FOR THE PEOPLE FOR EDVCATION FOR SCIENCE LIBRARY OF THE AMERICAN MUSEUM OF NATURAL HISTORY A T T 1 DEI.r.A SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI E DEL MUSEO CIVICO DI STORTA NATURALE IN MILANO VOLUME LVII ^VIVIVO lOl^ PAVIA PREMIATA TIPOGRAFIA SUCCESSORI FRATELLI FUSI Largo di Via Roma N. 7. 1918 CONSIGLIO DIRETTIVO PEL 1918 Presidente. De Marchi Dott. Cav. Marco, Via Boì\r/onuovo, 23 (1918-919). Mariani Prof. Ernesto, Coì^so Venezia, 82 (1918-919). Vice-Presidenti, i Pugliese Prof. Angelo, Viale Bianca Maria ^ 7 { (1917-918). Segretario. Parisi Dott. Bruno, Corso Indipendenza, ò (1918-919). Vice- Segretario. Calegari Prof. Matteo, Via S. Vittore, 47 (1917-918). Archivista. Castelfranco Prof. Cav. Pompeo, Via Principe Umberto, 5 (1918-919). I Artini Prof. Ettore, Via Ma/pig/ii, 4 \ l Bellotti Dr. Comm. Cristoforo, Via Brera, iO I Besana Coram. Giuseppe, Via Rugaheììa, 19 Consiglieri. Brizi Prof. Cav. Ugo, Via A. Cappellini, 21 \ (1918-919). j Livini Prof. Ferdinando, Viale Bianca Ma- I ria, 7 Supino Prof. Felice, Via Ariosto, 20. Cassiere. Bazzi lug. Eugenio, Viale Venezia, 4 (1918). Bibliotecario sig. ERNESTO RELITTI. ELENCO DEI SOCI per r anno Ì9i8. 1905. 1 Abbado Dott. Prof, Michele — Via Marsala 4, Milano 1897. AiRAGHi Dott. Prof. Carlo — Via Lamarmora 6, Milano 1887. Ambrosioni Sac. Dott. Michelangelo — Collegio Aless. Manzoni, Merate. 1893. Andres Prof. Cav. Angelo, Direttore del Gabinetto di Zoologia nella R. Università di Parma. 1914. Arcangeli Dott. Prof. Alceste — Via Morigi . 5' Milano. 1894. Artaria Rag. F. Augusto — Blevio, Lago di Como. 1896. Artini Prof. Ettore, Direttore del Museo Civico e della Sezione di Mineralogia nel Museo Civico di Milano. 19 lU. AsTOLFi Alessandro — Via Tommaso Rodari 10, Lugano. 1911. Balli Emilio (Socio perpetuo) — ■ Locamo. 1913. 10 Barassi Dott. Luigi — Via Borgogna 3, Milano. 1896. Barbiano di Belgioioso Conte Ing. Guido. — Via Morigi 9, Milano. 1901. Bazzi Ing. Eiigenio — Viale Venezia 4, Milano. 1917. Bazzi Federico — Viale Venezia 4, Milano. 1856. Bellotti Dott. Comm. Cristoforo f Socio Fondatore BenemeritoJ — Via Brera 10, Milano. 1896. Bertarelli Prof. Cav. Ambrogio — Via S. Orsola 1, Milano. 1918. Bertarelli Grand' Uff. Tommaso (Socio perpetuo) via S. Orsola, 1 Milano. 1906. Bertoloni Prof. Cav. Antonio — Zola Predosa (Pro- vincia di Bologna. 1898. Besana Comm. Giuseppe — Via Rugabella 19, Mi- lano. Il millesimo che precede il nome è 1' anno d' ammissione a Socio. IV ELENCO DEI SOCI 1910. Besta Doti. Prof. Riccardo — Via Vincenzo Monti 42, Milano. l'Jll. 2(1 Bettelini Dot t. Arnoldo — Liceo Cantonale, Lugano. 1903. Bezzi Prof. Mario — via Pio V 3, Turino. 1914. Bianchi Dott. Angelo — Istituto Mineralogico R, Uni- versità, Pavia, 1890. BiNAGHi Rag. Costantino — Cassa di Risparmio, Mi- lano. 1915. BoERis Prof. Giovanni [Socio perpetuo) R. Università di Bologna. 1906. BoNFANTi Barri ANO di Belgioioso Enrico — Castel San Criovanni (Provincia di Piacenza). 1899. Bordini Franco (Socio perpetuo) — Piazza S. Se- polcro 1, Milano. 1899. Borromeo Conte Dott. Gian Carlo — Via Manzoni 41, Milano. 1884. Borromeo Principe Giberto — Piazza Borromeo 7, Mi- lano. 1913. BoRTOLOTTi prof. Ciro — Via Enrico Cialdini, 13 Roma. 1913. 30 Brian Dott. Alessandro ~ Corso Firenze 5, Genova. 189G. Briosi Ing. Prof. Comm. Giovanni, Direttore dell'Orto Botanico e della Stazione Crittogamica nella R. Università di Pavia. 1904. Brizi Prof. Cav. Ugo, Istituto di Patologia vegetale della R. Scuola Superiore di Agricoltura, Milano. 1910. Broglio Prof, Annibale — Via Cesare da Sesto 1, Milano, 1906. Brugnatelli Prof. Cav. Luigi (Socio perpetuo), Diret- tore del Museo Mineralogico nella R. Università di Pavia. 1909. Bussandri Giacomo, Maggiore nel Distretto Militare, Venezia. 1896. Caffi Dott. Prof, Sac. Enrico — Piazza Cavour 10, Bergamo. 1896. Calegari Prof, Matteo — Via San Vittore 47, Milano. 1910. Calvi Nob. Dott. Gerolamo — Via Clerici 1, Milano. 1910. Calzolari k Ferrario {'DiltaJ — Viale Monforte 14, Milano. ELKNCO DKI SOCI V 1878. 40 Cantoni Prof. Cav. Elvezio — Via Benedetto Mar- cello 43, Milano. 1911. Carnegie Museum — Pittsl)iu7i;li (Pennsylvania). 1896. Castelbarco Albani Conte Ing. Alberto — Via Prin- cipe Umberto 6, Milano. 1874. Castelfranco Prof. Cav. Pomjieo — Via Principe Umberto 5, Milano. 1915. Castellaneta Dott. Virujenzo — Istituto di Anato- mia Comparata della R. Università di Bologna. 1912. Castiglioni Cav. Leopoldo — Via Boccaccio 7, Milano. 1897. Catterina Dott. Prof. Giacomo — Gabinetto batte- riologico della R. Università di Padova. 1913. Gavazza Conte Dott. Filippo — ViaParini 3, Bologna. 1895. Celoria Prof. Comm. Giovanni, Senatore del Regno — Via Carducci 30, Milano. 1913. Cerruti Ing. Camillo — Via Guastalla 5, Milano. 1910. 50 Chigi Principe Francesco - C. Umberto I 371, Roma. 1905. Circolo Filologico milanese (Socio perpetuo) — Via Clerici 10, Milano. 1915. Clero Dott. Luigi — Viale Umberto IG, Pallanza. 1907. CoBAU Dott. Roberto — R. Scuola Superiore di Agricoltura, Milano. 1916. Coen Ing. Giorgio (Socio perpetuo) — San Fantin Campielo Calegheri 2568, Venezia. 1910. Colomba Prof. Luigi — Museo di Mineralogia. R. Uni- versità, Modena. 1901. Corti Dott. Prof. Alfredo {Socio perpetuo) — Regia Università di Bologna. 1910. Corti Dott. Emilio — Corso Vittorio Emanuele 140, Pavia. 1900. Cozzi Sac. Carlo — S. Macario Prov. di Milano. 1913. The John Crerar Library — Chicago. 1902. 60 Crivelli March. Vitaliano — Via Pontaccio 12, Milano. 1896. Cuttica di Cassine March. Luigi — Corso Venezia 81, Milano. 1900. Dal Piaz Prof. Giorgio, R. Università di Padova. 1896. De Alessandri Dott. Giulio, Prof. Aggiunto alla Se- zione di Geologia e Paleontologia nel Museo Ci- vico di Milano. 1918. De Castro Dott. Emilia, Prof. Aggiunto alla Sezione di Zoologia del Museo Civico di Milano, VI ELENCO DEI SOCI 1910. Dell'erba Prof. Luigi — R. Scuola Sup. Politec- nica, Napoli. 1917. Del Vecchio Prof. Celeste - Via Cusani 16, Milano. 1899. De Marchi Dott. Cav. Marco (Socio Beneììicrilo) Via Borgonuovo 23, Milano. 1913. De Stefano Prof. Giuseppe - R. Liceo Berchet, Milano 1917. De Strens Ing. Emilio — Gazzada (Varese). 1918. 70 Direzione del Laboratorio d'Igiene della K. Scuola Superiora di Veterinaria della Università di Pisa. 1900. Direzione del Museo Civico di Storia Naturale Genova. 1907. Direzione del Museo Civico di Storia Naturale di Pavia. 1912. DoNiSELLi Prof. Casimiro Via Monte Napoleone 22- Milano. 1910. Enriques Dott. Paolo — Istituto di Zoologia R. Uni- versità di Bologna. 1911. Eaelh Prof. Ferruccio — R. Scuola Veterinaria, Torino. 1910. Fantappié Prof. Lil)erto — Via Mazzini 4 Viterbo, (Roma). 1910. Ferme Gabriel — Boulevard de Strasbourg 55 X, Paris. 1910. Ferri Dott. Prof. Cav. Gaetano — R. Scuola Tec- nica, Tommaso Aloysio luvara, Messina 1905. Ferri Dott. Giovanni — Via Volta 5, Milano. 1912. 80 Ferro Prof. Giovanni — R. Liceo di Lodi. 1914. Fiocchini Dott. Ciro - Corteolona (Pavia). 1911. FoRMiGGiNi Dott. Leone — Via Roma 50, Padova. 1914. Forti Dott, Cav. Achille ( ^'ocio perpetuo) - Via S. Eu- femia 1, Verona. 1910. Frigerio Ing. Leopoldo, Cantù (Como). 190(). Frova Dott. Camillo fSocio perpetuoj — All)aredo per Cavasagra Treviso. 1909. Gabuzzi Dott. Giosuè f Socio pet^petuoj — Corbet t a. 1910. Galdieri Prof. Agostino — R. Scuola Sup. e di Agri- coltura in Portici. 1912. Gallarati-Scotti Gian Carlo, Principe di Molletta fSocio perpeluoj — Via Manzoni 80, Milano. 191(1. (ìalm Prof. Ignazio — Via Conte Rosso 24, Roma. 1912. 90 Gardella Ing. Comm. Arnaldo — Via Monforte 41, Milano. 190(). Ge.melli Dott. Prof. Fra Agostino — C. Venezia 15, Milano. ELENCO DEI SOCI VII 1914. Gerli Ing. Alfredo — Via Boccaccio 4, Milano. 1910. Ghigi Prof. Cav. Alessandro — Via d'Azeglio 44, Bo- logna. 1903. Giachi Arch. Comrn. Giovanni {Socio perpetuo) — Via 8. Raffaele 3, Milano. 1896. GiANOLi Prof. Giuseppe — Via Leo])ardi 7, Milano. 1896. Grassi Prof. Cav. Francesco — {Socio perpetuo) Via Bossi 2, Milano. 19(X). Grassi Prof. Comm. Battista, Senatore del Regno {Socio onorario), Direttore del Gabinetto di Anatomia Com- parata nella R. Università di Roma. 1905. Griffini Dott. Prof. Achille — Via S. Donato, 21 Bologna. 1909. GuERRiNi Prof. Cav. Guido — R. Scuola Veterinaria, Via Lazzaro Spallanzani 26, Milano. 1905. 100 HoEPLi Comm. Ulrico (Socio perpetuo) — Milano. 1906. Ingegnoli Dott. Antonio — Corso Buenos Aires 54, Milano. 1911. R. Istituto Tecnico di Melfi (Provincia di Potenza). 1896. KòRNER Prof. Comm. Guglielmo, R. Scuola Superiore d'Agricoltura di Milano. 1906. Lambertenghi Dott. Ada — Quartiere Lombardo 39, Messina. 1899. Leardi in Airaghi Dott. Prof. Zina — Via Lamar- mora 6, Milano. 1914. R. Liceo-Ginnasio C. Botta — (Gabinetto di Storia Naturale), Prof. U. Pagani, Ivrea. 1910. Lincio Ing. Dott. Gabriele — Istituto di Mineralogia R. Università Cagliari. 1909. Divini Prof. Ferdinando — Viale Bianca Maria 7, Milano. 1911. LuPANO Prof. Guglielmo — Via Palermo 12, Milano. 1906. 110 Maddalena Ing. Dott. Leonzio — Istituto sperimentale delle ferrovie dello Stato, Roma. 1908. Maglio Dott. Carlo — Via Pasquale Massacra, 2 Pavia. 1916. Manasse Prof. Ernesto — Direttore del Laboratorio di Mineralogia Firenze. 1910. Mangiagalli Prof. Comm. Luigi, Senatore del Regno — Via Asole 4, Milano. vili ELENCO DEI SOCI 1914. Marchisio prof. Pietro — Scuola Normale, Novara. 1886. Mariani Prof. Ernesto, Direttore della Sezione di Cxeologia e Paleontologia del Museo Civico — Corso Venezia 82, Milano, 1910. Martelli Ing. Giulio — Via S. Orsola 5, Milano. 1911. Mauri Doli. Ermelinda — Via Torno 54, villa Wanda, Como. 1909. Mauro Ing. Prof. Francesco — {Sociu perpeluo) Piazza S. Ambrogio 14, Milano. 1881. Mazza Dott. Prof. Felice — R. Istituto Tecnico di Roma. 1906. 120 Mei,! Prof. Cav. Romolo — R. Scuola d'Applicazione per gli Ingegneri, Via Alessandrina 84, Roma. 1916. Melodia Dott. Carlo — R. Scuola Normale, Alta- mura (Prov. di Bari). 1899. Mklzi d'Eril Duchessa Josephine (Socio perpetuo) — Via Manin 23, Milano. 1896. Menozzi Prof. Comm. Angelo — Direttore della R. Scuola Sup. d'Agricoltura di Milano. 1910. Millosevich Prof. Federico — Museo di Mineralogia R. Università, Roma. 1912. ]\[ontemartini Prof. Luigi — Via Marsala 13. Milano. 1910. Monti Prof. Dr. Achille — Via Sacchi 2, Pavia. 1895. Monti Barone Dott. Cav. Alessandro (^Socio perpeluoj — Brescia. 1906. Monti Prof. Rina (Socio perpetuo) — R. Università di Pavia. 1914. Morchio Cav. Stefano — Via Francesco Pozzo 4-3, Genova. 1911. 130 Mylius Agnese — Via Clerici 4, Milano. 1 905. Mylius Cav. Uff. Giorgio — Via Montebello 32, Milano. 1911. Nadig Dr. jur. Adolfo — Via Montebello 30, Milano. 1910. Nappi Prof. Gioacchino {Socio perpetuo) — R. Liceo, Ancona. 1905. Natoli Dott. Prof. Rinaldo — Via dello Studio 22, Livorno. 1909. Nava Dott. Cav. Emilio — Givate (Lecco). J907. Xk<;r Dott. Giovanni Regio Orto Botanico al Valentino, Torino. l'.»l<). Nicolini Rag. Paolo — Foro Bona[)arte 53, i^lilaiid. ELENCO DEI SOCI IX 1898. Ninni Conte Emilio — Alla Maddalena, Palazzo Erizzo, Venezia. 1905. Novarese Prof. Napoleone Alberto — Via Eu- stachi 47, Milano. 1914. 140 Orlandi Dott. Prof. Sigismondo — R. Liceo di Pavia. 1915. Orsi Dott. Carlo Raffaello - Via Antonio Mordini 21, Lucca. 1912. Padovani Dott. Corrado — Via Genio 23, Ferrara. 189G. Paladini Ing. Prof. Comin. Ettore — Regio Istituto Tecnico Superiore di Milano. 1896. Paravicini Dott. Giuseppe, Medico-Chirurgo presso il Manicomio provinciale in Mombello. 1909. Parisi Dott. Bruno (Socio perpetuo) — Reggente la Sezione di Zoologia del Museo Civico di Storia Naturale, Milano. 1874. Parona Dott. Prof. Cav. Corrado, Direttore del Gabi- netto di Zoologia nella R. Università di Genova. 1905. Parona Prof. Comm. Carlo Fabrizio, Direttore del Museo Geologico, Palazzo Carignano, Torino. 1906. Patrini Dott. Plinio — Laboratorio di Geologia della R. Università di Pavia. 1905. Pedrazzini Giovanni {Socio perpetuo) — Locamo. 1917. 150 Pelizzola Dott. Camillo — Via U. Foscolo, 7, Pavia. 1910. Pelloux T. Colonnello Prof. Alberto — Salita del Carmine 7, Genova. 1905. Peruzzi Dott. Luigi — Via Rovello 1, Milano 1912. Pirotta Prof. Comm. Romualdo, R. Istituto Botanico, Via Panisperna 89 B., Roma. 1915. Poli Prof. Dott. Cav. Aser — Via Paolo Ca))pa 6, Savona. 1910. PoLLACOi Dott. Prof. Gino — R. Orto Botanico, Pavia. 1905. Ponti March. Sen. Comm. Ettore, (Socio perpetuo) — Via Bigli 11, Milano. 1884. Ponti Cav. Cesare, Banchiere — Via Carlo Alberto, Milano. 1896. Porro Conte Dott. Ing. Cesare — Via Cernuschi 4, Milano. 1902. PoRTis Dott. Prof. Comm. Alessandro, Direttore del R. Istituto Geologico Universitario di Roma. X ELENCO DEI SOCI 1908. IGO Pugliese Dott. Prof. Angelo — R. Scuola Veterinari a Milano. 1915. QuEucioH Dott. Emanuele — R. Museo mineralogico, Palazzo Carignano, Torino. 1910. Reale Dott. Prof. Carlo — Via Senato 20, Milano. 1913. Regè Dott. Rosina — Via S. Massimo 33, Torino. 1901. Repossi Dott. Prof. Emilio — Prof. Aggiunto alla Se- zione di Mineralogia nel Museo Civico di Storia Naturale di Milano. 1899. Resta Pallavicino Marchese Comm. Ferdinando, Sena- tore del Regno — • Via Conservatorio 7, Milano. 1909. RiGNANo Ing. Eugenio — Via Paleocapa 3, Milano. 1913. RoccATi Prof. Alessandro — Gabinetto di Geologia del R. Politecnico di Torino. 1898. Ronchetti Dott. Vittorio — Piazza Castello 1, Milano, 1910. Rossi Dott. Giulio — Corso Italia 45, Milano. 1905. 170 Rossi Dott. Pietro — Via S. Maria Valle 5, Milano. 1906. Sacco Prof. Cav. Federico — R. Politecnico, Gabi- netto di Geologia, Castello del Valentino, Torino. 1909. Sala Dott. Cesare — Via Carpesino 42, Arcellasco (Como). 1910. Sala Dott. Prof. Luigi — Istituto Anatomico R. Uni- versità, Pavia. 1912. Sangiorgi Prof. Domenico — Via Cavour 70, Imola. 1912. Saragat Dott. Prof. Aurelio — Ponte Valtellina. 1910. Scacchi Ing. Prof. Eugenio — Museo Mineralogico, R. Università di Napoli. 1911. Scalini Luigi — Lungo Lario 21, Como. 1909. ScHiEPi'ATi Doft. Erminio, — Via Caradosso, 8 Mi- lano. 1916. Sera Prof. Gioacchino Leo — Presso 1' Istituto di Anatomia comparata, Pavia. 1912. 180 Serina Dott. Gerolamo {S'ocin pcrprfno) ViaCernaja 1 Milano. 1910. Serralunga Ing. Ettore — Via Lovanio 2, Milano. 1907. SiniLiA Dott. Enrico {Socio perpetno) — Corso Buenos Aires, 53 Milano. 1910. SiGisMDNO Pietro — Milano. 1909. Soldati Dott. Silvio — Neggio presso Lugano. 1911. SoMMARiVA Sac. Pietro — Gallarate. ELENCO DEI SOCI XI 1913.' Stami'A Dott. Franco, ('olico. 1900. Stazzi Dott. Prof. Piero — R. Scuola Veterinaria, Milano. 1913. Stucchi Carlo — Via (liovio 2, Milano. 1908. Supino Prof. Dott. Pelice, - Direttore dell'Acquario Civico, Milano. 1900. 190 Tacconi Dott. Prof. Emilio — R. Istituto Tecnico, Sassari. 1864. Takamelli Prof. Coniiu. Tor(|uato, Direttore del Ga- binetto di Geologia nella R. Università di Pavia. 1905. Terni Dott. Prof. Camillo — Via Principe Umberto 5, Milano. 1917. Tozzi Dott. Giuseppe — Viale Parioli 5, Roma. 1897. Turati Conte Comm. Emilio — Piazza S. Alessandro 4, Milano. 1868. ViGONi Nob. Comm. Giulio Senatore del Regno — Via Fatebenefratelli 21, Milano. 1914. Villa Ing. F. B. — Via Leopardi 29, Milano. 1915. ViNASSA DB Regny Prof. Paolo — Direttore dell'Isti- tuto geologico della R. Università di Parma. 1912. Volpi Pace — Viale Monforte 20, Milano. 1910. Zambeletti Dott. Cav. Leopoldo — Via Princi})e Um- berto 9, Milano. 1896. 200 ZuNiNi Ing. Prof. Comm. Luigi — R. Istituto Tecnico Superiore, Milano. SOCI PERPETUI DEFUNTI 1899-1900 Annoni Conte Aldo, Senatore del Regno. 1899-1902 Visconti di Modrone Duca Guido. 1899-1904 Erba Comm. Luigi. 1903-1904 Pisa Ing. Giulio. 1905-1905 Massarani Comm. Tulio, Senatore del Regno. 1905-1909 Biffi Dott. Cav. Antonio. 1896-1910 ScHiAPARELLi Prof. Giovanni, Senatore del Regno. 1899-1911 D'Adda Marchese Emanuele, Senatore del Regno. 1903-1913 CuRLETTi Pietro. 1909-1912 Soldati Giuseppe. ISTITUTI SCIKNTLFICI COilUlSPONDKNTI AFRICA 1. South African INfuseum ~— Cape Town (1898 yl^//^a/.s, 1903 Reporl). 2. Natal Museum — Pietermaritzburg Natal. (1906 A/mals, 1906 Report). AMERICA DEL NORD CANADA 3. Nova Scotian Institute of Science — Halifax (1870 Pro- ceedings). 4. Geological and Natural History Survey of Canada — Ot- tawa (1879 Rapport annuel , 1883 Catulotj. Cavadiaìì Ptanls, 1885 Conlr. canad. Palaeontology, and still 1891 Coriirihulion etc.). 5. Canadian Institute — Toronto (1885 Proceedings.^ 1890 Tra)isactions). MESSICO 6. Instituto geologico de Mexico — Mexico (1898 Boletin, 1903 Parer gones cont. col titolo A/iales). STATI UNITI 7. University of the State of New York — Albany N. Y. (1888 Bulletin^ 1890 Annual Report). 8. Maryland Geological Survey — Baltimore (1897 Reports.). 9. University of California — Berkeley, California (1902 Pu- hlications). N'H II iimiicTo ll;i iiMi-cntcsi iiidicii ramni nel cubili' r iricnniiliiiatci lo sc.;iuiliii( ilcllc pulililicazioiii tra i siiijroli Istituti i- la Socii-ti'i Italiana di Scienze Niittirali. ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI XIII 10. American Academy of Arts and Sciences — Boston (1868 PrcH-ceditKjs). 11. Boston Society of Natural History — Boston (1862 Procee- ffinfjs, IStHd Memoirs, 1869 Occasional Papers). 12. Buiialo Society of Natural Sciences — Buffalo N. Y. (1886 Bulletin). 13. Museum of Comparative Zoology at Harvard College. — Cambridge, Mass. (1863 Bnlle(i/t, 1864 Memoirs). 14. Field Museum of Natural History — Chicago (1895 Pu- blicalions). 15. Davenport Academy of Natural Sciences — Davenport, Iowa (1876 ProceedijKjs). 16. Iowa Geological Survey — Des Moines, Iowa (1893 Annual Reporl). 17. Indiana Academy of Science — Indianapolis, Indiana (1895 Proceedinys). 18. Wisconsin Academy of Sciences, Arts and Letters — Ma- dison (1895 Transaclio/t, 1898 Bulletin). 19. University of Montana — Missoula, Montana (1901 Bul- letin). 20. Connecticut Academy of Arts and Sciences — New-Haven (1866 Transaction). 21. American Museum of Natural History — New-Yorh (1887 Vol. II Bulletin, 1893 Memoirs, 1907 Anthropological Papers). 22. Academy of Natural Sciences — Philadelphia (1878 Pro- ceedings, 1884 Journal). 23. American Philosophical Society — Philadelphia (1899 Pro- ceedings). 24. Geological Society of America — Rochester N. Y. (1890 Bulletin). 25. California Academy of Sciences — San Francisco (1854 Proceedings, 1868 Memoirs, 1880 Occasional Papers, 1884 Bullelin). 26. Academy of Science of St. Louis — St. Luuis (1856 Tran- sactions). 27. The Missouri Botanical Garden — St. Louis Mo, (1898 Annual lieport). 28. Washington University — St. Louis, Mo. (1913 Puhli- cations). XIV ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI 29. Kansas Academy of Science — Topeka, Kansas (1883 Tramaclion). 30. University of Illinois Library — Urbana 111. (191G Moho- Ijraphs). 31. United States Geological Survey — Washington (1872 Annual Report, 1873 Report, 1874 Bulletin, 1880 Ann. Report, 1883 Bulletin, 1883 Mineral Resources, 18!>0 Mo- nographs, 1902 Profess. Papers, 1902 Water i^upplt/ and Irrigation Paper). 32. Smithsonian Institution — Washington (1855 .1/^;/. Report). 33. United States National Museum — Washington (1884 Bul- letin, 1888 Proceedings, 1889 Annual Report, 1892 Sj,e- cial Bulletin, 1906 ContriJjutions front the U. S. N. Herfjariuni). 34. National Academy of Sciences, Smithsonian Institution, Washington, D. C. (1915 Proceedings). 35. Carnegie Institution of Washington — Washington (1905j. AMERICA DEL SUD ARGENTINA 36. Academia Nacional de Ciencias en Cordoba (1884 Boleti))). 37. Museo Nacional de Buenos Aires — Buenos Aires (1867 Anales). 38. Sociedad Physis para el cultivo y difusiòn de las ciencias naturales en la Argentina. — Buenos Aires (1912. Bolelin). BRASILE 39. Instituto Oswaldo Crtiz — Rio de Janeiro — Manguinhos (1909 Memoria s). 40. Museu Goeldi de Historia Natural e Kthnogra})hi;i — Para (1897 Boletin, 1902 Memoria s). 41. Museu Paulista — San Paulo, (1895 Rerisla). CHILI 42. Museo Nacional de Chile — Santiago (1910 Boletin). URUGUAY 43. Museo de Historia Natural — Montevideo (1894 Anales). ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI XV ASIA BORNEO 44. The Sarawak Museum — Sarawak (UHI Journal).' GIAPPONE 45. Imperiai University of Tòhoku, Sendai (1912, 1 and II Series Reports). 46. Imperial University of Japan — Tòkyo (18G0 Caleìuìar, 1898 Jourììaì). 47. Zoological Institute College of Science, Imperial University of Tokyo (1903 Contribution from the Zooìogicdl Insti- tute). INDIA 48. Geological Survey of India — Calcutta (1858-59 Memoirs, 18G1 Memoirs: Palaeontoiogia indica^ 1868 Records, 1898 General Report). 49. Asiatic Society of Bengal — Calcutta. {\9ì3 Journal and Proceedings, 191B Memoirs). 50. Agricultural Research Institute and Principal of the Agri- cultural College, Pusa Bengal (1906 Memoirs, Botanical Series and Entomological Series). 51. Colombo Museum — Colombo, Ceylon (1913 Spoglia Zey- lanica). AUSTRALIA 52. Royal Society of South Australia — Adelaide (1891 Tran- saction and Proceedings, Memoirs]. 53. Royal Society of Tasmania, The Museum Hobart ~ Ta- smania (1913 Papers and Proceedings of the Roj'al So- ciety of Tasmania). 54. Royal Society of New South Wales — Sydney (1876 Jour- nal and Proceedings). 55. Australian Museum -^ Sydney (1882 Report. 1890 Records). 56. Queensland Museum-Brisbane (1892 Annals, I'dl^ Memoirs). EUROPA AUSTRIA-UNGHERIA hi. Bureau Central Ornithologique Hongrois — Budapest (1896 Aquila, Zeitschrift fur Ornithologie). XVI ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI 58. Kònig. Ungarisch. geologische Anstalt - — Budapest (1863 Fdldlani, 1872 Mitteilunfjen, 1883 Jahreshericlit). 59. Annales hislorico-nalaralea Musei Ndtioudìls Iliiìujarici — Budapest (1897). 60. Magyar Botanikai Lapok. Ung. bot. Blatter Budaj)est. (1902). 61. Académie des Sciences de Cracovie — Cracovie (1889 Buììeli)i). 62. Verein dar Aerzte ira Steierraark — Graz (1880 Millei- ÌHìigeii). 63. Naturwissenschaftlicher Verein fiir Steiermark — Graz (1906 MilleHnti(ie)i). 64. Ornithologisclies Jahrbuch Organ fur das palaearktische Faunengebiet — Hallein (1890 Jalirhncìi). 65. Siebenbixrgischer Verein fi'ir Naturwissenscbaften — Her- mannstadt (1857 Verìiciiuììurigen). 66. Naturwissenschaftlich-niedizinischer Verein — Innsbruck (1870 Berteli te). 67. Académie des sciences de l'Empereur Francois Joseph I Prague (1908 Bvìleliìi Interriatiovaì). 68. Kòniglich. bòhmische Gesellschaft der Wissenschaften. Ma- them-naturwissenschaftliche Klasse. — Prag. (1890 Sit- zitìi(/shenchte). 69. Verein fiir Natur-und Heilkunde — Presburg (1856 Ver- liandlungen). 70. I. R. Accademia Roveretana in Rovereto (1861 Alti). 71. Bosnisch-Hercegovinisches Landesmuseum — Sarajevo (1893 Milteihuu)e)i). 72. Anthropologische Gesellschaft — Wien(187<) Mi/lrih/j/ge/t). 73. K. K. geologische Reichsanstalt — Wien (185() ,/r/A/-/w/rA, 1852 Ahliafidìurifjejì, 1871 Verhaìidltnigeii). 74. K. K. zoologisch-botanische Gesellscliaft — Wien (1853 Verliaii(ìin)igen). 75. K. K. naturhistorisches Hofmuseum — W\b\\{\^^Q> Aìmaìeìi). 76. Verein zur Verbreitung naturwissensch. Kenntnisse - Wien (1871 Schriflen). BELGIO 77. Académie Royale de Belgique — Bruxelles (1865 Aiinnaire et Buìleii/i, 1870-71-72 Mèmoires). 78. Société Belge de geologie, de paleontologie et d' liyoUellino inuNicipale, 188G Dati Slalislici ora Annuario Stadsl ico). 149. R. Istituto Lombardo di scienze e lettere — Milano (1858 Ani, 1859 Me/noria, 1864 Re/tdico/tli). 150. R. Società italiana d'igiene — Milano 1897 (jiornale). 151. Società dei naturalisti — Modena (186(5 Annuario, 1883 Ani). 152. Istituto Zoologico R. Università di Napoli (1!K)4 Annuario). 153. Società di Naturalisti — Napoli (1887 Bolleltino). *154. Società Reale di Napoli. (Accademia delle scienze fisiche e matematiche) — Napoli (1862 Rendiconto, 1863 Al li). 155. R. Istituto d'incoraggiamento alle scienze naturali, econo- miche e tecnologiche — Napoli (1861 Alti). 156. Orto Botanico della R. Università di Napoli (1903 Bui let- tino). 157. La nuova Notarisia — Padova (1890). 158. Accademia Scientifica Veneto-Trentino-Istriana — Padova (1872 Ani, 1879 Bullellino). 159. R. Accademia palermitana di scienze, lettere ed arti — Palermo (1845 Atti, 1885 Bollettino). 160. R. Istituto ed Orto Botanico di Palermo (1904 Bollettino). 161. Il Naturalista Siciliano — Palermo (dal 1896 con inter- ruzioni). 162. Società di scienze naturali ed economiche — Palermo (1865 Giornale, 1869 Bulletlino). 163. Società toscana di scienze naturali — Pisa (1875 Alti e Memorie). 164. R. Scuola Sup. d' Agricoltura in Portici. — (1907 Bol- lettino del Laboratorio di Zoologia generale e agraria). ISTITUTI SCIENTIFICI CORHISPONDKNTI XXI 1<)5. R. Accademia dei Lincei — Roma (1876 Transunti e lien- diconli^ 1904 Memorie). 1H(). R. Comitato geologico d' Italia — Roma (1870 liollellino). lt)7. Reale Società Geografica italiana — Roma (1870 lìul- ì e nino). 1G8. Società italiana delle scienze detta dei Quaranta — Roma (1862 Memorie). 169. Società zoologica italiana. Museo Zoologico della Regia Università — Roma (1892 Bollettino). 170. R. Accademia di Agricoltura — Torino (1871 Anelali). 171. R. Accademia delle scienze — Torino (1865 Atti, 1871 Meìuorie). 172. Musei di zoologia ed anatomia comparata della R. Univer sita di Torino (1886 BoUeitÌ7ìo). 173. Ateneo Veneto — Venezia (1864 Atti, 1881 Rivista). 174. R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti — Venezia (1860 Atti). 175. Accademia di agricoltura, commercio ed arti — Verona (1862 Atti e Memorie). NORVEGIA 176. Bibliothèque de l'Université R. de Norvège — Cristiania (1880 Archiv). 177. Société des sciences de Cristiania (1859 Forhandiinyer). 178. Stavanger Museum — Stavanger (1892 A((rsheretning). PAESI BASSI 179. Musée Teyler — Harlem (1866 Archives). 180. Société Hollandaise des sciences à Harlem (1880 ^rc'/iet;e.s néerlandaises). PORTOGALLO 181. Direccào dos Services Geologicos, Lisboa (1885 Comuni- cagòes). 182. Instituto de Anatomia Faculdade de Medicina da Univer- sidade de Lisboa (1914 Archivo). ROMANIA 183. Sociètè des sciences de Bucarest (1897 Buletinul). XXII ISTITUTI SCIENTIFICI CORRISPONDENTI RUSSIA E FINLANDIA 184. Societas pro fauna et floi-a fenilica — Helsingfors (1848 Noliser, 1875 Acta, 1876 Meddeìanderì). 185. Société (les Naturalisles à 1' Université Imjiériale de Kliar- kow — Kharkow (1911-12 Travaux). 186. Société Imperiale cles Naturalisles de Moscou {18òd Bitlletfn, 18G0 Noifveatix Mèmoirea). 187. Acadéraie Imperiale des sciences de Petrograd (1859 Mèìnoires, 1894 Id. Classe plnsico-mftlt'Dìatiifue. 1860 Bnìlelin, 1896 Annvaire). 188. Cornile géologique — Petrograd (1882 Jìnìlctii,, 1883 Mèmoires). 189. Direction du Jardin Imperiai botanique de Petrograd (1871 Ada). 190. Société Imperiale des Naturalisles de Petrograd (1897 Traxmnx). SPAGNA 191. Sociedad Aragonesa de Ciencias Naturales — Zaragoza (1902 Boìetin). 192. Sociedad Espafiola de historia naturai — Madrid (1897 Act as y An a les, 1901 Boìeliri, 1903 Memon'as). 193. Broteria, lierhta de Scieiieias Nalnrales Liiso Braziìeira, Braga (1902). SVEZIA 194. Universitas Lundensis — Lund (1883 Acta). 195. Academic Roj^ale suèdoise des sciences — Si oddio Ini (18G4 Handìingar, 1865 Forha/idli^ir/ar, 1872 BiUaiiy, 1903 A rkii'). 196. Koiigl. Yitterliets Historie ocli Anliciuilels Akademiens — Stockholm (1864 AiitìAI,LA SOCIETÀ IN CAMBIO OD IN DONO dal 5 Dicembre 1917 al 15 Gennaio 1919 NON PERIODICHE (') Brcf odi skrifvcLsci; af och till Carl von Liiinc'' lucd undcrstiid af Svenska Staton utgifna af Upsala Universitet aiuira Aidcluiugen Del I 191G Upsala. British Museum (Natural History) Economic Series N. 3. Fleas as a menace to man and domestic animals tlicir life history, habits and control by .lames Waterston. » 4. Mos(|uitoes and their relation to disease tiieir life hi.story, habits and control by F. W. Edwards. » 5. The bed-bng its habits and life-history and bow to deal with it by Bruce F. Cumininfrs. » 6. Species of Arachnida ;iiid Myriopoda (Scorpions. .S|iiders, Mites Ticics and Centipedes) injurious to man by Stanley Hirst. 'Cattaneo Ugo e Leo Maddalena, Le sabbie ferrifere in Italia. 1VH8 Roma. "Galli Ignazio, Osservazioni inedite e rare di lampi e fulminazioni. 1918 Roma. — Le pei'turbazioni magnetiche per l'eclisse solare del UHI. Uoma. Presentazione di pubblicazioni ecc. Roma. — Di altri fulniiiii globulai'i osservati in Italia dal IDlf) al lUlT. iy'8 Roma. — Gaso notevole d' illusione sensoria. Roma — Omaggio del professore Ignazio Calli nel centesimo anniversario natalizio del P. Angelo Secchi. 1918 Roma. *Giui'FRiDA-RiJGGERi V., A pi'opdsito di alcuni lisuUati antropologici della spedizione De Filippi al Caraccn-àm. 1918 Napoli. — A sketch of the anthropology ot Italy. 1918 London. — Le basi nazionali-etniche in Austria- Ungheria. 1018, Bologna. (1) liC pubblicazioni seifiiatc imi .•istcrisco CI furono ijon-ito dai rispeMivi Autori oppure da Istituti scieiititici : le altre si ebliero da Socirt;! (j (hi pi scinitiliii ((ji- rispondenti. BULLETTINO BIBLIOGRAFICO XXXI — 1 oarattori craniologici degl' Indonesiani. 1918 Firenze. — 1/ indice sclielico nei due sessi. 1910-917 lloma. — Unità del philum umano con plui-alità dei centri specifici. 1918 Perugia. '(ìRiKKiNi Achille, Sopra varie Gryliacris delle Isole P'ilii)[)ine raccolte dal Dott. C. F. Baker. 1918 Firenze. •GuEBHARi) Adrien, Notes provengales. Revue trimestrielle des tra- vaux du... Saint-Vallier-de-Thieg. N. 1-2-3-4-5. 1917-918. 'Lessona Michele, Mono del prof. Giovanni RoerisJ Naturalisti italiani. 1884 Roma. 'Meli Romolo, I primi abbozzi di carta geologica del Napolitano pub- blicati da Michele Tenore nel 1827. 1917 Roma. — Notizia di due rami di legno racchiusi nel tufo vulcanico del Fosso di Cave (Circondario di Roma). 1917 Roma. — Trattati di medicina del XIII Secolo e codice del 1402 dell'opera « De Balneis » di M. Savonarola nella biblioteca di S. Scolastica in Subiaco (Nota preventiva. 191S (irottaferrata. *OcHOTERENA IsAAC, Nota acefca de algunas innovaciones en la tecnica histologica. 1918 Mexico. — Estudios neurologicos, la region epifisaria y la epifisis. 1918 Me- xico. 'PiROTTA Romualdo, U Parco nazionale dell'Abruzzo. 1917 Roma. *PoLi AsER. e E. Tankani, Botanica ad uso degli Istituti Tecnici con 726 ligure. 1918 Firenze. Pubblicazioni varie donate alla Società dal socio sig. Ing. Eugenio Rignano : British Museum (Natural History) Economic. Series N. 1. The house-tty as ;i danger tu healtli its iife-liistory and liow to deal with it by Ernest E. Austen 1913. » 2. The louse and its relation to disea.se its life-history and habits and how to df^at with it by Bruee V. Cunimings 1915. » 3. Fleas as a menaee to man and domestic animals their lit'e-liistory, habits and control, by .lames Walerston 1910. » i. Mos()uitoes and their relation to disease their lile-history, habits and control by F. W. Edwards 191t!. » 5. The bed-buj;- its liabits and how to doal with it, by Bruce F. Com- luings 1900. » 6. Spe^-ies of Arachnida and Myriopoda (Scorpions, spiders. Mites, Tieks and Centipedes) injiiriosus to man by Stanley Hast 1917. » 7. The biology of Waterworks second edition by R. Kirkpatrik 1917. Guide to the specimens illustrating' the races of Mankind (Anthropo- logy) exhibitt'd in the Department of Zoology, etc. third edition 1918. A guide to the fossil remains of man in the Department of Geology and Palaeontology in the British Museum (Natural History I Second edition 1918. A m.'ip showing the known distriltution in England and Wales of tlie Anopheline mog((uitoes. with explanatory text and notes by Wil- liam Dickson Lang 1918. XXXII Bl'LLETTINO BIBLIOGRAFICO Report of the teiiiperature reacln-d in army liiscuits during baking especialy witli reference to tiie destruction of the imported Hoar moth, Ephestia kiihniella Zeller I)y Hartley Diirraiit and Co!(incl W . W. O. Beveidge. *R. Istituto Lombardo ecc., Onorau/.c al Senatore Giovanni Celoria I)i- rettore del R. Osservatorio Astronomico di Brera in Milano 1918. 'Ronchetti Vittorio, Contributo allo studio dell' aptochin (elilidrocu- preina) come mezzo chemioterapico. 1917 Milano. — Contributo alla casistica della spondilitc sifilitica. Considei-a/.ioni circa l'importanza clinica della reazione di « Bordet-\Vas.ser)nan » 1917. — Contributo allo studio della cosidetta «Malattia di Madeiung' » per il Uott. Francesco Merino Quarenghi. 1918. PUBBLICAZIONI PERIODICHE DI SOCIETÀ ED ACCADEMIE SCIENTÌFICHE CORRISPONDENTI AFRICA Cape Town. — Cape of (iood Hope. Soutli .\l'ri('an Museum (Annalsj. Voi. IX, Part VII. 1918; Voi. XIV, Part 111, Plates 5-9. 1917; Vol. XVII, Part 11-111. 1917. Index to Vol. XI, and XV. — Report of the South African Museum P'or the year ended 31" De- cember, 1917. (1918). AMERICA DEL NORD CANADA Ottawa. — Ministère des mines. Commission gèologique. Canada. N. Hs8. Méinoire 73. (N. 58, Sèrie géologique) Les dépi'its pleistocenes et récents de l'ile de Montreal par .T. Stanstìeld. » 1506. Mémoire 76 (N. 62, Serie géologique) Geologie de la re;.' ion de Cranbrook, Colombie britanniqtie. par Stuart J. Schoficld. .. 217. Iron Ore occurences in Canada in two volnnies conipiled by E. l.in deman and L. L. Ballon, inirodnctory l>y A. 11. \. Kol>inson Voi. I. r.tl7. with 22 Maps. 460. Bulletin N. 19 Test of some Canadian sandstones tn di'iciniitic tlicir siiital)ilily as pulpstoiics by L. Heber Cole 1917. » :ìOs. Keclierches sur les charboiis du Canada au point de vur de Icms ({ualitès econoniKiues failes à 1' Universilé M. (Jill de .Mcuitrral eie. par .1. B. l'orter et R. .1. B. Durley Voi. VI. 1917. 127. Kapport annuel de la production minerale aii C.-inada diiv.ujl l'.-in née civile 1915. (1917). .. 435. Hnlletin N. 16 Minerai Springs «jf ( ,iii:hI,i in I\v(ip;iil>. l'.iit 1 llic Railioactivity of some Canadi;in niMU'ia! springs by .lidin S;iiicrl.\ and K. T. Elworthy 1917. » 151. Summary Report of the mines branch of the Deparlincnt ui mines for the calendar year ending dcceniber 31, IU16. BULLETTINO BIBI.IOGKAFICO XXXIIt N. \6^7. Moinoir 100 (N. S3 (Jeologicul S(M-ies). The cretaceous llieioiiodous Dinosaur Gorsosauriis by Lawrence M. I-aiiibe l!il7. » 217. Iron Ore Occurences in Canada in two volumes compiliul by K. Lindenian and L. L. Bolton Vol. II. wiili maps. I'Jl/. » J03. 1/ industrie du Feldspati! an Canada par IIuj;h-S. de Schmid lltl7. » '112. Kccherches .sur le col)alt et ses alling;es, faites à l'Université Que- ens, Kingston, Ontario, pour la division des mines dii Ministers des mines 'I'partie: Les alliag-es de cobalt ;i proprieiés non corrosives par llerbert-T. Kalmus et K. H. Blake. 1917. » loss, l^apport sommaire de la Commission géolof^ique du Minislére des_ Mines pour l'année civile 1916. (1917). » is:;!. Bulletin N. 28. Analyses of Canadian Fuels in five Parts. Part V. British Columbia and Yukon Territory compiled by EdjA'ar Stan- stield and J. H. H. Ficolls. 1918. » -182. Id. id. P.irt IV. Alberta and the Northwest Territories by Edgar Stansfield and J. H. H. Kicolls 1918. » 47'.)S0.'-1 Bulletin N. 2J--23 24. Analises of Canadian Fuels in live parts. Part. 1. The maritime Provinces. Part. II. Queliec and Ontario. Part. III. Manitoba and Saskatchewan by Edjjar Stanstield and .1. II. II. NicoUs 191S. » Bulletin X. 20. Mineral Spring.s of Canada in two paits Part II. The chemical Character of some Canadian Mineral -Springs by K. T. Elworthy 1918. -> '152. Report on the building and ornamental stones of Canada Vol. V. Province of British Columbia by Wni. .A. Parks 1917. » 455. Rapi)ort .sommaire de la Division des mines du Ministére des Mi- nes pour l'année civile terminée le 31 Oécembre 1916. (1918). « IfiS. Report on the Clay resources of Southern Saskatehevan l)y N. B. Davis, 1918. » 474. Annual Report on the mineral production of Canada during the calendar year 1916. (1918). >> 475. Rapport annuel de la. production minerale an Canada durant l'an- née civile 1916. (1918Ì. » 493. Summary Report of the Mines Branch of the Department of Mines for the calendar year ending deceniber 31. 1917. Toronto. — Canadian Institute. Transactions of the Royal Canadian Institute. N. 26 Vol. XI, Part. 2. 1917. MESSICO Mexico. — Institute geologico de Mexico Anales, Numero III, V. 1918. — Boletin N. 36. La seismologia en Mexico hasta 1917. por Manuel Muiioz Lumbier. 1918. — Sociedad de alumnos de la Escuela Costitucionalista Medico Militar. La Escuela Medico-Militar. Revista mensual de ciencia y arte. Tomo 1, Num. 45. 1917. XXXIV B'JLLETTINO BIBLIOGRAFICO [Slati Uniti). Ann. Arboi* Michigan. — L'uivorsity of .Michigan Museum of Zoo- logy. Miscellaneous Publications. ♦ N. 3. A collecting Trip to Coloinliia, Sonili Aiiutìcii by R. K. Wini.-inison. » '1. Contributions to the botany of Michigan by C. K. Dod^f. — Occasional papers of tlic Museum of Zoology. N'liinl). 12. An aiuiotatcd list of shells from Noitlurn Micliif-aii by Mina L. Winslow. '» 13. A new anijìliibian of the genus eleulherodactyMis from the .Santa Marta .Mountains Columbia by Alexander (i. Kiulnen. » -H. A most regretable tanj.;le of names l)y J'. Barliour. • 15. The method of evolution in the Unionidae by Bryant W;ilker. » 16. Isopiida collected by the Biyjint Walker expedition to British Guiana, with notes on Crustacea from other localities by A. S. Pcai'sc. » 17. On the occurence of Bufo fowlcri in Micbiftan by .Alexander G. Kuthven. » 18. Coleoptera colleclcd in Nortlit^.-istern \e\a(la by tiie Walkcr-Kew comb exiiedilion nf the University of .Michigan by A. \V. An- drews. » 4'J. Notes on .North American Naides. I by Hryant Walker. » 50. Notes on the birds of A Igei' County Michingan by Norman .V. Wood. » 5). Pleurol)em;i ila\ .u il.am.l and I'lanorliis liilataliis liuchaiu iisis (I^ea) in Michigan by Mina L. Winslow. » 52. Results of the University of Michigan Williamson expedition to Columbia 1U16 17 by E. B. Williamson. 53. Diptera collected on VVhitefish Point, Chippewa County. .Michigan by A. W. Andrews. » 54. A collection of Lepidop'era troni Whitelisli Point, Mieliigan by W. S. Mc. Alpine. » 55. A collection of ti|inlidae from Schoolcraft County, Michigan by .T. Speed Kogers. » 5tì. 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Flaf?ellati viventi nei Termiti per Batti.sta tirassi 1917. >» >> » IX. .Sullo seliema Leziano della dispersione iperuorniale per F. I'. Cantelli. » » » X. Ricerche sulle congruenze di sfere e sul rotolanii'otn di superticie applicabili per Luigi Bianchi 191S. XI. Sili eiclo di sviluiipo di due specie sclero/ialc del gen. I.epiiita Fr. e sulle loro afdni per Oreste .Vlatlirolo 1917. XII. Sul ricaniliio dei muscoli nelle diverse condizioni mec- caniche delle loro contrazioni per (iino (ialeotti 1918. » » .' XIII. Osservazioni cliniche e aii;iliiiii()-p;il()l"i)^i(lie sulle apla- sie cerebellari 1918. BUr.I.ETTlNo 1U1U.I0(Ì11AFIC0 XLI — R. Accademia medica di Roma (HiiUettino). Auiio accadem. 1917-18, Anno XLIV, 1918, Fase. 1-5. — Reale Società geografica (Bollettino). Serie V, \(A. W. N. li IV. 1917; Voi. VII, N. 1-12, 1918. Torino. — R. Accademia delle Scienze di Torino ^\tti). Voi. LUI, 1917-18, Disp. 1-8. — R. Accademia di Agfieoltura di Torino (Annalii. Voi. LX, Anno 1917 (1918). 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Dall'avere scelto tale altezza che non è quasi mai data dai descrittori di serie cra- niche italiane ne è derivata la necessità di fare tutto un lavoro preliminare, completamente nuovo, di misurazione, sia nei Musei come in taluni ossari, cosicché il materiale adoperato in parte è inedito, quasi tutto fu da me misurato ed esaminalo. Ringrazio vivamente il Chiarissimo Sig. Professore Gioac- chino Leo Sera della R. Università di Pavia per avermi passala la misura dei crani liguri e per gli aiuti e suggerimenti onde Egli mi fu largo e che mi permisero di soi-montare le diffi- coltà incontrate : ringrazio altresì il Chiarissimo signor Pro- li) l'KMzzor.A e L' altezza del cranio nel '/'/vaio. — ReiKlii-miti ilrl It. Isiii. Lomh. (li Scienze e Lettere. Voi. iS. .Milano 1915. — Postilla ad uno studio sudi' altezza del rranio nei Tiroìo. — .Vttl delin 8oc. ital. ili Scienze Xntiii-nli. Vol. 56. Pavia 1917. (2i skra (i. \.., Sul siiiiìijìrato della PlaUcffalia ecc. — // altezza sopranricolare ecc. LINEE GENEllAM DKI.F.A I)lSTlUmJZ[()\F. DEI,!,' AI.TKZ/.A, ECC. S fessore Aldobrandino Mochi del R. Istituto di Studi Superiori di Fiienze per avermi dato signorile ospitalità nel suo Isti- tuto e messo a mia disposizione le ricclie raccolte di crani del suo Museo. Benché il materiale esaminato sia ragguardevole, (più di 500 crani) tanto più se si tien conto della scarsa variabilità della soprauricolare, e preferibile a quello che ayrei avuto dalla letteratura adoperando la basilo-bregmatica per la scelta delle localiià dalle quali il materiale proviene, l'aver dovuto condurre le ricerche per mia iniziativa e con sacrificio econo- mico, farà scusare le lacune del presente lavoro che, d' altra parte, non vuol tracciare che le linee generali della distribu- zione dell' altezza del cranio nella penisola italiana. Un'ultima avvertenza debbo fare prima d'iniziare l'elabo- razione dei dati, (yhi credesse di trovare qui riferimenti, brevi accenni alle questioni degli Ari, dei Celti, degli Etruschi ecc., riniarrebbe deluso perchè noi volutamente non ne facciamo alcun cenno. Non già che non si conosca da parte nostra, l'importanza grande di tali argomenti, ma all'antropologo spetta innanzi ad ogni cosa ricostruire la storia dei tipi so- niafoìof/ici, storia il cui inizio risale ad un' e])oca la cui anti- chità fa sminuire al confronto quella in cui si svolsero quegli avvenimenti e quelle culture legate ai popoli su nominati, e che ancora in tal senso vi sia da fare lo dimostra anche 1" at- tuale mio contributo. In secondo luogo, studiando naturalisticamente il nostro soggetto, noi veniamo a tessere la tela sulla quale i moti dei popoli accennati, non poterono designare che un ricamo. ANALISI DEI GRAFICI Nell'analisi dei grafici saremo brevissimi. Ai cultori del- l' antropologia, che già hanno avuto modo di conoscere il me- todo, anziché obbligarli a seguirmi nella monotona elencazione dei casi che per ogni località cadono in una fascia o nell'altra, ho preferito porre sotto gli occhi i grafici stessi, limitandomi a mettere in rilievo quei fatti sui quali saranno basate le conclusioni finali. Il lettore può fare così dei diretti apprez- zamenti stille nostre induzioni. 4 CAM)LT-0 PELIZZOLA Crani Valtellinesi i fig. 1 . Del mandamento di Ponte abbiamo 20 casi di San Matteo d'Arigna, 20 di Tresivio, 42 di Castiove. Questi crani furono da me misurati in ossari di quei paesi. Da Morbefjno proven- gono 14 casi (M. A. F.) ('). Per quel che riguarda 1' oscillazione dell' indice cefalico orizzontale, le serie esaminate sono nettamente hrachioidi. Eccezion fatta di qualche dolicoide distanziato, la quasi tota- lità dei casi si dispone tra i valori d' indice orizzontale 79 e FlG. 1. 90. Se si considera invece l'oscillazione nel senso dell'altezza osserviamo che i casi si dispongono in parte nella fascia orto- cefalica e in parte nella fascia platicefalica. Richiamo 1' atten- zione del lettore sul fatto che in questo grafico sono fortemente predominanti i Ijrachi-platicefali. (1) I crani del Museo Aiitrojiologico di Firenze sono indicati con le iniziali |M. A. F.). LINEE GENERALI DELLA DISTRIBUZIONE DELL' ALTEZZA, ECC. 5 Regione dei laghi (fig. 2). I crani della regione dei laghi sono tutti del (M. A, F.). Il lago di Como ci fornisce 13 casi di Perìedo e 8 di Varenua. ] a rese ci offre 22 crani. Del lago Maggiore abbiamo 3 casi di Intragnaj 2 di Ca nìioJihia. Il di Giirro, 1 di Cannerò, 10 di LuìHd. Fi(i. 2. I crani della regione dei laghi sono pure tbrtemeute bra- chioidi. Ma a differenza di quelli valtellinesi essi si dispongono prevalentemente nella fascia ortocefalica ed invadono anche quella ipsicefalioa. Casi sporadici troviamo nella fascia piati- cefali ca. b CAMILLO PELIZZOLA Pianura Lombarda (tig. 3). Abbiamo 53 casi apfiartenenti quasi tutti ad altrettanti paeselli della pianura lombarda. Altri 11 casi sono di Cantielo sHÌr Ocjlio. Tutti del (M. A. F.). Considerando il grafico (fig. 3) risulta ohe nella pianura prevalgono i brachiortocet'ali. Sono tuttavia raj)piesenlati di scritamente i bracliiplaticet'ali. Esiste anclie qualche sporadico 7J\Q ^ 8^ 1 • O O Vari |oc\?3ÌcJellcV ~^Q^^ O L o rrv bcvrclic\ 1 ^^ _ ^V-^Oo^ oo O o 7d o \.,^^^ ^ ^--^ # C^vn v\<^ [o ^^^^..^^ i u IIOc|f.o ^"^^«o Kui. 3. dolicoi)laticefalo. I crani di Canneto .sull' Oglio sono nolevoli per il tatto (die in 9 sopra 11 cadono nella zona dei dolicoidi e attorno alla lineii, base dell' ortocefalia. Ciò sigriiiìca che in taluni punti i dolico ortocef'ali j)ossono trovai'si in un grado notevole di concentj-azione. LINEE GENERALI DELLA DLSTIilBLZIoNE DELI/ ALTEZZA, ECC. 7 Liguria e Garfagnana (fig. 4 e 5). Dei Cainp(jrosst) provengono 14 casi (M. A. F.). 48 casi sono ili piccoli paesi della Liguria e sono stati misurati nel Museo Anatomico della R. Università di Genova. La serie di questa :\ni paesi della Liguria o e am pò ro^.^-o \rs - \8o Fui. ;>. O CAMILLO PELIZZOLA regione ci appare come una serie di miscela. Predominanti sono gli ortocefali, dolicoidi e brachioidi, ma anche i platicefali sono frequenti. Bar(ja in Garfagnana ci dà 29 casi (M. A. F.) (fig. 5i. Essi formano una serie omogenea che si svolge prevalentemente nella l'ascia della dolico orfcocefalia ed invade solo con pochi casi (juella della brachiortocefalia. Emilia i;^tig. (J e 7|. In un gratico (tig. (j) raduniamo i casi provenienti dalla pianura, in un altro (tig. 7) quelli provenienti dalla regione Fi(i. i\. montana. 1 crani sono tutti del (M. A. F.) eccezion fatta di quelli di Ospitale misurati da me in un ossario di (juel paese. Pid.ìììira eniiHona. — Di M
  • non è una novità. Esso è pla- smato dall'alta inontati^iia : probaliilmentc ipielle stesse cause elio alterano la forma del fcmiire e della tiltia, asiseono >-iilla foinia del cr.Tnio, ed .-lUre e.nise ancora, ail es. il mifj:liore e((nililiiio clic presiMita siill;t eolonn:i vcrtcUi;ile un rr;iuii corto. aii/,i'' ini cranio allnn(;'ato. e 1' ei(iiililnio è ( rila ii;eiiic iiiiporlaiile nr:lr i'r;;ioni alpestri, i-onie lo prox.i :iiii-lie il t;illo clic liillo li coipn ili\-ciii:i idii t;ireliiato, comdazioiic eli.' poi si iii.-iiilicnr in piaiiiir.'i ... ii"S'i! "l't i:<'wi.sscii, von vicU-n StiirmiMi lieiinfrefiiclilcn Inselli tfilt, i.st ihrc Flliu-ello.siskt'it >•. Il clic non v;ilc perii pei Diitcri più carattcì-i.stici ilclla ri'^fioiic nivale, clic .soim j,'li A ntiniiiiili. 20 MAIIH) BK'-ZI molto progredita nel fenomeno delhi riduzione alare e clie co- stituisce un genere nuovo di Ditteri Limoniidi. A proposito della sua cattura, il [)rof. A. Corti mi scrive quanto segue : " Il dittero venne raccolto sulla cresta orien- tale del Piz Ventina a 3100 ra. circa di altezza. L'esemplare non è in perfette condizioni ; già le devo aver detto clie lo trovai in luogo quanto mai aspro, e che dovetti farmi tenei-e con la corda per arrivare a impossessarmene ; non dimenticherò mai quella cattura: in attesa che il mio compagno (la guida J. Dell' Andrinoi superasse un punto scabroso, io stavo ag- grappato alle rupi, (juando vidi il piccolo insetto a qualche distanza, camminare lentamente, molleggiandosi sulle lunghe zampe, con l'addome elegantemente ripiegato verso l'alto n. Io sono davvero contento che l' importante scoperta abbia avuto luogo sulle belle montagne della Valtellina, a me tanto care; e sopratutto che sia avvenuta per opera di un loro inde- fesso salitore ed esimio illustratore, cui mi legano tanti piace- voli ricordi dell' indimenticabile soggiorno a Sojidrio. E fuor di dubbio che questo piccolo insetto verrà di poi trovato snlb^ Alpi in altri [)unti di più facile accesso: tuttavia ])er ora il suo rinvenimento in una l'egioue così aspra e non mai stata percorsa, va unito ad un fascino particolare e significativo, perchè collega tra loro, come ai tempi delle classiche esplo- razioni, le conquiste dell'alpinismo e quelle della scienza. Io voglio dedicato all'amico Alfredo il nuovo genere, che descrivo come segue. JLlfredÌB,. gen. novum. Pam. Limoniidae Subfam. Petauristinae. Caput inf'erum. Oculi rotuìidali, nudi.. Rostnatt hrei'e, ahlusiim, palpis hreribus qiiadriarliculalis, ariiculis snbae- qtcalihus obloiifjis. AiUenriae XVJ - articuìatae, i/io/iilifonnes, arliculo primo rì/liì}drico eUjnfjalo, neleris roiiindalo - ohlonj/i.s rei (/ìobosis. srjisiiiì derrcsccnlibi/s, jKircc rci'licilld tini pilosis. Tlioracr, in parie antica a nijnsla Ins. in postica panilo httioì-. sculello coni pia na lo non proniineìUc, inesop}t.raI DITTERI SUHATTKUI. KCC. 21 s.nperdiiirs, cxu/une, li nearer, erttis cilialac, nervia iiullis t/isfi/tcl/s Ifallcres hreves, radimeli lales, vix clavati. Pedes rorporc loiigiores, tibiis apice caìearalAs, ungiticnUs simpli- cihus. puirillis disliririis. Ahdome/i elongaMini, supra incur- vHin^ prop>/(jio nuiiiiio, fnrripis rciiais lateral ihus hiarliculaiis, apice cheli fe ri s. Fig. 1. AlJ'rfdia (irrolinta, n. r-.. n. sp., ,-7', Testa, turaci^ t; i \n\\\\\ sef>inenti dell' a'dluiiie, visti di lianuo. ^ '11. Testa rotonda, piegata in sotto, colla Ironte ampia e con- vessa, arrotondata; collo brevissimo, ({uasi indistinto. Inferior- mente la testa è prolungata in un corto rostro ottuso, snl quale stanno i palpi, che sono molto brevi, formati di 4 corti articoli subeguali, di forma oblungo - rotondata, brevemente pelosi. Occhi abbastanza grandi (più sviluppati che in Cìtio- itea), distinti fra di loro, arrotondati, glabri, colle areole ro- tonde e prominenti. Ocelli non discernibili. Antenne i)iuttosto ingrossate, lunghe come capo e torace assieme, moniliformi ; esse sono formate di Kì articoli; il primo articolo è cilindrico, lungo all' incirca il do()pii) del secondo, che è oblungo; il terzo ed il ([uarto sono rotondato-oblunglii, un po' decrescenti; i ri- manenti articoli del flagello sono gioito -li, gradatamente decre- scenti tino air ultimo, che è molto piccolo. Essi portano cia- scuno dei radi verticilli di brevi peli. 22 MARIO BEZZI Torace relati vameute piccolo, jìluttosto ristretto in avanti ed un po' allargato all' indietro ; la sutura trasversa è profonda e completa. Lo scudetto non è ben distinguibile, perchè largo ed appiattito: dietro di esso il mesoframma è posto .sulla me- desima linea con esso e coli' addome, per cui il dorso del to- race passa gradatara'^.nte e senza dislivelli a (quello dell'ad- dome. I rudimenti alari sono lineari, senza nervature distinte, cigliati al margine esterno; essi sono un po' meno lunghi del torace ed arrivano poco oltre la metà del secondo segmento addominale. I bilancieri ])ossouo pure considerarsi come rudi- mentali, poiché sono ridotti ad un sottile e breve filamento, senza clava distinta all'ajiice. Piedi assai lunghi, più del doppio del corpo, ma non molto gracili, brevemente pubescenti; til)ie fornite di distinti speroni apicali ; tarsi del terzo paio }»iù corti della tibia corrispondente, mentre quelli del primo e del secondo paio sono uguali alle loro tibie; in tutti i tarsi il pretarso è lungo come i 4 articoli seguenti presi insieme. Unghie semplici, lineari, quasi diritte, acute, piantate infe- riormente rispetto all'asse dell'onicoforo ; pulvilli brevi. Addome composto di 9 segmenti completi, senza contare quelli differenziati del propigio; nell'insieme è lungo circa 2 volte e mezzo il torace, ed è abbastanza gonfio, essendo verso il mezzo distintamente più largo della parte posteriore del torace. Esso è tenuto i-icurvo in alto. 11 propigio è molto svi- luppato, colle branche laterali del forcipe lunghe e robuste, di due articoli, di cui 1' ultimo foggiato a chela. Tipo del genere: la nuova specie di cui segue la descri- zione. A-ltredia acrohata, n. sp. rf fìg- 1, ^'. Oinnino alni, opaca, pilis pullUlis liirsuhila, rosiro pal- pis UHiennis pe'liOus(jice fuscu hratuicsceHlUnis, pleuraruììi su- luris coxar unique arliculadio/iiòus albican Lihas, alar uni ru- (liiìientis fascolutescenli/jus, inembrana abdoniinali (urida in lateribits tale el inter sclerita nia(jis anguste dislincta. (^ abdominis seguieftto ìiono aupernx' einaniinatodiiìoliato, forcipia ramis ìnleralihus nigris, ìamella aupera alba anguste /ti grò ina rgiiiuta . UX NUOVO GENERE DI DIITKHl SUBATTEKI, ECC. 23 Long. corp. hdìi. 6 [exsiccala mm. 5). Long. Ihor. inni. 1,4; lai. ihor. nun. t),9. Long, abdoni. nu/i. 3,!« ; lai. nhdom. nini. 1,0. Long. rad. aìarnni min. 1,'J. femoris :'>,6 i 3,7 4.5 j Long. pe-ì. ^ tibiae 4,0 I 4,0 ' II 4,2 III. ' tarai 4,0 ' ^'*' ' 3,0 ^ • In. summis alpiOus ì'allis Telli/iac, Piz Veutiiui, prope 3100 lu. altiladinJs. ereioìte mense Augusto 1917, a ci. prof. Ali'redo Corti, (mi genus honoris causa dicaluni, detecta. Capo uero (fig 1) col rostro di color brano giallognolo. Fronte con peli pallidi, che verso il vertice si vanno facendo più lunghi e più rigidi, quasi setolit'ormij per divenire di nuovo sottili verso il mezzo dell'occipite. Antenne di color bruno giallognolo, collo scapo nero; gli articoli del flagello sono più chiari, ma disseccando diventano anch'essi neri; i peli dei vei'ticilli sono pallidi. Palpi giallognoli infoscati, coi peli pallidi. Occhi bruno-nei'i. Torace di color nero intenso ed opaco (fig. 1), le suture però, sopratutto qnelle delle pleure e del prosterno, sono bian- cheggianti. Esso è coperto sul dorso di peli eretti piuttosto lunghi, in prevalenza di color pallido, che sullo scudo del pro- noto ed ancor più su quello del mesonoto tendono a localiz- zarsi in due ciuffi medio-laterali. Pare che i peli anteriori siano più scuri di quelli posteriori. Regione scutellare e mesoframma neri e nudi. Rudimenti alari di color giallognolo scuro, bruni a secco, irti al margine esteriore di lunghi peli pallidi. I rudimenti dei bilancieri sono sempre bianchi, sia in liquido che a secco. Piedi colle anche di color nero intenso, ma colle suture arti- colari bianche: lo stesso può dirsi dei trocanteri. Femori, tibie e tarsi di color bruno giallognolo, nel secco quasi neri, con breve pubescenza pallida. Speroni neri, come le unghie; pulvilli di color bianchiccio. Addome colla membrana di color bianco lurido (fig. 1), che nel disseccarsi diventa scura e si raggrinza molto, mentre in liquido è distesa, formando un largo spazio laterale e degli orli variabili fra gli scleriti. I tergiti sono neri, opachi, di forma rettangolare, con lunghi peli pallidi eretti, dei quali 24 MARIO BEZZI havvene una tila di magfriori presso Torlo posteriore: le strisele di membrana, che t'ormano le orlature chiare posteriori, sono l)iù larghe in corrispondenza dei segmenti 4, 5, 7 e 8. Grli sterniti sono più piccoli dei tergiti, hanno peli più scarsi e più corti, e gli orli ])osteriori (;hiari \)\\\ larghi. FlG. 2. Alfredia acrobata, n. a., n. sp., r^ . 3 iilthni susnienti rielT adilonie e )ivoi)ÌL,ào, dal diisopra. X "-"• Nel maschio il nono tergile è nero (iig. 2), con una macchia chiara arrotondata per jjarte presso i lobi posteriori, che sono strettamente marginati di nero. La lamella superiore (o de- ®irao tergite) è di t'orma subquadruta, di colore bianchiccio, con stretto orlo nero j^osferiore, rilevato. Sotto di essa spor- gono un corpo mediano più aguzzo e chiaro, due laterali ottusi e più oscuri, brevemente pubescenti I bracci della pinza sono di color nero intenso, cogli orli articolari bian- chicci: essi sono irti di lunghi [)eli pallidi. L'articolo basale è lungo circa il doppio della lamella superiore; quello apicale è lungo come il basale, ed è diviso in ilue parli lumia nti chela; di esse l'esterna è più grossa, più oscura ed ottusa all'apice, mentre l'interna è digiiiforine, pii'i sottile, i)iù chiara e leggermente uncinata all'estremità. Posizione sistematica del nuovo genere e suoi rapporti cogli altri limoniidi ad ali ridotte o mancanti. Poiché la classiticazione dei Ditteri ti puli t'orini . e so[)ra- tutto la loro l'ipartizioiio in generi, sono basate essenzialmenio sui caratteri della nervatura alare, potrebbe sembrare dirticile lo staV}ilire la posizione sistematica di un loro rappresentante, in cui le ali siano molto ridotte od addii'itiura mancanti. Tut- UN NUOVO GENERE DI IHI'TEKI SUBATTKKI, ECC. 25 tavia, come l'Osten Sacken lui giustamente me^sso in rilievo ('). a proposito del suo giudizio sulla C/iio/ica, vi sono altri ca- ratteri preziosi, benché meno appariscenti, cui si può incor- rere per ottenei'e un esplicito responso. I palpi coir ultimo articolo brevissimo .e non più lungo del precedente; il rostro corto e sfornito di protuberanza na- sit'orme ; le antenne monilifoi-mi, composte di IG articoli; la t'orma del propigio; le [ìiccole dimensioni; sono tutti caratteri che escludono con assoluta certezza il n. gen. Alfredid dalla famiglia Tipu/ìdac, mentre lo fanno ascrivere a i|uella più numerosa e più varia dei Liinonilduc. La presenza degli speroni tibiali, la brevità del rostro, le antenne di 16 articoli, la forma rlel propigio, le unghie sem- plici e la presenza di pulvilli, lo escludono dalle sottofamiglie dei Limoniinae e degli Anloch.inae (fihaiiijihidiivae)- Da (quella dei Pohjinediìuie [Kriuplerivae) resta escluso per la presenza degli speroni tibiali, e cosi viene allontanato da Chionca, da cui ditferisce immensamente per la forma del corpo allungata e pel coloro nero predominante, jier la struttura delle antenne e dei genitali maschili, per la presenza dei rudimenti alari e per la riduzione dei bilancieri, ecc. Dai Pediciinae {Ainalu- pinae) resta inline escluso per gli occhi nudi, non pubescenti ('"). Per conseguenza il n. gen. Alfredia viene naturalmente a col- locarsi nella sottofamiglia Pela urislipae {Trichocerivae, Lim- it ophiliììae). Al medesimo risultato conduce anche l'esame della que- stione dal pitnto di vista della riduzione alare. A tale scopo si può consultare l'elenco dei Ditteri tipuliformi ad ali ridotte o mancanti, a p. 165-167 del mio lavoro più addietro citato; i casi osservati sono 38, e si ripartiscono in numero pressoché tignale nelle due famiglie dei Tipulidi e dei Limoniidi. Si può subito riconoscere che i Tipulidi coi loro 18 casi (^) (1) Oli the atavic index cliaraetcrs. etc. Ui'il. cai. /CeU.stii.. XXN.IX, ltani]a. i3) Ad essi bisojjna a^ffiinns-el'c la Tìpiild i ili]ii"rj'ei:la , HiedtH, Voyage Alhiaiid .Icanncl, 3i), Ncniat. i)olyn., Paris 1911. )). !M. trov.ìta nella }?rotta Camiiliell sni M. Kenya, a :V170 in. d'altezza, e note\ule )icr(diè il maschio ha le ali ridotte a «•rado .0, Mia a <(tianto p;ire non ih aspettd iiihlalc. 26 MAKIU BEZZI dimostrano la pi-e valenza di una jjai'ticolare direzione nel fe- nomeno della riduzione a'are. per cui. rimanendo intatte le ali nel maschio, quelle della femmina tendono a permanere in uno stato ninfale. Tutti i casi osservati appartengono in- fatti al grado 5 della mia scala, tolti i pochi che si riferiscono a semplici accenni di grado B, più o meno regolari. Il n. gen. Aìfredia quindi, che ha le ali ridotte a grado ('> nel maschio, coi rudimenti non di aspetto ninfale, resta escluso anche per questo dai Tipulidi. Nella famiglia dei Limoniidi il fenomeno della riduzione alare presenta maggior varietà, non essendo limitato al solo sesso femminile, dando origine a rudimenti non di aspetto ninfale e portando perfino al completo atterismo in tutti e due i sessi (grado 8 della scala). Delle quattro sottofamiglie in cui si risconti"ano casi, si può dire che quella dei Pediciini ne è pressoché immune, poiché essa figura nell'elenco solo per effetto del caso molto incerto delia Dicraiioia Reilleri del Mik. Anche i Limoniini soggiacciono poco alla riduzione, che nella Liìuonla oresin-oiilm del Kilimandjai'o è minima e va- riabile, tanto che rimangono sempre ben distinti, non solo le nervature, ma anche il disegno alare; e che è solo un po' piìi progreflita nella Zaiusa faìIiìaìKÌica delle Isolo Falkland. In nessun caso è sorpassato il grado 4 della scala. Nella sottofamiglia dei Petauristini, all' infuori del caso meraviglioso della Chionea, si trova solo un accenno di grado 3 nel Moiophilns a/er, ed un caso molto progredito, almeno di grado 5, in una Kriojìlera indeterminata trovata a circa 3000 m. di altezza sul Kiliniandjaro dalla spedizione Alluaud-.Tean- nel ('). È dunque nella sottofamiglia dei Petauristini che il feno- meno si estendo di i)in, interessando maggior numero di ge- neri e procedendo jier vari gradi sino a raggiungere il mas- simo nel n. gen. Aìfredia. Ìj' /(/ioplcra pulclwlla e la Liui- /lophila heler(j;j//?ia [)resentano appena un inizio di grado 3, che si accentua nella liìur/iojil/la Wodzickii, per passare al grado 4 nelhi L'Iu'-h. pilaris degli Ui-ali artici, ed al grado 5 nella Cli'doind del ('ile e nella (! yiiupìisi id della Nuova Ya^- il) Vdili Rii'(i.-1. in Voy;i'.;i' \llii;iilil lc;iiinrl. I lipliT.i ili.)) .Mola ti'iiiiiiiii;i ili |i(i-.i/.i(ihr iinilln )inilili'iii;itic;i. UN- M'M\'(i CKNF.KK HI r)ri'TKRI StUiATTEKI, KCC. 2( Jamhi. Alleile lu Zidi'scor/es a i/c/ila/u/ifi/s (^■) delle Isolo Aiu;k- himl (' (l;i mettersi qui ed è piutiosto progredito nella ri- duzione. La LiiiDiophila asjjidoplera, trovata sulle cime dei Monti Las Vegas nel Nuovo Messico, può forse essere atiline all' . W/>vv//^^ qui descritta, presentando già una riduzione di grado 5; ma in essa i Ijilancieri non sono ridotti, essendo anzi più lunghi dei rudimenti alari, al dire del Coqnillett. Dovendosi assegnare un posto nella sottofamiglia «lei Pe- tauristini al n. geu. Alfredia, io credo che sia per ora da collocarsi accanto al gQn. Rhtcnoptila. Questo genere fu pri- mieramente istituito dal prof. Nowicki per una specie trovata nella regione più elevata dei Carpazi, sopra i 2000 m. di nl- tezza ; in esso le ali presentano ancora distinti il disegno ed il decorso delle nervature, tanto che l' Osten Sacken opina che non vi sia bisogno di separai-e questa forma dal gen. Dae- l>/loJab>s, di cui ha la nervatura alare. Ma nella Rh/icn. 'pò- laris abbiamo un secondo esempio, in cui la riduzione è molto più progredita, tanto che le nervature sono già meno distinte; i rudimenti alari arrivano però sempre fino all'estremità del- l'addome, Alfredia si accosta a RhìcnopdUi per la forma delle antenne e pel portamento dell'addome nel maschio, se ne di- stingue però per la riduzione alare molto più progredita (grado 6), per lo scudetto meno prominente, e sopratutto per i bilan- cieri notevolmente ridotti. Quest" ultimo carattere è unico fra i Limoniidi, i (|uali hanno sempre i bilancieri lunghi e bene sviluppati, perfino (|uando perdono del tutto le ali, come nella Chionea. Posizione del nuovo genere nei riguardi della ditterofauna nivale. I Ditteri tipuliformi in generale, per quanto non raramente si rinvengano a grande altezza, pure col loro corpo gracile e colle zampe lunghe ed esili, costituiscono in verità l'antitesi del dittero nivale tipico, secondo i caratteri che ne furono da me indicati nel mio lavoro sulla ditterofauna nivale delle Alpi. Tuttavia la Chio/ied alpina fu compresa fra i genuini abitatori della regione nivale in seguito ad un reperto del Doti. Bà- bler, che potrebbe però anche essere accidentale. Ma le Chionee il) L" autore pare t-he lo collochi nei Limoniini. ma le antenne di 16 articoli e jli speroni tibiali lo escludono da tale sottofamiglia. 28 MARIO HKZZI - UN NUOVO (iKNKIiK l>I DITIEHI SUHATTEKI, ECO. presentano i^ik molti ndattaineut i, che rendono il loi'o aspetto tanto dissimile ila quello dc,i!,li alili menibi-i della loro t'amii::Ii;i. n V vicinandolo invece tanto più a quello nivale tipico. Li' Al/'redia acrobata, rinvenuta sopra i 3000 ni. di altezza (cioè anche sopra il limite (dimatico delle nevi nel grup^jo del Disgrazia) ed esclusa, come pare, la possibilità di un suo trasporto passivo per opera del vento, viene dunque a formare un nuovo membro della ditterot'auna nivale genuina delle Alju. Come tale esso presenta i seguenti caratteri tipici : 1; melanismo spiccato, col corpo e sue appendici in gran parte di colore nero intenso: 2) cor]>o coperto in grati [)arte di sotitice ])eluria, jiiuttosto densa; 3) piedi relativamente robusti per quanto lunghi, e meno fragili che di solito in questi insetti : 4) grande sviluppo dei genitali maschili, con torti organi di presa al propigio ; 5) atterismo pressoché assoluto. Dato il luogo del rinvenimento, si i)uò pensare che la larva sia terricola, viva cioè nelle raccolte di humus superfi- ciali tra le roccie o in quelle che si formano nell" interno delle piante a cuscinetto; pare infatti da escludersi che essa possa avere abitudini simili a quelle della larva di Iiìiic7wptilriMo ruHATi Rebel H. — Inlrod unione alla 'J I'lJhiune del <.< Beryes Sflnnclfi'rlinijs- biirh». Vienna 11)10. — Fossile Lepidottere a der Miocaen Fonuaiioii oon Gahhru. Sitzl». della 1. 11. Aceadeinia dello Scieuzo di Vicinia 1868 Parte !. ScuoDEK S. 11. — Fossil Butterflies. American Associatiitn fm- Advan- cement of Sciences !, K"55. Seitz Adalbert — (rrosscfimetterliiifie Knrnpa's. \'ol. I, pa^. "Jl. Ta- vola l.S c. Stiohel Hans — Beiiraij zar h'finitìiiss iter Lepidoiitert'iiiiatUiiai l'ir}-- nassins Latr. -Berlin. Entom. Zeitsclir. Vol. T)! lOOC». Pag. 88. Tar. II fig. 111. TcRATi Emilio — Lrpiduiti-e-i del Mtiseo Zuoloi/ico della li. Unirersi/à di Napoli. Descrizione ili forme nuove e note critiche. Pag. (j e seg. — neir Annuario del Mus. Zoolog. della R. Università di Napoli. Nuova .Serie Voi. :\ N. 18. 4 settembre 1911. Verity Rug(;ero — Rìiopalocera palaeartira. Papilionidae e Pieridae. Pag. 309-310. Tav. 58 pag. 1-3. Firenze 190.5 1911. — Ibidem. La nortìenclalure ei It- rlasseoienl des Lepidoptér^s ei V E- volulioìì. — Contributo allo Sindia della i-ariazima' dei Lepidotteri. Bull, della Soc. Entom. Italiana. .Anno XLV, 191!-! (Pubb. nel novembre 1914). Standfuss Max — MitteJlmiffen zìir Vererhiinc/sfrage. Vererbunf^smodus der Rassen Miscldinye vnd Artbasfarde. Erioacjunyen hetrefff^nd dea Kernpnnct der Scheiilmig iter Arten. Bulletin de la Soc. Entom. Suisse. Vol. XII. las .5/0, luglio 1914. Bern. VARIABir>ITÀ UEL PAliNASSlL'S APOLr,() PtlMILUS STICH, ECC. 31 INDICE-SOMMARIO 1 — Interesse che presenta il Parnassius apollo L. Sua diffusione. — [>i- segni, colori e motivi di variazione. La forma pUHiilus Stich. — Data «li apparizione. Descrizioni originario della forma. Caratteri e va- riazioni diverse. Forme multiple. Tavola sinottica delle forme se- condarie di pumilus Stich. 2 — Sistemi e teorie sulla formazione e filogenia della speaio. Teoria semplicista di Carlo Oberthiir. Teoria dei piani sovrapponentisi nello spazio. Evoluzione progressiva e lenta (Darwinismo) ed evo- luzione discontinua a salti (Mendelismo). Legge di Lotsy. Eredi- tarietà concatenata sessualmente (nota). Constatazioni ed idee di Standfuss. Definizione della specie data da Verity. Elasticità in- dividuale ed elasticità generativa. Distinzione specifica per isola- mento. Ibridazione e meticciamento. Sistema globulare di discen- denza. Storia vivente della specie. 3 — Forme più nuove, forme più antiche nel genere Farnassius. Pa- rere di Bryk. Parere di Piepers. Metamorfosi più che ovidiana e dantesca. Teoria fantasiosa. 4 — Forma nimotipica dell' «poZ^o L. Forma originaria secondo Huwe. Teoria di Renter. Studi e teoria di Grum (ìrschimailo. La chiave dell'enigma. Dorltite^ /;o.reve durata, si può arguirne che i brucolini di putnilis sgusciano dalla metà a fine di gennaio, il che sembra verosimile anche per analogia a quanto avviene per la razza sud-occidentale dei Pirenei, conìe ha dimostrato Aichele. Ma su questo [)unto nessun dato di fatto sono in grado ora di tornire. Ho potuto t'ai-e il presente studio grazie ad un numero veramente grande di individui, che si aggiunsero a quelli che già erano nella mia collezione, raccolti tutti all'estremo limite dello Stivale italico, le alte valli dell'Aspromonte di storica memoria, dai 14U0 ai 1S(.)0 metri, nelle località denominate Cannavie, Grianni Jetto, Cranzello. Cerasia, Antinnn. ed alle falde stesse del Monte Alto. Questo piiDiilus iStich. dovrebl)e certamente incontrarsi anche sulle jùii alte vette della Sila, come Oronzio (Tabriele Costa accenna parlando del Par/iassius deliua Esp. che con questa forma di apollo L. egli aveva scambiato. Mi è sembrato di avere con più 720 esemplari a dispo- sizione elementi sufficienti per un esame alquanto circonsta- ziato di questa forma. La proporzione fra e/' cf *^ 9 9 ^ i" media di circa 3 maschi per una femmina. Però in principio di stagione, come al solito, hanno la prevalenza i maschi, che sono i)iiì precoci delle femmine. Essi apparvero quest'anno il 4 giugno, ed in una escursione compiuta allora cincjue esemplari furono rac- colti. In un'altra cacciata nella lei-za settimana di giugno mentre si raccolsero 126 (^'' (^'' furono pi-ese solo G 9 9- I" seguito la proporzione cambiò. Infatti verso la tine di giugno in tin'altra esctirsione compiuta il 26 ed il 27 contro 119 c/'cf' furono prese 63 femmine Un'ultima sj^edizione alle falde del Monte Alto a 1800 ni. ai primi di luglio portò all'attivo (iO (^ ,^' e 30 9 9' ^^''^ mentre quasi la metà dei maschi eran già sciu- pati e frusti, delle 9 9 f'ii'ca due terzi erano ancora in buona f'ondizione. VARIABILITÀ DF.L PARNASSIUS APOLLO PUMILUS STICK, ECC. 39 La descrizione, che dà Hans Stichel. del pumilns è la se- guente (*): Rimarchevolmente piccolo, margine jaliuo dell'ala anteriore stretto, t'ascia submarginale appena debolmente ac- cennata. Ocelli dell'ala posteriore mollo piccoli, in uno degli esemplari sott' occhio di color aranciato, spolveratura nell'area marginale posteriore debole. Macchie anali rudimentari: nessun disegno al bordo delle ali. Nel disotto tutti i segni scialbi^ gli ocelli appena sottilmente circondati di nero: nell'area anale dell'ala posteriore una macchia rotonda assai piccola, centrata di rossiccio, come esiste spesso nel t/elias [r. aaccrdo^)] accanto al margine una serie molto obsoleta di macchie jaline. Le bestiole fanno interamente l'impressione di sacerrlos. Nel Seitz (^), dove Stichel ha redatto il capitolo i-elativo alla famiglia dei Parnassiini, egli dice del puiuilus Stich.: forma nana, che ad una fuggevole considerazione si potrebbe tenere per una forma di delius. se non vi stessero contro il punto nero (^) pieno rotondo del margine posteriore delle ali anteriori, e Tasta delle antenne bianco grigiastra (non annu- lata di nero). Oltre alla piccolezza (32 mm. di lunghezza del- l'ala anteriore) sono altri caratteri distintivi di tpiesta forma: u debolissima fascia submarginale delle ali anteriori (che in uno dei due esemplari conosciuti" - allora: i due del Museo di Berlino, ivi scoperti da Stichel — « è appena percettibile), ocelli piccolissimi, leggera spolveratura nera al margine po- steriore delle ali posteriori; nel disotto tutti i segni scialbi, gli ocelli appena circondati di nero ". Né nell'uno né nell'altro scritto Stichel parla in modo esauriente della pupillatura degli ocelli rossi dell'ala poste- riore. Però tanto la figura dell'uno, quanto quella dell'altro dei due esemplari tipici del Museo di Berlino rispettivamente pubblicate nelle due opere citate, hanno pupillata di bianco soltanto la macchia rossa postcellulare, menti'e quella accanto al margine anteriore dell'ala è tutta rossa. La forma tipica quindi di puuiìlus Stich. non ha le macchie rosse entrambe pupillate di bianco, ma ne ha soltanto una. la postcellulare. (I) BeitiM}? ziir Kemitni.-; «ler Lei)iiioj)tercii;;;ittmi;.'- l'u riiiissmx l.atr. Berlin. .'MUom. Zeitsciir. Voi. 51. Anno lOOtì, pjig. 88. {■>] GrossclniK'tteiiing-e dei- P'.rdc. 1. Voi. L(!;M(lotteii iliiinii pjilcarticì. I'mk- ^I. (3) Il punto nero in qiiistione esiste in parecchi esenipl.-ni del phoi'ìmH {(IcHks) Vedi ]). e.s. Tmv. IV ti<;. 8 ((orma cp/rnìnicnlus Frnhst.). 40 EMJI.IO rURATf Invece le ligure die il Costa (') ce uf dà sotto il nome di P. delius Esp. ma clie sono da riferirsi a questa t'orma di apollo L. — come lio dimostrato nel mio studio succitato — hanno entrambe le macchie delle ali posteriori tanto nel di- sopra quanto nel disotto distintamente centrate di bianco. Ruggero Verity nei suoi u Rhopalocera palteaictica >' ci dà questa descrizione di jìumilus Stich.: E la razza la j)iia piccola — tutti i disegni neri sono ridotti del massimo grado: gli ocelli piccolissimi, e tinamente listali di nero, non hanno pupilla bianca] il rovescio delle ali ha l'aspetto scialbo che ha il (Iclius: la 9 i"i(^'"'da molto (jnesta specie, e sopratutto la sua var. interraedius ". Ma sulla Tav. 58 le ligure l {(J) e 3 (2) hanno almeno imo degli ocelli, il postcellulare, hen pupillalo (li hiani'o\ l'altro pei' la preparazione dell'individuo, è coperto a metà dal margine interno dell'ala anteriore; tut- tavia da una leggera trasparenza parrebbe sia [ture pupillato. La figura 2 invece ha gli ocelli inleranienle rossi. Questo dettaglio della centratura bianca, o meno degli ocelli, che ha certo una importanza tilogenetica, e che si ri- leva in quasi tutte Iw l'azze dell' apollo L. e j)articolarmente jiella x:alderiensis Trti e Vrty, che ha comune col pantilns Stich. — fatte le debite proporzioni di grandezza — la ten- denza all'allungamento ovoidale delle macchie stesse, questo dettaglio, malgrado i numerosissimi particolari trovati fuoii dagli autori come caratteri per altrettante distinzioni nomi- nate, non è stato tìuora affatto considerato; né si capisce come. Forse perchè da taluni ritenuto indifferente e trascurabile; da altri, \)i\x probabilmente, perchè inavvertitamente sorpassato. Non pertanto io ritengo che anch'esso deva essere preso in considerazione, come tutti gli altri dettagli genetici. Farmi perciò opportuno, che anche queste differenze di pupillatura degli ocelli debbano ottenere dei nomi, che le di- stinguano, non foss'altro per comodità e brevità di citazione. Il carattere degli ocelli entrambi centrali di bianco, che risulta dalle figure del pumilus Stich. forniteci dal Costa do- vrebbe distinguersi col nome di fninia bispupiiiata (Tav. I. figure 3 e 4Ì. (1) Oronzio (THl)rielH Costa Fauna del Kojfiio di Napoli. Lepidotteri. Napuli l»32-3ti. I arte priinii. Li'piilotteri diurni e crepuseoliiri. l'a^f. ".'. Ta\. I i\g. 1. VAltr.VBir.ITÀ l)R[, l'AKNASSH'S APOLLO PUMHJ'S STICH, K('C. 41 A questa torma a[)partiene la maggioraii/sa delle ^^f! 9- Fermo restando come tipo della razza pu/niius Stich. la forma colla centratura bianca nella sola macchia postcellulare. (Tav. I tig. 1 e 2 etcì, nella «[iiale prevalgono i maschi, gli esemplari tanto rf ^h^ si incontrano con nes- suna delle due macchie centrate di bianco, dovrebbero essei-e ascritti ad una t'orma depupillata (Tav. 1, fig. 5-8, etc). Sempre rispetto alle macchie rosse, noi troviamo nel pu- milus Stich. esemplari, che le hanno cerchiate con un filo nero sottilissimo (Tav. II fig. Ij, o, come dice Verity ^ cir- condati da un cerchio nero quasi capillare. Tanto da somigliare in modo quasi incredibile ad alcune delle razze americane sìniìitheus del P. phoebus, o delle due razze asiatiche deìius ». Seguendo il concetto, enunciato anche da Verity stesso, di mantenere per le medesime torme ricorrenti nelle varie razze di una stessa specie tm medesimo nome descrittivo, o quulificativo, io ritengo di applicare a questa manifestazione il nome di tenuicincta^ già proposto da Verity 'ii'ca Huwe del P. delphius nlbulus Huwe. Vi sono poi anche rari esemplari freschissimi tanto ^(-j^ quanto 9 9 Rogli ocelli di un colore giallo deciso — nemmeno aranciato — che. secondo me, non lasciano assolutamente sup- })orre una decolorazione, dovuta a cause esterne; ma sembrano indicare una speciale pigmentanzione in giallo anziché in rosso. Questi esemplari devono registrarsi sotto la forma llaroma- ciiìala Deck. (Tav. V fig. 1-6) rispecchiando il fenomeno dello xavloisnio o ravtonisDio già notato in altre razze della specie. Verity nella citata memoria è di diverso parere, poiché, rilevando u il fatto, che nel piimihcs la percentuale di individui cogli ocelli gialli, anzicchè rossi è, molto maggiore che nelle Alpi, mentre alcuni di (jnesti esemplari hanno del resto un aspetto assai fresco «, lo spiega .< cui ricordare che gli ocelli sono di una tinta rossa assai meno intensa, che non nelle altre razze, mentre il S(de è molto più vivo, per cui bastano poche ore per scolorire il pigmento rosso molto labile, e lasciare quello giallo ad esso commisto ed assai più slabile ». A questa affermazione io devo contrapporre la mia osser- vazione. 8n un nnmei-o grandissimo di esemplari i^ben 720) la percentuale
  • che raggiungono dai 68 ai 70 mm., so- pravanzano di assai la statura media delle 9 O normali di pumihts. Io distinguo queste assai rare 9 9 ^^^ nome di forma majuscula. Nei (^ (^ parecchi sono gli individui che sorpassano in apertura d'ali la grandezza normale del pumilus Stich. ma nessuno raggiunge proporzioni relativamente cosi ragguarde- voli. Per contro abbiamo esemplari minimi, ai quali pure accenna Verity ;1. e), che si riducono nei ,^- (^ fino ai 48 mm. di espan sione totale delle ali da apice ad apice, e nelle 9 9^^ ™^- ^0- Questi nani della specie apollo L, sono certamente da consi- derarsi i più piccoli che si incontrino in Europa, e solo da paragonarsi alla forma tniiiiina Honr. del Pam. norchnanni Ev. del Caucfiso. Per simile forma, tutta in diminutivo, descritta già da Verity in altre manifestazioni di Apollo L. è da accettarsi la qualifica già da lui proposta di forma minuscula Vrty. (Tav. VI fig. 1-3. Ma in due cT^T minuscoli, in un (^ ed una 9 normali ab- biamo anche la falcatura delle ali anteriori, che non può con- siderarsi solo come un fatto teratologico per sviluppo impedito da agenti esterni, ma anche come fenomeno, che potrebbe con- durre a delle conseguenze non imprevedibili, del resto. Infatti la tendenza alla falcatura delle ali nel Pam. apollo L. è già stata rimarcata e figurata da Carlo Oberthiir a pag. 5, ed a Tav. 3, tìg. 19, 20 e 21 del XIV fascicolo delle sue Etudes d'Entomologie (1891) con tre esemplari ,^ i^ raccolti nella valle del Marcadau (Cauterets) negli Alti Pirenei ('j. Ma mentre tutti e tre gli esemplari di Oberthùr segnano la falcatura soltanto dal lato destro delle ali. i due esemplari di pumilus Stich. raccolti nel 1916 al Monte Alto, la marcano sulle ali sinistre anteriori. Entrambi gli esemplari di questa (1) Vedi più avanti a pag. 53. M) EMILIO TURATI t'orma fal('ata iTav. VI tig. 7 e 8) essendo, come si è detto di statura minima, appartengono perciò anche alla t'orma tni- iiasculd Vrty. L'altro (^ e la femmina di statura normale colla falcatura pure all'ala sinistra anteriore, sono stati raccolti quest'anno. Ma un altra t'orma che merita altrettanta attenzione di- pendente dallo sviluppo delle ali è stata figurata sotto il nome di ai). poHticeìongala da Verity nella sua Memoria del 1914 al N. 1 della sua Tavola. Essa è rappresentata da " un ^T "C>- tevole per la forma delle ali posteriori, il cui margine esterno è reltilineo, dando all' ala stessa un aspetto insolito ". Egli aggiunge poi /u, come già altrove ho spiegato ('); e presentano un interesse non tanto pel rac- coglitore superticiiile, pel semplice collezionista, (pianto per chi voglia muovere (jualche passo in regioni più elevate, e spaziare nell'etereo campo puro, ed oscuro ancora, della filo- genia: o voglia constatare come questi caratteri multipli ra|)- presentino l'avvenuto incontro di croviosonii con (jcne o por- tacaratteri diversi, che ri])ortauo le loro qualità segregate l'una dall'altra e facilmente visibili, in medesimi individui. Prima però di chiudere l'esame e l'enumerazione delle diverse forme, che mi son venute sott'occliio wgW apollo pit- miluH Stich., non posso passare sotto silenzio un'altra piccola manifestazione, che non potrei spiegare nemmeno qui colla (1) La Zygai'iia transalpi une le xiw forme italiane. Bollettino del L.-iitoi-.-dono di Zoologia generale ed agraria della R. Seiiolu superiore di Ajfi'ieoltnra di l'ortiei Voi. IV p. 20, fel)lji-aio lUlO. Lepidotteri del Muneo ZonloiKra della li. In/rersità di Xaìmli. De.scrizione di nuove forme e note critiche. Annuario del jMu.s. ZooI. della R. Univcrs. di Na- poli (Nuova Sene) Voi. il" N. 18. 4 sett. 1911 (pag. 2-1-25), VA11(AH1I,1T.V 1>KI. I'ARNASSIUS APOLI.U PUMILUS STICIl. KCC. 17 semj)lice indicazione di u caso teratologico n, relativo cioè al diverso sviluppo preso nel distendersi dell'ala, allo schiu- dere della fart'alla dalla crisalide, dai tessuti cartilaginei della pagina superiore in confronto di quelli della pagina inferiore E mi spiego. Vi sono parecchi esemplari, e di parecchie forme multiple, in cui più particolarmente la macchia l'ossa più piccola al margine anteriore delle ali posteriori non coin- cide perfettamente disopra nelle dimensioni e nel contorno con la corrispondente del disotto ; è più grande od altrimenti con- foi-mata : talché questa si vede in trasparenza, sempre dal lato prossimale, esorbitare dalla macchia del disopra. Questo fenomeno che rispecchia certamente la storia della formazione delle macchie rosse, e potrebbe indicare che esse si sono sviluppate prima nel disotto che nel disopra, dove sono ancora piccole, si nota abbastanza di frequente, e potrebbe indicarsi col nome di forma ìnaequata (Tav. Ili fig. 8; etc.). Mi sono sotfermato a bella posta su tutti questi mi- nimi particolari, elencandoli, ed attribuendo loro dei nomi a titolo di orientamento, perchè io vedo in essi tutto un lembo della storia, che il [minilaa ha attraversato fino ai giorni nostri, ammesso pur di partire anche da una base già relati- vamente molto caratterizzata, per quanto abbastanza lontana dai nostri tempi; una evoluzione che la farfalla ha fatto e va facendo continuamente, trascinandosi dietro e lasciando sulja sua strada dei relieti, come pietriizze che segnano il cammino percorso, come i pezzetti di carta che indicano agli inseguitori in un paper-hvnt la pista presa dalla finta selvaggina. I biologi ed i filogenisti potranno trovare difficilmente un miglior soggetto per le proprie deduzioni ed induzioni ('). La mia intenzione è di metterli su questa pista, mentre cercherò io stesso di seguirla per trovare l'origine della specie. Ad ogni modo per riunire in un quadro sinottico tutte le modificazioni dell' apo//o pumiìus 8tich. da me qui rilevate le raggrupperò nella seguente tabella: 111 Anche Vapollo Pa/iti'r/fiìS/s 'Irti & Vrty è uiui delle razze più viirinbili. e presenta parecchie forme di tiuelle eiuiiieiate qui per il fumilns: bispupillota, depupillata, aprcinliculala. pxeudonontioH, subcentrica, intertexta, decora, sono state ora da me controllate. 48 EMILIO TURATI P. apollo pumilus Stich. purailns Stich. (Tav. I, fig. 1-2) bispnpillata Trti (Tav. I, fig. 3-4) depnpillata Trti (Tav. I. fig. 5-7-8) teuuicincta Vrty ampliv;smaculata Vi-ty appendiculata Trti microstigma Trti serailuotifera Trti fìavoniaculata Deck. intertexta Sohulze decora Stich. pseiìdonomion Christ. .subcentrica Trti 9 nigricans Caradja 9 inversa Anst. 9 raajnscula Trti mnemos\'noides Trti albens Ti'ti limbovaricgata Trti minuscula Vrty falcata Ttri posti celongata Vrty inacquata Trti Tav. Fig. Il 1 II 1-2 II 5-8 II 1 IV 1-2-3 IV 1-2-3 V 1-6 V 7-8 II 4 IV 5 VI 5 II 4 IV 4-5 IV 6 VI 3-4-5 VI G III 3-4-5 III G-7 ni 1-2 VI 1-2-3 VI 7-8 III Una statistica delle diverse forme in proporjiione al nu- mero degli individui raccolti non potrebbe offrire alcun dato mendeliano sicuro circa lo svolgimento delle varie mutazioni in Natura: si sarebbero dovuti raccogliere tutti gli individui della produzione di ogni annata! E perciò non mi sono preoc- cupato di tenerne conto. Trovo però notato due soli dati, che indico a puro titolo di curiosità, e cioè: in un lotto di 32 c/cTj 12 erano jmmilus, 11 Mspupilìdta, 9 flepuj)iìlata ] 9 avevano pure i caratteri di ijiierlexta, 0 di lìDihovariegata., 3 di (/p- pendicnìafa, 3 di rnnemoaynoides: in un lotto di 28 9 9» '•^^! (Il Verity R. Colltrihulo ;ill;i stiulio ilcllii v:iii;i/Mmi' il<-i l,i'|pi(lol li-ii. Hull. SOC. entom. Italiana XL\', iyi;< la\ . 1 tìg. 1. co a VARIABILITÀ DEL PAKNASSILS APOLLO PUMILUS STICH, ECC. 49 erano bispupillala, 8 pu/nilus (la forma depapiUala è assai rara nella 9 ) ; 4 si presentavano anche come pseudonoinion, 2 decura, 3 interlcxta, 14 appendiaulala, 5 /n'r/ricans, 3 inversa. Se dalla enumerazione delle singole forme di apollo pu- tnilus e dalla pura e semplice loro classificazione vogliamo assorgere a ricerche biologiche, vogliamo tentare di penetrare lo sguardo nel buio, che ancor involge l'origine delle specie attuali, e la loro evoluzione fino ai giorni nostri, anche pur tenendoci nel campo della Lepidotterologia potremmo» trovare 10 spunto in parecchi sistemi, in parecchie teorie, tutte egual- mente buone, tutte egualmente cattive, compresa ancor quella della creazione biblica, che rappresenta come un ordine del giorno puro e semplice nella votazione di una Camera di de- putati. Una breve rivista di queste teorie mi è necessaria per avere un po^ di luce sul meccanismo con cui evolvono le spe- cie in appoggio alla ricerca dell' origine dei Parnassius. La teoria della Creazione professata da Carlo Oberthiir fin nella sua XIV puntata delle " Faunes Entomologi ques »i, nel 1891, è sfatta recentemente da lui ribadita nei volumi XI e XII dei suoi magnifici Etudes de Lepidopterologie Comparée (1916), malgrado le idee di Lainarck, che sostituiva il concetto di evo- luzione a quello di creazione, abbiano già fatto tanta strada. 11 principe e nestore dei Lepidotterologi dell' oggi, che si è mostrato sempre un grande, acuto, finissimo classificatore, vo- lendo provare collo studio dei Calagranimidi la u Realtà del- l'idea di genere ", come biologo è stato soprafatto dal suo spirito eminentemente classificatore, tanto da trovare che la classificazione degli esseri della Natura in generi e specie è stata anch'essa già posta dal Dio Creatore, creando diretta- mente anche le specie. Come osservatore della Natura egli non ha saputo dunque spogliarsi di tutte le idee dell'ambiente, che nella sua prima educazione di cristiano aveva assorbito. Egli non ha voluto isolarsi, e partire da un punto neutro, dove nessun preconcetto filosofico o religioso avesse portato la sua influenza. Egli dichiara che u nell' ignoranza in cui siamo di quanto è accaduto all'origine della vita delle specie, che noi vediamo continuare e propagarsi contemporaneamente a noi stessi, e 50 KMILIO TURATI nell'assenza di una prova che possa ragionevolmente imporsi a tutti, senza suscitare alcuna contestazione seria in tavore di tale teoria o di tale sistema di spiegazione " egli u si sente invincibilmente attratto verso la soluzione la più semplice, che è impossibile di rinnegare per mezzo di alcuna prova, e della i^uale tutta la base riposa sull' intervento diretto di Dio Creatore ". Semplice ? — Perchè V — Convoluta anzi, poiché richiede tutto in substrato di una educazione religiosa, e della tradi zione biblica. Secondo quella teoria allora, quando nelle epoche più remote della vita animale esistevano p. es., i grandi sauri dei quali rimangono cosi colossali vestigia, i leintiotteri o gli in- setti analoglii, se pure vi esistevano, avrebbero invece già dovuto esistere, creati nelle loro specie attuali! Ammesso che i lepidotteri di quelle jtrime epoche, per la loro stessa fragilità non abbiamo potuto lasciare traccie altret- tanto qiiajito i grossi sauri, com'è che quando cominciamo ad aver traccie di veri lepidotteri, quei pochi petrefatti che ci giunsero come documenli irrefutabili della loro esistenza geo- storica non corrispondniio affatto alle specie attuali, mentre invece ne hanno caratteri di famiglia? Cito ad esem])io il mesozoico Doritilcs hus/nuskii Rbl., che è il patente antenato dei Parnassii/n per caratteri geno- rali di famiglia, ma che durante il lunghissimo corso di secoli si deve essere sdoppiato nei due generi attuali Dorilis Y. e Parnassian Latr., poiché reca la venatura dell'attuale genere Dorilis F. mentre mostra i disegni, e la sacca cornea femmi- nile degli odierni Parriassius Latr. Per poter combinare questa teoria coi fatti, che la i»a- leontologia ci ha dimostrato, bisognerebbe ammettere che le specie attuali fossero state create ad una ad una in varie epoche diverse, e che a più riprese il Creatore avesse mandato sulla terra il suo soffio tradizionale a plasmare le volute nuove specie! Ci sarebbe dunque da aspettarci che qualche soffio da prestidigitatore si manifestasse ai giorni nostri ? Ma a memoria d'uomo un simile fatto non fu mai registrato, ne si è mai visto; e posso garantire, come un qualunque modesto impera- tore di Germania, che tenga il suo bravo Padreterno in tasca, che ciò non si veriticherà mai. Egli è piuttosto, (5I10 nessuna teoria ò ancora arrivata a VARIAHIMTÀ DEL FARNASSIUS APOLLO PUMILUS STICK, ECC. 51 darci una spiegazione completa della formazione, delle specie. Ma mi sembra ovvio che quelle teorie, che più si avvicinano ad una soluzione logicamente deducibile dai documenti che la natura stessa ci ha messo davanti, e che la scienza ci ha po- tuto illustrare, devano essere le più accettabili. Ma io non ho alcuna intenzione di enti-are in una jiolemica qualsiasi con l'incomparabile amico, tanto più ch'egli escla- mando col poeta latino: Feìix qui potait reruìii cog nascere causasi ammette che tanto quanto gli altri uomini nemmenu Ini è riuscito sjdegarne il mistero. E tanto più perchè penso che u tra gli uomini, che amano la scienza, l' indipendenza del pensiero deve essere mutuamente oggetto di un rispetto il più leale, e di una pratica la più sincera. Ciascuno ha diritto di pensare liberamente; quindi si deve poter parlare altrettanto liberamente n. Egli è perciò che tra la ridda dei sistemi e delle teorie che sono sorte dacché l'uomo ha cominciato a penetrare pro- fondamente nelle viscere della Natura, vinta una tirannide che l'obbligava a pensare secondo una rivelazione rapsoide, continuata riveduta e corretta ad uso di una civiltà, per non dire di una autocrazia religiosa, che ha tenuto sotto il giogo tutta la società antica, un ritorno spontaneo al misticismo della fede cristiana, può essere rispettosamente e lealmente ritenuto, dopo tutto, come una teoria anch'esso. Teoria di macchina indietro per rispetto alla scienza moderna, che ha il valore di un comodo e facile accontentamento, o di un ac- casciamento dinanzi alla imponenza delle energie che ci cir- condano, dinanzi all'incubo di una preistoria che ha lasciato favolose tracce senza spiegazioni, dinanzi ad un mistero — - in fondo — che quella teoria avrebbe voluto dilucidare, ma che per la teoria in sé stessa rimane sempre mistero: tuia petizione di principio per verità. Ma Oberthtlr ammesso, che una classificazione degli esseri creati è dimostrata u come fatto certo >i " colla testimonianza, che fornisce l'imitazione ripettrta dei caratteri di alcune specie da parte di diverse altre specie n non ne deduce una comune origine antica, ma ricercandone la causa ch'egli ritiene d'or- dine ideale, la attribuisce a Dio stesso, e vuole anche cercar di conoscere " qual'é il principio secondo il quale questa clas- sificazione è stabilita " qual'é u la chiave, qual'é il piano se- condo il quale la classificazione è stata concepita dal Divino Autore di tutte le cose n. 52 EMILIO TURATI Ed è qui eh' egli ci presenta una teoria di discendenza, che richiama l'attenzione, perchè potrebbe far senza anche di tutte le origini teocratiche, e potrebbe muoversi e svolgersi anche senza appoggiarsi al diretto intervento di Dio. Oberthiir stesso, chiudendo il suo studio, chiama a rac- colta i Naturalisti « Philosophi et Classificatores » proponendo loro di dirigere con speranza di fecondi risultati i loro studi di raggruppamento dei generi e delle specie secondo il nuovo metodo ch'egli propone, e che chiama u dei piani differenti so- vrapponentisi iiello spazio ". Egli parte da questo principio che per tenere esatta- mente conto della parentela dei diversi generi, e delle diverse specie che offrono dei caratteri indiscutibili di legame, biso- gnerebbe imaginare una sovrapposizione ideale — concepita nella profondità dello spazio — delle forme, che, sebbene com- pletamente distinte, hanno preso a prestito da altre forme tali e. tali altri caratteri distintivi; per esempio che hanno imitato il disotto delle loro ali. Il ravvicinamento di certe forme, che sono non soltanto le vicine di un'altra forma, ma di parecchie altre forme, è incompatibile con l'impiego di una linea retta e con- tinua, od anche di un albero genealogico impiantato e steso su di una superficie piana. Pare possibile d'ottenere un risul- tato meglio soddisfacente, imaginando che certi generi o certe specie possano sovrapporsi ad altre od essere sormontate da altre, ed essere accompagnate in tutti i sensi e su piani di- versi dalle affini in proporzione anzi della loro analogia ji. " Non sembra egli evidente " — dice — che ogni genere, ogni specie è accompagnata da generi o da specie collegate, come da satelliti, che senza disordine né confusione devono convergere nella direzione del loro centro ma scaglionandosi o sovrapponendosi a distanze ed a gradi differenti ?;i "Colla classificazione detta piana, bisogna sempre consentire a dei sagrifici, colpa il non poter raggruppare parecchie specie su di uno stesso punto, oppure ammettere degli urti, che dimo- trano quanto i risultati, ottenuti per mezzo di questo sistema sono precari e lontani dalla meta, che bisogna pertanto cercar di raggiungere definitivamente n. Sarebboi-o dunque secondo Oborthiìr lo specie, come tanti astri coi loro satelliti, come tanti sistemi solari-planetari, esi- stenti già completamente distinte, e che si muovono in diversi VARIABILITÀ DEL PARNASSIUS APOLLO PUMILUS STICH, ECC. 53 spazi ideali, a diverse distanze, secondu che hanno caratteri affini che le avvicinano ad una od a parecchie altre specie, od a più specie insieme. Se bene ho capito questa teoria, la discendenza delle specie sarebbe immutabile: ognuna rimarrebbe sempre cosi com'è stata creata nel suo centro proprio ; le varietà sarebbero forme occasionali o razze della specie, che intorno ad essa si muo- vono, come i satelliti dell'astro, in un indeterminato spazio, ma anch'esse senza influenza e senza conseguenze per l'avve- nire della specie. Ma allora come conciliare questo con quanto egli stesso scriveva a proposito delle falcatura accidentale delle ali nel- V apollo L., della caudatura àeW Argymiis eaUtppe (^), se non limitando la evoluzione alla pura e semplice costituzione di razze o di varietà nell'ambito della specie stessa? Ma non è anche questa una vera e propria evoluzione con caratteri di particolare rilievo ? (1) Kgli supiioiK! iiifuiti (I. <■.} che i suoi tre e.setiiiilnri più sopr.i citali presi lo stesso giorno uno dopo I' altro nella medesima località sieno tutti ri' nncl sola e medcsiìiiu cooata. Eg-li ritiene il t'aito interessante dal lunto di cista della modi- .Reazione del contorno delle ali delle specie-, e «siccome una simile moditicazione può colpire specie di tutti i generi», egli non pone duliltio, che « possa perpetuarsi per ereditii, ed in certi casi forse formare delle razze». Cita a questo proposito un esemplare di .ìrgynnis caU>}iC B. di California, di cui riproduce la figura intercalala nel testo, che presenta una vera e propria cau- datura nell'ala posterioi-e desti'a. Il fenomeno rappresentato e secondo lui «la in- dicazione del modo col «luale hi caudatura può formarsi nelle ali inferiori ». Egli ammette duuiiiic che nuovi; fornico razze — e p(;rchc non nuove specie allora'? — possano manifestarsi, e per eredità continuare, perpetuandosi poi anche .senza es- sere state dircttaniente da Dio create. Senza considerazioni nel testo Obcrthiir presenta a t;iv. 278 del fase. X delle Etudes li' Entom. comparce una serie di Thais rmìiina. ottenute da crisalidi in casa, con deformazioni nella dentellaturd delle ali. .Minière nel suo i voi. della Iconographie a tav. 94 tig. 1, 2. ha esso pure una Thais polyjcena- colle ali posteriori deformate ii\ punta. Egli dice a pag. 119 che «ha sotto 'y\\ occhi due esemplari identici di questa varietà, che potrebbe essere costante», e che « il signor Lederer gli ha scritto essergli sidiinsi a Vienna quattro individui di questa TlmiS assolutamente consimili, portvili in crisalidi dalla Dal- iniizia. Anche la torma iinsticidonijala Vrty del I'. apollo pn.rnilns stiidi. può in-elu- dlare ad una deformazione detinitiva dcH' ala posteriore. Che si abbia un giorno a trovare ((ualchc forma simmetrica iìiio\a di P. apollo ad ali frastagliate, falcate, poligonali 'i Tutto é possiliile nella Natura, specialmente quello che parrebbe impossibile, oserei dire. K tutti i fenomeni, che ho rilevato più sopra non possono essere che manifestazioni di una evoluzione, i he — sia pure saltuariamente o ad intervalli — continua a mostrarsi nelle specie. 54 BMILIO TURATI Seguendo gli esperimenti ed i risultati ottenuti nella Zoo- tecnia gli esseri si perfezionano -- o si deteriorano - svilup- pando colla socrapposisìo/te le qualità positive u rispet- tivaraente negative — loro proprie. E la evoluzione progressiva e lenta, che Darwin aveva posto a base della sua teoria. Ed ora i risultati di esperienze fatte nella botanica e nella entomologia danno il i'ondamento sul quale i raendeliani ve- dono l'evoluzione avverarsi discjoiitinua per salti bruschi. Da una parte la lenta avanzata di ttn grande flusso, come dice il Chalmers, allievo e continuatore di Darwin, dall' altia la sequela di risalti, di mille piccole onde. Entrambe le teorie però sono basate sul fatto irrefutabile della evoluzione. E la trasformazione di ogni specie che pro- cede inesorabile, sia per modificazione del mezzo in cui vive, ed a cui si deve adattare, sia per combinazioni di furze interne che ne determinano o ne arrestano il (^animino. A scoprire il meccanismo che la natura segue per giun- gere alle modilicazioni ed alle trasformazioni dei carattei'i spe- citìci si applicano gli studi della genetica. Per essa soltanto gli oinozi.goli sono vere specie elemeitlari indefinitamente co- stanti, che si riproducono tali tinche i loro (jaiiieli non si incontrino con gaìuelì dì una diversa combinazione ODiozigola 0 di una etcrozigola. 1 pruddtti degli incroci, gli ibridi sono eterozigoti e non possono essere costanti: la loro discendenza è polimorfa. I loro ge/ie infatti, che sono portacaratteri indipendenti, si di- sgregano per riunirsi a formare in nuove (;ombinazioni ili ca- ratteri nuove propr'età ereditarie: quindi nuove specie elemen- tari costanti, quando l'incontro di portacaratteri omogenei abbia dato luogo a nuovi omozigoti. L'origine di nuove specie avviene qtiindi per incrocio, anche seguendo i dati della genetica. Ed è Lotsy che ha aj)- plicato questo metodo prendendo per base alla sua nuovissima teoria dell'incrocio il fatto, che quando due indiviilui di specie elementari geneticamente diflferenti si coniugano, l'individuo che ne ha origine è un eterozi^oto che si disgrega e si de- compone a partire della generazione ad esso susseguente. Quanto è jdù grande il numero dei caratteri diversi nei due indiviilui di specie elementaid differenti incro(Matisi . tanto VARIAI. IF, ITA DEI. PAKNASSJUS APOLLO FUMILUS STIUH, ECC. OO maggiore è il munero delle forine, die in seguilo -alla disginn- zione a])paiono nelle generazioni seguejiti. La teoria di Lotsy sali' origine di nuove specie [)er in- crocio vuol cosi spiegare il processo dell'evoluzione, che non è in opposizione colla costanza dei caratteri: l'apparizione quindi di nuove specie accanto a quelle, che si sono man- tenute. Secondo lui non esistono né la varietà darviniana, né i t»ata/i(> di De Vries, poiché non è sutìicienteiuente dimostrata la variabilità ereditaria, e le nuove specie non possono aver luogo che per fecondazione d'incrocio tra specie già esistenti. L'apparizione .-'.imultanea di foj-me nuove risultanti da incroci, anziché derivanti le une dalle altre spiega l'assenza di forme di passaggio tra specie elementari affini, spiega il polimorfismo delle specie linneane. poiché queste sono un complesso di specie elementari, sono dei com[)Osti cioè di forme omozigote ed eterozigote insieme. Ma se le nuove specie si formano sulle esistenti, come si erano formate quelle a loro preesistenti, e più in su fino al- l'origine ? Come si sono costituiti i diversi ge/ie dirò, primi- tivi, che si sono disgregati e poi riassociati in altre combi- nazioni? Donde sono provenuti alle specie i caratteri, dirò, originari, dal momento che non è provata una variabilità eredi- taria, e l'ereditarietà dei caratteri acquisiti è controversa ? (^) (1) T H. Moi-aii u C. H, Hii(l;?e.s. Sex liiikciì iiiliciilHiiee in DruStjj'/it/.,/ i Ere- ditririetà sessualiiinnte concatcnMta in Urosuiihila i pulililifatu dalla ruriu'^ic Lsli- tution di Wasliint^lon LUtì. È un votinnc di cii-fa HO iia^-'ine comiiletato con i ilali ili lutti gli esperimenti .«i li (inali g-li autori hanno basato la loro tesi. Vi snuo unite '^ tavule che illu strano i caratteri innt.-mti d.-ilU; J)i'OSO)'///lf/' 'inipelophila, ed una interessante e cotripleta bil)lioyi-afi;i ili f|iiant"i dal l'.MO in poi fu pubblicato in f|Uesta speciale linea di ricerche. La cnmplicata natura delle iutcrrclazionì dei vari caratteri nini iieinulle una tacile dimostrazione delle le^j^i meiideliane dell'eredità in (inalsia>i ory;iiiismij .\nche i soggetti (die finora erano stati scelti per le esperienze. (|uali i piselli di Mendel, viiric speei ■ di piante, .•(leuiie specie di lepido'teri. i piccioni, i polli, le ppcore ecc. non presentavano miti i desidcr.iti per uno studio ;ii(prof(indito, parti- eulai-mente pel Catto che ogni carattere che si vuoi prendere in considerazione, o pintto.sto o^'ni eippi.-i di caratteri alternati (allelomortil, deve essere ncltamcnle d(!tii)ita e capai'(j di segregazione nellincrncio. Li piccola mosca dell' uva DrosophUa niiipelOìiJiiln sciubr() ;tl \n-<>\'. MorL^an dotata in sovrabbondanza dei re(inisiii necessari. Infatti lanlmaletto >i liproilnce rapiiiainente i)cr pirecchie genera/imii in un anim, non arreca spes.M d';ill(v;imeiUo : 56 EMILIO TLRATI Si vuol Spiegare jiuramente il processo che segue la Na- tura. E già altri prima di Lotsy erano venuti alla constatazione del fatto, sia sperimentalmente che citologicamente. Tra questi H. Federley e principalissimo il mio compianto amico prof. Max Standfuss, il quale coi suoi meravigliosi e perseveranti studi di lunghi anni sui lepidotteri ha incontrato una serie maggiore di difficoltà che non i botanici, e si è trovato di contro anche la impossibilità di una riproduzione in sé stessi di tipi nuovamente ottenuti, mentre i botanici sono meglio si- tuali sotto questo ra^ìporto, quando abbiano prodotto con espe- rimenti d'incrocio ibridi ])rimari o derivati, poiché possono riprodurli in massa, e per lungo tempo mantenerli vitali col mezzo dell'innesto, od anche per riproduzione againica. Ma la prima condizione per ottenere la continuazione di le siic'covate sono oltrtiiunlo luinicrosc in coiilVontu .li lineile clif r»i potfi-oiiD ottenere con .'litri Soj;-getti. Essa poi l'oriiisee unii liiiit^a e coinplieata serie ili effetiive varietà o imitazioni, sia pel colore degli oechi e del eorpo, sia per la forma e lo sviluppo delle ali, sia anche per altri rispetti; cosicelié il muiiero di (|iieste div(n- sita potè essere calcolato a più di cento, l'er analizzare le interrelazioni fra lutti questi fattori più di mezzo milloiiL' di esemplari del Dittero furono allevati, cosicché i dati genetici che si riferiscono iilla Drosop/iila sorpassano ora quelli ottenuti da qualsiasi altro animale o pianta. La interfelazinne fra ccippic allrlunidrie di car:ittonj fra la coppia allelomorfa ocello grande ed ocello piccolo, colla coppia all.'loinorfa stelo liiii}fo e stelo corto. In Drosophila furono più di cento i c.nattei i che nmslraroiiu le loro relazioni di con catena^ione. .■V.lcuni caratteri specialinentc ne;.;li animali, soim limitati ad un sesso, o sono diversamente sviliipiiati nei inaselil e nellt^ fenimine. Sono i cOsidetti (•••iralteri se.ssuali secondari, («une le aiilemie pettinate nei -j'^' di certi lepiilotteri, la proininen/a frontale nei ,-j'^'- di ceni culeotteri. i li.iOi iiell' uomo ecc.. caratteri che pur sono ritrasmessi attraverso alla femmina che non li [lussiede, ma che sotto certe circostanze si possono anche sviluppare nella v . Questa associazione di sesso e di caratteri ha dato forte motivo di rileucre, che il sesso sia esriLUS STIGH, KCC. 59 lappo risibile solo quando in un incrocio si foinlano casual- mente in uno zigote due gimeti, che posseggano ancora en- trambi una suitìciente disposizione per il relativo carattere antico ". Questa manilestazione, che va essenzialmente ancora al di là di quanto di solito s' intende per atarhino. egli la ca- ratterizza col nomo, àx a r<-ai()ìneria . -i A\V atavismo corrispo'iide piuttosto la <-)-iiilrt))icrlti in cui le disposizioni del carattere atavico si trovano att'atto (comunemente nelle cellule germi- nali ". Ma Standfuss [jarlando darvinianamente e mendelistica mente insieme pensa che se l'economia della Natura offre la possibilità dell'esistenza in un posticino qualsiasi ad ogni es- sere organico, sia esso pianta od animale, è solo a patto di esistere sotto torme divise fra di loro e completamente iso- late, che perciò vengono designate come specie: ed appunto in ciò dovrebbe consistere la ragione principe della loro esi- stenza. ^i Senza questa separazione specifica non avrebbe mai po- tuto aver luogo l'illimitato progresso verso una evoluzione sempre più alta, come ben ce lo mostra lo sviluppo degli es- seri viventi sul globo terrestre ". li Da una parte esiste una eredità aller//atira, che si svolge nel quadro delle specie, e regola i processi della sua ereditarietà in modo stupefacente. Per essa non di rado ca- ratteri nuovamente sorti si accrescono , perchè (tomivanti^ quando si dimostrano utili al mantenimento della specie, e qualche volta arrivano perfino ad essere in breve predomi- nanti 11. • ■•i Ed anche quando un cosi rapido predominio non riesce a manifestarsi, perchè il nuovo tipo è reeeasivu, (juel predo minio si mantiene immutato attraverso al modo di eredità mèndeliana, e può così — qualora si dimostri utile — sia pure forse solo in limitate aree d'espansione della specie — • passare per selezione naturale in maggioranza, e finalmente anche diventare forma predominante. Solo per eccezione la eredità alternativa esce dal quadro della specie. La eredità mèndeliana costituisce dunque e serve al mantenimento degli esseri viventi che la seguono )i. t. Dall'altra parte abbiamo una eredità interniediaria come 60 EMILIO TURATI modo di trasmissione di tipi ritenuti in palese divergenza fisiologica, 0 di effettiva fisiologica differenza — gli antipodi delle leggi mendeliane -i. u Quello che da più lungo tempo esiste per la sua più forte energia ereditaria possiede la supremazia su quello che più tardi si è venuto formando; il che quasi equivale ad un maggior peso del meno perfetto sul più perfezionato. Dovesse il mondo degli organismi rizzarsi e salire più alto, l'essere più progredito dovrebbe definitivamente, ossia specificamente, separarsi da quello rimasto indietro, se no ne seguirebbe sempre di nuovo un ritorno, una convergenza verso i gruppi di individui rimasti sui più bassi gradini v. "Una funzione principale dell'eredità intermediaria è il mantenimento in stabilità e purezza della specie. La anormale costituzione dei gameti, specialmente dei loro fattori sessuali, collegata con essa nella costituzione tipica, significa una via regolata della Natura per l'eliminazione degli organismi a lei sottoposti M. Anche nelle teorie scientifiche si vuol seguire ima moda: essa è ora alle teorie genetiche. Ma scendendo dalle teorie citologiche sulle specie elementari a quelle che si ì)asano sulle specie linneane e sui fenomeni più patenti e constatati nella libera Natura noi troviamo bene esposta da Verity nella sua "Introduzione" ai wRhopalocera pahearctica ?i. che è per sé stessa un'opera di particolare valore filosofico e naturalistico, la formazione e la evoluzione della specie. Egli pone però una modificazione alla definizione più ge- neralmente adottata di specie, inquantochè, se per specie si deve intendei'e u un complesso di individui capaci di accop- piarsi e di produrre una progenitura completamente feconda -i, bisogna accettare soltanto in senso molto lato la seconda parte della definizione che vuole, che la progenitm-a di quel gruppo di individui " presenti caratteri simili ai loro )i. E si capisce — oggi, dopo i dati forniti dalla genetica — perchè si tratta di specie linneane, di eterozigoti in generale. Verify aveva fatto le sue osservazioni su parecchie .specie di lepidotteri diurni, e principalmente sul Culias erate. Abbiamo qui una specie che mentre presenta nell'estremo Oriente un aspetto costante ixniforme, man mano si avanza verso occidente si differenzia gradualmente in due tipi, che VARIABTr,IT.\. DRr, PARNASSIUS APOLLO PUMILUS STICH, ECC. Bl nella Russia meridionale volano frammischiati in medesime località, mantenendovi ciascuno la propria facies, erate e hi/ale attraverso la sua forma polyographus. u La Natura ci offre dunque uno stupendo esempio del modo con cui possono prodursi le specie: se una specie è abbastanza vigorosa e possiede una variabilità sufHciente v (ch'egli chiama elaatieità iìuììvifìiiale), la ([uale permetta ad un individuo di adattarsi alle condizioni ambienti variate da una ragione organica, che può esser messa in evidenza da variazioni morfologiche) u essa si estende gradualmente su di un territorio la di cui vastità è proporzionata al suo potere di adattabilità n. Il La selezione degli individui per rapporto alla variabilità individuale delle specie facendosi in modo diverso nelle di- verse regioni, farà si che gli individui più adattati ad una regione lo saranno meno in un'altra, ma in ogni regione la selezione avverrà in modo relativamente uniforme; il che por- terà ad accoppiarsi individui che presentano le medesime ten- denze vitali, poiché sono essi che giungeranno il più di fre- quente allo sviluppo completo, ed all'età della fecondità, e che produrranno una progenitura più vigorosa, mentre gli altri durante lo sviluppo saranno indeboliti e gradualmente annien- tati ". Si avrà cosi un certo tipo di individui adattati in numero sempre maggiore man mano che gli individui con caratteri opposti diminuiranno di numero. Ed il tipo medio degli indi- vidui in ogni località sarà dato dalla media dei caratteri già più adattati all'ambiente e la sua w eìasticilà generativa " (per antitesi alla elasticità iììdividuale ■- intendendo con essa la facoltà degli organi genitali a produrre individui più o meno differenti gli uni dagli altri) u li metterà in grado di produrre individui che possano trovarvi uno sviluppo vigoroso n, e la specie potrà spostarsi a seconda della variazione del tipo medio degli individui nella direzione di questa variazione. E tanto più queste variazioni " saranno evidenti, in quanto saranno osservate nelle località più distanti le une dalle altre, 0 separate fra di loro da ostacoli difficili da sorpassare, come un mare una grande catena di montagne ecc., altrimenti il miscuglio continuo di individui tende sempre a ravvicinare tutta la specie ad un tipo unico medio n. G2 EMILIO Tl'HATI III (juesta selezione di caratteri non ò ammissibile che tipi ili organismi già ditierenziafci per altri caratteri a non presentino delle proprietà leggermente ditferenti anche nel loro potere, e nelle loro qualità generative. Questa variazione delle facoltà generative da una razza all'altra darà luogo a cambiamenti gi-aduali nella struttura e nelle facoltà dei germi, le renderà tanto meno atte a fecondarsi in quanto saranno prodotte da individui di razze più distanti. Al di là di certi limiti questo potere di fecondazione diverrà nullo, e noi avremo le condizioni •■> per le quali si potrà stabilire fra due forme una distinzione specifìra. " Se (|uindi queste due forme cosi moditicate si mostre- ranno in qualche regione, esse potranno abitare insieme e volarvi frammischiate, senza che i loro caratteri possano in- fluenzarsi reciprocamente con incroci fecondi. E questo il caso oltre che di Coìias erate e Colias h)/ale, del Papilw poi^aUrrna col Papiììo feisfhaìueìtì, che volano insieme in Ispagna dopo di aver acquistato caratteri ditferenti, estendendosi l'uno a Nord, l'altro a Sud del Meditei-raneo, senza potersi frammi- schiare ". u Ma d'altra parte come spiegare l'esistenza cosi frequente di forme intermedie fra Pap/lio ììiachaoit e Papiiio lìospiluì}. oppure fra Picris rapii' e Pieria vianni ('), che tuttavia devono aver raggiunto un grado di differenziazione specifica, poiché possono volare insieme, e la maggior parte degli individui presentano rispettivamente i caratteri di ciascuna di queste forme in modo ben netto ? n. u Mi sembra »i continua Verity « che noi possiamo dedurre da questi esempi un'altra prova della giustezza della teoria, secondo la quale la distinzione specifica si fa lentamen+e per isolamento: se due forme si incontrano prima che questa dif- ferenziazione abbia sorpassato un certo grado, l'attrazione dei sessi sussiste ancora abbastanza perchè un numero più o meno grande di individui s'accoppi, e produca anche in certi casi degli ibridi, ma le facoltà generative di questi individui es- sendo indebolite, la loro progenitura si spenge presto, e la (1) Emmo Thrati. l'iciis m.'iuni in Nuore for Me di Lepiiìottt'ri II iXiitiirnlist.-i Sieil. Alino .\.V X 1, 2. :ì, 1'.H)7 r Xtiove forme di Lepidotteri III i't. ilml. Anno XXI, i'joy VARIABII.ITÀ DKI, l'AUN,\SS[TTS APOI.IA) rUMir.US ST)CH, KCC. 63 purezza delle due forine si mantiene egualmente. Nel caso dove, al contrario, due torme incontrandosi non sarebbero ancora ditferenziate per rapporto agli organi genitali tanto da produrre una progenitura sterile, una fusione delle due razze avrebbe luogo, ed un tipo di transizione secondaria Jie lisul- terebbe, che sarebbe impossibile ad un osservatore di distin- guere dalle razze di transizione primaria, attraverso le quali le due forme si sono originariamente differenziate n. Per mio conto — avendo presente anche la teoria di Galton sulla fissazione delle razze negli animali domestici, ed esami- nando r ibridazione ed il meticciamento delle Deilephi'la (') ho potuto constatare tin dal 1909 che l' ibridazione (cioè l' incrocio di due specie diverse, mentre non dà riproduzione in sé stessa, continuata quanto è possibile su uno o l'altro dei genitori riporta alla specie dell'uno o dell'altro genitore, si;l quale si è continuato ad operare. Invece il meticciamenlo (cioè l' in- crocio fra le due razze diverse di una medesima specie) ope- rando su individui che presentano dati caratteri, porta fino alla stabilizzazione di quei caratteri in modo, che si possa arrivare alla ditferenziajione delle forme: caratteri e modifi- cazioni che si possono ora quasi dosare a priori, operando colle regole della genetica moderna. Per concludere con Verity: la definizione della specie sta in questi termini, che u quando gli individui di i;n gruppo di esseri organizzati hanno raggiunto un grado di differenziazione in confronto di un altro, tanto da non potersi fecondare, o che — se anche lo possono — la loro progenitui-a è sterile, noi possiamo considerare questi due gruppi come appartenenti a due specie; naturalmente la differenziazione può continuare ad accentuarsi, e le due specie possono divenire più o meno distinte n. Modificazioni nelle cellule germinative avvengono conti- nuamente: il risultato da questo punto di vista sarà un isola- mento fisiologico di un gruppo di individui dagli altri, in modo da raggiungere quel grado di modificazione, a partire dal quale noi valutiamo la consistenza delle specie. Ed anche il tipo medio della specie può variare a seconda (1) Nuove forme di Lcpidollcri III Nat. Sic. 1909, pag, 25, 26 e 33. G4 EMII,10 TMKATI della prevalenza di individui tendenti verso tale o tal' altra modificazione, che nella specie stessa può essere sopravenuta. Tutta la specie quindi potrebbe spostarsi in una direzione piuttosto che in un'altra, tornare indietro e riprendere la di- rezione inversa, a seconda che circostanze esteriori abbiano soppresso o impedito l'incontro e lo sviluppo di individui con prevalenza di caratteri modificati in un senso piuttosto che neir altro. Prendendo come esentpio la forma deW apollo L. che ci occupa, e che è cosi generosa nelle sue mutazioni e submuta- zioni da concederci di vederne at;cumulate due o più per volta in un medesimo individuo, non si può piii pensare ai piani sovrapposti di Oberthur. Parrebbe invece pili ovvio un sistema gìolndare di di- scendenza a raggi divergenti, procedenti da un nucleo sferico: raggi che si prolunghino, suddividendosi all'infinito. I punti di suddivisione sarebbero soste nella marcia della specie, forme che potrebbero permanere, o no, come relieti degli stadi, delle fasi passate; nuovi noduli ed insieme punti di partenza per altre forme, che a loro volta non si arresterebbero, ma ema- nerebbero ancora nuovi raggi, modifi^'andosi e suddividendosi. E la specie stessa non sarebbe stata che uno di questi noduli di un raggio preesistente. Come chi volesse prendere per simi- litudine quei piccoli fuochi d'artifizio ria sala giapponesi, che accesi ad una estremità formano un globulo incandescente dal quale schizzano in ogni direzione stellette a loro volta irra- dianti molteplici scintille. Il fatto della presenza contemporanea weW apollo pwìiiìits Siich. di numerose manifestazioni delle diverse mutazioni o variazioni nei suoi caratteri più visibili ci lascia avvertire facilmente il fenomeno, che altrimenti ci sarebbe forse sfug- gito : ci permette cioè di constatare come insieme a forme, che potrebbero considerarsi le più moderne, si sieno ancora con- servate le più antiche, dalle quali sembrerebbero derivate. Si vogliano ascrivere questi risultati ^W eredità alter na- tiva od dAV eredità intennediaria; si possano alcuni fenomeni riconoscere come effetto di atavismo^ fors'anco di arcaioìiicria: si abbia ad essi da applicare anche la teoria di Lolay. in (juaiito si consideri la specie linneana, in cui le modificazioni consta- tate avvengono, come suddivisa in tante specie elementari che VARIABILITÀ. DEL PARNASSIUS APOLLO PUMI r. US STICK, ECC. 65 mutano o si mantengono a seconda si i.icrocino rispettivamente per eterozigoti o per omozigoti — sia comunque — che una derivazione da una nell'altra ci sia, la spiegazione di questa derivazione risulta dal fatto, che una serie di forme di tran- sito od intermedie fra le une e le altre seguita qui a presen- tarsi ai nostri occhi, storia vivente della specie stessa. 3. Quale delle forme estreme, la più bianca o la più piena di rosso deve considerarsi la più antica, quale la più moderna ? Parrebbe ovvio ritenere che la forma colle macchie rosse normali, il tipo medio di Verity, che più abbondantemente cioè si incontra in oggi, dovrebbe essere la più nuova; e che la meno frequente sia quella rimasta a rappresentare un pas- sato che va a poco a poco scomparendo. E di questo parere e Felice Bryk : il valente colorista del pennello e della penna, in una sua memoria u sopra una sco- nosciuta innovazione nella veste delle ali del genere Pamas- sius Latr. (^) vede nella colorazione delle ali di questo genere tre tappe successive della specie. Le paragona a quelle che si seguirono nell'arte tipograiica col bianco e nero prima, (tipo P. mnemosyìie L.i poi colla tricromia, coll'introduzione del rosso o del giallo (tipo P. apollo L.Ì, infine col maggior progresso colorislico. colla policromia — la centratura azzurra interferenziale delle speciali macchie della fascia ondulata antemarginale nelle posteriori (tipo P. iìnperalor Oberth.). Egli crede che il rosso restringendo il disegno nero, si sia allargato sugli ocelli e gradualmente sia passato dal di- sotto al disopra : dapprima nascosto nella pagina inferiore, trionfò infine colla sua entrata nella pagina superiore delle ali anteriori. Però lo ritiene limitato — per legge di sviluppo — a certune delle macchie, in modo che le submarginali e le macchie cellulari rimangono risparmiate dalla invasione del rosso. Cosi dunque la forma che presenta il maggiore sviluppo delle macchie rosse dovrebbe essere secondo lui la più giovane. Quest'idea egli la completa, chiudendo l'opuscolo in parola, (1) .Societ.is Kiitomolosic» anini 2(1 N. 15 ipag-, 51 e .55) Ziii-if;'". 66 EMILIO TIGRATI col lamentare che le leggi della priorità e della nomenclatura abbian l'atto dare il nome di specie al notnioti F. d. W. (colle macchie centrate di rosso nelle ali anteriori), mentre la l'orma virgo Schaui'. (senza macchie rosse) ne è considerata la varietà. Egli esclama (pii : Riston lenea/is ? la forma principale origi- naria e filogeneticamente più antica conta come aberrazione, e la sua aberrazione più rara venne invece eretta a ti[)oI". Ma v'è chi dice invece, che la forma più bianca è qnella che rappresenta la più recente manifestazione della specie: il tipo più nuovo della specie, che ha già sopraffatto la forma pili rossa, rimasta ormai solo come avanzo di tempi che furono ! E qui salta all'occhio come Bryk ritenga nel tiotniun F. d. W., cioè nella forma più rossa, la forma più rara; e nel- V apollo pu>nili(s Stich. io ho constatato il medesimo fatto nella ancor più rara forma pseu'hjnoìuio/ì, e nella forma decora — forme esti-eme però. Ad ogni modo si può essere scettici nel ritenere che il rosso incominci ora a trionfare sul bianco, piuttosto che il bianco, che ha sempre una enorme prevalenza sul rosso, non continui il suo cammino invadente contro quel poco di rosso che è ancora rimasto. Ed è questa la teoria di Piepers. Per analogia a (juantu egli aveva cercato di dimostrare per le Pieridi, il di ani colore originario doveva essere stato, secondo lui, rosso, spiega l'è voluzione dei colori pure nel Paniassius apollo L. nel senso opposto a quello indicato da Felix Bryk. Cosicché non si saprebbe dire qui se veramente è - Felix, qui potuit rerum cognoscere causasi" M. C. Piepers in una appendice alla sua " Filoge/iia dei colori presso le Pieridi ìi i ') ritiene che la famiglia dei Par- nassiini, a giudicarne dalla ninfa, sia molto antica fra i Pa- pilionidi, e consista in un gruppo naturale molto ben separato, che si jjresta assai bene per seguire il corso della evoluzione dei colori nelle sue diverse forme. Lo studio di questa evoluzione lascia riconoscere chiara- mente, secondo lui, che il suo corso è il medesimo di ([uello delle Pieridi. Egli afferma quindi che. anclio in questa famiglia il( l'ijilsdirirt ili^r Xt-ilfiljiiiilsclii^ nierkumlitfi' Vcrciiijiiiiii. "^ KccUs. Dell. \' Aiiisterdaiii 18'.»8. VARIA HILJTÀ IiEL l'AKNASSlUS APOLf^O l'UMlLUS STICH, ECC. 67 il colore coiuuiie originario era il /'osso ; colore che ne copriva coiujiletaiiieule le ali. Questo rosso è ancora adesso (tresente nella maggior parte delle specie dei Parfiassii sotto forma di macchie che qualche volta sono impallidite fino all'aranciato ed al giallo; macchie, che hanno tenuto fermo per lo più sulle ali posteriori, spe- cialmente nel disotto, con preferenza anche alle vicinanze del- l'apice delle ali. Questi reli(/>\ o a\an/,i di lontane generazioni si ritrovano anche mollo in analoghe posizioni j)resso jiareccdii Papi Ho. Ancora in tempi più remoti il rosso doveva essere stato molto più esteso di adesso. In progresso di tempo esso venne poi scacciato in gran parte dal nero, che a sua volta ha do- vuto cedere il posto al bianco. Il bianco puro tuttavia appare ancor molto poco; il colore comune d'adesso è un bianco fortemente misto di nero, un bianco nericcio, ed in singolari casi — come avanzo del vecchio colore — gialliccio. Su di essi i resti del rosso e del nero sono rimasti a formar macchie e striscie. Ma taccia Dante, e u Taccia di Cadmo e d'Aretusa Ovidio!" Ecco come Piepers spiega la formazione dei cosidetti ocelli rossi composti da circoletti concentrici di nero e di rosso. L< Coli' allargarsi del nero sulle ali, il colore originario rosso, ridottosi a macchie isolate in posti dove queste hanno potuto — per ragioni ancora ignote — tener fermo, è conti- nuato a permanere in mezzo al nero qnando questo era diven- tato il colore comune n ('j. " Quando '1, secondo ciò che il Piepers ha rilevato nella serie naturale dell'evoluzione dei colori nelle Pieridi, .i il nero venne intaccato dal bianco per lo più con un generale abbas- samento di colore, allora si è prodotta quella tinta nericcia (1) fili studi recentissimi del iirof. Ariiold(( Pietet e ili altri sul meLUìliSiilO rendert-Jilìoni ;immi.ssibi]p ilif iiii;i iiij^mcntazione iifra possa essere avvenuta per l'aumento dell'umidità ambiente in epoche di sffeli, di sraiule abbondanza di va pori acquei. D altra part'^ nK\\ ParMSHii al>l)i;imo specie e forme, tuttora esistenti, a fonilo nerissinio, particolarmente nelle § 9' c^me il tliihelanvs, V apollo brit- i'itgeri, il delì)l>iu% iilfp/rnaiix ecc. dove le macebie rosse c;iiupe:,''tC'''<»" direttamente sul uiir'o ; ed il liìiieMOsi/ne hartniaiiai p più amoia la sua t'orina nielnina-, dove troviamo soltanto nero su nero. 68 EMILIO TURATI o bianco sudicia, ancor oggi comune. Ma nello stesso tempo coU'estendersi del bianco, il nero fu sospinto verso, quei posti più resistenti, formati ancora da macchie rosse o gialle ;i. «In conseguenza di che si ebbe l'accumularsi del nero intorno a quelle macchie ostinate. Il movimento del bianco, che pigiava insieme al nero da ogni pai*te sulle macchie, costrinse queste a prendere sempre più una forma arroton- data». ti Cosi ebbero origine queste macchie tondeggianti composte di un nucleo rosso, o giallo, in un annulo nero. In mezzo a questo nucleo si è di poi fatta luce il bianco, in continuo progresso; ed è diventato cosi quindi bianco l'attuale centro dell'ocello in un campo rosso o giallo, formato dai relitti del primitivo nucleo rosso, ed il tutto è rinchiuso da un cerchio nero ». «Col tempo il bianco, che continua sempre più ad esten- dersi, farà sparire dapprima il rosso e poi in seguito il circo- letto nero, e cioè l'intero ocello". Il Piepers però nota qui ad ogni modo, che 1' evoluzione degli ocelli non ha nulla a che fare con il resto dei disegui delle ali a strisele ed a fascie. Questi ocelli non sono dunque altro secondo Piepers, che particolari fenomeni nel processo dell' evoluzione dei colori. Il che è molto discutibile. L' estremo limite, cioè la totale scomparsa degli ocelli preconizzata dal dotto olandese, senza bisogno di prendere ad esempio le specie che già l'hanno secondo lui raggiunto {mne- mosyne e slubhendorffì) lo si vedrebbe far capolino ai nostri giorni nQWapoìlo L. colla forma tìovarop Oberth. Alcune delle forme di piimilns Stich, che io qui ho notato sono sotto questo rispetto interessanti, perchè potrebbero adattarsi a mostrare come la teoria di Piepers vi possa trovare non una applicazione, ma una certa quale giustilicazione. Se si volesse dunque seguire questa originale teoria, questa nuova metamorfosi Dantesca od Ovidiana, le più recenti forme di piiniilus dovrebbero essere quelle che io chiamo rispettiva- mente inicroslignia, aemiluclifera, tnnemosynoidcs ed alhens: le prime per quanto riguarda 1' impicciolimento di tutti gli ocelli sino alla perdita totale del rosso; le altre per quanto riguarda la scomparsa delle macchie nere precostali e la dimi- VARIABILITÀ DEL PARNASStUS APOLLO PUMILUS STICH, ECC. 69 nazione delle macchie anteapicali, ed in generale di tutti i disegni neri o grigi sulle ali, e l'invasione del Ijianco. Le più antiche dovrebbero essere allora le forme pseudo- notnion e uihcentrica, indi la forma ad ocelli completamente rossi depupillala. E fra depùpìllala e ìjispapillala ci sarebbe di mezzo la forma nimotipica puinilaa Stich.. che dovrebbe provare il graduale progresso del bianco nei nuclei, incomin- ciando a segnarlo in un ocello solo, e qualche volta apparendo solo timidamente, come un punto quasi impercettibile anche nell'ocello anteriore. Non ho mai osservato finora il nucleo bianco soltanto nell'ocello anteriore con l'ocello cieco invece nella macchia postcellulare. Per quanto riguarda il bianco, che invade il nero, anche nel margine dell'ala, lo notiamo nella forma luubovariegata. Seguendo dunque la teoria del Piepers si dovrebbe vedere in questa razza di apollo L. la evoluzione che la specie va continuando verso il suo avvenire, partendo da un punto già molto lontano dalla sua origine rossa ammesso che il rosso fosse nelle epoche geostoriche il colore della specie. Ma da ({uanto vedremo in seguito, dal fossile trovato che sembra abbia conservato il colore originale, bianco giallicio con disegni e macchie nere senza traccia di ocelli, non credo di potermi accostare alla fantasiosa teoria di Piepers. E perciò vediamo che cosa ci dicono le epoche geostoriche. La forma originaria deW apollo L. non deve essere confusa con quella che scientificamente fu la forma primamente descritta da Linneo, cioè quella che deve [)ortarne il nome specifico in senso stretto. Il Bryk ('ì ha potuto venire alla conclusione che, come tipo della specie nominata da Linneo non si deva considerare Vapollo svedese in generale (■), u poiché la Scandinavia non è poi un così piccolo paesuccio », ma quello dell'isola Gothland, dove Linneo ha raccolto il suo apollo nella località di Thors- berg a 68 metri sul livello del mare. Il) Der Liniié'selie apollo. Internat. Entoin. Zeitsclir. Giibeii N. 20 del 1911. i'i] Coiitrar. aulente a quanto iinlica Verity Rhoiialocer pai aearet. pas. 46. 70 KMIMO TUKATI Ma sulla culla -leìUi t'urniu originaria del Pa r /lassi us ajwUo Li. i paleozoograti hatiuo siiiora discusyo senza l'iuscire a mettersi d'accordo. Alcuni vedono nella Svezia, altri nell'Asia centrale, altri ancora nella Groenlandia il ])aese. donde sarebbe sciamata primitivamente nell'epoca postglaciare la specie. Il signor Adolfo Huwe di Berlino, che ha particolarmente studiato la forma alhulus Honrath del Par/ìassiu!; del }i/iiiis, "Es'^- trovandovi molte variazioni, che hanno seguito in certi casi una direzione analoga a quelle dell' apollo jmmilus Stich., avrebbe voluto considerare come la originaria, la forma rhe si è fuiora diiuosinlld la /li/i fissa, Valfiits Rbl. e Uogen. della Slesia. Bryk nel suo ^t Linné'sche aj)ollo :•> non condivide affatto questo modo di vedere. Egli nel suo stile originale e spesso esuberante di colore si permette qualche digressione fuori del rigorismo della scienza: cosi egli trova che non dovrebbe atfafto destar meraviglia che Vapollo abbia adottato il t; costume nazionale n in ogni paese dove è ap])arso. u Abita le regioni dove vola il robusto apollo carjtaiico dalle grosse macchie nere, Tartistico Hucule dall'abito nazionale indice di finissimo gusto: lungo l'Eiifel veleggia ancor oggi, predestinato a spa- rire, il loiiiniHgeiisis Leydig e Stich. dagli ocelli reniformi, del quale i previdenti germani, valenti nell' entomologia, ce)'' cano di impedire con leggi la caccia e 1' estinzione che lo minaccia; mentre il ilciii forme calabrese [pumilas Stich.) ha occupato a spese della sua slaiura ('i una delle posizioni più meridionali della sua area di distribuzione, e pel (piale il superstizioso italiano del Sud. im-no s'interessa del sopragiunto raccoglitore tedesco ". Senza essere affatto superstizioso il nostro bravo meridio naie ha presto conosciuto il suo apollo, e me ne ha mandato in gran numero senza tuttavia correre il rischio di portarle^ all'e- stinzione, come fanno i meschini speculatori tedeschi, avidi di un guadagno purchessia, per la loro forma liell' Eiffel, come già essi fecero per la forma silesiaims, die abitava ))arte della Slesia, forma ohe ancora nel 181() il pairoco Standfuss, padre del testò defunto mio personale ainii(h'ctiopleri Goìdhg. secondo Haiidlirsch. o meglio i Suhìiiicorni di Latreille, Kfeinoroidi o LiheJluìoidi , che secondo Lameere dovevano già essere vegetariani e terrestri in tutti i loro stati ('), ma che non si lasciano riunire più con alcun ordine di insetti oggi viventi, e che appartenendo al Carbonifero possono, come tali, considerarsi fra gli esseri viventi j)iù antichi di cui si abbiano le prove. Fra questi Paleodicliopleri di Handlirsch, la lireyeria borìneriais Wall., che Wallace riteneva un lepidottero, ma che secondo i più recenti autori è un Proloheoiip/cro, è ad ogni modo un individuo ad organizzaziojie già molto progrediia; e sta cogli alti-i insetti fossili trovati nel Carbonifeio a provare, come in quell'epoca più che remota la grande classe degli insetti fosse già molto sviluppata in gruppi separati. E nell'era mesozoica che troviamo i 12 fossili suddetti della formazione giurassica, fi"a cui la Paleoiiliiia oolitica Wall, nella quale alcuni vorrebbero vedere un risconti-o con le attuali Brasaolidi dell'America meridionale. Per lo specialissimo sistema della loro nervulazione le Paleonlinidi non possono però ancora considerarsi come gli atavi dei nostri attuali lepidotteri; è anzi dubbio se essi pos- sano considerarsi anche come Lepidotteri. La quarantina di farfalle fossili dell' epoca terziaria ci presenta invece un grupjìo di specie, che tiitte possono coor- H) A. LA.MKK1!. liiill. S(jc. i;iii. ile France idi: N. I iiiiy. liii. l'iii iplir.' pa^. 10-1. « I SubK li corni enstitniscmio iiii:i .'ul;iltJizii>ne ju-ciiiiilica desìi insetti Jll:ili i pili ininii tivi, che iloveviino essere terrestri in tutti i loro stati. Questi ì>tfi'ÌQ«ii primitivi noi non li eonoseianio: vixivano senza dubbio al tempo del earbonit'ero interiore o per- tino durante il periodo devoniano, ed è allora che pr(d)aliilniente siii [iresero orij/ine i RhìIìiChoti. la di cnì costitnzione g-enerale è vieina a ipiella dei Silbìiticoriìi. ed anche »?li Orthopteri, che si allontanano di più >■ VARIABILITÀ DEI. l'ARNASSIUS APOLI.O Pl'MILl'S STICK, ECC. 75 dinai-jsi alle moderne famiglie. Ne differiscono tuttavia non solo nei cai"atteri specitìci, ma anche nei caratteri generici. Sembra perciò che la differenziazione nei oarattei-i di famiglia secondo ogni probabilità, non ald)ia tatti) y;raii(li progressi durante l'epoca terziaiia. Solo da allora in poi, osserva il Rebel " generi e specie si sono completamente mutati, in diretto rapporto con le grandi rivoluzioni climatiche -i. «Cosi molti lepidotteri terziari il'Europa possedevano un aspetto tropicale, ed hanno come più prossimi parenti generi ancor oggi esistenti nei tropici del mondo antico ». Sembra ad ogni modo che i lepidotteri «appartengano agli ordini più recenti degli insetti, la di cui più rapida differen- ziazione originaria in molti casi ha camminato di pari passo con quella delle più alte fanerogame (piante da fiori) n. I lepidotteri fossili terziari furono trovati nelT Eocene all'isola di Wight (Inghilterra), ad Aix (in Provenza), a Floris ■ ant (nel Colorado U. S. A. : nel Miocene a Radoboi (in Croazia), al Gabbro (in Provincia di Pisa), a IJott (nella Prussia Renana^ e ad Oeningen (nel Baden;. • Tra i molteplici insetti dell'Ambra furono rinvenuti pic- coli sacchi di Psychidi o di Thìeidi, ed anche avanzi di piccole Tineidi e di Tortricidi, che evidentemente allora, come adesso vivevano nei boschi di resinose. Dell'Oligocene infatti è il Piriua xuccivifer, od abete dell'ambra, la di cui resina pietrificata formò appunto l'ambra, che si raccoglie principal- mente sulle l'ive del Baltico, ivi ributtata dalle onde. Poche sono, tra questi avanzi terziari, le specie di Ropalo- ceri. Se ne conoscono due specie di due generi diversi di Hesperidee, una Lycaeuide, due generi di Lybitheide, 10 generi di Nymphalidi, tra cui 7 di Nymphalini e tre di Satyrini, 4 diversi generi di Pi eridi e due di Papilionidi, Tra quelli che hanno le ali meglio conservate si deve notare la Junonia alava Charp. del Miocene inferiore, che il suo autore riteneva dapprima una Spina gide. ma che vice- versa è una Vanessa: la Neoriaopis sepulfa B. che si collega al genere Cyllo, Satiride che oggi si incontra in Africa, in India, ed in Australia: ma sopratutto la Prodryas persepho//e Scudd. rinvenuta a Florissant, una parente delle neotropiche Ilypanar- 76 EMILIO TURATI lina Hb., trovata colle ali completamente distese, e mante- nendo tutti i sui dettagli, perfino la forma delle segnarne. Una Pieri le, la Mylothrites phflo Heer, di Radoboi, mostre- rebbe di aver avuto ali ■).scure con una fascia marginale chiara, nella quale tra le nervulature esistevano punti neri. Ma per l'assunto di questa memoria il massimo interesse lo presenta una delle due specie di Papiìioìndi appartenenti a due generi diversi u che possono essere considerate come forme di ti'ansizione. come precorriti-ici di generi recenti ?^ dice il Rebel. Il T/iaJtes ru>ìii)iiaì)a Heer di Aix in Provenza, come lo indica il suo nome può riportarsi al genere Thais attuale ; ma il Dovi ti tea bos^n'askii Rbl., che Rebel ha descritto nel 1898 1. e trovato al Gabbro, molto ben conservato tav. VII fig. 1).. è il prototipo del nostro genere Parnassius, con la differenza di una nervulatura in più sul Radio dell' ala anteriore, ossia colla subcostale a cinque rami, come nel genere Doritis F., anziché a quattro, come nel genere Pannissiiis Lat. Dalla tavola a colori unita alla memoria di Rebel, e dalla incisione nera che Rebel riproduce nella introduzione alla 9" edizione del Berge (1910), questo Dorifites presenta un disegno dell'ala anteriore, che ha qualche analogia con quello del Parnafifiius delpJiivs Ev., più nella sua forma ìiì(iri;i/>ata Huwe (della razza alhulxs Honr.), che non in quella stdudin- geri B. Haas, che effettivamente il Rebel nella tavola riproduce pel confronto; e ne ha press'a poco la statura. Ma esso si accosta molto di più, sia per statura che per disegno delle ali •àìVapollo piimilufi Stich (1906) dove in ali'uni esemplari le due macchie extracellulari sono riunite anche nel r^' (tav. II fig. 2, tav. IV fig. 0, tav. V hg. 1), e la fascia antemarginale sfuma oltre un breve arco preapicale (come si vede oltreché dalla tav. Ili fig. )>, assù(s Lalr. Il nero delle ali posteriori si sostituisce alla centratura rossa degli ocelli neW apoììo L. in parecchie sue forme; ne abbiamo altri esempi nel rìeltus L. hitermedins Mén. , nel (felphiìfs Ev. forma semicceea Hinve, e sottospecie aìhìfhis Honr., nel dariva Ev. in una forma nella mia collezione figu- rata ma non nominata da Veritj- a tav. XI tig. 11 dei suoi Rhopalocera palsearctica , che io ho recentemente chiamato appunto vif/ripuncta. Ma nel Paruassrxs hoefìromhis Piing. non solo sono scomparse le macchie rosse della sua forma nimotipica sinio (rraj', e della sua forma collaterale simtdator Stgr. per es., ma nelle ali posteriori in qualche esemj)lare (collectio mea) nessuna traccia è nemmeno ])iù rimasta dei punti neri, che hanno sostituito gli ocelli, e che si sono com- pletamente fusi in una fascia mediana di atomi neri. Cosi Fruhstorfer (Isis XI fase. 1" 10 agosto 1898 segnala una varietà iilhicans del Parnassius hardtoickii, in cui tutte le macchie e fasce nere, e perfino il margine distale jalino sono notevolmente più strette, ed i punti rossi del disopra delle anteriori appena riconoscibili : nel disotto delle posteriori non c'è più che xm punto rosso nel disco, e le macchie basali, spolverate di nero. Nella sua 2 però è assolutamente scom- parsa ogni traccia di rosso nel disopra delle quattro ali; il bordo nero al margine interno delle posteriori è ristretto, tagliato netto, e intensamente nero; la base delle posteriori al posto delle macchie rosse mostra una squamatura grigio- nera. Al contrario segnalerò un fatto nuovo, che mi è stato dato di osservare non in un solo, ma bene in quatti-o esemplari 9 $ di una serie di magnifici P. m/winost/fie ('((ìabrica variabile, poieiu'! esso prescMita il rniidii l)iiino ilcll'.l/77/V/ l'aja nella aln'rra/.ione hellicri Fail la. GeneralizzaiKlo queste costatazioni di tatto si imù ritenere, eonie in date circo stanze le specie possono mutare il loro abito, e poi conservarlo in nniliiente continuato eguale; ma sopratiUto come le strisce nella filogenesi dei discj,Mn delle ali possono essersi mutate in macchie o viceversa. ('osi assistiamo quasi «ijiornalmente alia registrazione di niinlilicazioni dei punti in stri.scette nel disotto delle ali delle Ly Cd', ni da'- Ciuesto fatto sul (piale si fermano i collezionisti ed i classificatori con meschina contesa per jiura smanì.a di nomina- zioni nuove, ottre invece delle costatazioni che (giovano a dimostrazioni biolojficlie di ben superiore imiiortaiiza. VARIABILITÀ DEL PARNASSIUS APOLLO PUMILUS STICK, ECC. 79 Ti-ti (') raccolti nelle stease località di }ìa))(,/.lus Stich. all' A spromonte nel 1916 e 1917. Qui (tav. VII fig. 17) si trova nel disotto delle posteriori, in mezzo ad una densa catenula nera tra la 2" e la o" vena mediana, segnata nei suoi contorni con un filo più oscuro, la macchietta postcellulare, con un leggero lustro che accenna ad un colore debolmente rosato! Forma roseojìicla Trti. Che anche il inncnioHytìc debba un giorno o l'altro ornarsi di ocelli rossi? 0 che sia un derivato da l'orme già con ocelli? Il caso tuff altro che unico, anzi quadruplice, deve dare a pensare. Il Bryk ci ofì're un esempio, che ha una certa analogia con questo. L'autore specialista (^) ci presenta la figura e la descrizione di un P. liimaUiyensis Ehv. ab. archonis Bryk, in cui egli riscontrò nel disotto delle ali posteriori tutte e sei le lunulette della fascia ondulata antemarginale spolverate di squame rosse, ricordando in ciò il vicino genere Arclio» (Doritis F.). La linea antemarginale acquistò in questo modo un vero lustro rosato. Bryk vede in questo caso un nesso nel diseguo filogene- tico fra il genere Parnassius ed il genere Archon (Doritis). Sono tutti questi dei fatti piccoli, ma che possono avere una grande importanza. Essi vanno notati come sicuri iudizii del movimento evolutivo della specie; dettagli che è solo da pochissimo tempo che i naturalisti hanno preso cura di regi- strare, e che sono ben lungi ancora dal poter permettere una sintesi : ma provano tuttavia come certi caratteri si sostitui- scano l'un l'altro, sebbene non ci lascino ancora l' adito di poter trarne conclusioni decisive su di essi. Ma se una conclusione posso osare di trarne è che apollo attraverso alia forma pumilus^ e ìiiiieìnosyne attraverso la forma calabrica sono derivazioni del Dorilìles bosniaskii Rbi., sdoppiatosi nelle due specie, che hanno poi fatto il loro cam- mino separatamente l'una accanto all'altra. (I) Apiirofitto (Icirofcjisioiie per ti<,^iir;iro il P. niae»?OSi//ie l'alalirica Trti (Ann. Miis. Nap. N. serie 3 VoL 3. N. 18) e darne insieme ((uattro nuove forme che seguendo il sistema di nominaaioue (lualificativa indicherò eoi nomi di ininKSCUla Vrly, roSCOliida Trti, posticeloiiy'.lta Vrty, COìljUncta Trti, nella quale ultima le due maeeliic cellulari sono riunite da un tratto nero. ri) Societa.s Entomologica. Anno 26, N. 15, pag;. 54 55, Zurigo. 80 ExMlLIO TURATI Non basterà certo la vita di molte generazioni di uomini per veder fissarsi una qualunque delle modificazioni che ora si vanno, volta a volta, qua e là segnalando. Né c'è da ecce- pire quindi, se le s[)ecie " ad ogni nuova stagione ria|ij)ajano, ciascuna simile a sé stessa, vale a dire costantemente eguali a quello che esse erano più di cinquant'anni fa» ('). Il Dorilites bosniaskii Kbl. tiene caratteri tanto àeWapoUo puniilus Stich. , quanto del intienioay/ie calabrica Trti : il disegno delle anteriori dell' uno, la riga delle posteriori del- l'altro; la sacca femminile più forse del secondo, come vedremo, che del primo. Esso si può considerare come l' antenato di entrambe le specie, che si sono dopo di lui divise. E taiito più verosimile questa considerazione, in quanto entrambe le specie nelle rispettive forme , che ad esso ricordano, si incontrano nella medesima località di questa terra d' Italia, che ha dato la prova di aver albergato il paleopar/tassiife in epoche ter- ziarie dello stesso orizzonte, al quale appartengono gli strati, riscontrati anche in Calabria, dove attualmente quelle specie sono viventi^ Rebel ha potuto avere sotto gli occhi i due ])e'/zi della pietra in cui era incluso il fossile. La parte inferiore di essa che tiene la farfalla (tav. VII fig. 1} rappresenta un pezzo quadrangolare .»1(>. VARIABILITÀ DEL PARNASSIUS AHOLT,0 PUMILUS STICH, ECC. 81 u L'altra parte del pezzo, la superiore, consiste in una lastra sottile sfortunatamente in parecchi punti friata, ma essa com- pleta il pezzo principale in modo eccellente per l'osservazione, poiché lascia riconoscere meglio che nel primo molti maggiori dettagli dell'ala anteriore, specialmente nella venatura, che vi appare concava. u La parte dell' ala posteriore è qui rimasta conservata in minore estensione, e parimenti manca il termine addominale del corpo. " La lunghezza del corpo dell' oggetto è di 22 mm., dei quali circa 12 mm. vanno ascritti all'addome, la di cui mas- sima larghezza è di 5 mm. La lunghezza dell' ala anteriore è di 32 mm., e la sua massima larghezza di 21 mm. La lunghezza dell'ala posteriore è di mm. 28 ". 11 pezzo principale, che contiene l'oggetto, era rimasto nella collezione del cav. Sigismondo De Boaniaskii ; l'impronta superiore venne dallo stesso donata al Museo di Vienna (se- zione geologica). Ma essendo di poi la collezione De Bosniaskii passata anch'essa al Museo di Corte di Vienna, entrambi i pezzi si trovano ora colà riuniti. Non mi è stato possibile quindi di vedere il fossile: ma la descrizione ed i disegni forniti dal Rebel sono cosi precisi, che si può completamente appoggiarvisi. Appaiono ancora, pigmentati d' oscuro, gli occhi grossi, ed un robusto ciuffo protrudente dalla fronte villosa, mentre non sono riconoscibili i palpi e le altre parti buccali, e man- cano le antenne. Il torace e l'addome robusti, che si presen- tano dalla parte ventrale, appajono sul petrefatto coperti di lanugine arruffata oscura. Le gambe, per quello che sono rico- noscibili, sono u costituite come nel genere Par/nissins J^atr. )i. Il termine addominale mostra l'appendice a l'orma di tasca, che hanno le 9 V ^^^ genere Parnassiiis Latr. dopo la copula. Essa è biancastra: il Rebel vi vede due lobi ai due lati del- l'addome, ch'egli paragona a quelli di delphius Ev. Ma vista }jer disotto la sacca di delphiits Ev., ha tra i due lobi una depressione o scanalatura intermedia, mentre nel Dorrdtes Rbl. essa appare piegata piuttosto a tetto, e chiaramente rialzata nel mezzo come la costa di un prisma, come una carena, se vuoisi; e potrebbe essere stata così ridotta-dalia compressione della tasca sui lati, ad ogni modo però non mi sembra che questa 82 EMILIO TURATI tasca avrebbe potuto prendere quella l'orma se fosse stata costi- tuita come è attualmente quella del t/elphias Ev., depressa cioè nel mezzo fra i due lobi. Essa potrebbe piuttosto far pensare a quella del inneiuosyne L., pure biancastra, la quale essendo intera, cioè in un sol tubo, avrebbe potuto allo schiacciamento bilaterale assumere quella forma prismatica. La costa mediana potrebbe anche preludere alla carena deir«po//o L. Quanto alle ali ne riproduco dal Rebel la ricostruzione dei disegni e della venatura (Tav. VII fig. 2 e 3j. Esse sono a margine unito intero : le ali anteriori sono piuttosto corte e larghe, ooU'apice arrotondato, e col margine distale brevemente rastremato verso il torno. 'i II percorso della venatura loro mostra una costale che termina già prima della metà del margine anteriore, ed una subcostale a cinque rami formata come nel genere JJorids F., nella quale il 4" e 5" ramo sono forcati ?i. "La radiale superiore nasce, come nel genere Ilt/per- tnnestra Mén. dalla metà superiore della vena disco cellulare ". ti La radiale inferiore parte, secondo il carattere della famigliti, diritta dalla sua origine". Il Le ali posteriori allungate mostrano, come nel genere I'ar?ntssi/(s Latr. una parte del margine interno fortemente incavato , e posseggono una vena precostale distinta , che i-imane semplice, e si dirige quasi diritta verso la base del- lala ;i. 11 carattere tassonomico della subcostale a cinque raniilì- cazioni è quello che distingue J)urili(c's libi, dal genere recente Par /tassi US Latr, mentre corrisponde soltanto, nel gruppo dei Pamassius. col genere J)orilis E. Q.aesta fu la ragione che determinò il Rebel nella scelta del nome, « sebbene in tutti gli altri caratteri vi sia una più vicina parentela di questo genere fossile col Punuissius Latr.. anziché col Dori/is E. E proprio la presenza di una subcostale a 5 rami, ed il percorso piìi diritto che vi è connesso, del margine distale dell'ala anteriore, contradistinguono il Dorili tes Rhl. come una forma primaria. Secondo Grote lo sviluppo filogenetico della nci-vatura di molti insetti, e dei lepidotteri in particolare, non procede per aumento, ma per diminuzione delle vene; con che le ali ante- riori pel bisogno crescente di potenzialità di volo, si svilup- VARIABILITÀ DEI- TARNASSIUS APOLLO Pt\\III,US STICK, aCC, 88 pano sempre più in veri organi pel volo, mentre le posteriori che sono andate vieppiù prendendo una parte secondaria nel volo, immiseriscono gradatamente, e subiscono anche diminu- zioni di supertìcie. e deformazioni nelle loro vene più impor- tanti, le radiali. Il radio, e le coste che da esso si dipartono, hanno nelle ali anteriori una parte preponderante. Quanto più robuste diventano queste vene, e quanto più si avvicinano alla costa del margine anteriore, tanto maggiore è la facoltà di volo della farfalla. Questo sistema radiale esercita allora anche una specie di attrazione sul primo ramo terminale della media (MJ, che gli sta immediatamente accanto, cosicché questo si porta spesso verso il tronco longitudinale della media, che decade, o diventa, fondendosi, come un ramo radiale, e costringe anche la cel- lula mediana a restringersi. Il terzo ramo della media (M..) viene allora ad avere rapporti di maggior vicinanza col sistema cubitale, cosicché il secomlo ramo della media (M.,) finisce talora per inclinare verso il sistema radiale, tal' altra verso il sistema ctibitale. Cosi si spiega che il raggiungimento di una maggiore potenza di volo nel corso della evoluzione di Parnaasivs ha fatto si che la prima e la seconda delle subcostali si sono effettivamente fuse, in confronto del loro antenato Doritites Rbl. Rebel nota quindi che « a favore della opinione di Grote acquisita finora solo dal confronto morfologico di forme recenti, abbiamo ora nel genere fossile Dori ti te s una prova paleonto- logica diretta, tutt' altro che svalntabile, pel genere recente Parnassius che lascia chiaramente riconoscere la scomparsa dì un ramo subcostale nella venatura dell'ala anteriore avve- nuto nel corso della sua evoluzione filogenetica da allora in poi 11. Sui rilievi morfologici compiuti, Rebel non si perita perciò di dire, che non può u quasi sussistere il dubbio che il Dori- tiles sia da considerarsi posto in diretta serie con gli ante- nati di Parttassius. La radiale superiore (MJ dell'ala anteriore, che nasce dal mezzo quasi della vena discocellulare dà il modo a Rebel di trovare un'altra analogia di Dnritifes bosiìiashii Rbl. con Par- nassius delphius Ev. . 84 RMIMO TURATI Questa analugia la troviamo però anche con qualche esem- plare di pinnilus Stich. Egli dice che di redola la radiale superiore (Mj è « da ricercare nel genere Parfiassiiis dopo la chiusura della cel- lula r, affatto eccezionalmente ha luogo una deviazione conco- mitante in ciò con Doritifes, e cioè, che la nominata vena M, può aver origine, ancora al disotto della chiusura di cellula, dalla discocellulare, come è il caso nella ^ da lui figurata de! Parnassìics llo pumilus Stick, puiniliis Sticli. appendiculata Trti ;^\ G P. apollo pumilus Stich. bispupiilata Trti appendiculata Trti lim- bovariegata Trti rf'. 7 P. apollo pumilus Sticli. bispupiilata Trti appendiculata Trti inversa Aust. $. 8 P, apollo pumilus Sticli. bispupiilata Trti appendiculata Trti 9> Turati E. - Variabilità del P. apollo pumilus Stich. ecc. - Atti Soc. It. Se. Nat. Voi, LVil, - Tav. il. UNIONE ZINCOGHAFI ■' MILANC TAVOLA III 1 P. apollo puinilus Sticli. |)uinihis Stich. limbovariegata Trti r^'. 2 P. apollo pumilus Stich. puraiius Stich. lirabovai-iegata Trti in- tertexta Scliul/e -j" . 3 F. ap(jllo pumilus Stich. pumilus Stich. muemosyuoidcs Trti rf. 4 I*, apollo pumilus Stich. dt-pupiilata Trti mnemosynoides Trti r^ . r> P. apollo pumilus Stich. dcpupillata Trti mnemosynoides Trti ap- pcndiculata Trti O . 6 P. apollo pumilus Stieh. pumilus Stich. alhcns Trti ^^ 7 P. apollo pumilus Stieh. pumilus Sticli. albcns Trti rj'. H P. a|)oI!o jMiinilus .Stieh. pumilus Stich. iuiiujuata Trti rj' . Turati E. - Variabilità del P. apollo pumilus Stich. ecc. - Atti Soc. It. Se. Nat. Voi. LVII, - Tav. ■JIONE ZINCO TAVOLA IV 1 P. apollo pumihis Stich. piiinilus Trti sciniluctifera Trti ^. 2 P. apollo pumilus Stich. puiiiilus Stich. iiiicrostigina Trti inacquata Trti '^'. o P. apollo pumihisj Stich. (Icpiipillata Ti'ti iiiicrostigma Trti inacquata Trti r^'. 4 P. apollo pumilus Stich. bispupillata Trti pscudouoniion Vrly rj . 5 P. apollo puntiilus Stich. bispupillata Trti pseudononiion Vrty a])pen- (iiculata Trti inversa Anst. y. (■) P. apollo pumilus Stich. bispupillata Trti subcontrica Trti rj' (per disotto). 7 P. dclius Esp. iiiternKulius Mèn. ^- (Asia centr. or.). 8 P. dclius Esp. cervinicolus Fruhst. ^ (Monte .\lt)ergiari l'iemonteì. Turati E. - Variabilità del P. apollo pumilus Stich. ecc. - Atti Soc, It. Se. Nat, Voi. LVIl, - Tav. IV. TAVOLA V 1 P. apollo piimilus Stich. piimilus >Stioh. flavomaculata Deck. cT- 2 P. apollo puniiliis Stich. pumilus Stirh. flavomaculata Deck micro- stigma Trti :3^. 3 P. apollo pumilus Stich. depupillata Trti llavoiuaculala Deck, mne- raosyuoides Trti. micro.sligraa Trti, appciidiculala Trti ^f. 4 P. apollo pumilus Stic.ii. [nunilus Stich. flavomaculata Deck. O- 5 P. apollo pumilus Stich. depupillata Trti flavomaculata Deck. $. 6 P. apollo pumilus Stich. hispupillata Trti flavomaculata Dock, appcn- diculata Trti nigricans Caradja '.; . 7 P. apollo pumilus Stich. pumilus Stich. intertexta Schulze cf. 8 P. apollo pumilus Stich. pumilus Stich. intertexta Schulze $. Turati E. - Variabilità del P, apollo pumilus Stich. ecc. - Atti Soc. It. Se. Nat, Voi. LVII, - Tav. V. iNIONE ZINCOORAFI ■ MILANO TAVOLA VI 1 P. apollo pumilus Stieli. bispiipillata Trti rainuscula Vj-ty appeu- dicuiata Trti r^'. 2 P. apollo pumilus Sticli. pumilus Stich. minuscula Vrty ajìpoudi- culata Trti rj' . 3 P. apollo pumilus Sticb. pumilus Slich. minuscula Vrty nigri- caus Caradja appcudiculata Trti - . 4 P. apollo pumilu.s Sticli. bispupillata Trti nigricans Uaradja '^ . 5 P. apollo pumilus Sticli. dcpupillala Trti nigricans Caradja sub- centrica Trti decora Sticli. ^ . (5 P. apollo pumilus Sticli. l)ispupilla(,a Trti inversa Aust. decora Sticli. 7 I'. ajìoilo |)urailus iSticb. pumilus Stich. minui?cula N'rty falcata Trti '/. 8 P. apollo pumilus Stich. pumilus Stich. minuscula Vrty falcata Trti ^: Turati E. - Variabilità del P. apollo pumilus Stich. ecc. - Atti Soc. It. Se. Nat. Voi. LVII, - Tav. VI. NIONE ZINCOGRflFI - MrLANO TAVOLA VII 1 Doritites bosuiaskii Rbl. (secondo Rebel. Stzb. A. W. 1898). 2 Doritites bosniaskii Rbl. ricostruito (1. e). 3 Doritites bosniaskii Rbl. ricostruzione della venatura secondo l'au- tore (1. e). 4 F'arnassius apollo pumilus Stich. ^ P*''" disotto. 5 P. mneraosyne calabrica conjuncta Trti. 6 1'. apollo pumilus Stich. venatura ricalcata dal vero. 7 P. apollo pumilus Stich. ricalco della inserzione della vena M. 1 sulla discocellulare. 8 P. apollo pumilus Stich. ricalco della inserzione della vena M. 1 sulla discocellulare. 9 P. apollo pumilus Stich. ricalco della inserzione della vena M. 1 sulla discocellolare. lU r. delpiiius (illustris Gr. Gr. ) ricalco della inserzione della vena M. 1 sulla discocellulare. 1 1 P. delphius (albulus H(mr.j ricalco della inserzione della vena M. 1 sulla discocellulare. l::^ P. delphius (infernalis Stgr). ricalco della inserzione della vena M. 1 sulla discocellulare. 13 Parnassius ranemosyne calabrica Trti .^■. 14 Parnassius ranemosyne calabrica Trti ininuscula N'rty posticelon- gata V'rty ^. 15 Parnassius mnemosyne calabrica Trti 2. 16 Parnassius mnemosyne calabrica Trti roseopicta Trti O. 17 Parnassius mnemosyne calabrica Trti roseopicta Trti 9 IP^'^ disotto). Turati E. - Variabilità del P. apollo pumilus Stich. ecc. - Atti Soc. It. Se. Nat, Voi. LVII, - Tav. VII "^, ^ «r^^ ■ ^^ i '^' t \ '\^ ^- l 4- VAUTABILITÀ DEL PARNASSIUS APOLLO PUMILUS STICH, ECC. 85 pnniììus Stich. quanto col defjthit/s Ev., poiché la fascia ante- marginale di pumilus Sticli. in molti esemplari cfrf, se non nelle 9 + > ^i limita quasi, come nel Don'tites Rh\., ad un breve arco preapicale. Il punto nero del margine interno dell'ala posteriore non si vede nel l'ossile : potrebbe, come è probabile non esistere ; ma tanto nel deìphìus Ev. come in altri Parnassins — e. g. delì'us, prirtceps ecc. — esso appare e scompare senza fissa re- gola, mentre in qualche esemplare di pmniius Stich, specialmente della forma tnnemosyvuides Trti, esso è attenuato, cioè for- mato solo da poche e rare squamule nere, tanto che non appare nemmeno più nel disotto. Il punto nero non esiste di solito nel niriemosyne L., ma viceversa anche qui alcuni esemplari p. es. delle forme nnhi- ìosiis e (jigaììlea hanno traccio ben pronunciate di questa macchia. « Le ali posteriori del Doritites mostrano una larga area basale oscura, che si estende lungo il margine interno, e pro- babilmente avrà continuato fino quasi all'angolo anale ; inoltre una fascia oscura mediana, che dalla chiusura della cellula si estende verso il margine anteriore; ed infine una ombreggia- tura a mo' di fascia dalla parte marginale 11. Nelle ali posteriori ne deìphius Ev. ne pumilns Stich. hanno traccia di questa fascia mediana, se non si vuol ammet- tere eh' essa si è convertita negli ocelli. L' ombreggiatura marginale si trova somigliante nel delpliivi Ev., mentre nel pumilns Stich. abbiamo qualche volta nei (^ (j^ una spolve- ratura di nero più intensa sui termini delle coste, e nelle sue 9 9 troviamo tutta la marginatura semijalina fino all' angolo anale, colla quale si fonde qualche volta anche la rada fascia antemarginale di squamule nere. Il delphius Ev. ha in tutte le sue forme, ad eccezione di ìnfernalis Stgr. la base delle ali anteriori bianca, o quasi j)unto spolverata di nero. Il Dorililes Rbl. vi ha una macchia, che potrebbe essere stata unita, a rappresentare il nero della base dell'ala. Questo nero della base dell'ala, che non c'è in dcipìtiìis Ev., si ri- scontra invece nel pmm'Ins Stich. Il drlpìiìKs Ev. è quello tra i Parnassiìis Latr, che ha le macchie postcellulari delle ali anteriori rimaste in una 8G EMILIl) TUKATI larga ombreggiatura, che licnrda i)rec.isamente la terza macchia del iJorililes Rbl. in chiusui-a di cellula. Ma questa larga ombreggiatura nella razza alh/dns FTonr. prende molteplici contorni, si attenua fin qua.si a scomparire nella forma pura Huwe, .si [irolunga, fino a congiungersi col punto nero del margine interno, in una sol fascia quasi collo stesso anda- mento della autemarginale nella forma boellcheri Huwe. In alcuni esemplari della foiiua niarginala Huwe, e pura Huwe, il punto del margine interno è completamente scomparso, ed è in questi esemplari che si riscontra la maggior analogia col Doritites Rbl, anziché nella razza rappresentata sulla tavola di Rebel, che per avere la fascia marginale diritta non rag- giungente il torno e l'antemarginale stretta saliente prossimal- mente a metà dell' ala, è una slaudiiKjeri B. Haas. Ma la fusione delle macchie postcellulari subcostali quasi completa la troviamo qualche volta anche nel (/ del piimììns Stich, come lo prova la figura 1 della Tav. V, 2 della Tav. II, G della Tav. IV; nelle O j. è invece frequentissima, come si vede da parecchie figure nelle varie tavole; viceversa anche qui come nel (leìpìiius albidus Honr. queste macchie si riducono ai mi- nim termini nelle forme viìiemosyiioides Trti ed aìbeiis Trti. Su un esemplare di mnemosijnoides, figurato sul quadro sinottico una delle due macchiette postcellulari, la snbcostate. è comple- tamente scomparsa e la macchia grossa in chiusura di cellula è ridotta ad un piccolo punto, menti-e quella nel centro della cellula è assai rimpicciolita, e non arriva a toccare le due coste che delimitano la cellula stessa. Questa instabilità delle macchie pi'ova il movimento filogenetico avvenuto, e che con- tinua sempre nella spe(;ie. Quanto alla statura media del jìumihts Stich. essa è più piccola della media delle forme di alhulns Honr., e corri- sponde a quella del Dori/ìtcs Rbl. altrettanto, quanto (juclla di tutte le altre sottospecie o razze di delphius Ev. Ho già fatto osservare come la fascia mediana delle ali po- steriori potrebbe trovar riscontro con (piella delle ali posteriori del muemoayne L. specialmente del cdlahrica Trti, e perciò il Dor/lilcs hosfiiaskiì Rbl. può considerarsi non l'antenato del- l'una specie di Panìdusina piuttosto che dall'altra, ma l'ante- nato del genere, del quale le forme di ìn>iemosì/))f vahdirica Trti e (Vapollo jiinttil/fs Stich. hanno entrambe portato sino ai nostri giorni molti caratteri. VARIABILITÀ DEL PARNASSIUS APOLLO PUMILUS STICH, ECC. 87 u L'esistenza di un sicuro predecessore di Parjiassius -.i ha detto il Rebel nella sua memoria " nell'Europa meridionale all'epoca miocenica, probabilmente a piccola altitudine e senza dubbio in un clima più caldo » di quello che ora domina nelle località montuose e settentrionali che esse ora abitano, u lascia quasi concludere che le Paruassiine si sono ti-asformate solo in un periodo posteriore, in cosi decise abitatrici di altitudini, come in oggi esse appaiono ». Dalla mancanza di una ricca rappresentanza di Parnassius anche nelle zone artiche, mentre ve la possiedono invece per esempio i Coh'as e le Erebie, farfalle diurne caratteristiche dei monti nell'emisfero settentrionale, il Rebel trova un appoggio a quella sua idea, e vi trova una conferma al fatto che le Parnassiine appartengono ad una iinmi graziane avvenvla lassù piti lardi, e proveniente del Sud, e che esse solo dopo l'epoca glaciare hanno firadualmenle raggiunto Valla mon- tagna ?i. La scoperta della forma pumihis Stich. in Italia che era la patria del Doritiles, e la grandissima affinità che io ho dimostrato aver esso col fossile (e certo più che il delphius Ev. dapprima indicato dal Rebel) gitta un vivissimo sprazzo di luce sulla origine della specie apollo L. Da umili proporzioni, relativamente poco mutate finora nella località dove è stato costretto a rimanere dalle condi- zioni dell'ambiente, l'apollo L. è andato ingrandendo di statura e sviluppandosi in vario senso, coW emigrare verso il Nord dove ha trovato maggiori ricchezze da sfruttare in proprio favore. Ed é così che nel Parnassius apollo pumilus Stich ricom- pare alquanto trasfigurato il Doritiles bosniaskii Ab. al quale è ben concesso di aver modificato qualche cosa della sua costi- tuzione generala attraverso il lungo corso delle migliaia di secoli, che hanno mutato chi sa quante condizioni della sua vita. Ha perso un ramo della subcostale, ma ha acquistato in snellezza dell'ala ed in rubustezza di volo, dovendo difendersi contro i venti furiosi «Iella montagna o dei climi più freddi; la sua cellula discoidale si è di conseguenza raccorciata, e ne è rimasta fuori una delle fascie che l'attraversavano, quella che chiudeva la cellula, ed ora si ritrova press'a poco colla mede- 88 EMILIO TURATI sima configurazione nella riunione delle due macoliietie prea- picali subco.stali postcellulari. Le altre due macchie cellulari sono come quelle di molti esemplari di ParndasiìiK dell' oggi La striscia preapicale in torma quasi semicircolare ho dato luogo alla odierna fascia anteniarginale, TI margine oscuro dà segni, di essere stato frastagliato da altre lineette, come è ora press'a poco nella forma ìimhordriegala Trti, Ed è cosi che io considero come aquisito il fatto che la culla del Parnassius apollo Ti. non è il centro dell'Asia, né la Scandinavia, né la Groenlandia, ma l'Italia, dove si è avuta la prova palmare e positiva della esistenza del suo atavo sulle sponde degli antichi laghi miocenici, ad altitudini relativamente basse. Attraverso 1' epoca glaciare, mentre una parte di questo ha emigrato verso nord, l'altra parte ha conservato, rinchiusa in un estremo lembo d'Italia, tutto quello che ha potuto, pur seguendo nella sua evoluzione la tendenza insita nella specie, che altrove ha potuto raggiungere progressi di sviluppo di gran lunga maggiori. Più in su del Dor/li/es /jos/n'askii Rbl. non è possibile ora di andare con qualche base positiva, nella ricerca dell'ori- gine della specie che ci occupa. La cosa però è intuitiva, poiché il metodo della Natura nella sua evoluzione non può essere che uno e medesimo. Infatti quale antenato abbia avuto il Dorilifes hosnias/iii Rbl, a quale Paleoiiliiìhìe per es. esso possa risalire ed a quale antichissima forma di Vaìeodiclioplero o di Suhìdicorrìe questa Paìcorìtiììùìe si possa riattaccare, non ci è dato di provare. All'incontro abbiamo oggi per prova provata un Pariia^Hiìis, che per car.itteri morfologici e per condizioni ecologiche, è il vero autorizzalo discendente del Dorililea ì)osniaskn Rbl. Non è difficile dunque concludei-e che il Pamassrus pv- miìus Stich. deve essere considerato come la l'orma più antica del Parnassius apollo L., e che l'Italia centrale e meridionale fin dall'era cenozoi'ta deve essere ritenuta la culla del genere Partìassiì(s, da dove esso irradiando ed adattandosi alle di- verse condizioni di tempo e di luogo è anelalo sviluppandosi e l)lasmandosi nelle molteplici foi-iiic conosciute. Si è discu.sso tro|)p() finora snll' origine lìoW^ a /lollo L., conf(indendo da parte di molli, come si è. visto, l'origine scien- tifica della specie colla sua origine fisica, perchè nessuno fu VAKIABlI.irÀ DEI. l'AKNASSlUS Al'OIJ,o P(iMlI,US STICH^ ECO. 89 inai in ^nulo di poter metter insieme i documenti che io ho potuto raccogliere ora. L'unica prevenzione ad ammettere questa mia nuova tesi, è a priori sventata, poiché si basava suU'eri-ore di aver sempre considerato il Parz/assius apollo L. una l'orma nordica di lepidottero, perchè fu dapjirima descritto da Linneo su tipi Scandinavi, e poi perchè tu ti-ovato e studiato nella zona media e settentrionale della fauna, o su montagne, dove evidente- mentemente esso si era in parte conservato dall'epoca post- glaciare, mentre solo in (juesti ultimi tempi esso fu scoperto nella sua più intima essenza in una località dove quasi nes- suno sospettava che esistesse, malgrado l'accenno — erroneo — venutoci dal Costa. Da quanto io ho esposto in queste note, un appoggio per essere considerato la forma originaria deWapollo L., pu/nilus Stich. lo trova inolti'e : nelle condizioni previste da Reuter — e con esso da Bryk — perchè esso è infatti u al tnassiino grado variabile nel suo abitalo, località qui/idi che rapprese/Ha il suo centro originario di dif/'ustone n: è « uu. relieto della fauna del miocene in/eriore " che abita adesso le rive del Mediter- raneo, come presume Grum Grshimailo : ed è verisimilmente un relieto di quella u iinìnigrazione -i, secondo Rebel u prove- niente dal Sud, e che solo dopo l'epoca glaciare ha gradual- mente raggiunto V aUu montagna ii. Dott. Bruno Parisi I DECAPODI GIAPPONESI DEL MUSEO DI MILANO VI. CATOMETOPA E PAGUIifDEA (*) Fam. Gonoplacidae. Gen. Carcinoplax Milne-Edw. Carcinoplax longimanus (de Haan). Cancer [Curlo/tolus) longiìnanus, de Haau, Fauna japonica, 1835, p. 50, Tav. 6, fig. L Carcinoplax loìKjimaniis, Milne-Edwards, Ann. Se. Nat. ZooL V. 18 (3), 1852, p. 164. — Ortmann, Zool. Jahrb. Syst., V. 7, 1894, p. 688. — Alcock, Journ. Asiat. Soc. Bengal, V. 69, 1900, p. 303 — Rathbuu, Proc. U. S. Nat. Mus., V. 26, 1903, p. 23. — Stebbing, South Atrio. Crust., Part. Ill, 1905, p. 37. Carcitioplax loncjitnanus japonicus , Doflein, Valdivia Bra- chyura, 1904, p. 115, Tav. 36. (Nr. 1594) 4 r^, Enoshiiiia — A. Owston. (Nr. 1595) 2 9, Mare di Sugami — A. Owston 7. II. l;/07. (Nr. 1596) 1 rf, Hokodate — A. Owutoii 5. VIII. I9()(). (Nr. 1597) 1 9, Kodzii — A. Owston. (Nr. 159H) 1 .-;', Cina niorid. — G. Hellotti 1906. Distribuzione: Giappone, («le Haan. eoe.). Golfo di Mar- taban e Mare d' Andaman (Alcockj; Africa meridionale (Steb- bing). (*) I OXVslomata, Atti Soe. It. 8c. Nat., voi. LUI, p. 2«, Thv. 11 13. — II Uromincan, Iil., v. I.IV. ji. 102, Tav. 2-3. — Ili Oxvrhyncha, Id. v. LIV, p. 281, T«v. 7. — IV CycloineloiHi, Id., v. Lv, p. i.Vi, 'l"av. 711. *- V (jalallieidea, Thalastiinidca e Reptaulla, hi., v. L\ i, ji. 1. I DECAPODl GIAPPONESI DEL MUSKO DI MILANO 91 Carcinoplax vestitus (de Haan). Cancer {Curlu/tolHs) vestilus, de ITaan, Fauna japonica, 1835, p. 51, Tav. 5, fig. 3. Carcinoplax resiilus, Milne-Edwards, Ann. So. Nat. Zool., v. 18 (3), 1852, p. 1G4. — Rathbun, Proc. U. 8. Nat. Mus., V. 26, 1903, p. 24. Pilaninoplajo vestila, Ortmann, Zoo!. Jahrb. Syst. v. 7, 1894, p. 687. (Nr. 1599) 1 9, Tokyo — A. Owstoii. I'Nr. 160(») 1 cf, Eaoshima — A. Owston. Nelle femmine quasi tutta la l'accia esterna della mano è lanosa od interiormente granulata, mentre nei maschi solo la metà superiore è lanosa, e l'interiore nuda e liscia. Distribuzione: Mari giapponesi. Gen. Pilumnoplax Stimpson. Pìlumnoplax americana Rathbun. Pilumnoplax aniericanus , Rathbun, Bull. Lab. Nat. Hist. Jowa, 1898, p. 28o, Tav. 7, fig. 1-2. — Alcock, Journ. Asiat. Soc. Bengal, v. H9, 1900, p. 311. — Doflein, u Val- divia» Brahyura, 1904, p. 120, Tav. 35, fig. 3-4. Pilumnoplax Sinclairi, Alcock u Investigator " Deep-Sea Brach., 1899, p. 74, Tav. 3, fig. 1. (iNr. 1657) 1 9, liaia di Sagami — A. Owston 1914. Dimensioni in mm. Lunghezza del carapace 17,5; lar- ghezza extraorbitale 15,5; larghezza massima 23,3; lunghezza III pei'Teiopodi 47,5. . Distribuzione: Coste della Florida e della Giorgia (Rath- bun); costa del Travancore (Alcock) e presso l'isola Nias (Do- flein). Fani. F*innotherió.ae. Gen. Pinnotheres Latr. Pinnotheres parvulus Stiinpson. Pinnotheres parvulus. Alcock, Journ. Asiat. Soc. Bengal, v. 69, 1900, p. 339. rNr. 102(5) 1 9, Baia di Tokyo — A. Owston. Distribuzione: Oceano Indiano e mari cinesi e giapponesi. 92 B. PARISI Pinnotheres pisoides Oiiraann. Pinnotheres pisoides, Adensamer, Ann. Mus. Wieii, v. 12, J897, p. 107. (Nr. 1625) 5 9, Yokohama — A. Owstoii S. 111. 1905. Distribuzione: Baia di Tokyo, Nagasaki (Ortmann). Gen. Tritodynamia Ortmann. Tritodynamia japonica Ortmann. Tritodynamia japonica, Ortmann, Zool. Jahrb. Syst. v. 7, 1894, p. 693, Tav. 23, fig. 5. — Nobili, Ann. Mus. Nat. Hung, 1905, p. 407, Tav. 10, fig. 2. (Nr. 1623) 1 (^ senza chclipedi, Okitsu, Suruga — A. Owston 24. IV. I90Ó. Distribuzione: Baia di Tokyo (Ortmann). Fam. OcypocLidae. Gen. Uca Leach. Uca vocans (M. Edw.). (ielasimiis vocans, de Man, Not. Leyden Mus. v. 13 1891, p. 23, Tav. 2, fig. 5. Oelasinins cullrinianus, Ortmann, Zool. Jahrb. Syst. v. 7, 1894, p. 753. Gelasimus Marionis var. nilidus, Acock, Journ. As. Soc. Ben- gal, V. 69, 1900, p. 360. (Nr. 1620) 1 rf, Misaki — A. Ow.ston IHys. 11 nostro esemplare di questa specie, la cui sinonimia è tanto ingarbugliata, ha la chela eguale a quella rappresentata dal de Haan {l. e), Tav. 2, fìg. 5 a. Distribuzione: Kegione indo-pacifica. Uca lactea (de llaan^. (leìasiiniis lacteus, Alcock, Journ. As. Soc. Bengal, v. 69, 1900, p. 355. (Nr. 704j 2 r/\ Is. dei Navigatori — Miis. GodeflVoy, iH(;7. (Nr. 1621) 14 (^, Fiume Tainsui, Kormosa — A. Owstun, (Nr. 16?2; 2 cT, Chichijima, Is. Benin — A. Owston 16. Xll. VMVA . I DKCAPODI GIAPPONESI DRF, MUSEO DI MILANO 93 ^ -j — -^ Le dita (/^ ' '^^'^ \ chiuse si "^ '"'^ fornite tre II margine superiore del braccio nella parte distale è tu- mido, arrotondato e coperto di granuli ap- puntiti che sono disposti irregolarmente e di solito non formano una vera cresta. Le dita sono com})resse e quando sono si incrociano all'apice; esse sono generalmente nel mezzo di un dente maggiore degli altri, che talvolta manca ""^^ ^ " ^J 0 si riscontra in un dito solo. ^~- — ■ Distribuzione: Giappone, Cina, Pondi- KiG. 1. chery, Karachi, Andamans, Samoa, Nuova Mano del chfliiiede iiiaKg-. Cluinea. (gr. nat.) Uca arcuata (de Haan). Ocypode (Gelnsitniis) arcuata, de Haan. Fauna japonica, 1835, p. 53, Tav. 7, fig. 2. Gelasìinus arcuatus, Milne Edwards, Aim. Se. Nat. Zool., v. 18 (3) 1852, p. 146, Tav. 3, tig. 8. — Id. Nouv. Arch. Mus. Paris, v. 9, 1873, p. 273. — Kingsiey, Proc. Acad, Philadelphia, 1881, p. 143, {/lec. /^■[/.). — Miers, Ann. Mag. Nat. Hist, v. 5(5;, 1880, p. 309. - Haswell, (Jat. Austral. Crust., 1882, p. 92. — De Man, Not. Leyden Mus., V. 13, 1891, p. 28, Tav. 3, fig. 7. — Ortmann, Zool. Jahrb. Syst., v. 7, 1894. p« 7.55. — Grant a. Me Culloch, Proc. Linn. Soc. New. South Wales, 1906. p. 20. (Nr. 1616) 3 rf, Wakanoura, Ki:diu, Hondo — A. Owstoii. (Nr. 1617' 2 ^\ Fiume Tamsiii, Formosa — A. Owston. Distribuzione : Giappone (de Haan); Borneo (Miers); Port Darwin (Haswell) ; Port Curtis, Queensland (Grant a. Me Cul- loch); Nuova Caledonia (M. Edwards). Uca pulchella (Stimpson). Gelasiinus putciiellus, Stimpson, Proc. Acad. Philadelphia, 1858, p. 100. — Id., Smith. Misceli. Coll., v. 49, 1907, p. 107, Tav. 15, fig. 1. (Nr. 1618) 3 (f, Misaki — A. Owston 1898. (Nr. 1619) 13 (3^ e 4 $, Chichijima. is. Bouin — A. Owston 10. \11. 1903. 94 B. PARISI Il carapace è molto arcuato longitudinalmente, ['Oco in- vece in direzione trasversale. La sua superficie è puntata e le regioni, soprattutto negli adulti, sono discr»ìtamente deli- mitate e piuttosto tumide. Il solco frontale non arriva fino al margine della fronte. Il corpo è allargato anteriormente e ristretto posterior- mente. Il rapporto fra la lunghezza e la larghezza è di 1 : 1,55. La lunghezza del margine posteriore del carapace, misurato fra la base degli ultimi pereiopodi, è un po' inferiore a metà della larghezza massima. Gli angoli antero-esterni sono sporgenti ed acuminati e la linea marginale che parte da essi è marcata fino verso la metà della regione branchiale. La fronte è inclinata, arrotondata e larga Y? del carapace. Le orbite sono oblique o sinuose. Il margine superiore è doppio nel tratto mediano ed appare finissimamente crenulato solo se si osserva con la lente; il margine inferiore invece è semplice e nettamente crenutato, specialmente nella seconda metà. L'an- golo sottoorbitale esterno è arrotondato. I peduncoli oculari non arrivano fino al margine orbitale. Il chelipede maggiore ha il braccio con la faccia interna leggermente concava, quella esterna convessa e ruvida ed è fornito superiormente in vicinanza dell'articolazione col carjio di un tubercolo submarginale ottuso. Il carpo è arrotondato esternamente ed il suo margine interno è granulato. La mano è rigonfia ed ha la superficie esterna coperta di piccolissime granulazioni. I bordi superiore ed inferioie della palma sono bene marcati e delimitati all'esterno da un lieve solco submarginale, che si attenua facilmente negli adulti, soprattutto quello superiore. Alla base del dito fisso si trova un incavo irregolaj-e, di solito di forma triangolare, al (juale lo Stimpson ha dato il nome di u cicatrice n. La faccia interna della palma [)resenta una forte incava- tura emarginata all'articolazione col carpo ed un'altra inca- vatura meno profonda dietro al dito fisso; quest'ultima è li- mitata inferiormente da una cresta griinulata. Alla base delle dita si trovano altre due creste granulate, poco rilevate e subparallele: l'anteriore forma la continuazione delle granu- lazioni al margine interno del dito fisso, la posteriore invece è isolata e corta. Le dita sono puntate, moderatamente com- I DECAPODI GIAPPONESI DEL MUSEO DI MILANO 95 presse, arcuate e vanno regolarmente assottigliandosi verso l'apice. Il dattilo è maggiormente ricurvo e un po' piìi lungo del dito fìsso. I margini prensori sono granulato-dentali e presentano generalmente qualche dente maggiore degli altri, fra i quali costantemente se ne trova uno all'estremità del dito immobile. (ìli altri pereiopodi non presentano nulla d'i notevole. Le femmine sono più tozze dei maschi: hanno gli angoli latero-anteriori meno sporgenti ed il margine posteriore del carapace un po' più lungo che nei maschi. In esse non trovo nel margine inferiore dell'orbita alcun carattere sessuale se- condario come osservò il De Man nella § dell' U. a/niiclipea (Latr.). Dimensioni di due ^ in. min. Larghezza massima Lunghezza Lunghezza del margine posteriore del carapace Larghezza della fronte Lunghezza massima della chela Variazioni. Come in altre specie del genere Uva, le mag- giori variazioni si riscontrano nei clielipedi. Nei giovani la lunghezza delle dita rispetto alla palma è molto minore che negli adulti: piccoli individui possono avere le dite più corte della palma, grossi esemplari invece due volte più lunghe. 1 margini prensori delle dita sono muniti di dentini ot- tusi, fra i quali si riscontra qualche dente più grosso: uno si trova costantemente all'estremità del dito fisso, il cui apice appare doppio e tronco; un altro dente si osserva spesso (in 8 su 13 esemplari che ho in esame) alla metà del dito fisso. Alla presenza di (Questo dente, come pure di qualche altro supplementare non si può naturalmente attribuire alcun valore come carattere distintivo, sia pure di secondaria importanza. Frequenti variazioni presenta la seconda cresta trasversale che si trova sulla faccia interna della mano. Essa è poco rile- vata, formata da alcuni granuli ed ha una direzione general- mente obliqua rispetto alla cresta anteriore che sta fra la base delle dita; può essere corta e costituita solo da due o tre granuli od allungata e formata da un maggior numero di granulazioni ; può essere in fine isolata o ripiegarsi ad arco 21 20 13,5 12,8 9,5 8,8 3 2,8 35 30 96 B. I'AKlSt ed unirsi alla cresta anteriore e quindi alle granulazioni mar- ginali del dito fìsso. Distribuzione. Tahiti (Htimpson). 8e questa specie è identica all' U. a/imdlipes (Latr.), come è ammesso da alcuni autori, la sua distribuzione geografica sarebbe assai estesa. Gen. Ocypoda Fabricius. Ocypoda cordimana Desm. Ocypoda cordimana, Ortmann, Zool, Jahrb. Syst., v. 7, 1S94, p. 761 [uhi bibl. et distrib.). (Nr. Kill) 8 (/ e 5 9» Chichijinia, Is. Bonin — A. Owstoii. (iNr. 1610) 3 (/ e 2 O, Is. Ruck — A. Owston 189(ì. Ocypoda ceratophthalma (Pallas). Ocypoda ceratophthahna, Orfcmann, Zool. Jahrb. Syst., v. 7, 1894, p. 767 {ubi bibt. et distrib.). (Nr. 1612) 4 -f, Isliigaki, Yayeyama, Looclioo — A. Owston IV. 18'.)9. (Nr. \iS\',i) I 9, Chichijima, Loochoo — A. Owstou. (Nr. 1614) 2 (^ e 1 9» Fiume Tamsui, Formosa — A. Owston. Gen. Macrophthalmus Latreille. Macrophthalmus japonicus de Haan. Ocypode {Macropìitliabnus) jajtonica, de Haan, Fauna japo- nica, 1835, p. 54, Tav. 15, fig. 2. Macrophthalmus japonicus , Mi Ine-Ed wards , Ann. Se. Nat. Zool., V. 18 (3), 1852, p. 158 — Ortmann, Zool. Jahrb. Syst., V. 7, 1894, p. 746. — Doflein, Abh. Akad. Miin- chen, V. 21, 1902, p. 668. (Nr. 1605) 8 r/" e 3 9, Yokohama — A. Ow.ston. (Nr. 16(J0) I cT « '^ 9. t:ina raorid. — (-. iiellotti 1906. Distribuzione: Giappone (de Haan); M eia-co shima (u Sa- marang »], Nagasaki, Baia di Tokyo (Ortmann), Yokohama, Kiautschou (Doflein). I DECAPODI ClIAPPONESI URI- MUSEO DI MILANO 97 Macrophthalmus dilatatus de Haaii. Oct/pode {Macrophllidhnus) dilalafa, de Haan, Fauna japonica, 1835, p. 55. Tav. 15, tìg. 3. Macrophlhalmus (h'ìalalus, Milne-Edwards, Ann. 8c. Nat. Zool., V. 18 (3), 1852, p. 157. — Ortmann, Zool. Jahrb. Syst., V. 7, 1894, p. 744. - Doflein, Abh. Akad. Miinchen, V. 21, 190-2, p. 667. (Nr. 1603) G (f t 3 9, Yokohama — A. Owston. (Nr. 1604) 1 :J^, Misaki — A. Owston. Distribuzione: Giappone (de Haan); Baia di Tokyo (Oi-t- mann) e Yokohama (Doflein). Gen. Scopimera de Hfian. Scopimera globosa de Haan. Ocypode {Scopimera) (/lobosa, de Haan, Fauna japonica, 1835, p. 53, Tav. 11, fig. 3 e Tav. C. Scopimera glohosa, Milne-Edwards, Ann. Se. Nat. Zool., v. 18 (3), 1852, p. 153. -- Miiller, Verhandt. Naturf. Ges. Basel, V. 8, 1890, p. 475. — Ortmann, Zool. Jahrb. Syst., V. 7, 1394, p. 74t. Scopimera tubercolata, Stimpson, Proc. Acad. Philadelphia, 1858, p. 98. — L/., Smith. Misceli. Coll., v. 49, 1907, p. 102. (Nr. 1589) circa 100 r/ e 2 9, Yokohama — A. Owston 30. IV. 1005. Il carapace è più largo che lungo, è ristretto nella parte dorsale e va allargandosi in basso alla base delle zampe am- bulatorie. Il dorso è quasi liscio nella regione postraediana, coperto invece nella parte anteriore e laterale da gibbosità e tubercoli irregolari, formati da uno o più granuli riuniti insieme. Dalle varie regioni la meglio delimitata è la cardio-inte stinaie. La fronte è ristretta ed inclinata in basso; essa è fornita nel mezzo di una piccola carena, seguita posteriormente al livello del margine sopraorbitale da una fossetta, che rap- presenta il solco frontale. 98 B. PARISI Le cavità orbitali sono incavate, obliqi;e ed emarginate all'angolo esterno; il dente extraorbitale è piccolo e appnn- tito; il margine sopraorbitale è liscio, quello sottoorbitale cre- nulato. Gli ocelli non airivano all'estremità dell'orbita. I margini laterali del (carapace formano una cresta cigliata, sotto alla quale si trova un solco incavato e liscio. I tianchi del corpo sono coperti di granuli setiteri. Scopimera ulohosa. a mnssillipede esterno (X ?•): h rutiìonie del (^^ iX 3); • r iuidome della Q (X 3). L'epistema è triangolare, rialzato nel mezzo ed il suo vertice diretto fra i massillipedi è molto ajìpuntito. Le anten- nule hanno 1' articolo basale grosso e globoso, gli articoli ter- minali piccoli e sottili. Le antenne si trovono all'angolo in- terno del margine sottoorbitale ed il loro flagello non arriva in lunghezza alla metà del peduncolo oculare. I massillipedi esterni sono grandi e molto convessi. Il mero è largo quanto l'ischio, ma lungo solo ''/,, di esso; è granulato specialmente nella parte mediana ed in quella esterna, ove si trova anche un solco obliquo submarginale; all'inser- zione col carpo presenta un rilievo, seguito verso l'interno da una depressione. L'ischio artit-./la un })o' obliquamente col mero, presenta delle piccole granulazioni ed è fornito nella parte antero esterna di una cresta cigliata che pare una pseudo articolazione. I cheli pedi sono eguali e granulati. Il braccio ha il mar- gine superiore ]»iuttos(o acuto e fornito di una serie di peli radi e scuri; il timpano della faccia esterna è i)iccolo e più corto della larghezza del braccio, quello invece della faccia interna è di dimen^iioni maggiori e più lungo della larghezza I DEOAPODI GIAPPONESI DEI. MUSKO DI MUDANO 99 della taccia ; lungo il suo margine inferiore si trova una serio di peli sottili che si prolunga tino all'estremità del braccio. L'avambraccio e la mano sono arrotondati ed omo- geneamente granulati : le dita sono sottili, più lunghe del margine snperiore della palma, leggermente scanalate ed or- nate di granulazioni disposte in serie: esse combaciano solo nella parte distale e lasciano nel mezzo uno ìiiahia. Il mar- gine prensorio è granulato-dentato ed il dattilo presenta nel mezzo un lobo sporgente. Nella t'emmiiia i chelipedi sono proporzionatamente più piccoli che nel maschio ed il dattilo è privo del lobo mediano. Gli altri pereiopodi vanno regolarmente diminuendo di grandezza dal II al V. Tutti hanno i margini degli articoli muniti di lunghi peli oscui'i e radi. I meropoditi sono larghi, compressi e muniti sulle due faccie di un grande timpano. I dattili sono un po' compressi, leggermente scanalati, più lunghi dei propoditi e lievemente dentellati al margine anteriore, soprattutto quelli del secondo paio; i dattili dei quinti pereio- podi sono iin po' torti in alto invece che in basso. L'addome è di sette articoli in ambo i sessi. Quello del maschio è allungato, ristretto e sottile specialmente all'inizio del V segmento ; quello della femmina è allargato, ovalare ed ha il VII articolo più piccolo degli altri. Dimensioni in min. di un ^f; Lunghezza del carapace 9,2; larghezza dorsale 11,6; larghezza massima sopra l'inserzione dei pereiopodi 16; lunghezza del chelipede 25, del II pereio- podo 32, del III 30, del IV 26, del V 22. Dislrihnzione: Giappone (de Haan); Simoda (Stimpson); Na- gasaki, Baia di Sagami (Ortmann); Trincomali, Ceylon (Muller). Osservazioni. Non esito a mettere in sinonimia la S. tu- bercolata dello Stimpson, perchè la descrizione ch'egli dà corrisponde perfettamente ai miei esemplari che appartengono indubbiamente alla globosa del de Haan. Credo che lo Stimpson nel creare una nuova specie sia stato tratto in errore dalla cattiva tigura della Fauna japonica (Tav. XI, fig. 3), opera nella quale unitamente a delle figure meravigliose se ne tro- vano di scadenti. Degno di nota nei miei esemplari sopra citati è l'enorme sproporzione numerica fra maschi e femmine. Osservo in fine che la presenza di questa specie a Cejdon meriterebbe di essere riconfermata. 100 B. PARISI Gen. Myctiris Latreille. Myctiris longicarpus Latr. Mf/(-fin's lu/if/icarpns, Oitiiuuin, Zool. Jahrb. Sysf. v. 7, 1894, p. 748 h(/)i ffis/rih.). Mycliris hrcrii/ac/i/lifs, Stimpson, Smith. Misceli. Coll. v. 49, J907, p. 103, Tav. 13, fig. 4. (Nr. 1627) 1 rf, Formosa — A. Owston XI. 1905. (Nr. 991) 2 9, Australia — Miis. Godeffroy. Fain. Grapsidae. Gren. Grapsus Lamark. Grapsus grapsus (L.). Grapsus grapsus, Alcock, Journ. Asial. Soc. Bengal, v. ()9, 1900, p. 392 {ubi syn.). (Nr. 1602) 1 (^, Imazawane, Haia di Siiriiga — A. Owston 24. IV. 1903. Dhirihuzione: In fcutfi i mari caldi. Gen. Metopograpsus Milne-Edward.s. Metopograpsus quadridentatus Stimpson. Me topo g raps Ks ([uailridenlahis, Stimpson, Proc. Acad. Phila- delphia, 1858, p. 102 e Smith. Misceli. Coll. v. 49, 1907, p. 115. — De Man, Notes Leyden Mas., v. 5, 1883, p. 158. - De Man, Zool. Jahrb. Syst. v. 1897, p. 7(1. (Nr. ir.44) 1 c/" e 1 V' <''"'<• "icrid. — C. iirlloiti 1900. Distribuzione: Cina: Cum-sing-moon (Stimpson), Amoj*; Malakka (de Man). Gen. Pachygrapsus Randall. Pachygrapsus crassipes Randall. Pachyarapsus crassipes, Targioni Tozzetti, Crost. della Ma- (jenta, 1877, p. 131, Tav. 8, fig. 3. - De Man, Not. Leyden Mns., v. 12, 1890, p. 86, Tav. 5, lig. ll.^Ort- mann, Zool. Jahrb. Syst. v. 7, 1894, p. 708 [uhi ,/istrib.). (Nr. 1592) 1 J' Vokosuka — A. Owston 0. 111. 1905. (Nr. 1593) 3 cf e 5 $, 35" 13' N X ''^''" ^-^' ^'^ — ^- <'\^-*<""' -''• IX. 1902. I UECAPODI GIAPPONESI DEI, MUSEO DI MILANO 101 Gerì. Heterograpsus Lucas. Heterograpsus sanguineus (De Haan). Heteror/rap>iiis sarn/ìrinens, Ortmann. Zool.. Jahrlj. Sj'st., v. 7, 1894, 11. 714. (Nr. 15H7) 12 cf e 2 9, Yokosuka — A. Owston. Distrihuzìoììe: Mari cinesi, giapponesi ed Australia. Heterograpsus penicillatus (de Haan). Grap'ius (En'ocheir) pi?n'cìììa(us. de Haan, Fauna japonica, 1835, p. 60, Tav. 11, fig. 5. Heterograpsus penici lìatKs, Stimpson, Proc. Acad. Philadel- phia, 1858, p. 104. — Id. Smith. Misceli. Coll. v. 49, 1907, p. 126. — Ortmann, Zool. Jahrh. Syst. v. 7, 1894, p. 714. — Dofiein, Abh. Akad. Miinchen, v. 21, 1902, p. 664. Br"nt' ramsui, Formosa — A. Owston. Distribuzione: (^ina e Giappone. Gen. Eriocheir de Haan. Eriocheir japonicus de Haan. Grapsus {Erioelieir) japonicus^ de Haan, Fauna japonica, 1835, p. 50, Tav. 17. Eriochirus japonicus: M. Edw., Ann. sc. nat., v. 20 (3), 1853, p. 176. — Stimpson, Smith. Misceli. Coll., v. 49, 1907, p. 124. Eriocheir japo7iicus^ Kingsley, Proc. Acad. Philadelphia, 1880, p. 210. — Ortmann, Zool. Jahrb. Syst., v. 7, 1894, p. 716. -- Doflein, Abhandl. Akad. Miinchen, v. 21, 1902, p. 665. — Rathbun, Proc. U. S. Nat. Mus., v. 26, 1903, p. 24. (Nr. 77;S a secco) 1 ^f, Giappone — C. Robecchi 1871. (Nr. 78S) I ^, Giappone — C. K'obecchi 1871. (Nr. 1582; 2 c^, Yokohama - A. Owston 2. III. 1905. (Nr. 1583) 1 c/ Ikebashi, Oshima — A. Owston. (Nr. 1584) 6 cf e 1 9, Formosa — A. Owston 18. Xll. 1907. 102 M. I'AliISi Un (^ 'li Yokoliama li:i la chela sinistra minore della destra e j>ert'ettamente nuda su entrambe le faccie. Un giovane (/ di Ikebashi, lungo 28 mm., ha le chele pe- lose solo sulla l'accia esterna e nude internamente come 1' E. rectus Stinipson; deve trattarsi però di un carattere giovanile. Distrihìizio/ìe: Giappone. Eriocheir sinensis Milne-Edwards. Eriochì'rus sùiensis, Milne-Edvvards, Archives Mus. Paris, v. 7, 1854, p. 146, Tav. 9, fig. 1. — Id., Ann. se. nat., v. 20 (3) 1853, p. 177. Eriocheir shiensis, Doflein, Abhandl. Akad. Miinchen, v. 21, 1902, p. G65. (Nr. 1172) ì cf e 2 9, Cina meridionale — C. Bellotti 1906. (Nr. 1585) 1 $. Antung, Cina — A. Owston. I miei esemplari, il maggiore dei quali è lungo 37 ram., differiscono dal tipo figurato dal Milne-Edwards per avere i denti frontali ed extraorbitali ottusi e meno allungati. Distribnzioìie : Cina: Shanghai e Shasi a 1300 Km. dal mare (Doflein). Gen. Platygrapsus Stimpson. Platygrapsus depressus (de Haan). Grapsus [Pìatijììolns) (fepressus de Haan , Fauna japonica, 1835, p. G3, Tav. 8, tìg. 2. Platygrapsus depressus Ortmann, Zool. Jahrb, Sj^st. v. 7, 1894, p, 710. — De Man, Trans. Limi. Soc. Zool., v. 9, 1907, p. 392. (Nr. 1588) 3 cf e 2 9, Enosliima — A. Owston 1895. (Nr. 1031) 1 rf, Is. Goto — A. Owston 12. VI. 1906. Distribuzione: Mari cinesi e giapponesi. Gen. Utica White. Utica sinensis n. sp. (Tav. Vili, Fig. \). (Nr. 1655) 1 ,cf (Tt/pus), Cina — ('. |{.'ll,,tti IU(l(i. (Nr. 1656) I 9, Cina — C. Hellotti 1906. II carapace è compresso, un po' pi 11 lungo che largo, puntato e quasi perfettamente nudo nella paite superiore, I DECAPODI (JIAPPONESI DEI- MUSEO 111 MILANO 103 salvo qualche traccia di radi e corti peli in vicinanza dei margini. La fronte è orizzontale ed il suo margine è leggermente convesso nel mezzo, concavo lateralmente; gli angoli esterni sono poco sporgenti ed ottusi ; la largezza frontale è eguale ad un quarto della larghezza massima del carapace, I margini latero-anteriori sono suddivisi in tre denti: r extraorbitale è maggiore degli altri ed ottuso; il secondo è appuntito ed il terzo è molto più piccolo dei precedenti. I margini laterali, sopraoculari e frontale sono crenulati. Fio. 3. Ulìca sinensis n. sp. a massillipede esterno (X 3); // mano del (^ (X 2); e mano della ^ (X 4); il secondn zanijia anihulatoria (X 2). Le regioni non sono sporgenti e solo la cardiaca è bene delimitata; la gastrica non presenta nessuna conformazione speciale ed i lobi protogastrici sono appena segnati. Dal terzo dente laterale invece si dirige verso l'interno un rilievo tra- sversale leggermenle granulato. La parte latero-posteriore del carapace è fornita di due creste granulate, comuni ad altre specie: l'una si origina dietro all'ultimo dente laterale e si dirige obliquamente sopra l'intersezione dei quinti pereiopodi, l'altra è corta, submar- ginale e trovasi sopra all'attacco delle due ultime zampe. L'epistema è triangolare ed ha il vertice appuntito. Le an- tenne sono due volte più lunghe del peduncolo oculare. 104 lì. PARISI La cavità orbitale inferiormente è emarginata ed il sno lobo interno è triangolare e-l acuto. Il margine epistomiale continua lateralmente con una ci-esta granulata che termina circa all'altezza flel secondo dente marginale. I massillipedi esterni sono puntati ed hanno il carpo di poco più corto dell'ischio. I chelipedi sono eguali. Il braccio ha la faccia inferiore ed esterna tìneraente granulata, quella interna coperta di peli lunghi e fitti specialmente nella parte antero-inferiore. L'a- vambraccio superiormente è pìuntato ed è fornito di un piccolo dente all'angolo antero-interno ; la sua faccia interna è abbon- dantemente pelosa. La mano esternamente è liscia, jiuntata, rigonfia nella porzione palmare ed un po' incavata alla base del dito fisso; al terzo inferiore conserva la traccia di una cresta rilevata e puntata che si prolunga fino all'apice del dito fisso. Le dita sono puntate e fornite di piccoli denti sub- eguali ed arrotondati. Il margine inferiore della mano descrive una linea sinuosa. Tutta la faccia interna della mano e della metà prossimale delle dita è abbondantemente pelosa. Le zampe ambulatorie sono compresse ed allungate, spe- cialmente quelle del secondo e terzo paio. I meropoditi sono forniti superiormejite all'estremità distale di un piccolo dente Hubmarginale ; questi articoli, come pure tutti gli altri sono pelosi ai margini. I propoditi del primo e secondo paio pre sentano inoltre sulla faccia posteriore una frangia longitudi- nale di peli posta al tei-zo superiore. I dattili sono lunghi circa quanto i propoditi, moderatamente ricurvi e molto ap- puntiti: quelli delle ultime zampe sono più compressi degli altri. L'addome è triangolare; l'ultimo segmento è più piccolo degli altri ed ai-rotondato al vertice: il penultimo è un po' più largo che lungo. La femmina, che credo appartenga a questa specie e che probabilmente proviene da una località diversa perchè si tro- vava in un altro vaso, si distingue dal ^T P^^' i seguenti ca- ratteri. 1 chelipedi sono eguali, ma meno sviluppati. La superficie interna del braccio e dell'avambraccio è munita di pochi peli lunghi e radi. All'angolo antero-interno del carpo si trova un grosso dente conico. La mano è poco rigonfia e puntata; la cresta longitudinale al quarto inferiore della sua faccia esterna 11,5 10,2 19 16,5 4,8 4,3 30 41 39 26 I DECAFODI Ol.VPl'ONKSI DEL MUSEO DI MILANO 105 è molto mircata. 11 marcine sujiei-ioi-e della palma è allaigato e pianeggiante e sotto ad esso esternamente si trova un lieve incavo. Sulla faccia interna della mano i peli sono piuttosto scarsi e fitti solo nella parte centrale. La superficie esterna dei massillipedi e fornita di scarsi peli, mentre nel ^T è nuda. L'addome è allargato ed ovalare. Le uova sono molte numerose, ma piccole: diametro 850 ii. Dimeiìsioni : rf 5** Lunghezza del carapace 17,5 mm. 15,3 Larghezza extraorbitale Larghi'zza massima Larghezza della fronte Lunghezza II pereiopodi « III IV n V Gen. Varuna Milne-Edwards. Varuna litterata (Fabr.j. • Variuia ìiftera/a, Alcock, Journ. Asiat. Soc. Bengal, v. 69, 1900, p. 401 (uhi sijn.). - Kemp, Mem. Indian Mus. v. 5, 1915, p. 232. (Nr. 858) I -f e 9, Fiume Hugli, Calcutta — J. Wood Mason 1873. (Nr. 1629) 1 rf, Formosa — A. Owston 26. VII. 1907. Disfribuzione: Oceano indo-pacifico. Gen. Chasinagiiatus de Haan. Chasmagnatus convexus de Haan. Ocyporki {Chasmagjuilus) coitrexa, de Haan, Fauna japonica, 1835, p. 56, Tav. 7, fig. 5. Chasinag/ialKs convexus, Kingsley, Proc. Acad. Philadelphia, 1880, p. 222. — Ortmann, Zool. Jahrb. Syst. v. 7, 1891, p. 727. — Stimpson, Smith. Misceli. Coll. v. 49, 1907, p. 133. (Nr. 1648) 3 cf e 2 O, Hoshu — A. Owstou 2. IX. 1905. (Nr. 1619) 1 (/, Tauisui, Formosa — A. Owstou. (Nr. 1650) 3 (f e 1 O, ? — A. Owstou. 106 B. PARISI Lungo la taccia interna del braccio dei chelipedi si trova, al terzo inferiore, una fascia longitudinale di peli, che chiamo u spazzola di toilette n e che serve a pulire le regioni infero- anteriori del corpo da eventuali corpi estranei che restassero attaccati. Al margine inferiore della stessa faccia c'è nna cresta rilevata che sfregando contro la cresta dentata sotiooculare forma un organo stridulante. E degno di nota il fatto che la « cresta musicale " del braccio è pi*esente iuielie nelle femmine. Dislribuzione: Giappone e Isole Loochoo. Gen. Helice de Haan. Helice tridens latimera n. var. iTav. Vili, Fig. 3). (Nr. 16.51) 1 9 (Tupus), Cina — C. Hellotti l'.iOti. (Nr. 16'i2) I rj'' juv. o2 9> Fiume Tamsui Formosa — A.Owston. (Nr. I6.53J 1 9, ? — A. Owstoii. Il carapace è più arcuato in direzione antero-posteriore che trasversale. La regione gastrica e la cardiaca sono deli- mitate; il solco frontale è pfofondo od allargato anteriormente. La fronte è inclinata ed il suo margine è leggermente concavo nel mezzo. Il carapace è puntato nella paite posteriore, gra- nulato anteriormente: i granuli sono piccoli, non molto rav- vicinati e forniti di (gualche pelo, specialmente nelle parti marginali. Il margine frontale e sopraorbitale è crenulato ed un po' rilevato. I tre primi denti dei margini laterali (compreso l' ex- traorbitale) sono bene distinti ed appuntiti; il quarto dente è molto pili jiiccolo degli altri ed il (|uinto è rudimentale e segnato da una intaccatura marginale. Dalla base del secondo e terzo dente laterale partono due creste granulate ed oblique; l'anteriore è più marcata della posteriore, ma lunga solo la metà di questa. Una terza cresta consimile e sinuosa si trova sojìra all'articolazione degli ul- timi pereiopodi: essa si prolunga più in dentro verso la metà del carapace, ma si interrompe assai prima d'arrivare Rimar- gini laterali. L'ejjistoma e bene sviluppato e perfettamente nudo. Il lobo sottooculare interno è arrotondato all'estremità e munito di una cresta trasversale granulata. I DECAPODI GIAPPONESI DKI, MUSEO DI MILANO 107 La cresta sottooi'bitale è regolarmente arcuata ed omoge- neamente creriulata; il bordo siiboi-bitale ad essa sovrastante è tumido, granulato e coperto di \,e\\ corti. Il solco sottoorbitale è liscio e nudo. I massillipedi esterni sono perfettamente nudi e non pre- sentano che una frangia di peli lungo i margini liberi degli articoli e lungo la cresta obliqua niero-iscbiatica. Nei chelipedi il braccio ha la faccia esterna convessa ed ornata di piccoli granuli schiacciati dis[)Osti in serie trasver- FiG. 4. H. tridana ìatìnicra n. v.-ir. a inano «Iella O fx -r, h addome del rj' fX 'i)\ C addome della ^' (gr. nat.); d terza zanipa ambii latoria igr. nati. sali, la faccia inferiore è liscia e un po' concava, quella in- terna fornita di peli radi e di una frangia di peli fitti (u spaz- zola di toilette ") che decorre subparallelamente al margine inferiore ed anteriore: all'estremità distale del bordo inferiore di questa faccia si trova nel maschio una cresta submarginale, intera, tagliente e di colore oscuro; questa t: cresta musicale» sfregando a volontà dell'animale contro la cesta granulata sottooculare forma un organo stridulante. I margini esterni della faccia inferiore del braccio sono muniti di grossi granuli arrotondati. Il carpo superiormente è convesso ed un po' rugoso solo nella parte prossimale ed esterna; la sua faccia interna è piana e limitata superiormente ed inferiormente da due margini un 108 li. PARISI po' rilevati e finemente granulati; l'angolo antero-interno ter- mina in un grosso dente triangolare, sotto al quale si trova un dente più piccolo e conico. La mano è alta e moderatamente rigonfia: il margine su- periore è acuto, arcuato e crenulato-granulato; la taccia esterna è liscia ed il margine inferiore è cosparso di granuli com- pressi; la faccia interna è incavata alla base del dito fisso e rigonfia nel mezzo, ove presenta delle granulazioni che si estendono lungo il margine interno del dito fisso. Le dita sono liscie e solo nella parte superiore prossimale del dattilo si ti'ovano dei piccoli granuli ; esse terminano a cucchiaio ed i denti dei margini prensori sono simili ma non eguali. Le zampe ambulatorie sono compresse : i meropoditi sono allargati e portano all'estremità distale superiormente un dente acuto subapicale ; i carpopoditi sono poco angolosi; i dattili sono sottili, acuminati e lunghi circa quanto i propoditi misu- rati al margine superiore. Tutte le zampe ambulatorio sono nude, esclusa la faccia anteriore del propodite e la parte distale del carpopodite che sono tomentose nelle due |)rime paia di zampe. L'addome del maschio ha il VI articolo piii lungo che largo all'estremità; in quello della femmina 1 due primi se- gmenti sono stretti e corti : la loro lunghezza è due terzi di quella del III segmento. Diinensio/n ($): Lunghezza del carapace 25,5, mm., lar- ghezza extraorbitale 29, larghezza massima 32,5; lunghezza della mano 23, altezza della palma 15; lungh. del mero delle seconde zampe ambulatoi'ie 20, sua larghezza massima 8. Helice leachi Hess. (Tav. Vili, Fig. 2). Helice leachi, Hess. Arch. f. Nalur. 18G5, 31. Jahrg., v. 1, p. 153. — De Man, Zool. Jahrb. Sy.st v. 2, 1887, p. 702. — Rathbun, Mem. Mus. Comp. Zool. v. 35, 1907, p. 36. Helice pilimana. Milne-Edwards, Nouv. Arch. Mus. Paris, v. 9, 1873, p. 313, Tav. 18, fig. 1. (Nr. l(;54) (/cf e VV' Cliicliijiina, Is. i^diiin — A. Ow.stou 12. XII. 1903. I DKCAPOni GIAPPONESI DEL MUSEO DI MILANO 109 Il carapace è raodeiatamenle convesso e presenta solo tre denti marginali distinti, compreso l'extraorbi tale. La sua su- perlicie è tiuemente granulata e puntata e l'ornila di pochissimi peli. Sulle regioni l)rancliiali si trovano soltanto due creste granulate, una so[)ra alla base degli ultimi pereiopodi, l'altra anteriore parte dal punto dove dovrebbe trovarsi il quarto dente marginale. Lo stretto [)rolungamento anteriore della regione mesoga- sfcrioa è ben delineato da due solchi subparalleli. L' epistoma è tomentoso; gli articoli basali delle antenne ed il margine sottooculare sono abbondantemente pelosi. La cresta sottoorbitale è granulata nella parte interna, lo- bata esternamente. I massillipedi esterni sono abbondautememente })elosi , specialmente sull'ischio. I chelipedi nei maschi adulti sono molto sviluppati. I margini inferiori del braccio sono granulati; la taccia esterna è convessa e rugoso-granulala; la taccia interna è concava e fornita della « cresta musicale n presente solo nei maschi e della " spazzola di toilette ", che si riscontra in ambo i sessi. L'avambraccio è ruvido e granulato specialmente verso l'interno, ove però non forma una faccia piana come nella specie precedente; l'angolo antero-interno è bidentato : il dente superiore si trova all'estremità della cresta marginale granu- lata, quello inferiore può essere unico o seguito inferiormente da qu, lidie granulo. La mano è molto grossa; il margine superiore è poco acuto e quello inferiore arrotondato; la faccia esterna è tine- mente puntato-granulata e quella interna granulata nel mezzo. Le dita hanno l'estremità appuntita ed i denti del mai'gine interno sono subeguali. In quasi tutti gli esemplari sulla faccia esterna della mano al terzo inferiore si scorge, nella parte prossimale, la traccia di una cresta granulata. Esternamente, tra la base delle due dita, si trova una macchia di peli corti, che però ha un'estensione minore di quanto si osserva nella figura del Milne-Edwards (/. e. tig. 1 a). Consimili peli si ri- contrano alla base della mano in corrispondenza all' articola- zione del carpo. Nelle zampe ambularorie i meropoditi non sono allargati 110 B. PARISI e portano all" estremità distale un dente submarginale poco appuntito; i propoditi e carpopoditi, specialmente nelle tre prime zampe, sono angolosi e tomentosi; i dattili sono scanalati e non molto appun- titi. Nell'addome del maschio il \ìl arti- colo è molto ristretto ed il VI è largo alla base il doppio che all'estremità. Diinensioiu (fel cS' lìiayijiore : Lun- ghezza del carapace 22 mm., larghezza ex- traorbitale 22, larghezza massima 26,5; lun- ghezza della maiu) 2.5, altezza della palma 16, grossezza della })alma 9,8 ; lunghezza ^^ '' del mero delle seconde zampe ambulatorie Addome del ^ (X 2). 15^5^ sua larghezza massima 5,5. Dislribuzioite: Sydney (Hess); Nuova Caledonia (M-Edw.); Kusaie, Caroline; Oho Sima, Giappone (Rathbun). Gen. Sesarma Say. Sesarma haematocheir (de Haan). Grapaìis (Pachi/soma) haeii/afocJteir, de Haan, Fauna japonica, 1835, p. 62, Tav. 7, lig. 4. Sesarna haematocheir, de Man, Zool. Jahrb. Syst. v. 2, 18S7, p. 642. — Ortmann, ihid., v. 7, 1804, p. 717. - DoHein, Abhandl. Akad. Miinchen, v. 21, ]1»02, p. 665. JIolomelupKs haeinalochcir, Siimpson, Smith. Misceli. Coli. v. 49, 1907, p. i;-57. Holomelupus JijinalucJieirus, Targioni Tozzetti. Crost. « Ma- genta » 1877, p. 151, Tav. 10, lig. 1. Sesarma [I/olemelojjics) haemaluchcir, Katlibun, Proc. U. S. Nat. Mus. V. 26, 1903, p. 24. (Nr. 84.J) 1 Qp, Giappone — C. Robccchi 1S71. (Nr. 1032) 3 J', Yokoliaiiui — A. Owslou I. VI. IDuò. (Nr. 1(;:«) S (f a ì V. Misaki — A. Owstou \l. 1 l^oshii, Baia di Saganii — .\. (,)\vston. { DECAPODI GIAPPONESI DEL MUSE<» DI MILANI) 113 Pagurus impressus tie Haan. Pagurus iuipressìis, de Haan, Fauna japonina, 1849, p. 207, Tav. 49, fig. B. — Baiss, Abhaiull. Akad. Miuichen, II. Suppl.-Bd., 9. Abh., 191B, p. 40. Dar dan us it» presses Rathbun, Proc. U. S. Nat. Mus.. v. 26, 1903, p. 34. (Nr. 1572) 1 J\ Hahajiina. Is. Boniu — A. Owstoii III. 1904. II mio eseraplai'e, i)robabilraente perchè di grosse dimen- sioni (la chela sinistra è alta 2G mvì.) diffei'isce un po' da quelli descritti dal Balss. Così nel dito fìsso della mano sinistra i tubercoletti sono disposti irregolarmente e non formatto tre distinte serie. Il propodite del terzo pereiopodo sinistro ha la faccia esterna liscia e non cristata ed il suo dattilo inferiormente è ruvido, ma non spinoso. L'esemplare non conserva traccia di colorazione, ma pre- senta delle iridescenze madreperlacee nelle parti delle zampe che sfregano le une contro la altre. Dislribuzione: Isole giapponesi e Formosa. Eupagurus constans Stimpson. Eupagunis constans, Stimpson, Proc. Acad. Philadelphia, 1858, p. 248. — Id., Smith. Misceli. Coll. v. 49, 1907, p. 218, Tav. 24, fig. 3. — Henderson, Challenger Anomura, 1886, p. 67, Tav. 6, fig. 8, — Ortmanu, Zool. Jahrb. Syst., V. 6, 1892, p. 310. — Doflein, Abhandl. Akad. Miinchen, v. 21, 1902, p. 647. — Balss, Abhandl. Akad. Munchen, 11. Suppl.-Bd., 9. Abhandl., 1913. p. 55. (Nr. 1573) 5 -f e 1 9, Baia di Sagami — A- Ow.ston 1902. Tutti gli esemplari sono in gusci fatti AaXV Hydractinia sodalis St. Le uova hanno un diametro di 0.440 mm. Distribuzione : Giappone. Eupagurus ochotensis Brandt. Eupagurus ochotensis, Balss, Abhandl. Akad. Miinchen, II. Suppì.-Bd.. 9. Abh., 1913, p. 55 {uhi bihì. et distrib.). (Nr. I574I I 9 Hakodate, Hokkaido — A. Owston VI. 1906. 114 H. I'AKISI Fara. Coenobitidae. Birgus latro L. Birgus latro, Alcock, Cat. Indian Crust., 1905, p. 150 {uhi syn. et (ìisln'h.). (Nr. 1-^05) 1 O, Yayeyama, Looclioo — A. Owston 6. IX. 19U7. (Ni-. 1:204) 1 O, Is. Ruck. — A. Owstou 1890. CNr. 1206) 1 (f , Is. del Pacifico — A. Owston. (Nr. 656) I ^, Is. Sanjoa — Miis. Godeflfroy. Fara. Lithodidae. Gren. Hapaloga.ster Brandt. Hapalogaster dentata (de Haan) Hapaìogasler denlata, Balss, Abhandl. Akad. Miinchen, II. Suppl.-Bd., 9. Abh., 1913, p. 71 {nhi hihl. et distrih.). (Nr. 1579) 2 ^f. Enoshima — A. Owston 27. III. 1905. (Nr. 1580) 7 cf e 2 ?, Haia di Sagami — A. ()wst(ui 1914. Gen. Lilhodes Latreille. Lithodes maia (L.). Lithodes maul, Bonvier, Ann. So, Nat. Zool., v. 1 (8), 1896, p. 24 (itbi di at rib.). (Nr. 709 (I acero) 1 y, (liappone — C. Robecchi 1871. Lithodes turritus Ortra. Lithodes turriiNs, Ortmann, Zool. Jahrb. Sysl., v. (1, 1892, p. 320, Tav. 12, fig. 26. — Balss. Abhandl. Akad. Miinr hen, II. Snppl.-Bd. 9. Abh., 1913,' p. 73, Tav. 1, lig. 11. (Nr. 1.575) 1 cf, Marr di S;iganii — A. Owston 26. I!. 19()(i. Dislrifmziorie: Maie di Sagaini. PARISI, I Decapodl giapponesi, ecc. Atti Soc. Ital. Se. Nat., Voi. 57, Tav. Vili. I DEOArODl GIAPPONESI DKI. MUSEO DI MILANO 115 Gen. Ac.Ditholithus Stiiripson. Acantholithus hystrix (<\e Haan). Acantholìthus hì/strix, Balss, Abhandl. Ak;id. Miinchen, II. Suppl.-Bd., 9. Abh., 1913, p. 75. (Nr. 15S1) 1 (f. Mercato di Yokohama — A. Owstou. Distribuzione: Giappone. Milano, gennaio 1918. Spiegazione della Tavola Vili Fig. 1 — litica sinensis n. sp. ^ (x 1 72)- Fig. 2 — Heìice ìeachi Hess. ^T (g^*» nat,). Fig. 3 - Heìice triifens lafiniera n. var. 9 is^'- n^it-)- Dott. Adolfo Nadig NOTE SULLA FAUNA DELL'ALTA VALSESIA IL ORTHOPTERA. L' ordine degli Ortotteri, interpretato nel vecchio senso lato e cioè includendo le torme che oggiiìi la sistematica suole staccare quali ordini separati, non gode il favore del grande numero degli entomofili che preferiscono rivolgere le loro simpatie alle leggiadre farfalle ed ai coleotteri variopinti. Eppure le non numerose ma variate forme degli ortotteri, di una venerabile anzianità filogenetica sovente palese non solo in istrane ipermorfie ed atelie, ma anche in oscuri ed interessantissimi tratti biologici, non appaiono indegne della nostra attenzione. Certo gli Ortotteri delle zone montana ed al- pina, che qui ci interessano, non possono esser paragonati alle impressionanti forme esotiche e perfino i Fasniidi del mezzo- giorno, i Mantidi predatori ed i bizzarri Tryxdlis^ non rag- giungono le alte valli montane. E mai l'aria pura delle alpi venne offuscata da dense nubi di voraci cavallette, spettacolo funesto per le colture del mezzogiorno, per cui viene a man- care anche lo stimolo del pericolo agrario, che in quelle re- gioni richiama 1' attenzione sugli insetti di cui parliamo. Ma se una sol volta ebbimo la fortuna di accedere, nella seconda metà d' agosto, in giornata di luce e di sole, fra 1' o- lezzo della variepinta flora alpina, le ripide chine erbose dei nostri monti, quando dai rari cespugli risuona il lieto stridu- lio dei Locustidi e ad ogni passo si alzano davanti a noi inebriati, gli Slenobolhrus, i Caìiplanvx e più in alto i Pezo- tetlicc e Goìnphocerus, quando lo scuro Psoplivs e la grigia Oedipoda sollevandosi spiegano le ali posteriori di un rosso vivo o di un dolce celeste, dobbiamo pur ammettere, che questi esseri costituiscono una gaia e non inditfercnte nota di vita e di poesia nel fascino delle bellezze alpine. NOTE SULLA FAUNA I>KLL' ALTA VALSRSLV 117 Inoltre nessun altro gruppo d'insetti può esser seguito così facilmente nella sua evoluzione postembrionale. Gli olo- metaboli hanno sempre qualche cosa di misterioso; le loro larve sono troppo diverse dalle forme adulte, perchè noi ne sentissimo intimamente il connesso, tanto più che il peiiodo più interessante della loro evoluzione si svolge quasi sempre a noi invisibile, sotterra e nell' interno di un bozzolo. Gli Or- tottori invece per la cospicua loro grandezze ed estrema fre- quenza, si prestano ottimamente alle nostre osservazioni. All'inizio del mio soggiorno ad Alagna, nei primi di lu- glio, le forme adulte erano ben rare. Per il vero, debbo però subito aggiungere, che già ai primi di maggio, quando per un sol giorno mi recai lassù rivenni una specie di Ortotteri completamente sviluppata. Era la piccola Teltix' hi punctata, che evidentemente anche nella zona montata affronta corag- giosamente il lungo inverno allo stato adulto e che a quell' e- poca saltellava allegramente nelle erbose zolle che la neve aveva appena appena lasciate scoperte. in luglio trovai le prime Orfanie i giganti dei Fanerotte- rin/\ i maschi coi cerei fortemente sviluppati, che si incro- ciano sotto la piastra subgenitale. Osservo però sxibito che tale particolare, rilevato come caratteristico decisivo in opere sistematiche, uon costituisce regola assoluta e trovai troppi esemplari coi cerei al di sopra della piastra per ammettere che potesse solo trattarsi di deformità eccezionali. A quell'epoca i gravi e lenti ambulanti di questa specie, appartenevano esclusivamente al sesso maschile. Erano pochi e non stridulavano : evidentemente le fresche erbe novelle stavano loro più a cuore degli amori. Trovai questi primi pionieri in ambedue gli anni, localizzati nello stesso prato, ascendente a nord del paese verso la frazione Garuso e con favorevole esposizione al sole di mezzogiorno. Più tardi a metà e fine d'agosto, le Orfanie diventarono frequenti in ambo i sessi in tutta la regione, salendo anche con- siderevolmente in alto (-Alpe Stoffel inf. ca. 1800 m.). I maschi erano allora più vivi e principalmente se alcuni di essi aspi- ravano ai favori della stessa dama, il loro stridulio si faceva relativamente vivace. Ambo i sessi sono, eccettuate le rudimentali elitre giallo- rossiccie, di un bel verde che li rende quasi invisibili sullo Id 8 A. NADIO sfondo dei prati. Non comprendo come l'Houlbert qualifichi il maschio di color bruno e suppongo che egli giudichi in base ad esemplai'i di collezioni ove purtroppo il verde si cangiii in un triste e monotono gialliccio. Invece un vero campione di varietà di colori è il brigan- tesco Decticus vernirironifi, frequente ovunque nella regione. Partendo dalla colorazione normale verde macchiettato di nero, trovai tutta una scala di variazioni brunastre fino ad un me- lanismo assai pronunciato. Così lo Psophiis, nelle boscaglie della Sesia di un bel bruno caffè e latte, assume più in alto tinte fosche. Su un giacimento poi di rupi assai scure, verso Alpe Campo, rinvenni esemplari quasi completamente neri. A meta agosto regnano i Barhilisles e, mentre prima non se ne vedeva uno solo, ora essi mancano ben difficilmente sui cespugli, soprattutto su quelli di Ixahits. Fissi ed aggrajìpati coi forti tarsi ai ramoscelli, essi presentano come le Epìiip- pigere nella loro colorazione mimetica, qualche cosa delTim- mobilità quasi anorgainca dei camaleonti, che infatti sempre mi vennero in mente, osservando questa specie. Pertanto anch'essi si fanno ])iìi vivi nell'ejtoca degli amori ed ebbi più volte occasione di assistei-e ai preliminari con vivo scambio di antennate ed infine alla copula stessa. Trovai ogni volta che il sesso femminile costituiva la parte più forte ed intraprendente, mentre che il maschio subiva spesso un trattamento poco riguardoso già al principio del convegno, ma soppratutto verso la fine, quando il maschio appariva esaurito di forze dalla produzione dell'enorme spermatoforo che rima- neva appeso all'inizio ventrale dell' ovopositore della femmina. Non ho ifivece mai potuto constatare che la femmina di Barbitistes avesse aggredito dopo la copula il maschio jier farne cannibalmente il proprio pnsto, misteriosa e barbara usanza, purtroppo sovente constatata presso altre specie delle antichissime stirpi dei Locustidi e dei Mantidi. Forma tipica dell'elevata zona alpina è VAnalofa [A/iofi- conotuf: Cam.) che rinvenni frequente in agosto e settembre sulle falde erbose fra 2000-2400 m. soprattutto nell'alta valle d'Otro. Le femmine più grandi e di colore verde più vivo ricordano nell'asi^etto il bijou del pimin. il Thainiiotrizon Chabrieri. Disgraziatamente anche qui il vrrdt- è il colore più deperibile ed il substrato di pigmento rosso-vinoso ottiene NOTE SULr^A FAUNA DELL' Af/FA VAF-SESIA 119 presto, principalmente negli esem[)la!Ì conservati nell'alcool, il sopravvento. Negli acrididi mancano Cdinpletamente le grandi torme del piano. Veri rappresentanti della zona montana sono i Pezo- tettix, varie speci di Slaito/jufhrus e di (jloinphocerus, qnesti ultimi nella specie s/biricus, col tipico ingrossamento del pro- noto e delle tibie anteriori dni maschi, una manifestazione di dimorfismo sessuale, che non incontriamo più in alcuna altra specie degli Ortotteri nostrani. Limitate a poche specie sono i lilatlidi, nelle quali è rimar- chevole 1' Kclohia lappoNÌca che si scosta considerevolmente dall' habitus tipico, costituendo quasi una forma intermedia fra le specie ìapponica e ìirlda. Mancano complelamente, almeno all' apoca del mio sog- giorno, i GriUi-U. Delle Forfh'uìarie o Der malteria non trovai con mia sor- presa né la piccola hahia uè V A/iechicra, che in Isvizzera sostituisce ovunque la Forflcicla nelle zone più elevate. Tale compito nella nostra regione viene piuttosto assunto dalla Chelidura aptera, frequente sotto ai sassi nei pascoli alpini. Ai primi di luglio le Forficole (Gren. Forficiila) n-on erano frequenti, ma generalmente rappresentate da individui adulti. Ritengo da questo fatto che erasi ultimata allora, o poco prima, 1' evoluzione della scarsa prima generazione, discendente da uova dello scorso autunno oppure da femmine feconde ibernate. Trovai però anche allora, ripetutamente, vere nidiate e cioè numerose forme larvali e ninfali custodite da una femmina adulta, ma naturalmente non avevo mezzi per accertare se trattavasi d'i ritardatari della prinia, o di pionieri precoci della seconda generazione. Verso la fine d'agosto poi, ed in settembre, la frequenza delle forficole diventava straordinaria e ne presumo che allora la seconda generazione dell'anno aveva raggiunto la maturanza. In ogni cavità del suolo, sotto sassi e corteccie, nelle muraglie ed in tronchi d'alberi, ovunque si rinvenivano colonie nume- rosissime, anzi veri mucchi di foi'ficole, fra le quali non man- cavano mai esemplari appena mutati, bianchi come l'avorio. Assai sovente accertai queste colonie nei formicai, soprat- tutto negli acervi della Formica rufa R. lru»cicola Nyl., ma benché le foriicole occupassero non solo le vie d'accesso, ma 120 A NADIO si fossero proprio insinuate nelle camere interne del nido, ritengo si trattasse di seni])lice utilizzazione dello spazio acces- sibile, senza ullerinri ra|)porti simbiotici colle tormiche. E notorio che le lorticole, cacciattori notturni, si Hccano di giorno in qualsiasi cavità che si offre loro per nascondiglio e credo dovuto a tale istinto lucifugo l'accesso ai formicai. Probabilmente è pure attribuibile ad esso la triste fama delle forticcie di invadere con ostilità speciale le orecchie del- l'uomo, fama questa che trova espressione nelle denominazioni popolari di quasi tutte le nazioni: (perce oreille, Ohrwurm, ear-wings, gasano de l'oido ecc.) e che rilevai pure profonda- mente radicata nella mentalità della popolazione contadina della vallata. Da parte mia non vorrei escludere che a chi placida- mente s'addormenta in aperta campagna, possa capitare che le forficole, come potranno insinuarsi sotto gli abiti, possono anche addentrarsi occasionalmente nella cavità dell' orecchio, ma non vedo alcuna ragione perchè l'insetto debba tendere con preferenza spe*5Ìale e premeditata ad invadere il nostro organo uditivo. Per quanto poi riguarda 1' interjjretazione del consueto accentramento di numerosi individui in un nascondiglio, dob- biamo ammettere, che non si rende palese alcuna manifestazione di una cooperazione di carattere sociale o collettivo. Tale agglomerameiito si ridurebbe dunque ad un incontio perfet- tamente casuale di molti indivithii in un rifugio conveniente. Eppure mi sembra che quest'ultima spiegazione non possa soddisfare di fronte al troppo regolare e manifesto fenomeno della comunità che si riscontra ovunque, quasi senza eccezioni. Tenendo presente, che come lo sviluppo postembrionale di questi insetti paurometaboli si svolge quasi invisibilmente, anche biologicamente l'adulto conti)uia quasi invariala la vita ninfale, tenderei a credere che noi ci troviamo qui di fronte alla continuazione istintiva di un' abitudine acquisita ed inve- terata durante il periodo larvale e ninfale, nel quale, come è noto, la madre tiene premurosamente riunita la stirpe attorno a sé. Contrariamente alla suesposta negazione di ogni comunità, non mancherebbe dunque una debole manifestazione di istinto sociale o almeno l'intuizione TA VALSESIA 121 Se quest' ultima iriteipretazione è giusta, le cure della madre che ci presenta l' eseiupio. rai-u ne ;U insetti, di una custodia materna attivissima diii-aiite (juasi 1' intero sviluppo postembrionale, non sarebbero del tutto prive di una certa influenza di carattere intellettuale sulla tigliolanza. E sarebbe constatazione consolante di fronte alla lugubre usanza — con- fermata da diversi autori — che la prole divori la madre morta o moribonda, quando, compiuto l'arduo compito di tute- lare lo sviluppo "della figliolanza, essa spegne nel nido la laboriosa sua vita. Fu pure solo in agosto che ho potuto constatare il noto polimorfismo dei maschi, dei quali numerosi individui presen- tano le forcelle anali enormemente ingrossate, sorpassanti in lunghezza la metà del corpo intiero r^ell'i nsetto. Tale modifi- cazione non ebbe finora spiegazione plausibile. Non trovai che pochissimi individui che potevano essere interpretati quali forme intermedie, mentrechè, nel grande numero, i due tipi risultavano net ameiite divisi. Esaminando gli Ortotteri raccolti circa la loro facoltà di volo, rileviamo una tendenza assai pronunciata di riduzione degli organi di volo. La seguente tabella, con dati estratti dalla distinta che segue in fine delle presenti note ne dà più visibile illustra- zione : Genera. Totale delle Specie Due paia d'ali normal- mente svi lappate Ali raccor- cialf, 0 nor- mali solo in un sesso Ali rudi mentali inette al volo 1. Forfìcuìa 1 1 1 2. Chelidura 1 — — 1 I. Fani. Forficulidae 2 1 — 1 3. Periplaneta . 1 1 4, Ectobia .... 2 3 2 3 — II. Fam. Blattidae — 5. Slenobolhrus 5 4 1 6. Gonijìhocerus 1 1 — — 7. Tetlix . 1 1 1 — — 8. P so pini a 1 1 _.- — 9. Oedipoda 1 1 — — 10. Peiotettix i 3 — — 3 11. Chri/so e li ra o 1 1. 1 1 13 8 1 1 III. Fam. Acrididae 4 12. Locusta .... 1 1 13. Decticus 1 1 — — 14. Orphan ia 1 — — 1 15. Barhilistes 2 — — 2 16. Thamnotrizon 3 — — 3 17. Pìatycìeis 4 — 1 3 18. Rhacocleis 1 — 1 19. Anfaxius 2 — 2 20. Aiialota 1 — — 1 IV. Fam. Locustidae 16 2 1 13 Ricapitolazione delle Famiglie I. Forficulidae 2 1 — 1 ir. Blattidae 8 ' — ?, — IJI. Acrididae 13 8 1 4 IV. Locustidae 16 2 1 13 Totale delle Famiglie 34 11 5 18 NOTE SULLA FAUNA DKLL' ALTA VALSESIA 123 Rileviamo dunque che su un totale di 34 specie, solo 11 hanno conservato in ambo i sessi due paia d'ali complete; 5 specie presentano ali raccorciate o normali solo in un sesso, ed in non meno di 18 specie, la riduzione delle ali ha raggiunto uno. stato rudimentale che esclude ogni possibilità di volo. La percentuale totale di questi ultimi risale al 53 "/^ circa. I migliori volatori tra gli Ortotteri soiio gli Ac i àfidi ed infatti troviamo per questa famiglia il numero delle specie con ali totalmente rudimentali ridotto a 4 su un totale di 13 specie. Però proprio i generi della famiglia che si distinguono mag- giormente quali buoni volatori [Acridiut/t, Pachytilas, Para- pleurus, Tri/valis ecc.), non raggiungono la zona alpina. Dei generi Oedipoda e Psophus, ambedue con le ali bene svilup- pate, il primo non è rappi-esentato nella regione che da una sola specie non troppo frequente. Nel secondo, pure unica specie, l'obesità del corpo, jjrincipalmente nelle femmine, ci fa subito })resumere che le ali costituiscono p.ù un rinforzo della facoltà di salto, che un organo indipendente per prolun- gati voli. Negli S/eNofjolhrics riscontriamo già diverse specie con ali raccorciate, fenomeno maggiormente pronunciato nei Chry- sochraon , ed il genere Pezoleilijc , forma ti[)ica montana, presenta in tutte le specie ali completamente ridotte. In generale si ha 1' impressione che nella famiglia degli Acrididi, anche filogenicamente più recente, il fenomeno non sia ancora molto avanzato. Ne è testimone il non raro riscon- stro di individui con ali discretamente sviluppate in specie che di norma le hanno fortemente ridotte {SleiiobothruH, Cìtry- sochraon). Nei Blattidi incontriamo la riduzione alare limitata alle femmine, e tale tipica manifestazione di dimorfismo sessuale 0 ginoneia, risulta uniforme in tutte le specie. I Dermatieri sono cattivi volatori. Il genere For/icula, nel fondo della valle ha le ali anteriori ridotte a brevissime semi- elitre, ma quelle posteriori ben sviluppate e non inette al volo. Nel genere Chelidura delle regioni più elevate, sono invece sparite le ali e le brevissime elitre appaiono saldate al torace. Rimane la famiglia dei Loculi idi dove troviamo il feno- meno [)iù pronunciato che mai e precisamente su un totale di 124 A. NADIO 16 specie non meno di lo inette al volo. Unicamente i generi Locifsla e De-^l/cas hanno le ali normalmente sviluppate. Nei Platijcleis riscontriamo già la maggior parte delle specie con ali raccorciate. Qui il fenomeno sembra in piena attività e si constata ogni scala fti riduzione alare, non solo nelle diverse specie, ina sovente anche fra gli individui di una specie. Tutti gli altri genei'i dei Loi-aslidi hanno le ale completamente rudimentali. Quali conclusioni ci consentono i dati statistici suesposti? Ricapitoliamo : 1. Per gli Ortotteri in generale: Flvidentemcnte non è a base delle poche foi'me nostrane che si può interpretare e valutare l'importanza del fenomeno per l'ordine degli Ortotteri in generale. L'egregio prof. Bezzi ci ha presentato ultimamente una lucida sintesi della i-iduzione alare nei ditieri e sarebbe assai desiderabile un'analoga com- pnlazione per gli Ortotteri, basata su ampio materiale e su diligenti studi in rapporto alla morfologia, biologia e distri- buzione geografica di (questo f)rdine. Limitiamoci dunque a brevi appunti : L'antichissimo ordine di\gli Ortotteri, derivante da forme paleologiche, con 4 ali regolari poco differenziate, presenta su vasta scala il fenomeno della riduzione alare. Quest'ultimo sembra si svolga identicamente come in altri ordini, iniziandosi con la rudimentazione delle ali posteriori. Il genere Forficula che con elitre ridotte, presenta ali svilup- pate, costituisce un eccezione o meglio una tendenza in senso tutto speciale, paragonabile a quella degli Statilinidi nei Coleot- teri. Il processo risulta già molto progredito nell'ordine degli Ortotteri, che generalmente [)i-esenta più di ogni altro ricco svilupjjo di ipermorlie, atelie e pei'lino iperatelie. A quello, puramente negativo, della rudimentazione, si aggiunge in molti casi il processo positivo della sostituzione dell'organo divenuto rudimentale, con un altio di lìinzidne diversa. Cosi va interjH'etata la trasl'ornuizione dei mozziconi delle elitre nei locustidi in organi di stiidulazionu relitti vamente compli- cati. 0 meglit», la st ridubizioue, che già nelle l'inine ad ali NOTE SULLA FAUNA DELL' ALTA VALSESIA 125 normali risulta localizzata nelle elitre, quale funzione secon- daria, diventa qui funzione primaria con organo proprio ed esclusivo. 2. Per gli Ortotteri della zona montana: Se in via iLj;enerale abbiamo dovuto limitarci a pochi e som- mari appunti, il risultato delle forme trovale, ci permette invece di atìermare positivamente, cite il fenomeno di riduzione alare raggiunge ano stato di forte aumento /iella zona mon- tana. Certo non si tratta di un processo limitato esclusivamente a questa. Troviamo forme colle ali ridotte in piena pianura (Platyplii/nia) sulle spiagge marine (A/tisolahis) localizzate esplicitamente a questi ambienti mentre che altre sono comuni alla fauna del piano e della montagna (Thaninotrizonj Anta- vius etc.). Ma confrontando nella loro totalità le specie nostrane della pianura con quelle rinvenute nella zona montagna che ci interessa, risulta innegabile il maggiore sviluppo del feno- meno nella regione elevata. Questa regola fu del resto ampia- mente constatata anche in altri ordini d'insetti (p. e. Nebria nei coleotteri ecc.). A spiegare il sucitato accrescimento, mancano pur troppo dati convincenti. Certo il clima più rude, la stagione estiva più breve della montagna, colle sue notti fredde, non di rado gelate, le forti ed improvvise intemperie che possono portar la neve in ogni mese dall'anno, sono coetficenti che devono eser- citare una certa influenza. Chi ha osservato in montagna come gli insetti pernottanti sui tiori, si destano penosamente nella mattinata e come principalmente le loro ali intirizzite hanno difficoltà a riaversi ha dovuto farsi il concetto che tali organi, gracili e sensibili, devono soffrire più di ogni altra parte del corpo delle velleità del clima boreale. Ne risulterebbe che l'insetto privo di ali, ma coperto ijiteramente a guisa di sca- tola di conserve, da un tegumento cuticolare saldo ed uniforme, si trovi meglio equipaggiato delle forme alari per affrontare le intemperie della zona montana. D'altra parte però non pos- siamo tacere, che la fraquenza di esseri alati gracilissimi, soprattutto ditteri nematoceri, nelle estreme regioni nivali, si lascia difficilmente coordinare col suesposto ragionamento. E notorio che in montagna quasi tutti gli insetti cercano 126 A. NAUIG riFiigio sotto terra o almeno sotto i sassi, persino quelli che ill pianura non si rinvengono mai in tali ambienti. Ora la vita sotterranea non acconsente ali sviluppate. Ne sono prova le ali caduche delle formiche sessuate, che apjtena ebbero a servire al tripudio del volo nuziale si staccano automatica- mente o vengono intenziunalmente strapjìate dalle tenimine stesse. Queste nella ulteriore loro vita sotterranea, non salireb- bero farne uso ed anzi ne sarebbero ostacolate. Ricordiamo inoltre i venti impetuosi della montagna, che dobbiamo pure interpretare quali coetficenti contiari o diret- tamente proibitivi dei lunghi voli. E forse tali voli possono anche ritenersi superflui in quelle zone, dal momento ciie ogni specie trova immediatamente realizzate sul luogo, le condizioni essenziali ili vita, di nutrizione e di proliticaziune. Ma anche a questa massima sorgono eccezioni nelle forme che per il loro modo di vita richiedono più vasto ambiente. Richiamiamo qui alla memoria i generi Deciicus e Locus/u, le isolate forme nei Locustidi con le ali completamente svi- luppate. Biologicamente infatti questi due generi, eminente- mente predatori ed esclusivamente carnivori, si scostano alquanto dagli altri Locustidi, che godono fama di pacitici eidjivori, benché la maggioranza di essi U'jn disdegni occasionalmente il regime carnivoro. I predatori per accapairarsi il quantitativo di preda vivente e mobile richiesto dalla loro enorme facoltà digestiva, sono costretti a percorrere una r gione di caccia non troppo limitata. .*\ tale se qjo in tutti gli ordini degli insetti, essi sono provvisti di ottimi organi di locomozione, e ci sembra lecito ritenere che la conservazione delle ali nei Declicus e Locusta, sia da interpretare in connesso coi loro costumi rapaci. La famiglia dei Locustidi, con questi soli due generi car- nivori eccezionalmente alati, apparirebbe dunque quale evi- dente conferma della tesi generale sostenuta, che i fenomeni atelici risultino meno sviluppati nei carnivori, che nelle forme fìfcofaghe. Aggiungasi però subito che se prendiamo di vista la tota- lità degli Ortotteri nostrani, tale norma non risulta più cosi limpidamente realizzata. Abbiamo già osservato che la fama d'erbivori che hanno i l^ocustidi non è perfettamente incon- testabile — le Porticole sono prevalentemente carnivore ed i NOTR STTLLA FAt'NA DKIj/ AI/l'A VALSESIA 127 Blattiili onnivori. — Ora in tutte ques^te famiglie non fìtofaghe. la riduzione alare ha raggiunto uno sviluppo molto avanzato, mentre che proprio la famiglia degli Acrididi, l'unica salda mente fltofaga, ci presenta la più grande resistenza al pro- cesso di rudimentazione. E evidente che in quest' ultimo caso è la minore eia tllogenetica che ha influenza decisiva e non il regime di nuti'izione. Ci rimane inline la breve considerazione di un altro com- pito importantissimo nella vita degli insetti: la diffusione della specie. Qui le ali ci sembrano non solo opportune, ma quasi indispensabili. Si può però presumere che in montagna tale compito si realizzi sovente involoniariamente con le cor- renti d'aria e con i torrenti impetuosi che trascinano numerosi insetti al piano. Ed in senso contrario funziona, con risultato certo non trascurabile, l'incessante accesso di forme dal basso all' alto . E lecito ritenere che quest' ultima migrazione si compia negli Ortottei-i soprattutto da parte delle larve mobi- lissime, che senza le preoccupazioni del periodo di maturan^a (amori, ovoposizione), percorrono liberamente ben più vasto terreno degli adulti. ORTOTTERI RACCOLTI NELL'ALTA VALSESIA E PRINCIPALMENTE NEL TERRITORIO DI ALAGNA NELL'ESTATE 1917 Ordo ORTHOPTERA (in sensu lato). Pam. ForiìCUlidae (Dermaptera). 1. Forficula auricularia It. — Frequentissima ovunque nel fondo della valle. 2. Chelidìira aptera Meg. — Sostituisce la precedente nelJe alpi. Frequentissima sotto ai sassi sopra Alpe Preru, ca. 2000 m. Fani. Blattìdae. 3. Peripìanela orientalis L. — Cucina d'albergo. 4. Ectobia lap panica L. 5. Ectobia livida L. — Le specie 4 e 5 sono sparse per ttitta la regione principalmente nel terreno coperto di foglie 128 A. NADIO del bosco dei faggi e boscaglie della Sesia. Sono tVeqneiiti torme che sembrano intermedie ira le due specie. Fani. Acrididne. Sottofain. Tettiginae. 6. Tettix bipimclatìis L. — Frequente al fondo della valle, ma sale anche considerevolmente (sopra Alpe Bors, Alpe StofFel infer.). Passa l'inverno allo stato adulto e si rinviene già in primaveia. Sottofam. Oedipodinae. 7. Oedipoda coerulesce/is L. — Non è frequente nella regione e la trovai unicamente sui pendii erbosi e rocciosi a sinistra della Sesia tra Alagna e Riva. 8. Psophus sfridiilns L. — Frequente in tutta la zona, ma con variazioni fortissime nella grandezza degli indi- vidui, nonché nella colorazione. Sottofam. Tryxalinae. 9. Gomphocerifs sihiricus L. — Val Otro sup. - Corno Stotfel - Passo Foritz. Praterie alpine 1800 a 2000 m. 10. Stenobothrus tnìniatiis Charp. — Praterie montane di tutta la regione. 11. Slefiohothnis moria F. — Come la precedente. 12. Slenohothrus dorsatus Zett. — Alpi Bors e Stotfel, terreno ])iuttosto paludoso. IB. StenoboHirìis paraìeiins Zett. — Boscaglie della Sesia; sopra Molila. 14. Sfenobolhivis viriduhis L. — Alpe Campo. 15. Chri/sochraoìì hrachyplerus Ocsk. — Boscaglie della Sesia. Sottofam. Acridinae. 16. Pezofpllix mendax Fisch. — Rusa sopra MoUia a ca. 1000 m. 17. Pezolellix aìpinus Roll. — Alta valle d'Otru. Val Artogna. 18. Pi-zo/ellis pedealris L. — Colle d'Olen, raccolto in Agosto 1916: sembra raro. NOTK SULLA FAUNA DELL' ALTA VAI-SESFA 129 Fam. Ijocusticlae. Sottoiam. Phaneropterinae. 19. BarhUisff's serricmida Fabr. — Cespugli. Salita verso Alpe Zum Esel. 20 lìarbitisles Ver.fifii Bi'un. — Valle d'Otro interiore. Cespugli specialmente di Rubus. 21. Orpha/ìHl deìiiicanda Charp. — Frequente nelle pi-aterie dal fondo della valle tino alle Ali)i inferiori. Sottofam. Locustinae. 22. Locìiata l'iridissiiiin L. — Frequente alla fine d'agosto nelle boscaglie della Sesia e nelle praterie montane. Sottofam. Decticinae. 23. Det'tirus rerriccivorf/s L. — Boscaglie, praterie tino alle alpi. 24. Phifi/cìeis f/rhea F. — Praterie a sinistra della Sesia fra Alagna e Riva. 25. Platycleis Roeselii Hag. — Bassa valle d'Otro. 26. Pìafì/cìeisi hrachyptera L. - Cespugli sopra la frazione Garusio. 27. Pìatycleis Saussurea Frey-Gessner - Bassa valle d'Otro. 28. Tliamnntrizon cJnereus L. — Frequente ovunque sui cespugli e nell'erba. 29. Thamììotnzon ((pfeivis F. — Valle d'Otro ; pendii a sinistra della Sesia. 30. Tìiamnolri:on Ji/oraìis Fieb. -- Valle d'Otro. 31. RhacocJeis, diacrepans Fieb, — Sotto frazione Garusio, boscaglie della Sesia. 32. Antacriiis Briunieri Krauss. - Boscaglie della Sesia, Valle d'Otro. 33. Anfaxìus 'pedeslris Fabr. — Valle d'Otro. 34. AnaJola alpina Yers. — (Anonuonotus Cam), Alta valle d'Otro, Passo Foritz. 130 A. NADIO - NOTE SULLA P^AUNA DKLL' AI/FA VAT-SKSL\ SPECCHIETTO RIASSUNTIVO. Sul). l'am. Fam line -, Gen. ] Spec. Gen. 1 Spec. Fani. Forficulidae — 2 2 7 9 2 n Blattidae .... 1 2 7 3 2 Sotfcof'ara. Tettiginae :: Oedipodinae . 1' Tryxalinae r Acridinac 1 2 3 1 Fam Acrididae . . • 7 13 13 Sottofam. Phar/eropferiìiae 11 Locuslinae 2 1 G 3 1 12 Fam. Locustidae. 9 16 10 Totale de Ile 4 fai niglie 20 33 Emilio Repossì I MINERALI DELLA VALLE DELLA GAVA NEL « GRUPPO DI YOLTRI r. UNA NUOVA VARIETÀ DI TALCO La valletta della Gava è tributaria di destra del torrente Cerusa, che si getta in mare appena ad occidente di Voltri. Essa scende verso est dal Passo della Gava, tra il M. Tar- dia ed il M. Reisa, ripida e dirupata, con paesaggio a mo- venze alpine, scavata interamente nelle serpentine del co- sidetto gruppo i-narono recisamente al- l'antico concetto che le rocce ofiolitiche ad oriente e ad occidente della valle della Chiaravagna, con le l'orinazioni che le inclu- dono, appartengano ad un'unica serie. E questo concetto riba- dirono poi studiando il cosidetto massiccio crislaììino lignre. in corrispondenza del quale, compreso entro due superficie di car- (t) Nella citata opera deiriasEL: Ligii/ia geologica e ■preistorica è riassunta la qucstioiic riguardante il riferimento eronolo|,'^ic(> e le relazioni reeiproelie (ielle l'ur- inazioni ofiolitifere di Voltri e del.'Apeniiino ligure orientale, lino .ul lS'.i'.i. (2) L. Parkto. Oenpva e H Genovexalo. Genova, 1810. (3) B. Gastaldi. Studi geologici sulle Alpi occidentali, Mem. jie-r servire alla descr. della carta geologica d'Iialia; voi. I. Kirenze, 1871. (4) .\. IssEL e L. Mazzuoli. Mota sulla zona di coincidenza delle Jorniaziont o.nolitiche eocenica e triasica della Liguria occidentale. Boll. R. Com. Geol , Roma ISSI. (51 Vedi ad es., F. Sacco. L' Appennino settentrionale. Roma, 18y2. (t. rovkrkto. La zona di ricoprimento del Saixmese e la i/ues/ione dei c/Ice- scisti. Boll. Soc. Geol. Ital,, XX Vili, fase. 2, l'.)0'.). (b) S. FuANciii. Ancora sull'età mesozoica della zona delle ìUetre rcrd' nelle Alpi Occidentali. Boll. R. Com. Geol., Roma, 1901. — La zona delle pietre verdi fra l'Ellero e la Bonnida e la sua continuità fra il gruppo di Voltri e le Alpi Cozie. Boll. R. Com. Geol., Roma l'JC6. (7j I'. Tekmiek et J. BoLssAc. Sur l'existence dans V 'Apennin ligure au XO de Génes d'un passage lateral de la serie cristallophyllienne dite des sc/tistes la sire's à la serie oplUoUtique de l' Apennin. C. R. de l'Ac. d. Se. ; Paris Itìll. I MINERALI DELI, A VALLE DELLA OAVA, ECC. 135 reggiameiito e /uiiipe esso stesso, verrebhe secondo ({uegli Autori a porsi il confine tectonico tra le Alpi e l'Apennino ('). Le formazioni ofìolitiche sarebbero dunque interamente apejininiche. [j'opinione del Termier e del Boussac appare accolta inte- gralmente dall'Argand ('^) e parzialmente dal De Stefani, (^) in pubblicazioni successive. Mentre gli autori francesi ammettono infatti che le formazioni oiiolitifere ad oriente e ad occidente della valle della Cliiaravagna differiscano tra di loro solo per il diverso grado di metamorfismo e formino un' unica se- rie comprensiva mesozoica-eocenica, il De Stefani conviene nell'idea che la serie sia unica ma la ritiene tutta riferibile all' eocene. Secondo questi autori, unanticlinale diretta all'incirca da nord a sud, i cui nuclei sarebbero rappresentati dalle masse calcareo-dolomitiche triasiche allineate fra Sestri Ponente e Voltaggio, segnerebbe il confine tra due facies diverse della stessa formazione, la quale presenterebbe ad ovest un metamor- fismo assai più profondo che ad est della suddetta linea. Il pas- saggio dalla facies normale alla facies metamorfica, affermato senz'ombra di dubbio da Termier e Boussac {*), sarebbe anche assai rapido. A tale opinione oppose il Franchi C") una serie di argo- menti, riaffermando in sostanza la separazione tra le due for- (1) p. Tekmiek et J. Boussac S/ir ù's ni ijl unites de la règinn rie Sapone. C. R. (1. l'Ae. (1. Se, voL 152; Paris. 1911. — Sur le caractère exotique du complexc de {ineiss et de ijranite que /' un a nrpeté le massif crist'illin IHiure, et sur la S('parntìon de r ^vcnnin et des Alpes. C. R. d. l'Ac. d. Se, voL 152 ; Paris, 1911. — Le masSìf crìstatlin lUiure. BnH. Soi-. (iùol. de France, '1" sér., i. XIL ii. óG; Paris, 1912. (2) E. Argano. Les nappes de recoucrenienl des Alpes Occìdentales et les ter- ritoires environnants. Essai de carte strucltirale, et coupes ge'nloyiques annexes. .Malrr. pone la Carte S'<^<»1- ile 'a Suisse, iiouv. sèrie, livr. XXVII, carte sjieciale ii. CìA, et table ;iniiexe ii. IV, protils n. 13-14. Berne, l'Jll. (3) C. De Stefani. I.a zona serpentùiosa della, IJqv.ria occidentale. I. Kend. R. .\ec. d. Lincei, Roma, maggio liti 3. (I) P. Tku.miek et J Boussac. Hue V existence etc. Pus- 1364: >< En réalitc, il y a jMSsaae {/raduel, iì:\v ;?raduelle invasion de cristallinilé, entre la serie apen- nine et la sèrie des schistes lustres. Nos observations à cet égard ne nous out lai.ssé le nioindre doute ». (5) S. Franchi. Relazioni preliminari sa Uà ciiini^aijna (leologira dell'anno l'JIl. .[pennino Hijure. Boll. R. Com. Geol., \\)\->. — Suirefà delle pietre verdi del (jruppodi \olln nelì' .{pennino genovese. Boll. Soc. (Jeol. Ital., voi. XXXIV, -l\ Roma, 1915. 136 E. UEPOSSI mazioui otiolititere. La formazione dei calcescisti con pietre verdi di Voltri non si può, secondo questo autore, staccare dalla zona delle pietre verdi mesozoiche delle Alpi occidentali, con la quale è senza interruzione collegata da affioramenti sul ver- sante settentrionale delle Alpi Liguri : le formazioni scistose con rocce otiolitiche della valle Polcevera non sono d'altro lato staccabili dall'eocene deli'Apennino Ligure orientale. La sin- golare posizione delle accennate rocce triasiche icon importanti lembi di retico fossilifero) della zona Sestri Ponente-Voltaggio tra due formazioni, l'una eocenica e alquanto metamorfosata solo nella parte più profonda, e l'altra mesozoica ed interamente cristallina, non è cosi semplice come può apparire a tutta prima, e solo un nuovo e particolareggiato rilievo sistematico di tutta la regione tra Savona e Genova potrà forse giungere a spiegarla. All'attribuzione del gruppo di Voltri all'eocene il Franchi particolarmente si oppone; come pure alle concezioni tectoniche che scaturiscono dalle idee or ora espresse del Termier, del Boussac e dell'Argand si oppone con argomenti che non sem- brano facilmente oppugnabili il Taramelli (') : e non diversa appare l'opinione di un altro buon conoscitore deli'Apennino. il Sacco ('■'). Come si può desumere da questi brevi cenni, la questione che si collega al gruppo di Voltri è dunque notevolmente com- plessa, e profondo il dissidio fra le varie idee. Sono infatti ii\ campo essenzialmente due ordini di idee : secondo gli uni il gruppo di Voltri è inseparabile dalle formazioni ad oriente della Chiaravagna e rientra tutto nel dominio apenninico; secondo gli altri il gruppo di Voltri forma l'estremità più meridionale della cosi detta zona delle pietre verdi al])ine e va separato dalle formazioni ad oriente della (-hiaravagna, solo con le (|uali si inizia il sistena apenninico. Se osservazioni ulteriori dimostrassero vera la prima ipo- tesi, nulla verrebbe turbato nella (juestione del riferimento cronologico delle singole serie : ma se invece risultasse vera (1) T. Takamem.i. s<' I Apcn liti I xt'Heiitrioii'ilc r(ii>ì'>i'<''^i'iiti in ri'al'.ii mi ritrrr^ giamenlo. Rend. R. I.st. Lomlianlo d. Se. e Lett.; vol. XLVI. Case. 3, 1!>1H. (2) F. SAff.'o. LeS Alpes OCCideiUalen. Torino, V.nA. I MINERALI DELLA VALLE DELLA GAVA, ECC. 137 la seconda ipotesi, ognun vede quinto si complicherebbe il (quesito anche da questo lato, poi che, se i geologi italiani sono unanimi nel respingere l'idea che la serie apenninica formi una serie comprensiva dal mesozoico all'eocene, appare d'altro lato almeno molto dubbio che il gruppo di Voltri comprenda anche quest'ultimo terreno o, a maggior ragione, che sia essenzial- mente eocenico ('). E il dissidio di opinioni appare anche più profondo, e più grave per le conseguenze che si dovrebbero ricavare dal pre- valere dell'una e dell'altra idea, se si prendono a considerare le interpretazioni in questi ultimi tempi affacciate per spiegare la tectonica del cosi massiccio cristaìlivo ligure, interpretazioni che a lor volta si collegano con le più inportanti questioni che in oggi si agitano sulla tectonica dell" intera regione alpino- a[)enninica. In un quesito tanto importante, e senza dubbio assai dif- fìcile, poi che geologi valenti hanno potuto giungere per esso a soluzioni cosi profondamente diverse, ogni contributo di os- servazione diretta, anche se molto modesto, può avere un valore non disprezzabile. Farmi quindi non sia fuor di luogo l'afferma- zione fatta più sopra che l'analogia incontrastabile tra il gia- cimento mineralogico della Gava e i giacimenti delle Alpi Oc- cidentali non possa essere trascurata da coloro che volessero tentare la soluzione del quesito, tanto più che le granatiti e in generale le rocce a granato mancano interamente o, quanto meno, sono scarsissime nell'Apennino, né, data la loro facile evidenza, è da supporre che siano sfuggite finora all'attenzione dei ricercatori. (1) Il Termikr e il BorssAc, riteiiemio sun/.'altro come vera Tiilentità del grup- po di Veltri con la funnazione ofiolitifera dell' A pennino (Vedi la niem. eitatii • Sus l exi^lence 4' un passage latrral etc.), non mancano di far rilevare le conseguenze importantissime che ne derivano. Innanzitutto (jnesti Autori facendo notare che nella serie apenninica non manca certo il cretaceo e l'eocene, ne ricavano la pi-ova ii'ì'cfutabìh; che g-Ii scisti lucidi formano una serie comprensiva dal trias superiore allVocene. Rilevano, in secondo luogo, che ci troviamo dinanzi ad un bell'esempio di in- vasione del mctainortismo in una serie sedimentare, e che le rocce ofiolitiche sono anteriori al metamorfismo, e non una cons^-j^uenza di questo. E infine riten; ono che la drttta identità sia la dimostrazione dell'inesistenza dì una separazione fedo nica nella regione di Sestri Ponente: tutto il grupjio di Voltri é nell'Apennino, e il limite tra (juesto e le Alpi è portato ad occidente, almeno sino a .Savona. Inoltre 'n tutto questo ti'atto di Apennino, posato sul trias, vi sono tracce di uno sposta- mento orizzontale. 138 E. REP(1SSI E l'affermare che la loro presenza nel gruppo di Voltri sia unicamente dovuta al più profondo metamorlismo da cui le rocce di questo sono affette in confronto con quelle dell'Apennino ligure orientale non mi pare interamente giustificabile. Chiunque visiti, ad esempio, il grande affioramento di rocce ofiolitiche che si stende ad oriente di Chiavari e di Sestri Levante, in cui non mancano a tratto a tratto anche le tracce di energiche deformazioni meccaniche, e poi attraversi da nord a sud la re- gione di Voltri, ben difficilmente, a mio avviso, si persuaderà di trovarsi dinanzi alle stesse formazioni, differenti solo perchè diversamente metamorfosate ; e piuttosto ritornerà all'antica idea deirissel e del Mazzuoli, i cui argomenti per separare le due formazioni in discorso non hanno forse perduto tutto il loro valore. Non basta l'affermazione generica che le eufotidi', i diabasi, le serpentine dell'Apennino ligure orientale, singolar- mente considei'ate, possano trovar riscontro nelle eufotidi, nelle prasiniti, nelle serpentine del gruppo di Voltri ; bisognerebbe prendere in armonico esame tutto il complesso delle due for- mazioni per poter giimgere ad un attendibile risultato. Altri- menti si potrebbe, con non minor fondamento, affermare l'esi- stenza di uno stretto collegamento tra l'Apennino ligure orien- tale ed i numerosi altri complessi di rocce verdi collocati in pieno e indiscutibile dominio alpino, complessi in cui eufotidi, serpentine, prasiniti, eclogiti, ecc. ecc., non mancano insieme ai calcescisti (*). Il punto delicato del quesito e dunque lungo la linea di contatto delle due zone, fra Sestri Ponente e Voltaggio, dove (1) 11 Tehmikr ed il HoussAC. nelle iiicinorie più volle eilair, non iiicllniiii in li;uticol;irc evidenza raualo',NJi .stretiis.sinia elie esiste fra il s'i'ii'li'i tti Voltri e la zona licgli seisti liieiili eon pietre vei'di delle Alpi oeeidentali, ma essa risulla da tutto il eontesto delle memorie e dalla (lualifiea data al s"i'»Pl'« stesso, oltre elie dalla stessa interpretazione da essi adottata a proposilo del cosidetto oiassiccio cristalli ilo del Savonese. Solo é da notarsi che gli seisti lucidi delle Alpi forme- rebbero parte di napjies dirette da est ad ovest, mentre il j,n-uppo di Voltri e lApen nino, separati dalle Alpi dal cuneo dinarieo dei Savonese. rarel)l)ero parte di napjH'S dirette da ovest ad est. Tale l'idea espressa da ipiesti Autori in forma che non sembra supporre possibilità di smentita. Il eollesamento tra il (?ruppo di Voltri e la zona delle pietre verdi è ammesso dalla massior parte dei t;eolosi elle si occiiiiaroiio di esso, ed anelie nltiniaiiieiite fu categoricamente alferinato dal Fuanchi (Vedi inem. citata: SidI'ctìi lìclW pidic verdi del gri'ppo di l'altri nell' Apettninn gcnorescì. I MINERALI DELLA VALLE DELLA GAVA, ECC. lo9 il passaggio dalle forinazioni ofioiitifere dell' Apeunino orientale alla formazione di Veltri, recisamente affermato dal Termier, dal Boussac e dal De Stefani, deve essere diligentemente stu- diato, e ben a ragione il Franchi fa voti perchè si venga ad un rilievo particolareggiato e completo di tutta la regione tra Savona e Genova, ora nota solo frammentariamente od in forma troppo generale, come solo mezzo per risolvere in modo defi- nitivo la grave questione. E, se mi è permesso completare, almeno nella sua espres- sione, il voto del Franchi, vorrei che non mancasse a questo diligente studio sul terreno, difficile per la grande complica- zione geognostica e tectonica della regione, un esauriente stu- dio petrografico di confronto tra le rocce ofiolitiche delle due formazioni in discorso. In pochi casi forse l' indagine pe- trografica particolareggiata, certo troppo trascurata nello stu- dio tectonico delle Alpi, di cui dovrebbe pur essere il natu- rale ausilio e fondamento, appare a mio avviso tanto consi- gliabile e tanto probabilmente feconda di risultati come nel caso attuale, qualunque siano le conseguenze che da essa si potranno ricavare. In attesa che a questo studio si venga, in un tempo che oso sperare non lontano, esaminiamo ora brevemente i minerali cristallizzati della Gava, la cui importanza, certo mineralogi- camente non grande, appare dunque forse alquanto aumentata dalla somiglianza loro perfetta, intrinseca, di paragenesi e di giacitura, con quelli delle sopra citate località delle Alpi, e dal loro inquadrarsi in un problema geologico di tanto momento quale è quello or ora prospettato. * * * Fra i minerali cristallizzati che tappezzano le fessure delle lenti di granatite della Gava predomina di gran lunga sugli altri, sia per l'abbondanza dei cristalli, come per la bellezza di questi, il granato. Si tratta ordinariamente di fitte croste di cristallini di 4-5 mm. di diametro, or più piccoli or più grandi, facenti corpo con la granatite compatta delle lenti. Talvolta invece il granato è commisto a molta clorite e, più raramente, ad altri minerali. 140 E. UEPOSSI Le dimensioni dei cristalli, pur aggirandosi intorno alla media ora detta, talvolta diventano minori, sino a scendere al diametro di un millimetro, ma pnr non di rado, specie nei cri- stalli sparsi con la clorite, possono arrivare a 7-8 mm. ed anche più. Lo sviluppo dei cristalli è ordinariamente regolare: solo in qualche caso si hanno cristalli irregolarmente allungati in senso normale alla superficie sulla quale son cresciuti, secondo una zona di facce di rombododecaedro. Pure in rari casi si osser- vano due diverse generazioni di cristalli, una formante per cosi dire corpo con la granatite compatta ed una, con indivi- diii pili piccoli e più irregolarmente sviluppati, cresciuta sui primi. Salvo i casi in cui i cristalli sono rimasti esposti a lungo all'azione degli agenti atmosferici, la lucentezza loro è vivis- sima e le facce pei-fettamente levigate e lucenti. Meno perfetti, anche sotto questo punto di vista, gli individui della seconda generazione, talvolta quasi scheletriformi. Il colore del minerale è ordinariamente rosso granato scui-o ; talvolta scurissimo e assai elegante. Qualche altra volta il co- lore si avvicina al bruno-cannella od è molto simile a quello di certe hessoniti della Val d'Ala. Questo si osserva special- mente negli individui della seconda generazione, talvolta di un rosso-bruno assai chiaro. In generale però per il colore i granati della Gava sono simili, sino a confondersi, a quelli dela Comba Robert. Anche gli altri minerali, ma specialmente il granato, nei litoclasi della Grava, sono frequentemente coperti da una crosta bianca costituita da un minerale di cui diremo in ap])resso. Questo minerale ricopre talvolta il granato regolarmente con una sot- tile spalmatura simile ad una pelle d'ovo, molto carattei-istica; e non di rado è rimasto incluso nel granato stesso, marcando una specie di zonatura di accrescimento. Dal punto di vista cristallografico il granato della Gava non è privo d'interesse. Infatti i suoi cristalli apjiaiono relati- vamente ricchi, presentando le seguenti forme a 11001, d Ilio;, e J2101, n ;2111, r ;332:, .s ;321ì. L'abito predominante dei cristalli è l'abito rombododecae- drico; infatti ;11()| non solo non manca mai, ma ha sempre I MINERALI DRLT.A VALLE DELLA CAVA, ECC. 141 sviluppo jirevalente. ed è rappresentato da facce perfettamente piane e levigale. Nei cristalli ])iù piccoli si ha eccezionalmente (1101 isolato. Si i)nò dire che non manca mai neppure 1' icosi- tetraedro (211), il quale ha però sempre uno sviluppo subor- dinato a quello del rombododecaedro ed è spesso rappresentato da faccette lineari, sebbene assai belle. Poco meno frequente delle due forme ora ricordate è il cubo, e la diffusione di questa forma, non comunissima nel granato, costituisce forse il carattere cristallografico più saliente nel minerale della Gava. Le facce del cubo sono piane, ma ordinariamente appannare, ed anche quando hanno maggior splendore sono ben lungi dal presentare la viva lucentezza di quelle delle altre forme. Inoltre sono sempre piccole. Se la combinazione illO|, ;2111 è predominante e la combinazione (100| , (llOj , J211! è poco men frequente di quella, le altre combina- zioni sono invece relativa- mente rare. Sensibilmente non di- versa è la frequenza del cubo piramidato di simbolo 12101 e dell' esacisottaedro 13211: il primo rappresentato da fac- cette piccolissime ma brillan- tissime e piane; il secondo rappresentato invece qualche volta anche da facce relativa- mente abbastanza estese, ma quasi sempre striate e poco bril- lanti. Più raro di tutte le altre forme è il triacisottaedro ;3o21, che è veramente raro anche pel minerale in generale. Su qualche centinaio di esemplari osservati, fu riscontrato solo in due, dove però quasi tutti i cristalli lo presentavano con parecchie facce. Il più bello, sotto questo riguardo, è un esemplare con piccoli cristalli di color bruno chiaro brillantissimi. E interessante notare che questa forma è stata pure osservata dal Boeris (') su alcuni cristalli di color giallo-miele della Comba Robert. (1) G. BoEKis. Nuoì:e osserfazioni sopra i minerali della (jjutha di Corapare Robert. Meni, cit., pag, 14. 142 E. REPOSSf Nella fig. 1 è rap[)resentata la combinazione più complessa del granato della Gava e nella tabella seguente sono riferiti i risultati di alcune misure latte per l'iconoscere le forme meno f re cruenti. Angoli Limiti delle osser. Misura 210 . 100 2G . 20 — 2() . 42 26 . 35 210.110 17.55—18.40 18.27 332.110 24.32 — 25.24 25. 4 332 . 112 ; 29 . 27 - 29 . 32 29 . 30 321.110 18.. 57— 19. 9 19. 4 321.211 10.50—11.— 10.55 Calcolo 26 34 4 18 26 4 26 14-'; 4 29 29 3 19 67. 8 10 53 V'., IO I^a vesuvianiteè uno dei minerali meno abbondanti negli esem plari fin qui raccolti nella valle della Gava, e solo eccezioualmente è rappresentare da cristalli ben formati e suscettibili di misura goniometrica. In qualcuna fra le lenti di granatite si osservano intrecci di individui, anche abbastanza grandi, commisti al gra- nato compatto e distinguibili dal granato specialmente per il loro colore briino-cannella chiaro poco elegante. In casi assai pili rari si hanno cristalli isolati s|)arsi fra le lamelle cloritiche dei litoclasi. Questi ultimi sono di solito di piccole dimensioni, misurando al massimo 7-8 mm. di lunghezza, ed hanno abito ba- cillare abbastanza marcato. Il colore di questi cristalli è di solito pili scuro, b)'uno-garofani o bruno violaceo. Ordinariamente è bene riconoscibile solo la zona prismatica, che presenta, come di consueto, le facce caratteristicamente striate ; in qualche individuo si osserva anche la base, piana e brillante ; in via di assoluta eccezion» furono riscontrate anche piccole, ma lucent issime facce di una bipiramide ditetragonale. ] MINERALI DELLA VALLE DELLA OAVA. ECC. 143 Alcune misure goniometriche liatiiio })ermesso di stabilire com[)lessivamente la preseir/a delle seguenti forme : JlOO} , (1101 , ;00I1 , ;3121, Il pirosseno, tutto di tipo dlopside, si trova alla Gava pure sotto due torme : frequentemente fa corj)o con la roccia delle lenti granatitiche od è intercluso interamente nell'involucro cloritico delle lenti stesse; talvolta invece si trova in cristal- lini imperfetti impiantati sulle pareti delle fessure insieme agli altri minerali. Lasciando di dire del primo, il quale va con- siderato piuttosto come componente di roccia che come mi- nerale dei litoclasi, aggiungeremo che quest'ultimo, di color verde chiaro poco uniforme, talvolta semi diafano, e molto si- mile nell'aspetto ai bei diopsidi della Val d'Ala, non si trova mai in cristalli misurabili ed è ben lungi dallo sviluppo e dalla bellezza di quelli. In individui più grandi, ma spesso incurvati e quasi listi- formi con un aspetto assai somigliante alla alalite di Val d'Ala si presenta il pirosseno racchiuso negli strati cloritici che involgono le lenti di gi-anatite. L'estinzione e : C è di 39"-40". Negli involucri cloritici ora accennati si trova ancor piìi raramente interclusa l'orneblenda. Essa si presenta in piccoli individui aciculari, intrecciati, intensamente colorati in verde scuro, quasi nero. Osservata al microscopio mostra un intenso plecroisrao nei toni del verde-mare, ed un estinzione e : C molto alta, arrivando a 22'i-23" ed eccezionalmente a 30". La clorite è, insieme cui granato, il minerale più abbondante nel giacimento della Gava. Olti-e alle frequentissime rosette ed ai consueti mazzetti di lamine, variamente estese, di tipico clino- cloro, che ricoprono talvolta por intero le pareti dei litoclasi, ed in cui sono spesso annidati i granati, le vesuvianiti, le tita- niti e le apatiti, si hanno anche litoclasi che sono del "tutto liempiti da una clorite scurissima, in lamine assai piccole e riunite in caratteristiche associazioni vermicolari. L'aspetto di quest'ultima è quello di una proclorite. 144 E. REPOSSI Qualche lamina, ordinariamente isolata e cresciuta sui gra- nati, argentea, fragile, farebbe pensare alla leuchtejibergile. Uno dei minerali più fre- (|uenti nel giacimento della Gava, dopo il granato e le cloriti, è la titanite. Anche (juesta si presenta sia inter- clusa nella clorite sia in cri- stallini impiantati insieme al granato ed alla clorite sulle pareti delle fessure della roc- cia. La titanite compresa nella clorite, assai più ab- individui abbastanza grandi appiattiti o addirittura lami- FiG. 2. bendante dell'altra, si trova in (talvolta lunghi anche 5-6 cm,), nari, con facce molto irre- golari e smosse, tanto da non prestarsi in nessun modo a misura. In qualche caso vi si riconoscono an- che dei geminati con la so- lita legge ed il solito aspetto. Il colore di questa titanite è bianco o ])ianco- verdo- gnolo, come si osserva in molte titaniti degli scisti cloritici iligurite). Non di rado Kkì. 1. FiG. 3. sugli individui titanitici sono impiantati, oltre a lamelle di clorite, minuti e bellissimi cristalli di granato. Senza confronto meno frequente, ma sjiesso cristal- lograficamente iiitei'essante, è la titanite in individui impiantati sulle pareti dei litoclasi. Si tratta sempre di minuti cristalli, del diame- tro massimo di 0-7 mni., ma I MINERALI DELLA VALLE DELLA GAVA, ECC. 145 di solito assai più piccoli, limpidi ed incolori, o bianchicci, molto brillanti e con tacce si^eyso assai piane e lucenti. I cri- stalli sono, come di consueto in questo minerale, appiattiti o cuneiformi per lo sviluppo prevalente della base e del pri- sma (1111. I cristalli sono, abbastanza ricchi : con buone misure si è potuto riscontrare la presenza delle seguenti forme : ;1001 , (0101 , (0011 , (1101 , (310: , (1021 , (0211 , ;llll , (1121 , '221' '111' ''^23' 1 1 IT' Le forme che appaiono più di frequente sono (0011 ., 102{ , (1121 , (1111 , (1101 , (llll , (1001 , (3101 , con prevalente sviluppo delle prime quattro di queste. La tìg. 2 dà un'idea dell'aspetto consueto dei cristalli della Gava. Meno frequentemente i cristalli sono più ricchi ed assumono l'aspetto rappresentato dalla tig. 3. La caratteristica cristallografica più spiccata degli esem- plari della Gava è loro impressa dalla ricchezza relativamente grande in prismi obliqui : la zona [lIO] conta infatti spesso tutte e sette le forme elencate, quali sono rappresentate con la maggiore fedeltà possibile nella tìg. 4, in cui le facce sono proiettate sul piano (0101. Nei cristalli dei litoclasi non ho mai osservato i gemi- nati, i quali invece sono, come si disse, relativamente frequenti negli individui interclusi nella clorite. Le facce delle varie forme sono di solito assai belle e bril- lanti, di guisa che se ne ottengono buone misure anche nei casi in cui sono molto piccole o addirittura lineari. Alquanto imperfette e spesso multiple sono invece, come di consueto in questo minerale, quelle della base. Non bellissime neppure quelle di (1121 , spesso striate, e quelle di (3101 > spesso curve 0 sostituite da facce vicinali molto varie e le cui misure por- terebbero a simboli affatto improbabili. Su un solo cristallo furono osservate facce di (11 111, ma in questo caso assai belle e con buonissime misure : sicché questa forma, che apparirebbe nuova pel minerale, si può rite- nere forse come buona. Nella tabella che segue sono esposti i risultati delle misure in confronto coi dati del calcolo, determinati in base alla orien- tazione ed alle costanti di Des Cloiseaux (^). (1) A. Des Cloiseaux. Manuel de Mineralogie. Voi. 1, pag. N5. Parigi, 1S62. 146 E. KEPOSSI a: b: c = 0,75357 : 1 : 0,85446 fi = 60« 17' Angoli Limite delle osser. Misura Calcolo 100 . 100 . 102 . 010 . 021 . 100 . 310 . 100 . 010 . HO . 001 . 001 . 100. 110 . 110 . 22l . Ili . 22l . 001 . no . 001 . 001 . 223 . 121 . 001 102 001 021 110 310 110 HO HO HO 112 HI 111 111 22l Hi 223 223 223 223 221 1111 llTI HIT 59°. 59' 39 . 28 20 . 35 33". 53' 20 . 30 30 . 40 56 . 32 24 . 39 37 . 59 34 . 21 26 . 53 21 . 21 22 . 17 17 . 51 52 . 18 92 . 42 6 . 37 45 . 32 51". 28' 40 . 58 20 . 57 33». 58' 20 . 57 32 . 46 56 . 48 24 . 44 38 . 32 34 . 49 27 . 32 21 .52 22 . 43 18 . 26 52 . 39 92 . 42 () . 45 45 . 34 60" . 30' 39 . 43 20 . 46 33" . 56' 77 . 9 11 20 32 56 113 24 38 34 27 21 22 18 40 52 61 92 6 45 77 46 43 43 43 28 41' 9 34 7 36 29 7 54 25 55 41 41 33 60" 39 21 33" 77 12 20 33 56 113 24 38 35 27 21 22 18 40 52 62 92 6 45 .17' '6 .17 4 . — 3 • ò8''/.; 3 • 197, . 55 • 14* , • 45V., . 31 . 41 . 16 . 14 397.. 8 28 4 32 19 11',, •^07, 44 35 7 I I '^ 1 8 I 1 2 2 2 1 I MINERAT.I DELLA VAI, LE DELLA GAVA, ECC. 147 Altro (lei iniiierali non lTe(|uenti alla Gava, ma rappresen- tati talvolta da bei cristalli, è l'apatite. Essa si trova in incli- viflui (li discrete dimensioni, impiantati sul granato o commisti alle lamelle di clorito, di color bianco e fi'equentemente rag- gruppati in associazione subparallela. I cristalli minori, del diametro di pochi millimetri, particolarmente nitidi, si prestano egregiamente a misura. L'abito cristallino è sempre tabulare. Le forme riscontrate sono le seguenti : . r ;0001 , in ;10T0Ì , a ;1120) , h \2\m\ , x (10111 , r ;1012ì , ij ;20'2i; , ,s- ;l]21| , r |1122/ , /i j2131| , n |3141ì. Oltre la base, sono sempre piuttosto ampiamente svilupoate le facce di (lOlOÌ , di [1121 j . e di ; 10121. Frequenti le facce dei prismi di 2" e di 3" ordine, ma piccole o quasi lineari per lo svilu])po delle corrispon- denti bipiramidi e per l'abito tabulare dei ci'istaili. Inte- ressante la presenza non rara del prisma j21301 , for- ma non comunissima nell'a- patite. Delle bipiramidi di 1" ordine, oltre la [10121 , jDarticolarmente sviluppata, si trovano spesso anche la {10111 e la j20211, quest'ultima con facce di solito non bene misurabili. La base è sempre brutta. Nella fig. 5 sono rappresentate tutte le forme osservate, nell'abito consueto dei cristalli della Gava. Sull'angolo (^1010) . (lOlL , misurato non molte volte, ma con valori in grande accordo tra di loro e con buone misure, fu calcolata la costante a: e ^ \ : 0.72901. Nella tabella che segue sono ri[)0rtati i risultati delle mi- sure, messi a confronto coi risultali del calcolo ai (|uali si giunge in base alla costante ora detta. Angoli Limiti delle esser. Medie Calcolato ' N. (1010) . (ioli) 49'\ 47'— 49". 57' (1010) . (1 120) 29 . 52 - 29 . 58 (101 0) . (iTOO) 59 . 56 - 60 . 6 (1010) . (2130) 18 . 40 — 19 . 7 49". 52"'/, '* '6 29 . 56 30". — 5 60 . — 60", — I 6 19 . 3 19". 6' 5 148 E. REPOSSI Angoli Limiti delle ossei-. Medie Calcolato N. (1120) (0001) (0001) (0001) (lOlO) (1011) (0001) (2130) (0001) (1122) (0001) (1121) (lOlO) (1010) (1121) flOTO) Ifi . 59 — 17 . U) 24 24 . 11 . (2130,: 10 . 54 - 11 . i) . (lOlO) 39 . 23 - 39 . 27 . (10l2) 22 . 10 — 22 . 54 . (2021) . (2021) . (10l2) . (2131) . (2131) . (1122) .(1121) • (1121) .(1121) . :il21) 44 . 19 - 44 .38 . (2131) 30 . 20 - 30 . 37 ,(2131) 13.42 — 13.59 . f3141) — — . (2131) — — 19 . 28 - 19 . 34 55 . 41 — 55 . 46 11 . - 39 . 25 22 . 40 59 . 20 30 . 40 17 . 12 (i5 . 4'.> 24 . T 3(5 . 13 19 . 31 55 .43 68 . 25 44. 26 .30 , 26 13 .'51 22 . 33 7 . 52 10 . 54 40 . 7' 22 . 51 59 . 2t; 30 . 34 17 . K)' 65 . 51 24 . !» 36 . 8 19.27 55 . 35 68 . 50 44 . 24 30 . 2() 13 . 58 22 . 46 7 . 40 l'er il valore (loiraiigciU. i 101 1 i . M)(j()l i , che ('• di 40". 7'V., l'a])atite della Gava si raggrupperebite con le più ti])i(die cluru- apatiti , accostando.si ad ogni modo nettamente alTapatite della Comba Robert ('j, alla quale assomiglia moltissimo, anche dal {il (i. UoKUis. Meni. 8ip|ir;i ci'ata, pjifj;. 11, I MINERALI DELLA A'ALLE DELLA GAVA, ECC. 149 punto (li vista puramente cristallogratico, per le forme che presenta e per l'abito stesso dei cristalli. Assomiglia assai anche all'apatite di Val d'Ala, e, tra le apaliti forestiere, a quelle di Achmatowsk, di Sulzbach, di Rdthenkopf, ecc. tutti in giacimenti analoghi al nostro. Oltre i minerali fin qui citati, nei litoclasi della Gava non si trova in cristalli ben formati clie la pirite, ed anche questa assai raramente. Si tratta di jjiccoli cubi a facce fortemeiite striate e solcate o di gruppetti di cristallini cubottaedrici, sempre profondamente alterati in limonite. Tanto, che per i j)Ochi esemjilari fin qui osservati di lai minerale, sarebbe piut- tosto il caso parlai-e di pseudomorfosi di limonite su pirite. La magnetite e l'ilmenite sono fre(|uenti alla Gava, ma finora furono trovate (juasi solamente come facenti parte della roccia. Solo in qualche caso si osservarono intrecci di individui piros- senici contenenti individui di magnetite ben formati, quantunque di dimensioni di solito piccole, ettaedrici e rombododecaedrici . Grandi individui sformati di magnetite sono eccezionali. La calcite, granulare o spatica. è rara e riempie intera- mente piccole cavità della roccia, ricoprendo individui di gra- nato e di altri minerali impiantati sulle pareti della cavità stessa. Fu lasciato per ultimo in questa descrizioiie un minerale dei litoclasi della Gava che appare sotto vari riguardi interes- sante. Come sopra si accennò, i cristalli dei litoclasi sono spesso interamente ricoperti da un minerale formante una sottile crosta bianca distribuita in modo affatto uniforme su tutti i minerali citati. Ne sono ricoperti i granati, le cloriti, le titaniti, i cui cristalli più brillanti sono appunto quelli che si ottengono li- berandoli dal loro involucro bianco, ciò che si può fare facil- mente perchè questo si stacca sia con una leggera pressione esercitata su di esso con una punta, sia mediante una energica spazzolatura degli esemplari. Il minerale ha generalmente un colore bianco latteo, con una leggera tendenza al giallognolo, qi;asi caseoso : non rara una sensibile tendenza al verde. Li qualche caso la tinta verde, con un carattere che ricorda perfettamente quella dei sali di 150 E. REPOSSI nichel, ò molto accentuata. Qua e là il bianco del minerale è interrotto da macchie bruno-giallognole di limonite o da den- driti nere di ossido di manganese. La superticie di queste croste, di solito minutamente mam- mellonare, appare nell'insieme opaca e quasi vellutata, specie nei non rari casi in cui esse si mostrano piìi chiaramente t'ormate da un aggregato di minutissime squamette disposte normalmente alle supertici stesse. Osservando invece il mine- rale con una lente a torte ingrandimento, o adagiando queste squamette con una leggera pressione della mano, si vede che esso ha una lucentezza grassa o (piasi madreperlacea, molto simile a quella del talco. Come il talco, è pure morbido ed untuoso al tatto, specie nelle superfici più marcatamente squamose. Nella pai-te più profonda delle croste, e là dove il minerale s'insinua ])iii |)ro- tondamente nei litoclasi più sottili, riempiendoli interamente e modellandosi sui cristalli che ne copron le pareti, la com- pattezza è alquanto maggiore, e ricorda piuttosto le varietà steatitose del talco. Al microscopio si mostra costantemente cristallin»» e biri- t'rangente, ma, anche negli esemplari più evidentemente squa- mosi, ha sempre una tipica polarizzazione d'aggregato e non vi appaiono possibili osservazioni ottiche precise. Ripetendo molte volte i preparati, si potè riconoscere che le minute squa- mette del minerale hanno sempre allungamento posiliro ed estinzione sensibilmente parallela all'allungamento. La rifrazione inedia del minerale non è molto alta ; la bi- rifrazione, giudicata dai colori d'interferenza, pare invece abba- stanza viva ed avvicinantesi a (juella del talco. Mediante confi-onto con liipiidi ad indice noto, si può af- fermare con sufticiente sicurezza che l'indice di rifrazione più basso è alquanto supeiùore a Lr)4i e (piello più alto è legger- mente più basso di 1.582. La birifrazione avrebbe dunque ap- prossimativamente un valore poco inferiore a U.U38. Nel talco invece, essendo y -== /i = L589 ed « =- L53!) per la luce del Na secondo lo Zimànyi i ' ), la bii'ifru/.ione sarebbe piìi firte II) IC. ZimAnvi. J)/i' J/'i /n'/l>i'i;r/i I' ,(iist;i-j)Oiicii/i'ii ilcr n-ìrìii^iercii Ot'slchìshnilrn- dt'il Miiieralim hai Na-IAclil. Zeitschr.-f. Kryst. n. Min. Voi. 22, puR. SU; imm. 1 MINERALI DELLA VALLE DELLA (iAVA ECC. 151 (v — a = U.()50). Il Michel-Lévy ed 11 Lacroix (') determina- rono però sul talco di Siberia e dei portidi di 8aint-Honoré per V — a valori da 0.038 a 0.04o, che s'accorderebbero di più con quello del minerale della Gava. Il minerale appare infusibile al cannello. In tubo chiuso dà un po' d'acqua e diventa leggermente più scuro. Bagnato con nitrato di cobalto e arroventato, assume la pallida tinta rosea dei (composti di Mg. (^on acido cloridrico non dà traccia di effervescenza né a freddo né a caldo. La perla al sai di fo- sforo dimostra che si tratta di un silicato. Dato il risaltato di questi saggi preliminari ed i caratteri di giacimento verrebbe senz'altro spontaneo di pensare che si tratti di talco. Ma 1' aspetto del minerale, che, come sopra si disse, si trova sempre in crostine bianche assai caratteristiche, sarebbe cosi insolito nel talco, che parve utile spingere più a fondo r indagine chimica, per veder di stabilire con preci- sione la natura del minerale in questione, in considerazione anche del fatto che esso è assai diffuso nel giacimento della Gava e veramente tipico. L'analisi qualitativa, condotta coi metodi ordinari, dimostrò che si tratta effettivamente di un silicato di magnesio, alquanto ferrifero, contenente acqua. L'analisi quantitativa fatta su mezzo grammo del minerale, accuratamente scelto e certamente puro, proveniente da un solo litoclase, ha dato i seguenti risultati Si 0, 59 . 20 7o MgO 28 . , 57 Fa, 0, 3 . 23 TT o \^ 110" 1 . 45 ■' ^soprano" 6.61 99 .06 La determinazione dell'acqua fu ripetuta con particolare cura, su un'altra poi-zione di minerale, mantenendo la sostanza (1) A. MifHKL Lkvv et A. Lacroix. ^[()te sur Ut hircfringence de quelques mi- néraux, etc. Bull. Soc. Min. de France, vol. 7, 1884. 152 E. RErossi a lungo rii)etutamente in stufa tra lO'J" e 105", e poi negli in- tervalli di temperatura tra 125" e 135", tra 145" e 155", tra 170" e 180", tra 190" e 200", ed infine arroventandola alla lampada Meeker ed alla soffieria. In nessun caso, naturalmente, si passò ad ulteriore inalzamento di temperatura se non dopo raggiunto il peso costante, il quale peiò si ottenne quasi sempre dojìo la prima ora di riY. fig. in Boll. C. A. I., XXXII, 1899, pag. 35 ed in J. Henry, ìalpeìline, Idli), \)fig. 53) verso l'alto vallone di Moulin, dove depositò materiale uiore- nico sparso o disposto ad arco irregolare (date le condizioni oro- grafìcbe locali) ohe rimonta solo al secolo scorso, come mo- strano il Foglio XXII della carta degli Stati Sardi e la Carta di Adams Heilly dove malgrado vari errori topografici anche gravi) il ghiacciaio in questione risulta scendente più in basso che non oggi. Nell'ampio bacino di vai Sassa trovansi sul lato destro parecchi piccoli ghiacciaietti incassati nei più profondi alti valloni dell' aspra dorsale di M. Cervo-Becca Rayette-Gran Epicoun-M. Ouliè sino al Colle di Oiemma V. Fig. in Boll. C. A. I., XXXII, 1899, pag. 135 e 109) con depositi morenici spe- cialmente sviluppati nel vallone sopra la Grotta; come al so- lito tali piccoli ghiacciai sino alla metà dello scorso secolo furono più esresi che non oggi, tanto eh.-, le Carte degli Slati sardi 0(1 in pai'te quella di Adaras-Reilly seguano addirittura un Ghiacciaio dell' Epicoun ed un complesso Ghiacciaio del- l'Oulie Cecca. Ma nell'alta vai Sassa o Sciassa sviluppasi abbastanza estesamente (oltre a piccole od irregolari jìlacche o lembi gla- ciali, o gliiacciaiel ti di gi'onda. sui fianchi meridionali più (de- vati della Gran Becca di Blanchen/ il Ghiacciaio di Sassa, di toima irregolare, per varie propaggini, anzi cuii una parte IL GLACIALISMO ANTICO E MODERNO DELLA VALPELLINA 165 occidentale che potrebbe distinguersi come Ghiacciaio di Ca boetta salente sino al Colle Boetta. ed una parte assiale, princijiale, il vero Ghiacciaio di Sassa che sale sino al Colle di Sassa (3183 m.), donde poi una lingua o ramo glaciale (V. Fig. in Boll. C. A. I. XXXII, 189!), pag. 123) scende versola Valle d' Oren come indicheremo ]nh avanti. Davanti alla fronte irregolare ed assai estesa dal Ghiac- ciaio di Sassa (1. s.) si sviluppano depositi morenici assai po- tenti in causa della intensa abrasione tisica degli alti e rijiidi tianchi rocciosi. Il Revelli esaminò questa fronte glaciale nell'Agosto 1911 e 1912 ponendovi segnali e già notando l' imponenza delle sue quattro morene (V. Fig. di Tav. V nel lavoro del Revelli). specialmente quella di sinistra che sarebbe di quasi 400 m. superiore al piano su cui sorge l'apparato frontale; egli nota pure che la fronte glaciale terminava nel 1912 con una lingua a lievo pendio, lunga circa 200 m.. larga in media 80 m. ed al suo inizio (cioè dove staccasi dal ghiacciaio generale) 17(! m. Sul fianco meridionale dell'aspro costone di M, Ross-Becca des Lacs-Aiguille Rouge vi è una allungata irregolare zona ghiacciata, una specie di ghiacciaio pensile o di gronda, il Ghiacciaio di M. Ross (come indicato dalla carta degli Stati sardi) presso il quale i depositi morenico-franoidi sono abba- stanza estesi ma piuttosto sparsi e poco potenti. In questa re- gione trovasi il Lac Mort, irregolarmente rotondo e pressoché sempre congelato e coperto di neve, per cui pare quasi far parte di detta ghiacciaia irregolarmente terrazzata. Del resto in queste vicinanze esitono molti piccoli laghetti in roccia, uno dei caratteri indicanti che quivi parecchie altre masse glaciate sono scomparse da poco tempo. Risalendo la grande valle o comba di Oren. oltre alle me ravigliose levigattire dello sprone roccioso di Lale ed allo sparso terreno morenico, specialmente nella regione di Prà Monzu, troviamo poco a valle di La Carde un caratteristico deposito, complessivamente foggiato ad arco semiellittico, di enormi massi angolosi morenico-franoidi, della dimensione anche di 15 m. di diametro, indicandoci la sosta quivi avvenuta della lingua terminale del comjìlessivo ghiacciaio di Oren in una fase preistorica, dauniaììa. Più a monte, poco oltre la quota 2341, vediamo la valle 166 F. SACCO quasi sbarrata da una grandiosa morena incisa a sinista dal torrente, alta quasi un centinaio di metri, piuttosto arida, dal cui fianco anteriore o meridionale sporge, circa a mezza costa una specie di archetto depresso, ben inerbito, di aspetto pili antico che non la soprastante più grande e brulla morena sbarrante la vallata. Tuttociò ricorda alquanto, ma in piccola scala, la grande morena destra del Miage sbarrante la Val Veni ed il relativo anfiteatrino dei trinceramenti di Gombal ; probabilmente il sovraccennato grandioso apparato morenico della comba di Oren fa depositato dal secolo XVII o XVIII (per la sua parte esterna arcuata ed inerbitaì alla prima metà del secolo XIX, per la sna parte più alta, ai-ida e recente. Risalendo detta grande morena sbarrante 1" alto vallone di Oren, vediamo che in realtà essa rappresenta la morena late- rale destra del Ghiacciaio orientale di Sassa, ghiacciaio che, scendendo dal Col di Sassa-Becca des Lacs-(irau Becca Blan- cien ('), come una lunga lingua vermitorme, sin quasi contro il lìanco sinistro della comba di Oren, ne sbarrava la [)arte alta, diventata così (a monte di detta diga naturale') una specie di laghetto, ora pianoro, sabbioso-paludoso. Questo allungato e complesso terreno morenico (che è quasi un Museo litomineralogico per la varietà e ricchezza di roccie, minerali, ecc.) natui-almente si è innalzato poco a poco durante la sua deposizione per cui il ghiacciaio che lo })ortava e lo depositava diventò poco a poco in pai-te pensile sopra di esso, come appunto ora si verifica. Inoltre la parte frontale di questo apparato morenico, fog- giato un po' a proboscide (come quello del ghiacciaio italiano del Cervinoì. presenta vari archi di sosta durante il ritiro di detta fronte glaciale, tanto che tra essi archi si potè costituire un laghettino di acqua giallastra. E un laghetto interessante, sia per la sua altitudine assai notevole itanto che 1' acqua che ne esce forma cascatella sul terreno morenico nel!' alta comba di Cren), sia perchè nella parte N. 0. di esso appare fra il de- trito moi-enico un po' di ghiaccio inquinatissimo, diiei quasi fossile, il quale ci indica che sotto il manto detritico il ghiac- ciaio orientale di Sassa deve essere assai più sviluppato di quanto api)aia superlifialmen te. Del resto le varie sorgenli (1) l'cr la paitf alta ili mi"'^'" «•liiaciiain V.'ili (i;:-, in: Itoli. C. A. 1., \\\11. 1890, 11. 120 e- 128. IL GLACIALISMO ANTICU E MODERNO DELLA VALTELLINA 167 che compaiono sul fianco della morena destra in esame ci pro- vano ani'lresse che sotto ed entro, direi, di tale terreno mo- renico deve esservi una certa massa glaciale nascosla, che fon- dendo alimenta dette sorgive più o meno elevate. Notisi che detta morena destra alla sua radice è alquanto staccata, per cui in tale regione di interruzione ap[)are un po' del margine destro del ghiacciaio orientale di Sassa. Ora in tale regione di intercapedine esce solo più ac([ua, che forma poco più in basso un rivoletto che scorre entro il morenico : ma certamente ne sboccava altre volte una vera lingua gla- ciale più 0 meno allungata, ciò che ci spiega dotto distacco. Quanto al vero Ghiacciaio di Oren esso è pure assai di- minuito di sviluppo dalla seconJa metà del secolo scorso ad oggi, ritirandosi più in alto. Vi si può distinguere: 1.") il Ghiac- ciaio meri({ionaìe ili Oreu, che scende dal gruppo di La Sen- gla-Blanchen, e che anticamente per la sua maggior lunghezza depose già due morene laterali di cui è tuttora ben conservata specialmente quella di sinistra. 2,") il vero Ghiacciaio selteìi- Irioììide 0 superiore di Oren foggiato in parte a terrazza od ampia gronda irregolare, interrotta da affioramenti rocciosi, e staccata (per mezzo di un alto salto o gradino di roccia grani- tica; V. Fig. in Boll. C. A. 1., XXXII, ISijO, j^ag, 120; dalla irregolare, lunga lista di ghiacciaio-vedretta o calotta che svi- luppasi presso il crinale montuoso tra il Colle d'Oren ed il Col de l'Evéque; estesi e qua e là potenti depositi morenici trovansi sparsi sulle levigate roccie granitiche davanti all'ampia ed irregolare fronte del ghiacciaio d'Oren indicandone l'antica ben maggiore estensioiie ; 3.") Ghiacciaio di Collon (come l'in- dica la Carta di Adams-Reillvj o Ghiacciaio meridionale di M' Collon (per distinguei'lo da quello settentrionale, più grande, che sviluppasi in Svizzera tra il grande ed il piccolo M, Col- lon) che scende in forma di grande triangolo irregolare, quasi ampia vedretta, tra il M. Brulé ed il Colle di M. Collon; i suoi depositi morenici trovansi sparsi specialmente lungo il sentiero che sale a detto Colle. L'antica carta di Adains-Reilly rilevata nel 18G5-66 ci in- dica questi 3 ghiacciai di Oren scendenti ben più in basso che non oggi; ciò specialmente per quello di Collon che è segnato come quasi toccante il piano tipico sabbioso (già occupato dalla parte anteriore dell'antico grande ghiacciaio d'Oren e diventato poi lacustrej che estendasi curiosamente al ^o^^^o ÌHS F. SACCO dell'alta Comba d'Oren, Del resto tale notevole estensione ge- nerale dei ghiacciai d'Oren è chiaramente provata dai recenti depositi morenici. Sempre la stessa Carta antica di Adams-ReilU^ indica che nelle alte incassature del gruppo di Becca Vannetta-M. Cha- vanne (o Grande Vanna) esistevano ancora verso la metà del secolo XIX meschini residui glaciali, specialmente nell'alto della profondamente incisa comha subtriangolaie detta i^dalla Carta sarda) di Gian Remy ; ma ormai anche tali residui sono sc')mparsi o ridotti solo più a piccoli nevai ghiacciati più o meno persistenti, come 1' ultimo accennato. Assai bello e tipico è invece il Ghiacciaio del M. Brulé o Broulé irregolarmente subtriangolare, che nella parte alta tende specialmente a collegarsi, verso destra, col ghiacciaio meridionale di M. Collon, mentre che a Sud scen) sono con- servate nell'Archivio del Comit. glac. ital. diverse interessami fotografie documentarie fatte dal Daiuelli il 7 Ag. 1908 ed una presa dall' Avv. C Bobì)a il 1 Sett. 1905 discendendo dal Colle di Bella Za. * * * Passando ora alla parte sinistra della Val[)ellina ricor- diamo brevemente che i grandi valloni di Arpisson, di Verzi- gnola (o \'erdinolaj, di Verdona e di Vessona già ricettai'ono ghiacciai projnù ora scomparsi, ma di cui troviamo traccie in speciali depositi morenici sparsi qua e là ed in modo speciale rispettivamente presso i casolari di Arpisson-Verney, di Gran Ver/.ignola, di Tja Cha-Chavanna e di La Vieille; anzi nell'alta vai Vessona ancora verso la metà dello scorso seculu cravi un ghiacciaietto scendente dal gruppo di M. Merlo-Pisonet, come indica ancora la carta di Adams-Eeilly del 1805-6tj, la IL GLACIALISMO ANTICO K MODERNO DELLA VALPELUNA 181:^ quale segna pure piccole zone glaciali eyi.stenti nelle alte in- cassai are della montagna tra M. Merlo e la Gran Becca di In- vergnan quasi di fronte a Biouaz. Ma nel Vallone di Montagnaye, verso i 2700-2800 m. s. l. m., troviamo tuttora una })lacca glaciale, residuo di un ghiac- ciaio ben più esteso, come segna la Carta di Adams-Reilly e che del resto già scese anticamente ben più in basso, come mo- strano i depositi morenici di Arolay, ecc. Così pure nella parte più alta del successivo Vallone di Livournea vediamo tiattora veri ghiacciai, sia a sinistra, come il Ghiacciaio di Luseney coprente (tra 2300 e 2500 m. i il grop- pone settentrionale di tale Becca, sia a destra come il Ghiac- ciaio dì Livournea o di Letournea che in realtà è costituito da vari ghiacciaietti (due principali) un po' incassati; sonvi inoltre meschini residui nevoso-glaciali nell'alto di M. Arpette, Come al solito tutti questi ghiacciai erano ancora assai più estesi e scendenti verso il 1860 secondo Tindicazione della Carta di Adams-Reilly ed i residui morenici che si possono tuttora osservare. Il Ghiacciaio di Livournea fu già esaminato nel 1908 da Dainelli e Stefanini e poi, nell'Agosto 1912, dal Revelli; esso sembra quasi stazionario, come è naturale dati il volume e la posizione della formazione glaciale che lo co- stituisce. La profonda Val Coiirnera alberga nella sua parte alta diversi ghiacciai, come: a sinistra il Ghiacciaio di Arpette o di Redessau che sessant'anni fa, secondo l' Adams-Reilly, scen- deva ben più in basso che non oggi; nella parte assiale il Ghiacciaio di Valcournera (V. Fig. in Boll. C. A. I., XXXII, 1899, pag. 137) colle sue irregolari propaggini e dipendenze, sia a Nord assai allungataraente verso Ciardonay, sia a Sud collegandosi coi ghiacciai di Chavacour-Cian, mentre che verso la metà del secolo scorso tuttociò costituiva un ben più esteso sviluppo glaciale sopra il complesso e tanto orograficamente tormentato gruppo di Clan; tant' è che per es. presso Ciar- donay trovansi i relativi depositi morenici di tipo recente ('). (1) Per La p;irte alta ilei (ILi.icciai della Val Couiiieia \eggasi la bella, grande fotogratia paiioiamifa (N. 417) presa da V. Sella il 16 Sett. 18(S7 dal Clialeau des Dailies; tale fotografia mostra pure i ghiacciai del Colle di Valcournera (coi suoi lipici (ioposiii morenici a collana) e della Ruisetta. Nell'archivio Ibtugr. del Couiit. glac, ital. Il" piu-c raecolie fotografie docuinentarie dei gli:aiciai dell'alta Val Cournera del Sig. E. Gallo (1891), deli' Ing. V. Novarese tAgosto lyoii e dellAvv- G. Bobba (Sett. 1905 e Sett. 1903). 170 F. SACCO Più a Xurd ileir aspro grupiio niuninoso di Fontanella- Dragone scende il Ghiacciaio di Solacie u Solatset o di Fonta- nella fcon una lunga e stretta prnijaggine glaciale che sale alla punta di Fontanella; V. Fig. in Boll. C. A. I., XXXII, 189'.), pag. lo7j irregolarmejite subtriangolare, molto crepac- ciato, cun notevole cordone morenico in basso a sua destra; il suo torrente subglaciale origina una beila cascata tra le roccie gneissiche mirabilmente levigate. ]1 Prol'. Kevelli indica che questo ghiacciaio subì dal 1913 al 1910, pei- elfetto di frane, favorite dalla rapidità del pendio del suo lembo inferiore, un regresso di almeno 15 metri. Segue il Piccolo Ghiacciaio di Bellazà n Bella Tzà o Ghiac- ciaio occidentale di Chateau des Dames scendendo da tale alto gruppo gneissico) dalla cui fronte, circondata a poca distanza da un complesso arco morenico di aspetto recente, scendono tre torrenti in cascatelle. Questo ghiacciaio fu già esaminato da Dainelli e Stefanini nel 1908 e dal Revelli nell'Agosto 1912 e 1913 iV. Fig. 4, ò e 6 della nota del Revelli): la sua fr-onte glaciale solcata da rivi di fusione nel lin2, mostrava nel 1913 una stretta lingua all'estremità inferioi-e del ghiaccio vivo, ma presentava anche più in basso una parte vecchia o morta lunga circa 4 m. e larga circa (ìO m. nel 1912 e 48 nel 1913, alimentando per fu- sione una piccola pozza di acqua non ancora esistente nel 1912. La fronte viva del ghiacciaio ha subito dal 1912 al 1913 un re- gresso di 15 m. Questo ghiacciaio, ora pensile pei- circa 400 m. sulla vallata sottostante principale, mostra la sua valle, allo sbocco, abbastanza tipicamente foggiata a sezione di truogolo, mentre che le roccie anteriori ed inferiori, tipicamente levi- gate ed arrotondate, provano chiaramente il grande, antico, sviluppo di ([uesto ghiacciaio laterale della Valpellina ('). (guanto al Grande Ghiacciaio di Bellazà o Bella Tzà esso è realmente divisibile in due parti, fra loro rilegate da una sjìecie di irregolare braccio glaciale attraverso una dorsale divisoria gneissica non ben segnata sulle Carte topograliche (Fig. 4). Il Grande Ghiacciaio di Bellazà meridionale (') o sinistro è (1) Pel Qhiacciiiio ili Bella Zìi presi (lualelie Cotoi^i-afia (loeniiientaria il 11 Ar. 1917 che, come tante altre, non ixitei far riiirodinTC in qncsto hooro, ma clie sa- ranno cniiserv.atc nf»ll" Ar.;liivio del (Idiiiit. jilfie. italiano. (2) L'Abbé Henry nella Carla della sua tiuida lo segna come (jl. ties Dames. I MINERALI DELLA VALLK DELLA i5AVA, ECC. 155 jierobl^e per la sua comi)OSÌzionu al gruppu della tjaruicrile. nel quale l'urotio iuvero riuniti diversi minerali sempre amorli. La [)reseii/.a del nichel nel minerale della (Java non può recare i^raude stupore, perchè questo elemenro fu più volte segnalato, in quantità non piccolissima, sia nel serpentino, sia nel talco ed in silicati afiini. Forse meno trascurabile è il tatto che tracce ben riconoscibili di questo minerale verde s'incon- trano in moli alili punii della formazione di Veltri. Ne raccolsi io stesso nell'alta valle dell'Orba presso Palo, presso S. Pietro d'Olba e presso Vara Inferiore, sempre in condizioni affatto simili a quelle del giacimento della Grava. Tanto che esso sembra costituire una caratteristica che, sebbene di importanza certo secondaria, non va dimenticata nello studio delle pietre verdi di Voltri. Mìfseo Civico (li Slori'i Nntirmh in Miliina. Lacjlio 1918. 11 Prof. Federico Sacco IL GLACIALISMO ANTICO E MODERNO DELLA VALPELLINA La Yalpelliiia , malgrado la sua relativa vicinanza col grande centro di Aosta, è, fra le valli aostane, una di quelle meno frequentate, forse perchè è foggiata a lungo corridoio imprigionato da alle creste senza facili valichi e senza quei slarghi che in altre valli spesso pei-misero lo sviluppo di centri di abitazioni piìi o meno importanti. Eppui'e essa è in- teressantissima, sia dal punto di vista artistico (per foreste, laghi, cascate, forre, ecc.), sia da quello sjiortivo (per un' inti- nità di bellissime, ardire, punte e creste, pei numerosi ghiac- ciai, ecc.), sia da quello scientifico (per svariate roccie, minei-ali, fenomeni di erosione, ecc.) e, a mio parere, lo divei-rà pure certamente dal lato economico, quando se ne sarà compresa la grandissima importanza per una sua razionale utilizza/.ione idro-elett)-ica. Contuttociò non si vuol dire che si tratti di una valle dimenticata, tant' è che nel Boll. XXXII (N. (55) del C. A. L i Sig.""' Canzio, Mondino e Vigna ne jìubblicarono nel 1899 uno studio intitolato u Li VaìpcUina '■> e, mentre nella guida illu- .strata della Valle di Aosta di Ratti e Casanova su 400 pagine appena due sono dedicate alla Valpellina, recentemente TAbbè .1. Henry ne diede col nome di " Vaìpeììiìie et sa Vaììèe " (1913), una guida estesa e interessante. Già alcuni anni fa, avendo percorso la Valpellina per studi geotettonici, ne compresi il suo grande valore dal punto di vista della utilizzazione idro-elettrica, in rapporto a quella ripetuta successione di strettoie rocciose e di slarghi vallivi che permettono una relativamente facile costruzione di una serie di serbatoi artificiali distribuiti (oltre che in alcune val- late laterali) sul l'ondn dell'asse valli vo principale tra 1-100 e IL GLACIALISMO ANTICO K MODERNO DELLA VALPELLINA 157 '200U 111. s. 1. 111.; per cui più tardi ne deliueai mio speciale progetto. Nello scorso anno (1917) rivedendo la Valpellina, per gli studi glaciologici generali che vado facendo in valle di Aosta, vi potei constatare anche l'importanza dei suoi svariati feno- meni glaciali. Fortunatamente in questi ultimi anni i Dott. Dainelli e Stefanini (nel 1908) e poi specialmente il Prof. Revelli (in 1912 e 191(5) si occuparono di parecchi ghiacciai della Valpellina facendovi osservazioni e ponendovi segnali, come è indicato dal Revelli nel suo studio sopra le a Fronti (jìaciali delia Valpel- line V, (1912-16, Boll. Com. Glac. It. N. 2, 1917), ciò in rap- porto alle ricerche sul movimento dei ghiacciai. Per cui, sic- come è bene che tali ricerche vengano, possibilmente, proseguite, per uno stesso ghiacciaio, da ixno stesso studioso con visite più o meno ripetute, potendosi così meglio trovare ed utilizzare i segnali fatti, cosi nel mio esame fatto verso la metà di Agosto del 1917 non mi proposi tali ricerche speciali, occupandomi invece e.ssenzialmente del fenomeno geologico delle morene più 0 meno recenti ed attuali, particolarmente rigttardo al ghiac- ciaio principale dell'alta Valpellina. Prima di trattare della Valpellina darò qualche cenno sommario sulle Valli del Gran S. Bernardo e di Ollomont, le cui acque, come anticamente i rispettivi ghiacciai, conflui- scono a formare la gran massa acquea buthieriana. Riguaido alla Vallata detta complessivamente del Gran S. Bernardo, dove i depositi morenici sono largamente svilup- pati, indicandoci un glacialismo già molto notevole, accenniamo anzitutto alla Valle Menouve che scende dal Gruppo del Velan. Percorrendola si vede che oltre al potente manto morenico, assai antico, che copre gli ultimi 2 Km. della vallata, nella regione di Comba Germain-Grangie Pointier-Grange Menouve, si sviluppa una splendida serie di 4 archi morenici principali, concentrici, potenti, a grandi massi, indicandoci che quivi si veriticò un lungo periodo di sosta del Ghiacciaio di Menouve durante il periodo preistorico, daìuiiano. In seguito per lungo tempo gli alti valloni incassati nella costiera di M. Meaouve-M. 158 F. SACCO Velari dovettero ancora all)ergare piccoli ghiacciai di cui rima- sero, come ultimi residui, i due appollaiati nelle alte incava- ture occidentali del Gruppo del Velan, già ancora abbastanza estesi sino alla metà del sec. XIX, come indica la carta topo- grafica dello Stato Maggiore Sardo, ed oggi ridotti ancor piìi, specialmente quello meridionale, meno elevate». Passando al vero vallone del Clran S. Bernardo o des Barmes vi troviamo un notevole deposito morenico a grandi massi angolari attribuibile al periodo di .sosta glaciale del Daii- niano, nei dintorni della Tlioule; poi più in alto depositi ed archi morenici nei dintorni' di Pra d'Are e di C. Fonlente-( 'ali- tine, accumulati da due antichi ghiacciai, cioè: il Ghiacciaio di Lesache ancora rappresentato da un gliiacciaietto sospeso sotto l'Aiguille de Lesache, ed il Ghiaccìaietto di Fourchons che ancora esisteva, in meschini lembi, verso la metà del sec. XIX sulle pareti orientali più elevate del M. Fourchons fcome mostra il foglio XXI della Carta topografica sarda), ma che ora è quasi scomparso. Infine la Comba des Bosses presenta pure estesi depositi morenici che indicano l'antico sviluppo del suo ghiacciaio ; ma la natura prevalentemente calceschistosa poco si presta a dare i caratteristici massi erratici. Inoltre sonvi qua e là grandi accumuli caotici, di aspetto pseudo-morenico, ma che sono sol- tanto di origine essenzialmente franoide, come gli enormi massi angolosi (provenienti dalla Onte Citron) giacenti nel t'ondo valle sotto Borgata Mottes. Ma il Ghiacciaio des Combes dovette essere ancora assai sviluppato nel periodo tJanniaìKi giacché ne esistono tuttora residui sia nell'alto del Vallone La Thoule col piccolo Ghiac- ciaio Golliaz disposto in doppia gradinata tra il grande ed il piccolo (ToUiaz, sia nell'alto della Bella ('omba cui Ghiacciaio orientale di Malatra o di Artanavaz sviluppandosi sotto il ('olle Malatra e l'Aiguille d'Artanavaz. Passiamo ora a dare qualche cenno sulla valle di Ollomont, che rappresenta una valle secondaiùa, confluente, (juasi una sorella minore della Valpellina, conginngendosi con ([uesta a costituire poi 1' ampia vallo del liuthier sino ad Aosta. Pt>rò dette due valli sono tra loro assai ililt'erenti in causa della IL GLACIALISMO ANTICO E MODERNO DELLA VALPELLINA 159 diversa costituzione geologica. Intatti la Valle Ollomont è piuttosto ampia, svasata, essendo scavata nella formazione, relativamente poco resistente, dei Calceschisti presi in sincli- nale (diretta da N. E. a S, 0. e coricata a N. 0.) tra le costiere gneissiche del Velan e quelle granitoidi del Morion (1. e.) Invece la Valpellina è piuttosto stretta, quasi un gigantesco corridoio di erosione ed incisione nella formazione gneissica tra le zone, prevalentemente granitoidi, che costituiscono gli alti contrafforti di destra (Morion-Blanclien) e di sinistra (Fa- roma-Puuta di Gian); il tutto con andamento tettonico comples- sivo diretto da N. E. a S. 0., ciò che determinò appunto l'an- damento oro-idrografico della Valpellina. Senza parlare dell'antica glaciazione dell'epoca glaciale, nella quale fu depositata, in successivi periodi di ritiro e di arresto del grandioso Clhiacciaio butheriano (che prima ai con- giungeva con quello gigantesco balteo od aostano generale), la mirabile serie (a gradinata) dell'ampio bacino morenico di Doues tra i 1600 ed i 1000 m. s. 1. m. e limitandoci a periodi più re- centi, olocenici, possiamo ricordare, cominciando dalla Valle Ollomont. il doppio arco morenico di Chez Collet-Chanté che racchiude il piano inclinato su cui giace il passetto di Ollomont. Un arco morenico (a gro.ssi massi) più recente, sventrato a sinistra dal torrente, trovasi tra le borgate di Vaux e quelle di Barliard di cui originò il piano. Tali due complessi depositi moi-euici, che trovansi sul fondo della Valle Ollomont, indicano due periodi di arresto durante la fase ultima preistorica, daa- niana, di regresso del grande ghiacciaio di Ollomont, quando esso già erasi ben individualizzato, staccandosi da quello di \'ali)ellina Risalendo i fianchi della Vallata di Ollomont troviamo parecchi depositi moi-enici locali, per es. 1' enorme materiale morenico di Val Berio trasportato poi pai'zialmente in basso a formare la i-ovinosa conoide ciottolosa di Ollomont, materiale che in alto (verso i ISOO m.) costituisce un irregolare arco a grossi massi sparsi, in rapporto di origine coll'antico Ghiacciaio di Berio, cioè con un ghiacciaio di falda che dovette esistere nel fianco occidentale, triangolarmente incavato, di M. Berio (V. Fig. in Boll. C. A. I., XXXII, 1899, pag. 39). Notisi però che oltre a tale scomparso ghiacciaio Berio dovette contribuire al deposito dell'enorme congerie detritica 160 F. SACCO riem}»iente gran parte di Val Berlo l'antico prolungamento del Ghiacciaio Clapier o di M. Morion (V. Fig. in Boll. C. A. I. XXXII, 1890, pag. 83), che dovette già sporgere sulla spalla occidentale di M. Berlo, precipitando in basso una notevole (quantità di materiale morenico taloia commisto a frammenti della stessa fronte glaciale cosi spiccatamente pensile e ten- dente a scendere in Val Berlo,- del che abbiamo la prova nella quantità di massi erratici che vediamo sparsi sul rijìido fianco meridionale del gruppo di M. Berio. Oggi il ghiacciaio Clapier, per l'arretramento subito, non ha più la sua fronte cosi curio- samente pensile e deposita il suo materiale morenico special- mente a destra verso i Laghetti di Tjeitò (Morion; e di Linclusa (Chojeu). Il Prof. Revelli ne diede una fotografia nella Tav. Vili della sua precitata nota e ne segnalò il regresso dal principio del corrente secolo indicando essere di circa 20 a 70 m. (se- condo i punti) dall'Agosto 1918 all'Agosto 1916. Ma è proba- bile che in un nuovo avanzamento il Ghiacciaio Clapier abbia a riprendere la sua primitiva azione, direi di bombardamento 0 di franamento glacio-morenico vei-so Val Berio. Il lungo Ghiacciaio di Faudery o di M. Gelè iV. Fig. in Boll. C. A. I. XXXII, 1899, pag. 45) generalmente pensile dal suo lato destro (sostenuto dai grandi banchi gi'anitoidi inclinati a S. S. E.), dovette già anticamente, allungandosi, insinuarsi nella depressione dei tre laghetti (Beseya-Leitò-Linclusa) scen- dendo più 0 meno a destra verso la valle dell' Eau Bianche ; ma, per graduale ritiro, oggi la sua fronte (V. Fot. in Tav. VII ed VIII della sopracitata nota del Prof. Revelli) è poco di- stante dal lago Beseya (o lago Morion sup.) verso il quale va depositando copioso raateiùale. Tale fronte è in regresso dal principio del sec. XX ; il Prof. I^evelli vi constatò un i-itiro di 60-70 m. dall'Agosto 1906 all'Agosto 191:5, e di circa 20 m. dall'Agosto del 19] ;> al 1916, cioè di un'ottantina di metri negli ultimi \() anni. Quanto al ghiacciaio Fauder}' pai'mi opportuno notare che esso, pur avendo caratteri dei ghiacciai sospesi o di vedretta, si distingue per la sua forma fortemente allungata; ne farei una categoria speciale, di Gliidcciai di (jrniKÌa o di riin'a/io 0 di ferra :.:o. perchè giacenti in gronde o vallette o rijiiani o terrazzi originnti dalla speciale inclinazione degli strali roc- ciosi sottostanti; tali ghiacciai sono per lo più subparalleli al IL GLACIALISMO ANTICO E MODERNO DELLA VALPELLINA 161 prossimo crinale montuoso. Il ghiacciaio Clapier nella sua parte inferiore entra in questo tipo. Nella stessa Valle di OUomont abbiamo un altro tipico ghiacciaio di gronda, cioè quello che si stende dalle Aiguille Vertes di Valserey della Gran Testa di By sin sotto al M. Tre Fratelli. Anticamente (periodo daiiitiano) la Valle dell' Eau Bianche fu occupata completamente da un ghiacciaio, il Ghiac- ciaio dell'Eau Bianche che in iiu prinìo momento (suddivisibile ancora in due) spingeva la sua fronte larga e subbiforcata 'urtando contro un rilievo tli Calceschisti prasinitiferi inclinati a S. E.jsia, a destra, pensilmente sulla forra-cascata verso le Grange Balme, sia invece, a sinistra, quasi ascendendo sino a circa 300 m. dal L. Cornet. In un secondo momento il Ghiacciaio in esame ritirava e restringeva alquanto la sua fronte foggiata a digitazione subregolare poggiata a destra su Calceschisti dolcemente inclinati a S. E., i quali tuttora affiorano sotto un enorme accumulo caotico di angolosi detriti rocciosi che' costi- tuiscono la parte destra dell' arco morenico allora quivi accu- mulato. Tutto ciò è provato dai depositi morenici che, special- mente nel senso assiale dell'antico ghiacciaio, mostransi ben conservati a foggia di tre archi che si succedono in discesa dall'alta regione del lago di Cornet al bel bassopiano dell'Eau Bianche. Dopo quel periodo preistorico tale grande ghiacciaio, allora paragonabile a quelli oi-a esistenti sul vicino versante svizzero (^), è andato rapidamente ritirandosi ed ingracilendosi sino a ri- dursi all'attuale piccolissimo Ghiacciaio meridionale di Fenètre appollaiato sul tiancn occidentale d(d M. Gelò, a Sud del Col Fenètre. Questo microghiacciaio di falda, data la sua posizione e piccolezza, è piuttosto sensibile alle variazioni climatologiche ; tanto che, mentre esso in una fase di maggior sviluppo, nella prima metà del sec. XIX, originò colla sua fronte la conca morenica occupata poi dal Laghetto di Fenètre, più tardi invece scomparve durante la grande fase regressiva dei ghiacciai ve- riticatasi nella seconda metà del sec. XIX: poi si ricostituì e 1) 111 lilien ;;rin-lMli' ^li ;ltlllMlÌ uhi ai-ciai :iiiciì;';i ;is.sii s VI llll>p;U i Sili Ncrsantc alpino si'tteiitrioiialc ci po.^siiiin ilair iiniilca del ciniii' si i|ci\ rv;iiio in coinplrsso presentare i uosiri relativamente pie, '(ili yliiaceiai italiani ilnrante il preislorieo periodo ilauìiiano. 162 F. SACCO raggiunse le sponde del lagbett(ì sopracitato che ne è anzi alimentato; il Revelli ne diede alcune iotogralie (Vedi Tav. V e VI della sua nota) indicandone nn certo accrescimento dal l'Jln al lOlti; appunto per essere un ghiacciaio di falda, e quindi assai sensibile, esso senti subito l'effetto delle grandi nevicate di questi ultimi anni. Nelle carte topografiche questo ghiacciaietto non è indicato, sia per la sua piccolezza, sia perchè ha il suo margine inte- riore spesso mascherato in gran parte da detrito tranoso-more- nico, sotto cui il sottile ghiacciaio spunta (jua e là in modo da presentare quasi due fronti visibili, una inferiore e l'altra superiore; è tuttavia un ghiacciaio interessante sia come un rappresentante residuo del grande ghiacciaio dell'Eau Bianche, sia perchè molto sensibile e variabile e del resto facile ad osservarsi trovandosi presso un sentiero di valico assai fre quentato. Gli alti valloni che si incassano i)iii o meno profondamente nella costiera di M. A vri I-Testa Bianca già albergarono piccoli ghiacciai; anzi nel foglio XXII (Valpelline) della Carta degli Stati sardi, rilevata verso la metà del secolo XIX, e nella carta di tt The Valpelline, etc. " di Adams-Reilly rilevata nel 1865-66, è ancora segnato un ghiacciaio occupante il vallone a Sud della punta quotata 3485 m. ; ma ora essi sono pressoché scom- parsi 0 ridotti a nevati ed il fondo di detti valluiii è oticupato da accumuli caotico-franoidi. Ma nel gruppo di Gran Testa di By.M. Tre Fratelli tro- vansi ancor oggi sia Jiei valloni più incassati della Gran Testa, sia nell'alta gronda o gradinata (formata da banchi calceschi- stosi inclinati) di Aiguille Verte de Valsorey-M. Tre Fratelli, alcuni ghiacciai sottili ma abbastanza lunghi (V. Fig. in : J. Henry, Valpelline et sa va lire, l'JtS, pag. 35), residui di quelli che già discesero ad occupare la sottostante conca di By (sbar- rata a valle da Calceschisti anfibolitiferi) dove trovansi nume- rosi massi erratici sparsi, oltre a veri depositi morenici pog- giati sui fianchi della conca ('). Anche il gruppo del Velan albe)'gò nel secolo scorso un li) lia Oonc;i di l'.y siircWlic r.-iciliiiciitc ti-asfonii.'iliiìc in un ln'l sri)i;itciiii ;i(i|ii(n collopf.iliili^ anche coi prossimi .•ili) liucini dì Knu HIaiiclic r di Aiinndri ere. iia endo.senc un «allo di i|niiiii MM ni. sul s(;tt"slaiilf piund di Itarliaid. IL GLACIALISMO ANTICO E MODEKXO DELLA VALPELLINA 171 irregolarmenie allungato, arlic.olato, saliente sin quasi alla cresta di Chateau des Dames con tendenza a collegarsi coi vicini ghiacciai della Valtournanché (Vòfréde o M. Rouss, Chateau des Dames orientale, ecc.\ mentre discende assai in basso a foggia di lingua, apjiunlita, un po' liilorcata, già ben [)iii al- lungata nella metà del secolo scorso, come è delineato nella Carta degli Slati Sardi e in quella di Adams-Heilly, e come mostra il suo regolare a])parato morenico di asfìeito fresco. La fronte di questo ghiacciaio fu già esaminato nel 1908 da Dainelli e Stefanini e nel 1912 e 1913 dal Revelli senza risultarne osservazioni specialmente notevoli. Il Ghiacciaio di Bellazà settentrionale o destro, (che l'Henry segna come Glac. des petites Murailles) è, rispetto a quello meridionale, piìi piccolo, in-egolarmente subromboidale, pro- fondamente incassato nell' aspra costiera di Creton (V. Fig. in Boll. C. A. I., XXXII. 1899, pag. 168Ì e scende molto meno in basso ; esso però scese molto di più sino alla metà del secolo scorso, come indicano le Carte sovracitate e qualclie residuo morenico sparso sulle soggiacenti roccie gneissiche arrotondate e lisciate. Il Prof. Revelli esaminando questo ghiac- ciaio il 12 Agosto 1912 constatò che la sua fronte si presen- tava divisa in quatti-o lingue di cui la più meridionale, lunga 62 m. e larga 3 m., è quella che scende più bassa, tra 2835 e 2825 m. s. 1. m. '^V. Fig. 2 del suo lavoro); ma il 20 Ago- sto 1913 detta fronte appariva assai differente, poiché l'estrema lingua meridionale era per 2'3 scomparsa e non erano più in- dividuate le altre 3 lingue; in un anno la fronte aveva subito il regresso di circa 15 m. nelle sue lingue, mentre la vera fronte complessiva ei'a rimasta quasi stazionaria. * * * Passiamo finalmente all'esame del glacialismo, direi as- siale, della Valpellina. Notiamo anzitutto riguardo al Ghiac- ciaio principale, assiale, che occupò la Valpellina dopo l'epoca glaciale principale, come, risalendo tale vallata, si incontrino dapprima notevoli depositi morenici a grandi massi attorno ad Ovace; poi specialmente, più a monte, un bell'arco morenico ad enormi elementi rocciosi, subangolari, tra Chantres e Jove- noz, indicandoci che in quel punto si verificò uno speciale ar- 12 172 F. SACCO resto {daxniano^^^ di una Ihiiifua glaciale iei'iniuale : i|niiifli altro morenico sparso osservasi nella conca di Bionaz, attorno a Petit Chamin: i)iù a monte nota^^i un altro arco morenico ellissoidico, quasi abraso a sinistra, a grossi blocchi angolosi, tra Pra Rayé e Gorge; il che ci indica un'altra fase di ar- resto non tanto antica, quantunque non storica, del ghiacciaio valpellinese. Dopo di che si giunge alle morene storiche le quali si sviluppano sin quasi presso Grorge ; quantunque la vallata rocciosa non abbia sempre permesso il regolare deposito morenico, ma conservandosi spesso tuttora (specie sul lato de- stro) la tinta biancastra e la fresca levigatura sulla roccia già coperta e fregata dal ghiacciaio sino alla mt^tà del secolo scorso. Naturalmente in tutta la parte bassa della vallata vediamo le roccie, essenzialmente granitoidi, più o meno lisciate ed arrotondate; anzi, ciò che è più mirabile, è il caratteristico montonamento e qua e là la striatura delle tante dorsali roc- ciose che emergono (da Oyace in su) sul fondo vallivo che ne ri- mane quasi bipartito loiigitudinalmente, con un solco destro relativamente alto e spesso abitato e coltivato, mentre il sini- stro è profondo, incassato ed occupato dall'attuale torrente; ad ogni modo queste curiose dorsali, allungate secondo Tasse vallivo ed emergenti in fondo valle, raj^preseiitano una delle tante prove che i ghiacciai non scavarono le valli ma solo le ripulirono dai detriti di falda e ne limarono ])iù o meno il fondo ed i fianchi, arrotondandoli e striandoli. La dorsale di Gorge, toccante la quota 226!», costituita di Gneis fortemente sollevati, diretti al solito da N. E. a S. 0., mirabilmente montonata, levigata, striata, con laghettini sparsi fra le sue gibbosità superiori (ciò che ricorda in minima scala i bei laghetti di Chantres-Jovenoz) è l'ultimo di tali sjiuntoni mediovallivi ora ben scoperti. Quanto al grande ghiacciaio terminale dell'alta Valpellina 0 Ghiacciaio di Tza de Tzan o Clan de Cians (V. Fig. in Boll. C. A. I., XXXIJ. ìh;)!I. ))ag. 144, 155. 1G8: e Riv. Mensile C. A. I., XX\'ir, 1!)()H, N. 4) ('), assai conosciuto per il suo facile (1) Niiinerose tutoj^ralu' ilocmncnl.-irif di Dainclli A;;-. I'.mi^). ili s.-ucc. l'jlT e ini?), e(!C. non poterono ii|iro(liir>,i iu;i .-sono t-misuivalc mil' Artlin in dtl Ciiiiiil. glnc. Italiano; vc^^^vasi anche la fotofrratia N. S.5 presa ila V. Sella nel I.ii^lin KsSl dal Clmlean des I>un>p.s. Per la parte alta ilei Gliiaeeiai ilis (^ramies Miinnlles e del (ihiaceiaio inferiore di Tza de Tzan vedi la Tavola t;-laeioloyiea in: F. Saeco, Il OLacialisrno antico e moderno del Cervino. (Atti R. Acc. Se. Torino, Voi. LUI, 1918). IL GLACIALISMO ANTICO E MODERNO DELLA VALPELLINA 173 accesso (tanto che auclie gli armenti lo percnrrono per circa un'ora quando salgono all'Alpe Rosset o di Tza de Tzan, cu- riosamente pensile sul ghiacciaio in esame j, vi possiamo di- stinguere abbastanza facilmente tre |)arti principali, cioè: 1) una parte orientale o Glacier des Grandes Murailles che, scendendo crepacci ato dalla dirupata alta costiera di Punta Margherita-I Gemelli-Creton (V. Fig. in Boll. C. A. I., XXXII, ]8'J9, pag. 1B5 e 168 (') si collega verso Nord amplissimamente, mediante salto-cascata 'per subglaciale gradino di roccia gneis- sica, quale prolungamento N. E. di Tète de Roèse con affiora- menti rocciosi verso la Dent d'Hèrens) col ghiacciaio inferiore di Tza de Tzan ; mentre che verso Ovest esso scende molto in basso; finendo a lingua crepacciata subtriangolare, pensile sulle roccie gneissiche levigatissime iV. Fig. 5 dell'allegata Tavola f'ototipica) sopra la terminazione di detto ghiacciaio inferiore di Tza de Tzan. Dalla parte destra di tale lingua glaciale usciva nell'Agosto 1916 un torrentello formante un'alta cascata, mentre sotto la punta inferiore e franante della lin- gua glaciale usciva il toi'rente subglaciale principale masche- rato per lungo tratto da materiale deti-itico sparso, di origine glacio-torrenziale. Tale è lo stato generale del ghiacciaio des Grrandes Mu- railles in questi ultimi decenni, giacche tino a poco dopo il 1870 esso era assai più sviluppato, per modo che il suddetto salto settentrionale appariva meno spiccato per la coltre gla- ciale più potente : inoltre la lingua occidentale scendeva al- largata sino a congiungersi completamente e largamente colla terminazione del ghiacciaio di Tza de Tzan, come mostrano nel modo più chiaro oltre alla fresca levigatura delle roccie quivi emergenti) le Carte di Adams-Reilly e degli Sfati Sardi che risalgano a mezzo secolo fa. 2) Ghiacciaio inferiore di Tza de Tzan [Bus Gìariev de Za (h' Zdìi) che, collegato a Sud con quello delle Grandes Murailles sopra la lunga gradinata glaciale sovracennata, scende dall'aspra, irregolare, altissima costiera gneissica di Dent d'Hè- rens, biforcandosi verso il basso per la notevole emersione dello sperone roccioso quotato 3091 m. il (^uale vi origina due terminazioni, cioè: (1) Ricordo iiuidi'iitnliiifiitc ilu' il piccolu )ì1iì:iccì;ìÌ(i. i'rc'i)ac(i:ito e iiui iiniiiia crepjicciji iicrilVric;!, e.sislenlc, vt-rso ViUtournaiichc, sotto i .liimcaiix e la r.ccca rti Gain, secondo aleime ar"'''c <' in .iiiincnto. 174 F. SACCO a) una terminazione destra o settentrionale relativamente piccola o secondaria foggiata a stretta lingua scendente pen- dula sino a circa 250 m. dalla terniiiuizione del Ghiacciaio su]jeriore di Tza de Tzan; questa piccola l'route acutangola è circondata, a distanza, da due morene laterali di aspetto fre- sco, convergenti e che vanno a congiungersi colla morena si- nistra del ghiacciaio superiore di Tza de Tzan, prova di un allungamento glaciale già assai maggiore. Infatti nella Carta topografica degli Stati Sardi è indicato che mezzo secolo fa la lingua in questione scendeva sino a congiungersi al ghiacciaio sottostante. Le Carte topografiche più recenti, come quelle dell'Istituto topografico (levata 1884), del foglio Matterhorn della Svizzera flSSO-lSOO) e quelle di Canzio, Mondini e Vi- gna I 1890) indicano (piivi un collegamento glaciale largo, pro- habilmente esagerato ma ad ogni modo per ora scomparso, rimanendo a residui dell'antico svilu])po sia le sovraccennate morene laterali convergenti, sia una grande quantità di mate- riale morenico sparso, h) la vera terminazione principale o sinistra, grande, potente che, S(5endendo ad Ovest crepacciata sino al fondo del- l'alta Valj)cllina, arcuandosi regolarmente, si volge a Sud svi- luppandovisi per oltre 2 Km. (Vedi tìg. (3, 7 ed 8 della Tav. fototip.). È interessante notare come una fotografia documen- taria presa dall'Ing. V. Novarese il !!) Agosto liHJl dell'Alpe Za de Zan (Rosset) mostri che il grosso spuntone gneissico obliquo inferiore, ora isolato (fig. 7) dalla discesa di una lingua glaciale crepacciata, allora si mosti-ava ancora nettamente col- legato colla protendenza meridionale del grande rilievo quo- tato 2091; ciò indicherebbe chiaramente un notevole accresci- mento più 0 meno recente della })arTe mediana del ghiacciaio infe?-iore di Za de Zan. Il grande manto morenico, specialmente di destra e subnie- diano, nonché quello frontale, maschera più o meno l'anda- mento veVo di questa bella fiumana glaciale ; ma ne riconosciamo il margine frontale per l'apparire del ghiaccio inquinato da materiale morenico e caratterizzato dalla porta, unica o plurimi! , del torrente subglaciale. (V. Fotogi'. Origoni inserita nel Boll. C. A. I., XXXII. 1899, N. Co. ])ag. Uh. Lo svihipju) e l'andamento d-'l iii;itri'i;ilc iimionicd sovra- stantf! al ghiacciaio terminalo vuriaiio abpiauto col tempo! infatti la Carta topografica dell'I. Ct. M. I. (Tavoletta Valtour- IL GLACIALISMO ANTICO E MODERNO DELLA VALPELLINA 175 naiiche) rilevata nel 1StS4, ci ludica cordoni morenici in po- sizioni e con ondulazioni abbastanza diverse da «juanto vedesi oggi. ;V, Tavola e Fotogratie 6, 7 ed 8). [/apparato morenico di destra è [)articolarmente complicalo per la presenza di vari cordoni che derivano; sia dal fianco destro del ghiacciaio in esame (per la costiera di quota 3091 e la lunga costiera scendente dalla Testa di Valpellinaj, sia dal ghiacciaio superioi^p di Pza de Tzan, costituendo cosi 4 o 5 cordoni subparalleli, sul^ondulati, che finiscono per quasi confondersi, salvo quello diventato submediano, potente ed al- lungato. La fronte del ghiacciaio in questione venne già esaminata nel lUos da Dainelli e Stefanini e poi nel lUl'^ dal Revelli che notava essere essa disposta a ferro di cavallo e, dai segnali posti dai due sovraccennati studiosi, deduceva che dal 1908 al 1912 la porta glaciale aveva subito un regresso di circa 30 m. Il 19 Agosto Ì91S il Revelli notava che la fronte si pre- sentava foggiata quasi a semicerchio, aveva regredito da G a 20 m. secondo i punti, e la porta di circa 10 m. Il 24 Agosto iUi(J lo stesso studioso osservava che la fronte glaciale era variata, la sua parte centrale offriva tre bocche, cioè una più importante (la vera porta del ghiacciaio) e due secondarie; la parte centrale dell'arco frontale aveva subito in tre anni un regresso di circa 40-50 m., ma le estremità del- l'arco erano rimaste quasi stazionarie, cosicché l'arco frontale presentava un regresso medio di una, quindicina di metri, ciò malgrado cdie l'inverno del 1915-16 fosse stato caratterizzato da grandi nevicate. Il 14 Agosto del J'.ill ebbi a visitare questo ghiacciaio la cui fi'onte presentava allora quattro porte, cioè: (V. Fig. 8 della Tav. fototipica; 1) una porta destra quasi inattiva e mascherata da grande deposito morenico ; la sua posizione altimetricamente superiore alle altre spiega forse la sua at- tuale poca importanza; la poca acqua che ne usciva si perdeva subito fra il detrito morenico antistante; ma un pastore che trovai sul ghiacciaio mi affermò che detta porta glaciale fu generalmente attiva in questi ultimi anni: 2) una porta destra 0 centrale, la principale (V. Fot. 8, T) e 10 della Tavola foto- tipica uscendone la maggior copia di acqua, ora e, come mi fu affermato, in questi ultimi anni; 3j tma porta centrale- sinistra o sinistra da cui esciva pure una notevole quantità di 17ff F. SACCO acqua subglaoiale; 4i una porta sinistra sussidiaria, nel senso che una parte delle acque fuoruscenti dalla bocca sinistra rien- travano tosto (verso sinistra) sotto una estesa lingua glaciale riuscendo di nuovo, dopo alcuni metri di percorso subglaciale, in una nuova porta o bocca che indico perciò come sinistra sussidiaria. Questa j)orta sussidiaria di sinistra è interessante, perchè è la più anteriore e perchè nelle sue immediate vicinanze sonvi alcuni enormi blocchi rocciosi gneissici (che paiono pre- cipitati da uno stacco laterale «Iella parete o<;cidenta]e di Tòte Bellazà) i quali possono servire in avvenire come termine di di paragone pel movimento del margine glaciale in esame (Fig. 8 e 10). Intatti il blocco gneissico più grande (metri 4X4 circa), irregolarmente cuboidale, distava poco più di 4 m. dal mar- gice glaciale ( inquinatissimo da materiale morenico) dove si trovava la suddetta porta sinistra sussidiaria; orbene un pastore, da molti anni abitante in estate all'Alpe Rosset, che trovai appunto presso la 4*^ porta glaciale (la quale stavo fotografando, mentre egli saliva a detta alpe; e che mi parve degno di fede (avendomi detto che la fronte glaciale dal 11)12 al 1916 si era ritirata di circa 40-50 m. ciò che concorda abbastanza colle osservazioni del prof. Revelli i mi affermò ohe nell" estate del 1910 i grossi blocchi si trovavano ancora sopra il margine glaciale, mentre nell'Agosto 1917 ne distavano già 4 m. ; egli mi disse inoltre che la porta sinistra sussidiaria in questione non esisteva ancora nel 1916, ciò che concorda colla indica- zione di tre porte data dal Revelli, jier tale anno. Nel J01S rivisitai, il giorno 10 Luglio, la fronte del ghiac- ciaio di Tza de Tzan. prendendo (jualche fotografia documen- taria, constatando che essa si trovava ad un dipreso nello stato e posizione dell'anno scorso, e sempre totalmente coperta da detriti, tanto che, Hjìecialmenie sul lato destro, era difficile co- noscerne il preciso sviluppo; però il margine sinistro meglio visibile, foggiato ad unghia, era ancor più ingracilito che nel- l'Agosto del 1917 per modo che l'arco glaciato esistente al- lora si era rotto nella sua jìarte estrema e (^lel che ne rimaneva era ridotto a a T lu. La bocca mediano-destra era più ampia di quella sinistra ed il suo toi-rento subglaciale era molto più abbondante che non quellu della bocca sinistra. Quanto alla bocca laterale destra essa si presentava ancor più piccola e mascherata dal deti'ito moi-enico che iiell" anno precedente, tendendo quasi a scomparire. Tutto sommato si può dire che il basso ghiacciaio di Za di Zan pare frontalmente ancora in via di diminuzione, ciò che è interessante dato il progresso che va ora accennandosi ed anche accentuandosi nei ghiacciai in generale; ma deve no- tarsi che tale fronte glaciale è protetta da grande manto mo- renico che la rende meno sensibile alle variazioni climatolo- giche, oltre che il margine sinistro sopra descritto è subfos- sile, quindi conta poco per misurazioni di movimento mentre la regione frontale media. })iù. sensibile, può forse piii aver iniziato un leggiero accrescimento (' . o) Ghiacciaio superiore di Tza di Tzan (•') che l'Adams- Reilly indica come (r/n'acc/'aio di ]'(( Ipel/ùte, rappresentando veramente il i)rimo e più assiale ghiacciaio dell'alta Valpellina. Esso parte dal crinale di confine italo-svizzero dove con- fondesi coi ghiacciai svizzeri di M. Mine (al Col des Bou- quetins) e di Ferpècle (verso il Col d'Hérens) collegandosi anche a sinistra collo Stockgletscher (attraverso il Col de Val- pelline); poscia esso scen.le con tre grandiose cascate crepac- ciate (V. Fig. nel Boll. C. A. !.. XXXII, 1899, Pag. 157) at- traverso le zone più depresse (la prima sti-ozzata) di tre gi- gantesche gradinate rocciose (quella granitfca di Tète Blan- che-Dents des Bouquetins , t^uella gneissica degli spuntoni quota 329l-33(»l in. e quella, pure formata da banchi gneissici inclinati a N. 0. (•'), di Tète Valpelline-M. Brulé) terminando visibilmente ora con una bella ])orta all' incirca sulla linea della quota 2579 m. Il) V;u-i(.' fotojATatir iluLiinieaiaiic lucsf dal l);iiiiclli iiell'Ao-usto 1^08 e (lall'aii- tore iieir .Ai,''ij.slo l'JlT e nel Luglio IIMS non poturoiid rii)i(i(lMrsi in ijiicsti» l.'ivoio ma .sono eoii.servaie nuli' Ari-liivio del CJomitJito '^\:\c. lial. pi'i' futuri nuitronti. i-ì) V(»(li le lis. ''• " Oli S ilcir unita 'r;n(il;i fototiliica. ({) .\ir l'stl-eniità di (lUe.sto ^rand>' i-d^hilonc |ii-ii\i'nicnl4' d.-illa 'l'rtc di' Valpt'l- line trovasi il Hifiisio Aof^ta o Capanna di Za du Zan assiti utile iie)- varie e.st'ursioiii. (V.: 1 Heuiy. ,J :oilZO //(•/' /a ValpfUimi. liiv. 0. A. !.. XXVII, luOS). 178 F. SACCO Questa terminazione della t'rojite glaciale è molto interes- sante per variazioni da essa subite. Infatti negli nltinii secoli sino a pochi decenni fa il ghiacciaio in esame si riuniva com- pletamente con quello inferiore, costituendo un solo ghiacciaio, di Tza de Tzan o di Valpelline, che si spingeva sin sotto Gorge come indica l'estremo limite, a Sud, delle sue morene latei-ali depositate nella prima metà del secolo XIX, e poi ancora a circa 300 m. a mottte di G-orge come segnano le Carte topo- grafiche sarde e di Adams-Reilly (del 18G5-(i()i. le quali, come anche quelle della Svizzei-a (foglio Matterhorn, 1880-1890). del- l'I. G. M. (1884), e di Ganzio, Mondini e Vigna (del 18i»0\ indicano pui-e nettamente la perfetta congiunzione del due ghiacciai indicati. Ma già la Carta geologica uiHciale al lOOvOOO (foglio M. Rosa) rilevata al principio del sec. XX segna che allora la fronte del ghiacciaio superiore di Tza de Tzan sembrava stac- cata dal ghiacciaio inferiore, almeno apparentemente j)er il mascheramento prodotto da cordoni morenici mediani : |»er modo (die una gracile digitazione destra del gliiact-iaio in esame si prolungava sino a «iOO m. circa sotto rAl])e Rosset. Ora invece tale gracile digitazione destra pare scomparsa, salvo che vi sia qualcdie meschino residuo sotto il complesso ammanto morenico: ma la fronte vera, caratterizzata dalla bocca, ti'ovasi ora ad oltre 300 m. dalla linea di detta Alpe Rosset. Ne risulterebbe quindi un ritiro di quasi un Km. dell'e- strema digitazione del ghiacciaio superioie di Tza de Tzan dal principio del secolo in corso ad oggi; ma in realtà credo trattisi solo in gran parte della scomparsa, per fusione, di un'antica, lunga, digitazione glaciale, protetta per molto tempo dai cordoni morenici, i quali sono allineati ed avvicinati fia loro sino alla loro confusione in causa «iella spinta trasversale prodotta dal ghiacciaio inferiore di Tza de Tznn. Del resto non sarebbe impossibile che i(ualtdie prolunga- mento glaciale sottomorenico esistesse tuttora a valle della fronte del ghiacciaio sia a destra, ma specialmente a sinistra : i^uivi qualche lembo, direi fossile, della fronte del ghiacciaio in esame potrebbe ancora congiungersi col li anco destro della fiumana del ghiacciaio inferiore di Tza de Tzan, dove appunto le morene (rispettivamente sinistra e destra) dei due ghiacciai in esame sono tanto estese. IL GLACIALISMO ANTICO E MODERNO DRLLA VALPELLINA 179 Nell'Agosto 1917 la fronte di questo ghiacciaio superiore di Tza de Tzan terminava con una specie di fìarete inclinata, molto ÌM([UÌiiata e largamente copei'ta ria materiale morenico, abbastanza ben distinta (per mezzo di un ])rofondo ed esteso avvallamento) dal margine destro (coperto da lunghi e bassi cordoni morenici) del basso ghiacidaio di Tza de Tzan. Inoltre tale terminazione presentava pure una vera porta da cui esciva un torrente subglaciale che però ben presto si perdeva fra i potentissimi e vari depositi morenici (dapprima allineati in cor- doni e poi più in basso quasi riuniti e mescolati in modo da perdere pressoché la loro individualità primitiva) passando quindi sotto il ghiacciaio inferiore di Tza de Tzan; per cui 1' acqua uscita da detta porta, dopo oltre due Km. di nuovo percorso subglaciale, riusciva definitivamente a giorno in una delle porte (probabilmente in quella centrale destra) della fronte del ghiacciaio inferiore di Tza de Tzan. Tale fatto è assai curioso; ma però deve essersi v^riiicato ])iii volte in molte vallate alpine nelT epoca glaciale ed anche in pili recenti fasi glaciali (per es. in vai Ferrei nel gruppo del M. Bianco) quando i ghiacciai, ora tanto ritirati in alto e separati, scendevano nelle valli inferiori; quivi le rispettive fronti terminali spesso si succedevano da monte a valle senza riunirsi, per cui i rispettivi torrenti subglaciali usciti da una porta rientravano sotto un altro ghiacciaio pei' riuscirne piìi a valle e ciò talora anche più di una volta: i Clhiacciai della Brenva e del Triolet presentarono tali casi ancora verSo la metà del secolo XIX. Tale fatto è naturalmente assai freijuente in ghiacciai laterali secondari rispetto a quello [trincipale oc- cupante l'asse della Vallata. Dal sovraesposto possiamo dedurre, concludendo, che du- rante la grande e[)Oca glaciale plistocenica i Ghiacciai della Valpelliiia, enormemente sviluppati, assieme riuniti, ricevendo inoltre il grandioso tributo del ghiacciaio di Artanavaz o del Gran S. Bernardo, formavano un solo (Hn'arciaio butheriano largo oltre 3 Km. e dello sjiessore di circa BOO m., che andava così a congiungersi col gigantesco Ghiacciaio balteo nella im- mensa conca aostana, conti-ibuendo efficacemente all' inp-rossa- 180 F. SACCO mento di quella fininana glaciale che scendeva sino a sboccare dalla valle montana e depositarp il grandioso Anfiteatro mo- renico di Ivrea. In seguito, dinìinuito notevolmente lo sviluppo glaciale e ritiratisi i ghiacciai, gradatamente ma con periodi di sosta (provati per es. dalla gigantesca gradinata della insenatura morenica di Douesj. anche i ghiacciai della Valpellina rien- trarono nella loro vallata durante l'epoca olocenica, però an- cora con periodi di arresto, relativamente recenti ma preisto- rici, come specialmente nel periodo daarnano. Si ebbero perciò allora i pei'iodi di sosta in cui vennero depositati gli archi morenici di Chez Collet-Collet e [Kiì ili Barliard, di Grrauge Baliaw-hago Cornet, ecc. in Valle Ollo- raont; di Jovenoz, poi W La Garda nella Comba di Cren, di Pra Rayè, ecc. nella Valpellina pi', detta. 8i dovette poi verifì 'ai-e un lungo ed importante periodo stoi'icD di regresso glaciale che permise un notevole sviluppo agric(do e commerciale in queste vallate alpine: {)er cui il limite superiore della coltivazione dei cereali dovette salire sin quasi a 2000 m. ed inoltre varie regioni dall'Alta Valpellina furono abitate tutto l'anno. Così pure le comunicazioni (com- prese anche le incursioni guerresche dei vallesiani, p, es. du- rante il secolo XIII, in Valpelline) tra la Valpelline e le fini- time vallate svizzere, come anche con quella di T(ji-gni)ii, ecc., erano anticamente assai ])iii strette, fi'equenti e tacili che non oggi attraverso diversi colli, come quelli des Bonquetins, di Collon, Créte Sèche, P'enètre 'ilove vi tu persino una guardia fissa per (gualche tempo), ecc.; tanto da tenersi nell'alta Val- [)elline speciali fiere, a cui convelli vasi persino dal Vallese, come indicano antiche giurisdizioni e come risulta per cs. da documenti degli archivi di Evolène (da cui ])are anche antica- mente dijìendesse l'alta \'alpolline"i ('i, mentre purtroppo gli archivi comunali e parrocchiali di \"alpclline (questa Parroc- chia è anteriore al lOOOl vennero disti-iitti nel 1719. Ma a cominciare dalla seconda metà del secolo XVI i (1) (^Dstillinsi al i-innariln i lavori ili Miiiistcr ((.OSliiOili'diihio ruiri'i'yalis. 111. 15131, (li .\larf?iii;i-«tt 17. iMi-'m. sur /<'.v Hìpt/nxu! di' In Vidimi' //.los/c). 'li Vaccfiroiio [f.e Vie dell'' Ml>i Ore. ncoli ftHUrlu iciìtpi, IHH.Ii. ine sinistro della parie anteriore del Ohiacciaio inf. di Za de Zan). C. Veduta complessiva dei Ghiacciai snpeiiuri ed infcrioii di Za de Zan, dal (olle des Bou()Uctins alla jioila del (iliiacciaio inferiore; si vede bene laudaniento comi)lessivo della nioreiia (specialmente di destra ed anteriore) dei due ^Oii.acciai. In alto a sinistra i Dents des Boufjuetins (3851 m.), a destra i rilievi roc ciosi discendenti dal gruppo della Tete de Valpelline (3001-3409 ni.) sino alla Téte manche (3?.")1 in.l o la lète de Valpelline (3812 ni.i 'F.it. di (4. Bobba presa il 29 Agosto 1904 scendendo dalCoIlc di Bellazài. 7. Nella parte aiitei-iore il Ghiacciaio inf. di Za de Zan colle sue morene viag:- Sianti; nello sfondo d;i sinistra a destra: parte del Ghiacc. sup. di Tza de T/.an, i rilievi rocciosi 3291, 3409 e 3091, colle relalive morene circuenti, e la parte discendente del (ihiacciaio inf. di Za de Zan colla sua morena destra vias'f^iante e, fra il (ghiaccio, il caraiteristieo spuntone roccioso allungato che iielF Agosto 1901 (secondo una imiiortante lotoj/ratia documentaria dcH'Intf. V. Nov;iresej er,i ancora visibilmente collegato colla prossima (a sinistra di chi jj^uardai propaggine meridionale del rilievo qucdato 3091. iFot. di F. Sacco, iiresa il 14 .\gosto 1917 dalla murena destra viaggiante d(d Ghiacc- inferiore di Za de Zani. 8. Veduta coniplessiva dei (ihiacciai siip. ed inf. di Za de Zan un po' .•iu!ilo>;;i a quella della Fig. 7. ina i)resa più dal basso; oltre all'apparalo morenico dei due ghiacciai si vede assai bene la porta centrale princiiiale e t|uella sinistra del ghiacciaio inferiore (Fot. di F. Sacco presa, il 14 Agosto 1917. dalla gibbo sita rocciosa assiale di Gorge quotata ?209 m.i. 9. Fronte del Ghiacciaio iiif. di 'l'za de Tzaii <■ iiortc relalive tFot. di t. di F. Sacco presa da una moreniiI;i gio\aiu- .•intcnore il II .\ì;iisIo l'.il<). F. SACCO - Glacialismo dell'AUa Valpellina. Alli Sor.ll'il.Scicnzr Nnl.-Yol.IMI < 1!)1H). TavX. :Eqnid frale airve arizz. m . 25 Scxila di /.-.-jO, OOO -cl Porta da ffhùzcnoj: Aree glaciali Terreno Cordoni Boeder, Tixjjdtì coperte dimar. Tworerrìco morenici' Detriti, AÌLlzvìotu/ Conte Emilio Turati ANCORA SULLE VARIAZIONI DEL PARNAS8IUS APOLLO PUMILUS Stich. (nota complementare) Non se n'è mai scritto abbastanza in proposito! Nel recentissimo mio studio sulla u Variabilità del Par- Tìassiiis apoììo pìimiìus Stioh. " f) ho detto a pag. 40, che la cenii-atura bianca, o meno, degli ocelli nelle ali posteriori dei Paniassìi u malc^rado i numerosissimi particolari trovati fuori dagli autori come caratteri per altrettante di'^tinzioni nomi- nate » non era stata tinora affatto considerata. Perciò cominciavo io col suddividere le tre forme: a ocelli tutti rossi; a ocelli tutti centrati di bianco; ed a ocelli post- cell alari soltanto centrati di bianco. Devo rettificare una mia svista subito: questa variazione nella centi-atura bianca degli ocelli era stata già in parte coneiderata dall' egregio amico Dr. Ubaldo Rocci di Genova. Egli mi fa avvertito, che nella sua u Contribuzione allo studio dei lepidotteri del Piemonte » 2" fase, pubblicato a Genova nel 1911 dalla Società Ligustica di Scienze Naturali, a proposito del Parnassiìis apollo L. aveva già accennato a questo fatto. Chiedo scusa al zelantissimo collega della mia involontaria omissione; e rendo omaggio al suo acume, riportando qui la sua nota a pag. 9 di detto lavoro, che nella faraggine dei libri consultati mi era affatto sfuggita. Essa dice: u Nelle nostre valli non sono rari individui, (Il Atti omion decora, ed anche n/agnopupiJla/a Rocci. Nello stesso eccellente lavoro di Rocci è indicata sotto al Parnassnts delius Esp. una ah. dir ha Rocci, che ha una certa analogia colla mia appendicAdala. Infatti Rocci dice : " Propongo questo nome per indicare la forma che presenta « l'ocello rosso esterno dell' a. post, geminato da una breve u striscia nera, formando quindi due ocelli contigui uno mag- li giore dell'altro ". Se entrambi gli ocelli contigui rimanessero centrati di bianco, il che non è detto dall'autore, allora questa forma dovrebbe far da «pendant" alla graphiea Stich. deìVapolIo L. Ad ogni modo — per quanto si tratti di altra specie — - non credo sia sufficientemente determinata per farla coincidere colla mia qualifica di appevdicuì((la nella forma della specie, che ci occupa. * * * Era da qualche mese pubblicato il mio studio sulla u Va- riazione del Parnassiua apollo pìitnilns Stich ". quando usciva alla luce — contemporaneamente al fascicolo 4° — il fascicolo 3" del III volume del Bollettino della Società Entomologica di Ginevra (1914-17), Esso avrebbe dovuto veder la luce alla data del Maggio 1916; ma per le circostanze della guerra subi il ritardo di ben due anni. Cosi ebbi la gradita sorpresa di trovarvi uno studio sulle ANCORA 8UI,LE VARIAZIONI UVA. FARNASSIL'S APOLLO, ECC. 185 il Variazioni del Parnassms apollo nel Giura n ('), die coincide in gran jjarte con le mie osservazioni, e che mi procura la viva soddisfazione di vedere come il mio modo di pensare a proposito delle forme multiple, miste, e della loro classificazione plurinominale, è condivisa dall'autore di quello scritto (^), il Signor H. d'Auriol, senza che né lui né io ci fossimo mai reciprocamente conosciuti, nemmeno di nome. Il signor d'Auriol ha perseguito, dice, il suo studio per un periodo di sette anni consecutivi durante i mesi di giugno, luglio ed agosto, dal 1909 al 1915; esplorando principalmente (1) \j' apollo nivatus Fruhst. Spraziatamente l'autore non sa pronunciarsi sulla ileterminazione di questa forma del Giura, ch'egli studia. Non sa decidersi di cliiamarla iiì'catux Frnhst., ma non vuole clic sia suddivisa, con varie altre deno- minazioni, a seconda delle diverse località. «Se si ammette» egfli dice «che una « .sola ra/.za vive in regioni vicine del Giura, i tipi diversi di questa razza sareb- « bero il risultato d' una evoluzione più o meno completa ncy^li individui in rela- • zione nWf condizioni climatiche. La razza oscillerebbe tra i due estremi senza « che si possa attualmente conchindere in quel senso tendano finalmente gli indi- << vldui, ed affermare che 1' « entrismo » con gli aitri caratteri che l'accompagnano « sia un fenomeno progrc.-sivo piuttosto che regressivo. La parentela AeW apollo « del Giura con ([iielli delle regioni calcai'i v cine delle Alpi, dovrebbe Carlo de- « signare sotto un vocabolo che abbracci le regioni estesissime dove il calcare « domina, e dove pare che esso ben prenda un abito speciale conseguente alla « caratteristica di quei terreni ». Ma egli non vuole nemmeno riuiiire queste forme calcnri sotto un .sol nome nuovo, per non aggiungerne uno di più alla già lunga lista delle razze classificate. Cosi non si capisce bene se egli lasci correre il suo apollo sotto il nome di nivalus Fruhst. o non preferisca piuttosto chiamarlo pseudoììoìilioìi Christ, nome che egli accentua descritto come varietà e non come aberrazione., e che parrebbe designare in quella razza il sopravento degli indi- vidui con «ei'itrismo» su quelli senza. Ma poiché una simile indeterminatezza è dannosa alla classificazione, e la forma fii^eudonoinion Christ si mostra anche nelle altre razze come un carattere aberrativo insito nella specie, «risultato» come dice Oberthur <- di una legge che « agisce sempre nello stesso modo sugli individui di una stessa specie, se non di « un genei'e intero », perchè non è altro che un vero e proprio carattere filoge- netico — aggiungo io — così dovremo ritenere che V apollo del Giura deva con- tinuare a correre sotto il nome di nivatus Fruhst., come l'hanno considerato ormai la maggior parte degli autori ; e non vedo poi alcuna ragione perché non si deva per la storia dell' evoluzione della specie tener calcolo anche delle altre manife- stazioni che essa prosenta più o meno localizzate. (2) « Il minore inconveniente consiste nel dotare di tre o quattro nomi un « esemplai-c, che si ha cura di descrivere rigorosamente ». E quindi egli stesso propone pei «caratteri misti» una flesignazione plurinominale, per es : pseudo- iiomioii decora, o decora pseudonoriiion a seconda della predominanza di uno o dell'altro carattere (Pag. 137). « L'individuo chiamato pseudonoììlion può essere inoltre aberrazione gra « pìtica, teiiuicinctata, ampliusmaciclata ecc. ecc. quando queste aberrazioni rap- « presentano la variazione d'una macchia nella sua grandezza, la sua modificazione « in un senso o nell' altro » (Pag. 14y). Ib6 EMILIO TURATI la Vallata di Joux, i pendii sotto e sopra Vallorbe e Bellaigue, i dintorni di Pontarlier e le regioni vicine che si estendono lungo i laghi di St. Point verso Mouthe e al di là verso St. Laurent; ed i laghi della Motte verso l'Abbazia di Bonlieu. Malgrado raccogliesse tutti gli esemplari senza riguardo alla loro integrità, ma solo in vista delle quantità, egli non arrivò in cinque anni a raccogliere più di 400 esemplari. Tuttavia il numero fu ben sufficiente per poter analizzare i caratteri seguenti. Slatterà — Variazione nell'ampiezza ed estensione delle ali. Egli riunisce i suoi soggetti in due gruppi : grandi e pic- coli. Io ho notato nel puinilus oltre alla t'orma media nor- male le due forme majuscula Trti e ìninuscula Vrty. Melcuiisìno — Variazione nella squamatura nera, special- mente nelle $ ^5 che rappresentano pel 70 "/(, la ab. fasciala. Io ho notato le due forme estreme nelle $ 9 nigricans Ca- radja ed inversa Aust. Erilrisìtio — Con questo nome egli designa l'apparizione di squame rosse fra le macchie nere delle quattro ali tanto nel disopra quanto nel rovescio. Nel disopra delle ali anteriori nota la forma pseudonoinion Christ, nel disopra delle posteriori la forma decora Stich. E mentre io ho trovato un solo ^f della forma pseudunoinio/i Christ, e nessuno della l'oi-ma de- cora Stich., egli trova che il carattere pseitdonoinion è in prevalenza nel ^f , mentre il carattere decora è più manifesto nella 5. Passando alla ripartizione delle squame rosse nel disotto delle ali anteriori — che io ho designato come forma sicbce/t- Irica — egli dimostra non esser vera 1' asserzione di parecchi, che ritenevano quelle macchie rosse nel disotto delle anteriori essere generali e costanti wqW apollo del Giura, e tra gli altri il Meyer Durr, che le riteneva anzi un segno infallibile per distinguere V apollo del Giura da quello delle Alpi. Non solo vi sono individui nella razza uivatus Fruhst. che non hanno macchie 0 squamule rosse nel disotto delle anteriori, ma vi sono altre razze di apollo, che presentano la forma subcen- Irica Trti, come ho indicato io per V apollo pumilus Stich. e per il valderiettsis Trti & Vrty; e probabilmente questo ca rattere si dovrà rilevare anche in molte altre razze tinora non sufficientemente studiate sotto questo rapporto, poiché esso è indubbiamente un carattere filogenetico. ANCORA SULLE VARIAZIONI DEL PARNASSIU APOI-LO, ECC. 187 L'apparizione delle S([uume rosse nel disopi-a sulle macchie basali delle posteriori, che si presenta nella forma excelsior, è pure da lui notata: nel pninilus Sticli. non ho rilevato quella forma. Co)ìfurmazio)ie delle ali. — Allungate od arrotondate col variare del rapporto fra la lunghezza e la larghezza delle ali. Nelle posteriori l'allungamento corrisponderebbe alla forma posticelungala Vrty. Abbastanza frequente egli nota l'asimmetria fra le due paia d'ali duno stesso individuo. Colore degli ocelli. — Dal rosso carmino al rosso chiaro, dal giallo pallido (forma flaromacnlala Deck.) al bruno, trovò tutta una gamma di tinte. Ma a questo proposito egli non si è formato una convinzione, poiché " troppi fattori n dice " con- ii corrono ad indebolire le tinte vive degli ocelli r. Pur facendo la debita parte all'usura, io ho ritenuto che il pigmento giallo può sostituire quello rosso in individui freschi, perchè il pig- mento giallo esiste, e si nota facilmente negli individui a ca- rattere iìtlerlejla Schultze. Dimensione e forma degli ocelli. — L'autore non crede che la dimensione degli ocelli sia carattere suscettibile di determinare una razza. Ma tuttavia io devo osservare che al- cune razze sono specialmente caratterizzate dalla misura e dalla conformazione dei loro ocelli delle posteriori. Cosi è per es. del pumilus Stich. nel senso della riduzione nella grandezza. Ad ogni modo la piccolezza degli ocelli non è conseguenza naturale della piccolezza dell'individuo. Abbiamo visto esem- plari del pH/nilus Stich., che ha le macchie di per sé stesso piccole in paragone a quelle di tutte le altre razze à^ apollo, variare assai di dimensioni negli ocelli, e dar luogo a forme che designai come appendiculala, ampliusmactilala, micro- sligma e semi liu-ti fera . La forma appendiculala, che è pure un accrescimento degli ocelli subcellulari, non è stata da lui notata weW apollo ììivatìis Fruhst,, ma egli accenna ad una forma di ocelli <■■■ a rognone ", che si incontra pure qua e là fra quegli individui. In certe razze l'ocello subcellulare allungato, od ovoidale, od a baccello è invece in prevalenza. Pujtillazione degli ocelli. — D'Auriol ha qui coinciso con Rocci e con me nel rilevarla in modo particolare e det- 188 E. TURATI • ANCORA SUU.R VARIAZIONI DEL PARNASSIUS, ECC. tagliato. Egli intatti fa le tre distinzioni di: « assenza di pupillazione " (forma expupiUaUi Rocci = depupillala Trti) ì; mezza pupillazione n (forma normale nimotipica del puniiìus Stich.), e " pupillazione intera " (forma bispupillala Trti). Colore delie ali. Larghezza del margine jalino, e delle fascio margiìiali e submarginali. — Non sono sembrati a lui. dopo di averli studiati, caratteri suscettibili di servire ad una determinazione chiara e rigorosa della forma del Giura Nel pumilus Stich. io ho rilevato i caratteri albens, inne- mosyììoides e b»ibovarieg(iUi, i quali pur non essendo deter- minanti per costituire la razza, sono oltremodo interessanti per la loro importanza filogenetica. Per chiudere mi piace ancora oitare un'altra osservazione dell'autore, che è pure stata fatta da me e da altri, che, cioè, da un anno all'altro le condizioni atmosferiche variano nelle corrispondenti stagioni, e ne consegue a una ripercussione Ci sulla vita del bruco, sulla sua nuti'izione, sulla crisalide in ti seguito. Finalmente l'insetto perfetto schiude con i carat- ai teri, che gli hanno impresso lo condizioni del suo sviluppo ». u Tuttavia la maggioi-anza degli individui •■> soggiunge, u finisce sempre per ravvicinarsi ad un tipo generale sulfi- li cientemente deftnito '^ — il t/po medio nella evoluzione delle specie al quale io ho accennato — « perchè gli si possa as- segnare il carattere d'una u )-azza n. Luglio J91S. Dott. Vittorio Pavesi niRETTORE l>Kr, t.A lìdK ATOUIO CHIMICO MUNICI l'AI.E l>I PIACENZA FLORA ALLUVIONALE DELLA TREBBIA E DELLA NURE ^STUDIO FITOGEOGHAFICOÌ FvR le varie flore locali studiate da determinati punti di vista e specialmente da quello dei rapporti della vita delle piante con le condizioni fondamentali dell'ambiente e del snolo, notansi quelle delle alluvioni dei fiumi. Il Flahanlt in Francia (') da tempo espose i risultati delle sue ricerche circa la flora del Camargue ossia del delta del Rodano, il Béguinot (^) in Italia si occupò invece della floia delle alluvioni recenti del Tevere per un periodo abbastanza lungo di anni venendo a conclusioni assai interessanti. I detti autori studiarono bensì la flora alluvionale di grandi arterie ma si limitarono a una sola parte del thalweg e più particolarmente alla regione del delta o vicino al delta marino. Trovandomi in residenza posta in posizione abbastanza favorevole ed adatta, pensai non essere privo d'interesse 1' in- traprendere indagini sulle flore non delle maggiori arterie ma dei rami secondari fluviali, di studiare cioè la flora alluvionale dei torrenti cispadani prima ancora di conoscere il lavoro del dott. Morteo (■') che nel 1907 pubblicò una florula alluvionale di un tratto del torrente Orba, affluente del Tanaro (■*). (1) Flahault Ch. et Comhres, Sur la .Ilare de la Camargue et cles alluvions du Rh'jiie. Bulletin de la Societé botanìque de France T. 41, 1894. (2) Dr. Augusto Béguinot, La flora dei depositi alluvionali del basso corso del .fiume Tevere. Nuovo gioniale botanico italiano. Nuova serie. Voi. Vili N. 2. Aprile ioni. (3) K. Morteo, Florula alluvionale di un tratto del torrente Orba, ne^li anm 1904 1905-1906 in Malp. XX p. 487-511, 1907. (I) Solo recentemente (Maggio 1918) quando cioè questo mio lavoro era gi;ì pronto per le stampe da più di un anno, e questo scusa la citazione in nota, sono 190 V. PAVESI Contrariamente a quanto fecero i predetti autori non limitai le mie ricerche a un solo tratto dell'alveo, ma le estesi a tutto il percorso, dalle sorgenti alla foce. Oggetto delle mie ricerche furono i greti dei torrenti Trebbia e Nure. che scorrono e si gettano nel nostro massimo fiume uno a monte l'altro a valle della città di Piacenza. Tali indagini secondo il mio avviso potevano fornirmi dati abbastanza buoni sia per la posizione geografica delle arterie in esame, sia per le condizioni speciali di esse riguardo al regime delle acque che tanto si diversifica dal fluviale e anche per le condizioni specialissime che in esse si effettuano sopratutto per opera dell' uomo, il quale tende nel periodo primaverile e estivo a sottrarre al letto del fiume la maggiore quantità d'acqua che gli necessita per rendere ubertose le proprie campagne. Con le mie ricerche mi proposi inoltre di vedere in quali condizioni la flora si sviluppa nelle date condizioni di ambiente, vedere 1' influenza del fattore acqueo sotto forma di corrente superficiale circa la diffusione delle specie per mezzo dei semi e constatare dalla abbondanza più o meno di ciascuna Sjìecie la minore o maggiore adattabilità dei semi al trasporto e la minore o maggiore resistenza delle specie all'ambiente. Dalla comparazione delle flore dei due torrenti era per me possibile anche pensare di poter trarre qualche deduzione relativa alla posizione loro geografica, e di poter studiare l'influenza della natura del terreno dal lato fisico-. 'himico sulla diffusione e acclimatazione di determinate specie, di poter constatare le migrazioni avvenute nelle varie vallate e le mo- dificazioni e alterazioni prodotte nel paesaggio floristico de- terreni circostanti. PARTE I. Prima di esporre l'elenco generale delle pianto delle due florule e di passare a trattare dei risultati delle mie indagini è opportuno dare un breve cenno sulla strottura del bacino venuto n conoscenza dello studio del sig. Prof. Pio Bol/.on «Sitila JInra alitale (ìPìUi Dora Riparia con appendice sulla flora alceale dei jluini parnì?'(iia>ii* piiblpl. coi tipi a. I{. Sievcnin Ao.stfi 1918, del «lunlc studio come dc^'li altri ini li.sorbo di dint qualche cosa in seguito. FLORA Ar.UIVlONALE DErj,A TIIEBBIA E DELLA NUllE 191 idrografico dei due torrenti summenzionati dal punto di vista geografico e geologico, indi sul regime delle loro acque. * * La Trebbia, uno dei principali affluenti della riva destra del Po, nasce dal monte Prela (m. 1407 s. 1. m., lat. 44"32', long. 3" 22') contrafforte dell'Antola a circa 1100 m., passando sotto Torriglia in provincia di Genova scende per una gola piuttosto stretta e tortuosa fino a 665 m. ricevendo sulla sua sinistra il torrente Brugneto; sotto Montebruno entra in pro- vincia di Pavia, accogliendo a sinistra e a destra torrentelli di poca entità, passa per Isola sotto Roncegno a 584 m. e nelle vicinanze riceve il torrente Taranzone, che scende dal Carmo. Tocca indi Grorreto e ad Ottone raggiunge i 490 m. mantenendo il proprio letto abbastanza ristretto, solo sotto Gorreto questo si allarga alquanto formando due o tre depo- siti ghiaiosi di poca entità. Pure sotto Ottone notasi un depo- sito alluvionale recente per un percorso di circa un chilometro ed una larghezza di mezzo. Sotto Ottone la Trebbia riceve sulla sinistra il Rio Boreca di faccia a Losso e scorre incassata profondamente fino a Ponte Organasco accogliendo sulla sinistra il torrente Avagnone, piegato ad E tortuosissima giunge a Gonfiente raccogliendo le acque del suo maggiore affluente l'Aveto e forma sotto Gonfiente e Marsaglia vasti depositi alluvionali, allargandosi quivi alquanto la valle. Di nuovo il letto del torrente si restringe passando sotto il maestoso Brugnello e tortuosamente giunge nel piano di Bobbio a 250 m. formando numerosi depositi alluvionali di grossi ciottoli, ghiaia e sabbia. Da questo punto dove cioè la valle incomincia ad allai-- garsi il fiume col suo letto viene ad occupare una larghezza notevole di circa mezzo chilometro, che però si riduce alla gola del Barberino dove la corrente volgendo a N.E. entra in territorio piacentino. Poco dopo la Trebbia riceve sulla destra il torrente Perino che discende dalla bella valle omonima a 35 chilometri dalla foce e scorre tortuosa in ampio letto passando sulla destra di Travo, a 159 s. 1. m. tocca Rivergaro e volgendo a N. a 17 Km. dalla foce e a 126 s. 1. m. sotto Rivalta ma) tenuta per incuria di uomini e per ignoranza delle necessarie 14 192 V. PAVESI opere " entra pomposamente e larga e minacciosa nella fertile pianura 71 (') occupando una vasta zona, larga in alcuni punti parecchi chilometri, che mal si confà alla relativa potenza delle sue acque (^). A 11 chilometri dalla foce il iiurae passa vicino a Gosso- lengo, indi scorre sotto i due ponti tra i due paeselli di S. Antonio e S. Nicolò e volgendo a N.E,, dopo circa 4 Km. ad est di Cotrebbia, antica sua foce e a monte di Piacenza, si getta nel Po, (lat. 45". 5', long. 2".46", alt. 47 m. s. 1. m.). 11 percorso della Trebbia è di circa 11.5 chilometri, dei quali 44 in territorio piacentino, 50 nella provincia di Pavia, 17 in provincia di Genova. La sua pendenza unitaria per Km. è computata nella regione montana a m. 11.32, nella semipiana a 7.84, nella piana a 0.91; la media sarebbe di 8,56. La velocità media di m. 1.8 al secondo (''). Il torrente Nure, fratello minore della Trebbia, da conside- rarsi come la maggiore arteria, che scorre completamente su territorio piacentino, ha umil principio {*) da un rivo che sgorga dal laghetto di monte Nero (lat. 44° 34', long. 2" 58', alt. 1754 m. s. 1. m.) appellato la Nure del Pedagnone e da un altro che discende dalla vetta di monte Roncalla, i quali rivi si mescolano poco sopra Retorto. In direzione di Nord giunge a Ferriere in piena fase torrenziale dove accoglie la (1) Lorenzo Molossi, Vocaholario tipugrailcu dei ducati di Parma, Piacenza e Guastalla. Panna l8;52-34. (2) Sotto Rivalla la Trebbia entra in zona di pianura, tinesto fatto spiega il formarsi dell'estesissima zona che sta soito il dominio della corrente nei brevi periodi di piena. La vasta zona occupata rappresenta, direi, la conoide di deiezione ili cui le acque sparpa}i;liani «5 co o — J o IO 05 CO' IO c<< — l- 1 -T-ì lO l-^ IO rr r> co _ ri >o CO IO C5 o o 1 Ci '^ IO o co co o -^, o -> IO -r IO C5 ' — ' Ci 1 X r>ì IO — CO' lO — O _5 e o _■ ■C^ ^^ t^ o l^ (N 1 àO co Oi "* lO 00 svi Ti* o o _ o o X (- Ol 1 a> e» ^^ o ■>* -r irs o -^ r^ o IO ^ lO IO o CM X Ci 1 o o Ci Ci IO '^ co t o o o o «ì o co ■* oo o 1— ( no o» w^ ^^ »^ o IO ^^ ■* ■<* o o o o o IO '^ 00 co co Ci co kO o C5 co CD o d '^ •"■ 0-: IO co o o o 1 co Ci co Ci Ci o ■^ t^ Ci co s? o .2 li Z ì \] ■^ A ^ o cu 1/3 .- .« o O; 0- rt £r U) .2F g 5 .^ = o ^ -^ a. -^ T- -^ _. ■- o -* •^ o o o co ?^ o o o d ?s 5 ^ ~ o a Z ■= = ^1 t^ ■■ ■~ _- .^___ --; 31 0- 3 o o t;; l- o IO co o TP -p o 2 bi -1 3 ^ ~. 1 ^ IO Tf o IO 7t IO 71 .-::; ^ À- 5 o — ' l^ o o o o 00 o d 7) d 2 § S. . ss > '" o l-l _. u ^ ^ .2 o — a i 2 ^ -e a) be s < Q ^ 3 ò o 1 7) co s co' d Tt co d o o TP kO d 00 oc d o IO d o o LO 4) '2 o . o _ 5 =« •1^ OJ o 1 5 IO 00 00 7Ì o o IO o Q'ì o o o TP TP ri' -^ > o '^ ce _ ■- Ili in o o ÌÉ 1) Oi il .x> » •5 i> o ■^ 0 6 ce o o 1 1 o IO TP 3 IO ce d IO IO o co o IO 5 IO C-i co LO -r X d et s o l o o o o 1 o o co x IO o o o V lO X' Tp Ci o oo co 3 o 3 o TP c< t-' lO o ^ ^ ^ ^ s l- co d d TP o o 5 ~ = s g- S =; ~. = ira • ■< • IN » ce — 2L 3j o e ic ai !3 5 e! "3 ci o o o "S. IO 3 co 1 o o IO lO d co o o ci o TP ■co TP d 56 lO ì^ 5« si 5 OC' co d > e = ** Se o o e — < — 1 1 -■ o "^ cS = et o _5 bc o 5S ^ o o 00 00 ce 71 1 o o TT o :0 oi s o Tf lO ce o X o o 00 co co o ■e — — 1» o o S o 5^ i: s y; 1 o in o 00 -7? o co o o OS o co o IO IO d c^ o d o co 00 00 7-> d i o co p d > > cS ■Oi o £ » .~ « ^ =: o '3 p bc o o o a > > (^ o 00 o LO co co o d o o IO X o lO X IO d co o o o ■co co^ d co d o o cr co o TP d > -ci ^ § § a ,.; ^^ ^ d "" .ti ? ^ » '" et ■^ 1 _^ o O 2^ T- o — ^^ 's s . o > i6 "o w e _o .a s o :« 'Xl ■^ ^ 3 ^ s ■= •— N &fi ^ < , OJ -^ ,~ *^ -; o o o 6£ a o . » ■- 5 a o ■a o :« 3 p b -^ ^ o ^ '^ '^ O ~ =? C o bc o g =■ !xj s S » ?? " 2 P, •- S s o o O bc 00 w .2 o ? o - S, Z ° .2 2 1 I S 1 .1 £ .= . = S.Q .'— '3£f"'3M,« H bc ^1^3» o2i2-3,!2.S£.— 200 V. PAVKSI Circa alla parte insolubile in acido cloridrico delle ricer- che eseguite cito solo qnelle ril'erentesi alla sabbia N. 1. Ebbi : Parte scomponibile per mezzo dell'acido solforico: SiO' 4.5600 CaO 0.0776 MgO 0.2855 ^6^0=* 0.6213 APO'' 2.0643 Na-^0 0.0274 K^O 0.2409 Totale 7.8770 Parte decomponibile con acido fluoridrico SiO^ 35.7530 CaO 0.2556 MgO 0.1627 Fe'-O'' 0.0937 APO' 1.1253 K^O 0.3212 Na-0 1.0185 Totale 38.7300 Residuo insolubile in acido cloridrico: Au. traccio. In rapporto alla solubilità dei principi fertilizzanti in acidi organici diluiti, eseguii alcune determinazioni sul campione N. V, usando una soluzione di acido acetico al 2 ",'„, essendosi dimostrato il metodo all'acido citrico molto poco adatto, dato che si operò su materiale in prevalenza calcareo. Si ebbero oltre ai dati citati sulla tavola generale: Ph^O^ 0.002 7, Fe'^O'' 0.224 Al'^0^ 0.014 lv''0 0.005 Na'O 0.004 FLORA AM,UVIONALE DEIJ-A TREBBIA K DELLA NURR 20i Donde risulta che solo il 8"/^ dell'anidri^ie fosforica solubile in acido cloridrico e solo il 2.5"/,, della potassa è solubile in acidi organici diluiti. Dal prospetto generale delle analisi e dai dati che seguono risulta che i terreni alluvionali della Trebbia e della Nure de- vono assegnarsi per lo più alla categoria dei terreni sabbioso calcarei secondo la classificazione di Masure; alcuni però po- trebbero porsi fra le sabbio-argillose, specialmente quelli rac- colti nelle isole stabili. Il rapporto Loew fra calcio e magnesio da 3:1 può salire fino a 40:1 secondo le località. Circa i principi fertilizzanti si" nota che l'anidride fosfo- rica è in quantità relativamente abbondante, da un minimo di 0.050 "/f, può salire a un massiuio di 0.1 "/„, il fosforo tro- vasi in uno stato poco attaccabile dagli acidi organici diluiti e quindi assai poco assimilabile. Quanto ho detto per il fosforo posso ripetere per il potassio, da un minimo di 0.15 si sale a un massimo di 0.7, la quantità solubile in acidi organici diluiti è anche qui assai piccola, le sabbie fini di golena e delle isole alte sono assai più ricche delle sabbie mobili o di corrente, la quantità di potassio è in diretto rapporto colla quantità di argilla contenuta nella sabbia. In rapporto all'azoto, materie organiche umiche, il sub- stratum alluvionale ne è difettoso in massimo grado, da un minimo di 0.008 "/„ si può salire a un massimo di 0.054 d'azoto, massimo che non raggiunge la quantità ritenuta strettamente necessaria per una coltura a cereali, l'azoto è naturalmente più abbondante nelle sabbie alte. Riguardo alle condizioni climatologiche dei distretto stu- diato riporto qui i dati fornitimi dall' Egr. 8ig. Giuseppe Pie- rotti, addetto all'Osservatorio metereologico del Collegio Albe- roni relativi ad una decade cioè dal 1905 al 1914. e quelli avuti dall'Egr. Sig. dott. Cimi, sindaco di Bobbio, che li ebbe da persona che fece osservazioni non ufficiali negli anni 1909-1911. 202 V. PAVESI Osservatorio Metereologico T E M F» Anno 1905 1906 1907 1908 1909 1910 1911 1912 1913 1914 Media decadica Gennaio Aprile 1 ininima 1 massimn ! media -12 3 14 < — 0 7 '- 6 8 il h 0 7 -12 9 6 6 1 6 - 7 0 10 0 1 0 — s 0 9 0 0 o - 6 4 is 9 1 6 -13 8 5 8 2 1 — 3 6 IO 2 2 5 — 4 8 9 3 1 6 — 12 5 7 8 2 5 _ s SI 10 36 0 07; minima massima media 3 3 21 8 13 «,1 0 21 5 12 '.» 8 26 9 12 0 4 20 8 11 (\ 1 2-1 1 15 :i 3 3 24 9 13 2 6 24 9 i:-; 4 1 23 6 12 L^ — 1 2 ■H 0 12 y 4 0 23 o 14 1.) ' 74 2S 57 13 23 PRECIPITAZIONE ME Anno 1905 1906 1907 1 9( )« 1909 l'.tlfl 1911 1912 1913 1914 Media decadica Media di Stagione Inverno Dieeiu. Gennaio Febbr. 17 7 55 0 110, 7 1 41 7 In 6 75; 9 i 100 8 30 1 54 i'I 4ó| 3 6 3 0 8 54| 4 38 9 94 9. 123; 2 40 4 73 3 51 ! 5 104 0 14 8 45j I 83 0 74 0 44 4 22 7 1 5 96i 7 i 26 2 114 3! 62 08 42 52 61 37 1 165 97 1 P Primavera Mar/o Aprile 45I 5 Maggio 79 1 283 / 80 9 62 7 32 0 1 8 64 2 35 S 44 9 83 5 52 0 139 4 65 8 17 il 54 5 68 2 81 s 87 9 51 •> 156 0 72 2 Ilo 7 23 2 74 0 109 4 89 5 58 9 82 9 112 1 ~9 22 7 1 91 H3 lo 227 53 FLORA ALLUVIONALE DELLA TREBBIA E DELLA NTRE 203 il Collegio Alberoni Piacenza Tav. I. A r U R A Lug io Ottob ►re Anno minima massima media minima massima media minima massima media .6 4 34 3 2fi 6 0 1 19 8 10 2 —12 3 84 3 13 0 13 1 3) 8 24 4 6 1 22 8 1-1 5 — 6 8 32 8 13 4 11 9 31 9 24 2 9 8' 21 6 15 2 -12 9 32 8 13 1 13 3 30 0 23 8 2 3' 24 8 13 7 — 12 9 30 8 13 2 11 3 32 0 24 3 3 6 2^ 1 14 8 — 8 2 33 2 12 7 12 0 :^o 4 23 1 5 4' 23 8 14 3 - 6 4 30 4 13 1 13 0 33 1 25 5 4 9 ^0 7 14 4 -13 S 33 1 13 3 13 4 30 4 23 8 3 1 21 7 11 8 - 7 6 30 4 13 0 12 9 29 5 22 2 2 4 21 1 14 3 - 6 1 32 1 13 1 12 5 29 1 23 7 3 7, 20 4 13 1 —\2, 5 31 •T 12 8l 12 98 31 14 24 16 4 14 21 88 13 63 — 9 95 t 32 12 13 07 1 )RICA (acqua caduta in mra.) Estate Autunno Anno Giugno Luglio Aj^osto 1 Settem. Ottobre Novem. 64 5 48 5 75 4 73 1 56 5 164 3 1704 0 22 6 129 1 44 0 1 31 7 58 8 125 3 7-^2 8 99 8 50 7 32 6 129 5 208 4 52 4 783 3 35 5 123 3 18 4 54 7 44 7 42 3 56t) 0 60 2 13 5 23 8 86 4 110 3 40 5 745 3 99 6 46 2 89 5 99 3 77 8 122 2 976 0 91 3 9 6 36 6 122 3 142 7 111 9 979 8 36 2 35 3 13 2 62 8 72 6 69 5 702 8 28 7 54 9 44 3 S> 2 115 2 48 8 665 6 42 8 30 4 47 8 30 0 237 5 81 1 960 7 49 42 55 05 42 56 77 20 112 45 85 84 816 01 147 03 275 49 204 i'Av+:si &4 C/3 .2 ^ rt ■c o C' — ^ ■" 0) o 09 i2 ■I-' o a c <© c " o c c 3 00 3 < o W 6 d 9 W c4 yj CO ;?: rn Kn wa woo ^''^^'ig O PQ QQ O PQ O) O) O O) CO • I — I c« •3 (^i a OÌ " o 3 -J M K oc ce s lO ^ _ ;n (?( ^ »-H - 0) .^ ■r Q. - C( < rt '^ CO " « (0 X (A lU • w ■ W in W o » c c < w ,^ ^ 6 (/3 -vjodo 6 d d d d r lO :o t^ oo C5 5 o o o o o C ~j 02 '~ C". CJ < .2 ^ £ o s s 00 1 o (/3 FLORA Arj.UVIONALE DELLA TRRBHIA E DEF-LA Ni:aE 205 Dai dati sopracitati si può dedarre che la regione studiata rispecchia più che altro le condizioni climatiche della Lom- bardia. La temperatura media si aggira intorno a 13", la mas- sima intorno a 32", la minima intorno a — 10". La temperatura minima osservata si veriticò in un periodo di circa 50 anni il 25 gennaio 1880 e fu trovata eguale a — 18.5" C. Come si sa Piacenza è quella fra le città della valle pa- dana che ha dato la minima assoluta più forte e insieme ad Alessandria e a Monza ha una media termica annua più bassa ('). Forte è la differenza fra le temperature medie del gennaio e del luglio ("24", 8) e anche più forte è quella degli estremi assoluti. La media di pioggia annuale si aggira intorno a 800 mm. Le pioggie sono piuttosto abbondanti nella stagione primave- rile e autunnale, piuttosto rare in quella estiva. In un periodo di 10 anni si ebbe il massimo di pioggia in ottobre, novembre, maggio, settembre, aprile e marzo. I venti dominanti sono quelli di 0 e E, meno frequente è il SE. Dai dati che riguardano la zona di Bobbio risulta che la temperatura minima e la media del gennaio è di qualche grado superiore a quella di pianura, e che la media e la mas- sima di luglio è di qualche grado inferiore a quella constatata per Piacenza, in complesso il distretto montano presenta un clima più mite durante l'inverno e più asciutto durante l'estate della regione di pianura. Il regime delle acque dei due fiumi è torrenziale dall'alto al basso corso. Nell'alto e medio corso cioè fino allo sbocco delle valli nella regione di pianura il fondo del letto del torrente è sempre occupato da una vena acquea perenne di portata pres- soché costante nei periodi di magra che per la Trebbia va da 4 a 4.5 m'* al secondo e per la Nure da 200 a 500 litri al secondo. Il regime del basso corso (zona di pianura) è invece molto influenzato dall'opera dell'uomo. Durante le piene e nella sta- li) Dr. G. Roster. Cliniatoloijia delV Italia, Torino 1909, paj?. 789. 206 PAVESI gione invernale, se piovosa, il letto del torrente è qiiasi sempre bagnato da una corrente die per la Trebbia nel tratto da Rivalta al Po può andare da J2 a 1000 m'* al secondo (*), secondo altri può salire all'elevatissima quota, che per me sembra alquanto esagerata di 4500 m'' (-), il clie renderebbe lo piene massime della Trebbia pari alle piene massime del Ticino. Per la Nure si avrebbe invece una massima di 1100 m', con una media di 4.66 m* (•'). Durante il periodo di magra, che di solito si inizia verso la metà di luglio e termina verso la metà di settembre o ottobre e perciò dura da 3 a 5 mesi, la portata normale dei due torrenti che è di 12 m'' per la Ti-ebbia, e di 4,6 m^ per la Nure, viene per intero usufruita a pro dell'agricoltura e industria e quindi sottratta al tratto inferiore del letto dei torrenti. L'estrazione dell'acqua dalla Trebbia avviene per mezzo di tre rivi dispensatori dei quali due sono sulla sponda destra. Il superiore detto Rio Villano nasce a 3 Km. al disopra del Berlinaro detto anche Casino delle acque nel luogo dei Buschi di faccia a Rivalta, dove ha origine il secondo o Rio Comune di destra e dove le acque della Trebbia dovrebbero essere distribuite in modo che ^/^ del volume loro defluissero a destra e ^/,, a sinistra poco sotto il Berlinaro formando il Rio Comune di sinistra. (1) U Masoni, ìor. rit. (2) G. UKLr.A Cella, l'cr Una derìcnzioiìc iì (tcqua lìclldlln Arrli). (lioniale « Libertà» N. G, 1908. Secondo alcuni manoscritti del Genio civile di l'iaci'ii/.;! la puitata della l'rebUia divisa in 4 trondii è la seguente: i. Tronco. Dal toi-renle Aveto al Gordarc/.za . l'urlal.a nL-issinia :UO0 lu^, media 10, minima I. ■i. l'ronco. Dal ponte di liarberuio alla foce del (oi-rentc l'erino. Massima :Sf)0o m-', media 11, minima \, 5. 3. Tronco. Dal Periiio a Rivalta. Massima 1 li>0 m-'., media 12, minima -I, 5. 4. Tronco. Dal traversante di Rivalla al I'd. Massima 4500 nr'', media I-'. (;ì) I segiienLi dati sono desunti dai eiiaii m;iiioscritti de! Genio Civile non avendone trovati altri. Secondo ((uesti la ixirtata d'd ton cute pure d!\isa in I lioiiclii lonispdiulc : 1. Tronco. D.iiroris'iiie al torr^nie ({roiid;iiia. Massima fJO m:'. medili li'OO litri, minima '2uu litri. 2. Tronco. Dal (ìrondana lino .'il Lafdana. .Massima 250 m'', media 1100 litri, minima 450 litri. 3. Tronco. Dal Lardana all'Olza. .Massima 750 m", media :i.l5, minima 500 litri. 4. Tronco. Dall'Olza al Po. Massima 1100 m", media 4.65, minima 300 litri. FLORA ALLUVIONALE DELI-A TREBBIA R DELLA NURE 207 Il Rio Villano dà origine a 4 rivi o canali derivatori, il Rio Comune dà 25 canali derivatori, il Rio comune di sinistra alimenta invece 15 rivi derivatori. Quello die avviene per la Trebbia accade anche per la Nure in proporzioni minori in rapporto alla minore estensione del bacino idrografico. Dalla Nure nascono 3 rivi derivatori. Il Rio S. Giorgio ha origine sulla destra della Nure sotto il castello di Riva, giunto all' altezza di Ponte dell'Olio cede la metà della sua competenza ai rivi Bertone e Grazzano, che nascono sulla sua sinistra. * * Esaminate brevemente le condizioni di ambiente prima di esporre l'elenco e passare alla discussione dei risultati, dirò che dal punto di vista f'itogeografico l'area attraversata dai due torrenti appartiene secondo il Fiori (*) alla regione medi- terranea, dominio peninsulare od appeninico, settore peninsu- lare settentrionale e sta sul confine fra il distretto ligure padano occidentale e il distretto ligure padano orientale facendo parie della zona che forma l'anello d'unione fra la regione mediterranea e l'insubrica. (ì) Flora analitica d'Italia, di Adriano Fiori e G. Paoi.etti. Padova Tip. del Seminario, Voi. I, Prodromo pag. LXI. 15 208 V. PAVESI PARTE Spiegazioni delle abbreviazioni e dei segni convenzionali del- l'elenco. Onde evitare troppo consumo di spazio ed inutili ripe- tizioni ho creduto di dover riunire le due florule in un solo elenco; questo fatto mi obbligò ad usare un certo numero di abbreviazioni che sotto enumero. Nella disposizione sistematica ho seguito la Flora italiana di Adriano Fiori e G. Paoletti già indicata nella parte prima. I numeri nella prima colonna indicano lo specie, quelli tra pa- rentesi le varietà e le forme. I numeri della seconda colonna in carattere corsivo indicano le specie, varietà e torme non elencate nella Flora Piacentina del Prof. Bracciforti. Nella terza colonna sono elencate le specie, varietà e forme. I nomi di piante contrassegnati con due asterischi (**) indicano le specie, i nomi di piante contrassegnati con un asterisco (*) indicano le varietà e forme nuove per la provincia di Piacenza. I numeri della quarta colonna in carattere comune indicano le specie della Trebbia, i numeri in corsivo e tra parentesi indicano le specie mancanti alla Trebbia cioè da me non trovate. I numeri della sesta colonna, in carattere comune indicano le specie della Nure, i numeri in corsivo e tra parentesi indicano le specie mancanti alla Nure. Nella quinta e settima colonna sono indicate le località che sono abl)reviate, come risulta nell'elenco sottostante, dove trovasi anche segnata approssimativamente la distanza dalla foce e l'altitudine sul livello marino. La lineetta che trovasi fra le abbreviazioni indica che la pianta è stata trovata lungo tutto il tratto che intercede fra le località elen- cate, l'assenza di lineetta indica che la pianta è stata trovata nella sola località indicata. FLORA ALLUVIONALE DELLA TREBBIA E DELLA NURE 209 Torrente Trebbia Abbreviazione Località F. Foce S. A. S, Antonio Ma. Maraago Qua. Quartizzola Go. Gossolengo Riv. Rivalta Ri. Rivergaro Tr. Travo Pe. Ferino Ba. Ponte di Barberino Bo. Bobbio A. Aveto foce 0. Ottone Gor. Gorreto To. Torriglia 108 760 Torrente Nure Distanza foce Altezza s. 1 in Km. in ni. 3 61 5 66 8 75 11 89 16 136 21 140 30 159 36 195 44 234 48 261 63 339 79 490 85 550 Ro. Roncaglia 2 46 Po. Pontenure 6 64 Gio. S. Giorgio 12 97 Vig. Vigolzone 20 150 r. 0. Ponte dell'Olio 24 202 Be. Bettola 36 320 G. D. Torrente Groppo D ucale 39 361 R. G. Rocca GoiTeto 43 400 Fa. Farini d'Olmo 45 422 La. Torrente Lavaiana (foce) 49 490 Fé. Ferriere 55 618 Rom. \T .. I I » , J.Ì. _ Rompeggio _ j ì l: _ . I . 1 60 807 Nell'ottava ed ultima colonna le abbreviazioni indicano la fre- quenza più o meno grande della pianta nelle località indicate, esse corrispondono : 1. es. un esemplare p. es. pochi esemplari r. raro a. e. abbastanza comune e. comune m. e. molto comune 210 V. PAVESI ELENCO GENERALE DELLE PIANTE DELLA FLORULA DELLA TREBBIA E DELLA NQRE TREBBIA NUBE Equisitaceaa 1 Eqiiiselum arvense L. 1 f. Bo. 1 f. r. 2 » maximum Lam. 2 Go. 2 Ro. r. 3 » palustre L. 3 Pe. ii) - r. 4 >> ramosissimum Desf. Coniferae 4 f. ■ To. 3 f. - Fé. m. e. 5 lunipertfs comimoris L. Graminaceae 5 f. - 0. 4 f. - Rom. r. 6 Zea mays !.. 6 Oc. 5 Gio. G. D. p.es. 7 AndropoyoH ischaemon L. 7 f. Bo. 6 f. - Be. m. e. 8 Sorghum halepense Pers. 8 f. - (io. 7 f. Gio. r. (1) i * » » b. miiticum (Hack.) !) Go. 9 » vulgare Vevs. «) - s (2) /? saccharatum (Moench.) Gio. 1 es. 10 Setaria glauca P. B. 10 f. - Gor. y f. - Be. e. 11 » viridis P. B. 11 f. - To. 10 f. - Fé. m. e. Ì2 Panicum crus-galU L. 12 f. - Ma. H f. - P. 0. r. 13 Digitaria sanguinalis Scop. 13 f. - 0. 12 Gio. r. (3) » » b. ciliaris (Koel.) f. f. r 14 » Miformis Koel. 14 f. (2) - r. 15 Tragus racemosus Hall. 15 f. - Go. 13 f. - Gio. a. e. 16 Oryza clandestina A. Br. {2Ì - • 14 Gio. r. 17 Phalaris arundinacea L. 16 Go. 15 f. - Po. e. 18 Antoxanthum odoratum L. 17 0. {■V •- p.es. 19 Stipa calamagrostis Whlub. 18 Ri.-Pe.-A. 1(3 Be. r. (4) 2 " a glabra (Asch. et (ìraeb) 20 Crypsis alopecuroides Schrad. )9 f. {4) - e. 21 » schoenoides Lam. 20 f. 17 f. e. 22 Phleiim pratense L. 21 Go. - O. 18 Po. - Be. r. 3 X » » b. noilosiim (L.) Go. r. 23 Alopectirus agrfs/is L. 22 f. - o. 111 f. - Fé. r. FLORA ALLUVIONALE DELLA TREBBIA E DELLA NURE 211 TREBBIA NURE 24 Agrostis alba L. 23 f. - To. 20 Po. - Vq. m. e. (5) 4 * » » (l. viiiealis (Schreb.) Gio. 25 Calamagrostis arundinacea Roth. f.^) - 21 Be. ■ Fé. r. (6) ji inontaiia (Host.) 2fi » litorea D. C. 24 f. - Ri. 22 f. - P. O. in. e. 27 Aruìido doiiax L. 25 (io. Ri. 23 Gio. p. es. 28 Phragmites communis Trin. 26 S. A. - Go. 24 Ro. P. 0. a. r. 29 Avena satioa L. 27 f. - Go. 25 Ro. Fé. p.es. 30 » fatua L. 28 Go. 26 Ro. p.es. (7) 5 . » » y hirsuta (Moeneli.) Ma. p.es. 31 C'ynod'jn dacAijlon Pers. 29 f. Hi. 27 f. - Bc. e. 32 Moli'iia caerula Moench. 3ù S. A. 28 Gio. - Fé. r. (8) 6 * » » y arundinacea (Schrank.) Be. 33 Koeleria phleoides Pers. • 31 f. - A. 29 f. - Po. r. 34 Eragrostis -poacoldes P. B. 32 f. 30 La. e. (9) » » /S nierfastachya (L. K.) f. - Go. Ro. 35 » pilosa P. B. 33 f. 31 f. - Po. e. (10) 7 b. verticillata (P. B.) 36 Rriza media L. 34 Bo. 32 Be. r. 37 Dactylis glomerata L. » » e. abbreviata (Bernii.) 35 i. - To. 33 f. - Fé. ni. e. 3S Poa bulbosa L. 36 f. - Go. 34 Gio. r. (11) 8 " » » b. vivipara (Koeler) f. Gio. 39 » annua L. 37 A. (■'5) — r. 40 » compressa L. 38 f. - Goss. 35 f. Po. e. 41 » pratensis L. 3J f. - Bo. 36 Be. r. 42 » Irivialis L. 40 Ki. 37 Be. r. 43 Festuca ovina L. 41 f. - 0. 38 f. - Fé. e. (li) 9 ' /? duriuscula (L.) 44 » rubra L. 42 f. - Ri. 39 f. - Be. e. (13) 10 ' » » /< miiititlora (Hoflfn.) ■*■ t. - Po. 45 » clatìor L. 43 f. - (». 40 f. - Be. e. (14) il » u pratensis f. genuina 212 V. PAVESI 1 TREBBIA NURE (15) Festuca elatior. 1 (16) 12 X » » b. subspicata |G. K. M. Meyer) i f. . 0. f. - Be. (17) i3 " » » )' apennina (D. Ntrs.) i Pe. ' (18) » » ò ariindina- cca (Schreb.) 1 Ro. 46 Vulpìa myuros C. C. Gm. 44 A. (6) - . r. 47 » ciliata Lk. 45 A. 41 Gio. r. 48 Sclerochloa rigida P. B. 46 Ve. 42 He. r. 49 Bromus ramosics lluds. 47 S. A. 43 Gio. r. 50 » erectus Huds. 48 S. A. 44 f. - Gio. e. 51 » sterilis L. 4t) A. 45 Fa. "■• ! 52 » arvensis l. 50 f. - Go. (7) - r. (19) i4 X » » b. pubescens (Caldesi) f. - SA. 53 » hordaceus !.. 51 46 (20) a mollis (L.) S. A. (21) i5 X » » b. leiosta- chys (Pers.) S. A. (22) i6 " rt » e. molliformis (Lhoyd.) f. - Go. f. - (ilo. e- 54 » sijiMrrosus L. 52 f. • 0. 47 f. - Be. e. 55 Brachipodiuin dislachyum P. B. 53 Go. 48 Po. '• (23) i7 « » » b. 1110- nustaciiyuni ((iuss.) Go. 56 » plnnaluui P. B. 51 Tr. 49 f. - Be. e. (24) i8 ^ » » 1). cae spitosuiii (R. et. S) i Tr. Ro. - «io. (25) i9 * * » g- seti Iblium (Schur.) Ro. (iio. 57 » SilvatiCHìH P. B. 55 A. Gor. 50 f. - (iio. r. 58 LoUum lemulentum L. [ 5.; f, Bo. 51 f. - Be. a. e. (26) 20 1 » •> /^specio- sum (Stev. in M. B.) f. - Pe. Po. 5y Loiium perenne L. (forme varici ' 57 j f. - Bo. 52 f. Be. e. ! 60 Alirojii/ntiii caninum P. B. 58 0. Gorr. 53 Fé, r. i 61 repc/ìs P. B. 1 59 A. (io. 51 ni. e. (27) 21 " b. leer.siaiuiiii iRcllI).) 1 ! Fr.ORA ALLUVIONALE DELLA TREBBIA E DELLA NURE 213 TREBBIA NUKE (28) 00 ' Agropiinnn repens ò. litorale (num.) f. - Bo. f. - Be. 62 Triticura monococcum L. (4) - 55 Fe. Ii.es. 63 » aestivum I> 60 r. - 0. 56 f. - Gio. p.es. (29) 23 » » » /^ hibernuin (L.) Ro. 61 Aegilops ovate/ h. 61 f. - Go. 57 Po. e. 65 » triaristata W. 62 f. - Go. 58 Po. e. 66 24 ■" » trtuncalis L. 63 f. - Go. (S) - e. 67 Secale cereale h. 61 Go. 59 Gio. p es. 68 Hordeuìii mun'nnm L. Cyperaceae 65 A. 60 Ro. p.es. 69 Cyperus serotiincs Kottb. 66 f. 61 f. c. 70 » flavescens L. 67 f. 62 f. - Fe. r. 71 » fUSCHS L. 68 f. - Go. 63 f. - Fe. r. 72 » glomcratm L. 69 f. 64 f. c. 73 Scìrpus maritimus L. (5) - 65 f. - Gio. e. 74 » holoschocnus L. 70 Go. 66 f. - Gio. c. 75 » lacusier L. (6) — 67 Ro. - Gio. r. (30) 25 ' b. Tabernaemon talli (C. C. Gin) 76 Heìeocliaris iMlnsirù R. Br 71 Go. (9) - r. 77 Carex nitida Host. 72 A. - Go. 68 Gio. - Be. r. 78 » glauca Murr. 73 Go. 69 Be. r. 79 » (lis tans L. Typhaceae 74 Go. 70 Be r. 80 Ti/pha Yiiinlraa Kunkin Hpe. 7o f. - Go. 71 f. P.O. c. 81 » angustifolia L. 76 Qua. 72 Gio. r. (31) 26 * e. Sonderi (Kronf.) 82 » latij'olia L. Alismataceae 77 Go. )10) — r. 83 Alisma plantago L. 78 Go. 73 Gio. Fa. r. (32) 21 * a Mifhaletii (Aseh. et. Oraeb.) (33) 28 * b. .stenophylhini (Ascli. et. G.) luncaceae 84 lUiirus glaucus Kln-h. 79 Go. 74 f. Fe. r. 214 V. PAVESI TREBBIA NURE 85 luHcus CO no [ornerai ICS h. 80 f. - Go. 75 f. e. 86 » ardculatus L. 81 f. - Go. 76 f. - Fé. e. (34) a lamprocarpus (Ehrh.) (35) 29 * b. cuspidatus (M. Brenner) 87 » COìi/prcssiis lacq. 82 f. [H] - r. 88 bufonius L. Liliaceae 83 Go. - Ri. {ISì — r. 89 Muscari coniosum Mill. (7) - 77 Po. p.es. 1)0 » raceniosus Mill. 8J S. A. Go. 78 Ro. r. 91 Allium vineale L. 85 f. - Go. 79 Gio. r. (36) 30 " » » b. compattimi (Thuill.) «2 Anther icum liliago L. («) • - 80 Gio. r. 93 Asparagus tenuifolins i.am. Orchidaceae 86 Go. H3) — pies. 94 Ophrys arachnites Lam. 87 Pe. U4) r. 95 Orchis coriophora L. 88 S. A. 81 Gio. r. (37) 3i * b. cimicina (Crantz) 96 » tridentata Scop. 89 {15) (38) 32 > b. commutata (Tod.) Salicaceae Pe. — r. 97 Salix alba i>. 90 f. - 8. A. 82 f. - Po. e. 98 » triandra L. 91 1". - S. .4. 83 f. - Ro. e. (39) 33 " h. amigdalinia (L.) 99 » purpurea L. 92 f. To. 81 f. - Fé. m. e. 100 » incana Schrank 93 f. - To. 85 f. - Roni. m. e. 101 » phylicifolia L. 94 Pe. 86 Fa. - Be. r. 102 Populiis nigra L. 95 f. - To. 87 t. - Rem. m.c. 103 >. alba L. 96 f. - Gè. 88 f. - Po. r. 104 3i ' » F. albo X tremula Winn. (1) (9) 89 Gio. e. (1) .Si potrebbe n\\\ aprjyiunfrere anche il PopulUS nìonilifp.'a Ait. o Pioppo del Canadii, che piantato nei terreni alluvionali lun^o la Nurc e Inngo il torrente Lo^^f^ia, ha dato buoni ri.sultati secondo attestazione del Sif?. Comm. iiranibilia, amministratore dei poderi Visconti di Modroue in Graziano Visconti. FLORA ALLUVIONALE DELLA TREBBLV E DELLA NUKE 215 Betulaceae TREBBIA 1 NURE 105 Aliius incana Medie. 97 To. - 0. ' 90 Be. - Fé. e. 106 ! » glutinosa Gaertn. Cupuliferae 98 Bo. - Gor. 91 Ro. r. 107 1 Carpinus bet ni u.^ L {iO) - 92 Be. -Fa. r. 108 Ostrya carpiaifolia Scop. 99 Pe. - Bo. 93 Be. p.es.' 1 loy Coryltis avellana L. 100 Gor. [m - 1 p.es. no Quercm rohtif L. 101 Pe. 94 Gio. - Fé. p.es. (40) 35 ' X « pctliiucuiuta lEhih.) Urticaceae 111 UliituH camiiestris L. 102 f. 95 f. ! p.es. 112 Mar US alba L. Elaeagnaceae 103 o. 96 Be. p.es. 1 j 113 Hippoiiliar rliaitnioides L. Thymelaeaceae (H) — 97 Ro. - Gio. a. e. j 114 Tlunnelaca passerina Larige Santalaceae 104 f. - Go. 98 1. - Gio. • e. 115 1 ThesUim UmphiilUiiii L. Polygonacaae {i2) — 99 Fé. 1 68.' 116 Poliigoìiuid convolvulus L. a genuiniiin 105 f. - 0. 100 f. - Fé. e. 117 » lapatliifolium L. 106 f. - Ri. 101 f. - Fé e. (41) 36 • » » d. tonien- tosiim (Schk.l f. - Ri. f. - Gio. (42) » » /? persi - caria (L.) f. - Ri. f. - Fé. e. 118 » ftidropiper L. 107 f. 102 f. - Fé. r. 119 » aviCUlare L. a genui- na m 108 f. - 0. 103 f. - Fé. e. (43) 31 ^ » » » L. e. neglec- tiim (Bess.) Po. - Gio. (44) 38 * » » y bellardi (AH.) ■ Go. Gio. 180 Rumex conglomeratus Mnrr. 109 f. - 0. 104 f. - Be. a. e. 121 » scutafus L. Chenopodiaceae (Ì3\\ — 105 Fa. - Fé. p.es. 122 Atriplex hastaluM L. 110 Go. 106 Po. - Ke. e. (45) 39 ■< e. patulmn (L.) i 1 1 216 V, PAVESI TREBBIA NURE 123 Bela vulgaris L. Ili f. I'7) - p.es. {i6) 40 * p cicla (L ) 124 Chenopodiuni (ilaucum L. 112 f. - 0. 107 Gio. - Be. r. 125 » album \.. 113 f. - 0. 108 Po. r. (47) 4i » » f> opulifoliiim (Schrad.) f. Fa. - Fé. r. 126 » botrys L. 114 f. Ri. (18) - r. 1 127 42 "" Cycloloma platyp/n/ìlKm Mcq. 115 f. (i9) - r. 128 Corispermum Mssopifnlium L. 116 f. {20) - r. (48) /ì Marschalii (Slev.) 129 PolycnemuM arvense L. Amarantaceae 117 Bo. (2/) — r. 130 Amaranlus retrojlexiis L 118 0. 109 Po. - Gio. r. ; 131 » albus L. Portulacaceae 119 Go. (22) — r. 132 Portulaca oleracea L. Caryophyllaceae (14) — 110 Ro. r. 133 AlSiìie tenìiifolia Crantr. 120 ao. {23) r. (49) 43 " e. hibrida iD. C.) 134 Arenaria serpilUfolia L. 121 f.-O. m r. - Fé. e. (50) 44 " » » /? tenuior (Koeh.) (ina. Po. e. (51) 45 » » 1). minuti- fi ora (Lox ) Po. 133 Stellaria ìiiedia Cyr. 122 Qna. 112 Po. -Gio. r. 136 Cerasduìti hrachypctati'ìd Desp. 123 - 113 Gio. r. (52) 48 » ■> ji taiiricmn (Spr. in n. C.) S. A. Po. r. 137 » ylomeratiiiiì Tliuiil. 124 r. - Go. 114 Gio. e. 138 » semidecandrum L. 125 f. - Go. 115 Gio. e. (53) 41 ^ • /? s'uti'if-iiim (Fr.) 139 Lychnis alba Mill. m) - 116 Po. r. 1 140 Silene, culgaris (^areUt- 126 r. - Bo. 117 f. - Ft>. e. (54) a ve.sic-aria (Schrad.) 141 Silene rupestris L. 1-27 Bo. \24) - 1 e. li ''■' saponaria ofMinalis I.. 128 f. - Bo. US f. ole. e. FLORA ALLUVIONALE DELLA TKEBRIA E DELLA NURE 217 143 144 145: 146j (55) j 147 148 149 150 (56) (57) 151 (58) 152 (59) 153 154 155 156 157 [m 158 C'i) 159 160 161 4S 49 50 52 54 ' TREBBIA NURE Sapo)iar/a ociimoiJes L. 129 Ri. - 0. li 9 Be. c. Tunica saxijraga Scop. 130 Go. 120 Po. - Gio. c. » prolifera Scop. 131 Go. - 0. 121 Be. c. Diantlms carvophi/ihis L. 132 0. (25) - r. * jff virgineus (L.) Tamaricaceae Myncaria {leriuanica De.sv. (i6] - 122 Vig. - Fe. c. Hypericaceae Hypericum perforatum L. 133 Go. 123 (Jio. r. Cistaceae Heìiantheriììim fumana Mill. 134 f. - 0. 124 f. - Fe. 111. c. » chamaecistus Mill. 1.35 Go. - 0. 125 f. - Be. e. a bavbatuni (Pers.) » » a obscu- ruin (Persi. Ro. Violaceae Viola canina L. 136 (S6) " S sii valica (Fr ) Bo. - 0. - r. hirta L. 137 (27) y. odorata (L.) Gor. - r. Resedaceae Reseda luteola L. 138 S. A. {2SÌ - r. r lutea L. 139 f. - Bo. 126 f. - Fe. c. Cruciferae AUiaria ofjìcinalis Aiuirz. 140 0. {20} - r. Barbarea vulgaris R. Br. (/7) - 127 Be. - Fe. r. Nasturtium, silvestre K. Br. 141 S. A. 30 - r. K e. Morisonii (THU.sch.) » ampMMum R. Br. llS) - 128 Ro. r. 1 , y armoracioides (Tau.sch.) Car da mine Mrsuta L. 142 r. - s. .\. 129 Po. r. > e. unicaulis (0. E. Scluilz.) Brassica nigra Koch. (.0/1 - 130 Fa. - Fe. r. >> sinapistrum Boi.s.s. 143 (io- 131 Ro. a. c. 218 V. PAVESI 1 TREBBIA NURE 162 Diplotaxis mtiralis D. C. 144 f. - Uo. ■ 132 f. - Be. 1 a. c. 163 » tenuffolia DC. | 145 f. - Ri. ! 133 f. • Be. c. 161 Rapkanus raphanistrum L. 14G f. 134 (510. - Fe. r. 165 Raptufrw/i rugosum Berg. 147 f. - Go. 135 f. - Fe. c. (63) 55 ' a. scabrum (Host.) 166 Ai'/Ksum cali/cinum L. 148 Pe. - Ro. 136 Be. - Fe. r. 1G7 Draba cerna i- 149 S. A. - Go. (5i) - r. (6 1) 56 ■> » » /? macropliylla (Ciis. et. Aiisb.) A. r. IGS Lepidi n>'/i. iheris L. 150 (). 137 Be. r. (65) c. grjimitiifolium L. 169 >> campesirii R. Br. 151 0. 138 Be. r. 170 Capsella hitrsapastoria MoencL. Papaveraceae 152 S. A. 131) (tIO. r. 171 Papaver rhocas L. Ranunculaceae 153 f. - Ri. 140 Gio. V. 172 Clematts vitalba L. 154 Ri. - To. 141 Gio. G. D. T. 173 Thalictnim amuscifolium L. 1(80) - 112 Gio. r. 171 Ranunculus repens l.. 155 f. 143 Gio. - Fe. r. 175 » bulbosns L. 156 Ri. 144 Gio. p.es. ne » arcensis L. 157 f. - Go. 145 f. - Gio. c. 177 Helleborus J'oetidus L. J 58 Ri.- Gor. 146 Be. Fe. a" c. 17f< Delphinium consolida L. Saxifragaceae 15y (Jo. 147 Gio. r. 170 Saxifraiia triductt/litcs L. Crassulaceae 160 S. A. (:ì2) r. 180 SedUiH rupestre L. 161 «0. - Bo (33) - r. 181 » sejcangulari' L. 162 S. A. - 0. 148 Gio. - Be. r. (66) /? acre (Gilih.) 182 » album L. Rosaceae 163 Bo. (34) " r. 183 Prunus amiydnlus Stock. 164 Bo. (35) - p.es. 181 » domestica L. (20 - ll'j Be. p.es. 185 » spinosa L. 1 165 Go. 150 Be. - Fe. ;■. FLORA ALLUVIONALE DELLA TREBBIA E DELLA NURE 219 TREBBIA NURE 1 1S6 Geum urbamtm L. 166 0. (36) ~ p.es. 1S7 Potentina reptans L. 167 f. - 0. 151 Ro. e. 18S » verità L. 168 f. - Gor. 152 Be. - Fé. e. (67) 57 X n tabcrnaeinontani (Asch.) (68) j 5S " » » ji hirsiita D. C. f. - 0. Be. e. 189 Ff agavi a vestca L. 169 Go. 153 Be. - Fé. p.es. (69) 59 P elatior (Ehrh.) 190 Ruì)ns friiticosus L. 170 Go. Gor. 154 f. - Rom. a. 0. (70) 60 * a iilmifolius (Schott ) (71) >> » V eaesius (L.) f. f. - Po. r. (72) 01 * a arvalis (Rchb.) 191 AlchemiUa vuìgaris L. 171 Co. 155 Fé. r. 192 PoteriuiH sang/morba L. 172 f. - Gor. 1.56 f. - Gio. e. (73) 63 » » /? poly- gamun (W. et. K.) f. - 0. Po. - Be. e. (74) 63 " a muricatuin (Spach.) 193 Rosa canina L. 173 Pe. Ma. 157 Gio. - Uoni. r. (75) 64 * a lutetiana (Lem.) (76) 65 ' » « K scabrata (Crep.) Bo. Be. r. 194 » montana Chai.x. 174 Pe. - Bo. 158 - r. 195 Crataegus oxyacantha L. 175 Go. - Pe. 159 Po. - Fa. p.es. 196 Pirus communis L. 176 - 160 Be. - Fé. r. (77) 66 * a aehras (C4aertr.) (78) 67 * b. piraster (L.) (79) >> » e. saliva (D. C.) Leguminosae Bo. - r. 197 Gleditschia triacantlios L. 177 Ma. (57) - 1 es. 198 Cytisus labui'num L. {22) - 161 Fé. ì. 199 >) nigricans L. 178 Bo. 162 Fa. r. 200 » sessilifolius L. 179 Pe. 163 Gio. - Be. r. 201 » scoparitis Lk. 180 Bo. [38] - r. 202 Genista tinctoria L. 181 Be. - Gor. 164 Ro. r. 220 PAVESI 1 1 TREBBIA NI' RE (80) 68 « Genista tinctoria t ovata (W. et. K.) i Fa. r. 203 » pi Iosa L. 183 1 Pe. (39) - r. 201 » germanica L. (2^)1 - 105 Be. r. 205 Spartium junceum L. !8;ì Ri. Bo. 166' Po. Be. a. e. 206 Ononis spinosa L. 181 ! f. - To. 167 Ro. - Be. e. 207 » natrix L. 185 f. - To. lti8 f Fé. m. e. 208 Medicano lupulina L. 186 f. 0. 169' f. - Fé. e. (81) 69 " » rt /S cupa ninna ((in ss.) Go. Be. e. 209 satira L. 1S7 f. - Ri. 170 f. - P. 0. e. » » Ò falcata (I-.) f. - Bo. Go. e. 210 » minima Gruf. in i,. 188 f. - Pe. 171 Gio. r. 211 Mclilotus ofjlcinalis Lani. p. p. isy f. - 0. 172 f. - Fé. e. (82) 70 * a petitpierreana (VV.) 212 Melilotus alba Desr. 190 f. • Gor. 173 f. - Fé. e. 213 Trifoliiim arvense L. 191 S. A. 174 Gio. r. (83) 7t " « aj^restiniun (lord.) 214 » scabra )n L. 192 Go. 175 Po. r. 215 » angnstij'oliuìu L. 193 Go. 176 Po. a. e. 216 » pratense L. 194 f. - 0. 177 f. - Fé e. (84) 12 » » p sativum (Mill. ex. Ri-hb.) (Jo. Po. Be. e. 217 » resapinatum L. 195 S. A. (40) - r (85) 13 X e. gracile (Rouy.) 218 » jYagiferum L. 196 Ma. 178 Po. - Be. r. 219 1\ ■■ » nigrescens Viv. 197 S. A. (41) - r. (86) « ^enuiuum (Fiori) 220 » hybriiliun L. 198 f. 17!» Fé. r. 221 » repens L. 199 f. - 0. 180 f. - Fé. e. 222 tltalii Vili. 200 A. (42) - r. 223 » campestre Schreb. 201 f.-O. 181 Ro. - Gio. !a. e. 224 Anthyllis vulneraria L. 202 Go. Bo 182 Po. Ja. e. (87) 15 * > » .^ rubra ((Joiian.) Be. - Fé. 1 '"• FLORA ALLUVIONALE DELLA TREBBIA E DELLA NURE 221 TREBBIA NURE 22Ó DorvcHiuiii peiitaphvllum Seop. (l) 203 1". - O. 183 f. - Fé. ni. e. (88) 76 " a herbaceiim VilL 226 Lotus corniculatus L. 204 f. 0. 181 Ro. e. (89) 77 * fj aiveusis (Pers.) (yo) 78 * b. ciliatus (Kock.) (91) 79 " » » _ y deciim- bens (Poif.) Gio. e. (92) 80 " b. sibthorpii (Rouy.) (93) SI » » £ teiuiifo- liiis (Rchb.) f. . Bo. f. - Fé. e. 227 » siliqUOSUS L. 205 Go. - Bo. l8^ Ro. - Fé. r. 228 Astragalus glycyphyllos L. {24) - 186 La. r. 229 » fiy2)oglotti$ L. Bg-e. 206 S. A. - Go. 187 Be. e. (94) 82 * li grenilii (Biirnal) 230 » monspessulanus L. 2i.7 f. S. A. 188 f. - Fé. e. 231 » onobrychis L. 208 S. A. (43) - r. 232 8S •• Aiiiorpha fruticosa L. 209 f. - Ri. 189 Ro. r. 233 Galega of,itcinaiis 210 Go. - Bo. 190 Fa. r. 234 Robinia pseudo-acacia L. 211 SA. - Gor. 191 Ro. p.es. 235 Coronilla scorpiodes Koeh. 212 f. - Ki. 192 Gio. r. 236 » varia L. 213 Go. 193 Fé. r. 237 » rainima L. 214 S. A. Pe. 191 Gio. - P. 0. e. (95) 84 ' » » b. lotoides (Koeh.) Be. r. 238 Hippocrepis comosa L. 215 Go. - 0. 195 Po. - Be. e. 239 Onobrychis viciaetolia Seop. 216 S. A. 106 Ro. - Be. r. (96) 8j a saliva (Lam.) 240 Lathiirus aphaca I-. 217 f. 197 Po. - Fé. r. 241 » hirsutus L. 218 S. A. (44) - r. 242 Vida J'aba L. 219 Go. 198 Ro. p.es. 243 /> sativa L. 220 - 199 Be. r. (97) 86 « vuljjaris ((ir. et (xodr.l (98) 87 * » » Asegetalis (Thuill.) f. Go. Gio. r. (1) BRACCiFORTr (p 123 lo. e.) cita la var. y .suffniticosiiin (Vill.l per la fiora pia- centina, gli esemplari da me esaminati corrispondono tutti nei loro caratteri alla varietà a herbaceum (Vili.), eredo quindi trattarsi di un errore di determinazione. 222 PAVESI TREBBIA. NURE 244 vccia cracca L. 221 f. 200 Ro. Be. r. (99) 88 « a imbriciita (Gii il). i 245 Ap/os tuberosa Muciicli. Lythraceae 222 f. 201 Ro. r. 246 Lythrtim saUcaria L. Oenotheraceae 223 Go. 202 f. - Gio. r. 247 Epilobiuin dodon'iei Vili. 224 f. - Gor. 203 f. Fé. m. e. 248 » panHJtorutii Schreb. 225 Go. 204 ne. - Fé. r. 249 » Mrsutum L. 226 Go. (45) - r. 250 Oenothera ì>/e)niis l. Umbeiliferae 227 f.^ 205 Gio. r. 251 Eryngiuf/i campestre i>. 228 f. • Bo. 206 f. - Fé. e. 252 89 ■^^ Bupleurum odontites L. 229 Ma. (46) - r. 253 90 "■^ Stum sisarum L. ^ [25) - 207 f, r. 254 Foeniculum imlgarc Mill. 230 Ri. 208 Gio. r. 255 Pastinaca sativa K. 231 Go. - 0. 209 (iio. r. 256 Peucedanum verticillare M. et. K. ; Spr. 232 Go. - Bo. 210 Be. - Fé. r. 257 Daucus carota L. 233 f. - To. 211 f. - Fé. m. e. 258 Caucalis daucoides L. 234 f. - S. A. 212 Ro. Gio. r. 259 Tiirgenia lati/olia Hoflfm. [26] - 213 Ro. r. 260 ChaerophylUim terdulam li. 235 0. (41) - r. 261 Comuni maculatum L. 236 Bo. 214 Bo. !• 262 Bifora radians M. B. Cornaceae 237 f. - 8. A. 215 Gio. r. 263 Cornus sangui/tea i,. Rhamnaceae 238 Pe, 216 Fa. r. 264 Rhaninus frangula L. Polygalaceae (27) 217 R. Go. r. 265 Poli/gala vulgaris !.. Geraniaceaa 239 Pe. 218 f. Be. r. 266 Geranium robertianum L. (28) - 219 La. r. 267 » molle L. 240 S. A. (48) - 8. 268 » rotundifoUuni L. 241 S. A. (49) — r. FLORA. ALLUVIONALE DELLA TREBBIA K DELLA NURE 223 269 270 j •271 272 273 274 275 276 1 277, 278 j (100)1 27t»j 280' 381 1 282 1 (101) (102) 2S3 2S4 285 286 387 288 289 (103) (10-1) Qerantum dissectum L. 242 Erodium ciciUarinm l'Hérit. 2r.^ Linum cathaiiicuìd L. 2H » teniiij'olium L. 245 '> ijalliCiiiil L. 246 Malvaceae Malca silveslrtx L. (29 Euphorbiaceae Euphorbia spinosa L. 247 >» ptatiiphylla L. 248 » hclioscopia 24& falcata L. 250 ^ » » e mucronata (Evers) » exigua L. 251 » cupa rissi as L. 2i2 Primulaceae Lysimachia puivdata L. 253 AnagaUis arcensis L. 251 92 ' « phoenieea (Scop. AH.) i » » /} caenilea (Sdirei).) Oleaceae Fraxinus or/ius L. {30] Asclepiadaceae Oynaiichurd vimctoxicum Pers. 255 Gentìanaceae Chiara per/oliata L. 256 Erytraea ceiìtauriuni Pers. {3i) » pulchella Ilorn. Borraginaceae Cerinthe minor L. Onosma echiodes L. 358 93Ì « a arenai'iiiin (W. et. K.) 94 * » >> iign'stis L. 278 Go. (59} - V. 313 ntgitalis lutea 1.. 279 Ho. 253 Fii. - Fe. r. 314 Melanipyrum arvense L. 280 S. .\. - Go. 254 Ro. - P. (). r. 1 FLO£iA ALLUVIONALE DELLA TKEUBIA E DELLA NURE 225 TREBBIA NURE 315 <>9 Euphrasia saliahicrgeasis Kiiiick. in Hpe. (.?.5) _ 1 255 Ro. r. 316 Udont/lrs lutea Rchb. 281 r. - Ri. 256 f. - Gio. e. 317 Rhìiìuntlnix nlcrtorolophus Poli. 282 Fé. (««) r. 318 >> mnior Ehrh. Orobanchaceae (••^6) — 257 Ro. r. 319 Orohanche alba Ste|ili. in W. — 258 Gio. r, (loy) lOU » g'. Ous.sonei Nyni Labiatae sao Ai un a re plans L. 283 Go. 259 be. r. 321 » cliamaepiilis Schreb. 284 f. - Ri. 260 f. - Be. c. 322 Teucrium scorodotria L. 285 0. (Gl) — r. 323 » botrijs L. (.7) — 261 Be. - Be. r. 324 » cluniiaedrys L. 286 Pe. - O. 262 Po. - Fe. a. c. (110) 101 » » b. hirsntum (Celale) 325 » mnatanurn L. 287 f. - To. 263 f. - Fe. m. c. 326 Brunella vu.lyaris L. 2S8 f. - 0. 264 f. - Fe. c. (Ili) lO-i , » » b. parviflora (Poir.) Gio. - Fa. (112) » » fi laciniata (L.) S. k. c. 327 Oaleopsis tetrahit L. 289 Go. 265 Fe. r. (113) 103 e. praeco.\ (lord, in Bill.) 328 » ladanum L. 290 266 (114) 104 , « augustifolia (Wallr.) f. - To. f. - Fe. m. c. 3-9 Ballota ììigra L. 291 Bo. 167 Be. r- 330 Stadi ti s silvatica L. 292 0. (62) „ r. 331 » annua L. 293 Go. - Bo. 268 La. r. 332 » recta L. 294 f. - 0. 269 f. - Be. c. 333 Salvia iiUitinosa L. 295 O. 270 Fa. - Fe. r. 334 » pratensis L. 296 S. A. 271 Be. r. 335 Satureja hortensis L. 297 f. - 0. (tì3) - a. c. 336 » montana L. 298 S. A. - 0. (64) - c. (115) 105 * a communis (Vis.) (li6) 106 ^ (1. chaniiiebuxus (Briq.) 226 V. PAVESI 337 (117) f07 338 339 (119) 108 (H9) i09 340 341 312 (120) HO (121) Iti (122) 112 (123) 113 (1211 114 (125) 115 (126) (127) HO (128j li- (129) na (130) no (131) 120 (132i 343 (133) 121 (134) 122 344 (135) 123 345 346 1 Satureja nepeta Sclieele ' f. inicrantha (Beg.) >> vulgaris Beg. » aciiKis Solicele » » 1). ellipticH (Briq. l;inuitblia (Briq.) Hyssoi'us oSMinnUs !.. Thynìus vulgaris \.. » seri iillìim L- , a coninuinis (Beg.j ^ a angustifolium (Pers.) (for- me diverse) i TREBBIA NURE 299 r,o. - U. 272! Be. - Fé. 300 j Ri. Gor. 301 1 Go. - O. 302 303 304 (Opir.) (Mill.) e. praecox y ovatus ' » » f .subcitfatu.s (Sdirei), in Schw. et. Koerke) X a genuiiiiis (Beg.) for. ligiistieiis (Briq.) , » » i polytri- cliiis (Kerii. ap. Borb.) " 1). carniolicMis (Borb.) « » " '/ lainiginosii.s (Mill.) , a genuiinis (Beg.) for. valle.siaL'U.s Briq. » » b. pannoiii- cus (Ali. p. i).l Oriorinutiì. vulgar e L. • ji vi ri (lui 11 m (Mjirk. Don) » » f. glabrcscens G. Bcek. Lì/copus europaeus L. ■ b. glabriiscens (Sclimiil.) » exaltalas L. Mi'.nllni rotuìUlifoUii HniLs. (for me diverse) 305 30G 307 308 Go. (io. - O. /. - O. C4o. Pe. Bo. Ba. Pe. Ba. Bo. Pe. f. Ri. f. Bo. - (). ! 273 j Be. - Fo. 274 Gio. Be. i La. 275' Gio. (65) — 276 f. - Be. f. - Be. Be. (Sio. Be. Fa. A. F:i. 277 278 I I I (66)! 279 Be. - Fé. f. - Gio. FLORA ALLUVIONALE DELLA TREBBIA E DELLA NURE 227 TREBBIA NURE Zìi Meiitha InmjiJ'oUa Hiuls. 309 Go. - O. 280 Be. - Fé. a. e. (116) 134 * 1). c-aii(lidans fCranlr.) 318 >> aquatica L. 310 f. - fior. 281 f. - Fc. e. 340 >> arvensis L. (38) - 282 Ro. r. 350 » pulegium L. 311 Go. (67) - r. (137) 135 X (ì touieiitosa (.Sm.) (138) 136 * 1>. hirsiita Per. Verbenaceae 351 Verlicna ojyichialis L. Globulariaceae 312 Go. 283 f. - Gio. a. e. 352 Globularia vnlgctris L. p. m. p. - 281 (iio. P. 0. r. 353 354 Plantaginaceae Plantayo manor L. laaceohtUi 313 314 f. - Gor. f. - O. 285 286 Gio. Po. - Be. a. e. a, e (139) 127 ' » » b. spliaero- stachya (M. et. Koch.) (.V9) Go. Bo. 355 » niai-itima L 3ir, Go. - O. 287 Po. - Fé. a. e. (1 )0) i8 .serpentina (Vili.) 356 » cyiiops L. Rubiaceae 316 f. - To. 288 f. - Fé. m. e. 357 QaliiiiH rerum L. (40) - 289 Ro. - Gio. r. 358 » purvureum L. 317 Go. - Gor. 290 f. - Fé. e. 359 » lUCklUiìl Ali. 318 f. - 0. 291 f. - Be. a. e. (141) 138 * a gerardi (VilL) (142) 129 * » >> /^ corrudae folium (Vili.) Oc. - Bo. Fé. a. e. 360 » mollugo l^. 3111 f. - 0. 292 Po. - Fé. a. e. 361 » parisiense L. 320 A. (68) - r. (143) 130 « b. litigiysus (DC.) 362 » tricoì ne With. 321 f. (09) - r. 3o3 Sherardia arvensis L. 322 S. A. - Go. 293 Gio. r. 364 Asprnila rynancfiica L. 323 f. - O. 294 f. - Fé. ni. e. (144) 131 " è nri.stni.-i (L.) Caprifoliaceae 365 Sambucus ebulus \.. 324 0. (70) - r. 228 V. PAVESI 366 367 (145) 132 (i46) 133 368 (147) 134 369 (i48) 135 370 130 .371 372 373 374 (149) i37 375! I 3761 377 i38 (1.50) i i39 1 378 1 379 I 380 j (151)1 i'*<> 38,1 (152)' 1-11 382 383 381 i42 (153) «3 Valerlanaceae Valerunirlla olitorla Pollieh. » l'imosa Bast, in Desv. « a luiocarpa (Kchb.) ' » » 1). dasycarpa (Kchb.i » deiitata Pollieh. * a. leiospcrma (Beg.) » microcarija Lois. . 1). lasiocarpa (Som.) ■>• » tri'iicata Betcke. Dipsacaceae Dipsacus xilcestris Huds. Knaulia aroensis Coult. » silcatica Duby. Scabiosa columbaria L. " » n /i uniseta Savi Cucurbitaceae Ciiciimis citrullus Ser. in DC. Campanulaceae Campanula medium L. *'' » sibirica L. " /? divergens (W.) » trachelium L. Specularia speculum Dc. f. Compositae Eiipaloriutii caiiiiabinum L. a » > b. indivisum DC. p. p- Neitr. Petasites oj'jlcinalis Moench. " a eoiniiuiiiis (i. lieck. Tussilago farfara L. Senecio vulijans L. ■"' » nebrodensis L. ■ /> riipestris (W. et. K.l 41 295 327 328 3?9 330 3.^1 332 333 331 335 {4i) TREBB1.\ NURE S. A. (-, S. A. 295 Qua. Gè. (72) S. A. (75) Go. (74) Go. - La. 296 Gor. 297 0. (75) Go. - Bo. 298 Go 0. 299 0. 300 ~ 3i»l Gio. 33(3 Ba - Gor. j 302 337 1 f. - S. A. I 303 338; f. - Bo. 804 339 Bo - tior. , 305 (24) 340 341 Pe. Ri. O. 306 (76) (77) Be. Fa. Bè. Po. - Be. Re. Po. Po. Fé. Po. Po. Po. Ro. - Fé. Fé. p.es. p.es. p. es. FLORA ALLUVIONALE DELLA TREBBIA E DELLA NURE 229 TREBBIA NURE 1 385 Senecio iacobaea L. (43) — 307 Fa. r. (JÓ4) 144 X a eriicoides (Fiori) 386 » erudjolius L. {44) - 308 Be. Fa. r. (155) 145 * Y tenuifoliiis (lacfj.! 387 Be.Uis perennis L. 312 f. 309 Gio. r. 388 Aster iiovi-belgii L. 343 f. 310 Po. r. 389 » sinensis L. 341 S. A. (7,S) - r. 390 Solidago rirga-aurea L. 345 Gor. 311 Re. a e. (156) 146 * a vulgaris (I^am.) (157) a genuina (Fiori) (158) in * » » /ipygmaea (Bert.) Fé. r. 391 Erigeron canadensis L. 316 f. - Bo. 312 f- - Fa. V. 392 148 "' » annuus Pers. 347 f. (79) r. 393 » acer L. .348 Ba. 313 Be. Fé. r. 1 (159) 149 * a eorinibosuà (Wallr.) 1 (160) >, » » e. seroliiius (Weibe); Ba. Be. r. 394 Matricaria charaomilla L. 349 Ma. [SO] - r. 395 Chrysanthenmin leucantliemura L. 350 Gè. - Bo. 314 Po. ■ Fé. a. e. (161) 150 a vulgaris (Fiori) (162) 151 * a denudatum (Boem.) . (163) 152 , » » d. coronoiii- f'olium (D. Ntrs.) f. — r. (164) 153 * » » g. meridiona- le (l-egTand) — He. r. (165) 154 . >> » li. pallidum (Fiori) f. - Go. Po. - Be. a. e. (166) 155 "* >> » ò pallens («ay.) Ri. Be. r. (167) 156 * b. glabrum (Fiori) 396 » oiilgare Bernh. 351 f. 315 Gos. - Fé. r. 697 Artemisia camphorata Vili. 352 f. - Gor. 316 f. - Fé. m. e. (168) 157 X a subcanescens (W.) 398 » absinthium L. 353 f. - Gor. 317 Be. a. e. 399 » vulgaris L. 354 f. - Ro. 318 f. - Fé. a. e. 400 » campestris L. 355 f. - Bo, 319 Bo. a. e. 230 PAVESI trp:bbia NURE 401 Anthemis cottila L. 356 Go. , (Si) — r. 402 » tintoria l>. 357 f. - O. 320 f. - Fé. e. (169) i5S ^ » » e. monantlia (W.) l'è. - Uo. Be. 403 Achillea tomentosa L. 358 S. A. - Go. 321 Gio. a. e. 404 » Dì ìllef olili m L. 35'J Go. 322 He. - Fé. r. (iro) i59 , a {(.spleiiil'olia (V^ent.) (171) 100 , >) » /? collina (Becker) l'a. r. 4(15 i6i "" Micropus erectiis L. 360 Ma. (82) - r. 406 Filago germanica L. 361 S. A. (io- 323 Gio. a. e. (172; i02 • b. canescens (lord.) 407 Helicliì ys/tm italicum G. Don. 362 f. ■ Cor. 324 Be. - Fé. ni. e. 408 mula salicina L. 363 Bn. 325 Be. - Fa. a. e. 409 » conyza DC. 364 S. A. 326 Fsi. - Be. r. 410 » viscosa A it. 365 Go. - Bo. 527 Po. - Gio. e. 411 Pìilicaria di/senter/ca Fi. Wett. 306 f. - Bo. 328 Ko. - Fé. a. e. 412 Biipht/ialmuni saiic'/olium L. 367 f. - Gor. 329 Ro. - Be. a. e. 413 Helta nthus annuus L. 368 f. 330 f. p.es. 414 liidens tripartitus L, 369 f. S. A. 331 Gio. • I.a. a. e. (173) 163 , » » p tenuis DC. f. - Bo. f. - Gio. 415 Xanthiuìii spinosum L. 370 Hi. (83) - p.es. 416 » strumarium L. 371 f. - Go, 332 f. - Be. a. e. 417 » italicum Moretti 372 f. - Bo. 333 ì\ - Be. e. 418 Ecliinops ritro L. 373 Bo. (.S'4) - p.es. (174) 164 * li elegans Bert, ex ^'^is. 419 Carlina acaulis L. 374 Bo. 331 La. p.es. 420 » vulgaris h. 375 f. - 0. 335 f. - Fé. a. e. ('•75) 165 , » » e. semiample- xicaulis (Formali) Ri. Be. 421 Xerantliemiini inajienuni W. 376 (io. (So) - r. 422 Arctium lappa L. 377 S. A. (S6) - r. 423 Crupina vulgaris (Jass. 378 Bo. 336 P. 0. r. (170) 166 " e. Hìinor (Ooir.) 424 Cent aure a alba \>. 379 Go. - O. 337 Be. a. e. FLORA ALLUVIONALE DKLLA TREBBIA E DELLA NURE 231 (177) {67 (17S) (179) 42-. (180) (ISl) (182) /6"SI no Ili i7-> a concolor (I)C.) Centaiirva olba <5 deusta (Ten.) » » ?> pestai ottii (De Ntrs.) » jacca \j. (X viilf^-aris (Coss. et. (jcrm.) » » /? amara (L.) Y vochinensis (Hernh. (183) i~S 426 427 42? 429 (184) 430 (185) (186) 431 432 433 434 (187) 435 536 (188) (189) (190) (191) 174 E transalpina 176 i77 178 179 180 181 182 (Scili e idi.; » CÌ/(lllHS ].. Cardmis rrispus ìj. »■< » lìl'i/'OSiis Noce, et Ball). Cl''siì(,m Umceolatum Scop. * a vulgare (Naeg.) » arvense Scop. >, a setosuin (\1. B.) " » » y iiicanuni (Fiseh.) palustre Scop. » acaule Scop., Ali. Cichorium intybua L. Lapsana communis L. « y hirta (Guss.) Hypochaeris radicata L. Leontodon liisjndus L. a typicus 1) mayor (192) 183 (DC.) (Fiori) (lacq.) (Monn.) (Welw.i TREBBIA NURE 380 » e pinnatiColius » I daiiubialis » 1). recognUiis » (> liyoseroiiles 381 382 383 384 385 386 (45) 387 388 389 390 Pe. Go. - Ri. f. - Hi. I'. - 13a. f. - O. (io. Bo. Ri. l'è. Ba.Gor. Ri. S. A. f. - O. f. - S. A. Go. f. . O. Go. Ri. Bo f. - Gor. Bo. Go. 338, Po. - Be. I 339 310 341 342 343 («7) 314 345 316 (88) 347 Po. - Be. f. - Be. Ko. Ro. La. Be. Fa. Po. Fé. Po. La. f. - Fé. Po. f. - Fé. Po. Be. f. - Fé. Po. 232 V. PAVESI 437 (193) 438 439 (194) 440 441 -142 (195) 443 (196) (197) (398) (199) (200) (201) 444 (202) 445 (20a) (201) 446 447 448 449 450 (205) (20fi) (207) 451 (208) i84 185 i86 188 189 i90 i9i t92 193 i94 Ì95 " Leontodon vUlarsii l.ois. , p rosani (DC.) Picris Meracioides l-. Helminthia echioides Gaertn. '< tuliL'i-ciilata (Moench.) Tragopogon pratcnsis K. Taraxacum offlchiale Web. in Wigg. Choiuirilla juncea L. * a angustifolia (Doell.) Soiichus oleraccus L. * a laevis (Bartol.) " a triangularis (Wallr.) » » y> e. laeerus (W.) » » fi asper (Hill.) * » » a inermis (Bischoff.) e. pungens i96 197 i9S (Bischofl'.) » arvensis L. , fi iiligiìiosus (M. B.) Lacliica saligna L. " 1). wall rotili i (8pr ) ' » » /J virf,'ata (l'aiisch.) » Muralis Fres. Crepìs foedda L. « ves'cttvia L. » selosa Hall. HieracìHid p/losella L. 6 pachilodes (\. et. P.) 1/ dt.'iiilalum (Belli) aniiileinuni (Belli) » jlurentinuw Ali. (i) » piioselloides (Vili.) 391 392 393 394 395 396 397 398 400 401 402 403 404 TREBBIA NURE Ri. - Bo. 348 Be. - Fé. a. e. i. - To. f. -Gor. f. - Bo. f. - Ri. Ba. Pe. <). Go.. O. Go. Go. 3. A. S. A. SA. Go. 405 i f. - To. 349 {s'jy 350 351 352 353 354 355 {90) 350 357 {91) 358 f. - Fé. f. - Fé. Be. Ro. - Fé m. e. Be. r. ! Po. - Fé. e. i Po. f. - Fé. a. e. Ro. - Be. r. Ro. Gio. a. C. I Fc r. — r. Be. Fa. r. Ro Be. r. ja. e. - ! r. \\ O. 350, f. - Koin. ni. e. (Il Nota del prof. A. Bèguinot: Con forme a foglie più lardilo ed ottuse, con- frontate con materiale detcrminato dal Belli e con.si-rvato nell'Erbario generale di Padova, forma passaggio alla var. litoraneum Belli. FLORA ALLUVIONALE DELLA TREBBIA E DELLA NURE 233 PARTE III. Prima di passare alla discussione dei risultati delle mie ricerche, rammenterò che eseguii le stesse a partire dalla pri- mavera del 1906 fino alla primavera del 1910 in un periodo cioè di 5 anni, poche specie aggiunsi poi in seguito. Le prime raccolte fatte ininterrottamente nel 1906, dal- l' aprile alla fine di ottobre, mi portarono a identificare circa 326 specie, nei successivi anni potei aggiungerne altre 125 il che portò a un totale di 451 specie, a queste vanno aggiunte circa 208 tra varietà, forme ed ibridi, onde ne risulta che la flora alluvionale dei due torrenti in istudio, viene ad essere costituita da 658 entità tassonomiche. Nelle mie due florule le piante bienni, perenni ed arbu- stive hanno il predominio contrariamente a quanto risulterebbe per la flora del basso Tevere, abbiamo infatti 214 specie pe- renni erbacee, 43 legnose, che danno un totale di 257 specie perenni, a queste si devono aggiungere 32 specie bienni, di modo che le annue sono ridotte a 162 : il rapporto fra le an- nue e le perenni e di 1 : 1,6: lo stesso rapporto pressoché sussiste anche se si considerino le varie specie dal punto di vista della frequenza, fra le perenni-bienni comuni annoveriamo infatti 105 specie, fra le rare 184, fra le annue comuni 50 specie, fra le rare 112. La flora totale è rappresentata da 258 generi, il rapporto fra le specie e i generi e di 1,7 : 1, i generi monotipici sono frequenti, se ne hanno però di politipici, fra i generi più ric- chi di specie fa d'uopo qui ricordare:. Trifoìiuìn (10), Bromus, Euphorbia, Galium (6); Poa^ luncus. Salix, Salureja, Vale- rianella (5); Equisetum, Ci/perus, Poli/gonum, Cytisus, Astra- galus. Linaria, Mentha, Plantago, Senecio, Artemisia (4); ecc. I generi sono suddivisi in 62 famiglie, fra le famiglie meglio rappresentate si possono qui notare : Composite (72), Grayninacee (63), Leguminose (49), Labiate (31), Scrofula- riacee (18), Crucifere (16), Cariofillee, Rosacee (14), Umbelli- fere (12), Cyperacee (11), ecc. Molte famiglie della flora del piacentino sono scarsamente rappresentate, altre mancano del tutto. Queste famiglie appartengono a 3 classi. 2M V. PAVESI Le crittogame vascolari sono rappresentate da una sola famiglia quella delle eqùisetacee, abbastanza ricca di specie e di individui; mancano in modo assoluto le felci, probabilmente questa mancanza è dovuta alla strettura speciale del sistema radicale poco adatto al substratum o come opina il Béguinot (^) al fatto che le spore di queste specie non sono adatte al tra- sporto per mezzo dell'acqua. Difettano, come ha pure constatato il Béguinot, le specie fornite di formazioni tuberose e bulbose. Tra le lil iacee con bulbi annovero infatti 4 specie, ma esse sono tutte segnate nell'elenco come rare; anzi per queste specie la presenza specialmente dell' Aìitliericum liìiago^ del Mascari comoaum non è dovuta certamente alla diffusione dei semi ma di parti vegetative della pianta cioè del bulbo. Trovai questi individvxi in località dove si rendeva più che evidente che essi erano stati strappati dalla corrente dalla riva vicina e quindi erano poi rimasti interrati nel letto del torrente. Tra le orchidacee ne annovero soltanto 3, pure notate come rare, fra queste la sola Orchis coriopliora fu da me tro- vata nel letto dei due torrenti lungi dalle rive, mentre V Urchis tridentata e V OpJiri/s arachnites furono dame trovate su una piccola conoide formata da terreno proveniente da una frana di argilla scagliosa, che temporaneamenta può essere inondata. Per queste due specie vale adunque quanto dissi per le pre- cedenti, devono cioè dette specie considerarsi come blastocore e affatto accidentali nel letto dei due torrenti. * * * Dall'esame dell'elenco risulta inoltre come ebbero già a constatare altri (^) che la u flora alluvionale di un fiume si può 1) Loc. cit. paff. 51. (2) Sac. C. cozzi, / /tori della Cil di tiiss, Nuovo manipolo di piante altbie- tensi. Alti Soc. it. Se. nat. 1U02, pag. 101. — Id , Spniolature botanirlie nelle l/rii- ohiere del Ticino, id., pag. 427. — id., Quarto contributo della .il ora del Ticino, id., i90=j, pag. 7 — Id. Ulteriori aogiunti; aita llorula abbieienae, id., litor^, pa?. 2ii — BÉGUINOT, Loc. cit., pag. 31. — SciiiMi'Ku, nella sua « Pilanzen OeograpMe auf pliysiologischen Qmnd- liujf » lena, Gustav Fischer iS'.W - in liguaido alla vegetazione fluviale dice: SoUlie Al)lagerungen tragen cine bald nidir vcigiiiiglivlic hald liinger andaucrnde oll'cnc Vegetation, deren Artcn zum grossen Thcile liir solche standortc Chaiaktviisticli sind. FLORA ALLUVIONALE DELLA TRKHUIA K DELLA NL"HE 235 immaginare composta da due essenze ben diverse ma contuse fra loro, la prima costituita dalle specie fìsse, che saranno numericamente in maggiore e specificamente in minor numero ; l'altra meno preponderante che risulta dal va e vieni delle forme avventizie, le quali trovansi disposte in senso in- verso vale a dire numericamente in minore e specificamente in maggior numero ». Secondo me le specie che sono indicate nel mio elenco come comuni, dato il grande lasso di tempo in cui i vari agenti fisici , chimici e fisiologici agiscono da età certa- mente remota, sono da considerarsi come specie proprie della flora alluvionale dei due torrenti e quindi dotate di quei ca- ratteri, che le rendono atte sia al trasporto per acqua, sia an- che allo sviluppo sul substratum particolare che nel nostro caso per molti tratti è quello' della stazione arenaria. Io non credo che questa flora che io chiamo permanente, possa variare di molto entro limiti cosi ristretti quali sono quelli della vita di un uomo. Potrà prendere in queste zone il predominio qualche altra specie ma per breve tempo, poiché per gli agenti fisico-chimici e fisiologici sai'à presto ridotta all'impotenza. Tutte le altre specie non considerate come co- muni sono da ritenersi avventizie cioè dotate di proprietà più o meno atte alla dispersione per acqua, ma con caratteri non adatti alle condizioni del suolo o viceversa. Nella mia florula le specie indicate come comuni sommano a 155, tutte le altre 295 sono da ritenersi come occasionali, avventizie o rare. Queste 155 specie appartengono alla flora stabile, le altre rappresentano la flora mobile ossia, come dice il Béguinot, comprende qnel complesso di specie i cui f?-utti o semi ogni anno in varie proporzioni sono depositati frammisti all'arena oppure avanzano lungo le sabbie. * * * Per quanto si è detto sopra riguardo al regime delle ac- que, la flora alluvionale assume vari aspetti a seconda che si tratti di isole stabili e delle grandi curve di deiezioni non soggette che raramente ad essere inondate dalle acque, oppure 236 V. PAVESI si tratti del puro greto torrentizio abbandonato temporanea- mente dalle acque per opera dell' uomo. Nelle prime abbiamo ad onta dell'azione fortemente di- spersiva e corrosiva delle acque la formazione di piccole asso- ciazioni di specie varie determinanti formazioni vegetali di minore o maggiore entità, costituite per la grande maggioranza da piante perenni; nel secondo abbiamo individui sparsi a caso qua e là di specie per lo più annue. Partendo dalla regione padana abbiamo nelle grandi isole e sulle curve di deiezioni a seconda della stagione associazioni caratteristiche. Cosi alla foce le caratteristiche della Horula sono date da associazioni arbastive di Salix ossia più o meno grandi sali- ceti con predominio dei Salice, alba e Iriandra mescolati' a Salix purpurea e a rari individui di Salice incana: notasi anche discretamente abbondante V Amor plia fruticosa e VApios tuberosa. Sulle sabbie fortemente argillose delle sponde dovute al- l'invasione delle acque padane abbiamo invece nella stagione inoltrata un caratteristico cipereto con una sola specie predo- minante il Cyperns coNgloìneratus, qua e là mescolato a Cì/- perus fuscus e fiarescens insieme a Polygonum /lydropiper, Digitarla sanguinalis, Paìticion crus-galii, Raìiunculiis re- pens, Epilobium dodoìiaei (raro). Erigeron canadensis, Meli- lolus officinalis. Il canneto a Phragmites communis mescolato a luncus è qui abbastanza raro come su tutto il letto dei torrenti in que- stione. Oltre ai pochi canneti vicino alla foce ne citerò uno sulla riva sinistra della Nure sopra Ponte dell'Olio. Vi trovai la Phragmites predominante insieme a luncus articulatus, Scirpus holoschoenus. lìiula viscosa, Daucus carota, Kt/uise- tum ecc.. Superiormente alla foce in primavera abbiamo piccoli ag- gruppamenti di Euphorbia cvparissias con Thymus serpyl- lum, Plantago cynops, Diplotaxis tenui folia, più tardi sosti- tuiti da Melitolus officinalis, M. alba. Ononis natrix ecc.. Nelle vaste isole si notano anche associazioni di piante segetali dove dominano le Poe, Poa compressa, P. fririalis, P. pratensis, con Festuca elatior, Bromus erectus, B. horda- ceus, B. squarroHUs, mescolati a Brachyiìodiuin pinnatum , Phalaris arundinacea, Aegilops ovata ecc.. FLORA ALLUVIONALE DELLA TREBBIA E DELLA NURE 237 Nella primavera più inoltrata abbiamo })ure associazioni di piante ad adattamento psammotilo che si rendono molto ap- pariscenti per il risplendere del pennacchio argentino delle pannocchie della specie predominante e cioè della Calama- grostis litorea mescolata ad Agropi/rum repena, Cynodon ecc. esse trovansi anche sulle sabbie mobili. Nell'autunno pure nelle stesse località ma specialmente sulle ampie isole a terreno piuttosto compatto si nota l'asso- ciazione caratteristica data dal predominio à^W Andro'pogon iscliaemoìi (') mescolato a Digitarla sanguinallH, Panicum vi- ridis e dicotiledoni varie fra cui la Chiara perfoliata^ VEpi- lohiìim dodonaei, V Ononis nairia-, il Thynnts serpt/ÌIum ecc.. Il tifeto è raro per quanto si possano trovare qua e là, sotto S. Giorgio nella Nure e presso Roncaglia sotto Gos- solengo nella Trebbia, piccoli aggruppamenti di Typha minima, la Typha media e la T. longifolia essendo limitate a pic- coli tratti per lo più influenzati dall'opera dell'uomo. Nelle sabbie piuttosto mobili verso la fine di estate ab- biamo aggruppamenti di Xhanlium stnonariicìn e italicuni con Artemisia campeslris e caniphorata, Eupatorium cannahi- num ecc.. Nella ghiaia non è infrequente e nelle curve di deiezione un piccolo populeto a Populus nigra che però si mantiene a tipo arbustivo non raggiungendo quasi mai la pianta le dimen sioni di albero, esso presentasi mescolato a varie specie di SaìioG, Q al Populus alba. In qualche curva di deiezione più a monte ho notato pi-e- dominante V Epilobimn dodonaei, che si rende molto evidente all'epoca della fioritura, mescolato a Helichrysum ilalicicni, varie Artemisie specialmente l'^l. canipJioraia, Chondrilla jun- cea. Satureia, montana nella Trebbia, nella Nure più facilmente con Inula viscosa. Artemisia campesfris, A. camphorala ecc. Il) Mi é d'uopo qui fare no'are che il Chrisovogon gryllus Trin. citato dal Sig. Dr. lelmoiii nel suo opuscolo estratto dal Ciioriiale di Agricoltura della domenica, Piacenza, Stab. tip. Porta, 1907, « 1/ Industria della radice da spazzola- nel Pia- centiao » non compare affatto od è rarissimo nelle sabbie dei nostri due torrenti Io non l'ho mai trovalo in tali località né finora nel piacentino. La pianta clic serve a ba-e dell' industria della radice da spazzola non è dunque V Andropogoìi gryllus, citato erroneamente dal Sig. Dr. lelmoni ma bensì V Andropogon iscJiae- iiìon, che vi è abbondantissimo. 238 V. PAVESI Come ho guà detto nella ghiaia formante il letto del tor- rente nei periodi normali non è possibile la formazione di associazioni, si trovano solo qna e là individui isolati per lo più piante annue, fra le più comuni noterò le seguenti Gaìeo- psis ìadarìum, Linaria minor, Anagallis arvemis ecc.. Nella regione valliva predomina nelle curve di deiezione il saliceto dato da Saìix incuna predominante, con Sulix pur- purea, PopuìtiH nigra, Alnus incana e ^4. glutinosa piuttosto rara. Le associazioni erbacee sono per lo più date da Ilely- chryaum, Epilobiiun, Artemisia campìiorata predominanti, fram- miste a numerose altre specie che non danno alcun aspetto caratteristico agli insabbiamenti, mancano però quasi affatto le associazioni di graminacee arenicole, specialmente la Calama- groslis ìilorea, che come ho detto compare più a valle. In ultimo voglio notare che caratteristiche della stazione in questione sono poi le associazioni a cuscinetto costituenti cioè densi cespugli su piccoli cumuli formati da un intrica- tissimo ammasso di radici racchiudenti sassi e sabbia cosi sal- damente da opporre una notevole resistenza allo sradicamento per azione della corrente; spesso questi cumuli presentano de- bole pendio a monte mentre sono a picco a valle. Tali associazioni che col loro colore verde o grigio verde spiccano sul fondo biancastro delle sabbie, sono costituite da essenze erbacee o erbaceo-legnose fra le quali menziono la Satureia rnoìilana, il Thymus Serpylìum. il Teucrium nionta- num., V Helianthemum fumana, V Artemisia camphorala, ecc.. Tali associazioni, costituite dallo sviluppo vigoroso di pa- recchi individui della stessa specie intimamente uniti fra loro, si ingenera sia per la diminuita concorrenza vitale ('), sia an- che a scopo di difesa contro l'erosione delle acque. * Ho già detto che la parte di pianura del letto dei due tor- renti in questione nel periodo estivo viene a trovarsi comple- tamente all'asciutto e quindi inllnenzata solo dalle idrome- teore. I) Prnf. FRUKuifo i)Ei,ri\o, Sludi di geoiirajUi botanica secondo un nuovo in- dirizzo, M. Aec. Se. 13oloKna. — .Scr. V. T. VII l'tig. 128-I8'J7.99. FLORA ALLUVIONALE DELLA TREBBIA E DELLA NURE 239 In queste regioni agiiscono perciò la maggior parte di quei fattori che secondo Schiiuper distinguono quelle regioni natu- rali dove regna siccità iisiologica e dove perciò dovrebbero crescere solo xerofite. Nel nostro caso siamo infatti in presenza di un terreno fi- namente granuloso calcareo privo di humus, che possiede de- bole potere di trattenere l'acqua piovana, dimodoché questa è per la maggior parte perduta dalla vegetazione, abbiamo inol- tre forte siccità dell'aria e forte illuminazione, fattori tutti che diminuiscono l'assorbimento e che facilitano la traspira- zione. Nel corso medio e superiore dei torrenti dove permanen- temente trovasi sul fondo delle valle uno strato più o meno potente di acqua, questa siccità fisiologica deve essere logica- mente meno accentuata. Per le condizioni fisico-chimiche e meccaniche del terreno e dell' ambiente la maggior parte delle specie della mia florula, dovrebbe avere perciò uno speciale adattamento alla xerofilia. Questo speciale adattamento secondo me sarebbe mani- festo. Sopra 451 specie ne abbiamo 106 che presentano un pili o meno notevole adattamento xerofilo, il che corrisponde a circa il 23 °l^, mentre invece le piante che presentano un adat- tamento idrofilo sono in numero più limitato e ^non rappre- sentano che il 15 "/o del numero totale. Devo anzi qui notare che nella mia florula mancano si può dire affatto le specie acquatiche o fluviali, nell'alto corso questa mancanza è dovuta sicuramente al fatto che il fondo del letto dei torrenti è quasi sempre costituito da grossi ciottoli e la velocità della corrente è sempre notevole. Rari sono i tratti con fondo sabbioso e con debole velocità del corso d'acqua, condizioni che principalmente favoriscano l'insediarsi e lo sviluppo delle specie acquatiche. Nel basso corso è la mancanza quasi assoluta dell'acqua in un periodo non breve dell'anno che toglie la condizione ne- cessaria per lo sviluppo delle stesse. La xerofilia si manifesta non con adattamenti xerofili quali sono quelli delle piante realmente xeroterme delle regioni calde, ma quali naturalmente sono compatibili con le condizio- ni climatologiche del distretto studiato. 17 240 V. PAVESI Le vere e proprie xerofile sono assai scarse nel nostro distretto liorlstico, donde la relativa scarsità loro nella mia fiorala allavionale. Fra queste noto solo le seguenti : Sedum rupestre, S. al- bum, S. sexangulare, S. acre. Invece la relativa xerofilia si manifesta: Per speciali rivestimenti di peli nelle specie seguenti: Bromtcs hordaceus a mollis (;. molti formi s, Hippophaè rhamnoides, Polygoninn lapatìiy folium d. tomenlosum, Cheno- podium bolhrys, Cerasliiun semidecaìidrum fi. glulinosum, A- lyssum calicymim, Genista pilosa, Ononis spinosa, 0. natrix, Trifoliutn arvense /i agrestinum, T. scabriim, T. auguslifo- lium, Lotus corniculatus y decumbens b. sibtìiorpii, Astra- galus hypoglottis (i Gremlii, A. monspessulanus, A. onobry- chis, Onosma echioides a arenarium, Echiuni vulgare, Lap- pula myosolis, Heliotropium europaeum, Linaria minor, Aiuya chamaepytis, Teneriuni chamaedrys b. hirsutum, T. monta- num, Galeopsis ladanum y angustifolia, Stachys recta, Sa- tureja vulgaris, Thymus vulgaris, T. serpyllum ^. polytriehus b. carniolicus, ì] lanuginosus a genuinus, ì] ìajiuginosus f. vallesiacus, Mentha pulegium (i. tomentosa b. ìiirsuta?, Ar- themisia camphorata a subcanescens, A. absinthium, A. cam- pestris, Anthemis tintoria, Achillea tomentosa, Micropus ere- ctiis, Filago germanica b. canescens, Ilelichrysum, Inuhi ri- scosa, Xeranlemum inapertìim, Centaurea alba a. concnlor f, Carduus crispus, C. litigiosus, Leon todon villarsii, Crepis foe- tida?, C. setosaì, Hieracium pnloseìla. Per riduzione del sistema fogliare e speciali cellule pro- tettrici dell'epidermiche: Equiseium ramosissimus, iJaclylis glomeraia e. abbreriala, Festuca ovina /» duriuscula, F. rubra, Bracìnpodium dista- cJiyum, B. pinìiatum g. setifolium (foglie conduplicate), Lolium perenne (forme varie), Agropyrum repcns d. litorale, Aspara- gus tenuifolius, Thymelaea passerina, Polygonum aviculare y bellardi, A triplex haslatuni ^ patulum, Polycnennun arrense, Alsine tenui folia e. li ibrida, 'Tunica saxi fraga, T. prolifera, Helianthemuìn /umana , Lepidium iberis e. graminifolius, Spartiiiìn junceum, Meliloius officinalis, M. alba. (Nella sta- gione primaverile piovosa sono provviste di foglie ampie, nel- l'estiva di lunghi fusti e foglie piccole e rare). Planlago km- FLORA ALLUVIONALE DELLA TREBBIA E DELLA NURE 241 ceoìata h. spìiaerostachì/a, Galiimi veruni, G. }mrpureum, G. luciduìn a (Jenirdi, G. luciduni ji corriidaefolium, G. pari- siense, G. tricorne, Asperula cyìianchica ^ arislata, Artemisia canìpestris, Crupiria vulgaris e. mifior, Cevtaurea jacea fi amara, Cho»dnUa juncea a a?ujustifoìia, Lactuca saligna b. loallrothii, L. saligna /i virgata, Hieracium florentimim 0 piloselloides). Fra le piante invece a carattere igrofilo noto : Equiseticm maximum, E. palustre, Panicum crus-galli, Digitaria sanguinalis, D. fdiformis, Oryza clandestina, Plia- laris ariiìhdinacea, Crypsis alopecuroides, C. schoenoides, Agro- stis alba, Calamagrostis litorea, Phragmites commimis, Mo- linia caerulea, Cyperus serotinus, C. fìavescens, C. fuscus, C. glomeratu-i, Scirpiis ìnaritimus, S. holoschoenus, S. lacuster, Heleocharis palustris, Carex nitida, C. glauca, C. distans, Typha minima, T. an gusti folia, T. latifolia, Alisma plantago, luncus glaucus, I. conglomeratus, I. articulatus, I. compres- sus, I. bufonius, Salix alba, S. triandra, S. purpurea, S. in- canii, Populus nigra, P. alba, Alnus incana, A. glutinosa, Polygonum lapathifolium fi persicaria, P. hidropiper, Cyclo- loma platyphyllum, Corispennum hissopifolimn, Nasturtium amphibium y armoracioides, Thalictrum angustifolium, Ra- nunculus repens, Apios tuberosa, Lythrum salicaria, Epilobium parviflorum, E. hirsutum, Lysimachia punctata, Symphytum, officinale, Gratiola officinalis, Veroìiica beccabunga, V. ana- galìis, Lycopus europaeus, L. exallatus, Mentha rotundifolia, M. aquatica, M. arvensis, M. pulegium, Eupatorium canna- binum, Petasites officinalis, Tussilago farfara, Senecio iaco- baea a erucoides, S. erucifolius, Pulicaria dysenterica, Bi- dens tripartitus, Cirsium palustre. In tutto una settantina. * * * Circa la natura chimica del terreno devo ripetere che nel mio caso non può parlarsi di specie espatriate da terreno calcareo a siliceo, come parmi abbia erroneamente tatto il Morteo in riguardo alla flora alluvionale dell'Orba. Nel mio elenco di piante silicicole (dette anche calcifughe) 242 V. PAVESI prevalenti o esclusive non si notano che poche forme, dato che nel nostro distretto poche forme si mostrano realmente tali, come risulta da ricerche «la me i^*) embrionalmente ini- ziate poi ampiamente sviluppate dai prof. Pavarino e Traverso nella flora del calcare e del serpentino nelTalto Appennino bobbiese. Fra le specie che possono ritenersi espatriate da territorio siliceo (ofìoliti, ecc.) nolansi il Sedwn album rarissimo, la Potentina verna e VAlcheniiUa vulgaris pure rare ; il Cylisus scoparius e la Genista pilosa considerati dal Fiori come sili- cicole prevalenti; il Tri folium arvense che per quanto a me consta può ritenersi nella regione come indifferente avendolo trovato spesse volte nel territorio piacentino anche su terreno prevalentemente calcareo. Noto poi il Teiicriuvi montamtm, la Oaleopsis ladamim a angiislifolia comune da noi anche su terreno calcareo. Fra le composte l' Artemisia campestris, V Helichrysum ilalicum comunissimo e V Achillea tomentosa. Mentre V Helichrt/sum è rappresentato da forme normali ben sviluppate, l'Achillea presenta moltissimi esemplari con manifesti caratteri di microfitismo dovuto in parte alla defi- cienza di principii fertilizzanti, in parte forse anche alla in- fluenza nociva della preponderanza del calcare. * * * Prima di passare a trattare delle migrazioni e dell'in- fluenza che il potere disseminatori© dell' acqua esercita sulla diff'usione delle varie specie, non mi sembra inopportuno clas- sificare la florula in rapporto agli agenti disseminativi. Per quanto concerne questa classificazione debbo dichiarare che mi sono attenuto in gran parte ai concetti già espressi su tale questione dai Prof. Béguinot e Traverso — Ricerche intorno alle li Arboricole " della flora italiana, Estratto dal nuovo gior- (1) V. Pavesi, Elenco di piante dell' alto Appennino pavese. Atti della Soc. Ital. di Scienze naturali Voi. XLV, pafsr. 4. — DoTT. G. 1.. Pavauino, hitorno alla Flora del calcare e del serpent/no nell'Appennino bobbiese, Atti del R. istituto botanico dell'Univ. di Pavia — I. Conti-ibii/.ione — Scr. II. Voi. XII. PaR. L'I. II. Coiilribuzione. Ser. II. Voi. XIV, pag V.i FLORA ALLUVIONALE DELLA TREBBIA E DELLA NURE 243 naie botanico italiano, Nuova serie Voi. XII, N. 4, ottobre 1905 — che hanno avuto occasione certamente più di me di studiare a fondo 1' argomento. A questo lavoro perciò rimando per tutto ciò che concerne la parte bibliografica e per le spiegazioni relative allo specchietto che da essi sotto riporto con poche modificazioni che in rapporto alla florula potevano avere un certo interesse. Dividerò dunque la mia fiorala come segue: I. Piante anemocore. 1. Anemocore per leggerezza. 2. Anemocore per adattamento. II. Piante zoocore. 1. Zoocore per ingestione. 2. " per adattamento. 3. Brotocore (^). III. Piante bolocore IV. Piante idrocore. V. Piante clitocore. VI. Piante blastocore (^). VII. Piante a disseminazione incerta. 1. PIANTE ANEMOCORE. 1" Anemocore per leggerezza Oryza clandestina (U, 2) (^) Antoxanthum odoratum (id.) Equisetuìn arvensf (VI) Alopecurus agrestis (I, 2). » maximum (id.) Afjrostis alba (li, 2) » palustre (id.) Cynodon dactylon (I, 2) » ramosissimuiìi fid.) Eragrostis .poaeoides Digitaria sanguinalis ('li, 2) » pilosa » fdiformis (id.) Bri za minor (\, 2) (1) Ho lasciato il sottogruppo delle niirmecore non credendo abbia nel caso mio molta iniporlanza. (2) Ho voluto ,ngg-iiin}?ere questo gruppo che comprende quelle piante la cui dis- seminazione può avvenire iuvece che coi frutti e semi anche con parti vegetative pcrcliò nell'ambiente studiato certamente hanno un'importanza notevoU nella dif- fusione (3) Kernkr e Marilaun Pag. 786 v. II. 244 V. PAVESI Poa bulbosa (I, 2 e VI) » annua (I, 2) » compressa (I, 2) ->> pratensis (I, 2 e li, 2) » trivialis (id.) Vulpia myurus (\l, 2) » ciliata (id.) Schlerocloa rigida Broinus ramosus (I, 2 e II, 2) » erectus (id.) » s ter il is [id.) » arvensis (id.) Brachipodium distachyum (lì, 2) Cyperus glomeratus (id,) Scirpus maritimus (id.) » holoschoenus (id.) Heleocharis palustris Tiincus glaucus » conglomeratus » articulatus » coiìipressus » bufonius Opliris arachnites (VI) Orchis coriophora (id.) » tridentata (id.) Atriplex hastatutn Beta vulgaris Chenopodiuìii glauciun » album » botn/s Polycnenium arvense A niarantns retroflexus » aZ&(/s Portulaca oleracea Alsine tenui folta A renaria serpy Ili folia Stellaria media Cerasti uni brachypetalum » glomeratiim » semidecandrum Lychnis alba Silene vulgaris » rupestris Saponaria officiìialis » ocytìioides Tu n ica sax i fraga » prolifera Dianthus caryopliyllus Hypericum perforatum Helianthemum fuìnana » chaìiiaecistus Reseda luteola » Z«ìdropogo)i ischaemon (1, 2) Sorghutìi halepense (VI) » vulgar e (11, 1) Setaria glauca (id.) » viridis (id.) Panicum crus-galli (id.) Digitar ia sangtiinalis (id.) » fìliformis (id.) Tragus racemosiis Anthoanutuììi, odoratum (1, Ij Sf«jpa calaììiagroatis 1, I) • (1) A ditt'ondere sul letto dei torrenti semi in tiuantità può contribuire invoion- tarieiniente 1' uomo mediante le numerose vie elie attraversano le arterie menzio- n:ite, sia che trovansi su ponti 0 sul puro greto dei torrenti, specialmente nella zona montana dove il letto dei torrenti, e ciò riguarda specialmente la Nnre, servi e serve tuttora per alcuni tratti quale unica via di comunicazione fra le varie boriiate della valle. Per la regione di pianura fra gli animali devo ({iii in modo speciale citare i numerosi greggi di pecore che durante la stagione prima- verile vivono sul letto del torrente. Ad essi dobbiamo in gran parte la presenza delle varie specie di Xanthium. '2 4:8 V. PAVESI Phleuiìi pratense Alopecurus agrestis {^) (\, 2) Agrostis alba (1, I) Calamagrostis arundinncen (I, 1) Avena saliva (1, 2 e 11, 3), » falìia (id.) Koeleria phleoides (1, 2) Dactylis gloìiieraia ("id.) Festuca ovina (1, 2 e VII) » rubra (id.) Poa pratensis (I, 1) Vulpia myuros (1, 1) » ciliata ('id.) Bromus ramosus (id.) » crectus (id.j » sterilis (id.) » arvensis (id.) » hordaceus (1, 2j . » squarrosus (id.) Brachipodiiim distachyuni (1, 1) » pinnatiiìn (1, 2) » silvaticum (id.) Loliuui teundeììfnm (1, 2) Agropyruìii caninum » repens Triticum aestinati (li, I e 3) Aegilops ovata (111) » triaristata fid.) » triuncalis (id.) Secale cereale (11, 1 e 3) Hordeum murinuìu Cyperus serotinus (2) Cyperus flavescens » fuscus » glomeratus (1, 1) Scirpus iiiaritiìnus (id.) » Jioloschoenus (id.) » lacuster (id.ì He/eocharis palustris (id.) Cardamine h irsuta (IH) (^) Ranunculus arvensis Geum urbanuiìi Medicago sativa (11, 3. VII) » iiìiniììia Trifoliuiiì arvense » scabrum » angustifoliuììi Hippocrepis comosa Onobrychis viciae folia Lythruni salicaria Eryngium campestre Daucus carota Caucalis daucoides Turgenia lati folia Geranium robertiauum (111) Erodium cicutarium Liniim catharticum » tenuifolium » gallicum Lappula myosotis Galeopsis tetrahit (VII) Stachys silvatica Salvia glutinosa Thymus vulr/aris (1) Lo stelo (Iella spi^-'a ia paiie prixalo dai fruiti ailciisec .-issai tenaceiiiciile alle siiperlici vellose mediante le estreinit:\ dei piecioli funali. i2) Per i peli che rivestono lo g'iuine. (3) Kkiinkk e Makilaun loc. cit. Pajf. 7S1. Le varie specie di Cyperus, Sc/'r- pus ece. sono secondo il Keriier ditriise dagli animali aecinatiei e di ripa perchè facilmente si attaccano insieme al fan^^o ai piedi di questi animali. l'er (jiiaiUo riguarda il lct(o dei due torrenti in esame poche .sono le .specie (li uccelli che vi .si trovano normalmente abbastanza comuni. Citen") (lualehe specie di .V/^;?'»^, VOcdiciiemus crepitans, V .{('{Halites liiaticHla e negli altri ordini il Corrtis coniix, l'Alauda ariieiìsis, VAiìtItxs pratensis e VA. spiìwletla, la Motactlla alba e la M. , Itaca. 14) K (jui messa per ì sen»i mucillaginosi come i semi di I.inUni. FLORA ALLUVIONALE DELLA TREBBIA E DELLA NURE 249 Thymus serpyUum Galium parisiense » tricorne Sherardia arvensis Micropus erecius (I, 1) Bidens tripartitus Xanl ium spinosum » strumavium » ilalicuìn Xeranthemuiìi iiiaperlum Arctium lappa (l, 2) Crupìna vulgaris (1, 2) Carduus crispus (id.) » litigiosus (id.) Helminthia echioides? (id.) Sonckus oleraceus ? (id.) 3" Brotocore. Zea mays (11, I) Sorgìium vulyare (11, 1 e 11, 2) Armido donacc (1, 2 e VI) Avena saliva (1, 2 e 11, 2) Triticu m m onococc u ì n » aestivum (11. I e 11, 2) Secale cereale (11, 2) Morus alba (11, ij Beta vulgaris (1, 2) Prunus aniygdalus » domestica * spinosa (11, 1) Fragaria vesca (id.) Rubus fruticosus (id.) Pirus communis (id.) Medicago satina (11, 2 e VII) Trifoliuni pratense (VII) Robinia pseudo-acacia (I, 1 e V) Wcja /afta (VII) Cucumis citrullus 111. PIANTE BOLOCORE. Aegilops ovata (11, 2), » triaristata (id.) » triuncalis (id.) Hordeum muriuìiììi (id.) Viola canina » /, saliva (W, 2 e 11, 3) Melilotus officinidis (IV) » a?Z^« (IV) Trifolium pratense » resupiìiatuni » nigrescens » ìiybriilum » repens » f/ialii Lotus siliquosus Astragalus qlycypliyllos » Itypoglottis » nionspessulanus » onobrycìiis Galega officinalis Coronilla scorpioides (IV) » varia (id.) » miniina (id.) Hippocrepis carnosa (li, 2) Lathy rus apìiaca » Itirsutus Vida faba (11, 3) » sat iva (1) Metto questa specie soltanto in questo gruppo, contrariamente a quanto fecero Bé;^uiiioi e Traverso, perchè è alquanto dubbio che essa frultiticlii tra noi, la ditt'usione non può quindi avvenire che per i tuberi. 252 PAVESI Vida cracca Bupleuruì» odon tUes Slum sisarum Foeniculum vulvare Cimerò phyllum teniiilum Conium maculatuììi Bifora radians Malva silvestris Euphorbia elioscupin (ÌW) » cyparissias (id.) Cijnanclnim vinceloxìcuin Cerintìic minor Onosma echioides Echium vulgare Litliospermuììi officinale » arvense Anchusa italica Symphytum officinale Heliotropium europaeum Convolvulus cantabrica » arvensis » sepiuni Melampyruìii arvense Aiuga reptans (1, 1) » chamaepytis (id.) Teucrium. scorodonia (111) » botrys » ehamaedrys » montanuni Brunella vulgaris Galeopsis tetraìiit (11, 2) » ladanum (1, 1) Ballota nigra Stachys amma (1, 1) Slarhys recta (id.) Salvia pralensis (id.) Satureja hortetisis (id.) » montana (id.) » nepeta (id.) » vulgaris (id.) » acinos (id.) Hissopus officinalis (id.) Tiiymus vulgaris (id.) » serpyllum (id.) Origanum vulgare Lycopus europaeus (1, 1) » exaltalus (id.) Mentha rotundifolia (1, 1 e VI) » longifolia (id.) » aquatica (id.j » arvensis (id.) » pulegium (id.) Plantago mayor '> lanceolata » iiiuritima » cynops GaliuDi veruììi » purpìtreum » lucidum » mollugo Asperula cynanchica Dipsacus silvestris Knautia arvensis » silvatica Cucumis citrullus (II. 3) Centaurea alba « z'rtcf'a » C!/a/2 ?f s Dall'elenco sopracitalo risulta che le anemocore per leg- gerezza sarebbero 175, le anemocore per adattamento 112, le zoocore per ingestione 24, quelle per adattamento 91, le bro- tocore 20, le bolocore 22, le idrocore 25, le clitocore 7, le blastocoi'e 56 e le piante a disseminazione incerta 120. Molte specie qui elencate appartengono però a vari gfuppi. Le ane- mocore per leggerezza sono in predominanza, vengono in se- guito le anemocore per adattamento, se si esclude l'ultimo gruppo non ben definito. P7,0RA Ar.LUVIONALR DELLA TREBBIA K DELLA NURE 253 Le anemocore per adattamento si possono quasi tutte con- siderare idrocore perchè dotate di potere galleggiante notevo- lissimo. Le anemocore per leggerezza possono pure in gran parte ritenersi idrocore, tVa queste si dovrebbero però distin- guere quelle i cui semi galleggiano facilmente sull' acqua da quelle i cui semi non galleggiano, ma per questo non parrai vi siano dei dati alquanto sicuri. Le anemocore unite alle idro- core nella mia florula t'ormano un potente gruppo che è più 0 meno dotato di mezzi per il trasporto per acqua. Le blasto- cori nel mio elenco sono abbastanza numerose, esse hanno una speciale importanza per quanto riguarda le emigrazioni da monte a valle. * Detto brevemente dei mezzi di diffusione delle varie spe- cie nell'ambiente in istudio passerò a considerare la mia flo- rula in rapporto al potere disseminatorio delle acque e all'in- fluenza che il trasporto per acqua nei due torrenti esercita sulla diffusione delle specie nei terreni circostanti. Delle 451 specie annoverate nell'elenco solo 69 sono da ritenersi montane, le specie montane costituiscono perciò solo il 15 *'/o, ma di queste solo il 45 "/„ possiede adattamento spe- ciale al trasporto per acqua e alle condizioni fisico-chimiche dell'ambiente. Compaiono infatti nella Trebbia nel tratto che va da Gos- solengo alla foce ossia nella vera regione di pianura le seguenti specie da ritenersi come abbastanza comuni : Festuca ovina, Hyssopus olJìcinalìs, Bromus squarrosus, Thymus vulgaris, Salice incana, Plantago sevpenliua, Astragalus hypo glottis, » cynops, ^^ nionspessulcuius, Galium purpureum, 11 onohrychis, Artemisia camphorata, Coro7iilla minima, Anthemis tinctoria, Epilobium dodonaei, Achillea tomentosa, Teitcriurn montanum, Ilelichrysum italiciim, Satureja hortensis, Buphtahnum salicijolinm, " ììiontana, Leontodon villarsii. 254 V. PAVESI Fra le specie rare annovero : Bromus raìnosus, Micropus crectiis, Asparagus tenuifoìius, Xcranthemum inaperttim, Convolvulus caiilabvica, Ilieracium pilosella. Nella Nure fra S. Giorgio e la foce noto come comuni: Festuca ovina, Bromus squarrosus, Salix incana^ Cytisus sessilifoliìis, Astragalus fiypogloUis, " nionspesstilanus Coron illa minima ^ Epilobium dodonaei, Teucrittìn monlanum, Hyssopus offìciììalis, Glohii la ria v u hja ris, Pla)ilago serpeutiua, " ct/nops, Artemisia camph orala, Antheniis litictoria, Achillea toìnentosa, Helichrysìim italicum, Buphtalmuìn salici folium, Ljeontodoii rillarsii. Delle specie citate ben poche abbandonano l'alveo per in- vadere le zone circostanti, tale invasione è allo stato attuale fortemente ostacolata dalla concorrenza dello specie ubiquitarie 0 di pianura e dai sistemi di coltura. Per questa emigrazione la flora montana si insinua nella flora di pianura o padana come una lunga striscia rappresen- tata dal letto del torrente, per essa alcune specie di carattere nettamente mediterraneo come l'Inula viscosa ed altre si spin- gono verso la pianura insubrica. Oltre alle migrazioni da monte a valle, in senso della corrente, si sono notate migrazioni in senso inverso, nel mio caso, una migrazione della flora alluvionale padana alla mon- tana. Innanzi tutto debbo notare che nella mia florula sono elen- cate alcune specie che sono localizzate alla foce dei due tor- renti, che cioè non abbandonano mai le vicinanze del Po. Sono queste fortemente legate alla natura fisico-chimica e meccanica del terreno cioè amanti o del fango o delle sabbie padane. Fra le specie trovate solo alla foce dei torrenti noto: Digitarla fUifonnis, Crypsis alopecnroides, Cr. schoet/oi- des, Cyperus gloìneratus, Cycloloma platypìiyllum, Corisper- nicm hyssopifolium, Apios tuberosa, Sium sisarum, Gratioìa o/Jlcinalis. FLOR/v ALLUVIOXAr.R DRLT,A TllRBBIA E DELLA NURE '255 Altre s[)ecie comuni lungo il Po non risalgono la corrente che fino alla zona di collina forse perchè nella zona di pia- nura sono più estese le sabbie a granuli fini. Fra queste noto : Caìamagrostis b'iorea, Tragus racemoans, Ovtjza cAande- stina, Aegilops orbata, Ae. Irimìcaìis, Scirpits mariiimus. Se. JtoloscJujcnus, Salì'x alba, Popichis alba, Amorpìiu fruticosa, Oenothera biennis, Lycopus europaeus, L. exul talus, Valeria- nella olitoria, V. riinosa, V. dentala^ V. ìnicrocarpa, V. Irun- cata. L'AinorpJta fruticosa risale la Trebbia fino a Rivergaro ma conservasi ovunque abbastanza rara. * Se passo ora a una comparazione delle florule dei due tor- renti devo- notare che la florula della Trebbia è rappresentata da 405 specie mentre quella della Nure è rappresentata da 359 specie, il numero minore di specie per la Nure è certamente in rapporto alla minore ampiezza del bacino idrografico. Tra le specie della Nure che mancano alla flora della Trebbia ne annovero 45, viceversa fra le specie della Trebbia che mancano alla flora della Nure se ne contano 91. Devo però notai-e che la differenza fra le due florule è data da specie che nell'ambiente studiato sono rare o avven- tizie, è quindi per puro e semplice caso che esse compaiono nel letto di uno dei torrenti piuttosto che nell'altro. Delle 47 specie della Nure mancanti alla flora della Treb- bia solo 3 si trovano abbastanza comunemente nella, Nure e sono Scirjìus maritimics, Hippophae rhamnoides, Myricnria germanica.) però a tale mancanza non si può annettere grande importanza trattandosi anche qui di specie localizzate in brevi tratti, inoltre non posso affatto escludere che qualcuna di que- ste sia sfuggita alle mie ricerche. Tra le 91 specie della Trebbia mancanti alla flora della Nure ne noto pochissime comuni ; il Crypsis alopecuroides trovasi localizzato alla foce del torrente e fa quindi piuttosto parte della flora alluvionale padana, le Valerianelle microcarpa e truncala sono comuni solo in un tratto sotto Gossolengo, molto più diffuse sono la Satureja Jwrleìisis, la S. inontana e il Thymus vulgaris. 18 256 V. PAVESI Per quanto riguarda in modo speciale la Salureja ìiionlana e il 'Ihymus vulgaris devo notare che infruttuose riuscirono sempre le mie ricerche sull'alveo della Nure, per cui parmi si possa ammettere che se queste non compaiono nel letto del torrente citato si è perchè esse non devono far parte o per lo meno in parte molto piccola della flora del bacino idrografico della Nure, in quantochè dette specie devono possedere, data la loro relativa abbondanza nel letto dell'altro torrente, adat- tamento sia per il trasporto per acqua, sia anche per la vita nell'ambiente in esame. Quale furono le cause che impedirono la diffusione in uno dei due bacini, che pure sono finitimi, sarebbe interessante co- noscere. * Come dissi nell'introduzione era mia intenzione di compa- rare la flora dei torrenti da me studiati con quella del torrente Orba e del Tevere, studiate rispettivamente da E. Morteo e A. Béguinot. Ma un confronto esatto non mi è possibile mancando i due elenchi di alcuni dati che mi sarebbero necessari. Per l'Orba che è abbastanza vicina alla zona da me stu- diata noterò per altro, che sulle 342 specie indicate dal Morteo 155 non compaiono nel mio elenco, le restanti 187 specie sono comuni alle due florule alluvionali. Sulle 451 specie da me indicate 264 mancano alla flora dell'Orba. Per spiegare questa differenza devo però notare che alcune specie (27) elencate per l'Oiba mancano nella mia tìoi-ula. ma vi mancano perchè fino a prova contraria non compaiono nella flora del Piacentino, non sono cioè elencate dal Bracciforti ('), la loro mancanza dipende quindi in parte dalla diversa ubica- zione del distretto flori.stico. Le altre 315 elencate per l' Orba sono comuni anche al tei'ritoriu piacentino. Un altra ragione spiega in parte la notevole difilèrenza fra le due florule, e questa è data dal fatto che il Morteo estese le (1> Prof. Ar.iiKitro KitArciKoitTi, Flora P/arentina, l'iiiccnz.-i, Tip. F. Solari, 1877. FLORA ALLUVIONALR nRr,T.A TREBBrA E DELLA NtTRE 257 sue ricerche entro gli argini del torrente ossia su territorio di golena coltivato e (quindi fortemente influenzato dall'opera dell'uomo. Ben 25 specie, indicate dal Morteo e non da me, sono ruderali o domestiche, a diifusione affatto artificiale e non com- paiono perciò nel mio elenco. Delle specie dell'Orba indicate come comuni dal Morteo, 64 sono pure comuni nella mia flo- rula ('). * * * Per ciò che riguarda i rapporti della mia florula con quella locale cioè del territorio piacentino devo notare che il rapporto numerico è di 3.7 a 1, dato che al piacentino secondo la flora del Bracciforti appartengono 1670 specie. E necessario però notare che nella flora del Bracciforti compaiono moltissime specie esotiche coltivate solo nei giardini, che quindi in realtà non si possono ritenere come indigene. Le mie ricerche vengono per altro ad accrescere la flora del piacentino di il specie, quali : Aegilops trìiincalis L. Cycloloma platyphyllum Mcq. Trifolìum ìiigrescens Vio. Aynorpha fruticosa L. Bupleurum odontites L. Slum sisarwn L. (1) Circa Li comparazione della mia fiorala con le due riorule del Prof. Bolzoii cioè con la flora alveale della Dora Baltea e quella dei linmi parmis'iani, tralascio di parlare della prima trattandosi di flora in gran parte in zona alpina e quindi assai diversa da quella da me studiata. Mi liniilerò perciò a dire brevemente della flora dei fiumi parmigiani in confronto a quella dei due piacentini. Quanto ho esposto per la flora dell' Orlja vale anche in gran parte per questa. Nel ragjj^ruppai'e la flora dei flumi parmir,'iani il Prof. Rolzon si è giovato oltre che di escursioni fatte direttamente sull'alveo dei torrenti anche dell'esame di erbari trovali nelle collezioni dell'orlo botanico parmense, ed é giunlo in com- plesso ad elencare 286 specie, forse ricerche maggiori avrebbero potuto autnentare di malto le florule alluvionali parmensi data la forte difterenza colla florula dei toirenti piacentini. Confrontando la flora alveare parmense con quella piacentina risulla che delle 2S6 specie sopranominate solo 156 compaiono nel mio elenco; risul- tano quindi come mancanti le altre 132. Di ([ueste 15 mancano alla flora del p'm- centiiu) secondo l'elenco dato da Bracciforti. Non risulta poi dalla relazione del Prof. Bolzon se le ricerche sono state fatte solo sull'alveo dei torrenti oppure anche nella zona di golena e terreni coltivati rivieraschi, manca quindi un dato per poter spiegare la notevole difterenza fra le du(! florule che appartengono a distretti floristici assai vicini. Delle 150 specie che compaiono .-inche nei torrenti parmensi molte sono comuni nella flora dei torrenti da me studiati, il che conferma la loro estrema addatta- bilità all' ambiente. 258 V. ^A^•ESI Euphrasia salishurgensia Zunck. Valerianella truncata Betcke. Campanida sihirica L. Senecio nebrodensis L. Erigeron annuus Pers. Micropus ereclus L. Carduus litigiosus Noce, et Balb. Leontodon villarsii Lois. A queste specie si devono aggiungei-e altre 184 varietà e forme che sono nell'elenco segnati nella seconda colonna con numeri in carattere corsivo e nella terza con un asterisco. La tlora del piacentino viene perciò mediante la mia flo- rula ad arricchirsi complessivamente di 199 entità tassonomiche. D'altra parte nella fiora del Braccit'orti trovo elencati come proprie degli alvei dei torrenti alcune specie da me non citate perchè non trovate. Devesi però notare che il Brac- cit'orti nel suo elenco ha trascurato assolutamente la distribu- zione geografica nella provincia, che quindi, le indicazioni da lui date dell'habitat hanno un carattere assai vago ed incerto. Le specie indicate nella flora piacentina sono le seguenti: Equisetum hyemale L. Saccharum ravennae Murr. Stipa peyrnata L. Agrostis spica-venli L. ji inlerrupla (L.) Calaìnagroalis epigeos Roth. Schoemis lìigricans L, Carex alba L. Carex fava L, /? oederi (Retz.) Salix fragili^ L. '1 aurila L. p caprea (L.) Polygonutn la})at1iifolium L. (i persicaria (Lj e. i/ica- ìiutn [W.] Tamarix gallica L. Raphanvs raphanisfnon L. /ì landra (Moretti) Clematis recta L. Berberis vulgaris L. Polentina stipiìia L. Tri folium alpestre L. Dorycniuni hirsutum Ser. in DC. Poly gala amara L. FIORA AT,r,UV10XAI-E DF.I.LA TRKIJIHA E DELLA NURK 25!) Verhascuni nignim L. Digilaìis purpurea L. Bruueììa vuh/aris L. y grandifìurd (L.) Pian lago ramosa Asch. Campanula rolundifolia L. Senecio saracefiicus L. = nemorejtais L. jt Fuchsii (C. C. Gui.) Artemisia scoparia W. K. Inula ensifoìia L. Centanrea maculosa Lam. =: panicuìala- L. a marulosa, (Lam.) Chondrilla prenanloides Vili. Hieracìuni slalicefolium Ali. Sono in complesso 29 entità tassonomiche che porterebbe la flora dei torrenti pi.tcentini al numero di 480 specie. * * * In ultimo, poiché la gran maggioranza degli uomini non cerca che l'utile e non comprende come uno studio di qual- siasi natura possa essere fatto a solo scopo scientitico o anche a solo diletto personale, io dovrei indagare se dalle mie ri- cerche si possa dedurre qualche cosa di pratico, se cioè qualche pianta che nasce nelle abbastanza vaste zone di terreno allu- vionale recente dominate dai due torrenti, specialmente nella zona di pianura, sia suscettibile di sfruttamento diverso da quello attuale ('). Ho io trovato nella Trebbia e nella Nure ])iante che pos- sano essere suscettibili di utilizzazione oltre al pioppo nero e 2i\V Andropogon iscliaemori'ì Non parmi, ma forse dati i tempi e sconvolgimenti prodotti sui mercati dall' attuale guerra, può (1) Dal letto dei due torrenti si ricava ghiaia e sabbia per un valore ingente cosi pure fjrossi ciottoli che vengono nelle fornaci trasformati in calce assai pre- giata. Inoltre, dicesi, il letto dei torrenti fornisce un certo numero di giovani pianti- celle di pioppo nero. L'Amministrazione della tenuta dei Conti Visconti di Modrone a Grazzano ha poi tentate sul letto della Nure (curve di deiezione) la coltivazione del pioppo del Cinadà con risultati ottimi, come appare da not.a nel mio elenco. Dalla già citata pubblicazione del Sig. Dr. lelmoni appare poi che il letto dei due torrenti fornisce per un valore iiotevoTe radici da spazzola tratte dall' Andro- pogon ischaeraoìi. 260 V. PAVESI - FLORA ALLUVIONALE DELLA TREBBIA E DELLA NURE darsi che in alcuni punti sia possibile la raccolta e forse anche la coltura di alcune piante ricche di olii essenziali e medicinali. Ho trovato infatti abbastanza comuni V I/yssopus, la Salii- reja montarìa, il Thymus serpyllvm. il T. vulgaris, varie specie di Artemisie in ispecie la camyhorala^ ecc. Ai pratici il dire se questo sia possibile; passo quindi la domanda alla Asso- ciazione italiana « Pro piante medicinali ". Parte del terreno alluvionale, se fosse possibile sottrarla al dominio delle acque cioè le zone o curve di deiezione ricche di sabbia, è anche abbastanza adatta alla coltura di cereali ed erbe foraggere. Questo è provato dall'esperienza, poiché quelle zone che o per mezzo di argini o pennelli vengono protette dalle acque sono spesso coltivate e dopo un certo periodo divengono redditizie. Prima di chiudere mi sia permesso di porgere vive azioni di grazie al Prof. Taramelli che gentilmente volle rivedere la parte geologica, al Prof. A. Béguinot che mi aiutò nella de- terminazione di alcune piante e al Prof. Romualdo Pirotta che, esaminato questo mio lavoro, mi incoraggiò a pubblicarlo. Dnl laboratorio cliiniico niunicipale di Piacenza. Ottobre 1918. Dott. Anna Castelli INTORNO ALLA SENSIBILITÀ OLFATTIVA DEI GASTEROPODI POLMONATI RICERCHE ISTOLOGICHE E FISIOLOGICHE (Tav. XI e Tav. XII 1. INTRODUZIONE La sensibilità olfattiva nei Gasteropodi Polmonati è già stata a lungo studiata: ma i numerosi lavori che vi si riferi- scono hanno condotto a risultati poco soddisfacenti e contrad- ditori. Perciò, esaminando la bibliografia, mi sono trovata di fronte a idee le più opposte: dalle teorie che mettono la sede dell'olfatto nella totalità dei tegumenti, a quelle che la collo- cano nella mucosa boccale, sull'orifizio respiratorio, nelle vici- nanze della ghiandola pedale, fino a quel manipolo recente di autori che tendono a localizzare la sensibilità olfattiva nei tentacoli oculari. Una delle principali cause che portò gli studiosi a con- clusioni cosi discordi, fu quella di non aver chiamato a soc- corso dell'esperienza fisiologica, anche l'osservazione istologica, e viceversa. Cosi molti hanno, in queste ricerche, seguito esclu- sivamente il punto di vista istologico ; fra questi accennerò a Chatin (2), a Carus (1), a Lespès (15), a Sochaczever ('27) il quale ammette a sede la ghiandola del piede, che sola può, secondo l'autore, presentare le condizioni necessarie perchè un organo sia olfattivo, a Simroth (23) che considera come organo olfattivo una fossetta che si trova nella cavità del mantello, vicino alla estremità anteriore del sacco respiratorio, pensando che esista una relazione fra olfatto ed organo della respira- zione. Altri ancora, che si sono occupati della struttura istologica del tentacolo e della cute, sono Flemming (7-8), a cui si deve 262 A. CASTELLI la prima conoscenza delle cellule di senso e dei jjlessi nervosi; Retzius, che osserva accuratamente la l'orma e le dimensioni delle cellule epiteliali e poi descrive le cellule viste nel ten- tacolo, mettendone in evidenza le relazioni col ganglio tenta- colare; Havet (12), Smidt (24, 25, 20) il quale aggiunge la conoscenza di nuove cellule o cellule-polipi e studia le libere terminazioni nella cute; Samassa (21j, Veratti (28) che ci dà nuovi pai'ticolari sulle cellule di senso e sul plesso nervoso. Altri autori hanno studiato la questione dal punto di vista fisiologico: come Cuvier (4), Leydi (14), Dupuy (6), Moquin Tandon (17), Dubois (5), Griffiths (11), Germain (10 , dei quali parlerò più a lungo nel capitolo dedicato alla parte fisiologica. Altri ancora hanno cercato di coordinare la parte anatomica colla parte funzionale, senza però applicare quei fini metodi istologici e quei moderni concetti fisiologici che sono stati usati per altri campi d'indagine: prima Nagel (18), poi Jung il quale fa delle osservazioni interessanti per quel che riguarda le espe- rienze fisiologiche, e dà una descrizione anatomica delle varie regioni del tentacolo; e Galati Mosella (9), che si occupa spe- cialmente delle terminazioni ultime interepiteliali delle cellule nervose. Nel mio lavoro io ho seguito tutti e due questi criteri (il fisio- logico e l'istologico); dopo aver attentamente osservato attraverso le varie regioni del tentacolo, l'insieme delle fibre e delle cel- lule che formano il sistema nervoso sensorio dell'organo, ho ripreso l'argomento dal punto di vista fisiologico, e, mediante ripetute esperienze, ho cercato di farmi una personale opinione sul dibattuto quesito della sede della sensibilità olfattiva; poi sono passata allo st*dio del chemotattismo negativo e positivo, in r>ipporto alle varie essenze odorose, esperimentate a concen- trazioni divei'se. Tecnica. Io ho fatto le mie esperienze su individui del genere Ileìiv: in particular mo lo sulla Ilelix Poiìuitici e V Ih'ìix lucorum, le specie che ho trovato ir. maggiore quantità nelle campagne e nei giardini. Per mettere in evidenza il sistema nervoso nel tentacolo, mi sono servita del metodo rapido del Golgi: lascio nel li- INTORNO Ar,LA SENSIHILITÀ OI-KATTIVA, KCO. 263 quido i tentacoli per un tempo variabile da 2 a 10-11 giorni; poi eseguisco il passaggio in soluzione di nitrato d'argento al 0,75 "/„. Non potrei dire con precisione quale giorno rap- presenti 1' optimum per la riuscita della reazione, la quale varia secondo gli individui e secondo l'ambiente : in inverno ho avuto buoni risultati nei primi 2-3-4-5 giorni; nell'estate si mostrarono ottime le reazioni dei giorni 8-9-10-11. Risultati buoni mi ha dato il metodo Rukfini (reazione al cloruro d'oi'o) : ma, piuttosto che le tini terminazioni nervose, esso mi ha messo in evidenza i grossi nervi del tentacolo. Ho provato e riprovato anche il metodo del von Rath, in- dicato dal (ta.[.ati Mosem.a come ottimo ; ma i risultati non sono stati soddisfacenti. Anatomia del tentacolo di Helix Pomatia. E necessario, per poterci orientare circa la innervazione attraverso le varie parti del tentacolo, conoscere la struttura anatomica del tentacolo stesso: e di questa io dirò in succinto, giovandomi della (fescrizione che ne ha dato Jung, che corri- sponde pienamente a quanto ho potuto osservare io stessa coi metodi soliti di coloi-azione e coi metodi speciali. Il tentacolo oculare verso la sua estremità si rigonfia in una specie di bottone, detto " bottone tentacolare » che porta un punto nero, l'occhio, e che è rivestito da una pelle liscia e lucente, mentre la pelle del resto del tentacolo è tutta co- sparsa di papille. Passando in rassegna, dall'esterno verso l'interno, le varie parti che costituiscono il tentacolo, troviamo prima di tutto la cute, che costituisce la parete esterna del tentacolo stesso ed è ricoperta da uno strato di cellule epiteliali, cilindriche; fra queste, ad un livello un po' inferiore, si trovano le cellule sensorie bipolari, (certe volte anche unipolari o multipolari). Al di sotto dell'epitelio sta lo strato connettivo-mtcscolare, cioè uno strato di tessuto connettivo, (molle, formato da fibrille in- crociate, con spazi lacunari e grosse cellule), contenente dei fascetti di muscoli disposti longitudinalmente (destinati al rac- corciamento del tentacolo) e trasversalmente (destinati al re- stringimento del tentacolo stesso). Sulla parte interna dello strato connettivo-muscolare si trovano delle grandi cellule 264 A. CASTELLI chiare, che t'ormano il così detto slralo coniìeltivo delle grandi cellule. Proseguendo ancora, troviamo uno spazio che separa la pa- rete cutanea dalla parete interna del tentacolo, la quale costi- tuisce il muscolo caro o relraUore ; le due pareti sono indi- pendenti e scivolano liberamente una dentro l'altra; sono riu- nite solo alla sommità del tentacolo per mezzo dei tilamenti muscolari ciie si insinuano nello strato dermo muscolare. 11 muscolo retrattore, a cui, come si sa, sono dovuti i mo- vimenti di invaginamento ed evaginamento del tentacolo, ha la forma di un cilindro cavo, adattantesi alla parete esterna o pelle: dentro la sua cavità penetrano Varteria-Q il nervo ten- lacolare, detto anche olfattivo, le cui libre si staccano dal ganglio cerebrale e procedono mescolate a quelle del nervo ottico, che poi, alla loro entrata nel tentacolo, si riuniscono fra loro e vanno per proprio conto all'occhio. Il nervo tenta- colare, presso la sua estremità distale, si ingrossa notevolmente per raggiungere il suo massimo nel bottone tentacolare for- mando il gaìKjlio terminale o tentacolare , piriforme, legger- mente appiattito. Dalla sua parte superiore partono 5 tronchi nervosi, corti, ramificato ognuno in un ciuffo di fasci finissimi, composti di fibrille che si vanno a disperdere nel tessuto molle, costituente, all'estremità del bottone terminale, una specie di gomitolo, che viene traversato dai prolungamenti interni delle cellule di senso situate alla periferia del bottone stesso. Le piccole cellule nervose del ganglio si dispongono periferica- mente, formando un fitto strato corticale di cellule. I nervi tentacolare ed ottico sono sensori: quelli motori, piccolissimi, corrono nella parete del tentacolo ove si ramificano. Vengon detti nervi peritentacolari interni ed esterni ; i primi entrano nella parte interna, i secondi nella parte esterna della parete cutanea: l'esame di una buona serie di tagli trasversali per- mette di riconoscere questi nervi nella cute del tentacolo e di vederli ramificarsi nello strato muscolare. Parte istologica. Comincerò la mia descrizione partendo dalla parte eentrale del tentacolo, cioè dal ganglio, e dopo aver studiato l'inner- vazione del muscolo retrattore, an-iverò a descrivere le cellule INTORNO ALLA. SENSIBILITÀ OLFATTIVA, EOC. 265 6 le fibre che si trovano nello strato connettivo-muscolare e nello strato epiteliale. Ma, devo subito premettere che io non ho ottenuto mai impregnato contemporaneamente il ganglio e le altri parti del tentacolo ; in genere la reazione nelle varie altre regioni ha sempre preceduto quella del ganglio, ma in questo, però, l'impregnazione si è dimostrata più facile, più abbon- dante, per modo che sono riuscita ad avere degli intrecci di fibre di una delicatezza veramente ammirabile. Struttura del ganglio. Il ganglio tentacolare è piriforme, leggermente appiattito; dalla sua parte superiore partono 5 tronchi nervosi molto corti, ciascuno dei quali si divide, come ho. già ricordato, in un ciuffo di fascetti tortuosi, finissimi, composti di fibrille che vanno a perdersi nel tessuto molle, costituente alla estremità del bottone tentacolare una specie di gomitolo attraversato dai prolungamenti delle cellule sensoriali situate alla periferia del bottone. Il ganglio è costituito, nella parte centrale, da un fitto intreccio di fibre nervose, mentre alla periferia, è dato da un insieme di cellule nervose che si presentano più 0 meno ammassate e sono più o meno grandi. Ma di che tipo sono queste cellule? Accenneiò brevemente alla descrizione che del ganglio e di tali cellule hanno dato i diversi autori, limitandomi però ai principali. Smidt dice che il ganglio tentacolare consiste in un invo- lucro di cellule gangliari, piccolissime, le quali circondano una rete fibrillare estremamente difficile a districarsi. In que- sta rete irovansi cellule multipolari. Flemming distingue nel ganglio una zona nervosa da una veramente gangliare. La parte cioè posteriore e centrale del ganglio si può considerare come un ispessimento del nervo: alla periferia di questo rigonfiamento, però, e specialmente sulla faccia anteriore comincia la parte gangliare: compare qui un certo numero di cellule tanto più grandi quanto più si trovano situate internamente. Veiso l'esterno il loro numero diminuisce, le cellule diventano più piccole, finché alla estre- mità periferica se ne trovano quasi solo di fusiformi, con poco protoplasma e due lunghi prolungamenti, raramente di più. 266 A. CASTKLM Più ta?'cli Retzius descrive nella massa interna del ganglio delle numerose, fini fibre che hanno il lii)0 delle fibre ì)niscose del cervelletto. Egli osserva nel ganglio solo cellule unipolari. Veratti conferma l'esistenza di mi ganglio t'ormato da pic- cole cellule piriformi, con un unico prolungamento che si perde in un intreccio di filamenti nervosi simili agli intrecci esistenti nella parte centrale dei grossi gangli nervosi. Da quanto ho esposto si vede come non ci sia accordo circa il tipo al eguale appartengono le cellule nervose, che stanno alla periferia ilei ganglio. Per uìio conto, col metodo Golgi, ad onta di ripetuti tentativi, ho potuto impregnare con ah1)0)u{anza solo le fibre nervose e le rispettive ramificazioni, mentre sono riuscita ad ottenere appena poche cellule nervose: ma queste mi apparsero hipoìari e niuUipolari. La figura l ce ne mostra una, multipolare, con un corpo cellulare grossola- namente pentagonale e quattro prolungamenti ben evidenti, di cui due molto lunghi (uno dei quali si biforca al suo dipartirsi dal corpo cellulare), un 3" esilissimo e un altro molto ingros- sato. Nella figura 2 vediamo che un ])rolungamento di un'altra cellula multipolare va ad unirsi ed a confondersi col prolun- gamento di una cellula vicinissima, pure multipolare, di l'orma presso a poco esagonale, le cui propaggini non sono però ben visibili. La figura lì ci fa vedere invece una cellula bipolare, molto più piccola delle cellule che, come vedremo poi, esistono nello strato sub-epiteliale, con due esili prolungamenti. Ma se mi è dato di portare solo scarso contributo alla co- noscenza delle cellule nervose, rilevo che più fortunate furono le mie l'icerche intorno alle filare che formano l'intreccio cen- trale del ganglio. Infatti, nel ganglio osserviamo un fitto groviglio di fila- menti delicatissimi, di solito ripetutamente ramificati, in modo che talvolta, si ha l'aspetto di una rete fittamente intrecciata. Un'idea di questo viluppo estremamente ricco ed intricato di filamenti nervosi la possono fornire le fig. 4-5 e G, nelle quali vediamo rami nervosi ondulati, ripiegati capricciosamente, che si sovrappongono, s'intrecciano, si dividono, sino a dare dei ramuscoli finali di una estrema delicatezza. Specialmente ricca di ramificazioni variamente intrecciate, complicatissime, è la fig. 4, dovo l'impi-egnazione è avvenuta su tutto il ganglio: da INTORNO ALLA SENSIBILITÀ OLFATTIVA, ECC. 267 questa riunione di tìlamenti si ottiene l'immagine di un vero feltro, molto fitto, non districabile assolutamente nei singoli elementi. Vi sono dei rami che girano e rigirano a lungo, si avvi- luppano, si ripiegano in modo più o meno profondo, alcuni distendendosi in anse molto ampie, altri svoltando bruscamente ad angolo ucuto, altri ancora attraversando il ganglio quasi in linea retta, sensa suddividersi altro che raramente in ramifi- cazioni secondarie ; vi sono invece dei filamenti che dopo aver percorso un breve tratto ondeggiando vengono subito troncati; questi si trovano sparsi qua e là ed invadono specialmente gli spazi che lasciano i rami più grandi coi loro vari ripiegamenti. Ogni tanto qualche moncone di nervo primeggia sugli altri per una maggiore grossezza. Se osserviamo la figura 5 (imm. 1, 12, oc. 4 comp.), vediamo che l'insieme assume l'aspetto di una arborizzazione, dove si può notare un grosso tronco, attorno al quale si dirama una grande quantità di ramuscoli. I rami principali vanno bifor- candosi in rami secondari che si intrecciano in vario modo e si dividono alla loro volta in altri rametti e cosi via sino ad arrivare alle ultime biforcazioni esilissime. In questa figura si può anche seguire bene il decorso delle fibrille e persuadersi che ben difficilmente siamo in presenza di anastomosi, ma piut- tosto ci troviamo davanti a semplici sovrapposizioni ed intrecci. Mancano quindi le maglie chiuse che dovremmo avere se fos- simo in presenza di un vero reticolo. Una impregnazione meno complessa è quella che si può osservare nella figura 6, dove il ganglio è tutto cosparso di brevi tronchi nervosi, diversa- mente ripiegati, alcuni ramificati, altri indivisi. In generale, nell'impregnazione gangliare i filamenti si presentano verru- cosi ; ce ne sono però anche di lisci. Gli ultimi esili filamenti del viluppo nervoso finiscono o appuntiti 0 rigonfiati leggermente a palla; oppure terminano con una specie di minuscola forchetta; particolari che si pos- sono vedere bene nella figura 5. Innervazione nel muscolo retrattore. Noi sappiamo che nel tentacolo la parete interna o musco- lare è separata da quella esterna o cutanea da uno spazio la- cunare che permette alle due pareti di essere indipendenti e 268 A CASTELLI di scivolare liberamente una dentro l'altra, essendo riunite solo alla sommità del tentacolo dove l'anello muscolare s'in- serisce per mezzo di numerosi filamenti nello strato dermo-mu- scolare della pelle e nel tessuto connettivo che circonda gli organi del bottone tentacolare (occhio, ganglio ecc.) In questo modo si rende possibile il passaggio dei nervi alle regioni periferiche : infatti dal ganglio partono fasci ner- vosi, i quali in parte non fanno che attraversare la massa mu- scolare per portarsi allo strato connettivo muscolare e di qui innalzarsi fino all'epitelio di rivestimento ; e in parie si trat- tengono nel muscolo, perchè souo adibiti airinnervazione del muscolo retrattore stesso. I rapidi movimenti di invaginazione ed evaginazione del tentacolo sono dovuti — come sappiamo — a questo muscolo : è ovvio quiiuli ammettere che esso debba essere riccamente provveduto di nervi per meglio adempiere alla sua funzione. Presso i numerosi autori di cui ho consultato le opere non ho trovato accenno alla innervazione di questa parte del ten- tacolo che pure è di tanta importanza: solo Jung ricorda, quasi di passaggio, dei nervi detti « peritentacolari •^ descritti per la prima volta da Nabias e da lui ritenuti motori, che corrono nella parete cutanea del tentacolo e si ramificano vello slralo muscolare: perciò io dirò qualche cosa di più sopra un tale argomento che non può non interessare l'insieme del sistema nervoso del tentacolo. Nei muscoli i nervi mi apparvero forte- mente verrucosi, a coroncine di perle, a grossi bottoni, in mo- do più evidente che non si verifichi nei rami e nei ramuscoli nervosi delle altre parti del tentacolo. Però devo dire subito che nei miei preparati col metodo Golgi non ho avuto la for- tuna di avere delle impregnazioni complete, ma piuttosto ho ottenuto solo qua e là delle zone più o meno vaste in cui la reazione si può dire avvenuta. Non posso quindi dare una figura d'insieme che fornisca una idea esatta della ricchezza di innervazione del muscolo; infatti la fig. 6, dove appunto attorno al ganglio è disegnata la zona del muscolo retrat- tore innervato, non ne dà che un pallido esempio. E la modalità di innervazione è abbastanza ben riprodotta tlalla fi- gura 7, dove tra i muscoli tagliati trasversalmente, s' insinua un tronco molto ingrossato da cui partono delle ramificazioni verrucose, più sottili di 1" o di 2" ordine, che s'inoltrano essi INTORNO ALLA SENSIBILITÀ OLFATTIVA, ECC. 269 pure ondeggiando tra i muscoli e tiniseono più o meno a ri- dosso di questi ultimi. Queste ramiticazioni terminano di so- lito a pallina, ma spesso anche a punta. Innervazione nello strato connettivo-muscolare e nell'epitelio. I nervi arrivano allo strato connettivo e all'epiteliale, che costituiscono, pel tentacolo, la regione di maggiore sensibilità. Vi dobbiamo distinguere, nello studio, le cellule sensorie e l' intreccio nervoso che si dirama nel tessuto connettivo mu- scolare. Cellule soìsorie. — Le cellule sensorie sono più abbon- danti nel bottone tentacolare, più scarse nel resto del tenta- colo. Nella grande maggioranza queste cellule appartengono al tipo bijjolare: in genere hanno tutte dimensioni più o meno uguali, più grandi delle cellule che io e i diversi autori ab- biamo descritto pel ganglio; il corpo è di solito fusiforme, in qualche raro caso rotondeggiante con nucleo ovoidale. Queste cellule appaiono spesso isolate le une dalle altre, ma non man- cano punti in cui si presentano raccolti in gruppi più o meno numerosi, coi corpi cellulari a maggiore o minore distanza fra loro, talvolta cosi avvicinati da essere perfino a contatto. An- che la posizione delle cellule è molto varia, giacendo esse nel tessuto connettivo a varia profondità; il corpo cellulare può essere situato immediatamente al di sotto dell' epitelio, cioè nello strato che Jung chiama delle fibre muscolari-circolari; oppure spostato nello strato connettivo contenente le fibre mu- scolari longitudinali, o sprofondato perfino quasi frammezzo allo strato delle grandi cellule. Come ho detto, sono cellule bi- polari. II prolungamento distale parte di solito leggermente rigon- fiato a cono dal corpo cellulare, e mantenendosi sottile, ma sempre un po' più grosso del centripeto, si inoltra verso l'epi- telio, con una direzione di solito ])erpendicolare alla base di questo. Dico di solito, perchè non poche sono le eccezioni. Il decorso di questo filamento non è rettilineo: specialmente nelle cellule poste ad una certa distanza dal margine interno del- l'epitelio, i prolungamenti hanno un andamento flessuoso, con ondulazioni certe volte abbastanza pronunciate, certe volte meno sejisibili ; e questa varia modalità di decorso si mantiene 270 A. CASTELLI anche in mezzo alle cellule dell'epitelio stesso, perchè il pro- lungamento va appunto ad insinuarsi fra cellula e cellula, por- tandosi sino alla cuticola. Però in certi casi ho potuto vedere questo prolungamento ingrossarsi, una volta penetrato nelTepi- telio, e spesso terminare lievemente rigontiato nella parte estrema, a ridosso della cuticola. In genere il prolungamento periferico non si ramitica, ma in certi casi può anche bipar- tirsi, dopo un decorso più o meno grande dal corpo cellulare, in due rami, e questi alla loro volta possono subire alti-e ra- mificazioni, non molto ricche ed abbondanti, però: ed allora i ramuscoli terminali varcano i limiti delle cellule epiteliali e vi si insinuano. Il prolungamento distale, nelle mie i)repara- zioni, non ha mai presentato delle verrucosità. Il prolungamento centripeto parte dal polo opposto al cen- trifugo e si stacca esso pure dal corpo cellulare con un lieve rigonfiamento a cono che abbandona subito per mantenersi poi di calibro presso a poco omogeneo, mostrandosi però nella maggior parte dei casi leggermente più sottile del prolunga- mento periferico. Esso si può. seguire per un tratto più o meno lungo: è molto più facile che nelle prejiaraziuui non sia visi- bile questo che non il prolungamento periferico, appunto per la sua maggiore delicatezza. Ha un andamento tortuoso, con ondeggiamenti più sensibili e numei-osi che non nel pei-iferico : non sempre si dirige direttamente verso i centri, ma qualche volta si ripiega quasi ad angolo retto, mantenendo per un tratto che può essere variamente esteso una direzione presso a poco parallela alla base dell' epitelio. Però nei casi più co- muni si volge direttamente verso il centro. Di solito esso si presenta indiviso: solo in pochissimi casi ho visto })artire dal prolungamento stesso qualche sottile ramificazione, che ho po- tuto seguire solo per breve tratto. Anche questo prolungamento non si è mai mostrato in nessun punto verrucoso, ma sempre liscio. Quanto io ho descritto riguardo alla morfologia e al com- portamento delle cellule sensorie, risulta illustrato dalle ligure che corredano il mio lavoro. Nelle figure 8 9-10-11-12 sono rai)presentate delle cellule isolate. La figura 8 riproduce tre cellule, a, h e e colla solita forma fusata, con due prolungamenti e il nucleo ben distinto, pel colore più chiaro, dalla massa circostante: sono poste INTORNO ALr,A SENSIBILITÀ OLFATTIVA, ECC. 271 a distanza variabile dall'epitelio, nel quale inviano un prolunga- mento oltremodo sinuoso, cosi come molto ondeg<^iante è an- che l'altro iilamento, il centripeto. La figura 1) ci rappresenta una cellula accompagnata da tibre nervose indipendenti, le quali le formano attorno un intreccio abbastanza complesso. E notevole la sua posizione nello strato posto propiio al di sotto dell'epitelio, cosi come degno di osservazion* è l'ispessimento di quella parte del prolungamento periferico che si inoltra fra le cellule epiteliali, ispessimento che si fa più sensibile all'e- stremità terminale del prolungamento stesso. Anche in mezzo alla confusione dei filamenti nervosi variamente intrecciantisi si può vedere il prolungamento periferico bipartirsi in due rami, uno dei quali prosegue verso la periferia del tentacolo e penetra nell'epitelio, l'altro scende verso il basso, accompa- gnato dalle altre fibre dell'intreccio nervoso. La fìg. 10 ci offre un caso interessante di cellule a pro- lungamenti ramificati. La cellula è posta a brevissima distanza dal limite interjio dell'epitelio, rispetto al quale essa è dispo- sta perpendicolarmente. Dal polo esterno della cellula parte un prolungamento che entra ingrossato nell'epitelio eil imme- diatamente si divide in due rami lion una foi-ma di T ; di que- sti, uno va fluttuando verso la parte alta dell'epitelio e subisce a sua volta una ramificazione, nella quale uno dei due rametti terminali si- spinge fin quasi alla cuticola; l'altro ramo si di- rige verso il basso, esce fuori dall'epitelio e finisce ripiegato a ricciolo nello strato dei muscoli circolari. Dal polo interno della cellula si stacca il secondo prolungamento, che si piega verso destra con un angolo quasi retto e prosegue così, senza subire ramificazioni, per un buon tratto, dopo il quale si di- stacca un ramo sottilissimo ondeggiante, che sale verso l'alto. Le figure 11-12-13 rappresentano delle cellule riunite in grup- po: nella figura 11 due di esse sono situate proprio al di sotto della base dell'epitelio, la terza è posta all'interno, nello spes- sore dello strato connettivo-muscolare: tutte e tre hanno una direzione grossolanamente perpendicol.ire al limite interno dello strato epiteliale: il tipo è il solito, fusiforme. La cellula a è collocata ad un livello più profondo delle altre, presenta un prolungamento anteriore che va ondeggiando fino alla cuticola, dove arriva più ingrossato, e uno posteriore, piìi sottile, molto ondulato, che si intreccia con altri i quali si trovano sparsi 272 A. CASTELLI pel tentacolo e, in parte, possono forse pi-ovenire da cellule vicine. La cellula b è in tutto simile a quella vista nella tig. 10, perchè in essa il prolungamento esterno si divide immediata- mente, appena si è staccato dal corpo cellulare, in due rami, a T: questi si portano fra le cellule dell'epitelio e le attra- versano ondeggiando nel senso della loro larghezza. La cellula e presenta un lungo prolungamento esterno che s'innalza sino alla cuticola, presentando esso pure l'estremità un pochino in- grossata: il prolungamento interno si può seguire solo per un tratto più breve. Nella figura 12 le cellule si trovano subito al di sotto del- l'epitelio; hanno quindi un prolungamento anteriore cortissimo. Il corpo della cellula a è disposto tra.sversalmente sotto Tepitelio fra le celiale del quale invia un prolungamento che ha l'apparenza di un tìlamento verrucoso: il prolungamento in- terno non mantiene che per breve tratto la direzione della cel- lula; poi piega verso il basso, con serpeggiamenti marcati. La figura 13 ci mostra, a colpo d'occhio, un aspetto di- verso da quello che presentano gli aggrup}:)amenti cellulari anzivisti; infatti le cellule, collocate molto profondamente nel tessuto connettivo-muscolare, inviano i prolungamenti centrifu- ghi in senso perfettamente perpendicolare alla base dell'epite- lio; e attorno sono molti e molti filamenti che salgono pure diritti verso l'epitelio, senza ramificarsi: dall'insieme si può dedurre che (questi corrispondano a ])rolungamenti centrifughi appartenenti alle cellule che si trovano situate più profonda- mente. I corpi cellulari vengono anche a contatto fra loro. Nella figura 14 ci troviamo davanti alla combinazione delle cellule bipolari e di un intreccio, posto più in basso, di fila- menti ramificati, verrucosi, dei quali dirò più avanti. Per ora mi limiterò a far notare la posizione immediatamente sotto-epi- teliale delle due cellule e l'andamento flessuoso dei loro pro- lungamenti, specialmente di quelli centripeti. Ma nei tentacoli dell'Helix ho trovalo iinpregnato, non in abbondanza però, anche delle cellule muìl Ipoìarl : descriviM-ù una di queste cellule (riportata nella figura 15) che ha un aspetto veramente interessante. E una cellula a corpo poligo- nale, più precisamente con una grossolana forum di pentagono, dal quale partono 4 prolungamenti, per quanto si possa sup- INTORNO ALLA SENSIBILITÀ or,KATTIVA, ECC. 273 porre che dall'arrotondato angolo, che ho segnato col N. 5, si stacchi un quinto filamento, il quale forse non si è impre- gnato 0 si" è spezzato. Di questi quattro prolungamenti, due si dirigono direttamente all'epitelio con un percorso abbastanza diritto e arrivano fino alla cuticola; hanno ambedue una base di partenza sensibilmente ingrossata, ma mentre il prolunga- mento N. 1 si mantiene in tutta la sua lunghezza di uno spes- sore omogeneo e solo è leggermente rigonfiato all'altezza della cuticola, il prolungamento N. 2 prosegue' assottigliato fino alla sua entrata nell'epitelio dove si ingrossa sensibilmente. Gli altri due prolungamenti non presentano la base ingrossata: il loro aspetto è molto più ondulato e la loro direzione si con- serva, in linea generale, parallela alla base dell'epitelio: am- bedue si presentano come delicati filamenti. Il prolungamento N. 3 è indiviso: il N. 4 dopo aver pro- seguito per un certo tratto parallelo all'epitelio si biforca: dei due rami che ne conseguono, uno va verso l'epitelio, e pro- babilmente andrà a finire fra le sue cellule, l'altro continua nella direzione del prolungamento stesso. Nessuno può negare (guanto sia delicato e completo un tale reperto : ripeto, però, che è estremamente raro, in ispecial modo se lo confrontiamo col grande numero di cellule bipolari che si mettono in evi- denza nel tentacolo. Nel tentacolo io ho poi rinvenuto un altro tipo di cellule, che ho rappresentato nella figura 16. E una cellula di forma tondeggiante (a differenza di quelle viste fin qui, che sono fu- sate), posta totalmente — corpo cellulare e prolungamenti — nello strato connettivo-muscolare. Essa, almeno da quanio si può dedurre dalla figura, non manda filamenti all'epitelio. E presso a poco disposta paralle- lamente alla base di questo; ha due prolungamenti molto grossi, specialmente quando si confrontino con quelli delle altre cel- lule, ad uguale ingrandimento. Il prolungamento di destra re- sta indiviso: quello di sinistra si biforca in due minori, dei quali uno sale verso l'epitelio ])er ripiegare di nuovo in basso prima di arrivare all'altezza di questo. E questa una partico- lare cellula che potrebbe anche non essere nervosa. Le cellule sensorie dei Polmonati terrestri non costitui- scono un argomento nuovo : esse hanno già richiamato l'atten- 274 A. CASTELLI ziuiie di parecchi autori i quali hanno scelto come materiale di studio, generi di notevoli dimensioni (es. Limax ed Arion) ovvero generi facili a procurarsi (es. Helix). Però, mentre i primi osservatori si sono valsi di metodi primitivi, specialmente a base di macerazione, i quaji dovevano necessariamente por- tare ad una conoscenza incompleta dell'argomento, già subito con Retzius si comincia ad usare il metodo Golgi, il quale, ripeto, è il ijiii adatto per mettere in evidenza la delicatezza e la finezza di un tal genere di reperti. Dobbiamo le attuali conoscenze su tale tema a Flemming, Simroth, Retzius, Havet, Smidt, Samassa, Veuatti, Galati Mosella, Jung. Flemming (7-8) per primo si occupò di questo argomento : egli trovò nella cute àelY Helix Pomatia le cosi dette u cellule a pennello "; ovverosia cellule col corpo giacente certe volte nell'epitelio, certe altre più profondamente nello strato sotto- stante a questo, col filamento periferico che si ingrossa, verso la sua estremità, in una specie di capocchia, dalla quale sporge un fascio di lini peluzzi che sopravanzano, nella cute, anche dalla cuticola, mentre nel tentacolo non sporgono mai da essa. Inoltre, nel tentacolo, l'autoi-e descrive delle pai-ticolari cellule, piccolissime, localizzate fra le cellule dell'epitelio, che egli chiama col nome di " clavette ". SiMKOTH (2"2,i non fa che constatare, wqW Helix Pomatia^ le cellule trovate da Flemming. Con Retzius (19-20) 1' argomento viene studiato con mag- giore chiai't'zza: egli mette in evidenza, colla reazione nera di Golgi, delle fibre che decorrono più o meno perpendicolarmente verso la superficie dell'epitelio, allargandosi a metà circa del loro percorso in un nodo fusiforme, nel quale è visibile un grosso nucleo. E questa una cellula bipolare, il suo prolunga- mento periferico è di solito più grosso e penetia nello strato epiteliale per salire difitto fra le cellule di questo sino alla cuticola; il prolungamento centrale è più sottile del periferico, e l'A. lo vide, nei preparati meglio riusciti, attaccarsi ad uno dei fasci nervosi dello strato connettivo-muscolare pei- prose- guire con esso verso il centro. Retzius trova identità ira le sue cellule e le cellule a pennello di Fle.mming per quanto però egli non abbia mai jio- tuto constatare i l'asci di peli della terminazione più estei-na della cellula. INTORNO ALLA SRXSIBir,lT\ OI.PATTIVA. ECO. 275 Retzius non ha mai osservato una divisione al prolunga- mento periferico, mentre ha visto qualche volta bipartirsi quello centrale. Egli riscontra ])0Ì frammezzo alle cellule sensorie un'altra qualità di cellule: dal piccolo corpo cellulare salgono, attraverso l'epitelio, processi più o meno riccamen+e l'aniiticati, che arrivano spesso sino alla superficie alta dell'epitelio; ma forse queste cellule non sono nervose. Parlando esclusivamente del tentacolo, l'A. afferma che le cellule a clavetta descritte da Flen:ming non sono altro che le terminazioni dei processi periferici delle cellule bipolari, ter- minazioni che a lui si sono presentate molte volte anche senza questi rigon ti amenti. Riguardo alla distribuzione di queste cellule bipolari, Ret- zius. in un lavoro successivo (20), esplorando col metodo di impregnazione al nitrato d'argento di Recklinghausen le varie regioni del corpo deW Heli-r^ ha potuto dimostrare che in nes- suna parte le cellule nervose formano degli organi sensoriali complessi, ma che queste cellula sono più numerose in certe regioni piuttosto che in altre, ad esempio sul bottone tenta- colare. Un paio d'anni dopo Samassa (21) riconfermando per l'yl- rion quanto, nei suoi tratti generali, ha descritto Retzius, ag- giunge qualche particolare sul modo di terminare e di ramifi- carsi dei prolungamenti centrali delle cellule nervose, a cui egli dice di aver visto frequentemente un maggior numero di propaggini di quel che non abbia trovato Retzius nelle sue cellule bipolari. Havet (12) nella pelle del Limax descrive delle cellule nervose unipolari, bipolari e multipolari: le bipolari, in alcuni punti, ad es. nella parete della faringe hanno il prolungamento esterno che finisce alla superficie dell'epitelio colla estremità ingrossata, oppure, prima di arrivare alla superficie stessa, si divide in numerosi rami dai quali partono alla loro volta dei ramuscoli che vanno a finire alla cuticola. Egli ha poi riscon- trato qua e là delle cellule pure bipolari il cui prolungamento centripeto porta delle piccolissime appendici, terminate da una specie di pallina. Di questo argomento si occupa a lungo lo Smidt (34-25-26): egli descrive nella cute, nei tentacoli e sulle labbra dell'Helix delle cellule il cui prolungamento termina ispessito immediata- 276 A. CASTELLI mente sotto la cuticola e porta sulla sua superficie terminale una fine setola, la quale fora la cuticola ed è munita a sua volta (li un delicato peluzzo che nei preparati è leggermente curvo: è la cosi detta t; cellula-pungiglione ". Però questo reperto è raro; la maggior parte delle cellule di senso, delle regioni studiate dall'Autore, ha una forma di- versa, caratteristica; il nucleo si trova per lo più nello strato sub-epiteliale, il prolungamento periferico presenta diversi al- largamenti e restringimenti : costante è, immediatamente sotto alla cuticola, un allargamento a forma di ampolla, a cui segue un restringimento che ha l'aspetto di un collo di bottiglia. Da questo esce un'intera corona di filamenti che non forano la cuticola, ma si allargano orizzontalmente all'altezza della sua superficie inferiore, nella cute; mentre, nel tentacolo (in istato di distensione) si protendono in alto, nella direzione dell'asse tentacolare. Smidt le chiama " cellule-polipi j». Un altro tipo di cellula da lui descritta è quella in cui da una cellula-polipo sporgono parecchi rami terminali, ognuno con un ingrossamento seguito dal restringimento e sormontato dalle ciglia: il reparto è rarissimo. Veratti (28) studiando il sistema nervoso dei Limax, ot- tiene finamente impregnata nella cute e nei tentacoli, una gran quantità di cellule bipolari, il cui prolungamento distale si divide in certi casi, nella cute, una o più volte, dando luogo a rami che vanno tutti a finire alla periferia della cute stessa, e, spesso, nel tentacolo, si divide ripetutamente, esaurendosi iu una quantità di fibrille, apparentemente nervose, che si per- dono nell' epitelio. Inoltre nel tentacolo egli nota altre cellule la cui pro- paggine periferica termina con un ciuffo di cilia. Jung (33) ripete, per tentacoli di Ileìix PoiiutUa^ presso a poco quanto è già stato detto su queste cellule; in esse il pro- lungamento periferico termina qualche volta a bottone, ma questo non sporge mai fuori dalla cuticola; esso può presen- tare delle ramificazioni e allora i ramuscoli terminali atira- versan» il protoplasma delle cellule epiteliali. Nel tentacolo descrive anche cellule uni|)olari e multipolari, ed altre il cui prolungamento esterno si ramifica, appena staccatusi ilal ccirpo cellulare, in molti rami corti come quelli di un candelabro e terminati ciascuno da un bottoncino. INTORNO ALLA SENSIBILITÀ OLFATTIVA, ECC. 277 In un lavoro recentissimo Galati Mosella (9), nel tenta- colo di llelix pisana, accennata l'esistenza delle cellule nervose si sotfernia a descrivere 1' aspetto che presenta 1' estremità della fibra nei'vosa, inoltrantesi fra le cellule epiteliali. Il prolungamento, arrivato alla base dell'epitelio, si divide in fibrille sottilissime, che si insinuano fra le faccie contigue delle cellule epiteliali e poi, verso le estremità distali di queste, tornano ad allontanarsi per finire nella cuticola. Spesso l'A. nota la riunione di due o più prolungamenti periferici prima che essi arrivino alla base dell'epitelio, e allora il fascio fibril- lare interposto fra due cellule contigue risulta dalla risoluzione nelle fibrille elementari di due o più prolungamenti nervosi. Un certo numero di queste fibrille sottili entra poi a dare la struttura fibrillare all'orlo cuticolare, confondendosi in esso e rendendo così possibile ai diversi stimolante esterni di eserci- tare la loro azione in modo diretto sulle terminazioni nervose. * * * In generale dunque da questa i-apida rivista risulta che la forma, la costituzione delle cellule nervose è diversa non secondo il genere di Polmonati terrestri nei quali esse sono state studiate (Limax, Arion o llelix), ma piuttosto secondo il metodo che si è adoperato nello studio e secondo l' inter- pretazione dell'Autore. Ad esempio Retzils, che si è occupato delle cellule sen- sorie di Avion, Liinax ed Helix, ne ha poi trattato insieme, non conservando neppure più, nella descrizione delle varie caratteristiche delle cellule, la distinzione degli animali. I miei reperti in parte si staccano, in parte confermano quelli dei precedenti Autori. Non ho riscontrato le cellule a pennello di Flemmino : solo ho visto che il prolungamento periferico può presentare un ingrossamento una volta arrivato fra le cellule dell'epitelio, e, in certi casi (ad esempio figura 12) anche finire rigonfiato a mo' di bottone, a ridosso della cuticola; cosi pure io non ho mai rinvenuto le cellule a clavetta di Flemming, a cui però Retzius stesso ha tolto l'individualità di cellula, ammettendo che non siano se non la terminazione dei processi periferici delle cellule bipolari. 278 A. CASTELLI FLENfMiNG non parla dell'esistenza di cellule multipoh.ri nella pelle di Ilclix: ma io invece con Havet sono riuscita a metterne in evidenza, e con Havkt riconosco pure T ingrossa- mento distale del processo periferico della cellula. Però io non ho mai riscontrato quelle piccolissime appendici, terminate da un lieve ispessimento, che egli ha visto partire dal prolunga- mento centripeto, a non molta distanza dal corpo cellulare : ma i)er queste appendici nasce il dubbio che si tratti non di un fatto anatomico, ma di un reperto ottenuto per impregna- zione difettosa. Non posso confermai-e 1' esistenza delle <■: cellule a pungi- glione n di Smidt, né 1' andamento varicoso del prolungamento periferico, non rilevato del resto neppure dagli altri studiosi. E neppure mi è stato dato di osservare, all'estremità dello stesso processo distale, quella specie di apparato ad ampolla, colla corona di peluzzi uscenti da questa dopo un leggero re- stringimento, che Smidt descrive nelle sue u cellule-polipi r. I miei risultati collimano con quelli di Retzius -^by quanto concerne la morfologia della cellula e il comportamento dei prolungamenti. Per quanto riguarda la estremità terminale dei prolunga- menti centrifughi, mentre Retzius non nega che si possono presentare talvolta rigoniiati (atferma che le clavette di Flem- MiNG non sono altro che le terminazioni ingrossate dei pro- cessi periferici delle cellule bipolari), ammette pure di aver visto dei prolungamenti centrifughi terminare molte volte anche senza questi rigonfiamenti, cenno appunto io pure ho dimostrato. A differenza di Retzius, il quale dice di non avere mai osser- vato una divisione al processo periferico, io, invece, senza arrivare alla ricchezza di ramificazioni di cui parla Havet nelle cellule della cute del Limax, ho avuto occasione di notare, appunto pel prolungamento centrifugo, una bipartizione in due rami, i quali alla loro volta possono suddividersi in altri. Ed in questo sono d'accordo con Veratti, il quale ammette che il processo periferico può subire Tina divisione in due o più i-ami, quantunque io non possa sempre attribuire come Veratti, al processo periferico, non solo una biforcazione, ma una vera arborescenza che dà luogo ad una sfrangiatura in minute fi- brille, le quali terminano nell' epitelio. Secondo quanto dice JuNt;, le cellule nervose della cute e INFORNO ALT.A SENSIKILITÀ OLFATTIVA, ECC. 27H del tentacolo di Helix possono anche, ma in casi rari, essere intercalate in parte, e anche totalmente, fra le cellule dell' e- pitelio ; io non ho potato mai osservare questo fatto, che egli stesso riconosce avvenire solo eccezionalmente; iti certi casi, però (es. tig. 10) le mie cellule si mostrano cosi aderenti allo strato epiteliale, da sembrare quasi insinuate fra le cellule dell'epitelio stesso. Jung dice di aver visto in qualche caso il processo periferico ramiticarsi, e i ramuscoli terminali u var- care i limiti delle cellule epiteliali e attraversare il loro pro- toplasma ". E un'osservazdone a cui io ho pure accennato nella parte descrittiva, notandola non solo pel fatto in sé, ma anche perchè è contraria all' opinione che su questo punto espone Galati MOSELLA. Come ammetto collo Jung la presenza di cellule multipo- lari nella cute deW Hetir, cosi, basandomi sui miei preparati, non divido la sua opinione (per quel che riguarda i tentacoli^ allorché parla di cellule unipolari e neppure quando descrive particolari « cellule a candelabro ". Ho già riportato in poche parole quanto il Galati Mosella ha osservato nei tentacoli deìV I Felix: ma non posso convenire coir autore. Quel prolungamento nervoso che prima di entrare nell'epitelio si divide in tibrille le quali salgono poi, in fascetti diritti, fra due cellule contigue dell' epitelio, per tornare ad allontanarsi fra loro all'estremità distale delle cellule stesse, e più ancora quel raggruppamento di due o più prolungamenti che si suddividono, alla base dell'epitelio, in fibrille elemen- tari riunite in un fascio e insinuate cosi fra una cellula epi- teliale e l'altra, non trovano riscontro nei miei preparati. Il metodo di cui l'A. si é servito è il " von Rath n : egli rileva i buoni risultati ottenuti coli' impregnazione all'oro e contrappone questo metodo a quello del Ctolgi, che dice di non aver mai usato, perchè con esso si rendono troppo abbondanti i precipitati neri di cromato di Ag. e viene cosi impedito uno studio chiaro ed etìicace. Io devo ricordare come numerosi autori si siano già occupati delle terminazioni nervose intrae- piteliali ottenendo risultati di una estrema finezza applicando appunto il metodo della reazione al bicromato di argento. Alla mia volta, ho creduto necessario applicare allo studio dell' in- nervazione nel tentacolo anche il metodo voN Rath, ripetei 20 280 A. CASTELLI anzi più volte l'esperienza, seguendo le nonne fissate dal Ga- LATi MosELLA 6 provando le varie composizioni del liquido, del quale, come si sa. esistono diverse lorniule, ma non ottenni che preparazioni imperfette, che non mi permisero di coni'ei-- mare i reperti del Ctalatj Mosella. Plesso nervoso sotto e intraepiteliale. Frammezzo alle cellule sensorie corre un ricchissimo e Unissimo plesso nervoso, che si trova quindi negli strati del connettivo e dell'epitelio, e che noi possiamo considerare for- mato da due parti: una che, pi'oveniente dalle regioni centrali del tentacolo, si estende in basso, nello strato delle grandi cellule connettivali e poi si spinge, nella massima parte, nel tessuto connettivo-muscolare; l'altra che giace immediatamente al di sotto dell'epitelio (nello strato delle libre muscolari-cir- colari) e si insinua frale cellule dell'epitelio stesso. Il plesso più profondo forma come un anello nervoso nel tessuto con- nettivo: è costituito da libre nervose in genere molto delicate, sottili, talora leggermente verrucose, che ondeggiando, si in- trecciano variamente. In alcune fibre si notano delle biforca- zjoni, in altre delle vere ramificazioni; altre ancora proseguono indivise, sbizzarrendosi in curve molto strette o piegandosi in anse lentissime. Questo plesso sottoepiteliale viene illustrato dalla Fig. 14^', dove appunto è rappresentato il vario, ondulato, bizzarro an- damento dell'insieme dei filamenti nervosi. Dal plesso profondo si staccano dei tronchi i quali si por- tano verso l'epitelio e vi costituiscono, insieme alle loro nu- merose ramificazioni, la seconda parte di plesso precedente- mente accennata, che si potrebbe dire anche " intraepiteliale » perchè nella massima parte si svolge fra le cellule dell'epi- telio. Il legame fra le due parti del plesso è rappresentato dalle due figure 14 e 19: nella Fig. 19, infatti, dal basso, cioè dalla regione ove si estende il plesso subepiteliale, si vede arrivare un fascio di nervi, quale più, quale meno grosso, che si disperdono, allargandosi a ventaglio, nello strato posto al di sotto della membrana epiteliale. Sono filamenti robusti, che mantengono il decorso tortuoso dei rami nervosi. Cosi pure nella tìg. 20 si possono seguire due tronchi INTORNO ALLA SKNSlini,lT\ OF, FATTIVA, ECC. 281 nervosi che salgono dagli strali più bassi entrando poi diret- tamente nell' epitelio. Il plesso intraepiteliale è grandemente complicato, ma, nello stesso tempo, è di un'estrema linezza e delicatezza: è composto da rami principali ingrossati e da filamenti sottili che irradiano da essi e riuniscono per sovrai)posizione i di- versi tronchi. La direzione dei rami principali ò varia: di solito salgono diritti dagli strati sottoposti: arrivati al di sotto della base epiteliale, ad una distanza varia da questa, si pie- gano per distendersi parallelamente ad essa e cominciano a suddividersi in fibrille elementari e a dare delle ramificazioni ; in genere da essi si vedono partire dei rametti sottili, ma spesso si distaccano anche dei filamenti grossi quanto il tronco da cui sono partiti. In certi casi, invece, il tronco principale non monta dritto verso l'epitelio ma vi arriva facendo un largo giro , disseminando tutto intoi'uo ramuseoli e piccoli tronchi. Talvolta i tronchi provenienti dal basso sono nume- rosi e penetrano nel tentacolo mantenendosi tra loro presso a poco paralleli. In altri casi, il tronco piti grosso corre per un non breve tratto proprio lungo la base epiteliale, conservandosi molto ffessuoso, per modo che in certi punti penetra dentro l'epi- telio stesso ed in altri discende nello strato a muscoli circolari. L'esame dei miei preparati mi dà l'impressione che la regione più rie 'a di ramificazioni nervose, sia quella che si trova subito sotto l'epitelio. I rametti tei'minali che derivano dalle successive ramifi- cazioni tendono tutti a portarsi versa l'epitelio e a penetrare fra e dentro le sue cellule. In genere, è raro che i tronchi principali entrino essi pure fra gli elementi epiteliali; ma certe volte vi si immettono anch'essi per modo che le termi- nazioni intraepiteliali, che di solito sono molto sottili, esili, possono presentarsi anche ingiossate. E difficile vedere una di queste neurofibrille salire diritta nell'epitelio; di solito la terminazione corre fra cellula e cellula con andamento sinuoso, e in tal caso, o si mantiene indivisa, come succede nella mag- gior parte dei casi, o dà dei rametti laterali, i quali prose- guono senza direzione fissa; oppure (è questo il caso più fre- quente) — la neurofibrilla, giunta nell'epitelio, segue con de- corso ondulato, un cammino vario, talvolta mantenendo una 282 A. CASTELLI inclinazione che non devia molto dalla perpendicolare alla cuticola, tal altra piegandosi con forte angolo, per attraversare cosi un buon tratto di epitelio e salire, (.-on leggerissimo pendio, alla cuticola. Ci sono anzi due casi in cui la terminazione corre, dentro l'epitelio, abbastanza a lungo, quasi parall^amente alla base dell'epitelio stesso. Da queste ramificazioni partono dei rami sempre più sottili, dando luogo a piccole arborizzazioni. Queste fibre finiscono alla cuticola; la loro terminazione estrema si presenta appuntila oppura un pochino rigonfiata^ ma quasi insensibilmente. Le modalità che presenta questo complicato plesso nervoso sono riunite nelle figure 17-J819-20-21. Un'intricata rete di filamenti esilissimi è originata nella figura 17 dalla abbondante sfibrillatura dei due rami a e 1), rete che si distende quasi tutta al di sotto dell'epiteli", fra le cellule del quale manda solo corti e scarsi rametti : mentre nella figura 18, un po' al di sopra della base epiteliale, corre un grosso tronco da cui partono le ramificazioni che nella maggioranza si insinuano nello strato epiteliale, e in minor quantità si spingono al di sotto di questo. Nella fig. 19 è lassamente innervato lo strato sottoepiteliale, percorso qua e là da vari tronchi ingrossati, di alcuni dei quali si può se- guire, per un lungo tratto, il cammino verso l'interno, incur- vato ed irregolare. Invece questi tronchi si presentano diritti nella fig. 20, dove si vedono entrare nello strato epiteliale, senza prima subire ramificazioni di sorta, e, qui giunti, dar luogo ad un vero ciuffo di terminazioni variamente ondulate e variamente disposte. Per mezzo di numerosi altri tronchi, abbondantemente ramificati, si viene ad ottenere un ricco com- plesso di terminazioni intraepiteliali, fra le quali se ne vede qualcuna finire a forchetta, come per abbracciare la cellula colla quale essa si trova a contatto. La fig. 21 ci mostra dei tronchi che arrivano dal basso e scorrono a lungo parallelamente alla base dell'epitelio per poi penetrare dentro a quest'ultimo: l'intreccio a cui danno luogo, per quanto non molto fitto, è di una grande delicatezza; si svolge in massima parte ad di sotto dell'epitelio. Non molte notizie io trovo nella letteratura che abbiano rapporti con questi plessi nervosi. INTORNO ALLA SKNSIIilLlTÀ OLFATTIVA, ECC. 283 Fr-EMMiNO nella cute di IIpììx accenna ad un intreccio di tibre nervose che irradiano ai piedi dell' ejìitelio e penetrano, in esso. Rktzius descrive nel tessi;to spugnoso sottoepiteliale della cute di Àrion e Umax delle tibre numerose, che terminano ai fasci delle tibre muscolai'i, e che l'A. ritiene espansioni peri- feriche delle fibre motrici. Veratti riconosce, nella cute dei Limax, un complesso .sistema di iìbre nervose che si estende negli interstizi delle cellule epiteliali fino alla superficie del corpo; dai fascetti nervosi, decorrenti nella cute, si staccano cioè delle fibrille, che si portano verso l'epitelio, e, giunte in esso, si ramificano formando un ricco plesso intraepiteliale. Riguardo ai rapporti esistenti fra questo plesso e le cellule sensitive, PA. si mostra incerto: in qualche caso si possono vedt^-e rami nervosi stac- carsi dal prolungamento periferico delle cellule nervose e partecipare alla foi-mazione del plesso, ma l'autore non nega che questi siano anche solo fibrille nervose, le quali, per un tratto del loro percorso, si siano così intimamente applicate al prolungamento stesso da apparire fuse con esso. Smidt studia le libere terminazioni nervose nella cute; descrive dei rametti (sorgenti da plessi subepiteliali) le cui ultime terminazioni finiscono per lo più appuntite; se certe volte sembra di vedere delle terminazioni a forma di bottone, queste possono anche essere interpretate come delle reazioni malamente riuscite. L'A. non ha potuto dimostrare un colle- gamento diretto delle fibre colle cellule di senso. Smidt pensa che queste fibre libere servino a funzioni di tatto, perchè egli è riuscito a stabilire un rapj^orto fra esse e le ghiandole mucose della pelle, che anche solo colle impres- sioni di tatto possono essere messe in attività. Come si può vedere da quanto ho esposto fin qui, il plesso nervoso da me descritto non è il plesso di Rftzius, nel quale le fibre rimangono al di sotto dello strato epiteliale. Le mie ramificazioni richiamano invece, tanto nell'andamento generale, quanto nel modo di svolgersi nell'epitelio, le fibre nervose, a decorso tortuoso, ripetutamente ramificate, che Rina Monti (16) nei Dendroceli d'acqua dolce descrive al di sotto della mem- brana basale dell'epitelio e dentro le cellule di (questo. Osservo poi che il plesso illustrato dal Yekatti è esclusi- 284 A. CASTEF,!,! vamente intraepiteliale, mentre io ho dimostrato la i-iocliezza dell'intreccio posto immediatamente al di sotto dell' epitelio, e quella dell' insieme dei filamenti nervosi che trovansi piìi pro- fondamente, quasi al limite inferiore del connettivo. Io tendo a credere che queste fibre nervose costituenti il plesso intra e snbepiteliale si debbano considerare indipen- denti dalle cellule di senso bi e multipolari: non entrerebbero cioè, a formare il plesso, i prolungamenti e le ramiticazioni dei prolungamenti di queste cellule: foi-se le cellule di origine sono situate molto profondamente verso gli oi-gani centrali. Parte fisiologica o sperimentale. Come ho accennato nell' iuf roduzione, prima di adiicntrai-mi nella parte sperimentale, dirò (|ualche cosa degli autoj-i che si sono di questa occupati. Apre la questione della sede della sensibilità ult'nttiva il CuviER che ritiene la seneibilità olfattiva diffusa sulla totalità dei tegumenti : a lui seguono il Cakus, il T-eidy, il Dui-uy e finalmente il Moijum Tandon, il ([uale A. conclude, in base a tutte le sue esperienze, che u nei Gasteropodi a tentacoli oculari r odorato ha la sua sede nel tentacolo, e precisamente nel bottone terminale di questo ". Dubois ha esperimentato con di più di 15 diverse sostanze odorose il comportamento di molte Helix, munite prima di tutti i loro tentacoli, amputate poi dei due oculari e anche di tutti e quattro, ed è venuto alle seguenti conclusioni: 1" i grandi tentacoli sono più sensibili agli odori delle altre pai-ti del tegumento; 2" la sensibilità dei })iccoli tentacoli, per quanto forte, è pure meno viva che nei grandi ; 3" la sensibilità del resto del corpo è evidente solo per un numero esiguo di so- stanze eccitanti (benzina per es.) ed è meno viva che non nei tentacoli. Un altro autore, il (juale ammette col MoguiN Tandon, che rolfatto risieda nei tentacoli oculari esfdusivamente è il Giuv- FiTHS: egli ha posto delle Helix su un piatto il cui orlo era stato antecedentemente spalmato (-li li(iuidi odorosi: mentre alcuni individui, a cui erano stati tagliati i tentacoli, si av- vicinavano agli orli ilei piatto, quolli flio ne erano ancora forniti se ne allontanavano, diiuoslrundo di sentire essi soli INTORNO AM, A SKNSIBIMTÀ OLFATTIVA, KCO. 285 l'odore che si diffondeva. Invece il Naoei. si sente autorizzato, basandosi sulle proprie esperienze, ad amraetlere che l'olfatto sia distribuito su tutta la parte anteriore del corpo. Dopo di lui il Gkrmain ammette a sede della sensibilità olfattiva i grandi tentacoli, per (juanto riconosca che anche dopo essere stato mutilato dei tentacoli, l'animale non resta del tutto indifferente agli odori. Avendo collocato un pezzo di formaggio, nascosto nella tela, a circa mezzo metro da alcune Helix che avevano il capo rivolto in dii-ezione opposta, egli ha visto gli animali voltarsi e dirigersi verso la sorgente odorosa, mentre mettendo al posto del formaggio della naftalina, le Helix se ne allonta- narono subito e velocemente. Un autore il quale ha tentato con una serie numerosissima di esperienze la risoluzione del prsbleraa è lo Jung ('29-30-31-32). L'A., esplorando con un pennello imbevuto di camomilla tutto il corpo dell'Helix, ha concluso che la sensibilità olfattiva non è localizzata esclusivamente sui grandi o sui piccoli tentacoli, ma si estende anche alla pelle delle labbra, della fronte, dei margini del piede, insomma alla pelle di tutte le parti del corpo che stanno fuori della conchiglia. L'Autore ha fatto seguire moltissime altre esperienze con sostanze chimiche e naturali (come fratta e verdura), ed ha inoltre esperimentato sugli alimenti di cui 1' Helix si nutre di solito, per scoprire se l'animale può essere attirato dal loro odore a forte distanza: ha collocato perciò delle Helix alla periferia di un circolo al centro del quale egli ha posto successivamente vari alimenti : melone, cipolla, lattuga ecc. : poi ha notato se e a quale di- stanza gli alimenti vengono attirati; alcune esperienze hanno avuto un esito dubbio, altre sono riuscite : l'A. ha concluso che l'odore, sia gradevole, sia spiacevole, è avvertito ad una distanza di 2-B cm. al massimo, in media. In genere risponde all'attrazione odorosa circa una metà o poco più degli indi- vidui presi in esame: onde l'autore è tratto a concludere che l'odorato in (]^uesti Gasteropodi non sia così delicato come alcuni vori-ebbero ammettere. Contrariamente a Moquin Tandon lo Jung ammette che una Helix, amputata dei tentacoli, risponde ancora, per quanto in grado minore, alla eccitazione odorosa. GrALATi MosELLA fa risiedere la sensibilità olfattiva nel bottone tentacolare. In una sua esperienza, l'A. ha collocato su una lastra di vetro un pezzo di legno con una goccia di 286 A. CASTEIJ.I olio di origano al centro. Una Helix, che si trovava sulla lastra, ha cominciato la scalata al legno, ma quando coi teiivacoli ha oltrepassato l'orlo superiore del legno ed ha avvertito la sor- gente odorosa, si è ritirata istantaneamente dentro la conchiglia ed è caduta sul piano sottostante. Ancora, ad una certa distanza da alcune Helix TA. ha posto un ago imbevuto di una essenza: giunti a 4-5 cm. dal- l'ago gli animali hanno cominciato a dar segni di agitazione nei tentacoli, alcuni hanno anzi cambiato direzione, altri si sono avvicinati di più, ma a 3 cm. dall'ago hanno ritirato i tentacoli, per evaginarli di nuovo dopo un po' ed invagi- narli subito. lo ho dapprima osservato il comportamento del tentacolo e delle varie parti del corpo dell'animale di fronte all'eccita- tazione odorosa. Ho subito notato una certa ditFerenza indivi- duale nella reazione allo stimolo olfattivo: animali della stessa specie, nelle identiche condizioni di esperienza, si comportano in modo notevolmente diverso. Io ho, prima di tutto, imbevuto un pennello di (uÌiaoìo e l'ho portato a [lOchi centimetri dal bottone tei-niinale del ten- tacolo oculare dell'animale. Man mano che la distanza fra pen- nello e tentacolo va diminuendo, avvengono movimenti sempre più vivaci nei tentacoli, tinche, quando questa distanza diventa di 2-1 cm. r animale li ritira del tutto nel corpo per poi cac- ciarli fuori, doj)0 un po', ed invaginarli di nuovo, alla prima ondata dalla quale essi vengono avvolti. Non solo, ma per sfuggire ad una tale impressione olfattiva, molto probabilmente disgustosa, l' animale alza la testa, piega indietro ad arco i tentacoli, si mostra insomma in preda ad una grande eccita- zione. Se avviciniamo il pennello anche ai piccoli tentacoli, alla stessa distanza alla quale si impressionano i grandi, la reazione è quasi insensibile, ma diventa più forte quando il pennello è a 3-4 mm. da essi. Così pure, tenendo il pennello a 2-3 mm. circa dai margini della bocca, questa si agita, si piega: nello stesso modo, ma ancora un po' meno intensamente, si comporta il margine del piede, il quale, sempre sotto l'a- zione della sostanza odorosa, si contrae e si ritira in modo leggerissimo, formando come un piccolo incavo. INTOUNÙ AI-LA SENSIBILITÀ OLFATTIVA, ECC. 287 Ho ripetuto questa esperienza su individui ai quali erano stati da tempo amputati i tentacoli oculari; alla distanza alla quale si era manifestata, nella esperienza precedente, la reazione dei tentacoli maggiori, non ho avuto che segni quasi trascu- rabili di eccitamento, mentre, avvicinando maggiormente il pennello al corpo dell' Helix, (questa ha iniziato dei movimenti abbastanza vivaci di repulsione, prima alla jjarte anteriore, in relazione ai piccoli tentacoli e al bordo delle labbra, poi sul resto della superficie del corpo. Da ciò, come da varie altre esperienze che ho eseguito, deduco che la sensibilità olfattiva raggiunga la sua massima intensità nel tentacolo, e precisa- mente nel bottone teiminale, ma ritengo sia diffusa anche sui piccoli tentacoli e sul resto del corpo, però in grado minore. Non dividerei quindi il parere di Moquin Tandon il quale, come s'è visto, nega assolutamente alle varie parti dell'Helix, che non siano i tentacoli, sensibitità olfattiva: ma però attri- buirei al tentacolo, rispetto alle altre parti della cute, una sensibilità maggiore di quel che non gli riconosca lo Jung. Un'altra esperienza, che mi ha dato buoni risultati, è la seguente: ho collocato sul tavolo da lavoro un'assicella di legno dello spessore di circa 3 cm. e ai piedi di questa, da un solo lato, ho posto alcuni cristallini di « timolo " : sulla tavoletta ho messo una Helix, la quale, dopo aver girato un po', si è diretta verso il lato dove stava la sostanza odo- rosa, Giunta sull'oido della tavoletta, 1' Helix si è jjiegata su di esso per superare, strisciando, la distanza che la separava dal piano sottostante. Ha cominciato cosi la discesa, ma quando si è trovala coi tentacoli oculai'i a pochi millimetri dai cri- stallini di timolo, si è arrestata all'improvviso, ha invaginato prima un tentacolo e poi l'altro, li ha estroflessi di nuovo, ha cominciato ad agitarli, a stirarli, da una parte e dall'altra finché si è decisa, ha girato lentamente il capo verso sinistra e i)i questa direzione ha seguitato la marcia per un certo tratto, tino a trovarsi fuori dall'ambiente odoroso ed allora ha ripreso la direzione verso il basso e si è portata sul piano del tavolo. Una seconda, una terza Helix si sono comportate precisamenta così: anzi, in un caso, l'animale, avvertito coi tentacoli la presenza della sostanza aromatica, dopo un succe- dersi rapidissimo di invaginazioni ed evaginazioni del tenta- colo, si è completamente voltato ed è ritornato sul suo cam- 288 A CASTEIJ.]. mino, ripoi'taiidosi sul [liano della tavoletta e iniziando la discesa dalla parte opposta. La stessa esperienza l'ho poi eseguita su Helix a cui erano stati tagliati i tentacoli maggiori: l'animale, arrivato col capo alla distanza alla quale le Helix normali avevano dato segni non dubbi di percepire l'etHuvio odoroso, non si è arrestato, ma con tutta regolarità ha continuato nella sua di- rezione verso il piano inferiore; giunto colla bocca e coi pic- coli tentacoli a un mra. dal tiraolo, quindi quasi a contatto di esso, 1' Helix ha dimostrato, col ritiro dei piccoli tentacoli e con una certa contrazione in tutto il corpo, di aver finalmente avvertito la sostanza odorosa. Ma questi segni esterni sono stati meno signilicati vi dei primi. Risultato dell'esperiènza: è un'altra riconferma che la sede della massima sensibilità olfattiva sono i tentacoli oculai-i. i quali molto prima e con maggiore intensità vengono eccitati dalla soi"gente odorosa. * In seguilo io sono passata ad osservare un po' più pro- fondamente le relazioni che intercedono fra (juesti animali e lo stimolo olfattivo. Grli studiosi che si sono occupati di un tale argomento hanno seguito in genere uno schema unico, osservando il modo di comportarsi dei Gasteropodi di teri-a di fronte alle varie essenze odorose. Infatti, tutti sono arrivati a conclusioni ana- loghe, perchè son d'accordo nel dire che un Clasteropodo, posto in presenza di uno di questi stimoli olfattivi, dopo aver mostrato di avvertirne l'odore col ritiro dei tentacoli, e anche colle contrazioni del corpo, come conclusione ultima finisce in ogni caso pei- allontanarsi più o meno velocemente dalla so- stanza stessa. Tutt'al più qualche autoi-e, come lo Jung, cal- cola le distanze alle quali 1' Helix può aver la percezione degli odori diversi e da questo deduce l'attrazione o la repulsione maggiore o minore che l'animale può sentiì-e pei- \ina data sostanza piuttosto che per un'altra. Invece io, nel modo di conduire le mie esjierienze, sono partita da un concetto completamente diverso, seguendo, ])er quanto in un campo diverso, le idee esposte dal N'kiìwokn nel INTORNO ALLA SENSIBILITÀ OLFATTIVA. F,CC. 289 SUO lavoro u Sugli stimoli e il loro modo d'agire n. Ho usato cioè io pure varie essenze di odore più o meno intenso, ma oltre ad osservare la (nilli'rrestres — C. R. 85 Sess. Soc. Helv. Se. Nat., U)02. 31. — — Le sens olfactif de l'Escargot. — C. R. Acad. Se. Paris, Tome 137, 1903, p. 720. 32 — — Sur le sens olfactif de l'Escargot — C. R. Soc. Biol. Paris, 1904, tome 56. 33. — — Anatomie et malfn-ìnatioii da grand lentacale de l'Escargot. — Rev. Suisse Zool, Tome 19, p, 336, 1917. Spiegazione delle Tavole XI e Xll (eseguite con camera chiara Apathy e microscopio t^oristka) Fig. 1. Cellula gangliare multipolare del tentacolo oculare di Helix i^. oc. 4 comp., obb. Vi?- » 2. Altre celi, gangliari multipolari, oc. 4 comp., obb. imm. Yj^. >■> 3. Celi, bipolare gangliare, oc. 4 comp., obb. imm. '/i.'- » 4. Plesso nervoso gangliare, oc. 4 comp., obb. 7*. » 5. Una parte di pless>) gangliare a maggior ingrandimento, oc. 4 comp., obb. imm. Vis- » 0. Plesso gangliare col muscolo retrattore innervato, oc. 4 comp. obb. imm. 7*. » 7. Tronco nervoso nel muscolo retrattore, oc. 4 comp., obb. imm. Vij. » 8. Varie celi, bipolari giacenti negli strati connettivo-muscolare ed epiteliale, oc. 4 comp., obb. imm. '/j^. » 9. Altra cellula simile, accompagnata da fibre nervose, oc. 4 comp., obb. imm. 7iv » 10. Cellula bipolare a prolungamenti ramificati, oc. 4 comp. obb. imm. Vi2- » 11. Varie celi, bipolari della stessa regione i-iuniti insieme, oc. 4 comp., obi), imm. Vi2- » 12. Celi, bipolari poste immediatamente al di sotto dell' epitelio. oc. 4 comp., obb. imm. */,,. » 13. Gruppo di cellule bipolari attorniate da particolari filamenti nervosi, oc. 4 comp., obb. imm. Vi?- » 14. Combinazione delle cellule bipolari e del plesso nervoso sotto- epiteliale, oc. 4 comp., obb. imm. i/i^- » 15. Cellula multipolare dello strato sottoepiteliale, oc. 4 comp., oìjb. imm. i/,^. » 1(1 .\ltro tipo di cellula, giacente totalmente nello strato connet- tivo-muscolare. 4 comp., obb. 7*. » 17. Plesso nervoso intraepiteliale. 4 comp., obb. imm. 7i2> » 18. Altro aspetto del plesso, oc. 4 comp., obb. imm. */,j. » 19. Plesso intraepiteliale con un fascio di nervi che lo riallacciano col sottoepiteliale, oc. 4 comp., obb. imm. Vis- » 20. Plesso con tronchi provenienti dagli strati .sottoepitelial. oc 4 comp., obb. imm. */i2- » 21. Altro aspetto del plesso intraepiteliale. oc. 4 comp., obb. imm. 7iv CASTELTA - Intor ^ . \Ui Sor. lini. Sr. Xnt; I'oJ. 57. lav. XI 9. "i^^ ^ / \ 12, "^i ,CAS2'Er,LI - Intorno nllii eenxiMlUA oìfattha dei Oastei'opmli Polmonati, Alii Soc lini. Se .Val. Ih/. 5 J Tnv.Xl U ■^ } |\^-~^^ {i;P' r c^A .^v-'-^^^y^. ^-^ X^-^ ;. iT^iì' È^- ^^- 2» ^v \,,y^^-: .1. e A STELI J Alii Sor. Hill. Se. \':il. Voi. 51 Tav.XH 17. I. CASTELLI - Intorno alla senttibiUtd olfattwa dei Gatiteropodi Pohnonati. . U/i .W. It.il Se Xnl. Voi 57 Tm-Xa \ 'v-'^ L„. Tac..l,i.i„rJi ■• K«™r. - P.vi "^''--m ATTI DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI E DEI, MUSEO CIVICO DI STORTA NATURALE IN MILANO VOLUME LVII Fascicolo 1''-2'' con otto tavole PAVIA PREMIATA TIPOGRAFIA SUCCESSORI FRATELLI FUSI Largo di Via Roma N. 7. Giugno 1918. CONSIGLIO DIRETTIVO PEL 1918. Presidente. De Marchi Dott. Cav. Marco, Via Borgonuovo, 23 (1918-919). Mariani Prof. Ernesto, Corso Venezia^ 82 (1918-919). Vice-Presideìiti. Pugliese Prof. Angelo , Viale Bianca Maria , 7 [ (1917-918). Segretario. Parisi Dott. Bruno, Corso Indipendenza^ 5 (1918-919). Vice-Segretario. Calegari Prof. Matteo, Via S. Vittore^ 47 (1917-918). Archivista. Castelfranco Prof. Cav. Pompeo, Via Principe Umberto, 5 (1918-919). Consiglieri. Artini Prof. Ettore, Via Malpigìii, i Bellotti Dr. Comm. Cristoforo, ViaBrera, 10 Besana Comm. GtIUSeppe, Via Rugahella, 19 Brizi Prof. Cav. Ugo, Via A. Cappellini, 21 Livini Prof. Ferdinando, Viale Bianca Ma- ria, 7 Supino Prof. Felice, Via Ariosto, 20. (1918-919). Cassiere. Bazzi Ing. Eugenio, Viale Venezia, 4 (1918). Bibliotecario sig. ERNESTO RELITTI. ELENCO DELLE MEMORIE DELLA SOCIETÀ Voi. I. Fase. 1-10; anno 1865. II. " 1-10; » 1865-67. III. » 1-5; » 1867-73. IV. » 1.2.3.5 anno 1868-71. V. " 1 ; anno 1895 (Volume completo). VI. » 1-3; » 1897-98-910. VII. " 1 ; » 1910 (Volume completo). VIIL » 1-3; » 1915-917. TTOXj. XjTT-II ^-A-TTI» pag". 510 (Decreto Luogotenenziale 18 -IV- 1917). SUNTO DEL REGOLAMENTO DELLA SOCIETÀ (1904) (data di fondazione: 15 gennaio 1856) Scopo della Società è 'ìi promuovere in Italia il progresso degli studi relativi alle scienze naturali. I Soci pos:5ono essere in numero illimitato: effettivi^ perpetui, bene- meriti e onorari. I Soci effettivi pagano L. 20 all'anno, in una sola volta, nel x>i'imo bihi.estre delV anno. Sono invitati particolarmente alle sedute (almeno quelli dimoranti nel Regno d'Italia), vi presentano le loro Memorie e Comunicazioni, e ricevono gratuitamente gli Atti della Società e la Rivista Natura. Chi versa Lire 200 una volta tanto viene dichiarato Socio perpetuo Si dichiarano Soci benemeriti coloro che mediante cospicue elargi- zioni hanno contribuito alla costituzione del capitale sociale. A Soci onorari possono eleggersi eminenti scienziati che contribni- scano coi loro lavori all'incremento della Scienza. La proposta per V ammissione d'un nuovo Socio effettivo o perpetuo deve essere fatta e firmata da due soci mediante lettera diretta al Con- siglio Direttivo (secondo l'Art. 20 del Regolamento). Le rinuncio dei Soci effettivi debbono essere notificate per iscritto al Consiglio Direttivo almeno tre mesi prima della fine del 3" anno di obbligo 0 di ogni altro successivo. La cura delle pubblicazioni spetta alla Presidenza. Agli At/i ed alle Memorie non si possono unire tavole se non sono del formato degli Atti e delle Memorie stesse. Tutti i Soci possono approfittare dei libri della biblioteca sociale, purché li domandino a qualcuno dei membri del Consiglio Direttivo o al Bibliotecario, rilasciandone regolare ricevuta e colle cautele d'uso volute dal Regolamento. Gli Autori che ne fanno domanda ricevono gratuitamente cinquanta copie a parte, con copertina stampata, dei lavori pubblicati negli Atti e nelle Memorie, e di quelli stampati nella Rivista Natura. Per la tiratura degli Estratti (oltre le dette 50 copie), gli Autori dovranno rivolgersi alla Tipografia sia per l'ordinazione che per il pagamento. La spedizione degli estratti si farà in assegno. INDICE DEL FASCICOLO l'-2' Consiglio direttivo pel 1918 ..... Pag. ii Elenco dei Soci per Tanno 1918 . . . . " ni Istituti scientiftci corrispondenti . . . . n xii Camillo Pelizzola. Linee generali della distribuzione dell'altezza del cranio nella Penisola Italiana " 1 Mario Bezzi, Un nuovo genere di ditteri subarteri scoperto dal prof. A. Corti sulle somme Alpi della Valtellina ....... n 19 Conte Emilio Turati, Variabilità del Parnassius Apollo Pumilus Stich. e ricerche sull'origine dei Par- nassius (con 7 tavole) ,....;) 29 Bruno Parisi, I Decapodi giapponesi del Museo di Milano (con 1 tavola) . . . . . " 90 Adolfo Nadio, Note sulla fauna dell'Alta Valsesia . » 116 Nel licenziare le bozze i Signori Autori sono pregati