel pollo, tre nell’oca, una nell’anitra; e di essi non pochi erano adulti. 1 SANGALLI G., La scienza e la pratica dell'anatomia patologica, 1876-77. — I Mo- stri doppi. Mem. del R. Ist. Lombardo, 1875. 2 MEcKEL. De duplicitate monstruosa commentatio. Halle, Berlin, 1815. Î il Ì LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 221 Il cane, il bue, il porco, la pecora diedero casi di pigomelia, a vero dire, non frequenti, e l’uomo stesso non fu immune. In quest’ultimo sono però sempre molto rari gli esempi di estremità | soprannumerarie. Da quanto ora registrammo, e che più dettagliatamente ve- dremo a suo luogo, di leggieri si scorge essere stata la pigome- lia più frequentemente riscontrata negli animali domestici ed in quelli che, per qualsiasi ragione, cadono maggiormente sotto lo sguardo degli osservatori. Dumeril,' in una sua nota, insiste sulla rarità della presenza di arti soprannumerarî nei batraci anuri, di cui infatti fino al suo tempo non avevano attratto lo sguardo dello studioso che cinque esempi soltanto. Aggiunge inoltre quale prova diretta che fra tre o quattro mila individui, i quali servono ciascun anno per l’alimento dei rettili acquatici della menagerie del Museo a Pa- rigi, non ha potuto raccogliere che un individuo; sebbene, come egli dichiara, nessuna rana venisse sacrificata senza che prima fosse sottoposta a speciale esame. Il Balsamo-Crivelli ® però già fin dal 1865, parlando di tre casi di polimelia nella rana, conchiudeva dicendo: che questa alterazione deve essere meno rara di quanto si crede. Il Fabretti ° asserisce essere la polimelia non rara nei verte- brati a temperatura costante; il contrario nei vertebrati infe- riori, ossia in quelli a temperatura variabile. Lo Strobel,° riguardo alla frequenza della polimelia nei batraci. espone delle considerazioni degne di molto rimarco. 1 DUMERIL A., Trvis cas de polymélie (membres surnuméraires) observés sur des Batraciens du genre Rana, Compt. rend. de l’acad. des sc. Paris; Tom. LX, 1.er sem. 1865, pag. 911-913. — Observat. sur la monstruosité dite polymelie. Nouv. arch. du Museum. T. I, 1365 (Mémoires), pag. 309-319. ? BALSAMO-CRIVELLI G., Sopra alcuni nuovi casi di polimelia osservati in al- cuni individui del gen. Rana. Rendiec. del R. Istit. Lombardo. Fase. 7, 8, vol. II, 20 luglio 1865. 3 FABRETTI F., Due casiî di polimelia osservati nei batraci anuri. Acad. med.-chir. di Perugia, 1875. — Rivista scientifico-industriale del Vimercati. Agosto-sett. 1875. 4 STROBEL P., Cenno di tre casi di polimelia nelle rane. Atti della Soc. Italiana di sc. nat. Vol. 18, pagine 405, 1876. — Matériaux pour V hist. de homme. Vol. 1, pag. 302; 1865. 222 C. FARONA, “Se sostenendo, egli dice, che la polimelia sia rara nei ba- traci si intende di asserire che pochi sono i casi osservati e stu- diati di tale mostruosità od anomalia in quel gruppo di verte- brati, nulla ho da eccepire; ma se al contrario si intendesse di sostenere, come sembra, che nei batraci tale fenomeno si verifichi assai più raramente che nei vertebrati a sangue caldo, allora mi fo lecito di dubitarne. Nel majale, nella pecora, nel bue, nella gallina, nell’anitra, animali a temperatura costante, nei quali la polimelia fu meno raramente osservata, essa, trattan- dosi di animali tutti domestici, ci si presenta, per così dire, contro nostra volontà e non possiamo a meno di avvedercene e di tenerne conto. Ma nelle rane, come in tutti gli animali selva- tici, siamo noi che dobbiamo andare in cerca del fenomeno se vogliamo osservarlo, e da ciò, a parer mio, la scarsità dei casi conosciuti. . . . i, Mi si obbietterà, continua l’autore, che la rarità è relativa al numero complessivo degli individui e che quindi paragonando la quantità di individui delle nominate specie di mammiferi e di uccelli con quella degli individui delle specie ranine il numero dei polimelici è proporzionatamente maggiore nelle prime spe- cie che non nelle seconde. Ammesso anche che la quantità de- gli individui del genere rana sia maggiore di quello degli indi- vidui delle dette specie di vertebrati a sangue caldo, seb- bene se ne possa dubitare, queste essendo oggidì cosmopolite, osservo che il paragone non regge, inquantochè si pongono a confronto animali domestici con animali selvatici; animali per- tanto che non trovansi in condizioni biologiche uguali. Per pro- vare che Polimelia è più rara nei vertebrati a temperatura va- riabile che non in quelli a temperatura costante bisognerà ad- durre dei fatti osservati tutti ed in individui domestici, od in individui selvaggi, poichè in tale caso soltanto essi sarebbero enti di egual valore fisiologico e termini perciò paragonabili. Sinchè non si avrà ottenuta la prova in tal modo, attenendomi solo ai fatti conosciuti, mi permetto d’ enunciare la relativa legge in modo ben diverso, cioè: la Polimelia è più rara negli animali LA PIGOMELIA NEl VERTEBRATI. i 223 selvatici che non nei domestici; ed il fenomeno entra nel gruppo di quelli che vengono prodotti o favoriti dal domesticamento. , Il prof. Sordelli!. condivide l’opinione, ora riportata, dello Strobel; non così il prof. Cavanna.® A lui sembra prematuro dedurre certe leggi generali sulla fre- quenza relativa del fenomeno, considerato nelle varie classi e considerato negli animali in stato di domesticità e paragonati a quelli selvatici. “Negli animali domestici la polimelia, come ogni altra mo- struosità, ci apparisce per certo modo più frequentemente, ma ciò si deve alla facilità con la quale cadono sotto occhi quei casi. I mostri polimeliani non godono la piena libertà dei loro movimenti e nello stato di libertà, ceteris paridbus, hanno minori probabilità di vivere e di crescere di quelle che abbiano gli in- dividui normali della stessa specie. Il confronto quindi tra la frequenza della polimelia negli animali domestici e negli animali selvatici non è possibile, perchè almeno uno dei due termini ci è quasi sconosciuto. La legge perciò avanzata dal prof. Strobel e nella quale egli vorrebbe trasformata quella più antica non ci pare sostenibile. La polimelia, di Strobel, è più rara negli ani- mali selvatici che nei domestici. Le mostruosità in genere, come in modo deciso certamente le deformazioni, entreranno bensì nel gruppo di quei fenomeni che il domesticamento sembra favorire e dei quali il maggior nu- mero ci è ancora oscurissimo; ma non bisogna dimenticare che lo stato civile degli animali selvatici non è ancor organizzato... ed è probabile non lo sarà mai in modo tale da togliere ogni dubbio intorno a questa questione, somministrando dei dati irre- fragabili! La legge enunciata dal professore dell’ Università di Parma non può essere, e fors'anche nel di lui pensiero non era, che la equivalente di quest’altra assai più modesta, semplicis- 4 SORDELLI F., Descriz. di una rana polimelica del museo civico di Milano. Atti Soc. ital. di sc. nat. Vol. 19, luglio, 1876. 2 CAVANNA G., Descrizione di alcuni batraci anuri polimeliani. Pubblicaz. del R. Ist. di studi super. in Firenze, 1878. 224 C. PARONA, sima e molto meno importante, la quale altro non fa che espri- mere lo stato attuale delle nostre cognizioni intorno all’argo- mento. La polimelia, al pari d’ogni altra mostruosità, si è finora osservata più frequentemente negli animali domestici che nei sel- vatici. , Ora noi possiamo benissimo riferire alla pigomelia quanto gli egregi autori citati ebbero a dire riguardo alla polimelia, es- sendo quella la modalità più frequente ad apparire nel gruppo di queste, ed accennare che: pensando a tutti i molteplici casi conosciuti (basandosi così soltanto sui fatti), si possa ammettere che la Pigomelia fu riscontrata in grande maggioranza negli animali domestici ed in quelli che più facilmente cadono sotto occhio dello studioso, pur non essendo tali. Così dicendo mi sembra di accordare colle idee dei primi e dei secondi e di rendere la legge più generale. Solo credo utile soggiungere essere diffusa però la persuasione che così fatte al- terazioni, analogamente a qualsiasi altra alterazione, possono trovare più frequenti e più propizie condizioni di sviluppo in quegli esseri che, pel domesticamento, o. per la schiavitù, ven- gono sottratti dal loro libero ambiente ed esposti, per contrario, a molteplici e siffatte cause da alterare la loro regolare auto». genesi. CAPITOLO TERZO. Cause e Genesi, A. — L'origine della pigomelia si vorrebbe riscontrare là dove si vuol trovare quella di tutte le altre polimelie; e quella di queste nella oscura ed intricata genesi dei mostri doppî; di quelle che si svolgono al formarsi dell'embrione. Le cause quin- di che le producono dovrebbero agire in quel tempo. Il prof. Sangalli (op. cit.) divide le cause capaci di produrre queste mostruosità, che pure ritiene alterazioni di prima forma- zione, in: È © SUNTO DEI REGOLAMENTI DELLA SOCIETÀ, Scopo della Società: è di promuovere in Italia il progresso degli studi tivi alle scienze naturali. I Socj sono in numero illimitato, effettivi e corrispondenti. I Socj effettivi pagano it. L. 20 all'anno, in una sola volta, nel primo tri- stre dell’anno. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno quelli moranti nel Regno d’Italia), vi presentano le loro Memorie e Comunica-, ni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. A Socj corrispondenti si eleggono persone distinte nelle scienze naturali, le fali dimorino fuori d’ Italia. — Possono Sa soc) effettivi, quando si soggettino alla tassa annua di lire venti. — Non sono invitati partico- pmente alle sedute della Società, ma possono assistervi e presentarvi o vi leggere delle Memorie o delle Comunicazioni. — Ricevono gratuita- ente gli Atti della Società. a proposizione per l’ ammissione d' un nuovo socio deve essere fatta e Biz: da tre socj effettivi. | °° È I Socj. effettivi che non mandano la loro rinuncia almeno tre mesi prima | lea fine dell’anno sociale (che termina col 31 dicembre) continuano ad es- | e tenuti per soc]; se sono in ritardo nel pagamento della quota di un m m0 e, invitati, non lo compiono nel primo trimestre dell’anno successivo, ssano di fatto di appartenere alla Società, salvo a questa il far valere uoi diritti per le quote non ancora pagate. > Comunicazioni, presentate nelle adunanze, possono essere stampate i Atti o nelle Memorie della Società, ta estratto o per esteso, secondo # estensione ed importanza. | “La cura delle pubblicazioni spetta alla Pretionza. Agli Atti ed alle Memorie non si ponno unire tavole se non sono “del rmato degli Atti o delle Memorie stesse. Tutti i Socj possono approfittare dei libri della biblioteca sociale, pur- sli domandino a qualcuno dei membri della Presidenza, rilasciandone | golare ‘ ricevuta. Quanto ai lavori stampati negli Atti l’autore potrà Lo tirare un numero alunque di paro. ai seguenti prezzi: | | ' î Ex Esemplari (PURO tl, di foglio (4 pagine) . . | [.125|L 225|L.250/L. 4 — [lle foglio (8 pagine) . . . | ».175)» 350| » 4—|» 5 50 (3, di foglio (12 pagine) . . | » 250] » 5 —|» 6375» 9—-. NE fitoglio (16 pagine) . . . » 2.75.» 5501» Pa ssa "10 2% INDICE. R. Besta, Sulla deformazione del becco in un Picus. viridis | T, TARAMELLI; up del SII cav. Gurmvitlo Marinoni N. Pini, Nuove. forme di Ciaugita nu Seduta del 3 giugno 1883. C. Parona, Di alcuni nuovi Protisti Ra nella Sardegna e di due altre forme non ben conosciute A. P. Ninni, Sopra due rarissime specie di uccelli pos- sedute dal Civico Museo di Venezia . i O. BenLorti, Note ittiologiche . E. Bonarpi e C. F. Parona, Ricerche DI giche sulle argille del bacino lig gmitico di Leffe. C. Parona, La pigomelia nei vertebrati . Pag. 165 182 | 211 | 122.) 195 | 130% 1440 149. 160 | DELLA IETÀ ITALIANA 2 DI SCIENZE NATURALI # O Leti n , A a TY . - 796 » FT f E ba È , i È di 18 CILE x * pun | > (6 27 L Mr .| v 4 Gi “a ia Le 4 , le ki È #0) ci di È È, La n * d I VOLUME XXVI. : FascicoLo 3 — FoetLi 15-21. Ls a 4 SIi.a : - L) e n . net u a ‘a ga - DI n Mt cnilafig; i ; Pa TIP. BERNARDONI DI C. REBESCHINI E C. Mil; PER.L'ITALIA: PER L'ESTERO: E PRESSO LA | PRESSO LA | SEGRETERIA DELLA SOCIETA’ | LIBRERIA DI ULRICO HOEPLI > MILANO MILANO Palazzo del Museo Civico. o Galleria De-Cristoforie, Via Mavin, 2. 59-62. OTTOBRE 1883. li ATTI e delle MEMORIE s da la 1 Ve ina. questa copert ì d ina 3° pag Per la compera de PRESIDENZA PEL 1883. Presidente, Stoppani prof. ANTONIO, Direttore del Civico Museo di Storia naturale: di Milano. Vice-presidente, VirLa Antonio, Milano, via Sala, 6. La at i MercaLti prof. Gruseppe, Milano, via S. Andrea, 10. ° 1 Pini rag. NapoLEoNE, Milano, vèa Crocifisso, 6. i Cassiere, GARGANTINI-PratTI GIusePPE, Milano, via Senato, 14. LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 225 1. Forti impressioni morali sulle gravide. . 2. Cause meccaniche dirette ed indirette. f 3. Sconcerti nella circolazione. 4, Malattie dell'embrione. alia però che siano tutte cause insufficienti a rischiarare l’origine di queste alterazioni e ritiene accertato solo questo: che il fatto dell’anomalia si debba incorporare in ciascun indi- viduo, fino dal primo scontrarsi degli spermatozoidi coll’ovulo; e che da quel momento quindi abbia principio l'alterazione. Panum,' studiando le cause e l’origine dei mostri doppî, pensa di poter ammettere i seguenti principî: a) I mostri doppî provvengono da un unico vitello; b) Negli uccelli due segmenti primitivi di uno stesso vitello danno sempre un mostro doppio, ma nei mammiferi e nell’uomo fa d’uopo vi sia una gestazione gemella; e che le due vescicole ombelicali distinte siano fisse alle placente; c) La divisione meccanica d’un segmento primitivo ed iso- lato di un vitello non dà mai un mostro doppio, ma può essere l'origine d’una divisione anormale; d) Le ova dei pesci danno talora mostri doppî nei casi in cui un segmento primitivo del vitello sia diviso in due anterior- mente e lasciato semplice posteriormente; e) In questo caso avviene spesso che i segmenti tendono a ricongiungersi e non ne nascono mostri doppî. (Lereboullet); f) La parte parassitaria non si può considerare come un essere vivente; sarebbe piuttosto una specie di tumore simile a quelli che, per la loro struttura, non hanno alcuna analogia coi tessuti circostanti. Poca luce ne verrebbe al nostro argomento se anche riandas- simo la lunga ed intricata storia delle teorie e delle ipotesi state emesse in ogni tempo, per spiegare l’ origine dei mostri doppî. Per altro chi fosse desideroso seguire il succedersi di 1 PanuM L., Contribut. è Vétude de la signification phisiolog. des monstruosités. Mém. lue à la foto donnée è l’Université de Copenhague, ecc. an. p. Ditlévsen in Nord. med. Arch. X. N. 6, 1878. Vol. XXVI. ‘ 15 226 C. PARONA, queste varie e contrarie opinioni, scaturite dalle induzioni e da fatti osservati. sui mostri doppî, potrà trovarne ampia messe nel recente studio storico del prof. Taruffi;* il quale, dopo aver analizzate le teorie tutte, dalle più antiche fino a-quelle del- l'oggi; da quelle di Democrito e di Aristotile fino alle più re- centi di Dareste, di Panum e di Rauber, è condotto a conchiu- dere che pure questi due ultimi osservatori non hanno detta l’ultima parola sull’antichissima questione della duplicità; e che infine rimane un campo tuttora libero da coltivare; ridotto però in termini così difficili, che a pochi sarà dato di renderlo fe- condo. | Ad ogni modo se ricerchiamo anche le diverse opinioni state enunciate sul modo con cui avverrebbe la formazione dell’ au- mento numerico degli arti nei pigomelici, per esser brevi, tro- viamo la generalità degli autori ammettere, con Is. Geoffroy Saint-Hilaire (op. cit.), che un mostro polimele debba essere considerato come un individuo essenzialmente composto di due soggetti, l’uno principale, ben sviluppato autosita, l’altro incom- pleto, innestato su quello, parassita, vivente a spese del primo. Teoria contraria a quanto si pensava dapprima; quando cioè si ritenevano i mostri a membra accessorie quali esseri semplici, essenzialmente unitarî, in cui le parti soprannumerarie si erano prodotte per un eccesso di sviluppo. LI Da quanto mi è noto, dice a questo proposito il prof. Sor- delli (loc. cit.), parmi evidente riscontrare un graduato passaggio fra la semplice aderenza di due individui per un limitatissimo tratto, come quella dei famosi fratelli Siamesi, e la saldatura più o meno completa del tronco e la fusione, o meglio virtuale com- penetrazione di gran parte dei due corpi in uno; la quale può spingersi fino a lasciar sussistere anche un dito solo dell’ indivi- duo rimasto meno favorito. Certamente in queste sue aberrazioni la natura non può agire a caso; e devesi appunto all’alto in- A TARUFFI CES., Dottrine sulla formazione dei mostri doppi. Cenni storici. Bollet- tino delle sc. med. Anno XLIX, ser. VI, vol. II. Bologna, 1878. 2 L ti A ’ 1 "i € LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 227 gegno di Geoffroy Saint-Hilaire d’aver dimostrato l’esistenza di leggi speciali anche nell’apparente caos delle mostruosità ani- mali. La teoria della fusione è pure ammessa dal prof. Canestrini, ' il quale, parlando di una gallina pigomelica, dice “ trattasi evidentemente della fusione di due individui; e cioè di un ma- schio e di una femmina in un unico e mostruoso individuo. La presenza delle quattro gambe appoggia questa asserzione, come la robustezza dello sperone distintissimo ed il molto sviluppo della cresta cefalica accennano alla partecipazione di un maschio nella formazione dell’esemplare mostruoso. È dunque probabile che nell’uovo, da cui nacque la gallina, esistessero due tuorli e si sviluppassero due pulcini. L'individuo femminile si sviluppò con prevalenza sul maschile, ma d’altra parte questo modificò il prodotto conservando le due gambe, che sono le anteriori e producendo una cresta più robusta che la normale delle fem- mine. Siccome poi, per la posizione delle gambe accessorie, la cloaca non ha potuto sboccare all’esterno coll’unico e mediano orifizio, così apparvero due fori l’uno destro l’altro sinistro. Quest'ultimo per la posizione dell’ ovario maggiormente svilup- pato, divenne il foro d’uscita per le ova e l’altra apertura per l’eliminazione delle feci., Nè diversamente la pensa il prof. Strobel (loc. cit.) sulla ge- nesi dei polimeliani. “ Dalla rana esamelica si passa a quella emiesamelica, da questa alla esapoda, indi alle pentamelie mo- struose infine alle pentamelie semplicemente anomali. Non saprei ravvisare nell’esamelia fuorchè una anormalità o mostruosità doppia, nè saprei spiegarla se non ammettendo con Is. Geoffroy Saint-Hilaire, o la formazione dell'embrione su due linee anzichè su di una, o meglio l’unione e la compenetrazione di due embrioni, una geminazione in termine mineralogico. Nè vale ad infirmare tale avviso l’asserzione che le rane girini sono 4 CANESTRINI G., Intorno a due uccelli mostruosi. Annuario della Soc. dei Natura- listi. Modena, Anno V, 1870, 228 C. PARONA, sfornite di arti, perchè se questi non sono in esse ancora apparsi, convien però sempre ammettere che vi esistano le cellule dalle quali dovranno poi svilupparsi durante la vita larvale. E credo anzi che siavi appunto un nesso tra il fatto, che nelle rane girini compaiono primi gli arti posteriori e la frequenza assai maggiore della polimelia posteriore a fronte dell’anteriore. Non posso poi ammettere la spiegazione della po- limelia, nè meno della pentamelia, per afavismo, o per produ- zioni di parti soprannumerarie a guisa quasi di gemme, poichè pei passaggi sopra indicati dall’ esamelia alla pentamelia non saprei stabilire ove cessi il fenomeno della geminazione, per dar luogo a quello dell’atavismo. Però comunque sia, poichè coll’ascendere la scala zoologica si pronuncia sempre più l’individualità e viceversa discendendo, sì che si giunge infine ai polizo] ed agli organozoj, ossia a quegli esseri animati, nei quali i confini tra individuo ed organo non sono più ben marcati, così ritengo, per analogia, che discen- dendo nella scala zoologica anche le eccezioni all’individualità debbano aumentare anzichè diminuire, come vorrebbesi da ta- luno; quindi, nel caso nostro, credo che la polimelia debba farsi in generale meno rara discendendo dai vertebrati a tempera- tura costante a quelli con temperatura variabile. ,, Non devesi dimenticare, prima di cercare una conclusione, la spiegazione di un altro fatto, or ora indicato anche dallo Stro- bel, molto importante a questo punto; cioè di spiegare il modo di sviluppo della pigomelia in qualche vertebrato a stadio lar- vale, per modo che: se per gli animali che escono dall’ uovo sotto la forma ‘che dovranno conservare per tutta la vita, la teoria della fusione può essere ammessa, sarà lo stesso per quelli che subìiscono metamorfosi? È questa la domanda che il Dume- ril ebbe a fare nel sopraccitato suo lavoro. P. Gervais* ricorda come l’evoluzione così rimarchevole che 1 GERVAIS P., Cas de polymelie observ. sur un batracien (Pelobates cultripes) et sur une éspèce du genr. Raje (Baja clavata) compt. rend. hebdom. d. l’acad. d. sc. Paris, 1864, vol. 59, pag. 800. — Matériaux pour l’hist. d. V homme. Vol. I, pa- gine 302, 1265. d iI > È ro LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 220 | subìscono i girini degli anuri per giungere allo stato perfetto non permette di attribuire alla stessa causa la moltiplicazione delle loro zampe, poichè essi nascono senza arti. Durante la vita dell'embrione nell’ uovo non si produce alcun fenomeno di sviluppo relativo ad organi, la cui comparsa avrà luogo solamente alla fine d’un certo tempo dopo la nascita. L'origine della po- limelia negli anuri è quindi tuttora sconosciuta. Per giungere alla scoperta in simili casi forse, ove si potrebbe essere ajutati da un felice azzardo, bisognerebbe poter seguire dall’ istante della prima comparsa delle membra tutte le fasi di metamorfosi del girino di rana, che dovrà offrire qualche irregolarità nello sviluppo degli organi della locomozione. Ora di tali osservazioni non ne sono ancora state fatte; in primo luogo per l’impossibi- lità di prevedere se un dato uovo, o una data larva darà un individuo polimelico, in secondo per la rarità di cotale altera- zione. Il concetto sopra esposto fu favorevolmente accolto dal Du- meril e dal Fabretti. Quest’ultimo Aut. inoltre ebbe a conside- rare la semplice polimelia come un caso d’atavismo, perchè ciò ammettendo, essa viene allora ad appartenere ai fenomeni ere- ditarî e precisamente a quelli da Hackel (Hist. de la Création) compresi nella legge dell’eredità intermittente, o latente. Ma il Cavanna (loc. cit.) respinge le idee di Gervais e le com- batte dicendo che “le parole del prof. Gervais contengono un curiosissimo paradosso, che giova tosto dileguare. Tutti gli ani- mali subiscono delle meramorfosi, poco monta se fuori o dentro dell’utero o dell'uovo, e appartengono tutte, sotto un certo punto di vista, allo stesso ordine di fatti; la espressione di Gervais ha la sua equivalente in quest'altra: I girini di rane nascono senza zampe, è impossibile che in essi le zampe si sviluppino ... Non possiamo ritenere come assurdo ed impossibile che embrioni, o germi di ranidi, si fondino nel modo voluto da Geoffroy Saint- Hilaire; questa fusione darebbe luogo ad un girino mostruoso, nel quale troverebbonsi in potenza, insieme ai futuri organi del più o meno anormale autosita, quelli ancora del parassita, più o meno incompleto. , 230 C. PARONA, Per ultimo, a provare che la questione è ancora lungi dal- l’essere risolta, abbiamo come neppure le ricerche sperimentali di Dareste (op. cit.) riescirono a portare molta luce su questo punto. Egli appoggia e modifica la teoria di Geoffroy Saint-Hilaire col- l’ammettere: che i mostri doppî risultino dalla saldatura, o fu- sione più o meno completa, di due embrioni, prodottasi su un unica cicatricola. Vorrebbe ancora che, per alcuni casi, la pre- senza di arti soprannumerarî non derivi dalla fusione di due germi primitivamente distinti; in talune circostanze potrebbe di- pendere da fatti intraovarici, analoghi a quelli provocati in certi animali dalla mutilazione e provenienti dalla divisione dei bla- stodermi destinati alla formazione degli arti. Si avrebbero così fenomeni di natura identici a quelli che vuolsi conducano alla polidattilia. “Supponiamo anche, egli dice a carte 129 (op. cit.), che il vitello penetri in totalità nella cavità addominale d’un embrio- ne ben conformato e che venga assorbito, come avviene nello stato normale; se il solito vitello porta un embrione anencefalo, ridotto alla parte posteriore più o meno incompleto, queste parti sembreranno attaccate all’adipe dell'addome, o del grop- pone. dell'embrione ben conformato. Così si produrrà una mo- struosità, frequentissima negli uccelli; e che Is. Geoffroy Saint-Hi- laire descrisse sotto il nome di Pigomelia, riunendola però, collo stesso nome, ad altri mostri, la cui origine è affatto differente. Noi vediamo infatti nei pigomeli che mentre gli uni, apparte- nenti pure alla classe degli uccelli ed a quella dei mammiferi, hanno le loro membra ben conformate, avvene altri, apparte- nenti soltanto alla classe degli uccelli, nei quali l'embrione pa- rassita è impiantato puramente nell’adipe dell’ addome. D'altra parte egli è convinto che, in quanto ai mostri poli- meliani, la spiegazione di certi tipi presenta, nello stato odierno della scienza, difficoltà assolutamente insormontabili. Attualmente in nessun modo egli può rendersi ragione dell’unione di un arto col dorso in un notomele, o colla testa in un cefalomele. Quì nol non possiamo che aspettare. — Verrà senza dubbio un giorno » sà È Mii LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 231 in cui noi ritroveremo dei fatti, che ci metteranno sulla via e che ci daranno la spiegazione dell’origine di quegli strani or- ganismi. B. — Dopo queste premesse, certamente poco lusinghiere per invitarci alla ricerca di una spiegazione plausibile sull’origine dei mostri pigomelici, ci sembra a vero dire presunzione, o com- pito inutile, il voler aggiungere parole sull’ argomento. Tuttavia a me pare di avvicinarmi alla soluzione del problema, pensando che l’ origine di queste alterazioni non si debba immedesimare con quella dei veri mostri doppî. I pigomeli come vedremo in molteplici, svariatissimi esempi (capit. VI) ci presentano, è ben vero, gradi infiniti di compli- cazione, per modo che la parte parassitaria, attaccata alla sana talora può essere limitata, talora estesa; ma quest’affezione però, per quanto complicata possa essere, influenza nondimeno poche e limitate regioni del corpo autositario. Perciò non occorre, io credo, cercare una causa la quale abbia ad agire fin dai primordî dell’evoluzione e sulla totalità dell’embrio- ne, per spiegare una alterazione, diremo così, locale, e che si deve svolgere solo quando i primitivi fenomeni di sviluppo sono già compiuti. Infatti il bacino e gli arti relativi compaiono solo quando l’embrione ha già percorso molti e complicati stadî; os- sia si è già fatto complesso per l'avvenuta formazione di non pochi organi. Per il nostro caso la fusione di due embrioni, o la biforcazione di un unico germe, la presenza o meno di due cicatricole; il ricorrere alla scoperta di Balbiani della vescicola embriogena, o alla teoria di Rauber! della radiazione (teorie tutte che si possono mettere in campo per spiegare la genesi dei mostri doppî) non valgono a fissarci un punto di partenza per giungere alla soluzione; perchè tutte riguardano i primissimi stadî autogenetici. Noi non possiamo, se non affrontando l’au- torità di Dareste, ammettere, come pure vorrebbero alcuni, una 1 RAUBER A., Ueber Doppelmissbildungen bei }ì irbelthieren Virchow's Arch, Bd. 72, s. 443. id. — Die Theorien der excessiven monstra. Virchows Arch, Bd. 73, s. 551-594 u. Bd. 74, s. 66-118. 232 C. PARONA, preesistente disposizione nelle singole parti dell’embrione a farsi mostruose. “Se l’organizzazione non preesiste nel germe, non possono esistere delle mostruosità originali. L’anomalia e le mostruosità appaiono ad epoche determinate di sviluppo in seguito ad una modificazione nello sviluppo di un organo isolato, o di un nu- mero più o meno considerevole di essi. Quelle sono quindi il . risultato di un cambiamento nella direzione della forza che de- termina l'apparizione successiva e la coordinazione delle diffe- renti parti dell'embrione. ,, Ora le parti soprannumerarie che costituiscono la vera pigo- melia, lo ripetiamo, vengono a formarsi quando nell’ uovo si sono non soltanto abbozzati, ma veramente già conformati molti organi ed apparati e l’ embrione è quindi a sviluppo avanzato. Gli arti posteriori nel nuovo essere appaiono sotto forma di bottoni (Foster e Balfour!) quando l’embrione è già ben di- stinto anche nella sua configurazione esterna, e trovasi perciò in uno stadio, il quale è da lungo tempo sottratto a tutte quelle condizioni di alterazioni, che si vogliono mettere in campo per la spiegazione dei mostri doppî. Non si può quindi, a parer mio, ricercare l’origine dei mostri pigomeliani in quella qualunque siasi spiegazione, con cui si vorrebbe interpretare la genesi dei veri mostri doppî. Non è necessario che le cause produttrici della pigomelia agiscano du- rante i primi periodi autogenetici del mostro, ma basta lo fac- ciano quando comincia la formazione delle parti omologhe a quelle che caratterizzano la deformità. In allora non rimane che ammettere, che in quella parte ri- stretta, destinata a presentare la mostruosità abbiano ad agire cause qualsivogliano, dirette a provocare od un eccesso di for- mazione, oppure una divisione degli elementi destinati alla for- mazione di quelle parti normali, perchè si appalesi la pigomelia. Con ciò non si mostrerebbe del tutto paradossale quanto i Foster et BALFOUR, Hléments d’embryologie. trad. p. E. Rochefort. Paris, 1877. n a 6535LÒ:Ì]: n LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 233 ebbe a dire Gervais; e si comproverebbe la verità di quanto ebbe ad esprimere Dareste; il primo dei quali, abbiamo veduto, riferì che: durante la vita dell'embrione nell'uovo non produ- consi fenomeni relativi ad organi la cui comparsa avrà luogo so- lamente un certo tempo dopo la nascita; ed il secondo, il quale vorrebbe che in alcune circostanze la presenza di arti sopran- numerarî possa derivare da fatti intraovarici, analoghi a quelli provocati in certi animali dalla mutilazione e provenienti dalla divisione dei blastemi destinati alla formazione degli arti; cioè si entrerebbe nella serie di quei fenomeni che condurebbero alla polidattilia. Ciò collimerebbe infine colle idee di Foerster,® pel quale la classe dei pigomeli sarebbe uno stadio di passaggio dalla sua duplicitas posterior al semplice aumento delle estremità po- steriori, senza partecipazione del così detto asse del corpo. Se- condo lui vi sarebbe, in questi casi, un raddoppiamento delle due estremità inferiori e talora anche del bacino e delle parti genitali; ma sempre senza che la colonna vertebrale partecipi a questo sdoppiamento. A me basta aver esposte queste brevi considerazioni, non inten- dendo entrare in discussioni, o critiche delle diverse teorie, già troppo combattute con varie vicende e con poco profitto per di- lucidare l’argomento; nè intendo discendere a particolari, i quali potrebbero trovare fors’anco facile spiegazione; non disconoscen- do come queste mie vedute possano anche presentare qualche punto vulnerabile; il che certamente dipende da difetto di osser- vazioni e di esperimenti, diretti a sciogliere l’incognita, finora completamente falliti. 1 FoersTER Auc., Die Missbildungen des Menschen. Jena, 1861, pag. 30 e tav. V, ed. VIII. 234 C. PARONA, CAPITOLO QUARTO. Caratteri ed Andamento. A. — Il limite della pigomelia non è ben segnato; da essa insensibilmente si passa ai veri mostri doppî. Qualche autore per ciò escluderebbe da questo gruppo tutti quei casi, in cui arti accessori, regolari nel loro aspetto, pendono da due bacini, più o meno completi ed attaccati ad un tronco unico. Ma ciò facendo, io penso, ci allontaneressimo dal concetto in- dicato da Is. Geoffroy Saint-Hilaire, il quale, dandoci i caratteri della pigomelia, non escludeva la presenza di una pelvi acces- soria. Inoltre non pochi autori posteriori, assegnando i loro casi alla pigomelia, vi ammettono anche quelli che presentano una porzione rilevante, o non, di bacino soprannumerario. Una prova la troveremo negli esempi registrati da autorità conclamate in materia, quando ne daremo un sunto nel capitolo speciale. Per parte mia sono d’ avviso d°’ escludere soltanto quei casi in cui si presentano due bacini completi, colle rispettive membra egualmente sviluppate, attaccati ad un unico tronco. Considerata in generale, la pigomelia offre delle variazioni molto numerose e per lo sviluppo maggiore, o minore delle di- verse parti parassitarie e per le altre alterazioni concomitanti, più o meno legate ad essa. a) Il numero degli arti sopranumerarî varia da uno a due. Allorquando ne esistono due, essi sono talvolta liberi in tutta la loro lunghezza bene o male conformati; talaltra saldati fra loro lungo i lati che si corrispondono, per un tratto variabile, per cui l'unione è più o meno completa. Questo ultimo caso avviene principalmente quando gli arti trovansi attaccati ad un bacino soprannumerario molto ridotto, per modo che allora essi si tro- vano vicinissimi l’uno all’altro. Nel primo caso anche alla semplice osservazione esterna, l’ani- male presentasi fornito -di due membra, nel secondo ne offre ap- LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 235 parentemente uno solo. — Uno solo apparentemente dissi, per- chè spesso sono palesi gli indizî dell’ avvenuto coalito; cioè la parte ossea dei due arti, sebbene distinta l’una dall’altra, è in- volta dalle parti molli in un’ unica massa: muscoli, adipe, tegu- menti. Altra volta però esiste realmente un solo membro accessorio ed in questo caso è per solito deforme e spesso anche rudimen- tale. La riduzione può presentare infinite gradazioni e spingersi fino alla scomparsa della coscia, della gamba, del piede e rima- nere soltanto un dito, come rappresentante dell’arto ed ultima traccia dell’anomalia. Gli arti soprannumerarî, qualunque ne sia il loro numero, possono essere più o meno completi anche riguardo . alle diverse loro parti; così rispetto alla coscia, alla gamba, al numero delle dita; le quali parti talora sono in numero e confi- gurazione pari a quelle degli arti normali e tal’ altra in numero maggiore o minore. Spessissimo inoltre presentano le diverse ossa mal foggiate e le articolazioni anchilosate o semianchilosate ; il che certamento è dovuto al difetto di esercizio. Possono ancora queste parti scheletriche essere originariamente o successivamente mal conformate per fratture mal consolidate, o per altre malattie, od anche essere imperfettamente ossificate o semplicemente cartila- ginose; 0) A seconda della maggiore o minore perfezione dell’arto o degli arti accessorî i loro attacchi colla parte normale, sono più o meno profondi, sicchè, ad esempio, quando si tratta di arti rudimentali la loro inserzione si fa o per la sola pelle o per puro tessuto adiposo al contorno dell’ano (Ruysch),' od alla estremità superiore del femore, mancando traccia di un bacino soprannumerario. Al contrario quando l’arto è piuttosto ben sviluppato, l’ inserzione si va facendo più salda, meno imperfetta e spesso il femore si inserisce ad un bacino, anch’esso per lo più rudimentale, che alla sua volta può presentare intimi rapporti col bacino normale, oppure trovarsi semplicemente involto dalla muscolatura della regione, o da masse rilevanti di adipe. 1 Adversaria anatom. déec. I. 2 VIII, N. 5. 236 C. PARONA, . Questa modalità si presenta molto frequente negli uccelli; dove allora la regione sacro-cocigea vien spinta lateralmente per modo che gli arti soprannumerarî trovansi impiantati, non veramente fra le membra pelviche normali, ma bensì all’ indie- tro e talvolta di molto; c) La pigomelia inoltre può presentarsi in un grado mag- giormente complicato. — Il bacino accessorio si articola con una porzione maggiore o minore del bacino normale e ciò lo può fare persino con vere suture. Allora si vede il bacino accessorio inter- porsi fra la parte posteriore delle ossa iliache ed il sacro che vennero spinte da un lato, o fra le ossa iliache e le ischiatiche, oppure a livello di una delle due cavità cotiloidee del bacino, o per ultimo in qualsiasi altra porzione ossea del cinto. d) I rapporti degli arti soprannumerarî col corpo dell’ani- male autosita non si limitano però sempre a tutti quelli fin quì indicati: riguardo cioè al numero degli arti, al posto ed al loro modo diverso di inserzione. In alcuni casi, muscoli, molto o poco sviluppati, con tessuto fibroso più o meno resistente, stabiliscono un legame sempre più intimo fra la parte normale e ia terato- logica e spesso si può riscontrare un coalito più o meno esteso fra gli arti soprannumerarî ed i normali. Un simile caso ci fu descritto da Duplay! in un pollo, nel quale gli arti accessorî erano saldati fra loro nella porzione femorale ed erano ambedue uniti ad uno dei normali, non soltanto pel tegumento, ma ben anco pei legamenti profondi fibrosi e muscolari; tanto da nascondere e confondere per buon tratto la parte normale colla mostruosa. In altri esempi al contrario l’aderenza fra la parte mostruosa e la normale è molto lieve, superficiale e talora perfino non du- ratura. In una oca pigomelica, narra Is, Geoffroy Saint-Hilaire (op. cit. pag. 201, nota 2°) vide staccarsi la zampa accessoria, che stava attaccata all’ adipe del groppone. Ciò avvenne dopo parecchie settimane dacchè l’uccello covava; e pare che abbia i DupLav S., Note sur un coq monstrueua polymelien. Gen. ischiomele. Bullet. de la Soc. anatom. de Paris. XL, An. 1865, 2.e sér. Tom. 4, pag. 355-359. LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. DO potuto, per tutto quel tempo, esercitare sulla detta parte una prolungata pressione, od una forte trazione. e) Il bacino normale, per quanto dicemmo; subìsce anch'esso delle rimarchevoli modificazioni, massimamente nella conforma- zione e nella fusione di una parte di esso con quelle dell’acces- sorio. — Di siffatti esempi ne abbiamo parecchi e fra gli altri quello descritto da Charlier (loc. cit.) di un pollo in cui il bacino nor- male si confondeva colle due cavità cotiloidee riunite di un ba- cino soprannumerario, piccolissimo ed imperfetto. Anche tutta la parte del cinto pelvico normale va soggetta a modificazioni, le quali si riferiscono principalmente, come si è veduto, alla deviazione della colonna vertebrale nella regione sacro-cocigea; e quindi anche allo spostamento, dalla linea mediana del corpo, degli arti normali e delle parti annesse. Talora l’ alterazione consiste in un arresto di sviluppo più o meno notevole; per modo che, sebbene non sempre, può conse- guirne perfino un’ impedimento nei liberi movimenti degli arti normali. Infine dobbiamo notare che, per la intromissione di una -parte soprannumeraria fra le diverse ossa del bacino, ne deriva un allargamento della cavità pelvica, talvolta considerevole e tale da cagionare, oltre che perturbazioni ed ostacoli nella gesta- zione e nel parto, anche svariatissime alterazioni agli organi che vi stanno racchiusi. Così non è raro che colla presenza di bacino accessorio, nel quale trovansi cavità omologhe a quelle nelle quali, ad esempio, negli uccelli vi sono innicchiati i corpi renali, questi si presentino allora in numero corrispondente a dette cavità, con altrettanti lobi soprannumerarî. Così ci riferi- rono in diversi casi Larcher, * Goubaux ? ed altri. f) Veniamo ad altre modificazioni concomitanti la pigome- n lia e la cui presenza non è costante. 1 LARCHER O., Note pour servir à V hist. de la Pygomelie chez lez oiseux. Mé- langes de patholog. compar. et de tératol. Fase. 1. Paris, 1873. ? GOUBAUX A., Descript. d’une poule monstrueuse apparten. au genre Pygoméle. Compt. rend. de la Soc. de Biologie. 3.0 sér., T. III, pag. 92, 1862. 238 C. PARONA, Accennasi al caso di Charlier (loc. cit.), di un piccione, nel quale, fra le membra accessorie, esisteva un secondo groppone, adorno di piume discretamente sviluppate. La base degli arti soprannumerarî va solitamente coperta da penne, o da peli, più o meno abbondanti e somiglianti perfetta- mente alle normali o talora, precipuamente le penne, molto dis- simili. Nelle rane non è infrequente che insieme alla deformità, di cui ragioniamo, vada congiunta l’anomalia numerica delle dita; tanto in eccesso che in difetto. Nei mammiferi inoltre non è raro il vedere, alla base delle appendici soprannumerarie, qualche porzione di organo sessuale, a giusto dire, però sempre imperfetta, ed ancora delle mammelle. Spessissimo colla pigomelia occorre la presenza di due ani, bene o male conformati. L’uno dei due fori, posto come di norma, od in luogo molto vicino è la vera apertura anale e l’al- tro si ritrova più o meno lontano del primo e può essere rap- presentato da una vera apertura comunicante coll’ intestino, mediante speciale condotto, oppure essere rappresentato da un fondo cieco, o da un semplice tubercolo, fornito o no, di un vero orificio. I due ani, quando sono pervii, possono servire ambedue all’ escita della materia fecale; tanto nel caso che conducano a due rami del retto biforcato, quanto che mettano ad un’ ampia cloaca, o semplice dilatazione del retto. Alcune volte però uno dei due fori è destinato al passaggio degli escrementi e l’altro delle ova, o del prodotto maschile ed allora questo ultimo è per lo più il sinistro (negli uccelli). L’estremità inferiore dell'apparato digestivo, nonchè il sistema genito-urinario subìscono, contemporaneamente alle deformità in discorso, altre rilevanti alterazioni. Solitamente evvi una grande cloaca, od un canale, completo o non, in relazione coll’ intestino normale, oppure vi è una vera biforcazione del retto, come so- pra indicammo. Negli uccelli poi è frequentissima l’esistenza di tre ciechi, ben sviluppati, come riferirono non pochi autori e come io stesso ebbi campo di riscontrare in parecchi casi. a è Li - $ $ b K L gd x LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 239 | 9) Maggiori e più minute indagini anatomo-fisiologiche sulle parti accessorie sono per verità molto scarse. — Van Deen,'! trovandosi in favorevole occasione, osservò in un batracio esa- mele l'arteria inguinale destra costituire, indipendentemente dai ‘rami che essa dava regolarmente, un tronco ben presto diviso in due rami, destinati ciascuno ad uno degli arti soprannumerarî, attaccati al lato sinistro del bacino normale. Di più constatò che le due zampe soprannumerarie erano animate da filamenti ner- vosi, provenienti dalla branca esterna del nervo inguinale dello stesso lato, il quale era molto più sviluppato di quello che lo sia nelle rane sane. Otto ® rimarcò spesse volte che negli uccelli pigomelici non mancavano vasi e nervi speciali; i primi provenienti dai rami caudali, i secondi dai nervi ischiatici. Ultimamente ancor io * ebbi opportunità di descrivere vasi sanguigni e nervi in una gamba accessoria di un gallo e di seguirne l’andamento. Di ciò diremo, insieme ad altri esempi, al Capit. VI. Del resto queste particolarità anatomiche variano immensa- mente da individuo ad individuo; ed è da lamentarsi che, stante il metodo adottato, o lo scopo prefissosi dai singoli autori, od infine perchè l’esame degli organi interni fu il più spesso tras- curato o impossibile, ancorà in oggi troppo poco si conosca a questo riguardo; e quel poco soltanto è limitato, in generale, agli uccelli od ai mammiferi. B. — Tutti i mostri polimeliani offrono grande analogia fra loro, sia nella conformazione esterna od interna delle loro por- zioni parassitarie, sia nell’influenza fisiologica tra loro e col- l'individuo autosita che li porta: a) I pigomeli sono fra i polimeliani quelli che presentano più frequentemente anormalità profonda agli organi genitali. 1 VAN-DEEN, Anatomische Beschreibung eines monstrozsen sechsfiissigen Wasser- Frosches. Leiden, 1838. ? Otto Ap. G., Monstrorum sexcentorum descriptio anatomica. Vratislavia, 1841. * PARONA C., Nuovi casi di pigomelia nei vertebrati. Giornale di Anat., Fisiol. e Patologia degli animali. fasc. IV, 1881. — (Vedi Capitolo VI, N. 26). 240 C. PARONA, Quando invece non esiste assieme all’ alterazione in discorso un’altra grave anomalia, la semplice presenza di membra sopran- numerarie non porta gravi disturbi all'animale che ne è affetto, eccettuato l’impedimento, più o meno rilevante, nell’ufficio di alcune funzioni. L'animale non risente difficoltà nel compiere i molteplici atti relativi alla vita individuale e può vivere bene anche per lungo tempo, raggiungendo spesso una età molto avan- zata. Questo lo presentarono parecchi esempi di rane, di polli, di mammiferi e perfino dell’uomo, vissuti lunghi anni; e morti in seguito per malattie affatto estranee alla pigomelia. Epperò, a meno che non esistano malattie incompatibili colla vita (come vedremo per pochi casî, che presentarono contemporaneamente agnatocefalia, ecc.), nella generalità la loro esistenza può essere lunga e prosperosa. Allorquando non concomitano gravi alterazioni all’apparecchio generativo, maschile o femminile, i pigomeli possono essere atti alla riproduzione. Riportansi infatti numerosi casi di galline pi- gomeliche le quali deponevano uova sanissime; o di galli che si mostrarono sempre pronti al compimento delle loro funzioni gene- rative. — Due polli e due oche pigomeliche osservate da Geoffroy S.-Hilaire (op. cit.) diedero gran numero d’ova, dalle quali non si ebbe neppure un pulcino mostruoso. — Una vacca pigomelica, de- scritta da Joly e da Filhol, ' fu fecondata e si sgravò. Asseri- scono però gli autori stessi essere per nulla attendibile il fatto narrato dal proprietario, che cioè avesse procreato un vitello anche lui mostruoso ed appartenente al Gen. Derodimo. I pigomeli, come tutti gli altri polimeliani, e come avviene anche degli eterodelfi, hanno i loro prodotti sempre normali. Alcune volte la sterilità dipende, più che da difetti interni, dalla peculiare disposizione della parte esterna mostruosa, che può essere tale da rendere difficile od anche impossibile l’avvi- n cinamento dei sessi. Una tale modalità ci è indicata dalla gal- 4 JoLy N. et FrLHoL E, Description d’un monstre pygoméle de l’éspèce bovine, ecc. Mém. de l’Acad. di Sc. de Toulouse, 1852. sJ î , LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 241 lina descritta dal prof. Canestrini (loc. cit.) nella quale era im- possibile l'accoppiamento, stante la posizione eccentrica dell’aper- tura sessuale e per la mancanza di un sufficiente sostegno pel maschio. In conclusione questa alterazione non è mai per sè stessa in- compatibile colla vita del colpito; gli arti accessorî sono affatto inutili, anzi di noia o di imbarazzo; ad ogni modo nell’ uomo constituisce sempre una grave deformità, per fortuna molto rara; b) Riguardo alla motilità della parte accessoria si osservano pure delle variazioni notevoli; come rileveremo da qualche esempio. | Nel gallo illustrato da Duplay (loc. cit.) per l'unione degli arti accessorìî ad uno dei normali, i movimenti impressi all’arto principale, il più mobile, si comunicavano anche agli altri due, sicchè non se ne poteva servire neppure per la stazione; ed era obbligato rimanere sulla sola zampa del lato opposto e progre- dire a salti. Lunel! conservò viva per qualche tempo una rana pigume- lica, e potè accertarsi che le membra accessorie erano dotate di movimento, ma non potevano servire al nuoto; a ciò fare la rana usava soltanto le zampe normali. Anzi la posizione all’avanti degli arti soprannumerarî impacciando, senza dubbio, fin da ‘principio i movimenti di locomozione, occasionò la torsione del terzo superiore del membro principale e l'allontanamento della sinfisi pubica del bacino normale. c) La sensibilità del parassita in generale è ottusa, talvolta al contrario alcune parti lo sono squisitamente. Così ad esempio nel parassita maschio della vacca studiata da Joly e Filhol (loc. cit.), il pene era suscettibile di una semierezione; e gli autori medesimi si convinsero che, toccando o quest’organo, o il testi- colo (?), posto alla base, gli orifici anale e vulvale della vacca 4 LunEL G., Sur deux cas de Polymélie observés chez la Rana viridis, seu escu- Tenta. Mém. de la Soc. de Phys. et d’ Hist. nat. de Genève. T. XIX, 2.0 Pie, p. 8. Vol.. XXVI. 16 242 C. PARONA, si contraevano visibilmente. Ancelet * ancora, a proposito di un caso di pigomelia in una bambina, notò che per poco si pizzi- cassero lievissimamente le zampe accessorie, in qualsiasi punto, la paziente emetteva istantanee grida. d) Per ultimo le diverse parti delle appendici soprannu- merarie vanno incontro a fasi svariate; e talora di molto rilievo. Spesso avviene che la porzione mostruosa cresce ed ingrossa col crescere dell'individuo autosita, sempre godendo di liberi movimenti; tal’altra invece questi moti, dapprima liberissimi, si fanno in seguito sempre più difficili, cessando poi del tutto, per- chè le articolazioni diventano anchilotiche. Può darsi ancora che, collo svilupparsi dell'individuo princi- pale, la porzione accessoria non faccia altrettanto; nè ciò solo, ma può anche accadere che, massimamente l’ estremità degli arti, si vada atrofizzando, essiccando, sfogliando, o venga colpita da gangrena e ne cada un tratto più o meno esteso (le dita per solito). Non mancano esempi in cui le ossa accessorie ammalarono, 0 di osteomalacia, o di altre affezioni; ed allora queste infermità hanno un decorso identico a quando colpiscono appendici nor- mali. Non è da tacersi la degenerazione adiposa, che si riscontra nelle parti molli circondanti la regione, che dà attacco al pa- rassita, e di quella degli stessi arti mostruosi. Frequentissimamente si ritrovano delle fratture, o traccie di altre già avvenute; il che facilmente è spiegabile dalla posizione precaria delle appendici accessorie, molto esposte cioè agli urti, ed agli altri agenti esterni; agli sforzi che fanno molti individui per sbarazzarsi dell’incomodo; nonchè per la natura e condizione delle ossa, spesse volte fragilissime per incompleto sviluppo o ner malattia, o per deficienza di muscolatura e delle altre parti molli, che li dovrebbero proteggere. 4 ANCELET E., Note sur un cas de Pigomélie dans l’espèce humaine. Gazette des hopitaux (La Langette frangaise). 42.° an., N. 147, pag. 582, N. 149, pag. 590-1869. LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 243 CAPITOLO QUINTO. Prognosi e Cura. Da tutto quanto precede, non riesce difficile indovinare quale debba essere il pronostico riguardo alla alterazione di cui trat- tiamo. Si ebbe già a notare che la vita, non concomitando altra grave affezione, non è impossibile, ma che di frequente può invece es- sere lunga e prosperosa. Però se ci facciamo a consultare la sta- tistica dei casi di pigomelia, ci accorgiamo come i dati non sono molto favorevoli, perchè si vede come la mostruosità si è pre- sentata, nei giovani e nei neonati, in numero sproporzionatamente superiore che non negli adulti. Ora riflettendo a questo fatto ci convinciamo che esso (almeno nei bruti) dipende da due cause principali; diverse fra loro, ma molto potenti. La prima risiede nella grande legge della lotta per l’ esi- stenza, secondo la quale i pigomeli vengono ad avere relativa- mente la peggio; non fosse altro, tacendo dell’estetica, per l’imbarazzo loro arrecato dalle parti sovrabbondanti, che pos- sono incagliare il buon andamento del vivere loro. In secondo luogo la cura dei genitori (intendo riferirmi an- cora ai bruti) per questi esseri deformi potrebbe fors’anche es- sere trascurata; per modo che allora essi possono facilmente soccombere in quella tenera età, che ha bisogno invece di tante attenzioni. Inoltre (e ciò è riferibile agli animali domestici) l’uomo, sem- pre preoccupato nella intelligente selezione per il lodevole scopo di migliorare le razze, o desioso di conservare quanto colpisce i sensi, massime se non conforme alla norma, o infine perchè spinto dall’ interesse, è sollecitato a togliere, innanzi tempo, la vita a questi esseri; appunto o per sottrarli alla riproduzione, credendoli capaci di perpetuare una razza deforme, o per con- servarli allo studio, o infine perchè giunti a stato adulto il com- 244 C. PARONA, merciante dubita che possano avere un valore minore e che quindi egli non abbia avuto il tornaconto a curarne 1° alleva- mento. i Ad ogni modo, fatta ‘astrazione di tutte queste considera- zioni sfavorevoli, possiamo affermare che Za prognosi di questa affezione è, per sè stessa, giammai ‘infausta. Se però la vita non è in serio pericolo, abbiamo d’altra parte ‘ più volte ripetuto, che per l’ individuo affetto, la pigomelia è pur sempre una affezione tale da deturpare l’aspetto non solo, ma anche da cagionare imbarazzi talora rilevanti. E ciò a mille DI doppi quando è l’uomo che ne è colpito; pel quale non occor- rono molte parole per dimostrare che è sempre una gravissima deformità. Non dovremo noi perciò fare ogni sforzo, studiare ogni mezzo possibile per liberare il paziente di quell’oggetto di meraviglia ed insieme di ribrezzo? A tentare ciò siamo guidati dall’osser- vazione e dall’esperimento, dalla scienza e dalla pratica; che ci confortano nel rintracciare ajuto e nel ricorrere alle risorse del- l’arte, per far scomparire od almeno diminuire cotali deformità. Senza ripetere il caso registrato da Is. Geoffroy Saint-Hilaire di un’oca, la quale colla compressione, a lungo esercitata sulla parte soprannumeraria, era riescita a sbarazzarsene, vediamo in- indicati altri esempi, in cui le parti maggiormente esposte agli agenti esterni facilmente si atrofizzarono, si sfogliarono e cad- dero spontaneamente. E lo stesso effetto si potè osservare pro- vocato da malattie speciali della parte. Sperimentalmente abbiamo che, per esempio: ad Otto (loc. cit.) venne presentata una bambina, che aveva al cocige un dito so- prannumerario e che venne in seguito esportato felicemente dal dott. Rothe. — Weber C. 0.'! diede notizia di un uomo, il quale avendo al sacro un tumore congenito con due dita accessorie, grosso quasi quanto la testa di un fanciullo e che continuamente ingrossava, gli venne fatta l’ablazione. — A Jesi il prof. G. 1 WEBER, Archiv fiir pathologisch. Anat. Vol. VI, fase. 4. LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 245 Corradi esportava un arto accessorio, che pendeva dal cocige di una bambina. — Inoltre molti autori, in diverse circostanze. esternarono la loro convinzione della piena riescita di un inter- vento chirurgico per numerosi altri casi. Così pensarono e si espressero Ancelet (loc. cit.), Larrey,! Hervieux, * ecc. riguardo all’ uomo. Ora se ciò può essere per l’uomo, è da convincersi che. gli esiti dovranno certamente essere ancora più felici negli animali; nei quali, tutti conoscono, quanto sia più vigoroso e più rapido il processo riparatore, e più grande sia l’attitudine che essi hanno a sostenere con fortuna operazioni di alta chirurgia. In ogni caso è superfluo dichiarare che la decisione per un atto operativo qualsiasi, dovrà essere preceduta da uno scrupo- loso e minuto esame dello stato delle diverse parti, della co- noscenza perfetta dei rapporti fra la porzione mostruosa e la normale; fare attenzione al grado della alterazione, all’età del paziente ed a tutte quelle altre condizioni favorevoli, o sfavore- voli all’ operazione, che certo non potranno sfuggire all'occhio pratico dell’operatore. Indicate queste condizioni non sta a me il discutere se sarà da preferirsi un metodo di operazione piuttosto che l’altro; piuttosto la disarticolazione, che la resezione o una legatura qual- siasi; se si dovrà estendere l’ablazione ad una parte soltanto, od a tutta la porzione mostruosa, ecc. CAPITOLO SESTO. Descrizione dei casi. Moltissimi sono i casi di pigomelia registrati negli annali scien- tifici, o in memorie speciali. Ora noi riferiremo in succinto dei principali esempi, che ci fu possibile consultare; senza pretendere di non averne dimenticato alcuno, nè di presentarne perciò una 1 LARREY, Gazette médicale de Paris, 1874, pag. 22. ? HERVIEUX, Gazette médicale de Paris, 1874, pag. 21. 246 C. PARONA, raccolta completa. La grande difficoltà di poter disporre della necessaria bibliografia fu l’unica causa di tale difetto. Aggiun- gerò invece a siffatti esempi il non scarso materiale, che ebbi agio, in diverse contingenze," di esaminare e studiare con parti» colare attenzione. A. — Non si trovano descritti esempi di pigomelia nei Pe- scîi. Un solo esempio di polimelia anteriore venne fatto cono- scere da P. Gervais (loc. cit.) in una Raîa clavata, nella quale l’arto accessorio si attaccava alla regione cervicale. Perciò non si possono ritenere soggetti a questa mostruosità i pesci in generale; non esclusi ancora quelli in cui pure vi si potrebbe considerare un vero cinto pelvico. B. — È nella classe dei batraci, ove la messe si fa copiosa ed è rimarchevole che, mentre si trova frequente nei batraci anuri, al contrario, come già si accennò, non si incontrarono fi- nora esempi d’aumento numerico delle membra posteriori negli urodeli. Il prof. Cavanna,° in due suoi recenti lavori, riporta i casi di polimelia nei batraci anuri fin quì conosciuti e li somma a ventinove. A questi ora io posso aggiungerne alcun altro già noto ° e due nuovi, che descriverò più sotto. 1. Vallisnieri* fino dal 1706 ebbe a pubblicare che una rana pigomelica era stata presa a Scandiano. L’arto accessorio stava a destra dell’estremità del cocige e la zampa posteriore sinistra offriva sette dita. 1 Colla massima compiacenza esprimo pubblicamente la mia riconoscenza ai chia- rissimi signori Maggi prof. Leopoldo della Università di Pavia, Prada prof. Teo- doro, direttore del Museo civico pavese e Calderini prof. Pietro, direttore della scuola tecnica di Varallo ed unito Museo di storia naturale, per la liberalità colla qualo misero a mia piena disposizione il materiale scientifico, che è base di questo lavoro. 2 CAVANNA G., Descrizione di alcuni batraci anuri polimeliani. Pubblicaz. del R. Ist. di studî super. in Firenze, 1878. — Ancora sulla polimelia dei batraci anuri. Pubblicazioni c. s. 1879. 8 TARUFFI C., Nota storica sulla polimelia delle rane. Atti della Soe. ital. di se nat. Milano, 1880. vol. XXIII. 4 VALLISNIERI ANT., Galleria di Minerva, 1706. p. 285. vol. V. — Nuove osserva- zioni fisico-med. Venezia, 1715, p. 203. — Opera omnia. Venezia, 1733, vol. III, p. 306. LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 247 «2. Un secondo esempio di pigomelia è probabilmente quello di Guettard. ! La zampa soprannumeraria, egli dice, non sem- . bra che si sia formata a spesa della zampa inferiore destra, = vicino alla. quale è situata, perchè questo membro ed il suo omologo sono nel loro stato naturale ed articolate come deb- bono esserlo. L'articolazione dell’arto soprannumerario si fa al disopra della gran zampa destra, la quale al pari della sinistra è normale ed articolata come di regola. L’ arto accessorio si adagia e si articola in una solcatura, che-trovasi lungo il ven- tre; ed il margine del solco stesso è segnato da un rialzo. Non venne però praticata la dissezione, epperò è difficile accertarsi se si trattava di una vera pigomelia piuttosto che di una ga- stromelia. 3. Un terzo caso venne descritto da Otto? in una rana, nella quale si osservava una terza zampa posteriore. Essa stava inserita a destra e di fianco alla normale; era lunga quanto questa ed anche bene conformata. 4. Van Deen nel 1838 (loc. cit.) fece soggetto di disserta- zione anatomica un individuo di rana esculenta, che aveva sei zampe. Il pajo posteriore, che era soprannumerario ed il bacino rudimentale col quale esso si articolava, si vedevano sporgere vicinissimo alla estremità del tronco a sinistra della linea me- diana, sulla quale l’una di esse si distendeva un poco. Più corte e meno voluminose delle zampe normali, non erano simili l’una all’altra; la più interna non era grossa come la zampa alla quale corrispondeva e nello stesso tempo ne era anche più corta. Tale brevità, poco marcata alla coscia ed alla gamba lo diven- tava molto più al tarso e soprattutto al metatarso e alle dita; questi erano in numero di cinque; il pollice e le due dita se- guenti offrivano nella loro lunghezza rispettiva le differenze abi- tuali, mentre il quarto, invece di essere il più lungo, sorpassava appena il terzo e non raggiungeva la lunghezza del quinto. La i GuETTARD Cu., Sur differentes monstruosités des plantes et d’animaux. Mém. sur differentes parties des sc. et arts. T. 5, 1er Mém., p. 25, tab. 18, fig. 3. Paris, 1783. 2 OTTO, Seltene Beobacthungen. I. Band, p. 24. Breslau, 1816. 248 C. PARONA, gracilità dell'altro arto era ancora più spiccata, essendo inoltre incompleto. 5. Van der Hoeven,' dopo aver riferito che Otto ebbe a descrivere una rana verde a tre piedi posteriori, soggiunge che lui possedette per gran tempo una Rana esculenta, con sei piedi; cioè con quattro posteriori e che i due soprannumerati. si attaccavano alla sinfisi pubica. 6. A. Thomas trasmise al Dumeril, il quale ne diede un sunto nella sua memoria, la descrizione di un rospo comune (Bufo vulgaris) che era deposto nel museo di Nantes, di medie proporzioni ed affetto da polimelia. — Un arto accessorio è inse- rito fra l’osso sacro e l’articolazione della coscia e si compone; di una coscia di 0",010 di lunghezza; di una gamba sinistra di 0,028; di un tarso e di tre dita solamente, misuranti comples- sivamente 0",018. Le dita sono riunite da una larga membra- na; tutto l’arto è gracile e sembra nera non fosse stato capace di data movimento.° Dumeril (loc. cit.) ne descrisse tre casi; due di rane penta- meliche ed uno esamelica. 7. Una rana verde offre le zampe pelviche normali e lun- ghe 0",080. Alla faccia posteriore del bacino ed a sinistra della linea mediana pende una zampa gracilissima, lunga soltanto 0”,045, mobile, ma non atta al nuoto, come potè assicurarsi l’autore, durante la vita dell’animale; la brevità deriva dalla mancanza del femore. Sull’osso iliaco sinistro si vede al davanti dell’articolazione coxo-femorale una deformità, dovuta all’allar- garsi di quest’osso, che si biforca e che presenta una piccola apofisi diretta all’indietro, quasi a rappresentare una specie di cavità articolare, irregolare ed incompleta; mancando il femore, l’arto si unisce coll’osso iliaco soltanto con parti molli. Come A VAN DER Haven, Fragments zoolog. Mém. de la Soc. de Strasbourg. T. IIL p. 6, 1540. 2 Di questo caso ne venne letta una nota dallo stesso Thomas in una seduta della sezione di St. nat. de Za Soc. académ. du département de la Loire infér., ma non fu stampata. LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 249 il tarso, il piede ha conformazione normale, ma presenta sei | metatarsi, e sei dita. La zampa fino al tarso non offre traccia . di fusione di due arti e tuttavia vedendo il piede così conformato, _ si direbbe risultare, al di là del tarso, da tre metatarsi e da tre | dita, le più esterne dei due piedi, colla scomparsa dei due in- terni di ciascuno. n 8. Il secondo batracio, di cui parla Dumeri], è una rana rossa (Rana temporaria, Linn.) normale in tutto, salvo che, un poco al davanti della zampa normale sinistra, sì vede partire dalla regione pelvica una zampa accessoria, più gracile delle altre, ma non molto deforme. Vi ha un femore, per nulla atro- fico, che si articola con un allargamento dell’osso iliaco, ma la cavità cotiloidea offre due apofisi, l'una anteriore e l’altra po- steriore, limitanti la piccola infossatura, completata poi da un legamento capsulare, e destinata all’articolazione della coscia. Le lunghezze delle diverse ossa di quest’arto sono le stesse di quelle delle membra normali. I metatarsi e le falangi dei due piedi sono in numero di cinque solamente. 9. L'ultima rana, della quale fa cenno Dumeril, appartiene alla specie Rana clamata, Daud. proveniente dagli Stati Uniti a- mericani. È un’individuo esamele e le due zampe soprannumerarie sono fisse, non alla regione posteriore del bacino, ma alla parte anteriore. Le ossa pelviche sostengono un rudimento di bacino, costituito da due piccole cavità cotiloidee, riunite sulla linea mediana per il punto corrispondente della porzione interna di ciascuna di esse e che ricettano, sebbene non in totalità stante la loro piccolezza, le teste dei due femori. Lo sviluppo delle diverse parti dei due arti accessori è regolare, soltanto sono. meno lunghe; come pure le ossa ed i muscoli sono più gracili di quelli dei normali. La disposizione del bacino rudimen- tale è analoga a quella indicata da Van Deen (loc. cit.) pel suo caso. | 10. Raph. Cisternas ! diede notizia di una mostruosità po- i RAPHAEL CISTERNAS, Polymélie dans un Alytes obstetricans. Revue et magasin de zoologie. 2. sér., Tom. XVII, p. 287, sept. 1865. 250 | C. PARONA, limelica in un rospo ostetricante (Alytes obstetricans, Wagl.), stato raccolto nel giardino botanico di Valenza (Spagna). Pre- senta molta analogia colle due rane descritte da Dumeril. Por- zione parassitaria a sinistra; arto accessorio gracilissimo ; fe- more poco sviluppato; metatarsi e falangi ancora meno; arti- colazione coxo-femorale con mobilità perfetta; lunghezza dell’arto 1 cent. e 3 millim. Il prof. Gius. Balsamo-Crivelli (loc. cit.) descrisse tre rane (Rana esculenta) polimeliane, che trovansi nel museo di anato- mia comparata dell’ Università Ticinese. 11. L'individuo più piccolo, così s’esprime l'illustre e ve- nerato mio maestro, fu riposto nel gabinetto, non so il perchè, con amputata la testa. Esso mostra tre gambe posteriori, delle quali due normali ed una terza soprannumeraria. Quest’ ultima la si osserva inserita al lato sinistro, dietro l'articolazione della gamba sinistra, vicino alla sinfisi del pube. Questa gamba accessoria è più gracile e più corta delle normali, però si osserva che, men- tre il femore delle normali è lungo circa 9 millim., all’incontro a 10 arriva la lunghezza Fig. 181 dell’accessoria. La lunghezza totale delle nor- mali è di circa millim. 40, mentre quella del- l’accessoria è solo 37 millim. Le dita delle membra normali non mostrano anomalia alcuna, mentre quelle della zampa accesso- ria si presentano come distinte in due porzioni, l'una con due dita, non congiunte da membrana interdigitale, l’altra con tre dita. 4 Corredavano questo lavoro alquante tavole, le quali furono causa che esso non abbia potuto fin quì essere pubblicato, stante la spesa rilevante. A ciò rimediare fui obbligato sostituirvi piccole incisioni in legno. La ragione ora indicata spiega inoltre il notevole ritardo nella pubblicazione di queste pagine per parte dell’Aut. Fig. 1.2 — Rana pigomelica descritta dal prof. Balsamo; appare il punto d’inser- zione, la direzione e la proporzione dell’ arto subcenturiato coi sani, nonchè il piede diviso in due porzioni, una a due l’altra a tre dita. LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 251 .Riflettendo alla disposizione di queste dita ed alla loro fi- gura, sembra che si possa essere autorizzati a ritenere che il i piede risulti dalla fusione di due. La porzione a tre dita mo- stra il suo terzo più piccolo, col metatarso saldato in gran | parte con quello del dito più lungo. Lo stato d’indurimento rilevantissimo di questo preparato, dipendente forse dall’azione prolungata dello spirito di vino, non permise allo scrivente, di inoltrare la dissezione e dovette li- mitarsi a ritrarne il disegno e ad accertare che l’arto accessorio si inseriva in molta vicinanza alla sinfisi del pube. ! 12. L’anomalia di aumento di membra dell’altro individuo, continua il prof. Balsamo, trovasi del pari nelle membra poste- riori. È un esemplare un po’ più grande dell’antecedente; offre le due membra pelviche perfettamente nor- mali, ma il membro soprannumerario sembra in stretta relazione coll’ articolazione del fe- more sinistro, alla parte posteriore di questo. La lunghezza delle gambe posteriori normali è presso a poco di 68 millimetri, mentre solo 48 mill. è lunga la gamba accessoria. Nella zampa soprannumeraria si osservano solo quattro me- Fig. 2. tatarsi e quattro dita; le due di mezzo più lunghe, più corte le laterali. Dall’ esame di queste dita si può ritenere che questo piede è formato dalla fusione di due piedi, poichè mostra il dito esterno e medio d’un piede ed il dito me- dio ed esterno dell’altro. Da ulteriore esame, che io potei fare di questo caso, a quanto disse il Balsamo, posso aggiungere che: Una piccola incisione, praticata nel punto di attacco dell’arto 1 PARONA CoRRADO, La pigomelia studiata nell’uomo e negli altri vertebrati. An- nali scientifici del R. Ist. tecnico di Pavia 1878-79 — (con aggiunte). Bollettino scien- tifico redatto dai prof. De Giovanni, Maggi, Zoja. An. I, N. 6, 1880. Fig. 2.8 — Altro caso descritto dal Balsamo; vi si nota l’arto accessorio colle quattro dita, di cui le due interne sono più lunghe dello laterali. 202 C. PARONA, mostruoso, lascia scorgere che esso si inserisce precisamente alla tuberosità inferiore posteriore dell’ileo; inoltre mi accertai che la prima porzione distinta dell'arto in discorso; è la tibia e che l’astragalo ed il calcagno (Dugés ') sono fusi in una sola massa ossea. 13. L’ultimo individuo di cui discorre il Balsamo, ha an- ch’esso un terzo membro posteriore, ma in diverso modo con- formato e disposto, giacchè in questo il membro soprannume- rario è collocato a destra. Esso a prima giunta, sembra sia in- serito alla metà del femore normale destro, ma praticata una piccola incisione nella pelle e nei muscoli, vedesi che il femore del sovrannumerario è collocato al disotto della pelle e che è Fig. 3.8 Fig. 4.0 Fig. 3.4 — Terzo caso indicato dal Balsamo. A primo aspetto sembra una melo- melia; - a) membrana interdigitale che avrebbe congiunto il 2.° al 3.0 dito. Fig. 4. — Parte scheletrica dell’arto accessorio e porzione della normale della rana della fig. 3.* - a) arto ordinario - b) arto accessorio - c) acetabolo comune ai capi dei due femori. articolato alla parte superiore dell’articolazione del femore si- nistro; mentre sono sporgenti solo l’ osso della gamba, il meta- tarso e le dita. Il piede poi della gamba accessoria mostra solo due dita, da ritenersi come l’ esterno ed il secondo, tra loro riuniti da una membrana. 1 Duaks, Recher. sur l’ostéologie et la miyologie des Batraciens ecc. Paris, 1835. [ LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 253 . Continuata l'ispezione della località, prolungando opportuna mente il taglio già praticato dal Balsamo, mi apparvero i mu- | scoli discretamente ben sviluppati, distinti nella parte inferiore, ma che andavano a confondersi con quelli dell'arto normale sot- tostante, maggiormente sviluppati. Posti allo scoperto i femori, tanto dell'arto normale che del soprannumerario, si vede che essi vanno obliquamente a congiungersi verso la cavità cotiloidea, la quale riceve i capi articolari di entrambi; l’uno l’altro a contatto. | (Fig. 4°) La porzione tibiale non offre differenze dalla normale, tranne che le sue dimensioni sono minori di quelle della tibia dell’arto normale corrispondente. La porzione metatarsica risulta da un unico osso e le falangi corrispondono alle dita esterno e secondo, come già l’aveva indicato il Balsamo. Aggiungerò che, oltre alla membrana interdigitale fra il dito esterno ed il se- condo, al di fuori di questo ultimo si stende un lembo della membrana, che avrebbe congiunto il secondo al terzo dito. Dei due esempi di polimelia illustrati da G. Lunel (loc. cit.) soltanto il secondo serve al caso nostro, appartenendo il primo al Gen. Melomelia. 14. Si tratta di una giovane ana viridis, ben sviluppata e che ha qualche analogia con quella descritta da Van-Deen. Presenta anch’essa un pajo di membra pelviche supplementarie, poste al lato sinistro avanti al membro principale; però in quest’esemplare le membra accessorie sono ben conformate e press’ a poco delle dimensioni degli arti normali. Paralleli al- l’arto normale sinistro, i soprannumerarî sono ripiegati sopra sè stessi ed attaccati lungo la loro faccia interna; come questa stes- sa faccia dell’arto normale si applica contro quella dell’arto ac- cessorio destro. La pelle ricopre i tre quarti superiori di tali membra, dalla loro origine cioè, fino verso la metà della tibia; il restante rimane invece distinto. All’avanti, a sinistra della linea mediana della regione pelvica del bacino principale e sal- dato colle parti omologhe, vi si scorge un bacino incompleto, del quale si discernono traccie di ossa pelviche, confuse con un rudimento di ossa iliache, insieme saldate e lunghe circa 50 mil- 204 C. PARONA, limetri. Vi sono due cavità cotiloidee moltissimo ravvicinate; dove si articolano i femori del pajo di membra accessorie, le cui differenti parti infine sono perfettamente foggiate e sepa- - rate. 15. Lunel cita inoltre il caso di una rana che presentava dal lato sinistro i rudimenti di due membra pelviche accessorie, più o meno sviluppate, ma incomplete. Apparteneva a Ducret di Porrentruy, il quale proponevasi di studiarla e di descriverla. Il prof. Fabretti (loc. cit.) diede ragguaglio di due esempi di pigomelia, pure nella Rana esculenta. 16. Nella prima di esse rane l’arto soprannumerario si stacca dalla faccia ventrale, a sinistra; si dirige dapprima verticalmente in basso e poi si alza in modo, che il piede è rivolto in alto; questo inoltre è polidattilo. L’arto risulta costituito da diversi pezzi ossei molto deformi e spostati, sicchè i prof. Fabretti e Cavanna (il qual ultimo ebbe più tardi l’opportunità di ese- guirne la dissezione) non vanno d’accordo nella determinazione delle diverse ossa del cinto ed arto pelvico sovrabbondante. Ad ogni modo il primo osso, che si articola posteriormente con la sinfisi del pube è leggiermente bifido all’estremità, poi evvi un osso triangolare, indi un altro foggiato a V, infine le ossa del piede. 17. Nell’altro caso si nota l’arto soprannumerario staccarsi dal ventre in basso ed a sinistra; è alquanto più breve e più gracile, apparentemente completo; la coscia, poco mobile, è pa- rallela all’arto normale dello stesso lato. | L’esame anatomico delle parti interne, eseguito dal prof. Ca- vanna, fece conoscere che il femore soprannumerario s'incurva al terzo interno e che il capo si articola in un mezzo bacino quasi normalmente conformato. L’acetabolo è alquanto elittico e sull’ ileo, il quale si prolunga tra le masse muscolari fino ad articolarsi col processo trasverso della nona vertebra, si con- giunge posteriormente a becco di flauto l’ileo dell’autosita. Nel suo terzo inferiore ed anteriormente l’ileo soprannumerario offre a differenza degli ilei normali, una cresta molto risentita.; verso «a ii Conti tatto LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 255 la sua metà si piega alquanto; scanalato posteriormente, è precisamente nel solco posteriore che s’insinua l’ileo dell’ au- | tosita, tagliato, come si disse, a becco di flauto e che si arresta così, raggiungendo appena il processo trasverso sinistro della nona vertebra, al quale s’articola l’ileo soprannumerario. La congiunzione del mezzo bacino anormale, che è di pochissimo spostato a destra, si effettua anteriormente lungo l’orlo, o cre- sta della sinfisi pubica; alla quale lo stesso bacino anormale si sovrappone obliquamente. Il prof. Strobel in un suo primo scritto sulla polimelia nelle rane * parla di tre casi; il secondo ed il terzo dei quali, sono a polimelia posteriore. 18. Nel secondo dei citati esempi, appartenente al Museo di Storia naturale di Parma, l’arto soprannumerario sporge dal lato sinistro del foro anale; si articola a sinistra ed è composto dal femore, dalla gamba, dalle due ossa tarsiali lunghe, dalle metatarsali e dalle sole due dita esterne. 19. Il terzo caso appartiene alla Rana esculenta, var. cine- rina, e venne presa nei contorni di Parma. L’arto accessorio destro proviene dalla regione del pube e penzola al davanti del- l’arto normale corrispondente. Al femore di questo arto si ar- ticola la gamba e ad essa le due ossa lunghe del tarso; manca il resto. Le ossa tutte ed i muscoli appajono atrofici; la pelle ravvolge le coscie dei due arti gemelli sino oltre la metà della lunghezza. L'autore riferisce poi le diverse misure, poste a con- fronto con quelle dell'arto normale e descrive la disposizione delle macchie e fascie, che sono sparse sulla appendice anormale. Internamente la parte superiore del femore accessorio è rav- volta dalla capsula fibrosa. Il margine anteriore cartilagineo della cavità cotiloidea è dilatato per modo da formare, colla concavità del pube, un acetabolo per la testa del femore anor- marle. Anche la testa del femore normale si articola con tale prolungamento del bordo della cavità cotiloidea. 1 STROBEL P., Cenno di tre casi di polimelia nelle rane. (loc. cit.). 256 C. PARONA, Nello stesso anno il prof. Strobel riferiva altri tre esempi di rane polimeliche.* 20. Un esemplare pentamelico di Rana esculenta del Mu- seo di Modena, è il primo ad essere illustrato. Alla semplice vista non sembra distinguersi da quella della rana polimelica parmense (V. N. 18) fuorchè per la posizione dell’arto sopran- numerario, il quale anzichè al lato sinistro del foro anale, tro- vasi impiantato al disopra ed a destra dell’articolazione supe- riore del femore sinistro, probabilmente sulla faccia interna del- l’ileo; e perchè la coscia e la gamba sono più muscolose. 21. Un secondo caso, pure appartenente alla rana mange- reccia, è preparato a secco e quasi mummificato. L’arto sopran- bi numerario è inserito posteriormente alla coscia destra e nel piano di questa, tra la medesima e l’apertura anale. Pare che manchi di femore e quindi non ha rapporto d’articolazione col- l’arto compagno normale e con qualunque altra parte sche- letrica. La porzione inferiore dell’ arto evidentemente risulta dalla fusione di due, essendo eptadattila, ossia compgsta delle ossa metatarsiane e falangee delle dita 3°, 4° e 5° delle due zampe e di un settimo, risultante dalla fusione del 2° di en- trambe. Mancano i pollici. La lunghezza dell’arto anormale è minore di 5 millim. delle normali, raggiungendo esso i 75 mil- limetri. 0 22. In Reggio d’Emilia osservò un altro caso in una Rana fem- poraria, che è esamelica. Due arti posteriori soprannumerarî spor- gono dal lato sinistro; dal disopra della coscia dell'arto normale posteriore sinistro, alla quale sono tenuti uniti, sino al ginocchio, sono coperti dal rivestimento cutaneo-epidermico; dal ginocchio in giù sono liberi. Di questi arti anormali solo il destro consta di tutte le ossa, mentre che il sinistro manca del femore; a meno che l’unico femore non debba riguardarsi come due fusi insieme. Il capo articolare superiore della sua gamba viene da tessuto 1 StroBEL P., Ulteriori cenni sulla polimelia nelle rane, Atti della Soc. ital. di sc. nat. vol. XIX, 1876. LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 257 fibroso tenuto aderente al lato sinistro del capo articolare infe- riore del femore anormale destro. Le gambe, i tarsi e le dita d’ambo i membri soprannumerarî, all'incontro, sono af- fatto regolari, mentre invece la zampa dell’arto normale sinistro è mostruosa, essendo soltanto tetradattila per mancanza del pollice. 23. Il prof. Sordelli (loc. cit.) diede notizie di una rana | polimelica esistente nel museo civico di Milano. Appartiene essa alla Rana viridis; è pentamelica e l’esemplare è imbalsamato. I quattro arti normali erano assai bene conformati e di rego- lare sviluppo. L’arto soprannumerario sporge dietro e un poco inferiormente alla gamba posteriore sinistra. L’ano si apriva fra l’arto supplementare e l’arto destro normale. L’arto mostruoso è un poco più piccolo dell’arto normale corrispondente e se- condo l’autore è probabile che non gli potesse servire in alcun ‘modo alla locomozione. Il prof. Sordelli chiude la particolareg- giata descrizione dicendo che: salvo un minor sviluppo nel piede, il membro soprannumerario è un arto posteriore sinistro, corri- spondente affatto per la forma e per la posizione all’ arto nor- male, presso il quale trovasi inserito. Ha gli stessi colori di quello; a fondo più oscuro di sopra, pallido di sotto, con mac- chie nerastre. Il prof. Cavanna nel suo primo lavoro (loc. cit.) oltre aver più minutamente descritti i casi del Fabretti, ne aggiunse altri; di cui due a polimelia posteriore. 24. Il primo è un batracio polimeliano, inviatogli in comu- nicazione dal prof. Achille Quadri della R. Università di Siena e che appartiene al Museo dell’ illustre Accademia dei Fisio-Cri- tici residente in quella città. È una Rana esculenta femmina, di mediocre dimensione. Il comune integumento posteriormente, un millimetro sopra dell’ano ed un pochino a sinistra dell’ano me- desimo, si ripiega sopra sè stesso e forma come un picciuolo al paio di gambe accessorie, che si vedono così scendere libera- mente tra le gambe normali. La colorazione è dal lato dorsale verdastro, dal lato ventrale albida, a somiglianza di quanto si Vol. XXVI] W 258 C. PARONA, verifica nell’autosita e negli individui normali di questa specie d’anuro. Studiate all’esterno, le zampe si mostravano riunite pei capi dei femori ed anchilotiche, sottili, gracilissime. La gamba sinistra è alquanto più lunga della destra; anche il piede sini- stro è meno gracile e meglio conformato del destro; però in ambedue i piedi il numero delle dita è normale, soltanto la loro conformazione ed il numero delle falangi non sono normali. Dei femori il sinistro è alquanto più grosso del destro, con- torto più del normale al terzo superiore; il destro è meno anormale. Dalle ricerche anatomiche è risultato che esisteva un piccolo bacino con ilei rudimentali e fusi insieme, attaccati all’autosita da alcuni tendini, ma che lo stato del pezzo, rimasto lungo tempo nell’alcool, non ha permesso di studiare. 25. L’altro caso è una ana esculenta, appartenente alla collezione zoologica dell’Istituto degli studî superiori in Firenze, e che venne catturata nel Casentino nel 1873. L’animale, ben conformato nel resto, mostra alla faccia ventrale due membra soprannumerarie, incomplete ambedue ed articolate sulla linea mediana, in corrispondenza del bacino dell’ autosita. Dotate di poca mobilità, queste zampe gli erano del tutto inutili. L’arto soprannumerario destro, alquanto più lungo e più vo- luminoso del sinistro, è costituito da una coscia gracilissima, alla cui estremità si articola una serie irregolare di ossa brevissime, oscuramente mobili le une sulle altre. Alla coscia sinistra fanno seguito, ripiegandosi sulla sua estremità, i rudimenti piccolis- simi di altre ossa. La dissezione mostrò un bacino rudimentale, ridotto ad un disco in parte osseo, in parte cartilagineo, provveduto di due cavità cotiloidee imperfette ; tale bacino si articolava alla sinfisi pubica dell’autosita, anteriormente, superiormente ed un pochino a destra. Ai sopra citati esempi di batraci pigomeliani io posso aggiun- gerne due altri, occorsimi ultimamente. 26. Per primo trattasi di un individuo di rana mange-. | ) LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 259 reccia, proveniente dal mercato di Pavia e che, sebbene già de- capitato e scorticato, si fu in tempo di sottrarre alla cucina, per serbarlo allo studio; ed ora trovasi de- posto nel Museo d’anatomia comparata del- l’Università di Pavia. La mostruosità consiste nella presenza di un arto soprannumerario inserito al cinto pel- vico. Esternamente fra le due membra addo- minali normali si rimarca un terzo arto, che nella parte inferiore, risulta di due, fra loro saldati. Questa quinta zampa prende attacco al fianco sinistro, in corrispondenza dell’ artico- lazione cotiloidea dell’arto normale sinistro. Le misure delle diverse parti di essa zampa sono le seguenti, che vengono comparate con quelle di una normale, perchè ne risaltino le differenze: Arto normale. Arto anormale. Femore . . 1 cent. 3 mill. 2 cent. i a Piu. 1 inilk Tarso, metatar- so e dito, il più lungo .3., ‘ife Rae 1° L’arto accessorio è fornito di muscoli bene sviluppati, che certamente furono tali da imprimere sentite contrazioni al membro; e le articolazioni sono dotate di ampia mobilità. La porzione tibiale va ingrossandosi ed allargandosi verso la parte inferiore, con muscoli sempre molto distinti; la regione tarsiale e metatarsiale è ancor più allargata e di tanto, da dare sicuro indizio che queste parti risultano dalla saldatura di due membra. Ciò è posto fuor di dubbio osservando le dita, che Fig. 5.2 — Rana descritta al N. 26. Ha levata la pelle e vi si nota il diametro rilevante della regione tibiale e metatarsiale, nonchè le nove dita dei due piedi fusi, 260 C. PARONA, sono in numero di nove, di cui quattro per la parte che corri- sponde alla sinistra e cinque per la destra. Le dita più brevi sono nella parte interna. All’esame delle regioni profonde si rileva che la porzione fe- morale è unica, cioè si ha un solo femore ben conformato; la gamba è rappresentata da un osso cilindrico in alto, appiattito dalla sua metà fino all’ estremità inferiore; per modo che esso presenterebbesi di forma triangolare coll’apice in alto; infine la metà inferiore, allargata, offre una solcatura longitudinale nel mezzo; testimonio della avvenuta fusione, sebbene incompleta, delle due tibie peroni, (Dugés, loc. cit.). A questa si articolano tre ossa, delle quali il medio è il più piccolo; i due esterni, quindi più grossi, offrono ciascuno un solco longitudinale, il che pure ci indica la fusione in due delle primitive quattro ossa. Le falangi delle dita, come si disse, sono in numero di nove ed in genere le dita dell’ arto, che sarebbe il destro, sono più corte di quelle di sinistra; mancherebbe perciò il dito più interno del piede sinistro per completare il numero. delle falangi dei due arti. Fissando ora la nostra attenzione al punto di attacco all’autosita del capo superiore del femore anormale, si osserva che esso appoggiasi alla tuberosità inferiore posteriore dell’ileo, dove trovasi ravvolto dalla massa muscolare della regione. Non esiste alcun osso, o porzione di osso, che possa rappresentarci un rudimento di bacino; e l'attacco del membro soprannu- Fig. 6.2 — Parte scheletrica dell’ arto accessorio della rana figurata al N. 5 - @) femore unico - 2) tibia che si allarga nella metà inferiore e che presenta un solco, quale segno dell'avvenuta fusione - c) tre metatarsi; gli estremi dei quali appaiono più grossi - d) falangi delle 9 dita. Fig. 7.2 — Osso iliaco della rana ai N. 5 e 6 per meglio mostrare l’attacco del femore normale (a e dell’ accessorio (db. | È I tra colle rispettive articolazioni libere, per LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 261 merario non ha alcun rapporto colla cavità cotiloidea vicina, nè col capo superiore del femore omologo. 27. Il chiarissimo prof. T. Prada sullodato, gentilmente mi permise lo studio e la descrizione di una rana esculenta pi- gomelica, presa nell’ aprile 1878 nei dintorni di Pavia (S. Paolo).! È un individuo adulto, ben conformato, il quale presenta un moncone di arto pel- vico che fa salienza al ventre; alquanto inclinato a destra ed impiantato sulla li- nea mediana dell'addome in corrisponden- za della sinfisi pubica. L’arto mostruoso, molto atrofico, è bre- ve, sottile, mancante totalmente di piede; ridotto cioè a due porzioni, l’una e l'al modo che la parte più lunga ha movi- Fig. 8 menti abbastanza larghi in corrispondenza del pube e l’altra sul primo. La pelle, di color bianco-sporco uniforme, è disposta a pieghe parallele all’ asse longitudinale dell'arto, il che fa prevedere esservi deficienza di muscolatura. Praticato un breve taglio, lungo la gamba anormale vi riscontrai scarsissimi muscoli a forma di sottilissimi fasci, circondanti un gracile osso cilindrico comparabile ad un femore, che verso la sua estremità più lontana del pube è articolato con un brevis- simo osso, tuttora cartilagineo, spoglio affatto di carne e rico- perto quindi immediatamente dalla pelle. Riguardo all'attacco di quest’arto mostruoso al bacino del- l’autosita, facilmente mi fu dato ritrovare che il femore si im- pianta direttamente al margine superiore della sinfisi pubica, senza l’intermezzo di alcun osso, che possa rappresentare un 1 PARONA CORRADO, Nuovi casi di pigomelia, ece. (loc. cit.). Fig. 8.à — Rana del Museo civico di Pavia. L’arto accessorio visibilmente impian- tato sulla linea mediana dei basso ventre. 262 È. PARONA, rudimento di bacino. Per quanto me lo permise il piccolo ta- glio (non credendomi autorizzato a danneggiare l’aspetto esteriore Fig. 9.8 Fig. 10.8 Fig. 9.2 — Bacino della prenotata rana, visto di fronte - a, a) femori principali - db) zampa secondaria - c) sinfisi pubica. Fig. 10.4 — Lo stesso bacino, visto di profilo (le lettere hanno lo stesso siguificato delle precedenti). del pezzo, destinato a far bella mostra nel Museo civico di Sto- ria naturale di Pavia) le parti circostanti mi si offersero in nulla differenti dalla norma; per il che devesi conchiudere: trattarsi di una vera pigomelia, limitata alla presenza di un semplice arto, molto atrofico; e che probabilmente ben poco doveva di- sturbare l’animale nel compiere le diverse funzioni; se si eccet- tua forse una maggior difficoltà nell’ accoppiamento. Dalle numerose ricerche bibliografiche mi consta che nessun caso di pigomelia (come ebbi già ad accennare) venne finora indicato nei Batraci urodeli e nei Rettili. C. — È negli Uccelli dove troviamo numerosi esempi di pi- gomelia; e più frequentemente in quelli allo stato domestico. Ne indicammo infatti nel cardellino, nell’ oca, nell’anitra; ma, come dicemmo, i più facili a riscontrarsi sono nei gallinacei ed in ispecie nel pollo. Non taceremo che, tolto un caso nella beccac- cina, un altro nella fulica e due nella pernice, tutti gli altri vissero in ischiavità, o allo stato domestico. $ 1. Fra i palmipedi trovasi riferito un caso di pigomelia LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 263 nell’anitra,' di cui ecco quanto ne dice Geoffroy Saint-Hilaire (op. cit., pag. 190). ‘1. In un’anitra comune si riscontrarono due gambe acces- sorie portate da un femore comune. Il bacino secondario pre- sentava una modificazione rimarchevolissima: esso si articolava col margine posteriore dell’ osso coxale sinistro sul suo lato omo- logo e si dirigeva in senso inverso del bacino principale, preci- samente come la mascella accessoria di un ipognato per rap- porto alla principale. Otto (op. cit.) descrive a pagine 263-264 quattro casi di ani- tre pigomeliche, delle quali due erano a tre, e due a quattro zampe. 2. Sotto il N. 438 viene descritto un pulcino d’anitra con due zampe accessorie un poco più gracili delle normali. Stanno esse attaccate, mediante un peduncolo, quasi al disotto della coda, ove si aprono anche due ani. La parte mostruosa consta di un osso deforme, paragonabile a rudimento di pelvi accessoria, poi di un femore, unico in alto, biforcato dalla metà all’imbasso e che porta due gambe e due piedi. La porzione destra è flessa e sottilissima, mancante di pollice; la sinistra è ben conformata. I visceri sono tutti sani. 3. Al numero successivo dà notizie d’un altro pulcino d’a- nitra, di qualche settimana d'età, sano e ben conformato, ma che ha una terza zampa attaccata alla parte mediana ed infe- riore dell’uropigio. Quest’arto semplice superiormente, è duplice all'estremità; constando di un piccolo femore, congiunto da sot- tile legamento colle vertebre caudali, da una tibia semplice e poi da due piedi, mancanti però di pollici. I visceri sono sani, meno la cloaca che è duplice e che mette a due ani. 4-5. Degli altri due esempi (N. 440-441) il primo ha due arti accessorî ed è anche emicefalo; l’altro non ancora adulto, presenta una zampa in più che gli pende dall’ uropigio. Questo 1 Breslau. Sammlung, an. 1762, pag. 714. — TrumBERA Aves monstr. descript. Nova acta Soc. scient. Upsaliensis. T. IX, pag. 196. 264 C. PARONA, membro accessorio ha un lungo femore, con segno di avvenuta frattura alla sua metà, susseguita da guarigione; ha rudimento di tibia e di osso metatarsiale, a cui fanno seguito quattro dita. Anche l’oca comune ebbe a presentare parecchi casi di pigo- melia. Non occupiamoci di uno illustrato dall’ Aldrovando * ladagi quadrupes) in cui si osservavano quattro arti posteriori, perchè corredato da notizie troppo vaghe, per ritenerlo un vero pigo- mele. Istessamente per quelli riferiti da Berkmann® e da Poli- sius” ed invece diciamo qualche cosa di altri illustrati da Otto (op. cit. pag. 254, 262, 263). 6. Al N. 434 menziona un’oca, che aveva mantenuta in vita per alquanti anni ed in buona salute. Presenta due arti acces- sorî situati posteriormente ai normali, un poco essiccati e sfo- gliati. Dall'esame dello scheletro rilevò una piccola gibbosità alla regione lombare, forse dipendente da altre cause. Le zampe accessorie stanno aderenti, mediante un legamento, al lato si- nistro della coda, la quale viene spinta a destra. La parte mo- struosa consta di una pelvi di grandezza abbastanza straordi- naria, ma normale; da due femori e da due tibie, le une e gli altri anchilosati. Di seguito alla tibia sinistra trovasi un fram- mento di tarso. Ognuno dei piedi ha quattro dita, colla rispet- tiva membrana natatoria. Le terminazioni delle ossa, cadute per gangrena, sono tumefatte ed arrotondate. 7. Un'altra oca adulta pigomelica diversifica dalla prece- dente, perchè le zampe accessorie sono sottilissime e non aderi- scono all’ uropigio, ma superiormente ad esso, ove con legamenti stanno adese alla porzione posteriore accennata (all’ osso sacro) sopra l'articolazione delle coscie. Atrofici ambedue, l’arto sini- stro lo è più del destro. 8. Pure a quattro zampe è un pulcino d’oca, ancora. regi. A ALDROVANDI UL., Monstrorum historia cum paralipomenis historia omnium ani- pi Bononie, 1642. 2 Mark. hist. T. I, pag. 871. * De anserculo quadrup. Ephem. nat. curios. dec. II. Ann. 4, observ. 41, p. 100. | | | : LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 265 strato dall’Otto. I due arti sovrabbondanti stanno dietro i nor- mali; sono sospesi con legamenti alla parte mediana della pelvi, sotto l’uropigio. Femore unico; gamba duplice, con due piedi ben conformati e di dimensioni non .molto minori dei normali. La cloaca è bipartita e mette a due ani. 9. Un ultimo esempio stato indicato da Otto, differisce dal precedente in ciò che le zampe accessorie non si attaccano alla parte mediana della pelvi, sotto l’uropigio, bensì al lato sinistro di esso. Queste sono molto brevi; femore e tibia unici, piedi duplici ed i due arti per la deficienza della pelle sono fortemente flessi. "10. N. Joly! descrisse un’oca, la quale, oltre essere affetta da pigomelia, era nello stesso tempo agnatocefala, sicchè per quest'ultima grave mostruosità non potè sopravvivere. 11. L’ Alessandrini, © a pag. 533, N. 1129, nota un’oca domestica con due zampe soprannumerarie e con un rudimento di pelvi, sospeso mediante legamenti, al cocige ed alla pelvi prin- cipale; le articolazioni però sono anchilosate e non esiste mu- scolatura. 12. Nel museo d’anatomia e fisiologia comparate della Uni- versità di Pavia, nella sezione Mostruosità al N. 57 di catalogo (1859) trovasi un pulcino di Anser cinereus, il quale presenta un terzo arto addominale; posto sotto la coda e pendente fra le zampe normali. Al- l’esame esterno si riscontra un ano di giu- sta configurazione, pervio, spinto verso il fianco destro ed un poco in alto; nella stes- sa posizione, ma a sinistra se ne trova un altro, ma impervio e somigliante piuttosto ad una papilla. È precisamente fra queste due aperture che sta fisso l’arto accesso-. 1 JoLy N., Mém. sur une Oie monstrueuse appartenente à la fam. des monstres polyméliens. Mém. de l’acad. de se. de Toulouse. 4.° sér. T. VI. pag. 33. 1856. ? ALESSANDRINI A., Catalogo degli oggetti e preparati più interessanti di anato- mia compar. della Università di Bologna. Bologna, 1854. ‘ Fig. 11.2 — Pulcino d’oca che sì conserva nel ‘Museo di Anatomia comparata a Pavia, dove appare la posizione e l’aspetto dell’arto succenturiato. 266 C. PARONA, LI rio. Esso è meno sviluppato dei due normali; quindi più gra- cile e più corto, ma coperto di penne come di consueto; è al- tresì deforme e nella parte superiore mobilissimo tanto, da far sospettare essere pochi e lievi i suoi attacchi al corpo dell’au- tosita. Il piede manca di pollice ed invece presenta quattro dita, fra loro eguali, tutti rivolti all’avanti, sullo stesso piano ed uniti da larga membrana. Il piccolo mostro era già sparato al ventre, nè so il perchè, privato delle intestina. Ad onta di ciò si vede che l’ano pervio è in continuazione coll’ intestino retto, mentre, in corrispondenza della papilla di sinistra, non si scorge alcun tratto di tubo ché faccia supporre la presenza di una duplicità del retto. Reni in posto e normali. Rivolta l’attenzione all’arto soprannumerario, e levata la pelle, si osserva, fra una grande massa di adipe e scarsissima musco- latura, un osso, fratturato alla sua diafisi, ingros- sato in forma di capo articolare nella parte supe- riore, che è seguito da altra porzione di osso, la quale si mostra formante colla prima come un fe- more. Questo porge attacco ad un ossicino deforme, che per una solcatura longitudinale all’ asse mag. giore fa conoscere trattarsi della fusione di due ossa; probabilmente le ossa della gamba. Il metatarso è grosso nella parte inferiore, presenta tre capi arti- colari, più un quarto per il dito soprannumerario. L’attacco dell’arto anormale all’autosita è in nes- sun rapporto col bacino; nè si riscontrano traccie di bacino accessorio; ma l’ unione si fa con tessuto fibroso ed adiposo, con muscoli e colla cute alla parete addomi- nale, in corrispondenza del sottocoda. 13. Otto (op. cit. pag. 262, tav. XXVIII, fig. 1.°) parla di un raro caso nella Fulica atra. Era un individuo quasi adulto, Fig. 12.8 Fig. 12.4 — Parte scheletrica dell’arto mostruoso del pulcino d’oca, ommesse le dita chè nulla offrono di anormale. - a) due frammenti del femore - d) porzione os- sea rappresentante la gamba - c) metatarsi fusi - d) prime falangi. LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 267 ben conformato e che aveva un arto accessorio pendente dalla estremità posteriore. Offriva due ani ai due lati dell’uropigio, al quale precisamente aderiva l’arto mostruoso mediante lega- menti. Esso poi constava di un solo femore, di una tibia, pure semplice, e di due piedi completi e molto grossi; come lo sono di norma in questo uccello. I muscoli presentavansi mancanti, ma eravi molto adipe e la cute affatto normale. I visceri interni erano sani; eccetto la cloaca che era molto grande e con due sbocchi. Apparteneva al sesso maschile. $ 2. Anche nei così detti passeraceî furono rimarcati alcuni casi di pigomelia. 14. Aldrovando (op. cit., pag. 560, tab. XVIII) disegna un cardellino (carduelis elegans), da cui si rileva la presenza di due arti accessorî, inseriti fra le due zampe normali. Meckel! parla di un canarino il quale aveva tre piedi; nell’arto soprannume- rario furono trovati due femori e rispettive tibie. Altro esempio nel canarino viene annotato da Thunberg (Soc. Upsal.). 15. L’ Alessandrini (op. cit., pag. 533, ai N. 4393, 4454) riferisce due casi di pigomelia nel passero domestico, di cui il primo con una zampa soprannumeraria, l’altro con due; senza però dare maggiori dettagli. 16. Canestrini (loc. cit.) ha potuto studiare un giovanissimo individuo femmina della Fringilla cisalpina, che era pigomele. Invece dell’ unico orificio della cloaca questa fringilla offre due fori laterali; vi si vedono inoltre quattro gambe: due anteriori normali e due posteriori, collocate all’estremità del tronco. Le gambe posteriori della passera non sono congiunte immobilmente coll’ultima vertebra, ma solo appesevi col mezzo di muscoli e della cute. Gli organi sessuali non sono ancora sviluppati e tutti e due i fori laterali citati conducono nel retto, il quale poste- riormente si allarga a guisa di borsa per formare la cloaca e nella quale sboccano i due ureteri. 17. Debbo ancora alla cortesia del prof. Teodoro Prada il se- 1 MEGKREL, Traité des monstres par exces. pag. 61. 268 C. PARONA, guente caso di pigomelia. È lo scheletro di un passero, che si con- serva nella ricca collezione ornitologica del Museo civico di Pa- via, il quale offre un terzo arto poste- riore. Esso è appeso ad un bacino rudi- mentale soprannumerario, che alla sua volta, trovasi incuneato fra l’ischio ed il sacro del lato sinistro. Ben confor- mato è il bacino dell’iautosita, non pre- sentando deviazione nella direzione dei suoi assi e le diverse ossa essendo ben sviluppate. Soltanto l’ileo di sinistro è spinto un poco all’innanzi ed all'infuori, il che fa pure l’ischio; per modo che la- E; A sciano un intervallo fra loro, ove appun- Fig. 13.8 j SIA sto è costituito da due ossa; uno ante- riore, quadrangolare, piatto, più grande del secondo e che ap- pare quale una espansione dell’ischio normale; l’altro più piccolo, situato posteriormente ed in alto; ha la forma d’un rene colla concavità all’inbasso e nella quale mette capo l’estremità artico- lare della gamba accessoria; queste due ossa poi sono tenute in rapporto fra loro mediante una espansione fibrosa. L’arto accessorio è più sottile dei normali, non però più corto; è deforme e contorto. Manca di femore. Tra la tibia, discretamente sviluppata, ed il tarso sta un ossicino (forse fram- mento di quest’ultimo) cilindrico, sottile, con segno evidente di duplicità, il che si rimarca anche nel metatarso, il quale è più corto e più appiattito dei normali. Le dita sono cinque, ben distinte e conformate; il più corto è all’esterno e tutte hanno la medesima direzione. Il rimanente dello scheletro era secondo la norma. Nessuna Fig. 13.2 — Parte posteriore dello scheletro di passero che trovasi nel Museo ci- vico di Pavia. a, a) femori degli arti normali - 5) bacino normale - c) bacino acces- sorio - #) gamba accessoria - #') due porzioni di tarso - p) piede con 5 dita. to si innesta il bacino accessorio. Que- ' LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 269 indicazione di provenienza, di età, od altro andava unita al pre- parato. $ 3. Diciamo ora dei gallinacei. ‘a) Di piccioni a membra posteriori accessorie trovansi di- segnati parecchi casi nell’opera citata di Aldrovando (pag. 565, tab. XV, pag. 566, tab. XVI, pag. 568, tab. XVII) ma per le già indicate ragioni, non si può asserire con sicurezza trattarsi di veri esempi di pigomelia. Altri furono descritti da Portal * e da Regnault.° Otto ancora (op. cit. pag. 261, 262) registra i seguenti co- lombi a zampe soprannumerarie. 18. Il primo è una colomba domestica (N. 430) con due zampe soprannumerarie. Era sana e, fatta astrazione di queste due zampe in più ed attaccate all’uropigio, anche ben conformata. Notavansi due ani, col retto diviso in due canali e due cloache, in ciascuna delle quali sboccava un uretere; l’ovidotto però met- teva in quella di sinistra. La pelvi era più ampia della norma ed all’apice delle ossa pubiche, mediante legamenti erano fissati i due arti mostruosi. Riscontravasi inoltre un rudimento di pelvi accessorio, rappresentato da due ilei, invertiti nella loro posi- zione. Gli arti risultavano costituiti dai femori abbastanza rego- lari; mancavano le ossa delle gambe ed il metatarso dell’arto sinistro offriva traccia di due dita. 19. Al N. 431 illustra un secondo caso in una colomba do- mestica, parimenti adulta, che porta due arti accessorî, i quali, col crescere dell’ individuo, divennero immobili; trovansi a si- nistra dell'apertura anale, per modo che questa e la coda ven- gono spinti a sinistra. All’ esame interno trovò che le zampe accessorie si inserivano alle vertebre caudali con legamenti; provvisti di scarsi muscoli, non mancavano sottilissimi vasi provenienti dai caudali, nè tenui nervi derivanti dagli ischiatici. Eravi un piccolo rudimento di pelvi; i femori fusi in alto, bi- 1 Hist. de l’acad. des sc. pour l’an 1771. pag. 38. 2 Ecaris de la nature. pl. XXIII. 270 C. FARONA, partiti e molto divaricati in basso; tibie brevi; ossa tarsiali di- verse di forma e di disposizione, mancanti alcune. Infine tutte le ossa erano contorte ed anchilosate. 20. Per ultimo trattasi di una colomba a tre zampe, di cui l’accessorìa sporge sotto l’ uropigio ed attaccasi alla coda con un legamento. L’arto consta d’un rudimento di femore, di tibia, di due metatarsi e di due dita, tutti anchilosati e mancanti di muscoli. Essa presenta due ani, due cloache ed una piccola ar- teria, nata dalla caudale, colla rispettiva vena; infine nervi de- rivanti dagli ischiatici. Era di sesso maschile. 21. 22. Due casi di pigomelia nel piccione furono joglinati dall’Alessandrini (op. cit. pag. 531); di cui il primo, oltre le quattro zampe, presentava altresì due orifici anali e doppio il retto; il secondo aveva quattro zampe, delle quali le accessorie più piccole; il retto biforcato ed i due rami mettevano a due ani distinti. 23. Infine Charlier (loc. cit.) riferì di un piccione, il quale fra i due arti soprannumerarî portava un secondo groppone, adorno da un ciuffo di penne piuttosto lunghe. b) Esempi di pigomelia nel pollo domestico ne abbiamo moltissimi. Ancora Aldrovando disegnò non pochi galli che dall’ ispezione delle figure, con molta probabilità, si potrebbero riferire alla mostruosità in discorso (op. cit. pag. 550; tav. I, pag. 551, ta- vole II, III, IV, VI, VII, VIII, IX, X, XII). Aggiungiamo che ne parlarono i seguenti autori Conr. Graff,' Pison et. Marcgraff,° Blanchard," Rollin,* Haller," Huber, Sandifor," Vidal,° nonchè 1 De pullo gallo monstruoso. Acta nat. cur. T. IV, pag. 426, tab. VIII. ? Hist. natur. Brasilia. pag. 219. 3 Jahregist. centur. II 4 Disputat. inaug. qua duor. monstr. Anatome continetur. Gott., 1762. 5 De monstris. Opera minora, 1768. 6 Observat. atque cogit. nonnulla de monstris. Cassel, 1748. 7 Museum Anat. pag. 305, N. 32. 8 VipaL E., Note sur un Poule monstrueuse appartenant au genre Pygomele, Compt. rend, de Ja Soc, de biologie. 3.0 sér., Tom, III, pag. 95, 1862, LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 271 Meckel, Thunger, Is. Geoffroy Saint-Hilaire, Vidal, Goubaux, Ca- nestrini, Megnin, Larcher, Santi Sirena, in memorie sparse in nu- merosi periodici scientifici. Non dirò di tutte; ma mi limiterò soltanto fare breve cenno delle più interessanti; per riferire più in dettaglio di altri nuovi casi, che mi occorse di studiare in questi ultimi tempi. 24. Is. Geoffroy Saint-Hilaire (op. cit. pag. 266, in nota) fra altri, accenna ad un caso dovuto a Pouchet, di un pulcino, morto appena nato e che, secondo lui, traduce sotto forma ma- teriale ed oculare la sua teoria sui mostri polimeliani, Consta di un soggetto autosita regolarmente costituito e di un parassita, composto di due zampe mal conformate, riunite superiormente ad un bacino rudimentale. Fin quì il fatto è frequente, ma il singolare si è che in luogo di esser il parassita immediatamente attaccato all’autosita, è come sospeso, a distanza di circa un pol- lice, con un cordone ombelicale, che dalla estremità superiore del parassita va alla regione ombelicale dell’autosita. L° indivi- dualità dell’uno e dell’altro dei due soggetti e l’impossibilità di vedere nel parassita una semplice parte soprannumeraria del- l’autosita sono quindi di tutta evidenza. Dareste (op. cit. pag. 94), a proposito di questo caso, riter- rebbe però la porzione di cordone ombelicale come evidente ri- masuglio di vitello, frapposto ai due embrioni e che non venne assorbito. Otto descrisse diversi polli pigomelici, che conservansi nel museo anatomo-patologico di Breslau. Sono in numero di 13, di cui 5 a tre, gli altri tutti a quattro zampe. Menzioneremo soltanto i seguenti, come i più notevoli. 25. Al n. 417 è un gallo, dall’uropigio del quale pendono due zampe accessorie. Queste, quando il gallo era giovane, go- devano di facili movimenti, ma poi a poco a poco si fecero an- chilotiche e caddero in atrofia, sfogliandosi parzialmente. Alla dissezione riscontrò visceri sani e lo scheletro era ben confor- mato, eccetto il cinto pelvico, il quale piegato a sinistra presen- tava, interposto tra le vertebre caudali e l’apice dell’ischio, un 272 C. PARONA, osso irregolare, da assomigliarsi a reliquie di bacino soprannu- merario. A questo andava congiunto un femore, unico superior- mente, diviso inferiormente. Alla parte destra del femore stesso | erano attaccate due ossa della gamba, seguite da metatarso, il | qual ultimo, al pari delle dita, era deforme e gangrenato. Alla porzione sinistra stava un rudimento di osso tibiale, continuato da un piede piuttosto normale, solo mancante di due dita, cadute | per esfogliazione. | 26. Al N. 418 parla di un gallo adulto con un arto sopran- | numerario, che godeva dapprima di liberi movimenti e ces- | sati in seguito; come non mancò la perdita delle dita per atrofia, al pari del caso precedente. All’indagine anatomica ri- scontrò visceri sani; vestigia di bacino accessorio in un osso deforme, collocato al lato destro della coda. Le ossa sono bene sviluppate, meno le dita, che sono in numero di quattro e tutte | volte all’avanti; manca il pollice, ed il medio è duplice. L’arto difetta di muscoli ed invece è ricco di adipe. Vasi esigui spe- ciali che partono dai caudali e nervi, che provengono dagli ischiatici. , 27. In altro pigomele (N. 421) notò oltre le due zampe ac- cessorie anche due ani, posti sotto l’uropigio, a cui mettevano | due canali dell’ intestino sdoppiatosi. | 28. In un pulcino, portante quattro zampe inserite al lato | sinistro dell’uropigio e fra loro saldate dai muscoli e dalla pelle fino al ginocchio, Otto rimarcò anche un piccolo bacino sopran- numerario deforme e saldato per legamenti all’osso sacro. 29. Al N. 424 registra ancora un altro pulcino somigliante al precedente, per forma e per posizione delle zampe accessorie, ma avente tre intestini ciechi, pari fra loro in grandezza, e posti al principio del crasso. 30. Per ultimo accennerò che un arto posteriore soprannu- merario rendeva deforme il pulcino segnato al N. 426 dell’op. cit. dell’Otto. L’arto accessorio constava di un piccolo femore, di una tibia, lunga e semplice e da due metatarsi, riuniti dalla pelle, uno dei quali aveva quattro dita, l’altro soltanto due. LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 273 L’arto in più era trattenuto alla parte inferiore delle vertebre caudali da forte legamento. Poco diversificano da quest’ ulti- mo per età, numero, disposizione ed attacco dell'arto mostruo- so, i pulcini che trovansi descritti ai successivi numeri 427, 428, 429. . L’Alessandrini (op. cit. pag. 528, N. 1065, 1165, 1992, 2325, 2826, 3296) parla di sei esempi di pigomelia in pulcini, o in galli adulti, che conservansi nel museo d’anatomia comparata bo- lognese. | 31. Fra questi, quello ai numeri 2325 e 2326 presenta gli arti soprannumerarî aderenti al cocige dell’autosita, mediante produzioni tegumentose; e di più tre intestini ciechi mettevano ad una cloaca semplice, ma con due aperture anali. 32. Di molto interesse è il caso illustrato da Duplay (loc. cit.). Trattasi di un gallo adulto e vigoroso con due zampe accessorie, collocate a destra ed all’indietro dell’arto normale corrispon- dente. Dei due arti accessori uno, quasi normalmente sviluppato, è posto all'indietro ed all'infuori dell’arto principale con cui è unito al disopra dell’ articolazione tibio metatarsica, non sola- mente colla pelle, ma anche con solidi legamenti, che manten- gono le due zampe piegate, quella normale ad angolo acuto e l’altra, che passa al di fuori della precedente, ad angolo ottuso. A questa flessione partecipano le dita, la cui estensione è im- possibile. Si può sentire attraverso alle parti molli della gamba e della coscia, che ciascun membro possiede una tibia ed un fe- more distinti e circondati da masse muscolari. Il femore dell’arto accessorio sembra articolarsi sul bacino, all’indietro dell’arto nor- male. La seconda zampa soprannumeraria, molto rudimentale, è formata soltanto da tre dita e da un metatarso atrofico ed è situata all’ indietro della prima, con cui sembra confondersi, od almeno unirsi, a livello dell’estremità inferiore del femore, me- diante una articolazione appena mobile. Essendo in alto l’ inser- zione di questa seconda zampa ed essendo atrofica, essa non ar- riva in basso come l’altra, ma giunge, colla sua estremità infe- Vol. XXVI, — 18 274 C. PARONA, riore, appena a livello dell’ articolazione tibio-metatarsica della prima. All’esame interno l’aut. rilevò essere unico il femore degli arti accessori, senza traccia di fusione; articolarsi esso in alto con un bacino abbastanza sviluppato, sebbene rudimentale e posto, a quanto pare, fra l’ileo e l’ ischio del bacino normale. L’unione fra la porzione normale e la mostruosa è indicata da una specie di sutura situata all'indietro del foro ischiatico, mentre poste- riormente il bacino accessorio non presenta segni di unione e sembra continuarsi, senza linea di demarcazione, colla parte al- largata dell’ischio. Meno il pube, tutte le altre diverse ossa sono rappresentate nel bacino accessorio; vi si riconosce un ileo colla sua parte anteriore convessa e la posteriore concava; una porzione d’ischio, limitante coll’ileo un foro ischiatico quasi grande quanto quello dell’altro lato; ed una cavità cotiloidea come nello stato normale. Il femore soprannumerario non ha capo, ma invece una super- ficie articolare leggermente arrotondata, nè evvi il trocantere l'estremità inferiore è pure mal conformata e si unisce alle due membra accessorie mediante due condili voluminosi, separati da una troclea. In basso si articola colla tibia dell’arto accessorio più sviluppato; all’indietro coll’estremità del metatarso del se- condo e fra queste articolazioni è visibile una rotula, sebbene molto rudimentale. Lo scheletro dell’arto accessorio, primo con- siderato, è pressochè normale; tuttavia la tibia è corta, voluminosa; alquanto deforme; il perone non si articola al femore, ma col perone dell’arto normale, portandosi avanti. Il metatarso è voluminoso, in- curvato nella sua lunghezza ; le falangi sono deformi, quelle del dito medio lunghissime; atrofiche le altre. — Il secondo membro è ridotto a tre dita, di cui due presentano solo una falange im- mobile; tutte queste dita s’appoggiano poi ad un gracile meta- tarso, che superiormente termina con una porzione bruscamente curvata ad angolo retto e che si articola, come si. disse, poste- riormente al femore comune. Esaminando attentamente questa porzione ripiegata del metatarso, pel suo diametro, si sarebbe 2A LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 275 ‘indotti a vedere in essa una tibia rudimentale, saldata ad an- golo alla parte inferiore del metatarso e superiormente col fe- ‘more comune. 33. Il Canestrini (loc. cit.) descrisse e disegnò una gallina di quattro anni con quattro zampe; due normali, robuste, so- miglianti a quelle dei maschi, che sono da considerarsi come le vere, e due soprannumerarie all’estremità del tronco. L'ultima vertebra, deviata a destra, è sviluppata in una larga lamina, che si estende in basso e sostiene il femore comune del secondo pajo di zampe; esse sono inoltre deboli e vanno fornite di tre dita soltanto. 34. Larcher (loc. cit.) riferisce un caso, esso pure impor- tante. È una gallina, var. Crèvecour, la quale presenta una estremità soprannumeraria posta al lato destro ed all’ indietro dell’arto addominale e solidamente fisso fra quest’ultimo ed il groppone. Presenta un femore, direttamente saldato ad una por- zione di bacino accessorio, il tarso doppio e ciascuno terminato da un dito di tre falangi ed unghia. Normale l’ inviluppo cuta- neo; al disotto abbondante strato di tessuto adiposo; ed uno strato aponeurotico con fasci muscolari, fra cui uno molto vo- luminoso. Il bacino normale presenta la linea sacro-cocigea de- viata a destra; la parte sinistra, sebbene spinta all'infuori, è tut- tavia normale; ma la destra è più grande e nella porzione corri- spondente all’unione delle ossa iliaco ed ischiatico si vede un intervallo, riempito da una massa ossea resistente e fissa solida- mente alle parti ossee circostanti. Queste ossa presentano un ampia cavità, nel cui fondo si fissa l'osso femorale dell’arto ac- cessorio. Nella faccia interna del bacino si notano, oltre le due fosse pelviche del bacino normale, due altre dovute al bacino accessorio; ed in queste si innicchiano due porzioni di reni, che sì possono dire accessorie. Il tubo digerente è corto, terminato bruscamente da una larga apertura nella parte media della cloaca, la quale da un lato ri- ceve l’uretere destro e dall’altro l’uretere sinistro e l’ovidotto. Al disotto del groppone evvi un ano normale; all’ avanti ed a 276 C. PARONA, destra, circondato da piume, si alza un grosso mammelone, at- traversato da un foro, comunicante colla cloaca per un cortis- simo canale. 35. Non dimenticando come Apelle Dei! nel suo catalogo indichi un gallo neonato, avente due zampe soprannumerarie, adese alle vertebre cocigee per mezzo di un osso anormale e legamento proprio; dirò per ultimo di un esempio fatto cono- scere dal prof. Santi-Sirena, ° per notare che non posso ravvi- sare nel suo caso una vera pigomelia, come egli la dice, perchè esso pulcino oltre avere una zampa accessoria, inserita sul fianco destro in prossimità della zampa normale omologa, ne ha una seconda, che sporge dallo stesso lato sotto la cavità glenoidea. Questo fatto viene quindi a costituire una mostruosità ben di- versa della pigomelia. Dopo questa rassegna dei principali esempi di pigomelia nel gallo domestico, dirò dei casi a me occorsi ed in gran parte avuti dal museo di anatomia comparata della Università di Pa- via per la liberalità del chiarissimo mio maestro il prof. L. Maggi direttore del predetto museo. 36. Una gallina comperata, ancora pulcino, sul mercato di Pavia, visse in ottimo stato di salute per due anni, parte in casa privata e parte nel laboratorio, senza manifestare sofferenze rimarchevoli per un arto soprannumerario, che portava all’estre- mità posteriore del corpo. Esternamente vi era da notarsi: mancanza quasi totale della cresta, le piume normali e l’arto soprannumerario coperto da piccole e morbide penne. Questo era inerte, pendente da un lato della coda, visibilmente atrofico e colle dita rattratte. Il volatile depose, ad intervalli più o meno regolari, delle uova che presen- taronsi tutte anormali nella forma e nel contenuto; perchè la forma era affatto analoga a quella del bozzolo del filugello ed il 41 APELLE-DEI. Catalogo sistematico del Gabinetto di Anatomia compar. della R. Università di Siena. Siena, 1880. 2 SANTI-SIRENA. Melodidimoplasia. Arte. Enciclopedia Medica. Serie II.8, Vol. 2, 1878, pag. 492, LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 277 contenuto non presentava tuorlo. Morì senza sintomi importanti pel caso nostro; ed essendo ciò avvenuto durante le ferie autun- nali, venne sezionata e spolpata da altra mano, per modo che non fu praticata, come sarebbe stato opportunissimo, la disse- zione dei muscoli, vasi e nervi dell’arto soprannumerario e della regione circostante; solo mi fu riferito, come era a prevedersi, che i muscoli si presentavano gracilissimi. Lo scheletro di questa gallina (con- servato al N. 6 della raccolta mostruo- sità) è ben formato; di giuste propor- zioni rispetto all’età dell’ individuo solo il cinto pelvico è tale da richiamare la nostra attenzione. Il bacino normale, di grandezza proporzionata, è molto deviato verso il fianco destro, per di più i due ischi, necessariamente essi pure molto deviati, fanno sì che il bacino veduto di fianco ed esternamente, si presenta cur- vato all’ingiù a livello delle cavità co- tiloidee. Le ossa iliache si saldano come di norma colle vertebre lombari e col- Fig. 14.8 l’ultima dorsale, presentando la fossa esterna regolare. Però nel destro ileo l’escavazione è molto più sentita. Al pube nulla si rimarca di notevole. Le vertebre dor- sali sono fra loro saldate, più che non lo siano nella norma, ed è all’ ultima dorsale che incomincia la deviazione a destra di tutto il cinto pelvico. Le vertebre lombari e sacrali, normal- mente conformate, presentansi come tutto il resto, sicchè ven- gono ad assumere una forte curva colla concavità in basso; le vertebre cocigee sono semplicemente un poco ridotte di dimen- Fig. 148 — Bacino e porzione mostruosa del pollo descritto al N. 36. Si scorge il tratto fibroso 4 che tiene unito l’arto mostruoso al cocige; d corpo osseo che si considerò come due ilei accessorî fra loro fusi - c altro corpo osseo ritenuto come un femore, o due fra loro uniti - d, d tibie che divergono - e, e tarsi colle loro dita, più o meno neerosate. 278 C. PARONA, sioni. Gli arti inferiori veri sono ben sviluppati e misurano, il femore 7 centim. e 6 milim.; la tibia 9 centim. e 9 millim.; il perone 8 centimetri e 14/» millim. ed il metatarso 6 centim. e 5 millim. La zampa soprannumeraria si compone di parecchie ossa, dal più al meno confuse e malconformate; sono riunite intima- mente nella loro porzione superiore al lato sinistro delle due prime vertebre cocigee, mediante un semplice legamento tendi- neo, di due centimetri circa di lunghezza, il quale mantiene così allontanata tutta la porzione ossea mostruosa dalla sana. Questo legamento, partendo dalle vertebre prima e seconda ‘ cocigea, dà attacco ad un osso, di forma irregolarmente conica, alla sua metà ricurvo colla concavità rivolta in basso e. col- l’apice verso la parte più lontana dal bacino: la sua lunghezza è di 4 centimetri, e 9 millim. il diametro maggiore è di 2 cen- timetri; avrebbe la forma, all’ingrosso, d° una corolla digita- liforme. Nella sua parte interna presentasi cavo e nella inferiore offre tre fori, diversamente situati; il margine è tondeggiante, ingrossato nella parte superiore, ove evvi l’attacco del legamento sopraccennato, ed in basso prolungato a modo di labbro rove- sciato in fuori. Quest’osso, sebbene occupi un posto ben diverso da quello che per solito occupano i bacini soprannumerarî, si può tuttavia ritenerlo come tale; cioè quale rudimento di ba- cino, in cui i due ilei si sono saldati fra loro, rivolgendo le rispettive fosse all’ interno e formando così una cavità imbuti- forme; solo mancherebbero le altre ossa pelviche, o fors’anche si sarebbero completamente fuse colle surriferite. All’estremità inferiore di questo corpo se ne trova un altro pure osseo, informe, la cui sostanza è molto spugnosa, dando luogo perciò a diverse piccole protuberanze, fori e fossette; esso ha la grossezza di una noce, e per i rapporti che offre colle al- tre parti si potrebbe considerare nient'altro che un femore unico, o i femori dei due arti accessorî fra loro saldati ed al tutto sformati e ridotti. Da questo osso e più precisamente dalla sua porzione posteriore, partono divaricando due altre ossa cilindri- LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 279 che, le quali, senza alcun dubbio, sono le tibie. Da questo punto quindi cominciano i due arti a farsi indipendenti ed a potersi distinguere in destro e sinistro. La tibia dell'arto destro è ben sviluppata e poco deforme; il suo capo articolare superiore è saldato e confuso coll’ omonimo del lato opposto; il corpo, di un terzo circa più breve e più pic- colo di quello di una tibia normale, diverge all’esterno e pre- senta una callosità al quarto inferiore, dipendente da proba- bile frattura; inoltre, massimamente nella porzione superiore, si ravvolge alquanto a spira; è lunga 6 centimetri e 7 millime- tri. Manca il perone ed il metatarso; le falangi sono atrofiche. . L’altro arto, il sinistro, offre modificazioni più spiccate. La tibia ha presso a poco una lunghezza eguale alla corrispondente di destra, ma è ricurvata in basso e contorta; il capo articolare superiore, come già si disse, confondesi con quello della parte destra: nella porzione di mezzo della diafisi presenta due frat- ture, di cui la inferiore offre una callosità deforme, che fa pie- gare l’arto ad angolo ottuso; una terza frattura, saldata con divergenza dei due monconi, trovasi in corrispondenza del capo articolare inferiore. Anche in questo non si ha traccia di perone. Il metatarso e le falangi sono grandemente ridotte e quasi si direbbero essiccate, però le varie parti sono nel loro giusto numero. Degli apparati digerente e riproduttore di questo pigomele, conservasi al N. 106 di Catalogo, una preparazione la quale, affatto normale nella parte sua superiore (esofago, ingluvie, sto- maco e porzione superiore dell’intestino), presenta più in basso tre ciechi, di cui due sviluppati più della norma, l’altro più sottile, ma lungo quanto i primi. Il retto termina nella cloaca, che è però di piccole proporzioni. In vicinanza poi allo sbocco del- l'intestino nella cloaca, evvi un’apertura, la quale mette in un sacco del diametro trasversale di tre centim., che nel punto op- posto all’ apertura stessa ne ha un’ altra, circolare e che porta all’esterno con brevissimo tubo, formando così un secondo ano normalmente costituito. Il cortissimo canale ora indicato, nella 280 C. PARONA, sua porzione superiore alla prenotata borsa, è in rapporto, me- diante un piccolo foro, con una terza cavità, molto più ampia della cloaca, ripiena di materia biancastra, e che nella sua parte superiore sta in comunicazione coll’ ovidotto. Nel presente caso perciò possiamo dire di avere due cloache: la normale, ed altra più grande accessoria, in relazione coll’ ovidotto; l'una e l’altra poi hanno una propria apertura all’esterno e son tenute in scam- bievole rapporto mediante una terza cavità. | 37. Un secondo caso di pigomelia è lo scheletro di pulcino, segnato al N. 7 di Catalogo del già indicato Museo d’ anatomia comparata; e che manca di ogni dato anamnestico, essendo della vecchia raccolta. Ae Fig. 15.8 Fig. 15.4 — Parte posteriore dello scheletro di pulcino nel Museo d’Anatomia com- parata di cui è discorso al N. 37. Notasi il bacino normale girato a destra per modo che la cavità cotiloidea destra, a, trovasi in basso e la sinistra, %, in alto - c,c fe- mori degli arti normali - x, y due porzioni ossee di bacino soprannumerario, impian- tate alla tuberosità ischiatica sinistra del normale - d, d femori degli arti secondarî - ese tibie degli stessi - f, f loro tarsi. Lo scheletro è ben conformato in ogni sua parte, fatta ecce- zione della pelvi, la quale è contorta per modo che la parte su- iu A LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 281 periore del bacino piega a destra, come se avesse fatto un semi- giro; così che la cavità cotiloidea sinistra volge in alto, la destra in basso. Alla tuberosità ischiatica sinistra si trova unito un corpo osseo, piegato irregolarmente, e tale che una porzione, di forma triangolare volge in alto, ed un’altra, in direzione per- pendicolare alla prima; guarda all’esterno, verso sinistra. Alle due porzioni di questo corpo osseo (senza dubbio rudi- mento di bacino) si attaccano, coi loro capi articolari, due fe- mori; di cui quello che potressimo dire sinistro ha il proprio capo articolare meno sviluppato di quello del destro. Questi due femori sono saldati l’un l’altro; per tutta la metà superiore, colle loro superficie rispettivamente interne, mantenendosi però ben differenziati; misurano 2 centimetri e 3 millimetri di lun- ghezza, eguagliando quella dei femori normali; e quando si vo- lesse trovare una differenza, la si vedrebbe soltanto nella loro maggior sottigliezza, a confronto di quella degli arti normali. Ai capi inferiori di detti femori si attaccano le rispettive ti- bie che dirigonsi in senso opposto, una a sinistra, a destra l’altra. Quella di sinistra misura 2 centimetri (la tibia normale ne mi- sura 3 centimetri e 5 millimetri), e lascia scorgere un perone a lei intimamente saldato; in complesso si direbbe essere di di- mensioni circa la metà della normale. La tibia di destra è in- vece malamente conformata e più breve della sinistra; raggiun- ge infatti soltanto 1 centimetro e 3 millimetri di lunghezza; e facilmente si riscontra aver essa subîte delle fratture, guarite più tardi con saldature deformi. I tarsi, i metatarsi e le dita sono, tanto nelle proporzioni che nel numero rispettivo, affatto normali, tolta la maggior gracilità, non però rilevante. 38. Un terzo esempio di pigomelia l’abbiamo in altro pre- parato di cinto pelvico d’una gallina, proveniente da Milano e della quale si difetta d’ogni notizia. Il bacino dell’autosita, colle vertebre sacrali e cocigee, è spinto a sinistra e le diverse ossa che lo compongono sono ben distinte fra loro. Il caso presente è molto somigliante a quello descritto da Larcher. Infatti il pa- rassita sta pure al lato destro; caratterizzano inoltre l’ altera- 282 C. PARONA, zione un arto accessorio con un rudimento di bacino, composto da parecchie ossa, incuneate fra le vertebre, deviate a sini- stra, e le ossa iliache ed ischiatiche del lato destro del bacino normale. Il bacino accessorio risulta, quasi in totalità, da due ossa; uno superiore, che corrisponde ad una porzione inferiore di ileo, concavo nell’in- terno della pelvi e convesso alla parte esterna; l’altro inferiore ed un poco irregolarmente ro-. tondeggiante in basso e che si potrebbe ras- somigliare ad un ischio anormale. Il capo articolare superiore del femore so- prannumerario sta innichiato nella cavità, for- mata da quelle due ossa, convergenti fra loro e che è occupata anche da cartilagini, le quali si estendono su tutto il contorno dell’ischio accessorio e servono di attacco al bacino rudimentale col normale. L’ appendice accessoria è costituita da un femore che, inseritosi al punto sopraindicato, si porta all'indietro ed all’infuorij è piuttosto ben formato, seb- ben sia più sottile dei femori normali e misura 6 centimetri e 5 millimetri, mentre i normali stessi arrivano a 7 centimetri e 2 millimetri. Al capo inferiore vi si ravvisa una piccola ro- tula e vi si articola una porzione ossea, tanto sformata, che solo pel posto si può considerare quale una tibia, risultante da due pezzi uniti da una sottile appendice. La porzione inferiore di questo rudimento di tibia è cartilagineo e dà at- tacco ad un metatarso, molto appiattito, discretamente svi- luppato e della lunghezza di 6 centimetri e 5 millim., mentre 1 metatarsi degli arti normali raggiungono i 7 centimetri e 4/s. Di particolare notiamo ancora la presenza di 5 dita, ossia uno in più, che si trova alla parte esterna; il dito di mezzo è poi, Fig. 16.8 — Parte posteriore del pollo indicato al N. 38, notevole per un fram- mento di bacino accessorio a incuneato al lato destro del normale d; - c femore ac- cessorio - d piecolo rudimento di tibia - e metatarso con segno di avvenuta fusione di due. LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 283 in rispetto agli altri, molto breve; e ciò per la mancanza di una falange. Quest’ arto soprannumerario in conclusione, dall’ e- same delle varie parti e massimamente dal piede, si deve rite- nerlo come un secondo arto destro, il quale però alla sua estre- mità risulterebbe fuso con un altro, ridotto di tanto da essere indicato solo che da un allargamento del metatarso e da un uni- co dito. Dell’individuo in discorso si conservano anche i visceri inte- stinali, che offrono alterazioni molto interessanti. L’intestino è normale in tutto il suo tratto superiore, ma nella proporzione inferiore dà attacco a tre ciechi, che sono tutti della medesima forma. e dimensione e che per la disposizione ed inserzione si com- portano come nei casi ordinarî. Misurano nove centimetri e mezzo; tutti e tre sbocca- no nel tubo digerente, allo stesso livello e con una propria apertura; sicchè sono affatto indipendenti. Al disotto di tali sbocchi (a 2 centimetri e 2 millimetri) l'intestino invece di allargarsi nella cloaca si divide in due ca- nali, di cui uno termina all’esterno con un vero ano, l’altro invece va a finire in un fondo cieco. Questi due canali intestinali, por- tandosi in basso e divergendo, si dilatano per modo che ciascuno viene a formare come un imbuto coll’ apertura all’imbasso, lasciando nondimeno uno spazio vuoto fra l’uno e ‘ l’altro. Il ramo di intestino, che finisce a fondo cieco, termina in una cavità dilatata o sacco chiuso, ingombro di granelli di sabbia, simili a quelli che in gran copia aveva già riscontrati nel ventriglio. Infine lungo un lato della parete interna di quel- l’ampia cavità, si presenta una duplicatura della mucosa molto Fig. 17.4 — Schizzo semischematico del tratto inferiore dell’ apparecchio digerente del pollo, indicato alla figura precedente; @,@,a tre ciechi che sboccano con distinte aperture d nel retto c, il quale si divide in due rami d, d - e ano normale; f pa- pilla imperforata; 9g apertura che indica lo sbocco di uno degli ureteri, 284 C. PARONA, rialzata, la quale percorre dall'alto al basso tutto il sacco; per biforcarsi. inferiormente ed abbracciare nella divaricazione lo sbocco dell’ uretere. In corrispondenza a questa cavità all’ ester- no fa protuberanza una papilla rotonda, con una infossatura nel centro, senza che vi sia comunicazione fra il sacco e l’ac- cennata infossatura. — L’altro ramo di intestino nulla ha di notevole, sboccando come di norma all’ano. 39. Un quarto esempio di pigomelia nel gallo domestico devesi al chiarissimo prof. Zoia, che ne aveva fatto dono al Mu- seo già citato fin dal 1870. È un pulcino ben conformato in tutto, eccetto che presenta al piede dell’ arto inferiore sinistro il pollice e solo due altre dita, mancando del terzo; di più mo- stra due arti soprannumerarî di forma regolarissima, fatta astra- zione che sono un poco più gracili dei normali. Questi due arti, discosti l’un dall'altro in basso, si avvicinano ai capi articolari dei femori, i quali disposti paralellamente, vanno ad attaccarsi alle vertebre cocigee sotto la ghiandola del groppone. L’ano, ben conformato e pervio, è spinto verso il lato destro, perchè sulla linea mediana vi stanno i due arti accessorî. I fe- mori di quest’ ultimi sono involti dal tegumento comune del corpo e quindi distinti all’esterno soltanto per una salienza longitudi- nale sulla regione posteriore del dorso. Questi arti hanno mu- scoli e sono liberi fra loro non solo, ma anche colle parti sot- tostanti. L’intestino presenta tre ciechi, tutti e tre istessamente sviluppati, il retto piega bruscamente a destra per terminare al- l’ano. o 40. Sotto il N. 61 del Catalogo del Museo anatomo-com- par. più volte indicato, trovasi un altro pulcino, pure di bella . forma nel corpo, il quale presenta due arti soprannumerarî ben sviluppati e che nella disposizione sono affatto identici a quelli del precedente caso; però i due femori, uniti paralellamente fra loro, non sono involti e nascosti dal comune integumento, ma stanno al di fuori di questo e prolungansi oltre l’ estremo poste- riore del corpo; gli arti in più si attaccano all'apice del cocige. Degna d’attenzione è la parte inferiore dell’ intestino, dove, ol- LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. : 285 tre la presenza di quattro ciechi ben sviluppati, vi è il retto molto ampio e che sbocca in una cloaca biforcata; un ramo di questa mette ad un ano posto a destra, il secondo ad un altro a sinistra. | 41. Un sesto caso, pure del Museo Universitario di Pavia, l’offre lo scheletro d’un grosso gallo. Il suo corpo, regolare in tutto, presenta, in corrispondenza della parte posteriore dei due ilei, una marcata deviazione della colonna vertebrale verso sini- stra descrivendo un semicerchio; per questo fatto anche l’ileo sinistro si curva fortemente con una concavità esterna ed ante- riore; mentre l’ileo di destra è soltanto un poco spinto all'infuori. Nello spazio fra la regione sacro-cocigea della colonna ver- tebrale, spinta a sinistra e l’ileo ed ischio destro, trovasi un bacino accessorio, ben sviluppato nel complesso e che consta di parecchie ossa, più o meno regolari: come sarebbero i due pubi ed i due ischî, men- tre i due ilei sono fra loro confusamente saldati sulla linea mediana. Anche la posi- zione di tutte queste ossa presenta una particolarità rimarchevole: le due ossa pu- biche trovansi verso la parte interna, par- tendo tutte e due dal centro di questa specie di bacino ed al- lontanandosi l’ una dall’altra verso le loro estremità; i due ischi, di forme discretamente regolari, sono posti all’ indentro dei due pubi; ed i due ilei formano invece come un osso unico ripiegato a cupola, colla concavità verso l'interno della cavità pelvica nor- male. All'esterno e sulla linea mediana si osserva in alto un foro rotondeggiante ed un rilievo a cresta, quasi prima traccia di colonna vertebrale fra i due ilei. Per tale conformazione la ca- Fig. 18.2 Fig. 18.* — Bacino di gallo pigomele (N. 41) in cui si rileva la forte deviazione a sinistra del sacro e del cocige e l'inserzione di un bacino accessorio discretamente sviluppato - a cocige della pelvi normale - p, p ossa pubiche del bacino succenturiato - b,b femori dei due arti secondari - c, c rotule - 4, d tibie colle rispettive fibule e, e; -f,f tarsi con dita a falangi incomplete. : 286 C. PARONA, vità pelvica generale è molto ampia e scavata da quattro fosse; di cui due sono dovute agli ilei normali e due, fra loro quasi fuse in una più ampia e posteriore, dovute ai due ilei accessorî. Lateralmente alla salienza notata sulla linea mediana di fu- sione dei due ilei in più, notansi le due cavità cotiloidee, una a destra, a sinistra l’altra, ove prendono inserzione i femori dei due arti mostruosi. Questi sono tanto sviluppati da mostrarsi più grossi dei normali; le loro articolazioni sono in parte libere, in parte anchilosate. I due femori accessorî sono inoltre discre- tamente ben conformati, ma alquanto più corti dei normali. Oltre le due rotule fanno seguito le due tibie coi rispettivi peroni e quelle sono grossissime, evidentemente colpite da iper- trofia. Anche i metatarsi sono ingrossati, ma al pari delle tibie hanno conformazione regolare. Infine le dita di queste due zampe sono deformi: ciascuna manca di qualche falange; e la destra anche di un dito. Non è da tacersi essere il presente un caso di pigomelia molto avanzato, ossia vicinissimo al dipigo. È rincrescevole perciò man- cassero i visceri, i quali avrebbero potuto illustrare maggior- mente l’interessante esemplare. 42. Ultimo preparato di pigomelia del Museo di anatomia comparata, più volte citato, è pure quello di un grosso gallo, il quale presenta l’anomalia a sinistra; ma però non così complessa come nel caso precedente. Il bacino accessorio, meno completo di quello del gallo ora descritto, risulta da una porzione di ileo e da frammento di due ischii. Nel pezzo di ileo evvi una infossatura, una vera cavità cotiloidea, pel femore dell’arto accessorio. Tutto questo bacino è incuneato fra la regione sacrale della colonna verte- brale e l’ileo ed ischio sinistro del bacino normale. Interna- mente dal lato sinistro la fossa pelvica dell’ileo normale si fonde con quella dell’ileo soprannumerario, per cui ne risulta una vasta cavità, che allarga maggiormente la capacità del bacino. L’arto accessorio unico superiormente, divien duplice dalla sua metà alla fine. Consta di un femore benissimo conformato, N. in — SE elio... LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 287 al capo inferiore del quale si attacca una tibia, che, massima- mente alla parte inferiore, palesa evidentemente la fusione di due; perciò cilindrica in alto è molto appiattita, triangolare in basso; è ricurva su sè stessa, avendo descritto un semicerchio sul- Fig. 19.8 x Fig. 19.8 — Parte posteriore di gallo, accennato al N. 42; è notevole l’incunea- mento del bacino accessorio a a sinistra del bacino normale; d cocige del bacino principale spinto a destra; c,c cavità cotiloidee pei femori delle zampe principali; P,p ossa pubiche normali - d cavità per l'inserzione del femore accessorio - e femore accessorio - f tibie fuse principalmente alla parte superiore; g,g tarsi tenuti da una membrana e che portano le dita. Fig. 20.4 — Bacino del preparato precedente veduto all’ interno. Il bacino secon- dario a sì attacca al sacro, all’ ischio ed ileo del bacino principale e la fossa pelvica di sinistra è quindi divenuta ampiissima. l’asse longitudinale e mostra una scanellatura nella metà inferio- re; esistono infine due peroni ben formati ed in posizione l’uno op- posto all’altro. I metatarsi sono un po’ contorti, ma isolati; trovasi una larga e forte membrana aponeurotica tesa lungo i margini interni di ciascuno: hanno inoltre due grossi speroni; eguali cioè a quelli delle zampe normali. Le dita sono in numero normale per i due piedi, solo che sono rattratte e molto atrofiche, come lo è del resto l’intero arto. Infine tutte le articolazioni, meno quelle delle dita sono discretamente libere e suscettibili di mo- vimenti facili. 288 | C. PARONA, La conoscenza di due altri esempi di pigomelia nel gallo do- mestico li debbo alla gentilezza del mio amico, il chiarissimo prof. D. Pietro Calderini, Direttore del Museo di Storia ‘Na rale in bian 43. Il primo è un pollo che da gran tempo fa parte di quel museo. Già a completo sviluppo e di bella presenza esso ha un arto accessorio che gli pende dietro le zampe normali, al di sotto della coda. Unico nella porzione superiore, esso si divide in due nella parte inferiore; va coperto da pochissime e diradate penne, non ancora del tutto sviluppate. Si distinguono le diverse ossa, sebben coperte dai tegumenti e con tutta probabilità mancavano i mu- scoli. Vi si scorge un unico femore, in parte nascosto dalla pelle, che origina dal posto ove nei casi ordinarî sta l’ano; una tibia che offre una frattura nella parte mediana e che è molto grossa, allargata principalmente all’ estremità inferiore, indizio della incominciata divisione dei due arti; i metatarsi sono indipen- denti, allontanati fra loro; ed infine le dita sono in numero nor- male. Tutte queste parti sono rimarchevoli perchè atrofiche, o più piccole delle parti omonime degli arti normali. È inutile avvertire che, trattandosi di un’ esemplare imbalsa- mato, furono impossibili maggiori ricerche; solo aggiungerò che sono visibili due ani, uno di fianco all’altro, distanti fra loro quasi due centimetri e che è appunto in questo intervallo ove si attacca l'arto accessorio. 44, Il secondo esempio è un altro grosso gallo colpito da pigomelia; e che il prelodato prof. Calderini mi inviò colle se- guenti notizie. Il gallo nacque a Nizza Monferrato e vi stette i primi mesi di vita; fu sempre vegeto, robusto ed intratenevasi volentieri colle galline; mangiava molto e dal giorno in cui l’ebbe in casa il prof. Calderini (a Borgosesia) fu sempre sanis- simo. Mantenuto in vita per tre mesi, venne ucciso poi perchè disturbava troppo le galline, traendole seco fuori del cortile di casa. — L’animale è alto e ben conformato; esso offre esternamente tre zampe e due ani. L’arto soprannumerario è la metà più {LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 289 piccolo dei normali e va coperto da piume e da penne molto lunghe e robuste, da ricordare un rudimento di coda, impiantate al di sopra della zampa mostruosa. L’alterazione sta al fianco sinistro. Volli tosto praticare l’injezione dei vasi, onde meglio studiare i rapporti anatomici delle diverse parti normali e mo- struose. Alla metodica dissezione ebbi ad osservare che la parte su- periore, od anteriore del corpo è conforme alla norma; quindi trachea, polmoni, cuore e vasi principali, fegato e parte supe- riore dell’ apparecchio digerente (esofago, ingluvie, stomaco, ansa duodenale colla milza e buon tratto dell’intestino) tutte sono di proporzioni e disposizioni perfette; due grossi testicoli, coi ri- spettivi canali ed un unico rene, ma di volume notevole, mi si offersero alla prima ispezione. Rivolta però l’attenzione all’ ul- tima parte dell'intestino, come quella che più interessa in simili casi, riscontrai che: le appendici cieche sono tre, una delle quali è regolarissima e misura 17 centimetri di lunghezza, le altre invece sono saldate fra loro nel tratto di mezzo (per 6 centi- metri) restando divise nella parte terminale (per 4!/. centime- tri) e nella basale (per 6 centimetri). Questa aderenza sebbene rilevante è però soltanto limitata alle tonache, perchè l’ interno è indipendente, non essendovi comunicazione fra l’uno e l’altro. L’interno dei tre ciechi è normale e rigurgita di sostanza pol- tacea, giallastra, con grandissima quantità di minuti ascaridi (Heteratis vesicutaris), i quali trovansi anche per tutto il tratto di intestino, situato al disotto dello sbocco di queste appendici, fino alle due aperture anali. A cinque centimetri e mezzo dallo sbocco dei tre ciechi il tubo digerente si divide in due grossi rami, che, scostandosi l’uno dall’ altro per la lunghezza di sei centimetri, mettono capo alle aperture anali; il sinistro scor- rendo in linea retta, il destro obliquamente. Delle aperture anali la sinistra è ampia e ben conformata, mentre la destra è pure pervia, ma stretta per modo da lasciar soltanto passaggio ad uno specillo di media grossezza; distano fra loro 4!/e centim. Già accennai come si rimarcano due grossi testicoli; ora Vol. XXVI. 19 290 Cs PARONA; l MOI AL questi hanno i rispettivi condotti che vanno a sboccare nel ca- nal rettale destro, cioè in quello ad apertura esterna più. pic- cola. È quindi molto probabile che l’ano sinistro fosse quello deputato alla defecazione ed il destro per l’escita del prodotto sessuale. Rimossa la massa intestinale dal cavo pelvico si presentò meglio il rene unico, molto grosso ed innicchiato nella fossa. pel- vica destra. Egli ha forma allungata come biloba; più piccola la parte anteriore; misura in totale sei centimetri circa ed è attra- versato, sulla superficie rivolta all’interno della cavità viscerale; dai vasi destinati alla zampa destra. , La cavità pelvica, considerata in generale, è molto ampia; la parte destra non si scosta dalla norma, quando sì faccia astrazione della deviazione all’ esterno di tutta la parte scheletrica; nello stesso modo fanno il sacro ed il cocige. L’ileo sinistro è spinto. molto all’esterno, per l’incunearsi della porzione accessoria fra. esso e la regione sa- crale. Vi si riscontra la cavità iliaca più pic- cola della destra. e divisa mediante un rilievo da un’altra cavità, amplissima, formata dalla fusione di due, che sarebbero le fosse iliache della parte parassitaria. Al di sotto di questo grande cavo vi sta una porzione ossea, che vista dall’interno si presenta appiattita e quadrata, con un angolo diretto all’ avanti e coll’opposto all’indietro, mentre coi due rimanenti si salda for- temente: al sacro da una parte ed alla tuberosità ischiatica dall'altra. Abbiamo quì un bacino rudimentale, fuso comple- tamente nelle sue due metà, e fortemente saldato alla regione sinistra del bacino dell’autosita. Al di fuori, levato il tegumento per ‘nulla rimarchevole, la muscolatura appare con disposizione intricata, per modo che i muscoli delle pelvi si confondono e si intrecciano con quelli Fig. 21.* — Bacino-del gallo mostruoso di Varallo (N. 44) visto dall’interno; @ bacino secondario; d femore; c rudimento di tibia; d tarso; e,e vaso sanguigno ehe si biforca in e’, LT better LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 291 della coscia soprannumeraria. Misi in seguito allo scoperto il ba- cino accessorio, che, completamente saldato col normale ed af- fatto ossificato, è rivestito da grosse masse muscolari, che, dalle parti circonvicine della pelvi normale; vanno ad attaccarsi, per- pendicolarmente, al femore dell’ arto mostruoso. Questo femore è tenacemente impiantato alla parte superiore del bacino accessorio, che gli forma quasi una cavità cotiloidea nella porzione alta. L’arto è completamente immobile e consta dapprima di un' osso, da ritenersi un femore, per la sua figura e situazione, sebbene di dimensioni più piccole; esso va coperto da muscoli abbastanza distinti e sviluppati; è lungo 8 1/2 centi- metri e si dirige all’indietro, all’imbasso ed all’esterno. Al capo inferiore di questo femore si attacca un cortissimo e gra- cilissimo osso, oscuramente articolantesi col primo e che si dirige oppostamente ed al disotto del femore, curvandosi con concavità ull’esterno. Ora tale ossicino, per rapporti che ha colle parti contigue, lo si deve considerare quale rudimento di tibia; della lunghezza di 24/s centimetri, è rivestito da tenui e scarsi fa- scetti muscolari, da bende tendinee cospicue; ed il tutto viene ravvolto da tessuto aponeurotico. Il metatarso è sostenuto dal- l’osso sopra indicato, non già con apposita articolazione, ma sem- plicemente da forti fasci tendinei, che gli permettono liberissimi movimenti in ogni senso. Lungo il metatarso scorrono robusti tendini, che vanno alle dita. Il metatarso e le dita nulla offrono di speciale, eccetto che, al pari di tutto l’arto, sono più gracili delle corrispondenti normali; misurando il primo 7 centimetri di lunghezza e 5 !/2 centimetri il più lungo delle dita. Un grosso vaso sanguigno, staccatosi dall’ aorta discendente, passa in prossimità all’ angolo superiore, già indicato, del bacino accessorio e viene all’esterno in corrispondenza del capo supe- riore del femore soprannumerario; scorre lungo quest’osso, man- tenendosi sul lato destro fino a livello del terzo inferiore, ed allora passa’ al disotto fino al capo inferiore, dove piéga all’avanti per seguire, con curva molto sentita, la direzione del moncone di tibia. Percorsa anche la lunghezza di quest’ ossicino, gira il capo 292 C. PARONA, articolare del metatarso medesimo e, raggiunta la superficie an- teriore di essa, scorre in una docciatura; dividendosi ben presto in due rami, d’egual calibro, che vanno alle dita per darvi rami minori. Questo vaso nel lungo suo percorso è seguito da un cor- done nervoso, che spicca ramificazioni, parallele a quelle date dal vaso sunguigno, alla muscolatura ed al tegumento della parte parassitaria. Anche nel Museo Zoologico della Università di Cagliari ‘ebbi ad incontrare due casi di pigomelia nel pollo domestico. 45. Il primo è lo scheletro di un adulto, perfetto nelle sue proporzioni e che presenta una forte deviazione della colonna ver- tebrale, dalla regione dorsale a tutto il sacro. Tale deviazione, dapprima a destra e poi a sinistra, fa assumere a Lima co- lonna vertebrale un’andamento ad S. L’osso innominato di destra offre la propria cavità molto di- latata, pel portarsi a sinistra della colonna vertebrale e di con- seguenza è molto ristretta la parte opposta. Alla tuberosità ischiatica, e lungo il margine inferiore del- l’ischio stesso, si inserisce un osso infor- me; certamente risultante da diverse ossa assieme fuse e che nel complesso ci rap- presentano un bacino accessorio, al quale prende attacco un arto soprannumerario. Esso arto è impiantato al lato sinistro della pelvi e si dirige pure a sinistra. Avuta la sua origine con un grosso capo articolare (ad articolazione poco palese) dal bacino accessorio, quest’ osso, analogo per conformazione ad una tibia, se ne stacca e dà at- tacco, subito al disotto del capo articolare, ad un secondo osso cilindrico e diretto perpendicolarmente al primo ed all’imbasso. La tibia è lunga otto centimetri e mezzo, e viene susseguita da Fig. 22. Fig. 22.a — Parte di scheletro del pollo del Museo di Cagliari (N. 45). a,d, € ba- cino, femore e tibia normali; d tibia accessoria, che poco sotto il capo articolare manda una appendice ossea, e, - f,f tarso diviso in due frammenti - g- dita in nu- mero di tre. © A AT LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 293 altro osso, pure cilindrico, breve e forse, dipendenza di una por- zione, stata disgiunta per frattura, o della tibia o del succes- sivo. osso. Manca totalmente il perone. Il metatarso, al pari di tutta la zampa mostruosa, è atrofico. Tre dita, esse pure non molto sviluppate, completano quest’arto. 46. Finalmente, quale ultimo caso di pigomelia nei gallinacei, trovo un pulcino (Museo Zoologico di Cagliari) benissimo con- formato, ma che, in corrispondenza della coda, porta una appen- dice soprannumeraria, la quale, coperta da piume, simili a quelle dell’ autosita, sì pro- lunga all’indietro per due centimetri circa. Lateralmente lascia scappar fuori due ru- dimenti di zampe, ‘una a destra e l’altra a sinistra, ed ambedue, fra loro somiglian- tissime, constano, per quanto ho potuto ri- levare, da porzione di tibia, da metatarso e da un unico dito, guernito dalla propria unghia. Queste due zampe in più sono molto corte e sottilissime; non giungendo alla metà delle dimensioni delle parti corrispondenti degli arti sani. Trattandosi di un esem- plare imbalsamato da gran tempo, è inutile dire che nessun’ al- tra particolarità vi ho potuto rilevare. D. — Nei Mammiferi per ultimo troviamo che queste ano- malie si fanno sempre più rare ed anche meno complesse. Alcune figure di mammiferi polimeliani, disegnate da Aldro- vando (op. cit.) si potrebbero ritenere quali esempi di pigomelia, ma la ragione già altravolta indicata non permette di ascriverli con sicurezza a tale genere di polimelia, piuttosto che ad altri. Veggansi le Tav. I.*, pag. 537 (Equus quing. pedib.), Tav. V.*, pag. 545 (Canis octipes), Tav. VI.*, pag. 546 (Felis faemna hexap. a). Otto (op. cit., pag. 256, N.° 414) registra un caso di pentamelia nella pecora. Fig. 23.a — Ricorda il pulcino pigomelico del Museo Zoologico cagliaritano (N. 46 colla parte accessoria molto ridotta. 294 | C. PARONA, ‘1. Riferisce di una pecora, vissuta per molti anni in un greggie a Breslau, la quale presentava l’ arto posteriore sinistro duplice. Potè ottenere per esame la metà sinistra della. pelvi coll’arto doppio. i i L’osso innominato sinistro, ben conformato nel complesso, ‘of- friva nella parte inferiore ed un poco dietro la cavità cotiloidea la at È SNA { VE Fig. 25.4 Fig. 24.8 — Porzione di pelvi della pecora pigomelica illustrata da Otto. - a acc» tabolo ordinario - Db acetabolo secondario. Fig. 25.8 — Arto sinistro duplicato della pecora sopra indicata; «' estremità della zampa normale; 0’ quella dell’ accessoria - 5,5 femori; c,c tibie saldate; d,d tarsi (Per le fig. 24, 25, vedi Atlante di Otto, op. cit., Tav. XVII, fig. 3, 4.). ” porzione di un osso innominato accessorio, il quale presentava la tuberosità dell’ischio, un piccolo foro ovale ed una specie di acetabolo. Questa cavità non era ben foggiata, ma piuttosto of- frivasi come una superficie articolare grande, levigata e posta sotto il vero acetabolo, sebbene un poco all’ indietro. Vicino ad essa trovasi un corpicciuolo osseo, sospeso da un ‘tendine, il quale, opina Otto, era posto vicino alla membrana capsulare del piede accessorio. Con tale osso innominato, presso a poco duplice, stanno congiunti i due arti; ma così poco discosti, che sono saldati lun l’altro nella maggior loro estensione. Di essi LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 295 quello che è l’accessorio, cioè il posteriore ed ‘interno, supera l’altro in grossezza e lunghezza: il normale, tolto il coalito, nulla ‘offre di rimarchevole. L’acetabolo del piede accessorio, non es- sendo incavato ma piano, fa sì che anche il capo del femore sia appiattito e trovasi così vicino al normale, che la sua parte superiore si immedesima con legamenti al piccolo trocantere e la inferiore, con sostanza ossea, al condilo interno dello stesso femore normale. Non si veggono rotule. Due tibie, saldate per quasi tutta la loro lunghezza, hanno due superficie articolari, alle quali si uniscono due piedi distinti e separati. Uno di essi, quello della zampa sana, è diritto, e l’altro è più gracile e quasi compresso dal primo. Passo sotto silenzio il caso descritto da E. F. Gurth* di una pecora a quattro zampe posteriori (MHeterodidymus tetrascelus. pigomele di Geoff.) perchè presentava duplicità di visceri; ed invece dirò una parola di un altro esemplare, che si conserva nel Museo Zoologico cagliaritano. 2. È un giovanissimo agnello, molto ben sviluppato e nor- male in ogni sua parte; però alla regione deretana, precisa- mente sotto la coda, gli pende una gamba soprannumeraria. Que- sta si inserisce nel punto accennato ed è discre- tamente ben conformata; senza dubbio è sem- plice e completa dalla sua origine alla fine. La flessione avviene facile, effettuandosi dalla parte ventrale dell'animale. In prossimità dell’inser- zione della porzione parassitaria all’autosita, ed al fianco sinistro, si trova l'apertura anale. Stante la rarità di simili casi nella pecora, volli riferire anche questo caso, sebbene non mi sia stato possibile praticare ulteriori ricerche, tanto delle parti i Gurta E. F. Veber Thicrische Missgeburten; Berlin, 1877. ; Fig. 26.2 — Parte posteriore dell’agnelilino pigomelico che trovasi nel Musco Zoo- logico di Cagliari. 296 iviert0. PARONA, interne dell'arto che della pelvi, trattandosi di un antico pre- parato impagliato, e che difettava inoltre d’ogni indicazione. . 3. Del Museo d’Anatomia comparata di Bologna 1’ Alessan- drini (Op. cit.) descrive una capra Ammon, avente quattro mem- bra posteriori. Anche Apelle Dei (loc. cit., pag. 125) indica una Capra hircus impagliata, che offre una doppia zampa soprannumeraria adesa alla pelvi. b) 4. Il Geoffroy Saint-Hilaire (op. cit., pag. 189) parla di un porco, in cui il bacino principale, al pari di un Ischiopago, aveva fra la sinfisi pubica porzione di un piccolo bacino acces- sorio. Così le due membra soprannumerarie pendevano,; molto ravvicinate fra loro e disposte in modo simmetrico, fra i due arti principali. La stessa disposizione aveva certamente il bacino di un altro porco, figurato da Regnault (loc. cit., Tav. 29°), ma in esso sotto l'addome esisteva un enorme tumore, la cui natura non venne fatto conoscere. c) Parecchie pigomelie vennero pure riscontrate nel Bue. 5. Nel Commercium litterarium, (Nurimberg; T. 1. Specim. XII, pag. 89, N. 2) si ricorda un vitello pigomele vivente, che presentava altresì due ani. 6. L’Alessandrini, nel suo più volte citato catalogo, al N. 3109 pag. 438, descrive un vitello a tre zampe posteriori. Oltre la zampa accessoria posteriore, pendente da grosso tumore emisfe- rico e che occupava la posizione dell’ano, mancava del tutto anche questa apertura ed in luogo delle parti genitali esterne era visibile una appendice, munita di lunghi peli, alla base della quale gemeva, da piccol foro, dell’ urina, allorquando si compri- meva fortemente la regione posteriore addominale. Potendo de- glutire con facilità il latte, si tenne vivo l’animale quasi per cinque giorni, ma morì essendo riusciti vani i tentativi per aprire l’ano e dar esito alle copiose materie, accumulate nel- l’addome. Il retto finiva con una estremità cieca. 7. Caso molto interessante è quello riferito da Joly e Filhol LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 297 I (loc. cit.) in una vacca. Il treno. posteriore di essa offre una larghezza, ‘sproporzionata e l’ano e la vulva non occupano la li- nea mediana. Queste due aperture furono spinte a sinistra da due membra accessorie, che si sono interposte nello spazio che separa normalmente le membra pelviche. La massa mammellare del- l’autosita è pure divisa in due parti distinte; la sinistra delle quali, più voluminosa, ha tre capezzoli, di cui uno rudimentale ed imperforato e la destra non ha che un solo capezzolo; ben sviluppato e che. secerne latte, essendo il resto rudimentale. In quanto alle membra soprannumerarie l’una di essa è molto contorta su sè stessa e molto più piccola dell'altra ed all’ estre- mità non ha che uno zoccolo colla rispettiva unghia. Il secondo arto è molto più sviluppato e facilmente vi si riconosce la co- scia, la gamba, il piede con due zoccoli ed unghie. Oltre. queste. parti accessorie, nell’intervallo che separa la gamba destra dell’individuo autosita e l’arto più sviluppato del parassita, fa salienza un tumore più grosso del pugno e che gli autori sono indotti a considerare come un testicolo; di più, in intimo rapporto con quello, vi è un fodero, dunde sporge un or- gano perforato, molto somigliante ad un pene che lasciava sfug- gir l'orina, per solito goccia a goccia, ma talora anche con getto abbondante. Gli accennati autori notarono altresì quattro ca- pezzoli, posti sulla linea mediana, fra le masse mammarie. del soggetto principale, di. cui due capezzoli danno latte e gli altri sono più piccoli ed imperforati. Il solo ano esistente era comune ai due individui. Da tutto questo Joly e Filhol ne. dedussero trattarsi di un toro innestato su una vacca; e ciò che è più strano di un toro lattifero. d) Anche nel cane furono riscontrati casi di pigomelia, ma fin quì molto rari. 8. Gurlt (pag. 274, pl. XIII, fig. 2.*) riferì di un cane pi- gomele, ma mancano notizie sull’ argomento. 9. Haller (Op. cit.) illustrò il caso d’ un cagnolino molosso, ben conformato in tutto il corpo e che presentava fra le gambe 298 (1000000. PARONA, posteriori un arto, semplice in' alto, duplicato in basso. Fra le prime vertebre cocigee e l’ileo destro si inseriva un osso; che Haller ritenne per un ileo di bacino soprannumerario. A questo si attaccano due ossa, che sono due ischi e fra esse articolasi il capo superiore di un unico, ma grosso femore, a cui fan se- guito due tibie distinte ed una fibula interposta; due calcagni ‘fra loro uniti ed ossa metatarsiali, quattro per ciascun piede, nonchè le relative ossa delle dita, che, ‘perfette in numero e disposizione, completano l’arto mostruoso. Rimarcò inoltre l’in- testino retto, che si divideva in due rami; due vesciche orinarie e due peni impervî. 10. Il prof. Santi Sirena descrisse minutamente nell’ Fbi clopedia Medica sopracitata, un neonato di cane pigomele, che si conserva nel Museo patologico di Palermo. Questo cagnolino, semplice fino all’articolazione sacro-verte- brale, ha due arti pelvici soprannumerarî fra le estremità poste- riori. Attaccati alla sinfisi pubica, sono essi assai più corti e più piccoli degli addominali normali; per mezzo della pelle sono riu- niti fra loro fino a 5 millimetri di sopra dell’articolazione fe- more-tibiale e terminano il sinistro con cinque dita, il destro con quattro. Inoltre si notano due peni, senza traccia apparente di testi- coli; quattro ordini di mammelle e due ani; uno a destra, nor- male e situato fra l’arto pelvico normale ed il soprannumerario sinistro. Le ossa iliache nell’autosita sono fra loro allontanate, mancando la sinfisi pubica, sicchè il bacino è completato sem- plicemente dalla pelle. Gli arti succenturiati si articolano colla superficie/del sacro e dell’iliaco col mezzo di due ossicini piatti e sono provvisti di muscoli, la cui complessa disposizione viene Mani rianie de- scritta dall’ autore. Si riscontrano due bacini, di cui uno è V'ac- cessorio rudimentale ed è dovuto alla presenza delle ossa iliache accessorie, situate sulla linea mediana e dividenti il bacino prin- cipale quasi in due cavità. — La colonna vertebrale è semplice LA PIGOMELIA NEI .VERTEBRATI. 299 . soltanto fino alla regione lombare, dove vi è un rigonfiamento ‘ed il canal rachidiano è aperto. Dello scheletro succenturiato rilevò la presenza di due ossa iliache poste, come si disse, sulla linea mediana e dividenti il vero bacino in due riparti, d’onde l'apparenza di due escava- zioni pelviche. Ciascuno di questi ilei ha la forma di un fagiuolo schiacciato e l’estremità esterna di ‘essi si articola col femore, mentre l’ opposta, arrotondata come la cresta iliaca dell’osso nor- male, resta libera. All'esterno di queste ossa trovansi due altre, che pei muscoli ai quali danno attacco, pare siano le tuberosità ischiatiche isolate; infine i femori, le tibie, i peroni, ossa del tarso, del metatarso e falangi delle estremità mostruose sono come d’ ordinario. 11. Al Museo d’anatomia comparata dell’ Università di Pa- via ebbi a studiare ancor io un esemplare di cane pigomele. ile Fig. 27.8 | Fig. 27.+4 == Cagnolino pigomelico del Museo d’Anatomia comparata di Pavia (N. 11). i È un neonato, il quale presenta fra le zampe posteriori un arto soprannumerario che, anche dal semplice esame esterno, appare risultante dalla fusione di due. L'attacco della parte mostruosa all’autosita si fa nel posto ove normalmente si apre l’ano, il quale è spinto invece verso sinistra fra la zampa accessoria e la sinistra normale. Il movimento di questo arto è libero alla sua articolazione coll’autosita, più difficile alle altre. Esternamente si notano due peni e tuttora esistente un tratto di cordone ombelicale. 300 C. PARONA, All’ esame della parte scheletrica ho rilevato che in corrispon- denza dell’arcata pubica, e precisamente nello spazio delle due branche ascendenti del pube, al loro margine inferiore, pren- dono attacco due ischi succenturiati e superior- . mente ad essi un altro osso triangolare, col ver- tice in alto, che si deve considerare quale un ileo accessorio, costituito però da due ossa tena- cemente saldate fra loro sulla linea mediana. Tanto i due ischi, che quest’ileo sono diretti in alto verso le vertebre cocigee, ma con esse non hanno che lievi rapporti per mezzo di mu- scoli e tessuto fibroso. Nel punto d’unione dell’ileo coi due doch prende attacco un femore, che per la sua, gros- sezza maggiore di quella dei femori ordinarìî e per una piccola solcatura lungo l’asse principale dell'osso stesso, dà segno evi- dente di risultare da dué femori quasi completamente fusi. Segue la tibia che, per le stesse osservazioni fatte a proposito del fe- more, devesi riguardare risultante da due; di più due fibule, be- nissimo distinte e conformate, stanno una a destra e l’altra a sinistra. Infine sonvi due calcagni, otto metatarsi e relative dita ben formate. In quanto ai visceri, nulla ho riscontrato di abnorme sella or- gani toracici, al diaframma, al fegato, ai vasi ombelicali. Inte- stino normale; il retto devia un poco a sinistra per sboccare all’ano, che sappiamo essere spinto verso quella parte. Il pene non è doppio, ma sono i due corpi cavernosi che stanno divisi, donde l'apparenza di duplicità di questo organo. 12. Avuto riguardo alla scarsità di pigomeli nel cane; rife- rirò quel poco che mi fu possibile osservare su un preparato del Museo Zoologico di Cagliari. È una pelle di cagnolino, al- Fig. 28.8 Fig. 28.2 — Arto accessorio del cagnolino precitato; v colonna vertebrale; c cocige; i,î ilei normali; #s, ischio normale; f,f femori principali; é ileo soprannumerario; îs',îs' ischi secondarî; f/ femori fusi; t tibie fuse con una fibula p,p da ciascun . lato; m tarso e falungi. LA PIGOMELIA NEI YERTEBRATI. 301 quanto rozzamente impagliata, che in dimensioni, aspetto e mo- struosità moltissimo assomiglia al precedente. Perfettamente nor- male nel corpo; esso porta alla regione posteriore e precisamente nel luogo ove starebbe la. coda; un arto pelvico, che sebbene mancante dello scheletro, tuttavia evidentemente risulta dalla fusione di due. Perciò egli è molto grosso nella regione della gamba ed appiattito in quella dei metatarsi; infine termina con sei dita, divise in due parti, tre per ciascuna. . Fra l’arto sinistro normale ed il soprannumerario sta l’ aper- tura anale. Non trovai alcun’altra particolarità; nè indicazione di sorta sono segnate nei cataloghi del Museo. e) L'uomo stesso non è risparmiato da questa mostruosità. — Notiamo brevemente i casi più accertati. 13. Jano Planco! descrisse un fanciullo pigomele, nel quale l’arto in più era diretto in alto ed impiantato sul pube. 14. Lieschine? e Dannenberg® descrissero un soggetto, in cui dietro al sacro eravi un tumore piuttosto voluminoso, dal quale discendeva un piede abbastanza ben conformato. 15. Wagner* parlò di una fanciulla, che in basso della na- tica destra aveva un terzo arto; e l'importante stava nell’ es- sere questo un arto toracico, avendovi all’autossia rinvenute l’omero, il radio ed il cubito, tutti deformi, coperti di adipe e senza traccia di muscoli. 16. Simmons” riferisce un altro esempio, in cui due arti accessorî erano attaccati ad un tumore, rimarchevole per la pre- senza di un ano e per la sua inserzione all’imbasso della colonna vertebrale. 17. Jul. Behn® riporta un esempio ancora più curioso, pre- sentando simelia e pigomelia. L’addome terminava inferiormente con due membra, di cui uno era completamente doppio e rivol- ! De monstris ac monstr. quibusdam. Venezia, 1749, 2.3 Tripes heitersbacensis. Tubingen, 1755. 4 Frank. Samml. Tom. II, pag. 243. * Medical. fats and observat. T. VIII, p. 1. ® De Monopodibus. Berlin, 1827, pag. 9, Tab. II. 302 (NT 07 PARONA, tato come nei simelî: l’altro era molto incompleto e terminato da un dito. Fu quest’ultimo che Benh considerò come accessorio; ma Is. Geoffroy Saint-Hilaire, citando il caso, dubita dell’ esat- tezza di determinazione. Meckel (op. cit. pag. 61) accenna a. varî casi di estremità so- prannumerarie pendenti dalle natiche. Lo stesso fecero Haller (op. cit. T. III, XIV, pag. 50, 51) e Forster (op. cit. pag. sia Taf. III e V). Ad Otto occorse un esempio rimarchevole che descrisse a pag. 257, N. 415 del suo grande lavoro. 18. Era una fanciulla di tre mesi, figlia di vision giovani e sani e la di cui madre era anche benissimo conformata e bella. La parte mostruosa consisteva, come si ebbe già a far cenno; di un dito accessorio, che faceva salienza al cocige, all'indietro dell’ano ed un poco verso la natica destra e quindi così collo- cato, che sembrava volesse toccare ora l’ano, ora la vulva. Vi era unito altresì un tumore molle, rotondeggiante, di consistenza adiposa, che trovavasi precisamente alla base del dito; ove appariva eziandio un’apertura di canale, da cui ad intervallo ne stillava un umore mucoso e pel quale, infilatovi uno specillo, questo non si approfondava molto. Il dito misurava un pollice in lunghezza e la metà in larghezza, risultava da tre falangi, nè mancava l'unghia; nei movimenti suoi non era soggetto alla volontà della bambina. Il dito, sottoposto ad esame dopo l’esportazione, paresi tre falangi piuttosto normali, delle quali la prima molto probabil- mente attaccavasi con fibre tendinee al coccige; non Piaevano: muscoli; il tumore era meramente adiposo. 19. Gorré de Boulogne (1846) riferì un esempio di un psn ciullo, di otto mesi, nato in Spagna il quale aveva due membra soprannumerarie, confuse in uno solo. 20. Weber! registrò il caso d’un uomo, che offriva un tu- more sacrale, congenito, della grossezza quasi della testa d’un 1 Archiv f. patholog. Anat. Vol. 6, fasc. 4. be) la LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 303 fanciullo, con due dita che vi sporgevano. Crescendo continua- mente il tumore, venne dal citato autore esportato e lo si trovò costituito in massima parte da adipe, da una ciste e da un osso, al quale articolavansi le indicate dita. ‘Duplay narra che al tempo in cui stese il suo lavoro (loc. cit.) un giovane uomo, di 18 a 20 anni, che si mostrava al pub- blico a Parigi, presentava un arto inferiore soprannumerario; due peni, ciascuno con un solo corpo cavernoso, ma che cia- scuno emetteva l'urina; aveva due ani, la defecazione però si ef- fettuava da un solo. 21. Maurice! descrisse un mostro umano femminile a tre membra pelviche, in un lavoro che non ho potuto consultare. 22. Nel 1865 nascèva a Jesi una bambina, dal cocige della quale scendeva una terza gamba più corta delle ordinarie. Con- stava di un piede con otto ossa metatarsiche e con sei dita, di un lungo femore ed in alto di un osso piano, somigliante ad un ileo. Le ossa ed i muscoli erano involti da masse adipose. Que- sto arto venne felicemente esportato dal prof. G. Corradi.” 23. Una descrizione dettagliata di un pigomele umano, molto interessante, la si deve ad Ancelet.* Trattasi di una bambina di cinque settimane, figlia di madre giovane e sana. L’autosita, così si esprime l’autore, ben sviluppata, presenta un'altezza to- tale di 50 centimetri, dei quali 8 per la coscia, 11 per la gamba. Il parassita è diretto all’avanti ed all’imbasso e forma coll’asse dell’ autosita un angolo di circa 45.° Sulla linea mediana, alla regione pubica, a 5 centimetri sotto l’ombellico sorge un corpo, come un tumore sferoide, molliccio, ricoperto della pelle, la di cui linea d’inserzione misura una circonferenza di 20 centimetri. Palpando il tumore si sente nel 1 Note sur une monstre humain fémelle ‘è trois membre pelviens. — Ann. de la Soc. de Médéc. de Saint-Etienne; Tav. V, pag. 584. — Gazette hebdomad., 2 feb. 1877. ® Note sur un cas de pygomelie dans l' éspèce humaine. — Gazette des Iòpitaux (La lancette fragaise). 42€ an.e, N. 147, pag. 582, N. 590, pag. 590. 1869. ® Lo Sperimentale, pag. 568, 1865. 304 C. PARONA, centro la presenza di un bacino, di consistenza ossea, di forma discretamente regolare; la sinfisi pubica sembra essere diretta al- l’indietro ed all’imbasso tanto, da far pensare che vada ad at- taccarsi al pube dell’autosita colla propria colonna sacro-cocigea. Le articolazioni coxo-femorali del parassita sono perfettamente mobili. Le membra accessorie si possono divaricare quasi ‘oriz- zontalmente ed allora si vede che sono separate da una sem- plice piega cutanea senza traccia di vulva e di ano; solo nel mezzo corre una piega con una depressione, forse organo gas tale esterno appena appena abbozzato. Il membro inferiore sinistro del parassita è diretto in ‘alto ed all'infuori; la coscia è lunga 9 centimetri e quindi di poco su> pera la normale e la circonferenza massima è eguale per am- bedue, cioè di 14 centimetri e '/e. La gamba si articola ad an- golo retto colla coscia, ritenutavi da una fascia fibrosa sottocutanea salientissima; in proporzione meno sviluppata della coscia, di forma conica, è lunga 9 centimetri, misurandola fino all’estre- mità inferiore del malleolo. Il piede ha piccole proporzioni; porta soltanto quattro dita, rappresentandone due il dito sirene per- chè ha due unghie distinte. | L’arto destro pende lungo la srigisriielià interna del membro ordinario sinistro. La coscia misura solo 5 centimetri di lun- ghezza ed una circonferenza eguale a quella della sinistra. La gamba è conica con una circonferenza massima di soli 6 centimetri: è flessa sulla coscia per una briglia cu- tanea. Il piede come il precedente, ha una direzione viziata, è varo; presenta pure quattro dita, ma il piccolo è però bifido con due unghie ravvicinatissime. ed il dito grosso ha pure una pronunciata biforca- zione, ove le unghie sono appena indicate; il piede quindi sembrerebbe a sei dita. Fig. 29. Fig. 29.à — Porzione mostruosa della ragazzina pigomélica descritta al N. 23. LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 305 Di questo caso ne parlarono più tardi Depaul, Hérvieux® e Lancereaux,° il qual ultimo ebbe ad aggiungere essere erroneo il credere che la parte posteriore del parassita volga verso l’an- teriore dell’autosita, dipendendo ciò dall’inversione delle mem- bra. L’ano occupa nell’autosita il suo posto ordinario; poi evvi un perineo ristretto ed uno spazio limitato dalle labbra poco sviluppate, rudimentali. Il fondo di questo spazio è formato da una sottil membrana, rossastra, limitata sui lati dalle labbra, che lasciano vedere alla parte posteriore il canale dell’ uretra, il quale, ben foggiato, sta a due centimetri dall’ ano ed all’a- vanti dell'inserzione del parassita; di modo che la mestruazione sembra debba incontrare delle difficoltà, come pure l’avvicina- mento sessuale. È da notarsi però che questi ultimi autori os- servarono la fanciulla al 5.° anno di età. 24. Al prof. Ch. Robin venne riferito dal dott. Péau il se- guente esempio di pigomelia nella specie umana”. È una fan- ciulla dell'età di dieci anni (1869), nativa di Issondum, nella quale gli organi genitali sono ben sviluppati, mentre per solito lo sono poco. Offre inoltre un solo ano, a fianco del quale sta una depressione cicatriziale, indicante un secondo ano imperfo- rato. L'apparecchio genitale esterno risulta da due vulve per- fettamente conformate; l’una anteriore e maggiore in volume della seconda, che è posteriore; ciascuna ha una uretra e l’orina esce ad un tempo dai due condotti. Sonvi due gambe principali ben fatte, di cui una ha però un piede torto, e fra esse ve*ne sono due altre, delle quali l’una, fatta eccezione del minor volume e della mancanza dei liberi movimenti, non presenta alcuna diversità dalle normali e l’ altra invece non è che un moncone attaccato al primo e non ha nè articolazioni, nè piede. Medici e chirurghi, che esaminarono at- tentamente il fenomeno, constatarono l’esistenza di quattro i Gazette médicale de Paris 1874, pag. 21. 2 Traité d’anatomie pathologique par E. LANCEREAUX; 1875-77, pag. 93. 3 Revue photographique des Hipitaux de Paris; Bullet. Médic., 1.° An.e 1869, p- 113; Tab.e 22.°, N. 23.e, Vol. XXVI. 20 306 C. PARONA, ossa coxali nel bacino; i diametri del quale sono tutti conside- revoli. Da ciò l’incedere goffo e le oscillazioni del Str paso la fanciulla cammina. | 25. Lancereux (op. cit. pag. 92) figura e parla d’un gio- vane uomo, d’origine portoghese, che si faceva vedere a Parigi, il quale presentava un arto pelvico fuso ed incompleto, inserito alla parte inferiore del bacino, a livello dell’arcata pubica. Pen- deva fra le coscie normali, ove restava semiflesso. Aveva due peni, disposti paralellamente e che potevano funzionare simul- taneamente. Aveva due scroti, ben conformati con rafe, ma con- tenevano un testicolo per ciascuno. Presentava inoltre uh unico ano; e sulla parte parassitaria si vedeva la traccia di un ano rudimentale. Nella Kevue photographique, or ora citata a carte 103 e 113; Tav. XXI, viene riferito più ampiamente intorno a questo caso importante. Eccone un sunto: Un abitante dell’Algarve, provincia la più meridionale del Por- togallo, affetto da pigomelia, percorse diverse contrade d’Eu- ropa per farsi vedere. A Parigi fu osservato da Velpeau ed a Madrid fu oggetto di studio per Aug. de Macedo al Congresso medico del 1865. — Juan Battista de los Santos, ben costituito ; alto 1 metro e 65 centimetri ha al presente (1869) trentaquat- tro anni. I suoi antenati non offrirono mai mostruosità alcuna e lui stesso è, nel complesso, ben conformato, eccettuata la spose mità di cui parliamo. Fra i due arti pelvici ne presenta un terzo, la cui inserzione si fa al perineo, all’avanti dell’ano, dietro lo scroto. Questo terzo arto è atrofico ed una anchilosi femoro-tibiale lo tiene piegato con un angolo di 80°; la coscia è pendente e possiede movimenti di rotazione, di flessione, di circunduzione, senza che sia possibile riconoscervi il modo di conformazione dell’ ar- ticolazione. La gamba ha uno scheletro unico e termina con due piedi saldati al loro bordo interno e palmati; si può ricono- scervi i pollici e tutte le falangi, che sono dieci. In totalità que- sto arto è lungo 79 centimetri; 39 dal perineo all’articolazione LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 307 del ginocchio e 40 centimetri da questa all’estremità del piede. .. Palpando all'addome si sente nel bacino un tumore osseo, che, secondo Macedo, sarebbe l’occipitale di un feto incluso; per Montmeja o Rengade, (redattori della fevue) sarebbe invece un osso iliaco, irregolarmente conformato. All’innanzi di questo membro si veggono due peni di grosso calibro, liberi, indipendenti, di cui uno alquanto più sviluppato dell’altro; e ciò perchè è quello che riserva più specialmente pel coito, sebbene talvolta possa servirsi anche dell’ altro, come anche di tutti e due simultaneamente. L’ erezione è completa e contemporanea per ambedue; l’ejaculazione ed il mingere si fanno per le due uretre nello stesso tempo. Non fu possibile fare l'esplorazione per accertarsi della presenza di una o di due vesci- che. Da ciascun lato dei peni, che si toccano pei lati interni, si vedono due scroti, l’un l’altro aderenti sulla linea mediana; la metà interna di ciascun scroto è atrofica, nè vi si trova traccia di testicolo; le due metà esterne sono perfettamente sviluppate e contengono un testicolo per ciascuna, col proprio epididimo, a cui segue il cordone spermatico. 26. Larrey ricorda che alquanti anni addietro ebbe occa- sione di presentare all’ Académies des sciences un uomo affetto da una mostruosità analoga a quella indicataci da Hérvieux. Era un individuo adulto, di circa 31, o 32 anni, il quale por- tava pendente fra le gambe un altro arto pelvico completo. Si era fatto mercante di vino, il che gli permetteva di mascherare la sua deformità col largo grembiale usato abitualmente da si- mili esercenti. L’ autore incoraggiò più volte quell’ uomo a farsi operare, ma sempre ne ebbe reciso rifiuto. 27. Giacomini' descrisse un altro esempio in una giovane francese di 15 anni, non ancora menstruata, che aveva una terza gamba fra le ordinarie, ricurva e lunga presso a poco quanto le due normali. Tra l'estremità sinistra e la mediana vi erano gli organi genitali esterni, ben conformati; 1’ orificio del- 1 Accademia delle scienze di Torino. Febbraio, 1878. 308 C. PARONA, l’uretra e l’ano nel giusto posto. Ira l'estremità destra e la mediana vedevasi pure una vulva, più piccola dell’opposta con l’orificio uretrale; alla parte interna di essa vi era una mam- mella simile alle due normali del petto. La colonna vertebrale alla regione pelvica sembrava dividersi, formando due sacri. 28. Del Museo d’anatomia patologica di Palermo, il prof. San- ti-Sirena descrisse come pigomele (loc. cit.) un neonato umano allo stato di mummia. Il tronco è quasi interamente. semplice; dal distretto inferiore del bacino pendono due estremità pelviche assai deformi, ma distinte, le quali restano fra le estremità nor- mali. Esse sono impiantate in un tumore di forma conica, col- l’apice in basso e la base al perineo, ove si attacca: colla regione anteriore guardano all’indietro dell’autosita e colla po- steriore all’avanti; mentre i piedi colla superficie dorsale sono rivolti all’avanti. Constano della coscia, la quale è cortissima, poichè più della metà del femore resta chiusa nel tumore della gamba e del piede; quest’ultimo manca di tarso e termina con quattro dita. Però nel sinistro l’alluce è unito per mezzo della pelle al secondo dito, quasi a livello della matrice dell’ unghia. In questo soggetto inoltre le parti genitali esterne sono du- plicate. 29. Da ultimo il prof. Sangalli (op. cit. pag. 115; osser- vazione 67°) riferisce un caso, che si conserva fino. dal: 1829 nel gabinetto anatomo-patologico dell'istituto ostetrico di Pavia. Trat- tasi di un feto a termine, di sesso femminile col corpo, e. visceri interni, dal più al meno ben conformati. Tubo gastro-enterico fuoruscito dalla propria cavità, per mancanza di pareti addo- minali; esso apresi al perineo con un foro simile ad un ano, avente ai lati due eminenzette somiglianti a grandi labbra. Al di sotto dell'angolo inferiore delle scapole la spina comincia. a dividersi in due; e il midollo spinale, accertato per i suoi. ca- ratteri microscopici, si rinviene appena nella metà. superiore, non divisa della spina. Tacendo di altre osservazioni, non però sfuggite alla sagace in- vestigazione dell’illustre mio maestro, dirò solo che delle estre- artt LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 309 mità inferiori normali, la sinistra è ben conformata, la destra poco sviluppata e non affatto regolare. L’arto inferiore sopran- numerario, che è mediano, consta in alto di un osso triquetro, piatto; un angolo del quale articolasi col cocige, il secondo con un piede ed il terzo sporge in fuori ed è libero. Il piede in cor- rispondenza del tarso dividesi in due parti, quindi il metatarso è doppio ; la parte esterna che sembra la continuazione del piede porta due dita, la parte interna ne ha tre. Altre notizie ancora intorno a questa mostruosità nell’ uomo si potranno conoscere consultando: Chabelard, Mém. de l’Academ. des sc. 1746. — Ammon, Die Angeb. chir. Krankh. pl. XXXIV, fig. 1, 2. — Fleischmann, Der Foetus in faetu, 1845. — Beer Fr., Beùtr. 2. d. Lehre v. den Missgeb. dissert. Zirrich 1850. — Acton, Méd. chir. Transact. XXIV. 1846. — Pitha, Pray. Viertejarh. schr., VII, I, 1850. — Hesselach, Beschreib. d. Wiireb. Prip. pag. 237, ecc. | CAPITOLO SETTIMO. Distinzioni e Classificazione. A. — Da tutto ciò che siamo venuti esponendo, risulta il fatto che la pigomelia viene a comprendere alterazioni molto svariate, tanto nella forma che nella struttura; tanto nel modo di pre- sentarsi, quanto nel grado, nella frequenza, nei punti di attacco delle parti parassitarie all’autosita e per molte altre circostanze, o affatto speciali ai singoli casi, o comuni ad un discreto numero di essi. Ora la serie di tutte queste varietà, piuttosto numerose e spesso anche distinte, ci indica delle imperfezioni sempre più marcate nello sviluppo delle parti parassitarie, per modo da po- terne distinguere dei gradi o stadî più o meno complessi: 1. Due membra accessorie separate alla loro origine; fe- mori che si articolano ad un bacino accessorio, piccolissimo e saldato al bacino principale; ciascun pezzo osseo che va a riu- nirsi al suo analogo. 310 C. PARONA, 2. Due membra confuse in una sola massa, sia solamente nella loro porzione superiore, sia nella maggior mg od anche nella totale lunghezza del loro femore. 3. Un solo arto accessorio, sempre più o meno mal confor- mato; talvolta rudimentale. 4. Bacino accessorio molto rudimentale, senza rapporti di- retti col bacino principale e soltanto impiantato nelle parti giri arti accessorî quasi sempre fra loro saldati. 5. Parti accessorie risultanti da un membro più o meno im- perfetto, inserito direttamente coll’estremità superiore del fe- more all’ adipe del contorno dell’ano; mancanza totale del bacino. I mostri pigomeli presentano quindi casi di graduale passag- gio dai molto complessi a quelli lievissimi; da quei casi in cui i è principio di duplicità dei visceri e di colonna vertebrale a quelli (insensibilmente passando per una lunga, continua e sva- riatissima serie di mostruosità) in cui essa è affatto rudimen- tale. Nè basta; si hanno esempi, i quali ci indicano il nesso che esiste fra i pigomeli e gli altri mostri affini; così dagli etero- delfi, i più imperfetti, si arriva insensibilmente ai pigomeli, ai gastromelî, ai notomelî, e ai melomeli; per modo che alcuna volta è difficile decidere se un mostro parassitario sia piuttosto ete- rodelfo, o polimeliano, od altro. Regna quindi non poca incertezza riguardo ai limiti precisi entro cui si deve circoscrivere la pigomelia; per la qual cosa (come dopo la rassegna di tanti e così svariati esempi resta ora facile persuadersene) è necessario fissare questi confini, nei quali comprendonsi i veri pigomeli. A questo intento, seguendo quanto già pensarono a tale riguardo egregi uomini e quanto ci suggerisce il nostro modo di vedere, sembraci possibile poter stabilire che: la pigomelia è quella deviazione dal tipo normale, caratterizzata dalla presenza di uno 0 di due arti pelvici acces- sorî, senza bacino soprannumerario, od anche con uno, incompleto sempre, e senza duplicità dei visceri interni. In seguito, considerando il punto di attacco della parte, poco o molto complessa, del parassita coll’ individuo principale, sì I I I LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 311 possono fare delle distinzioni. In primo luogo l’inserzione di queste parti può praticarsi mediante legamenti, muscoli, adipe, cartilagini, tegumento, ed allora esse trovansi in certo qual modo indipendenti, come separate dall’autosita; oppure al con- trario può essere fatta direttamente alla porzione scheletrica dell’autosita ed immedesimata con una o più regioni di essa. Perciò è possibile una prima distinzione di enserzione mediata e di inserzione immediata della parte parassitaria all’ individuo principale. . Di più relativamente al luogo d’attacco delle parti accessorie col corpo principale, nell’inserzione immediata ed anche mediata (riandando i casi che riferimmo) è facile riscontrare effettuarsi esso, con maggiore o minore frequenza, nelle diverse regioni del cinto pelvico; e che i rapporti loro possono estendersi, non uni- camente ad una sola di queste regioni, ma talvolta anche a pa- recchie; sicchè tali legami si van facendo sempre più intimi e sempre più complessa diventa l'alterazione. Ne deriva da ciò che: siccome nel cinto pelvico si possono di- stinguere diverse regioni a seconda delle ossa che lo compongono, indicandosi una regione sacrale, una cocigea, una iliaca, una ischiatica ed una pubica, così si potrebbe, in modo naturale e facile, suddistinguere le diverse pigomelie a seconda della regione del bacino, a cui più spiccatamente prendono attacco le parti mostruose, direttamente o indirettamente. Di più, siccome queste inserzioni talora si possono fare non con un solo osso, ma con parecchi, e noi lo conosciamo, così si possono ancora designare tante altre varietà di pigomelie, più complesse, sempre riferendosi ai diversi punti della pelvi dell’autosita a cui mettono capo le porzioni parassitarie. Già Geoffroy Saint-Hilaire (Op. cit., pag. 190) aveva accennato che per le differenze offerte dagli svariati casi di pigomelia, essa avrebbe dovuto venir suddivisa in due generi; l’uno che conservasse il nome di pigomelia, l’altro da istituire e denomi- narsi ischiomelia. Tale distinzione fu infatti accettata ed adope- rata da parecchi autori; come vedemmo fra altri da Duplay e da Charlier. 312 °C. PARONA, (B.— È perciò che: colla scorta dei non pochi casi che mi fu dato studiare e consultare, nonchè per le suesposte conside- razioni, sembrami di poter proporre una modificazione alla de- finizione, che seguendo Is. Geoffroy Saint-Hilaire abbiamo dato della pigomelia, onde renderla più precisa; e di poterla suddivi- dere in varietà, indicandone i loro caratteri specifici. Presenza di uno o di due arti pelvici accessorî, incompleti o completi, che prendono attacco alla regione pelvica, tanto ante- riormente, che lateralmente, o posteriormente L’ inserzione si effettua o direttamente alla parte ossea del cinto addominale di un autosita, o indirettamente alla stessa, o alle parti molli cir- costanti; presenza infine di un bacino, sempre più o meno!rudi- mentale, e senza biforcazione della colonna vertebrale. Pigometlia. A. — Esistenza di uno, o di due arti accessorî, inseriti alle parti laterali superiori del bacino, ossia inseriti alle ossa iliache. Ileomelia. (V. fig. 30‘). 4 Dalla fig. 30.2 alla 39.2 sono disegni schematici per rappresentare le diverse va- rietà di pigomelia. Venne prescelta la pelvi umana, come quella sulla quale meglio risaltano le differenti modalità proposte. Il rettangolo figurerebbe il bacino e l'asta l’ arto accessorio. 313 : LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. | —.—B. — Esistenza di uno, o di due arti accessorî, inseriti alle parti laterali inferiori del bacino: ossia inseriti alle ossa ischia- tiche. si I Ischiomelia. (V. fig. 31). LIA Fig. 31.8 C. — Esistenza di uno o di due arti accessorî inseriti alle parti anteriori del bacino; ossia inseriti alle ossa pubiche. Pubemelia. (V. fig. 32). Fig. 32.8 D. — Esistenza di uno o di due arti accessorî, inseriti alle parti posteriori superiori del bacino; ossia inseriti al sacro. 314 AAA Sacromelia. (V. fig. 33). Fig. 33. E. — Esistenza di uno, o di due arti accessorî inseriti alle parti posteriori inferiori del bacino, ossia inserite al cocige. Cocigemelia. (V. fig. 34). GO == di o %, = àì A/IIAA 4, = Ò (7; 0, 4A Y (/ Î Ut, «4 ji Ò \ Di i N DI Fig. 34.8 Bia Ciò fissato, torna eziandio facile trovare le diverse denomina- zioni, indicanti le altre modalità di inserzioni più complesse; cioè quando queste si fanno, non ad una sola, ma contemporanea- mente a parecchie regioni del cinto. Tali denominazioni del re- sto riescono facilissime e non hanno bisogno di essere spiegate, LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. 315 perchè col nome stesso si comprende il loro valore. Valga ad esempio. Ileo-ischiomelia ; ileo-pubemelia ; ileo-sacromelia, ecc. (Fig.° 35, 36, 37, 38, 39). Fig. 35.2 Fig. 36.8 (Ileo-ischiomelia) (Ileo-cocigemelia) A vero dire non tutte le osservazioni sui numerosi casi di pi- gomelia (fatte sotto diversi punti di vista, talora incompleti, per- Fig. 37.8 Fig. 38.2 (Ileo-sacromelia) (Ischio-cocigemelia) chè impossibili stante lo stato del preparato, o per non voler sacrificare il pezzo) ci permettono attualmente di poterli ascri- 316 C. PARONA, vere ciascuno all'una, od all'altra delle ora stabilite divisioni; tuttavia, a titolo di saggio d’un tentativo di siffatta classifica- zione, raccolgo in un prospetto i casi meglio conosciuti; indi- cando per ciascuno l’autore che lo descrisse, l’anno in cui venne fatto conoscere, la località in cui si trova il preparato, alcuni caratteri più salienti, e la varietà di pigomelia alla quale po- trebbe essere ascritto. Fig. 39.2 (Ischio-pubemelia) Queste distinzioni, forse, non saranno sempre rigorosamente ap- plicabili a tutti i casi; ed è appunto per questo che credo es- sere prematuro l’ esporre per ora delle conclusioni, che pure si potrebbero trarre; attendendo che più precise notizie, fatte con nuovo metodo e maggior copia di materiale, possano dare basi sicure per dedurre quelle leggi, che necessariamente ne debbono scaturire. RE PRI ST) ORO | ni LE t Mani ci. ri fa. e TIA LI uo. i ” RI to 3 Py tir) . 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G. 16 Fringilla cisalpina (90) MC Canestrini. . | | | Località. ndiano . den (?). ssburg . : tes (Muséum) igi (Muséum) » È (dagli st . d'America) enza (Spagna) . ia «Museo An. comp.). » » evra (Muséum) . MISE +. Ni » ma (Museo di St. re gio Em. enze (Ist. di "St. sup.) ia (Museo An. comp... (Mus. civ. St. nat... zlau Ata) (Mu- leo Anat. pat» lova Museo Zoolog.) . slau (Museo Anat. pat. N ogna (Mus. An. comp.). eslau (Museo An. pat.). ia (Mus. civ. St. nat.). 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PARONA, nella Memoria ® [=| °-8 SS So > © ira ord ou Animale Columba dom. (adulta) . ” ” ” Gallus dom.. (adulto) " & "i (pulcino) i n (adulto) . si n; (pulcino) ; î (adulto) . 5 ; (pulcino) » la (adulto) i ” CI pnt ” \ ”» » » ica ” Mammiferi. Ovis aries (edulto) Sus scropha. Canis fam. (piccolo) . 7) » ” Homo sap. (bambino) i ; % ambino) È » (adulto). È (bambino) ” tà) ” Autore . Otto Ad. G. . »” Alessandrini Duplay . Canestrini . Larcher. Apelle Dei. Parona . Otto Hadleeg gag Santi-Sirena . ‘Parona Lia e Jano Planco . 5 Liesing, Dennenberg . Uto 1°, e Weber O. C. Corradi G. Ancelet, Depaul, Hér- vieux. Geoffroy Saint- Hilaire. da Po: pi pd i id pd pd n i na [ee — te S sled, n Località . slau (Museo An. pat... 0g na Mus. An. comp. } gi (Soc. philomatiq.) . lova {Museo Zoolog.). ida (Museo An. comp.È. allo Sesia (Museo di ì nat.) . . . lari (Museo Zoolog. ) | | Slau (Museo An. pat.). tà TMo (Museo An. pat.). {Museo An. comp.). ga Erri 7 ii ela An pat ny-Filain (Aisne), Pa- Vol. XXVI. 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Ileo-sacromelia. Pubemelia. 7) Sacromelia (?) Cocigemelia. Sacromelia (?) Cocigemelia. Pubemelia. (?) 21 VITHMWOIHOSI nejsoag CIART CIACT CIT 013397 CuLIed «% VIAVT (eusedg) ezuoreA (14 (44 ISLA (3) U9pIo] VITEOoT 1F81 6L8T OTuyY -eq - (ogmpe) & sorte stAO CUOTed (ourond) ‘urop su]es) QIIe] i -IH-qureg £01J09%) S@Tosoq seuy CUOIeT SIPuItA =“ si enrerodureg ; [90138 5 (I (14 (13 CuUOI ‘9 0WesTeg SIPLIIA BUY S@UI99ST) SUBIITZ9ISQO SOVUTY È egewe]o “ È eLIeIOdwIOI « Tum Ù udeq URLA | SIPLITtA CUeY Q10INV Ce oewaruy 0930 ‘OTTOSS9DOt OUTIC ‘OQIe ] ‘OTTOSSO000 OUTIVA ‘IZIC g ‘O1IOSS99 -oe ouroeq ‘‘]TuroouI TIIC g (14 “ ‘TiwroowI 1918 3 ‘013S9Pp 0918 T ‘013S9p ‘TIUIO9UT 0948 ] ‘OI STUIS ‘[IUIOOUI 091V ] *Tduroout 031 ] = *SS9008 OUIICQ “ILIO g < U eli zi 32 ‘TiuroomI 0918 T = ‘O1108S99 R4 fl -ov cuToeq i“ ]dwro9UI TIC g D RHICTOITZTET N Q CO VI'IMHMIMOLLL'II p_Ip N OIQUINN ‘ egpou i EITOU9 ‘Iregio g1dos Iduroso 1]90u erpowroSid astoAIp e[[op ezuonboIz CARI e] 017990 p od[oo ownId è eTeTjsowIIp od ouueItATOs aqo ‘Lipend 119fe o1IMSAS IV} 0ZUEIMOAUOI 0IZOUL 0po1g 323 = E < lan] 3 Di a) ea _ > Led FA 2 «i Lane] n EQ e (©) 5 [men] fu Ds: HW ‘TIE ‘TUuroouI 0971 ‘990008 OUTOBQ ‘0918 *OITOSS99 -08 0uroeq ‘‘TiuroouI 191% ‘03.12 (14 (3) ‘Tsny 9 ‘]iwrodur mae *SS9008 OUTIBQ “TIE *Tdurodur 1918 ‘Tpord g ‘0910 0948 "999008 OUIIDeq ‘TZIV ‘Tlutodur 0718 ‘95900? 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"0940 Pa a I VISOG-OITBIVA 1881 CUOIeA (ogqmpe) ‘Wop sul[eo) VITFTHINO UO Vs OITHOSI NesoIq 1P8I 0710 (ogmpe) “urop sagpen VITHAEHKNWUIMPSDIOOO.o"n5O0ITHOSI GI ri lun en ON! 89LI I9{eH (o]o991d) ‘que; stuto9 VITHEHWNH SIOoOOO"=-OST'TI QUICK CIAQUIL) VITANITEHTAAI-OLTTI OI] EA CIARA SOJUEN i a ene =” w ilo» el pra » 928T 9981 8L8I 1881 [9011 [IUNT VUOITL-TUEg CUOIBA SBUIOT]], (44 (44 STPIITA CUeY (ojooord) “wrej stueo QITEIT IOSSET sTIe.Sma omg GG 6 6I DI OI LI 9 326 C. PARONA, LA PIGOMELIA NEI VERTEBRATI. INDICE Introduzione. i ‘ ) i Cap. 1.° Definizione della Pigomelia . » 2.° Frequenza » 8.° Cause e genesi » 4.° Caratteri ed andamento . » 5.° Prognosi e cura » 6.° Descrizione dei casi a. Pesci b. Batraci . c. Uccelli . d. Mammiferi . È ) » 7.° Distinzioni e Classificazione . Prospetti riassuntivi Cagliari, Agosto 1881. si. £ e Saf 1° = RI de n. ittici IL MASCHIO DELL'ANGUILLA del Socio dott. CesARE LEPORI. Non dirò in questa memoria delle strane opinioni che domi- narono fra scienziati e non scienziati nei tempi andati sulla ri- produzione delle anguille, come per esempio che nascessero dal fango, o dagli avanzi di altri pesci morti, 0 da brani di pelle delle stesse anguille lasciati collo sfregarsi contro gli scogli, o dai piccoli vermi che rinvengonsi nell’ interno dello stesso loro corpo. Non dirò neppure dell'altra, a dir vero, poco fondata opinione, secondo la quale, dopo la scoperta dell’ organo fem- mineo fatta dal Mondini, si volle attribuire alle anguille una partenogenesi, asserendo che si riproducessero senza il concorso di maschi. Dirò solo che, non essendosi potuti scoprire questi maschi, nacque in questi ultimi tempi in alcuni cultori di zoo- logia seriamente l’idea (forse a ciò indotti da quanto si è 0s- servato nei serrani), che le anguille potessero essere ermafrodite. Con quest'idea, che dirò preconcetta, molti senza dubbio, ben- chè senza risultato, si accinsero alla ricerca dell'organo ma- schile nelle anguille, ma fra tutti emersero alcuni dotti zoologi italiani, ossia il prof. Ercolani di Bologna: ed i prof. Maggi e Balsamo Crivelli di Pavia, i quali pubblicarono bellissimi scritti in sostegno dell'opinione del perfetto ermafrodismo di questi pesci, asserendo di aver veduto la parte caratteristica dell’umore fecondante, i filamenti spermatici. La memoria del prof. Erco- lani venne inserita negli atti dell’ Accademia di Bologna 1871, 328 C. LEPORI, e quella dei prof. Maggi e Balsamo Crivelli fra le memorie del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere del 1872. La nuova di questa scoperta fece grande rumore in Italia, ed i più distinti cultori di zoologia se ne congratularono cogli autori, i di cui lavori, sunteggiati e commentati, apparvero in molti giornali scientifici, nazionali e stranieri. Solo il prof. Ca- nestrini, la di cui competenza in materia d’Ittiologia nessuno vorrà mettere in dubbio, ebbe il coraggio di opporsi ad una credenza così entusiasticamente accettata, quasi fosse una verità confermata, e si permise di giudicare prematura la dichiarazione del perfetto ermafrodismo delle anguille, esprimendo la speranza che un giorno o l’altro si sarebbe riusciti a scoprire il maschio, come avvenne del maschio della Cobitis tenia, da lui stesso scoperto, e che era sfuggito per sì lungo tempo alle ricerche dei naturalisti. E la relutanza del prof. Canestrini a sottoscri- vere ad un’ opinione, dagli altri si direbbe quasi ad occhi chiusi accettata, poggiava certamente sopra solido fondamento. Infatti, mentre tanto l’ Ercolani quanto il Maggi e Balsamo Crivelli vanno d’ accordo sulla presenza di corpuscoli semoventi, da loro giudicati spermatozoi; e fino ad un certo punto anche sulla forma di questi, giacchè i corpuscoli fungiformi dell’ Ercolani corri- spondono alle forme nemasparmiche rappresentate da Maggi e Balsamo nella figura 6.* della loro tavola; da altra parte poi discordano sulla topografia dell’organo in cui tali corpuscoli si rinvengono, organo che ciascuno di loro alla sua volta considera come testicolo. Per l’ Ercolani il testicolo è una grande vescica addominale situata nel lato sinistro dell'animale, per Maggi e Balsamo invece è un corpo frangiato situato nel lato destro; e mentre per l’Ercolani questo corpo frangiato del lato destro dell’ animale dovrebbe essere considerato come un testicolo atro- fico corrispondente alla vescica addominale di sinistra, per Maggi e Balsamo all'incontro il detto corpo frangiato sarebbe il solo vero testicolo funzionante, e non avrebbe organo corrispondente nell’opposto lato. Il Maggi e Balsamo poi, oltre i corpuscoli fungiformi semoventi, veduti pure dall’ Ercolani, avrebbero tro- IL MASCHIO DELL'ANGUILLA. 329 vato dei veri corpuscoli spermatici ben caratterizzati, vale a dire della solita forma ordinaria con un’estremità ingrossata ed un filamento caudale; solo che per vederli hanno dovuto adoperare un’ingrandimento fortissimo, ossia di 1050 diametri. In vista di tali contrasti il prof. Canestrini ha voluto ripetere le osservazioni ed ha verificato che il corpo frangiato di Maggi e Balsamo altro non è che una massa adiposa, e la grande ve- scica addominale sinistra dell’ Ercolani non sarebbe che un sacco linfatico, di cui il Vlacovich ha veduto il corrispondente del lato destro dell'animale, e conchiude dicendo che 1’ ermafrodi- smo delle anguille non è ancora dimostrato. Erano le cose a questo punto quando il Syrski nel 1874 coi suoi studì fatti a Trieste aperse un nuovo campo alle ricerche dei naturalisti sull'argomento che ci occupa. Egli, richiamandosi alla mente il fatto stabilito da Giinther e Darwin che non vi ha forse esempio di pesci in cui i maschi non siano più piccoli delle femmine, preferì di fare le sue osservazioni sopra indivi- dui di piccole dimensioni (40 centimetri di lunghezza), presi nel mare, e scoperse in essi un’organo che non si peritò di giudi- care essere i testicoli, non ostante la mancanza assoluta della prova irrefragabile consistente nella presenza dei filamenti sper- matici. “ Saputosi questo, dice il prof. Pavesi nella sua nota pub- blicata nei Rendiconti del R. Istituto Lombardo (Serie II. Vo- lume XIII. Fasc. XIV) e intitolata Cenni intorno ai pesci vivi o freschi ed in particolare sui maschi di anguille osservati al- V Esposizione di Berlino, saputosi questo. Claus, Siebol, Virchow se ne occuparono, e lo studente Freud proclamò avere quell’or- gano grande analogia colla struttura istologica del testicolo, so- stenuta ora dal Cattie, mentre quelli indicati dai nostri anato- mici non l'hanno. Iacoby infatti scrive: Das von Ercolani und ebenso das von Crivelli und Maggi beschriebene angeblichen Ho- denorgan des Aales zeigt nimlich, wie sorgsame Untersuchungen auf’s unzweideutigste dargethan haben, auch nicht die Spur eines hodenartigen Baues. Fervebat opus, Siebold ne cercò e trovò 330 C. LEPORI, molti esemplari maschili nel 1875 al Baltico presso Wismar; nel tardo autunno del 1877 il dott. Jacoby recatosi a Comac- chio ripetè le ricerche e gli studî; il Deutsche Fischerei Verein mise in moto tutti i pescatori e piscicultori di Germania con un premio per chi spedisse al prof. Virchow in Berlino, anguille maschi; il dott. Pauly di Monaco, coll’ aiuto del bravo Kuffer, ne ebbe parecchi a notomizzare e mandonne uno al prof. Be- necke dell’ Università di Koenigsberg, il quale confermò piena- mente il risultato delle pazienti ricerche del Pauly, e così pure ne convenne il dott. Hermes. Frattanto anche dall’ America ci veniva annunciato per mezzo del prof. Packard dell’ Università di Brown, sul primo numero del Zoologischer Anzeiger del 1879, che il signor Edwards, a New-Bedfords nel Massachusset, aveva trovati, nel dicembre 1878, i maschi dell’Anguilla dostoniensis. Vero è che poco dopo si seppe da un articolo correttivo dello ‘stesso Packard, inserito nell’ American Naturalist, che i creduti spermatozoi erano particelle con movimento molecolare browniano; come si ritiene dall’Jacoby che “ die in der Arbeit von Maggi und Crivelli abgebildeten angeblichen Samentierchen ergeben sich als mikroskopischen Fettpartikelchen oder auch als Kristallkòrpe- schen, wie sie biufig in den Fettzellen vorkommen. , Nè può supporsi che gli organi, considerati come testicoli da Balsamo e Maggi, fossero una degenerazione adiposa dell’organo di Syrski, oltrecchè per la struttura, per la diversa topografia. ,, Dopo tali e tanti risultati di naturalisti così eminenti, sem- brerebbe quasi superfluo l’occuparsi più oltre di quest’ argo- mento, e si sarebbe quasi tentati a riposar tranquilli sugli al- lori da loro conquistati senza darsi più pensiero di rimaneg- giare la questione. Se non che, la mancanza assoluta di fila- menti spermatici nell’ organo di Syrski ingenera nell'animo dello scienziato il dubbio se quell’organo debba considerarsi senza neppur ombra di sospetto quale un testicolo: e questo dubbio non potrà che produrre ottimi frutti, sei naturalisti, penetran- dosi del suo valore, vorranno continuare le ricerche. Anche a me, ultimo fra i cultori di scienze naturali, è sorto wr built IL MASCHIO DELL'ANGUILLA. 331 ‘mell’animo questo dubbio, e, benchè conscio appieno della po- chezza mia, ho voluto intraprendere una serie di ricerche sul- l’arduo argomento, ricerche di cui i risultati voglio rendere di pubblica ragione in questa brevissima nota preventiva, tanto per richiamarvi l’attenzione dei zoologi, e riservandomi a pro- seguire gli studî in proposito. Prima di tutto ho procurato di ripetere le osservazioni del- l’Ercolani, Maggi e Balsamo Crivelli sopra individui di grandi dimensioni con ovarî ben sviluppati, quasi maturi, e da tali os- servazioni mi risulta essere. esatto quanto dice al riguardo il prof. Canestrini, cioè che il corpo frangiato da Maggi e Balsa- mo considerato come testicolo, altro non sarebbe che una massa adiposa, e a vero dire ne mostra in modo assai chiaro l’aspetto. Non potei rinvenire neppure coll’osservazione la più attenta, nè filamenti spermatici, nè corpuscoli fungiformi oscillanti, non ostante i forti ingrandimenti adoperati (950-980 diametri), e neppure coll’oculare N. 5 e l'obbiettivo ad immersione N. 9 di Hartnack. Lo stesso debbo dire per riguardo al contenuto della vessica addominale indicata come testicolo dall’ Ercolani. Con ciò però io non intendo di distruggere, nè di mettere in dubbio le positive osservazioni di così eminenti scienziati, le quali, secondo il mio modo di vedere, niente hanno perduto per ora del loro valore, nè per le osservazioni negative mie e del Canestrini, e neppure per la scoperta di Syrski, non ostante il grande favore che questa ha incontrato nei molti e valenti osservatori stranieri che abbiamo nominato. D’altronde io a questo riguardo non faccio altro che esporre fedelmente il ri- sultato delle mie ricerche senza voler pronunciare giudizî di condanna, o fare apprezzamenti che potrebbero essere ricono- ‘sciuti fallaci, e quindi senza neppure ombra di pretesa di voler dichiarare erronei i risultati degli illustri professori italiani. E benchè sia vero quanto diceva un giorno a Firenze nel 1868 un’ eminentissimo professore straniero, presenti io e due distinti professori italiani, cioè, che il microscopio sovente inganna (e veramente il microscopio inganna quando dal medesimo si vuol 332 C. LEPORI, pretendere più di quello che in realtà ci possa dare), benchè sia vero questo, ripeto, ciò non di meno io non m’indurrò mai a credere che osservatori così distinti qual è il Maggi e qual era Balsamo Crivelli, siansi potuti ingannare sul significato da darsi agli elementi microscopici da loro osservati, e che per la forma loro caratteristica giudicarono essere filamenti spermatici; e ciò senza neppure volere tener conto dei corpuscoli fungifor- mi o forme nemaspermiche vedute pure dall’ Ercolani, perchè questi corpuscoli non presentavano la forma propria dei pre- detti filamenti. Io quindi nutro viva speranza che le osserva- zioni di così valenti osservatori potranno essere in avvenire con- fermate appieno da altri osservatori egualmente valenti, e tale conferma non potrà che esercitare una benefica influenza sullo scioglimento del gran problema della riproduzione delle an- guille. Nè valgono a menomare questa mia speranza le sopra- citate affermazioni dell’Jacoby, il quale dice che i pretesi fila- menti spermatici figurati nel lavoro di Balsamo Crivelli e Maggi si debbano ritenere come particelle microscopiche di adipe, od anche come corpuscoli cristallini quali si riscontrano nelle cel- lule adipose. Dopo avere ripetute le osservazioni di Ercolani, Maggi e Bal- samo Crivelli, mi diedi a ricercare i pretesi maschi delle an- guille, attenendomi, per quanto mi è stato possibile, alle indi- cazioni date sui caratteri esterni di questi da Syrski, Jacoby e Cattie, e che si trovano accennati nella citata relazione del prof. Pavesi. Prescelsi adunque individui di mare, piccoli, di 40 centimetri circa di lunghezza, di colore verde-oliva sul dorso e bianco-argentino inferiormente, con tubi nasali più ravvicinati, diametro oculare più grande e testa alta e tondeggiante. Le mie ricerche non riuscirono infruttuose, giacchè rinvenni subito numerosi individui coll’organo di Syrski, ossia colle due striscie lobulari moniliformi, quali sono rappresentate nel la- voro del Syrski medesimo, anzi coi lobuli molto più distinti che nelle figure da lui tracciate. Queste due striscie lobulari, una destra e l’altra sinistra, sono situate ai lati del tubo digestivo, e in IL MASCHIO DELL'ANGUILLA. 333 e, come ha osservato il chiarissimo prof. Pavesi nei preparati di Pauly a Berlino, cominciano al disotto del fegato e sorpas- sano l'apertura anale, il sinistro un po’ più del destro, perchè origina più in basso, e finiscono assottigliati in punta, o si ri- flettono in alto per costituire la porzione che Syrski chiama Pars recurrens. Incoraggito dalla facilità colla quale trovai nel mare e nello stagno di Cagliari numerosi individui coll’ organo caratteristico del Syrski, volli estendere più in là le mie ricerche e pensai di esplorare i fiumi; e con grande mia sorpresa e soddisfazione trovai, precisamente nel fiume Mannu presso Serramanna, ad una distanza di 30 e più chilometri dal mare, e 18 circa dallo stagno ora indicato, moltissimi individui che possedevano l’ or- gano del Syrski. La mia sorpresa resterà pienamente giustificata quando si consideri che la scoperta del Syrski aveva avvalorata l'opinione che le anguille si rechino al mare nell’ autunno per l’ opera della riproduzione, e quindi, stando ai risultati di Syrski, collo scopo di ritrovarvi gli sposi; ma vedremo in appresso quale fede meriti quell’ opinione. In seguito a questo fatto po- tei accorgermi che i caratteri esterni sopra accennati desunti dal colore, dalla posizione dei tubi nasali, dal diametro oculare, dalla forma della testa non hanno quel valore che loro si è vo- luto attribuire; anzi non se ne deve fare alcun conto. Infatti, mentre possono mancare nei pretesi maschi, si ritrovano all’in- contro assai sovente, e molto ben spiccati, nelle anguille deci- samente femmine, ossia con ovarî già ben sviluppati ed indub- biamente riconoscibili per tali. Allora cominciò pure a sorgere in me il dubbio che le anguille coll’ organo di Syrski non fos- sero già maschi, ma al contrario femmine; ed il detto organo, invece di rappresentare il testicolo, rappresentasse invece uno dei primi stadî di sviluppo dell’ ovario. Con quest’ idea nella mente continuai le mie osservazioni. E prima di tutto rivolsi la mia attenzione alle anguille di piccole dimensioni, sezionandone un grandissimo numero; ed ecco cosa mi è risultato. Se si prendono ad esaminare anguille che ab- 334 C. LEPORI, “- biano una lunghezza inferiore ai 35 centimetri, è cosa assai rara trovarne una che presenti l’ovario ben sviluppato colla sua forma di nastro molle, delicato e pieghettato trasversal- mente; tutte presentano l’ organo del Syrski. Se al contrario si esaminano anguille che abbiano oltrepassato i 40 centimetri di lunghezza, è cosa rarissima invece, e quasi si potrebbe dire eccezionale, trovarne una che presenti l’organo del Syrski; tutte presentano l’ ovario ben caratterizzato. Solo quindi in via ecce- zionale possono avverarsi i due casi contrarî alla regola gene- rale. Ciò significa che le dimensioni delle anguille non sono uguali per tutti gli individui a parità di età; e mentre anguille di dimensioni relativamente piccole possono avere maggiore età e quindi uno sviluppo più avanzato di organi sessuali, al con- trario anguille di dimensioni relativamente grandi possono avere minore età, ed anche uno sviluppo meno avanzato degli stessi organi. È difficile però precisare i limiti dentro i quali possono avvenire le indicate variazioni. Il Syrski dice di aver trovato in- dividui di 27 centimetri e '/» con ovario.ben riconoscibile, ed all'incontro individui di 43 centimetri coll’organo lobulare che egli chiama testicolo; e benchè io non abbia potuto verificare altrettanto, ciò non di meno non voglio negare che il fatto possa avvenire, sebbene in via ‘eccezionale. Il Syrski ci dà un’accurata descrizione anatomica dell’ organo lobulare, dalla quale si rileva, ed egli pure ne conviene, che in tutto e per tutto la disposizione di quest’ organo è conforme a quella degli ovarî. Io anzi aggiungerò che tale disposizione è perfettamente identica; ed è ben giusto che così sia in quanto che (sarà meglio manifestarlo fin da questo momento) è lo stesso ovario che egli descrive. Io non voglio qui tracciare una nuova descrizione di quest’organo lobulare perchè non farei che ripe- tere, forse anche male, quello che il Syrski ha con tanta cura già fatto nel pregevolissimo suo lavoro; d’altronde è tanto ben conosciuta dai cultori di zoologia tale descrizione che posso senza inconveniente alcuno dispensarmi dal ripeterla in questa breve memoria; mi interessa però di mettere in rilievo alcune parti- vr —ruù IL MASCHIO DELL'ANGUILLA. 335 colarità sulle quali egli ha creduto di scorgere delle importanti differenze tra l’organo lobulare e l’ ovario. Il Syrski dice che l’organo lobulare dei maschi, per il suo vi- treo aspetto è tanto somigliante all’ovario di anguille femmine poco sviluppate, che solo con una lente che ingrandisca 4 volte gli oggetti potrebbe mettersi in chiaro la differenza, la quale sta in ciò che, mentre l’organo maschile è composto di lobetti messi in fila e distinti l’uno dall’altro, l’ovario invece si pre- senta sotto forma di un nastrino molle quasi mucoso. Io ho vo- luto esaminare con una lente che ingrandisce più di 4 volte gli oggetti un grandissimo numero di anguille poco sviluppate, di una lunghezza da 28-30-31 centimetri, ma debbo dire franca- mente che non ho potuto scorgere le differenze ammesse dal Syrski: in tutto ho solamente e costantemente osservato le due striscie lobulari coi lobuli ben distinti, e perciò sono in grado di affermare che tutte le piccole anguille, delle indicate dimen- sioni, sono maschi nel senso di Syrski. Veramente egli avrebbe qui dovuto indicarci quali dimensioni avessero le anguille fem- mine da lui dette poco sviluppate sottoposte al suo esame, il che non fece; ma a giudicarne dalla forma e consistenza del- l’ovario, che egli ci indica come un nastro molle e quasi mu- coso, le sue anguille femmine poco sviluppate dovevano avere per lo meno una lunghezza da 35 a 40 centimetri, giacchè è in queste sole che l’ ovario comincia ad assumere l’aspetto di na- stro molle quasi mucoso ed indiviso, non ostante che, in via però eccezionale, anche in anguille più piccole possa verificarsi qual- che volta la stessa cosa. Se si esaminano anguille di una lun- ghezza al di sotto di 30 centimetri si troveranno quasi tutte coll’ organo lobulare; mai o quasi mai coll’ ovario in forma di nastro. Una più importante differenza trova il Syrski tra le ovaie e gli organi lobulari, la quale consiste in ciò, che le ovaie pen- dono nella cavità addominale semplicemente da nastri formati dal peritoneo, mentre gli organi lobulari pendono da canali lon- gitudinali ad essi connessi; e questi canali, scorrendo per tutta 336 C. LEPORI, la lunghezza della catena lobulare, passano in una saccoccia triangolare contigua alle pareti laterali della vessica: la saccoc- cia triangolare poi si continua per mezzo della Fissura recto-ve- sicalis nella Fovea recto-vesicalis, e questa nel Porus gemnitalis, il quale sbocca nell’uretra e per mezzo dell’uretra mette all’e- sterno. Entrambe le saccoccie ed i canali si lasciano insuflare ed iniettare dall’uretra e dal Porus genitalis, e da questo punto si possono anche introdurre delle setole. I canali longitudinali, secondo Syrski, sarebbero i condotti deferenti. Nelle anguille femmine invece mancano canali corrispondenti al condotto de- ferente, al posto dei quali esistono nastri formati dal peritoneo; manca la saccoccia triangolare, e le uova scivolano in una spe- cie di doccia formata dalla superficie esterna delle ovaie e dalle pareti addominali e vanno a riuscire per mezzo della fissura recto-vesicalis nella fovea recto-vesicalis, e da questa, per mezzo del Porus genitalis, prima nell’ uretra e poi all’esterno. Benchè le figure della 1.° tavola del lavoro di Syrski non ri- producano molto esattamente ciò che egli ha voluto indicare, e ciò che veramente esiste in natura, tuttavia si vede assai chiaro che, all'infuori del canale longitudinale e della saccoccia trian- golare, che mancano, la disposizione delle altre parti è identica tanto nelle femmine quanto nei pretesi maschi. Infatti anche nelle anguille decisamente femmine esiste la fissura recto-vesi- calis (foro addomo-vaginale o utero-vaginale di Maggi e Balsa- mo), la quale mette nella fovea recto-vesicalis, ed in questa na- sce il Porus genitalis che sbocca all’esterno passando per l’ u- retra. Io però farò uotare che la saccoccia triangolare, se si osserva attentamente, si ritrova anche nelle anguille decisamente femmine, sebbene trasformata e ridotta; ma i canali longitudi- nali non vi si possono mai trovare, e la cosa è molto facile a capirsi. L'organo lobulare da Syrski considerato come un vero testi- colo, in realtà altro non è che un ovario ancora nei primordî del suo sviluppo, e quasi si potrebbe dire allo stato embrionale; quindi il canale longitudinale che Syrski considera come canale [a n RAS popo. ri della Società è di promuovere. in Italia il progresso degli ‘studi È pila; scienze naturali. | I A Biirizo fuori d' Italia. —_ Pio: diventare socj effettivi, Tusio si so ggettino. alla tassa annua di lire venti. — Non sono invitati partico- ‘mente. alle sedute della Società, ma possono assistervi e presentarvi. o vi leggere delle Memorie o delle Comunicazioni. — Ricevono gratuita- nte gli Atti della Società. Le a proposizione per l’ ammissione d’ un nuovo socio deve essere fatta e mata da tre socj effettivi. pn I I Socj effettivi che non mandano la loro rinuncia almeno tre mesi prima Ma: fine dell’anno sociale (che termina col 31 dicembre) continuano ad es- ° tenuti per socj; se sono in ritardo nel pagamento della quota di un , e, invitati, non lo compiono nel primo trimestre dell’anno successivo, ss sano di fatto di appartenere alla Società, salvo a questa il far valere uoi diritti per le quote non ancora pagate. i L Comunicazioni, presentate nelle adunanze, possono essere stampate gli Atti o nelle Memorie della Società, per estratto o per esteso, secondo loro estensione ed importanza. La cura delle pubblicazioni spetta alla Presidenza. Agli Atti ed alle Memorie non si ponno unire tavole se non sono del mato degli Atti o delle Memorie stesse. lu ti i Socj possono approfittare dei libri della Hive sociale, pur- è li domandino a qualcuno dei membri della Presidenza, rilasciandone pre ricevuta. | i ranto ai lavori stampati negli Atti l’autore oa fa tirare un numero unque di copie ai seguenti prezzi: Esemplari | a 25 DO 19 200 | mu di foglio (4 pagine). nalick, (sd (Si 2 db L.-2 50 [Leda I a foglio (8 pagine) . . . > st 58 50 A ra 8000 pi di foglio (12 pagine) . . » 250] 5 —| 6 70 |»_ 9 — frocio (16 RagHio) PMT LE » 2 75 i. 5 50 - 8 —|. 10 —-| i i q Kata Pi pat Pa, = % Le: dee: SE LL (i ra ra per bt) g aa gi dxpuivit OLLO8 si riot Se san TUE DI. dai Lon ACEA, (LION LA casio aes te: a o pa Re: dì: Carra ‘REI dra Odi riti FER sui if IST, gi ‘pene$ jacs DI na 5% PAGS+ paesi VITI niziso@ vaio. ENEA n “Rosita: dns park mie fà se Viganiza Lust. sentii dl) n PISA SAM al 8114) CDI COAZI DRD LL i AE LE 5 È I as Y DI È BI i) È i d spes SERRA sis Da RE trait 16 muta. cd st 199 LA, sa spl D+ i OE È ico Latera fe to sali. SI, Ha; sisne PERE per. 4Iy. Ku LEN SETA Ab sat. fer otAvi | FRS Pe O 0 Patni, a pigna ni IE, odi STO cÉpià ato 5% e fine) . | ST Laroni, 1 maschio dell'ang i) pae so ORMAI A e Vesti pesta BI: a 160 ab Der ‘lla bai ù A PEVPROAn RAT, Éalt ati mi È sa x irtsfî FARA GIUR aAtipuy. 44 BONE Cal ste Me s br 9 >y Di * è, r ‘ ù “strafi he di DE Tn È #0. nea a) er 9 (INTE Hier scatto SMS O: soma ivi cite furente get iui fok ont sa suna HEI FARO crei TeER°} 7 tai L va ù i riatsa pate : ni + È e TRE “infilipoeit dpi A plat: 1). suli ica ie NZ A Pt dente Ban io eni Le % E hr u: » ; hi STE N OR: pe RE sa rag E, 19733 Ge che ed de n e DI to AR È ey Pap IAT TRE [STRO I I 5 I PAD pure PE Ì vi Gi Ù i rt bs) : Spa 113: ia É o iP SD i ©. LUMI < SCAVI “ ri ; Si * 4 Ù . DELLA SOCIETÀ ITALIANA | DI SCIENZE NATURALI . VOLUME XXVI. FascicoLo 4 — FoeLi 22-26 4/, n n. | con l tavola. MILANO, | TIP. BERNARDONI DI C. REBESCHINI R C. PER L'ITALIA: | PER L'ESTERO: TR PRESSO LA © SEGRETERIA DELLA SOCIETA’ | LIBRERIA DI ULRICO HOEPLI i MILANO MILANO i i i Palazzo del Museo Civico. : la Galleria De-Cristoforis, Via Marvin, 2. = | 59-62. PRESSO LA » PN GENNAJO 1884. fio tieniti i ATTI e delle MEMORIE si veda la Per la compera degl ta copertina. 3° pagina di ques 4 o Se PRESIDENZA PEL 1883. | | Presidente, STOPPANI prof. AntonIo, Direttore del Civico Museo di Stor naturale di Milano. Vice-presidente, ViLLa AntoNIO, Milano, via Sala, 6. # MERCALLI prof. GIUSEPPE, Milano, via Si Andrea, 10. Segretari] È ; . I I Pim rag. NAPoLEONE, Milano, via Crocifisso, 6. Cassiere, GARGANTINI-PraTTI GiuserPE, Milano, via Senato, 14. dr è ve di R14 : - e: La « E AIAR K » i ì È “+ IL MASCHIO DELL'ANGUILLA. 337 deferente, a giustamente apprezzarlo, altro non sarebbe che uno dei condotti escretori dei corpi di Wolf, il quale condotto nel seguito dello sviluppo sì oblitera intieramente e si trasforma in un legamento che sostiene l’ovario. Le cose avvengono certa- — mente in questo modo; ma, per meglio dilucidare la questione, | sarebbe necessario lo studio dello sviluppo delle anguille, ed è quanto io tenterò di fare col tempo, non ostante l’immensa dif- ficoltà dell'impresa nello stato attuale di nostre cognizioni Stone pra questi pesci. < Ù Il Syrski, il quale fu condotto a giudicare organo maschile la catena lobulare delle anguille più dal ragionamento che dai, caratteri proprî di essa, fa presenti alcune considerazioni che, secondo il mio modo di vedere, costituiscono gli argomenti i più validi che egli abbia potuto trovare per difendere la sua opi- | «nione. Esporrò brevemente queste considerazioni, e mi permet- terò di farvi alcuni appunti. 1 Egli dice che, gli organi lobulari nello stato di poco sviluppo, ancora privi di lobuli, in forma di semplice nastro, sotto que- sto rapporto rassomigliano di più alle ovaie, dalle quali del re- sto sono affatto diversi, che nel loro ulteriore sviluppo, nel quale constano di'lobetti isolati e solo connessi nel loro punto d’ori- gine. Evidentemente il Syrski esclude che l’ovario possa assu- mere la forma lobulare in qualunque fase del suo sviluppo, in quanto che, sebbene abbia detto nel principio della sua memo- ria che solo nelle poco sviluppate anguille femminili gli ovarî si rassomigliano ad organi lobulari di eguale .grandezza per è loro vitreo aspetto, soggiunge però che se ne distinguono per l’appa- renza di nastrino mucoso che prendono gli ovarî. Esclude adun- que in questi la forma lobulare. Il fatto però è che l’ovario ha la forma di semplice nastrino, non molle, ma resistente nel prin- cipio del suo sviluppo in tutte le piccole anguille; a misura che «esso si sviluppa cominciano ad apparire dei lobuli, non visibili se non col microscopio ad ingrandimenti però anche molto de- ‘boli; in ‘seguito i lobuli si fanno sempre più distinti, e visibili anche ad occhio nudo; si avvicinano gli uni agli altri gradata- | Vol. XXVI. 22 330 C. LEPORI, mente fino a toccarsi coi loro bordi; poi questi bordi si oltre- passano anche e si ricoprono l’ un l’altro, ed allora comincia a scomparire il loro intervallo di separazione, trasformandosi tutta la catena lobulare in un nastro indiviso e pieghettato che diventa molle, quasi mucoso. In quest’ultimo stadio però abbiamo un’o- vario ben riconoscibile con ben distinte uova; e ciò indistinta= mente in tutte le anguille che hanno oltrepassato i 40 centime- tri di lunghezza. È positivo però che in tutte le anguille le quali hanno una lunghezza inferiore ai 30 centimetri, salva qualche rara eccezione, come già ho fatto osservare più sopra, non tro- viamo che catene lobulari. Stando quindi a quanto opina il Syr- ski, tutte le anguille di questa dimensione non potrebbero es- sere che maschi. Nè vale a distruggere questa legittima conse- guenza il fatto che anguille di centimetri 27 e ‘/. di lunghezza possano presentare un’ ovario ben distinto, giacchè, ripeto, que- sto fatto costituisce un’eccezione alla regola generale, non al- trimenti di quell’ altro per cui si è rinvenuto l’ organo lobulare in anguille di 43 centimetri di lunghezza. Abbiamo già visto che a renderci ragione di questi fatti tutt’ affatto eccezionali |’ età dell’ anguilla è un elemento che deve entrare nel calcolo. Considerazione ben più seria è un’altra che il Syrski ne mette davanti. Lo sviluppo delle ovaie e dei lobuli, secondo lui, avrebbero colla formazione del resto degli organi genitali, un’ eguale an- damento, e specialmente il Porus genitalis ed il condotto sopra indicato, i quali nelle anguille giovani con lobuli poco svilup- pati o con ovaie ancora d’apparenza mucosa sono chiusi, men- tre diventano tanto più pervî quanto più avanzato è il loro svi- luppo. Non sarebbe quindi ammissibile la supposizione che gli organi lobulari siano ovaie poco sviluppate od anche atrofiche massimamente che si rinvengono nella metà di tutte le an- guille. Non dissimulo che questo ragionamento è molto stringente, e non vi sarebbe da rispondere se le cose fossero veramente bi come il Syrski le dice: è un fatto però che le ovaie, quando IL MASCHIO DELL'ANGUILLA. 339 hanno assunto l’ apparenza mucosa, non sono ovaie così poco sviluppate, come egli crede, ma ovaie con ben distinte uova, e che sono passate dalla forma lobulare a quella di nastro. Nel percorrere queste fasi di sviluppo, il canale longitudinale, resi- duo dei condotti escretori dei corpi di Wolf, canale che era cresciuto di conserva coi lobuli che gli sono connessi, si obli- tera intieramente, come sopra ho detto, e si trasforma in un legamento che sostiene l’ovario, e che perciò, bene a ragione, si potrebbe chiamare legamento ovarico. E quantunque sia vero che il detto canale è tanto più pervio quanto più sviluppata è la catena lobulare, giacchè il loro sviluppo va di pari passo, ar- riva però il punto in cui esso comincia a chiudersi e trasformarsi, seguendo il trasformarsi della catena lobulare in nastro. Non-è quindi giusta l’ interpretazione del Syrski, secondo la quale, la catena lobulare sarebbe il testicolo, ed il canale longitudinale e la saccoccia triangolare nella quale questo sbocca, non potreb- bero considerarsi altrimenti che come canale seminale o vaso deferente l’ uno, e come borsa o vessichetta seminale l’altra. Da quanto son venuto finora esponendo si apprende anche ehe non riesce molto difficile il seguire gli stadî intermedî o di passaggio dalla forma di nastrino indiviso, vitreo, resistente, con lobuli non visibili che con lente d’ingrandimento, a quella di catena lobulare distinta; e da questa all’ altra di nastro molle e pieghettato senza apparenza lobulare. Per ciò ottenere è ne- cessario scegliere opportunamente gli individui da sottoporre all’esame. Si dovrà incominciare dai piccoli, di una lunghezza inferiore ai 20 centimetri e salire gradatamente fino a quelli che oltrepassano i 40 centimetri; e, siccome nel preparato fre- sco riesce assai malagevole il vedere la forma e l’aspetto del- l'organo riproduttore per cagione della sua grande trasparenza, si rende indispensabile di aprire l'addome dell’ animale con for- | bici ben taglienti, partendo dall’apertura anale fino a livello della fessura branchiale, e poi tuffare per un paio d’ore il preparato nell’alcool: per l’azione del quale l’organo si rende opaco e lascia vedere ben nettamente tutta la sua conformazione. Negli 340 C.LEPORI, individui inferiori ai 20 centimetri di lunghezza l’ organo ripro- duttore si presenta sotto la forma di nastrino assai stretto, vi- treo d’aspetto e resistente, affatto privo di lobuli, od invisibili per lo meno ad occhio nudo, e solo visibili con lente d’ingran- dimento o per mezzo del microscopio; ed in quest’ ultimo caso i lobuli sono distanti l’uno dall'altro. Progredendo nell’ esame degli individui successivamente più grandi si vedrà che i lobuli vanno a poco a poco rendendosi più distinti ed avvicinandosi sempre più tra di loro gradatamente fino a toccarsi coi loro bordi; poi, negli individui che hanno oltrepassato i 35 centime- tri di lunghezza si arriverà a vedere i bordi dei lobuli oltre- passarsi a vicenda e ricuoprirsi l’un l’altro, precisamente come si vede molto chiaramente nella figura 3.* tavola II del lavoro di Syrski. Quindi in individui anche più grandi si potranno ve- dere i bordi dei lobuli cominciare ad elevarsi dal fondo del- l'intervallo che separa un lobulo dall'altro, e risalire fino a raggiungere il livello del margine inferiore longitudinale dei lo- buli medesimi; e sviluppandosi allora questi in lunghezza e lar- ghezza dar luogo a quella forma di nastro o frangia pieghet- tata, che è la forma definitiva dell’ovario. È da notarsi pure che i lobuli, anche prima di convertirsi in frangia o nastro pie- ghettato, si dividono in foglietti sottili a guisa dei fogli di un libro; e questa struttura si mantiene in seguito anche nella frangia ovarica già sviluppata. Ed ecco in qual modo si possono seguire i cambiamenti che subisce e le forme intermedie per le quali passa la catena lobulare per diventare ovario nastriforme e frangiato. Intanto, mentre avvengono questi cambiamenti nella forma e nell'aspetto dell’ovario medesimo, altri cambiamenti avvengono nella sua consistenza e struttura. Di quanto si riferisce alla consistenza abbiamo già indicato il più essenziale, ma gioverà aggiungere alcune altre considera- zioni. Il Syrski, volendo mettere in rilievo le differenze tra l’o- ‘vaio e l'organo lobulare, dice che, mentre dl tessuto dell’ ovario è di struttura così molle e soffice che solo a leggermente tirare IL MASCHIO DELL'ANGUILLA. 341 | si strappa e se ne spremono le uova colla moderata pressione immediata del dito, oppure sul coprioggetti, lo stroma compatto dell’ organo lobulare è così duro che, afferrato colle pinzette, ti- — rando semplicemente, viene staccato per intero 0d a grandi tratti, | spesso în unione al canale che gli appartiene, dalla parete ad- dominale, e sfibrandolo cogli aghi di preparazione produce uno scroscio. Anche qui, come in tutti i punti del suo scritto, il Syrski parla dell’ovaio che trovasi già nello stadio di consi- stenza molle, ossia dell’ovario che ha raggiunto uno sviluppo piuttosto avanzato; e tale è appunto quando le uova, come egli dice, se ne possono spremere facilmente colla immediata pres- sione del dito o del coprioggetti; ma degli stadî anteriori non fa neppur cenno. E non poteva essere diversamente giacchè, negli stadî anteriori di sviluppo l’ovario si presenta sotto la forma di catena lobulare, più o meno distinta, secondo il di- verso grado di sviluppo medesimo, e in questi stadî 1’ ovario ha la consistenza di tessuto compatto che, tirato colla pinzetta, si stacca per intiero od a grandi tratti, spesso in unione al canale che gli appartiene, e che può produrre anche uno scroscio, sfi- brandolo cogli aghi di preparazione, precisamente come asseri- sce il Syrski. È chiaro ‘adunque che il Syrski ha considerato come testicolo l’ovario nei primi stadî del suo sviluppo, ante- riori a quello di consistenza molle e con uova ben caratteriz- zate. La consistenza molle, quasi mucosa, che l’ovario acquista nel progredire del suo sviluppo, dipende dalla grande quantità di grasso: che mano mano vi si va accumulando. ‘ Ed ora passiamo a discorrere “un poco della struttura isto- logica di quest’organo, reputando abbastanza completa 1’ espo- sizione di quanto poteva aver riguardo alla sua anatomia ma- croscopica, e riferibile al nostro argomento. Anche da questo lato il Syrski ha voluto far risultare delle differenze tra l'organo lobulare e l’ ovario; e veramente queste differenze esistono; dirò anzi che non possono a meno di esistere, poichè, sebbene trat- tisi dello stesso organo, siccome egli lo esamina in due distinti stadî di sviluppo, mentre cioè sta compiendo la sua evoluzione, FADO C. LEPORI, per necessità devono manifestarsi apparenze diverse. È per que- sto che, come egli dice, mentre l’organo lobulare, esaminato con ingrandimento di 20 diametri, mostra i suoi lobuli come faccettati, e con ingrandimento di 100 diametri, queste faccette, che corrispondono a tanti scompartimenti degli stessi lobuli, si manifestano ripiene di nucleoli isolati od ammassati e di cel- lule; l’ovario invece, esaminato con ingrandimento di 20 dia- metri, mostra, oltre le uova, anche delle lacune ripiene di grasso, e con ingrandimento di 100 diametri mostra distintamente, nelle uova più sviluppate, i globuli del tuorlo, e nelle meno svilup- pate, con massa omogenea e pochi globuli, la macchia e la ves- sicola germinativa. Ma qual meraviglia che egli abbia potuto notare queste differenze dal momento che egli ha confrontato lo stesso organo, l’ovario, in due distinti stadî di sviluppo colla preconcetta opinione che avesse da fare con due organi essen- zialmente diversi? Ed avremo anzi tanto meno a meravigliarci quando si consideri che egli, per stabilire queste differenze, ha messo a confronto con un organo lobulare un ovario già molto avanzato nel suo sviluppo, che conteneva già uova ben visibili ad un’ingrandimento di 2-4 volte, trasparenti, bianche, arro- tondate, oscure per lo più nel loro punto centrale e che rag- giungevano un diametro da */u0 ad ‘/; di millimetro. Ciò si deprende da quanto egli espone relativamente alle differenze isto- logiche ora indicate. Pur convenendo adunque che queste diffe- renze istologiche realmente esistono, ed a questo riguardo non si potrà giammai imputare al Syrski di avere male osservato, dobbiamo però soggiungere che esse sono riferibili a diversi stadî di sviluppo dello stesso organo, e non già ad organi es- senzialmente diversi, come egli asserisce. Il suo errore potrà mettersi bene in evidenza quando si abbia cura di ripetere. l’e- same dell’organo nel modo istesso da noi seguito per riguardo all’anatomia macroscopica; ossia esaminarlo in anguille di di- verse dimensioni, incominciando dalle piccolissime, che ‘hanno una lunghezza inferiore di 20 centimetri, e seguirlo poi grada- tamente in anguille di sempre maggiori dimensioni, fino ad ar- IL MASCHIO DELL'ANGUILLA. 343 rivare a quelle che hanno oltrepassato i 40 centimetri di lun- ghezza. Ed ecco cosa risulterà da questo esame. Nelle anguille che sono al di sotto di 20 centimetri di lun- ghezza, quando l’organo riproduttore, e diciamo pure franca- mente l’ovario, si presenta sotto la forma di nastrino indiviso, d’aspetto vitreo e resistente, senza neppur ombra di apparenza lobulare, e che è a mala pena visibile a occhio nudo, esaminato invece al microscopio con ingrandimento di circa 100 diametri, ci mostrerà già distinti i lobuli incipienti, distanti considerevol- mente gli uni dagli altri; ed in questo stadio si vedono pure le uova sotto l’aspetto di semplici cellule nucleate, poliedriche e ben stipate nell’ interno dei lobuli, costituendo uno stroma compatto, la di cui struttura fece appunto credere al Syrski trattarsi di un tessuto testicolare. Continuando l’esame dei lo- buli a misura che questi crescono a poco a poco in dimensioni, si fanno più pronunciati, si avvicinano fra loro, si ricuoprono scambievolmente coi loro bordi, e poi cominciano a riunirsi collo scomparire del loro intervallo di separazione, si vedranno pure aumentare di pari passo in grandezza le cellule costituenti il loro stroma, e ciò gradatamente fino a che l’ovario si trasfor- ma in nastro molle e pieghettato a guisa di frangia, nel quale stadio le cellule interne acquistano il vero aspetto di uova colle membrane vitelline, le vessicole e le macchie germinative ben distinte. Il progresso dello sviluppo contemporaneo dei lobuli e delle cellule del loro stroma si potrà vedere chiaramente nelle figure schematiche inserite in fine di questa memoria. E dopo tanto io credo non possa più rimanere dubbio essere l'organo lobulare un’ovario nei primordî del suo sviluppo, e non già un testicolo come vorrebbe il Syrski. Nè vale 1° argo- mento dell’analogia di struttura di quest’ organo col testicolo degli altri pesci in generale, giacchè nell’organo lobulare delle anguille abbiamo un semplice stroma cellulare, mentre nel te- sticolo degli altri pesci evidentemente si scorge la presenza di tubolini seminiferi, veramente caratteristici della struttura del testicolo, per poco che sia avanzato nel suo sviluppo. Che se a 344 C. LEPORI, questo vogliamo aggiungere la mancanza assoluta dei filamenti spermatici, mancanza di cui l’importanza pare che il Syrski non voglia giustamente apprezzare, si riconoscerà essere poco fondata la sua opinione. Difatti, la mancanza dei filamenti sper- matici nell’organo lobulare, ammesso pure che questo fosse in- dubbiamente un testicolo, ci porterebbe di necessità alla suppo- sizione che questo testicolo non avesse ancora raggiunto al com- pleto la sua maturità; e quindi bisognerebbe supporre anche che tale maturità si dovesse raggiungere in anguille molto più grandi in dimensioni di quelle che Syrski ha preso ad esami- nare. Ma noi sappiamo, e dallo stesso Syrski apprendiamo, che in anguille più grandi di 43 centimetri non si rinviene più al- cun testicolo, e la cosa è veramente così; anzi raramente si trovano anguille che possedano l’ organo lobulare quando hanno oltrepassato i 40 centimetri di lunghezza, solo in via eccezio- nale ciò succedendo; tutte le anguille in genere, oltrepassate queste dimensioni, sono femmine con ovario ben riconoscibile. Come va dunque che . non si trovino più codesti maschi? Per altro sappiamo dallo stesso Syrski che gli organi lobulari si rinvengono, come egli stesso si esprime, nella metà di tutte le anguille. Dovrebbe perciò riuscire piuttost» facile il ritrovare i maschi delle anguille con testicolo già maturo, od almeno ri- conoscibile in modo non dubbio, prendendo ad «esaminare an- guille più grandi di quelle esaminate da Syrski; ma questo non avviene affatto. O converrà forse ammettere che i maschi adulti siano precisamente quelli da 40 centimetri di lunghezza? Ma io non posso accettare nemmeno questa conclusione anche per un altro riflesso; dappoichè, sebbene sia ammissibile in massima il principio che nella classe dei pesci i maschi sono più piccoli delle femmine (in molti casi però avviene affatto il contrario), nientedimeno nel caso nostro si avrebbe tale sproporzione tra le dimensioni dei due sessi adulti che sembrerebbe strano dav- vero questo modo di risolvere la questione; e d’altronde non si potrebbe comprendere come testicoli così esigui potessero for- nire la quantità di sperma necessaria a fecondare l'immensa Locat È , ì l | IL MASCHIO DELL'ANGUILLA. 345 quantità di uova di cui sono cariche le femmine (cinque mi- lioni secondo i calcoli del Syrski). Bisogna dunque ricercare i maschi in individui molto più grandi di quelli esaminati da Syrski. Però, se ci accingiamo a far questo, dobbiamo nostro malgrado confessare che tutti i nostri sforzi riescono inutili. Finora neppure un indizio si è potuto avere al riguardo; e le osservazioni del Maggi e Balsa- mo ci porterebbero invece ad avwalorare l’ opinione da loro emessa che le anguille siano ermafrodite. Infatti, la presenza di filamenti spermatici ben caratterizzati per la loro forma, coi movimenti proprî degli stessi elementi (non posso neppure un momento dubitare che gli egregi professori abbiano errato nel- l’ osservare), ci devono condurre ad ammettere che questi fila- menti non siano venuti dal di fuori, ma siansi formati nell’in- terno delle anguille stesse in cui si rinvengono, non sembran- domi ragionevole l’ ipotesi che essi provengano da precedente accoppiamento con intromissione di organo copulatore maschile, perchè niente ci autorizza a ciò ammettere; e neppure che siano penetrati nell’ interno delle femmine col veicolo dell’ acqua, per- chè questo modo di fecondazione interna non avviene negli al- tri pesci ovipari. Il problema quindi da risolvere è quello di trovare l’ organo che funziona da testicolo, non volendo ammet- tere per tale-il terzo corpo frangiato indicato dagli stessi Maggi e Balsamo, perchè questo corpo non ha la struttura di un te- sticolo, ed è senza dubbio alcuno una massa adiposa; e nem- meno la vessica addominale indicata dall’Ercolani, e da lui pure considerata come testicolo, per le ragioni che sono state espo- ste già sopra. Tuttavia, se da una parte ci vediamo costretti a rigettare l’ opinione di codesti illustri zoologi, dall’ altra però convien dire che non è il caso di dover respingere affatto le loro idee, e bisognerà continuare le ricerche allo scopo di con- fermare l’ermafrodismo delle anguille. Forse l’ovario sviluppa- tissimo di questi pesci altro non è che una ghiandola ermafro- ditica, la quale in sè contiene anche l’ organo maschile. Se così fosse, anche le idee del Syrski potrebbero fino ad un certo punto 346 C. LEPORI, essere giustificate, ritenendo che l’organo lobulare costituisse i ‘primi elementi dei testicoli; ed a questi verrebbero in seguito a sovrapporsi gli elementi dell’ovario. Ma tutte queste non sono che congetture, le quali altro merito non possono avere tranne quello di allettarci a proseguire con sempre maggiore interesse lo studio dell'argomento, ed è quanto nell’avvenire io mi pro- pongo di fare. Una circostanza che a prima giunta sembra di poca impor- tanza, ma che in realtà ha un valore considerevole per combat- tere l'opinione del Syrski, è la scoperta da me fatta, e che so- pra ho già fatto conoscere, dell’ esistenza cioè di questi pretesi maschi di anguille nei fiumi, in località molto distanti dal mare. È radicata da lungo tempo negli scienziati, ed anche non scien- ziati, la credenza che nei fiumi e nei laghi le anguille non si. riproducano, e che sentano quindi il bisogno di recarsi al mare per attendere all’opera della generazione; e questa emigrazione, che chiamasi comunemente la calata, esse compirebbero nelle notti oscure e burrascose dell’ autunno. Ma a questo riguardo, sebbene io non abbia ancora dati sufficienti per decidere se le anguille possano riprodursi anche nei laghi, ho però sufficiente motivo a credere che la loro discesa al mare nelle notti bur- rascose dell’ autunno sia determinata da tutt’ altra causa e non dall'opera della riproduzione. Non solo nell'autunno, ma anche in altre stagioni le anguille discendono verso il mare quando avvengono grandi pioggie che fanno ingrossare i fiumi. Le sostanze estranee che le acque trascinano pare che rendano l’ambiente poco analogo al benessere dei pesci che vivono nei fiumi. Si sa che quando avvengono piene nei fiumi i muggini spesso vi muoiono e vengono rigettati dalle acque lungo le spon- de in gran numero. Anche le anguille forse si risentono di que- ste condizioni anormali delle acque dei fiumi, ed allora si agi- tano, sì commovono e si lasciano trascinare dalla corrente, op- pure esse stesse volontariamente si determinano a discendere per andare in cerca di un ambiente più adatto alla loro esi- stenza. Ammesso però, come comunemente si crede; che la causa IL MASCHIO DELL'ANGUILLA. 347 della loro discesa al mare, sia l’opera della riproduzione, e, se- condo quanto si dovrebbe indurre dall’opinione del Syrski, la ricerca dei loro sposi per la fecondazione delle uova, non si saprebbe comprendere la presenza di questi sposi nei fiumi a considerevole distanza dal mare. Quale bisogno infatti avrebbero le anguille di recarsi al mare quando potrebbero comodamente procurarsi il fatto loro nel luogo stesso in cui vivono? Con- verrà dunque ammettere che questi pretesi maschi, i quali si trovano pure nei fiumi, non sono veramente tali, ed ecco un’al- tra prova indiretta, e credo non disprezzabile, della nessuna attendibilità delle dichiarazioni di Syrski. Riepilogando intanto per sommi capi i risultati delle mie ri- cerche, posso stabilire le seguenti conclusioni: 1.° Tutte le anguille nelle prime fasi di sviluppo del loro ovario sono maschi nel senso di Syrski, hanno cioè l’ organo che da lui ha preso il nome ; il qual organo perciò deve essere considerato come un ovario nei primordî del suo sviluppo. In questo stadio l’ovario si presenta sempre sotto la forma di una catena lobulare; e sebbene questi lobuli siano a diversi gradi di sviluppo, più o meno distinti, la loro struttura istologica è sempre l’istessa, presentano cioè sempre l’aspetto di quella massa cellulare che il Syrski attribuisce al solo testicolo. La grandezza delle cellule è in ragione diretta di quella del lobulo, e queste cellule sono uova in via di sviluppo. Le due figure date dal Syrski nel suo lavoro, delle quali una rappresenterebbe lo stroma dell’ovario, e l’altra del testicolo, tutte due ad in- grandimento di 174 diametri, in realtà altro non rappresentano che due diverse fasi di sviluppo dello stesso ovario, in una delle quali le uova sono piccole, e non mostrano ancora neppure in- dizio di quella differenziazione di parti che caratterizzano le uova mature, mentre nell'altra si hanno delle uova più grandi, nelle quali il primo accenno di questa differenziazione si mostra chiaramente nella membrana esterna più spessa e nello spazio chiaro centrale che va a costituire la vessichetta germinativa. 2.° I lobuli hanno uno stroma compatto e resistente, ma 348 | 0. LEPORI, nell’ ulteriore svilupparsi dell’ovario essi si assottigliano e si distendono per convertirsi in un nastro pieghettato, che è in- vece delicatissimo ed assai molle per la grande abbondanza di grasso che vi si deposita. La diversa consistenza quindi tra i lobuli ed il nastro sono effetto del diverso grado di sviluppo. 3.° Le differenze che il Syrski stabilisce per riguardo ai rapporti anatomici delle ovaia e dei supposti testicoli colle parti accessorie (fovea recto-vesicalis, porus genitalis, ecc.) esistono in parte di fatto, ma esse pure sono un puro effetto dello svi- lupparsi e modificarsi dell’ovario e suoi annessi, passando dalla forma lobulare a quella di nastro pieghettato e frangiato. 4.° Il canale dell’ organo lobulare che il Syrski considera come vaso deferente è un residuo dei condotti escretori dei corpi di Wolf, che si oblitera e si trasforma in legamento ova- rico coll’ ulteriore sviluppo. 5.° Lo sviluppo dell’ovario non è sempre in relazione di- retta collo sviluppo del corpo delle anguille, potendosi verificare in individui di piccole dimensioni uno sviluppo più avanzato di ovario che non in individui di dimensioni’ maggiori. Ciò spiega il fatto per cui può rinvenirsi l’ovario nastriforme con ben distinte uova in individui di 27 centimetri e mezzo di lunghezza, men- tre al contrario si può rinvenire l’organo lobulare in individui di centimetri 43. È da osservare però che questo può accadere solo in via eccezionale. 6.° La troppo grande sproporzione fra le dimensioni dei supposti maschi e delle femmine adulte rende poco accettabile l'opinione del Syrski, e non lascia comprendere come testicoli così esigui possano. fornire la necessaria quantità di sperma a fecondare lo sterminato numero di uova che provengono da ovaie tanto voluminose. 7.° Tale sproporzione fra le dimensioni dell’ovario e del supposto testicolo, e l'assoluta mancanza in questo di filamenti spermatici farebbero supporre trattarsi di un testicolo non giunto ancora alla completa maturità. Ma, ammesso questo, bi- sogna pure supporre che i testicoli maturi debbano rinyenirsi IL MASCHIO DELL'ANGUILLA. 349 in individui di lunghezza superiore ai 43 centimetri. Siccome | però tutte le anguille di lunghezza superiore ai 43 centimetri sono decisamente femmine, è giocoforza ammettere che la ca- tena lobulare non è un testicolo, e rappresenta un ovario nei primordî del suo sviluppo, quasi ancora in uno stato embrio- nale. 8.° Il terzo corpo frangiato, considerato da Maggi e Bal- samo quale un testicolo, è una massa adiposa. La vessica addo- minale indicata dall’ Ercolani è un sacco linfatico. (Resterebbe a determinare cosa sia la capsula che Maggi e Balsamo trova- rono all'estremità di un lembo del corpo frangiato ripiena di filamenti spermatici.) 9.° Stante la presenza ben constatata da Maggi e Balsamo di filamenti spermatici nell'interno del corpo delle anguille fem- mine è ragionevole e ben fondata l’ipotesi che queste siano er- mafrodite. Conviene adunque ricercare il testicolo. Esiste forse una ghiandola ermafroditica come nei serrani. 10.° I pretesi maschi del Syrski non si trovano solo nel mare, o nelle foci dei fiumi a poca distanza dal mare, come egli asserisce, ma anche nei laghi e nei fiumi in tutto il loro decorso, e la cosa è ben naturale. 11.° I caratteri esterni di questi pretesi maschi desunti dal colore, dalla posizione dei tubi nasali, dal diametro oculare, dalla forma della .testa, ecc., non hanno valore alcuno, potendo mancare nei detti maschi, e mostrarsi invece bene spiccati nelle anguille decisamente femmine. 12.° Finchè rimane ferma l’opinione che le anguille si re- chino al mare per l’opera della riproduzione, la presenza dei pretesi maschi nei fiumi non è spiegabile, e depone contro le idee del Syrski. sl Ecco quali sono i risultati delle mie ricerche sul maschio delle anguille. 350 C. LEPORI, Come ben si vede, molto rimane a fare sull'argomento, ed io ho fatto pochissimo. Ma mi reputerò pago abbastanza se queste mie brevi e sconnesse osservazioni potranno richiamare l’ atti- vità dei cultori di zoologia a ripigliare gli studî sopra le tante ed importantissime questioni relative alla riproduzione delle an- guille, ed in particolare sulla questione dei sessi. Io dal canto mio procurerò di fare altrettanto. Ed ora, nel terminare, voglio fare un breve cenno sulle due specie di anguille, orthoentera ed anacamptoentera, che il Maggi e Balsamo hanno creduto di dover stabilire, fondandosi sulla diversa forma che assume l’intestino nella sua ultima porzione vicina all’ano, che è dritta nella prima specie, e contorta nella seconda. Il fatto è vero, e nessuno potrebbe revocario in dub- bio; ma che questi caratteri abbiano tanto e tale valore da poterli prendere per base a costituire due specie distinte di anguille, io credo che non si possa con valide ragioni sostenere. Infatti, come bene osserva il Canestrini, fra l’una forma e l’altra vi sono numerose gradazioni da individuo a individuo, e non è poi esatto che le due forme d’intestino si trovino in rapporto costante con caratteri esterni particolari alle due pre- tese specie. E giacchè siamo sul tema e cade proprio a propo- sito, mi permetterò di dire che, se si dovessero fare specie di- stinte fra le nostre anguille, a me sembra che il carattere più costante e più spiccato lo si trova nella forma del rostro, acuto in alcune ed allargato nelle altre; ed i pescatori di Cagliari fanno veramente differenza fra le une e le altre, chiamando pro- priamente anguille le prime, e gronghi le seconde, sebbene gron- ghi non siano. Dovrebbero insomma ammettersi le due specie stabilite da Yarrel, l’acutirostris e la latirostris. Ma fra le due esistono anche qui delle variazioni intermedie, e queste avea ben notato il Costa di Napoli ammettendo fra la platyrhincus e l’acutirostris, corrispondenti alle due di Yarrel, intermedia la IL MASCHIO DELL'ANGUILLA. 351 vulgaris per la forma del rostro. Da tutto ciò si deve però con- chiudere che fra le nostre anguille non esistono differenze tali da potersi considerare come specifiche, e quindi non si deve fare distinzione di specie, ma di semplici varietà. E qui il prof. Canestrini mi permetta ‘di far osservare che, qualunque sia la varietà di anguilla che si voglia esaminare, la mascella inferiore si troverà in essa sempre più sporgente della superiore; il contrario adunque di quanto egli espone erronea- mente sulla diagnosi dell’ anguilla nel suo Prospetto critico dei pesci d’ acqua dolce d’ Italia, e che poi ripete anche fedelmente nella Fauna d’ Italia. È quasi inutile il far rilevare che quest’ errore è frutto di semplice distrazione, giacchè il carattere della maggiore spor- genza della mascella inferiore si manifesta così evidente e così spiccato agli occhi di chiunque prenda ad esaminare, sia pure senza molta concentrazione, un’anguilla, che nessuno potrebbe mai supporre che un’ittiologo così distinto quale è il professor Canestrini, non l’abbia dovuto osservare nel gran numero di anguille che nel corso dei suoi studî saranno necessariamente. passate fra le sue mani. Intanto io credo di doverne avvertire i cultori di zoologia, ed il prof. Canestrini non se ne adonterà, giacchè la Fauna d’Italia, cui egli ha preso tanto onorevole parte, è un libro pregevolissimo che corre per le mani di tutti coloro che imprendono a coltivare gli studî zoologici, non solo in Italia, ma anche all’ estero. Dirò infine di un fenomeno particolare, cui finora, per quanto a me risulta, credo nessuno abbia accennato; fenomeno della più grande importanza nella storia della vita e dei costumi delle anguille, e che io voglio chiamare il letargo delle anguille: — al quale letargo esse possono andare soggette, non periodica- mente, ma in determinate circostanze e condizioni della loro esistenza. 492 C. LEPORI, P Il mare, ma specialmente gli stagni, i laghi, i fiumi, i tor- renti, le paludi, i fossati sono l’ordinaria abitazione delle an- guille. Avviene spesso, massime in certe annate di ostinata sic- cità, come disgraziatamente succede nell'isola mia natale con troppa frequenza, che fossati, paludi, laghi, stagni, torrenti; e persino gli stessi fiumi, si essichino completamente, ed in tale stato rimangano per parecchi mesi dell’anno. Frugando o sotto le pietre o sotto terra nel letto di questi torrenti e fiumi, o nel fondo di queste paludi e fossati, a me è accaduto spesse volte di trovare nella stagione estiva dei gruppi di anguille, talvolta in numero considerevole, tutte aggomitolate fra loro, in uno stato di intorpidimento, quasi si direbbero in uno stato di vero sonno letargico, con segni ben evidenti di una vita lan- . guida ed abbattuta, in modo analogo a quanto si osserva in molti rettili nell'inverno. Questo stato di torpore vitale dovuto alle speciali condizioni di esistenza in cui possono trovarsi le anguille nella stagione estiva, non esito punto a chiamarlo le- targo delle anguille; e quando sono in questo stato, a somi- glianza degli animali tutti soggetti a letargo, non sì muovono, non si nutrono, le funzioni tutte si potrebbero quasi dire so- spese, l’adipe si consuma, e sopravviene un considerevole dima- grimento. Questi ammassi di anguille letargiche in alcuni nostri paesi rurali della parte meridionale dell'Isola vengono chiamate grumi. Che se questa facoltà che hanno le anguille di poter continuare a vivere senz'acqua e senza nutrimento sepolte nella semplice terra umida per parecchi mesi dell’anno non è un vero letargo, il quale viene a cessare non appena si ristabiliscono le condizioni normali del mezzo in cui vivono, io non so se possa chiamarsi letargo il tempo che passano nello stesso stato di tor- pore, e direi quasi di coincidenza vitale, per servirmi di un ter- mine medico, tutti gli altri animali che diconsi ibernanti. La differenza sarebbe solo in ciò che questo stato nelle anguille sopravviene in estate, invece dell'inverno, ma ciò non cambia l'essenza della cosa. D'altronde si sa che altri animali, i centeti per esempio ed alcuni coccodrilli, cadono in letargo nella sta- IL MASCHIO DELL'ANGUILLA. 353 gione calda. Ma su di ciò non farò più parola, ed invito i miei colleghi a ripetere le osservazioni per decidere se io mi sia o non apposto al vero attribuendo un letargo estivo alle anguille nelle indicate circostanze. Nota. Questa mia memoria era già scritta quando il dott. A. Valle di Trieste mi favoriva il N. 1, dicembre 1874, del Bol- lettino della Società Adriatica di Scienze Naturali di quella città, nel quale è pubblicato uno scritto del Syrski intitolato : Degli organi della riproduzione e della fecondazione dei pesci ed in ispecialità delle anguille. Il Syrski medesimo, in certo qual modo, dichiara in quello scritto quanto io ho stabilito nella mia memoria. Ecco le sue precise parole, che qui trascrivo: “ Per quanto riguarda lo sviluppo che prendono gli organi spermatici, osservai che i lobi di questi organi nelle anguille giovani e non più lunghe di 200-300 mm. sono ancora poco di- stinti, formando quasi due nastrini, che distinguonsi poco dalle ovaie delle anguille femmine nella medesima grandezza. Appena cioè nelle anguille di circa 400 mm. che si osserva con facilità una distinzione fra i testicoli e le ovaie. I primi, molto più stretti, di un tessuto, già n’è detto, molto più sodo, sono for- nitì di una rete di vasi come molto più sviluppati, i loro lobi sono ben distinti e canali deferenti al solito già permeabili; mentre le ovaie, che si presentano come due nastri continui, sono di un tessuto molto delicato e di apparenza quasi mucosa, e contengono le uova con vessicole germinative. ,, Il lettore riferisca le cose dette in questo brano a quanto io ho esposto nella mia memoria, e troverà una piena conferma dei miei risultati. Vol. XXVI. 23 354 C. LEPORI, IL MASCHIO DELL’ANGUILLA. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE SCHEMATICHE. Frari. Rappresenta un ovario quando ha l'aspetto di nastrino vitreo e resistente. Vi si vedono i lobuli distanti l’uno dall'altro. In questo stadio di sviluppo però non sono visibili ad occhio nudo e bisogna adoperare il microscopio. Fic. 2. Rappresenta un ovario con lobuli più distinti e separati gli uni dagli altri. Fia. 3. . Ovario più sviluppato con lobuli toccantisi coi loro bordi. Fia. 4. Ovario con lobuli che si ricuoprono coi loro bordi, Fia, 5. Ovario in cui comincia a scomparire l'intervallo di separazione dei lobuli. Fia, 6. Ovario già sviluppato in forma di nastro frangiato e pieghettato trasversalmente. Fia. 7, 8, 9, 10. Rappresentano le cellule dello stroma dai lobuli a diversi gradi di sviluppo fino ad assumere il vero aspetto di uova. La lettera a indica il canale che Syrski considera come condotto deferente, ma che si oblitera e si trasforma nel legamento ovarico. a all4 Atti d.SocitASN.VoLXXVI EVI. SIR VELLA? ZONA IN DI Î Ei de fug. £ => > _ r—_____r—r _r——_r_rPr—_—T_———_——__ ym— ba. er 3 AA Fig d (e Fig 9 lit. Ronchi INTORNO ALLO SVILUPPO DELLE API NELL’ UOVO. Relazione preliminare del Dott. BATTISTA GRASSI A S. E. IL MINISTRO DELL’ ISTRUZIONE PUBBLICA. La Memoria, che qui riassumo, è frutto d’un assegno di per- fezionamento negli studî all’estero, assegno che S. E. mi ha ge- nerosamente concesso pel corrente anno scolastico. Sfortuna volle che le condizioni della salute mi impedissero di restare all’estero più di cinque mesi; questo mio lavoro venne perciò fatto in . buona parte nel mio paese natio, a Rovellasca. Ci tengo a far rilevare che, buono o cattivo ch’ esso sia, fu ideato ed eseguito interamente di mia iniziativa. Per allargare i limiti della mia educazione scientifica, mi sono un'altra volta allontanato dagli argomenti che si rannodavano a quelli già da me trattati, ed entrai nel campo degli artropodi e coltivai particolarmente lo sviluppo degli insetti, perchè l’ar- | gomento mi parea ancora circondato da qualche mistero, non . ostante che parecchi dei più celebrati autori l'avessero già stu- . diato profondamente. « Le molte difficoltà tecniche, contro cui si infrange la pazienza | di chi indaga i tracheati, mi hanno imposto di preferire, come . oggetto di ricerca, le uova delle api; le quali, per quanto io so, sì prestano meglio di quelle degli altri insetti a me accessibili; 356 PRESSI GRASSI, perchè sono trasparentissime e si possono conservare, tingere e sezionare sufficientemente bene e relativamente senza gravissi- ma malagevolezza. Procurarmi uova di tutti gli stadî in principio mi parea una difficoltà insormontabile, tanto più che presto mi avvidi che al Kowalevski ed al Biitschli * era sfuggito qualche stadio impor- tante. A forza di pazienza e col sacrifizio di parecchi alveari, ho potuto invece superare, quasi interamente, anche questo osta- colo. Per ragione di brevità, nel presente resoconto, io tralascerò quasi interamente la parte istorica, la quale verrà da me curata nella Memoria estesa; Memoria che, illustrata colle necessarie figure, vedrà la luce appenachè avrò potuto sciogliere i dubbî, che mi restano ancora su parecchi punti. A questa Memoria terrà dietro un’altra sullo sviluppo e sul- l'anatomia dei Collemboli e dei Tisanuri. Spero che questi miei studî, uniti ad altri recenti di altri autori, daranno la tanto desiderata base per discutere seriamente molti importanti pro- blemi morfologici. Egli è vero che per questi problemi noi dobbiamo studiare specialmente le forme primitive, e le api non sono veramente tali; tuttavia io mi tengo sicuro di non aver sprecata la mia fatica, e ciò per parecchie ragioni: primieramente, perchè in generale i fenomeni essenziali dello sviluppo embrionale non variano mol- to da un ordine zoologico all’ altro; e in secondo luogo perchè abbiamo già parecchi lavori che riguardano differenti ordini, e presto ne avremo altri ancora, sicchè potremo, per mezzo dei confronti, assorgere alla distinzione di ciò che è generale e di ciò che è speciale, ossia di ciò che ha molto valore, e di ciò che ne ha poco, se non riguarda ordini primitivi; l’ultima ra- gione, per cui io credo possano riuscire profittevoli alla morfo- ‘4 Il Biitschli ed il Kowalevski hanno studiato le api nel 1869-70, il Bitschli sol- tanto a fresco, il Kowalevski coll’aiuto di qualche sezione. Mentre il Biitschli rilevò molti particolari, senza riuscire a decifrarne i punti essenziali, il Kowalevski, da gran maestro, con pochi tocchi ne mise in luce molte linee fondamentali. INTORNO ALLO SVILUPPO DELLE API NELL’ UOVO. 357 “n logia anche gli studî sulle api, si è che questi imenotteri sono insetti tipici, non aberranti soverchiamente. Dopo queste giustificazioni, che mi sembrano necessarie, entro nel cuore dell’ argomento. Le più giovani uova, ch'io ho sezionate, presentan già sepolti in mezzo al vitello un certo numero di elementi, che hanno i caratteri delle cellule ameboidi, o migranti, che vogliansi dire. Negli stadî successivi, la maggior parte di queste cellule si trovano alla superficie del vitello, dove finiscono per formare uno strato continuo; l’altra parte restano dentro il vitello, come avrò occasione di ripetere più sotto. I Questa segmentazione centrolecitica mi sembra subordinata specialmente alle funzioni escretive; l’escrezione, siccome cer- cherò di dimostrare nella prima Memoria, che ho promesso, è una funzione troppo poco considerata nell’ apprezzamento del modo di sviluppo. Non ho mai potuto rinvenir indizî dei movimenti ameboidi dei nuclei; non mi sono avvenuto a cellule polari. Il blastoderma si sviluppa prima all’ estremità anteriore del- l'uovo e man mano s’estende a quella posteriore. Tutti questi fatti concordano con quelli scoperti da Bobret- zki nei lepidotteri, e divergono. non poco da quelli che il Weis- mann crede d’aver osservato in varî imenotteri. Le prime cellule del blastoderma compaiono per lo più iso- late; cioè dire a qualche distanza l’una dall’ altra. Le cellule blastodermiche conservano per un certo tempo con- torni, che ricordano quelli delle cellule semoventi. Nella veduta di fronte dapprima appaiono ampie, poscia impiccoliscono. In uno stesso uovo a blastoderma incompleto e con cellule a con- torni amibini può osservarsi: 1.° una zona anteriore, a cellule uniformi ovunque e quasi senza spazî intercellulari; 2.° una zona posteriore, a cellule più ampie (qui ed altrove quando parlo di ampie e piccole intendo sempre nella veduta di fronte) ed an- cora quasi senza spazî intercellulari; questi caratteri però non sono conservati nella porzione mediana dorsale; qui le cellule 358 B. GRASSI, sono ampie ancor di più, sono certamente plurinucleate ed in- fine tra di esse interpongonsi spazî liberi (intercellulari) piut- tosto ampî. V’ha uno stadio successivo, in cui le cellule blastodermiche paiono non tutte ad un medesimo livello ed in qualche punto sono quasi in due strati; allora i contorni delle cellule sono già quasi a linee rette. Si direbbe che la migrazione delle cellule dal vitello nel blastoderma continuasse, nonostante che il bla- stoderma sia già sembrato e sembri ancora completo, almeno in molti punti. Un periodo, in cui il blastoderma sia esteso a tutta la su- perficie del tuorlo regolarmente per guisa da non poter distin- guere la faccia dorsale dalla ventrale, non si verifica; forse però accade in ogni zona del tuorlo, ma in epoche differenti. Quando il blastoderma è completo, le cellule del tratto me- diano longitudinale dorsale sono piatte ed ampie (qua e là plu- rinucleate), ma invece di formare uno strato continuo sono dis- seminate in guisa da lasciare il tuorlo scoperto in molti punti. Le cellule del restante blastoderma sono piccole, più piccole che negli stadî precedenti, poligonali, addossate l’una all'altra per guisa da formare uno strato continuo, ma semplice; mentre an- tecedentemente di fianco mostravansi basse, ora sono diventate alte.! Nel tuorlo s'incontrano ancora le cellule ameboidi, che di spesso sono plurinucleate. Indi a poco, giù di lì le cellule ventrali, e vicino all’ estremità anteriore anche quelle laterali, vanno forse diventando più pic- cole; ciò però non accade all'estremità anteriore. Quì, come an- che all’incirca nelle regioni laterali medie e laterali posteriori, e nelle regioni dorsali laterali, le cellule diventano più ampie. Mi resta di aggiungere che le cellule mediane dorsali diventano più rare. Risulta dal fin qui detto che nelle singole zone d’ un uovo i In uno stadio precedente di pochissimo quello in parola, le cellule nel tratto mediano dorsale sono abbondanti e piccoli gli interstizî cellulari. Re VETRI E INTORNO ALLO SVILUPPO DELLE API NELL’UOVO. 359 dapprima è esistito uno strato continuo, o quasi, di cellule, e che poi questo strato si è interrotto press’a poco al terzo me- diano dorsale; non è a vero dire una interruzione ma una gran- de rarefazione delle cellule, sicchè in molti punti il tuorlo è messo a nudo. Io credo che questa rarefazione non accada per distruzione di cellule; sibbene che una gran parte delle cellule mediane si portino lateralmente ad occupare lo spazio lasciato libero dalle altre cellule blastodermiche, le quali, siccome ho già cennato, si sono forse impiccolite.!' Quando in uno stadio ulteriore una parte delle cellule diventano più ampie e l’altra più piccole, lo spazio lasciato dalle une viene occupato dalle altre. L’impiccolirsi delle cellule si riferisce sempre, mi si perdoni la ripetizione, al loro modo di presentarsi nella veduta di fronte; sulle sezioni trasversali notasi sempre un allungarsi delle cellule in proporzione inversa. Torniamo all’ ultimo stadio che ho descritto: le cellule più piccole diventano l'embrione, le altre si trasformano in amnio. Il tratto occupato dalle cellule più piccole ha ricevuto il nome di piastra ventrale. A poco a poco l’amnio si estende anche sulla piastra vertrale; s’ avanza sovra i di lei confini anteriore e posteriore. Esso diventa completo su questa piastra relativa- mente molto tardi, quando i foglietti germinativi si sono già differenziati. È difficile rintracciare l'origine di questa parte dell’amnio. In principio io credea (e neppur oggi posso franca- mente rinunciare a questa credenza) che la piastra pigliasse parte attiva alla sua formazione; in ciò mi confortava 1’ aver trovato qualche volta sui tagli l’amnio aderente alla piastra ventrale stessa sulla linea dov’ esso termina, e quindi su una linea variante a seconda che era più o meno esteso. Questa aderenza però mi parve sempre lassa, non esprimente, cioè, una vera continuità delle due parti; di più essa si deve forse ritener artificiale e così spiegare senza supporre che l’amnio derivi dalla 1 Certe sezioni mi farebbero pensare ad un ritorno di cellule nel tuorlo. 360 B. GRASSI, piastra ventrale. Contro la quale supposizione parla il veder crescere l’amnio su tratti della piastra ventrale presentanti un solco; ed infatti ciò accade senza che l’amnio rivesta la su- perficie di questo solco; esso lo scavalca soltanto; a guisa di ponte. Comunque sia, egli è certo che l'amnio s’estende sulla pia- stra ventrale, oltrecchè per l’ampliarsi delle cellule, che lo co- stituiscono, per un aumento nel loro numero, in corrispondenza al margine dell’amnio stesso.' Dal lato mediano dorsale l’amnio diventa completo molto prima che dalla faccia ventrale; non è molto probabile che le rarissime cellule plurinucleate, di cui sopra è parola, prendano parte attiva alla formazione dell’amnio in corrispondenza alla re- gione dov’ esse s'incontrano. Siccome ho già lasciato indovinare, l'amnio è e rimane dap- pertutto un semplice strato, od altrimenti un semplice sacco, che involge l’embrione (come ha detto il Biitschli). Il Kowalev- ski (contemporaneamente al Biitschli) a torto ebbe a sostenere che esso è doppio. Trattandosi d’un osservatore eminente qual è il Kowalevski, non è inutile aggiungere che io sono venuto a questa credenza dopo l'esame di numerosissime serie di se- zioni. Le condizioni dell’amnio che or finisco di descrivere ed altre ancora (vedi più sotto), obbligano, s'io non m’inganno, a due conclusioni: 1.° non è giusto di supporre con parecchi autori tipico e primitivo l'amnio a due pagine; questi autori partono dalla falsa premessa che l’amnio a due pagine si ripeta nettamente in tutti gli ordini degli insetti e citano come un fatto impor- tante il riscontrarsi dell’amnio a due pagine ne’ coleotteri e ne- gli imenotteri (ape); 2.° i fatti offerti dall’amnio dell’ape collegati con quanto è già noto sull’amnio e sul blastoderma dei tracheati, condu- i In questo punto ho potuto scorgere qualehe cellula dell’amnio con due nuclei. POE © CO] PPT ri in int a INTORNO ALLO SVILUPPO DELLE API NELL’UOVO. 361 cono a credere che l’amnio una volta facea parte integrante del corpo dell’embrione, e più precisamente che era una porzione del di lui ectoderma. Tutto l'embrione, per quanto mi fu possibile di constatare, deriva dalla piastra ventrale. L'opinione che l’entoderma de- rivi dalle cellule rimaste nel tuorlo (il Dohrn, il Graber, 1’ Hert- wig, il Balfour), per quel ch’io ho potuto vedere, non è suffi- cientemente fondata (non ostante che ci inclinino ad essa molte preoccupazioni teoriche). Infatti: 1.° a cominciare dall’ epoca in cui formasi il mesoderma, l’individualità di queste cellule viene rappresentata appena dai nuclei, i quali vedonsi sparsi in una sostanza che è forse una miscela di proto- e deutoplasma; non è dunque che nel tuorlo accada una segmentazione secondaria, ma per l’opposto il tuorlo acquista i caratteri di un cenobio; 2.° questi muclei si trovano ancora, ed accresciuti di numero, in corrispondenza alle parti in cui l’entoderma si è già formato; quando l’entoderma è quasi completo se ne incon- trano ancora tanti che basterebbero quasi a formarne un altro, se possedessero la virtù di trasformarsi in cellule entodermiche; se ne può trovare un discreto numero, ancora quando l’ento- derma pare del tutto completo. Ho molte sezioni, nelle quali mi pare di vedere i nuclei vitellini in via di distruzione; 3.° non scopresi mai alcun indizio accennante con sicurezza che questi nuclei sian sul punto d’ uscire dal tuorlo ed ordinarsi per formare l’entoderma. La differenziazione della piastra ventrale nei foglietti germi- nativi avviene come segue: in gran parte della piastra ventrale (che ripeto, consta d’un semplice strato di cellule) si formano' due piegoline longitudinali, luna un bel po’ al di qua, l’altra un bel po’ al di là della linea mediana longitudinale; queste piegoline, o solchi che si voglian dire, hanno il fondo cieco verso l’interno dell'uovo. La parte mediana longitudinale della pia- stra, che vien delimitata da queste pieghe, si stacca per una rottura che accade al fondo cieco, e diventa mesoderma. Il re- 362 dI B. GRASSI, sto, ossia le parti laterali della piastra, si avvicinano l’una al- l’altra e si fondono insieme sulla linea mediana longitudinale ventrale; esse rappresentano l’ectoderma. È così che il meso- derma viene a trovarsi sotto all’ ectoderma. Questo processo non accade contemporaneamente in tutta la piastra, sibbene in epoche differenti; appunto come la forma- zione del blastoderma, comincia alla parte anteriore e va man mano estendendosi verso quella posteriore. Il processo in discorso, siccome ho già detto, accade su gran parte della piastra ventrale; nel resto di questa piastra, e pre- cisamente alle estremità anteriore e posteriore, la formazione dei foglietti ha luogo per un processo differente, che trova forse riscontro in quello proprio degli aracnidi. Certe sezioni mi la- scerebbero indovinare che all'estremità posteriore le cose an- dassero in un modo molto simile a quello, ch’ or passo a de- scrivervi, per l’ estremità anteriore; però confesso che mi sono necessarie nuove ricerche. * Invece all’ estremità anteriore mi pare certo che le cose procedano essenzialmente così, come se- gue. La parte mediana dell’estremità anteriore della piastrà ventra- le, tranne il suo margine anteriore, diventa stratificata; poscia; cominciando in corrispondenza a questo margine anteriore ed ai margini laterali che sono rimasti semplici, lo strato superfi- ciale separasi dagli strati profondi. Lo strato superficiale di- venta ectoderma; quelli profondi, che posteriormente sono in continuazione col mesoderma del resto della piastra ventrale (intendo il mesoderma formatosi per mezzo delle piegoline, vedi sopra), diventano, s’io non piglio abbaglio, mesoderma. Questi strati profondi si prolungano in avanti e si ripiegano dal lato dorsale; siccome essi non vengono coperti dall’ ecto- derma che relativamente molto tardi, così essi restano a lungo 4 Le ho fatte intanto che questa nota era in mano del tipografo e mi risultò che la mia credenza era fondata. Io sono persuaso che l’entoderma comincia non appena anteriormente, ma anche posteriormente, con un processo similissimo a quello che descrivo all’estremo anteriore. INTORNO ALLO SVILUPPO DELLE API NELL’UOVO. 363 bagnati dal liquido che sta sotto all’amnio. Parlo di una coper- tura ectodermica; voglio dire che, per quel ch’io ho veduto, l’ectoderma sopra descritto si prolunga sugli strati profondi; debbo però soggiungere che sulla realtà di questo processo mi resta ancora qualche dubbio, perchè non ho mai potuto esclu- dere in maniera assoluta che la parte d’ ectoderma in discus- sione si differenzii dai mentovati strati profondi; tutto però mi conduce a credere che ciò non accada. Se la mia opinione è fondata, ei si vede che una porzione mesodermica resta a lungo scoperta e bagnata dal liquido che sta sotto all’amnio; lo che sarebbe favorevolissimo ai concetti da me avanzati sulla natura dell’ amnio. Ho ragioni per credere che il mesoderma ripiegatosi sulla faccia dorsale si prolunghi sottile a poco a poco su tutta que- sta faccia e che nasca così uno strato semplice sotto all’ ecto- derma: esso rappresenterebbe 1’ entoderma. Ecco le ragioni: 1.° l'opinione di Kowalevski e Tichomiroff sull’origine del foglietto glandolare dell'intestino medio mi sem- bra insostenibile, perchè io trovo sempre il mesoderma separato dall’entoderma nelle linee su cui l’entoderma originerebbe se- condo questi ultimi autori; 2.° credo d’aver certificato la conti- nuazione del mesoderma del capo coll’entoderma; 3.° l’entoderma si sviluppa in complesso andando dall’estremità anteriore alla posteriore. Fondamentalmente credo di poter interpretare i fatti da me scoperti e quelli già prima di me noti sulla formazione dei fo- glietti germinativi dei tracheati e protracheati, colla seguente ipotesi: il tuorlo colle sue cellule vitelline (cellule paragonabili forse ai cosidetti nuclei del tuorlo), il tuorlo, dico, impedisce che si formino i foglietti, come nel peripato (Balfour), e modi- fica perciò in vario modo il processo di gastrulazione (e conse- guentemente anche quello di formazione dei foglietti); la quale gastrulazione in complesso è non soltanto falsificata, ma anche rudimentale, o ridotta che si voglia dire. In favore di questa supposta riduzione parla anche il fatto che il processo di for- 364 B. GRASSI, mazione dei foglietti è alquanto differente nelle varie classi dei tracheati, nei varî ordini degli insetti e nelle varie parti d’un medesimo tracheato. Se sono veri i fatti da me premessi, cade morta la teoria proposta dagli Hertwig, per spiegare la formazione dei foglietti nei tracheati. Passo ora alla formazione degli organi. Il sistema nervoso deriva dall’ectoderma; i cala sopraesofa- gel nascono pari e separati interamente l’ uno dall’altro come nei lepidotteri; più tardi si congiungono insieme verso le loro estremità anteriori; nell’ape lì lì per uscire dall’ uovo (alla fine del terzo giorno dalla deposizione dell’uovo) ciascuno di essi pre- senta un’ infossatura già descritta nei lepidotteri. Mi pare certo che questi gangli si sviluppino separati dall’ accenno della ca- tena ganglionare ventrale. Questa catena ganglionare differenziasi dall’ ectoderma* in for- ma di due cordoni cellulari, l'uno al di qua e l’altro al di là della linea mediana longitudinale. Per quanto sia difficile dare un giudizio definitivo sull’ origine delle commissure trasversali dei cordoni, io credo d’essere nel vero asserendo che derivano dall’ ectoderma (mediano) che resta tra le singole paia di gangli; io ho veduto che l’ectoderma probabilmente per un processo d’irregolare accrescimento, nella regione delle future commissure diventa, a così dire, dilacerato, o.meglio, lacunato (sulla linea mediana formasi una lacuna in relazione assai più grande delle altre); non si scioglie però la continuità delle di lui superficie esterna e interna; essa, cioè, viene mantenuta da cellule, che diventano quasi appiattite; i nuclei delle cellule che restano allungate presentansi a vario li- vello. Io credo che le cellule che mantengono la continuità del- 4 Ho fondati sospetti che l’accenno della formazione dei gangli preceda d’un mo- mento quello delle loro commissure longitudinali. Questo fatto è importante argo- mento nella quistione sul valore che devesi concedere all’ origine del cervello sepa- rata da quella della catena ganglionare. INTORNO ALLO SVILUPPO DELLE API NELL’ UOVO. 365 l’ectoderma alla superficie interna si trasformino nella commis- sura trasversale in discorso. La catena ganglionare in corrispondenza al toraco-addome, consta di tredici gangli; mi pare che si prolunghi nel capo con tre gangli non ben separati l'uno dall'altro. Dall’ ectoderma deriva anche il sistema tracheale. Si formano dieci paia di stigmate; mancano le stigmate al primo anello toracico ed ai due ultimi anelli addominali. Per spiegare la mancanza al primo anello toracico, mi rife- risco alle interpretazioni di Palmen. A proposito della mancanza delle stigmate ai due ultimi anelli addominali, ricordo che tale fatto ripetesi nella maggior parte degli altri ordini d’insetti. Esso sarebbe in contrasto soprattutto col numero di paia di gan- gli, se la formazione delle stigmate e relative trachee non fosse surrogata da altri organi, e cioè dai tubi malpighiani. Nell’ape, come in molti altri insetti, si sviluppano appunto due paia di tubi malpighiani; nell’ape poi (per gli altri insetti ci mancano serie osservazioni) il modo di sviluppo ricorda da vicino quello delle stigmate e relative trachee. Verso l'estremità posteriore dell'embrione dal lato dorsale, immediatamente dopochè è comparso l’ultimo paio di stigmate, si formano due paia d’infossature ectodermiche; un paio è an- teriore, l’altro è posteriore; sono paragonabili a stigmate rela- tivamente piccole, spostate dalle faccie laterali sulle dorsali e così ravvicinate l’una all'altra; un po’ più tardi, quando queste fossette sono diventate piuttosto profonde, le due d’ un lato (l’una quindi appartenente al paio anteriore e l’altra al paio posteriore) offronsi congiunte insieme per mezzo d’un solco ectodermico, longitudinale, solco di cui prima non esisteva traccia; da indi a poco l’ectoderma compreso tra questi due solchi s’infossa ; comincia così l'intestino posteriore; il quale compare dunque più tardi che i tubi malpighiani; epperò questi hanno in certo modo, coll’intestino posteriore, rapporti appena secondarî. Simiglianza di posizione e di sviluppo sono prova di omodi- © namia; a me pare dunque stabilito che i tubi malpighiani sono 366 B. GRASSI, omodinamici con due paia di stigmate e relative trachee. Na- turalmente il confronto dev’ essere fatto allora quando le stig- mate colle relative trachee sono rappresentate da semplici infossamenti più o meno profondi e non per anco in comunica- zione l’uno coll’altro, od, in altri termini, quando ricordano le stiemate e le trachee della campodea. Le stigmate dapprima sono ampie; poi vanno impiccolendosi. Le ghiandole sericee si formano come le stigmate, colle rela- tive trachee' (dall’ ectoderma e non dal mesoderma); io le ri- tengo omodinamiche ad un paio di queste. Tra il primo paio di mascelle ed il secondo, all’esterno ri- spetto ad esse, si sviluppa in modo simile un altro paio d’ or- sani (cioè a dire un organo a destra e l’altro a sinistra) ch’io giudico omodinamico colle stigmate e relative trachee. Un altro paio d’organi, forse poco differenti, si sviluppa davanti alle man- dibole. Nella Memoria estesa discuterò l’omologia di questi or- gani con altri simili già noti ne’lepidotteri e con gli organi escretivi-secretivi della testa dei crostacei. Dall’ectoderma deriva anche l’epitelio dell'intestino anteriore e posteriore. L’intestino anteriore dapprima è una semplice in- fossatura; man mano che il tuorlo si ritira indietro, esso si ap- profonda portandosi ad occupare una parte dello spazio lasciato libero dal tuorlo stesso. Passiamo agli organi derivati dal mesoderma ; per molto tempo esso è limitato alle faccie ventrale e laterali. Tranne al capo, prestissimo si presenta forse dovunque for- mato da due strati; questi due strati cessano di essere di- stinti relativamente presto nella parte mediana longitudinale ventrale e restano invece a lungo distinti nelle parti laterali. I due strati, in queste parti laterali, sono slontanati alquanto l’uno dall’altro per modo da formare due strette cavità (una cioè da un lato e l’altra dall'altro); ciascuna di queste cavità resta chiusa dal lato dorsale; vale a dire, ai confini laterali del mesoderma uno strato passa nell'altro senza interruzione. Invece verso la linea mediana le cavità in descrizione non re- INTORNO ALLO SVILUPPO DELLE API NELL’UOVO. 367 stano chiuse, ma communicano con spazî lasciati dallo spostarsi in vario modo delle cellule mesodermiche del tratto mediano. Che queste cavità presentino al primo momento, in cui formansi, delle interruzioni segmentali, io non l’ho verificato; certo è che un po’ più tardi queste interruzioni mancano. Nel mesoderma del capo si formano relativamente tardi due ampie lacune (una cioè a destra e l’altra a sinistra), forse pa- ragonabili alle cavità dianzi descritte. Dei due strati delimitanti queste cavità del tronco, l’uno si può denominare foglietto superficiale, e l’altro foglietto profondo del mesoderma. Le cellule in corrispondenza press’ a poco ai confini laterali del mesoderma (e cioè sulla linea dove il foglietto superficiale passa nel foglietto profondo), danno luogo alla formazione del vaso dorsale. Siccome, per quanto ho già accennato, le cellule in discorso si trovano alle parti laterali dell’ embrione, così per formare il vaso dorsale quelle d’un lato dovranno avvicinarsi a quelle dell’altro. Siccome il tuorlo è a contatto coll’intestino medio e questo a contatto coll’ ectoderma, così il tuorlo dovrà man mano venir assorbito per modo che paia si ritiri verso l’asse dell’uovo, trascinando seco l’intestino stesso; così tra l'intestino e l’ectoderma a poco a poco si forma una lacuna, che simultaneamente vien occupata dal vaso dorsale. E però in principio il vaso dorsale è rappresentato da un’am- pia lacuna chiusa al lato dorsale dall’intestino (a questo periodo l’intestino consta del semplice foglietto glandolare), al lato ven- trale dall’ ectoderma e lateralmente da una semplice fila di cellule.* A po’ a po’ la fila d’un lato si avvicina a quella dell’ al- tro e le si unisce, in modo da formare un tubo a lume angu- stissimo; le cellule cominciano a subire metamorfosi, ch'io non ho ben studiate. Più tardi, prima che l’ape esca dall’ uovo, il tubo comincia ad allargarsi. 1 Queste condizioni sono alquanto differenti in corrispondenza all’intestino ante- riore e a quello posteriore, siccome mostrerò nel lavoro esteso. 368 / B. GRASSI, I rapporti che il vaso dorsale nel suo primo accenno offre col foglietto splacnico del mesoderma e coll’intestino permet- tono di ammettere l’omologia del vaso dorsale degli insetti con quello degli anellidi. Poco dopo che il vaso ha acquistato da ogni lato pareti pro- prie, si notano delle introfiessioni laterali della parete vasale (9 paia?); all’apice delle introflessioni manifestasi una fendi- tura (ostio venoso) per cui la parete dorsale communica col celoma. Per tempo il mesoderma che sta attorno al vaso, co- mincia a disporsi in modo da accennare alla formazione della musculatura del cuore. Questo vaso dorsale si estende anche in corrispondenza a por- zione del retto e anteriormente si può seguire in corrispondenza a porzione dell’ esofago; all'estremità anteriore del torace si ri- piega per modo da mettersi a ridosso della faccia dorsale del- l’ esofago. | I corpuscoli sanguigni originano quando il vaso dorsale è an- cora un’ampia lacuna senza pareti proprie dorsali e ventrali. Derivano probabilissimamente dal mesoderma; diventano nume- rosi, moltiplicandosi. I genitali si sviluppano in un periodo abbastanza tardivo come due cordoncini uno a destra e l’altro a sinistra, di grossezza uniforme e solidi, senza alcun rapporto l'uno coll’altro; s° esten- dono press’ a poco dal 4° all'8° segmento addominale; perman- gono così per tutto il tempo che l’embrione resta nell’ uovo; sono formazione mesodermica; dapprima si trovano sulle parti laterali dell'embrione; poscia man mano che si forma il vaso dorsale, si portano sulla faccia dorsale; restano però sempre piuttosto discosti dalla linea mediana. Essi hanno evidenti rap- porti con quella parte del mesoderma che forma i muscoli del vaso dorsale. Certo è però che la loro comparsa precede quella della musculatura in parola. Passiamo all’entoderma. Esso forma il foglietto glandolare dell’ intestino medio. Dapprima è una lamina, o meglio una tegola a concavità in- INTORNO ALLO SVILUPPO DELLE API NELL’UOVO. 369 terna dorsale (di questa parte i tratti laterali si formano in ge- nerale prima del tratto mediano); poi a poco a poco, nello stesso tempo che cresce, si ripiega verso il lato ventrale per formare un tubo; finalmente ne accade la chiusura sulla linea mediana ventrale. In principio il tuorlo è coperto dalla tegola appena nella sua metà dorsale; * poi man mano che la tegola va ripie- gandosi, esso ne vien man mano coperto anche nella metà ven- trale; finchè quando la tegola è diventata un tubo, il tuorlo si trova interamente compreso nel di lui lume. Contemporanea- mente il tuorlo va però riducendosi per modo che la parte ven- trale dell’intestino, a quel che sembra, viene costituita non ap- pena con neoformazione di cellule ma anche collo spostamento di una parte di quelle che in apparenza formavano la tegola dorsale. Recentemente si credette di constatare negli insetti un altro organo d’ origine entodermica, e si volle ritenerlo omologo alla corda dorsale dei vertebrati. Or qui mi limito ad osservare che questo organo manca alle api. Finirò accennando alle appendici del corpo. Alla superficie ventrale del capo, davanti delle mandibole, al- l'interno, in avanti ed in basso rispetto alle antenne (che sono collocate alle regioni laterali del capo), si sviluppa precocemente (forse prima delle mandibole) un paio d’arti, che più tardi s’a- trofizzano. Il lobo procefalico si sviluppa come un arto impari; tardiva- mente la sua estremità libera diventa biloba. Le vere antenne. nell’uovo di tre giorni sono in riduzione; in questa epoca non sono più chiaramente accennati gli arti toracici, che al secondo giorno erano ben sviluppati; il secondo paio di mascelle è quasi scomparso. Sugli anelli addominali non m’avvenni mai ad alcuna traccia “ 1 Già a quest'epoca il tuurlo alle parti laterali ventrali si è scostato alquanto dal mesoderma, sicchè sonvi due lacune longitudinali laterali, communicanti col ce- loma. Vol XXVI. ( 24 370 B. GRASSI, INTORNO ALLO SVILUPPO, ECC. di arti, eccetto sugli ultimi due; su ciascuno di questi due com- pare relativamente presto un paio di prominenze, che non si trovano più, già quando gli arti toracici sono al massimo loro sviluppo. Tutti i fatti offerti dagli arti rendono sempre più verosimile la teoria della campodea. Tutte le appendici del corpo originalmente sono solide e con- stano di mesoderma ed ectoderma; relativamente tardi in una parte di esse sciogliesi la continuità della porzione mesodermica, la quale vien così a presentare lacune communicanti col ce- loma. Rovellasca, Giugno 1883. Seduta del 1.° Luglio 1883. Presidenza del Presidente prof. ANTONIO STOPPANI, Il Presidente invita il dott. Grassi a leggere la sua nota: Intorno allo sviluppo delle Api nell’ uovo, la quale verrà inserita per intero negli Atti. . Il Presidente invita il vice-segretario, ing. Salmojraghi, a leg- gere un sunto della nota del sig. G. B. Villa: Escursioni Geo- logiche fatte nella Brianza nell’ inverno 1883, che è pure ac- cettata per l’inserzione negli Atti. . Il Segretario Mercalli legge il Processo verbale della seduta del 4 Giugno che viene approvato. . Il Presidente prof. Stoppani presenta le proposte di alcune ‘aggiunte e modificazioni al Regolamento della Società formulate in base alle discussioni fatte nelle due sedute del 29 Aprile e 4 Giugno 1883, e giusta l’incarico affidato alla Presidenza in quest’ ultima seduta. Il Presidente osserva che, non essendosi potuto comunicare ai socî assenti le dette proposte prima della seduta, onde avessero agio di esaminarle, è conveniente che, dopo averie votate in se- duta dai presenti, si comunichino anche ai socî assenti per mezzo di una Circolare onde avere il loro voto per iscritto. | La proposta del Presidente viene approvata. Si passa quindi alla votazione delle singole proposte le quali, dopo leggieri mo- dificazioni di forma, vengono approvate all’ unanimità dai socî presenti nei seguenti termini: 972 SEDUTA DEL 1 LUGLIO 1883. Aggiunte e modificazioni al Regolamento della Società Italiana di Scienze naturali 1.0 È stabilita una classe di socî effettivi studenti, paganti un annuo contributo di it. L, 10. A questa classe vengono ammessi tutti gli inscritti a qualunque scuola nazionale ed estera. 9° Quando i socî effettivi avessero raggiunto il numero di 300 sarà ri- dotta a it. L. 10 l’annuo contributo per tutti i socî effettivi. 9° È abolita la categoria dei socî corrispondenti, salvo i diritti ac- quisiti dai socî corrispondenti già esistenti. 4° Nell’ anno accademico, che dura dal principio di Novembre a tutto Giugno, le adunanze della Società si terranno ad intervalli non maggiori di due mesi. 5.° Le adunanze sono pubbliche durante le letture; e verranno annun- ciate nelle principali effemeridi cittadine. Il Segretario pubblicherà nelle medesime effemeridi una breve relazione di ciascuna seduta. 6.° Si terrà invariabilmente tutti gli anni un Congresso in autunno in giorni e luogo da destinarsi dalla Presidenza. La sede del Congresso si fisserà possibilmente fuori di Milano, e, quando ciò non sia possibile, si terrà egualmente in Milano sotto la Presidenza or- dinaria, del resto colle norme già stabilite dal Regolamento pei Congressi scientifici. Per essere ammessi al Congresso gli estranei alla Società devono farne domanda alla Segreteria, pagando una tassa di ammissione che sarà stabilita di volta in volta dalla Presidenza straordinaria del Congresso. Il Presidente invita i soci alla votazione per la nomina a socî effettivi dei signori: Dott. Luicr Bozzi, assistente alla Cattedra di Botanica nella R. Università di Pavia; i OsvaLpo Krucg, studente di Scienze naturali ed allievo del Gabinetto Crittogamico pavese, proposti dai soci prof. T. Tara- melli, C. F. Parona e prof. Mercalli Giuseppe. Ambedue sono nominati ad unanimità. Il Segretario Mercalli comunica il Programma di concorso ad un premio di L. 3300 da conferire nei primi sei mesi del 1387 dall’ Accademia Olimpica di Vicenza ad un italiano che tratti. il tema: Dei dialetti parlati nella Venezia dalla caduta dell’im- pero Romano al secolo XIV. Prof. G. MERCALLI, Segr. ) Ò ESCURSIONI GEOLOGICHE FATTE NELLA BRIANZA DA GIOVANNI ai VILLA nell’ inverno 1888. (Memoria letta nella seduta del 1° Luglio 1883.) Stabilita la mia dimora in Rogeno, Mandamento d’ Erba, mi sono occupato a rivedere il terreno circostante, stato descritto con mio fratello Antonio, in diverse Memorie, massime nella Memoria Geologica sulla Brianza 1844, Ulteriori Osservazioni Geognostiche sulla Brianza 1857 e Cenni Geologici sul territorio di Oggiono 1878, ecc. in cui abbiamo diviso il terreno cretaceo Brianteo in tre Gruppi e sette Serie. In generale in tutti i luoghi fossiliferi descritti nelle nostre Memorie sulla Brianza, che trenta e quarant’ anni fa erano produttivi di fossili piuttosto interessanti, ora se ne trovano ben scarsi; ed anche a Sirone, ove gli anni addietro gli scalpellini ci fornirono quella bella serie di fossili che teniamo nella nostra Raccolta, indicati nelle nostre Memorie e descritte nell’ opera del prof. A. Stoppani, Studi Geologici e Paleontologici sulla Lombardia, 1857, ora gli scalpellini stessi non trovano che scarse Acteonelle ed Ippuriti. Così pure le località di Breno, Centemero, Bicicola, ecc. presentemente sono piuttosto scarse di fossili. S7T4 G. B. VILLA, Quello che m’interessava maggiormente era lo studio degli stratiàa nummuliti, per la questione ancora pendente se i no- stri nummuliti sieno appartenenti al sistema Cretaceo, piuttosto che alla serie Eocenica. | In questo anno incominciai a perlustrare, un po’ alla sfuggita, gli strati superiori dell’Jurese. Ad Erba, e precisamente nella valle del torrente Bova, riscontrai gli strati di calcare ceruleo- azzurrastro, con strati a rognoni di silice (Saltrio), ai quali su- periormente vi si appoggiano quelli di calcare marnoso rosso con Ammoniti, indi detto calcare passa superiormente a quello, | con rognoni di silice che contiene Aptichus (Titoniano), per di- ventare poi calcare compatto bianco o marmo majolica pure a rognoni di silice con Apfichus, superiormente ancora rimane majolica pura, che forma quasi tutta la grotta del buco del piombo. Fui anche diverse volte alla Bicicola sopra Suèllo, ove il cal- care rosso è più compatto, è un poco silicifero, ed è vera- mente un bel marmo, atto a pulitura. In questo luogo anni addietro trovai dei fossili meravigliosi, che spedii al prof. Mene- ghini di Pisa, il quale ne descrisse alcuni nuovi nell'opera Pa- léontologie Lombarde dello Stoppani, tra i quali 1 Ammonites Bi- cicole e Ammonites Ville, io poi, dopo fatta la detta spedizione, trovai un altro Ammonites di bellissimo aspetto che sembrava diverso degli altri, e lo consegnai da studiare al compianto Spreafico, cui la morte troncò cogli altri studî anche l'esame dei fossili da me consegnatiglij e pur troppo i fossili stessi nel disordine della disgrazia andarono perduti. Ora rovistai attentamente quella località principalmente per la ricerca di ammoniti, ma non trovai che qualche frammento di specie comune, internamente tapezzato da quarzo ialino cristal- lizzato. Trovai bensì degli Encrini, qualche Terebratula, un Tro- chus ed un bellissimo esemplare di Pecten che credo possa es- sere il Solidulus Stoppani. Ciò che più m’interessava era il terreno cretaceo per la que- | CRT e eee ESCURSIONI GEOLOGICHE FATTE NELLA BRIANZA. 375 stione qui sopra indicata dei Nummuliti frammisti agli Inoce- rami e Belemmatelle.! . Osservai il primo Gruppo (Neocomiano), Serie prima, a Suello, che si presenta come a Pusiano, prima con un calcare compatto biancastro o marmo majolica superiore (Biancone), che può ser- vire per costruzioni ed anche per far calce, e che contiene dei piccoli Aptichus Didayi e Saraonis; tale calcare passa al color roseo, ove rinvenni pure degli Aptichus; superiormente poi scor- gesi il calcare marnoso cinereo variegato in roseo, verdiccio, ecc. che in qualche luogo contiene dei calcarei psammitici più o meno compatti di color grigio ceruleo, qualche volta in istrati potenti di circa due metri ed allora meno psammitici e colla proprietà di sfaldarsi in senso normale alla stratificazione, essi pure sono atti per fabbricare, tanto più in causa delle due sfaldature che facilitano la formazione dei conci. A Pusiano vedonsi strati di calcare cinereo con vene di quarzo nero e biondo variegato ed anche di spato calcare, così anche a Calco lo stesso terreno contiene degli stratarelli di silice nera, come disse il prof. Om- boni nella sua Memoria Série des terrains sédimentaires de la Lombardie, Paris, 1855. Colà gli strati hanno due direzioni di- verse nord-ovest a sud-est inclinati nord-est, e l’altra nord-est sud-ovest inclinati sud-est, e questi strati ricompaiono, con del calcare nerastro, misto a spato calcare cristallizzato, alla Rocca della Madonna d’ Airuno, ecc. Questa serie si estende al Nord del Monte S. Ginesio a Bar- tesate, Garlate sul principio della salita all’ Oratorio di S. Da- miano, a Capiate, Airuno, Consonno e Val Gregantino ove varia molto nel colore, che è perfino rossastro ed anche nerastro, e contiene vene di spato calcare come scorgesi anche al di là dell’ Adda. La seconda Serie (pure neocomiano) a Rogeno e Calvenzana 1 Una serie di campioni di strati a nummuliti fu spedita al Museo di Bologna, ma fin'ora il prof. Capellini non mi diede schiarimenti in proposito. Anche al prof. Stoppani furono da me spediti alcuni fossili cretacei, ma fiu’ora non mi venne co- municato il risultato del suo esame. 376 | | ‘ GB. VILLA, si presenta principalmente con un calcare psammitico cinero- gnolo (Cornettone) od arenaria calcare compatta, eccellente per costruzioni e principalmente per spalle, davanzali, ecc. Un altro calcare psammitico meno compatto (Ceppo argentino), che ivi si trova, può servir solo a costruir muri, ma bisogna ricoprirlo di malta per impedire che si sfaldi al contatto dell’aria. Vi sono molte varietà di questi strati che trovansi frammisti a stratarelli psammitici con fucoidi, stipiti e nemertiti, disposte in diverse direzioni, la più costante però sembra quella diretta da nord-ovest a sud-est, avvi poi anche frammisto dello spato cal- care cristallizzato e talvolta qualche traccia di solfato di ferro; alla località detta Bresanella di Rogeno passa poi questo primo Gruppo al secondo; a Maggiolino si presenta in istrati diretti da nord-est a sud-ovest. Questa serie la osservai bene al Lago di Pusiano, sotto Ca- sletto; in questi strati, diretti da nord-ovest a sud-est inclinati a nord-est, si rinvengono dei cololites, nemertilites e molti di quei corpi amorfi indicati nelle nostre Memorie ; ora ritrovai inoltre anche il Sargassites Pustanensis Pomel, un Zoophycos N. N. Endogenites erosa, qualche costula d’ Hyleosurus Ville Balsamo, come anche dei soliti fuciti e delle Reticulipore lingeriensis, ma non le altre specie di Reticulipore descritte dallo Stoppani nella sua opera qui sopra citata Studi Geologici e Paleontologici sulla Lombardia cioè le Reticulipore Ville, Quadrata e Briantea. : In questa stessa località si rinvengono varî strati di Cornet- tone e calcare argilloso anche schistoso a stipiti e dendriti, come anche piriti di ferro, nonchè degli strati di una arenaria un po’ marnosa, buona per far coti. Ivi nel calcare marnoso cine- reo a fucoidi trovai dei corpi cilindrici che sembrerebbero bda- culiti. Frammisti a detti strati trovasi un bel calcare compatto, più o meno marnoso di color giallastro, biancastro, variato in rossastro, suscettibile di una bella pulitura, contiene molti fu- coidi e qualche volta presenta varî disegni a righe concentri- che ed anche ruiniformi come quello di Toscana. La serie si estende con strati diretti da nord-ovest a sud-est ESCURSIONI GEOLOGICHE FATTE NELLA BRIANZA. SIT inclinati sud-ovest verso Garbagnate Rota e Bosisio, ove trovasi frammisto degli strati di un bel ‘calcare ceruleo un poco argil- loso, esso passa sulla sponda del Lago di Annone ad Oggiono, a Dolzago, a Cogoredo ove è intersecata da strati di color bian- castro, capace pure di bella pulitura; tali strati affiorano nuova- mente ad Ello, Monte S. Ginesio, Monticello di Rovagnate, ed a Camsirago appoggiano sugli strati del secondo Gruppo. A Por- chera e Mondonico il Cornettone si trova con strati quasi oriz- zontali diretti da nord-est a sud-ovest, è intersecato con strati di calcare compatto, e spato calcare; a Cagliano poi passa pure al secondo Gruppo, indi in un valletto sulla strada per Gioven- zana incomincia la puddinga simile a quella di Sirone del se- condo Gruppo; al roccolo sopra Consonno gli strati di Cornettone sono diretti da nord-ovest a sud-est inclinati sud-ovest, ma su- bito dopo variano di direzione e continuano fino a Bartezzate ove si attaccano a quelli della Serie prima; a Cassina Borneda in Val Gregantino il Cornettone è quasi orizzontale diretto da nord-est a sud-ovest, è misto a strati di calcare rossiccio e ci- nereo sporco. Costeggiando il monte si arriva all’Oratorio della Madonna di S. Damiano sulla strada di Galbiate, ove gli strati vanno a congiungersi con quelli della prima Serie. Rinviensi anche qualche lembo di strati di questa serie, presso )’ Adda alla Madonna del Bosco d’Imbersago, sotto agli strati ad Imocerami e nummuliti. Al nord-ovest di Barzago gli strati di Cornettone sono diretti da nord-ovest a sud-est, essi continuano fino a Garbagnate Mo- nastero, ove sotto all’Oratorio trovansi gli strati colla stessa inclinazione che passano al Ceppo argentino e contengono nuclei di ferro ossidato. A Masnaga gli strati di Cornettone prendono la direzione da nord-est a sud-ovest inclinati a sud-est, ma in più luoghi si contorcono e cambiano interamente di direzione; essi conten- gono in qualche luogo dei rognoni di calcare misto ad ossido di ferro, verso sud di Costa Masnaga poi vedesi uno strato di puddinga simile a quella di Sirone, sul quale appoggiano diret- 378 G. B. VILLA, tamente gli strati ad Inocerami. Questa serie passa alla Cassina Gonzaga, con strati che contengono spato calcare cristallizzato. A) Maglio di Merone presso il Lambro, oye il primo di ago- sto 1847, trovai per la prima volta la Reticulipora Buzzoni Stoppani, ora non mi fu possibile rintracciare che un pezzetto di questa stessa e null'altro d’interessante, mentre che negli anni antecedenti trovavansi presso che tutti i fossili che rinven- gonsi al Lago di Pusiano, in questo luogo gli strati sono diretti da nord-ovest a sud-est ed appoggiano su quelli del secondo Gruppo, mentre che al di là di Merone alla trincea della ferro- via Milano Erba sono diretti da nord-est a sud-ovest. Questa serie ricompare nella collina di Montevecchia, a Ce- reda, a Viganò ove il Cornettone vien colà lavorato in diverse foggie, e contiene degli stratarelli di calcare psammitico con dendriti, questi strati continuano fin sopra Lomaniga e Monte- vecchia, ecc. I fucoidi che si rinvengono sono: Chontrites Targioni Ster. Chontrites affinis Ster. a patulus Fis. da arbuscola Fis. M intricatus Ster. Halimenites dubius Fis. b flexilis Fis. Miisteria annulata Sch. . equalis Ster. A Schneideriana GOpp. sl longipes Fis. Phycosiphon incertum Fis. ù recurvus Ster. Delesserites Escheri Fis. À expansus Fis. Cylindrites arterieformis GOpp. î difformis Ster. Zonarites alcicornis Fis. Sargassites Pusianensis Pomel. Il Gruppo secondo, dettagliatamente descritto nella suddetta nostra Memoria Geologica sulla Brianza 1844, in cui vien di- mostrato la contemporaneità di tutti gli strati che la compon- gono; lo visitai nella Serie terza a Molteno, ove si presenta con strati potenti di circa tre metri con direzione da nord-ovest a sud-est inclinati sud-ovest di una Puddinga simile a quella di Sirone che è un conglomerato di ciottoli e roccie spettanti ad — — Te Pe = ESCURSIONI GEOLOGICHE FATTE NELLA BRIANZA. 379 antichi sollevamenti, contiene ciottoli di quarzo e di silice ma- gnifici, che lavorati possono servire di ornamento od altro. Esso conglomerato è eccellente per far macine da mulino per grano turco, ma qui non viene lavorato come a Sirone. Esso si alterna con strati di Milzera ossia arenaria azzurrognola che a Sirone si adopera per costruzioni diverse; frammisti a questi trovansi stra- tarelli di psammite con diversi fucoidi. A Sirone poi, ove si fanno le macine da mulino, colla detta puddinga e pietre conce colla Milzera, queste roccie contengono anche degli stratarelli di lito- marga; li esaminai diligentemente e li trovai quasi sempre colla direzione nord-est a sud-ovest. La Puddinga è ivi della potenza stessa di quella di Molteno ed anche più; ora, come già dissi, non si trovano più i bei fossili indicati nelle nostre Memorie so- pra citate e descritte dallo Stoppani. Questa serie di Puddinghe a Rudisti, si estende sul Monte 5. Ginesio, ed in qualche punto diventa un calcare brecciato mar- noso compatto, come verso Brianza al nord trovasi decomposta, e come fu anche indicato nella nostra Memoria Geologia 1844, cambia colore, da azzurrognola diventa giallastra e rossiccia e sempre più di facile decomposizione. Passa poi a Giovenzana ed anche al di là dell'Adda al Monte Canto sul Bergamasco, come annunciai nella mia Memoria: Osservazioni geognostiche e geolo- giche sopra alcuni collì del Bergamasco, 1857. Strati della stessa serie si scorgono, come si è già detto qui sopra, al sud della collina di Masnaga, che passano presso la cassina Purgatorio. A Sibrone poi trovai erratico un pezzo di Ippurites frammezzo a roccie nummulitiche. Questa stessa serie mostrasi nuovamente tra Cereda e Monte Spiazzo al nord della collina di Montevecchia che estendesi anche verso Sirtori, Lis- solo, Barzanò, ecc. La serie quarta è costituita principalmente di strati di calcare marnoso grigio-biancastro e cinereo con istrati qualche volta are- nacei a stipiti e fucoidi ecc. che contengono: Inocerami, belem- miti, Zoophycos, Ostree, Terebratule, Trigonie, Ammoniti, ecc. le cui calcaree sono atte solo a far i muri purchè non sieno in con- tatto diretto dell’aria. 380 G. B. VILLA, Tale serie trovasi a Breno, ove noi la prima volta, nel 1828, rinvenimmo una vestigia di [Inoceramus; ora visitai con frequenza questa località e trovai frammisti agli strati ad Inoceramus de- gli stratarelli di un calcare un poco psammitico con dei piccoli fossili alquanto frantumati, che gli danno l'aspetto di strati a nummuliti. i Verso la Ca di Breno gli strati ad Inoceramus cambiano spesso di direzione, sono veramente misti con quelli a nummuliti i quali ultimi continuano a Camisasca. Frammisti a dette calcaree, sonvi anche dei grossi strati di arenarie, ove quest'anno trovai un’impronta d’ Amunonites; in seguito poi trovai, in altre più attente ricerche, un ben speci- ficato Ammonites negli strati ad Inoceramus. Rinvenni poi anche diversi Inoceramus, Zoophycos Brianteus: Villa, Zoophycos Ville Massalongo e diversi fuciti e stipiti, non che una Terebratula ed un piccolo frammento di Hamites. In questi strati, anni sono, furono trovate diverse specie di Ammonites, Scaphites, Hamites, ecc. annotate e descritte nell’o- pera citata dello Stoppani. Al Maglio lungo il Lambro gli strati di questa serie si tro- vano perfettamente concordanti al disopra di quelli della secen- da serie; quest'anno non trovai nulla d’interessante, cioè solo qualche Inoceramus e Zoophycos, mentre anni sono si trovarono diversi fossili ed anche degli Ammonites. Questi strati passano a Merone sulla ferrovia Milano-Erba con direzione da nord-ovest a sud-est. Nella cava di Pettana gli strati di calcare marnoso giallastro più o meno compatto sono diretti da nord-ovest a sud-est e sì trovano intersecati da stratarelli di spato calcare; in queste mie ultime gite trovai solo qualche fucus, Inoceramus, degli ostraciti nemertili, un frammento d’Hamvites, Endogemites erosa e dei Zoophycos Brianteus Villa, ecc. Questi strati si estendono al sud sotto Tregolo e Masnaga, passano a Centemero con di- rezione da nord-est a sud-ovest ove ricompaiono a Cassina Pa- radiso colla stessa direzione e con traccie di memertili, Endo- ESCURSIONI GEOLOGICHE FATTE NELLA BRIANZA. 381 genites erosa, ecc., di poi si vedono anche a Bulciago, misti a strati psammitici, contenente nuclei calcarei pregni di ossido di ferro, hanno la medesima inclinazione, ma in varî luoghi cam- biano d’inclinazione e direzione. Quivi, precisamente sulla strada per Barzago, il giorno 28 ottobre 1847, trovai uno spaccato naturale con strati a gusci d’Inoceramus che avevano frammezzo rinchiuso uno strato a nummuliti, simili a quelli di Centemero. Visitai lo stesso spac- cato anche nel 1856 col signor Curioni, il quale pretendeva fos- sero invece di nummuliti degli Orbiculiti. Ora questo spaccato venne coperto da un muro. Alla Madonna del Bosco d’Imbersago poi, nel 1856, trovai an- che là degli strati ad Inoceramus frammisti a quelli a numumu- liti con Belemnitelle. Ad Inverigo, sulla strada al Mulino Nuovo, sotto alla Pud- dinga alluvionale emergono degli strati di un calcare ad Ino- cerami con frequenza di strati psammitici contenenti memertilites e qualche reticulipora; al di là del Lambro continuano gli strati ad Inoceramus, come si vedono vicino alla Bevera, e vanno fino a Tabiago colla medesima direzione e più a levante si piegano e contengono bellissimi fucoîdi e si frammischiano coi mummuliti a Nibionno; al di là della Bevera rinvengonsi ancora altri strati di calcare ad Inoceramus. A Cassina Merè inferiore, sotto Lambrugo, in una roggia che sì trova verso sud, avvi un bel spaccato ove sotto agli strati a nummuliti si vedono quelli ad Inoceramus, ivi sono come ad Inverigo, molto frequenti gli strati a calcare psammitico conte- nente molti nemertilites, reticulipore, lingeriensis ed altri corpi amorfi; essi strati si estendono a Carpenea che formano la con- tinuazione di quelli qui sopra descritti di Tabiago. A ponente del Vallone della Scirea, detto anche Cavolto, gli strati ad /Inocerami sono di un calcare marnoso cinerognolo e biancastro misti anche ad un calcare rosaceo, ove in que- sti giorni trovai, oltre diversi Inoceramus, una Terebratula, al- cuni fucoidi e Zoophycos; don Pietro Buzzoni, anni sono, ha 382 | G. B. VILLA, trovato in questa località diversi fossili interessanti, tra i quali dei pezzi di Inoceramus fra i più grandi fino ad ora studiati, Qualche lembo di questa serie emerge in alcuni punti sotto la Puddinga alluvionale anche a S. Biagio di Monguzzo e sue vicinanze. La serie ricompare inoltre alla collina di Montevecchia verso il deserto di Bernaga. La Serie quinta poi, ossia la nummulitica, la esaminai più diligentemente. Incominciai nel bosco della Buerga verso levante vicino ad Alserio, ove, anni sono, trovai nel calcare nummauli- tico due Belemmitelle, ma ora, avendo anche guardato attenta- mente negli stessi strati che sono frammisti al calcare marnoso rosso e che emergono al di sotto della Puddinga alluvionale con la direzione da nord-est a sud-ovest, non mi riescì rinvenire che qualche vestigia di nemertilites. In questi stessi strati, verso Anzano, veggonsi frammisti altri di Puddinga brecciata. Andai più volte al Maglio lungo il Lambro, ove anche gli strati a calcare nummulitico sono misti a quelli a calcare mar- noso rosso e riposano su quelli ad Imoceramus in perfetta con- cordanza. Al Mulino del Leone, anni sono, negli strati di cal- care marnoso roseo, rinvenni delle Terebratule, ma ora nulla mi fu dato trovare: quì gli strati a nummuliti ripiegano verso sud, cambiando direzione prendendo quella da nord-ovest a sud-est, con inclinazione nord-est, e pare vadino ad appoggiarsi su un lembo di calcare ad Inoceramus che si vede più in giù presso il Lambro. A Breno, al nord della Collina un po’ sotto al Rocolo, in un piccolo valletto, si vedono degli strati di calcare marnoso rosso, con calcare biancastro nummulitico con direzione nord-est a sud-ovest, però non sempre costante, e verso la Ca di Breno, trovansi ancora gli stessi strati misti a quelli ad Inoceramus come fu detto più sopra. AI di là di Centemero verso sud avvi una Collina ove scor- sonsi strati di un calcare marnoso rosso, con Zoophycos, En- dogenites erosa, qualche Terebratula, ecc., e dei grossi strati sii andai - È ESCURSIONI! GEOLOGICHE FATTE NELLA BRIANZA. 383. . di conglomerati e calcaree nummulitiche, che prendono un bel pulimento e sarebbero atti a pietre ornamentali, e questi sono . frammisti ad alcuni strati psammitici, non che ad un calcare bianco compatto atto pur esso ad un bel pulimento, che con- tiene madreporiti e varie specie di fossili bivalve ed univalve che il povero Spreafico aveva espresso desiderio di studiare, perchè dall’aspetto gli sembravano propriamente appartenere al cretaceo, Avvi poi anche in questa località qualche strato di un bel marmo variegato in rosso, in cui trovai altre volte dei bei Trochus ed altri interessanti fossili. Ora nulla rinvenni di emergente in tutti questi variati strati, ma solo dello spato calcare cristallizzato, dei denti di pesce, Pentacrini, cidarites, un bel Trochus nel calcare bianco, ecc., e negli strati di calcare marnoso rosso, quei corpi cilindrici in- determinati dei quali è cenno nella nostra più volte citata Me- moria sulla Brianza 1844. « Tempo fa in questi medesimi strati a nummuliti trovai una Belemmitella e qualche vestigia d’Inoceramus negli strati di cal- care rosso. . A Cassina Volpera, frazione di Centemero, si vedono gli stessi strati come a Centemero, aventi frammisto anche un calcare bianco un po’ marnoso contenente dei nummuliti piuttosto gran- di; questi strati hanno la medesima direzione in generale, ma in più luoghi divergono. Trovai negli strati di calcare compatto un po’ psammitici dei nemmertilites, ed altri corpi cilindrici, nella Puddinga nummulitica poi rinvenni dei pentacrinites, cidaris, denti di pesce, ed un fossile un poco confuso che sembra un piccolo Ammonites, ma osservato dallo Stoppani esso lo crede- . rebbe piuttosto del gruppo delle serpule. Questa serie passa alla Cassina Purgatorio, i cui strati num- mulitici sembrano appoggiarsi a quelli ad Inoceramus della Cas- sina Paradiso, più in su tra Cassina Paradiso e Cassina Gon- zaga, avvi qualche strato di Puddinga come quella di Sirone, ; come fu detto qui sopra, e gli strati a nummuliti si vedono conti- nuare sulla collina all’est della Cassina Purgatorio fino a Bulciago TTT TT Pere n _ e 3984 GiiB. SILLA con un calcare e brecciole nummulitiche ed anche col solito cal- care marnoso rosso a fucoidi con Zoophycos ove questi strati si confondono con quelli ad Inoceramus come già dissi. Io ora tro- vai in questi strati a nummuliti alcuni cidarites, dei nuclei di ferro ossidato, dello spato calcare cristallizzato e null’altro d’in- teressante. Alla Madonna del Bosco d’Imbersago, avvi strati di calcare marnoso rosso e compatto biancastro a nummuliti, misti a brec- ciole, alternati con strati psammitici e Puddinga a grossi ele- menti con direzione da nord-ovest a sud-est inclinati nord-est ed in alcuni luoghi son quasi verticali, ove, come dissi più sopra, nel 1856 rinvenni degli strati ad Inoceramus e Zoophycos con Belemmitelle, misti a quelli a nummuliti, al disotto poi compaiono gli strati psammitici con retepore e Zoophycos, stipiti, ecc. mi- sti ad una brecciola, e sembrano del primo Gruppo Serie se- conda. Questi strati a nummuliti si rinvengono a Montarobbio, lungo l’Adda fin sotto Robiate, ecc. e passano anche al di là dell’Adda a Carvico, Vanzone ecc. A San Fariolo presso Barzanò, a Barzanò stesso, e sulla Col- lina di Montevecchia a Crippa e Sirtori, ricompaiono gli stessi strati a nummuliti. | All’ est di Nibionno, verso i Campi asciutti, trovansi ancora strati a nummuliti frammisti a quelli ad Inoceramus che vanno ad estendersi al nord della Collina di Veduggio colla direzione nord-ovest a sud-est e passano oltre alla Cassina Tremolada, ecc. A Tabiago il nummulitico si trova sotto alla Chiesa Parroc- chiale con strati in diverse direzioni, la più costante pare quella di nord-est a sud-ovest, qui, in questi strati a nummuliti, don Pietro Buzzoni trovò anche una Belemmnitella. A Sibrone il calcare marnoso rosso (che ha varie direzioni) abbonda di Zoophycos Ville Massalongo e di Zoophycos Brian- teus Villa, ed è misto con un altro di color più o meno ci- nerognolo violaceo, ed alla solita puddinga e calcare nummuli- tico, che contiene dello spato calcare cristallizzato; passa a Si- broncello ed alla Cassina Ca Nova, ove vidi, misto agli strati stendi MT ESCURSIONI GEOLOGICHE FATTE NELLA BRIANZA. 385 di calcar roseo e cinereo bianchiccio nummulitico, un grosso strato della potenza di circa 60 centimetri, di una arenaria compatta, buonissima per molti lavori; essa aveva alla superficie alcune linee che mi sembrano costituire una eticulipora un po’ scomposta di una nuova specie alquanto più grande della Buz- Zoni. AI sud della Collina di Pettana avvi degli strati contorti se- micircolari quasi a disposizione inclinati verso sud-est, e che sem- brano di calcare nummulitico, i quali passano sotto Musico co- gli strati pure inclinati a sud-est. A Cadrega sempre gli stessi strati di calcare marnoso rosso misti a diversi calcari e brecciole nummulitiche, con direzioni diverse, vi trovai dei pentacrini, encrini e cidarites, tra i quali uno lungo 5 centimetri e grosso quasi tre. Questi strati con Zoophycos e fucoidi sono a nummuliti e continuano a Camisa- sca mescolati a stratarelli psammitici. Tali calcari si estendono alla Cassina del Ceppo e passano di poi nel Vallone della Scirea della parte est detto Bagerone, ivi si vede una sin- golare stratificazione in più sensi con contorsioni in diverse fog- gie che nell’assieme sembrano inclinati verso nord-est, appog- giandosi su quelli ad Inoceramus del Cavolto. Si compongono dei soliti calcari grigi e biancastri con madreporiti e nummu- liti, e calcari marnosi e rossastri con Zoophycos, e con qualche strato di un bei marmo variegato simile a quello che trovasi a Centemero. Detti strati nella trincea ferroviaria al nord di Lambrugo emer- gono dalla puddinga alluvionale. Alla Cassina Merè inferiore, al disotto di Lambrugo, in uno spaccato al sud, presso un ponte su di una piccola roggia, tro- vansi gli stessi strati di calcare marnoso rosso, con calcare num- mulitico, che hanno l’inclinazione nord-est a sud-ovest ed ap- poggiano direttamente, come dissi più sopra, sugli strati ad Inocerami. La Serie sesta è rappresentata con calcaree simili alla Serie quarta, e scorgesi solo in lembi misti agli strati a nummuliti, Vol. XXVI. 25 386 G. B. VILLA, come si è detto per la Ca di Breno, Bulciago, Madonna del Bosco d’Imbersago, all’est di Nibionno tra Veduggio e Cassago, a Bernaga, ecc. Il terzo Gruppo, composto della settima Serie, lo visitai al di là di Garbagnate Monastero in un colle verso levante, ove si scorge in una cava di Molera una bellissima arenaria calcarea più o meno cinerognola in grossi strati diretti da nord-ovest a sud-est inclinati sud-ovest, essa si lavora per far conci da co- struzione ed ornamenti, questi strati sono frammisti a stratarelli psammitici con stipiti e fucoidi, tra i quali il Cylindrites Deda- leus GOpp., e contengono traccie carbonifere dei nemertili ed altri corpi indeterminati. A Brongio poi si vede una cava abbandonata di detta Molera passante alla Puddinga, ma al di là di Bron- gio verso ponente, avvene una bellissima che si lavora conve- nientemente, gli strati sono molto potenti e sono quasi per nulla interrotti dagli stratarelli psammitici come a Garbagnate Monastero; simile poi è anche la cava che trovasi oltre quest’ul- tima, cioè sotto Barzago, ove gli strati sono quasi verticali di- retti da nord-ovest a sud-est e passano ad una puddinga a pic- coli ciottoli, che è suscettibile di buone lavorazioni. Cave di Molera trovansi presso alla Madonna d’Imbevera ed in Val di Rovagnate, che nel 1856 visitai a Perego, Rovagnate e Bernaga. Esse sono quasi del tutto simili a quelle più sopra descritte, con strati per lo più diretti da nord-est a sud-ovest inclinati nord-ovest, e che vanno ad appoggiarsi su quelli a num- muliti di Sirtori e Cappelletta di Crippa, ecc. Anche ad Arlate avvi la stessa Molera con avanzi di carbone, appoggiata sui calcari a nummuliti e ad Inoceramus della Ma- donna del Bosco d’ Imbersago. Rivisitai pure quest'anno le cave di Molera di Capriano lungo la Bevera di Naresso, e nella cava che si trova verso levante, ove anni sono trovai un esemplare di fusus lineolatus Z. K. con molti Endogenites erosa, non che molte teredini nella lignite, quest'anno non trovai che frammenti di lignite, ed osservai che tali strati sono diretti da levante a ponente con poca inclina- ESCURSIONI GEOLOGICHE FATTE NELLA BRIANZA. 387 - | zione a sud. Questa Molera è quasi simile a quella di Garba- gnate Monastero e Brongio, un po’ più oscura, ed essendo meno | compatta resta meno atta a certi lavori; in questa cava la Mo- | lera si converte, in alcuni luoghi, in puddinga, ed è mista a | stratarelli di psammite. Nelle cave poi verso ponente, gli strati sono nella medesima | direzione e sono simili, ma molto più intersecati di stratarelli | psammitici, e contengono anche degli strati di Molera molto fria- bili, ove trovai delle traccie di Endogenites erosa e dei pezzi di lignite con feredini come si trovano nella Molera di Roma- nò, stata descritta dal prof. Balsamo Crivelli nella sua nota: | Della giacitura di un combustibile osservato presso Romanò 1843. Le puddinghe poligeniche alluvionali, che sono eccellenti per . diverse costruzioni, le osservai nel Bosco della Buerga, ove si | estendono in diversi punti fino a Monguzzo, e verso levante vi- i cino a Pontenuovo. Quivi si adagia con strati orizzontali su di un letto di argilla plastica, la quale si adopera per far mat- . toni ecc. Lo stesso fatto l’ osservai anche ad Inverigo e Lam- . brugo ove verso levante si appoggia su di una argilla che af- . fiora a Carpenea e verso il Lambro, dando alimento a molte . fornaci da mattoni, conosciute sotto il nome di Fornaci di Brio- | sco. Essa puddinga si estende lungo il corso del Lambro e si | mostra con qualche lembo alle sponde del Lago di Pusiano ed in altre località come lungo l’ Adda, ecc. Il terreno erratico lo trovai sparso più o meno in tutta la . Brianza, con avanzi di morene in più luoghi, però la più evi- dente per me fu sempre quella che si trova sotto S. Salvatore vicino ad Erba. Nel 1832, avendo visto per la prima volta le i morene del Monte Rosa, mi si affacciò spontanea l’idea dell’a- nalogia che esisteva tra tali morene e l’ammasso di sabbie e sassi visti sotto S. Salvatore, analogia che venne di poi più tardi convalidata dalla teoria glaciale dei sommi geologi Venetz, | Charpentier, Randu, ecc. Avanzi della gran morena frontale si vedono ad Arosio, la quale incomincia a Senna, presso Como, passa a Monticello Brianza, ed appoggiasi a Montevecchia e Mon- Y 388 G. B. VILLA, ESCURSIONI GEOLOGICHE, ECC. terobbio; alcuni lembi di morene accessorie esistono in diverse località, e cioè tra Oggiono e Galbiate ove l’ingegn. Rivafinolo trovò una vertebra cerebrale di Bos uros. A ponente di Barzago, tra Cassina Gonzaga e Cassina Paradiso, sulle colline di Mon- guzzo, trovansi avanzi di morene con molti massi erratici. Al- tra all'imboccatura del Vallone della Scirea detta Bagerone, ecc. Di Torbiere osservai solo quella di Comarcia al Lago di Pu- siano * ove i lavoranti mi dissero che avevano trovato delle pic- cole lancette, ed io mi recai dal Medico condotto di Cesana, sig. Oriani, ove le vidi e le trovai molto più piccole delle solite e totalmente diverse. Visitai pure una nuova torbiera che si era aperta sotto Gar- bagnate Rota, ma che ora venne di già otturata, non trovando la convenienza di continuare lo scavo, la esaminai attentamente, ma non trovai vestigia di palafitte, solo un lavorante mi mostrò una lancetta ivi trovata, che è del tutto simile a quelle che si trovavano nelle torbiere di Bosisio e di Comarcia, e mi assicurò di non averne trovate altre. _ £ Vedi la mia Memoria Sulle Torbe della Brianza, 1864. UN PO’ DI LUCE SULLA HYALINA OBSCURATA Porro. STUDIO ANALITICO SINTETICO del Socio NAPOLEONE PINI —_ ——__ Qual'è la forma di Hyalina che Carlo Porro intese per ob- scurata? «Ecco una domanda che a molti sembrerà strana, dopo che la marchesa Marianna Paulucci con ragionamenti che sembrano logici, ha voluto dimostrare che per tale debba ritenersi quella forma di Corsica posseduta dal Civico Museo di Milano, e da essa figurata alla Tav. II fig. 2 nelle sue Note malacologiche | sulla fauna terrestre e fluviale dell’isola di Sardegna, pubbli- «cate nel Vol. VIII del Bullettino della Società Malacologica Italiana sullo scorcio dell’anno 1882. Nel lodevolissimo intento di fare la luce sopra la denomina- | zione di questa forma fraintesa fin qui dalla maggior parte dei _ malacologi, l’egregia autrice anzichè dissipare col suo pregevole lavoro i falsi apprezzamenti, non solo non ba raggiunto lo scopo; ma inconsciamente ha contribuito a vieppiù intricare la que- ti stione, che ha peggiorato per la creazione di nuove specie sui | tipi stessi della vera obscurata Porro. Non è d’uopo ch’io accenni quali furono i criteri che gui- È darono la signora Paulucci a risolvere la questione nel sovrac- È; re i È 390 N. PINI, cennato modo, essendo chiaramente esposti nel già riferito suo lavoro. Da più anni Essa faceva ricerche e studio per giungere a farsi un’idea esatta che cosa fosse questa Hyalina che molti autori citavano di differenti località e di forme disparate sotto la denominazione di Obscurata Forro. Nell'anno 1877 più d’una volta richiese il mio giudizio in proposito, ed io dopo avere bene osservati i tipi stati deposti dal Porro stesso nella collezione generale del nostro Civico Mu- seo, che quale altro dei conservatori di esso ne fu l’ordinatore, le scrissi che essi si accostavano per la forma alla Hy. cellaria Muller, che portavano sull’etichetta la sinonimia di H. Blauneri Shuttleworth, e che la provenienza segnatavi era la Liguria. Nella collezione generale del Museo esposta al pubblico non figuravano altri esemplari sotto il nome di Hy. obscurata Porro, ed in quella particolare di questo autore di cui è esposta la sola fauna della provincia Comasca illustrata dall’autore nel- l’anno 1838, non eravi compresa forma alcuna di Hyalina colla denominazione di obscurata. La collezione generale dei molluschi esistente nel nostro ci- vico Museo oltre le specie di Jan, Strobel, Villa, Prada, Bel- lotti, Ziegler ed altri; compenetra anche quelle descritte da Carlo Porro che, come dissi, ne fu l’ordinatore; nessun dubbio quindi che l'etichetta di pugno del medesimo che segnava col nome di obscurata la forma di Genova meritasse piena fede. Di tale mia dichiarazione non si tenne paga la signora Pau- lucci e dopo esperite non so quali altre ricerche decise di ri- chiamare i tipi del Museo di Milano, che le vennero infatti comunicati dal prof. Sordelli. | Ma quali furono gli esemplari che vennero comunicati alla signora Paulucci? Non quelli della collezione del Museo da me sovraccennati, poichè in tal caso nella sua lettera 20 gennaio 1882 che li accompagnava, il prof. Sordelli non avrebbe trala- sciato di accennare che l’etichetta apposta alla forma di Ge- nova portava, giustamente o meno non importa, anche la sinoni- mia di H. Blauneri Shutt. i i UN PO’ DI LUCE, ECC. 391 . Gli esemplari di cui si servì il signor Sordelli per la spedi- zione furono tolti dal rimanente della collezione Porro che si conserva in separato mobile non esposto al pubblico il quale comprende anche i duplicati dello stesso autore. La lettera 20 gennaio 1882 del prof. Sordelli, riprodotta in parte dalla signora Paulucci nell’accennato lavoro, accenna ad una etichetta apposta ad esemplari di Corsica colla indicazione H. obscurata Porro, 4 NovEMBRE 1840, mentre ad esemplari portanti la sola indicazione GENovA disse non esservi apposto nome specifico di sorta. Leggendo questa lettera che non faceva cenno degli esemplari da me osservati nella collezione generale del Museo nel 1877 sulla cui etichetta di pugno di Carlo Porro aveva letto H. ob- scurata Porro. H. Blauneri Shutt. GENOVA, mentre vidi accen- nare un’altra etichetta apposta ad esemplari di Corsica da me allora non osservati, non seppi come spiegarmi l’ enigma. Pensai che quand’anche nel riordinamento dei mobili della collezione del Museo fosse per avventura avvenuta qualche mescolanza di forme, qualche ammanco, o confusione qualsiasi; il catalogo manoscritto della collezione del Museo doveva trovarsi concorde colle etichette autentiche della raccolta stessa da cui venne de- sunto. Consultatolo col prof. Sordelli, verificai che in esso è elencata soltanto la forma di GeNova quale obscurata Porro colla sinonimia di H. Blauneri Shutt., nè havvi cenno sui della forma di Corsica. Tale verifica confermò in me vieppiù la convinzione che Porro avesse stabilito la sua specie sopra esemplari di Liguria; ma non pago consultai i lavori pubblicati da Porro, e nel catalogo a stampa delle collezioni del Civico Museo nell’anno 1846 che porta il titolo “ Collectiones rerum naturalium Musei Mediola- nensis, Mollusca terrestria et fluviatilia, Edit. I curante Carolo Porro , a pagina 8 trovai elencata una Helix obscurata Porro (Hel. Blauneri Shutt.) Genova. V. D. D. pag. 56, N. 8, iniziali che fanno richiamo alla Dispositio Systematica etc. dei fratelli Villa, ove Porro pubblicò la diagnosi di questa specie. 392 N. PINI, Questa pubblicazione di Porro non lascia più alcun dubbio che egli abbia costituito la sua specie sopra esemplari di Ge- nova di cui aveva depositati i tipi nella collezione del Civico Museo come già accennai, mentre non vi depose l’altra forma di Corsica che più tardi erroneamente attribuì alla obscurata, nel criterio di certo che H. Blauneri ed H. obscurata dovessero riguardarsi come una stessa specie. Fino dal 1836 allorchè uno dei fratelli Villa esplorò la Sar- degna e raccolse fra le altre specie anche diversi esemplari di Hyalina, fu Porro stesso che riconobbe * quale obscurata alcuni esemplari concordanti esattamente cogli esemplari di Genova cui già aveva apposto tal nome non puranco pubblicato, ma già divulgato in schedis a diversi corrispondenti. Questi esemplari di Sardegna che Porro riconobbe come obscurata, conservansi tuttora nella collezione Villa e furono da me attentamente stu- diati; corrispondono perfettamente a quelli di Genova, Borzoli, Voltaggio, Spezia, ecc. della mia raccolta; ed agli esemplari ti- pici di Porro, esistenti nella collezione del nostro Civico Museo. Dal cav. Antonio Villa seppi poi che la frase specifica della H. obscurata che trovasi pubblicata nella Dispositio Systematica Conchyliarum terr. et fluv. 1841 dei fratelli Villa, venne ad essi comunicata da Porro stesso, e da essi riprodotta integralmente, non ommettendo di far cenno che era stata loro consegnata al pari di quella di altre specie dal Porro stesso, colla frase (Porro brevi manu; inedita). È quindi inesatto che fossero i fratelli Villa che la descri- vessero, e tanto meno poi sopra esemplari di Corsica; nè che arbitrariamente e tanto meno contrariamente all’opinione di Porro, 1 medesimi pubblicassero per patria della specie in di- scorso, tanto la Corsica, che la Sardegna e Genova; mentre fu Porro stesso che determinò in tal modo gli esemplari di tutte queste località, giudicandoli tutti d’eguale natura. ' Il cav. Antonio Villa da me interpellato su tale circostanza mi comunicò questa notizia, UN PO’ DI LUCE, ECC. 393 — Un’altra notizia toglie ogni dubiezza, se pur ne può esistere, sulla forma che Porro intese per la sua obscurata, ed è la te- stimonianza del di lui precettore ed amico signor Meda che gli fu compagno nei suoi viaggi, il quale da me interpellato, ac- certommi che Porro visitò soventi volte la Liguria, ma giammai pose piede in Corsica; che per quanto egli ricorda, il nome di Helix obscurata venne da Porro dato ad esemplari raccolti a Genova, per l’aspetto oscuro che presenta la conchiglia di que- sta Hyalina quando racchiude l’animale. La frase specifica del Porro infatti si attaglia assai più alla forma di Liguria e Sardegna che a quella di Corsica, la quale è meno largamente umbilicata, quindi non aperte umbilicata ; di forma più elevata, quindi non depresso planiuscula; ha i giri di spira più arrotondati, quindi non le conviene la frase carina depresso-ovata che invece si scorge, specialmente in esem- plari giovani, nella forma di Genova. La frase mitida usata da Porro conviene meno alla forma di Corsica che a quella ligure; come anche quella di substriata, non corrisponderebbe alla su- perficie della specie di Corsica, che è decisamente striata, men- tre non lo è la specie di Genova; così la frase caratteristica dell'apertura che Porro disse oblique lunata è più confacente a quest’ultima forma, che non alla prima. Le dimensioni stesse segnate in millimetri 11-17 di diametro, dinotano una forma maggiore che non quella dei due esemplari di Corsica del Museo di Milano, nel più grande dei quali il maggior diametro è di 13 mill. per 5.75 d’elevazione, mentre nel maggiore, dei tre esemplari di Genova, pure del Museo di Milano, il diametro mas- simo raggiunge 15 4/» mill. per 54/4 d’elevazione; quindi una forma più depressa. La frase ultima poi di Helici cellariae Mull. affinis sed major, magisque umbilicata et duriuscula non con- verrebbe agli esemplari di Corsica che si accostano invece alla Draparnaldi Beck o lucida Drap. 1801 per la dilatazione, ben- chè leggera, dell'ultimo giro e la maggiore rotondità dell’aper- tura. Di tali diversità essenziali fra la frase di Porro e gli esem- 394 N. PINI, plari di Corsica dalla sig. Paulucci ritenuti come tipo dell’ obscu- rata, fu tanto persuasa, che credette necessario rifare per essi una frase specifica che loro convenisse; ciò peraltro che io giu- dico sconveniente, e pericoloso per la scienza. Nella lettera 20 gennaio 1882 diretta alla marchesa Paulaucci, il prof. Sordelli accennando all'etichetta apposta alla forma di Corsica che portava l’iscrizione H. obscurata Porro, 4 novembre 1840, soggiungeva “ Pare dunque debba questa ritenersi per la forma tipica. , Tale asserzione esprimeva un’apprezzamento del sig. Sordelli stesso, ma non escludeva che il tipo di Porro po- tesse essere anche d’altra località; poichè ove egli ne fosse stato sicuro, non si sarebbe espresso dubitativamente dicendo Hog PARE; ma lo avrebbe affermato in modo positivo. La signora Paulucci accettò tale apprezzamento senza passare ad ulteriori verifiche, che sulla frase dubitativa del prof. Sor- delli sarebbe stato prudente assumere; tanto più nel riflesso che le notizie da me fornitele nelle lettere 13 gennaio e 3 marzo 1877 trovavansi in aperta contraddizione coll’apprezzamento surriferito non solo, ma eziandio con circostanze di fatto; poichè io le avevo scritto esistere nella collezione del Museo Civico di Milano esemplari portanti l’etichetta col nome di H. obscurata Porro (H. Blauneri Shutt.) coll’indicazione Liguria. Non tacerò per amor del vero che ancor io contribuî in parte al falso apprezzamento della sig. Paulucci, poichè il 28 gennaio 1882, fuorviato io pure dall’apprezzamento del sig. Sordelli, ignorando allora tutte le esposte circostanze, scrissi alla me- desima che io pure credevo che Porro avesse inteso per obscu- rata la forma di Corsica, e che quella di Genova fosse stata aggregata alla prima. Tale apprezzamento è scusabile, chè molti autori, Albers, Kobelt, Requien, Bourguignat ed altri, cita- rono nei loro lavori la Hyal. obscurata Porro come incola della Corsica, Sardegna, Francia, senza che venisse indicata della Li- guria. | | Primo fra tutti ad intralciare la questione fu Porro stesso che avendo stabilita la sua specie verso il 1835 sopra esemplari UN PO’ DI LUCE, ECC. 395 di Genova, vi aggregò in seguito nella sua collezione anche quelli di Corsica, pubblicando nella frase specifica queste due località, aggiungendovi la Sardegna ove l’avevano raccolta i fratelli Villa. Bisogna quindi per stabilire quale veramente sia la forma che prima venne da Porro chiamata col nome di obscurata, proce- dere per ordine cronologico. Se nell’anno 1836 ebbe a ricono- scere per la sua specie gli esemplari di Sardegna raccolti dai Villa, e solo nel 1840 (4 novembre) ebbe ad ascrivervi gli esem- plari di Corsica (come risulta dalla data apposta sull’etichetta che li accompagna) è chiaro che necessariamente la terza forma, quella cioè di Genova, era stata già da lui in precedenza chia- mata con tal nome. i Di tali erronei apprezzamenti non puossi fargliene aggravio poichè quando viveva Porro, la malacologia difettava di pubbli- cazioni, lo studio delle specie era assai meno analitico che non lo sia oggidì, (e lo è forse di troppo) le comunicazioni assai scarse, e difficili quindi i confronti; nessuna meraviglia se egli ritenne come una medesima specie forme affini ma differenti fra loro. La signora Paulucci nel citato lavoro a pag. 161 conchiude dicendo “ da quanto precede si capisce in modo positivo che Porro non aveva nè punto nè poco identificata la forma di Corsica con quella di Genova, poichè Porro tenendole in scato- lette diverse e senza distinguerle col nome di obscurata dava a divedere che da queste le ritenne diverse, come lo sono real- mente. , Duolmi non poter convenire col ragionamento surriferito che l’evidenza dei fatti dimostra erroneo. Anzitutto non può am- mettersi che Porro ritenesse differente la forma di Corsica da quella di Genova poichè egli appose ad entrambe di suo pugno la denominazione di H. obscurata; a quella di Genova nei tipi deposti nella collezione del Civico Museo; a quella di Corsica negli esemplari della sua raccolta e duplicati. Se Porro avesse ritenute differenti queste due forme, avendo 396 N. PINI, determinate per obscurata quelle di Genova e quelle di Sarde- gna, che effettivamente non diversificano fra loro; avrebbe chia- mato con differente nome la forma di Corsica che si scosta ab- bastanza da quella. Porro invece le esaminò superficialmente e s’ingannò attribuendole ad un’unica specie; come lo provano le due etichette di suo pugno che determinano siccome obscurata tanto la forma di Genova, che quella di Corsica. In secondo luogo il metodo adottato da Porro per l’ordina- mento della sua collezione non richiedeva che sull’ etichetta d’ o- gni scatola fossevi apposto il nome specifico. Questo era da lui scritto sopra un traversino di legno ricoperto di carta che man- teneva le divisioni fra specie e specie; quindi dopo il nome di una data specie, collocava tutte le scatolette che la contenevano, tenendo separate scatola per scatola gli esemplari di una loca- lità, da quelli di un’altra. Nessuna necessità adunque che sopra l'etichetta d’ognuna egli ripetesse il nome specifico già rappre- sentato in testa d’ogni specie dal traversino di legno; mentre era necessario all'incontro apporre su ciascuna la provenienza. Il fatto adunque che Porro abbia tenuto divise nella raccolta le conchiglie di Genova da quelle di Corsica senza apporre alle prime la denominazione di obscurata, non prova altro che egli teneva divisi gli esemplari d’una località, da quelli d’ un’altra; ma non puossi assolutamente da ciò arguire che per tale pratica egli ritenesse differenti le due forme, ed abbia con ciò voluto ripudiare la forma di Genova alla quale non pose che la sola indicazione della patria, poichè come accennai egli aveva già posto il nome specifico sugli esemplari d’istessa provenienza da lui deposti nella colleziono del Civico Museo di Milano. Se poi quanto asserisce Ed. von Martens nel Vol. XV degli Atti della Società Italiana di Scienze naturali a pag. 403, nel Catalogo dei Molluschi dei dintorni di Siena del dott. Silverio Bonelli, parlando della Hyalina obscurata Porro è esatto; bisogna am- mettere che Porro ritenesse eguale alla forma di Genova anche taluna forma toscana, poichè Martens parlando di Hyalinae to- scane così si esprime “ Corrisponde esattamente alla obscurata UN PO’ DI LUCE, ECC. i CDI . Porro data dal Porro stesso al Charpentier e da questo all’Al- bers, proveniente da Firenze, e mi sembra essere una forma in- termedia fra la Draparnaldi e la Villae Mortillet. , Nessun valore può quindi attribuirsi alla data 4 NOVEMBRE | 1840 apposta sull'etichetta degli esemplari di Corsica, la quale non può che indicare sia il giorno in cui Porro ebbe quegli | esemplari, sia quello in cui egli li pose nella sua raccolta rife- rendoli erroneamente alla sua obscurata. In entrambi i casi la | forma di Corsica ricevette l’errata denominazione dopo quelli . di Genova e di Sardegna. Credo avere ormai provato che Porro fondò la sua H. obscu- rata sopra esemplari di Genova a cui aggregò in seguito forme differenti d’altre provenienze. Per tipo dunque della specie di Porro va soltanto riguardata la forma di Genova da lui deposta nella collezione del Civico Museo di Milano e nella sua privata collezione, quella cioè che dalla signora marchesa Paulucci venne nelle sue note malacologiche sull’isola di Sardegna descritta col nome di Hyalinia Porroi, ed abbastanza bene figurata alla Tav. II, fig. 4. Rimane ora a spiegare il perchè Porro abbia messo sulla eti- chetta degli esemplari della collezione del Museo Civico la si- nonimia di H. Blauneri Shutt.; e qui in difetto di notizie, dal campo dei fatti, è giuocoforza entrare in quello delle induzioni. Nell’anno 1843 il prof. Shuttleworth pubblicò nel MittheWungen naturkunde Gesellschaft di Berna fra le altre specie raccolte da Blauner nella Corsica, anche una forma di Hyalina che ritenne nuova, e descrisse sotto il nome di H. Blauneri. Venuta a co- gnizione di Porro tale pubblicazione, o ricevuta fors’ anche que- sta forma; la confrontò certamente cogli esemplari di Corsica da lui posseduti sino dal 1840, e riconosciutane l’identità passò il nome di Shuttleworth in sinonimia di quello di obscurata da lui già imposto erroneamente anche a tal forma. Onde poi tale idea fosse manifesta scrisse sulla etichetta degli esemplari di H. obscu- rata da lui deposti nella collezione del Museo, la nuova denomina- zione di Shuttleworth, convinto che avendo egli pubblicato siccome DU. N. PINI, obscurata sino dal 1841 quella forma, spettasse a lui il diritto di priorità. Fatta l’annotazione nella collezione che più importavagli senza badare che gli esemplari di essa provenivano da Genova, mentre quelli coi quali aveva confrontata la specie di Shuttleworth provenivano dalla Corsica, ed erano anche differenti; pubblicò poi nel 1846 tale sinonimia nel Catalogus Rerum Naturalium ete. La Hyalina Blauneri Shutt., fu raccolta da Blauner a Bastia, Calvi, Aleria e Bonifacio in Corsica; ed a Toulon e Martigues in Francia; località tutte di cui esistono esemplari tipici nella collezione Shuttleworth che si conserva nel Museo di Berna. Messi a confronto i tipi surriferiti che ebbi in comunicazione dalla gentile condiscendenza del sig. prof. T. Studer, cogli esem- plari provenienti dalla Corsica della Collezione Porro di cui si è servita la signora Paulucci per l’illustrazione del suo lavoro, trovai che vi corrispondono esattamente; e con me ne convenne anche il prof. Sordelli. E. Requien nel suo Catalogue des coquilles de l° Ile de Corse scritto ad Ajaccio e pubblicato sul principiare dell’anno 1848, a pag. 45 sotto il N. 399 cita la H. Blauneri Shutt. come vivente a Bastia, Corte ed Ajaccio; accennando eziandio una forma con- veriuscula in tutte le dette località; ciò che dinota la variabilità del carattere dell’elevazione della spira in questa specie. Bourguignat nella Malacologie terrestre de V Ile du Chateau d’ If 1860 a pag. 10 accenna la Hyal. Blauneri Shutt., oltre che nell’ isola, a Marsiglia, Tolone, Hyères, Cannes e Nizza. Dalle esposte località sembrerebbe quindi che questa forma sia propria delle vicinanze al mare, e nessuna meraviglia ch’ essa possa rin- venirsi anche lungo il littorale del Mediterraneo e fors’ anco dell’Adriatico. La Hyalina obscurata Porro venne raccolta da Blauner per Shuttleworth a St. Florent in Corsica; ed anche Requien, a pag. 46 del citato lavoro, ne fa cenno sotto il N.° 314. Gli esemplari tipici di questa provenienza mi furono parimenti co- municati dal Museo di Berna; fattone il confronto cogli esem- plari di Genova della collezione del Porro, con quelli di Borzoli, UN PO’ DI LUCE, ECC. 399 Voltaggio, Spezia posseduti da me, non che con alcuni di quelli che fanno parte della collezione dei fratelli Villa provenienti dalla Sardegna; trovo che per quanto lo permette lo stato dei due esemplari tipici (che evidentemente vennero raccolti già privi dell'animale, quindi con minore lucentezza); essi corri- | spondono alla forma delle dette località nel complesso dei ca- | ratteri. Solo havvi a rimarcare negli esemplari di St. Florent una leggera maggiore striatura della superficie, ed una lieve maggiore rotondità dei giri di spira superiormente, conservando però la forma ottusamente carenata dell’ultimo giro che è leg- germente più stretto. È quindi una leggera modificazione locale che conviene tenere distinta dal tipo di Genova, e che io pro- pongo chiamare var. Shuttleworthiana. La Hyalina obscurata poi citata da Kuster, Pfeiffer, Albers, . Payreaudeau, Moquin Tandon, Kobelt ed altri autori stranieri, o non corrisponde alla vera di Porro, o vi corrisponde solo in parte, comprendendo essi sotto questa denominazione molte forme ben differenti da quella di Genova. Dalle citazioni nei lavori pubblicati dai citati autori puossi arguire come esse vennero vicendevolmente copiate, perpetuando per tal modo l'errore. Nel numero delle località cui accennai vivere la Hyalina ob- scurata Porro, ho compreso la Sardegna dietro lo studio fatto . degli esemplari di tale provenienza che la gentilezza del cav. An- tonio Villa ha messo a mia disposizione. Da tale esame mi ri- sulta che se la maggior parte degli esemplari della collezione Villa corrispondono alla forma di Genova ed appartengono quindi i alla Hy. obscurata Porro; taluno ne differisce abbastanza per esserne specificamente distinto. A quest’ultima forma bisogna i appartenesse l'esemplare che la sig. Paulucci ha egregiamente descritto a pag. 161 del suo lavoro (pag. 27 degli estratti) e figurato alla tav. II fig. 3 sotto la denominazione di Iy. Anto- niana'. Questa forma per la dilatazione dell’ultimo giro di spira ! Dei due esemplari da me misurati di questa, forma uno appartenente alla mia collezione, l’altro a quella dei fratelli Villa, nessuno raggiunge l'elevazione della spira sino a 10 mill. che fra le Hyaline equiparerebbe quella della incerta Drap. Dubito quindi che tale misura sia errata. 400 N. PINI, è forse quella che dal prof. cav. A. Issel venne indicata siccome Hyal. lucida nella Nota sui molluschi raccolti nell’isola di Sar- degna dal dott. Gestro, pubblicata negli Annali del Museo Ci- vico di Storia Naturale di Genova, Vol. IV, anno 1873. Fra gli autori italiani che annoverano la Hyal. obscurata Porro non indicati dalla signora Paulucci, sonvi pure C. Tapparone Canefri che a pag. 343 dell’indice sistematico dei molluschi te- stacei dei dintorni della Spezia e del suo golfo, inserito negli Atti della Società di Scienze Naturali, Vol. XII. Milano, 1869; la accenna di quella regione, e Giacomo Tassinari che nei Mol- luschi raccolti nella Romagna, nel Giornale di Malacologia del prof. P. Strobel, 1854, N. V, pag. 66 ne fa menzione come con- vivente colla cellaria, però in modo dubitativo *. Sono persuaso che la sig. marchesa Paulucci, al par di me. non abbia che un solo desiderio, un solo scopo nei suoi apprez- zamenti, nelle sue pubblicazioni; quello cioè di rintracciare la verità, servendosi di tutti quei mezzi che lo studio d’una que- stione esige, che l’analisi dei fatti e la letteratura malacologica possono fornire. Le mie conclusioni sulla Hyalina obscurata Porro non concor- dando con quelle dell’ egregia signora Paulucci, rendono neces- saria l'eliminazione di taluna fra le specie da essa pubblicate come nuove, e la sostituzione di altra denominazione alla forma da essa erroneamente ritenuta siccome il tipo di Porro. È quindi necessario esporre come debbono intendersi le forme da essa accennate nel pregevole suo lavoro di cui ho fatto parola. Concludendo quindi siccome tipo della Hy. obscurata Porro va ritenuta la forma di Genova (Hyal. Porroi Paulucci, Tav. II, fig. 4). 1 A completamento della bibliografia malacologica che riguarda l’isola di Sardegna è bene ricordare anche due pubblicazioni del dott. Paolo Magretti che portano per titolo, una: Rapporto su di un’ escursione nella Sardegna compiuta nel dicembre 1877 ; l’altra: Una seconda escursione zoologica nell'isola di Sardegna; pubblicate en- trambe negli Atti della Società Italiana di Scienze Naturali, la prima nel Vol. XXI a pag. 451 (1879) e la seconda nel Vol. XXIII a pag. 18 (1880). "UN PO’ DI LUCE, ECC. 401 La fig. 2 della tavola stessa (Hyal. obscurata Paulucci, Note sul- l'isola di Sardegna) rappresenta invece la Hyalina Blauneri Shutt. Riguardo alla sinonimia vanno intese nel seguente modo: HYALINA OBSCURATA. 1835 Helix obscurata Porro. Typus in collectione Musei Medio- lanensis et in collectione Porro. # 1896. , x Villa (pars.). Nota delle conchiglie ed in- I setti raccolti in Sardegna. wls4l —, n Porro (pars.). In Villa Dyspositio Syste- matica Conchyl. Milano, pag. 56, N. 8 (exclus Corsica). 1846 , 5 Porro. Collectiones rerum naturalium Mu- seù Mediolanensis. — Mollusca terr. et fluv. Edit. I, pag. 8 (exclus. Syn. H. j Blauneri). 1846, A Porro. Index alphabeticus collectionis Moll. terr. et fluv. Mus. Med., pag. 4, N. 151. 1869 Zonites obscuratus Tapparone Canefri. Moll. test. dei din- torni della Spezia. Atti Soc. Ital. Vol. XII, pag. 343. Diam. Maj. 17 ?°/00 mill. Minor 140 mill. Alt. 6 mill. Habitat prope Genua sicuti in Insula Sardiniae. e e n. PP. CE HYAL. OBSCURATA VAR. SHUTTLEWORTHIANA. | 1843 Helix obscurata. In collectione clariss. Shuttleworth in Mu- | seo Bernense. | 1883 Hyal. obscurata var. Shuttleworthiana Pini. Differt a typo Genuense, superficie magis striata, anfractibus superne subrotundatis, ultimo paululo angustatus. Diam. Maj. 17 mill. Minor. 14 5°/100 mill. Alt. 5 75/400 mill. Habitat in Insula Corsicae. Vol. XXVI. 26 402 N, PINI, HYALINA ANTONIANA. 1836 Helix obscurata Villa (pars altera). Nota delle conchiglie ed insetti raccolti in Sardegna. 1841 Helix obscurata Porro (pars) in Villa Dyspositio Syste- matica etc., pag. 56, N. 8 (exclus Syn. H. Blauneri). 1882 Hyalinia Antoniana Paulucci. Note Malac. della Sardegna in Bull. Soc. Mal. It. Vol. VII, pag. 162, tav. II, fig. 3. Diam. Major 19. Minor 17. Alt. 10? Mill. Habitat in Insula Sardinae. HYALINA BLAUNERI. 1840 Helix Blauneri in collectione clariss. Shuttleworth Musei” ; Bernensis. 1841 Helix obscurata Porro (pars altera) in Villa Dyspositio System., pag. 56, N. 8 (erratim în col- lectione Porro 4 novembre 1840). 1843 Helix Blauneri Shuttleworth in Mith. Naturf. Gesellsch. Berne, pag. 13. 1882 Hyalinia obscurata Paulucci. Note Malac. della Sardegna, pag. 160, tav.«Il; fis. 2 Diam. Maj. 13 mill. Minor 11 8°/100. Alt. 5 75/100 mill. Habitat in Insula Corsicae. L’animale della Hyal. obscurata Porro, da esemplari di Bor- zoli presso Genova, ricevuti viventi il 18 giugno scorso dalla gentilezza del dott. R. Gestro; ha un colore ardesiaco legger- mente violaceo, intenso sul dorso, che sui fianchi si fa più pal- lido, assumendo una tinta azzurro-opalino-sfumato in cinerognolo ai lembi della suola. Lateralmente e longitudinalmente due sol- chetti percorrono i fianchi dell’animale, andando a congiungersi ui Senda UN PO’ DI LUCE, ECC. 403 alla estremità caudale, in modo da fare apparire lo stesso so- vrapposto ad un disco più lungo e largo del corpo. Il capo ed il dorso sono ornati da granulazioni simmetriche, uniformi, che nella parte anteriore sono più pronunciate, e si fanno più sottili e meno pronunciate man mano discendono la- teralmente e nella parte posteriore; finchè giunte al margine della suola, scompaiono per dar luogo ad una serie di minutissimi solchetti in direzione antero-posteriore anostomizzantisi fra loro. I grandi tentacoli sono azzurro-opalino vivace, misurano 10 mill. di lunghezza per 2 ‘/» di diametro alla base, e di forma cilindrica. Superiormente la tinta è più pallida, sono semi-tra- sparenti e ricoperti di una specie di reticolazione violetto-pal- lida, e l'estremità superiore, che è diafana ed ingrossata, porta al centro l'occhio di forma sferica e color nero intenso. I piccoli tentacoli sono azzurrognoli, semidiafani, di forma ci- lindrico-conica, e misurano 3 millimetri circa di lunghezza. La suola è di una tinta cinerino-verdognolo pallido, unicolore, col disco mediano dilatato e diafano. L’animale è abbastanza veloce, percorre circa 127 metri in un’ora di cammino continuato. Il suo moto è uniformemente accelerato, continuo, non saltuario. Misura in marcia dall’estre- mità caudale a quella oculifera 40 millimetri. La conchiglia allorchè l’animale è vivente, è nella parte da esso occupata d’un colore ardesiaco-verdognolo cupo; nella parte lasciata libera, di un giallo d’ambra. Inferiormente è bianco- verdognolo pallido, diafana quanto basta per distinguere i di- versi visceri, e contare le pulsazioni del cuore; tanto sopra che sotto è lucente e levigata e le leggerissime striature sono solo visibili colla lente. La sua spira cresce lentamente ed uniformemente nei primi tre giri, si allarga alquanto nel quarto, e si dilata celeremente negli ultimi due. A completamento delle mie osservazioni agginngo uno specchio delle misure da me rilevate sugli esemplari tipici di cui mi sono giovato per questo studio. 404 Hyal. obscurata Porro 2» Hyal. Antoniana Paul. . ” riassuntiva delle misure degli esemplari Specie var. Sulesorthia- ” na Pini. ” Hyal. Blauneri Shuttl. . ” 7) ” ” ” ” » » » »” » »” ” » » Le misure sono prese esattamente in tro con calibro micrometrico. N. PINI, UN PO’ DI LUCE, ECC. TAV. OL A esaminati. Patria Genova ” bi) Spezia Borzoli Voltaggio ” Sardegna Corsica Sardegna » ” Corsica Milano, 1.° ottobre 1883. Diametro Spi pira Provenienza ig — Magg. | Min alta 1 | Collez. Porro 8.807.204 09/208 2 è s 1 La 3 ; » 15 10:|.12 50525 1 | Collez. Pini 16.50 {14 =1"6:201 1 Li h t6=|l& 10700 e x 9.50| 6.50| 5=| u A 3 14 20| 12.75] 5.25 Bella 3 16 =|14=]| 5.55 4 n. 4 16 15. | 14x06. 5 A sÀ 17.20114.90)/ 6 = 1 % 4 12,10 [1L.=|.5i= 2 Li 5 14.60 | 12 8015 = 1 | Collez. Villa 19/10/14 ea 2 j Li l'3.20 1.11 == (84280 3 x ; 13.:80|.11.20/0/24080 d n Ù 14 = VI2' Pb. = 5 h ; 14,25 | 12 10) 5 10% 1 | Collez. Shuttl. |15 —|12.75| 5.75 2 $ i 17.= | 14.50.) 5.751 1 | Collez. Paulucci | 19 =|17 =|[10=?! 1 | Collez. Pini 17. 500/51 = ,6:808 1 | Collez. Villa 19.= | 16.25| 6.30 1 | Collez. Porro 12 70|10.90| 4 801 2" Al al 18 10|11.30| 5.75 1 | Collez. Shuttl. | 10 30| 8.90| 4 = 2 Ù $ 10 90| 9.40| 4 40 3 o y 10 90| 9.40| 4.60] 4 ; Mi 12 90 | 11.10| 5.80 millimetri e centesime parti di milllime- ORSI TCS = _—=ct==="" repears Seduta del 2 Dicembre 1883. Presidenza del Presidente prof. ANTONIO STOPPANI. Il Presidente apre la seduta invitando il socio Molinari a leg- gere la sua Nota Sulla Datolite nel Granito di Baveno. Il segretario Mercalli legge un sunto della Memoria del si- gnor Napoleone Passerini, Sulla filaria terminalis n. sp., lettura ammessa a sensi dell’art. 24 del Regolamento. La memoria è i accompagnata da 5 tavole litografiche, ed è accettata per la pubblicazione negli Atti. Il segretario Pini legge una sua Nota dal titolo: U» po’ di luce sulla Hyalina obscurata, Porro, la quale sarà inserita per esteso negli Atti. Si passa agli affari. Il segretario Mercalli legge il processo verbale della seduta del 1° luglio 1883, che viene approvato. Il Presidente invita alla votazione per la nomina a socio ef- fettivo del sig. NAPOLEONE PasserINI, allievo del R. Museo di Storia Naturale di Firenze, proposto dai socî prof. Giuseppe Mercalli, prof. F. Sordelli e ing. Francesco Molinari. Il signor N. Passerini è eletto ad unanimità. Il Presidente invita il segretario Mercalli a dare comunica- zione del risultato della votazione delle proposte di Aggiunte e modificazioni al Regolamento della Società. 406 i SEDUTA DEL 2 DICEMBRE 1883. Il segretario Mercalli legge la seguente Circolare inviata ai socî effettivi: SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI Mirano. Milano, 20 Luglio 1883. IMustre Signore, Le proposte di aggiunte e modificazioni al Regolamento della Società Italiana di Scienze Naturali, che la S. V. troverà qui sotto indicate, ! ven- nero discusse nelle sedute ordinarie del 29 Aprile e del 4 Giugno 1883, e poi nella seduta del 1° corrente Luglio formulate ed approvate dai socî pre- senti. Ma nella medesima seduta si deliberò di domandare il voto per iscritto anche dei socî assenti. Si prega quindi la S. V. di volere esaminare dette proposte e mandare il suo voto per iscritto alla Direzione della Società. I socî che, termine un mese dalla data della presente, non manderanno nessuna risposta, si riterranno consenzienti, e le proposte saranno approvate o respinte conformemente al voto della maggioranza. Il Presidente Prof. ANTONIO STOPPANI. Il Segretario Prof. Giuseppe MERCALLI. A questa Circolare risposero affermativamente dieci soci. Gli altri non risposero; e quindi, a tenore della Circolare, sono da ritenere consenzienti. Il Presidente Stoppani quindi dichiara ap- provate le Aggiunte e modificazioni al Regolumento della So- | cietà quali sono inserite nel Verbale della seduta del 1.° Lu- | glio 1883. i — Il segretario Mercalli legge le lettere dei signori dott. Luigi i Vedi pag. 372. SEDUTA DEL 2 DICEMBRE 1883. 407 Bozzi ed Osvaldo Kruch, colle quali dichiarano di accettare di far parte quali socî effettivi della Società Italiana di Scienze Naturali, e ringraziano della nomina. Dietro proposta del Presidente viene approvato il cambio de- gli Atti della Societa col Giornale botanico del prof. Caruel e colle pubblicazioni della Academy of Natural Sciences of Phi- ladelphia. Il Presidente presenta il Programma della sezione antropo- logica della Esposizione Generale Italiana da tenersi a Torino nel 1884.‘ 4 Per comodo dei socî cultori dell’ Antropologia, che volessero esporre i frutti dei loro studî alla Mostra nazionale di Torino, trascriviamo dal detto Programma l’ e- lenco delle classi in cui sarà divisa la Sezione Antropologica: CLAasse Ia Metodi e processi di studio nelle Scienze Antropologiche. » II.® Antropologia comparata e generale. » IIIL.® Antropologia anatomica. » IV.a Antropologia biologica ed etnologica. » V.a Antropologia patologica. » VI.a Antropologia preistorica e paleoetnologica. >» VII» Etnografia. ELENCO DEI LIBRI PERVENUTI IN DONO OD IN CAMBIO ALLA BIBLIOTECA SOCIALE NELL’ ANNO 1883. PUBBLICAZIONI PERIODICHE DI SOCIETÀ ED ACCADEMIE SCIENTIFICHE. Italia. Bollettino decadico dell’ Osservatorio del Collegio Reale Carlo Alberto in Moncalieri. Anno XI, N. 9-12; Anno XII, N. 1-7. Bollettino mensuale di detto Osservatorio. Serie II*, Vol. II, N. VIEXII ; Vol. III, N. I-VII. Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino. Ivi, 1882, 8°, Vol. XVIII, disp. 1-7. Bullettino dell’ Osservatorio della R. Università di Torino. Ivi, 1883, 4°, Anno XVII. Bollettino del Club Alpino Italiano per Vanno 1882. Torino, 1883, 8°, Vol. XVI, N. 49. Giornale della Società di Letture e Conversazioni Scientifiche di Genova. Ivi, 1882, 8°, Anno VI, fasc. IX-XII; Anno VII, fasc. I-XI. Bullettino dell’ Agricoltura. Milano, 1882, 4°, Anno XVI; N. 52; Anno XVII, N. 1-42. Bullettino necrologico mensile del Comune di Milano. Ivi, 1882, 4°, settembre-novem- bre; 1883, gennaio-settembre. Rendiconti del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Milano, 1882-1883, 8°, Serie II*, Vol. XV, fasc. 19-20; Vol. XVI, fasc. 1-17. Memorie del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Milano, 1883, 4°, Vol. XV. Atti dell'Accademia Fisio-Medico-Statistica di Milano. Ivi, 1883, 8°, Anno Accade- mico 1883, Serie IV2, Vol. I. L’ Esploratore. Milano, 1883, 8°, Anno VII, fasc. I-XI. Commentari dell'Ateneo di Brescia per gli anni 1882 e 1883. Brescia, 1882, 8°. Atti della Società Veneto-Trentina di Scienze Naturali residente in Padova. Ivi, 1882, SiwVol. VIII, fasc. 1. Bullettino della detta Società. Padova, 1883, 12°, Tomo II, N. 4. Atti dell’Accademia Olimpica di Vicenza. Ivi, 1880, 8°, Sem. I e II, 1881, Vol. XII. 410 LIBRI IN DONO, ECC. Bullettino dell’ Associazione Agraria Friulana. Udine, 1882, 8°, Serie III°, Vol. V, N. 52; Serie III°, Vol. VI, N. 1-49, Atti del Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. Venezia, 1881-82, 8°, Tomo VIII, Serie V?, disp. 9-10; Tomo I, Serie VI*, disp. 1-9. L’ Ateneo Veneto. Rivista mensile di Scienze, lettere ed Arti. Venezia, 1882, 8°. Se- rie IV®, N. 4; Serie V®, N. 1-5 e 6; Serie VI?, N. 2-6; Serie VII: Vol. 1, N. 2-6; Vol. 2, N.1e 2. L’ Amico dei Campi. Trieste, 1882, 8°, Anno XVIII, N. 11-12; Anno XIX, N. 1-9. Atti della Società dei Naturalisti di Modena. Ivi, 1883, 8°, Memorie, Serie III°, Vol. I, Anno XVI. Annuario della Società dei Naturalisti in Modena. Ivi, 1881,-8°, Anno XV, Serie II°, disp. 4. — Indice Generale. Rendiconto dell’Adunanza 21 dicembre 1882. Memorie dell’ Accademia delle Scienze dell’ Istituto di Bologna. Ivi, 1882, 4°, Serie IV?, Tomo III, fasc. 3 e 4; Tomo IV, fasc. 1-3. Rendiconto delle Sessioni dell’ Accademia delle Scienze dell’ Istituto di Bologna. Ivi, 1882, 8°. Anno Accademico 1881-82; Anno Accademico 1882-83. Bullettino di Paletnologia Italiana. Reggio d’ Emilia, 1882, 8°, Anno VIII, N. 10-12; Anno IX, N. 1-7. Indice, Anno VIII. Atti della Società Toscana di Scienze Naturali. Processi Verbali. Vol. III, Adunanze 2 novembre 1882, 4 marzo 1883; Vol. V, fasc. 2. Pisa, 1883, 8°. Adunanza 1 lu- glio 1883. Bullettino della Società Entomologica Italiana. Firenze, 1883, 8°, Anno XV, To. II e ITI. Indice del Vol. XIV. Atti della Regia Accademia dei Fisiocritici di Siena. Ivi, 1883, 4°, Serie III, Vol. 2, Msî:8; Vol.II, fase. 7 Atti della R. Accademia dei Lincei. Roma, 1882, 4°. Transunti, Vol. VII, fasc. 1-15. Bollettino del R. Comitato Geologico d’ Italia. Roma, 1882, 8°, Vol. XIII della Rac- colta, N. 11 e 12; Vol. IV, N. 1-6. Annali del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio. Roma, 1877, 8°, Anni 1877, 1879. Memorie di Matematica e di Fisica della Società Italiana delle Scienze detta dei XL. Napoli, 1882, 4°, Serie III°, Tomi IV e V. Atti del Reale Istituto d’Incoraggiameneo alle Scienze Naturali, Economiche e Tecno- logiche di Napoli. Ivi, 1882, 4°, 3* Serie, Vol. I Bollettino della Società Africana d’ Italia. Napoli, 1883, 8°, Anno II, fasc. 4. REendiconti della R. Accademia delle Scienze fisiche e matematiche di Napoli. Ivi, 1882, 4°, Anno XXI, fasc. 11 e 12; Anno XXII, fasc. 1-10. Atti di detta Accademia. Napoli, 1882, 4°, Vol. IX. Il Picentino. Salerno, 1882, 8°, Anno XXV, fasc. 10-12; Anno XXVI, fasc. 1-9. Giornale ed Atti della Società d’ Acclimazione ed Agricoltura in Sicilia. Palermo, 1882, 8°, Anno XXII, N. 9-12; Anno XXIII, N. 1-10. Giornale di Scienze Naturali ed economiche della Società di Scienze Naturali ed eco- nomiche di Palermo. Ivi, 1882, 4°, Vol. XV, Anno XV. Bullettino di detta Società. N. 18. LIBRI IN DONO, ECC. 411 Francia. Bulletin mensuel de la Société d’ Acclimatation. Paris, 1882, 8°, 3° Série, Tome IX, N. 11, 12; Tome X, N. 2-9. Revue Savoisienne. Annecy, 1882, 4°, Année 23°, N. 11, 12; Année 24°, N. 1-10. Bulletin de la Société libre d’émulation du commerce et de l’industrie de la Seine In- férieure. Rouen, 1882, 8°. Exercice 1881-1882. Mémoires de la Société des Sciences physiques et naturelles de Bordeaua. Ivi, 1882, 8°, Index, T. IV, T. V, Cahiers 1 e 2. Société d’hiktoire naturelle de Toulouse. Ivi, 1881, 8°, Année XV, 1881. Mémoires de la Société nationale des sciences naturelles et mathématiques de Cher- bourg. Ivi, 1881, 8°, Tome XXIII. Catalogue de la bibliothèque, 1° partie. Précis analytique des Travaua de VAcadémie des Sciences, Belles- Lettres et Arts de Rouen pendant l'année 1880-1881. Rouen, 1882, 8°. E per l’anno 1881-82. — Bulletin de la Société d’études scientifiques d’ Angers. Ivi, 1882, 8°, XI° et XII° An- nées, 1881-1882. Annales de la Société d’ Agriculture, Histoire Naturelle et Arts utiles de Lyon. Ivi, 1881, 8°, Tome III, V° Série; Tome IV, V° Série. Revue de Botanique. Bulletin mensuel de la Société Francaise de Botanique. Auch, 1883, 12°, Tome II, N. 13. ant n VT LL _ Svizzera. Beitrige zur Geologischen Karte der Schweiz. Bern, Blatt XVII. Mittheilungen der Naturforschenden Gesellschaft in Bern aus dem Jahre 1882, N. 1030-1039, heft. 1. Bern, 1882, 8°. Mémoires de la Société de Physique et d’ Histoire Naturelle de Genève. Ivi, 1882-1883, 4°, Tome XXVIII, 1° partie. Bulletin de VInstitut National Genevois. Genève, 1883, 8°. Tome XXV. Verhandlungen der Schweizerischen Naturforschenden Gesellschaft in Linthal. 65 Jaress. Glarus, 1882, 8°. Jahres-Bericht der Naturforschenden Gesellschaft Graubindens. Chur, 1883, 8°. Neue Folge, Jahrg. XXVI. , Bulletin de la Société Vaudoise des Sciences Naturelles. Lausanne, 1882, 8°, 2° Série Vol. XVIII, N. 88. Bulletin de la Société des Sciences Naturelles de Neuchdtel. Ivi, 1883, 8°, Tome XIII. Belgio. | Bulletin de la Société Royale de Botanique de Belgique. Bruxelles, 1883, 8°, T. 21. | Procès-Verbaux des Séances de la Soci&é Royale Malacologique de Belgique. Bruxel- les, 1883, 8°. Séance 5 février 1882, 5 mars 1882, 1 avril 1882, 6 mai 1882, 3 | juin 1882, 2 juillet 1882. porti AT IPA 412 LIBRI IN DONO, ECC. Annales de la Société Royale Malacologique de Belgique. Bruxelles, 1881, 8°, Tome XIV, Année 1879; Tome XVI, Année 1881. Paesi Bassi. Archives du Musée Teyler. Haarlem. 1882, 8°, Série II, Partie III° Archives Néerlandaises des Sciences exactes et Naturelles. Haarlem, 1883, 8°, Tome XVII, livr. 3, 4, 5; Tome XVIII, livr. 1. Russia. Mémoires de VAcadémie Imperiale des Sciences de St. Pétersbourg. Ivi, 1882, 4°, To- me XXX, N. 6-8-11; Tome XXXI, N. 1-4. Bulletin di detta Accademia. St. Pétersbourg, 1882, 4°, Tome XXVIII, N. 2, 3. Bulletin de la Société Impériale des Naturalistes de Moscou. Ivi, 1882, 8°, Année 1882, N. 1, 2, livr. 1-4; Année 1883, N. 1. Nouveaux Mémoires di detta Società. Moscou. 1883, 4°, Tome XIV. livr. 4. Notiser ur Sillskapets pro Fauna et Flora Fennica. Forhandlinger. Helsingfors, 1882, 8°. Ny Serie, héiftet 5. Gran Brettagna (Inghilterra). Proceedings of the Scientific Meetings of the Zoological Society of London for year 1882. London, 1882, 8°, Part I-IH-IV, 1883; Part I-III. Index, 1871-1889. Proceedings of the Society for Psychical Research. London, 1883, 8°, Vol. I, Parts II, III l Transactions of the Zoological Society of London. Ivi, 1882, 4°, Vol. XI, Part 7-9. List of the vertebrated Animals now or lately living in the gardens of the Zoo- logical Society of London, 1883, 8°. Proceeding of the Royal Society. London, 1881, 8°, Vol. XXXII, N. 214-219; Vol. XXXIV, N. 220. Philosophical Transactioris of the Royal Society of London. Ivi, 1881, 4°, Vol. 172, Par I Vpl173, Part 1. Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. London, 1881, 8°, Vol XLII, N; 1,7%, A-9) Scozia. Transactions of the Geological Society of Glasgow. Ivi, 1883, 8°, Vol. VII, Part 1. Proceedings of the Royal Physical Society. Edinburgh, 1882, 8°, Session 1881-82. RR I è Pe ee Sri a LIBRI IN DONO, ECC. 413 Irlanda. The Scientific Proceedings of the Royal Dublin Society. Dublin, 1882, 8°, Vol. III, Part 5. The Scientific Transactions of the Royal Dublin Society. Dublin, 1882, 4°, Vol I, Parts XV-XIX; Vol. II (Series II), Parts II. Germania. Schriften der Physikalisch-Ekonomischen Gesellschaft zu KUnigsberg. Ivi, 1882, 4°, Jahrg. XXIII, Abth. I-II. Beitriige zur Naturkunde Preussens. K6nigsberg, 1882, 4°, 5. Schriften der Naturforschenden Gesellschaft in Danzig. Ivi, 1883, 8°. Neue Folge, fiunften Bandes, viertes heft. i Zeitschrift der Deutschen geologischen Gesellschaft. Berlin, 1883, 8°, Bd. XXXV, heft 1. Palaeontographica. Cassel, 1882, 4°, Band XXIX, lief. 3-6. Suppl. II, Abtheil. 4°, Atlas.; Suppl. III, lief. 10, 11. XXIX und XXX Bericht des Vereines fiir Naturkunde zu Cassel. Ivi. 1883, 8°. Sitzungsberichte der Naturforschenden Gesellschaft zu Leipzig. Ivi, 1883, 8°. Neunter Jahrgang. 1882. Achter Jahrg. 1881. Jenaische Zeitschrift fiir Naturwissenschaft. Jena, 1883, 8°, Band XVI. Sitzungsberichte der Jenaischen Gesellschaft fiir Medicin und Naturwissenschaft fiir das Jahr 1882. Jena, 1883, 8°. Sitzungsberichte und Abhandlungen der Naturw. Gesell. Isis in Dresden. Ivi, 1883, 8°. Jahrg. 1882, juli bis december; Jahrg. 1883, januar bis juni. 59ster und 60ster Jahres-Bericht der Schlesischen Gesellschaft fiir. vaterlindische Cultur fiir 1881 und 1882. Breslau, 1882-83, 8°. Achter Bericht der Naturwiss. Gesellschaft zu Chemnitz. Ivi, 1883, 8°. 1881-1882. Bericht iiber die Senckenbergische Naturforschende Gesellschaft 1881-1882. Frankfurt a. M., 1882, 8°. 22 und 23 Bericht Offenbacker Vereins fiir Naturkunde. Offenbach a. M., 1883, 8°. Notizblatt des Vereins fiir Erdkunde zu Darmstadt. Ivi, 1882, 8°, IV Folge, III Heft, N. 15. Verhandlungen der Physical.-Medicin. Gesellschaft zu Wiirzburg. Ivi, 1883, 8°, N. F. Band XVII. Sitzungsberichte der Physikalis.-Medicinischen Gesellschaft zu Wiirzburg. Ivi, 1882, 8°, Jahrg. 1882. Correspondenz-Blatt des Zoologisch.-mineralog.- Vereines in Regensburg. Ivi, 1882, 12°, Jahrg. 36. Sitzungsberichte der Mathematisch-physikalischen Classe der k.b. Akademie der Wis- senschaften zu Miinchen. Ivi, 1882, 8°. 1882, Heft IV, V; 1883, Heft I, II. 414 LIBRI IN DONO, ECC. Abhandlungen della suddetta Accademia. Minchen, 1883, 4°, Band XIV, Abth. II Gedtchtnissrede auf Otto Hesse. Miinchen, 1882, 4°. Sechsundzwanzigster Bericht der Naturhistorischen Vereins in Augsburg. Ivi. 1881, 8°. Siteungsberichte der Physikalisch-medicinischen Societit zu Erlangen. Ivi, 1882, 8°, Heft 14, Austria-Ungheria. Jahrbuch der k. k. Geologischen Reichsanstalt. Wien, 1882, 8°. Jahrg. 1882, Band XXXII, N. 4; Band XXXIII, N. 123. Verhandlungen del detto Istituto. Wien, 1882, 8°. Jahrg. 1882, N. 12-18; 1883, N. 1-5, 7-9. Mittheilungen der Anthropologischen Gesellschaft in Wien. Ivi. 1882, 4°, Bd. XII, Bd. XIII, Heft I, II. Verhandlungen der k. k. Zoologisch-botanischen Gesellschaft în Wien. Ivi, 1883, 8°, Band XXXII. | Mittheilungen der k. k. Geographischen Gesellschaft in Wien. Ivi, 1882, 8°, Bd. XXV. . Berichte des Naturwis.-medizinisch. Vereines in Innsbruck. Ivi, 1882, 8°, Jahrg. XII, 1881-82. Mittheilungen des Vereines der Aerzte in Stejermark. Graz, 1883, 8°, XIX Vereinsj. 1882. IX Jahresbericht der Gewerbeschule zu Bistritz în Siebenbiirgen. Bistritz, 1883, 8°. Mittheilungen aus dem Jahrbuche der Kòn. Ungarischen Geologischen Anstalt. Bu- dapest, 1882, 8°, Bd. VI, Heft 3, 4. Verhandlungen und Mittheilungen des Siebenbiirgischen Vereins fiir Naturwissen- schaften in Hermannstadt. Ivi, 1883, 8°, Jahrg. XXXIII. Foldtani Kòzl0ny. Budapest, 1883, 8°, Kotet XIII, fuzet 1-3. Svezia. Entomologisk Tidskrift. Stockholm, 1882, 8°, Arg. 3, héft 4. America settentrionale. Geology of Wisconsin. Beloit, 1880, 8°, Vol. III, Survey of 1873-1879, con Atlante. Proceedings of the American Academy of Arts and Sciences. Boston, 1882, 8°. New Series, Vol. IX, Whole Series, Vol. XVII. Proceedings of the Boston Society of Natural History. Boston, 1881, 8°, Vol. XX, «part IV; Vol. XXI, parts I-III. Memoirs of the Boston Society of Natural History. Boston, 1882, 4°, Vol. III, Num- ber IV, V. LIBRI IN DONO, ECC. 415 Smithsonian Miscellaneous Collections. Washington, 1882, 8°, 469. List of foreign Correspondents. Annual Report of the Comptroller of the PRADA Washington, 1881, 8°, December 5, 1881. Annual Report of the Board of Regents of the Smithsonian Institution, for jear 1880. Washington, 1881, 8°. Missouri Historical Society of St. Louis. Publication N. 7. The Transactions of the Academy of Science of St. Louis. Ivi, 1882, 8°, Vol. IV, N. 2. Science. Cambridge, Mass. U. S. A. 1883, 8°, Vol. I, N. 1-10-15. Memoirs of the American Academy of Arts and Sciences. Cambridge, 1882, 4°, Vol. XI, part 1. America centrale. Boletin del Ministerio de Fomento de la Republica Mexicana. Mexico, 1882, 4°, To- mo VII, Num. 96-120; Tomo VIII, Num. 1-118. Revista Cientifica Mexicana. Mexico, 1882, 4°, Tomo I, N. 23-25. Revista Mensual Climatolbgica. Mexico, 1882, 4°, Tomo I, N. 14-16. America meridionale. Bulletin Astronomique et Météorologique de VObservatoire Impériale de Rio de Ja- neiro. Ivi, 1882, 4°, N. 10-12; 1883, N. 1-9. Archivos do Museu Nacional do Rio de Janeiro. Ivi, 1877, 4°, Vol. II, Trim. 1-4; Vol. III, Trim. 1 e 2; Vol. IV, Trim. 1-4; Vol. V, Trim. 1-4. Australia. Journal and Proceedings of the Royal Society of New South Wales, 1881. Sydney, 1882, 8°, Vol. XV. New South. Australian Museum (Report of the Trustees, for 1882). Sydney, 1883, 8°. Asia. (Indie Orientali) Records of the Geological Survey of India. Calcutta, 1882, 8°, Vol. XV, parts 1-3. Memoirs of the Geological Survey of India. Calcutta, 1882, 8°, Vol. XIX, part 1. Memoirs of the Geological Survey of India. Palaeontologia Indica. Calcutta, 1881, 4°, Serie X, parts 1-3; Serie XIV, Vol. I, part 3, fasc. II. 416 LIBRI IN DONO, ECC. PUBBLICAZIONI NON PERIODICHE. Zoologia. BraUuER prof. dott. FrIEDRICH. — Offenes Schreiben als antwort auf Herrn Baron Osten-Sacken’s Critical Review « meiner arbeit iiber die Notacanthen ». Wien, 1883, 8°. Brusina SpIrIDION. — Anomalien der Ornis Croatica. Wien, 1883, 12°. CartAnEO dott. Giacomo. — Sul? Istologia del Ventricolo e Proventricolo del « Melop- sittacus undulatus Shaw.» Pavia, 1883, 12°. FrancescHINI FeLIce. — Notizie sulla Fillossera della Vite (Phylloxera vastatrix). Milano, 1879, 8°. MaRION A. F. — Application du Sulfure de Carbone au traitement des Vignes phyl- loxérées. Campagne de 1878. Paris, 1879, 4°. Mason Jonn J. — Minute Structure of the Central nervous System of certain Rep- tiles and Batrachians of America. Series A. Newport, 1879-1882, 4°. Ninni A. P. — Nuova specie di Gobius. Padova, 1883, 8°. PaRroNA prof. Corrano. — Intorno ad un individuo di Alopecias Vulpes, pescato nel Mare Sardo. Cagliari, 1883, 8°. Lo stesso. — Materiali per la Fauna dell’ Isola di Sardegna. I Protisti della Sar- degna (Prima Centuria). Pavia, 1883, 12°. , Lo stesso. — Osservazioni intorno ad un caso di Cisticerco nel Muflone di Sardegna. Torino, 1883, 8°. PasseRINI NAPOLEONE. — L’esame microscopico delle Uova del Baco da Seta. 12°. Lo stesso. — Sull’organo ventrale del Geophilus Gabrielis Fabr. Firenze, 1882, 8°. Lo stesso. — Sopra i due tubercoli addominali della Larva della Porthesia a rhoea Firenze, 1881, 8°. Lo stesso. — Sperimenti fatti per conoscere la vera causa del coloramento dei boz- zoli filati dai bachi da seta nutriti con foglie asperse di sostanze coloranti fina- mente polverizzate. Un foglio. Lo stesso. — Manuale pratico di Bachicoltura. Firenze, 1883, 12°. PicagLia dott. Luici. — Contribuzione allo studio degli Ortotteri del Modenese. Mo- dena, 1883, 8°. Pini NAPOLEONE. — (Argomentazioni di) sulle Due Parole del dott. Carlo Stefani in- torno ad alcune Clausiliae Toscane. Milano, 1879, 16°. PreupHomme DE BorrE A. — Analyse et résumé d’un Mémoire de M. le doct. G. H. Horn: On the Genera of Carabidae with special reference to the Fauna of Boreal America. Lo stesso. — Liste des Mantides du Musée royal d’histoire naturelle de Belgique. Bruxelles, 1883, 16°. StRoBEL prof. PrLLEGRINO. — Uccelli utili alla campagna. Parma, 1883, 12°. Lo stesso. — Le Lumache di Gardone. Reggio Emilia, 1883, 12°. TargionI-TozzetTI ApoLro. — La Fillossera a Valmadrera. Milano, 1879, 190, Lo stesso. — Ortotteri Agrarii. Firenze-Roma, 1882, 8°. sd. ®, tate [er e Se ai dic i È Pr a nico LIBRI IN DONO, ECC. 417 Botanica. . Bozzi dott. Luis. — Muschi della Provincia di Pavia. Milano, 1883, 12°. Pirotta prof. RomuaLpo. — I. Di un raro ibrido tra la Primula Vulgaris Huds. e la Pr. Suaveolens Bertol. Il. Intorno alla produzione di radici avventizie nell’ E- cheveria Metallica, Ln47. Modena, 1883, 8°. PrancHon Lovis. — Les Champignons comestibles et veénéneux de la région de Mont- pellier et des Cévennes aua points de vue économique et médical. Montpellier, 1883, 8°. Paleontologia. Lacor R. D. — List of Palaeozoic Fossil Insects of the United States and Canadà. Wilkes-Barre, Pa, 1883, 12°. Mineralogia. | Liversinee ArcuisaLD. — The Minerals of New South Wales. Sydney, 1882, 4°. Di vario argomento. | Announcement of the Wagner Free Institute of Sciences for the Collegiate Jear 1883. i Deputazione Provinciale di Bergamo. — Le Acque del Brembo e Vl Acquedotto di Milano. Bergamo, 1883, 8°. 4 GaLLi dott. ViraLiano. — Manuale d’ igiene rurale, scritto specialmente pel contadino bresciano. Brescia, 1882, 8°. Istituto Tecnico Garibaldi di Caserta. — Escursione agraria annuale degli alunni. Caserta, 1883, 12°. MercattI prof. Giuseppe. — Elementi di Botanica e di Zoologia Generale conformi ai programmi per la classe 5% ginnasiate. Milano, F. Vallardi, 1884, 8°. Lo stesso. — Elementi di Geografia Fisica conformi ai programmi governativi per la classe 1° liceale. Milano, F. Vallardi, 1884, 8°. d Programma della Sezione Antropologica alla Esposizione Generale italiana in Torino. | Ric®arps Thomas. — New South Wales in 1881. Sydney, 1882, 8°. | RowLanp Enrico A. — Relazione critica sulle varie determinazioni dell’'equivalente meccanica della Caloria. Venezia, 1882, 8°. Trevisan conte Virrore. — Emilio Cornalia. Milano, 1882, 16°. RES “rag “set Ro MEA: Î ii a di ue { ; +4 % NP LIT pa ar JI d at de RAI dla i Lode | DE di, OLIO GIRI ii dgr tI : Va PS ©“ an sà Liù EI TATOL I 1 e dui visa n n Ala viù 4 Us : PAT at pi y i n NI vw >: Rag LL VIA * ; P ULI SIONE Ceo) Li ta] ie "i 4 Uroir TOLICVI IO, - oi dai n pon SUE nti incl i A pet ie SE Jemi cls TS) : ? aa CIO 4 è x i e “ sd w six X xa % ua pra È Ka | SR i 4 ASIA sila IOCNRA Da dx È PO : D dei i Ag dit CE . È Ùi gii: È; 4 n «5 Sk £ PO ’ da PI UM TI ao DI k ti) i "4 PLL Sure «ta bit sa it - Qpr t BE. mei 4 : Ah x AURA o RP TSE ) i Ì , x x ì " ’ x i ‘ } - . » A i » ! Lana - x i not | Di fa APRI j Myrstai 5 : ì fd I] n v "ae 4 x » " Ar fut tai LPRY LARE L di 4 7 "SN è D Fi si de ’ PEA vp v È) Thea i ui w iS, , Ì t ì { . - Se è fr 3 - sl » ì 4 Î . La In , 4 . 4 6 INDICE Direzione pel 1883 Soci effettivi al principio dolPunge 1883 . Soci corrispondenti ; Istituti scientifici sttigrondonii i Seduta del 28 gennaio 1883 F. MotninarI, Dal Lago Maggiore al Lago d ata (tav. 1-2). G. BeLLoNcI, Sui ati aftini “ao PIATTA ini d: o). N. Pini, Nuova contribuzione alla Fauna fossile post- pliocenica della Lombardia . F. SALMOJRAGHI, Notazioni VETTA Seduta del 25 febbraio 1883 . Bilancio Consuntivo dal 1.° gennaio al 31 Fon 1882. Bilancio Preventivo per l’anno 1883 Seduta del 29 aprile 1883. A. PerIcLE NINNI, Sulle mute del Larus Mie, Natt. e del Larus Canus Linn. . sa A. PeRICLE NINNI, Sopra una forma di pese NUOVA pel Veneto . ) i G. MERCALLI, Sull eruzione cib CE, 99 Marzo 1888 . R. Besta, Sulla deformazione del becco in un Picus viridis i T. TARAMELLI, Lione del Do: cav. Camdittà Marinoni i N. Pini, Nuove forme di Clausilio ilianò 420 INDICE. Seduta del 3 giugno 1883. . . . . Pag. 144 C. Parona, Di alcuni nuovi Protisti RR: uao Sardegna e di due altre er. non ben conosciute ee , 149 A. PerIcLE NINNI, Sopra due rarissime specie di “scel possedute dal Civico Museo di Venezia . . . , 160 C. BeLLOTTI, Note ittiologiche . . . . sab E. BonarpI e C. F. PARONA, Ricerche milo giche sulle argille del bacino lignitico di Leffe (tav. 5.°) di, ) Mera ti. C. PARONA, La pigomelia nei catena. Muli C. LePoRI, Il maschio dell'anguilla (tav. 6°). ni Sr B. Grassi, Intorno allo sviluppo delle Api nell'uovo . , 355 Seduta del 1.° luglio 1883. . . . Manti L'hi G. B. VILLA, Escursioni geologiche fatte RA Bride iI N. Pini, Un po’ di luce sulla Hyalina obscurata Porro. , 389 Seduta del 2 dicembre 1883 . s 405 Elenco dei libri pervenuti in dono od in ‘cao sind Biblioteca Sociale nell’anno 1883 . #09 ERRATA CORRIGE Pag. 80 linea 13 nominatori numeratori 23 SUNTO DEL REGOLAMENTI DELLA SOCIETÀ S copo “delia oa. è di promuovere in Italia il progresso degli studi lativi alle scienze naturali. I Socj sono in numero illimitato, effettivi e corrispondenti. I Socj effettivi pagano it. L. 20 all’anno, in una sola volta, nel primo tri- les re dell’anno. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno quelli im noranti nel Regno d’Italia), vi presentano le loro Memorie e Comunica- oni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. A Socj corrispondenti si eleggono persone distinte nelle scienze naturali, le È ali dimorino fuori d’ Italia. — Possono diventare socj effettivi, quando si oggettino alla tassa annua di lire venti. — Non sono invitati partico- LI mente alle sedute della Società, ma possono assistervi e presentarvi o vi leggere delle Memorie o delle Comunicazioni. — | Ricevono gratuita- bi gli Atti della Società. La proposizione per l'ammissione d’un nuovo socio deve essere fatta e ma ta da tre socj effettivi. È Ei effettivi che non mandano la loro rinuncia almeno tre mesi prima a fine dell’anno sociale (che termina col 81 dicembre) continuano ad es- e tenuti per socj; se sono in ritardo nel pagamento della quota di un in no, e, invitati, non lo compiono nel primo trimestre dell’anno successivo, $ sano di fatto di appartenere alla Società, salvo a questa. il far valere 4 i diritti per le quote non ancora pagate. Le Comunicazioni, presentate nelle adunanze, possono essere stampate g gli Atti o) nelle \nfelniohiio della sega per estratto o si: esteso, secondo loro estensione ed importanza. La cura delle pubblicazioni spetta alla Hresitensa.? li Atti ed alle Memorie non si. ponno unire tavole se non sono del Pmato degli Atti o delle Memorie stesse. i l'utti i Socj possono approfittare dei libri della Biblioicca AS pur- Òi domandino a qualcuno dei membri della Presidenza, rilasciandone rolare ricevuta. di o Quanto ai lavori stampati negli Atti l’autore potrà far tirare un numero al nque di copie ai seguenti prezzi: Be & | sue a DEE Fsemplari « (..i SM uu: (4 EEE SELE __ 100. 5. li di foglio (4 pagine, . . | 1.125: L 225) L.250/L 4 | a foglio (8 pagine) -- .. |. |» 175 | #8 50. » 4 — I” 5 50) Ùì di foglio (12 pagine) . . |. 250/-5-|- 675 nt e BT 1 660 foglio, (16 pagine) INDICE. C. LipoRrI, Il maschio dell'anguilla (tav. 6°), (contin.° fine) Pag. B. Grassi, Intorno allo sviluppo delle Api nell’ uovo Seduta del 1.° luglio 1883. _ G. B. Vira, Escursioni geologiche falte La ga ianza N. Pini, Un po di luce sulla Hyalina obsentata Porro. Seduta del 2 dicembre 1883 . | Elenco dei libri pervenuti in dono od in nile alii Biblioteca Sociale nell’anno 1883 . vo ro astri sei Sat Tikya i De: voLvaE XXVI vu ages? Aric N Sult a ‘ 3 dt + Ron du. OC 3, tt x P — AA ci ‘, Fasorooro 1- _ — Foow iL 6, si - Farren ver È p: , vi a Gud de: i Re ì ha 5 e to FR ; na senno DI 0. REBESCHINI Bet PER È; ESTERO: PRESSO LA | LIBRERIA DI ULRICO HOEPLI (MILANO | Palazzo del Museo Civico, | Galleria De-Cristoforie, Via Mavin, i QTA uh 59-82. Ta 1884. 7 Per la compera de :MORIE si ve x i ATTI e delle M uesta copertina. gl %.. Pi, a È di 4 ©, " f b. , \ Î o pi pi È Bat ot ae o pt TNA, D la va al " à v ME 3 ini i ° Pag mot di , 3° pagina d \ x #- A per, %» ri, n ad pero Ri Segn i ape” AR € DI LI T . La . tai de, be "” DI = - = # da, d * % hi x î da j ne i e $ + 3 Ji di È i Di Rei N o: det, - i bi bj ° È. PRESIDENZA PEL 1884. Presidente, STOPPANI prof. Antonto, Direttore del Civico Museo di Stoi naturale di Milano. Vice-presidente, Vira AnToNIO, Milano, via Sala, 6. ‘ ORC RE i MERCALLI prof. Giuseppe, Milano, via S. Andrea, 10. 9 J Pini rag. NAPoLEONE, Milano, via Crocifisso, 6. Cassiere, GarGANTINI-PrAaTTI GiusePPE, Milano, via Senato, 14. - Cai 7 È) è : Cal » Pa = “ - pes È MC I a w mo Y «gua pi * » » Pe + li x i , Adi 4 «ha Li i RS mi n DJ -* togli te iii TE TON De i lt ia ear ritiene PR, La “ pui a fe Ù Foss Ge hd SRL, AELTI SOCIETÀ ITALIANA SCIENZE NATURALI. VOL. XXVII. ANNO 1884. MILANO, TIPOGRAFIA BERNARDONI DI GC. REBESCHINI E C. 1884. 534 { dà A: id i d ict: dari vi fi vuo \ À ti, È ; At OR TIT I 154 9 Sita ada FASCI LE UTO ch il use) i mi AA si dA que di 16 ui Cei SOCIETÀ ITALIANA = DI SCIENZE NATURALI DIREZIONE PEL 18684. Presidente. — StopPANI prof. cav. ab. ANTONIO, direttore del Mu- seo Civico di storia naturale in Milano, via Appiani, 13. Vice-Presidente — ViLLa cav. Antonio, Milano, via Sala, 6. MERCALLI prof. GiusEPPE, via S. Andrea, 10. Pini nob. rag. NAPOLEONE, via Crocifisso, 6. Conservatore. — MOLINARI ing. FRANCESCO. Segretarj i CONSIGLIO D’AMMINISTRAZIONE. Visconti Ekmes march. CARLO. BeLLoTTI dott. CRISTOFORO. CrIveLLI march. LuIiar. Cassiere. — GARGANTINI-PiaTTI GiusePPE, Milano, via Senato, 14. Economo. — DELFINONI avv. GOTTARDO Commissione amministrativa SOCJ EFFETTIVI al principio dell’anno 1884. ALBANELLI rag. FiLippo, Milano. Aresi Vincenzo, alunno nella R. Università di Napoli. ArrIGonI conte Oppo degli ObpI, Padova. Bazzi Eucenio, Milano. BeLLonci GiusepPE, prof. di zoologia nella R. Scuola Superiore di Milano. BeLLottI dott. CrIstoFoRo, Milano. BerLA ETTORE, Milano. Besta dott. Riccarpo, Ivrea. Bertoni dott. EucENIO, Brescia. Boccaccini prof. Corrapo, Ravenna. Borromeo conte CarLo, Milano. Borromeo conte Giserto juniore, Milano. BortI cav. ULDERICO, consigliere delegato presso la R. Prefet- tura di Reggio Calabria. BrioscHi comm. FRANCESCO, senatore del Regno e direttore del R. Istituto Tecnico superiore di Milano. BurtI sac. ANGELO, professore nel R. Istituto Tecnico, Milano. Buzzoni sac. Pietro, Milano (CC. SS. di Porta Romana). CALDERINI sac. Pietro, direttore dell’ Istituto Tecnico di Varallo (Val Sesia). ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI AL PRINCIPIO DELL'ANNO 1884. 5 CamerANO dott. Lorenzo, Torino. Campacci dott. Cesare; Milano. Canetti dott. CarLo, Milano. CANTONI comm. GAETANO, direttore della Scuola superiore di agri- coltura, Milano. Cantoni ELvezio, Pavia. CAPRIOLI conte Tommaso, Brescia. CarRUCccIO prof. cav. AntoNIO, della R. Università di Modena. CastELFRANCO prof. Pompeo, Milano. | CasteLLI dott. FeDERICO, Livorno. CatTANEO dott. Giacomo, Pavia. CavaLLoTTI ing. AnGeLo, Milano. CeRUTI ing. Giovanni, Milano. Certi ing. GIOVANNI, Lato (Como). Cocconi prof. GEROLAMO, Bologna. CoLienon dott. NicorA, professore di meccanica nel R. Istituto Tecnico, Firenze. Coromo dott. Giuseppe, Monticello di Casirago (Brianza). CoLomBo-ParaccHI sac. FEDERICO, professore nel Collegio di Gorla Minore. CoLoni sac. GAETANO, professore di Scienze naturali a Crema. CresPELLANI cav. ARSENIO, Modena. CriveLLi march. Luici, Milano. De CARLINI ANGELO, studente di scienze naturali, Pavia. DeLFINonI avv. GortARDO, Milano. DeL Marmo march. NorBERTo, Milano. De Leone dott. Vincenzo, Castiglione Messer Raimondo (Abruzzo). Doria march. Giacomo, Genova. EmeRy dott. CARLO, professore di zoologia nella R. Università «di Bologna. FanzaGo dott. FiLippo, professore di storia naturale nella R. Università di Sassari. FeRRaRIO dott. cav. ErcoLe, Gallarate. . FerrERO Ottavio Lurar, professore di chimica nel R. Istituto Agrario di Caserta. 6 ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI FRANCESCHINI rag. FeLice, Milano. GAFFURI sac. CESARE, studente di scienze naturali, Pavia: GALANTI ANTONIO, professore di agraria nel R. Istituto Tecnico, Milano. GARBIGLIETTI cav. AntoNIO, dottore collegiato in medicina, To- rino. GARGANTINI-PIATTI ing. GIUSEPPE, Milano. Gasco FRANCESCO, professore nella R. Università di Genova. Gervasoni dott. TuLLIO, Bergamo. GracomettI dott. Vincenzo, Mantova. GigeLLI dott. GiusePPE, professore di botanica nella R. a: sità di Bologna. Gourn ing. LEONE, Cagliari. Grassi dott. BATTISTA, Rovellasca (prov. di Como). GuaLteRIO march. CARLO RAFFAELE, Bagnorea (Orvieto). | GuiscaRDI dott. GuGLIELMO, professore di geologia nella R. Uni- versità di Napoli. — LePORI dott. CESARE, assistente al Museo zoologico dell’ Univer- sità di Cagliari. LezzanI march. MassiMiLIANo, Roma. LinerarDI dott. GIAMBATTISTA, Pavia. MagGI dott. LeoPoLDo, professore di anatomia comparata nella R. Università di Pavia. MaerETTI dott. PaoLo, Cassina Amata (Milano). MaLFaTTI dott. Grovanni, Milano. MaLinveRNI ALEssIo, Quinto (Vercelli). MantovaNI Pio, professore di storia naturale nell’ Istituto Tec-. nico di Reggio Calabria. Manzi prof. MicHELANGELO, Lodi. MarcHI dott. Pietro, Firenze. MarsiLIi LuIei, professore di fisica nel R. Liceo di Pontremoli. MartELLI-BoLoGNINI conte IpPoLITo, Pistoja. Mask sac. FRANCESCO, arciprete a Castel d’Ario (provincia di | Mantova). MarTIROLo dott. ORESTE, Torino. dae. e al Si, "RI Tp —g reo cc te ren dbm AT, PRINCIPIO DELL'ANNO 1884. 7 Mazza FELICE, studente in medicina, Varzi (Voghera). MazzoccHI ing. Lurer, assistente al R. Istituto Tecnico superiore di Milano. MazzuccHELLI ing. VittoRIo, Milano. Mazzenti sac. GrusePPE, Modena. MELLA conte CarLo ARBORIO, Vercelli. MenecHINI GiusEPPE, professore di geologia nella R. Università di Pisa. Mercatti sac. prof. Giuseppe, Monza. Mezzena ELvino, Milano. MotinarI ing. FRANCESCO, assistente al Museo Grido. di Milano. MoLon cav. ing. Francesco, Vicenza. MontaNARO cav. CARLO, reggente l’Intendenza di Finanza, Aquila. Mora dott. Antonio, Bergamo. Nava Emizio, studente di scienze naturali, Pavia. Negri Francesco, avvocato alla Corte d’Appello di Casalmon- ferrato. NeeRI dott. cav. GartANO, Milano. NeeRI dott. Luier, Milano. NicoLis EngICo, Verona. NicoLucci cav. GrustInIAno, Isola presso Sora (Napoletano); Ninni conte ALESsANDRO PERICLE, Venezia. Nocca CARLO Francesco, Pavia. Norsa Gruseppe, Milano. OmBonI dott. Giovanni, professore di bella nella R. Uni- versità di Padova. PaADULLI conte PietRO, istruttore pratico di chimica nel labora- torio della Società d’Incoraggiamento d’arti e mestieri, Milano. ‘PaoLucci dott. Lursi, professore di storia naturale nel R. Isti- tuto Tecnico, Ancona. Parona dott. CarLo FABRIZIO, assistente di geologia nella R. Università di Pavia. Parona dott. CorraDo, professore nella R. Università di Genova. PasserINI dott. GiovanNI, professore di botanica nella R. Uni- versità di Parma. i :8 ELENCO DEI SOCJ EFFETTIVI PassERINI conte NAPOLEONE, Firenze. PauLucci marchesa MARIANNA, Villa Novoli presso Firenze. Pavesi dott. Pietro, professore di zoologia nella R. Università di Pavia. PeruGIA dott. ALBERTO, direttore onorario del Museo civico di Trieste. PianzoLa LuIGi, dottore in legge, Milano. PicagLia dott. Luier, Modena. Pini nob. rag. NAPoLEONE, Milano. Pirona dott. GiuLio ANDREA, professore di storia naturale al Liceo di Udine. PirortA dott. RomuALDO, professore di botanica, direttore del- l'orto botanico della R. Università di Modena. PoLLi Pietro, professore di storia naturale all’ Istituto Tecnico di Milano. Ponti Cesare, Milano. PRADA dott. Troporo, professore di storia naturale ali’ Istituto Tecnico di Pavia. ResescHINI CrIstIANO, Milano. ReGazzoNnI dott. INNocENZO, professore nel R. Liceo di Como. RiBoLDI mons. AGOSTINO, vescovo di Pavia. RicgarDp GiuLio Aueusto, Milano. RosaLes-CreaLini march. Luigi, Bernate (Como). Rossi cav. ANTONIO, ingegnere capo del genio civile (Como). SaccHI MARIA, allieva del 3.° corso di scienze naturali nella R. Università di Pavia. SaLMoJsRAGHI ing. FRANCESCO, professore di mineralogia nel R. Istituto Tecnico Superiore di Milano. SartoRIO dott. AcHinLE, professore di storia naturale nel R. Li- ceo di Pistoja. ScARABELLI-GOMMI-FLAMINI GIUSEPPE, senatore del Regno, Imola. ScAaNDER-LEvI barone comm. ApoLro, Firenze. Scarpa dott. GrusePPE, Treviso. ScocLa dott. LorENZzo, Milano. SELLA comm. QuINTINO, ingegnere delle miniere, deputato al Par- lamento, Roma. AL PRINCIPIO DELL’ ANNO 1884. 9 — SoRrpELLI prof. FeRpINANDO, aggiunto al Museo Civico di storia naturale di Milano. . SPINELLI GIOVANNI BATTISTA, Venezia. . StoPPANI ab. ANTONIO, professore di apeosA nel R. Istituto Tec- nico Superiore di Milano. STROBEL PELLEGRINO, professore di mineralogia nell'Università di Parma. TarAMELLI Torquato, professore di geologia nella R. Università di Pavia. Targioni-Tozzetti ApoLro, professore di zoologia al Museo di storia naturale di Firenze. Terracciano cav. NicoLa, direttore dei giardini Reali a Caserta. TesrarocHi avv. EgrNESTO, Moncalvo (Monferrato). Tommasi dott. ANNIBALE, Mantova. TRANQUILLI GIOVANNI, professore di storia naturale nel Liceo di Ascoli. TREVISAN conte Vittore, Milano. Turati nob. ERNESTO, Milano. Turati nob. GIANFRANCO, Milano. VALLE dott. AntoNIO, assistente presso il Civico Museo di storia naturale di Trieste. VERRI ANTONIO, capitano nel Genio militare, Terni. Vieoni nob. GruLio, Milano. Via cav. AntoNIO, Milano. Vista ing. CaLtisto, Milano. ViLLa VirtoRrIo, Milano. Visconti conte ALFronso Maria, Milano. Visconti Ermes march. CarLo, Milano. ——————______—_——__—————————@ circolare, contornata da sei papille arrotondate. Ano situato sulla faccia ventrale dell’ estremità posteriore del corpo, precedente una + coda membranosa breve, di forma sub-conica. Estremità poste- + riore del maschio un po’ incurvata in avanti, munita di un pene © SULLA FILARIA TERMINALIS. 47 retrattile chitinoso formato di quattro pezzi, dei quali î due ter- minali sono un po’ ricurvi in avanti. Apertura sessuale del ma- schio situata all’estremità posteriore del corpo in una sorta di cloaca in cui mette capo anche l’ intestino, e contornata da sei cirrì molli, di cui i primi che sono bifidi all’ apice, i due succes- sivi divisi in tre, e gli ultimi semplici. Il testicolo è unico. Femmina più grossa del maschio, ovipara; munita di due ovarî e di una vagina sboccante all’ estremità posteriore del corpo, poco avanti l’orifizio anale. Lunghezza totale del maschio . . . . . 22"® a 33"" Diametro medio del corpo del medesimo —. 0"",100 Lunghezza totale della femmina... . . 30°" a 40°® Diametro del corpo della stessa... . . 0®%,135 a 0°",154 UOVA. Le uova del verme in quistione sono di forma ovale; conten- gono un protoplasma granuloso di colore oscuro, entro cui sta immerso un nucleo (vescicola germinativa) trasparente, roton- ‘ deggiante o un po’ ovale, il quale alla sua volta contiene un piccolo nucleolo (macchia germinativa). Il tutto è ravvolto da una tenuissima membrana vitellina, difesa esternamente da un sottile guscio di chitina trasparentissimo, ed elastico al massimo grado (Tav. II, fig. 1). Darò qui le misure di alcune uova: Lunghezza Larghezza om 092 om 062 om 094 o» 063 om 103 o 070 Omm 118 o" 081 La lunghezza più comune, peraltro, è di circa 95 micromil- limetri. 48 N. PASSERINI, Vedremo a suo luogo, parlando dell'organo riproduttore fem- | minile, come queste uova si formino nel corpo della madre. Ora | ci occuperemo solamente del loro sviluppo, dopo uscite dalla va- gina della femmina. Avvenuto l’accoppiamento dei due sessi, le uova mature con- | tenute nel ventre della femmina rimangono fecondate, e, dopo | non molto, vengono espulse all’esterno. Esse trovandosi in con- | dizioni adatte al loro sviluppo, immerse cioè nel pus e sotto- | poste ad una temperatura conveniente nel polmone della lepre, danno origine all’embrione che poi rotto il guscio chitinoso, passerà alla vita libera sotto forma di larva. L’uovo già fecondato e già espulso comincia a mostrare il protoplasma meno addensato, e più uniformemente distribuito dentro la cavità del guscio (Fig. 2). Il suo nucleo acquista verso la parte mediana una specie di strozzatura, che va man mano facendosi più profonda fino a dividerlo in due porzioni distinte. _ Il nucleolo subisce la stessa sorte (Fig. 3). Anche il protoplasma (tuorlo) della cellula-uovo prende parte a questa divisione; infatti | si scinde in due porzioni, ciascuna delle quali si addensa intorno | ad uno dei due nuovi nuclei formatisi. Le due porzioni di vi- | tello si rivestono ciascuna di una membrana propria, e si ha così compita la prima fase della segmentazione del tuorlo: la cellula-uovo si è divisa in due (Fig. 4). In seguito, il nucleo di ciascuna di queste due cellule nuovo- { formate subisce prima lo strozzamento, poi la divisione in due, e con esso il nucleolo (Fig. 5). Poi si ha l’addensamento del pro- toplasma attorno ai due nuovi nuclei, e quindi la formazione di _ due nuove cellule. La cellula-uovo è ora divisa in quattro por- zioni, o meglio, ha dato origine a quattro cellule figlie (Fig. 6). Queste, ciascuna per conto proprio, si dividono ancora in due (Fig. 7), e così il processo di segmentazione del tuorlo procede, fino a formare quel tale ammasso di cellule che prende il nome | di morula (Fig. 8). In breve la morula comincia ad acquistare forma un po’ al- lungata nel senso del maggior diametro dell’uovo, le sue cel- IA _ e IA SULLA FILARIA TERMINALIS. 49 lule si addossano sempre più le une alle altre, disponendosi in due strati ben distinti: uno esterno che rappresenta l’ectoderma, uno interno l’endoderma (Fig. 9). Si ha così la formazione di una gastrula, avente una cavità centrale a fondo chiuso, la quale diverrà in seguito il tubo digerente. La formazione dell’ecto- derma e dell’endoderma avviene, come abbiamo visto per dela- minazione. La gastrula si allunga e comincia a ripiegarsi su di un lato; nello stesso tempo, alcune cellule dell’endoderma situate presso l’orifizio della gastrula, proliferano e danno origine ad un nuovo strato cellulare che, dirigendosi indietro, s’interpone fra l’ecto- derma e l’endoderma; questo è il mesoderma (Fig. 10). Continuan- do a sviluppare e ad allungarsi, la gastrula (Fig. 11) si trasforma in un vero e proprio embrione, che occupa la parte periferica della cavità ovarica, stando ripiegato su di un lato (Fig. 12 e 13). Nell’ embrione, la cavità della gastrula si restringe e si apre posteriormente, dando così origine al tubo digerente. Finalmente l'embrione ha raggiunto il suo ultimo sviluppo (Fig. 14), e non ha che da rompere il guscio dell’ uovo, per pas- sare allo stato di larva. Per far ciò eseguisce energici movimenti, essendo il guscio elastico al massimo grado. Il corpo dell’ embrio- ne descrive nei suoi movimenti una sorta di 8, prendendo sue- cessivamente le due posizioni indicate dalle figure 15 e 16 dalla tavola. LARVA. La larva, appena uscita dal guscio chitinoso che la racchiu- deva, si presenta come un verme avente forme molto differenti da quelle degli adulti (Tav. III, Fig. 1). Infatti il suo corpo è molto meno allungato, in proporzione della larghezza; termina posteriormente in una coda aguzza, non presenta organi genitali di sorta e, conseguentemente, non sono riconoscibili i due sessi; Vol. XXVII 4 \ 50 N. PASSERINI, ha la faringe molto più lunga, rispetto all’intestino e alla lun- ghezza del corpo, e la bocca non munita delle sei papille. Il suo corpo è, come nell’adulto, finissimamente striato tra- sversalmente; un po’ assottigliato nella parte anteriore il cui apice è ottuso. ? Su ciascun lato del corpo, si vede evidentisssimo il canale la- terale di escrezione, che, partendo dalla coda, si dirige in avanti giungendo fin presso alla bocca, e comunicando coll’esterno presso il punto d’inserzione della faringe sull’intestino. La larva vive nel polmone della lepre come l’adulto. Essa però è molto più resistente agli agenti esterni di quest’ ultimo. Infatti mentre questo muore non appena tolto dal polmone della lepre, e il suo corpo si disfa prontamente, quella invece con- tinua a vivere, fuori del polmone, per lungo ,tempo purchè la si mantenga in un’ambiente umido. Il suo corpo è così ben di- feso dalla cuticola chitinosa che lo riveste esternamente, che con- tinua a vivere per parecchi minuti (talora oltre un quarto. d’ ora) nell’acido acetico glaciale, e in una soluzione piuttosto concen- trata di idrato potassico. La lunghezza della larva appena uscita dall’uovo varia da 0®" 33 a 0°” 38; il suo massimo diametro è di circa 0"%,024. INTEGUMENTO, Il corpo di questa Filaria è ravvolto in un integumento non È molto sviluppato. Si ha una epidermide e una cuticola. Questa è | la più esterna e consta di tenui strati di chitina sovrapposti. | È trasparente e solcata trasversalmente da numerose e finissime | scanalature, che fanno sembrare il corpo dell'animale sottilmente | striato. | La cuticola non solo riveste le parti esterne del corpo, ma, | giunto alla bocca, s’introflette e tappezza tutta la parete interna | della faringe. Può darsi che esso si continui anche per tutto | l'intestino come avviene in quasi tutti gli altri Nematodi, ma | non posseggo osservazioni di fatto in proposito. = SULLA FIDARIA TERMINALIS. 51 Subito al disotto della cuticola si ha l’epidermide, la quale si presenta come uno strato estremamente sottile e trasparente di apparenza protoplasmatica, che contiene minutissime granu- lazioni, e in cui non si scorge struttura cellulare di sorta. È anch’essa trasversalmente striata, e sui solchi di lei si model» lano, per così dire, quelli della cuticola. ; Dalla epidermide, probabilmente, prende origine la cuticola chitinosa sopra descritta. Subito al disotto della epidermide esiste l’apparato muscolare di cui parleremo fra breve. L’integumento, in questo verme non dà origine a speciali formazioni, se si eccettuino le sei papille che circondano la bocca dell'animale, e i sei cirri molli di cui è munita l’ estremità abo- rale del maschio. Le strie trasversali, non sono prodotte che da una specie di contrazione permanente dei muscoli situati sotto la pelle; i quali, accorciando alquanto il corpo dell’ animale, fanno sì che l’integumento, che è poco elastico produca delle piccole pieghe. Infatti quanto l’ animale è morto e il suo corpo disteso, le strie spariscono solo rimanendo evidenti nei punti in cui il corpo è piegato, e qui solo dal lato della concavità. APPARATO MUSCOLARE, Questo apparato è assai bene sviluppato nel verme di cui parlo. Subito al disotto dell’integumento, esiste uno strato di muscoli ben distinti i quali hanno tutti direzione parallela all’asse mag- giore del corpo. Questo strato sottocutaneo si rinviene in ogni | parte del corpo. Consta di muscoli di forma affusata, più o meno al- lungati, terminati in un sottile filamento alle due estremità (Fig. 2). Sono distintamente striati longitudinalmente, e presentano spesso uno o più nuclei ovoidali nella loro lunghezza. Generalmente quando esistono dei diversi nuclei, se ne ha uno più grande degli altri situato verso il centro del muscolo. Quando esistono i nuclei, il muscolo porta alla sua faccia interna, una sorta di 3a N. PASSERINI, vescicola allungata nella direzione del muscolo stesso, contenente una materia protoplasmatica, trasparentissima e un po’ granulosa (Fig. 3 e 4). In questa parte protoplasmatica del muscolo sono i nuclei. Queste vescicole sporgono, con una superficie arrotondata, nella cavità viscerale. i Tanto la larghezza che la lunghezza di questi muscoli sotto- cutanei, variano alquanto. Alcuni di essi misuravano 0”®,0088 di larghezza, altri 0”*,0110; altri, infine, avevano una larghezza ancora maggiore. Il diametro massimo dei nuclei è pure vario; i più grossi però non oltrepassano 0"®,0132. I muscoli stanno strettamente ad- dossati gli uni agli altri in modo tale da formare come un tutto continuo. In generale sono disposti di maniera che dove ne ter- mina uno, esista la parte mediana e più grossa di quello che gli sta a lato. I Lo strato di muscoli di cui abbiamo ora fatto parola, serve a fare eseguire i movimenti svariatissimi al corpo dell’animale, e principalmente alla locomozione. Nell’animale vivente sono sem- pre in uno stato di semi-contrazione, e, per questa ragione, pro- ducono quelle tali pieghettature nell’integumento, che lo fanno apparire come trasversalmente striato. Oltre i muscoli sottocutanei, se ne hanno altri che servono a varie funzioni. Per esempio, la vagina della femmina è circon-. data da varî piccoli muscoli, che agiscono per l'espulsione delle uova. Intorno alla porzione terminale del tubo digerente di ambi i sessi si ha pure un sistema speciale di muscoli, che servono all'emissione delle feccie. Varî muscoli, poi, sono in connessione | cogli organi genitali del maschio; e qui si hanno i due estro- | flettori del pene che sono larghi appiattiti e bene striatij; i due | retrattori del pene, muscoli allungati e stretti, a striatura pure | molto marcata; il sistema dei costrittori del testicolo (eiaculatori) composto di due serie di muscoli larghi, appiattiti e corti, di o” 004 a 0%» 010 di larghezza, striati; i quali, con una estre- | mità, stanno aderenti alla faccia interna dell’integumento, men- tre, coll’altra, si fissano sulle pareti del testicolo (Tav. I, Fig. 3 | SULLA FILARIA TERMINALIS. 53 e Tav. IV, Fig. 1). In rapporto col pene, inoltre, esistono mol- tissimi altri muscoli di minore importanza che servono per i varî movimenti di quello. Alcuni piccoli muscoli sono in connessione coi cirri addominali del maschio e servono evidentemente ai loro movimenti. Anche la faringe può essere considerata come organo di na- tura muscolare, essendo formata di fibre contrattili dirette dalla periferia verso il centro. n SISTEMA DIGERENTE. Il sistema digerente consta di un lungo tubo, che, avendo origine all’orifizio boccale, percorre tutto il corpo del verme e va a sboccare all'estremità aborale sulla faccia ventrale, in pros- simità della coda. Esso è formato di due parti distinte: una fa- ringe anteriore e un intestino posteriore, che è la parte più rag- guardevole. La faringe (Tav. I, Fig. 2 c) è un tubo a parete molto spessa che, partendo dalla bocca, va a metter capo nell’intestino, e, in ‘questo tragitto, il suo diametro va gradatamente aumentando; ma prima di comunicare coll’intestino si restringe bruscamente, formando una repentina strozzatura che funziona da valvola, per mezzo della quale il cibo una volta entrato nel canale intesti- nale, non può regurgitare verso la bocca. La faringe è di natura muscolare, e la sua parete è formata da fibre dirigentisi dall’ esterno verso il centro della faringe medesima. Queste servono evidentemente a rendere le sue pareti contrattili; difatti quando l’animale è in riposo le pareti interne | dell'organo in quistione stanno così accollate fra loro da ren- dere nullo, o quasi nullo il lume di quello. Internamente, poi, la faringe è rivestita da una membrana anista chitinosa, la quale non è altro che la continuazione della cuticola, che riveste esternamente il corpo del verme. | La lunghezza dell'organo in quistione è alquanto variabile, D4 | N. PASSERINI, ma in media, negli adulti è di 0"*,270. La sua massima lar-. ghezza è di circa 0”*,039 a 0°" 046. L’intestino (Fig. 2 d) è un lungo tubo, a parete sottile e tra- sparente, il quale dalla faringe si dirige verso l’estremità abo- rale del corpo e termina presso la coda, in una sorta di cloaca; nella parte anteriore di questa sbocca anche il dotto deferente degli organi sessuali, nel maschio. Il diametro intestinale medio. èidi./0*,078. Internamente la parete dell’intestino è tappezzata da un epi- telio semplice di grosse cellule poligonali, di 0*",018 a 0,027 di massimo diametro (Tav. II, Fig. 5). Queste cellule sono mu- nite di un nucleo evidentissimo, che si mostra anche più spiccato trattando la preparazione con acido acetico: ha forma ovoidale e. contiene un piccolo nucleolo. Il massimo diametro dei muclei oscilla fra 0,010 e 0*" 012. L’intestino ha presso a poco lo stesso diametro in tutta la sua lunghezza, ma giunto presso l’orifizio anale, si restringe alquanto: qui si mostra contornato da varie fibre muscolari, che debbono servire a fare eseguire delle contrazioni a questa ultima parte del tubo digerente. Non si hanno apparecchi glandulari di sorta in connessione . col tubo digerente. Quanto alle sostanze che in questo abitualmente si ritrovano, sono globuli di pus, frustoli di parenchima polmonare e di sarcoma tubercoloso, ecc., ecc. ORGANO DI ESCREZIONE. Su ciascun fianco dell’animale, tanto allo stato di larva (Tav. III, Fig. 1 c) che allo stato perfetto, si osserva un canale a pareti per lo più esilissime, in alcune parti peraltro assai inispessite, il quale percorre longitudinalmente il corpo in tutta la sua estensio- ne. Ha origine nella coda con un fondo cieco, e termina sulla te- | sta poco avanti le papille boccali, pure in un fondo cieco. Presso | steel se. "coli SULLA FILARIA TERMINALIS. 55 il punto d’inserzione della faringe sull’intestino, da ciaschedun tubo laterale si diparte un canaletto sottile, che, dirigendosi verso la faccia ventrale del corpo, si riunisce con quello del lato . opposto; qui un dotto comune mette i due canaletti in comuni- | cazione coll’esterno (Tav. I, Fig. 2 f). . Il diametro dei tubi laterali è generalmente di 0°",006 a O, 009, e solo in alcune parti in cui la parete s' inspessisce assai, misura da 0”",024 a 0” 027 di larghezza, mentre il dia- - metro del vuoto è solo di 0”",004. Cosa notevole è che que- st'ultimo è presso a poco uguale tanto nella larva che nell’a- dulto. Ciascun canale presenta nel suo interno come delle conca- merazioni, prodotte da setti provenienti dalla parete del tubo medesimo (Tav. III, Fig. 6 e 7). Dove quest’ultimo è inspessito, il canale si mostra privo di setti, ed ha un decorso tortuoso (Fig. 8). Nei canali laterali, di cui è quistione, scorre una sostanza li- quida trasparentissima e molto scorrevole, in cui nuotano delle granulazioni di forma rotondeggiante e di 0"",002 di diametro, circa. Il dotto comune, che pone i due tubi laterali in comunicazione coll’ esterno, non presenta concamerazioni di sorta, e misura al suo punto di sbocco 0®",008 di diametro. Quanto alle funzioni di questi canali, io non ho osservazioni speciali in proposito. Alcuni autori (Gegenbaur), considerano questo apparecchio, che esiste in molti altri Nematodi, come un organo di escrezione corrispondente ai reni degli animali supe- riori. Per questa ragione anch'io l'ho descritto sotto il nome di Organo di escrezione. APPARATO NERVOSO. In questo Nematode non si ha un vero e proprio sistema ner- voso ben definito. Infatti si hanno semplicemente delle cellule multipolari, esistenti alle due estremità del corpo, le quali man- 56 N. PASSERINI, dano i loro prolungamenti ad organi che io considero come tat- tili (papille buccali, coda, cirri addominali del maschio). La posizione di queste cellule, la loro connessione con organi tat- tili, e anche un po’ la forma, mi portano a credere che esse siano elementi nervosi. Sono assai abbondanti intorno alla faringe e presso gli organi genitali. Esse sono composte di un corpo rotondeggiante o un po’ al- lungato, da cui si dipartono uno o più prolungamenti, i quali ora vanno a terminare in certe parti del corpo, ora, invece, ser- vono a mettere in comunicazione fra loro le diverse cellule. Si ha un nucleo molto evidente, di forma generalmente ovoidale, il quale contiene un piccolo nucleolo. Il contenuto delle cellule è un po’ granuloso e trasparentissimo (Tav. III, Fig. 9). Il numero dei prolungamenti cellulari è vario; generalmente è di due, ma si hanno anche cellule che ne posseggono un solo, e altre che ne hanno tre e quattro. Le cellule tripolari e tetra- polari si rinvengono presso la faringe, e mandano i loro prolun- gamenti alle parti anteriori della testa, alle papille buccali, ecc. Nella coda esistono numerose cellule nervose. Una di queste è situata presso l’apice della coda medesima, e vi manda tre o quattro prolungamenti. Alla base di ciascuno dei cirri del maschio esiste una cellula unipolare che vi manda il suo prolungamento. Il diametro mas- simo di alcune di queste cellule situate presso la faringe, non compresi i prolungamenti, era di 0"",0080 a 0"",0088. ORGANO RIPRODUTTORE MASCHILE. Come apparecchio riproduttore maschile: si ha un testicolo e un organo copulatore o pene. Il primo (Tav. I, Fig. 3 d; Tav. IV, Fig. 1 a) è unico, ben sviluppato, spesso riempiente gran parte della cavità viscerale. Non so se anche nell’embrione si abbia un solo testicolo, ma sono portato a credere, che in esso ne esistano due, e che, poi, SULLA FILARIA TERMINALIS. 57 uno rimanga atrofico, mentre l’altro raggiunge il massimo svi- . luppo. ; Consiste, il testicolo, di un lungo tubo a fondo cieco che prendendo origine alla parte anteriore del corpo del verme, si dirige indietro e va a sboccare all’esterno ail’apice posteriore del corpo mettendo capo nella cloaca (Tav. IV, Fig. 1 d), poco avanti l’orifizio intestinale. Questo tubo ha parete esile ed è tap- pezzato internamente da cellule spermogeniche, le quali poi di- | staccandosi daranno origine agli spermatozoi; questi si trovano liberi solo nell’ultima parte del canale, la quale essendo alquanto dilatata funziona da vescicola seminale (Fig. 4 c). ‘ Nella prima porzione del testicolo le cellule hanno una forma e una disposizione speciale. Hanno l’aspetto di tante piccole pi- ramidi esagone, la cui base, di 0”*,009 di massimo diametro, sta accollata alla parete del tubo testicolare, e il cui apice si fissa a un rachis tenuissimo, di aspetto protoplasmatico, che si ritrova nella parte centrale del testicolo (Fig. 2 e 3). *.. Queste cellule spermogeniche sono fornite di un piccolo nucleo nucleolato, e stanno le une pigiate contro le altre in modo, da assumere la forma piramidale di cui abbiamo testà fatto cenno. Dopo un certo tratto, però il rachis sparisce, le cellule per- . dono la loro forma piramidale, diminuiscono di altezza e un poco anche di diametro (da 0””,006 a 0”*,008), e non formano altro che una sorta di epitelio pavimentoso tappezzante inter- namente il tubo testicolare (Fig. 5). Finalmente queste cellule, spinte innanzi da quelle più gio- vani che si trovano nella prima parte del testicolo, e che di- staccandosi dal rachis; gradatamente si avanzano verso l’ orifizio sessuale, cessano di aderire alla parete del tubo, e rimanendo libere vanno a riempire la porzione terminale del testicolo, che, come ho già detto, funziona da vescicola seminale. Queste, da cellule spermogeniche che erano, si sono trasformate in veri e proprî spermatozoi di forma sferica, nucleati e nucleolati, di volume alquanto minore di quello delle cellule che gli hanno formati. : i 58 N. PASSERINI, Il testicolo, nell'ultima sua porzione va man mano diminuendo di ampiezza, finchè ridottosi ad un semplice canale deferente si fissa all'organo copulatore: poi si dilata di nuovo, formando quella tal sorta di serbatoio degli spermatozoi (vescicola semi- nale), la quale è messa in comunicazione coll’esterno da un corto dotto deferente. L'organo copulatore, cui si suol dare il nome di pene, non è, in ultima analisi, che un apparecchio destinato a mantenere il dotto escretore del testicolo, in connessione colla vulva della femmina. Consta di due pezzi chitinosi allungati (corpî copula- tori, Fig. 1 e), muniti ai due lati di tanti dentelli sottilissimi e duri, ora semplici spesso bifidi all'apice, sempre però colle estre- mità arrotondate (Fig. 6). Questi dentelli come si vede dalla Fig. 1 e, esistono al lato esterno della prima metà di ciascun corpo chitinoso, e al lato interno dell'ultima metà. Quanto alla loro funzione, è evidente che servono a trattenere il pene nella vagina della femmina, durante l’unione sessuale. All’estremo anteriore di ciascuno di questi due corpi copu- latori ora descritti, si fissa, per un capo, un muscolo bene striato e assai lungo, che dirigendosi verso la parte anteriore del corpo, va ad inserirsi stabilmente sulla faccia interna dell’integumento: questo muscolo è il retrattore del pene (Fig. 1 4). Ciaschedun corpo chitinoso poi col suo estremo posteriore dà inserzione ad un muscolo corto (7), che lo pone in connessione con un uncinetto terminale, ricurvo in fuori, il quale presenta alcune dentature all'apice libero (9). Tanto i due corpî copulatori che i due uncinetti terminali sono infiltrati di chitina, e perciò molto resistenti; hanno un colore castagno-oscuro. Presso la metà di ciaschedun corpo copulatore si inserisce un largo muscolo che va poi, col capo opposto, a fissarsi all’ inte- cumento (i). Questo muscolo è l’ estro/lettore del pene, e, quando l’organo genitale maschile è in istato di riposo, ha direzione dall’avanti all'indietro essendo anteriore il capo fissato al pene; dimodochè contraendosi fa uscire l'organo copulatore, fuori del corpo. =— SULLA FILARIA TERMINALIS. 59 Il dotto deferente del testicolo passa frammezzo ai due corpi copulatori, e, giunto presso a poco alla loro metà, si restringe e sì fissa ad un corpicciuolo falciforme, chitinizzato (Fig. 1 e 4 d). Quindi, dilatatosi nuovamente (c), prosegue il suo cammino fino all'estremità dei due uncini terminali, e quivi mette capo all’ e- sterno. Numerosi muscoli contornano il pene fissandovisi sopra, e aiu- tano gli estroflettori e i retrattori di cui abbiamo tenuto parola, e che sono i motori principali, nel fare uscire il pene fuori del corpo durante la copula, e nel farvelo rientrare quando essa è terminata. Sono degni di nota certi muscoli larghi e corti, che dall’in- tesumento si dirigono verso la superficie esterna dell’ ultima porzione del testicolo, e vi si fissano. Si hanno due serie di que- sti muscoli, una per lato. Essi hanno direzione obliqua, il capo anteriore essendo in connessione coll’ integumento, il posteriore col testicolo (Fig. 1 l). Credo che questi muscoli, che sono finissimamente striati, ser- vano a comprimere l’ultima porzione del testicolo, durante l’ac- coppiamento, per farne uscire gli spermatozoi (muscoli eiacu- latori). L’organo copulatore è circondato da numerose cellule nervose. I sei cirrì molli di cui è munita l'estremità anale del ma- schio (Tav. I, Fig. 3 9,9, 9°) prendono anch’ essi parte nella copula, abbracciando la parte posteriore del corpo della femmina e tenendola ferma. Di questi cirri, solo i due posteriori sono sem- plici: gli altri sono suddivisi all’ apice. I due posteriori sono im- piantati all’ estremo anale del corpo; hanno forma cilindrica e portano una sorta di bottone all’apice. Il paio mediano è for- mato di due cirri più grossi e più irregolari, ciascuno dei quali, poco dopo la sua base, si allarga e si divide in due rami, di cui l'anteriore è semplice e termina con un bottone, il posteriore invece è bifido all'apice, e termina, perciò, con due bottoni. La coppia anteriore finalmente, consta di due cirri di forma sub-conica, bifidi all’apice, terminati ciascuno da due bottoni. 60 N. PASSERINI, La presenza di cellule nervose alla base di questi organi, mi fa nascere il dubbio che, oltre che come cirri prensili per l’ac- coppiamento, servano anche come organi tattili. ORGANO RIPRODUTTORE FEMMINILE. L’organo della riproduzione della femmina è benissimo svi- luppato in questo Nematode. Si hanno due ovariî ugualmente sviluppati, i quali mettono capo in un dotto comune. Gli ovarii sono due tubi allungati a fondo cieco, che, pren- dendo origine nella parte anteriore del corpo, non molto lungi dalla faringe, si dirigono indietro, e lo percorrono nella sua lun- ghezza, situati parallelamente ai due lati dell’ intestino. Ciascun ovario poi è costituito di un tubo di 0"",072 di dia- metro medio, a parete sottilissima e trasparente, tappezzato in- ternamente da un epitelio di cellule nucleate e nucleolate. Nella porzione dell’ovario, in quella cioè che si trova nella parte an- teriore del corpo e che termina a fondo cieco, le cellule epite- liali sono piccolissime non misurando che 0””,008 di massimo diametro, ed hanno forma tubulare. A poca distanza dal fondo cieco le cellule acquistano dimensioni alquanto maggiori, ed au- mentano specialmente in altezza, emettendo dalla faccia interna un prolungamento che va a fissarsi ad una sorta di funicolo di natura protoplasmatica, occupante il centro del tubo, che è il così detto rachis. Man mano che ci si allontana dal fondo cieco, le cellule ova- riche acquistano maggiori dimensioni, il nucleo si fa più grosso e acquista contorni più netti; tinchè, ad un certo punto le cel- lule, si distaccano dalla parete dell’ ovario, pur sempre rima- nendo aderenti al rackis, e divengono ampolliformi, comincian- do a prendere aspetto di uova (Tav. V, Fig. 3 e 4). A questo punto misurano circa 0,090 di lunghezza, com- preso il peduncolo, e 0®®,036 a 0,042 di massima larghezza. La prima porzione del tubo ovarico funziona come vero e SULLA FILARIA TERMINALIS. 61 proprio ovario; la parte terminale invece funge da ovidutto. Infatti essa è formata di un epitelio di grosse cellule poligonali, (Fig. 2) e contiene le uova già distaccate dal rachis e del tutto libere. Nell’ ovario propriamente detto e nella prima porzione del- l’ovidutto, le uova sono prive di guscio vero e proprio, e solo sono munite della membrana cellulare (membrana vitellina). Ma giunte nell'ultima parte dell’ ovidutto, si rivestono di un guscio di chitina flessibilissima e tenacissima, che difficilmente è pene- trata dai reagenti. Il guscio di chitina, sono portato a credere venga secreto dall’ epitelio dell’ ovidutto. Le uova, dopo staccate dal rachis, essendo compresse l’ una sull’altra, acquistano una forma schiacciata e allungata; ma appena si sono munite del guscio chitinoso acquistano la loro forma ovale definitiva. Avanti che acquistino il guscio, poi, esse stanno disposte col loro diametro maggiore normale all’ asse del tubo ovarico (Fig. 5); mentre quando se ne sono rivestite, gli stanno parallele, cioè scorrono nel canale, nel senso della loro maggior lunghezza (Fig. 1 a). Giunti nella parte posteriore del corpo, i due ovidutti dimi- nuiscono bruscamente di diametro, e per mezzo di un collo. sot- tilissimo, a pareti muscolari e perciò contrattili, il quale agi- sce da sfintere, penetrano in una sorta di anello cilindrico di 0®=,075 di diametro (Fig. 1 e 6 d, c); e dipoi sboccano in un canale abbastanza largo che è la vagina (d). Il collo a parete muscolare serve evidentemente a impedire l’ uscita delle uova dall’ovidutto; e solo in seguito agli sforzi della femmina per la loro espulsione, dilatano quella sorta di sfintere contrattile e penetrano nella vagina. Questa consta di un tubo largo circa 0,108, piuttosto corto, che, giunto presso l’ estremità posteriore del corpo, mette capo al- l’esterno per mezzo di una stretta apertura (Fig. 1 e), situata subito dinanzi all’ano. Questo carattere è una eccezione nel genere Fala- ria, nelle cui specie l’ organo riproduttore femminile sbocca, gene- 62 N. PASSERINI, ralmente, nella parte anteriore del corpo. Tutto il canale vaginale è coinvolto da tenuissimi muscoli, che debbono servire a rendere contrattile la parete del canale medesimo, sì per eseguire la espul- sione delle uova, sì per stringere e tener fermo il pene del ma- schio, durante l'accoppiamento. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE.! TAVOLA I, Fig. 1. Filaria terminalis femmina (ingrandita 7 volte). » 2. Estremità anteriore del corpo; a) bocca circondata dalle 6 papille d) cuti- | cola chitinosa; c) faringe; d) intestino; ee’) canali laterali dell’organo di eserezione; f) dotto escretore del medesimo. 3. Esiremità posteriore del maschio vista di fianco; a) corpi copulatori; d) un- cinetti terminali; c) punto in cui termina il testicolo e comincia la vesci- cola seminale; d) testicolo; e) retrattore del pene; f) muscoli estroflettori del medesimo; 9, 9,9") tentacoli addominali; 7%) coda; è) intestino; 7) cloaca. » 4 Estremità posteriore della femmina vista di fianco; a) intestino terminale; b) ovidutti; c) vagina; d) vulva; e) ano. TavoLa II. Fig. 1 a 7. Segmentazione del tuorlo dell’ uovo. » 8. Morula. » 9. Formazione dell’esoderma e dell’ endoderma, per delaminazione. » 10. Formazione del mesoderma per proliferazione dell’ endoderma. > 11, Gastrula. » 12 a 14. Formazione dell’ embrione. » 15 e 16. Posizioni successive prese dall’ embrione per rompere il guscio dell’uovo. TAvoLA III Fig. 1. Larva; a) bocca; d) coda; c) canale laterale. » 2. Muscolo visto di sopra: i nuclei si vedono per trasparenza a traverso la parte striata. » 3 e 4. Muscoli visti di fianco; a) parte striata; 5) parte allo stato protopla» smatico, i .» 5. Porzione di intestino. » 6,7 e 8. Porzioni di canale laterale, prese in varie parti del corpo. 9, Cellule nervose. ‘ L Atti della Soc.Itd SN. Vol XXVIITav ta ece, » ulla Filar Lao [N di n a Aa ® DI Via cl i È 19) ve Ù o E: NPassorini Sulla Filarta ecc. i Atti della Soc. It.di SN. Vol YKVIITayv Il Si DISA Aa È dis A lit, (romalitfiortkrenze Atti della Soc.It.di, SN. Vol XYVII Tav, III NPasserini. Sulla Filariacce, pi i Dy IV XKVILT av. N Vol di 6 di It 1 della Soc Att la ec6, è Sulla Filar riNt. Passe N Aut dis.e lit. E: N on oi hi \ WE Mas da DIA Î ) y yi i dui : » ue i ì i TAL DST, NI TP Muli x ATTI | Nfasserini Sulla Filaria ecc. Att della Soc.It.di SIN. Vol XXVILTavV i to è 0? sto. oo ene) bee Aut dis.e li E (romo-Litfror firenze SULLA FILARIA TERMINALIS. 63 Tavona IV, Fig, 1, Organo genitale maschile visto anteriormente; a) testicolo; 5) corpicciuolo falciforme; c) vescicola seminale; d) cloaca; e) corpi copulatori; f) muscoli che connettono questi ultimi cogli nncinetti terminali 9g; %) muscoli retrat- tori del pene; è) estrattori del pene; /) costruttori del testicolo. 2. Porzione di testicolo nella sua parte glandulare. 3, Cellule spermogeniche attaccate al rackis per un peduncolo. 4, Porzione terminale del testicolo; @) testicolo prop. detto; 6) corpicciuolo chi- tinizzato a cui si fissa il testicolo; c) vescicola seminale ripiena di sper- matozoi; d) cloaca. 5. Cellulo epiteliali del testicolo dopo staccate dal rachis. 6. Porzione di un organo copulatore, molto ingrandita per mostrare la forma degli uncini. TAVOLA V. . 1. Porzione terminale dell’apparecchio genitale della femmina; @@a) ovidutti; b) collo muscolare degli ovidutti; c) anello cilindrico; d) vagina; e) ori. fizio sessuale; f) coda, 2. Struttura dell’ovidutto. 3. Prima porzione dell’ ovario, in cui le uova sono attaccate al rackis. 4, Uova munite del peduncolo per cui aderivano 21 rachkis. 5. Uova appena staccate dal rackis, 6. Terminazione degli ovidutti e loro sbocco nella vagina, visti ad un ingrandi- mento maggiore che nella figura 1. Le lettere hanno lo stesso significato che nella predetta figura 1. 1 Tutti i disegni delle tavole sono rappresentati a un variabile ingrandimento, : ESCURSIONI PALETNOLOGICHE IN VALSOLDA NELL’AGOSTO E SETTEMBRE 1883. Nota del socio POMPEO CASTELFRANCO. La Valsolda sbocca nel lago Ceresio. È situata a circa quat- tro chilometri da Porlezza e sette da Lugano, in territorio ita- liano e dipende dalla Provincia di Como. Confina, a ponente con la Repubblica elvetica, a mezzodì col lago per un tratto di circa quattro chilometri. È una delle più calde e deliziose valli del Ceresio. Protetta com’è a Settentrione da alti monti, gode di un clima mite, a segno tale che, ad onta dell'altezza (il lago è a 272 metri sul livello del mare) vi cresce l’ulivo in piena terra, e vi dà un buon raccolto ogni tre anni. I monti ripidissimi che la circondano, e sui pendii dei quali sono edificati i diversi vil- laggi che costituiscono i sei Comuni della Valsolda, sono di rocce calcari e dolomitiche, qualcuna con piccole conchiglie fossili ; qua e là massi erratici. Le caverne, alle quali si diressero la maggior parte delle mie escursioni, non vi sono molto numerose nè profonde, una sola. eccettuata, detta Lisa de Noga ove ebbi la fortuna di fare una scoperta assai interessante pel naturalista, e di cui renderò conto qui, ma brevemente, trattandosi di oggetti alquanto estranei ai miei speciali studì. Comincerò anzi a dire della sovracitata LBusa de Noga, non che fosse questa la meta della prima mia escursione, ma bensì perchè vi rinvenni gli avanzi riferibili ai più antichi tempi, tempi paleontologici, non ancora paletnologici. Partito con alcuni amici da Casarico, paesello della riva del ESCURSIONI PALETNOLOGICHE IN VALSOLDA. 65 lago, la mattina del 18 agosto alle 6 antim., e accompagnato da tre operai muniti di zappe e picconi, giunsi alla Buca di Noga, dopo faticosa salita, verso le 10 antim. La Buca è situata a circa 1300 metri sul livello del mare, cioè poco più di 1000 su quello del lago. La bocca della caverna è esposta ad ovest. L’ingresso ne è assai agevole. La spelonca si addentra nel monte in direzione orizzontale, per un tratto di 138 metri. Nel suo percorso la maggior altezza della vòlta è di 7 metri, la minore di 3. La. larghezza varia da 5 metri 4/» a 7 metri. Nel fondo sono alcune stalattiti; le corrispondenti sta- lagmiti sono adagiate sulla nuda roccia. In fondo, in fondo, è un baratro o buca verticale di piccolo diametro della quale non è possibile valutare la profondità. Basti dire che un sasso che vi sia gettato, se infila la strada diritta e non si ferma a metà cammino, seguita a percuotere e ripercuotere le pareti laterali per parecchi minuti secondi, e continua così finchè l'orecchio non arrivi più a percepire alcun rumore distinto. Il suolo della caverna è coperto per quasi tutto il tratto dei 38 metri da una poltiglia di sterco bovino e caprino, ma ciò in particolar modo verso l’ingresso, e più propriamente fin dove arriva la luce. Gli armenti di capre, di pecore e di vacche vi si rifugiano nelle ore calde, o nel caso di improvvise intemperie, e si tengono di preferenza nella parte meglio illuminata. Talora fino a duecento vacche poterono in una sol volta trovarvi un ricovero. Qua e là, varie pozze d’acqua servono a dissetarle. Fin verso i dieci o quindici metri dall'ingresso, al disotto della poltiglia di cui sopra, è un deposito di terra e di detriti calcari di poca potenza. Siccome era mia intenzione di cercarvi tracce dell’uomo prei- storico additai agli operai, alla parete di destra, una lieve rien- tranza che mi pareva adattatissima, sia come luogo di riposo, sia per accendervi il fuoco; luogo riparato, e nello stesso tempo ben illuminato, da cui si domina la selvaggia sottoposta valletta d’accesso. Se l’uomo aveva abitata la caverna, dovevano tro- varsi ivi, meglio che altrove, i segni del suo passaggio. Vol. XXVII. 5° 66 P. CASTELFRANCO, Al primo colpo di piccone apparve un osso lungo che non mi sembrò umano; successivamente ossa frantumate ed intere e denti numerosi. Cercando l’uomo, m’era imbattuto in altro troglodita, l’ orso delle caverne. Il lavoro durò tutto quel giorno ed altri due della settimana successiva, e la messe può ben dirsi che sia stata abbondante come lo prova il cumulo di ossa che espongo qui alla vista de- gli onorevoli miei consoci. In quei giorni esplorammo a trincee regolari con tutta la prudenza e le cautele che la scienza esige, e proseguimmo dalla bocca fin verso gli otto o dieci metri dall’in- gresso, e fino a tale profondità dove non apparivano più tracce animali. Il luogo più ricco fu però il primo da me additato; non aveva servito di luogo di riposo all'uomo, bensì all’orso speleo. L’animale vi si era anche sdraiato l’ultima volta per morirvi, colla testa appoggiata sopra una zampa, come sembrano pro- varlo le unghie e le ossa dei piedi che si rinvenivano talora sotto i frammenti di cranio e di mascelle. Quelle ossa e quei denti apparivano quasi sempre però sparsi e rimaneggiati, ma, come una semplice occhiata può rivelar- velo, non hanno sofferto alcun rotolamento. Mancano la mas- sima parte delle ossa lunghe, ed i cranî erano tutti a pezzi, non però frantumati; dislocati solamente nel luogo delle suture. Ta- luni ossicini portano i segni dei denti di qualche carnivoro. Gli ossicini così segnati non sono forse di orso, bensì di qual- che preda dei feroci ospiti della caverna. Fors’anco il padre ha qualche volta divorato i proprî figli, secondo i costumi di ta- luna specie vivente. Una esplorazione più completa, e partico- larmente al di fuori dell’antro, dovrebbe dare una messe più ricca di quella da me fatta, poichè gli è ben certo che l’ acqua e le pioggie debbono aver trasportato giù pel pendîo molte delle ossa necessarie a completare gli individui qui rappresentati, e magari potrebbe anche fruttare la scoperta di altri animali. A mio modo di vedere, tutte le ossa da me raccolte appar- tengono a due sole specie. L’orso speleo ha somministrato la ESRI 04M ESCURSIONI PALETNOLOGICHE IN VALSOLDA. 67 quasi totalità del materiale; un altro carnivoro pare rappre- sentato da un dente, una mascella, una vertebra ed altri pochi ossicini. Gli orsi erano almeno in numero di quindici. Tredici mandi- bole inferiori destre sono di giovani che non avevano ancor messo gli ultimi molari. Questi tredici pezzi ci rappresentano già tre- dici individui. Fra le innumerevoli altre ossa citerò solo due penis di vecchi. Sono dunque in tutto, come diceva, almeno quindici individui ben accertati. Uno studio, più accurato del mio, fatto da un paleontologo specialista, potrebbe aumentare questo numero. Il solo esame dei denti (sono circa 350, fra cui parecchi magnifici e colossali canini) dovrebbe dare risultati di qualche importanza; però un tal numero, trattandosi di animali per lo più giovanissimi, ci riconduce alla cifra di circa 12 o 15 individui. L’altro carnivoro rappresentato nella caverna da un dente, da una mascella e qualche altro osso, dev’ essere indubbiamente un camnis. Si tratti poi del cane delle caverne, del lupo o della volpe, lo lascio risolvere ad altri più di me competenti. Il co- lore della mascella è quello identico delle ossa di orso, e cioè quello caratteristico delle ossa trovate in consimili condizioni di giacitura, come, a mo’ d’ esempio, al Buco dell’ Orso sopra Laglio. Le conclusioni che mi è lecito dedurre dai pochi fatti sovra- citati sono ovvie. È certo che l’orso speleo abitò la Valsolda per parecchie generazioni, e vi si estinse. Il gran numero di giovani individui potrebbe attestare, o la ferocia del padre, o che quella specie fosse già in un periodo di deperimento; che una malattia ignota abbia generalmente colpito i giovani circa nell’età della dentizione. Molti erano ancor lattanti. Siamo forse in faccia ad una delle cause che provocò la scomparsa dalle nostre regioni del grande carnivoro che, al di là delle Alpi, fu contemporaneo dell’uomo. — Dico al di là delle Alpi, poichè in Valsolda, e neppure in altre regioni d’Italia abbiamo prove positive ed accertate di tale contemporaneità. Un'altra caverna fra le molte da me esplorate mi diede in- 68 P. CASTELFRANCO, vece indizî sicuri di quell'uomo preistorico ch’io specialmente ricercava; indizî relativi però ad un’epoca di molto posteriore alla scomparsa dell’orso speleo. Tale caverna, denominata da quei montanari Sasso delle capre è posta sopra Cima, verso il lago, a circa 1160 metri sul livello del mare; l’accesso non ne è molto disagevole; non è tuttavia possibile per chi non abbia sicuro il piede o patisca di vertigini. Si può giungervi da S. Ma- mete, valicando il passo della Forcola oppure il passo Bron- zone dopo quattro o cinque ore di cammino. È una caverna di poca ampiezza, circa una stanzuccia di 16 o 18 metri quadrati di area, con la bocca rivolta verso sud-est. Un ottimo rifugio estivo per i nostri selvaggi antecessori. Non si può starvi ovunque in piedi, ed il lavoro di scavo, che durò circa quattro ore, non vi fu molto agevole. Ivi le prove del passaggio dell’uomo preistorico, per quanto pochissimo nu- merose, non lasciano dubbio di sorta. Vi raccolsi pochi cocci di uno o due vasi rozzamente foggiati a mano, di pasta grossolana coi soliti sassolini interi o frantumati; vasi cotti a fuoco aperto, e quindi rossi esternamente, ma non nello spessore della parete. Oltre i cocci dieci o dodici ossa, le quali sembrano aver appar- tenuto a parecchi individui per lo più giovani. Vi si ricono- scono facilmente due frammenti di ossa medullari (tibia ?) di un animale di grandi dimensioni come il cervo o il bue; una fa- lange di piccolo ruminante, capra o pecora(?) e così pure un calcagno molto probabilmente di capra; un frammento di sca- pola che sembra indicare un piccolo quadrupede, forse un car- nivoro per la robustezza dell’osso medesimo; due frammenti di coste con mancanti le estremità; per ultimo accennerò ad un frammento di corno di giovane cervo di non più di un anno. Un complesso di fauna che ha più del selvaggio che del domestico. Una di tali ossa, un’ ulna di piccolo ruminante, capra o pecora (?), è accuratamente foggiata a guisa di punteruolo. Questo punte- ruolo, per essere molto levigato e lucente nella parte che servì a forare, prova che fu lungamente adoperato, probabilmente per cucire pelli. Questa foggia di punteruolo, anche per la forma na- ESCURSIONI PALETNOLOGICHE IN VALSOLDA. 69 turale dell'osso, ricorda i moltissimi rinvenuti in altre numerose stazioni dell'età detta neolitica, in caverne e ripari sotto roccia, come pure nella massima parte delle palafitte lacustri e delle terremare. Non credo che l’uomo che lasciò tali avanzi avesse la sua - dimora nell’antro stesso; ritengo se ne valesse solo come di tem- poraneo ricovero, come servì: a me, durante lo scavo, per un sopraggiunto inaspettato temporale. Anche il piccol numero di ossa, rappresentanti tanti diversi animali, sembra attestare che l’uomo vi facesse solo qualche gita, portando seco qualche pezzo di carne, or di una or di altra preda, per cibarsene, e lasciando ivi i rifiuti de’ suoi pasti. Sembra pure che quell’ uomo avesse a compagno anche un ca- ne; così almeno lo attesterebbero i frammenti di coste e la sca- pola incompleta le quali sono mancanti per l'appunto di quelle parti tenere che i cani possono rosicchiare. Gli avanzi rinve- nuti sono appunto quelli che tale animale domestico suole a sua volta abbandonare. Si può dire sia questo un sistema dal quale i cani non si dipartono mai.! Comunque sia, quei pochi miseri avanzi ci sono indizio suf- ficiente che tali nostri selvaggi predecessori abitavano poco lon- tano da questa regione, forse sulle rive del sottoposto lago, o benanco in qualche altra caverna non ancora esplorata. Desideroso di cercare la vera abitazione di questi selvaggi, pochi giorni appresso esplorai accuratamente tutta la riva set- tentrionale del Ceresio, tra S. Mamete e Porlezza. Ivi la china del monte non scende così a precipizio nel lago come sulla sponda meridionale, per cui non credo improbabile vi si possano scoprire tracce di palafitte. Per mia sventura l’acqua era allora molto alta ed alquanto torbida, epperciò non fui capace di rinvenirvi in- dizio alcuno di abitazioni umane preistoriche. Solo accennerò, per chi volesse tentare in miglior stagione tali esplorazioni, che i luo- ghi più adatti ad impiantare palafitte lungo la riva, li osservai nei ‘ V. STEENSTRUP, Congrès international d’anthropologie et d’archéologie préhisto- riques. Copenhague, 1869, p. 135-146 et pl. VI. 9 70 P. CASTELFRANCO, punti seguenti: a Coaré sotto Cressogno, a S. Carlo tra Cres- sogno e la chiesa della Caravina, alla Caravina stessa, alla punta di Cima ed in altro luogo appena passato Cima. L’epoca mi- gliore per tali ricerche potrebbe essere il mese di gennaio, e ‘ particolarmente il gennaio di quest'anno la stagione non essendo finora stata piovosa; a quest’ epoca le acque sono molto basse e limpidissime, non contenendo più, o quasi, organismi in sospen- sione. La mancanza di tempo e di danaro mi vietano ora di tornare sul Ceresio. Durante il mio soggiorno sulle sponde del lago di Lugano ebbi la sorte di fare la conoscenza, a Castello-Valsolda, dell’ egregio signor ingegnere Francesco Merlini, già Commissario estimatore presso la Giunta del Censimento, ed intelligente dilettante di belle arti. Quell'uomo stimabilissimo, già molto attempato, mi narrò che molti anni or sono, nel fare eseguire delle escavazioni in un suo fondo a Castello stesso, al piede di una roccia, e pre- cisamente vicino al luogo ove era la rocca longobarda di S. Mi- chele (200 metri sul livello del lago), avesse scoperto un pic- colo ripostiglio di asce di bronzo. Tali asce, in numero di sette od otto, erano nascoste sotto due lastre di terra cotta (embrici ?) disposte ad angolo come i due pendii di un tetto. All’ epoca della mia visita l’ottimo ingegnere possedeva ancora tre di tali asce, e, con una generosità senza pari, volle acconsentire a darmene una ch’io qui presento in esame a questo onorevole consesso. È un pezzo magnifico, un’ascia ad alette basse del tipo detto coltello-ascia, ben noto ai paletnologi per essere di transizione tra l’età del bronzo e la 1* età del ferro. La lunghezza totale dell’ascia è di metri 0,203, la larghezza massima 0,070, la mi- nima 0,026; il peso grammi 350. Le altre due rimaste presso il Merlini, e così pure quelle che andarono disperse, erano circa delle medesime dimensioni di questa. — Qualcuna di tali asce venne spedita molti anni or sono alla Consulta archeologica di Milano; * un’altra venne mandata in esame a Novara (?) ma i Escursioni nella Valsolda (Lugano, 1882, p. 67). ESCURSIONI PALETNOLOGICHE IN VALSOLDA. Si senza che lo scopritore ne avesse mai alcuna risposta soddisfa- cente, nè più le rivedesse; le altre due o tre il Merlini non ri- corda come siansi smarrite. Di questa, che mi venne con tanta generosità donata, resterà per lo meno un cenno negli Atti della nostra Società, e servirà a ricordare che, anche nella Valsolda, si rinvenisse un ripostiglio di asce di bronzo, ripostiglio da pa- ragonarsi coi moltissimi altrove tornati alla luce. Fra questi mi piace citare quello di Torbole (Bresciano), con trentasette asce; quello di Viadana, con cinque o sei; quello di Baragalla (Emi- lia) con sette e qualche altro oggetto; quello di Lovara presso Savignano, con movantasei; quelli di Manduria, di Ozieri, di Siena, di Sovicille, di Caparbio, di Cresciano, di Pavia, del Lo- digiano (?), ecc., ecc.' È rimarchevole che tali ripostigli siano ovunque quasi esclusivamente composti di asce, e, lo si noti bene, di asce nuove, o, se usate, rimesse in buon essere ed ancor atte a servire. Io ritengo che tali ripostigli non siano altro che na- scondigli di mercanti ambulanti. Il ripostiglio di Terni, quello colossale di S. Francesco di Bologna, e qualche altro, non con- tenendo invece che oggetti spezzati, e pani che serbano ancora la forma del crogiuolo ove vennero fusi i minuti oggetti, devono considerarsi come nascondigli di fonditori. Questo primo cenno sulla Valsolda ci prova che quella zona, prima d’ora innominata dal punto di vista paleontologico e pa- letnologico, è forse ricca al pari di molte altre della nostra bella Italia. Le regioni più infeconde sono quelle meno esplorate. Di- ventano poi fecondissime allorchè vengono visitate da chi abbia amore pe’ nostri studìî. E metto pegno che anche la provincia di Cremona e quella di Bergamo, ove fossero perlustrate da diligenti ricercatori come gli illustri Chierici, Pigorini e Strobel, diventerebbero tanto in- teressanti e ricche pel paletnologo quanto lo sono le provincie di Parma e di Reggio. 4 L. PrcorINI, Bull. di Paletn. ital, 1875, p. 37; 1876, p. 84. Seduta del 13 Gennaio 1884. Presidenza del Presidente prof. ANTONIO STOPPANI. Il Presidente prof. A. Stoppani apre la seduta comunicando una sua Nota, in cui dà notizia di un muovo fenomeno. di lenta oscillazione delle coste del volterrano. Lo spiega ammettendo che le colline comprese tra Volterra ed il mare vadano lenta- mente abbassandosi. E trova poi la ragione di questo abbassa- mento nella grande quantità di materie saline che i soffioni bo- raciferi portano dall’interno all’esterno della terra. Il Segretario G. Mercalli legge, a nome del socio prof. Gia- como Cattaneo, un sunto della sua Memoria: Sul?’ istologia ed il differenziamento dell'apparato gastrico negli uccelli. La Memo- ria è accompagnata da 4 tavole, e ne viene accettata l'inserzione negli Att. Il prof. P. Castelfranco legge una nota: Escursioni paletno- logiche in Valsolda nell'agosto e settembre 1883, e presenta alla Società l’abbondante messe di fossili raccolti in due caverne di Valsolda. La nota sarà inserita negli Atti. Il segretario G. Mercalli legge il verbale della seduta del 2 dicembre 1883, che viene approvato senza modificazioni. Si passa alla votazione per la nomina a socî effettivi dei si- gnori: RicHaRD GIULIO AUGUSTO SEDUTA DEL 13 GENNAIO 1884. 3 Ponti CESARE e conte GIBERTO BoRROMEO, juniore proposti dai socè F. Molinari, N. Pini e G. Mercalli; e dei si- gnori: GAFFURI sac. CESARE, studente di scienze naturali a Pavia De CARLINI ANGELO, idem. | Nava EMILIO, idem., proposti dai socî P. Pavesi, A. Stoppani e G. Mercalli. Fatta la votazione, riescono tutti eletti ad unanimità. Il socio Bellotti domanda la parola per fare la proposta di creare una categoria di socî i quali paghino solo L. 10 di tassa sociale ed abbiano il diritto di intervenire alle sedute e di usare della Biblioteca della Società, ma non di avere gli Atti nè di pubblicare in essi memorie a spese della Società. Questi socî potrebbero chiamarsi Socî contribuenti. Essendo l’ora tarda si rimanda ad altra seduta la discussione di tale proposta. Il segretario Mercalli comunica che il sig. conte Napoleone Passerini accetta la nomina di socio effettivo e ne ringrazia la Società. Il segretario Pini propone che si incarichi la Presidenza di domandare al socio sig. Ferdinando Sordelli se e quando intende presentare alla Società la Commemorazione del defunto nostro Presidente prof. E. Cornalia, giusta l'obbligo assuntosi in una delle sedute dello scorso anno. La proposta è accettata e viene dato alla Presidenza tale incarico. Il Segretario Prof. G. MERCALLI. 74 (Allegato A) BILANO Attività. 41 | In cassa al ristretto conti 1.° Gennaio 1883 . . . L. SAM Tala 000 IO RINO O Dt Er e 3 | Importo di N. 25 quote arretrate a L. 20 cad., cioè: N, 4 quota,18795 ide 2a si 1/30 è 1004880 clonatan 400048 » 9. 2. 1004, C84 USO » 19» iii4882e 01 “n OM Nidi L. 500 — 4. porto: di N.194 quote:1883 sito si testa fata o jQdiimborsocopie a parte °° . +04 LL SENTIR Gee bwWwendita Ai 0 Memorie! e. til le NIE Totale delle attività L. Passivo da dedursi . » Rimanenza passiva L. a 75 NSUNTIVO' Dicembre 1883. Passività. Alla Tipografia Rebeschini 0 0. per stam- Mandati mieipa Azti e Circolari . .°. . . 0! ... LL. 2000) — Mu Lanografo Ronchit. i... (PRI: da 40 | — «A Mantovani per incisioni . . . . . » 125 | — 100 Al Libraio Hoepli per somministrazioni Bibrarie @ porto-libri..i‘:). . il.) 1 640! — A Gervasoni per legatura libri. . . . » 12) — 111 Per spese di Segreteria . . . . . . » 186 | 34 ||108 109110 A Bergomi aiuto alla Segreteria . . . » 150 | — sl bic | Ì ) 94 95 97 Stipendio agli inservienti... . . . »3 190] — 39599 102 105 107 | Totale delle Passività L. || 3643 | 31 ® I due Bilanci, Consuntivo 1883 e Preventivo 1884, furono approvati nella seduta del Marzo 1884. | I 76 (Allegato B). A BILANCIO PREVENTI) Attività. | 4 | Importo di N. 50 quote arretrate a L. 20 cad. . L. || 1000 9 5. eoda 1900 >. 418840, .3 a. SON) è OE 3 | 0a alta (A 0 488 a ALLE a 4 » dovuto per rimborso copie a parte del 1883. » 148 | 5 | Importo presumibile per copie a parte . . . . >» 200. 6 Ricavo presumibile per vendita Af## e Memorie . >» 200 | L. || 3988 R L'ANNO 1884. Passività. Passività al ristretto conti . Stampa A#ti e Circolari Spese Litografia . verse Aiuto alla Segreteria Agli inservienti Rimanenza attiva L. Spese d’Amministrazione, Posta e Segreteria Ai Librai Hoepli e Dumolard per associazioni di- Totale passività L. Totale attività . 11 3290 | — 0988 | 25 HELIX BLANCI Pollonera. Testa utrinque plana, aperte umbilicata, brunnea, pilosa ; spira medio immersa, aufractus 6 converi, penultimus prominulus ; apertura verticalis, triangularis, trisinuata; labio basali incur- vato, labio externo crasse unidentato. Hab. Bassano e Schio nel Veneto e la Carniola (Collez. Blanc nel R. Museo Zoologico di Torino.). È questa una forma intermedia tra la H. obvoluta e la H. holoserica. Per le dimensioni e la forma generale della conchi- glia è strettamente congiunta colla prima, dalla quale si distin- gue però facilmente per la sua bocca che è notevolmente tri- sinuata e più protratta all'angolo basale esterno; il labbro ba- sale di essa è nel mezzo alquanto più incurvato che nell’ H. obvoluta e qualche rara volta questa prominenza prende l’a- © spetto di un largo dente appiattito; il labbro esterno dell’ a- pertura invece è sempre munito di un forte dente ora acuto ora ottuso. Sull’ultimo anfratto le impressioni corrispondenti. alle due incurvature interne del peristoma sono molto più marcate che nella H. obvoluta. Dalla H. holoserica la H. Blanci, oltrechè per la forma com- plessiva della conchiglia, si distinguerà per la sua bocca pro- tratta all'angolo basale esterno e per il labbro basale non mu- nito di un dente acuto come in quella. Ho dedicato questa specie al cav. Ippolito Blanc che la rac- colse e la donò, insieme alla sua ricca collezione di molluschi viventi, al Museo Zoologico di Torino. Gli esemplari del Veneto hanno le dimensioni delle grosse H. obvoluta, mentre quelli della Carniola sono alquanto più piccoli. NOTE MALACOLOGICHE SULLA FAUNA ITALIANA del socio NAPOLEONE PINI Pupa Pollonera Pini. Sectio Pupilla Leach (partim). Testa anguste et profunde rimata, obovata vel obovato-comica, oblique substriata, fulvo-fusca; apex conicus, acutiusculus; an- fractus 9-10 convexiusculi, sensim accrescentes, ultimus protensus, antice oblique ascendens; apertura rotunde-ovalis, obliqua; peri- stoma subsimplex, leviter reflexrum, intus circulo albo non mar- | ginalis ornata; plica parietalis 1 arcuata, valida, a margine externo equidistanter intrans; plica columellaris unica fere mar- ginalis, introrsum elongata. Long. 5 *°/100 mill. a 5 "°/1c0 mill. = Diam. 2 "00 mill. a 2 °/100 mill. Habitat in valle Non. Tirolia. Conchiglia a fessura umbilicale assai ristretta e profonda, di forma ovato-conica, obliquamente solcata da leggiere striature, di colore fulvo-oscuro, coll’ estremità superiore conica, acuta. Ha da nove a dieci giri di spira piuttosto convessi, l’ultimo allar- , gato, ed obliquamente ascendente, in modo da coprire tre quarti del sottoposto. L'apertura di forma ovale arrotondata è obli- qua, col margine del peristoma semplice, non ingrossato, e leg- 80 N. PINI, germente risvolto; internamente è munita di un cercine bianco che non si congiunge col margine della stessa. Una piega ro- busta, bianca ed arcuata è collocata quasi al centro della pa- rete superiore dell’apertura nella quale si interna parallelamente : al margine della stessa. La parete columellare è munita di una sola piega parimenti bianca che dal margine dell’apertura si al- lunga internamente e va a raggiungere la piega pa- rietale. La conchiglia misura 5 */4 mill. di lunghezza per 2 3/4 mill. circa di maggior diametro. Venne trovata nella valle di Non dal sig. Clemente Blasi pel sie. Carlo Pollonera che me ne comunicò due esemplari, ed al quale mi è grato dedicarla. Ha l’aspetto esterno di una pupa frumentum Drap. accor- ciata e di minime dimensioni, ma pei caratteri generici si ac- costa alla pupa dolium Drap., dalla quale però diversifica per statura assai minore, per la mancanza della seconda piega co- lumellare, per l’apertura più obliqua, per maggiore salienza del- l’ultimo giro sul sottoposto, per il peristoma non calloso nè incrassato al suo margine esterno, che è semplice; pei giri della spira più convessi. Unio rusticus Pini. Concha lata, ovali-elongata, ventricosa, supra convexo-declivis, infra subrecta, arcuata, antice rotundata, postice în rostrum ob- tusum subtruncatum producta, sat crassa, fortiter incondate striata, brunneo-fusca;, rudis; nates tumidule, elate, prominentes, sepius erose, (decorticatio brunnea hepatica) apice subundate; liga- mentum crassum, validum, brevis, exertum, brunneum, s@epe îiri- descente; dens subcompressus, subtrigonus, basi striatulum; la- mella elata, producta, arcuata; impressiones antice profunde, ovali-rotundate, intus undulate; palleales plicato sat RESET margarita albido-ceruleo-lutea. Long. 70-75 mill. Alt. 40 mill. Diam. 25-28 mill. NOTE MALACOLOGICHE SULLA FAUNA ITALIANA, 81 Conchiglia di forma ovale allungata, larga, rigonfia, convessa, col margine esterno declive specialmente nella parte postero-in- b.J feriore che è arcuato, ed arrotondato nella parte antero-supe- riore, ed il margine interno leggermente arcuato; inferiormente munita di rostro ottusamente troncato. Di tessuto abbastanza consistente ha la superficie esterna irregolarmente e grosso- lanamente striata, un colore bruno-oscuro poco lucente ed un’aspetto rozzo. La som- mità delle valve è dilatata, prominente, decorticata; gli umboni sono avvicinati, di forma subtriangolare poco prominenti, di . colore epatico e leggermente ondulati. La cerniera è munita di un legamento robusto, breve e sporgente dello stesso colore delle valve, talora ha una tinta iridescente. Dente della valva destra, compresso, poco allun- gato, di forma quasi triangolare, col mar- gine superiore più allungato e ricurvo nel margine antero-inferiore, striato alla base. La lamella è dilatata, sporgente, acuta su- periormente, ed arcuata, colla convessità verso la cerniera la quale si allunga sul margine antero-superiore. Delle due lamelle di cui è fornita la valva sinistra l’ interna Vol. XXVII 6 82 N. PINI, è più pronunciata e sottile dell’esterna, e l’infossatura che ne deriva è più dilatata verso l’estremità inferiore della valva, e più profonda verso quella superiore. Le impressioni anteriori sono profonde, di forma ovale arro- tondata ed internamente ondulate; quella del pallio è rugosa ed abbastanza pronunciata. Le impressioni muscolari della parte posteriore ed inferiore sono sensibilmente dilatate. Questa specie ha qualche analogia coll’ U- nio Spinelli Villa, ma la costante forma più arcuata superiormente, la maggiore declività del margine esterno, il rostro più breve e smuzzato, la dilatazione maggiore della som- mità, il rigonfiamento delle valve, il lega- mento più robusto, saliente e breve, il dente più compresso, il maggiore sviluppo e dilata- zione della lamella, l’impressione palleale più pronunciata, non che il colorito più fosco e la superficie più rozza, la separano specifica- mente da quello. Vive questa specie nel lago di Garlate o di Pescarenico che è formato dalla dilatazione del fiume Adda alla sortita del lago di Lecco. Unio cusianus Pini. Concha parva, oblonga, subventricosa, tenuis, fragilis, supra arcuato-declivis, subtus subrecta, antice ovali-rotundata, postice in rostrum elongatum producta, subtiliter et argute striata, fu- sca; crista humilis; nates prominule, tenuissime, late crose (de- corticatio brunneo luteola); ligamentum tenue, parum prominu- lum; dens cardinalis crassolus, subtruncatus, basi obtuse curva- tus; lamella valida, parum arcuata; impressiones antica ‘sat profunde, postice superficiales, pallealis vix conspicua; marga- rita albo-coerulea saepe luteola. Long. 50-55 Alt. 26-28 Diam. 17-18 mill. NOTE MALACOLOGICHE SULLA FAUNA ITALIANA. 83 Conchiglia piccola, oblonga, relativamente ventricosa, sottile, fragile; margine superiore arcuato, declive, l’inferiore quasi retto; anteriormente ovale arrotondata, posteriormente svilup- pata in rostro ovale allongato. Superficie sottilmente e fitta- mente striata, di colore bruno-oscuro o bruno-castagno. Natiche piuttosto pronunciate, esilissime, largamente e profondamente corrose con decorticazione di colore bruno-gialliccio. Il lega- mento della cerniera è sottile, poco prominente; il dente car- dinale ingrossato, tronco, ottusamente ricurvo alla base. La la- mella assai sviluppata è alquanto ricurva; le impressioni mu- scolari anteriori abbastanza profonde, quelle posteriori superfi- ciali, la palleale appena visibile. L’interno della conchiglia è di colore bianco-ceruleo. marga- ritaceo per lo più gialliccio al centro. Vive nel lago Cusio o d’Orta fra Pella ed Alzo. L° Unio cusianus ha qualche affinità coll’ Unio ceratinus Dro- net della Dalmazia, coll’ Unio elongatulus Muhlf. della Bosnia, non che col vulgaris Stabile del fiume Tresa. Lo separano dal ceratinus un tessuto assai più leggiero, il colorito bruno anzichè gialliccio; la costante corrosione delle valve, gli apici più distanti fra loro, gli umboni meno rigonfi; il margine anteriore più dilatato, quello posteriore ed il superiore meno arrotondati, la minore elevazione della cresta dorsale, il legamento alquanto più robusto, il dente più pronunciato, ro- busto, smuzzato e ricurvo alla base; il maggiore sviluppo della lamella che è maggiormente declive verso il margine inferiore. Si distingue dall’ elongatulus per maggiore dilatazione delle 84 N. PINI, } valve per minore robustezza di tessuto, pel colorito più fosco e la superficie più rugosa, per maggiore rotondità del margine superiore e per quello anteriore più acutamente arrotondato, pel dente più grosso, smussato all’ apice e declive verso la base nella porzione antero inferiore; non che per maggiore curva della lamella ed il colorito interno meno margaritaceo. | Dal vulgaris diversifica poi per forma più oblonga special- mente nella parte anteriore, minore declività del margine postero superiore, per tessuto meno consistente, maggiore de- pressione delle valve, minore sviluppo del dente che non è trian- golare acuto, ma truncato; e finalmente per la lamella più ri- curva e meno sviluppata. Anodonta brevirostris Pini. Concha parva, dilatata, oblongo-ovalis, compressa, exilis, fra- gilis, brunneo-castanea, translucida, fusco zonata, antice brevis- sima, subanguloso-rotundata, postice compressula in rostrum bre- vem vix truncatulum producta; margo superior subrectus, angu- latus ; inferior ovali-rotundatus, parum sinnatus ; crista elongata, concava, prominula; nates depresse, late plicato-undulate, albo- luteo-margaritacea ; ligamentum tenue, obscurum; laminula recta, tenuis; impressiones ovales conspicue et sat profundae; marga- rita vivax-corulea. Long. 65-70 Alt. 37 1/2-40 Diam. 19-20 mal. Conchiglia piuttosto piccola, allargata, di forma ovale oblon- ga, compressa, sottile, fragile, coll’epiderma giallo-bruno-castano lucente, assai corta anteriormente e di forma angoloso arroton- data; posteriormente compressa con rostro accorciato legger- mente tronco. Il margine superiore è alquanto angoloso, quasi retto; quello inferiore ovale arrotondato con una sinuosità centrale poco pro- nunciata; la cresta è allungata, talora leggermente concava, as- sai prominente. NOTE MALACOLOGICHE SULLA FAUNA ITALIANA. 85 Le natiche sono depresse largamente e sottilmente pieghet- tate a lineette ondeggianti, di colore bianco-perlaceo-gialliccio. Il legamento della cerniera è sottile ed oscuro, la lamella retta ed esile, le impressioni muscolari di forma ovale ed abbastanza grandi e profonde. Il colore interno della valva è ceruleo margaritaceo vivace. Vive questa forma nel lago di Garlate, ed eziandio in una roggia presso Valmadrera; dovrebbe quindi rinvenirsi anche nel lago di Annone dalle cui acque è detta roggia alimentata. Communicati alcuni esemplari di questa forma al sig. Dronet, la cui competenza in questo genere è universalmente ricono- sciuta, la dichiarò buona e distinta specie. L’Anodonta brevirostris ha qualche somiglianza colla A. Mou- linsiana Dupuy, ma la si distinguerà da essa per la costante minore statura, la brevità maggiore del rostro, i margini supe- riore ed inferiore quasi paralleli; quello superiore retto, allon- gato, non arcuato e poco deflesso; l’altro più ovale ed arro- tondato. Può anche essere paragonata alla A. Rossmaisleriana Dupuy, ma da essa diversifica per forma meno alta, per il margine po- steriore più breve e troncato, per la cresta dorsale più allon- gata e prominente, per tessuto più leggero, pel legamento assai più sottile, non curvato; e finalmente per le pieghette umbo- nali assai pronunciate. 86 N. PINI, Anodonta palustris Pini. Concha parva, ovato-oblonga, subcompressa, exilis, fragilissima, fulvo vel atro-lutea, opaca vel pellucida, antice ovato-compressiu- scula, postice in rostrum rectum obtuse subtruncatum producta ; margo superior subangulato-arcuatus, declivis ; inferior subrectus, non sinuatus; crista humilis, subangulata, fere centralis; nates depresse, late ovali-plicatule, saepe arose (decorticatio brunnea, vel brunneo-lutea) ; ligamentum tenue, humilis, brunneum vel piceo rufescente ; laminula obtusa, linearis ; impressiones sat conspicuae sepe granulose; margarita pallide coruleo-luteo maculata. Long. 60-65 Alt. 35-38 Diam. 21-24 mal. Conchiglia piccola, ovale oblonga, piuttosto compressa, sottile e fragilissima, di colore gialliccio-bruno o bruno-oscuro, poco lucente, ed anche opaca; anteriormente ovale compressa, nella parte posteriore ottusamente troncata con rostro orizzontale. Il margine superiore è arcuato e declive, quello inferiore quasi retto senza sinuosità; la cresta poco elevata, alquanto angolosa, è quasi al centro del margine superiore; gli umboni sono de- pressi, dilatati, largamente pieghettati in forma ovale e quasi sempre corrosi, la decorticazione presenta un colore bruno o bruno-gialliccio. Il legamento sottile, bruno o bruno-rossiccio, non è saliente; la lamella è lineare ed ottusa; le impressioni abbastanza mar- cate sono spesso granulose. La superficie interna è margarita- cea ceruleo pallida, macchiata in gialliccio. NOTE MALACOLOGICHE SULLA FAUNA ITALIANA. 87 Vive nelle acque del lago Cusio tra Pella ed Alzo, negli sta- gni del fiume Po e del Ticino presso Pavia e Belgiojoso. L’Anodonta palustris ha qualche lontana somiglianza di forma colla A. fenella Held e colla A. anatinella Stabile. Dalla prima si distingue facilmente per la forma più depressa, per maggiore rotondità del margine anteriore, e brevità di quello posteriore, non che per la forma più troncata del medesimo. La sua superficie è sempre più scabra, il colorito più oscuro e la sommità delle valve è costantemente corrosa. Dalla seconda diversifica per minore elevazione della cresta dorsale, per maggiore rotondità del margine posteriore, e mag- giore declività e curva di quello superiore; per superficie più rugosa e meno lucente, per uno sviluppo costantemente minore ed un tessuto assai più debole, non che per la lamella più breve ed ottusa e la corrosione degli umboni. Milano, li 20 Gennaio 1884. ISTOLOGIA E SVILUPPO DELL’APPARATO GASTRICO DEGLI UCCELLI Monografia del Dott. GiAcoMo CATTANEO PROFESSORE AGGIUNTO E LIBERO DOCENTE NELL’ UNIVERSITÀ DI PAVIA. (Con 4 tavole) I. ScoPo E METODO DELLA PRESENTE RICERCA. Intorno a quella prima parte del tractus entestinalis degli uccelli, che va dal faringe al piloro, e che presentasi così va- riamente conformata e suddivisa, a seconda dei varî ordini e delle varie famiglie, furono pubblicati moltissimi lavori, dal prin- cipio del presente secolo fino ai nostri giorni. La maggior parte di questi studî intorno a tal complesso di organi, ch’io chiamo brevemente col nome di apparato gastrico, riguardano special- mente l’anatomia macroscopica; e solo a voler dare un reso- conto sommario dei lavori veramente importanti e originali (che non sono la maggior parte), ci sarebbe da scrivere una estesa memoria. Pochi invece sono i lavori relativi alla fina struttura di questi importantissimi organi, e sovratutto limitati a un numero affatto esiguo di specie. Veramente in molti dei lavori macroscopici si trovano notizie intorno alla struttura del- l’ esofago, dell’ingluvie, del proventricolo e del ventricolo degli uccelli; ma sono notizie sommarie, e ben lontane da quella fi- “ ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 89 nezza e da quella precisione, a cui è giunta, coi perfezionati processi di tecnica microscopica, la moderna istologia. Fra i la- vori esclusivamente istologici ve ne sono invece di recenti e di pregevolissimi; ma sono lavori d’ istologia pura, non già di morfologia comparata; meno rare eccezioni, si trova in essi solo l’opera del microscopista, e non quella del naturalista. Non esiste poi affatto una monografia completa intorno all’ istologia dell'apparato gastrico degli uccelli, che faccia passare in ras- segna la struttura dei nominati organi in tutti gli ordini e nei rappresentanti delle principali famiglie, segnandone con intento comparativo, le modificazioni successive, e, quel che sommamente importa, studiando l’ origine e la significazione di esse nel- l’ embriologia. Tentando io ora tale lavoro monografico, mi sono proposto specialmente due scopi; in primo luogo di raccogliere fatti ori- ginali intorno all’ istologia e allo sviluppo dell’ apparato ga- strico degli uccelli (studiando in particolar modo i processi tec- nici più atti all'uopo); e in secondo luogo, dopo di averne empiricamente esaminata la forma, indagare di esso la forma- zione. | Il carattere principale che distingue i lavori del puro istologo da quelli del morfologo sta in ciò: che il primo s°’ accontenta di far delle preparazioni, di disegnarle e di descriverle, appre- stando degli utili materiali alla scienza, ma senza andar più in là; mentre il secondo, dopo d’aver riscontrato i fatti, li mette fra di loro a confronto, per ricavarne qualche documento sulla origine e sul modo di formazione dell'organo o degli organi ch’ egli studia. La singolare disposizione dell’apparato gastrico degli uccelli ci pone innanzi un problema interessantissimo. Abbiamo qui una classe ben distinta e limitata di vertebrati, che ci presenta una configurazione e una struttura, nella prima parte del tubo digerente, assai diversa da quella che notasi nelle altre classi dei vertebrati. Gli uccelli differiscono in ciò, da ognuna delle altre classi, più di quanto le più lontane di esse differiscano tra di loro. Nella espansione gastrica del fractus 90... G. CATTANEO, intestinalis dei pesci, dei batraci e dei rettili abbiamo una gra- dazione successiva di forme e di strutture tutte fra di loro si- mili, almeno nei tratti fondamentali; ma, a partire dai saurî, che, per molti profondi caratteri di organizzazione (specialmente osteologici) sarebbero i più prossimi antenati degli uccelli (tal- chè Huxley! unì rettili e uccelli nel gruppo unico dei Saur- opsida), troviamo subito un fatto rilevante nella disposizione della prima parte del tractus intestinalis. Là un’ unica cavità gastrica, con moderato sviluppo di glandule e di muscoli; qui parecchi stomachi, nell’uno dei quali difettano i muscoli e ap- paiono delle glandule enormi, mentre nell’altro le glandule sono quasi atrofiche, e i muscoli prendono uno sviluppo così rilevante, da far perdere affatto all’ organo la sua forma originaria d’un sacco gastrico. In qual modo avvenne un così notevole diffe- renziamento ? Quali sono le omologie del proventricolo e del ventricolo degli uccelli in rispetto alla cavità gastrica degli altri vertebrati? Ecco una serie di questioni altamente interes- santi per l'anatomia comparata e per la storia genealogica degli uccelli; questioni che finora da nessuno furono trattate con la dovuta precisione e con sufficiente copia di documenti. Il metodo che abbiamo adottato per risolvere questo problema è quello stesso che crediamo si debba adoperare in qualunque ricerca scientifica; consiste cioè nello studiare un’intera serie di fatti, opportunamente scelti e ordinati. L’esame macroscopico dei ventricoli degli uccelli ci insegna troppo poco per la que- stione che noi dobbiamo risolvere, perchè con le apparenti dif- ferenze esterne non vanno di pari passo le intime modificazioni della fina struttura, nella quale consiste la differenza essenziale che esiste tra il ventricolo degli uccelli e quello degli altri ver- tebrati. Bisogna dunque rivolgersi all’istologia; e, poichè i ma- teriali finora adunati su questo punto di scienza sono assai scarsi, occorre istituire delle osservazioni sopra un certo numero di spe- cie, che rappresentino sufficientemente l’intera serie degli uc- i HuxLEY, Anatomy of the vertebrated animals. CAKhib(@eS' ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 91 celli; e tali ricerche consistono precisamente nell’ eseguire le sezioni microscopiche dei ventricoli, seguendo con dettaglio le va- riazioni che si notano dall’ una all’altra regione d’uno stesso organo o complesso di organi, o dal ventricolo d’ una specie a quello delle affini. Questo studio dev’essere completato dall’esame dello sviluppo embriologico dei detti organi, preferibilmente in alcuna delle specie in cui essi si mostrino, allo stato adulto, più differenziati, allo scopo di seguire passo a passo le successive modificazioni che hanno luogo dal primitivo stato indifferente della cavità gastrica, quale mostrasi negli embrioni di pochi giorni, fino alla complicazione definitiva che trovasi nel neonato. Il processo di complicazione e differenziamento che ha luogo nell’embriologia servirà certamente ad additarci per quale via tali modificazioni e differenziamenti hanno avuto luogo nella filogenia degli uccelli; poichè, quando si faccia astrazione da un certo numero di adattazioni embriologiche, a cui bisogna porre una speciale attenzione, e sovrattutto quando si sappia tener giusto calcolo delle rapide abbreviazioni, che hanno luogo spe- cialmente nei primi giorni dello sviluppo, abbiam pur sempre che lo sviluppo embriologico ripete, nei suoi tratti principali, lo sviluppo genealogico. Nel nostro caso poi questo studio embrio- logico sarà tanto più facilmente fecondo di schiarimenti, inquan- tochè siamo meno soggetti alla parte più rapida dello sviluppo, cioè a quello che ha luogo nei primi giorni, e ripete affatto sommariamente i caratteri di più antica data. Il differenziamento del ventricolo degli uccelli non è un carattere di prima formazione, ma è, rispetto a tal classe, affatto recente; non solo non è an- teriore alla formazione del tipo vertebrato, ma è tardo pur nella serie dei vertebrati, poichè ebbe luogo solo in quel ramo dei saurî, da cui derivarono gli uccelli. È dunque affatto probabile che tale differenziamento apparirà tardo anche nell’embriologia; ed essendo meno soggetto all’accelerazione di sviluppo, potrà più facilmente essere seguito. Per compiere questo studio ci atte- nemmo al processo delle sezioni sottili, eseguite in embrioni di diversi stadî di sviluppo. 92 G. CATTANEO, Ma prima di esporre le nostre speciali osservazioni, è neces- sario dare un succinto cenno di quanto finora fu fatto intorno a tale argomento. * II. PARTE STORICO-CRITICA. 1) Riassumendo brevemente la storia delle ricerche fatte sulla struttura del ventricolo degli uccelli, non terremo conto solo dei lavori esclusivamente istologici, ma anche di quei lavori macroscopici, generali o speciali, che trattano in qualche modo, sia pur incidentalmente, della forma e disposizione delle glan- dule, dei muscoli, ecc. negli organi digerenti degli uccelli. Primo fra tutti, lasciando le più antiche opere di Malpighi, Boerhave, Ruysch, ecc.? citerò il Cuvier®, il quale notò che il ventricolo glanduloso o succenturiato è rimarchevole per le glandes considerables contenues dans l’épaisseur de ses paroîs. L’esofago e l’ingluvie, secondo lui, hanno due membrane; una esterna muscolare; composta in gran parte di fibre circolari e in piccola parte di fibre longitudinali, e una interna, di natura mucosa. Il ventricolo succenturiato è coperto anche da una terza membrana, che deriva dal peritoneo. Tra la membrana muscolare e la mucosa v'è uno strato di piccoli cilindri glan- dulosi con una propria cavità, i quali sono perpendicolari alla parete e serrati gli uni contro gli altri. La loro estremità in- terna è tonda, ed ha nel mezzo un piccolo foro che s’apre nel ventricolo. Sonvi inoltre molti vasi sanguigni. 4 La bibliografia, che curammo di rendere possibilmente completa, almeno pei la- vori veramente originali e importanti, trovasi alla fine della memoria. ? MARCELLI MALPIGHI, De structura glandularum conglobatarum consimiliumque partium epistola, 1665. F. RurscH e H. BoERHAVE, Opusculunm anatomicum de fa- brica glandularum, ecc. Amsterdam, 1773. ® G. CUvIER, Lecons d’anutomie comparée, recuillies et publiées par C. L. Du- VERNOY. Paris, An. VIII-XIV (1799-1806), Tom. III, XX Lezione, Articolo IV. De l’ésophage et de Véstomac des oiseaux, pag. 404-411; vedi anche la 2 ediz. in 8 vo- lumi. Paris, 1835-46. “ ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 93 Nello stomaco carnoso (sempre secondo il Cuvier) vè un rivestimento esterno, che viene dal peritoneo, indi uno strato muscolare, le cui fibre raggiano da due tendini attondati. La terza membrana è costituita da un tessuto cellulare assai denso, e filamentoso alla superficie. Anche qui vi sono molti vasi san- guigni. L’ ultima membrana, cosidetta cornea, “ n'est réellement quune sorte d’épiderme ordinairement très-dure et très-épais. On n'y decouvre aucune organisation, et il ne paroît formé que d'une gelée durcie . ... qui a transsudé de la membrane inter- ne , (pag. 407). Il Cuvier entra anche in qualche particolare. Osserva, per esempio, che il proventricolo, quando manca l’ in- gluvie, è più grande, e ha glandule più piccole e meno spesse; che nel cigno le protuberanze dello stomaco muscolare sono circondate da lamine perpendicolari, le quali vanno serpeggiando dall’una all'altra; ciò che offre, egli dice, “ un très-beau coup d’eil ,. Nota che gli uccelli da preda diurni hanno lo stomaco a pareti sottili; che nello stomaco dello struzzo l’epidermide (sic) offre una struttura notevolissima, poichè essa è composta di piccoli aghi cilindrici, compressi gli uni contro gli altri e per- «pendicolari alle pareti dello stomaco (pag. 411). Queste notizie raccolte dal Cuvier, per quanto interessanti, sono però ben lungi dal darci un’idea sufficiente della struttura del ventricolo degli uccelli. Alcune di esse poi, per. mancanza di opportuni mezzi di ricerca, sono riuscite affatto inesatte. Per esempio non è vero che lo strato “ corneo , del ventricolo mu- scolare manchi di struttura, nè che i rapaci abbiano glandule più piccole e sparse che non i granivori. Quasi contemporaneo al libro del Cuvier è il lavoro del Neergaard' sull’anatomia e fisiologia comparata degli organi digerenti dei mammiferi e degli uccelli (1806); e di poco po- steriori sono i varî lavori di Everard Home, cioè la me- moria sul gigerio di alcuni uccelli * e l’altra sulle glandule 1 NEERGAARD, Vergleichende Anatomie und Physiologie der Verdauungswerkzeuge der Stugethiere und Vogel. Berlin, 1806. 2 E. Home, On the gizzard of grazing Birds. Philos. Transact. 1810. 94 ‘. G. CATTANEO, peptiche *, e inoltre le sue splendide lezioni di anatomia compa- rata ?. In quest'ultime specialmente egli studiò con molta cura la forma del ventricolo degli uccelli, ma limitandosi quasi solo alla parte macroscopica. Ne diede anche delle stupende figure, così precise e accurate che furono poi in gran parte riprodotte dall’Owen nel suo trattato d’ anatomia comparata dei verte- brati; e sovra tutte illustrò le seguenti forme: il falco, parec- chie ardee, il gabbiano, il picchio, il pingoino, il cormorano, il tacchino, il gallo, alcuni psittacidi, il casuario, lo struzzo, la rea, il cigno, il pellicano, la gru, l’oca, il corvo e l’anitra sel- vatica.* Diede anche delle figure microscopiche delle glandule dell’aquila, del laro, della colomba, del cigno, dell’oca, del gallo, del tacchino, dello struzzo e della rea“; ma queste sono. rese molto infelicemente, essendo state osservate con la lente sem- plice, e ingrandite poi alquanto nel disegno. In alcuni punti esse sono anche affatto false o male interpretate. Dobbiamo però tenerne conto, perchè sono le prime figure istologiche re- lative al ventricolo degli uccelli che sì riscontrino nella storia della scienza. Contemporaneamente ai lavori dell’ Home usciva la bellissima opera del Tiedemann sulla storia naturale e. sull’ anatomia degli uccelli, che contiene anche alcuni cenni sulla struttura del tubo digerente (Pellicano, Cormorano, Spatula, Ibis, ecc.). © Il Lund inoltre nota ° come particolarità del ge- 1 E. Home, Solvent ylands, ecc. Philos. Transact. of the Royal Society. London, 1812. 2 E. Home, Lectures on comparative anatomy. London, 1814, lect. 3 e 4. On the digestive organs of Birds. p. 267-302, lect. 5. On the Birds and gizzard of Birds. p. 303-318. 3 Tav. 44, hawk; Tav. 45 Ardea argala; Tav. 46, Soland goose; Tav. 47, Phala- crocorax; Tav. 48, sea-gull, woodpecker, little auck; Tav. 49, turkey; Tav. 50, par- rot; Tav. 51, Casuarius emu; Tav. 52, long-legged cassowary, from New-South- Wales; Tav. 53, American ostrich; Tav. 54, American ostrich; Tav. 55, African ostrich; Tav. 56, African ostrich; Tav. 62, turkey; Tav. 63, swan; Tav. 104, pe- lican; Tav. 105, crane; Tav. 106, soland goose; Tav. 107, little auk; Tav. 108, sea- mew; Tav. 109, Ardea argala; Tav. 110, wild duck; Tav. 111, goose; Tav. 112, wild-swan. 4 Vedi specialmente le tavole XLVI e LVI dell’ Home. 5 TIEDEMANN, Anatomie und Naturgeschichte der Vogel. Heidelberg, 1810-14. 6 Lunp, De genere Euphones. Copenhagen, 1829. ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 95 nere Euphones la presenza d'uno stomaco mico, distinto ap- pena per differenze nella mucosa; cosa che del resto ha luogo in altre specie. Fra i lavori originali dobbiamo qui citare con particolare elogio la stupenda memoria di Giovanni Miiller' sulla strut- tura delle glandule, che è un vero capolavoro per profondità e squisitezza di ricerche e per eleganza di dettato. In essa però si parla diffusamente delle glandule di secrezioni speciali ?, delle glandule mammarie, salivali, del pancreas, del fegato, degli ovarî, dei testicoli, dei reni, ma, in complesso, assai più breve- mente e con minor copia di dati vriginali, delle glandule pepti- che degli uccelli. Riguardo a queste anzi dobbiamo notare che il Miller non fa che riprodurre, com’ egli stesso confessa, le nozioni attinte alla già citata opera dell’ Home, insieme a pa- recchie delle figure. ® Cita specialmente le glandule peptiche del falco, della rondine, del cigno, della colomba, dell’oca, del dindo, dello struzzo, dell’ ardea, del cormorano. Questo lavoro del Miiller ci richiama quell’altro del Bòihm sulle glandule del tubo digerente, il quale però relativamente agli uccelli, contiene ben poco d’originale. * Coetanei alle memorie di Miiller e di Bòhm sono i trattati, invero ottimi, di Carus e di Meckel sull’anatomia comparata. I. F. Meckel” nota che lo stomaco follicolare presenta una infinità di follicoli disposti verticalmente, formanti file serrate 1 JoHANNES MiiLLER. De glandularum secernentium structura penitiori, earumque prima formatione in homine atque animalibus. Lipsiae. 1830. 2 Interessantissimi sono i capitoli sulla glandula muschifera del coccodrillo, sui follicoli lacrimali dei ruminanti, sulla glandula facciale dei pipistrelli, sulla glan- dula temporale dell’elefante, sulla glandula ipocondriaca dei soricidi, sulla glandula uropigetica degli uccelli, e sulle inguinali e prepuziali dei mammiferi e femorali dei saurii (Liber tertius, pag. 39-44). * MuùLLER, op. cit., Tav. I, fig. 7, pag. 37. 4‘ Bonm, De glandularum intestinarum structura penitiori. Diss. inaug. Bero- lini, 1835. 5 I. F. MECKEL, System der vergleichenden Anatomie. Halle, 1821-33. Vol. 6. Per gli stomachi degli uccelli vedi, nella vers. frane., il Vol. VIII, cap. XII, 2 132-176, pag. 179 e seg. 96 G. CATTANEO, e sovrapposte, e cogli orifici volti in basso. Essi sono varî di forma e di grandezza, dice il Meckel, e sono più piccoli e semplici negli uccelli carnivori e più grandi nei granivori; in questi ultimi hanno appendici dentellate. C. G. Carus* ri- pete anch’esso in parte le osservazioni di Home, notando per esempio, la forma a bottiglia e con frangie libere (villi?) delle glandule della rondine di Giava (salangana), e ripetendo sempre, in modo troppo assoluto, la già criticata legge del maggiore svi- luppo delle glandule dei granivori per rispetto ai carnivori. Il proventricolo dei rapaci e dei rampicanti somiglia allo stomaco sacciforme dei pesci e dei rettili: talora le glandule, anzichè estese a tutta la mucosa, sono localizzate in pochi punti; il gi- gerio dei rapaci, palmipedi e rampicanti non ha mai glandule gastriche propriamente dette: ecco una serie di proposizioni. che il Carus, togliendole in parte del Tiedemann, ammette come generali, e che io invece credo si debbano ristringere a casi molto particolari. Eccoci giunti, nella serie cronologica, a una celebrata memoria del Bischoff”, la quale tratta in modo speciale della struttura dello stomaco nei vertebrati. Essa è specialmente consacrata allo studio delle glandule tubulari nello stomaco dell’uomo, ma v'è anche un’ appendice relativa ai mammiferi (cane, gatto, porco, bue, cavallo, coniglio, topo) e agli uccelli. ® Il Bischoff notò che il proventricolo degli uccelli contiene dei sacchetti glandulari, che sboccano sulla mucosa fra villi speciali, e os- servò felicemente i dentelli dello strato corneo dello stomaco mu- scolare. Tali studî si basano su cinque sole forme: gallo, piccione, cuculo, anitra e merlo. Noterò anzitutto che non tutti gli uccelli presentano villi nel proventricolo, anzi i passeracei, i gallinacei 4 C. G. CARUS, Lehrbuch der Zootomie. Leipzig, 1818. 2.8 ediz. Leipzig, 1834. La 2.8 edizione fu tradotta in francese dal JOURDAN, col titolo: Traité é/émentaire d’a- natomie comparée, suivi de recherches d’anatomie philosophique ou transcendante. Paris, 1835. 2 T. L. W. BiscHorFr, Ueber den Bau der Magenschleimhaut. Miller’s Archiv fiir Anatomie und Physiologie. Berlin, 1838. Tav. XIV e XV. ® BISCHOFF, op. cit., pag. 519 e seg. _SUNTO DEI REGOLAMENTI DELLA società. È sa Scopo d ita Società è ta promuovere in Italia il progresso degli snai ; pa: le scienze. “cagna sic: era = ftt pagano iù L. 20 OftE in una sola sp ‘nel primo tri- > dell anno. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno quelli nel Regno d’Italia), vi presentano le loro Memorie e Comunica- > rice cevono da gli Atti della Società. uali diorino fuori d' Italia, — _ Biodt divaligta 806) Sb dn si issoggettino alla tassa ‘annua di lire venti. Jr Non sono . Invitati partico- ‘armente ‘alle sedute della. Società; ma possono assistervi e presentarvi o) farvi leggere delle Memorie o delle- Comunicazioni, — POI ci Dr lente gli Atti della Società. n RE PATI | La proposizione per l ammissione a un nuovo socio ) deve essere. fatta el iù îrmata da tre socj effettivi. br Socj effettivi che non mandano la loro rinuncia almeno tre mesi prima | le ella fine dell’anno sociale (che termina col 81 dicembre) continuano ad es- jere tenuti per soc]; se sono in ritardo nel pagamento della quota di un nno, ® invitati, non lo compiono nel primo trimestre dell’anno successivo, essano di fatto di appartenere alla’ Società, salvo a questa il far. valere suoi diritti per le quote non ancora pagate. | x È | Le Comunicazioni, presentate nelle adunanze, possono essere. ‘stanipate egli Atti (o) nelle Memorie della Società, per estratto o per esteso, secondo È loro estensione ed importanza. La cura delle pubblicazioni spetta alla Presidenza. cd: ‘Agli Atti ed alle Memorie non si ponno unire tavole se non .sono del prmato degli Atti o delle Memorie stesse, - Tutti i Socj possono approfittare dei libri della biblioteca a pur- he li domandino a qualcuno dei TFABDE) della Presidenza, ogolare ricevuta. Quanto ai lavori stampati negli Atti l’autore potrà far tirare un numero prc di copie ai seguenti prezzi: rilasciandone È I Esemplari 25 DO “> 100 | ‘, di foglio (4 pagine). sore dado EBD: L:-2:25 LEot2 B0.|fa 4 4 t/a foglio (8 Pagni. t. me Bei n 9-50" 4 MEA | 3/, di foglio (12 pagine). . | , 250, 5 —| » 675» 9_ ff? foglio (16 pagine) . . . |» 2751. 5501 - 8__|. 10 INDIGO ——— Diibziino spa 1884 Socj effettivi al principio dell’anno 1884 sta x Socj corrispondenti... ».... Istituti scientifici corrispondenti . | A: STOPPANI, Commemorazione di Emilio Cornalia . N. Passerini, Sulla Filaria, terminalis Auctor (tav. d) P. CasreLrraAnco, Escursioni paletnologiche in Valsolda. nell'agosto € settembre 1883 . Seduta del 13 gennaio 1884. Bilancio Consuntivo dal 1.° gennajo al 31 dicaiubee 1883 Bilancio Preventivo per l’anno 1884 © PoctonerRi: Helia banca" 00 Gg ap N. Pini, Note malacologiche sulla Fauna ‘italiana . G. Cattanro, Istologia e sviluppo dell'apparato gastrico degli uccelli, Atav. 4) lg aa ch Ti fa P. pai if - ai | (e É , Pi FascicoLo 2 — Fogti 7-.13 con 4 tavole. Tia di Muano, "4 È 4 d CIETÀ ITALIANA | | ==— DI SCIENZE NATURALI fi o crostata gli ATTI e delle MEMORIE s i ve ina. di questa coperti pagina 3° TIP. BERNARDONI DI C. REBESCHINI E C. PER L'ITALIA: PER L'ESTERO: Da È PRESSO LA PRESSO LA | °°‘ SEGRETERIA DELLA SOCIETA' | LIBRERIA DI ULRICO HOEPLI "Se — MILANO | MILANO . Palazzo del Museo Civico. Galleria De-Cristoforis, Via Marvin, 2. 59-62. Grueno 1884. Per la compera de a SÙ x vg PA w di date * e Sd ) : sl 1A Mii 7 regi pid: ib CILS: he, o, , EA RI; 8 pg x lens < o.) Là > 1 A ij | è » cn DI - Lia dic. La n wi pre è fi Ù i 4 T ; i È ci STA 7. di ” j di A id pa i, : ti "Re oa : Pi de | | ! \ Li É i Ni Ri È) E ig ; RUNE ARI di È ; È è Ù Di È F 9 À di Lew è à, È AL LELLO da "4 pe | de da Sal Mia 4 Pe] de \ "i 1A ci DA ATL E.i FAT To È "= > i i, 1, Ip PRESIDENZA PEL 1884. Presidente, StopPANI prof. Antonio, Direttore del Civico Musco di Storia naturale di Milano. Vice-presidente, VILLA AnTtoNIo, Milano, via Sala, 6. i MercaLLI prof. GrusepPe, Milano, via’ S. Andrea, 10. Chf Sola Pini rag. NAPoLEONE, Milano, via Crocifisso, 6. i } Cassiere, GarGaNTINI-PrattTI Giuserre, Milano, via Senato, 14. È ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 97 ei palmipedi non ne presentano quasi mai. Questa memoria, — d’un certo valore pel tempo in cui fu scritta (1838), ora, dal | lato istologico, ha solo un valore storico. Le figure specialmente, sì per l’ ingrandimento insufficiente, che per i processi di prepa- razione imperfetti, sono affatto insignificanti; credo impossibile a chicchessia il farsi una idea appena un po’ precisa della strut- tura dello stomaco degli uccelli osservando quei disegni. Essi ad ogni modo furono riprodotti, nelle sue Zcones, da R. Wagner!, | che poco prima aveva pur fatto degli ottimi studî sull’anatomia | generale degli uccelli. * Sorvolando sulle pubblicazioni piuttosto macroscopiche del . Leuckart* e di Siebold e Stannius,* e accennando al «lavoro di Middeldorpf” sulle glandule del Brunner, la cui struttura rischiara di molto l’origine dei pacchetti glandulari . degliuccelli, ci tratterremo più a lungo sulla memoria del Molin, . che è la prima, o, dirò meglio, l’unica monografia che finora esiste, esclusivamente dedicata allo studio istologico degli sto- machi degli uccelli. ° Sl lavoro del Molin si riferisce a dieci specie di uccelli, cioè al Falco nisus, al pellicano, allo struzzo, all’oca, alla colomba, al gallo, alla folaga, all’usignuolo, al passero,.al pappagallo (spe- cie?). È un lavoro breve, ma accuratissimo; però la tecnica mi- croscopica adoperata è molto primitiva, gli ingrandimenti assai modesti; più che uno studio sulla fina struttura degli elementi, ' R. WAGNER, Icones zootomicae, Handatlas zur vergleichenden Anatomie. Lei- pzig, 1841. 2 R. WAGNER, Beitriige zur Anatomie der Vogel. Abhandl. der baier. Akad. Miin- chen, 1837, II, 278. ®* LkUCKART, Zoologische Bruclstiiche. II, 1841. Ueder cine Zusammengesetze Ma- genbildung bei verschiedenen Vogeln. In questo lavoro il LEUCKART descrive lo sto- maco muscolare dei seguenti uccelli: Ardea cinerea, purpurea, stellaris, nycticorax, caboya ; Ciconia argala e marabù, Pelecanus, Haliaens, Podiceps, Colymbus, Apte- nodytes. ‘4 SieBoLD und StaNNIUS, Lelrbuch der vergl. Anat. Berlin, 1845-48. ° MipDELDORPF, Disquisitio de glandulis brunnianis, 1846. 6 R. MoLIx, Sugli stomachi degli uccelli. Denkschriften der kaiserlichen Akademio der Wissenschaften. Wien, Vol. III, 1852, p. 1-24, Tav, I-IV. Vol. XXVII. 7 98 G. CATTANEO, è questo uno studio della loro disposizione relativa; ma i fatti sono bene riscontrati e sovrattutto bene interpretati. Rappre- senta certamente un progresso notevole sui lavori antecedenti. Nello stomaco glandulare il Molin colpì con precisione la strut- tura complicata delle glandule a pacchetto, formate dall’ aggre- gazione di molti tubuli glandulari; ma non è esatto quanto egli asserisce rispetto allo sbocco delle glandule; perchè là dove vi sono due o più serie di glandule, ciascuna di esse non isbocca direttamente sulla mucosa, ma a mezzo di tubi cumulativi. Pure ben colpita è la disposizione dei dentelli dello strato corneo nello stomaco muscolare, e la forma e l’ufficio delle glandule semplici che circondano questi dentelli e che secernono la cuticola. Con tutto ciò dobbiamo notare che questo del Molin è un la- voro di zootomia pura, e per nulla affatto di anatomia compa- rata. Le notizie sono fra di loro affatto staccate, e l’autore non segue il variare e il complicarsi successivo dell’ organizzazione dall'una all’altra specie; cosa che, anche in quel tempo e su così piccolo numero di esemplari, si poteva in parte fare. Molti dettagli di fina struttura poi sfuggirono al Molin, oltre che per gli ingrandimenti insufficienti, anche pel processo molto in- felice di preparazione. I preparati del Molin sono quasi tutti ottenuti con tagli praticati in pezzi cottì mell’aceto. Se v'è un mezzo per deformare la struttura delle glandule peptiche e delle parti annesse, è appunto quello di metterle in contatto con un acido alquanto forte, peggio poi se è ad alta temperatura. Esso, è vero, determina un indurimento nel pezzo, dovuto alla ra- pida coagulazione delle parti albuminoidi; ma trattandosi di or- gani digerenti che contengono pepsina, la cottura nell’ aceto de- termina anche una auto-digestione nocevolissima alla chiarezza e incolumità del preparato. Insomma il lavoro del Molin, per quanto coscienzioso e accurato, appartiene a uno stadio dell’isto- logia che ora ha fatto il suo tempo; e quindi esso, oggidì, non può avere un gran valore obbiettivo. La nomenclatura istologica vi è affatto antiquata. Non c’è poi alcun indirizzo comparativo, neppur nel senso cuvieriano; è una raccolta di materiali stac- ì î ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 99 cati, da cui difficilmente il morfologo può ricavar qualche frutto. Contemporaneo a quello del Molin è un lavoro di W. Berlin,! il quale erroneamente considera la formazione cuticolare del ven- tricolo muscolare come una formazione cornea. In un nuovo stadio scientifico entriamo coi lavori del Leydig, il principe degli istologi comparatori. Nelle opere di questo in- signe anatomico e naturalista si sente un alito scientifico nuovo, derivante da più perfezionati processi di tecnica istologica, e sovrattutto da -un indirizzo veramente filosofico, quale è quello che non deriva solo dall’ osservazione empirica dei fatti, ma dal loro confronto. Un primo saggio del Leydig è quello contenuto nelle sue K/einere Mittheilungen,® in cui, fra tant’al- tre cose, parla della struttura del ventricolo nell’oca e. nella colomba. Nel ventricolo glandulare dell’oca riscontrò con pre- cisione la disposizione del connettivo, dei muscoli e delle glan- dule otricellari (Schlauchformige Driisen); nello stomaco mu- scolare la disposizione delle piccole glandule a tubo e della cuticola indurita, che rappresenta il loro prodotto di secrezione. Nella colomba, il Leydig osservò felicemente la tunica propria dei pacchetti glandulari, che è una derivazione del connettivo in- terglandulare. Però di questi suoi reperti il Leydig non diede figure nella sua memoria. Le diede invece, unendovi nuovi fatti, nel suo Trattato d° istologia comparata, ® ove, oltre la colomba, studiò anche l’ Ardea, e notò come i muscoli dello stomaco sono lisci negli uccelli, mentre sono striati in molti pesci (per esem- pio, Tinca chrysitis, Cobitis fossilis), come lo strato, impro- priamente detto corneo, non sia un vero fessuto, ma solo un prodotto di secrezione, e come infine le glandule composte del proventricolo degli uccelli siano amaloghe alle otricellari del cane, 1 BERLIN W., Bijdrage tod de spijsvertering der Vogeles. Nederlands Lancet. 1852. ® F. Lewpia, Kleinere Mittheilungen zu thierischen Gewebelehre. Miller’s Archiv 1554, pag. 331-333, ® F. LevDpIG, Lelhrbuch der Histologie des Menschen und der Thiere. Frankf, a. M., 1857. 100 G. CATTANEO, gatto, cavallo, coniglio, ecc. Su quest'ultima asserzione però non possiamo convenire, dovendo invece riconoscere che i pacchetti glandulari degli uccelli sono aggregazioni di quelle glandule tu- bulari semplici che trovansi nei mammiferi, e di quelle cripte alla Lieberkihn che stanno nei rettili; ma certamente il Leydig, nel 1857, non poteva avere quelle idee sul confronto morfologico degli organi, che rappresentasi ora precisamente col nome di omologia, e che allora, sotto l'influenza del concetto fisiologico, nominavasi vagamente analogia. Accennerò solamente alle opere del Milne-Edwards® e dell’Owen, ? il primo dei quali tratta del ventriglio degli uccelli specialmente dal punto di vista fisiologico, mentre il secondo si ferma specialmente sulla parte macroscopica, togliendo quasi tutte le figure dall’ Home, e ad una nota del Germain” su una specie di colombe, che conferma un’altra nota del Flower. * Abbiamo in seguito una serie di lavori speciali, che non trat-. tano esclusivamente dello stomaco degli uccelli, anzi ne trattano solo rapidamente o indirettamente, ma sono molto importanti per lo studio da noi intrapreso, perchè rappresentano lo stadio attuale della tecnica microscopica, e sono profondi studî di fina struttura. Parecchi dei processi ivi additati per lo studio delle glandule peptiche dell’uomo e dei mammiferi, sono applicabili pure a quelle degli uccelli; parecchie nozioni sull’istologia delle cellule e dei tubuli glandulari dei vertebrati di varî tipi rischia- rano di molto la struttura delle glandule digestive degli uccelli. Alludo a varie memorie di Boll,° Schlemmer,® Lan- 1 MiLNE-EDWARDS, Legcons sur la physiologie et l’anatomie gie de l'homme et ge animaux. Paris, 1857-70. 2 OwEN R., On the anatomy of vertebrates. London, 1866-68. ° R. GERMAIN, Note sur la structure du gésier chez le pigeon Nicobar. Ann. d. sc. nat. III, p. 262. * FLOWER, nei Proceed. of. Zool. Society. 1860, pag. 333-334. 5 BoLL, Beitrlige zur mikros skopischen Anatomie der acinòsen Drîsen. Berlin, 1869. 6 SCHLEMMER, Beitrig zur Kenntniss des feineren Baues der Brunner'schen Driisen. Sitz. d. Wien. Akad. 1869. - ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 101 gerhans,' Ebstein, Heidenhain, Schwalbe, Garcl, Edinger, ecc. L’Ebstein® studiò specialmente le glandule peptiche della regione pilorica nell’ uomo e nei mammiferi, il loro aspetto | bi esterno e le loro varie reazioni. Tale lavoro è importante spe- cialmente per la parte fisiologica e chimica, che si può parzial- mente applicare anche al processo della digestione negli uccelli. L’ Heidenhain® studiò le glandule peptiche del cane, sì a | digiuno che dopo il pasto. Indurì la mucosa in alcool, e la co- lorò con carmino o bleu d’anilina; e trovò così le variazioni che hanno luogo nelle glandule delle varie regioni dello stomaco. Questo lavoro è specialmente importante per la parte tecnica, applicabile pure agli studî sullo stomaco degli uccelli; l’autore, nelle sue ricerche, adoperò il siero iodato, l’ acqua distillata, | gli alcali, gli acidi in generale, e specialmente l’acido iper- | osmico, ‘il bicromato di potassa, ecc. È interessantissima un’ ap- pendice, che tratta esclusivamente della parte tecnica (Bemer- — kumngen tiber die Untersuchungsmethoden). La memoria dello Schwalbe * riguarda specialmente le glandule del Brunner e le pancreatiche, ma è interessante e importante anche pel nostro studio, perchè in essa l’autore ri- schiara assai la struttura delle cellule glandulari, e perchè il confronto frale glandule del Brunner e le altre glandule del- l'intestino e dello stomaco facilita assai la spiegazione della ge- nesi delle glandule composte degli uccelli. ( | i LANGERHANS, Beitrige zur mikroskopischen Anatomie der Bauchspeicheldriisen Berlin, 1869. 2 W. EsstEIN, Beitrige zur Lehre vom Bau und den physiologischen Funktionen der sogenannten Magenschleimdriisen. Schultze’s Archiv fiir mikroskopische Anato- mie. Vol. VI, fasc. IV, 1870. 3 R, HrIDENHAIN; Untersuchungen iber den Bau der Labdriisen. Schultze’s Archiv f. mikroskopische Anatomie. Vol. VI, fase. III, 1870. 4 G., SCHWALBE, Beitrige zur Kenntniss der Driisen in den Darmwandungen, ins besondere der Brunner'schen Driisen. Schultze’s Archiv f. mikrosk. Anat. Bonn, 1871, VOLE, £. 1. 102 G. CATTANEO, I. Garel' studia in generale (troppo in generale) l’istologia comparata delle glandule enteriche nei vertebrati, e qui lo cito perchè, oltre la parte che riguarda lo Squalius cephalus, la Tinca, la Salamandra, la Rana, la Cistudo, la vipera, l’asino, il gatto, il cane e l’uomo, vi trovo anche alcune osservazioni e alcune figure relative all’esofago del piccione e del falco, e alle glandule del ventricolo succenturiato della rondine (Tav. IV, fig. 20, Tav. II, fig. 10, Tav. I, fig. 5, Tav. II, fig. 9). lL. Edinger” studia la struttura dei tubi glandulari, special- mente nell’ uomo, però con osservazioni che sono utili anche pel nostro studio sugli uccelli. Esclusivamente agli uccelli appartengono i lavori del Gadow, dell’ Hasse, e del Wiedersheim, con cui chiuderò questi cenni storico-critici. La memoria del Gadow,” veramente fonda- mentale, ed importantissima per la sua estensione e profondità, è un lavoro quasi esclusivamente macroscopico. In essa’l’autore tratta, con gran numero di dati originali, della disposizione di tutto il tubo digerente in un grande numero di uccelli (un "centinaio di specie), facendo notare le differenze macroscopiche fra le varie regioni dell'apparato gastrico. Esclusivamente istologici sono invece i lavori di Hasse® e di Wiedersheim.® Quest’ ultimo autore nota che lo strato corneo del ventriglio muscolare degli uccelli non è, come voleva 4 I. GAREL, Récherches sur l’anatomie générale comparée et la signification mor- phologique des glandes de la muqueuse intestinale et gastrique des animaua verte- brés. Laboratoire d’anatomie générale de la Faculté de médicine de Lyon. Paris, 1879. 2 L. EpINGER, Zur Kenntniss der Drisenzellen des Magens, besonders beim Men- schen. Schultzes’8 Archiv f. mikr. Anat. Vol. XVII, fasc. I, Bonn, 1880. 3 HANS Gapow, Versuch einer vergleichenden Anatomie des Verdauungssystems der Véògel. Jenaische Zeitschrift fir Naturwissenschaften, Vol. XIII; Neue Folge, Vo- lume VI, fascicoli 1 e 3, con 16 tavole. Jena, 1879. 4 Hasstk, Beitrige zur Histologie des Vogelmagens. Henle’s Zeitschrift f. r. M. Vol. 28. Non potei consultare questo lavoro, essendo irreperibile, nelle nostre bi- blioteche, l’Henle?s Zeîtschrift. Lo cito da WIEDERSEEIM. Tutte lo altre citazioni sono originali, avendo io letti e sunteggiati i relativi lavori. 5 R. WigpeRsHEIM, Die feinere Strukturverhdltnisse der Driisen im Muskelmagen der Végel. Schultze’s Archiv f. mikr. Anat. Vol. VIII, fasc. 3, 1871. TSO ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 103 il Leydig, un prodotto cuticolare amorfo, ma ricorda invece la struttura del guscio delle uova dei rettili o il tessuto ela- stico dei vertebrati superiori. Osserva inoltre che le glandule. del ventriglio muscolare corrispondono a quelle della regione pilorica dei mammiferi; osservazione giustissima dal lato pura- mente anatomico, ma non dal lato fisiologico, perchè le glandule piloriche dei mammiferi sono specialmente secretrici di acidi e di pepsina, mentre quelle degli uccelli non secernono altro, nella maggior parte dei casi, che la grossa cuticola che ricopre lo stomaco muscolare. In varî modi il Wiedersheim isolò queste glandule (specialmente nella colomba, ove i dentelli cor- nei e le glandule sono più grandi che in altre specie), e trovò ch’esse hanno una forma tubulare, e che il loro lume è pieno d’ una sostanza vitrea e striata (Parallelestreifen), che continua nella cuticola. Isolò anche le fibre o dentelli, e le cellule a gu- scio e ad appendici uncinate che stanno dintorno a quelle. La struttura della cuticola dello stomaco muscolare era già stata, fin dal 1866, accuratamente studiata dal Curschmann,! che la paragonò a quella del guscio delle ova dei plagiostomi e dei rettili, e contraddisse l’opinione ch’ essa sia una sostanza cor- nea. Studiò questa struttura nelle seguenti specie: struzzo, rea, fringuello, civetta, anitra, fulica. Una parte delle proprie con- clusioni riprodusse il Wiedersheim nel suo Trattato d’anatomia comparata dei vertebrati. * . Come si vede da questo succinto cenno storico-critico, molti lavori esistono sullo stomaco degli uccelli, ma pochi esclusiva- mente microscopici, e questi limitati e pochissime specie. Manca affatto finora una monografia completa su questo argomento, quale quella di cui qui tentiamo di dare un saggio. 1 H. CURSCHMANN, Zur Histologie des Muskelmagens der Vogel. Teitschrift fir Wissenschaftliche Zoologie, Vol. XVI, fasc. 2°, tav. 12. 1866. 2 WIEDERSHEIM,., Lehrbuch der vergleichenden Anatomie der Wirbelthiere. Volu- me II. Jena, 1883. 104 G. CATTANEO, III. PARTE TECNICA. Generalmente si confonde la Zecnica col metodo, che sono in- vece due cose ben distinte, anzi affatto diverse. Il metodo è una serie di ragionamenti, con cui, partendo da alcuni principî generali, indirizziamo la nostra ricerca nel modo più utile e ri- goroso per giungere a conclusioni efficaci. La tecnica invece è quella serie di processi manuali, con cui raccogliamo il mate- riale da studiarsi e istituiamo su di esso le osservazioni per istabilire i fatti. Appartengono al metodo la scelta opportuna dell’ argomento, la critica dei lavori già pubblicati su di esso, il giudizio sulla maggiore o minore importanza dei fatti che si osservano, il coordinamento di questi fatti in modo che rischia- rino efficacemente qualche punto ancor dubbio o incompleto della scienza; il metodo è essenzialmente un lavoro di compa- razione, d’ induzione e di deduzione, che richiede una coltura estesa e sicura e una certa finezza e intensità di ragionamento. Appartengono invece alla tecnica le ricerche di laboratorio, e, trattandosi qui d’ uno studio istologico, i processi migliori per raccogliere i pezzi ed eseguirne le sezioni; l’ impiego dei reagenti e delle colorazioni, la conservazione dei preparati, l’interpreta- zione esatta dei loro dettagli sì nel descriverli che nel dise- gnarli. Senza il possesso della tecnica è impossibile istituire una ri- cerca istologica originale; ma essa conduce solo a constatare i fatti. È solo invece col metodo che noi giungiamo a dare a qualsiasi nostra indagine il carattere scientifico. Del metodo da me seguito già parlai in principio di questo lavoro; ora parlerò della tecnica. La raccolta di sufficienti materiali per uno studio monografico sull’istologia del tubo digerente degli uccelli è, da un lato, ab- bastanza agevole, essendo appunto questa la classe dei verte- ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 105 brati, di cui più facilmente si possono trovare numerosi e sva- riati esemplari nei laboratorî dî preparazione dei nostri Musei; ma tal raccolta avea però una difficoltà intrinseca, relativa alla natura degli organi da osservare. In qualsiasi ricerca istologica è utile, anzi indispensabile, che il materiale sia osservato, e sot- toposto ai processi di preparazione, in uno stato di somma fre- schezza; ma ciò vale tanto più per gli organi digerenti, in quanto che essi, per i prodotti di secrezione delle loro glandule, sono soggetti, dopo la morte, ad un’auto-digestione, e, per le sostanze facilmente putrescibili che contengono, sono tra i primi a cadere in deperimento; notando poi anche che gli epitelî e le glan- dule, a parità di condizioni, si alterano più rapidamente di molti altri tessuti. A questa difficoltà cercai d’ ovviare quanto meglio mi fu possibile. Una parte del materiale la raccolsi io medesimo, sovrattutto per ciò che riguarda le specie più comuni, e questi pezzi furono da me osservati e preparati in istato d’ot- tima conservazione. Molto devo anche alla gentilezza dei prepara- tori-naturalisti, signori Bonomi, Maestri e Ballerini, che mi favorirono il tubo digerente o l’intero torso di molte specie d’uccelli (talune esotiche e anche rare), di cui essi stavano preparando la spoglia, e in tutti quei casi in cui fu possibile, quei pezzi erano stati subito gettati in alcool (ottimo fissatore, special- mente per la parte glandulare), e mi pervennero in buon stato. Parecchie e interessanti specie le ebbi dalla cortesia del prof. Pietro Pavesi, ei ventricoli dello Struthio camelus e del Dromaius Novae Hollandia mi furono trasmessi dal prof. Fer- dinando Sordelli di Milano. A tutti questi signori, che tanto mi aiutarono in questo lavoro, fornendomi un copioso e svariato materiale di studio, porgo i miei più vivi ringraziamenti. Dai cenni storici sopra riportati risulta come le specie di uc- celli, che furono finora osservate per quanto riguarda l’istologia del ventricolo, sommano a circa una ventina, e sono precisa- mente le seguenti: struzzo, rea, falco, aquila, cigno, laro, oca, ardea, cormorano, gallo, tacchino, rondine, colomba, cuculo, amtra, merlo, pellicano, fulica, usignuolo, passero, fringuello, 106 G. CATTANEO, pappagallo. L’ Home parla di 10 specie (aquila, laro, colomba, cigno, oca selvatica e domestica, gallo, tacchino, struzzo, rea); il Miller, riportando in parte da Home, si occupa di 9 spe- cie (falco, rondine, cigno, colomba, oca, tacchino, struzzo, ardea, cormorano); il Bischoff esaminò 5 specie (gallo, colomba, cu- culo, anitra, merlo); il Molin ne descrisse dieci (falco; colomba, struzzo, oca, pellicano, gallo, fulica, usignolo, passero, pappa- gallo); tre specie il Leydig (oca, colomba, ardea); sei il Cur- schmann (struzzo, rea, civetta, fringuello, fulica, anitra); una il Garel (rondine) e una il Wiedersheim (colomba); ossia, tenendo conto delle specie ripetute, furono finora osservate ven- tidue specie d’uccelli. Se poi si nota che di sei o sette di queste specie parlò solo 1° Home, il quale ne diede dei rag- guagli affatto insignificanti, e che di altre si hanno appena dei ragguagli fuggevoli, si riducono a sole 15 le specie degli uccelli finora osservate per riguardo all’istologia del ventricolo, e pa- recchie di queste in modo incompleto o superficiale. Intere fa- miglie, anzi interi ordini, rimangono ancora, per quanto riguarda l’istologia del ventricolo, completamente inesplorati. Io raccolsi e osservai i ventricoli di ben 103 specie d’ uccelli, distribuite su tutta la classe; in modo ch’ esse rappresentano proporzionalmente tutti gli ordini e le principali famiglie. In questo lavoro mi ristrinsi però alla descrizione dettagliata di una settantina di specie, avendo risolutamente escluso tutti quei preparati che non si presentavano ben conservati e felicemente riusciti, e avendo tralasciate parecchie specie, -che già erano ben rappresentate da altre loro affini dello stesso genere. Ad ogni modo, credo che l'esame istologico del ventricolo di set- ‘tanta specie, ben distribuite nell’intera classe, sia più che suf- ficiente per dare un’ idea estesa ed esatta della struttura dell’ap- parato gastrico negli uccelli; e, anche con la accennata restri- zione, io presento qui un numero di fatti di gran lunga maggiore non solo di quelli osservati da ciascuno dei miei predecessori, ma anche di quelli osservati da essi tutti, insieme riuniti. ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 107 Ecco l'elenco di quelle, fra le specie da me osservate, che prescelsi per la descrizione: a) RATITAE. 1. Dromaius Novae Hollandie (Lath.) 2. Struthio camelus, L. 3. Rhea americana (Lath.) 4. Casuarius australis (Wall.) 6) RAPACES. 5. Otus vulgaris (Flem.) 6. Otus brachyotus (L.) 7. Strix flammea (L.) 8. Athene noctua (Retz.) 9. Syrnium aluco (L.) 10. Tinnunculus alaudarius (Gm.) 11. Falco peregrinus (L.) 12. Accipiter nisus (L.) 13. Circaétus gallicus (Gm.) 14. Buteo vulgaris (Bechst.) c) GRALLATORES. 15. Charadrius (Aegialites) hiaticula, L. 16. Charadrius (Eudromias) morinellus, L. 17. Vanellus cristatus (Mey.) 18. Numenius arquatus, L. 19. Scolopax rusticola (L.) 20. Gallinago maior (Gm.) 21. Ardea cinerea, L. 22. Nyctiardea nycticorax (L.) 23. Botaurus stellaris (L.) 24. Rallus aquaticus (L.) 25. Ortygometra crex, L. 26. Gallinula chloropus (L.) 27. Fulica atra, L. 28. Otis tarda, L. 108 G. CATTANEO, d) SCANSORES. 29. 30. 31. 32. 33. 34. JD; 36. . Psittacula pullaria (L.) 38. SÙ. 40. 41. 9 (9) Picus (Dendrocopus) maior, L. Picus (Dendrocoptes) medius, L. Picus (Gecinus) viridis, L. Picus (Gecinus) canus (Gm.) Cuculus canorus, L. Yunx torquilla, L. Conurus canicollis (Wagl.) Melopsittacus undulatus (Shaw.) Psittacula taranta (Stanl.) Chrysotis amazonica (L.) Chrysotis festiva (L.) Ara macao (L.) e) PASSERES. 42. 43. 44, 45, 46. 47. 48. .- Fringilla chloris, L. . Passer domesticus (L.) . Passer montanus (L.) . Cardinalis virginianus (L.) . Amadina (Padda) oryzivora (L.) 1) NATATORES. cc o ol Luscinia luscinia, L. Turdus merula, L. Upupa epops, L. Sturnus vulgaris, L. Pyrrhula canaria (L.) Pyrrhula rubicilla (Pall.) Emberyza citrinella, L. Cygnus olor (Gm.) Cysnus musicus (Bechst.) Querquedala circia (L.) ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 109 57. Querquedula crecca (L.) 58. Anser domesticus. 59. Anas boschas, L. 60. Larus ridibundus, L. 61. Larus canus, L. 62. Larus fuscus, L. g) COLUMBAL. 63. Columba domestica. 64. Turtur auritus (Gray) h) RASORES. 65. Gallus domesticus. 66. Meleagris gallopavo, L. 67. Phasianus colchicus, L. 68. Chrysolophus pictus (L.) 69. Pavo cristatus, L. 70. Perdix cinerea (Lath.) 71. Perdix saxatilis (M. W.) Su parecchie di queste specie (specialmente delle più comuni) feci delle osservazioni a fresco, che dovessero servire a control- lare le altre fatte con più o meno complicati processi di pre- parazione. Di tutte poi apprestai dei preparati durevoli, conser- vati in glicerina, olio di garofani, vernice d’Amar, o balsamo del . Canadà, per lo studio comparativo. Mi premeva anzitutto di trovare un mezzo di indurimento e di colorazione, che fosse felicemente applicabile a tutte le spe- cie, poichè ebbi campo di persuadermi che una ricerca compa- rativa non può essere rigorosa, se non si adopera una certa uni- formità di mezzi nell’ osservazione. Molte piccole differenze osservabili nei preparati possono derivare dal diverso tratta- mento usato per indurirli e colorarli ; ond’ è indispensabile, per ottenere dati paragonabili, applicare a tutti i pezzi gli stessi processi. In alcune ricerche tecniche preliminari, che feci a que- 110 G. CATTANEO, sto scopo, avevo impiegato, per l’indurimento, il processo del- l’ alcool, della gomma e dell’acido picrico. Applicai dapprincipio questo trattamento ai ventricoli del Melopsittacus undulatus, dell’Affhene noctua, del Gallus domesticus, della Chrysotis amazo- nica, Fringilla chloris, Phyrrula canaria, Ara macao, Columba tivia, ecce.* Sparato il ventricolo ed il proventricolo nel senso longitudinale, e pulitili dalle sostanze alimentari, li posi dap- prima in un bagno di alcool ordinario, lasciandoveli circa ven- tiquattro ore; e ciò allo scopo di togliere in parte l’ acqua di combinazione e di fissare nella loro forma gli elementi istologici. Poi, per altre ventiquattro ore, li lasciai in un bagno di soluzione satura d’acido picrico. Quest’acido toglie l’alcool di cui il pezzo 8° è imbevuto, e contribuisce all’ indurimento. Indi i pezzi furono posti, per qualche giorno, in una soluzione sciropposa di gomma arabica con aggiunta d’acido picrico. Quando il pezzo era ben imbevuto di gomma, lo ritiravo dal bagno, lo lasciavo sgoccio- lare e lo ponevo in un quarto bagno di alcool a 90.° Coagu- landosi la gomma sotto la influenza dell'alcool, si otteneva la durezza necessaria per le sezioni. Però questo processo, racco- mandato in tutti i trattati di tecnica microscopica, se ha molti pregi, presenta anche parecchi inconvenienti, e specialmente quello di un importuno precipitato di gomma, che si forma al- l’intorno del corpo indurato, e che disturba notevolmente la regolarità dei tagli e la nettezza del preparato. Abbandonai perciò completamente questo processo, e mi attenni invece per tutte le mie preparazioni (ripetendo quelle sulle specie sopra accennate) all’altro processo indicato dal Latteux. * Si comincia dal fare la seguente soluzione: acqua, 100 grammi; glicerina, 50 grammi; soluzione sciropposa di gomma arabica, 200 grammi; sciroppo di glucosio, 100 grammi; acido fenico, 1 grammo. Quando il miscuglio è eseguito convenientemente, si 41 G. CATTANEO, Su/? istologia del ventricolo e proventricolo del Melopsittacus un- dulatus Shaw. Bollett. Scient. Pavia, 1883. 2 LATTEAUX, Mamuel de technique microscopique. Paris, 1877, pag. 75-76. ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 111 aggiungono 100 grammi d’ alcool ordinario. Il liquido dapprin cipio è torbido, ma presto ridiviene limpido. Allora lo si filtra attraverso a un doppio pannolino, 0, meglio ancora, ad una fla- nella, e vi si pongono i pezzi, lasciandoveli per due o tre giorni. Dopo questo tempo si ritirano e si fanno asciugare, lascian- doli sospesi all’aria libera o presso una stufa. Essi acquistano così una consistenza ontuosa, che rende possibili delle sezioni sottilissime. Questo modo di preparazione presenta anche il van- taggio che i pezzi si possono conservare a lungo, racchiusi entro una cassettina, senza che cambino punto il grado di consistenza, circostanza molto importante, quando si tratta di eseguire delle ricerche di lunga lena sopra un grande numero di preparati, il cui studio richiede parecchi mesi di tempo. Un altro vantaggio grandissimo di questo processo è il seguente: che, per la lenta imbibizione della gomma e del glucosio, la struttura intima dei pezzi e i rapporti fra i varî elementi non si alterano punto; essendomi di ciò potuto persuadere con osservazioni comparative su ventricoli freschi. La gomma ed il glucosio, che lentamente penetrano e lentamente si assodano, fanno da impalcatura agli elementi più fini, i quali, una volta fissati, non si alterano più nella loro forma.*! Tutti gli altri processi d’indurimento, che pure sperimentai, come quello coll’acido cromico, col bicromato di potassa, coll’ alcool assoluto, ecc., sono di molto inferiori a quello qui descritto, e danno preparati in tutto o in parte di- fettosi. Difettosissimi poi riescono col processo del disseccamento o del congelamento. Preparai questo liquido indurante in una certa quantità, e, di mano in mano che mi giungevano i ventricoli, dopo d’ averli sparati e ripuliti, e d’ averli lasciati per qualche ora nell’alcool, li tenni poi per parecchi giorni nel bagno descritto; conservan- doli poi ben rinchiusi in apposite cassette, per eseguirne suc- ‘ cessivamente e regolarmente le sezioni. 1 Ottimi risultati ottenne con questo liquido (e con un altro consimile del LAN- GERHANS) il mio amico dott. E. BoNARDI, nei suoi studî Sul? istologia dei mollu- schi. Vedi BonarpI, Contribuzione all’istologia del sistema digerente dell’ Helix pomatia. Atti dell’Accademia delle Scienze di Torino. Vol. XIX, 1883. 112 G. CATTANEO, Eseguite le sezioni sottili, o a mano libera, o col mierotomo Zeiss (sovra pezzi inclusi in paraffina e in sambuco), dal- l’uno all’ altro capo del ventricolo, in modo da seguire le trasformazioni di struttura delle varie regioni, le lasciai dap- prima gonfiare in acqua distillata; indi tentai varî processi di coloramento, per meglio decifrare e studiare i dettagli. Mi cor- risposero male il rosso-magenta, la fucsina, il metilvioletto, il violetto-genziana; perchè questi reattivi coloranti, sebbene pron- tissimi e sicurissimi, pure non hanno, almeno sugli elementi della parete gastrica, alcun potere elettivo; l’intera preparazione si tinge uniformemente in un bel rosso cupo, o rosso vinoso, 0 violetto, o azzurro, ma senza alcuna gradazione di tinta fra le varie parti, cosicchè l’uso di siffatte colorazioni, invece di far risaltare più chiari all'occhio i dettagli di struttura, li occulta e li confonde, ed è preferibile al loro uso l'osservazione diretta delle sezioni non colorate., Mi diedero invece risultati molto soddisfacenti il nitrato d’argento, l’ ematossilina, il carmino e il picrocarmino, Ecco in qual modo procedetti. Lasciai immerse le sezioni, per circa quarantotto ore, in una soluzione allungata di nitrato d’argento, tenendola ben difesa dalla luce; indi, quando i pezzi furono ben imbevuti del reagente, li esposi per qualche minuto alla luce viva, o talor anche ai diretti raggi del sole, sur un foglio di carta bianca, lavandoli poi in acqua distillata, indi in soluzione d’iposolfito di soda; il quale sposta quella porzione del reagente che non venne scomposta e annerita dall’ azione della luce. In tal modo si ottengono preparazioni bellissime, il cui pregio sta specialmente nella nettezza con cui si distin- guono i contorni delle cellule epiteliali, delle glandule, dei fasci muscolari, ecc., essendosi precipitata fra l’uno e l’altro elemento una quantità tenuissima d’argento ridotto. I preparati tinti coll’ematossilina sono invece specialmente pregevoli per la chiarezza con cui si distinguono i nuclei, e an- che per una certa gradazione di tinta, assumendo la parte epi- teliale una colorazione violetta, la glandulare una rosso-bruna “ PN RO PRATI ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 113 (senza dubbio per la presenza, nelle glandule, d’ acido clori- drico o lattico, i quali, come in generale gli acidi, arrossano l’ematossilina alcalina o neutra), e la connettiva restando assai debolmente tinta, o anche, dopo lavatura in alcool, affatto chiara. Però l’ematossilina è un reagente così delicato e capriccioso, che, se non è adoperato con la massima cautela e coi più pa- zienti riguardi, può dare invece dei risultati affatto negativi, o anche dannosi, come quegli altri reagenti coloranti che sopra citai. Uno dei pregi principali dell’ematossilina, come reagente colorante, sta nella grande mutabilità di colore ch’ essa presenta secondo ch’ è neutra, acida o alcalina. Sotto questo rispetto, è uno dei reagenti più sensibili ed importanti. Ma appunto per questa grande sensibilità, il suo uso diventa difficile, poichè, solo che il grado d’acidità o d’alcalinità ne sia alquanto alterato, per pre- parazione difettosa o poco recente, o solo che il preparato da colorarsi si presenti eccessivamente acido o alcalino per antece- denti trattamenti delle sezioni con acido picrico, acetico o con ammoniaca, ecc., la colorazione riesce imperfetta o uniforme, e priva quindi di quella “ elezione , che ne dovrebbe formare il pregio principale. In un certo numero di casi, 1’ ematossilina può essere neùtra; però, per le sezioni dei ventricoli, special- mente degli uccelli, in vista del contenuto acido della parte glandulare, è utile un certo grado di alcalinità. I migliori processi per preparare questo reagente sono quelli di Ranvier e di Kleinenberg. L’ ematossilina di Ranvier sì prepara nel seguente modo: si fanno due soluzioni separate, una di 100 parti d’alcool assoluto con 3 parti (o 3 parti e mezzo) di ematossilina solida, e una di 300 parti d’ acqua distil- lata con una di allume. Al momento di adoperare il reagente, si versa la prima soluzione nella seconda. L’ematossilina di Kleinenberg si prepara così: si fa una soluzione concen- trata di ematossilina in alcool assoluto, e, al momento dell’uso, se ne versa qualche goccia in una soluzione di cloruro di calcio o cloruro d’alluminio in alcool a 70,° a cui si aggiunge un po’ di allume, e in seguito altri 8 volumi d’alcool a 70.° Si adope- Vol. XXVII. 8 114 G. CATTANEO, rano soluzioni piuttosto allungate. Quando i preparati restano eccessivamente tinti, si decolorano in un liquido composto di 200 volumi d’alcool con un volume d’acido ossalico o d’acido clo- ridrico. Le colorazioni coll’ematossilina sono assai utili per lo studio della struttura del ventricolo e proventricolo degli uc- cellij ma richiedono lungo tempo e molta pazienza e precisione. Una delle migliori colorazioni che io abbia trovato per lo studio istologico del ventricolo e proventricolo degli uccelli è data dal carmino e dal picrocarmino, insieme associati. Ciascuno di questi due reagenti, tanto utili in molte ricerche istologiche, ha, per lo studio delle pareti gastriche, un valore affatto me- diocre, se adoperato da solo; e ciò ancora per la poca eletti- vità, non avendosi che una distinzione fra il connettivo e gli altri tessuti, e invece nessuna gradazione di colore fra muscoli, glandule ed epitelio. Io invece adoperai una miscela, in parti pressochè eguali, d’una soluzione ammoniacale di carmino e d’una soluzione mediocremente concentrata di picrocarmino in acqua distillata; e questa miscela mi ha dato ottimi risultati. L° ado- perai su larga scala, colorando con essa parecchie centinaia di preparati. Ed ecco come. Dopo aver lasciato per qualche minuto sonfiare la sezione fatta al microtomo in acqua distillata, la passo in un vetro da orologio, contenente la miscela carmino-picrocarmino. Se la so- luzione è sufficientemente concentrata, in dieci minuti o in un quarto d'ora si ottiene una colorazione completa; se è diluita, occorre un tempo maggiore. In seguito, le sezioni devon essere rapidamente passate in acqua distillata, indi disidratate in al- cool assoluto. Dopo di che si lasciano per parecchi minuti in glicerina o in olio di garofani; quando si sono ben .imbevute dell’ altro di questi due liquidi conservatori, si ottengono dei preparati privi di bolle gasose; le quali invece non mancano quando la sezione si faccia passare direttamente dal bagno di alcool nella goccia di glicerina, d’olio di garofani, ecc. posta sul portoggetti. L' elettività della miscela carmino-picrocarmino consiste in % = = © perc ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 115 ‘ ciò, che, almeno nei ventricoli degli uccelli, gli elementi epite- liali restano tinti in rosso carmino splendente; le glandule in aranciato-cupo, i muscoli in rosso-aranciato chiaro e il tes- suto connettivo in color rosa; e specialmente il connettivo sieroso esterno in rosa intenso, e il connettivo sotto mucoso in una gradazione rosea pallida e delicatissima. Le varie parti della sezione spiccano quindi subitamente al primo colpo d°’ oc- chio dell’osservatore, e si possono seguire anche nelle sezioni più intralciate e complesse. Onde questo processo ha una grande utilità nelle ricerche comparative. Solo la dura formazione cu- ticolare della regione muscolare dello stomaco non si ‘tinge nè a punto nè poco, nè con questo nè con altri reagenti; ma anche ciò è utilissimo, poichè, possedendo essa un colorito giallo splen- dente, spicca distintamente fra gli elementi epiteliali rossi e glandulari aranciati che le stanno intorno. Con questo processo apprestai molte centinaia di preparati, che mi servirono per lo studio comparativo d’insieme; e cento di essi, scelti, furono da me deposti nel Museo d’ Anatomia comparata dell’ Università di Pavia. Per gli studî di dettaglio e di più fina istologia sulle varie parti dei singoli tessuti, usai varî altri reagenti; e specialmente l'alcool al terzo o l’acido acetico al 2 per 100 per isolare le cellule dell'epitelio cilindrico; l’ acido cromico diluitissimo (1 al 2000) per isolare le cellule glandularij che studiai poi isolata- mente coll’acido osmico, col cloruro d’oro e di cadmio, e col ni- trato d’argento. Quest’ultimo mi fu specialmente utile per deci- frare la fina struttura dei tubuli glandulari, onde sono composte le glandule multiple. Ho raccolto qui tutto quanto riguarda la tecnica da me im- piegata, non volendo intralciare con essa la descrizione obiet- tiva delle mie preparazioni. Pur troppo molti lavori istologici sembrano piuttosto ricettarî chimici che studî di struttura, tanto i fatti obiettivi s'intrecciano e si confondono ad ogni istante con le descrizioni dei procedimenti subiettivi e con le 116 G. CATTANEO, manipolazioni del preparatore. Questi continui richiami tecnici sarebbero poi incompatibili in una ricerca comparativa, ove si tratta di confrontare dei fatti e non di discutere ii apprez- zamenti individuali. I disegni uniti a questa memoria furono in parte ottenuti con la camera lucida; e nell’esecuzione di alcuni fui gentilmente aiutato dalla distinta signorina Maria Sacchi, allieva del 3° anno di Scienze Naturali nell’ Università di Pavia. Queste ricerche, che mi occuparono per oltre un anno (dal novembre 1882 al gennaio 1884) furono eseguite nel Laborato- rio del prof. Leopoldo Maggi, il quale mi fornì tutti gli istrumenti e i reagenti necessarî e una parte del materiale; e ad esso rendo i miei più vivi ringraziamenti. IV. PARTE DESCRITTIVA. ISTOLOGIA DEL VENTRICOLO E PROVENTRICOLO. La porzione faringo-pilorica del fractus intestinalis degli uc- celli si divide, come negli altri vertebrati, in esofago e stomaco. L’esofago raramente conserva lo stesso calibro in tutta la sua lunghezza. * In parecchi generi (Casuarius, Anas, Somateria, Haliaeus, Otis, ecc.) presenta una dilatazione fusiforme, verso il lato ventrale. In altri generi, e specialmente nei gallinacei e nelle colombe, l’esofago presenta una gran tasca tondeggiante, che si appoggia sulla forchetta. L’ ingluvie fusiforme è priva di glandule; l’ingluvie tondeggiante contiene molte glandulette mucose. Fra queste due forme ve n’è una intermedia, che si ri- scontra specialmente nei psittacidi, nei rapaci e nei passeracei; l’ingluvie è di tipo fusiforme, sebbene un po’ più allargata, e contiene glandule. Lo stomaco si divide, presso tutti gli uccelli, in due porzioni più o meno fra di loro distinte, cioè in una porzione glandulare 1 Solo negli uccelli insettivori, e in quelli che si nutrono esclusivamente di frutta, ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 117 (Proventriculus, Bulbus glandulosus, Infundibulum, Echinus, Drissenmagen, stomaco glandulare, jabot, ventricolo succentu- riato, Cavitas cardiaca) e in una porzione muscolare (Ventri- culus, Gigerium,! Gésier, Gizzard, Muskelmagen, stomaco mu- scolare). La porzione glandulare dello stomaco non è esternamente ben distinta dalla muscolare nei rapaci e nei palmipedi carnivori (laridi); ha invece un piccolo istmo o ristringimento nei ram- picanti (vedi Tav. VI, fig. 4), ed è nettamente distinta nelle colombe e nei gallinacei, che hanno molto sviluppata la parte muscolare dello stomaco. , Generalmente lo stomaco glandulare è piccolo nei lamelliro- stri, gallinacei e psittacidi, piccolissimo nell’ Alcedo e nell’ Hal- cyon; più grande invece nei corridori, nei tubinarî, negli ste- ganopodi, nei rapaci, nei picidi e in molti passeracei. È però falso che negli uccelli che si nutrono di alimenti animali le glandule dell’ echino siano sempre meno sviluppate che non ne- gli uccelli granivori ed erbivori. Perciò la relativa grandezza e l’intima struttura dello stomaco glandulare è un pessimo carat- tere per distinguere i grandi gruppi degli uccelli, e vale invece nella distinzione dei gruppi minori (famiglie, generi e specie). ” Lo stomaco muscolare occupa generalmente una notevole parte della cavità ventrale sinistra e mediana. A seconda della loro forma, i gigerii possono essere così distinti: 1.° Gigeriù semplici, rotondi od ovali, a pareti relativa . mente sottili, con un centro tendineo da ciascun lato. Essi ap- 1 Potrà essere interessante per alcuno il conoscere l’ etimologia di questo strano nome di Gigerium (o Zizerium, Gésier, Gizzard) dato allo stomaco muscolare degli uccelli. Zizer o Giger era il nome che gli antichi Cartaginesi davano a un piccolo uccello dell’ Africa, il cui stomaco era ricercato dagli epuloni romani come un ghiotto boccone. L'appellativo di Gigerium fu impiegato poi ad indicare lo stomaco di altri uccelli. Anche APicIo, in quel suo curioso libro sulla cucina dei tempi di Nerone, parla dei Zizeria. Vedi CeLII APICII, De re coquinaria (o De re popinali) Lib. V. Osprion (YOcrpiov). Apud Seb. Gryphium. Lugduni, 1541, pag. 50. 2 Vedi dettagliate osservazioni a questo proposito in GADOW: Versuck einer vergl. Anatomie des Verdauungssystem der Vogel. Jenaische Zeitschrift, 1879, fasc. 1° e 30. 118 G. CATTANEO, partengono generalmente agli uccelli che mangiano insetti, carni e frutti molli. Nei tubinarî e nei casuarî lo stomaco muscolare è piccolissimo, ed è superato in mole dal glandulare. 2.° Gigeriù composti. Hanno pareti muscolari fortissime, date da due strati di muscoli, uno circolare e uno longitudinale, e ciascun strato è formato da molti fasci. L’interno è ricoperto da una grossa cuticola a prismetti, che nelle due faccie opposte, corrispondenti al massimo sviluppo dei muscoli, s’ingrossa a for- mare due dischi trituranti. Posseggono simile stomaco muscolare specialmente i granivori ed erbivori, come i lamellirostri, alcuni corridorf, le colombe, i gallinacei e molti passeracei. Fra queste due forme principali vi sono molte gradazioni intermedie. In alcuni uccelli (Pygopodes, Stegunopodes, Erodii, Ciconia, ecc.) v'è anche un terzo stomaco, o stomaco pilorico. Segue la descrizione dell’istologia del ventricolo nelle singole specie da me esaminate. Dapprima parlerò delle Ratitae, perchè presentano molto chiara la disposizione dei tubuli glandulari nelle glandule composte; indi delle Carinatae, disponendole in un ordine che è diverso da quello che si trova nelle opere si- stematiche di zoologia, sì ascendenti che discendenti; avendo per iscopo di cominciare con quelli che presentano un minor diffe- renziamento nella struttura delle varie regioni dello stomaco, per giungere di mano in mano a quelli in cui questo differen- ziamento è massimo. Mi par questo l’unico ordine utile in uno studio comparativo. a) RATITAE. DromaIus Novae HoLLanpiaE (Lath.) (Tav. VI, fig. 1). Una sezione praticata, in senso trasversale, nella regione superiore della parete gastrica di questo corridore mostra, dal- l’interno all’esterno, i seguenti strati: un epitelio (ep), un connet- ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. uao tivo (cn) che contiene vasi sanguigni (v) e glandule peptiche (gl), una muscolaris mucosae, un altro strato connettivo, uno strato di muscoli, e la tonaca fibrillare esterna. L’epitelio è assai sot- tile, e consta generalmente d’ un solo strato di cellule (ep); le glandule peptiche sono assai sviluppate, e di tipo composto (90). Ciascuna di essa consta dell’ unione di un grande numero di tubi glandulosi (#9), riuniti fra di loro in modo radiale, e che sboccano in una cavità comune, la quale sta al centro della glandula composta. La figura dell’intera glandula è ovale allun- gata. Essa ha una membrana propria (mp), di natura connet- tiva, che risulta da un ispessimento del connettivo interglan- dulare. Ciascun tubo è composto, nella sezione, di due serie di cellule glandulari, assai distinte, non essendo esse fra di loro compresse e fuse, ma appena a contatto. Neppure i tubi si toc- cano per tutta la loro lunghezza, ma hanno fra di loro degli spazì irregolari. Una singola cellula d’uno dei tubi, osservata a forte ingrandimento, e trattata coll’acido osmico o colorita coll’ematossilina, presenta un protoplasma granuloso e piuttosto scuro, e un grosso nucleo chiaro con nucleolo (Tav. VI, fig. 9). Il contorno delle cellule è per lo più perfettamente rotondo. La cavità della glandula è pure di forma ovale allungata. Nella parte cardiaca dello stomaco v'è un solo strato di glandule, nella parte mediana (come vedesi nella figura) le glandule sono | disposte in doppia fila. Per questa loro disposizione, e anche per il loro numero rilevante, ciascuna di esse non può sboccare di- rettamente sulla mucosa con un proprio condotto; ma parec- chie glandule insieme riunite mettono a capo ad un condotto comune, che versa il succo gastrico sulla mucosa, sulla quale si apre mercè un piccolo foro. Il connettivo in cui sono comprese le glandule (cn) è molto lasso, e contiene fibre sottilissime e pa- recchie delle solite cellule fusiformi, caratteristiche del tessuto connettivo. I vasi sanguigni si trovano generalmente al lato in- terno ed esterno della regione glandulare, cioè tra le glandule e l’epitelio o tra le glandule e lo strato muscolare esterno. Quasi contiguo alla serie esterna delle glandule sta un sottile 120 G. CATTANEO, strato di muscoli lisci, che costituisce la cosidetta muscolaris mucosae (mm), cioè quello strato di muscoli che è specialmente addetto alla funzione escretiva delle glandule stesse. Dopo uno strato sottile di connettivo sottomucoso (cs) viene la tonaca mu- scolare (#), più sottile alla parte cardiaca che alla pilorica; nella parte mediana, come si vede nella figura, essa è composta di tre fasci muscolari distinti, due fra di loro aderenti, e uno, più interno, diviso da una striscia di connettivo. Le fibre mu- scolari sono tutte liscie. La dimensione, il numero delle glan- dule, e la grossezza e il numero dei fasci muscolari variano a seconda delle regioni dello stomaco; ma la loro relativa dispo- sizione e struttura è sempre la stessa. Lo Struthio camelus, la Rhea americana e i Casuarii prin disposizioni molto si- mili a quelle del Dromeo. b) RAPACES. Ortus vuLaaRrISs (Flem.) (Tav. VII, fig. 3). Esaminando un taglio trasverso della regione pilorica o infe- riore dello stomaco dell’ Otus vulgaris, si vede dapprima un epi- telio a cellule ovali o lentiformi, simili a piccole squamme (ep); . segue a questo uno strato di glandule tubulose molto distinte, le quali sono costituite da una reiterata invaginazione dell’epitelio primitivo della mucosa. I singoli tubi sono fra di loro avvicinati a perfetto contatto nella parte mediana, e solo si divaricano un po’ ai due apici (9); non sono perfettamente rettilinei, ma dolcemente flessuosi e serpeggianti. In una regione, segnata con sg sulla figura, essi sono stati tagliati trasversalmente per lo spessore di tre file; e si vede che il loro contorno non è atton- dato, ma poliedrico, onde questi tubi non sono cilindrici, ma prismatici. Come pure si vede lo spazio che intercede fra 1’ uno e l’altro tubo glandulare, almeno alla parte superiore. Le cel- lule componenti le glandule sono piuttosto grosse e con nucleo ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 121 distinto, e rese poliedriche dalla compressione reciproca. Alla parte esterna sono limitate da una sottile muscolaris mucosae (mm), dopo la quale trovasi il connettivo sottomucoso (cs) con cellule connettive piccolissime e grossi vasi sanguigni. Lo strato muscolare (trattandosi della parte pilorica dello stomaco) è rile- vante, ed è composto di quattro distinti fasci, leggermente on- dulati (m). Proprio in vicinanza al piloro v' è un altro strato muscolare, disposto in direzione longitudinale ; e nelle prepara- zioni si mostra in sezione trasversa. La disposizione delle parti nel ventriglio dell’ Otus brachyotus è simile a quella che trovasi nel vulgaris. La glandule della regione pilorica secernono senza dubbio pepsina e acido lattico e cloridrico, avendo potuto provar ciò con varie reazioni su preparati freschi; ma il loro prodotto è assai minore di quello dato dalle grosse e complicate glandule della regione mediana e della regione ‘cardiaca dello stomaco. Queste non furono da me osservate con sufficiente chiarezza nell’Otus vulgaris, essendosi guastato il pezzo (non troppo fre- sco), per autodigestione. Invece le osservai benissimo in due ge- neri vicini, nella Athena noctua e nella Strix flammea; che ora descriverò. ATHENE NOCTUA (Retz.) (Tav. VII, fig. 2). La regione cardiaca e mediana dello stomaco dell’ Athene noctua è coperta da una gran quantità di villi digitiformi (0), che sono prolungamenti del connettivo interglandulare, e sono ricoperti da uno strato sottilissimo d’epitelio (epv). Le glandule si presentano molto diverse da quelle che già esaminammo nel- l’Otus vulgaris; cioè quelle in sezione hanno una forma ch'io non saprei chiamare in altro modo che gastrulare, essendo esse fatte a modo di un corpo oviforme, in cui sia stata praticata una cavità a fondo cieco (90). Una di queste glandule, vista in- 122 G. CATTANEO, ° vece alla sua parte esterna (tale è quella che trovasi nella parte mediana della figura), presenta invece a primo aspetto una struttura cellulare pavimentosa. Osservando però il prepa- rato a forte ingrandimento e con maggiore attenzione, si trova che queste pretese cellule sono invece realmente corone di dieci o quindici cellule che limitano una cavità (Tav. IX, fig. 6, a), onde l’intera glandula risulta formata dall’unione di un gran numero di tubi glandulari, simili a quello disegnato nella figura 6, d, i quali vedonsi in iscorcio nelle glandule osservate al di fuori, e in sezione longitudinale in quelle sparate secondo uno dei meridiani. La differenza dunque che esiste tra le glandule della regione pilorica dell’Otus vulgaris e quelle della regione car- diaca e media dell’ Athene noctua è la seguente: che quelle sono glandule tubulari semplici, l'una avvicinata all’ altra - in senso perpendicolare alla mucosa dello stomaco, mentre queste sono glandule composte, risultanti dall’aggregazione, in senso radiale, di un gran numero di glandule tubulari semplici. Come mai si passa dalla forma semplice alla forma compo- sta? È facile farsene un’ esatta idea esaminando le glandule peptiche di alcuni mammiferi, * e specialmente le glandule del Brunner e le glandule pancreatiche. Si trovano cioè, in certi casi, nelle glandule tubulari semplici, ossia con un solo fondo, le quali hanno avuto origine da una invaginazione dell’ epitelio della mucosa; se ne trovano altre che possiedono due fondi (Tav. VI, fig. 7, a), altre con tre o quattro fondi (fig. 7, 0) fin che si arriva a glandule veramente composte, cioè con un certo numero di fondi, che tutti però mettono capo a un solo tubo di emissione (fig. 7, c, d). Supponiamo immensamente accresciuto il numero di questi seni glandulari, supponiamoli fra di loro disposti nel modo più compatto possibile, e avremo le glandule composte o pacchetti glandulari degli uccelli; ossia un’ unione di tubi glandulari, fra di loro avvicinati e disposti in senso ra- diale, che versano il loro prodotto in una cavità unica, la quale, 4 Vedi Tav. VI, fig. 8. ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 123 mercè apposito foro, si apre sulla mucosa dello stomaco. La muscolaris mucosae è sottile nei punti corrispondenti al fondo cieco di ciascuna glandula, ed ha invece un ingrossamento negli intervalli fra l'una e l’altra glandula. Lo strato connettivo in- terglandulare e sottomucoso non presentano nulla di speciale. La zona muscolare è composta d’ un solo strato o fascio di fi- bre, ma assai sviluppato e leggermente ondulato. Questo tipo fondamentale dei pacchetti glandulosi permane negli altri rapaci in particolare, e in tutti gli uccelli in gene- rale; se non che, specialmente nei granivori, si complica ancor più, essendovi due strati o ordini di glandule composte, parec- chie delle quali fanno capo a un solo tubo, che si apre sulla mucosa. STRIX FLAMMEA (L.) Non ripeterò per questa specie ciò che già osservai nelle due precedenti, con le quali essa presenta molti punti di contatto, dal punto di vista della struttura del ventricolo. Mi fermerò solo a un particolare presentato da questa specie in un modo più spiccato che tutte le altre specie di rapaci, e che consiste in un particolar modo di struttura della mucosa della regione pilorica dello stomaco. In questa parte le glandule peptiche sono assai ridotte in volume e si presentano come piccoli fondi ciechi tubulari, muniti di un lungo condotto, il quale è tappez- zato da un vistoso epitelio rettangolare. Il connettivo interglan- dulare si prolunga alla superficie interna dello stomaco, in molti villi a forma di spicule che restano completamente ricoperti dal- l’ epitelio. Lo stomaco possiede molte ripiegature coperte di villi, i quali, nella sezione, si presentano elegantemente disposti a ventaglio. È notevole nella parte pilorica dello stomaco della Strix flammea lo sviluppo dei muscoli, di cui esistono due strati, uno circolare sottile, e uno longitudinale assai forte. 124 G. CATTANEO, SYRNIUM ALUCO (L.) In questa specie, la mucosa presenta lo sviluppo dei villi, ca- ratteristici per lo stomaco degli uccelli rapaci; solo che essi sono molto sottili e avvicinati, e per gran parte della loro lun- ghezza tra di loro fusi, talchè resta libera nella cavità gastrica solo la loro estremità. Le glandule sono di tipo composto e assai sviluppate; però non isboccano tutte direttamente sulla mucosa, ma parecchie mettono capo a un tubo di sbocco. Ciò deriva dal loro numero rilevante; perchè qui le glandule com- poste non sono ordinate in una sola schiera, come nelle altre specie che finora osservammo, ma sono disposte su due schiere, però non sempre nè affatto regolari. In generale i pacchetti glandulari posti dal lato della mucosa sono assai più piccoli dei pacchetti esterni, anzi alcuni di essi sembrano rudimentali. Ad ogni modo è inesatta la legge stabilita da parecchi autori, che le glandule a doppia serie siano proprie solo degli uccelli granivori; qui, in un rapace, osserviamo invece il primo formarsi di questa complicata disposizione. Le glandule più piccole, in- terne, a forma gastrulare, come quelle dell’ Athene moctua, sboc- cano direttamente sulla mucosa; le glandule più grosse, esterne, hanno un tubo di efferenza discretamente lungo, e una forma ovale-arrotondata. Lo strato muscolare della mucosa è eviden- tissimo; assai sottile invece è la zona muscolare e circolare esterna. Ciò vale per la parte cardiaca o glandulare dello stomaco. Nella parte inferiore di esso invece i muscoli sono assai più sviluppati, e disposti in due strati, uno circolare sottilissimo, e uno longitudinale assai potente. Questo è tagliato trasversal- mente nella sezione, e, mercè il nitrato d’argento, sì possono assai ben distinguere i singoli fascetti ond’è formato. Le glan- dule della parte pilorica dello stomaco sono di tipo semplice; sono tubuli lunghissimi ed esilissimi, fra loro avvicinati e den- samente stipati, sovra cui sta una cuticola cornificata, che è ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 125 manifestamente un loro prodotto di secrezione. La differenzia- zione delle varie parti del ventricolo è qui più evidente che in qualsiasi altra delle specie di rapaci fin qui osservate. TINNUNCULUS ALAUDARIUS (Gm.) Ormai dunque si comincia a distinguere nello stomaco degli uccelli un differenziamento tra la parte cardiaca e la pilorica; la prima povera di muscoli e ricca di glandule, e inversamente disposta la seconda. Nella parte glandulare dello stomaco, il Tinnunculus alaudarius presenta uno strato sottilissimo d’epitelio, che sovrincombe a una serie di villi radi e di mediocre gros- sezza, i quali non sono liberi, ma completamente -fra di loro legati da un connettivo assai trasparente. Tingendo la prepara- zione col carmino e picrocarmino, i villi restano intensamente tinti in rosso violetto, e il connettivo interstiziale resta quasi incoloro; ond’ essi spiccano distintamente in esso. Le glandule E) pacchetto sono di due sorta; le une lunghissime, foggiate a lunga tasca 0 @& manica, più larghe dalla parte ov’è il fondo cieco che da quella ov’è lo sbocco; e nei vani che queste lunghe glandule lasciano dal lato della mucosa, stanno insinuati dei piccoli pacchetti glandulari piriformi, che s’ aprono direttamente fra i villi. Anche qui dunque v'è, almeno embrionalmente, il tipo a doppia serie. La zona muscolare circolare è divisa in due distinti strati. La muscolare della mucosa è assai sottile. Affatto rudimentali sono le glandule nella parte pilorica, di tipo semplice e tubulare; i muscoli circolari sono distinti in quattro fasci e in complesso non molto sviluppati. Lo stomaco dei falchi (p. es., anche quello del Falco peregrinus e dell’Ac- cipiter misus, che presentano una disposizione generale affatto analoga a quella del Tinnunculus) ha vasi sanguigni molto svi- luppati, e che si trovano in buon numero in quasi tutte le se- zioni da me eseguite, 126 | ‘ G. CATTANEO, Circagtus GALLICUS (Gm.) Poco di diverso presenta il Circaétus (con altri generi affini, p. es., il Buteo vulgaris pur da me esaminato), dagli altri ra- paci testè nominati, quanto a struttura del ventricolo. Ciò che v'è di più notevole in tutte queste specie è la lunghezza stra- ordinaria. dei pacchetti glandulari, i quali sono, in sostanza, lunghi tubi formati dall’associazione di altri tubuli numerosis- simi, i quali constano di cellule glandulari. a) GRALLATORES. CHaRADRIUS (Aegialites) HIATICULA, L. (Tav. VII, fig. 1, 4, 5). La porzione glandulare dello stomaco del Charadrius richiama davvicino quella dell’ Athene noctua, presentando dei grossi villi digitiformi e una sola serie di glandule gastrulari, che sboccano direttamente sulla mucosa, fra i villi. I tubuli glandulari sono però più grossi che nell’ Athene noctua, e disposti non radial- mente, ma ad angolo acuto, in modo che la superficie esterna della glandula presenta una figura pennata. La muscolare della mucosa è grossissima, più che in qualunque altra delle specie finora esaminate; sottile invece la tonaca muscolare, la quale raggiunge solo uno spessore doppio della muscolaris mucosae. Interessantissimo è lo stomaco muscolare (fig. 1). Esso pre- senta un grosso strato cuticolare, di color giallo solfino splen- dente (ct), disposto a larghe onde, che corrispondono alle pieghe longitudinali dello stomaco. La sostanza della cuticola è rego- larmente striata in senso longitudinale (fig. 1, 4, 5), e ciò di- ‘pende dalla fusione dei prismetti, ond’essa risulta formata. Sotto alla cuticola stanno delle lunghe ed elegantissime glandule tu- bulari, disposte pure a larghe onde, in corrispondenza alla figura della cuticola; però le convessità e le concavità sono meno ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 127 risentite che nella cuticola (fig. 1, g). Esse sono assai più lun- che nelle elevazioni che negli avvallamenti della parete interna dello stomaco. Come mai questo strato di glandule è congiunto allo strato cuticolare? Nella sezione completa il mezzo di con- giunzione non si vede affatto; ma, se in una sezione fresca si separa lo strato corneo dalle glandule, si vede uscire da queste una frangia di lunghe fibre vermicolari (fig. 4), dello stesso colore della cuticola, le quali sono ad essa aderenti. La cuti- cola dunque termina nella sua parte inferiore in uno strato di fibre, ciascuna delle quali occupa il lume d’ una glandula tubulare (fig. 5). Queste glandule non secernono pepsina, ma solo una so- stanza mucosa, che, assodandosi poi alla superficie interna dello stomaco, viene a costituire la cuticola. Onde queste fibre sono veramente le radici della cuticola, costituendo esse la parte più recente del prodotto di secrezione delle glandule, impigliata nel loro lume, e che si avanza lentamente, per incorporarsi, dal lato esterno, alla cuticola, la quale va continuamente consu- mandosi dal lato interno, per la funzione essenzialmente mec- canica del ventricolo, e per l’ attrito contro le sostanze alimen- tari, spesso durissime. Ciascuna di queste fibre è costituita dall’ unione di molte fibrille o fili, molto simili alle fibrille elastiche, che si possono disgiungere con l’azione dell’ alcool o dell'acido acetico. Ad esse però restano facilmente aderenti delle cellule glandulari, che indicano con esattezza la relazione intima che esiste tra questi due tessuti (fig. 4, f, g). Tale relazione si vede anche meglio in una sezione che riuscì prati- cata attraverso allo spessore d’ una fibra della frangia cutico- lare, nella quale si vedono le glandule tubulari, simili a un epitelio invaginato, che sono disposte a linea sinuosa, e seguono a perfetta aderenza la superficie laterale e inferiore delle fibre cuticolari, e la superficie inferiore della cuticola (fig. 5, f, 9). In seguito alle glandule sta un connettivo sottomucoso (cs), che ha delle fibrille connettive e delle cellule fusiformi, disposte parallelamente alla direzione delle glandule, e perpendicolar- mente a quella dei muscoli, in modo da riunire fortemente 128 G. CATTANEO, “ questi due tessuti. Lo strato muscolare è assai grosso (m) (da otto a dieciassette fasci principali, di cui solo i primi quattro si vedono nella figura), ed ha un'apparenza ondulata o ricciuta, che impartisce a questo strato, nel Charadrius, iun aspetto af- fatto caratteristico. Il Charadrius morinellus ua disposizioni affatto simili a quelle del C. Riaticula. VANELLUS CRISTATUS (Mey.) (Fig. 2, Tav. VI). Lo stomaco glandulare richiama quello dei caradrî; villi lar- ghi e digitiformi (v), grosse glandule composte, di forma ovoi- dale, disposte in un solo strato (9), l’una di fianco all’ altra, e sboccanti direttamente sulla mucosa. I tubi sono assai grossi, e non così aderenti fra loro come nell’ Athene moctua. La loro notevole dimensione appare specialmente nella sezione ottica, che si ottiene osservando una glandula dal suo lato esterno (Tav. IX, fig. 6, a). Grossissima è la muscolaris mucosae (mm) e relativamente sottile la tonaca muscolare dello stomaco (m); invece assai sviluppata è la tonaca sierosa esterna dello stomaco, che contiene anche grossi vasi sanguigni, di cui due vedonsi nella figura. Questi hanno una tonaca esternamente ondulata o seghettata (0). Lo stomaco muscolare del Vanellus è affatto simile a quello dei caradrî; solo le glandule tubulari sono un po’ più lunghe e la cuticola cornea più consistente e di colore più intenso che non nei caradrî. NUMENIUS ARQUATUS, L. . I villi dello stomaco glandulare sono fra di loro riuniti da un tessuto connettivo, cosicchè essi non restano liberi nella ca- vità dello stomaco, ma la mucosa è piuttosto liscia, e coperta da un epitelio stratificato, Le glandule, di tipo composto, sono ST, pe ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECO. 129 straoxdinariamente sviluppate, e fra di loro compresse; hanno una figura tondeggiante, col loro asse variamente disposto, co- sicchè, operando una sezione, alcune restano perpendicolari alla parete dello stomaco, altre oblique, altre parallele. Hanno una membrana propria evidentissima, una larga cavità centrale, e tubuli sottili e numerosi. La muscolaris mucosae è di media grossezza; molto sviluppata invece è la tunica muscolare. .Lo stomaco muscolare ha disposizione simile a quello dei caradrî e dei vanelli; ma bisogna ridurre di molto la grossezza sì della cuticola che delle glandule. Insieme riunite, esse han- no appena lo spessore che ciascuna presenta nel Charadrius e nel Vanellus. In questa specie si vede assai bene la struttura della cuticola, che negli altri grallatori è molto ialina e traspa- rente. V’è una serie di prismetti che stanno in continuazione con le fibre della frangia cuticolare; e questi sono fra di loro riuniti da una ganga, la quale non è punto anista come vor- rebbero Cuvier e Leydig, ma è composta di fibre intrecciate simili a quella della membrana (a torto detta anista) del guscio dell’uovo dei rettili e degli uccelli. Lo Scolopax rusticola e la Gallinago maior somigliano assai al Numerius per la disposi- zione del ventricolo e proventricolo; in essi però la struttura della cuticola è meno facilmente visibile che nel Numenius. ARDEA CINEREA, L. Lunghe glandule composte, di forma ovale, disposte obliqua- mente per rispetto alla parete gastrica stanno nello stomaco dell’ Ardea cinerea, e sboccano direttamente sulla mucosa, come quelle gastrulari dei rapaci. Sottile è lo strato muscolare della mucosa; grosso invece lo strato muscolare proprio dello stomaco, composto di almeno sei o sette diversi fasci. I villi della mucosa sono tra di loro fusi, o almeno uniti da un tessuto connettivo. I tubuli glandulari che formano le glandule sono piccoli, e com- posti di cellule piccolissime. Lo stomaco muscolare ha dieci 0 dodici zone di muscoli, in parte circolari e in parte longitudi- Vol. XXVII. 9 130 i G. CATTANEO, nali. Vi sono delle piccolissime glandule, simili a glomeruli mu- cosi o a placche linfoidi, e su di esse un epitelio stratificato, che forma una mucosa scabra e ondulata, diversa però affatto da quella dello stomaco muscolare di altri uccelli, non essen- dovi la cuticola cornea. La superficie della mucosa è precisa- mente costruita a villi di forma conica, con larga base e piccola altezza. BOTAURUS STELLARIS (L.) A differenza delle altre, preparai le sezioni dello stomaco glandulare di questa gralla col nitrato d’ argento, e tinsi col- l’ ematossilina previamente alcalinizzata. La disposizione generale delle parti è simile a quella delle altre gralle; v'è una mucosa con villi fusi fra di loro e ricoperti da un epitelio stratificato; vi sono due serie di glandule, di cui le più piccole stanno verso l’interno del tubo digerente, e le più grandi verso l’ esterno. Hanno una forma ovale attondata, con un polo più grosso dell’ altro. La zona muscolare della mucosa è sottile; grosso invece è lo strato muscolare dello stomaco, e composto di otto o dieci fasci. Nelle preparazioni del Botaurus stellaris si vede stupendamente, pei reagenti adoperati, il contorno dei tubuli glandulari, sì nella sezione trasversa che longitudinale, e anche le singole cellule dei tubi, essendo tutti gli interstizî riem- piti di argento ridotto. Le glandule, col trattamento d’ ematos- silina, assumono un colore rossiccio, mentre il connettivo resta violetto, e i muscoli violetto-azzurri. Distinguesi benissimo, anche con questo processo, la tunica propria di ciascun pacchetto glandulare. ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 131 NyCTIARDEA NYCTICORAX (L.) (Fig. 1, Tav. VIII). Dello stomaco glandulare della Nyctiardea nycticorax osservai una sezione obliqua. In questa sezione le glandule, disposte a dop- pia fila, si vedono tagliate per mezzo trasversalmente; e, avendo esse una forma ovoidale, nella sezione trasversa presentano una figura circolare, data da una corona di tubuli glandulari (#9) di- sposti a cratere (9), che sboccano in una cavità centrale comune. £ tubuli sono fra di loro avvicinati, e composti di cellule pic- colissime, che si vedono distinte solo coi più forti ingrandimenti. Le glandule sono comprese in una ganga di connettivo fibrillare lasso, colorato in rosa pallido dalla miscela carmino-picrocar- mino, mentre esse stesse hanno un colore rosso-aranciato vivo. In vicinanza della mucosa vi sono delle placche linfoidi e dei glomeruli mucosi; e sovra di esse un leggero strato d°’ epitelio cilindrico, che facilmente si distacca (ep). I pacchetti glandulari hanno una membrana propria (mp) ben distinta, e una muscolaris mucosae appena visibile. Invece la tunica muscolare dello sto- maco è bene sviluppata (7), e nei preparati fatti in sezione lon- gitudinale vedonsi in sezione trasversa o obliqua. Osservato dal- l'esterno, un pacchetto glandulare presenta la sezione ottica dei tubi, che, fra loro avvicinati, prendono un contorno poligonale. Fra la tonaca muscolare e la tonaca sierosa esterna v'è uno strato di adipe. RaLLus aquaTIcUS (L.) Nello stomaco glandulare del Rallus vi sono lunghi pacchetti glandulari, disposti in direzione obliqua rispetto alla mucosa, e, per gran parte della regione cardiaca, in una sola schiera. Solo in un piccolo circolo che sta un po’ al di sopra della regione mediana dello stomaco, fra l’una e l’altra delle lunghe glandule 132 G. CATTANEO, composte, s’insinua, verso la parte interna dello stomaco, una serie di piccole glandule, che in origine sembrano essere state arro- tondate, ma che per compressione divennero poligonali. La mu- cosa è costituita di villi, collegati fra di loro da un connettivo, e ricoperti da un epitelio stratificato. Grosso è lo strato mu- scolo-mucoso, sottile la tunica muscolare. Anche qui, fra la sie- rosa e la tunica muscolare, v è uno strato di adipe piuttosto rilevante. Nello stomaco muscolare del Iallus (e anche dell’ Ortygome- tra crex, che presenta disposizioni consimili), si può studiare assai bene il modo di innestarsi dello strato cuticolare nello strato glandulare tubuloso sottoposto. In queste due specie’ la cuticola è sottile assai più che nel Charadrius e nel Vanellus (già gescritti), e le glandule tubulari sono più larghe e più tozze che non nelle due specie citate. La cuticola si stacca «con la massima facilità dalle glandule; allora si vedono le fibre coniche uscire dal lume delle glandule, e, se si usa acido acetico o alcool al terzo, queste fibre si dividono in tante fi- brille filiformi, simili a quelle osservate dal Wiedersheim' nella colomba. o GALLINULA cHLoROPUS (L.) (Fig. 4, Tav. VIII). Caratteristica è la forma dei pacchetti glandulari (9) nella Gallinula chloropus. Essi non sono ovali, come quelli della. mag- gior parte delle specie da noi finora studiate, ma fatte a mo’ di cannoncino o di tubo corto a fondo cieco. Stanno regolaris- simamente allineate, in una direzione appena, un po’ obliqua a quella della mucosa. La loro superficie non è esattamente cilin- drica, ma un po’ ondulata. La tunica propria di ciascuna glandula è sottilissima; i tu- AI WIEDERSHEIM, Die feinere Strukturverhiltnisse der Driisen in Muskelmagen der Vogel. Schultze’s Archiv fiir mikroskopische Anatomie, Vol. VIII. fase. 3, 1871. ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 133 buli glandulari sono filiformi; grosso è lo strato muscolo-mu- coso (222), sottile lo strato muscolare dello stomaco (mm). Vi sono grossi vasi sanguigni. Lo stomaco muscolare somiglia molto a quello del Vanellus, con questa sola differenza che la parete interna non ha le pie- ghe a monticello che si presentano in quest’ ultima specie. La cuticola è grossa, e chiaramente divisa in prismetti paralleli; le glandule tubulari sono numerosissime, e strettamente fra di loro avvicinate. Nella loro parte superiore si presentano più chiare che nella parte inferiore. I muscoli sono sviluppatissimi; ve ne sono otto o dieci fasci longitudinali, che riescono trasver- sali nella sezione, e dieci o dodici in direzione normale a que- sta. Sì gli uni che gli altri presentano una disposizione ondulata, a piegature molto marcate e quasi angolari. Alcune grosse briglie elastiche attraversano radialmente il connettivo sottomucoso e legano strettamente lo strato delle: glandule a quello dei muscoli. SCANSORES. Picus (Dendrocopus) MaIor, L. e mEDIUS, L. Lunghe e sottili glandule composte caratterizzano la regione clandulare dello stomaco dei picidi. Esse sono dirette, col loro asse maggiore, quasi parallelamente alla mucosa. Sono, disposte in una sola schiera, e circondate da un largo strato connettivo, il cui contorno ondulato, verso la parte interna dello stomaco, è coperto da un epitelio stratificato. La parte muscolare, pur nello stomaco glanduloso, è rilevante. La parete interna del ventricolo muscolare è solcata da grandi e profonde ripiegature; onde, nella sezione, la cuticola appare più profondamente ondulata che in alcun’ altra delle specie fi- nora descritte. Le glandule tubulari, che secernono la cuticola, sono molte grosse, e non così spesse e aderenti, come in altre specie: ma tra l’ una e l’altra intercede un vano, eguale circa 134 G. CATTANEO, alla metà del diametro trasverso di ciascuna. glandula. Vi sono due strati muscolari, l’ interno longitudinale, 1 esterno trasverso. Picus (Gecinus) viRIDIS, L. (Fig. 3, 4, Tav. VI. Guardando esternamente il ventricolo di un Gecinus viridis (fig. 4) non si riscontra fra la parte superiore o glandulare e la inferiore o muscolare quella differenza di forme e quel di- stacco, che trovasi invece nei due ventricoli dei palmipedi, dei gallinacei e dei passeri. Però tra l’una e l’altra porzione v'è un piccolo stringimento, che corrisponde alla distinzione dei due ventricoli.' Sparando il doppio ventricolo del Gecinus, si ‘vede però che le ‘differenze della parte epiteliale della mucosa non corrispondono, in posizione, all’istmo di divisione .dei due stomachi. La cuticola cornea s’ avanza assai più in su del vero stomaco muscolare, e ricopre quasi tutta la metà inferiore del glandulare, terminando con un contorno dentellato (fig. 3). Al di sopra di questo contorno stanno, in numero assai grande, i forellini di sbocco delle glandule. Credo che la ragione di que- sta disposizione, che trovasi in quasi tutti gli uccelli insettivori, sia la seguente: siccome questi uccelli ingoiano un gran numero d’ insetti, non solo interi, ma anche quasi sempre vivi, il loro stomaco andrebbe facilmente soggetto a lesioni, se non fosse in gran parte difeso dalla cuticola cornea. Gli alimenti non si fer- mano mai nella porzione glandulare del ventricolo degli uccelli; e in molte centinaia di sezioni che mi accadde di fare su spe- cie svariatissime, non mai mi avvenne di ritrovare una parte qualsiasi di alimento nel proventricolo. Gli alimenti cadono su- bito nel sacco muscolare; onde la parte più facilmente ledibile A Nel Larus ridibundus nun v'è esternamente alcun ristringimento o istmo fra lo due porzioni del ventricolo. V’è però internamente, sulla mucosa, una chiara linea di demarcazione. ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 135 dall’introduzione di organismi ancora viventi sarebbe appunto la mucosa dello stomaco muscolare e la parte inferiore di quella dello stomaco glandulare. Ma lo stomaco muscolare è normal- mente ricoperto dalla cuticola cornea; e questa, negli uccelli insettivori, si estende appunto a ricoprire anche la metà infe- riore del proventricolo, benchè in tal regione sia assai più sottile che in basso. Parecchie volte, sparando lo stomaco d’un picchio appena ucciso alla campagna, vi rinvenni centinaia di formiche ancora vive, che si movevano più o meno languidamente, ten- tando d’ arrampicarsi su per lo stomaco. Se esso non fosse di- feso dalla cuticola cornea, pur nella parte superiore, verrebbe facilmente leso. La forma glandulare a pacchetti è assai poco sviluppata nel ventricolo dei picidi; e solo in quella parte più alta dell’echino, che non è ricoperta dall’ espansione della cuticola cornea. Nella metà inferiore dell’echino e in tutto il gigerio vi sono invece grosse e lunghe glandule tubulari, a secrezione cuticolare. La cuticola dell’echino è sottile e ialina; quella del gigerio è net- tamente divisa in prismi corti e a larga base. Le glandule tu- bulari del ventricolo dei picidi assomigliano, più: che quelle di qualsiasi altro uccello, alle glandule tubulari dei mammiferi. I muscoli sono ben sviluppati; distinti in quattro o cinque zone circolari nella parte inferiore dell’ echino e in due fasci longitu- dinali con sette o otto circolari. Disposizioni simili a quelle dei picidi si notano anche nel Cuculus canorus e nella Yuna tor- quilla. Conurus caNicoLLIS (Wagl.) Lo stomaco di questo psittacide americano è quasi tutto ri- coperto da grossi villi, rivestiti d’ epitelio nella parte superiore, e d’una leggera cuticola nell’inferiore. Le glandule peptiche com- poste sono assai poco sviluppate; e neppure molto sviluppate le tubulari, che s’insinuano fra villo e villo, e secernono la cuti- cola. I muscoli sono tutti disposti circolarmente, e alla parte esterna dello stomaco vè un’ampia fascia tendinea. 136 G. CATTANEO, MELOPSITTACUS UNDULATUS (Shaw.) (Tav. VIII, fig. 2.) La porzione glandulare dello stomaco di questo bel pappagallo dell’Australia (del quale già parlai in altro mio lavoro)* somiglia molto a quello dei rapaci, e specialmente delle strigi. Vi sono dei villi digitiformi, coperti da un sottile epitelio, sotto cui sta una serie di glandule gastrulari affatto simili a quelle dell’ Athene noctua. Queste glandule sono allineate regolarissimamente, col loro asse longitudinale disposto perpendicolarmente alla super- ficie della mucosa, e stanno in contatto fra di loro coi punti più prominenti delle pareti esterne, mentre i loro interstizî sono riempiti da un lasso connettivo, e posteriormente sono limitate da un sottile strato muscolo-mucoso. V’ è un grosso strato di muscoli circolari, oltre alla solita sierosa esterna. La parte muscolare dello stomaco del Melopsittacus è molto caratteristica. Lo strato longitudinale dei muscoli è affatto rudi- mentale, ed è invece bene sviluppato lo strato circolare (#). Dopo lo strato muscolare v’ è la zona connettiva sotto-mucosa (cs), la quale, col suo colore roseo pallido (mercè la reazione carmino- picrocarmino) spicca distintamente fra il colore aranciato chiaro dei muscoli e aranciato-cupo delle glandule (9). Queste sono tubulari, larghe e corte. Al di sopra di esse sta lo strato cuti- colare, e questa è la parte più singolare dello ventricolo del Metopsittacus. Finora non m’avvenne di trovarla, neppure per lontana rassomiglianza, così conformata, in nessuna delle altre specie da me osservate. I prismi (p) della cuticola nel gigerio del Melopsittacus, a differenza di quelli degli altri uccelli (non esclusi alcuni psittacidi), non sono nè a contorni rettilinei, nè 4 Vedi G. CATTANEO, Sur Vhistologie du ventricule et du proventricule du Melop- sittacus undulatus. Journal de Micrographie. Paris, 1883, N. 10 e 11; e anche nel Bollettino scientifico. Pavia, 1883. ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 137 fra di loro aderenti. Essi anzi sono foggiati a linea spezzata capricciosissima e al tempo stesso molto elegante, con non meno di sei curvature o angoli principali; e sono non già a contatto fra di loro, come nelle altre specie, ma stanno sepolti in una densa ganga di sostanza gelatinosa. I prismi cuticolari non si imbevono dei reagenti coloranti, e conservano il loro naturale colore giallo-citrino splendente; la matrice cuticolare invece si colora in rosso, col carmino e picrocarmino; essi quindi spiccano stupendamente sul fondo rosso, e danno alla preparazione un aspetto assai caratteristico e bizzarro. In parecchi punti della mucosa esistono poi delle piegature, che in sezione appaiono quali sporgenze mammillarij queste pure sono cuperte dai pri- smi cornei, che ivi sono disposti a mo?’ di ciuffo o ventaglio. Ogni prismetto ha una fibra basale, conica e piuttosto breve, la quale s’insinua nel lume di ciascuna glandula tubulare; ed è come la radice del prismetto, poichè la cuticola è appunto una secrezione delle glandule tubulari. PSITTACULA PULLARIA (L.) La parte muscolare dello stomaco ha una cuticola interna a prismi rettilinei fra di loro staccati, sotto cui stanno delle pic- cole glandule o cripte ovali, simili a quelle dette del Lieber- kiihn. I muscoli sono disposti in due strati, uno circolare e uno longitudinale. La parte glandulare dello stomaco presenta grossi villi digitiformi. PSITTACULA TARANTA (Stanl.) (Tav. VII, fig. 6.) Di questa specie non osservai che lo stomaco muscolare. So- miglia in parte a quello del Melopsittacus undulatus, già descritto. Però i prismi cuticolari sono assai più grossi e corti, e quasi perfettamente rettilinei, e le glandule o cripte secretrici. sono 138 G. CATTANEO, assai più gracili. Lo strato muscolare presenta una curiosa par- ticolarità: che cioè i singoli fasci non solo sono ondulati, ma ri- piegati ad angolo per gran parte del loro decorso (Tav. VII, fig. 6), e ciò anche in esemplari freschi. CaRryYsoTIs AaMazoNICA (L.) e FESTIVA (L.) Grossi e corti villi caratterizzano la mucosa dello stomaco glandulare dei pappagalli in generale, e specialmente delle Chry- sotis. Le glandule peptiche sono disposte su di una sola serie e di tipo gastrulare. Nello stomaco muscolare i muscoli hanno la fisura ondulata che trovasi pure nella Psittacula, e la cuticola cornea è sottile e ialina, cosicchè si distinguono a grande stento i prismetti, di cui è formata. ARA MaACA0 (L.) In ciascun ordine o famiglia di uccelli è specialmente inte- ressante lo studio istologico delle specie di maggior mole, es- sendovi una certa relazione fra la mole complessiva dell’animale e la dimensione dei suoi elementi istologici. Questi sono più grandi negli uccelli di maggior mole, onde riesce più facile decifrare in essi tutti i dettagli di struttura. È perciò che l'esame istologico del ventricolo di questo grosso psittacide è singolarmente inte- ressante. La parte glandulare del ventricolo è notevole per il grande sviluppo dei villi, che però non sono perfettamente liberi, ma, per gran parte della loro lunghezza, imprigionati in un connet- tivo fibrillare. Le glandule sono ovali e a tubi staccati; le cui grosse cellule si distinguono nettamente l’una dall’altra (con la reazione carmino-picrocarmino), anche a piccolo ingrandimento. Esse richiamano molto davvicino, per la loro struttura; le glan- dule omologhe delle Ratifae, e specialmente del Dromaius Novae Hollandiae. Sovrattutto le forme dei tubi e la disposizione delle loro cellule è affatto uguale. Sottile è lo strato dei muscoli nel ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 139 ventriglio glandulare dell'Ara, ed è invece molto sviluppato un denso connettivo fibrillare, con grossi vasi sanguigni, di cui si vedono a decine, nei preparati, le sezioni trasverse. Presso di essi stanno anche delle placche linfoidi. La porzione muscolare del ventriglio presenta una cuticola bene sviluppata, di color giallo solfino intenso, e non bene di- stinguibile in prismetti, nemmeno con la lunga immersione in ematossilina. Da questa cuticola pendono brevi frangie fibrose ed elastiche, intorno a cui girano le glandule tubulari, di me- diocre dimensione, che secernono la cuticola. Fra di esse sta un connettivo proprio, piuttosto denso, che è diverso dalla sottile e chiara zona di connettivo sottomucoso che divide la mucosa della tunica muscolare. Questa è rilevantissima, composta quasi esclusivamente di muscoli circolari, nei quali, più che in quelli di alcun altro psittacide, è sviluppata la disposizione a zig-zag, © affatto simile a quella che abbiamo figurato per la Psittacula taranta (fig. 6, Tav. VII). Questa disposizione si trova già nel primo fascio di muscoli che è a contatto col connettivo sot- tomucoso, e tutti gli strati successivi fino all’ ultimo (in numero di quindici o venti) ne sono sempre più profondamente affetti. PASSERES. LuscINIA LUSCINIA, L. I pacchetti glandulari della porzione cardiaca del ventricolo ‘sono ovoidali, con un capo acuminato e ampia cavità, disposte in un solo strato. L’epitelio è stratificato, grossa la zona mu- scolo-mucosa, e relativamente sottile la tonaca muscolare. La sezione del ventriglio muscolare ricorda quello dei cara- drii e dei vanelli; v'è cioè una cuticola ondulata, a strie paral- lele, di color giallo solfino, sotto cui stanno glandule tubulari serrate, e pur disposte a schiera ondulata. I muscoli sono po- tentemente sviluppati. 140 G. CATTANEO, TURDUS MERULA, L. (Tav. VI, fig. 6.) I pacchetti, di forma attondata, del ventricolo glandulare pre- sentano una disposizione speciale; vale a dire, i tubi, larghi e brevi, radialmente disposti, sono molto staccati e divergenti fra \ ° di loro, la tunica propria è grossa, la cavità è rotonda e pic- cola, in guisa che la sezione della glandula somiglia esattamente a una ruota a larghi raggi. In nessun’altra specie trovai questa curiosa disposizione. Nel ventriglio muscolare è notevole la cuticola di medio spes- sore, e così ialina, che non è possibile, nemmeno con le tinture, ‘ scoprirvi i contorni dei prismetti; le glandule tubulari sono lar- ghe e corte, e grosso è lo strato circolare dei muscoli. L’intero ventricolo sparato presenta, a occhio nudo, una ele- gante figura; vè un grande disco triturante arrondato nella parte muscolare (Tav. VI, fig. 6, pm), la quale è distinta per una linea retta e decisa dalla porzione glandulare (pg). Questa, nella sua parte inferiore, è crivellata dai forellini delle glandule a ruota, e nella parte superiore è segnata da solchi longitudinali. Disposizioni simili si trovano nello Sturnus vulgaris e nella Upu- pa epops. PyRRHULA CANARIA (L.) Le glandule composte sono ovali, ma a contorni un po’ schiac- ciati, essendo densamente stipate fra di loro. Hanno una cavità elittica nella loro parte centrale. Ve n’è una sola schiera. Sono disposte col loro asse maggiore perpendicolare alla mucosa. L’e- pitelio è stratificato, i muscoli poco sviluppati. Lo stomaco muscolare presenta una cuticola a prismi lunghi e sottili, con fibre ben pronunciate. Vha una doppia zona di muscoli; gli interni longitudinali, gli esterni circolari. Le glan- dule tubulari sono larghe e corte. ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 141 Disposizioni simili si trovano negli altri conirostri, tra cui esaminai specialmente l’Embderyza cirinella, il Passer chloris, il Passer domesticus e il Passer montanus. VARDINALIS VIRGINIANUS (L.) (Tav. VIII, fig. 5.) I pacchetti glandulari sono a tubi staccati e a forma ovoi- dale; la mucosa è irta di villi. Le glandule tubulari del ven- tricolo muscolare sono stipate e rettilinee; la cuticola è di me- dia grossezza, a prismi larghi e ben distinti, e con fibre forti e lunghe. La forma dei prismi non è però così regolare, come in altre specie; e ciò si vede in una sezione fatta parallelamente alla superficie del ventricolo (fig. 5), in cui si distinguono le sezioni trasverse dei prismi, che hanno contorni molto irrego- lari (sp). AxmaDINA (Padda) oryzivora (L.) (Tav. VIII, fig. 6.) La mucosa del ventriglio glandulare di questo passeraceo del- l’isola di Giava è coperta di lunghi villi, in parte uniti (alla base) mercè un lasso connettivo, ma per gran parte liberi nella ca- vità (v?). I pacchetti glandulari sono piriformi (fig. 6), con una sottile, ma compatta muscolaris mucosae (mm). Lo strato mu- scolare è sottilissimo. Nel ventricolo muscolare si notano degli elementi a contorni assai regolari ed eleganti. I prismetti sono ben delineati, con lunghi e robusti dentelli, che, nella sezione, si vedono pene- trare fin al fondo delle glandule tubulari. Queste hanno pareti esili e delicate, formate di piccole cellule tonde ben contornate, le ‘quali, con la reazione carmino-picrocarmino, si tingono in rosso-aranciato intenso, e risaltano assai bene fra i dentelli cu- 142 G. CATTANEO, ticolari gialli, intorno a cui girano. V'è una larga zona di mu- scoli leggermente ondulati, e una grossa sierosa esterna a lun- ghe fibrille. Molto distinto per la sua chiarezza, sebbene assai sottile, è il connettivo sottomucoso, posto fra le glandule tubu- lari e la tonaca muscolare. | NATATORES. Cranus OoLOR (Gm.) Cranus musicus (Bechs.) La struttura del ventricolo e proventricolo in queste due spe- cie è così simile, che se ne può stendere. un’ unica descrizione. V’è un grosso epitelio stratificato a squammette nel proven- tricolo; e sotto di esso una serie di piccoli pacchetti glandulari ovoidali, disposti obliquamente rispetto alla mucosa. Hanno tu- nica propria, così grossa e consistente, che in una sezione si può enucleare il pacchetto glandulare, senza lacerare la tunica. Fra le glandule vi sono molti follicoli linfoidi; indi due strati mu- scolari, il primo longitudinale, il secondo circolare. Il ventriglio muscolare ha una scabra cuticola a prismi molli e staccati, che nella sezione hanno l’apparenza dei villi, senza averne la strut- tura. Le glandule tubulari sono piccole, e dei due strati musco- lari è specialmente sviluppato l’esterno, che è il circolare. Vi sono spesso depositi adiposi aderenti alla tonaca sierosa esterna. QUERQUEDULA CIRCIA (L.) In parecchie ampie e sottilissime sezioni che feci del ventriglio muscolare di questo palmipede, e che indi trattai colla miscela carmino-picrocarmino, potei studiare assai nettamente la, strut- tura dei prismi cuticulari e delle glandule tubolose che li produ- cono. Queste ultime sono assai sviluppate, tanto nel senso della lunghezza che in quello della larghezza; alcune fra loro aderenti, ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 143 altre staccate. Queste ultime hanno una sezione trasversa quasi circolare (cioè sono cilindriche), le altre una sezione trasversa poligonale (onde sono prismatiche). Di qui si vede che la parti- colar forma dei prismetti (che sono larghi e brevissimi in questa specie) deriva dalla forma delle glandule che li secernono, e so- vratutto dalla loro disposizione stipata, la quale è appunto la causa che riduce a forma prismatica degli organi originaria- mente cilindrici. QUERQUEDULA CRECCA (L.) Grosse glandule perfettamente ovali e con ampia cavità ca- ratterizzano la regione cardiaca dello stomaco delle oche e delle anitre, e la loro preparazione mi riuscì specialmente nella Quer- quedula crecca. Ve n’ è generalmente un solo strato, ma disposto in modo così irregolare, entro una ganga connettivo-fibrosa, che in alcuni punti sembrano alcune glandule essere ordinate a doppia serie. Corti villi digitiformi pendono nella cavità gastrica; i mu- scoli circolari sono sottilissimi. Nella parte pilorica vi sono lunghe glandule tubulari serpeg- gianti e grossi muscoli, sovratutto circolari. La cuticola si stacca facilmente dalle glandule, e non presenta nella sua struttura nulla di essenzialmente diverso da quella degli altri palmipedi già descritti. L’Anas boschas e lAnser domesticus si avvicinano molto alla Querquedula crecca nella struttura’ del loro ven- tricolo. ' LARUS RIDIBUNDUS, CANUS e FUSCUS, L. Lo stomaco dei lari non presenta esternamente un differenzia- mento tra le sue varie regioni. Il proventricolo forma un solo sacco allungato col ventricolo muscolare, senza ristringimento o istmo notevole. Nell’interno però v'è una netta linea di demar- cazione, data dal cessare dell’ epitelio glanduloso e dal comin- ciare della cuticola cornea. Sparando il ventricolo si vede che 144 G. CATTANEO, questa linea di divisione è precisamente retta. Il proventricolo dividesi in due parti; una superiore poco glandulare e con mu- cosa a pieghe longitudinali; e una inferiore senza pieghe e con numerosi fori di sbocco delle glandule. Il ventriglio muscolare, sparato, è bilobo, con grossi solchi longitudinali. Esternamente vi sono due centri tendinei, uno grande e uno piccolo, posti di- rimpetto. Nel proventriglio dei laridi vi sono glandule composte ovali, o in forma di bozzolo, cioè con due capi attondati e un ristrin- gimento mediano. Hanno piccola cavità interna, e disposizione obliqua rispetto alla mucosa. Ve n’è un solo strato. I muscoli circolari sono assai sviluppati. Nel ventricolo muscolare vi sono glandule tubulari tozze, ade- renti nella parte mediana e divaricate all’ apice, con sottile cu- ticola a prismi corti e larghi, e con dieci o dodici fasci di mu- scoli circolari. I longitudinali invece sono quasi atrofici. COLUMBAE. COLUMBA DOMESTICA. (Tav. IX, fig. 9, 10, 11.) Due serie di pacchetti glandulari ovali stanno nel ventriglio succenturiato della colomba; hanno forma ovale, e quelli del lato esterno hanno volume maggiore che quelli del lato interno. Essi già furono sufficientemente descritti, per ciò che riguarda la loro disposizione generale, dal Leydig;! ma non ne vidi, nè là, nè altrove, descritta e figurata una sezione trasversa a forte ingrandimento. Di queste ne apprestai io parecchie, eseguendo tagli assai sottili, e trattandoli poi col nitrato d’argento, col clo- ruro d’oro e di cadmio, o colorando con ematossilina o con pi- crocarmino. Una sezione trasversa del pacchetto glandulare mo- 1 Levpia, Lehrbuch der Histologie des Menschen und der Thiere. Frankfurt, 1857, pag. 315, fig. 10. ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 145 stra una riunione di tubi disposti radialmente, e confluenti in una cavità comune situata quasi al centro della glandula com- posta. Ciascun tubo è formato da due serie di cellule glandulari, a forma di goccia, che stanno disposte ai due lati di un sottile condotto cilindrico (Tav. IX, fig. 10). La forma caratteristica di ciascuna cellula si vede meglio isolandone alcune coll’alcool al terzo (Tav. IX, fig. 9). I tubi non sono perfettamente fra loro aderenti, ma distano fra di loro più o meno, secondochè sono più lontani o vicini al centro. Il pacchetto glandulare è involto da una grossa tunica propria. La mucosa presenta dei villi brevi, fra di loro fusi, e ricoperti da un epitelio stratificato, che si di- squamma molto facilmente. Sottilissimo è lo strato muscolare. Anche lo stomaco muscolare della colomba fu già studiato, speciaimente dal Wiedersheim,' per ciò che riguarda la strut- tura delle glandule tubulari. A somiglianza di quelle di molte altre specie d’uccelli, esse sono fatte a cripta allungata; e nel lume di ciascuna di esse si trova un dentello della cuticola. {Tav. VI, fig. 10). Ciascuna di queste cellule poi, esaminata iso- latamente, presenta due appendici ialine uncinate, una più lunga dell'altra (Tav. VI, fig. 9). La sostanza dei dentelli della cuticola è fatta di fibre parallele sottilissime. Quanto alla struttura della cuticola stessa, non posso confermare quella data dal Wieder- sheim® e dal Leydig.° Il primo, nelle sue figure, la rappresenta come una sostanza anista, che richiama la gelée durcie del Cu- vier;° il secondo come una sostanza a strie disposte parallela- mente alla mucosa, con corpuscoli chiari interposti. Io invece, tingendo delle sottili sezioni della cuticola, in metilvioletto o in carmino, trovai che essa risulta da una associazione di lunghi prismi disposti parallelamente. Essi sono invisibili senza alcuna 1 WiepERSHEIM, Die feinere Strukturverhiltnisse der Driisen in Muskelmagen der Vogel. Schultze’s Archiv fiir mikr. Anat. Vol. VIII, 1871. — Lekrd. d. vergl. Anat. d. Wirbelthiere. Jena, 1883, 2 vol. ? WIEDERSHEIM, Loc. cit. Tay. II. op. cit. Vol. 2, pag. 555, fig. 403. R. P. (Reib- platte). ? LExDIG, Op. cit. pag. 41, fig. 23. * CUviER, Lecons d’anatomie comparée. Paris, 1805, Vol. III, pag. 408. Vol. XXVII. 10 146 G. CATTANEO, preparazione, essendo composti d’una sostanza trasparentissima e fra di loro aderenti, ma si distinguono chiaramente quando tra l’uno e l’altro sia penetrato uno straterello di una tintura qual- siasi (Tav. IX, fig. 8, p prismi). Da ciascun prismetto pende una fibra conica (f); e la loro unione forma una frangia al di sotto della cuticola, che dà alla pagina esterna di essa un aspetto vel- lutato. È appunto intorno a queste fibre che girano le glandule tu- bulari, le quali secernono la cuticula. Disposizioni consimili, con maggiore o minor precisione, riscon- trarono in altre specie il Molin* e il Curschmann;? però nella cuticula della colomba non v'è affatto quella struttura re- ticolata (simile a quella della membrana, cosidetta amista, del- l’ovo dei rettili e degli uccelli), che il Curschmann notò spe- cialmente negli struzzi. I prismi cuticolari della colomba non hanno tutti la stessa lunghezza; ma, terminando tutti sulla stessa linea dal lato esterno, finiscono invece molto irregolarmente dal lato interno del ventricolo, dando alla superficie della cuticola. quell’aspetto scabro, che le è caratteristico. Verso la loro ter- minazione interna poi i prismi non sono tra di loro aderenti, ma perfettamente divisi, e di colore più oscuro che nel resto della loro lunghezza. I muscoli sono molto grossi; e specialmente svi- luppati sono, nel gigerio della colomba, i fasci longitudinali. Disposizioni simili a quelle della colomba trovansi nel T'urtur auritus. 4 R. MoLIN, Sugli stomachi degli uccelli. Denkschriften der K. Akad. Wien, 1852, Vol. III ? CURSCHMANN, Zur Histolugie des Muskelmagens der Vògel. Zeitschr. f. wiss. Zoologie. Vol. 16, Tav. 12, fasc. 2°, 1866. ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 147 RASORES. GALLUS DOMESTICUS. (Tav. VI, fig. 5, Tav. VIII, fig. 3.) Osservai replicatamente i ventricoli glandulare e muscolare del gallo, confrontandoli con quelli del tacchino, del fagiano comune e del fagiano dorato, del pavone e di varie pernici (Meleagris gallopavo, Phasianus colchicus, Ph. pictus, Pavo cristatus, Per- dix cinerea, P. saxatilis). La struttura e la disposizione delle glandule e delle altre parti di questi ventricoli, è molto simile in tutti questi generi, fatta astrazione solo dalla relativa gran- dezza degli elementi nelle singole specie. Le specie più grandi hanno elementi più grandi, senza però che il rapporto fra le dimensioni macroscopiche sia lo stesso che quello fra le micro- scopiche. In generale la dimensione degli elementi varia entro limiti più ristretti che non la dimensione totale degli animali che li posseggono. Sparando il proventricolo di un gallo (Tav. VI, fig. 5), si vede ch’esso è distinto in tre parti: due zone a strie longitudinali che stanno ai due estremi, e una larga zona mediana, che con- tiene i fori di sbocco delle glandule (f). Praticando una sezione trasversa in questo proventricolo, si trovano nella parte me- diana, più grossa, due serie di glandule, e nelle parti estreme (però entro i limiti della grande zona crivellata) una sola serie. Sono glandule ovali o subconiche, avendo un capo più grosso dell'altro, e sono formate, al solito, di molti tubuli glandulari fra loro ravvicinati, che confluiscono in una cavità mediana (Tav. VIII, fig. 3, g). Viste invece dal lato esterno, presentano una struttura pavimentosa, dovuta alla sezione ottica dei tubi glan- dulari avvicinati. In ciascun poligono v'è una linea scura, che rappresenta la sezione del condotto di ciascuna glandula sem- plice. Come sboccano queste glandule? Si dice, in quasi tutti i 148 G. GATTANEO, libri e le memorie da me consultate per questo lavoro, che i pacchetti glandulari degli uccelli, in generale, sboccano diretta- mente sulla mucosa, la quale è appunto crivellata di forellini, che sono gli ostioli di queste glandule. Ciò non può valere af- fatto pei gallinacei. Sulla mucosa del proventricolo aperto contai in tutto settanta ostioli, mentre ogni sezione trasversa completa presenta da venti a trenta glandule, e altrettante ne presenta una intera sezione longitudinale. Onde credo errar di poco cal- colando a circa 500 il numero dei pacchetti glandulari dell’ e- chino d’un gallo. Ma se le glandule sono 500 e gli ostioli sono settanta, è affatto impossibile che ciascuna glandula abbia il proprio ostiolo, il quale sbocchi direttamente sulla mucosa. V? è invece (come ho riscontrato effettivamente) un tubo comune per ogni gruppo di sei o otto glandule, che ne raccoglie il prodotto e lo reca sulla mucosa. Naturalmente nella regione a doppia serie di glandule il numero dei pacchetti confluenti in ogni sin- solo tubo è maggiore che nella regione a serie unica. Trovai solo nel lavoro del Gadow! qualche cenno intorno a questo modo di sbocco delle glandule, ma a proposito di alcune gralle, non già dei gallinacei. I pacchetti glandulari dei gallinacei hanno membrana. pro- pria; sta loro aderente una zona muscolo-mucosa bene sviluppata (nm); lo strato muscolare dello stomaco è invece. sottile (m), come pure è sottile l’epitelio (ep), formato generalmente d’ un solo strato di cellule. Si trovano, nel connettivo interglandulare, grossi vasi sangui- gni, e molte piccole placche linfoidi. Nello stomaco muscolare, la cuticola non è molto diversa da quella della colomba; solo i prismetti sono più lunghi e sottili, e più sottili e avvicinate anche le fibre che ne dipendono. Le glandule tubulari constano di cellule piccolissime, tenacemente aderenti ai dentelli, che ne occupano il lume. V’è una doppia zona muscolare, longitudinale e circolare; quest’ ultima special- i Gapow, Versuch einer vergleichenden Anatomie des Verdauungssystemes der .Vbget: Jen. Zeitschrift. Vol. XIII. N. F. VI, fasc. Y e 3, con 16 tav. Jena, 1879, ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 149 mente è assai sviluppata. Nelle altre sei specie di gallinacei sovraccennate, l'affinità di struttura col Gallus domesticus può confermarsi per tutti i dettagli, sì nel ventricolo che nel pro- ventricolo. urta | V. NOTE EMBRIOLOGICHE. Per istudiare la morfologia dell'apparato gastrico degli uc- celli, ossia per rintracciare le omologie delle sue varie parti cogli organi simili degli altri vertebrati, stimai indispensabile, oltre’ all’istologia comparata del tractus gastricus, di studiar anche il suo sviluppo embriologico. Per ottenere lo scopo, importava pren- derne in esame lo sviluppo in una specie, la quale, nella for- ma adulta, presentasse un maximum di differenziamento e di complicazione nel suo ventricolo; in tal modo si sarebbe potuto rintracciare qual fu il processo di formazione di questi differen- ziamenti e di queste complicazioni, a partire dalla forma indif- ferente primitiva. Assai poco utile sarebbe perciò stato lo studio embriologico su di un rapace, o di un piscivoro, i quali presen- tano poche complicazioni e differenziazioni nel loro stomaco ; esso doveva esser istituito su di un passeraceo, o un palmipede frugivoro, o un colombide, o un gallinaceo. Per maggior comodità di studio e opportunità di mezzi, non disgiunta, in questo caso particolare, dalla perfetta opportunità del tipo prescelto per lo scopo prefissomi, mi procurai parecchi embrioni, in varî stadî di. sviluppo, del gallo domestico; e, isolatili dalle membrane invol- genti e dal tuorlo di nutrizione, indi induritili col liquido di Latteux e passatili in paraffina, ne feci le sezioni, o a mano li- bera o col microtomo Zeiss. Negli embrioni di due o tre giorni, come pure in quelli che hanno passato il 15° giorno d’incuba- zione, ben poco di utile c'è da osservare relativamente all’ ori- gine del differenziamento gastrico. Negli embrioni troppo gio- vani, la cavità gastrica, appena formatasi entro il celoma, non presenta ancora alcun indizio di differenziamento e di complica- zione; ma è un semplice rigonfiamento ovale del tubo digerente 150 G. CATTANEO, primitivo, senza muscoli e glandule. Le pareti sono egualmente grosse in tutte le regioni, e l’epitelio che internamente le tap- pezza è dappertutto eguale. Invece nell’embrione prossimo alla nascita, le differenziazioni del tractus gastricus sono già com- pletamente formate, onde non si ha che da riscontrare la quasi perfetta rassomiglianza con gli organi digerenti del neonato e dell’ adulto. Specialmente interessanti mi si presentarono gli embrioni del 7° e del 14° giorno d’ incubazione. Prima del 7° giorno non trovai importanti differenziamenti dello stomaco; e ciò era da prevedersi. Questi caratteri di complicazione gastrica non sono di antica data, anzi sono molto recenti; non solo non sono an- teriori al tipo vertebrato, ma non si trovano nei pesci, batraci e rettili, e cominciano propriamente da quei saurî, a cui ri- monta il tipo degli uccelli. Sono dunque differenziazioni assai tarde nella filogenia, e quindi è da aspettarsi che siano tarde pur nell’ ontogenia. * La forma esterna generale del ventricolo in un embrione di gallo di 7 giorni è molto simile a quella d’un ventricolo di ra- pace adulto; lo stomaco è piriforme, senza una netta distin- zione in due porzioni, come si trova nell’animale adulto. Spa- rando delicatamente il piccolissimo sacco gastrico ed esaminandolo con una lente, si vede solo una lieve differenza fra la superficie della mucosa della parte pilorica, che è liscia, e la superficie della mucosa della parte cardiaca, che è alquanto scabra. I più interessanti risultati mi furono dati delle sezioni tra- sverse degli embrioni, prese in varî punti del corpo. Nella Ta- vola IX, fig. 1 rappresento la sezione trasversa d’ un embrione di gallo di 7 giorni, presa all'altezza degli arti pelvici (a). In essa si vede il contorno della somatopleura (sp), il midollo spi- nale (mi), la corda dorsale (cd), e l’aorta primitiva (40), che è . 1 Tralascio affatto la descrizione di tutti quei dettagli embriologici che non ri- guardano lo sviluppo del ventricolo, essendo già essi notissimi nel pulcino. Per essi vedi: FostrRr e BaLFOUR, Hém. d’embryologie. Paris, 1877; — e F. M. BALFOUR, A Treatise on comparative Embryology. London, 1880-81. ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 151 il risultato della fusione delle due aorte simmetriche prima esi- stenti. La parte superiore del celoma contiene le due masse re- nali, in cui si distingue (M) quella parte dell’ epitelio germina- tivo che si invagina, dando origine al condotto di Miller; i corpi di Wolff (W) e i canali di Wolff (cW); e inoltre la porzione dell’epitelio germinativo in cui si trovano gli ovuli pri- mitivi (0). In Y è il fegato, in cui si vede già l’abbozzo dei lo- buli, in Z l’abbozzo delle anse intestinali, e in m il mesentere, a cui si attacca un corpo ovoidale (sf), il quale è lo stomaco in sezione trasversa, presa nella sua porzione superiore. Negli embrioni di tre o quattro giorni d’incubazione, il rigonfiamento gastrico è tappezzato da un epitelio cilindrico uniforme; qui, nel 7° giorno, troviamo che questo epitelio si è invaginato, in modo da dar origine a un abbozzo di glandule tubulari (92). (Vedi an- che fig. 7, a). La parte inferiore dello stomaco (fig. 3, Tav. IX) ha pareti più grosse, e una cavità a forma di 7 (in sezione), ricoperta di semplice epitelio cilindrico, come pure l’intestino, di cui presi la sezione a poca distanza dallo stomaco (Tav. IX, fig. 2). Evidentemente nella porzione superiore l’epitelio, dap- prima liscio, ha assunto un differenziamento invaginandosi; men- tre invece l’epitelio della parte inferiore dello stomaco e del- l'intestino è ancora indifferente. Il differenziamento di questi epitelì aumenta progressivamente nei giorni successivi dello sviluppo; talchè, al 14° giorno, l’ epi- telio delia porzione pilorica, che prima era liscio, diviene inva- ginato, formandosi così l’abbozzo delle glandule tubulari del gi- gerio ; e le glandule tubulari della parte cardiaca, moltiplicandosi e associandosi, danno origine al primo abbozzo dei pacchetti glandulari dell’echino. Nella Tav. IX, fig. 4, vedesi il disegno, preso con la camera lucida, d’una sezione trasversa praticata nell’echino d’un embrione di gallo di 14 giorni, e colorata con la miscela carmino-picrocarmino. La mucosa è avvallata per pro- fondi solchi, e coperta da un solo strato di epitelio cilindrico (cp); v'è un ampio strato di connettivo interglandulare (cs), una larga tunica sierosa (ce) e uno strato muscolare circolare ben 152 G. CATTANEO, accennato (m). Comincia già a distinguersi anche la mwuscolaris mucosae. La parte più interessante di questa. sezione consiste nei pacchetti glandulari (9). In essi si vedono in sezione ottica i tubuli glandulari che li compongono, i quali però non sono ancora cosi numerosi da occupare l’intera area della glandula, ma stanno sparsi a una certa distanza reciproca. Però sono in via d’accrescimento, chè le loro cellule vanno riproducendosi. In a si vede la divisione in 4 della cellula mediana d’un gruppo glandulare. (Vedi anche, per il dettaglio, Tav. IX, fig. 7, d.) Accrescendosi il numero delle cellule e dei tubuli, il pacchetto si completa, e diventa compatto, come notasi nel neonato e nel- l'adulto. La fig. 5 rappresenta invece la sezione trasversa del gigerio d’un embrione pur.di 14 giorni. V’ è la tunica sierosa esterna (ce), poi due zone di muscoli, una circolare (m), e una longitu- dinale (mt), che è tagliata trasversalmente nella sezione; in se- guito una sottile zona di connettivo sottomucoso (cs), cui fanno seguito le glandule tubulari, ben allineate (9), che sono invagi- nazioni dell'epitelio. La cuticola non è ancora formata; ma vien secreta da queste glandule negli ultimi giorni dello sviluppo. Osservai anche la forma esterna del ventricolo isolato d’un . embrione di 14 giorni. Mentre nell’embrione di 7 giorni non era avvertibile alcuna esterna distinzione in echino e gigerio, cosicchè l’intero stomaco somigliava a quello d'una Strix o d’un Larus adulti, nell’ em- brione di 14 giorni il ventricolo è distinto in due porzioni, mercè uno strozzamento al terzo superiore. Però questo istmo non è così stretto come nel gallo adulto, nè, come in questo, il gige- rio è tanto superiore in mole all’echino; ma abbiamo qui una disposizione intermedia, simile a quella che si trova nello sto- maco d’un insettivoro adulto, per esempio, d’un picchio (Ge- cinus). (Tav. I, fig. 4.) Nel processo dello sviluppo. il gigerio cresce in volume assai più rapidamente dell’ echino, l’istmo di- venta relativamente più sottile, e si ha così la caratteristica forma del ventricolo del gallo adulto. ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 153 Qual'è dunque la genesi embriologica dei due ventricoli degli uccelli granivori? È il differenziamento d’ un solo ventricolo, mercè una divisione del lavoro; una porzione resta prevalente- mente glandulare, l’altra prevalentemente muscolare. Gli stadî di sviluppo del ventricolo del gallo, almeno per quanto riguarda la forma esterna, trovano il loro riscontro in forme adulte, che hanno lo stomaco di mano in mano meno differenziato; talchè se ne deve dedurre che lo stomaco più simile alla forma pri- mitiva è quello dei rapaci, e il più differenziato è quello dei gallinacei. E questi ripetono transitoriamente nell’ embriologia delle forme ventricolari che sono permanenti alla genealogia. Le glandule poi, sì nell’echino che nel gigerio, si sviluppano allo stesso modo, cioè per invaginazione dell’ epitelio; sono quindi tutte fra di loro omologhe. V° è questa sola differenza: che quelle del gigerio hanno uno sviluppo più tardo e lento, e non oltre- passano lo stadio di invaginazione semplice (glandule tubulari) ; mentre quelle dell’echino hanno sviluppo più precoce e rapido; passano però per gli stessi stadî delle glandule tubulari, deri- vando, com’esse, da un epitelio che si invagina. Ma esse non s’ ar- restano allo stadio tubulare; si moltiplicano, si associano; e per associazione dei tubuli ha luogo la formazione del pacchetto. Nel gigerio abbiamo dunque come definitiva una forma di glandule, che è invece solo transitoria nell’ echino. VI. MORFOGENIA DELL’ APPARATO GASTRICO DEGLI UCCELLI. DiFFERENZIAMENTI ED OMOLOGIE. I varî autori che trattarono dell’anatomia o dell’ istologia del- l'apparato gastrico degli uccelli distinsero sempre due ventri- coli, uno glandulare e uno muscolare, ma non si accordarono punto nel segnare il valore morfologico di ciascuno di essi e nel- l’indicarne le omologie con gli organi simili degli altri verte- 154 G. CATTANEO, brati. La maggior parte ritiene che il vero stomaco degli uc- celli, omologo al sacco gastrico degli altri vertebrati, sia il gigerio o ventricolo muscolare; tant'è vero che lo distinguono col nome di ventricolo propriamente detto, e insistono ancor più decisamente su questa interpretazione, localizzando il cardias (come fa anche un recente autore, il Gadow)! in quella regione in cui lo stomaco glandulare finisce e lo stomaco muscolare in- comincia. E lo stomaco glandulare è da essi considerato non già come una parte integrante del sacco gastrico, ma come un vestibolo o proventricolo, oppure come una cavità ascitizia, © ventricolo succenturtato. Altri sono di parere affatto opposto, e considerano invece come vero stomaco il glandulare, e come parte ascitizia il mu- scolare. Mi basti citare queste parole. del De-Filippi: “ Allo stomaco propriamente detto ,, (cioè al glandulare) “ succede un’ al- tra cavità formata da pareti grossissime e muscolose, detta vern- triglio.® , Ecco due distinzioni fra loro opposte, e, nelle diverse scuole, omai sancite dall'uso, le quali sono entrambe radicalmente false, quando si consideri la morfogenia degli organi accennati, quale si può ricavarla dallo studio comparativo nella serie ascendente, e specialmente nell’ embriologia. Certamente, se esaminiamo l’apparato gastrico d'un gallina- ceo, notiamo due ventricoli ben distinti, e separati da uno stretto istmo, il quale, una volta che si consideri, per idee preconcette, come vero ventricolo il muscolare, può aver l'aspetto d’ un car- dias. Ma, se dagli uccelli puramente granivori passiamo agli in- settivori o ai piscivori (picchio, laro, pellicano), vediamo che questo istmo tra le due cavità s’allarga assai, che la spropor- zione di volume fra l’una e l’altra, così notevole nei granivori, diminuisce di molto, tanto che, in alcuni casi, l’echino eguaglia o anche supera un po’ in volume il gigerio; se poi esaminiamo lo stomaco di un rapace (falco, civetta, avoltoio) vediamo che 1 GADOW, Verdauungssystem der Vòget. Jen. Zeitschr. 1879, già cit. ? Dr-FrLipri, Regno animale. 1852, pag. 83. ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 155 l’istmo è affatto scomparso; l’intero stomaco è costituito da un solo sacco piriforme, senza alcun ristringimento esterno, nè al- cun sepimento o valvola interna. Dov'è, nello stomaco degli uccelli carnivori, piscivori e in- settivori questo preteso cardias glandulo-muscolare? Non esiste affatto; e l’averlo ammesso deriva da una falsa generalizzazione istituita studiando l’ apparato gastrico degli uccelli nella sua forma più complicata e differenziata (qual’è quella dei granivori) prima che nella sua forma più semplice e primitiva (qual’ è quella dei rapaci). È naturale che con un metodo erroneo si giunga a conclusioni erronee; e nell’anatomia comparata nessun metodo è tanto assurdo, quanto quello di studiar le omologie degli organi a retroso, andando dai più complessi ai più semplici. Naturalmente un cardias c'è anche nel ventricolo degli uc- celli, come c’è un piloro; ma questo cardias è là dove l’ esofago entra nel ventriglio glandulare, e non già là dove questo passa nel muscolare. Ciò si vede chiaramente pur nell’ embriologia: abbiam già notato che nell’embrione di gallo di 14 giorni lo stomaco somiglia a quello d’un insettivoro, essendovi ampio istmo e poca sproporzione fra la parte superiore e l’inferiore, e che al 7° giorno esso è simile a quello d’un rapace, essendo costituito da un solo sacco. piriforme, senza alcuno strozza- mento. Ciò è confermato anche dalla storia genealogica degli uccelli, la quale, tuttora incerta ne’ suoi dettagli più recenti, è però una delle meglio assodate ne’ suoi tratti più generali e più antichi. Tutti gli autori sono d’accordo nel ritenere che gli uccelli ri- montano, filogeneticamente, ai saurî. Vi sono delle interessan- tissime forme di passaggio, quale l’Archaeopterix lithographica degli schisti di Solenhofen, gli Ornithoscelides (saurî vicini agli antenati degli uccelli), come il Compsognathus del Giura supe- riore, l’ Hypsilodon, ecc. Nel cretaceo vi sono i più antichi pal- mipedi e grallatori. Inoltre nel cretaceo superiore delle Monta- gne Rocciose si scopersero gli Odortornithes (quale l’ Ichthyornis e l’Hesperornis) che hanno denti o ali rudimentali. In un suo 156 3 G. CATTANEO, recente lavoro filogenetico, il Wiedersheim! osserva che però non tutti gli uccelli rimontano a uno stesso tipo aviforme; secondo lui, da alcuni saurî caudati pretriasici sarebbero derivati da un lato gli Archaeopteriges e dall’altro gli Ornithoscelides, fra cui’ He- sperormis. Dagli archeopterigi, con la perdita della coda e il mag- giore sviluppo delle ali e dello sterno, derivarono gli uccelli vo- latori (Carinatae), e dall’ Hesperornis gli uccelli corridori (Ratitae). I due gruppi delle Katitae e delle Carinatae rimonterebbero bensì a uno stipite unico, ma rappresenterebbero due rami divergenti. Ad ogni modo sta sempre la fondamentale tesi filogenetica della derivazione degli uccelli, in genere, dai saurî. È questa una delle più sicure ipotesi genealogiche. Ora i saurî sono e furono animali esclusivamente carnivori 0 insettivori, con uno stomaco semplice, cioè, o formato da un sacco unico, o, ancor più semplicemente, da un rigonfiamento ovale del- l'intestino anteriore, senza la grande nè la piccola curvatura. Le glandule peptiche dello stomaco dei saurî sono tubuli allargati, o cripte a parete cellulare, che ricordano le cripte del Lieber- kiihn. Il complesso apparato gastrico degli uccelli derivò dunque in- dubbiamente da un semplice sacco a glandule tubulari, adattato alla digestione di sostanze animali. Come mai si formarono tante complicazioni successive, quante se ne osservano nello stomaco degli uccelli granivori? e il grosso strato muscolare coi centri tendinei, e la cuticola cornea coi dischi trituranti, e i pacchetti glandulari semplici o doppî? Ecco un interessantissimo problema, di cui ci porgono spiegazione sufficiente e completa le leggi dell’ evoluzione, in seguito alla lotta per l’esistenza, alla selezione dei caratteri utili e alla divi- sione del lavoro. La somma delle differenze che esiste fra il tipo dei saurî e quello i WiEDERSHFIM, Die Stammesentwickelung der Vogel. Biologischos Centralblatt.. Vol. III, N. 20-21, 1883. ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 157 degli uccelli derivò non da altro che dall’ adattazione al volo, e dalle correlazioni organiche richieste da questo particolar modo di vita. L’attitudine al volo, entro determinati limiti, non era però un carattere estraneo ai saurî; chè vediamo tipi di rettili vo- lanti nel Ramphorhyncus e nel Pterodactylus. Il passaggio fra il tipo terrestre e il tipo aereo ebbe luogo senza dubbio assai len- tamente, quale effetto della vita sugli alberi o in località mon- tuose; i primi abbozzi d’organi volanti non furono certamente vere ‘è complete ali, ma membrane che servivan da paracadute, simili a quelle che troviamo sviluppate, per cagione della vita arborea, negli attuali Galeopithecus, Petaurus, Pteromys e Draco ; da questi primi organi passivi, derivaron poi, per selezione dei caratteri utili, gli organi attivi, o ali. La facoltà del volo si mantenne entro stretti confini in al- cuni rami dei saurî (che già citai), i quali non cambiarono quindi il loro tipo fondamentale di rettile; ma negli antenati e nei discendenti dell’Archaeopterix il progresso nella vita aerea fu così rilevante, che ne venne una modificazione fondamentale al tipo sauriano primitivo. Quali sono le rilevanti adattazioni, utili e necessarie per la vita aerea? Un vertebrato, per aver l'attitudine al volo, deve anzitutto possedere un corpo compatto e formante un sistema rigido nelle sue varie parti, dovendo tal corpo star isolato nell’ aria senza alcun appoggio, e dovendo anzi dare il punto d’appoggio alle ali. Quindi riduzione nel diametro antero-posteriore del corpo, riduzione della coda, fusione delle vertebre lombari e sacrali. Inoltre occorrono forti muscoli per l’ organo del volo; onde l’enorme sviluppo dei pettorali, e, in corrispondenza, lo sviluppo rilevante dello sterno e della carena dello sterno, cui questi muscoli s’attaccano. La vita nelle alte regioni dell’ atmosfera e il rapido moto producono una più rapida perfrigerazione nel- l’ organismo; onde la necessità di una temperatura organica elevata, e la trasformazione delle squame dei saurî in coper- ture coibenti, quali le piume e le penne. 158 G. CATTANEO, Ma come mai l'abitudine al volo può aver influito anche sul- l'apparato digerente? È facile spiegarselo. Meccanicamente con- siderato, un uccello è una delle macchine motrici e termogene più potenti che esistano, in rapporto alla piccola mole. La vita aerea costringe gli uccelli a un lavoro muscolare continuo e poderosissimo, a un’attivissima combustione per mantenere l’ e- levata temperatura del corpo; onde, a parità di mole, gli uc- celli hanno un consumo organico assai più rapido che gli altri vertebrati, compresi i mammiferi. Proporzionato al consumo dev’ essere il nutrimento; ed perciò che gli uccelli, in ragione della loro mole, si nutrono assai più abbondantemente che tutti gli altri vertebrati. Una rondine in un giorno divora un numero d’insetti assai maggiore di quello che basti ad un Sorex, sebbene questo abbia un volume e un peso assai maggiore di quella. Gli uccelli insomma, per l'intensità e la continuità del loro lavoro muscolare e per l’ at- tività della termogenesi hanno bisogno di un nutrimento copio- sissimo, e d’una rapida digestione. Ma in opposizione con ciò sta la mancanza ch’essi presentano di organi masticatori. Alcune antiche forme d°’ uccelli (gli Odon- tormithes) possedevano denti, retaggio dei loro antenati sauroidi. Ma questo carattere andò regredendo, di mano in mano che si sviluppava l’attività del volo. Il processo lungo e laborioso della masticazione richiede una certa lentezza e tranquillità di ope- razioni, che è in contrasto con l’instabilità e l’irrequietudine della vita aerea; irosicanti e alcuni carnivori si rintanano quando devono divorare la preda ghermita o il bottino raccolto ;/i rumi- nanti si accovacciano in luogo sicuro, quando devono attendere alla diligente rimasticazione dei loro alimenti. Potremmo noi immaginare un uccello che, roteando nell’ aria o librandosi sulle ali, se ne stia tranquillamente masticando o ruminando? Ecco dunque la condizione anatomo-fisiologica degli uccelli: bisogno di copioso nutrimento, e impossibilità di masticarlo. Gli alimenti sono ingoiati interi, 0, solo nei rapaci, appena grossolanamente dilacerati. Tutto il lavoro digestivo dev'essere’ ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 159 compiuto dallo stomaco. Ora il lavorio dell'apparato gastrico si divide in due funzioni principali; una meccanica di sminuzza- mento, e una chimica di soluzione delle sostanze nutritive, che devono essere introdotte a risanguare l'organismo. Lo stomaco quindi, dovendo adempire questo immane lavoro, deve assumere dei muscoli e delle glandule enormi. Ma evidentemente questi due apparati, meccanico e chimico, così straordinariamente svi- luppati, non possono coesistere nella stessa regione dello ‘sto- maco. La violenza dell’azione muscolare lederebbe facilmente i molli tessuti epiteliali e glandulari, che si trovano al contatto degli alimenti più consistenti; e, d’altra parte, se l’epitelio, per far difesa alla mucosa, si cornificasse, resterebbero occlusi i nu- merosi ostioli delle glandule, le quali ad ogni modo rimarreb- bero compresse. Come si è risolta questa difficoltà? Con un mezzo comunissimo nella selezione naturale degli organismi: con la divisione del lavoro, e la localizzazione delle due diverse fun- zioni in due diverse regioni dello stomaco. In una parte si svilupparono straordinariamente i muscoli, riducendosi le glan- dule, le quali perdettero la proprietà di secernere pepsina e acidi, e assunsero la secrezione d’ una sostanza mucosa, che serve di armatura alla parete interna dello stomaco: ecco l’origine del ventricolo carnoso coi suoi centri tendinei, e della cuticola gialla «coi suoi dischi trituranti. Nell’altra parte si svilupparono stra- ordinariamente le glandule, ed i muscoli si ridussero: ecco l’ori- gine del ventricolo glandulare, coi suoi caratteristici pacchetti glandulosi. Che cosa sono questi pacchetti? Sono forse inesplicabili neo- formazioni? No; sono associazioni di glandule tubulari. Onde la superficie secernente potesse ampiamente estendersi in uno spazio relativamente limitato, le originarie cripte tubulari che esiste- vano nello stomaco degli antenati degli uccelli si moltiplica- rono, aggregandosi compattamente in senso radiale, in modo da sboccare in una sola cavità; talor anche la complicazione pro- cedette ancor più; e parecchi pacchetti, che erano già aggrega- zioni di glandule tubulari, si riaggregarono fra di loro, in modo da sboccare, insieme uniti, in un solo condotto. 160 G. CATTANEO, È questa una serie di fenomeni che, in un modo così vistoso, s’ osserva solo negli uccelli, ma che però non è esclusiva ad essi. Una certa divisione del lavoro e una certa localizzazione di fun- zioni fra le varie parti dello stomaco si nota in quasi tutti i mammiferi, e specialmente nei marsupiali, nei rosicanti e nei ruminanti. Già io osservai, insieme con Schaefer e Williams, come nello stomaco dell’ Halmaturus, del Macropus e della Dorcopsis, vi siano tre regioni ben distinte: una cardiaca pu- ramente muscolare, una mediana poco muscolare e spiccata mente glandulare, e una pilorica, al tempo stesso glandulare e muscolare. Queste regioni sono fra di loro divise da linee di de- marcazione assai nette e regolari, e apprezzabili sulla mucosa anche ad occhio nudo o col tatto. Nel Myoxus avellanarius, come osservò il Miller, ® v'è un così notevole differenziamento fra la parte superiore e l’inferiore dello stomaco, da farlo ras- somigliare a quello di un uccello. Tutti sanno poi fino a qual punto sia spinto il differenziamento nello stomaco d’ un rumi- nante; e .l’ Home appunto, fin dal 1814° paragonava, per le sue complicazioni, lo stomaco degli uccelli a quello dei rumi- nanti. Neppure la cuticola cornea è una specialità degli uccelli; l Echidna, il Bradipus, l Halmaturus posseggono un duro ri- vestimento su di una parte della mucosa, il quale però, come osserva il Leydig,° è di natura diversa dalla cuticola degli. uccelli. Simile invece ad essa è il grosso strato epiteliale dello stomaco del coccodrillo, il quale possiede anche dei grossi mu- scoli e dei centri tendinei. Quanto alla struttura istologica delle glandule composte, os- serverò ch’essa si trova in abbozzo in altri vertebrati. Le glan- i E. ScHAEFER e I. WiLLiamMs, On the structure of the stomach in the Kanguroos. Proceedings of the Zoological Society. London, 1876. — G. CATTANEO, Contribuzio- ne all’ anatomia comparata dello stomaco dei Kanguri. Bollett. Scientif. N.° 3. Dic. 1881. 2? MiLLER, De glandularum secernentium structura penitiori. Lipsiae, 1830. * Homr, Lectures on comparative Anatony. London, 1814. : Leypra, Lehrb. der Histologie des Menschen und der Thiere. Frankfurt, 1857, € sie] }i ROD, ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 161 dule tubulari dell’uomo, del cane, del coniglio, ecc. non sempre sono isolate; spesso anzi quattro o cinque fondi ciechi glandu- lari si associano e sboccano nello stesso tubo. Lo stesso fanno le glandule del Brunner. Nel castoro l'associazione delle glan- dule tubulari è ancor più sviluppata; e, più che in ogni altro, nel Manatus australis," che presenta il primo e più semplice tipo del pacchetto glandulare. Si accresca d’alcun po’ il numero delle glandule associate, e si avrà il pacchetto glandulare dell’echino degli uccelli. V’° è però, fra gli uccelli e gli altri vertebrati, una differenza, che riguarda la speciale regione in cui succede la localizzazione delle glandule peptiche. In generale, nei mammiferi, esse sono localizzate nella parte mediana e pilorica dello stomaco; e nella parte cardiaca si trovano solo glandule mucose.* Negli uccelli invece la parte più spiccatamente glandulare è la cardiaca. Ciò deriva evidentemente dalle loro condizioni affatto speciali, già accennate. Gli alimenti non si fermano nel ventricolo glandu- lare; essi cadono immediatamente nella porzione muscolosa pi- lorica. Qui, mentre i muscoli operano, insieme ai dischi tritu- ranti e alle pietruzze inghiottite, a macinare e stritolare gli alimenti, cola su di essi il succo gastrico, che discende dal so- vrapposto echino. Data una divisione del lavoro così spinta, è questa la disposizione di cose più semplice, che permette di as- sociare l’attività meccanica alla chimica, pur con la divisione topografica dei relativi apparecchi. Essendo questa la disposi- zione più utile e consona alla rigorosa economia delle attività organiche, essa prevalse, per naturale elezione, a qualsiasi altra. Essa invece non presentava alcuna utilità nei mammiferi, ove l’azione meccanica e chimica può coesistere nella stessa regione (mediana o pilorica) dello stomaco. Chiuderò con due brevi osservazioni relative al valore mor- 1 LEYDIG, Op. cit. fig. 173. 3 Solo la talpa ha glandule peptiche anche in vicinanza al cardias. Vol. XXVII, 11 162 G. CATTANEO, fologico delle glandule dell’ echino degli uccelli, ed alla relativa dimensione micrometrica di esse e dei loro elementi. Ognuno sa qual sia l'origine prima delle glandule digerenti: un differenziamento dell’epitelio. La più semplice glandula è una cellula epiteliale isolata, che aquista la proprietà di secer- nere. L’epitelio cilindrico del tubo digerente dell’ Amphiogus lanceolatus è un epitelio glandulare. Ciascuna cellula opera per conto suo, e isolatamente dalle altre. In questo caso la glandula peptica è allo stadio individuale di plastide. Ma in seguito l’ap- parato glandulare si complica. È utile una superficie secernente più estesa, e questa si ottiene con la invaginazione dell’ epite- lio glandulare. Hanno allora origine le cripte o i tubuli glan- dulari, quali si riscontrano nei pesci, nei batraci e nei rettili. Una glandula tubulare è un’associazione di cellule con una certa centralizzazione di funzione; essa dunque, secondo la mia clas- sificazione delle individualità, * avrebbe raggiunto lo stadio di un Blasto (persona semplice). Avrebbe un grado morfologico pari a quello d'una Gastrea. In seguito ha luogo un’ ulteriore asso- ciazione. Le cripte glandulari, o tubuli, si aggregano in senso radiale e costituiscono il pacchetto, o glandula composta, di al- cuni mammiferi e di tutti gli uccelli. Se le glandule tubulari sono Blasti, i pacchetti sono evidentemente Cladi, o Ipergastreidi (persone composte). Ma negli uccelli granivori ha luogo una più elevata aggregazione: otto o dieci pacchetti si uniscono e sboc- cano in un condotto comune; essi costituiscono un Cormo o Demo di glandule composte. Ecco dunque che anche nelle parti degli organismi hanno luogo quelle stesse successive aggregazioni, che si trovano negli organismi liberamente viventi. Non ha guari un chiaro zoologo mi rivolgeva varie obiezioni a proposito della teoria aggregativa della metameria, e inclinava, con altri au- tori, a considerare le varie complicazioni animali come dovute a un differenziamento interno dell’ organismo. Orbene, questo 1 G. CattANHO, Le individualità animali. Atti Soc. It. Sc. Nat., 1879. Ze forme fondamentali degli organismi. Riv. di Filos, Scientif. 1883, ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 1653 della complicazione delle glandule peptiche degli uccelli è un cospicuo caso di differenziamento, il quale però si riduce, in fondo, a una aggregazione. Questa combattuta aggregazione, che si vuol cacciare dalla porta, rientra per la finestra. V’è una mirabile unità nelle leggi morfologiche; gli stessi processi che operano nella formazione degli organismi, operano anche nella complicazione successiva delle loro parti; ogni loro apparecchio è quasi uno Stato nello Stato, che ha dei fenomeni morfologici simili a quelli degli organismi liberamente viventi. Riguardo alla dimensione delle glandule e dei loro elementi, noterò ch’ essa sta in un certo rapporto con le mole dell’ani- male che le possiede.' L’echino d’ uno struzzo secerne maggior quantità di succo gastrico che quello d’un colibri, non già per- chè quello abbia un maggior numero di glandule che questo; ma perchè queste glandule sono assai più grandi; e queste glandule sono più grandi non già perchè siano composte d’ un maggior numero di tubuli o di cellule, ma perchè questi tubuli e queste cellule sono più grosse. Prendendo però per punto di 4 Lo studio esteso e accurato di questi rapporti fra la mole degli animali e le di- mensioni mierometriche dei loro elementi istologici sarebbe assai interessante. Perchè un bue è più grande d'un topo? Perchè contiene in sè un numero di cellule molto maggiore, o perchè queste cellule sono più grandi? O per l'una e l’altra di queste due cause, insieme contemperate? E qual’ è la complessa formola di questo rapporto? Intanto io osservai in moltissimi casi che di due vertebrati, affini di struttura e di- versi di mole, il più grande ha generalmente elementi istologici di dimensioni maggiori che non il più piccolo. Lo stesso trovò il prof. G. B. GRASSI nei Chetognati. Mi potei accertare della differenza di dimensioni micrometriche specialmente nelle cellule nervose dei mammiferi. Ciò potrebbe dar spiegazione di problemi simili a questo: perchè l’intelligenza non è in rapporto con la dimensione assoluta dei cervelli? Per- chè, ad esempio, l’uomo, il quale ha un cervello più piccolo che quello d’ un elefante, ha tuttavia assai più intelligenza di esso ? Probabilmente perchè il cervello dell’uomo, sebbene più piccolo, possiede un numero di cellule nervose assai maggiore che non il cervello dell'elefante; gli elementi psichici sono assai più numerosi; la loro effi- cienza è quindi molto più grande. Gli animali di grande mole sono quasi paragona- bili a palazzi contenenti ampie sale e ampî cortili; gli animali piccoli a casette con quartierini stretti e stanze basse ed anguste; può però darsi benissimo che una ca- setta contenga un numero di camere maggiore che non un grande palazzo: e che, in queste, regni una vita più vivace e più densa, che non nelle solitarie aule di quello, 164 G. CATTANEO, confronto gli elementi minori, cioè le cellule, ho notato che le loro differenze micrometriche oscillano in limiti più ristretti che non le dimensioni macroscopiche dei corpi. V° è dunque un certo rapporto, ma non una vera proporzionalità. Concludiamo. Qual'è l’origine dell'apparato gastrico degli uc- celli? Quali ne sono le omologie col ventricolo degli altri ver- tebrati? L’ apparato gastrico degli uccelli, dato generalmente da un ventricolo glandulare o echino, e da un ventricolo mu- scolare, o gigerio, rappresenta il prodotto del differenziamento d’ un unico sacco gastrico, che possedeva muscoli mediocre- mente sviluppati, e glandule tubulari semplici. Il differenziamento avvenne per una divisione del lavoro e una localizzazione di funzioni, in seguito all’abitudine del volo, che rese impossibile la masticazione e necessario un nutrimento abbondante e una digestione attivissima. Di questa tesi filogenetica si trovano le prove nell’anatomia comparata, macroscopica e microscopica, nell’ embriologia e nella paleontologia. Negli stomachi degli uc- celli rapaci, che sono i meno differenziati, non v'è grande di- stinzione fra le parte inferiore e la parte superiore; le glandule della regione pilorica, benchè ridotte, pure secernono ancora pepsina, nè v'è la cuticola coi dischi trituranti. Passando in- vece agli insettivori, vediamo formarsi una strozzatura fra la regione cardiaca e la pilorica; le glandule tubulari perdono l’attività peptica, e secernono solo la cuticola coi dischi tritu- ranti; i muscoli s’ingrossano e assumono dei centri tendinei. Questo differenziamento raggiunge il suo culmine colla forma- zione di un echino e di un gigerio ben distinti negli uccelli granivori. Osservando poi l’embriologia d’ un uccello granivoro, vediamo che dapprincipio lo stomaco è un sacco unico simile a quello di un rapace, e che a poco a poco esso si differenzia, passando per istadî intermedî simili a quelli degli insettivori, Le glandule sì tubulari che a pacchetto sono in origine fra loro omologhe e si formano nel modo istesso: per una invaginazione dell’ epitelio. Quelle della regione pilorica non progrediscono, CPI ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 165 anzi talora regrediscono, assumendo solo una secrezione cuti- colare; quelle della regione cardiaca si moltiplicano, si asso- ciano, formando i pacchetti. Paleontologicamente poi osserviamo che gli uccelli derivano senza dubbio da forme sauroidi; e sap- piamo che i saurî hanno uno stomaco semplice a glandule tu- bulari indifferenziate. La nostra tesi filogenetica è dunque pie- namente comprovata. Dell’apparato gastrico degli uccelli non è omologo al ventricolo degli altri vertebrati più il gigerio che l’echino; l’intero apparato gastrico è omologo all'intero ven- tricolo; ma quello è differenziato in una parte chimica (car- diaca) e in una parte meccanica (pilorica), mentre il ventricolo di quasi tutti gli altri vertebrati ha elementi glandulari e mu- scolari che coesistono con quasi eguale sviluppo nelle diverse regioni. Parecchie di queste conclusioni si potevano stabilire anche prima ch’io raccogliessi i sovracitati fatti istologici relativi a una settantina di specie d’ uccelli, finora, o non mai, o solo parzialmente studiate. Ma per far ciò occorreva che i precedenti investigatori non si accontentassero di apprestare delle prepa- razioni zootomiche, istologiche o embriologiche; occorreva an- che che le confrontassero fra di loro e ci pensassero sopra. Ogni ricerca rimane sempre infeconda per sè, quando si riduce all’empirico intento di raccoglier dei fatti; ma i fatti studiosa- mente raccolti acquistano invece un valore inaspettato, quando, mercè il loro confronto, possiamo elevarci a decifrare, almeno in parte, le complesse leggi dell’ organizzazione. Dal Laboratorio d’ Anatomia comparata dell’ Università di Pavia. Febbraio, 1884. 54" + PANNO G. CATTANEO, BIBLIOGRAFIA. RaLFOUR F. M., A Treatise on comparative Embryology. London, 1879-80. BerLIN W. Bijdrage tod de spijsvertering der Vogeles. Nederlandsch Lancet, 1852. BiscHorr T. L. W. Uebder den Bau der Magenschleimhaut. Muller’s Archiv fir Anat. und Physiol. Berlin, 1838, Tav. XIV e XV. BorrRHAvEe H. et RuyscHium F. Opusculum anatomicum de fabrica glan- dularum etc. Amstelodamii, 1733. BoHM. De glandularum ‘îintestinarum structura penitiori. Diss. inaug. Berolini, 1835. BoLr. Beitrige zur mikroskopischen Anatomie der acinòsen Driisen. 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Sez. trasv. del ventricolo glandulare del Vanellus cristatus (Mey.) x 300. ol. villi. ep. epitelio dei villi, g. glandule composte. mm. strato muscolo-mucoso. cn. connettivo interglandulare. v. vasi sanguigni. ce. connettivo esterno. » 3. Ventricolo del Gecinus viridis (L.) in sezione, grand. nat. 9. parte glandulare, in cui si vedono i fori di sbocco delle glandule. pm. parte muscolare, coperta di cuticola cornea, che s° avanza fino alla metà della regione glandulare. > 4. Ventricolo del Gecinus viridis (L.) visto dall’ esterno, grand. nat. » 5. Sezione del ventricolo glandulare del Gallus domesticus, grand. nat. f. fori di sbocco delle glandule. » 6. Sezione del ventricolo del Turdus merula, L. Grand. nat. PI. parte glandulare. pm. parte muscolare. >» 7. Glandule del Brunner. >< 400. a. biloba. b. triloba, c,d. multilobe. 172 G. CATTANEO, Fig. 8. Glandule tubulari dello stomaco di un cane. x 450. ep. epitelio. ed. condotto della glandula. 99. fondi ciechi delle glandule. » 9. Cellule glandulari dello stomaco degli uccelli, isolate coll’alcool, e preparate coll’ acido osmico. x 800. > 10. Cellule delle glandule tubulari della Colomba (ventr. muscolare), coi processi uncinati. x 800. TavoLa VIL Fig. 1. Sez. trasv. dello stomaco muscolare del Chkaradrius hiaticula, L. x 150. ct. cuticola a strie parallele. g. glandule tubulari. cs. connettivo sottomucoso. m. strati muscolari. » 2. Sez. trasv. dello stomaco glandulare dell’ A/Zene noctua (Retz.) x 250. ol. villi. epv. epitelio dei villi. v. vasi sanguigni. mp. membrana propria delle glandule; gl. glandule composte — le due laterali sono viste in sezione — la me- diana è vista dall’ esterno, e mostra le sezioni ottiche (trasverse) dei tubuli glandulari. en. connettivo interglandulare. mm. muscolaris mucosae. es. connettivo sottomucoso. m. strato muscolare. ce. connettivo esterno. » 3. Sez. trasv. del ventricolo glandulare dell’ Otus vulgaris (Flem.) x 250. ep. epitelio. gl. glandule tubulari prismatiche. sg. sezione trasversa delle glandule. mm. strato muscolo-mucoso. v. vasi sanguigni. cs. connettivo sottomucoso. m. strati muscolari. ce. connettivo esterno. » 4. Cuticola del ventricolo muscolare del Charadrius hiaticula, L. — senza glan- dule. >< 450. ct. cuticola. f. fibre o dentelli. 9g. alcune cellule glandulari aderenti alle fibre. >» 5. Cuticola del ventricolo muscolare del Charadrius hiaticula, Li — con le glan- dule tubulari. x 450. ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 173 ct. cuticola. f. fibre o dentelli. g. glandule tubulari. Fig. 6. Sezione dello strato muscolare del ventricolo della Psittacula taranta (Stanl.) Disposizione dei fasci muscolari a zig-zag. La stessa disposizione si trova nei muscoli del ventricolo dell’ Ara macao (L.) e di altri psittacidi. x 250, TavoLa VUI. Fig. 1. Sezione dello stomaco glandulare della Nyctiardea nycticorax (L.) x 200. ep. epitelio. g-. glandule crateriformi. tg. tubuli glandulari. mp. membrana propria. m. strato muscolare. » 2. Sezione del ventricolo muscolare del Melopsittacus undulatus (Shaw.) x 200. p. prismi della cuticola. 9g. glandule tubulari. cs, connettivo sottomucoso. m. strato muscolare. X » 3. Sezione del ventricolo glandulare del Gallus domesticus (per meglio distin- guere la disposizione generale, furono tralasciati i dettagli di fina struttura, che si vedono invece nelle altre figure). x 250. i ep. epitelio. pl. placche linfoidi. v. vasi sanguigni. - g- glandule (in sezione). ge. glandula vista dall’esterno, con le sezioni ottiche (trasverse) dei tubi glandulari. Le lineette rappresentano il lume dei tubuli glandulari. mm. strato muscolo-mucoso. m. strato muscolare, ce. connettivo esterno. » 4. Sezione del ventricolo glandulare della Gallinula chlorops (L.) x 250. ep. epitelio. 9. glandule. mm. strato muscolo-mucoso. m. strato muscolare. ce. connettivo esterno. » 5. Sezione trasversa della cuticola del ventricolo muscolare nol Cardinalis vir- ‘ ginianus (L.). Si vedono le sezioni dei prismetti sp. x 450. » 6. Glandula composta dell’Amadina (Padda) oryzivora (L.) x 450, ol. villi. imp. membrana propria. mm. muscolaris mucosae. 174 G. CATTANEO, TavoLa IX. Fig. 1. Sezione trasversa d’un embrione di gallo di 7 giorni. x 300 mi. midollo spinale. cd. corda dorsale. ao. aorta, E. reni. c. canale di Wolff. W. corpo di Wolff. M. condotto di Miller. o. abbozzo dell’ ovario. m. mesentere. F. fegato. I. intestino. sp. somatopleura. a. arti. st. sezione trasv. dello stomaco — regione cardiaca. 9. glandule tubulose che stanno formandosi, quali invaginazioni dell’ epi- telio. >» 2. Sezione dell'intestino d’ un embrione. di gallo di 7 giorni. x 300. m. mesentere, v. intestino. ep. epitelio. » 3. Sezione del ventricolo d’un embrione di gallo di 7 giorni — regione pilo- rica. x 300. m. mesentere. v. ventricolo. ep. epitelio. > 4. Sezione della regione glanlulare del ventricolo d’un embrione di gallo (14 giorni). x 300. ep. epitelio. es. connettivo interglandulare. 9g. glandule con cellule in segmentazione (a). mm. muscolaris mucosae. m. strato muscolare. ce. connettivo esterno. » 5. Sezione della regione muscolare del ventricolo d’un embrione di gallo (14 giorni). x 300. ce. connettivo esterno. m. muscoli — sez. long. mit. muscoli — sez. trasv. cs. connettivo sottomucoso. g. invag. dell’ epitelio, che dà luogo alla formaz, delle glandule tukulari, » 6. Tubuli glandulari delle glandule composte. > 1000, Atti Soc.it di ScNatWEXXUI Tav.VI NicZo) © sltaneo. App” gastrico degli uccelli SOS ONE (OO) (OMO) (o) ©) 009 9 eltilano, &t Ronchi n e RI Pi 4% * Dei RI VEST ja PE DI A Ss MSG Maan09 SD ita LQVYILOSE we Lo Li ===300, FEIOXUETCI CER : Fas LABS AA La EROE 922: TIPISTERI D ©) > AAA DE ENI N BE: 30022 .95005€ Le PROZIA Il {di [ T To ss ZI are ARIAS Sd) Atti Soc.it.di Sc. Nat VXXVII Tav:VIL Rn ron 5 TL EMO II AZIZ ye È > E FSNIIIIZO AR CES af e SOR 000 SH [Uli =e=È Ati Soc.it.di Sc.NatV XXVII Tav. VII È 03 gastrico degli uccelli 00008, OPAC LE PL, 3 BAOSARNAZ. e: -p TÀ pe = Milano, tt. Ronchi Afti Soc.it.di Sc.Nat.V. XXVII Tav.IX sltaneo. App° gastrico degli uccelli Da Milano, lit.L. Ronchi ISTOLOGIA E SVILUPPO, ECC. 175 a. in sezione trasversa. b. dall’ esterno (trattate col nitrato d’ argento). Fig. 7. a. Invaginazione dell’ epitelio che dà luogo alla formazione delle glandule tubulari (nell’ embrione). b. Divisione in 4 delle cellule delle glandule composte (nell’ embrione). » 8. Cuticola dello stomaco muscolare della colomba, x 300. p. prismi. f. fibre o dentelli. > 9. Cellule glandulari del proventricolo della colomba — isolate e trattate col cloruro d’oro. > 1000. >» 10. Tubuli glandulari del proventricolo della colomba — trattati col nitrato d'argento. x 800. 9g. cellule glandulari. sù 4 DE, 3 c. condotti. 11. Glandule tubulari dello stomaco muscolare della colomba. x 450, ct. cuticola. i f. fibro o dentelli. 9. glandule. Y LA DATOLITE NEL GRANITO DI BAVENO. Nota dell’ Ing. MoLINARI FRANCESCO. o Visitando il granito di Baveno, fra il quarzo ed i felspati, tanto celebrati dai mineralogisti, ho raccolto un minerale poco noto tra i prodotti di queste cave. L'unico esemplare da me rinvenuto costituiva un gruppo di tre cristalli geminati, di cui il più bello, lungo circa tre centimetri, è rappresentato dalla fisura 1. Le faccie sono nitide, gli spigoli ben definiti, la for- ma molto interessante al cristallografo, e per la simmetria è da riferirsi al sistema monoclino. La massa vitrea, limpida, tra- sparente, quasi incolora, traente al giallo citrino, presenta dop- pia rifrazione, frattura ineguale, striature poligonali sulla faccia (001), là dove fu staccato un cristallo gemino. La durezza è 5,5, il peso specifico 3,02; al cannello ribolle, gonfia, inalba, colora la fiamma in verde, fonde facilmente in perla limpida, trasparente, giallastra a caldo ed incolora a freddo. Il minerale riscaldato con nitrato di cobalto, dà vetro azzurro, svolge nel tubetto pochissima acqua, si scioglie nell’a- cido cloridrico a caldo, mettendo in libertà silice gelatinosa. La soluzione concentrata, ripresa con alcool, abbrucia con fiamma intensamente verde, caratteristica dei borati. Ridotta la solu- zione a secco, ripreso il tutto con acqua bollente, si ottiene un RR VI LA DATOLITE NEL GRANITO DI BAVENO. 17% residuo di silice granulosa; mentre nel liquido si mette in evi- denza la calce coll’ ossalato ammonico, si esclude la presenza di ogni altra sostanza coi noti processi della chimica. La presenza della silice risulta anche dalla perla di sale di fosforo, nella quale il minerale non si scioglie completamente e perciò dà un vetro opaco. Per tutti i fatti sopra esposti si può conchiudere che il mine- rale di cui si tratta è borosilicato di calcio idrato, cristallizzato nel sistema monoclino e quindi da riferirsi alla datolite. La letteratura sulla datolite comprende numerosi ed impor- tanti lavori. In Italia fu scoperto la datolite in diverse località; il Bombicci ha illustrato i bellissimi cristalli che si trovano nel- l’eufotide alla Castellina; 1’Issel, quelli di Casarza (Liguria); sono noti i cristalli di Toggiana, di Monte Catini; il Kenngott, il Sella e l’Haidinger hanno riconosciuto la datolite nei graniti di Baveno; ma in quest’ ultima località si trova così scarsa che quasi quasi rimane inosservata. Il primo cristallo trovato a Ba- veno, grossissimo ed impiantato sul granito, fa parte della colle- zione del Valentino a Torino; esistono due altri cristalli probabil- mente nella raccolta del Sella; ma in ogni caso sono rarissimi gli esemplari di questa località. I tre cristalli geminati da me raccolti hanno servito: uno, il più brutto, per l’analisi qualitativa, un altro per l’analisi quantitativa ed il migliore, giudicato dal prof. Striiver il più interessante dal lato cristallografico fra gli esemplari di Baveno finora conosciuti, l’ho donato al Museo mineralogico della R. Università di Roma. L’analisi quantitativa mi ha fornito la seguente composizione centesimale : e e ne ddl UM n, IO Mida dorica” a... .... ,. 22,21 O n OL e RM a È: 100,00 Vol. XXVII, 12 WW8. F. MOLINARI, La silice fu pesata allo stato anidro, la calce, precipitata con ossalato ammonio, fu pesata allo stato di solfato; 1’ anidride borica fu dosata allo stato di borato di sodio col processo di H. Rose;* infine per scacciare l’ acqua sl spinse la temperatura sino a 210°. I risultati di quest’analisi, divisi per i rispettivi pesi mole- colari, danno: | Si 0? Ca 0 Bo? 0° H° 0 36,21 SD;1£ 2021 5,81 60 =0,60,; 56 ==" 0/03; 0 = 981 183 9:91 60 Si 0° 62 Ca0 , 31 Bo? 0° ° 31 H° O ossia da cui si deduce, con approssimazione, 2 Si 0° Ca + Bo? 0° + H° O come formola della datolite, e la relativa formola costituzionale: ela O 280 — Ca + Bo' 0° +H*0. Questa formola differisce da quelle date dagli autori; però essa risponde pienamente non solo ai risultati dell'analisi da me eseguita; ma concorda bene anche coi risultati delle analisi del 4 Vedi Fresenius, $ 136, c. LA DATOLITE NEL GRANITO DI BAVENO. 179 minerale di Arendal e di Andreasberg, eseguite da Klaproth, Stromeyer e Rammelsberg.* La datolite, interessante dal punto di vista mineralogico, me- rita pure l’attenzione del geologo. Essa trovasi nei graniti di Baveno in geodine, tappezzate di quarzo e di feldspato; si ge- nera per il lavoro delle acque circolanti, le quali probabilmente. sottraggono l’acido borico dagli schisti talcosi, che ricoprono i graniti e lo portano a reagire cogli elementi del silicato di calce del granito stesso. Per completare questa nota aggiungo lo studio cristallogra- fico eseguito dall'ing. G. La Valle, a cui debbo vivi ringrazia- menti, non che ai professori G. Striiver e L. Gabba, che mi giovarono col loro consiglio. Arendal Analisi renda Andreasherg della datolite Klaproth Rammelsberg Stromeyer Euela agua ei 37,648 37,520 38,477 37,36 IR e RTRT 35,407 35,398 35,640 35,67 Anidride borica . . . 21,240 21,377 20,315 21,26 Meli. dvi p. 4-5. Ib. passim. — M. NeuMmAYR, Zur Geschichte d. Ustl. Mittelmeerbeckens. Bér- © _l0 | lin, 1882, p. 13, fgg. 4 NEUMAYR ib., p. 19, fgg. A U. BOTTI, Si ammette generalmente che l’Africa tropicale abbia formato durante l’eocene un continente insulare come la Nuova-Olanda attuale e circondato dal mare sia stato separato dall’ Europa e dall’Asia.* Col sollevamento del fondo del mare nummulitico, durante il periodo miocenico, dev’essersi dipoi stabilito un collegamento fra l’Africa ed il Dekkan, in direzione all’incirca di una linea fra l’Abissinia e la foce del Gange, e così fu possibile ai mammi- feri miocenici di occupare l’Africa.° All'incontro è da notare, che i mammiferi d’Asia e d’Africa, qui in prima linea considerati, presentano maggior corrispon- denza fra loro e coi pliocenici, e perfino colle faune post-plioce- niche d’ Europa, dell’Africa del nord e dell'India, che non coi miocenici. i Altrettanto poco è ammissibile il rinvio alla fauna di Pikermi, dalla quale una parte della odierna fauna mammifera etiopica deriva, sebbene spesso vi ricorriamo; poichè, primieramente, noi abbiamo i mammiferi di Pikermi molto più vicini (in Spa- gna, Italia, Orano e Costantina), ed in secondo luogo la fauna di Pikermi, come io ho già in altro luogo rilevato,* più si al- lontana geologicamente e morfologicamente dai mammiferi afri- cani ed indiani oggi viventi, che questi da quelli pliocenici re- centi (fauna del Valdarno) e post-pliocenici. Le Antilopi di Pikermi sono quasi tutte tipi estinti; la Camelopardalis attica si allontana dalla giraffa vivente più che le forme terziarie re- centi di questo genere; l’Elephas?e l’Equus non sono ancora presenti nell'orizzonte di Pikermi, essi appariscono per la prima volta nell'orizzonte della fauna del Valdarno. Nel primo sono certamente di già comparsi i generi Rhino- ceros, Sus, Hippopotamus, Hyaena, Felis, etc., ma i rappresen- tanti viventi di questi generi in Africa ed in Asia, hanno quivi 4 WALLACE, Island Life, p. 390. «2 HuxLEY, Anniversary Address to the Geological Society, 1870. 3 Studien zur Geschichte der Wildschwein (Gen. Sus). Sep. Abdruck aus Zoolog. Anzeiger, 1883, Nr. 140, p. 5. LE REGIONI DI TRANSIZIONE, ECC. 213 forme più prossime alle omonime del pliocene nel Valdarno ed ai contemporanei giacimenti, che non a quelli di Pikermi. Similmente dobbiamo escludere una completa separazione del- l’Africa tropicale dal Nord-Africa e dall’ Europa durante l’eo- cene, comecchè non in armonia coi dati di fatto oggi conosciuti. Poichè, come si spiegherebbe altrimenti la comparsa di mammi- feri viventi con impronta eocenica nella regione etiopica e spe- cialmente nell’Africa occidentale? La più gran parte del Sahara divenne asciutta dal fine della Creta, il Mar rosso, come già si è detto, non si formò che nel più recente passato. Dalla fine della Creta esistè adunque una congiunzione della regione etio- pica con }’ Europa e con l’Asia e fu con ciò possibile uno scam- bio delle popolazioni animali d’ambo i lati;! e questi rapporti devono aver persistito senza o sol con brevi interruzioni fino al post-pliocene. In conformità di ciò, noi troviamo anche nella odierna fauna etiopica, come nella orientale, tipi eocenici, miocenici e plioce- nici. Fra gli ultimi, i quali assai prevalgono sui miocenici, sono da computare fra i mammiferi le forme africane d’Hystrix, Ca- melopardalis, Bubalus, Antilopi, Elephas, Equus, Rhynoceros, Sus, Hippopotamus, Hyaena, Felis, etc. Abbiamo detto sopra, che i mammiferi a tipo pliocenico siano quasi del tutto scomparsi dall’ Europa. Nella odierna fauna mammifera terrestre d’Italia, facendo astrazione dai Pipistrelli in parte cosmopoliti, 10 annovero 51 specie, delle quali 10, e quindi 19,6 °/o, al nord delle Alpi non sono indigene. Noi po- tremmo adunque bene ammettere, che queste 10 specie non siano elemento paleartico nella fauna italiana; tanto più che la pluralità delle stesse debbono evidentemente la loro conservazione sol- tanto ad isolamento dei luoghi di dimora ? e con la loro pas- sata diffusione e parentele accennano particolarmente così verso il sud come verso est. Esse sono le 10 seguenti: Sciacal (Dal- i Principale ostacolo ad uno scambio indisturbato fu ed è il deserto; ma in modo assoluto solamente per alcune forme, come Ursus e Cervus. ? Cfr, « TYRRHENIS»>, p. 2-10. 214 7 U. BOTTI, mazià), Boccamela, Cignale e Lepre di Sardegna, Coniglio, Por- cospino, Pachyura suaveolens, Cervus corsicanus, Daino; Muf- flone. La nostra conoscenza della fauna mammifera dei rimanenti paesi del Mediterraneo è frattanto, per ciò che riguarda le più piccole forme, ancor troppo incompleta perchè mi sia possibile di fornire, allo stesso modo come per l’Italia e con pretesa di esattezza, numeri percentuali. Per ragioni altrove esposte, ! av- viene. che in Italia le condizioni per la ‘conservazione delle forme antiche sono più sfavorevoli che per i rimanenti paesi del Mediterraneo. La Spagna, per esempio, ha con l’Italia comune la. grande pluralità dei mammiferi sopra nominati; certamente gli mancano lo Sciacal ed il Mufflone, il qual ultimo da Plinio in poi vien dichiarato, ma a torto, come vivente in Spagna. Sono poi da aggiungere la Scimmia di Gibilterra, una o forse due specie di ZMerpestes, la Viverra, due forme di Stambecchi indigeni e senza dubbio con più esatta investigazione anche al- tre forme. Passando alla fauna erpetologica, non possiamo neppur per questa dare alcuna esatta statistica dell’intera regione medi- terranea. î Noi dobbiamo per conseguenza limitarci a qualche territo- rio più esattamente esplorato; ma al nostro scopo ciò basterà. A prescindere dalle tartarughe marine, io annovero .in Italia 53 rettili ed anfibi (40 rettili e 13 anfibi) dei quali circa la metà, vale a dire 26,-.non oltrepassa verse nord la regione me- diterranea. Essi sono i seguenti: ‘1. Coelopeltis lacertina. — 2. Elaphis cervone. — 3. Zamenis (Pertops) hippocrepis. — 4. Callopeltis quadrilineatus. — 5. Bhinechis scalaris. — 6. Coronella cucullata. — 7. Coronella girondica. — 8. Seps chalcides. — 9. Seps (Gongylus) ocellatus. — 10. Acanthodaciylus vulgaris. — 11. Psam- modromus hispanicus. — 12. Lacerta oxycephala. — 13. Lacerta taurica.* 4 « TYRRHENIS >, p. I. ? Mi sembra naturale di computare la Crimea nella regione mediterranea. LE REGIONI DI TRANSIZIONE, ECC. 215 _— 14. Lacerta ocellata. — 15. Notopholis Fitzingeri. — 16. Phylodactylus europaeus. — 17. Hemidaciylus verruculatus. — 18. Platydactylus facetanus. — 19. Testudo graeca. — 20. Proteus anguinus (Dalmazia). — 21. “Euproo- 4 tus Rusconii. — 22. Geotriton fuscus. — 23. Salamandrina perspicillata. — 24. Salamandra corsica. — 25. Pelodytes punctatus. — 26. Discoglossus pictus. È Di queste 26 specie, le seguenti cinque vengono citate pia | dalla regione etiopica: di; Coelopeltis lacertina: Africa occidentale (GuntHER). — 2. Seps chal- cides: Sahara meridionale (Trisrram), — 3. Seps (Gongylus) ocellatus: Ara- bia, Sennàr (Dr Berta); Abissinia (Licarenstem, GuntHER). — 4. Hemidacty- | lus verruculatus: Sennàr (De Berta). — 5. Platydaciylus facetanus: Sahara meridionale (Tristram); Abissinia (LicaTENSTEIN). Oltrepassano probabilmente il tropico anche la Coronella cu- cullata, la Lacerta ocellata ed il Bufo viridis, che sono stati trovati da TrIistraM nel Sahara meridionale. In quell’area adunque della provincia mediterranea, che per i sùoi mammiferi, e senza dubbio anche sotto altro rapporto, ha ancora comune la maggior parte dei caratteri con'la rima- nente regione paleartica, noi troviamo presso a poco il 50 °/o della sua fauna erpetologica escluso da quella, ed in ogni caso il 9,43 °/, ma probabilmente il 15,09 °/o, comune con la regione etiopica. > i Volgiamoci ora ad una seconda ‘zona della provincia mediter- i ranea, la quale sta più dappresso alla regione etiopica. Del Marocco, in rapporto alla sua fauna erpetologica, sono per ora i esplorati soltanto i dintorni costieri di Tangeri, Tetuan, Casa- blanca, Mogador, come pure la strada fra Mogador e Ma- | rocco. | — L’Atlante, il Marocco meridionale, come pure la regione de- | Serta, sono del tutto ignoti. Così anche si spiega ‘il perchè le forme deldeserto e generalmente le specie. etiopiche figurino così scarsamente nelle pubblicazioni fin qui fatte. | TER nn, n dr sad 216 U. BOTTI, La più recente memoria di BòrTGER*® accenna 40 rettili ed anfibi (33 rettili e 7 anfibi) nel Marocco, dei quali 27, e quindi 55 °/o sono al tempo stesso abitanti della Spagna meridionale. * Oltre l’area mediterranea, verso la rimanente regione paleartica, sono diffusi i seguenti 7 (17,5 °/o) e quindi 1° 82,5 °/ ne rimane escluso : | 1. Zamenis viridiflavus. — 2. Tropidonotus viperinus. — 3. Lacerta muralis. — 4. Bufo viridis. — 5. Bufo vulgaris. —- 6. Hyla viridis. — 7. Rana esculenta. Delle specie qui sopra citate la pluralità ha una larghissima diffusione nel mondo antico. Il Bufo viridis e la Rana esculenta invadono probabilmente anche la regione etiopica, essendo stati trovati da TRISTRAM nel Sahara meridionale e d’altronde ambedue, come anche il Bufo vulgaris e la Hyla viridis, sono diffusi fino alla China ed al Giappone. Della regione etiopica sono frattanto conosciuti con sicurezza soltanto i seguenti otto membri della fauna erpetologica ma- rocchina: 1. Zamenis (Periops) Cliffordi: Nubia (LicarenstEN) Africa occidentale (GuntEER). — 2. Coelopeltis lacertina: Africa occidentale. — 3. Naja haje: Nubia (LicatensteIN), Sennàr (Perers), Nilo Bianco (DumiriL e Bisron), Terra del Capo (Smira, F. Murrer), Costa d’oro (Jan), Guinea (A. Dum.), Gabon (HarLoweLr), Senegal (Dux. e BiBroNn, STEINDACHNER, etc.). — 4. Vi- pera arietans: Nel Marocco dalla valle Sus a sud dell’Atlante, Senegal (Dum. e Bir. SrempacanER), Sierra Leone (Sura), Costa d’oro (ScaLeGEL), Guinea inferiore (Gunter, BarBoza), tutta l'Africa meridionale (Smira), Terra del Capo (ScuregeL, F. MurLer) etc. — 5. Seps (Gongylus) ocellatus: Sen- nàr, Abissinia. — 6. Seps chalcides: Sahara meridionale. — 7. Platydacty- 410, BòTtTGER, Die Reptilien und Amphibien von Marrokko, II. Abhandl. d. Senkenb. naturf. Gesellsch. BA. XIII, 1, Frankfurt a. M., 1883, p. 93-146. — Vedi anche: 0. BòTTGER, Reptilien von Marrokko und von den Kanarischen Inseln, ib. Bd. IX, Frankfurt a. M., 1874. 2 L. o., p. 146. LE REGIONI DI TRANSIZIONE, ECC. 217 lus facetanus: Sahara meridionale, Abissinia. — 8. Chamaeleo vulgaris: Sa- hara meridionale (Tristram), Nubia (LricatenstEeIN) Abissinia (RuppeL ed A. Dumérir), Territorio del Nilo Bianco (A. DuwméRIt). Ma la regione deserta del Marocco al sud dell'Atlante è, come si è detto, ancor del tutto inesplorata, e le sopraccitate otto forme non possono quindi in alcun modo aver valore come espressione percentuale degli elementi etiopici nella fauna ma- rocchina. L’Algeria, meglio esplorata, ci fornisce già una tutt'altra pro- porzione. La fauna erpetologica algerina è stata elaborata da ° StRAUCH;* ma il lavoro di STRAUCAH è stato annullato dalla com- parsa delle nuove forme di poi ritrovate e dalle considerazioni critiche di BOTTGER.® Io annovero nell’Algeria, tralasciando la tartaruga marina Che- lonia corticata RoNDp., 76 rettili ed anfibi. Di questi la fauna al- gerina ha comuni con quella d’Italia i seguenti 27, e quindi 35,52 0/0: 1. Cistudo europaea. — 2. Platydactylus facetanus. — 3. Hemidactylus verruculatus. — 4. Phyllodactylus.europaeus. — 5. Lacerta ocellata. — 6. Lacerta muralis. — 7. Acanthodactylus vulgaris. — 8. Pseudopus Palla- sti. — 9. Seps (Gongylus) ocellatus. — 10. Seps chalcides. — 11. Anguis fragilis. — 12. Psammodromus hyspanicus. — 13. Coronella girondica. — 14. Coronella cucullata. — 15. Tropidonotus natrix. — 16. Tropidonotus viperinus. — 17. Periops hippocrepis. — 18. Rhinechis scalaris. — 19. Coe- lopeltis lacertina. — 20. Vipera aspis. — 21. Rana esculenta. — 22. Di- scoglossus pictus. — 23. Hyla arborea. — 24. Bufo vulgaris. — 25. Bufo viridis. — 26. Salamandra corsica. — 27. Euproctus Rusconi. Oltrepassano verso nord la provincia mediterranea e si tro- vano anche nella rimanente regione paleartica i seguenti dieci: 1. Cistudo europaea. — 2. Lacerta muralis. — 3. Anguis fragilis. — 4. Tropidonotus natrix. — 5. Tropidonotus viperinis. — 6. Vipera aspis. — 7. Rana esculenta. — 8. Hyla arborea. — 9. Bufo vulgaris. — 40. Bufo viridis. I ALEXANDRE STRAUCH, Essai d'une Erpétologie de V Algerie (Mémoires de l’Acad. Impér. des Sciences de St. Pétersbourg, VII Série, Tome IV, Nr. 7, 1862). 2 Abh. d. Senkenb. naturf, Gesellschaft, XIII, 1, Frankfurt a. M., 1883, p. 141. 218 U. BOTTI, Sono adunque, se si prescinda dalla provincia mediterranea, non meno di 66 rappresentanti della fauna erpetologica alge- rina, ossia 1’ 86 °/o, esclusi dalla rimanente regione paleartica, e tuttavia l'Algeria viene in questa compresa.' I seguenti 11 vengono espressamente citati come viventi an- che all’interno della regione etiopica: 1. Chamaeleo vulgaris. — 2. Platydactylus facetunus. — 3. Hemidacty- lus verruculatus. — 4. Agama colonorum Danp. Senegal, Guinea, Abissinia.? — 5. Acanthodactylus Savignyi Aun. Senegal. — 6. Scincus officinalis Laur. Algeria meridionale (Tristram), Nubia, Abissinia, — 7. Sphenops capistratus. — 8. Seps (Gongylus) ocellatus. — 9. Coelopeltis lacertina. — 10. Seps chalci- des. — 11. Zamenis (Periops) Cliffordi Scanee. Ma queste 11 specie non rappresentano certamente il quanto per cento delle forme algerine comuni con la regione etiopica. Per la uniformità della fauna dei deserti, egli è a priori nel ! Io dò qui di seguito l’elenco delle mentovate 66 specie: 1. Testudo campanutata. — 2. Testudo ibera. — 3. Clemmys caspia. — 4. Cha- maeleo vulgaris. — 5. Platidactylus facetanus. — 6. Hemidactylus verruculatus. — T. Phyllodactylus europaeus. — 8. Gymmnodactylus mauritanicus. — 9. Stenodacty- lus guttatus. — 10. Varanus Scincus. — 1li Agama colonorum. —. 12. A Bibroni. — 13. A. agilis: — 14. A. ruderata. — 15. A. Tournevillei LAT. — 16. Uromastia spinipes. — 17. U. acanthinurits. — 18. Tropidosaura algira. — 19. Lacerta ocel» lata. — 20. L. perspicillata. — 21. Acanthodactylus vulgaris. — 22. A. scutellatus — 23. A. Savignyi — 24, A. linco-maculatus. — 25. Eremias guttulata. —- 26. E, pardalis. — 27. Pseudopus Pallasii. — 28. Scincus officinalis. — 29. Sphenops ca- pistratus. — 30. Gongylus ocellatus — 31. Euprepes vittatus. — 32. E. Savignyi. — 33. Plestiodon cyprium. — 34. Seps chalcides — 35. Heteromeles mauritanicus. — 36. Ophiomorus miliaris. — 37. Trogonophis Wiegmanni. — 38. Amphisbaena cîinerea — 39, Ophiops elegans. — 40. Psammodromus hispannicus. — 41. Algira (Zerzumia) Blanci Lat. — 42. Scincopus fasciatus. — 43. Eumeces pavimentatus. 44, — Piyodacitylus Hasselquisti. — 45. Pleurodeles Hagenmilleri, — 46. Erya ja- culus. — 47. Simotes diadema. — 48. Coronella girondica. — 49. C. cucullata. — 50. Zamenis Cliffordìî. — 51. Periops hippocrepis. — 52. Zamenis fiorulentus. -- 53. Z. ater. — 54. Rhinechis scalaris. — 55. Psammophis sibilans. — 56. Coelo- peltis lacertina. — 5T. C. producta. — 58. Vipera lebetina — 59. V. Avicennae. — 60. V. Cerastes. — 61. V. carinata. — 62. Discoglossus pictus. — 63. Bufo pan- therinus. — 64. Salamandra corsica, Savi. — 65. Euproctus Rusconit. — 66. E. Poireti, GERV. (L’ultimo probabilmente sinonimo dell’. Rusconti). 2? Cfr. BòTTGER, I. c., p. 129. j SJ È LE REGIONI DI TRANSIZIONE, ECC. 219 più alto grado verosimile, che le medesime forme di deserto co- nosciute dell'Algeria meridionale oltrepassino anche i limiti con- venzionali fra la regione paleartica e la etiopica, cosicchè, se- condo ogni previsione, anche i seguenti 18 rettili sud-algerini si troveranno anche a sud del tropico: 1. Varanus scincus. — 2. Agama Bibroni. — 3. Agama agilis. — 4. Agama ruderata. — 5. Agama Tournevillei, Larasre. — 6. Uromastix spimipes. — 7. Uromastix acanthinurus. — 8. Lacerta ocellata. — 9. Acan- thodactylus scutellatus. — 10. Acanthodactylus lineo-maculatus. — 11. Ere- mias pardalis. — 12. Euprepes vittatus OLLiv. — 13. Euprepes Savignyi. — 14. Simotes diadema. — 15. Coronella cucullata. — 16. Zamenis florulen- tus Scaree. — 17. Psammophis sibilans. — 18. Bufo viridis. Oltre di ciò egli è da aver. riguardo a questo, che il sud del- l'Algeria è la parte meno esplorata di questo paese, cosicchè certamente non andiamo errati se ammettiamo, che con una più esatta cognizione noi constateremo la metà dei membri della fauna erpetologica algerina come appartenente al tempo stesso alla regione etiopica, Scopo del presente ileveba mento fu il dimostrare, che il con- siderare la regione mediterranea qual sub-regione della palear- tica non è giustificabile, poichè la stessa merita con altrettanta ragione di essere aggregata come sotto-regione alla orientale od alla etiopica. Circa ai rapporti della regione mediterranea con la etiopica fu specialmente convenuto, che i medesimi sono i meno riconosciuti. Quanto ai rapporti con la regione orientale, dopo le premesse citazioni sulle faune mammifere, può bastare il ricordare, che taluni autori credono di estendere la regione orientale verso ovest fino sopra all’Afghanistan escluso il Beluchistan; e che per converso il territorio di confine della regione orientale, la sub-regione indiana di WALLACE (Hindostan), a cagione delle sue paleartiche ed etiopiche affinità, è notoriamente la provin- cia meno caratteristica della regione orientale. | Ma dacchè bisogna ammettere, che non solo il distretto de- 220 U. BOTTI, serto, come vorrebbe WALLACE, ! ma tutta quanta la regione mediterranea è un membro che si interpone fra le tre prima- rie regioni del mondo antico, sembra naturale di doverla con- siderare, anzichè sotto-regione dell'una o dell’altra, come una regione di transizione di tutte tre. Allora i rapporti conosciuti della etiopica e della regione orientale vengono collocati nella loro vera luce, mentre i medesimi, con la separazione presente- mente usata di queste due primarie regioni mediante una terza, la paleartica, non vennero in evidenza, e perciò anche le fan- tasie si trovarono indotte a gettare un ponte artificioso com- pletamente superfluo, la Lemuria. La sotto-regione mantsciurica, includente anche il Giappone, viene ascritta da WaLLace alla regione paleartica, ma ha al- trettante affinità con la orientale, e viene quindi molto più giusta- mente considerata qual regione di transizione fra le due. Allor- chè tutto quanto il Tibet sarà stato investigato così completa- mente come lo è, in grazia delle raccolte del padre Davip, la parte nord-orientale del medesimo, allora verrà probabilmente constatata una non interrotta connessione della regione medi- terranea colla mantsciurica, e con ciò una grande area di tran- sizione del mondo antico, la di cui parte più orientale, ben si intende, ha i minori rapporti con la regione etiopica. Non è mia intenzione di discutere con ugual dettaglio, come per la mediterranea, le rimanenti regioni di transizione ; io mi contento adunque delle seguenti osservazioni. Il diritto di stabilire una regione intermedia fra due altre primarie di ScLateR e WALLACE, la neoartica e la neotropica, deriva appunto da ciò, che diversi territorî, i quali WALLACE incorpora nella regione neoartica, sono stati da altri trasportati nella neotropica, segnatamente la sotto-regione Sonora di Cope (parte del Nevada, Nuovo Messico, Arizona e Sonora), la bassa California, e parti della California, il Texas e la Florida.® 1 Geographical Distribution I, p. 322. 2? ANGELO HEILPRIN, On the value of the « Nearctie » as one of the. primary. Zoological Pegions (Proceed. of the Academy of Natural science of Philadelphia Part III, p. 316-334, Philadelphia, 1883). LE REGIONI DI TRANSIZIONE, ECC. 221 Ad ambedue questi modi di vedere si accorda quanto è loro dovuto, se noi accumuliamo questi due territorî con due sotto- regioni della regione neotropica, la messicana e l’antilleana, formandone una regione di transizione neoartica-neotropica. Ma in questo modo ridotta, la regione neoartica non ha più alcun diritto alla designazione di regione primaria, ma è da riunire con l’area paleartica similmente ridotta nel senso della sopra espressa esposizione. Divengono ambedue sotto-regioni di una regione unica primaria, che noi, col nome appropriatamente proposto da Newton ed HerLpRIN, * possiamo designare regione HOLARTICA. Con questo accumulamento di una singola regione holartica svaniscono i dubbi già prima d’ora? e di nuovo anche recen- temente affacciati da WALLACE; ® poichè: 1° — la regione holartica, con la qui introdotta limita- zione, non è più sproporzionatamente grande in confronto delle altre regioni primarie; 2° — col distacco di una regione di transizione mediterra- nea e di una simile neoartica-neotropica verso occidente, scom- parisce di quà e di là un numero di elementi eterogenei della regione holartica. i Così viene segnatamente in parte a cadere l’argomento recen- temente sostenuto da WALLACE contro HEITPRIN, l’assenza cioè di gruppi paleartici largamente diffusi nella regione neoartica. Dei generi di mammiferi ivi appunto nominati Meles, Equus, Bos, Gazella, Mus, Cricetus, Meriones, Dipus, Hystrix, appartengono alla regione mediterranea intermedia la Gazella, il Meriones e l’ Hystrix e vengono così segregati dalla holartica. Ma la obiezione di WALLACE viene oltrediciò indebolita anche dalla considerazione, che almeno un altro dei nominati generi, l’Equus, e fors'anche il ‘Bos, esistevano nel Nord-America, ed 4 Vedi « Nature » Bd. 27, Nr. 704 (26 april, 1883), p. 606. 2 Geograph. Distribution of Animals. I, p. 58. ® In « Nature» Bd. 27, Nr. 699 (22 mirz 1883), p. 482, 483. Vol. XXVII. 15 222 U. BOTTI, evidentemente non come immigranti, durante il periodo glaciale, ma come antichi elementi indigeni. Finalmente la qui proposta spartizione offre anche il vantag- gio, che noi non abbiamo più bisogno di contrapporre una par- ticolare regione primaria circumpolare ad una paleartica e neo- artica, ma la prima diviene sotto-regione della holartica, ovvero comparisce piuttosto come membro di congiunzione fra le sotto- regioni paleartica e neoartica. Il problema di dimostrare una regione di transizione fra la orientale e la regione australe è facile, poichè in fondo nessun zoologo ne disconviene. Gia SaLomon MirLeR distinse l'arcipelago che sta fra il con- tinente indiano e l’Australia come un membro interposto, e specialmente le isole Celebes, Flores, Timor e Buru come “ for- ‘manti il tratto di transizione. ,, * RuTIMEYER osserva intorno a quest'area: “ Egli è.... non troppo arrischiare, quando si congettura, che tutto quanto il mondo insulare fra l’Asia e l’Australia abbia ricevuto i suoi mammiferi da fuori e precisamente emigrati da questi due con- tinenti, e che in origine, come anche recentemente, .la Nuova Zelanda ne fosse priva, o in altri termini, che i mammiferi di questo gruppo insulare, per la maggior parte sollevato da azioni meccaniche, sono da considerare come posteriori modificazioni di più antiche forme continentali. A ciò corrisponde anche la scambievole lenta estinzione nel numero delle specie quando ci allontaniamo dall’una o dall’altra madrefauna. ,? Il confine delle regioni orientale ed australe tracciato da WacrLace fra Bali e Lombok, è secondo Ep. v. MARTENS, meno naturale. In diretta contraddizione con ciò stanno i molluschi terrestri, che H. ZoLLincER ha raccolto molto tempo prima presso Bima (a Sumbava ad est di Lombok), ed i quali in gran parte sono delle medesime specie come nella parte orientale di Giava. * Ad Zoologie der Nederlandsche overzeesche bezittingen. Leiden, 1839-44, 2 L. RirimeveRr, Ueber die Herkunft unserer Tierwelt, Eine zoogeagraphische Skizze. Basel und Genf, 1867, p. 11. ® Die Preuss. Expedition nach Ost-Asien. Nach amil. Quellen. Zoologischer Teil, LE REGIONI DI TRANSIZIONE, ECC. 223 Nella sua “ Distribuzione geografica dei mammiferi , WALLACE ascrive Celebes alla regione australe, poichè egli traccia il con- fine delle due regioni ad ovest di quest'isola. Ma nel suo più recente lavoro lo stesso autore dice a riguardo di Celebes: “ Celebes — così per ciò che ha come per ciò che gli manca — prende una posizione così esattamente intermedia fra le regioni orientale ed australe, che resterà forse sempre come una semplice questione di gusto il decidere a quale delle due attribuirla. Senza dubbio costituisce il limite occidentale di gruppi australi così tipici come sono i marsupiali fra i mammi- feri ed i Trichoglossidae e Meliphagidae fra gli uccelli, mentre difetta dall’altro canto in modo sorprendente di tutti 1 generi e famiglie orientali particolarmente caratteristici di ambedue le classi, ed io la ho perciò costantemente accampata nella regione australe; ma con lo stesso diritto si potrebbe ben lasciarla fuori di ambedue finchè una più esatta cognizione della sua geo- logia ci ponga in grado di determinare con maggior sicurezza la sua storia primitiva. ,,! | i Difficilmente si potrebbe allegare un miglior argomento in favore delle regioni di transizione di questa concessione di quel- l'investigatore che appunto è l’autore di confini zoogeografici precisi. Sembra quindi più naturale di riunire la provincia indo-male- sica della regione orientale con una parte della provincia au- stro-malesica della regione australe e formarne la regione di iransizione austro-orientale ed anche di distinguerla in una rap- presentazione cartografica mediante un colore intermedio. Egli è chiaro, che le regioni di transizione hanno. confini al- trettanto precisi come le regioni primarie. La invasione, l’irra- diamento di forme di una regione primaria attraverso all’area di transizione e al di là di questa in un’altra può esser rappresen- 1, Bd. Allgemeines und Wirbeltiere. Bearbeitet von prof. Dr. EDUARD von MARTENS. Berlin, 1876, p. 427. 1 Island Life or the Phenomena and Causes of Insular Faunas and Floras, etc. London, 1880, p. 432. 224 U. BOTTI, LE REGIONI DI TRANSIZIONE, ECC, tato perfino su carte del più piccolo formato, ed in così evidente modo come sulla carta annessa alla sopra citata memoria di RiTIMEYER. Come resultato di quanto precede, noi manteniamo le seguenti cinque primarie con tre intermedie regioni: i a) sotto-regione circumpolare; 1. Regione holartica con $ 2) sotto-regione paleartica; c) sotto-regione neoartica; 2. Regione orientale. 3. Regione etiopica. 4, Regione australe. 5. Regione neotropica. 6. Regione di transizione mediterranea: fra la regione holar- tica, etiopica ed orientale. 7. Regione di transizione austro-orientale: fra la regione orien- tale ed australe. 8. Regione di transizione neoartica-neotropica: fra la regione holartica e la neotropica. Seduta del 22 Giugno 1884. Presidenza del Presidente prof. cav. ANTONIO STOPPANI. Aperta la seduta, il Presidente invita il segretario Mercalli a leggere la memoria del socio Ulderigo Botti Sulle regioni di transizione zoogeografiche. È la traduzione di una memoria pubblicata in tedesco nel Comos del corrente anno del signor dott. Forsith Major. Ne viene ammessa l’inserzione negli Atti, Il Presidente invita il segretario Mercalli a leggere la Rela- zione del socio corrispondente signor A. Senoner sul I° Con- gresso Ornitologico internazionale tenuto a Vienna nell'aprile 1884. Il Presidente presenta alla Società parecchi interessanti opu- scoli del prof. E. Hodek di Vienna e di altri ornitologici inter- venuti al Congresso. La Società incarica la Presidenza di rin- graziare il socio corrispondente cav. A. Senoner del distinto favore, che ha fatto, rappresentandola al Congresso Ornitolo- gico di Vienna, e dello zelo con cui ha disimpegnato tale rap- presentanza. Il segretario Mercalli legge il Processo verbale della seduta del 9 marzo 1884, che viene approvato. In evasione all’incarico dato alla Presidenza nell’ultima se- duta, il segretario Pini riferisce che è stata esposta nella Mo- stra generale italiana di Torino, Sezione Produzioni scienti- fiche, una copia di tutti gli Atti e delle Memorie finora pubblicate dalla nostra Società. Il medesimo segretario Pini legge una 226 SEDUTA DEL 22 GIUGNO 1884. Relazione da lui compilata, in cui tesse brevemente la storia. della nostra Società e fa rilevare i grandi benefizî che essa rese alle Scienze naturali ed al Paese. Dietro proposta del Presidente, si approva che detta Relazione venga subito pubblicata in un opuscolo a parte, e venga unito agli Aîti e Memorie mandate alla Esposizione. Il Presidente comupica ai socî che la Presidenza ha fatto pra- tiche per poter tenere a Torino la Riunione straordinaria au- tunnale della Società, ma che finora non ‘ha potuto venire a nessuna conclusione definitiva. Si riserva quindi di informare in proposito i socî nella seduta ordinaria del mese venturo, o per lettera. Si passa alla votazione per la nomina a socio effettivo-studente del sig. Giovanni Conti, allievo del R. Istituto Tecnico supe- riore di Milano. Il sig. G. Conti viene eletto ad unanimità. Il Presidente comunica la partecipazione della morte dell’il- lustre nostro socio Quintino Sella da parte della R. Accademia dei Lincei e del Municipio di Biella. Il segretario Mercalli legge la lettera con cui la signora Ma- ria Sacchi di Mantova accetta la nomina di socio effettivo, e ne ringrazia la Società. Lo stesso segretario Mercalli legge la seguente lettera, che il sig. Gian Giuseppe Ponti di Palagonia ha indirizzato alla Pre- sidenza: Palagonia (Sicilia), 16 Aprile 1884. Illustr. sig. Presidente, Il sottoscritto si onora partecipare anche a cotesta Onorevole Società, la recente scoperta fatta in Marzo ultimo dallo scrivente, di una stazione umana preistorica dall’ epoca della pietra, in contrada Trefontani territorio di Pala- gonia, provincia di Catania. Furono trovati raschiatoi, accette, asce, scarpelli, punteruoli, conii, bru- nitoi di selce, di serpentino e di basalto; manichi per utensili domestici, di corno di cervo e di argilla; fusajuole, vasi, pestelli e pesi tutti di argilla cotta; rottami di ossa umane e di animali diversi. SEDUTA DEL 22 GIUGNO 1884. DT i Testè, nella medesima contrada ed in quelle vicinanze sul dorso di un colle, lo scrivente ha scoperto, una necropoli le di cui tombe sono tutte in- cavate in uno strato calcare giallastro. Fatto scavare esse tombe, si sono ritrovati frantumi di ossa umane ed un piccolo vaso di argilla cotta di for- ma conica. Palagonia, sita nelle vicinanze dell’antica Palica e presso il Lago Naftia, ove ergea il famoso tempio degli dei Palici, dovrà, senza dubbio, racchiu- dere nei proprî terreni monumenti assai preziosi per la storia, agli studî della quale lo scrivente si è dedicato con speciale impegno, con la speranza di poter essere in qualche modo utile per il progresso della scienza archeo- logica in Italia, | Sarà cortese la S. V. Ill. accusare segno di ricevuta, ecc. ecc. Gran Giuseppe PontI Direttore dell’ Osservatorio Meteorologico Palagonia. Il Segretario Prof. G. MERCALLI. Seduta del 27 Luglio 1884. Presidenza del Presidente prof. cav. ANTONIO STOPPANI. Il Presidente apre la seduta invitando il segretario Mercalli a leggere la seguente lettera del sig. G. G. Ponti, nella quale si dà notizia di una nuova località con resti fossili di Elefante presso Palagonia in Sicilia. Palagonia, 20 Luglio 1884. Onor. sig. Presidente In distanza di circa cento metri da Palagonia in provincia di Catania e propriamente nella contrada Grilli, nel lato destro dello stradale intercomu- nale che da Palagonia conduce a Ramucca, in occasione che praticavansi degli scavi di terra onde riempire un pendìo per livellare esso stradale in corso di costruzione, alla profondità di circa due metri, in un suolo cretoso, furono scoperti delle ossa fossili. Sulla relazione che me ne fu fatta da un esperto operajo, io stesso mi recai sul sito, e vidi che gli scavatori avevano già fracassati molti di quegli ossami, che dalla loro struttura riconobbi es- sere avorio fossile. Feci continuare gli scavi raccomandando la massima di- ligenza, ivi trovai in varî punti di quegli scavi nove zanne elefantine; ma siccome quel suolo argilloso trovavasi eccessivamente umido, eccettuata una sola zanna, tutte le altre otto furono staccate dal suolo a minuti pezzi, causa il pessimo stato di conservazione, L’ unica zanna che potei fare trasportare nel mio gabinetto per mezzo di una tavola di legno, è lunga un metro e diciannove centimetri, è semicurva verso la punta e della parte della radice è grossa quindici centimetri di diametro, il peso di essa zanna è di circa trentasei chilogrammi. SÉDUTA DEL 27 LUGLIO 1884. 229 Nel medesimo locale, scavando, ritrovai un dente molare in migliore stato di conservazione delle zanne, esso rappresenta la sezione centrale del dente molare di un’ elefante; mancano le due sezioni estreme. Esso è lungo trenta millimetri, largo cinquantotto mill., alto centosei mill., peso trecentoventi- quattro grammi. Nella medesima località rinveani un pezzo della fibula elefantina, il di cui diametro è ottantadue millimetri. Essendo stati sospesi i lavori di scavamento per quistioni d’ appalto, non mi fu dato il piacere di esplorare più oltre quel terreno, che, a mio credere, tiene nascosti nelle proprie viscere avanzi paleontologici assai preziosi. Palagonia, 13 Luglio 1884. Gran Giuseppe Ponti. Lo stesso segretario legge il verbale della seduta del 22 giu- gno 1884, che viene approvato; e comunica la lettera di rin- graziamento del sig. Giovanni Conti, che accetta la nomina di socio effettivo studente. Dietro proposta della Presidenza si passa alla votazione per la nomina a Socio Onorario del sig. cav. Martino Baretti, pro- fessore di Geologia nella R. Università di Torino; il quale vien nominato per acclamazione ad unanimità. Il Presidente comunica che l’egregio sig. prof. Martino Baretti ha gentilmente accettato la Presidenza della Kiunione straordina- ria, e che d’accordo con lui si è stabilito di tenerla in Torino nei giorni 13 e 14 del prossimo settembre. I socî saranno invi- tati alla Riunione con apposita Circolare, dove verranno anche indicati i giorni fissati per le escursioni. La Società approva tanto la scelta della località come dei giorni del Congresso, ed incarica la Presidenza di ringraziare l’ egregio prof. Baretti dell’ onore fatto alla Società, accettando la Presidenza della Riunione straordinaria. Seduta stante, il presente verbale viene letto ed approvato. 11 Segretario Prof. G. MERCALLI. NOVITÀ MALACOLOGICHE.. Nota del socio segretario NAPOLEONE PINI. Il genere Pomatias Stud. non venne fin’ ora rinvenuto nel Piemonte propriamente detto, ma soltanto nella Liguria di cui mi sono note sette differenti forme cioè lo striolatus Porro e l’Isselianus Bourguignat che vivono tra Genova e Nizza, l’ Ar- thuri ed il Veranyi Bourg. raccolti a Bavari nella valle del Bi- sagno dal Prof. Issel non che a Ronco Scrivia, come attesta il dott. Mario Lessona nei MoWluschi viventi del Piemonte, il P. lu- nensis De Stefani e l’elongatus Paulucci sui monti della Spezia, e per ultimo il P. patulus Drap. presso Savona, cosi determi- natomi dal sig. De Saint Simon. Nelle Alpi Marittime francesi si rinvengono il Pom. Simonianus Bourg., ed il P. Macei Bourg., oltre 1’ Isselianus ed il patulus; e nella Savoja vive il P. sabaudinus Bourg. Gli autori che scrissero sui molluschi del Piemonte non anno- verano forma alcuna di Pomatias, ma si accordano nel ritenere dover esistervi. Pellegrino Strobel nel lavoro Sui MoWluschi del lembo orientale del Piemonte* a pag. 67 divinava il rinveni- mento di altri due generi, oltre quelli da lui accennati, il ge- nere Pupula cioè ed il Pomatias. L’abate Giuseppe Stabile nei Mollusques terrestres viughio du Piemont ® a pag. 12 dice che nuove esplorazioni specialmente ai 1 Giornale di Malacologia diretto da Pellegrino Strobel; anno I, Pavia, novem- bre 1853. ? Atti della Società Italiana di scienze naiurali, Vol. VII, 1864, Milano. NOVITÀ MALACOLOGICHE. 231 versanti orientali delle Alpi Cozie, e boreali delle Alpi Marit- time e dell’Apennino potranno forse aumentare la lista dei mol- luschi terrestri. del Piemonte ed anche aggiungervi qualche spe- cie nuova per la fauna d’ Europa. . La pubblicazione fatta 16 anni dopo dal Dottor Mario Lessona dei Molluschi viventi del Piemonte* confermò le previsioni dei precitati autori aggiungendo buon numero di specie e varietà a quelle già fiote, senza annoverare il gran numero di forme di molluschi nudi fatti conoscere due anni dopo in unione al signor Carlo Pollonera colla Monografia dei Limacidi italiani. * Ma anche il dott. Lessona, nel primo dei cennati lavori a pa- gina 3, ammette non potere ancora aversi una giusta idea della fauna dei Molluschi del Piemonte finchè il suo territorio non sia più estesamente esplorato dai malacologi come le valli di Pinerolo, quasi tutte le Alpi Marittime, le parti montuose del- l’Apennino occidentale ed alcuni punti della pianura. A pa- gina 5 del medesimo lavoro però il dott. M. Lessona accennando al rinvenimento fatto in Piemonte dal prof. A. Issel di Genova del genere Pomatias a Ronco Scrivia negli Apennini, soggiunge “ questo fin ora resta un fatto isolato e non si può ancora spiegare assoluta mancanza di questo genere nelle Alpi piemontesi, mentre parecchie specie vivono in quelle della Lom- bardia e della Savoja ,. Parmi assai facile lo spiegare il perchè non sia stato fin’ ora rinvenuto in Piemonte il genere Pomatias non solo, ma anche altre specie che vi dimorano, colle parole stesse del sig. Lessona qui sopra accennate. L’insufficenza di ricerche praticate da chi scrisse fin qui sui molluschi del suo territorio, è la ragione unica per la quale molte specie che vivono in Piemonte sono tuttora ignorate. Non mi so spiegare come mai ammettendo che questa regione è tuttora inesplorata in molte sue parti, se ne possa 1 Memorie della classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, Vol. VII della R. Accademia dei Lincei, 1880, Roma. 2 Memorie della Reale Accademia delle scienze di Torino, Serie II, Vol. XXXV, 1882. 232 N. PINI, dedurre la conseguenza della assoluta mancanza del genere Po- matias, tanto più che questo genere ha numerosi rappresentanti in Liguria, e nelle finitime Savoja e Lombardia. La dispersione delle specie non è ancora abbastanza studiata, nè le leggi che reggono la natura sono conosciute per preten- dere di governarla, circoscrivendo i confini entro cui la vita animale di un dato genere debba essere limitata. Il sig. M. Lessona asseriva che il genere Pomatias fu trovato per la prima volta in Piemonte dal prof. Arturo Issel a Ronco Scrivia negli Apennini. L’enumerazione fatta a pagina 58 di tre forme di tal genere l’ Isseltanus, l’Arthuri ed il Veranyi in un lavoro che tratta del solo Piemonte, indurebbero a credere ch’e- gli ritenga Ronco Scrivia compreso nel territorio del Piemonte; ma d’altra parte l’asserita mancanza assoluta di questo genere in questa regione, convincerebbe del contrario se l’autore avesse enumerate colle forme di Ronco Scrivia anche le altre forme incole della Liguria come il P. striolatus Porro, il lunensis De Stef. l’elongatus Paul. ed il Patulus Drap. Ronco Scrivia è situato sulla sinistra della Scrivia e fa parte della provincia di Genova, appartiene quindi alla Liguria non al Piemonte propriamente detto. Se quindi le tre forme di Po- matias sovraccennate rinvengonsi anche in questa località * ne risulta che nel Piemonte fin’ ora nessuna specie venne segnalata. Tale fatto però oggi riceve una smentita col rinvenimento da me fatto in territorio della provincia di Cuneo sulle Alpi Ma- rittime nella valle del Pesio (ove feci una breve escursione nei primi giorni del mese coll’amico signor Baudi di Selve conte Flaminio ben noto e valente entomologo), assieme ad. altre nuove forme di altri generi di molluschi, di una nuova ed interessante forma di Pomatias che pel luogo di suo rinvenimento chiamo subalpinus. 1 I tipi delle forme di Pomatias accennati dal dott. Lessona nel suo lavoro clie mi vennero gentilmente communicati dal signor prof. Issel, portano l’etichetta di pugno del signor Bourgnignat, o furono rinvenuti tra Bavari e Traso nella valle del Bisagno (Liguria) dallo stesso signor Issel col P. striolatus Porro. NOVITÀ MALACOLOGICHE. 233 Pomatias subalpinus. Testa subimperforata, turrita, subnitida, corneo-luteola vel cor- neo-cinereo-fusca, serratim obsolete striatula, sepe concolor, rarius punctis rufescentibus presertim in anfractu ultimo pone suturam ornata, apice acutiuscula, nitida; spira turrita, anfractus 7-9 converi sutura profunda disjunctis, primi 2 mitidi, epatico co- lore, ultimus validus, nitidulus, absque striis, non ascendens ; apertura rotundata superne exterius parum angulosa; palatum pallide luteo; peristoma duplex, utrinque subauriculatum, margo ejus interior validum, continuum, porcellaneum, exterior tenue, simplex, leviter reflerum; marginibus distantibus, non conver- gentibus, dextro subrecto, columellari parum expansum, in auri- culam anfr. penultimus non attingentem producto. Operculum cartilagineum, infundibuliformis, diaphanum, subyalinum, striis spiralibus obsoletissima ornatum. Long. 7 —74/» Diam. 2!/, — 23/4 mill. Habitat in Alpibus Marittimis, Vallis Pestì. Conchiglia quasi imperforata, turrita, poco lucente, corneo- gialliccia o corneo-cinerina oscura, fittamente e leggermente sol- cata, per lo più unicolore, alle volte specialmente sull’ ultimo giro di spira verso la sutura, ornata di punteggiature o mac- chiette rossiccie. Sommità acuta, lucente, spira di forma tur- rita composta da 7 a 9 giri, ordinariamente di 8 giri con- vessi, separati da solco spirale ben marcato; i primi due levi- gati, di colore epatico, l’ultimo sviluppato senza costicine nè striature, quasi liscio, non ascendente. Apertura arrotondata, superiormente alquanto angolosa al lato esterno, palato colore giallognolo pallido; peristoma doppio leggermente auriculato d’ambo i lati, il cui margine interno è robusto continuo, bianco porcellaneo, l’esterno sottile, semplice lievemente risvolto coi margini allontanati, non convergenti. Quando l’animale è giovane il margine del peristoma è sem- \ 234 N. PINI, plice e sottile, man mano si fa adulto questo si ingrossa all’in- terno formando un secondo margine più robusto del primo. Il lato destro od esterno del margine peristomiale è quasi diritto, quello verso la columella un poco dilatato ma non rag- giunge il sottoposto giro di spira. Misura da 7 a 74/s millimetri di lunghezza per 2*/» a 28/4 di maggior diametro. Vive nella valle del Pesio sulle pendici settentrionali delle Alpi Marittime sui monti laterali al Monte Ardua, sulle roccie e sui massi stac- cati, ad una elevazione di circa 1800 metri sul livello dell’A- driatico, associato alla Helix Hermesiana var. ligurica Kob. ed all’Helix Sylvatica Drap. _ Il monte ove precipuamente rinviensi questa specie è detto dai montanari di S. Bartolomeo Pesio, monte Margherese; pro- babilmente il monte Vaccarile. Questo Pomatias appartiene al. gruppo del patulus Drap. mentre le tre forme annoverate dal signor Mario Lessona nei Molluschi viventi del Piemonte appartengono tutte al gruppo dello striolatus Porro e. possono ritenersi quali modificazioni dello stesso. Il Dott. Westerlund nel lavoro intitolato Malalologische Mi- scellen a pag. 71 elenca il Pom. Isselianus immediatamente dopo lo striolatus. Il Pom. Arthuri Bgt secondo il Dott. Mario Lessona differisce, oltre ad altri caratteri, per peristoma incras- sato subduplice, quello interno interrotto in modo che l’aper- tura resta acuminata superiormente. Negli esemplari tipici della collezione Issel non si scorge trac- cia nè di incrassamento, nè di duplicità nel peristoma, nè si scorge forma acuminata nella parte superiore dell’apertura: al contrario il peristoma è semplice, non auricolato, alquanto ri- svolto, e l’apertura che risulta dai margini che convergono, ma che sono disgiunti, ha una forma ovale arrotondata come nello striolatus. Questi caratteri del peristoma incrassato, subduplice, e dell’a- pertura superiormente acuminata, sono assai spiccati nel tipo del P. Veranyi appartenente alla collezione Issel, nel quale ri- | NOVITÀ MALACOLOGICHE. 235 scontrasi altresì un tessuto assai robusto, corneo, dimensioni minori dello striolatus e dell’ Arthuri. Esso differisce da que- st'ultimo per forma più turrita, spira più convessa, solcatura esilissima assai superficiale, quasi uniforme, visibile soltanto con ajuto della lente, maggiore lucentezza e per l’ultimo giro più breve e meno dilatato. La differenza di solcatura fra gli ultimi giri e quelli di mezzo, mentre non appare nè sull’ Arthuri nè sul Veranyi è d’ordinario ben marcata in molti esemplari dello striolatus Porro il quale descrive è vero questa forma * dicendo solo “ superficie striis argutis, crebris, diagonaliter dispositis, ornata ; ma Lodovico Pfeiffer nella Monographia Pneumonopo- morum viventium a pagina 302 lo descrive colla frase “ confertim costulato-striata (interjectis costis elevatioribus etc.) , per cui pare che il carattere della differenza di solcatura fra i giri intermedi e gli altri debba considerarsi di poco valore specifico. Tali spiccate diversità risultatemi dall’esame dei tipi commu- nicatimi dal Prof. Issel con quanto accenna il signor D. Mario Lessona nel precitato lavoro, mi fanno sorgere il dubbio ch’egli abbia inavvertitamente preso uno scambio attribuendo i carat- teri dell'una forma all'altra. In ogni modo credo utile l'avere accennate queste risultanze perchè si possa correggere l’errore ove esista, e formarsi un criterio del valore specifico dei caratteri assegnati a tali forme. Una quarta varietà di forma di questo gruppo di Pomatias rinviensi a Nervi assieme parimenti allo Striolatus. Essa si di- stingue per statura minore, spira che cresce più rapidamente, composta solo da 6 a 7 giri in luogo di 8 a 9, coll’ultimo ri- gonfio per cui la figura della conchiglia si presenta più conica. La solcatura è robusta, irregolare e diradata; l’ombelico più aperto, l'apertura obliqua ed il peristoma un poco più risvolto, coi margini congiunti da una mediocre callosità. Questa forma ben discernibile dalle tre sopracitate distinguo col nome di var. De Filippiù in memoria dell’ illustre natura- 1 Revue Zoologique, 1840, pag. 106. 236 N. PINI, lista italiano la cui immatura fine, per servirmi di parole del chiarissimo Prof. Michele Lessona “ fu grande sventura per la scienza e per la patria ,.' Questa forma può caratterizzarsi come segue. P. striolatus Porro var. De Filippti. Testa aperte perforata, .subconica, tenuiuscula, confertissime striata, costis elevatioribus interdum irregulariter ornata, cornea umicolore, vel maculis; aut fascus interruptis triplice serie rufo signata ; spira celeriter crescente, anfractus modo 6-7 conveziu- sculi, ultimus expansus; apertura obliqua, ovali-rotundata; peri- stoma simplex, solutum, tenuiter reflexum, marginibus distantibus tenui callo junctis. Long. 7-8 Diam. 4 mill. Habitat Nervius cum P. striolatus Porro. Un’ altra forma assai interessante alla fauna lombarda è la seguente: Pomatias valsabinus. Testa subimperforata, turrito-conica , corneo lutescenti, fere absque nitore, maculis paucìs rufescentibus obsolete ornata vel umicolor, confertim flexuose striato-costulata, apice corneo-lutea, levigata, acutiuscula; spira sensim crescente, sursum attenuata ; anfractus 8-9 convexiusculi, primi mitidi, glabri, medii striato- subcostulati, ultimo valido, striis evanescentibus, basi pallidiu- sculum, sutura satis impressa separatis; apertura fere verticalis, subrotundata, albo-luteola; peristoma subrectum, validum, duplex, albo labiatum, auriculatum, marginibus convergentibus callo tenui junctis, externo parum ascendente, auricula columellaris anfr. penultimum non tangente. 4 Naturalisti Italiani, Roma, 1884. Collezione Sommaruga, pag. 205, , NOVITÀ MALACOLOGICHE. 237 Operculum immersum, carthilagineum, concavum, diaphanus, striis minimis ornatum. Long. 9-10 Diam. 4-4 4/2 mill. Hab. Idrus sup. Amphus, atque Hanus in valle Sabia super montes Suelo, Vantone, Carseno, Vesta et Menòs. Conchiglia strettamente perforata; di forma turrito conica, corneo gialliccio, poco lucente, unicolore, talora ornata di mac- chie rossiccie irregolarmente sparse, adorna di fitte costicine esilissime, pallide, flessuose, coll’estremità superiore corneo-gial- liccia, levigata. La spira è composta da 8 a 9 giri, crescenti gradatamente, gli ultimi due più celeremente, l’ultimo sviluppato, separati da solco spirale piuttosto marcato che fa risaltare la convessità degli anfratti. I primi giri sono levigati e lucenti, i medî quasi costulati, l’ultimo pressochè liscio, di colore pallido verso il dorso. Apertura rotondata, quasi verticale all’asse della conchi- glia, internamente bianco-gialliccia; peristoma duplice, robusto, bordato in bianco, auricolato coi margini convergenti riuniti da leggiera callosità. Il margine esterno è un poco ascendente, quello columellare dilatato, e non raggiunge il penultimo giro della spira. L’opercolo è collocato profondamente ed è cartilaginoso, esile, _ diafano, concavo, e sulla parete esterna si scorgono delle esilis- sime solcature. Misura da 9 a 10 mill. ed ha un maggior diametro di 4 a 4 4/» mill. Dimora sulle roccie umide in luoghi ombreggiati e si trova ad Anfo, Idro Superiore, Hano in valle Sabia sui monti Suelo, Vantone, Carseno, Vesta e Menos. Ha qualche affinità col P. Ville Spinelli, ma paragonato ad esemplari tipici favoritimi dall’autore provenienti da Mizzole nel Veronese lo si distingue per maggiore conicità di forma, costo- line più esili, numerose ed appressate, per la costante assenza di esse sull’ultimo giro, pel colorito biancastro del dorso e lo sviluppo più regolare della spira. Vol. XXVII. 16 238 N. PINI, Questa forma vive anche nella finitima Val ‘Trompia ove è meno diffusa, ed io ne raccolsi molti esemplari a Gardone. Pomatias Stabilei. Testa imperforata, solidiuscula subconico-turrita, confertim sub- costulata, lutescenti-cornea, fusca, unicolore vel rufo-maculata; spira subconico-turrita costulis capillaceis subflexuosis ornata, în anfractu ultimo evanescentibus; apice mitente corneo-luteo; an- fractus 7-8 convexiusculi, regulariter crescenti, primi levigati, medii subcostulati, ultimo subglabro non protractus; apertura pa- rum obliqua, rotundata, superne subangulata; peristoma duplex, internum crassum continuum, externum tenue, parum subauri- culatum, tenuiter reflexum. Operculum membranaceum, luteum, concentrice striolatum. Long. 7 /» — 9 Diam. 3 — 3 4/4 mill. Habitat super rupes montis Damani in Valle Sassina. Conchiglia non perforata di tessuto piuttosto robusto, di forma turrita leggermente conica, opaca, unicolore corneo gialliccio od irregolarmente macchiuzzata in rosso. Spira guarnita di finissime costoline capillacee alquanto flessuose che svaniscono sull’ ultimo giro. Sommità levigata, lucente, corneo gialliccia, piuttosto acuta; spira composta da 7 4/» ad otto e raramente 9 giri convessi, regolarmente crescenti, i primi lisci, i medî coperti di fine co- stolature poco rialzate ma assai fitte, meno pronunciate ordi- nariamente sull’ ultimo che non si allonga nè è saliente. L’apertura alquanto obliqua all'asse è arrotondata e nella parte superiore esterna leggermente angolosa. Il peristoma è doppio, l’interno robusto, continuo, l'esterno sottile, poco dila- tato, un poco auricolato dal lato della columella, e leggermente risvolto. L’opercolo è sottilissimo, giallognolo, diafano e a sol- chi concentrici quasi impercettibili. Ha qualche affinità col P. septemspiralis Rango. ma lo se- parano da esso l’imperforazione della regione ombelicale, un NOVITÀ MALACOLOGICHE. 239 tessuto più robusto, una costolatura più sottile e numerosa, la forma più turrita, un giro meno di spira la quale cresce più lentamente, maggiore convessità degli anfratti, ed il margine esterno del peristoma meno pronunciato. Vive questa forma sulle roccie del monte Damano e finitimi nella Valsassina e pare sia l’anello di congiunzione col Porroî Strob. che vive nelle vi- cine valli bergamasche. Acme microspira. Testa subimperforata, exigua, exilissima, subcylindrica, levi- gata, nitida, diaphana, pallide roseo-cornea; spira eque crescente, superne paucissime attenuata, apice distincte obtusa; anfractus 5 convexriusculi, regulariter crescentes, ultimus valde elongatus, su- tura roseo-marginata distincti; apertura subobliqua, fere vertica- lis, ovali-elongata, basi rotundata, superne subacuta; peristoma subincrassatum, albidulum, marginibus distantibus tenuissimi callo junctis: margo columellaris reflexiusculum, externus parum convexum, ascendens. Long. 17/100 Diam. 4°/100 mill. Habitat S. Pellegrino in Valle Brembana. Conchiglia quasi imperforata, piccola, sottilissima, cilindrica, liscia, lucente, trasparente, color corneo tendente al roseo, spira che cresce uniformemente, assai poco assottigliata nella parte superiore coll’apice distintamente ottuso. Ha 5 soli giri di spira piuttosto convessi regolarmente crescenti, l’ultimo assai allon- gato, separati da solco spirale roseo. L'apertura è un poco obliqua, quasi verticale, ovale lets gata rotondata alla base, superiormente all’appoggio del mar- gine esterno del peristoma leggermente acuta; questo è alquanto ingrossato, esternamente bianchiccio, coi margini riuniti da leg- gerissima callosità; il margine columellare risvolto, l’ esterno un poco convesso. Misura 1 millimetro e ?°/100 parti in longhezza ed ha ‘°/100 parti di millimetro di diametro. 240. N. PINI, Si rinviene a S. Pellegrino in Valle Brembana, provincia di Bergamo. È una forma interessantissima che viene ad arricchire la fauna malacologica del nostro paese. Essa differisce da. ogni altra conosciuta e può solo per alcuni caratteri mettersi a con- fronto colle tre seguenti: A. gracilis Clessin della Germania, A. criptomena Folin et Berill. dei Pirenei, e colla A. Delpretei Paul. della provincia di Lucca; ma non è possibile confonderla con alcuna di esse, anzitutto per la statura minore e la forma snella e regolarmente cilindrica, poi pel minor diametro, il co- lorito più pallido, l’apice distintamente ottuso, un numero. mi- nore di giri di spira di cui l’ultimo proporzionalmente più allongato. Forse per l’estrema sua piccolezza sfuggì fin’ ora alle ricer- che, ma pare sia anche assai rara, poichè in più giorni di ri- cerche lungo la valle da Piazza a Zogno, non riescii a rinvenirne che tre soli esemplari, di cui uno solo perfetto, mentre raccolsi diversi esemplari della Zineata Drap. ed alcuni della sublineata Andrex e della Benekei Andr. Con questa nuova forma la fauna, italiana del. genere Acme si compone di N. 14 forme, cioè: A. lincata Drap. — A. li- neata Dr. var. subcostata Pini — A. lineata Dr. var. lineo- lata Pini — A. lineata Dr. var. transitoria Pini — A. pohta C. Pfcif — A. sublincata Andr. — A. Folimana G. Nevill — A. Benoitiù Bgt. — A. spectabilis Rossm. — A. veneta Pirona — A. subdiaphana Bivona — A. Delpretei Paul — A. Benekei. Andr. — ed A. microspira Pini. Pare che la forma più sparsa e più frequente sia la A. ti- neata Drap. almeno per quanto riguarda la Lombardia poichè io la raccolsi in pressochè tutte le valli e la possiedo di più che 50 località; è quindi naturale ch’ essa offra qualche varietà che brevemente accenno. La varietà subcostata differisce dal tipo per statura un poco maggiore, la spira leggermente più conica e per avere la su- perficie ornata di costicine piuttosto elevate, in minor, numero, NOVITÀ MALACOLOGICHE. 241 e pressochè equidistanti fra loro, che percorrono l’intiera lon- ghezza della conchiglia. Il loro numero varia da 8 a 10 sulla circonferenza: può caratterizzarsi colla seguente frase: Differt a typo, testa paulum ‘majore, spira magis conica, ‘co- stulîis integris erectis rarioribus fere equidistantibus ornata. Long. 4 */0 Diam. 1 1/2 mill. La varietà lineolata diversifica dal tipo per conchiglia più snella, allongata, di forma un poco più cilindrica; per la spira che si svolge un poco più rapidamente ed ha un giro di più, per le costicine sottilissime e più numerose, assai più avvici- nate fra loro. Differt a typo testa elongata subcylindrica, spira gracilis, an- fractus 8, celerius crescentes et costulis exiguis numerosioribus serratim ornata. Long. 4/0 Diam. 1 mill. La varietà transitoria è una forma intermedia fra il tipo e la Beneket. La prima di queste varietà si rinviene a Clusone nella Valle Seriana, provincia di Bergamo, non che a Tremezzo, nella pro- vincia di Como. Della var. subcostatà rinvenni anche la mutazione albîna, men- tre non la rinvenni mai della lineata di cui raccolsi delle cen- tinaja d’ esemplari. La seconda varietà rinviensi più raramente, e ne raccolsi pochi esemplari viventi a Toriggia nella provincia comense. Della terza varietà sovraccennata ne rinvenni nella valle del Desso nelle vicinanze di Angolo e delle spoglie a Canonica d'Adda nei detriti rifiutati dal fiume. I tipi dell’ Acme Benekei e della A. sublineata del dottor An- drex provengono da Piazza Brembana ove furono raccolti nei detriti del Brembo. Nella mia raccolta oltre questa località rap- presentata da esemplari tipici avuti dall'autore di queste forme, la prima è pure rappresentata da esemplari migliori della valle Seriana da me rinvenuti a Clusone, e da altri della Val Sas- sina raccolti viventi nelle vicinanze di Introbbio. La seconda 24,2 Don PINI, delle suddette forme oltre gli esemplari tipici di Piazza Brem- bana è rappresentata da esemplari viventi raccolti a S. Pelle- grino nella stessa valle, ad Introbbio in Val Sassina, nel ter- ritorio d’' Esino sul monte Codeno a 1700 metri, ed a Lugano sul monte San Salvatore a circa 800 metri sul livello del mare Adriatico. Clausilia Baudi. (Sect. Pedemontiana Pini). Testa rimata solidiuscula ventrosulo-fusiformis, brunneo-cornea, regulariter sub lente striatula, submitida, apice corneo-albidulo ; anfractus 10, primi regulariter, ultimi celerius crescenti, basi non cristata ; apertura ovali-rotundata, parum obliqua; peristoma in- terupto albolabiato, valido non incrassato, reflexiusculo, margo ejus columellari tenuiter in medio angulosum, senextrum leviter sinuosum, paulum ascendentem. Lamelle, infera immersa, obli- qua, introsum bipartita; supera satis producta, peristoma non attingens, intus reflexa; subcolumellaris valida, marginalis ; la- mella spiralis profunda, brevis. Plice palatales 2 una supera 4 L’abate Giuseppe Stabile nel pregevole suo lavoro Mollusques terr. viv. du Pié- mont 1864 a pag. 80 creava una apposita sezione per comprendervi quelle forme di clausilia a superficie liscia o quasi liscia che sono prive della lunella ed hanno il clausilio intero, non smarginato, separandolo giustamente dalle Sez. Clausiliastra Pfer e Marpessa Gray alle quali appartengono quelle clausilie a superficie liscia che sono prive della lunella ma hanno il clausilio smarginato. Tale Sezione venne denominata Charpentieria. La Clausilia Baudii e la Dori@ non possono trovar posto in questa Sezione perchè sono entrambe munite di lunella più o meno perfetta, ma il loro clausilio è intero. Non possono collocarsi nella Sezione Clausiliastra Pfer perchè oltre essere fornite della lunella hanno il clausilio intero; non nella Sez. Marpessa Gray perchè oltre la lunella ed il clausilio intero sono provviste di 2 sole pieghe palatali in luogo di quattro. Non possono essere comprese nella Sezione Delima Hartm perchè di questa fanno parte quelle che hanno bensì la lunella ed il clausllio intero, ma sono prive di pieghe palatali. Le Sezioni Herilla H. Adams, e Phedusa H. Adams comprendono. forme munite di molte pieghe palatali, quindi non vi penno trovar posto le due forme suaccennate che ne possiedono due soltanto. NOVITÀ MALACOLOGICHE. 243 valida, elongata, altera brevissima */5 modo precedentis; interla- mellares nulla; lunella debilis, fauce pallide-luteola, sinulum breve, clausilium integrum. Long. 14 Diam. 33/4 mill. Hab. apud collem Combette dictus, prope surgentis Sessere (Pedemontem). . Conchiglia perforata, robusta, ventroso-fusiforme, corneo-fulvo- bruniccia, regolarmente solcata flessuosamente da solchetti uni- formi equidistanti discernibili colla lente; piuttosto opaca, spira composta di 10 giri crescenti in principio regolarmente e negli ultimi più celeremente, senza cresta dorsale. Apertura un poco obliqua, ovale arrotondata; peristoma robusto ma non ingros- sato, bianchiccio alquanto risvolto, non continuo, col margine columellare un poco angoloso nel mezzo, quello sinistro legger- mente più allongato ed ascendente. Lamella inferiore robusta, obliqua, immersa, internamente bipartita, all’esterno largamente callosa; quella superiore mediocre, che non raggiunge il mar- gine peristomiale, diretta internamente verso la lamella infe- riore. Lamella subcolumellare robusta, marginale; quella spirale immersa, breve. Pieghe palatali 2, la superiore abbastanza longa, l’altra bre- vissima, 1/5 parte circa della precedente; interlamellari nulle. La presenza pui della lunella e la mancanza di cresta cervicale non permettono di comprenderle nella Sezione Mentissa H. Adams. Da ogni altra Sezione la CI. Baudii e la Dorice diversificano troppo specificamente perchè si possa avvicinarvele. Riscontrando in queste due forme caratteri distinti proprii a specie del Piemonte ho creduto conveniente proporre per esse una nuova Sezione sotto la denominazione di Pedemontiana. Essa comprende quelle forme di clausilia che rispondono alla seguente frase: Testa nitida aut nitidula corneo-lutescens vel corneo-rufescens, ventricosa, crassa, striis obsoletis regulariter ornata, lunella debilis subcurvata aut imperfecta, plico, palatales, 2 superce, prima valida, elongatiuscula, altera brevis a supera disjuncta set satis approrimata: Clausilium integrum, lamella spiralis a supera disjuncta. 244 N. PINI, Lamella poco appariscente, sinulo breve, ristretto, interrotto; palato fulvo pallido, non calloso; clausilio intero. Misura 14 centimetri di longhezza per 3 3/4 di diametro. Vive presso le faldi meridionali delle cime del monte Bo sul colle delle Combette alle sorgenti del torrente Sessera. Venne raccolta dal signor conte Baudi di Selve cav. Flaminio al quale mi è grato dedicarla in attestato della mia più di- stinta stima ed amicizia. Non può paragonarsi con alcuna delle specie piemontesi de- scritte fin qui. Dalla laminata è troppo discosta, per avvici- narvela; colla Thomasiana Charp. e sue varietà non può pa- ragonarsi par l'assenza in esse della lunella, come anche colla CI. alpina Stab. che ne è parimente priva. Alla CI. diodon Stud. non può essere avvicinata oltre per la presenza della lunella per una piega palatale di meno. La CI. Pollonere benchè abbia 2 pieghe palatali al pari della CI. Baudii è essa pure priva di lunella. La CI. Calderinii Less. (unica delle forme piemontesi che non possiedo) secondo la descrizione dell’autore ‘sarebbe l’unica forma che potrebbe avvicinarsi alla CI. Baud, ma la robustezza della lamella inferiore, la sua callosità verso il peri- stoma, l’angolosità del margine esterno di esso, la robustezza della piega palatale superiore, ed il peristoma interrotto non continuo, la distinguono da essa. Dalla CI. Genei Less. la sepa- rano oltre un minor numero di giri di spira più convessi anche la presenza della seconda piega palatale. che manca in quella. Alle altre forme a superficie rugosa o costata è ozioso l’accen- nare che non può essere avvicinata. Clausilia Doria. (Sect. Pedemontiana Pini) Testa anguste et breviter rimata, solida, ventrosulo-pupefor- mis, obsolete substriata, nitidula, opaca, corneo-lutescente; spira celeriter crescente, apice obtuso; anfractus 7-8 convexiusculi su- NOVITÀ MALACOLOGICHE. 245 tura mediocri separati, ultimi tumidi; apertura ovali-rotundata, expansa, parum obliqua, basi via: cristata; peristoma subconti- nuum, subincrassatum, albidulum, marginibus tenui callo junctis, sinulo subrotundo; lamelle, supera brevissima, tenuis, margi- nalis; infera crassa, introrsum bifida; spiralis exilis a supera di- sjuncta; spatium interlamellare leve. Plica palatales 2, una superior a lamella spirale usque lunel- lam progressa, altera breviuscula; subcolumellaris sat emersa ; lunella debilis, subcurvata, sapius imperfecta. _ Clausilium elongatum, concavum, incurvum, tenuiter pedicu- latum, non emarginatus. Long. 114/»— 12 4/3. Diam. 34/41 — 3 4/s mill. Hab. Gressoney S. Jean prov. Aosta, et Alpibus Graglia prov. Bielle (Pedemontem). Conchiglia strettamente perforata, ventroso pupeforme, robusta, superficialmente solcata, piuttosto lucente, opaca, color corneo gialliccio. Spira che si svolge celeremente, composta da 8 a 9 giri abbastanza convessi divisi da solco spirale mediocremente impresso, apice ottuso, gli ultimi giri rigonfî, cervice con em- brione di cresta. L’apertura è ovale arrotondata, larga, un poco obliqua, sinulo quasi rotondo. La lamella superiore assai breve e sottile raggiunge il margine dell’apertura; l’inferiore robusta, internamente bifida, e quella spirale esile non congiunta colla superiore: spazio interlamellare liscio. Pieghe palatali due, quella che è collocata superiormente si allunga dalla lamella spirale fino alla lunella, l’altra brevissima, 4/8 parte circa della supe- riore, è alla stessa assai avvicinata. Piega subcolumellare abba- stanza sporgente, lunella sottile un poco ricurva spesso imper- fetta. Clausilio colla lamina allongata, integra, ricurvo e concavo, col pedicolo sottile ed acuto. Il peristoma è ingrossato, non continuo ed a margini riuniti solo da esilissima callosità. _ Si approssima per alcuni caratteri alla Claus Thomasiana Charp. ma diversifica per minor numero di giri della spira, per maggior gonfiezza, per l’apertura più dilatata e per la presenza della lunella. “ 246 N. PINI, Venne raccolta a Gressoney S. Jean dal signor marchese Gia- como Doria, e da altri sulle Alpi di Graglia nella valle dell’Elvo, e mi è oltremodo gradito dedicarla al predetto signore tanto benemerito delle scienze naturali nel nostro paese. Clausilia ligurica. (Sect. Marpessa Gray.) Testa rimata ventrosulo-fusiformis, solidula, subtilissime striata, sericina, corneo-lutescente, mitida; anfractus 10-11 subconveri, ultimus distincte striato-subcostulato, leviter compresso ; apertura ovali-elongata basi rotundata: peristoma continuum, solutum, al- bidulum, non incrassatum, reflexiusculum ; sinulo ovali-rotundato ; palatum fusco-lutescente transverse dilutissime callosum. Lamelle, una supera valida, marginalis; infera simplex, fortis sed non crassa, flexuosa ; spiralis remota, tenuis a lamella supera disjunc- ta. Plice palatales 5 fere aquidistantibus, superior longissima, secunda et tertta breves, quarta mediocris, inferior brevissima, subcolumellari conjuncta : plica subcolumellaris emersa, marginem non attingentem ; lunella embrionalis, clausilium late emarginatum. Long. 16-17. Diam. 4 mill. Habitat in monte Caprione, Spetia (Liguria). Conchiglia perforata ventroso fusiforme, abbastanza robusta, sottilmente solcata da costoline esilissime uniformi sericee, corneo gialliccia. Spira composta di 10 ad 11 giri piuttosto convessi nella prima metà; più appianati negli altri, l’ultimo più distin- tamente solcato quasi costato lievemente compresso. Apertura ovale allongata arrotondata alla base, peristoma continuo bian- chiccio, non ingrossato, poco risvolto: sinulo ovale arrotondato, bocca e palato fosco gialliccio con una callosità obliqua appena marcata. Lamella superiore robusta, marginale; l’inferiore sviluppata NOVITÀ MALACOLOGICHE. 247 ma non ingrossata, semplice e flessuosa, quella spirale nascosta, esile, non congiunta alla superiore. Pieghe palatali 5 quasi equi- distanti fra loro, la superiore longhissima, la seconda e la terza brevi, la quarta mediocre, l’inferiore brevissima e congiunta alla piega subcolumellare che è sporgente ma non raggiunge il margine del peristoma. Lunella imperfetta, embrionale, clausilio largamente smarginato. Misura da 16 a 17 mill. per 4 di dia- metro. Dimora sul monte Caprione presso la Spezia. Ha l’aspetto ge- nerale della CI. laminata Mont. e la solcatura della C7. Kusteri Rossm., ma diversifica dalla prima pel numero delle pieghe pa- latali, per solcatura più fitta ed uniforme, per colorito più pal- lido, maggior ‘sviluppo della lamella superiore e per la traccia della lunella. Dalla seconda la separano una forma più rigonfia, un tessuto meno robusto, e la presenza della 4* e 5° piega pa- latale. Clausilia Silensis. (Sect. Marpessa Gray.) Testa anguste rimata, fusiformis, fragilis, nitida, corneo-rufe- scenti, sub lente obsolete striatula, fere levigata: spira regulariter crescente, apice subobtuso; anfractus 9-10 convexriusculi sutura mediocri distincti, primi 2 nitentes, ulbiduli, subdiaphani, ceteri evamescenti-substriati, ultimo antice non deflexus, basi subgibbus. Apertura ovali-pyriformis fere verticalis, peristoma continuum al- bidulum, non incrassatum, leviter reflexum; fauce fusco-violacea obsoletissime callosa. Lamelle, supera mediocris fere marginalis ; infera valida, flexuosa, simplex juxta marginem aperture bre- vissime bituberculata; lamella spiralis remota, tenuis, a supera disjuncta. Plice palatales 8, superior elongata, media brevissima, inferior mediocris a precedentibus distans; plica subcolumellaris profunda, spatium interlamellare leve: clausilium emarginatum. 248 N. PINI, Long. 13-14. Diam. 34/0 — 33/4 ml. Habitat Serra S. Bruno et Sila, Calabria. Conchiglia strettamente perforata, fusiforme, lucente, quasi levigata con leggerissime solcature visibili solo .coll’ajuto della lente, fragile, color corneo-rosseggiante. Spira regolarmente cre- scente colla sommità ottusa, composta di 9 a 10 giri un poco convessi, divisi da solco spirale poco marcato; i primi due giri bianchicci lucenti quasi diafani, i mediani superficialmente poco solcati, l’ultimo non piegato in avanti ed alquanto gibboso alla base. Apertura ovale periti quasi verticale, peristoma continuo, bianchiccio, abbastanza robusto ma non crasso, ‘lievemente. ri- svolto. Palato colore fusco-violaceo con callosità poco marcata. La lamella superiore è mediocremente sviluppata e quasi mar- ginale; l’inferiore robusta, flessuosa non duplice, verso il mar- gine dell’apertura munita di due piccoli tubercoletti; quella spi- rale è esile, immersa e disgiunta dalla superiore. Pieghe palatali 3, la superiore longa, quella di mezzo bre- vissima, l’inferiore mediocre e discosta dalle precedenti che sono fra loro avvicinate. La piega subcolumellare è profonda, lo spa- zio interlamellare liscio, il clausilio smarginato. Misura da 13 a 14 millimetri per 3 '/. a 3 8/4 di diametro. Questa bellissima forma vive in Calabria, e venne raccolta dal signor cav. Baudi di Selve conte Flaminio nello scorso mese di maggio a Serra Sant Bruno ed alla Sila. Helix pedemontana. (Sect. Fruticicola Held.) Testa stricte umbilicata, subgloboso-depressa, striatula, mitida, corneo-fulva, pellucida; anfractus 5 celeriter crescentes, converiu- sculi, ultimus, subcarinatus, pallide cingulatus, elatus, antice CQUEAI deflexus. NOVITÀ MALACOLOGICHE. gl 249 Apertura subovata, obliqua; peristoma rectum, simplex, inter- ruptum, intus remote albo-labiatum, rufo cingulatum, margine columellari reflexiusculo. Diam. maj. 94/4—9/s min. 8. Alt. 5 mill. Habitat in Valle Pesi (Pedemontem). Conchiglia strettamente umbelicata, globoso-depressa legger- mente striata, corneo fulva, lucente, diafana, composta di 5 giri di spira crescenti celeremente, l’ultimo ottusamente carenato al terzo superiore della sua larghezza, cinto di una fascia .pal- lida, allargato ed un poco deflesso in avanti; umbelico ristretto che lascia scorgere uno solo dei giri di spira. Apertura un poco obliqua ovale ‘arrotondata, peristoma semplice retto non conti- nuo munito all’interno di un cercine bianco non marginale, bor- dato da sottilissima linea carminata, leggermente risvolto al margine columellare. | Misura 9'/4 a 94/s mill. di maggior diametro per 8 mill. di minore ed è alta 5 mill. Vive nella valle del Pesio a circa 1300 metri in luoghi assai umidi. È una forma che ha qualche analogia colla H. rufescens Penn var. montana stud. e la H. telonensis Mittr. Si distingue dalla prima per maggior depressione ed un giro di meno della spira, per l'apertura ombelicale più ristretta, per la colorazione del cercine interno del pesata e ‘maggiore ‘de- flessione dell’ultimo giro. Dalla telonensis diversifica pel tessuto meno robusto, colorito più fulvo, ombelico meno aperto, apertura un poco meno arro- tondata, per la zona biancastra dell’ultimo giro, per la colora- zione del cercine interno dell’apertura. . L’animale è bianco-giallognolo, collo e capo cinerino-fuliginoso di tinta più sfumata ai fianchi. Il corpo è quà e là segnato da machiuzze oscure amorfe, irregolari; la granulazione della cute minuta ed uniforme. I visceri ed il fegato hanno un colore bruno rossiccio. I tentacoli superiori sono assai sviluppati, cilindro-co- nici, oscuri, gli occhi nerissimi; i tentoni color cinereo affumi- 250 N. PINI, cato con tinta pallida sono brevi e cilindrici. La suola è uni- colore bianchiccia; l’apertura sessuale è situata al lato destro del collo alla base esterna del grande tentacolo, essa è circon- data da un ingrossamento bianchiccio-cinereo. Il bulbo buccale è poco pronunciato e la mascella è munita di costole minu- tissime, Hyalina diaphana Stud. var. Lessona Pini (Sectio Vitrea Fitzinger). Differt a typo, spira celerius crescente, magis depressa, an- fractus modo 5 planulati, sub lente obsoletissime striolata, nec glabra; apertura clongatiuscula. Habitat in Valle Pesiv (Pedemontem). Diam. maj. 3 4/a min. 3. Alt. 1 mill. Apertura 4/s mill. alta, 1 mill. lata. È una forma della Hyal. diaphana Stud. che merita d’ essere distinta e che mi compiaccio dedicare al sig. dott. Mario Les- sona illustratore dei Molluschi del Piemonte. Differisce dal tipo per la spira che cresce più rapidamente, per forma più depressa coi giri di spira più appiattiti. Ha solo 5 giri che coll’aiuto di buona lente appaiono finissimamente e fittamente solcati, non levigati come nel tipo; l'apertura è un poco più allongata. Misura 3 4/» millimetri di gran diametro per 3 di minore e la spira si eleva 1 millimetro. Rinviensi nella valle del Pesio sotto le pietre ad una eleva- zione di circa 1800 metri. Forse ha caratteri differenziali suffi- centi per farne una specie autonoma. NOVITÀ MALACOLOGICHE. 251 Hyalinia nitidula Drap. (Sectio Euyalina Albers). La presenza di questa specie nel Piemonte non venne ancora segnalata dagli autori che parlarono dei molluschi del suo ter- ritorio. L’abate Stabile però, nel più volte citato suo lavoro a pag. 31 in nota, accenna che, sebbene non peranco rinvenutavi, possa esistervi, e mette in avvertenza delle diversità esistenti tra questa specie ed esemplari piccoli della Hyal. niteus Gmel. et Mich. I due esemplari in ottinìo stato di conservazione, che fanno prendere posto a questa specie nella fauna del Piemonte, furono raccolti dal sig. cav. Ippolito Blanc nella valle della Dora Baltea presso Courmayeur nell’ autunno dell’ anno 1872 e dal medesi- mo donatimi con altre specie, 1’ 8 settembre dello stesso anno. Fanno parte della mia raccolta fin d’allora sotto tale denomi- nazione ed appartengono indubbiamente a questa specie, essendo la mia determinazione, basata sopra esemplari tipici d’altre lo- calità ove questa forma non è dala stata confermata anche da valente specialista. Poichè ebbi occasione di far conoscere novelle forme che ar- ricchiscono la fauna del Piemonte, ho creduto conveniente ac- cennare anche la presenza di questa non ancora segnalata da alcuno. Un’ altra specie di mollusco non citato finora degli autori che illustrarono il territorio del Piemonte, che pure vi dimora, è il Limax psarus Bgt. da me rinvenuto nei dintorni di Intra. «Nella Liguria, a Pegli e Voltri, vive anche una bella specie di Limax assai prossima pei caratteri anatomici (specialmente per la vagina della verga allongata più che la matrice) al gruppo del Da Campi Meneg. il Limax millipunctatus mihi. 252 N. PINI, Limax millipunctatus (Sectio Opilolimax Pini). Animal cinereo-lutescenti-brunneus, subcylindricus, postice valde attenuatus tuberculis levioribus subovalibus instructus; maculis nigrescentibus punctiformibus crebre signatus. Clypeus antice ro- tundatus, postice obtuse acute-rotundatus, leviter concentrice stria- tus, confertissime nigro-punctulatus. Apertura pulmonaris parun postica, non marginata. Tentaculis cylindricis crebre ‘granulosis, nigro-punctulati, basi non approximatis. Solea albo-luteola uni- colore. ” ? Long. 115-125 Lat. 10-12 mill. Habitat Voltri et Sestri in Liguriam, atque Langobardiam. Animale cinerino-gialliccio con sfumatura di tinta bruno-ros- siccio tanto sul dorso, che sul cappuccio, in modo da simulare vellutato. Tubercoli poco prominenti di forma ovoidea. Corpo cilindrico allongato decrescente sensibilmente nella porzione cau- dale la quale è fornita di una carena breve e poco pronunciata; intieramente sparso di minutissime macchiuzze nere puntiformi assai numerose ed ecuabilmente distribuite, un poco meno re- golarmente verso i fianchi. Margine del piede ben distinto, fina- mente macchiettato, suola bianchiccia unicolore. Cappuccio ovale- arrotondato in avanti, ed ottusamente acuto posteriormente, a strie concentriche. Tentacoli e tentoni cilindrici granulosi, mi- nutissimamente punteggiati, non avvicinati alla base. Apertura polmonare un poco più posteriore al centro del cappuccio col solco diretto obliquamente in avanti, non marginata. Cappuccio mobile fino all’ apertura polmonare, la parte sottoposta priva di macchie puntiformi, ma segnata per tutta la sua longhezza da tre linee nere che percorrono, le due laterali lo spazio dall’ at- tacco del cappuccio alla base dei grandi tentacoli, quella me- diana dallo stesso punto fino al bulbo buccale passando sulla NOVITÀ MALACOLOGICHE. 253 nuca ove si anastomizza con due altre brevissime lineette obli- que che si interpongono fra essa e le due laterali. L’animale contratto nell’alcool misura ancora 95 centimetri per 10 di larghezza. Questa specie ha qualche affinità col Limax psarus Bgt., ma solo nella statura e nella forma decrescente del corpo, non che nella posizione quasi centrale dell’ apertura polmonare, diversi- ficando nel carattere della vagina della verga che in quest’ ul- timo è assai più breve della matrice. Ha pure qualche analogia col Limax punctulatus Sordelli, dal quale diversifica per forma un poco più celeremente decrescente, pel modo di macchiatura assai più fitta e minuta, per la tinta fondamentale .del corpo che nel mallipunctatus, è sempre più oscura e velluttata, per la forma dei tubercoli che sono più ovali e brevi, per le linee mediane colorate del collo, minor avvicinamento della base dei grandi tentacoli, e l’ apertura non marginata. Il limax puncetulatus Sordelli venne da me descritto e figu- rato come lo è di fatto, cioè col cappuccio sempre più o meno punteggiato; mentre il signor Sordelli lo disse erroneamente senza macchie di sorta. Nella nota a pag. 93 del mio lavoro sui Molluschi viventi nel territorio d’ Esino, Vol. II del Bullettino della Società malacolo- gica italiana, 1876, ho accennato come può essere avvenuto l’ e- quivoco del signor Sordelli, autorizzato dallo stesso il quale non solo lesse ed approvò tal nota prima che venisse stampata, ma non ebbe mai a smentirla dappoi pubblicamente. Egli è con somma meraviglia che vidi nella Monografia deì Limacidi ita- liani del dottor Mario Lessona e Carlo Pollonera a pag. 22 che . lo stesso signor Sordelli diresse al signor Lessona una lettera nella quale conferma l’esattezza della descrizione riguardo alla colorazione del cappuccio della specie in discorso da lui data nel Vol. XIII degli Atti di questa Società a pag. 250, Anno 1870. ! Memoria della R. Accademia delle Scienae di Torino. Serie II, Tom. XXXV, 1882. Vol. XXVII. 17 254 N. PINI, Siccome tale conferma lede la verità della dichiarazione da me fatta nella succitata nota, trovo necessario di nuovamente asserire senza tema d’essere smentito dai fatti, che il cappuccio del L. punctulatus è sempre più o meno punteggiato in nero, tanto più quando è adulto come lo era l’esemplare da me for- nito al signor Sordelli sul quale basò la sua erronea descrizione. In secondo luogo che i due esemplari da me presi ad Esino nel 1869 di questa specie erano perfettamente identici ed entrambi macchiati sul cappuccio; in caso diverso non ne avrei affidato uno al signor Sordelli, ma li avrei tenuti entrambi per la mia raccolta. In terzo luogo avverto che mentre uno dei due esemplari in discorso servì al signor Sordelli per la succinta sua descrizione, l’altro è tuttora conservato nella mia raccolta. Il Limax punctulatus come è descritto dal signor Sordelli è una chimera, un tipo immaginario, poichè non riscontrai mai nei diversi esemplari di tale specie da me raccolti anche posterior- mente in altre località, che sono conservati nella mia raccolta, un esemplare solo che fosse interamente privo di macchie nere sul cappuccio. L’asserito rinvenimento di un esemplare di Limax col cap- puccio affatto privo di macchie nei dintorni di Edolo, mentre non può contradire il fatto che l’ esemplare da me affidato nel 1870 al signor Sordelli ne fosse provvisto, merita poi una conferma di voce autorevole ch’ esso appartenesse veramente alla specie in discorso; poichè il signor Adami a pagina 20 dei Molluschi della Valle deil’Oglio dimostra evidentemente di non conoscere la specie di cui è parola mettendo alla sua de- terminazione un punto dubitativo. Che debba poi ritenersi che l'esemplare di cui parla il signor Adami non appartenesse a questa specie, lo prova un esame della descrizione che ne dà. Infatti egli lo dice simile alle varietà del L. maximus Lin. per forma e dimensioni, e le macchie nere del corpo essere piut- tosto piccole ma non puntiformi, nè disposte in sei serie rego- lari. Chi conosce la specie descritta dal Sordelli, o dà un’oc- NOVITÀ MALACOLOGICHE. 255 chiata soltanto alla figura da me pubblicata per questa specie, non tarda ad accorgersi quanto diversifichi per statura e forma dal L. maximus Lin. senza dire del modo di punteggiatura tutto particolare, che non corrisponde affatto alla descrizione che il signor Adami dà dell’ esemplare che dubitativamente attribuì a questa specie. Può darsi che il signor Adami abbia avuto sot- t'occhio qualche varietà del L. marimus a cappuccio scolorato, o qualche forma del proteicolore Da Campi a fondo cinereo da me pure osservata ed anche raccolta, la quale non avesse mac- chia di sorta sul cappuccio, e macchie piccole nere irregolari sul corpo. Se il signor Adami pubblicherà un’appendice a quel la- voro, come mi scriveva essere in procinto di fare, sono persuaso che quello citato per L. punctulatus sarà da lui in omaggio al vero attribuito ad altra specie. Il signor Lessona nella sua bella monografia ha commesso egli pure una inesatezza attribuendo al punctulatus un’ apertura fu- sco-marginata. Tale carattere non è accennato dal signor Sor- delli, ed io la caratterizzai come levissime cinereo-marginata ciò che è ben differente, e conforme al vero. Concludendo il L. punctulatus Sordelli come è da lui e dai signori Pollonera e Lessona descritto, non esiste, o quanto meno fin'ora non venne raccolto; il vero punctulatus è solo quello da me descritto e figurato su disegno dal signor Sordelli stesso nei Molluschi d’ Esino, pag. 93, tav. B, figure 1 e 2. Anodonta paludosa (Anod. palustris Pini) (Atti Società Italiana sc. nat., Vol. XXVII, fase. I). Nella denominazione data di palustris alla forma di Anodonta che vive nel lago Cusio fra Pella ed Alzo in unione all’ Umio cusianus, non aveva avvertito esistere già una specie con questo nome. Di tale doppio impiego d’ uno stesso nome per due dif- 256 N. PINI, NOVITÀ MALACOLOGICHE. ferenti forme, volle benignamente farmi avvertito l’egregio si- gnor P. Fagot indicandomi con lettera dello scorso mese che D’Orbigny in Ferrussac Art Anodonta in Diction. classig. hist. nat., pag. 397 (Anno 1832), impiegò tal nome per dinotare una forma dell’Auvergne. Sostituisco quindi al nome di palustris quello di paludosa per la forma del Cusio da me descritta e figurata al principiar di quest’ anno. Mercè le specie accennate, la fauna malacologica del Piemonte che dal dott. Lessona è enumerata in 202 forme, viene ad es- sere aumentata di altre 12 e così costituita al giorno d’ oggi da ben 214 forme differenti. Una esplorazione nelle località vergini o poco esplorate deve necessariamente aumentare di nuovo il contingente delle forme viventi nelle provincie piemontesi, che furono esplorate neppure per metà nella regione montuosa ed alpina che è la più ricca di molluschi. Milano, luglio 1884. NEL SUDÀN ORIENTALE RICORDI D'UN VIAGGIO IN AFRICA per studii zoologici del Dottor PaoLo MAGRETTI TOLTI colui ehe, pieno di forze, può imbeversi delle de- lizie penetranti delle grandi solitudini, ne serberà incancellabile ricordanza. Egli sente l’impronta dei luoghi impri- mersi nella sua memoria; 1’ immagina- zione vi troverà più tardi un eden, ed i giorni che egli avrà passati là, rimar- ranno fra i migliori di. sua esistenza. Dott. G. ScawrinrurTH, Nel centro dell’Africa (1868-74). Edizione Treves, Milano, 1868, p. 675. Compiuto un viaggio in Africa incombe, quasi di conse- guenza, l’ obbligo di stenderne due righe di relazione, chè, per quanto da una parte la modestia del viaggiatore cerchi ritrarnelo, dall’ altra mille ragioni ve lo consigliano. È un atto di gratitudine verso chi ci cooperò all’impresa, è un’ e- spressione di benevole accondiscendenza verso le persone che ce lo chiedono, è, sopratutto, uno sfogo nei momenti di ter- ribili malinconie, che ci assalgono in questa stretta cerchia di vita, in cui siamo rientrati dopo d’ aver per lungo e per largo scorazzato nell’immensa vastità africana; è, infine, un insieme di lieti e tristi ricordi che, come quei che con lena affannata 258 P. MAGRETTI, giunge in suo porto desiato, gode di rammentare contemplando i trascorsi perigli. E siccome poi ogni nostro operato, deve aver di mira uno scopo, torna d’ una certa soddisfazione il far noto in qual modo questo siasi potuto raggiungere. Per me lo scopo principale, dopo quello dell'istruzione che può portare un simil viaggio, se non quello di scoprir nuove regioni, era la scienza, in quanto si riferisce all’osservazione dei fenomeni naturali ed alla zoologia per effettuare delle raccolte essenzialmente entomologiche, prediligendo l’ordine importantis- simo degli Imenotteri il cui studio da qualche tempo vado col- tivando. Inserirò pertanto, di quando in quando nel contesto di queste note, i nomi scientifici degli animali raccolti o che potei osservare e riconoscere con certezza, citando così alcuni mammiferi, uccelli, rettili e batraci e, degli invertebrati, qualche Aracnide e Miriapodo, enumerando un maggior numero d’insetti fra i quali gli Imenotteri che, malgrado la stagione poco favo- revole alla loro caccia, mi diedero interessanti risultati e tali da soddisfare nonchè il raccoglitore, lo studioso e la scienza sempre avidi di novità. Nacquemi il desiderio d’un simil viaggio da poche righe dap- prima lette su di un nostro giornale, verso la fine dell’ottobre 1882, poi dalle incoraggianti lettere di chi ebbe l’onore d’esser iniziatore e capo della spedizione, l’avvocato Guglielmo Godio di Torino. Egli andava ripetendo che “ cercava scuotere l’apatia della facoltosa gioventù italiana, si rivolgeva a quei giovani li- beri d’ impegni etc. etc., e benchè io non appartenessi in tutto a simil categoria di persone, pure, l’ardente desiderio di veder alfine, pur percorrendone anche una minima parte, questo con- tinente cotanto pieno d’attrattive, intorno cui aveva di già a lungo letto e fantasticato, mi diede una prima spinta all'idea dell’ adesione. Ma, il pensiero di abbandonare le amene rive dell’ Adda, sulle quali ancor oggi felicemente riseggo, ed ove doveva lasciare tutto il mio affetto di figlio, di padre e di sposo, per andar in- contro all’ignoto abbastanza disastroso, mi tenne non poco in fiero dubbio fra il sì e il no tenzonantemi a lungo nel capo. NEL SUDAN ORIENTALE. 259 Si giunse così alla metà di dicembre e, dovendo allora esser fatta conoscere definitivamente la mia intenzione, per i neces- sarî accordi da prendersi all'uopo, dopo mature riflessioni i ti- mori incominciarono a ceder il campo alle persuasioni ed il dub- bio alla certezza per l’intrapresa d’un così attraente viaggio; e l’adesione fu data. Non è mestieri che ripeta, ed anzi sorpasso d’un salto, tutti i preliminari, le intelligenze prese, i preparativi, pur troppo sempre affrettati, i saluti e gli abbracci scambiati con parenti ed amici, l’arrivo nostro in Napoli e la partenza, seguita 1’ 11 gennajo 1883, col Sumatra della compagnia Florio-Rubattino, diretti per Alessandria. La traversata del Mediterraneo fu, come quasi sempre, bur- rascosa, la vita a bordo per sei giorni, piena di noja, accompa- gnata da alcuni momenti di tristezza quando si pensava all’ Italia che ci fuggiva rapidamente, ed alle care memorie che sole re- stavano con noi, non so se a rallegrarci od a rattristarci mag- giormente nel cuore. La breve sosta nell’egizia Alessandria, che pur sente molto d’ europeo, incominciò a pormi sott’occhio un po’ di vita africana nei suoi molteplici e bizzarri costumi; poi sì ripartì in ferrovia per Suez ed attraversando quell’immenso piano del basso Egitto potei farmi un’idea esatta dell’ ubertà del suolo dovuta all’innondazione annuale del Nilo. È una lotta continua della benefica irrigazione e concimatura da questo ap- portata, contro le aride sabbie del deserto che si avanzerebbero ad ogni eventuale sospensione dell’elemento fertilizzatore. Alla stazione della popolosa Tantah osservai più davvicino le variate foggie egiziane coi tipi più curiosi delle costumanze afri- cane, e raccolsi notizie sull’uso della fiera annuale che si tiene nel mese di settembre in onore del santo Sidi-abu-bey le cui tradizionali abilità sono cose che qui è bello tacere, ma che però non son lungi dal trovare esempi presso ministri d’altre reli- gioni, anche fra quelle in predicato di più vere e di più sante! Intanto il treno proseguiva nella sua rotta o, per meglio dire, 260 P. MAGRETTI, a romperci le ossa col traballar continuo che faceva in ogni senso nelle malferme rotaje; pur non poteva trattenermi dall’os- servare dal finestrino le novità che passavanmi rapidamente di- nanzi. Erano estese praterie verdeggianti, o campi seminati a coto- ne, grano, fave, canne da zucchero etc., rallegrati qua e là da ame- ni paesaggi di palme a datteri, con qualche leggiadro villino o villaggio arabo nel loro mezzo. Di quando in quando, nelle lo- calità più umide scorgeva numerosi stormi d’ uccelli palmipedi e trampolieri (Anitre, Totani, Tife, Fenicotteri); frammisti alle mandre di bufali, di dromedarî ed asinelli presso agli uo- mini che lavoravano nei campi, se ne stavano in buon numero l’ Ibis sacro, od Airone bianco (Bubulcus «bis L.) chiamato in arabo Abu-gardan, )’ Ardea cinerea L. in arabo: Balazan, Vl Ardea alba L. in arabo: Waq el abiad, oltre a varie specie di corvi; e, svolazzanti sull’acque dei canali il grosso Alcedinide (Ceryle mazima Pall.) in arabo detto: Sajad el samak o cacciatore di pesci. Ma in mezzo a tutto, qual duro contrasto fra l’esube- rante ricchezza del suolo e l’ indigenza estrema del povero coltivatore, il misero fellah, sempre condannato al lavoro senza la speranza d’un compenso menomamente adeguato alle sue con- tinue fatiche!!! E del resto, come da padrone ch'egli era della terra che coltiva con tanto sudore, sia caduto in sì basso stato d’umil servo della gleba, non si può spiegare che ammettendo quanto sentii ragionevolmente confermato da altri, che cioè: stremato dalla fame negli anni di grande carestia, egli abbia ceduto le sue terre ai Faraoni col patto che questi gli procac- ciassero da che vivere, in seguito quindi, ritornata l’abbondanza, le terre continuarono a restar proprietà del governo. Un’ altra supposizione fa argomentare diversamente, attribuendone la ca- gione al complicato e costoso sistema d’irrigazione per cui lo Stato anticipandone le spese, si terrebbe, fra tasse e balzelli, quasi per intero i prodotti del suolo. Giunti a Benah, si cangiò convoglio, prendendo. quello che proseguiva per Zagazig e Suez; nei pochi istanti di fermata, NEL SUDÀN ORIENTALE. 261 potei raccogliere alcune formiche vaganti sulla sabbia e coll’ad- dome rivolto in alto con un’aria alquanto offensiva; era il Myrmecocystus viaticus Fabr. assai frequente in Egitto. Passando da Tell el Kebir e Masaha non potei a meno di pro- vare una certa emozione alla vista del deserto, nell'ora mesta del tramonto, contemplando quelle località colle traccie ancora vi- | sibili della disfatta dell’ esercito d’Araby. Dopo poche stazioni, giungemmo a Suez ch’era notte fatta e, stanchi, affamati e ben ‘bene impolverati, fummo gentilmente accolti dal signor Guglielmo Maurino ivi reggente il vice-consolato italiano, ma che doveva presto esser promosso a primo dragomanno presso il consolato in Alessandria. È impossibile ripetere di quanta utilità ci tornasse l'appoggio di questa simpatica persona ad evitarci infinite sec- cature e perditempo nel nostro passaggio da Suez, tanto nell’an- data che nel ritorno!!! Il giorno susseguente fu speso in far le ultime provviste nei bazar e nei principali negozî della città, forniti di tutto quanto può occorrere al viaggiatore che di là s’interna nell’Africa; io vagai un poco anche nei dintorni osservando e cacciando, ma fra le sabbie, rinvenni ancora il Myrmecocystus viaticus Fabr. e sui fiori di Convolvolo e di Lonicera non potei prendere che qualche esemplare dell’Anthophora pilipes Fabr. comunissima anche in Italia, ed i due sessi della Xylocopa aestuans Latr. propria dell’ Africa. Sulla sera del giorno stesso, si salpava col Mahalla, piroscafo della società Kediweale, alla volta di Sauakin,! uno fra i princi- pali porti del Mar Rosso. A bordo eravamo noi otto ? i soli rap- presentanti dell’ Europa, il resto dei passeggieri erano arabi, turchi, persiani, indiani i cui tipi e particolari costumi attira- vano continuamente la nostra attenzione. Dopo 24 ore di buon cammino il piroscafo s’arrestava da- 4 Così dev’ esser scritto per avvicinarsi di più alla pronuncia indigena. ? L'avvocato Guglielmo Godio di Torino, il conte Benedetto De Boigne di Cham- bery, Pennazzi di Piacenza, l’avvocato Italo-Diomede Roy di Verona, Bertolotti di Brescia, Vanini di Cremona, lo scrivente ed un servo piacentino, + 262 P. MAGRETTI, vanti a Gebel el Thor trattenendovisi il breve tempo necessario per lo sbarco di poca merce. Dal ponte potemmo scorgere assai bene i fabbricati che servono per la quarantena dei pellegrini di ritorno dalla Mecca, e più lontano, all'ombra di poche pal- me, gruppi di capanne e tende dei beduini del deserto. Ritrassi uno schizzo di questo bel paesaggio orientale per ricordare as- sieme, le adiacenze di biblica memoria, il monte Sinai e la Fon- tana di Mosè. Sì riprese la rotta con un mare tranquillissimo ; le nostre oc- cupazioni della giornata consistevano nei preparativi per ben di- sporre la roba entro le casse, la lettura di alcuni libri di viaggi africani, consultando, sulle carte geografiche, l'itinerario che ci eravamo proposto definitivamente di seguire. Alla sera e sin verso la mezzanotte stavamo sul ponte, rischiarati da una splen- dida luna in un cielo intensamente azzurro, a chiaccherare e discutere sopra svariati argomenti od a ripeter mille canzoni o motivi d’opere musicali che ciascuno andava alla meglio ram- mentando a sè ed agli altri. Erano veramente incantevoli quelle notti orientali e tanto più, quando si pensava alla fredda sta- gione che avevamo lasciato nel Bel paese! Tre giorni dopo la nostra partenza da Suez eravamo anco- rati davanti alla fanatica Djedda, la porta della Mecca che, come quasi tutte le città orientali, tanto bene si presenta dal mare, per racchiudere poi dentro di sè molto sudiciume. Le sue case son tutte tinte in bianco ed ornate di graziose muscharabie (balconi a legno intagliato) che in lontananza danno l’idea di fini merletti; quà e là s’ innalzano meschini minareti e dall'alto di molte aste vedonsi sventolare le bandiere, quali insegne delle varie società di navigazione o delle sedi dei diversi consolati che vi si trovano. In men che nol si dica, il Mahalla fu circondato da molte fellucche arabe i cui nocchieri, per lo più negri di scimmiesca figura, sono schiavi provenienti dall'interno dell’ Africa, sog- getti al padrone d’una o parecchie barcaccie a vela ch’essi sanno assai ben dirigere manovrando a guisa di marinai ed arrampi- ì NEL SUDÀN ORIENTALE. 263 candosi con sorprendente lestezza sulle più alte antenne, per venir poi ricompensati meno largamente di quello che sarebbe da noi il più meschino animale! Ci venivano continuamente intorno e con nojosa insistenza ci assordavano gridandoci: Kawa- giat, Kawagiat ed invitandoci a sciegliere una delle loro fel- lucche. . Scesi a terra, inviammo in Europa le nostre prime corrispon- denze con un battello egiziano ch’era giusto allora in partenza; poscia entrammo in città oltrepassando, senza alcun timore, una fortezza armata di quattro cannoncini completamente rivestiti d’alto strato di ruggine! Si passò per una porta abbastanza angusta, in mezzo ad un via vai continuo di dromedarî, asini, e negri carichi di bissaccie che portavano all'imbarco, e ci tro- vammo nel bazar, molto animato e sorprendente per la molte- plicità dei variopinti costumi che vi si ammirano e per le grandi novità che ad ogni passo ci sì presentavano sott’occhio. * Di Djedda conservai una gradevole impressione, per la gen- tile accoglienza trovata presso il dottor Lostalot de Bachorie, vice-console francese, e nei signori Rubelli, vice-console Unga- rico, e Galimberti, entrambi italiani, agenti della società di na- vigazione del Lloyd Austro-Ungarico. Con un Kawas (soldato- guida turca) da loro procuratoci ed in compagnia dei due signori italiani visitammo la famosa tomba d’ Eva, posta nel cimitero turco, poco fuori dalla città, ma che altro non è se non che un monopolio per beccar quattrini ai visitatori; ci furon poi mo- strate le cisterne, o grandi buche scavate nel suolo, nelle quali sì raccoglie l’acqua potabile, fornita dalle pioggie che talora si fanno attendere due o tre anni. | Nel ritorno dalla breve gita, chè non è sicura la vita al viaggiatore che voglia spingersi più oltre in direzione della Mecca, visitammo il piccolo cimitero europeo, nel quale un obelisco ri- corda le stragi dell’agosto 1872, fatte dai fanatici turchi sopra una ventina d’europei. I dintorni della città non sono punto rallegrati di verdura, è un’ immensa landa, deserta, bianca, ri- frangente gli infuocati raggi d’un sole che, malgrado la stagione invernale, ci faceva sentire alquanto la sua potenza. 264 P. MAGRETTI, Non trovai neppure frequenti gli insetti, per cui, tranne le due specie di formiche raccolte presso le case, cioè la Pheidole ru- gaticeps Em. ed il Monomorium barbatalum Mayr, qualche Xy- locopa aestuans Lin. ed un Coleottero del genere Brachycerus (sp.?) null’altro potei quivi raccogliere che mi ricordasse meglio questa località. Viddi bensì in numero prodigioso l’avoltojo orientale, il Capovaccajo (Neophron percnopterus L. in arabo: Rachain) che, assieme coi magri cani, sono gli unici incaricati, od appaltatori gratuiti, della pulizia stradale, perchè divorano ogni sorta d’immondizie e delle carogne quà e là sparse, non lasciano che le ossa per esser imbianchite dal sole e consumate dal tempo. Partiti da Djedda ‘nel pomeriggio, verso le 12 del giorno ap- presso s’avvisava da lungi la terra; era Sauakin, era la meta del nostro viaggio per mare, e noi desideravamo ardentemente di sbarcare, stanchi della noiosa vita di bordo ed avidi di sempre nuove impressioni. Si dava mano frattanto a radunare i nostri bagagli, si ultimavano le corrispondenze da spedir in Europa, possibilmente appena sbarcati, e, coll’altre occupazioni, io attendeva a preparare alcuni insetti raccolti a bordo del Ma- halla nel giorno precedente, cioè due piccolissime specie di for- miche, trovate presso una scattola di conserva dolce che avevamo aperto poco prima, il Monomorium Salomonis Lin. e il M. Pha- raonis Lin. oltre ad una piccola blatta (Phyllodromia circum- cincta Reiche) trovata vagante nella nostra cabina. Ma prima che il piroscafo entrasse in rada, passarono due ore, due lunghe ore d’impazienza e d’una certa trepidazione! Il nostro bravo e simpatico capitano, un bel tipo d’ arabo dal volto secco, bruno-bronzeo con due grandi occhi dotati d’ uno sguardo penetrante ed intellisente, buono nella sua sembianza arcigna; rivestito d’un lungo e pesante pastrano oscuro, col cappuccio cadente dietro il collo, che gli dava l’ aspetto d° un frate francescano, fu visto, in quell’ occasione, spiegare invero un’ammirabile abilità nautica. Egli, colla cooperazione del se- condo ufficiale, dello ‘scandagliatore e del pilota arabo che, dal- NEL SUDÀN ORIENTALE. 265 l'alto dell'albero di prua osservava assai attentamente, col bi- noccolo alla mano, l’affiorar degli scogli terribilmente insidiosi al navigante, con somma celerità e destrezza, impartiva ordini ai macchinisti e al timoniere regolando assai sovente la velocità e la direzione del piroscafo, affine d’ evitare i numerosi ostacoli che ad ogni tratto si paravano dinanzi. E quanto sia difficile e pericolosa la navigazione nel Mar Rosso ce lo dicevano i car- cami abbandonati di parecchie navi che ci furon mostrati emer- ‘ gere sugli scogli durante il nostro tragitto. Quando si potè scorgere più chiaramente la terra, guardando lungo il lido o nei piccoli e vicini stagni salmastri, mi sorprese il numero straordinario d’ uccelli acquatici che vi s’aggiravano. Vedeva Aironi bianchi e cinerei, grosse truppe di Fenicotteri adulti coi piccoli di color bianco e nero; Tringhe, Chiurli, molti Gabbiani, qualche Pellicano e stermi innumerevoli di piccoli Pivieri. Anche quì, appena fu gettata l'ancora, molte fellucche gui- date dai soliti nocchieri ‘cogli occhi dalle candide cornee rilu- centi sopra un volto nero d’ ebano, ci vennero attorno d° ogni parte ed a stento potevamo esimerci delle loro insistenti offerte. Si discese a terra ch’era di già notte e, solcando quelle placide onde, mi si presentò, per la prima volta, lo spettacolo sorpren- dente della fosforescenza marina. Parevami di navigare sopra uno strato di fuoco; ogni colpo di remo apriva un nuovo solco fosfo- rescente e portava in alto mille risplendenti scintille che, coll’az- zurro cupo del cielo e l’oscurità della notte, davano 1’ aspetto d’ altrettante luminose meteore che ci cadessero d’intorno. Seppi poscia che quest’acqua in tali condizioni di fosforescenza, pro- dotta dall’infinito numero degli animalcoli (Noctiluca) che vi albergano, produce sull’epidermide di chi non è abituato a ba- gnarvisi, una forte irritazione accompagnata da un sensibile bruciore e da enfiagione. Sbarcati, prendemmo alloggio in un sedicente Hotel Sudan di cattiva memoria, ove stanziammo per breve tempo. Il giorno appresso sì dovettero compire le cerimonie d’uso recandoci a vi- 266 P. MAGRETTI, sitare il governatore della provincia, Aladin-pascià che ci rice- vette cortesemente e ci fu largo di commendatizie per altri Moudir dell’interno. Fra i pochissimi italiani residenti in Saua- kin, ebbi il piacere di conoscere il signor Saul Mei, livornese, deputato sanitario e direttore delle Poste allo stipendio del go- verno egiziano; da lui e dall’ egregia sua famiglia, ricevemmo un’accoglienza cordiale, indimenticabile, colla gentilezza ch° egli usa a tutti gli Italiani ed in generale ai viaggiatori che di là passano per addentrarsi nel continente africano. Ma il desiderio mio più vivo, più impellente, dopo aver dato assetto a molte cose, dopo esser andato gironi quà e là osser- vando il paese ed i suoi curiosi abitanti, era di prendermi il fucile in ispalla, il bastone colla reticella in mano e, munito dei recipienti necessarî alle raccolte zoologiche, uscir ad ispezionare i dintorni, cacciando per la prima volta ed indagando una fauna per me affatto nuova, con specie d’insetti molto interes- santi e forse anco sconosciute che l'Africa continuamente rivela. E questo feci appena mi fu possibile, sicchè, quasi trascurando i pasti giornalieri, me ne partiva di buon mattino e mi tratte- neva fuori per tutta la giornata, sfidando, nelle ore più calde, quel sole africano, del quale doveva più tardi provar gli ef- fetti sull’epidermide del volto e delle mani. Mi diressi dapprima alla marina e, presso la spiaggia, in mo- mento di bassa marea, raccolsi un piccolo pesce, giovane indi- viduo del genere Diodon, curioso per la figura sferica del suo corpo rigonfio d’aria ed i colori dell’intesumento. Seguendo per buon tratto il lido, tirai a molti uccelli acquatici, e più lungi in terreno sabbioso coperto da pochi arbusti, feci saltare parec- chie lepri ed osservai numerosi branchi di Pterocles, volgarmente dette Pernici di mare, d’ allodole di diverse specie, come le - grosse allodole del deserto, la Corophites frontalis, Licht. di pic- NEL SUDÀN ORIENTALE. 267 cole dimensioni e colla testa nera, moltissime Silvie dei generi Motacilla, Saxicola etc.; più presso all’abitato e punto selvaggi erano gli Avoltoj (Neophron percnopterus) già sopra citati e ri- feribili alle due distinte varietà bianca e nera. Dove però incominciai a farmi un’idea dell’abbondantissima e svariatissima fauna africana, fu in una parte affatto opposta a quella dapprima esplorata, a sud-ovest cioè della città, presso i così detti pozzi ed orti coltivati. V° hanno ivi profonde ci- sterne o serbatoj dell’acqua che vi si raccoglie nell’ epoca delle pioggie, la quale serve ad inaffiare il circostante terreno colti- vato, oppure, messa in grandi ghirbe, * vien portata in città, per un tratto di circa due chilometri, sul dorso di somarelli o per lo più da giovani donne, negre, quasi perfettamente ignude, che curve e sciancate sotto a quel peso, fanno vera compassione il vederle. Mentre tutto all’intorno è arido deserto, nelle vicinanze di questi pozzi, cresce verde e rigogliosa vegetazione: sonvi annosi sicomori, alte mimose, molti tamarischi, e, nelle ajuole dei campi, si coltiva con successo il cotone, il tabacco ed ogni specie d’or- taggi che poi sono venduti sul mercato o nel bazar della città. V’era un andirivieni continuo di gente per tutta la giornata; uomini e donne attingevano acqua con piccoli secchi di pelle per riempire le ghirbe, o per inaffiar le piantagioni, e si sen- tiva uno strano gridio di ragazze e fanciulli che saltellavano e giocavano a rincorrersi. Malgrado ciò e con mia somma meravi- glia, vedeva continuamente una innumerevole quantità d’ uccelli d’ogni specie aggirarvisi frammezzo, spinti dalla sete, a bere nelle vicine pozzanghere o nei campi irrigati! Colle Tortore (Turtur auritus L., T. senegalensis L.) e Colombi (Columba livia L.) a migliaja, era frequente una vaga colombella dalla lunga coda, (Oena capensis Lin. arabo: Belémeh) e coi soliti e comuni avol- toi, diverse specie di Corvi (Corvus frugilegus Lin. in arabo: ' Otri di pelle di montone, capra, gazzella etc. nelle quali l’acqua può mantenersi buona e fresca per alcune giornate. 268 P. MAGRETTI, Ghurdb, C. corna Lin. C. affinis Riipp.) molte Silvie ed altri passeracei d’ogni colore e dimensione. II lato meridionale d’un alto terrapieno era ricoperto da pa- recchie erbacce ed arbusti; fra gli altri, una bella amarantacea (Aerva javanica Juss.) dai fiori bianchi e lanugginosi, alcune malvacee quali l’ Abutilon muticum Del. e 1° Hibiscus aesculen- tus L. in arabo: Bamia, i cui fiori giallo-aurati aprenti le loro larghe corolle sotto l’influenza dei raggi solari, attiravano buon numero d’insetti. Fu qui, e particolarmente sopra i fiori di tali famiglie di piante, che praticai le prime caccie entomolo- giche di qualche importanza e dove, in breve tempo, potei riem- piere i miei flaconi a cianuro di vaghe ed interessanti specie d’I- menotteri. Feci quindi Ja mia prima conoscenza colle veloci africane Synagris (S. ranthura Sauss.) ed Odynerus fra i quali lO. Magrettiv primieramente descritto dall’ egregio collega inge- gnere Gribodo di Torino; con diverse specie d’ Eumenes (E. Le- peletieri Sauss., E. dimidiatipennis Sauss.) e qualche altro vespa- ride (Icaria xanthura? Sauss.) con parecchi Sfecidei aggirantisi e posantisi sulle aride sabbie, quali un’ Ammophila n. sp.? e la . Psammophila Maderae Dahlb. coi non meno frequenti Pompilidi, rappresentati da una novella specie da me altrove descritta, la Ceropales Kriechbaumeri, la Cyphononya flavicornis, Fabr., il Pompilus ornatus Klg., 1’ Aporus argyrellus Klg. e, de’Larridi, colla splendida Larrada haemorrhoidalis, Fabr. alcuniindividui del genere Notogonia, riferibili ad una distinta varietà della N. Ar- gyropyga del prof. Costa e che pertanto volli indicare col nome di quel chiarissimo entomologo (var. Costae). Fra le Formiche raccolte in quei dintorni, col Camponotus syluaticus Ol. var. cognatus Smith, il C. sericeus Fabr., l' Acan- tholepis Frauenfeldi Mayr, cito una piccola specie, difficile a ri- trovarsi e che, studiata dal signor Ernesto Andrè, notajo a Gray, fu ritenuta come nuova e volle gentilmente dedicarla al mio nome: Meranoplus Magrettii.* Nella medesima località catturai 1 Per le diagnosi latine e per le più estese descrizioni di questa ed altre nuove specie, talune anche figurate, Vedi: Bull. soc. entom. it. Anno XV° (1884), p. 245, NEL SUDÀN ORIENTALE. 269 pure insetti d’altri ordini, quali fra i Coleotteri, la Zthabdotis sobrina Perch.; de’ Lepidotteri, la vaga e comunissima Danais doryppus Klg.: due specie d’Emitteri, la splendida Callidea Dregei Germ. ed il Lygaeus militaris Fabr.* ed un Dittero (Gastrophi- lus pallens) descritto come nuovo dal signor Bigot (Vedi Bull. des séances de la Soc. entom. de France, Avril, 1884, n.° 8; pag. 80, n.° 2.); fra gli Aracnidi, raccolsi un grosso Acaro (Hya- lomma anatolicum C. L. K.) appartenente alla famiglia delle zecche, che orribilmente molestano uomini ed animali. Siccome però nel succitato albergo, ci trovavamo assai male, ognuno di noi non desiderava che di partire, ansiosi come era- vamo d’una nuova vita e. delle novità che ci attendevano ad- dentrandoci nel continente. Fatti gli accordi coi camellieri ed ultimate le provviste, s’al- lestì la carovana e la sera del 31 gennaio, armati e ben equi- paggiati, lasciavamo Sauakin diretti per Kassala, fatti segno alla curiosità di quegli abitanti di diverse razze e colore. Da quel giorno ci preparammo alla vita nomade, abbandonando intera- mente ogni idea di casa ‘e di letto; giacchè la tenda e più spesso l'azzurro cielo ed una stuoja con qualche coperta (arabo: balta- nia), dovevan far le veci del tetto e dei soffici letti che avevamo volontariamente lasciato molto lontano. Da quel giorno inco- minciammo anche a conoscer più da vicino le stupidità e le abilità di quell’utilissimo ‘animale, ben a ragione chiamato il naviglio del deserto, chè nato nel deserto, vi vive ed è destinato a morirvi lasciando le sue ossa ad imbianchire e segnare la n° 38, ed Annali del Museo Civico di Storia naturale di Genova, Serie II.2, Vol. I, (1884). ' Debbo la determinazione dei Coleotteri, Emitteri e qualche Lepidottero, alla squisita gentilezza del dottor Raffaele Gestro, vice-direttore del Civico Museo di Genova. Vol, XXVII. 18 270 P. MAGRETTI, strada da lui percorsa ad altre carovane, per fondersi alfine, con quella sabbia da lui molte volte calpestata! voglio dire del ruminante tilopode ad una sola gobba, costituita di puro adipe, generalmente chiamato Cammello, in arabo Djemel, il Drome- dario (Camelus dromedarius L.) col qual nome dev’esser indi- cato per distinguerlo dal vero Camello (C. bactrianus L.) il quale porta due gobbe e trovasi in Asia. In quella sera si fece una breve tappa di prova; quando ci arrestammo era però di già notte, rapidamente successa a breve crepuscolo; si dovette far scaricare tutti i bagagli disponendoli in buon ordine, piantar le tende ed allestirci i letti, estrarre dalle casse pentole, vasi, tondi e tutto l’ occorrente per prepa- rarci la cena, provveder, quali sacre vestali, a mantenere acceso. il fuoco, tanto più che la notte era abbastanza fredda in con- fronto coi forti calori diurni; era insomma il proemio d’ una le- zione che doveva ripetersi, poco su poco giù, tranne diversi in- cidenti più o meno aggradevoli, per tutti i giorni che dovevamo viaggiare sul suolo africano. In seguito poco prima del levar del sole eravamo tutti desti ed intenti a chiuder i bagagli, farli legare, ripiegar le tende, le coperte, sorvegliando perchè tutte le casse venissero ben caricate ed equilibrate sul dorso del dro- medario, far fare la provvista dell’acqua sufficiente sino alla fermata successiva, cosicchè riescivamo a metterci in cammino qualche ora appresso, quando tutte le cose andavano come da noi si desiderava. La distanza fra Sauakin e Kassala è di circa 450 chilometri, per cui con una percorrenza media giornaliera di 30 chilometri marciando da 8 a 9 ore al giorno, occorrevano 15 o 16 giorni per compiere quel primo tratto del. nostro itinerario. In breve ci abituammo abbastanza bene alla classica anda- tura del dromedario da soma,' ed io m’esercitava a scrivere, cosa non molto facile mentre l’animale è in moto, prendendo 1 Il Djemel delle carovane che porta grandi carichi di merce, mentre l’ Hadgin è quello usato puramente per la corsa, come si vedrà più avanti. NEL SUDÀN ORIENTALE. —. TI nota di tutto quanto osservava, delle varie impressioni che ne ritraeva e segnando in varie ore del giorno i gradi di tempe- ratura, la forza e la direzione dei venti, l'itinerario percorso, e le altezze barometriche indicate da un aneroide verificatomi al R. Osservatorio Astronomico di Brera. *! Appena le circostanze del suolo e della temperatura diurna il permettevano, percorreva lunghi tratti a piedi, e bene spesso riuscii a far buone caccie alle Lepri, alle Pernici ed alle Pavon- celle (Chaetusia gregaria, Pall.), senza molto scostarmi dalla carovana. Sempre però più attentamente mirando alla raccolta degli Imenotteri ispezionava i piccoli arbusti della bianca amaran- tacea (Aerva javanica Juss.) sui quali a diverse riprese potei raccogliere: Mutilla floralis, Klg. Elis eriophora, Klg. Scolia ruficornis, Fabr. .. ahena, Klg; » erythrocephala, Fabr. » Clotho, Sauss. ed un sol esemplare d’una assai vaga specie del genere Myzine, che descrissi come nuova e che denominai in ricordanza delle località: Myzine Sauakinensis, n. sp. — raccolsi inoltre: Miscophus sericeus, Radosz. var. Stizomorphus tridens, Fabr. Philanthus variegatus, Spin. Belenogaster junceus, Fabr. di coarctatus, Spin. var. Stilbum splendidum Fabr. var. parva Orybelus lamellatus, Ol. Hedychrum coelestinum, Klg. Cerceris straminea, Duf. Iphiaulax impostor, Scop. C. variabilis, Dahlb. Bracon determinatus, Walk. Nè vane riuscirono le ricerche fra le ardenti sabbie del deser- to, perchè oltre alla Mutilla fasciata Klg., potei rinvenirvi e raccogliere, non senza grande fatica e pazienza, altri esemplari 1 Vedi in fine uno specchietto riproducente queste osservazioni e la carta a parte dell’ itinerario percorso. 272 P. MAGRETTI, dello stesso genere che poi riconobbi potersi riferire a due specie nuove che già altrove vennero descritte e figurate, denominan- dole: M. tarsispinosa e M. unguicolata. (Vedi: Ann. Mus. Civ. Genova, Serie II, Vol. I, 1884.) Degli Ortotteri* trovai assai frequenti due grosse specie di Mantidei, quali 1’ Eremiaphila Marchali Lef. }) E. Khamsini Lef. e con esse la Blepharis mendica Fabr.j nè meno rara una Pha- smodea, la Clonaria gracilis Burm. Assai comuni sui fiori della Ca- lothropis procera, erano le ninfe d’un grosso e vago acridide, il Paecilocerus hieroglyphicus Klg., e sulle spinose acacie un gigante- sco e mostruoso locustideo, 1’ Eugaster loricatus Gerst., ed una piccola larva attera ad antenne lunghissime il cui nome specifico rimane ancora ignoto (Stenopelmatus sp ?). Saltellavano in buon numero fra le pietre i grossi grilli riferibili al GryMlus bimacu- latus, De Geer. Il paese che attraversammo nei primi giorni non era dei più belli; un’ estesissima pianura che andava mano mano ascendendo, un suolo sabbioso nel quale s’affondava quasi tutto il nostro piede, pochissimi e bassi fusti di Mimose, molti cespugli d’ alte graminacce, null’ altro insomma che fermasse la nostra atten- zione, tranne una montagna di natura basaltica alla quale. pas- sammo vicino e che presentava una figura perfettamente. pira- midale, facendoci precorrere di molto colla mente, il nostro ritorno, quando, passando dal Cairo, avremmo visitato gli avanzi imponenti di quaranta secoli passati. Sopravvennero giornate d’ un caldo veramente soffocante; dalle 8 0 le 9 del mattino, alle 2 e alle 4 pomeridiane, il sole d’Africa rivelava ai suoi neofiti l'immensa sua possanza; pur continua- vamo le nostre marcie, lunghe, monotone ; dall’ alto della, caval. 1 Debbo queste ed altre determinazioni d’Ortotteri all’illustre signor De Bormans di Bruxelles, al quale rinnovo cordiali ringraziamenti. NEL SUDÀN ORIENTALE. 273 catura non si scorgeva un fil d'ombra, sempre e soltanto le secche Mimose, sempre l’ esteso strato di bianca e finissima sab- bia: a stento si potevan tener alzate le palpebre -per ron. ca- dere vinti da un indomabile sonno, rotto solo a lunghi inter- valli dalle espressioni d’ira 0 di lamento di qualcuno di noi, riconciliato tosto e più fortemente dalla monotona cantilena dei camellieri. Qualche nuvoletta che per poco si mettesse fra noi e il sole, era la benvenuta per diminuirci il bruciore della faccia e delle mani che più non sapevamo come ricoprirle: qualche goccia d’acqua versata sulle scarpe era un balsamo a lenire il dolore prodotto dal riscaldamento della parte superiore del piede; non parlo poi delle sofferenze causate dalla. sete che riusciva un vero supplizio per qualcuno di noi. E la pazienza che do- vevamo esercitare quando bisognava arrestarci al sole per qual- che tempo attendendo che si rilegasse qualche bagaglio o che si raccogliesse quanto la noncuranza dei camellieri nel caricare ci aveva fatto smarrir per via? A ragione si disse che: — “ in Africa occorre più pazienza che coraggio, y — per saper sop- portare tutte le controversie che continuamente si presen- tano al viaggiatore colle solite lungaggini procacciate dai ca- mellieri e dai servi componenti la carovana come in generale dalle personé di ceto più elevato, tutti affatto ignari di ciò che sia valore del tempo. E d’altra parte dovevamo pur pensare e confessare che la nostra vita stava molte volte nelle loro mani e dipendeva dalla loro volontà, se per poco ci avessero abban- donato in quei posti ove era difficilissimo di trovar acqua co- noscendone essi soli i reconditi serbatoi. Ben comprendo come spesso, male ne incolse a quei viaggiatori che, lasciatisi traspor- tare dall'ira in qualche momento di pessimo umore, onde s° è sovente assaliti in quelle regioni, reagirono troppo brutalmente sopra 1 loro servi o le guide del paese; chè d'altronde io potei osservare come quegli Arabi mentre subiscono sovente e con rassegnazione le più forti punizioni se comprendono d’ averle meritate, non sopportano poi una più piccola ingiustizia che venga; loro inflitta. Ed io compiango e disprezzo ad un tempo 274 P. MAGRETTI, quei sedicenti apostoli di civiltà che vorrebbero civilizzar l’Africa, scacciandone e distruggendone gli Arabi o i suoi abitanti non pensando che nel loro paese noi siamo più che stranieri, quasi nemici, noi siamo appena tollerati sia per l’esperienza delle passate e pur troppo anche delle presenti vicende, sia per la diversità. di religione per la quale ci additano come cani cri- stiani (kilab nosrani). Infatti ne vedemmo di già i bei frutti che derivarono all’ Egitto dal modo oppressivo di governo e dalla bella politica dei civilizzatori europei! L’insurrezione del 1882 nel basso Egitto, promossa e guidata da Araby Pascià e quella ancora più tremenda che fin dallo scorso anno s’agita nel Sudàn sotto l’egida d’un Mahdi o pre- cursore di Maometto, non sono che la risposta ad un governo di sevizie da molti anni esercitato su quelle popolazioni ed alla incertezza politica portata dall’intromissione di potenze europee le quali, parmi, non facciano che favorire la discordia, lo smem- bramento ed il dissanguamento di quei popoli per poi conten- dersene o dividersene gli avanzi di quelle ruine per fabbricarvi non so quali e quanto duraturi edifizî! os Per questa prima parte del nostro viaggio avevamo noleggiato a Sauakin i dromedari della carovana, ed i camellieri appar- tenevano alla estesa tribù degli Hadendoha. Sono bellissimi tipi d’uomini, alti, snelli, dalla pelle di color bronzeo, coi capelli as- sai lunghi, irti all’ occipite e cadenti e riuniti in piccole treccie sulla nuca, ove tengono infitta una corta asticella di legno che serve loro come pettine ad acconciarsi di quando in quando e tenersi in assetto la capigliatura. Il corpo, dalla cintola in giù, coprono variamente con un lungo e stretto ammanto di grossa tela, non sempre la più candida: nella sinistra mano portano un ampio scudo circolare di grosso cuoio, per lo più di bufalo e di ippopotamo, e nella destra una lunga lancia dalla punta NEL SUDÀN ORIENTALE. 275 molto tagliente e diversamente foggiata quale distintivo della tribù alla quale appartengono. Ai piedi portano una specie di sandalo composto da parecchi strati di cuoio che tengono riuniti per mezzo di listerelle pure di cuoio fermate fra le dita. Di carattere docile, servizievoli, talora si mostravano però alquanto testardi, ed allora ci era forza lasciar le belle maniere ed assumere un’ aria abbastanza imperiosa se volevamo essere obbediti. Immensamente sobri sia nel prender cibo che nel bere e nel dormire, presentavano strana eccezione a questa buona qualità, ogniqualvolta l’occasione si offriva loro propizia per farlo, chè li viddi spesso ingoiare di seguito grande quantità d’acqua come se volesser farne provvista nel loro stomaco a guisa degli animali coi quali hanno comune la vita, e se talora cedervamo al loro pasto qualche gazzella, lasciavan da parte ben volontieri la magra lugma* per divorarla tutta quanta in una notte stando accoccolati sulle calcagna intorno ad un grande fuoco. Molte fiate poi li trovammo poltroni e sonnolenti più per raggiungere il loro scopo di protrarci i giorni di viaggio che non fossero, per verità, le loro naturali tendenze. Dopo parecchie giornate di siffatte marcie che misero a buona prova la nostra forza di resistenza ad ogni sorta di privazioni e di fatiche, sempre lentamente elevandoci sul livello del mare (metri 225 circa), pervenimmo a più amene località, ove l’oc- chio nostro era alfine rallegrato da qualche verdura, e pote- vamo alfine riposarci, nelle più calde ore del giorno, ristorati da ombre benefiche d’{alti alberi in mezzo a veri giardini, a par- chi naturali in cui, non meno ricca e variata della flora, la fauna incominciava a mostrarmisi molto attraente caratterizzando sem- pre meglio la regione che percorrevamo. ’ Così quando attraversammo il torrente Langhebb, asciutto in quella stagione, le mie raccolte immenotterologiche s°accreb- bero di alcune specie molto interessanti quali: 1 Polenta nera, vischiosa, fatta colla farina di durah (Sorgum vulgare). 27.6 . \.\/P. MAGRETTI, Ammophila n. sp.?... Odynerus chloroticus Spin... Tachytes Maracandica Radosz. Camponotus sylvaticus OL. Bembex glauca Dahlb. » (| var. cognatus Smith. Eumenes tinctor Christ, var. ferruginea. C. sericeus Dabr. Bracon Kersteni Gerst. oltre alla’ Steraspis squamosa Klg., fra i Coleotteri. Le mie note di quei. giorni riferiscono che incominciai ad osservare assai frequenti e grossi branchi di Gazzelle (Antilope Dorcas L.) sui quali il fucile express rifle del simpatico nostro compagno di viaggio, il conte De Boigne, faceva buonissime prove, dandoci risultati cinegetici e gastronomici molto soddisfacenti. Sui, glauci Tamarischi (Tamarix mannipara) trovai in gran- de copia la manna degli Ebrei,. non già caduta dal cielo, ma prodotta da un piccolissimo insetto, emittero, il. Coccus man- miparus, le cui punture .sui rami più teneri, determinano tale secrezione resinosa che vien. poi accuratamente. raccolta dagli indigeni. Lasciando quelle amene località continuammo. il. viaggio per una strada affatto brulla, cosparsa da detriti silicei e fianches- giata sulla sinistra, ed a qualche, distanza, da alte roccie ba- saltiche, le cui vette frastagliate.e largamente interrotte ci da- vano l’idea di fortezze ciclopiche, cinte d’alte muraglie merlate, ed:esternamente rivestite da ‘bruna corazza di ferro; non una pianta, non un filo d’erba, ma soli esseri viventi in quelle de- serte ed infocate lande, compariva solitaria sulle alte rupi, qual- che grossa gazzella (Antilope euchore Fort.),. od erano i. corvi (Corvus. frugilegus. Lin. C. scapulatus: Daud.), che in grande numero si posavano sull’angusta via battuta dalla carovana ed a, mala pena si scostavano di tanto da lasciarci passare. | Il paesaggio così arido e monotono ci toglieva ogni lena di. cacciare o di camminare e, come sempre; bisognava invero lottare con diverse trovate per non lasciarci vincere dal sonno e per evitare qualche caduta dalle nostre alte e poco comode cavalca- ture. Alla fermata della sera seguiva il solito lavorìo per allestir ta NEL SUDAN ORIENTALE. BI la tenda e la cena; io metteva in assetto le raccolte e trascri- veva le note della giornata, poi godeva della sensibile frescura della notte soprattutto nelle ore di guardia che si facevano per turno. Erano veramente patetiche quell’ore in cui volge il desio, e quando, seduti sui nostri bagagli che ci tenevan luogo di. sedie, di tavolo e d’ogni altro suppellettile, discorrevamo sopra sva- riati argomenti finchè poi ciascuno si ritirava nel proprio gia- ciglio ed io mi restava solo; quand’era la mia volta, a guar- dare l'accampamento! Allora, in preda a mille pensieri d’ affetto insieme e di timore pei miei cari la cui lontananza riescivami sovente penosa, non finiva dal contemplare, come in uno spec- chio che riflettesse le imagini di molte amate persone, la vòlta intensamente azzurra del cielo: di quel cielo pel quale gli Arabi riuscirono, in altri tempi, maestri ‘a tutti d’astronomia e nel quale brillava, d’intenso splendore, la Croce del. Sud, fulgida co- stellazione dell’ emisfero meridionale che, secondo. i ‘calcoli astro- nomici; doveva esser, visibile in Italia quaranta secoli sono. Nelle ore mattutine poi lo spettacolo della levata del sole, succeden- tesi ad un rapido crepuscolo pel fenomeno, della rarefazione. dell’ aria, dissipava ogni. malinconia, disponendoci ad un’altra giornata di fatiche, d’emozioni e di probabili avventure. Oltrepassato di alcune giornate ;il bacino del Langhebb, ed entrati in quello del Gasch. a qualche centinaio di chilometri da Kassala, le scene naturali si cangiarono come per incanto: erano le famose oasi del deserto, prodigio dell’acqua in quelle calde regioni, quando, per estesi tratti di terreno, sia con- servato un poco d’umidità. prodotta. dalle. pioggie torrenziali dell’ epoca del Kariff. Quivi i verdi cespugli e le frondose pal- me che ci ridonavano un’ ombra da lungo tempo sospirata, i mille suoni diversi d’ogni specie d’animali che ci giungevano 278 P. MAGRETTI, all’ orecchio confusi in un’armonia unica e deliziosa, e da lungi le montagne abissinesi dalle vette elevate ed arrotondate for- manti le così dette ambe, rendevano oltremodo graditi tali sog- giorni e chiudevano all’ingiro quei paesaggi veramente degni d’es- ser ritratti con schizzi o fotografie *. Gli alé seguivano sempre possibilmente in vicinanza di pozzi più o meno ben forniti, ove facevamo la provvista d’acqua che, per quanto sucida, calda e puzzolente ci doveva tornare gradita. Il nostro accampamento colle tende, sulle quali sventolava so- vente il patrio vessillo, risaltava in mezzo a quegli ameni recessi; ciascuno di noi attendeva alle mansioni che ci eravamo assegnate, sicchè quella vita libera, laboriosa e contemplativa insieme, il tubar delle tortore e dei colombi che in numero strabocchevole si posavano sugli alberi vicini, i belati delle pecore ed i muggiti delle giovenche, ivi guidate dai pastori che ci fornivano un latte prelibato, le rauche grida dei dromedarî coricati a poca di- stanza da noi e la presenza di quelle genti, quasi ignude, fra le quali ci trovavamo, compivano talvolta un vero idilio cam- pestre del quale ci restava una dolce reminiscenza fra le dure fatiche del viaggio. Quanto più andavamo avvicinandoci alla nostra prima meta, Kassala, osservava un sensibile cangiamento nella fauna e nella flora che ci circondavano. Mi apparvero così per la prima volta gli alti nidi delle famose Termiti (Termes bellicosus, Smeathm; in arabo: Kantur), le vaghe Meropi (Merops viridissimus Swains. Melittophagus erythropterus Gmel.), frequenti lungo le ripe dei torrenti, nel becco d’ una delle quali, uccisa con piccolo piom- bo, trovai una bella specie di Tachytes (T. rufiventris, Spin.). Dalle alte Asclepiadee (Calothropis procera Juss.) partivano i me- 4 La macchina fotografica che dovevamo aver con noi, non so per qual causa vii o meno volontaria non fu trovata al nostro sbarco in Alessandria. 2. Differenti dalle Termiti bianche o Termes lucifugus, in arabo arda che si tro- vano ovunque frequentissime e che scavano il nido nelle aride sabbie, donde escono di notte e divorano abiti, legni, stuoie e tutto quanto sia stato messo inavvertente- mente al loro contatto sopra i fori delle tane sotterranee. NEL SUDÀN ORIENTALE. 279 lodiosi gorgheggi delle graziosissime Nectarinie, suimanga degli arabi (Nectarinia metallica Licht.), fra le quali assai più rara- «mente viddi e cacciai la Cynmiris habessynica, Hempr., distinta pel becco più lungo, arcuato e per la macchia di rosso vivo che le adorna il petto; da più bassi cespugli facevano loro eco, il canto della Cercotrichas erythroptera Gmel., una specie d’usi- gnuolo assai comune anche nel Sennaar ed in Abissinia, ed i fischi dell’ Irrisor aterrimus, Steph. * Sulle Mimose e nelle steppe d’essicate graminacee, svolazzava in buon numero a cacciar locuste, una vaga specie di storno dalle ali metalliche e dal petto rossastro (Notauges chrysoga- ster Gmel.); fra’ boschi ognora in branchi di quindici o venti, passavano d’albero in albero vaghi e mansueti i longicaudati individui d’una specie della famiglia delle Musofagide e, il Colius macrurus Lin., emettendo lunghi ed acuti trilli; e, sempre at- traente nel suo vezzoso piumaggio, volava, frammista a stormi di molti altri passeracci, la piccola paradisea di quelle regioni, la graziosa Vedovella ( Vidua paradisea Riipp.). Ma sopra tutti quei variati concenti, una lugubre nota s’im- poneva ad infondermi malinconia ed a farmi sentire vieppiù il mio isolamento; erano, per dirla col poeta dei Sepolcri, i lut- tuosi singulti dell’ Upupa, che si ripetevano incessantemente su tutti i tòni coll’espressione stessa colla quale è dagli Arabi de- nominato quest’ uccello: Hud-hud. Il ricordo di questo grido par- ticolare, che sento ancora risuonarmi nell'orecchio e che è un poco differente da quello emesso dalla medesima nostra comune Bubbola, giova a farmi sovvenire molte altre particolarità ed a trasportar- 1 Di questa specie riportai due esemplari i quali sembranmi molto avvicinarsi an- che all’ I. cyanomelas per il carattere delle macchie bianche verso l’apice delle ti- moniere esterne; nel resto si scostano anche dall’ aterrimus, e eredo costituiscono una varietà affine all’ I. pusillus Sw., e così distinta: Niger, capite, collo et dorso chalybaeo- purpurescentibus ; alis caudaque e virente chalybaeo-resplendentibus, remigibus pri= martis macula mediana alba areaque anteapicali dilute fuscescente notatis. Cauda rotundata (immaculata, var.) rectricibus externis prope apicem albidis. Adomine ni- tore metallico vix ullo. Rostro subarcuato nigrigante, angulo oris flavido. Iride fusca, pedibus nigris, hypodactylis pallide flavidis. 280 P. MAGRETTI, mi spesso coll’immaginazione in quei luoghi così pieni d’interesse per il naturalista. Anche il cacciatore poteva saziare a josa la sua bramosia di preda, colle Gazzelle, le Lepri, ed una. piccola Pernice (Ammoperdia Heyi, Temm.), che sovrabbondavano in quelle parti. Ma io, che andava ricercando fra le sabbie re le pietre anche qualche rappresentante della fauna erpetologica di quei paesi, fui molto deluso non avendovi potuto trovare che alcuni sauri gekoidi, quali 1’ Agama sinaita, Heyd., lo. Steno- dactylus guttatus Geofi. S. H. ed il Platydactylus aegyptiacus Cuvier, perchè quella non era certo la stagione propizia pei ser- penti ed altri rettili. Mi rifeci raccogliendo, sopra alcune acacie in fiore, buon numero d’Imenotteri fra i quali, molto mi inte- ressarono: il Chlorion melanosoma Smith., lo. Sphex castaneipes Dahlb., l’Enodia fervens Fabr., la Tachytes obsoleta Rossi, la T°. basilicus Guér., una bella varietà dell’ Astata quadripunctata Rad., la Cerceris straminea Duf., l Eumenes esuriens. var. gra- cilis Sauss., l’Odynerus rhyncoides Sauss. ed il Rygchium cyanop- ferum Sauss.; fra i Pompilidei, la Cyphononyx Navicornis, Fabr., il Pompilus melas Klg., Aporus sericeus Spin., VA. nigritulus Klg., lA. sericans Kl]g., e poi, spaccando un grosso ramo, di Mimosa, mi si presentarono parecchi individui dei due sessi della Xylo- copa aestuans Latr., non già in via di sviluppo, ma rifugiativisi per passare la notte. Fra i Coleotteri non posso riferire che una sola specie, il Sinoxylon senegalense Karsch, Alle sopradette copiosissime .caccie di selvaggina, che ci. for- nivano bene spesso la nostra dispensa, s’ aggiunse più tardi un nuovo produtto da tutti assai pregiato e veramente. provviden- ziale come quello delle galline di Faraone (Numida ptilorhyncha Licht., in arabo: didjadi el wadi), talora in stormi numerosissimi annunciantisi col loro grido particolare frammezzo ai boschi delle spinose acacie ove bisognava inseguirle per lunghi tratti sfuggendoci velocemente davanti agli infiniti ostacoli che noi in- contravamo ad ogni passo; quando però sapevamo ben tempo- reggiarle, i nostri colpi non erano invano diretti sopra quelle alate schiere. se» NEL SUDAN ORIENTALE. 281 * *x * Continuammo ancora le nostre marcie passando per amenis- sime località boscose, ricche di selvaggina e, dopo quindici giorni dacchè avevamo lasciato Sauakin, le' alte montagne di Kassala ci annunziarono la vicinanza di questa città; ci rima- nevano ancora sei ore di cammino che si strascorsero con inde- scrivibile ansia d’arrivare al fine ed ‘al più presto possibile, a quel primo centro di popolazione. Si fece poi mano mano più distinto il curioso gruppo delle montagne suddette ed avendo attraversato estesi campi coltivati a durah e cotone, scorgemmo . da lungi le case biancheggianti, poscia le casupole e le diroccate mura della sudanese città, che ci si presentava quasi come oda- lisca avvolta in un fitto velo per le ampie colonne di polvere elevantisi a grande altezza a guisa di fumo e che a tutta prima ci avevano fatto pensare. all’ esistenza di molti stabilimenti in- dustriali ! La permanenza in Kassala si protrasse più di quanto avevamo fissato perchè quivi si dovettero cambiare i camellieri pensando, nello stesso tempo, a comporre una carovana per il viaggio che ci eravamo proposto fino a Metemma traverso a regioni poco conosciute. Intanto ciascuno attese alle proprie occupazioni, ai proprii intenti, visitando la città per studiare i costumi del paese, ed ora parlando coi negozianti greci dei quali facemmo presto la conoscenza, ora esprimendoci col poco d’ arabo ch’ avevamo di già appreso, si attingevano notizie sul commercio e sui par- ticolari prodotti del luogo. * Attrassero assai la nostra attenzione 1 A questo mercato convengono la carovane cariche di caffè, gomma arabica, se- samo, ece., il cui commercio non è sempre-lueroso a causa delle molte spese di tra- sporto coi dromedarii, coi piroscafi, e diritti di dogane. Ecco le unità di peso e moneta correnti in quei paesi: un kantara corrisponde a 36 okka, l’okka essendo equivalente a Ch. 1,236, un Kantara è = a Ch. 44,50. La 282 P. MAGRETTI, il bazar ed il mercato coi varî tipi dei venditori e delle ven- ditrici di latte, carne, ova, cipolle, limoni, semi d’ogni specie, canestri ecc., nelle loro strane acconciature semi-adamitiche. Alla sera poco dopo il tramonto, mentre si godeva un po’ di frescura, seduti all'aperto, davanti qualche negozio greco od a qualche bottega di Kafedgì, centellando parecchie tazzoline di denso e saporito caffè, ascoltavamo il Muetzin che dall'alto del minareto, invitava i fedeli alla preghiera; è una voce strana, una cantilena monotona e prolungata che finisce a piacere ed a restarci impressa ricordandoci quelle sere placide e fresche illuminate da chiara luna sopra un fondo azzurro-cupo, dopo una giornata di caldo infernale... Quelle note, come i trilli gutturali e prolungati emessi dalle donne indigene durante la giornata, del pari che gli squilli, benchè distonati, delle trombe militari, mi giungevano sempre all’ orecchio quali vaghe remi- niscenze d’una musica più soave e gradita che aveva lasciato le mille miglia lontano nella mia cara patria. Talvolta, ancora alla sera, eravamo attratti dall’aspro e ca- denzato rullo d’un tamburro a qualche posto ove erano adu- nati negri dell’uno e l’altro sesso in oscena ridda che chiamano fantasia; tal’altra lontani bagliori con schiamazzi e grida di pianto emessi da una fitta turba di persone, ci indicavano trattarsi di qualche funerale; e così, fattosi ora tarda rientra- vamo ai nostri alloggi e ci gettavamo, colla speranza di dormire, sopra nudi angarebb,* ma ne eravamo bene spesso impediti dagli striduli e prolungati concerti delle jene, dei cani e degli sciacalli, o dalle mille punture di piccoli emitteri che venivano vilmente a disturbarci nell’ oscurità. Nei primi giorni di nostra permanenza in Kassala facemmo co- moneta corrente è il tallero di Maria Teresa corrispondente a Fr. 4,55 in media; le monete spicciole sono: la piastra tariffa egiziana corrispondente a 40 parà ossia 25 o 26 centesimi e la piastra corda di rame delle quali se ne hanno dalle 18 alle 24, secondo i mercati, per una piastra tariffa. 1 Unico letto usato in quei paesi: è bassissimo e formato da un telajo in legno sostenuto da quattro piedestalli, ed intrecciato pel lungo e pel traverso con strette liste di cuoio. NEL SUDÀN ORIENTALE. 283 noscenza col signor Enrico Tagliabue, italiano che già da» alcu- ni anni esercita il commercio in Massauah; egli ritornava allora da un viaggio a Metemma per varie ispezioni. Trovammo an- che una gentilissima persona nel sig. Marcopoli, greco, addetto all’ispettorato contro la tratta degli schiavi. Egli ci fece d’in- terprete nella nostra prima visita a Murad-Bey Reshid, gover- natore di Kassala, pel quale avevamo anche una lettera com- mendatizia di Alaidin-bascià; ci diede anche importanti ragguagli sulle usanze osservate nei paesi da lui visitati sino al Mombuttu ed ai Niam-niam e nella sua casa potei con sommo piacere ammirare una bella giovinetta proveniente da quelle tribù an- tropofage, la quale ci servì una tazza d’ eccellente caffè; poi lo stesso sig. Marcopoli ci mostrò molte armature arabe; lancie formidabili della feroce tribù dei Baggara (quella che fece maggiori stragi nell'attuale insurrezione sudanese iniziata dal Mahdi), lunghi coltelli dalle lame d’un acciajo finissimo e d’una durissima tempra e dai pugnali d’avorio; abilmente lavo- - sati da un persiano col quale c’incontrammo più tardi anche noi nel Galabat: fra l’altre cose curiose, ci raccontò d’aver visto una colossale zanna d’elefante fatta a spira (a guisa di quelle dello scomparso Mammouth ?) mentre l’altra del medesimo sog- getto presentava la solita figura. Visitai pure con piacere le case del sig. Salvo, maltese e dei sig. Lohs e Kohn,' tedeschi, cacciatori ed incettatori di fiere e d’ogni sorta d’animali pei serragli e pei giardini zoologici di Europa. Vi osservai una grande quantità di Struzzi allevati per la produzione e pel commercio delle penne e delle piume; di- verse Gazzelle ed Antilopi grossissime, Giraffe, Scimmie (per lo più Babbuini) Jene, Leopardi, Ghepardi e Leoncini, legati con catena o tenuti in piccole gabbie di legno; alcune Viverre (V. Zivetta e genetta), qualche Serval, i Ratelus mangiatori di miele ed un grosso e raro Formichiere del genere Orycteropus che credo potersi riferire all’O. capensis. 4 Bernardo Kohn moriva a Suez a’primi d’ottobre del corrente anno, dicesi di crepacuore per la perdita di tutti i suoi animali subita durante l’ assedio di Kassala, per opera degli insorti. 1284 P. MAGRETTI, Sofpasso le descrizioni dei colossali e veramente omerici pranzi, goduti in casa d’un negoziante greco sig. Antonas e so- pratutto, di quello offertoci dal precitato governatore di Kassala pel quale uno dei nostri diede già esatti e diffusi ragguagli con molta naturalezza e sapore di lingua, ' e vengo a far noto quarto più m’interessò di compiere, visitando i dintorni di questa città, dal lato delle mie ricerche zoologiche. In fatto d’ insetti, particolarmente dell’ ordine degli Imenotteri, non ebbi, invero, a lamentarmi di quanto seppi procacciarmi colla mia reticella in molte pazienti ricerche, sfidando la forza dei raggi solari anche nelle più calde ore della giornata, aggirandomi tutto solo nei posti dove le stridenti sakkie? bagnavano quel fertilis- simo suolo facendo sorgere quà e là oasi deliziose con boschi d’ alte palme dattilifere, di banane, limoni, ‘aranci, ‘mela- grani ed ogni specie di verde ortaggio. Così i fiori della comu- nissima glauca asclepiadea, già altrove citata, la Calothropis procera, quelli del Sesamo (Sesamun orientale) della sua. paras- sitaria Schowia arabica, della verdeggiante malvacea (Hibiscus aesculentus) di qualche alto cespuglio di leguminose e dei. pic- coli arbusti della bianca amarantacea 1’ Aerva javanica, mi per- misero una buonissima messe d’insetti, fra i quali coi due ortetteri acrididi: Pyrgomorpha grilloides. Latr. (P. rosea. Serv.) e Poe cilocerus hierogliphycus Klg. l’ultimo assai frequente sulla Calo- thropis, i seguenti dell'ordine degli Imenotteri: Xylocopa aestuans, Latr. Anthidium tessellatum Klg. X. inconstans, Smith. A. ferrugineumFabr. Anthophora quadrifasciata D: e Vill A. Grohmanni Spin A. nubica Lep. i A. helvolum Klg. Ceratina: Savignyi Radosz. Megachile cyanipennis Guér. 1 Vedi PENNAZZI, Un pranzo ufficiale al Sudan, nel N. 13 dell’ IMlustrazione Ita- liana. 1883. — Ediz. E. Treves. Milano, pag. 199. ? Congegno a ruote, con piccoli recipienti, mosso da bufali o da buoi, per mezzo del quale molto lentamente, si estrae l’ acqua dai pozzi per incanalarla e servire al- l’irrigazione. NEL SUDÀN ORIENTALE. 285 Megachile albocincta Radosz. Prosopis sp.? Colletes sp. ? ? M. mystacea Fabr. Polistes fastidiosus Sauss. M. terminata Moraw. Cerceris albocineta Klg. Nomia patellata n. sp. * Chrysis alternans Klg. Iphiaulax fastidiator, Fabr. ed attraenti sopratutti e non rari i due scoliidei: Elis eriophora Klg. ed E. coelebs Sich. ? Fra le infuocate finissime sabbie e lungo le rive del Khor (torrente) el Gasch trovai pure il Camponotus sericeus Fabr., la vaga Cerceris chlorotica? Spin., non più raccolta in altre località, ela Bembex glauca Dahlb. assai difficile da catturare: mentre vid- di comune alla sera, vagante su pei muri delle case, la grossa formica riferibile al Camponotus sylvaticus Ol. var. maculatus di Fabricius. Parecchie fiate tentai un violento assalto ai colossali nidi delle Termiti, che s’ elevano in grande quantità nei pressi di Kassala, ma sempre me ne ritornai deluso e sconfitto da- vanti a quell’ opere veramente meravigliose! Soltanto la forza della dinamite sarebbe valsa a far saltare completamente una di quelle fortezze! ed io dovetti accontentarmi d’ aprire quà e là, colla scure, qualche breccia che mi lasciasse intravedere per qualche momento i misteri di quegli oscuri recessi fa- cendone prigionieri gli arditi difensori (soldati), alcune più ti- mide lavoratrici (operaje) e le innocenti larve che trovava nelle anfrattuose celle costrutte in terra assai ben cementata. Subito dopo vedevami, quasi per incanto, procluso lo sguardo dalla prontezza colla quale le operaje muravano i fori delle ultime communicazioni, ed i soldati si ritiravano a proteggere questo altro baluardo: sublimi opere della natura, che si servì dei più piccoli esseri per abbattere lo smisurato orgoglio dell’ uomo! 1 Vedi Annali Mus. Civ. di Genova, Anno 1884, Vol. I°. ? Alcuni individui riferibili a questi due generi mi restano tuttora indeterminati, forse a motivo della loro novità. Vol. XXVII. 19 286 P. MAGRETTI, Frequentissime erano pure in quei dintorni svariate specie d’uc- celli; dai piccoli passeri dal rosso piumaggio e dal grazioso gor- gheggio (Estrelda minima Viell.), alle gigantesche Cicogne (Myc- teria senegalensis Shaw. in arabo: Abu Milieh, o padre del sale), che giravano tranquilamente fin presso al mercato frammiste ai so- liti Avoltoi spazzatori diurni delle immondizie lungamente contese ai cani ed ai corvi e poi abbandonate agli appaltatori notturni, le jene e gli sciacalli che ne godono le scarse reliquie. Sull’ alte palme si posavano in grande quantità Tortore e Piccioni ai quali mandavamo volentieri qualche saluto coi nostri fucili: lungo le rive del torrente osservai ancora frequenti le due citate specie di Meropi (Merops viridissimus e M. erythropterus), e, verso la montagna, nei boschi di palmizî, uccisi, fra gli altri, il vago Trachyphonus margaritatus Cretschm., ed il Pogonorhynchus Vieilloti Leach., specie che s’estende dalla costa occidentale al- l’orientale dell’ Africa intertropicale. Nel dopo pranzo del 25 febbrajo lasciavamo quella, per noi, novella Capua, salutati dalle persone di nostra conoscenza fra le quali il figlio del governatore che montando un piccolo e fo- coso cavallo, era espressamente venuto per darci il buon viaggio in lingua italiana; così sfilammo, armati in tutto punto, chi a ca- vallo, chi a dorso di un dromedario da corsa (adgin) precedendo la carovana dei bagagli, che ci seguiva dappresso accompagnata dai nostri servi e cacciatori, avendo con noi una guida (kabir) abbastanza pratica dei paesi ai quali eravamo diretti. È usanza generale dei viaggiatori africani, movendo da un centro qualunque, di partir sulla sera e compiere una. pic- cola marcia di prova per ordinar meglio la carovana e per esser poi pronti a ripigliar il cammino nel giorno seguente: così fa- cemmo noi pure. Presa dapprima una direzione sud-est, attra- versando un magnifico bosco d’alte palme e costeggiando per NEL SUDÀN ORIENTALE. 287 buon tratto le montagne di formazione eruttiva e d’aspetto al- quanto bizzarro che sovrastano Kassala, procedemmo alcun poco nel sabbioso letto del Gasch, finchè, sopraggiunta la sera, quasi subito dopo ad uno splendido tramonto in un paesaggio vera- mente incantevole, fecimo la nostra prima tappa in vicinanza di profondi pozzi scavati dagli indigeni dove trovammo però un’ acqua putrida ed affatto imbevibile. Per tutta quella notte soffid un vento impetuoso ed a mala pena potemmo allestirci qualche cosa per la cena, poichè la fina polvere sollevata a turbini ci offendeva gli occhi, ci penetrava nella bocca e si po- sava in alto strato sulle vivande; ci fu impossibile anche pian- tar le tende e dovettimo accontentarci di star riparati sotto le palme e i tamarischi avvolgendoci nelle nostre coperte; fui però compensato di tutte quelle contrarietà coll’aver raccolto, al lume dei fanuss o lanterne da campo, un bellissimo e raro Imenottero della famiglia degli eterogini, l’ Apterogyna Savignyi, Kle. Al mattino seguente. mentre si ultimavano i preparativi per riprendere il nostro viaggio, m’aggirai alcun poco in quei din- torni per farvi qualche ricerca e ritornai all’accampamento por- tando, fra le diverse spoglie d’ uccelli, un bell’ esemplare della Gazza dalla lunga coda e dalle piume cilestri metalliche, (Co- racias caudata, Lin.), un passeraceo dal petto e ventre rosso- scarlatti (Dryoscopus erythrogaster, Bodd.), una vaga specie di tordide (Crateropus leucopygius, Riipp.) che volava in branchi di quindici o venti individui, passando d’arbusto in arbusto ed emettendo un grido affatto simile a quello delle galline faraone, un esemplare del Centropus superciliosus Hempr. molto affine ai Cuccoli, in arabo chiamato Abu-bardar, ed infine, alcuni esemplari del comunissimo Francolino (Francolinus Adippeli Gray, forse corrispondente al Fr. Clappertonî Child. (in arabo: Didjadi el gesch) che non riesce sempre facile d’inseguire fram- mezzo alle fitte boscaglie per le quali si mette al minimo al- larme. Nel secondo giorno di marcia la nostra carovana procedeva \ assai meglio ordinata e porgeva un bellissimo spettacolo pe’ va- | 288 P. MAGRETTI, riati elementi ond’era costituita. Eravamo otto europei camuf- fati in otto differenti foggie di touristes africani, tutti coperti il capo da bianco ed alto cappello di agave o casco alla prus- siana, ben provvisti di fucili Wetterly od altre carabine che al- cuni tenevano appese sul fianco della makluffa® altri in ispalla od a cavalcioni sulla sella; io portava anche una borsetta a tra- colla ed una canna dall’alto della quale sventolava la reticella per le raccolte entomologiche. Era con noi la guida araba chia- mata Mohammed-saleh alla quale però meglio si confaceva il no- mignolo da noi postogli di muso di scimmia, tanto il suo volto, come le proporzioni delle membra ed i relativi movimenti 1’ as- somigliavano a quei suoi prossimi antenati: cavalcava un bianco bucefalo ed era armato d’un fucile a lunga canna e d’una scia- bola araba leggiermente curvata a guisa di scimitarra; le sue acconciature erano sempre strane ed artistiche pel particolar modo d’ avvolgersi nel lungo sciamma bianco, 0 per le varie foggie di vestire che ci presentava secondo le ore del giorno ed alla notte. Ci seguivano o talora ci precedevano nelle loro selvaggie corse a briglia sciolta, due altri cacciatori a cavallo, i quali, più dell’armi da fuoco, sapevan tener bene lo scudo e maneggiar la lancia araba. Dietro a noi, non molto discosto, ve- niva la carovana coi quindici dromedarî da soma, carichi delle tende, d’ogni nostro bagaglio, delle ghirbe d’acqua e ben so- vente anche dei nostri trofei di caccia; a lato di essa, mon- tando per turno qualche dromedario da corsa, i tre servi Sulli- man, Assan ed Ibrahim, un secondo Mohammed, cuoco, sempre sotto la nostra direzione, preso al servizio fino da Sauakin; poi i sette camellieri, conduttori dei dromedarî da soma, che aveva- mo noleggiato da uno Sceik di Kassala. Qual scorta militare, il governatore volle aggiungerci un sol- dato bascibozouk ch'era molto temuto da quella moltitudine di I 1 Sella in legno di mogano che s’ adatta sulla gobba del dromedario; è munita di due prominenze, una al davanti e l’altra posteriormente e tenuta fissa mercè di tre cinte passanti sotto la pancia, il collo e la coda dell’animale. NEL SUDÀN ORIENTALE. : 289 neri satelliti, ma che più tardi rimandammo potendo far senza di lui. Dopo alcune marcie, si prese una direzione verso est-sud-est e costeggiando la riva sinistra del torrente, passammo attraverso fitte selve di palmizî giganteschi, a paesaggi d’una bellezza in- cantevole finchè arrivammo ad una Zeriba* di soldati egiziani, colà spediti dal governatore per riscuotere il tributo dalle tribù che conducono una vita nomade, veramente libera e patriarcale come a’ tempi d’Abramo. Fummo "assai bene accolti da quei nuovi ospiti che, per quel- la notte, ci cedettero le capanne ed i loro angaredd colman- doci di molte gentilezze. Quivi, ai sei Hadgin, ai due cavalli ed alla mula della comitiva, s’aggiunsero altri due cavalli, l’ uno di proprietà del compianto mio amico Roy e l’altro da me ac- quistato per maggior comodità e lestezza nel discendere e salire ogniqualvolta il desiderava, troppo nuocendomi le noje, i peri- coli e le lunghe manovre nel camminare o nell’arrestarmi col mio dromedario. Partiti di là il mattino seguente, lasciammo alla nostra de- ‘stra un alto monte chiamato Abu-gemel e più avanti passam- mo fra due altri monti detti Semel; da lungi sulla sinistra ci vennero additate le alte vette del Tagelrigabb; di poi piegando ad est, raggiungemmo il Gasch sulle cui sponde ci accampammo in un’ amenissima località fra fitte selve di palme, e colossali Baobab (Adansonia digitata Gr. = A. baobab Lin.) Mimose, Tamarischi ed altissimo gesch. Quivi ripresi le mie caccie e non invano, chè in breve riportai all’accampamento e preparai le pelli de’ varî e più graziosi alati abitatori di quelle solitarie foreste. V’erano frequenti: un grosso sturnide dalle piume vio- ! Piccolo villaggio, costituito, come al solito, di capanne di paglia, e circondato d’alta siepe di spina ed arbusti per impedire i notturni assalti delle fiere. 290 P. MAGRETTI, lacee cangianti al purpureo, la Juida aenea, Layord o Lam- protornis acnea, Gmel., ancora la Coracias caudata, Lin. le Nectarinie, la Vedovella, l’ Amadina fasciata Gray. e il curioso e caratteristico Buceros erythrorhynchus, Temm. in arabo: Abu- Tolk, di cui un esemplare maschio mi mostrò sulla trachea, fra il laringe ed il faringe, qualche individuo d’un verme parassitario (Echinorhyncus, n. sp.). A render più interessante quel paesaggio svolazzavano da tutte parti, emettendo improvvise ed acute strida, i verdi Coccoritos o piccoli pappagalli, fra’ quali trovai il Paleor- nis torquatus Bodd. in arabo: Tutu, e molto più raro il Piomias Meyerii Riipp. in arabo chiamato Ter-el-natag. In vicinanza di pozzi o, per dir meglio, pozzanghere, aftluivano a milioni, uc- | celli d’ogni grossezza e colore per lo più passeri, «colombe e tortore (Columba livia Lin., Turtur auritus Lin., T. senegalen- sîs Lin. in arabo: Qimri), ed il mio fucile si stava muto davanti così grande abbondanza d’animali, preferendo ammirarli nella loro tranquillità naturale anzichè disturbarli con inutili spari. Quello però che ancor rimpiango di non aver potuto salutare, per sfortunata circostanza, con un colpo ben diretto di grossa mitraglia, fu un bell’individuo della non frequente specie di trampoliere-rapace rettilivoro, il Gybogeranus serpentarius Gmel. Segretario o Serpentario Ter-el-nésib, degli Arabi, che osservai, per qualche istante, camminare tranquillamente e maestosamente fra le ardenti sabbie del torrente in caccia di serpentelli e bi- scie delle quali ultime potei scorgerne qualcuna che molto s° as- somigliava al nostro più comune Tropidonotus. Anche in fatto di mammiferi la fauna africana incominciò al- lora a presentarmisi più completa, chè oltre le grosse e variate specie d’Antilopi. trovammo quivi in straordinario numero le Scimmie, Cinocefali riferibili alle due specie più comuni: Cyno- cephalus hamadryas, e C. babuin, indicate entrambe dagli Arabi col nome di girl. Emettevano cupe grida molto simili all’ abba- jar dei cani, mentre ci sfuggivano rapidamente su per inacessi- bili dirupi. Fra quelle che uccidemmo, una femmina mi pre- sentò un feto a quasi perfetta maturanza che conservai in NEL SUDÀN ORIENTALE. 291 alcool. Molto frequenti comparivano quà e là fra i carnivori le Mephitis e gli Herpestes e non rare v’ eran pure le grosse fiere, il Leone ed il Leopardo che potemmo qui incontrare per la prima volta e poco mancò non ci abbattessimo colà in un grosso branco d’ Elefanti, che lasciarono freschissime traccie ove avevano passato la notte molto dappresso al nostro accampa- mento. Un piccolo mammifero, facente passaggio dalla famiglia dei pachidermi proboscidati all'ordine dei rosicanti (Hyrax ha- byssinicus Hempr. e Ehr.), abitava in grande quantità i fianchi rocciosi d’una montagna ed i nostri cacciatori ne fecero preda per poi mangiarselo abbrustolito allo spiedo ed ancor rivestito della sua grossa pelle. Pochi insetti potei raccogliere in quella località, ma fra le Elis, Cerceris, Bembex, Tachytes, etc., i cui rappresentanti si riferisco- no a specie antecedentemente citate, trovai un grazioso Vespa- ride d’un genere sconosciuto e che già descrissi col nome di Paramischocyttarus subtilis.' Fra i molluschi fluviatili poi, gli unici che abbia potuto trovare durante il viaggio a cagione della grande siccità, sono due esemplari riferibili alla Limicolaria fiammulata, Pfr. Poichè il tempo passa troppo veloce quando si attende a piacevoli occupazioni, ci fu giocoforza abbandona- re anche queste amene località, nel desiderio di compire l’iti- nerario prefisso al nostro viaggio. Così fiancheggiando , ancora per qualche giorno, le rive del Gasch, e lasciandoci sempre ad- dietro stupendi paesaggi, pervenimmo ad un’altra Zeriba, detta, d’Aikota. Anche gli abitanti di questa nomade tribù Hadendoa o del vicino Sciangallah, ci accolsero con somma cortesia, for- nendoci capanne, angarebb, latte, miele, galline e tutto quanto era loro possibile d’offrirci e che noi avessimo desiderato. Qui, oltre il compenso in denaro, distribuimmo alcuni oggetti che ve- devamo esser meglio apprezzati, quali congegni di esca per ac- cender la pipa, coltelli, forbici, aghi da cucire, specchietti; so- 1 Vedi MAGRETTI, Raccolte imenotterologiche nell’ Africa orientale in: Bull. soc. ent. it. Anno XV (1883) pag. 250-251 n.° 9 fig. 2 e Annali Mus. Civ. di Storia Na- turale, Genova, Serie II, Vol. I, 1884. 292 P. MAGRETTI, pra tutto però, la polvere da fucile ed il tabacco erano per que- sti, come per quanti altri indigeni avvicinammo in seguito, sem- pre le cose più predilette. Notai fra le altre particolarità d’usi presso questi popoli nudi nella massima parte o solo cinti di semplice futa,* lo strano modo di saluto, gentile invero ma che riesce alla fine anche molto importuno, e cioè: al primo incontro s’affrettano a do- mandarvi Tajebin, tajebin? (state bene, state bene) alla qual domanda voi rispondete: Tajed (sto bene) ed alla vostra volta dovete loro chiedere Tajebin, tajebin, per aver ancora la me- desima risposta da voi data antecedentemente, e per sentirvi chiedere ancora di lì a poco, Tajebin, tajebin, e tutto questo fanno poi fra di loro con affrettati inchini del capo "guardan- dosi dappresso, prendendosi alternativamente tra le due mani la loro destra e baciandosi reciprocamente i gomiti ed il Ka- tib od amuleto di cuojo che tengono legato, talora in numero di due o più (£ted), sul braccio. Del contenuto di tali oggetti non potei mai avere dati precisi, avendo sentito parlare di versetti del corano e del prepuzio, tagliato al momento della circoncisione ed ivi conservato: questi amuleti servono anche come talismano nelle credenze di quelle genti, e li vidi perciò molte volte ap- plicati alle gambe, al ventre, alla testa per guarire ogni sorta di malanno! Davanti a noi, ma ancor lontano, in direzione di est-IV-sud- est s’ elevava la catena dei monti di Sogodas, primo villaggio delle tribù Bazen che avevamo intenzione di visitare. Lasciando Aikota attraversammo di nuovo il letto sabbioso del Gasch e dopo alcune ore di cammino ci accampavamo sulla riva destra del torrente allo scopo di lasciar pascolare e far 1 Cinta di cuojo o di grossa tela dalla quale pendono lunghi brandelli a ricoprire il basso ventre. NEL SUDÀN ORIENTALE. 293 bere le nostre cavalcature. Per quanto però io aggirassi attorno lo sguardo in cerca almeno d’ una fata Morgana che mi facesse intravedere qualche oasi bagnata, null’altro m’ era dato di scor- gere che bianca sabbia, alto gesch e fitte boscaglie. Ma ecco che la prodigiosa verga di Mosè, rappresentata dalle scarne mani dei camellieri, e dei nostri servi, fece scaturire, in pochi secondi, una fonte di chiara e fresca acqua! In men che nol si dica, fu scavata più d’una larga buca nel letto del torrente allo sbocco d’un suo confluente, ed a poca profondità si trovò l’acqua che dapprima un po’ torbida, divenne poi limpi- dissima. Con larghi recipienti fornitici da grosse zucche tagliate per metà ad uso coppa, s’abbeverarono cavalli e dromedarî, frattanto noi, seduti sull’ ombrose rive, prendevamo gradito ri- poso. Vedi poi potenza dell’istinto e prodigio meraviglioso dell’ ac- qua!, non appena furono scavati quei pozzi che un grande numero di insetti, quasi tutti Imenotteri, s'aggirava là dappresso posan- dosi sull’umida sabbia esterna, o penetrando fino alla sorgente. In poco tempo potei anche qui far larga messe de’ miei predi- letti entomata, malgrado Febo che saettava incessantemente sulla mia povera cervice già abbastanza compromessa in quei giorni per aver troppo a lungo sfidato i dardi del potente pianeta. Ricordo quindi fra le altre specie, le comunissime Elis caelebs Sich. ed E. eriophora Klg. la Bembex glauca Dahlb. il Tachytes basilicus Guér. 1° Ewmenes Lepeletieri Sauss. l Odynerus par- vulus Lep. frequente anche in Europa, lO. Magrettii descritto, * come dissi, e gentilmente dedicatomi dall’egregio collega di To- rino, illustre cultore di questi studî, ed infine, un nuovo Ich- neumonide, il Neotypus semirufus Kriech. e varî apiaridi del genere Megachile (Meg. albocinctu Radosz. var. basi- rubra mihi, e M. cyanipennis Guér.). Proseguimmo di poi, sempre in direzione est-sud-est, girando le prime formazioni rocciose e sorpassandone molte altre sino 1 Vedi Annali Mus. civ. di Storia nat. di Genova, Serie II=, Vol. I (1884), pag. 290. 294 P. MAGRETTI, a raggiungere le montagne di Sogodas e l’omonimo villaggio dei Bazen. Nei due giorni impiegati per questo tragitto ci occor- sero fra le altre peripezie, le seguenti che credo più degne di nota. La notte del 3 al 4 marzo eravamo accampati in un’ amena località al riparo d’alte colline che s’innalzavano sulla nostra sinistra, e dove trovammo ancor fresche le traccie d’una tribù nomade che v’aveva tenuto stanza per qualche tempo. Alcune ore innanzi all’albeggiare io era di guardia ed al lume della lanterna stava redigendo le mie note giornaliere, quando tutto ad un tratto sento un forte rumore nel campo, pel quale si le- vano spaventati cavalli e dromedarî, m’alzo tosto e, guardando veggo uno dei nostri adgin fuggir precipitosamente verso la mon- tagna e dietro a lui, poco lungi, un uomo che dapprima ritengo per uno dei nostri servi; corro anch’ io sulla direzione, ma l’o- scurità m’impedisce di vedere più oltre quattro passi da me; chiamo allora un altro servo e, muniti di lanterna, visitiamo il campo all’ingiro ma inutilmente, tutto è rientrato nel primitivo silenzio e non trovasi traccia alcuna del fuggitivo ne’ puossi di- scovrir la causa di tale incidente. Al mattino seguente per quante indagini facessimo in quei dintorni, sia sui monti che al piano ed in fitte foreste, non ci venne dato ritrovare alcun segno del nostro dromedario da corsa, e solo ci restò da discutere sulla probabile fine toccatagli, se cioè avesse trovato la morte sotto gli artigli di qualche fiera o se altro non avesse fatto che can- giar padrone, passando dalle nostre nelle mani di qualche ladro Bazen. Ma ben altri timori ci preparava una seconda peripezia nella notte seguente! Arrivati verso le 5 del pomeriggio ad una località contermi- nante la pianura, a’ piedi delle prime appendici dei monti di Sogodas, vi ponemmo il campo, per riprender la via muntuosa nel mattino susseguente. Qui, non so qual bizzarro pensiero ispi- rasse ad uno dei miei compagni la funesta idea di appiccar il fuoco al gesch disseccato, a’ piedi d’una vicina collina ! NEL SUDÀN ORIENTALE. 295 . Selo spettacolo fu sul principio bello e sorprendente, divenne ben presto minaccioso quando, spinta da forte vento, la fiamma salì, salì, guadagnando assai in estensione e toccando il colmo del colle per scomparire poi nella retro-valle e ricomparire di lì a poco molto vigorosa sopra un’altra altura. Inutile li dire che fu vano ogni sforzo per arrestare la vampa distruggitrice, ed intanto i nostri servi e camellieri continuavano a ripeterci Baktaal, bak- taal (cosa brutta, cosa brutta), accennandoci al pericolo di abbruc- ciare qualche villaggio precisamente sul cammino che dovevamo percorrer il giorno appresso entrando ospiti funesti fra i Bazen che non so poi come ci avrebbero accolti! Eravamo in mille pensieri! Fattosi oscuro, lo spettacolo divenne più imponente e noi ce- navamo come tanti Neroni, illuminati dalla sinistra luce delle vampe che s’innalzavano e s’ allontanavano in varie direzioni. Ad un tratto cangiatosi il vento, il fuoco retrocesse in parte incontro a noi minacciando d’ investire tutt’ all’ ingiro 1’ accam- pamento ch'era posto in mezzo al gesch disseccato. Dovettimo troncare tosto il nostro pasto e, presi dei verdi rami schiantati dagli alberi vicini, correre a domare la fiamma da quella parte che più s’approssimava al campo, perchè quasi arrischiavamo di vederci fuggir le nostre bestie spaventate e di dover lasciare le casse piene di munizioni e di tutti i nostri effetti in preda al fuoco; altro momento di indescrivibile panico! Quando il pericolo fu scongiurato da una parte, ci dirigemmo a sviare il fuoco nella parte opposta, ove il gesch era più fitto e dove con esso abbruciavano alte piante di Mimose, sicchè era una vera fornace, dalla quale partivano stormi d’uccelli ed in grandissimo numero le cavallette e molti altri insetti che veni- vano a batter l’ali sul nostro volto offendendoci la vista! Final- mente, quando ci sembrò allontanato ogni timore, ritornammo all’accampamento a riposarci, e n’ avevamo ben bisogno in quella sera di trambusto morale e fisico! Ci ristorammo con una bevanda che assaggiavamo per la pri- ma volta in Africa e cioè una squisita limonata fatta cogli in- 296 P. MAGRETTI, volucri farinosi ed aciduli dei semi di Baobab racchiusi in una grande capsula legnosa a forma di pero: indi ci addormentammo all’ aria libera rischiarati di quando in quando dai lontani ba- gliori di qualche pianta che ardeva ancora e che s’aveva la- sciata dietro la vampa del gesch! la notte fu però abbastanza fredda ! | Il mattino seguente tutto era nero intorno a noi. Poco prima della partenza osservai, posati sulla testa dei dromedarî de’ quali frugavano attentamente le orecchie, alcuni uccelli del genere Buphaga, molto probabilmente la 5. erythrorhyncha, ingiusta- mente da altri accusata come causatrice di piaghe alle bestie da soma, mentre ne è, al contrario, un amico assai caro, le- vando loro ogni molestia degli insetti che prendono dimora in quei luoghi reconditi e suscettibili d’immondizie. Si partì verso le 7 e, dopo tre ore di cammino fra monti ed erti dirupi, dove ebbi agio di rilevare sempre più la docilità e le abilità dei cavalli indigeni nel passare dovunque l’avessimo voluto, e sempre accompagnati dall’ odore d’abbruciaticcio e dalle traccie, pur troppo evidenti, dei danni e dei pericoli cau- sati da una piccola inavvertenza, pervenimmo ai pozzi di So- godas. Quivi molti indigeni d’entrambo i sessi stavano intenti ad attinger acqua per abbeverare le bestie o per trasportarla entro recipienti di cuojo, o grandi zucche, alle loro case molto lontane; al primo vederci fu un fuggi fuggi generale, e, dapprima non osa- vano più avanzarsi finchè noi occupavamo i lori posti: però a poco a poco si persuasero delle nostre buone intenzioni e, attratti dalla curiosità, sopratutto le donne, ci si avvicinarono non solo, ma qualcuna si permise anche di frugarmi gentilmente nelle ta- sche ammirando l’ orologio, il temperino, le forbici, le pinze ed altri piccoli oggetti che vi teneva, cosicchè la loro selvaggia na-. tura s'era cangiata in perfetta famigliarità e questa alla sua volta non tornava sempre per noi gradita. V’ erano bellissimi tipi d’uomini di color bruno-olivastro, dalle capigliature molto lunghe, cadenti a fiocco e sostenute da molte NEL SUDÀN ORIENTALE. 297 piccolissime treccie sì da formare alla parte posteriore, una specie di larga ala di cappello per proteggere il collo e la nuca: dalla fronte invece e dalle tempia s’ innalza un ciuffo di lunghi ed irti capelli variamente arruffati. Questo singolar modo d’accon- ciarsi i capelli e le grandi cure che dimostrano nel conservarli sempre unti d’un burro speciale, sono di grande importanza nell’igiene di quelle genti che non portano copertura alcuna sul capo, così come il loro corpo, quasi perfettamente nudo, tranne una specie di grembiale di cuojo cadente sul davanti del ven- tre, presenta un’ untuosità dell’ epidermide che, credo, valga as- sal a proteggerli dai raggi solari. _ Sono armati d’un coltello a larga lama che tengono costan- temente alla cintola, e da lunghe lancie a punta formidabile, lucente, equilibrate da un manico di piombo all'altra estremità, che sanno abilmente manovrare sì davvicino che tirandole lon- tano; qual difesa, hanno poi un grande scudo di pelle di bu- falo o d’ippopotamo con una punta sporgente dal centro ester- no, talvolta adorno di fili d’argento, di pelle di serpente o di piastre di coccodrilli. Vivono in generale di caccia, non disde- gnando qualsiasi selvaggina, siano lepri, jene, sciacalli, avoltoj ed ogni altro animale che viddi invece disprezzato da altre po- polazioni. Anche le donne, generalmente quelle giovani sin all’età di 15 a 18 anni, presentavano tipi migliori in confronto di quelle che aveva antecedentemente osservate. Hanno esse una capigliatura a treccie rigonfie sulla fronte, più ristrette sull’ alto del capo, larghe, rotonde e cadenti al di dietro lungo il collo. Molte por- tano anelli d’ottone infissi in una narice e fin 4, 5 anelli di stagno nel padiglione dell’ orecchio; altre adornano bracci e gambe con braccialetti di corallo, di cuojo o di legno, altre in- fine cingono il collo ed il seno, dalle poppe rigogliose ed ancor fresche, con varie collane di conchiglie o di perle di vetro. Una melodica voce, i movimenti ed il contegno modesti, le procaci forme del loro corpo a metà ricoperto da piccoli cenci non sem- pre bianchi ma orlati di larga fascia rossa, la candida denta- 298 P. MAGRETTI, tura e le grandi nere pupille in un fondo bianco spiccante della cornea su quei volti abbronzati, finivano ad accrescere le gra- zie di quelle femminee creature ed a rendercele simpatiche. Mentre ci riposavamo alcun poco, sentimmo intorno a noi un grande schiamazzo di grida e voci in ogni tono, assordanti, emesse da uomini, donne e fanciulli che in circolo andavano mano mano restringendosi per cacciare una lepre che si tenevano frammezzo e che riuscirono ad infilzare con una lancia. Ci vennero poi tutti d’intorno ed a tutti dovettimo rendere i saluti coi soliti tajeb e tajebin cento volte ripetuti e con altrettante strette di mano. Accontentammo i capi distribuendo loro alcuni oggetti che più li interessavano, come qualche rasojo, forbice, specchi, ed. altro, anche per levarci d’attorno quella nera muraglia vivente che ci opprimeva col caldo, e ci asfisiava coll’ odore di untume che tramandavano i loro corpi! Poco lungi dal posto ove avevamo messo le tende, in località affatto sterile con un suolo arso, tutto sabbioso e seminato di grossi ciottoli granitici, ricoperto da secco gesch e Mimose av- vizzite fra le quali giganteggiava solo quà e là qualche Sicomoro e qualche Baobab, apportatori di benefica ombra, si trovavano i pozzi. Là presso era un frequente va. e vieni d’ uomini e donne, ragazzi e giovanette che continuarono a trasportar ac- qua fino a che anche il serbatoio principale non diede più che nera melma, per cui dovettimo aspettare il tempo necessario perchè il livello del pozzo si rialzasse e portasse l’acqua d’abbeverare le nostre bestie e far le necessarie provviste per noi. Se non fosse stato il disturbo incessante prodotto da coloro che venivano ad attinger acqua, la raccolta de’ miei insetti sa- rebbe stata colà assai -più copiosa; posso pur tuttavia ricordare diverse specie che non aveva fin’ allora trovate comprendendone anche qualcuna nuova per la scienza: be. | NEL SUDÀN ORIENTALE. 299 Paracyphonoyx Metemmensis n. sp. Cerceris straminea Duf. P. Paulinerii, Guér. Polistes fastidiosus Sauss. Larrada haemorrhoidalis, Fabr. Eumenes tinctor, Christ, var. ferru- Philanthus coarctatus Spin. ginea Eu. Lepeletieri, Sauss. Cerceris trivialis Gerst. Eu. concinna, Sauss. Chrysis Mionii, Guér. fra le formiche ancora il Myrmecocystus viaticus, Fabr. 1’Odon- tomachus haematodes, Lin. ed un Dorilide preso nottetempo al lume della lanterna, l’ Aenictus inconspicuus, Westw.: fra gli Apiaridi l’ Apis umicolor Latr. e la fasciata Latr., che sono ivi coltivate per la produzione del miele del quale è fatto grande uso ed anche commercio presso quelle tribù. Assai frequente trovai pure un piccolo apiaride meliponide, la Trigona Beccartì descritta dall’Ingegner Gribodo pochi anni or sono sopra esem- plari raccolti da O. Beccari in un viaggio tra i Bogos.! Sulla sera del medesimo giorno ci avviammo alla montagna sovrastante per visitare il villaggio di Sogodas, ma non tro- vammo che poche capanne sparse qua e là senza nessuna idea di agglomeramento; più tardi, quando ritornavamo al nostro campo, viddimo con somma sorpresa avanzarsi dalla parte di ponente e discendere il lieve pendio di una vicina collina, il fuoco da noi inconsideratamente appiccato al gesch fin dal giorno antecedente. Accorsero tosto gli abitatori delle sottostanti ca- panne ed in buon numero uomini e ragazzi, con frasche e rami d’albero alla mano, riuscirono a spegnere l’ incendio prima che raggiungesse le loro case. Quella notte ancora ebbimo lo spettacolo dei lumicini sparsi lungo la cresta ed il pendio della vicina montagna pei tizzoni delle piante e degli arbusti che ancora ardevano e stavano là a ricordarci i timori della notte precedente. 4 Vedi: Note imenotterologiche, per Giovanni Gribodo in: Ann. Mus. civ. St. nat. di Genova, Vol, XIV (1€79), p. 340, n. 20. 300 P. MAGRETTI, * * * Lasciando Sogodas, abbandonammo anche il territorio dei Bazen e, presa una direzione verso ovest-sud-ovest, entrammo nel- l’immensa pianura degli Homran. Passammo alternativamente per estesi campi coltivati a durah (Sorgum vulgare, var. africanum?), fra deserte lande di alte ed incolte graminacee, per località molto malagevoli con passi difficilissimi tanto pei dromedarî da soma, come pei nostri cavalli che dovevan lasciarsi scivolare su quelle scoscese ripe come altrettante capre! Attraversato un piccolo torrente detto Khor Gersched, si continuò il cammino at- traverso ancora a pianure infocate e, dopo 6 ore di marcia, ci ac- campammo nel letto d’ un altro piccolo torrente detto Khor Guillo, memorabile per la sete soffertavi avendo qui trovato i pozzi . con un’acqua orrenda pel colore e per la puzza insopportabile. Alla notte, attratti dalla luce delle lanterne, raccolsi alcuni esemplari del Dorylus aegyptiacus, Mayr e dell’Aenictus incon- spicuus, Wetw. oltre parecchie altre formiche della famiglia dei Poneridi, rimastemi indeterminate. Il giorno appresso si marciò per cinque. ore in un vero de- serto di gesch, sopra un suolo screpolato per l’ eccessiva siccità e, giunti ai pozzi del Khor el Gergabb, vi trovammo alfine un po’ d’ ombra benefica che ci ristorò della sofferta arsura. Dopo qualche ora di riposo, ripresi la mia reticella ed in vicinanza dei bacini fangosi ove eran state abbeverate la bestie, feci buone raccolte d’Imenotteri per cui posso notare di questa località le seguenti specie: Mutilla leucopyga, Kg. Tachytes albo-cincta, Luc. Paracyphononyx Paulinerii, Guér. Notogonia nigra, V. d. Lind. Cyphononyx flavicornis, Fabr. N. argyropyga var. Costae mihi Pompilus vespiformis, Klg. Bembex Doriae, n. sp. Agenia nigro-aurantiaca, n. sp. Eumenes Lepeletieri, Sauss. Larrada funebris, Radosz. Odynerus interruptus, Sauss. Tachytes fluctuata, Gerst. Halictus tumulorum, Lin. ne CIA NEL SUDÀN ORIENTALE. 301 e colle nuove ed interessanti conquiste, la cattura d’un primo esemplare della gigantesca Hemipepsis vindex di Smith, dal volo agile e rumoroso. Lasciatoci addietro il villaggio di Uaddi el Carori ove ri- stemmo una notte, si continuò la marcia, potrei dire forzata, pas- sando per estesi boschi di Mimose gommifere, sempre sollecitando le nostre cavalcature pel vivo desiderio di raggiungere al più presto le rive del Settit, il Takazzè degli Abissini, per tuffarci voluttuosamente nelle sue chiare e fresche onde. Vi arrivam- mo infatti verso mezzodì, dopo una cavalcata di cinque ore consecutive trottando o galoppando, ed allorchè discendendo l’ultimo avvallamento, scorgemmo da lungi l’azzurra corrente, fu un oh! di gioia che partì unanime dai nostri petti, non meno entusiasmati alla vista del fiume di quello che fossero i Crociati per quella di Gerusalemme! Era più d’un mese che non si be- veva dell’acqua limpida e pura e non ci sembrava ancor vero d’averne ora così grande copia a nostra disposizione! Nei pochi giorni che sostammo ad El Hefera, ove lo Sceik Egel ci aveva destinato una rekùba' per noi ed una pei nostri servi acco- gliendoci con molta gentilezza, andammo soventi volte al fiume a bagnarci ed a cacciare avendovi trovato scimmie, anitre, varî altri uccelli d’ogni genere, ed anche coccodrilli. Nelle vicine boscaglie demmo, un giorno, la caccia al Bufalo (Bubalus caffer L. in arabo: djamuss), che vi è molto frequente ed è dagli indigeni temuto assai più del leone a.causa della straordinaria sua ferocia quando venga appena molestato. S’ uccisero pure alcune grosse antilopi riferibili allo Strepsiceros kudu Gray, dalle lunghe corna rivolte a spira portate dai soli maschi. Sotto la nostra stessa rekùba e nel nostro accampamento potei raccogliere di giorno alcuni formicidi quali: il Tetramorium sericeiventre Em., il Mo- nomorium gracillimum Smith., la Pheidole rugaticeps Em., lA- phaenogaster barbara Lin., ed alla notte, sempre attratti dalla 1 Cappanna di forma rettangolare, coperta al di sopra e, di rado, suì lati da stuoie di paglia. Vol. XXVII. 20 302 P. MAGRETTI, luce della lanterna, in buon numero i maschi alati del Dorylus aegyptiacus Mayr, e dell’ Aenictus inconspicuus, Westw. Lungo il fiume e sulle mentacee del Khor Rojan, trovai 1’ Elis fasciatella, Klg., lAnthidium tessellatum, Klg., la N. patellata n. sp., due vesparidi molto interessanti quali la Raphiglossa sym- morpha, Sauss. e l’ Odynerus solstitialis, Sauss., fra gli Ichneu- monidi, il Cremastus pallidus Kriechb. n. sp. e degli Ortotteri, il raro Catautobs axillaris, Thumbg. Sulle rive del Settit e nei boschi vicini, come lungo gli asciutti torrenti, suoi confluenti, potemmo osservare in numero veramente prodigioso i branchi di galline di Faraone, nè meno frequenti, le grosse Otarde, le Antilopi e le Gazzelle da fornirci copiosissime caccie. Fu uccisa una grossa acquila dal bianco piumaggio, riferibile all’ Haliaetos vocifer Daud., detta in arabo: Abu fog, e da alcuni fori scavati in roccie inaccessibili, ove sciami d’ api deponevano anche il loro miele, osservai talora sporger la testa qualche rapace notturno del genere Strix. Sull’acqua svolazzava il grosso alcedinide (Ce- ryle maxima, Pall.), già altrove citato; comuni nei bassi fondi le Ardee di varie specie; fra i Ciconidi potei uccidere l’ Anasto- mus lamelligerus, Temm., curioso pel suo piumaggio e per la speciale conformazione del becco. Nei tortuosi meandri del fiume, incassato fra roccie basalti- che elevatissime d’un colore cinerognolo-verdiccio, lucenti, dove l’acque erano più profonde, tranquille ed oscure, s’aggiravan sovente alcuni palmipedi (Chenalopex aegyptiacus, Briss., in arabo: Uzin) alla cui vita insidiava il grosso idrosauro di quelle regioni, il Crocodilus vulgaris Cuv., che viddi frequenti volte camminare sulle rive sabbiose o starsi immobile, qual immensa massa verdastra, a fior d’acqua. Prima di lasciare El-Hefera, la nostra carovana si divise 0, per meglio dire, si diminuì di due de’ nostri compagni i quali, NEL SUDÀN ORIENTALE. 303 preso seco armi, munizioni e vitto per alcuni giorni, ed ac- compagnati da guide e cacciatori, seguirono le sponde del Settit, addentrandosi fino a Maiteb, per poi raggiungerci a Metemma. Nella loro escursione, se non furon fortunati per grosse caccie, trovaron però grandi soddisfazioni alla vista di stupendi pae- saggi animati dalla fauna di Leoni, Leopardi, Buffali ed Ippopo- tami, sicchè al nostro ritrovo nell’ accennata località ebbero mille graziose avventure a raccontarci. Il resto, o la più gran parte della carovana, proseguì verso sud-ovest diretta al Bahr el Salaam e di là al Galabat. Partendo, fummo salutati dallo Sceik del villaggio, e da quello che ci aveva fornito in Kassala servi e dromedarî; quest’ultimo, che si chiamava Sceick Abu-el-Ghir dei Beni Hamer, un bell’ uo- mo dalla figura patriarcale avvolto in lungo e candidissimo sciam- ma che, qual peplo romano, tenevasi avvolto con solenne maestria e pose artistiche, ci seguì per buon tratto caracollando al no- stro fianco sopra un magnifico cavallo bruno, sbuffante fuoco dalle nari, finchè poi tutti gli stringemmo la mano scambian- doci molti Salaam alekum e catarkerizzandolo* della sua gen- tilezza. Attraversato a guado il Settit, ci lasciammo addietro alcuni villaggi affatto disabitati in quella stagione, venendoci detto come vi vengano gli abitanti nell’ epoca della seminagione e della raccolta della dura e poi ne ripartino in cerca di più verdeggianti pascoli. Era curioso ed interessante per un agro- nomo, vedere il metodo di conservazione dei loro cereali in bu- che scavate nel suolo (Si2Zos), ove il grano depostovi è ricoperto con terra e lasciato per dei mesi senza pericolo di alcuna avarìa. Trovammo pochi abitanti in piccoli agglomeramenti di ca- panne costituenti i villaggi di Kocre, Lutki, Nugara, in ciascuno dei quali però fummo assai bene accolti dai rispettivi Sceik che ci ricevevano sotto speciali retùbe destinate ai viaggiatori, e ci erano larghi di quanto potevaci abbisognare, di latte, galline, 1 Vocabolo arabo italianizzato, da Katarkera, io vi ringrazio. 304 P. MAGRETTI, idromele, piatti di montone (karuff) in salse molto pepate, ed in- fine anche della dura) per le nostre bestie. Appartenevano queste popolazioni alla tribù dei Takruri, di cattiva rinomanza come ladri spietati; noi invece non ebbimo motivo alcuno per lamen- tarci di loro. Gli uomini, specialmente i più giovani, hanno bel- lissime e simpatiche fisonomie, con una folta capigliatura cadente in lunghe treccie sul collo. Fra le donne, alcune portano un velo nero che le ricopre interamente, altre hanno una semplice futa alla cintola, ma vanno adorne di larghissimi anelli pendenti dalle orecchie e dal naso. Gli uomini di questa*tribù, molto forte e belligera, dipendente da uno Sceik residente in Doka, sono rivestiti di una grossa giubba di tela, le gambe nude, con grandi sandali ai piedi, e sono sempre armati di ampi scudi di pelle di bufalo o d’ippopotamo e da lancie formidabili. Arrestandoci nei villaggi, ricambiammo le gentilezze ricevute, visitando alcuni ammalati per lo più idropici o con piaghe ul- cerose alle gambe, ch’essi guariscono con continue scottature o bottoni di fuoco, usati anche in casi di febbre. Somministrammo loro solfato di china, sale d’ Epsom, alcuni cerotti e lavature con ‘acqua fenicata; ai vecchi, affetti d’ asma, applicammo qual- che carta senapizzata sulle scapole ottenendo, almeno pel mo- mento, buonissimi risultati. A tre giorni di marcia dal Settit, passammo per fitte bho- scaglie di Mimose gommifere, ed estesissime pianure ad alto gesch, con un suolo orribilmente fesso in ogni parte, talchè te- mevamo ad ogni passo di vederci cader sotto la nostra caval- catura con qualche gamba fracassata; s’ attraversò il torrente detto Khor-el-Scerafamal ove pernottammo in vicinanza di pozzi. Ivi osservai molto frequenti gli alveari fatti di zucche o di rotoli di canne o di rami scavati e posti sulle alte piante; raccolsi anche, fra gli Imenotteri, qualche esemplare dell’ Apis fasciata Latr., ed ancora qualcuno della splendida Hemipepsis vindea, la cui felice cattura debbo alla particolarità, già altrove accennata, del forte rumore emesso nel volo, rumore che mi fece accorto della sua presenza lungo le ripe del torrente mentre, all’aer fosco, stavamo mettendo il campo in quella località. NEL SUDÀN ORIENTALE. 305 Fravamo allora nella regione delle Kolla o Mazzaga abissina, il territorio neutro, il teatro delle famose razzie, ove avvengono frequenti e sanguinosi conflitti fra le varie tribù sempre bra- mose di preda. Di quì, in tre ore, nel giorno seguente, raggiungemmo le sponde d’un altro grosso fiume quale è il Bahr-el-Salaam, il fiume della Salute 0, come altrimenti si asserisce, così denomi- nato perchè dopo una lunga guerra fra quelle tribù confinanti, due grandi capi o Sceik, si diedero quivi il saluto dell’ amicizia. Appena fatto l’al# e deposti i nostri bagagli scegliendo una buona posizione pel nostro accampamento, mi diedi ad esplorare quelle ridenti sponde, lussureggianti d’una vegetazione vera- mente tropicale ed animate da una fauna che mi si presentò subito molto ricca e svariata. Da quel momento non potei più trattenermi dal visitare attentamente quei dintorni e quì fu principalmente che, il sublime sentimento della natura, mi si rivelò ne’ suoi innumerevoli misteri ond’ ella è attorniata; e quel potente fascino s’ esercita tuttora sulla mia mente al solo ricordo di codesti amenissimi luoghi! Assai di frequente potei scorgere grossi Cinocefali, che in truppe di 40 o 50 individui, le femmine portando sul dorso i loro piccini, discendevano in ore determinate, a bere nel fiume, poi si ritiravano saltellando ed abbajando sulle vicine montagne o sugli alti alberi che loro servivano di vedetta contro ogni probabile attacco. Durante la notte erano i rauci concenti delle fiere che ci tenevano attenti e sempre desiosi di mandar loro qualche palla ben diretta. Al mattino per tempo, cacciando in quelle intricate foreste seguimmo spesso le larghe impronte del leone, tirando alle grosse antilopi (Strepsiceros Tudu Gray.), ed alle varie Gazzelle: una volta fui lieto d’aver fatto preda d’una giovane antilope viva che, credo fosse il Tragelaphus scriptus, ma che morì dopo alcuni giorni malgrado ogni cura prodigatale per alimentarla. Non parlo poi dei piumati abitatori di quell’acque tranquille, degli umidi margini del fiume, come dei selvaggi recessi fra le intricate liane oppure posantisi su quegli 306 P. MAGRETTI, alberi di gigantesche proporzioni, chè le Gru, le Ardee, i Fran- colini e le Faraone, v’ erano in numero indefinito, e notevoli ancora qualche aquila nera dalla testa ornata di lungo ciuffo (Spizaétos occipitalis, Daud.), gli Qedicnemus che in branchi di cinque o sei potevansi avvicinare a pochi passi di distanza; fre- quenti pure v’erano le grosse anitre (Chenalopex aegyptiacus, Briss.), frequentissima una vaga specie di Merope (Melittotheres nubicus, Rchb.), che svolazzava in caccia d’insetti sulla superfi- cie dell’acque; ed in branchi incredibilmente numerosi, sì da spaventarci al loro passaggio, oscurando l’aere all’intorno e pro- ducendo un rumore assordante, il piccolo passeraceo, 1° Amadina fasciata, Gray., popolava quei dintorni, fatto preda dei molti falchi che vi trinciavano dentro con grande profitto. Quando in sulla sera del giorno del nostro arrivo mi dispo- neva per un bagno molto desiato in quelle acque della salute, mi venne fatto osservare dalla nostra guida, con grande solleci- tudine, di guardarmi bene dal farlo ove l’acqua era profonda e verdognola, poichè ivi avrei corso pericolo di venir sommerso e divorato dal Timsah, ed infatti il giorno dopo potei accertarmi del fatto e ringraziar ancora il kabir del provvido avviso, avendo scorto varî gruppi di grossi coccodrilli distesi sulle sabbie o nuo- tanti nell’ acque. Soprattutto copiose ed interessanti mi riuscirono le raccolte degli Artropodi, chè, oltre due specie di Aracnidi, delle quali una (Amblyomma variegatum Fabr.), è una Zecca che s’attacca tanto agli uomini, che ai dromedarî, l’altra (la Peucetia viridis, Blkw.), è un piccolo aracnide che trovai parassita nei nidi delle comu- nissime Termiti, oltre un grillodeo (Tridactylus Savignyi, Guér. Tr. fasciatus, Sav.), due nuove specie d’Emitteri (Piezoscelis pi- losus e Fusius basicollis) descritte da Signoret,* due Ditteri (Eristalis natalensis, Mocz. ed Hippobosca sudanica n. sp.), 1 ul- timo dei quali, frequentissimo, riesciva assai molesto ai nostri cavalli che n’ erano continuamente assaliti al ventre, sotto la 1 Bulletin des séances de la Société entom. de France (1884), Avril, p. 56, 57. NEL SUDÀN ORIENTALE. 307 coda e nell’orecchie, e venne descritto come nuova specie dal signor Bigot® al quale lo comunicai, raccolsi pure le seguenti specie d’ Imenotteri che trovai per la maggior parte sui bianchi fiori d'una graziosa asclepiadea (Kanahia Delillei D. C.): Icaneumoni: Casinaria (2) Magrettii Kriechb. n. sp. FormicIDI: MutILLIDI: SCOLIIDI : . SFEGIDEI : POMPILIDI : LARRADIDI: FILANTIDI: VespiIDI: API: 4 Ibid. p. 59. ‘ Odontomachus haematodes, Lin. Ponera sennaarensis, Mayr. Aenictus inconspicuus, Westw. Pheidole speculifera, Em. Mutilla floralis, Klg. M. Sudanensis, n. sp. ? M. sulcata, n. sp. M. Takrura, n. sp. Apterogyna Latreillei, Klg. Elis eriophora, Klg. E. fasciatella, Klg. Pelopaeus spirifex Lin. P. Spinolae Lep. var. rufopictus, mihi. Pronaeus mandibularis, Fabr. Pr. maxillaris, Latr., con una varietà ad antenne rosso- ferruginose. Pr. instabilis, Smith, con una varietà avente il capo, i piedi e l’apice dell'addome, neri. Paracyphononyx anticus, Klg. Larrada funebris, Radosz. Tachytes fluctuata, Gerst. Notogonia nigra, v. d. L. Philanthus nitidus, n. sp. Polistes marginalis, Fabr. var. stigma, Fabr. Eumenes concinna, Sauss. Nomioides pulchella, Jur. Allodape parvula, Smith. 3 Ad accertarmi della novità di queste specie valsemi alquanto il gentile aiuto dell’ illustre imenotterologo russo, il genera'e Radoszkowsky al quale rinnovo in- finiti ringraziamenti, 308 P. MAGRETTI, x Il mattino del terzo giorno dal nostro arrivo costì, eravamo di già in moto per proseguire il viaggio verso Metemma, quando vennero all’accampamento uomini e donne delle quali alcune tenevano fra le mani galline e vasi di latte da offrirci perchè visitassimo un bambino ammalato (merdani) che una tene- vasi appeso al di dietro in una borsa formata collo sciamma da cui era avvolta. Un giovane uomo portante un ombrello di paglia all’abissina, desiderava pure lo guarissimo da un forte dolor di capo. Non potendoci sbrigare diversamente, sommini- strammo loro piccole dosi di sale d’ Epsom dopo di che conti- nuammo verso ovest-sud-ovest dirigendoci sull’Atbara o Nilo nero, fiume abbastanza rispettabile e che mi presentò allora, in alcuni punti, il curioso fenomeno della filtrazione per la quale estesi tratti del letto del fiume comparivano affatto asciutti mentre più sopra od al basso, vedevasi defluir l’acqua in grande quantità. Sulle sponde erano ameni boschetti di piante con fiori molto simili alla nostra comune Syringa, ed una nuova musica; pro- dotta da una piccola e frequentissima cicada (Oxypleura trun- caticeps, Sign.) ne rallegrava il paesaggio nel quale vedevansi pure molti nidi di Termiti, notevoli per la loro forma di piccola montagnola dalla sommità arrotondata, ed assai diversi perciò da quelli fino allora incontrati. Nell’umida sabbia delle rive ed anche sui fiori della citata Xa- nahia, raccolsi ancora fra gli Imenotteri la Mutilla sudanensis n. sp. il Pronaeus maxillaris Latr. il Philanthus coarctatus, Spin. ed una nuova specie di formicaride descritto da Ernest Andrè il Monomorium afrum. Passato il fiume in una località asciutta, ci arrestammo per un’intera giornata al vicino villaggio deno- minato Beled el Sceriff, nei cui dintorni praticai buone caccie ai Francolini, alle Faraone ed a piccoli uccelli, mentre rimon- NEL SUDÀN ORIENTALE. 309 tando di poco il torrente Ab-Sider, fra fitte selve di palme, trovai molto frequenti le Antilopi di diverse specie, ma il caldo essendo veramente eccessivo già fin dalle prime ore del mattino, mi fu forza ritornar presto al villaggio, ove d’altronde più non sapevamo dove riparare giacchè esternamente il sole ci abbru- ciava le cervella e sotto ai tukul, ® si avevano sino 46° centi- gradi! In questo villaggio non ci riescì d’acquistare nè ova nè latte, nè altro comestibile perchè mancavamo di quelle piccole mo- nete di rame che vi corrono e ci vedemmo rifiutati i talleri d’argento e persino le monete d’oro! Le donne, anche qui orri- bilmente tatuate nel viso con tre linee quasi parallele per cia- scuna guancia, oltre diversi altri segni incisi sulle spalle, e d’al- tronde' poco attraenti, s’ aggirarono in buon numero per tutta quella notte intorno al nostro accampamento non so per quali scopi più o meno onesti! Nel dipartirci, potei vedere alcuni cavalieri indigeni che mon- tavano maestrevolmente i Zeb& o buoi indiani forniti d’una gobba arcuata elevantesi sul collo. Sono utilissimi animali che ven- gono addestrati ai lavori rurali ed alla corsa, imbrigliati a guisa dei cavalli, e più d’ una volta ancora viddi i pastori, guardiani di numerose mandrie, montando simili cavalcature, fuggirsi ratti e far fuggire, con fischi selvaggi, tutte le loro bestie quando noi ci indirizzavamo ad essi gridando e domandando fi lebden, fi leben? (c’è latte, c’è latte) chè temevano di trovar in noi altrettanti predoni. Passammo in seguito per villaggi non molto popolati, quali Beled el Cauli, Beled el Sceik Mohammed, Beled el Sceik Ibrahim e dappertutto osservai molto estesa la coltivazione della durah, del Cotone, del Sesamo, del Tabacco, che, in parte lavorati sul posto, oppure trasportati al vicino mercato di Me- temma vengono venduti o scambiati con prodotti d’altri paesi. Della fertilità del terreno in quelle zone, nelle quali l’humus 0 1 Cappanna indigena, coperta al disopra ed all’ ingiro da fitte stuoje di paglia. 310 P. MAGRETTI, terriccio vegetale è frammisto al guano d’ogni sorta d’ animale ond’è continuamente ricoperta la superficie, e la cui profondità raggiunge spesse volte due o più metri, ne fanno prova oltre la rigogliosa vegetazione, le analisi meccaniche e chimiche istituite dal celebre chimico Monselise di Mantova sopra un campione di terra raccoltavi e che comunicai al suddetto signore. Riporto qui senz'altro i risultati da lui ottenuti, come seguono: Peso specifico, (essicata a 60° c.) . . . .. 2.7472 Coefficiente di assorbimento dell’acqua . . 100 (Assorbe un peso d’acqua uguale al proprio) Analisi meccanica Acqua igroscopica (a 100° c.) . . . . . 3.7710! Materie ‘otgamibie teuoa gita, Ht20/0600 1 SAT Argilla, con traccie di calcare . . . . . 30.6172 Sabbia mista a molto ossido di ferro . . . 56.5001 Totale . . 100.0000. NB. Il campione di terra in esame, quando venga trattato con acqua, specialmente a caldo, sviluppa un acuto odore pa- lustre, commisto a quello della malta di calce. Analisi chimica centesimale della terra essicata a 60° c. Acqua igroscopica (a 100° c.). . . . . . 3.7710 Materia NOrB@niCi, 07 SN A RAR AIR Qsside*Mfi ferpone oto misetitv “St AUrOt9at II 9810002 VACANTE TA) POLE DIS GOI A TISCALI FRPIRBORI POPE pie e at i e ie ri ill viali pag. IA BFCO”TOSIOrI CO 1 IstReSt 19 DAPOTO7 BI ORloSO Materie insolubili nell’ac. cloridrico . . . 50.0785 Potassa ed altre materie indeterminate .. . 1.0045 Totale . . 100.0000 ! Acqua contenuta nel campione stato essicato alla temperatura di 60° c. NEL SUDÀN ORIENTALE. SLl Riassunto : Materie solubili nell’acido cloridrico . . . 49.92159/ » insolubili », L LDG TET Totale . . 100.0000 Ad un giorno di distanza dalla capitale del Galabat pas- sammo pel piccolo villaggio di Gedhebi ove sostammo nelle più calde ore del giorno, nè per questo volli trattenermi dal prati- care alcune ricerche entomologiche, e presso i pozzi scavati nel vicino torrente detto Khor el Fil o dell’ Elefante, trovai pure alcune interessanti specie d’Imenotteri, quali l’ Odynerus Mas- sauensis, Sauss. il Polistes fastidiosus Sauss. ed il marginalis Fabr. var. Stigma, Fabr. oltre ai già citati apiaridi: Apis uni- color, Latr. A. fasciata, Latr. e la vaga Trigona Beccarii di Gribodo. L'alba del giorno 20 marzo ci trovava di già tutti in sella, sicchè dopo una buona marcia di cinque ore, passando per lo- calità montuose, cosparse di molti detriti silicei, fra lave e ba- salti, usciti all'aperto, ci si presentò poco lontano la sospirata Metemma, la meta prefissaci, dopo la quale il nostro non sa- rebbe stato che un viaggio di ritorno verso il littorale passando però ancora per regioni da noi non per anco visitate. Incominciammo dapprima a distinguere i tut! poi le piccole case di fango con tetti piani formanti terazzi, indi le fortifi- cazioni e dopo un’ altra mezz’ora di rapido cammino, facevamo l’entrata trionfale nel bazar, caracollando sui nostri vispi de- stieri e fatti segno alla curiosità di mille sguardi di gente d’ogni costume e paese che trovasi colà adunata in quel giorno di suk o mercato. Fummo tosto accolti con isquisita cortesia dallo Sceik Saleh, governatore civile e militare del Galabat, il quale mise ad in- tera nostra disposizione il quartiere privato di sua abitazione, 312 P. MAGRETTI, fornendoci il pasto quotidiano consistente in pilaf,! karuff,° con salse di derderi assai piccanti, carni diverse, paste e legumi, in grande quantità. Anche le conoscenze che potemmo tosto qui fare con qualche negoziante greco, con Nasredin Ibrahim me- dico in capo dell’armata dello Sceik, e più tardi colla signora Giuseppina Potrus bel tipo di mora, nativa di quei luoghi ed educata in Europa, che parlava egregiamente il francese; il te- desco e l’italiano, e che trovavasi assieme al signor Palfy un- gherese, intrepido cacciatore ed incettatore di animali per i serragli e le collezioni, ci furono di grandissimo giovamento ser- vendoci come interpreti presso la Sceik ed istruendoci di molte cose che dovevamo venir a sapere con molta nostra sorpresa! Tutte le giornate passate a Metemma furono ricche d’emozioni e molto bene impiegate, visitando il Suk nei giorni di mercato, assumendo notizie sul commercio e sui prodotti più convenienti per l’esportazione, come per esempio, le pelli di buoi d° Abis- sinia, il caffè e la gomma che affluiscono a questo centro, non meno importante della vicina Ghedareff, apportativi dagli Abis- sini o dalle finitime tribù de’ Takruri. Fra uno spettacolo per noi sempre nuovo ed attraente quello del mercato co’ suoi mercanti abissinesi avvolti in lunghi sciamma più o meno bianchi e largamente bordati di rosso, un vero pa- ludamento che ci trasportava coll’immaginazione agli antichi romani, cotanto caratteristici e dignitosi sono i tipi e gli atteg- giamenti di chi li porta, e che, se non la civiltà, molti usi ancora conservano di quei potenti dominatori del mondo. Metemma, alla qual mal si adatta il nome di città, non es- sendo circondata da mura, ma da un semplice fossato, scorrente frammezzo a roccie granitiche, con sorgenti poco copiose, è un agglomeramento di parecchie centinaia di /ukw scaglionati sul leggiero pendio di una collina ad anfiteatro aperto verso mez- zodì, nel cui mezzo sorgono le case del bazar e sta la piazza 1 Riso cotto nell’acqua e ‘condito con droghe. 2 Montone. NEL SUDÀN ORIENTALE. ala del mercato: di case importanti non v'è che quella del medico sopracitato che è circondata all’intorno da amenissimi giardini con verdure d’ogni sorta, ! viti, palme e banane, bagnati per mezzo di sakkie, poi quelle del governatore, l’una come resi- denza governativa e l’altra privata poste in luogo elevato e dominanti tutto il paese. Nel bazar molti negozianti indigeni vendono erbe e semi d’ogni specie, dal Xowsso al capsico pepe rosso del Sennaar o derberî, molte essenze odorose, dal zevad o zibetto al legno di sandalo, gingilli ed ornamenti per le donne, consistenti in braccialetti, anelli d’argento, di cuojo o per lo più conterie di Venezia. Di comestibili, si vendono legumi d’ogni sorta, dalle cipolle, i porri, le bamie, quivi molto usate, ai piccoli pomidori; il pane di frumento è bruno, ma saporito, la carne, per lo più di mon- tone o di grosse antilopi, vien pesata sopra bilancie .di legno legate con funi, cui si contrappongono per pesi diversi sassi di varie grandezze, e si compera a bassissimo prezzo. I negozianti greci, invece, smerciano effetti europei, consi- stenti in sostanze alimentari conservate, formaggi, dolci, e, dove hanno maggior tornaconto, bibite diverse, dalla birra di Trieste al Vermuth di Marsiglia ed al verde arraky od assenzio che, dopo la mastica è la bevanda meglio preferita dagli indigeni, quantunque sia loro dal Corano vietato ogni liquido alcoolico. ° Nel Suk poi, si fanno gli scambî o gli acquisti, in cotone, caftè, durah, pelli, cuoj, avorio, gomme, miele e cera, cotonine e filati rossi, a prezzi generalmente molto rimuneratori. Ma è ora che venga a parlare delle mie caccie e raccolte pra- 4 Viddi qui coltivata la Luffa arabum di Prospero Alpino, corrispondente alla L. aegyptiaca di Linné, graziosa cucurbitacea il cui frutto, disseccato e decorticato, serve come spugna da bagno. 2 A questo proposito credo opportuno far noto che se alcuni vogliono affatto ban- diti i liquori in questi viaggi io, punto uso a berne, li trovai colà di prima neces- sità non meno dei cibi, perchè molto giovano a ricostituire il fisico ed il morale. Tali sono ad esempio il buon Cognac, ed il Rhum, l’Assenzio per corregger l’acqua; ed il vino vecchio di Barolo per guarire la nostalgia delle nostre abitudini. 314 P. MAGRETTI, ticate anche in questa località VOSGI conosciuta sotto il punto di vista zoologico della microfauna.® Parlando col signor Palfy che passò alcuni anni in quei paesi, sentii dello straordinario numero d’insetti, rettili, uccelli, che: si trovano durante l’ epoca del Kariff, quando però le circolazioni sono rese impossibili dallo straripamento dei fiumi e dal suolo molto fangoso nel quale s' affondano assai spesso cavalli e dro- medarî e quando la terribile mosca tsè-tsè fa stragi di quelle utili cavalcature. Io dovetti però accontentarmi del discreto nu- mero d’esemplari che potei mettere assieme, visto la stagione poco propizia per simili raccolte, rimunerato d’altronde forse più che affrontando le arie mefitiche e pestilenziali ond’è invasa la regione durante o poco dopo le pioggie. Alle grosse caccie del signor Palfy, che, freddo e buon tira- tore, affronta di piè fermo l’adirato e minaccioso bufalo, come s'è trovato molte volte al tu per tu coi leoni dell’ Atbara e della Schimfa, reputati molto feroci perchè di già assaggiarono la carne umana e non temono oramai neppure il fucile, alle sue colossali raccolte, venendomi detto, aver nella sua Zeridba più d’ un Rinoceronte ed un grosso Ippopotamo che voleva presto trasportar in Europa, io qui contrapposi la cattura di qualche uccello o rettile che più m’interessava, ed una più abbondante messe di minutissime specie d’artropodi fra le quali molte riescivano nuove alla scienza. Lo splendido storno dalle ali bleu-violacee, e dall’iride giallo- aranciata, (Lamprotornis chalybaeus, Ehrb.) frequentava in buon numero le alte piante di sicomoro empiendo l’aere de’ suoi gra- ziosissimi gorgheggi: ed il tubar continuo delle Tortore mi di- mostrava che in grandissima quantità s’aggiravano quei Colum- bidi (Turtur auritus, T. senegalensis, Ocna capensis), frammisti ai grossi branchi della Colomba livia L. di passo abbondante in quella stagione. Posata sulle piante o lungo le rive del fossato scorsi pure assai frequentemente l’ Ibis aethiopica Latr. arabo: Abu-mindyel, frammista talvolta alle piccole schiere delle Cicogne fra le quali NEL SUDÀN ORIENTALE. 315 più comune la Mycteria senegalensis, Shaw. Frugando fra le rive erbose mi venne*dato di far saltare anche un beccaccino (Gallinago scolopacinus Bp.) l’unico individuo di tal specie che m’abbia veduto in tutto il viaggio. Nell’acque del suddetto fosso che circonda la città erano frequentissimi i batraci, e di essi riportai qualche rappresentante di due specie di diverso genere quali la Rana occipitalis (Gunther) var. amharica ed il Bufo regularis, (Reuss.). Correvan su per le corteccie degli alberi molti sauri scincoidi; fra gli -altri posso qui notare le varietà A e C dell’ Ewprepes Savignyi di Dumèril e Bibron, e 1’ Agama colono- rum di Daudin. ; Il tipo degli Artroprodi mi presentò più copiose raccolte, per cui, incominciando dagli Aracnidi, citerò: la Thya imperialis, Rossi, lo Scytodes humilis, L. Koch, un esemplare di scorpione giovanissimo (Buthus quinque-striatus Ehr.), ed alcuni individui della Solenops aegyptiaca, Sav. Aud. forma strana e curiosa, i cui costumi furon già descritti da Cambrige; essa è frequente sulle pareti interne delle case e difficilissima ad esser catturata pel suo sfuggirsi rapida con prodigiosi salti laterali. Fra gli Ortotteri, la famiglia dei Mantidei era abbondante- mente rappresentata da individui della Fischeria Guerinii, Reiche et Fairm. alcuno dei quali ancora allo stadio ninfale e dall’Em- pusa fasciata, Brul., e quella degli Acridei, dall’ Acridium ruficorne, Fabr. var. citrinum Serv. dallo Stenocrobylus cervinus, Gerst. e dal Poecilocerus hieroglyphicus, Klg. ancora allo stato larvale. Degli Emitteri, oltre la già citata cicada trovai il Ny- sius senecionis, Signt.; di Coleotteri, fra i pochi raccolti, sono notevoli il Paussus Thomsonii, e la Melyris fulvipes, di Rei- che, come pure fra i Lepidotteri la Syntomis alicia, Butl. Ma più numeroso e di qualche interesse per l’entomologo e lo spe- cialista, fu il contingente offertomi dall’ ordine d’insetti da me preferito, sicchè noterò con piacere le seguenti specie: IcanEUMONIDI: Ophion repentinus, Holmgr. Charops breviceps, Kriechb. n. sp. 316 CRISIDIDI: CALCIDIDI: FORMICIDI : MoutILLIDI : ScoLmpi: POMPILIDI : SFECIDEI: LARRADIDI: FILANTIDI: DIPLOPTERI: + APIDI: P. MAGRETTI, Stilbum splendidum, Fabr. Chalcis Xerxena, Walk, T, Halticella mytis, Walk. Dirhinus excavatus, Dalm. Camponotus sylvaticus, var. maculatus, Fabr. Monomorium bicolor, Em. Cremastogaster senegalensis, Mayr. Mutilla signata, Klg. M. senegalensis, Guér. M. floralis, Klg. M. frontalis, Klg. M. Medon, Smith. M. Radoszkowskyi, n. sp. M. aureocincta, n. sp. Elis eriophora, Klg. ed E. coelebs, Sich. Paracyphononya Metemmensis, n. sp. Cyphononyx flavicornis, Fabr. Agenia nigro-aurantiaca, n. sp. Salius ruficornis, n. sp. Pelopaeus spirifex, Lin. P. Spinolae, Lin. var. rufo-pictus, mihi. Sphex Taschenbergi, n. sp. Larrada haemorrhoidalis, Fabr. L. obscura, n. sp. Philanthus coarctatus, Spin. Ph. nitidus, n. sp. Cerceris trivialis, Gerst. C. albicineta, Kg. Icaria xanthura, Sauss. var. o n. sp. ? Eumenes esuriens, Fabr. var. gracilis, Sauss. Rygchium laterale, Fabr., maschio, sesso finora sconosciuto. Odynerus parvulus, Lep. var. O. Metemmensis, n. sp. Halictus tumulorum, Lin. Nomioides pulchellus, Jur. Ceratina Savignyi, Radz. C. viridis, Guér. Anthophora nubica, Lep. Xylocopa carinata, Smit. i rn RR ii re E te n tn ninni in n NEL SUDÀN ORIENTALE. SIT Nelle case, e precisamente nella camera stessa ov'io dormiva, erano ospiti benvenuti alcuni individui dell’ Eumenes tincetor, che costruisce sulle pareti, nidi in terra cementata, consistenti in due o tre celle provviste di quattro o cinque larve di geo- metre. Durante il giorno, vedeva sovente lo Stubum splendidum, Fabr. volar attorno a quei nidi per deporvi qualche ovo paras- sitario, ed alla notte le formiche del genere Camponotus (C. sylvaticus, var. maculatus) s’ aggiravano in buon numero sulla nostra faccia e sulle mani, producendoci una digustosa sensa- zione di freddo. Alle infinite gentilezze usateci dallo Sceik Saleh, noi rispon- demmo con alcuni doni consistenti in armi, tende, suonerie, ed un telefono Nigra che fu da lui molto ammirato ed apprezzato ed il giorno della nostra partenza, che avveniva il 29 dello stesso mese, dopo cioè dieci giorni di permanenza in sua casa, ci regalò un magnifico cavallo bajo di razza indigena, oltre parecchi scudi e lancie in uso presso quelle genti. Ci scam- biammo affettuosissime strette di mano, collo Sceik, col signor Palfy e colla signora Giuseppina e sulla sera lasciavamo Me- temma, per volgere al Nord e raggiungere Kassala al più presto possibile. Presa la strada per Doka, sostammo una notte ali villaggio di Raschid-Vasai ed il giorno susseguente giungevamo in quella grossa ed importante borgata prendendo alloggio presso un negoziante greco fratello di uno che avevamo cono- sciuto in Kassala. Durante questo primo tratto di cammino, fatto per lo più di notte, rischiarati da una splendida luna e con una frescura che ci obbligava a servirci dei nostri man- telli mentre procuravamo sfuggire agli eccessivi calori diurni accampandoci in qualche buona posizione, non ho da segnalare che la cattura d’ un grosso avaltojo (Helotarsus ecaudatus, Daud., in arabo: Sager-el-arnab) detto il giocoliere, per i caracolli e capitomboli che fa nell’aria quando vola; non è comune nè molto facile a incontrarsi; Le Vaillant dice averlo sempre tro- vato accoppiato, mentre anch’io, come l’ Heuglin, non ne avrei Vol. XXVII. 21 , 318 P. MAGRETTI, visto che uno solo, posato sull’alta cima d’un albero, ove a tutta prima sembrò a’ miei compagni una piccola scimmia. Ha abitudini notturne, va in caccia alla sera, nutrendosi di ret- tili d'ogni genere; gli trovai indosso un pediculino parassita riferibile al Laemobothrium giganteum, Nitch. Colsi ancora due piccioni ad una fava, coll’impossessarmi d’un serpentello, rife- ribile al genere Bo@eodon ed alla specie Capensis di Dumeril e Bibron, il quale stava ingoiando un piccolo sauro (Euprepes Savignyi, Dumeril e Bibron). Occorsemi pure soventi volte di rimarcare come certe piante d’ Acacia portassero, alla base delle loro. lunghe spina; un particolare rigonfiamento che fe- cemi pensar tosto ad una produzione galliforme; nè male mi apposi, chè in parecchie di esse trovai una piccola larva ver- dognola che non potei verificare se fosse di Imenottero o di Lepidottero. È questa, infatti, l’Acacia soffar! chiamata fistula dallo Schweinfurth, per la curiosa particolarità che, quando l'insetto sviluppato esce dalla galla, lascia, naturalmente, un piccolo foro circolare, che fa delle spina un vero strumento musicale producente suoni svariati quando il vento vi soffia frammezzo. In vicinanza ai pozzi di Doka, sui fiori della comunissima ed alta asclepiadea (Calothropis procera), potei raccogliere ancora fra gli Imenotteri, la già citata Xylocopa aestuans, Latr., la Megachile basilaris, Moraw., la Ceratina viridis Guér., il raro Harpactopus crudelis, Sm., una nuova specie di Salus, che de- nominai elongatus, il Pepoleus Spinolae, Lep., la Larrada obscura n. sp. ela Notogonia argyropyga, var. Costae, l'’Odynerus interrup- tus Sauss., e la Mutilla histrio, Lep. Frequentavano pure quei fiori un piccolo Dittero, l’Anastrepha longistylus, Wied., e due man- tidi, la Hierodula bioculata, Burm., e 1’ Hoplocorypha rapax, Sauss., la prima. delle quali deponeva sulle pietre delle ovote- che veramente colossali: frequentissima pure la varietà citrimum dell’Acridium ruficorne, Fabr. 41 Voce araba che significa corno. iii, NEL SUDÀN ORIENTALE. 319 Da questo punto a Dotbana grosso villaggio sull’ Atbara, im- piegammo buona parte di due giornate, camminando fra estese pianure dapprima, poi sorpassando diversi altipiani o contraf- forti di terreno molto fertile, ove l'’humus presentava una profon- dità di parecchi metri, e la dura) (Sorgum vulgare, var. africa- num?) vi era molto estesamente e con profitto, coltivata. Lo ‘ Sceik del villaggio, ci inviò una bevanda acidula, detta abri fatta con acqua e pan di durak, fermentato, dell’idromele, un montone e foraggi pei cavalli ed al mattino seguente quando partendo, ci recammo alla sua abitazione per ringraziarnelo, ci offrì ancora qualche fingian di saporitissimo caffè, facendoci in- gojare, contro nostra voglia, due o tre grandi tazze d’idromele. Quel giorno venimmo anche rinfrescati da una pioggia tranquilla, che durò parecchie ore, era la prima che vedevamo cadere ed era un certo indizio dell’avvicinarsi del Kariff in quelle re- gioni. Attraversando il villaggio di Nahumma, trovammo una ca- rovana di parecchie centinaja di dromedarî carichi di dura destinata alle tribù dei Degga ed accampata nel mezzo d’ una grande piazza, viddi pure alcune donne seminude dalle mam- melle molto lunghe e pendenti, ragazzi che fuggivano al solo vederci, ed ancora i Silos o granai scavati nel suolo, sparsi qua e là, cosicchè tutto dava a quel paese un aspetto che ce lo fece parere più orientale degli altri. Arrivammo quindi a Tu- mat, dopo una marcia di quattro ore in mezzo a sterminate pia- nure affatto prive di piante e sol coperte da graminacee nelle quali scorsi però molte mandrie di buoi e giovenche ad indi- carmi che la pastorizia vera colà abbastanza fiorente. Fummo anche qui accolti con un’ ospitalità veramente ina- spettata, dallo Sceik Wosait, bella e simpatica figura di arabo, che al sorriso benevolo, aggiungeva nel saluto una così forte stretta di mano da farci sobbalzare. Ei ci fece tosto por- tare dei magnifici angaredb, ricoperti da grossi tappeti, poi ci servì un pranzo all’araba col solito Karuff e le solite cipolle: compiacendosi a guardarci mentre noi facevamo onore alle sue offerte. 320 P. MAGRETTI, Giace Tumat, molto vicino alla sponda sinistra dell’ Atbara, quasi dirimpetto al punto nel quale mette foce il Settit; i din- torni sono amenissimi perchè il terreno è leggermente ondulato e verdeggiante: recatomi, verso il calar del sole, lungo le rive del fiume, cacciai alcuni piccoli trampolieri fra i quali 1’ Hoplo- pterus spinosus, Hasselq., l’Himantopus candidus, Bon., osservan- dovi molte Ardee, Cicogne ed Anitre, e sporgente dall'acqua a guisa d’una lunga bottiglia, la testa d’un giovane Coccodrillo. Al partire da Tumat, fummo accompagnati per buon tratto dallo Sceik, che ci seguì montando un asinello sollecitato al di dietro da due ragazzi, e quando ci lasciammo definitivamente, una vigorosa stretta di mano fu il saldo della reciproca sim- patia goduta per breve tempo fra noi e quel potentissimo capo d’una tribù molto estesa, tributario verso l’ Egitto dell’ annua somma di 50 mila talleri. Dopo tre ore di marcia guadammo l’Atbara in un bel posto portandoci sulla riva destra che costeggiammo fino a poca distanza da Kassala. A Hassaballa il paesaggio circostante fu per noi sorprendente; sulle larghe sponde sabbiose del fiume, stavano accampati, parecchie migliaia di dromedarî, parte for- manti carovane dirette a Metemma, ed il resto proprietà di alcuni Sceik, dei quali rappresentavano le ricchezze essendovi molte femmine da razza coi loro piccolini che allattavano. Colà, ricercando fra le sabbie e sopra l’erbe o sui fiori del cotone coltivato in grandi estensioni, potei raccogliere ancora fra gli Imenotteri il Pompilus ruficeps, Evers., la Ceratina Savignyi, Rad., la Megachie terminata Morav., la M. denticulata? Reiche, l’ Anthophora quadrifasciata, var. alternans, Klg., l’Apis fasciata, Latr., e de’lepidotteri l’ Anthocharis eupompe, Klg., trovando ancora assai frequente sopra i cavalli ed i dromedarî la nuova specie di dittero descritta da Bigot col nome d’ Hippobosca su- danica. NEL SUDÀN ORIENTALE. 321 * TE Alfine, dopo una marcia continuata di quattordici ore, met- tendo i cavalli e gli adgen ora al passo ed ora a leggier trotto, arrivavamo in Kassala la mattina del giorno 8 Aprile. Sostammo quivi tre giorni allo scopo di rifornire la nostra carovana di quan- to necessitava, avendo dovuto cambiare i camellieri, e procurarci altri dromedarî per caricarvi i nostri bagagli; dopo di che, intendendo ripartirci al più presto possibile per Massauah, lasciavamo Kassala la mattina del 12 facendo una prima tappa al villaggio di Sebderat, a quattro ore ad oriente della città. Quivi lo Sceik Fakir-Hamid-Helgadi venne a trovarci appena seppe ch’ eravamo accampati in un bosco poco lungi dalla sua residenza, inviandoci in seguito un grosso montone e del fresco latte che furono i molto benvenuti. Ai pozzi nel letto del Khor el Sebdarat raccolsi qualche Imenottero interessante come: Mu- tilla coeca, Radosz., Agenia nigro-aurantiaca, n. sp., Bembex Do- riae, n. sp., B. glauca, Dahlb., Oxybelus lamellatus, Ol., Odyne- rus Magrettii, Grib., Camponotus sylvaticus, OL, C. niveosetosus, Mayr., Myrmecocystus viaticus, Fabr., Aphaenogaster barbara, Lin. ed il maschio, finora sconosciuto, dell’ Ampulex nebulosa, Smt. che catturai sopra il tronco d’ un grosso Baobab; de’ co- leotteri, il Paederus sabaeus, Er. ed i seguenti aracnidi: Her- silia caudata, Sav. Aud., Galeodes graecus, C. L. Koch., Rhax melanocephala, Sim., maschio, sesso ch’ era finora sconosciuto; poi una specie di piccola Zecca (Ornithodoros Savignyi, Aud.), che a migliaia infestava noi ed i nostri cavalli ogniqualvolta si voleva prender un poco di riposo all’ombra, di già scarsa, delle avvizzite Mimose. Un’ altra zecca più grossa (Hyalomma drome- darti, C. L. Koch), riusciva molto importuna ai dromedarî as- salendoli agli occhi, al ventre, e fin nelle orecchie. Prima della nostra partenza, venne ancora lo Sceik e ci in- vitò a visitare il suo villaggio, che trovammo veramente carat- teristico per la posizione montuosa, e pei suoi tukul costrutti 322 P. MAGRETTI, in pietra coi tetti di paglia. Alcune ragazze, sol coperte al da- vanti da semplice futa di cuojo pendente. a triangolo sopra il pube, improvvisarono una danza e noi intanto gustammo una tazza di prelibato caffè molto rinforzato con essenza di chiodi di garofani. Finalmente, salutato il nostro gentilissimo ospite, con- tinuammo il viaggio passando per paesaggi sempre più stupendi che già accennavano alle bellezze di quella regione che noi an- davamo lasciando a sud-est e per cui l’Abissinia venne giusta- mense chiamata la Svizzera Africana. Ad un giorno e mezzo circa da qui pervenimmo al Kor Assua: l'ampio letto di questo torrente, allora asciutto come tutti gli altri, era qua e là forato da larghi e profondi pozzi presso i quali stavano molti indigeni ad attinger acqua per abbeve- rare numerose mandrie di buoi e giovenche. Noi trovammo anche qui un'acqua abbastanza putrida, che dovemmo correg- gere con molto assenzio, per confondere con questo i varì sa- pori che essa presentava a cagione delle materie organiche cor- rotte da cui era inquinata. Bisogna infatti sapere che a questi pozzi oltre i pastori ed il loro bestiame che vi vanno in certe ore del giorno, traggono continuamente, migliaia e migliaia d’uc- celli, dai più piccoli passeri, alle tortore, galline faraone, corvi, avoltoi, ecc., oltre i quadrupedi, che vi si recano per lo più qualche ora prima dell’albeggiare od alla notte; l’acqua ne riesce quindi intorbidata e ripiena degli sterchi d’ogni sorta d’animale, quando pure non ve ne sia qualcuno che, impiglia- tosi fra i rami onde sono rivestite le pareti interne per sostener la terra all’ingiro, vi muoja, e vi resti ad imputridire, rendendo così quell'acqua del tutto imbevibile. Quante volte ci capitò d’ arrivare a simili pozzi, ove spera- vamo estinguer un poco l’ ardente sete, e ne dovettimo ripartire veramente idrofobi per così penosa delusione ! NEL SUDÀN ORIENTALE. 323 * aio Essendo allora entrati nelle regioni della tribù Barea, rino- mati pel loro ladroneggio, ci aspettavamo da un momento al- l’altro qualche assalto diretto sulla nostra carovana; nulla in- vece ebbimo a soffrire per il minimo disturbo o tentativo di furto. La caccia alle galline faraone ed ai Francolini era sempre ‘copiosa, vi si aggiunse poi quella divertentissima alle Otarde (Otis arabs, Lin. = Eupodotis arabs, L., in arabo: Hubarah) molto frequenti in certe pianure a gesch e Mimose e che cac- ciavamo stando a cavallo per poterle meglio avvicinare. Si ve- devano pure in buon numero diverse specie di piccole Gazzelle, quali la graziosa Dik-Dik (Neotragus saltianus, Blainv.), così denominata, pel modo suo di correre sempre a salti, l’ Antilope melanotus, Forst., 1 A. euchore, Forst., e le grosse e superbe Agasen (Strepsiceros Kudu, Gray.). Nelle fitte selve ad alto fusto, coi grossi sicomori e le fronzute Palme dum (Cucifera thebaica, Del.), ammirava i Baobab, (Adansonia digitata, Gr.), Veramente giganteschi perchè le loro circonferenze giungevano talora sin ai 15, 20, 25 metri con un’ altezza dai 15 ai 20; essi seguono certe costanti direzioni da Nord a Sud, per cui se ne vedevano, di tratto in tratto, file assai estese, le cui cime elevate si perdevano nel lontano orizzonte. Animavano ancora quegli oscuri recessi, qualche Sciacallo, grossi gatti e le lepri che timidamente se ne fuggivano, oltre alle numerose schiere alate fra le quali i verdi Coccoritos, le Gazze ed i Bu- ceros (Buceros erythrorhynchus, Tem., B. nasutus, L.), rompean l’aere colle loro acute strida. Nel Khor Cheru, che attraversammo in corrispondenza ad alcuni pozzi, raccolsi parecchi interessanti insetti quali: Danais chrysip- pus, L. ed Acraea Doubledayi, Guér., fra i lepidotteri; degli Ime- notteri l’ Apis unicolor, Latr., l Elis eriophora, Klg., il Chlorion melanosoma, Smith, la Larrada aurulenta, Fabr., la funebris, 324 ..P. MAGRETTI, Radosz., e la Tachytes fluctuata, Gerst.; tre rare specie riferi- bili al bel genere Stizus, quali: il Succineus, Klg., il Vespoides, Walk., e l apicalis, Guér., poi la Bembex Doriae, n. sp., che aveva di già raccolto ‘al Khor Gergabb ed al Sebderat, alcuni vesparidi, fra i quali l_Ewmenes Lepeletieri Sauss., il Rhygchium cyanopterum, Sauss., ancora l’Odynerus Magrettii, di Gribodo, l’Odynerus carinulatus, Sauss., ed un individuo riferibile a spe- cie nuova per la quale dovetti creare un nuovo genere affine al già conosciuto Ischnogaster e che perciò denominai Ischnogaste- roides flavus.* Accanto ai pozzi molti indigeni coperti da piccoli grembiuli di cuojo, stavano attingendo acqua che versavano in bacini lì presso costrutti colla terra che andavano battendo e bagnando di quando in quando perchè non si screpolasse. Accompagna- vano il loro assiduo lavoro con una cantilena speciale, che aveva già rimarcata nei facchini negri scaricanti le merci da bordo, e poi anche a Kassala, ma che qui mi sembrava assai più spic- cata e prolungata. Dicono, sia codesto un canto od una pre- ghiera, invocante qualche protettore ad ajutarli nell’ opera che stanno compiendo. È certo però che tale cantilena nel tono, colla quale viene pronunciata, attrasse la mia attenzione e. mi impressionò alquanto. Trovai qualche cenno sopra questo fatto nel Viaggio in Abissinia di Lejan® il quale però dice d’esser dolente di non aver notato questo canto bizzarro dei pastori mentre attingon l’acqua con otri di cuojo. Stando loro vicino, presi nota dei varî suoni coi quali ve- nivan espresse le dette parole, cosicchè posso qui riprodurre il metro, che si ripete così: jaa-ma-la-dì, j00-fin-dè, ja-ca-indè, 0-aa-la-là, jaa-ma-la-dì, eni-tè, jaa-ma-la-dì (ripetuto tre volte), salee-re, jo-00-MHlè (due volte ri- petuto), can-di-lajà, (due volte ripetuto), 00-l0-kà, e così di se- 1 Vedi le descrizioni in: Bull. Soc. ent. it., Anno XV (1883), pag. 251, fig. 3.8, n. 91; ed Annali Mus. Civ. di St. nat. Genova, Serie II, Vo!. I (1884). 2 Vedi Giro del Mondo: Vol. V e VIII, i É NEL SUDÀN ORIENTALE. 25 guito, con qualche nuova parola, fra le altre sempre ripetute, mentre guardavano nell’interno del pozzo. Anche là un infinito numero d’uccelli era attratto attorno ai pozzi appena che gli uomini si fossero ritirati. Distogliendo la mia attenzione dagli insetti, che pure vi s’aggiravano in copia, viddi le piante, sovrastanti alla ripa del torrente, lette- ralmente piene e straboccanti d’ uccelli che vi s’eran posati attendendo che solo di poco io m’allontanassi per calar tosto a saziare l'ardente sete dalla quale sembravano pur essi tor- mentati. V’erano Corvi, Colombi, Pappagalli, Storni dal metal- lico piumaggio, i grossi e stupidi Buceros, le belle Meropi, le Gazze cilestri, e più di tutti innumerevoli i piccoli passeri, fra i quali risaltavano le graziose Estrelde, la bengala, Lin. e la minuta, Viell. Più avanti fra le roccie, si trovavano molto fre- quenti i timidi Iraci riferibili all’ Hyrax hrabyssinicus Hempr. ed Ehr. chiamato in lingua amarica ascoco. Pochi giorni ancora distavamo da Keren e noi desideravamo ardentemente d’arrivarvi nel pensiero che di là presto avremmo raggiunto Massauah per poi avviarci verso casa, chè, in certi momenti, ci sentivamo proprio stanchi del continuo viaggiare e d’ un clima che prostrava interamente le nostre forze. A riac- cendere però alquanto gli affievoliti spiriti e ad attutirci siffatti desiderî, facendoci all'opposto tornar gradito un più lungo sog- giorno in quei luoghi, valsero alcune avventure di caccia cui vado accennando. La sera del 16 aprile, dopo cinque ore di marcia dall’ alt fatto durante il giorno, precedevamo di buon tratto la carovana, ed oltrepassando gli avvallamenti che ci annunziavano la vici- nanza di un grosso torrente, il Barka, verso le 10, rischiarati da una splendida luna, ci arrestavamo nel largo letto di quello che per la finissima e bianca sabbia sotto i riflessi dell’argenteo satellite, ci sembrava un ampio strato di neve. La neve!!.... qual brutta parola, per ridestarci un’ immagine, valevole ad aumentarci il tormento fisico che allora ci assaliva, la sete! Andammo tosto in cerca di qualche pozzo che potesse esser 326 P. MAGRETTI, stato anche là scavato; lo trovammo, ma il suono d’una pietra fattavi cadere, ci apprese tosto la triste realtà della mancanza d’acqua: restai come assopito sul mio cavallo. Allora la nostra guida Mohammed si allontanò in altra direzione; noi quasi già dormivamo perchè oltremodo stanchi ed affamati, quando ad un tratto vediamo il Kabir, correr verso di noi gridandoci tutto affannato: Tlata assad! tlata assad! egli aveva visto tre leoni, vicino ad un pozzo provvisto d’acqua, e ne era fuggito abba- stanza spaventato. Per noi fu come un grido d’allarme; scesi da cavallo ed impugnati i nostri fucili, ci dirigemmo in tre nella direzione che ci segnava la guida, e diffatti potemmo ve- dere i tre grossi animali che s’avviavano lentamente verso la boscaglia; non si tirò loro nella speranza di poterli avvicinare di più, ma invece, appena erano entrati nell’ombra projettata dalle alte palme non vedemmo più nulla, e fummo salutati da parecchi ruggiti che echeggiarono maestosamente per quelle selve e parmi ancora sentirli risuonare nell’orecchio!! Vidi solo per qualche istante brillare nell’oscurità due grandi occhi di fuoco; ci gettammo sconsideratamente in quella direzione penetrando buon tratto nella fitta selva, ma tutto fu vano: n’eravamo però appena dipartiti che altri sonori hum/! huwm/! ci richiamarono sui nostri passi trattenendoci in agguato. presso il pozzo: e, quantunque dietro alle nostre spalle ci risuonassero di nuovo i ruggiti di quel vero re della foresta e noi ci aspettassimo un suo assalto da un momento all’ altro, per quella notte non ci venne dato rincontrarci coi nostri nuovi ospiti, d’altronde molto riserbati. Si decise allora di sostare per qualche giorno in queste amene località e, messoci d’accampamento sotto le ombrose palme, io mi aggirava quasi tutto il giorno, addentrandomi nei più oscuri recessi della selva, ove oltre alle galline faraone, ai francolini, ai Dik-Dik, alle lepri ivi molto abbondanti, feci preda di al- cuni individui di Chirotteri fillorini megadermidi, riferibili alla grossa ed interressante specie di colore gialliccio il Megaderma frons, Geoffr. Osservai pure nidi giganteschi delle solite. Ter- È { ; NEL SUDÀN ORIENTALE. D27 miti, raggiungenti sin 4 metri d’altezza con due o più di cir- conferenza. Fra gli altri insetti, d’Imenotteri non trovai che il Pelopaeus spirifer, L. frequente anche in Italia, e sparso in Africa sino al Capo di Buona Speranza, la Bembex glauca, Dahlb. e V_Ew menes concinna, Sauss.j dei Ditteri il Leptomidas fulviventris, specie nuova descritta dal signor Bigot sopra due esemplari co- municatigli. Prima di lasciare questa località, ebbimo ancora parecchi in- contri col leone e col leopardo che sembravano ivi molto fre- quenti, ma che sempre cercavano di sfuggirci. Anche più avanti, a solo qualche giornata da Keren, sempre seguendo il letto del Barka fra paesaggi incantevoli, trovammo diverse specie d’an- tilopi ed ancora i leoni che, in sulla sera, s’avvicinavano alla nostra carovana, recandosi a bere ai pozzi. Per effettuare delle caccie più fortunate in quei dintorni, occorreva esser in piccol numero, in due o tre al più, intelligenti di caccia ed accordantisi meglio nel programma da seguire. Proseguimmo così il nostro cammino ed una notte, perdute le traccie della carovana che ci precedeva, ci imbattemmo in una zeriba di soldati egiziani i quali, avendoci presi. dappri- ma per predoni abissini, ci vennero incontro minacciosi colle armi.' Accortisi del loro errore, ci colmarono poi di gentilezze, ci offersero cibo e bevande e ci volevan trattenere per le caccie ai leoni, ai leopardi ed agli elefanti che dicevano abbondare a poca distanza di là. Il loro capo spedì tosto un giovane soldato, che partito di corsa, quantunque notte, ritornò poco dopo dandoci la lieta novella che la carovana era accampata non molto lungi da noi. Quel giovane ci servi poi di guida sino & Keren ove teneva moglie e figli. 1 L'Egitto teneva allora dei soldati a presidio dei confini per frenare le frequenti scorrerie degli Abissinesi che venivano a predare nei Bogos; ora, col trattato del set- tembre 1884, conchiuso fra Mohammed Tewfik Khediwe d’ Egitto, S. M. Johannes, negus d’ Etiopia e S. M. la regina d’Inghilterra, questa regione venne rimessa al re d’ Abissinia, con libero passaggio da Massauah. 328 P. MAGRETTI, La mattina del 21, rinfrescati da una brezza che soavemente lambivaci il volto, attraversammo un piano sul cui sfondo le montagne d’ Abissinia presentavano il loro curioso profilo nelle alte vette arrotondate e costituenti le cosi dette Ambe o for- tezze di quel paese cotanto ben delimitato. Ci internammo poi in una valle assai pittoresca serrata fra rupi scoscese e, dopo aver cacciato un numeroso branco di grosse scimmie ( Cymoce- phalus hamadryas) scorgemmo le case di Keren poste in loca- lità elevata, in amenissima posizione, dove anche si gode d’una temperatura assai mite. Quì, presso un dakkali greco dapprima, e poi in casa d’un con- nazionale, già da anni stabilito in Keren, trovammo di che ri- storare le nostre forze, nutrendoci abbastanza bene. Dal mode- nese signor Cocconi infatti, e dalla sua gentil consorte, ebbimo un mondo di gentilezze ch’io non dimenticherò giammai e che valsero a lasciarmi una delle più belle impressioni di viaggio ripensando alle allegre giornate ivi strascorse, in compagnia di quella egregia famiglia e d’altri Italiani. Vi conobbi colà il signor Andreoli, giovine di molto spirito, ed il signor Canta- tore, tutti bravi piantatori di tabacco dal quale ricavano se non grande, almeno un soddisfacente compenso alle loro fa- tiche e spese. Ci mostrarono i loro giardini ed orti ove tenevano ogni sorta di legumi, agrumi, cereali e frutta e che coltivavano essi medesimi con grande cura ed amore. In Keren visitammo il governatore civile ed il governatore militare, entrambi Egiziani cordialissime persone, come pure i padri e le suore della Missione francese che vi tengono immensi fabbricati, una bella chiesa e scuole per gli Abissini volti al cristia- nesimo. Infatti sulla spianata in mezzo alla quale sorge Keren, veggonsi le case distribuite in tre distinti gruppi. Sulla destra di chi vi arriva da Massauah, s’innalza il forte occupato dal gover- natore militare col suo presidio armato; più sotto nel mezzo, sorgono molti tuXulZ e case in mattone, abitati i primi dagli in- digeni Musulmani, e le altre dagli Italiani e dai Greci che vi tengono il Bazar; più da lungi a sinistra, verso le prime appendici n de > le Alici —_ — NEL SUDÀN ORIENTALE. 329 delle montagne abissinesi, sono le case della Missione circondate da tukul, variamente disposti ed abitati dagli Abissini cristiani. Dal gruppo di mezzo a quest’ ultimo v'è un buon tratto di strada nel quale stanno accampati i pastori con grosse mandre ‘ di buoi o di pecore somministranti latte e carni a quegli abi- tanti. Davanti al Bazar, nel mezzo della piazza sorge il forno pel pane, e più sopra un largo circolo di informi pietre serve qual luogo sacro alle preghiere dei Mussulmani. Ricercando sotto le pietre, potei trovare, malgrado la sta- gione poco opportuna, alcuni aracnidi, che vennero studiati dal distinto aracnologo, il Prof. Cav. Pietro Pavesi della R. Univer- sità di Pavia, e sono: l’Argiope Lordii, Cambr. l’Ictidops Redi, Sav.-Aud. il Menemerus Heydenii, Lin. Raccolsi pure fra gli Ortotteri, due specie di Blatte trovate nelle case quali la pic- cola Oxyphaloa fuiviceps Klg. e la grossa Periplaneta ameri- cana Lin. de’ grilloidei, il Brachytrypus membranaceus, Drury, il Myrmeleon flavus (?) fra i Neurotteri e, sui fiori, negli orti suaccennati, i seguenti Imenotteri: IcaneumonIDI: Platylabus afer, Kriechb. n. sp. CRISIDIDI : Stilbum splendiduun, Fabr. var. minuta. Formicni: . Megaponera faetens, Fabr. Aphaenogaster barbara, Lin. SCOLIDI: Myzine sex-fasciata, Rossi. Elis caelebs, Sich. PomPILIDI: Paracyphononyx Metemmensis, n. sp.; var. P. Paulinerii, Guér. SPEGIDEI : Ammophila n. sp.? Pelopaeus Spinolae, Lep. LarrapIDI: Larrada haemorrhoidalis, Fabr. NissonIDI: Stizomorphus tridens, Fabr. FILANTIDI: Cerceris trivialis, Gerst. CrasronIDI: —Oxybelus lamellatus, OI. DipLoPrERI: . Polistes marginalis, Fabr. var. stigma, Fabr. Belenogaster junceus, Fabr. che viddi costrurre il nido nella casa di Cocconi. Odynerus Metemmensis, n. sp. 330 P. MAGRETTI, AnpreniDI: Nomioides minutissima, Rossi. APIDI: Allodape candida, Smitb. Anthophora nubica, Lep. Trigona Gribodoi, n. sp. Dalla casa dei Missionarî, ebbi una grossa scolopendra, forse riferibile al Trematoptychus afer di Peters. Durante i quattro giorni di nostra permanenza in Keren ve- nimmo a conoscere parecchie cose che assai ci interessarono sui costumi particolari di quelle popolazioni, ma ch’io tralascierò dal descrivere non volendo ripetere quello che già altre penne, della mia più valenti, assai bene e minutamente descrissero. Dirò solo d’una bibita particolare molto in uso nell’Abissinia, chia- mata Tetch, che è il risultato del fermento d’una miscela d’ac- qua con infusione d’un legno (guécko) molto ricco d’acido tan- nico, mista a miele, ma che non può soddisfare a tutti i gusti per la sua asprezza e potenza astringente. Io preferiva di molto il latte quando però venivaci pòrto genuino, non allungato cioè con acqua calda per farcelo credere appena munto, e quando non era stato tenuto in quei famosi cestelli di vimini intonacati di sterco bovino e che vengono sovrapposti ad una viva fiamma affumicandoveli intieramente! Sentii pure della barbara usanza di quei pastori di soffiar per entro la vulva delle giovenche affine d’aumentare il prodotto di secrezione delle mammelle! Alcune ore prima della nostra partenza da Keren vennero a noi due belle giovani abissinesi e, fra le altre cose, ci doman- darono dei liquori, accompagnando la loro domanda col segno della santa croce per farci comprendere ch’ erano cristiane e che potevan quindi usufruire di quei vantaggi che l’islamismo non concede!! Scambiateci le ultime strette di mano coi cari compatriotti che lasciavamo ancora in Africa, e che ci vennero ad accompa- gnare per buon tratto di strada, proseguimmo il viaggio e ci ar- restammo a pernottare alla vicina stazione di Gonfalon. Oltrepassato dunque il Sennaheit, eravamo entrati nella stu- NEL SUDÀN ORIENTALE. 331 penda valle dell’ Anseba, verdeggiante e lussureggiante della flora abissina in tutta la sua varietà e splendidezza di forme. Oramai non avevamo a lamentare la mancanza dell’ acqua, e l’occhio nostro si fermava volontieri sui ‘tappeti di smeraldo e sui rigagnoli che fiancheggiavano il sentiero da noi seguito: l’u- midità era anche forse troppo, chè al mattino ci alzavamo cogli abiti completamente inzuppati d’acqua per l’evaporazione della notte, la quale portava anche un abbassamento di temperatura molto sensibile. Da quì sino a Kalangalai e più avanti sino oltre Ain, fu un viaggio delizioso in mezzo a quelle molli valli sulle cui lievi appendici potei scorgere ancora i colossali Baobab, ! la Palma dum la Palma dicotoma coi rossi e duri noccioli della quale vengon fatti i rosarî che servono di passatempo fra le mani degli oziosi Arabi, il Ficus populifolia, intrecciato da fitte liane, il Tamarindus indica, del quale gustammo i succhi celati nelle ruvide drupe, i Tamarix dalle cui cime innalzavansi spesso gli arbusti del Vischio parassita, una volta misterioso emblema dei druidi silvani, i Balsamodendron, e l’Euforbia arborescente (Euphorbia abyssinica) a forma di candelabro, detta anche Kol- qual, che dava un aspetto molto caratteristico a quelle località; eravamo insomma nella patria della vaga Coracias afra e del- l Abbagumbà (Bucorvus abyssinicus) che potei solo vedere qualche istante senza aver il tempo di prenderlo di mira; eravamo nel paese dei Bogos cotanto maestosamente illustrato dall’ Issel ? e del quale già molti viaggiatori ne hanno decantato le bellezze naturali. Nel Khor Saua trovai di notevole un grosso miriapodo julide probabilmente riferibile allo Spirostreptes gigas, Peters. inoltre, 1 Baobab, è nome dato dai Bogos alla già citata Adansonia digitata Juss.; esso viene anche chiamato Kommar-gangolos. Dai suoi frutti, ricoperti da grossa cor- teccia legnosa, vien tratta una farina atta a far pane, oppure usata in bevanda; colla corteccia si fanno bellissime corde a treccia. 2 V. Viaggio nel mar Rosso e tra î Bogos, nella Biblioteca di viaggi, Ed. Treves, Milano, 1876. 332 P. MAGRETTI, la Clonaria gracilis, Burm. la Cosmorhyssa sulcata, Thunb. ed una specie tuttora ignota del genere Stenopelmatus, nell’ ordine degli Ortotteri. | Fra gli Imenotteri raccolsi ancora la Larrada haemorrhoidalis Fabr. e la Mutilla Pavesii, specie nuova e ben distinta che altrove descrissi e figurai dedicandola al nome dell’ottimo mio maestro il prof. cav. Pietro Pavesi. De’rettili potei accalappiare alcuni sauri riferibili all’Agama colonorum, Daud. ed alla Lacerta samharica, Blanf. Per alcune notti sentimmo di nuovo echeggiare il ruggito del leone, del quale scorgemmo al mattino le traccie non molto discoste dall’accampamento, ma erano gli ultimi saluti che l'Africa inviava ai suoi novelli visitatori per lasciar loro un più fresco ricordo delle sue misteriose attrattive; era il caldo bacio della magliarda sirena che prende il pegno per un prossimo ri- trovo, chè tre giorni dopo ci trovavamo di già in un mondo abbastanza incivilito ! Proseguendo il cammino, pervenimmo al Khor Lebka, ed anche qui, come già per lo addietro, non potei tralasciare dall’ammirar i cumuli di piccole pietre calcari talora bianche talora nere, dei quali eran coperti i sepolcri sia lungo il sentiero, che aggrup- pati in località elevate. Le pietruzze nere indicavano, come di solito, che gli individui ivi sepolti erano stati uccisi per mano di rivali e che non ne era ancor stata fatta vendetta, sopra di questi o sopra i membri delle loro stesse famiglie, non s’era cioè pagato il così detto prezzo del sangue, dopo di che era obbligo dei parenti di sovrapporre alle sepolture le pietruzze bianche. Avrei ben io desiderato prendermi con esse una migliore e più giusta soddisfazione, scoperchiandone alcune per esportarne i cranî o qualche intero scheletro!, ma non potei arrischiarmi a tale operazione, temendo suscitare di troppo il fanatismo della gente che ci accompagnava. Percorso un buon tratto di via nel letto di questo torrente, udimmo lontane grida selvaggie che a tutta prima attribuimmo a schiamazzi di donne; ma poi, allo svolto d’ un’ angusta gola, ci si presentò una innumerevole turba di grossi Cinocefali che sali- e NEL SUDÀN ORIENTALE. 333 vano velocemente su per gli alti dirupi soffermandosi, riunendosi ed abbajando, quando ci vedevano. Noi dirigemmo loro parecchi tiri e fra gli altri uno ben diretto, ferì mortalmente un grosso maschio. M’inerpicai su quelle roccie scoscese sino ad avvicinare il ferito; lo viddi morire sotto a’ miei occhi, come muore un uomo, non un animale; all’ ultimo momento posò la testa sopra un sasso frapponendovi la sua destra mano; me ne partii di là com- mosso e pentito davanti siffatta protesta d’un nostro proba- bile antenato! Di questa località posso citare un Aracnide, la Thya imperialis di Rossi, un Ortottero grilloideo, il Tridactyius Savignyi, Guér. il Saprinus elegans, Payk. fra i Coleotteri, e degli Imenotteri, 1’ Elis eriophora, Klg. l’ Odontomachus haematodes, Lin. il Camponotus niveo-setosus, Mayr. il C. sericeus, Fabr. il Belenogaster junceus, Fabr. la Polistes fastidiosa, Sass. l’ Anthophora nubica, Lep. ed ancora qualche esemplare della Nomia patellata, da me de- scritta come nuova specie. — Osservando il curioso, 0, dirò meglio, schifoso costume degli Arabi in generale ed anche dei nostri servi di triturar fra due pietre le foglie di tabacco che poi misto colla cenere, residuo della combustione delle piante d’acacia, si gettavano in bocca tenen- dosi quel bolo fra’ denti e masticandolo per delle ore, raccolsi io pure un campione di quella cenere che mi sembrava molto pesante e ne feci fare un’ analisi chimica che diede il seguente risultato: Materie solubili nell'acqua . . . . . . 14.77509/ n insolubili , ee e 100.0000 Materie solubili nell’Ac.° cloridrico. . . . 89.22509/ » insolubili , ì III D. POSTER 100.0000 Vol. XXVII. i 22 334 P. MAGRETTI, Analisi centesimale: Acqua igroscopica, eliminabile a 100°. . . 1.4740 Anidride carbonica ed Idrogeno solforato. . 30.7510 Calce (anidra). . . . cinte, e SOT IATA Potassa, con traccie di sana sail Lakal Wier ARS Actidascloridriea” ji.) ORLO a a aan Pilicessolabile $/%0/00 000 PR LIZ Materie insolubili nell’Ac.° Cloridrico. . . 10.7750 89.8993 Acido solforico, magnesia, ossidi di ferro e di allumina ed altre materie non determi- matoLvin odiati sl I 0R'L 2 RSS dA 10.1007 100.0000 A compire il quadro delle grandi meraviglie provate in que- st’ ultimo tratto di viaggio africano, sopravennero i difficili passi di Walideret. Eravamo sul tardo pomeriggio quando ci mettemmo per quelle strette gole di monti altissimi che ci facevan credere già prossima la sera e frammezzo alle quali scorreva un fiumi- ciattolo che servivaci di sentiero ma rendeva oltremodo sdruccio- levole quelle nude roccie. Di quando in quando, una enorme buca scavata nella pietra e della quale non potevasi conoscere la profondità, perchè ripiena di torbid’acqua, ci si presentava dinanzi. Il cavallo, ch’ io montava (ah non era più il mio buon bucefalo che mi servì cotanto bene nel territorio Homrano! chè le sue ossa giacevano oramai spolpate e consunte nei pressi di Keren ove trovò la morte forse in causa delle forzate marcie e delle privazioni sofferte!), s’arrestava titubante per questo nuovo ostacolo quasi ad ‘avvertire il suo cavaliere di tenersi bene stretto in sella o di apparecchiarsi ad una pericolosa ca- duta; alla fine, senza bisogno d’esservi spinto, si slanciava in quella voragine, barcollava, scalpitava, s'aggrappava coll’unghie è del |A | n» ” ” ” ” ” 9 antim | 700. PIREO 5 S Berio notte | DIRO Ù” ” ” ” ” 7 antim | d- ” ” ” ” RIACE AM ” ” 9 antin v » ”» 5}) ” ” 11 anti | | A 10 na (Settit) ” deli rr ei < © E 9 Po 3 pome » ” ” b}) ” i . | 10 i ” catia giorno | | i| | | NEL SUDÀN ORIENTALE. 347 \peratura a 400 SNA cu Caldo soffocante Altezze Direzione Osservazioni poigradi barometriche del cammino meteorologiche Pombra 25° m. 638 da N a SO Vento leggiero 35° — — SI — — , _ 27° ra so la RR ona 33° craig RL 1 DO a 35° - m. 383 » ” sui da 350 O ui E 6 i xa 35° Sala str + . . Vento forte 5° e 40° | m. 547 da Vento a tromba 250 — — da NO a SE | Vento forte m. 593 a A 2A sa m. 690 PA È = n E Li 4 î È. 20 ° a 15° — — " do ci, finge R, L, Venticello sii hi L; ue A — — da NE a SO nu fa => Ù Ù — — m, 690 PA Ò “a a m. 160 — — = > 348 | 0 P. MAGRETMI) © LOCALITÀ , . Data, A 10/giornate da°Kassala 01... Vo a 4 ).)| UO "marzo di aa = MR ne n ME N Mao Co ERI TI a Guale » (Atbara) , pi LINE SE i SL IE ACIDE Beled lascerai sa ST n) e RR "= Beled.el.-Sceik Mohammed. .. (1... .. LU 18 pr Metemma . iu. a 0 Le. e | Aat-20.8130 mari ene A 2 giornate da Metemma.‘... ... ... . .| 81 marzo 9 antim » ” ” ” » crete E E a e > ” ” A ci 185 5 i BOY: e COM DEL 3 aprile 8 pom » l giornata (Sebderat)-da Kasskla. .- .. a | |083. &99 9 anti # SaleRber el’ Borka £ #1, 00 6 LI 3; 10 anti I Mepeh {Bosone a La n i > 11 sil | il j ARA IM a E ce 3; 5 pome Gonfalon (1 giorno da Were). |... .& . 26 3 6 antim ian a A E I » 1 mag.| giorno. NEL SUDÀN ORIENTALE. 349 peratura ei T0ta i r Altezze . Direzione Osservazioni ntigradi : i barometriche del cammino meteorologiche ombra m. 690 da NE a SO _ _ tuti cr ” ” in, FI; PR ” » Caldo soffocante ate da NO a SE Ta "a m. 800 — — = sh gi “a ”» ’ "ee PR — e” Pioggia minuta m. 835 da 0 ad E esi = "ra "osi » ” pan it) m. 1470 Molto umido m. 835 da SE a NO — — ” ” Fhe sa siano RNR E Temporale con pioggia Vol. XXVII. ELENCO SISTEMA TICO- ALFABETICO delle specie animali citate in questa relazione Antilope euchore. 5 dorcas. A melanotus. Bufalus caffer. Camelus bactrianus. 5 dromedarius. Cynocephalus babuin. si hamadryas. Elephas africanus. Felis leo. Felis pardus. ‘Amadina fasciata. Ammoperdix Heyi. Anastomus lamelligerus. Ardea alba. n Cinerea. Bubulcus ibis. Buceros erythrorhynchus. 5 nasutus. Bucorvus habyssinicus. Buphaga erythrorhyncha. Centropus superciliosus. Cercotrichas erythroptera. Ceryle maxima. Chaetusia gregaria. Chenalopex aegyptiacus, Mammiferi. Megaderma frons. Mephitis sp. ? Neotragus saltianus. Orycteropus capensis. Phaecochaerus Aeliani. Ratelus sp. ? i Strepsiceros kudù. Tragelaphus scriptus. Viverra genetta. ca Zivetta. Uccelli. Colius macrurus. Columba livia. Coracias afra. ni caudata. Coraphites frontalis. Corvus affinis. gi CONDI, » frugilegus. y Scapulatus. Crateropus leucopygius. Cynniris habessinica. Dryoscopus erythrogaster. Estrelda bengala. i minima. x minuta, NEL SUDÀN ORIENTALE.. 351 Eupodotis arabs. Francolinus Clappertonî. A Ruppelî. Gallinago scolopacinus. Gybogeranus serpentarius. Haliaetos vocifer. Helotarsus ecaudatus. Himantopus candidus. Hoplopterus spinosus. Hyphantornis galbula. Ibis aethiopica. Irrisor aterrimus. Juida aenea. Lamprotornis chalybaeus. Melittophagus erythropterus. Melittotheres nubicus. Merops viridissimus. - Motacilla, sp. ? Mycteria senegalensis. Agama colonorum. s sinalta. Boaeodon capensis. Crocodilus vulgaris. Euprepes Savignyi. Bufo regularis. Diodon sp.? Limicolaria flammulata. Nectarinia metallica. Neophron percnopterus. Notauges chrysogaster. Numida ptilorhyncha. Oedicnemus, sp.? Oena capensis. Otis arabs. Paleornis torquatus. Pionias Meyerî. Pogonorhynchus Vieilloti. Pterocles, sp.? Saxicola, sp.? Spizaetos occipitalis. Strix, sp. ? Trachyphonus margaritatus. Turtur auritus. n Senegalensis. Vidua paradisea. Rettili, ! Lacerta sambharica. Platydactylus aegyptiacus. Stenodactylus guttatus, Tropidonotus, sp. ? Batraci, | Rana occipitalis, Pesci. Molluschi, 1 Alle sottoindicate specie già citate nel contesto della narrazione aggiungo quì «la Rana Mascarenniensis D. B. ed il Zamenis florulentus, Geoffr. che raccolsi al passo di Walideret. Le determinazioni dei Rettili e dei Batraci come quelle delle piante, mi vennero gentilmente fatte conoscere dal chiaro erpetologo e botanico il prof. Ferdinando Sor- delli del Civico Museo di Milano al quale presento i miei più sentiti ringràzia- menti, 392 P. MAGRETTI, Insetti. . Imenotteri: Colletes sp.? Cremastogaster senegalensis. Acantholepis Frauenfeldi. Cremastus pallidus, n. sp. Aenictus inconspicuus. Cyphononyx confusus. Agenia nigro-aurantiaca, n. sp. È flavicornis. Allodape candida. Dirhinus excavatus. » parvula. Dorylus aegyptiacus. Ammophila, n. sp.? Elis aliena. Ampulex nebulosa. n caelebs. Anthidium ferrugineum. , Clotho. } Grohmanni. n @eriophora. da helvolum. » fasciatella. : tessellatum. Enodia fervens. Anthophora nubica. Eumenes concinna. % pilipes. dI dimidiatipennis. hi quadrifasciata. È esuriens, var. gracilis. Aphaenogaster barbara. di Lepeletieri. Apis fasciata. x tinctor. » Uunicolor. DI » var. ferruginea. Aporus argirellus. Halictus tumulorum. » Digritulus. Halticella mytis. n Sericans. Harpactopus crudelis. » Sericeus. Hedychrum coelestinum. Apterogyna Latreillei. Hemipepsis vindex. $ Olivierî. Heriades argentata. 5 Savignyi. Icaria xanthura. Astata quadripunctata. Iphiaulax impostor. Belenogaster junceus. Ischnogasteroides flavus, n. g. e n. sp. Bembex Doriae, n. sp. Larrada aurulenta. » glauca. ì, funebris. Bracon determinatus. 1 haemorrhoidalis. » kersteni. A obscura, n. sp. Camponotus niveo-setosus. Megachile albocincta. x sericeus. A basilaris. nà sylvaticus. = cyanipennis. Casinaria Magrettii. a denticulata? Ceratina Savignyi. t; mystacea. “i viridis. È terminata. Cerceris albicincta. Megaponera foetens. ai chlorotica ? Meranoplus Magrettii, n. sp. 5 straminea. Miscophus sericeus. n trivialis. Monomorium afrum, n. sp. » variabilis. “ -barbatulum. Ceropales Kriechbaumeri, n. sp. li bicolor. Chalcis xerxena. Ù gracillimum. Charops breviceps, n. sp. ; Pharaonis. Chlorion melanosoma. » Salomonis. Chrysis alternans. Mutilla aureo-cincta. n. sp. » Mionii, n oeca, NEL SUDAN ORIENTALE. 353 Mutilla fasciata. » floralis. » frontalis. histrio. leucopyga. Medon. Pavesii, n. sp. Radoszkowskyi, n. sp. senegalensis. signata. sudanensis, n. sp. sulcata, n. sp. Takrura, n. sp. tarsispinosa, n. Sp. unguicola, n, sp. Myrmecocystus viaticus. Myzine Sauakinensis, n. sp. n Sexfasciata. Neotypus semirufus, n. sp. Nomia patellata, n. sp. Nomioides minutissima. % pulchella. Notogonia argyropyga, var. Costae. $ nigra. Odontomachus haematodes. Odynerus carinulatus. È chloroticus. interruptus. Magrettii, n. sp. Massauensis. Metemmensis, n. sp. parvulus. rhyncoides. solstitialis. Ophion repentinus. Oxybelus lamellatus. Paracyphononyx anticus. NI » % $tùÀ°À%ÀÀiÀss%À ua I. + 9 ” Metemmengsis, n. sp. w Paulinerii. umbrosus. Paramyscocyttarus subtilis, n. gen. e n. sp. Pelopaeus Spinolae, var. rufopictus. spirifex. Pheidole rugaticeps. % speculifera. Philanthus coarctatus. - nitidus, n. sp. variegatus. Platylabus afer, n. sp. Polistes fastidiosus. » marginalis. Pompilus melas. Pompilus ornatus. È ruficeps. 7 & Tamisierii. È vespiformis, Ponera sennaarensis. Pronaeus instabilis. » = Imandibularis. n maxillaris. Prosopis sp.? Psammophila Madeirae. Raphiglossa symmorpha. . Rygchium cyanopterum. i laterale. 3 Gestroi, n. sp. Salius elongatus, n. sp. » ruficornis, n. sp. Scolia erythrocephala. » interstincta. n mendica. » Qquadripunctata. n ruficornis. Sphex castaneipes. » Taschenbergi. Stilbum splendidum. e” var. parva. Stizomorphus tridens. Stizus apicalis. » Succineus. n vespoides. Synagris xanthura. Tachytes albocincta. s basilicus. A fluctuata. N Maracandica. È obsoleta ? rufiventris. Tetramorium sericeiventre. Trigona Beccarii. », Gribodoi. n. sp. Vespa orientalis, var. aegyptiaca. Xylocopa aestuans. x carinata. Si inconstans. Coleotteri: Brachycerus, sp.? Cicindela alboguttata. Graphipterus serrator. Melyris fulvipes. Mylabris cruentata. Paederus sabaeus. Paussus Thomsonii. 354 P. MAGRETTI, Rhabdotis sobrina. Saprinus elegans. Sinoxylon senegalense. Steraspis squamosa. Lepidotteri:. Acraea Doubledayi. Anthocharis eupompe. Danais doryppus. Syntomis alicia. Ditteri: Anastrepha longistylus. Eristalis Natalensis. Gastrophilus pallens, n. sp. Hippobosca sudanica, n. sp. Lampria vorax. Leptomidas fulviventris, n. sp. Neurotteri: Myrmeleon flavus? Termes bellicosus. » lucifugus. Ortotteri: Acridium ruficorne. Blepharis mendica. Brachytrypus membranaceus. Catautobs axillaris. Clonaria gracilis. Cosmorhyssa sulcata. Empusa fasciata. Eremiaphila kamsinii. 5 Marchali. Kugaster loricatus. Fischeria Guerinii. Gryllus bimaculatus. Hierodula bioculata. Hoplocorypha rapax. Oxyphaloa fulviceps. Periplaneta americana. Phyllodromia circumcincta. Poecilocerus hieroglyphicus. Pyrgomorpha grilloides. Stenocrobylus cervinus. Stenopelmatus sp.? Tridactylus Savignyi. Emitteri: Callidea Dregei. Coccus manniparus. Fusius basicollis, n. sp. Laccotrephes ater. Lygaeus militaris. Nysius senecionis. Oxypleura truncaticeps. Piezoscelis pilosus, n. sp. Atteri parassiti: Laemobothrium giganteum. Miriapodi,. Spirotreptes gigas? | Trematoptychus afer? Aracnidi. Amblyomma variegatum. Argiope Lordii. Buthus quinquestriatus. Galeodes graecus. Hersilia caudata. Hyalomma anatolicum. ; dromedarii. Ictidops Redii. Menemerus Heydenii. Ornithodoros Savignyi. Peucetia viridis. Rbax melanocephala. Scytodes humilis. Solenops aegyptiaca. Thya imperialis. i IA a a 3g ri: I. dr e MA | gato tati di A) N99) \ NI \ \ \\ \ ;Ua \ Atti Soc.Ital.di Sc.Nat.Vol.XXVII Tav. X. BISCIARI be È NN Langhebb e Tamarischi pv i \ dì Nidi della Termes bellicosa ] [| Pa Il ITENI) n INNI i \ \ PMAGRETTI Nel Sudan orientale EN0YIO 0U?UEWWLY NY Ta an ae ta RZ pine o8\E OR AN 2 sl} Sf È Y27AUIISI] IP 18] 211971716 v0] L SOA] ss » : o ; Sile x i} Zo QI Na Miao Sep "/ — 92P 270160 pr ef ui BA-DPUYILYH i safrurob DIUISSIYJO )IP 2027770d 2u3fu07 ++4+++f+t++4+ ha Vu yy È pei = Po b È È FOR «| wi N i 3; di 3aSUI QUOSDAOL] IS GA0 PIDIV UOI FK BA a 29pv1d9]98 7 27UDASO] P FULII] gii d°1°d pub Va) N D x" P2I9, ' LAZEZIAE sl Je j ì » * ni » n» QUIZ E Was sl MO DI A a e IE DAREI { UL 3 v71n6bos 10 VP V299VI] S è ATOMO RIO ambo, “Sodi panno 33 ) obr_ DA — ch ch Da è ib | F47IULI7IY] 77 PIL GGI E = e]eIS £ ALLUNYEN N S } #3 924 ©d959H IH O, Si dub gno 47 vis À pmuni DA A 4 ESSI at Z46 Agp Mare ala ù H da P ° i | o; ORTO Ai È NVHWOH f 7 TERA. + . AHTIUNL da agosona od 0r6b0v160 mg Ri ri I . #97 A Ra rIO.IE O ]0 7 197 ti OIUVEFNILI VIUVO De mena Li 3 SITI, n 10M DI ! e[[eqese); | Le 2a, ro, 2 a ‘9g, | É «3° i CZ quo s08N vi 4 e “nt 17 oqqmg 104) } i aaa 4 ” A =) MAIDEN / vùi xd ; ; z aaa bal DIN A pa” f) Y * x s n Di tari x Di . x c x , ; t 3 Ì : É het È ° Pi ir, qpuuseL NP 4 2\ k (MISA) 3 ia e Me: i + z, n) "MARTI i % (S “G u È NEL SUDAN ORIENTALE. 355 Vermi, Echinorhynchus, n. sp. sulla trachea | Physaloptera, sp. ? nell’orbita dell’Ibis del Buceros erythrorhynchus. aethiopica. Echinorhynchus, n. sp. nelle intestina | Physaloptera dilatata, nello stomaco . della Numida ptilorhyncha. del Cynocephalus hamadryas. Filaria, sp. ? nelle intestina del Buce- ros nasutus. Protozoli,. Noctiluca, sp. ? ELENCO ALFABETICO delle piante ciiate nella presente relazione Abutilon muticum. Kanahia Delillei. Acacia soffar. — Luffa arabum. Adansonia digitata. Mimosa, sp.? Aerva javanica. Schowia arabica. Balsamodendron, sp.? Sesamum orientale. Calothropis procera. Sorgum vulgare, var. africanum? (Cucifera thebaica. Tamarindus indica. Euphorbia habyssinica. Tamarix, sp. ? Ficus populifolia. % mannipara. Hibiscus aesculentus. SOPRA ALCUNI FOSSILI DEL LIAS INFERIORE DI CARENNO, NESE ED ADRARA I NELLE PREALPI BERGAMASCHE. Nota del socio dott. CarLo FABRIZIO PARONA con una tavola. Da parecchî anni vado raccogliendo materiali per uno studio | sulla fauna degli strati sottostanti a quelli caratterizzati dal Harpoceras bifrons e che si estendono attraverso le Prealpi lombarde: sui fossili cioè di quell’ insieme di assise, che da tempo si comprendono nella così detta Formazione di Saltrio. È già noto che questa é costituita da una serie di roccie non uniformi litologicamente, sebbene, con ogni probabilità, quasi tutte sincrone fra di loro. Tale varietà nelle roccie presumibilmente de- È riva dall’essersi esse depositate in condizioni diverse di mare; lo che sarebbe comprovato dal fatto, che la fauna di questa pila di strati si presenta qua e là con facies diverse, le quali mi si fanno tanto più numerose, quanto più mi addentro nello studio ed aumento i materiali della collezione già ricca, che ho a mia disposizione. La fauna di Saltrio non è punto quella stessa che si riscon- tra negli altri giacimenti lombardi, i quali pure per i dati pa-È leontologici devono essere riferiti al Lias inferiore, sebbene pre-? sentino facies di faune particolari. Di guisa che lo studio suid | SOPRA ALCUNI FOSSILI, ECC. 357 fossili degli strati del Lias inferiore lombardo, cui ne furono ascritti di quelli che probabilmente spettano al medio, diventa sempre più complesso ed ho motivo a credere che condurrà a conclusioni assai interessanti. La mia attenzione finora fu specialmente rivolta alla fauna di Saltrio ed Arzo;' non trascurai però nel tempo stesso di esaminare quelle che mi si offersero delle altre località. Fra gli altri mi sembrano specialmente degni di nota certi fossili, che provengono da Carenno, nell’ alta valle d’ Erve, sui confini oc- cidentali della provincia di Bergamo e poco sopra l'estremità inferiore del lago di Lecco, da Nese in val Seriana e da S. Rocco di Adrara, quasi sul confine orientale della stessa pro- vincia,° in prossimità del lago d’ Iseo. La presente nota risguarda appunto questi petrefatti, che mi furono gentilmente comunicati in esame dai signori prof. A. Va- risco e dott. M. Rota, ai quali sono lieto di potere ora espri- mere i miei ringraziamenti. FoSssILI DEL CALCARE DI CARENNO, IN VAL D’ ERVE. I A Carenno il calcare fossilifero è selcioso e di colore cine- reo-scuro o nero affatto. I fossili sono pietrificati in selce e di essi solo qualche raro campione è di mediocri dimensioni, men- tre la più parte sono piccoli ‘assai. La natura della roccia è tale, per cui difficilmente si hanno petrefatti interi e sufficien- temente conservati nei loro caratteri specifici. Le superficî dei massi e degli strati di calcare sono qua e là rivestite da mi- nutissime ammoniti, che fanno sporgenza sulla roccia, la quale i La prima parte di questo lavoro, Brachiopodi del Lias di Saltrio e Arzo, è în corso di stampa nelle Memorie del R. Istituto Lombardo di Sc. e Lett. ? A. VaRISCO, Note illustrative della Carta geologica della prov. di Bergamo. Pag, 60, 62, e Carta geologica. 1881, Bergamo. 358 C. F. PARONA, risente in maggior grado l’azione degradatrice dell’ atmosfera, offrendo così un fatto identico a quello che si osserva nel cal- care marmoreo liasico della Bicicola di Suello. Predominano le ammoniti e non mancano i rappresentanti di altri generi: notai una pleurotomaria ed un turbo che riman- gono indeterminati ed una spiriferina. I materiali di questa fauna finora raccolti sono pochi, tuttavia bastanti non solo per di- mostrare l’età degli strati d’ onde provengono, ma anche per stabilire dei confronti colle faune di altri giacimenti sincroni. Infatti si riconosce tosto che essa non ha quasi nessun rap- porto colla fauna ad ammoniti pure del Lias inferiore di Saltrio, dove le forme predominanti hanno uno sviluppo di gran lunga maggiore e spettano a specie diverse: mentre invece presenta una impronta singolarmente corrispondente, sia per la specie che la costituiscono, come per lo sviluppo degli individui, a quella caratteristica per la fauna del Lias inferiore della Spe- zia, splendidamente illustrata dal dott. M. Canavari.® Siccome lo stato di conservazione degli esemplari ch'io ebbi in esame non è tale, per cui si possano trarre da essi figure o descrizioni complete, ho pensato di limitarmi a citare le illu- strazioni, specialmente di Canavari, che meglio corrispondono a quelle forme che trovai sufficientemente caratterizzate per una buona determinazione e delle quali presento qui sotto 1° elenco. Faccio notare che la determinazione non torna sempre facile, perchè nessuno dei fossili è completamente libero dalla roccia, che quasi sempre sono allo stato di modello interno e che in nessun caso si può utilmente rilevare la linea lobare. Arracmtes Guiponi, Mgh. (?), Canavari. Bestrige zur Fauna des unteren Lias von Spezia. 1882, pag. 17, tav. 1, fig. 23, 25. Frammenti di fragmoconi. 1 M. CANAVARI, Beitrdge zur Fauna des unteren Lias von Spezia. Palaeontogra= phica. 1882. SOPRA ALCUNI FOSSILI, ECC. 399 PHYLLOCERAS STELLA, Sow. sp., Canavari. Mem. cit., pag. 21, ta- vola 2, fig. 2, 4. Due esemplari senza strozzature, che tro- vano raffronto esatto, quasi anche per le dimensioni colle due figure citate. PHYLLOCERAS CYLINDRICUM, Sow. sp., Canavari. Mem. cit. pag. 25, tav. 2, fig. 8, 10. Sei esemplari di sicura determinazione; tutti di grandezza minore di quella del- l’esemplare rappresentato da Canavari colla fig. 8. LYTOCERAS ARTICULATUM, Sow. sp., Canavari. Mem. cit., pag. 32, tivo ‘S/figi I: Piccolo esemplare con varî altri fram- menti; corrisponde assai, anche nelle di- mensioni, all’individuo che rappresenta la varietà multiarticulata, Can. AEGOCERAS COMPTUM, Sow. sp., Canavari. Mem. cit., pag. 42, ta- vola 4, fig. 3, 5. Un esemplare più piccolo del giovane fi- gurato da Canavari e che nella sua fisio- nomia si rapporta specialmente alla fig. 3. AEGOCERAS VENTRICOSUM, Sow. sp., Canavari. Mem. cit. pag. 43, tavi 4; ‘ie: 10° KE Tre esemplari; il maggiore è grande co- me quello rappresentato da Canavari colla fig. 10. ArGocERAS LISTERI, Sow. sp., Canavari. Mem. cit., pag. 52, tav. 7, fig. 12, 16. Un solo campione, appena più grande dell’ esemplare rappresentato dalla fig. ‘12, citata. ARIETITES BISULCATUS, Brug. sp., T. Wright. Monogr. on the Lias Ammonaites of the British Islands. Palaeon- togr. Society. 1878, tav. 4, fig. 1., Cana- vari, Mem. cit., pag. 58. 360 C. F. PARONA, Varî modelli interni; il maggiore, in rap- porto al diametro di 80 mm., misura per l’al- tezza dell'ultimo giro 0.29 e per l’ampiezza dell’ ombelico 0.44: per la sua ornamenta- zione è identico a quello inglese rappre- sentato dalla figura citata di Wright. A TINTNEE CONYBEARI, Sow. sp., Wright. Mem. cit., tav. 2., Cana- vari, Mem. cit., pag. 56. Due teluioni di modelli interni, le cui dimensioni presumibilmente dovevano essere vicine a quelle dell'esemplare figurato da Wright; l’ornamentazione ne è identica. ARIETITES ROTIFORMIS, Sow. sp., Wright. Mem. cit., tav. 5, fig. 1., Canavari. Mem. cit., pag. 54. Parecchie impronte e modelli; il maggiore, come gli altri mal conservato, è infisso per un fianco sulla roccia e misura un diame- tro di circa 100 mm. Fra le varie forme illustrate dagli autori si avvicina di più a quelle rappresentate di Wright colla figura citata. TROPITES ULTRATRIASICUS, Canavari. Mem. cit., pag. 62, tav. 6, figure 1, 5. Un esemplare più piccolo (diam. 8 mm.) di quello figurato da Canavari. SPIRIFERINA ALPINA, Opp. M. Neumayr. Zur Kenntniss der Fauna des untersten Liasin den Nordalpen. (Abhan- dl. d. K. K. geolog. Reichsanst.) 1879, p_9, tav. 1, fig. 4. Esemplare identico alla forma illustrata da Neumayr, anche nelle dimensioni. SOPRA ALCUNI FOSSILI, ECC. 361 LIAS INFERIORE DI NESE IN VAL SERIANA. Al Monte di Nese il Lias inferiore si presenta sotto forma di un calcare marmoreo compattissimo, di colore carnicino più o meno intenso e sporco. Esaminai parecchi grossi campioni di questa roccia, i quali sono in gran parte costituiti da gusci di una bivalve che riferisco alla Avicula Janus Mgh.'; specie che il dott. Canavari descrive e cita fra le più caratteristiche e tipi- che per il Lias inferiore dell'Appennino centrale. Sopra uno di questi campioni di roccia riscontrai anche un frammento affatto indeterminabile di gasteropodo e, ciò che più interessa, una se- zione ed un frammento di valva brachiale di una terebratula spettante ad un tipo assai affine alla Terebr.. Erbaensis Suess, nonchè qualche radiolo mal conservato di crinoide. Avicua JAaNuS, Mgh. | M. Canavari, Sui fossili del Lias inferiore nell’Apennino centrale. 1879 (Atti Soc. to- scana di Sc. nat.), pag. 14, tav. XI, fig. 5, 8. L’abbondanza straordinaria degli esemplari strettamente ag- gregati e ricoprentisi l’ un l’altro fa sì che pochissimi sono quelli che offrono all’ esame sufficienti caratteri per la de- terminazione. Tutti mostrano uno sviluppo distinto e parecchie valve raggiungono e superano i due centimetri di lunghezza. Due fra le meglio conservate presentano abbastanza manifeste le orecchiette. Il numero delle coste nelle più grandi sta fra il 1 Ho riscontrato altri esemplari di questa stessa bivalve sopra campioni di un calcare cereo, che fanno parte della collezione Stoppani e che provengono dalle vi- cinanze di Brescia. 362 C. F. PARONA, venti ed il ventidue, sono uniformemente raggianti, ma ineguali alternativamente di rilievo. Non posso assicurare che esse sva- niscano più o meno prontamente verso il margine o verso l’um- bone, perchè non ho campioni ben conservati in queste parti: questo ho riscontrato che non sonvi esemplari sprovvisti di coste. Le pieghe concentriche, in numero di dodici a quindici, non sono mai pronunciatissime ed in qualche caso non sono neanche rilevabili; in generale quando esistono danno alla superficie delle valve un aspetto reticolato in tutto simile a quello offerto da Canavari nella figura 6 e 7. FossiLt DEL LIAS INFERIORE DI S. Rocco DI ADRARA. RHEYNCHONELLINA Hormanni, Bockh sp., tav. XI, fig. 1, 7. Ehynconella Hofmanni, B6ckh F., Die Geologischen Verhaltnisse des stidlichen Thei- les des Bakony. II Theil. 1874, pag. 167, tav. I, fig. 16, 18, tav. II, fig, 1, 11, A questa specie, che presentò argomento per una lunga descri- zione al sig. Bòckh, ascrivo gli esemplari raccolti dal dott. Rota nel calcare giallastro di Adrara (S. Rocco). Già il Bockh ebbe .. occasione di accennare alle grandi diversità di forma che corrono tra gli individui giovani e gli adulti, cosi da non lasciargli la cer- tezza assoluta che sì trattasse di una sola specie: tanto più che lo stato poco conservato del guscio de’ suoi esemplari adulti, non gli permise di assicurarsi se la ornamentazione della loro su- perficie corrispondesse a quella degli individui giovani. Fortu- natamente tutti i miei esemplari offrono in qualche posto una perfetta conservazione degli ornamenti del guscio, di guisa che per mezzo di essi verrebbe ‘escluso anche il dubbio espresso da, Bockh. SOPRA ALCUNI FOSSILI, ECC. 363 Vediamo prima dei caratteri di forma nello stato giovanile di questo brachiopodo, quando cioè si osserva una tal quale costanza di forma, che non è rispettata, come vedremo poi, nello stato adulto. Conchiglia di contorno arrotondato: la valva brachiale, quasi pianeggiante negli esemplari giovanissimi, col crescere dell’ età si fa convessa quasi come la valva opposta: la sua superficie è uniforme in qualche caso, ma più di frequente presenta un seno mediano più o meno largo, poco profondo, manifesto a breve distanza dell’apice. Valva perforata assai convessa. nella sua parte mediana, che talora si eleva a forma di lobo: apice alto, acuto, diritto, leggermente ricurvo, carenato ai lati, così da dar origine ad una distinta, concava falsa area; forame triango- lare, allungato, di mediocre grandezza, poco distinto. Ciascuna valva è ornata da pieghe assai basse ed ottuse, più o meno larghe e spaziate, numerose, irradiantisi dall’apice e che per dicotomia si moltiplicano collo svilupparsi della conchiglia. L’in- tersecarsi delle numerose e sottili linee di accrescimento colle costicine dà alla superficie un aspetto embricato. Commessura delle valve ad angolo acuto e con linea commessurale diritta sui fianchi, inflessa sulla fronte verso la valva perforata quando vi è il seno. Struttura fibrosa assai distinta. I piccoli individui presentano la forma costantemente schiac- ciata ed in generale allargata, mentre col successivo sviluppo si osserva il diametro longitudinale guadagnare in lunghezza, fin- chè riesce a superare il trasversale, risultando alla conchiglia una forma anche più rigonfia. Ecco le dimensioni dei due piccoli campioni: Lunghezza mm. 19.5 mm. 27 (?) Larghezza , 20 gi 2130 Spessore PRESTITI: Diadb.D Col crescere dell’età la valva brachiale continua a svilupparsi con una certa regolarità, mantenendosi piuttosto appiattita in » 364 C. F. PARONA, confronto della valva perforata e conservando in taluni esem- plari anche un seno poco distinto. Non così invece la valva perforata, che tende a farsi sempre più convessa e gibbosa: rughe grossolane, corrispondenti alle linee di accrescimento, rendono irregolare la sua superficie, la quale tuttavia conserva sempre la ornamentazione a costicine; l’ apice si fa distintamente più adunco ed il guscio diventa assai spesso. Le dimensioni rag- giunte da taluni individui sono veramente eccezionali, come ri- sulta dalle mie figure dal vero, colle quali rappresentai valve isolate, non possedendo esemplari completi nello stato adulto. Ecco alcune misure, che non sono neanche le maggiori, come potei persuadermene da qualche altro esemplare più guasto e da frammenti. Valva perforata: lunghezza mm. ? larghezza mm. 57 (fig. 2) » » ” ” 93 » ” 40 (fig è 3) Valva brachiale: , si 42 7 gi A4 » ” » » 48 » ” 46 (fig at ) Sopra taluni esemplari si vedono per trasparenza attraverso il guscio e, quando questo manca, direttamente sul modello in- terno, le impressioni muscolari decorrenti dall’apice verso la fronte; nessun individuo le presenta però così ben marcate come gli esemplari disegnati da Béòckh. Ai piccoli esemplari si associano i più colossali : inoltre nella roccia che ravvolge gli individui adulti di questo brachio- podo, ne stanno dispersi altri spettanti alla stessa specie in gran- dissimo numero e così piccoli da lasciar credere che essi siano forme embrionali. L’ apparato brachiale di questa specie, diversamente da quanto espone il signor Béckh, non corrisponde al tipo proprio al ge- nere Rhynchonella. Qualche esemplare spezzato mostra allo sco- perto porzioni di crure assai lunghe, insufficienti a dare una idea completa dell'apparato brachiale; le quali tuttavia per la Toro disposizione e forma accennerebbero ad un genere diverso 1 È 4 SOPRA ALCUNI FOSSILI, ECC. 365 e precisamente al genere RAynchonellina, istituito dal prof. Gem- mellaro* sopra specie titoniche e accettato dal prof. Zittel. ? A comprovare che realmente la nostra specie spetta al genere ERhynchonellina concorrono, oltre quello accennato dalla confor- mazione dell’apparato brachiale, altri caratteri: la struttura fibrosa non punturata, la superficie provvista di costelle longi- tudinali, la valva brachiale con lato cardinale quasi diritto e meno rigonfia dell’opposta; apice lungo, robusto e nello stato adulto carenato e aperto in sotto con un forame triangolare; area distinta, larga, triangolare, concava. Di più, la RAynchonellina Hofmanni, come le altre congeneri, si mostra eminentemente gregaria, così da dare al calcare l’a- spetto di una vera lumachella. La forma dell’apice, gli ornamenti della superficie, la strut- tura del guscio e posso dire la fisionomia intera di questo brachio- podo lo avvicina di molto, almeno genericamente, a quelle forme del calcare della Bicicola di Suello, che il prof. Meneghini ri- ferì dubbiamente al genere Spirifer, non escludendo che potes- sero spettare invece al genere Suessia. . Queste considerazioni, scritte da parecchio tempo e lasciate finora inedite colla speranza di potermi procurare altro mate- riale, trovarono recentemente conferma. dal rinvenimento, fatto dai signori dottori Haas * e Frauscher,* di rinconelline nel Lias. Di più devo anche notare che lo stesso dott. Frauscher ed il compianto sig. Fichenbaum® hanno già rettificato la de- 1 G. G. GEMMELLARO, Stud? palaeontol. sulla fauna del Calcare a Terebr. janitor del nord di Sicilia. 1868-76, part. III, pag. 29. 2 ZitTEL, Handbuch der Falacontologie. 1880, pag. 691. ? G. MENEGHINI, Paléont. lombarde; Les fossiles du calcaire rouge ammonitig. 1867-81, pag. 174-175 e 218, tav. 29, fig. 14-17 (Spirifer? Stoppanii Mgh., Spirifer ? sp. ind.). 4 H. HAAS, Beitrige zun Kenntniss der liasischen Brachiopodenfauna von Sidtyrol und Venetien. Kiel. 1884, pag. 30. 5 K. FrauscHER, Die Brachiopoden des Untersberges bei Salzburg (Jahrb. d. k. k. geol. Reichsanstallt. 33 Bd.). 1883, pag. 733. 6 J. ErcHENBAUM, Die Brachiopoden von Smolovac bei Risano in Dalmatien (Jahrb. geol. Reichs. 33 Bd.). 1883, pag. 718. Vol. XXVII. 24 366 C. F. PARONA, terminazione generica della specie di Béckh e notata la falsa rappresentazione dell'apparato brachiale che egli dà nella fi- gura 11 c, d, della tav. 2. Le fig. 16 e 18 della tav. 1 rap- presenterebbero per questi autori una specie diversa dalla R%. Hofmanni e assai affine alla Ehkynchonellina Seguenzae Gemm. Per parte mia, giudicando dalle variazioni sensibilissime a se- condo delle varie età presentate dalla forma da me descritta, anche nei caratteri dell’apice, parmi che si possa invece casi mente considerarla come forma giovanile della RA. Hofmanni.' La Ehynchonellina Hofmanni fu riscontrata dal hi Bockh nel Lias SATA TEREBRATULA GREGARIA Suess, tav. XI, fig. Suess: Ueber die patito. der Kis- sener Schichten. (Densksh. d. K. K. Akad. d. Wiss. zu Wien. 7. Bd.). 1854, pag. 42, tav. 2, fig. 13-15. — Stoppani: Paléont. lombarde; Géol. et Paléont. de couches à Avi- .cula contorta. 1860-65, . pag. 88, tav. 18, . fig. 1-14. — Deslongchamps: Paléont. frane. ; Terr. jurassig.; Brachiopodes. 1864, pag. 64; tav. 8, fig. 1-3. — Dumortier: Études paléont. sur les dépots jurassig. du Bassin du ERhòne. 2.° part., Lias infer., part. infer. 1867, pag. 79, tav. 13, fig. 9-12. — Zug- mayer: Untersuchungen ber rhitische Bra- chiopoden (Beitrige z. Paliiont. v. Oesterr. de h. v. Mojsisovics u. Neumayr). 1880, do 10, Ù tav. 1, fg 1 Un solo esemplare non completo sone sue parti e col guscio conservato ne’ suoi strati profondi. Le sue dimensioni sono : ‘Tun- Lori i Il genere RAynchonellina | ta rappresentanti Urbi nella fiume a hiscaogi del | d Lias medio di Saltrio e Arzo in Lombardia e nel Lias inferiore pi Repignio, presso. | Cesì, nell’ Umbria. ©CF Parona. Fossili del Lias infer. ecc. Atti Soc.Ital.Sc.nat. VoLXXVII fav.XI. ° lit.Ronchi. 1 A Re SOPRA ALCUNI FOSSILI, ECC. 367 ghezza (?), larghezza mm. 23, spessore mm. 12.5, Le figure che presento varranno meglio di qualunque descrizione a dimostrare la sicurezza della determinazione. Distintissima è la somiglianza colla forma illustrata da Du- mortier, sebbene nel mio esemplare si osservi lo spessore un po” maggiore ed il lobo della valva perforata più distinto e pro- lungato verso l'apice. In confronto colle figure di Deslong- champs e di Suess si presenta con una larghezza proporzional- mente maggiore e colla fronte meno stretta. Queste differenze sono del resto di poco conto se si considera la nota variabilità di questa specie, come è specialmente indicato nello studio del signor Zugmayer. Quanto rimane dall’apice basta per rassicurare della sua cor- rispondenza con quello di conformazione caratteristica della 7. gregaria. NOVITÀ MALACOLOGICHE. ai) . IL Nota del socio segretario NAPOLEONE PINI. Con una Tavola. Pomatias reconditus, Testa stricte rimata, fere imperforata, subturrito-pyramidata, sat nitente, corneo-rufa vel cinereo-fusca, confertissime striata, striis humilioribus interdum subobsoleta, in anfractibus prioribus et mediis capillaceis, ultimis sericeis evanescentibus, transversim rufo-fusco aut hepatico colore flammulatis: anfractus 8-9 conve- xiusculi, ultimis oblique celerius accrescentes, uitimi dimidium leve, parum antice ascendens, basi teres; apertura oblique ovali- rotundata, superne angulata; peristoma simplex subcontinuum, in pariete callo tenui dilutum, album, mitentem, exterius non au- riculatum, parum reflecum. Operculum cartilagineum pallide-corneum, concentrice striatum, IMMEeErsum. Long. 7 a 7°°%/100 Diam. 3 29/100 a 3 4°/100 mill. Hab. in vallibus Brembana, Serina, Torta et Seriana Prov. Bergomense. Conchiglia strettamente perforata, di forma un poco pirami- data tendente al turrito, abbastanza lucente, di colore corneo- rosseggiante o cinerino-fosco, sottilmente ornata da striature prat, * ge den Ve - cea NOVITÀ MALACOLOGICHE. 369 poco prominenti, nei primi giri ed in quelli di mezzo capillacee, negli ultimi sericee, sfumate, trasversalmente macchiata da stri- scie rosso cupo o rosso epatico. Ha da 8 a 9 giri di spira piut- tosto convessi gli ultimi dei quali si svolgono in senso obliquo celeremente, la metà dell’ ultimo liscio, un poco ascendente, ro- tondato alla base. L’apertura è ovale-arrotondata, un poco obli- qua, alquanto angolosa al margine esterno superiore ; il peristoma è semplice quasi continuo, internamente munito di leggera cal- losità o cercine bianco lucente diluito, esternamente un poco risvolto, non auriculato. e sly pn L’opercolo è immerso, cartilaginoso, corneo, ornato di finis- simi solchetti o strie concentriche appariscenti solo con buona lente. Misura da 7 a 71/2 mill. per 31/5 a quasi 3 1/2 mill. di diametro. | Vive questa forma nelle vallate della provincia di Bergamo col Pom. Porroi Strob. del quale è forse una modificazione. È abbastanza raro e ‘per la forma ed i caratteri sta fra quest’ ul- tima ed il maculatum Drap. presi a confronto esemplari di Francia. | Differisce dal primo per minore statura e robustezza di tes- suto, e per la spira che cresce più lentamente nei primi giri e più obliquamente negli ultimi, per un giro di spira di più, l’ul- timo un poco meno dilatato verso l’ apertura ed alquanto più saliente al margine esterno. Il peristoma è meno robusto e non duplice nè ingrossato come nel Porroi e la sua superficie ‘in luogo di vere costoline bianchiccie allargate, è solcata da strie fitte eguali, esilissime e sbiadite sull’ultimo giro verso il dorso, nulle sull’ultima metà. Il colore è più tendente al bruro-rossic- cio che al cinerino, e le chiazze rossastre che adornano special- mente gli ultimi giri in senso verticale simulano piuttosto delle fiammelle che delle fascie. Dal maculatum confrontato con esemplari provenienti da Auch, e da Belfort nel basso Reno, il reconditus si distingue per i giri della spira più obliqui e convessi, per forma un poco più pira- midata, pel tessuto più debole, striatura più fitta e sottile, meno 370 | N. PINI, saliente, pel cercine bianco lucente di cui è munita l’apertura, non che per il colore più intenso. Ha questa forma qualche analogia anche col. Pom. Stabilei, ma la forma più piramidata, la spira crescente più celeremente ed a giri più obliqui, e la maggiore lucentezza della superficie lo distinguono da esso senza tener calcolo di altri caratteri. Pomatias intermedius. Testa imperforata, subturrito-pyramidata, robusta, cinereo-cor- nea vel cinereo-brunneo-fusca unicolore, costulata, costis mediocris obliquis flexuosis aequedistantibus sat prominentibus ornata, in anfractu ultimo evanescentibus, ultimi dimidium leve; spira len- tius crescente, anfractus 8-9 subconveri sutura mediocri separatis, primi cornei glabri, ceteri costulati, ultimus expansus, lentius valde ascendens, basti subdepressus; apertura obliqua, ovato-rotundata superne ad dextrum obtuse angulata, intus albo incrassata; peri- stoma simplex crassulum vel duplex, continuum, intus cequaliter dilatatum, extus parum reflerum, albicans; margine columellari arcuato superne auriculato, umbilicali tenuiter incurvo. Long. 8 Diam. 3 mill. Hab. in Monte Presolana prov. Bergomense. Conchiglia non perforata, di forma piramidata lievemente turrita, piuttosto robusta, di colore cinerino-corneo o cinerino bruno-fosco unicolore, distintamente costulata a costicine obli- quamente flessuose egualmente distanti fra loro ed abbastanza pronunciate, piu numerose che nel Pom. Agardhi ed anche più rilevate, che svaniscono nell’ultimo giro la cui metà inferiore è levigata. Spira formata da 8 a 9 giri alquanto convessi, divisi da solco spirale mediocremente impresso, i primi cornei e lisci, gli altri costulati, l’ultimo dilatato, lentamente ascendente al margine esterno superiore, depresso alla base. Apertura obliqua, ovale-arrotondata; ottusamente angolosa 1 | | i Pr. - sail ia NOVITÀ MALACOLOGICHE. 371 superiormente al lato destro, internamente ingrossata, bianca; peristoma semplice robusto, o doppio, continuo, internamente equabilmente dilatato, leggermente risvolto all’esterno, bianchic- cio col margine columellare arcuato, superiormente auricolato, quello ombelicale poco ricurvo. Misura 8 millimetri per 3 di maggior diametro e si rinviene al giogo di Castione sul versante di val Seriana del monte Pre- solana assieme al Pom. Canestrinii Ad. È una forma intermedia tra il Philippianus Gredler ed il Gredleri West. e corrisponde alla forma citata dall’ Adami nei molluschi della valle dell’Ollio siccome Pom. Porroî. Pomatias Agardhi. Testa imperforata subpyramidato-turrita elongata, nitidiuscula tenuruscula, corneo-lutea, maculis irregularibus hepaticis vel rufo- — sanguineo in triplice serie disposita longitudinaliter ornata, sub- costulato striata, costis flexuosis regulariter distantibus purum prominentibus munita, in anfractu ultimo subobsoleta ; spira sen- sim crescente; anfractus 9-10 convexiusculi sutura mediovri se- paratis, primi duo glabri cornei, sequentes subcostulato-striati, ultimus substriato, antice parum ascendens, basi rotundato ; aper- tura obliqua, lunato-rotundata superne ad dextrum obtuse angu- lata; peristoma simplex, tenue, marginibus callo tenui subconti- nuum în ore junctis, dextro subrecto affixo, columellari regulariter arcuato superne auriculato. Long. 91/2 a 10 Diam. 3°°/100-a 3 59/100 mill. Hab. apud Lovere in valle Cavallina, atque in valle Desso et valle Scalve provincia Bergomense. Conchiglia senza perforazione ombelicale, di forma turrita al- longata un po’ piramidale, lucente, di tessuto sottile, corneo- giallognolo pallido, adorna di macchie epatiche o rosso-sanguigne irregolari disposte in triplice serie lungo la spira, striata quasi 372 N. PINI, costulata, con costoline flessuose equidistanti, poco rialzate, che sull’ultimo giro sono quasi cancellate. La spira cresce gradata- mente ed è composta da 9 a 10 giri alquanto convessi divisi da solco spirale mediocremente impresso. I primi due giri sono cornei e levigati, i successivi striati e leggermente costulati, l’ ultimo solo leggermente striato, alquanto ascendente al lato destro anteriormente e arrotondato alla base. L’apertura è obbliqua rotondato-lunare ottusamente angolosa superiormente a destra. Il peristoma è semplice, sottile e nel- l'interno ‘della bocca i suoi margini sono congiunti da una leg- gera callosità. Il margine destro od esterno è quasi diritto ed aderente, quello columellare regolarmente arcuato e nella parte superiore auricolato, all’esterno è risvolto. Misura da 9/2 a 10 mill. per 3 !/2 0 poco più di maggior diametro e si trova presso Lovere all'estremità settentrionale del Sebino ove non è rara la mutazione albina, non che fra Angolo e Vilminore fino a Schilpario nella valle di Scalve. ° È una forma snella e maggiore del septemspirale Raz. dal | quale distinguesi oltre le maggiori dimensioni ‘per la striatura più sentita che fa passaggio alla costolatura, pel minor numero delle costicine, l'apertura un poco più obliqua, e per il peri- stoma non duplice nè ingrossato o canaliculato, ma più dilatato e risvolto all’esterno. Dedico questa forma al chiarissimo dott. C. Agardh Wester- lund che mi fu largo di sua dottrina Dell APR LAZ ORAA di al- cune forme da me descritte. Pomatias septemspirale Raz. var. gardensis. Testa imperforata, pyramidato-subconica, corneo-luteola, subo- paca, apice corneo acutiusculo albido mitidissimo; anfractus 9 conxemiusculi, primi duo glabri sequentes obliquiter striato-subco- stulati interdum pallide rufulo irregulariter maculati, sat celerius accrescentes, ultimus teres ad aperturam parum ascendens:; aper- tura ovali-rotundata parum intus incrassata, pallide-lutceo colo- NOVITÀ MALACOLOGICHE. 373 rata; peristoma simplex aut duplex, internum continuum, exter- num tenue, margine dextro superne affirum, patens, PRETE columellari dilatatum, reflexo late auriculato. Long. S Diam. 3 mill. Hab. prope Salò prov. Brixiana. Conchiglia imperforata di forma piramidata leggermente co- nica corneo gialliccio oscuro quasi opaca, coll’apice acuto, cor- neo, bianco lucentissimo. La spira si compone di 9 giri abba- _stanza convessi, i primi lisci, gli altri obliquamente striati, quasi costulati, interrottamente macchiati in rossiccio pallido, cre- scenti abbastanza celeremente, l’ultimo rotondo un poco saliente all’ apertura. Apertura ovale arrotondata, internamente un po’ ingrossata, di colore gialliccio pallido. Peristoma semplice o doppio, inter- namente continuo, esternamente sottile col margine destro piut- tosto largo ed aderente all’ estremità superiore; il margine columellare un poco più allargato, risvolto, e superiormente au- riculato. Ha qualche analogia col Pom. Gredleri West. ma si distingue da esso per forma meno conica, costolatura alquanto più esile ed avvicinata, meno saliente, per la spira allongata e crescente un poco più celeremente nei penultimi due giri, l’ultimo meno dilatato; per l'apice più acuto, il margine esterno del peri- stoma più largo e più robusto all’interno, per l’ apertura meno robusta ed il margine columellare più largamente auricolato. Si rinviene lungo la strada che da Salò mette a Toscolano sulle roccie e sulle muraglie. Pom. Henrice Strob. var. Strobeli. Testa stricte perforata elongato-turrita cinereo-cornea vel cine- reo-luteola polita mtida, apice nitidissima, anfractus 10-11 regu- lariter crescenti planulato-converi. sutura valida cinereo-opaca 374 N. PINI, filosa separati, ultimus parum elatum perbreve ascendens basi subcarinatum; peristoma «duplex canaliculatum subrectum, exte- rius utrinque auritum, tenuiter reflexrum aut patulum, albidulune, interius continuum affirum subincrassatum luteolum: apertura subrotundata tenuissime ad dextrum obtuse angulata, intus pal- lide lutea. Operculum cartilagineum luteum, concentrice annula- tum parum concavum, immersum. Long. 9/2 a 10 Diam. 3 mill. Hab. prope Cismon in valle Brenta prov. Vicentina. Conchiglia strettamente perforata a superficie liscia, lucente, di forma turrita allongata formata da 10 ad 11 giri di spira poco convessi crescenti gradatamente separati da solco spirale piuttosto profondo di colore cinereo opaco. Apice corneo dia- fano lucentissimo, anfratti successivi di colore cinereo gialliccio talora rosseggiante, l’ultimo alquanto dilatato lievemente ed ottusamente carenato alla base. Peristoma duplice internamente robusto continuo, all’esterno più esile interrotto all'appoggio dei margini formante una concavità circolare fra l’uno e l’altro. Il margine interno o columellare quasi centrale semiverticale al- l’asse della conchiglia ossia del mezzo del maggior diametro, continuo; quello esterno ascendente fino verso la terza parte del diametro del sottoposto giro di spira entrambi bianchicci. Apertura arrotondata alquanto ottusamente angolosa in pros- simità dell'appoggio del margine esterno, internamente bruno gialliccio pallido. Misura da 9!/: a 10 mill. per 3 di maggior diametro. L’o- percolo è cartilagineo gialliccio, a strie fine concentriche circo- lari un po’ concavo e profondamente collocato. Vive presso Cismon nella provincia di Vicenza ove la valle del Brenta è rinserrata da alti monti. Differisce dal tipo, ritenuti per tipici esemplari della valle Sugana provenienti dalle mani di Stabile che li ebbe dall’autore, per forma più turrita, superficie più levigata, i giri della spira un poco meno convessi e per la robustezza interna del. peri- stoma. | NOVITÀ MALACOLOGICHE. 375 Ha pure affinità colla var. lissogyrus West. ritenuti per tipici esemplari provenienti da Feltre e Fonzaso nella provincia di Belluno determinati dall’autore, ma diversifica per maggiore statura, forma più snella, maggior numero di giri di spira che sono meno convessi, l’ultimo dei quali è un poco più ascendente al suo margine esterno, non che per diametro minore, maggiore levigatezza della superficie e colorazione più pallida. Pom. Henrica Strob. var dWlasiacus. Testa subimperforata subpiramidata cinereo-cornea vel corneo- luteola obliquiter confertissime subequaliter striato-costulata costis levibus flexuosis, in anfractu ultimo evanescentibus; anfractus 9-10 convexiusculi, primi quinque lente, ceteri celerius accre- scentes sutura valida disjuncti, ultimus teres, antice latior, su- perne valde ascendens; apertura subobliqua ovali-rotunduta, su- perne obtusissime angulata, intus luteo-fulva; peristoma simplex vel subduplex interius continuum parum prominens, exterius elatum reflexum circa umbilicum pruinose albidulum, margine dextro rotundato-subauriculato regulariter arcuato, columellari patente, superne late-auriculato. Operculum cartilagineum concentrice annulatum, luteum, im- MErSUM. Long. 71/2 a 91/2 Diam. 3 a 34/2 mill. Hab. in valle IMasi prope Giazza, prov. Veronense. Conchiglia strettamente perforata di forma quasi piramidata composta da 9 a 10 giri di spira, i primi cinque crescenti len- tamente, i successivi, più celeremente, l’ultimo allongato ed an- teriormente allargato, separati da solco spirale abbastanza pro- fondo, il primo corneo diafano il secondo corneo rossiccio lisci, gli altri cinerino corneo unicolori striato-costulati, i due penul- timi di colore più pallido muniti di costoline ondulate uniformi poco salienti ma discernibili senza ajuto della lente, l’ultima metà perfettamente liscia lucente. 976 MO) it] Peristoma ampio, risvolto, bianchiccio, subduplice, 1 interno poco distinto, non ingrossato, superiormente fuso, l'esterno sot? tile ed allargato, risvolto: margine esterno un poco più saliente che nella var. Strobeli ed appoggiato a quasi la metà del dia- metro del giro sottoposto, quello interno o columellare che si appoggia a circa un terzo del maggior diametro, non quasi al centro come in quello. Apertura un poco obliqua, ovale arro- tondata di colore fulvo-gialliccio leggermente angolosa superior- mente a destra. Opercolo cartilaginoso a strie concentriche gial- lo-bruno, profondo. Misura da 7 1/2 a 9!/s mill. di longhezza per 3 a 3 1/2 di mag- gior diametro. Differisce dal tipo per i giri della spira più convessi, forma un poco più piramidata, per gli ultimi giri che crescono più celeremente, per la striatura delle superficie che al centro spe- cialmente è quali costulata. Vive questa graziosa forma nella valle d’ Illasi presso Giazza S. Bartolomeo, provincia di Verona e venne raccolta dal mag- giore Adami che me ne comunicò gentilmente alcuni esemplari. Clausilia Studeri. (Sectio Pedemontiana.) Testa rimata solidula ventrosulo-fusiformis, corneo-lutea vel brunneo-cornca, epidermate interdum decidua obsolete capillaceo flexuose striata, mnitido-fusca, apice corneo acutiusculo glabro, anfractus 8-9 sensim crescenti, basi subrugosa paululum de- pressa; apertura ovali-obliqua, peristoma non continuum, subso- lutum, albolabiatum crassulum, parum reflexum, margo ejus co- lumellari brevem, senextrum subsinuatum ascendentem, fauce bruno-lutea, sinulum angustum rotundatum: tamella infera crassa immersa triramosa lectera N maxima invertita simulantem la- mella spirali versus ingressa, supera fere marginalis robusta, subeolumellaris emersa sinuosa exterius callositati tenui cum ta- NOVITÀ MALACOLOGICHE. 377 mellam inferam conjunceta; lamella spiralis profunda brevis tenuis a supera disjuncta; plica palatales 2 supera sat elongata, in- fera brevis dimidium circiter mrecedentis cique parallela, lunella conspicua; clausilium integrum incurvum sinuosum longiter pe- diculutum. |. Long. 12 a 13 Diam. 31/4 a 31/2 mill. . «Hab. in nemore Naccio loco Stilo dictus prope Brissago. Animal. albo-perlaceo subdiaphano, potius breve, solea albo- cerulea, lata. Conchiglia perforata abbastanza solida, di forma ventroso fu- siforme color corneo gialliccio o corneo bruno, lucente, opaca, epidermide sovente caduca, superficie solcata da strie sottili appena flessuose, apice corneo levigato piuttosto acuto. La spira si compone di 8 a 9 giri crescenti gradatamente, l’ultimo leg- germente rugoso, ed alquanto depresso alla base. L’apertura è ovale ed obliqua col contorno non continuo lievemente fuso, bordato di bianco, alquanto ingrossato e poco risvolto; il suo margine destro o columellare breve, l'opposto un poco più sa- liente e sinuoso; la bocca è tinta internamente in giallo bruno, il sinolo è ristretto ed arrotondato. La lamella inferiore robusta ed immersa è triramosa, simu- lante una lettera N majuscola rovesciata e si interna in dire- zione della lamella spirale, il ramo centrale è il più sviluppato: lamella superiore quasi marginale robusta, quella subcolumel- lare emersa congiunta all’esterno colla lamella inferiore da leg- gera callosità. Le pieghe palatali sono due delle quali la superiore ossia quella più prossima alla sutura abbastanza longa, l’inferiore assai più corta, una metà circa della precedente alla quale è parallela, e si appoggia alla estremità superiore della lunella che è ‘abbastanza pronunciata e ricurva. Il Clausilio è intero longamente pediculato e ricurvo sopra sè stesso e nel senso della sua longhezza. Misura da 12 a 13 mill. di longhezza per 31/4 a 3!/ di dia- 378 N. PINI, metro, vive nei boschi dell’alpe di Naccio presso Stilo, nel cir- colo delle isole di Brissago ad una elevazione fra i 1400 ed i 1500 metri e venne raccolta dal signor E. Bazzi che me ne co- municò diversi esemplari. L'animale è bianco perlaceo semidiafano piuttosto breve ed a suola dilatata colore bianco leggermente azzurrognolo. Il dorso è ricoperto di piccolissimi tubercoletti piuttosto appiattiti color castano pallido che ai lati e posteriormente sono radi e sfu- mati, quasi bianchi. Lungo il collo corrono al centro superiore due serie di tu- bercoletti poco rialzati, quasi uniformi che danno origine ad un solchetto poco marcato di tinta più pallida. Il lembo del piede è distinto da un solchetto che circonda l’animale fino all’estre- mità posteriore che termina in forma di cono acuto. I tentacoli sono pressochè cilindrici longhi due millimetri e mezzo di colore castano pallidissimo: sfumato verso l’apice che è munito di un bottone sferico diafano al cui centro mette capo l’occhio di colore nerissimo, relativamente grande: il nervo ot- tico è incolore od appena sfumatamente tinto, e la pelle dei tentacoli è finissimamente ricoperta da granulazioni rotonde. I tentoni sono assai brevi, all’incirca mezzo millimetro, di tinta pallidissima e coll’apice ottuso. In marcia l’animale misura da 9 a 10 mill. per circa 2 di larghezza; esso ha moto abbastanza celere, ma non uniforme- mente accelerato, interrotto, ed impiega all'incirca un’ ora a percorrere un metro di cammino; porta la conchiglia orizzon- talmente e la striscia toccando l’apice in terra. Allorchè l’animale è giovane ma adulto, la conchiglia ha un colore rossiccio bruno, quando invecchia il tessuto è più robusto, il colore diviene corneo giallognolo o grigiastro e l’ epiderma si. fa scontinua, e caduca. Ha molta affinità colla Cl. Baudii, ma si distinguerà da essa per la statura minore, minore sviluppo dell’ultimo giro sul quale la striatura è più esile e sbiadita, quasi nulla; per uno o due . giri di spira di meno, per la piega palatale inferiore più pa- rallela alla superiore ed un poco più longa. i — rr we. — ©——au Bd Sri NOVITÀ MALACOLOGICHE. 379 Ho dedicato questa nuova forma al chiarissimo prof. dott. Teo- filo Studer di Berna per riconoscenza dell’ appoggio prestatomi nello studio di altre specie communicandomi i tipi conservati in quel museo di Storia Naturale. Clausilia Brugnoneana, (Siciliaria West. ') Testa rimata, ventricoso-fusiformis, solidula, subtiliter confer- tissime striata, pellucida, pallide-cornea, luteola, spira sursum attenuata anfractus 11 subplani, primi duo glabri maitidi, ceteri oblique striati, ultimus striato-rugosulo basi subcristato; sutura parum impressa in anfr. prioribus papillis punctiformibus or- ‘ nata; apertura ovali-elongata obliqua; lamella supera valida fere marginalis, infera conspicua flexuosa, lamella spiralis tenuis immersa; plica palatales tres, infera producta superne plicam lunatam attingens, media mediocris, supera longa ultra lunellam producta, plica subcolumellaris brevissima profunda, lunella con- spicua laeviter arenata, peristoma continuum solutum albido si- militer expanso. Clausitium duplex stricte-clongatum truncatum, crasse mar- ginatum, concavum, sinuatum; pediculum exilis incurvum acu- tissimum. Long. 18 a 20 Diam. 4 a 4/4 mill. Hab. prope Panormum, Sicilia. Conchiglia ventricoso fusiforme solida sottilmente e fittamente striata a strie uniformi, pellucida corneo pallido gialliccio, colla spira superiormente assottigliata. Ha da 10 ad 11 giri quasi piani, i primi due levigati lucenti, gli altri obliquamente striati, l’ultimo alquanto rugoso verso l’apertura e leggermente crestato alla base. Il solco spirale è poco impresso nei primi giri mu- 4 West, in Verh. Siebenb. Verh, 1867. 380 N. PINI, niti di papillette puntiformi bianche: Megan ovale allongata è posta obliquamente. La lamella superiore è robusta quasi marginale, 1’ inferiore riguardevole e flessuosa, la lamella spirale piccola ed immersa. Le pieghe palatali sono tre, l’inferiore sviluppata raggiungente superiormente la piega lunare, la media mediocre, quella supe- riore longa e sviluppata fin oltre la lunella; la piega subcolu- mellare assai breve e profonda la lunella pronunciata, legger- mente arcuata. Il peristoma è continuo bianco risvolto, ed equabilmente dilatato. Il Clausilio è duplice strettamente al- longato, troncato nella parte inferiore della lama, ingrossato al margine, concavo sinuoso, il pediculo sottile e ricurvo è acu- tissimo. Misura da 18 a 20 millimetri per 4 a 41/4: di diametro e vive a Palermo ove venne raccolta dal signor abate Giuseppe Brugnone, alla cui memoria mi è caro dedicarla. Pupa triplicata Stud. var. Esinensis. La presenza di questa specie nella Lombardia poteva fin qui ritenersi dubbia non essendo accennata dagli autori nostri, se si eccettuano i fratelli Villa che la compresero nel loro cata- logo sinonimico pubblicato nel 1871 nel Bullettino Malacologico Italiano Anno IV, senza indicazione di località. Che viva la forma tipica fra noi non potrei asserirlo con fondamento, certo vi vive una modificazione del tipo che il chiarissimo dott. We- sterlund mi ha caratterizzato colla seguente frase. Differt @ typo dente columellari obliterato et plica palatali Tonga. Questa varietà vive sul monte S. Defendente ai prati d’Agueglio, presso Esino ove ne raccolsi pochi esemplari quest'anno sotto i ruderi della cappelletta che trovasi sulla cima. NOVITÀ MALACOLOGICHE. 381 Arion .Pollonereo. Animal robustum dorso rotundato cinereo-flavescenti rugoso rugis validis elongatis, inter rugibus interdum irregulariter plus minusve atro signato, longitudinaliter obsolete brunneo quadrifa- sciato, lumbis pallidioribus, postice graduatim attenuato. Clypeo minute rugoso, antice protracto, postice obtuse-rotundato sub- truncato, longitudinaliter obsoletissime pallide-brunneo quadrifa- sciato. Pedis margine externo valido, unicolore ut corpore sed pallidior absque lineolae. Tentaculis cinereo-flavescentis sat elon- gatis, granulatis. Apertura respirataria antica sexuali superpo- sita; solea albida unicolore late marginata. Longitudo maxima 70 a 80 mill. (Contractus in alcool 40 a 50 meill.). Hab. propre Intra, Pedemontem. Animale robusto col dorso arrotondato prominente, non ca- renato, color cinereo-giallastro, rugoso, rughe robuste allongate uniformi, con macchie piccole irregolari filiformi nerissime rade negli interstizî delle rughe, longitudinalmente quadrifasciato in tinta bruno pallida, ed i fianchi della tinta fondamentale del corpo, gradatamente decrescente nella parte posteriore, ove si congiungono le fascie brune fra loro. Cappuccio sottilmente rugoso allongato anteriormente, posteriormente ottusamente ro- tondato quasi troncato, debolmente quadrifasciato in bruno pal- lidissimo, le due fascie laterali per lo più allongate e fra loro riunite posteriormente da uno strettissimo bordo circolare che contorna il cappuccio; quelle mediane talvolta interrotte e meno pronunciate. Il margine esterno del piede sviluppato, unicolore della stessa tinta dei lombi, ma più pallida, senza le lineette nere orizzon- tali come nel A. cinctus Mull. Tentacoli piuttosto longhi cilin- dro-conici color cinerino giallognolo affumicato finamente gra- Vol. XXVII 25 382 wa, nulosi. L'apertura polmonare situata anteriormente è pallida ed | i il solco della stessa diretto un poco. all’avanti termina sopra quella degli organi della riproduzione. La suola è bianca uni- colore divisa in tre zone di cui la mediana è assai ristretta e simulante una treccia, le laterali larghe il doppio e liscie. Tra- suda un umore vischioso di colore giallastro. meno tendente al rosso di quello del A. cinctus Mull. Il poro mucoso è assai sviluppato non aderente al margine del piede che è è alquanto più allongato. Mandibola,fortemente arcuata, senza prominenza mediana, sulla cui convessità sono disposte 12 costicine paral- lele fino alle estremità esterne. pressochè equidistanti, abbastanza rilevate sporgenti alquanto sul margine inferiore, delle quali le quattro centrali sono un poco più robuste. Nella massima distensione misura da 70 ad 80 millimeta e contratto nell’alcool da 40 a 50. Vive in Piemonte presso Intra verso Premeno. i Milano, 30 Settembre 1884. A Sa 7, 807 BEE) i 30” SA one dd We vd) Lt si Napoleone fint. Aovitt Malacologiche. C Follonera dis. PO AA VIALI vt, Ri SG: NOVITÀ MALACOLOGICHE. 383 SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA. Atti Estr. È | Pomatias subalpinus . . .. ... Figura N. 1 gr. :0/(' Pag. 203 4 | >» striolatus var. De-Filippii . » »i.2 i 181, » 236 7 giwalenbinna .:-; 0.0)... » >» 4 Pf » 236 7 » MR » RD x odi » 238 9 le se renendita EV » » 9 x; >» 358 29 >» intermedius. . . ... . » » 8 >il 2». 370 31 » LT a RAR MR » >» NP » 871 32 >» —septemspir. var. gardensis . » >» 6 » 0%/, » 372 33 > Henriea var. Strobeli. . . » > o #0 eh » 373 34 È » » var. illasiacus . . » >» 10 tl » 375 36 mulanailia Baudii . ... ..... » >» 14 I 3” » 242 13 mn n #16 > 4% > 244° 15 » ligurica . . . AP NA » » 18 dii: » 246 17 » » | vista dal “durio Nilo: Lr » 184 2 Eh a » silensis vista dall’apertura . » » 17 Spa: 2247 18 >. >» vista dal dorso . . » » 17a SAR » » Studeri vista dall'apertura . >» > 19 Aa 1° SP ONSTOLT 37 > » vista dal dorso . . » » 19a dare | » » Brugnoneana:. ... . .... » » 16 ta 1° » 379 40 Bi» » vista dall’apertura. » » 16 v. Ala » | kE -» se, vista dal dorso . » >» 165 a 1 » | Helix pedemontana vista di sotto . » >» 11 » nat. » 248 19 du > » vista di sopra . » >» lla » nat. » |» » vista ae di ada 1° » > 115 with, » | Acme microspira . . . . ; » » 12 di (REP >» 239 10 Il | Hyalina diaphana var. Less. vista di face » > 13 duca >» 250 21 Mafia Me, » vista di sotto. » > 13@ > % ” js: > » vista di sopra. ». >» 135 la >» ERRATA CORRIGE. % Invece di Leggasi . Pag. 244 Lin. 8 misura 14 centimetri misura 14 millimetri >» 253 >» 3 95 centimetri 95 millimetri > 254 » 33 le macchie nere del corpo le macchie nere del corpo essere erano » 255 » 20 Anodonta paludosa Anodonta paludosula >» 256 >» 6 quello di paludosa quello di paludosula. Seduta del 30 Novembre 1884. Presidenza del Presidente prof. cav. ANTONIO STOPPANI. Il Presidente apre la seduta invitando il socio N. Pini a leg- gere le sue Novità malacologiche. L’autore, dopo avere constatato che nel Piemonte propria- mente detto non venne fin’ora rinvenuto il genere Pomatias, mentre sono note 7 differenti forme incole della Liguria, de- scrive una nuova forma che chiama subalpinus, vivente sui monti ove ha le sue sorgenti il torrente Pesio nella Provincia di Cuneo. Egli attribuisce la scoperta di questa e d’altre specie che descrive brevemente, all’ insufficenza di indagini fin quì prati- cate specialmente nelle regioni montana ed alpina, poichè in due giorni di esplorazione gli fu dato rinvenire in quella valle ben 4 forme nuove cioè l’accennata Pomatias, la Clausilia Baudi, l Helix pedemontana, e la Hyalina diaphana var. Les- sone. Passa quindi a descrivere altre forme di molluschi” che ritiene sin quì sconosciute come la Clausilia Dorie della valle dell’ Elvo. e di Gressoney S. Jean, la Claus. ligurica del monte Caprione alla Spezia, la Claus. silensis del bosco della Sila in Calabria; il Limax millipunctata della Liguria, e tre altre forme di Pomatias, il Valsabinus proprio dei monti che circondano il lago d’ Idro, lo Stabilei di quelli che dividono la Valsassina dalle valli bergamasche, ed una varietà dello striolatus Porro SEDUTA DEL 30 NOVEMBRE 1884. 385 che egli chiama De Filippi che si rinviene colla specie a Nervi. Descrive poscia una interessantissima nuova forma di Acme, la microscopîra; ed accenna alle differenze che l’ Acme lineata, la specie più diffusa fra noi presenta, cioè la lineata var. subcostata, lineolata, e transitoria, colle quali la fauna italiana del genere viene ad essere rappresentata da 14 forme differenti. Accenna quindi ad altre forme di Pomatias di Lombardia come l’ Agardhi, il gardensis, l’ intermedius ed il reconditus e ad alcune varietà di forma del Pom. Henrice ch'egli distingue coi nomi di var. Strobeli ed Illasiacus; nonchè ad una interes- sante forma di clausilia prossima alla septemplicata Phil. delle vicinanze di Palermo che l’autore chiama Brugnoneana in ri- cordo del fu abate Brugnone che gliela inviava. Tutte queste nuove forme di conchiglie sono presentate ai soci perchè possano prenderne cognizione. Dietro invito del Presidente, il socio dott. P. Magretti legge un breve sunto dei suoi Ricordî di un viaggio zoologico nel Sudan orientale. La memoria, che verrà inserita per intero ne- gli Atti, è accompagnata da una tavola su cui è tracciato l’iti- nerario del viaggio. Infine il segretario G. Mercalli legge, a nome del socio dott. C. F. Parona, una nota Sopra alcuni fossili del Lias inferiore di Carenno, Nese ed Adrara melle prealpi bergamasche. Al la- voro è annessa una tavola in cui sono rappresentate alcune delle specie fossili descritte nella Memoria. Si passa alla trattazione degli affari colla votazione per la nomina a socio effettivo del signor Italo Vismara di Milano pro- posto dai soci N. Pini, G. Mercalli e F. Molinari. Il siguor Italo Vismara riesce eletto ad unanimità. Il Presidente annuncia la dolorosa perdita fatta dalla Società nello scorso autunno, per la morte del socio Francesco Masè, arciprete di Castel d’ Ario, il quale fu uno dei più antichi e benemeriti membri della nostra Associazione. Il socio E. Nicolis domanda la parola per associarsi al Presidente nell’ encomiare nel sac. Francesco Masè non solo il 386 SEDUTA DEL 30 NOVEMBRE 1884. chiaro scienziato, ma anche il cittadino tanto benemerito per la sua filantropia. Il Presidente informa la Società come, in esecuzione delle deliberazioni prese nella seduta ordinaria del 27 luglio 1884, la Presidenza colla cooperazione del socio onorario prof. Mar- tino Baretti aveva disposto tutto per tenere un’ adunanza stra- ordinaria autunnale in Torino. Ma che le condizioni sanitarie consigliarono a rimandarla ad un’altro anno. La Società, dietro proposta del Presidente, incarica la Pre- sidenza di ringraziare il prof. cav. Martino Baretti per lo zelo con cui si è adoperato per preparare l’ adunanza straordinaria di Torino. La Società dolente di non aver potuto tenere detta adunanza in Torino nello scorso. ottobre, fa voti perchè la riunione stessa abbia ad aver luogo nell’ autunno del prossimo anno. Per ultimo la Società approva il cambio dei proprî Atti con quelli della Accademia nmacional de ciencias en Cordoba (Repub- blica Argentina). Il Segretario Prof. G. MERCALLI. ELENCO DEI LIBRI PERVENUTI IN DONO OD IN CAMBIO ALLA BIBLIOTECA SOCIALE NELL’ ANNO 1884. PUBBLICAZIONI. PERIODICHE DI SOCIETÀ ED ACCADEMIE SCIENTIFICHE. Italia. Bullettino Meteorologico dell’ Osservatorio del Collegio Reale Carlo Alberto in Mon- calieri. — Torino, 1884, obl.; Anno XVIII. Bollettino decadico di detto Osservatorio. — Torino; 1883, 8°; Anno XII, 1882-83, N. 8-12; Anno XIII, N.1 e 2. Bollettino mensuale di detto Osservatorio. — Torino, 1883, 4°, Serie II, Vol. III, N. VIII, X, XII. Vol. IV, N. 1-3. Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino. — Ivi, 1883, 8°; Vol. XIX, disp. 1*-7*. Bullettino dell’ Osservatorio della Regia Università di Torino. — Ivi, 1884, obl., Anno XVIII. Giornale della Società di Letture e Conversazioni scientifiche di Genova. — Ivi, 1883, 8°; Anno VII, fase. XII; Anno VIII, fasc. I-XII. Bullettino dell’ Agricoltura. — Milano, 1883, 4°; Anno XVII, N. 44-52; Anno XVIII, N. 1-53. ì Bullettino necrologico mensile del Comune di Milano. — Ivi, 1883, 4°; ottobre-di- cembre. 1874, gennaio-luglio. Rendiconti del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. — Milano, 1883, 8°; Se- rie II, vol. XVI, fasc. XVIII-XX; vol. XVII, fasc. I-XX., Memorie di detto Istituto. — Milano, 1884, 4°; vol. XV, fasc. II e III. L’Esploratore. — Milano, 1883, 8°; Anno VII, fasc. XII; Anno VIII, fasc. I-XII. — Indice alfabetico analitico dei primi sette volumi. Atti dell'Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti in Bergamo. — Ivi, 1884, 8°; Vol. V, dispensa unica. Commentari dell'Ateneo di Brescia per Vanno 1884. — Brescia, 1884, 8°, 388 LIBRI IN DONO, ECC. Atti della Società Veneto-Trentina di Scienze naturali residente in Padova. — Ivi, 1883, 8°; Vol. VIII, fasc. II; Vol. IX, fasc. I. Bullettino di detta Società. — Padova, 1884, 8°; Tomo III, N. 1. Atti dell’ Accademia Olimpica di Vicenza. — Ivi, 1884, 8°; 1° e 2° semestre 1882, Vol. XVII. Bullettino dell’ Associazione Agraria Friulana. — Wdiné, 1883, 8°; Serie III, Vol. VI, N. 50-53; Serie IV, Vol. I, N. 1-24. Supplemento al N. 9. Atti del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. — Venezia, 1882-83, 8°; Tomo I, Serie VI, disp. 10*; Tomo II, disp. 1*-9*. L’ Ateneo Veneto. Rivista mensile di Scienze, Lettere ed Arti. — Venezia, 1883, 8°; Serie VII, Vol. II, N. 3-6; Serie VIII, Vol. I, N. 1-6; Vol. I, N.1e 2. L’Amico dei Campi. Trieste, 1883, 8°; Anno XIX, N. 9-12; Anno XX, N. 1-10. Atti della Società dei Naturalisti di Modena. — Ivi, 1884, 8°. Rend, Ad. 24. feb- braio. Ad. 1 agosto 1884. Memorie dell'Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. — Ivi, 1883, 4°; Se- rie IV, Tomo IV, fasc. IV; Tomo V, fasc. I-III. Rendiconto delle Sessioni dell’ Accademia delle Scienze suddetta. — Bologna, 1883, 8°; Anno accademico 1882-83. 0 Bullettino di Paletnologia Italiana. — Reggio d’Emilia, 1883, 8°; Anno IX, N. 8-12; Anno X, N.1e 2. Atti della Società Toscana di Scienze naturali. — Pisa, 1883, 8°. Processi verbali, Vol. IV. Adunanze 11 novembre 1883 e 13 gennaio 1884. Indice del volume I Adunanza 2 marzo 1884. Vol. VI, fasc. I. Adunanza 6 luglio 1884. Nuovo Giornale Botanico Italiano, diretto da T. Caruel. — Firenze, 1883, 8°; Vol. XV, N. 1-4; Vol. XVI, N. 1-4. Bullettino della Società Entomologica Italiana. — Firenze, 1884, 8°; Anno XVI. Trimestri 1° e 2°. La Nuova Rivista Internazionale. Periodico di Lettere, Scienze ed Arti. — Firenze, 1884, 8°; Anno IV, N. 1-12. Atti della R. Accademia dei Fisiocritici di Siena. — Ivi, 1883, 4°; Serie III, Vol. II, fasc. 4°; Vol. III, fasc. 9°. Atti della R. Accademia dei Lincei. — Roma, 1883, 8°; Serie III Transunti. Vol. Vi fase. 16°: Vol “VIII, fase. ‘1°<10” Bollettino del ER. Comitato Geologico d’Italia. — Roma, 1883, 8°; Vol. XIV della Raccolta, N. 7-12; Vol. XV, N. 1-10. L’Art en Italie. — Rome, 1884, 4°; I Année, N. 2-14. Atti del R. Istituto d’ Incoraggiamento alle Scienze Naturali, Economiche e Tecnolo- giche di Napoli. — Ivi, 1883. 4°; Serie III, Vol. II. | Bollettino della Società Africana d’ Italia. — Napoli, 1884, 8°; Anno III. fase. 1°-5°. Rendiconti della R. Accademia delle Scienze fisiche e matematiche di Napoli. — Ii, 1583, 4°; Anno XXII, fasc. 11° e 12°; Anno XXIII, fasc. 1°-9°. Il Picentino. — Salerno, 1883, 8°; Anno XXVI, fasc. 10°-12°; Anno XXVII, fasci- coli 1°-10°. Giornali ed Atti della Società d’ Acclimazione ed Agricoltura in Sicilia. — Palermo, 1883, 8°; Anno XXIII, N. 11 e 12; Anno XXIV, N. 3-8. Atti della R. Accademia di Scienze, Lettere e Belle Arti di Palermo. — Ivi, 1884, 4°. Nuova Serie, Vol. VIII. LIBRI IN DONO, ECC. "n iod, Atti dell’Accademia Gioenia di Scienze Naturali in Catania. — Ivi, 1883, 4°; Serie III, Tomo XVII. Francia. Bulletin mensuel de la Société nationale d’ Acclimatation de France. — Paris, 1888, 8°; Série III, Tome X, N. 10-12; Série IV, Tome I, N. 1-10. Chronique de la Société nationale d’Acclimatation de France. — Paris, 1883, 8°; Année IX, Série II, N. 18, 23, 24; Année X, N. 2-24. Bulletin de la Société Botanique de France. — Paris, 1881, 8°; Tome XXIX, 1881, Comp. R. 6 bis; Tome XXIX, 1882, Session extr. à Dijon. Revue bibliogr. A, B, G, D, E. Comp. R. Séances 1-6; Tome XXX, Comp. R., 1-4. Revue bibl. A, B, GC, D. Index, Vol. XXVIII, XXIX. Bulletin de la Société géologique de France. Paris, Série III, Tome I-X. Revue Savoisienne. — Annecy, 1883, 4°; Année XXIV, N. 11 e 12; Année XXV, N.:1-11. Bulletin de la Société libre d’émulation du commerce et de Vindustrie de la Seine- Inférieure. — Rouen, 1883, 8°. Exercice 1882-83. Bulletin mensuel de la Société Linnéenne du Nord de la France. — Amiens, 1881, 8°; Tome V, N. 110-114; Tome VI, N. 115-122. Mémoires di detta Società. — Amiens, 1883, 8°; Année 1883. Mémoires de la Société des Sciences physiques et naturelles de Bordeaux. — Ivi, 1883, 8°; Série II, Tome V, cahier 3. Bulletin de la Société d’histoire naturelle de Toulouse. — Ivi, 1882, 8°; Année..XVI. Académie des Sciences, Belles- Lettres et Arts de Savoie. — Chambéry, 1883, 8°. Do- cuments, Vol. IV. Mémoires di detta Accademia. — Chambéry, 1883, 8°; Série III, Tome IX. Portogallo. Boletin Annual Sociedade Broteriana. — Coimbra, 1884, 8°; II, 1883. Svizzera. Beitriige zur Geologischen Karte der Schweiz. — Bern, 1883, 4°; Lief. 19-27. Carte des anciens glaciers de la Suisse, 4 fogli. Mittheilungen der Naturforschenden Gesellschaft in Bern aus dem Jahre 1882. — Bern, 1883, 8°; Heft II, N. 1040-1056. Jahre 1883, heft I, N. 1057-1082. Verhandlungen der Schweizerischen Naturforschenden Gesellschaft in Ziirich. — Ivi, 1883, 8°; Jahres 66. Bulletin de la Société Vaudoise des Sciences Naturelles. — Lausanne, 1883, 8°; Série II, Vol. XIX, XX. 390 LIBRI IN DONO, ECC. Verhandlungen der Naturforschenden Gesellschaft in Basel. «= Ivi, 1884, 8°; Theil VII, heft 2. Nouveauxa Mémoires de la Société Helvétique des Sciences Naturelles. — Basel, 1883, 6°; Vol. XXVIII. livre III Belgio. Bulletin de la Société Royale de Botanique de Belgique. — Bruxelles, 1883, 8°; Tome XXII. Annales de la Société Entomologique de Belgique. — Bruxelles, 1882, 8°; Tome XXVI, XXVII. Procès- Verbaux des Séances de la Société Royale Malacologique de Belgique. — Bru- xelles, 1883, 8°; Séances dal 4 aoùt 1882 al 1° juillet 1883. Annales de la Société Royale Malacologique de Belgique. — Bruxelles, 8°; T. XVII. Annuaire de VAcadémie royale des Sciences, des Lettres et des Beaua-Arts de Bel- gique. — Bruxelles, 1882, 12°; Année XLVIII et XLIX. Mémoires couronnés et Mémoires des Savants étrangers publiés par VAcadémie ro- yale des Sciences, Lettres et Beaux-Arts de Belgique. — Bruxelles, 1882, 4°; Tome XLIV et XLV, 1882; Tome XVIII, 2° partie; Tome XLV, 1883. Bulletins de VAcadémie royale des Sciences, des Lettres et des Beaux-Arts de Bel- gique. — Bruxelles, 1881, 8°; Série III, Année L, Tome I-II; Année LI, Tome III, IV, V. Mémoires couronnés et autres Mémoires publiés par VAcadémie sudd. — Collection in-8. Bruxelles, 1881, 8; T. XXXI-XXXV. Tables des Bulletins, T. XXI à L. Olanda. Archives du Musée Teyler. - Haarlem, 1883, 8°; Série II, Vol. I, partie IV; Vol, II, partie I. Archives Néerlandaises des Sciences exactes et naturelles. — Harlem, 1884, 8°; Tome XVIII, livre 2-5; Tome XIX, livre 1-3. Nederlandsch Tijdschrift voor de Dierkunde. Amsterdam, 1884, 6°; Jaargang V, aflevering 1. i Russia. Mémoires de VAcadémie Impériale des Sciences de St. Petersbourg. — Ivi, 1883, 4°; Tome XXXI, N. 5-16; Tome XXXII, N. 1 et 2. Bulletin di detta Academia. — 1883, 4°; Tome XXVIII, N. 4; Tome XXIX, N. 1. Bollettino del Comitato Geologico. di Russia — S. Petersbourg, 1883, 8°; Tomo I e II, N. 1-9; Tomo III, N. 1-6. Memorie di detto Comitato. — S. Petersbourg, 1883, 4°; Vol. I, N. 1-3. LIBRI IN DONO, ECC. 391 Bulletin de la Société Impériale des Naturalistes de Moscou. — Ivi, 1883, 8°; Année 1883, N.2-4. Nouveaux Mémoires di detta Società. — Moscou, 1884, 4°; Tome XV, livre I. Meteorologische Beobachtungen. — Moskau, 1883, obl.; Jahr 1883, halfte 1-2. Meddelanden af Societas pro Fauna et Flora Fennica. — Helsingfors, 1883, 8°. Hiàftet nionde, tionde. Gran Brettagna (Inghilterra). Proceedings of the Scientific Meetings of the Zoological Society of London for year 1883. — London, 1884, 8°; part IV; for the year 1884, part I. Nature. — London, 1884, 8°; Vol. XXX, N. 770. Palaentographical Society. — London, 1883, 4°; Vol. XXXVII. Journal of the Royal Microscopical Society. — London, 1884, 8°; Serie II, Vol. IV, part II Proceedings of the Royal Society. — London, 1882, 8°; Vol. XXXIV, N: 221-226. Philosophical Transactions of the Royal Society of London. — Ivi, 1883, 4°; Vol. CLXXIII, part II, III, IV; Vol. CLXXIV, part I. Scozia. Proceedings of the Manchester Literary and Philosophical Society. — Manchester, 1881, 8°; Vol. XX-XXII. Memoirs di detta Società. — Manchester, -1882, 8°; Vol. VII-IX. Irlanda. The Scientific Proceedings of the Royal Dublin Society. — Dublin, 1882, 8°; Vol. III, part VI, VII; Vol. IV, part I-IV. The Scientific Transactions of the Royal Dublin Society. = Dublin, 1883, 4°; Vol. h part XX-XXV; Vol. III, part I-III. Germania. Archiv des Vereins der Freunde der Naturgeschichte in Meklenburg. — Gistrow, 1883, 8°; Jahr 37. Schriften der Physikalisch-bkonomischen Gesellschaft zu Kéonigsberg. — Ivi, 1884, 4°; Jahrg. 24, abth. 1, 2. 392 LIBRI IN DONO, ECC. Schriften der Naturforschenden Gesellschaft in Danzig. — Ivi, 1884; N. F. Bd. VI, heft 1. Abhandlungen der Tita [Or epRc Adani Gesellschaft zu Gòrlite. — Ivi, 1884, 8°; Bd. XVIII. Verhandlungen des botanischen Vereins der Provinz Brandenburg. — Berlin, 1883, 8°; Jahrg. XXIV. Palaeontographica. — Cassel, 1883, 4°; Band XXX, lief. I, Theil. I. Register Palaeont. Suppl. Vol. II, 1-5. XXXI Bericht des Vereines fiir Naturkunde zu Cassel. — Ivi, 1884, 12°. Zoologischer Anzeiger. — Leipzig, 1784, 8°; N. 164; VI Jahrg. 1883, N. 129-156; VII Jahrg., N. 157-184. Jenaische Zeitschrift fim Naturwissenschaft. — Jena, 1882, 8°; N. F. Bd. IX, heft 1, 2, 4; Bd. X, heft 1-4; Bb. XI, heft 1. ' Sitzungsberichte der Jenaischen Gesellschaft fiir medicin und Naturwiss. fiir das Jahr 1883. — Jena, 1884, 8°. Jahres- Berichte des naturwissenschaftlichen Vereins în LIA — Ivi, 1884, 8°; Heft VI. chan und Abhandlungen der naturw. Gesell. Isis in Dresden. — Ivi, 1884, ; Jahrg. 1883, Juli bis December. 1884, Januar bis Juni. nei tiber die Senckenbergische naturforschende Gesellschaft 1881-1883. — Frank- furt a. M., 1883, 8°. l Notizblatt des Vereins fiir Erdkunde zu Darmstadt. — Ivi, 1883, 8°; Folge IV, heft IV. hi; Sitzungsberichte der physikalis. medicinischen Gesellschaft zu Wiirzburg. — Ivi, 1883, 8°; Jahrg. 1883. Correspondenz-Blatt des zoologis.-mineral. Vereines in Regensburg. — Ivi, 1883, 8°; Jahrg. 37. Sitzungsberichte der mathematisch-physikalischen Classe der k. k. Akademie der Wis- senschaften zu Miinchen. — Ivi, 1884, 8°; 1883, heft III; 1884, heft I. Abhandlungen c. s. — Miinchen, 1883, 4°; Bd. XIV, abth. III; Bd. XV, abth. I. Stiebenundwanzigster Bericht der Naturhistorischen Vereins in Augsburg. — Ivi, 1883, 8. Sitzungsberichte der physikalisch-medicinischen Societit zu Erlangen. — Ivi, 1883, 8°; Heft 15. Austria. Geologische Uebersichtskarte der Oesterreichisch-ungarischen Monarchie. Wien, 1869, 8°; Blatt Nr. III, IV, VII, VIII, IX, XII. Jahrbuch der k. k. Geologischen Reichsanstalt. — Wien, 1883, 8°; Jahrg. 1884, Bd. XXXIII, N. 4; Jahrg. 1884, Bd. XXXVI, N. 2, 3. Verhandlungen c. s. — Wien, 1883, 8°; 1883, N. 10-18; 1884, N. 2-18. Abhandlungen c. s. — Wien, 1884, 4°; Bd. XII, lief. 4; Bd. XII, heft I-II. Mittheilungen der Anthropologischen Gesellschaft in Wien. — Ivi, 1883, 4°; Bd. XIII, heft III, IV; Bd. XIV, heft I-III. LIBRI IN DONO, ECO. 393 Mittheilungen des Ornithologischen Vereines in Wien. — Ivi, 1883, 8°; 7 Jahrg., N. 1-12; 8 Jahrg., N. 1-5-7; 1884, 1 Jahrg., N. 1-4. Verhandlungen der k. k. zoologisch-botanischen Gesellschaft in Wien. — Ivi, 1884, 8°: Bd. XXXIII. Brasilische Sàdugethiere. Mittheilungen der k. k. Geographischen Gesellschaft in Wien. — Ivi, 1883, 7°; Band. XXVI. Mittheilungen des Naturwissenschaftlichen Vereines an der Universitàt zu Wien 1882-1883. Wien, 1883, 8°. Berichte des Naturwiss. medizinis. Vereines in Innsbruck. — Ivi, 1883, 8°; Jahrg. XIII, 1882-83. Mittheilungen des Vereines der tirzte in Stejermark. — Graz, 1884, 4°; XX Vereinsj . ‘1883. Ungheria. X Jahresbericht der Gewerbeschule zu Bistritz in Siebenbirgen. — Bistritz, 1884, 8°, Mittheilungen aus dem Jahrbuche der Kòn. Ungarischen Geologischen Anstalt. — Budapest, 1883, 8°; Bd. IV, heft 1; Bd. VI, heft 5-10; Bd. VIII, heft 1. Verhandlungen und Mittheilungen des Siebenbiirgischen Vereins fiir Naturwissen- schaften in Hermannstadt. — Ivi, 1884, 8°; Jahrg. XXXIV. Foldtani Kbzliny. — Budapest, 1883, 8°; kòtet XIII, fizet 4-12; kòtet XIV. fiizet 1-3. Jahresbericht der K. U. Geologischen Anstalt fiir 1882. — Budapest, 1883, 8. Svezia e Norvegia. Entomologisk Tidskrift. Stockholm, 1883, 8°; Arg. 4, hùft 14; Arg. 5, 1884, hàft à-2. Forhandlinger î Videnskabs-Selskabet i Christiania. Aar 1879. — Christiania, 1880, 8°. Aar 1880-83. America settentrionale. Geology of Wisconsin. — Beloit, 1882, 8°; Vol. I, IV. Atlante. Proceedings of the Academy of Natural Sciences of Philadelphia. — Ivi, 1884, 8°; 1884, part II. Proceedings of the American Academy of Arts and Scieuces. — Boston, 1883, 8°; IX Series, Vol. X; Whole Series, Vol. XVIII, XIX, pari I, II. Proceedings of the Boston Society of Natural History. — Boston, 1883, 8°; Vol. XXI, part IV; Vol. XXII, part I. Memoirs c. 8. — Boston, 1883, 4°; Vol. III, N. 6, 7. Annual Report of the Board of Regents of the Smithsoniam Institution, for the year 1881. — Washington, 1883, 8°. 394 LIBRI IN DONO, ECC. Twelfth Annual Report of the U. S. Geological and Geographical Survey of the Ter- ritories of Wyoming and Idaho 1878, part I, II. — Washington, 1883. 8°. Maps and Panoramas. Bulletin of the United States Geological Survey. — Washington, 1883, 8°; N. 1. Monographs of the United States Geological Survey. Washington, 1882, 4°; Vol. II, con atlante. Second Annual Report of the U. S. Geological Survey, 1880-81. — Washington, 1882, 2°. Geological and natural History Survey of Canada. — Montreal, 1883, 8°. Report of progress for 1880-81-82. Maps. Catalogue of Canadian Plants. Part I. Polype- talae. The Transactions of the Academy ‘of Science of St. Louis. — Ivi, 1884, 8°; Vol. IVA 2 Transactions of the Connecticut Academy of Arts and Sciences. — New Haven, 1884, 8°; Vol. VI, part I. Science. — Cambridge, Mass. U. S. A., 1884, 8°; Vol. IV, N. 97. America centrale. Boletin del Ministerio de Fomento de la Republica Mexicana. — México, 1883, 4° Tomo VIII, N. 119-156; Tomo IX, N. 1-30-44-64. Anales c. s. — México, 1882, 8°; Tomo VII. Revista Cientifica Mexicana. — México, 1884, 40; Tomo II, N. 1. Revista Mensual Climatolbgica. — México, 1882, 4°; Tomò II, N. 17. America meridionale. Bulletin astronomique et météorologique de V’Observatoire impérial de Rio de Janeiro. — Ivi, 1883, 8°; 1883, N. 10-12. Boletin de la Academia nacional de ciencias en Cordoba (Repubblica Argentina) Tomo VI, fasc. 1° e 2°. Asia. (Indie Orientali) Records of the Geological Survey of India. — Calcutta, 1883, 8°; Vol. XV, part IV; Vol. XVI, part I-IV; Vol. XVII, part I-IV. Memoirs c. s. — Calcutta, 1882, 8°; Vol. XIX, part II-IV; Vol. XXII, Memoirs c. s. Palacontologia Indica. — Galcutta, 1882, 4°; Series X, Vol. II, part IV, V; Series XII, Vol, IV, part I; Series XIII, fasc. 1°, 2°; Series XIV, Vol. > I, part IV. LIBRI IN DONO, ECC. 395 PUBBLICAZIONI NON PERIODICHE. # Zoologia. Anpres dott. AnGeLo. — Le Attinie. Roma, 1883, 48; Vol. I ArrIGoNI DEGLI Oppi EttoRE. — Lettera aperta al ch. sig. dottor Enrico Hillyer Gi- glioli. Padova, 1884, 8°. BapaLoni dott. Giuseppe. — La vipera ed il suo veleno. Bologna, 1884, 8°. Lo stesso. — Viper-Poison and permanganate of potash. London, 1884, 8°, Lo stesso. — Il morso della vipera ed il permanganato di potassa. Napoli, 1883, 8°. Bertoni dott. Eugenio. — Prodromi della Faunistica Bresciana. Brescia, 1884, 8°. Brusina SpirIDION. — Die Neritodonta Dalmatiens und Slavoniens nebst allerlei Ma- lakologischen Bemerkungen. Frankfurt am Main, 1884, 8°. Canic Grore. — Die Brieftaubenpost. 8°. CattANEO dott. Gracomo. — Le forme fondamentali degli Organismi. Torino-Milano, 1884, 8°. Le stesso. — La Genesi della Metameria. Risposta al prof. Carlo Emery. Napoli, 1884, 8°, De Borre PreupHoMME. — Sur la Cicindela mariti ma Dejean et la variété maritime de la Cicindela hybrida. Bruxelles, 1884, 12°. Lo stesso Le Fewille qui se transforme en insecte. Un foglio. Lo stesso. — Note sur les Glomérides de la Belgique. Bruxelles, 1884, 8°. Forsita Masor. — Le Regioni di transizione zoo-geografiche. Milano, 1884, 8°. Hoprg Epuarp. — Stùrme, Hagel, Trockenheit. Wien, 1883, 8°. Lo stesso. — Ornis und Jagd zwischen Unna und Drina. Wien, 1880, 8°. Lo stesso. — Lùimmergeier (Gypattos barbatus, Cuv.) in Oesterreich-Ungarn erlegt. Lo stesso. — Ueber Geheimnisse beim Thieraustopfen. Lo stesso. — Reise-Erzihlungen und Zugvògel- Wanderbericht von der unteren Donau : aus dem Vorjahre. Lo stesso. — Steinaldler-Goldadler. Lo stesso. — MHorstjagd des Seeadlers. Wien, 1881, 8°. Lo stesso. — Verpackung und Versendung. 8°. Lo stesso. — Der Wanderer Hein. Wien, 1882, 8°. Katalog der Allgemeinen Ornithologischen Ausstellung. Wien, 1884, 8°. Ninni A. P. — Catalogo des Cefalopodi dibranchiati osservati nell’ Adriatico. Pa- dova, 1884, 8°. Passerini N. — Contribuzioni allo studio dell’ istologia dei Miriapodi. Firenze, 1883, 8°. | Pavesi prof. P. — Ulteriori studii sulla fauna Pelagica dei laghi italiani. Milano, 1879, 8°. Lo stesso. — Studii sugli Aracnidi Africani. III, Aracnidi del Regno di Scioa e considerazioni sull’'Aracnofauna d’Abissinia. Genova, 1883, 8°. Lo stesso. — Altra serie di ricerche e studii sulla Fauna Pelagica dei laghi ita- liani. Padova, 1883, 8°. 396 LIBRI IN DONO, ECC. PLateAU FiLix. — Recherches expérimentales sur les Mouvements respiratoires des Insectes. Bruxelles, 1884, 4°, Lo stesso. — Recherches sur la force absolue des Muscles des Invertébrés, II partie. Bruxelles, 1884, 16°. SaLBaDORI JoHANN. — Schiitzet die Insecten und Gebt den Vogelfang Frei! Wien, 1884, 8. Sars G. O. — Carcinologiske Bidrag til Norges Fauna, Hefte tredie. Christiania,. 1879, 4°. SIieBKE H. — Enumeratio insectorum mnorvegicorum. Christianiae, 1880, 8°; Pars I, fasc. 5°. Swiecicki dott. H. — Zur Entwicklung der Barthollnischen. Drise, 1883, 32. Geologia. Broecer W. G. — Die Silurischen. Etagen 2 and 3. Kristiania, 1882, 4°. Favre Arpa. — Sur l’ancien lac de Soleure. Genève, 1883, 8°. Lo stesso. — Carte du phénomène erratique et des anciens glaciers du versant Nord des Alpes Suisses et de la chaîne du Mont-Blane. Genève, 1884, 8°. LeonaRDELLI GiusePPE. — Il Saldame, il Rego e la Terra di Punta Merlera in Istria. come formazione termica. Roma, 1884, 8°. i MercaLLI GrusePPE. — Le inondazioni ed i terremoti in Verona. Cazzano Besana, 1882, 8°. Lo stesso. — Sull’eruzione etnea del 22 Marzo 1883. Milano, 8°. NicoLis Enrico. —. Sul Terziario nelle Prealpi Retiche ad oriente del Lago di Garda. Roma, 1883, 8°. Lo stesso. — Otigocene e Miocene nel Sistema del Monte Baldo. Verona, 1884, 8°. Lo stesso. — Le case che cascano ed i terremoti. Firenze, 1885, in 8°. OmBoni Giovanni. — Delle Ammoniti del Veneto che furono descritte; e figurate da T. A. Catullo. Venezia, 1884, 8°. Pirona GiuLio AnprEA. — Nuovi Fossili del terreno cretaceo del Friuli. Venezia, 1884, 40°, Reusca Hans H. — SWurfossiler 0g Pressede Konglomerater i Bergensshifrene. Kri- stiania, 1882, 40, | SALMOJRAGHI ing. Francesco. — Sulla Galleria abbandonata di Majolungo, Calabria: Citeriore. Roma, 1883, 8°. Botanica. MvueLLOR (Ferd. von). — The plants indigenous around Sharks Bay and its vicinity. Perth, 1883. RapLgorer Lupwie. — Ueber die Methoden in der botanischen Systematik, insbeson- dere die anatomische Methode. Miinchen, 1883, 4°. ScuiseLer dott. F. C. — Vaextlivet i Norge. Christiania, 1879, 4°. Vira ing. CaLLISsTo. — Flora delle Alpi. Milano, 1884. LIBRI IN DONO, ECC. 397 Paletnologia. CasteLrRAaNnco Pompeo. — Gruppo Lodigiano della Prima età del ferro. Reggio nel- l’Emilia, 1884, 8°. StroseL P. — Der Schéidel des Marierenschweines. Parma, 1884, 8°. Miscellanea. BernovILLI DanieL unD EuLeR LeonHARD. — Die Basler Mathematiker. Basel, 1884, 8°. CaruTTI DomeNIcO. — Breve Storia della Accademia dei Lincei. Roma, 1883, 8. Catalogo della Esposizione collettiva del Ministero dei Lavori Pubblici alla Esposi- zione Nazionale di Torino del 1884. Roma, 1884, 8°. De Borre PreupHOMME. — Notice nécrologique sur Jules Putzeys. Bruxelles, 8°. De MenpIzaBAL TAMmBORELL Joaquin. — Tesis leida en el examen profesional de inge- niero géografo. México, 1884, 8°. De MortILLET GABRIEL. — Négres et civilisation égyptienne. Paris, 1884, 8°. GùLoseR6 C. M. et H. Monn. — Etudes sur les mouvements de Vatmosphère, partie II. Christiania, 1880, 8°. i Hausnorer K. — Franz von Kobel. Eine Denkschrift. Minchen, 1884, 4°. Larcaer 0. — Mélanges de Pathologie comparée et de Tératologie. Paris, 1878, 8°. Kurrrer CarL. — Geddchenisserede auf Theodor L. W. von Bischoff. Miinchen, 1884, 4°. ‘MaeeI prof. LeoproLpo. — Commemorazione del professor Emilio Cornalia. Milano, 1884, 8°. Meteoriten (die) Kreisreihen. 8°. Ministero DEI Lavori PuBBLICI. — Cenni monografici sui singoli servizi dipendenti dal Ministero dei lavori pubblici per gli anni 1881, 1882 e 1883. Roma, 1884. NewLanps Joan. — On the discovery of the periodic law, and on relations among the atomice weigths. London, 1884, 8°. ParRICK GepDES. — A Re-Statemeni of the Cell Theory. 1883-84, 8°. Primo (Il) Secolo della R. Accademia delle Scienze di Torino. Torino; 1883, 4°. Raver M. — Observations pluviométriques et thermométriques faites dans le Dépar- tement de la Gironde de juin 1882 à mai 1883. Bordeaux, 1883, 8°. RiezeTTI Giovanni. — Il Colera. Napoli, 1884, 8°. Lo stesso. — Sul Colera di Napoli del 1884. Napoli, 1884, 8°. Sella Quintino (In memoria di). — Biella, 1884, 8°. Sella Quintino (Commemorazione di) alla Camera dei Deputati. Roma, 1884, 8°. .StRoBEL PeLLEGRINO. — Il Gabinetto di Storia naturale della R. Università di Parma. Parma, 1884, 4°, CORI IAC dii al TON Si e ; sai Vialligia FI piste SE P* NI 6 ai, Galia a et I "OR viti Lig a | 2A Bi Pai pedori ADI VAN piste br ata n A si dk nn dti Wynn È cai srt vii si SUL "Pa ì Lalli N Vi rt coin sb pa SITI bl an Pa iper Baia Li ni # Joh sa lopaet LP ih di, fg pi O A TEVON ) ie ALS 3 aaa VAL "IPRIMI d 7 î wa Ù i re di AS, i 2 e vamerto LALA TI smentiti 045 ali dita Lay ta sirratgiton sa Mer ni OA Sia Ì DE agree Peg» Ro Lio TT Heat "pg px SR ti via A da Va Ho sd gb dI) ante | LI ti toa vo ht, vd Pa «i datti amendiià a ‘rag f \ da Ù M ba Paga "a pati dix MERA Lig” UNI a do ® Di TITTI ue AI LeSi a MELITO I, Le Sia vl gi + É sa A iti DA » fi tw" \ À A v PIT A li ROTA rg, x: ha d Pod Una Vin f 1 NI , i i K,4 re “ do voti IT Mi ol at fto ua “a Yami Vu setti UNTER li i dai yo fo ta (ria MIR Lol a vindi cf i Vba dat DI spii isa ARBTI: Sh fece di | dai i ue “o! ‘per SI aitò TARE pic 1148 doi solito Pia LV i ipod ui dA pl AIN So n DS ta RE, PRI 3) RAR” pentito” OMO db pini ad Air SRG è E | | An'igat VE rie guosiantin ì W° Ù ri BIEL SITR Mini ) "di L >» NI bei i se gta sO DR —- 0 ST SIOE dd ani. ainiggli dhe Lab tia di SA Ut: E al DRS IRR A aironi Tea ù | Yi 0. dt Ptr voi Jabli FightX PUR TRA st mafia. {i Ri osta ian do Ò < CAMME quae nno ab Megan: o, si aiar diesen bite Aa rt 9g gini i Cela Le I fi é i ; Ng deal pra DE DET paella E IRR Ri du PIETRA tok! Tana Vota x ge gr Pt iii Test E Valeria RN Ra BE 4 tn a 4% i unt Lo 1A A Day | 4, JN vue f b) v ua digg i VET ba] i Mo D Vi sipr 1 i I) | xd LN if nai ì si r î I né prat w \ R x » pi, TANTA i Ul “ " De, DI À N ti. L) ; ( LÀ \ Pa INDICE Direzione pel 1884 Socj effettivi al principio lo 1884 Socj corrispondenti CIASCO Istituti scientifici corrispondenti . A. N. Di STOPPANI, Commemorazione di Emalio pi PassERINI, Sulla Filaria terminalis Auctor (tav. 5) CASTELFRANCO, Escursioni paletnologiche in Valsolda nell’ agosto e settembre 1883 . Seduta del 13 gennaio 1884 . Bilancio Consuntivo dal 1.° gennajo al 31 lana 1888 Bilancio Preventivo per l’anno 1884 C. N. G. F. G. A. PoLLoNnERA, Helix blanci Pini, Note malacologiche sulla Rata ina ; CATTANEO, Istologia e sviluppo dell'apparato pt degli uccelli (tav. 4) MoLINARI, La datolite nel granito di Baveno MercaLLI, Notizie sullo stato attuale dei vulcani at- tivi italiani RE SENONER, I. Congresso dAbitetogico ACI 4) Vicanà nell’ aprile 1884 . Seduta del 9 Marzo 1884 . C. J. ForsHIiT MaJoR, Le regioni di Dico Z00- geografiche . Seduta 22 Giugno 1884 176 184 199 205 208 225, 400 INDICE. Seduta 27 Luglio 1884. . N. Pini, Novità malacologiche . P. MacrETTI, Nel Sudàn orientale i C. F. PARONA, Sopra alcuni fossili del lias cfr di Carenno, Nese ed Adrara nelle prealpi ber- gamasche : N. PINI, Novità lidi Seduta del 30 Novembre 1884 Libri pervenuti in dono od in cambio alla Bibliotoca sociale n b}) ‘ a DEI REGOLAMENTI DELLA SOCIETA. | Scopo delta Società è di promuovere in Italia il progresso degli studi relativi alle scienze naturali. _ I Socj sono in numero illimitato, effettivi e SE FARA _I Socj effettivi pagano it. L. 20 all'anno, in una sola volta, nel primo tri- } mestre dell’anno. ‘Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno quelli | "dimoranti nel Regno d’ Italia), vi presentano le loro Memorie e Comunica- | zioni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società. A Socj corrispondenti si eleggono persone distinte nelle scienze naturali, le quali dimorino, fuori d’Italia. — Possono diventare socj effettivi, quando si | assoggettino alla tassa annua di lire venti. — Non sono invitati partico- larmente alle sedute della Società, ma possono assistervi. e presentarvi o farvi leggere delle Memorie o delle Comunicazioni. _ Ricevono, gratuita- | mente gli Atti della Società. Là proposizione per l ammissione. d' un nuovo ‘socio deve essere. fatta e firmata da tre socj effettivi. E Socj effettivi che non mandano la loro rinuncia almeno tre mesì prima della fine dell’anno sociale (che termina col 31 dicembre) continuano ad es- ‘sere tenuti per socj; se sono in ritardo nel pagamento della quota di un anno, CH invitati, non lo compiono nel primo .trimestre dell’anno successivo, cessano di fatto di appartenere alla Società, salvo a ARSA ui far cai i suoi diritti per le quote non ancora pagate. Le Comunicazioni, presentate nelle adunanze, possono essere > stampate negli Atti o nelle Memorie della Società, per estratto o per esteso, secondo la loro estensione ed importanza. La cura delle pubblicazioni spetta alla Presidenza. Agli Atti ed alle Memorie non si ponno unire tavole se non sono del formato degli Atti o delle Memorie stesse. Tutti i Socj possono approfittare dei libri della biblioteca sociale, pur- chè li domandino a qualcuno dei membri della Presidenza, rilasciandone regolare ricevuta. a Quanto ai lavori stampati negli Atti pone Ren TRIAL tirare un numero | qualunque di copie ai seguenti prezzi; CHI I e USV) Cc Vada pi os | 800 | 950 | 100 1], di foglio (4 pagine) . . ||.125| L. 2:25|L. 2'50.|L.. 4 — . | 1/a foglio (8 pagine) - . . MT 5 > 8 50650 __* 3/, di foglio (12 pagine) . . |» 250|- 5 |» 675)» 9— b 1 foglio (16 Dagméor: » 2 75 [a 550) » 8— |» 10 — “INDICI | —_ Seduta del 9 Marzo 1884 . ping i re 1, Ligti Page Das e C. I. ForsHit Masor, Le regioni di transizione 200- Si, id e E i "istinto 29 Giugno) ISSUE o i a E Seduta 27 Luglio 1884/00. |. o. Lv a ; Ns PINI, Novità malacologiche “<.<. ui i N ARI - P.\Maezetti, Nel Sudan orientale. . :... ....,_ 0, 208 100 C. F. Parona, Sopra alcuni fossili del lias inferiore a di Carenno, Nese ed Adrara nelle prealpi ber- piso ae ve gamasches: csi aes nati 6 SIL TT I A N. Pini, Novità malacologiche « . 0. +0. 0.0 n 36800 Seduta del 30 Novembre 1884 . . . . 1 RT Ran Libri pervenuti in dono od in cambio alla Biblioteca d Si SOA sociale e ARIA aule lidi aironi __,————————————6————__È mrrtt_ — ——Ò——t____ ____-—@m@&È&_—_—_È_ € _ —_———mm———mm——_É@m@m—n@rryrrryttyr[11q[1rt1 AVVISO. Quei Socî che desiderassero fare acquisto delle © dr Memorie 0 degli Atti della Società, per quanto sono disponibili, potranno averli a prezzi di facilitazione, Scrivendo alla Segreteria. 9 i Sal / Lt Ì V) LIA j À \ è Ù pi i / î 7 a Hear (N PI 4 AT pe #9 a, È } PAR } i è ted Pi 4 LEA LA AI Moe . TI È 4 È A -_ » P ù - E -» al Mi: + a +7 ai p+ DI c I. è c . % % Di 9 dee a . @ 3 ‘ Si a ice el $ , n î — ,° 4 PA Pi a ” di = » 4 » k n to » 4 . n * - . i *. 4 - c . . » . s . ’ Me - Ò = È , . n pi s s - 9 ; ì 5 _- " î dt a Ù TESI i ; » È i . ; Thi . r A 3 » :3 DI È Ri ; PI P si g 7 ; E i x i È 4 . - , s 4 , taxi ST i Ta » À “ ha È . p. N i : r » PI U . 1 ‘ CI ua Ù Pi È l È 4 pet TIE Te È i i; x « g i ec; * è i | i ; + 2 da î 7 ; i x hi Li MY ia ; ; ì : o Na 3 » - ) 4 ; : : È bi . a n » DI + È vi i > i i Da n° : © " o ". «0A È i n n i \ s 1 a © i +80 » . a Hi Pi A È 5 È no ; S | ni » » . N ; i, v; da PI de Ù re di » % . » & . SUE ta) Ma { i N i i; \ pi ; : Tia BORELI: de x » È pera. È 4 È i Ti n PI . . . sd si i È è he i i : Ù ‘ RUDE dI Ù Y fr. pe ; | | | | È siria . A) vi sit "4 (5 s% È n è y 1 " Sala RIE, i ; È ; lato i ; 5 DA . . 5 . 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